Centro Risorse Educative per l'Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione dei sussidi. II edizione

Autore: 
Sede Nazionale CNOS-FAP
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2006
Numero pagine: 
120
CENTRO NAZIONALE OPERE SALESIANE FORMAZIONE AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE Federazione CNOS-FAP Sede Nazionale Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA) Progetto e guida alla compilazione dei sussidi II edizione A cura del CNOS-FAP NAZIONALE 3 PRESENTAZIONE Filippo Hazon negli anni Ottanta del secondo scorso, in un testo in possesso di molti operatori della Formazione professionale iniziale dell’epoca, lanciava la sfida di una vera e propria scuola del lavoro, alternativa alla scuola secondaria superiore. La scuola del lavoro è un sistema formativo dotato di finalità autonome, di una sua lo- gica, di un suo accumulo di esperienze. Di progetti di ricerca e sperimentazione, di cul- tura, di pedagogia, di didattica; va promosso e sostenuto tramite organici, permanenti collegamenti col mondo imprenditoriale e sindacale, esige stretti rapporti con gli enti lo- cali, con gli osservatori del lavoro; deve essere programmato negli obiettivi da raggiun- gere in relazione ai piani di sviluppo ai vari livelli territoriali e deve procedere organica- mente, utilizzando tutte le risorse disponibili: strutture, attrezzature, aziende, scuole; deve disporre di operatori, di docenti che oltreché dalle università provengano dai campi, dalle officine, dal management, dai servizi e che abbiamo una passione tutta particolare per la loro missione di educatori, e non abbiano alcuna nostalgia per i sistemi tradizionali di “fare scuola”1. Con la Legge n. 845 del 1978, infatti, prendeva vita un sistema di formazione professionale (FP) iniziale le cui caratteristiche erano distinte, rispetto a quelle della scuola secondaria superiore. I percorsi formativi dovevano avere un carat- tere unitario, pur articolati in varie aree (l’area pratico-operativa, l’area tecnolo- gica, l’area scientifica, l’area culturale e lo stage); dovevano essere brevi ed es- senziali (4 cicli della durata massima di 600 ore ciascuno) e centrati su fasce pro- fessionali omogenee, polivalenti e organiche; inoltre dovevano avere una finalità formativa, anche se connessi alle politiche attive regionali del lavoro; dovevano prevedere, al termine del corso, un attestato di qualifica utile per l’inserimento nel mondo del lavoro. Ancora oggi, a distanza di decenni, gli enti di FP, convinti della bontà di quelle intuizioni, respingono ogni tentativo di omologazione dei percorsi formativi, attualmente triennali, con quelli della scuola secondaria superiore. Il progetto for- mativo della FP, pur perseguendo la medesima finalità educativa dei percorsi li- ceali, si distingue perché assume la “cultura del lavoro” come fondamento educa- tivo e culturale e professionale, privilegia la didattica che sa integrare prepara- zione di base ed esperienza operativa, coinvolge gli allievi in compiti-problemi 1 HAZON F., Introduzione alla formazione professionale. Manuale per docenti e operatori, La Scuola, Brescia, 1976, 243. 4 reali e progressivi per stimolarne l’apprendimento, sviluppa l’insieme delle loro potenzialità secondo un disegno di educazione globale della persona. Il suo ap- proccio, pertanto, è pienamente formativo e non meramente addestrativo. In quanto servizio di interesse pubblico appartiene a pieno titolo all’unico sistema educativo di istruzione e formazione. La sua unitarietà è garantita dal raggiungi- mento delle finalità del medesimo Profilo educativo, culturale e professionale (PECUP) che lo studente deve conseguire in uscita dal secondo ciclo, a prescin- dere dal percorso seguito, liceale o professionale: “Il secondo ciclo, finalizzato alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere, il fare e l’agire, e la riflessione critica su di essi, è finalizzato a sviluppare l’autonoma capacità di giudizio e l’esercizio della responsabilità personale e sociale” (legge 53/03, art. 2, comma g). Quanto sopra è sufficiente a giustificare la presente fatica compiuta da com- ponenti della sede nazionale e formatori della Federazione CNOS-FAP, quella di proporre uno strumento a tutti i formatori per affinare l’approccio metodologico proprio della FP. Uno strumento che si propone a tutti i formatori della Federa- zione CNOS-FAP, perché tutti, entrando in un’aula o in un laboratorio devono ac- costarsi all’allievo. MARIO TONINI (Presidente CNOS-FAP) 5 INTRODUZIONE Nel 2001, il CNOS-FAP ha dato vita a un progetto volto a elaborare sussidi per una didattica induttiva e personalizzata. Quindi, molto prima della Legge 53/2003 (legge di riforma del sistema educa- tivo), in cui una delle parole che più risuonano è “personalizzazione”, ci si era già mossi in tal senso. Nella presentazione del primo volume volto a socializzare il progetto, si leg- geva: Il frutto di una azione educativa autentica è l’attenzione alla crescita della singola perso- na: questa attenzione consiste più precisamente nel riferimento del percorso educativo- formativo alla specifica realtà personale dell’allievo. Personalizzare significa, infatti, de- lineare differenti percorsi di trasferimento-acquisizione delle conoscenze, abilità, capacità personali e competenze, in base alle caratteristiche personali degli allievi utilizzando ap- propriati metodi didattici. Ambito privilegiato dell’azione personalizzata è il contesto della classe, dove il gruppo costituisce una delle leve dell’apprendimento (CNOS-FAP, 2003, 7). Dall’inizio del progetto, molte cose sono cambiate: la Legge 53/03 (e norma- tive collegate) ha portato a riconsiderare l’impostazione dei sussidi e modificarla più volte. Oggi il “Centro risorse” vuole essere una biblioteca a disposizione degli opera- tori della Federazione in cui trovare materiali a supporto dell’azione educativa nello svolgimento del percorso triennale di Istruzione e formazione professionale. I materiali prodotti consistono in sussidi per le aree storico-socio-economica, linguistica e scientifica, in unità di apprendimento interdisciplinari elaborate in col- laborazione con i settori professionali, in dispense per l’area professionalizzante, in guide per l’orientamento, in proposte per l’esame di qualifica e/o di diploma, in progetti per elaborare piani formativi personalizzati. Tutte le risorse prodotte sono disponibili per gli operatori della Federazione CNOS-FAP sul sito: www.cnos-fap.it. Alla voce “Collana: Studi progetti esperienze per una nuova formazione pro- fessionale” si possono scaricare i file delle guide per elaborare piani formativi per- sonalizzati in undici diverse comunità professionali e i volumi sulle esperienze di orientamento realizzate in Federazione; alla voce “Glossari” si possono consultare un volume del CNOS-FAP sulle parole chiave della FP, un volume del CIOFS/FP sull’orientamento, un dizionario dell’ISFOL sull’educazione degli adulti. Acce- dendo all’area “CREA” (riservata agli operatori della Federazione che fanno espli- 6 cita richiesta alla Sede nazionale), è possibile scaricare tutte le unità di apprendi- mento disciplinari cui si fa riferimento in queste pagine. Nel tempo, il sito verrà arricchito di ulteriori materiali utili per l’attività didat- tica. Dei tanti materiali disponibili, in questo volume si concentra l’attenzione sui sussidi utili per i contenuti relativi ai saperi di base previsti dall’Accordo Stato-Re- gioni (15 gennaio 2004) sugli “Standard formativi minimi”. Il volume si articola in 4 parti. La prima, introduttiva, offre una panoramica sull’evoluzione normativa degli ultimi anni in tema di formazione professionale, si sofferma sul concetto di perso- nalizzazione e precisa le motivazioni alla base di una progettazione per unità di ap- prendimento. La seconda parte spiega nel dettaglio il progetto e la strutturazione dei singoli sussidi. Nella terza parte viene riportato un esempio di sussidio: l’unità “Ricerca attiva del lavoro”, dell’area storico socio economica. Infine, in allegato, sono riportati i due documenti utilizzati come riferimento nell’elaborazione dei sussidi proposti: PECUP (“Profilo educativo, culturale e pro- fessionale”) e SFM (“Standard formativi minimi”). 7 Parte I: INQUADRAMENTO TEORICO 1. EVOLUZIONE NORMATIVA NELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE Negli anni ‘70 e ‘80, la formazione professionale è considerata prioritariamente uno “strumento della politica attiva del lavoro, si svolge nel quadro degli obiettivi della programmazione economica e tende a favorire l’occupazione, la produzione e l’e- voluzione dell’organizzazione del lavoro in armonia con il progresso scientifico e tec- nologico” (Legge 845/78, art. 1). Questa impostazione è stata enfatizzata dalla speri- mentazione ISFOL del 1988 (Gatti - Tagliaferro - Taronna, 1989)1 in cui l’impianto de- gli interventi formativi ha la sua massima espressione nella progettazione per figure professionali identificabili nei processi produttivi. È il ciclo del lavoro che detta le re- gole a cui l’intervento formativo deve adeguarsi. Tuttavia, è da sottolineare che la me- desima legge conteneva altre indicazioni, ugualmente importanti, che sono rimaste sullo sfondo; tali indicazioni si ritrovano laddove sancisce che “i programmi, che de- vono fondarsi sulla polivalenza, la continuità e l’organicità degli interventi formativi” (Legge 845/78, art. 7), oltre a essere adattati alle esigenze locali, devono assicurare “il pieno rispetto delle molteplicità degli indirizzi educativi” (Legge 845/78, art. 7)2. La Legge 196/97 porta a maturazione questo concetto nel proporre una organiz- zazione della formazione professionale in “moduli flessibili, adeguati alle diverse realtà produttive locali nonché di promozione e aggiornamento professionale degli imprenditori, dei lavoratori autonomi, dei soci di cooperative” (Legge 196/97, art. 17, comma 1, lettera a). Con la Legge 144/99 (art. 68, “Obbligo di frequenza di attività formative”), la formazione professionale, pur rimanendo di competenza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, cambia prospettiva; la nuova legge stabilisce, infatti, che ne- gli obiettivi dell’intervento formativo rientra anche la formazione al diritto di citta- dinanza. Per cogliere il passaggio che si opera, basta confrontare le finalità in essa esplicitate con quelle enunciate nella Legge 845/78 (“Legge quadro in materia di for- mazione professionale”). In quest’ultima, si afferma che la “Repubblica promuove la formazione e l’ele- vazione professionale (…) al fine di rendere effettivo il diritto al lavoro ed alla sua libera scelta e di favorire la crescita della personalità dei lavoratori attraverso l’ac- 1 Ricerca ISFOL su 14 Regioni: Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, Marche, Abruzzo, Puglia, Basilicata, Calabria. 2 Anche all’articolo 3, della stessa Legge 845/78, si afferma che il sistema di formazione profes- sionale sviluppa “le iniziative pubbliche rispettando la molteplicità delle proposte formative”. 8 quisizione di una cultura professionale” (Legge 845/78, art. 1). Nella legge per l’ob- bligo formativo, il fine dell’intervento formativo diventa “potenziare la crescita cul- turale e professionale dei giovani” (Legge 144/99, art. 68, comma 1). Basta riprendere alcuni termini utilizzati, per mettere immediatamente a fuoco l’evoluzione realizzata: “diritto al lavoro; personalità dei lavoratori; cultura profes- sionale” nel primo caso, “crescita culturale e professionale; giovani”, nel secondo. È evidente il passaggio da una formazione caratterizzata prevalentemente come inter- vento atto ad abilitare la persona allo svolgimento di una professione e da una for- mazione che si rivolge a un “lavoratore”, a una formazione che si appropria esplici- tamente della sua finalità educativa in senso più ampio, che sviluppa la “cultura pro- fessionale” per abbracciare la più ampia “crescita culturale”, che pur nella prospetti- va di assicurare professionalità al futuro lavoratore, rende protagonista del processo formativo l’attuale “giovane”. In altri termini, con la nuova legge, la formazione pro- fessionale non è più finalizzata a formare solo il “lavoratore”, ma si preoccupa di in- tervenire educativamente al fine di formare nello stesso itinerario educativo e for- mativo anche il “cittadino”. Con la Legge 53/03, la filiera della formazione professionale iniziale, che si ri- volge ad allievi in uscita dal primo ciclo, entra a pieno titolo nel sotto-sistema edu- cativo nazionale: infatti, accanto al sotto-sistema dei licei, si istituzionalizza il nuo- vo sistema unitario e articolato dell’istruzione e della formazione professionale che, dunque, concorre all’attuazione del diritto di istruzione e di formazione. Obiettivo del sistema, dell’intero sistema educativo e quindi anche dalla formazione professiona- le iniziale, è, come recita il citato articolo 1 della Legge 53/03, “favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana”. Destinatario dell’intervento formativo non è più solo il “lavoratore” e il “cittadino”; con la Riforma in atto, destinatario dell’in- tervento formativo diventa prioritariamente la “persona”. Questa centralità della persona viene ulteriormente focalizzata nei tre documen- ti che accompagnano la Legge 53/03: “Profilo educativo culturale e professionale” (PECUP), “Livelli essenziali delle prestazioni” (LEP), “Indicazioni”. Il PECUP mira ad assicurare la promozione dell’integralità della persona uma- na di ogni allievo, e prepararlo ad affrontare la vita in tutte le sue dimensioni, indi- cando il profilo dell’allievo al termine del ciclo educativo. I LEP, in riferimento an- che a specifici standard formativi, indicano gli impegni che il raggiungimento di ta- le obiettivo finale provoca necessariamente nell’apprestamento delle prestazioni edu- cative e formative da parte dei soggetti responsabili del governo dei sistemi educati- vi. Le “Indicazioni” 3 assicurano la coerenza degli apprendimenti in esito ai percorsi in riferimento alle necessità del mondo del lavoro e concorrono a garantire che i ti- toli e le qualifiche professionali di differente livello siano valevoli su tutto il territo- rio nazionale. 3 Sono previste due classi di “Indicazioni”: a) “Indicazioni nazionali”, definite dallo Stato, vale- voli per il sottosistema dei licei; b) “Indicazioni regionali”, definite in un coordinamento regionale, valevoli per il sottosistema dell’istruzione e della formazione professionale. 9 In sostanza, la normativa ha optato decisamente per un modello di personaliz- zazione e di forte autonomia degli organismi, opzione che esclude la presenza di pro- grammazioni predefinite a carattere “meccanicistico” come le unità formative capi- talizzabili (UFC), ma si opera al fine di fornire agli operatori risorse e strumenti af- finché siano in grado di delineare piani formativi personalizzati basati su unità di ap- prendimento (UA). 2. IL CONCETTO DI PERSONALIZZAZIONE Negli ultimi decenni, le politiche scolastiche si sono concentrate sull’obiettivo della scolarizzazione di massa dei cittadini, con il fine di permettere a tutti di usufruire di un’istruzione di base. È stato fatto un grande sforzo che ha condotto a risultati in- dubbi, anche se il modo in cui si sono realizzati è stato condizionato da un lato dagli approcci prevalenti e dalle risorse impiegate, e dall’altro dall’influenza del contesto e dalle sue nuove sfide. Va, infatti, ricordata la dominanza di metodologie basate sul- la garanzia del perseguimento di obiettivi standard per tutti, che non hanno potuto im- pedire un’omologazione delle pratiche pedagogiche, che hanno teso a rivolgersi ad una figura indistinta, una sorta di “studente medio” (che in realtà non esiste), scon- tentando sia i soggetti più in difficoltà che quelli portati all’eccellenza, senza stimo- lare adeguatamente le persone mediamente dotate. Ciò è anche dovuto al fatto che buona parte del mondo scolastico non vede di buon occhio le pratiche pedagogiche differenziate in quanto ritenute sinonimo di disuguaglianza e di ingiustizia sociale. Di fatto, qui sosteniamo la bontà della personalizzazione se personalizzare si- gnifica delineare differenti percorsi di acquisizione di conoscenze, abilità e compe- tenze, in base alle capacità proprie di ciascun allievo: stili di apprendimento, metodi di studio, peculiarità. Il concetto di personalizzazione presuppone una diagnosi ef- fettiva delle caratteristiche e dei bisogni dei soggetti, che porti a modalità organizza- tive diversificate per gruppi, che possono variare secondo gli obiettivi di apprendi- mento. Il concetto di personalizzazione è strettamente connesso a quello di successo formativo. Quest’ultimo si realizza nel momento in cui la persona è in grado di tra- sformare le proprie capacità (attitudini, atteggiamenti, vocazioni) e risorse (cono- scenze e abilità) in competenze, al fine di ottenere comunque un risultato soddisfa- cente rispetto al conseguimento di una qualifica professionale (garanzia di supporto all’inserimento lavorativo), alla possibilità di una prosecuzione della formazione conseguendo il “diploma professionale” 4 e ad un eventuale passaggio anche nei licei e nelle università. 4 Decreto n. 226 del 17.10.05, Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al se- condo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell’articolo 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53 (GU n. 257 del 4-11-2005- Suppl. Ordinario n. 175), art. 17, “Livelli essenziali del- l’orario minimo annuale e dell’articolazione dei percorsi formativi”. 10 Personalizzare non vuole intendere una interruzione del normale modello peda- gogico tramite pratiche di accoglienza, orientamento o altro e neppure una attenzio- ne rivolta unicamente a coloro che “fanno fatica” nell’imparare, ma rappresenta una scelta metodologica di fondo che coinvolge ogni aspetto dell’apprendimento supe- rando la logica dei programmi e delle unità didattiche precostituite ed aprendo ad una dinamica pedagogica costruttiva, autenticamente centrata sulla persona. La per- sonalizzazione prevede una flessibilità nell’aggregazione di gruppi di allievi: grup- pi classe (per alcuni scopi), gruppi di livello (per altri scopi), gruppi d’interesse o elettivi. È qui che il tema della personalizzazione si lega a quello dell’autonomia dell’organismo formativo, condizione indispensabile perché si possa effettivamente parlare di riferimento delle pratiche pedagogiche alla singolarità delle persone in ap- prendimento. 3. DAL “PROFILO PROFESSIONALE” AL “PROFILO EDUCATIVO, CULTURALE E PROFESSIONALE” Nella filiera della formazione professionale iniziale, passare da un’impostazio- ne basata su un “profilo professionale” a una basata su un “profilo educativo, cultu- rale e professionale” significa operare un profondo cambio di prospettiva. Significa passare da un processo formativo incentrato prevalentemente sulla dimensione la- vorativa e all’acquisizione di competenze utili per inserirsi attivamente nel mondo produttivo, a un processo che mette al centro la persona, la formazione del singolo allievo perché acquisisca una professionalità che risulti utile per diventare un adulto consapevole, autonomo e responsabile. 3.1. Il profilo professionale e le unità formative capitalizzabili Analizzare un lavoro, una professione o un mestiere significa individuare i sin- goli elementi che lo compongono: questi elementi di base sono i risultati che il mon- do del lavoro riconosce e retribuisce. Per ottenere tali risultati, il lavoratore deve mettere in atto un insieme di conoscenze, capacità e comportamenti: deve possede- re delle competenze (Probest service - IF - Tangram, 1999). Questa concezione del lavoro ispira il modo di progettare nella formazione, cosicché il processo formativo viene ad essere costituito da una serie di unità for- mative, ciascuna delle quali deve mirare al trasferimento/acquisizione di una o più competenze. È chiaro, dunque, che la progettazione avrà come riferimento un dato “profilo professionale”, prevedrà processi scanditi in sequenze modulari che corri- spondono ad attività lavorative, focalizzerà le competenze, si articolerà in termini di unità formative capitalizzabili e potrà prevedere la certificazione di tali unità. Dal momento che al centro c’è il processo lavorativo, un processo noto, la pro- gettazione può avvenire a priori, sarà vincolante, il successo dell’intervento sarà dato dalla capacità dei formatori di attenersi a quanto previsto e programmato e la 11 riuscita degli allievi sarà commisurata alla loro capacità di conseguire gli obiettivi previsti. 3.2. Il profilo educativo culturale e professionale e le unità di apprendimento Il PECUP, documento cogente insieme ai LEP e alle “Indicazioni nazionali e/o regionali” per l’attuazione di percorsi formativi del sistema educativo, segna un cam- bio di prospettiva rispetto a quanto appena visto nel momento in cui pone l’allievo al centro del processo formativo. L’analisi del lavoro non è più effettuata cercando solo parti del processo lavora- tivo (mansioni) e il lavoro non viene più interpretato come realtà esterna alla perso- na a cui questa deve adattarsi. Il lavoro è inteso come opera (prodotto), azione per- sonale e sociale, e come pensiero dell’uomo, dunque, in un’ottica educativa e olisti- ca, come occasione offerta alla persona per potenziare e arricchire la propria umanità: è la persona protagonista attiva del suo rapporto con il lavoro. Così, la for- mazione non potrà prefigurarsi come insieme di interventi parcellizzati e giustappo- sti, volti a fornire competenze professionali da assemblare (come parti di carrozzeria di un’automobile), ma dovrà definirsi come processo omogeneo e coerente, volto a favorire la crescita dell’allievo, valorizzando ogni sfera della personalità in una co- stante integrazione della professionalizzazione con la crescita culturale5. È in questo quadro che ci si muove anche verso il superamento del concetto di “profilo professionale”, per abbracciare quello, di più ampio respiro e dunque mag- giormente corrispondente alle nuove esigenze educative, di “comunità professiona- li”, cioè di aggregazioni professionali che condividono processi e contesti, per for- mare la persona in un reale clima di “cultura professionale”. In sintesi, il processo formativo deve mirare alla crescita integrale della perso- na, anche in vista del suo inserimento professionale. La progettazione si baserà su “piani di studio personalizzati”, articolati in “unità di apprendimento”, in cui l’allie- vo viene posto di fronte a problemi/compiti da affrontare, mobilitando risorse in vi- sta del conseguimento di competenze. La progettazione, di conseguenza, rappresenterà un piano di massima, che andrà via via adattato alle specifiche esigenze degli allievi con cui ci si trova e che contri- buiscono alla stessa progettazione del proprio percorso formativo. 4. UN CONTRIBUTO PER PROGETTARE PER UNITÀ DI APPRENDIMENTO La Legge 53/03, stabilisce che la formazione professionale iniziale rientra nel sot- tosistema stabile, unitario e articolato dell’istruzione e della formazione professionale. 5 La Legge 53/03 (comma 1, lettera g) fa riferimento al fine del secondo ciclo in termini di “cre- scita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere, il fare e l’agire, e la rifles- sione critica su di essi”. Tale fine viene ripreso, ampliato e integrato nella serie di finalità educative esplicitate nel PECUP. 12 Questo implica l’ingresso della formazione professionale iniziale nel sistema educa- tivo nazionale e, dunque, l’assunzione di quanto stabilito dalla Riforma per tale si- stema. Essenzialmente, questo significa che: a) l’allievo della formazione professiona- le iniziale, al termine del percorso formativo, rifletta il PECUP previsto per il secon- do ciclo, possegga conoscenze e abilità (OSA) previste dalle “Indicazioni regionali”, abbia raggiunto gli standard formativi minimi previsti per i saperi di base (Accordo Stato-Regioni del 15.01.04), e abbia riconosciuti i crediti acquisiti 6; che gli organi- smi formativi si adeguino per rispettare quanto previsto dai livelli essenziali delle prestazioni (LEP). 4.1. Funzionalità delle unità di apprendimento Anche se non siamo entrati nello specifico, pensiamo che siano già chiari alcu- ni punti che consentono di arrivare al nostro obiettivo: fornire spunti per la progetta- zione per unità di apprendimento. In primo luogo, la legge di Riforma si sofferma su un solo punto in merito ai per- corsi formativi: stabilisce quale deve essere il profilo d’uscita dell’allievo. Non deli- nea contenuti, non entra nel merito della programmazione. Si limita a definire gli obiettivi formativi che vanno perseguiti. In secondo luogo, le “Indicazioni regionali” traducono tali obiettivi generali in “obiettivi specifici di apprendimento” (OSA), cioè, in particolari conoscenze e abili- tà che l’allievo deve possedere al termine del percorso formativo. In terzo luogo, e arriviamo al punto, sono gli organismi formativi che devono at- tivarsi per elaborare “piani studio (o formativi) personalizzati” (PSP), cioè, piani di intervento didattico che consentano, a tutti e a ciascun allievo, di arrivare al termine del percorso rivestendo le caratteristiche prefigurate dal PECUP. In forma schematica, quanto appena detto può essere sintetizzato come in figu- ra 1. 6 Presidenza del Consiglio dei Ministri, Conferenza unificata, Accordo, ai sensi dell’articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Ministro dell’istruzione, del- l’università e della ricerca, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, le Province, i Comuni e le Comunità montane per la certificazione fi- nale ed intermedia e il riconoscimento dei crediti formativi. Repertorio Atti n. 790/00 del 28 ottobre 2004. Figura 1 - Dal PECUP alle UA 13 Nella figura 1, appare l’espressione “unità di apprendimento” (UA). Seppur non sono definite da alcun documento legislativo o normativo7, esse sembrano la rispo- sta più funzionale ed efficace possibile a tutto il nuovo impianto educativo. Le unità di apprendimento, infatti, come suggerisce già il nome (si parla di “ap- prendimento”, processo che ha come protagonista l’educando), mettono al centro del- l’intervento l’allievo. Se obiettivo del percorso formativo è formare la persona sul piano educativo, cul- turale e professionale, se tale formazione deve essere integrale, se il protagonista del processo è l’allievo, se bisogna impostare l’intervento perché ciascun allievo rag- giunga il profilo d’uscita previsto, allora non si può procedere in altro modo che non sia attraverso interventi fortemente personalizzati. Personalizzare gli interventi significa lavorare sulla base di un progetto di mas- sima che andrà rivisto e adattato lungo l’intero percorso formativo. Allora, sembra che sia l’UA la modalità didattica che meglio risponde a tali esigenze. Questa, infatti, come detto, è strutturata in modo fortemente flessibile cosicché possa essere adattata alle esigenze del gruppo di allievi a cui viene pro- posta. 4.2. Struttura delle unità di apprendimento In concreto, l’UA mira a favorire la crescita personale dell’allievo e a integrare le sue competenze professionali. A partire da obiettivi che muovono verso questo scopo più ampio (crescita personale e professionale), propone la realizzazione di un prodotto che sia dotato di senso e abbia una qualche funzionalità per l’allievo che deve realizzarlo. Dunque, muove mettendo il ragazzo di fronte a un compito, a un problema da risolvere. Tale problema può essere di carattere professionale (es., la realizzazione di un oggetto che abbia attinenza con il percorso di qualifica che si sta frequentando), ma anche di carattere prettamente culturale (es., la realizzazione di un documento). Nello sforzo di risolvere il problema proposto, l’allievo attingerà alle proprie risorse (conoscenze e abilità) e si troverà nella condizione di dover integrare queste risorse attraverso l’intervento del formatore, che favorirà l’acquisizione di ul- teriori conoscenze e abilità (favorirà, in altri termini, il conseguimento di “obiettivi specifici di apprendimento”). Grazie a queste risorse, l’allievo conseguirà il suo sco- po: risolvere il compito realizzando un prodotto e, in forza di tale realizzazione, di- mostrerà la propria competenza. Proviamo a sintetizzare anche questo processo in una figura (cfr. Fig. 2) 7 Al momento in cui scriviamo, mancano riferimenti legislativi e normativi in merito; tuttavia, nelle more della Legge 53/03, sono in atto sperimentazioni che, oltre a colmare un vuoto normativo, assumono un valore di carattere ordinamentale in quanto prefigurano il nuovo assetto del sottosistema dell’istruzione e della formazione professionale. 14 In tutto questo processo, come si sarà notato, il protagonista è sempre l’allievo che si pone in modo attivo nei confronti del proprio percorso di apprendimento; il for- matore interviene come facilitatore del percorso: propone, suggerisce, sostiene, in- coraggia e trova soluzioni creative perché ciascun allievo riesca a conseguire l’o- biettivo prefigurato. 5. CONCLUSIONE Da quanto esposto, emerge il nuovo ruolo da assegnare alla progettazione del- l’attività formativa che ha come oggetto il processo lavorativo ma che deve, almeno per la formazione professionale iniziale, essere ripensata alla luce della finalità edu- cativa attribuita dalla Riforma. Il centro dell’intervento non può più essere solo il processo lavorativo, ma l’al- lievo. La progettazione in unità formative capitalizzabili, realizzata e, in alcune realtà, ancora in via di realizzazione, va superata e ricollocata all’interno di un quadro edu- cativo perché possa essere arricchita di componenti ulteriori, rispetto alla dimensio- ne professionale, e recuperata come parte delle unità di apprendimento. 6. BIBLIOGRAFIA ANTONIETTI D. - R. PAGGI, Dalle unità formative capitalizzabili (UFC) alle unità di apprendimento (UdA), in “Rassegna CNOS”, 2 (2004), 37-54. DPR 8 marzo 1999, n. 275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni sco- lastiche, ai sensi dell’art. 21 della legge 59/97, in SO n. 152/L alla GU n. 186 del 10.8.1999. GATTI M. - C. TAGLIAFERRO - P. TARONNA, Fasce di professionalità e sistema formativo. Indagine sul- l’impatto del progetto fasce di professionalità sul sistema formativo regionale, Franco Angeli, Mi- lano, 1989. Legge 21 dicembre 1978, n. 845, Legge-quadro in materia di formazione professionale, in GU n. 362 del 30.12.1978. Legge 24 giugno 1997, n. 196, Norme in materia di promozione dell’occupazione, in SO n. 136 alla GU n. 154 del 4 luglio 1997. Legge 17 maggio 1999, n. 144, Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino de- gli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL e l’ENPALS, nonché dispo- sizioni per il riordino degli enti previdenziali, in SO n. 99/L alla GU n. 118 del 22.5.1999. Figura 2 - Unità di apprendimento 15 Legge 10 febbraio 2000, n. 30, Legge-quadro in materia di riordino dei cicli dell’istruzione, in GU n. 44 del 23.2.2000. Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, in GU n. 248 del 24.10.2001. Legge 28 marzo 2003, n. 53, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, in GU n. 77 del 2.4.2003. NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, Tipografia Pio XI, Roma, 2004. PROBEST SERVICE S.R.L. - IF (ITALIA FORMA) S.R.L. - TANGRAM S.R.L. (a cura di), Relazione sul tema: “Analisi e modellizzazione delle competenze, strumenti per l’accertamento e il bilancio delle com- petenze”, Manoscritto, s.c., 1999. 17 Parte II: SVILUPPO DEL PROGETTO 1. PREMESSA Il progetto “Centro Risorse Educative per l’Apprendimento” (CREA) è stato avviato nel 2001. Come detto, ad oggi, il CREA è un “contenitore” all’interno del quale gli ope- ratori della Federazione possono trovare diversi materiali a supporto dell’azione di- dattica. Particolare rilievo è stato dato alle unità di apprendimento interdisciplinari, alla costruzione delle quali partecipa l’équipe dei formatori e che per lo più si svi- luppano all’interno dell’area professionale. Tutti i materiali elaborati in quest’am- bito sono stati pubblicati nella collana “Studi, progetti, esperienze per una nuova formazione professionale”, curata in collaborazione da CNOS-FAP e CIOFS/FP 1. Nel presente volume, invece, si vuole dare rilievo alle aree relative ai saperi di base e si presenta un modello per impostare unità di carattere disciplinare. 2. DEFINIZIONE DELLE UNITÀ DA SVILUPPARE I sussidi che si stanno elaborando al momento cercano di rispecchiare quanto più possibile le indicazioni fornite dalla normativa vigente. Così, sia per quelle che già sono state prodotte, che per le unità ancora da elaborare, si è fatto riferimento dall’Accordo Stato-Regioni (del 15.01.04) in merito agli standard minimi definiti per i saperi di base. In particolare, le unità sono state organizzate attorno a tre delle quattro aree de- finite dall’Accordo: area dei linguaggi; area storico socio economica; area scienti- fica. L’Accordo prevede anche un’area tecnologica, che fa riferimento a saperi di carattere informatico. Si è deciso di non elaborare materiali in questo ambito per tre motivi: perché le conoscenze e, quindi, i supporti informatici sono in rapidissima 1 Si fa riferimento alle guide per l’elaborazione di piani formativi personalizzati realizzate per le seguenti comunità professionali: alimentazione, 2004; aziendale e amministrativa, 2004; commerciale e delle vendite, 2004; estetica, 2004; sociale e sanitaria, 2004; tessile e moda, 2004; elettrica e elet- tronica, 2004; grafica e multimediale, 2004; legno e arredamento, 2005; meccanica, 2004; turistica e alberghiera, 2004. 18 evoluzione e, nel momento in cui si arrivasse alla elaborazione di un sussidio su un dato supporto, si correrebbe il rischio di essere già in ritardo rispetto alla nuova versione di quel supporto; perché sull’informatica esiste moltissimo materiale in commercio e su Internet e sembra davvero inutile produrne altro; perché esistono standard europei (ECDL) che fanno da riferimento per i programmi di informatica realizzati nei percorsi di istruzione e formazione professionale. 3. CRITERI ISPIRATORI PER LA COMPILAZIONE DELLE UNITÀ DI APPRENDIMENTO Le unità di apprendimento intendono dotare i formatori di strumenti e di op- portunità che consentano loro di valorizzare al meglio l’approccio peculiare della formazione professionale di ispirazione cristiana centrato sulla scoperta e sul- l’aiuto alla realizzazione del progetto personale di ogni destinatario intorno ad una identità lavorativo-professionale e sulla base di una proposta tesa a formare il citta- dino, il lavoratore, il cristiano. Le varie unità si basano sulla centralità dell’esperienza e della competenza, sul metodo induttivo per ricerca e scoperta, sul legame motivante e funzionale tra le ri- sorse offerte, le competenze da possedere e i risultati ottenuti dal giovane nel suo percorso (esperienze di successo). Esse coniugano in un insieme armonico l’approc- cio esperienziale e l’astrazione, anch’essa necessaria, presupposto fondamentale per costruire un percorso di autonomia nell’apprendimento. Ciò che si persegue non è, infatti, l’abilità fine a se stessa, quanto lo sviluppo di una professionalità piena, fatta di competenze (sapere teorico ed abilità applicate nella risoluzione di un compito professionale) e di atteggiamenti e comportamenti congruenti accompagnati dalla maturazione nell’allievo di una mentalità che assuma i compiti di lavoro entro un quadro non solo funzionale ma anche ideale, per il cui perseguimento si prevede una disposizione interiore tesa al bene. I criteri metodologici fondanti per elaborare le unità di apprendimento sono: 1) approccio per esperienze e non per contenuti; i contenuti sono recuperati lungo il percorso; 2) avvio che mira al coinvolgimento attraverso la risoluzione di problemi; 3) conoscenze e abilità sperimentate, grazie al metodo che privilegia la centralità dell’allievo nel processo di apprendimento; 4) prestazione come obiettivo e titolo dell’unità scelto in base a questa (e non al- ludendo al contenuto). Per quanto riguarda gli strumenti da adottare, riteniamo che un percorso for- mativo che riconosce nell’allievo il vero protagonista dell’apprendimento debba accompagnare agli strumenti tradizionali (testi, dispense cartacee, schemi, tabelle, illustrazioni) l’insieme degli strumenti didattici frutto dell’applicazione delle nuove tecnologie educative (presentazioni in PowerPoint, schemi in AutoCAD, anima- 19 zioni, uso di chat-line con studenti stranieri o tra giovani di diversi Centri del CNOS-FAP, ricerche su Internet, ecc.)2. 4. METODOLOGIA DI RIFERIMENTO Il centro della metodologia proposta risiede nel superamento della didattica per trasmissione di saperi e abilità, optando per una concezione formativa centrata sulla cura della relazione educativa e della situazione di apprendimento, in vista di un coinvolgimento dell’allievo come soggetto attivo del processo formativo. Ciò com- porta che “i formatori sono chiamati a ‘creare’ esperienze nelle quali l’allievo, con- frontandosi con problemi di cui coglie il senso, si pone in modo attivo alla ricerca di una soluzione in grado di soddisfare i requisiti del problema stesso, sormontando gli ostacoli che via via incontra, mobilitando in tal modo un processo di apprendi- mento autonomo, personale, autentico. Tale processo è centrato sull’azione; tanto che si può affermare che la conoscenza passa necessariamente per l’azione per poi giungere ad una piena formalizzazione attraverso il linguaggio” 3. La logica che muove le unità di apprendimento 4, quindi, è quella secondo cui l’apprendimento diventa maggiormente significativo se avviene a partire dall’espe- rienza diretta dell’allievo, il quale, se posto davanti ad un compito da realizzare, può mobilitare le sue competenze personali e incrementarle con nuove conoscenze e abilità in prospettiva della realizzazione di un prodotto. Tale metodologia può essere concretizzata nell’azione educativa attraverso il modello dell’apprendimento esperienziale di Kolb e Fry 5, che viene qui di seguito rappresentato nel grafico attraverso il modello adattato di Arto6. Secondo questo modello, riferito ad interventi di tipo disciplinare, ma estensi- bile per analogia alle UA interdisciplinari, il processo di apprendimento degli al- lievi viene facilitato se essi prendono contatto con i contenuti attraverso un’espe- rienza concreta. Il formatore, quindi, inizialmente propone agli allievi un’esperienza concreta (A) relativa al contenuto che intende spiegare. Questo ha lo scopo di incrementare la motivazione e il coinvolgimento dei giovani. Tale esperienza può essere rappre- sentata da un esercizio di gruppo, una simulazione, un questionario, la visione di un film, un gioco, ecc. qualsiasi attività che coinvolga gli allievi e che si possa colle- gare al contenuto oggetto dell’unità. 2 CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione delle unità didattiche, Roma, Tipografia Pio XI, 2003. 3 NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’i- struzione e della formazione professionale, Roma, Tipografia Pio XI, 2004, 88. 4 D’ora in avanti verranno indicate con UA. 5 KOLB D.A. - FRY R., Towards an Applied Theory of Experiential Learning, in: COOPER C.L. (Ed.), Theories of Group Process, London, New York, John Willy & Sons, 1975, 33-57. 6 ARTO A., La persona umana trova la sua ricchezza. Operatori e destinatari: ricchezze a con- fronto, Roma, AIPRE, 2002, 54. 20 Successivamente il formatore propone e guida gli allievi in una riflessione (B) sull’esperienza appena fatta, sul modo in cui l’hanno affrontata e sulla funzionalità di tale esperienza rispetto al contenuto che intende esporre, in modo da promuovere in essi l’autoesplorazione. In seguito il formatore spiega (C) i concetti e i contenuti dell’UA collegandoli ai dati ottenuti dall’esperienza al fine di poterli estendere ad altre situazioni. Il formatore, poi, propone una sperimentazione (D), ovvero una nuova espe- rienza correlata e simile alla prima, per permettere agli allievi di mettere in pratica i contenuti appresi e di farne esperienza in modo più consapevole. Infine, il formatore, attraverso il monitoraggio della seconda esperienza fatta dagli allievi, verifica (E) l’apprendimento dei contenuti. Grafico 1 - Percorso di apprendimento 5. STRUTTURA DELLE UA Ciascuna UA prevede una “Guida formatore” e un “Manuale allievo”. In genere, il sussidio destinato al formatore (che include anche la parte desti- nata all’allievo) ha il titolo che si riferisce al contenuto in oggetto, per esempio, “Simboli relazionali”, “Nutrizione”, “Computer and its terminology”, ecc.; il sus- sidio destinato all’allievo ha un nome che vuole essere accattivante per il destina- tario, per esempio, “Impariamo l’algebrichese”, “Ma cosa sto mangiando?!”, “Va’ dove ti porta il mouse!”, ecc. La “Guida formatore”, inoltre, è più complessa, contiene informazioni sul pro- getto, spiega la metodologia utilizzata, dà dettagli sui contenuti e contiene le solu- zioni degli esercizi proposti. 21 Il “Manuale allievo” vuole essere uno strumento agile, dall’aspetto accatti- vante, con poche informazioni, pagine molto ariose, arricchito da grafici, schemi e disegni che hanno lo scopo di alleggerire il testo e facilitare la lettura; inoltre, per ogni esercizio proposto, prevede spazi per le risposte, così da non essere solo uno strumento da cui trarre informazioni, ma anche sul quale inserire informazioni. Dal punto di vista informatico, ogni unità si compone di due file di base che ri- prendono il nome dell’unità con l’indicazione “Guida formatore” (GF) e “Manuale allievo” (MA); per esempio: “Nutrizione (GF)” e “Nutrizione (MA)”. Nel caso siano previste diapositive, si aggiungeranno uno o più file in PowerPoint. 5.1. Guida formatore Ciascuna “Guida formatore” prevede quattro sezioni principali: 1) imposta- zione generale; 2) svolgimento dell’unità; 3) strumenti di approfondimento; 4) in- formazioni sull’UA. Vediamole nel dettaglio. 1) Impostazione generale L’impostazione generale (prima sezione) raccoglie informazioni circa obiettivi (formativi, tratti dal PECUP, e specifici di apprendimento, ricavati dal citato Ac- cordo Stato-Regioni del 15.1.04 sugli standard formativi minimi), metodologia uti- lizzata (parte che resta identica in ciascuna unità), destinatari dell’unità, materiali utili per la realizzazione dell’unità e indicazione di massima sui tempi di svolgi- mento dell’unità. Per facilitare il lettore e colui che volesse costruire nuove unità sulla base di quanto indicato in queste pagine, in allegato, riportiamo entrambi i documenti utili per compilare questa parte: PECUP e Accordo Stato-Regioni. 2) Svolgimento dell’unità La sezione relativa allo svolgimento dell’unità è la più corposa. Si compone di due parti. Nella prima parte, è riportata una tavola riassuntiva dei vari momenti in cui va scandita l’UA; nella seconda, si riporta l’intero percorso previsto, con esercizi, spiegazioni contenutistiche, lavori proposti, diapositive, questionari, schede, di- segni, tavole e qualsiasi elemento utile per realizzare l’unità. 3) Strumenti di approfondimento La sezione relativa agli strumenti di approfondimento si articola in quattro punti. Il primo (schede di contenuto) riporta approfondimenti o focus su dati conte- nuti che si è scelto di non inserire nel percorso dell’UA, ma che si vuole comunque richiamare (questa parte non è presente in tutte le unità). Il secondo punto è un glossario che riporta le definizioni dei termini chiave uti- lizzati nell’unità. Gli ultimi due punti sono una bibliografia e una sitografia di interesse per le te- matiche affrontate nell’UA. 22 4) Informazioni sull’unità La quarta e ultima sezione si compone di una semplice tabella che riporta: au- tore/i dell’unità; data di creazione dell’unità; nome del/i revisore/i dell’unità; data di revisione dell’unità; nome del coordinatore scientifico del progetto; numero di versione dell’unità (la numero 1 è la prima versione dell’autore, le numero 2 e 3 sono le versioni revisionate, la n. 4 è la versione modificata a seguito della speri- mentazione in aula). Nella tavola che segue, sono descritte tutte le voci che compaiono nelle singole unità e le relative descrizioni. Tavola 1 - Schema della “Guida formatore” 23 5.2. Manuale allievo Il “Manuale allievo” si elabora sulla base della “Guida formatore”. Come detto, infatti, ha una struttura più snella rispetto al sussidio destinato al formatore, ma riporta esattamente gli stessi contenuti. Il manuale si articola in quattro punti. 1) Accoglienza e presentazione dell’unità Il primo punto è una pagina di benvenuto nell’UA che fornisce brevi spiega- zioni sul lavoro che si farà e sintetizza i contenti che si affronteranno. 2) Metodo Il punto due è rappresentato dal grafico che descrive la metodologia utilizzata: i colori usati e richiamati nel corso dell’unità possono aiutare l’allievo a sapere in quale fase si trova in ogni momento. 3) Percorso Il punto 3 è la parte centrale dell’unità. Si apre con una scheda che presenta gli obiettivi dell’UA e poi comincia a sviluppare il percorso seguendo i 5 punti indicati nella metodologia: esperienza, riflessione, spiegazione, sperimentazione e verifica. A differenza della “Guida formatore”, i contenuti sono presentati in modo gra- ficamente più gradevole, gli esercizi prevedono spazi per la risposta e non com- paiono le soluzioni. 4) Strumenti di approfondimento L’ultimo punto è costituito dagli strumenti di approfondimento: schede di con- tenuto (vale quanto osservato per la “Guida formatore”), glossario, bibliografia e sitografia di riferimento. A differenza della “Guida formatore”, la bibliografia e la sitografia qui ripor- tati riguardano testi o siti per approfondimenti (e non sono i documenti utilizzati per la stesura dei contenuti). 6. COME COSTRUIRE UNA UA Nella costruzione di un sussidio disciplinare, per prima cosa, stando all’impo- stazione qui presentata, va deciso quali sono gli obiettivi formativi (desumibili dal PECUP) che si vogliono perseguire e quali gli obiettivi specifici di apprendimento (riconducibili agli standard formativi minimi) che si vogliono proporre. Il secondo passo consiste nell’identificare i contenuti necessari per conseguire gli obiettivi previsti. A questo punto, andrà sviluppata la prima fase della metodologia proposta: esperienza. Un aiuto in tal senso può venire dalla risposta alla domanda: cosa posso proporre agli allievi così che si attivino intorno al contenuto che intendo presen- tare? Come si diceva, per questa fase si può ricorrere a qualsiasi esperienza si va- luti utile a raggiungere il duplice obiettivo di motivare gli allievi (catturare la loro 24 attenzione) e trovare uno stimolo al quale agganciare il contenuto oggetto dell’u- nità. L’esperienza può essere rappresentata da un gioco di gruppo, dalla visione di un film, dalla simulazione di ruoli, dalla compilazione di schede, dalla costruzione di oggetti, dall’ascolto di una canzone, ecc. La fase della riflessione consiste nel riprendere alcuni elementi salienti emersi dall’esperienza e utilizzarli come “ponte” verso il contenuto che verrà subito dopo, senza soluzione di continuità. La fase successiva è appunto rappresentata dalla spiegazione: qui vanno pre- sentati tutti contenuti utili per sviluppare l’argomento oggetto dell’unità. Al termine della spiegazione, è necessario proporre agli allievi una nuova esperienza nella quale possano applicare le informazioni ricevute fin qui. Infatti, mentre nella prima esperienza hanno agito sulla base della “spontaneità”, ora si chiede loro di agire sulla base delle nuove conoscenze acquisite. Infine, sarà necessario valutare l’apprendimento realizzato da ciascun allievo nel corso dell’unità. Quindi, l’ultima fase deve prevedere un qualche strumento utile a tal fine. Dal punto di vista grafico, nelle unità fin qui realizzate si è cercato di utilizzare molti accorgimenti utili a rendere gradevole e accattivante l’aspetto della dispensa destinata ai ragazzi; per questo, si è fatto ricorso a tavole, griglie, riquadri, imma- gini e, soprattutto, colori. 7. CONCLUSIONE Per chiarezza espositiva e per fornire un quadro comune, nella presentazione della struttura dell’unità si è cercato di mettere dei confini ben definiti. Di fatto, un buon intervento personalizzato è quello che è capace di adattarsi alla realtà del gruppo cui si rivolge. Pertanto, la caratteristica fondamentale dell’unità è la flessi- bilità, cioè la possibilità di venire modificata via via che il formatore monitora le ri- sposte del gruppo agli stimoli presentati. Inoltre, i materiali fin ora prodotti sono stati solo in parte validati dall’espe- rienza in aula. L’auspicio è un utilizzo sempre più consistente da parte degli opera- tori di tutta la Federazione così da avere informazioni per apportare le modifiche necessarie a rendere le dispense sempre più funzionali all’azione educativa. 8. BIBLIOGRAFIA ARTO A., La persona umana trova la sua ricchezza. Operatori e destinatari: ricchezze a confronto, Roma, AIPRE, 2002. CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione delle unità didattiche, Roma, Tipografia Pio XI, 2004 KOLB D. A. - FRY R., Towards an Applied Theory of Experiential Learning, in: COOPER C.L. (Ed.), Theories of Group Process, London, New York, John Willy & Sons, 1975. 25 NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, Roma, Tipografia Pio XI, 2004. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, SEGRETERIA DELLA CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO, LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME, Conferenza Stato Regioni Seduta del 15.1.2004, Repertorio Atti n. 1901 del 15 gennaio 2004. 27 Parte III: MAPPA DELLE UNITÀ ED ESEMPI DI SUSSIDI Per rendere più esplicito quanto presentato nelle pagine precedenti, in questa parte si riportano l’elenco delle unità pensate per i tre anni del percorso di Istru- zione e formazione professionale e due esempi di sussidi elaborati dai formatori della Federazione. 1. MAPPA DEI SUSSIDI Di seguito riportiamo la mappa delle unità previste (rielaborata dai referenti della Federazione CNOS-FAP in base alle aree definite dall’Accordo Stato Re- gioni). I sussidi prodotti in questi anni, già disponibili e distribuiti agli operatori della Federazione tramite i Direttori dei CFP sono evidenziati in rosso e riportano tra pa- rentesi l’indicazione dell’anno in cui sono stati completati e diffusi. AREA STORICO SOCIO ECONOMICA “Identità e relazione” - UA: “Vivere è esserci” (2006) - UA: “Vivere è entrare in relazione” (2006) - UA: “L’uomo cercatore di Dio?” (2006) - UA: “L’identità storica e culturale di Gesù di Nazareth” (2006) “La comunità” - UA: “La famiglia, nucleo fondamentale e soggetto sociale” (2006) - UA: “Modelli culturali e sociali delle grandi religioni” (2006) - UA: “Valori comunitari e Dottrina Sociale della Chiesa” (2006) “Il senso della vita” - UA: “Vivere è progettarsi” (2006) - UA: “Tante vie per realizzare la vita” (2006) - UA: “Il manifesto della vita felice” (2006) “Il cittadino” - UA: “Il cittadino” (2004) “I diritti individuali e sociali” - UA: “La norma e le sue violazioni” - UA: “Diritti e doveri” (2004) - UA: “I doveri e le sanzioni” 28 “I diritti umani” - UA: “Carta universale dei diritti umani” - UA: “I conflitti nel mondo” - UA: “Multiculturalità e interculturalità” (2006) - UA: “Pari opportunità tra uomo e donna” “Il territorio e la storia” - UA: “Elementi di base del territorio” - UA: “Storia e tradizioni popolari del proprio territorio” (2006) - UA: “Enti locali” (2006) - UA: “Unione Europea” (2006) - UA: “Il nostro tempo” (2004) - UA: “Prima guerra mondiale” (2005) - UA: “Seconda guerra mondiale” (2004) “Il budget” - UA: “Simulazione di un acquisto personale” (2003) - UA: “Gestione degli atti amministrativi” - UA: “Simulazione di un acquisto aziendale” “Il sistema economico” - UA: “Le leggi fondamentali dell’economia” - UA: “Sistema famiglia” - UA: “Sistema impresa” - UA: “Sistema Stato” “L’organizzazione dell’impresa” - UA: “Azienda” (2004) - UA: “Struttura aziendale” (2004) “Creare e gestire un’impresa” - UA: “Business plan” - UA: “Reperimento dei finanziamenti da parte dell’impresa” - UA: “Gestione dell’impresa simulata” “Il lavoro” - UA: “Formazione e lavoro nella Costituzione” - UA: “Aspetti del lavoro nella società contemporanea” - UA: “Lavoro nella dottrina sociale della Chiesa” “I cambiamenti del lavoro - Problemi e opportunità” - UA: “Il lavoro nella storia e le nuove professioni” - UA: “Le regole che governano il mercato del lavoro nella società della globalizzazione” “I contratti di lavoro, tutela e sviluppo” - UA: “Aspetti fondamentali del rapporto di lavoro” - UA: “Forme e contratti di lavoro” - UA: “Lavoro subordinato e lavoro autonomo” - UA: “Lavoro e territorio” (2004) - UA: “Ricerca attiva del lavoro” (2005) 29 AREA DEI LINGUAGGI “Comunicare” - UA: “Potenziamento lessicale” (2004) - UA: “Elementi della comunicazione” (2006) - UA: “La comunicazione linguistica” - UA: “I mezzi di comunicazione sociale” “Comprendere testi orali e scritti” - UA: “Struttura e linguaggio dei quotidiani” (2006) - UA: “Linguaggio multimediale” - UA: “Tecniche di lettura e modalità di sintesi” “Produrre testi orali e scritti” - UA: “Produzione e presentazione di testi e schede riassuntive” “Elementi di cultura linguistica” - UA: “Esperienze significative di cultura locale” - UA: “Elementi di letteratura contemporanea” “Inglese - Livello introduttivo” - UA: “Getting to know” - UA: “What time do you usually get up?” - UA: “What music do you listen to?” - UA: “Would you like…?” - UA: “What is this about (Technical English)” - UA: “A basic technical glossary” “Inglese - Livello sopravvivenza” - UA: “Me and my family” - UA: “What is happening?” - UA: “What did you do yesterday?” - UA: “I’m going to London tomorrow” - UA: “Better and nicer” - UA: “Understanding basic info (Technical English)” “Inglese - Livello autonomo” - UA: “People’s past…” - UA: “I wish I wew…” - UA: “How to write about me” - UA: “Taking notes (Technical English)” - UA: “I’d like to apply for this job” “Inglese tecnico informatico” - UA: “Computer and its terminology” (2004) - UA: “Hardware” - UA: “Peripherals” - UA: “Software”] - UA: “Network and internet” - UA: “Jobs and career” 30 AREA SCIENTIFICA “I numeri” - UA: “I numeri e la loro classificazione” - UA: “Introduzione ai sistemi di numerazione” (2004) - UA: “Sistema di numerazione binario” (2004) - UA: “Sistema di numerazione decimale” (2004) - UA: “Sistema di numerazione sessagesimale” (2004) - UA: “Simboli relazionali” (2005) - UA: “Operazioni: definizioni e applicazione nei vari campi numerici” “La geometria nel piano e nello spazio” - UA: “Linguaggio della geometria piana” - UA: “I poligoni” - UA: “Principali proprietà e teoremi” - UA: “La circonferenza e le sue proprietà” (2005) - UA: “La geometria solida” “Le variabili” - UA: “Il calcolo letterale” - UA: “Introduzione al concetto di uguaglianza, uguaglianza condizionata e disugua- glianza” - UA: “La ricerca del valore sconosciuto” (2004) - UA: “I sistemi lineari” - UA: “Le equazioni di grado superiore al primo” “Le funzioni logico matematiche” - UA: “Gli insiemi e le loro operazioni” - UA: “Assi cartesiani; coordinate” - UA: “Le funzioni: elementi di definizione e loro proprietà grafiche” - UA: “Le funzioni trigonometriche e la risoluzione dei triangoli” - UA: “Elementi di geometria analitica: distanze tra punti; retta e curve” - UA: “Operazioni della logica formale e applicazione ai circuiti” “Elementi di statistica, probabilità e matematica finanziaria” - UA: “Il dato e la sua organizzazione” - UA: “I grafici” - UA: “L’evento e calcolo della sua probabilità” - UA: “Il capitale in entrata e in uscita” “Materia ed energia” - UA: “Microstruttura della materia” - UA: “La materia e sue trasformazioni” - UA: “Composizione degli esseri viventi” - UA: “Merceologia” “Meccanismi dei solidi e dei fluidi” - UA: “Grandezze fisiche e loro misura” - UA: “Moti rettilinei e non rettilinei” - UA: “Le forze e l’equilibrio meccanico” - UA: “Le forze e il movimento” - UA: “Le forze e l’energia” - UA: “Equilibrio dei fluidi” “Termologia” - UA: “Dilatazione termica” - UA: “Calore e temperatura” (2004) 31 - UA: “Cambiamenti di stato” - UA: “Propagazione del calore come processo stazionario” - UA: “L’energia termica e le sue trasformazioni” “Elettrologia elettromagnetismo” - UA: “La carica elettrica e l’equilibrio” - UA: “La corrente elettrica” - UA: “Fenomeni magnetici e campo magnetico” - UA: “Induzione elettromagnetica ed energia elettrica” “Acustica e ottica” - UA: “Fenomeni ondulatori e loro leggi” - UA: “Sorgenti sonore e loro caratteristiche” - UA: “Ottica” “Il mondo dei viventi” - UA: “Viventi e non viventi” (2004) - UA: “La cellula” (2004) - UA: “Origine della vita, evoluzione e adattamento” (2004) - UA: “Eredità dei caratteri” (2006) - UA: “Nutrizione” (2005) - UA: “Respirazione” - UA: “Circolazione e trasporto” - UA: “Immunità e difesa” - UA: “Sostegno e movimento” - UA: “Riproduzione” (2006) - UA: “Concetto di salute e malattia: educazione alla salute” “Educazione allo sviluppo sostenibile e rispetto dell’ambiente” - UA: “Elementi di ecologia” - UA: “Gli ecosistemi” - UA: “Inquinamento” - UA: “Educazione allo sviluppo sostenibile” (2006) 2. ESEMPIO DI SUSSIDIO In questa sezione si riporta, ad esempio di quanto presentato nelle pagine pre- cedenti, una unità di apprendimento disciplinare realizzata dai formatori della Fe- derazione CNOS-FAP e revisionata da operatori della Sede nazionale. In particolare, si è scelto di riportare l’unità “Ricerca attiva del lavoro”, del- l’area storico socio economica. 35 36 SOMMARIO 1. IMPOSTAZIONE GENERALE 1.1. Inquadramento dell’UA 1.2. Obiettivi formativi 1.3. Metodologia 1.4. Destinatari 1.5. Obiettivi specifici di apprendimento (O.S.A.) 1.6. Materiali 1.7. Tempi di svolgimento 2. SVOLGIMENTO DELL’UA 2.1. Sequenza in fasi 2.2. Percorso 3. STRUMENTI DI APPROFONDIMENTO 3.1. Glossario 3.2. Sitografia 3.3. Bibliografia 4. INFORMAZIONI SULL’UA 37 1. IMPOSTAZIONE GENERALE In questo primo punto verranno descritti l’inquadramento, gli obiettivi forma- tivi, la metodologia da seguire, i destinatari, gli obiettivi specifici di apprendi- mento, i materiali, i tempi di svolgimento dell’unità di apprendimento (UA). 1.1. Inquadramento dell’UA In questa sezione verranno descritte la collocazione dell’UA rispetto alla macro-area formativa e al percorso formativo e le connessioni che l’UA ha con altre UA. 1.1.1. Macro-area formativa Questa UA è parte della macro-area formativa “Storico-socio-economica”, ov- vero dell’insieme di riflessioni che hanno come oggetto di studio i differenti aspetti dell’uomo e della società come l’etica, la storia, l’antropologia, la sociologia, la psicologia, l’economia, il diritto, le scienze del linguaggio e la comunicazione. 1.1.2. Collocazione nel percorso formativo Questa UA si colloca nell’area formativa “Contratti di lavoro, tutela e svi- luppo”. 1.1.3. Connessioni con altre UA L’UA in oggetto può trovare elementi di contatto con le UA delle aree forma- tive “Il lavoro” e “I cambiamenti del lavoro. Problemi e opportunità”. 1.2. Obiettivi formativi Gli obiettivi formativi sono tratti dal Profilo educativo, culturale e professio- nale (PECUP)1 documento che esplicita ciò che “un giovane dovrebbe sapere, fare ed agire per essere l’uomo e il cittadino che è lecito attendersi da lui alla fine del secondo ciclo degli studi. Il Profilo mette in luce come, indipendentemente dai percorsi di istruzione e formazione frequentati, le conoscenze disciplinari e interdisciplinari (il sapere) e le abilità operative apprese (il fare consapevolmente), nonché l’insieme delle azioni e delle relazioni interpersonali intessute (l’agire), siano la condizione per maturare le competenze che arricchiscono la personalità dello studente e lo rendono autonomo costruttore di se stesso in tutti i campi della esperienza umana, sociale e professio- nale”. 1 Documento dello Stato, Profilo educativo, culturale e professionale (PECUP) dello studente alla fine del diritto dovere di istruzione e di formazione. 38 Gli obiettivi formativi che guidano questa UA sono: – elaborare, esprimere e argomentare, circa il proprio futuro esistenziale, sociale e professionale, un’ipotesi di sviluppo proiettata nel mondo del lavoro che tenga conto del percorso umano e scolastico finora intervenuto, ma che allo stesso tempo, lo arricchisca con una realistica ulteriore progettualità; – elaborare un’ipotesi per la ricerca del lavoro, la riconversione professionale e la formazione continua, prevedendo una collaborazione con la scuola, la fami- glia, i soggetti professionali e sociali, e utilizzando anche il Portfolio delle competenze personali; – essere consapevoli delle proprie capacità, attitudini e aspirazioni e delle condi- zioni di realtà che le possono valorizzare e realizzare; – conoscere i punti di forza e le debolezze della propria preparazione, verifi- cando costantemente l’adeguatezza delle proprie decisioni circa il futuro pro- fessionale e operando flessibilmente gli opportuni cambiamenti o integrazioni di percorso, consapevole dell’importanza dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita (life long learning). 1.3. Metodologia In questa unità i singoli contenuti verranno presentati seguendo lo schema che presentiamo nel grafico seguente; tale schema ha come riferimento il modello del- l’apprendimento esperienziale di Kolb e Fry2. 2 KOLB D.A., FRY R., Towards an Applied Theory of Experiential Learning, in: COOPER C.L. (Ed.), Theories of Group Process, New York, John Willy & Sons, 1975, 33. Grafico 1 - Percorso di apprendimento Adattato da: ARTO A., La persona umana trova la sua ricchezza. Operatori e destinatari: ricchezze a confronto, Roma, AIPRE, 2002, 54. 39 Secondo questo modello il processo di apprendimento negli allievi viene faci- litato se essi prendono contatto con i contenuti attraverso un’esperienza concreta. Il formatore, quindi, inizialmente propone agli allievi un’esperienza concreta (A) relativa al contenuto che intende spiegare. Questo ha lo scopo di incrementare la motivazione e il coinvolgimento di ragazzi. Successivamente il formatore propone e guida gli allievi in una riflessione (B) sull’esperienza appena fatta, sul modo in cui l’hanno affrontata e sulla funzionalità di tale esperienza rispetto al contenuto che intende esporre, in modo da promuovere in essi l’autoesplorazione. In seguito il formatore spiega (C) i concetti e i contenuti dell’UA collegandoli ai dati ottenuti dall’esperienza al fine di poterli estendere ad altre situazioni. Il formatore, poi, propone una sperimentazione (D), ovvero una nuova espe- rienza correlata e simile alla prima, per permettere agli allievi di mettere in pratica i contenuti appresi e di farne esperienza in modo più consapevole. Infine, il formatore, attraverso il monitoraggio della seconda esperienza fatta dagli allievi, verifica (E) l’apprendimento dei contenuti. 1.4. Destinatari Questa unità si rivolge agli allievi del terzo anno del percorso formativo e pre- vede la conoscenza dei contenuti delle precedenti UA dell’area formativa “Con- tratti di lavoro, tutela e sviluppo”. 1.5. Obiettivi specifici di apprendimento (O.S.A.) In attesa del documento ufficiale sugli obiettivi specifici di apprendimento (O.S.A.), si prendono come riferimento gli standard (indicati nella Conferenza Stato-Regioni, del 15/01/04) per conoscere il funzionamento del sistema econo- mico e orientarsi nel mercato del lavoro3. In particolare questa UA ha come obiettivi: – apprendere le azioni da intraprendere per la ricerca attiva del lavoro (scrivere il curriculum vitae, conoscere il settore di lavoro, individuare gli strumenti e le tecniche più idonei per affrontare un colloquio e/o un concorso); – comprendere come affrontare situazioni comunicative diverse, impreviste, anche in contesti non noti, scambiando informazioni ed idee, utilizzando ade- guate risorse linguistiche ed informatiche; – conoscere le principali caratteristiche del mercato del lavoro europeo, nazio- nale e locale e le regole del suo funzionamento. 3 Presidenza del Consiglio dei Ministri, Documento tecnico per la definizione degli standard for- mativi, di cui l’art. 4 dell’Accordo quadro sancito in Conferenza unificata il 19 giugno 2003 tra Stato, Regioni e Province. 40 1.6. Materiali In questa sezione verranno elencati i materiali didattici e di supporto utilizzati dal formatore per la presentazione dell’unità. 1.6.1. Materiali didattici All’allievo verrà consegnato all’inizio dell’UA il “Manuale allievo” conte- nente tutto il materiale cartaceo (schede, diapositive, esercitazioni, approfondi- menti, ecc.) che verrà utilizzato nel corso dell’UA stessa. Nello specifico, in questa UA il formatore utilizzerà i seguenti materiali: scheda: “Obiettivi”; scheda esperienza personale; scheda: “Azioni per la ricerca del lavoro”; diapositive: “Azioni per la ricerca del lavoro”; diapositive: “Simulazione di un colloquio di lavoro”; scheda per la verifica; scheda per la verifica finale; scheda: “Bilancio personale”. 1.6.2. Materiali di supporto Questa UA richiede i seguenti materiali di supporto: aula attrezzata con com- puter e collegamento Internet; videoproiettore; lavagna; cartellone; pennarelli colo- rati; fogli e penne. 1.7. Tempi di svolgimento L’UA ha una durata di circa 10/15 ore. 2. SVOLGIMENTO DELL’UA In questo secondo punto verranno proposti la sequenza in fasi e il percorso con i relativi strumenti dell’UA. 2.1. Sequenza in fasi Qui di seguito viene presentata la sequenza in fasi, attraverso la tabella rias- suntiva, dell’UA “Ricerca attiva del lavoro”. 41 2.2. Percorso In questa sezione verranno presentati i contenuti dell’UdA con i relativi stru- menti. 42 2.2.1. Azioni per la ricerca del lavoro Qui di seguito verrà presentato il contenuto dell’UdA, ovvero “Azioni per la ricerca del lavoro”. A) Esperienza Durante questa fase del percorso, il formatore offre agli allievi l’opportunità di immedesimarsi in una situazione che può verificarsi nella vita quotidiana e di riflet- tere su di essa. Per farlo, propone la seguente situazione (e relativa scheda). Chiede agli allievi di pensare a cinque persone che conoscono e che svolgono un lavoro. Una volta che tutti hanno in mente le 5 persone, il formatore invita gli allievi a compilare la scheda che segue: su una colonna scrivono quale tipo di la- voro svolgono le persone cui stanno pensando, sull’altra il percorso che, secondo loro, quelle persone hanno fatto per arrivare a ricoprire quell’incarico. Infine, cia- scun allievo è invitato a illustrare la propria scheda alla classe. Scheda esperienza personale B) Riflessione Il formatore invita gli allievi a confrontare tra di loro le tabelle che hanno compilato singolarmente. Successivamente, aiuta gli allievi a vedere come questa esperienza può aiutarli a comprendere il concetto di ricerca attiva del lavoro. 43 B) Spiegazione 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 D) Sperimentazione Durante questa fase del percorso, il formatore offre agli allievi una nuova opportunità di immedesimarsi in una situazione concreta, questa volta attraverso la simulazione di un colloquio di lavoro. Il formatore dividerà la classe in tre gruppi: il primo gruppo rappresenterà il datore di lavoro, il secondo gruppo rappresenterà il candidato al lavoro e il terzo gruppo rappresenterà gli osservatori. Il gruppo dei datori di lavoro e il gruppo dei candidati prepareranno una gri- glia con le indicazioni richieste e riportate sulle diapositive. In seguito, il rappresentante del gruppo dei datori di lavoro mostrerà alla classe il lavoro svolto e dirà la figura professionale individuata, le caratteristiche tecniche professionali di quella figura, le caratteristiche personali ricercate nel can- didato. Il rappresentante dei candidati al colloquio, presenteranno il curriculum pre- parato, diranno quali sono le informazioni che hanno individuato sull’attività pro- duttiva dell’azienda, diranno quale atteggiamento tenere. Il rappresentante degli osservatori, annoterà su una griglia le osservazioni ri- levate nel comportamento e negli atteggiamenti che esporrà e motiverà alla classe. 64 Diapositive per la sperimentazione 65 66 E) Verifica Il formatore interagirà attivamente con gli allievi, per rilevare le conoscenze acquisite e supportarli in caso di difficoltà. I ragazzi presentano in forma sintetica il lavoro fatto su cartelloni/lucidi e il formatore verificherà se ogni singolo gruppo ha individuato le caratteristiche del ruolo assegnatogli. 2.2.2. Scheda per la verifica finale Il formatore chiede agli allievi di redigere il proprio curriculum e lo corregge in base ai criteri di un “buon CV” indicati nell’unità. 67 68 3. STRUMENTI DI APPROFONDIMENTO In questa sezione verranno presentati degli strumenti che potranno essere uti- lizzati dagli allievi e dal formatore per approfondire i contenuti dell’unità. 3.1. Glossario Colloquio di lavoro: incontri, tra il candidato per un posto di lavoro e l’inter- vistatore, detto selezionatore, finalizzati all’assunzione. Comportamento verbale: comunicazione attraverso il linguaggio. Comportamento non verbale: comunicazione veicolata dal corpo; ad esempio con gesti, espressioni del volto, tono della voce, distanza dall’interlocu- tore, ecc. Concorso pubblico: esame che ha lo scopo di selezionare i candidati a una de- terminata posizione lavorativa. Inizia con un bando in cui vi sono le regole per pre- parare le prove, l’elenco dei posti disponibili, la retribuzione, i requisiti per potervi partecipare, la data di scadenza per la consegna della domanda. In base ad una gra- duatoria, i vincitori del concorso saranno assunti. Curriculum vitae: documento con cui ci si propone al mercato del lavoro con l’obiettivo di promuovere la propria candidatura. Contiene informazioni anagra- fiche e scolastiche nel caso di una persona senza esperienza, mentre è focalizzato soprattutto sulle competenze e conoscenze nel caso di chi ha già lavorato. Deve possedere alcuni requisiti fondamentali: facile da leggere, da capire, stimolante, credibile, completo, allegato ad una lettera di accompagnamento indirizzata all’a- zienda. Riporta informazioni relative a: dati anagrafici; percorso formativo; espe- rienze lavorative; interessi personali. Datore di lavoro: chi ha alle proprie dipendenze lavoratori retribuiti. E-recruiting (reclutamento on line): siti web del lavoro, dove è anche possi- bile inserire il curriculum. Impiego pubblico: lavoro svolto presso enti pubblici, quali, ad esempio, Mini- steri, enti statali e parastatali, Università, Comuni, Camere di commercio, ecc. Job alert (allarme lavoro): servizio offerto dai siti di e-recruiting, in cui, inse- rendo la ricerca di lavoro, si ha una risposta puntuale e aggiornata semplicemente ricevendo la posta elettronica. Lavoro autonomo: tipo di lavoro svolto senza alcun legame di dipendenza da altri. Lavoro dipendente o subordinato: tipo di lavoro nel quale il lavoratore è alle dipendenze di altri. Riguarda sia il settore privato, sia quello pubblico. 69 Lettera di autocandidatura: lettera di presentazione inviata al responsabile dell’area funzionale o del settore aziendale in cui una persona vorrebbe esercitare la propria professione. Persona in cerca di prima occupazione o inoccupato: persona che ha con- cluso, sospeso o abbandonato un ciclo di studi e che non ha mai esercitato un’atti- vità lavorativa. Stage o tirocinio: periodo di formazione o perfezionamento professionale tra- scorso presso una università o una azienda, per acquisirvi la preparazione profes- sionale necessaria a svolgere una certa attività. Test di selezione: strumento utilizzato dai selezionatori per valutare le capacità dei candidati e le predisposizioni a un compito o a un iter formativo e professionale. Si dividono in: test di conoscenza, attitudinali, di intelligenza e personalità. Sono realizzati attraverso quiz simili a quelli enigmistici; utilizzano figure, parole e numeri e prevedono tre, quattro o più risposte. Il loro scopo è quello di effettuare una prima scrematura dei candidati, rispetto a una fase successiva impostata su altre prove scritte più tecniche. 3.2. Sitografia http://lavoro.economia.virgilio.it www.cliccalavoro.it www.bancalavoro.com www.joborienta.com www.jobpilot.it www.monster.it www.welfare.org.it 4. INFORMAZIONI SULL’UA In questo quarto punto verrà presentata una tabella in cui sono inserite infor- mazioni sull’UA. Tab. - “Informazioni sull’UA” 70 5. BIBLIOGRAFIA ARTO A., La persona umana trova la sua ricchezza. Operatori e destinatari: ricchezze a confronto, Roma, AIPRE, 2002. COOPER C. L. (a cura di), Theories of Group Processes, London, New York, John Wiley & Sons. FAVALLI G., PASSERINI W. (a cura di), Legge Biagi. Una riforma per il lavoro, Milano, Etas, 2003. KOLB D. A., FRY R., Towards an Applied Theory of Experiential Learning, in COOPER C.L. (a cura di), Theories of Group Processes, London, New York, John Wiley & Sons, 1975, 33-57. 71 72 SOMMARIO In questa unità di apprendimento su Ricerca attiva del lavoro troverai quanto elencato qui di seguito: 1. Collocazione dell’unità nel percorso formativo 2. Accoglienza e presentazione dell’unità 3. Metodo 4. Percorso 5. Strumenti di approfondimento 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 5.1. Glossario Colloquio di lavoro: incontri, tra il candidato per un posto di la- voro e l’intervistatore, detto selezionatore, finalizzati all’assun- zione. Comportamento verbale: comunicazione attraverso il linguaggio. Comportamento non verbale: comunicazione veicolata dal corpo; ad esempio con gesti, espressioni del volto, tono della voce, di- stanza dall’interlocutore, ecc. Concorso pubblico: esame che ha lo scopo di selezionare i candi- dati a una determinata posizione lavorativa. Inizia con un bando in cui vi sono le regole per preparare le prove, l’elenco dei posti dis- ponibili, la retribuzione, i requisiti per potervi partecipare, la data di scadenza per la consegna della domanda. In base ad una gra- duatoria i vincitori saranno assunti. Curriculum vvitae: documento con cui ci si propone al mercato del lavoro con l’obiettivo di promuovere la propria candidatura. Con- tiene informazioni anagrafiche e scolastiche nel caso di una per- sona senza esperienza, mentre è focalizzato soprattutto sulle competenze e conoscenze nel caso di chi ha già lavorato. Deve possedere alcuni requisiti fondamentali: facile da leggere, da ca- pire, stimolante, credibile, completo, allegato ad una lettera di ac- compagnamento indirizzata all’azienda. Riporta informazioni rela- tive a: dati anagrafici; percorso formativo; esperienze lavorative; interessi personali. Datore di lavoro: chi ha alle proprie dipendenze lavoratori retri- buiti. E-recruiting (reclutamento on line): siti web del lavoro, dove è anche possibile inserire il curriculum. Impiego pubblico: lavoro svolto presso enti pubblici, quale, ad esempio, Ministeri, enti statali e parastatali, Università, Comuni, Camere di commercio, ecc. 5. Strumenti di approfondimento 108 Job aalert (allarme lavoro): servizio offerto dai siti di e-recrui- ting, in cui, inserendo la ricerca di lavoro, si ha una risposta pun- tuale e aggiornata semplicemente ricevendo la posta elettronica. Lavoro autonomo: tipo di lavoro svolto senza alcun legame di di- pendenza da altri. Lavoro dipendente o subordinato: tipo di lavoro nel quale il lavo- ratore è alle dipendenze di altri. Riguarda sia il settore privato, sia quello pubblico. Lettera di autocandidatura: lettera di presentazione inviata al responsabile dell’area funzionale o del settore aziendale in cui una persona vorrebbe esercitare la propria professione. Persona in cerca di prima occupazione o inoccupato: persona che ha concluso, sospeso o abbandonato un ciclo di studi e che non ha mai esercitato un’attività lavorativa. Stage o tirocinio: periodo di formazione o perfezionamento pro- fessionale trascorso presso una università o una azienda, per ac- quisirvi la preparazione professionale necessaria a svolgere una certa attività. Test di selezione: strumento utilizzato dai selezionatori per valu- tare le capacità dei candidati e le predisposizioni a un compito o a un iter formativo e professionale. Si dividono in: test di conoscenza, attitudinali, di intelligenza e personalità. Sono realizzati attraverso quiz simili a quelli enigmi- stici; utilizzano figure, parole e numeri e prevedono tre, quattro o più risposte. Il loro scopo è quello di effettuare una prima scre- matura dei candidati, rispetto ad una fase successiva impostata su altre prove scritte più tecniche. 5.2. Bibliografia FAVALLI G., PASSERINI W. (a cura di), Legge Biagi. Una riforma per il lavoro, Milano, Etas, 2003. 5.3. Sitografia http://lavoro.economia.virgilio.it www.cliccalavoro.it www.bancalavoro.com www.joborienta.com www.jobpilot.it www.monster.it www.welfare.org.it 109 ALLEGATI Allegato 1: Decreto Legislativo 15 aprile 2005, n. 76. “Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, a norma dell’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 28 marzo 2003, n. 53”. Gazzetta Ufficiale n. 103 del 5 maggio 2005. Allegato A: Profilo educativo, culturale e professionale dello stu- dente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di for- mazione. Allegato 2: Conferenza Stato-Regioni - Seduta del 15 gennaio 2004. Oggetto: Accordo tra il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, per la definizione degli standard formativi minimi in attuazione dell’accordo quadro sancito in Conferenza Unificata il 19 giugno 2003. 110 CONFERENZA STATO-REGIONI SEDUTA DEL 15 GENNAIO 2004 Oggetto: Accordo tra il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bol- zano, per la definizione degli standard formativi minimi in attuazione dell’accordo quadro sancito in Conferenza Unificata il 19 giugno 2003. In attuazione di quanto previsto all’art. 4 dell’Accordo quadro del 19 giugno 2003 per la realizzazione dall’anno scolastico 2003/2004 di un’offerta formativa sperimentale di istru- zione e formazione professionale, nelle more dell’emanazione dei decreti legislativi di cui alla legge 28 marzo 2003 n. 53, vengono di seguito definiti gli obiettivi formativi che si assu- mono quale riferimento degli standard formativi minimi relativi alle competenze di base in esito ai percorsi sperimentali triennali per il conseguimento della qualifica professionale. Essi rappresentano il riferimento comune a livello nazionale; possono essere integrati e ampliati a livello regionale; sono oggetto di monitoraggio e valutazione di sistema. I piani di studio personalizzati dei percorsi triennali garantiscono allo studente il conse- guimento dei citati obiettivi in relazione al profilo educativo, culturale e professionale del ciclo di istruzione e formazione cui si riferiscono. Gli obiettivi formativi relativi alle competenze di base vengono articolati in quattro aree: • area dei linguaggi; • area scientifica; • area tecnologica; • area storico-socio-economica. Tali obiettivi fanno riferimento ad un’accezione di competenze di base più larga di quella tradizionalmente utilizzata nella formazione professionale, in quanto non sono conce- piti solo con riferimento all’occupabilità delle persone, ma soprattutto per i pieni diritti di cit- tadinanza a partire dal possesso della formazione culturale di base. Questo significa che sono considerati anche quei contenuti che non sono direttamente riferibili allo svolgimento di una qualsiasi attività professionale, ma piuttosto al pieno, consapevole ed attivo inserimento nella società civile. Le divisioni tra le aree non coincidono necessariamente con la più tradizionale articola- zione scolastica delle discipline. Lo schema esprime gli obiettivi da raggiungere e non il per- corso da compiere. Il raggiungimento degli obiettivi relativi alle competenze di base va, infatti, costruito sui centri di interesse dei giovani, legati allo sviluppo della persona, al contesto di riferimento, allo sviluppo delle competenze professionali. Le proposte qui presentate hanno l’obiettivo di fornire una prima elaborazione, che po- trebbe essere ulteriormente sviluppata, sulla cui base avviare il lavoro di sperimentazione dei percorsi triennali. Grande importanza avrà l’analisi delle indicazioni che proverranno dalle sperimentazioni regionali per la messa a punto degli obiettivi dei percorsi. Allegato 1 111 AREA DEI LINGUAGGI 1. Padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa 2. Leggere per comprendere ed interpretare 3. Produrre testi di differenti formati, tipologie e complessità 4. Utilizzare per i principali scopi comunicativi ed operativi una lingua straniera (riferimento livello A2 del framework europeo) 5. Utilizzare strumenti espressivi diversi dalla parola, tra loro integrati o autonomi (ad es. fotografia, cinema, web e in generale ipertesti, teatro, musica ecc) 1.1. Comprende le idee principali e secondarie di conversa- zioni, formali ed informali, individuando il punto di vista e le finalità dell’emittente 1.2. Riconosce differenti codici comunicativi all’interno del messaggio ascoltato, anche attraverso trasmissioni radio, video, etc. 1.3. Svolge presentazioni chiare e logicamente strutturate 1.4. Possiede proprietà di linguaggio, anche in senso lessicale e morfosintattico, adeguata a situazioni riferibili a fatti di vita quotidiana e professionale 1.5. Affronta situazioni comunicative diverse, impreviste, anche in contesti non noti, scambiando informazioni ed idee, utilizzando adeguate risorse linguistiche ed esprimendo il proprio punto di vista motivato 2.1. Comprende ed interpreta testi di varia tipologia, attivando strategie di comprensione diversificate 2.2. Identifica le informazioni fattuali e i giudizi 2.3. Conosce testi appartenenti alla produzione letteraria italiana e straniera di epoche ed autori diversi 3.1. Acquisisce e seleziona le informazioni utili, in funzione dei vari testi scritti da produrre (ad es. annunci, articoli, formulari, etc.) 3.2. Produce testi di contenuto generale e tecnico adeguati rispetto alla situazione comunicativa anche dal punto di vista lessicale e morfosintattico 4.1. Comprende i punti principali di messaggi e annunci semplici e chiari su argomenti di interesse personale, quotidiano o professionale 4.2. Descrive in maniera semplice esperienze ed eventi relativi all’ambito personale e professionale 4.3. Interagisce in conversazioni brevi e semplici su temi di carattere personale, quotidiano o professionale 4.4. Comprende i punti principali e localizza informazioni all’interno di testi di breve estensione riferiti alla vita quotidiana, all’esperienza personale, all’ambito professionale 4.5. Scrive brevi testi di uso quotidiano riferiti ad ambiti di immediata rilevanza 4.6. Scrive correttamente semplici testi di carattere tecnico nell’ambito professionale studiato 5.1. Coglie gli strumenti che caratterizzano il linguaggio dell’opera d’arte ed il valore del patrimonio artistico ed ambientale 5.2. Riconosce i diversi codici e strumenti comunicativi propri delle comunicazioni non verbali e li utilizza in relazione ai diversi contesti 5.3. Coglie gli strumenti che caratterizzano il linguaggio audiovisivo ed interpreta il messaggio attraverso diversi codici, finalità 112 AREA TECNOLOGICA 1. Utilizzare strumenti tecnologici e informatici per consultare archivi, gestire informazioni, analizzare dati (riferimento ECDL Start) 2. Utilizzare consapevolmente le tecnologie tenendo presente sia il contesto culturale e sociale nel quale esse fanno agire e comunicare, sia il loro ruolo per l’attuazione di una cittadinanza attiva 1.1. Sa acquisire, leggere, creare, gestire e stampare testi usando le funzionalità di un programma di videoscrittura 1.2. Usa le potenzialità offerte da applicazioni specifiche per creare, elaborare e gestire un foglio elettronico, utiliz- zando le funzioni aritmetiche e logiche, le normali funzio- nalità di trattamento dei testi, la rappresentazione dei dati in forma grafica 1.3. Conosce che cos’è una rete e utilizza in sicurezza internet per raccogliere informazioni, esplorare argomenti speci- fici, comunicare, collaborare e condividere risorse a di- stanza 2.1. È consapevole delle regole della comunicazione telematica e utilizza gli strumenti nel rispetto della propria e altrui privacy 2.2. Conosce potenzialità e rischi nell’uso delle tic AREA SCIENTIFICA 1. Comprendere le procedure che consentono di esprimere e risolvere le situazioni problematiche attraverso linguaggi formalizzati 2. Comprendere la realtà naturale, applicando metodi di osservazione, di indagine e le procedure sperimentali proprie delle diverse scienze. Esplorare e comprendere gli elementi tipici e le risorse dell’ambiente naturale ed umano inteso come sistema 1.1. Comprende il significato e le proprietà delle operazioni e utilizza strumenti, tecniche e strategie di calcolo (fino all’impostazione e risoluzione di equazioni di 2° grado) 1.2. Analizza oggetti nel piano e nello spazio, calcolando perimetri, aree e volumi di semplici figure geometriche e costruisce modelli utilizzando figure 1.3. Individua le strategie matematiche appropriate per la soluzione di problemi inerenti la vita quotidiana e professionale e motiva le risposte prodotte 1.4. Analizza dati e li interpreta sviluppando deduzioni e ragionamenti sugli stessi anche con l’ausilio di strumenti statistici (analisi della frequenza, tassi, probabilità) e di rappresentazioni grafiche 2.1. Analizza fenomeni fisici e risolve problemi individuando le grandezze fisiche, le relative modalità di misura e le relazioni fra di esse 2.2. Riconosce i principi fisici alla base del funzionamento di uno strumento o di una innovazione tecnologica 2.3. Riconosce il ruolo degli elementi di un sistema (fisico, naturale, sociale) e le loro interrelazioni 2.4. Analizza qualitativamente e quantitativamente fenomeni fisici e trasformazioni di energia 2.5. Analizza fenomeni chimici, comprendendo le caratteristi- che degli elementi e la struttura delle soluzioni chimiche legate al contesto della vita quotidiana 113 AREA STORICO - SOCIO - ECONOMICA 1. Cogliere il cambiamento e la diversità in una dimensione diacronica attraverso il confronto fra epoche e in una dimensione sincronica attraverso il confronto fra aree geografiche e culturali 2. Collocare l’esperienza personale in un sistema di regole fondato sulla tutela e sul reciproco riconoscimento dei diritti per il pieno esercizio della cittadinanza 3. Conoscere il funzionamento del sistema economico e orientarsi nel mercato del lavoro 4. Essere consapevole dei comportamenti adeguati per assicurare il benessere e la sicurezza 1.1. Riconosce le dimensioni del tempo e dello spazio attraverso l’osservazione di eventi storici e di aree geografiche 1.2. Identifica gli elementi maggiormente significativi per distinguere e confrontare periodi e aree diversi e li utilizza per cogliere aspetti di continuità e discontinuità, analogie e differenze e interrelazioni 1.3. Riconosce le caratteristiche della società contemporanea come il prodotto delle vicende storiche del passato 1.4. Individua nel corso della storia mezzi e strumenti che hanno caratterizzato l’innovazione tecnico-scientifica 2.1. Comprende le caratteristiche fondamentali dell’ordina- mento giuridico italiano come sistema di regole fondate sulla Costituzione repubblicana e si orienta nella struttura dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali, riconoscendo le funzioni dei rispettivi organi 2.2. Conosce gli organismi di cooperazione internazionale e il ruolo dell’Unione europea 2.3. Comprende la dimensione storica dei sistemi di organizzazione sociale, mette a confronto modelli diversi tenendo conto del contesto storico / culturale di riferimento 2.4. Riconosce il significato e il valore della diversità all’interno di una società basata su un sistema di regole che tutelano i diritti di tutti 3.1. Riconosce ed applica concretamente in fatti e vicende della vita quotidiana e professionale i fondamentali concetti economici e giuridici 3.2. Conosce le principali caratteristiche del mercato del lavoro europeo, nazionale e locale e le regole del suo funzionamento 4.1. Identifica le condizioni di sicurezza e salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto degli obblighi previsti dalla normativa vigente, individuando i comportamenti da adottare in situazioni di emergenza 4.2. Comprende la necessità di adottare nella vita quotidiana e professionale comportamenti volti a rispettare l’ambiente 114 Premessa Il secondo ciclo si compone del sistema dei Licei e del sistema degli Istituti dell’istruzione e della formazione professionale. Esso, come recita la legge delega 28 marzo 2003, n. 53, è fina- lizzato: a) alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani; b) allo sviluppo dell’autonoma capacità di giudizio; c) all’esercizio della responsabilità personale e sociale. A questo scopo, esso impiega in maniera organizzata e sistematica la riflessione critica sul sapere, sul fare e sull’agire. L’istruzione e la formazione che i giovani incontrano nel secondo ciclo, al pari di quella già maturata nel primo ciclo, è finalizzata al processo educativo della crescita e della valorizzazione della persona umana, mediante l’interiorizzazione e l’elaborazione critica delle conoscenze di- sciplinari e interdisciplinari (sapere), l’acquisizione delle abilità tecniche e professionali (fare consapevole) e la valorizzazione dei comportamenti personali e sociali (agire) stabiliti dal pre- sente Profilo. Finalità del secondo ciclo a) Crescita educativa, culturale e professionale dei giovani. Questa finalità implica la sco- perta del nesso tra i saperi e il sapere e il passaggio dalle prestazioni (o mansioni) alle competen- ze. Compito specifico del secondo ciclo, in questo senso, è trasformare la molteplicità dei saperi in un sapere unitario, dotato di senso, ricco di motivazioni e di fini; allo stesso modo, trasformare le prestazioni professionali in competenze, termine con il quale si indica l’impiego consapevole e creativo – nel più ampio contesto del lavoro e della vita individuale e sociale – di conoscenze or- ganicamente strutturate e di abilità riferibili a uno specifico campo professionale. L’educazione, anche nelle sue manifestazioni di istruzione scolastica e di istruzione e formazione professionale, si configura, quindi, come l’incontro fra un patrimonio di conoscenze e di abilità e l’autonoma elaborazione che ogni giovane è chiamato a dare per la propria realizzazione e per il progresso materiale e spirituale della società. b) Sviluppo dell’autonoma capacità di giudizio. Questa finalità si concretizza in metodo di studio, spirito di esplorazione e di indagine, capacità intuitiva, percezione estetica, memoria, procedimenti argomentativi e dimostrativi, consapevolezza e responsabilità morale, elaborazione di progetti e risoluzione di problemi, che, nella loro complessità, rifuggono da riduzionismi. c) Esercizio della responsabilità personale e sociale. Questa finalità pone lo studente nella condizione di decidere consapevolmente le proprie azioni in rapporto a sé e al mondo civile, so- ciale, economico, religioso di cui fa parte e all’interno del quale vive; di gestirsi in autonomia; di Decreto Legislativo 15 aprile 2005, n. 76 “Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, a norma dell’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 28 marzo 2003, n. 53” Gazzetta Ufficiale n. 103 del 5 maggio 2005 Allegato A: PROFILO EDUCATIVO, CULTURALE E PROFESSIONALE DELLO STUDENTE A CONCLUSIONE DEL SECONDO CICLO DEL SISTEMA EDUCATIVO DI ISTRUZIONE E DI FORMAZIONE Allegato 2 115 “prendere posizione” e di “farsi carico” delle conseguenze delle proprie scelte. In questo senso, tale finalità è anche impegno nel rispetto e nella crescita delle istituzioni (la famiglia, le imprese, gli enti territoriali, i servizi pubblici, le iniziative di volontariato, cooperazione e sindacato, le strutture della partecipazione democratica, gli stati nazionali, gli organismi sovranazionali) che possono aiutarlo ad ottimizzare le scelte personali in funzione del bene collettivo. Secondo ciclo ed educazione permanente. L’istruzione e la formazione garantite al giovane nel secondo ciclo degli studi, quindi, indipendentemente dalla sua scelta fra l’inserimento immediato nelle attività professionali e il proseguimento degli studi nell’università, nella formazione professionale superiore e nell’alta formazione, sono la condizione per la sua educazione permanente e gli assicurano gli strumenti intellettuali, morali, estetico-espressivi, relazionali, affettivi, operativi indispensabili per l’ap- prendimento lungo tutto l’arco della vita. Allo stesso tempo, le istituzioni scolastiche e formative del secondo ciclo degli studi, sia per la loro flessibilità istituzionale, organizzativa e metodologica, sia per i rapporti che intratten- gono con il mondo del lavoro e con l’università, la formazione professionale superiore e l’alta formazione, sono anche una risorsa per lo sviluppo integrato dei servizi territoriali finalizzato al- l’educazione permanente e alla riconversione professionale degli adulti. Le articolazioni del Profilo Il Profilo mette in luce come, indipendentemente dai percorsi di istruzione e di formazione frequentati, le conoscenze disciplinari e interdisciplinari (il sapere) e le abilità operative apprese (il fare consapevole), nonché l’insieme delle azioni e delle relazioni interpersonali intessute (l’a- gire), siano la condizione per maturare le competenze che arricchiscono la personalità dello studente e lo rendono autonomo costruttore di se stesso in tutti i campi della esperienza umana, sociale e pro- fessionale. 1. Identità a) Conoscenza di sé - Prendere coscienza delle dinamiche che portano all’affermazione della propria identità attraverso rapporti costruttivi con adulti e coetanei. - Riflettere sui contenuti appresi e sugli insegnamenti delle principali figure della cultura e della storia. - Essere consapevoli delle proprie capacità, attitudini e aspirazioni e delle condizioni di realtà che le possono valorizzare e realizzare. - Imparare a riconoscere e a superare gli errori e gli insuccessi, avvalendosi anche delle opportunità offerte dalla famiglia e dall’ambiente scolastico e sociale. - Orientarsi consapevolmente nelle scelte di vita e nei comportamenti sociali e civili. - Cogliere la dimensione morale di ogni scelta e interrogarsi sulle conseguenze delle pro- prie azioni. - Avere coscienza che è proprio dell’uomo ricercare un significato alla propria vita e co- struire una visione integrata dei problemi di cui è protagonista. b) Relazione con gli altri - Sviluppare la capacità di ascolto, di dialogo e di confronto. - Elaborare, esprimere e argomentare le proprie opinioni, idee e valutazioni e possedere i linguaggi necessari per l’interlocuzione culturale con gli altri. 116 - Porsi in modo attivo e critico di fronte alla crescente quantità di informazioni e di solle- citazioni esterne. - Collaborare, cooperare con gli altri e contribuire al buon andamento della vita familiare e scolastica. - Rispettare le funzioni e le regole della vita sociale e istituzionale. - Giungere al pieno esercizio dei diritti politici in maniera consapevole attraverso un dia- logo critico, diretto e costante con gli adulti e con le istituzioni. c) Orientamento - Conoscere i punti di forza e le debolezze della propria preparazione; verificare costante- mente l’adeguatezza delle proprie decisioni circa il futuro scolastico e professionale; operare flessibilmente gli opportuni cambiamenti o integrazioni di percorso nella consa- pevolezza dell’importanza dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita. - Elaborare un’ipotesi per la prosecuzione degli studi, la ricerca del lavoro, la riconver- sione professionale e la formazione continua anche attraverso la valorizzazione del Port- folio delle competenze personali. - Elaborare, esprimere e sostenere un progetto di vita, proiettato nel mondo del lavoro o dell’istruzione e della formazione superiori, che tenga conto, realisticamente, del per- corso umano e scolastico intervenuto. - Vivere il cambiamento e le sue forme come un’opportunità di realizzazione personale e sociale e come stimolo al miglioramento individuale e collettivo. 2. Strumenti culturali - Elaborare un autonomo metodo di studio che avvalori sia il proprio stile di apprendi- mento, sia la natura e la complessità dei problemi interdisciplinari e degli argomenti di- sciplinari incontrati. - Ragionare sul perché e sul come di problemi pratici e astratti; isolare cause ed effetti, di- stinguere catene semplici e catene ramificate di concetti ed eventi. - Associare e classificare in livelli gerarchici differenti vari aspetti di un problema e matu- rare competenze di giudizio e di valutazione. - Superare i limiti di prospettive d’analisi troppo parziali. - Confrontarsi con gli aspetti operativi dei concetti e delle teorie. - Leggere e produrre testi di differenti dimensioni e complessità e adatti alle varie situa- zioni interattive. - Padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire in ma- niera costruttiva il confronto sociale ed ottenere il riconoscimento della legittimità del proprio punto di vista. - Possedere conoscenze solide sulla struttura della lingua italiana, anche attraverso oppor- tuni confronti con l’inglese e con la seconda lingua comunitaria. - Orientarsi entro i principali generi letterari e conoscere autori e testi sia della letteratura italiana, sia delle altre letterature mondiali, soprattutto di quelle dei Paesi Ue di cui si stu- diano la lingua e la cultura. - Sviluppare il gusto per l’opera d’arte verbale, per l’espressione e per la densità del pen- siero. - Utilizzare per i principali scopi comunicativi e operativi la lingua inglese e una seconda lingua comunitaria, e avere adeguate conoscenze delle culture di cui queste lingue sono espressione. - Utilizzare efficacemente codici, tra loro integrati o autonomi, anche diversi dal codice verbale (fotografia, cinema, web e in generale ipertesti, teatro). 117 - Leggere un’opera d’arte, contribuire alla valorizzazione del patrimonio artistico ed am- bientale e apprezzare il linguaggio musicale nelle sue diverse forme. - Riconoscere in tratti e dimensioni specifiche della cultura e del vivere sociale contempo- ranei radici storico-giuridiche, linguistico-letterarie e artistiche che li legano al mondo clas- sico e giudaico-cristiano; riconoscere, inoltre, l’identità spirituale e materiale dell’Italia e dell’Europa. - Operare confronti costruttivi fra realtà geografiche e storiche diverse. - Riconoscere in fatti e vicende concrete della vita quotidiana familiare e sociale fonda- mentali concetti e teorie economiche e giuridiche. - Comprendere la realtà naturale attraverso l’applicazione di metodi adeguati di osserva- zione, di indagine e di procedure sperimentali propri delle scienze. Esplorare e compren- dere gli elementi tipici di un ambiente naturale ed umano inteso come sistema ecologico. Comparare diverse teorie scientifiche e collocarle nel loro contesto storico e culturale. - Conoscere criticamente concetti matematici e operare con essi per porre e risolvere pro- blemi relativi agli aspetti strutturali della disciplina e alle sue diverse applicazioni. Com- prendere il ruolo che il linguaggio matematico ricopre in quanto strumento essenziale per descrivere, comunicare, formalizzare, dominare i campi del sapere scientifico e tecnolo- gico. Comprendere il procedimento di modellizzazione che porta alla costruzione degli strumenti matematici e inquadrarli nel più generale processo di conoscenza e razionaliz- zazione della realtà. - Analizzare e rappresentare processi e sistemi tecnici attraverso opportuni strumenti o modelli logico-formali. - Mettere in relazione la tecnologia con i contesti socio-ambientali e con i processi storico- culturali che hanno contribuito a determinarla. Partecipare attivamente ad attività di ri- cerca in ambiti generali o settoriali. - Utilizzare strumenti di consultazione e strumenti informatici per ricavare documenta- zioni, elaborare grafici e tabelle comparative, riprodurre immagini e riutilizzarle, scrivere ed archiviare, in prospettiva teorica e/o professionale. - Essere consapevoli delle potenzialità comunicative dell’espressività corporea e del rap- porto possibile con altre forme di linguaggio; conoscere e inquadrare criticamente l’im- portanza dell’attività sportiva nella storia dei singoli, del mondo civile e della cultura. 3. Convivenza civile - Conoscere l’organizzazione costituzionale ed amministrativa del nostro Paese per rispon- dere ai propri doveri di cittadino ed esercitare con consapevolezza i propri diritti politici a livello territoriale e nazionale. - Conoscere i valori che ispirano gli ordinamenti comunitari e internazionali, nonché i loro compiti e funzioni essenziali. - Essere consapevoli del valore e delle regole della vita democratica. - Esercitare correttamente le modalità di rappresentanza, di delega, di rispetto degli im- pegni assunti e fatti propri all’interno di diversi ambiti istituzionali e sociali. - Partecipare al dibattito culturale. - Cogliere la complessità dei problemi esistenziali, morali, politici, sociali, economici e scientifici e formulare risposte personali argomentate. - Prendere coscienza delle situazioni e delle forme del disagio giovanile ed adulto nella so- cietà contemporanea e comportarsi in modo da promuovere il benessere fisico, psicolo- gico, morale e sociale. - Rispettare l’ambiente, curarlo, conservarlo e migliorarlo. - Adottare i comportamenti più adeguati per la tutela della sicurezza propria, degli altri e dell’ambiente in cui si vive, in condizioni ordinarie o straordinarie di pericolo. 118 Una sintesi Dopo aver frequentato il secondo ciclo, grazie anche alle specifiche sollecitazioni educa- tive recepite lungo tutto il percorso di istruzione e/o di istruzione e formazione professionale, gli studenti sono posti nella condizione di: - conoscere se stessi, le proprie possibilità e i propri limiti, le proprie inclinazioni, attitudini, capacità; - risolvere con responsabilità, indipendenza e costruttività i normali problemi della vita quo- tidiana personale; - possedere un sistema di valori, coerenti con i principi e le regole della Convivenza civile, in base ai quali valutare i fatti ed ispirare i comportamenti individuali e sociali; - concepire progetti di vario ordine, dall’esistenziale al pratico; - decidere in maniera razionale tra progetti alternativi e attuarli al meglio, coscienti dello scarto possibile tra intenti e risultati e della responsabilità che comporta ogni azione o scelta individuale; - utilizzare tutti gli aspetti positivi che vengono da un corretto lavoro di gruppo; - partecipare attivamente alla vita sociale e culturale, a livello locale, nazionale, comunitario e internazionale; - esprimersi in italiano, oralmente e per iscritto, con proprietà e attraverso schemi sintattici argomentativi, logici, espressivi; - leggere e individuare nei testi i dati principali e le argomentazioni addotte; - coltivare sensibilità estetiche ed espressive di tipo artistico, musicale, letterario; - possedere un adeguato numero di strumenti formali, matematici o comunque logici, e sa- perli applicare a diversi ambiti di problemi generali e specifici; - individuare nei problemi la natura, gli aspetti fondamentali e gli ambiti; - riflettere sulla natura e sulla portata di affermazioni, giudizi, opinioni; - avere memoria del passato e riconoscerne nel presente gli elementi di continuità e disconti- nuità nella soluzione di problemi attuali e per la progettazione del futuro. 119 INDICE PRESENTAZIONE ............................................................................................................. 3 INTRODUZIONE ............................................................................................................. 5 Parte I: INQUADRAMENTO TEORICO ............................................................................... 7 1. Evoluzione normativa nella formazione professionale ....................................... 7 2. Il concetto di personalizzazione ............................................................................ 7 3. Dal “profilo professionale” al “profilo educativo, culturale e professionale”.. 10 3.1. Il profilo professionale e le unità formative capitalizzabili............................. 10 3.2. Il profilo educativo culturale e professionale e le unità di apprendimento..... 11 4. Un contributo per progettare per unità di apprendimento ................................. 11 4.1. Funzionalità delle unità di apprendimento ...................................................... 12 4.2. Struttura delle unità di apprendimento ............................................................ 13 5. Conclusione ............................................................................................................. 14 6. Bibliografia ............................................................................................................. 14 Parte II: SVILUPPO DEL PROGETTO................................................................................. 17 1. Premessa ............................................................................................................. 17 2. Definizione delle unità da sviluppare ................................................................... 17 3. Criteri ispiratori per la compilazione delle unità di apprendimento................ 18 4. Metodologia di riferimento ................................................................................... 19 5. Struttura delle UA.................................................................................................. 20 5.1. Guida formatore ............................................................................................... 21 5.2. Manuale allievo................................................................................................ 23 6. Come costruire una UA ......................................................................................... 23 7. Conclusione ............................................................................................................. 24 8. Bibliografia ............................................................................................................. 24 Parte III: MAPPA DELLE UNITÀ ED ESEMPI DI SUSSIDI.................................................... 27 1. Mappa dei sussidi ................................................................................................... 27 2. Esempio di sussidio ................................................................................................ 31 1) “Ricerca attiva del lavoro” - Copertina ............................................................... 33 2) “Ricerca attiva del lavoro” - Guida formatore .................................................... 35 3) “Alla ricerca del lavoro!” - Manuale allievo....................................................... 71 ALLEGATI ....................................................................................................................... 109 Allegato 1 - Accordo sugli standard formativi minimi ........................................... 110 Allegato 2 - PECUP ................................................................................................. 114 INDICE ............................................................................................................................ 119 Tip.: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 06.78.27.819 - Fax 06.78.48.333 - E-mail: tipolito@pcn.net Dicembre 2006

Vivere in... 1. L'identità. Percorso di cultura etica e religiosa

Autore: 
Giuseppe Ruta (a cura di)
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2007
Numero pagine: 
104
11 Percorso Caro allievo, benvenuto nell’area dell’IDENTITÀ! Insieme alle due rimanenti aree della “Relazionalità” e della “Progettualità”, costituisce una delle tre dimensioni di cultura etica e religiosa su cui sei chiamato a muoverti e ad incamminarti verso una più piena maturità umana, culturale e professionale. Hai a disposizione, così, tre volumi in corrispondenza alle tre aree: Quello che hai tra le mani è il primo volume. L’area dell’ “identità” consiste in una piattaforma per riflettere sulla tua personalità confrontandoti su alcuni aspetti che identificano la per- sona umana, la ricerca di Dio, la figura di Gesù Cristo, il nucleo centra- le del cristianesimo (la Pasqua) e la forza della sua trasmissione lungo i secoli. Percorso In ogni UA troverai quanto elencato qui di seguito: 1. Introduzione al percorso e obiettivi Si tratta di due pagine introduttive con lo scopo di indicarti lo scopo e gli obiettivi dell’UA. 2. I momenti del percorso e metodo dell’UA L’UA si sviluppa attraverso cinque movimenti: esperienza – riflessione – spiegazione – sperimentazione – verifica. Essi sono resi graficamente con i pezzi fondamentali del conosciutissimo gioco degli scacchi, se- condo i significati suggeriti dalla seguente tabella: 22 Questo primo volume contiene cinque Unità di Apprendimento (UA) secondo il seguente schema: MOMENTI DEL PROCESSO D’APPRENDIMENTO RICHIAMO GRAFICO DEGLI SCACCHI Esperienza: il punto di partenza del cammino non è mai un’idea, un ele- mento astruso, ma un’esperienza con- creta tratta dalla tua vita o dalla vita degli uomini e delle donne del nostro tempo. Pedina: sebbene a prima vista insigni- ficante, ogni pedina ha la sua impor- tanza. Indica ogni frammento di vita che va considerato importante in sé ma anche nel grande gioco della vita. Riflessione: sei chiamato a riflettere attentamente sull’esperienza della vita, tramite modalità di ricerca, autoesplo- razione e problemi da affrontare. Torre: la torre è il segno che indica un luogo elevato dove la sentinella veglia, osserva, vigila attentamente. È il luogo della riflessione da dove è possibile esplorare la realtà. Spiegazione: la riflessione personale non basta; è necessaria la spiegazione del formatore su contenuti, concetti, soluzioni a problemi che vanno affron- tati e approfonditi. Cavallo: sebbene con un movimento limitato (a “elle”), il cavallo rimanda a un intervento puntuale e a specifiche incursioni per spingersi oltre, verso ulteriori conquiste. Sperimentazione: dopo la riflessione e la spiegazione, sei invitato a tornare alla vita per sperimentare nuovi significati e nuovi modi espressivi. Alfiere: il movimento trasversale del- l’alfiere sta ad indicare la possibilità di spaziare e di sperimentare quanto prima è stato vissuto, riflettuto e spie- gato. Verifica: con l’aiuto del formatore, sei invitato a verificare il percorso dell’UA, misurandoti non solo sui contenuti, ma sulle abilità e competenze acquisite. Regina: la Regina è il pezzo più impor- tante sia per movimento, sia per pos- sibilità, ma è anche il più precario. Indica il processo di un continuo col- laudo e la possibilità di recupero… Contenuto: non è tanto un dato da conoscere, memorizzare ed apprende- re, bensì l’esperienza nella sua totalità e ricchezza, nelle sue potenzialità. Re: il Re è il pezzo determinante, a cui vale la pena sacrificare qualche pedina per raggiungere il risultato finale. Difenderlo e mantenerlo sino alla fine significa “vincere”. 33 Percorso Percorso 44 3. Strumenti per l’approfondimento Oltre alle indicazioni per l’approfondimento che ti potrà indicare il tuo formato- re, il volume alla fine di ogni UA ti suggerisce alcuni libri e sussidi. * * * Potrai, su questi sentieri, riflettere insieme al formatore e ai tuoi compagni sui valori profondi che danno un senso alla vita e su come il cristianesimo contribui- sca a realizzare un’esistenza pienamente umana. A questo scopo avrai a disposizione varie possibilità di ricerca e diversi stru- menti segnalati da questo manuale. Non essere titubante nel chiedere chiarimen- ti al tuo formatore perché ti accompagnerà volentieri durante tutto il percorso. A questo punto, non resta altro che augurarti: Buon viaggio! 66 Percorso 66 Questa unità “Vivere è esserci” ti aiuterà a riflettere sugli aspetti della identità della persona umana. Ricorda in quale punto del percorso si colloca questa unità... Percorso Il formatore introdurrà l’argomento dell’unità di apprendimento e ti guiderà in un percorso che consentirà di raggiungere questi obiettivi: Iniziare e porsi la domanda sul senso della vita Confrontarsi con i modi di pensare e gli stili di vita più ricorrenti Individuare alcuni aspetti dell’identità della persona 77 Esperienza Hai mai riflettuto sul mistero della vita? Non ti preoccupare: non è un sondaggio, né un inchiesta arida a cui sei costretto a rispondere. All’inizio di questo argomento così importante proviamo a rompere il ghiaccio con un’attività semplice, e speriamo, simpatica. Ognuno provi a scrivere in un foglietto il suo parere (massimo due o tre righe), magari ser- vendosi di immagini poetiche, continuando una di queste due espressioni: Alla fine si possono raccogliere le schede e sfogliarle in classe, maga- ri annotando sulla lavagna le caratteristiche più ricorrenti. A partire da que- ste considerazioni personali iniziamo la nostra avventura alla scoperta del senso della vita. SI Qualche voltaMAI «La vita è... «La vita è mia... 88 Esperienza LA VITA È BELLA Regia: Roberto Benigni. Sceneggiatura: Vincenzo Cerami, Roberto Benigni. Fotografia (colore): Tonino Delli Colli. Musica: Nicola Piovani. Scenografia: Danilo Donati. Montaggio: Simona Paggi. Interpreti principali: Roberto Benigni (Guido), Nicoletta Braschi (Dora), Giorgio Cantarini (Giosuè). Anno: 1997 (Italia). Durata: 120’. Produzione: Elda Ferri, Gianluigi Braschi per Melampo Cinematografica, Mario Cotone (produttore esecutivo). Distribuzione: Cecchi Gori. Premi e riconoscimenti: sette nomination di cui tre oscar (1999): Miglior Film Straniero, Miglior Attore (Roberto Benigni), e Miglior Colonna Sonora (Nicola Piovani). Oltre circa cinquanta premi: il gran premio della giuria a Cannes, nove David di Donatello, quattro premi al Jerusalem festival, quattro nastri d’argento, cinque Ciak d’oro, quattro nomination British Academy... Trama: Verso la fine degli anni ’30 in Toscana, due giovanottelli lasciano la campagna per trasferirsi in città. Guido, il più vivace, vuole aprire una libreria nel centro storico, l’altro Ferruccio fa il tappez- ziere ma si diletta a scrivere versi comici e irriverenti. In attesa di realizzare le loro speranze, il primo trova lavoro come cameriere al Grand Hotel, e il secondo si arrangia come commesso in un negozio di stoffe. Camminando, Guido si innamora di una maestrina, Dora, e, per conquistarla inventa l’impos- sibile. Le appare continuamente davanti, si traveste da ispettore di scuola, la rapisce con la Balilla. Ma Dora si deve sposare con un vecchio compagno di scuola, e tuttavia non è soddisfatta perché vede molto cambiato il carattere dell’uomo. Quando al Grand Hotel viene annunciato il matrimonio, Guido irrompe nella sala in groppa ad una puledro e porta via Dora. Si sposano ed hanno un bambino, Giosuè. Arrivano le leggi razziali, arriva la guerra. Guido, di religione ebraica, viene deportato insieme al figlioletto. Dora va da un’altra parte. Nel campo di concentramento, per tenere il figlio al riparo dai crimini che vengono perpetrati, Guido fa credere che loro fanno parte di un gioco a punti, in cui biso- gna superare delle prove per vincere. Così va avanti, fino al giorno in cui Guido viene allontanato ed eliminato. Ma la guerra nel frattempo è finita, Giosuè esce, incontra la madre e le va incontro conten- to, dicendo “abbiamo vinto” (da: http://it.movies.yahoo.com/l/la-vita-e-bella/index-182124.html) Molti autori, artisti, cantanti, attori, registi hanno trattato il tema fondamentale del senso della vita, si sono interrogati su come dar senso e significato profondo all’esistenza; hanno messo in rilievo i valo- ri umani indissolubili che stanno alla base della vita. Tanti sono stati i temi che interessano la vita e che attraversano il mondo intero senza alcuna distinzione di sesso, razza, cultura e religione, richia- mando continuamente a quanto sancito dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (Parigi, 10 dicembre 1948). Sulla base di questa premessa, il formatore condurrà gli allievi alla visione del film La vita è bella. 99 1010 Riflessione In questa fase, con l’aiuto del formatore, sei invitato ad effettuare un’analisi del film, riflettendo su alcuni elementi: - Evidenzia la scena del film che maggiormente ti ha colpito e perché… - Individua i valori presenti nel film… - Come Guido e Dora, che hanno messo in gioco la vita per i valori in cui credevano, tu che cosa sei disposto a fare per custodire ciò in cui credi? Certo, non è facile guardarsi attorno e guardarsi dentro, come evidenzia bene la vignetta qui accanto. Ma non desistiamo! La riflessione continua esplorando alcuni autori che hanno espresso posizioni molto significative, sia positivamente che negati- vamente sulla vita e sull’identità dell’uomo. É importante confrontarsi con queste concezioni, per saper discernere meglio le proprie convinzioni e saper rendere ragione a chi ci chiede il perché delle nostre idee. Iniziamo da due cantautori e un cantante certamente conosciuti. Riflessione 1111 Siamo solo noi (Vasco Rossi, Va bene, va bene così, 1984) Siamo solo noi che andiamo a letto la mattina presto ci svegliamo con il mal di testa siamo solo noi che non abbiamo vita in morale che non ci sappiamo limitare siamo solo noi quelli che non hanno più rispetto per niente neanche per la gente siamo solo noi quelli che poi muoiono presto quelli che però è lo stesso siamo solo noi che non abbiamo più niente da dare dobbiamo solo vomitare siamo solo noi che non vi stiamo più neanche ad ascoltare né ad aspettare siamo solo noi quelli che ormai non credono più a niente che vi fregano sempre siamo solo noi che fra demonio e santità è lo stesso basta che ci sia il posto ma sai cosa ce ne frega a noi facciamo colazione con un toast del resto, spesso siamo solo noi quelli che non han voglia di far niente, rubano sempre, generazione di sconvolti che non han più santi né eroi... siamo solo noi... Cantautore autodefinitosi provoca(u)tore, in una carriera trentennale ha pubblicato 23 album (compresi live e raccolte ufficiali) scriven- do complessivamente più di 130 canzoni, nonché numerosi testi e musiche per altri interpreti. VA SC O R O SS I 1212 Riflessione La forza della vita (Paolo Vallesi, La forza della vita, 1992) Anche quando ci buttiamo via per rabbia o per vigliaccheria per un amore inconsolabile anche quando in casa è il posto più invivibile e piangi e non lo sai che cosa vuoi credi c’è una forza in noi amore mio più forte dello scintillio di questo mondo pazzo e inutile è più forte di una morte incomprensibile e di questa nostalgia che non ci lascerà mai. Quando toccherai il fondo con le dita a un tratto sentirai la forza della vita che ti trascinerà con sé amore non lo sai vedrai una via d’uscita c’è Anche quando mangi per dolore e nel silenzio senti il cuore come un rumore insopportabile e non vuoi più alzarti e il mondo è irraggiungibile e anche quando la speranza oramai non basterà. C’è una volontà che questa morte sfida è la nostra dignità la forza della vita che non si chiede mai cos’è l’eternità anche se c’è chi la offende o chi la vende all’aldilà. Quando sentirai che afferra le tue dita la riconoscerai la forza della vita che ti trascinerà con sé non lasciarti andare mai, non lasciarmi senza te. Anche dentro alle prigioni della nostra ipocrisia anche in fondo agli ospedali nella nuova malattia c’è una forza che ti guarda e che riconoscerai è la forza più testarda che c’è in noi che sogna e non si arrende mai È la volontà più fragile e infinita la nostra dignità la forza della vita Amore mio, è la forza della vita che non si chiede mai cos’è l’eternità ma che lotta tutti i giorni insieme a noi finché non finirà Quando sentirai che afferra le tue dita la riconoscerai la forza della vita La forza è dentro noi, amore mio, prima o poi la sentirai la forza della vita che ti trascinerà con sé che sussurra intenerita «Guarda ancora quanta vita c’è!» Paolo Vallesi nasce a Firenze il 18 maggio 1964. Inizia a studiare pianoforte all'età di 9 anni. La musica diventa sin da subito il suo principale interesse, al punto che a 16 anni comincia l'attività di musicista e arrangiatore nelle sale di registrazio- ne che gravitano tra Firenze e Modena. Il suo sogno però è quello di scrivere ed interpretare canzoni proprie. PA O LO V AL LE SI 1313 Riflessione Vivo ricopiando yesterday e sono sempre in mezzo ai guai. Vivo e ti domando “cosa sei?” Ma specchio tu non parli mai. Io che non potrò mai creare niente, Io amo l’amore ma non la gente, Io, che non sarò mai un dio. Vivere, nessuno mai ce l’ha insegnato, Vivere fotocopiandoci il passato, Vivere anche se non l’ho chiesto io di vivere, Come una canzone che nessuno canterà? Ma se tu vedessi l’uomo Davanti al tuo portone Che dorme avvolto in un cartone, Se tu ascoltassi il mondo una mattina Senza il rumore della pioggia, Tu che puoi creare con la tua voce, Tu, pensi i pensieri della gente, Poi, di Dio c’è solo Dio. Vivere, nessuno mai ce l’ha insegnato, Vivere, non si può vivere senza passato, Vivere è bello anche se non l’hai chiesto mai, Una canzone ci sarà, sempre qualcuno che la canterà Qualcuno non mi basta. Vivere cercando ancora il grande amore. Perchè? perchè? perchè? perchè? non vivi questa sera? Vivere come se mai dovessimo morire. Perchè? perchè? perchè? perchè? non vivi ora? Vivere per poi capire all’improvviso... Perchè? perchè? perchè? perchè? la vita non è vita... ... che in fondo questa vita tu non l’hai vissuta. ... perchè non l’hai vissuta. Vivere cercando ancora il grande amore. Vivere. Vivere come se mai dovessimo morire. Vivere. Vivere per poi capire all’improvviso... Perchè? perchè? perchè? perchè? la vita non è vita... ... che in fondo questa vita tu non l’hai vissuta mai. ... perchè? non l’hai vissuta mai. Ti dico no! ti dico si! ti dico che.... ho voglia di vivere. Andrea Bocelli (Lajatico, 22 settembre 1958) è un tenore italiano. Laureato in legge, non vedente, impegnato soprattutto nel repertorio pop e legato alla casa discografica Sugar. Ha perso la vista all'età di 12 anni a causa di un incidente di calcio e di un glaucoma congenito. Nell'arco degli anni della sua carriera pop, con gli album "Romanza", "Sogno", "Cieli di Toscana", "Andrea" e "Amore", Andrea Bocelli è diventato una delle star musicali internazio- nali più apprezzate e popolari, con il suo stile musicale particolare e innovativo. AN D RE A BO CE LL I Vivere (Andrea Bocelli, in A. Anastasio - C. Valli - G. Trovato, Insieme, 1995) 1414 Riflessione Dopo l’audizione delle tre canzoni, hai la possibilità di inviare una e-mail ai tre can- tautori/cantanti per esprimere la tua riflessione in merito: Da: [scrivi il tuo indirizzo di posta elettronica] A: redazione@vascorossi.net Oggetto: Riflessione sulla canzone Va bene, va bene così . Da: [scrivi il tuo indirizzo di posta elettronica] A: paolo@vallesi.com Oggetto: Riflessione sulla canzone La forza della vita. Da: [scrivi il tuo indirizzo di posta elettronica] A: www.andreabocelli.com Oggetto: Riflessione sulla canzone Vivere RO SS I VA LL ES I BO CE LL I 1515 Spiegazione La vita è la realtà più evidente e fondamentale per noi uomini. Non c’è cosa più ovvia. L’uomo è “homo vivens”: l’uomo è uomo in quanto vive. Mentre però il fenomeno della vita è un dato certo e scontato, il suo signi- ficato, la sua vera natura e la sua origine sono assai com- plessi, talvolta perfino oscu- re, misteriose. Sin da quando l’uomo ha iniziato a riflettere sulla condizione del suo esistere, ha percepito che un mistero gran- de ed ineffabile avvolge la sua vita. La vita gli sfugge e lo affascina, lo incuriosisce e lo meraviglia. Per darsi risposte più adeguate sul nascere, il vivere e il morire, l’uomo si affaccia alla comprensione dei problemi della sua vita con un atteggiamento di rispetto per il mistero che essa contiene: colloca la vita nell’orizzonte di quelle realtà sacre che possono essere comprese, solo in parte ma mai per intero. Lo sviluppo straordinario della scienza e della tecnica, anziché allontanare, ha attualizzato e ravvivato l’interrogativo sulla vita e sulla sua ori- gine. Dal momento che l’interrogativo sull’inizio della vita è una domanda che l’uomo pone a se stesso, essa è inscindibile dal bisogno di conosce- re il perché della vita, il senso della vita. Non è pensabile che la scienza arrivi a scoprire l’origi- ne della vita senza scoprire nel contempo il suo “senso”, la sua finalità più intima e profonda. Il suo vero significato può essere colto soltanto rispondendo alla domanda: qual è il traguardo ultimo della vita umana? Una cosa è certa: il significato ultimo della vita umana non è mai di corto respiro ma punta verso l’alto e verso il futuro. In primo luogo, verso l’alto. L’uomo cosciente delle sue potenzialità e delle dimensioni di pie- nezza, di libertà, di solidarietà, di gusto della vita, ma nello stesso tempo guarda oltre e non si sente appagato dell’immediato e del già raggiunto. Per questo è alla ricerca di qualcosa che sta “sopra” la vita stessa, che si muove “oltre ogni altro oltre”. Questa ricerca verso l’alto della vita è aper- tura verso l’Assoluto, verso Dio. In secondo luogo, verso il futuro. Il valore e il significato della vita sono proiettati verso la novi- tà, l’inedito, ciò che si desidera realizzare. L’uomo è l’unico essere dell’universo che non si chiude nella capsula dell’immediato. Il futuro della vita dell’uomo si svolge e si realizza nella dinamica della speranza, della sopra-vivenza, dell’attesa. LA VITA È MIA 1616 Spiegazione LA VITA UN MISTERO DA ESPLORARE La vita è così un mistero da esplorare, un luogo da cono- scere, un tempo breve ma in- tenso durante il quale attuare continui tentativi di scoperte geografiche, di relazioni e di sentimenti. L’Odissea è l’epopea di questo profondo desiderio di scoprire il mistero della realtà. Ulisse vive la tragedia di un de- stino avverso che si abbatte su di lui, ma se ne serve anche per navigare fino ai confini della realtà; sebbene subisca ogni forma di avversità, tenta sem- pre di dominarne la violenza per assaporare il gusto dei suoi più reconditi segreti: facendosi le- gare all’albero della nave, egli riesce a resistere all’estasiante e ammaliante canto delle sirene. La storia dell’umanità è piena di uomini e donne che hanno ama- to l’avventura della vita, che si sono messi in viaggio con il solo desiderio di conoscere ed esplo- rare questo mondo. Mai piena- mente soddisfatto, l’uomo so- gna di viaggiare nell’universo al- la ricerca di nuovi mondi e di nuove forme di vita. Vorremmo fotografare tutti quanti i volti della vita, ma in ciò scopriamo la limitatezza del- le nostre possibilità. Scopriamo tanti segreti e, subito, ne intra- vediamo altri più profondi ed esigenti. Talvolta, scopriamo i misteri attorno a noi e ci viene difficile comprendere il mistero della vita che è dentro di noi. La verità del mistero della vita l’uo- mo la porta dentro: «La verità abita dentro l’uomo» (Sant’Ago- stino). Conoscere la verità signi- fica conoscere la vita. L’itinerario di scoperta della verità della vita nella storia di ciascuno di noi co- me dell’umanità intera, può es- sere ripresentato come un itine- rario in cui la vita “dal di dentro” ci fa da maestra. Così la vita è anche un mistero da contemplare. La contempla- zione e lo stupore per la vita par- te dalla visione delle “cose” che compongono questo mondo per arrivare a guardare il mirabile in- treccio tra la creazione di Dio e la creatività dell’uomo. Per questa grande scoperta ci vuole tempo. Solo all’uomo che non ha fretta – diceva il filosofo N. Hartmann - è permesso contemplare. La vita è un mistero che non si finisce mai di contemplare. 1717 Spiegazione Occorre, pertanto coltivare uno sguardo di stupore nei confronti della vita. Il grande papa Giovanni Paolo II, nell’enciclica Evangelium vitae, così si esprime: «Questo nasce dalla fede nel Dio della vita, che ha creato ogni uomo facendolo come un prodigio (cfr. Sal 139, 14). E lo sguardo di chi vede la vita nella sua profondità, cogliendone le dimensioni di gratuità, di bellezza, di provocazione alla libertà e alla responsabilità. E lo sguardo di chi non pretende d’impos- sessarsi della realtà, ma la accoglie come un dono, scoprendo in ogni cosa il riflesso del creatore e in ogni persona la sua immagine vivente (cfr. Gn 1,27; Sal 8,6). Questo sguardo non si arrende sfiduciato di fronte a chi è nella malattia, nella sofferenza, nella marginalità e alle soglie della morte; ma da tutte queste situazioni si lascia interpellare per andare alla ricerca di un senso e, proprio in queste circostanze, si apre a ritrovare nel volto di ogni persona un appello al con- fronto, al dialogo, alla solidarietà» (n. 83). A partire da queste considerazioni generali, aiutato dal formatore, ti vengono proposti alcuni inter- rogativi. Le risposte (in sms) di ciascuno saranno successivamente confrontate in gruppo. Che senso ha la vita dentro e fuori di me? Lo dico in poche parole… Che cosa diresti ad un tuo amico convinto dell’inutilità di porsi simili interrogativi? “Vivere alla giornata”: sei pro o contro questo modo di pensare? Di tutto quello che è stato finora detto cosa condividi e cosa non? Tabella di Riflessione 1818 Spiegazione Se si interroga uno scienziato, la vita è una particolare organizzazione della materia. Per l’uomo della strada, invece, la vita è amore, la vita è lotta, la vita è dolore, la vita è speranza, o qualcosa di simile. I simboli e i concetti disponibili non bastano ad esprimere la vita dell’uomo posta continuamen- te sotto il segno dell’ambivalenza e del rischio. Nessun automatismo o magia la può allungare e nes- suna sapienza può svelare il segreto che la preservi da minacce e la faccia crescere in pienezza. La vita non è pienamente posseduta dall’uomo, trascende (va oltre) la sua stessa realtà persona- le. L’uomo non sceglie quando e dove vivere. Dipende da altri. Non è lui a darsi la vita ma semplicemente la riceve in dono. Ognuno avverte in qualche modo che quella vita che adesso è nelle sue mani sia e resti sempre qualcosa di molto superiore alla sua stessa realtà: pur possedendo- la, non la ritiene come cosa esclusivamente sua; la vive, ma non la domina; la trasmette, ma non la origi- na; la possiede, ma ne è anche posseduto. Chi sono io? Chi è l’uomo? Quali sono le dimensioni fondamentali del mio essere perso- na umana? A questa domanda, la più semplice e ele- mentare, ma anche la più complessa e fondamentale che ci sia, non esiste una risposta univoca, ma varie ed interessanti risposte. UNA DOMANDA TANTE RISPOSTE LE DIMENSIONI DELLA PERSONA Il corpo dell’uomo e le sue espressioni Quando si incontra una per- sona la prima immagine che ci viene incontro è un corpo che si muove, che gesticola, che dan- za, che allarga o chiude le brac- cia; un volto che ci vede, che parla e che sorride, che piange oppure è triste. Si entra in con- tatto con gli altri e ci si manife- sta agli altri attraverso la propria corporeità. Non esiste uomo o donna senza corporeità che li fa esistere nel mondo per realiz- zarsi come persone e per stabi- lire rapporti e relazioni. Tra le diverse espressioni del corpo merita particolare atten- zione il linguaggio tattile, specificamente l’affetto e le espressioni corporee dell’affet- to. L’abbraccio, il toccare, l’ac- carezzare, la tenerezza sono un linguaggio la cui importanza è determinante per ciò che ri- guarda l’equilibrio umano e la possibilità di comunicare con gli altri. 1919 Spiegazione Una psichiatra A. Terruwe os- servava che «quando si ama qualcuno, si sente naturalmente il bisogno di toccarlo. La madre prende il bambino, lo stringe al cuore, lo coccola; l’uomo stringe la mano all’amico, gli dà un col- po incoraggiante sulle spalle; la ragazza cammina a braccetto, abbraccia, bacia, accarezza; co- sì vi sono infinite forme tattili con le quali l’affetto si manifesta [...]. L’espressione tattile dell’a- more è la più originaria fra tut- te». Il bacio è una delle principa- li funzioni della comunicazione affettiva, soprattutto del linguag- gio dell’amore e dell’intimità. Il corpo umano è l’espressio- ne fondamentale dell’interiorità dell’uomo, della profondità del cuore umano. Nella cultura di oggi, si assiste ad un certo sov- vertimento della verità del cor- po. E individuabile una specie di culto del corpo, di adorazione del corpo. Esso ha una forte componente narcisistica in quanto porta il soggetto a ripie- garsi su di sé. Questa sindrome non ha nulla a che vedere con il valore dello sport per tenersi in forma, dell’abbronzatura, del vestito, della danza come mani- festazione della propria perso- nalità. Certo, anche questi ele- menti possono trasformarsi in idolatria del corpo, ma in se stesse non lo sono. In questo quadro è soprattut- to il corpo della donna che è oggetto di attenzione, di culto, di feticizzazione. Nei mass me- dia e nella pubblicità, ad esem- pio, non è connesso alla salute e al benessere generale della persona, quanto alla stimolazio- ne di desiderio e di seduzione, di cui la moda e il vestito si fanno strumento. La retorica della bel- lezza e il culto del corpo della donna, portano immediatamente all’esaltazione funzionale del pia- cere sessuale come momento di appropriazione e di godimento nella fusione dei corpi. La strate- gia di messinscena del corpo è fi- nalizzata al piacere. Ciò non significa che il piace- re sia qualcosa di negativo. L’im- portanza del piacere e della felici- tà nella dinamica dell’agire uma- no fu ben sottolineata da Tom- maso d’Aquino, che ne colse la necessità poiché «nessuno può vivere senza una qualche piace- volezza sensibile e corporea». E in realtà il piacere è necessario all’uomo per più motivi: a) come stimolo e incentivo a compiere le azioni che sono ne- cessarie alla vita dell’uomo; b) come riposo nella e dopo la fatica affrontata per compierle; c) come energia che tonifica la persona e la mette in condizio- ne di continuare meglio il suo cammino verso la perfezione. 2020 Spiegazione Identità e sessualità Ogni uomo o donna nasce dall’amore e si sviluppa nell’amore. Ciò si realizza - come s’è detto – mediante la corporeità e la sessualità che è dunque fonte di significati e di valori profondi. La sessualità dice riferimento alla “persona”, cioè nell’unità totale dell’essere umano: corpo, psiche, spirito. Nella corporeità nulla è mera- mente biologico, fisico, geneti- co, materiale, ma tutto è umano e relazionale. Ogni componente e ogni dimensione fisica o cor- porea va quindi inserita in que- sta prospettiva di dialogicità. Infatti, al di fuori di questa prospettiva: il corpo che cos’é? E a che servirebbe la sessualità? A che cosa sarebbero sentimenti che non dialogano? A differenza dei contatti tra animali, quelli umani sono tali proprio per la dialogicità, che si manifesta ad un primo livello come rapporto della diversità sessuale, incontro del maschio e della femmina. Ad un secondo livello, la sessualità denota l’intera sfera delle rela- zioni, manifestando l’essere uomo e l’essere donna. La relazione con l’altro non è nella linea di un puro accosta- mento - che non potrebbe mai diventare dialogicità e reciproci- tà delle persone -, ma è amicizia ed incontro, realtà quindi che fa riferimento a quella struttura fondamentale che è il dinami- smo naturale per costruire la relazione nell’amore. In questo senso, la relazione essendo dinamismo che promana dall’es- sere della persona, fa sì che l’uomo o la donna possa sentirsi profondamente realizzato nella relazione sessuale. Vale a dire che la sessualità che si rela- ziona non è qualcosa di esterno o di puramente fisiologico, ma è ciò che costituisce la persona; per questo una sessualità che non sia all’insegna della vera comunione è relazione esteriore che non permette di incontrare la persona che è nell’altro e che sfigura la propria dignità di uomo o di donna. Ecco perché l’incontro erotico fisico è dimen- sione reale nell’uomo, ma non è tutto l’uomo, cioè non esaurisce la ricchezza della persona che si manifesta totalmente solamente nella comunione e nell’amore. Pertanto, la sessualità nella sua autenticità deve essere vis- suta nella linea dell’essere e non dell’avere. Ciò che conta nell’amore non è avere, non è possedere, ma è pura gratuità che si consegna all’altro. L’avere indica una concezione della ses- sualità come qualcosa che si ha e non ciò che si è, indica cioè che la sessualità si ottiene dal- l’altro come un qualcosa da avere, come un oggetto da pos- sedere. La sessualità, invece, non è qualcosa che si ha, ma è ciò che si è: la sessualità è ciò che noi siamo, è la struttura inti- ma del nostro essere fatto anzi- tutto e soprattutto per amare, è la conformazione strutturale del- l’essere stesso della persona. Il che significa che la sessualità non è mero esercizio genitale, ma è modo di essere di una perso- nalità, e ciò significa che può anche darsi che una persona scelga (ad es. per vocazione) di non esercitare la sessualità geni- tale, per testimoniare l’amore come valore non esclusivo, tra- scendente e intramontabile. 2121 Spiegazione L’amore: dono e impegno L’amore è una forza di comu- nione e di gratificazione che mentre accoglie il dono spinge anche all’impegno di donarsi. Il che significa che la sessualità è dono ricevuto e impegno a do- narsi. Tutto il senso della pro- pria libertà è orientato al dono di sé nella comunione e nel- l’amicizia, che, essendo grandi dimensioni dell’amore totale della persona, non coincidono con la donazione erotica o geni- tale. Un amore grande tra due amici, veramente tali, non sfocia necessariamente nel bisogno di una relazione sessuale genitale. Il dono sincero di sé nell’amici- zia porta piuttosto al bisogno dell’altro, alla gioia di stare con l’altro, alla condivisione di senti- menti e passioni per la vita e per la storia, a un affetto che è gusto della vita e oblatività. Alla luce di quanto detto, il corpo è un bene e una realtà positiva: esprime la vocazione dell’uomo alla reciprocità, cioè all’amore e al mutuo dono di sé. Richiama l’uomo e la donna alla loro costitutiva vocazione alla fecondità, come ad uno dei si- gnificati fondamentali del loro essere sessuato. Il corpo è quindi come un sacramento, cioè segno di un originario mes- saggio di Dio all’uomo, che tra- smette nel mondo visibile il mi- stero invisibile nascosto in Dio dall’eternità. Identità e lavoro Il lavoro è l’attività fonda- mentale dell’uomo che lo impe- gna interamente: con le sue co- noscenze, la sua volontà, la li- bertà, il linguaggio e le sue mol- teplici attitudini e competenze creative e professionali. Il mon- do diventa così lo spazio in cui gli uomini realizzano se stessi e le proprie capacità. L’operare e il trasformare dell’uomo non è un fare per fare, ma un costruire un mondo sempre nuovo e in- novativo. Costruendo il mondo gli uomini realizzano se stessi. Mediante il lavoro essi non si procurano soltanto il pane quo- tidiano o lo stipendio mensile, ma contribuiscono al continuo progresso delle scienze e della tecnica, e soprattutto all’inces- sante elevazione culturale ed etica della società e della cultu- ra in cui vivono. Il lavoro per- mette di usufruire dei risultati scientifici e tecnici raggiunti da altri, nello stesso tempo a dare il proprio contributo per il pro- gresso della società. Con la parola “lavoro” si vuo- le indicare ogni attività mate- riale e spirituale tendente ad un risultato utile. Più pre- cisamente, il lavoro è un’attività faticosa che mira a modificare le cose mediante l’appropriata ar- ticolazione del corpo e utilizzan- do particolari strumenti All’esplicazione del lavoro concorrono l’uomo con le sue facoltà (pensiero, volontà, azio- ne, abilità) e le cose con le loro qualità (materia e strumenti). Il lavoro umano è la risultante di molte condizioni interne (attitu- dinali, intellettuali, tempera- mentali, caratteriologiche) ed esterne (fisiche, tecniche, eco- nomiche, sociali). Il lavoro è una delle caratteristiche che di- stinguono l’uomo dal resto delle creature. Non che gli animali non siano capaci di costruire e di produrre attraverso un’attivi- tà che si potrebbe anche deno- minare lavorativa, ma quella umana ha una sua tipicità e complessità che nascono dalla diversa natura dell’uomo e cioè dal fatto che è un essere dalle peculiari dimensioni fisiche, psi- chiche e spirituali. Il lavoro umano non è solo compiuto dall’uomo, ma realizza l’uo- mo, cioè porta a pienezza la sua vita, il suo impegno e il suo desiderio pieno della vita. Così il lavoro porta in sé un particolare segno dell’uomo e dell’umanità, il segno di una persona operan- te in una comunità di persone. 2222 Spiegazione Ma quale funzione ha il lavoro nella vita dell’uomo? Si possono riconoscere nel la- voro umano funzioni con solu- zioni diverse. a) La prima è quella estremi- sta, dove le teorie spiritualisti- che vedono nel lavoro una de- gradazione dell’uomo e dove quelle materialistiche (marxisti- che e capitalistiche) esaltano il lavoro come la suprema attività dell’uomo. b) La seconda soluzione è quella intermedia, che vede nel lavoro il raggiungimento di alcu- ni valori: il valore cosmico, dove col lavoro l’uomo trasforma la terra, dando al mondo un volto nuovo, tracciando strade, co- struendo città, arrestando o ar- ginando il flusso delle acque. In questo senso, il lavoro conferi- sce al mondo prima disordinato, sterile o minaccioso, un certo compimento. Col lavoro, dun- que, l’uomo umanizza il mondo, nel senso che fa del mondo una dimora più abitabile, ospitale, confortevole; e nel senso che il mondo grazie al lavoro diviene il regno dell’uomo, un giardino af- fidato alle sue cure. c) La terza soluzione vede nel lavoro un valore personalistico e antropologico. Come l’attività la- vorativa non degrada il mondo, così pure, in se stesso il lavoro non degrada l’uomo. La natura umana non nasce perfetta, ma è in divenire. Essa si perfeziona, si tempra, si affina, si arricchisce mediante il lavoro. Si può affer- mare, esprimendosi in percen- tuali, che il genio è frutto per il dieci per cento di un dono di na- tura e del novanta per cento di un lavoro paziente. Del resto lo si può constatare facilmente nel- lo studio di certi strumenti musi- cali come il pianoforte, il violino, la chitarra, come nello sport, nella ginnastica, nella danza, ecc. Il lavoro qualifica, caratte- rizza l’uomo. Il lavoro della terra dà al contadino tutto un modo particolare di pensare, di com- portarsi, di vivere. Altrettanto il lavoro in fabbrica, in banca, nel terziario, nella scuola... d) La quarta soluzione è quel- la che vede nel lavoro un valore religioso: esso rientra nel piano di salvezza stabilito da Dio. Lo si rileva nella Bibbia, anzitutto dal libro della Genesi, dove Dio indi- ca all’uomo di coltivare la terra. Se ne ha conferma nella vita di Gesù, che per la maggior parte dei suoi giorni visse da semplice operaio, apprendendo il mestie- re del carpentiere nella bottega di Giuseppe. Nella concezione cristiana la fonte del valore del lavoro rima- ne l’uomo e la sua dignità, per cui non è giustificabile l’anti- ca classificazione delle persone in ceti, a seconda del genere di lavoro da essi eseguito. Ciò non significa che il lavoro umano non abbia le sue specifiche qualifica- zioni, ma che tutte le attività la- vorative sono dignitose ed utili, sono adatte a contribuire alla realizzazione dell’uomo, perché il primo fondamento del valore del lavoro è l’uomo stesso. A ciò si collega subito una conclusione molto importante di natura etica: per quanto sia una verità che l’uomo è destinato ed è chiamato al lavoro, prima di tutto il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro. Il lavo- ro è in funzione della maturazio- ne della personalità umana nelle molteplici dimensioni e poten- zialità. 2323 Spiegazione La personalità di ciascuno di noi, non è una realtà semplice ma complessa ed articolata. Alcune dimensioni sono maggiormente visibili e manifeste, altre più nascoste e misteriose. Potremmo para- gonare la personalità umana ad un’isola di ghiaccio, ad un iceberg. La parte sommersa e invisibile (che coincide per lo più con l’inconscio) è più estesa di quella emersa e manifesta. Lo “schema di Johari” (J. Luft), a forma di finestra, ci dà una mano per entrare dentro il nostro “io”. I quattro qua- dranti corrispondono alla parte di noi stessi che è più o meno svelata o nascosta. Riflettiamoci su e confrontiamoci con gli altri: io aperto io cieco io nascosto io sconosciuto noto a sé ignoto a sé noto agli altri ignoto agli altri • L’io aperto della persona: questa parte è la punta dell’iceberg, il lembo della personalità ben visibi- le a tutti, a sé e agli altri, e costituisce il terreno della confidenza e della sicurezza. Si tratta di tutto ciò che ognuno ben conosce e manifesta (idee, sentimenti, progetti...) e che è accessibile agli altri. • L’io cieco della persona: questa zona, mentre rimane oscura a sé, è invece visibile agli altri. Costituisce un ambito originale che scatena sentimenti complessi e diffidenze di fronte a ciò che gli altri osservano e dicono di noi, ingenerando incertezze e atteggiamenti di difesa. Non va dimenti- cato, però, che la visione degli altri può essere illuminante per scoprire aspetti della personalità a noi ignoti. • L’io nascosto della persona: è l’ambito dell’intimità e del segreto, che è conosciuto dal soggetto ma che è chiusa agli altri. É vero che può diventare la zona del sospetto e della diffidenza, ma costitui- sce fondamentalmente la parte di sé così preziosa e importante da custodire; in modo accorto e vigile può essere svelato agli altri, per una maggiore conoscenza di sé ed in vista di una comunica- zione con gli altri ad un livello di maggiore profondità. • L’io sconosciuto della persona: è quell’angolo totalmente oscuro, inconoscibile a sé e agli altri, che costituisce un’incognita per tutti. In termini tecnici si chiama «inconscio» ed è la parte più profonda e sommersa dell’iceberg. Quanto più è il benessere delle prime tre zone, tanto più è possibile sprigionare e valorizzare le risorse e le spinte nascoste presenti in que- st’ambito. LE DIMENSIONI DELLA PERSONALITÀ 2424 Spiegazione Identità e maturità Per poter realizzare la propria vita occorre “prenderla in mano”, cioè guardarla così come è nella sua ricchezza e poliedricità, con le sue gioie e i suoi limiti, e intraprendere un cammino di libertà donandosi agli altri. Guardando all’esperienza dei giovani di oggi, si può affermare che essa è di buona qualità. Il che, però, non sempre coincide con una ele- vata qualità. Da una parte è vero che essi offrono segni, seppure diffe- renziati, di dinamicità, di creatività, di aspirazione a una migliore qualità della vita. Ma dall’altra fanno ogni giorno esperienza di come queste sen- sibilità sono presenti spesso in forma germinale e per tanti motivi sem- brano succubi delle mode del tempo, o scelgono di vivere una vita superficiale, grigia e anonima, o peggio ancora restano vittime di situazioni difficili (personali, familia- ri, sociali). La vita di ciascuno è originale ed è impossibile ricondurla a degli standard di maturazione. Ma è possibile dare qualche indicazione in merito che possa essere utile a tutti o, per essere più realisti, ad un buon numero? Che cosa significa agire con «maturità», assumersi la responsabilità di vivere e incamminarsi verso la completa liberazione? Ispirandoci a G. W. Allport, si possono individuare quattro dimensioni fondamentali, mai statiche e sempre dinamiche, della personalità matura da rapportare convenientemente all’età e alla situazione concreta di ognuno. a) Amore : è l’identità stessa dell’uomo, il senso della vita, delle relazioni umane e della storia. Pertanto, la personalità matura è tale quanto impara quotidianamente ad amare se stesso, gli altri, il mondo in cui vive ed opera. In questo senso l’uomo maturo sa superare se stesso, prendere consa- pevolezza del dono e impegnarsi ad offrire ad altri ciò che ha a sua volta ricevuto da altri. b) Dominio di sé : è la capacità di autodeterminazione non solo nel giudizio delle cose, degli altri e di ciò che accade, ma l’attitudine di determinare anzitutto se stessi, imparando nella quotidianità un equilibrato autocontrollo dei propri sentimenti, desideri e aspirazioni, istinti reattivi ed aggressivi. La persona matura sa accettare l’immaturità degli altri e lascia spazio e tempo per la loro crescita; sa sopportare le contrarietà non solo degli altri ma anche quelle personali, evitando esuberanze o fru- strazioni valutative ed affettive di fronte alla vita e ai suoi valori. c) Realismo : è guardare alla propria ed altrui realtà con semplicità e buon senso. La personalità matura evita superbe idealizzazioni ed è fedele alla realtà, osservandola nei suoi dinamismi, senza per- dersi in analisi eccessive e deprimenti. Sa adeguarsi alle circostanze, che riesce a trattare adeguata- mente - con un certo distacco e senso del humor – e ad intervenire e attivarsi efficacemente. d) Coerenza : la persona matura che ha impostato la sua esistenza alla luce di uno stile di vita e sulla base di una visione unificante, sa essere coerente con le sue idee, vivendo con senso di respon- sabilità quanto ha progettato. È capace di mettersi in discussione e di verificare le proprie convinzio- ni, per rendere la propria vita sempre più conforme alle sue opzioni di base. 2525 Spiegazione COERENZA io mondo ideale altri REALISMO MATURITÀ Gli orizzonti della vita Concludiamo con delle espressioni riassuntive del cammino fatto, invitandoti a fare altrettanto per sintetizzare quando pensi sul senso della vita. La bellezza, l’amore, l’amicizia, i sogni, la musica, la voglia di lottare e di competere, la capacità di vincere, lo sport... sono la vita. L’immenso fascino della natura, la grandezza del mare, l’infinito dei cieli e dell’universo, ... sono la vita. L’emozione di fronte all’arte, lo stupore davanti ad un immenso grattacielo, l’ammirazione per una moda che indica l’uomo, ... sono la vita. Le ultime frontiere della scienza, i prodigi della tecnologia e dell’informatica con le nuove possibi- lità di navigare, di conoscersi e di incontrarsi, ... sono la vita. Il desiderio di libertà, di solidarietà e di fraternità, i sogni di pace, il rifiuto della guerra e della vio- lenza, la condivisione e il volontariato, ... sono la vita. I grandi avvenimenti della mia vita, della mia famiglia, l’incontro di nuovi popoli e di nuove cultu- re, gli ampi orizzonti di altri metodi e di altre concezioni dell’esistenza, ... sono la vita. Il desiderio e la ricerca di valori che non tramontano, di un Amore che porta l’amore umano alla sua pienezza, sono la vita. La lieta notizia della vita Per l’uomo di fede, la vita è dono di Dio. La vita viene dalla libertà benedicente di Dio e, quando raggiunge il culmine nell’uomo, si svela come dono che si gioca nell’ambito della libertà. Solo l’accet- tazione di essa come dono fa in modo che la vita possa crescere come vita di qualità. La vita, infatti, in senso assoluto, appartiene solo a Dio. L’idea di qualità della vita dell’uomo di fede, è legata all’idea di libertà di Dio, aprendo perciò la strada a quella relazione con Dio che accoglie come «via della vita» anche quella che passa attraverso la sofferenza e il dolore. Vi è sempre un di più in Dio che può crea- re vita perfino nella morte. DOMINIO DI SÈ AMORE In modo lapidario e sintetico si può affermare: - la persona matura sa amare; - la persona matura sa controllarsi; - la persona matura sa essere realista; - la persona matura sa essere coerente. Graficamente si ha: 2626 Sperimentazione Rispondi adesso, con l’eventuale aiuto del formatore, alla seguente serie di domande: «La vita è mia…. »: prova a catalogare alcune conferme e alcune smentite scorrendo il giornale di oggi. Immagina di scrivere una lettera ad un amico carissimo che si trova ad affrontare tragicamente la vita o è portatore di una particolare disabilità. L’uomo è essenzialmente “amore”. Prova a cercare canzoni capaci di suscitare una discussione sul tema. Individua alcuni personaggi della storia che hanno vissuto positivamente la vita come dono di sé; cosa apprezzi maggiormente in loro? Rintraccia anche altri personaggi che hanno impostato in maniera egoistica la propria vita, dando origine a guerre e a forme negative come il nazismo; dove hanno sba- gliato secondo te? 2727 Prova a giustificare nel dialogo con i tuoi compagni la differenza che c’è tra amore, erotismo, amici- zia, affetto, dono di sé. Ti proponiamo anche il seguente gioco da condividere con i tuoi compagni: Sperimentazione GGIIOOCCOO DDEELLLL’’AASSTTAA OBIETTIVO Il gioco dovrebbe aiutarti a capire quali di queste “qualità” sono importanti per il singolo individuo e se sono già da lui possedute. LISTA DELLE QUALITA’ CAPACITA’ DI DECISIONE – ATTENZIONE – SICUREZZA DI SE’ – PENSIERO PRECISO – CURA DEI DETTAGLI – PRECISIONE – COSCIENZIOSITA’ - CAPACITA’ DI MANIFESTARE IRA – SINCERITA’ – TRANQUILLITA’ INTERIORE – LEALTA’ – DISPONIBILITA’ AD ACCRESCERE IL PROPRIO POTENZIALE – CAPACITA’ DI CONCENTRAZIONE – CAPACITA’ DI COOPERAZIONE – CORAGGIO – PRONTEZZA AL RISCHIO – GUSTO DELL’AVVENTURA – CAPACITA’ DI MANIFESTARE L’AMORE – CURIOSITA’ – FUR- BIZIA DIPLOMATICA – “MANO LEGGERA” (capacità di saper dosare la propria forza a seconda delle situazioni) – STABILITA’ EMOTIVA – CAPACITA’ DI MANIFESTARE LA TRISTEZZA – CAPACITA’ DI IMMEDESIMAZIONE – CAPACITA’ DI ENTUSIASMARSI – CAPACITA’ ESPRESSIVA – FERMEZZA – FLES- SIBILITA’ – GENEROSITA’ – CAPACITA’ DI MANIFESTARE LA GIOIA – ABILITA’ NEL GIUDICARE – VITALITA’ (capacità di mobilitare grosse quantità di energie) – ONESTA’ – INCORRUTTIBILITA’ – INI- ZIATIVA – INTRAPRENDENZA – LEALTA’- RICETTIVITA’ INTELLETTUALE – OTTIMISMO – SENSO DEL- L’ORDINE – PAZIENZA ED OSTINAZIONE- DISPONIBILITA’ AD ASSUMERSI INCARICHI GRAVOSI – DISPONIBILITA’ AL GIOCO E ALL’OZIO – FIDUCIA IN SE STESSSI – CORTESIA – PUNTUALITA’ – FIDA- TEZZA – DISPONIBILITA’ AD AIUTARE IL PROSSSIMO – CAPACITA’ DI AMMETTERE I PROPRI ERRO- RI – INVENTIVA E FANTASIA – PADRONANZA DI SE’ – TATTO – SPONTANEITA’ – TOLLERANZA – CAPACITA’ DI SOTTOMETTERSI E CEDERE – SENSO DI RESPONSABILITA’ – SENSO DI GIUSTIZIA – CAPACITA’ DI GODERE – ACCETTAZIONE DEI VALORI (capacità di rispettare i propri e gli altrui valo- ri) – CONSAPEVOLEZZA DEL PROPRIO CORPO – (rispettoso atteggiamento del proprio corpo) – FORZA DI VOLONTA’ – UMORISMO – FACOLTA’ PERCETTIVE (riferito ai propri sensi). 2828 Sperimentazione ISTRUZIONI Nel gioco dell’asta si prenderà in esame qualità e capacità delle quali avete bisogno nei rapporti con voi stessi e con gli altri nella vita di tutti i giorni. Con ciò si intende il vostro modo di essere come indi- viduo, come vi comportate e il modo di trattare voi stessi e gli altri. È proposta un’asta molto interessante durante la quale si potrà scegliere tra un gran numero di qualità personali e caratteriali che saranno a vostra disposizione. Affinché non interveniate all’asta completamente impreparati, è consigliabile riflettere sulle qualità che avete imparato ad apprezzare nel corso della vita così che sono diventate parte integrante di voi e che utilizzate, per così dire, naturalmente. Contemporaneamente riflettete sulle qualità che vi pia- cerebbe acquisire o potenziare. Riflettete… REGOLE DEL GIOCO Si ha disposizione una serie di schede; su ognuna c’è scritta una qualità personale. Provate ad aggiudicarvi le qualità che volete ad ogni costo, calcolando che ogni qualità viene offerta una sola volta. Affinché ogni partecipante abbia lo stesso capitale iniziale, comincerete tutti con 100 punti che vi serviranno a prendere parte all’asta. Siete padroni di amministrare i punti come volete e di decide- re il limite di offerta per ogni qualità. Scrivete su ogni scheda che vi aggiudicate il numero di punti dati in cambio. In questo modo potete sempre tenere sotto controllo il vostro capitale. L’asta termina quando i partecipanti finiscono i punti, quan- do finiscono le schede o se i partecipanti non sono più interes- sati alle schede rimaste. Una volta terminata l’asta, proseguire così: mettete di fron- te a voi sul pavimento le schede delle qualità comprate all’a- sta e fatevi le seguenti domande: avete utilizzato il capitale a vostra disposizione in modo tale da essere soddisfatti? Avete acquistato le qualità adatte a voi e che ritenete importanti? Che rapporto c’è tra le varie qualità? Che miscela di qualità avete comprato? Perseguono tutte lo stesso scopo? Si comple- tano tra di loro? Annotate ciò che avete scoperto e imparato di voi stessi… Ognuno di voi a turno dica quali qualità si è aggiudicato e quanto ha pagato per ogni scheda. Alcuni di voi, infine, potran- no comunicare agli altri le riflessioni fatte in seguito al gioco… 2929 Verifica a) Alla fine dell’UA, riprova a scrivere il tuo parere (massimo due o tre righe), continuando queste due espressioni: «La vita è... «La vita è mia... Dopo averle completate, confrontale con quelle scritte all’inizio dell’UA. Le trovi (metti una X): migliori peggiori identiche Prova a dire il perché: b) Che cosa ricordi del film La vita è bella di Benigni e le canzoni sul tema della vita? Prova a sinte- tizzare tutto in un’espressione: c) Quali atteggiamenti tra i seguenti provi di fronte alla vita? Quali ti sembrano i più corretti e giusti, dopo aver affrontato l’UA? Quali sono gli atteggiamenti che sono più presenti nella cultura di oggi? Scegli tre atteggiamenti per ciascuno dei tre interrogativi e disponili in ordine di preferenza. Puoi ser- virti della seguente lista e aggiungere a piacimento alcuni atteggiamenti assenti: disprezzo, piacere, provvisorietà, rispetto, stupore, incuria, gratuità, indifferenza, inutilità, fascino, sgomento, timore, amore, fatica, meraviglia…………………………… Secondo me Secondo l’UA Secondo la cultura di oggi 1) 1) 1) 2) 2) 2) 3) 3) 3) Verifica 3030 Verifica d) Ricordi lo Schema di Johari? Prova a ricostruirlo a memoria nel primo riquadro. Nel secondo riquadro costruisci il tuo grafico mettendo in evidenza quale dei quattro quadranti conosci di più: e) Dai la spiegazione della definizione che lo psicologo Allport dà della personalità matura, completan- do le seguenti frasi: la persona matura sa amare la persona matura sa controllarsi la persona matura sa essere realista la persona matura sa essere coerente f) Questa UA mi ha aiutato nelle seguenti abilità (scegli tre risposte in ordine di importanza, apponen- do i numeri 1 2 e 3): a riflettere di più a confrontarmi con modi di pensare e stili di vita diversi dai miei a comprendere meglio i problemi degli altri a essere più critico di fronte alla realtà ad approfondire la domanda sul senso della vita a essere più creativo/a a capire di più i miei problemi ad apprezzare la vita, nonostante tutto ad individuare i tratti più importanti della personalità umana mi sono annoiato… niente di tutto ciò: sono rimasto tale e quale Al termine della domanda (f), confrontati con uno dei tuoi compagni e con il tuo formatore. Che cosa condividono delle tue risposte e che cosa no? In che cosa hanno ragione e in che cosa hanno torto? PER APPROFONDIRE ABBAGNANO A., La saggezza della vita, Rusconi, Milano 1985. BUBER M., Il problema dell’uomo, Elle Di Ci, Leumann – Torino 1983. FIORE C., Spunti di etica 2000, Elle Di Ci, Leumann – Torino 2000. GEHLEN A. , L’uomo, la sua natura e il suo posto nel mondo, Feltrinelli, Milano 1990. GEVAERT J., Il problema dell’uomo. Introduzione all’antropologia filosofica, Elle Di Ci, Leumann 19928. GIOVANNI PAOLO II, Evangelium vitae, 25 marzo 1995 GIOVANNI PAOLO II, Laborem exercens, 14 settembre 1981. Verifica 3232 Percorso 3232 Questa unità sulla ricerca di Dio ti aiuterà a riflettere sul significato della religione nella vita dell’uomo. Ricorda in quale punto del percorso si colloca questa unità... Percorso 3333 Comprendere l’importanza della religione nella vita dell’uomo Conoscere i segni che testimoniano la ricerca di Dio da parte degli uomini Riflettere sugli aspetti positivi della religione Il formatore introdurrà l’argomento dell’unità di apprendimento e ti guiderà in un percorso che consentirà di raggiungere questi obiettivi: 3434 Esperienza Caro allievo, per iniziare, ti invitiamo a catalogare attentamente alcuni particolari della realtà religio- sa che incontri ogni mattina venendo al Centro di Formazione professionale. Prova a completare la seguente tabella riassuntiva in base alla tua esperienza: Chi? Che cosa? Dove? Quanti/quante? Persone… ... ... Edifici sacri ... ... Segni religiosi particolari ... ... La tua esperienza non è diversa da quella dello storico Plutarco, il quale disse: «Se tu andassi in giro per il mondo, potresti trovare città prive di mura, che ignorano la scrittura, che non hanno re, case e ricchezze, che non fanno uso di monete e non conoscono teatri e palestre; ma nessuno vide e vedrà mai una città senza templi e divinità» ......EE aalllloorraa vvoogglliiaammoo ffaarree iinnssiieemmee iill ““ggiirroo ddeell mmoonnddoo??”” Le foto che vedi nelle pagine seguenti riguardano diversi paesi del mondo, diverse religioni e diverse epoche storiche. Prova ad usare internet o altre risorse per indicare le divinità ivi adorate e integrare le informazioni mancanti. 3535 Esperienza G RE CI A EG IT TO IT AL IA Tempio di Luxor. Si tratta di un grande complesso costruito sulla riva orientale del Nilo nella città di Luxor (antica Tebe). Il tempio era dedicato a tre divinità: rispettivamente padre, madre e figlio. Partenone. É un antico tempio greco costruito attorno al 440/430 a.C. Si trova ad Atene, sulla sommità di un colle che domina la città. Era dedicato alla dea dea della saggezza e delle arti, protettrice della città. Tempio della concordia. Ad Agrigento (Sicilia) sorge il Tempio detto della Concordia. Costruito verso la metà del V sec. a.C. si suppone che fosse dedicato a detti “Dioscuri”, mitici gemelli, figli di Zeus. 3636 Esperienza M ES SI CO IN G H IL TE RR A Piramide di Tepozteco. Costruita tra il 1150 e il 1350 dopo Cristo, sorge sulla cima di un colle di granito che sovrasta la vallata di Tepozlan. È un tempio dedicato ad una divinità Atzeca: il dio della fertilità, del raccolto e anche del “pulque”, cioè la rinomata bevanda alcolica degli atzechi. Stonehenge. A nord di Salisbury, in Inghilterra, si trova un misterioso monu- mento: un cerchio di centomila metri qua- drati, formato da trenta monoliti alti quat- tro metri; il cerchio racchiude un affasci- nante tempio, formato sempre da enormi pietre, dedicato al venerato come dio. TH AI LA N D IA Wat Phra Kaew. (Wat in thailandese significa tempio), è il Tempio del Smeraldo che si trova in un’area di edifi- ci sacri collegati con le residenze dei Reali di Thailandia, meta di moltissimi turisti e pellegrini. 3737 Esperienza FR AN CI A La pietra dei Mercanti. Risalente a die- cimila anni fa, la Pietra dei Mercanti (Mener Hroeck) è sita nella zona francese di Locmariaquer che si affaccia sull’Atlantico. Si tratta di una pietra verticale di circa venti metri infissa dall’uomo nel terreno, quasi un vero grido di aiuto rivolto a contro le forze del male. Nella zona circo- stante si trova un monumento di tre chilo- metri di alte pietre, che come vere mani rivolte al cielo, costituiscono un segno d’in- vocazione antichissimo. Disseminate lungo i grandi fiumi della terra, nascono le prime civiltà umane, in cui compaiono costruzioni religiose gran- diose: tra il Tigri e l’Eufrate, intorno al 3000 a.C., si sviluppa la civiltà dei Sumeri; lungo il Nilo, intorno al 2800 a.C., inizia la civiltà degli Egiziani; nella valle del Gange, in India, intorno al 2500 a.C., comincia la civiltà indiana; lungo lo Yang-tze, verso il 1300 a.C., sorge la prima civiltà dei Cinesi; seguono la prima civiltà dei Maya nel Messico intorno al 1000 a.C. e quella del Perù intorno all’800 a.C. In queste aree geografiche così diver- se e così lontane sono sorti meravigliosi templi di pietre. Perché queste costruzio- ni? Il sole, la luna, le stelle, sono state viste dai popoli primitivi come potenze misteriose (“divinità”); vari culti e riti pre- senti tra essi testimoniano la speranza dell’uomo di trovare protezione e aiuto in queste forze superiori. Testimonianze di idee religiose presen- ti tra i nostri antenati si possono conside- rare i resti di ossa di animali sepolti in modo premeditato; poi le prime rudimen- tali tombe, i cimiteri, i luoghi di culto nelle caverne. L’uomo preistorico seppelliva i morti con tanta cura perché credeva in una vita dopo la morte; dipingeva delle scene rituali, fabbricava statuette, costruiva templi e altari, per entrare in contatto con “qualcosa” o “qualcuno” che considerava superiore a se stesso. Oggi ci sono testimonianze diverse, ma si pongono gli interrogativi di sempre come la seguente canzone: 3838 Esperienza Luciano Ligabue - conosciuto semplicemente come Ligabue - è una cantautore, scrittore, regista e sce- neggiatore italiano. Dopo aver svolto i lavori più disparati, tra cui il bracciante ed il metalmeccanico, quindi ragioniere, conduttore radiofonico, commer- ciante, promoter e consigliere comunale a Correggio, nel 1987 fonda insieme ad alcuni amici il gruppo musicale amatoriale Orazero. LI G AB U E Hai un momento Dio (Ligabue, Buon compleanno Elvis, 1995) C’ho un po’ di traffico nell’anima, non ho capito che or’è C’ho il frigo vuoto, ma voglio parlare perciò, paghi te. Che tu sia un angelo od un diavolo, ho 3 domande per te: chi prende l’inter, dove mi porti e poi dì, soprattutto perché? Perché ci dovrà essere un motivo, no? Perché forse la vita la capisce chi è più pratico. Hai un momento Dio? No, perché sono qua, insomma ci sarei anch’io. Hai un momento Dio? O te o chi per te, avete un attimo per me? Li pago tutti io i miei debiti, se rompo pago per tre quanto mi costa una risposta da te, di su, quant’è? ma tu sei lì per non rispondere, e indossi un gran bel gilet non bevi niente e io non ti sento com’è? Perché? Perché ho qualche cosa in cui credere perché non riesco mica a ricordare bene che cos’è. Hai un momento Dio? No perché sono qua, se vieni sotto offro io. Hai un momento Dio? Lo so che fila c’è ma tu hai un attimo per me. Nel mio stomaco son sempre solo, nel tuo stomaco sei sempre solo ciò che sento, ciò che senti, non lo sapranno mai.... Almeno dì se il viaggio è unico e se c’è il sole di là se stai ridendo, io non mi offendo però, perché perché nemmeno una risposta ai miei perché perché non mi fai fare almeno un giro col tuo bel gilet. Hai un momento Dio? No perché sono qua insomma ci sarei anch’io Hai un momento dio? O te o chi per te avete un attimo per me? 3939 Riflessione Dopo aver ascoltato la canzone di Ligabue, soffermati a riflettere con i tuoi compagni ed il tuo formatore 1. Perché l’uomo ha faticato così tanto per costruire monumenti così grandi e maesto- si dedicati alle divinità? 2. Quale bisogno l’uomo sentiva, che emozioni provava per essere disposto a fare così tanto? 3. Anche Ligabue sembra impegnato in un lavoro interiore “alla ricerca di qualcosa o qualcuno”. Che emozioni, sentimenti o bisogni emergono dal testo della sua canzone? 4. Quali sono le frasi della canzone che ti hanno colpito? Scrivile: 5. Nella tua vita ci sono stati momenti in cui ti è capitato di pensare, volere o cerca- re Dio? 4040 Spiegazione Come hai potuto vedere, in ogni civiltà umana, il problema religioso ha sempre avu- to grande rilevanza. Il tempio, i sacerdoti, i miti, i gesti simbolici e rituali fanno parte in- tegrante di tutte le civiltà. Esse non possono essere capite senza riferimento alla sfera del sacro e al senso religioso. Ieri come oggi, l’uomo ha continuato a lasciare tracce della propria religiosità in tutto il mondo La religione degli Egiziani, oltre che dalle iscrizioni dei templi monumentali, è conosciu- ta anche dalla grande quantità di frammenti di terracotta e di papiro che riportano i senti- menti e le invocazioni religiose del popolo che adorava il dio della terra, del cielo, dell’aria, e specialmente il dio Sole. Il sesto e il quinto secolo prima di Cristo sono periodi preziosi per l’umanità: dalla Cina all’India, da Israele alla Grecia, grandi pensa- tori religiosi e filosofi si impegnano a fondo nella ricerca sul mistero della vita e della per- sona umana, sul loro significato e sul loro va- ...ALLA RICERCA DI DIO lore; si interrogano sul si- gnificato della vita, del dolo- re, della morte, sul perché del bene e del male. «In diversi parti della terra, segnate da culture differenti, sorgono le domande di fon- do che caratterizzano il per- corso dell’esistenza umana: Chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Perché la presenza del male? Cosa ci sarà dopo questa vita? Sono domande che hanno la loro comune origine nelle richieste di senso che da sempre urge nel cuore dell’uomo: dalla risposta a tali domande, in- fatti, dipende l’orientamento dell’esistenza» (Giovanni Paolo II) Fin dall’antichità sono state mosse pesanti critiche alla religione. Non solo oggi, ma da sempre, alcuni uomini hanno messo in dubbio l’esistenza di Dio e la serietà della religione. Alcuni pensatori, chiamati “maestri del sospetto”, hanno gettato nel dubbio e nel discredito la religio- ne, accusandola di influire negativamente sull’uomo e sulla società. LA RELIGIONE TRA RISPETTO E SOSPETTO 4141 Spiegazione Anche oggi non mancano atteggiamenti negativi nei confronti della religione. Ne esa- miniamo alcuni: Anche se Dio esistesse, ciò non cambierebbe nulla Tanto vale vivere come se Dio non esistesse, non curandosi minimamente di considerare l’i- potesi della sua esistenza e di una sua presenza nella storia degli uomini. Pensare a Dio è perfettamente inutile. Se Dio esiste non interessa l’uomo Dio non interessa. L’indifferente si disinteressa dell’esperienza religiosa e la esclude dalla sua vita ritenendola “irrilevante” ed “insignificante”, una complica- zione inutile e disturbante. Il solo Dio che esiste è Dio «secondo me» Nel mondo occidentale ci si tro- va come in un grande super- market del sacro dove sono in esposizione molteplici religioni, movimenti, sètte, idee, valori, norme, pratiche... Ognuno può selezionare a piacimento qual- siasi elemento, può confezio- narsi il cocktail religioso di pro- prio gusto. Come si è visto, sono tante le accuse mosse alla religione ma non si può fare a meno di alcu- ne puntualizzazioni che si rive- lano doverose e necessarie. C’è bisogno di risposte... 4242 Spiegazione 1. La religiosità come forza della vita Nel lager di Auschwitz, V. E. Frankl rimase colpito dal fatto che «molti prigionieri entravano nella camera a gas con un at- teggiamento decoroso e sere- no, recitando il Padre Nostro oppure la preghiera ebraica per la morte». Proprio nel campo di concentramento scopre l’impor- tanza per l’uomo di avere un ideale per vivere, di una ragio- ne, di un senso della vita. In un mondo che soffriva di vuoto esistenziale, come psicologo, insegnò che la vita ha sempre un senso, e per questo è de- gna di essere vissuta. 2. La religiosità è per la ma- turità dell’uomo In tutte le religioni c’è un sotto- fondo comune: la vita dell’uomo non dipende solo da lui, ma da Qualcun Altro; prova un’emo- zione forte perché avverte di trovarsi di fronte a una realtà tremenda che gli sfugge e che non può essere compresa pie- namente, ma che nello stesso tempo lo affascina come nessun altra cosa. Ed è così che cerca di rintracciare Dio nei molteplici segni della sua presenza. Tante volte, l’uomo ha la sensazione che Dio si nasconda. Segno che Egli non è a portata di mano, non è dietro l’angolo, non è un Dio scontato, a buon mercato. All’uomo è richiesta un’insisten- te ricerca che dura una vita: «Il nipote di Rabbi Baruch, il ra- gazzo Jehiel, giocava un giorno a nascondino con un altro ra- gazzo. Egli si nascose ben bene e attese che il compagno lo cercasse. Dopo aver atteso a lungo uscì dal nascondiglio; ma l’altro non si vedeva. Jehiel si accorse allora che quello non l’aveva mai cercato. Questo lo fece piangere, piangendo corse nella stanza del nonno e si la- mentò del cattivo compagno di gioco. Gli occhi di Rabbi Baruch si empirono di lacrime ed egli disse: “Così dice anche Dio: Io mi nascondo, ma nessuno mi vuole cercare”». È mai possibile che tutti gli uomini, da sempre, si siano sbagliati ed illusi come afferma chi accusa e rinnega la religione? Ragioniamo insieme... 3. La fede s’interroga e cerca Qualcuno asserisce che chi ra- giona non può credere. Ma è proprio vero? La fede per esse- re autentica deve escludere ogni ombra di dubbio? La fede cristiana, se è vera, è sempre sottoposta al vaglio del dubbio. Fede e dubbio vanno insieme. Questo non significa che nel dubbio non si crede, ma che si è coinvolti in un’incessante ri- cerca. La fede cristiana non è assolutamente un moto credu- lone che si dimette dal pensare e dal ragionare: “La fede in Dio, è sempre stata una fede che si interroga, che cerca, che fruga, che sconvolge l’uomo, che lo provoca. Non a caso è sempre attuale la pre- ghiera del Vangelo: “Credo, Signore, ma tu aiutami nella mia incredulità”» (Mc 9,24). 4343 6. La fede è impegno La testimonianza di Madre Teresa di Calcutta e di quanti operano al servizio dei poveri, degli ultimi e degli esclusi dalla stessa società, l’atten- zione del papa ai diritti del- l’uomo, la forte denunzia con- tro ogni attentato alla vita e alla salute, la promozione di intere nazioni da parte di tan- ti missionari nei paesi più po- veri del mondo, non sono che aspetti della funzione sociale e umana che esercita la reli- gione. QUINDI LA RELIGIONE NON É INUTILE! Chersterton afferma: «Quando la gente smette di credere in Dio, non smette affatto di cre- dere, perché comincia a credere in qualche altra cosa». Di contraccambio elenchiamo appena i rischi cui va incontro un’esistenza che non ha alcun riferimento verso Dio; l’esperienza ci dice che tali rischi sono concreti: • l’idolatria, cioè il crearsi altri dèi (successo, denaro, potere, sesso...); • il vivere senza senso; • la solitudine; • la tristezza; • l’egoismo, la mancanza di solidarietà e del senso della giustizia; • l’angoscia e l’inquietudine Spiegazione 4. La fede è una scommessa Nessun credente ha la certezza in tasca che le sue scelte siano quelle giuste. Il grande “forse” esiste per tutti: per il credente e per il non credente; altrimen- ti la fede perde una delle sue componenti fondamentali, quel- la della scelta, o per dirla con Pascal, della scommessa: «O Dio esiste o non esiste! Per quale di quelle ipotesi volete scommettere? Per nessuna del- le due! La risposta giusta è non scommettere affatto? Vi sba- gliate. Puntare è necessario, non è affatto facoltativo. Anche voi siete incastrati!». 5. La fede è un modo diver- so di conoscere Troppo spesso il mondo della conoscenza viene ridotto solo a ciò che ha a che fare con la ra- gione e la scienza e si dimenti- ca che esiste un sistema di co- noscenza che abbraccia i valori dell’arte, della poesia, della musica, ecc., un sistema di co- noscenza cioè per intuizione, attraverso i simboli. L’ispirazione di un pittore, l’in- namoramento di una persona, il credere e l’aderire ad una re- ligione hanno alla base un’in- tuizione che possiamo solo esprimere attraverso segni e simboli. 4444 Sperimentazione Durante questa fase del percorso hai una nuova opportunità di immedesimarti in una situazione concreta attraverso un gioco. Immagina di trovarti in un gruppo di coetanei. Prendete una discussione un po’ stra- na…. In genere preferite parlare di donne, di sport, moto o macchine, ma quel giorno la discussione cade su Dio. Tu e i tuoi amici saltate da un’idea all’altra, molti la pensano come i maestri del sospet- to, sentendo le loro affermazioni provi a dare loro una risposta (potrà esserti utile rileg- gere le 6 risposte di pp. 42-43): • Se Dio non esistesse non cambierebbe nulla? Sei dello stesso parere? Se no, che cosa risponderesti? • A me Dio non interessa!!! A te interessa oppure no? • Il mio unico Dio sono quello che voglio e quello che mi piace…Io sono il dio di me stesso Vuoi dire la tua? Verifica 4545 a) Cosa esprimono le foto dei monumenti storici riportate all’inizio di questa unità? b) Cosa vuol comunicare Ligabue nella canzone “Hai un momento Dio”? c) Quale delle 6 risposte (cfr. pp. 42-43) che fanno emergere i punti di forza della religione condividi di più? Perché? d) Quali dei pensieri dei maestri del sospetto riscontri più spesso nella vita di ogni giorno (in te o nei tuoi conoscenti)? Verifica 4646 Verifica e) Quali sono le più grandi difficoltà che incontri nel confrontarti con la religione e con le religioni diverse dalla tua? f) Hai avuto momenti nella vita in cui la religione ti ha aiutato? g) Riassumi in una frase cosa ti rimane del lavoro svolto in questa unità. PER APPROFONDIRE BOCCHINI S., Processo alla religione, Elle Di Ci, Leumann – Torino 1987. BREUILLY E. - O’BRIEN J. – PALMER M., Enciclopedia delle religioni dell’umanità, Elle Di Ci, Leumann – Torino 2001. FIORE C., Dio il problema, Elle Di Ci, Leumann – Torino 1994. FIORE C., Religioni fra storia e attualità, Elle Di Ci, Leumann – Torino 1999. FILORAMO G. – MASSENZIO M. – RAVERI M. – SCARPI P., Manuale di Storia delle Religioni, Laterza, Bari 2003. MORIN D., Ma Dio esiste?, Elle Di Ci, Leumann – Torino 1995. PIERINI F. (ed.), Guida alle religioni, Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 2000. ROSSANO P., I perché dell’uomo e le risposte delle grandi religioni, Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1988. SAMUEL A., Per conoscere le grandi religioni, Borla, Roma 1996. Risposte ai quesiti di pp. 35-37 Egitto- Tempio di Luxor: Amon, Mut e Khonsu. Grecia – Partendone: Atena. Italia – Tempio della concordia: Castore e Polluce. Mexico – Piramide di Tepozteco: Tepoztécal Thailandia – Wat Phra Kaew: Buddha. Francia- La pietra dei Mercanti: Qualcuno [non si conosce il nome della divinità]. Inghilterra – Stonehenge: Sole. Verifica 4848 Percorso 4848 Questa unità “Chi sei tu, Gesù di Nazaret?” ti aiuterà a riflettere sugli aspetti della identità personale di Gesù Cristo su cui si fonda il cristianesimo e le culture che ad esso sono ispirate. Ricorda in quale punto del percorso si colloca questa unità... Percorso 4949 conoscere meglio i tratti dell’identità di Gesù di Nazaret indagare sull’attendibilità storica delle testimonianze disponibili su Gesù il Cristo confrontare la propria identità con quella di Gesù Il formatore introdurrà l’argomento dell’unità di apprendimento e ti guiderà in un percorso che consentirà di raggiungere questi obiettivi: Durante questa fase del percorso hai l’opportunità di immedesimarti in una situazione frequente nella vita quotidiana e a riflettere su di essa. Per farlo hai a disposizione la scheda seguente. Quando hai sentito parlare di Gesù Cristo? In famiglia A scuola Al catechismo A … È la prima volta che ne sento parlare Ne hai sentito parlare: bene in modo noioso e ripetitivo male Adesso cerca di rispondere in modo più personale: Prima pensavo che Cristo...... Quando ero più piccolo credevo che Gesù... ... poi ho capito che... 5050 Esperienza 5050 Dopo aver scritto la tua riflessione, riesprimila attraverso un grafico libero o ser- vendoti del seguente. Dai un valore numerico in decimi (da 1 a 10) del tuo interesse per Gesù Cristo dai 6-8 anni fino ad oggi: 5151 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 6-8 anni 9-12 anni 13-15 anni 15-18 anni Se dovessi scrivere in poche parole chi è per te Gesù Cristo, cosa diresti? Esperienza 5252 Esperienza In una rivista americana underground apparve diversi anni fa un manifesto stimolante che recitava così: Gesù di Nazaret alias Messia, Figlio di Dio, Re dei re, Signore dei signori, Principe della pace... Capo famigerato di un movimento clandestino di liberazione. Fisionomia esteriore: tipico hippy (capelli lunghi, barba, tunica, sandali). Ama aggirarsi negli slums, ha qualche amico facoltoso, si apparta nel deserto. Attenzione: quest’uomo è estremamente pericoloso! Il suo messaggio, subdolamente esplosivo, trova terreno particolarmente fertile in quei giovani ai quali non si è ancora insegnato a ignorarlo. Trasforma gli uomini e pretende redimerli. Avviso: è ancora a piede libero. Anche per noi quest’uomo può risultare estremamen- te pericoloso, oppure reputiamo insignificante occuparci di Lui? Tante volte diciamo di conoscerlo e pretendiamo di sapere tutto su di Lui. Ma è veramente così? Se non abbiamo la fortuna di interrogare direttamente il Cristo e di conoscerlo “in diretta”, è sempre possibile tentare di raccogliere testimonianze su di Lui. Vogliamo provarci? Questa ricerca ha un suo significato culturale. Non è pensabile conoscere la nostra cultura sen- za far riferimento al Cristo. Tanti sono gli indicatori che lo ricordano. Ad esempio: ci troviamo nel- l’anno a partire da quale evento? Ai tempi dei romani era la fondazione di Roma a se- gnare il tempo, oggi è . Esperienza 5353 L’INCHIESTA Regia: Damiano Damiani. Sceneggiatura: Damiano Damiani, Vittorio Bonicelli. Fotografia (colore): Franco Di Giacomo. Musica: Riz Ortolani. Scenografia: Enrico Fiorentini. Montaggio: Enzo Meniconi. Interpreti principali: Keith Carradine (Tito Valerio Tauro), Harvey Keitel (Ponzio Pilato), Phyllis Logan (Claudia Procula), Angelo Infanti (Trifone), Lina Sastri (Maria di Magdala). Anno: 1986 (Italia eTunisia). Durata: 115’. Produzione e Distribuzione: Silvio e Anna Maria Clementelli per Clesi Cinematografica, Fulvio Lucisano per Italian International Film, SACIS, RAI. Premi e riconoscimenti: David di Donatello 1987 come migliore attrice non protagonista a Lina Sastri. - Premio Alitalia a Silvio Clementelli e a Damiano Damiani. Trama: Tito Valerio Tauro, ambizioso funzionario dell’imperatore Tiberio, giovane “capace di co- struire un processo anche su un piccolo sbaglio”, si presenta al procuratore romano Ponzio Pilato con un rescritto imperiale che lo autorizza a svolgere un’inchiesta sulla sparizione del corpo di Gesù. Pilato sospetta che Tauro sia a Gerusalemme per ragioni politiche e teme per il proprio po- tere. Ma durante la festa per il compleanno dell’imperatore, Tauro dichiara pubblicamente di es- sere inviato a cercare il corpo di Gesù di Nazareth. La moglie di Ponzio Pilato, Claudia Procula, trasale e subito cerca un incontro privato con Tauro, il quale si illude baldanzosamente che la donna desideri essergli amante. Claudia lo conduce invece al sepolcro vuoto di Gesù, che ha co- nosciuto durante il processo davanti a Pilato: gli confida d’esser rimasta affascinata dalla perso- nalità di quello straordinario ebreo e gli parla di certe dicerie sulla sua risurrezione, di cui sareb- be stata testimone una donna di Magdala ora scomparsa. Tauro inizia la sua inchiesta, interro- gando varie persone: gli viene indicata anche la madre di Gesù, un’umile popolana. Frattanto Pilato inscena un finto ritrovamento del corpo di Gesù, per liberarsi dall’inquisitore: ma la finzio- ne viene smascherata da Tauro, che provoca indirettamente un tafferuglio tra la folla, con mor- ti, feriti e incendi suscitando il fiero risentimento di Pilato. Per raggiungere il proprio scopo, Tauro non rifugge neppure da azioni clamorose e spregiudicate: arresti, esecuzioni, prove raccapric- cianti per sperimentare gli effetti della crocifissione. Sempre inutilmente. Finisce col ritenere Gesù vivo, e decide di rintracciare Maria di Magdala, per sapere da lei dove si sia nascosto. La ritrova in uno scosceso rifugio sulle alture deserte, lontano da Gerusalemme, a curare dei lebbrosi. Alle domande dell’inquisitore la donna risponde con semplicità di avere sempre con sé Gesù, perché lo serve nei sofferenti. Quando i lebbrosi lo circondano imploranti, ritenendolo il risorto Gesù, Tauro fugge, vagando a lungo, sperduto più ancora nel mistero, che nel deserto che lo circonda, finché incontra, esausto, la guarnigione romana di Pilato, che lo rifiuta e ne decreta la morte. (da: http://cinema.it.msn.com/film/scheda-film.aspx?idfilm=25536) Sulla base di questa premessa e per motivare ulteriormente la ricerca iniziata, il formatore condurrà gli allievi alla visione del film L’inchiesta. Esperienza Una scheda da compilare dopo aver visto il film Quale dei personaggi ti ha particolarmente colpito? Perché? Quale delle frasi ti ha impressionato di più e per quale motivo? Se dovessi cambiare il titolo al film, quale sceglieresti? Sai dire perché? Se tu fossi al posto di Tito Valerio Tauro quali domande porresti su Gesù a coloro che “presumono” di averlo conosciuto? 5454 Riflessione 5555 Se «l’umanità vive oggi un periodo nuovo della sua storia, caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti che progressivamente si estendono all’intero universo» (CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes, n.4), c’è qualcosa o qualcuno che può fare da riferimento, da stella polare? In questa grande e profonda fluttuazione, in cui si stenta a trovare dei punti fermi di riferimento, «la Chiesa afferma che al di sotto di tutti i mutamenti ci sono molte cose che non cambiano; es- se trovano il loro ultimo fonda- mento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei seco- li (Eb 13,8)» (CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes, n.10). É ragionevole avere og- gi Gesù Cristo come il Signore, il centro dell’esistenza? Ma al- la base di questa domanda, sta un interrogativo ancora più radicale: ma chi è questo Gesù? Per comporre l’identikit di una persona occorre avere in- dizi, documenti e testimo- nianze attendibili. Anche se ogni persona costituisce per tanti aspetti un mistero inac- cessibile, occorre dire che la sua conoscenza può essere sufficiente, come può essere ulteriormente approfondita. Per Gesù Cristo è la stessa cosa. Con qualche difficoltà in più, dato che è vissuto due- mila anni or sono e soprattut- to perché il mistero che av- volge la sua persona è davve- ro troppo grande da liquidar- lo in poche battute. 5656 Spiegazione Le principali testimonianze sulla sua identità sono di due tipi. Alcune sono da parte di autori non cristiani, altre da autori cristiani che hanno conosciuto direttamente Gesù o che sono entrati in contatto con coloro che erano stati con lui e lo avevano visto e udito. Tacito (54-120 d.C.) «Ma né interventi umani, né lar- gizioni, del principe, né sacrifici agli dei riuscivano a soffocare le voce infamante che l’incendio fosse stato comandato. Allora, per mettere a tacere ogni dice- ria, Nerone dichiarò colpevoli e condannò ai tormenti più raffi- nati coloro che il popolo chiama- va Crestiani, odiosi per le loro nefandezze. Essi prendevano nome da Cristo, che era stato suppliziato ad opera del pro- curatore Ponzio Pilato sotto l’impero di Tiberio; repressa per breve tempo, quella funesta superstizione ora riprendeva for- za non soltanto in Giudea, luogo d’origine di quel male, ma anche nell’urbe (a Roma), in cui tutte le atrocità e le vergogne confluisco- no da ogni parte e trovano se- guaci. Furono, dunque, arrestati dapprima coloro che confessava- no (di essere cristiani), poi, sulle rivelazioni di questi, altri in gran- de numero furono condannati non tanto come incendiari quan- to come odiatori del genere uma- no» (Annales 15, 44, 2-4). Plinio il Giovane (61-114 d.C.) «È per me un dovere, o signore, riferire a te tutte le questioni in merito alle quali sono incerto. Chi infatti può meglio dirigere la mia titubanza o istruire la mia incompetenza? Non ho mai preso parte ad istruttorie a carico dei Cristiani; pertanto, non so che cosa e fino a qual punto si sia soliti punire o inquisire. Ho anche assai dubita- to se si debba tener conto di qualche differenza di anni; se anche i fanciulli della più tenera età vadano trattati diversamente dagli uomini nel pieno del vigo- re; se si conceda grazia in segui- to al pentimento, o se a colui che sia stato comunque cristia- no non giovi affatto l’aver cessa- to di esserlo; se vada punito il nome di per se stesso, pur se esente da colpe, oppure le colpe connesse al nome. Nel frattem- po, con coloro che mi venivano deferiti quali Cristiani, ho segui- to questa procedura: chiedevo loro se fossero Cristiani. Se con- Publio Cornelio Tacito è il più grande storico latino, vissuto nel I –II sec. Si han- no poche e frammentarie notizie sulla sua vita ma la sua fama di magistrato e oratore è ampiamente rico- nosciuta ed attestata. Gli Annales, la sua opera più fa- mosa, raccontano la storia romana dalla morte di Augusto a quella di Nerone. L’IDENTIKIT DI GESÙ (cfr. www.santamelania.it/approf/mbibbia/ca1se5/sez5_1.htm) AUTORI NON CRISTIANI Le testimonianze non cristiane sono le seguenti: Spiegazione fessavano, li interrogavo una se- conda e una terza volta, minac- ciandoli di pena capitale; quelli che perseveravano, li ho manda- ti a morte. Infatti non dubitavo che, qualunque cosa confessas- sero, dovesse essere punita la lo- ro pertinacia e la loro cocciuta ostinazione. Ve ne furono altri af- fetti dalla medesima follia, i qua- li, poiché erano cittadini romani, ordinai che fossero rimandati a Roma. Ben presto, poiché si ac- crebbero le imputazioni, come avviene di solito per il fatto stes- so di trattare tali questioni, mi capitarono innanzi diversi casi. Venne messo in circolazione un libello anonimo che conteneva molti nomi. Coloro che negavano di essere cristiani, o di esserlo stati, ritenni di doverli rimettere in libertà, quando, dopo aver ri- petuto quanto io formulavo, in- vocavano gli dei e veneravano la tua immagine, che a questo sco- po avevo fatto portare assieme ai simulacri dei numi, e quando im- precavano contro Cristo, cosa che si dice sia impossibile ad ot- tenersi da coloro che siano vera- mente Cristiani. Altri, denunciati da un delatore, dissero di essere cristiani, ma subito dopo lo nega- rono; lo erano stati, ma avevano cessato di esserlo, chi da tre an- ni, chi da molti anni prima, alcu- ni persino da vent’anni. Anche tutti costoro venerarono la tua immagine e i simulacri degli dei, e imprecarono contro Cristo. Affermavano, inoltre, che tutta la loro colpa o errore consisteva nell’esser soliti riunirsi prima dell’alba e intonare a cori al- terni un inno a Cristo come se fosse un dio, e obbligarsi con giuramento non a perpetrare qualche delitto, ma a non com- mettere né furti, né frodi, né adulteri, a non mancare alla pa- rola data e a non rifiutare la re- stituzione di un deposito, qualora ne fossero richiesti. Fatto ciò, avevano la consuetudine di riti- rarsi e riunirsi poi nuovamente per prendere un cibo, ad ogni modo comune e innocente, cosa che cessarono di fare dopo il mio editto nel quale, secondo le tue disposizioni, avevo proibito l’esi- stenza di sodalizi. Per questo, an- cor più ritenni necessario l’inter- rogare due ancelle, che erano dette ministre, per sapere quale sfondo di verità ci fosse, ricorren- do pure alla tortura. Non ho tro- vato null’altro al di fuori di una superstizione balorda e smodata. Perciò, differita l’istruttoria, mi sono affrettato a richiedere il tuo parere. Mi parve infatti cosa de- gna di consultazione, soprattutto per il numero di coloro che sono coinvolti in questo pericolo; mol- te persone di ogni età, ceto so- ciale e di entrambi i sessi, vengo- no trascinati, e ancora lo saran- no, in questo pericolo. Né soltan- to la città, ma anche i borghi e le campagne sono pervase dal con- tagio di questa superstizione; credo però che possa esser anco- ra fermata e riportata nella nor- ma» (Epistola X, 96, 1-9). Si ha anche la risposta dell’im- peratore Traiano che è bene avere sott’occhio: «Mio caro Plinio, nell’istruttoria dei processi di coloro che ti sono stati denunciati come Cristiani, hai seguito la procedura alla qua- le dovevi attenerti. Non può esse- re stabilita, infatti, una regola ge- nerale che abbia, per così dire, un carattere rigido. Non li si deve ri- cercare; qualora vengano denun- ciati e riconosciuti colpevoli, li si deve punire, ma in modo tale che colui che avrà negato di essere cristiano e lo avrà dimostrato con i fatti, cioè rivolgendo suppliche ai nostri dei, quantunque abbia su- scitato sospetti in passato, otten- ga il perdono per il suo ravvedi- mento. Quanto ai libelli anonimi messi in circolazione, non devono godere di considerazione in alcun processo; infatti è prassi di pessi- mo esempio, indegna dei nostri tempi» (Epistola X, 97) Plinio, detto “il giovane” per distinguerlo dallo zio e padre adottivo denominato “il vec- chio”, era contemporaneo di Tacito e Svetonio, senatore e avvocato. È considerato uno dei personaggi di spicco del tempo. Nominato governa- tore e console della Bitinia (odierna Turchia), sotto l’im- peratore Traiano, scrisse let- tere a vari personaggi dell’e- poca, dando informazioni importanti utili per la cono- scenza dell’epoca. 5757 5858 Spiegazione Svetonio (70-126 d.C.) «I giudei che causavano conti- nuamente disordini per istiga- zione di (un certo) Cresto, egli [l’imperatore Claudio] li scacciò da Roma» (Vita Claudii, 25, 4) Svetonio si riferisce all’espulsio- ne dei giudei e cristiani da Roma da parte dell’Imperatore Claudio, di cui riferiscono anche At 18,2: Giuseppe Flavio (37-105 d.C.) «Verso questo tempo visse Gesù, uomo saggio, se pur conviene chiamarlo uomo; infatti egli compiva opere straordinarie, ammaestrava gli uomini che con gioia ac- colgono la verità, e convin- se molti giudei e greci. Egli era il Cristo. E dopo che Pilato, dietro accusa dei mag- giori responsabili del nostro po- polo, lo condannò alla croce, non vennero meno coloro che fin dall’inizio lo amarono. Infatti, apparve loro il terzo giorno di nuovo vivo, avendo i divini profeti detto queste co- se su di lui e moltissime altre meraviglie. E ancora fino ad og- gi non è scomparsa la tribù dei cristiani che da lui prende no- me» (Antiquitates iudaicae, 18, 63-64). Il testo precedente ha suscitato il sospetto di alcuni studiosi sin dall’antichità. Lo scrittore cri- stiano Origene ammise in qual- che modo la possibilità di alcu- ne manomissioni del testo da parte di amanuensi cristiani, dato che Giuseppe Flavio non si era mai convertito a Gesù Cristo e non credeva nella sua messianicità. Ma una versione araba, pubblicata nel 1971 dal- lo studioso israeliano S. Pinès, risalente al X secolo presenta toni più attenuati e quindi più attendibili dal punto di vista storico: «In quel tempo ci fu un uomo saggio che era chiamato Gesù. La sua condotta era buona ed (egli) era noto per essere virtuoso. E molti fra i giudei e fra le altre nazioni divennero suoi discepoli. Pilato lo condannò ad essere cro- cifisso e a morire. Ma quelli che erano diventati suoi disce- poli non abbandonarono il suo discepolato. Essi raccontaro- no che egli era apparso loro tre giorni dopo la sua croci- fissione e che era vivo; for- se, perciò, era il Messia, del quale i profeti hanno racconta- to meraviglie». Caio Svetonio Tranquillo era uno storico finissimo che riportava i fatti storici, basandosi sui documenti e sulle testimonianze. Nella sua Vita dei Cesari offre un’attenta ricostruzione dei fatti storici da Cesare a Domiziano. Storico di origine ebraica, fu fatto prigioniero dai Romani dopo il 70 d.C. anno della distruzione di Gerusalemme. Passato dalla parte dei Romani, assunse il nome della famiglia flavia, da cui il soprannome. 5959 Spiegazione UNA DOMANDA Tra tutte le testimonianze prese in considera- zione qual è quella più esplicita sull’esistenza storica di Gesù Cristo? Esponi i motivi... I DOCUMENTI CRISTIANI SU GESÙ DI NAZARET VANGELI 1. Matteo Mt 2. Marco Mc 3. Luca Lc 4. Giovanni Gv ATTI DEGLI APOSTOLI At LETTERE DI S.PAOLO ai: 1. Romani Rm 2. Corinzi (1) 1Cor 3. Corinzi (2) 2Cor 4. Galati Gal 5. Efesini Ef 6. Colossesi Col 7. Tessalonicesi (1) 1Ts 8. Tessalonicesi (2) 2Ts LETTERE DI S.PAOLO a: 1. Filemone Fil 2. Timoteo (1) 1Tm 3. Timoteo (2) 2Tm 4. Tito Tt LETTERA AGLI EBREI Eb LETTERE A TUTTE LE CHIESE di: 1. Giacomo Gc 2. Giovanni (1) 1Gv 3. Giovanni (2) 2Gv 4. Giovanni (3) 3Gv 5. Giuda Gd 6. Pietro (1) 1Pt 7. Pietro (2) 2Pt APOCALISSE Ap AUTORI CRISTIANI Le testimonianze cristiane sono costi- tuite dai quattro vangeli e da altri scrit- ti, come risulta di seguito: 6060 Spiegazione I Quattro documenti per un unico vangelo che è Gesù1 La parola “vangelo” non indica prima di tutto un libro, ma un messaggio che annuncia in forma di racconto la “bella notizia”: Dio in Gesù di Nazaret è venuto incontro agli uomini, per liberarli dal ma- le e offrire loro la sua vita in pienezza. Solo verso la metà del secondo secolo d.C. il termine “vange- lo” cominciò ad essere applicato ai quattro libretti di Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Questi libretti si sono formati attraverso un processo che lo studio letterario dei testi ha ricostruito in tre tappe. 1 Questa parte è tratta da: CEI, Il catechismo dei giovani/2. Venite e vedrete, Fondazione di religione santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, Roma 1997, pp.58-59. Abbiamo apportato una variante: si è reso alla terza persona plurale, ciò che nel testo è alla prima, in modo da renderlo maggiormente «oggettivato» riguardo alla confessionalità. La prima tappa è costituita dall’attività pubblica di Gesù, culminata nella sua morte e risurre- zione. Durante questo periodo Gesù ha formato i discepoli, in particolare i Dodici, e ha imparti- to loro un insegnamento, sullo stile dei maestri religiosi del tempo, cioè ripetendo i suoi inse- gnamenti frase per frase, che i discepoli dovevano imparare a memoria. Ma, a differenza dei va- ri “rabbì”, Gesù proponeva “una dottrina nuova insegnata con autorità” (Mc 1,28): si trattava di un messaggio dal contenuto assolutamente originale, proposto con un’autorità superiore a quel- la di Mosè e dei profeti, formulato con un linguaggio talmente vivace e incisivo da imprimersi fa- cilmente nella mente e nel cuore dei discepoli. Inoltre, se si tiene presente che si trattava di un messaggio non astratto e cattedratico, ma sempre legato a circostanze concrete, e che i disce- poli sono stati testimoni diretti di fatti prodigiosi e di eventi drammatici quali la passione, o del tutto inattesi, come le apparizioni del Risorto, allora si può ragionevolmente concludere che tut- ta la vicenda del Nazareno deve essersi necessariamente fissata in modo indelebile nella memo- ria di coloro che avevano vissuto in intima familiarità con il Maestro. L’E VE NT O C RI ST O La seconda tappa è rappresentata dalla predicazione degli apostoli. Dopo la Pentecoste, la pri- ma comunità cristiana comincia a proclamare la novità formidabile: “Gesù di Nazaret è risorto”. Attorno a questo annuncio si coagula un materiale di racconti che costituiscono un primo cano- vaccio della sua vicenda: citazioni di sentenze, narrazioni di miracoli, racconto dell’evento cen- trale di passione-morte-risurrezione. Questo materiale viene utilizzato per predicare a ebrei e pa- gani, per istruire in modo più approfondito i convertiti e per celebrare la memoria del Signore nelle assemblee liturgiche. Due sono i fattori determinanti che permettono una comprensione più piena della “storia di Gesù”: la fede nella sua risurrezione gloriosa e la luce dello Spirito Santo donato dal Risorto ai suoi. «Gli apostoli, dopo l’ascensione del Signore, trasmisero ai loro ascoltatori ciò che egli aveva detto e fatto, con quella più completa intelligenza di cui essi, am- maestrati dagli eventi gloriosi di Cristo e illuminati dalla luce dello Spirito di verità, godevano» (CONCILIO VATICANO II, Dei Verbum, n.19). LA PR ED IC AZ IO NE A PO ST O LI CA 1 2 6161 Spiegazione La terza tappa è costituita dalla redazione dei Vangeli. Per le esigenze delle prime comunità erano già state messe per iscritto delle piccole collezioni di detti e fatti di Gesù, ma ad un certo punto nacque l’esigenza distendere tali racconti in forma di narrazione organica. Per questo si richiedeva un’accurata opera di ricerca attraverso le fonti disponibili, sia orali sia scritte, e un’at- tenzione particolare alle situazioni delle varie comunità. Ecco, ad esempio, come Luca descrive l’itinerario seguito per la redazione del suo Vangelo: «Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furo- no testimoni fin da principio e divennero ministri della parola, così ho deciso anch’io di fare ricer- che accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illu- stre Teòfilo, perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto» (Lc 1,1-4). La breve prefazione dell’evangelista testimonia le tre fasi su indicate: all’inizio gli eventi della storia di Gesù (“gli avvenimenti successi tra di noi”), poi la predicazione degli apostoli (“testimoni fin da principio”), quindi, in seguito a vari tentativi parziali, l’opera di ricerca e di redazione dell’evangelista, tenendo presente la situazione e le esigenze dei lettori (“perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto”). I primi tre Vangeli sono chiamati “sinottici”: essi infatti impiegano uno schema sostanzialmente identico così che si possono leggere “con uno sguardo d’insieme” su colonne parallele. La coinci- denza giunge ai contenuti e persino alla formulazione delle frasi. Questo si può spiegare solo con una dipendenza tra loro e da fonti comuni. Gli studiosi hanno avanzato diverse ipotesi al riguar- do. La più condivisa ritiene che Matteo e Luca dipendano essenzialmente da Marco e da una rac- colta di “parole di Gesù”. Alcuni parlano anche di un primo Vangelo di Matteo in aramaico. Il Vangelo di Giovanni, l’ultimo in ordine di tempo, presenta un’impostazione autonoma della vicenda di Gesù e del mistero della sua persona. I Q UA TT RO V AN G EL I 3 6262 Spiegazione Luca, medico di professione e collaboratore di Paolo (cfr. Col 4,14), è l’autore del vangelo che porta il suo nome, scritto con stile elegante in lingua greca. Luca è anche autore degli Atti degli Apostoli. Come afferma nei primi versi del suo vange- lo, egli si è servito di documenti e testimonianze varie, stilando con diligenza la sua opera. Ci offre, inoltre, notizie sui tempi di Gesù e sui luoghi da lui frequentati. Il testo inizia con la narrazione della nascita di Giovanni Battista e di Gesù e si con- clude con l’ascensione al cielo di Cristo. Il toro è il simbolo che ricorre nell’arte cristiana per simboleggiare l’evangelista Luca, dato che questo vangelo inizia con il sacrificio offerto da Zaccaria nel tempio di Gerusalemme. Giovanni, «il discepolo che Gesù amava» (cf Gv 13,23s., 19,26; 21,7.20), ha ispira- to certamente il quarto vangelo. Probabilmente esso è opera di un gruppo dei disce- poli di Giovanni che hanno raccolto insieme gli insegnamenti e la testimonianza del- l’apostolo. Mentre i primi tre vangeli (definiti «sinottici») sono abbastanza simili, il vangelo di Giovanni è diverso e si distingue per la narrazione di grandi eventi e per i lunghi discorsi di Gesù. Iniziando dalla creazione del mondo e dalla venuta di Gesù tra gli uomini, il testo termina con la sua apparizione da risorto sulla sponda del lago di Tiberiade. Il simbolo che rappresenta Giovanni è l’aquila, per indicare l’altezza spirituale raggiunta dal suo vangelo. L’IDENTITÀ DI GESÙ DI NAZARET SECONDO MARCO Ponendoci alla ricerca dell’identità di Gesù di Nazaret, è bene fare una scelta tra i quattro vangeli. Il vero motivo della scelta del vangelo di Marco non è per la sua brevità, ma perché, agli occhi degli studiosi, Marco si mostra particolarmente sensibile ai tratti umani e divini del- la personalità di Gesù e riporta gli interrogativi e le reazioni che Egli suscitava nella gente, nei discepoli, nei farisei, in tutti coloro che lo incontravano. Questo vangelo, soprattutto, raccoglie la professione di fede della Chiesa in Gesù Cristo, Figlio di Dio, e lo fa narrandolo piacevol- mente e profondamente. Gli autori dei quattro vangeli Marco, che ha scritto il vangelo più antico, era nipote di Barnaba, collaboratore di Paolo (cfr. At 12,12). Si pensa che per scrivere il suo vangelo abbia raccolto del ma- teriale vario e si sia richiamato alla testimonianza di Pietro, il primo degli apostoli (cfr. 1Pt 5,13). É un abile narratore e descrive i fatti con uno stile popolare. Il suo vangelo inizia con la predicazione di Giovanni Battista e termina con le apparizio- ni di Gesù risorto ai suoi discepoli. Per raffigurare questo evangelista l’arte ricorre al motivo del leone, per indicare l’inizio del vangelo in cui Giovanni Battista «gri- da nel deserto» e prepara la via al Messia che viene. Matteo, l’autore del primo vangelo, è quell’esattore delle tasse, chiamato da Gesù per es- sere uno dei dodici apostoli (cfr. Mt 9,9). In origine il suo vangelo comprendeva un in- sieme di detti di Gesù scritti in lingua aramaica. Il materiale fu poi riorganizzato e redat- to in greco da qualcun’altro (forse da un suo discepolo). Il vangelo di Matteo si richiama spesso alle profezie dell’AT, di cui vede il compimento in Gesù. Inizia con l’albero ge- nealogico e la nascita di Gesù e finisce con l’apparizione di Cristo risorto agli apostoli e con la missione di portare il vangelo a tutte le genti. L’arte rappresenta Matteo con il sim- bolo dell’uomo, per sottolineare le origini umane di Gesù con cui si dà inizio al vangelo. Spiegazione CAPITOLO 1 La preparazione della missione di Gesù Predicazione di Giovanni Battista Battesimo di Gesù Attenzione! Questo è il punto iniziale del Vangelo secondo Marco. 1Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. 9In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. 11E si sentì una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto”. Gesù inaugura la sua predicazione La missione di Gesù in Galilea 14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: 15“Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo”. Gesù insegna a Cafarnao e guarisce un indemoniato 21Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare. 22Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi. 23Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a grida- re: 24“Che c’entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio”. 25E Gesù lo sgridò: “Taci! Esci da quell’uomo”. 26E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: “Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!”. 28La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea. 6363 Armiamoci di due evidenziatori (usa un colore chiaro per gli interrogativi e un colore più scuro per i pareri e le risposte che vengono riportati nel testo sull’identità di Gesù). Facciamo scorrere il testo e segnaliamo tutte quelle parole ed espressioni che intendono tratteggiare l’i- dentikit di Gesù di Nazaret, così come è stato fatto, a mo’ d’esempio, per il primo capitolo, il capitolo ottavo e il quindicesimo. 6464 Spiegazione CAPITOLO 2 Guarigione di un paralitico 1Ed entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2e si radunarono tan- te persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola. 3Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. 4Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov’egli si trovava e, fatta un’apertura, ca- larono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. 5Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: “Figliolo, ti so- no rimessi i tuoi peccati”. 6Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: 7“Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?”. 8Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: “Perché pensate così nei vostri cuori? 9Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? 10Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sul- la terra di rimettere i peccati, 11ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua”. 12Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!”. CAPITOLO 4 La tempesta sedata 35In quel medesimo giorno, verso sera, disse loro: “Passiamo all’altra riva”. 36E la- sciata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre bar- che con lui. 37Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le on- de nella barca, tanto che ormai era piena. 38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non t’importa che moria- mo?”. 39Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”. Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. 40Poi disse loro: “Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?”. 41E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il ma- re obbediscono?”. CAPITOLO 5 L’indemoniato geraseno 1Intanto giunsero all’altra riva del mare, nella regione dei Gerasèni. 2Come scese dalla barca, gli venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo. 3Egli aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato neanche con catene, 4perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi, e nessuno più riusciva a do- marlo. 5Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. 6Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi, 7e urlando a gran voce disse: “Che hai tu in comu- ne con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!”. 8Gli diceva infatti: “Esci, spirito immondo, da quest’uomo!”. 9E gli domandò: “Come ti chiami?”. “Mi chiamo Legione, gli rispose, perché siamo in molti”. 10E prese a scongiurarlo con insistenza perché non lo cacciasse fuo- ri da quella regione. 11Ora c’era là, sul monte, un numeroso branco di porci al pascolo. 12E gli spiriti lo scongiurarono: “Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi”. 13Glielo permise. E gli spiriti immondi uscirono ed en- trarono nei porci e il branco si precipitò dal burrone nel mare; erano circa duemila e affogarono uno do- po l’altro nel mare. 14I mandriani allora fuggirono, portarono la notizia in città e nella campagna e la gente si mosse a vedere che cosa fosse accaduto. 6565 Spiegazione CAPITOLO 6 Visita a Nazaret 1Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono. 2Venuto il sabato, incomin- ciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: “Donde gli vengo- no queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? 3Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?”. E si scandalizzavano di lui. 4Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. 5E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. 6E si meravigliava della loro incredulità. CAPITOLO 7 Viaggi di Gesù fuori della Galilea Guarigione di un sordomuto 31Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32E gli condussero un sordomuto, pregan- dolo di imporgli la mano. 33E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cie- lo, emise un sospiro e disse: “Effatà” cioè: “Apriti!”. 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nes- suno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano 37e, pieni di stupore, dicevano: CAPITOLO 8 Professione di fede di Pietro 27Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: “Chi dice la gente che io sia?”. 28Ed essi gli risposero: “Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti”. 29Ma egli replicò: “E voi chi dite che io sia?”. Pietro gli rispose: “Tu sei il Cristo”. 30E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno. CAPITOLO 9 La trasfigurazione 2Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro 3e le sue vesti divennero splendenti, bian- chissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù. 5Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!”. 6Non sape- va infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. 7Poi si formò una nube che li avvolse nell’ombra e uscì una voce dalla nube: “Questi è il Figlio mio prediletto; ascolta- telo!”. 8E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. Attenzione! Questo è il punto centrale del Vangelo secondo Marco. 6666 Spiegazione CAPITOLO 10 Terzo annunzio della passione 32Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi era- no stupiti; coloro che venivano dietro erano pieni di timore. Prendendo di nuovo in disparte i Dodici, co- minciò a dir loro quello che gli sarebbe accaduto: 33“Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uo- mo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, 34lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre gior- ni risusciterà”. CAPITOLO 11 Gesù arriva a Gerusalemme Ingresso messianico in Gerusalemme 1Quando si avvicinarono a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli 2e disse loro: “Andate nel villaggio che vi sta di fronte, e subito entrando in esso troverete un asinello legato, sul quale nessuno è mai salito. Scioglietelo e conducetelo. 3E se qualcuno vi dirà: Perché fate questo?, rispondete: Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subi- to”. 4Andarono e trovarono un asinello legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo sciolsero. 5E al- cuni dei presenti però dissero loro: “Che cosa fate, sciogliendo questo asinello?”. 6Ed essi risposero co- me aveva detto loro il Signore. E li lasciarono fare. 7Essi condussero l’asinello da Gesù, e vi gettarono sopra i loro mantelli, ed egli vi montò sopra. 8E molti stendevano i propri mantelli sulla strada e altri del- le fronde, che avevano tagliate dai campi. 9Quelli poi che andavano innanzi, e quelli che venivano die- tro gridavano: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! 10Benedetto il regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli! 11Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici diretto a Betània. Obiezione dei Giudei sull’autorità di Gesù 27Andarono di nuovo a Gerusalemme. E mentre egli si aggirava per il tempio, gli si avvicinarono i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: 28“Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farlo?”. 29Ma Gesù disse loro: “Vi farò anch’io una domanda e, se mi risponderete, vi dirò con quale potere lo faccio. 30Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi”. 31Ed essi discutevano tra sé dicendo: “Se rispondiamo “dal cielo”, dirà: Perché allora non gli avete cre- duto? 32Diciamo dunque “dagli uomini”?”. Però temevano la folla, perché tutti consideravano Giovanni come un vero profeta. 33Allora diedero a Gesù questa risposta: “Non sappiamo”. E Gesù disse loro: “Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose”. 6767 Spiegazione CAPITOLO 12 Parabola dei vignaioli omicidi 1Gesù si mise a parlare loro in parabole: “Un uomo piantò una vigna, vi pose attorno una siepe, scavò un torchio, costruì una torre, poi la diede in affitto a dei vignaioli e se ne andò lontano. 2A suo tempo inviò un servo a ritirare da quei vignaioli i frutti della vigna. 3Ma essi, afferratolo, lo bastonarono e lo rimandarono a mani vuote. 4Inviò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla te- sta e lo coprirono di insulti. 5Ne inviò ancora un altro, e questo lo uccisero; e di molti altri, che egli an- cora mandò, alcuni li bastonarono, altri li uccisero. 6Aveva ancora uno, il figlio prediletto: lo inviò loro per ultimo, dicendo: Avranno rispetto per mio figlio! 7Ma quei vignaioli dissero tra di loro: Questi è l’e- rede; su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra. 8E afferratolo, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. 9Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e sterminerà quei vignaioli e darà la vigna ad altri. 10Non avete forse letto questa Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo; 11dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri”? 12Allora cercarono di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva det- to quella parabola contro di loro. E, lasciatolo, se ne andarono. CAPITOLO 14 La pasqua di Gesù Gesù davanti al sinedrio 53Allora condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sa- cerdoti, gli anziani e gli scribi. 54Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cor- tile del sommo sacerdote; e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. 55Intanto i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. 56Molti infatti attestavano il falso contro di lui e così le loro testimonianze non erano concordi. 57Ma alcuni si alzarono per testimoniare il falso contro di lui, dicendo: 58“Noi lo abbiamo udito mentre diceva: Io distruggerò questo tempio fatto da mani d’uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani d’uomo”. 59Ma nemmeno su questo punto la loro testimonianza era concorde. 60Allora il sommo sacerdote, leva- tosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: “Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costo- ro contro di te?”. 61Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò di- cendogli: “Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?”. 62Gesù rispose: “Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo”. 63Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: “Che bisogno abbiamo ancora di testi- moni? 64Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?”. Tutti sentenziarono che era reo di morte. 65Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso, a coprirgli il volto, a schiaffeggiarlo e a dirgli: “Indovina”. I servi intanto lo percuotevano. 6868 Spiegazione CAPITOLO 15 CAPITOLO 16 La tomba vuota. Messaggio dell’angelo 1Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. 2Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al le- var del sole. 3Esse dicevano tra loro: “Chi ci rotolerà via il masso dall’ingresso del sepolcro?”.4Ma, guar- dando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande. 5Entrando nel sepol- cro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. 6Ma egli dis- se loro: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luo- go dove l’avevano deposto. 7Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”. 8Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di ti- more e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura. Apparizioni di Gesù risuscitato 9Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Màgdala, dal- la quale aveva cacciato sette demòni. 10Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. 11Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere. 12Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la cam- pagna. 13Anch’essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere. 14Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. 15Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. 16Chi crede- rà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. 17E questi saranno i segni che ac- compagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno”. 19Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. 20Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano. La morte di Gesù 33Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomerig- gio. 34Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che signi- fica: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? 35Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: “Ecco, chiama Elia!”. 36Uno corse a inzuppare di aceto una spu- gna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: “Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce”. 37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. 38Il velo del tempio si squarciò in due, dall’alto in basso. 39Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!”. Attenzione! Questo è il punto culminante del Vangelo secondo Marco. 6969 Spiegazione PICCOLO DIZIONARIO ABBÁ che significa «papà», è l’espressione aramaica confidenziale, usata dai bambini, per chiamare il loro padre. Viene utilizzata da Gesù per esprimere la sua intima relazione con il Padre. AGNELLO è l’animale più importante nella religione ebraica per i sacrifici offerti a Dio: in particolare per quello pas- quale e per quelli quotidiani (al mattino e alla sera). Doveva essere giovane e senza difetti. Giovanni Battista addi- ta Gesù come «agnello di Dio» (cfr. Gv 1,29.36), espressione ripetuta durante la celebrazione eucaristica dei cri- stiani, per indicare il sacrificio sulla croce nell’ora in cui gli agnelli pasquali venivano sgozzati nel tempio di Gerusalemme. CRISTO viene dal greco e significa «unto, consacrato, scelto (da Dio)» e corrisponde alla parola ebraica Messia. Nell’Antico Testamento designa l’atteso liberatore, nel Nuovo Testamento con questo appellativo viene indicato Gesù. CROCE era lo strumento di supplizio destinato agli schiavi, che i romani neppure volevano sentir nominare (Cicerone). Per i cristiani è il segno della passione di Gesù Cristo, del suo sacrificio per tutti gli uomini. Nella preghiera cristia- na il segno della croce dalla fronte al petto da una spalla all’altra è segno di totale salvezza e santificazione. DISCEPOLO è colui che «impara», che segue il maestro, l’«allievo». Nel Nuovo Testamento non designa soltanto i «dodici» apostoli chiamati da Gesù ma tutti i cristiani. EMMANUELE significa «Dio con noi» e indica il bambino, annunciato dal profeta Isaia (Is 7,14), come salvatore del popolo di Israele. Matteo, nel suo vangelo, vede in questo bambino Gesù, nato da Maria (Mt 1,22-23) FIGLIO DI DIO è il titolo del Nuovo Testamento riferito a Gesù Cristo che indica la sua condizione di divinità, di re- lazione singolare e d’unità con Dio Padre e con lo Spirito Santo. FIGLIO DELL’UOMO indica un individuo (cfr. Ez 2,1) o l’intero popolo (cfr. Dn 7,13s.) per evidenziare sia la condizio- ne umana, sia la manifestazione futura nella gloria. È il titolo usato da Gesù per presentarsi come colui che Dio aveva promesso di mandare, come «servo sofferente» (cfr. Mc 8,31) e che deve venire alla fine del mondo (cfr. Mc 8,38). GALILEA è la parte settentrionale della Palestina in cui Gesù crebbe (Nazareth), annunciò il Regno di Dio e fece mira- coli. GESÙ il cui nome significa «Dio è salvezza» era un nome comune tra gli ebrei. Nato in Palestina verso il 6 a.Cr. e morto a Gerusalemme verso l’anno 30 d.Cr., Gesù è per i cristiani l’origine, il centro e il compimento della loro fede e viene riconosciuto da essi come il Messia e il Figlio di Dio. Viene tenuto in grande considerazione sia presso l’Islam, sia presso gli ebrei e sia presso altre religioni. INCARNAZIONE significa «diventare uomo» e indica la solidarietà di Dio che in Gesù Cristo si è fatto uomo per sal- vare l’umanità. KENOSI indica l’azione con cui Cristo ha rinunciato alla condizione gloriosa della sua divinità, per farsi uomo come noi (cfr. Fil 2,7). NAZARENO abitante di Nazaret. NAZARET, villaggio dell’Alta Galilea, dove visse la sua infanzia Gesù, insieme a Maria, sua madre, e Giuseppe suo padre legale. Per questo Gesù viene detto «Nazareno» (cfr. Mt 2,23; 26,71; Lc 2,39). RABBI significa «mio maestro» ed era il titolo con il quale i discepoli chiamavano con grande rispetto il proprio mae- stro e con il quale venivano designati gli scribi, i maestri più rinomati. REDENZIONE è l’azione di redimere, di ricomprare uno schiavo, pagando il prezzo al padrone e mettendolo in liber- tà. Per i cristiani, Cristo con la sua morte e risurrezione ha redento dalla schiavitù del peccato tutti gli uomini (cfr. Lc 19,10; 1Cor 1,30; 2Pt 2,1). REGNO DI DIO (Dio è re ed esercita il suo potere) è l’espressione che designa l’intervento pieno e definitivo di pace e di giustizia che Dio opera nella storia umana. Gesù, con le sue parole, i suoi gesti, la sua stessa persona afferma che il Regno è in mezzo agli uomini (cfr. Lc 17,21). Nel NT esso appare alcune volte come una realtà presente con la persona di Gesù Cristo (cfr. Mt 12,28...), altre volte come una realtà che deve venire (cfr. Mc 9,1; Lc 22,30). RISURREZIONE significa per la Bibbia svegliarsi, drizzarsi in piedi tra i morti, riprendere vita, essere vivo. I cristiani credono nella risurrezione dei morti, perché Gesù Cristo è risorto dai morti. Questo è il fondamento della fede cri- stiana (cfr. 1Cor 15,14). Mentre i miracoli di risurrezione operati da Gesù (ad es. di Lazzaro) sono un ritorno alla vita di prima, la risurrezione di Gesù è il passaggio a una vita completamente nuova al di là del dominio della morte. VANGELO significa «lieta notizia», indicando vittoria, benessere, salvezza per un gruppo, una città, un popolo. Per i cristiani designa innanzitutto il messaggio del Regno da parte di Gesù e l’annuncio della risurrezione di Gesù da parte degli apostoli. Successivamente venne indicato lo scritto che raccoglie le testimonianze sulle parole, i gesti e la vita di Gesù. Nel Canone del Nuovo Testamento, i vangeli sono quattro: Matteo, Marco, Luca, Giovanni. 7070 Gesù è veramente esistito? Quasi nessuno oggi si pone que- sta domanda. Tranne qualche “infe- lice” eccezione, come quella di A. Donini che, nella sua opera Enciclo- pedia delle religioni, afferma senza alcun fondamento: «Gesù Cristo, leggendario fondatore della religio- ne cristiana, la cui esistenza storica non può essere dimostrata con cer- tezza; diventato uomo-dio, e me- diatore di salvezza nel dogma e nel culto». Sull’esistenza di Gesù di Nazareth vi sono testi- monianze indubitabili. Come si è visto, alcune sono riportati da autori non cristiani: gli storici Tacito Cornelio (54/55- 120 d.Cr. circa), Caio Svetonio Tranquillo (75- 150 d.Cr.), Plinio Cecilio Secondo, detto il Giovane (61-113 d.Cr. circa) e Fla- vio Giuseppe (37-103 d.Cr. circa). Altre testi- monianze sono di autori cristiani: sono contenu- te nel Nuovo Testamento, special- mente nei quattro vangeli. Nella concordanza di tali documenti non esiste alcun dubbio sull’esistenza storica del fondatore del cristianesi- mo. Gesù, chi dice di essere? Se ci atteniamo ai vangeli, sco- priamo che Gesù è poco incline a dare definizioni dirette su di sé. Il suo stile è semplice ed essenziale: la sua forza non risiede fuori, ma “dentro”, in quel rapporto unico e singolare che egli è cosciente di avere con Dio, chiamato confiden- zialmente: Abbà, Papà. Nessuno si sarebbe sognato di rivolgersi a Dio con termini così familiari. Gesù lo fa, perché avverte di essere il Figlio unigenito amato da Lui, inviato e sostenuto dallo Spirito Santo. In questa relazione sta il “grande se- greto” di Gesù in quello che egli è, dice e fa. Gesù è veramente il Messia, il Figlio di Dio? Se sono in tanti a mostrare ri- spetto e ammirazione per Gesù di Nazareth, non tutti ammettono e credono che Egli sia il Messia, il Fi- glio di Dio. Jean Guitton (1901- 1999), filosofo e appassionato ricer- catore della verità, in uno dei suoi saggi più conosciuti, afferma che le soluzioni al problema dell’identità di Gesù elaborate in questi duemila anni sono riconducibili a tre: «non sono e non saranno mai che tre: due per negare e una per afferma- re». La prima posizione (chiama- ta «storico-critica») tende ad escludere ogni elemento divino dalla personalità di Gesù. Egli sarebbe semplicemente un uomo con delle doti eccellenti, ma nulla di lui richiama o incarna il soprannatu- rale e la divinità. Né potrebbe esser- lo, perché, secondo costoro, tra la sfera di Dio e quella dell’uomo non ci può essere alcun contatto. La seconda posizione (chia- mata «mitica») tende a subli- mare ogni aspetto umano di Gesù, svuotandolo quasi com- pletamente d’ogni aderenza storica e terrena. Il Cristo in cui credono i cristiani non avrebbe nul- la a che fare con l’uomo Gesù di Na- zaret, ma sarebbe esclusivamente una sua idealizzazione, una sua mi- tizzazione. Queste due soluzioni, che muo- vono da un intento iniziale di salva- re «qualcosa» di Gesù Cristo, in realtà corrono il rischio di disinte- grare l’identità di Ge- sù, anzi finiscono pri- ma o poi per soppri- merla e negarla. C’è una terza via (quella «biblico- ecclesiale») ed è quella che riesce a tenere insieme l’u- manità e la divinità nell’unico Gesù Cristo, cogliendo lo spazio in cui la fede cristiana nasce, può vivere e sopravvive- re, nell’orizzonte che si staglia tra la storia umana e ciò che travalica la storia stessa. É la fede della Chiesa che vede in Gesù di Nazareth, il «vero uomo» e il «vero Dio», distinguendo e non separando, unendo e non confondendo. La na- tura umana e la natura divina non si oppongono e non si escludono, ma si armonizzano insieme nell’unica persona divina della Parola che si è fatta carne, del Figlio unigenito del Padre che si è fatto uomo per la sal- vezza dell’umanità. È la risurrezione che svela la ve- ra identità di Gesù in quanto Cristo e Figlio di Dio: egli non è né un Dio vago e astratto, senza alcun contat- to con l’umanità e la terra, né un uomo tra i tanti per quanto eccezio- nale ed eroico che non ha nulla a che vedere con Dio… E quanto cer- cheremo di capire meglio nella UA4. Spiegazione 7171 Sperimentazione Cosa hanno detto e cosa oggi dicono di Lui? Non è da poco che in un vangelo così piccolo si trovi tanta ricchezza nel descrivere l’identità di Gesù. Si trova sintetizzata la fede della comunità cristiana che in duemila anni continua a credere in Gesù non come un uomo qualsiasi, per quanto si voglia straordinario, ma come il Cristo, il Figlio di Dio, il Signore, il Salvatore del mondo. Lungo i secoli uomini più o meno illustri, persone più o meno distanti da noi nel tempo, hanno detto qual- cosa di Lui. Selezionamone alcuni. Iniziamo da S. Paolo che da persecutore di Cristo e dei cristiani, divenne apostolo coraggioso del vangelo: “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita che vivo nella debolezza io la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). Un padre della Chiesa, Ambrogio di Milano (334- 397) così esprime la sua fede in Cristo e la propone agli altri: Cristo è tutto per noi. Se desideri guarire la ferita, egli è medico. Se ti brucia la febbre, egli è la fonte. Se ti opprime l’iniquità, egli è la giustizia. Se hai bisogno di aiuto, egli è la forza. Se desideri il cielo, egli è la via. Se temi la morte, egli è la vita. Se fuggi le tenebre, egli è la luce. Se cerchi il cibo, egli è l’alimento”. Martin Buber (1878-1965), filosofo ebreo, ricono- sce l’importanza di Gesù, quando afferma: “Fin dalla mia giovinezza ho considerato Gesù come un mio grande fratello. Il fatto che il Cristianesimo lo abbia considerato e lo consideri come Dio e Redentore a me è sempre apparso un dato di fatto della massima serietà, che devo cercare di capire... Il mio rapporto personale di apertura fraterna a Gesù è diventato sempre più forte e più puro, e oggi guardo a lui con uno sguardo più intenso e più limpido che mai”. Il padre dell’India e profeta della non-violenza Mahatma Gandhi (1869-1948), manifesta la sua stima per Gesù: “Gesù occupa nel mio cuore il posto di uno dei grandi maestri che hanno esercitato sulla mia vita un influsso importante... Dio è amore e l’amore ci identifica a colui che è morto sulla croce”. Anche diversi cantautori hanno espresso, più o meno apertamente, il loro parere su Cristo o il loro di deside- rio di incontrarlo. Come i seguenti. Ne conosci altri? Caro Gesù (Luca Carboni, Luca Carboni, 1987) Caro Gesù, da quanto è che non venivo qui da te, c’erano ancora le candele di cera e non queste con l’elettricità. Mi piaceva l’odore, mi piaceva pensare che venisse dagli scialli delle signore. Le cose corrono ed eccoci qui ma qui la vita è dura, da’ retta a me. Sai che ho finito la scuola già da un po’ ma non so fare i miracoli che facevi tu. E qui si vince o si perde allora aiutami tu fammi entrare nel business no, i soldi, lo so, che non danno la felicità, immagina però come può stare chi non li ha ma da soli, lo so, da soli no, no, no... Uno di noi (Eugenio Finardi, Occhi, 1996) E se Dio fosse uno di noi solo e perso come noi e se Lui fosse qui seduto di fronte a te, diresti sempre: «si» o chiederesti: «perché mai ci hai messi qui con tutte queste illusioni, tentazioni e delusioni». E, e se poi perché e, e se poi Dio c’è e se, e se c’é. 7272 Sperimentazione «La gente chi dice che io sia?». Prova a fare un sondaggio, tramite intervista o questionario, in famiglia o tra gli amici o tra persone che non conosci, servendoti della seguente tabella: Ma allora bisogna essere “per forza” cristiani, cioè credere che Gesù è il Cristo il Figlio di Dio? No. La fede non è costrizione, ma un gesto di libertà. Libertà di Dio di dare questo dono, liber- tà dell’uomo di rispondervi affermativamente o negativamente. La conversione a Cristo è la pos- sibilità che può essere vissuta solo liberamente. Il cammino fin qui svolto non ci induce a cre- dere, quanto ci ha condotto a renderci maggiormente conto che credere oggi in Gesù Cristo non è poi così insensato; anzi, il cristianesimo ha una sua coerenza singolare e un’armonia origina- le, incentrata sulla persona del Cristo. É ragionevole essere cristiani oggi. Sei d’accordo con queste conclusioni, in base alle precedenti considerazioni? INTERVISTA QUESTIONARIO 1) Pensa che Gesù Cristo sia un uo- mo famoso come tanti altri o qualcosa di più? 2) (se sì) Crede che sia il Figlio di Dio? Che cosa glielo fa pensare? (se no) I cristiani dicono che è il Figlio di Dio. Che ne pensa? 3) (se sì) Se dovesse scegliere tra le caratteristiche di Gesù, quale è la principale che denota maggior- mente la sua divinità? (se no) Secondo la fede dei cri- stiani, che cosa distingue Gesù dagli altri personaggi storici del passato? 4) (riserva con domanda esplicita) Lei crede nella risurrezione di Gesù e nella nostra? Gesù Cristo per lei è: un uomo una persona eccezionale il Figlio di Dio una delle tante manifestazioni divine Tra queste caratteristiche di Gesù quale lei pensa sia la principale che lo differenzia da altri fondatori e uomini religiosi? la sua profonda umanità il potere di fare miracoli il suo insuperabile messaggio la sua morte e risurrezione Di fronte a una vita oltre la morte: Non mi pongo il problema Credo più alla reincarnazione Penso che ci sia qualcosa ma non ne sono tanto sicuro Sono certo, perché... (scrivere il «perché») Condivido Non condivido 7373 Verifica Qual è l’idea che mi sono fatta dopo questo tratto di strada percorso insieme? Rispondi brevemente 1) I documenti cristiani su Gesù di Nazaret: 2) La formazione dei Vangeli è avvenuta in tre tappe: 1) 2) 3) 3) Gli autori dei quattro Vangeli sono: a) b) c) d) 4) L’identità di Gesù di Nazaret secondo Marco: a) b) c) d) 5) Le Testimonianze storiche sull’esistenza di Gesù : a) b) 6) La fede della Chiesa definisce Gesù di Nazaret: 7) Cosa dicono gli altri di Gesù di Nazaret: 8) L’idea che mi sono fatta di Gesù di Nazaret dopo questa UA è la seguente : Verifica 7474 Verifica PER APPROFONDIRE BARBAGLIO G., Gesù ebreo di Galilea. Indagine storica, Dehoniane, Bologna 2002. CARMIGNAC J., La nascita dei vangeli sinottici, Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1985. CRAVERO F., L’inchiesta. Materiali per un’inchiesta su Gesù di Nazareth, Elle Di Ci, Leumann – Torino 1999. DODD C.H., Il fondatore del cristianesimo, Elle Di Ci, Leumann – Torino 1975. 20072. GAZZOTTI E., Gesù chi sei?, Dehoniane, Bologna 1995. GUITTON J., Gesù, Elle Di Ci, Leumann – Torino 1997. MESSORI V., Ipotesi su Gesù, SEI, Torino 1976. 2001. PENNA R., L’ambiente storico culturale delle origini cristiane, Dehoniane, Bologna 19862. OTTAVIANO P. – DIDASKALEION TORINO, I fondamenti del Cristianesimo. Il Cristianesimo: accettabile?, Elle Di Ci, Leumann – Torino 2005. THEISSEN G. – MERZ A., Il Gesù storico. Un manuale, Queriniana, Brescia 2007. Se dovessi definire Gesù Cristo, quale di questi ti sembra il più adatto? E perché? Agnello di Dio, Alfa e omega, Amico, Capo, Clown, Dio, Emmanuele, Fratello, Figlio, Guerriero, Hippy, Inviato, Leader, Luce, Maestro, Mago, Mediatore, Messia, Mistero, Mistico, Non violento, Parola, Pastore, Povero, Profeta, Re, Rivoluzionario, Salvatore, Santo, Servo, Signore, Strada, Superstar, Uomo nuovo, Vagabondo, Via, Verità, Vita, Vite. Se nessuno di questi termini ti soddisfa, quale proponi? Esprimi il perché della scelta. Alla fine in classe è possibile mettere in comune i risultati e discuterli. Fino a che punto la tua risposta è vicina a quella del vangelo e alla fede dei cristiani? Verifica Percorso 7676 Questa unità “La Pasqua di Gesù” ti aiuterà a riflettere e a scoprire il nucleo centrale degli avvenimenti riguardanti Gesù di Nazaret. Ricorda in quale punto del percorso si colloca questa unità... Percorso 7777 Conoscere i principali documenti e testimonianze sulla morte e risurrezione di Gesù Approfondire gli eventi e i significati della Pasqua di Gesù Considerare gli effetti culturali della fede cristiana nella risurrezione di Gesù Il formatore introdurrà l’argomento dell’unità di apprendimento e ti guiderà in un percorso che consentirà di raggiungere questi obiettivi: Forse qualche volta ti sarai posto queste domande: Ti sei posto qualcuno di questi interrogativi? Quali dei quattro? Se per caso non ti sei interrogato su nessuno di essi, puoi farlo adesso. Un appello ad occuparci del- la risurrezione di Cristo ci proviene da Vittorio Messori, giornalista di professione, che ha provato a svolgere un’indagine sul fondatore del cristianesimo, con un best-seller dal titolo Ipotesi su Gesù 1: «Ho raccolto notizie, nel tentativo di stendere una «ipotesi di bilancio», per quanto modesta, sul problema di Gesù . Questo, infatti, è il solo uomo nella storia di cui si dice che sia torna- to vivo dalla galleria della morte. E se fosse vero? Sono partito oltre dieci anni fa come per un servizio giornalistico che rispondesse a quella domanda e ho finito (il lettore se ne accorge- rà subito) per esserne coinvolto; forse, ancora una volta ha ragione il Cristo di Pascal: «Tu non mi cercheresti se non mi avessi già trovato». Il poco che propongo è però offerto con onestà: ho lavorato innanzitutto per me. Dunque, ho cercato di non ingannare me stesso. Dio, se esiste, non ha bisogno delle nostre bugie. Il personaggio storico chiamato Gesù e che da venti secoli è legato all’idea di Dio ha diritto alla verità, non alle astuzie apologetiche. E noi abbiamo diritto a non essere imboniti ma informati». Esperienza 7878 1 V. MESSORI, Ipotesi su Gesù, SEI, Torino 1976, p.24. TUTTI NESSUNOQUALCUNO IN PARTICOLARE Chi è veramente Gesù? È veramente Figlio di Dio? E se fosse vero? È veramente risorto? 7979 Esperienza Interrogarsi su tale questione non è roba da poco. Cerca di rispondere personalmente a questi interrogativi. Poi discutine con il tuo compagno di banco: Con l’aiuto del formatore mettete insieme e classificate le risposte. Esperienza 7979 Quando senti la parola «pasqua», quali cose ti vengono in mente? Scrivi a tuo piacimento le prime sei o scegli tra quelle tra parentesi (colomba, vita, festa, gioia, risurrezione, uovo, processione, notte, reincarnazione, morte, veglia, croce, morte...) Come si vive la pasqua nella tua città, nel tuo paese? Quali sono le usanze più diffuse? Ne cono- sci il significato? Ci sono nelle chiese, nelle case, per le strade alcuni segni che richiamano la Pasqua? Quali sono? Che cosa significa per i cristiani «fare pasqua»? Possiamo allora tentare l’impresa? Riflessione 8080 Nessuno oggi dubita dell’esistenza di Gesù e della sua morte in croce (cfr. UA 3); si avanzano invece delle perplessità sulla sua risurrezione. La questione è rilevante soprattutto per i cristiani, perché se Cristo non è risorto, vano è credere in Lui. Che cosa possederebbe in più di tutti gli altri profeti e per- sonaggi storici del passato? Che cosa avrebbe in più dei grandi figure reli- giose di tutti i tempi? Sulla questione della risurrezione di Gesù si concentra ogni interrogativo. Solo se si dà una risposta ad essa, ogni do- manda potrà avviarsi più speditamente a soluzione. Ad esempio: a che cosa servirebbe accertare la storicità dei miracoli compiuti da Cristo prima della morte, se egli non fosse veramente risorto? Sta proprio qui il punto nevralgi- co della fede dei cristiani e della speranza degli uomini. Gesù Cristo é davvero risorto? Molte sono le obiezioni che si pongono alla risurrezione di Gesù. Ad essi occorre dare una ri- sposta puntuale e ragionata. Ecco i principali espressi in forma interrogativa. Non può essere che i racconti della risurrezione di Gesù siano un falso? Dato che le testimonianze principali che possediamo sulla risurrezione di Gesù sono i racconti evangelici, possono essere considerate autentiche dal punto di vista storico? Gli apo- stoli sono testimoni credibili e i vangeli sono documenti attendibili? O i cristiani sono condannati a camminare sulle sabbie mobili del dubbio e dell’incertezza? Non è che i discepoli hanno rubato il corpo di Gesù dalla tomba, dicendo a tutti che la sua tomba era vuota e che Egli era risorto? H. S. Reimarus (1694-1768) affermò che la delusione per la morte di Gesù avrebbe indotto i discepoli a trafugare il cada- vere, ricorrendo all’inganno e divulgando poi la notizia della sua risurrezione. Può essere avvenuto il trafugamento del corpo da parte degli ebrei o di Giuseppe d’Arimatea... e poi ai discepoli è venuta la felice idea della risurrezione? É questa l’idea che trova alcuni appigli nelle dicerie dei contemporanei di Gesù e di cui si tro- va traccia nel Nuovo Testamento: “Mentre le donne erano per via, alcuni della guar- dia giunsero in città e annunziarono ai sommi sacerdoti quanto era accaduto. Questi si riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo: «Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo. E se mai la cosa verrà all’orecchio del governatore noi lo per- suaderemo e vi libereremo da ogni noia». Quelli, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad oggi” (Mt 28,11-15). UN F AL SO 1 UN A FR O DE 2 Riflessione 8181 UN A M O RT E AP PA RE NT E 3 UN S UP ER AM EN TO D I S HO CK 4 UN ’A LL UC IN AZ IO NE 5 E se Cristo non fosse morto veramente e si fosse trattato di una morte apparente? H.E.G. Paulus (1761-1851) arri- vò a sostenere che Gesù non era veramente ri- sorto ma era entrato in catalessi. Ripresosi per la frescura del sepolcro si era mostrato alle don- ne e ai suoi discepoli, fa- cendo credere loro che fosse veramente risorto. Forse il messaggio della risurrezione di Gesù è nato dal superamento nel tempo della paura per la morte del mae- stro, ricordando quanto Egli aveva detto e fatto? I discepoli di Gesù, se- condo alcuni studiosi, si sarebbero ripresi dallo shock per la sua tragica morte e riscoprendo il valore dei suoi insegna- menti, avrebbero pro- clamato a tutti la sua ri- surrezione. Le apparizioni del Risor- to non possono essere delle allucinazioni indivi- duali e collettive? La ri- surrezione di Gesù non sarebbe stata altro che il risultato delle visioni soggettive e comunitarie di gente credulona, esaltata e labile dal pun- to di vista psichico. Spiegazione Per rispondere agli interrogativi su riportati e comprendere il significato della Pasqua di Gesù, è necessario ac- costare sinteticamente i documenti che parlano della sua morte e della risurrezione: i cosiddetti «vangeli della pasqua». LE TAPPE DELLA PASQUA DI GESÙ SECONDO I VANGELI L’ultima cena: «Fate questo in memoria di me» Una cena tra amici o qualcosa di più? Il periodo di Pasqua era un periodo particola- re per il popolo ebraico, il popolo di Gesù. Non solo si festeggiava l’arrivo della bel- la stagione, la primavera, ma si ricordava la liberazione dall’Egitto e l’alleanza di Jahvé con Israele. Ogni famiglia e ogni clan celebrava questi eventi passati con la cena pasquale. Non un puro ricordo di cose antiche, ma la pretesa di rivivere in pie- no e in prima persona quella liberazione e quell’alleanza. Quella notte non solo il po- polo di Israele era sveglio e in movimento, ma Dio stesso vegliava e operava la sua salvezza. Gli ebrei ne erano convinti. Il 13 di Nisan, Gesù con i suoi amici celebra la pasqua ma con qualche cosa in più, con qualche cosa di diverso, di nuovo e di rivoluzionario. Attorno a lui viene radunata una nuova famiglia, una nuova comunità che proclama la «nuova alleanza», di cui Gesù costituisce la novità: è Lui il vero agnello pasquale che toglie i peccati del mondo e che dona la salvezza. Attraverso un po’ di pane e un po’ di vino, Gesù anticipa la sua morte e la sua risurrezione per la salvezza del mondo. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per gli amici»: esclama lavando i piedi ai suoi discepoli e offrendo la vita per gli uomini considerati amici. «Fate questo in memoria di me»: non è tanto l’invito a ripetere un rito, ma per i cri- stiani è l’appello ad accogliere Cristo che si dona, ad entrare nell’offerta che Gesù fa di sé. Il tradimento: «Sono forse io?» Tra i discepoli di Gesù si nasconde un traditore: Giuda. Si è messo d’accordo con i nemici del mae- stro per consegnarlo al momento opportuno nelle loro mani. Per una manciata di monete. «Uno di voi mi tradirà». I discepoli rimangano sconvolti e si domandano di chi stia parlando. «Sono for- se io?». «Tu lo dici». Poche parole per accentuare il dramma. Fuori è notte, come nel cuore di Giuda. Quel tradimento non è l’unico tra gli amici di Gesù. Egli si prepara all’insuccesso. Leggi: Mc 14,10-16 Gv 13,1-a20 Leggi: Mc 14,17-21 Gv 13,21-30 Il Getsemani: «PADRE, Non la mia, ma la tua volontà» Gesù nell’orto degli ulivi avverte lo sconforto, si sente abbandonato da tutti. Ha paura di morire come ogni uomo, più di ogni altro. L’unica forza che Gesù si porta dentro è quel- la di abbandonarsi al Padre: «Si compia non quello che voglio io, ma ciò che vuoi tu». I discepoli dormono, non hanno la forza di vegliare; sono svegliati dal trambusto delle guardie. Ecco i nemici di Gesù vengono a prenderlo, lo catturano. Quelli che lo seguiva- no, fuggono nella notte. Perfino Pietro, prima che il gallo canti all’alba, rinnega Gesù. Leggi: Mc 14,32-52; 14,66-72 Gv 18,1-12 8282 Spiegazione Il processo: «Non trovo nulla di male in quest’uomo» Gesù viene condotto da Caifa, sommo sacerdote, da Pilato e da Erode. Poi di nuo- vo da Pilato. Sebbene non trovi nulla di male in Gesù, il governatore romano non riesce ad evitare la condanna. Viene preferito Barabba, un malvivente riconosciu- to. É il colmo dell’ingiustizia che si abbatte su una persona che non ha fatto nulla di male, anzi che è passato tra gli uomini beneficando tutti. Dopo molte percosse e umiliazioni, Gesù, coronato di spine, prende su di sé la croce e si avvia al Calvario. La crocifissione e la morte: «Padre, perdona loro...» Sul monte, spogliato delle vesti, Gesù è adagiato sulla croce e inchiodato in essa. Issato sul palo, prova indicibili dolori. A destra e a sinistra due malfattori. Ai piedi della croce la madre, un discepolo e alcune donne in pianto. Eppure in quel momento di desola- zione e di sconforto dal cuore di quell’uomo nasce l’invocazione di un perdono senza condizioni per tutti gli uomini e per i suoi carnefici: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Sono le ultime parole prima di spirare. La sepoltura: «Rotolarono una grossa pietra davanti alla tomba» É prossima ormai la pasqua, giorno di assoluto riposo per gli ebrei. Alcuni amici di Gesù prendono il suo corpo e lo depongono in un sepolcro nuovo incavato nella roccia. Una grande pietra chiude l’entrata. La vicenda del maestro di Nazareth sembra ormai conclusa. Per sempre. Resterà di lui solo un ricordo di quello che ha detto, di ciò che ha fatto. Un ricordo destinato a scomparire sotto l’usura del tem- po. Coloro che l’hanno seguito torneranno indietro, al lavoro di prima, agli affetti di prima, alla vita di prima. Il periodo trascorso con Gesù è stato una parentesi, bella per quanto si voglia, ma nulla di più. Leggi: Mc 14,53-65; 15,1-20 Gv 18,13-19,16 Leggi: Mc 15,21-40; Lc 23,33-49 Gv 19,16-30 Leggi: Mc 15,42-47 Gv 19,38-42 8383 Spiegazione La tomba vuota: «Hanno portato via il corpo del Signore» Solo alcune donne, recatesi al sepolcro, il primo giorno della settimana, la mattina pre- sto, per ungere il corpo di Gesù, trovano la tomba vuota. Non gridano al miracolo, non sono delle ingenue. La prima idea che si affaccia alla loro mente è quella del cor- po trafugato: «hanno portato via il corpo del maestro». Nessuno sarebbe disposto a credere alla risurrezione di Gesù a partire dal semplice fatto del sepolcro vuoto, a meno che Egli non si mostri vivo. Maria Maddalena è la prima ad incontrare il Maestro e, di corsa, va ad annunciare ai discepoli che Egli è veramente risorto. L’apparizione ai suoi discepoli: «Pace a voi!» Roba da donne! I discepoli rintanati in casa non vogliono credere: «una cosa del ge- nere non è mai capitata; è impossibile!». Eppure il Risorto in persona si rende presen- te in mezzo a loro, porta loro la pace. Perfino Tommaso, il discepolo ricordato da 2000 anni come il più scettico ed incredulo, che non era presente quando apparve ai disce- poli la prima volta, vede il Maestro e crede al Signore Gesù. Non solo l’entusiasmo di Maria Maddalena e delle altre donne, ma anche l’incredulità di Tommaso testimoniano le apparizioni del Signore Risorto. I discepoli di allora e di oggi oscillano tra lo stupore di Maria e il dubbio di Tommaso… Leggi: Mc 16,1-13 Gv 20,1-18 Leggi: Mc 16,14 Gv 20,19-29 Il mandato: «Andate e ammaestrate tutte le genti...» Dopo aver donato lo Spirito Santo, Gesù promette ai suoi discepoli di stare con loro fino alla fine dei secoli. La sua condizione di Risorto rompe le barriere dello spazio e del tempo. Egli non è un personaggio del passato come i grandi della storia. Appartiene al presente, è l’uomo del futuro. I discepoli, coloro che hanno imparato da Gesù maestro, adesso diventano apostoli cioè mandati a tutti gli uomini. Tutte le genti sono chiamate nella libertà a conoscere il vangelo di Gesù e a partecipare al destino di Gesù risorto. Leggi: Mt 28,16-20 84848484 Spiegazione L’annuncio dei discepoli è rivolto a tutti: «Gesù è risorto!» Il primo annuncio degli apostoli per le strade del mondo non è stato «amiamoci gli uni gli altri», oppure «siamo tutti fratelli», oppure «Dio è padre di tutti», ma: «Gesù è veramente risorto!». Da questo messaggio deriva tutto il resto. Non sono solo pochi privilegiati ad essere destinatari di questo «vangelo», di questa «lieta no- tizia», ma tutti: uomini e donne, schiavi e liberi, giudei e pagani... tutti, nessuno escluso. Questo è il messaggio che ha varcato i secoli ed è giunto alle soglie del ter- zo millennio. Siamo in possesso di testimonianze autentiche degne di fede? I racconti della risurrezione di Gesù non sono un falso ma delle te- stimonianze di fede. É impensabile e ingiustificabile il cambiamento avvenuto nei primi testimoni della risurrezione. Come è spiegabile che prima impauriti e smarriti, gli apostoli siano divenuti annunciato- ri coraggiosi della pasqua di Gesù? Perfino un marxista ateo si inter- roga: «Come mai i seguaci di Gesù... furono capaci di superare la terribile delusione, lo scandalo della croce, approdando anzi a un’of- fensiva vittoriosa? Come mai un profeta, le cui predizioni non si era- no avverate, è potuto diventare il punto di partenza della più grande religione del mondo?”2. I Vangeli attestano il vero perché non ripor- tano semplicemente l’entusiasmo o l’esaltazione di fronte ad un pre- sunto ritorno alla vita di Gesù di Nazareth. Ci riportano l’incredulità dei discepoli senza schermaglie e senza il minimo tentativo di nasconderne i particolari. É il Signore Gesù che li rimprovera perché non hanno fede e non credono che Egli è vivo (cfr. Mc 16,14). Ai discepoli che fuggono da Gerusalemme verso Emmaus, Gesù dice con forza: «Voi capite poco davvero; come siete lenti a credere quel che i profeti hanno scritto! Il Messia non doveva forse soffrire queste cose prima di entrare nella sua gloria?» (Lc 24,25-26). E a Tommaso: «Metti qui il dito e guarda le mani; accosta la mano e tocca il mio fianco. Non essere incredulo, ma credente!» (Gv 20,27). Le soluzioni razionalistiche avanzate sulla risurrezione di Gesù (della frode, dell’inganno, della morte appa- rente, del superamento dello shock da parte dei discepoli, dell’allucinazione individuale e collettiva) da un pun- to di vista semplicemente umano appaiono artificiose e meno convincenti che non la descrizione immediata, realistica e coinvolgente che ne fanno i vangeli. L’evento riportato dalle testimonianze I documenti che abbiamo a disposizione non ci presentano l’instantanea fotografica del momento della ri- surrezione, come alcune opere d’arte la raffigurano, bensì l’apparizione del Signore Risorto alle donne e ai suoi discepoli, sullo sfondo di una tomba trovata vuota. Essi ne fanno l’esperienza e nel comunicarla agli altri sono convinti della sua realtà: “Veramente Gesù è risorto ed è apparso a Simone” (Lc 24,34). Ma sono anche persua- si di trovarsi di fronte ad un evento unico, mai visto e mai udito, fino allora: Dio ha risuscitato Gesù di Nazareth, il quale non è tornato ad essere quello di prima, ma Colui che vive per sempre, come il Signore della vita. Leggi: At 1,6-11; 2,14-15. 22-24 2 M. MACHOVEC, Gesù per gli atei, Cittadella, Assisi 1973, p.178. 8585 Sperimentazione Accanto alle testimonianze delle origini, vi sono tante altre che costellano venti secoli di cri- stianesimo. Prova a farne una breve (anche se parziale) ricognizione, servendoti delle risorse informatiche e compilando la seguente tabella: ARTE CANZONI CINEMA LETTERATURA Altro... Dio è morto (F. Guccini, 1965) Ho visto la gente della mia età andare via lungo le strade che non portano mai a niente cercare il sogno che conduce alla pazzia nella ricerca di qualcosa che non trovano nel mondo che hanno già Lungo le notti che dal vino son bagnate dentro alle stanze da pastiglie trasformate lungo alle nuvole di fumo, nel mondo fatto di città essere contro ed ingoiare la nostra stanca civiltà É un Dio che è morto, ai bordi delle strade: Dio è morto nelle auto prese a rate: Dio è morto nei miti dell’estate: Dio è morto. Mi han detto che questa mia generazione ormai non crede in ciò che spesso han mascherato con la fede nei miti eterni della patria e dell’eroe perché è venuto ormai il momento di negare tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e di paura una politica che è solo far carriera il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto. É un Dio che è morto, nei campi di sterminio: Dio è morto coi miti della razza: Dio è morto con gli odi di partito: Dio è morto. Io penso che questa mia generazione è preparata a un mondo nuovo e a una speranza appena nata ad un futuro che ha già in mano, a una rivolta senza armi perché noi tutti ormai sappiamo che se Dio muore è per tre giorni e poi risorge in ciò che noi crediamo: Dio è risorto in ciò che noi crediamo: Dio è risorto nel mondo che faremo: Dio è risorto... Dio è risorto. Artista completo, eclettico e versatile, è conosciuto soprattutto per la sua attività nel mondo della musi- ca. Il suo debutto ufficiale risale al 1967 con l'LP Folk beat n. 1 (ma già nel 1960 aveva scritto L'antisociale); in una carriera ultraquarantennale ha pubblicato oltre venti album di canzoni. È anche uno scrittore di successo e sporadicamente attore, autore di colonne sonore e di fumetti. G U CC IN I Prova a commentare il materiale ritrovato e a confrontarlo con la seguente canzone: 8686 Sperimentazione Alla fine di questo percorso, proviamo a tirare le fila e pervenire alla seguente conclusione: non è indifferente per i cristiani se Cristo sia risorto o no. Paolo afferma: «Se Gesù Cristo non è risorto, la no- stra fede è vana, è inutile, senza senso» (cfr. 1Cor 15,14). La prima predicazione degli apostoli e i vangeli attestano che Gesù è risorto veramente. La tomba vuota e soprattutto le apparizioni ai suoi discepoli sono le testimonianze che riferiscono che tutto ciò è vero. Con la morte in croce di Gesù Cristo, Dio assume fino in fondo il destino dell’uomo con la forza dell’amore. Con la risurrezione di Gesù Cristo, Dio si schiera dalla parte della vita e del bene, sconfig- ge la paura della morte e il male che attanaglia il cuore dell’uomo. Questa è la fede dei cristiani: 3 Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992, n. 638. 8787 Riguardo alla resurrezione di Gesù, prova ad esprimere il tuo assenso, il tuo dissenso, qualche tua perplessità rimasta in sospeso… «Noi vi annunziamo la Buona Novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l’ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù (At 13,32-33). La Risurrezione di Gesù è la verità culminante della nostra fede in Cristo, creduta e vissuta come verità centrale della prima comunità cristiana, trasmessa come fondamentale dalla Tradizione, stabilita dai documenti del Nuovo Testamento, predicata come parte es- senziale del Mistero pasquale insieme con la croce: Cristo è risuscitato dai morti. Con la sua morte ha vinto la morte, ai morti ha dato la vita»3. Verifica 1. Prova ad immaginare di essere un apostolo o un evangelista e di aver visto il Risorto. Come lo rac- conteresti ai tuoi amici? Se volessi usare non solo parole, ma anche immagini e simboli come espri- meresti l’incontro con il Cristo risuscitato? 2. Scegli una modalità espressiva a tuo piacere (pittura, scultura, musica, fotografia, vignetta...) ed esprimi il significato della risurrezione di Gesù per la fede dei cristiani e la speranza dell’umanità. 3. A conclusione dell’ UA, esprimi le tue considerazioni sulla Pasqua di Gesù e la sua rilevanza per la cultura e la fede dei cristiani oggi. PER APPROFONDIRE BRAMBILLA F.G., Il crocifisso risorto. Risurrezione di Gesù e fede dei discepoli, Queriniana, Brescia 1999. Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992, nn. 595-667. GUITTON J., Gesù, Elle Di Ci Leumam, Leumann - Torino 1997. KESSLER H., La risurrezione di Gesù Cristo. Uno studio biblico, teologico-fondamentale e sistematico, Queriniana, Brescia 1999. MAGGIONI B., I racconti biblici della Risurrezione, Cittadella, Assisi 2001. MESSORI V., Patì sotto Ponzio Pilato? Un’indagine sulla passione e morte di Gesù, SEI, Torino 1992. MESSORI V., Dicono che è risorto. Un’indagine sul Sepolcro vuoto, SEI, Torino 2000. SAVAGNONE G., Processo a Gesù. È ancora ragionevole credere nella divinità di Cristo?, Elle Di Ci, Leumann – Torino 2007. 8888 Verifica Percorso Questa unità “Evangelizzare: portare la lieta notizia” ti aiuterà a riflettere sui processi di trasmissione della religione e della fede cristiana all’uomo. Ricorda in quale punto del percorso si colloca questa unità... 9090 Percorso comprendere cosa significa “evangelizzare” cogliere i dinamismi comunicativi propri della comunicazione del vangelo confrontarsi con alcuni esempi concreti di evangelizzatori per coglierne la loro rilevanza culturale Il formatore introdurrà l’argomento dell’unità di apprendimento e ti guiderà in un percorso che consentirà di raggiungere questi obiettivi: 9191 Ci troviamo in un mondo di messaggi, di dati e di informazioni… In una fitta rete di notizie e di comunicazione. All’interno di questo mondo complesso e ar- ticolato siamo chiamati a comunicare… anzi se non comunichiamo, stiamo ma- le e proviamo un senso insopportabile di vuoto. Non possiamo tacere e non comunicare in qualche modo: con parole, gesti e messaggi di qualsiasi tipo. Comunicare è la cosa più naturale che ci sia, eppure è tra le più difficili e com- plesse. Proviamo a scoprire perché… a partire dall’esperienza concreta: Il cellulare Fermati un attimo e pensa: che cosa sarebbe la tua vita senza cellulare? Se lo perdessi, quale sarebbe il tuo stato d’animo? Reputi questo strumen- to: necessario, importante, utile, inutile? Per quali motivi? Prova a sintetizzare la risposta con un SMS inviato al/alla tuo/a migliore amico/a: “Cronaca bianca e cronaca nera” Immagina di essere un giornalista che deve fare un telegiornale sulla propria vita. Prepara il tuo TG, tenendo presente questi elementi importanti: CHI? Quali persone sono implicate in questa storia, nei fatti da riportare, oltre te? Ne escono be- ne o piuttosto malconci dal tuo reportage? CHE COSA? Quali sono i fatti di cronaca bianca (episodi felici, belle notizie, momenti di gioia)? Quali i fatti di cronaca nera (cattive notizie, episodi spiacevoli, momenti di tristezza)? Riporteresti tut- to o faresti una selezione dei fatti da narrare? In base a quale criterio: importanza, privacy, possibili- tà di destare curiosità o interesse nel pubblico…? A CHI? Se dovessi scegliere il tuo pubblico, per chi ti orienteresti? Tutti, oppure amici, compagni, classe, familiari, persone che non ti conoscono? QUANDO? In quale successione preferiresti riportare i fatti? Quali metteresti prima e quali dopo? Quelli “belli” o quelli “brutti”? Perché? COME? Con quale modalità, stile comunicativo, espressione del volto, tono della voce… riportere- sti i fatti della tua vita? Per ognuno indica il “come” annunzieresti la notizia… Prova a stilare il testo del tuo TG. Prendo posizione e dico la mia: Perché esistono i cristiani? Immagina di trovarti per strada o al bar. Tre tuoi amici conversano: «Per me essere cristiano è un fatto privato: riguarda solo me e basta». «Se si è cristiani, è per caso. Se io fossi nato in India, sarei induista, se tu fossi nato in Marocco, sa- resti musulmano. Anche in questo (come in tante altre cose) i genitori, i nonni e la famiglia ci condi- zionano tanto…» «Veramente, non mi sembra che le cose stiano così! ...» Tu che ne dici? A chi dei tre pensi di dare man forte nella discussione? E perché? 9292 Esperienza Riflessione La vita è uno scambio di informazioni, di affetti, di sensazioni. Vivere è accogliere e dare notizie. Per la persona umana, vivere non è solo mangiare e bere, come se fosse un animale o una pianta. Per vivere l’uomo ha bisogno di intrecciare un mondo di comunicazioni. «La comunicazione è un elemento essenziale della vita di ogni essere umano e della società in genere. Nessun individuo è in grado di vivere, né nessuna società può esistere, senza comunicare. Proprio la capacità di comu- nicare liberamente e di condividere le esperienze con gli altri distingue gli umani da qualsiasi altra società o or- ganizzazione. Tale capacità è nello stesso tempo una necessità vitale: come l’acqua per il pesce, la comu- nicazione costituisce l’elemento in cui la società umana può vivere e svilupparsi»1. Rimaniamo colpiti e coinvolti variamente, in bene o in male, provando gioia o provando rincrescimento e sof- ferenza. Prova ad interrogarti: • Ti è mai capitato cha la tua gioia, la tua felicità sia dipesa da qualcosa che qualcuno ti ha detto? • È mai capitato che una cosa bella che ti è successa sia il merito dell’azione di qualcuno? Quando? • Ti è capitato di essere stato tu a portare buone notizie a qualcuno rendendolo felice? Oppure di recare no- tizie tristi? Prova a raccontare… Alle origini del cri- stianesimo c’è una «lie- ta notizia», il «vange- lo». Da venti secoli i cri- stiani sono nelle diverse parti del mondo grazie alla diffusione di questa «buona notizia». Nato in Palestina, con Gesù di Nazareth, il cristiane- simo si è diffuso, dopo la sua risurrezione, dapprima nell’Asia mi- nore, nell’Africa del Nord, poi a Roma e da Roma in tutta Europa, all’Asia, nelle Americhe, in Africa… Tutto è dipe- so dall’«evangelizzazio- ne». 9393 Riflessione È bene che ci fermiamo a considerare brevemente quattro figure di evangelizzatori per cogliere alcune ca- ratteristiche: la loro personalità e la capacità di comunicare, il loro coraggio e la loro generosità nel portare il «vangelo», il contesto in cui sono vissuti e i destinatari della loro evangelizzazione. PAOLO DI TARSO San Paolo è il primo e il più grande evangelizzatore di tutti i tempi. Svolse un’intensa e infaticabile atti- vità missionaria verso le popolazio- ni allora conosciute e per questo motivo fu chiamato “apostolo delle genti”. Fondò numerose comunità cristiane nel territorio dell’Impero romano e inviò ad esse varie lette- re per consolidarle nella fede in Ge- sù Cristo. Nato a Tarso di Cilicia (at- tuale Asia Minore), Paolo prese il nome dall’antico re ebreo Saul, gre- cizzato in Saulo, e venne alleva- to secondo l’e- ducazione im- partita dai fa- risei. In un secondo tem- po, Saulo as- sunse il nome di Paolo, in quan- to cittadino romano. Discepolo del famoso maestro Ga- maliele, fu un giudeo zelante e in- caricato di reprimere l’eresia cri- stiana: per questo perseguitò acca- nitamente la nascente Chiesa cri- stiana. Dopo aver avuto una visio- ne di Cristo sulla strada di Damasco (Atti 9,1-19; 22, 5-16; 26,12-18), divenne cristiano senza per questo rifiutare l’antica fede ebraica, ma considerando la fede nel Signore Gesù la pienezza e compimento dell’ebraismo. Pur riconoscendo il primato di Pietro nella Chiesa delle origini, egli era convinto che la sal- vezza è una chiamata di Dio per il mondo intero. In base a quanto ri- portano gli Atti degli Apostoli, Pao- lo compì tre viaggi apostolici per portare il vangelo a tutti e consoli- dare le comunità cristiane da lui fondate. Nel corso di questi viaggi fu perseguitato e, infine, sottopo- sto al martirio. Secondo alcuni do- cumenti che ci sono pervenuti, fu decapitato a Roma nel 64 d.C. sot- to Nerone o attorno al 67 d.C. FRANCESCO SAVERIO Nel secolo XVI tra i tanti evangeliz- zatori che sentono l’urgenza di por- tare il Vangelo ai continenti appena scoperti c’è Francesco Saverio. È considerato il più grande missiona- rio di tutti i tempi. Nacque il 7 apri- le del 1506 in Spagna, nella Navar- ra, nel castello di Xavier, da una no- bile famiglia. All’età di diciannove anni, valica i Pirenei e va a studia- re a Parigi all’Università della Sor- bona. In questo tempo incontra Ignazio di Loyola a cui lo stesso Francesco dà lezioni di filosofia. I rapporti tra i due all’inizio sono dif- ficili, fino a che l’esperienza degli Esercizi spirituali porta un cambia- mento in Francesco. Insieme ad al- tri giovani universitari, fondano nel 1534 la Compagnia di Gesù (Gesui- ti) ed eleggono come loro superio- re Ignazio. A trentacinque anni d’e- tà, nel 1541, parte per le Indie e, dopo una sosta in Mozambico, sbarca a Goa, capitale dell’impero delle Indie Orientali. In soli dieci anni percorre l’India, le isole Moluc- che e il Giappone. Mostra una ca- pacità eccellente di annunciare il vangelo e di esprimerlo nella cultu- ra delle popolazioni con cui entra in contatto. Il suo sogno, purtroppo non realizzato, era di andare in Ci- na per portare anche in quella va- sta regione la luce del Vangelo. Mo- rì all’alba del 3 dicembre 1552, do- po aver donato tutte le energie a servizio dell’evangelizzazione. «Guai a me se non portassi il Vangelo! Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere: guai a me se non por- tassi il vangelo! […] è un incari- co che mi è stato affidato […] mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior nume- ro: mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei […] Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il vangelo […]» (1 Cor 9,16-23) In una lettera scrive a Ignazio di Loyola: «Quando sbarcai in que- sti luoghi, battezzai tutti i fan- ciulli che ancora non erano stati battezzati, e quindi un gran nu- mero di ragazzi, che non sape- vano neppure distinguere la de- stra dalla sinistra… Mi assediava una folla di giovani, tanto che non riuscivo più a trovare il tem- po per pregare, né per mangia- re, né per dormire; chiedevano insistentemente che insegnassi loro nuove preghiere. Cominciai a capire che a loro appartiene il regno dei cieli». SULLE ORME DI QUATTRO GRANDI TESTIMONI 9494 GIOVANNI PAOLO II Karol Józef Wojtyla è nato in Polo- nia, a Wadowice, il 18 maggio 1920 ed è morto a Città del Vaticano, il 2 aprile 2005. Fu eletto pontefice il 16 ottobre 1978. È stato il primo papa polacco e di popolazione sla- va della storia. Prima di essere elet- to a successore di San Pietro, la sua vita è stata segnata dalla soffe- renza, da varie prove e dal lavoro duro in una cava di pietre e in fab- brica, ma anche dalla lotta non vio- lenta contro l’oppressione comuni- sta. Divenuto prete e poi vescovo e cardinale di Cracovia si è sempre schierato per la verità e la giustizia, convinto della grandezza dei valori del Vangelo. Sin dal principio del suo pontificato, ha intrapreso tena- cemente una denuncia dei sistemi politici comunisti e capitalistici, ha denunciato piaghe come gli atten- tati alla vita, le guerre e la mafia. Assertore della dignità e dei diritti dell’uomo, con i suoi 104 viaggi in tutto il mondo ha portato con forza e coraggio fino all’ultimo respiro il vangelo della vita, della giustizia e della pace. Ha scritto in tutto 14 Lettere Encicliche, 15 Esortazioni apostoliche, 11 Costituzioni aposto- liche e 45 Lettere apostoliche. An- che se in condizioni precarie di sa- lute, è stato irreprensibile e inarre- stabile durante l’Anno Santo del 2000. La sua capacità di contatto e di empatia ha registrato il culmine con le generazioni più giovani, in particolare nelle Giornate Mondiali della Gioventù. È stato il papa del- le relazioni tra nazioni e religioni di- verse, dell’incontro tra le comunità cristiane, di tanti appuntamenti di- plomatici. Sebbene negli ultimi an- ni sofferente, ha voluto fino all’ulti- mo respiro annunciare il vangelo di Cristo a tutti: il suo funerale è sta- to il trionfo di un grande evangeliz- zatore, alla presenza dei potenti della terra e di tante persone co- muni provenienti da tutto il mondo. In particolare, i giovani l’hanno sentito come un amico, come gui- da, come il loro papa. MADRE TERESA DI CALCUTTA Agnes Gonxha, meglio conosciuta come “Madre Teresa”, nacque il 26 agosto 1910 a Skopje, in Albania. Dopo l’improvvisa morte del padre, quando aveva circa otto anni, Agnes dovette faticare per il so- stentamento della famiglia, non mancando di impegnarsi anche presso la parrocchia gesuita del Sa- cro Cuore. A diciotto anni, deside- rosa di diventare missionaria, lasciò la sua madre e i familiari per entra- re tra le “Suore di Loreto”, in Irlan- da. Lì ricevette il nome di suor Mary Teresa. In dicembre partì per l’In- dia, arrivando a Calcutta nel 1929 e nel 1931 fu insegnante a Entally nel collegio femminile. Il 10 set- tembre 1946, mentre era in treno da Calcutta a Darjeeling, Madre Te- resa ricevette una particolare ispi- razione da parte del Signore Gesù di fondare una comunità religiosa particolare: le Missionarie della Ca- rità, dedite al servizio dei più pove- ri tra i poveri. Per circa due anni el- la vagliò questa ispirazione finché ottenne il permesso di cominciare la sua nuova missione. Il 17 agosto 1948, indossò per la prima volta il sari bianco bordato d’azzurro en- trando definitivamente nel mondo Nel suo testamento ha lasciato scritto: «Nel giorno del 13 mag- gio 1981, il giorno dell’attentato al Papa durante l’udienza gene- rale in Piazza San Pietro, la Divi- na Provvidenza mi ha salvato in modo miracoloso dalla morte. Colui che è unico Signore della vita e della morte Lui stesso mi ha prolungato questa vita, in un certo modo me l’ha donata di nuovo. Da questo momento es- sa ancora di più appartiene a Lui. Spero che Egli mi aiuterà a riconoscere fino a quando devo continuare questo servizio, al quale mi ha chiamato nel giorno 16 ottobre 1978. Gli chiedo di volermi richiamare quando Egli stesso vorrà. «Nella vita e nella morte apparteniamo al Signo- re... siamo del Signore» (cfr Rm 14, 8). Spero anche che fino a quando mi sarà donato di com- piere il servizio Petrino nella Chiesa, la Misericordia di Dio vo- glia prestarmi le forze necessa- rie per questo servizio». Riflessione 9595 Riflessione dei poveri per portare a loro il van- gelo e i segni della carità. Dopo un periodo di preparazione, si mise su- bito al lavoro a favore di tutti colo- ro che sono «non voluti, non ama- ti, non curati». Alcuni mesi più tar- di si unirono a lei, l’una dopo l’altra, alcune sue ex alunne, che costitui- rono il nucleo primitivo delle Missio- narie della Carità. Il papa Paolo VI approvò questa nuova congregazio- ne nel febbraio 1965. Da quel mo- mento furono aperte diverse case in Venezuela, in Italia a Roma, in Tanzania e, successivamente, in ogni parte del mondo, nell’ex Unio- ne Sovietica, in Albania e a Cuba. Ricevette il Premio indiano Pad- mashri nel 1962 e il Premio Nobel per la Pace nel 1979. Seguita dai massmedia e famosa in tutto il mondo, nascose a tutti la sua prova interiore, ciò che ella stessa chia- mava “l’oscurità”, la sensazione di sentirsi abbandonata da Dio. Non- ostante ciò, non si arrestò mai nel servizio dei poveri, non perse mai la speranza e il suo sorriso. Nel 1997, anno della sua morte avvenuta il 5 settembre, le suore di Madre Teresa erano circa 4.000, presenti nelle 610 case di missione sparse in 123 paesi del mondo. Ella rimane per tutta l’u- manità il simbolo della compassione di Dio per il mondo, per i più poveri e per gli ultimi. «Sono albanese di sangue, in- diana di cittadinanza. Per quel che attiene alla mia fede, sono una suora cattolica. Secondo la mia vocazione, appartengo al mondo. Ma per quanto riguarda il mio cuore, appartengo intera- mente al Cuore di Gesù». «Io sono come una piccola ma- tita nelle Sue mani, nient’altro. È Lui che pensa. È Lui che scri- ve. La matita non ha nulla a che fare con tutto questo. La matita deve solo poter essere usata». Scrivi la cosa che ti ha impressionato di più di questi quattro personaggi nello spazio sottostante: 9696 Riflessione Oltre a queste quattro figure, quali altri evangelizzatori conosci? Scrivine almeno sei: UOMINI DONNE 1) 1) 2) 2) 3) 3) 9797 Spiegazione A partire dall’esperienza personale e dalla riflessione su alcune figure di evangelizzatori, ci poniamo alcune do- mande e tentiamo di trovare delle risposte. CHE COSA E’ L’EVANGELIZZAZIONE? È già lieta notizia il fatto che Dio si manifesta: Dio non sta muto, lontano dagli uomini, sopra le nuvole. Egli, buono e sapiente, comunica con gli uomini di tutti i tempi e luoghi ciò che ha “nel cuore”, le sue intenzioni. Egli comunica con gli uomini e li considera “amici”. Le intenzioni di Dio rispetto agli uomini sono chiare: Egli vuole farli partecipi della sua vita divina (tutti, nessuno escluso). Non vuole che vivano una vita a metà, o sprecata, o condizionata dai mille limiti. Vuole farli partecipi della sua stessa vita d’amore. Per dare questa bella notizia agli uomini scoraggiati e pieni di limiti, Dio Padre ha inviato Gesù Cristo, la sua Parola. Gesù è Dio fatto uomo. La bella notizia che il Padre vuol dare coincide con Gesù, per cui Gesù è la no- tizia che rende lieti coloro che l’accolgono, in tutti i tempi e in ogni luogo. La notizia più grande e più bella è che proprio quel Gesù, ucciso dalla cattiveria umana, è risuscitato. La sua ri- surrezione è il segno chiaro che Dio Padre conferma che quel che Gesù ha fatto e ha detto è pienamente ve- ro; ed è anche segno che le sue promesse iniziano a realizzarsi: veramente Egli dona agli uomini la vita di Dio, che è vita eterna. Per cui l’evangelizzazione non è: - una semplice propaganda… - un messaggio pubblicitario… - una forma di indottrinamento… - una fredda informazione… - una tecnica di pressione ideologica… - …………………………………………………………. (scrivi una espressione) Evangelizzare è comunicare una notizia la più bella che ci sia Il termine “evangelizzazione” viene dalla lingua greca (euanghelion) e letteralmente significa: annunzio di una buona notizia Per cui: vangelo (o “evangelo”) = la buona notizia evangelizzare = l’atto di annunziare buone notizie evangelista = chi annunzia buone notizie Dio si manifesta: non se ne sta muto lontano dagli uomini, sopra le nuvole… Egli, buono e sapiente, comunica con gli uomini di tutti i tempi e luoghi ciò che ha “nel cuore” 9898 Spiegazione I discepoli di Gesù non si sono inventati il compito di annunziare il vangelo in tutto il mondo. Lo stesso Gesù, una volta risuscitato e prima di ascendere al Padre, dà loro l’incarico di dare la bella notizia del Regno di Dio a tutte le genti d’ogni razza, continente, religione, condizione sociale. Ecco il documento tratto dalla Bibbia, secondo la redazione dell’evangelista Matteo, e, in parallelo, secondo la redazione dell’evangelista Marco: A partire da questi due brani rispondiamo alle seguenti domande: CHI SONO GLI EVANGELIZZATORI? Non sono degli ingenui o degli illusi: • Alcuni discepoli di Gesù non credevano ancora ai loro occhi che Gesù era davvero risorto. • Altri discepoli non avevano prestato fiducia a chi aveva narrato loro che Gesù era risuscitato e lo avevano visto con i loro occhi e avevano mangiato con lui. • Il documento di Matteo riferisce che dinanzi a Gesù risuscitato i discepoli lo adorarono: ossia, ri- conoscono che Egli non è un semplice uomo, ma è Dio stesso che si è rivelato agli uomini, assu- mendo la natura umana. L’evangelizzazione, che è la comunicazione tipica della Chiesa, è costituita da un insieme di fatti e di parole. Non ci può essere comunicazione che evangelizza senza richiamare una serie di fatti e sen- za porre in atto una serie di esperienze. Le parole aiutano a capire i significati dei fatti e delle esperienze. I fatti danno corpo alle parole e le rendono vere ed autentiche. Infatti, le parole da sole non fanno l’evan- gelizzazione. «Gli undici discepoli andaro- no in Galilea su quella collina che Gesù aveva indicato. Quando lo videro lo adoraro- no. Alcuni, però, avevano dei dubbi. Gesù si avvicinò e dis- se: “A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Perciò andate, fate diventare miei di- scepoli tutti gli uomini del mondo; battezzateli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; insegnate loro a ubbidire a tutto ciò che io vi ho comandato. E sappiate che io sarò sempre con voi, tutti i giorni, sino alla fine del mondo”». Mt 28, 16-20 «[Dopo la sua risurre- zione,] Gesù apparve agli undici mentre era- no a tavola. Li rimpro- verò perché avevano avuto poca fede e si ostinavano a non cre- dere a quelli che lo ave- vano visto risuscitato. Poi disse: “Andate in tutto il mondo a portare il messaggio del vangelo a tutti gli uo- mini. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo; ma chi non crederà sarà condannato”». Mc 16, 14-16 9999 Spiegazione DA CHI SONO INVIATI? Non sono “evangelizzatori” per propria iniziativa: • È Gesù ad inviare in missione i suoi discepoli a tutti gli uomini. Da soli i discepoli non se lo sarebbero nep- pure sognato. • Ai discepoli (ossia ai cristiani) Gesù consegna la sua stessa missione, di annunziare alle persone di tutti i tempi e luoghi la bella notizia di Gesù, salvatore degli uomini. • Gesù non è assente tra i cristiani che annunciano il vangelo, ma è continuamente presente, anche se invi- sibilmente, perché portino a termine la missione loro affidata. Non c’è altro scopo più importante per i cri- stiani. A CHI È RIVOLTO IL VANGELO? • La bella notizia di Gesù salvatore degli uomini non è rivolta solo a pochi privilegiati ma a tutte le persone del mondo di ogni tempo. • Tutti gli uomini sono chiamati a credere a Gesù: aver fiducia in Lui che donerà la vita eterna. • I credenti in Cristo sono chiamati discepoli di Gesù, ossia cristiani. Tu che ne pensi di tutto ciò? Quali aspetti positivi e quali difficoltà intravedi in questa azione della Chiesa? LA CONSAPEVOLEZZA DELLA CHIESA LUNGO I SECOLI Nei venti secoli di cristianesimo i cristiani hanno continuato ad evangelizzare, anche se non si sono mante- nuti fedeli o sempre solleciti alla loro originaria missione. Tutta la storia della Chiesa può essere considerata come la storia della comunicazione della bella notizia di Gesù Cristo salvatore degli uomini a tutte le genti del mondo. Le parole e le opere nel nome di Cristo costitui- scono nel loro insieme l’evangelizzazione operata dalle comunità cristiane e dai battezzati nel mondo. I cristia- ni non possono tacere il dono del vangelo che hanno ricevuto nel cuore: essi sono mandati nelle mille parti del mondo per annunciare il vangelo. « EVANGELIZZARE è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella Santa Messa, che è memoriale della sua morte e del- la sua gloriosa risurrezione» (PAOLO VI, Evangelii nuntiandi, n. 14) […] «Lungo venti secoli di storia, le generazioni cristiane hanno affrontato periodicamente diversi ostacoli che si frapponevano alla missione universalistica di annunziare il vangelo. Avviene anche ai nostri giorni che annun- ciatori della parola di Dio siano privati dei loro diritti, perseguitati, minacciati, eliminati per il solo fatto di pre- dicare Gesù Cristo e il suo vangelo. Nonostante tali avversità, la Chiesa ravvia sempre la sua ispirazione più profonda, quella che le viene direttamente dal maestro: “A tutto il mondo! A tutte le creature! Fino agli estre- mi confini della terra”!» (PAOLO VI, Evangelii nuntiandi, n.50). Questo documento, ufficiale per tutta la Chiesa, ribadisce che compito prioritario dei cristiani è annunziare Gesù Cristo nell’ambiente di vita in cui ognuno è: i cristiani esistono in quel dato territorio per questo motivo. Viene posto il dito su un aspetto dell’opera di evangelizzazione. Non tutti accolgono la lieta notizia di Gesù Cristo. Anzi alcuni la rifiutano direttamente, altri si scagliano contro gli evangelizzatori; sono pure autorità sta- tali che prendono posizione contro il vangelo di Gesù Cristo, perseguitando fino alla morte gli annunciatori del vangelo. I cristiani, nonostante che incontrino opposizioni o indifferenza, non smettono di annunziare il vangelo, por- tando a termine con fedeltà questo compito essenziale. Essi non impongono la fede cristiana, ma la propongo- no con rispetto e convinzione. 100100 Sperimentazione Alla luce del sole Regia: Roberto Faenza. Sceneggiatura: Roberto Faenza con la collaborazione di Gianni Arduini, Giacomo Maia, Dino Gentili, Filippo Gentili, Cristiana Del Bello. Fotografia (colore): Italo Petriccione. Musica: Andrea Guerra. Scenografia: Davide Bassan. Montaggio: Massimo Fiocchi. Interpreti principali: Luca Zingaretti (Don Pino Puglisi), Alessia Goria (suor Carolina). Anno: 2004 (Italia). Durata: 100’. Produzione e Distribuzione: Jean Vigo Italia. Trama: Chiamato del vescovo di Palermo ad occuparsi della parroc- chia di un quartiere alle porte della città, Brancaccio, dove era nato, in due anni Don Puglisi è riuscito a costruire un centro di accoglien- za. Egli si occupa dei bambini che vivono sulla strada e sono destinati ad essere vittima del potere mafioso. È coadiuvato da alcuni volontari e insieme organizzano un percorso educativo per i bambini. Capisce però che per incidere nel tessuto sociale disgregato e contrassegnato dalla violenza, occorre la collaborazione delle persone, ma finisce per scontrarsi contro l’inerzia del potere locale. Raccoglie 1200 firme con la richiesta della costruzione di una rete fognaria, una scuola e un distretto sanitario. Ottiene il consenso dei parrocchiani, ma la sua operosità e la sua testimonianza del vangelo lo rendo- no vittima del potere mafioso. Dopo molte intimidazioni viene ucciso. (da: http://it.wikipedia.org/wiki/Alla_luce_del_sole) Una scheda da compilare dopo aver visto il film Quali caratteristiche presenta il personaggio? Qual è il suo contesto di vita? Quale il suo ideale? Qual è il suo segreto che gli ha fatto trovare un significato forte alla propria esistenza? Per quale motivo e per quale scopo si è comportato così? Si può dire che da questo film si possono ricavare gli elementi dell’evangelizzazione? Quali? Dopo il confronto con la personalità di Padre Pino Puglisi, scrivi un episodio della tua vita in cui tu sei stato protagonista e portatore di valori umani e cristiani (rispetto, amore, solidarietà, perdono, gioia, sacrificio). Per sperimentare l’attualità del tema, il formatore condurrà gli allievi alla visione del film. 101101 Verifica PER APPROFONDIRE BOSCO T., La vera storia di Madre Teresa, Elle Di Ci, Leumann – Torino 2003. BOSCO T., Un colpo alla nuca per Pino Puglisi firmato “mafia”, Elle Di Ci, Leumann – Torino 2002. BRODRICK J., San Francesco Saverio apostolo delle Indie e del Giappone (1506-1552), EMI, Bologna 2006. ELIERS F.J., Comunicare nella comunità, Elle Di Ci, Leumann – Torino 1997. GIAVINI G., Paolo? Una peste!, Elle Di Ci, Leumann – Torino 2004. GIAVINI G., Verso San Paolo, Elle Di Ci, Leumann – Torino 2003. PERI V., Giovanni Paolo II, Elle Di Ci - Velar, Leumann – Torino 2004. SAVAGNONE G., Evangelizzare nella post-modernità, Elle Di Ci, Leumann – Torino 1997. 1. Alla fine di questa UA cosa significa per te “evangelizzare”? 2. Scrivi i nomi dei testimoni evangelizzatori che sono stati presentati in questa UA. 1. 2. 3. 4. 5. 3. Come sintesi dell’intero percorso tematico, rispondi ad almeno tre delle seguenti domande: Quale rapporto c’è tra comunicazione umana ed evangelizzazione? Qual è il nocciolo dell’evangelizzazione? Chi è chiamato ad evangelizzare? A chi è rivolta l’evangelizzazione? Qual è lo scopo dell’evangelizzazione? Verifica 102102 In di ce 5 1 31 47 75 89 Caro allievo

Vivere... Linee guida per i formatori di cultura etica e religiosa nei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale

Autore: 
Giuseppe Ruta (a cura di)
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2007
Numero pagine: 
79
VIVERE… Linee-guida per i formatori di Cultura etica e religiosa nei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale a cura di Giuseppe Ruta MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE Direzione Generale per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione Centro Nazionale Opere Salesiane Formazione Aggiornamento Professionale Coordinamento della proposta: Mario Tonini, Giuseppe Ruta, Piero Quinci. Presentazione delle Linee Guida e rielaborazione delle Unità di Apprendimento a cura di Giuseppe Ruta. Collaborazione scientifica di: Giuseppe Cassaro, Nunzio Conte, Giovanni Cravotta, Antonino Di Vin- cenzo, S. E. Mons. Calogero La Piana, Giovanni Russo, Francesco Varagona (Istituto Teologico “San Tommaso”, Messina). Collaborazione didattica dei Formatori dell’Area storico-socio-economica del CNOS-FAP Sicilia. Copyright: CNOS- FAP Roma 2007 L’Editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali, involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti dei brani o delle illustrazioni riprodotte. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione dell’opera o di parti di essa con qualsiasi mezzo, compresa stampa, copia fotostatica, microfilm e memorizzazione elettronica, se non espressamente auto- rizzata per iscritto. Fotocomposizione e stampa: Tipolitografia Antonino Trischitta - Messina Dicembre 2007 ISSN: 1972-3032 ISBN: 978-88-95640-12-9 MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE Direzione Generale per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione Centro Nazionale Opere Salesiane Formazione Aggiornamento Professionale L’educazione religiosa è componente essenziale di qualsiasi istituzione scola- stica o formativa. La Federazione CNOS-FAP, che persegue finalità istituzionali di orientamento, di formazione e di aggiornamento professionale ispirandosi esplicitamente ai valori cristiani, al sistema preventivo di don Bosco e agli apporti della prassi edu- cativa salesiana1, ha risposto a questa istanza elaborando specifici sussidi e stru- menti destinati sia ai formatori che agli allievi. In tempi recenti ha chiesto al prof. Giuseppe Ruta, professore ordinario di pedagogia religiosa presso l’Istituto Teologico “San Tommaso” di Messina, di ela- borare una proposta organica di formazione della dimensione etico–religiosa della persona. L’autore, che si è avvalso anche di esperti oltre che di formatori della Fede- razione CNOS-FAP, ha realizzato dapprima il volume Etica della persona e del lavoro, edito nel 2004, e ristampato nel 2007, accompagnandolo con una Guida per il formatore. Tra gli esperti vanno ricordati i professori Giuseppe Cassaro, Nunzio Conte, Giovanni Cravotta, Antonino Di Vincenzo, S.E. Mons. Calogero La Piana, Giovanni Russo, Francesco Varagona. I formatori coinvolti sono stati, invece, soprattutto quelli che hanno operato nell’area della cultura generale, oggi denominata area delle competenze di base. Negli anni successivi la sede nazionale del CNOS-FAP ha chiesto all’autore, insieme all’équipe, di proseguire nello studio e nella progettazione di uno stru- mento per gli allievi. Ne è risultato un progetto editoriale di tre volumi. Nel corrente anno vengono pubblicate la guida per il formatore totalmente rinnovata rispetto alla proposta precedente e il primo volume: RUTA G. (ed.), VIVERE… Linee guida per i formatori di Cultura etica e reli- giosa nei percorsi di Istruzione e Formazione professionale, 2007. RUTA G. (ed.), VIVERE IN… 1. L’identità. Percorso di cultura etica e religiosa, 2007. Nell’anno 2008 sono previsti i restanti volumi: RUTA G. (ed.), VIVERE CON… 2. La relazione. Percorso di cultura etica e reli- giosa. RUTA G. (ed.), VIVERE PER… 3. Il progetto. Percorso di cultura etica e reli- giosa. Il progetto editoriale appare ormai completo. Il formatore ha a disposizione le Linee guida e il volume Etica della persona e del lavoro. All’allievo viene dato 1 CNOS-FAP, Statuto (1977), art. 2, comma 2. Questa istanza è stata esplicitata anche in succes- sivi documenti quali la Proposta formativa della Federazione CNOS/FAP (1989), la Carta dei valori salesiani nella formazione professionale (2001), La Carta d’identità della scuola e della formazione professionale salesiana in Europa (2003). 3 P re se nt az io ne un sussidio attivo e ricco di stimoli. Una proposta organica, dunque, basata su dimensioni che sono fondamentali nella formazione della persona: l’identità, la relazionalità, la progettualità e la responsabilità. Un “testo di religione” per i giovani della Formazione professionale iniziale? Non propriamente. Il progetto vuole essere un sussidio organico per il for- matore che è impegnato nella formazione della persona dell’allievo dal punto di vista etico e religioso. Ciò si rende particolarmente necessario ed utile in questa fase, dal momento che la vigente legge 53/03 contiene, tra le sue finalità, la promozione di una formazione spirituale e morale dei giovani, mentre la norma- tiva successiva relativa ai percorsi sperimentali di istruzione e formazione pro- fessionale, che riorganizza la classica area della “cultura generale” in standard formativi minimi riferiti alle competenze di base e, più recentemente, in saperi e competenze legate all’obbligo di istruzione aggregati in assi culturali (dei lin- guaggi, matematico, scientifico – tecnologico, storico – sociale) non contiene alcun riferimento a questa finalità2. In questa situazione transitoria, riteniamo che il presente progetto si pre- senti prezioso perché offre spunti significativi per dare più sostanza alla declina- zione della formazione spirituale e morale indicata nella legge 53/03 e colma il vuoto dei documenti successivi. Il progetto, che è stato riscritto sulla base della metodologia induttiva, ampiamente applicata nella formazione professionale iniziale, si presenta utile al formatore per l’elaborazione di un itinerario formativo organico e sistematico per aiutare i giovani a costruirsi una vita ben riuscita, dentro una prospettiva ricca di senso. La Sede Nazionale, che ha ben presente la fatica ed il tempo profuso per la realizzazione del progetto, ringrazia tutti quelli che hanno contribuito a realiz- zarlo e si augura che lo strumento si riveli utile a tanti altri formatori impegnati nel difficile compito educativo e formativo dei giovani. Il Presidente Mario Tonini Presentazione 2 Conferenza Stato – Regioni del 15 gennaio 2004. Decreto 22 agosto 2007, n. 139, Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione.4 Sigle e abbreviazioni CEI Conferenza Episcopale Italiana CER Cultura Etico-Religiosa CFP Centro/i di Formazione Professionale CG Cultura Generale CNOS Centro Nazionale Opere Salesiane DPR Decreto del Presidente della Repubblica FAP Formazione Aggiornamento Professionale FP Formazione Professionale Idr Insegnante di religione cattolica IRC/irc Insegnamento della Religione Cattolica MIUR Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca MPI Ministero della Pubblica Istruzione OSA Obiettivi Specifici di Apprendimento PECUP Profilo educativo, culturale e professionale PFP Piani Formativi Personalizzati PFG Progetto Formativo Globale PSP Piano di Studi Personalizzato SCTP Scuole e Centri Tecnico-Professionali UA Unità di Apprendimento 5 1.1. L’esperienza «formativa» dei CFP Il CNOS-FAP è oggi come un grande albero: ai suoi frutti ben visibili ed evi- denti corrispondono le radici invisibili che ne costituiscono il segreto più profondo. Tra i vari frutti, tra le molteplici opere educative animate e gestite dai Salesiani, la FP è tipica per i suoi processi e i suoi risultati formativi1. Oggi come ieri. E spe- riamo anche domani. Tra l’impostazione ottocentesca di “arti e mestieri” di Don Bosco e le moderne strutturazioni e prospettive, vi sono tante variabili, ma a nes- suno sfugge che vi siano anche le costanti, prima fra tutte la passione e la sensi- bilità per i giovani che si aprono al mondo della cultura e del lavoro. Nel solco della storia della formazione professionale in Italia2 e della tradi- zione salesiana in questo campo così delicato ed importante3, nell’attuale consi- derazione del mondo del lavoro e delle nuove prospettive educative e formative4, la FP, pur mantenendo l’impegno specifico della preparazione professionale, non 1 Cfr. M. TONINI, Formazione professiona (FP), in G. MALIZIA (coord.) – D. ANTONIETTI – M. TONINI, Le parole chiave della formazione professionale, CNOS/FAP, Roma 20072, pp. 116-120. Per quanto riguarda i termini tecnici usati nel presente sussidio, si rimanda all’esplicitazione contenuta nel sus- sidio citato. 2 Cfr. L. CHIZZA – N. TANINI, La formazione professionale in Italia, Buffetti Editore, Roma 2004; F. HAZON, Storia della formazione tecnica e professionale in Italia, Armando, Roma 1991. 3 Nell’insorgente exploit della rivoluzione industriale, le Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales del 1874 (Testi critici a cura di F. MOTTO, LAS, Roma 1982, p.75) riportavano all’art. 4 nella parte riguardante lo scopo della Società salesiana: «Avvenendo spesso che si incontrino giovani tal- mente abbandonati, che per loro riesce inutile ogni cura, se non sono ricoverati, perciò per quanto è possibile si apriranno case, nelle quali coi mezzi, che la divina Provvidenza ci porrà tra le mani, verrà loro somministrato ricovero, vitto e vestito; e mentre si istruiranno nelle verità della catto- lica Fede, saranno eziandio avviati a qualche arte o mestiere». Prima dell’istituzione di tali centri di accoglienza, di educazione integrale e di avviamento al lavoro, non vanno dimenticati nell’opera educativa di Don Bosco i primi contratti di lavoro, stipulati per sua mediazione tra i datori di lavoro, e i suoi ragazzi: cfr. il testo del contratto tra Don Bosco e il falegname Giuseppe Bartolino per garantire gli elementari diritti al giovane Giuseppe Odasso, risalente all’8 febbraio 1852 e conser- vato in Contratti - Archivio storico salesiano, Casa Generalizia SDB, Roma. Cfr. la breve e intensa relazione di P. CHAVEZ, La formazione professionale dei Salesiani nel mondo: un successo educativo, in Atti del Convegno: “Formazione professionale: per dare a tutti un futuro” (Arese - Milano, 27 ottobre 2006), allegato a “Rassegna CNOS” 23 (2007) 2, pp. 13-18. Inoltre: A. DOMENECH, La for- mazione professionale nel carisma e nella missione salesiana, in “Rassegna CNOS” 19 (2003) 2, pp. 19-25. 4 Cfr. i contributi contenuti in L. VAN LOOY – G. MALIZIA (edd.), Formazione professionale salesiana. Memoria e attualità per un confronto, LAS, Roma 1997; IDEM (edd.), Formazione professionale sale- siana. Proposte in una prospettiva multidisciplinare, LAS, Roma 1998. Di particolare importanza il percorso riflessivo offerto puntualmente, in questi ultimi anni, dalla rivista “Rassegna CNOS” di Roma. P R EM ES SE . L e no st re in te nz io ni « a tu tt o to nd o» CAPITOLO 1 7 può non caratterizzarsi come un processo debitamente articolato, sistematico e flessibile, atto a promuovere l’uomo “integralmente”, nella sua dimensione etico- sociale e politica, con una sensibilità e apertura ai valori collegati al trascen- dente. In quest’alveo la FP s’innesta nel dinamismo congiunto della professiona- lità lavorativa e della cultura umanistica, non autoescludendosi dalle innovazioni tecnologiche e dal ricco patrimonio culturale della Nazione, dell’Europa e del Mondo. Così: «[...] la Federazione CNOS/FAP intende educare all’esercizio di una professionalità matura attraverso la proposta di una cultura: - che è professionale, in quanto è centrata sulla condizione produttiva in cui i sog- getti in formazione vivono e hanno da esercitare la loro capacità di lavoro; - che è umanistica, in quanto inquadra la professionalità in una concezione globale dell’uomo, radicalmente capace di costruire una storia a misura d’uomo e una con- vivenza sociale a servizio di una vita personale e comunitaria, civile e umanamente degna; - che è integrale, in quanto la professionalità e il lavoro ottengono la loro piena signi- ficatività nella dimensione etica e religiosa della vita, che in particolare motivano la ricerca e la solidarietà di tutti verso il bene comune e verso una storicità culturale aperta e stimolata dalla trascendenza»5. È sorprendente la consonanza di fondo che sta alla base delle intuizioni di Don Bosco e dell’evoluzione storica della FP. Senza indugiare sui dettagli, gli elementi di sintesi possono essere così riassumibili in termini di passaggi: � l’intenzionalità formativa si è spostata dal mestiere e dal lavoro alla persona e al ruolo sociale che essa è chiamata a ricoprire, da prestazioni puramente esecutive, ad una professionalità che partecipa responsabilmente alla pro- grammazione, al controllo e all’informatizzazione; � nella cornice dell’evoluzione plurisecolare della concezione di “lavoro”6, si parla sempre meno d’addestramento7 e sempre di più di CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 5 CNOS - FAP, Proposta formativa, Roma 1989, pp.27-28, n.5.1. L’Organizzazione Mondiale della Sanità nelle sue recenti Dichiarazioni (Jakarta 21-25 luglio 1997; Bangkok 11 agosto 2005) ha affermato che la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale, sociale. Si tratta di uno stato di sostanziale equilibrio dell’individuo dentro il suo ambiente vitale, di una dinamica armonia tra le varie sfere emotiva, fisica, psichica, relazionale, sociale e spirituale proprie della persona umana. Cfr. www.retehphitalia.it (13 novembre 2007). 6 Cfr. Cfr. G. BOCCA, Lavoro, in G. MALIZIA (coord.) – D. ANTONIETTI – M. TONINI, Le parole chiave della formazione professionale, pp. 143-144; G. TONOLO, Lavoro, in J.M. PRELLEZO – C. NANNI – G. MALIZIA (edd.), Dizionario di scienze dell’educazione, Elle Di Ci – LAS – SEI, Torino – Roma 1997, pp. 593-594. 7 Il concetto di “addestramento” è riduttivo, limitato alla sfera comportamentale, al “fare”, all’istru- zione tecnica e, solo di riflesso, orientato al soggetto in quanto persona umana e personalità in condi- zione di sviluppo (concentrazione che costituisce il proprium dell’educazione e della formazione). Non per nulla, nel linguaggio comune e non, si parla di “addestramento” nei confronti degli animali. Ana- loga è la distinzione preliminare tra “educazione” ed “allevamento” che fa J. MARITAIN nel suo famoso saggio L’educazione al bivio, La Scuola, Brescia 198624, p.14ss. In termini più precisi, l’addestramento sta ad indicare «l’insieme di azioni volte a far acquisire destrezza, comportamenti ben definiti in deter-8 formazione8, intendendo allargare la finalizzazione degli interventi promozionali dal semplice insegnamento di un mestiere ad un più arti- colato processo che coinvolge la sfera delle conoscenze, degli atteg- giamenti e dei comportamenti dei soggetti, compreso l’apprendistato o l’aggiornamento specialistico; � si opta più per moduli formativi sistematici ma flessibili, aperti e facilmente spendibili in più direzioni, che non per processi professionali rigidi destinati a saltare davanti a richieste di prestazione sempre mutevoli e a cangianti situazioni di produttività e di mercato nell’attuale assetto socio-economico; � si passa da un’intenzionalità formativa unilaterale, fissa e circoscritta, ad una intenzionalità complessiva, duttile e suscettibile d’ampliamento, mediante l’acquisizione di sensibilità al cambiamento e alla mobilità geografica e pro- fessionale, di capacità interattive nel team di lavoro, di motivazione nei con- fronti della continua riqualificazione oggi richiesta. Prova ne sia, ad esempio, che l’ultimo rapporto dell’UNESCO prospetta le “nuove” competenze esigite nel mondo del lavoro e delle professioni: «Anziché richiedere un’abilità, che essi vedono ancora troppo strettamente legata all’idea di cognizioni tecniche, i datori di lavoro richiedono la competenza, cioè un misto, specifico per ciascun individuo, d’abilità nel senso stretto del termine, acqui- sita attraverso la formazione tecnica e professionale, di comportamento sociale, di un’attitudine al lavoro di gruppo, e d’iniziativa e disponibilità ad affrontare rischi [...]. Tra queste qualità, l’abilità di comunicare, di lavorare con gli altri, di affrontare e risolvere conflitti sta diventando sempre più importante. Questa tendenza risulta accentuata dallo sviluppo delle attività di servizio»9. Preceduta dall’opera Etica della persona e del lavoro10, che costituisce un ampio e ricco repertorio di materiali (quasi un pozzo a cui attingere all’occorrenza), la seguente proposta è il risultato di una sperimentazione sul campo e di una ridefini- zione della mappa dei percorsi, confluito in questo agile testo per i formatori e nel- l’edizione di tre agili manuali per gli allievi, uno per ognuna delle tre aree tematiche: identità, relazionalità e progettualità. Essi costituiscono la novità più evidente di que- CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» minate situazioni e capacità concrete nel risolvere problemi specifici»: N. ZANNI, Addestramento, in J.M. PRELLEZO – C. NANNI – G. MALIZIA (edd.), Dizionario di scienze dell’educazione, p.25. 8 Per “formazione” si può intendere «un processo attraverso il quale delle persone possono acqui- sire, aggiornare o anche solo migliorare le proprie conoscenze e capacità, in vista di un esercizio più produttivo e responsabile di un’attività professionale»: N. ZANNI, Formazione professionale, in J.M. PRELLEZO – C. NANNI – G. MALIZIA (edd.), Dizionario di scienze dell’educazione, p.438. La finalità della FP è quella dell’autorealizzazione dell’uomo, nell’ambito lavorativo e occupazionale. Si noti la visuale più ampia e dinamica della FP e l’elemento “responsabilità” inserito nella descrizione su riportata con riflessi di natura etica e religiosa. 9 J. DELORS (ed.), Nell’educazione un tesoro. Rapporto all’UNESCO della Commissione Internazio- nale sull’Educazione per il Ventunesimo secolo (1996), Armando, Milano 1997, p. 83. 10 Cfr. G. RUTA (ed.), Etica della persona e del lavoro, CNOS-FAP, Roma 2004. 9 sta seconda edizione, dopo essere passata al vaglio della sperimentazione e aver riconsiderato il nuovo quadro normativo relativo all’istruzione e, in particolare, pre- stando maggiore attenzione alla porzione più svantaggiata che approda nei nostri CFP: drop-out della scuola, inoccupati/disoccupati, immigrati, disabili…11. 1.2. Il contesto: coordinate per una Proposta di CER Alcuni elementi di contestualizzazione servono a rendere ragione e, in qual- che modo motivare le scelte che stanno alla base della Proposta finalizzata all’accompagnamento nell’arco formativo professionale dei soggetti, in vista del- l’assimilazione, apprezzamento e riespressione dei valori fondamentali della per- sona, del lavoro, della convivenza democratica e dell’apertura al trascendente. 1.2.1. Il mondo giovanile, ossia la domanda Una proposta formativa, che si qualifica come ossequio alla dignità dei sog- getti e come servizio d’accompagnamento, reso con passione e competenza12, non può non partire dalla domanda dei giovani, dai loro bisogni, dalle loro richie- ste piò o meno epidermiche, dalla loro fondamentale ricerca di senso. In que- st’orizzonte si collega più a fondo l’interrogativo sull’identità dei giovani d’oggi, considerati più come “risorsa” che come “problema”. Non è impresa facile deli- nearne l’identikit. Basti pensare per un attimo ai cambiamenti avvenuti nella condizione giovanile in questi ultimi quarant’anni, per non rassegnarsi a sostare tranquilli su generalizzazioni definitive. Anche gli studiosi dei fenomeni giovanili avvertono da tempo un diffuso «disagio interpretativo»13. CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 11 Cfr. P. DEL CORE, Maturazione della personalità e orientamento, in L. VAN LOOY – G. MALIZIA (edd.), Formazione professionale salesiana, pp. 71-73; su scala europea: M. GENTILE, Successo for- mativo e abbandono scolastico. Indicatori, livelli europei di riferimento e strategie d’intervento, in “Rassegna CNOS” 23 (2007) 1, pp. 51-66. 12 Sulla centralità dei soggetti in formazione e sulla «qualità totale» che deve assumere la pro- posta educativa: cfr. B. AVATANEO, La qualità totale nelle Scuole e Centri salesiani, in L. VAN LOOY – G. MALIZIA (edd.), Formazione professionale salesiana, pp.183-190. 13 Cfr. R. MION, Giovani, in J. M. PRELLEZO – C. NANNI – G. MALIZIA (edd.), Dizionario di scienze del- l’educazione, pp.476-477; IDEM, Rassegna storico-bibliografica delle più importanti ricerche in sociologia della gioventù: 1945-1985, in “Orientamenti Pedagogici” 32(1985) pp.985-1034. Tra le recenti ricerche (dal 1985) sono da ricordare le più importanti: G. CALVI – L. PARISETTO, L’età della dipendenza. Ricerca Eurisko, Franco Angeli, Milano 1996; A. CAVALLI – A. DE LILLO (edd.), Giovani anni ‘80. Secondo rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia, il Mulino, Bologna 1988; IDEM, Giovani anni ‘90. Terzo rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia, il Mulino, Bologna 1993; C. BUZZI – A. CAVALLI – A. DE LILLO (edd.), Giovani verso il Duemila. Quarto rapporto IARD sulla con- dizione giovanile in Italia, il Mulino, Bologna 1997 (sigla: IARD 1997); COSPES (ed.), L’età incom- piuta. Ricerca sulla formazione dell’identità negli adolescenti italiani, Elle Di Ci, Leumann - Torino 1995; P. DONATI – I. COLOZZI (edd.), Giovani e generazioni. Quando si cresce in una società etica- mente neutra, il Mulino, Bologna 1997; C. BUZZI – A. CAVALLI – A. DE LILLO (edd.), Giovani del nuovo secolo. Quinto rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia, il Mulino, Bologna 2002 (sigla: IARD 2002); R. GRASSI, Giovani, religione e vita quotidiana, il Mulino, Bologna 2006.10 � I punti nevralgici della condizione giovanile Da un vaglio complessivo delle ricerche, tra gli aspetti più studiati e presi di mira dagli osservatori dei fenomeni giovanili sono: � la forte concentrazione su se stessi14 e la conseguente selezione delle propo- ste e delle offerte educative, formative e lavorative, socio-politiche ed istitu- zionali; � la ricerca, anche se silenziosamente sofferta, del rapporto con gli altri e le “diversità”; � la percezione tendenzialmente «presentista» del tempo. Nell’attuale configurazione socio-culturale, i giovani si stagliano sempre di più come “soggetti in cerca di definizione”, nello spazio e nel tempo. Più che a rilevarne però le ambiguità, è maggiormente proficuo registrare le ambivalenze della condizione giovanile: ad es. la forte soggettivizzazione presente nelle nuove generazioni, se da una parte può sconfinare nel soggettivismo e nell’au- torealizzazione narcisistica, dall’altra possiede delle potenzialità da valorizzare positivamente, in quanto possono far leva sull’autostima e sulla legittima valo- rizzazione delle risorse personali. Fortemente radicata nel presente, la visione dei giovani contemporanei tende sempre più di scrollarsi di dosso l’eredità del passato, ad essere “smemorata”15 e “disorientatata”16. Particolare fragilità viene rilevata nella ritrosia ad avanzare pretese progettuali a lunga gittata17, con scelte ipotecate da marcata reversibi- lità. Per i giovani d’oggi «fare esperienze interessanti nel presente è più impor- tante che pianificare il futuro»18. Tra i sintomi di quest’incertezza del senso storico, sta l’artificiosità assunta dal tempo libero, consumato più che valorizzato, evasivo più che vissuto, molte CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 14 Cfr. P. DONATI – I. COLOZZI (edd.), Giovani e generazioni, p.27. 15 Cfr. L. SCIOLLA – L. RICOLFI, Vent’anni dopo. Saggio su una generazione senza ricordi, il Mulino, Bologna 1989. 16 Con un indice più elevato di ottimismo, il quarto rapporto IARD 1997: «Quello che agli occhi di molti adulti, cresciuti in orizzonti sociali e culturali più consolidati, può sembrare un atteggiamento ripiegato sul “giorno dopo giorno, poi, si vedrà”, palesa invece una capacità di “adattamento non rinunciatario” alle opportunità e ai casi della vita in condizioni di incertezza che molti giovani sem- brano aver sviluppato in misura notevole» (p. 30). Il rapporto IARD 2002 è più disincantato quando rileva «una chiara ed evidente tensione verso la dimensione presentistica dell’esistenza e una certa difficoltà a prefigurare i propri percorsi futuri». E aggiunge: «Ciò lo si nota soprattutto osservando l’indeterminatezza delle scelte fino ai 24 anni, che probabilmente prospetta il prevalere di un orien- tamento pragmatico al proprio futuro» (p. 34). 17 Si è parlato da venti anni a questa parte di «rinvio delle grandi decisioni o opzioni fondamen- tali»: G. MILANESI, I giovani nella società complessa. Una lettura educativa della condizione giova- nile, Elle Di Ci, Leumann - Torino 1989, p.97. Cfr. A. MELUCCI, Giovani e lotta per l’identità (Intervi- sta a cura di G.C. De Nicolò), in CENTRO SALESIANO DI PASTORALE GIOVANILE (ed.), Ipotesi sui giovani. Oltre la marginalità e la frammentazione, Borla, Roma 1986, pp.49-54; F. GARELLI, La vita quoti- diana come compensazione, ibidem, pp. 89-105. 18 IARD 1997, p.29. cfr. IARD 2002, p. 64. 11 volte inibente e alienante più che liberante19. La “cultura del consumo” che mira al massimo profitto dei beni nell’“attimo fuggente”, coinvolge, di fatto, anche la sfera dei valori: le amicizie, gli incontri, le relazioni pubbliche e private, i riti liturgici come le esperienze mistiche (nuove religiosità e pratiche magiche), l’at- tività lavorativa (quando si ha la fortuna di svolgerla con sufficiente stabilità e dignitosità), perfino i significati ultimi. In uno slogan si potrebbe dire: “tutto e subito”. Tutto può essere consumato in un istante per tornare ad essere “quelli di prima”, “quelli di sempre”, magari con qualche tocco di “verniciatura fresca”, nel quadro di una personalità “a mosaico” o “a bricolage”20. Ciò che sembra caratterizzare l’intera e complessa situazione, è la tensione tra marginalità sociale21, frammentarietà22 e protagonismo giovanile. Lo spirito d’iniziativa e l’azione effettiva delle nuove generazioni appaiono originali, più sommersi e silenziosi, si direbbe di profilo “pacifista”, e certamente meno appa- riscenti rispetto a quelli del ‘68, in una continua ricerca di definizione. Ma, di tanto in tanto, quando affiorano fatti di cronaca inquietanti, come gli efferati delitti ad opera di giovani, registrati in questi ultimi tempi, si rimane attoniti di fronte agli eventi, punta emergente di un mondo sommerso, e spiazzati qualora si tenta di elaborare interpretazioni perlomeno plausibili. Non è facile fare paragoni con i precedenti target generazionali23. L’attuale condizione giovanile risente di particolari oscillazioni e origina movimenti imprevedibili e aperti a molteplici sviluppi24. Secondo il rapporto IARD 97, «per molti giovani (quasi i due terzi del campione) è molto importante “fare espe- rienze” prima di impegnarsi in un progetto o fare delle scelte che rischiano di diventare vincolanti e restringere gli orizzonti del loro futuro»25. � L’indicatore privilegiato del lavoro I rilievi fatti precedentemente si riflettono sul rapporto che i giovani hanno con l’attività lavorativa, sia dal punto di vista oggettivo con tutte le sfide e le precarietà, che il mondo attuale esibisce nei confronti delle nuove generazioni (come ad esempio la crescente disoccupazione, la dequalificazione dei titoli e CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 19 Cfr. G. MILANESI, I giovani nella società complessa, pp. 107-109; IARD 2002, pp. 425-437. 20 Cfr. P. MONTESPERELLI, La maschera e il «puzzle». I giovani tra identità e differenza, Cittadella, Assisi 1984. 21 Si intende per «marginalità» la condizione di impossibilità a partecipare o almeno ad influire sugli organi dirigenti della società e delle istituzioni. 22 Consiste nella dissoluzione di un unico centro culturale e in una globale decentrazione dei sistemi di significato: cfr. il volume culturalmente indicativo che, a partire dall’arte, rivela l’“anima” e i “misteri” del nostro tempo: H. SEDLMAYR, Perdita del centro. Le arti figurative del diciannovesimo e ventesimo secolo come sintomo e simbolo di un’epoca, Borla, Roma 1983. L’accentuato presen- tismo, la relativizzazione dell’esperienza passata, l’eccedenza delle opportunità di scelta sono i prin- cipali sintomi della frammentazione nell’individuo e nel tessuto sociale. 23 Cfr. R. INGLEHART, La rivoluzione silenziosa, Rizzoli, Milano 1983. 24 Cfr. G. MILANESI, I giovani nella società complessa, pp.43-52. 25 IARD 1997, p.28.12 delle abilità conseguite, i ritardi d’inserimento nel mondo lavorativo, la diffusione dell’occupazione irregolare, l’«area grigia del lavoro precario»26, la prospettiva del passaggio da un lavoro «compatto, definito e riconosciuto» ad uno «varie- gato, fluido e apolide»27...), sia dal punto di vista soggettivo, con le visioni e rea- zioni giovanili di fronte al lavoro e alla sua cultura (soprattutto come l’aumento di forme di frustrazione, inibizione, paura e sentimenti di colpa, calo dell’auto- stima, sensazione d’inutilità nelle nuove generazioni...)28. I fenomeni di disoccupazione non hanno quindi dei risvolti semplicemente economico-produttivi o di sostenimento tendente all’autonomia economica, ma si ripercuotono sull’intera personalità giovanile (liberazione di sé, autorealizza- zione, identità)29 e sull’intero equilibrio complessivo della società (solidarietà, convivenza pacifica e democratica). Lo scollamento tra sfera dei valori e attività lavorativa, ha prodotto oscillazioni perdenti, creando o culture tecnicistiche disumanizzanti o all’opposto culture assiologiche disincarnate. La separazione tra identità e lavoro, inoltre, non ha conferito ad entrambi maggiore qualità di vita e aderenza al momento attuale. Si può spiegare in questi termini una certa “disaffezione” dal lavoro da parte dei gio- vani, che può prendere la piega positiva nel tentativo di recuperare “dignità” e di cercare di adattarsi30, mediante l’atteggiamento di selezione delle opportunità in base a criteri di autorealizzazione e di funzionalità del lavoro in direzione di una migliore “qualità della vita”31. Infatti, se non si possono nascondere effetti preoc- cupanti, dovuti anche al non-lavoro (tossicodipendenza, delinquenza, vagabon- daggio...), vi sono in positivo forme imprenditoriali d’inventiva produttiva e di cooperazione che denotano una buona reattività e voglia di ripresa. CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 26 Cfr. M. AMBROSINI, Giovani e lavoro. Una transizione difficile, in “Rassegna CNOS” 12(1996) 2, pp.93-108. Cfr. IARD 2002, pp. 121-155. 27 A. ACCORNERO, Una transizione epocale per il mondo del lavoro, in “Rassegna CNOS” 15(1999) 1, p.14. 28 Cfr. G. MILANESI, I giovani nella società complessa, pp.58-59. In IARD 1992, si fa notare che gli «stereotipi del rifiuto» e del «conformismo», sottoposti a verifica in base ai dati ottenuti, si rive- lano infondati (cfr. p.43). Cfr. inoltre: M. AMBROSINI (ed.), La fabbrica dei giovani. Il lavoro dei gio- vani tra necessità e progetto, Edizioni Solidarietà, Rimini 1995; V. D’ALESSANDRO, Ethos giovanile e lavoro: senso del lavoro e strategie professionali in una società differenziata, Franco Angeli, Milano 1991; F. GARIBALDO (ed.), Il lavoro tra memoria e futuro. Nuovi modelli per l’Europa, Ediesse, Roma 1994; ISFOL, Rapporto ISFOL 1995. Formazione – Orientamento – Occupazione – Nuove tecnolo- gie – Professionalità, Franco Angeli, Milano 1995; ISFOL, Rapporto ISFOL 1998. Formazione e occu- pazione in Italia e in Europa, Franco Angeli, Milano 1998; P. ZURLA (ed.), Giovani, lavoro e conte- sto locale, Franco Angeli, Milano 1991. 29 Cfr. IARD 2002, p. 69. 30 Cfr. IARD 1997, pp.55-86. 31 «Gran parte dei giovani, avendo esorcizzato la preoccupazione per il posto di lavoro, appaiono molto interessati ai contenuti e alle modalità del lavoro ed esprimono una forte richiesta di auto- nomia, non temono la flessibilità del rapporto di lavoro, che anzi vedono con favore, prediligono la dimensione creativa del lavoro, in grado di favorire l’autorealizzazione personale, ricercano oppor- tunità di apprendimento e crescita professionale, allo scopo di poter esprimere al meglio le proprie capacità»: IARD 92, pp.46-47. 13 � L’impegno socio-politico L’impegno politico che caratterizzava gli anni a cavallo del ‘68, ha ceduto il passo ad altre forme di partecipazione sociale di cui il volontariato è l’espres- sione più diffusa, anche se vissuta da una pur ristretta cerchia di giovani. Si tratta di un impegno che da una parte accorcia le distanze tra sfera privata e pubblica e dall’altra incarna nuovi valori cui gran parte di giovani d’oggi dice di tenere. L’attenzione è rivolta non su grandi progetti politici o su teorie ideologi- che di ampio respiro32, ma sui bisogni sociali immediatamente colti, succinta- mente interpretati e soccorsi seguendo la linea della gratuità e dell’“episodico”, realizzato nel dopolavoro e nel dopostudio, assumendo generalmente una por- tata pubblica ed organizzata. La creatività del nuovo corso di sensibilità politica trova nelle “cooperative” una forma aggregativa di intervento nella sfera so- ciopolitica (anche se più al Nord e meno al Sud d’Italia). È in ogni caso un set- tore che, nel periodo denominato post-politico, lascia trasparire «una domanda di partecipazione politica seria, che prelude ad altri modi più flessibili che immaginare e vivere la dimensione della politica»33. Di fronte alle istituzioni per- mane una critica radicale, anche se questa contestazione non appare colorata da eclatanti cortei e segnata da scontri violenti o da pressioni fortemente ideo- logizzate34. Le nuove forme espressive di dissenso non consentono di utilizzare categorie del tipo «riflusso nel privato»35, preferendo altre categorie più ade- guate (ad es. «neo-individualismo», «cultura del narcisismo»36). La sfera relazionale giovanile appare tanto avvertita nella sua importanza vitale, quanto ristretta a corto raggio: «Vi è un sempre maggior rilievo dato alla vita di relazione ed ai rapporti interper- sonali, ma tali rapporti vengono vissuti ed agiti nel proprio intorno immediato; le dimensioni del collettivo, dell’impegno pubblico, delle cosiddette “virtù civiche” si spostano sempre di più sullo sfondo degli schemi valoriali che guidano i comporta- menti giovanili. Ne consegue un insieme di atteggiamenti e di orientamenti all’a- zione che sembra sempre più rinserrarsi nella ristretta cerchia degli affetti sicuri, delle certezze che derivano solo dallo stare insieme e dal sostenersi a vicenda tra chi condivide i nostri stessi criteri di giudizio, i medesimi modi di vita, lo stesso ambiente sociale. L’altro appare sempre più lontano, la società vene relegata nel retroscena»37. CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 32 Cfr. L. RICOLFI – L. SCIOLLA, Senza padri, né maestri. Inchiesta sugli orientamenti politici e cul- turali degli studenti, De Donato, Bari 1980; P. DONATI – I. COLOZZI (edd.), Giovani e generazioni, pp.177-183. 33 G. MILANESI, I giovani nella società complessa, p.102. 34 R. CARTOCCI, Diventare grandi in tempi di cinismo. Identità nazionale, memoria collettiva e fidu- cia nelle istituzioni tra i giovani italiani, il Mulino, Bologna 2002. 35 Cfr. F. FERRAROTTI, Una critica alle interpretazioni del mondo giovanile dal ‘77 a oggi, p.11. 36 Cfr. R. MION, Giovani, p.479. 37 IARD 2002, p. 48.14 � La domanda religiosa Osservando, poi, l’atteggiamento complessivo che il mondo giovanile ha nei confronti della religione, la sensazione che si prova è “ad imbuto”: «in un Paese dove oltre il 90% dei giovani sono cattolici, due terzi si dichiarano cre- denti, un terzo ritiene molto importante la religione nella propria vita e un terzo va regolarmente a messa. I giovani che sono religiosamente impegnati, sia che dichia- rino di esserlo in via generale sia che dichiarino di partecipare ad attività organizzate da associazioni religiose e da parrocchie, costituiscono, invece, una minoranza abba- stanza piccola, come pure quelli che nutrono molta fiducia nei sacerdoti»38. L’argomento del tramonto delle ideologie e la rinnovata proposta dell’associazionismo confessionale regge poco: sia per la non eccessiva quantità dei giovani che fanno parte di aggregazioni religiose ed ecclesiali, sia soprattutto per una concezione della vita presso adolescenti e giovani prevalentemente etica, fondata sui valori di giustizia, solidarietà e pace, più che su un senso re- ligioso (basato su una percezione dell’alterità: io-Tu trascendente) meno ancora se legato a forme istituzionali. La religiosità dell’età adolescenziale è in continuo cambiamento e tendente all’individualismo man mano che si va avanti negli anni verso l’età giovanile ed adulta: «Circa nove adolescenti su dieci del nostro campione, nel momento in cui sono stati sollecitati ad autocollocarsi, non sembrano escludere dalla maturazione della loro identità il riferimento ad un sistema simbolico religioso, per quanto misurato e fil- trato dalla propria soggettività. Dunque anche il sottosistema simbolico della religio- sità n’è coinvolto. E ne subisce pure le alterne vicende: di moratoria e di esplora- zione, di ricerca e sperimentazione, di congelamento e accantonamento; ma anche di progressiva soggettivizzazione»39. Nell’ambito del società italiana più cattolica che religiosa, più religiosa (o cat- tolica) che credente40, la tendenza di fede degli adolescenti e giovani è più orien- CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 38 IARD 1997, pp.221-222. La percentuale dei cattolici si è abbassata secondo i dati di IARD 2002: «I giovani italiani “di fede cattolica” sono circa l’80%, i giovani “di altre fedi” sono il 3% e i giovani “senza fede” sono circa il 16%» (p. 367). 39 COSPES (ed.), L’età incompiuta, p.174. Il rapporto IARD 1997, seguendo altri criteri tipologici, divide il giovani in tre poli: «religioso» (43,8%), «non religioso» (13,5%) e la cosiddetta «zona gri- gia» che esprime incoerenze negli atteggiamenti fondamentali (credenze, soggettività, socializza- zione, comportamenti etici: cfr. IARD 1997, p.215) che caratterizzano la religiosità (cfr. IARD 1997, pp.224ss.). Analoghi risultati e interpretazioni sono dati da IARD 2002, p. 375. Il peso dato alla religione non appare rilevante rispetto ad altri valori: cfr. P. DONATI - I. COLOZZI (edd.), Giovani e generazioni, pp. 197-200; IARD 2002, pp. 41-48. 40 Cfr. IARD 1997, pp. 223-224. «L’atteggiamento dei giovani italiani nei confronti della credenza nel Dio personale della tradizione giudaico-cristiana è simile a quello della popolazione italiana nel suo complesso» (IARD 1997, p.216). I dati sono, quindi, da leggere nel contesto socio-culturale più ampio a livello nazionale e oltre: cfr. F. GARELLI, Religione e Chiesa in Italia, il Mulino, Bologna 1991; IDEM, Forza della religione e debolezza della fede, il Mulino, Bologna 1996; IDEM – M. OFFI, Fedi di 15 tata a Dio o a “qualcos’altro”, che a Gesù Cristo, è più teista che cristiana, più etica che religiosa, più interiore o meglio intimistica che esteriore o comporta- mentale, più femminile che maschile. Essa è complessivamente legata più alle relazioni che ai contenuti religiosi e di fede. � Complessivamente Da quanto è stato finora detto, nel mondo giovanile appaiono ambivalenze o ambiguità, contraddizioni ed alternanze, che rispecchiano fedelmente la società complessa in cui viviamo. Indicatore di rilievo è la configurazione multietnica, multiculturale e multireligiosa dell’attuale struttura socio-ambientale, condizione che favorisce e incrementa l’atteggiamento possibilista e plurimo dei giovani. Le istituzioni educative e formative che si pongono al servizio dell’uomo e della società, in una cultura non più “trasmissiva” ma “ermeneutica”, sono chiamate ad «offrire simultaneamente le mappe di un mondo complesso in perenne cam- biamento e la bussola che consenta agli individui di trovarvi la propria rotta»41. La formazione professionale, attenta a quest’urgenza, non può non aiutare l’adolescente, il giovane e il giovane-adulto a costituirsi come «personalità pro- spettica» che: • vive con particolare intensità l’attimo presente senza fughe nel passato e senza evasioni nel futuro (ego prospettico come confluenza armonica di impulsione e propulsione); • possiede la memoria del passato e ne assume l’eredità positiva (ego impulsivo); • intravede progetti per il futuro e nutre la fiducia di attuarli (ego propulsivo)42. Come si vedrà più avanti l’individuazione delle tre aree di contenuto (iden- tità – relazionalità – progettualità) è anche motivata a partire da quanto intra- visto finora. 1.2.2. Il progetto formativo globale ossia la risposta ideale L’urgenza di riconsiderare il Progetto Educativo Globale dei CFP43 e di rilan- ciarlo44 è stata avvertita da un po’ di tempo a questa parte, anche per dispie- CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» fine secolo. Paesi occidentali e orientali a confronto, Franco Angeli, Milano 1996; La religione degli italiani [sezione monografica con contributi di F. Garelli, E. Pace, G. E. Rusconi, C. Ossola], in “il Mulino” 52 (2003) 5, pp. 814-845; F. GARELLI – G. GUIZZARDI – E. PACE (edd.), Un singolare plurali- smo morale e religioso degli italiani, il Mulino, Bologna 2003. 41 J. DELORS (ed.), Nell’educazione un tesoro, p.79. 42 Cfr. G. TONOLO, Prospettiva temporale nell’adolescenza, in “Rassegna CNOS” 10(1994) 1, p.52, riportando il saggio di: H. THOMAE, Das individuum und seine Welt. Eine personlichkeittheorie, Hografe, Göttingen 1968. 43 Cfr. Proposta formativa, p.6, n.1.5. 44 Cfr. MALIZIA G., Il nuovo progetto formativo del CFP, asse portante del cambio organizzativo, in “Rassegna CNOS” 12(1996) 1, pp.27-42.16 gare, valorizzandole quanto più possibile, tutte le risorse disponibili e per evi- tare dispersioni di energie nell’azione formativa portata avanti con grande gene- rosità e ingente sforzo dai Centri. Progettare (o riprogettare, come nel nostro caso) è, innanzi tutto, intesa di convergenza per il perseguimento della finalità formativa, formulata tradizional- mente da Don Bosco con l’espressione «onesti cittadini e buoni cristiani». Essa ha potuto subire l’usura del tempo ed è diventata forse un luogo comune; va, quindi, adeguatamente riespressa. Le parole “onesti cittadini” andrebbero inte- grate o esplicitate con i valori della dignità, della coscienza, della libertà, della giustizia, della legalità, della laboriosità, della solidarietà e della responsabilità professionale, come l’inciso “buoni cristiani” andrebbe ripensato in riferimento ai valori della consapevolezza della fede, della criticità, della creatività, dell’opero- sità, della visione cristiana della vita... Questa finalità educativa va rivisitata, inoltre, nell’orizzonte culturale d’oggi, segnato dalla multiculturalità, dalla multireligiosità e dal processo vigente di scristianizzazione. Questi fenomeni richiedono simultaneamente: � l’accoglienza delle diversità culturali e religiose45 che tendono ad aumentare in numero e in concrete forme sincretistiche anche nel nostro territorio; � la promozione educativa dei soggetti giovanili cui si offre un rinforzo duplice: formarsi ad una mentalità riflessiva e critica di fronte agli interrogativi etici, religiosi e di fede che il mondo d’oggi pone, con la libertà di introdursi più profondamente nell’esperienza di fede (annunciata, celebrata, vissuta). In questa luce, i quattro punti cardinali che orientano e rendono dinamico il progetto formativo di un CFP46 sono: CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 45 Sulla sintonia tra dialogo interreligioso e metodologia educativo-pastorale salesiana: cfr. F.-V. ANTHONY, Gli allievi non cristiani nelle Scuole e Centri salesiani, in L. VAN LOOY – G. MALIZIA (edd.), Formazione professionale salesiana, p.367-369. 46 Cfr. Proposta formativa, p.10, n.2.8. 17 visione cristiana del lavoro e della vita «sistema preventivo» organicità di interventi mirati a risolvere problemi e situazioni formazione professionale (finalità e obiettivi) Se a livello nazionale va ridisegnato il Progetto Educativo Globale del CFP, in tale quadro, a livello locale, va elaborato (o riedito) il progetto formativo dei singoli CFP47: � interpretando le domande e le risorse del territorio; � individuando sistemi e strutture necessari ad una risposta articolata; � programmando e verificando i percorsi formativi e gli interventi già in atto; � instaurando il dialogo con tutte le forze del territorio disponibili a collabo- rare o a contribuire in vario modo all’opera formativa dei Centri. Ne consegue una riconsiderazione del piano specifico della CG e della CER in particolare48. 1.2.3. La Cultura Generale nel progetto formativo globale L’aspetto propriamente critico-riflessivo viene affidato, nell’ambito della FP, alla disciplina CG49, ma occorre tener presente che la FP non si compone di saperi teorici e tecnici frammentati, “a compartimenti stagno”. Come dimensione trasversale che pervade ogni ambito e che concretizza la finalità culturale della FP, la CG tende a favorire negli allievi «sintesi personali di conoscenze, abilità, capacità, motivazioni, significati all’interno di una modalità fondamentale del porsi della persona che indichiamo con il termine “identità personale”»50. A que- sto significato centrato sul soggetto, bisogna aggiungere quello “oggettivo”, del “già dato” culturale nel quale l’uomo è inserito e dentro il quale è chiamato ad assimilare e giudicare, personalizzare e discernere, interpretare e riesprimere idee, valori, ideali, stili di vita, attività lavorative ecc.51 Punto nevralgico di tale sintesi culturale è il lavoro e la professionalità, visti non come semplice attività riduttiva o meramente produttiva, ma come «attività tipicamente umana che coinvolge la persona in tutte le sue dimensioni (ideativa, cognitiva, razionale, motivazionale, etica...), che opera quale stimolo potente in direzione della stessa ridefinizione dell’identità personale»52. Il «successo forma- tivo» è l’esplicitazione, uno dei frutti più visibili ed attesi, dei processi formativi CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 47 Cfr. Proposta formativa, p.8, n.2.5. 48 Cfr. Progetto Educativo Nazionale dei SDB e delle FMA, Roma 1995, pp.85-86. Inoltre, per un tracciato di revisione continua del progetto formativo cfr. l’accluso Allegato 3. 49 Sulla verifica della Guida curriculare della CG: cfr. C. NANNI, La «Nuova Guida di Cultura Gene- rale» per i CFP del CNOS/FAP, in “Rassegna CNOS” 7(1991) 3, pp.89-105. 50 G. BOCCA, Contenuti, metodi e modello culturale della Cultura generale nella Formazione Pro- fessionale, in “Rassegna CNOS” 10(1994) 3, p.53. 51 Dal punto di vista della normativa italiana circa la formazione professionale, viene registrato il passaggio dalla considerazione del soggetto come “lavoratore” a quella più ampia di “cittadino”, per giungere più recentemente alla considerazione integrale del soggetto come “persona”: CNOS/FAP NAZIONALE (ed.), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla com- pilazione dei sussidi, CNOS/FAP, Roma 20062, pp. 8-9; G. BERTAGNA, Dall’istruzione tecnica e profes- sionale al sistema educativo dell’istruzione e formazione professionale. Note storiche, pedagogiche e ordinamenti, in “Rassegna CNOS” 22 (2006) 3, pp. 24-55. 52 G. BOCCA, Contenuti, metodi e modello culturale della Cultura generale nella Formazione Pro- fessionale, p.54. La Dottrina Sociale della Chiesa (cfr. Laborem exercens e Sollecitudo rei socialis) si muove in tale direzione umanistica e, insieme, umanizzante.18 attivati nell’ambito più estensivo ed intensivo della personalizzazione53. Volendo esprimere tale finalità della CG in competenze54 e rifarsi ai tre indi- catori della domanda giovanile (cfr. 1.2.1) e anticipare in qualche modo le tre aree contenutistiche di CER (cfr. 2.2), tenendo presente il quadro normativo attuale55, in particolare il Profilo educativo culturale e professionale (PECUP)56 e gli OSA57, le indicazioni contenute nel Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione, si ha: CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 19 53 Cfr. CNOS/FAP NAZIONALE (ed.), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA), p. 9; D. NICOLI, La personalizzazione dei percorsi formativi, in “Rassegna CNOS” 19 (2003) 1, pp. 24-38. 54 Cfr. il chiaro e puntuale intervento di M. PELLEREY, Competenze di base, competenze chiave e standard formativi, in “Rassegna CNOS” 22 (2006) 2, pp. 67-89. 55 Cfr. Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1 comma 622-624; Decreto 22 agosto 2007, n. 139 Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione. Cfr. in generale: D. NICOLI (ed.), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, CNOS/FAP-CIOFS/FP, Roma 2004. In particolare: G. TACCONI, Lo schema del Decreto sul secondo ciclo: l’insegnamento della religione cattolica nel sistema dell’istru- zione e formazione professionale, in “Rassegna CNOS” 21 (2005) 2, pp. 182-196. 56 Cfr. C. NANNI, Il profilo educativo, culturale e professionale del secondo ciclo. Aspetti e limiti, con particolare attenzione all’istruzione e alla formazione professionale, in “Rassegna CNOS” 20 (2004) 1, pp. 11-27; SERVIZIO NAZIONALE PER L’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA, Insegnamento della religione cattolica: il nuovo profilo, La Scuola, Brescia 2006. 57 Cfr. C. BISSOLI, I nuovi obiettivi specifici di apprendimento per l’Irc, in G. MALIZIA – Z. TRENTI – S. CICATELLI (edd.), Una disciplina in evoluzione. Terza ricerca nazionale sull’insegnante di religione cattolica nella scuola della riforma, Elle di Ci, Leumann Torino 2005, pp. 183-199. • conoscenza delle proprie capacità/debolezze sul piano intellettuale, affettivo, spirituale e fisico • fiducia in se stessi e autonomia • accettazione delle critiche, ricavandone beneficio • spirito di iniziativa • capacità di ragionamento logico e di risolvere problemi • attitudine a farsi carico delle proprie emozioni • comprensione e sviluppo delle capacità fisiche e di salute • sviluppo di particolari abilità manuali • comprensione e senso degli altri • attitudine all’autocontrollo e all’accettazione delle regole di un gruppo o di una struttura organizzata • capacità di cooperare con gli altri in un compito comune • capacità di ascolto e di comprensione degli altri • capacità di comunicare oralmente o per iscritto idee, ragionamenti e argomentazioni, progetti operativi, relazioni tecniche • attitudine ad autoprogettarsi e ad investire risorse per il futuro • capacità di prendere decisioni • responsabilità etica e capacità di previsione degli effetti dell’attività lavorativa • capacità di esprimere giudizi etici sulla vita e l’attività professionale • apertura e adattamento a nuove forme lavorative • flessibilità di fronte a novità tecnologiche e aggiornamenti richiesti • motivazione nell’auto-aggiornamento e nella formazione permanente • abilità alla progettazione, pianificazione e organizzazione lavorativa 1. Identità Area Competenze e capacità cognitive 2. Relazionalità 3. Progettualità Queste considerazioni di fondo comportano una concatenazione organica e logico-strutturale che non lascia dubbi58. Il CFP intende essenzialmente trasmet- tere e promuovere la «cultura», sotto l’angolatura della professione e del lavoro, e favorire nei singoli giovani una sintesi vitale ed in tutti una sensibilità comune ai valori culturali (personalizzazione59). L’alternanza scuola-laboratorio garanti- sce il perseguimento della finalità60. M. Tonini così esprime a grandi linee l’orien- tamento di fondo che guida le scelte epistemologiche e didattiche: «L’esigenza fondamentale, in questo momento, ci sembra, tuttavia, più che la defi- nizione di nuovi contenuti, classicamente individuati nel mistero di Dio, dell’uomo, del Cristo, della Chiesa, della vita morale e, quanto alle fonti, della Bibbia, soprat- tutto la determinazione della modalità di declinazione di questi contenuti nella pro- gettazione dei piani di studio personalizzati. È a questo livello che il formatore si misura con una proposta di umanesimo cristiano – quale quella delle istituzioni for- mative che hanno come riferimento la dottrina sociale della Chiesa – che egli espli- citerà a partire dall’esperienza concreta del giovane fino a raggiungere, a livello spe- cifico o in forma interdisciplinare, temi propri della religione in termini storici, cultu- rali ed esistenziali. Tradurrà questi temi, alla luce del PECUP e delle Indicazioni Regio- nali, in unità di apprendimento, traendo spunto non solo dal vissuto formativo ma anche dal tessuto sociale in senso lato (famiglia, mondo civile, mondo religioso), e concorrerà, anche per questa via, alla compilazione del portfolio, il nuovo strumento che raccoglie e documenta il processo di crescita del giovane»61. 1.2.4. La dimensione etico-religiosa nell’ambito della Cultura Generale Tra gli obiettivi specifici della CG e tra i contenuti da affrontare, assume un particolare rilievo la “dimensione religiosa ed etica”. Questa rilevanza, recepita dalla Guida curriculare dei CFP, è motivata principalmente dal fatto che l’esclusione della religione cattolica e delle sue implicanze etiche dagli CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 58 Cfr. G. TACCONI, Lo schema del Decreto sul secondo ciclo: l’insegnamento della religione catto- lica nel sistema dell’istruzione e formazione professionale, p. 185ss. 59 Cfr. D. NICOLI, Personalizzazione, in G. MALIZIA (coord.) – D. ANTONIETTI – M. TONINI, Le parole chiave della formazione professionale, pp. 178-179; M. PELLEREY, Valutazione, Ibidem, pp. 244-246. 60 In Italia la Riforma scolastica (con i risvolti che comprendono anche la FP) ha registrato, pur- troppo, un processo travagliato e tuttora permane in uno stato di fluidità. Ci permettiamo di riman- dare ad alcuni essenziali riferimenti e a richiamare nella trattazione i punti che sembrano maggior- mente consolidati: cfr. Legge quadro in materia di riordino di cicli dell’istruzione (14 gennaio 1997); Legge n. 59 sull’autonomia delle Istituzioni scolastiche (17 marzo 1997), Legge n. 53 Delega del governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle presta- zioni in materia di istruzione e formazione professionale (28 marzo 2003); Accordo Stato-Regioni su istruzione e formazione (19 giugno 2003), fino ad arrivare all’accordo MIUR-CEI sugli Obiettivi Specifici di Apprendimento (OSA): DPR n. 121 (30 marzo.2004: Scuola dell’infanzia); DPR n. 122 (30 marzo 2004: Scuola primaria); DPR n. 305 (14 ottobre 2004: Scuola secondaria di I grado); DPR n. 39 (16 gennaio 2006: Scuola secondaria di II grado). Cfr. G. MALIZIA – C. NANNI, Lo scena- rio della riforma, in G. MALIZIA – Z. TRENTI – S. CICATELLI (edd.), Una disciplina in evoluzione, pp. 23- 45; C. NANNI, La riforma della scuola: le idee, le leggi, LAS, Roma 2003; I. FIORIN – D. CRISTIANINI (edd.), Le parole dell’autonomia, Petrini, Torino 1999. 61 M. TONINI, Irc e Idr nel sistema dell’Istruzione e formazione professionale, in G. MALIZIA – Z. TRENTI – S. CICATELLI (edd.), Una disciplina in evoluzione, pp. 216-217.20 elementi storico-culturali che caratterizzano l’identità italiana, comporterebbe ipso facto, non solo un marginale impoverimento, ma una mutilazione irrime- diabile. Il patrimonio nazionale, nei suoi valori fondamentali e nelle molteplici manifestazioni letterarie, pittoriche, scultoree, architettoniche, musicali, sarebbe destinato all’incomprensibilità senza il riferimento alla dimensione religiosa della vita e alla forma “storica” della religione cattolica. La dimen- sione etico-religiosa, inoltre, costituisce per i soggetti un fattore di integra- zione personale e di un’armonica identità e contribuisce, secondo il suo “spe- cifico”, a perseguire le finalità della FP. La CER offre, così, un apporto singo- lare ed insostituibile62. � Alcuni interrogativi previ Alcuni interrogativi si sono imposti alla considerazione dei collaboratori, sin dall’inizio dell’elaborazione di queste Linee-guida di cultura etico-religiosa. • Innanzitutto la CER, sia essa strutturata autonomamente sia inserita nella CG, è presente in varie forme, talvolta appare in forma latente, di rado è completamente assente nei CFP. Ci si può legittimamente domandare: è questa sintomo di una «laicità esasperata» e anacronistica? La dimensione etico-religiosa fa parte della CG o è un corpo estraneo, mal sopportato? Viene percepita e considerata nel progetto globale del CFP? • Talvolta si assiste ad una perdurante etichettatura “laicista” della proposta formativa dei CFP, in nome del dialogo o dell’accettazione di essa nell’ambito socio-culturale. Qualche volta si preferisce parlare di cultura etica senza alcun riferimento alla sfera religiosa. Ci s’interroga: è possibile una “cultura etica” areligiosa? Fino a che punto corrisponde alla tradizione salesiana e all’onestà di presentazione della proposta senza ammiccamenti e sotterranee intenzionalità? • La situazione dei CFP si presenta variegata nella “regolarità” e nella “siste- maticità” della CER all’interno dell’attuazione della proposta formativa: quali modalità d’insegnamento/apprendimento vengono attuate? In trasversale (lungo tutto l’anno per ricorrenti ore settimanali) o in forma modulare (per un complessivo numero d’ore in forma intensiva nella CG)? � L’esplicitazione del “luogo formativo” della CER La CER, all’interno del quadro formativo e della disciplina di CG, «nell’oriz- zonte di una cultura della professione e del lavoro al fine di stimolare la ricerca dei significati ultimi di essi»63, coglie gli aspetti concreti della “religiosità” e della CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 62 Cfr. M. TONINI, Educazione religiosa e insegnamento della Religione Cattolica nel sistema di Istruzione e formazione professionale, in “Rassegna CNOS” 19 (2003) 3, pp. 40-57. 63 Cfr. Guida curriculare; Proposta formativa, p.30; n.5.4.1; Progetto educativo nazionale, p.53, n.5.3.1. 21 “religione”64 (in particolare cristiano-cattolica) che caratterizzano la cultura ita- liana, nel confronto aperto alle dimensioni europea e mondiale65. Mentre in altri contesti nazionali la legittimazione “culturale” dell’IRC in ambito scolastico o della CER in ambito della FP viene dichiarata da dettami costituzionali, in Italia la legittimazione di essa si staglia in un regime giuridico di Concordato tra Santa Sede e Stato Italiano (18.02.1984). L’art. 9 comma 2 afferma la connotazione culturale dell’IRC nella scuola italiana: «La Repubblica Italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del Cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo ita- liano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie d’ogni ordine e grado». Non è possibile liquidare in poche battute una questione che si protrae da più di un secolo. Le ragioni che si adducono sul “perché” insegnare IRC nella scuola ita- liana sono molteplici, come varie sono le argomentazioni apportate contro. Anche nei CFP è stato avvertito il problema, emblematizzando la sua “identità laica”. Que- sto ha condotto nelle nostre strutture professionali ad un’emarginazione della CER propriamente detta66. Forse si pensa ancora che il “fatto religioso” e il “fatto cri- stiano” siano “proprietà privata” e non siano rilevanti a fini di un corretto discorso culturale. Tale atteggiamento non è ormai anacronistico, incaponendosi nell’essere “più laici dei laici”? La precedente Guida curriculare aveva recepito questa istanza culturale, la realtà concreta ha stentato a farla propria. Non si può addurre come motivo di questa “latenza religiosa” nell’ambito della CG, il fatto che tutto l’anno è costellato di momenti formativi che hanno a che fare con la sfera del sacro e del religioso (ad es. giornate di spiritualità, tridui, novene, festività liturgiche e sale- siane...), sia perché sono segnate dall’occasionalità, sia perché l’approccio rifles- sivo-culturale sistematico appare alquanto ridotto e improprio. Lo “specifico” della CER consiste in un approccio culturalmente qualificato e scientificamente condotto della tradizione cristiano-cattolica in se stessa, in rapporto alle altre confessioni o religioni e alle diverse visioni dell’uomo, della vita e del mondo. Di conseguenza l’intenzionalità formativa propria della CER, in quanto disciplina profes- CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 64 Per “religiosità” si intende la dimensione “soggettiva” dell’uomo che percepisce il senso del suo limite e del trascendente; per “religione” invece la dimensione “oggettiva”, cioè il sistema di cre- denze e di pratiche che stanno alla base di una istituzione religiosa. La “fede”, nella accezione cri- stiana, è chiamata di Dio alla comunione con sé e degli uomini tra di loro e risposta personale del- l’uomo alla sua iniziativa. La distinzione tra “religiosità” e “religione” è di carattere teorico; nella realtà non è così netta, perché i livelli si intersecano di fatto: cfr. L. PRENNA, L’uomo religioso, in Z. TRENTI – F. PAJER – L. PRENNA – G. MORANTE – L. GALLO (edd.), Religio. Enciclopedia tematica dell’edu- cazione religiosa, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1998, pp.83-110. 65 Il percorso sperimentale d’istruzione e formazione professionale rimanda a due documenti impor- tanti: a) la definizione degli standard formativi minimi relativi alle competenze di base, sanciti nella con- ferenza Stato-Regioni del 15 gennaio 2004; b) I saperi e le competenze per l’assolvimento dell’obbligo d’istruzione esplicitati nel decreto del 22 agosto 2007, n. 139. Il CNOS-FAP, durante la sperimentazione ha valutato e valuta tuttora idonea la collocazione della CER all’interno dell’area storica e sociale. 66 Nonostante che a livello di principio la CER sia ritenuta importante, i risultati rilevati sul campo sono per nulla confortanti: cfr. L. VAN LOOY – G. MALIZIA (edd.), Formazione professionale salesiana. Memoria e attualità per un confronto, pp. 14-15; 112-133; 162; 328-329. 22 sionale, non mira tanto a sviluppare la religiosità nel soggetto, obiettivo che rientra nel progetto globale e che è perseguibile attraverso modalità educative particolari, quanto ad un approccio ottimamente “distanziato” per conoscere e apprezzare la sfera reli- giosa, i suoi valori e le sue molteplici manifestazioni. Tutto ciò comporta lo sviluppo negli allievi di tutte quelle competenze riconducibili ai seguenti tre indicatori: � la lettura e l’interpretazione degli elementi religiosi della cultura, � l’apprezzamento dei valori del cristianesimo, � con particolare riferimento al lavoro e alla professione. Durante tutto l’anno gli allievi possono partecipare a momenti educativi di scoperta/riscoperta e crescita della fede, ma la dimensione etico-religiosa nel quadro delle finalità dei CFP va oltre. Essa: «è vista e voluta come parte integrante della formazione professionale, in quanto aiuta a cogliere le ragioni profonde e il significato plenario della attività lavorativa, della vita pro- fessionale e della formazione ad esse, nell’insieme della vita professionale e comunitaria. [...] Più specificatamente, almeno a livello intuitivo, si cerca di riferire e di connettere tale dimensione religiosa nell’orizzonte di una cultura della professionalità e del lavoro, con il fine di stimolare la ricerca dei significati ultimi per tali dimensioni umane e civili»67. Il CFP intende essenzialmente trasmettere e promuovere la “cultura”, sotto l’angolatura della professione e del lavoro; la CER, all’interno del quadro forma- tivo e della CG, offre un articolato approccio alla “religiosità” e alla “religione” come essenziali indicatori culturali. CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 67 C. NANNI, La pedagogia della formazione professionale salesiana, in L. VAN LOOY – G. MALIZIA (edd.), Formazione professionale salesiana, pp.164-165. 23 CULTURA «RELIGIOSA» Sistema organico e complesso che forma l’identità di un popolo, di una società, di un gruppo con- sistente di persone, segnata da un fondamentale rapporto con il Trascendente, originando nuovi significati e modifiche culturali � area cognitiva: valori religiosi (idee, stereotipi, pregiudizi che stanno alla base dei com- portamenti religiosi...) � area esperienziale: interpre- tazione religiosa dell’esi- stenza umana (senso della vita: desideri, ansie, lotta, speranze, dolori, morte...) � area simbolica: produzione e attuazione di gesti, segni, riti, simboli che esprimono e comu- nicano il sistema dei valori e il quadro interpretativo CULTURA Sistema organico e complesso che forma l’identità di un popolo, di una società, di un gruppo con- sistente di persone � area dei valori (idee, stereo- tipi, pregiudizi che stanno alla base dei comportamenti...) � area dei significati (motivi per vivere, lavorare, guardare al futuro e significato delle per- sone, delle relazioni, degli avvenimenti, delle cose...) � area della comunicazione (comportamenti, gesti, segni, simboli che esprimono e tra- smettono i valori e il sistema dei significati: oralità, scrit- tura, arte, riti, musica...) DEFINIZIONE ELEMENTI In ordine alla maturazione del soggetto, la CER offre stimoli per risvegliare gli interrogativi profondi dell’esistenza umana, per dilatare la visione della realtà che lo circonda e per approfondire la lettura della storia umana come ambito in cui ogni uomo esperimenta la sua libertà, la reciprocità con gli altri uomini, la responsabilità comune di costruire un mondo più umano e la posizione da assu- mere nei confronti del Trascendente. In ordine all’oggetto proprio della disciplina, la CER consta di un’indagine cul- turalmente fondata dell’esperienza storica del cristianesimo, secondo la tradi- zione cattolica; nello specifico contesto territoriale nazionale essa è la “forma religiosa” più importante, oltre che la più diffusa, segnata da una particolare concezione di Dio, dalla mediazione “unica” del Cristo e dal contesto ecclesiale che la caratterizza. A tale scopo non può essere eluso il contatto diretto con le fonti della fede cattolica (bibbia, documenti ecclesiali, scritti vari...) e le molte- plici testimonianze culturali che la caratterizzano, perché gli allievi abbiano un approccio globale all’evento cristiano: alle sue origini, agli avvenimenti principali che hanno segnato la sua storia e alla sua attuale configurazione carismatica e istituzionale, al messaggio e alla dottrina, al culto e agli orientamenti etici, al lin- guaggio e alle relazioni con il mondo, alla speranza di cui il cristianesimo è por- tatore. In ordine all’ambiente CFP, la CER, ricorrendo ai metodi e facendo uso degli strumenti propri della formazione professionale, contribuisce all’opera culturale d’analisi, di ricognizione critica e d’interpretazione, di promozione di capacità progettative che devono contraddistinguere l’apprendimento specifico e diversi- ficato da altre esperienze d’educazione dell’uomo (come quella “scolastica” e la formazione “permanente”). � Per una visione “culturale” ampia e specifica «Dalle risposte del personale e degli allievi/utenti emerge un giudizio sufficiente- mente positivo dell’efficacia educativo-pastorale delle SCTP salesiane e questo garantisce la significatività della nostra presenza in tali generi d’opere. Al tempo stesso, l’evangelizzazione appare focalizzata sull’offerta d’alcune attività religiose a cui prende parte la gran maggioranza degli alunni (insegnamento della religione, feste, celebrazioni, incontri di preghiera), piuttosto che sulla trasmissione di una cul- tura ispirata ai valori evangelici»68. Tra CG-CER e “momenti liturgici e catechistici” previsti o prevedibili nell’am- bito del progetto globale dei CFP c’è un rapporto di distinzione e non di separa- zione, di specificità (che evita confusioni e duplicazioni) nella complementarità CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 68 L. VAN LOOY – G. MALIZIA, Una sintesi in trasversale, in IDEM (edd.), Formazione professionale salesiana, p.401. Inoltre, più avanti a p.416, viene caldeggiato «uno sforzo ulteriore per integrare profondamente e di fatto l’educazione religiosa nei processi propri» dei CFP.24 progettuale e non nell’esclusione69. Sarebbe un danno che il formatore di CG, oltre alla lamentata stringatezza dei tempi tecnici per svolgere il curricolo, indu- giasse su elementi propriamente catechistici di “iniziazione alla fede o ai sacra- menti”. Non è questo il suo compito nell’ambito della CG. Ciò potrà essere recu- perato in altri contesti previsti o prevedibili in sede di programmazione forma- tivo-professionale nello spirito del PFG. Non va, inoltre, dimenticato che la CR si colloca all’interno del modello for- mativo proprio della FP dei percorsi triennali sperimentali di Istruzione e Forma- zione professionale, in particolare nel quadro delle competenze di base70. Le competenze, le abilità/capacità e le conoscenze della CR si integrano specifica- tamente nell’asse storico-sociale, secondo il seguente quadro tratto dal Dossier della sperimentazione in atto, a livello nazionale, in seno al CNOS-FAP: CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 69 Questa chiarificazione ha il pregio di garantire la «proposta educativa» dell’Ente Erogatore (confessionalità e salesianità) e nello stesso tempo di mostrarsi rispettosa degli effetti educativi diversificati che gli allievi possono raggiungere: da un minimum «a sfondo antropologico-professio- nale» (cittadino onesto) valido per tutti indistintamente a livelli specifici di appartenenza culturale e confessionale (“buon cristiano” cattolico, protestante, ortodosso, “buon musulmano”...). 70 Cfr. Decreto MPI n. 139 (22.08.2007), in “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” (31.08.2007) pp. 4-5. 25 ASSE STORICO-SOCIALE COMPETENZE DI BASE Comprendere il cambia- mento e la diversità dei tempi storici in una dimensione diacronica attraverso il confronto fra epoche e in una dimensione sincronica attraverso il confronto tra aree geografiche e culturali. ABILITÀ / CAPACITÀ Riconoscere le dimensioni del tempo e dello spazio attra- verso l’osservazione di eventi storici ed aree geografiche. Collocare i più rilevanti eventi storici affrontati secondo le coordinate spazio-tempo. Identificare gli elementi mag- giormente significativi per con- frontare aree e periodi diversi. Comprendere il cambiamento in relazione agli usi, alle abitudini, al vivere quotidiano nel con- fronto con la propria esperienza personale e professionale. Leggere anche in modalità multimediale le differenti fonti letterarie, iconografiche, docu- mentarie, cartografiche, rica- vandone informazioni su eventi storici di diverse epoche e differenti aree geografiche. Individuare i principali mezzi e strumenti che hanno caratteriz- zato l’innovazione tecnico- scientifica nel corso della storia, con particolare riferimento al settore professionale specifico. CONOSCENZE Le periodizzazioni fondamen- tali della storia mondiale. I principali fenomeni storici e le coordinate spazio-tempo che li determina. I principali fenomeni sociali, economici che caratterizzano il mondo contemporaneo, anche in relazione alle diverse culture e alle vicende storiche del pas- sato. Gli eventi più importanti che consentono di comprendere la realtà nazionale ed europea. I principali sviluppi storici che hanno coinvolto il proprio terri- torio e la propria professione. Le diverse tipologie di fonti. Le principali tappe dello svi- luppo, dell’innovazione tec- nico-scientifica e della conse- guente innovazione tecnolo- gica, con particolare riferi- mento al settore professionale specifico. CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 26 Collocare l’esperienza personale in un sistema di regole fondato sul reciproco riconosci- mento dei diritti garantiti dalla Costituzione a tutela della persona, della collettività e del- l’ambiente. Orientarsi nel tessuto produttivo, economico e professionale del proprio territorio e orientarsi nel mercato del lavoro. Comprendere le caratteristiche fondamentali dei principi delle regole della Costituzione italiana. Individuare le caratteristiche essenziali della norma giuri- dica e comprenderle a partire dalle proprie esperienze e dal contesto scolastico-formativo. Identificare i diversi modelli isti- tuzionali di organizzazione sociale e le principali relazioni tra persona-famiglia-società-Stato. Riconoscere le funzioni di base dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali ed essere in grado di rivolgersi, per le pro- prie necessità, ai principali ser- vizi da essi erogati. Identificare il ruolo delle Istitu- zioni europee e dei principali organismi di cooperazione internazionale e riconoscere le opportunità offerte alla per- sona, alla scuola, al sistema formativo e agli ambiti territo- riali di appartenenza. Adottare nella vita quotidiana comportamenti responsabili per la tutela dell’ambiente e delle risorse naturali, ricono- scendoli come bene comune. Riconoscere le caratteristiche principali del mercato del lavoro europeo e nazionale nonché le opportunità lavora- tive offerte dal territorio. Riconoscere i principali settori in cui sono organizzate le attività economiche del proprio territorio. Riconoscere ed applicare con- cretamente in fatti e vicende della vita quotidiana e profes- sionale i fondamentali concetti economici e giuridici. Identificare le caratteristiche essenziali del rapporto di lavoro e della tutela del lavoro, in base al contesto professio- nale di riferimento. Individuare comportamenti etici nel mondo del lavoro. La Costituzione italiana. Gli Organi dello Stato e loro funzioni principali. Conoscenze di base sul con- cetto di norma giuridica e di gerarchia delle fonti. Principali problematiche rela- tive all’integrazione e alla tutela dei diritti umani e alla promozione delle pari opportu- nità. Organi e funzioni di Regione, Provincia e Comune. Conoscenze essenziali dei ser- vizi sociali. Ruolo delle organizzazioni internazionali. Principali tappe di sviluppo del- l’Unione europea. Regole che governano l’econo- mia e concetti fondamentali del mercato del lavoro. Regole per la costruzione di un curriculum vitae. Strumenti essenziali per leg- gere il tessuto produttivo del proprio territorio. Principali soggetti del sistema economico del proprio territo- rio. Gli elementi costitutivi, la natura giuridica, le diverse tipologie di organizzazione di un’azienda. Le diverse tipologie dei con- tratti di lavoro. Il CNOS-FAP ha integrato i documenti attinenti gli standard formativi minimi relativi alle competenze di base e i saperi e le competenze per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, articolati in abilità/capacità e conoscenze nella maniera seguente: CCaapp.. 11 -- Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» 27 COMPETENZE DI BASE Riconoscere gli elementi costitutivi dell’identità, dei valori, della religio- sità e del senso proget- tuale della persona. Conoscere i principali aspetti costitutivi dell’i- dentità di Cristo. Comprendere la natura, la struttura e la missione della Chiesa Cattolica. Riconoscere le proposte del Vangelo e lo specifico dell’etica cristiana soprattutto in riferi- mento al mondo del lavoro. ABILITÀ / CAPACITÀ Confrontare aspetti della pro- pria identità con vari modelli di vita. Individuare in Gesù Cristo i tratti fondamentali della rivela- zione di Dio. Riconoscere la presenza, la funzione e lo sviluppo della Chiesa nella società e nella cul- tura. Riconoscere le linee di fondo della dottrina sociale della Chiesa. CONOSCENZE Gli elementi significativi della ricerca di Dio e dei segni reli- giosi. La vita e il mistero di Cristo nei Vangeli. La Chiesa: Mistero e Istitu- zione. La dottrina sociale della chiesa e i principali orientamenti etici sulla vita, il matrimonio, la famiglia e il lavoro. 2.1. Nel quadro delle finalità formative della FP e della situazione concreta Da quanto detto precedentemente, la presente proposta di CER intende rispondere ai criteri e alle finalità formative della FP e congiuntamente aderente alla situazione concreta d’ogni CFP, nel nuovo quadro istituzionale di riferimento. Tutto ciò sarà possibile con la “complicità” solidale tra esperti, formatori e allievi della FP. A tale condizione la Proposta potrà essere: � aperta ad ulteriori sviluppi e miglioramenti che è sempre possibile apportare; � orientata per i punti di riferimento teorico-pratici che intende offrire; � flessibile per il livello di sufficiente adattabilità alla prassi che ha la pretesa di agevolare. 2.2. Tre + una. Le grandi aree tematiche Nella strutturazione dei contenuti della CER si è cercato di offrire una propo- sta unitaria e differenziata che potesse garantire concretamente l’apertura, l’o- rientamento e la flessibilità. È bene dichiarare i criteri sin dall’inizio. • La suddivisione tematica in quattro aree di cui tre “in verticale” ed auto- nome (identità - relazionalità - progettualità) e una quarta “trasversale” e correlata alle precedenti (responsabilità) non solo permette una scansione temporale triennale (un’area per ogni anno), ma anche può offrire mate- riali per una proposta adeguatamente articolata per un secondo livello di FP. La scansione tripartita o quadripartita non è rigida, ma può garantire una buona flessibilità didattica (ad es. spigolando i nuclei tematici che interessano o privilegiando le UA “obbliganti” e tralasciando quelle “opzio- nali” d’amplificazione contenutistica). È possibile anche combinare insieme le UA per ottenere moduli ad hoc in vista di particolari finalizzazioni didat- tiche. Ad es. l’abbinamento delle prime UA delle tre aree può offrire un pacchetto di carattere antropologico di base, intersecando la ricerca d’i- dentità, la sfera relazionale e la progettazione di sé in un unico movimento formativo. Si lascia al formatore e al team, di cui fa parte, la possibilità di associare le UA offerte. • Si è cercato di evitare ripetizioni tematiche, peraltro presenti nella prece- dente Guida curriculare (vedi ad es. «spiritualità del lavoro»). • Una prima identificazione (ma da amplificare in sede didattica) dei prere- quisiti, obiettivi, nuclei tematici e sussidiazione in base al quadro proget- A pp un ti p er u na p ro po st a ap er ta , o ri en ta ta e f le ss ib ile CAPITOLO 2 29 tuale di riferimento dà una mano fattiva per stilare il piano didattico di ricerca e di lavoro con gli allievi e i piani di personalizzazione (PSP). • La proposta permette di operare una scelta di tipo modulare nell’ambito della CG, come anche di seguire un processo trasversale lungo il percorso di CG. • Si tende a garantire sia la dimensione cognitiva, sia quella riflessivo-espe- rienziale della CER nei CFP, armonizzandole opportunamente. Il motivo fondamentale che raccorda i precedenti, è la centralità del soggetto in formazione, in correlazione con la proposta etico-religiosa del cristianesimo, dato che si sente forte e insopprimibile: «la necessità di accompagnare la persona nella scoperta di se stessa e delle sue ric- chezze interiori, di sperimentare la comunicazione gratuita e vera di questa sua ric- chezza e di quella degli altri, accettati come diversi, ma non considerati come un pericolo, di imparare a pensare ed a vivere la propria esistenza come vocazione e missione al servizio degli altri nel mondo»1. Graficamente si ha: Questa reimpostazione dell’impianto ha richiesto una ricalibratura dei conte- nuti resa possibile da una migliore essenzializzazione e da una più adeguata disposizione metodologica «specifica» dei CFP. Per ogni area, che contempera nel proprio ambito dinamiche antropologi- che e teologiche, sono offerti in connessione sinottica i prerequisiti (come indicatori analitici della situazione iniziale dei soggetti e dei loro requisiti di base), gli obiettivi (come competenze che i soggetti sono chiamati a perse- guire) e i nuclei tematici (i contenuti esperienziali e culturali da proporre). Sono evidenziate con (�) le UA ritenute centrali e in qualche modo obbliganti, distinte da quelle secondarie che secondo le opportunità possono essere tra- lasciate (�). CCaapp.. 22 -- Appunti per una proposta aperta, orientata e flessibile 1 A. DOMENECH COROMINAS, L’efficacia educativo-pastorale delle Scuole e Centri salesiani, in L. VAN LOOY – G. MALIZIA (edd.), Formazione professionale salesiana, p.342.30 IDENTITÀ RELAZIONALITÀ PROGETTUALITÀ etica socialeetica personale etica progettuale 1 4 2 3 RESPONSABILITÀ PRIMA AREA: IDENTITÀ (cfr. grafico area 1: p. 38) La prima area è imperniata attorno al concetto di “identità”, che indica l’“indi- vidualità” e la “distintività” di un soggetto. Più di tutti gli altri esseri, l’identità dell’uomo sottolinea la sua dignità e il suo valore per ciò che è, nella sua unicità e irripetibilità: il suo “essere in”. Essa indica una struttura fisiologica, cognitiva, affettiva, comportamentale a confluenza tra autopercezione del soggetto stesso e riconoscimento di dignità e di ruolo da parte degli altri (eteropercezione da parte di: famiglia, scuola, CFP, comunità, società). La FP raggiunge il suo scopo formativo quando valorizza e riconosce l’identità di ciascun allievo e lo aiuta a prendere consapevolezza di quello che è, nella reali- stica ma fiduciosa conoscenza delle proprie risorse e dei propri limiti. In questa sof- ferta ma appassionata ricerca della propria identità, gli allievi sono invitati ad indi- viduare i valori della dignità dell’uomo che non può essere ridotto ad uno stru- mento, ma costituisce un fine e s’impone per se stesso al rispetto e alla considera- zione incondizionata da parte di tutti. Sono, inoltre, stimolati a scoprire l’identità di Dio e la funzione umanizzante della religiosità e della religione, l’identità di Gesù Cristo come specifico della fede cristiana. Egli, infatti «si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo» (Gaudium et spes, n.22). Con- frontandosi con Lui, l’uomo si arricchisce e può rinnovarsi in profondità: «Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa lui pure più uomo» (Gaudium et spes, n.41). Nella costruzione della propria identità e nello sviluppo della propria persona- lità, la dimensione religiosa non è alienante e la singolarità cristiana, nella dina- mica dell’incarnazione, del Dio fatto uomo, non rende menomato e non mortifica l’uomo, ma n’esalta la dignità, elevandolo al massimo delle sue potenzialità. Gli interrogativi di fondo di quest’area sono: Chi sono io? Chi è l’uomo? Chi è Dio? Chi è Gesù Cristo? Le UA sono: � Vivere è esserci... Ogni uomo si è trovato a vivere. Nessuno di noi ha scelto di vivere in que- sto preciso segmento della storia. Essere unico e irrepetibile, l’uomo, man mano che diventa adulto, sceglie di vivere e di spendere la propria esistenza nella libertà. Quando si comincia ad avere l’uso della ragione, ci si domanda: io chi sono? Quando si diventa adulti? Ci si chiede: chi è l’uomo? Quali sono le dimensioni che lo caratterizzano? Quando un uomo può dirsi maturo? Come può un giovane prendere in mano la propria esistenza e il proprio pro- cesso di crescita? � L’uomo “cercatore di Dio” Nella sua identità più profonda, l’uomo ha sete d’infinito. Da sempre ha cer- cato il contatto con un Tu più grande di lui. Muovendosi per intuizione, CCaapp.. 22 -- Appunti per una proposta aperta, orientata e flessibile 31 l’uomo ha elaborato tante rappresentazioni di Dio, il quale è apparso imme- diatamente misterioso, «tremendo» ed insieme «affascinante». Il riferi- mento a quest’Essere assoluto ha modificato idee, atteggiamenti e compor- tamenti di uomini di varie epoche e di interi popoli fino ai nostri giorni. Chi è Dio? La religiosità dell’uomo e le religioni dei popoli sono superstizione, alienazione, oblio della ragione e allucinazioni collettive? Oppure fanno parte integrante della vita umana e possono aiutare a realizzarla pienamente? � Chi sei tu, Gesù di Nazaret? Il cristianesimo nel suo “specifico” trova in Gesù di Nazaret il suo centro di convergenza e d’irradiazione. Ogni elemento della fede cristiana tocca la sua persona, la sua identità di Dio fatto uomo. In un paese come l’Italia, segnato culturalmente dall’evento Cristo non ci si può non chiedere: Chi è veramente Gesù Cristo? Qual è il suo messaggio? Quale il suo stile di vita? Quali sono gli effetti sulla storia del Paese e sul destino dell’umanità? Il Cri- sto ha qualcosa di significativo e di attuale da comunicare agli uomini di oggi? � La pasqua di Gesù Il fatto centrale dell’identità di Gesù, rispetto alle grandi figure religiose di tutti i tempi, è la pasqua, la sua morte e risurrezione. La testimonianza data dai discepoli rende questo evento unico e irrepetibile, mentre la sua dina- mica continua a coinvolgere la vita dei cristiani rendendoli creature «nuove». Il corso della storia è segnato da quest’evento che coinvolge l’intera crea- zione. Quali sono le ragioni addotte dai cristiani per credere nella risurre- zione di Gesù Cristo? Qual è il suo significato fondamentale? � Evangelizzare: portare una lieta notizia Dalla risurrezione di Gesù, un movimento di discepoli e testimoni, mossi dallo Spirito Santo, ha diffuso in tutto il mondo la «lieta notizia» della risur- rezione di Gesù. Non è stato il comandamento nuovo o la rivelazione di Dio come Padre il fulcro del messaggio cristiano, ma la pasqua di Gesù. Il movi- mento evangelizzatore continua fino ad oggi. Come? E con quali modalità? Quali le figure più rappresentative di quest’opera di evangelizzazione? SECONDA AREA: RELAZIONALITÀ (cfr. grafico area 2: p. 39) La seconda area è incentrata attorno al concetto di “relazionalità”, che indica il rapporto di ogni “individualità” con l’“alterità”, il rapporto tra persone in vista di uno scambio e di una comunicazione, l’“essere con” gli altri. Se l’accento del- l’identità è posta sull’individuo, sul singolo, qui si fa leva sulla dimensione sociale, nella concretezza della rivelazione dell’altro-da-sé (dell’«epiphania del volto» direbbe E. Levinas). La dignità e il valore dell’altro s’impone alla conside- razione del soggetto originando fondamentalmente ogni relazione interperso- CCaapp.. 22 -- Appunti per una proposta aperta, orientata e flessibile 32 nale. Il contatto tra persone coinvolge interamente la struttura umana, dalla dimensione fisiologica a quella cognitiva, da quell’affettiva a quella comporta- mentale, rimanendone segnati, raggiungendo una ricca e quanto varia grada- zione relazionale e dando vita a molteplici forme aggregative e relazionali (fami- glia, gruppo, classe, comunità, società, mondo). La FP raggiunge il suo scopo formativo quando promuove negli allievi atteg- giamenti e comportamenti relazionali e sociali positivi, quando stimola a vedere nella «diversità» non tanto un limite quanto una risorsa. Il rapporto con le altre religioni non va vissuto come attacco alla propria identità e integralità, ma come occasione di confronto e di arricchimento vicendevole. Il dialogo interreligioso è consapevolezza di identità e di alterità, senza confusione e sincretismi. I valori della fraternità e della solidarietà vengono colti in tutta la loro portata, coglien- done l’urgenza per il mondo di oggi e il collegamento fortemente propositivo con il messaggio di Gesù Cristo e con la sua volontà di radunare in comunità non solo i suoi discepoli, ma invitando tutti indistintamente al banchetto della vita. La riscoperta della relazionalità ecclesiale, che si dilata fino a coinvolgere il mondo intero non è altro che l’emanazione dello stile relazionale del Cristo che «volle essere partecipe della convivenza umana. Fu presente alle nozze di Cana, entrò nella casa di Zaccheo, mangiò con i pubblicani e i peccatori. Egli ha rive- lato l’amore del Padre e la privilegiata vocazione degli uomini, rievocando gli aspetti più ordinari della vita sociale e adoperando linguaggio e immagini della vita d’ogni giorno. Santificò le relazioni umane, innanzi tutto quelle familiari, dalle quali traggono origine i rapporti sociali, volontariamente sottomettendosi alle leggi della sua patria. Volle condurre la vita di un lavoratore del suo tempo e della sua regione» (Gaudium et spes, n.31). Nella costruzione di relazioni mature, la dimensione religiosa non sminuisce e non annacqua i vincoli relazionali, né li sottopone a chiusure o mortificazioni, ma dischiude dimensioni universali e profondità incommensurabili. Il cristiane- simo, poi, non rimpicciolisce il cuore degli uomini, ma lo dilata senza restrizioni e tendenze egoistiche. Gli interrogativi di fondo si possono così enucleare: Chi siamo noi? Chi è la comunità umana? Quali sono le grandi religioni? Chi è la Chiesa? Quali sono i segni di appartenenza alla comunità cristiana e alla società civile? Le UA sono: � Vivere è entrare in relazione... Nessun uomo è un’isola. Si nasce grazie ad una relazione (uomo-donna) e si è chiamati a costruirne di nuove. La vita è lo spazio e lo scenario in cui si stabiliscono varie forme di rapporto sociale (famiglia, coppia, gruppo, comu- nità, società, scambi internazionali). L’incontro con gli altri-da-sè non è qual- cosa di meccanico, ma si costruisce volta per volta. Comporta rischi e fati- che, talvolta incontri, scontri o indifferenze. Con quali positività e pregiudizi, atteggiamenti e comportamenti ci si accosta agli altri? CCaapp.. 22 -- Appunti per una proposta aperta, orientata e flessibile 33 � Cristianesimo e religioni a confronto Nell’attuale configurazione sociale segnata dalla pluralità emerge con mag- giore forza che non in passato, la diversità sul piano religioso, oltre che su quello etnico e culturale. Non vi sono più distanze geografiche, ma nel terri- torio in cui si vive, coesistono diverse tradizioni religiose, alcune più radicate nella storia del paese, altre più recenti. Forme d’intolleranza, mutua igno- ranza, forme di conoscenza e di dialogo sono all’ordine del giorno. Con quali prospettive? A quali condizioni? � Una Chiesa in movimento Nella tradizione cristiana, non esistono singoli credenti, eremiti dell’Assoluto, ma la Chiesa che è convocata da Dio, radunata ed attratta da Gesù Cristo, in cammino verso la piena realizzazione di sé. La fede cristiana non è quindi al singolare, ma al plurale. Oggetto di pregiudizi e di concezioni parziali e distorte, ci si chiede: Qual è il vero volto della Chiesa, secondo il pensiero di Gesù Cristo e secondo quanto esprime di se stessa? Con quali difficoltà pra- tiche? A quali condizioni? � C’è una pasqua per la Chiesa Il momento centrale in cui affiora l’identità della Chiesa è l’eucaristia. Non sem- pre sono colti “ad occhio nudo” i significati vitali legati a questa celebrazione che rinnova l’alleanza tra Dio e il suo popolo in Gesù Cristo morto e risuscitato. La vita della comunità cristiana scaturisce da questo mistero (per cui è “fonte”) e rimanda interamente ad esso (per cui è “culmine”). Nell’Eucaristia scaturiscono i valori della solidarietà e della trasformazione del mondo. Quali sono? A quale livello di coerenza e di creatività, di fronte alle urgenze della vita? � In un mondo di segni La vita della comunità cristiana si manifesta in una ricca costellazione di segni. Essi sono dei ponti che collegano la vita d’ogni uomo e della comunità all’esistenza di Cristo e di Dio. I sacramenti sono «punti di contatto e d’incon- tro» tra Dio e gli uomini, ma anche opera di trasformazione della realtà e di trasfigurazione del mondo secondo il progetto di Dio. Tra azione sacramen- tale liturgica e attività lavorativa ci possono essere una profonda simbiosi e richiami continui. Quali? A quali condizioni è possibile realizzare tale unione? TERZA AREA: PROGETTUALITÀ (cfr. grafico area 3: p. 40) La terza area è imperniata attorno al concetto di “progettualità”, che connota l’essere umano come libertà d’autodeterminarsi, di operare delle scelte e di pro- gettare il futuro personale e, in maggiore o minore misura (secondo il ruolo sociale), quello degli altri e, in definitiva, del mondo. Sin dalle piccole scelte a quelle più globali, l’uomo costruisce il proprio futuro, realizza il proprio progetto di vita. Le sue parole, i suoi comportamenti, il suo cuore e la sua mente, l’intero CCaapp.. 22 -- Appunti per una proposta aperta, orientata e flessibile 34 suo essere compongono un disegno d’umanizzazione o di disumanizzazione. L’“essere se stesso e nessun altro” ed il “vivere con gli altri” generano l’“essere per”, la progettazione personale e interpersonale in vista di una realizzazione che coinvolga tutti e ciascuno. Tra le esigenze individuali e quelle collettive (o degli altri) s’instaurano talvolta incompatibilità e si possono scatenare conflitti. Non sempre i processi di personalizzazione e di socializzazione si nutrono vicen- devolmente. La progettualità chiama in causa il riferimento a delle norme etiche e regole di comportamento, con la continua verifica della regolazione (rispetto/trasgressione delle regole in riferimento alle norme). La fede cristiana (il vangelo e la dottrina sociale della Chiesa) e le traiettorie etiche suggerite dalle altre filosofie e teologie, possono aiutare a discernere le vie migliori e motivare, incoraggiando le scelte profetiche e coraggiose. Questa è la percezione della comunità cristiana: «E, infatti, i beni, quali la dignità dell’uomo, la fraternità e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo pre- cetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, ma illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al padre il regno eterno e universale [...]. Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione» (Gaudium et spes, n.39; cfr. n.45). Il lavoro, come attività che prende l’uomo interamente (nella sua identità, relazionalità e progettualità) e secondo il senso della fede cristiana, aderisce pienamente al momento presente e non fugge da esso, facendo tesoro delle conquiste delle generazioni passate tende a trasformare la terra, nella consapevolezza che l’oggi non è definitivo ma proteso al compimento definitivo della storia. La FP raggiunge il suo scopo formativo quando promuove negli allievi capa- cità d’orientamento e di progettazione, quando aiuta a vedere oltre l’immediato e nello stesso tempo a non fuggire dalle sfide del presente, quando forma alla valorizzazione fedele e creativa delle risorse disponibili. Il cristianesimo non restringe la visuale e non mortifica la prospettiva del futuro, ma alimenta la ten- sione verso il vero progresso dell’umanità anticipato da Cristo nella pasqua e continuato dall’impegno tante volte nascosto dei cristiani, che con la propria attività hanno contribuito, insieme a tanti uomini di buona volontà, al progresso del pianeta. Gli interrogativi di fondo sono: Verso dove vado? Quali sono le possibili scelte di vita? Ho un progetto per il mio futuro? Qual è lo stile di vita del cri- stiano? Quale è il ruolo del cristiano nella società e nel mondo? � Vivere è progettarsi... Superando la tentazione del presentismo che caratterizza la condizione gio- vanile e la società d’oggi, è necessario per l’autorealizzazione e per una soli- dale convivenza assumere la vita come un dono e come un compito (una responsabilità), proiettandosi verso il futuro con realismo e coerenza, con CCaapp.. 22 -- Appunti per una proposta aperta, orientata e flessibile 35 elasticità e determinazione. Il lavoro e la professione in che senso assumono un ruolo d’indicatore nel progetto di sé, a partire dal presente e guardando in avanti? � Tante vie per realizzare la vita Se ci si guarda attorno, vi sono diverse traiettorie etiche, alcune fondate sui valori dell’onestà, della giustizia, del rispetto dell’altro, della solidarietà, altre su pseudo-valori. Come davanti ad un bivio, ci si pone interrogativi di scelta. Non è sempre facile discernere quale strada imboccare. Talvolta, alcune pro- poste immediate ed allettanti («tutto e subito») vengono preferite ad altre che esigono tempo e fatica. Come districarsi in questi casi e con quali criteri di scelta? � Il manifesto della vita felice A partire dalle Beatitudini evangeliche, è possibile evidenziare le note caratteri- stiche dell’etica cristiana, lo stile di vita del lavoratore e del professionista ispi- rato ai valori proposti da Gesù di Nazaret. Se a prima vista le indicazioni offerte sembrano troppo alte e irrealizzabili, dall’altra si rivelano, nel tempo, vincenti per trasformare il mondo e promuoverlo a livelli più umani. Come può l’attività lavorativa e tecnico-professionale, in quanto azione liberante e realizzante la persona umana integralmente, concretizzare l’ideale di vita evangelica? � La «novità cristiana» e la passione per questo mondo Ogni cristiano che si lascia pervadere dallo spirito delle Beatitudini e dai valori del vangelo, agisce come “uomo nuovo” e come cittadino a pieno titolo di questo mondo. Insieme agli altri uomini lotta per la giustizia, lavora per la realizzazione del proprio progetto di vita, ma anche per il progresso del- l’umanità. Qual è il modo migliore per occupare il proprio posto non da stra- niero, offrendo il personale contributo per la città degli uomini, senza per- dere l’orientamento verso «i nuovi cieli e la nuova terra»? � La Dottrina sociale della Chiesa: una proposta per tutti La Chiesa, facendo tesoro della propria esperienza millenaria, ha elaborato un quadro di riferimento etico per i cristiani e per quanti sono desiderosi di entrare in dialogo con essa. La “dottrina sociale” intende orientare la vita e l’azione sui vari campi che toccano la dignità umana, la convivenza degli uomini e il progresso dei popoli. Ci saranno interlocutori diligenti e intelli- genti per una tale “maestra di vita”? Quali interrogativi affiorano in questo dialogo? Quali possibilità per dibattere su di essi? QUARTA AREA «TRASVERSALE»: RESPONSABILITÀ Questa quarta area “trasversale” centrata sulla “responsabilità” può costi- tuire il trait d’union tra le prime tre, specificando ulteriormente il percorso CCaapp.. 22 -- Appunti per una proposta aperta, orientata e flessibile 36 della CER. Le spinte per una educazione alla responsabilità sono molteplici, sia per cause culturali (mancanza di certezze etiche in una società «neutra», cul- tura edonistica, frammentata e dell’indifferenza, antiumanesimi filosofici e pragmatici), sia per gli effetti (mancanza di rispetto della vita, forme d’intol- leranza, divario tra ricchi e poveri, disagio, esclusione e marginalità d’ogni tipo). In particolare si tratta di aiutare i soggetti ad uscire da una responsabi- lità (= capacità di risposta) estrinseca, cioè vincolata unicamente a leggi esterne, ad una responsabilità interiore che coinvolge mente e cuore, energie interiori e fisiche in un concreto impegno nei più svariati campi della vita e del- l’attività umana. L’assolutizzazione dell’idea di “libertà” centrata unicamente sul singolo ha portato a forme di verticismo socio-politico e di capitalismo, a danno dei più. L’esasperazione dell’idea di “uguaglianza” ha prodotto forme di livellamento sociale e di collettivismo a scapito dell’originalità del singolo. Nel trinomio della rivoluzione francese, quello della “fraternità” che oggi potrebbe essere tra- dotto con “solidarietà”, è stato il principio più emarginato e trascurato, eppure l’unico capace di assolvere ad un ruolo d’equilibrio tra effetti d’ingiustificata massificazione ed effetti d’esasperato individualismo. C’è urgenza, a tutti i livelli d’educazione e formazione, di promuovere il senso dell’orientamento etico, di responsabilità e di guardare il futuro dell’umanità con senso di spe- ranza, collegandolo vitalmente alle più significative radici della memoria cul- turale e anticipandolo mediante opzioni ed esperienze moralmente oneste e credibili. I paletti di riferimento in tale processo di responsabilizzazione sono tre: libertà, uguaglianza e fraternità, armonicamente correlate, esorcizzando impo- stazioni unilaterali. Basterà per questo far tesoro delle esperienze storiche del passato e del presente. Gli interrogativi pervasivi per quest’area sono: Quale impegno di risposta (= responsabilità») viene richiesto a livello personale, sociale e progettuale ai cri- stiani e agli “uomini di buona volontà”? Quale scarto sussiste tra situazione cul- turale e idealità dell’etica professionale, con particolare riferimento al mondo del lavoro? In quest’area non si danno contenuti in più, bensì accentuazioni e approfon- dimenti. Gli insegnanti potranno selezionare dalle prime tre aree tutti quei con- tenuti che riterranno opportuni per sviluppare e personalizzare il percorso. Il principio di responsabilità, infatti, si raccorda a quelli d’identità, relazionalità e progettualità ed in qualche modo riesce ad unificarli e a rilanciarli. CCaapp.. 22 -- Appunti per una proposta aperta, orientata e flessibile 37 CCaapp.. 22 -- Appunti per una proposta aperta, orientata e flessibile 38 � analisi della situazione, dei bisogni, degli interessi (inse- rim ento nel CFP) � rinforzo delle m otivazioni per la ricerca didattica � interesse culturale per la persona di G esù � superam ento dei pregiudizi culturali sulla Bibbia � capacità di individuare la fede cristiana attorno ad un nucleo � apprezzam ento dei valori dell’universalità e della m on- dialità � s’interroga sulla propria vita ed è capace di accettarsi � identifica il significato di reli- gione � evidenzia i tratti principali del m istero di Cristo � coglie le fasi principali della form azione dei vangeli (e della Bibbia) � esprim e il significato della pasqua di G esù per la fede cristiana � definisce l’im portanza e il significato d’evangelizza- zione � Vivere è esserci... � L’uom o “cercatore di D io” � Chi sei tu, G esù di N azaret? [U no sguardo alle fonti storiche] � La pasqua di G esù � Evangelizzare: portare una lieta notizia A R EA 1IDENTITÀ P R ER EQ U IS ITI di m in im a C O M P ETEN ZE (in dicatori) N U C LEI TEM A TIC I CCaapp.. 22 -- Appunti per una proposta aperta, orientata e flessibile 39 � su ffi ci en te in te re ss e pe r la co no sc en za e l’i nt er az io ne co n gl i a ltr i � de si de ri o di co no sc er e le di ve rs ità c ul tu ra li e re lig io se � ca pa ci tà c rit ic a ed e m pa tic a ne i c on fr on ti de lle is tit uz io ni � in te re ss e pe r l’a sp et to e vo lu - tiv o de lla C hi es a � gu st o di ri sa lir e al le o rig in i e d i an da re in pr of on di tà ne lle co se � ap pr ez za m en to pe r la di m en si on e si m bo lic a de ll’ e- si st en za , d ei s eg ni e d ei g es ti � pr en de c os ci en za d el b en es - se re di st ar e co n gl i al tr i, co no sc e ed a pp re zz a gl i a ltr i � id en tif ic a le ca ra tt er is tic he es se nz ia li de lle gr an di re li- gi on i � de fin is ce la n at ur a e la s tr ut - tu ra d el la C hi es a � an al iz za il ca m m in o st or ic o de lla C hi es a m ed ia nt e l’a cc o- st am en to di al cu ni do cu - m en ti � co no sc e il si gn ifi ca to e l ’o ri- gi ne d el l’E uc ar is tia � ap pr of on di sc e il si gn ifi ca to de i sa cr am en ti de i se gn i di ap pa rt en en za al la fe de cr i- st ia na � V iv er e è en tr ar e in re la - zi on e. .. � Cr is tia ne si m o e re lig io ni a co nf ro nt o � U na C hi es a in m ov im en to [B re ve p ro fil o de lla s to ria d el la Ch ie sa ] � C’ è un a pa sq ua p er la C hi es a � In u n m on do d i s eg ni A R EA 2 R E L A Z I O N E P R ER EQ U IS IT I di m in im a C O M P ET EN ZE (i n di ca to ri ) N U C LE I TE M A TI C I CCaapp.. 22 -- Appunti per una proposta aperta, orientata e flessibile 40 � capacità di proiettarsi e di superare il consum o dell’im - m ediato � abilità a distinguere e a discernere tra i m olteplici orientam enti di vita � apprezzam ento per lo stile di vita um ano e cristiano � stim a per i valori etici cri- stiani � capacità di ricostruzione ideale � interesse per il confronto cri- tico e ragionato � prende consapevolezza del proprio avvenire � identifica i principali orienta- m enti etici presenti nella società � evidenzia lo «specifico» del- l’etica cristiana � apprezza i valori contenuti nell’etica del N T � coglie i tratti essenziali che caratterizzano l’essere e l’a- gire del cristiano soprattutto in riferim ento al m ondo del lavoro � analizza i principi dottrinali di fondo della Chiesa in cam po sociale � Vivere è progettarsi... � Tante vie per realizzare la vita [Il valore del lavoro nella tradi- zione cristiana] � Il m anifesto della vita felice � La «novità cristiana» e la passione per questo m ondo � U na proposta per tutti: la D ottrina sociale della Chiesa A R EA 3PROGETTO P R ER EQ U IS ITI di m in im a C O M P ETEN ZE (in dicatori) N U C LEI TEM A TIC I 2.3. La scelta metodologica La scansione metodologica delle UA segue in questa nuova edizione il metodo CREA2 e tralascia altre metodologie3. Il criterio è stato quello di conformare l’inse- gnamento della CR ad altri ambiti disciplinari e formativo-professionali. È bene, quindi, presentare succintamente la configurazione del metodo CREA, con l’opportunità di adattare sapientemente e creativamente il tutto alla situazione concreta in cui si opera e di favorire e incrementare quella «didattica induttiva e personalizzata»4 tipica dei CFP. Le UA sono elaborate tenendo presenti i quattro criteri metodologici di base5: 1. l’approccio preferenziale verte sulle esperienze, più che sui contenuti; quest’ultimi vengono recuperati lungo il percorso e compresi non a pre- scindere, ma all’interno delle esperienze medesime; 2. l’innesco e l’iter metodologico mira a coinvolgere i soggetti, abilitandoli gradualmente alla soluzione dei problemi; 3. ponendo gli allievi al centro del processo didattico-formativo, si fa leva sulla sperimentazione di capacità cognitive e abilità professionali; 4. l’obiettivo non verte sull’acquisizione di contenuti, bensì sulle prestazioni e sull’acquisizione di competenze. I cinque momenti che si snodano in tale processo fanno sì che gli allievi svi- luppino un apprendimento “esperienziale” più significativo e più produttivo6. Queste fasi successive sono rese graficamente nella sussidiazione con i sei pezzi fondamentali del gioco degli scacchi. L’idea potrà apparire esigente per gli allievi dei CFP, ma non da essere incomprensibile e inaccessibile nei suoi significati immediati: nella realtà, la torre evoca, al di là del gioco degli scacchi, una posta- zione di avvistamento, significando la possibilità di vedere, contemplare da un luogo elevato… e così via. Il campo della scacchiera evoca una dinamica “strut- turale”: ogni pezzo ha un suo valore specifico; anche se diversi, influiscono sul tutto e ogni movimento, anche il più limitato, come è il caso della pedina, influi- sce sull’intero sistema. CCaapp.. 22 -- Appunti per una proposta aperta, orientata e flessibile 2 Cfr. CNOS/FAP NAZIONALE (ed.), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione dei sussidi, CNOS/FAP, Roma 20062; D. NICOLI (ed.), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, CNOS/FAP-CIOFS/FP, Roma 2004. 3 Anche se in parte simile, è scartata la strutturazione suggerita nella precedente edizione che seguiva il «metodo della ricerca» o «insegnamento per problemi»: cfr. G. RUTA (ed.), Etica della per- sona e del lavoro, pp. 38-41; M. PELLEREY, Progettazione didattica, SEI, Torino 19942, pp.151-164. La scelta è motivata dalla maggiore e migliore uniformità alle metodologie vigenti per altri ambiti e più familiari agli allievi dei Centri Professionali CNOS-FAP. 4 CNOS/FAP NAZIONALE (ed.), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA), p. 5. 5 Cfr. CNOS/FAP NAZIONALE (ed.), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA), p. 18. 6 Cfr. CNOS/FAP NAZIONALE (ed.), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA), p. 38ss. Il metodo CREA s’ispira al modello di Kolb e Fry. 41 I cinque momenti del metodo CREA sono così esplicitati nei testi di CR: CCaapp.. 22 -- Appunti per una proposta aperta, orientata e flessibile 42 Momenti del procedimento CREA Esperienza: il punto di partenza non è un’idea, un contenuto astratto, un tema, bensì un’esperienza che viene proposta alla considerazione degli allievi. Può essere più o meno vicina alla loro vita, ma deve comunque stimolare la loro motivazione e coinvolgerli più che sia possibile. Riflessione: in base all’esperienza il for- matore guida i giovani alla riflessione sulla realtà esperienziale tramite moda- lità di ricerca, di problematizzazione e di autoesplorazione. Spiegazione: a partire dalla riflessione sull’esperienza, il formatore spiega i con- tenuti e i concetti cercando di gettare un ponte tra l’esperienza iniziale e i vari significati, in vista di esperienze più pro- fonde e di una comprensione più ampia e approfondita. Sperimentazione: dopo la spiegazione viene proposta una nuova esperienza col- legata e analoga alla prima, in modo da rinforzare il processo tramite un movi- mento di ripensamento e riespressione per una migliore personalizzazione del processo. Verifica: esaminando il percorso e in particolare il risultato della sperimenta- zione, gli allievi con l’aiuto del formatore compiono una verifica dell’UA, misuran- dosi non tanto sui contenuti, ma sulle competenze acquisite. Contenuto: non è tanto un dato da cono- scere, memorizzare ed apprendere, bensì l’esperienza nel suo vertice e in pienezza, nella sua potenzialità massima che può essere valorizzata o sprecata, o semplice- mente rimossa: è il punto di convergenza, il senso complessivo della vita anche se colto in un particolare aspetto o momento. Il contenuto è centrale, a confluenza del circuito dei cinque movimenti. Richiamo grafico degli scacchi Pedina: sebbene a prima vista insignifi- cante, ha, nella sua provvisorietà e limita- tezza, un proprio movimento, un proprio raggio d’azione e una sua determinatezza in gioco. Può indicare ogni frammento di vita che va comunque salvato, ma nello stesso tempo investito per un risultato più grande e per esperienze più intense. Torre: è il segno che rinvia ad un luogo elevato dove la sentinella veglia, osserva, vigila attentamente. È il luogo della rifles- sione in cui non tutto è visibile, ma da dove è possibile scorgere l’orizzonte e in esso la realtà. Cavallo: rimanda a un intervento pun- tuale su quanto osservato prima, una specie di incursione per l’approfondi- mento. È il modo di accostare la realtà prima esperimentata e su cui si è riflet- tuto al fine di spingersi verso ulteriori conquiste di apprendimento. Alfiere: il movimento trasversale sulla scacchiera permette di spaziare e di spe- rimentare quanto prima è stato vissuto, riflettuto e spiegato. Come in un palio o un rodeo, permette di ripercorrere l’espe- rienza e ottemperare ai risultati e agli obiettivi proposti. Regina: dopo il re, è il pezzo più impor- tante sia per movimento, sia per possibi- lità, ma anche il più precario. Avere la regina sulla scacchiera o non averla non è la stessa cosa. Indica il processo di un continuo collaudo e la possibilità di recu- pero nel processo formativo. Re: tutti i pezzi sulla scacchiera sono in funzione di esso; l’intera partita ha come scopo la salvaguardia dallo “scacco al re” e dallo “scacco matto”. In realtà, si tratta del pezzo determinante, a cui vale la pena sacrificare qualche pedina per raggiungere il risultato finale. Non si tratta di qualcosa, ma di qualcuno: in fondo è la persona che mette in moto tutte le sue risorse ed ener- gie per risultare “vincente”. Graficamente si ha: CCaapp.. 22 -- Appunti per una proposta aperta, orientata e flessibile 43 CONTENUTO EEEEssssppppeeeerrrr iiiieeeennnnzzzzaaaa RRRRiiii ffff lllleeeessssssssiiiioooonnnneeee SSSSppppeeeerrrr iiiimmmmeeeennnnttttaaaazzzziiiioooonnnneeee VVVVeeeerrrr iiii ffff iiiiccccaaaa SSSSppppiiiieeeeggggaaaazzzziiiioooonnnneeee A conclusione, è bene presentare schematicamente il piano dell’opera “Vivere”, che si compone di una Guida per i formatori e tre testi per gli allievi: Come si è detto precedentemente, ogni volume si compone di cinque UA. Ognuna di esse si compone tre momenti: 3.1. Introduzione al percorso e obiettivi Si tratta di due pagine introduttive con lo scopo di indicare lo scopo e gli obiettivi dell’UA. 3.2. I momenti del percorso e metodo dell’UA L’UA si sviluppa attraverso cinque movimenti: esperienza – riflessione – spie- gazione – sperimentazione – verifica, secondo il metodo CREA. Essi sono resi graficamente con i pezzi fondamentali del conosciutissimo gioco degli scacchi, come si è già indicato. Le UA sono state verificate in alcuni Centri e messi a punto in base alle osservazioni pervenute, ma non esimono da ulteriori neces- sari adattamenti alla situazione concreta degli allievi. Integrazioni e sostituzioni Titolo VIVERE… Linee-guida per i formatori di Cultura etica e religiosa nei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale VIVERE IN… 1. L’identità. Percorso di Cultura etica e religiosa VIVERE CON… 2. La relazione. Percorso di Cultura etica e religiosa VIVERE PER… 3. Il progetto. Percorso di Cultura etica e religiosa Testo Guida I Volume II Volume III Volume P ia no d el l’o pe ra CAPITOLO 3 45 di parti e contenuti possono essere effettuate dopo una programmazione ragio- nata degli interventi o attingendo ad una sussidiazione più ampia. La fonte prin- cipale di riferimento per i formatori rimane Etica della persona e del lavoro7. 3.3. Strumenti per l’approfondimento Ogni UA si chiude con alcune indicazioni bibliografiche per approfondire la tematica. * * * Le UA dispongono di varie possibilità di ricerca e strumenti per la riflessione personale, per il confronto, per la spiegazione da parte del formatore e per la verifica. Lo stile è quello dialogico e interattivo e richiede, sia al formatore, sia la giovane allievo intelligenza, creatività e adattamento. Queste Linee-Guida hanno lo scopo di aiutare il difficile, ma necessario com- pito del formatore per la crescita integrale degli allievi. In appendice, i formatori trovano un piccolo glossario di cultura religiosa per esplicitare i termini principali del percorso proposto. Come fatto con gli allievi, non resta che augurare Buon Viaggio! anche ai for- matori. CCaapp.. 33 -- Piano dell’opera 7 Cfr. G. RUTA (ed.), Etica della persona e del lavoro, CNOS, FAP 2004.46 Abate, da ➚Abbá, è il padre, il superiore di una comunità di frati o monaci. Abbá che significa «papà», è l’espressione aramaica confidenziale, usata dai bambini, per chiamare il loro padre. Viene utilizzata da Gesù per esprimere la sua intima relazione con il ➚Padre. Abramo ➚patriarca («padre del popolo di Israele») vissuto verso il 1800-1600 a.C. riconosciuto e venerato da ebrei, cristiani e musulmani. Con Abramo Dio ha stabilito un’➚alleanza, prometten- dogli una ➚discendenza e una ➚terra. Con lui inizia ufficialmente la storia della ➚salvezza. La sua storia è nar- rata in Gn 12-25. Acqua, necessaria per la vita dell’uomo e per la natura, è segno di vita. È anche segno di distruzione (cfr. Gn 7). Utiliz- zata nei riti religiosi come segno di purificazione e di rigenerazione. Nel ➚battesimo è simbolo della nuova vita in Cristo. Adamo significa «essere di terra rossa», «uomo». Nel racconto della ➚Genesi è il nome del primo uomo creato da Dio, da cui proviene tutto il genere umano. Ade è il luogo dei morti secondo la conce- zione dei greci e dei latini. Per gli ebrei ➚Sheol. Adonaj, termine ebraico che significa «Signore», è il termine sostitutivo pro- nunziato dagli ebrei al posto del nome JHWH che invece non poteva essere proferito. Agnello è l’animale più importante nella religione ebraica per i sacrifici offerti a Dio: in particolare per quello pasquale e per quelli quotidiani (al mattino e alla sera). Doveva essere giovane e senza difetti. ➚Giovanni Battista addita Gesù come «agnello di Dio» (cfr. Gv 1,29.36), espressione ripetuta durante la celebrazione eucaristica, per indi- care il sacrificio sulla croce nell’ora in cui gli agnelli pasquali venivano sgoz- zati nel tempio di ➚Gerusalemme. Agostino d’Ippona (354-430 d.C.) è il più grande dei Padri occidentali, autore di numerose opere di carattere filosofico, P ic co lo g lo ss ar io d i c ul tu ra r el ig io sa APPENDICE Avvertenza per l’utilizzazione*. Il formatore non trova tutte le voci, ma quelle che sono state ritenute principali ed essenziali. Il segno grafico ➚ rinvia alle voci tratta- te nel glossario. * Traiamo spunto dai seguenti dizionari: D. FOUILLOUX et alii (edd.), Dizionario culturale della Bibbia, SEI, Torino 1992; B. GILLIERON, Lessico dei termini biblici, Elle Di Ci, Leumann - Torino 1992; J. HERIBAN, Dizionario terminologico concettuale di scienze bibliche e ausi- liarie, LAS, Roma 2005; Leggere la Bibbia con i ragazzi nella scuola di religione e nella catechesi. Disegni, cartine, schemi, grafici, vocabolarietto, Elle Di Ci, Leumann - Torino 1995, pp.306-340; R. LE GALL, Dizionario di liturgia, Elle Di Ci, Leumann - Torino 1994; M. LURKER, Dizionario delle immagini e dei simboli biblici, Paoline, Roma 1990; H. OBERMAYER et alii (edd.), Piccolo dizionario biblico, Paoline, Roma 1978; G.-M. OURY, Dizionario della fede cattolica, Elle Di Ci, Leumann - Torino 1994; U. PROCH, Dizionario dei termini biblico-teologici, Elle Di Ci, Torino 1988; J. RHYMER, Atlante del mondo biblico, SEI, Torino 1986, pp.218-219. 47 pedagogico, esegetico e teologico. Ha raccolto le sue memorie nelle Confes- siones, un opera letteraria di rilevanza mondiale. Alessandria d’Egitto era la capitale della provincia romana dell’Africa, luogo di grande rilevanza culturale, con una ricca biblioteca. Fu anche sede di una famosa scuola teologica in cui primeg- giano i nomi di Clemente Alessandrino e Origene. Allah è il nome dell’unico Dio riconosciuto e adorato dai musulmani nell’➚Islami- smo. Alleanza (dall’ebraico berît) è l’accordo di amicizia, il patto tra due o più persone con delle regole da rispettare. Indica il patto che Dio stabilisce di sua propria iniziativa con un uomo (Noé, Abramo, Isacco, Giacobbe, Davide) e con l’in- tero popolo di Israele. L’alleanza si basa sulla fedeltà di Dio e richiede la risposta dell’uomo e del popolo tramite l’obbedienza ai dieci comandamenti o ➚decalogo. Tutta la Bibbia si richiama all’alleanza che ne costituisce la princi- pale chiave di lettura: la parola latina «testamentum» («testamento»: rife- rita nella bibbia cristiana ad antico e nuovo) traduce appunto il termine ebraico e greco corrispondente ad «alleanza». Allegoria è un «discorso immaginifico», fatto di figure espressive, per descri- vere una realtà talvolta misteriosa, altrimenti difficile da comunicare. Sia l’AT, sia il NT contengono delle allego- rie, come ad esempio quella del pastore (cfr. Gv 10). Diversamente dalla ➚parabola, è più facile all’ascol- tatore e al lettore intuire a chi si riferi- sce l’immagine allegorica. Esiste anche l’interpretazione allegorica della Bibbia che tende a spiegare e attualizzare i vari testi, andando oltre il loro senso letterale. Alleluia acclamazione ebraica usata anche nei riti cristiani, che significa «Lodate Dio». Altare indica normalmente il luogo per il sacrificio. Serviva anche o per bru- ciarvi gli incensi o per ricordare una particolare manifestazione di Dio. Era, in genere, composto da un cumulo di pietre o da un unico masso oppure, come si usa oggi, fatto da marmi e da materiale più prezioso. Nel Nuovo Testamento, Cristo stesso viene desi- gnato come altare e sacrificio (cfr. Eb 13,10); per questo nelle chiese cri- stiane l’altare è posto al centro dell’e- dificio e gode di particolare riguardo perché vi si celebra l’Eucaristia. Ambone è il luogo rialzato della chiesa cristiana da cui viene proclamata la Parola di Dio, la ➚Bibbia. Amen è l’acclamazione liturgica di rispo- sta alla benedizione di Dio o alla mani- festazione della sua volontà. Significa «sì, è vero», «è la verità», «certa- mente», «è degno di fede». Anche Gesù, in quanto obbediente alla volontà del Padre, viene denominato: «Amen» (cfr. Ap 3,14). Amore è un termine che ha molteplici significati. Per i cristiani «Dio è amore» (cfr. 1Gv 4,8.16) e l’amore perfetto consiste nel dare la vita per i fratelli come Gesù Cristo (cfr. Gv 15,12-17). Amorrei erano antichi abitanti della ➚Palestina e della Siria. Anatema significa «maledizione», «sco- munica» e consiste nell’esclusione dalla comunità cristiana. Veniva lan- ciato contro persone o interi gruppi di persone che incorrevano nell’➚eresia. Anawim, che significa in ebraico «poveri di Jahvè», indica le persone povere materialmente e spiritualmente che attendevano la liberazione e la sal- vezza solo da Dio. Angelo è il «messaggero», l’«inviato» di Dio e svolge una particolare missione in vari racconti contenuti nella Bibbia. Nei vangeli l’apparizione degli angeli è fortemente legata alla vita di Cristo (cfr. Lc 1,26-38; 2,13 ecc.). Anche per l’Islam gli angeli hanno molta impor- CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 48 tanza: è stato l’angelo Gabriele a tra- smettere a ➚Maometto il messaggio di ➚Allah. Anno liturgico è l’anno della comunità cristiana che celebra la presenza di Gesù Cristo e dei vari aspetti della sua vita e della storia della salvezza. È modellato in gran parte sull’anno ebraico (➚calendario). Si sviluppa nelle seguenti tappe: ➚Avvento, ➚Natale, ➚Epifania, tempo «per annum» («durante l’anno»), ➚Quare- sima, ➚Pasqua, ➚Pentecoste, conti- nuazione del tempo «per annum». Anselmo di Aosta, vescovo di Canter- bury, scrisse il celebre Cur Deus homo? (Perché Dio si è fatto uomo?) e concepì l’«argomento ontologico» del- l’esistenza di Dio: id quo maius cogi- tari nequit, existit (Ciò di cui non si può pensare alcunché di più grande esiste). Tale argomento viene detto «ontologico» o «a priori» perché parte dalla definizione di Dio in quanto «essere superiore». Antenati sono le persone da cui uno discende (padre, nonno, bisnonno e così via). In molte religioni, special- mente africane, esiste il «culto degli antenati», venerati come mediatori tra la divinità e i discendenti. Antico Testamento è la parte della Bib- bia riconosciuta come Parola di Dio da ebrei e cristiani. Per i cristiani, l’Antico Testamento costituisce la grande pre- parazione alla venuta di Gesù Cristo. I libri che compongono l’Antico Testa- mento sono 46 o 39. Sette di essi (Tobia, Giuditta, 1 e 2 Maccabei, Sapienza, Siracide e Baruc) infatti sono ritenuti «deuterocanonici», cioè riconosciuti canonici in un secondo tempo. Anticristo è il nemico di Cristo, che nega la sua divinità e che seduce l’uomo perché si ribelli a Dio (cfr. 2Ts 2,3-12; 1Gv 2,18.22 ecc.). Antiochia di Siria era la capitale della provincia romana dell’Asia. In essa i discepoli di Gesù Cristo furono chia- mati per la prima volta «cristiani» (cfr. At 11,26) e fu anche sede di una famosa scuola teologica in cui primeg- giano i nomi di Luciano di Samosata e Diodoro di Tarso. Apocalisse viene dal greco e significa «rivelazione», azione dello svelare o dello scoprire una realtà prima nasco- sta. L’aggettivo «apocalittico» non è collegabile quindi a particolari avveni- menti catastrofici, bensì a un genere letterario che esprime, con un lin- guaggio proprio e simbolico, gli ultimi avvenimenti della storia. Esempi di apocalissi sono i capp. 24 di Mt, 13 di Mc, 21 di Lc, nonché l’Apocalisse di S. Giovanni (ultimo testo del NT e con- clusivo dell’intera Bibbia) e altri testi dell’AT. Apocalittica denota la corrente di pen- siero e il conseguente tipo di lettera- tura guidate da particolari «rivelazioni divine» (➚apocalisse) sul senso della storia o sugli eventi che riguardano il futuro dell’umanità. Le realtà vengono descritte con un genere letterario pro- prio, che vien detto «apocalittico». Apocrifi, letteralmente «nascosti», ven- gono denominati quegli scritti che riportano dottrine «segrete», non appartenenti al ➚canone biblico, ma somiglianti a quelli che vi fanno parte. Ci sono libri apocrifi sia per il NT che per l’AT. Ad esempio, il cosiddetto «vangelo di Pietro», di cui un fram- mento è stato scoperto nel 1886, fa parte degli apocrifi del NT. Apologia documento scritto redatto per prendere le difese di qualcuno. Apostolo significa «inviato con autorità» e designa, in senso stretto, ogni appartenente al gruppo dei «dodici» che Gesù scelse e inviò a predicare il vangelo (Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo detto anche Giuda, Simone e Giuda Iscariota, il traditore, sostituito dopo la CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 49 Pentecoste da Mattia) in quanto testi- moni della vita e della risurrezione di Gesù. In senso più ampio indica anche coloro che trasmettono il messaggio del vangelo (Paolo, Barnaba...: cfr. At 14,15). Apostolica (epoca) viene denominato il periodo in cui gli Apostoli hanno fon- dato e diretto le prime comunità cri- stiane. Aramei erano tribù nomadi della Siria e della ➚Mesopotamia imparentate con gli Ebrei. Aramaico è la lingua semitica degli ➚Ara- mei, utilizzato anche dagli Ebrei per più di mille anni. Era la lingua nativa di Gesù, parlata nella Palestina e nella Siria, e probabilmente delle prime tra- dizioni scritte del cristianesimo primi- tivo. Arca dell’alleanza era il segno della pre- senza di Jahvé in mezzo al popolo di Israele nel suo cammino verso la ➚terra promessa. Formata di legno, rivestita di lamine d’oro e sormontata da due angeli dorati, era lo scrigno che custodiva le tavole di pietra su cui era inciso il ➚decalogo, un vaso di ➚manna e la verga di ➚Aronne. Durante le soste del cammino veniva collocata sotto una ➚tenda; per essa fu costruito il ➚Tempio a Gerusalemme per iniziativa di Davide e ad opera di Salomone. Arcangelo è uno degli ➚angeli che appar- tengono alla seconda gerarchia delle schiere angeliche. La Bibbia indica il nome di tre di essi: Michele, Gabriele e Raffaele. Arcobaleno era visto dai popoli antichi come un ponte che congiunge la terra al cielo, gli uomini agli dei. È segno dell’alleanza con Noè (cfr. Gn 9,12-16) e simbolo della gloria di Dio (cfr. Ez 1,28). Ario (256 ca – 336 d.C.) eretico del IV secolo; la sua dottrina su Gesù Cristo fu condannata dal Concilio di Nicea (325). Aronne era il fratello di Mosè e suo colla- boratore nel guidare il popolo di Israele fuori dall’Egitto. Fu unto sacer- dote dallo stesso Mosè. Ascensione è l’esaltazione di Gesù e la sua salita al cielo, alla destra del Padre, quaranta giorni dopo la Pasqua (cfr. At 1,6-11). Asia nel Nuovo Testamento designava gran parte dell’attuale Asia Minore. Aspersione è il rito di purificazione fatto con il sangue (cfr. Es 24,3-8) o con l’acqua per il rito di espiazione (cfr. Nm 19,11-22). In genere si usavano alcuni rametti di issopo per aspergere il popolo, in occasione di particolari festività. Assemblea è la comunità di Israele radu- nata insieme per un atto di culto. Nel NT designa la Chiesa (la comunità cri- stiana) che si riconosce popolo di Dio, composto da sacerdoti chiamati al nuovo culto celebrato in Gesù Cristo (cfr. 1Pt 2,10; 1Cor 1,2; Rm 12,1). Assoluzione è il gesto benedicente che compie il sacerdote cristiano per con- ferire il perdono da parte di Dio al pec- catore che confessa le sue colpe. Atanasio (295 ca. – 373 d.C.) vescovo di Alessandria e avversario di Ario. Atenagora è lo scrittore cristiano, vissuto nel II sec. d.C., autore di un’Apologia indirizzata a Marco Aurelio, a difesa dei cristiani. Atti degli Apostoli libro del Nuovo Testa- mento, composto da san Luca e conti- nuazione del suo vangelo, che narra la storia della Chiesa primitiva, dall’A- scensione di Gesù al cielo, all’arrivo di Paolo a Roma, in catene per Cristo. Atto di fede è per i cristiani la professione di adesione a Dio Padre, a Gesù Cristo, suo Figlio e allo Spirito Santo, nella Chiesa. Autenticità è detta per l’attribuzione degli scritti del NT agli autori riconosciuti come tali dalla tradizione. Avvento significa «venuta» del giorno del Signore, la quale richiede da tutti pre- CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 50 parazione e conversione. Nel Nuovo Testamento si parla del «primo avvento», quando il Figlio di Dio si è fatto uomo, e di «venuta finale» di Gesù Cristo, alla fine dei tempi. La Chiesa vive tra queste due venute in attesa, vivendola in tutto l’➚anno litur- gico, ma in particolare nel periodo che precede il Natale, chiamato per l’ap- punto «Avvento». Azzimo significa «senza lievito». Designa il pane utilizzato dalla pasqua ebraica e nella celebrazione cristiana dell’eu- caristia. Il pane azzimo ricorda la «debolezza» della schiavitù (Es 12,15) e la fretta del popolo nell’abbandonare l’Egitto, che non permise al pane di lie- vitare (Es 12,34-39); è simbolo anche della novità cristiana non contaminata dal vecchio lievito. Baal, che significa in ebraico «signore», era il dio cananeo della fertilità. Gli ebrei quando entrarono nella terra promessa furono tentati di abbando- nare Jahvè e di servire Baal. Babilonesi erano la popolazione della Mesopotamia che rovesciò gli Assiri e occupò la Palestina, deportando in esi- lio gli Ebrei. Barnaba, compagno di Paolo nell’evange- lizzazione (cfr. At 4,36; 9,27 e pas- sim), probabile autore della Lettera di Barnaba (100 d.C. circa), non inclusa tra i testi del N.T. Basilio (329/330 – 379 d.C.), chiamato «il grande», fu vescovo di Cesarea di Cappadocia. Insieme all’amico Grego- rio Nazianzeno e a Gregorio di Nissa forma il trio dei Padri orientali detti «Cappadoci». Importante fu la sua opera monastica che si diffuse in oriente e in occidente. Basilica è il grande edificio, caratteristico dell’architettura romana, atto ad acco- gliere i cristiani per le celebrazioni liturgiche. Bat era l’unità di misura ebraica per i liquidi equivalente a circa 40 litri. Battesimo è il primo sacramento dell’ini- ziazione cristiana e «porta» dei sette sacramenti della Chiesa, mediante il quale si diventa cristiani e parte della comunità ecclesiale. Significa «immer- sione», perché alle origini della Chiesa questo rito consisteva in un bagno nel- l’acqua, «nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo», segno di parte- cipazione alla morte e risurrezione di Cristo. Battistero è il luogo riservato per il sacra- mento del Battesimo, in cui è collocato il fonte contenente l’acqua battesimale. Beatitudine significa felicità per l’uomo, profonda e totale, e consiste nella comunione perfetta con Dio. In diversi brani dei vangeli, Gesù proclama le beatitudini, in particolare nel «discorso della montagna» (cfr. Mt 5,3-12; Lc 6,20-23). Beelzebul era il dio adorato dai Filistei e indicava Satana, il principe dei demoni. Gesù fu accusato di scacciare i demoni in nome di Beelzebul (cfr. Mt 12,24s.). Benedetto da Norcia (480-547 d.C.) è ritenuto il fondatore del monachesimo cristiano occidentale. Benedizione è l’azione benefica di Dio a favore della comunità e del singolo membro. Solo in un secondo tempo la comunità benedice Dio per i doni rice- vuti. Bereshìt significa «In principio». Così ini- zia il libro della Genesi e dell’intera Bibbia. Anche l’evangelista Giovanni inizia il suo vangelo in modo analogo: «In principio era il Verbo» (Gv 1,1). Bestemmia è un insulto, in parole e in azione, a Dio. Nell’AT chi bestemmiava veniva lapidato. Gesù è stato accusato di bestemmia perché affermava di essere Figlio di Dio (cfr. Gv 10,36; 19,7) o perchè rimetteva i peccati (cfr. Mt 9,3). Bibbia («i libri» per eccellenza) è la rac- colta dei libri sacri per ebrei (solo Antico Testamento) e per cristiani (Antico e Nuovo Testamento). È tenuta CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 51 in grande considerazione anche dai musulmani. È composta da 46 libri dell’Antico Testamento e da 27 del Nuovo Testamento. Sono libri di vario genere: preghiere, fatti storici, rac- conti, leggi, proverbi... Bibbia dei Settanta (LXX) è l’antica tra- duzione in greco dell’Antico Testa- mento. Bronzo è il materiale ottenuto dalla lega di rame e stagno, resistente e facil- mente lavorabile, d’uso comune prima del ferro. L’arco di tempo tra il 3200 e il 1200 a.C. viene denominato «Età del Bronzo». Buddismo è una delle principali religioni mondiali, fondata in Asia dal Buddha (Siddharta Gautama) tra il VI e il V secolo a.C. È considerato dagli studiosi delle religioni più una filosofia della vita che una vera e propria religione. Calendario è il sistema di misurare il tempo. Per gli ebrei, dal VI sec. a.C. in poi, l’anno inizia in primavera con il mese di Abib (nome cananeo) o di Nisan (nome babilonese) corrispon- dente alla seconda metà di marzo fino alla prima metà di aprile. Di seguito i mesi del calendario ebraico sono: Ziv (aprile - maggio), Sivan (maggio - giu- gno), Tammuz (giugno - luglio), Ab (luglio - agosto), Elul (agosto - set- tembre), Ethanim (settembre - otto- bre), Bul (ottobre -. novembre), Cas- leu (novembre - dicembre), Tebet (dicembre - gennaio), Sebat (gennaio - febbraio), Adar (febbraio - marzo). Ogni mese inizia nel giorno della luna nuova. Calice è il recipente dove viene versato il vino o altro liquido. In base al conte- nuto è segno della sorte assegnata a colui che beve (cfr. Lc 22,42). Nell’ul- tima cena Gesù presenta il calice del ➚vino, versato per tutti, come segno della nuova alleanza. Nell’eucaristia cristiana ha specificamente questo significato (cfr. 1Cor 11,26). Calunnia è accusare falsamente una per- sona, al fine di screditarla agli occhi della società. Canaan è l’antico nome, risalente al II millennio a.C., che indicava la regione della Palestina, chiamata dai greci «terra dei filistei». Cananei erano gli abitanti della terra di ➚Canaan. Canone biblico (dal greco kanôn «regola fissa») designa l’elenco dei libri dell’AT e del NT riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa come ispirati da Dio e pro- posti ai credenti come norma di fede e di vita. Quelli che non compaiono in questa lista vengono detti general- mente ➚«apocrifi». I criteri per stabi- lire la «canonicità» dei testi biblici sono tre: ecclesialità, apostolicità e tradizionalità. Il primo elenco finora trovato è il cosiddetto Canone murato- riano, di cui possediamo un fram- mento del 180 d.C. Esistono anche diversi canoni ebraici che compren- dono i libri dell’AT ritenuti ispirati da Dio presso le comunità ebraiche di Alessandria (Canone alessandrino del III sec. a.C. che comprendeva 46 o 47 libri), di Palestina (Canone palestinese del 90 d.C. composto da rabbini farisei di Jàbneh e che comprende 39 libri) e di Samaria (Canone samaritano). Capanne (festa delle) è la terza festività agricola degli Ebrei (detta anche «dei tabernacoli»), che prese il nome dalle tende o capanne che i mietitori usa- vano nei campi, durante la raccolta dell’uva, delle olive o della frutta. Que- sta festa ricordava anche il periodo di quarant’anni trascorsi nel deserto, dopo la liberazione dalla schiavitù d’E- gitto. Cardinale è il membro della gerarchia della Chiesa cattolica che collabora con il Papa svolgendo particolari compiti nei vari organismi della S.Sede e par- tecipa all’elezione del Papa. Carestia indica il periodo di tempo in cui scarseggiano gli alimenti per le per- CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 52 sone e per gli animali. In genere, era causata dalla scarsità del raccolto agri- colo o della rendita pastorizia per mancanza di piogge, per tempeste, per guerre o per la voracità di alcuni insetti (ad es. cavallette). Catecumenato è il periodo di prepara- zione ai sacramenti dell’➚iniziazione cristiana degli adulti (➚battesimo, ➚confermazione ed ➚eucaristia). Catecumeni sono coloro che manifestano la volontà di essere cristiani e vengono preparati a conoscere la fede cristiana e comportarsi secondo il vangelo di Gesù. Cattedrale è la chiesa principale di una Diocesi dentro cui è collocata la «cat- tedra» (da cui proviene il nome), cioè la sede del vescovo. Cattolica significa «universale» e indica l’apertura della Chiesa a tutti gli uomini. «Cattolici» vengono denomi- nati i cristiani legati alla Chiesa di Roma e al Papa, per distinguerli da Anglicani, Protestanti e Ortodossi. Cefa (o Kefa) significa «pietra», «roccia». «Pietro» è il nome nuovo dato da Gesù a Simone, il primo tra gli apostoli (cfr. Gv 1,42). Celso è il filosofo pagano vissuto nel II sec. d.C., autore di un Discorso veri- tiero contro i cristiani, a cui rispose ➚Origene con il suo Contra Celsum. Cena pasquale è il rito ebraico che ricorda e rende attuale l’uscita del popolo ebraico dall’Egitto (➚esodo) e l’alleanza del ➚Sinai. Cenobiti erano i monaci che vivevano in comunità. Censimento è la conta del numero delle persone abitanti in un determinato territorio (cfr. Lc 2,1). Centurione era un ufficiale dell’esercito romano, capo di cento soldati. Chiesa in maiuscolo indica l’assemblea di tutti i cristiani in concordia con il pro- prio vescovo (Chiesa «locale») e con il Papa (Chiesa «universale»). Le carat- teristiche della Chiesa sono le seguenti: unità, santità, cattolicità, apostolicità. In minuscolo chiesa indica l’edificio in cui si radunano i cristiani per la preghiera comune. Cipriano (205-258 d.C) fu vescovo di Car- tagine e si adoperò per conservare l’u- nità della Chiesa minacciata da sette eretiche, come quelle dei Novaziani. Morì martire. Circoncisione è il rito abbastanza diffuso nell’antichità, consistente nel taglio del prepuzio, che celebrava l’inserimento di un giovane tra gli adulti di una tribù o di un popolo. Era in uso anche nel popolo ebraico come segno dell’al- leanza tra Dio e Israele (cfr. Gen 17,9- 14). Nel cristianesimo fu oggetto di discussione tra convertiti dall’ebraismo e convertiti dal paganesimo (cfr. il Concilio di Gerusalemme in At 15), il cui risultato fu la non necessità della pratica della circoncisione; per essere cristiani, infatti, è sufficiente il ➚batte- simo. Città di Davide è la parte più antica di ➚Gerusalemme, la fortezza di Sion con- quistata da Davide (cfr. 2Sam 5,7-9). Clemente, vescovo di Roma dall’88 al 97 d.C. circa, è l’autore di una Lettera ai Corinzi, che non figura nell’elenco dei libri sacri del NT. Codici del NT sono i manoscritti in perga- mena contenenti, in tutto o in parte, il NT. Colomba è il simbolo della pace, di con- forto e di quiete dopo la tempesta (cfr. Gn 8,8-12). Lo Spirito santo è sceso su Gesù nel battesimo al Giordano sotto forma di colomba (cfr. Mt 3,16) e così viene raffigurato in gran parte dell’arte cristiana. Comandamenti ➚Decalogo. Comandamento nuovo è il comanda- mento dell’amore lasciato da Gesù nel- l’ultima cena ai suoi discepoli (cfr. Gv 13,34-35). Si richiama ai dieci coman- damenti (o «decalogo») e li riassume tutti secondo l’insegnamento, l’esem- pio e la vita di Gesù. CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 53 Comer è la misura dieci volte più grande dell’➚efa. Comunità cfr. ➚Assemblea. Comunità postpasquale è l’insieme dei discepoli, uniti dalla stessa fede in Cri- sto Gesù, dopo la sua risurrezione. Comunità prepasquale è l’insieme dei discepoli scelti da Gesù, prima della sua risurrezione. Concilio ➚ecumenico è la riunione straordinaria di tutti i vescovi del mondo in comunione con il papa per discutere di problemi particolari della Chiesa intera riguardanti la fede cri- stiana. Il primo è stato quello di Geru- salemme verso l’anno 48 d.C. (cfr. At 15) e l’ultimo il Concilio Vaticano II, svolto a Roma dal 1962 al 1965. Confermazione è il secondo sacramento che, mediante l’imposizione delle mani da parte del vescovo e l’unzione del crisma, conferisce il dono dello Spirito Santo. Confessione può significare sia la solenne professione della fede, sia la dichiara- zione delle proprie colpe davanti al sacerdote o, ancora, il sacramento che esprime il perdono dei peccati (➚peni- tenza). Consacrazione è l’atto di «separare» o di riservare una persona o una cosa per un uso «sacro», perchè Dio ne disponga in modo speciale. Contemplativi sono i monaci dediti soprattutto alla preghiera e alla con- templazione di Dio. Convento significa «assemblea» e desi- gna la casa di frati o suore. Conversione è il dono che concede Dio all’uomo di cambiare vita e la decisione che prende l’uomo di abbandonare la via del peccato per seguire la via di Dio. Corano è il libro sacro dell’➚islamismo da questo ritenuto come dettato diretta- mente da ➚Allah al suo profeta ➚Mao- metto. Coscienza è il senso della verità presente in ogni uomo, la voce che c’è dentro il suo cuore sul bene da fare e sul male da evitare. Creazione indica sia l’atto creatore di Dio alle origini del mondo, sia il risultato dell’azione di Dio che comprende l’in- sieme delle persone, animali, vegetali e cose, cioè l’ambiente della vita umana e naturale (habitat) e tutte le altre cose esistenti. Credere significa avere ➚fede. Crisma ➚olio Cristiano deriva da «Cristo» e indica colui che lo segue, il discepolo di Gesù. Verso il 40 d.C. «ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani» (At 11,26). Cristo viene dal greco e significa «unto, consacrato, scelto (da Dio)» e corri- sponde alla parola ebraica Messia. Nel- l’Antico Testamento designa l’atteso liberatore, nel Nuovo Testamento con questo appellativo viene indicato Gesù. Cristologia è lo studio sistematico e teo- logico su Gesù Cristo. Si parla di «cri- stologia ascendente» quando la visione parte dalla sua realtà umana per arrivare alla realtà divina (uomo che siede alla destra di Dio); si dice «cristologia discendente» quando la visione inizia dalla sua realtà divina per coglierne la realtà umana (Dio che si fa uomo). Critica letteraria è il metodo che cerca di stabilire la storia (le fonti che hanno contribuito a formare un testo) e il senso del testo stesso. Critica storica è il metodo che serve per determinare la storicità del racconto di un avvenimento, o l’autenticità di una parola. Critica testuale è il metodo che cerca di avvicinarsi più che sia possibile al testo originale in base alle varianti delle copie manoscritte che ci sono pervenute. Croce era lo strumento di supplizio desti- nato agli schiavi, che i romani neppure volevano sentir nominare (Cicerone). Per i cristiani è il segno della ➚pas- sione di Gesù Cristo, del suo ➚sacrifi- CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 54 cio per tutti gli uomini. Nella preghiera cristiana il segno della croce dalla fronte al petto da una spalla all’altra è segno di totale salvezza e santifica- zione. Crociate erano le spedizioni militari dei paesi cristiani per combattere contro i musulmani (chiamati anche «sara- ceni») e per liberare Gerusalemme e i luoghi sacri dal loro dominio. Crocifissione era l’esecuzione capitale presso i Romani, consistente nell’in- chiodare o legare la vittima ad una croce di legno. Cubito è l’unità di misura di lunghezza equivalente a circa 50 cm. Culto è in genere l’insieme di riti, gesti, preghiere, mediante i quali si onora Dio. Il culto cristiano è differente dalle altre religioni: innanzitutto è l’azione di Dio, attraverso la sua Parola e i segni sacramentali, a favore del suo popolo e in secondo luogo la risposta di lode e di ringraziamento del popolo («liturgia»). Il culto «spirituale» dei cristiani consiste nel dono di sé a Dio e ai fratelli (cfr. Rm 12,1) Cuneiforme indica il tipo di scrittura a caratteri «a forma di cuneo», di origine mesopotamica, incisa su tavolette di argilla tramite uno stilo. Cuore, mentre per noi uomini del secolo XX è il muscolo cardiaco, per le reli- gioni orientali e per la Bibbia è il cen- tro della persona, la parte più intima, nel cui segreto si pensa, si sente, si decide, si ama. Dal cuore dell’uomo nasce il male (cfr. Mt 15,19) e il dono più grande che Dio può fare all’uomo è un «cuore nuovo» (cfr. Ez 36,26). Davide, figlio minore di Iesse, originario di Betlemme, della tribù di Giuda, fu unto, per ordine di Dio, re d’Israele, dal profeta ➚Samuele, al posto dell’in- fedele ➚Saul. La Bibbia (cfr. 1Sam 16ss. – 2Sam – 1Re 1-2,12) narra le sue imprese sin da giovane (si pensi alla sfida con il gigante Golia), ma non tace anche i suoi sbagli e il suo pec- cato, specialmente quando si unì a Bersabea, moglie del suo luogotenente Uria. Fattolo uccidere in una battaglia, da lei ebbe il figlio ➚Salomone che gli succedette nel regno. Dalla sua discendenza, secondo le profezie, doveva nascere il Messia: per questo, Gesù viene detto «figlio di Davide». Decalogo, che significa «dieci parole», designa i dieci comandamenti dati da Dio a Mosé sul monte ➚Sinai come condizioni per rimanere fedeli all’al- leanza. Gesù non solo non li ha aboliti ma li ha portati a compimento (cfr. Mt 5,17) con il «comandamento nuovo». Decima designa la decima parte del com- plessivo guadagno o del raccolto annuale. Presso gli ebrei c’era l’usanza di offrirla a Dio e al suo culto (cfr. Lv 27,30.32; Lc 18,12). Demonio è uno degli angeli decaduti per- ché hanno scelto di mettersi contro Dio. Odia ogni cosa che di buono Dio ha creato, e primo fra tutti odia l’uomo: per questo tenta di distrug- gerlo tentandolo al peccato (cfr. Mc 1,34; 3,15). Gesù è venuto a liberare l’uomo dal potere del demonio. Deserto designa una zona geografica dove è quasi assente la vegetazione e la vita è pressoché impossibile e tuttavia abi- tata dalle popolazioni nomadi. È anche simbolo della prova, della lotta contro il male, come anche luogo dell’incontro tra Dio e il suo popolo, il posto ideale per l’alleanza. Nei primi secoli del cri- stianesimo numerosi monaci si ritira- rono nel deserto per mettersi in un contatto privilegiato con Dio. Deuterocanonici sono detti tutti quei libri (sia del ➚AT che del ➚NT) che agli inizi della storia cristiana non furono sempre e dovunque riconosciuti come ispirati e che solo successivamente furono inseriti nel canone biblico: Tobia, Giuditta, 1 e 2 Maccabei, Sapienza, Siracide e Baruc. Oggi però sono ritenuti a pieno titolo ispirati come i libri «protocanonici». CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 55 Deuteronomio è il quinto libro del Penta- teuco e significa «seconda legge». Consiste in un insieme di discorsi pro- nunciati da Mosé per richiamare il popolo alla fedeltà a Dio e spiegare il senso dei fatti dell’Esodo e dell’Al- leanza sul Sinai. Deuteronomista è una delle probabili quattro fonti del Pentateuco, scritta in Samaria verso l’VIII sec. a.C., indicata nella critica letteraria con la sigla D. Diaconesse erano nella Chiesa primitiva, delle donne a servizio delle comunità cristiane (cfr. Rm 16,1; 1Tm 5,9-16). Il loro ministero era diverso da quello dei Diaconi, e non comportava una ordinazione. Diaconi, istituiti direttamente dagli apo- stoli per rendere particolari servizi nella comunità primitiva (cfr. At 6,1- 6), hanno il compito di collaborare con i vescovi e i sacerdoti per la catechesi e l’evangelizzazione, per le celebra- zioni e per particolari attività carita- tive. Diaspora significa «dispersione». È il nome dato alle comunità ebraiche fug- gite dalla Palestina (dopo il 70 o il 135 d.C.) e costituitesi fuori di essa. Diavolo, che significa «colui che divide, che separa», è il nemico di Dio e del bene. Agisce per rendere gli uomini schiavi del peccato e del male. Nella Bibbia viene chiamato anche Beelzebùl e Satana (cfr. Mc 3,22-23). Didaché, «dottrina dei dodici apostoli», è un libro del I sec. d.C., non canonico, che riporta diversi insegnamenti cri- stiani di ordine teologico e morale. Digiuno è l’astensione dai cibi per un certo periodo di tempo per motivi reli- giosi. È una pratica diffusa anche in altre religioni. Durante la quaresima i cristiani vedono nel digiuno un segno di conversione, di partecipazione alle sofferenze di Cristo e di solidarietà con i fratelli più poveri. Dio, dalla lingua sanscrita div e dyans, da cui proviene il greco theós e il latino deus, significa luce, splendore. La luce è forse l’immagine più antica e la più adatta per parlare di Dio. Anche la Bib- bia ricorre a questo simbolo quando afferma che: «Dio è luce» (Sal 27,1; 1Gv 1,5). Nel NT il termine indica il Padre di Gesù Cristo. In senso filoso- fico si intende l’Essere Superiore o «trascendente». Discepolo è colui che «impara», che segue il maestro, l’«allievo». Nel Nuovo Testamento non designa sol- tanto i «dodici» apostoli chiamati da Gesù, ma tutti i cristiani. Disegno di Dio è la volontà che ha spinto Dio a progettare, a realizzare la creazione del mondo e ad interve- nire nella storia della salvezza. Que- sto piano di salvezza si è realizzato pienamente in Gesù Cristo, è basato sull’amore ed intende coinvolgere tutti gli uomini. Doceti (dal verbo greco dochein: «sem- brare», «apparire») erano i cristiani eretici che vedevano in Gesù un Dio che aveva assunto solamente l’appa- renza di uomo. Dogma è quella verità di fede, vincolante per tutti i cristiani. Dogmatica indica la scienza teologica che studia sistemati- camente le verità di fede. Domenica significa «giorno del Signore» dal latino Dies dominica, da cui pro- viene anche il francese Dimanche e lo spagnolo Domingo. Questo giorno della settimana ricorda la resurrezione di Gesù ed è la festa settimanale dei cristiani. Essi non solo si riposano dalle attività lavorative, ma celebrano insieme l’eucaristia e si dedicano alle opere di solidarietà. Dottrina sociale è l’insieme degli inse- gnamenti della Chiesa, in particolare dei Papi, ispirati al vangelo e ai valori cristiani sui vari problemi economici, culturali, sociali e politici. Dubbio religioso è l’incertezza se cre- dere o no a Dio, a Gesù Cristo, o a qualsiasi altra verità di fede. CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 56 Ebraico è la lingua di origine cananea, che fu rimpiazzata dall’➚aramaico, ma che rimase nei testi sacri e nel culto del popolo ebraico. Ebrei, termine dalle origini oscure, sono i discendenti di ➚Abramo e il popolo dell’➚Alleanza, ➚Israele. Ecumenismo é il cammino verso l’unità dei cristiani, dopo le separazioni tra comunità cristiane (➚scisma) avve- nute lungo i secoli. Consiste nella riscoperta da parte di tutti i cristiani delle parole di Gesù: «Padre, che tutti siano una cosa sola come noi» (Gv 17,22) e nell’invocazione unanime della sua preghiera al Padre. Ecumenico è una parola greca che indica la terra abitata, cioè il mondo intero. L’aggettivo aggiunto a ➚Chiesa ben presto indicò la sua universalità. Eden significa «giardino» ed indica nella Bibbia il «paradiso terrestre» (cfr. Gen 2,8). Editto era la legge scritta o l’ordine ema- nato da un re o da un governatore. Edizione critica del NT è il tentativo di ricostruire il testo originale del NT, annotando le varianti dei principali manoscritti pervenutici. Efa è l’unità di misura per i solidi equiva- lente al ➚bat. Egiziani sono la popolazione stanziata lungo il fiume Nilo, importanti per la loro cultura e l’organizzazione poli- tica. Elia è il grande profeta dell’Antico Testa- mento, difensore del culto dell’«unico Dio» e tenace avversario dell’idolatria. Gli ebrei credevano che la venuta del Messia sarebbe stata preparata da questo grande profeta (cfr. Ml 3,23). Gesù, riferendosi a Giovanni Battista, afferma nel vangelo che Elia è già venuto (cfr. Mc 9,13). Elohista è una delle probabili quattro fonti del Pentateuco scritta in Samaria verso il IX sec. a.C., indicata nella cri- tica letteraria con la sigla E. Emmanuele significa «Dio con noi» e indica il bambino, annunciato dal pro- feta Isaia (Is 7,14), come salvatore del popolo di Israele. Matteo, nel suo van- gelo, vede in questo bambino Gesù, nato da Maria (Mt 1,22-23) Epifania designava nell’AT una particolare manifestazione divina. Per i cristiani è la festa della «manifestazione» di Gesù a tutti i popoli, ai magi di Oriente venuti ad adorarlo. I cristiani dell’O- riente la celebrano con particolare solennità: per loro corrisponde alla festa del Natale. Epistola significa «lettera». Sta ad indi- care per i cristiani una delle lettere di S.Paolo o di altro autore del NT; nella liturgia della Parola domenicale è la seconda lettura. Epistolario paolino è l’insieme delle tre- dici lettere di San Paolo, raccolte nel NT. Eretici sono coloro che hanno elaborato delle eresie e per questo vengono con- dannati dalla Chiesa. Nel passato agli eretici venivano inferti castighi e veni- vano penalizzati perfino con la morte. Eresia letteralmente significa «scelta», «preferenza» e consiste nella sele- zione di alcune verità rivelate da Gesù a scapito di altre, in una dottrina par- ziale, riduttiva e fuorviante, rispon- dente a modi di vedere opinabili e sog- gettivi, non rispondenti alla vera fede. Erma o Ermas è uno scrittore cristiano del II sec., autore dell’opera Il pastore a carattere dottrinale ed etico. Ermeneutica biblica è la scienza che studia il senso della Bibbia e l’inter- pretazione dei significati delle espres- sioni e delle parole in essa contenute. Nell’epoca patristica la cosiddetta «scuola d’Alessandria» tendeva ad interpretare la Bibbia in modo allego- rico, mentre la «scuola di Antiochia» la interpretava in modo letterale. Erode il Grande fu re della Giudea sotto il dominio romano, dal 37 al 4 a.C. Con lo stesso nome furono chiamati nume- rosi dei suoi discendenti. CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 57 Erodiani erano i membri del partito poli- tico, sorto nel I sec. a.C., simpatizzanti della monarchia erodiana e avversari del dominio romano. Escatologia è tutto ciò che concerne «le cose ultime, definitive», gli ultimi tempi inaugurati da Gesù e che fini- ranno al suo ritorno, con la ➚parusia. Esdra sacerdote e dottore della legge, è colui che verso il V sec. a C. promosse una riforma religiosa in Israele in base all’osservanza della Torah e organizzò probabilmente il Pentateuco. Il nome di Esdra è legato anche ad uno degli scritti dell’AT. Esegesi è la scienza che cerca di stabilire il senso di un testo o di un’opera lette- raria. Esilio è la deportazione degli Ebrei a Babi- lonia nel 598 a.C. e nel 587-539 a.C. In questo periodo, abbastanza duro per gli Ebrei costretti a vivere lontani da Gerusalemme (cfr. Sal 137), vi furono vari circoli che aggregavano persone culturalmente e religiosa- mente preparate che elaborarono numerosi dei passi dell’Antico Testa- mento, come ad esempio i primi capi- toli (1-11) della Genesi. Esodo è l’uscita del popolo ebraico dall’E- gitto ed indica anche il secondo libro della Bibbia (che inizia con la parola Shemòt: «i nomi»). Espiazione è la festa ebraica chiamata Yom Kippur («giorno del perdono»), durante la quale il sommo sacerdote offriva il sacrificio per i peccati del popolo d’Israele (cfr. Lv 16,29-34). Esseni erano i membri di un movimento ebraico, dissidente della religione uffi- ciale, formatosi nel postesilio e con- temporaneo all’epoca del Nuovo Testa- mento. Vivevano in comunità e aspet- tavano la liberazione del popolo di Israele. La comunità di Qumran, presso il Mar Morto, è la più celebre per il ritrovamento di alcuni rotoli con- tenenti testi dell’AT. Etica ➚morale. Eucaristia ha il significato di «rendimento di grazie» ed è per i cristiani la cele- brazione liturgica principale, durante la quale si ascolta la Parola di Dio e si rivive l’ultima cena, la presenza di Gesù morto e risuscitato nel segno del pane e del vino. Eufrate, insieme al ➚Tigri, è il fiume che delimita l’antica ➚Mesopotamia. Evangeliario è il libro dei Vangeli che viene portato in processione all’inizio della Messa e usato per la proclama- zione del Vangelo. Evangelista significa letteralmente «pre- dicatore del vangelo» (cfr. At 21,8; 2Tm 4,5), ma più diffusamente sta ad indicare l’autore di uno dei quattro vangeli: Matteo, Marco, Luca (denomi- nati ➚«sinottici») e Giovanni. Evangelizzazione significa portare il «vangelo», il lieto annuncio di Gesù Cristo a tutti gli uomini. È l’impegno principale della Chiesa e di ogni cri- stiano, chiamato a testimoniare con la vita e con le parole la salvezza di Cri- sto per tutti. Evoluzionismo è quella teoria scientifica che spiega l’origine delle specie viventi come derivazione graduale nel tempo da specie inferiori. Farisei erano un particolare gruppo reli- gioso ebraico dei tempi di Gesù. Si distinguevano per la preoccupazione a interpretare e a praticare la ➚Torah sin nei minimi particolari. Sovente vengono rimproverati da Gesù per la loro doppiezza e ipocrisia e soprat- tutto per l’incapacità di cogliere l’es- senziale, il cuore della Torah (cfr. Mc 7,13). Fede è il dono di Dio che chiama alla sal- vezza, a cui corrisponde la risposta di adesione da parte dell’uomo a tale chiamata. Significa aver fiducia in Dio e credere a quanto Egli rivela attra- verso Gesù Cristo e insegna mediante la Chiesa. Nel linguaggio comune può assumere di volta in volta, significati CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 58 diversi: adesione a un ideale o a certi valori, fiducia in qualcuno, religiosità, religione. Fedeli sono coloro che hanno la ➚fede e che si comportano di conseguenza. La Bibbia dice che Dio è fedele, perché mantiene le sue promesse (cfr. Dt 7,9; 1Cor 10,3). Ferro è il metallo più comune dal 1200 a.C., da cui proviene la denominazione «età del ferro». Festa è per tutte le religioni un giorno consacrato alla divinità, in cui si parte- cipa a determinati riti religiosi e a par- ticolari banchetti e in genere ci si astiene da lavori servili. Figlio dell’uomo indica un individuo (cfr. Ez 2,1) o l’intero popolo ebraico (cfr. Dn 7,13s.) per evidenziare sia la con- dizione umana, sia la manifestazione futura nella gloria. È il titolo usato da Gesù per presentarsi come colui che Dio aveva promesso di mandare, come «servo sofferente» (cfr. Mc 8,31) e che deve venire alla fine del mondo (cfr. Mc 8,38). Figlio di Dio è il titolo del Nuovo Testa- mento riferito a Gesù Cristo, che indica la sua condizione di divinità, di rela- zione singolare e d’unità con Dio➚Padre e con lo ➚Spirito Santo. Filistei erano la popolazione che occupò la pianura costiera della Palestina dal mare al ➚Sefela. Da questo termine proviene la denominazione della Pale- stina. Fonte battesimale è il recipiente conte- nente l’acqua per il battesimo. Fonti sono tutti quei documenti e reperti da cui attingere notizie del passato. Nello studio dei vangeli è importante conoscere le fonti (scritte ed orali) a cui hanno attinto gli evangelisti per scrivere il proprio vangelo. Formgeschichte è la ricostruzione storica delle forme letterarie preesistenti ai vangeli. Formule di fede sono delle brevi sintesi che racchiudono la fede cristiana. Fratelli di Gesù erano gli appartenenti (con ogni probabilità cugini) alla fami- glia di Gesù. Frazione del pane (in latino fractio panis) è uno dei termini più antichi con il quale i primi cristiani designavano l’➚eucaristia (cfr. Lc 24,35; At 2,42). È il gesto di Gesù nella moltiplicazione dei pani e nell’ultima cena, segno del dono di sé e della condivisione. Fuoco è simbolo del divino per i suoi effetti di illuminare, di purificare, di fondere e di riscaldare, mentre è simbolo del male per i suoi effetti di distruzione e di consumazione. Nella Bibbia vi sono diversi testi che riportano il fuoco come manifestazione di Dio e del suo Spirito (cfr. Es 3,2; At 2,3-4). Galilea è la parte settentrionale della Palestina in cui Gesù crebbe (➚Naza- ret), annunciò il Regno di Dio e fece miracoli. Geenna cfr. Inferno. Genesi, che significa «inizio» (dall’ebraico Bereshìt), è il primo libro del Penta- teuco e di tutta la Bibbia. Narra l’ «ori- gine» dell’umanità e del popolo Israele, eletto da Dio. La prima parte racconta la creazione, il peccato del- l’uomo fino all’episodio della Torre di Babele (capp. 1-11). La seconda parte riferisce la storia dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe) e di Giu- seppe (capp.12 - 50). Gentili, dal latino «gens» che significa popolazione, indicava i «pagani», tutti coloro che non erano di stirpe ebraica. Geova è la lettura sbagliata di ➚YHWH ad opera della setta dei Testimoni di Geova. Va invece letto ➚Jahvè. Gerarchia è l’insieme di coloro che gui- dano e governano la Chiesa (papa, vescovi). Geroglifici sono dei simboli pittorici che rappresentano persone, animali, piante, cose e che costituivano una forma di scrittura (chiamata «ideogra- fica») usata specialmente in Egitto. CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 59 Gerusalemme è la città santa dell’ebrai- smo, venerata anche da cristiani e musulmani. Il suo nome significa «città della pace» e veniva chiamata anche «città di Davide». Per la fede cristiana, la città è il luogo della pas- qua di Gesù e la meta della storia umana: «la Gerusalemme celeste». Gesù il cui nome significa «Dio è sal- vezza» era un nome comune tra gli ebrei. Nato in Palestina verso il 6 a.C. e morto a Gerusalemme verso l’anno 30 d.C., Gesù è per i cristiani l’origine, il centro e il compimento della loro fede e viene riconosciuto da essi come il Messia e il Figlio di Dio. Viene tenuto in grande considerazione sia presso l’Islam, sia presso gli ebrei e sia presso altre religioni. Gesuiti sono i membri della «Compagnia di Gesù» fondati da S.Ignazio di Loyola nel 1540. Giacobbe è, secondo la Bibbia, il figlio di Isacco e il nipote di Abramo, che rice- vette le benedizioni di Dio, al posto del fratello maggiore Esaù. A Giacobbe, chiamato anche Israele, si richiamano le dodici tribù del popolo ebreo (Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Ìssacar, Zabulon, Dan, Gad, Aser, Neftali, Giu- seppe, Beniamino). Giorno del Signore è l’espressione usata dai profeti per designare la grande manifestazione di Dio; per alcuni di loro è giorno di liberazione dai nemici, per altri giorno di punizione dei mal- vagi. Ma il significato più diffuso è il giorno in cui Dio avrebbe inaugurato l’éra messianica, inviando il Messia in mezzo al popolo di Israele. Giovanni Battista è il messaggero e l’ul- timo profeta dell’Antico Testamento mandato da Dio per annunciare l’ar- rivo di Gesù, il Messia atteso (cfr. Mt 3,3). Morì decapitato per ordine di Erode (cfr. Mt 14,1-12). Giovanni Evangelista, uno dei dodici apostoli, autore del quarto vangelo, di tre lettere canoniche e dell’Apocalisse. Giuda era uno dei figli di Giacobbe, il cui nome passò a indicare una delle dodici tribù di Israele. Designava anche il regno ebraico del sud, con capitale Gerusalemme, dopo la divisione dell’u- nico regno di Salomone nel 931 a.C. fino alla sua distruzione avvenuta nel 587 a.C. Il nome Giuda era assai dif- fuso; tra i dodici apostoli ce ne erano due: Giuda di Giacomo (forse l’autore di una delle lettere canoniche) e Giuda Iscariota che tradì Gesù. Giudaismo è il periodo della storia ebraica dalla fine dell’esilio babilonese (538 a.C.) alla distruzione di Gerusalemme (70 d.C.). Giudea è la parte meridionale della Pale- stina, ai tempi dei Greci e dei Romani. Giudeo indicava originariamente un mem- bro della tribù di ➚Giuda, poi passò a designare ogni ebreo. Giudeocristiani erano i cristiani prove- nienti dal giudaismo. Giudici erano i collaboratori di Mosè nell’e- sercitare la giustizia in mezzo al popolo (cfr. Es 18,22). Dopo essere entrati nella terra promessa, Dio scelse per guidare gli israeliti, alcune persone coraggiose e sagge, chiamate appunto «giudici», tra cui Gedeone, Sansone e Debora (cfr. il libro dei Giudici). Giuseppe, nell’Antico Testamento, è il figlio di Giacobbe e di Rachele, la cui vicenda è narrata da Gn 37-50. Nel Nuovo Testamento si chiama con que- sto nome lo sposo di Maria e padre legale di Gesù (cfr Mt 1-2; Lc 1-2). Giuseppe Flavio. Storico di origine ebraica, vissuto nel I sec. d.C., fu fatto prigioniero dai Romani dopo il 70 d.C. anno della distruzione di Gerusa- lemme. Passato dalla parte dei Romani, assunse il nome della famiglia Flavia, da cui il soprannome. Scrisse Antichità giudaiche ed altre opere rile- vanti a carattere storiografico. Giustificazione è l’azione di Dio che, mediante la morte e risurrezione di Gesù, libera e rende creatura nuova CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 60 l’uomo peccatore. Questa azione di Dio viene detta «grazia» («dono dato gra- tis») rende l’uomo «giusto», familiare di Dio (cfr. Ef 2,8) e capace di vivere secondo il progetto di Dio (cfr. At 20,32). Giustino, filosofo cristiano del II sec. d.C., è l’autore del Dialogo con Trifone e di due Apologie in difesa dei cristiani e della loro fede. Gloria è innanzitutto la manifestazione della grandezza e dello splendore di Dio contemplata dall’uomo e a lui par- tecipata: ad es. dal popolo di Israele (cfr. Nm 14,10), dai pastori (cfr. Lc 2,9). In secondo luogo è l’inno di lode che i fedeli innalzano alla potenza di Dio. Gnosi è la dottrina degli ➚gnostici. Gnostici erano i seguaci dello gnostici- smo, movimento che tende a ricon- durre la salvezza alla sola conoscenza dei segreti divini e a misconoscere i valori terreni. Golgota significa in aramaico «luogo del cranio». È un’altura fuori le mura di Gerusalemme, dove fu crocifisso Gesù. Hallel significa «lode» e con esso viene indicata la raccolta di alcuni salmi (Sal 112-117; 135) recitati o cantati dagli Ebrei durante la festa di Pasqua o altre feste importanti. Hannukàh è la festa ebraica che ricorda la dedicazione del tempio di Gerusa- lemme nel 164 a.C. Idolatria è l’adorazione tributata agli ➚idoli, anziché a Dio. Idolo è un’immagine o una statua di legno, di pietra o di metallo che raffi- gura la divinità. Veniva adorato e venerato come se fosse la divinità stessa. Nella Bibbia viene proibito di inchinarsi agli idoli perché fatti dalla mano dell’uomo e perché non possono salvare (cfr. Sal 115,4-8). L’uomo per la Bibbia è chiamato ad adorare solo Dio, l’unico Signore. Idolotiti sono le carni immolate agli idoli e alle divinità pagane. Ignazio d’Antiochia, vescovo, è l’autore di sette lettere (non incluse nel NT) indirizzate a diverse comunità cri- stiane, martirizzato a Roma verso il 107 d.C. Immortalità è la caratteristica propria delle divinità rispetto agli esseri umani che sono mortali. Designa anche quella particolare credenza presso alcuni popoli (ad es. presso i greci) secondo cui dopo la morte dell’uomo, la sua anima sopravvive, mentre il suo corpo si dissolve. Imposizione delle mani è un gesto anti- chissimo con cui i patriarchi comunica- vano la benedizione divina. Nei riti cri- stiani possiede lo stesso significato e in genere accompagna l’invocazione dello Spirito Santo su colui che viene benedetto o consacrato. Incarnazione significa «diventare uomo» e indica la solidarietà di Dio che in Gesù Cristo si è fatto uomo (cfr. Gv 1,14) per salvare l’umanità. Incenso significa «ciò che è bruciato» e indica un tipo di gommoresina aroma- tica che, bruciata, sprigiona un fumo odorifero. È segno di adorazione e di preghiera (cfr. Sal 140,2) e viene utiliz- zato nella liturgia cristiana per rendere omaggio ai segni della presenza di Dio (vescovo, sacerdote, comunità cri- stiana, altare, croce, evangeliario...). Induismo è una delle principali religioni dell’India e la più antica tra quelle ancora esistenti. Non ha nessun fon- datore e si è sviluppata e modificata lungo 4000 anni di storia. Indulgenza è il condono della pena dovuta per il peccato, in virtù di opere buone o di preghiera. Può essere ple- naria (totale) o parziale, a secondo delle indicazioni date dal Papa o dal Vescovo che la concedono. Infallibilità è l’autorità «straordinaria» del Papa, e dei vescovi radunati in Concilio Ecumenico in comunione con CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 61 lui, di interpretare autenticamente e senza errori il senso della Sacra Scrit- tura, del messaggio cristiano in gene- rale e della tradizione ecclesiale. Il Papa è infallibile quando parla «ex cathedra» in riferimento al dogma e alla morale. Inferno (detto anche «Geenna»: cfr. Mt 5,22.29; Lc 16,24 ecc.) più che un luogo determinato, indica la condi- zione di lontananza e di separazione da Dio, a causa dell’ostinazione del- l’uomo nel male commesso, nel pec- cato. I cristiani credono che Dio abbia creato l’uomo per la felicità, ma questi ha anche la possibilità di rifiutare la proposta di Dio. Iniziazione cristiana è il cammino pre- paratorio che compie una persona per diventare cristiano. Sin dalle origini del cristianesimo, l’adulto che intendeva abbracciare la fede cristiana, dopo un adeguato cammino di preparazione, veniva inserito nella comunità cristiana la notte di pasqua, ricevendo il ➚batte- simo, la ➚confermazione e l’➚eucari- stia chiamati «sacramenti dell’inizia- zione». Dopo la celebrazione dei tre sacramenti seguiva il periodo della ➚mistagogia che, in genere, coinci- deva, con il tempo di pasqua (fino a pentecoste). Ireneo di Lione (140-202 d.C.) vescovo e dottore della Chiesa, è autore dell’o- pera Adversus Haereses e di scritti contro gli ➚gnostici. Isacco è il figlio avuto in età avanzata da Abramo e dalla moglie Sara. Stava per essere sacrificato a Dio dal padre Abramo, quando un angelo del Signore impedì che ciò avvenisse (cfr. Gen 22,1-19). Sposatosi con Rebecca, ebbe due figli: ➚Esaù e ➚Giacobbe. Isaia è uno dei profeti più importanti, vis- suto dal 765 al 701 a.C. circa. La sua profezia non solo denuncia le ingiusti- zie e il peccato, ma anche è piena di fiducia in Dio, Signore della storia, e di speranza nel futuro. I cristiani vedono in lui uno dei principali annunciatori della venuta di Gesù, come Messia. Islamismo è una delle principali religioni del mondo, che consiste nella «sotto- missione» alla volontà di Allah e nella fedeltà agli insegnamenti del profeta Maometto e, soprattutto, al libro sacro del Corano. Israele è il nome ricevuto da Giacobbe dopo che ebbe combattuto con l’an- gelo (cfr. Gn 32,29). Dopo la morte del re Salomone, designò il regno del Nord e successivamente l’intero popolo di Dio, nato da Abramo e fondato da Mosè. Oggi sta ad indicare lo Stato sorto nel 1948, dopo la seconda guerra mondiale. Israeliti erano originariamente i membri del regno del Nord dopo la divisione del 931 a.C. chiamato per l’appunto regno di Israele. In seguito il termine finì per indicare tutti gli ➚Ebrei. Istituti secolari sono quelle forme asso- ciative composte da cristiani che vivono secondo una regola particolarmente aderente al vangelo, vissuta non nella forma dei religiosi, ma nel «secolo», nella vita di ogni giorno, svolgendo pro- fessioni e mestieri comuni. Jahvè è la trascrizione moderna del nome santissimo di Dio (➚JHWH) che gli ebrei non osano pronunciare. Jahvista è una delle probabili quattro fonti del Pentateuco scritta a Gerusa- lemme verso il X sec. a.C., indicata nella critica letteraria con la sigla J. JHWH tetragramma che indica per gli ebrei il nome santo di Dio, ➚Jahvè. Ketubìm, che significa in ebraico «scritti», sono gli ultimi libri dell’AT, sapienziali e agiografici, che non venivano letti uffi- cialmente nella sinagoga. Kenosi indica l’azione con cui Cristo ha rinunciato alla condizione gloriosa della sua divinità, per farsi uomo (cfr. Fil 2,7). Kerigma significa «annuncio», «procla- mazione» ed indica la predicazione di CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 62 Gesù, morto e risuscitato, da parte della Chiesa primitiva. I discorsi kerig- matici sono i primi annunci su Gesù Cristo presenti negli Atti degli Apostoli. Kippur, parola ebraica che significa «espiazione», era il giorno sacro dedi- cato all’espiazione. Koinè proviene dal greco e significa «comune». Indica la lingua greca comunemente parlata nell’impero romano al tempo di Cristo. Laico è un termine che viene dal greco laós («popolo»). Significa membro del popolo di Dio, partecipe della vita della comunità cristiana, distinto dai vescovi, presbiteri e diaconi, quindi non appartenente alla ➚gerarchia. Fuori dell’ambito cristiano designa una persona indipendente da ogni riferi- mento religioso ed ecclesiastico. Lapidazione era la più dura condanna presso gli ebrei e consisteva nel lan- ciare pietre contro una persona che aveva disubbidito alla legge giudaica (cfr. Lv 24,14; Gv 8,5; At 7,58). Di lapidazione si poteva anche morire. Lebbra era il termine per indicare presso i popoli antichi varie malattie gravi della pelle. I lebbrosi, secondo la legge giu- daica, vivevano in luoghi appartati ed erano esclusi dalla vita sociale fino a quando non fossero guariti. Gesù guarì numerosi lebbrosi (cfr. Mt 8,2; Lc 17,12). Legge ➚Torah. Levita indica in genere un membro della tribù di Levi. Era una persona che aiu- tava i sacerdoti nel servizio del Tempio (cfr. Nm 3,6-10; Lc 10,32). Lezionario è il libro che contiene le varie letture per la proclamazione della Parola di Dio durante le assemblee liturgiche cristiane. Libbra è l’unità di misura, secondo il sistema romano, corrispondente a circa 350 grammi. Libri penitenziali sono i libri in uso nella prassi penitenziale del Medioevo, con- tenenti elenchi di peccati e relative penitenze da assegnare a coloro che avevano commesso tali peccati. Lievito è la sostanza che fa fermentare la pasta, prima di essere messa al forno. Un pane senza lievito e quindi non fer- mentato viene detto ➚azzimo. Nella Bibbia talvolta indica qualcosa di buono (cfr. Mt 13,33), altre volte il suo significato è negativo (cfr. Mt 16,6; 1Cor 5,6). Liturgia, letteralmente «azione del popolo», è la celebrazione comunitaria che attualizza le opere di Dio e richiede la risposta di adesione da parte del popolo (➚Culto). Liturgia sinagogale è la celebrazione religiosa degli Ebrei che si tiene ogni Sabato in sinagoga. Luca, collaboratore di Paolo, è l’autore del terzo vangelo e degli Atti degli Apo- stoli, che formano insieme l’«opera lucana». Luce è il simbolo più ricorrente per parlare di Dio. La stessa parola ➚«Dio» pare che derivi dal sancsrito div e dyans che significa per l’appunto «luce». «Dio è luce e in Lui non vi sono tenebre» (1Gv 1,5) e anche Gesù nel vangelo di Giovanni dice: «Io sono la luce» (Gv 8,12). Il battesimo* veniva chiamato dai primi cristiani «illuminazione» e i battezzati «illuminati». Nelle altre reli- gioni è frequente il simbolo della luce: ad es. Buddha significa «illuminato». Luciano di Samosata è il retore del II sec. d.C. che scrisse l’opera De morte peregrini. Lutero, teologo (1483-1546), in un primo tempo monaco agostiniano, poi rifor- matore ed esponente del protestante- simo. Tradusse in tedesco quasi tutta la Bibbia e compose diverse opere ese- getiche. Magi saggi orientali e astrologi che, secondo il vangelo di Matteo, vennero, guidati da una stella, ad adorare Gesù a Betlemme. CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 63 Magistero ecclesiastico sta ad indicare l’insegnamento dottrinale del Papa e dei vescovi. Manna è il cibo speciale che Dio fece scendere dal cielo per gli ebrei che vagavano nel deserto (cfr. Es 16). Era simile a un piccolo seme e aveva il sapore di focaccia e miele. Manoscritti del NT sono i libri contenenti il NT, scritti a mano dai copisti, prima dell’invenzione della stampa. Maometto è il più grande profeta di ➚Allah fondatore della religione islamica. Marcione è il filosofo gnostico del II° secolo che opponeva il Dio dell’amore del NT al Dio del timore dell’AT. Fu sco- municato ed avversato da ➚Tertulliano nell’opera Adversus Marcionem. Marco è il discepolo dell’apostolo Pietro e in parte dell’apostolo Paolo, autore del secondo vangelo canonico. Marduk è la principale divinità di Babilo- nia. Maria di Nazaret è la madre di Gesù. Ori- ginaria da Nazaret e promessa sposa a Giuseppe concepì il Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo. Mar Rosso (più precisamente «mare dei giunchi») è il mare attraversato dagli ebrei dopo l’uscita dall’Egitto. Martire significa «testimone» e designa il cristiano che, imitando Gesù Cristo, ha testimoniato la fede con il dono della propria vita. Masoreti sono i copisti del testo biblico ebraico. Il loro lavoro è meritevole di essere ricordato per aver aggiunto le vocali al testo di Esdra (stilato con sole consonanti). Ciò ha facilitato alle generazioni successive la lettura dei testi originali. Matrimonio è l’unione dell’uomo e della donna secondo il disegno di Dio e, celebrato nella fede in Cristo, uno dei sette sacramenti della Chiesa. Per i cattolici il matrimonio si fonda sulla libertà, sulla fedeltà e sulla sua indis- solubilità (non ci può essere divorzio tra marito e moglie). Matsuri sono le feste annuali della reli- gione Shinto, particolarmente sentite dai giapponesi, durante le quali ven- gono svolte le cerimonie della prepara- zione dei campi in primavera o del rin- graziamento per il raccolto. Matteo, prima esattore delle tasse e poi discepolo di Gesù, scrisse il primo dei quattro vangeli canonici. Melchisedek, re di Salem (forse l’attuale Gerusalemme) è il sacerdote del Dio Altissimo che andò incontro ad Abramo di ritorno da una campagna militare (cfr. Gen 14,18-20. La Bibbia lascia intravvedere la straordinarietà e l’eternità del sacerdozio di Melchise- dek, di cui non si conosce la nascita e morte. Gesù per la lettera agli Ebrei è sacerdote «alla maniera di Melchise- dek» (cfr. Eb 5,6 e passim), ripren- dendo il Sal 110,4. Mesopotamia è la regione al nord del Golfo Persico, in origine assai fertile grazie all’irrigazione dei fiumi ➚Tigri ed ➚Eufrate. Messa ➚Eucaristia. Messale è il libro che contiene tutte le preghiere per la celebrazione della Messa. Messia viene dall’ebraico e significa «segnato, consacrato, unto con olio per una missione speciale». In greco Messia viene tradotto con «➚Cristo». Metafora è quella figura o immagine che sostituisce una parola o un’espres- sione, al fine di esplicitarla, in modo più espressivo e incisivo. Il vangelo è pieno di ➚parabole e metafore come la seguente: «Il Regno dei cieli è simile a un granello di senape…» (Mt 13,31…). Mezzaluna fertile è l’espressione che indicava la zona agricola che andava dall’alto Egitto fino alla Mesopotamia, comprendendo anche la Palestina e la Siria. Midrashim sono i commenti ai testi biblici (legislativi e letterari) con accentuate tendenze alla loro attualizzazione. CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 64 Mina è l’unità di peso corrispondente a 50 ➚sicli. Ministero è il «servizio» che viene reso da un membro della comunità cristiana, in special modo durante la liturgia. Ministri sono tutti coloro che svolgono un particolare ministero* all’interno della comunità cristiana, in particolare durante le azioni liturgiche. Sono mini- stri: il vescovo, il presbitero, il dia- cono, il lettore... Miracolo è un fatto straordinario che supera le leggi della natura e che pro- voca meraviglia. Nella Bibbia e soprat- tutto nei vangeli vengono narrati i pro- digi e i segni compiuti da Dio in favore degli uomini. Gesù Cristo compie i miracoli per indicare che il Regno di Dio è vicino ed è in mezzo agli uomini. Mirra era la linfa aromatica della pianta omonima, utilizzata dagli antichi per profumare gli oli per unzioni, unguenti antidolorifici (cfr. Mc 15,23) e per la sepoltura dei cadaveri (cfr. Gv 19,39). I ➚Magi* offrirono a Gesù la mirra in vista della sua morte (cfr. Mt 2,11). Misericordia è il sentimento di pietà e di perdono verso una persona. Dio dimo- stra la sua misericordia verso gli uomini, nonostante che non la meri- tino per i peccati commessi (cfr. Rm 11,30; Tt 3,5; 1Gv 4,9-10). Mishnah, dall’ebraico «ripetizione» e quindi «studio», è la raccolta di trattati rabbinici sulla Bibbia, un compendio della tradizione orale della Torah. Venne redatta probabilmente verso il 200 d.C. e attribuita a Giuda il Patriarca. Missioni in genere sono i luoghi le cui popolazioni non conoscono ancora Gesù Cristo. In esse operano i missio- nari per aiutarle a superare il sottosvi- luppo economico e culturale, ma soprattutto per portare loro il vangelo di Gesù. Mistagogia, letteralmente «iniziazione ai misteri», era l’arte presso i culti pagani di introdurre ai misteri. Nel cri- stianesimo indicò sia il processo di ➚iniziazione nel suo complesso, sia l’insegnamento catechistico sui sacra- menti dell’iniziazione ricevuti la notte di pasqua. Mito che significa «parola», «racconto», è una narrazione ricca di simboli e di immagini che intende rispondere ai grandi perché che l’uomo si pone (da dove vengo? chi sono? dove vado?) e comunicare un messaggio profondo sull’origine della terra e dell’uomo. Nell’ambito religioso il rito, che si esprime nei gesti (ad es. la danza), nella musica e nelle preghiere, rende presente il mito precedentemente nar- rato. A differenza delle tante altre reli- gioni, all’origine del rito cristiano non c’è un mito, bensì un fatto «storico»: la pasqua di Gesù. Mitologia è il mito separato dal rito, dalla vita religiosa e quasi sempre opposta a storia. Monofisismo è l’eresia nata nell’ambito del cristianesimo che ammetteva una sola natura in Gesù Cristo, quella divina. Monoteismo è il termine che indica la fede in «un solo Dio». Morale indica, innanzitutto, il modo di agire e di comportarsi, lo stile di vita di una persona o di una società (➚etica); in secondo luogo, lo studio sull’agire umano nei suoi significati più profondi e nelle sue molteplici implicanze. Moschea è il luogo della preghiera dei musulmani che vi si radunano ogni Venerdì pomeriggio e in altre occasioni durante la settimana. Le più impor- tanti moschee sono quelle della Mecca, di Medina e di Gerusalemme. Anche a Roma è stata costruita una grande moschea. Mosè, il cui significato popolare è «estratto dall’acqua», è colui che, mandato da Dio, liberò Israele dalla schiavitù dell’Egitto e lo guidò per qua- ranta anni nel deserto, fino alla terra promessa. CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 65 Natale, «giorno della nascita», era la festa pagana del solstizio d’inverno. I primi cristiani la sostituirono con il ricordo della nascita di Gesù Cristo il 25 dicembre. Natan è il profeta che annunziò a Davide una dinastia eterna (cfr. 2Sam 7). Navata, dalla parola latina navis («nave»), indica la parte della chiesa cristiana riservata ai fedeli ➚laici, situata tra il portale e il ➚presbiterio. Nazareno abitante di ➚Nazaret. Nazaret, villaggio dell’Alta Galilea, dove visse la sua infanzia Gesù, insieme a Maria, sua madre, e Giuseppe suo padre legale. Per questo Gesù viene detto «Nazareno» (cfr. Mt 2,23; 26,71; Lc 2,39). Nazireo era un uomo che prometteva di servire Dio per un periodo di tempo o per tutta la vita. In genere non si tagliava i capelli e non beveva vino per testimoniare la sua consacrazione a Dio. Sansone e Samuele erano nazi- rei (cfr. Gdc 13,5; 16,17; 1Sam 1,11). Nebiìm significa in ebraico «profeti» e indica i libri dell’AT che nella Bibbia vengono dopo il Pentateuco e vengono letti nelle assemblee sinagogali. I libri dei Profeti si dividono in: profeti «anteriori» (corrispondenti ai Libri sto- rici nella Bibbia cristiana) e «poste- riori» (corrispondenti ai Libri profetici nella Bibbia cristiana). Neófita, dal greco «nuova pianta», indica il nuovo battezzato, appena nato alla vita cristiana. Nerone, imperatore romano dal 54 al 68 d.C., perseguitò i cristiani ed incendiò Roma. Nirvana consiste presso alcune religioni orientali, specialmente il buddhismo, nel raggiungimento di un perfetto ed eterno equilibrio fisico e spirituale. Nomadi sono le tribù che abitano nel deserto sotto le tende, allevatrici di pecore e capre, itineranti da un posto all’altro in cerca di pascoli e di acqua. Nuovo Testamento è la seconda parte della Bibbia, di cui riconoscono l’ispira- zione divina solo i cristiani. Consta di 27 libri (4 Vangeli, Atti degli Apostoli, 21 Lettere, Apocalisse), di cui 7 sono «➚deuterocanonici» (Ebrei, Giacomo, Giuda, 2 Pietro, 2 e 3 Giovanni, Apoca- lisse). Offerta è il dono fatto a Dio per onorarlo. Consiste in beni materiali o nel dedi- cargli il proprio tempo o la vita. I cri- stiani partecipano all’offerta, al ➚sacri- ficio di Gesù Cristo, l’unico gradito al Padre. Olio ricavato dalle olive e mescolato con sostanze profumate, è il segno della vita risanata, protetta e conservata, della santità e della forza di Dio comunicata all’uomo. Tramite l’un- zione con olio, venivano consacrati per la missione, re (cfr. 1Sm 10,1), sacerdoti (cfr. Lv 3,4) e profeti (cfr. 1Re 19,16). Il Messia, il Cristo è il «consacrato di Dio» per eccellenza. Nella liturgia cristiana viene utilizzato l’olio per ungere il catecumeno che si prepara a ricevere il battesimo (olio dei catecumeni), il cristiano che riceve lo Spirito Santo nel sacramento del battesimo, della confermazione e dell’ordine («crisma») e l’ammalato di particolare gravità (olio degli infermi). Olocausto è il ➚sacrificio o l’➚offerta a Dio per la purificazione dal peccato. Si trattava dell’immolazione di un ani- male senza difetti (capro, ➚agnello) bruciato interamente sull’altare. Ora terza l’ora romana corrispondente alle nove del mattino (ore 9). Ora sesta l’ora romana corrispondente a mezzogiorno (ore 12). Ora nona l’ora romana corrispondente alle tre del pomeriggio (ore 15). Ordine è il sacramento che conferisce lo Spirito Santo a persone chiamate da Gesù Cristo a guidare la comunità ecclesiale. Sono: ➚vescovi, ➚presbiteri CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 66 e ➚diaconi. Il rito di «ordinazione» prevede l’➚imposizione delle mani, seguita da una preghiera appropriata di consacrazione. Oreb ➚Sinai. Origene, autore del III sec. d.C., fu stu- dioso di S.Scrittura e direttore del Didaskaleion di Alessandria. Osanna è l’acclamazione rituale ebraica che significa «Ti preghiamo, salvaci!» ed esprime l’attesa del ➚Messia Salva- tore. È il canto degli Israeliti all’in- gresso di ➚Gesù a Gerusalemme (cfr. Mt 21,9). È entrata a far parte della liturgia cristiana, nella liturgia eucari- stica dopo il prefazio. Osea è un profeta del Regno del Nord, vis- suto nel sec. VIII a.C. Con le sue parole egli annuncia l’amore fedele di Dio, nonostante i peccati degli uomini, presenta Dio come uno sposo amore- vole e Israele come moglie infedele. Pace (in ebraico shalom) significa, nella Bibbia, non solo assenza di conflitti e di guerre, ma armonia di vita in se stessi, con gli altri, con Dio e con la natura. È un dono di Dio, ma anche una respon- sabilità da parte dell’uomo. Nell’Antico Testamento essa veniva considerata come il bene per eccellenza dei tempi del Messia. Anche Gesù risorto, appa- rendo ai discepoli, rivolse il saluto: «Pace a voi!» (Lc 24,36). Padre, in alcune delle grandi religioni e nella Bibbia, con questo termine viene indicato Dio come il creatore e colui che provvede alle necessità degli uomini. Nel Nuovo Testamento, Gesù chiama Dio «Padre mio» (cfr. Lc 2,49) e nel suo battesimo il Padre stesso manifesta Gesù come «figlio mio pre- diletto». È questa la grande rivela- zione fatta da Gesù agli uomini: il «Padre nostro». Pagani erano designati dagli ebrei e dai primi cristiani i popoli che non adora- vano il vero Dio ed erano in genere idolatri. Negli Atti degli Apostoli viene descritta la loro conversione alla fede cristiana (cfr. At 11,18 ecc.). Palestina è la terra di Canaan, la striscia costiera a nord-est dall’Egitto, abitata dai Filistei. Il termine finì per indicare tutto il territorio che va dal Libano al deserto del Sinai. Pane è l’alimento base dell’ambiente ebraico e dei popoli dell’antichità, fatto con farina d’orzo o di frumento. Il pane non solo ha un significato di vita e di nutrimento materiale e quindi dono di Dio, ma spesso è sim- bolo della vita spirituale. Veniva offerto (azzimo e cotto) a Dio come rendimento di grazie per i frutti della terra ed era spezzato come segno di condivisione in famiglia. Dopo la mol- tiplicazione dei pani, Gesù disse: «Io sono il pane della vita» (Gv 6,48). Nell’Eucaristia i cristiani offrono il pane perché diventi il corpo di Cristo e, nutrendosi di lui, partecipano alla sua stessa vita. Panteismo è il termine che indica la fede che identifica Dio con l’universo, per cui «Dio è tutto e tutto è Dio». Paolo, nativo di Tarso, prima di essere convertito al cristianesimo sulla via di Damasco e di divenire apostolo di Gesù tra i popoli, si chiamava Saulo ed era un tenace persecutore dei Cri- stiani. Dopo la conversione fondò molte comunità cristiane, alle quali indirizzò numerose lettere (13, accolte nel NT), nelle quali afferma che Dio ha salvato gli uomini per mezzo di Cristo e vuole la Chiesa aperta a tutti, ebrei e pagani (“gentili”). Papa è il successore di san Pietro che fu designato da Gesù Cristo come primo tra gli apostoli. È il vescovo di Roma e il segno visibile dell’unità della Chiesa. Presiede l’assemblea dei vescovi ed è capo universale della Chiesa cattolica. Papiri sono i testi biblici scritti su papiro, importanti per lo studio sia dell’AT come del NT. Famosi sono i papiri ritro- vati a ➚Qumran. CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 67 Parabola è una narrazione che si serve di simboli e di immagini per illustrare un insegnamento e descrivere una realtà difficilmente descrivibile con idee astratte e concetti. Come i rabbini del suo tempo, Gesù Cristo usò molto le parabole per descrivere il Regno di Dio presente tra gli uomini (cfr. Mt 13). Paradiso indica per il NT il luogo o la con- dizione in cui si trovano coloro che sono salvati (cfr. Lc 23,43; 2Cor 12,4). Consiste nella condizione di eterna felicità in contrapposizione all’inferno. Parasceve significa «preparazione» del Sabato. Il Venerdì pomeriggio, prima del tramonto gli ebrei erano soliti pre- parare tutto l’occorrente per la festa e svolgevano gli ultimi lavori necessari, proibiti nel giorno di sabato. Parola di Dio (ebraico: dabar) è il dise- gno di Dio in quanto comunicato e rivelato agli uomini, tramite interme- diari come i profeti. Diversamente da quella degli uomini, essa realizza quello che annuncia, diventa evento concreto. La Parola di Dio trova la piena realizzazione in Gesù Cristo chiamato da Giovanni nel suo vangelo: «Parola presso Dio», «Parola fatta uomo» (Gv1,1.14). Nella liturgia cri- stiana si tiene in grande considera- zione la Parola di Dio dell’Antico e del Nuovo Testamento, che viene ascol- tata da seduti, mentre il Vangelo, che rappresenta il vertice del Nuovo Testa- mento, viene ascoltato in piedi, in ossequio alla Parola pienamente rea- lizzata nel Signore risorto. Parusia indicava nel mondo greco- romano la visita ufficiale del sovrano. I cristiani designano con questa parola la venuta di Cristo alla fine dei tempi, quando giudicherà i vivi e i morti. Pasqua è la principale festa ebraica cele- brata il 14 di Nisan in primavera (➚Pesah). È anche la festa principale cristiana in cui si celebra la morte e risurrezione di Gesù Cristo per la sal- vezza di tutti gli uomini, con cadenza annuale (in una domenica di marzo o aprile), settimanale (ogni domenica), quotidiana (ogni volta che si celebra l’eucaristia). Passione indica il «sacrificio», la «soffe- renza» di Gesù Cristo per la salvezza di tutti gli uomini. Pastore nell’AT indica Dio e i capi del popolo (cfr. Sal 23; Ez 34). Nel NT con questo termine vengono denominati sia Gesù (cfr. Gv 10,11), sia i respon- sabili delle comunità cristiane primitive (cfr. Ef 4,11). Patriarchi sono i capifamiglia e gli ante- nati del popolo di Israele, da Adamo a Giuseppe (cfr. Gen 1-50), i cui prin- cipali sono Abramo, Isacco e Gia- cobbe. Peccato designa nell’Antico e nel Nuovo Testamento la trasgressione volontaria della legge di Dio, la rottura dell’al- leanza con Dio da parte del singolo, oppure da parte dell’intera comunità. Può essere superato e perdonato con la conversione, dato che il Dio della Bibbia non vuole la morte del pecca- tore, ma che desista dalla sua con- dotta e viva (cfr. Ez 33,11; Lc 15,7.10.32). Peccato originale è la «macchia» che hanno tutti gli uomini in conseguenza del peccato di ➚Adamo. La tradizione cristiana vede in esso la causa dell’in- clinazione al male da parte dell’uma- nità, da cui è stata liberata dalla Pas- qua di Cristo. I cattolici credono che solo Maria, la madre di Gesù, è stata preservata dal peccato originale e da ogni contagio di colpa. Pentateuco, «libro in cinque rotoli», detto anche «libri di Mosè» e Torah (che significa «legge») designa i primi cinque libri dell’Antico Testamento: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deu- teronomio. Pentecoste (➚Shavuot) significa letteral- mente «il cinquantesimo giorno». Viene chiamata anche «festa delle set- timane». Prima di essere la comme- CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 68 morazione della «teofania» di Dio sul monte Sinai e del dono della Legge, era la festa agricola della mietitura. I cristiani celebrano la discesa dello Spi- rito Santo sugli apostoli, cinquanta giorni dopo la Pasqua, e la manifesta- zione della Chiesa a tutti i popoli (cfr. At 2). Penitenza o ➚confessione è il sacramento mediante il quale Dio chiama alla con- versione e perdona, mediante il sacer- dote, gli uomini che hanno peccato. Nella comunità di fede, ognuno è chia- mato a riconoscere il proprio peccato e a ringraziare Dio per la larghezza del suo perdono. Si intende anche la manifestazione del pentimento mediante opere adeguate, assegnate dal sacerdote (confessore). Perdono per la Bibbia non è solamente il condono per il peccato o per l’offesa arrecata a Dio, ma il ristabilimento dell’alleanza tra Dio e il suo popolo, infranta dal peccato. Pergamene sono pelli di pecora conciate su cui è stato scritto un documento, ad es. del NT. Pesah (che significa in ebraico ➚pasqua) è la principale festa ebraica celebrata il 14 di Nisan in primavera. Alle origini era una festa nomade, in un secondo tempo venne celebrata come ricordo della liberazione degli Ebrei dalla schiavitù e la partenza dall’Egitto sotto la guida di Mosè. Pesce è il motivo ricorrente nelle incisioni dei primi secoli del cristianesimo per indicare Gesù Cristo. Le lettere alfabe- tiche del termine greco ichthys indi- cano le iniziali della sua identità: «Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore». Pietra è in genere per le religioni e la Bib- bia segno di sicurezza, di solidità e designa Dio come fondamento della vita dell’uomo (Is 26,4). Gesù ha fon- dato la sua Chiesa su Simone, chia- mato, «Pietro» (cfr. Mt 16,18) e viene chiamato dai primi cristiani «pietra angolare» scartata dagli uomini ma scelta da Dio per la costruzione di un nuovo ➚tempio (cfr. At 4,11-12). Pietro, primo degli apostoli di Gesù, autore di una o due lettere cristiane contenute nel NT. A lui viene attribuito un vangelo apocrifo del II sec. d.C., non accolto tra i testi canonici neote- stamentari. Politeismo è il termine che indica la cre- denza in più divinità. Plinio, detto “il giovane” per distinguerlo dallo zio e padre adottivo denominato “il vecchio”, era contemporaneo di ➚Tacito e ➚Svetonio, senatore e avvo- cato. È considerato uno dei personaggi di spicco del tempo. Nominato gover- natore e console della Bitinia (odierna Turchia), sotto l’imperatore Traiano, scrisse lettere a vari personaggi dell’e- poca, dando informazioni importanti utili la conoscenza dell’epoca. Preconio pasquale o Exultet è la procla- mazione dell’evento pasquale da parte del diacono durante la solenne veglia pasquale, che viene celebrata la notte tra il sabato santo e la domenica di Pasqua. Preistoria è il periodo della storia umana che precede l’invenzione della scrit- tura. Presbiterio, «consiglio dei presbiteri» attorno al vescovo. Designa anche la parte dell’edificio chiesa con cui termina la ➚navata e in cui si trova l’➚altare. Presbitero, letteralmente «anziano», designava nella comunità primitiva il prete, diretto collaboratore del vescovo. Prete viene da «presbitero» e indica comunemente il ➚sacerdote. Profano è tutto ciò che si oppone o per lo meno è autonomo rispetto al «sacro». È la realtà che Dio ha affidato all’uomo e di cui l’uomo dispone con una certa autonomia. Professione di fede è un genere lettera- rio o una formula breve mediante la quale la Chiesa primitiva proclamava la propria fede in Gesù. Nella liturgia CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 69 cristiana la professione di fede (detta anche «simbolo») è una formula fissa, più lunga e articolata di quelle più sin- tetiche contenute nel NT che espri- mono sinteticamente le verità di fede della Chiesa. Profeta, detto anche «veggente», «uomo di Dio», è colui che parla a nome di Dio in una data situazione storica e che richiama il popolo di Israele alla fedeltà all’Alleanza con Dio. La predi- zione del futuro non fa necessaria- mente parte del messaggio profetico, anche se di frequente lo comporta e costituisce la garanzia della veridicità della profezia annunciata. Nell’Antico Testamento vengono raccolte le profe- zie di Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele (detti i quattro profeti «mag- giori»), di Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Abacuc, Sofo- nia, Aggeo, Zaccaria, Malachia (detti i dodici profeti «minori»). Non solo Mosè viene detto il primo Profeta (Dt 34,10), ma anche Giovanni Battista e Gesù vengono chiamati tali. Nella Chiesa tutti i fedeli sono profeti per il dono dello Spirito e ad alcuni è con- cesso il dono di esortare e comunicare una particolare rivelazione. Per l’Is- lam, Maometto è il profeta per eccel- lenza. Protestantesimo è il movimento di rin- novamento cristiano suscitato da Mar- tin Lutero e da altri come Zwingli e Calvino, che in un secondo tempo si opposero al Papa e alla Chiesa di Roma. Protocanonici sono i libri della Bibbia che sin dalle origini della Chiesa e presso ogni comunità cristiana sono stati con- siderati ispirati da Dio. Proverbio è un breve detto popolare. La Bibbia comprende anche una lettera- tura «sapienziale» in cui sono stati raccolti i consigli dei saggi, dei sapienti come Salomone o Ben Sira. Uno di questi è il Libro dei Proverbi. Purificazione è l’atto o il rito che toglie i peccati per consentire al singolo e alla comunità di partecipare con cuore puro al culto, alla preghiera e alla comunione con Dio. Purim, parola ebraica che significa «sorti», è la festa ebraica in cui si cele- brava la vittoria della regina Ester su Aman, persecutore del popolo ebraico in Persia (cfr. il libro di Ester). Quadrato è il nome dell’avvocato cri- stiano vissuto nel II sec. che scrisse un’Apologia a difesa dei cristiani. Quaresima è il tempo dell’➚anno liturgico, di quaranta giorni, che prepara alla celebrazione annuale della ➚Pasqua. Si distingue particolarmente per la peni- tenza e la conversione del cuore, il digiuno e la preghiera più intensa. Qumran è la località presso la sponda nord-occidentale del Mar Morto in cui si erano stanziati gli ➚Esseni dal III sec. a.C. al I sec. d.C. È divenuta par- ticolarmente famosa per il ritrova- mento, nel 1947, dei «rotoli del Mar Morto», copie e traduzioni della Bibbia, di apocrifi e di scritti propri della comunità essenica. Rabbi significa «mio maestro» ed era il titolo con il quale i ➚discepoli chiama- vano con grande rispetto il proprio maestro e con il quale venivano desi- gnati gli scribi, i maestri più rinomati. Rabbino ➚Rabbi. Razionalismo è la tendenza filosofica che restringe la capacità dell’uomo a quella razionale e la verità all’evidenza razionale. Nell’ambito della teologia cristiana, la scuola critica o razionali- sta è la corrente di pensiero che ha cercato di spiegare i vangeli ed in par- ticolare i miracoli in modo razionale, eliminando tutto ciò che sa di sopran- naturale e di trascendente. Re era il capo assoluto degli ebrei e rap- presentate di Dio. Il periodo monar- chico è descritto nella Bibbia in vari libri dell’AT (1-2 Sam; 1-2 Re; 1-2 Cr). CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 70 Redaktionsgeschichte dal tedesco «sto- ria della redazione» dei vangeli, studia i criteri e le modalità con cui gli evan- gelisti hanno redatto le loro opere, ordinando le informazioni orali e scritte su Gesù. Redenzione è l’azione di redimere, di ricomprare uno schiavo, pagando il prezzo al padrone e mettendolo in libertà. Per i cristiani, Cristo con la sua morte e risurrezione ha redento dalla schiavitù del peccato tutti gli uomini (cfr. Lc 19,10; 1Cor 1,30; 2Pt 2,1). Regno di Dio (Dio è re ed esercita il suo potere) è l’espressione che designa l’intervento pieno e definitivo di pace e di giustizia che Dio opera nella storia umana. Gesù, con le sue parole, i suoi gesti, la sua stessa persona afferma che il Regno è in mezzo agli uomini (cfr. Lc 17,21). Nel NT esso appare alcune volte come una realtà presente con la persona di Gesù Cristo (cfr. Mt 12,28...), altre volte come una realtà che deve venire (cfr. Mc 9,1; Lc 22,30). Matteo nel suo vangelo prefe- risce usare l’espressione «Regno dei cieli», probabilmente per l’uso ebraico di non pronunziare il nome di Dio, ricorrendo a modi di dire equivalenti (circonlocuzioni). Questa realtà inau- gurata da Cristo ma che si realizzerà definitivamente nel futuro costituisce il centro del suo messaggio. Reincarnazione (distinta da ➚incarna- zione) è la credenza di alcune religioni, secondo cui, dopo la morte l’anima assume un’altro corpo fino alla purifi- cazione definitiva e il raggiungimento della realtà divina. Cristianesimo, ebraismo ed islamismo non condivi- dono tale dottrina. Religione è l’insieme di credenze, riti, pratiche e comportamenti che espri- mono la relazione di una comunità o di un popolo con Dio o con le divinità. Indica l’adesione del singolo e di una collettività ad un valore riconosciuto come Assoluto. La religione viene detta «naturale» quando è frutto della ricerca razionale dell’uomo, è detta «rivelata» quando si fonda sulla mani- festazione dell’assoluto che richiede all’uomo di essere liberamente ricono- sciuta. Religiosi sono coloro che nella Chiesa vivono nella castità, nella povertà e nell’obbedienza per il Regno di Dio, dando testimonianza evangelica con una vita di fraternità, servizio e carità. Si dicono «contemplativi» quei reli- giosi che passano la maggior parte del proprio tempo meditando la Parola di Dio e pregando. I religiosi di «vita attiva» sono coloro che, pur mante- nendo il contatto con Dio nella pre- ghiera, dedicano la propria vita al ser- vizio dei fratelli. Religiosità è la forza interiore dell’uomo che lo spinge ad adorare, a rendere culto a Dio ed essere fedele ai suoi comandi. Resto d’Israele è il gruppo dei pochi Israeliti che, dopo l’esilio di Babilonia, non sono passati all’idolatria, non hanno riposto la loro fiducia negli uomini potenti ma in Dio solo e si sono mantenuti fedeli a Lui (cfr. Ez 14,22). Retribuzione è la ricompensa accordata da Dio (in positivo) per essergli stati fedeli, (in negativo) il castigo per non esserlo stati. Riconciliazione è il gesto che ricostitui- sce i legami di amicizia, prima infranti tra due persone o gruppi. Nella Bibbia designa il rinnovamento dell’alleanza e nel NT la rappacificazione definitiva e piena di Dio con gli uomini nella pas- qua del Signore Gesù (cfr. Rm 5,11). Risurrezione significa per la Bibbia sve- gliarsi, drizzarsi in piedi tra i morti, riprendere vita, essere vivo. I cristiani credono nella risurrezione dei morti, perché Gesù Cristo è risorto dai morti. Questo è il fondamento della fede cri- stiana (cfr. 1Cor 15,14). Mentre i mira- coli di risurrezione operati da Gesù (ad es. di Lazzaro) sono un ritorno alla vita CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 71 di prima, la risurrezione di Gesù è il passaggio a una vita completamente nuova al di là del dominio della morte. Rito è un atto di ➚culto che segue delle regole e un andamento ordinato. Ha la funzione di rendere presente e ope- rante Dio a favore della comunità che celebra. Alle origini dei riti pagani ci sono dei ➚miti, all’origine del rito cri- stiano c’è la ➚pasqua del Signore Gesù partecipata alla Chiesa. Rituale è il libro contenente l’ordine di un particolare rito (ad es. battesimo, matrimonio...) e le formule da procla- mare durante il suo svolgimento. Rivelazione è per ebrei, cristiani e musul- mani l’iniziativa di Dio di farsi cono- scere e di svelare il senso della vita dell’uomo nel corso della storia. I cri- stiani credono che Dio, dopo aver par- lato per mezzo dei profeti, si è manife- stato in pienezza in Cristo Gesù (cfr. Eb 1,1-3). Rotolo è il libro conservato arrotolato, in genere scritto su una striscia lunga di papiro o pergamena, contenente in genere scritti sacri. Sabato è il giorno sacro e di riposo asso- luto degli ebrei, in ricordo del settimo giorno della creazione, quando Dio si riposò dopo la creazione del mondo compiuta in sei giorni (cfr. Gn 2,2-3). Sacerdotale è una delle probabili quattro fonti del Pentateuco scritta a Gerusa- lemme verso l’VIII sec. a.C., indicata nella critica letteraria con la sigla P (dall’inglese Priestercodex) o S (dall’i- taliano codice Sacerdotale). Sacerdote è la persona dedicata al «sacro» e l’intermediario tra Dio e gli uomini. Nell’AT sacerdoti erano i discendenti di Aronne, appartenenti alla tribù di Levi, che avevano il com- pito di custodire la Sacra Scrittura, di proclamarla nell’assemblea e di offrire i sacrifici in nome dell’intera comunità. Gesù Cristo è detto sacerdote ma non alla stessa maniera di Aronne e dei leviti, ma «al modo di Melchisedek» (cfr. Eb 5,6 e passim) per porre in evi- denza la sua singolarità sacerdotale, la sua eternità e la sua divinità. Nel Nuovo Testamento vengono designati come ➚presbiteri (che significa «anziani») e sono i principali collabo- ratori del vescovo. In comunione con lui, hanno il compito di dirigere la comunità cristiana a loro affidata, evangelizzare, celebrare i sacramenti, testimoniare il servizio e la carità per i più poveri. I battezzati sono detti anche «sacerdoti» in quanto, inseriti in Gesù «unico sacerdote», rendono culto a Dio e partecipano pienamente alla liturgia. Sacramentali sono diversi riti istituiti dalla Chiesa, distinti dai sette sacra- menti, anche se per struttura simili a loro. In genere, si tratta di riti di ➚benedizione su persone o/e cose. Sacramenti sono le opere di Dio per la salvezza degli uomini espressi nella liturgia («sacramento» = azione sacra), mediante la Sua Parola che li illumina e i gesti che li realizzano. È sacramento ogni realtà che manifesta la presenza e l’azione di Dio: in questo senso si può dire che Gesù Cristo è il «sacramento del Padre», che la Chiesa è «segno e sacramento dell’unità degli uomini con Dio e degli uomini tra di loro» (Lumen gentium, 1). In senso ristretto i sacramenti sono sette: bat- tesimo, confermazione, eucaristia, penitenza, unzione degli infermi, ordine, matrimonio. Sacrificio è il gesto rituale per eccellenza che «rende sacro» qualcuno o qual- cosa. Consiste nell’onorare Dio e nel- l’offrirgli qualcosa (animale o vege- tale...) per chiedere i suoi benefici, per rendergli grazie, per impetrare il per- dono dei propri peccati. Ai sacrifici antichi Gesù ha sostituito il sacrificio di sé sulla croce, obbedendo totalmente alla volontà del Padre, per la salvezza di tutti gli uomini (cfr. Eb 10,10). CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 72 Sacro è tutto ciò che si oppone o per lo meno è autonomo rispetto al «pro- fano». È la realtà che Dio riserva per sé, per uno scopo speciale e che viene comunicato all’uomo perchè partecipi della santità di Dio. Nelle religioni naturali è lo spazio e il tempo riservato dall’uomo alla divinità per rendergli onore e culto. Sadducei erano un gruppo ebraico con- servatore, formatosi nel postesilio e attivo ai tempi di Gesù, composto in gran parte di sacerdoti. Si differenzia- vano dai farisei su alcuni punti di dot- trina come quello della risurrezione dei morti (cfr. Mt 22,23). Anch’essi ebbero dei contrasti con Gesù. Salmi sono i 150 canti religiosi raccolti in uno dei libri dell’Antico Testamento che inneggiano alla grandezza di Dio, delle sue opere e dei benefici con cui ha riempito l’uomo e l’universo. Una buona quantità sono attribuiti al re Davide. Salomone è il terzo re degli Ebrei, dopo Saul e Davide. Famoso per la costru- zione del Tempio di Gerusalemme e per la sua sapienza, gli viene attribuita gran parte degli scritti sapienziali. Alla sua morte il regno fu diviso in due: regno di Giuda (sud) e regno di Sama- ria (nord). Salvezza è l’opera completa e definitiva di liberazione e di rinnovamento che Dio compie per l’uomo. ➚Gesù è il «salva- tore», colui che con la sua pasqua ha reso possibile il superamento del pec- cato, la vittoria sulla morte e la comu- nione tra Dio e gli uomini. Samaritani sono gli abitanti di Samaria, odiati, emarginati e considerati «pagani» dai Giudei per aver abban- donato verso il V sec. a.C. il culto a Jahvé unico Dio (nel Tempio unico di Gerusalemme) ed essersi mescolati con i Cananei. Gesù si mostrò acco- gliente e cordiale nei loro confronti (cfr. Lc 10,29-37; 17,11-19; Gv 4,1- 41). Samuele è il profeta ebraico e ultimo dei «giudici», sotto la cui missione iniziò il periodo monarchico. Infatti fu lui ad ungere come re di Israele, prima Saul e poi Davide. Sangue era considerato l’elemento divino presente nell’uomo, la forza della vita che pervade tutto il corpo. Nel NT è simbolo della salvezza comunicata da Gesù agli uomini. Santi sono nella Bibbia tutti coloro che sono santificati da Dio mediante il suo Spirito. Dio solo è «santo» ma nel suo disegno di amore rende partecipi gli uomini della sua santità. Tutti i cristiani lo sono per questa chiamata. Paolo, nelle sue lettere, chiama «santi» i primi cristiani (cfr. Rm 1,7; 2Cor 1,1; Ef 1,1 ecc.). Oggi, nel linguaggio comune, vengono designati coloro che sono stati riconosciuti tali dalla Chiesa (beatificati e canonizzati) per la loro grande testimonianza di fede. Santuario indica un luogo sacro riservato a Dio e al suo culto (ad es. il tempio di Gerusalemme). I profeti si scagliarono contro i santuari sulle colline, soprat- tutto perché vi si praticava l’idolatria. Oggi designa un luogo venerato e meta di pellegrinaggio da parte della gente, dove viene venerata Maria SS. o qualche santo, in ricordo di partico- lari eventi miracolosi. Sapienza è l’arte del vivere bene che deve essere appresa sin da piccoli. Per la Bibbia è un dono di Dio che viene concesso all’uomo, ma anche un impe- gno per imparare dalla vita. L’insieme dei consigli dei saggi sono raccolti nella letteratura «sapienziale» e tra i testi della Bibbia c’è anche il libro della Sapienza. Satana, che vuol dire «avversario», è colui che tenta di trascinare l’uomo al male e a costruirsi una felicità lontana da Dio. Gesù Cristo ha vinto definitiva- mente Satana e i suoi discepoli pos- sono partecipare di questa Sua vitto- ria. Satana viene chiamato anche CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 73 ➚«diavolo», ➚«demonio», «signore di questo mondo» ecc. Saul, primo re degli ebrei, a cui, dopo essere stato infedele al comando di Dio pronunziato per bocca del profeta Samuele, succedette Davide. Scisma è la «separazione», avvenuta lungo i secoli, all’interno della Chiesa: ad esempio lo scisma d’Oriente avve- nuto definitivamente nel 1056 d.C. tra la Chiesa Ortodossa e la Chiesa di Roma e quello del sec. XV tra prote- stanti e cattolici. Il movimento ecume- nico è l’inversione di marcia: il cam- mino per la ricostruzione verso l’unità. Scomunica è l’espulsione di una persona dalla vita della comunità cristiana, a motivo di una colpa grave o di uno scandalo (➚Anatema). Scriba (rabbi, «maestro», «dottore della legge») era colui che insegnava e spie- gava la Bibbia ai discepoli e alla gente. Ma designava anche il mestiere di colui che scriveva documenti o lettere per conto di altri. Scrittura (sacra) ➚Bibbia. Scuola critica o razionalista ➚Razionali- smo. Scuola mitica è quella corrente di stu- diosi e di teologi che considerano i racconti dei vangeli come «miti», come racconti primitivi che non hanno valore storico ma solo per la fede cri- stiana. Seder è la pasqua rituale ebraica, il pasto in cui vengono celebrate la liberazione dall’Egitto e l’alleanza di Dio con il popolo d’Israele. Segno è una realtà visibile che orienta verso un’altra invisibile o la contiene. Le religioni sono piene di segni sacri. Nella liturgia cristiana la ➚croce indica la ➚passione di Gesù Cristo (segno orientativo), il pane e il vino diventano il corpo e il sangue di Cristo (segni contenenti o ➚simboli). Semiti erano i popoli del deserto arabico vicini per idee e linguaggio. Gli Ebrei facevano parte di queste popolazioni. Settimana santa è la settimana che va dalla Domenica delle Palme alla Dome- nica di ➚Pasqua. È la più importante per la comunità cristiana, ricca di cele- brazioni (giovedì, venerdì e sabato- domenica), di gesti (lavanda dei piedi, adorazione della croce, benedizione del fuoco ecc.) e di segni. Shalom ➚Pace. Shavuot è la festa di «➚Pentecoste». Shema’ («ascolta, Israele!») è la pre- ghiera in forma di professione di fede (cfr. Dt 6,4-9; 11,13-21; Nm 15,37- 41) che gli ebrei recitano al mattino, alla sera e prima delle altre orazioni. Shemòt che significa «i nomi» è l’incipit (l’inizio) del libro dell’➚Esodo. Sheol (detto anche «inferi») era secondo gli ebrei il «luogo dei morti», un luogo di tenebre diverso dall’➚«inferno». Siclo è la misura base di peso equivalente all’incirca a 11 grammi. Sigillo indica sia l’anello di metallo su cui era inciso uno stemma, sia la figura da esso impressa sulla cera calda o sul- l’argilla morbida. Veniva usato per «sigillare» un accordo, i documenti relativi, firmare o autenticare una let- tera. Simbolo deriva dal greco e significa «met- tere insieme», «gettare un ponte». La Bibbia è un grande repertorio di sim- boli, come anche gli scritti delle altre religioni. Nella liturgia cristiana è quella realtà che ne contiene un’altra in genere invisibile (➚segno conte- nente). Può indicare anche una parti- colare formulazione della ➚confessione di fede (il «credo»). Sinagoga significa in greco «assemblea, luogo di riunione» e designa il luogo della preghiera, dell’insegnamento, della discussione e dell’adunanza reli- giosa degli ebrei. Durante la settimana veniva adibita a scuola per i fanciulli o a centro sociale. Sinai, chiamato anche «Oreb», è il monte santo di Dio, luogo della sua manife- stazione a Mosè, dell’➚alleanza e della CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 74 consegna dei dieci comandamenti al popolo d’Israele. Sindone è detto il lenzuolo in cui, secondo la tradizione, è stato avvolto il corpo di Gesù dopo la morte. Di proprietà della S.Sede, è conservato a Torino, in una cappella apposita della Cattedrale, ed è affidato all’arcivescovo della città. Sinedrio indicava la suprema assemblea religiosa ebraica, composta da circa 70 uomini (tra sacerdoti, notabili, farisei, sadducei), presieduta dal Sommo Sacerdote. Gesù, dopo essere stato catturato al Getsemani, fu interrogato da questa assise. Sinossi è la disposizione su colonne paral- lele dei primi tre (o più raramente dei quattro) vangeli per coglierne «con un solo colpo d’occhio» le affinità e le dif- ferenze. Sinottici sono detti i vangeli di Matteo, Marco e Luca, chiamati così per le loro somiglianze letterarie e teologiche, rispetto al vangelo di Giovanni che segue un disegno letterario e teologico differente. Sion («città di Sion», «monte Sion») era l’antica cittadella di Gerusalemme, dei tempi di Davide. Successivamente indicò tutta Gerusalemme. «Figlia di Sion» indica Israele e soprattutto quella parte che nella fedeltà alla legge di Dio, attende la sua salvezza e la venuta del Messia. Sommo sacerdote era il capo dei sacer- doti che aveva il privilegio di presie- dere ad alcuni atti solenni di culto e l’assemblea del ➚Sinedrio. Entrava una volta l’anno nel luogo più santo del tempio («santo dei santi») per offrire un sacrificio per sé e per i pec- cati del popolo. Nella lettera agli Ebrei, Cristo viene presentato come unico ed eterno sacerdote (cfr. Eb 5,1s.). Spirito Santo nella tradizione cristiana è il «Signore e datore di vita», la terza persona della Trinità. Nell’AT è la forza mandata da Dio simile a «soffio» o «vento». Dopo aver parlato attraverso i profeti dell’Antico Testamento, lo Spi- rito ha accompagnato l’intera esi- stenza di Gesù Cristo (cfr. Is 42,1; Mc 1,8), è stato luce e forza per la Chiesa dalle origini (➚Pentecoste) lungo i secoli. Per ogni cristiano è fonte di sapienza e di ogni dono, dà forza per combattere contro il male, promuove la vita nuova. Stadio è l’unità di lunghezza corrispon- dente a 185 metri. Stele è una pietra o lastra di marmo che gli antichi dedicavano alla divinità. Anche la Bibbia riporta quest’uso presso i patriarchi (cfr. Gen 28,18; 31,13..), anche se successivamente la legge di Mosè li proibirà (cfr. Lv 26,1). Storia è il periodo che ha inizio con l’in- venzione della scrittura. Storia della salvezza è la realizzazione del disegno di Dio nella storia umana composta da un periodo di prepara- zione verso Cristo (➚Antico Testa- mento) e da una fase di compimento in Cristo (➚Nuovo Testamento) fino alla fine del mondo, alla ➚parusia. Successione apostolica è la continuità storica nella trasmissione dell’autorità degli apostoli ai loro successori, i vescovi. Sukkòt ➚Capanne. Svetonio Caio Tranquillo era uno storico finissimo del II d.C. che riportava i fatti storici basandosi sui documenti e sulle testimonianze. Nella sua Vita dei Cesari offre un’attenta ricostruzione dei fatti storici da Cesare a Domiziano. Tabernacolo era la tenda dell’arca dell’al- leanza, segno della presenza di Dio in mezzo al popolo ebraico, durante la traversata del deserto. Oggi, designa l’arredo delle chiese cristiane che con- tiene il pane eucaristico, per la distri- buzione della comunione ai malati e per l’adorazione da parte dei fedeli. Tacito Publio Cornelio è il più grande sto- rico latino, vissuto nel I –II sec. Si hanno poche e frammentarie notizie CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 75 sulla sua vita ma la sua fama di magi- strato e oratore è ampiamente ricono- sciuta ed attestata. Gli Annales, la sua opera più famosa, raccontano la storia romana dalla morte di Augusto alla quella di Nerone. Talento è l’unità di peso corrispondente a 3000 sicli e quindi a 35 chilogrammi. Era una somma ingente equivalente alla paga di circa dieci anni di lavoro di un operaio medio. Talmud significa «insegnamento», «stu- dio» e consiste in un commento alla Mishnah. Indica la collezione, fatta tra il IV e il VI sec. d.C., ad opera delle scuole rabbiniche, contenenti spiega- zioni di testi giuridici e haggadici della Torah e della Mishnah. Due sono le redazioni pervenuteci: il Talmud Babi- lonese e il Talmud Palestinese (VII sec. d.C.). Tao (o Dao), parola che significa «via» e da cui prende il nome il taoismo, è il principio cinese che sta a fondamento e origine di tutto ciò che esiste. Tutto proviene dal Tao e tutto vi ritorna. Targum significa «annuncio», «spiega- zione», «traduzione» e consiste in una parafrasi aramaica dell’AT. Tempio è presso gli antichi il luogo del culto e la sede della divinità. Durante il regno di Davide venne progettato il grande tempio di Gerusalemme, por- tato a compimento dal figlio Salomone (cfr. 1Re 8,27). Come Dio è unico, il tempio era l’unico luogo in tutto Israele in cui si potessero offrire sacri- fici. Il tempio era di forma rettango- lare, diviso in tre parti: l’atrio, la sala centrale e il «santo dei santi», nel quale era conservata l’arca dell’al- leanza. Gesù e gli apostoli ebbero grande rispetto per questo luogo santo, ma per i cristiani il vero tempio è il corpo glorioso di Gesù (cfr. Gv 2,19-22). Tenda dell’incontro era il santuario che seguiva il popolo durante il cammino nel deserto. Era, come il tempio, il segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Teofania significa manifestazione divina e viene accompagnata da particolari segni o fenomeni atmosferici (tuoni, lampi, terremoto, nubi, fuoco...). Terra promessa è la terra coltivata della Palestina, promessa da Dio ai patriar- chi e punto di arrivo dell’esodo da parte del popolo di Israele. Essa è segno di sicurezza, tranquillità e bene- dizione. Tertulliano di Cartagine (155-222 d.C.), avvocato e polemista, fu un insigne e fecondo scrittore di opere teologiche tra cui l’Apologeticum. Testamento traduce in italiano la parola ebraica berith che significa ➚«alleanza». Viene usato per designare le due parti che compongono la Bibbia: l’Antico e il Nuovo Testamento. Testimonium Flavianum è il primo documento pagano che accenna ai cri- stiani. Tian che significa «cielo» è per il confucia- nesimo la divinità suprema da cui dipendono gli uomini e tutti gli esseri esistenti. Gli uomini sono chiamati a ubbidire e praticare il Decreto del Cielo, il Tian-ming. Tigri, insieme all’➚Eufrate, è il fiume che delimita l’antica ➚Mesopotamia. Torah significa «legge», «insegna- mento». Il termine viene usato per indicare il ➚«pentateuco», talvolta indica tutto l’AT. Specificatamente indica l’insieme dei 613 comanda- menti contenuti nel Pentateuco o più precisamente il Decalogo (i dieci comandamenti). Traditiongeschichte, dal tedesco «storia delle tradizioni», è il metodo che stu- dia le tradizioni orali e scritte che sono preesistenti agli attuali vangeli e che sono state utilizzate in vario modo dagli autori dei quattro vangeli. Tradizione indica l’azione di un popolo nel trasmettere racconti, valori, norme e usanze da una generazione all’altra. CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 76 Indica anche l’insieme di quanto è importante per la sopravvivenza e la cultura di un popolo. Per i cristiani, designa la trasmissione soprattutto orale del messaggio evangelico, come anche l’interpretazione autentica della Parola di Dio da parte della Chiesa gui- data dai pastori. Transustanziazione significa «cambia- mento di sostanza»; è il tentativo di spiegare teologicamente la presenza reale di Gesù nell’eucaristia, nelle spe- cie del pane e del vino che, dopo essere state consacrate, diventano corpo e sangue di Cristo. Trickster (in inglese significa «imbro- glione») è, presso le religioni d’Ame- rica, la figura avversaria della divinità suprema del bene. Secondo questa cre- denza, assume la somiglianza di un ani- male (ad es. coyote, cornacchia...) per portare tra gli uomini disturbi, guerre e morte. Nella Bibbia si ha un caso ana- logo nel serpente che seduce e imbro- glia Adamo ed Eva (cfr. Gen 3,1.13). Trifone è il rabbino del II sec. d.C. di cui parla ➚Giustino nella sua opera più celebre. Trinità indica il mistero fondamentale della fede cristiana che consiste nel credere a un solo Dio ma in tre per- sone uguali e distinte: Padre, Figlio e Sprito Santo. Nella preghiera cristiana il termine viene richiamato sovente: ad es. nel segno della croce. Unzione è il gesto liturgico di ungere con l’➚olio consacrato il capo, le mani o altre parti del corpo o di un luogo o di un oggetto da adibire al ➚culto. Unzione degli infermi è il sacramento che arreca la forza di Dio ai malati gravi e agli anziani, mediante l’➚impo- sizione delle mani e l’➚unzione della fronte e delle mani del malato con l’➚olio degli infermi. Vangelo significa «lieta notizia», indi- cando vittoria, benessere, salvezza per un gruppo, una città, un popolo. Per i cristiani designa innanzitutto il messaggio del Regno da parte di Gesù e l’annuncio della risurrezione di Gesù da parte degli apostoli. Successiva- mente indicò lo scritto che raccoglie le testimonianze sulle parole, i gesti e la vita di Gesù. Nel Canone del Nuovo Testamento, i vangeli sono quattro: Matteo, Marco, Luca, Giovanni. Veglia, dal latino vigilia, è il tempo di pre- parazione o di celebrazione notturna di un evento particolare. La madre di tutte le veglie è quella «pasquale» che viene celebrata dalla comunità cri- stiana nella notte tra il sabato santo e la domenica di ➚pasqua. Vento è il simbolo della vita, del soffio vitale che muove la creazione, dello «spirito di Dio che aleggia sulle acque» (Gn 1,2), è il segno della libertà di Dio (cfr. Gv 3,8). La Chiesa è nata il giorno di ➚Pentecoste, durante il quale lo ➚Spirito Santo, come «vento che si abbatte gagliardo» (At 2,2), è stato effuso nel cuore degli apostoli. Verbo di Dio è la ➚Parola di Dio. Dal ter- mine latino verbum, traduce il greco logos e l’ebraico ➚dabar. Vescovo, detto anche episcopo («sorve- gliante»), è colui che, aiutato dai sacerdoti (presbiteri che significa «anziani») e dai diaconi, ha la funzione direttiva della comunità ecclesiale, della chiesa locale, della diocesi. Via «Io sono la via» (Gv 14,6). Via crucis è la «via della ➚croce», il cam- mino fatto da Gesù carico della croce verso il Calvario. Nelle chiese cattoli- che vi sono dei quadri o delle sculture che evocano le quattordici «stazioni» (= «soste, fermate») che aiutano i cri- stiani a rivivere la passione e morte di Gesù, mediante la pratica devozionale della Via crucis. Vino è simbolo di vita, di risanamento, di festa e della gioia di vivere (cfr. Sir 31,27-28). Ma significa anche ➚sacrifi- cio dell’uva spremuta nel torchio. Per CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 77 l’Antico Testamento è anche simbolo della venuta del Messia e del ban- chetto dei giusti alla fine dei tempi. Nella celebrazione eucaristica, il vino viene presentato come «frutto della vite e del lavoro dell’uomo» per diven- tare il sangue di Cristo (cfr. Mt 26,27s.) sparso per tutti in segno di nuova ➚alleanza. Vita eterna è la partecipazione piena e profonda alla vita di Dio, che sarà defi- nitiva alla fine del mondo quando Dio «sarà tutto in tutti». Essa è destinata ad ogni uomo sin da questa terra (cfr. 1 Gv 5,11-12); solo il suo peccato osti- nato può fargliela perdere definitiva- mente. Vite «Io sono la vite, voi i tralci» (Gv 15,5). Vocazione viene dal latino vocare che significa «chiamare» e sta ad indicare la chiamata di Dio rivolta agli uomini a far parte del suo popolo e a salvarsi. La Bibbia narra tante «vocazioni» par- ticolari attraverso le quali Dio affida una missione speciale (Abramo, Mosè, i profeti, Maria, i discepoli di Gesù, Paolo). Nel linguaggio comune designa la chiamata a diventare sacerdoti o religioso/a, ma negli ultimi anni si parla correttamente anche di voca- zione alla vita matrimoniale. Volgata è l’antica traduzione della Bibbia in lingua latina. YHWH è il tetragramma ebraico che indica il nome di Dio, ➚Jahvè. Yoga è, presso le religioni orientali, il modo di ottenere il controllo personale di tutte le forze fisiche e spirituali e di condurle alla meta della pace del cuore. Zeloti erano un gruppo di giudei che, al tempo di Gesù, ricorrevano spesso alla lotta armata per combattere contro la dominazione romana. Per loro il ➚Mes- sia sarebbe stato un liberatore politico. Anche tra i «dodici» c’era Simone soprannominato «zelota» (cfr. Mc 3,18). Zeus è il più importante dio degli antichi Greci, identificato dai Romani con Giove. Zigurrat è il tempio mesopotamico a forma di torre, che avrà ispirato pro- babilmente il racconto della torre di Babele di Gn 11. CCaapp.. 44 -- Piccolo glossario di cultura religiosa 78 Presentazione (M. Tonini) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3 Sigle e abbreviazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 5 Capitolo 1. Premesse. Le nostre intenzioni «a tutto tondo» . . . . . . . . . . . ” 7 1.1. L’esperienza «formativa» del CFP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 7 1.2. Il contesto: coordinate per una Proposta di CER . . . . . . . . . ” 10 1.2.1. Il mondo giovanile, ossia la domanda . . . . . . . . . . . . ” 10 � I punti nevralgici della condizione giovanile . . . . . . ” 11 � L’indicatore privilegiato del lavoro . . . . . . . . . . . . . ” 12 � L’impegno socio-politico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 14 � La domanda religiosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 15 � Complessivamente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 16 1.2.2. Il progetto formativo globale ossia la risposta ideale . ” 16 1.2.3. La Cultura Generale nel progetto formativo globale . . ” 18 1.2.4. La dimensione etico-religiosa nell’ambito della Cultura Generale . . . . . . . . . . . . . . ” 20 � Alcuni interrogativi previ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 21 � L’esplicitazione del “luogo formativo” della CER . . . ” 21 � Per una visione “culturale” ampia e specifica . . . . . ” 24 Capitolo 2. Appunti per una proposta aperta, orientata e flessibile . . . . . ” 29 2.1. Nel quadro delle finalità formative della FP e della situazione concreta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 29 2.2. Tre + una. Le grandi aree tematiche . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 29 Prima area: identità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 31 Seconda area: relazionalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 32 Terza area: progettualità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 34 Quarta area «trasversale»: responsabilità . . . . . . . . . . . . . . ” 36 2.3. La scelta metodologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 41 Capitolo 3. Piano dell’opera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 45 3.1. Introduzione al percorso e obiettivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 45 3.2. I momenti del percorso e metodo dell’UA . . . . . . . . . . . . . . ” 45 3.3. Strumenti per l’approfondimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 46 Appendice Piccolo glossario di cultura biblica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 47 In di ce 79 Centro Nazionale Opere Salesiane Formazione Aggiornamento Professionale via Appia Antica,78 - 00179 Roma tel. 06 5137884 (r.a.) fax 06 5137028 E-mail: cnosfap.nazionale@cnos-fap.it Sito Internet: www.cnos-fap.it

Guida per l'accompagnamento al lavoro autonomo. Una proposta di percorsi per la creazione di impresa. II edizione

Autore: 
Fulvio Ghergo
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2007
Numero pagine: 
301
Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo Una proposta di percorsi per la creazione d’impresa II edizione Fulvio GHERGO 3 INTRODUZIONE La formazione professionale, secondo una definizione generalmente condivisa, è un percorso, formale e/o informale per l’acquisizione di competenze professionali spendibili sul mercato del lavoro. Secondo questa definizione, pertanto, al termine di un corso, agenzie formative docenti utenti… possono ritenersi soddisfatti se le competenze professionali, che rappresentano l’obiettivo del corso stesso, sono state raggiunte, almeno ad un li- vello ritenuto “accettabile”, dagli allievi. Questa affermazione è parzialmente vera. Per dichiararsi soddisfatti non è sufficiente la sola acquisizione delle compe- tenze professionali, è necessario anche sapere dove spenderle e avere la capacità di attivare dei percorsi per “promuoverle”. Al termine di un corso occorre, cioè, aver acquisito, accanto alle competenze proprie della figura o qualifica o area professionale, anche competenze di carattere metodologico per realizzare delle strategie operative che possano condurre alla vita attiva. Senza queste “ulteriori” competenze, quelle professionali rimangono un pa- trimonio non spendibile. Nella vita attiva ci si entra o come lavoratore dipendente o come lavoratore au- tonomo/ piccolo imprenditore. L’una o l’altra modalità sono il frutto di scelte determinate, in ultima analisi, da fattori personali e da fattori ambientali, da propensioni individuali e dalle solle- citazioni del contesto socio-economico, da “elementi vocazionali” e da “opportu- nità” che la storia e l’habitat di ciascuno presenta. Questo volume trova la sua naturale collocazione nella formazione professio- nale e si propone di far acquisire agli utenti competenze per realizzare una impresa o comunque avviare un lavoro in proprio. Più in particolare è destinato agli allievi e ai docenti di corsi di “formazione professionale al lavoro”. Il sussidio, più in particolare, intende essere di aiuto agli allievi: – per comprendere se hanno delle “propensioni” alla imprenditorialità e al la- voro in proprio; – per verificare se sono in possesso di un’idea imprenditoriale o per sollecitarne la nascita; – per valutare la fattibilità di tale idea. 4 Vuole parimenti essere d’aiuto ai formatori impegnati nell’attività di tuto- raggio e di supporto agli allievi nei loro percorsi verso l’imprenditorialità. Una indicazione sulla struttura formale del volume. Ciascuna delle sette parti che lo compone si articola in due percorsi: a) il primo percorso è finalizzato all’informazione e si avvale di una esposizione dei contenuti e di schede tematiche. L’esposizione è volutamente essenziale e sobria e fa frequentemente ricorso a schematizzazioni e illustrazioni visive. Le schede, invece, rappresentano un approfondimento di temi precedentemente accennati. b) il secondo percorso è costituito da laboratori che si distinguono in tre tipo- logie, a seconda dei destinatari cui si rivolgono: - laboratorio a, per gli allievi dell’obbligo formativo - laboratorio b, per gli allievi della formazione superiore o, comunque, di una utenza adulta, - laboratorio c, rappresentato esclusivamente da prove di verifica degli ap- prendimenti, per gli uni e per gli altri allievi. La differente tipologia di laboratorio è resa anche con una differenziazione cromatica delle pagine: il verde indica il laboratorio a, il giallo il laboratorio b, il viola il laboratorio c. Il presente volume si caratterizza per due connotazioni: la sua natura “funzio- nale” di sussidio e la sua “iincrementabilità” nel tempo. È, cioè, un sussidio per supportare l’iter verso l’imprenditorialità mediante percorsi formalizzati e predefi- niti. È, però, un sussidio allo stato nascente… è cioè solo la “traccia” di uno stru- mento che anno dopo anno potrà essere incrementato dai contributi di quanti lo vorranno sperimentare. Fulvio Ghergo Parte I L’IMPRENDITORIALITÀ 7 1. L’imprenditorialità nel nostro Paese Anche se viviamo nella culla del posto fisso, siamo un Paese di grande e vi- vace iniziativa imprenditoriale. Ogni anno, infatti, nascono in Italia più di 300.000 nuove imprese. È vero che occorre considerare anche le imprese che cessano la loro atti- vità. Ma la differenza tra imprese iscritte e cancellate nel registro delle im- prese tenuto dalle Camere di Commercio presenta annualmente un saldo positivo. Il 2000, ad esempio, si è chiuso con un attivo di 112.600 imprese. Le nuove iscrizioni alle Camere di Commercio, infatti, sono state 366.340, a fronte di 253.740 cessazioni di attività. Un dato importante riguarda il Meridione, dove negli ultimi anni si sono re- gistrati tassi di sviluppo decisamente superiori alla media nazionale, in par- ticolare in Sicilia, Puglia e Campania. Oltre che a livello territoriale, lo scenario continua a cambiare anche sotto il profilo della struttura imprenditoriale. Secondo una tendenza ormai da tempo consolidata, le forme societarie sono in espansione a scapito delle ditte individuali, tradizionale punto di forza del sistema Italia. Ormai lo sviluppo delle attività imprenditoriali è visto da tutti come uno dei modi per riuscire a debellare i grandi numeri della disoccupazione. In particolare nelle Regioni del Mezzogiorno si avverte particolarmente l’esi- genza di una crescita dell’imprenditorialità capace di dare vita ad uno sviluppo au- topropulsivo che valorizzi le risorse locali. Infatti il drammatico problema della disoccupazione che ha raggiunto un tasso oltre il 20% (ben più alto della media nazionale) non trova un risposta nella odierna struttura occupazionale meridionale. Da più di un ventennio ormai si registra una riduzione degli occupati nel com- parto agricolo cui non corrisponde un’analoga crescita degli altri settori. L’unico settore in trend positivo, quello dei servizi, è rappresentato dal “ter- ziario pubblico” che subisce le sorti del rigore delle politiche di spesa pubblica. La sola possibilità ragionevole per il Mezzogiorno di allargare la base occupa- zionale è legata allo sviluppo della imprenditorialità singola o associata. Al di là di questa che per certi aspetti è la strada maestra esistono solo viottoli rappresentati da spazi di occupabilità interstiziali o fortemente localizzati. ➧ ➧ ➧ 8 Ma qual è l’atteggiamento dei giovani nei confronti della imprenditorialità? Una ricerca quali-quantitativa del Comitato Punto Nuova Impresa (di cui sono promotori la Regione Lombardia, FORMAPER, Azienda Spe- ciale della Camera di Commercio di Milano, l’Assolombarda, l’Unione del Commercio, del Turismo e dei servizi della Provincia di Milano, l’Unione Regionale delle Camere di Commercio), su un campione di giovani lombardi, finalizzata a rilevarne gli atteggiamenti verso la im- prenditorialità, nonché i supporti nella eventuale creazione di impresa ha messo in rilievo che: il 64% afferma che se potesse scegliere preferirebbe un lavoro co- me imprenditore per poter esprimere la propria creatività ed il pro- prio senso dell’autonomia, è fondamentale nella realizzazione dell’idea imprenditoriale il soste- gno delle famiglie (68%) e soprattutto delle istituzioni (75%). Le aree di possibile intervento non riguardano solo le risorse finanziarie ma an- che la consulenza giuridica sugli adempimenti burocratici e ammini- strativi (30%), la consulenza sulla gestione di un’impresa (29%) e l’as- sistenza nel passaggio dall’idea all’avvio del progetto imprenditoriale (27%). è necessaria un’adeguata formazione all’imprenditorialità durante gli anni della scuola (38%). Le “richieste di interventi” formulate dai giovani in effetti negli ultimi anni hanno trovato risposte precise in numerose iniziative • di natura finanziaria: ne tratteremo in maniera più organica nella parte VI; • di formazione: le Regioni inseriscono nei loro piani di formazione corsi dedi- cati all’imprenditorialità; analogamente le Camere di Commercio offrono corsi di preparazione alla creazione d’impresa; nelle scuole superiori sono inseriti programmi di simulazione della creazione d’impresa (come il progetto IG stu- denti); • di assistenza tecnica: per supportare la nascita della nuova imprenditorialità. Su questo versante per la gestione degli aiuti connessi ai finanziamenti, lo Stato opera da circa un ventennio, prima, attraverso la IG, Società per l’im- prenditorialità giovanile, attualmente con Sviluppo Italia, in cui la IG è con- fluita. Scheda n. 1 9 Sviluppo Italia svolge tutte le funzioni e i compiti necessari per sostenere l’intero processo di creazione di impresa, inoltre promuove e finanzia anche forme di lavoro autonomo attraverso il “prestito d’o- nore”. Da menzionare anche l’attività dei BIC (Business Innovation Center), che hanno la mission di promuovere la cultura imprenditoriale e stimolare la creazione di nuove imprese. I BIC, promossi dalla Commissione Europea - DG Politica Re- gionale, sono istituiti in molte Regioni con la formula della SpA. I BIC hanno al loro interno gli “incubatori” delle strutture che se- guono tutto l’iter della nascita di un’impresa: dalla verifica dell’idea imprenditoriale al finanziamento. Molte anche le iniziative di assistenza promosse da Enti locali. In molti Co- muni, ad esempio, è stata attivata la costituzione del cosiddetto sportello unico, un ufficio apposito al quale ci si può rivolgere per espletare tutte le pratiche burocra- tiche accessorie ad iniziare una nuova attività senza doversi perdere nei meandri della pubblica amministrazione. Scheda n. 2 Scheda n. 3 10 Il Comitato del Punto Nuova Imprenditoria, ha realizzato una ricerca mirata quali-quantitativa con l’obiettivo di rilevare gli atteggiamenti, le aspettative e il clima culturale, i bisogni reali di supporto presenti nei gio- vani e nelle loro famiglie nonché il peso della prospettiva imprenditoriale al- l’interno del complesso universo giovanile lombardo. Detta ricerca, affidata per la sua attuazione ad un Istituto specializ- zato, comprende una rilevazione quantitativa, effettuata su un campione rappresentativo di giovani lombardi, e una indagine di carattere qualitativo che ha coinvolto alcuni focus group appositamente costituiti. L’immagine che deriva del concetto di imprenditorialità appare nel complesso ambivalente e controversa. Il 64% dei giovani intervistati afferma che se potesse scegliere preferi- rebbe un lavoro come imprenditore, mentre soltanto il 32% opterebbe per un lavoro da dipendente. Questo dato segnala che rispetto ad alcuni decenni fa “essere imprenditori” non rappresenta più un “disvalore sociale” ma una scelta. Essa sembra tuttavia condizionata dalla consapevolezza del muta- mento dell’organizzazione del modo di lavorare di oggi e soprattutto di do- mani. Come evidenziato dalla fase qualitativa, i giovani si rendono sempre più conto che ci si sta avviando verso una società fortemente organizzata sul concetto di un lavoro di tipo imprenditoriale. Nel lavoro è e sarà necessario esprimere flessibilità, adattamento, inventiva e capacità di gestire la pro- pria autonomia. Tuttavia esso viene già percepito come incerto, confuso e soprattutto totalizzante e invadente. Se, da un lato, 8 giovani su 10 intravedono nel lavoro autonomo, sia in termini assoluti che rispetto al lavoro da dipendente, la possibilità di esprimere la propria creatività ed il proprio senso dell’autonomia, dall’altro sembrano pe- sare nell’atteggiamento verso il lavoro autonomo due aspetti: a) la paura nei confronti dell’incertezza sia di un lavoro “instabile”, da “in- ventare”, “fortemente competitivo” e in “solitudine” sia di un lavoro che non è in grado di garantire una sicurezza/tranquillità economica; b) la percezione della pervasività del lavoro autonomo. Cinque giovani su dieci ritengono infatti che “essere imprenditori” non sia una condizione che possa facilitare i rapporti sociali (valore centrale per i giovani in- tervistati). L’imprenditorialità sembra implicare la caduta della tradizio- nale separazione tra il tempo del lavoro ed il tempo per se stessi, per gli amici e per il divertimento. Questi fattori appaiono come elementi ostacolanti all’avvio di un’attività im- Scheda n. 1 ATTEGGIAMENTI DEI GIOVANI NEI CONFRONTI DELLA IMPRENDITORIALITÀ 11 prenditoriale e suggeriscono, anche alla luce del ruolo delle famiglie, una so- stanziale “impreparazione” dei giovani a gestire da un punto di vista “emo- tivo” le conseguenze del mutamento nel modo di lavorare di domani: i geni- tori avevano il “posto fisso” i figli devono inventarselo. Una possibile spiegazione del peso di questi fattori potrebbe derivare, come evidenziato dall’analisi qualitativa, dal fatto che il lavoro non viene percepito come un valore in sé, prerogativa delle generazioni precedenti (genitori), ma come un valore strumentale finalizzato alla socialità, al consumo, alla “qualità della vita”. I maggiori “svantaggi” di un lavoro da imprenditore rispetto ad un lavoro da dipendente vengono infatti individuati negli elevati rischi economici (39%), nell’impegno di tempo eccessivo (14%) e dal non poter programmare la pro- pria vita (14%). Da un lato si lavora per necessità e, dall’altro, per poter avere i mezzi (denaro) per stare con gli altri, divertirsi e stare bene. Se rispetto al passato sembra cadere l’idea che il titolo di studio sia il via- tico per lavori ben remunerati (74%), d’altra parte ci si rende conto che per fare imprenditoria è necessario avere una buona preparazione. Sei giovani su dieci ritengono infatti che un titolo di studio (diploma o laurea) possa ren- dere più inclini al lavoro autonomo. Per i giovani lombardi l’avvio di un’attività imprenditoriale appare più condi- zionata dalle buone idee che dai capitali (56%) per quanto sia particolar- mente importante un’esperienza pregressa (70%). Tuttavia ciò non è suffi- ciente: la maggioranza degli intervistati è concorde nel ritenere fondamen- tale il sostegno delle famiglie (68%) e soprattutto delle istituzioni (75%). Per essere imprenditori è necessario avere soprattutto spirito di iniziativa (27%) e fiducia in se stessi (25%) oltre che ad una buona disponibilità finan- ziaria (23%). Per poco più di sei giovani su dieci le caratteristiche personali sono più importanti dei fattori ambientali esterni. Tra questi ultimi risultano particolarmente influenti nell’avvio di un’attività imprenditoriale la rete di conoscenze personali (56%), la presenza di un’atti- vità imprenditoriale in famiglia (49%), il poter disporre di strumenti tecno- logicamente avanzati (44%), e la possibilità di vivere in una grande città (42%). Un dato estremamente significativo circa il rapporto giovani-lavoro-impren- ditorialità deriva dal fatto che oltre a questi fattori esterni i giovani mani- festano il bisogno di poter contare sia su strutture (pubbliche e private) che supportino il giovane nella realizzazione dell’idea imprenditoriale (38%) che su un’adeguata formazione all’imprenditorialità durante gli anni della scuola (38%). L’intenzione futura ad avviare un’attività imprenditoriale appare nel com- plesso elevata. Un quarto degli intervistati non esclude l’ipotesi di cimen- tarsi in futuro in un lavoro autonomo. La maggioranza preferisce farlo con qualcuno: il 38% con gli amici ed il 19% con i familiari. Se una quota consistente prende autonomamente la decisione di avviarsi al- 12 l’imprenditorialità (49%) una buona parte degli intervistati (43%) matura l’idea/opportunità sulla base di un suggerimento altre persone e/o istitu- zioni: in particolare genitori (37%) e amici (37%). È interessante notare che tra le persone che suggeriscono l’opportunità di mettersi in proprio si cita l’esempio di altri imprenditori (15%). Le istituzioni ed in particolare la scuola appaiono lontane e nel complesso poco influenti (3%); ciò risulta particolar- mente significativo se si considera che la scuola, secondo gli stessi intervi- stati, viene indicata come un soggetto che potrebbe svolgere un ruolo im- portante nello sviluppo di una cultura imprenditoriale. Chi ritiene probabile l’avvio di un’attività in proprio sceglie di creare un’atti- vità nel settore dei i servizi: per le persone nel 20% delle volte e per le im- prese nel 16% delle volte. Il settore del commercio appare appetibile: il 12% vorrebbe operare nel commercio all’ingrosso/dettaglio e l’11% nei pubblici esercizi (11%). Il ruolo delle famiglie appare determinante nel formare l’atteggiamento dei giovani verso l’imprenditorialità. La fase qualitativa mette in evidenza che in generale i genitori non si dimostrano, per i propri figli, un vero e proprio trampolino di lancio per esperienze imprenditoriali. Nel complesso la fami- glia risulta essere relativamente poco normativa: essa è sempre presente ma resta sullo sfondo senza agire mai direttamente: “I genitori sono importanti perché ti dicono cosa pensano, si pongono come esempio, però ci si influenza tra amici, compagni, non è la famiglia che decide”. I genitori sostengono i propri figli sullo sfondo, “forniscono denaro”, aiutano il figlio sorreggendolo “alle spalle” ma sulle scelte sembrano intervenire poco. La famiglia protettiva, che allunga sempre più la permanenza del gio- vane a casa, determina da un lato la mancanza di stimoli forti e decisivi al- l’indipendenza individuale e al “senso del rischio” ma, dall’altro, anche una spinta a cercare comunque degli spazi di autonomia. Ciò potrebbe spiegare in parte anche l’importanza data dai giovani, come si è visto in precedenza, al- l’idea che il lavoro imprenditoriale possa essere un’occasione per un proprio spazio di autonomia e di sperimentazione della propria creatività. L’agiatezza economica e soprattutto emotiva che i genitori garantiscono ai propri figli spinge i giovani a mantenerla, sperimentandosi nella ricerca e costruzione di piccole attività e lavoretti che potrebbero costituire l’anti- camera per potenziali esperienze imprenditoriali più consapevoli e com- plesse. Il ruolo importante della famiglia viene confermato anche nella fase quanti- tativa dalla percezione dei giovani circa la disponibilità dei genitori all’idea di un eventuale inizio di un’attività imprenditoriale. Otto genitori su dieci sarebbero infatti favorevoli ad un percorso di lavoro autonomo da parte dei propri figli. Questa disponibilità si manifesterebbe sia attraverso un so- stegno economico (75%) che attraverso consigli, suggerimenti e contatti personali (76%). L’indagine mette in rilievo che i bisogni evidenziati da chi potrebbe avviare 13 in futuro un’attività di lavoro autonomo riguardano principalmente i finanzia- menti a tassi agevolati (44%) e la consulenza fiscale (42%). Le aree di possibile intervento, tuttavia, non riguardano solo le risorse fi- nanziarie come ad esempio gli sgravi fiscali sugli investimenti (34%) o su quelli del costo del lavoro (30%), ma anche la consulenza giuridica sugli adempimenti burocratici e amministrativi (30%), la consulenza sulla gestione di un’impresa (29%) e l’assistenza nel passaggio dall’idea all’avvio del pro- getto imprenditoriale (27%). La fase qualitativa dell’indagine sottolinea, anche per gli aspetti connessi alle aree desiderate di intervento, che i giovani risultano “emotivamente im- preparati” a gestire l’incertezza e ad affrontare il rischio, “sbrogliandosela da soli”, in termini puramente imprenditoriali al di fuori della “protezione fa- miliare”. Ed è anche a causa di ciò che le istituzioni vengono vissute come troppo burocratizzate e di difficile accesso e alle quali si chiede di un tipo di supporto che li accudisca e li accompagni non solo nella fase di avvio di un’attività ma anche negli obiettivi di business. Alle istituzioni si chiede in- fatti di “togliere di mezzo gli ostacoli” aiutando il giovane a premiare e in- centivare le idee imprenditoriali. La progettazione di nuovi servizi o l’implementazione di quelli già esistenti deve pertanto tenere in considerazione che i giovani hanno bisogno di essere rassicurati per poter mettere in luce le proprie potenzialità. 14 Nel 1999 nasce Sviluppo Italia e diventa operativa a partire dal 2000. Da quell’anno, assorbe la IG, Imprenditorialità Giovanile SpA, che da circa 15 anni si occupava della promozione della creazione di nuove imprese. In seguito alle disposizioni della legge Finanziaria per il 2007 la società ha preso il nome di Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa. La sua azione si concentra su tre interventi principali: 1) favorire l’attrazione di investimenti esteri che contribuiscano allo svi- luppo economico e produttivo nazionale; 2) sviluppare l’innovazione e la competitività industriale e imprenditoriale nei settori produttivi e nei sistemi territoriali; 3) promuovere la competitività e le potenzialità attrattive dei territori. A partire dal 2002 viene attivata la rete territoriale di Sviluppo Italia (17 Società Regionali operative; cfr. parte VII). Alcune nascono dalla fusione dei preesistenti BIC (Business Innovation Centre) e CISI (Centro Integrato per lo Sviluppo della Imprenditorialità), altre sono state create ex novo. Le Società Regionali, attraverso il sistema degli incubatori d’impresa, la più articolata rete in Europa, estesa in modo capillare su tutto il territorio na- zionale, rappresentano un importante fattore competitivo per lo sviluppo lo- cale. Per creare un’impresa, Sviluppo Italia gestisce diverse misure nazionali che variano in base al settore di attività, all’importo dell’investimento da realiz- zare o a caratteristiche personali quali l’età e/o la non occupazione: – Agricoltura: Cooperative sociali Imprese giovani, – Industria: Microimpresa, Cooperative sociali, Imprese giovani, – Servizi: Microimpresa, Franchising, Cooperative sociali Imprese giovani, – Commercio: Franchising. a) Microimpresa: pensata per chi vuole creare una piccola impresa nel set- tore della produzione di beni e della fornitura di servizi, che abbia al massimo 10 dipendenti. L’Agenzia finanzia chi vuole mettersi in proprio attraverso la Microimpresa con un massimo di 129.114 euro. Nel quin- quennio 2001-2005, la microimpresa ha creato 4.893 imprese nelle quali hanno trovato occupazione 12.236 persone. b) Il Franchising è una misura indicata per chi vuole avviare una nuova im- presa ma non vuole partire da zero, e preferisce affiliare la propria im- presa ad un marchio già affermato. Il Franchising è infatti un accordo Scheda n. 2 SVILUPPO ITALIA AGENZIA NAZIONALE PER L’ATTRAZIONE DEGLI INVESTIMENTI E LO SVILUPPO DI IMPRESA 15 di collaborazione che vede da una parte un’azienda con una formula com- merciale consolidata (franchisor) e dall’altra una società o una persona fisica (franchisee) che aderisce a questa formula (cfr: parte VI, para- grafo 3). I risultati di questa formula di fare impresa sono stati inco- raggianti: nel quinquennio 2001-2005 il franchising ha creato 232 nuove imprese dove hanno trovato occupazione 464 persone. c) Cooperative sociali: destinatarie delle agevolazioni sono le cooperative sociali di tipo b), cioè quelle di inserimento lavorativo caratterizzate dalla presenza al proprio interno di una quota di lavoratori svantaggiati (almeno il 30% del totale dei lavoratori). Possono presentare domanda di agevolazione: - le nuove cooperative, nelle quali la componente non svantaggiata sia composta in maggioranza sia numerica che di capitali da giovani di età compresa tra i 18 e i 35; - le cooperative già esistenti ed operative, nelle quali la componente di soci non svantaggiata sia residente nei territori agevolati. Si tratta in pratica: dell’intero territorio del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basi- licata, Calabria, Sicilia e Sardegna); circa 3.600 Comuni del Centro- Nord. d) Imprese giovani: le agevolazioni si rivolgono a nuove aziende composte in maggioranza sia numerica che di capitali da giovani di età tra i 18 e i 35 anni, residenti in territori agevolati. Il lavoro autonomo è invece una misura pensata per chi vuole mettersi in proprio creando un’impresa da solo, in forma di ditta individuale. L’Agenzia finanzia chi vuole mettersi in proprio attraverso il lavoro auto- nomo con un massimo di 25.823 euro. Nel quinquennio 2001-2005 il lavoro autonomo ha creato 49.916 nuove im- prese nelle quali sono occupate 59.000 persone. Nelle pagine che seguono si propone qualche esempio di impresa o lavoro au- tonomo che si sono realizzate recentemente grazie al concorso di Sviluppo Italia. 16 17 18 Scheda n. 3 INCUBATORE E VENTURE CAPITALIST Gli Incubatori prendono per mano le aziende, partendo da un’idea o poco più e le accompagnano, se tutto va bene, fino in borsa, alla cosiddetta IPO (of- ferta pubblica iniziale). Quindi svolgono un ruolo essenziale nella nascita e nello sviluppo di nuove ini- ziative imprenditoriali. Altri nomi con cui vengono definiti sono Start up ac- celerator (Acceleratori della partenza) o Startupper. Per lanciare l’azienda i tempi sono ristrettissimi, 12 o 18 mesi al massimo. Nei primi sei mesi viene costruita l’azienda all’interno dell’Incubatore, che mette a disposizione gli uffici operativi e competenze che al neo-imprendi- tore mancano e provvede anche ad un finanziamento iniziale definito seed capital. In cambio all’Incubatore/Acceleratore spetta una quota, solita- mente di minoranza, del capitale della nuova azienda. Quando poi l’azienda è pronta a decollare ha bisogno di altri soldi e l’Incuba- tore aiuta a trovare i capitali da altri finanziatori come i Venture capitalist e le Banche d’affari. L’Incubatore può diventare così il “garante” della neo-azienda sul mercato dei capitali. Il venture capital è nato per finanziare la fase iniziale di piccole società ad alta potenzialità di sviluppo. I venture capitalist valutano le idee degli altri e decidono di scommetterci il denaro raccolto sul mercato. Le imprese di venture capital prediligono l’ingresso nella fase iniziale di vita di un’azienda, anche se il finanziamento può riguardare le fasi di espansione e sviluppo o le ristrutturazioni. Le caratteristiche ricercate nella scelta del- l’impresa su cui investire si concentrano sulle qualità del manager, sulla sua professionalità ed esperienza. Il modello operativo di investimento prevede una partecipazione societaria di minoranza, con l’acquisto di un pacchetto azionario tra il 10% e il 40%. La scelta è, così, quella di lasciare il manager libero di muoversi nella gestione della sua azienda. Per la quantità minima di capitale da investire non c’è un vero e proprio ob- bligo di legge, ma sotto il miliardo diventa poco profittevole investire per i costi dell’operazione. Le caratteristiche fondamentali del venture capitalist sono: – è un investimento di lungo termine; – è ad elevato rischio e ad alto potenziale di crescita; – i professionisti del venture capital conferiscono all’investimento il va- lore aggiunto data dalla esperienza professionale; – l’obiettivo prevalente è di realizzare un guadagno in seguito allo smobi- lizzo della partecipazione; I venture capitalist possono essere società, generalmente emanazione di banche, assicurazioni, fondi pensione o grandi imprese, oppure privati con un notevole patrimonio personale (Business Angel). In Italia alcuni tra i più famosi venture capitalist sono BainLab, Pino Ven- tures, Cirlab, Net Partners, TL Com, Alice Ventures, We-Cube, Biz2000, In- Cube, Europatweb, SpeedEgg e OneTOne. 19 2. L’imprenditorialità in Europa “Lo spirito imprenditoriale è il motore dell’innovazione, della com- petitività e della crescita. Data la parte importante che rappresentano nel settore dei servizi e nelle attività basate sulla conoscenza, le piccole im- prese e lo spirito imprenditoriale hanno oggi un ruolo centrale nell’eco- nomia dell’Unione europea”. Con questa affermazione si apre il documento della Commissione europea “Piano d’azione: Un’agenda europea per l’ imprenditorialità” (2004). Il documento non considera, però, lo spirito imprenditoriale in una visione solo economica, ma anche sotto il profilo dello sviluppo personale e sociale È evidente lo stretto e positivo legame tra lo spirito imprenditoriale e i risultati economici … Ma lo spirito imprenditoriale apporta molto di più alle nostre società. È anche un mezzo di sviluppo personale e può fa- vorire la coesione sociale quando l’opportunità di creare la propria im- presa viene offerta a tutti, indipendentemente da estrazione sociale e col- locazione geografica. Dopo queste prese di posizione l’Unione europea (UE) si impegna a promuovere lo spirito imprenditoriale nel quadro della sua strategia per trasformare la sua economia e costruire la sua futura forza economica e concorrenziale. L’agenda non è il primo documento in cui la UE si occupa di imprenditorialità; già dal 2000 aveva attivato azioni a favore delle piccole imprese e dello spirito im- prenditoriale, in particolare con l’adozione della Carta europea per le piccole im- prese. Malgrado gli interventi a partire da tale data, l’UE non è riuscita fino ad oggi a ridurre la differenza del PIL per abitante che la separa dagli Stati Uniti; infatti la differenza di produttività sta aumentando. Per rafforzare la sua posizione economica l’Europa deve aumentare il suo spi- rito imprenditoriale. Invece i Paesi della UE non riescono a sfruttare completamente il loro poten- ziale imprenditoriale; in particolare non riescono a suscitare vocazioni imprendito- riali. 20 Secondo il Libro verde. L’imprenditorialità in Europa (2003) solo il 47% degli europei preferisce il lavoro indipendente contro il 65% degli americani; ma quanti poi, entro tre anni, diventano imprenditori sono solo il 4% rispetto all’11% degli USA: Per invertire questi andamenti negativi l’Agenda europea, sulla base dei pareri e sollecitazioni raccolti nella discussione sul Libro Verde, propone cinque linee strategiche. A noi interessano le prime due, in quanto sono le strategie finaliz- zate alla incentivazione di nuove imprese. Le strategie trovano una prima concretizzazione nelle “azioni chiave”: una per la prima linea e tre per la seconda. Scheda n. 4 Scheda n. 5 21 22 Scheda n. 4 IL LIBRO VERDE: L’IMPRENDITORIALITÀ IN EUROPA La Commissione Europea ha diffuso un Libro verde sull’imprenditorialità, dal quale scopriamo fra l’altro che in media gli europei preferiscono lo status di lavoratori dipendenti rispetto a quello di lavoratori autonomi. In leggera controtendenza, secondo un’indagine dell’Eurobarometro, i cittadini dell’Eu- ropa meridionale, dell’Irlanda e del Regno Unito. Ma il dato medio UE del 45% è lontano da quel 67% dei cittadini USA che preferirebbe lavorare in modo indipendente. Insomma, l’Europa deve promuovere in modo più efficace lo spirito imprendi- toriale, dal quale dipende una effettiva riduzione dei tassi di disoccupa- zione. Fra i paesi UE, l’incidenza degli imprenditori (tra i quali rientrano i lavoratori autonomi e i proprietari di imprese) varia sensibilmente: dal 6% circa in Danimarca e in Lussemburgo, al 13% in Spagna, al 15% in Portogallo per arrivare a superare il 18% in Grecia e in Italia (negli Stati Uniti al con- trario questo tasso è appena oltre il 10%). L’indagine dell’Eurobarometro indica che il 4,5% dei cittadini dell’UE pro- getta di avviare un’impresa, ne ha costituita o ne ha rilevata una negli ultimi tre anni (oscillazione fra oltre il 6% nel Regno Unito e in Irlanda e sotto il 2% in Francia). Il tasso degli Stati Uniti (13%) è significativamente mag- giore. Rispetto agli americani, più del doppio degli europei ha abbandonato il tentativo di avviare un’impresa. “L’Europa è caratterizzata da un minore dinamismo imprenditoriale - sotto- linea il Libro verde -. Le imprese statunitensi in media sono più piccole all’i- nizio rispetto a quelle europee; tuttavia, nei primi anni successivi alla fonda- zione, l’espansione in termini occupazionali dei nuovi arrivati è molto più ele- vata negli Stati Uniti. Gli imprenditori statunitensi sembrano testare il mer- cato iniziando su piccola scala e in caso di successo si espandono rapida- mente, mentre in Europa molti progetti non arrivano neppure al mercato poiché la loro attuabilità è messa in dubbio prima di essere verificata in tale sede”. L’Eurobarometro conferma che il 46% degli europei ritiene che “non si do- vrebbe avviare un’impresa se c’è il rischio che possa fallire” (negli USA i ri- nunciatari sono meno del 25%). Gli europei considerano la scarsità di capitali disponibili nella fase di avvia- mento come l’ostacolo principale (76%) alla creazione di un’impresa, assieme alla complessità delle procedure burocratico-amministrative (69%). Un altro punto importante sottolineato dalla Commissione: in Europa “i rischi associati all’imprenditorialità non sono adeguatamente bilanciati dalla pro- spettiva di una rimunerazione. Un imprenditore che fallisce porta il marchio del fallimento. Oltre alla condanna sociale, il fallimento personale comporta 23 pesanti conseguenze giuridiche. La liquidazione dei crediti rimanenti può ri- chiedere anni e gli imprenditori falliti rischiano di perdere il loro patrimonio e di subire restrizioni. Tali conseguenze sono giustificate in caso di frode o disonestà; il fallimento è però una componente intrinseca della vita econo- mica e numerosi imprenditori falliscono in quanto non riescono ad essere competitivi sul mercato. La legislazione in tema d’insolvenza andrebbe riesa- minata per ridurre gli ostacoli e dare una nuova possibilità agli imprenditori onesti. Ovviamente non vanno danneggiati gli interessi dei creditori, che di- venterebbero più riluttanti ad investire in piccole e nuove imprese”. Gli europei che preferirebbero avviare una nuova impresa sono più del doppio di quanti accetterebbero di rilevarne una esistente. Rilevare un’im- presa tuttavia può rappresentare un’alternativa interessante che comporta rischi inferiori. In Austria ad esempio il tasso di sopravvivenza dopo cinque anni è del 96% per le imprese rilevate contro il 75% delle nuove imprese. Si prevede che nei prossimi dieci anni circa un terzo delle imprese dell’Unione europea cambierà proprietario a causa di pensionamenti o di altre ragioni, il che aprirà numerose possibilità di rilevare imprese esistenti. 24 Scheda n. 5 PIANO D’AZIONE: UN’AGENDA EUROPEA PER L’ IMPRENDITORIALITÀ. LE AZIONI CHIAVE Alimentare la cultura imprenditoriale Azione chiave: Promuovere la cultura imprenditoriale tra i giovani Grazie al metodo aperto di coordinamento la Commissione e gli esperti esterni hanno esaminato la politica dell’educazione allo spirito imprenditoriale nell’UE. Risultati promettenti hanno mostrato che lo spirito imprenditoriale sta pren- dendo importanza nei programmi educativi e che sono in corso numerose inizia- tive politiche. I lavori si concentreranno ora sullo scambio di esperienze nel campo delle strategie utilizzate e nell’assicurare una formazione allo spirito imprenditoriale di alta qualità per tutti gli studenti nell’UE. La Commissione organizzerà un esercizio di valutazione in base al metodo aperto di coordinamento sull’utilizzo delle mini-imprese (imprese di studenti che producono e vendono prodotti o servizi reali in un ambiente protetto) e presenterà fattori di riuscita e di rischio, obiettivi, raccomandazioni e mate- riale di promozione (casi concreti che hanno avuto successo, esempi di buone prassi), il tutto basato su “case studies” e valutazioni. Per assicurare che gli studenti che escono dal sistema educativo abbiano ac- cesso ai corsi sullo spirito imprenditoriale, la Commissione invita gli Stati membri a integrare la formazione allo spirito imprenditoriale nei programmi di tutti gli istituti di insegnamento e a fornire alle scuole un supporto appro- priato per permettere loro di mettere in opera programmi formativi efficaci e di qualità. Le autorità nazionali e regionali possono organizzare campagne di sensibilizzazione, offrire materiale didattico, organizzare moduli di forma- zione per insegnanti e, insieme alle organizzazioni professionali, integrare gli imprenditori nei programmi di formazione (…). Incoraggiare più persone a diventare imprenditori Azione chiave: Ridurre lo stigma del fallimento Gli imprenditori che falliscono sono penalizzati ad esempio mediante una dimi- nuzione del livello di ordinazioni o mediante richieste di garanzie finanziarie supplementari. Una migliore comprensione del fallimento, compresa la distin- zione tra fallimento involontario e fraudolento è necessaria per rimediare alla condanna morale del fallimento. Un esercizio di valutazione effettuato nel 2003 da parte della Commissione e di esperti esterni ha fornito obiettivi, indicatori e raccomandazioni necessarie a limitare le gravi conseguenze giuridiche e sociali del fallimento. Nella rela- zione sullo stato d’avanzamento del piano d’azione del 2004, la Commissione ha invitato gli Stati membri a comunicare le azioni intraprese o programmate per l’attuazione delle raccomandazioni. Per promuovere una migliore comprensione del fallimento e dissociare il concetto di “fallimento” da quello di “frode”, la Commissione, insieme agli esperti degli Stati membri nel 2004 ha fornito in- 25 formazioni per quanto riguarda i segni che indicano l’inizio di un fallimento o delle difficoltà finanziarie, i motivi del fallimento, le difficoltà che impedi- scono un nuovo inizio, oltre che esempi di imprenditori che falliscono e rico- minciano. Queste informazioni, che dovranno essere utilizzate nelle campagne di promo- zione o nei corsi di formazione, dovrebbero risultare in una più ampia accetta- zione del fallimento e aiutare a diminuire la reticenza rispetto agli imprendi- tori che hanno subito un fallimento. Per aiutare gli imprenditori che hanno pro- blemi finanziari a superare le loro remore a svelare i loro problemi e a cercare aiuto in tempo, la Commissione, con gli Stati membri, sulla base del metodo aperto di coordinamento, cercherà di facilitare gli scambi di esperienze in ma- teria di sensibilizzazione e di ricorso a misure preventive. Nel 2005 la Com- missione ha fissato, insieme a un gruppo di esperti, delle prove di autovaluta- zione per gli imprenditori che potranno così valutare la loro situazione finan- ziaria, compresa una formazione su aiuti e procedure esistenti per evitare il fallimento. Azione chiave: Facilitare la successione nelle imprese L’importante aumento nei passaggi di proprietà delle imprese che si prevede avverrà nei prossimi anni toccherà in particolar modo le imprese familiari che costituiscono una parte importante della comunità delle imprese nell’UE. L’U- nione europea dovrebbe evitare la situazione in cui tali imprese chiudono non per mancanza di competitività ma semplicemente per ostacoli incontrati dal punto di vista fiscale e autovalutazione per gli imprenditori che potranno così valutare la loro situazione finanziaria, compresa una formazione sugli aiuti e le procedure esistenti per evitare il fallimento. La Commissione continuerà ad aiutare i responsabili politici a livello nazionale e regionale affinché rendano più facile la successione delle imprese, principal- mente allo scopo di assicurare la continuità delle numerose imprese familiari attive nell’UE. La Commissione continuerà a spingere gli Stati membri a met- tere in opera la Raccomandazione sulla successione delle imprese e aumenterà gli sforzi tesi a sensibilizzare gli imprenditori potenziali al trasferimento di imprese. Ciò può comprendere ad esempio l’assistenza ai responsabili politici nazionali e regionali nella promozione dei mercati per compratori e venditori di imprese. Azione chiave: Rivedere i sistemi di sicurezza sociale degli imprenditori Nel 2005 la Commissione ha presentato un panorama dei sistemi di sicurezza sociale per i lavoratori indipendenti e i proprietari d’impresa, compresi i co- niugi e altri familiari, e gli effetti della transizione da uno statuto all’altro. Ciò comprendeva l’assicurazione malattia, le garanzie di reddito in caso di incapa- cità al lavoro o cessazione d’attività, i diritti a pensione (rispetto ai sistemi dei lavoratori dipendenti), il pagamento dei sistemi di assicurazione volon- taria, le perdite ingiustificate per i nuovi imprenditori dei diritti acquisiti con un’altra carriera e sistemi specifici per nuovi imprenditori. Ciò ha permesso di quantificare il rischio “downside” associato all’impresa e di determinare in modo più preciso l’influenza della sicurezza sociale sulle preferenze dell’im- presa. 26 3. Come nascono e si sviluppano le imprese? Le imprese nascono nelle modalità più diverse: – dall’acquisto di una impresa gia operante, – alla creazione di una nuova a partire da una già attiva - per “integrazione”, “gemmazione” o “spin-off”, “espansione”, – all’avvio di una nuova attività imprenditoriale, – all’avvio di una nuova impresa in franchising. Ogni azienda, comunque sia nata, si inserisce in una delle tre fasi che rappre- sentano la evoluzione temporale dell’impresa all’interno dell’area territoriale (mer- cato) in cui si vuole operare e che sono definite dalla variabile che ne determina progressivamente il successo. Per qualsiasi azienda il successo dipende, all’inizio, dalle caratteristiche del prodotto, ossia dal nucleo centrale dell’atti- vità: il prodotto deve essere nuovo, magari anche brevettato, deve usare tecnologie innovative, e ciò che conta è che l’im- presa sia l’unica, o quasi, a produrlo. In un secondo tempo il successo dipende dalla qualità del processo, produttivo e aziendale: il prodotto non è nuovo, ma- gari lo producono in molti, ciò che conta, quindi, è farlo me- glio, più velocemente, a minor costo e di qualità standard. 27 Successivamente ancora occorre integrare al prodotto una serie di servizi, il contorno del nucleo centrale dell’attività: il prodotto viene realizzato da tutti i produttori con le stesse mo- dalità; ciò che conta allora è il rapporto col cliente, saperlo conquistare e mantenerlo. La successione delle fasi è una legge universale che si applica sia alle aziende manifatturiere che alle società di servizi. La diversità sta nella durata delle fasi. In- fatti, non tutte le attività economiche viaggiano alla stessa velocità. Anche una stessa impresa può viaggiare a velocità diverse in luoghi diversi. Acquisendo o avviando una nuova impresa, perciò, è molto importante ren- dersi conto della fase in cui essa si trova. Lungo l’evoluzione sopra descritta i fattori di successo si trasformano profon- damente. Il successo è legato soprattutto all’innovazione: l’impresa che si afferma è quella che propone qualcosa di esclusivo, che conquista la fiducia dei clienti con la competenza tecnica. Tutto dipende dal distacco tecnologico che si riesce a mantenere nei confronti della concorrenza. Il fattore decisivo diventa il prezzo e, con il prezzo, la ca- pacità di produrre per grossi volumi e l’essere dotati di una buona rete di distribuzione. Ciò che conta è soprattutto l’efficienza. Il successo si gioca sul rapporto costi/benefici e contano anche la disponibilità costante del prodotto e della personaliz- zazione dell’offerta secondo le esigenze del cliente. 28 4. Imprenditorialità e lavoro autonomo Come vedremo (cfr. parte V) il nostro Codice Civile non definisce l’impresa ma l’imprenditore. Questi è “chi esercita professionalmente un’attività organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”. In tale definizione, estremamente dilatata, rientra anche il lavoro autonomo che comporta “lo svolgimento di un’attività professionale in via continuativa e senza vincolo di subordinazione, cioè con organizzazione dell’attività a proprio ri- schio”. Attenzione: il lavoro autonomo è imprenditorialità, ma l’imprenditorialità non si esaurisce nel lavoro autonomo. In considerazione che il lavoro autonomo è la forma d’imprenditorialità più ra- gionevolmente raggiungibile, ne tratteremo in maniera più approfondita. I lavoratori autonomi generalmente hanno l’obbligo di iscriversi in appositi albi professionali. L’iscrizione è normalmente subordinata, oltre che al possesso del titolo di studio richiesto per l’attività da svolgere, allo svolgimento di un periodo di tirocinio presso un professionista già iscritto e al superamento di un esame di Stato. Il compenso per le prestazioni di lavoro autonomo viene determinato sulla base delle tariffe approvate dal Consiglio dell’ordine professionale presso cui il la- voratore è iscritto. È importante segnalare che quando lo svolgimento di un’attività è subordinato all’iscrizione in un albo, la mancanza di iscrizione impedisce al lavoratore auto- nomo di agire in giudizio per ottenere il pagamento del compenso pattuito. Sui compensi percepiti per le prestazioni professionali il lavoratore autonomo è tenuto a versare l’I.V.A. e la ritenuta d’acconto ai fini IRPEF. Lavoro autonomo imprenditorialità 29 Nel caso delle professioni per le quali è richiesta l’iscrizione ad un albo, è pre- vista altresì l’iscrizione ad una Cassa di previdenza specifica che eroga prestazioni sostitutive delle forme di previdenza obbligatorie. Qualora, al contrario, non vi sia una forma di previdenza esclusiva, il profes- sionista deve versare i contributi obbligatori all’INPS, gestione lavoratori auto- nomi. Nell’ambito del lavoro autonomo, ci sono due forme che con qualche difficoltà possono essere fatte rientrare nella imprenditorialità. 4.1. Lavoro autonomo occasionale Si ha lavoro autonomo occasionale quando l’attività professionale viene svolta in via non continuativa. In tal caso il lavoratore non è tenuto ad iscriversi ad alcun albo, né ad alcuna forma di previdenza. Un esempio può essere quello del lavoratore dipendente che occasionalmente svolge un’attività di consulenza a favore di soggetti diversi dal suo datore di la- voro. Per tali attività viene normalmente concluso un contratto commerciale, non soggetto alla disciplina del lavoro subordinato. Il compenso per il lavoro autonomo occasionale viene determinato liberamente dalle parti. Sull’importo previsto non viene versata l’I.V.A., mentre dev’essere ope- rata la ritenuta d’acconto ai fini IRPEF. 4.2. Collaborazione coordinata e continuativa Si ha collaborazione coordinata e continuativa quando un lavoratore presta la propria attività a favore di un datore di lavoro senza vincolo di subordinazione, ma in maniera prevalentemente personale e con un certo inserimento nell’organizza- zione produttiva del datore medesimo. Classici esempi di questo tipo di lavoro au- tonomo sono dati dagli agenti e dai rappresentanti di commercio. La principale caratteristica della collaborazione coordinata e continuativa è data dallo svolgimento dell’attività oggetto del contratto in via esclusiva o co- munque prevalente a favore di un unico committente. Tale caratteristica mette in evidenza la vicinanza con il lavoro subordinato. I tratti distintivi rispetto al lavoro dipendente possono essere individuati nell’autonomia della gestione della propria attività, quanto all’orario e alle modalità della prestazione, nonché nella predisposi- zione dei mezzi necessari per l’attività medesima a proprio rischio. Per via della quasi totale equiparazione al lavoro subordinato, la legge estende alla collaborazione coordinata e continuativa alcune delle norme di tutela del la- voro dipendente. Ad esempio, per tutte le controversie che riguardano i rapporti di collaborazione in esame è competente il Pretore (e non il Tribunale come nel la- voro autonomo). Altre tutele sono previste dalla contrattazione collettiva, ad esempio in materia di malattia, di maternità, di infortunio e di diritti sindacali. 30 Il corrispettivo per la collaborazione viene determinato liberamente dalle parti. Per quanto riguarda gli agenti e i rappresentanti di commercio, normalmente il compenso viene determinato sulla base degli affari conclusi per il committente (provvigione), ma può essere anche previsto un fisso mensile. Sull’importo così de- terminato deve essere operata la ritenuta del 20% ai fini IRPEF. La riforma delle pensioni del 1995 ha istituito una forma di previdenza anche per i collaboratori coordinati e continuativi, prima di allora inesistente. In base alla disciplina di legge, i lavoratori che svolgano l’attività in esame sono tenuti ad iscriversi alla gestione separata istituita presso l’INPS. I contributi dovuti, per coloro che non sono coperti da altre assicurazioni previdenziali obbliga- torie, sono calcolati in base al compenso percepito dal lavoratore, al quale si ap- plica attualmente la percentuale del 12% se il lavoratore non è iscritto ad alcuna cassa di previdenza, del 10% negli altri casi. L’importo dei contributi è per 2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico del lavoratore. 31 LA BO RA TO RI O C 32 Risposte esatte: 1. c; 2. d; 3. Franchising; 4. Falso, no la Sardegna, ma la Campania; 5. Le società; 6. b, d; 7. Falso; 8. Produzione, scambio; 9. Continuativa, subordinazione, rischio; 10. b, d; 11. Falso; 12. Continuativa; 13. Vincolo di subordinazione, del datore; 14. c, e, f; 15. Falso. 33 Parte II “QUALITÀ” DELL’IMPRENDITORE 35 1. La vocazione “imprenditoriale” Come si fa a sapere se si ha una vocazione imprenditoriale? Le motivazioni che spingono a iniziare un’avventura imprenditoriale possono essere molteplici: la voglia di un cambiamento radicale di vita, lasciare alle spalle il lavoro dipendente considerato abitudinario, la decisione che si prende al termine degli studi o di un percorso di formazione professionale di volere essere padroni del proprio tempo, oppure credere fermamente in un’idea e investire se stessi e un po’ di soldi nel tentativo di realizzarla. Queste sono le motivazioni che, in genere, si trovano alla base della “voglia d’impresa”. Ma è possibile valutare in anticipo le capacità di riuscire nell’intento del po- tenziale neoimprenditore? Prima di tutto, quali sono tali capacità? La prima qualità che un imprenditore deve possedere è la capacità organiz- zativa e, più in particolare, la capacità di far fronte a problemi di pianifica- zione e programmazione; occorrono quindi versatilità, flessibilità, capacità di assunzione dei rischi e di prendere decisioni in situazioni di incertezza. Per condurre un’impresa occorre poi trattare l’acquisto delle materie prime, organizzare e gestire la produzione, contattare i potenziali clienti, seguire le fasi di vendita e gestire i rapporti umani interni ed esterni all’azienda. Bisogna avere, pertanto, attitudine alle relazioni umane, intuito nell’antici- pare e nel comprendere le esigenze dei clienti, nell’interpretare i muta- menti. Chi ha dato avvio ad un’attività afferma che tale esercizio presenta alcuni vantaggi indiscutibili, come quello di una autonomia di decisione e di una maggiore gratificazione in generale, mentre chi la rifiuta dice che lo svolgi- mento di un’attività imprenditoriale sottopone a sforzi particolari, com- porta rischi economici, provoca stress, sottrae tempo libero. Pertanto, nel momento in cui si pensa ad un’impresa, è necessario valutare (cercando di essere il più onesti possibile con se stessi) se si hanno i requisiti e le caratteristiche di cui si parlava precedentemente e se si è in grado di sopportare i rischi e i problemi che tale scelta com- porta, rifuggendo anche da visioni in po’ unilaterali e semplicistiche dell’imprenditoria ➧ ➧ ➧ Scheda n. 6 36 Scheda n. 6 UNA VISIONE COMPLESSA DELLA IMPRENDITORIALITÀ Per cercare di essere il meno arbitrari possibili nella definizione di impren- ditorialità, invece di un unico profilo, abbiamo costruito una mappa dove le caratteristiche principali dell’imprenditore sono ordinate in coppie di op- posti: indipendenza contro dipendenza, processo contro personalità, rivolu- zione contro evoluzione, visione contro azione. Indipendenza contro dipendenza. Molti ritengono che lo stimolo verso l’imprenditorialità sia soprattutto il bi- sogno di indipendenza: si vuole sfuggire a una figura paterna o materna troppo ingombrante o all’oppressione di un datore di lavoro. Altri sostengono invece che all’inizio, partendo da zero, senza alcuna esperienza, si ha bisogno di sostegni e di modelli: si muovono i primi passi sulle orme di un padre o di una madre, o ci si appoggia a un datore di lavoro che ci offre spazio e inco- raggiamento. D’altra parte, anche nei confronti del mercato, c’è chi afferma che l’imprenditorialità consiste nel cogliere un’opportunità e crearsi una pro- pria nicchia autonoma; ma c’è anche chi sostiene che, per affrontare la sfida della crescente competizione, sia utile ricorrere ad alleanze strategiche. Processo contro personalità. L’imprenditorialità può essere intesa come processo, come creazione di nuovi schemi di attività, oppure come persona, come sistema di qualità indi- viduali. I sostenitori del processo ritengono che l’imprenditorialità sia so- prattutto un fatto di invenzione organizzativa. E quindi, oltre che indivi- duale, può essere anche collettiva, di gruppo; e la si può trasferire e pro- muovere. L’imprenditorialità cioè non va confusa con il genio dell’artista. I sostenitori della centralità della persona ribattono che, l’imprenditorialità è un insieme di qualità personali: quali la fiducia in sé, il senso dell’avventura, l’intuizione, la forza di volontà. L’imprenditorialità si identifica quasi sempre in un individuo, ed è per questo che difficilmente la si può insegnare. Rivoluzione contro evoluzione. C’è chi vede nell’imprenditorialità un cambiamento rivoluzionario che rompe nettamente con il passato per creare qualcosa di nuovo: non c’è imprendito- rialità senza innovazione. Dall’altra parte c’è chi è del parere esattamente opposto: l’imprenditorialità consiste nel saper imparare dall’esperienza, nel- l’essere capaci di organizzare e riorganizzare l’attività economica... i grandi successi, che sembrano un’esplosione rivoluzionaria, guardati da vicino si ri- levano un lungo sentiero di piccoli errori e di piccole scoperte. Visione contro azione. A volte i portatori di imprenditorialità sono descritti come profeti del fu- turo: gente intuitiva, capace di guardare il futuro lontano, che afferra il di- segno globale delle cose senza perdersi nei particolari. Accanto a questa im- magine ne esiste anche un’altra, è quella dell’uomo che si dà da fare, che tesse instancabilmente la trama del suo disegno. Un’imprenditorialità fatta di contatti, di capacità di persuasione, di abilità negoziale, di ostinazione in- crollabile di fronte alle avversità. 37 Nelle pagine seguenti si presenta una traccia di lavoro che può aiutare a ve- rificare la propria “voglia di imprenditorialità” e a prospettare un bilancio perso- nale degli svantaggi o dei vantaggi conseguenti. Il lavoro proposto si configura come un percorso di autoanalisi e di autovalu- tazione. Il laboratorio A prevede due esercitazioni – dapprima si verifica la possibilità di trovare risposte convincenti alle obiezioni più frequenti che vengono addotte contro la possibi- lità di intraprendere un’attività in proprio; – successivamente, in relazione ad alcune propensioni e interessi, si cerca di verificare la “vocazione all’imprenditorialità”. Una precisazione importante: i risultati ottenuti, in questa ed in analoghe esercitazioni, non vanno considerati né un verdetto e tanto meno definitivo. Da tenere presente che, soprattutto per i ragazzi di questa età, si cambia e comunque molto dipende anche dall’idea imprenditoriale. Il laboratorio B prevede tre esercitazioni – L’esrcitazione ti porta a confrontare il tuo punto di vista con quello di un amico/conoscente per rilevare in che grado possiedi alcune caratteristiche tipiche di un imprenditore. Potresti scoprire che il tuo amico ti accredita di livelli di “qualità imprenditoriali” superiori a quelli che tu ti attribuivi, o al contrario scopri che il tuo amico non è d’accordo con una tua valutazione un po’ troppo ottimistica. – La seconda e la terza esercitazione, pur con una struttura diversa, mirano a far acquisire all’allievo la consapevolezza sulle proprie propensioni alla imprenditorialità. Struttura diversa, perché nella seconda esercitazione dalle ri- sposte fornite a 36 domande si arriva a collocare l’allievo all’in- terno di quattro profili di attitudini alla imprenditorialità. – La terza esercitazione invece sollecita l’allievo a valutare se e in che misura possiede alcune caratteristiche di personalità, che lui stesso, precedentemente, aveva riconosciute come proprie di un imprenditore ideale. Es. 1 - A Es. 2 - A Es. 1 - B Es. 2 - B Es. 3 - B 38 LA BO RA TO RI O A 39 LA BO RA TO RI O A 40 LA BO RA TO RI O B 41 42 LA BO RA TO RI O B 43 44 45 46 47 48 49 50 51 LA BO RA TO RI O B 52 53 54 2. La creatività Nel paragrafo precedente abbia individuato un gran numero di qualità che un imprenditore deve possedere. Tutte valgono per qualsiasi imprenditore e per tutte le imprese. Ce n’è una, non menzionata, che occorre necessariamente avere nel caso del- l’avvio di una nuova impresa, ma che è importante anche ad impresa avviata: la ca- pacità di produrre idee innovative. È richiesta sia nell’avvio di una nuova impresa, perché l’impresa “parte” da un’idea innovativa, sia in un’impresa avviata, perché se non si producono idee in- novative continuamente, o almeno, in maniera ricorrente, l’impresa rischia di finire dopo una progressiva obsolescenza. Ma come si producono idee innovative? Noi abbiamo due tipi di pensiero: 55 In linea di massima possiamo dire che ci sono persone più orientate al pensiero divergente e altre che hanno una più spiccata tendenza al convergente. Ambedue i tipi di pensiero hanno una componente razionale ed una emotiva. Per essere creativi bisogna saperli integrare e portare a sintesi: Come è una persone creativa? Curioso, desideroso di novità, bisognoso di sentirti stimolato, inte- ressato a molte cose diverse; proveniente da un ambiente familiare di gente diversa; non preoccupato delle opinioni altrui, amante del gioco, sicuro di sapersela cavare; fantasioso, pieno di energia, te- nace, capace di andare controcorrente, in grado di assumere ri- schi; dotato di spirito di competizione, di capacità riflessiva, ca- pace di analizzare criticamente gli avvenimenti, in grado di rico- minciare dopo uno stop; disposto a sperimentare nuove soluzioni, capace di reagire attivamente ad un problema. Queste sono le caratteristiche che fanno esprimere e favoriscono la creatività. Prova a verificare quante e a che livello ne possiedi. I risultati ti aiu- teranno a comprendere com’è la tua posizione in una scala che va dalla “quasi paura dell’innovazione” ad un atteggiamento “portato al rischio e ad avere idee creative”. Rispetto alle novità, ai rischi ai cambiamenti… che “ruolo” reciti? Quello del nostalgico, del gattopardo, dell’esploratore... ? Ti viene proposta una serie di “atteggiamenti tipici” che ti aiutano a scoprire quello che ti è più abituale. Es. 3 Es. 2 56 Molte delle barriere che impediscono alla nostra creatività di emer- gere trovano la loro origine in atteggiamenti e comportamenti che ognuno di noi mette in atto. Tuttavia, certe volte i singoli hanno delle idee creative, ma i contesti in cui operano le deprimono o uccidono. Pertanto guarderemo anche alle caratteristiche delle organizzazioni e delle culture, che pongono barriere e deprimono la creatività. Cerca di vedere se l’ambiente dove lavori o studi possiede alcune di queste caratteristiche e scoprirai se sei nel posto giusto per svilup- pare la tua creatività, o se ti conviene entrare in altri ambienti dove la tua creatività potrà essere sollecitata e favorita. Es. 3 57 LA BO RA TO RI O A 58 LA BO RA TO RI O B 59 LA BO RA TO RI O B 60 3. Potenziare la creatività Contrariamente a quanto si può pensare… creativi non solo ci si nasce, ma anche... ci si diventa. In altri termini la capacità creativa può essere sviluppata, accresciuta, coltivata, aumentata…. Come? Ti proponiamo nel Laboratorio C una serie di esercitazioni. Per fare questi esercizi devi avere presente un problema da risolvere o un desiderio da realizzare. ➢ TECNICHE PER POTENZIARE LA CAPACITÀ IMMAGINATIVA Es.: Il tuo luogo magico - Rilassamento Ognuno di noi possiede un tesoro di idee, di sogni, di desideri, di intui- zioni, che spesso rimane nascosto in un angolo oscuro della nostra mente, sconosciuto a noi stessi e agli altri. Eppure, accedere a quel patrimonio di memorie, immagini, che anche in modo inconsapevole abbiamo accumulato nelle nostre menti, è importante sia per stimolare la nostra motivazione ad essere creativi, sia per favorire processi ideativi. Pertanto, ti propo- niamo alcuni esercizi per potenziare le tue capacità di accedere al tuo mondo fantasmatico. Es. 1 61 Es.: Le idee che nascono dal gioco Si può giocare senza essere creativi, ma è assolutamente impossibile l’in- verso: essere creativi senza giocare. Le persone creative amano giocare. Nel gioco come nel dormiveglia spesso emergono aspetti della nostra per- sonalità, che sono nascosti nella vita di tutti i giorni. Per gioco si può osare fare cose che non si farebbero mai sul serio. Galileo considerava la sua invenzione, il telescopio, come un giocattolo e solo utilizzandolo ne comprese le possibili risorse. I cinesi, per esempio, inventarono il razzo per creare un gioco per i loro bambini. Einstein faceva diversi giochi di immaginazione. Uno ricorrente era quello di cavalcare raggi di luce. Usare la sua immaginazione in questo modo l’aiutò sicuramente nell’impostazione della teoria della relatività. Es.: Il teatro della mente Ti proponiamo un’esercitazione la cui efficacia è stata documentata in un famoso esperimento. I ricercatori hanno diviso degli studenti in tre gruppi. Il primo avrebbe dovuto esercitare con regolarità per venti giorni i tiri di basket. Il se- condo gruppo non avrebbe dovuto fare assolutamente nulla. Il terzo gruppo avrebbe dovuto esercitarsi solo mentalmente. Alla fine dei venti giorni vennero analizzati i risultati: il secondo gruppo non riportò alcun cambiamento, la performance del primo gruppo migliorò del 24% e la performance del terzo del 23%. Questo esperimento mo- strò come l’esercitazione mentale fosse equipollente a quella fisica. Es.: I sogni Molti scienziati creativi hanno avuto idee dai sogni. Ad esempio, Elias Howe non riuscì per anni a perfezionare la sua mac- china per cucire, perché non riusciva a capire come poter collegare il filo all’ago. Una notte ebbe un incubo: dei cannibali gli ordinarono di comple- tare la sua invenzione entro 24 ore o l’avrebbero mangiato vivo. Egli nel sogno non vi riuscì e i cannibali si scagliarono contro di lui con delle parti- colari lance che avevano un forellino vicino alla punta. Dal sogno Elias Howe trasse l’idea di fabbricare gli aghi della sua macchina da cucire con dei fori sulla punta, portando a termine l’invenzione. Friedrich Kekule, grazie al sogno di un serpente che si avvolgeva a spi- rale, comprese, dopo anni di studio sulla struttura della molecola del benzolo, che essa aveva una forma esagonale. Fu un’importantissima sco- perta per la chimica organica. Quando pensiamo e analizziamo un nostro sogno non dobbiamo considerare le immagini solo letteralmente. Cerca di dargli un significato simbolico e ti sarà più facile avere risposte crea- tive. I sogni sono un’importante risorsa: per loro tramite, il nostro subconscio comunica con il nostro livello più conscio. 62 ➢ TECNICHE PER LA RIDEFINIZIONE DEI PROBLEMI E DI POTENZIAMENTO DEL PENSIERO DIVERGENTE a) Potenziamento del pensiero divergente È molto importante fare queste esercitazioni per allenare i muscoli del cervello, utilizzati in maniera routinaria e stereotipa, a generare idee at- traverso il pensiero laterale, cioè un modo non ortodosso e apparente- mente illogico di affrontare e risolvere i problemi. Es.: Fuori dagli schemi La prima esercitazione contiene, già dal titolo, un messaggio molto chiaro: per risolvere alcuni problemi, i percorsi logici abituali non sono sufficienti. Anzi possono costituire degli ostacoli: è opportuno pertanto andare fuori dagli schemi soliti o addirittura affidarsi alla fantasia. b) Ridefinizione dei problemi Le tecniche di questo tipo si basano su due convinzioni: - descrivere bene il problema aiuta a trovare le soluzioni migliori. In- fatti il modo in cui si descrive un problema porta a considerare certe variabili su cui agire; mettere in luce, pertanto, altri aspetti del pro- blema, non considerati solitamente, aiuta a trovare idee su come risol- verlo; - trovare la giusta distanza emotiva e cognitiva. Se uno è troppo coin- volto, troppo vicino al problema, può percepirlo in modo troppo sogget- tivo. Es.: I problemi hanno molte facce, I cappelli, Interlogo Le esercitazioni proposte sono state costruite su questi presupposti ed offrono dei “percorsi formalizzati” degli “itinerari mentali” che aiutano ad analizzare un problema da diversi angoli e ad ipotizzare possibili solu- zioni. Per verificare l’efficacia delle prime due tecniche abbiamo proposto un esempio “come diventare meno gelosa e possessiva”, per verificare la bontà della terza abbiamo proposto un esempio aziendale: i problemi che incontra una giovane lavoratrice con un suo collega neo-assunto. Es. 2 63 LA BO RA TO RI O C 64 65 66 LA BO RA TO RI O C 67 68 69 70 71 72 73 Parte III L’IDEAZIONE e IL BUSINESS PLAN 77 1. L’idea imprenditoriale Per diventare imprenditori occorre avere soprattutto un’idea! Se si guardano le storie degli imprenditori si vedrà che tutto è cominciato non dai capitali o dall’avere alle spalle una famiglia importante, ma dal fatto che alla base dell’iniziativa imprenditoriale stava un’idea! È della fine del 1998 la copertina che la prestigiosa rivista economica “For- tune” ha dedicato ad un giovane imprenditore italiano – Adrio de Carolis – che, nel 1988, ha creato in un garage alla periferia di Milano un’azienda informatica che oggi occupa circa 60 persone e fattura oltre 9 milioni di dollari! L’azienda si oc- cupa di produzioni hi-tech, dai cd-rom alle pagine web. Un altro che ha cominciato nel garage di casa è Nerio Alessandri. Il suo nome ci dice forse poco, ma quello del suo marchio – Tecnogym – molto di più. Anche Alessandri ha cominciato giovanissimo, nel 1983, a Gambettola vicino a Cesena. Appassionato in meccanica fin da ragazzino, diplomato perito, quando si accorse che in palestra mancavano macchine per allenarsi ne inventò una. Cominciò con una pressa per flessioni accosciate. Oggi la sua azienda è la seconda al mondo dopo la Life Fitness e fra le prime dieci società al mondo che producono attrezzature per il fitness; la sua è l’unica non americana. In queste storie di straordinario c’è solo il successo. Resta il fatto che qualsiasi attività imprenditoriale si voglia tentare, dalla più ambiziosa a quella più modesta, dalla più innovativa alla più tradizionale, come aprire una bottega artigiana o un negozio, deve partire da un’idea. Il problema non è avere solo un’idea (voler aprire ad esempio uno studio di ar- chitettura d’interni) ma un’idea “giusta” (in un quartiere “di livello”) e “realizza- bile”. 78 Avere un’idea realizzabile significa che è effettivamente possibile rea- lizzarla perché ci sono le condizioni di carattere tecnico e finanziario. Verificare la bontà e la fattibilità di un’idea, significa, fare un business plan, cioè un piano d’impresa, ma di questo ci occuperemo tra un po’. Per ora vediamo, con le esercitazioni che seguono, se hai qualche idea che potrebbe diventar impresa, cioè un’idea per realizzare un prodotto o un servizio che soddisfi un bisogno di persone disposte a pagarti tale prodotto o tale servizio. Se ancora non hai un’idea ti proponiamo delle opportunità che potrebbero fartela venire. Laboratorio A La prima esercitazione intende verificare... il fiuto degli affari, misu- rando la capacità di produrre idee imprenditoriali “giuste”. Il primo passo è rappresentato dalla chiara individuazione di tutte le tipologie di persone potenzialmente interessate al bene e/o servizio nei ruoli di decisori, acquirenti, consumatori. Talvolta può essere la stessa persona e talvolta invece sono due o tre persone diverse. Che cosa significa questo quando si stai per spendere dei soldi per lanciare un’ idea d’impresa? Su chi si dovrebbe puntare? Perché? È più produttivo trovare idee da solo o in gruppo? Il gruppo dà un va- lore aggiunto? Se sì, quale? La seconda esercitazione aiuta ad esplo- rare queste problematiche. GIUSTA REALIZZABILE Avere un’idea giusta significa in ultima analisi avere delle persone dis- poste ad acquistare un bene o da te prodotto o venduto o un servizio da te prestato. In altri termini significa che il prodotto o il servizio della possibile im- presa tendono a soddisfare bisogni ed esigenze reali. Es. 1 Es. 2 79 Dietro tutti i problemi si celano occasioni per qualcuno. Una persona che ha un problema è una persona che ha un bisogno. Se c’è un numero sufficiente di persone che hanno bisogni simili c’è un mercato potenziale. Esercitarsi a individuare questi gruppi di utenze a partire dalle situazioni più “quotidiane” è un’operazione da farsi… “quotidianamente”. Fabbricare qualcosa? Comprare e vendere un bene? Offrire servizi? È importante parlarne in gruppo. Non, però, alla rinfusa, ma seguendo un filo logico, o magari utilizzando, a mo’ di guida, una griglia. Laboratorio B Allenarsi a scoprire i “problemi” che possono diventare opportunità imprenditoriali a partire dal proprio contesto di vita, addirittura da quello amicale: è questa la filosofia da cui prende le mosse questa esercitazione. Inizia da questa esercitazione un percorso in due tappe. La prima è rappresentata dalla ricerca delle fonti d’informazione e viene pro- posta ora; la seconda è rappresentata dalla sistematizzazione delle informazioni e verrà proposta nella quarta parte. È indispensabile far passare un’idea imprenditoriale da un iniziale stato “nebuloso” ad uno stato di maggiore “definizione”. Per operare tale passaggio occorre disporre del più gran numero di informazioni e dati. Per entrare in possesso delle informazioni occorre individuarne le “fonti” (documenti cartacei e/o informatici o persone ed uffici…). Se si ha un’idea imprenditoriale si può cominciare a cercare fonti, ma- gari con una navigazione su internet. Se invece non è stata maturata nessuna idea vengono proposti, in 3 al- legati, elenchi o brevi descrizioni di occupazioni, attività, lavori (tra- dizionali o innovativi) che possono suggerire idee d’impresa. Se qual- cuna delle attività proposte attrae o comunque merita una attenzione si può ricorrere ad internet… alla ricerca di “fonti di informazioni”. I dati raccolti possono essere sistematizzati in una griglia. Es. 3 Es. 4 Es. 1 Es. 2 80 LA BO RA TO RI O A 81 LA BO RA TO RI O A 82 LA BO RA TO RI O A 83 84 LA BO RA TO RI O A 85 LA BO RA TO RI O B 86 LA BO RA TO RI O B 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 Scheda n. 7 CERCARE ON LINE Un primo modo per usare Internet è cercare on line quello che normal- mente cercheresti andando in giro per Associazioni, biblioteche…, dal mo- mento che buona parte del patrimonio informativo di enti, associazioni, isti- tuzioni e vari è stato trasferito nei loro siti. È probabile che non troverai tutto, per cui qualche giro per segreterie e uffici ti toccherà, ma la ricerca su Internet fornirà comunque un’informazione più allargata, grazie alla po- tenza dei link che per ogni argomento potranno suggerire percorsi di ricerca che non avevi pensato. Come si cercano le informazioni in Internet? Abbiamo a disposizione strumenti che fanno per te gran parte del la- voro: sono i motori ddi rricerca, gli “investigatori” della rete, che in base alle nostre direttive vanno alla ricerca di pagine e documenti. La ricerca avviene per parole chiave e la bravura è riuscire a sceglierle talmente bene da circoscrivere la ricerca in modo da far comparire solo ri- sultati significativi. L’obiettivo non è tirare fuori un gran numero di risultati, la maggior parte dei quali non vengono nemmeno letti, ma ridurre il numero delle estrazioni aumentando la loro significatività. Ci guidano in questa atti- vità i cosiddetti operatori booleani (and, or, near, not sono i principali) che consentono di legare in modo speciale le parole chiave o fare ricerche su più di una, in modo da massimizzare i risultati utili. Istruzioni su come usarli al meglio si trovano in tutti i motori di ricerca. Altro grande aiuto che viene dai motori di ricerca sono le directory , rac- colte di siti organizzati per categorie e sotto-categorie (arte, divertimenti, istruzione, aziende,….), alimentate e aggiornate grazie ad un lavoro di tipo redazionale. Rispetto ai motori di ricerca dunque, il numero dei siti censito è limitato, però aumenta la percentuale dei risultati utili dal momento che si tratta di collegamenti ragionati, effettuati da chi ha già fatto per noi una ri- cerca. Proprio per questo, l’indicazione che se ne ricava è solo la segnalazione di un sito e non di singole pagine in cui trovare le specifiche informazioni ri- chieste. Può essere il primo passo da fare quando si sa a grandi linee l’ambito in cui cercare, prendendo poi spunto dai risultati per andare avanti usando il motore di ricerca, è utile inoltre quando si indaga su aziende concorrenti in quanto facilmente ricercabili per categoria merceologica. Un accenno ai meta-motori che altro non sono che motori di ricerca che consentono di cercare simultaneamente con più motori di ricerca, aumen- tando così le probabilità di trovare quello che si sta cercando: alcuni esempi per tutti: www.mamma.com, www.metacrawler.com, www.metasearch.com. Altra fonte di informazioni utili sono i portali verticali, i cosiddetti “Vor- tali”, che si distinguono dai tradizionali portali generalisti, e quindi trasver- sali a più argomenti e temi, proprio perché sono specializzati per settore. La loro utilità sta nella possibilità di studiarli per ricostruire la logica di un set- tore, dal momento che nascono proprio per agevolare gli scambi e le intera- zioni che avvengono all’interno. Di solito hanno nomi rubati ai settori di rife- rimento per cui puoi provare a cercarli utilizzando quelli come parole chiave. 103 2. Il business plan Si diceva in chiusura del paragrafo precedente che la verifica dell’idea impren- ditoriale è affidata al business plan, cioè al piano d’impresa. 2.1. Definizione e finalità Il business plan ha la funzione di far esplicitare scelte e raccogliere e sistematizzare informazioni, al fine di valu- tare se l’idea imprenditoriale, come si diceva nel para- grafo precedente, è “giusta” ed è “fattibile”. 2.2. Struttura Non esiste un modello prestabilito per la presentazione del business plan. Vi sono tuttavia dei requisiti minimi di forma e contenuto dai quali non si può prescindere. Cominciamo dagli aspetti contenutistici. Contenuto del business plan Il business plan è costituito da diverse parti, ognuna delle quali svi- luppa problematiche aziendali diverse: 1) descrizione analitica dei servizi o dei prodotti che si intende vendere, con un approfondimento particolare dei bisogni che si intende soddisfare e dei poten- ziali utenti a cui ci si rivolge; 2) informazioni sul settore di riferimento e analisi del mercato: raccolta di analisi che permettono di definire la dimensione e il tasso di sviluppo del mercato in cui si prevede di inserirsi (analisi dell’area geografica in cui si opera con un occhio particolare alla tipologia del consumatore finale - indicando il comportamento d’acquisto, i bisogni, le preferenze ecc. e la definizione dei mercati di approvvi- gionamento, indicando i principali fornitori e il loro potere contrattuale); 104 3) individuazione degli spazi di mercato su cui posizionarsi; 4) studio dei concorrenti con riguardo ai punti di forza e di debolezza e le loro quote di mercato; e definizione dell’intensità di attrattiva di nuovi concorrenti del settore area in cui si opera; 5) definizione degli obiettivi di mercato da raggiungere e delle strategie per rag- giungerli; 6) messa a punto della struttura aziendale e definizione delle risorse umane; 7) individuazione della forma giuridica dell’azienda; 8) strategia economico-finanziaria con previsioni di conto economico, stato patri- moniale, flussi di cassa e fabbisogno previsto di cassa. Il bussines plan è costituito perciò da un insieme di piani che sintetizzano le politiche delle diverse funzioni ed attività aziendali: La lettura del business plan permette perciò di acquisire le informazioni e gli elementi necessari • per valutare la capacità della persona a realizzare il progetto d’impresa, • la validità dei servizi sul piano tecnico e commerciale, • l’adeguatezza delle strategie e dei mezzi di penetrazione sul mercato, • la fattibilità economica, finanziaria e tecnica. Il business plan è un vero condensato dell’idea imprenditoriale, una specie di impresa simulata, una proiezione che vuole prevedere che cosa accadrà quando l’impresa sarà effettivamente realizzata. Preparare il business plan richiede tempo e dedizione. Non si tratta di una semplice descrizione dell’attività che si intende avviare, né di un promemoria sulle principali spese da sostenere e sui fornitori da contattare. Il business plan è un pro- getto dettagliato, che getta le fondamenta della nuova impresa e le garantisce mag- giori probabilità di sopravvivenza. La verifica della fattibilità è un percorso lungo e difficile, che si ottiene solo dopo un insieme di elaborazioni, di raccolta di dati e di informazioni; esso rappre- senta il risultato finale di un impegnativo lavoro che permette di passare dall’idea all’avvio, dal progetto alla realizzazione. 105 Questo percorso viene riproposto tappa a tappa con l’elaborazione del business plan. Ed è questo il percorso che faremo nella nostra Guida. Per evidenziare tale percorso indichiamo capitoli e paragrafi dove verranno trattati gli argomenti. 2.3. Forma È bene che il business plan rispetti alcune caratteristiche formali. ❏ Il linguaggio Nella redazione del business plan, l’aspirante imprenditore deve scrivere in modo sintetico, ma non troppo stringato. Deve utilizzare un linguaggio tec- nico, ma non specialistico. Deve fornire dettagli, ma non dati superflui... Questi consigli sono utili, ma spesso difficili da interpretare. ❏ La “lunghezza” Qual è la corretta definizione di «sintetico»? Dieci, 20, o 50 pagine? Non esiste una risposta unica. Il buon senso è il metro che deve aiutare il neo-im- prenditore a preparare il progetto, tenendo presente che lo stesso può avere di- versi destinatari e necessitare perciò di forme di presentazione differenziate. ❏ La copertina Ha la funzione di prima presentazione del vostro prodotto. È la prima cosa che un valutatore avrà sotto gli occhi e contribuirà notevolmente a dare una prima impressione di quello che potrebbe essere il contenuto, soprattutto in termini di forma e capacità espositiva. Ciò che deciderà la bontà o meno della vostra idea sarà la congruità, l’attendibilità, l’accuratezza dei dati e delle analisi riportate 106 nel business plan, ma una buona presentazione vi aiuterà a vendere la vostra idea e a farne apprezzare maggiormente i punti forti. In copertina andrà generalmente indicata la denominazione dell’imprenditore, il titolo dell’iniziativa imprenditoriale, sintetico ma comprensibile, e la data di re- dazione. È comunque opportuno riportare anche il marchio o logo dell’impren- ditore, se già esistente, o una illustrazione attinente all’idea imprenditoriale, ed il nome degli imprenditori, se pochi, o di chi ha redatto il business plan. Fondamentale ai fini di migliorare la presentazione del prodotto, il tipo di rile- gatura del business plan, tale da renderne più gradevole l’aspetto ma senza di- menticare il criterio fondamentale di facile consultabilità, trasportabilità ed eventuale riproduzione di singole parti dello stesso. ❏ Indice dei contenuti Ha il duplice scopo di: - costringervi a strutturare logicamente il vostro lavoro; - facilitarne la lettura e la comprensione al valutatore. È pertanto opportuno che l’indice contenga un sufficiente livello di dettaglio e contribuisca ad evidenziare e facilitare la consultazione dei punti salienti della vostra idea imprenditoriale. ❏ Executive summary Il business plan deve essere preceduto da un “Executive Summary”, un rias- sunto del documento che, in una o due pagine al massimo, riassuma l’inizia- tiva, gli obiettivi, le strategie, i costi, i finanziamenti richiesti e l’uso che si in- tende fare degli stessi. Tale riassunto ha lo scopo di stimolare il proseguimento della lettura del busi- ness plan stesso evidenziando gli aspetti favorevoli del progetto e vendendone l’idea di impresa. Ricordatevi che non siete gli unici a presentare potenziali idee imprenditoriali a potenziali finanziatori, chi si trova nella posizione di va- lutare la vostra idea è spesso oberato di lavoro e alle prese con decine di pro- getti come il vostro. Il tempo a sua disposizione è esiguo, capirete a questo punto come la lettura della descrizione sintetica sia l’unica occasione che avete per convincerlo a proseguire la lettura e andare ad esaminare la vostra idea in dettaglio. Una pagina è sufficiente, due potrebbero essere già troppe. ❏ Profilo professionale dei proponenti Questa parte riguarda le esperienze e le competenze di ciascun partecipante al- l’iniziativa. Riporterà sinteticamente le qualità personali che potrebbero risul- tare critiche per il buon esito del progetto. Fornirà pertanto al valutatore una idea di massima sulla preparazione profes- sionale dei partecipanti in funzione delle operazioni necessarie per l’avvia- 107 mento e lo sviluppo dell’attività imprenditoriale così come delineate nel busi- ness plan. Occorrerà indicare almeno il nome, l’età, la formazione, le principali espe- rienze lavorative. ❏ Descrizione del progetto È l’esplosione del riassunto del documento che era stato compilato in prece- denza, in una o due pagine al massimo. ❏ Gli allegati In allegato vanno riportati tutti quei dati non strettamente attinenti agli aspetti strategici e operativi del business plan ma che hanno costituito la base per la valutazione del progetto o che danno l’opportunità di effettuare ulteriori appro- fondimenti sulla validità o meno dell’idea. In allegato, per esempio, si possono riportare ricerche di mercato e altri dati che servano a sostenere le nostre previsioni di vendita o che evidenzino l’esi- stenza del bisogno da soddisfare che sta alla base della nostra iniziativa im- prenditoriale (l’opportunità di business). Possono riportarsi ulteriori analisi di dettaglio e informazioni documentali di alcune scelte effettuate, come ad esempio la scelta di una tecnologia invece di un’altra. Altri allegati possono essere i prospetti che aiutino la valutazione dell’idea im- prenditoriale come ad esempio il curriculum dell’azienda se già esistente o i curricula vitae dei neo imprenditori nel caso di uno start up. Gli scettici ritengono che la pianificazione scritta sia una perdita di tempo. Ma gli esperti dimostrano che è meglio perdere uno o più mesi, piuttosto che chiu- dere l’azienda, poco dopo averla avviata. Elaborare un piano scritto della pro- pria idea d’impresa, oltre al tempo e a una piena dedizione, richiede uno sforzo intellettuale superiore alla semplice immaginazione. L’entusiasmo iniziale per la nuova idea spesso induce l’aspirante titolare d’azienda a minimizzare i dati non favorevoli al progetto, o addirittura a non considerarli... Le ricerche pra- tiche per compilare il business plan possono evidenziare dati prima sconosciuti all’imprenditore, con i quali dovrà confrontarsi se non vuole rischiare di fal- lire. In termini, poi, di comunicazione, il progetto di impresa è la carta di iden- tità dell’imprenditore. Parla di lui, della sua serietà e del suo impegno. È uno strumento importante per farsi conoscere prima, ed eventualmente finanziare poi. E non è tutto. Il business plan non è utile soltanto in fase di avviamento, ma ha un grande ri- lievo come strumento di gestione, perché consente di non perdere mai di vista quali sono gli obiettivi dell’azienda e di controllarne l’andamento. Parte IV IL PROGETTO D’IMPRESA 111 1. Specificazione dell’idea di business Per prima cosa bisogna avere le idee chiare sul tipo di prodotto che si intende commercializzare. Tante le domande da porsi: si tratta di un prodotto materiale o di un servizio? Rientra nella categoria dei beni industriali, o in quella dei beni di consumo? È un bene di consumo immediato o durevole? Fa parte di un gruppo di prodotti standard e difficilmente distinguibili tra loro o appartiene alla categoria dei prodotti differen- ziabili? È un bene di recente introduzione o completamente nuovo, o è gia cono- sciuto dal mercato? È un bene di lusso o di prima necessità? Il suo consumo è co- stante o segue un andamento stagionale? Tutte queste domande con cui si specifica l’idea business possono essere ri- condotte a due interrogativi fondamentali: 1) Qual è il tipo di bene che si intende offrire al mercato 2) Quali sono gli elementi che compongono il sistema di prodotto/servizio In sintesi per quanto riguarda il tipo di bene: 112 Per quanto riguarda gli elementi che compongono il sistema di prodotto/ser- vizio, generalmente, si pensa che le caratteristiche materiali del prodotto o del ser- vizio rappresentino l’elemento più importante dell’offerta aziendale. In molti casi, invece, altri elementi possono assumere un rilievo particolare diventando, a volte, persino più importanti delle caratteristiche materiali. Per quanto riguarda la gamma, ad esempio, alcune aziende impostano la loro strategia sulla capacità di ri- solvere il problema del cliente in tutti i suoi aspetti, altre solo su aspetti specifici; si può anche notare che il confronto con la concorrenza non avviene tanto sul pro- dotto o sul servizio principale quanto dai servizi collaterali o dalle modalità di pa- gamento... 113 2. Analisi di mercato Spesso accade che l’aspirante imprenditore si lasci prendere dall’entusiasmo per la sua idea e avvii la propria attività senza chiedersi se il suo prodotto sarà poi venduto o meno. Anche se il progetto in sé stesso è di buona qualità, è indispensabile assicurarsi in via preliminare che esso risponda ad effettivi bisogni del mercato, siano questi chiaramente espressi o solo latenti. Non solo: oggi sono in molti a ritenere che il grado di soddisfazione della clientela sia la misura più significativa del valore del prodotto. L’obiettivo base, dunque, che un neo imprenditore si prefigge è quello di ca- pire se Per sciogliere tale dilemma occorre realizzare l’analisi del mercato. Le informazioni di cui necessita il neo-imprenditore, riguardano: esiste un mercato per il servizio/prodotto che l’azienda intende produrre ⇒⇒ l’esistenza e l’ampiezza di un mercato ⇒⇒ i fattori che incidono sull’acquisto del bene/servizio ⇒⇒ i fattori che possono favorire l’acquisto ⇒⇒ i ruoli che hanno nell’acquisto gruppi e persone. 114 115 3. Piano di marketing Il marketing si preoccupa a) di definire  A chi vendere  Che cosa vendere  Come vendere b) di programmare azioni conseguenti 3.1. Definizione della quota di mercato Una volta stabilito che ci sono delle possibilità di mercato per il proprio pro- dotto-servizio il neo-imprenditore deve identificare, con maggiore precisione, gli spazi di mercato in cui collocare il proprio prodotto-servizio. Il neo-imprenditore, cioè, si deve porre la domanda qual è il mio “segmento di mercato” dove collocare il mio prodotto/servizio? 116 Per identificare tali spazi, occorre esplorare il mercato utilizzando i criteri se- guenti: 117 Per l’analisi del mercato e per l’esplorazione del mercato al fine della indivi- duazione della propria quota, è necessario individuare fonti di informazione, recu- perando studi già fatti e/o proponendo ricerche di mercato. Come si fa una ricerca di mercato? Per programmare una ricerca di mercato è importante: – identificare il problema a cui vogliamo dare una risposta; – definire gli obiettivi della ricerca (evidentemente direttamente collegati al primo punto); – individuare le fonti di informazione; – raccogliere le informazioni a tavolino (è indispensabile studiare il materiale già disponibile sull’argomento per evitare domande inutili e per costruire un’i- potesi di risultato); – raccogliere delle informazioni sul campo attraverso colloqui, interviste, que- stionari presso consumatori e altre fonti; – analizzare e rielaborare i dati in funzione degli obiettivi. Quando si ipotizza una ricerca di mercato è necessario, come prima opera- zione, individuare quali sono le informazioni già disponibili e quali altre sono ne- cessarie per l’inizio dell’attività. Le possibili fonti di informazione sono: – pubblicazioni e statistiche ufficiali redatte da enti pubblici che rivelano l’anda- mento dell’economia, i consumi pro capite... (es. ISTAT); – giornali, riviste, pubblicazioni economiche, tra le quali quelle delle varie asso- ciazioni di categoria; – ricerche di tipo sociologico sull’andamento produttivo che vengono condotte da società quali NIELSEN, DATABANK, CENSIS, DOXA, FROST AND SULLIVAN; – associazioni di categoria, istituti, banche, che spesso dispongono di informa- zioni utili sia per capire l’andamento del settore, sia per ragioni operative. Al- cuni enti od organizzazioni hanno propri sistemi informativi che mettono a dis- posizione degli associati; – utenti, fornitori, clienti possono fornire una grossa quantità di informazioni at- traverso visite, telefonate, riunioni; – se il futuro imprenditore ha un’esperienza lavorativa nello stesso settore, può raccogliere dati quali resoconti di vendita, prezzi, condizioni di pagamento, schede clienti e fornitori, assistenza vendita, fatturato per area. Il materiale raccolto durante questa fase “esplorativa” permette di capire se esistono delle problematiche per le quali è conveniente sviluppare una ricerca di mercato finalizzata. In caso positivo, sarà conveniente rivolgersi ad enti ed istituti specializzati in quanto sono in grado di scegliere il metodo e lo strumento più adatto al problema da risolvere. 118 Il lavoro può, infatti, essere impostato diversamente a seconda degli obiettivi da raggiungere. Si possono commissionare ricerche di mercato al fine di effettuare indagini previsionali (situazione immaginata in un determinato futuro), quantitative, qualita- tive (chi, cosa, quando, quanto, come, dove), motivazionali (perché), e si possono usare strumenti diversi quali questionari con raccolta dati qualitativi e quantitativi ed interviste motivazionali. Possono essere promossi test di mercato in un’area campione che va eseguita in particolare per prodotti nuovi utilizzando prototipi fabbricati in piccola serie. Dalle analisi precedenti il neo-imprenditore è in grado di stabilire il mercato cui rivolgersi. Tale mercato si configura secondo tre tipologie fondamentali Indifferenziato: offrire un prodotto/servizio in modo da raggiungere il maggior numero possibile di consumatori Differenziato: offrire un prodotto/servizio per un particolare seg- mento della domanda Concentrato: offrire a più segmenti della domanda diverse versioni del prodotto/servizio 3.2. Studio della concorrenza Il successo della propria iniziativa non dipende solo dalla bontà del prodotto che si vende o dal suo rivolgersi ad un bisogno effettivo del mercato, specifica- mente individuato. 119 Esso è determinato anche dalla capacità di porsi in modo nuovo e creativo nel contesto delle attività già esistenti. Perciò il fatto di conoscere le imprese che si occupano di prodotti servizi simili ai propri è molto utile per avere dei punti di riferimento precisi, per definire stra- tegie d’ingresso e strategie competitive. È opportuno considerare quella che in termini tecnici viene chiamata “l’inten- sità della concorrenza”, cioè i rischi che provengono da parte dei potenziali nuovi concorrenti (ossia le imprese che sono in grado di affrontare gli oneri che comporta l’entrata nel settore in questione). Questi saranno tanto più numerosi quanto minori sono gli ostacoli strutturali che rendono difficile per un’impresa entrare nel settore (barriera all’entrata). Il neo-imprenditore, cioè, si deve porre le domande: 1) Chi sono i miei concorrenti? 2) Quali sono i loro punti forti e deboli? 3) Il settore in cui opero presenta particolari attrattive per nuovi concorrenti? Pertanto, le operazioni che il neo imprenditore deve effettuare sono le se- guenti: 1) Individuazione delle imprese che offrono prodotti simili ai propri e che sa- ranno con ogni probabilità i concorrenti principali all’interno del segmento di mercato prescelto. 2) Analisi dei profili di tali imprese per esplorare potenzialità e criticità della con- correnza. 3) Definizione dell’intensità potenziale della concorrenza. Per quanto riguarda la seconda operazione, i punti deboli e forti della concor- renza possono essere studiati tenendo presente alcuni fattori: 1) Economia di scala la concorrenza presenta un costo unitario di produzione che diminuisce con l’aumentare della produzione 2) Immagine la concorrenza è riuscita ad ottenere la identificazione positiva della propria marca da parte dei clienti 3) Qualità degli impianti e delle attrezzature la possibilità di utilizzare impianti e macchinari più efficienti o più moderni 120 4) Fabbisogno di capitale per spese e investimenti in immobilizzazioni tecniche, in R&S, in pubblicità, in scorte, in crediti alla clientela... 5) Risorse umane maggiore specializzazione dei lavoratori dipendenti 6) Vantaggi/privilegi di natura diversa possesso di brevetti e/o di un know-how esclusivo, accesso privilegiato alle materie prime o ai produttori di componenti-chiave, presenza di localizzazioni particolarmente favorevoli… 7) Reazione dei concorrenti a seconda della frammentazione del mercato Per quanto riguarda, invece, la terza operazione, relativa alla misurazione della capacità di attrarre potenziali concorrenti che ha il settore dove intende operare il neo-imprenditore, è opportuno richiamare i fenomeni che devono essere tenuti sotto controllo e le relative conseguenze: 121 Scheda n. 8 GLI STRUMENTI DI INDAGINE Le interviste Un modo per approfondire aspetti specifici potrebbe essere effettuare delle interviste ad hoc. Chi intervistare? Di solito si suggerisce di contattare esperti di settore e opi- nion leader, persone che, in considerazione della loro posizione, hanno un punto di vista privilegiato sul mercato che ti interessa. Non sono codificabili a priori: può trattarsi dell’amministratore di un’azienda, del presidente di un’associazione particolarmente rappresentativa, di un giornalista che si interessa del settore in oggetto, di un professore universitario, di un esperto… dipende dalla tua cerchia di conoscenze, anche indirette, e dalla tua fantasia. Non tutti sono disponibili, ma alla fine si trova qualcuno interessato a condividere il proprio sapere per aiu- tare un potenziale imprenditore. Nel qual caso, per non fare figuracce e ri- schiare, nella piacevolezza della conversazione, di dimenticare i tuoi obiettivi, documentati un minimo sulla persona che incontrerai, prepara una scaletta delle domande che devi assolutamente fare e per il resto lascia andare la con- versazione dove la porta il tuo interlocutore, che parlerà spontaneamente di quello che conosce meglio. I questionari Anche la somministrazione di questionari, può essere una modalità valida purché si seguano alcune regole di base: - la composizione del campione: senza con questo pretendere di realizzare un’indagine affidabile come quelle che conducono gli istituti di ricerca, è im- portante selezionare il campione a cui somministrare i tuoi questionari in modo tale che sia almeno qualitativamente rappresentativo: teoricamente composto da almeno 30 soggetti, scelti in modo da rappresentare le diverse tipologie di utenti - l’oggetto del questionario: definire chiaramente e circoscrivere quello che si vuole sapere può sembrare riduttivo (“Tanto che ci sono, metto una do- manda su tutto!”), ma in realtà rende la ricerca più precisa e attendibile; inoltre consente di contenere il numero delle domande che, se eccessivo, ri- schia di infastidire anche l’interlocutore più disponibile. Non esiste in asso- luto un numero massimo di domande oltre il quale non andare, anche perché la soglia di sopportazione è strettamente legata al mezzo con cui il questio- nario viene sottoposto. A titolo orientativo e considerando che si tratta di questionari “amatoriali”, diciamo mai oltre le 10. È consigliabile seguire un filo logico, dare cioè un ordine mentale agli argomenti proposti, formulando le domande con un linguaggio semplice, evitando inoltre di rivolgere do- mande troppo personali e con espresso riferimento ad aspetti reddituali - la modalità di somministrazione: un questionario può essere somministrato via e-mail, oppure telefonicamente, oppure spedito per lettera, oppure… Importante in ogni caso non forzare gli interlocutori a rilasciare l’inter- vista, essere estremamente gentili e non aggressivi, privilegiare le domande a risposta chiusa che velocizzano le risposte e creare un motivo valido per rispondere in tutti i casi in cui l’interlocutore lo compili senza l’assistenza del somministrante. 122 Nel laboratorio A - dapprima, si propone una esercitazione che aiuta sommariamente ad analizzare il mercato. - Successivamente, utilizzando uno schema più articolato, si pro- pone un percorso teso a specificare un prodotto, ad esplorare il mercato, e ad analizzare consistenza, tipologia, potenzialità e cri- ticità della concorrenza. - Infine, si approfondisce lo studio della concorrenza, esplicitando per ciascun concorrente i punti di forza e di debolezza. Nel laboratorio B Si dà un seguito a una precedente esercitazione, in cui erano state individuate e reperite le fonti. Individuate le fonti, occorre reperire le informazioni e i dati. Per compiere questa operazione in maniera produttiva occorre provvedere alla loro sistematizzazione secondo sequenze logiche. Si propone un percorso articolato in 3 fasi: la definizione dell’op- portunità imprenditoriale, il soggetto imprenditoriale, il mercato del- l’opportunità imprenditoriale (la domanda e l’offerta). Su questo lay out sono stati costruiti due cospicui esempi. Abbiamo visto quali sono i fattori che influenzano il comporta- mento d’acquisito del consumatore e che possono essere ricondotti a fattori culturali, sociali, personali, psicologici. Facendo riferimento a queste categorie è possibile raccogliere informazioni finalizzate a de- lineare la fisionomia del cliente e le sue motivazioni all’acquisto. Al- cune informazioni possono essere raccolte con questionari mirati ed indirizzati a gruppi specifici. Ne viene proposto uno. La successiva esercitazione aiuta a focalizzare l’idea imprendito- riale. Rispondendo alle domande proposte si organizzano le informa- zione per il business plan. Es. 1 Es. 2 Es. 3 Es. 1 Es. 2 Es. 3 123 La segmentazione del mercato è una delle operazione più rilevanti per escogitare le giuste strategie operative. Qui viene proposta tale operazione in relazione a due criteri: A) capacità di spesa, che condi- ziona la frequenza d’acquisto e l’importo della spesa media; B) motiva- zione, che aiuta a chiarire gli specifici bisogni espressi dai clienti, condizionando i contenuti dell’offerta da proporre ad ognuno di essi. La quinta e la sesta esercitazione riguardano lo studio della con- correnza. La quinta aiuta ad analizzare i concorrenti, raggruppandoli in tipologie, in relazione alle strategie adottate e pervenendo ad una loro quantificazione nel territorio di riferimento. La sesta, invece, aiuta a realizzare una panoramica di quello che fanno i tuoi concor- renti e soprattutto di come lo fanno. Su eventuali bisogni non soddi- sfatti dai concorrenti, si può decidere di puntare. Es. 4 Es. 5 124 LA BO RA TO RI O A 125 LA BO RA TO RI O A 126 LA BO RA TO RI O A 127 LA BO RA TO RI O B 128 129 ALLEGATO: ESEMPI DI SISTEMATIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI Esempio n. 1: Servizi per l’infanzia 1 - L’OPPORTUNITÀ IMPRENDITORIALE Il problema Alcuni fenomeni: - l’incremento del numero delle famiglie bi-reddituali e la crescita della per- centuale di donne/mamme occupate professionalmente anche a tempo pieno - la pervasività del tempo di lavoro sul tempo di non-lavoro - il predominio della dimensione metropolitana sulla dimensione comunitaria (il quartiere, il cortile, i punti di ritrovo dei bambini) - l’erosione del ruolo delle figure parentali più prossime al gruppo primario, ecc. rendono necessaria la custodia dei figli negli orari in cui impegni professio- nali o di altro genere non consentono ai genitori di accudirli in prima persona. I target Il mercato di riferimento è rappresentato in generale da un vastissimo pubblico di famiglie con uno o più figli; nello specifico è possibile distinguere i potenziali destinatari tra: - famiglie con un genitore (normalmente la madre) - famiglie con genitori occupati - famiglie con genitori occupati e con rete parentale - genitori di bambini da 0 a 3 anni Tipologie di aree di business Attività ricreative Tutte le attività dirette all’intrattenimento dei bambini. I servizi offerti vanno dalla semplice messa a disposizione di giochi, materiali manipolabili ed at- trezzature, alla presenza di animatori per l’organizzazione di giochi di gruppo e attività di socializzazione, all’offerta di attività didattico-ricreative quali corsi musicali, di gestualità, di consapevolezza del corpo, o di manualità. Tra le atti- vità proposte sono diffuse le ludoteche, spazi accoglienti ed attrezzati che svolgono la funzione prioritaria di offrire ai bambini un luogo protetto e stimo- lante per esperienze di aggregazione e amicizia e la possibilità di conoscere e utilizzare una grande quantità di giocattoli, difficilmente a disposizione di un singolo. Tali strutture prevedono la presenza di accompagnatori; i servizi of- 130 ferti sono quindi prevalentemente attività ricreative e formative per il bam- bino, che però non viene affidato in custodia. In questa categoria rientrano inoltre l’organizzazione di feste, eventi con la partecipazione di animatori, mu- sicisti, intrattenitori. Le strutture adibite a ludoteca possono quindi costituire un centro di incontro e socializzazione per bambini anche di età diversa, un atelier per attività manuali e creative, un centro di attività complementari a quelle scolastiche. Baby-sitting/assistenza In questa categoria l’elemento fondamentale è l’attività di custodia del bambino. Le attività di assistenza svolgono un ruolo sociale per il modo in cui in- tercettano il problema del tempo e del lavoro dei genitori. Il servizio può es- sere offerto con modalità e per tempi diversi, a domicilio o presso strutture attrezzate, in maniera continuativa o occasionalmente. I servizi domiciliari pos- sono includere anche l’assistenza scolastica, l’organizzazione di corsi di avvici- namento alle lingue o alla musica. L’offerta, per orari e contenuti, è general- mente complementare a quella scolastica. La struttura del baby-parking pre- senta generalmente una maggiore flessibilità di orari rispetto ad un asilo tradi- zionale ed offre una serie più o meno ampia di servizi accessori di intratteni- mento ed educativi per il bambino: laboratori di arte, musica, espressione cor- porea, progetti per la crescita armoniosa del bambino. Alcune strutture pro- pongono esperienze di full immersion in lingua inglese. È possibile proporre il servizio presso centri commerciali, uffici, oppure prevedere un’offerta stagio- nale, dislocando le strutture per esempio presso stabilimenti balneari. Asili nido Si rivolgono a coloro che per motivi professionali o di altro tipo necessi- tano di affidare in custodia bambini molto piccoli, e che per scelta o per indi- sponibilità del servizio pubblico si affidano a strutture private. Tale tipologia di struttura offre quindi servizi sostitutivi a quelli degli asili nido tradizionali. Le attività svolte riguardano la cura, la nutrizione e l’intrattenimento dei bam- bini. È inoltre possibile individuare servizi accessori da affiancare a quelli tra- dizionalmente offerti: tra i servizi innovativi proposti dal mercato, la figura del musical nanny , figura professionale esperta in educazione musicale per la prima infanzia. Il settore educativo prescolastico è il servizio che ha i costi di gestione maggiori per la presenza di un numero di figure professionali, in rap- porto all’utenza, superiore a qualsiasi altro servizio. Le rrisposte aal pproblema ee lla lloro iinadeguatezza L’offerta dei servizi all’infanzia appare inadeguata alle nuove esigenze delle famiglie. Infatti l’offerta pubblica nei servizi all’infanzia resta molto carente: • sotto il profilo quantitativo; i servizi pubblici di assistenza ai bambini, so- prattutto in età prescolare, sono scarsi e generalmente localizzati al centro-nord (per la fascia 0-3 anni gli asili-nido in Italia sono appena 2000, 131 coprono il 6% del numero dei bambini da 0 a 3 anni e soltanto il 15% dei Co- muni del Centro-Nord ha attivato questo servizio). Fattori culturali ed am- bientali, ma anche difficoltà finanziarie e normative ne bloccano in alcuni contesti territoriali, l’attuazione e lo sviluppo. La distribuzione territoriale dei servizi è connotata da forti differenze spaziali, soprattutto tra con- testo urbano e non urbano. Il mercato attuale non riesce a soddisfare le esigenze delle famiglie i cui genitori sono pendolari, professionisti, impie- gati o operai occupati in aziende industriali, ove in alcuni periodi dell’anno può essere imposto il prolungamento della giornata lavorativa; • sotto il profilo qualitativo; i servizi attualmente offerti sono caratteriz- zati da alcuni tratti non positivi quali: • la rigidità dell’offerta, che è determinata su formule standardizzate e non è orientata a tenere conto della mutevolezza delle esigenze familiari, • la limitatezza dell’offerta, in termini di ore di apertura nella giornata, nella settimana, nell’anno. È molto diffusa la percezione che i servizi pub- blici non riescano da soli a soddisfare le numerose richieste di iscrizioni presso le strutture comunali e statali, e la convinzione che, laddove il servizio esiste, i costi per le rette siano eccessivi e i servizi offerti poco flessibili. 2 - IL SOGGETTO IMPRENDITORIALE Requisiti formali previsti Le modalità di avvio di queste attività variano a seconda del tipo di servizio che si vuole offrire. Da un punto di vista amministrativo chiunque può fornire il servizio, ma gli educatori che sono a contatto con i bambini devono essere pro- fessionalmente preparati. Per gli asili nido la normativa prevede che il perso- nale educativo sia in possesso di uno dei seguenti titoli di studio: - vigilatrice d’infanzia, puericultrice o assistente d’infanzia; - diploma di maturità magistrale, o di abilitazione all’insegnamento nelle scuole di grado preparatorio; - diploma di dirigente di comunità; - diploma di assistente per comunità infantili, operatori dei servizi sociali. La legge stabilisce inoltre che sia assicurata la presenza di un educatore ogni 7 bambini iscritti; all’interno dell’équipe è indispensabile la presenza del medico pediatra, dello psicologo, del pedagogista. Per i baby parking e le ludoteche l’organizzazione è più flessibile: la diffe- renza sostanziale tra le due strutture è che nel primo caso non è prevista la fi- gura di un accompagnatore del bambino, mentre nella ludoteca il genitore o chi per lui si intrattiene con il bambino per dividere momenti di gioco. Alle diverse tipologie di servizio corrispondono diverse responsabilità degli operatori. 132 133 3 - IL M ER CA TO D EL L’O PP O RT U N IT À IM PR EN D IT O RI A LE S eg ue 134 S eg ue 135 136 137 Esempio n. 2: Bed & Breakfast 1 - L’OPPORTUNITÀ IMPRENDITORIALE Il problema Alcuni fenomeni quali: il numero (in aumento) di arrivi turistici in Italia anche grazie ai rapporti di cambio favorevoli con la maggior parte dei paesi ge- neratori di flussi turistici verso l’Italia; le nuove forme di turismo in crescita negli ultimi anni che puntano al contatto diretto con usi e costumi locali; i costi crescenti delle soluzioni alberghiere; l’asetticità e l’omologazione dell’offerta alberghiera che non soddisfa il crescente bisogno di scambio di esperienze e di dialogo fra ospite ed ospitante rendono opportune sistemazioni logistico-ricet- tive alternative. I target Il mercato di riferimento è rappresentato in generale da un vastissimo pubblico di estrazione sociale media, con forte rappresentanza giovanile. Tipologie di aree di business Il bed & breakfast (B&B), alla lettera “letto e prima colazione”, è una forma di ricettività introdotta dalla cultura anglosassone; in genere si tratta di una piccola struttura ricettiva che offre il pernottamento e la prima colazione a prezzi relativamente contenuti in case private, in fattorie, ville, pensioni, pic- coli alberghi famigliari, o anche in college e campus universitari. Secondo le norme regionali in vigore costituiscono quindi attività ricettive a conduzione familiare, tipo B&B, le strutture ricettive gestite da privati che, avvalendosi della loro organizzazione familiare, utilizzano parte della propria abitazione, fino ad un massimo di tre camere, fornendo alloggio e prima cola- zione. Il servizio dovrà essere accurato avvalendosi della normale organizzazione familiare e fornendo, esclusivamente a chi è alloggiato, cibi e bevande confe- zionate per la prima colazione. È sufficiente quindi disporre dei locali in proprietà o in affitto (in alcune Regioni può essere utilizzata solo l’abitazione di residenza) e inviare una do- manda in carta da bollo all’Azienda di Promozione Turistica competente per territorio. I requisiti minimi da rispettare riguardano: il numero delle camere, la su- perficie dei locali, le regole igenico-sanitarie, la messa a norma, l’arredamento della camera da letto, la pulizia dei locali e la fornitura della biancheria, la som- ministrazione degli alimenti. In sintesi, si può descrivere l’attività di B&B come un semplice core busi- ness di pernottamento cui si legano svariati servizi accessori, in grado di for- nire il vero valore aggiunto della formula B&B. 138 2 - IL SOGGETTO IMPRENDITORIALE Il moderno operatore di B&B, normalmente il proprietario della casa, deve avere una filosofia ed un coinvolgimento diversi dal semplice fornitore di una stanza per dormire: accoglie i clienti al momento dell’arrivo, fornisce informazioni generali sul territorio, in particolare sulle attività turistiche e su ciò che interessa l’ospite; si rende disponibile per qualsiasi necessità e alle volte condivide proprio con l’ospite interessi e hobbies. La disponibilità e l’in- teresse nei confronti del cliente si legano alla discrezione e al rispetto della sua libertà. Il B&B implica un impegno e una preparazione da “piccolo imprenditore”: l’o- peratore di B&B è il punto di riferimento per i propri ospiti, spesso persone esigenti, deve offrire loro un servizio eccellente ed un’esperienza che inducano il turista a tornare. In quanto all’operatore, in allegato è possibile trovare alcuni spunti sulle caratteristiche personali, professionali ed il know how specifico. 139 Minacce, opportunità e fattori critici di successo 140 LA BO RA TO RI O B 141 142 LA BO RA TO RI O B 143 144 LA BO RA TO RI O B 145 146 147 148 149 LA BO RA TO RI O B 150 151 LA BO RA TO RI O B 152 LA BO RA TO RI O C 153 Risposte: 1. Falso; 2. a, d, g, h; 3. c; 4. a; 5. c; 6. b; 7. Iniziatore, condiziona le scelte del tipo di pro- dotto e della marca, decisore, acquirente, è colui che utilizza il prodotto; 8. c; 9. c; 10. a) I concorrenti si sottraggono a vicenda quote di mercato, b) Elevato livello dei costi fissi, c) Una debole differenziazione favorisce la guerra dei prezzi, d) Livello delle economi e di scala, e) Le imprese sono disposte a operare anche in perdita, f) Presenza di barriere all’uscita. 154 3.3. Definizione delle strategie di ingresso e di competizione Dopo avere deciso il proprio posizionamento sul mercato, si tratta di definire gli obiettivi di mercato da raggiungere nonché le strategie di mercato per raggiungerli. Gli strumenti principali a disposizione del neo-imprenditore per articolare delle strategie efficaci sono quattro: • Nel primo caso, ci si atterrà al valore del prodotto qual è percepito dagli acqui- renti (i beni di lusso, ad esempio, hanno un prezzo, di frequente, non propor- zionale ai costi di produzione). • Nel secondo caso, si costruirà il prezzo a partire dal costo di produzione uni- tario, a cui si va ad aggiungere un “ricarico” percentuale fisso o “mark-up ”, in misura tale da coprire i costi generali e generare un profitto soddisfacente. 1) Del prodotto abbiamo già in parte detto. L’impresa può innanzitutto decidere se e fino a che punto differenziare l’offerta rispetto alla concorrenza. Questa scelta rende meno pressanti le dinamiche competitive e crea un gruppo di clienti stabilmente legati al proprio prodotto/servizio. Un altro fattore da non sottovalutare è la modalità di utilizzo: come usano i consumatori il prodotto? Il suo uso previsto è l’uso ottimale in relazione ai bisogni dell’acquirente o c’è un certo margine di perfezionamento? 2) La seconda leva riguarda le politiche di prezzo. Decidere a quale prezzo ven- dere la propria merce è spesso un problema molto più complesso di quel che può sembrare a prima vista. Tre sono i criteri per la determinazione del prezzo, facendo riferimento al mer- cato, ai costi di produzione, oppure alla concorrenza. 1. Il prodotto 2. Il prezzo 3. La comunicazione 4. La distribuzione 155 4) L’ultima leva, quella della distribuzione, passa attraverso una strategia… • Nel terzo ed ultimo caso, si seguono i prezzi medi praticati dalla concorrenza: un metodo questo spesso utilizzato dalle imprese più piccole, che non sono normalmente in grado di impostare una politica di prezzo autonoma. Per quanto riguarda le tattiche, le possibilità abitualmente utilizzate sono quelle sintetizzate qui di seguito: 3) La terza leva è la comunicazione: per sfruttarla appieno occorrerà stabilire gli elementi riportati nella tavola seguente. 156 Scheda n. 9 I MEDIA I principali mezzi da utilizzare durante una campagna di comunicazione variano in funzione dei target di riferimento e delle risorse economiche disponibili. Ciascun mezzo, infatti, veicola un messaggio diretto ad una de- terminata tipologia di utenti. In particolare, nel mix di comunicazione, è op- portuno distinguere tra i mezzi pubblicitari, gli strumenti promozionali e le attività di marketing diretto. Pubblicità Televisione Strumento utilizzato per veicolare il messaggio pubblicitario sotto forma di spot. La tv è un mezzo che raggiunge un elevato numero di utenti ma ha un costo contatto molto elevato. Nella selezione del mezzo è neces- sario prendere in considerazione le seguenti variabili: • tipologia di emittente televisiva: nazionale, locale, tv a pagamento (pay tv), satellitare • tipologia di programma (intrattenimento, fiction, film, educativo, car- toni animati, informazione, talk show, ecc.) • fascia oraria (prima mattina sino alle ore 10.00; seconda mattina dalle ore 10.00 alle ore 12.00; meridiana dalle ore 12.00 alle ore 14.00; primo pomeriggio dalle ore 14.00 alle ore 16.00; secondo pomeriggio dalle ore 16.00 alle ore 18.00; preserale dalle ore 18.00 alle ore 20.00; prima se- rata (o prime time) dalle ore 20.00 alle ore 23.00; seconda serata dalle ore 23.00 alle ore 01.30) • audience: indica il numero di telespettatori ed è rilevato dall’Auditel. Radio Mezzo utilizzato per veicolare i messaggi sotto forma di spot audio. I costi sono contenuti ed il bacino di utenza è alquanto elevato ma – a diffe- renza della televisione – l’utente ha una soglia di attenzione più bassa du- rante la fruizione del messaggio. Le variabili da prendere in considerazione sono le stesse del mezzo televisivo: tipologia di emittente radiofonica (na- zionale o locale), tipologia di programma (musicale, informativo, ecc.), fascia oraria e audience (in questo caso lo strumento per le rilevazioni di ascolto radiofonico è Audiradio). Stampa La pubblicità a mezzo stampa è caratterizzata da un’inserzione di for- mato variabile sulla testata giornalistica prescelta. 157 • Sulla stampa quotidiana il messaggio ha vita breve, ma raggiunge un buon numero di lettori. I costi variano in funzione della testata giornali- stica (nazionale, locale, ecc.), del formato (pagina intera, 1/2 pagina, mo- duli, manchette, piede pagina, ecc.), della posizione che occupa il mes- saggio all’interno del quotidiano (1ª pagina, pagine interne, ecc.) e del numero di lettori (le indagini quantitative e qualitative sul numero di lettori sono condotte dall’associazione Audipress). Inoltre la possibilità di inserire un’inserzione a colori, invece della modalità in bianco e nero, implica una maggiorazione del prezzo. • Sulla stampa periodica (riviste di settore, settimanali, ecc.) le variabili da prendere in considerazione sono quelle indicate per i quotidiani. Tut- tavia, il vantaggio principale dei periodici è dato dal profilo del consu- matore, che risulta facilmente individuabile (target specifici di lettori) e dalla permanenza del messaggio (che ha una durata maggiore). Affissioni La pubblicità esterna è caratterizzata dall’affissione di cartelloni, manifesti di diverso formato (6x3m, 100x140cm, 200x140cm), insegne lu- minose collocati in punti “strategici” del territorio (importanti nodi stra- dali, strade ad alta densità di traffico, stazioni ferroviarie, metropoli- tane, aeroporti, ecc.), ecc. I costi variano in funzione del formato ma so- prattutto della posizione e del tempo di esposizione, che rappresentano le principali variabili da valutare nella pianificazione della campagna di affis- sioni. Internet Il mezzo internet prevede bassi costi, possibilità di raggiungere in tempo reale un elevato numero di utenti, un’alta selettività (derivante dalla possibilità di conoscere il profilo del consumatore) e la personalizzazione del messaggio. Gli svantaggi, invece, sono l’eccessivo numero di siti internet e la scarsa attenzione dell’utente. Le principali modalità di pubblicità su internet: • banner: è il formato pubblicitario più frequente nella comunicazione su web. Si tratta di uno spazio quadrato o rettangolare contenente un messaggio pubblicitario che può essere animato o statico. Il banner è quasi sempre una “porta di passaggio”: quando l’utente clicca sul banner con il mouse, viene immediatamente portato al sito o pagina collegati. Il formato si misura in pixel: 120x60; 234x60; 400x60, ecc.; • interstitials: pagine a tempo determinato che appaiono passando da una sezione all’altra di un sito o da una pagina all’altra; assomigliano a degli spot televisivi, ma occupano solo una parte dello schermo; • sponsorizzazione (“web sponsoring”): si utilizzano i formati tradizionali (banner o interstitials), situandoli in contesti del tutto specifici. 158 Sponsorizzazione È una modalità di comunicazione che può essere definita sia pubblici- taria che promozionale, ed è utile per aumentare il grado di notorietà dell’a- zienda. Per dare visibilità al marchio aziendale è possibile sponsorizzare un evento, una manifestazione, una squadra sportiva. Strumenti promozionali Catalogo promozionale Può essere realizzato come brochure, depliant, in formato digitale (cd- rom) ed anche come sito internet. È uno strumento utilizzato per far cono- scere l’azienda durante gli incontri ufficiali (presentazioni, happening), le fiere e – più in generale – è consegnato ai clienti per presentare l’azienda e i prodotti/servizi commercializzati. Nel caso del sito internet, invece, l’a- zienda mette a disposizione degli utenti uno strumento promozionale in modo permanente ed a basso costo (dopo la realizzazione del sito web è ne- cessario soltanto l’aggiornamento). Fiere È uno strumento molto importante per acquisire visibilità nel proprio settore e soprattutto per entrare in contatto con gli operatori; parteci- pando alle fiere (campionarie, nazionali, regionali, ecc.) è possibile incon- trare potenziali clienti ed intermediari commerciali. Eventi Creazione di un evento (conferenza, seminario, workshop) per la presen- tazione dell’azienda, di un nuovo prodotto, ecc. Iniziative promozionali ad hhoc Esiste un’ampia gamma di iniziative promozionali che riguardano preva- lentemente il merchandising (attività da svolgere sul punto vendita con l’in- stallazione, per esempio, di display – espositori da terra o da banco) oppure altre attività ad hoc come: couponing (buoni sconto), concorso a premi, sampling (campionamento a scopo promozionale), raccolta punti, carta fe- deltà, ecc. Televendita Attività promozionale mediante la quale si utilizza il canale televisivo per effettuare un’offerta di vendita. Attività di marketing diretto Gli strumenti di marketing diretto consentono di contattare i clienti/consumatori finali in modo mirato e personalizzato. 159 Le principali modalità di marketing diretto sono: Mailing Contatto dei clienti con invio di materiale cartaceo (lettera, brochure, cd-rom, ecc.) E-mailing Invio periodico di e-mail, newsletter, ecc. Telemarketing Contatto del cliente telefonicamente; per svolgere quest’attività è ne- cessario creare una struttura ad hoc (es. call center) o avvalersi di opera- tori esterni, affidando il servizio in outsourcing. Definizione delle strategie di ingresso e competizione Definizione delle strategie di ingresso e competizione Es. 1 Es. 1 160 Caratteristiche materiali: si tratta di stabilire come il prodotto dovrà es- sere fatto da un punto di vista fisico (quale materiale, quali forme, quali co- lori...). Rientra in tale ambito anche la definizione del livello qualitativo del pro- dotto, che è misurabile confrontandolo con prodotti concorrenti. La qualità può essere: merceologica (quella intrinseca al prodotto stesso, che emerge da analisi tecniche); commerciale (ovvero il grado in cui il prodotto risponde alle aspettative dei clienti); percepita (quella effettivamente com- presa e dunque attribuita dai consumatori al prodotto). La sua funzione d’uso consiste nello stabilire a cosa serve il prodotto/servizio. Servizi: si tratta di definire tutto ciò che si aggiunge alla prestazione di base arricchendo nel complesso l’offerta (assistenza post vendita, personaliz- zabilità…), rendendola diversa e potenzialmente preferibile a quella dei concor- renti a parità di componenti materiali e di qualità merceologica. Linee: una linea di prodotto è un insieme di prodotti strettamente corre- lati che mirano alla soddisfazione di uno stesso tipo di bisogno (es. una “linea bagno” composta da bagnoschiuma, shampoo e talco serve a soddisfare i mede- simi bisogni: di pulizia, di piacere, circondandosi di un profumo gradevole, di relax…). Il packaging deve: comunicare nome e marca del prodotto, indicare ingre- dienti o componenti, contenere le modalità di utilizzo (istruzioni, fogli illustra- tivi…), spiegare le modalità di conservazione ove opportuno, far capire perché quel prodotto è diverso dagli altri, indicare i termini di garanzia e la data di scadenza ove esistente. LA BO RA TO RI O A 161 162 LA BO RA TO RI O B 163 164 LA BO RA TO RI O C Risposte: 1. Vero; 2. b) il prezzo, d) la distribuzione; 3. a, d, e; 4. Prezzi bassi e pubblicizzati di alcuni articoli per attirare la clientela anche su altri; 5. Impersonali, Tecnici, Sociali; 6. Diretti: ne- gozi di proprietà, vendite a domicilio, vendite mediante macchine distributrici, vendite per corrispondenza; Indiretti: con o uno o più intermediari. Tutte le domande del questionario sono proponibili agli utenti del percorso B. Quelle con sfondo verde fanno parte del laboratorio A. a. il prodotto b. c. la comunicazione d. 3. I criteri per determinare il prezzo fanno riferimento a. al mercato b. a disponibilità finanziarie occorrenti c. ai livelli di guadagno che si intendono conseguire d. a costi sostenuti e. alla concorrenza f. a mercato azionario 6. I canali distributivi possono essere: diretti................................................................................................................................................ indiretti............................................................................................................................................ a. personali b. aziendali c. d. e. 4. cosa si intende per prezzi civetta? Vero Falso 1. Dopo aver deciso il proprio posizionamento sul mercato si tratta di definire gli obiettivi di mercato e le strategie di mercato 2. Gli strumenti per articolare le strategie di mercato sono quattro: 5. I canali di comunicazioni si possono distinguere in 165 4. Piano di produzione: la messa a punto della struttura aziendale Chi avvia un’impresa si trova nel corso del tempo ad affrontare tutta una serie di problemi, riguardanti la “formula organizzativa” della sua azienda. Ciò comporta la necessità di prendere delle decisioni precise, alcune anche prima dell’avvio dell’impresa, su una serie di punti chiave dell’assetto economico- organizzativo della stessa. Gli aspetti più importanti su cui il neo-imprenditore si deve concentrare sono: 1. sede 2. make or buy 3. immobilizzazioni tecniche 4. ricerca e sviluppo 5. brevetti 6. approvvigionamento 7. struttura amministrativa 8. struttura produttiva 9. accordi con imprese Segue Le tipologie di scelte che è chiamato a fare per ciascuna di queste variabili sono sintetizzate nel riquadro sottostante: 166 Le esercitazioni di entrambi i laboratori fanno riferimento al piano di produzione: sede, struttura organizzativa, struttura amministrativa. Piano di produzione Piano di produzione I laboratori sono preceduti da una scheda. Segue Es. 1 Es. 1 167 Il raggiungimento degli obiettivi aziendali richiede il coinvolgimento e l’attivazione di più soggetti che devono lavorare in maniera integrata e coor- dinata. Ripartire il lavoro - ovvero definire chi fa cosa - significa individuare le unità organizzative. Il modello organizzativo esplicita: - secondo quali principi e modalità si realizza la divisione del lavoro in unità organizzative; - in che modo è garantito il coordinamento dei differenti individui impe- gnati nella realizzazione del lavoro e, quindi, nelle differenti unità orga- nizzative. Diverse sono le forme di organizzazione aziendale; le due forme clas- siche, che rappresentano un po’ la base rispetto alla quale si sono evoluti i differenti modelli organizzativi, sono: il modello funzionale e quello divisio- nale. Quest’ultimo, per le sue caratteristiche, è normalmente più indicato per le medie e grandi realtà imprenditoriali, piuttosto che per le piccole che solitamente impostano l’organizzazione aziendale sulla capacità di specializ- zazione funzionale. MODELLO FUNZIONALE Le unità organizzative sono definite in funzione della specializzazione del lavoro e la struttura ricalca le fasi di input del processo di trasforma- zione e vendita. Un esempio di organizzazione funzionale è riportato dal gra- fico che segue. Scheda n. 10 L’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE 168 Il principale vantaggio del modello funzionale è l’estrema specializza- zione acquisita dalle risorse impegnate nelle singole unità organizzative. Ciò si traduce nel conseguimento di economie di scala e nell’abbattimento dei costi. Per contro, la struttura funzionale risulta estremamente rigida ed è foriera di incomprensioni e conflitti, sempre di natura gestionale, tra i re- sponsabili delle differenti funzioni. Per fare un esempio, il responsabile marketing ipotizza degli obiettivi di vendita “impegnativi” rispetto alle capacità della struttura produttiva ed entra in conflitto con il responsabile dell’area tecnico-produttiva che mani- festa le sue perplessità. Il responsabile marketing non è un incompetente, solo che non ha sensibilità rispetto alle problematiche produttive, dall’altra parte il responsabile della produzione non è uno “scansafatiche”, però si rende conto dell’ulteriore fabbisogno di manodopera, del sovraccarico degli impianti di produzione… MODELLO DIVISIONALE Le unità organizzative sono definite in funzione del rapporto con l’e- sterno e la struttura ricalca gli output del processo di trasformazione e vendita. Esempi di strutture divisionali sono quelle organizzate per aree geografiche, o per mercato di sbocco, o per tipologia di prodotto servizio, come dall’esempio seguente: Un’organizzazione per tipologia di prodotto implica che ogni unità orga- nizzativa gestisca in toto il processo di trasformazione e vendita dell’output di competenza. Segue che ogni divisione deve gestire i problemi connessi al- l’acquisizione dei fattori produttivi, all’organizzazione dell’attività di produ- zione, all’organizzazione e monitoraggio dell’attività di vendita. 169 Pertanto, il modello divisionale presenta il vantaggio di essere molto più elastico e reattivo rispetto a esigenze e cambiamenti provenienti dall’am- biente esterno. Tuttavia rischia di essere molto pesante dal punto di vista della duplicazione dei costi, ciò in quanto ogni unità organizzativa replica al proprio interno una struttura organizzativa autonoma. Esempio Giulio e Osvaldo intendono avviare una piccola attività imprenditoriale per la produzione di piatti pronti, destinati ai pubblici esercizi con piatti monodose pronti al consumo e ai supermercati con prodotti di gastronomia (creme, salse, paté) da commercializzare sfusi. Giulio è un tecnologo alimentare che conosce a perfezione le fasi e le criticità del processo produttivo; Osvaldo, invece, ha maturato un’espe- rienza di agente di vendita per conto di un’azienda che opera nel settore ali- mentare. Date le dimensioni dell’iniziativa, il modello organizzativo più opportuno è un ibrido tra modello funzionale e modello divisionale. Nello specifico, si prevede: – un’unità centralizzata di produzione, presiedutala Giulio, che coordina e gestisce il processo di produzione di entrambe le linee di prodotti (piatti pronti al consumo e prodotti di gastronomia); – due unità organizzative - una per linea di prodotto - che gestiscono le problematiche commerciali e promozionali. Caio sarà responsabile della linea “gastronomia” e gestirà, quindi, i rapporti con il canale dei super- mercati, mentre per la linea “pronti al consumo” occorrerà ricercare una “figura chiave” e nello specifico una persona che abbia maturato una si- gnificativa esperienza nell’attività commerciale verso i pubblici esercizi. 170 LA BO RA TO RI O A 171 LA BO RA TO RI O B 172 173 5. Piano del personale: la definizione dell’organigramma Definita la struttura produttiva, occorre delineare le politiche del personale, cioè decidere se limitare la ditta ai soci o usare consulenti esterni o assumere perso- nale. In quest’ultimo caso il neo imprenditore deve porsi questi problemi: Diventa necessaria 1) un’analisi quantitativa, che determini il numero di persone di cui si ha bisogno, 2) un’analisi qualitativa, per avere una visione corretta e puntuale delle responsa- bilità e dei compiti da svolgere nelle diverse posizioni aziendali e per reclutare quindi il personale adeguato. Per ogni posizione esaminata è indispensabile conoscere le professionalità, le responsabilità e i risultati attesi; se ne definisce l’inquadramento, la durata del rap- porto di lavoro, la retribuzione, gli incentivi economici, l’opportunità di crescita professionale. Si deve precisare, per uso interno, la denominazione della mansione per cui si costituisce quella posizione di lavoro, il numero di persone che devono coprire quella posizione, la descrizione delle attività da svolgere e la posizione ricoperta nell’organigramma aziendale. Decidere di quante persone si ha bisogno non è un processo facile, in quanto non si hanno dati storici a cui riferirsi. Il punto di partenza è quello della determi- nazione delle ore necessarie per realizzare il volume d’affari previsto (produzione- servizi) e dei tempi medi necessari per svolgere determinate operazioni. Questi dati permettono di individuare il numero delle persone che sono necessarie in azienda e di conseguenza è possibile valutarne i costi. 1. Di quante persone ha bisogno l’azienda? 2. Con quali professionalità? 174 Per la tua attività ti occorrono collaboratori? Quanti? Prima, però, di cercare collaboratori devi verificare quello che sei in grado di fare tu e quello che proprio non sai fare (e ritieni anche difficile imparare), e che dunque è consigliabile delegare a terzi; sempre che non si tratti di una competenza così importante per la tua iniziativa da far dipendere da un’altra persona buona parte del successo della tua impresa. Occupandoti di quello che sai fare meglio, sarai sicuro di dare il maggiore apporto possibile alla tua inizia- tiva, e perché no, di lavorare divertendoti. Piano del personale A Piano del personale B Es. 1 Es. 1 175 LA BO RA TO RI O A 176 LA BO RA TO RI O B Parte V FORMA GIURIDICA e COSTITUZIONE DI SOCIETÀ 179 Premessa Quando si vuole trasformare un’idea imprenditoriale in un’impresa reale è in- dispensabile definire la forma giuridica. Questa ha grande importanza poiché le diverse soluzioni possono portare note- voli conseguenze per il futuro dell’azienda. Ma cos’è un’impresa? Che differenza c’è tra impresa ed azienda? Cos’è una ditta? 1. Impresa, azienda o ditta? Sono sinonimi? Nel linguaggio comune sì, ma giuridicamente sono termini con significati di- versi. 180 2. Tipologie d’imprese Secondo l’ordinamento giuridico un’impresa può essere organizzata in una pluralità di forme (cfr. Fig. 1). 181 È opportuno studiare le diverse forme d’impresa in maniera più approfondita. 2.1. Le imprese individuali Il titolare di una ditta individuale è una unica persona fisica, illimita- tamente responsabile delle obbligazioni dell’impresa con tutto il suo patrimonio personale. Gli utili dell’impresa spettano solo all’imprenditore, il quale deve provvedere da solo alle necessità finanziarie dell’impresa medesima. Impresa individuale L’impresa familiare è pur sempre un’impresa individuale, poiché vi è un solo titolare sul quale grava la responsabilità. Sono considerati collaboratori il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado dell’imprenditore (coniuge, figlio, nipote, pronipote, genitore, nonno, bisnonno, fratello e zio, ge- nero, coniuge del nipote, coniuge del genitore, coniuge dei fratelli); il figlio, il nipote (quando non lo sono anche dell’imprenditore), il geni- tore, il nonno e il fratello del coniuge dell’imprenditore, che svolgono la loro attività nell’impresa medesima in modo continuativo e preva- lente. I familiari collaboratori partecipano agli utili secondo quote propor- zionate al lavoro effettivamente prestato; la quota spettante al tito- lare non può essere tuttavia inferiore al 51% del reddito di impresa. Anche in questo caso l’imprenditore deve far fronte da solo alle ne- cessità finanziarie dell’azienda. Non è conveniente costituire un’impresa familiare: - nel caso in cui si voglia attribuire al figlio o al familiare una quota consistente degli utili anche se questi non presta effettivamente la propria opera nell’impresa; - dal punto di vista fiscale, dato che l’impresa familiare può essere assimilata ad una società di persone e, da questo punto di vista, è più redditizia una società di capitali. Impresa familiare 2.2. Le imprese collettive La distinzione tra società di persone e di capitale è legata al prevalere dei soci o del capitale conferito. ⇒ Nelle società di persone il capitale ha un’importanza relativa in quanto i soci rispondono personalmente ed illimitatamente dei debiti della società. ⇒ Nelle società di capitale, invece, i soci rispondono alle obbligazioni assunte dalla società esclusivamente con la parte del capitale da essi sottoscritta. Esistono, inoltre, società non disciplinate dal Codice civile che sorgono quando due o più persone decidono di svolgere una qualsiasi attività commerciale: le cosiddette società di fatto. 182 In sostanza si tratta di società prive della regolare costituzione prevista per i tipi di- sciplinati dal Codice civile e dell’iscrizione presso la Cancelleria commerciale del Tribu- nale. Ciò non offre, spesso, adeguate garanzie all’esterno, in quanto la società non di- venta una entità distinta dalle singole persone fisiche che la costituiscono. La società di fatto si differenzia dall’impresa familiare poiché i soci sono comproprietari dell’azienda. Queste società seguono a grandi linee la normativa della società di persone e, in parti- colare, quella delle S.n.c.; la differenza è che i soci sono meno tutelati nei rapporti con i terzi e non possono acquistare in proprio immobili o beni mobili registrati. Le società di fatto sono di solito costituite per attività di modeste dimensioni (piccoli artigiani e commercianti). 1) Società di persone La società semplice è una delle forme più elementari di società e in genere è costituita da soci che svolgono attività agricola o libere professioni, ma non attività commerciale. Si caratterizza in quanto: 1) non ha autonomia patrimoniale e quindi ogni socio risponde delle obbligazioni sociali in via diretta, illimitatamente e solidalmente: - la responsabilità solidale comporta che ciascun socio possa es- sere perseguito per i debiti della società, anche se contratti da altri soci - la responsabilità illimitata da parte dei soci comporta che i soci medesimi possano essere chiamati a pagare i debiti della società con il proprio patrimonio personale senza che vi sia ob- bligo per i creditori di rifarsi preventivamente sul patrimonio sociale. 2) la consistenza del patrimonio della società è scarsamente tute- lata; ad esempio il creditore particolare del socio può chiedere in ogni momento la liquidazione della quota del suo debitore. Per la sua costituzione non sono richieste forme particolari. Società semplice 183 In questa società sono previsti due tipi di soci: - accomandanti: soci che affidano il capitale ad altri soci perché lo impieghino e poi ne rendano conto; - accomandatari: soci che ricevono il capitale in accomandita. I primi, cioè i soci accomandanti, rispondono per la quota di capitale versata; i secondi, cioè i soci accomandatari, rispondono solidalmente e illimitatamente con tutto il loro patrimonio individuale verso i cre- ditori per gli obblighi sociali. Ai soci accomandatari spetta la gestione della società e ai soci acco- mandanti spetta solo il controllo della gestione. Quando viene costituita la società si devono indicare quali sono i soci accomandanti e quali sono i soci accomandatari. In generale, il trasferimento delle quote del socio di una società di persone richiede il consenso unanime di tutti gli altri soci. Nel caso di trasferimento da parte di soci accomandanti, è sufficiente il con- senso dei soci che rappresentano la maggioranza del capitale. La regolamentazione delle S.a.s. è incentrata sul rapporto esistente fra queste due categorie di soci mentre per il resto è disciplinata dagli stessi principi delle S.n.c. Società in accomandita semplice (S.a.s.) Questa forma di società in genere viene indicata con il nome di uno o più soci e con l’indicazione “S.n.c.”. Ogni socio ha responsabilità illimitata e solidale in via sussidiaria; ciò significa che gli eventuali creditori devono rifarsi sul patrimonio della società e, solo ad esaurimento dello stesso, possono anche esi- gere dai singoli soci il pagamento dei debiti della società. Per tutelare la consistenza del patrimonio sociale, ci sono alcuni vin- coli quali: - il creditore particolare del singolo socio non può espropriargli la quota sociale; tuttavia egli è legittimato a rivalersi sugli utili de- rivanti dalla suddetta quota di partecipazione; - sottostare a delle limitazioni nella distribuzione degli utili: • in particolari circostanze si possono ripartire somme fra soci solo per utili realmente conseguiti; • se si verifica una perdita del capitale sociale, non si possono di- videre utili tra soci finché il capitale non è stato reintegrato o ridotto in misura adeguata; - qualora si decidesse di ridurre il capitale sociale, si deve tenere conto delle necessità di tutelare i creditori sociali. Il contratto di società deve essere stipulato per atto pubblico o scrittura privata autenticata e depositato presso la Cancelleria del Tribunale. Non è previsto un capitale minimo. Le modificazioni del contratto sociale devono essere apportate all’u- nanimità ed essere pubblicate presso la cancelleria del Tribunale. Poiché questa società pubblicizza la sua esistenza con la registra- zione presso la Cancelleria del Tribunale, rende più sicuri e più certi i suoi rapporti con terzi. Società in nome collettivo (S.n.c.) 184 2) Società di capitali Per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo pa- trimonio. Ciò significa che i creditori non possono pretendere dai soci il paga- mento dei debiti sociali nel caso in cui il patrimonio della società sia insufficiente. Per diventare tali, i soci versano quote diverse che sono certificate da documenti: azioni. Il numero delle quote sotto- scritte dà la misura della partecipazione di ciascun socio alla società; il socio, in assemblea, vale per la quota di capitale rappresentata. La legge impone alcuni obblighi a coloro che intendono dare vita ad una S.p.a.: - si deve disporre di un capitale minimo fissato in 200 milioni, - l’atto costitutivo va redatto ad opera del notaio e poi iscritto nel registro delle imprese, previo controllo del Tribunale. Con questa procedura la società acquista una personalità giuridica. Le S.p.a. operano mediante i propri organi formati da persone fi- siche: - l’assemblea dei soci: organo che decide ed esprime la volontà della società. Si riunisce una volta all’anno (assemblea ordinaria) per approvare il bilancio, nominare gli amministratori e i sindaci e per prendere ogni altra decisione prevista nell’atto costitutivo; - gli amministratori: eletti dall’assemblea, sono quelli che dirigono la società nel rispetto delle decisioni prese dall’assemblea e co- stituiscono il Consiglio d’amministrazione; - il collegio sindacale: eletto dall’assemblea, è l’organo di controllo della società. Il collegio controlla se la contabilità è tenuta in modo regolare e se la legge e quanto previsto dall’atto costitutivo sono debitamente osservati. Questo tipo di società è particolarmente adatto per la costituzione di grandi imprese. Società per azioni (S.p.a.) Come nelle società in accomandita semplice, anche in questa forma di società ci sono i soci accomandanti e i soci accomandatari. • I soci accomandanti rispondono per le obbligazioni sociali limita- tamente alle quote di capitale sottoscritto e rappresentato, in questo caso, da azioni; • i soci accomandatari invece rispondono in modo solidale e illimi- tato. Le norme che vengono applicate in generale per la S.p.a. valgono anche in questa società: è richiesto un capitale minimo di 200 milioni per la sua costituzione, è dotata di personalità giuridica, la gestione e l’amministrazione spettano solamente ai soci accomandatari. Società in accomandita per azioni (S.a.p.a.) Il capitale della società non è rappresentato da azioni e per la sua costituzione è sufficiente un capitale sociale di 20 milioni. Con il de- creto legislativo n. 88 del 3 marzo 1993 è ora possibile la costitu- zione di una S.r.l. con un unico socio. Questo tipo di società si adatta bene alle piccole e medie imprese. Società a responsabilità limitata (S.r.l.) 185 1 Q ui e in a lt re p ar ti d el t es to , c i s i e sp ri m e in L ir e pe rc hé in L ir e si e sp ri m on o i d oc um en ti d i r if er im en to . 186 187 La cooperativa è una formula che ha sempre più successo, soprattutto per gli sgravi tributari che la legge prevede. Il primo requisito per dar vita ad una cooperativa è il coinvolgimento di tutti i soci nell’attività della società, allo scopo di risolvere collettivamente un bisogno individuale. Afferma infatti l’art. 2511 del Codice civile: “le imprese che hanno scopo mu- tualistico possono costituirsi come società cooperative a responsabilità limitata o il- limitata...”. La cooperativa quindi, a differenza della società, ha come finalità il soddisfacimento di una esigenza di ciascun socio, che meglio può venir raggiunta con una azione comune, cioè mutualistica. Come viene assicurato il carattere “mutualistico”? Quando negli statuti delle cooperative siano contenute le seguenti clausole: – divieto di distribuzione dei dividendi superiori alla ragione dell’interesse legale ragguagliato al capitale effettivamente versato; – divieto di distribuzione delle riserve fra i soci durante la vita sociale; – devoluzione del patrimonio residuo delle cooperative in liquidazione, de- dotti il capitale versato e rivalutato ed i dividendi eventualmente maturati, al fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (vedi art. 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59). In caso di fallimento o liquidazione coatta amministrativa i soci rispondono solo con la propria quota (o azione) sottoscritta. I vantaggi dei soci possono essere riferiti, ad esempio, alla sicurezza del collo- camento, alla comodità del servizio oppure all’approvvigionamento dei prodotti, all’attribuzione di una parte degli utili attraverso iniziative sociali e culturali che ri- entrino nei “fini mutualistici” (gite sociali, borse di studio), al risparmio di spese (cooperative di consumo) oppure all’individuazione di un percorso occupazionale non tradizionale (cooperative di produzione e lavoro). Tali vantaggi vengono corrisposti dalla cooperativa attraverso prezzi minori o retribuzioni maggiori di quelle di mercato. Le società cooperative possono essere: 3) Cooperative 188 a) a responsabilità limitata: in questo caso per le obbligazioni sociali risponde la società con il suo patrimonio. Nel caso di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa i soci rispondono solo con la propria quota (o azione) sottoscritta. b) a responsabilità illimitata: per le obbligazioni sociali risponde la società con il suo patrimonio e, qualora questo non sia sufficiente, rispondono in via sussidiaria tutti i soci solidalmente e illimitata- mente. La cooperativa a responsabilità illimitata, che in passato ha avuto un grande diffusione, ora è caduta in disuso per i rischi che essa comporta. In particolare, nelle società cooperative: 1. normalmente i soci sono almeno 9. Le cooperative di consumo de- vono avere almeno 50 soci, se la cooperativa ha sede in una loca- lità con meno di 500 abitanti il limite scende a 20; 2. il valore nominale di ciascuna quota (o azione) non può essere in- feriore a L. 50.000 e il valore nominale di ciascuna azione non può essere superiore a L. 1.000.000. Il limite massimo della quota e delle azioni che ciascun socio, persona fisica, può possedere è de- terminato in L. 80.000.000, elevato a L. 120.000.000 per i soci delle cooperative agricole e di produzione e lavoro; 3. nelle assemblee sociali ogni socio ha un voto, qualunque sia il va- lore della quota versata. L’atto costitutivo può attribuire ad eventuali persone giuridiche socie più voti (al massimo 5). Il di- ritto di voto nelle assemblee spetta a coloro che risultano iscritti da almeno 3 mesi nel libro dei soci; 4. l’atto costitutivo indica le condizioni per l’ammissione dei soci (re- quisiti e divieti eventuali sono inoltre stabiliti nella legge 17 feb- braio 1971, n. 127, art. 2); 5. vige divieto di espropriazione della quota; 6. l’amministrazione spetta a più persone che siano soci o mandatari di persone giuridiche socie; 7. le quote possono essere cedute su autorizzazione. Tuttavia l’atto costitutivo può anche vietarne la cessione; 8. è facoltativa la nomina del Collegio dei Probiviri o Collegio Arbi- trale, organo sociale incaricato di risolvere le controversie in- terne alla società e i cui componenti possono anche non essere soci; 9. riguardo agli obblighi di bilancio vale la normativa delle società di capitale in generale; 10. nell’atto costitutivo vengono indicate le condizioni per l’eventuale recesso dei soci; 11. la legge stabilisce che le cooperative devono sottostare a revi- sione periodica per il controllo dell’andamento economico e del ri- spetto delle norme di legge, sia fiscali, previdenziali, che agevola- tive. Società cooperative a responsabilità limitata e illimitata 189 È una forma semplificata di società cooperativa regolamentata dalla legge 7 agosto 1997 n. 266 (meglio nota come “Legge Bersani”) e pensata come un ulteriore strumento a sostegno dell’economia. Può essere composta esclusivamente da persone fisiche in un numero non inferiore a tre e non superiore a otto soci e la denominazione so- ciale deve contenere l’indicazione di “piccola società cooperativa”. Se il potere di amministrazione è attribuito all’assemblea, occorre effettuare la nomina di un presidente, il quale avrà la rappresen- tanza legale. Alla piccola cooperativa si applicano le norme relative alle società cooperative compatibilmente con le norme sopra illustrate. Infine, quando ricorrono i requisiti previsti dalla legge (qualora venga superato il tetto massimo di otto soci), la piccola cooperativa deve deliberare la propria trasformazione in società cooperativa, che rappresenta anche l’unica sua trasformazione possibile. Piccola società cooperativa I soci sono unicamente società cooperative che si propongono l’eser- cizio in comune di attività economiche. Presupposti per la costituzione di un tale consorzio sono: a) un numero di società cooperative legalmente costituite non infe- riore a 3; b) sottoscrizione di un capitale di almeno 1 milione di lire di cui sia versata almeno la metà. Le quote di partecipazione delle consorziate possono essere rappre- sentate da azioni il cui valore nominale non può essere inferiore a L. 50.000, né superiore a L. 1 milione ciascuna. Consorzi di Società Cooperative Esistono diversi tipi di cooperative, a seconda ⇒ dello scopo (bisogni dei soci che intende soddisfare) e ⇒ del tipo di attività che svolgono. 190 Scopo: soddisfare un bisogno abitativo realizzando complessi edilizi (mediante la stipula di convenzioni con enti pubblici territoriali e con imprese edilizie appaltatrici) che vengono poi assegnati ai soci Si distinguono nei gruppi “a proprietà divisa” e “a proprietà indivisa”. a) Le prime formalizzano l’assegnazione dell’abitazione ai soci e l’as- segnatario acquisisce la piena proprietà dell’unità immobiliare me- diante il pagamento di una quota del costo di realizzazione dell’in- tero complesso immobiliare. Dopo questi atti la cooperativa ha raggiunto il proprio scopo sociale e si scioglie, salvo che i soci de- cidano di mantenerla per la gestione condominiale del complesso edilizio. b) Le seconde provvedono alla messa a disposizione di alloggi ai soci, ma questi hanno solo un diritto di uso dell’appartamento loro as- segnato, per il quale pagano un canone di uso commisurato ai costi sostenuti dalla cooperativa. La cooperativa continua ad esistere, gestisce i complessi immobiliari già costituiti, ne paga i mutui ed eventualmente procede a nuove costruzioni per i nuovi soci. Se il socio decide di non usufruire ulteriormente di un alloggio, non ha alcun diritto sul patrimonio della cooperativa. Cooperative edilizie Scopo: perseguire l’interesse generale della comunità contribuendo alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini. Rientrano in questa categoria: ⇒ le cooperative di gestione di servizi socio sanitari, culturali ed educativi; ⇒ le cooperative per lo svolgimento di attività finalizzate all’inseri- mento lavorativo di persone svantaggiate. Si considerano persone svantaggiate: gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex-degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trat- tamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazione di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione. Le persone svantaggiate devono costituire almeno il 30% dei lavo- ratori della cooperativa stessa. Gli statuti delle cooperative sociali possono prevedere la presenza di soci volontari che prestino la loro attività gratuitamente. Possono, inoltre, essere ammessi come soci delle cooperative sociali persone giuridiche pubbliche o private nei cui statuti sia previsto il finanziamento e lo sviluppo delle attività di tali cooperative. Cooperative sociali Scopo: permettere ai soci di ottenere lavoro a condizioni migliori, sia in termini qualitativi che economici, rispetto a quelle esistenti sul mercato del lavoro. Svolgono attività sia nella produzione diretta dei beni che nella fornitura di servizi a terzi, persone fisiche, enti o società. I soci partecipano alla divisione degli utili, nei limiti di legge, general- mente secondo il tempo-lavoro prestato alla società e mai proporzio- nalmente al capitale versato. Cooperative di produzione lavoro 191 ⇒ Scopo: assicurare ai soci la fornitura di beni, sia di consumo che durevoli, a prezzi più contenuti di quelli correnti di mercato. I soci possono essere a) consumatori finali e in tal caso la società si può strutturare con punti vendita propri. b) intermediari commerciali; in tal caso la cooperativa assume la veste di gruppo di ac- quisto, negoziando con i produttori prezzi e condizioni di for- nitura migliori per acquisti più consistenti e continuativi ri- spetto a quelli del singolo associato. Cooperative di consumo Possono svolgere: ⇒ produzione diretta o integrativa Le cooperative: a) fanno acquisti collettivi di prodotti di consumo o durevoli, e li rivendono ai soci previa la sola copertura delle spese; o b) realizzano la gestione collettiva dei fondi di proprietà dei soci. ⇒ distribuzione dei prodotti dei singoli associati. Le cooperative coordinano le attività di vendita dei prodotti otte- nuti dai soci mediante la sola attività commerciale. Si possono suddividere in 4 principali categorie: caseifici sociali, consorzi or- tofrutticoli, cantine sociali, cooperative di servizi agricoli. Cooperative agricole Sono quelle che forniscono servizi ai soli soci che non è possibile far rientrare nei settori precedenti, in quanto svolgono attività diverse. Cooperative di servizio miste e varie Appartengono a questa categoria le cooperative che operano nel set- tore del credito: - Casse Rurali - Cooperative di Credito - Banche Popolari. Cooperative di credito 192 3. Quale forma giuridica scegliere? Nello scegliere l’una o l’altra tipologia d’impresa occorre tener conto di alcuni elementi: Questi elementi permettono di individuare, tra le forme giuridiche previste dal Codice civile, quella che meglio si adatta all’azienda. 1) Il numero dei soggetti La prima distinzione da fare è 2) Il volume d’affari Quanto più il fatturato previsto è elevato, tanto più consistenti saranno i mezzi necessari alle società per l’esercizio della propria attività e il rischio d’impresa. Per cui, in modo molto semplicistico, un fatturato piuttosto elevato do- vrebbe orientare la scelta del tipo di società verso quelle di capitali (per limi- tare il rischio dei soci). 193 Non è possibile stabilire un limite di fatturato oltre il quale è più conve- niente la costituzione di una società di capitali e al di sotto dei quali convenga la società di persone: questo dipende da vari fattori come l’attività esercitata, il tipo di clientela, il mercato a bassa o alta concorrenza, ecc. In linea di massima si può dire che la società di capitali sarebbe consiglia- bile anche se il fatturato previsto non è molto elevato, tutte le volte che l’a- zienda è destinata a vendere in un mercato non troppo facile, dove esiste molta concorrenza e dove gli incassi dei clienti sono a lunga scadenza. Perciò, se l’attività da svolgere si presenta abbastanza rischiosa, è consi- gliabile orientarsi verso una società di capitali. 3) Gli obiettivi Collegato al fattore precedente è quello dell’ammontare degli utili previsti. Data la difficoltà della materia ci limitiamo a fornire alcune indicazioni di massima. - tanto più è elevato il livello di utili della società, quanto più conveniente sarà adottare uno dei tipi di società di capitali; - il livello di utili della società oltre il quale sarà conveniente la costituzione di una società di capitali tenderà a ridursi quando i singoli soci abbiano già dei redditi propri piuttosto considerevoli; - il livello degli utili oltre il quale è conveniente la scelta di una società di ca- pitali tenderà ad aumentare, a parità di altre condizioni, quando gli utili conseguiti verranno distribuiti quasi integralmente ai soci. 4) Entità di capitali da investire Il capitale minimo previsto per la costituzione della società può evidente- mente influenzare nelle scelte del tipo di società da costituire. Per le società di persone il Codice non stabilisce un limite minimo di capi- tale necessario per la loro costituzione e ciò perché i soci rispondono in modo illimitato per le obbligazioni sociali. Poiché le società di capitale, invece, rispondono per le obbligazioni assunte soltanto con il loro patrimonio, la legge prevede il versamento di un capitale mi- nimo: Società a responsabilità limitata (Srl) 20.000.000 Società per azioni (Spa) 200.000.000 Società in accomandita per azioni (Sapa) 200.000.000 I soci non sempre disporranno di tali cifre, per cui dovranno eventualmente ripiegare su una società di persone. 5) Responsabilità personale dei soci Un aspetto fondamentale che può indurre un socio a preferire un tipo di società ad un altra, è sicuramente quello della responsabilità personale dei soci. Un socio può scegliere di entrare in una società dalla quale gli derivi la re- sponsabilità illimitata, cioè, come detto più volte (risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri ai terzi creditori), solo se può seguire da vicino l’attività e se conosce a fondo gli altri soci in modo da evitare spiacevoli sorprese. 194 Quando invece un socio non può seguire da vicino la vita della società o pre- ferisce un rischio calcolato, andrà a costituire una società a responsabilità li- mitata (risponde ai creditori della società solo con il capitale conferito). L’attività svolta e il numero di personale assunto porta ad una serie di con- seguenze sia nella scelta del tipo di società che nella procedura necessaria per costituirla. Il primo passo da fare è definire il tipo di attività che si vuole ini- ziare e in base a questo raccogliere le informazioni necessarie. Le pagine che seguono potranno servire per impostare in modo chiaro il problema. 6) Tipo di settore e attività Artigianato Un lavoratore autonomo, per essere riconosciuto con il titolo di artigiano, deve pos- sedere alcuni requisiti: – esercitare personalmente e professionalmente l’attività prevalente dell’azienda; - organizzare l’attività esercitata, avvalendosi eventualmente della collaborazione del coniuge e dei parenti ed affini entro il secondo grado, e partecipino anche ma- nualmente alla attività stessa; - dirigere personalmente gli eventuali addetti all’attività aziendale; - avere la piena responsabilità della gestione dell’impresa con tutti gli oneri e rischi relativi Il settore artigiano raccoglie oltre 300 mestieri diversi che vanno dall’artigiano dotato di bottega (falegname, orafo, ceramista...) o di un’officina (meccanico...) a quello che possiede una fabbrica che produce in serie o che vende direttamente le proprie prestazioni dove vengono richieste (idraulico, imbianchino). Un artigiano è sottoposto a vincoli rigidi per quanto riguarda: – il numero dei dipendenti non può superare determinati livelli, diversi a seconda del settore e dei sistemi di lavorazione. I limiti possono essere superati nella misura massima del venti per cento e per un periodo non eccedente i sei mesi nello stesso anno, limitatamente ai dipendenti non apprendisti; – il numero degli apprendisti non può superare quello degli altri addetti, compresi il titolare ed i familiari colla- boratori. Si deve inoltre precisare che: – se l’artigiano vende anche articoli non di produzione propria è soggetto alla disci- plina del commercio; – può essere artigiana solo un’impresa individuale, una società di fatto, una S.n.c. o una cooperativa; – se i soci sono più di due, la maggioranza deve svolgere in prevalenza lavoro perso- nale nell’azienda; se sono due, è sufficiente che lavori uno solo; – si può essere titolari di una sola impresa artigiana e ciò non preclude la possibilità di essere contemporaneamente titolare d’imprese non artigiane o essere socio in altre imprese artigiane. 195 Commercio Il commercio è un’attività diretta all’acquisto di beni o servizi allo scopo di rivenderli o affittarli dietro il pagamento di un corrispettivo, dopo averli, eventualmente ed in alcuni casi, trasformati. Una riforma dell’aprile del 1999 ha apportato modifiche profonde al mondo del commercio: da un lato risulta più semplice iniziare un’attività commerciale, dall’altro, però, chi non risulta in regola viene punito con sanzioni più pesanti. Nel riquadro sottostante elenchiamo le novità più rilevanti. A. ABOLIZIONE DELLE TABELLE MERCEOLOGICHE Al posto di una classificazione molto minuziosa è stata introdotta una distinzione tra chi vende prodotti alimentari e chi vende prodotti non alimentari. Per poter accedere all’una o all’altra tipologia di attività occorre avere i requisiti se- guenti: • in regola con i requisiti morali (non essere stati dichiarati falliti, non avere ripor- tato condanna definitiva per delitto non colposo...) • in regola con i requisiti professionali (aver frequentato un corso di formazione professionale, aver esercitato in proprio o come collaboratore per almeno 2 anni negli ultimi 5 anni ...) B. RICLASSIFICAZIONE DELLE STRUTTURE A seconda delle dimensioni dei locali in cui viene esercitata l’attività commerciale, i negozi si suddividono in: medie strutture e grandi strutture C. ORARI DI VENDITA Gli esercizi commerciali al dettaglio possono restare aperti al pubblico per un mas- simo di 13 ore, nella fascia compresa tra le 7 e le 22, previa richiesta al Comune com- petente Agricoltura Secondo l’art . 2135 del Codice civile è impresa agricola quella in cui l’imprenditore esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, silvicoltura (impresa forestale), allevamento del bestiame, attività connesse come ad esempio vendita bestiame allevato, produzione del vino e del formaggio. Quindi è considerato agricoltore anche chi trasforma i prodotti del fondo e, in tal caso, lo svolgimento di tale ulteriore attività rientra nell’esercizio normale dell’agricol- tura. È normale, per esempio, che il viticoltore produca e metta in vendita il vino, mentre non è normale che l’orticoltore utilizzi i propri ortaggi per l’esercizio di un’atti- vità conserviera (in questo caso diviene imprenditore commerciale). 196 197 4. Quali sono le procedure amministrative per costituire una società? Le procedure per la costituzione delle società risultano complesse e per questo vi provvede il notaio; non vale perciò la pena di addentrarsi in particolari. Ci limiteremo ad una esposizione sommaria. 4.1. Società di persone L’atto più importante quando si decide di costituire una società è la stesura del- l’atto costitutivo. Questo atto sarà un punto di riferimento indispensabile durante la vita della società. L’atto costitutivo deve contenere: – il nome, il cognome, il domicilio dei soci; – la ragione sociale (nome della società); – i nomi dei soci che hanno l’amministrazione e la rappresentanza della società; – la sede della società e le eventuali sedi secondarie; – l’oggetto sociale (l’attività che svolge la società); – i conferimenti di ciascun socio, il valore ad essi attribuito e il modo di valutazione; – le prestazioni a cui sono obbligati i soci d’opera (soci che non conferiscono beni, ma prestazioni); – le norme che dettano i criteri di ripartizione degli utili, la quota di ciascun socio negli utili e nelle perdite; – la durata (se prevista) della società. Nel caso di una S.a.s. si deve indicare distintamente quali sono i soci accoman- datari e quali gli accomandanti. L’atto costitutivo deve essere depositato (a cura degli amministratori o del no- taio) entro 30 giorni presso l’ufficio del registro delle imprese (Cancelleria del Tri- bunale). L’amministrazione della società e la sua rappresentanza legale spetta ai soci, che possono tuttavia convenire delle limitazioni. Cioè possono stabilire che: l’amministrazione e la rappresentanza della società spetti ad un solo socio o ad alcuni soci oppure che l’amministrazione ordinaria competa ad ogni socio disgiuntamente (uno indipendentemente dall’altro) mentre l’amministrazione straordinaria spetti congiuntamente a tutti i soci (cioè occorre il consenso di tutti i soci), oppure ancora stabilire che fino ad un determinato ammon- tare gli acquisti, i contratti ecc. possono essere fatti disgiuntamente, mentre, per le somme superiori, occorra il consenso congiunto. In ogni caso, queste clausole e limitazioni, per essere opposte ai terzi (cioè per poter essere certi che gli altri ne siano a conoscenza), devono essere inserite nel- 198 l’atto costitutivo o in un altro documento comunque iscritto nel registro delle im- prese; in caso contrario sarà la società che dovrà provare la conoscenza di tali patti da parte di terzi. Le modificazioni dell’atto costitutivo devono essere iscritte nel registro delle imprese presso la Cancelleria del Tribunale entro 30 giorni, in caso contrario non sono opponibili ai terzi a meno che non si dimostri che questi ne erano comunque a conoscenza. Le principali formalità richieste per la costituzione delle società di persone: – deposito dell’atto costitutivo presso la Cancelleria del Tribunale per l’iscri- zione nel registro delle imprese. L’atto va depositato in carta da bollo entro 30 giorni dell’avvenuta costituzione allegando la ricevuta del pagamento della tassa di concessione governativa; – deposito dell’accettazione di carica degli amministratori della società, presso la cancelleria del Tribunale per l’iscrizione nel registro delle imprese. Deve es- sere redatta in carta da bollo e depositata entro 15 giorni dalla notizia di no- mina; – denuncia alla Camera di Commercio, con allegata copia autenticata in carta li- bera, dell’atto costitutivo. La denuncia va redatta su appositi moduli, rilasciati dalla Camera di Commercio, e presentata entro 30 giorni dalla costituzione della società; – deposito della firma degli amministratori alla Camera di Commercio. Le firme devono essere autenticate dal notaio o altro pubblico ufficiale. Va redatta in carta semplice, su appositi stampati dalla Camera di Commercio, e presentata entro 30 giorni dall’avvenuta comunicazione di nomina ad amministratori; – comunicazione all’ufficio distrettuale delle imposte dirette competente dell’av- venuta costituzione della società allegandovi una copia in carta libera dell’atto costitutivo entro 3 mesi dalla costituzione. Tutte le precedenti formalità sono espletate normalmente dal notaio che stipula l’atto costitutivo della società. Se la società possiede i requisiti necessari per essere considerata una impresa artigiana, occorrerà presentare la denuncia di costituzione anche all’albo delle imprese artigiane tenuto dalla Camera di Commercio, allegan- dovi una copia dell’atto costitutivo e una ricevuta di versamento della tassa di con- cessione governativa. 4.2. Società di capitali L’atto costitutivo della società di capitale deve essere fatto per atto pubblico e contenere le seguenti indicazioni: 199 – cognome e il nome, luogo e data di nascita, domicilio, cittadinanza dei soci (per S.p.a. e S.a.p.a. il numero delle azioni sottoscritte); – denominazione, sede ed eventuali sedi secondarie della società; – oggetto sociale (l’attività svolta dalla società); – ammontare del capitale sottoscritto e di quello versato; – valore e il numero delle azioni e se queste sono nominative o al portatore (per S.p.a. e S.a.p.a.); – valore di eventuali crediti e beni conferiti in natura (conferimento di ogni socio per Srl); – norme per il riparto degli utili; – partecipazione agli utili eventualmente riservata ai procuratori o ai soci fondatori (per S.p.a. e S.a.p.a.); – numero degli amministratori e loro poteri, con l’indicazione di coloro che hanno la rap- presentanza della società; – numero dei componenti del collegio sindacale; – durata della società; – importo complessivo delle spese di costituzione a carico delle società. L’atto costitutivo della S.a.p.a. deve indicare quali sono i soci accomandatari. Per poter procedere alla costituzione delle società devono essere osservate le seguenti condizioni: – che sia sottoscritto l’intero capitale sociale (200 milioni per S.p.a. e Sapa e 20 milioni per S.r.l.); – che siano versati presso un istituto di credito almeno i 3/10 dei conferimenti in denaro (restano quindi esclusi dal deposito dei 3/10 i valori sottoscritti in di- versa natura). Questi depositi verranno restituiti agli amministratori quando la società sarà regolarmente costituita e gli stessi dimostrino l’avvenuto inseri- mento presso l’ufficio del registro delle imprese. Nel caso in cui, trascorso un anno, la società non risulti ancora iscritta, le somme depositate saranno restituite ai sottoscrittori. Le principali formalità richieste per la costituzione delle società di capitale sono: – deposito presso una banca dell’importo dei 3/10 dell’ammontare del capitale sociale sottoscritto in denaro; – ricorso al Tribunale perché emetta decreto di omologazione dell’atto costitu- tivo della società, che deve essere redatto in carta da bollo e presentato entro 30 giorni dalla data di costituzione della società, allegandovi la quietanza della banca dell’avvenuto versamento dei 3/10; – deposito dell’atto costitutivo presso la Cancelleria del Tribunale per l’iscri- zione nel registro delle imprese allegandovi copia autentica del decreto di omologazione e la ricevuta di versamento della tassa di concessione governa- tiva, che varia a seconda del capitale sociale e del tipo di società. Il deposito dell’atto costitutivo deve avvenire entro 30 giorni dall’omologazione; – deposito dell’accettazione di carica degli amministratori della società, con firma autografa per l’ iscrizione nel registro delle imprese. Il deposito deve av- 200 venire entro 15 giorni dalla notizia della nomina presso la cancelleria del Tri- bunale e deve essere redatto in carta da bollo allegando la ricevuta del versa- mento della tassa di concessione; – deposito, presso la Cancelleria del Tribunale, per l’iscrizione nel registro delle imprese, dell’accettazione di carica dei sindaci (quando esistono); – denuncia alla Camera di Commercio dell’avvenuta costituzione della società allegando copia dell’atto costitutivo. La denuncia va redatta su appositi mo- delli rilasciati dalla Camera di Commercio e presentata entro 30 giorni dalla costituzione della società; – deposito della firma degli amministratori presso la Camera di Commercio. Le firme devono essere autenticate dal notaio o altro pubblico ufficiale e presen- tate entro 30 giorni dall’avvenuta comunicazione di nomina; – comunicazione all’ufficio distrettuale delle imposte dirette competente dell’av- venuta costituzione della società allegandovi una copia in carta libera dell’atto costitutivo. Parte degli atti devono essere inviati, per la pubblicazione, al BUSARL (bol- lettino ufficiale società per azioni e a responsabilità limitata). La richiesta di pub- blicazione va redatta in carta libera e presentata entro un mese dalla data di iscri- zione dell’atto presso la Cancelleria del Tribunale. 4.3. Cooperative Le società cooperative, qualunque sia il tipo e l’attività sociale, debbono costi- tuirsi per atto pubblico, cioè con l’intervento di un notaio. L’atto costitutivo deve indicare: – dati anagrafici dei soci, i dati delle società se partecipano persone giuridiche; – la denominazione, la sede della società e le eventuali sedi secondarie; – l’oggetto sociale; – se la società a responsabilità illimitata o limitata e, in questo caso, se il capitale sociale è ripartito in azioni e l’eventuale responsabilità sussidiaria dei soci; – la quota di capitale sottoscritta da ciascun socio, i versamenti eseguiti e, se il ca- pitale sociale è ripartito in azioni, il valore nominale; – il valore dei crediti e dei beni conferiti in natura; – le condizioni per l’ammissione dei soci, il modo e il tempo in cui devono essere ese- guiti i conferimenti; – le condizioni per l’eventuale recesso e per l’esclusione dei soci; – le norme secondo le quali devono essere ripartiti gli utili, la percentuale massima degli utili ripartibili e la destinazione che deve essere data agli utili residui; – le forme di convocazione dell’assemblea, le condizioni per la validità delle delibe- razioni e per l’esercizio del diritto di voto; – il numero degli amministratori ed i loro poteri, indicando quali tra essi hanno la rappresentanza sociale; – il numero dei componenti del collegio sindacale; – la durata della società. 201 Entro venti giorni dalla stipulazione, l’atto costitutivo deve essere depositato per la registrazione presso il competente ufficio del Registro. Se la cooperativa prevede di svolgere attività commerciale assoggettabile a IVA dovrà presentare apposita domanda per l’ottenimento del relativo numero. Se invece non lo prevede, presenterà domanda al competente Ufficio delle imposte di- rette per il rilascio del solo numero di codice fiscale. L’atto costitutivo registrato deve essere depositato entro 30 giorni presso la Cancelleria del Tribunale, che verifica l’adempimento delle condizioni stabilite dalla legge per la costituzione della società, compie un controllo di legittimità sullo statuto, in particolare sull’oggetto sociale, sulle condizioni di ammissione, recesso od esclusione dei soci e, se positivo, ne ordina l’iscrizione nel Registro delle so- cietà. Le deliberazioni dell’assemblea che comportino modificazioni dell’atto costi- tutivo devono essere depositate ed iscritte nel Registro delle società, con la stessa procedura prevista per la costituzione. Dopo questo adempimento l’atto costitutivo deve essere presentato, entro trenta giorni, presso il locale ufficio del Ministero del lavoro e delle politiche so- ciali per la pubblicazione sul “Bollettino Ufficiale delle Società Cooperative e loro Consorzi” (BUSC). Completata la costituzione legale, il notaio o gli amministratori devono presen- tare denuncia dell’avvenuta costituzione alla Camera di Commercio. 202 LA BO RA TO RI O C 203 204 205 206 207 Risposte questionario: 1. b; 2. b; 3. c; 4. Familiare; 5. Ci sono due errori: risponde con il proprio patrimonio e da so- lo provvede alle necessità finanziarie dell’impresa; 6. Terzo, Secondo; 7. b; 8. Falso, non può essere inferiore al 51%; 9. Falso; 10. a; 11. b; 12. a; 13. c; 14. c; 15. a; 16. a) Vera, b) Falsa, c) Vera, d) Vera; 17. Falso; 18. Libere professioni; 19. a) Vera, b) Vera, c) Falsa; 20. a; 21. Ve- ro; 22. Falso; 23. Ciascun socio può essere perseguito per i debiti della società anche se con- tratti da altri soci; 24. Nessuno; 25. c; 26. Scrittura privata autenticata, Cancelleria del Tribu- nale; 27. c; 28. c; 29. Società in nome collettivo, Società in accomandita semplice, Società per azioni, Società in accomandita per azioni, Società a responsabilità limitata; 30. Soci che affi- dano il capitale ad altri soci perché lo impieghino e poi ne rendano conto; 31. Soci che rice- vono il capitale in accomandita; 32. Per la quota di capitale versata, con tutto il loro patrimo- nio individuale; 33. a; 34. 200 milioni; 35 . Notaio, Tribunale, Registro delle imprese; 36. As- semblea dei soci; 37. Collegio sindacale, dall’assemblea, sulla regolarità della contabilità e sul- le osservanze legali; 38. b; 39. Una volta, il bilancio, gli amministratori e i sindaci; 40. Azio- ni; 41. d; 42. b; 43. b; 44. c; 45. Falsa, Vera, Falsa; 46. b; 47. c; 48. 3, 8; 49. 3; 50. Edilizie, di produzione e lavoro, sociali, di consumo, agricole, di servizio, miste e varie, di credito; 51. Soddisfare un bisogno abitativo dei soci; 52. di attività di promozione umana e integrazione dei cittadini; 53. Cooperative agricole, Cooperative di credito, Cooperative sociali, Coopera- tive di produzione e lavoro, Cooperative di consumo; 54. Gli obiettivi dell’impresa, l’entità di capitali, il numero dei soggetti coinvolti, il grado di responsabilità giuridica dei soci, la ti- pologia del settore; 55. Di capitali; 56. S.r.l., S.p.a. Risposte tabella: Vedi p. 201. 208 LA BO RA TO RI O A 209 LA BO RA TO RI O B Parte VI QUANTIFICAZIONE e REPERIMENTO RISORSE FINANZIARIE 213 1. Pianificazione finanziaria Fin qui si è parlato del progetto imprenditoriale in se stesso, a prescindere dalla sua realizzabilità. Ora, invece, si tratta di vedere se l’idea è concretamente realizzabile sul piano economico-finanziario. Ovviamente maggiore sarà l’approfondimento, migliori saranno le possibilità di fare una previsione esatta. 1.1. Il conto economico Nel definire il conto economico si può partire da diversi punti: a) dalle vendite previste e da questo dato definire la dimensione della capacità produttiva (nel medio periodo), l’ammontare degli acquisti, delle spese fisse; oppure b) dalla capacità produttiva realizzabile con le risorse di macchine, processi e personale a disposizione. Il calcolo dei costi sarà fatto ipotizzando una stati- cità dell’azienda oppure ipotizzando un miglioramento annuale della capacità produttiva di circa il 5% nel primo triennio dovuto al processo di apprendi- mento (learning curve). 214 Questo secondo approccio, se da una parte semplifica notevolmente il lavoro di progettazione, dall’altra non considera, e quindi non aiuta, possibili espansioni dell’azienda. Tali motivi ci fanno preferire la prima metodologia presentata. Il percorso da realizzare è il seguente: 1) Si quantificano i ricavi previsti per i primi due o tre anni (piano marketing) e di conseguenza il volume di merci e servizi da produrre. 2) Dopo aver deciso quanto produrre e quanto tenere in magazzino è possibile sti- mare il volume degli acquisti necessario per le materie prime, i semilavorati e i servizi. 3) Definito questo ammontare bisogna considerare le spese di produzione, ammi- nistrative e commerciali. Tra queste le principali voci di costo sono: canoni affitto, canoni leasing, manutenzioni e riparazioni, consulenze fiscali e legali, studi e ricerche, spese telefoniche, cancelleria, promozione e pubbli- cità, trasporti, provvigioni, viaggi e spese di rappresentanza. A questo punto possiamo calcolare il saldo della nostra attività. Deducendo i costi sopportati dai ricavi previsti otteniamo il risultato lordo. Questo lavoro non tiene conto di altre due importanti voci di costo che sono gli ammortamenti e gli oneri finanziari. Tali valori dipendono dalla struttura patrimo- niale e più in particolare dal capitale investito e dalla quantità di prestiti ricevuti per iniziare l’attività. Quindi prima d’aggiungere queste due voci dobbiamo predi- sporre lo stato patrimoniale. 1.2. Lo stato patrimoniale La situazione patrimoniale comprende i fattori di proprietà dell’impresa e si compila tenendo conto di due distinte voci: attivo e passivo. All’attivo vanno considerati: – il denaro contabile disponibile effettivamente – i crediti di breve e medio periodo: cioè il valore delle merci vendute e non an- cora incassate – il valore degli impianti, dei macchinari e delle attrezzature – il valore delle scorte da materie prime, semilavorati... Al passivo vanno considerati: – i debiti a breve termine contratti con i fornitori – i prestiti ottenuti – gli ammortamenti effettuati (rappresentano la “perdita di valore” che subi- scono gli impianti a causa dell’uso). Da quanto detto, si può evidenziare l’esistenza di un rapporto molto stretto tra conto economico e stato patrimoniale. 215 Le necessità finanziarie di una azienda si articolano in due classi: Tra gli investimenti fissi rientrano quei costi che si devono sostenere per po- tersi dotare di una struttura produttiva necessaria per raggiungere il volume d’affari previsto: immobili, attrezzature, brevetti, macchinari. Questi costi non vanno confusi con i costi del conto economico e non an- dranno sottratti dai ricavi. Infatti, una volta determinati gli investimenti fissi, si può stimare la voce ammortamenti lasciata in bianco nel conto economico: questa voce non è altro che l’imputazione della parte del costo degli investimenti fissi all’anno considerato. Il primo fondamentale strumento di finanziamento per l’avvio dell’impresa è il capitale messo a disposizione dall’imprenditore, a cui si possono aggiungere altri capitali quali contributi pubblici, finanziamenti bancari e così via. Con ragionevole approssimazione si può determinare l’indebitamento e, appli- cando il tasso d’interesse medio previsto, stimare gli oneri finanziari. Riportando questo dato nel conto economico si determina l’utile che si prevede di ottenere. 216 2. Il problema dei finanziamenti Nella fase precedente siamo riusciti a “stimare” il fabbisogno finanziario che occorre per dar vita alla nuova impresa. Dove recuperare queste risorse? È oppor- tuno avere le idee chiare sulle diverse possibilità a disposizione, perché le risorse possono provenire da diverse fonti, come sintetizzato nella figura che segue. Il capitale proprio è rappresentato dalle risorse (monetarie e non) messe a dis- posizione dell’imprenditore. Tali risorse sono rappresentate da Il capitale di credito è rappresentato da debiti contratti vero terzi attraverso due fondamentali vie: Nella fase di inizio dell’attività le imprese richiedono un notevole fabbisogno finanziario, e, in genere, è sempre necessario ricorrere all’utilizzo sia di capitale proprio che di terzi: l’attenzione è utilizzarli nel giusto mix. 217 Per realizzare questo giusto mix, proponiamo dei consigli di carattere generale. Nel momento di avvio dell’impresa, non si possono conseguire rapporti di in- debitamento elevati. Una indicazione da seguire è quella di contenere e dilazionare al massimo i fabbisogni e ciò è possibile solo se si è in grado di formulare un piano finanziario efficiente. Ciò creerebbe squilibri dovuti ai tempi lunghi del ritorno in liquido dell’inve- stimento in macchinari e attrezzature, rispetto alla scadenza ravvicinata del finan- ziamento. L’imprenditore cercherà, quindi, di dotarsi di una struttura snella e flessibile li- mitando (anche se vi è una pianificazione a tempi medi) gli investimenti in immo- bilizzazioni. Le scelte possibili sono molteplici: potrà affittare gli uffici, comprare macchi- nari usati o in leasing, appoggiarsi a terzi. Le stesse considerazioni si devono fare in merito al capitale circolante (fabbricazione prodotto, scorta minima, pagamenti clienti), anche se questa operazione è difficile essendo strettamente legata all’atti- vità dell’impresa. Le nuove imprese si trovano quindi ad affrontare i seguenti problemi finan- ziari: – un notevole fabbisogno finanziario concentrato nella fase di avvio dell’at- tività (capitale fisso e circolante); – un livello molto limitato di autofinanziamento nel periodo di partenza del- l’azienda; – scarse garanzie patrimoniali utili per avere più facilmente crediti. 218 3. Le fonti di finanziamento Questi problemi vanno affrontati conoscendo tutte le fonti esistenti per il “cre- dito diretto” e “indiretto” cioè: 3.1. Gli Istituti di credito In particolare facciamo riferimento agli istituti di credito speciale che operano per il finanziamento a medio termine degli investimenti. Ad essi è collegato il sistema parabancario, costituito da: ⇒ società di factoring (smobilizzo di crediti commerciali) ⇒ di leasing (finanziamenti di immobili e attrezzature sotto forma di loca- zione). Il problema di fondo per l’accesso al credito è legato alle caratteristiche del no- stro sistema bancario, orientato al finanziamento di imprese consolidate sulla base di idonee garanzie. Il sistema bancario ha difficoltà a rischiare su imprese nuove, soprattutto se operanti con prodotti o su mercati nuovi e carenti di garanzie. In ogni caso, il cre- dito bancario in quanto tale non può risolvere i problemi posti da un livello di capi- talizzazione insufficiente. Non è possibile richiedere ad istituti di credito di finan- ziare il 70-80% del fabbisogno finanziario. Un grosso contributo per avvicinare le imprese nascenti al sistema bancario può essere fornito dagli organismi di garanzia collettiva fidi (Confidi), presenti praticamente in tutte le Regioni, per il credito bancario a breve termine e, in molte aree, anche per quello a medio termine. Si tratta di organismi a base associativa, costituiti sotto forma di cooperativa o di consorzio fra imprese dello stesso comparto produttivo. Essi dispongono di un patrimonio depositato a garanzia, a fronte dell’assunzione di una quota di rischio (50-70% normalmente) sui finanziamenti erogati da banche convenzionate alle im- prese aderenti. Questi enti possono quindi sostituire, entro certi limiti, la carenza di garanzie collaterali disponibili presso le imprese nuove. 219 I neo-imprenditori faranno bene, soprattutto quando sono dotati di limitate ri- sorse finanziarie iniziali, ad avviare possibilmente l’impresa come unità artigiana. Per le imprese artigiane esiste infatti un sistema di agevolazioni dello Stato e delle singole Regioni e Province, tale da creare una riserva di finanziamenti agevolati a medio termine di piccolo importo, assistiti anche da garanzie pubbliche. Questi strumenti creano un canale preferenziale e protetto di finanziamento orientato alle piccole imprese, valido anche per quelle di nuova costituzione. Tale caratteristica è esaltata dalla vocazione di alcuni tipi di istituti (in particolare Casse di Risparmio e Banche Popolari) al finanziamento dell’artigianato anche per piccoli importi e, per di più, con una considerazione più elastica del problema delle ga- ranzie rispetto ai normali parametri. 3.2. Gli istituti di leasing Le difficoltà di reperire denaro, almeno all’interno dei circuiti creditizi finan- ziari tradizionali, porta a considerare forme diverse di finanziamento, tra le quali assume particolare importanza il leasing. ⇒ La società di leasing interviene fra l’azienda produttrice del bene oggetto del contratto e l’azienda che intende utilizzarlo, acquistando dalla prima il bene e cedendolo in locazione alla seconda. ⇒ L’impresa che utilizza il bene si impegna a corrispondere alla società di lea- sing un determinato numero di canoni periodici per un importo superiore al costo iniziale. ⇒ Al termine del contratto il bene diventa proprietà della società utilizza- trice. Questa procedura presenta il vantaggio di essere veloce, di non aver bisogno di garanzie reali e di avere limitate spese accessorie, e lo svantaggio di avere un tasso elevato di interessi e la mancanza di proprietà del bene fino al momento del ri- scatto. Poiché le società di leasing sono assai numerose, è bene rivolgersi per un primo contatto alle associazioni di categoria, che possono fornire un quadro com- pleto delle società operanti nel settore e dei prodotti a disposizione sul mercato. 3.3. Le società di factoring Al di là delle forme di finanziamento bancario, per le aziende che vendono a pagamento dilazionato, può risultare conveniente il ricorso al factoring. Una so- cietà di factoring è una organizzazione che accetta il trasferimento dei crediti verso clienti in via esclusiva e totale. Il metodo presenta notevoli vantaggi in termini or- ganizzativi e finanziari in quanto permette alle aziende di avere una maggiore dis- ponibilità di mezzi liquidi ed allevia o elimina la necessità della gestione ed ammi- nistrazione dei crediti verso i clienti. 220 3.4. Il franchising A chi vuole mettersi in proprio il franchising offre una strada più agevole del- l’impresa tradizionale, quasi priva di incognite anche se non di rischi. Con il contratto di franching la nuova azienda è inserita in una catena che offre gli stessi prodotti o gli stessi servizi, mantiene un’immagine unica e segue una stra- tegia decisa dal franchisor (la società affiliante). Il vantaggio: le scelte e le decisioni dipendono da analisi di mercato che ben difficilmente il piccolo imprenditore potrebbe compiere da solo; a questo si aggiun- gono un impiego finanziario normalmente poco oneroso e la possibilità di creare una propria impresa senza bisogno di un’idea originale o di capacità specifiche. A beneficiare dei vantaggi non è solo il franchisee (l’affiliato), ma soprattutto il franchisor, che può espandere la propria penetrazione sul mercato, anche estero, sen- za necessità di ingenti capitali. Per mettere in grado l’aspirante affiliato di valutare la proposta, viene presentato il conto economico previsionale per i primi anni, lo stato patrimoniale, le proiezioni finanziarie e gli indici di redditività dell’investimento. Il franchising non è però una formula magica per garantire il successo impren- ditoriale, ma una interessante strategia d’impresa che permette di avviare un’atti- vità in proprio riducendo i tempi di apprendimento iniziali. Il franchisee, titolare delle licenze e delle autorizzazioni necessarie, deve por- tare in dote i locali in cui svolge la propria attività. Per quanto riguarda l’investimento iniziale, la gamma delle proposte è molto varia: si può avviare un’attività in franchising con pochi milioni, e arrivare oltre il miliardo, dipende dal settore prescelto. Oltre al costo delle strutture, l’investimento iniziale deve coprire le spese di ristrutturazione ed allestimento dei locali, quelle di costituzione della società a cui è intestata l’attività del franchisee, spese promozio- nali per il lancio del locale e il costo del primo assortimento, il capitale circolante necessario per l’avvio della gestione corrente ed eventuali commissioni di ingresso. Come corrispettivo della cessione della propria formula imprenditoriale e del- l’assistenza, il franchisor chiede, infatti, il pagamento di una somma proporzionata ai costi da lui sostenuti e ai vantaggi acquisiti dall’affiliato. Può trattarsi di un di- ritto d’entrata, che deve essere pagato contestualmente alla stipulazione del con- tratto, o al momento dell’apertura del punto vendita, o in modo dilazionato. Più fre- quentemente, però, assume la forma di una quota fissa annuale o di royalties calco- late in percentuale sul fatturato, sugli acquisti o in funzione di altri parametri. Le spese pubblicitarie sono un costo non indifferente per l’affiliato. Le cam- pagne istituzionali di promozione del marchio sono generalmente a carico del fran- chisor, che chiede ai franchisee un contributo percentuale. Per la pubblicità locale, invece, l’affiliato è libero di sviluppare iniziative individuali, a suo carico, previa approvazione da parte dell’affiliante, che sorveglia il rispetto dell’uniformità di im- magine dell’intera catena. Diversi franchisor assistono finanziariamente il nuovo franchisee, concedendogli condizioni di pagamento agevolate o mettendolo in con- tatto con istituti di credito in grado di finanziare una parte dell’investimento. 221 Scheda n. 11 TUTTO QUELLO CHE DEVI SAPERE PRIMA DI METTERE PIEDE IN BANCA 1) Il momento della presentazione è fondamentale ed estremamente importante. Per quanto sia teoricamente vero che un prestito dovrebbe es- sere rilasciato solo sulla base di elementi oggettivi (redditività e garanzie), è innegabile che nella pratica la forma (come ci si presenta, come si è ve- stiti, come si parla) è un elemento decisivo. Vale un’ulteriore regola: spesso si dice che le banche offrono servizi. Nella osservazione della realtà, di fatto, le banche offrono “persone”, cioè offrono alla clientela la capacità di capire la loro esigenza e risolverne i pro- blemi. Pertanto il rapporto personale con la banca è centrale. Una racco- mandazione: non te la prendere con il funzionario per eventuali ritardi… Le banche hanno diversi livelli di decisione. Generalmente i direttori di agenzia hanno deleghe fino ad un determinato importo (più la banca è piccola e meno deleghe ha il direttore). 2) Cosa portare e a cosa stare attenti. Va ribadito che è fondamen- tale recarsi presso l’istituto di credito con le idee chiare, ben preparati. In estrema sintesi, le domande delle quali bisognerà avere chiara la risposta sono: • Quanto denaro ti serve esattamente? • Per cosa ti serve? • Come hai intenzione di restituirlo? Per aumentare le possibilità di ottenere un prestito, sarebbe opportuno portare il proprio business plan per offrire: informazioni generali (nome della società, la sua sede legale, i nominativi dei proprietari); informazioni sul prestito: (a cosa serve e perché è richiesto, ammontare esatto di cui si necessita); informazioni di dettaglio (chiara definizione del mercato in cui l’impresa intende operare e dei prodotti/servizi che intende offrire, nonché della potenziale clientela; principali dati di previsione economici e finan- ziari). La documentazione stessa non è obbligatoria, semplicemente aiuta a fornire l’impressione di trovarsi davanti ad un imprenditore preparato ed affidabile. Resta inteso che le banche hanno un’apposita modulistica per i differenti servizi. 3) Per orientarsi su cosa chiedere, occorre sapere che esistono due grandi categorie di prestiti: • Prestiti a breve termine: hanno in genere una durata inferiore all’anno, ossia è prevista la restituzione del capitale da parte del debitore in un arco di tempo inferiore ai dodici mesi anche se nella norma si rinnovano 222 di anno in anno. I prestiti a breve termine normalmente si chiedono per fare fronte agli sbilanci temporali tra uscite ed entrate finanziarie e quindi sono tipicamente riferiti alla gestione corrente. • Prestiti a lungo termine: hanno invece una durata superiore all’anno e possono arrivare, per l’acquisto di immobili, fino a 20 anni. I finanzia- menti a lungo termine sono utilizzati per fronteggiare spese particolar- mente elevate come l’acquisto di: immobili e strutture produttive, beni durevoli, veicoli, macchinari e attrezzature. Come si può facilmente notare, esiste una stretta relazione tra le due tipologie di prestiti da una parte - quelli a breve termine ed i prestiti a lungo termine - e le spese di investimento/gestione dall’altra. I prestiti a lungo termine dovrebbero essere richiesti per esigenze di investimento, mentre i finanziamenti a breve termine andrebbero a soddisfare la parte relativa alle gestione di impresa. Solo in questo modo è possibile centrare l’equilibrio finanziario premesso in precedenza. Quanto esposto evidenzia l’esigenza per il neo-imprenditore di cono- scere con esattezza la destinazione del finanziamento richiesto tra investi- mento e gestione allo scopo di attivare correttamente presso la banca il prestito più idoneo. 4) Per ottenere un finanziamento è necessario fornire garanzie. La banca, in altre parole, pone tra le sue condizioni per il rilascio di un prestito, la presenza di una garanzia. La valutazione dell’azienda e, in particolare, la sua redditività restano gli elementi più forti rispetto alla possibilità di otte- nere un credito, eppure la banca può richiedere una garanzia a maggior tu- tela del rischio assunto. Il caso più frequente è quello in cui l’imprenditore, in prima persona, garantisce il prestito per conto della propria azienda. Le garanzie richieste dalle banche per il rilascio di un fido possono es- sere ricondotte a due tipologie. Nel rapporto banca-imprenditore, esistono varie forme di garanzia reale quali il pegno su titoli, il pegno su merci, le ipoteche su beni immobiliari. – Pegno: È il diritto che il creditore vanta su di un bene dato appunto in pegno dal debitore a garanzia del pagamento della somma ottenuta. – Ipoteca: È il diritto che il creditore vanta su un bene immobile (es. casa; ufficio; stabilimento...) a garanzia del pagamento della somma ot- tenuta da parte del debitore. In buona sostanza cosa avviene: se alla scadenza del prestito il debitore non paga, la banca si appropria dei beni dati in pegno/ipoteca e, attra- verso la vendita, rientra delle somme prestate. 223 Un esempio di fideiussione può essere la seguente: il titolare di una azienda (società di capitali) chiede un prestito ad una banca, la banca valuta l’affidabilità della azienda e chiede al titolare una garanzia personale, il ti- tolare, neo-imprenditore, offre la propria garanzia nel senso che, se la pro- pria azienda non ripaga il debito, dovrà intervenire in prima persona con il proprio patrimonio. Quando si svolge una attività con una società, la sfera patrimoniale della persona è separata da un punto di vista giuridico dalla sfera patrimoniale della società. I beni che appartengono alla società non possono mai essere messi in relazione con il titolare. L’imprenditore, infatti, è proprietario dei titoli (azioni o quote) della attività e non dei beni della società stessa che possono essere usati solo a fini societari. 224 LA BO RA TO RI O B 225 LA BO RA TO RI O C 226 227 Risposte: 1. a; 2. a) Vero, b) Falso, c) Vero; 3. a) Vero, b) Vero, c) Falso; 4. Dell’uso; 5. Errato: gli ammortamenti; 6. Il capitale, contributi pubblici, finanziamenti bancari; 7. a) Vero, b) Vero, c) Falso; 8. Vero; 9. Falso; 10. a) Vero, b) Vero, c) Vero; 11. a; 12. Società di factoring, agevolazioni pubbliche, franchising; 13. a; 14. c; 15. a; 16. Smobilizzo di crediti commerciali; 17. Finanziamento di immobili e attrezzature sotto forma di loca- zione; 18. a) Falso, b) Falso, c) Falso, 19. Business plan; 20. a) Vero, b) Vero, c) Vero, d) Falso; 21. Vero; 22. a) Il conto economico previsionale, b) le proiezioni finanziarie: 23. c. Parte VII SOSTEGNI NAZIONALI e REGIONALI A IMPRENDITORIALITÀ e LAVORO AUTONOMO 231 1. Misure nazionali Numerose sono le leggi che promuovono la imprenditorialità e il lavoro auto- nomo. Alcune di loro sono in vigore da anni e vengono annualmente rifinanziate. È possibile però dividerle in due grandi categorie: quelle che riguardano tra- sversalmente tutti o quasi i settori economici e quelle che sono nate per sollecitare la imprenditoria in determinati settori ed aree economiche. Delle une e delle altre produciamo di seguito delle schede illustrative. Un avvertimento importante: le leggi considerate sono solo quelle che pro- muovono l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo; non prendiamo in considerazione le norme – e sono molte – che favoriscono le imprese già operative e sostengono le attività produttive già avviate. 1) Misure nazionali di carattere “trasversale” AUTOIMPRENDITORIALITÀ GIOVANILE Legge 95/1995 (ex legge 44/86) “Industrializzazione e sviluppo economico del Mezzogiorno. Disposizioni urgenti per la ripresa delle attività” Art. 1 - Imprenditorialità giovanile Finanzia la produzione di beni in agricoltura, artigianato e industria e la fornitura di servizi alle imprese. Promuove e favorisce lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile nel Mezzo- giorno e nelle aree economicamente deboli del Centro Nord (nei Comuni dell’O- biettivo 2). Le società devono essere costituite: – dalla maggioranza assoluta di giovani tra i 18 e i 29 anni; – o dalla totalità di giovani tra i 18 e i 35 anni. La legge prevede due tipi di sostegni: 1) incentivi finanziari contributi a fondo perduto, contributi per le spese di gestione e mutui agevolati e servizi. Si possono ottenere finanziamenti fino ad un ammontare comples- sivo di investimenti iniziali di 2.500.000 € e un rimborso sui costi di gestione dei primi 2 anni di attività. 2) servizi formazione e riqualificazione professionale destinati ai soci e/o dipendenti ed un servizio di assistenza tecnica (tutoraggio). 232 Per usufruire della legge è necessario compilare una domanda, a cui vanno al- legati alcuni documenti. Con la domanda si deve presentare lo studio di fattibilità del progetto, cioè, un business plan. Per maggiori informazioni si può contattare Sviluppo Italia in una delle sue sedi territoriali, di cui all’elenco allegato. Si consideri che nell’elenco in questione non ci sono le sedi degli incubatori di impresa. È interessante notare che il tasso di sopravvivenza delle nuove imprese, circa 1000, nate con i finanziamenti della L. 44 del 1986 supera l’80%. AUTOIMPRENDITORIALITÀ GIOVANILE Legge 236/93 “Interventi urgenti a sostegno dell’occupazione” Art. 1 bis - Promozione di nuove imprese giovanili nel settore dei servizi Finanzia la fornitura di servizi per il turismo, la fruizione di beni cultu- rali, la manutenzione di opere civili e industriali, l’agricoltura, l’innovazione tecnologica e la tutela ambientale. Si possono ottenere finanziamenti in conto capitale fino ad un ammontare complessivo di investimento iniziale di 500 mila € e un rimborso sui costi dei ge- stione dei primi 3 anni. Si colloca sulle orme della L. 44 ed è gestita anche questa tramite l’intervento di Sviluppo Italia. Le modalità di attuazione della norma sono quelle della L. 44/86. La legge prevede alcune azioni di assistenza tecnica per i beneficiari: un ser- vizio gratuito di accompagnamento alla progettazione per aiutare i giovani a predi- sporre al meglio il proprio progetto d’impresa, articolato in: incontri collettivi di formazione e colloqui personalizzati per un’analisi più specifica e approfondita dei punti di forza e di debolezza della propria idea-progetto. Nella fase di avvio (primi due anni di attività), le società sono destinatarie di un servizio di tutoraggio com- prendente formazione specialistica e consulenza personalizzata. Il servizio, in so- stanza, consiste nell’affiancare alle iniziative agevolate imprese leader di settore o affermate società di consulenza. IMPRENDITORIALITÀ FEMMINILE Legge 215/1992 “Azioni positive per l’imprenditoria femminile” Finanzia le nuove attività imprenditoriali, su tutto il territorio nazionale, di società in cui la maggioranza sia detenuta da donne, senza limiti di età e di residenza. 233 Sono ammissibili le nuove iniziative e l’acquisto di attività preesistenti nei se- guenti settori: • produzione di beni in agricoltura, artigianato e industria; • fornitura di servizi in tutti i settori; • turismo; • commercio. I destinatari sono le imprese che possiedono i seguenti requisiti: • costituzione successiva al 23 marzo 1992; • gestione prevalentemente femminile (ovvero: per le ditte individuali il titolare deve essere donna; per le società di persone e le cooperative deve esserci una maggioranza numerica di donne non inferiore al 60%; per le società di capitale le quote di partecipazione al capitale devono essere per almeno i 2/3 di pro- prietà di donne e gli organi di amministrazione devono essere costituiti almeno per i 2/3 da donne); • dimensione piccola, massimo 50 dipendenti e non più di 5 milioni di ECU di fatturato annuo, oppure non più di 2 milioni di ECU - di attivo in stato patri- moniale; • le società non debbono far capo a una o più imprese che non possiedano i re- quisiti di cui sopra. Le agevolazioni comprendono incentivi finanziari così articolati: • agevolazioni finanziarie per l’investimento sotto forma di contributi a fondo perduto e finanziamento a tasso agevolato nei limiti fissati dall’Unione Eu- ropea in termini di equivalente sovvenzione. I massimali di agevolazione va- riano, in termini di equivalente sovvenzione, a seconda dei territori di applica- zione: - nei territori dell’obiettivo 1 sono compresi tra il 65 ed il 40%; - nelle altre zone sono pari al 20 o al 15%. Il contributo a fondo perduto non può comunque superare il 60% della spesa ammissibile nelle zone più svantaggiate ed il 50% nelle altre zone; inoltre, nel caso in cui sia più vantaggiosa l’applicazione della formula “de minimis”, è possibile optare per quest’ultima. Il finanziamento a tasso agevolato non può essere superiore a 300 milioni di lire. In alternativa al contributo a fondo perduto è possibile usufruire di un credito di imposta in misura ad esso equivalente; • agevolazioni finanziarie per la gestione consistenti in un contributo a fondo perduto per l’acquisto di servizi pari al 40 o al 30% del valore dei servizi am- messi alle agevolazioni, in funzione della tipologia del territorio. Il totale delle agevolazioni non può superare l’80% della spesa ammissibile. La domanda, predisposta secondo lo schema previsto dal regolamento, conte- nuto nel decreto 706/96, va spedita a: 234 • Ministero dell’Industria, Direzione Generale della Produzione Industriale, Di- visione II, Via Molise n. 2, 00187 Roma; • Regione nella quale è ubicata l’iniziativa; • Istituto di credito abilitato (se è stato richiesto il finanziamento a tasso agevo- lato). Alla domanda vanno allegati, oltre alla descrizione dettagliata dell’iniziativa ed alla scheda di notizie sull’idea d’impresa, alcuni documenti tecnico-legali. Le domande devono essere presentate entro il 31 dicembre di ogni anno. Il Ministero dell’Industria istruisce le domande pervenute verificandone la completezza, la conformità ai requisiti di legge della documentazione presentata e delle società proponenti e la validità tecnico-economica del progetto. Le domande ritenute ammissibili sono selezionate in base all’applicazione di specifici criteri ai quali corrispondo altrettanti punteggi. Ciò consentirà di pervenire ad una graduatoria che, qualora le disponibilità finanziarie non permettano l’acco- glimento di tutte le richieste, renderà possibile l’attribuzione dei fondi. Il Ministero dell’Industria, sentito il parere del Comitato per l’Imprenditoria Femminile costituito ad hoc al suo interno, delibera l’ammissione delle domande determinando l’ammontare delle agevolazioni. Il Ministero dell’Industria provvede entro il 30 aprile di ciascun anno all’approvazione delle domande. È possibile avere maggiori informazioni rivolgendosi a: IPI - Istituto di Pro- mozione Industriale - Viale Maresciallo Pilsudski 124, 00197 Roma, Tel. 06/809721. PRESTITO D’ONORE Legge 608/1996 “Misure straordinarie per la promozione del lavoro autonomo” Finanzia il lavoro autonomo in tutti i settori produttivi nelle Regioni meri- dionali e nei Comuni del Centro Nord insufficientemente sviluppati. I beneficiari sono disoccupati senza limiti d’età che presentino progetti per un investimento iniziale non superiore a 25.000 Euro. Si chiede di presentare l’idea imprenditoriale a Sviluppo Italia e, qualora questa venga considerata attuabile, si dovrà frequentare un corso di Formazione al- l’Imprenditorialità, tenuto nelle varie sedi regionali dove si concentrano le richieste di prestito. Alla fine del corso si potrà dare inizio all’attività imprenditoriale e, previa pre- sentazione delle fatture dell’acquisto del materiale relativo, verrà erogato il finan- ziamento, di cui: – 15.000 euro sono a fondo perduto; – e i restanti 10.000 euro sono da rimborsare a tasso agevolato nel corso di 5 anni. 235 È possibile ottenere altri 5.000 euro per le coperture delle prime spese di ge- stione. 2) Misure nazionali di carattere “settoriale” AGEVOLAZIONI ALLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE NELLE AREE DEPRESSE Legge 488/1992 “Agevolazioni alle attività produttive delle aree depresse” Finanzia la costruzione di un nuovo impianto al fine di promuovere le nuove attività imprenditoriali. L’ambito territoriale nel quale vengono concesse le erogazioni sono quelle de- finite dagli indirizzi comunitari negli obiettivi 1 e 2. I beneficiari sono tutte le imprese operanti nei settori: 1) Industria • Attività estrattive • Attività manifatturiere • Attività di produzione e distribuzione di energia elettrica, di vapore e acqua calda • Attività di costruzione • Servizi reali alle imprese rientranti nell’elenco seguente: - informatica e connessi servizi di formazione professionale; - trasferimento tecnologico e intermediazione dell’informazione; - consulenza tecnico-economica. 2) Turistico-alberghiero 3) Commercio Le imprese devono essere già iscritte nel Registro delle imprese fatta ecce- zione per le imprese individuali per le quali è sufficiente la partita IVA: in quest’ul- timo caso, l’iscrizione deve comunque essere effettuata e comunicata alla banca concessionaria entro il termine fissato per la presentazione della documentazione finale di spesa. Può trattarsi sia di piccole che di medie che di grandi imprese. Gli aiuti previsti da questa legge vengono erogati sotto forma di contributi in conto impianti. Le percentuali di contributo variano a seconda dell’area geografica su cui in- siste l’attività produttiva. Per presentare la domanda occorre rispondere ad alcuni requisiti tra i quali: • dimostrare la disponibilità dell’immobile, o del terreno in caso di fabbrica- zione, al momento della presentazione stessa (a titolo di proprietà, di diritto reale di godimento, di locazione anche finanziaria, di comodato, di contratto 236 preliminare). Nel caso di iniziative da realizzare in insediamenti disciplinati da piani regolatori di consorzi industriali o da piani predisposti dall’amministra- zione comunale, la disponibilità deve essere comprovata con l’atto formale di assegnazione di un lotto; • adottare il regime di contabilità ordinaria; se l’impresa utilizza il regime sem- plificato deve optare per quello ordinario con effetto dal successivo periodo di imposta. Il Ministero dell’Industria annualmente fissa il termine iniziale e finale dei 3 bandi relativi rispettivamente a: • Settore Industria • Settore turistico-alberghiero • Settore commercio. Alla domanda vanno allegati, oltre a documenti tecnico-legali, un business plan composto da una parte descrittiva e da una parte analitica e numerica. AGEVOLAZIONI PER I GIOVANI AGRICOLTORI Legge 135/1997 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, recante disposizioni urgenti per favorire l’occupazione” Art. 3 - Disposizioni in materia di lavori socialmente utili, integrazione salariale e formazione professionale Finanzia la rilevazione di un’azienda agricola preesistente di cui sia tito- lare un parente entro il 2° grado. I territori interessati sono quelli che rientrano nelle zone degli obiettivi 1, 2 e 5b dei fondi strutturali dell’Unione Europea. I beneficiari sono imprenditori agricoli (individuali) che posseggano i seguenti requisiti: • età compresa tra 18 e 35 anni; • residenza e svolgimento dell’attività nei territori obiettivo 1, 2, 5b; • devono subentrare nella conduzione dell’azienda di cui sia titolare un parente entro il 2° grado; quest’ultimo deve avere il possesso dell’azienda da almeno 2 anni a titolo di proprietà, affitto, comodato, uso; • devono presentare un progetto di produzione, commercializzazione o trasfor- mazione in agricoltura. La legge prevede due tipi di sostegni: 1) finanziamenti per l’investimento: contributi a fondo perduto e mutui a tasso agevolato calcolati in Equivalente Sovvenzione secondo i limiti stabiliti dal- l’Unione Europea; i finanziamenti possono arrivare: nel Sud al 90% dell’inve- stimento; nel Centro Nord al 60-80% dell’investimento; 237 2) finanziamenti per la gestione: contributi a fondo perduto pari nel Sud al 50% delle spese sostenute nei primi due anni di esercizio (per un massimo di 800 milioni di lire); nel Centro-Nord a circa 200 milioni di lire in tre anni. Alla domanda, oltre al business plan, vanno allegati: • studio di fattibilità; • certificazione riguardante la piena disponibilità dei terreni; • certificati catastali dei terreni aziendali; • certificato di residenza o dichiarazione sostitutiva dello stesso. La legge prevede alcune azioni di assistenza tecnica per i beneficiari: prima della presentazione del progetto d’impresa, un servizio di accompagnamento alla progettazione, per aiutare i giovani a predisporre al meglio il proprio business plan; dopo l’approvazione del progetto d’impresa, servizi di formazione e tuto- raggio finalizzati alla crescita imprenditoriale dei soci giovani delle neo imprese. Per maggiori informazioni si può contattare Sviluppo Italia. AGEVOLAZIONI IN FORMA AUTOMATICA Legge 341/1995 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244, recante misure dirette ad accelerare il completamento degli interventi pubblici e la realizzazione dei nuovi interventi nelle aree depresse” Art. 1 - Agevolazioni in forma automatica Finanzia nuove iniziative imprenditoriali o programmi di riconversione o ampliamento, nei settori estrattivo e manifatturiero, telecomunicazioni e forni- tura di servizi di informatica e di consulenza tecnico-economica. I territori interessati sono quelli che rientrano nelle zone degli ex obiettivi 1 e 2 dei fondi strutturali dell’Unione. I beneficiari possono essere società o imprese individuali. Mentre per la mag- gior parte dei casi sono ammesse alle agevolazioni sia le piccole che le medie che le grandi imprese, in alcune zone sono ammesse solo le prime due. Le agevolazioni sono relative ad un contributo a fondo perduto, sotto forma di credito di imposta (bonus fiscale). Si richiede che il programma di investimenti, non superiore a 5 milioni di euro, venga ultimato entro 30 mesi dalla data di arrivo della domanda: entro quella data quindi occorre aver pagato i fornitori per almeno il 30%. Con la domanda, redatta secondo un apposito modello e inviata ad un banca scelta tra quelle convenzionate con il Mediocredito centrale, si richiede la prenota- zione delle risorse. 238 AZIONI DI SOSTEGNO ALLE COOPERATIVE SOCIALI Legge 448/1998 “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo” Art. 51 - Provvedimenti a favore delle cooperative sociali Finanzia la produzione di beni in agricoltura, industria e artigianato e fornitura di servizi alle imprese delle nuove attività imprenditoriali delle co- operative sociali. I territori interessati sono quelli che rientrano nelle zone degli ex obiettivi 1 e 2 dei fondi strutturali dell’Unione Europea. I destinatari sono le cooperative sociali di inserimento lavorativo, di nuova co- stituzione, purchè: • abbiano la sede legale, amministrativa ed operativa nei territori obiettivo 1, 2, 5b; • i soci non svantaggiati abbiano tutti un’età compresa tra 18 e 36 anni non com- piuti oppure siano, in maggioranza numerica e di quote, con un’età compresa tra 18 e 30 anni non compiuti; inoltre essi, all’1/1/99 siano residenti nei terri- tori obiettivo 1, 2, 5. Gli investimenti consentiti per le nuove cooperative arrivano fino a 500.000 euro e prevedono due tipologie di finanziamenti: 1) finanziamenti per l’investimento: contributi a fondo perduto e mutui a tasso agevolato secondo i limiti stabiliti dall’Unione Europea: i finanziamenti pos- sono arrivare: nel Sud al 90% dell’investimento; nel Centro Nord al 60-80% dell’investimento; 2) finanziamenti per la gestione: contributi a fondo perduto pari: nel Sud al 50% delle spese sostenute nei primi due anni di esercizio (per un massimo di 1.670 milioni di lire); nel Centro-Nord a circa 200 milioni di lire in tre anni. A ciò si aggiungono dei servizi reali forniti dalla struttura di supporto (Pro- getto Italia Spa) quali: • accompagnamento alla progettazione; • tutoraggio e formazione imprenditoriale dopo l’approvazione del progetto. 239 SEDI REGIONALI DI SVILUPPO ITALIA 240 241 LA BO RA TO RI O C Risposte: 1. c; 2. 18 e i 29, 18 e 35, 2 anni, 250.000 €, servizio di assistenza tecnica; 3. Business plan; 4. Di opere civili e industriali; 5. a; 6. b; 7. d; 8. a) Falso, b) Vero, c) Vero, d) Falso. 242 2. Misure regionali Nelle pagine che seguono illustriamo le leggi regionali che promuovono la im- prenditorialità e il lavoro autonomo. Come si può notare, alcune di queste leggi riguardano la promozione di nuove imprese in tutti i settori economici, altre invece sono finalizzate a promuovere im- prese solo in specifici settori o ambiti di attività, alcune sono esplicitamente ed esclusivamente destinate a giovani, o a donne, altre invece non operano distinzioni di età o di genere. Per illustrare queste leggi abbiamo utilizziamo una griglia con questi descrit- tori: – legge, estremi e titolo del provvedimento. Se una legge è stata modificata da una successiva abbiamo fatto riferimento al Testo Coordinato (cioè al testo ori- ginale con le modifiche) – beneficiari, destinatari dei benefici previsti dal provvedimento (imprese indivi- duali, cooperative, piccole e medie imprese…) – tipologia iiniziative, l’obiettivo operativo della legge (costituzione di nuove im- prese, rilevazione di imprese esistenti...) – requisiti, le caratteristiche che i beneficiari devono possedere per poter acce- dere ai benefici previsti – spese aammissibili, l’elenco delle spese “coperte” dai benefici finanziari – incentivi, l’entità massima delle somme erogabili e le modalità con cui vengono erogate (contributo a fondo perduto, prestito, agevolazione, partecipazione so- cietaria...) La comprensione di un testo normativo implica anche la conoscenza di termini tecnici. Può essere di aiuto il Glossario che figura dopo questo capitolo. 243 244 245 246 247 248 249 250 251 252 253 254 255 256 257 258 259 260 261 262 263 264 265 266 267 268 269 270 271 272 273 Forse la legge che hai trovato in questo testo è stata sostituita o in- tegrata da altri provvedimenti normativi. Cercala su Internet e ana- lizzala. Es. 1 274 275 GLOSSARIO Abilità imprenditoriali - L’insieme delle risorse e delle competenze che caratterizzano idealmente l’imprenditore. Tra le abilità più importanti per un imprenditore possiamo individuare: la creatività, la capacità di risolvere i problemi, l’assertività, l’efficacia co- municativa, la gestione dello stress, la disposizione a lavorare in gruppo, la leadership. Accantonamento - Costi rilevati nell’esercizio finanziario in corso a copertura di perdite future (per esempio crediti di dubbia esigibilità). Accaparramento di manodopera - Pratica consistente nel tenere impiegati i lavoratori anche in periodi di scarsa domanda, in alternativa al licenziamento. Accomandante (socio) - Socio che risponde della sola quota conferita nelle obbligazioni di una società in accomandita semplice. Accomandatario (socio) - Socio che risponde illimitatamente nelle obbligazioni di una società in accomandita semplice o in accomandita per azioni. Addizionalità (principio della) - L’intervento finanziario della Comunità va ad aggiunger- si a risorse pubbliche nazionali che lo Stato membro deve mantenere nel corso del periodo di programmazione. Infatti, gli stanziamenti dei fondi strutturali non devono comportare una riduzione dell’impegno dello Stato membro. Agevolazioni finanziarie - Forme di finanziamento alle imprese d’emanazione comunitaria, nazionale o regionale. Possono assumere la forma tecnica di contributi in conto capi- tale, contributi in conto interessi, contributi in conto gestione, crediti d’imposta. Tali agevolazioni sono uno strumento di politica economico-industriale. Ambito competitivo - Dove l’impresa decide di competere. Amministratori - Sono coloro che, non avendo necessariamente la proprietà dei capitali di rischio impiegati nell’attività, deliberano attraverso il Consiglio d’Amministrazione , sulle azioni che la società compie in regime di normale funzionamento. Amministrazione - Funzione aziendale finalizzata al coordinamento ed alla gestione di tutte le operazioni necessarie al raggiungimento del fine aziendale. Termine frequentemente utilizzato per indicare l’attività dell’ufficio aziendale che si occupa della parte burocratica. Ammortamento - Procedimento tecnico-contabile con cui si ripartiscono in più esercizi i costi pluriennali sostenuti per acquisire le immobilizzazioni materiali ed immateriali. Detti costi devono essere sistematicamente imputati per quote ad ogni esercizio, in relazione alla loro vita utile. L’ammortamento ha inizio nell’esercizio in cui il bene è disponibile e per tutta la durata della vita utile economica e non fisica. Ammortamento fiscale - Quota d’ammortamento riconosciuta dal Fisco. Infatti, nel calco- lare il reddito imponibile, il Fisco non prende in considerazione gli ammortamenti re- lativi alle immobilizzazioni materiali così come sono stati effettuati in contabilità, ma detta una normativa concernente appunto l’ammortamento fiscale. 276 Ammortamento immobilizzazioni immateriali - Diminuzione del valore contabile di un’immobilizzazione immateriale durante un determinato esercizio finanziario. Ammortamento immobilizzazioni materiali - Imputazione della quota di costo, relativo all’immobilizzazione materiale, ad un esercizio finanziario. Analisi dello scostamento - Analisi che permette il raffronto tra gli stessi valori (conto eco- nomico, stato patrimoniale, indici, ecc.) considerati in periodi differenti, facilitando il soggetto che compie l’analisi nel capire in quale/i voci del prospetto analizzato si sono verificate variazioni significative. Analisi di bilancio - L’insieme delle tecniche che permettono di arrivare a giudizi di sinte- si su importanti aspetti della gestione aziendale. Sono utilizzabili all’interno dell’im- presa per scopi gestionali, in sede di programmazione e di controllo, all’esterno per scopi conoscitivi od operativi. Analisi di bilancio per flussi - Procedimento che permette di valutare le variazioni in au- mento od in diminuzione intervenute in un fondo di valori in un determinato periodo. Analisi di bilancio per indici - Procedimento che permette di valutare la redditività, l’eco- nomicità, la produttività, lo stato finanziario della gestione attraverso lo studio d’in- dicatori economico-finanziari, risultanti dal confronto di gruppi di valori provenienti dallo stato patrimoniale e dal conto economico. Analisi di contesto - Attività di ricerca d’informazioni; attraverso la correlazione di diverse variabili territoriali/settoriali si cerca di individuare un “ambiente favorevole” allo svi- luppo dell’attività imprenditoriale nelle sue diverse articolazioni, in particolare per lo sviluppo di piccole o micro imprese. Analisi settoriale - Studio o ricerca che analizza lo stato e le prospettive di uno specifico settore economico. È uno strumento d’estrema utilità per la comprensione reale del mercato in cui si vuole entrare. Analisi strategica - Processo, analitico/progettuale ed operativo, attraverso il quale è indi- viduata e definita la strategia da seguire. Aree depresse - Aree geografiche che rientrano negli obiettivi 1 e 2, ed ex 5b dei fondi strutturali comunitari (Regolamento CE n.1260/1999). L’obiettivo 1 comprende le Regioni in ritardo di sviluppo (PIL <75% del PIL comuni- tario); l’obiettivo 2 comprende le aree in fase di mutazione socioeconomica nei settori dell’industria e dei servizi, le zone rurali in declino, le zone urbane in difficoltà e le zone dipendenti dalla pesca che si trovano in una situazione di crisi. Le aree obiettivo 2 sono le aree in declino industriale oppure in riconversione rurale op- pure ancora aree urbane in difficoltà, zone dipendenti dalla pesca e in riconversione, fortemente dipendenti da servizi. Le aree obiettivo 5b sono state ricomprese nel nuovo obiettivo 2. Assemblea dei soci - Organo collegiale che riunisce i possessori di capitale di rischio. Delibera, di norma, su questioni di straordinaria amministrazione. Aspettative adattive - Meccanismo di formazione delle aspettative basato sulla correzione degli errori commessi in passato. Aspettative razionali - Meccanismo di formazione delle aspettative basato su previsioni razionali dell’andamento futuro delle variabili economiche. 277 Associazione in partecipazione - Contratto in base al quale l’associante versa all’associato parte degli utili della sua impresa, a seguito di una prestazione d’opera, oppure del- l’apporto di qualsiasi altro bene suscettibile di valutazione economica. Gli articoli del Codice civile che disciplinano questo tipo di contratto, sono il 2549 e segg. Assunzioni - Impiego di nuovi lavoratori da parte delle imprese. Attestato di conformità - Atto mediante il quale un laboratorio di prova testimonia che un determinato campione è conforme ad una specifica norma od altro documento nor- mativo. Attività - Tutti quei beni o crediti appartenenti al soggetto economico. Nel bilancio azien- dale, le attività sono inscritte nella sezione sinistra dello Stato Patrimoniale. Attività corrente - Attività esigibile entro un anno. È quella parte dello Stato patrimoniale che rappresenta beni, crediti e liquidità facilmente convertibili in mezzi di pagamento. Attività economica - Attività volta alla produzione di beni e servizi per scopi commerciali. Attività fisse - Investimenti in immobili, attrezzature, impianti produttivi. Attività operative - Denaro investito nell’attività sotto forma d’immobilizzazioni e capi- tale circolante. È uguale alla somma del capitale di terzi, del capitale proprio e dei debiti tributari. Attivo circolante - Attività liquide o prontamente e facilmente liquidabili. Attivo lordo - Il totale dell’attività, senza dedurne le relative passività. Attivo netto - Il totale dell’attività, cui sono state dedotte le relative passività. Atto annullabile - Atto giuridico invalidabile. Atto costitutivo - Contratto mediante il quale viene costituita una società. Si tratta di un atto generalmente redatto da un Notaio (dunque è un atto pubblico) che in ogni caso provvede ad autenticare le firme. Atto pubblico - Atto redatto, secondo le formalità previste dalla legge, da un notaio o da altro pubblico ufficiale, autorizzato a conferirgli pubblica fede nel luogo in cui viene formato (art. 2699 cod. civ.). Autonomia patrimoniale - Separazione del patrimonio aziendale da quello dei soci. È la società con il proprio patrimonio a rispondere nei confronti dei terzi. Azienda - Complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa (art. 2555 c.c.). Azienda leader del mercato - Azienda che detiene la quota di mercato più alta. Azione - Documento che attribuisce la qualità di socio a chi lo possiede, è un titolo che rappresenta un diritto frazionario di proprietà sul patrimonio della società. Banca dati - Informazioni raccolte su supporti informatici che possono essere consultati da chiunque. Banda di oscillazione (del tasso di cambio) - Limiti entro i quali il tasso di cambio è libe- ro di fluttuare nell’ambito di un sistema di tassi di cambio fissi. Baratto - Scambio di beni con altri beni invece che con moneta. 278 Barriera all’entrata (o ingresso) - Ostacolo di carattere economico, finanziario, tecnologi- co, giuridico che si frappone al potenziale ingresso di nuovi produttori-venditori nel settore considerato, in altre parole, tra un’impresa ed un mercato nel quale la stessa non è ancora presente. Beni commerciabili - Beni che competono con i beni esteri nel mercato nazionale o estero. Beni durevoli - Beni che possono essere immagazzinati e che hanno una vita media di almeno tre anni. Beni immateriali - Beni non tangibili concretamente, che consistono in creazioni della men- te, in produzioni intellettuali, prese in considerazione dall’ordinamento giuridico. Ri- entrano nella categoria dei beni immateriali le opere dell’ingegno, le invenzioni, le creazioni intellettuali, i segni distintivi dell’impresa. Beni non durevoli - Beni che non possono essere immagazzinati in quanto hanno una vita media inferiore a tre anni. Beni strumentali - Beni durevoli come macchinari, computer e attrezzature d’ufficio acquistate dalle imprese a fini produttivi. Beni mobili registrati - Particolare categoria dei beni mobili i quali, dato il loro valore, vengono in qualche modo equiparati ai beni immobili ed iscritti in particolari registri; generalmente sono costituiti dai mezzi di trasporto. Il Codice civile stabilisce che i beni mobili iscritti in pubblici registri sono soggetti al- le disposizioni che li riguardano e, in mancanza, alle disposizioni relative ai beni mo- bili (art. 815 c.c.). Bilancia dei pagamenti - Insieme dei conti che sintetizzano le transazioni di un Paese con il resto del mondo. Bilancio d’esercizio - Documento che rappresenta la situazione economica e patrimoniale di un’impresa. Il bilancio d’esercizio considera il capitale di funzionamento ad una certa data di riferimento ed il reddito conseguito nel periodo amministrativo immediatamen- te precedente. È composto dallo stato patrimoniale, dal conto economico e, nelle socie- tà più grandi, dalla nota integrativa. Bilancio di società - Documento che definisce la situazione economica e patrimoniale di un’impresa. Può riguardare solo il capitale dell’azienda visto in diverse situazioni, come lo stato di cessione, liquidazione ed altro. Bilancio in pareggio - Bilancio dello Stato in cui il gettito fiscale è uguale alla spesa pub- blica. Bilancio previsionale - Bilancio di esercizio basato su dati che si presume abbiano a verifi- carsi in un esercizio. È uno strumento previsionale utilizzato per analizzare gli scosta- menti in fase di bilancio finale effettivo. Bisogno - Stato di mancanza che spinge a procurarsi un bene considerato atto a far cessare, o prevenire, una sensazione dolorosa, oppure a conservare o a provocare una sensazio- ne piacevole. Le caratteristiche principali del bisogno sono soggettività e saziabilità. La saziabilità del bisogno significa che la sua intensità diminuisce con l’aumentare del mezzo atto al suo soddisfacimento. Il carattere soggettivo del bisogno significa che ogni persona sente i propri bisogni con un’intensità individuale. 279 Bollettino protesti - Elenco alfabetico delle persone fisiche o giuridiche che hanno emesso degli assegni a vuoto o non hanno onorato delle cambiali accettate. L’elenco in que- stione è pubblicato due volte la settimana dalle Camere di commercio ed è fornito dai Presidenti di Tribunale. Bonus fiscale - Forma di finanziamento che consente al beneficiario di monetizzare il con- tributo in sede di pagamento d’imposta. In effetti è un contributo in conto capitale, com- preso l’aspetto fiscale, erogato sotto forma di detrazione dell’importo spettante dal totale delle imposte che l’azienda deve pagare sul proprio conto fiscale. Borsa valori - Mercato organizzato per la negoziazione di strumenti finanziari che sono rap- presentativi di debiti (obbligazioni) o di quote di capitale di un’impresa (azioni) o sono da questi derivati (futures, swaps, opzioni). Gli organi che esercitano poteri di vigilanza e controllo su tale mercato, sono la Consob, la Banca d’Italia, il Ministro del Tesoro. Brainstorming - Tecnica usata per sviluppare il pensiero creativo. In essa è importante la quantità delle idee prodotte, più che la loro compiutezza e realizzabilità. Il brainstor- ming si basa sulla sospensione del giudizio e della critica, sulla produzione a ruota libera di idee e sull’associazione ed il miglioramento delle stesse. Break Even Point (BEP) - Situazione di conto economico di un’impresa in cui i ricavi totali pareggiano i costi totali. L’analisi del B.E.P. è un mezzo tecnico per mettere in evidenza le relazioni tra costi fissi, costi variabili, prezzi e profitto in un’impresa. Brevetto - Documento attestante l’attribuzione del diritto esclusivo di godimento e di sfrut- tamento economico di un’invenzione industriale di modelli e disegni. Briefing - Informazioni passate all’agenzia, espresse attraverso un documento che riassume ogni elemento utile per lo sviluppo della campagna pubblicitaria. Budget - Strumento di programmazione dell’attività dell’impresa e di controllo dei risultati al fine di valutare eventuali scostamenti da quanto previsto ed intervenire, tempestiva- mente, con azioni correttive. Un budget aziendale è formato da tanti budget funzionali, che a loro volta si suddivi- dono in altri budget funzionali. Business - Affari, opportunità di guadagno. Business Idea - Idea centrale di un’opportunità di business. È il fulcro intorno al quale gira un business plan od un piano d’impresa relativo ad un’iniziativa imprenditoriale. Business Plan - Piano di fattibilità economico-finanziario o piano d’impresa. Il business plan è il progetto di un’impresa in cui è presentata la compagine sociale, analizzato il mercato e la concorrenza, definiti gli obiettivi e le strategie, descritti gli investimenti ed il piano di fattibilità tecnica, analizzata la struttura organizzativa, realizzate le previ- sioni economiche e finanziarie. Cambiale - Titolo di credito all’ordine che contiene un ordine od una promessa di paga- mento a favore del trattario (destinatario) dello stesso. Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura - Organismo a carattere economico con funzioni di rappresentanza, consulenza e funzioni di tipo amministrati- vo e certificativo, come ad esempio la formazione di listini prezzi, la tenuta del registro delle ditte, il rilascio di certificati, ecc. 280 Campione - Parte molto piccola di un tutto le cui caratteristiche, in senso probabilistico, so- no ritenute identiche a quelle dell’universo. Di solito l’indagine sul campione si rivela più rapida e meno costosa dell’indagine condotta sull’universo. Può essere contabile (in questo caso serve a verificare l’esistenza effettiva delle attività e delle passività azien- dali) e di merito (in questo caso il controllo misura l’efficacia aziendale, vale a dire il rapporto tra obiettivi fissati e risultati conseguiti). Canale di distribuzione - Sequenza d’intermediari commerciali che provvedono al trasfe- rimento di un bene dal produttore al consumatore finale. Il canale può essere diretto (quando tra produttore ed acquirente finale non vi è nessun intermediario), corto (se vi è un solo intermediario) e lungo (quando vi sono diversi intermediari). Canale zero - Canale distributivo in cui non è utilizzato nessun intermediario. Il processo di distribuzione va direttamente dal produttore al consumatore. Capitale - Ricchezza disponibile per realizzare investimenti produttivi. Capitale circolante - Capitale utilizzato dall’impresa, una sola volta nel corso del ciclo produttivo; è costituito dalle liquidità immediate, differite e dalle disponibilità a breve termine. Capitale di terzi - Sono i capitali di finanziamento di fonte esterna (debiti). Capitale finanziario - Denaro che serve per l’acquisto del capitale fisso e di quello circo- lante. Capitale fisso - Capitale utilizzato più volte nel corso del ciclo produttivo; è costituito dal- l’insieme degli impianti, degli immobili, degli automezzi, ecc.; ovvero da tutti i beni ad utilità pluriennale. Capitale naturale - L’insieme dei sistemi naturali (mari, fiumi, foreste, fauna, flora) e dei prodotti agricoli, della pesca, della caccia, del patrimonio artistico e culturale presente in un dato territorio. Capitale netto - Detto anche patrimonio netto, è costituito dal capitale sociale, dagli utili e dalle riserve. Capitale proprio - Sono i conferimenti dell’imprenditore o dei soci destinati al finanzia- mento di rischio e duraturo dell’impresa. La remunerazione è rappresentata dagli utili o dal dividendo. Si contrappone a Capitale di terzi. Capitale sociale - L’ammontare, indicato nell’atto costitutivo ed espresso in termini mone- tari, del valore dei conferimenti promessi od eseguiti dai soci. Capitale umano - Equiparazione dell’elemento umano a qualsiasi altro tipo di capitale; que- sto può quindi essere incrementato allo stesso modo, ossia attraverso gli opportuni in- vestimenti, che nel caso specifico riguarderanno settori come la sanità, l’istruzione, ecc. Il capitale umano fu studiato dagli economisti americani Schultz e Becker negli anni Sessanta. Carico ambientale - Pressione esercitata dall’insieme dei fattori antropici presenti in un’area su una determinata risorsa ambientale. Cash Flow - L’ammontare di disponibilità finanziaria che si genera nell’impresa in un determinato periodo. Centri di costo - Area di responsabilità (reparto, divisione, funzione, prodotto, ecc.) cui riferire dati contabili per valutarne l’andamento. 281 Certificazione - (Intesa secondo ISO 9000). Attestazione d’effettiva messa a norma del Si- stema Qualità, fornita da Enti Terzi Indipendenti, accreditati secondo norme specifiche. Certificazione di conformità - Atto mediante il quale un Ente notificato dichiara che un determinato prodotto, processo o servizio è conforme ad una specifica norma od altro documento normativo. Ciclo delle scorte - Andamento delle scorte di un’impresa, determinato dalla quantità d’im- pegni cui questa si trova a far fronte in un determinato momento. Il ciclo delle scorte rappresenta un utile strumento per affrontare al meglio il futuro ciclo economico. Ciclo di produzione - L’insieme di attività in cui è strutturata la produzione di un bene o di un servizio. Il suo inizio consiste nel procacciarsi materie prime e forza lavoro, la sua fine è rappresentata dalla vendita del prodotto o del servizio. Ciclo di vita del prodotto - Sequenza temporale che ogni prodotto/servizio vive dal mo- mento della sua introduzione sul mercato alla sua uscita dallo stesso. È suddiviso in quattro fasi: introduzione, crescita, maturità, declino. Consente all’imprenditore di sce- gliere le strategie d’impresa che devono essere realizzate in funzione della fase tempo- rale che si sta vivendo. Cliente interno - Persona, ufficio o settore, all’interno della stessa impresa, che richiede un prodotto/servizio e che quindi deve essere trattato come un cliente. In altre parole il ma- gazzino dovrà considerare la produzione della stessa impresa come il proprio cliente interno e, di conseguenza, dovrà trattarlo con le attenzioni dovute. Clima organizzativo - L’insieme delle caratteristiche di un’organizzazione che esercita un’influenza sugli individui che operano al suo interno. Il clima organizzativo deriva dall’interazione tra le diverse variabili individuali (quali ad esempio la leadership o il modo di gestire i conflitti) e le variabili organizzative (quali la struttura, il livello di responsabilità ed il sistema di ricompense). Cofinanziamento principio - Principio generale secondo il quale i finanziamenti derivanti dai Fondi strutturali comunitari devono essere assistiti, in percentuali diverse, a secon- da degli Obiettivi, da quote di finanziamento nazionali. Collegio sindacale - Organo di controllo della gestione delle cooperative e delle società di capitali. È indispensabile nelle società per azioni ed in quelle in accomandita per azioni, mentre in quelle a responsabilità limitata è obbligatorio soltanto se il capitale è superiore a 100 mila euro, oppure se la sua presenza è richiesta dall’atto costitutivo della società. I sindaci, ad eccezione di quelli delle cooperative, devono essere iscritti nell’albo dei Revisori contabili. Commessa - Richiesta di una quantità di prodotto. Lavori su commessa: lavori effettuati su una richiesta unica e particolare di un determinato prodotto. Comportamento d’acquisto - L’insieme delle motivazioni che spingono un soggetto all’acquisto (come, quando, perché e dove). Comunicazione pubblicitaria - Comunicazione di un messaggio od idea idonea ad informa- re, ricordare e persuadere il consumatore circa l’esistenza o l’acquisto di un prodotto. Es- sa ha inoltre l’obiettivo di creare l’immagine dell’impresa e del prodotto presso il pub- 282 blico. La pubblicità può essere di prodotto (pubblicità attuata allo scopo di valorizzare i prodotti e/o servizi di un’impresa); diretta (pubblicità effettuata attraverso la distribuzio- ne controllata di messaggi pubblicitari diretti ad individui selezionati); esterna (pubblici- tà effettuata attraverso mezzi di trasporto pubblici, manifesti ed affissioni); industriale (tipo di pubblicità effettuata nel settore dei beni industriali che ha come target altre indu- strie: questo tipo di pubblicità viene generalmente effettuato utilizzando come strumenti la pubblicità diretta e riviste specialistiche del settore); infine, istituzionale (pubblicità destinata a valorizzare il marchio o l’immagine dell’azienda, anziché i suoi prodotti). Concentrazione degli obiettivi (principio della) - Tale principio prevede che l’azione strut- turale si concentri su tre obiettivi di sviluppo al fine di indirizzare gli interventi finan- ziari verso le aree più svantaggiate ed ottimizzare l’allocazione delle risorse nelle re- gioni o nelle zone meno progredite. Per il periodo di programmazione 2000-2006 le azioni strutturali - sostenute da FESR, FSE, FEAOG e SFOP - sono concentrate attor- no ai seguenti tre obiettivi comunitari: Obiettivo 1: sviluppo e adeguamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo industriale. Obiettivo 2: riconversione economica delle zone in difficoltà strutturali. Obiettivo 3: Sviluppo delle risorse umane attraverso l’adeguamento e l’ammoderna- mento delle politiche e dei sistemi di istruzione, formazione e occupazione. Agli obiettivi sopra citati si affianca il Regolamento di sviluppo rurale che ha fatto pro- prie le pertinenze dell’ex ob. 5a. Programmi di Iniziativa Comunitaria (PIC). Le inizia- tive comunitarie rispecchiano anch’esse i principi di concentrazione, programmazione, partenariato e addizionalità. Concessione di garanzie - Particolare forma di agevolazione che consiste nel porre a cari- co dello Stato, o di un altro organismo, gli oneri relativi alle garanzie che il soggetto è tenuto a prestare per ottenere un finanziamento a medio lungo termine. Si tratta quindi di uno strumento atto a favorire quelle aziende che fruiscono di finan- ziamenti e che non sono in grado di fornire idonee garanzie richieste dagli Istituti di Credito. Concorrenza - Forma di mercato caratterizzata dalla presenza di una moltitudine d’ope- ratori, nessuno dei quali è in grado di influire con le proprie decisioni sull’andamento delle contrattazioni. Congiuntura - L’insieme delle condizioni che caratterizzano, in un determinato momento, il sistema economico o una sua parte. Consorzi fidi - I Consorzi e le Cooperative di garanzia fidi sono alcuni dei principali stru- menti di ricerca delle fonti di finanziamento delle imprese. Essi sono finalizzati alla ricerca e all’offerta, ai soci, di linee di credito bancarie e non (aggiuntive rispetto a quelle normalmente godute presso l’intero sistema creditizio) e, soprattutto, a costi comparativamente più bassi, rendendo l’accesso al credito meno difficoltoso e meno oneroso per tutte le aziende ad esse associate. Le principali operazioni di una cooperativa di garanzia sono: l’apertura di credito in dc, anticipazioni garantite da pegno su merci e documenti, sconto di carta commerciale, sconto tratte, ecc. Consumatore - Colui che acquista beni di consumo. È oggetto degli studi di marketing, volti ad influenzare le sue scelte di acquisto. 283 Contabilità analitica - Sistema di rilevazione dei costi di produzione con la finalità di effettuare un controllo di gestione per prodotto, per centro di costo o per commessa, se- condo le caratteristiche dell’attività, anche attraverso la redazione di bilanci rivolti all’interno dell’azienda. Contabilità aziendale - Parte del sistema informativo aziendale che ha lo scopo di rilevare, elaborare e comunicare dati quantitativi sull’azienda stessa; tale contabilità si occupa solo delle informazioni esprimibili in termini monetari. Contabilità direzionalità - Sistema contabile utilizzato per il controllo di gestione, che trae dati: dalla contabilità analitica, dalla contabilità generale, dal piano degli investimenti. Contabilità generale - Parte della contabilità aziendale che ha lo scopo di rilevare ed elaborare: i dati espressi in termini monetari relativi, tutti i fatti amministrativi che comportano scambi tra l’azienda e l’ambiente esterno, i risultati globali della gestione in termini di costi e di ricavi. Contabilità industriale - Parte della contabilità aziendale che consente di seguire per centri di costo o per prodotto la formazione dei diversi stadi dei costi aziendali; la con- tabilità industriale rileva i fatti amministrativi interni inerenti al processo produttivo in senso stretto. È un sistema più focalizzato della contabilità analitica. Conto economico - Prospetto contabile che evidenza la composizione dei costi e dei ricavi nonché il reddito prodotto dall’impresa in un determinato periodo (esercizio di compe- tenza), solitamente un anno. Contratto - Accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale (art. 1321 c.c.). Contributo in conto capitale - Consiste nel contributo “a fondo perduto”. Viene normal- mente calcolato in percentuale delle spese ammissibili e non è prevista alcuna restitu- zione di capitale o pagamento di interessi. Normalmente non sono necessarie garanzie, tranne i casi nei quali è prevista l’erogazione di un anticipo. Contributo in conto esercizio (gestione) - Corrisponde a un contributo in conto capitale, differendone solo per quanto riguarda l’imposizione fiscale alla quale viene assogget- tato. In questo caso infatti il contributo viene identificato come ricavo e deve essere tas- sato nel periodo di competenza e per l’intero importo. Normalmente questa tipologia di agevolazione viene concessa per contribuire alle spese di gestione (personale, pubbli- cità, viaggi, locazioni immobiliari, oneri finanziari, ecc.) che i beneficiari devono so- stenere a fronte di un determinato progetto. Contributo in conto interessi - Contributo che viene concesso a fronte della stipula di un finanziamento a medio lungo termine. Il contributo viene erogato direttamente dal- l’istituto finanziatore, il quale se ne servirà per abbassare il tasso di interesse applicato al finanziamento dell’impresa beneficiaria. Contributo a fondo perduto - Agevolazione concessa a fronte della stipula di un finanzia- mento a medio-lungo termine. Il contributo viene erogato direttamente dall’istituto fi- nanziatore, che lo utilizzerà per abbassare il tasso d’interesse applicato al finanziamen- to. Normalmente la stipula del finanziamento e la richiesta dell’agevolazione sono due eventi separati e di competenza diversa (rispettivamente l’istituto finanziatore e l’ente erogatore). 284 Il finanziamento viene perfezionato in base alle condizioni di mercato, indipendente- mente dall’intervento agevolativo, che si innesca successivamente. Controllo qualità - Metodologia di controllo con prove e test, applicata sul prodotto finale o sul processo di fabbricazione, allo scopo di controllare la qualità del prodotto. Tale metodologia spesso si avvale di tecniche statistiche. Cooperativa - Società prevista dall’art. 2511 del Cod. civ., avente scopo mutualistico; ha personalità giuridica e può essere a responsabilità illimitata o limitata.Tale forma si adatta ad attività finalizzate all’inserimento lavorativo, soprattutto di giovani, per ser- vizi socio-assistenziali che si prefiggono la riduzione dei costi dei beni di consumo. Cooperative - Imprese che hanno scopo mutualistico, vale a dire non di puro lucro. L’in- tento dei soci non è quello di dividersi gli utili, ma di ottenere una prestazione a condi- zioni più favorevoli di quelle che potrebbero ottenere sul libero mercato o collocare meglio la loro prestazione lavorativa. Coordinamento - L’insieme delle modalità attraverso cui, all’interno dell’organizzazione, il lavoro è ricondotto ad unità ed orientato verso gli obiettivi dell’impresa. Core Business - La principale attività produttiva di un’impresa. Debiti - Aspetto passivo del rapporto obbligatorio, vale a dire il dovere del debitore di ese- guire la prestazione dovuta. Costo della vita - Prezzo medio di un dato paniere di beni. Declino - Ultimo stadio del ciclo di vita del prodotto. In questa fase il prodotto è abbando- nato perché non è più in grado di realizzare alcun profitto ed è sostituito con un altro prodotto. Delega - Atto in base al quale il delegante (chi trasferisce) conferisce al delegato (chi rice- ve) dei poteri decisionali di sua competenza. Delocalizzazione - Scelta imprenditoriale di spostare da un punto di vista spaziale parti o tutta l’attività dell’impresa in aree diverse per motivi di convenienza strategica (un esempio significativo è dato dal fenomeno di delocalizzazione delle attività produttive di molte imprese della Comunità Europea nei Paesi dell’Est Europeo, per la competiti- vità dei costi della manodopera). Dematerializzazione - Orientamento dell’economia che prevede di produrre la stessa “uni- tà di servizio” con un quantitativo minore di materie e di materiali per produrre la stes- sa “unità di servizio”. Desideri - Sensazione che spinge verso la realizzazione di un bisogno. Dichiarazione di conformità - Dichiarazione di un fornitore che attesta, sotto sua persona- le responsabilità, la conformità del prodotto, processo o servizio rispetto a determinate norme o specifiche. Dichiarazione per i redditi - Dichiarazione resa da persona fisica, società od enti relativa ai redditi prodotti e alle imposte derivanti in un determinato periodo di competenza (eser- cizio). Differenziazione - Decisione di produrre due o più beni diversi per caratteristiche, stile, qualità, dimensioni e via dicendo, con l’obiettivo di offrire una varietà di scelte al mer- cato e di rendere diverso il proprio prodotto da quello della concorrenza. 285 Dimensionamento - Attività di calcolo ed organizzazione dell’attività svolta con l’obiettivo di ottimizzare la scelta delle macchine, del personale e dei cicli di lavorazione. Diritto di opzione - Diritto di preferenza, che spetta agli azionisti nella sottoscrizione di nuove azioni emesse a pagamento. Disavanzo commerciale - Saldo commerciale negativo, cioè eccedenza delle importazioni sulle esportazioni. Disoccupazione tecnologica - Disoccupazione indotta dal progresso tecnologico. Disponibilità liquide - Insieme dei mezzi di pagamento di un’impresa, liquidi o pronta- mente liquidabili, disponibili in un dato momento. Distribuzione - L’insieme delle attività che consentono il passaggio dei prodotti finiti dal produttore al consumatore finale. Distribuzione creatrice - Idea secondo la quale la crescita genera e al contempo distrugge posti di lavoro. Ditta - Nome sotto il quale il titolare di un’azienda esercita la propria attività. Dividendo - Nelle società per azioni è la parte degli utili che è distribuita ai soci. Il divi- dendo unitario è uguale agli utili distribuiti, diviso per il numero d’azioni che compon- gono il capitale sociale. Divisione del lavoro - Metodologia attraverso la quale è suddiviso il lavoro tra i componenti dell’organizzazione. Domanda - Quantità di beni e/o servizi che i consumatori vogliono acquistare. Elementi da considerare sono il prezzo, il periodo, le preferenze ed il reddito del consumatore, oltre al prezzo dei beni sostitutivi. Domini ambientali - Le principali aree d’interesse ambientale (risorse, aria, acqua, rifiuti, rumore) prese in considerazione da strumenti analitici quali la contabilità ambientale. Economia - Scienza che studia i comportamenti relativi alla ricchezza e la loro integra- zione in un sistema. Economia aziendale - Disciplina che si occupa dei comportamenti operativi dell’impresa. Economia politica - Disciplina che studia il comportamento di soggetti diversi (famiglie, imprese, Stati) nelle loro attività di produzione e distribuzione di beni e servizi. Economia sommersa - Parte dell’attività economica di un Paese che non viene registrata nelle statistiche ufficiali, perché illegale o a scopo di evasione fiscale. Economie postindustriali - Economie in cui la quota del settore manifatturiero sul PIL è in costante declino. Economie di scala - Riduzione del costo di produzione unitario di un servizio/prodotto in relazione ad un significativo aumento di quantità prodotte/vendute. La riduzione del costo unitario di produzione è legata alla ripartizione dei costi su un numero d’unità maggiore ed a costi gestionali più bassi. Vantaggio economico ottenuto per effetto dell’aumento della dimensione degli impian- ti e del volume dei beni prodotti. Ecosviluppo - Secondo l’UNEP (United Nation Environment Program), sviluppo basato sulla sostenibilità ambientale che tiene conto dei bisogni umani fondamentali (basic 286 needs) e della capacità di basarsi sulle risorse locali e sull’autorganizzazione (self-re- liance). Efficacia - Adeguatezza e coerenza dell’azione rispetto all’obiettivo; è valutata in base al grado di raggiungimento del risultato previsto, indipendentemente dalle risorse impie- gate e dal loro costo. Efficienza - Rapporto tra i fattori impiegati nel processo produttivo e i risultati ottenuti. Elasticità - Capacità di adeguarsi ai cambiamenti in breve tempo. Elasticità della domanda - Variabilità della quantità domandata al variare di un fattore ad essa correlato. La più nota è rispetto al prezzo. L’elasticità della domanda rispetto al prezzo è data dal rapporto della variazione relativa alla quantità domandata rispetto alla variazione relativa al prezzo. Empowerment - Processo che conferisce ai dipendenti maggiore autonomia e responsabilità. Enti finanziari etici - Sono enti di finanziamento contraddistinti da trasparenza e fiducia; queste sono le parole che contraddistinguono le proprie fondamenta su cui il movi- mento del “finanziamento etico” vuole e deve basare il suo operato per il prossimo fu- turo. La trasparenza è una condizione necessaria per godere di credibilità, per avvici- nare il cittadino e ottenere la sua attenzione, per motivarlo a dare il suo contributo; con- seguenza desiderata di questo modo di proporsi al pubblico è la fiducia del cittadino nell’ente che raccoglie e gestisce i fondi, base indispensabile per creare un legame du- raturo e fecondo e per stimolare il cittadino a farsi promotore egli stesso delle inizia- tive cui partecipa. Equilibrio - Uguaglianza tra domanda e offerta in un mercato. Equilibrio generale. Situazione di equilibrio simultaneo in tutti i mercati (reali, finan- ziari e del lavoro). Esercizio - Periodo amministrativo utilizzato per misurare la produzione del reddito e valu- tare la consistenza del patrimoniale. Solitamente coincide con l’anno solare. Espansione - Periodo di crescita del PIL. Esportazioni - Acquisto di beni e servizi nazionali da parte del resto del mondo. Esportazioni nette è la differenza tra esportazioni e importazioni. È chiamata anche saldo commerciale. Esternalità ambientali - Effetti che l’attività economica produce sull’ambiente il cui costo di risanamento può essere internalizzato dall’azienda che li produce. Esternalizzare (outsourcing) - Scelta aziendale che consiste nel delegare all’esterno alcu- ne funzioni fino a quel momento interne all’imprese. Trasferimento del know how produttivo ad altre aziende, che s’impegnano a fornire successivamente i prodotti in funzione delle esigenze. Extranet - Rete aziendale aperta all’esterno. Fabbisogno finanziario - Ammontare complessivo dei mezzi finanziari necessari a garan- tire il normale svolgimento della gestione dell’impresa. Fallimento - Intervento giudiziario mediante il quale il patrimonio di un imprenditore insolvente viene sottratto alla sua disponibilità e destinato ai creditori. 287 Fattori della produzione - Elementi che sono utilizzati nella produzione aziendale. I fat- tori sono classificati in tre categorie principali: capitale, manodopera, materie. Fatturato - Volume delle vendite che un’impresa realizza in un anno. È usato come sinoni- mo di ricavi di vendita. Il termine è usato, fondamentalmente, nell’ambito del marketing. Fatture - Documenti contabili - fiscali sottoposti ad alcuni requisiti formali, attestanti una prestazione di servizi o cessione di beni. Fidelizzato - Cliente che diventa fedele all’azienda, che non la sostituisce. Fidejussione - Contratto mediante il quale si costituisce in favore di un creditore la garan- zia personale di un terzo. FIFO (First in First out) - Metodo di valutazione delle scorte basato sul principio che le merci in magazzino sono valutate a valori correnti di mercato. Vedi anche Rimanenze. Finanza aziendale - Aspetti della gestione aziendale attinenti le valutazioni e le forme d’in- vestimento e finanziamento. Finanziamenti di terzi - Vengono compresi in questa categoria tutti quei capitali che inter- vengono nella gestione aziendale e che non vanno a costituire il capitale “di rischio”. I finanziamenti di terzi possono andare a coprire necessità ed incombenze della gestio- ne corrente e ordinaria, come necessità di ristrutturazione e riconversione aziendale. Nel primo caso parliamo di debiti di funzionamento, nel secondo caso di debiti di finanziamento. Flessibilità - Criterio economico che indica la capacità di un’impresa, che vuole essere competitiva, di rispondere in modo appropriato ed efficiente ai continui mutamenti del mercato attraverso un alto grado di flessibilità nell’organizzazione dell’impresa e nella regolazione delle prestazioni di lavoro. Flusso di cassa - Vedi Cash Flow . Fondi comuni monetari - Istituzioni finanziarie che ricevono fondi dagli individui e li impiegano in titoli a breve termine. Fondo - Consistenza patrimoniale valutata in un dato momento. Fondo monetario interna- zionale (FMI). Una delle principali organizzazioni economiche internazionali. Pubbli- ca annualmente il “World Economic Outlook” e mensilmente l’International Financial Statistics. Forma - Modo in cui deve essere redatto il negozio giuridico o manifestata la volontà negoziale. Fornitore - Produttore di prestazioni, beni e servizi richiesti come risorsa necessaria all’im- presa cliente, al fine di consentire la sua attività di creazione, produzione, trasforma- zione. Forza contrattuale - Potere relativo di una parte in una negoziazione o in una disputa. Forza lavoro - Somma delle persone occupate e di quelle in cerca di lavoro. Franchising - Contratto con cui un imprenditore (franchisor), dietro pagamento di un com- penso, consente ad un altro imprenditore (franchisee) di esercitare un’attività commer- ciale, di produzione o di servizi, utilizzando il marchio del franchisor. Il franchisee s’impegna, inoltre, ad esercitare la propria attività secondo le modalità stabilite dal fran- chisor e sotto il suo controllo. 288 Frequenza - Numero delle volte in cui si ripete un evento. Funzione - Complesso d’attività svolte all’interno dell’azienda e collegate organicamente tra loro. L’organizzazione aziendale si basa su unità amministrative, ciascuna delle quali rappresenta un’attività rivolta a realizzare un determinato obiettivo aziendale, ad esem- pio la funzione produzione, marketing, contabilità, personale, ecc. Gap - Termine anglosassone che indica discrepanza, differenza, divario esistente tra due situazioni specifiche. Gap tecnologico - Differenza tra gli stati della tecnologia di diversi Paesi. Gestione - L’insieme delle attività finalizzate all’acquisizione, all’impiego ed al recupero del capitale monetario impegnato; le operazioni fondamentali della gestione aziendale sono infatti: 1) l’acquisizione del capitale monetario; 2) il suo impiego in fattori pro- duttivi; 3) la trasformazione dei fattori produttivi in prodotti/servizi; 4) il recupero del capitale monetario attraverso la vendita dei prodotti/servizi. Grado di sindacalizzazione - Proporzione della forza lavoro che aderisce ai sindacati dei lavoratori. Gruppi di interesse - Gruppi di agenti economici portatori di interessi divergenti nei con- fronti del governo. Grossista - Operatore indipendente che acquista prodotti direttamente dalle aziende pro- duttrici in grandi quantità, per rivenderli, in lotti più piccoli, a dettaglianti o ad altre imprese. Importazioni - Acquisto di beni e servizi esteri da parte dei consumatori, delle imprese e del governo di un Paese. Imposte indirette - Imposte su beni e servizi. Negli Stati Uniti, esse sono costituite soprat- tutto dalle imposte sulle vendite. Imprenditore agricolo - È imprenditore agricolo chi esercita un’attività diretta alla colti- vazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività connesse. Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o alla vendita dei prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura. Impresa artigiana - È quella che ha per scopo prevalente la produzione di beni, anche se- milavorati, o la prestazione di servizi (escluse le attività agricole, commerciali, di in- termediazione mobiliare, di ristorazione, salvo il caso che siano strumentali ed acces- sorie all’esercizio dell’impresa), esercitata in forma di società, anche cooperativa (con esclusione delle SpA e Sapa) a condizione che la maggioranza dei soci (o uno nel caso di due soci) svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo pro- duttivo e che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale. Impresa familiare - È una ditta individuale in cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo (familiari), i quali non sono né soci né dipen- denti dell’imprenditore. Impresa quotata - È un’impresa che raccoglie capitali dai risparmiatori attraverso la vendita di quote sociali (azioni). Le azioni possono essere oggetto di compravendita e quotate su un apposito mercato (borsa). Gli azionisti partecipano agli utili ed ai rischi dell’im- presa quotata. Le imprese quotate ricompensano gli azionisti con un dividendo, che varia in funzione degli utili realizzati. Il valore di borsa di una società quotata è pari 289 al valore di mercato di un singolo titolo azionario moltiplicato il numero dei titoli pre- senti sul mercato. Indennità di licenziamento - Pagamenti effettuati dalle imprese ai lavoratori licenziati. Indice dei prezzi al consumo (CPI) - Costo di un dato paniere di beni e servizi consumato da un consumatore urbano medio. Indicizzazione salariale - Regola in base alla quale i salari aumentano automaticamente in seguito a un aumento dei prezzi. Inflazione - Crescita sostenuta del livello generale dei prezzi. Innovazione - È qualsiasi caratteristica riguardante il prodotto, le modalità distributive, il sistema produttivo, l’organizzazione, in grado di differenziare il prodotto/servizio da quelli dei concorrenti. Investimento - Acquisto di nuovi beni capitali (macchinari e impianti) da parte delle im- prese e di nuove case e appartamenti da parte degli individui. Investimento finanziario: acquisto di attività finanziarie. Investimento immobiliare: ha come oggetto la costruzione o l’acquisto di beni immo- bili, tra cui edifici per uso abitativo o commerciale. Investimento in scorte: differenza tra produzione e vendite. Investimento non immobiliare o produttivo: acquisto di nuovi beni capitali da parte delle imprese. Ipoteca - L’ipoteca rientra tra le garanzie reali e si costituisce su un bene immobile o un be- ne mobile registrato (autoveicoli, aeromobili, ecc.) o una rendita dello Stato, concessi dal debitore in garanzia di un credito. La caratteristica dell’ipoteca è il potere del cre- ditore di espropriare il bene in oggetto nel caso di mancato pagamento del credito e di essere soddisfatto con preferenza rispetto ad altri eventuali creditori sul prezzo ricava- to dall’espropriazione. Lavoro effettivo - Numero dei lavoratori impiegati in un’economia espresso in unità di misura che tengono conto dello stato della tecnologia e quindi della produttività del lavoratore stesso. Lavoratori scoraggiati - Persone disoccupate che hanno rinunciato a cercare un nuovo impiego. Lavori di pubblica utilità - Sono quelle attività, caratterizzate dalla stabilità nel tempo, svol- te nei seguenti settori ed ambiti: servizi alle persone, servizi di salvaguardia e cura del- l’ambiente e del territorio, sviluppo rurale, montano e dell’acquacoltura, recupero e ri- qualificazione degli spazi urbani, ivi compresi i quartieri delle città e dei centri minori e dei beni culturali. Tali attività possono essere promosse da tutte le amministrazioni del- lo Stato (Regioni, Province, Comuni, Comunità montane, e loro consorzi ed associazio- ni, istituti, scuole, università, aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento au- tonomo, Camere di commercio e loro associazioni, aziende ed enti del servizio sanitario nazionale, società a prevalente partecipazione pubblica, cooperative sociali, ecc.). Leasing - È un contratto di locazione/affitto di beni mobili ed immobili, in cui una parte (locatore) concede all’altra (locatario) il godimento di un bene, a fronte di un canone periodico di affitto, per un determinato periodo di tempo, al termine del quale chi ha usufruito del bene può: restituirlo, senza ulteriori aggravi; proseguire nel godimento 290 del bene, versando un canone inferiore; acquistare in proprietà il bene, pagando una somma ulteriore (prezzo di riscatto); richiedere la sua sostituzione con altro bene. Macroeconomia - Studio delle variabili economiche aggregate, come la produzione aggre- gata e il livello generale dei prezzi. Media impresa - È media impresa quella che ha: meno di 250 dipendenti, un fatturato an- nuo non superiore a 40 milioni di Euro; un totale di bilancio annuo non superiore a 27 milioni di Euro; è in possesso del requisito di indipendenza (ossia il suo capitale o i di- ritti di voto possono appartenere, soltanto fino al 25%, ad una sola impresa o congiun- tamente a più imprese non conformi alla definizione di media impresa). Mercato - L’insieme dei clienti, portatori di un preciso bisogno, a cui viene destinato uno specifico prodotto, veicolato con un determinato canale di vendita. Mercati finanziari - Mercati in cui vengono acquistate e vendute le attività finanziarie. Mercato agricolo comune - Il mercato comune dei prodotti agricoli costituito dai Paesi che fanno parte dell’Unione Europea. Mercato del lavoro duale - Mercato del lavoro in cui convivono un mercato del lavoro primario e un mercato del lavoro secondario. Mercato del lavoro primario: parte del mercato del lavoro in cui i posti di lavoro sono buoni, i salari elevati e il ricambio abbastanza basso. Al contrario, nel mercato del lavoro secondario i posti sono poco qualificanti, i salari bassi e il ricambio piuttosto elevato. Microeconomia - Studio della produzione e dei prezzi nei singoli mercati. Mix di politica economica - Combinazione di politiche monetarie e fiscali in attuazione nello stesso periodo. Modelli - Semplici strutture logiche e internamente coerenti usate per descrivere il funzio- namento di un’economia. Moneta circolante - Le monete e le banconote emesse dalla banca centrale. Mutuo agevolato - Consiste in un contributo in conto interessi, dove la stipula del finanzia- mento e la concessione dell’agevolazione avvengono contemporaneamente. Il finan- ziamento, se viene erogato, viene concesso esclusivamente a condizioni agevolate. Minaccia - Evento sfavorevole, più o meno imprevedibile e non controllabile, esterno alla propria idea imprenditoriale, che in qualche modo può ostacolare l’avvio e/o lo svilup- po dell’iniziativa. Obbligazioni - Titoli generalmente emessi dalle società per azioni. Obiettivo 1 - Denominazione utilizzata dalla Comunità Europea per indicare le aree a ritar- dato sviluppo socio-economico-industriale. L’Obiettivo 1 promuove lo sviluppo e l’adeguamento strutturale in tali regioni attraverso i seguenti Fondi strutturali: FESR, FSE e il FEAOG, settore “orientamento” e SFOP. Obiettivo 2 - Denominazione utilizzata dalla Comunità Europea per indicare le zone in fase di mutazione socioeconomica nei settori dell’industria e dei servizi, le zone rurali in declino, le zone urbane in difficoltà e le zone dipendenti dalla pesca che si trovano in una situazione di crisi. L’ obiettivo 2 favorisce la riconversione economica e sociale di tali zone con difficoltà strutturali attraverso l’FESR e FSE. 291 Obiettivo 3 - Denominazione utilizzata dalla Comunità Europea per indicare le azioni comunitarie a favore delle risorse umane in regioni non interessate dall’obiettivo 1. L’obiettivo 3 favorisce l’adeguamento e l’ammodernamento delle politiche e dei si- stemi di istruzione, formazione e occupazione attraverso l’ FSE. Opportunità - Evento favorevole, più o meno imprevedibile e non controllabile, che in qual- che modo potrebbe influenzare positivamente l’avvio e/o lo sviluppo dell’iniziativa. Organizzazioni non lucrative di utilità sociale - Le ONLUS sono associazioni, comitati, fondazioni, cooperative sociali o altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, i cui statuti o atti costitutivi (redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrit- tura privata autenticata o registrata) prevedano espressamente lo svolgimento di attività in uno o più dei seguenti settori: assistenza sociale e socio-sanitaria, assistenza sanitaria, beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, tutela promozione e valorizza- zione delle cose di interesse storico ed artistico, tutela e valorizzazione della natura e del- l’ambiente, promozione della cultura e dell’arte, tutela dei diritti civili e ricerca scienti- fica di particolare interesse sociale, oppure l’esclusivo perseguimento di finalità di soli- darietà sociale ed il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili ed avanzi di ge- stione, nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’organizzazione. Le ONLUS sono iscritte ad una speciale anagrafe, istituita e gestita dal Ministero delle Finanze. Patto di stabilità - Protocollo del Trattato di Maastricht che impone ai Paesi membri che partecipano all’Unione monetaria di mantenere un disavanzo totale al di sotto del 3%, e cioè rende permanente il vincolo che originariamente il Trattato prevedeva solo come condizione di ingresso. PIL - Si distingue in nominale e reale. Il primo è la somma delle quantità di beni finali prodotti in un’economia moltiplicate per il loro prezzo corrente (è chia- mato anche PIL a prezzi correnti). Il secondo è la somma delle quantità prodotte in un’economia moltiplicate per il loro prezzo in un anno-base (è anche chiamato PIL in termini di beni, PIL a prezzi costanti, PIL aggiustato per l’inflazione). Politica di sconto - Condizioni alle quali la banca centrale concede prestiti alle banche. Politica fiscale - Politica governativa che si avvale degli strumenti della spesa pubblica e dell’imposizione fiscale. Politica industriale - Politica volta a sostenere o regolamentare settori specifici dell’economia. Politiche del reddito - Politiche pubbliche che fissano i salari o introducono controlli o regolamentazione dei prezzi. Potere d’acquisto - Livello di spesa che può essere raggiunto a un dato livello di reddito. Privatizzazione - Trasferimento di imprese dalla proprietà pubblica alla proprietà privata. Prodotto interno - Prodotto interno lordo (PIL). Misura della produzione aggregata nei con- ti di contabilità nazionale. È il valore totale dei beni e servizi finali prodotti da un Pae- se in un determinato periodo di tempo con i fattori produttivi impiegati all’interno del Paese stesso. Prodotto nazionale lordo (PNL) - Misura della produzione aggregata nei conti di contabi- lità nazionale. E il valore totale dei beni e servizi finali prodotti da un Paese in un determinato periodo di tempo con i fattori produttivi di proprietà dei residenti, siano essi investiti all’interno o all’estero. 292 Prodotto pro capite - PIL di un Paese rapportato alla popolazione del Paese stesso. Produttività del lavoro - Rapporto tra produzione e numero di lavoratori impiegati. Quota - La quota esprime la partecipazione del socio al capitale sociale a cui corrisponde un complesso unitario di diritti e poteri, che fanno capo ad un unico soggetto: le quote dei soci possono essere tra loro diverse, ma la quota di un singolo socio è necessariamente unica: non si possono detenere più quote. Talvolta la legge stabilisce che una quota sia di un certa somma o di un multiplo di essa, ma ciò per determinare meglio l’entità dei diritti e poteri dei soci. Quota capitale - È la parte della rata di rimborso di un finanziamento che restituisce il capitale prestato. L’ammontare di tale quota è funzione dell’entità e della durata del finanziamento. Quota interessi - È la parte della rata di rimborso di un finanziamento che ripaga gli inte- ressi ad esso relativi. L’ammontare di tale quota è funzione del tasso d’interesse, della durata e dell’entità del finanziamento. Rapporto debito/PIL - Rapporto tra il debito pubblico di un Paese e il suo prodotto inter- no lordo. Recessione - Prolungata riduzione del PIL. Di solito si riferisce ad almeno due trimestri consecutivi di crescita negativa del PIL. Reddito - Flusso di entrate derivanti da lavoro, rendite, interessi e dividendi. Reddito nazionale - Reddito derivante dalla produzione di beni e servizi da parte dei resi- denti di un Paese. Regime di aiuti “de minimis” - Rappresenta la soglia massima al di sotto della quale non trovano applicazione le limitazioni sancite dall’articolo 92 del Trattato di Roma. Infat- ti, la Commissione europea ritiene che gli aiuti di importo poco elevato non possano po- tenzialmente falsare la concorrenza tra le imprese e pertanto consente agli Stati mem- bri di erogare senza particolari vincoli quelli che vengono definiti aiuti “de minimis”. Attualmente l’importo massimo degli aiuti rientranti in tale disciplina è di 100.000 Euro a decorre dal momento di erogazione del primo aiuto “de minimis” su un periodo di 3 anni. Tale importo comprende qualsiasi aiuto pubblico concesso dalle autorità nazionali, regionali o locali, indipendentemente dal fatto che le risorse provengano interamente dagli Stati membri o vengano cofinanziate dalla comunità tramite i fondi strutturali, eccezione fatta per gli aiuti all’esportazione. Non preclude la possibilità per l’impresa beneficiaria di ottenere altri aiuti. Ricerca & Sviluppo (R&S) - 1) Ricerca fondamentale: è un’attività che mira all’amplia- mento delle conoscenze scientifiche e tecniche non connesse a obiettivi industriali o commerciali. 2) Ricerca industriale: è una ricerca pianificata o un’indagine critica mi- rante ad acquisire nuove conoscenze, così che queste possano essere utili per mettere a punto nuovi prodotti, processi produttivi o servizi o comportare un notevole migliora- mento dei prodotti, processi produttivi o servizi esistenti. Rischio di insolvenza - Rischio che l’emittente di un titolo non rimborserà l’intero ammon- tare promesso dal titolo stesso. 293 Riserve bancarie - Moneta della banca centrale detenuta dalle banche. Differenza tra quan- to le banche ricevono dai correntisti e quanto prestano alle imprese o detengono sotto forma di titoli. Riserve in valuta estera - Attività finanziarie estere detenute dalla banca centrale. Salario di riserva - Salario che rende il lavoratore indifferente tra rimanere occupato e diventare disoccupato. Segmentazione - Criteri di aggregazione (es. variabili socio-demografiche, comportamen- tali, ecc.) in base ai quali i clienti vengono raggruppati per creare dei segmenti al loro interno omogenei. Servizi - Beni che non possono essere immagazzinati, ma che devono essere consumati sul luogo e al momento dell’acquisto. Sistema monetario europeo (SME) - Sistema di tassi di cambio fissi adottato dalla maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea. Spirale prezzi-salari - Meccanismo in base al quale aumenti dei salari provocano aumenti dei prezzi, che a loro volta conducono a ulteriori aumenti dei salari, e così via. Stagflazione - Combinazione di stagnazione e inflazione. Svalutazione - Aumento del tasso di cambio in un sistema di tassi di cambio fissi. Sovvenzione globale (SG) - Affidamento ad intermediari selezionati (quali Enti Locali, Organismi di sviluppo regionali, ONG) della gestione e l’amministrazione di una parte dell’intervento finanziato dai Fondi Strutturali della U.E. Si ricorre alla Sovvenzione globale soprattutto per iniziative di sviluppo locale. Sgravio fiscale o credito d’imposta - Concessione di un contributo che genera un credito d’imposta. Contrariamente al “bonus fiscale”, può essere monetizzato solo in sede di dichiarazione dei redditi. Tassa da inflazione - Saldi monetari reali moltiplicati per il tasso di inflazione. Tasso di disoccupazione - Quota delle persone disoccupate sul totale della forza lavoro. Tasso di partecipazione - Rapporto tra la forza lavoro e la popolazione civile. Tasso di sconto - 1) Nel senso di tasso ufficiale di sconto, è il tasso di interesse al quale la banca centrale concede prestiti alle banche. 2) Nel senso di tasso di attualizzazione, è il tasso di interesse usato per calcolare il valore attuale di una serie di pagamenti futu- ri. È uguale al tasso di interesse nominale nel caso di pagamenti futuri nominali, al tas- so reale nel caso di pagamenti futuri reali. 3) Nel senso di tasso di preferenza intertem- porale, è il tasso soggettivo al quale un individuo sconta il consumo futuro. Trattato di Maastricht - Trattato firmato nel 1991 che stabilisce i vari stadi del processo di transizione dell’Unione Europea a una moneta unica. Target - Segmento di clienti ai quali si decide di indirizzare la propria offerta. Valore aggiunto - Valore che le imprese aggiungono al processo produttivo, pari al valore della loro produzione meno il valore dei fattori produttivi intermedi impiegati. Valuta estera - Sinonimo di moneta estera. Indica tutte le monete diverse da quella na- zionale. 295 BIBLIOGRAFIA ABELL F.D., Strategia duale: dominare il presente, anticipare il futuro , Milano, Il sole 24 ore media & impresa, 1997. ALFANO V., Manuale del giovane imprenditore: una ditta simulata, Napoli, L’Antologia,1994. ASSEFOR, Il neo-imprenditore: manuale operativo per mettersi in proprio, Rimini, ASSEFOR, 1991. ASSOSERVIZI, In 24 righe le cose da non dimenticare per fare meglio l’imprenditore Milano, 1990. BORELLO A. , Il business plan, Milano, McGraw-Hill Libri Italia, 1999. CARLESI A. - A. ANGELINI - G. MARIANI , Il finanziamento degli investimenti innovativi nelle piccole e medie imprese. Profili teorici e casi di costruzione del business plan, Torino, Giappichelli, 1999. DE BENEDETTIS A. - G. MINGOLLA - A. SCACCHERI (Edd.), Come fare un business plan, Milano, Franco Angeli, 1993. ELVY B.H., Mettersi in proprio senza capitali: 100 nuove idee e opportunità, come valutarle e sele- zionarle, Milano, Franco Angeli, 1994. 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SOCIETÀ PER L ’IMPRENDITORIALITÀ GIOVANILE , Vademecum per l’imprenditore: dal sogno all’idea im- prenditoriale, Roma, Società per l’imprenditorialità giovanile, 1995. 297 INDICE Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Parte I: L’ IMPRENDITORIALITÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 1. L’imprenditorialità nel nostro Paese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 2. L’imprenditorialità in Europa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 3. Come nascono e si sviluppano le imprese? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 4. Imprenditorialità e lavoro autonomo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 4.1. Lavoro autonomo occasionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 4.2. Collaborazione coordinata e continuativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 Parte II: “Q UALITÀ ” DELL’IMPRENDITORE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 1. La vocazione “imprenditoriale” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 2. La creatività . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 3. Potenziare la creatività . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60 Parte III: L’ IDEAZIONE E IL BUSINESS PLAN . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75 1. L’idea imprenditoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 2. Il business plan . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 2.1. Definizione e finalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 2.2. Struttura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 2.3. Forma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105 Parte IV: I L PROGETTO D ’IMPRESA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109 1. Specificazione dell’idea di business . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111 2. Analisi di mercato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 3. Piano marketing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 3.1. Definizione della quota di mercato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 3.2. Studio della concorrenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118 3.3. Definizione delle strategie di ingresso e di competizione . . . . . . . . . . . . 154 4. Piano di produzione: la messa a punto della struttura aziendale . . . . . . . . . . . . 165 5. Piano del personale: la definizione dell’organigramma . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173 Parte V: F ORMA GIURIDICA E COSTITUZIONE DI SOCIETÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177 1. Impresa, azienda o ditta? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179 2. Tipologie d’imprese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180 2.1. Le imprese individuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181 2.2. Le imprese collettive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181 3. Quale forma giuridica scegliere? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192 298 4. Quali sono le procedure amministrative per costituire una società? . . . . . . . . 197 4.1. Società di persone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 197 4.2. Società di capitali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 198 4.3. Cooperative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 200 Parte VI: Q UANTIFICAZIONE E REPERIMENTO RISORSE FINANZIARIE . . . . . . . . . . . . 211 1. Pianificazione finanziaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213 1.1. Il conto economico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213 1.2. Lo stato patrimoniale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 214 2. Il problema dei finanziamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 216 3. Le fonti di finanziamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 218 3.1. Gli istituti di credito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 218 3.2. Gli istituti di leasing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 219 3.3. Le società di factoring . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 219 3.4. Il franchising . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 220 Parte VII: S OSTEGNI NAZIONALI E REGIONALI A IMPRENDITORIALITÀ E LAVORO AUTONOMO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229 1. Misure nazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231 2. Misure regionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 242 Glossario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 275 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 295 Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 297 299 Pubblicazioni 2002-2007 nella collana del CNOS-FAP e del CIOFS/FP “S TUDI, PROGETTI , ESPERIENZE PER UNA NUOVA FORMAZIONE PROFESSIONALE ” ISSN 1972-3032 1. Nella sezione “studi” 1) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XIV seminario di formazione europea. La formazione professio- nale per lo sviluppo del territorio. Castel Brando (Treviso), 9 - 11 settembre 2002, 2003 2) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XV seminario di formazione europea. Il sistema dell’istruzione e formazione professionale nel contesto della riforma. Significato e percorsi , 2004 3) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVI seminario di formazione europea. La formazione professio- nale fino alla formazione superiore. Per uno sviluppo in verticale di pari dignità, 2005 4) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Vademecum. Strumento di lavoro per l’erogazione dei servizi orientativi, 2003 5) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Opportunità occupazionali e sviluppo turistico dei territori di Ca- tania, Noto, Modica , 2004 6) CNOS-FAP (a cura di), Gli editoriali di “Rassegna CNOS” 1996-2004. Il servizio di don Stefano Colombo in un periodo di riforme, 2004 7) MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP . Rapporto finale , 2002 8) MALIZIA G. - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto sul follow - up, 2003 9) MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, 2004 10) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, 2004 11) D’AGOSTINO S. - G. MASCIO - D. NICOLI, Monitoraggio delle politiche regionali in tema di istru- zione e formazione professionale, 2005 12) PIERONI V. - G. MALIZIA (a cura di), Percorsi/progetti formativi “destrutturati”. Linee guida per l’inclusione socio-lavorativa di giovani svantaggiati, 2005 13) NICOLI D. - G. MALIZIA - V. PIERONI, Monitoraggio delle sperimentazioni dei nuovi percorsi di istruzione e formazione professionale nell’anno formativo 2004-2005, 2006 14) MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale. II edizione, 2006 15) MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP della Sicilia. Rapporto di ricerca , 2007 16) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVIII seminario di formazione europea. Standard formativi nell’i- struzione e nella formazione professionale. Roma,7-9 settembre 2006, 2007 17) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, Ristampa 2007 18) COLASANTO M. - R. LODIGIANI (a cura di), Il ruolo della formazione in un sistema di welfare at- tivo, 2007 19) MALIZIA G. et alii, Stili di vita di allievi/e dei percorsi formativi del diritto-dovere , 2007 20) MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP del Lazio. Rapporto di ricerca , 2007 21) NICOLI D. - R. FRANCHINI, Costruzione dell’identità personale e sociale negli adolescenti e nei giovani. La proposta dell’Istruzione e formazione professionale, 2007 22) NICOLI D., La rete formativa nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP , 2007 23) MALIZIA G. et alii, Diritto-dovere all’istruzione e alla formazione e anagrafe formativa. Pro- blemi e prospettive,2007 24) PELLEREY M., Processi formativi e dimensione spirituale e morale della persona. Dare senso e prospettiva al proprio impegno nell’apprendere lungo tutto l’arco della vita (in stampa) 25) BELLESI L. - C. DONATI, Giovani e percorsi professionalizzanti: un gap da colmare? Rapporto fi- nale (in stampa) 300 2. Nella sezione “progetti” 26) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 27) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio meto- dologico e proposte di strumenti, 2003 28) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La promozione delle capacità personali. Teoria e prassi , 2003 29) CIOFS/FP CAMPANIA (a cura di), OrION tra orientamento e network , 2004 30) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 31) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio metodologico e pro- poste di strumenti, 2003 32) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale alimentazione, 2004 33) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale aziendale e amministrativa, 2004 34) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale commerciale e delle vendite, 2004 35) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale estetica, 2004 36) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale sociale e sanitaria, 2004 37) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale tessile e moda, 2004 38) CIOFS/FP (a cura di), Un modello per la gestione dei servizi di orientamento, 2003 39) CIOFS/FP BASILICATA, L’orientamento nello zaino. Percorso nella scuola media inferiore. Diffu- sione di una buona pratica, 2004 40) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale elettrica e elettronica, 2004 41) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale grafica e multimediale, 2004 42) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale legno e arredamento, 2005 43) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale meccanica, 2004 44) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale turistica e alberghiera, 2004 45) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione delle unità didattiche, 2003 46) COMOGLIO M. (a cura di), Prova di valutazione per la qualifica: addetto ai servizi di impresa. Prototipo realizzato dal gruppo di lavoro CIOFS/FP , s.d. 47) FONTANA S. - G. TACCONI - M. VISENTIN, Etica e deontologia dell’operatore della FP, 2003 48) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo, 2003 49) MARSILII E., Guida per l’accompagnamento al lavoro dipendente, 2003 50) NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’istru- zione e della formazione professionale, 2004 51) NICOLI D. (a cura di), Sintesi delle linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel si- stema dell’istruzione e della formazione professionale, 2004 52) TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, 2003 53) VALENTE L. - D. ANTONIETTI, Quale professione? Strumento di lavoro sulle professioni e sui per- corsi formativi, 2003 54) NICOLI D. (a cura di), Il diploma di istruzione e formazione professionale. Una proposta per il percorso quadriennale, 2005 55) VALENTE L. (a cura di), Sperimentazione di percorsi orientativi personalizzati , 2005 56) POLACEK K., Guida e strumenti di orientamento. Metodi, norme ed applicazioni, 2005 301 57) CNOS-FAP (a cura di), Proposta di esame per il conseguimento della qualifica professionale. Percorsi triennali di Istruzione formazione Professionale, 2005 58) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La corresponsabilità CFP-famiglia: i genitori nei CFP. Espe- rienza triennale nei CFP CNOS-FAP (2004-2006) , 2006 59) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione dei sussidi, II edizione, 2006 60) NICOLI D. - G. TACCONI, Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. I volume (in stampa) 61) MARSILII E., Dalla ricerca al rapporto di lavoro. Opportunità, regole e strategie (in stampa) 3. Nella sezione “esperienze” 62) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza , 2003 63) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 2. Guida per l’accompagnamento in itinere, 2003 64) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 3. Guida per l’accompagnamento fi- nale, 2003 65) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, 2003 66) CIOFS/FP PUGLIA (a cura di), ORION. Operare per l’orientamento. Un approccio metodologico condiviso e proposte di strumenti, 2003 67) TONIOLO S., La cura della personalità dell’allievo. Una proposta di intervento per il coordina- tore delle attività educative del CFP, 2005 68) COMOGLIO M. (a cura di), Il portfolio nella formazione professionale. Una proposta per i per- corsi di istruzione e formazione professionale, 2006 69) ALFANO A., Un progetto alternativo al carcere per i minori a rischio. I sussidi utilizzati nel Centro polifunzionale diurno di Roma , 2006 70) MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI, Una formazione di successo. Esiti del monitoraggio dei percorsi sperimentali triennali di istruzione e formazione professionale in Piemonte 2002-2006. Rapporto finale , 2006 Tip.: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 06.78.27.819 - Fax 06.78.48.333 - E-mail: tipolito@pcn.net Dicembre 2007

Dalla ricerca al rapporto di lavoro. Opportunità, regole e strategie

Autore: 
Enrica Marsilii
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2007
Numero pagine: 
263
Enrica MARSILII Dalla ricerca al rapporto di lavoro Opportunità, regole e strategie 3 Prima sezione IL LAVORO DI CUI SI È IN CERCA 5 Capitolo primo Primi passi nella ricerca del lavoro. Introduzione alla ricerca La ricerca di un’occupazione è, oggi, un percorso estremamente difficile a cui è necessario dedicarsi con impegno e gran dispendio di energie. Non è sufficiente, infatti, cercare lavoro, ma è estremamente importante saperlo fare con metodo e sistematicità. Prima tappa in tal senso è la ricerca di molte informazioni, utili a pianificare il proprio futuro professionale, documentarsi sul settore economico nel quale inse- rirsi, individuare le opportune strategie di ingresso nel mondo del lavoro o, in altri casi, per decidere di voler proseguire gli studi, scegliendo tra le molteplici alterna- tive formative. Molto spesso, infatti, l’inadeguatezza delle informazioni o la mancanza di idonee azioni di orientamento/accompagnamento determinano errori o insuccessi nelle scelte formative o professionali, causando ripensamenti, interruzioni o addi- rittura l’abbandono dei percorsi intrapresi. È importante, dunque, prima di mettersi in cerca di un impiego, appropriarsi di alcune semplici regole che serviranno a non “perdere l’orientamento” e a non sco- raggiarsi durante la ricerca che in molto casi potrebbe richiedere anche diversi mesi. Per ottimizzare l’impegno richiesto ed evitare il rischio di tentativi casuali e sporadici è necessario, in primo luogo, rispettare le seguenti tappe: 1) individuazione degli “OBIETTIVI” da raggiungere 2) pianificazione delle “AZIONI” da porre in essere 3) predisposizione degli “STRUMENTI” da utilizzare. Il buon esito della ricerca, infatti, è subordinato in primo luogo ad una chiara definizione degli obiettivi che si intende perseguire e che fungeranno da volano per approntare le “mosse” successive ed individuare gli strumenti da impiegare. Fase nevralgica del percorso è, dunque, l’individuazione dei propri obiettivi professionali, a cui si perviene dopo un’attenta valutazione delle proprie risorse e aspirazioni personali. 6 “Chi sono?” “che cosa so fare?” “che cosa desidero fare?” sono gli interro- gativi fondamentali per pervenire alla conoscenza di sé stessi, delle proprie reali competenze, aspirazioni e inclinazioni personali, elementi da cui partire per la defi- nizione del proprio personale progetto professionale. Chi sono Che cosa so fare Cosa desidero far Significa prendere coscienza di: � attitudini personali � caratteristiche umane � affinità con tipi di impiego � punti di forza e di debolezza Significa capire cosa si vuole e si sa fare, ponendo a confronto le possibilità of- ferte dal mercato del lavoro con le: � reali capacità possedute � esperienze maturate nel corso degli anni Significa individuare il tipo di lavoro che si desidera svolgere, riflettendo su una pluralità di elementi condi- zionanti, quali ad esempio: � il settore produttivo di riferimento � livello di autonomia e di responsabilità � ambiente e orario di lavoro � prospettive di carriera. La definizione di un progetto professionale basato su obiettivi realistici e con- creti consente di non porsi sul mercato del lavoro con la richiesta di un “lavoro qualunque”. Tale richiesta, infatti, sebbene potrebbe apparire come una dichiarazione di massima disponibilità alle possibilità offerte dal mercato, in realtà – almeno sotto due diversi aspetti – potrebbe inficiare il successo della ricerca: la disponibilità, in- fatti, ad accettare un lavoro qualunque vuol dire non interrogarsi sulle proprie reali aspirazioni, trascurando studi effettuati, esperienze professionali realizzate ed esi- genze personali. Su un piano meramente pratico poi, il reperimento di informazioni, nonché la gestione di una domanda di lavoro così ampia – proprio perché non riferibile ad un settore ben definito e circoscritto – richiederebbe un notevole dispendio di energie, correndo il rischio di allungare notevolmente i tempi della ricerca. Alla luce di quanto detto, è importante, dunque, che colui che è alla ricerca di un impiego individui tra i diversi ambiti professionali, quello di maggiore inte- resse, limitando a questo soltanto la ricerca delle opportunità offerte dal mondo del lavoro. 7 1. IL BILANCIO DELLE COMPETENZE L’individuazione delle potenzialità ed aspirazioni personali presuppone a monte, come si diceva, un importante processo di analisi e valutazione, da realiz- zare possibilmente con il supporto di personale esperto. Figure professionali specifiche cui chiedere assistenza sono, ad esempio, i con- sulenti di orientamento, che operano gratuitamente in una pluralità di strutture, pre- senti ormai in ogni provincia: � Centri per l’impiego, pubblici e privati; � Informagiovani; � Centri di Orientamento; � Università; � Centri di Formazione Professionale; � Sportelli di Associazioni di Volontariato; � Servizi per il lavoro. Ognuna di queste strutture offre una diversa tipologia di servizio, utile per il sostegno e il potenziamento della professionalità degli utenti: � supporto nella scoperta delle proprie attitudini, degli interessi personali e bi- lancio di competenze; � costruzione di un progetto lavorativo personale; � ricerca di informazioni sul mercato del lavoro e sulle opportunità formative; � incontro tra domanda ed offerta di lavoro; � consultazione banche dati; � assistenza nella redazione dei curricula vitae e delle lettere di auto-candidatura; � sostegno all’auto-imprenditorilità, ecc. Tra tutti gli interventi e i possibili servizi erogati da tali strutture, quello più funzionale ed utile all’elaborazione del proprio progetto professionale è sicura- mente il “bilancio di competenze” o “bilancio orientativo”, vale a dire lo stru- mento destinato a chi cerca o vuole cambiare lavoro, utilizzato per individuare il proprio obiettivo professionale e tratteggiare i percorsi possibili per raggiun- gerlo, sulla base delle caratteristiche del proprio profilo professionale e perso- nale. In altre parole, tale intervento è finalizzato a fare il punto della propria si- tuazione formativa e professionale con l’assistenza di personale esperto di orien- tamento. Si tratta, generalmente, di un intervento strutturato perché utilizza strumenti come griglie di valutazione, test, simulazioni, utili a mettere in luce sia l’iter forma- tivo e professionale certificato e dimostrabile, sia le attitudini, le abilità, le compe- tenze non certificabili, le potenzialità e le aspirazioni della persona. 8 Al termine di tale percorso, che di norma si realizza nel corso di 4 ai 6 incontri individuali, si perviene alla produzione di 3 documenti finali: � il “bilancio delle competenze”: la fotografia, lo stato dell’arte della persona in quel momento, comprendente anche le potenzialità, le aspirazioni, i valori, le priorità della persona; � il “progetto professionale” vale a dire l’obiettivo e il percorso che la persona si propone di raggiungere. Il risultato di questo percorso deve portare ad un docu- mento in grado di evidenziare i possibili sviluppi professionali ed aiutare ad orientare la ricerca di un lavoro, individuando nel caso gli interventi formativi necessari per candidarsi alle posizioni di proprio interesse. � La “sintesi” cioè il documento finale, condiviso dal consulente di orientamento e dalla persona, che comprende i primi due documenti e traccia i passi concreti e la strategia attuativa del progetto professionale disegnato. 2. LA COSTRUZIONE DEL PROGETTO PROFESSIONALE Una volta realizzato, dunque, con l’aiuto di esperti, il bilancio delle compe- tenze è possibile pervenire all’elaborazione del proprio “progetto professionale”, la cui presenza, a prescindere dal livello di strutturazione e di dettaglio, sarà guida preziosa per affrontare tutte le fasi della ricerca di una prima occupazione o nel passaggio ad una nuova collocazione nel mercato del lavoro. La consapevolezza delle varie fasi del percorso da realizzare, permetterà di fare, in ogni momento, un’analisi corretta e puntuale della situazione, prevedendo, nel caso, una serie di azioni e/o di eventuali correttivi per poterla gestire nel modo più appropriato. Per l’elaborazione di un progetto professionale vincente si dovrà tener conto di una serie di variabili: interessi, attitudini, qualificazione scolastica e/o formativa, esperienze professionali, esigenze particolari e bisogni personali (livello di reddito, condizioni di contratto, aspettative lavorative, disponibilità a trasferimenti), ele- menti questi che rappresentano per il soggetto le priorità sulla base delle quali co- struire il proprio progetto professionale. 1) Un possibile strumento di lavoro Per supportare l’elaborazione del progetto professionale, si propone di seguito una possibile traccia di lavoro, articolata in sezioni, ciascuna delle quali è finaliz- zata a rilevare un set di informazioni quali: � Tipo di lavoro di cui si è in cerca; � disponibilità e condizioni alle quali ci si intende collocare; � altri elementi che potrebbero influenzare le scelte; � tempi e i modi di realizzazione della ricerca. 9 2) Indicazioni per la compilazione La presente guida si prefigge l’obiettivo di supportare coloro che cercano un impiego con un utile strumento che fornisca loro le informazioni necessarie per im- postare la ricerca di un lavoro e li accompagni in ogni fase del percorso. Ciascuna delle sezioni in cui si articola la traccia di progetto professionale troverà, infatti, una corrispondenza in termini di contenuti all’interno del volume. In particolare, la I sezione: “Elementi di scenario” che mira essenzialmente a descrivere alcuni elementi di scenario, fornisce un breve quadro delle caratteri- stiche del mercato del lavoro e dei soggetti che vi operano. FIGURA PROFESSIONALE SETTORE LAVORATIVO Pubblico Amministrazioni centrali Enti locali Aziende municipalizzate Forze armate Privato Dimensioni dell’azienda Forma giuridica Proprietà PRIMA SEZIONE SECONDA SEZIONE TIPOLOGIA DI CONTRATTO ORARIO DI LAVORO AREA TERRITORIALE DI PREFERENZA DIMENSIONI AZIENDALI RETRIBUZIONE QUARTA SEZIONE TERZA SEZIONE ALTRI FATTORI E OPPORTUNITÀ (ad es. lavoro all’estero, nel Terzo settore, esperienze di volontariato, ecc.) MODALITÀ, STRUMENTI E TEMPI DELLA RICERCA DI LAVORO 10 La II sezione, volta ad individuare “Disponibilità e condizioni alle quali ci si intende porre sul Mercato del lavoro” è, invece, dedicata all’illustrazione dei pos- sibili percorsi di inserimento, sollecitando una valutazione personale in merito alle opportunità di un collocamento nel settore privato o in quello pubblico. Molto spazio, inoltre, è dedicato alla regolamentazione del rapporto di lavoro e alle nume- rose forme contrattuali introdotte dalla L. n. 30/2003 (cosiddetta Legge Biagi), senza tralasciare di descrivere, seppur brevemente, le opportunità di alternanza scuola/lavoro (apprendistato, stage e tirocini formativi). La sezione, dunque, stimola una riflessione in merito ad una serie di aspetti e priorità, utili a definire la situazione lavorativa ideale: lavoro pubblico o privato, autonomo o dipendente, dimensioni aziendali, ambiente e sede di lavoro, tipo di occupazione, tipologia di contratto, prospettive di carriera, ecc. Nella III sezione, relativa ad “Altri fattori e opportunità” si offre, invece, una panoramica sulle nuove opportunità di studio e di lavoro, trattando nello speci- fico due interessanti tematiche: l’Europa e il Terzo settore. Nella IV sezione, infine, dedicata ai “Modi e tempi della ricerca di lavoro”, l’attenzione non è più rivolta al soggetto che interroga sé stesso sulle scelte da fare, bensì si sposta sul mercato del lavoro e sui modi e le tecniche più efficaci per inte- ragire con esso. Obiettivo della sezione è, dunque, impostare strategie e tempi della ricerca di lavoro, sulla base della conoscenza dei principali canali informativi, delle tecniche di promozione e delle modalità per affrontare un colloquio di lavoro. 11 Capitolo secondo Elementi di scenario. I soggetti del mercato del lavoro 1. IL MERCATO DEL LAVORO Per “Mercato del lavoro” s’intende comunemente “il luogo in cui en- trano idealmente in contatto Offerta e Domanda di lavoro”. Sebbene si tratti di una definizione parziale, essa fa riferimento ai due principali elementi che compongono il mercato del lavoro: � Offerta di lavoro: vale a dire l’insieme delle forze di lavoro, ossia quella parte della popolazione che lavora (occupati) o che attivamente è alla ri- cerca di occupazione (disoccupati); tra questi ultimi, quanti sono in cerca di prima occupazione sono definiti inoccupati. Quindi, a differenza di quanto si intende comunemente, le forze di lavoro non domandano, bensì offrono le proprie competenze sul mercato del lavoro. � Domanda di lavoro: è l’insieme delle richieste di lavoro avanzate sul mercato dalle imprese e dalla Pubblica Amministrazione. Pertanto, anche in questo caso, va ribaltata l’opinione comune secondo cui i datori di lavoro (pubblici e privati) non offrono, bensì domandano una prestazione profes- sionale, in cambio di una retribuzione. Disoccupato è, pertanto, chi non riesce a trovare un “acquirente” in un mercato in cui l’offerta è in eccedenza rispetto alla domanda. Relativamente alla sua articolazione, il Mercato del lavoro è suddiviso in settori economici. La classificazione più comunemente utilizzata è quella curata dall’ISTAT, l’Istituto Nazionale di Statistica (ATECO 2002): a. Agricoltura, Caccia e Silvicoltura b. Pesca, Piscicoltura e Servizi connessi c. Estrazione di minerali d. Attività manifatturiere e. Produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua f. Costruzioni g. Commercio all’ingrosso e al dettaglio; Riparazione di autoveicoli, motocicli e di beni perso- nali e per la casa 12 h. Alberghi e ristoranti i. Trasporti, Magazzinaggio e Comunicazioni j. Intermediazione monetaria e finanziaria k. Attività immobiliari, Noleggio, Informatica, Ricerca l. Pubblica amministrazione e Difesa; Assicurazione Sociale Obbligatoria m. Istruzione n. Sanità e altri Servizi sociali o. Altri servizi pubblici, sociali e personali p. Servizi domestici presso famiglie e convivenze q. Organizzazioni e organismi extraterritoriali A partire dal 2008 l’ISTAT adotterà la nuova classificazione delle attività econo- miche, denominata “ATECO 2007 ”, che scaturisce da una revisione completa della precedente e dall’esigenza di avere un’unica classificazione di riferimento a livello mondiale definita in ambito ONU (ISIC Rev. 4). A causa del complesso processo di convergenza, la nuova classificazione risulta profondamente cambiata, sia nella strut- tura, sia nei contenuti. La classificazione vigente ATECO 2002 potrà essere utilizzata fino a gennaio 2008, quando entrerà in vigore la nuova, consultabile sul sito ISTAT al seguente indirizzo: http://www.istat.it/strumenti/definizioni/ateco/ateco2007.html Per coloro che intendono documentarsi e approfondire le caratteristiche del mercato del lavoro è interessante consultare i risultati dell’attività di monitoraggio del Sistema Informativo Excelsior, realizzato annualmente da Unioncamere e dal Ministero del Lavoro. Per ampiezza e profondità di analisi, Excelsior è lo strumento informativo più completo oggi a disposizione dell’opinione pubblica per la conoscenza dei fabbi- sogni delle imprese sul mercato del lavoro. Attraverso tale indagine, infatti, ogni anno vengono intervistate oltre 100.000 imprese di tutti i settori economici e di tutte le dimensioni, a cui viene chiesto di fare previsioni sul proprio fabbisogno di occupazione, individuando così i settori economici che assumono e quelli che al contrario riducono i propri dipendenti, le professioni più richieste, le caratteristiche delle assunzioni per tipologia di contratti, i livelli formativi e indirizzi di studio. Si segnala, inoltre, per ulteriori approfondimenti anche il sito dell’ISFOL (Isti- tuto per lo Sviluppo della Formazione dei Lavoratori) ed in particolare la sezione dedicata all’analisi dei fabbisogni professionali (http://fabbisogni.isfol.it/), che for- nisce informazioni di carattere quali-quantitativo sulla carenza di figure e/o compe- tenze nei diversi settori di attività economica. 2. IL RAPPORTO DI LAVORO Quando idealmente si incontrano chi offre e chi domanda lavoro, normalmente si instaura un rapporto di lavoro, i cui protagonisti sono: – il lavoratore, vale a dire la persona che svolge un’attività manuale o intellettuale a scopo produttivo, in cambio di un compenso. 13 – il datore di lavoro, vale a dire il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il la- voratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione del- l’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Dal rapporto di lavoro ha origine il contratto di lavoro che è caratterizzato da due obbligazioni principali: l’obbligazione in capo al datore di lavoro è quella della retribuzione, mentre quella in capo al lavoratore è quella della prestazione lavorativa. In sintesi, dunque, il contratto di lavoro si connota giuridicamente come un contratto oneroso di scambio (o a prestazioni corrispettive), caratterizzato dai se- guenti elementi essenziali: – Prestazione di lavoro – Retribuzione del lavoro prestato Affinché il contratto di lavoro sia valido è necessario che sussistano una serie di requisiti: Rispetto all’accordo sono essenziali la capacità delle parti di concludere un contratto e l’assenza di vizi nella formazione del consenso. La causa del contratto di lavoro consiste nello scambio tra prestazione del la- voratore e retribuzione e deve essere, per la validità dell’accordo, lecita, ossia con- forme alla legge, all’ordine pubblico ed al buon costume. Nei contratti cosiddetti a causa mista, come quello di apprendistato e di inseri- mento al lavoro (ex contratto di formazione e lavoro), accanto al normale rapporto di lavoro è previsto l’obbligo per il datore di lavoro di garantire la formazione ne- cessaria al lavoratore, per acquisire competenze e mansioni per cui è stato assunto; di contro, il datore di lavoro usufruisce di sgravi contributivi e previdenziali. Oggetto del contratto di lavoro è qualsiasi attività manuale o intellettuale, purché lecita, possibile, determinata o determinabile. Ulteriore requisito necessario a perfezionare il contratto, una volta raggiunto il consenso tra lavoratore e datore di lavoro sugli elementi essenziali dello stesso, è la forma scritta. 14 Si ricorda, infine, che il contratto di lavoro è nullo (vale a dire non è mai esi- stito) in caso di mancanza o illiceità della causa o dell’oggetto; esso è annullabile nelle ipotesi di vizi del consenso (errore, violenza, dolo) e di mancanza della capa- cità delle parti. 2.1. Le parti del rapporto di lavoro: il lavoratore Nel nostro ordinamento sono molteplici le forme con cui un’attività lavorativa può essere resa, anche se esse sono tendenzialmente riconducibili a una delle tre principali tipologie di rapporto di lavoro e di conseguenza di lavoratori1: 1) autonomo 2) subordinato 3) parasubordinato Dallo schema seguente è possibile evincere i tratti distintivi delle tre tipologie di rapporto di lavoro, così come vengono desunte dalle fonti normative , nonché le relative tipologie contrattuali possibili. 1 Va sottolineato che, alle varie tipologie si applica una disciplina differente sia sul piano norma- tivo che fiscale. 15 La difficoltà di distinguere in modo netto le diverse tipologie è, in primo luogo, una scelta del legislatore che ha descritto, in maniera sommaria, i tratti di- stintivi delle stesse. Il Codice Civile che costituisce la principale fonte normativa al riguardo, si limita, infatti, a qualificare in modo sommario solamente il lavoro sub- ordinato e quello autonomo. Così, ad esempio, l’art. 2094 c.c. definisce lavoratore subordinato colui che si impegna, a fronte di una retribuzione, a prestare il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore, senza ulteriori specificazioni. Si ha, invece, un contratto d’opera, e quindi una prestazione di lavoro auto- nomo, quando ci si obbliga a rendere in prima persona un’opera o un servizio “senza vincolo di subordinazione” (art. 2222 c.c.). A tale carenza sopperisce in parte la giurisprudenza che ha individuato una serie di indici, la cui verifica è utile per valutare se un rapporto lavorativo sia carat- terizzato o meno da subordinazione o autonomia. Tra gli indici di cui si deve tenere conto, quello che comunemente assuma im- portanza nel rivelare la natura subordinata del rapporto riguarda il pieno assogget- tamento del prestatore di lavoro al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. In concreto, tale assoggettamento significa: – operare secondo orari di lavoro indicati dall’imprenditore; – nei locali aziendali e con strumenti messi a disposizione dal datore di lavoro; – svolgere tutte le attività indicate dall’imprenditore e che sono necessarie per il buon andamento dell’impresa; – dover richiedere permessi in caso si abbia necessità di assentarsi o non si possa rispettare gli orari previsti; – dover comunicare assenze e malattie; – dover effettuare le ferie nei periodi indicati dal datore di lavoro, ecc. Si può aggiungere che, sebbene il rapporto di lavoro autonomo presenti in- dubbi vantaggi sul piano dell’autonomia e della retribuzione (generalmente più alta rispetto a quella del lavoratore dipendente), comporta di contro un forte carico fi- scale e una minor contribuzione previdenziale, oltre all’impossibilità di ricevere un’indennità nei periodi di malattia che rimane completamente a carico del lavora- tore (la legge non prevede alcuna integrazione, pubblica o da parte del datore di la- voro, del reddito perduto). In sintesi, al lavoratore autonomo non si applicano molte delle tutele che, in- vece, sono accordate al lavoratore subordinato, a partire da quelle che garantiscono la stabilità del posto di lavoro. In questa ottica, se è facile comprendere quale sia la differenza tra il lavoro subordinato e quello autonomo (che, nel linguaggio comune, si identifica con quello del libero professionista o del commerciante), più difficile è capire quale spazio residui per i rapporti di lavoro parasubordinati. 16 A differenza del lavoratore autonomo che ha di regola una propria, sia pur mi- nima, struttura imprenditoriale, una specifica professionalità e, dunque, una possi- bilità di operare a favore di più soggetti, il collaboratore coordinato è colui che, di regola, rende la propria prestazione per un periodo significativo a favore di uno specifico soggetto, secondo modalità predeterminate e senza margini di discrezio- nalità. Di fatto, ciò finisce col produrre, in gran parte dei casi, un affievolimento delle distinzioni con i lavoratori subordinati, divenendo, anche il collaboratore, parte integrante della struttura imprenditoriale, con la necessità di sottostare ad ob- blighi analoghi a quelli previsti per i dipendenti, ma senza le medesime tutele. 2.2. Le parti del rapporto di lavoro: il datore di lavoro Il datore di lavoro pubblico è generalmente una Pubblica Amministrazione, vale a dire l’insieme di Enti e soggetti pubblici (Stato, Ministeri, Comuni, Pro- vince, Regioni, ecc.) e talora privati (Organismi di diritto pubblico, concessionari, s.p.a. miste), preposti a svolgere funzioni amministrative nell’interesse della collet- tività e, quindi, nell’interesse pubblico. La Pubblica Amministrazione è gerarchicamente dipendente dal Governo che ne orienta gli indirizzi generali attraverso i diversi Ministeri. Per datore di lavoro privato s’intendono, invece, ditte, imprese o società pri- vate in genere. È bene ricordare che le società costituiscono un “numero clausus”, vale a dire un numero chiuso, nel senso che è precluso all’autonomia privata creare nuovi tipi di società oltre a quelli espressamente previsti dalla legge. Nel nostro ordinamento si distinguono due principali tipologie: le società di persone e le società di capitali che verranno illustrate alla fine di questa sezione. 3. GLI ALTRI SOGGETTI DEL MERCATO DEL LAVORO 1) Le parti sociali Cosa sono Per Parti sociali si intendono le organizzazioni dei lavoratori (Sindacati dei la- voratori) e le associazioni che rappresentano il mondo dell’imprenditoria (Associa- zioni di categoria degli imprenditori). Il Sindacato è, infatti, l’associazione che si impegna a tutelare i diritti dei lavo- ratori nel caso del lavoro dipendente o parasubordinato e che si fa carico di orga- nizzarne la rappresentanza. In Italia non esiste l’obbligo di iscriversi ad un sindaca- to: l’iscrizione è quindi lasciata alla libera valutazione dei singoli lavoratori, che hanno anche la facoltà di scegliere tra più sigle sindacali che sono l’espressione delle diverse impostazioni culturali, ideologiche e politiche presenti nella nostra società. 17 Il servizio fondamentale che i sindacati offrono ai lavoratori iscritti è duplice: – rappresentano gli interessi di tutti i lavoratori di una determinata categoria nel confronto con gli organi dello Stato e con le associazioni dei datori di lavoro, ad esempio per la stipula dei C.C.N.L.; – forniscono una serie di servizi di informazione e di consulenza rivolta ai singoli lavoratori. In genere i servizi di informazione sono rivolti a tutti i lavoratori, mentre i servizi di consulenza (fiscale, legale, ecc.) sono forniti solo ai lavora- tori iscritti a quel sindacato. Se, invece, si è scelto un lavoro autonomo, la funzione di rappresentanza è as- solta dalle associazioni di categoria degli imprenditori e dei liberi professionisti; il servizio svolto da tali associazioni è sostanzialmente analogo a quello dei sindacati: rappresentare gli interessi della categoria con le controparti e fornire servizi indivi- duali di informazione e consulenza. Le Parti sociali, tuttavia, oltre al ruolo di consultazione, negoziazione, concer- tazione, esercitano soprattutto la contrattazione collettiva, vale a dire concludono accordi a vario livello che vengono generalmente chiamati contratti collettivi; essi rappresentano lo strumento principale attraverso cui i rapporti di lavoro vengono regolamentati congiuntamente da sindacato e imprese. Si possono suddividere in tre principali gruppi: Gli accordi interconfederali, siglati dalle Confederazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, trovano applicazione ai grandi comparti economici (industria, artigianato, ter- ziario e servizi, ecc.). I loro contenuti sono generalmente rivolti alla disciplina di istituti specifici con valenza inter-categoriale, come ad esempio il lavoro temporaneo, l’apprendistato, il contratto di inserimento (ex contratto di formazione e lavoro), la sicu- rezza nei luoghi di lavoro, le rappresentanze unitarie dei lavoratori in azienda. Sono in- tese di portata più generale raggiunte dalle Confederazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, con l’intervento del Governo (e per questo definiti di “concertazione trilaterale”). Questi atti comprendono spesso una parte programmatica nella quale vengono fissati, nel quadro delle compatibilità macroeconomiche di breve/medio periodo, gli indirizzi di fondo e le linee generali di intervento in materia di politica dei redditi, previdenza so- ciale, mercato del lavoro, sviluppo degli investimenti e dell’occupazione (vedi, da ul- timo, il Patto per l’Italia del 5 luglio 2002). I contratti collettivi di categoria che costituiscono l’asse portante delle relazioni sinda- cali e contengono la disciplina generale, valida su tutto il territorio nazionale, delle con- dizioni minime di trattamento economico-normativo per i singoli istituti contrattuali (in- quadramento, orario di lavoro, minimi tabellari, trattamenti in caso di malattia e infor- tunio, ecc.). Secondo il Protocollo 23 luglio 1993 il contratto nazionale di categoria: - ha durata quadriennale per la materia normativa e biennale per la materia retributiva; - definisce gli ambiti della contrattazione di secondo livello (aziendale o, alternativa- mente, territoriale laddove previsto nell’ambito di specifici settori), la tempistica dei cicli negoziali e le materie nelle quali essa si articola; - stabilisce le procedure per la presentazione delle piattaforme contrattuali per il rinnovo dei contratti collettivi di categoria, per la contrattazione a livello aziendale o territo- riale, nonché i tempi di apertura dei negoziati con l’obiettivo, tra l’altro, di evitare pe- riodi di vacanza contrattuale. 18 È espressamente stabilito dal Protocollo che la dinamica degli effetti economici del con- tratto di categoria deve essere coerente con i tassi di inflazione programmata, assunti dalle parti come obiettivo comune. I contratti aziendali o territoriali di secondo livello che sono previsti secondo le mo- dalità e negli ambiti definiti dal contratto nazionale di categoria. Tale contrattazione ri- guarda questioni legate alla specifica realtà di riferimento e prevede anche la definizione di erogazioni economiche - in presenza di margini di produttività eccedente quella even- tualmente già utilizzata per riconoscere gli aumenti retributivi a livello di contrattazione nazionale - peraltro correlate ai risultati di programmi rivolti ad incrementi di produtti- vità, qualità ed altri elementi di competitività, nonché a risultati legati all’andamento economico dell’impresa. Chi sono Le principali associazioni nazionali di categoria degli imprenditori sono: - ABI Associazione bancaria italiana (www.abi.it) - ance associazione nazionale costruttori edili (www.ance.it) - anep associazione nazionale educatori professionali (www.anep.it) - cna confederazione nazionale dell’artigianato (www.cna.it) - confartigianato (www.confartigianato.it) - confagricoltura (www.confagricoltura.it) - confcommercio (www.confcommercio.it) - confapi confederazione nazionale piccole e medie imprese private (www.confapi.org) - confesercenti (www.confesercenti.it) - confindustria (www.confindustria.it) I principali sindacati nazionali dei lavoratori sono: - CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) - CISL (Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori) - UIL (Unione Italiana del Lavoro) - UGL (Unione Generale del Lavoro) Per i lavoratori atipici sono disponibili servizi di assistenza specifici: - CISL-ALAI (Associazione lavoratori atipici e interinali); - CGIL-NIDIL (Nuove identità di lavoro) www.nidil.cgil.it - UIL-CPO (Coordinamento per l’occupazione) www.uil.it/cpo/default.htm 2) I patronati Cosa sono I Patronati sono enti che rappresentano, tutelano ed assistono gratuitamente i lavoratori, per aiutarli ad ottenere tutte le prestazioni previdenziali ed assistenziali a cui hanno diritto: assegni familiari, l’assistenza sanitaria, l’indennità di maternità per le lavoratrici autonome, commercianti, artigiane, pensione di vecchiaia, di an- zianità, di inabilità, assegno di invalidità, ecc. 19 3) I servizi per l’impiego Cosa sono Attorno al termine Servizi per l’impiego regna non di rado una certa confusio- ne, perché si tende a identificare dietro la stessa denominazione sia la funzio- ne/servizio operata, sia il soggetto/ente responsabile che fornisce tale servizio. Non solo: le forti differenze che esistono localmente, frutto di scelte progettuali molto diverse Regione per Regione (e Provincia per Provincia) rendono di fatto impossi- bile tracciare una descrizione sempre e comunque valida su tutto il territorio nazio- nale. La definizione più accreditata dei Servizi per l’impiego è che questi rappresen- tano le azioni, le prestazioni e le attività erogate dagli organi compresi nel “sistema regionale per l’impiego” in cui un ruolo fondamentale è riconosciuto alle province, che provvedono a gestire e a erogare i servizi tramite strutture denominate Centri per l’impiego, diffusi capillarmente su tutto il territorio nazionale. Cosa fanno a. Accoglienza ed informazione orientativa È un primo vaglio della domanda e del bisogno del cliente (lavora- tore/impresa), fornisce una prima informazione di carattere generale, indirizzando l’utenza verso uno o più servizi specifici. In questo senso la struttura svolge le se- guenti attività: - fornitura di servizi strutturati di informazione; - raccolta di dati anagrafici e verifica della posizione amministrativa; - identificazione delle esigenze dell’utente; - avviamento dell’utente verso le altre funzioni. b. Gestione delle procedure amministrative È la gestione degli atti obbligatori in base alla normativa sia nazionale che re- gionale. le principali azioni svolte dalla struttura sono: - integrazione dei dati anagrafici del lavoratore tramite la scheda professionale (com- presa l’appartenenza a categorie speciali ai sensi della normativa statale e regionale); - integrazione della scheda professionale; - gestione movimenti dei lavoratori (iscrizioni, avviamenti, cancellazioni, ecc...); - gestione di liste, elenchi e graduatorie (quando previste dalla normativa); - gestione della banca dati delle imprese interessate. c. Orientamento e Consulenza La struttura eroga servizi ed attività di natura consulenziale, sia alle aziende che alle persone per consentire un orientamento consapevole verso i percorsi di for- mazione e di inserimento al lavoro: 20 - colloqui individuali di orientamento; - orientamento sia formativo che finalizzato all’inserimento al lavoro; - individuazione di aspettative, preferenze e fabbisogni degli utenti; - individuazione e proposta di una strategia di inserimento; - preselezioni degli utenti verso le opportunità che le politiche, le misure ed i progetti per il lavoro possono offrire e promozione di tirocini formativi e di orientamento al la- voro; - identificazione di capacità, attitudini, professionalità e competenze dell’utente; - erogazione di servizi mirati di orientamento per disabili e categorie svantaggiate. d. Promozione di segmenti del mercato del lavoro e sostegno delle “fasce deboli” È l’attività finalizzata ad evidenziare i bisogni delle persone e delle aziende, per far emergere le variabili relative alla capacità lavorativa del soggetto, valoriz- zando in tal modo le risorse spendibili. L’attività di promozione prevede: - raccolta di informazioni utili alla gestione mirata della lista di collocamento obbliga- torio; - servizi mirati di orientamento per disabili e categorie svantaggiate; - supporto all’inserimento mirato dei disabili; - attività di sostegno ai disoccupati di lunga durata; - inserimento lavorativo degli stranieri; - ricollocamento guidato dei lavoratori cassa-integrati o in mobilità dalle grandi imprese; - promozione dell’inserimento occupazionale dei post-cinquantenni. e. Incontro domanda/offerta La struttura provvede alla raccolta e alla sistematizzazione delle informazioni sui soggetti in cerca di lavoro o l’accesso ad una misura di inserimento lavorativo, ma anche le proposte di impiego delle imprese nonché le opportunità di pre-inseri- mento (tirocini, piani di inserimento, ecc...): - raccolta delle informazioni sui lavoratori, sulla base della scheda professionale (profilo pro- fessionale, storia lavorativa e percorsi formativi, tipo di impiego ricercato, disponibilità); - raccolta delle richieste delle imprese (proposte di impiego o di altri tipi di rapporto del ge- nere work experiences). 4) Le agenzie per il lavoro Cosa sono Con il D.lgs. 297/2002, tappa fondamentale del processo di riforma del go- verno del mercato del lavoro, vengono istituite, accanto ai servizi pubblici per l’impiego, le agenzie private per il lavoro che sanciscono l’abolizione del mono- polio pubblico in materia di incontro tra domanda ed offerta del lavoro. Si realizza pertanto un sistema misto, in cui pubblico e privato, attraverso forme di raccordo, concorrono alla promozione di una società attiva e di un lavoro di migliore qualità. Alle agenzie autorizzate, infatti, è consentito di svolgere l’attività di fornitura di 21 manodopera e l’attività di collocamento e come organo tecnico-progettuale hanno il compito di promuovere e realizzare i provvedimenti previsti dal piano di politica del lavoro. Cosa fanno I compiti di pertinenza delle Agenzie del lavoro sono i seguenti: - analisi dello stato del mercato del lavoro a livello di pertinenza e pubblicazione dei dati relativi; - promozione e incentivazione dell’incontro tra offerta e domanda di lavoro; - attività di orientamento alla scelta lavorativa; - sostegno alla diffusione di nuove attività di lavoro autonomo e di imprese di piccole di- mensioni; - facilitazioni nell’inserimento lavorativo di soggetti appartenenti a fasce deboli; - incentivazione dell’assunzione di disoccupati di lungo periodo, licenziati e individui in condizioni di marginalità sociale; - creazione di opportunità lavorative in attività di utilità sociale; - sostegno alla creazione/implementazione di azioni positive nei confronti dell’occupa- zione femminile; - sostegno alle azioni volte a favorire l’occupazione regolare dei lavoratori extracomuni- tari. 5) INPS Cosa è L’INPS è il più grande ente previdenziale italiano che assiste quasi tutti i lavoratori dipendenti del settore privato, alcuni del settore pubblico e la maggior parte dei la- voratori autonomi. Cosa fa Il suo compito principale è quello di svolgere delle attività per proteggere il lavora- tore da tutti gli eventi che possono intaccare il reddito individuale e familiare. I compiti di pertinenza dell’Istituto sono il pagamento di: - pensioni di vecchiaia, anzianità, invalidità, inabilità ai superstiti sociali in convenzione internazionale per lavoro svolto all’estero; - assegno per il nucleo familiare e assegni familiari, indennità di disoccupazione e di mobilità; - cassa integrazione guadagni e integrazioni salariali, indennità di malattia e maternità, indennità economiche per malattie trattamento di fine rapporto, assegno per congedo matrimoniale, trattamento di richiamo alle armi; - prestazioni a sostegno del reddito (disoccupazione, malattia, maternità, cassa integra- zione); - assegno per il nucleo familiare, assegni di sostegno per la maternità e per i nuclei fami- liari concessi dai Comuni; 22 - visite mediche per l’accertamento dell’inabilità e dell’invalidità; - visite mediche per cure termali; - emissione dei modelli di certificazione fiscale. L’INPS assicura tali prestazioni tramite il prelievo dei contributi, vale a dire le somme di denaro che, nel caso del lavoro dipendente, il datore di lavoro detrae ogni mese dalla busta paga per poi versarle all’INPS. Il lavoratore può versare dei contributi volontari ad integrazione di quelli ver- sati obbligatoriamente. Il versamento dei contributi è obbligatorio per: i lavoratori dipendenti, gli artigiani, i commercianti,i lavoratori autonomi agricoli, i lavoratori parasubordinati. 6) INPDAP Cosa è L’INPDAP svolge un ruolo importante per il sostegno e lo sviluppo della previ- denza complementare nel pubblico impiego. Oltre alle attività previste dalla legge, l’Istituto può fornire servizi ai fondi pensione e alle amministrazioni pubbliche. Cosa fa Per quanto riguarda le attività obbligate, l’INPDAP deve: - accantonare e rivalutare le quote di TFR destinate alla previdenza complementare; - accantonare e rivalutare anche la quota aggiuntiva, pari all’1,5% del TFS, per gli “op- tanti” (coloro che passano dal regime di TFS al regime di TFR); - acquisire dal bilancio dello Stato e ripartire le risorse destinate al finanziamento della previdenza complementare; - trasferire ai singoli fondi le quote a carico delle amministrazioni statali datrici di lavoro e le risorse destinate dalla legge a coprire gli oneri di avvio e di funzionamento dei fondi pensione destinati ai dipendenti pubblici. L’Istituto propone, attraverso la stipula di apposita convenzione gratuita, altri servizi ai fondi pensione che intendono avvalersene, per favorire lo sviluppo della previdenza complementare, limitare i costi di avvio e di gestione e ottimizzare lo scambio di flussi informativi con le amministrazioni pubbliche, centrali e periferiche. Nel dettaglio l’INPDAP: - acquisisce i dati relativi alla contribuzione del datore di lavoro e del lavoratore attra- verso le denunce mensili analitiche (DMA); - gestisce le anagrafiche degli iscritti e verifica la correttezza delle informazioni desti- nate ai fondi pensione; - trasmette periodicamente al fondo gli aggiornamenti sugli accantonamenti figurativi; - trasmette periodicamente al fondo i dati analitici relativi alla contribuzione versata dal- l’Inpdap per conto dell’amministrazione statale datrice di lavoro; - fornisce informazioni agli interessati sui fondi pensione (sulla base di documenti uffi- 23 ciali forniti dai fondi stessi) in merito a modalità di adesione, prestazioni offerte e re- quisiti di accesso; - fornisce assistenza agli Enti datori di lavoro per gli adempimenti in tema di previdenza complementare. 7) INAIL Cosa è L’INAIL è l’ente che assicura i lavoratori contro gli infortuni e le malattie che possono verificarsi sul luogo di lavoro. All’INAIL devono essere iscritti obbligato- riamente: - lavoratori dipendenti - lavoratori parasubordinati - artigiani - lavoratori autonomi dell’agricoltura Il lavoratore dipendente che si infortuna sul lavoro o contrae una malattia profes- sionale, ha diritto ad usufruire delle prestazioni INAIL (prestazioni economiche, in- terventi sanitari, di prevenzione e riabilitazione), anche se il datore di lavoro non lo ha assicurato. Il lavoratore straniero che presta la propria attività in imprese operanti in Italia, riceve le prestazioni INAIL indipendentemente dal paese di provenienza. Quando un datore di lavoro assume un lavoratore, deve darne comunicazione all’INAIL immediatamente. Nel caso di lavoro dipendente, il costo dell’assicura- zione, chiamato “premio”, è a carico del datore di lavoro. Per il lavoro autonomo, è lo stesso lavoratore che deve denunciare l’inizio dell’attività lavorativa. 4. LE SOCIETÀ 1) Le società di persone Cosa sono Sono così definite perché è data rilevanza alla persona dei soci che le compon- gono e non ai capitali da essi versati. Qualora la società non fosse in grado di adempiere alle obbligazioni, i singoli soci (a eccezione dei soci accomandanti delle S.a.s.) sono chiamati a risponderne con i propri patrimoni, secondo il principio della responsabilità illimitata; inoltre, ciascun socio potrebbe dover rispondere anche della quota di altri soci (principio della responsabilità solidale). Per tali motivi, le società di persone sono usualmente costituite fra poche persone in rapporto di reciproca fiducia. La costituzione di una società di persone deve avvenire per atto pubblico o con una scrittura privata autenticata e, qualora sia richiesto per lo svolgimento delle at- tività, i soci devono iscriversi ad un albo/registro professionale. 24 Quali sono Le società di persone indicate dal Codice Civile sono: la società in nome col- lettivo (S.n.c.); la società in accomandita semplice (S.a.s.). Società in nome collettivo La tipologia della società in nome collettivo viene adottata quando due o più persone vo- gliano svolgere una attività commerciale senza limitazione di responsabilità. Essa è di- sciplinata dagli articoli 2291-2312 c.c. e, per quanto non disposto da tali norme, da quelle previste per la società semplice. La S.N.C. è soggetta, ai sensi dell’art. 2296 c.c. alla iscrizione nel il Registro delle Im- prese; la mancata registrazione determina lo stato di irregolarità della società stessa per cui i rapporti tra la società ed i terzi sono regolati dalle norme sulla società semplice, ferma restando la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci e la possibilità per la società di essere sottoposta a fallimento. La responsabilità dei soci è da intendersi soli- dale ed illimitata: i soci che compongono una S.n.c., nel caso il capitale della società non sia in grado di far fronte a inadempienze, sono chiamati a rispondere interamente, ossia non in misura proporzionale alla propria quota di partecipazione e personalmente, con tutto il proprio patrimonio. Di solito, tanto la rappresentanza legale che l’amministrazione di una S.n.c. sono in ca- rico a tutti i soci; peraltro, i soci stessi possono convenire nel porre delle limitazioni. In- fine, le S.n.c., nella loro denominazione, devono riportare il nome di almeno uno dei soci e l’indicazione del rapporto sociale. Società in accomandita semplice È composta, per la sua caratteristica peculiare, da due tipi di soci: - accomandatari che in maniera del tutto identica ai soci delle S.n.c. rispondono solida- mente e illimitatamente delle obbligazioni sociali; - accomandanti che rispondono limitatamente alla quota loro conferita (unico caso per quanto riguarda le società di persone). Le S.a.s. possono essere amministrate unicamente da soci accomandatari. Se un socio ac- comandante compie atti amministrativi, diviene automaticamente responsabile in ma- niera solidale e illimitata (come i soci accomandatari) nei confronti di terzi. Lo stesso ac- cade nel caso in cui un socio accomandante concluda singoli affari per conto della so- cietà; una speciale delega, però, può consentirgli di non incorrere nella responsabilità illi- mitata e solidale. La denominazione sociale deve includere il nome di almeno un socio accomandatario e, ovviamente, l’indicazione del tipo di società. 2) Le società di capitali Cosa sono A differenza di quanto previsto per le società di persone, i soci delle società di capitali rispondono alle obbligazioni sociali esclusivamente con la quota di capitale da essi sottoscritta, secondo il principio della responsabilità limitata (con l’eccezione dei soci accomandatari delle società in accomandita per azioni). 25 Quindi, il principio che regola la responsabilità nelle società di capitali è che sono queste (non i soci) a rispondere delle obbligazioni assunte, attraverso il patri- monio sociale. La loro costituzione avviene necessariamente attraverso un atto pubblico. Quali sono Il Codice Civile prevede tre società di capitali: società per azioni (S.p.A.); so- cietà in accomandita per azioni (S.a.p.a.); società a responsabilità limitata (S.r.l.). Società per azioni La società per azioni (S.p.A.) è disciplinata dagli artt. 2325-2451 c.c. Le caratteristiche principali di tale tipo di società possono essere rinvenute dalla limitazione della respon- sabilità in capo ai soci nel limite del capitale sociale sottoscritto ed essendo il capitale so- ciale suddiviso in azioni. La società può essere costituita per contratto o per atto unilaterale. Le condizioni per la costituzione della S.p.A., a norma dell’art. 2329 c.c., sono: � Sottoscrizione del capitale sociale Il capitale sociale minimo per la costituzione di una S.p.A. è di almeno 120.000 €. Esistono due modalità per la sottoscrizione delle azioni: - simultanea (la più adottata), quando la stipulazione del contratto avviene alla pre- senza del notaio e alla presenza di tutti i soci fondatori; - pubblica sottoscrizione, con la quale i promotori redigono un programma nel quale si precisano le caratteristiche fondamentali della società. Coloro che partecipano all’i- niziativa sottoscrivono le azioni e versano il 25% dei conferimenti in denaro. Solo successivamente alla sottoscrizione di tutte le quote si convoca l’assemblea dei sot- toscrittori per la stipulazione dell’atto costitutivo � Versamento del 25% dei conferimenti in denaro presso una banca; � Conferimenti sia in denaro che in natura; � Autorizzazioni governative ed esistenza delle condizioni richieste dalle leggi speciali in ordine alla costituzione, in funzione dell’oggetto. � Controllo giudiziario in sede di omologazione; � Iscrizione della società nel Registro delle Imprese. L’atto costitutivo va redatto ad opera del notaio e poi iscritto nel registro delle imprese, previo controllo del Tribunale. Con questa procedura la società acquista una personalità giuridica. Le S.p.A. operano mediante i propri organi formati da persone fisiche e sin dall’inizio deve essere in carica un organo che controlli l’operato degli amministratori: il Collegio Sindacale. Eletto dall’assemblea, è l’organo di controllo della società. Il Collegio con- trolla se la contabilità è tenuta in modo regolare e se la legge e quanto previsto dall’atto costitutivo sono debitamente osservati. Questo organismo è retto da un Presidente che deve essere iscritto all’Albo dei Revisori Contabili. La direzione del lavoro degli amministratori spetta all’Assemblea dei soci, organo che viene convocato tramite avviso su Gazzetta Ufficiale e a cui spetta l’approvazione della relazione dell’organo di amministrazione e del bilancio annuale. Si riunisce una volta al- l’anno (assemblea ordinaria) per approvare il bilancio, nominare gli amministratori e i sindaci e per prendere ogni altra decisione prevista nell’atto costitutivo. La società è diretta dagli amministratori, rispettando le decisioni prese dall’assemblea, che è l’organo che li elegge. Costoro costituiscono il Consiglio d’amministrazione; 26 La quota di partecipazione di ciascun socio è rappresentata da azioni, per cui è con queste che ogni socio risponde delle obbligazioni. Questo tipo di società è particolarmente adatto per la costituzione di grandi imprese. Società in accomandita per azioni La società in accomandita per azioni (Sapa) è una diretta derivazione della Società in ac- comandita semplice, con la differenza che la S.A.P.A. ha l’obbligo di iscrizione nel Regi- stro delle Imprese per poter acquistare la personalità giuridica; le quote di partecipazione sono rappresentate, per l’appunto, da azioni; le norme applicabili sono quelle degli artt. 2452 – 2461 c.c. e, per espressa disposizione dell’art. 2454 c.c., in quanto applicabili, le norme sulle S.p.A. Come avviene nelle S.a.s., anche in questo tipo di società vi sono due tipi di soci: - accomandatari, che rispondono solidamente e illimitatamente delle obbligazioni so- ciali (unico caso per quanto riguarda le società di capitali); - accomandanti, che rispondono limitatamente alla quota da loro sottoscritta. È amministrabile esclusivamente da soci accomandatari, il nome di almeno uno dei quali deve comparire nella denominazione sociale. Società a responsabilità limitata La società a responsabilità limitata è disciplinata dagli articoli 2462 – 2483 c.c. la S.R.L., come la società per azioni (SPA), essendo dotata di personalità giuridica, risponde per le obbligazioni sociali soltanto col suo patrimonio; il capitale sociale minimo è previsto in euro 10.000,00 e per questo, oltre che per la gestione più semplificata e leggera e per i poteri assegnati ai soci, è il modello societario adatto alle imprese di importanza minore rispetto a quelle organizzate in forma S.p.A. La costituzione può avvenire con contratto o con atto unilaterale, l’atto costitutivo, re- datto per atto pubblico, deve contenere le indicazioni prescritte dall’art. 2463 c.c., le for- malità per la costituzione e per la successiva iscrizione della società presso il Registro delle Imprese sono identiche, in virtù di apposito rinvio, a quelle dettate per le S.p.A.; pertanto sino alla iscrizione per le obbligazioni sociali rispondono i soci solidalmente ed illimitatamente. Nelle S.R.L. il capitale sociale non può essere suddiviso in azioni, pertanto la partecipa- zione sarà caratterizzata da “quote”; conseguentemente i diritti in capo ai soci, in difetto di diversa disposizione statutaria, spettano agli stessi in misura proporzionale alla parte- cipazione da ciascuno posseduta. Le quote sono liberamente trasferibili, tuttavia l’atto costitutivo può vietare o limitare il loro trasferimento. Tanto le società di persone che le società di capitali rientrano, giuridicamente nella più estesa famiglia delle imprese collettive, in cui sono comprese anche le Co- operative, particolari forme di società il cui numero di soci è illimitato (ma non in- feriore a nove) e con capitale variabile; possono essere sia a responsabilità limitata che responsabilità illimitata. La particolarità delle società cooperative è data dal fatto che i soci, siano essi consumatori o lavoratori, sono accomunati dall’obiettivo di soddisfare un comune bisogno, di solito rappresentato da esigenze economiche; per questo motivo le co- operative svolgono tutta una gamma di azioni che nel commercio e nell’industria sono appannaggio di intermediari. Infatti, le cooperative non sono società a fini di lucro, bensì hanno lo scopo di fornire servizi o lavoro a condizioni più favorevoli 27 che all’esterno e proprio per questo, di solito, quando si registrano utili questi ven- gono distribuiti, tra tutti i soci della cooperativa stessa, in parti proporzionate al- l’apporto dato da ciascuno. Distinguendole in base allo scopo che si prefiggono, possiamo così suddivi- dere le cooperative: – edilizie: procurano ai soci abitazioni a prezzi inferiori a quelli di mercato e con forme agevolate di mutui e pagamenti rateali. – di credito: agevolano il credito di imprenditori di piccole industrie e di artigiani. – di consumo: acquistano prodotti di varia natura all’ingrosso e li rivendono ai soci a prezzi vantaggiosi. – di produzione: sono costituite da lavoratori che si uniscono per sostituirsi agli imprenditori, assumendosi quindi i rischi di una conduzione d’impresa. Questo tipo di cooperative si distingue in Industriali, di lavoro, agricole. 3) Le strutture organizzative dell’azienda Secondo la convinzione più radicata, una organizzazione è principalmente: – uno strumento per raggiungere determinati fini; – uno strumento che viene guidato secondo principi di razionalità. Tale impostazione è stata assimilata a tal punto da ritrovarla sia nelle tradizioni teoriche dominanti, sia come concezione comune nella vita di tutti i giorni. In realtà, questa rappresentazione delle organizzazioni è diventata sempre più insoddisfacente a seguito delle profonde trasformazioni avvenute nell’economia mondiale. Oggi, infatti, è molto più difficile rispetto, ad esempio, a trenta anni fa, definire in poche parole cosa sia un’organizzazione e descriverla nei suoi aspetti principali. I fattori che stanno modificando le strutture organizzative e del lavoro sono principalmente: a) l’economia della flessibilità, orientata a fornire risposte adeguate nel minor tempo possibile alle richieste di mercato. Si caratterizza per flessibilità delle strutture organizzative e per la creazione di reti di organizzazioni in collabora- zione tra loro, e in concorrenza con altre reti; b) la terziarizzazione, ossia l’aumento di persone che lavorano stabilmente nel set- tore dei servizi, con nuovi compiti di lavoro e in strutture organizzative diverse da quelle tradizionali; c) le nuove tecnologie informatiche, che da un lato facilitano i processi di “flessibi- lizzazione” e “terziarizzazione” di cui abbiamo appena parlato, mentre dall’altro rendono possibili nuovi lavori. 28 Questi profondi cambiamenti hanno fatto nascere nuove teorie sulle organizza- zioni, secondo le quali: – un’organizzazione è un luogo dove entrano in contatto differenti stili e idee di direzione; – non esistono i fini dell’organizzazione, bensì i fini di quanti ne sono in un dato momento a capo; – i principi di razionalità con cui è guidata un’organizzazione non sono assoluti, ma sono quelli più adatti a chi la sta dirigendo. I tipi più comuni di assetti organizzativi d’azienda sono così definiti: gerar- chico-funzionale; divisionale; a matrice; rete. a) L’organizzazione gerarchico-funzionale È la forma più antica di struttura razionale e, molto probabilmente, ancora la più ricorrente, soprattutto per quanto riguarda i livelli alti delle organizzazioni. Si affermò con la prima rivoluzione industriale, ricalcata dalle organizzazioni militari, smussandone progressivamente i connotati rigidamente gerarchici. In questi tipi di organizzazione le varie direzioni controllano gruppi di attività funzionali simili tra di esse; i dirigenti, a loro volta, rendono conto del proprio ope- rato a una direzione generale. Di solito, le attività vengono diversificate su due li- velli: – il primo, sulla base di una vicinanza tra direzione strategica e direzione opera- tiva, in cui si applica un modello gerarchico puro; – il secondo è il livello delle diversificazioni in base alle principali funzioni azien- dali. Nelle organizzazioni di tipo gerarchico-funzionale è fortemente sviluppata la competenza specialistica; il criterio economico prevalente è quello di scala, mentre un sistema relativamente semplice di comunicazioni e decisioni consente un pronto adeguamento operativo alle esigenze dettate dal mercato economico. Il sistema con cui vengono prese le decisioni, però, perde dinamismo quando l’organizzazione tratta un grande numero di prodotti, quando aumentano oltre un certo limite le sue dimensioni, oppure, infine, quando il mercato in cui opera l’azienda diviene meno stabile: i processi decisionali e logistici diventano più con- flittuali e per una serie di motivi la prontezza di reazione agli stimoli del mercato diminuisce. Poiché esiste una unica direzione generale, questa è chiamata a pro- nunciarsi in merito a decisioni operative, strategiche e gestionali, fissando priorità e disperdendo attenzione fra molte problematiche. Le decisioni che vengono di solito privilegiate in simili condizioni sono quelle operative, perché meglio identificabili 29 e in virtù del loro carattere di urgenza immediata; per contro le attività innovative ricevono attenzioni secondarie. I problemi sopra evidenziati si accrescono se non vengono ben specificati i confini tra attività di tipo stabile e quelle innovative: le condizioni di trasferimento dell’innovazione, difficili per definizione, vengono aggravate dalle conflittualità le- gate a differenti tipi di funzioni professionali, sicché la direzione deve impegnarsi in una continua e dispendiosa attività di controllo e mediazione. Nel tempo sono state studiate una serie di misure correttive, volte a ridurre la conflittualità: inca- richi a rotazione nelle differenti unità funzionali, oppure gruppi di lavoro misti sono orientati a combattere il formarsi di visioni parziali degli obiettivi organizza- tivi e, tutto sommato, hanno ottenuto qualche risultato, soprattutto quando alcune attività di controllo interdisciplinare sono state attivate a carattere permanente. b) L’organizzazione divisionale La struttura divisionale, o per prodotto e mercato, appare negli anni Venti, in alternativa alle organizzazioni funzionali, spinte in progressivo affanno dai muta- menti nel sistema competitivo e dalle accresciute difficoltà di gestione. Il modello si caratterizza come una notevole innovazione: le attività vengono raggruppate per prodotto e mercato, non più per funzionali tra loro simili; ogni unità di pro- dotto/mercato è guidata da un dirigente con piena facoltà, nell’area di competenza, di assumere decisioni strategiche, operative e di gestione. I direttori di ciascuna di- visione si ritrovano a gestire una unità operativa con discreti margini di autonomia, di cui devono curare le performances, mentre la direzione centrale si occupa di ge- stire la diversificazione delle mansioni. Le organizzazioni divisionali, comunque, non sono semplicemente nuove forme di articolazione di grandi imprese, bensì introducono almeno due criteri sco- nosciuti alle strutture gerarchico-funzionali. Il primo, come già detto, riguarda la diversificazione in base al prodotto e non in base alle funzioni; il secondo comporta la separazione tra attività strategiche e quelle amministrative, dando luogo a gradi di management che operano su diffe- renti livelli di controllo del risultato. Questa separazione dovrebbe consentire alla direzione centrale di dedicarsi pienamente alla elaborazione strategica e strutturale, lasciando il peso delle decisioni operative alle varie linee divisionali. In realtà, i problemi sollevati dalle organizzazioni per prodotto non sono meno notevoli di quelli propri delle gerarchie funzionali, perché si aprono una serie di conflitti per l’attribuzione delle risorse, gli strumenti di progettazione strategica de- vono risultare al massimo grado di affidabilità, si richiede un aumento di organico ad alto livello retributivo e si assiste sovente alla duplicazione di risorse speciali- stiche che non si riflette in un arricchimento cognitivo dell’organizzazione stessa. c) L’organizzazione a matrice Il modello per matrice inizia a svilupparsi dopo la seconda guerra mondiale in aziende a elevati livelli di innovazione e in quelle con tecnologie complesse. 30 L’organizzazione a matrice si basa sul tentativo di combinare le caratteristiche funzionali con quelle divisionali, in un mercato che si era fatto più complesso e competitivo. Una prima versione è l’organizzazione per progetto, in cui a una struttura ge- rarchico-funzionale se ne affianca un’altra incaricata di seguire uno o più progetti, sotto la direzione di project managers, in grado di gestire le risorse a disposizione con un grande margine di autonomia. I progetti assorbono a tempo pieno un certo numero di specialisti per un periodo solitamente lungo; quando i progetti vengono sciolti, i componenti tornano ai rispettivi settori funzionali e l’organizzazione as- sume di nuovo una connotazione più tradizionale. La seconda versione è l’organizzazione a matrice pura, in cui strutture e/o ruoli rispondono nel contempo a due o più linee di autorità e di competenza, creando appunto una matrice in cui i singoli devono lealtà a più unità, in un in- treccio piuttosto complesso. In questo tipo di organizzazioni è normale che esistano contemporaneamente più centri di autorità, pertanto la struttura organizzativa che ne risulta è tutt’altro che un compatto, unico blocco: al contrario, è un luogo in cui si manifestano (e si contrappongono) differenti criteri di razionalità e in cui le esi- genze legate al conseguimento dei fini sono interpretate secondo schemi solo di rado coincidenti nelle varie coalizioni formali o informali. d) L’organizzazione rete L’evoluzione più o meno lineare del modello a matrice è rappresentato dall’or- ganizzazione rete, una forma di struttura aziendale che sta diffondendosi sotto la spinta dei meccanismi di globalizzazione economico-produttiva. In realtà, sotto lo stesso nome trovano posto differenti casi economici e imprenditoriali. – Un primo tipo è legato al forte decentramento di processi produttivi e di servizi da una impresa principale verso imprese subalterne, evento che ha dato luogo a una nuova classe di organizzazioni, che negli Usa sono state chiamate hollow corporations. Queste imprese operano una sorta di supervisione, acquistando da altri soggetti singoli componenti che poi verranno assemblati, o addirittura pro- dotti finiti; si instaura in tal modo un reticolo tra un soggetto principale, che espone il proprio nome sul mercato e i soggetti fornitori che si incaricano dei processi produttivi (e/o dei servizi). – Un secondo tipo è conosciuto come costellazioni di imprese, ovvero un insieme di unità legate tra loro in un ciclo produttivo; queste imprese, che solo talvolta siglano tra esse accordi formali, hanno potenti sistemi cooperazione operativa che sopperiscono all’assenza di collegamenti societari. – In una classe diversa rientrano quei sistemi di imprese su base geografica, detti anche distretti industriali. Essi segnano profondamente uno specifico contesto urbano e, laddove una serie di fattori socioeconomici lo rendono possibile, tal- volta anche regionale. Una variante sul tema è rappresentata dai parchi tecnolo- 31 gici, aree che si caratterizzano per la produzione di beni e servizi ad alto livello di innovazione. Inoltre, interessante è anche il caso di quelle grandi imprese che si stanno arti- colando in unità organizzative sempre di più somiglianti a imprese autonome. In queste realtà organizzative le singole divisioni sono in grado di legarsi a realtà esterne, cioè ditte sub-fornitrici o anche grandi imprese con cui si raggiungono si- tuazioni di collaborazione di varia natura e durata. Si ha così una impresa centrale legata a imprese non soggette al suo controllo giuridico, in un contesto comunica- tivo reticolare in cui i rapporti non sono regolati dall’autorità, ma dalle capacità di intervento delle singole unità operative presenti. I vantaggi propri delle organizzazioni rete riguardano la flessibilità strutturale, permettendo loro una notevole diversificazione degli obiettivi e forti capacità di adattamento ai bruschi cambiamenti del difficile mercato dell’economia globaliz- zata: in tal senso sono adatte ad affrontare rischi e forniscono alti risultati, come pure la rapidità di scomposizione dei processi produttivi e la capacità di riorganiz- zarli a seconda delle esigenze le rendono vantaggiose in relazione alle imprese che agiscono nelle rigidità delle economie di scala; per contro, hanno difficoltà nel for- nire risposte uniformi a fronte di situazioni critiche, rendendo particolarmente one- roso il compito degli organi direttivi centrali (quando ve ne siano). Inoltre, qual- siasi intervento direttivo o progettuale che parta dal centro della struttura organiz- zativa avrà nella diversità strutturale un’antagonista che spesso renderà vano qual- siasi sforzo di coinvolgere tutte le componenti. Le organizzazioni rispondenti alla modellistica reticolare sono in costante au- mento a partire dalla metà degli anni Ottanta, il che, però, non deve portare a rite- nere finite le esperienze gerarchico-funzionali e divisionali, per le quali si ipotizza un futuro legato alla gestione di particolari strutture, segnatamente quelle legate alle direzioni centrali, chiamate a tenere le fila di organizzazioni estremamente flessibili e dinamiche, ma difficilmente gestibili nella loro globalità. 33 Capitolo terzo L’incontro tra domanda ed offerta di lavoro. Le strutture a servizio dell’utenza 1. L’INCROCIO TRA DOMANDA ED OFFERTA DI LAVORO Il Mercato del lavoro, come si è già avuto modo di dire, è il luogo dove, ideal- mente, si realizza l’incontro tra “domanda” ed “offerta”: le imprese reclutano il personale di cui hanno bisogno, mentre le persone che offrono lavoro trovano le aziende disposte ad usufruirne e a remunerarlo. Questo incontro, tuttavia, non è automatico: tra la domanda e l’offerta di la- voro, infatti, devono instaurarsi innanzitutto, gli opportuni canali di comunicazione che permettano la conoscenza reciproca e la possibilità di entrare in contatto. L‘impresa che domanda forza lavoro deve conoscere chi è disponibile a fornirla e di converso chi è alla ricerca di lavoro deve poter vagliare le opportunità e le of- ferte del Mercato. Il possesso delle informazioni “giuste” e di efficaci strumenti di comunicazione diventano, quindi, un elemento fondamentale nelle scelte strate- giche di chi è alla ricerca di un’occupazione. Tradizionalmente, il compito di favorire l’incrocio tra la domanda e l’offerta di lavoro e, dunque, facilitare l’inserimento occupazionale, è stato svolto dalle Sezioni Circoscrizionali per l’Impiego, oggi Centri per l’impiego: in sostanza il vecchio Ufficio di Collocamento, denominazione questa che ancora oggi, nel parlare co- mune, è la più frequente. Ad essi, tuttavia, si sono affiancati di recente anche numerose strutture private che, offrendo una pluralità di servizi ulteriori, di fatto si prefiggono di favorire l’incontro tra domanda e l’offerta di lavoro, aumentare le opportunità di inseri- mento professionale e concorrere all’innalzamento dei livelli occupazionali. 2. IL COLLOCAMENTO PUBBLICO Il collocamento pubblico ha svolto in passato, principalmente un ruolo di certi- ficazione dello stato di disoccupazione e di gestione burocratico-amministrativa delle liste di collocamento (iscritti, liste di mobilità, sussidi, etc.) perché nella pra- tica, solo in misura marginale, ha ricoperto un ruolo attivo di ricerca e selezione del personale. L’inadeguatezza di tale sistema ha fatto sì che da più parti se ne reclamasse una complessiva ridefinizione, che ne ha modificato sia l’assetto istituzionale, sia i compiti operativi. 34 Il processo di riforma, realizzato attraverso l’emanazione di recenti provvedi- menti finalizzati a favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, è stato av- viato con il D.Lgs 469/97, di stretta derivazione dal Patto per il lavoro, siglato tra Governo, Sindacati e imprenditori nel settembre 1996. Si è trattato di un processo di rinnovamento molto articolato e complesso, pe- raltro ancora in corso, che con la L. 30/2003 (Riforma Biagi) è approdato alla defi- nitiva scomparsa del monopolio pubblico nel servizio di collocamento e all’istitu- zione capillare sul territorio di Agenzie di collocamento privato. In un’ottica di decentramento istituzionale sono stati conferiti alle Regioni e agli Enti locali, funzioni e compiti in materia di Mercato del lavoro. Il decreto 469/97, infatti, ha delegato alle Regioni le competenze in materia di collocamento, avviamento al lavoro e politiche attive, funzioni queste che si vanno a integrare con quelle già proprie delle regioni, relative alla formazione professionale, orienta- mento e osservazione del Mercato del lavoro. Il sistema di decentramento alle Regioni e agli altri Enti locali delle funzioni e dei compiti in tema di Mercato del lavoro, realizza un sistema di deleghe sul terri- torio – dallo Stato alle Regioni e da queste alle Province – al fine di avvicinare sempre più le politiche per l’occupazione ai reali bisogni di uno specifico territorio. Il decentramento amministrativo ha consentito la trasformazione dei servizi pub- blici di collocamento, in un sistema integrato di Servizi per l’Impiego, imperniato dal punto di vista amministrativo, programmatico e gestionale sulle Amministra- zioni Provinciali e, dal punto di vista strutturale, sui Centri per l’impiego. In linea generale, il sistema di deleghe a livello locale delinea un assetto in cui: – a livello centrale viene mantenuto il ruolo generale di indirizzo, promozione e coordinamento; – alle Regioni viene attribuito il ruolo di legislazione, organizzazione ammini- strativa, valutazione, progettazione e controllo dei servizi per l’impiego; – alle Province quello di erogatore di servizi sul territorio, nonché di raccordo con altri Enti locali. Punti chiave del complesso processo di riforma sono anche l’istituzione di Agenzie di collocamento private, l’istituzione del Sistema informativo Lavoro (S.I.L.) e della Borsa continua nazionale del lavoro (B.C.N.L.). 1) I Servizi per l’impiego Cosa sono Rappresentano la struttura portante del nuovo sistema di servizi per l’occupazione. Sulla base dell’accordo tra il Ministero del lavoro, Regioni e province, sancito in sede di Conferenza Unificata nel dicembre del 1999, le funzioni fondamentali per 35 assicurare uno standard minimo di prestazioni per l’utenza in cerca di occupazione sono: – accoglienza ed informazione orientativa; – gestione delle procedure amministrative; – orientamento e consulenza; – promozione dei segmenti del mercato del lavoro e “sostegno alle fasce deboli” – incontro tra domanda ed offerta di lavoro La filosofia a cui si ispira il processo di riforma è, dunque, l’introduzione il nuovo modello che, sostituendo il vecchio e troppo vincolistico collocamento pub- blico, si configuri, al contrario, come un sistema più ampio di servizi da offrire ai lavoratori e alle aziende. La nuova normativa, come trattato più ampiamente oltre, ha apportato molte novità, anche di tipo burocratico-amministrativo, quali ad esempio la scomparsa del libretto di lavoro, sostituita da una scheda personale e delle liste di colloca- mento, basate sulla classificazione e sugli ordini di precedenza, cui subentra un elenco anagrafico. Come funzionano Con l’emanazione di un secondo provvedimento, il D.Lgs 20 Aprile 2000 - “Disposizioni in materia di incontro tra domanda e offerta di lavoro”, sono state introdotte ulteriori novità in merito alle procedure di funzionamento dei servizi del- l’impiego. In particolare, il provvedimento ha introdotto: – Dichiarazione dello stato di disoccupazione: il provvedimento stabilisce che l’interessato dovrà presentare al Centro per l’impiego competente una dichiarazione volta a indicare l’immediata disponi- bilità dello stesso allo svolgimento di un’attività lavorativa. – Accertamento del permanere dello stato di disoccupazione: i Centri per l’impiego verificheranno il permanere dello stato di disoccupa- zione attraverso un sistema di interviste periodiche volte, in alternativa, a of- frire un servizio di orientamento entro sei mesi dall’inizio dello stato di disoc- cupazione, oppure a promuovere l’adesione a iniziative di inserimento lavora- tivo o di formazione e/o riqualificazione professionale. – Cause della perdita dello stato di disoccupazione: si verifica quando il disoccupato o l’inoccupato non si presenti al colloquio di orientamento. Si perde, invece, l’anzianità dello stato di disoccupazione, se si rifiuta un’offerta di lavoro a tempo indeterminato, determinato o di lavoro tem- poraneo, la cui durata e distanza dal domicilio del lavoratore è di competenza regionale. 36 Con il “Regolamento per il collocamento”, approvato dal Consiglio dei Mini- stri il 9 Giugno 2000 (DPR 442/2000) e il D.Lgs 297/2002 altre tappe fondamentali del processo di riforma, vengono fissati i criteri organizzativi, cui devono attenersi i nuovi servizi per l’impiego. In particolare, il regolamento ha previsto: • l’istituzione di un elenco anagrafico delle persone in cerca di lavoro (art. 4) in sostituzione delle vecchie liste di collocamento che restano in piedi solo per quattro categorie di soggetti: a) disabili; b) lavoratori in mobilità; c) gente di mare; d) lavoratori dello spettacolo. L’elenco anagrafico deve contenere i dati relativi a: - residenza o eventuale domicilio; - composizione nucleo familiare; - titolo di studio posseduto; - eventuale appartenenza a categorie protette e stato occupazionale. L’aggiornamento di tale elenco è su base volontaria da parte del lavoratore e, d’ufficio, sulla base delle comunicazioni obbligatorie, provenienti dai datori di lavoro, società di fornitura di lavoro temporaneo e soggetti autorizzati all’atti- vità di mediazione tra domanda e offerta. • l’istituzione di una scheda personale, contenente tutte le informazioni relative alle esperienze formative e professionali e alla disponibilità del lavoratore (art. 5). Viene rilasciata dal Centro per l’impiego competente e può contenere anche i dati relativi alle certificazione delle competenze professionali, in raccordo con le disposizioni in materia di formazione professionale. • obblighi di comunicazione dei datori di lavoro ai Centri per l’impiego. In parti- colare: - i datori di lavoro, all’atto dell’assunzione e prima dell’inizio della prestazione lavora- tiva, devono consegnare ai lavoratori una dichiarazione contenente i dati della loro re- gistrazione e informarli sulle condizioni applicabili al contratto/rapporto di lavoro; - i datori di lavoro devono fornire al Centro per l’impiego competente la comunicazione del nominativo del lavoratore, nonché della data di assunzione, della tipologia contrat- tuale, della qualifica professionale e del trattamento economico e normativo. Sono al- tresì tenuti a comunicare la cessazione dei rapporti di lavoro entro i cinque giorni suc- cessivi, che diventano due giorni se il rapporto lavorativo non è di durata superiore ai dieci giorni. - le agenzie di somministrazione devono comunicare al Centro per l’impiego in cui è ubi- cata la loro sede operativa, l’assunzione, la proroga e la cessazione dei lavoratori. Il D.Lgs. 297/02, perseguendo in modo incisivo la finalità di agevolare al mas- simo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, riordina in maniera ancora più ra- dicale la disciplina del collocamento per avviare a completamento le operazioni di semplificazione e modernizzazione, iniziate con il D.Lgs. 181/00. In questo scenario, le Regioni e le Province Autonome hanno avviato una pro- pria regolamentazione, in coerenza con gli obiettivi del decentramento amministra- tivo. Pertanto, tutte le Regioni a Statuto ordinario hanno emanato i provvedimenti necessari a disciplinare l’organizzazione amministrativa, le modalità di esercizio 37 delle funzioni e dei compiti loro conferiti dal D.Lgs. 469/97. Le Regioni a Statuto speciale e le Province Autonome hanno, invece, adeguato al D.Lgs.469/97 le già proprie competenze in materia di lavoro. 2) Le agenzie regionali per il lavoro Cosa sono Sono Enti strumentali delle amministrazioni regionali che hanno la funzione di supportare i servizi per il lavoro a livello locale. Sui loro portali possono essere rin- tracciate molte informazioni utili per gli utenti: Provincia autonoma di Trento: www.agenzialavoro.tn.it Provincia autonoma di Bolzano: www.provinz.bz.it/arbeit/index_i.asp Regione Abruzzo: www.abruzzolavoro.com Regione Emilia-Romagna: www.regione.emiliaromagna.it/formazione/agenzia.htm Regione Lazio: http.//agenzia lavoro.sirio.regione.lazio.it/all.run Regione Liguria: www.aligurialavoro.it/index.asp Regione Lombardia: www.agenzialavorolombardia.it Regione Marche: www.armal.marche.it Regione Molise: www.agenziamoliselavoro.it Regione Piemonte: www.agenziapiemontelavoro.net/default.htm Regione Puglia: htpp://web.tiscali.it/aglavpuglia Regione Sardegna: www.regione.sardegna.it/agenziadellavoro Regione Sicilia: www.regione.sicilia.it/lavoro/uffici/agimp Regione Valle d’Aosta: www.aostavalley.com/aglavoro/it/ Regione Veneto: www.venetolavoro.it 3) Servizi particolari Il “collocamento pubblico” si occupa, inoltre, di alcuni particolari servizi per l’occupazione, dedicati in particolare a specifici settori economici e a specifiche ti- pologie di utenza; si tratta, in particolare delle seguenti strutture: collocamento dello spettacolo; collocamento della gente di mare; collocamento per i soggetti por- tatori di disabilità. a) Il collocamento dello spettacolo Cosa è: È la struttura di riferimento per coloro che desiderano lavorare nel mondo dello spettacolo. Istituito con il DPR 2053/63, il servizio è stato successivamente regolamentato dal D.Lgs. 469/97 che ha disposto il decentramento di alcune delle competenze proprie dell’ufficio. Tuttavia, proprio per la specificità del settore, rico- nosciuta anche dalla L. 14 febbraio 2003, n. 30, viene riconfermata la disciplina speciale del collocamento dello spettacolo. 38 Cosa fa: In base alla normativa vigente la Segreteria del Collocamento dello Spettacolo è competente per: - il coordinamento e l’indirizzo del collocamento spettacolo su tutto il territorio nazionale; - il rilascio delle autorizzazioni al lavoro ai cittadini extracomunitari da occuparsi nel settore dello spettacolo; - le autorizzazioni al lavoro rilasciate per esigenze connesse alla realizzazione e produ- zione di spettacoli; - la gestione della “Lista Unica Nazionale degli iscritti”. Modalità di iscrizione: I lavoratori che intendono lavorare nel settore dello spettacolo devono iscri- versi nella Lista Unica Nazionale. Per ottenere l’iscrizione, occorre aver compiuto il 18° anno di età e presentare un documento di riconoscimento. L‘Ufficio rilascia agli iscritti un apposito ta- gliando che costituisce la prova dell’avvenuta iscrizione. L’iscrizione viene effet- tuata presso la sede di Roma, in alternativa ci si può rivolgere presso il Centro per l’Impiego di residenza o di domicilio, il quale trasmetterà la richiesta d’iscrizione nella lista speciale, alla Segreteria del Collocamento dello Spettacolo di Roma. L’iscrizione alla lista nazionale non prevede la revisione periodica e soprattutto non attestando lo stato di disoccupazione, è possibile iscriversi contemporaneamente anche nelle liste del collocamento ordinario. Si segnala che è in fase di ultimazione il sito www.dgimpiego.listaspettacolo.it che permetterà il collegamento, tramite Internet, con i Centri per l’Impiego di tutta Italia, in modo da gestire in tempo reale la Lista Unica Nazionale e creare un punto di incontro virtuale per tutti gli operatori del settore dello spettacolo. La Segreteria del Collocamento dello Spettacolo è ubicata presso il Ministero del Lavoro in Via Fornivo, 8 - 00192 – Roma - telefono 06.36.75.58.25 - 06.36.75.50.39 - 06.36.75.41.28 - fax 06.36.75.50.26 b) Il collocamento della gente di mare Che cos’è: Dal 28.07.2006 sono in vigore le disposizioni del D.P.R. n. 231 del 18.04.2006, (G.U. n. 161/2006), contenente la disciplina in materia di colloca- mento della gente di mare. Tale provvedimento disciplina il collocamento e l’arruolamento dei lavoratori marittimi, appartenenti alla gente di mare, disponibili a prestare servizio a bordo di navi italiane. È escluso il personale delle imprese in appalto che non fa parte dell’equipaggio. 39 Modalità di iscrizione: La nuova disciplina dispone che i lavoratori vengano inseriti nell’Anagrafe na- zionale dei lavoratori della gente di mare, vale a dire l’elenco anagrafico cui pos- sono attingere coloro che necessitano di personale. Per essere iscritti nell’anagrafe occorre essere in possesso dei seguenti requisiti: - essere cittadini italiani o comunitari; - aver compiuto i sedici anni di età; - aver adempiuto al diritto-dovere di istruzione e formazione. Per l’inserimento nell’elenco anagrafico è necessario rivolgersi alle seguenti strut- ture: - uffici di collocamento istituiti presso le Capitanerie di Porto; - enti bilaterali del lavoro marittimo; - agenzie per il lavoro con autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche so- ciali. All’atto dell’ iscrizione nell’elenco anagrafico viene compilata e rilasciata al lavoratore marittimo, la scheda professionale che contiene i dati personali anagra- fici e professionali del lavoratore. Tutti i dati confluiscono nella Borsa continua del lavoro marittimo, istituita per realizzare lo scambio delle offerte e delle domande di lavoro, la trasparenza e la circolazione delle informazioni, l’integrazione dei servizi pubblici e privati autorizzati, presenti nel territorio, il monitoraggio del mercato del lavoro marittimo. Si segnala, infine, che in questo settore, le assunzioni e gli arruolamenti avven- gono mediante assunzione diretta. c) Il collocamento per i soggetti portatori di disabilità (legge 68/99) Che cos’è: Il collocamento obbligatorio, per lungo tempo disciplinato dalla legge 2.4.1968 n. 482, è stato riformato dalla legge 12.3.1999 n. 68 (e relativo regola- mento di attuazione D.P.R. 10.10.2000 n. 333). La legge persegue come finalità “la promozione dell’inserimento e della inte- grazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro”, attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. Il servizio si rivolge alle persone disabili, valorizzandone le competenze pro- fessionali, le capacità e le abilità psico-fisiche. La legge dispone, da una parte, che i datori di lavoro pubblici e privati con più di 15 dipendenti debbano rispettare l’obbligo di assunzione di una quota di lavoratori disabili, dall’altra prevede l’accesso ad agevolazioni economiche e supporti tecnici e consulenziali. 40 4) Borsa continua nazionale del lavoro Cosa è: Ulteriore novità della legge n. 30/03 è l’istituzione della Borsa continua del la- voro. Allo scopo di rendere più fluido il rapporto tra domanda ed offerta di lavoro, la legge ha previsto una rete informatica a nodi regionali, alimentata obbligatoriamente da tutti gli operatori del Mercato del lavoro; le candidature dei lavoratori e le pro- poste di imprese ed datori di lavoro possono essere esposte a livello provinciale, re- gionale e nazionale, garantendo la trasparenza e la completezza delle informazioni. Una volta a regime, la Borsa continua consentirà ai singoli lavoratori e alle im- prese di inserire direttamente le informazioni senza ricorrere a intermediari e cana- lizzando un numero altissimo di offerte di impiego provenienti da fonti diverse, di- ventando un punto di riferimento fondamentale per la ricerca telematica di un’oc- cupazione. Il primo nucleo sperimentale della Borsa continua del lavoro è stato attivato nel corso del 2005 ed attualmente sono collegate in rete 14 regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia; Emilia Romagna, Toscana, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna). 5) Il sistema informativo lavoro Per rispondere alle esigenze di omogeneizzazione delle informazioni raccolte da ogni singolo contesto in tema di collocamento, impiego, formazione ed orienta- mento e per disporre in tempo reale di una base informativa sul mercato del lav- moro, utile sia alle persone in cerca di un impiego, sia alle aziende è stato creato il Sistema informativo lavoro (SIL). Tramite il SIL, è possibile la connessione e lo scambio di dati tra il Ministero del lavoro, Regioni ed Enti locali e soggetti autorizzati alla mediazione tra do- manda e offerta. I soggetti autorizzati sono tenuti a trasmettere al SIL entro 48 ore i dati relativi alle richieste di personale, pervenute dai datori di lavoro. Ciascuna ricerca è diffusa dal SIL su tutto il territorio nazionale in forma anonima, in modo tale che gli inte- ressati possano presentare le candidature direttamente al soggetto che ha richiesto l’inserzione. 3. IL COLLOCAMENTO PRIVATO Tappa fondamentale del processo di riforma e forte elemento di rottura con il passato è l’istituzione del “Collocamento privato” e il conseguente superamento del monopolio pubblico nella gestione dei Servizi per l’impiego. Il processo, avviato con la legge 196/97, ha trovato il suo compimento con la 41 L. n. 30/2003 che ha ulteriormente regolamentato requisiti e modalità di funziona- mento dei soggetti privati che erogano servizi di intermediazione tra domanda ed offerta di lavoro. Le agenzie per il lavoro Cosa fanno: Esse svolgono, accanto ai servizi pubblici per l’impiego, attività di mediazione per mettere in contatto lavoratore e azienda, stipulare il contratto di lavoro e perce- pire per questo servizio svolto, una provvigione che sarà a carico del solo datore di lavoro che ha commissionato la ricerca e la selezione. Si distinguono in: Agenzie di somministrazione: Possono fornire sia manodopera a tempo determinato (agenzie generaliste), sia a tempo indeterminato (agenzie specialistiche). Generalmente le agenzie di sommi- nistrazione svolgono anche attività di intermediazione, ricerca e selezione del per- sonale. Agenzie di intermediazione L’attività prevalente è l’incrocio tra la domanda e l’offerta di lavoro, con parti- colare attenzione anche per le fasce deboli (disabili e lavoratori svantaggiati). Iscritte nell’apposita sezione dell’Albo, sono automaticamente autorizzate a svol- gere anche attività di selezione, supporto e ricollocamento professionale. Agenzie di selezione Svolgono attività di natura consulenziale, per la risoluzione di specifiche esi- genze del committente, attraverso l’individuazione delle persone idonee a ricoprire le posizioni vacanti delle aziende. Agenzie di supporto alla ricollocazione del personale L’attività di ricollocazione di lavoratori sul mercato del lavoro può essere effet- tuata solo su specifico incarico del committente, anche in base ad accordi sindacali. Le agenzie possono essere gestite da privati, oppure da: - Università pubbliche o private - Comuni - Camere di Commercio - Istituti di scuola secondaria di II grado, statali e paritarie - Associazioni datoriali e sindacali - Enti bilaterali - Ordine nazionale dei consulenti del lavoro. 42 Esse fanno riferimento alla Direzione generale del Ministero del Lavoro – Mercato del Lavoro che rilascia, in presenza dei requisiti richiesti (tra questi l’interconnessione con Banca continua nazionale del lavoro) una particolare auto- rizzazione, soggetta tuttavia a revoca, qualora vengano riscontrate dagli Ispettori del lavoro, violazioni alle disposizioni di legge che regolano i rapporti di lavoro. Devono, inoltre, iscriversi ad un apposito Albo informatico, suddiviso in 5 se- zioni a seconda del tipo di attività svolta: - somministrazione di lavoro generico - somministrazione di lavoro specialistico - intermediazione tra domanda ed offerta di lavoro - ricerca e selezione del personale - supporto alla ricollocazione professionale. Il Ministero del lavoro è incaricato di provvedere alla tenuta dell’Albo, di ac- quisire le domande di iscrizione e la documentazione necessaria a rilasciare, su ri- chiesta il certificato d’iscrizione. L’Albo informatico è disponibile sul sito: http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/md/AreeTematiche/occupazione/AlboInformatico/ La realtà del collocamento privato è in rapidissima evoluzione: partite inizial- mente col cercare di soddisfare la richiesta da parte delle aziende di lavoratori con basse qualifiche, le agenzie per il lavoro hanno ampliato nel tempo il loro raggio d’azione e, oggi, sono in grado di coprire le richieste di mansioni di ogni tipo. Quasi tutte le agenzie hanno allestito un proprio sito web: Ad Interim - www.adinterim.it Brook street - www.brookstreet.it Collocare S.r.l. - www.collocare.it E-mail Collocare@bitnik.it Idea lavoro - www.consorzioidealavoro.it Cronos Lavoro S.p.A. - www.cronos-lavoro.com E-mail cronoslavoro@io.it Emporio dei Lavori - www.emporiodeilavori.it E-mail Emplav@tin.it Esplora risorse - http://www.explorarisorse.it/ Kelly service - www.kellyservices.it Lavoro più - www.lavoropiù.it Job on Line S.a.s. - www.job-on-line.com E-mail jobonline@piw.it Job Point s.p.a. - www.jobpoint.it Labor S.r.l. - www.media-work.it E-mail media-work@media-work.it Manpower - www.manpower.it Metis - www.metis.it Obiettivo lavoro - www.obiettivolavoro.it Progetto Impiego S.r.l. - E-mail Proimp@katamail.com Quanta - www.quanta.com Sud Lavoro S.r.l. - www.sudlavoro.it Email Sudlavoro@tin.it Temporary - www.temporary.it Umana - www.umana.it Sud Lavoro S.r.l. - www.sudlavoro.it E-mail Sudlavoro@tin.it Vedior - www.vedior.it 43 Seconda sezione DISPONIBILITÀ E CONDIZIONI PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO 45 Capitolo quarto Settore pubblico o privato? Le vie d’accesso al mondo del lavoro 1. L’IMPIEGO NEL SETTORE PUBBLICO La ricerca di un’occupazione nel settore pubblico ha sempre rappresentato l’aspirazione di quanti, di fronte alle difficoltà e alle incertezze del settore privato, ravvisano, invece, in un impiego nella Pubblica Amministrazione maggiori ele- menti di stabilità. Si tratta, tuttavia, di generalizzazioni troppo diffuse e spesso fuorvianti che non tengono in debito conto di quanto oggi si sia progressivamente ridotta la di- stanza tra il settore pubblico ed il settore privato. Da tempo, infatti, si assiste ad un importante fenomeno di “assimilazione” tra i due settori, verificatosi sia per effetto della trasformazione di importanti e numerosi Enti pubblici in organizzazioni di tipo privatistico (con conseguente adozione delle regole relative ai rapporti di lavoro), sia per il passaggio sempre più frequente di servizi e beni, gestiti un tempo dalla Pubblica amministrazione, a privati. Sebbene tali precisazioni di ordine generale contribuiscano a ridimensionare in qualche mi- sura la forte attrattiva, da sempre esercitata dal settore pubblico, quest’ultimo rap- presenta ancora un’interessante opportunità per i giovani alla ricerca di un’occupa- zione. 1) I lavoratori della pubblica amministrazione Se, come si è avuto modo di dire, la Pubblica amministrazione è l’insieme di Enti e soggetti pubblici (Stato, Ministeri, Comuni, Province, Regioni, ecc.) e talora privati (Organismi di diritto pubblico, concessionari, s.p.a. miste), preposti a svol- gere funzioni amministrative nell’interesse della collettività, per “dipendenti pub- blici” s’intendono coloro che sono impiegati presso: - Ministeri, aziende statali, scuole pubbliche - Enti locali (Regioni, Province, Comuni) - Aziende municipalizzate e consorzi - Unità sanitarie locali e ospedali - Università - Camere di commercio - Corpi militari (Carabinieri, Polizia, Vigili del fuoco, ecc) 46 2) Tratti caratteristici del lavoro pubblico Ma quali sono le caratteristiche peculiari del lavoro dipendente pubblico? Esse sono sintetizzabili come segue: - non esiste un “padrone“ o un “datore di lavoro fisico” , bensì un’ entità astratta, vale a dire lo Stato, la Regione, ecc.; - lo scopo sociale dell’Amministrazione pubblica non è quello di realizzare un profitto, cioè un utile dal punto di vista economico, quanto piuttosto di fornire un servizio pub- blico, dal valore economico difficilmente quantificabile; - le condizioni di lavoro sono codificate in modo molto preciso per quanto riguarda orari e mansioni (in genere esiste una suddivisione in livelli e qualifiche); - i livelli di autonomia decisionale sono piuttosto limitati in quanto esiste una organizza- zione gerarchica e legislativa molto precisa che deve essere rispettata. Una volta as- sunti a tempo indeterminato esiste una certa sicurezza (anche se minore rispetto al pas- sato) di stabilità del posto di lavoro; - le prospettive di carriera e, quindi, le motivazioni professionali sono legate al supera- mento di concorsi interni o alla presenza di meccanismi automatici di avanzamento: se- guono, quindi, procedure molto formalizzate che, non sempre, sono in grado di valoriz- zare la professionalità e la competenza dei singoli. I livelli retributivi sono rigidi e poco finalizzati ad incentivare la qualità del lavoro. In sintesi, le caratteristiche positive di questa tipologia di lavoro attengono alla relativa stabilità lavorativa e all’elevato livello di sicurezza sociale (non esistono, ad esempio, fenomeni di lavoro nero e ci sono molte forme di tutela come la possi- bilità di fruire di permessi per motivi familiari e/o di studio, ecc.). Quelle negative, invece, attengono alle limitate possibilità di carriera, alla dif- ficoltà di accesso attraverso i concorsi, alla carenza di autonomia decisionale, al ri- schio di demotivazione e di scarsa valorizzazione della professionalità. Nella situazione attuale, il numero dei nuovi posti disponibili nel Pubblico Im- piego non è molto elevato, a causa delle restrizioni della finanza pubblica che hanno determinato un notevole freno alle nuove assunzioni; in genere, ci si limita a coprire i vuoti nell’organico dovuti ai pensionamenti del personale in servizio. La Pubblica amministrazione, poi, sempre più spesso attua una politica di “esternalizzazione” per la fornitura di molti servizi. Si tratta, in alcuni casi, di attività strumentali (supporto gestionale, ammini- strativo, rapporto con gli utenti, call center, trasporti, pulizia, ecc.), in altri casi di attività specialistiche (ad esempio progetti, formazione, sicurezza sul lavoro, ri- cerca, progetti informatici, ecc.). Inoltre, molte pubbliche amministrazioni si stanno orientando a soddisfare particolari esigenze di organico – dovute all’attiva- zione di nuovi servizi o alla necessità di reperire professionalità specifiche – me- diante contratti esterni di fornitura con altre aziende, cooperative, liberi professio- nisti: pertanto potrebbe non essere inconsueto lavorare nel settore pubblico con forme di lavoro parasubordinato o autonomo. Non sempre, dunque, essere dipendente di una Pubblica Amministrazione si- gnifica necessariamente avere un contratto di lavoro subordinato perché, sempre 47 più spesso, vengono stipulati contratti di collaborazione, di somministrazione, di appalto, ecc. Di conseguenza sono molte le vie dall’accesso al settore pubblico, l’importante è disporre delle giuste informazioni e degli strumenti adeguati per affi- nare le strategie di ricerca. 3) I requisiti per l’accesso al pubblico impiego L’accesso al pubblico impiego è, di norma, subordinato dalla legge al possesso di alcuni requisiti: - cittadinanza italiana o di un paese dell’Unione Europea; - età non inferiore a 18 anni; - idoneità fisica a ricoprire l’incarico; - titolo di studio richiesto; - non essere stati destituiti o dispensati da un impiego presso la Pubblica Amministra- zione; - non aver riportato condanne penali; - godere dei diritti politici. Alcuni di questi requisiti sono di rilevanza giuridica, altri di idoneità della persona: REQUISITI DI RILEVANZA GIURIDICA REQUISITI DI IDONEITÀ DELLA PERSONA • cittadinanza italiana o appartenenza ad uno dei Paesi membri dell’Unione Europea • 18 anni d’età • idoneità fisica all’impiego • idoneità cosiddetta “intellettuale” - titolo di studio - superamento di prove concorsuali. Di conseguenza è precluso l’accesso al pubblico impiego a coloro che sono stati esclusi dall’elettorato attivo o sono stati destituiti dall’impiego presso una Pubblica Amministrazione. 4) Le modalità di accesso al pubblico impiego Secondo il nostro ordinamento (D.lgs. n. 165/2001), l’accesso al Pubblico im- piego, sia a tempo pieno che a tempo parziale è regolato, a seconda delle quali- fiche, in base alle seguenti modalità: – Procedure concorsuali (concorso pubblico per esami, titoli, titoli ed esami, corso-concorso) per le Qualifiche superiori al V livello 48 – Inserimento nelle “liste speciali per le Qualifiche inferiori al V livello (richiesta solo la scuola dell’obbligo) – “Chiamata numerica” per gli appartenenti alle Categorie Protette (L. n. 482/1968) 1.1. Le procedure concorsuali Il concorso pubblico è un procedimento di reclutamento del personale nei set- tori della P.A., tramite selezioni volte a verificare la professionalità richiesta da svolgersi secondo criteri prefissati, contenuti nei bandi di concorso. Il bando, vale a dire il documento ufficiale che regolamenta un concorso pub- blico, fornisce in dettaglio tutte le informazioni necessarie per parteciparvi. In particolare, ogni bando descrive: - posto a concorso: descrizione del profilo professionale, trattamento economico e tipo di contratto; - requisiti per l’ammissione: elenco delle condizioni richieste per partecipare (titolo di studio e le eventuali esperienze); - modalità di presentazione della domanda: informazioni da inserire nella domanda, indi- rizzo a cui va spedita, modalità attraverso cui può essere recapitata e data di scadenza per la presentazione; - documentazione da allegare alla domanda: ad esempio copia di documenti che attestano eventuali titoli, del curriculum o della ricevuta del vaglia postale comprovante il versa- mento della tassa di ammissione al concorso; - commissione esaminatrice: modalità di nomina, componenti, poteri; - criteri per la valutazione dei titoli (di servizio, di studio e curriculum professionale) e re- lativi punteggi; - programma e diario delle prove: articolazione delle prove d’esame (scritta, pratica, orale) e i suoi contenuti; - valutazione delle prove: i punteggi attribuibili a ciascuna prova; - titoli di preferenza: elenco dei titoli di preferenza che possono essere presentati dopo aver superato le prove; - nomina del vincitore: modalità attraverso cui viene nominato il vincitore e disposizioni per assumere servizio. L’Ente promotore è tenuto a dare massima pubblicità e diffusione al concorso attraverso la pubblicazione del Bando sulla Gazzetta Ufficiale - IV serie speciale Concorsi ed esami 1, nei giorni di martedì e venerdì o di “Avvisi” che riportano solo un estratto del bando stesso. La diffusione degli avvisi e dei bandi di concorso avviene per lo più attraverso la pubblicazione su giornali e riviste specializzate, che hanno in genere cadenza quindicinale, ma anche su siti internet e televisione. 1 La Gazzetta Ufficiale è reperibile nelle edicole, ma è possibile consultarne copia presso le bi- blioteche pubbliche, gli Uffici Informazioni dei Servizi per l’Impiego o, dove sono presenti, i Centri di Informazione. 49 Bandi riferibili a particolari settori sono rinvenibili sulle seguenti fonti uffi- ciali: Gazzetta ufficiale della Comunità, Bollettino ufficiale della Regione, Bollet- tino ufficiale del CNR, Bandi di concorso dei Comuni, Bandi di concorso delle Aziende, USL. 1) Le diverse tipologie di concorso Esistono sostanzialmente due tipologie di concorso pubblico. a) Concorso unico: recente introduzione del nostro ordinamento, può essere bandito sia a livello nazionale che circoscrizionale, ogni due anni. Scopo di tale tipologia concorsuale è predisporre una graduatoria, cui possano attin- gere le varie amministrazioni pubbliche per reclutare il personale di cui hanno bisogno. Ciascuna amministrazione, quindi, non bandisce autonoma- mente i concorsi finalizzati all’inserimento di personale nel proprio orga- nico. Viste le caratteristiche di questo concorso, i candidati possono indi- care nella domanda di ammissione le amministrazioni e le sedi in cui, se vincitori, intendono essere assegnati. Si segnala che non possono ricorrere al concorso unico le seguenti ammini- strazioni: - Regioni - Amministrazioni del Servizio sanitario nazionale - Enti locali e loro consorzi - Istituzioni universitarie, di ricerca e sperimentazione b) Concorso bandito dall’Ente interessato ad assumere: in questo caso è la singola amministrazione che procede autonomamente alla ricerca di perso- nale da inserire nel proprio organico. Indipendentemente dalla tipologia concorsuale, possono essere previsti i se- guenti criteri di selezione: - per esami: l’assunzione avviene dopo che i candidati hanno sostenuto e superato una o più prove (scritte, orali e talvolta basate su quesiti a risposta sintetica o test)2; - per titoli3: In questo caso i partecipanti non devono affrontare alcuna prova di sele- zione, ma solo presentare i titoli elencati nel bando, in base ai quali verrà elaborata una graduatoria per stabilire l’ordine di assunzione; 2 Nei concorsi per esami il numero di prove varierà a seconda del tipo di profilo professionale ri- chiesto. Per quelli della settima qualifica o superiore consisterà in almeno due prove scritte e in una orale comprendente l’accertamento di almeno una lingua straniera. Per quelli di quinta o sesta qualifica in due prove scritte, di cui una almeno di contenuto teorico-pratico, e in una orale. Le prove scritte in ogni caso potranno consistere anche in quesiti o test da risolvere in un tempo determinato. 50 - per titoli ed esami: in questo caso entrambi i criteri sono adottati nella selezione dei candidati. Nella compilazione delle graduatorie definitive, si terrà conto sia degli esiti degli esami sostenuti che dei titoli posseduti e della valutazione degli stessi; - corso-concorso: si basa normalmente su una selezione pubblica, a seguito della quale i vincitori devono partecipare a specifici corsi di formazione e qualificazione. Al ter- mine di questi, l’assunzione è subordinata al superamento di una prova; - selezione: consiste nello svolgimento di prove pratiche tendenti ad accertare l’idoneità del candidato a svolgere le mansioni attinenti il futuro lavoro. 2) Come partecipare al concorso È importante dedicare molta attenzione alla lettura del bando, per accertarsi di possedere tutti i requisiti richiesti e per conoscere gli adempimenti e le scadenze in- dicate. Alcuni bandi prevedono una riserva di posti per il personale già in servizio presso l’Ente e spesso anche una riserva per i candidati appartenenti alle categorie protette (L. n. 68/1999). Per partecipare ad un concorso pubblico è necessario compilare la domanda di ammissione, che può essere presentata su carta semplice sulla base di fac-simili o appositi prestampati, generalmente contenuti nei bando di concorso o in distribu- zione presso gli uffici preposti. Nella domanda, i partecipanti devono dichiarare di norma le seguenti informazioni: a. nome e cognome, domicilio e recapito4; b. luogo e data di nascita; c. possesso della cittadinanza italiana (o equiparata); d. godimento dei diritti politici e non esclusione dall’elettorato politico attivo (o i motivi del mancato godimento); e. condanne penali o i procedimenti penali in corso (dichiarazione da rendere anche se negativa); f. posizione nei riguardi degli obblighi militari g. servizi eventualmente prestati presso pubbliche amministrazioni e le cause di risolu- zione dei precedenti rapporti di pubblico impiego (la dichiarazione va resa anche se ne- gativa); h. provvedimenti di destituzione, dispensa o decadenza dall’impiego presso pubbliche amministrazioni (dichiarazione da rendere anche nel caso in cui non si abbia mai pre- stato servizio); i. titoli di studio posseduti con l’esatta indicazione delle date e degli istituti presso cui sono stati conseguiti nonché delle votazioni riportate; j. possesso dell’idoneità fisica all’impiego; k. iscrizione alle liste elettorali del Comune di appartenenza (o motivi della cancellazione dalle stesse); 3 Per titoli, di solito, si intendono titoli di studio, accademici ed eventuali specializzazioni, espe- rienze lavorative maturate, pubblicazioni. 4 I candidati devono dichiarare nella domanda il recapito al quale desiderano siano trasmesse eventuali comunicazioni. 51 l. conoscenza della lingua italiana (solo per i candidati appartenenti all’Unione Europea); m. eventuale richiesta di ausilio per l’espletamento delle prove (in caso di candidati porta- tori di handicap); n. titoli di riserva, precedenza o preferenza posseduti (tra quelli previsti dall’art. 5 del D.P.R. 9/5/1994, n. 487); o. conoscenza della lingua straniera all’accertamento della quale essere sottoposti nel- l’ambito della prova orale (solo per concorsi a posti di 7a qualifica o superiori). 3) Note per la compilazione della domanda Nella compilazione della domanda è necessario porre attenzione ad alcuni im- portanti aspetti formali che potrebbero al contrario inficiare la validità della parte- cipazione. - Tutti i requisiti devono essere posseduti alla data di scadenza del termine fissato nel bando per la presentazione della domanda di ammissione. - In base alle nuove regole sulla semplificazione amministrativa, non è più necessario alle- gare i certificati e i documenti che attestano la veridicità delle dichiarazioni emesse, ma è sufficiente l’autocertificazione del dichiarante, fermo restando che l’Ente può riservarsi di richiedere copia della documentazione al candidato vincitore. - Non è più necessaria neanche l’autenticazione della firma in calce alla domanda di par- tecipazione. Ai sensi dell’art. 18 L. n. 241/90 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), i concorrenti, infatti, possono avvalersi anche in questo caso dell’autocertificazione. - La domanda di partecipazione al concorso non deve presentare cancellature o correzioni e deve necessariamente essere datata e firmata. - La domanda deve essere presentata perentoriamente entro il termine fissato dal bando che, di norma corrisponde al trentesimo giorno dalla data di pubblicazione dello stesso sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Speciale – Concorsi ed esami. Conseguentemente, non possono essere prese in considerazione domande che per un qualsiasi motivo, non esclusa la forza maggiore, siano state presentate o spedite oltre il termine prefissato.5 - La domanda di partecipazione va generalmente inoltrata a mezzo raccomandata con av- viso di ricevimento; qualora il bando lo preveda, è necessario effettuare tramite vaglia o bollettino di c/c postale, anche il versamento di una tassa d’ammissione, la cui ricevuta va allegata alla domanda. Nel caso di non ammissione al concorso, la Pubblica Amministrazione prov- vede, generalmente, a darne notizia al candidato tramite telegramma o a mezzo rac- comandata; in caso di convocazione, invece, l’Amministrazione può anche non in- viare alcuna comunicazione: in questo caso il candidato deve presentarsi al con- corso sulla base del calendario d’esami, pubblicato in Gazzetta Ufficiale. 5 La data di spedizione è stabilita e comprovata dal timbro a data dell’ufficio postale accettante. Se il termine di scadenza corrisponde con un festivo, lo stesso è prorogato al primo giorno lavorativo successivo. 52 4) Come si prepara il concorso Indipendentemente dal tipo di prove previste, per partecipare ad un concorso è fondamentale iniziare per tempo la preparazione. Infatti, se nel settore privato è ne- cessario, soprattutto, informarsi riguardo l’azienda presso cui si dovrà sostenere la selezione e conoscere il settore produttivo di riferimento, nel settore pubblico è ne- cessario essere ben preparato nelle materie oggetto d’esame. E per allenarsi alle prove richieste, esistono in commercio numerose pubblica- zioni che preparano ad affrontare i concorsi pubblici. A tal fine, si consiglia di non aspettare la comunicazione del diario delle prove d’esame per cominciare a studiare, ma di iniziare a farlo dal momento stesso del- l’invio della domanda, leggendo con attenzione gli argomenti d’esame, reperendo i manuali e i testi di legge necessari. Potrebbe risultare di molta utilità anche intervistare persone che ricoprono il profilo professionale per cui si concorre, dalle quali sarà possibile ricavare utili in- dicazioni su come affrontare l’esame, cosa studiare e come prepararsi alle prove. 5) Le prove del concorso I concorsi prevedono di norma una o più prove scritte e una o più prove orali. Generalmente la prova scritta può consistere in un tema, un questionario, un test a risposta multipla da risolvere in un lasso di tempo prestabilito, nella stesura di un atto amministrativo oppure in prove attitudinali, quali ad esempio: - test psicoattitudinali, utilizzati soprattutto per effettuare una prima scrematura dei candi- dati, sono caratterizzati da una serie di quiz che saggiano le attitudini logico-matematiche e linguistiche; - quiz a scelta multipla, si tratta di una serie di domande di cultura generale o sulle materie d’esame, alle quali si deve rispondere scegliendo tra un numero limitato di risposte dis- ponendo di un lasso di tempo abbastanza breve; - domande con risposta sintetica caratterizzata da una serie di quesiti a cui bisogna rispon- dere liberamente rispettando però lo spazio massimo a disposizione. La prova orale consiste in un colloquio sulle stesse materie di quella scritta, con l’aggiunta eventualmente di altre, quali ad esempio la prova di informatica o di lingua. È importante ricordare che i disabili e i portatori di handicap possono benefi- ciare nell’espletamento delle prove degli ausili necessari e dei tempi aggiuntivi ne- cessari, facendone esplicita richiesta nella domanda di partecipazione al concorso. 53 6) Dopo lo svolgimento del concorso Superate le prove scritte, il candidato verrà informato sui voti ottenuti e sulla data di svolgimento del colloquio, con almeno un preavviso di circa 20 giorni. Le procedure concorsuali dovranno, in ogni caso, concludersi entro sei mesi dal ter- mine delle prove scritte. Vengono ritenuti idonei i candidati che superano le prove scritte e la prova orale con un punteggio non inferiore a 21/30. Il punteggio finale è dato dalla somma dei voti ottenuti nelle prove e quello attribuito dai titoli. In caso di parità tra due o più candidati, la preferenza viene determinata da: - numero dei figli a carico; - lodevole servizio presso le amministrazioni pubbliche; - età anagrafica (viene preferito il candidato più giovane). I vincitori del concorso, superato il periodo di prova che può variare dai 3 ai 6 mesi, entrano nell’organico dell’Ente. Le graduatorie hanno validità temporanea (circa 18 mesi) e sono utilizzabili, in tempi successivi, per la copertura dei posti che eventualmente si rendessero vacanti. 1.2. L’assunzione delle basse qualifiche tramite avviamento dei centri per l’impiego (art. 16 della legge n. 56/1987) Cosa è Ai sensi dell’art. 16 della L. n. 56 del 28.2.87 gli Enti pubblici6, le amministra- zioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, gli Enti pubblici non economici a carattere nazionale, Province e i Comuni hanno la possibilità di assumere, senza concorso, personale destinato a qualifiche di basso contenuto professionale (ausi- liari, inservienti, bidelli, operai, impiegati video terminalisti, ecc.) per le quali è sufficiente il solo requisito della scuola dell’obbligo o l’eventuale professionalità richiesta. Le assunzioni avvengono tramite i Centri per l’impiego e possono essere sia a tempo indeterminato, sia a tempo determinato. 1) I requisiti richiesti Per poter essere assunti, i candidati devono, inoltre, possedere i seguenti requisiti: - cittadinanza italiana; - aver assolto l’obbligo scolastico o titolo equipollente; 6 Sono esclusi dal campo di applicazione della legge gli enti pubblici economici, il Ministero del- l’Interno e il Ministero di Grazia e Giustizia. 54 - idoneità fisica all’impiego; - godimento dei diritti politici; - aver compiuto il 18° anno d’età; - possedere particolari qualifiche richieste dall’Ente; - essere disoccupato o occupato a tempo determinato; - essere iscritti alle liste dell’art. 16. 2) Modalità di iscrizione alle liste Gli interessati all’iscrizione nelle liste dell’art. 16 devono inoltrarne richiesta ai Centri per l’impiego, territorialmente competenti, presentando al momento del- l’iscrizione, un documento d’identità, un’autocertificazione del proprio reddito, i carichi familiari, lo stato civile, il titolo di studio e l’eventuale qualifica. Al lavoratore possono essere attribuiti dei punteggi aggiuntivi, in presenza di eventuali corsi di formazione svolti o di precedenti esperienze lavorative. 3) Le modalità di assunzione Le assunzioni avvengono tramite i Centri per l’Impiego, territorialmente com- petenti e interessano tutti i disoccupati, iscritti nella lista riservata per le assunzioni di personale della Pubblica Amministrazione, chiamata appunto “articolo 16”. Quando l’Ente pubblico interessato all’assunzione invia la richiesta al centro dell’impiego, questo provvede a darne opportuna pubblicità. Per comunicare la propria disponibilità, gli interessati devono presentarsi personalmente al Centro per l’Impiego, dove verrà predisposta un’apposita graduatoria dei candidati, sulla base dei seguenti criteri: a) Carico familiare. b) Situazione economica e patrimoniale del lavoratore da accertarsi attraverso la Certifi- cazione ISEE (reddito e patrimonio dell’intero nucleo familiare). La dichiarazione ISEE è quella che si fonda sulla situazione reddituale dell’anno precedente inteso in senso fiscale (esempio: fino al 31/07/2007 si richiede l’ISEE relativa ai redditi, patri- moni e situazione familiare del 2005; dal 01/08/2007 fino al 31/07/2008 si richiede l’ISEE relativa ai redditi, patrimoni e situazione familiare del 2006). c) Anzianità dello stato di disoccupazione (il cui criterio viene definito dal d.lgs 297/02). Per ogni mese di anzianità, per un massimo di 24 mesi, verranno sottratti 50 punti al- l’indicatore ISEE. Il risultato di questa operazione determinerà la posizione in gradua- toria del lavoratore. Per le chiamate a tempo determinato possono partecipare solo gli iscritti al Centro per l’Impiego, in qualità di disoccupati immediatamente disponibili al la- voro e privi di qualsiasi occupazione. Per le chiamate a tempo indeterminato possono partecipare tutti i lavora- 55 tori/trici. In questo caso la graduatoria viene formulata rispettando le priorità di se- guito elencate: - Hanno la precedenza disoccupati e sospesi (dunque coloro che sono privi di lavoro, co- loro che lavorano a tempo determinato entro i limiti che escludono la sospensione, coloro che lavorano a tempo determinato superando i limiti di legge e sono sospesi, gli auto- nomi e gli indeterminati part-time che mantengono l’iscrizione); - In subordine, possono rispondere i lavoratori occupati a tempo determinato con la perdita dello stato di disoccupazione; - Infine gli occupati a tempo indeterminato la cui posizione in graduatoria verrà determi- nata esclusivamente dalla certificazione ISEE. Gli avviamenti a selezione vengono effettuati esclusivamente sulla base della graduatoria dei candidati presenti. Sarà poi cura dell’Ente Pubblico contattare il la- voratori/trice e sottoporlo alla prova selettiva, a cui sarà avviato un numero di per- sone doppio rispetto ai posti disponibili. È importante segnalare che il candidato che rinunci o non si presenti alla sele- zione per un impiego a tempo indeterminato senza giustificato motivo verrà auto- maticamente cancellato dalla lista. 1.3. Le assunzioni dei disabili Cosa è L’inserimento disabili nel mondo del lavoro è regolamentato dalla Legge 12 marzo 1999 n. 68, la cosiddetta legge sul collocamento obbligatorio, che vincola i datori di lavoro pubblici e privati ad assumere lavoratori disabili dalla lista degli in- validi e delle altre categorie protette. Tale provvedimento che si propone di favorire l’integrazione socio-lavorativa delle persone disabili attraverso una serie di interventi volti a stabilire una diretta correlazione tra le capacità lavorative dei soggetti protetti e le occasioni d’impiego, ha radicalmente modificato la regolamentazione del “collocamento obbligatorio”, rinviando però alle Regioni la competenza della sua organizzazione nel quadro della regionalizzazione dei servizi per l’impiego. 1) Requisiti dei beneficiari Beneficiari del provvedimento sono tutti coloro che si trovano in condizioni di disoccupazione e rientrano in una delle seguenti categorie: - invalidi di guerra (militari e civili); - persone non vedenti (cecità assoluta o residuo visivo non superiore a un decimo in en- trambi gli occhi); - sordomuti (sordità congenita o contratta prima d’iniziare a parlare); - persone invalide del lavoro con invalidità superiore al 33%; 56 - persone affette da minoranze fisiche, psichiche e sensoriali e portatori di handicap intel- lettivo con una riduzione delle capacità lavorative superiore al 45%; - orfani per cause di lavoro, guerra e servizio ed equiparati, profughi; - invalidi per servizio e del lavoro (riduzione della capacità lavorativa non inferiore ad un terzo, accertata dall’INAIL); - invalidi civili (invalidità superiore al 45% sia di tipo fisico che psichico, accertata dalla ASL); Gli interessati devono, inoltre, possedere i seguenti requisiti: - aver assolto l’obbligo scolastico; - essere in età lavorativa (fino a 60 anni per le donne - fino a 65 per gli uomini); - essere domiciliati o residenti nella zona di riferimento del centro per l’impiego; - essere disoccupati. L’accertamento delle condizioni che danno diritto ai benefici del sistema dei soli invalidi civili è effettuato dalla commissione medica della ASL, secondo i cri- teri indicati da uno specifico atto di indirizzo e coordinamento del presidente del Consiglio. Per la valutazione della riduzione della capacità lavorativa, derivante da infortunio sul lavoro e malattia professionale è sufficiente la certificazione rila- sciata dall’INAIL. L’accertamento delle invalidità di guerra e civili continua ad es- sere effettuato ai sensi del Testo unico approvato con il DPR 915/78. 2) Le quote d’obbligo da parte delle aziende Per l’assunzione dei lavoratori disabili, la legge ha disposto delle quote d’obbligo; in particolare sono tenuti all’assunzione obbligatoria, così come previsto dalla L. 68/99, art. 3, tutte le Pubbliche Amministrazioni, nelle seguenti misure: - da 15 a 35 dipendenti: 1 assunzione, con richiesta nominativa; - da 35 a 50 dipendenti: 2 assunzioni, con una richiesta nominativa ed una numerica; - oltre 50 dipendenti: 7% dei lavoratori occupati (con le esclusioni previste dalla Legge), di cui il 60% a richiesta nominativa ed il 40% a richiesta numerica. 3) Le modalità di assunzione I datori di lavoro possono procedere a tali assunzioni ricorrendo alle seguenti modalità: chiamata numerica; chiamata nominativa mediante convenzione; con- corsi pubblici. a) Chiamata numerica: Nel settore pubblico l’assunzione avviene mediante chiamata numerica per co- prire la propria quota di riserva limitatamente alle categorie A e B1, per le quali non è previsto il concorso pubblico. Essa avviene sulla base dell’ordine della gra- duatoria e alla qualifica richiesta. 57 Le graduatorie vengono formate sulla base dei seguenti criteri: - anzianità d’iscrizione; - carico familiare; - condizione economica; - grado d’invalidità. La permanenza nella graduatoria è subordinato alla dichiarazione annuale del reddito e del carico familiare. b) Chiamata nominativa mediante convenzione: Gli Enti pubblici possono stipulare delle convenzioni sulla base delle quali procedere all’assunzione di personale corrispondente alle qualifiche A e B1. La procedura prevede che l’Ente chieda alla Provincia la segnalazione dei can- didati da sottoporre alla selezione cui segue l’invio della proposta preliminare di convenzione. L’ufficio per il collocamento mirato individua, anche mediante av- viso pubblico, l’elenco dei candidati e lo trasmette all’Ente richiedente, il quale ef- fettua la selezione dei candidati segnalati e trasmette la graduatoria alla provincia. Infine, la provincia e l’Ente stipulano la convenzione con la collaborazione di partner istituzionali (ASL, Centri di formazione, Comune) o con la collaborazione di cooperative sociali. c) Concorsi pubblici: I disabili possono partecipare a qualunque concorso pubblico, ma per consen- tirgli di concorrere in condizioni di effettiva parità, i bandi prevedono generalmente speciali modalità di svolgimento. Coloro che abbiano conseguito idoneità possono essere assunti anche se non versano in stato di disoccupazione, ma oltre il limite dei posti ad essi riservati. 58 FAC SIMILE BANDO DI CONCORSO Senato della Repubblica Servizio del Personale Senato della Repubblica 3 giugno 2007 n. Prot. 21567/a22 CONCORSO PUBBLICO PER TITOLI ED ESAMI PER LA COPERTURA DI N. 10 POSTI DI “COADIUTORE PARLAMENTARE” XX QUALIFICA FUNZIONALE IL PRESIDENTE Vista la deliberazione del Consiglio di Presidenza del 15 dicembre 1999, n. 8 SU PROPOSTA DEL SEGRETARIO GENERALE RENDE NOTO È indetto un pubblico concorso per titoli ed esami per la copertura di n. 10 posti di “Coadiutore parlamentare” XX qualifica funzionale - presso il Se- nato della Repubblica. Lo stipendio iniziale di Euro XXXX, corrisponde alla XX qualifica fun- zionale, è suscettibile di progressione economica ai sensi delle norme del vigente Regolamento Organico del personale del Senato. Saranno inoltre corrisposti l’assegno annuo di L. XXXX, l’indennità inte- grativa speciale, le eventuali altre indennità spettanti al personale comu- nale, nonché gli assegni per il nucleo familiare se spettanti e la tredice- sima mensilità nella misura consentita dalle vigenti disposizioni. Tutti gli assegni saranno assoggettati alle ritenute erariali, previdenziali ed assistenziali di legge. L’età minima per partecipare al concorso è di anni 18.(*) Sono ammessi al concorso gli aspiranti in possesso del seguente titolo di studio: Diploma di Istruzione Secondaria di secondo grado. Tutti i requisiti prescritti devono essere posseduti alla data di scadenza del termine stabilito nel bando di concorso per la presentazione della do- manda di ammissione. SCHEDA D’APPROFONDIMENTO Data emissione bando Figura professionale Livello Stipendio Requisito d’età Titolo di studio richiesto 59 In relazione alla specialità ed alle mansioni del posto messo a concorso, si precisa che, ai sensi della L. 28 marzo 1991 n. 120, non possono essere ammessi al concorso i soggetti privi di vista. Ai sensi dell’art. 37 del D.Legs. 3 febbraio 1993, n. 29 anche i cittadini degli Stati membri della Comunità Economica Europea possono accedere ai posti presso le amministrazioni pubbliche. La domanda di ammissione al concorso, da redigersi sull’apposito modulo ed indirizzata Senato della Repubblica deve essere presentata entro le ore 17.00 del giorno lunedi 3 luglio 2007. Per le domande inviate a mezzo posta, vale la data del timbro postale. Gli aspiranti, pena l’esclusione dal concorso, debbono dichiarare nella do- manda: a) la data e il luogo di nascita e la precisa indicazione del domicilio al quale devono essere trasmesse le comunicazioni; b) il possesso della cittadinanza italiana o quella di uno degli Stati membri dell’Unione Europea; (*) N.B. In base alla L. 15 maggio 1997, n. 127 il limite massimo di età per poter partecipare ai concorsi pubblici è stato abolito. c) il Comune di iscrizione nelle liste elettorali, ovvero i motivi della non iscrizione o della cancellazione dalle liste medesime; d) lo stato civile; e) il titolo di studio posseduto con l’indicazione dei seguenti elementi: - la votazione finale riportata; - l’Istituto o la Scuola presso cui è stato conseguito; - la data di conseguimento; f) il godimento dei diritti civili (per i cittadini degli Stati membri del- l’Unione Europea; il godimento dei diritti civili e politici anche nello stato di appartenenza o provenienza); g) le eventuali condanne penali riportate od i procedimenti penali in corso o l’assenza assoluta di condanne e procedimenti penali; h) la posizione nei riguardi degli obblighi militari (per i concorrenti di sesso maschile); i) lo stato di sana e robusta costituzione fisica con esenzione da difetti che possano influire sul rendimento del servizio; j) i servizi prestati presso Pubbliche Amministrazioni e le cause di riso- luzione di eventuali precedenti rapporti di pubblico impiego. La firma in calce alla domanda non deve essere più autenticata come dis- posto dall’art. 3, comma 5, della legge 15 maggio 1997, n.127. Per gli aspiranti che siano dipendenti statali e degli altri Enti Locali è suf- ficiente il visto, rispettivamente del capo dell’Ufficio nel quale prestano servizio e del capo dell’Amministrazione da cui dipendono. Alla domanda di ammissione devono essere allegati i seguenti documenti: 1) QUIETANZA rilasciata dal Tesoriere comunale - Banca “X” o rice- vuta del versamento effettuato sul Conto Corrente Postale n. XXXX intestato al Comune di “X” - Servizio di Tesoreria (indicando obbli- gatoriamente la causale Tassa concorso pubblico a n. 1 posto vacante di “Assistente amministrativo” liv. 6°), comprovante il pagamento della tassa di concorso di L. 7.500; Data di scadenza 60 2) gli eventuali titoli (in originale o in copia autenticata) comprovanti il diritto di precedenza o preferenza alla nomina. Si precisa che la documentazione di cui sopra potrà essere sostituita da di- chiarazione temporaneamente sostitutiva, sottoscritta dall’interessato ai sensi dell’art. 3 della legge 15.5.1997 n. 127, ad esclusione della quie- tanza di versamento. Ai sensi della L. 23 agosto 1988 n. 370, le domande di concorso e gli atti e documenti allegati sono esenti dall’imposta di bollo. PROVE D’ESAME I candidati ammessi al concorso dovranno sostenere le seguenti prove d’esame: una prova scritta ed una prova orale sulle seguenti materie: a) Prova scritta - nozioni di diritto civile e di diritto amministrativo; - nozioni di amministrazione del patrimonio e contabilità pub- blica. b) Prova orale - materie delle prove scritte; - nozioni di organizzazione comunale; - ordinamento dello Stato. Il diario delle prove d’esame sarà comunicato ai singoli candidati nei modi e nei termini stabiliti dal vigente Regolamento Organico del perso- nale. L’assenza dagli esami comporta l’esclusione dal concorso. Per essere ammessi a sostenere le prove di esame, i concorrenti devono essere muniti di un idoneo documento di riconoscimento. Il concorrente, dichiarato vincitore, sarà invitato dall’Amministrazione a presentare, nel termine di giorni 30 dalla data di ricevimento della parteci- pazione, a pena di decadenza, i documenti stabiliti dal vigente Regola- mento Organico del personale, precisamente: a) il certificato generale del Casellario Giudiziario; b) l’originale del diploma di studio o il documento rilasciato dalla com- petente autorità scolastica, in sostituzione del diploma, ovvero copia di uno dei suddetti documenti, autenticata dal pubblico ufficiale; c) il certificato medico attestante la sana e robusta costituzione e l’idoneità fisica all’impiego; d) gli altri documenti necessari per dimostrare il possesso dei requisiti prescritti. Il personale statale e degli altri Enti Locali di ruolo deve presentare una copia integrale dello stato di servizio, il titolo di studio ed il certificato medico; è, invece, esonerato dalla presentazione di documenti per dimo- strare il possesso degli altri requisiti. La nomina del vincitore diventerà definitiva dopo il periodo di prova sta- bilito dal vigente Regolamento Organico del personale. Materie delle prove scritte e orali 61 La graduatoria degli idonei potrà essere utilizzata, per tre anni dalla data di approvazione della graduatoria stessa, da parte dell’Amministrazione, non solo per il posto messo a concorso ma anche per quelli che rimar- ranno disponibili entro tale termine. L’espletamento del presente bando di concorso sarà attuato nel pieno ri- spetto delle norme contenute nella Legge 2.4.1968, n. 482. Gli apparte- nenti alle categorie indicate dalla normativa predetta che abbiano conse- guito l’idoneità, verranno inclusi nell’ordine di graduatoria tra i vincitori; a parità di punteggio valgono le precedenze stabilite dall’art. 5 del T.U. approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e successive modificazioni. Saranno osservate le disposizioni di cui alle Leggi 24.12.86, n. 958 (a tal fine sarà ritenuta valida unicamente la produzione del foglio matricolare dello stato di servizio che costituisce il documento probatorio per l’applicazione delle norme di tale Legge) e 5.2.1992, n. 104. Per quanto previsto dal presente bando valgono le disposizioni contem- plate dalla L.R. n. 4 del 5.3.1993 e dal vigente Regolamento Organico del personale. Ogni utile informazione potrà essere fornita dall’ufficio Concorsi del Se- nato della Repubblica (tel.). IL SEGRETARIO GENERALE IL PRESIDENTE Durata della graduatoria 62 DOMANDA DI PARTECIPAZIONE AL CONCORSO Al Comune di “X” Il/La sottoscritto/a _____________________________________ nato/a a _____________________________ il _______________, residente a __________________________ in via __________________________ presa visione del bando con il quale è stato indetto il concorso pubblico per esami per la coper- tura di n. 1 posto vacante di “Assistente amministrativo” 6a qualifica funzionale - presso il Set- tore organizzazione Generale - indetto da codesta Amministrazione c h i e d e di poter partecipare allo stesso. A tal fine lo/la scrivente dichiara sotto la propria responsabilità di: 1. essere cittadino/a italiano/a; 2. essere iscritto/a nelle liste elettorali del Comune di ; ovvero di non essere iscritto/a per i seguenti motivi: ____________________________; 3. essere di stato civile: _________________ (celibe/nubile/coniugato/a con n. _____ figli); 4. essere in possesso del seguente titolo di studio __________________________________ conseguito in data ______________ presso _________________________________ con votazione finale di _________; 5. godere dei diritti civili; per i cittadini degli Stati membri della Comunità Economica Eu- ropea: di godere dei diritti civili e politici anche nello stato di appartenenza o provenienza; 6. non avere riportato condanne penali; ovvero aver riportato le seguenti condanne penali: _________________________________ 7. non avere procedimenti penali pendenti; ovvero avere i seguenti procedimenti penali pendenti: ______________________________ 8. essere nella seguente posizione nei riguardi degli obblighi militari (per i concorrenti di sesso maschile): _______________________________________________________; 9. essere di sana e robusta costituzione fisica con esenzione da difetti che possano influire sul rendimento del servizio; 10. aver diritto all’elevazione del limite massimo di età per i seguenti motivi: ______________ 11. non essere stato destituito o dispensato dall’impiego presso pubbliche amministrazioni. Chiede infine che ogni comunicazione relativa alla presente domanda venga fatta al seguente in- dirizzo: ______________________________________________________________________ telefonico _______________________________. Data _________________ Firma ______________________________ Allega alla domanda i seguenti documenti: 1. ________________________________________________________ 2. ________________________________________________________ 63 2. L’IMPIEGO NEL SETTORE PRIVATO Tratti caratteristici del lavoro privato Come si è già avuto modo di dire, appartengono al settore privato i dipendenti che lavorano in ditte, imprese e società private e gli elementi che caratterizzano il lavoro dipendente privato sono i seguenti. - Il datore di lavoro è una persona fisica che ha la direzione e la responsabilità dell’azienda. Ciò implica da un lato un maggiore controllo sul personale dipendente, dall’altro una mag- giore attenzione ai rapporti e alle relazioni interpersonali. - Fine ultimo dell’impresa privata è la produzione di un profitto economico, vale a dire la produzione di un bene o un servizio per venderlo sul mercato, ricavandone un utile. - Le condizioni di lavoro sono in genere regolamentate da contratti di lavoro, ma di fatto ri- sentono di maggiore elasticità e flessibilità legate all’andamento del mercato e dell’azienda. - I livelli di autonomia decisionale sono generalmente più ampi che nel settore pubblico e, quindi, anche i livelli di responsabilità. La stabilità del posto di lavoro è, invece, certa- mente minore proprio perché è legata alle leggi del mercato. - Le prospettive di carriera sono, generalmente, più elevate e sono legate a processi di cre- scita professionale, svincolati da norme burocratiche o dal possesso di titoli specifici. - I livelli retributivi presentano una maggiore variabilità in funzione del riconoscimento delle capacità professionali. Tra gli elementi positivi del settore privato si annoverano le maggiori prospet- tive di crescita professionale ed economica, offerte al contrario dall’impiego nel settore pubblico, ma anche l’accesso diretto al mercato del lavoro, senza passare at- traverso concorsi. Tra gli elementi negativi, si rileva la minore stabilità del posto del lavoro e la maggiore concorrenzialità e competitività. Le modalità d’assunzione nel settore privato L’assunzione nel settore privato avviene, oggi, prevalentemente attraverso le seguenti tre modalità di accesso: chiamata nominativa e diretta; mediazione di agenzie per il lavoro e altri operatori autorizzati; per effetto della legge sulle assun- zioni obbligatorie. 2.1. La chiamata nominativa e diretta L’assunzione con chiamata nominativa avviene, dunque, attraverso un rapporto diretto tra datore di lavoro e l’aspirante lavoratore che sceglie in piena autonomia il lavoratore da assumere, sulla base delle esigenze dell’azienda e senza il vincolo di alcuna graduatoria. Il rapporto che si configura è, quindi, di tipo personale e la scelta del lavoratore da assumere scaturisce dalla valutazione delle capacità e della professionalità degli aspiranti. L’istituto dell’assunzione diretta (introdotto dal Decreto legge n. 494 del 1994) prevede che sia l’azienda a scegliere ed assumere direttamente il lavoratore, dando 64 immediata comunicazione ai Servizi per l’Impiego (Legge 27 dicembre 2006, n. 296 - legge finanziaria 20077). Spetta, dunque, al datore di lavoro comunicare le principali informazioni relative al lavoratore e al contratto stipulato (nominativo del lavoratore assunto, la data di assunzione, il tipo di contratto, la qualifica, tratta- mento economico e normativo). L’assunzione rimane, dunque, un contratto che si stipula tra lavoratore ed azienda. Il primo accetta le condizioni offerte e si impegna al rispetto dei vincoli e delle norme indicate nel contratto, l’impresa si impegna a corrispondere la retribu- zione indicata e a garantire il rispetto delle regole contrattuali e legislative a tutela dei lavoratori. L’assunzione può prevedere un periodo iniziale di prova, la cui du- rata, diversa in relazione alla qualifica ed al livello, è fissato all’interno dei CCNL (Contratti collettivi nazionali di lavoro). Si ricorda che è vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro (legge 903/77, “Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro”). Eventuali deroghe sono ammesse soltanto per man- sioni particolarmente pesanti che devono essere individuate dalla contrattazione collettiva. 2.2. L’intermediazione delle agenzie di collocamento private L’assunzione nel settore privato può avvenire per il tramite delle agenzie di collocamento privato che svolgono, accanto ai servizi pubblici per l’impiego, at- tività di intermediazione somministrazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione professionale e più in generale di incrocio domanda- offerta di lavoro. Le agenzie per il lavoro devono essere autorizzate o accreditate e iscritte in una delle cinque sezioni dell’Albo nazionale istituito presso il Mini- stero del lavoro e delle politiche sociali. Nell’ambito di tali strutture, discorso a parte meritano le agenzie di sommini- strazione per la particolarità del rapporto di lavoro che si instaura tra il lavoratore, l’agenzia e l’azienda interessata: i lavoratori, infatti, vengono assunti non dall’a- zienda, bensì dai soggetti abilitati per legge alla fornitura di manodopera, vale a 7 Dal 1° gennaio 2007 la Legge 296/2006 (Legge Finanziaria 2007) ha previsto l’obbligo di co- municazione al Centro per l’Impiego della instaurazione del rapporto di lavoro entro il giorno antece- dente. La novità riguarda tutti i rapporti di lavoro subordinato e di lavoro autonomo in forma coordina- ta e continuativa, anche nella modalità a progetto, di socio lavoratore di cooperativa, di associato in partecipazione con apporto lavorativo, di agenzia e rappresentanza di commercio e anche nel caso di tirocini di formazione e di orientamento e ad ogni altro tipo di esperienza lavorativa ad essi assimilata. L’obbligo riguarda tutti i datori di lavoro privati e pubblici. Solamente per le Agenzie per il Lavoro che applicano il contratto di somministrazione di lavoro sono previsti termini diversi. Per tali soggetti è previsto l’obbligo di comunicare entro i 20 giorni successivi, al Centro per l’Impiego nel cui ambito territoriale è ubicata la loro sede operativa dell’Agenzia, l’assunzione, la proroga e la cessazione dei lavoratori nel corso del mese precedente. 65 dire l’agenzia, per essere inviati però ad eseguire la prestazione di lavoro presso altri soggetti, ovvero le imprese utilizzatrici. Si tratta in ogni caso di un lavoratore subordinato, che non esegue la sua pre- stazione a favore del suo datore di lavoro (che è comunque responsabile del suo sa- lario e del rispetto delle normative che regolano il suo impiego), ma nei confronti di un’impresa terza, che gli fornisce le istruzioni e lo inserisce nella sua organizza- zione, ma rimane legata solamente da un rapporto commerciale con l’Agenzia, per gli aspetti collegati all’instaurazione della relazione lavorativa e alla remunerazione delle prestazioni effettuate dal lavoratore. L’assunzione del lavoratore da parte dell’Agenzia può avvenire tanto a tempo indeterminato (il lavoratore è sempre a disposizione, ma viene remunerato per le prestazioni effettuate) quanto a tempo determinato (corrispondente alla durata del- l’impiego, in una situazione che fa dell’Agenzia sostanzialmente un intermediario di manodopera occasionale). All’impresa utilizzatrice, il lavoratore costa un po’ di più del lavoratore che avrebbe assunto alle dipendenze, ma il risparmio avviene su altri piani: non vi è selezione del personale, non vi sono procedure da rispettare per l’attivazione e conclusione del rapporto di lavoro, non vi sono costi salariali ecce- denti lo stretto tempo di utilizzo del lavoratore necessario. Il contratto di somministrazione rappresenta una buona opportunità per i gio- vani che vogliono inserirsi nel mercato del lavoro, permettendo di conoscere le aziende e di realizzare una prima serie di esperienze certificabili di lavoro, spendi- bili nella costruzione del proprio curriculum. Per avere informazioni su indirizzi e link delle agenzie italiane in Italia è dis- ponibile il portale InterinaleItalia e i siti delle principali associazioni di agenzie: - www.interinaleitalia.it - www.ailt.it - www.confinterim.it 2.3. Le assunzioni obbligatorie Anche per il settore privato operano le disposizioni dettate dalla legge n. 68 del 12 marzo 1999, in materia di assunzioni obbligatorie. Sono tenuti all’assun- zione obbligatoria, così come previsto dalla L. 68/99 art. 3, tutti i datori di lavoro privati, nelle seguenti misure: - da 15 a 35 dipendenti: 1 assunzione, con richiesta nominativa; - da 35 a 50 dipendenti: 2 assunzioni, con una richiesta nominativa ed una numerica; - oltre 50 dipendenti: 7% dei lavoratori occupati (con le esclusioni previste dalla Legge), di cui il 60% a richiesta nominativa ed il 40% a richiesta numerica. Per il calcolo della base occupazionale bisogna far riferimento al personale in forza al 31 dicembre di ogni anno, escludendo da tale calcolo i disabili occupati ob- 66 bligatoriamente, i contratti a termine, di durata non superiore a nove mesi, i soci di cooperative di lavoro, i dirigenti, gli apprendisti, i contratti di formazione lavoro e di reinserimento, nonché i lavoratori a domicilio e i lavoratori part-time, in propor- zione all’orario svolto. Ogni anno, i datori di lavoro tenuti all’applicazione della legge dovranno in- viare un prospetto informativo al Centro per l’Impiego, entro il 31 gennaio di ogni anno (limitatamente al 2000 entro il 31 marzo), indicando il numero complessivo dei lavoratori dipendenti e quello escluso dal computo; il numero ed i nominativi dei lavoratori disabili in forza, computabili nella quota di riserva con l’indicazione del sesso, dell’età, della qualifica e dell’anzianità di servizio, nonché la tipologia di contratto di lavoro stipulato; il numero dei dipendenti svantaggiati; il numero dei posti di lavoro e le mansioni disponibili per i lavoratori disabili da assumere. 67 Capitolo quinto Le forme del rapporto di lavoro. I contratti 1. LE DIVERSE TIPOLOGIE CONTRATTUALI Per coloro che sono alla ricerca di un impiego è importante non solo conoscere i canali di comunicazione con il mondo del lavoro, cioè i modi con cui entrare in contatto con le diverse forme di occupazione, ma è importante anche sapersi orien- tare nella “giungla” dei diversi rapporti di lavoro possibili: le tipologie contrattuali, infatti, stanno costantemente aumentando e con esse i canali d’ingresso nel mondo del lavoro. Come si è già avuto modo di dire nel capitolo II, la prima distinzione da fare in proposito, riguarda i possibili percorsi di inserimento, rappresentati dal lavoro subordinato o dipendente e dal lavoro autonomo o indipendente, area quest’ultima che, negli ultimi anni, si è andata complessivamente ampliando, per comprendere posizioni che assomigliano molto a quelle del lavoro dipendente: si pensi, ad esempio, alle diverse forme di lavoratore parasubordinato. Oltre alle caratteristiche delle diverse tipologie di rapporto di lavoro, è però opportuno documentarsi sulle nuove e sempre più numerose forme di lavoro cosid- dette “atipiche”, introdotte o ridefinite dalla Riforma Biagi (L. n. 30/2003 e D.Lgs. 276/2003), e concepite per favorire l’ingresso o il reinserimento nel mondo del la- voro. L’introduzione di forme di lavoro flessibili ha determinato un forte ridimen- sionamento del rapporto di lavoro a tempo indeterminato: da molti studi di settore, tra cui quelli realizzati dall’ISFOL 1, emerge infatti, che in Italia il lavoro è sempre più spesso “a termine”, coinvolgendo circa dieci italiani su cento. Si tratta soprattutto di contratti a tempo determinato, apprendistato o interinali, a cui si deve aggiungere il 5,7% dei lavoratori che hanno un contratto di collabora- zione. Il lavoro atipico coinvolge, dunque, nel complesso quasi 3,5 milioni di per- sone, poco più del 15% dell’occupazione, includendo gli occupati a termine (com- preso l’apprendistato) e i parasubordinati (occupati autonomi esposti a più vincoli di subordinazione). 1 Cfr. Rapporto ISFOL 2007, Rubettino. 68 Infine, l’indagine rileva che la natura atipica coinvolge soprattutto il segmento dei più giovani: tra gli “under 30” il 24,7% ha un contratto di dipendente a termine, il 10 per cento è autonomo, l’8,4% ha un contratto di collaborazione e il 4,3 % ha altri contratti non standard. Tra loro solo il 53% ha un contratto a tempo indeterminato, come riportato nella tabella seguente. Dipendente a tempo indeterminato Dipendente a tempo determinato Autonomi Collaborazioni Altri accordi non standard 63,02% 9,57% 19,5% 5,72% 2,72% 53,08% 24,66% 10,03% 8,4% 4,27% 58,25% 11,95% 20,31% 5,44% 4,36% 63,77% 13,13% 12,09% 7,75% 4,08% Totale “Under 30” Sud Donne Tipo Contratti 2. IL RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO Secondo il codice civile, svolge un lavoro dipendente “chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”. Tuttavia, un contratto di lavoro dipendente si può caratterizzare: con riferimento alla durata del contratto: - lavoro a tempo indeterminato - lavoro a tempo determinato con riferimento alla forma del rapporto contrattuale - lavoro somministrato con riferimento al tempo della prestazione - lavoro a tempo pieno - lavoro part-time - lavoro intermittente - lavoro ripartito con riferimento al luogo della prestazione - telelavoro con riferimento alla causa della prestazione - di apprendistato - d’inserimento - tirocinio Fonte: ISFOL, 2007 69 2.1. Il contratto di lavoro a tempo indeterminato È il tipico contratto di lavoro a tempo subordinato, che solitamente si conclude per iscritto e non ha né scadenze, né limiti prefissati. 1) La forma e i contenuti del contratto Secondo le disposizione del D.Lgs. n. 152/97, il datore di lavoro è tenuto a for- nire al lavoratore, in forma scritta, alcune informazioni sul contenuto del contratto, anche nel caso in cui sia stato stipulato verbalmente. Si tratta, in particolare, delle informazioni riguardanti: - luogo e l’orario di lavoro; - mansioni assegnate al lavoratore e il conseguente inquadramento; - importo della retribuzione; - durata delle ferie. Tutte queste notizie devono essere fornite al lavoratore tramite la lettera di as- sunzione, oppure in un altro documento scritto, che deve essere consegnato entro trenta giorni dalla data dell’assunzione. 2) L’attribuzione della qualifica e delle mansioni Il datore di lavoro, nel momento in cui procede ad un’assunzione, è tenuto a comunicare al lavoratore la qualifica e il profilo che gli sono stati attribuiti. Spesso le lettere di assunzione non contengono una descrizione analitica delle mansioni e cioè dell’insieme delle prestazioni del contratto di lavoro; in esse ci si limita a richiamare l’inquadramento contrattuale (es.: impiegato di 1° livello, 2° o 3°, quadro, operativo), volendo riferirsi soltanto ad una certa posizione gerarchica all’interno dell’organizzazione produttiva. Al lavoratore devono, invece, essere assegnate le mansioni (vale a dire i com- piti, le attività) per le quali è stato assunto o quelle corrispondenti alla categoria su- periore che abbia successivamente acquisito o le mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte. Tale individuazione elastica risponde ad un’esigenza di flessibilità delle im- prese: il nostro ordinamento, infatti, riconosce al datore di lavoro la possibilità di modificare le mansioni del lavoratore sia in senso verticale, cioè innalzando e mi- gliorando il livello di inquadramento del proprio dipendente all’interno della scala gerarchica, ma anche in senso orizzontale, cioè modificando le mansioni assegnate, purché anche nello svolgimento delle nuove mansioni il lavoratore possa utilizzare quel patrimonio di professionalità in precedenza acquisito. 70 3) Il periodo di prova Una delle clausole più comuni del contratto è il patto di prova. Con il patto in esame, che serve a verificare la convenienza di entrambe le parti a rendere defini- tivo il rapporto, datore di lavoro e lavoratore stabiliscono che per un determinato periodo di tempo ciascuno dei due contraenti potrà recedere dal contratto senza ne- cessità di motivazione e senza dover dare il preavviso. La durata del patto di prova è generalmente prevista dai contratti collettivi, ma in ogni caso, secondo la legge, non può superare sei mesi, oltre il quale il rapporto diviene definitivo ed il periodo di prova si computa nell’anzianità di servizio del lavoratore. Il lavoratore, durante il periodo di prova, ha diritto allo stesso trattamento di tutti gli altri lavoratori. È opportuno che il lavoratore consulti il contratto collettivo di lavoro applicato dall’impresa nella quale è stato assunto, il quale è reperibile, normalmente, presso un sindacato o presso le librerie. Risulta, inoltre, necessario conoscere l’eventuale regolamento interno dell’impresa per non incorrere in multe o sanzioni (v. ritardi, mancato rispetto delle norme antinfortunistiche, ecc.). Il lavoratore potrà così conoscere i suoi diritti e i suoi doveri e, in dettaglio, quali comportamenti e quali procedure adottare in particolari situazioni, come, ad esempio, malattia, maternità, dimissioni, ecc. 2.2. Il contratto di lavoro a tempo determinato Il contratto di lavoro subordinato che prevede esplicitamente nella lettera di as- sunzione la data di scadenza è definito contratto a tempo determinato. L’assunzione a termine è regolata dalla legge (in specifico dal D.Lgs. 368/2001) e dai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL). 1) Quando è possibile l’apposizione del termine Normalmente è prevista quando si presentano determinate situazioni di carat- tere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. Il contratto deve essere stipu- lato in forma scritta, pena la trasformazione del rapporto in contratto a tempo inde- terminato. La stipula di un contratto di lavoro a termine, invece, non è mai ammessa nei seguenti casi: - per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; - presso unità produttive nelle quali negli ultimi sei mesi si sia proceduto a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato; - presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una ridu- zione dell’orario, con diritto al trattamento d’integrazione salariale, che interessino lavo- ratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine. 71 2) La forma e i contenuti del contratto Il contratto deve essere, quindi, necessariamente stipulato: - in forma scritta2 - sottofirmato dal lavoratore - prevedere per iscritto il termine del contratto3 3) La proroga Il contratto può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si ri- ferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato. Se il rapporto di lavoro continua oltre il termine fissato, senza le condizioni di cui sopra, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiora- zione retributiva per ogni giorno di continuazione del rapporto, pari al 20% fino al decimo giorno successivo e al 40% per ciascun giorno ulteriore. Se il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno, in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il trentesimo negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini. 4) La risoluzione del contratto Per quanto concerne la risoluzione del contratto, il lavoratore sino alla sca- denza del termine, non può essere licenziato se non per giusta causa. Il licenzia- mento intimato senza giusta causa prima del termine, comporta il risarcimento del danno, calcolato in base alle retribuzioni a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto se il rapporto fosse proseguito fino alla scadenza del termine. Non è ammesso il licenziamento per giustificato motivo. In questo caso, l’azienda è tenuta a corrispondere tutte le retribuzioni, calcolate fino al termine del contratto. 5) I termini per la riassunzione Scaduto il contratto, è consentita la riassunzione a termine dello stesso lavoratore a condizione che tra la fine del precedente rapporto e l’inizio del nuovo trascorrano almeno dieci giorni (venti se il contratto scaduto aveva una durata superiore a sei mesi). Se questo intervallo non è rispettato, il secondo contratto si considera a tempo 2 La forma scritta è indispensabile per qualsiasi contratto a tempo determinato, a prescindere dal settore in cui è collocata l’impresa, e quindi anche nel turismo e in agricoltura. 3 In mancanza, il contratto si considera a tempo indeterminato fin dall’inizio. 72 indeterminato, mentre se tra le due assunzioni non trascorre nemmeno un giorno, il rapporto si considera a tempo indeterminato fin dalla stipula del primo contratto. Infine, si ricorda che al lavoratore assunto con contratto a tempo determinato spetta il medesimo trattamento previsto per i lavoratori con contratto a tempo in- determinato (ferie, mensilità aggiuntive ed ogni altro trattamento in atto nell’im- presa in proporzione al periodo lavorativo prestato). 2.3. Il contratto di somministrazione lavoro La legge Biagi ha abrogato la normativa relativa al lavoro temporaneo, alla quale è subentrata, senza molti cambiamenti, la somministrazione di manodopera; contestualmente alla sua istituzione vengono abrogati anche gli artt. 1-11 della Legge 196/97, relativi alla disciplina del lavoro interinale. La somministrazione rientra nell’ambito delle esternalizzazioni delle attività di impresa, ma è diretta, da un lato, ad offrire alle aziende un nuovo ed efficiente stru- mento per procurarsi forza lavoro e, dall’altro, ad offrire particolari garanzie ai la- voratori somministrati. 1) La regolamentazione Il contratto di somministrazione è un contratto attraverso il quale un soggetto (somministratore), mette a disposizione di un altro soggetto (utilizzatore) i lavora- tori, che operano poi sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore stesso. Nella somministrazione, che si può stipulare in tutti i settori occorre distin- guere due contratti diversi: - un contratto di somministrazione stipulato tra l’utilizzatore e il somministratore, di natura commerciale; - un contratto di lavoro subordinato stipulato tra il somministratore e il lavoratore. Entrambi possono essere stipulati: a tempo indeterminato, a tempo determi- nato. La somministrazione di lavoro a tempo indeterminato è ammessa per ragioni di carattere tecnico, produttivo e organizzativo ed esclusivamente per determinate attività definite dalla legge, quali: - per servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, compresa la progettazione e manutenzione di reti intranet e extranet, siti internet, sistemi informatici, sviluppo di soft- ware applicativo, caricamento dati; - per servizi di pulizia, custodia, portineria; - per servizi, da e per lo stabilimento, di trasporto di persone e di trasporto e movimenta- zione di macchinari e merci; - per la gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché servizi di eco- nomato; 73 - per attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e se- lezione del personale; - per attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale; - per la gestione di call-center, nonché per l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1; - per costruzioni edilizie all’interno degli stabilimenti, per installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per particolari attività produttive, con specifico riferimento all’e- dilizia e alla cantieristica navale, le quali richiedano più fasi successive di lavorazione, l’impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell’impresa; - in tutti gli altri casi previsti dai CCL nazionali o territoriali. Tale forma contrattuale, al contrario, non si può applicare in alcuni casi, quali: - la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; - salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che abbiano riguar- dato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministra- zione, ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rap- porti o una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di sommini- strazione; - da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi. 2) L’autorizzazione Il somministratore è un soggetto regolarmente autorizzato a svolgere l’attività e iscritto nell’apposita sezione dell’albo delle Agenzie per il lavoro, istituito presso il Ministero del lavoro. 3) La forma e i contenuti del contratto Il contratto è stipulato in forma scritta e contiene i seguenti elementi: a) gli estremi dell’autorizzazione rilasciata al somministratore; b) il numero dei lavoratori da somministrare; c) i casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo; d) l’indicazione della presenza di eventuali rischi per l’integrità e la salute del lavoratore e delle misure di prevenzione adottate; e) la data di inizio e la durata prevista del contratto; f) le mansioni alle quali saranno adibiti i lavoratori e il loro inquadramento; g) il luogo, l’orario e il trattamento economico e normativo delle prestazioni lavorative; h) assunzione da parte del somministratore della obbligazione del pagamento diretto al lavoratore del trattamento economico, nonché del versamento dei contributi previden- ziali; 74 i) assunzione dell’obbligo dell’utilizzatore di rimborsare al somministratore gli oneri retri- butivi e previdenziali da questa effettivamente sostenuti in favore dei prestatori di la- voro; j) assunzione dell’obbligo dell’utilizzatore di comunicare al somministratore i trattamenti retributivi applicabili ai lavoratori comparabili. 4) Il trattamento economico e normativo dei lavoratori I lavoratori dipendenti dal somministratore hanno diritto a un trattamento eco- nomico e normativo complessivamente non inferiore a quello dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore, a parità di mansioni svolte. Il principio non trova applica- zione con riferimento ai contratti di somministrazione conclusi da soggetti privati autorizzati nell’ambito di specifici programmi di formazione, inserimento e riquali- ficazione professionale erogati, a favore dei lavoratori svantaggiati, in concorso con Regioni, Province ed Enti locali (c.d. Agenzie sociali per il lavoro). Il lavoratore non è computato nell’organico dell’utilizzatore ai fini della appli- cazione di normative di legge o di contratto collettivo, fatta eccezione per quelle re- lative alla materia dell’igiene e della sicurezza sul lavoro. La disciplina in materia di assunzioni obbligatorie e di riserva di una quota delle assunzioni a favore di sog- getti a rischio di esclusione sociale, eventualmente prevista a livello regionale, non si applicano in caso di somministrazione. Gli oneri contributivi, previdenziali, assicurativi ed assistenziali, previsti dalle vigenti disposizioni legislative, sono a carico del somministratore che è inquadrato nel settore terziario. Gli obblighi per l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, sono determinati in relazione al tipo e al rischio delle lavorazioni svolte. I premi e i contributi sono determinati in relazione al tasso medio, o medio ponderato, stabilito per la attività svolta dall’impresa utilizzatrice, nella quale sono inquadrabili le lavo- razioni svolte dai lavoratori temporanei, ovvero sono determinati in base al tasso medio, o medio ponderato, della voce di tariffa corrispondente alla lavorazione ef- fettivamente prestata dal lavoratore temporaneo, ove presso l’impresa utilizzatrice la stessa non sia già assicurata. Nel settore agricolo e in caso di somministrazione di lavoratori domestici tro- vano applicazione i criteri erogativi, gli oneri previdenziali e assistenziali previsti dai relativi settori. 2.4. Tempo pieno Per orario effettivo di lavoro si intende, il tempo che il lavoratore mette a dis- posizione del datore di lavoro, con l’esclusione del tempo impiegato per recarsi al posto di lavoro. L’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali, anche se i contratti collettivi nazionali possono stabilire una durata minore e riferire l’orario normale 75 alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno. I contratti nazionali di lavoro hanno di fatto abbassato tale limite, portandolo, ad esempio, a 36 ore nel pubblico impiego. 2.5. Tempo parziale (o part-time) Viene definito contratto a tempo parziale (o part-time) quell’attività lavorativa svolta per un orario inferiore rispetto a quello ordinario, previsto dalle leggi dello Stato e dai contratti collettivi di lavoro. La possibilità per i lavoratori dipendenti, di effettuare un orario di lavoro infe- riore a quello contrattuale, è stata introdotta dalla Legge 863 del 1984, ma la sua disciplina è stata prima modificata in modo significativo dal D.Lgs. 61/2000 e dal D.Lgs. 100/2001 e per ultimo rivisitata dal D.lgs. 276/2003. 1) Le tipologie di part-time Il rapporto di lavoro a tempo parziale può essere: - parziale orizzontale, quando si ha una prestazione lavorativa ad orario inferiore a quello ordinario in tutti i giorni della settimana; - parziale verticale, quando si ha una prestazione lavorativa ad orario complessivamente inferiore rispetto a quella ordinaria, ma concentrata solo in alcuni giorni della settimana, del mese o in alcuni mesi dell’anno; - parziale misto, quando c’è una combinazione tra le due ipotesi sopra citate. 2) La regolamentazione È importante ricordare che: - la retribuzione e i contributi previdenziali sono proporzionali alla quantità di ore lavo- rate; - il contratto va stipulato per iscritto e da esso deve risultare l’accordo delle parti alla defi- nizione dell’orario ridotto; - è possibile prestare lavoro straordinario, solo nel part-time verticale o misto; - le percentuali dei dipendenti assunti con questo tipo di contratto possono venire decise dalla contrattazione collettiva; - i lavoratori a tempo parziale hanno il diritto di precedenza, nel caso l’azienda faccia nuove assunzioni, nel trasformare il rapporto da parziale a tempo pieno; - il periodo feriale per i lavoratori assunti con contratto di lavoro part-time è uguale a quello previsto per il tempo pieno. Il part-time deve ritenersi compatibile con il contratto a termine, con il con- tratto d’inserimento, con l’apprendistato ove la peculiare articolazione dell’orario non sia da ostacolo al raggiungimento delle finalità, di adattamento alle compe- tenze professionali ovvero formative tipiche di quei contratti. 76 2.6. Il contratto di lavoro intermittente (o lavoro a chiamata) Il contratto di lavoro intermittente è una forma di contratto, prevista dal D.Lgs. 276/2003, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di la- voro per lo svolgimento di prestazioni a carattere discontinuo o intermittente, indi- viduate dai contratti collettivi. Il contratto può essere stipulato anche a tempo deter- minato. L’obiettivo di questo contratto che costituisce una novità per l’ordinamento ita- liano, è la regolarizzazione della prassi del cosiddetto lavoro a fattura, usato finora per le richieste di attività lavorativa non occasionale, ma con carattere intermit- tente. Esso, inoltre offre ai lavoratori un’ulteriore possibilità di inserimento o rein- serimento nel mercato del lavoro. 1) A chi si rivolge In via sperimentale, la stipulazione di un contratto di lavoro intermittente può essere conclusa per lo svolgimento di prestazioni rese da soggetti in stato di disoc- cupazione con meno di 25 anni di età o da lavoratori con più di 45, espulsi dal ciclo produttivo o siano iscritti alle liste di mobilità e di collocamento. 2) Le tipologie Esso prevede due forme: con o senza obbligo di corrispondere un’indennità di disponibilità, a seconda che il lavoratore scelga di essere o meno vincolato alla chiamata. 3) La forma e i contenuti del contratto Il contratto è stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi: - indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipula- zione del contratto; - luogo e la modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del rela- tivo preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo; - il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità, ove prevista; - indicazione delle forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della pre- stazione; - i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità; - le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività de- dotta in contratto. 77 4) Il trattamento economico e normativo del lavoratore Fermi restando i divieti di discriminazione diretta e indiretta previsti dalla le- gislazione vigente, il lavoratore intermittente non deve ricevere, per i periodi lavo- rati, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole ri- spetto al lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte. Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermit- tente è riproporzionato, in ragione della prestazione lavorativa effettivamente ese- guita, in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, nonché delle ferie e dei trattamenti per malattia, infor- tunio sul lavoro, malattia professionale, maternità, congedi parentali. 2.7. Il contratto di lavoro ripartito (o job sharing) È uno speciale contratto di lavoro, previsto dal D.Lgs. 276/2003, mediante il quale due lavoratori assumono in solido l’adempimento di una unica e identica ob- bligazione lavorativa. Fatte salve diverse intese tra le parti contraenti o previsioni dei contratti o ac- cordi collettivi, i lavoratori hanno la facoltà di determinare discrezionalmente e in qualsiasi momento sostituzioni tra di loro, nonché di modificare consensualmente la collocazione temporale dell’orario di lavoro. Eventuali sostituzioni da parte di terzi, nel caso di impossibilità di uno o en- trambi i lavoratori coobbligati, sono vietate e possono essere ammesse solo previo consenso del datore. Salvo diversa intesa tra le parti, le dimissioni o il licenziamento di uno dei la- voratori coobbligati comportano l’estinzione dell’intero vincolo contrattuale, a meno che se, su richiesta del datore, l’altro prestatore di lavoro si renda disponibile ad adempiere l’obbligazione lavorativa, integralmente o parzialmente, nel qual caso il contratto di lavoro ripartito si trasforma in un normale contratto di lavoro subordinato. 1) Forma e contenuti del contratto Il contratto è stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi: – la misura percentuale e la collocazione temporale del lavoro giornaliero, setti- manale, mensile o annuale che si prevede venga svolto da ciascuno dei lavora- tori coobbligati, secondo le intese tra loro intercorse, ferma restando la possibi- lità per gli stessi lavoratori di determinare discrezionalmente, in qualsiasi mo- mento, la sostituzione tra di loro ovvero la modificazione consensuale della distribuzione dell’orario di lavoro; – il luogo di lavoro, nonché il trattamento economico e normativo spettante a ciascun lavoratore; 78 – le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di at- tività dedotta in contratto. 2) Trattamento economico e normativo dei lavoratori Fermi restando i divieti di discriminazione diretta e indiretta previsti dalla le- gislazione vigente, il lavoratore ripartito non deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte. Il trattamento economico e normativo dei lavoratori coobbligati è riproporzio- nato, in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita, in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, nonché delle ferie e dei trattamenti per malattia, infortunio sul lavoro, ma- lattia professionale, congedi parentali. Ciascuno dei lavoratori coobbligati ha diritto di partecipare alle riunioni as- sembleari, entro il previsto limite complessivo di dieci ore annue, il cui trattamento economico verrà ripartito fra i coobbligati proporzionalmente alla prestazione lavo- rativa effettivamente eseguita. Ai fini delle prestazioni previdenziali e assistenziali e delle relative contribu- zioni connesse alla durata giornaliera, settimanale, mensile o annuale della presta- zione lavorativa i lavoratori contitolari del contratto sono assimilati ai lavoratori a tempo parziale. Non è dovuta la contribuzione per l’assicurazione per la correspon- sione degli assegni per il nucleo familiare, i quali sono comunque erogati secondo i criteri previsti per il lavoratori a tempo parziale, con oneri a carico della gestione per gli interventi assistenziale e di sostegno costituita presso l’INPS. Il calcolo delle prestazioni previdenziali e dei contributi è effettuato non preventivamente ma su base mensile, dividendo l’importo delle retribuzioni per il numero dei lavoratori che risultano obbligati al momento di inizio dell’evento, salvo conguaglio a fine anno a seguito dell’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa. 2.8. Il telelavoro Il telelavoro è una modalità di organizzazione del lavoro in cui le mansioni professionali vengono svolte a distanza da un qualsiasi luogo (da casa, dalla strada, da un centro tecnologico), grazie all’utilizzo degli strumenti informatici e di teleco- municazione. 1) Le tipologie contrattuali Viene adottato indifferentemente da lavoratori con contratto a tempo pieno (full-time) e a tempo parziale (part-time). 79 Esistono varie tipologie di telelavoro, distinte a seconda del luogo in cui il la- voratore svolge le proprie mansioni, luogo che non corrisponde quindi alla sede tradizionale. Le principali sono: – Telelavoro da casa Il telelavoratore svolge la sua attività dal proprio domicilio. – Telelavoro mobile È la forma attualmente più adottata in Italia e raggruppa tutti i lavoratori che svolgono la loro attività in modalità “mobile” sul territorio, senza una sede d’ufficio fissa. – Telelavoro dal telecentro Il telelavoratore lavora da un centro tecnologicamente attrezzato, dotato di svariate appa- recchiature telematiche (informatica+telecomunicazioni). Il telecentro assume così la veste di un centro d’affari utilizzato da parecchie organizzazioni/aziende o da lavoratori auto- nomi in base ad un contratto d’affitto flessibile, in cui gli affittuari sono forniti delle dota- zioni informatiche e di telecomunicazioni essenziali. – Telelavoro da un ufficio satellite Per ufficio satellite si intende un ufficio utilizzato da parecchi lavoratori appartenenti alla stessa organizzazione o azienda. Generalmente il centro satellite è situato in periferia, vi- cino alla residenza dei lavoratori. Nel settore privato, la disciplina del contratto è dettata principalmente dall’Ac- cordo interconfederale del 16.07.2002, con cui è stato recepito in Italia, l’accordo quadro europeo sul telelavoro. L’accordo quadro mira a fornire una disciplina ge- nerale dell’istituto, lasciando ai contratti collettivi di settore l’introduzione di norme più dettagliate. Il principio fondamentale della disciplina è quello della vo- lontarietà: il telelavoro è modalità di svolgimento della prestazione lavorativa che può essere adottata solo previo accordo, individuale o collettivo, tra le parti. L’accordo quadro pone a carico del datore di lavoro i costi di fornitura, installa- zione, manutenzione e riparazione degli strumenti informatici, nonché quelli neces- sari per fornire i supporti tecnici necessari allo svolgimento del lavoro. È inoltre previsto che il datore di lavoro debba adottare tutte le misure opportune per preve- nire l’isolamento del lavoratore e per tutelarne la salute e la riservatezza. A carico del lavoratore è posto l’obbligo di aver cura degli strumenti di lavoro e di informare tempestivamente l’azienda in caso di guasti o malfunzionamenti delle attrezzature. Il prestatore è libero di gestire autonomamente il suo tempo di lavoro, fermo restando che i carichi di lavoro assegnati devono essere equivalenti a quelli dei prestatori presenti nei locali dell’azienda. Si è precisato infine che ai tele- lavoratori competono i medesimi diritti dei lavoratori “tradizionali”. Per quanto riguarda, invece, la Pubblica Amministrazione il telelavoro è espressamente regolato dal D.P.R. 70/99 che, dapprima distingue tra lavoro a di- stanza e telelavoro (tale distinzione è basata sul criterio della prevalenza nell’uti- 80 lizzo degli strumenti informatici), e, poi, detta nei successivi articoli la disciplina specifica della materia. 2.9. Contratto di apprendistato Con il D.Lgs. 276/2003, il contratto di apprendistato ha subito importanti tra- sformazioni, pur mantenendo la sua caratteristica di strumento di formazione attra- verso il quale il datore di lavoro ha il dovere di impartire all’apprendista l’insegnamento necessario a conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato. Il decreto ha introdotto tre diverse tipologie, aventi ciascuna funzioni e desti- natari diversi. Le tipologie contrattuali 1) Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione. Questo contratto consente di conseguire una qualifica professionale e favorisce l’entrata nel mondo del lavoro dei più giovani. A chi si rivolge È rivolto ai giovani e agli adolescenti che abbiano compiuto 16 anni 4, ha una durata massima di 2 anni e può essere stipulato in tutti i settori di attività. La regolamentazione Devono essere garantiti alcuni aspetti, tra i quali: - la forma scritta del contratto, con la descrizione della prestazione richiesta, del piano for- mativo e della qualifica che al termine del periodo potrà essere raggiunta; - il recesso del datore di lavoro, se non ci sono le cause di cui sotto, è possibile solo a fine contratto, rispettando i termini di preavviso; - il recesso che prima era possibile in presenza di giusta causa ora è possibile anche per giu- stificato motivo; - nel contratto deve essere indicato il monte ore di formazione necessario a raggiungere la qualifica, e la formazione effettuata va registrata nel libretto formativo; - infine, deve essere presente un tutor aziendale con formazione e competenze adeguate. 2) Apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualifica Questo contratto consente di ottenere una qualifica attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale. 4 A seguito dell’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni. 81 A chi si rivolge È rivolto a tutti i giovani tra i 18 e i 29 anni (17 se in possesso di una qualifica professionale) e riguarda tutti i settori di attività. La sua durata non può essere inferiore a 2 anni e superiore a 6. Devono essere garantiti gli aspetti validi per la tipologia (a) e deve prevedere un monte ore di formazione esterna all’impresa che non può essere inferiore alle 120 ore annue. 3) Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di Alta forma- zione Questo contratto consente di conseguire un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione e per la specializzazione tecnica superiore. A chi si rivolge È rivolto ai giovani con età tra i 18 e i 29 anni (17 se in possesso di una quali- fica professionale). Può essere stipulato in tutti i settori di attività. La durata deve essere stabilita, per i soli profili che riguardano la formazione, dalle Regioni in accordo con le parti sociali e le istituzioni formative coinvolte. La regolamentazione Si ricorda che, in tutte le sue forme, la categoria di inquadramento del lavora- tore non potrà essere inferiore di più di due livelli rispetto alla categoria che sarà raggiunta. Inoltre, il numero di apprendisti, che un datore di lavoro può assumere, non può superare il 100% dei qualificati. Questo limite non si applica alle aziende arti- giane. I vantaggi per le imprese Il contratto di apprendistato prevede un sottoinquadramento del lavoratore neoassunto fino a due livelli. Per incentivare tale contratto, inoltre, è previsto per tutta la durata dello stesso, come illustrato nel prossimo capitolo, l’esonero contributivo per i datori di lavoro, essendo dovuta una contribuzione notevol- mente ridotta e in quota fissa. 2.10. Il contratto d’inserimento Con il decreto delegato n. 276/03 di attuazione della legge 30/03, il contratto di formazione e lavoro viene abrogato e sostituito con il contratto di inserimento, il quale mira a inserire, o reinserire, nel mercato del lavoro alcune categorie di per- sone attraverso un progetto individuale di adattamento delle competenze professio- nali del singolo a un determinato contesto lavorativo, che deve garantire l’acquisizione di competenze professionali attraverso la formazione on the job. 82 A chi si rivolge Le categorie a cui il contratto può essere applicato sono: - i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni; - i disoccupati di lunga durata (cioè alla ricerca di una nuova occupazione da più di 12 mesi) da 29 fino a 32 anni; - lavoratori con più di 50 anni privi di un posto di lavoro; - lavoratori che intendono riprendere un’attività e che non hanno lavorato per almeno 2 anni; - donne di qualsiasi età che risiedono in aree geografiche in cui il tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno del 20% di quello maschile (oppure quello di disoccupa- zione superiore del 10 %); - persone riconosciute affette da un grave handicap fisico, mentale o psichico. La durata Il contratto d’inserimento va da 9 a 18 mesi (fino a 36 per gli assunti con grave handicap fisico, mentale o psichico); ai fini della durata non vanno conteggiati i pe- riodi relativi al servizio civile o militare e l’assenza per maternità. Non può essere rinnovato tra le stesse parti, ma si può stipulare un nuovo contratto d’inserimento con un diverso datore di lavoro e le eventuali proroghe devono comunque essere entro il limite massimo di durata. Da chi possono essere stipulati Questo contratto può essere stipulato da: - enti pubblici economici - imprese e loro consorzi - gruppi d’imprese - associazioni professionali, socioculturali e sportive - fondazioni - enti di ricerca pubblici e privati - organizzazioni e associazioni di categoria. La regolamentazione Condizione necessaria per poter stipulare contratti di inserimento è il manteni- mento in servizio almeno del 60% dei contratti di inserimento, scaduti nei 18 mesi che precedono la nuova assunzione. Il contratto d’inserimento deve avere forma scritta e contenere l’indicazione precisa del progetto individuale d’inserimento, la mancanza di forma scritta com- porta la nullità del contratto e la trasformazione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La definizione del progetto individuale di inserimento deve avvenire con il consenso del lavoratore e nel rispetto di quanto stabilito dai contratti collet- tivi nazionali, territoriali o aziendali, oppure all’interno di enti bilaterali. Si ricorda che, al contratto di inserimento si applica la disciplina prevista per i contratti a tempo determinato (D.Lgs. 368/2001) e che durante il rapporto la cate- goria di inquadramento del lavoratore non può essere inferiore per più di due livelli, alla categoria spettante ai lavoratori per i quali è in essere il progetto d’inserimento. 83 I vantaggi per le imprese Il contratto consente al datore di lavoro di risparmiare sui livelli di retribuzione da attribuire al lavoratore neoassunto, che può essere “sotto inquadrato” fino a due livelli rispetto a quella che spetterebbe per le mansioni svolte. Sono previste, inoltre, agevolazioni che variano a seconda della localizzazione e del tipo di imprese, come illustrato nel capitolo successivo. 2.11. Verso l’occupazione Il tirocinio, che non è un rapporto di lavoro vero e proprio, si configura come uno strumento per realizzare un’alternanza tra lavoro e studio ed è volto ad agevo- lare le future scelte professionali del tirocinante, attraverso la conoscenza diretta del mondo del lavoro. È, dunque, uno strumento – per studenti, diplomandi, lau- reandi, laureati – per farsi conoscere e per acquisire un minimo di competenze da spendere in una futura occupazione. 1) Tirocini formativi L’art. 18 della legge 196 del 1997, prevede tirocini formativi ed orientativi di cui possono beneficiare i soggetti che abbiano assolto l’obbligo scolastico. I tirocini possono essere attivati tramite convenzioni tra gli enti promotori (isti- tuzioni formative) e i datori di lavoro. La loro durata massima è la seguente: - per gli studenti che frequentano la scuola secondaria non più di 4 mesi; - per i lavoratori inoccupati o disoccupati non più di 6 mesi; - per gli allievi di istituti professionali di Stato, di corsi di formazione professionale e di at- tività formative post-laurea per non più di 6 mesi; - per gli studenti universitari e per persone svantaggiate (ad esclusione di portatori di han- dicap) non più di 12 mesi; - per i portatori di handicap non più di 24 mesi. Durante il periodo di stage, il tirocinante è tenuto a frequentare l’azienda ospi- tante, seguendo le istruzioni che gli vengono impartite secondo il progetto di ap- prendimento o progetti formativi, predisposti dai soggetti promotori (agenzie regio- nali per l’impiego, università, Provveditorato agli Studi, istituzioni scolastiche sta- tali, cooperative sociali, servizi di inserimento lavorativo). Di norma, non è prevista la corresponsione di alcun compenso, anche se spesso viene erogata una borsa o premio al termine dello stage. Rivolgendosi alle agenzie regionali per l’impiego si può ottenere il modulo da compilare per la richiesta di firma della convenzione che deve contenere anche il pro- getto formativo, la durata dello stage e il nome del tutor preposto alla formazione. 84 2) Tirocini estivi e di orientamento Il D.Lgs. 276/03 di attuazione della legge Biagi introduce anche un ulteriore possibilità di alternanza tra studio e lavoro: i cd. tirocini estivi di orientamento. Tuttavia, l’Istituto in esame, a seguito di una sentenza della Corte costituzio- nale, può essere applicato solo in caso di specifica regolamentazione regionale. Si tratta di tirocini svolti, durante le vacanze estive, da giovani regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso Università o istituti scolastici di ogni ordine e grado che non possono superate la durata di 3 mesi. 3. LAVORO PARASUBORDINATO Questa tipologia di rapporti di lavoro è contraddistinta da una struttura giuri- dica particolare, che deriva non dal codice civile ma da alcune leggi ad hoc (ad esempio, dalla legge 30/2003) ed è talvolta vicina per alcune caratteristiche al la- voro subordinato e per altre a quello autonomo. Alcune collaborazioni, specificamente quelle con carattere di continuazione e coordinamento, solo ai fini fiscali sono assimilati al lavoro dipendente, ma la loro caratteristica è definita contrattualmente come lavoro autonomo. Dal punto di vista contributivo, il collaboratore ha davanti a sé un solo adem- pimento: la richiesta d’iscrizione alla gestione separata INPS, mediante la presenta- zione di una domanda in forma libera o utilizzando l’apposito modello messo a dis- posizione dall’INPS. L’iscrizione alla gestione separata è un compito che spetta al lavoratore. 3.1. Lavoro a progetto Prevedono rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemen- te personale e senza vincolo di subordinazione, riconducibili a uno o più progetti spe- cifici o programmi di lavoro o fasi di esso (previsti dal D.Lgs. 276/03, artt. 61-69). Il progetto o le sue fasi sono determinati dal committente e gestiti autonoma- mente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa. Con questa tipologia contrattuale si cerca di impedire l’utilizzo improprio e fraudolento delle collaborazioni coordinate e continuative e di tutelare maggior- mente, rispetto al passato, il lavoratore. Infatti, i contratti instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione del rapporto. Qualora venga accertato dal giudice che il rapporto instaurato sia venuto a 85 configurare un rapporto di lavoro subordinato, esso si trasforma in un rapporto di lavoro subordinato, corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti. I requisiti essenziali I requisiti essenziali possono essere considerati: - il contenuto personale della prestazione; - l’assenza di vincoli di subordinazione del lavoratore; per garantire ciò è necessario che le parti definiscano nel momento di inizio del rapporto le caratteristiche e le modalità ese- cutive della prestazione; - il coordinamento, che può riguardare sia i tempi di lavoro che le modalità di esecuzione del progetto o programma di lavoro; fermo restando che il committente non può richie- dere una prestazione o un’attività che esula dal progetto o programma originariamente definito. Questo tipo di contratto si può stipulare per tutti i lavori, con l’esclusione: - degli agenti e rappresentanti di commercio; - delle prestazioni occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito, con lo stesso committente, nel medesimo anno solare sia superiore a 5.000 euro; - delle professioni intellettuali, per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appo- siti albi professionali; - dei rapporti e delle attività di collaborazione coordinata e continuativa, comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciute dal C.O.N.I.; - dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dei parteci- panti a collegi e commissioni; - di coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia. Forma e contenuti del contratto Il contratto è stipulato in forma scritta e deve contenere i seguenti elementi: - indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro; - indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuato nel suo conte- nuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto; - il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità di paga- mento e la disciplina dei rimborsi spese; - le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l’autonomia nella esecuzione dell’obbligazione la- vorativa; - le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore. Il trattamento economico e normativo del lavoratore La retribuzione corrisposta deve essere proporzionata alla quantità e qualità del lavoro eseguito e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti 86 per analoghe prestazioni di lavoro autonomo, nel luogo di esecuzione del rap- porto. Il lavoratore a progetto, salvo diverso accordo fra le parti, può impegnarsi con più committenti. Infatti, il contratto individuale può limitare in tutto o in parte tale facoltà. Al collaboratore, inoltre, durante lo svolgimento della collaborazione, viene ri- conosciuta dal legislatore una serie diritti: - il diritto ad essere riconosciuto quale autore dell’invenzione fatta nello svolgimento del lavoro a progetto; - il diritto di sospensione del contratto in occasione di eventi quali l’infortunio, la malattia, la maternità. Questi eventi comportano la sospensione del rapporto senza corresponsione di compenso e non la risoluzione del rapporto contrattuale. Tale sospensione non genera l’automatica proroga del contratto; solo in caso di gravidanza la durata del rapporto è pro- rogata di 180 giorni, salvo diversa disposizione più favorevole del contratto individuale. La sospensione necessita che il collaboratore sia in grado di produrre adeguata certificazione scritta. Il committente potrà decidere di recedere dal contratto nel solo caso in cui la malattia o l’infortunio si protragga per oltre un sesto della durata stabilita per il contratto, se questa è determinata, oppure 30 giorni per i contratti con durata non stabilita; - il diritto alla tutela economica in caso di maternità e malattia. Alle collaboratrici iscritte alla gestione separata INPS di cui all’art. 2, comma 26 L. 335/95 è garantita, infatti, l’indennità di maternità direttamente versata dall’istituto senza anticipo né integrazione da parte del datore di lavoro. Non è più prevista, invece, l’erogazione dell’assegno per il nucleo familiare; - il diritto all’assicurazione INAIL contro gli infortuni. I compensi percepiti a seguito di lavoro a progetto continuano a subire un trat- tamento fiscale pari alle collaborazioni coordinate e continuative. Per i lavoratori a progetto, quindi, come per i collaboratori coordinati e continuativi sussiste l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS. Secondo i chiarimenti apportati dalla circolare INPS n. 8 del 27 gennaio 2005, il lavoratore iscritto alla Gestione separata INPS non deve iscriversi nuovamente nel momento in cui cambia committente e, nel caso in cui intraprenda un’attività di lavoro autonomo in qualità di professionista non iscritto ad albi o casse professio- nali, è tenuto ad una nuova iscrizione versando in proprio la relativa contribuzione. A partire dal 1° gennaio 2004 la contribuzione alla gestione separata INPS è passata: - al 17,80% per lo scaglione di reddito fino a € 37.883,00; - al 18,80% per i redditi superiori a € 37.883,00 e fino a concorrenza del massimale (€ 82.401,00). I contratti si risolvono al momento della realizzazione del progetto o del pro- gramma o della fase di esso che ne costituisce l’oggetto. Le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa ovvero secondo le diverse causali o modalità, incluso il preavviso, stabilite dalle parti nel contratto di lavoro indivi- duale. 87 3.2. Lavoro occasionale La prestazione occasionale è un tipo di collaborazione non subordinata per la- vori meramente saltuari (previsto dal D.Lgs. 276/03, art. 61, comma 2). Proprio per la sua “limitata portata”, la prestazione occasionale si distingue da quella di tipo accessorio, resa da particolari categorie di soggetti e dall’attività di lavoro autonomo vero e proprio, mancando un coordinamento ed una continuità nelle prestazioni. Per questo motivo, la collaborazione occasionale non è soggetta all’obbligo contributivo presso la gestione separata INPS. Nell’ipotesi in cui la collaborazione occasionale perda i suoi requisiti (svolgi- mento dell’attività per periodi non superiori a 30 giorni per anno solare e compenso non superiore a € 5.000 per anno solare per ciascun committente), troveranno ap- plicazione o il lavoro a progetto (se c’è l’elemento della coordinazione) oppure il lavoro autonomo (per più prestazioni abituali). In questi casi ci sarà l’obbligo di iscrizione alla gestione separata INPS e il pagamento dei relativi contributi. Al contrario di quanto previsto per i contratti di lavoro occasionale di tipo ac- cessorio, che vedremo di seguito, i contratti di lavoro occasionale possono essere applicati a qualsiasi tipologia di attività lavorativa. Chi può stipularlo L’art. 61 del D.Lgs. esclude da questo tipo di rapporto di lavoro i seguenti sog- getti: - i professionisti intellettuali, con iscrizione ad apposito albo; - coloro che hanno rapporti di collaborazione coordinata e continuativa con associazioni o società sportive associate a federazioni nazionali o ad enti di promozione sportiva ricono- sciute dal CONI; - i dipendenti di pubbliche amministrazioni; - i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società; - i partecipanti a collegi e commissioni. 3.3. Lavoro occasionale di tipo accessorio Sono rapporti di lavoro particolari con una natura meramente occasionale e ac- cessoria (previsti dal D.Lgs. 276/03, artt. 70-74); infatti, il lavoratore è coinvolto in una data attività per un periodo non superiore ai 30 giorni nel corso dell’anno so- lare e il suo compenso per il periodo lavorativo non può essere superiore ai 5.000 euro. Le attività lavorative di natura meramente occasionale si possono svolgere nel- l’ambito: - dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa la assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap; - dell’insegnamento privato supplementare; - dei piccoli lavori di giardinaggio, nonché di pulizia e manutenzione di edifici e monu- menti; 88 - della realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali; - della collaborazione con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali improvvisi, o di soli- darietà. Tale forma contrattuale è prevista per alcuni soggetti a rischio di esclusione so- ciale o, comunque, non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne, quali: - disoccupati da oltre un anno; - casalinghe, studenti e pensionati; - disabili e soggetti in comunità di recupero; - lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro. Se una persona vuole utilizzare questa particolare tipologia contrattuale deve comunicare la sua disponibilità ai servizi per l’impiego o ai soggetti accreditati. A seguito della comunicazione sarà recapitata al richiedente, a proprie spese, una tes- sera magnetica nella quale deve risultare la propria condizione. Per ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio, i beneficiari acquistano presso le rivendite autorizzate uno o più carnet di buoni per prestazioni di lavoro acces- sorio del valore nominale di 7,5 €. Il prestatore percepisce il proprio compenso presso uno o più enti o società con- cessionari all’atto della restituzione dei buoni ricevuti dal beneficiario della presta- zione, in misura pari a 5,8 € per ogni buono consegnato. Tale compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore. L’ente o società concessionaria provvede al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni, registrando i dati anagrafici e il codice fiscale e provvedendo, per suo conto, al versamento dei contributi per fini previdenziali al- l’INPS, alla gestione separata INPS, in misura di 1 € per ora di lavoro e per fini as- sicurativi contro gli infortuni all’INAIL, in misura di 0,5 € per ora di lavoro. L’ente o società concessionaria trattiene l’importo di 0,2 € per ogni ora di la- voro, a titolo di rimborso spese. 4. LAVORO AUTONOMO In base alla definizione del codice civile, si ha un cosiddetto contratto d’opera e quindi una prestazione di lavoro autonomo, quando ci si impegna a rendere in prima persona un’opera o un servizio “senza vincolo di subordinazione”. Nel lavoro autonomo esistono maggiori rischi, minori tutele e maggiori oneri rispetto ad un loro subordinato; infatti le entrate economiche non sono garantite e stabili, ma sono legate all’andamento degli “affari”: se gli affari vanno male, non c’è guadagno; inoltre non sono concessi ai lavoratori autonomi molti dei diritti e delle tutele spettanti ai lavoratori dipendenti (per esempio nessuno paga al lavora- 89 tore autonomo le ferie, le indennità di maternità, le indennità di malattia o la cassa integrazione); i contributi previdenziali ed assistenziali, versati per avere diritto alla pensione pubblica e per ricevere i servizi sanitari pubblici sono completamente a carico dal lavoratore autonomo, a differenza di quanto accade nel caso del lavora- tore dipendente; in più sono molto numerosi gli adempimenti di tipo burocratico, contabile e fiscale a cui il lavoratore autonomo è tenuto. Le principali strade per intraprendere un lavoro autonomo sono: libera profes- sione; costituzione di un’impresa. 1) Libera professione Per avviare un’attività nell’ambito della libera professione (in questa categoria rientrano avvocati, geometri, architetti, ragionieri, commercialisti, consulenti del lavoro, ecc.) è necessario: - aprire la Partita IVA; - iscriversi al proprio albo professionale di appartenenza (per accedere al quale bisogna avere i titoli di studio idonei e, generalmente, superare un esame di idoneità); - iscriversi alla “Cassa di previdenza autonoma”, relativa alla propria cate- goria o all’INPS. 2) Costituzione di un’impresa Per costituire un’impresa è necessario: - aprire la Partita IVA; - iscriversi al Registro delle Imprese, presso la Camera di Commercio; - iscriversi all’INPS; - se l’impresa non è individuale ma collettiva, è necessario preventivamente costituire la “società”. In generale, si ricorda che gli elementi distintivi della prestazione di lavoro au- tonomo che possono essere citati sono i seguenti: a) Inizio del rapporto di lavoro Generalmente non viene effettuata una vera assunzione, ma c’è solo un ac- cordo tra le parti, se entrambe preferiscono essere vincolate per un determinato periodo. Se non è stato firmato alcun documento scritto, sia il datore di lavoro che il professionista sono liberi da vincoli di impegno reciproco. b) Orario di lavoro Esso è orientativamente concordato col committente sulla base delle sue ne- cessità e della disponibilità del lavoratore autonomo. Non sono previste ferie 90 pagate: quando il lavoratore vorrà godere di ferie ne darà comunicazione e in quel periodo non percepirà compensi. c) Retribuzione Il compenso è generalmente concordato. Spesso, però, bisogna giungere a compromessi perché può essere imposto dal datore di lavoro. Può essere valu- tato a giornata lavorativa (se non sono previsti straordinari) oppure ad ore ef- fettuate. Si ricorda che solitamente è prevista l’apertura di una partita Iva il cui numero di riferimento servirà per le fatture che saranno emesse. Il reddito con- sisterà nel compenso decurtato del 20% di Iva, dei costi previdenziali e delle spese non detraibili. d) Previdenza Non esistono versamenti previdenziali da parte del datore di lavoro per la co- pertura di malattia, invalidità, pensione. Il costo per il datore di lavoro è unica- mente quello concordato con il professionista. Occorre iscriversi presso l’INPS al fondo pensionistico specializzato, se esiste, o a quello generico negli altri casi. I versamenti vanno effettuati direttamente dal lavoratore. 91 Capitolo sesto Il rapporto di lavoro dipendente. Le regole Instaurato un rapporto di lavoro dipendente attraverso la stipula del contratto, il lavoratore beneficia di una serie di tutele, derivanti da diritti riconosciuti ed ac- quisiti nel corso degli anni, che ne caratterizzano la categoria. Infatti, con un contratto individuale di lavoro, accanto alle obbligazioni princi- pali di prestare lavoro e retribuire il lavoro prestato, si instaurano molteplici situa- zioni giuridiche regolamentate dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Come detto in precedenza, è necessario pertanto che il lavoratore conosca le norme di legge che regolamentano i principali istituti contrattuali, il contratto col- lettivo di riferimento e, ove presente, il regolamento interno all’azienda. INFORMAZIONI SU: REPERIBILI PRESSO: Forme e caratteristiche dei contratti di lavoro • Ex-Sezioni Circoscrizionali per l’Impiego • Ufficio Provinciale del Lavoro • Agenzia Regionale del Lavoro Previdenza sociale e assistenza sanitaria • Ex-Sezioni Circoscrizionali per l’Impiego • Ispettorato Provinciale del Lavoro • Aziende per i Servizi Sanitari Sicurezza sul lavoro e tutela della salute dei lavoratori • Ispettorato Provinciale del Lavoro • I.N.A.I.L. • Aziende per i Servizi Sanitari (Servizi di Medicina del Lavoro) La legislazione del lavoro è un campo certamente molto complesso ed in con- tinua trasformazione, in cui esistono però dei capisaldi che possono essere così identificati: – innanzitutto la Costituzione italiana e lo Statuto dei Lavoratori che fissano le norme fondamentali che regolano i rapporti di lavoro; – in secondo luogo la legislazione che regolamenta i vari tipi di contratti di la- voro; – in terzo luogo, i contratti collettivi nazionali di lavoro (C.C.N.L.): sono degli accordi stipulati tra organizzazioni sindacali e le associazioni di rappresen- 92 tanza dei datori di lavoro, pubblici e privati, aggiornati periodicamente (in ge- nere ogni due o quattro anni), che determinano le condizioni sia economiche che organizzative in cui si svolge l’attività lavorativa in un determinato settore (scuola, enti locali, industria chimica, commercio, ecc.). E’ importante quindi sapere se esiste in ogni settore lavorativo un C.C.N.L. e se sono previsti degli accordi integrativi a livello locale; – in quarto luogo, la normativa relativa alla previdenza sociale e all’assicura- zione sanitaria (contributi previdenziali ed assistenziali), da cui discendono importanti diritti per i lavoratori, quali ad esempio la pensione, l’assistenza sa- nitaria pubblica, ecc., che sono regolamentati da un quadro legislativo in con- tinua trasformazione, man mano che si affermano nuove e più complesse tipo- logie contrattuali. E’ questo un elemento di fondamentale importanza nel dis- criminare le forme di lavoro regolare, anche nell’ambito dei contratti “atipici” (come quelli che rientrano nell’area del lavoro parasubordinato o interinale) da quelle irregolari (il cosiddetto “lavoro nero”); – infine, la normativa relativa agli ammortizzatori sociali che intervengono in caso di diminuzione o sospensione del rapporto di lavoro, ma anche quella re- lativa agli incentivi all’assunzione, previsti dal nostro ordinamento nel caso di stipula di alcune particolari tipologie contrattuali o per l’assunzione di alcune categorie di lavoratori. 1. GLI OBBLIGHI DEL LAVORATORE E I POTERI DEL DATORE DI LAVORO Oltre all’obbligazione principale che è quella di prestare l’attività lavorativa oggetto del contratto di lavoro, il lavoratore è tenuto all’osservanza di una serie di obblighi secondari, ugualmente importanti per il normale funzionamento del rap- porto di lavoro. Essi sono: – l’obbligo di diligenza, che impone al lavoratore di svolgere la propria presta- zione lavorativa osservando la diligenza richiesta in relazione all’incarico affi- dato; – l’obbligo di obbedienza, che impone al lavoratore nello svolgimento delle sue mansioni, l’osservanza delle direttive tecniche che saranno impartite dal datore di lavoro o dai superiori gerarchici; – l’obbligo di fedeltà, che impone al lavoratore di non svolgere attività lavora- tive, in concorrenza con il proprio datore di lavoro e non divulgare notizie ed informazioni relative all’organizzazione produttiva. La violazione degli obblighi appena descritti, come il mancato adempimento dell’obbligo di prestare l’attività lavorativa, potrà essere sanzionato dal datore di 93 lavoro con l’erogazione di provvedimenti disciplinari. Essi possono variare dal semplice richiamo scritto o verbale alla sospensione disciplinare, sino al massimo provvedimento costituito dal licenziamento. In corrispondenza degli obblighi spettanti al lavoratore, al datore di lavoro per legge sono conferiti i seguenti poteri: – il potere direttivo, cioè il potere di decidere l’attività da affidare al lavoratore e le modalità con le quali devono essere svolte; – il potere di vigilanza e controllo, cioè la facoltà di verificare direttamente o at- traverso i propri collaboratori che il lavoratore si attenga alle istruzioni date; – il potere disciplinare, cioè il potere di punire con sanzioni disciplinari il lavo- ratore che non rispetti gli obblighi principali e secondari. L’esercizio del potere disciplinare da parte datoriale trova limitazione nella legge stessa e nella contrattazione collettiva. Lo statuto dei lavoratori sancisce che l’imprenditore deve predisporre un rego- lamento disciplinare da portare a conoscenza dei lavoratori mediante affissione, al- trimenti non può esercitare tale potere. Nel regolamento devono essere elencati tas- sativamente i comportamenti contrari agli obblighi contrattuali, nonché i provvedi- menti disciplinari. La predisposizione del regolamento non è affidata unilateralmente all’impren- ditore poiché, di norma, viene recepito quanto disposto nei contratti collettivi (na- zionali o aziendali). I provvedimenti disciplinari L’inosservanza da parte del lavoratore delle disposizioni inerenti i suoi ob- blighi contrattuali può dare luogo all’applicazione dei seguenti provvedimenti: 1) richiamo verbale; 2) ammonizione scritta; 3) multa non superiore a 4 ore di paga base e contingenza; 4) sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino a un massimo di 10 giorni; 5) licenziamento. Il datore di lavoro non può comminare provvedimenti, più gravi del rimpro- vero verbale, nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e siano trascorsi 5 giorni dalla contestazione. Il lavoratore deve conte- stare, entro il termine perentorio di 7 giorni, il provvedimento e può farsi assistere da un rappresentante dell’organizzazione sindacale cui aderisce o conferisce man- dato. Ha diritto ad essere sentito a suo discapito e a richiedere la costituzione di un collegio arbitrale. In tale caso la sanzione rimane sospesa fino alla decisione da parte del collegio. 94 I provvedimenti disciplinari, con esclusione del licenziamento, possono essere impugnati in sede sindacale, secondo quanto previsto dalle norme contrattuali. Nel caso di mancato rispetto di tale procedura, il provvedimento, compreso il licenziamento per giustificato motivo, è dichiarato illegittimo. Non sono ammissibili sanzioni che comportino mutamenti definitivi del rap- porto, quali il trasferimento, la retrocessione nell’inquadramento, i mutamenti delle mansioni, ecc. 2. L’ORARIO DI LAVORO Per orario effettivo di lavoro si intende il tempo che il lavoratore mette a dis- posizione del datore di lavoro, con l’esclusione del tempo impiegato per recarsi al posto di lavoro. L’art. 13 della L. 196 del 1997 ha fissato l’orario normale di lavoro in 40 ore settimanali, mentre l’art. 2107 del Codice civile sancisce che la durata giornaliera e settimanale non può superare i limiti stabiliti dalle leggi speciali. La regolamentazione dell’orario di lavoro è stata completamente riformata dal D.Lgs. 66 del 2003, in parte modificato dal D. Lgs. 213 del 2004, che ha dato at- tuazione alle direttive comunitarie 104/1993 e 34/2000. Il provvedimento detta principi in tema di organizzazione dell’orario di lavoro (orario normale, durata massima settimanale, lavoro straordinario) di pause, riposi (giornalieri e settima- nali), ferie e lavoro notturno. La durata dell’orario di lavoro La disciplina del decreto 66 dà una lettura flessibile della disciplina degli orari e come il citato art. 13 legge 196 fissa la durata normale dell’orario di lavoro in 40 ore settimanali. Il decreto, inoltre, apre alla possibilità di fare riferimento, per una minore rego- lamentazione dell’orario, non solo ai contratti collettivi nazionali di lavoro, ma anche alla disciplina negoziale di secondo livello (aziendale e territoriale). Per quanto riguarda la durata massima dell’orario di lavoro (orario di lavoro normale + straordinario) il decreto ne affida la determinazione alla contrattazione collettiva, stabilendo che “la durata media dell’orario di lavoro non può … supe- rare, per ogni periodo di 7 giorni, le 48 ore, comprese le ore di straordinario”. Il lavoro straordinario L’orario di lavoro eccedente quello previsto viene, generalmente, computato come straordinario. La materia è stata riformata dal D.Lgs. 66 del 2003. Con esso si stabilisce che, in una azienda con più di 10 dipendenti, se si superano le 48 ore di lavoro settima- nale, con prestazioni di lavoro straordinario il datore di lavoro è tenuto a informare la Direzione provinciale del lavoro competente per territorio. 95 Comunemente, si ritiene che il ricorso al lavoro straordinario deve essere conte- nuto. Se non è regolamentato dalla contrattazione collettiva, è ammesso, previo accor- do tra datore di lavoro e lavoratore, per un periodo che non superi le 250 ore annue. Si ricorda anche che, il disagio relativo al prolungamento dell’orario di lavoro oltre il limite previsto dal contratto o derivante dal lavoro su turni viene compen- sato con la maggiorazione della paga. L’entità di tale maggiorazione è definita in modo particolareggiato dai vari contratti collettivi. Il riposo giornaliero Il D.Lgs. 66 del 2003 non prevede direttamente alcun limite giornaliero, anche se stabilisce che, ferma restando la durata normale dell’orario settimanale, il diritto del lavoratore a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. Il diritto al periodo mi- nimo di riposo giornaliero (di 11 ore) vale sempre, anche se il lavoratore è titolare di più rapporti di lavoro. Il riposo settimanale Il lavoratore ha diritto ad un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, ogni 7 giorni, da cumulare con le ore di riposo giornaliero per un totale di 35 (24+11) ore di riposo a settimana. Solitamente, le 24 ore consecutive coincidono con la domenica. Si ricorda che il lavoro svolto di domenica, che è definito lavoro festivo, dà di- ritto a una maggiorazione retributiva, stabilita dalla contrattazione collettiva. Il lavoro notturno Con il D.Lgs. 532 del 1999 nel nostro ordinamento vengono introdotte la no- zione di “periodo notturno” e la figura di “lavoratore notturno”. È lavoratore notturno chi, durante il periodo appena citato, svolge almeno tre ore del tempo di lavoro giornaliero. È lavoro notturno quello di almeno 8 ore consecutive comprendente il periodo che va dalla mezzanotte alle cinque del mattino. Il lavoro notturno non può superare le 8 ore di lavoro in media nelle 24, salvo che i contratti collettivi o aziendali non stabiliscano di calcolare la media su un pe- riodo più ampio. Il datore di lavoro in caso di lavoro notturno deve adempiere una serie di ob- blighi, tra i quali: – consultare le organizzazioni sindacali prima di introdurre l’orario notturno nella sua azienda; – sottoporre i lavoratori notturni ad accertamenti medici preliminari e periodici. Le festività Durante i giorni festivi il lavoratore ha il diritto di astenersi dal lavoro perce- pendo però la retribuzione. 96 Per le festività comunque lavorate (previo accordo tra lavoratore e datore di lavoro), al lavoratore spetta la retribuzione giornaliera, o quella relativa alle ore ef- fettivamente prestate (per gli operai) aumentata della maggiorazione per lavoro fe- stivo. Se le festività cadono di domenica, i lavoratori che prestano la loro attività, ricevono una retribuzione doppia. Nei casi di assenza dal lavoro per malattia, infortunio, maternità obbligatoria o facoltativa, congedo matrimoniale, ferie, permesso o assenza giustificata, al lavora- tore è in ogni modo garantito il diritto al compenso previsto per le festività. Le giornate festive, sono determinate dalla legge e dai contratti collettivi, che riconoscono come festivi i seguenti giorni: - il primo giorno dell’anno - il 6 gennaio (Epifania) - il 25 aprile (Liberazione) - il lunedì dopo Pasqua - il 1° Maggio (Festa del Lavoro) - il 2 Giugno (Fondazione della Repubblica Italiana) - il 15 Agosto (Assunzione) - il 1° Novembre (Ognissanti) - l’8 Dicembre (Immacolata) - il 25 Dicembre (Natale) - il 26 Dicembre (S. Stefano) È da ricordare, inoltre, che ogni Comune ha come festività ulteriore la giornata coincidente con il Santo patrono. Le ferie Il diritto del lavoratore di godere di ferie annuali retribuite è riconosciuto dal- l’art. 36 della Costituzione, che ne afferma l’irrinunciabilità e dall’art. 2109 del Co- dice civile. La durata delle ferie, in genere, è prevista dai contratti collettivi e varia in base alla categoria di appartenenza e all’anzianità di servizio. Il periodo di utilizzo delle ferie deve essere concordato con il datore di lavoro, il quale deve tenere conto, oltre che delle esigenze del lavoratore, anche di quelle aziendali. Anche il lavoratore che ha maturato una anzianità inferiore all’anno, ha co- munque il diritto di godere delle ferie, che saranno calcolate in proporzione dei mesi di lavoro svolti. Il diritto alle ferie matura anche durante i periodi di sospen- sione dal lavoro previsti dalla legge, quali assenze per malattia o infortunio, as- senza per maternità, congedo matrimoniale, ecc. 97 3. LA RETRIBUZIONE E GLI ELEMENTI DELLA BUSTA PAGA La retribuzione è il corrispettivo che spetta al lavoratore per l’attività lavora- tiva svolta. È la principale obbligazione in capo al datore di lavoro. La retribuzione connota il rapporto di lavoro come un contratto oneroso di scambio (o a prestazioni corrispettive). L’art. 36, comma 1, della Costituzione stabilisce che il lavoratore deve essere retribuito proporzionatamente al lavoro svolto e sufficientemente per poter aver una “esistenza libera e dignitosa”. La retribuzione è stabilita, nei limiti predetti di proporzione sufficienza, dalla contrattazione collettiva e, in senso migliorativo, da quella individuale. La retribu- zione non è mero corrispettivo dell’adempimento dell’attività, ma dell’impegno profuso personalmente nell’attività; infatti, spesso il lavoratore viene retribuito anche quando non adempie all’obbligazione (ferie, permessi...). Comunemente, si ritiene che la retribuzione misura la quantità e la qualità di lavoro che è prestato: – quantità, perché la retribuzione è direttamente proporzionale alle ore – giornate lavorate; – qualità, perché, a seconda del lavoro svolto, con più o meno responsabilità o con più o meno professionalità, si ha diritto a una retribuzione diversa. La retribuzione vera e propria si compone di tre parti: RETRIBUZIONE diretta indiretta differita parte della retribuzione che viene accantonata dal datore di lavoro per essere consegnata al termine del rapporto (cd. T.F.R.) parte che deriva da specifici istituti (ad es. tredicesima, ferie, festività ecc.) parte relativa all’effettiva prestazione del lavoratore 98 Elementi fissi della retribuzione sono: – la paga base, che è la retribuzione minima prevista dai CCNL per le singole qualifiche; – gli scatti di anzianità, che sono quella parte della retribuzione legata alla per- manenza del lavoratore nell’azienda. Si deve, comunque, far riferimento ai sin- goli CCNL in quanto sono regolamentati in maniera diversa sia nel numero, che nella percentuale o quantificazione come nella cadenza temporale; – eventuale ex contingenza (pregressa o conglobata); – premi aziendali fissi. Elementi variabili più comuni sono: – straordinari; – indennità varie; – assegni per nucleo familiare. La busta paga La busta paga è il prospetto che, dettagliatamente, indica la somma che il la- voratore percepisce come compenso per un determinato periodo di lavoro. La legge 5 gennaio 1953, n. 4 impone al datore di lavoro di consegnare, in- sieme alla retribuzione, un prospetto di paga in cui devono essere indicati, oltre ai dati anagrafici, a quelli relativi all’inquadramento professionale e al periodo lavo- rativo in questione, tutti gli elementi che concorrono a determinare la retribuzione lorda e le detrazioni che portano alla paga netta. La busta paga deve essere firmata dal datore di lavoro o da chi ne fa le veci o contenere una sigla o un timbro del da- tore medesimo. In altre parole, è possibile affermare che la busta paga esprime, in termini mo- netari, l’insieme dei rapporti del lavoratore con il datore di lavoro (la paga), con lo Stato (le imposte) e con gli enti previdenziali (per esempio le trattenute INPS). Infatti, le voci economiche di cui si compone possono essere suddivise in quattro gruppi, e cioè: – gli elementi fissi della retribuzione; – la parte variabile; – le trattenute previdenziali; – le trattenute fiscali; 99 Il procedimento di formazione di una busta paga Primo passo nel calcolo della busta paga consiste nello stabilire la paga di rife- rimento, da cui partire per il calcolo delle maggiorazioni percentuali. Essa si ottiene nel seguente modo: Paga base da contratto nazionale + voci di contingenza + scatti di anzianità + superminimo (individuale o collettivo) + eventuale cottimo = paga di riferimento per il calcolo delle maggiorazioni percentuali. Per ottenere la retribuzione complessiva lorda è necessario sommare le seguenti voci alla paga di riferimento per il calcolo delle maggiorazioni percentuali: Paga di riferimento per il calcolo delle maggiorazioni percentuali + compenso per lavoro straordinario + premio di produzione + indennità di mensa + altre indennità = retribuzione complessiva lorda Dalla retribuzione complessiva lorda si ottiene la retribuzione imponibile: Retribuzione complessiva lorda - trattenute previdenziali e assistenziali = retribuzione imponibile Dalla retribuzione imponibile si ottiene la retribuzione netta: Retribuzione imponibile - trattenute fiscali = retribuzione netta Dalla retribuzione netta si arriva alla retribuzione in busta paga: Retribuzione netta + eventuale assegno per il nucleo familiare = retribuzione in busta paga Si riporta qui di seguito un esempio di busta paga, nella quale sono elencate tutte le voci che in essa possono comparire. 100 Note: 1) Vidimazione INAIL 2) Mese di riferimento - Indica il mese a cui si riferisce la retribuzione 3) Numero progressivo - Listini paga dell’azienda 4) Numero progressivo INAIL 5) Qualifica - operaio, intermedio, impiegato. Nel nostro caso “OP” significa “operaio” 6) Livello o Categoria - Trattasi di lavoratore di 4° livello. Varia a seconda della professiona- lità e dell’anzianità 7) Data dell’assunzione del lavoratore: 02/01/1982 8) Eventuale data della cessazione dell’attività lavorativa Esempio di una busta paga di un operaio di 4° categoria, con una retribuzione annua lorda presunta di 17.000 euro 101 9) Nome, ragione sociale ed eventuale indirizzo dell’azienda 10) Cognome e nome del lavoratore 11) Codice fiscale del lavoratore 12) Numero aziendale del lavoratore 13) Data di nascita del lavoratore 14) Retribuzione base o minimo conglobato - Si ottiene dividendo il minimo tabellare mensile previsto dal contratto per ore 173 15) Contingenza - Con l’accordo Interconfederale del 31/07/92 viene a cessare il sistema di in- dicizzazione del salario, quindi questa voce della busta paga rimane invariata e a partire dal 01/07/1999 viene conglobata alla paga base 16) E.D.R. - Elemento distinto della retribuzione, erogazione di somma forfetaria a titolo di sa- natoria per il mancato pagamento della contingenza per il periodo 1992/93 (accordo inter- confederale del 31 luglio 1992). Tale importo è frazionabile a giornata e ad ora. 17) Aumenti periodici di anzianità 18) Premio di produzione; si ricorda che, la denominazione e la normativa è stata sostituita dal Premio di risultato 19) Superminimo - Cifra che può comprendere sia aumenti frutto di accordi aziendali, sia au- menti “al merito” che premiano la professionalità o la “collaborazione” e che sono dati in modo unilaterale dal datore di lavoro 20) Retribuzione o paga oraria - Somma di tutte le voci che compongono la paga oraria (14 + 15 + 16 + 17 + 18 + 19) 21) Giorni di retribuzione per l’INPS - Nel mese marzo 2002 i giorni lavorativi teorici corri- spondono a 26 22) Giorni di effettiva prestazione di lavoro - Nel nostro caso sono state lavorate h. 160 ordi- narie, pari a 20 giorni (160 : 8 h. = 20 giorni) 23) Ore ordinarie - Ore lavorate non in straordinario. Nel nostro caso sono di 160 24) Ore di assenza - Nel nostro caso sono costituite da 8 ore di assenza usufruite per permesso retribuito 25) Retribuzione ordinaria = ore ordinarie x paga oraria 26) Straordinario - In questo caso sono state ipotizzate 20 ore di straordinario con la maggiora- zione del 25% (numero ore di straordinario x valore ora di lavoro ordinario x 25%) 27) Festività - In questo caso non vi sono festività 28) Assegni per nucleo familiare - Il nucleo familiare in questo caso è composto da 3 persone (nucleo familiare con entrambi i genitori e un figlio minore in cui non sono presenti compo- nenti inabili), con un reddito di euro 24.000 29) Permesso retribuito 30) Assistito INAIL - Il lavoratore (come tutti gli operai) è assistito INAIL (Istituto Nazionale Assicurazioni Infortuni sul Lavoro) come previsto dal D.P.R. 30 Giugno 1965 n. 1124. 31) Totale competenze o retribuzione complessiva lorda - È la somma di tutte le competenze (somma colonna “competenze”) = 25 + 26 + 27 + 28 + 29. 32) Imponibile contributivo: è la cifra rispetto alla quale vengono calcolate le trattenute previ- denziali ed assistenziali. Non sono soggetti a trattenute previdenziali gli assegni per il nu- cleo familiare, quindi l’imponibile contributivo è costituito dalla retribuzione lorda meno gli assegni per il nucleo familiare. La cifra ottenuta di imponibile contributivo deve essere arro- tondata 33) F.A.P. - Fondo Adeguamento Pensioni: imponibile contributivo x 0.0889 (8,89%) 34) S.S.N. - Dal 01/01/98 tale contributo è stato abolito. Ora si paga l’Addizionale regionale. 35) GESCAL - Dal 01/01/97 tale contributo è stato abolito ed inglobato nel contributo previ- denziale FAP 36) CIG/S - Imponibile contributivo x 0,0030 (0,30%) 37) Totale contributi - È la somma dei contributi sociali = 33 + 34 + 35 + 36 102 38) Contributo a Cometa - È il contributo trattenuto dalla paga del lavoratore che sarà versato dall’azienda al fondo previdenza complementare. In questo caso si tratta del contributo mi- nimo, pari all’1,2% del minimo tabellare conglobato, più E.D.R. 39) Imponibile IRPEF - Normalmente è dato dal totale competenze meno le trattenute previden- ziali e i contributi eventualmente versati ai fondi pensione integrativi (Cometa). Non sono soggetti a trattenute IRPEF gli assegni per il nucleo familiare 40) Deduzione - In pratica si rapporta, il reddito di riferimento di 26.000 euro e la deduzione massima di 7.500 euro, al valore all’imponibile lordo annuo presunto e la deduzione annua che ne risulta viene divisa per 12 e applicata alla mensilità 41) Imponibile netto: è dato dall’imponibile lordo meno la deduzione applicata alla mensilità. Su questo imponibile si applicano le previste aliquote per calcolare l’imposta da pagare 42) Detrazioni figli - In questo caso 1 figlio a carico 43) Totale detrazioni - È la somma di tutte le detrazioni spettanti 44) Imposta netta - Corrisponde a quanto effettivamente viene pagato di IRPEF come acconto mensile, applicando le aliquote previste dalla legge, meno le eventuali detrazioni per fami- liari a carico 45) Addizionale Regionale - È stato assunto il valore stabilito dalla Regione Piemonte per questa fascia di reddito = 1,40% dell’imponibile IRPEF 46) Addizionale Comunale -Varia da comune a comune. In questo caso è stato assunto un va- lore dello 0,30% dell’imponibile IRPEF 47) Trattenuta sindacale - Sottoscrizione volontaria al sindacato che varia a seconda della cate- goria. Viene calcolata all’1% del minimo conglobato 48) Arrotondamento precedente - È quanto l’azienda ha corrisposto, nel mese precedente per ar- rotondare il “netto in busta” all’euro 49) Totale trattenute - È la somma delle imposte da pagare, più la trattenuta sindacale, più even- tuali arrotondamenti del mese precedente 50) Arrotondamento attuale - È quanto l’azienda corrisponde per arrotondare il “netto in busta” all’euro 51) Netto in busta - Totale competenze - totale trattenute, arrotondato all’euro 52) Dati fiscali e contributivi progressivi - È la somma progressiva, mese per mese, di quanto considerato nelle varie voci, serviranno per verificare il conguaglio fiscale di fine anno 103 Le trattenute previdenziali e assistenziali L’onere del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali grava sia sul datore di lavoro che sul lavoratore. Nella busta paga devono essere riportati i versamenti effettuati dal datore di lavoro agli istituti previdenziali per conto del la- voratore. L’entità di queste trattenute, effettuate sulla retribuzione lorda, sono stabi- lite dalla legge. Le aliquote delle trattenute previdenziali ed assistenziali variano per settore produttivo (pubblica amministrazione, industria, commercio, ecc.), per attività svolta e per le dimensioni aziendali. Il controllo dei versamenti all’INPS e le denuncie annuali delle retribuzioni Per difendere la propria è necessario partire dalla conoscenza della propria po- sizione contributiva e in particolare attraverso il controllo che lo stesso lavoratore e il sindacato esercitano sui versamenti del datore di lavoro. Si ricorda che, sia per il controllo dei versamenti contributivi che per le ri- chieste di pensione, è possibile rivolgersi ai patronati sindacali che offrono gratui- tamente, a tutti i lavoratori, la consulenza sui vari problemi e la predisposizione delle pratiche. Come si è già avuto modo di dire, la responsabilità della corresponsione delle assicurazioni agli Enti previdenziali grava sul datore di lavoro che deve effettuare all’INPS il versamento mensile dei contributi attraverso apposito modulo. Il datore è anche tenuto a consegnare annualmente al lavoratore il modello CUD, nel quale figurano le retribuzioni corrispondenti ai contributi versati ai fini previdenziali. Il trattamento fiscale: l’IRPEF e le detrazioni L’IRPEF rappresenta la trattenuta fiscale sul reddito delle persone fisiche, operata sulla retribuzione del lavoratore dipendente da parte del datore di lavoro. Se il lavoratore possiede altri redditi deve provvedere personalmente, in sede di dichiarazione dei redditi, al pagamento della maggiore imposta dovuta in rela- zione al reddito complessivo. Per quanto concerne l’imposta sul reddito di lavoro dipendente è il datore di lavoro che provvede ad effettuare il versamento allo Stato per conto del lavoratore. L’imposta viene calcolata sulla retribuzione imponibile, vale a dire quella al netto delle ritenute previdenziali ed assistenziali e dell’assegno per il nucleo fami- liare. Le trattenute sulla retribuzione mensile imponibile vengono effettuate sulla base degli scaglioni di reddito e delle relative aliquote, determinando in tal modo l’imposta lorda. A questa somma si applicano le detrazioni di imposta. L’imposta netta, dovuta mensilmente dal lavoratore, si ottiene pertanto sot- traendo le detrazioni dall’imposta lorda, ad eccezione delle mensilità aggiuntive sulle quali non vanno operate le detrazioni. Si deve anche ricordare che, alla fine di ogni anno viene calcolato il cosiddetto conguaglio: il datore di lavoro cioè, calcola l’ammontare dell’imposta complessi- 104 vamente dovuta dal lavoratore, al fine di stabilire se l’imposta è stata assolta per in- tero. Nel caso le trattenute risultino inferiori a quanto dovuto, viene effettuata un’ulteriore trattenuta, pari alla differenza tra quanto dovuto e quanto già versato. In caso contrario il lavoratore viene rimborsato del maggior versamento effettuato. Le addizionali IRPEF: regionali e comunali Alle aliquote erariali dovute allo Stato, vanno aggiunte le addizionali Irpef re- gionali e comunali. Dal 2001, le aliquote regionali possono variare da un minimo dello 0,9% a un massimo dell’1,4%; mentre quelle comunali possono oscillare tra lo zero ed un massimo dello 0,5%. Le addizionali sono calcolate dal datore di lavoro in sede di conguaglio di fine anno e trattenute nel corso dell’anno in un numero massimo di 11 rate. L’assegno per il nucleo familiare Tra gli elementi della retribuzione, vi è l’assegno per il nucleo familiare. Il go- dimento dell’assegno viene riconosciuto ed erogato, in relazione al reddito fami- liare, a tutti i lavoratori dipendenti o in pensione. Il nucleo familiare è composto dai coniugi, con esclusione del coniuge legal- mente separato e dai figli di età inferiore ai 18 anni compiuti, ovvero senza limiti di età qualora siano totalmente impossibilitati, a causa di infermità o difetto fisico, a svolgere attività lavorativa. Alle stesse condizioni possono far parte del nucleo fa- miliare anche fratelli, sorelle e nipoti orfani di entrambi i genitori e non titolari di trattamenti pensionistici. Per ottenere il riconoscimento dell’assegno il lavoratore deve compilare, entro giugno di ogni anno, una dichiarazione relativa al reddito percepito ed ai compo- nenti il nucleo familiare da inoltrare alla propria azienda. Il reddito del nucleo familiare è costituito dall’ammontare di tutti i redditi del- l’anno precedente, assoggettabili ad imposta (da lavoro, fabbricati, terreni, ecc.), con esclusione di quelli a tassazione separata (trattamento di fine rapporto, arre- trati, ecc.). 4. LE CAUSE DI SOSPENSIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO Si tratta di Istituti tipici del rapporto di lavoro dipendente, regolamentati dalle leggi e dalla contrattazione collettiva, che consentono al lavoratore di usufruire di interruzioni temporanee della prestazione lavorativa senza togliere validità al rap- porto stesso. 1) Malattia Il lavoratore assente per malattia ha il diritto, nei limiti fissati dalla legge e dai contratti collettivi, alla conservazione del posto di lavoro ed al trattamento economico. 105 Per garantirsi tali condizioni deve produrre idonea certificazione medica ed ac- cettare controlli sul suo stato di salute. Il lavoratore deve immediatamente rivol- gersi al proprio medico curante, il quale rilascia il certificato attestante la durata della malattia. In genere, il certificato va trasmesso all’azienda, tramite raccoman- data con ricevuta di ritorno, o tramite fax, entro un periodo che varia dai due a cinque giorni dall’inizio dell’assenza dal lavoro, a seconda di quanto previsto dai contratti collettivi e dai regolamenti interni dell’azienda. Se la certificazione viene prodotta fuori dal termine previsto, il lavoratore perde la retribuzione corrispondente al periodo intercorrente tra l’inizio dell’as- senza e l’invio della certificazione stessa. Tale sanzione non si applica nel caso di motivata impossibilità del lavoratore a rispettare i termini previsti. Si deve ricordare che per quanto riguarda i controlli la legge vieta al datore di lavoro di effettuarli direttamente. Per provvedere al controllo deve rivolgersi alla ASL che utilizzerà il proprio personale a ciò addetto. Le visite di controllo avvengono in orari prestabiliti, e cioè la mattina dalle ore 10 alle 12 ed il pomeriggio dalle ore 17 alle 19, tutti i giorni comprese le dome- niche ed i festivi. Entro queste fasce orarie il lavoratore deve essere reperibile presso il proprio domicilio. Nel caso in cui il lavoratore non possa giustificare i motivi dell’assenza dal domicilio, è soggetto a sanzioni comportanti la sospensione della retribuzione. L’assenza del lavoratore dal proprio domicilio è considerata giustificata in rela- zione a una serie di cause, quali ad esempio: l’effettuazione di visite dal proprio medico di base, prestazioni e/o accerta- menti specialistici; l’assenze dovute alla necessità di evitare gravi conseguenze per sé o per il pro- prio nucleo familiare, ecc. Il datore di lavoro non può legittimamente licenziare il lavoratore, anche nelle ipotesi di frequenti e continue assenze per malattia, prima che sia stato superato il periodo di comporto previsto dal contratto collettivo. ASSENZE PER MALATTIA Durata Effetti economici Osservazioni 18 mesi in 3 anni I primi 9 mesi retribuzione intera. Per triennio si intendono i 3 anni precedenti la malattia. I successivi 3 mesi retribuzione al 90%. Tali assenze non interrompono la maturazione dell'anzianità di servizio. Gli ultimi 6 mesi retribuzione al 50%. 106 2) Maternità e paternità Le donne lavoratrici sono destinatarie di una specifica protezione legislativa in caso di maternità. Negli ultimi anni, poiché l’attenzione è stata rivolta sempre più all’interesse di tutela del bambino, si è assistito all’estensione al lavoratore padre delle garanzie poste per la lavoratrice madre. La materia è stata regolamentata con la legge 53 del 2000, sui congedi paren- tali, volta ad assicurare ad entrambi i genitori la possibilità di assentarsi dal lavoro per accudire i figli minori di 8 anni o per gravi motivi familiari. Queste norme sono state riunite nel Testo Unico, approvato con D.Lgs. 151 del 2001. La legge tutela la maternità in tutti i suoi aspetti e conseguenze, così come l’adozione che, di diritto, viene equiparata. La madre, infatti, durante la gestazione ed il primo anno di vita del bambino, non può essere licenziata, sospesa dal lavoro, ne tanto meno posta in cassa integrazione. 3) Congedo di maternità e paternità Per la tutela della maternità è anche disposto il divieto alla donna di lavorare nei 2 mesi antecedenti il parto (3 se l’attività può compromettere la salute della la- voratrice) ed i 3 successivi (puerperio). Fermo restando che la durata massima di assenza obbligatoria è di 5 mesi, è prevista la possibilità di continuare a lavorare fino all’ottavo mese di gravidanza, e, quindi, di usufruire di 1 mese di astensione prima del parto e di 4 successivi. Per usufruirne, è necessario che la lavoratrice presenti al datore di lavoro il certificato medico di gravidanza, con l’indicazione della data presunta del parto. Il trattamento economico consiste nel pagamento dell’80% della retribuzione, (comprendendovi i ratei della 13a mensilità e delle altre erogazioni aggiuntive). Il periodo è altresì valido ai fini del riconoscimento integrale dell’anzianità di servizio. Va infine ricordato che l’astensione dal lavoro, dopo la nascita del figlio, può essere concessa anche al lavoratore padre nel caso in cui la madre, per gravi motivi, non sia in grado di assistere il figlio. 4) Astensione anticipata L’assenza anticipata si ottiene, presentando domanda con allegato certificato al servizio ispettivo della Direzione provinciale del Lavoro, quando: – la lavoratrice abbia gravi complicazioni della gestazione; – sia adibita a prestazioni pericolose per le sue condizioni; Il trattamento economico è, in questo caso, identico a quello previsto per l’astensione obbligatoria e il periodo è riconosciuto utile come anzianità di servizio. 107 5) Congedo parentale Conclusosi il periodo di congedo di maternità, si può richiedere un ulteriore periodo di congedo parentale. La madre (o il padre), una volta esauritosi il periodo di assenza obbligatoria, può richiedere un ulteriore periodo di assenza, della durata massima di 6 mesi. Dell’astensione deve essere dato preavviso al datore di lavoro e si ha diritto al 30% della retribuzione ed al riconoscimento dell’anzianità di servizio (non ai fini però della 13a mensilità e per le ferie). 6) RIPOSI GIORNALIERI Fino al compimento del primo anno di vita del bambino è prevista una ridu- zione dell’orario giornaliero di lavoro di 2 ore, solo se l’orario ordinario sia almeno di 6 ore. La distribuzione giornaliera di tale riduzione va concordata tra lavoratrice e datore di lavoro. I riposi sono estesi al padre lavoratore dipendente, quando: – la madre non se ne avvalga; – la madre non sia lavoratrice dipendente; – i figli siano affidati al solo padre; – la madre sia deceduta o gravemente inferma. I riposi giornalieri non danno luogo a decurtazione della retribuzione, ma sono assoggettati a contribuzione figurativa ridotta. 7) CONGEDI PER MALATTIA BAMBINO La madre (o il padre) può richiedere permessi non retribuiti per malattia del bambino fino al compimento del 3° anno di vita, dietro presentazione al datore di lavoro di certificazione medica. Entrambi i genitori hanno anche il diritto di astenersi dal lavoro durante la ma- lattia del bambino fino al compimento del suo ottavo anno. Nel caso di figli con età compresa tra 3 e 8 anni, l’astensione è possibile nel limite di 5 giorni lavorativi al- l’anno per ciascun genitore, dietro presentazione del certificato medico. Per tali as- senze non è corrisposta la retribuzione. 8) MISURE PER I GENITORI DI FIGLI PORTATORI DI HANDICAP La lavoratrice madre (o il padre), anche adottivi, hanno diritto al prolunga- mento fino a 3 anni del periodo di assenza facoltativa, quando la struttura pubblica accerti una situazione di gravità nelle condizioni del bambino. In alternativa si può 108 richiedere al datore di lavoro di usufruire di 2 ore di permesso giornaliero retri- buito. 9) ALTRE CAUSE DI SOSPENSIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO: IL DIRITTO ALLO STUDIO Sono principalmente 3 i tipi di intervento previsti dalla legge e dai contratti collettivi per garantire il diritto allo studio, e sono: le facilitazioni per i lavoratori studenti, i permessi retribuiti per la formazione culturale del lavoratore (le cd. “150 ore”) e i congedi formativi. 10) LE FACILITAZIONI PER I LAVORATORI STUDENTI Sono stabilite particolari facilitazioni per i lavoratori che frequentano “corsi regolari di studio in scuole d’istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali ecc. o comunque abilitate a rilasciare titoli di studio legali”. Le principali facilitazioni sono le seguenti: – il diritto a turni che agevolino la frequenza dei corsi e la preparazione agli esami; – la previsione di premessi giornalieri retribuiti per i giorni di esame. 11) “150 ORE” Quasi tutti i contratti collettivi prevedono permessi retribuiti per motivi di studio e per coloro che vogliono aumentare la propria preparazione culturale e pro- fessionale. I contratti prevedono, in genere, che il lavoratore può usufruire di questi per- messi per un monte ore massimo di 150 ore nel corso di un triennio. Le 150 ore possono essere utilizzate tutte anche in un solo anno. È la contrattazione stessa che determina i requisiti per l’utilizzo delle 150 ore; ad esempio, si ricorda che vi sono delle percentuali massime di lavoratori dell’a- zienda che possono usufruirne contemporaneamente (che varia in genere tra il 2% e il 3% del totale dei dipendenti). 12) CONGEDI FORMATIVI La legge 53 del 2000 prevede per i lavoratori che hanno maturato almeno 5 anni di anzianità di servizio presso la stessa azienda di chiedere una sospensione del rapporto di lavoro per congedi per la formazione per un periodo non superiore agli 11 mesi. 109 Per “congedo per la formazione” si intende quello finalizzato al completa- mento della scuola dell’obbligo, al conseguimento del diploma di scuola di se- condo grado, del diploma universitario o di laurea. Durante questo periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, ma non ha diritto alla retribuzione e non matura l’anzianità di servizio. 13) LICENZA MATRIMONIALE Il lavoratore in occasione del proprio matrimonio può usufruire di permessi re- tribuiti. Per gli impiegati, la durata minima è fissata dalla legge in 15 giorni consecu- tivi, per le altre categorie è opportuno consultare il rispettivo contratto di lavoro. Generalmente il congedo per matrimonio ha bisogno di un preavviso ed al ri- entro al lavoro bisogna presentare la certificazione dell’avvenuto matrimonio. 14) ALTRI PERMESSI PER MOTIVI PERSONALI Tutti i lavoratori hanno il diritto di assentarsi dal posto di lavoro, usufruendo anche di appositi permessi, sia retribuiti che non. Durante l’assenza i lavoratori conservano il posto di lavoro e, al termine del periodo, hanno diritto, salvo rinuncia espressa, di rientrare nella stessa unità produttiva o altra ubicata nello stesso co- mune e di essere adibiti alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti. Il lavoratore può usufruire dei permessi per motivi di: - donazione di sangue; - cariche pubbliche ed elettive; - per attività sociali; - motivi medici e sanitari; - permessi sindacali e assemblea sindacale; - motivi personali. Per quanto riguarda i motivi personali, la legge ne prevede la fruizione nei casi di documentata grave infermità, o di decesso del coniuge, di un parente entro il se- condo grado, o di un convivente. Tali permessi sono concessi nella misura di tre giorni annui (come previsto dalla Legge 53 del 2000). Il lavoratore deve comunicare al proprio datore di lavoro la necessità di usufruire del permesso e i giorni nei quali questo sarà utilizzato. I giorni di permesso devono essere utilizzati entro sette giorni dall’evento gra- voso. Il lavoratore che usufruisce dei permessi per grave infermità, deve presentare, entro cinque giorni dalla ripresa dell’attività lavorativa documentazione del medico specialista del servizio sanitario nazionale o convenzionato. 110 5. LE CAUSE DI ESTINZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO A differenza delle cause di sospensione del rapporto di lavoro, che come visto, comportano una interruzione temporanea della prestazione da parte del lavoratore, le cause di estinzione interrompono in modo definitivo il rapporto per motivi attri- buibili al lavoratore. Pertanto non verranno trattate le cause di estinzione del rapporto da ascrivere al datore di lavoro (si pensi, ad esempio, al fallimento dell’azienda). 1) La cessazione del rapporto di lavoro Un rapporto di lavoro può interrompersi per vari motivi: – pensionamento per raggiunti limiti di età o di anzianità di servizio; – dimissioni da parte del lavoratore; – licenziamento individuale da parte del datore di lavoro; – per scadenza del termine, nei contratti a tempo determinato. 2) Dimissioni da parte del lavoratore Il lavoratore che desidera dare le dimissioni ha unicamente l’obbligo del preavviso, ossia una comunicazione che deve essere inviata al datore di lavoro, la cui durata è stabilita dai contratti collettivi. In mancanza del preavviso, il lavoratore è tenuto al pagamento di una indennità equivalente alla retribuzione corrispondente ai giorni di preavviso non lavorati. Il preavviso non è dovuto durante il periodo di prova o se le dimissioni avven- gono per giusta causa (es. il datore di lavoro non paga lo stipendio). Le dimissioni diventano irrevocabili nel momento in cui il datore di lavoro ne giunga a conoscenza, non sono soggette a verifica, vincolo, accettazione o permesso da parte del datore di lavoro, né il lavoratore è tenuto a comunicare le motivazioni che lo inducono ad interrompere il rapporto. Durante il preavviso il lavoratore non può usufruire di periodi feriali. Per evitare contestazioni, si consiglia di utilizzare sempre la forma scritta con raccomandata A/R, anche se ciò non è espressamente pre- visto dal contratto. Per evitare che le dimissioni siano presentate a seguito di sollecitazione da parte del datore di lavoro, la legge richiede l’adempimento di specifiche formalità in casi meritevoli di speciale tutela: – quando le dimissioni della lavoratrice siano presentate nel periodo che inter- corre fra la richiesta delle pubblicazioni di matrimonio ed un anno dopo la ce- lebrazione delle nozze. Le stesse sono valide solo se convalidate entro 30 giorni dal Servizio lavoro (Ispettorato del lavoro); 111 – quando le dimissioni della lavoratrice siano presentate dall’inizio del periodo di gestazione fino al compimento di 1 anno di età del bambino. Le dimissioni devono essere convalidate dal Servizio lavoro (Ispettorato del lavoro). 3) Licenziamento individuale da parte del datore di lavoro Qualora sia il datore di lavoro a decidere di risolvere il rapporto, il nostro ordi- namento prevede una disciplina particolare a tutela della posizione dei lavoratori. Il datore di lavoro potrà risolvere il rapporto con o senza preavviso solamente però in presenza di: una giusta causa, un giustificato motivo. Per giusta causa s’intende un comportamento scorretto del lavoratore, tal- mente grave da annullare il rapporto di fiducia che deve esistere tra datore di lavoro e dipendente e non consentire la prosecuzione neppure temporanea del rapporto (ad esempio, grave insubordinazione ai superiori, furto nell’azienda, danneggiamento volontario di materiale dell’azienda). Il giustificato motivo è, invece, un evento che, sebbene imputabile alla per- sona del lavoratore, consenta l’espletamento del normale periodo di preavviso e si definisce: – soggettivo, quando si è in presenza di gravi mancanze del lavoratore rispetto a obblighi contrattuali (ad esempio assenza ingiustificata oltre 4 giorni consecu- tivi, abbandono del posto di lavoro da parte del personale cui sono affidate mansioni di sorveglianza, custodia). – oggettivo, quando il licenziamento trova origine in ragioni legate anche all’at- tività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al suo regolare funzionamento (ad esempio, la riduzione dell’attività lavorativa, come conseguenza della sop- pressione o della trasformazione dell’attività stessa, imposta da motivi econo- mici). Il datore di lavoro ha l’obbligo, quando intende disporre un licenziamento, di seguire delle procedure che salvaguardino la possibilità del lavoratore di contestare il licenziamento stesso: deve comunicare per iscritto il licenziamento e, qualora ri- chiesto dal lavoratore, deve indicare i motivi dello stesso. Nel caso in cui la comunicazione non avvenga per iscritto, il licenziamento non è efficace. Se la lettera non contiene i motivi del licenziamento, il lavoratore può farne richiesta entro 15 giorni ed il datore di lavoro è obbligato a rispondere per iscritto entro i 7 giorni successivi alla richiesta. La legge prevede anche che il lavoratore possa opporsi al provvedimento; deve però comunicare tale opposizione per iscritto, con lettera raccomandata inviata al datore di lavoro, entro 60 giorni. 112 In caso di licenziamento illegittimo, si applicano due differenti sistemi sanzio- natori. In relazione a determinati requisiti occupazionali, infatti, il datore di lavoro può essere condannato a: reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro occupato in precedenza (c.d. tutela reale); oppure può scegliere tra la riassunzione od il paga- mento di una penale (c.d. tutela obbligatoria). 6. IL TRATTAMENTO PENSIONISTICO Il diritto alla pensione, così come il diritto all’assistenza in caso di infortunio, malattia o disoccupazione involontaria, è sancito dall’art. 38, comma 2, della Co- stituzione. La pensione è, infatti, la forma di remunerazione post lavorativa delle società industrializzate. In Italia ha prevalentemente una natura pubblica ed è erogata da Enti di previdenza statali o da enti previdenziali para-statali, come le casse degli or- dini professionali. Il nostro sistema pensionistico è, poi, di tipo contributivo: per i lavoratori di- pendenti del settore privato l’ente di riferimento è l’INPS, mentre per quelli che la- vorano nel settore pubblico è l’INPDAP. La pensione “statale” poi, può essere cumulata con fondi pensioni “privati”: in questo caso, si parla di previdenza complementare. 1) Forme di contribuzione Esistono 4 forme di contribuzione utili ai fini della pensione. – Contribuzione obbligatoria: è il versamento effettuato dal datore di lavoro, calcolato in percentuale sulla retribuzione imponibile del lavoratore dipen- dente. Per l’anno 2006 la percentuale totale da versare era pari al 32,70%, di cui l’8,89% era a carico del lavoratore. – Contribuzione figurativa: è riferita ai periodi di forzata assenza dal lavoro (malattia, infortunio, gravidanza, puerperio, disoccupazione, cassa integra- zione guadagni, aspettativa sindacale e politica, ecc.) ed è accreditata sulla po- sizione assicurativa del lavoratore, a condizione che in precedenza risulti ver- sato almeno un contributo obbligatorio. – Contribuzione volontaria: è riferita a periodi di interruzione del rapporto di la- voro che non rientrano nei casi di contribuzione figurativa, nei quali il lavora- tore, attraverso contributi versati trimestralmente e su appositi bollettini di conto corrente postale, continua ad incrementare la sua posizione contributiva ai fini pensionistici. L’importo del contributo è calcolato sulla base della retri- buzione media imponibile, percepita nell’anno di contribuzione precedente la data della domanda. 113 – Contribuzione da riscatto: è riferita a specifici periodi (quali, ad esempio, i corsi legali di laurea) che il lavoratore può volendo riscattare ai fini pensioni- stici, versando i contributi previsti. È importante sapere che si possono ricongiungere, presso un unico ente previ- denziale, periodi di assicurazione maturati in diversi settori produttivi, con iscri- zione in diverse gestioni previdenziali. 2) Tipi di pensioni Dai primi anni novanta, il sistema pensionistico italiano è stato oggetto di un articolato processo di riforma volto a contenere la spesa pensionistica. Con la L. 243/2004 (cosiddetta “Maroni”), recante “Norme in materia pensio- nistica e delega al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all’occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza e assistenza obbligatoria” cambia volto la normativa previdenziale, soprattutto per le pensioni di anzianità e quelle di vecchiaia, liquidate con il sistema di calcolo contributivo. Tale riforma rappresenta un’importante evoluzione nella storia della previdenza italiana. Essa è incentrata, infatti, sullo sviluppo di un si- stema pensionistico basato su due “pilastri”: – il primo, rappresentato dalla previdenza obbligatoria (erogata da INPS, INPDAP, Casse professionali ecc.) che assicura la pensione di base; – il secondo, rappresentato dalla previdenza complementare che è finalizzata a erogare una pensione aggiuntiva a quella di base. Per quanto riguarda la pensione di anzianità, dal 2008 i lavoratori, privati e pubblici, possono ottenere, a domanda, le pensioni di anzianità con: – un’anzianità contributiva pari a 40 anni, indipendentemente dall’età anagrafica; – in alternativa, limitatamente agli uomini lavoratori dipendenti, 35 anni di con- tributi e 60 anni di età dal 2008 al 2009, 61 dal 2010 al 2013 e 62 anni dal 2014. Inoltre l’art. 1 della legge 243 del 2004 modifica, a partire dal 1° gennaio 2008, i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Il limite d’età passa da 57 a 65 anni per gli uomini e a 60 per le donne con al- meno 5 anni di contributi effettivi. In alternativa resta la possibilità di far valere 40 anni di contributi, indipendentemente dall’età. Gli altri trattamenti pensionistici previsti dal nostro ordinamento sono: – pensione di reversibilità: è la pensione che, alla morte del lavoratore assicurato o pensionato, spetta ai componenti del suo nucleo familiare. Questa pensione 114 può essere di reversibilità, se la persona deceduta era già pensionata (pensione di vecchiaia, anzianità o inabilità) oppure indiretta se aveva almeno 15 anni di contributi oppure era assicurato da almeno 5 anni di cui almeno 3 versati nel quinquennio precedente la data di morte; – pensione di invalidità: è un assegno che spetta ai lavoratori dipendenti e auto- nomi, affetti da un’infermità fisica o mentale, che possono far valere determi- nati requisiti contributivi (nelle forme dell’assegno ordinario d’invalidità e della pensione ordinaria d’inabilità); – assegno sociale: è una prestazione di natura assistenziale riservata ai cittadini italiani che hanno 65 anni di età, risiedono stabilmente in Italia e che hanno redditi inferiori ai limiti previsti dalla legge. Dal 1° gennaio 1996 l’assegno so- ciale ha sostituito la pensione sociale, che continua comunque ad essere ero- gata a coloro che, avendone i requisiti, ne hanno fatto domanda entro il 31 di- cembre 1995. La riforma della previdenza complementare In attuazione della legge 243 del 2004, è stato adottato il decreto legislativo 252 del 2005 che disciplina le forme pensionistiche complementari. La legge 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) ha anticipato l’entrata in vigore del decreto, inizialmente fissata al 1° gennaio 2008 al 1° gennaio 2007. Si ricorda che lo scopo della riforma è l’incremento dell’entità di flussi di fi- nanziamento alle forme pensionistiche complementari. La riforma – che riguarda circa 12 milioni di lavoratori dipendenti privati (le norme escludono il versamento ai fondi integrativi della liquidazione di quelli pub- blici) – ha come elemento centrale per il decollo della previdenza complementare il criterio del “silenzio assenso”. Dal 2007 il lavoratore può decidere se lasciare il TFR in azienda o a quale fondo destinarlo. Se il lavoratore non si esprime, il suo TFR “maturando” sarà ver- sato dal datore di lavoro nel fondo previsto dal contratto. 7. IL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO (TFR) Il trattamento di fine rapporto (chiamata più comunemente “liquidazione”) è un istituto di natura prevalentemente retributiva. Spetta al lavoratore alla cessazione del rapporto di lavoro, qualunque ne sia la causa (dimissioni, licenziamento per giusta causa o giustificato motivo) ed è disci- plinata dall’art. 2120 del codice civile. Il TFR gioca un ruolo fondamentale nella nuova riforma della previdenziale complementare: infatti, la legge n. 243 del 2004 stabilisce il “dirottamento” auto- matico alla previdenza complementare, salvo diverso avviso da parte del lavora- tore. In pratica vige la regola del silenzio-assenso per la quale se entro sei mesi 115 dalla data di assunzione, il lavoratore non esprime nulla in merito alla quota del TFR, questa verrà automaticamente versata nel fondo pensione di categoria. Qua- lora non esistesse il fondo pensione negoziale, o di categoria, è facoltà del lavora- tore scegliere a quale fondo pensione aderire. 1) Come utilizzare il proprio TFR Il lavoratore dipendente del settore privato ha quindi fondamentalmente due opzioni di scelta. a) Può continuare a lasciare il proprio TFR in azienda (come accadeva prima della riforma), prestando in pratica tale somma al datore di lavoro che gliela restituirà al termine del rapporto di lavoro. Per attivare questa opzione il la- voratore deve comunicare per iscritto le proprie intenzioni all’azienda. Si ricorda che in questo caso, il lavoratore potrà rivedere la sua scelta e avrà la possibilità ogni anno di cambiare idea destinando diversamente (ossia ai fondi pensione) il TFR che maturerà da quel momento in poi (il TFR matu- rato precedentemente rimane in azienda). b) Può delegare l’azienda a trasferire, per conto suo, il TFR che maturerà da quel momento in poi ad un fondo pensione di sua scelta. Si ricorda che in questo caso, il lavoratore non potrà rivedere la sua scelta e non avrà la pos- sibilità di far ritornare il TFR in azienda, ma potrà cambiare il fondo pen- sione ogni anno. È importante inoltre precisare che, in caso di licenziamento o dimissioni solo il TFR lasciato in azienda potrà essere ottenuto, mentre, il TFR versato nei Fondi pensione potrà essere ottenuto solo con il raggiungimento dei requisiti per la pen- sione. Solo nel caso in cui il dipendente trascorra un periodo di 2 anni di disoccupa- zione o mobilità potrà richiedere la liquidazione totale del Fondo pensione anche senza requisiti di pensionamento a condizione che siano trascorsi almeno 5 anni dall’inizio dei versamenti. 2) Come si calcola il TFR Il TFR si determina accantonando per ciascun anno di lavoro una quota pari al 6,91% della retribuzione lorda (per questo motivo come abbiamo visto il TFR viene anche definito retribuzione differita). La retribuzione utile per il calcolo del TFR comprende tutte le voci retributive corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, salvo diversa previsione dei contratti collettivi. Gli importi accantonati sono rivalutati, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5% in misura fissa e dal 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo ISTAT. Al momento della liquidazione, il TFR è tassato, in linea generale, con 116 l’applicazione dell’aliquota IRPEF media del lavoratore nell’anno in cui è percepito. Per la parte di TFR che si riferisce agli anni di lavoro decorrenti dal 1° gennaio 2001, l’amministrazione finanziaria provvede poi a riliquidare l’imposta, applicando l’aliquota media di tassazione del lavoratore degli ultimi 5 anni. 3) Le anticipazioni del TFR e del fondo pensione La legge 297 del 1982 ha previsto la possibilità per il lavoratore di ottenere un’anticipazione del TFR maturato. Infatti, il lavoratore che abbia almeno otto anni di servizio presso lo stesso da- tore di lavoro può ottenere, una sola volta nel corso del rapporto, un anticipo, non superiore al 70% del TFR maturato. Le richieste di anticipo vengono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10% degli aventi titolo e comunque del 4% del numero totale dei dipendenti. L’anticipo del TFR può essere richiesto in due casi: - per le spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche; - per l’acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile. È importante sottolineare che, come previsto dall’art. 2120 del Codice civile, condizioni di miglior favore (in deroga al vincolo degli otto anni, o del 70% o alle motivazioni) possono essere previste dai contratti collettivi o a discrezione del datore di lavoro. In pratica ogni datore di lavoro può “negoziare” con i propri di- pendenti come, quando e quanto rilasciare a titolo di anticipazione del TFR. Anche il lavoratore che decida di destinare il proprio TFR alla previdenza complementare, può conseguire un’anticipazione della posizione individuale matu- rata. In qualsiasi momento, infatti, può essere richiesta un’anticipazione fino al 75% della posizione maturata: - per spese sanitarie conseguenti a situazioni gravissime attinenti a sé, al co- niuge o ai figli, per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle compe- tenti strutture pubbliche; - inoltre, dopo otto anni di iscrizione, per un importo non superiore al 75%, per l’acquisto o ristrutturazione della prima casa di abitazione, per sé o per i figli; - fino al 30% per la soddisfazione di qualsiasi esigenza senza doverne giustifi- care il motivo. Ogni Fondo pensione mette a disposizione dei propri iscritti (ad esempio sul sito internet) un documento denominato “documento sulle anticipazioni”, conte- nente tutte le indicazioni precise circa la modulistica da produrre in allegato alla domanda di anticipazione. 117 8. AMMORTIZZATORI SOCIALI ED INCENTIVI ALL’OCCUPAZIONE 8.1. Ammortizzatori sociali Per ammortizzatori sociali si intende un complesso ed articolato sistema di tu- tela del reddito dei lavoratori che sono in procinto di perdere o hanno perso il posto di lavoro: cassa integrazione guadagni; indennità di disoccupazione; indennità di mobilità; lavori socialmente utili; contratti di solidarietà; progetti e programmi di incentivazione al reinserimento o inserimento lavorativo. 1) Cassa integrazione È un intervento di sostegno per lavoratori di aziende in difficoltà. La cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO) interviene per difficoltà temporanee e a carattere transitorio dell’industria (escluso l’artigianato) a prescin- dere dal numero di dipendenti, del settore edile e dell’agricoltura. L’ente compe- tente in materia di CIGO è l’INPS. La cassa integrazioni guadagni straordinaria (CIGS) è concessa nei casi di crisi, ristrutturazione, riorganizzazione, conversione produttiva, privatizzazioni, fal- limento, ecc., alle imprese industriali con più di 15 dipendenti e del commercio con più di 50, e alle aziende dell’editoria. Entrambi gli istituti garantiscono ai lavoratori messi in cassa integrazione, cioè temporaneamente sospesi dal lavoro, un sostegno al reddito. 2) L’indennità di mobilità Si parla di mobilità quando interviene il licenziamento del lavoratore, spesso in seguito a un periodo di Cassa integrazione straordinaria, o quando le imprese che hanno beneficiato della CIGS non riescono, per motivi tecnici o produttivi, a rein- serire tutti i lavoratori sospesi e il personale eccedente viene licenziato e l’impresa avvia la procedura di mobilità. I lavoratori inseriti nelle liste di mobilità acquisi- scono il diritto ad un’indennità, nel caso in cui abbiano una anzianità aziendale di almeno 12 mesi e abbiano un contratto continuativo a tempo indeterminato. La du- rata del trattamento è di 12 mesi, prolungabili a 24 o 36 nel caso di lavoratori che abbiamo raggiunto rispettivamente 40 o 50 anni di età. 3) Lavoratori socialmente utili Sono le attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, mediante l’utilizzo di lavoratori in mobilità o in cassa integrazione guadagni straordinaria o in disoccupazione speciale, oppure mediante il coinvolgimento, in progetti di lavori socialmente utili, di soggetti in cerca di prima occupazione o disoccupati. La gestione dei lavori socialmente utili e le azioni di politica attiva del lavoro 118 riferita ai lavoratori LSU, è demandata alle Regioni, che agiscono sulla base di convenzioni con il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. 4) Indennità di disoccupazione Spetta ai lavoratori assicurati contro la disoccupazione involontaria, che siano stati licenziati. Dal 2005 spetta anche ai lavoratori che sono stati sospesi da aziende colpite da eventi temporanei non causati né dai lavoratori né dal datore di lavoro. L’indennità si può ottenere quando il lavoratore può far valere: almeno due anni di assicurazione per la disoccupazione involontaria e almeno 52 contributi settimanali nel biennio precedente la data di cessazione del rapporto di lavoro. L’indennità viene corrisposta per 180 giorni, ma può durare fino a nove mesi se il disoccupato ha superato i 50 anni di età. È prorogata anche per il 2007 la norma provvisoria che prevede l’aumento della durata delle indennità a 7 mesi per i lavoratori di età infe- riore a 50 anni e a 10 mesi per quelli di età da 50 anni in poi. L’indennità è corrisposta nella misura del 40% della retribuzione percepita nei tre mesi precedenti la cessazione dal lavoro, nei limiti di un importo massimo men- sile lordo che per il 2007 è di € 844,06, elevato a € 1.014,48 per i lavoratori che possono far valere una retribuzione lorda mensile superiore a € 1.826,07. L’indennità viene pagata mensilmente dall’INPS con un assegno. 5) Contratti di solidarietà Il contratto di solidarietà è uno strumento per affrontare le situazioni di ridu- zione di personale in caso di crisi aziendale. Previsti dalla legge 236 del 1993, i contratti di solidarietà sono accordi aziendali la cui finalità è quella di evitare ridu- zioni di personale (c.d. difensivi) o di favorire nuove assunzioni (c.d. espansivi) mediante una diminuzione dell’orario di lavoro. In genere, vengono utilizzati dalle imprese che non rientrano nel campo di applicazione della CIGS. Possono benefi- ciare del provvedimento: - Operai e impiegati delle imprese industriali rientranti nel campo di applica- zione della C.I.G.S.; - Lavoratori in carico ad aziende non rientranti nel campo di applicazione della C.I.G.S., che chiedono il contributo ed abbiano un rapporto di lavoro subordinato, compresi lavoratori con contratti a termine, contratto di appren- distato e contratto di inserimento. Il contratto di solidarietà può essere stipulato per un periodo non superiore a 24 mesi, ai sensi della legge 863/84, e può essere prorogato, ai sensi della L. n. 48/88, per un massimo di 36 mesi nelle aree del Mezzogiorno (DPR 218/78 e suc- cessive modificazioni) e per un massimo di 24 mesi nelle altre aree. Il contributo è pari al 25% della retribuzione persa ed è corrisposto in uguale misura anche all’azienda. Il contratto non può superare i 24 mesi. 119 6) Progetti speciali Sono previste inoltre attività progettuali finalizzate alla ricollocazione nel mer- cato del lavoro, di soggetti destinatari di ammortizzatori sociali o di sussidi legati allo stato di disoccupazione ed inoccupazione. Le attività progettuali, realizzate ai sensi dell’art. 30 della L. 28 dicembre 2001 n. 448, coniugano l’erogazione di ammortizzatori sociali o il sostegno al reddito, nei confronti di lavoratori appartenenti a fasce svantaggiate e politiche attive del lavoro. L’erogazione di risorse è stata, quindi, affiancata da azioni sperimentali, per facilitare l’accesso al mercato del lavoro (formazione, tutoraggio, ecc.) dei soggetti interessati. In alcuni casi, sono state sperimentate nuove forme di sostegno al reddito indirizzate ai disoccupati di lunga durata, coinvolti nei progetti di ricollocazione. L’obiettivo è quello di affiancare al sistema di Welfare passivo, basato sull’erogazione del sussidio o dell’ammortizzatore, un sistema attivo di Welfare to Work, in cui vengono attivate le risorse del territorio (servizi pubblici e privati per il lavoro, sistema delle imprese, lavoratori), al fine di creare un sistema integrato in cui le politiche passive agiscono di pari passo con le politiche attive e con le politiche di sviluppo locale. Se ne ricordano alcuni: - Progetto Pari - Programma Azioni per il reimpiego di lavoratori svantaggiati - Marchi d’Area - Progetto per lo sviluppo dell’occupazione nel settore agroa- limentare - Aree Marine protette - Progetto sperimentale per la promozione dello svi- luppo sostenibile e l’occupazione all’interno delle aree marine protette - Progetto Artigiani - Progetto di sostegno alle imprese artigiane per la crea- zione di nuove opportunità occupazionali Per approfondimenti consultare il sito del Ministero del Lavoro all’indirizzo: http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/md/AreeTematiche/AmmortizzatoriSociali/. 8.2. Incentivi all’occupazione Il nostro Ordinamento prevede, inoltre, una serie di agevolazioni contributive ed economiche a favore dei datori di lavoro che assumono soggetti che: - hanno perso il posto di lavoro; - sono in procinto di perderlo; - sono a rischio di esclusione sociale. Il sistema degli incentivi previsti dalla normativa vigente riguarda: lavoratori in CIGS; lavoratori in mobilità; disoccupati da almeno 24 mesi; disoccupati con trattamento speciale di disoccupazione da almeno 12 mesi; soggetti rientranti in una delle categorie previste dal D.Lgs. n. 276/03; disabili tutelati ex lege 68/99; soggetti rientranti in una delle categorie previste dalla L. n. 381/91. 2) Lavoratori in mobilità I benefici riguardano i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, con esclusione di coloro che sono stati collocati in mobilità nei sei mesi precedenti dalla stessa azienda o da altra collegata e dei dipendenti licenziati da datori di lavoro non im- prenditori (D.Lgs. 110/2004). I lavoratori in mobilità sono i lavoratori licenziati a seguito di una riduzione del personale delle aziende ammesse al trattamento di CIGS che non siano in grado di garantire il reimpiego di tutti i lavoratori sospesi e che intendano licenziare anche un solo lavoratore e le imprese con più di 15 dipen- denti che, per riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono proce- dere ad almeno 5 licenziamenti, nell’arco di 120 giorni. 120 1) Lavoratori in CIGS Sono i lavoratori dipendenti da imprese che, trovandosi in situazione di crisi, sono costrette a contrarre o sospendere temporaneamente la propria attività. Contratto Riguarda i lavoratori assunti a tempo indeterminato anche part-time. Lo sgravio non è ammesso in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un precedente rapporto a termine. Aziende Possono beneficiarne tutti i datori di lavoro, comprese le società cooperative che assumono soci lavoratori con rapporto di subordinazione. Non sono ammesse le assunzioni per sostituire lavoratori di pari professionalità licenziati o sospesi per qualsiasi causa; tale divieto non si applica trascorsi 6 mesi dal licenziamento o dalla sospensione. Benefici contributivi - per le imprese artigiane: riduzione del 100% dei contributi previdenziali e assi- stenziali a carico del datore di lavoro per 36 mesi; - per le imprese diverse da quelle artigiane: riduzione del 50% dei contributi pre- videnziali e assistenziali a carico del datore di lavoro per 36 mesi. Contratto Riguarda i lavoratori assunti a tempo indeterminato. Aziende Possono beneficiarne tutti i datori di lavoro, comprese le società cooperative che assumono soci lavoratori con rapporto di subordinazione. Benefici contributivi • contribuzione a carico del datore di lavoro pari a quella prevista per gli appren- disti per la durata di 18 mesi. • contributo mensile pari al 50% dell’indennità di mobilità che sarebbe stata ero- gata al lavoratore per un periodo massimo di: - 12 mesi per il lavoratore fino a 50 anni; - 24 mesi per il lavoratore con più di 50 anni. 121 Contratto Riguarda tutti i lavoratori assunti a tempo indeterminato anche part time. Lo sgravio non è ammesso in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un pre- cedente rapporto a termine. Aziende Riguarda tutti i datori di lavoro, comprese le società cooperative che assumono soci lavoratori con rapporto di subordinazione. Non sono ammesse le assunzioni per sostituire lavoratori di pari professionalità licenziati o sospesi per qualsiasi causa; tale divieto non si applica trascorsi 6 mesi dal licenziamento o dalla sospen- sione. Benefici contributivi I benefici contributivi che hanno una durata di 36 mesi riguardano: - le imprese artigiane per le quali è prevista una riduzione del 100% dei contributi previdenziali e assistenziali a carico del datore di lavoro; - i datori di lavoro diversi dalle imprese artigiane per i quali è prevista una ridu- zione del 50% dei contributi previdenziali e assistenziali a carico del datore di lavoro. Contratto Riguarda tutti i lavoratori assunti a tempo indeterminato anche part-time. Lo sgravio non è ammesso in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un pre- cedente rapporto a termine. Aziende Riguarda tutti i datori di lavoro, comprese le società cooperative che assumono soci lavoratori con rapporto di subordinazione. Non sono ammesse le assunzioni per sostituire lavoratori di pari professionalità licenziati o sospesi per qualsiasi causa; tale divieto non si applica trascorsi 6 mesi dal licenziamento o dalla sospen- sione. Benefici contributivi - per le imprese artigiane riduzione del 100% dei contributi previdenziali e assi- stenziali a carico del datore di lavoro per 36 mesi; - per le imprese diverse da quelle artigiane riduzione del 50% dei contributi previ- denziali e assistenziali a carico del datore di lavoro per 36 mesi. 3) Disoccupati da almeno 24 mesi Sono i lavoratori, iscritti presso il Centro per l’Impiego territorialmente com- petente, che si trovino in stato di disoccupazione da almeno 24 mesi e per i quali non risultino, al Centro per l’Impiego stesso, comunicazioni di assunzione. Dal 30 gennaio 2003, con l’entrata in vigore del D.Lgs. 297/2002 di riforma del Collocamento, lo stato di disoccupazione viene riconosciuto solo a coloro di- chiarino al Centro per l’Impiego competente per domicilio l’immediata disponibi- lità al lavoro. La dichiarazione di disponibilità comporta l’impegno di accettare le iniziative di promozione dell’occupazione del Centro per l’Impiego (occasioni di lavoro, tirocini, corsi di formazione professionale, di orientamento, di migliora- mento della propria occupabilità). 4) Disoccupati con trattamento speciale di disoccupazione da 12 mesi 122 5) Soggetti svantaggiati ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 276/2003 Il D.Lgs. 276/2003 di attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro (Riforma Biagi) prevede all’art. 13 delle misure di incentiva- zione del raccordo pubblico e privato per favorire l’inserimento di lavoratori svan- taggiati. Contratto Riguarda tutti i lavoratori assunti con contratto a termine non inferiore a 9 mesi. Aziende Riguarda le Agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro. Benefici contributivi I seguenti benefici hanno durata massima di 12 mesi: - detrazione dai contributi dovuti dell’ammontare dei contributi figurativi even- tualmente previsti; - detrazione dal compenso dovuto di quanto percepito dal lavoratore a titolo di indennità o sussidio. Contratto Riguarda tutti i lavoratori assunti con contratto di durata da 9 a 18 mesi, ovverofino a 36 mesi per i lavoratori con disabilità grave. Aziende Riguarda Enti pubblici economici, imprese e loro consorzi; gruppi di imprese; as- sociazioni professionali, socio-culturali, sportive; fondazioni; enti di ricerca, pub- blici e privati; organizzazioni e associazioni di categoria. Benefici contributivi Sono quelli già previsti dal contratto di Formazione e lavoro o, se più favorevoli, quelli del contratto di reinserimento di cui all’art. 20 comma 2 Legge 223/1991. Gli incentivi economici sono esclusi nel caso di assunzione di soggetti di età com- presa tra 18 e 29 anni. 6) Contratto di inserimento lavorativo Tale contratto ha lo scopo di adattare, mediante specifico progetto individuale, le competenze professionali del lavoratore alle esigenze delle aziende ed è finaliz- zato all’inserimento o reinserimento lavorativo. In caso di gravi inadempienze nella realizzazione del progetto individuale di inserimento, il datore di lavoro e’ tenuto a versare la quota dei contributi agevolati, maggiorati del 100%. 7) Contratto di apprendistato Le agevolazioni alle imprese sono subordinate all’effettiva partecipazione degli apprendisti alle iniziative di formazione; nel caso di inadempimento il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra i contributi pagati e quelli dovuti mag- giorata del 100%. 123 Contratto - per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione: massimo 3 anni; - professionalizzante: da 2 a 6 anni; - per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione: flessibile; - vecchia disciplina Legge 25/1955: stabilita dai contratti collettivi nazionali di lavoro, comunque non inferiore a 18 mesi e non superiore a 4 anni, ovvero 5 anni per il settore artigiano. Aziende Riguarda tutti i datori di lavoro. Benefici contributivi La Legge 296/2006 (Legge Finanziaria 2007) ha definito la nuova contribuzione a carico del datore di lavoro nella misura del 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Inoltre viene meno la distinzione tra soggetti con e senza INAIL. Per i datori di lavoro che occupano alle loro dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove, l’aliquota è fissata in misura pari a: - 1,5% per i primi 12 mesi di durata del contratto; - 3% per i mesi dal 13° al 24°; - 10% per i mesi oltre i 24. I benefici sono mantenuti per un ulteriore anno dal riconoscimento della qualifica e dalla trasformazione del rapporto a tempo indeterminato. Anche per i lavoratori i contributi a proprio carico continuano ad essere dovuti nella misura prevista per gli apprendisti. Contratto I benefici sono compatibili, parzialmente o totalmente anche con la stipula dei seguenti contratti: - • contratti a tempo indeterminato; - • contratti di apprendistato; - • contratti di inserimento; - • contratti a tempo determinato per un minino di 12 mesi; - • tirocini finalizzati all’assunzione. Aziende - Datori di lavoro privati - Cooperative e consorzi sociali - Organizzazioni di volontariato Gli incentivi sono erogati anche per i datori di lavoro che, pur non essendo sog- getti agli obblighi della presente legge, procedono all’assunzione di disabili. Benefici contributivi a) Fiscalizzazione totale dei contributi a carico del datore di lavoro per la durata massima di 8 anni per: - disabile con invalidità superiore al 79% I-III categoria T.U. D.P.R. 23.12.1978 n. 915 per pensioni di guerra. - disabile psichico e intellettivo (con invalidità a partire dal 46% fino al 100%). b) Fiscalizzazione al 50% dei contributi a carico del datore di lavoro per la durata massima di 5 anni per: - disabile con invalidità tra il 67% e il 79% oppure IV-VI categoria T.U. D.P.R. 23.12.1978 n. 915 per pensioni di guerra. - rimborso fino all’80% delle spese sostenute per ogni disabile con invalidità superiore al 50% per trasformazione del posto di lavoro; uso di tecnologie del telelavoro; eliminazione barriere architettoniche. 8) Disabili tutelati ex lege 68/99 Gli incentivi riguardano gli iscritti nelle liste del collocamento obbligatorio con de- terminate percentuali di invalidità e particolari patologie. 124 9) Soggetti rientranti in una delle categorie previste dalla legge 381/91 I soggetti per i quali è possibile fruire degli incentivi, specificamente indivi- duati dal legislatore, sono: - ex degenti di istituti psichiatrici; - persone detenute o internate in istituti penitenziari; - condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro; - esterno; - invalidi fisici, psichici e sensoriali; - soggetti in trattamento psichiatrico; - tossicodipendenti; - alcolisti; - minori in età lavorativa in situazione di difficoltà familiare. Aziende - le cooperative sociali che organizzano attività all’interno o all’esterno degli istituti penitenziari; - cooperative sociali che assumono invalidi fisici, psichici e sensoriali, a sog- getti in trattamento psichiatrico, a tossicodipendenti, ad alcolisti e a minori in età lavorativa in situazione di difficoltà familiare; - cooperative sociali che assumono ex degenti di istituti psichiatrici, anche giu- diziari, condannati e internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro esterno; - aziende pubbliche o private che organizzano attività all’interno degli istituti penitenziari. Benefici Gli incentivi sono diversi a seconda del settore di appartenenza del datore di la- voro e della categoria a cui appartiene il soggetto assunto: - se il datore di lavoro è una cooperativa sociale che assume persone detenute o internate negli istituti penitenziari, ex degenti di istituti psichiatrici giudiziari, persone condannate e internate ammesse al lavoro esterno, la normativa pre- vede che l’aliquota contributiva complessiva sia ridotta nella misura dell’80%, per il periodo della prestazione lavorativa. Tale agevolazione si applica anche nei 6 mesi successivi allo stato di detenzione. - Se il datore di lavoro è una cooperativa sociale che assume invalidi fisici, psi- chici e sensoriali, oggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alco- listi, minori in età lavorativa in situazione di difficoltà familiare, la normativa prevede che l’aliquota contributiva complessiva sia ridotta a zero; - se il datore di lavoro è una azienda pubblica o privata che assume persone de- tenute o internate negli istituti penitenziari, la normativa prevede che l’aliquota contributiva complessiva sia ridotta nella misura dell’80%, per il pe- riodo della prestazione lavorativa. Tale agevolazione si applica anche nei 6 mesi successivi allo stato di detenzione. Terza sezione ALTRI ELEMENTI CHE INFLUENZANO LE SCELTE 127 Capitolo settimo Studiare nei Paesi della U.E. Le opportunità dei Programmi comunitari Al giorno d’oggi, arricchire il proprio curriculum con un’esperienza di studio all’estero rappresenta la maniera migliore per affrontare, con maggiori possibilità di successo, un mercato del lavoro sempre più competitivo. Un periodo di studio all’estero, infatti, contribuisce a migliorare la propria competenza linguistica, aiuta a comprendere le diverse realtà culturali e socioeconomiche e rende capaci di ac- cettare la mobilità quale parte integrante del percorso lavorativo. Studiare all’estero rappresenta, inoltre, uno dei principi su cui si basano le po- litiche e l’attività dell’Unione Europea nel settore dell’istruzione. A tale scopo, essa finanzia una serie di Programmi che favoriscono la mobilità degli studenti europei, volti ad accrescere le abilità e le competenze, mediante la costituzione di reti e l’organizzazione di progetti comuni tra i diversi Paesi della UE. Questi programmi prevedono per lo più l’erogazione di borse di studio che permettono di trascorrere all’estero un periodo variabile da alcuni mesi ad un anno. 1. LE FORMALITÀ PRIMA DELLA PARTENZA Trasferirsi anche temporaneamente in un Paese europeo comporta tuttavia an- cora l’espletamento di alcune formalità; a tal fine è necessario che prima di partire per un’esperienza di studio all’estero si disponga di tutte le informazioni necessarie per non trovarsi impreparati. Innanzitutto è bene ricordare che tutti i cittadini europei che decidono di stu- diare o lavorare in uno dei paesi dell’Unione Europea, godono degli stessi diritti dei cittadini residenti. Ciò in virtù del principio della parità di trattamento, difeso a gran forza dall’Unione, in forza del quale il Paese ospitante deve accogliere lo stu- dente di un altro Stato dell’Unione alle stesse condizioni fissate per i cittadini na- zionali. 1) Diritto di soggiorno Tutti gli studenti che intendano seguire un corso di studi all’estero, per un pe- riodo inferiore ai tre mesi, non sono tenuti ad espletare formalità. Essi, devono sol- tanto essere in possesso di un valido documento di riconoscimento (carta di identità o passaporto validi per l’espatrio). A questo proposito dopo il 1° maggio 2004, con l’ingresso di nuovi paesi nell’Unione europea, continuano a sussistere regimi diffe- 128 renti per cui mentre in alcuni Paesi è sufficiente la carta d’identità, in altri è neces- sario il passaporto; per informazioni più dettagliate, si consiglia di informarsi presso le ambasciate del Paese in cui ci si intende recare o presso la Questura. Qualora invece, si intenda permanere nel Paese prescelto per un periodo supe- riore ai tre mesi è necessario richiedere il permesso di soggiorno. Per ottenerlo è necessario: - essere iscritti a un istituto di insegnamento riconosciuto - disporre di una assicurazione malattia - dimostrare un’autosufficienza economica Generalmente, il periodo di validità del permesso coincide con quello della du- rata del corso di studi che si sta frequentando. Per periodi di studio superiori ad un anno, la carta può essere rinnovata automaticamente. 2) Assistenza sanitaria Tutti i cittadini che, per motivi di studio, soggiornano all’estero hanno diritto all’assistenza sanitaria. Dal 1 giugno 2004, alcuni Paesi hanno introdotto la carta europea di Assicurazione Sanitaria per le malattie. La carta sostituisce i vecchi for- mulari con i quali si poteva beneficiare dell’assistenza sanitaria. Ne hanno diritto tutte le persone coperte da un sistema di previdenza sociale di uno Stato membro dell’Unione europea (Belgio, Francia, Lussemburgo, Spagna, Germania, Grecia, Irlanda, Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Estonia e Slovenia). L’Italia ha adottato la Carta Europea per le spese sanitarie a partire dal 2005. 3) Il riconoscimento del titolo di studio: il problema dell’equipollenza o del ri- conoscimento dei titoli di studio italiani all’estero e titoli di studio stranieri in Italia Dal momento che la struttura e l’organizzazione degli ordinamenti scolastici e formativi varia considerevolmente tra i diversi Paesi europei è importante che chi ha conseguito in Italia titoli di studio, ha diritto a vederli riconosciuti in qualunque Paese europeo si rechi per ragioni di studio o lavoro. Un titolo di studio conseguito in un paese straniero può produrre in un altro Paese un effetto legale di due tipi. Esso può infatti essere considerato: - equivalente - pienamente riconosciuto Nel primo caso, si tratta di comparare il titolo di studio posseduto con quelli presenti nel Paese prescelto. Gli elementi presi in considerazione nel processo di valutazione sono essenzialmente: - natura dell’istituzione straniera che ha rilasciato il titolo - durata degli studi compiuti - contenuti disciplinari 129 Qualora non vengano riscontrate sostanziali difformità, si procede alla dichia- razione di equipollenza del titolo straniero. Nel secondo caso, si compie una valutazione più sommaria e sintetica, anche perché gli effetti giuridici del riconoscimento sono più limitati rispetto all’equipol- lenza. Il fine è quello di stabilire una semplice corrispondenza di livello e di rico- noscerlo a determinati fini (prosecuzione degli studi o accesso alle professioni). Per ottenere maggiori informazioni è bene rivolgersi, prima della partenza presso: - Centri di orientamento della propria Università; - l’Istituto o l’Università straniera presso la quale si intende proseguire gli studi; - NARIC (Centri Nazionali di Informazione sul Riconoscimento dei Diplomi) nel proprio Paese e all’estero; - CIMEA (Centro di Informazione sulla Mobilità e Equivalenze Accademiche) - Viale Ventuno Aprile, 36 - 00162 Roma - tel. 06.86.321.281 - Il centro è la sede italiana della rete NARIC. 2. PROGRAMMI DI STUDIO ALL’ESTERO PER STUDENTI Per gli studenti universitari che intendono realizzare un’esperienza di studio all’estero, il programma comunitario Socrates-Erasmus consente principalmente lo scambio di studenti tra i diversi Istituti europei d’istruzione superiore che parteci- pano al progetto. Per diventare studenti Erasmus è necessario avere i seguenti requisiti: - si deve essere iscritti a un corso di studi ufficiale di livello universitario che conduca a una laurea; - bisogna aver completato almeno il primo anno di corso. Per avere maggiori informazioni è utile rivolgersi all’Ufficio per le Relazioni Internazionali dell’Ateneo di appartenenza o di un altro Istituto di studi superiori; in tal modo sarà possibile conoscere presso quali Università poter studiare, quali i criteri e i termini per presentare la domanda. Per ulteriori informazioni consultare il seguente sito internet: http://ec.europa.eu/education/programmes/socrates/erasmus/erasmus_it.html 130 1) Il Programma Socrates Socrates è il Programma di cooperazione europea nel campo dell’istruzione che riguarda circa 30 Paesi. L’obiettivo prioritario è la costruzione di un’Europa della conoscenza che sappia affrontare le sfide poste dai cambiamenti. Socrates, at- traverso le principali azioni – Erasmus, Comenius – contribuisce al finanziamento di programmi di scambio di studenti, allo sviluppo di parternariati, alla formazione professionale ed all’apprendimento linguistico. Incoraggia, inoltre, la mobilità inte- reuropea e l’innovazione. L’Agenzia Nazionale Socrates/Erasmus - Italia ha sede a Roma presso il Mini- stero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica (MURST) - Diparti- mento per l’Autonomia Universitaria e gli Studenti - Ufficio V. Sito: http://www.socrates.murst.it/institutions.htm 2) Il Programma Comenius Comenius è il Programma dell’Unione europea per la promozione della forma- zione ed educazione prescolastiche, della scuola primaria e secondaria, indirizzato agli studenti, ai formatori, nonché alle autorità locali ed alle associazioni private e governative al fine di migliorare la qualità dell’insegnamento, rafforzarne la dimen- sione europea e favorire lo sviluppo delle conoscenze linguistiche. Il sostegno a tali iniziative viene offerto tramite borse di studio, programmi di formazione e lo svi- luppo di networks di educazione scolastica. Programma comunitario nel campo del- l’apprendimento permanente: sottoprogramma Comenius dedicato all’istruzione scolastica nel suo complesso, dal livello prescolare fino alla scuola media superiore. Obiettivi - Sviluppare, tra i giovani e il personale docente, la conoscenza e la compren- sione della diversità culturale e linguistica europea e del suo valore; - aiutare i giovani ad acquisire le competenze di base necessarie per la vita e le competenze necessarie ai fini dello sviluppo personale, della successiva occupazione e della cittadinanza europea attiva. Obiettivi specifici: - Migliorare la qualità e incrementare la mobilità di allievi e insegnanti nei vari Stati membri; - Migliorare la qualità e incrementare i partenariati tra istituti scolastici di vari Stati membri, in modo da coinvolgere in attività educative congiunte almeno 3 milioni di allievi nel corso della durata del programma; - Incoraggiare l’apprendimento delle lingue straniere; - Promuovere lo sviluppo, nel campo dell’apprendimento permanente, di con- tenuti, servizi, soluzioni pedagogiche e prassi innovativi basati sulle TIC; 131 - Migliorare la qualità e la dimensione europea della formazione degli inse- gnanti; - Migliorare le metodologie pedagogiche e la gestione degli istituti scolastici. Azioni: a) Mobilità transnazionale delle persone coinvolte nell’istruzione scolastica: - scambi di allievi e di personale; - mobilità scolastica degli allievi e tirocini presso istituti scolastici o imprese per il personale docente; - partecipazione di insegnanti e di altro personale docente a corsi di forma- zione; - visite di studio e di preparazione connesse alle attività di mobilità, partena- riato, progetto o rete; - assistentati per insegnanti e potenziali insegnanti. b) Partenariati bilaterali e multilaterali tra: - scuole, finalizzati allo sviluppo di progetti di apprendimento comuni per gli allievi e i loro insegnanti (partenariati scolastici Comenius); - organizzazioni responsabili dell’istruzione scolastica, al fine di stimolare la cooperazione interregionale compresa quella fra regioni frontaliere (partena- riati Comenius-Regio). c) Progetti multilaterali, in particolare progetti finalizzati a: - sviluppare, promuovere e diffondere le migliori prassi nel settore dell’istru- zione, incluso nuovi metodi o materiali didattici; - acquisire o scambiare esperienze su sistemi di informazione o di orienta- mento; - elaborare, promuovere e diffondere nuovi corsi o nuovi contenuti didattici per la formazione degli insegnanti. d) Reti multilaterali, in particolare reti finalizzate a: - sviluppare l’istruzione nella disciplina o nel settore tematico di attività della rete, a beneficio della rete stessa e più in generale dell’istruzione; - acquisire e diffondere le buone prassi e l’innovazione pertinenti; - fornire un sostegno, in termini di contenuti, a progetti e partenariati realizzati da altri soggetti; - promuovere l’analisi dei bisogni e delle sue applicazioni pratiche nell’am- bito dell’istruzione scolastica. e) Altre iniziative volte a promuovere gli obiettivi del sottoprogramma (Misure di accompagnamento) 132 Beneficiari - Allievi dell’istruzione scolastica fino al termine degli studi secondari supe- riori; - istituti scolastici indicati dagli Stati membri; - personale docente e altro personale di tali istituti scolastici; associazioni, or- ganizzazioni senza scopo di lucro; - ONG e rappresentanti dei soggetti coinvolti nell’istruzione scolastica; - persone e organismi responsabili dell’organizzazione e dell’erogazione del- l’istruzione a livello locale; - regionale e nazionale; - centri e istituti di ricerca che si occupano delle tematiche dell’apprendimento permanente; - istituti di istruzione superiore; - organismi che forniscono servizi di orientamento, consulenza e informazione. Come partecipare Il programma è attuato attraverso il lancio di bandi di gara pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee. La presentazione e valutazione dei progetti, in base alle azioni, avviene ad opera: - degli Stati membri coadiuvati da strutture di gestione del programma (Agenzie nazionali) designate dagli Stati membri stessi; - della Commissione europea. Contatti COMMISSIONE EUROPEA DG Istruzione e Cultura Education Audiovisual & Culture Executive Agency Avenue du Bourget 1 BOUR BE-1140 Brussels 3) Il Programma ERASMUS Erasmus è un Programma dell’Unione europea per la promozione degli scambi di studenti tra le università dei Paesi membri. Le borse di studio dell’Unione co- prono soltanto una parte dei costi, ma gli studenti non devono pagare le tasse di iscrizione all’università ospitante, mentre i corsi seguiti sono generalmente ricono- sciuti dall’università di origine. Inoltre, Erasmus promuove lo sviluppo di pro- grammi di studio, collegamenti tra le università europee, corsi di lingua e pro- grammi intensivi. Al programma Erasmus partecipano anche gli Stati non membri 133 dell’Unione europea: tre Paesi membri dello Spazio economico europeo (Islanda, Liechtenstein e Norvegia), i dieci Paesi dell’Europa centro-orientale candidati al- l’adesione, Cipro e Malta. Descrizione Programma comunitario nel campo dell’apprendimento permanente: sottopro- gramma Erasmus dedicato all’istruzione universitaria e all’istruzione e formazione professionale di terzo livello. Obiettivi - Sostenere la realizzazione di uno spazio europeo dell’istruzione superiore; - Rafforzare il contributo fornito al processo di innovazione dall’istruzione su- periore e dall’istruzione professionale avanzata. Obiettivi operativi del sottoprogramma: - Migliorare la qualità e incrementare la mobilità di studenti e docenti in tutta Europa, affinché entro il 2013 almeno tre milioni di persone abbiano preso parte ad attività di mobilità studentesca; - Migliorare la qualità e incrementare la cooperazione multilaterale tra gli isti- tuti di istruzione superiore in Europa; - Accrescere il livello di trasparenza e compatibilità tra le qualifiche dell’istru- zione superiore e dell’istruzione professionale avanzata conseguite in Europa; - Migliorare la qualità e incrementare la cooperazione tra istituti di istruzione superiore e imprese; - Favorire lo sviluppo e il trasferimento di prassi innovative nell’istruzione e nella formazione di terzo livello; - Promuovere lo sviluppo, nel campo dell’apprendimento permanente, di con- tenuti, servizi, soluzioni pedagogiche e prassi innovativi basati sulle TIC. Azioni a) Mobilità transnazionale delle persone coinvolte nell’istruzione universitaria e nell’istruzione e formazione professionale di terzo livello: - mobilità degli studenti, a fini di studio o formativi, presso istituti di istru- zione superiore degli Stati membri, nonché tirocini presso imprese, centri di formazione, centri di ricerca o altre organizzazioni; - mobilità dei docenti degli istituti di istruzione superiore, finalizzata all’inse- gnamento o alla propria formazione, presso un istituto partner all’estero; - mobilità di altro personale degli istituti di istruzione superiore, nonché di personale di aziende per attività di formazione o insegnamento; - programmi intensivi Erasmus organizzati su base multilaterale. 134 b) Progetti multilaterali dedicati all’innovazione, alla sperimentazione e allo scambio di buone prassi nei settori oggetto degli obiettivi del sottoprogramma. c) Reti multilaterali, gestite da consorzi di istituti di istruzione superiore e aventi natura monodisciplinare o interdisciplinare, finalizzate allo sviluppo di nuovi approcci di apprendimento e di nuove competenze (Reti tematiche Erasmus). d) Iniziative volte a promuovere gli obiettivi del sottoprogramma (Misure di ac- compagnamento). Beneficiari - Studenti e persone in formazione che seguono un qualsiasi tipo di istruzione e formazione terziaria; - istituti di istruzione superiore indicati dagli Stati membri; - personale docente, formatori e altro personale di tali istituti; - associazioni e rappresentanti dei soggetti coinvolti nell’istruzione superiore, comprese le pertinenti associazioni degli studenti, delle università e degli in- segnanti/formatori; - imprese, parti sociali e rappresentanti del mondo del lavoro; - organismi pubblici e privati, comprese le organizzazioni senza scopo di lucro e le ONG, responsabili dell’organizzazione e dell’erogazione dell’i- struzione e della formazione a livello locale, regionale e nazionale; - centri e istituti di ricerca che si occupano delle tematiche dell’apprendimento permanente; - organismi che forniscono servizi di orientamento, consulenza e informazione relativi a qualsivoglia aspetto dell’apprendimento permanente. Come partecipare Per la mobilità transnazionale (azione A) le proposte devono essere presentate all’Agenzia nazionale e vengono da queste selezionate. Per le altre azioni indicate le proposte vanno presentate e poi selezionate direttamente dalla Commissione UE. Contatti COMMISSIONE EUROPEA - Direzione Generale Istruzione e Cultura Education Audiovisual & Culture Executive Agency Avenue du Bourget 1 BOUR BE-1140 Brussels 135 3. OPPORTUNITÀ DI TIROCINI PER GLI STUDENTI (LEONARDO DA VINCI) Coloro che invece desiderassero svolgere un tirocinio all’estero, il Programma Leonardo Da Vinci (alla sezione mobilità) è quello che fa per loro. I tirocinanti pos- sono essere accolti in centri di formazione professionale o aziende interessate alla formazione professionale. La partecipazione al programma Leonardo da Vinci è possibile solo se l’università di appartenenza ha aderito al programma. Per ulteriori informazioni puoi consultare il seguente sito internet: http://ec.europa.eu/education/programmes/leonardo/new/leonardo2_en.html 4. OPPORTUNITÀ DI TIROCINI PER GLI ALLIEVI DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE Anche a coloro che partecipano a corsi di formazione iniziale, ai giovani lavo- ratori, alle persone in cerca di lavoro o neolaureati, il programma Leonardo da Vinci offre la possibilità di svolgere tirocini presso aziende o organismi di forma- zione. Tuttavia è possibile partecipare, solo se l’organismo di formazione di appar- tenenza aderisce al programma. Per ricevere informazioni dettagliate è possibile contattare l’Ufficio per le Relazioni Internazionali dell’istituto di appartenenza. Gli indirizzi delle Agenzie Nazionali sono consultabili al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/education/programmes/leonardo/new/leonardo2/nalist2_en.html. 1) Il Programma “Leonardo Da Vinci” È il Programma europeo concepito per la formazione professionale continua, attraverso la cooperazione transnazionale fra le scuole, le università e le imprese dell’UE per lo scambio di studenti e la nascita di occasioni nuove di formazione in azienda. Tutto ciò, al fine di sviluppare nuove competenze, garantire una forma- zione permanente e periodi di apprendistato in altri Paesi dell’Unione. Il sistema di scambi è principalmente indirizzato a studenti di discipline tecniche o neodiplomati che vogliano acquisire esperienza pratica ed imparare bene un’altra lingua dell’U- nione con un tirocinio della durata compresa fra tre mesi e un anno presso un’im- presa partner. Leonardo da Vinci promuove tutte quelle iniziative transnazionali in- novative per sviluppare le conoscenze, le attitudini e le capacità necessarie per l’integrazione nella vita lavorativa e per promuovere il pieno esercizio del diritto di Cittadinanza europea introdotto dal Trattato di Amsterdam. Obiettivi - Sostenere coloro che partecipano ad attività di formazione e formazione con- tinua nell’acquisizione e utilizzazione di conoscenze, competenze e quali- 136 fiche per facilitare lo sviluppo personale, l’occupazione e la partecipazione al mercato del lavoro europeo; - sostenere il miglioramento della qualità e l’innovazione nei sistemi, negli istituti e nelle prassi di istruzione e formazione professionale; - incrementare l’attrattiva dell’istruzione e della formazione professionale e della mobilità per datori di lavoro e singoli ed agevolare la mobilità delle persone in formazione che lavorano. Obiettivi operativi del sottoprogramma: - Migliorare la qualità e incrementare la mobilità, in tutta Europa, delle per- sone coinvolte nell’istruzione e formazione professionale iniziali e nella for- mazione continua, in modo che, entro il 2013, aumentino i tirocini in azienda raggiungendo almeno 80.000 unità l’anno; - migliorare la qualità e incrementare la cooperazione tra istituti o organizza- zioni che offrono opportunità di apprendimento, imprese, parti sociali e altri organismi pertinenti in tutta Europa; - agevolare lo sviluppo e il trasferimento di prassi innovative nel settore dell’i- struzione e formazione professionale non di terzo livello; - migliorare la trasparenza e il riconoscimento delle qualifiche e delle compe- tenze, incluse quelle acquisite attraverso l’apprendimento non formale e in- formale; - incoraggiare l’apprendimento delle lingue straniere; - promuovere lo sviluppo, nel campo dell’apprendimento permanente, di con- tenuti, servizi, soluzioni pedagogiche e prassi innovativi basati sulle TIC. Azioni a) Mobilità transnazionale delle persone coinvolte nell’istruzione e forma- zione professionale, escluso quelle di terzo livello: - tirocini transnazionali presso imprese o istituti di formazione; - tirocini e scambi finalizzati allo sviluppo professionale dei formatori e dei consulenti di orientamento, nonché dei responsabili degli istituti di formazione e della programmazione della formazione e dell’orientamento professionale all’interno delle imprese; b) Partenariati bilaterali e multilaterali incentrati su temi di interesse comune per le organizzazioni partecipanti; c) Progetti multilaterali, in particolare progetti volti a migliorare i sistemi di formazione attraverso il trasferimento dell’innovazione, adattando alle esi- genze nazionali (sotto i profili linguistico, culturale e giuridico) i prodotti e i processi innovativi sviluppati in contesti diversi; d) Progetti multilaterali volti a migliorare i sistemi di formazione attraverso lo sviluppo dell’innovazione e delle buone prassi; 137 e) Reti multilaterali di esperti e organizzazioni che si occupano di temi speci- fici connessi all’istruzione e alla formazione professionale (Reti tematiche); f) Iniziative volte a promuovere gli obiettivi del sottoprogramma (Misure di accompagnamento). Beneficiari - coloro che seguono un qualsiasi tipo di istruzione e formazione professiona- le eccettuato il terzo livello; - persone presenti sul mercato del lavoro; - istituzioni od organizzazioni che forniscono opportunità di sapere nei settori contemplati dal programma Leonardo da Vinci; - personale docente, formatori e altro personale operante presso tali istituzioni o organizzazioni; - associazioni rappresentanti dei soggetti coinvolti nell’istruzione e formazio- ne professionale, comprese le associazioni delle persone in formazione, dei genitori e degli insegnanti; - imprese, parti sociali e rappresentanti del mondo del lavoro, comprese le ca- mere di commercio e altre organizzazioni professionali; - organismi che forniscono servizi di orientamento, consulenza e informazione connessi a qualsiasi aspetto dell’apprendimento permanente; - persone e organismi responsabili, a livello locale, regionale e nazionale, dei sistemi e delle politiche riguardanti qualsiasi aspetto dell’istruzione e forma- zione professionale; - centri e istituti di ricerca che si occupano delle tematiche dell’apprendimento permanente; - istituti di istruzione superiore; - organismi senza scopo di lucro, organismi di volontariato e ONG. Come partecipare Le proposte di progetto relative alle azioni di cui ai punti a) e b) devono essere presentate all’Agenzia nazionale e vengono da questa selezionate. Per i progetti re- lativi all’azione c), le proposte vanno presentate all’Agenzia nazionale, ma la sele- zione dei progetti da finanziare viene effettuata dalla Commissione UE sulla base di una rosa ristretta di proposte presentata alla Commissione stessa dall’Agenzia na- zionale. Per le altre azioni indicate, invece, le proposte di progetto vanno presentate e sono selezionate dalla Commissione UE. CONTATTI ISFOL ISTANZA NAZIONALE DI COORDINAMENTO Via G.B. Morgagni 30/E 00161 ROMA Tel 06.44.59.01 - Fax 06.44.59.04.75 sito: www.programmaleonardo.net - e-mail: leoproject@isfol.it 138 2) La documentazione dei percorsi formativi all’estero Il dispositivo Europass Mobility, entrato in vigore dal 1° gennaio 2005, sosti- tuendo Europass formazione, documenta i percorsi europei di formazione e confe- risce trasparenza e visibilità all’esperienza maturata all’estero. Per “percorso europeo di formazione” s’intende qualsiasi periodo di forma- zione professionale che una persona in formazione in alternanza effettua in un altro Stato membro della UE o un paese EFTA/SEE, nel quadro della propria formazione e rispettando alcuni criteri di qualità. Obiettivi del programma sono: - promuovere la mobilità ai fini dell’apprendimento in Europa, rendendo così più riconoscibili i suoi risultati; - aumentare la trasparenza e la visibilità dei percorsi europei di mobilità, valo- rizzando le conoscenze e le competenze acquisite; - incoraggiare il riconoscimento delle esperienze effettuate all’estero. Per inoltrare la domanda è necessario rivolgersi a un’organizzazione che pre- senterà la domanda a suo nome. Ogni organizzazione che predispone un percorso di mobilità in un Paese dell’UE o EFTA/SEE può presentare una domanda Euro- pass Mobility per i beneficiari dei percorsi formativi. Per ottenere il dispositivo Eu- ropass Mobility è necessario rivolgersi al Punto di Contatto Nazionale del Paese di Origine. Per l’Italia è consigliabile consultare il sito: www.europass-italia.it oppure il sito http://europass.cedefop.europa.eu/. 5. SERVIZIO VOLONTARIO, SCAMBI MULTILATERALI E ALTRE INIZIATIVE DI ORGANIZ- ZAZIONI GIOVANILI L’Unione europea sostiene le opportunità di educazione informale per i gio- vani attraverso il volontariato transnazionale. Gli obiettivi principali di tali azioni sono essenzialmente: - offrire ai giovani un’esperienza di apprendimento interculturale in contesti informali che promuova la loro integrazione sociale e partecipazione attiva, ne favorisca l’idoneità all’occupazione e dia loro modo di esprimere solida- rietà verso altri individui; - dare sostegno allo sviluppo delle comunità locali; - favorire l’istituzione di nuovi partenariati e lo scambio di esperienze di buone prassi tra i partecipanti. 139 Un progetto del Servizio volontario europeo consente di svolgere attività di volontariato in un paese straniero per un periodo di tempo limitato, normalmente compreso tra 6 e 12 mesi. Possono partecipare al programma i giovani di età com- presa, tra i 18 e i 25 anni, legalmente residenti in uno dei paesi ammissibili. I volontari dedicano il loro tempo ad un progetto a favore della comunità lo- cale; tali attività possono, ad esempio, riguardare il settore dell’ambiente, delle arti e della cultura, rivolgersi a bambini, giovani o anziani, o interessare il patrimonio culturale, gli sport e il tempo libero. In cambio, hanno l’opportunità di mettere in pratica le loro competenze, di acquisire un bagaglio di conoscenze sociali e cultu- rali e di orientarsi per il futuro. Ogni progetto prevede tre partner: - il volontario; - l’organizzazione d’invio; - l’organizzazione di accoglienza. Tali attività presentano le seguenti caratteristiche: - si realizzano in un paese diverso da quello in cui il volontario risiede; - non hanno fine di lucro e non sono retribuite, anche se il volontario riceve vitto, alloggio e una piccola indennità dall’organizzazione di accoglienza; - non sostituiscono attività lavorative; - hanno una durata limitata nel tempo (fino a 12 mesi). Per qualunque informazione, è utile contattare la Agenzia Nazionale del Pro- gramma Gioventù: http://ec.europa.eu/youth/program/natage_en.html oppure il seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/youth/index_en.html Il Programma “Gioventù In Azione” Il programma “Gioventù In Azione” si rivolge ai giovani tra i 15 e i 25 anni di età. Esso rappresenta uno strumento chiave per offrire ai giovani opportunità di ap- prendimento non formale ed informale con una dimensione europea. Prevede un servizio volontario europeo e la cooperazione europea tra organiz- zazioni giovanili, autorità locali e responsabili dei progetti. Ai giovani europei viene offerta la possibilità di ampliare i propri orizzonti e sviluppare il proprio spi- rito di iniziativa, oltre che di conoscere gli altri Paesi dell’Unione europea, attra- verso lo sviluppo di progetti professionali. 140 Obiettivi Gli obiettivi generali del programma sono i seguenti: - promuovere la cittadinanza attiva dei giovani, in generale, e la loro cittadi- nanza europea in particolare; - sviluppare la solidarietà e promuovere la tolleranza tra i giovani, in partico- lare per rafforzare la coesione sociale dell’Unione europea; - rafforzare la comprensione reciproca tra i giovani di diversi paesi; - contribuire allo sviluppo della qualità dei sistemi di sostegno alle attività dei giovani ed allo sviluppo della capacità delle organizzazioni della società ci- vile nel settore della gioventù; promuovere la cooperazione europea in ma- teria di gioventù. Soggetto attuatore La responsabilità ultima del funzionamento del programma “Gioventù In Azione” spetta alla Commissione europea, che ne gestisce il bilancio e ne definisce costantemente le priorità, gli obiettivi e i criteri. Inoltre essa ne guida e controlla l’attuazione generale, le azioni follow-up e la valutazione. Alla Commissione Europea spetta, inoltre, la responsabilità generale del coor- dinamento delle Agenzie Nazionali del programma “Gioventù In Azione”, ossia gli uffici designati e istituiti dalle Autorità nazionali competenti per le questioni rela- tive alla gioventù in ciascun paese del programma. La Commissione europea co- opera strettamente con le Agenzie nazionali e ne sorveglia le attività. L’attuazione del programma “Gioventù In Azione” è in massima parte decen- trata: ciascuno dei Paesi che partecipano al programma ha nominato un’Agenzia nazionale che promuove e realizza il programma a livello nazionale e funge da tra- mite tra la Commissione europea, i promotori del progetto a livello nazionale, re- gionale e locale, ed i giovani stessi. Requisiti dei partecipanti Il programma “Gioventù In Azione” si rivolge ai giovani di età compresa tra 13 e 30 anni, residenti in uno dei paesi partecipanti al programma o, a seconda della natura dell’azione, in uno dei paesi partner, nonché ad altri soggetti del settore giovanile e dell’istruzione non formale. Il programma è aperto a tutti i giovani indi- pendentemente dal loro livello d’istruzione e bagaglio socioculturale. I limiti d’età applicabili a ciascuna delle azioni sono precisati nella tavola qui sotto. 141 Le azioni del programma Azione 1 - Gioventù per l’Europa. L’azione 1 sostiene le seguenti misure: 1.1. Scambi di giovani sulla base di un tema di interesse comune. 1.2. Iniziative per i giovani accompagnati da un animatore giovanile o da un coach (consulente-accompagnatore). 1.3. Progetti su: giovani e democrazia, comunità locale, regionale o nazionale nonché a livello internazionale. Azione 2 - Servizio volontario europeo Azione 3 - Gioventù nel mondo 3.1. Cooperazione con i paesi limitrofi all’Unione europea. 3.2. Cooperazione con altri paesi nel mondo. 3.3. Reti di organizzazioni giovanili. Azione 4 - Strutture di sostegno per i giovani L’azione 4 è suddivisa in otto azioni secondarie: 4.1. Sostegno alle organizzazioni giovanili operanti a livello europeo nel set- tore della gioventù. 4.2. Sostegno al forum europeo della gioventù. 4.3. Formazione e messa in rete degli operatori dell’animazione giovanile e delle organizzazioni giovanili. 4.4. Progetti volti a stimolare l’innovazione e la qualità. 4.5. Azioni d’informazione rivolte ai giovani e a coloro che sono attivi nell’a- nimazione giovanile e nelle organizzazioni giovanili. 142 4.6. Partnership. 4.7. Sostegno alle strutture del programma. 4.8. Valorizzazione. Azione 5 - Sostegno alla cooperazione europea nel settore della gioventù 5.1. Incontri di giovani e di responsabili delle politiche per la gioventù. Questa misura sostiene la cooperazione, i seminari ed il dialogo strutturato tra i giovani, coloro che sono attivi nell’animazione giovanile ed i responsabili della politica per la gioventù. Le attività comprendono le conferenze organiz- zate dalle presidenze dell’Unione europea e la settimana europea della gio- ventù. 5.2. Sostegno ad attività volte a migliorare la conoscenza del settore della gio- ventù. 5.3. Cooperazione con organizzazioni internazionali. Questa azione serve a sostenere la cooperazione dell’Unione europea con orga- nizzazioni intergovernative internazionali competenti in materia di gioventù, in particolare il Consiglio d’Europa e l’Organizzazione delle Nazioni Unite o le sue istituzioni specializzate. 143 Indirizzi delle istituzioni Commissione Europea Uffici di rappresentanza in Italia Via Poli, 29 I-00187 Roma Tel.: 06.69.99.91 Fax: 06.67.91.658 - 06.67.93.652 Corso Magenta, 59 I-20123 Milano Tel.: 02.48.01.25.05 - Fax: 02.48.18.543 Parlamento Europeo Ufficio di rappresentanza in Italia Via IV Novembre 149 I-00187-Roma Tel.: 06.699.50.1 - Fax: 06.699.50.200 Mediatore Europeo 1, Av. du Prés. R. Schuman BP 403 F-67001 Strasbourg-cedex Tel.:+33.388.17.40.01 - Fax. +33.388.17.90.62 Spazio Economico Europeo Segretariato AELE 74 Rue de Trêves B-1040 Bruxelles Tel.: +32.2.286.17.11 - Fax: +32.2.286.17.50 Ministero della Pubblica Istruzione (SOCRATES - settore scolastico) Viale Trastevere, 76/A I-00153 Roma Tel.: 06.58.491 CIMEA Centro informazione sulla mobilità ed equivalenze accademiche (NARIC) Viale XXI Aprile, 36 I-00162 Roma Tel.: 06.86.20.88.83 - Fax: 06.86.32.28.45 ISFOL - Istituto per lo Sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (LEONARDO DA VINCI) Via G.B. Morgagni, 33 I-00161 Roma Tel.: 06.44.59.01 - Fax: 06.44.29.18.71 144 ANAB: Agenzia nazionale per l’amministrazione delle Borse (ERASMUS) Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica - Dipartimento Relazioni Internazionali Piazzale Kennedy 20 I-00144 Roma Tel.: 06.59.912.099 - 06.59.912.639 - Fax: 06.59.912.722 Biblioteca di documentazione pedagogica (EURYDICE e COMENIUS) Via M. Buonarroti, 10 I-50122 Firenze Tel.: 055.23.80.325/.384 (Eurydice) - 055.23.80.308 (Comenius) Fax: 055.24.2884 Indirizzi utili per i percorsi scolastici CENTRO INTERNAZIONALE DI INFORMAZIONE SULL’ISTRUZIONE “InterEdu - Studiare in Europa” è un portale dell’istruzione superiore, che offre informazioni e consigli utili a chi decide di studiare in Europa: profili dei paesi, università, orientamento profes- sionale, ricerca di Master in Business Administration e forum di discussione con altri studenti. http://www.interedu.com ENIC-NARIC.NET Per conoscere le modalità di riconoscimento dei titoli accademici e professionali e reperire infor- mazioni sulle questioni di attualità in campo accademico internazionale, in materia di mobilità professionale e sulle procedure per il riconoscimento delle proprie qualifiche all’estero. http://www.enic-naric.net EUROEDUCATION Guida ai sistemi educativi dei paesi europei, dall’Albania alla Iugoslavia. Un ricco archivio di informazioni concepito per aiutare laureati di primo e di secondo livello a scegliere tra un’ampia gamma di corsi accademici e di specializzazione. http://www.euroeducation.net HOBSONS: RISORSE PER L’ISTRUZIONE Una ricca fonte di informazioni sulle opportunità di studio in tutto il mondo. Alla pagina “Study Europe”, è possibile consultare dati relativi a corsi, programmi internazionali e scuole di lingue. Sono anche disponibili informazioni su vari istituti di istruzione superiore in Europa. http://www.hobsons.com ISTRUZIONE E FORMAZIONE A LIVELLO EUROPEO Un sito per avere una panoramica sulle attività della Commissione europea nel campo dell’istru- zione e della formazione: informazioni sui vari programmi e sulla capitale europea della cultura, notizie e novità a livello europeo. http://ec.europa.eu/education/index_en.html 145 UNESCO Una ricca fonte di informazioni concernenti i sistemi educativi in tutto il mondo, le opportunità di studio all’estero e una grande varietà di progetti in materia di istruzione. Una via d’accesso alle reti per l’apprendimento in tutto il Mondo. http://portal.unesco.org/education/en/ev.php-URL_ID=42332&URL_DO=DO_TOPIC&U BRITISH COUNCIL Un elenco di collegamenti utili agli scambi tra scuole. http://www.britishcouncil.org/lithuania-education-study-in-the-uk-exchanges EFIL - Federazione europea per l’apprendimento interculturale Informazioni sui programmi di scambio a breve e lungo termine, che consentono a studenti della scuola secondaria di frequentare scuole in un altro paese e di soggiornare presso una famiglia. http://efil.afs.org/pro/mp_school.html EURYDICE Una banca dati per informarsi sugli ordinamenti scolastici in vigore nell’UE e in altri paesi eu- ropei. Le informazioni sui singoli paesi sono disponibili in inglese e nella rispettiva lingua na- zionale. http://www.eurydice.org/portal/page/portal/Eurydice PLOTEUS: IL PORTALE DELLE OPPORTUNITÀ DI APPRENDIMENTO NELLO SPAZIO EUROPEO Una banca dati per reperire utili informazioni sui livelli primario e secondario dei sistemi d’istruzione dei vari paesi europei, con la possibilità, nella sezione dedicata agli ordinamenti scolastici, di trovare una scuola nel paese in cui si intende andare a studiare. http://ec.europa.eu/ploteus/portal/ SCAMBI TRA SCUOLE Un elenco di collegamenti ai siti delle reti europee che offrono l’opportunità di effettuare scambi tra scuole. http://www.educnet.education.fr/eng/inter/echanges.htm#echanges Indirizzi utili per il lavoro EVTA - Associazione europea per la formazione professionale Per consultare una mappa interattiva dei centri di formazione aderenti all’Associazione presenti in tutta Europa. http://www.evta.net/main/index.asp# EUROGUIDANCE Una rete che promuove attivamente la mobilità entro l’Europa, rivolta in particolare alle persone che hanno già intrapreso un percorso di formazione professionale o di apprendimento lungo l’arco della vita. Individuate i servizi di orientamento più adatti alle vostre esigenze, cercate il Centro risorse nazionale per l’orientamento del programma Leonardo da Vinci del vostro paese e scoprirete una gran quantità di utili informazioni e collegamenti. http://www.euroguidance.org.uk/english/main.htm 146 EUROPASS - FORMAZIONE Volete veder riconosciute le competenze acquisite nel corso di esperienze di formazione in alter- nanza o di lavoro all’estero? Provate Europass! Un’iniziativa concepita per garantire il ricono- scimento delle competenze da parte dei centri di formazione e dei datori di lavoro in tutta Europa. http://ec.europa.eu/education/programmes/europass/index_en.html FORMAZIONE PROFESSIONALE ONLINE Volete svolgere un’attività di formazione utilizzando il vostro tempo libero? Questo sito presenta un elenco di vari enti che offrono corsi di formazione professionale e programmi di certifica- zione online, per consentirvi di scegliere l’opportunità adatta alle vostre esigenze. http://www.worldwidelearn.com/vocational-training.htm SCUOLE DI FORMAZIONE TECNICA Se siete interessati a fruire di attività di formazione tecnica online, questo sito vi indicherà come accedere a scuole tecniche online, ai corsi per ottenere diplomi tecnici e alle attività di forma- zione tecnica online. http://www.votechschools.org/online-tech.html YOUTH@EUROPEANTRAININGVILLAGE State cercando informazioni sulla formazione e l’istruzione professionale, ad esempio in materia di mobilità, innovazione e progetti di formazione per i giovani con un’insufficiente qualifica- zione operativa? Il sito vi indirizzerà ai principali studi, alle statistiche e alle relazioni pertinenti in materia di istruzione e formazione professionale. http://www.trainingvillage.gr/etv/Youth_at_ETV Indirizzi utili per l’apprendimento delle lingue BBC per principianti Volete andare all’estero e non sapete una parola della lingua del paese prescelto? La BBC vi offre una serie di ottimi corsi on line per principianti. Disponibili anche materiali audio e video. http://www.bbc.co.uk/languages/index.shtml Centro europeo di lingue moderne Collegamenti a forum di discussione sull’apprendimento delle lingue e a banche dati interattive. Per scoprire che le competenze comunicative e interculturali possono rivelarsi di grande utilità nell’apprendimento delle lingue straniere. http://www.ecml.at/interactive/pforums.asp Corsi interculturali di lingue Volete impegnarvi di più in un lavoro rivolto ai giovani a livello internazionale e volete miglio- rare sia le vostre competenze linguistiche che quelle comunicative? Partecipate ai corsi specifi- camente progettati e destinati a chi lavora con i giovani, nei quali l’apprendimento delle lingue si accompagna a quello delle competenze interculturali. http://www.coe.int/T/E/Cultural_Co-operation/Youth/3._Activities/language.a 147 Il portale Lingue di Europa. Questo portale è la via di accesso ad una miniera di informazioni sulle lingue dell’Unione eu- ropea. Le informazioni contenute in questo portale sono divise per argomenti. Scegli l’argomento che ti interessa nel menù di sinistra: diversità linguistica, apprendimento delle lingue, insegnamento delle lingue, traduzione, interpretazione e tecnologia linguistica. http://europa.eu/languages/ Imparare le lingue in Europa Perché imparare le lingue? Questo sito vi aiuta a scoprire quanto è utile conoscere una lingua straniera nel mondo odierno e intende agevolare il processo di apprendimento, consentendovi di conoscere le attività dell’Unione europea nel campo dell’insegnamento e dell’apprendimento delle lingue. http://europa.eu.int/comm/education/policies/lang/learn/index_en.html Lingu@net-Europa Opportunità di apprendimento delle lingue in tutta Europa. Selezionate la voce “materiali di in- segnamento e apprendimento” (Teaching and Learning Materials) nel menu collocato sul lato si- nistro della pagine e poi scegliete la lingua di destinazione tra olandese, inglese, francese, te- desco, italiano, spagnolo e molte altre. http://www.linguanet-europa.org/plus/welcome.htm 149 Capitolo ottavo Lavorare nell’U.E. Le opportunità e gli indirizzi Un’esperienza lavorativa all’estero è sicuramente un’opportunità professionale e formativa di grande valore, perché consente non solo di arricchire il curriculum e di accrescere le proprie competenze (soprattutto linguistiche), ma anche di realiz- zare un’importante esperienza di vita. Come ogni scelta importante, però, comporta delle difficoltà iniziali e, soprat- tutto, una riflessione su alcuni aspetti di particolare rilevanza, quali ad esempio le proprie aspirazioni personali, sia in ambito lavorativo che formativo, l’effettiva vo- lontà di soggiornare all’estero per un periodo più o meno lungo e di affrontare le difficoltà di inserimento in un Paese straniero, il livello di padronanza della lingua del Paese ospitante. È importante, inoltre, chiarirsi sul tipo di esperienza che si intende realizzare; le possibilità sono diverse: - svolgere un lavoro stagionale che permetta di mantenersi temporaneamente all’estero, per apprendere una lingua straniera o migliorarne la conoscenza per fare un’esperienza di lavoro o, semplicemente, trascorrere in maniera di- versa le vacanze estive; - realizzare uno stage in azienda o, ad esempio, presso le Organizzazioni in- ternazionali, per completare la propria formazione professionale; - trovare lavoro con l’idea di trasferirsi in un altro Paese. È bene ricordare che oggi essere cittadini europei vuol dire potersi muovere li- beramente da un Paese all’altro per motivi di studio o di lavoro e che tutti i cittadini dell’Unione godono degli stessi diritti. Così è sancito nella “Carta Europea dei diritti dei lavoratori”, adottata il 9 dicembre 1989, nell’ambito del vertice di Strasburgo, dai Capi di Stato e di governo degli Stati membri. Tale documento che consta di un Preambolo e 54 articoli, relativi al complesso dei diritti politici, sociali, civili ed economici garantiti dall’Unione Europea ai suoi cittadini, sancisce i principi fondamentali (libera circolazione dei lavoratori, parità di trattamento tra uomini e donne, protezione sociale, tutela della salute e sicurezza nell’ambiente di lavoro, protezione dei bambini e degli adolescenti, anziani; libertà di associazione e negoziato collettivo, formazione professionale) che sorreggono il modello europeo del diritto al lavoro, finalizzato a realizzare – come si legge nel preambolo del Trattato – “il progresso economico e sociale” degli Stati membri e il miglioramento costante delle condizioni di vita e di occupazione dei loro popoli”. 150 Così è sancito anche nel Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, con cui sono state dettate le “Disposizioni che modificano il Trattato istitutivo della Comu- nità economica europea” che ha ribadito il principio di libertà di circolazione dei lavoratori all’interno dei Paesi membri. Tutti i cittadini dell’Unione Europea, dunque, godono degli stessi diritti: in particolare, ciascun lavoratore europeo è libero di andare a vivere e di lavorare in un altro Stato membro, come lavoratore dipendente o autonomo, alle stesse condi- zioni dei lavoratori locali. Il diritto alla parità di trattamento, inoltre, garantisce al lavoratore comunitario le medesime garanzie relative alle condizioni di lavoro e di assunzione, previste per i cittadini del Paese ospitante: - iscrizione ai Servizi per l’impiego; - frequenza a tutti i corsi previsti dal sistema educativo e quelli di formazione professionale; - stessi benefici economici previsti per i disoccupati residenti; - regime di previdenza sociale di tale Paese (in questo caso, il lavoratore dovrà interrompere il versamento dei contributi nel suo Paese d’origine ed iniziare a versarli nel Paese ospitante); - medesimi diritti/doveri in materia di malattia, maternità, l’invalidità, pen- sione. 1. LE PROCEDURE D’INGRESSO DEI CITTADINI COMUNITARI NEI PAESI DELL’UNIONE EUROPEA Una volta scelto il Paese nel quale si intende realizzare la propria esperienza professionale, è necessario cominciare ad informarsi sulle formalità burocratiche necessarie per il trasferimento. È importante sapere che i cittadini della U.E. che cercano lavoro all’interno della Comunità hanno il diritto di entrare e di restare nel Paese prescelto per una durata massima di tre mesi. Per l’ingresso nel nuovo Paese è sufficiente il passa- porto o la carta d’identità in corso di validità. Chi abbia ottenuto un impiego di durata fra i tre mesi e un anno riceverà un documento di soggiorno valido per brevi periodi. La domanda di permesso di sog- giorno dovrà essere accompagnata da un documento di identità e da un certificato o un attestato del datore di lavoro. Per i minori di 18 anni è obbligatoria una dichiarazione dei genitori. Il docu- mento di soggiorno è valido all’interno del territorio del Paese di residenza per al- meno cinque anni ed è rinnovabile a richiesta. Ad un lavoratore autonomo che non debba stabilirsi, ma soltanto effettuare temporaneamente delle prestazioni di servizi, il permesso di soggiorno sarà ri- chiesto solo se la durata delle prestazioni supera i tre mesi. Il diritto di soggiorno è riconosciuto al lavoratore comunitario anche se esercita un’attività a tempo par- 151 ziale, remunerata. Se si rimane disoccupati per un periodo superiore ai 12 mesi, nel corso dei 5 anni di validità del primo permesso, questo verrà rinnovato e la sua va- lidità potrà essere limitata ad un periodo non superiore ad un anno. Per soggiornare più a lungo in un altro Stato membro dell’UE occorre richie- dere una carta di soggiorno presso la Questura o l’ufficio stranieri competente, entro trenta giorni dalla data di ingresso nel Paese di accoglienza. Non tutti gli Stati membri dell’UE, tuttavia, richiedono una carta di soggiorno e il diritto di residenza non dipende da tale carta. Si raccomanda, tuttavia, di farne richiesta poiché sarà necessario presentarla per formalità di base, quali l’apertura di un conto bancario come residente, l’acquisto di un’automobile ecc. Per ottenere un permesso di residenza per i familiari, verrà generalmente chie- sto di presentare documenti attestanti la parentela (certificato di matrimonio, ecc.). La carta di residenza verrà rilasciata su semplice presentazione di un docu- mento di identità (passaporto o carta d’identità) e di un documento attestante la condizione di lavoratore dipendente o autonomo. I pensionati dopo aver lavorato in un altro paese dell’UE, avranno il diritto di soggiornare nel Paese di accoglienza se possono dimostrare di essere coperti da un’assicurazione malattia e di disporre di risorse finanziarie sufficienti. Gli studenti dovranno dimostrare di disporre di risorse finanziarie sufficienti per studiare nel paese di accoglienza (presentando una dichiarazione o qualsiasi do- cumento alternativo perlomeno equipollente). Dovranno, inoltre, essere iscritti presso un istituto di insegnamento riconosciuto, allo scopo principale di seguirvi un corso di formazione ed essere titolari di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nel Paese di accoglienza. Le prove attestanti il possesso di sufficienti risorse finanziarie e di un’assicura- zione malattia devono comprendere tutti i familiari a carico. All’arrivo nel Paese d’accoglienza sarà necessario iscriversi presso il locale Istituto di sicurezza sociale per poter beneficiare di prestazioni sanitarie, presen- tando tutti i modelli pertinenti (malattia, disoccupazione, pensionamento, ecc.) e/o la tessera sanitaria europea ed entro 7 giorni sarà necessaria anche l’iscrizione presso i Servizi dell’impiego locali. Infine, bisognerà rivolgersi alle Autorità fiscali per ottenere informazioni e consulenza sulla dichiarazione dei redditi, le formalità da espletare e gli eventuali accordi bilaterali con il paese di provenienza. Maggiori informazioni possono essere reperite sul sito della Commissione Eu- ropea all’indirizzo: http://citizens.eu.int. 2. L’ESERCIZIO DELLE PROFESSIONI NEGLI ALTRI PAESI DELLA UE Sebbene ogni cittadino dell’UE sia libero di svolgere una qualunque occupa- zione in tutti i Paesi dell’area economica europea, è bene, tuttavia, ricordare che 152 l’esercizio di determinate professioni può essere subordinato ad alcune restrizioni, legate non solo all’effettiva conoscenza della lingua del Paese ospitante, ma soprat- tutto al possesso di determinati titoli di studio o qualifiche. È il caso delle professioni regolamentate, soggette cioè ad una particolare di- sciplina, il cui esercizio è consentito esclusivamente se si è in possesso di specifici titoli di studio o attestati di qualifica. Per questi profili professionali, quali ad esempio il medico o l’avvocato, è ne- cessario che il Paese nel quale si intende esercitare la professione, proceda al rico- noscimento del titolo e dell’abilitazione. Si ricorda, infatti, che i titoli di studio e le qualifiche conseguite in altri Paesi dell’Unione hanno validità in tutta l’Unione Eu- ropea. Tale riconoscimento può essere una mera formalità amministrativa, che si con- creta nella semplice iscrizione all’associazione professionale corrispondente, op- pure può essere subordinato al superamento di speciali prove di verifica o di un pe- riodo di tirocinio. Per ottenere informazioni sulle problematiche del lavoro negli altri Paesi eu- ropei e sui procedimenti da seguire per ogni Paese dell’Unione Europea, si consi- glia di visitare il sito “Dialogo con i cittadini e le imprese” (http://citizens.eu.int), oppure di rivolgersi al numero verde attivato dall’Unione Europea 800-876166. Per ulteriori chiarimenti, è bene prendere visione della seguente normativa: - Direttiva 89/48/CEE del 21.12.88 - Direttiva 92/51/CEE del 18.6.92 - Direttiva 94/38/CE del 26.7.94 - Direttiva 95/43/CE del 20.7.95 Per l’esercizio delle professioni non regolamentate, invece, non sussistono for- malità particolari. È questo, ad esempio, il caso dei cosiddetti “lavori stagionali”, vale a dire piccole occupazioni per quei giovani che intendono trascorrere un pe- riodo di studio all’estero per frequentare corsi di lingua. Si tratta di occasioni lavorative generalmente poco impegnative in termini di ore, che consentano tuttavia di mantenersi agli studi. Per questi lavori, non sono ri- chieste competenze particolari, ma è comunque necessario una conoscenza minima della lingua del Paese ospitante. 3. LE PROCEDURE D’INGRESSO IN ITALIA DEI CITTADINI EXTRACOMUNITARI La regolamentazione in tema di immigrazione e condizione giuridica dello straniero - vale a dire cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione Europea - è dettata dal D.Lgs. 286/1998 (“Testo unico delle disposizioni concernenti la disci- plina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”). L’Art. 4 del 153 Testo Unico stabilisce la regola generale secondo cui per l’ingresso in Italia di un cittadino straniero è necessario essere muniti di valido passaporto o altro docu- mento equipollente e del visto d’ingresso. L’ingresso nel territorio dello Stato per motivi di lavoro subordinato (anche stagionale) e di lavoro autonomo, è possibile, salvo casi particolari, solo nell’am- bito delle quote d’ingresso annualmente stabilite con i decreti sui flussi (legge 189/2002) adottati dal Governo. Il “Decreto flussi”, dunque, stabilisce le quote massime di stranieri da ammet- tere nel territorio dello stato, per lavoro subordinato o autonomo. La legge ha completamente modificato la precedente disciplina in materia di lavoro subordinato e il lavoro stagionale, ma ha lasciato sostanzialmente invariata quella per il lavoro autonomo. Le principali novità del provvedimento riguardano: - l’introduzione del contratto di soggiorno: un contratto firmato dal datore di lavoro e dallo straniero, documento necessario al rilascio del permesso di soggiorno per lavoro. L’art. 5 del Testo Unico indica le condizioni alle quali il datore di lavoro può stipulare il contratto di lavoro: un alloggio decoroso e la sicurezza dei mezzi economici per tornare, eventualmente, nel proprio Paese. Si tratta di due garanzie che il datore di lavoro deve prestare al prestatore di lavoro e allo Stato: - l’introduzione dello Sportello Unico per l’immigrazione: un ufficio istituito in ogni provincia italiana, presso la prefettura, responsabile dell’intero pro- cedimento relativo all’assunzione di lavoratori subordinati stranieri, a tempo determinato ed indeterminato. - attribuzione del codice fiscale per gli stranieri, dettata dalla necessità di in- dividuare un documento di riconoscimento univoco. La procedura in esame si applica ai soli lavoratori stranieri che al momento della domanda si trovino nel loro Paese d’origine. 3.1. Il visto d’ingresso I cittadini extracomunitari che intendono stabilirsi nel territorio italiano per motivi di studio, turismo, cure mediche, diplomatico, invito, lavoro devono innan- zitutto richiedere il visto d’ingresso. Si tratta dell’autorizzazione, rilasciata dalle Rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello stato di origine o di stabile residenza dello straniero, neces- saria per entrare nel territorio della Repubblica italiana o in quello di altri Paesi aderenti all’Accordo di Schengen per transito o per soggiorno. 154 I visti che vengono rilasciati dalle autorità si differenziano a seconda della: durata del soggiorno: � Visto Schengen Uniforme (VSU) di tipo C: è un visto che vale per il sog- giorno di breve durata (max 90 giorni) in tutto lo spazio Schengen. Con- sente uno o più ingressi, purché non si superi il totale di tre mesi per ogni semestre. � Visto Nazionale (VN) di tipo D: per soggiorni superiori a 90 giorni valido solo in territorio nazionale. tipologia di lavoro che si intende svolgere: � Il visto per lavoro autonomo viene richiesto direttamente dal cittadino straniero. � Il visto per il lavoro subordinato o stagionale, condizionato al verificarsi delle seguenti condizioni: - Iscrizione dello straniero nell’apposita lista presso l’Ufficio consolare o diplomatico italiano presso il Paese d’origine, dove si chiede di poter la- vorare in Italia, dichiarando la propria preferenza contrattuale, le proprie capacità professionali e qualifiche, la conoscenza della lingua italiana e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali ai fini dell’accesso al la- voro. - Richiesta di un lavoratore straniero con caratteristiche compatibili, presso lo Sportello per l’immigrazione, effettuata da un datore di lavoro italiano o straniero, legalmente residente in Italia. - Rilascio del nulla osta (subordinato alla verifica dei requisiti del datore di lavoro e al rispetto delle quote di ingresso), che verrà trasmesso all’uf- ficio consolare competente. Terminato tale iter, l’ufficio consolare potrà rilasciare il visto di ingresso per lavoro subordinato e il cittadino straniero può entrare in Italia. Entro 8 giorni dal- l’ingresso è necessario ottenere dallo Sportello unico per l’immigrazione il rilascio del nulla osta per la firma del contratto di soggiorno, che consentirà allo straniero di richiedere, alla Questura, il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro. 3.2. Il permesso di soggiorno È il documento rilasciato dalla Questura della provincia dove lo straniero in- tende soggiornare. Tale richiesta viene inoltrata direttamente dal lavoratore stra- niero, attraverso la compilazione di una scheda (rilasciata dalla questura) dove ri- portare le proprie generalità, luogo in cui si intende soggiornare, motivo del sog- giorno. La durata del permesso di soggiorno è la stessa prevista per il visto di in- gresso e dipende dal motivo per cui il visto è rilasciato. 155 La durata non può, comunque, essere: - superiore a 3 mesi: visite, affari e turismo; - superiore a 9 mesi complessivi: lavoro stagionale; - superiore ad 1 anno: frequenza di un corso per studio o formazione debita- mente certificata; in caso di corsi pluriennali il permesso è rinnovabile di anno in anno; - superiore ad 1 anno: lavoro subordinato a tempo determinato. - superiore a 2 anni: lavoro autonomo o lavoro subordinato a tempo indetermi- nato e per ricongiungimenti familiari. 3.3. Le procedure di assunzione Il datore di lavoro che intende assumere alla proprie dipendenze un lavoratore straniero è tenuto a: - Stipulare il contratto di soggiorno; - comunicare, entro 5 giorni, allo Sportello Unico per l’immigrazione la data di inizio del rapporto di lavoro; - comunicare l’assunzione del lavoratore al Centro per l’impiego competente, almeno il giorno antecedente l’instaurazione del rapporto di lavoro, come disposto dalla legge n. 296/06 (finanziaria per il 2007). Al Centro per l’impiego vanno inoltre comunicate – entro cinque giorni dall’evento – eventuali vicende modificative del rapporto di lavoro (la proroga del termine inizialmente fissato, la trasformazione da tempo determinato a tempo inde- terminato, la trasformazione da tempo parziale a tempo pieno, ecc). Va inoltre comunicata, sempre entro cinque giorni dal verificarsi dell’evento, la data di cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato o la diversa data di cessazione dei rapporti di lavoro a termine. 3.4. I titoli di prelazione Cosa è Introdotta dalla legge 189/2002, la prelazione consiste nella preferenza nella chiamata al lavoro, riconosciuta a determinati lavoratori stranieri che abbiano fre- quentato all’estero attività di istruzione e di formazione professionale. Tali attività sono organizzate nell’ambito di programmi, approvati dal Mini- stero del lavoro, dell’istruzione, dell’università e della ricerca (realizzati in alcuni casi anche in collaborazione con Regioni, Province autonome, altri Enti Locali, Or- ganizzazioni nazionali degli imprenditori, datori di lavoro e lavoratori, Organismi internazionali) e finalizzati al trasferimento degli immigrati stranieri in Italia o al loro inserimento nei settori produttivi del Paese. Tali attività di istruzione e di formazione, finalizzate all’inserimento lavora- tivo, presentano l’indubbia novità di prevedere l’inserimento non soltanto in Italia, ma anche nel Paese di provenienza. 156 La procedura Il datore di lavoro italiano o straniero, regolarmente soggiornante in Italia che intenda instaurare un rapporto di lavoro subordinato, a tempo determinato o inde- terminato, con uno straniero residente all’estero (sia nel caso in cui si abbia cono- scenza diretta, sia nel caso in cui non la si abbia) deve recarsi allo Sportello Unico per l’Immigrazione della Provincia di residenza, ovvero quella in cui ha sede legale l’impresa, ovvero quella ove avrà luogo la prestazione lavorativa e presentare: - richiesta nominativa di nulla osta al lavoro (solo nel caso di conoscenza di- retta); - idonea documentazione e garanzia da parte del datore di lavoro della dispo- nibilità di un alloggio per il lavoratore straniero che rientri nei parametri mi- nimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica; - la proposta di contratto di soggiorno, con specificazione delle relative condi- zioni; - impegno al pagamento delle spese di ritorno dello straniero nel Paese di pro- venienza; - dichiarazione di impegno a comunicare ogni variazione concernente il rap- porto di lavoro. Se il datore di lavoro conosce personalmente lo straniero, dopo l’inoltro della domanda presso lo Sportello per l’immigrazione, bisognerà attendere la risposta dei Centri per l’impiego che, entro 20 giorni, devono verificare che non vi siano altre domande di lavoro da parte di lavoratori nazionali o comunitari per il lavoro of- ferto. Se il controllo dà esito positivo, lo Sportello rilascia il nulla osta per lavoro subordinato, nel rispetto dei limiti numerici (le cosiddette quote), quantitativi e qualitativi, determinati con Decreto del Presidente del Consiglio. Tale documento ha validità per un periodo non superiore a sei mesi dalla data del rilascio e dovrà, quindi, essere utilizzato per l’ingresso in Italia entro tale termine. Entro 8 giorni dall’ingresso in Italia, il lavoratore straniero deve recarsi allo Sportello Unico che ha rilasciato il nulla osta, per la firma del contratto di soggiorno. Con tale firma, lo straniero potrà richiedere alla Questura il rilascio del permesso di soggiorno per la- voro e cominciare l’attività lavorativa. Qualora, invece, il datore di lavoro non abbia una conoscenza diretta dello straniero, lo Sportello Unico per l’Immigrazione si rivolgerà agli Uffici Consolari dei Paesi stranieri con cui l’Italia ha firmato intese o Accordi bilaterali. Tali intese prevedono, infatti, l’istituzione e la tenuta di liste di stranieri che intendano recarsi in Italia per motivi di lavoro. 3.5. Proseguire gli studi in Italia Il cittadino di un Paese non appartenente all’Unione Europea può anche de- cidere di proseguire i propri studi in Italia; in questo caso è necessario avviare le procedure per il riconoscimento dei titoli precedentemente conseguiti. 157 Il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero che consentono di proseguire gli studi in Italia è di competenza delle Università. Le procedure L’autorità competente per il riconoscimento dell’equipollenza è il Consiglio di Corso di Laurea che, prendendo in considerazione ogni singolo curriculum, può di- chiarare l’equipollenza del titolo accademico straniero o stabilire l’ammissione del richiedente al corso equivalente, con un parziale riconoscimento degli esami. L’equipollenza, inoltre, è automatica quando esistono accordi bilaterali o conven- zioni internazionali che stabiliscono la conversione dei titoli accademici. La domanda per il riconoscimento del titolo di studio dovrà contenere: - i programmi degli studi previsti per il conseguimento del suddetto titolo con indicazione delle singole materie e delle esercitazioni pratiche; - la traduzione del titolo e dei programmi in lingua italiana, certificata con- forme al testo originale dalla rappresentanza diplomatica o dall’autorità con- solare italiana nel paese in cui il titolo è stato rilasciato; - la dichiarazione della rappresentanza diplomatica o autorità consolare, dalla quale risulti che il titolo è stato rilasciato da autorità competente ed è ricono- sciuto abilitante “in loco” e dalla quale risultino, altresì, gli anni di scolarità necessari per l’ammissione al corso per il conseguimento del titolo e gli anni di durata del corso stesso. In caso di provvedimento di rigetto della domanda o qualora siano decorsi i 90 giorni senza che sia stata adottata alcuna decisione, il richiedente può presentare ri- corso a: - Tribunale amministrativo regionale; - ricorso straordinario al Capo dello Stato; - entro il termine di 120 giorni, istanza al Ministero dell’Università e della Ri- cerca. Quest’ultimo, qualora ritenga motivata l’istanza, può invitare l’Università a riesaminare la domanda, dandone comunicazione all’interes- sato. Per avere informazioni sulle procedure occorre rivolgersi alle singole Univer- sità. Il riconoscimento del titolo di studio straniero per fini diversi dall’iscrizione all’Università e cioè per avviamento al lavoro, è disciplinato in conformità con la normativa comunitaria. Le fonti normative comunitarie di riferimento sono la diret- tiva 89/1948 relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istru- zione superiore e la direttiva 92/1951. Se il riconoscimento del titolo viene richiesto, invece, da un cittadino straniero non soggiornante in Italia e che intenda utilizzare tale riconoscimento al fine di ot- 158 tenere il visto di ingresso in Italia per lavoro autonomo, la domanda deve essere inoltrata al Ministero della Giustizia. Ad essa deve essere allegata la dichiarazione che non sussistono motivi ostativi al rilascio del titolo abilitativo per l’esercizio dell’attività professionale, ai sensi dell’art. 39 del DPR 394/1999. Per informazioni sulle procedure da seguire: www.poliziadistato.it http://www.giustizia.it/professioni/s2_uff7.htm 4. LA RICERCA DEL LAVORO NEI PAESI DELL’UNIONE EUROPEA I cittadini italiani che, invece, volessero trasferirsi in un altro Paese dell’unione per realizzare un’esperienza professionale hanno a disposizione una molteplicità di strumenti e di canali informativi cui attingere per trovare lavoro. 4.1. I canali istituzionali Primo passo nella ricerca delle informazioni sul Paese di destinazione è pren- dere contatto con l’ambasciata in Italia del Paese che interessa, oppure consultando alcuni siti istituzionali: - Ministero degli Affari Esteri: www.esteri.it - Ministero delle Politiche comunitarie: www.politichecomunitarie.it - Unione Europea sulle carriere nella Commissione Europea: europa.eu/index_it.htm - Parlamento Europeo per i tirocini presso il Parlamento Europeo: www.europarl.europa.eu/news/public/default_it.htm Dal momento che oggi sono molte le opportunità offerte ai giovani e diverse le strade che è possibile percorrere, potrebbe essere utile anche rivolgersi ad esperti di orientamento che rappresentando una fonte preziosa di informazioni e di contatti, possono offrire un importante sostegno nella fase della scelta. - Servizi di orientamento territoriali, i cui indirizzi possono essere richiesti te- lefonando al numero verde del Ministero del Lavoro: 800.444.555; - Servizi Informa Giovani, i cui recapiti sono reperibili anche sui siti del Co- mune di residenza: www.informagiovani.it/lavoro_formazione/index.htm - Euro-consiglieri della rete EURES: www.welfare.gov.it/eures/default/htm - EURODESK: www.eurodesk.it Per supportare la mobilità in Europa per motivi di lavoro e di studio, la Commis- sione europea ha istituito, ad esempio, Euroguidance (www.euroguidance.org.uk), la rete europea dei Centri risorse per l’orientamento, presente in trenta Paesi. 159 Il punto Euroguidance in Italia è costituito dal Centro risorse nazionali per l’orientamento (www.centrorisorse.org), sostenuto dal Ministero del Lavoro e da quello dell’Istruzione. I membri della rete curano l’aggiornamento del portale Plo- teus (www.europa.eu.int/ploteus/portal/home.jsp), ricco di suggerimenti su qua- lunque progetto di mobilità. LA RETE EURES (European Employment Services, Servizi europei dell’impiego) Cosa è È un servizio pubblico internazionale, istituito dalla Commissione Europea, a cui partecipano i Paesi appartenenti allo Spazio Economico Europeo. Si tratta di una banca dati centralizzata a livello comunitario, che collega tutti i Servizi del- l’Impiego Europei, per realizzare un servizio di informazione sulle opportunità di lavoro all’interno degli Stati membri. Essa funziona come un’agenzia di colloca- mento sopranazionale, finalizzata all’incontro di domande e offerte di lavoro, che consente di scambiarsi informazioni su: - offerte e sulle domande di lavoro; - situazione e andamento del mercato dell’occupazione per regioni, settori di attività e, se necessario, per livelli di qualifica dei lavoratori; - condizioni di vita e di lavoro negli stati membri. Sono membri della rete EURES le seguenti strutture: - Servizi dell’occupazione degli stati membri; - Commissione delle Comunità Europee che opera da supporto e svolge un ruolo di informazione, coordinamento e sostegno alle reti EURES nazionali; - Partner pubblici o privati dei servizi dell’occupazione che abbiano firmato una convenzione con la Commissione; - Parti economiche e sociali. A chi si rivolge Il servizio Eures è, dunque, rivolto sia ai lavoratori che desiderano ricevere in- formazioni sulle possibilità di lavoro nei Paesi comunitari, sia alle imprese alla ri- cerca di personale in ambito internazionale. Eures si avvale della cooperazione tra i servizi di collocamento operanti in cia- scun Paese europeo e coinvolge molte istituzioni interessate alla mobilità del la- voro, come le associazioni datoriali, i sindacati e le università. Come funziona Il servizio di informazione e orientamento viene realizzato attraverso una rete che congiunge tra loro 520 Euroconsiglieri, specialisti del mercato dell’occupa- 160 zione europeo, provenienti dagli uffici di collocamento o da organizzazioni indu- striali o sindacali. Per conoscere le opportunità di lavoro della rete Eures, si può contattare l’ufficio dell’Euroconsigliere della propria Regione (l’elenco aggiornato dei riferimenti è reperibile al sito: www.eures.3000.it, oppure collegandosi diretta- mente al sito della Commissione Europea: http://europa.eu.int/jobs/eures). Chi intende rivolgersi alla rete degli Euroconsiglieri deve compilare una do- manda nella quale si specificano la qualifica posseduta, la tipologia di occupazione cercata, il proprio curriculum vitae, in italiano e nella lingua del Pese prescelto. Il candidato verrà, dunque, convocato per un colloquio informativo, volto a ve- rificare le sue motivazioni, competenze e attitudini; l’orientatore poi, consulterà la banca dati per verificare se vi siano richieste di personale, conformi al profilo pos- seduto. In caso positivo, si procederà all’invio del curriculum del lavoratore al- l’euro consigliere che ha inserito l’annuncio. Qualora il contatto vada a buon fine, si procederà al disbrigo delle formalità burocratiche per l’assunzione, richieste dal Paese di destinazione. Nel sito EURES della Commissione Europea è stato recentemente inserito “EURES CV search”, un database in cui le persone interessate alla mobilità in un altro Paese dello Spazio Economico Europeo possono inserire il proprio curriculum vitae. Il database è consultabile in Inglese, Francese e Tedesco sul sito: www.eurescv-search.com. Infine, è importante sapere che le offerte più interessanti della rete EURES ven- gono pubblicate settimanalmente su “Il Sole 24 Ore” del Lunedì, nell’inserto “La- voro & Carriere” e segnalati da due programmi televisivi di RAI 3: “Okkupati” (www. Okkupati.lavori.net);“Articolo 1”. Le proposte di lavoro riportano, general- mente, tutte le informazioni necessarie per contattare direttamente il datore di lavo- ro (indirizzo, numero di telefono, fax o posta elettronica) che ha diffuso la richiesta. Il candidato può, dunque, proporsi direttamente, contattando il referente indicato, inviandogli il proprio curriculum vitae e lettera di presentazione, redatti nella lingua straniera richiesta. Qualora il candidato ottenga un colloquio di selezione deve re- carsi all’estero a proprie spese, perché raramente le aziende sostengono le spese di viaggio dei candidati. SERVIZIO EURES TRANSALP È un servizio specifico della rete EURES delle regioni di confine, caratteriz- zate da importanti flussi transfrontalieri di manodopera. Si propone di facilitare la mobilità dei lavoratori tra Francia e Italia. La struttura offre un servizio d’informazione, orientamento e consulenza a lavoratori e lavoratrici che intendono lavorare nelle regioni confinanti in particolare nel settore turistico-alberghiero e nel settore informatico ed elettronico per attività ad elevata specializzazione. In Italia si contano al momento quattro strutture frontaliere: EURAZUR - Liguria e Provence-Alpes-Cote d’Azur: www.eure-eurazur.org TRANSALP - Piemonte, Valle d’Aosta e Rhone-Alpes: www.eurestransalp.com 161 EURALP - Carinzia, Friuli Venezia Giulia: www.euralp.com TRANSTIROLIA - Tirolo, Alto Adige e Cantone dei Grigioni: www.eures-transtirolia.org RETE EURODESK Eurodesk è la struttura del programma comunitario “Gioventù in Azione”, de- dicata all’informazione e all’orientamento sui programmi in favore della gioventù, promossi dall’Unione Europea e dal Consiglio d’Europa. Essa opera in stretta co- operazione e con il supporto della Commissione Europea, Direzione Generale Istruzione e Cultura, del Dipartimento per le Politiche Giovanili e le Attività Spor- tive della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Solidarietà Sociale. Le attività di informazione e orientamento sul programma Gioventù in Azione sono svolte in diretta collaborazione con l’Agenzia Nazionale per i Gio- vani. Eurodesk fornisce informazioni e orientamento attraverso il sito web (www.eurodesk.it), e soprattutto attraverso la rete nazionale italiana dei Punti Lo- cali Decentrati, sui programmi europei rivolti ai giovani nell’ambito della cultura, della formazione, della mobilità, dei diritti e del volontariato, con l’obiettivo di ren- dere sempre più accessibile l’utilizzo delle opportunità offerte ai giovani dai pro- grammi stessi. L’ISTITUTO NAZIONALE DEL COMMERCIO ESTERO Per tutti coloro che, invece, conoscono bene la lingua un’ottima opportunità potrebbe essere individuare autonomamente le società alle quali proporsi. Primo passo in tal senso è raccogliere il maggior numero possibile di informa- zioni disponibili sulle aziende che interessano. A tale scopo, oltre la rete internet, può essere di grande aiuto contattare l’Istituto nazionale per il commercio estero (www.ice.gov.it), un’agenzia pubblica che, attraverso una rete di uffici in tutto il mondo, favorisce lo sviluppo del com- mercio con l’estero. L’Istituto ha come obiettivo lo sviluppo e la promozione del commercio con l’estero, raccoglie informazioni di mercato ed economiche sui Paesi esteri per te- nere informate le aziende italiane. Sul sito dell’ICE, oltre alle informazioni sulle attività dell’Istituto, si trovano gli indirizzi dei numerosi uffici presenti in 50 paesi e link utili ai siti di informa- zione e di istituzioni (es. associazioni di categoria, portali tematici, ecc.) nei singoli paesi. Istituto Commercio Estero Via Liszt, 21 - 00144 Roma Tel. 06.59.921 - Fax 06.59.92.68.99 e-mail: ice@ice.it - sito: www.ice.it 162 4.2. La stampa Una altro importante canale per il reperimento delle informazioni sono i giornali stranieri. Sulle maggiori testate è, infatti, possibile consultare le in- serzioni relative alle offerte di lavoro, nonché far pubblicare un articolo di auto candidatura. Di seguito, si riportano gli indirizzi dei siti internet dei maggiori quoti- diani europei. Francia: “Liberation” www. Liberation.fr/emploi/index.html “Le Figaro” www.cadremploi.fr “Le Monde” www. Emploilemonde.fr Regno Unito: “The Guardian” www. Job.guardian.co.uk “The Telegraph” www. Telegraph.co.uk “The Times” www.timesnline.co.uk Spagna: “El mundo” www.elmundo.es “La Vanguardia” www.lavanguardia.es “Segundamano” www.segundamano.es “El Pais” www. Elpais.es “El periodico” www.elperiodico.es Germania: “Berliner Zeitungt” www.Berlin–job.de “Bild” www.bild.t–online.de “Die Welt” www.welt.de Belgio “Le Soir” www.lesoir.be “Het Volk” www.hetvolk.be Irlanda “Irish examiner” www.irishexaminer.com “The Irish times” www.nicemove.ie Estonia “Estonia times” www.estoniatimes.com Repubblica Ceca “The Prague Post Online” www.praguepost.com 4.3. Pubblicazioni Esistono in commercio pubblicazioni che forniscono informazioni e indirizzi utili per coloro che hanno intenzione di lavorare all’estero. Può trattarsi di semplici bollettini informativi o di vere e proprie guide che raccolgono indirizzi di imprese straniere cui è possibile inviare il curriculum. 163 Riviste - Lavoro Notizie – Quindicinale dedicato ai temi del lavoro in Europa realiz- zato da Eurocultura. Via del Mercato Nuovo, 44G – 36100 Vicenza - Tel. 0444.96.47.70 - Fax 0444.96.01.29 - sito: www.eurocultura.it - e-mail: info@eurocultura. - News Europa Giovani Mondo – Trimestrale dedicato all’occupazione in Europa realizzato dal Servizio Mobilità Internazionale, Centro d’Iniziativa Europea, Comune di Milano - Vicolo Calusca 10 - 20123 Milano - Tel. 02.62.083.750 - Fax 02.83.56.450 - e-mail: mobinte@tin.it. Guide � Informazioni per l’Europa – Schede realizzate dal Centro Risorse Nazio- nale per l’Orientamento consultabili on line sul sito www.centrorisorse.org Lavoro stagionale - collana di volumi informativi su Francia, Germania, Italia, Irlanda, Regno Unito e Spagna realizzate dal Centro Risorse Nazio- nale per l’Orientamento e scaricabili dal sito www.centrorisorse.org. � Il mercato del lavoro in… - Guide specifiche per paese realizzate da Euro- cultura Via del Mercato Nuovo, 44G – 36100 Vicenza - Tel. 0444.96.47.70 - Fax 0444.96.01.29 - sito: www.eurocultura.it - e-mail: info@eurocultura. � The European Forum for Careers information, le guide dell’associazione europea dei principali editori di “Career book” realizzate per i seguenti Paesi: - Belgio - Move Up, Leonard & Partners - Danimarca – Karriere Vejviser, Move On - Francia – Le Guide des Opportunités de carrières, EFC Edition Forma- tion Carrieres - Germania – Absolventen Jahrbuch, K. Und K. Verlang - Olanda – Intermediair Jaarboek, VNUBusiness Publication - Regno Unito – Prospects Directory, CSU Agcus Queste guide sono a volte disponibili presso gli Informagiovani e alcune di esse sono consultabili su Internet. Sono inoltre in vendita presso alcune librerie in- ternazionali. 4.4. Internet Molte informazioni sul Paese di destinazione e sulle offerte di lavoro sono re- peribili anche attraverso Internet, che rappresenta oggi il mezzo più facile e veloce. Nella rete, infatti, è possibile consultare numerosi siti che favoriscono l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. 164 Ecco alcuni indirizzi. Siti istituzionali: - www.welfare.gov.it/EuropaLavoro/default.htm il sito fornisce informazioni relative al mondo della formazione e del lavoro, nonché no- tizie utili per gli operatori del settore (ad es. bandi, circolari, decreti, link). - www.mercurius.it tratto dallo sportello giovani di Mantova è un sito ricchissimo per reperire informazioni su opportunità formative e lavorative all’estero. - www.aiuto.net/it4g.htm è il sito del Centro risorse Europeo finanziato dal Ministero del Lavoro. Si possono repe- rire informazioni relative ad opportunità lavorative e di stage, borse di studio e volonta- riato all’estero. - www.estia.educ.goteborg.se è il sito del Centro Risorse per l’orientamento che raccoglie utili informazioni sulle op- portunità di formazione e stage e mercato del lavoro. - Euroguidance (in inglese) è il sito dei Centri Risorse Europei (NRCVG), creato dalla Commissione Europea. Il net- work mette a disposizione degli utenti e degli operatori utili informazioni per spostarsi all’interno dei paesi membri. Uno spazio che propone la mobilità attraverso la pubblica- zione delle opportunità di tirocinio, studio e lavoro in Europa. Siti specializzati nell’incontro tra domanda ed offerta - http://www.careermosaic.com/ un sito scritto in inglese che ti fornisce la possibilità di ricercare per paese migliaia di of- ferte di lavoro in tutto il mondo. - http://cyberdays.stet.it/job si tratta di una banca dati che contiene inserzioni di domande ed offerte di lavoro tratte direttamente dalle inserzioni dai quotidiani italiani e stranieri. - www.dotjobs.co.uk si tratta di un sito inglese per la ricerca di lavoro nel settore dell’elettronica, dell’inge- gneria e industriale. Per accedere al servizio è necessario compilare un modulo. - www.Jobonline.it fornisce informazioni per trovare lavoro soprattutto in Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti, Australia e Singapore. - www.jobserve.com sito specializzato per la ricerca di lavoro qualificato all’estero. - www. Jobbroad casting.com/insight/jobs/ offre informazioni per cercare lavoro in qualsiasi parte del mondo. - www.init-emploi.tm.fr fornisce utili indicazioni sulle opportunità lavorative in Francia. - www.monster.com offerte di lavoro in tutto il mondo. - www.newtech.it/jobline si occupa di segnalare occasioni di impiego, stage e tirocini offerte dall’Unione Europea. Dal link “Job abroad”, ci si può collegare direttamente alla banca dati EURES. Esso ri- porta la segnalazione dei posti vacanti presso le Organizzazioni internazionali. 165 - Exodus lavorare e studiare in Europa (sito in inglese). Il data base, strutturato in modo funzionale e immediato per la consultazione, propone nell’home page un menù che introduce alla ri- cerca di opportunità di lavoro, studio, stage e tirocini nei paesi dell’Unione Europea ed extraeuropea. Attraverso i sottomenù, per ogni paese, si possono avere informazioni sul- l’organizzazione dell’offerta formativa e del mercato del lavoro. Esiste un indirizzario e una rete d’informazioni relative ai referenti per ogni area e paese di destinazione, è possi- bile anche raccogliere notizie e curiosità relative alla cultura, alla moneta, all’assistenza sanitaria, alla lingua e alla documentazione necessaria per il soggiorno del Paese di desti- nazione. 4.5. Strutture per l’incontro tra domanda ed offerta Se, invece si volesse optare per l’alternativa di cercare lavoro direttamente nel Paese ospitante, oltre ai canali descritti, è consigliabile rivolgersi alle strutture di intermediazione presenti sul territorio: agenzie e job center, agenzie private di col- locamento, agenzie private per l’incontro di domanda ed offerta di lavoro, di cui si riportano di seguito alcuni indirizzi. AUSTRIA AMS (ARBEITSMARKSERVICE) Uffici provinciali di collocamento, Ufficio generale Treustrasse 35-43 A. 1200 Wien. Tel. 1/331780 www.ams.or.at BELGIO Office National de l’Emploi 65 bd Auspach 1000 Bruxelles DANIMARCA AF (ARBEJDSFORMIDLINGEN) Blegdamsvej 56 DK 6000 Kobenhavn Tel. 0045/35/288100 www.af.dk FRANCIA ANPE (AGENCE NATIONALE POUR L’EMPLOI) 69, Rue Pigalle 75009 Paris tel. 0033/1/4453616 www.anpe.fr GERMANIA ZAV - ZENTRALLSTELLEFUR ARBEITSVERMITTLUNG Feuerbach Strasse 42-46 6000 Frankfurt a. M. TEL. 69/71110 166 GRECIA: EIE (NATIONAL INSTITUTE OF LABOUR) www.eie.org.gr OAED (ORGANISIMOS APASHOLISSEOS ERGAKOU DYNAMIKOU) www.oaed.gr IRLANDA DEPARTMENT OF LABOUR Mespil Road - Dublin 4 Tel. 00353/1/6765861 ISLANDA Vinnumalastofnun www.vinnumalastofnun.is LUSSEMBURGO ADEM (Administration de l’Emploi) www.etat.lu/ADEM NORVEGIA AETAT(ARBEIDSDIREKTORATEN) www.aetat.no Numero verde per i servizi per l’impiego 80033136 OLANDA AB (Arbeidsbureau) www.arbeidsbureau.nl PORTOGALLO IEFP (ISTITUTO DO EMPREGO E FORMAÇAO PROFESSIONAL) Av. Josè Malhoa 11 1050 Lisboa tel. 0035/1/7213123 www.iefp.pt REGNO UNITO ES (Employment Service) St. Vincent House 300 – Organ Street UK London WC2 7HT Tel. 0044/171/8395600 www.jobcentreplus.gov.uk SPAGNA INEM (Istituto Nacional de Empleo) www.inem.es SVEZIA AF (Arbetsformedlingen) www.amv.se 167 Inoltre, alcune multinazionali di lavoro tempo temporaneo (Adecco, Manpower, Kelly Ser- vices), con sede anche in Italia, rappresentano un’ottima rete di collegamento per inoltrare il pro- prio curriculum nelle filiali del Paese prescelto. Si riportano di seguito alcuni indirizzi: FRANCIA - ADECCO TRAVAIL TEMPORAIRE 18 Rue Guersant 75017 - Parigi tel. 0033.1.40.55.95.88 - MANPOWER Rue J. Bingen 75017 - Parigi tel. 0033.1.44.15.40.40 - CIJ (CENTRES D’INFORMATION JEUNESSE - Ufficio Centrale Informagiovani) Quay Branly 101 – Parigi tel. 0033.1.44.49.13.20 GERMANIA - CENTRO CONSULENZA PROFESSIONALE Monaco tel. 0049.89.51.54.31.49 - BINNEBESSEL & PARTNERS Johachimstaler Str. 19, tel. 0049.30.88.11.050 - TEAM PERSONAL SERVICE Koloniestr 13 tel. 0049.30.49.37.007 GRAN BRETAGNA - ADECCO Alfred Marks, Londra 0044.181.20.75.00 - FEDERAZIONE DELLE AGENZIE PER IL RECLUTAMENTO E DEI SERVIZI ALL’IMPIEGO 36-38 Mortimer Street London tel. 0044.171.323.43.00 - EUROPEAN JOB Martello House 18 Mertello Street E8 PE LONDON Gran Bretagna Tel 171.83.98.809. IRLANDA - EMPLOYMENT AGENCIES DEPARTMENT OF ENTERPRISE AND EMPLOYMENT Davitt House 65 Adelaide Road Dublino 4 tel. 0035.1.66.1.444 NORVEGIA - MANPOWER tel. 0047.22.018.000 - PERSONELL tel. 0047.22.401.200 OLANDA - Informazioni su agenzie di collocamento possono essere richieste solo al Ministero per gli affari sociali e il lavoro POB 90801, 2509 LV AIA. 168 Per avere informazioni sulle società di lavoro temporaneo nel mondo, si può contattare il Ciett Europe (Confederazione internazionale delle imprese di lavoro temporaneo): Avenue de Tervuren, 142 - 144B 1150 Bruxelles Belgium tel. 0032.2.733.04.27 - www.ciett.org. Una banca dati con le imprese private di collocamento autorizzate, è disponibile sul sito: www.avg-seco.admin.ch/app/betriebe/ServletWebVerzeichnis. 5. I LAVORI STAGIONALI La ricerca di un lavoro stagionale è, generalmente, più facile in alcuni settori, in particolare in quello agricolo, turistico, lavoro alla pari. 1) Il settore agricolo Si tratta generalmente di andare a lavorare in aziende agricole soprattutto per la raccolta e la confezione di prodotti agricoli. Per avere informazioni per questo tipo di occupazione, sarà sufficiente rivolgersi agli uffici “Informagiovani” o con- sultare la rete EURES. 2) Il settore turistico Offre ai giovani un ampio ventaglio di opportunità per un eventuale inseri- mento lavorativo. Soprattutto chi ha una buona dimestichezza con le lingue stra- niere e una buona predisposizione ai rapporti interpersonali, può sfruttare le oppor- tunità offerte nell’ambito della ristorazione, villaggi turistici, navi da crociera, al- berghi, parchi di divertimento. Per reperire informazioni utili si può cominciare a contattare gli enti turistici dei Paesi prescelti, gli Assessorati regionali e provinciali al turismo, le catene alber- ghiere, compagnie di crociera, tour operator, parchi di divertimento e centri estivi per bambini. Indirizzi per il settore turistico FRANCIA Ente Nazionale Francese per il Turismo Via Larga 7 - 20122 Milano - Tel. 02.58.31.66.10 GRAN BRETAGNA Ufficio Nazionale del Turismo Britannico (BTA) Corso Magenta 32 - Milano - Tel. 02.72.01.00.78 GERMANIA Germania Turismo Via Negri 8 - Milano 169 SPAGNA Ufficio Nazionale Spagnolo per il Turismo Via Broletto 30 - Milano - Tel. 02.72.00.46.17 Il settore della ristorazione FRANCIA SSP FRANCE - SERVICE DU RESSOURCES HUMAINE BP 30009, 95715 Roissy – CDG Codex GRAN BRETAGNA MARK WARNER LTD. George house, First Floor 61-65 Kensington Church Street London W8 4BA UK Tel. 171.39.33.178 GRECIA INTERCOM 24-26 Halkndili Odosi Atene 10432 - Tel. 152.39.470 IRLANDA CETERSTAFF LTD. Premier House, 10 Greycoat, Victoria London SW p1p 1 DP UK Tel.171.233.14.01 SPAGNA Club de relaciones culturales internationalles calle de ferraz 82, 28008 Madrid Parchi di divertimento FRANCIA Disneyland Paris Casting B.P. 110 77777 Maene la Valleè Cedex 4 GRAN BRETAGNA Segaworld The Trocadero, Piccadilly Circus, London W1L - Tel. 0171.73.42.777 SCOTLAND The Beach, Aberdeen Tel. 01224.59.59.10 SPAGNA Port Aventura Depatimetnto recursos Humanos Apartado de Correos, 90 43480 Villa Seca Terragona - Tel. 0034.90.220.222.0 170 3) Il lavoro alla pari Lavorare alla pari significa andare a vivere presso una famiglia straniera, per svolgere soprattutto funzioni di baby sitter e piccoli aiuti domestici. In cambio la fa- miglia provvede a fornire vitto e alloggio e a corrispondere una piccola retribuzione. Rappresenta un’ottima opportunità per chi non ha molti soldi e vuole approfondire lo studio delle lingue o la conoscenza di un Paese estero. La sistemazione alla pari è riservata generalmente a giovani donne (17/30 anni), ma in alcuni Paesi anche a uo- mini non sposati, di età compresa tra 18 e 27 anni. Il soggiorno può durare da uno a tre mesi per il periodo estivo, ma generalmente per un periodo da sei mesi ad un massimo di un anno. In genere il lavoro alla pari consiste nell’occuparsi di faccende domestiche nella famiglia ospite o prendersi cura dei loro bambini con un impegno giornaliero di circa 5 ore. In cambio si ricevono vitto e alloggio e un piccolo com- penso alla settimana che può variare in relazione alla nazione e alle condizioni sti- pulate con la famiglia. La sistemazione alla pari è regolata da una convenzione fra i paesi membri della Unione Europea, dove viene garantita anche l’assistenza sanita- ria. È richiesta una discreta conoscenza del Paese scelto e spesso il soggiorno viene abbinato ad un corso di lingua, fornito dalle stesse agenzie, che può essere frequen- tato nelle ore libere dal servizio in famiglia. Per un lavoro di questo tipo occorre una buona capacità di adattamento e forza di volontà per superare eventuali difficoltà, ma è senz’altro il modo migliore per imparare una lingua e conoscere da vicino la cultura di un Paese. Le agenzie che svolgono questo tipo di servizio chiedono una tassa di iscrizione. I costi del corso di lingua e quelli per il viaggio sono a parte. Agenzie di collocamento per lavoro alla pari AU PAIR INTERNATIONAL Via S. Stefano, 32 - 40125 Bologna tel. 051.26.75.75 EASY WAY ARCINOVA Via Adige,11 - 20135 Milano tel. 02.55.01.37.72 - sito: www.inedita.net/easyway MB Via Alessandria, 13 - 35142 Padova http//space.tin.it/viaggi/gbresqua 6. REALIZZARE UNO STAGE ALL’ESTERO La realizzazione di uno stage si configura, in Italia come nel resto d’Europa, come una delle opportunità più efficaci per accedere al mondo del lavoro. Lo sta- gista, infatti, ha la possibilità di avvicinarsi al mondo aziendale quando ancora sta completando il proprio percorso formativo, accrescendo in tal mondo il proprio ba- gaglio di competenze professionali. 171 Realizzare uno stage all’estero rappresenta un’esperienza di grande valore, in quanto oltre ad essere un’occasione di crescita formativa e professionale di grande livello, dimostra la propria intraprendenza, dinamismo e capacità di fronteggiare i problemi, capacità queste molto richieste dalle aziende. 6.1. Stage in azienda In Italia, come nel resto dell’Europa, lo stage può realizzarsi secondo due mo- dalità: all’interno di un percorso formativo oppure al termine del percorso di studi che si sta realizzando. Per realizzare uno stage in un Paese europeo sono percorribili due strade: 1) rivolgersi ad Enti ed associazioni che organizzano stage, utilizzando i fi- nanziamenti dell’Unione Europea, quale ad esempio il Programma Leo- nardo da Vinci; 2) rivolgersi direttamente alle aziende che offrono tali opportunità anche agli studenti stranieri. Se si opta per la prima opportunità, vale a dire nell’ambito delle esperienze realizzate attraverso i Programmi europei, lo stagista ha generalmente diritto ad un rimborso delle spese; le organizzazioni, poi, assistono lo studente in qualsiasi diffi- coltà possa incontrare durante il soggiorno all’estero. Qualora si realizzi, invece, uno stage al di fuori dei programmi europei è ne- cessario contattare direttamente l’azienda, avvalendosi dei numerosi canali infor- mativi precedentemente illustrati, e definire con essa le condizioni per il suo svol- gimento. È bene tenere presente che non in tutti i Paesi esiste una regolamentazione nor- mativa al riguardo: in questo caso è necessario sottoscrivere con l’azienda un ac- cordo (Accord amiable in Francia e Terms employment in Irlanda) per definirne la durata, gli obiettivi da perseguire, eventuali rimborsi spese. 6.2. Stage nelle Istituzioni europee e nelle organizzazioni internazionali Lo stage rappresenta una delle principali porte d’ingresso per intraprendere una carriera all’interno di una delle Istituzioni europee o di un’organizzazione internazionale. I requisiti di ammissione sono molto selettivi, soprattutto in riferi- mento alle conoscenze linguistiche, alla formazione e all’esperienza lavorativa acquisita. Spesso viene richiesto il possesso di particolari capacità personali: flessi- bilità, capacità di lavorare in gruppo, capacità relazionali, disponibilità a viaggiare. La carriera internazionale offre molte opportunità in differenti settori: amministra- zione, comunicazione, informatica, interpretariato, legale, politica internazionale e statistica. Le principali opportunità di stage si possono trovare sui siti delle singole Istituzioni e delle organizzazioni internazionali, sul sito dell’Ufficio Europeo per la 172 selezione del personale (http//europa.eu.int/epso/index_en.htm), oppure sul sito del Ministero degli Esteri. ISTITUZIONI EUROPEE - Banca europea degli investimenti – www bei.org/jobs/ - comitato economico e sociale – www.ces.eu.int - Comitato delle Regioni – www.cor.eu.int - Corte dei Conti – www.eca.eu.int ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI - Banca Mondiale – www.wbln1028.worldbank.org/hrs/careers.nsf - Centro Europeo per la ricerca nucleare di Ginevra (CERN) - http://humanresources.web.cern.ch - Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) - www.ilo.org7public/english/bureau/pers/others/intern/htm - Organizzazione Nazioni Unite (ONU) – www.onuitalia.it - UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) – www.unesco.org/delegates/italy/it_ben.htm 6.3. Lavorare nelle Istituzioni dell’Unione Europea Le Istituzioni dell’Unione Europea e le organizzazioni internazionali offrono, oggi, ai giovani opportunità lavorative veramente interessanti. Ad esse si accede tramite concorso pubblico, i cui bandi vengono pubblicati sulla Gazzetta ufficiale della Comunità Europea. Possono partecipare ai concorsi, tutti i cittadini dei Paesi membri dell’Unione Europea in possesso di diploma di scuola media superiore, che conoscano almeno due lingue straniere. I profili ricercati sono generalmente dirigenti o interpreti e traduttori. Si tratta naturalmente, di figure professionali più qualificate, per le quali è richiesto il di- ploma di laurea; si richiede anche personale con mansioni di segreteria ed assi- stenza, per i quali invece, è sufficiente il diploma di scuola media superiore. I concorsi prevedono generalmente tre tipologie di prove: test preliminari di selezione, prove scritte, esami orali. I nominativi dei vincitori del concorso vengono inseriti in un elenco; l’assunzione avviene in maniera progressiva man mano che si rendono disponibili nuovi posti. I lavoratori assunti nelle istituzioni europee, naturalmente dovranno trasferirsi presso gli uffici che hanno sede a Bruxelles o a Lussemburgo. Per informazioni sui posti disponibili consultare il sito: http://europa.eu.int/epso/index_en.htm La presentazione delle candidature Qualunque sia la posizione o il contesto lavorativo per il quale ci si propone, al momento della propria candidatura ci sarà richiesto di presentare un curriculum vitae, accompagnato da una lettera di presentazione. 173 Il curriculum vitae infatti, è considerato generalmente un’importante carta d’ingresso per attirare l’attenzione dei selezionatori. Esso rappresenta, come spesso si dice, il biglietto da visita di chi lo presenta. È logico, quindi, che debba creare nel lettore un’impressione favorevole. È opportuno, dunque, che esso venga redatto con molta cura, seguendo alcune semplici, ma fondamentali regole. Il curriculum dovrà , dunque essere il più possibile corretto nella forma e completo dei contenuti, conciso e tale, da sollecitare una convocazione ad un colloquio di selezione. Se queste sono le regole fondamentali da seguire nella redazione di un qualunque cur- riculum, qualche attenzione in più andrà riservata se ci si propone per un’occupa- zione in un Paese straniero. In questi casi ci dovrà tener conto che il CV non potrà essere la mera traduzione della versione italiana, ma andranno verificate le moda- lità di compilazione in uso dai Paesi ai quali ci si rivolge. In Francia ad esempio, dopo aver riportato le informazioni anagrafiche (nome, cognome, indirizzo, recapiti), è consuetudine indicare, in ordine cronologico, i mo- menti più significativi della propria formazione. Seguiranno, poi, le esperienze pro- fessionali; queste generalmente verranno illustrate in senso inverso, cioè dalla più recente a quella più vecchia, senza dimenticare una breve descrizione delle man- sioni svolte e del ruolo ricoperto. Un’ultima sezione verrà poi dedicata alla cono- scenza delle lingue e delle competenze informatiche. Facoltativa è l’indicazione dei propri hobby e dei modi di impiegare il proprio tempo libero. Tali informazioni possono essere importanti alfine di completare il quadro della propria personalità e del proprio profilo. Grande importanza, invece, riveste in Francia la lettera di pre- sentazione o lettera “de motivation”, nella quale il candidato è chiamato ad illu- strare le motivazioni della propria candidatura e le ragioni per le quali si manifesta interesse per quella particolare società. In Germania invece, il curriculum non è altro che uno dei tanti incartamenti che compongono il dossier di candidatura. A questo infatti, si allegano attestati, certificati, lettere di referenze ecc., con i quali il candidato attesta la veridicità delle informazioni riportate nel curriculum. In Inghilterra ed in Spagna è poco diffusa la pratica dell’autocandidatura, mentre è consuetudine più diffusa rispondere ad inserzioni che pubblicizzano posti di lavoro. Per tali candidature, mentre in Inghilterra, è generalmente previsto un “format”, già standardizzato, da compilare, in Spagna si usa presentare un tradizio- nale curriculum vitae, accompagnato da lettera di presentazione. Per la loro reda- zione non sono previste regole rigide, ma si raccomanda comunque chiarezza e brevità. 174 7. IL CURRICULUM EUROPEO Considerate le differenze e le difformità che esistono tra i vari Paesi dell’U- nione nella compilazione di un curriculum vitae e nelle modalità di presentazione delle candidature, la Comunità Europea ha recentemente proposto l’introduzione di un modello unico, adottabile in tutti i Paesi dell’UE. Come si già avuto modo di dire, si tratta di un “application form”, pensato con lo scopo di facilitare la mobilità dei lavoratori in Europa attraverso l’introduzione di uno schema comune di presen- tazione delle competenze individuali. Infine, l’Unione Europea consiglia di alle- gare il cosiddetto “certificate supplement”, cioè la certificazione che contiene una dettagliata descrizione degli attestati ottenuti dal titolare e delle capacità e compe- tenze acquisite. Il modello non è chiaramente imposto ma soltanto raccomandato. Il format è disponibile sul sito: www.cedefop.eu.int/transparency/cv:asp. 175 Capitolo nono Studio e lavoro nel terzo settore. Le opportunità e gli indirizzi Il “Terzo settore”, chiamato impropriamente nel linguaggio comune anche “Volontariato” o “No profit”, comprende l’associazionismo, il volontariato, la co- operazione sociale, le Organizzazioni non governative e le fondazioni che svolgono attività nel campo sociale e della solidarietà. Attività prevalenti del No Profit sono, infatti, l’assistenza sociale, la solidarietà internazionale, l’istruzione, la cultura, la tutela dei beni culturali, l’attenzione al- l’ambiente, lo sport e relazioni sindacali. Negli ultimi anni, il Terzo settore ha conosciuto una forte espansione, assu- mendo un ruolo di primo piano nell’attuale economia di mercato, non soltanto per numero di organizzazioni operanti nel settore, ampiezza dei campi d’intervento, operatori coinvolti e ammontare di entrate finanziarie, ma soprattutto perché è l’unico settore che non ha mai smesso di assumere. Le sue dimensioni, oggi, sono tali da produrre importanti risvolti anche sul piano occupazionale: creazione di nuove imprese, ma anche di nuove professiona- lità, formazione al lavoro sociale per molti giovani e al lavoro tout court per fasce marginali. Secondo i dati ISTAT, infatti, nel 2004 le organizzazioni operanti nel no profit ammontavano a 235mila per un totale di 488.000 mila dipendenti e un fatturato complessivo di euro 73.000 MLD. L’importanza di questi numeri sta imponendo alle istituzioni pubbliche e alla società nel suo insieme, una profonda riorganizza- zione e razionalizzazione dei servizi di welfare. In questa prospettiva, viene attribuito un posto di primo piano a figure profes- sionali con competenze altamente specialistiche che oggi possono trovare largo im- piego sia presso le pubbliche amministrazioni, sia presso le organizzazioni private del “no profit”. L’espressione no profit, forma contratta della frase idiomatica in- glese “not for profit”, vale a dire“senza scopo di lucro”, indica appunto l’esistenza di organizzazioni che operano senza distribuire profitti: per questo tipo di società, infatti, l’obbligo di legge è quello di non distribuire gli utili d’impresa ai soci, ma di rinvestirli nelle attività istituzionali1. 1 Va precisato che all’interno del volontariato ci sono lavoratori regolarmente retribuiti, dipenden- ti, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, distaccati o diretti da altre imprese e/o istituzioni. A queste figure vanno aggiunti i volontari non organizzati, i religiosi, gli obiettori di co- scienza. 176 L’esistenza di un’organizzazione operante nel Terzo Settore si basa, dunque, sul principio secondo cui un’impresa che svolge attività in favore della collettività, non perseguendo fini di lucro, è sostenuta dalla Comunità, attraverso donazioni, e dallo Stato con sgravi fiscali, contributi, facilitazioni (riduzione I.V.A., periodi di imposta, tasso di reddito ridotto sui proventi commerciali). 1. LA FORMA GIURIDICA DELLE ORGANIZZAZIONI Le organizzazioni no-profit sono costituite da Associazioni non riconosciute, Associazioni riconosciute, Cooperative sociali, Comitati, Fondazioni, Enti ecclesia- stici, Università, Istituti scolastici, Istituti ospedalieri, Società di mutuo soccorso. I soci e i prestatori d’opera sono retribuiti, l’utenza paga il servizio direttamente o in- direttamente tramite convenzioni con enti pubblici. Associazioni L’associazione è un ente privato senza finalità di lucro che utilizza le proprie risorse finanziarie per scopi educativi, culturali, sociali, religiosi o altri scopi di pubblica utilità e può essere costituita da due o più persone tramite atto pubblico o scrittura privata. Consociandosi mediante un contratto di comunione di scopo, le parti mirano a realizzare un interesse comune a tutti i soggetti che partecipano al- l’associazione. Le associazioni si suddividono in: � associazioni non riconosciute: prendono vita dall’accordo degli associati tramite un contratto di associazione, contratto per il quale la legge non pre- scrive alcuna formalità. Gli elementi su cui si devono accordare le parti sono semplicemente: - lo scopo; - le condizioni per l’ammissione degli associati; - le regole sull’ordinamento interno e l’amministrazione; � associazioni riconosciute: sono quelle che hanno chiesto ed ottenuto il ricono- scimento dello Stato o delle Regioni, in questo modo acquistano l’autonomia patrimoniale, la limitazione di responsabilità degli amministratori, la possibili- tà di accettare eredità, legati e donazioni e di acquistare immobili. Fondazioni Sono enti senza finalità di lucro con una propria sorgente di reddito che deriva normalmente (ma non esclusivamente) da un patrimonio. Hanno un proprio organo di governo ed usano le proprie risorse finanziarie per scopi educativi, culturali, reli- giosi, sociali o altri scopi di pubblica utilità, sia sostenendo persone ed associazioni (fondazione di erogazione), sia organizzando e gestendo direttamente i suoi pro- 177 grammi (fondazione operativa). Le fondazioni nascono per iniziativa di una o più persone tramite un atto pubblico o una disposizione testamentaria; la costituzione dell’ente deve essere sancita da un notaio tramite l’atto di fondazione, mentre per poter operare necessita di un riconoscimento giuridico che sottopone tutti gli atti della fondazione al controllo di legittimità di un’apposita autorità vigilante (art. 12 e seguenti del Codice Civile). Le principali norme organizzative per il corretto fun- zionamento dell’ente sono raccolte nello statuto, che costituisce parte integrante dell’atto di fondazione. Una fondazione è uno strumento giuridico estremamente flessibile che può essere utilizzato per perseguire uno scopo socialmente utile. Di- verse possono essere le motivazioni che inducono a costituire una fondazione: per- seguire scopi filantropici, intervenire nel sociale, perpetuare il proprio nome o quello di un familiare scomparso ecc. Sul sito (www.fondazioni.it), il sito del Centro di Documentazione sulle Fon- dazioni, costituito nel 1996 dalla Fondazione Giovanni Agnelli è possibile trovare tutte le informazioni necessarie su come progettare e costituire una fondazione. È possibile inoltre consultare on line la banca dati che contiene circa 1500 fondazioni italiane suddivise per Regione e settore di attività. Cooperative sociali La cooperativa è una associazione di persone che si riuniscono per il raggiun- gimento ed il soddisfacimento di un bisogno comune, sotto la caratterizzazione della mutualità e dell’assenza di finalità speculative. Obiettivo della società non e’ quello di realizzare utili e di distribuirli tra i soci che la compongono, ma di cedere agli stessi soci beni e servizi a prezzi inferiori a quelli praticati sul mercato. Le co- operative sociali hanno normalmente convenzioni con le pubbliche amministra- zioni, al fine di svolgere compiti socio-sanitari-educativi come ad esempio l’assistenza domiciliare agli anziani o minori (cooperative sociali di tipo A) o com- piti di reinserimento lavorativo per le fasce deboli o svantaggiate come ad esempio immigrati, tossicodipendenti, disabili, ecc. (cooperative sociali di tipo B). Tipi di cooperative La volontà di costituire una cooperativa è data dall’individuazione di un bi- sogno comune e dalla determinazione di soddisfarlo mediante l’autogestione e l’utilizzo ottimale delle risorse economiche e personali dei soci. La diversità degli ambiti nei quali si esprime lo scopo mutualistico consente di distinguere le coope- rative in settori o aree di attività: � Cooperative di consumo Il numero minimo per poter fondare una cooperativa di consumo è di nove soci, occorrono però almeno cinquanta soci per potersi iscrivere al registro prefettizio. 178 � Cooperative di produzione e lavoro Le cooperative di produzione e lavoro impiegano l’attività lavorativa dei propri soci per la realizzazione di beni da cedere ai terzi sul mercato. L’obiettivo principale consiste nel procurare lavoro ai propri soci attraverso la produzione di beni e servizi. Tali cooperative per essere ammesse ai pub- blici appalti devono avere almeno quindici soci. La recente Riforma Biagi ha introdotto alcune novità per questo tipo di co- operativa. � Cooperative di produzione agricola Cooperative fondate da agricoltori o lavoratori agricoli che curano la ge- stione del proprio terreno producendo prodotti agricoli. � Cooperative edilizie Il loro obiettivo è la costruzione di alloggi per uso proprio dei soci: la co- operativa cerca un’area nell’interesse dei soci, commissiona il progetto, ap- palta il lavoro all’impresa di costruzione che ritiene più affidabile. Il ri- sparmio per i soci è di circa il 20-30% rispetto al prezzo di mercato. � Cooperative di trasporto Offrono servizi di trasporto di cose o persone, carico e scarico merci. Un elemento che caratterizza tali cooperative consiste nella proprietà, da parte dei soci, dei mezzi di trasporto. � Cooperative della pesca Tali cooperative, formate da pescatori, hanno come scopo sociale quello di garantire l’occupazione ai soci, attraverso l’esercizio della pesca, con im- barcazioni proprie o dei singoli soci, sia in acque interne che marine, o at- traverso lo svolgimento di attività inerenti o accessorie alla pesca. � Cooperative miste Cooperative che non rientrano in un preciso settore di attività, come nel caso di cooperative che svolgono più attività. � Cooperative sociali La legge 381/1991 ha istituito le categorie delle cooperative sociali indivi- duando nella società cooperativa lo strumento idoneo per il perseguimento di attività sociali e della promozione umana, da realizzare attraverso la ge- stione dei servizi socio-sanitari, educativi e di attività produttiva, nella quale permettere l’integrazione lavorativa di persone socialmente svantag- giate. Le cooperative sociali si dividono in due categorie: - Cooperative sociali di tipo A: offrono servizi socio - sanitari ed educativi. - Cooperative sociali di tipo B: offrono, attraverso le proprie attività, l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. 179 2. LE FIGURE PROFESSIONALI DEL TERZO SETTORE Le professioni che operano nel sociale stanno vivendo attualmente un periodo di forte espansione. Tale sviluppo è strettamente connesso ai mutamenti e ai bi- sogni che esprime la collettività: il settore risente, infatti, dell’esplosione delle si- tuazioni di disagio e di emergenza sociale, del crescente peso di categorie meno protette (es. anziani ed extracomunitari) ed al nascere di nuovi bisogni. La mag- giore richiesta di servizi si è, dunque, riflessa anche sulla maggiore diversificazione di figure professionali altamente specialistiche. Per scegliere di entrare a far parte di questo settore è necessario, tuttavia, pos- sedere particolari requisiti, quali ad esempio una forte motivazione e grande sensi- bilità nei confronti delle problematiche dei gruppi svantaggiati e delle fasce deboli, forti valori umanitari, desiderio di mettere la propria esperienza al servizio delle persone bisognose. È fondamentale anche possedere capacità di comunicazione, capacità anali- tiche per poter identificare con prontezza il bisogno specifico, disponibilità all’ag- giornamento professionale, attitudine ad analizzare e risolvere problemi di varia natura, mostrando capacità di tipo organizzativo e creatività nella ricerca di solu- zioni. Importante anche la disponibilità in termini di tempo e di spostamenti. A queste caratteristiche soggettive si devono accompagnare poi, competenze tecniche e capacità oggettive, a seconda dell’ambito in cui si vuole operare. Nel mondo del sociale si distinguono figure professionali più consolidate, pre- senti stabilmente all’interno delle istituzioni, pubbliche e private, con titoli di studio riconosciuti: - psicologo; - sociologo; - assistente sociale; - educatore professionale; - operatore socio-sanitario. Accanto ad esse si collocano alcune figure emergenti che realizzano una serie di azioni più ampie verso il contesto sociale, produttivo e formativo: manager del no profit; manager dei servizi sociali; mediatore culturale; esperto di formazione psico-sociale. Essendo figure professionali nuove e ancora poco definite, non esistono appo- siti percorsi di studio. Presentano, tuttavia, elementi di grande interesse poiché im- plicano il possesso di competenze di programmazione, organizzazione e relazione di profilo molto elevato. 1) Manager del no profit Il “Manager del No Profit” definisce la struttura, la gestione, i settori d’intervento; valuta i progetti, gestisce le pubbliche relazioni, affianca sul campo e 180 poi segue il volontario. Egli inoltre valuta i progetti a cui partecipare o ne propone di nuovi, si occupa dell’organizzazione degli eventi, intrattiene i rapporti con le banche, valuta gli effetti delle campagne pubblicitarie. Per realizzare tali compiti, il manager no profit deve possedere almeno le se- guenti competenze: gestione d’impresa e dei bilanci, gestione del personale, marke- ting e pubblicità. Per la formazione di tale figura, le Università hanno previsto alcuni corsi di laurea: tra questi quelli più idonei sono le lauree in Scienze del servizio sociale, scienze politiche e delle relazioni internazionali, scienze sociali per la coopera- zione, lo sviluppo e la pace, scienze economiche. 2) Manager dei servizi sociali È colui che gestisce o coordina i servizi erogati presso un centro di assistenza per categorie svantaggiate e, come tale, è responsabile dell’utilizzo di tutte le ri- sorse presenti nell’organizzazione e della qualità e dell’efficacia dei servizi resi. Egli svolge una serie di attività legate alla gestione e al controllo dei servizi: definisce le strategie per la costruzione di un programma socio-assistenziale, il po- tenziamento dei servizi e la gestione delle risorse umane impegnate. Non si tratta di una posizione di ingresso in una struttura che opera nel sociale, ma viene svolta generalmente da operatori/professionisti che hanno già svolto tale funzione in altra struttura analoga o sono cresciuti all’interno dell’organizzazione. Il manager di servizi sociali è un laureato con indirizzo gestionale ed organizzativo. I corsi di studi più idonei sono dunque economia e commercio, economia gestio- nale o corsi umanistici (sociologia, scienza della comunicazione, servizio sociale), con una successiva specializzazione in management. 3) Mediatore culturale Si tratta di un profilo professionale estremamente nuovo, che si adopera per realizzare attività di integrazione per gli stranieri che arrivano nel nostro Paese. Il mediatore culturale rappresenta un importante punto di riferimento per gli operatori dei servizi di assistenza. Egli infatti, si occupa di guidare lo straniero che muove i primi passi in un Paese straniero: lo aiuta nella ricerca di un’abitazione, di un occu- pazione, di avviare ad esempio le pratiche per ottenere il permesso di soggiorno. La presenza poi, sempre frequente di bambini, lo porta a gestire una serie di problema- tiche legate all’infanzia, volte soprattutto a favorirne l’inserimento nelle scuole ita- liane. Non esiste una standardizzazione del percorso formativo per questa figura, pur essendo stati promossi numerosi corsi; si ricordano a questo proposito quello isti- tuito presso l’Università di Padova: Corso di perfezionamento in “Diritti umani, politiche sociali e sicurezza nell’era della globalizzazione”. Presso l’Università di Venezia: Master sull’immigrazione “Mediazione intermediterranea” e presso 181 l’Università di Trieste, facoltà di Lettere e Filosofia “Corso di laurea in scienze e tecniche dell’interculturalità”. In generale il requisito preferenziale per l’accesso a questi corsi è l’origine straniera insieme ad un congruo periodo di permanenza in Italia e al possesso di un diploma di scuola superiore. Gli italiani che invece inten- dessero intraprendere questa professione, potrebbero acquisire una buona base for- mativa attraverso una laurea in scienze sociali, scienze dell’educazione o psico- logia, con una specializzazione in educazione professionale. 4) Esperto di formazione psico-sociale È un professionista specializzato nella formazione, addestramento e riqualifi- cazione di figure professionali operanti all’interno di strutture che erogano servizi di assistenza sociale (operatori, responsabili, volontari, obiettori di coscienza). In concreto, la figura segue e coordina il percorso che va dall’ideazione di un programma o di un corso di formazione fino alla valutazione dello stesso. La prima fase di lavoro è la rilevazione dei bisogni formativi della struttura, cui segue la pro- grammazione e l’erogazione da realizzarsi presso Università, scuole di specializza- zione, centri di formazione. Infine effettua la valutazione del percorso realizzato. Il canale di ingresso più diretto nel mondo del lavoro è rappresentato dall’auto- candidatura presso centri di formazione o di servizi di assistenza sociale. Efficace anche la scelta di un’esperienza di volontariato. Il corso di studi più idoneo è certamente quello in Scienze dell’Educazione, con indirizzo Esperto dei processi di formazione. Anche altri corsi di laurea, quali psicologia, scienze politiche o servizio sociale possono dare una formazione di base idonea, ma vanno accompagnati da corsi di formazione post-laurea o di spe- cializzazione centrati sulle tematiche educative. 3. LA FORMAZIONE PER IL TERZO SETTORE Il Terzo settore rappresenta, oggi, una possibilità concreta di inserimento nel mondo del lavoro. Questo perché, da piccola realtà fatta di volontari, il mondo del non profit è diventato una realtà composita, fatta di organizzazioni che operano su scala internazionale e che hanno bisogno di figure specialistiche. Agli operatori so- ciali si sono aggiunte nuove figure professionali altamente specializzate, perché il terzo settore richiede veri e propri manager, specializzati in diverse discipline, dal- l’economia alla comunicazione, dalla gestione aziendale al fund raising (vale a dire la raccolta di finanziamenti per le organizzazioni non profit) alla comunicazione, la progettazione, il marketing. Per lavorare nel Terzo settore, dunque, è diventata indispensabile una forma- zione specialistica: alla laurea, infatti, sarebbe opportuno affiancare un master di specializzazione, oltre che la possibilità di svolgere qualche stage nelle organizza- zioni non profit. 182 Nel corso degli ultimi anni, solamente il mondo universitario sembra essersi ac- corto delle enormi potenzialità del terzo settore, organizzando corsi e master di spe- cializzazione e istituendo corsi di laurea triennali e specialistiche che trasformano il volontario in un vero e proprio professionista. Si segnala tuttavia che accanto alla formazione impartita dalle Università, esistono anche alcuni specifici percorsi di formazione, organizzati nell’ambito di alcune organizzazioni non governative. 3.1. La formazione universitaria Da Trento a Roma, passando per Milano e Bologna si contano oltre 30 corsi di laurea e master di specializzazione post-laurea per chi vuole studiare e lavorare nel Terzo settore: in economia sociale e delle cooperative sociali, cooperazione interna- zionale, lauree nel settore ambientale, nell’ambito interculturale o nelle pari oppor- tunità. A Milano, ad esempio, nel 1995 è stata fondata l’Università del Volontario che dà risposte alle pressanti richieste delle associazioni; vi operano congiuntamente il Fatebenefratelli e Camilliani insieme alla Caritas, alla Consulta per la Sanità della Diocesi di Milano, alla Alumni Club/SDA Bocconi. Qui di seguito si riportano alcuni dei percorsi di studio attivati dalle Università italiane. Per ulteriori informazioni su tutti i corsi universitari dedicati al non profit è possibile contattare: ASVI – Agenzia per lo sviluppo del no profit Sede Nazionale: Via E. Vaselli 21, 00128 Roma Tel. 06.50.79.5633 - 06.50.88.443 - Fax 06.50.79.58.38 e-mail: info@asvi.it - sito: www.asvi.it DIPLOMI UNIVERSITARI Università di Bologna - Facoltà di Economia - sede di Forlì The Fund Raising School La scuola nata nel 1999 nella sede di Forlì in collaborazione con l’A.I.C.C.O.N. si prefigge come obbiettivo (attraverso corsi intensivi e residenziali) quello di formare personale specializza- to nel fund raising. Mira quindi a fornire le competenze adatte per poter reperire fondi indispensabili al rag- giungimento della Mission di un’organizzazione non profit. e-mail: noprofit@sun1.spfo.unibo.it sito: http://www.spfo.unibo.it/nonprofit/presentazione.htm Università di Bologna - Facoltà di Economia - sede di Forlì Diploma in Economie delle Imprese cooperative e organizzazioni non profit Il diploma universitario organizzato dall’Università degli Studi di Bologna è stato il primo in Italia. Nato dalla continua richiesta di migliorare e affinare gli strumenti organizzativi ed eco- nomici propri del Terzo settore, che per la sua eterogeneità richiede una particolare formazione. La durata del corso è triennale e si rivolge a neodiplomati delle scuole medie superiori, a chi 183 opera all’interno di una impresa cooperativa o di una organizzazione non profit e a chi desidera conoscere meglio questo settore. Dal 1999 chi opera già nel mondo non profit ha la possibilità di seguire i corsi del III anno, questo iniziativa è riuscita ad ottenere buoni risultati su più fronti: offrendo al personale del Terzo Settore una maggiore e più mirata professionalità; dando agli studenti la possibilità di in- teragire con eventuali futuri datori di lavoro. e-mail: careernp@sun1.spfo.unibo.it - sito: http://www.spfo.unibo.it/nonprofit/index.htm Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano Diploma Universitario in Economia e Amministrazione delle Imprese - Indirizzo: gestione delle imprese cooperative e delle organizzazioni non profit sito: http://www.unicatt.it/guide/DU_NoProfit/DU_NoProfit.htm Università Ca’ Foscari di Venezia - Facoltà di Lettere e Filosofia Diploma Universitario in Servizi Sociali sito: http://www.unive.it/!wda/didattica/Diplomi/LE/SS Istituto Universitario Navale di Napoli - Facoltà di Economia Corso di diploma universitario delle Imprese Cooperative e delle Organizzazioni non Profit sito web: http://www.economia.uninav.it/sez03N-CDU-EICONP.htm CORSI UNIVERSITARI PER IL TERZO SETTORE Università degli Studi di Torino - Facoltà di Economia Corso di Economia delle Istituzioni non profit sito: http://www.econ.unito.it/corsi/economiche/economiadelleistituzioni.html Università di Castellanza (VA) Corso di efficacia, efficienza e trasparenza della raccolta di fondi e dello sviluppo delle orga- nizzazioni non profit sito: http://www.liuc.it/didattica/default.htm MASTER POST-LAUREA PER IL TERZO SETTORE Università di Pavia - Istituto Universitario di Studi Superiori Master Universitario Internazionale in Cooperazione allo Sviluppo sito: http://www.unipv.it/iuss/esascs Università degli Studi di Trento e ISSAN (Istituto Studi e Sviluppo Aziende Non Profit) Corso di perfezionamento post laurea per la gestione di organizzazioni non profit e coopera- tive sociali sito: http://www-issan.gelso.unitn.it/ Università degli studi di Torino - Facoltà di Scienze Politiche. Scuola di Amministrazione Aziendale Corso di perfezionamento post-laurea in Management delle organizzazioni non profit sito: http://www.saa.unito.it/mnp/index.html Università degli studi di Bologna - facoltà di Economia - Sede di Bologna Corso di perfezionamento post-laurea (master) in Economia della Cooperazione. sito: http://www.economia.unibo.it 184 3.2. La formazione delle organizzazioni non governative La realtà italiana delle ONG sorge nei primi anni sessanta come movimento spontaneo associativo, raggiungendo il riconoscimento legislativo sul finire dello stesso decennio. Attualmente le ONG italiane sono raggruppate e coordinate per circa due terzi in tre federazioni: FOCSIV, CIPSI e COCIS; le altre ONG non aderiscono a nes- suna federazione oppure fanno capo ad associazioni di associazioni. Operano in prevalenza sul fronte internazionale nelle situazioni di emergenza o di grande crisi e si avvalgono sia di personale volontario che retribuito. Per le aziende non profit, la ricerca di personale con la necessaria professiona- lità può rappresentare un problema: servono, infatti, specialisti in grado di seguire le questioni giuridiche e fiscali, le raccolte di fondi e la gestione delle risorse umane. Proprio per coprire queste posizioni, gli enti che si occupano di formazione organizzano corsi ad hoc rivolti a diplomati, laureati, dirigenti di non profit, opera- tori, volontari. Tali corsi sono rivolti ai giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni. Non sono richieste competenze particolari, se non la conoscenza di almeno una lingua stra- niera. I volontari che decidono di collaborare con una ONG internazionale, difatti, devono possedere una buona conoscenza della lingua del Paese in cui intendono andare ad operare, oltre della cultura e degli usi locali. Per avere maggiori informa- zioni, si consiglia di visitare direttamente i siti web delle singole organizzazioni non governative. SITI DELLE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE Federazioni CIPSI - Coordinamento di iniziative popolari di solidarietà internazionale http://www.cipsi.it COCIS - Coordinamento ONG per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo http://www.cocis.it FOCSIV - Volontari nel Mondo - Fed. Org. Cristiani di Volontariato Internazionale http://www.focsiv.it ONG italiane ABCS - Ass. Bertoni Cooperazione Sviluppo Terzo Mondo: http://www.abcsverona.it ACCRI - Associazione di Coop.ne Cristiana Internazionale: http://www.accri.it ADP - Amici Dei Popoli: http://www.amicideipopoli.org AFMAL - Associazione con i Fatebene Fratelli per i Malati Lontani: http://www.afmal.org/ AIBI - Associazione Amici Dei Bambini: http://www.aibi.it AIFO - Associazione Italiana Amici di R. Follereau: http://www.aifo.it ANPAS - Ass. Nazionale Pubbliche Assistenze: http://www.anpas.org/ AO - Associazione Orlando: http://orlando.women.it APS - Associazione per la Partecipazione allo Sviluppo: a.r.c.s.@agora.stm.it 185 ASAL - Associazione Studi America Latina: http://www.asalong.org/ CELIM - Centro Laici per le Missioni di Milano: http://www.celim.org CEFA - Comitato Europeo per la Formazione e l’Agricoltura: http://www.cefa.bo.it CESTAS - Centro di Educazione Sanitaria e Tecnologie Appropriate Sanitarie: http://www.cestas.org/. CESVI - Cooperazione e Sviluppo: http://www.cesvi.org CIES - Centro Informazione Educazione allo Sviluppo: http://www.cies.it CISV - Comunità Impegno Servizio Volontariato: http://cisvto.org/index.php CMSR - Centro Mondialità Sviluppo Reciproco: http://www.cmsr.org/ CNMS - Centro Nuovo Modello Di Sviluppo: http://www.cnms.it/ COSPE - Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti: http://www.cospe.it MATE - Mani Tese: http://www.manitese.it/ MLAL - Movimento Laici America Latina: http://www.mlal.org/ PROSVIL - CGIL - Progetto Sviluppo CGIL: http://www.cgil.it/prosvil/ RTM - Reggio Terzo Mondo: http://www.reggioterzomondo.org/ UNA: http://www.una.org/ VIS - Volontariato Internazionale per lo Sviluppo: http://www.volint.it BANCHE DATI DI ONG GLOBENET - https://www.globenet.org/ Raccoglie diversi raggruppamenti delle Organizzazioni e Associazioni Francofone Istituto PANOS - http://www.panosparis.org/ Contiene una ricca documentazione sulla cooperazione allo sviluppo in Africa EUROSUR - http://www.eurosur.org/ Lista di organizzazioni spagnole 4. IL RECLUTAMENTO DEL PERSONALE Ai giovani che nutrono interesse nei confronti delle professioni del no-profit, i professionisti del settore, consigliano di effettuare preliminarmente un’esperienza di volontariato, magari partecipando ad una vacanza–lavoro che consenta di im- mergersi nella realtà lavorativa a tempo pieno e di valutare se si è in possesso delle qualità necessarie. Il volontariato rappresenta, infatti, soprattutto per i giovani, un’esperienza formativa preziosa: di arricchimento personale perché come espe- rienza di cittadinanza attiva, concorre a far crescere la solidarietà e la responsabilità attraverso la partecipazione, di crescita formativa in senso stretto perché consente di arricchire il curriculum vitae, fornendo una chance in più per entrare nel mondo del lavoro. Alcuni Enti ed ONG, infatti, organizzano campi di lavoro e esperienze di gruppo anche nei Paesi in via di Sviluppo. La maggior parte di questi campi di la- voro prevede la realizzazione di microprogetti, con una notevole componente di la- voro manuale. Le modalità di adesione ai campi lavoro variano a seconda dei Paesi e dei progetti scelti, ma normalmente i campi sono aperti ai ragazzi dai 18 anni in su e, spesso, non prevedono limiti d’età. 186 5. REALIZZARE UN’ESPERIENZA DI VOLONTARIATO Per entrare a far parte del mondo del no profit, la via spesso più utilizzata è quella di realizzare un’esperienza di volontariato. Si può cominciare in vari modi: - attraverso un’esperienza costante nel tempo e nella propria città (come i vo- lontari delle tante associazioni, che operano in vari settori di utilità sociale); - attraverso un’esperienza in posti lontani (come i volontari della coopera- zione internazionale); - attraverso un’esperienza breve ed intensa nei campi di lavoro in Italia e al- l’estero. Le organizzazioni di volontariato sono disciplinate dalla legge-quadro n. 266/1991. Tratti essenziali della disciplina sono i seguenti: - Le organizzazioni possono assumere la forma giuridica che più ritengono adeguata al perseguimento dei loro scopi sociali, ma devono espressamente prevedere nell’atto costitutivo, accordo o statuto, la assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l’elettività e la gratuità delle cariche associa- tive, nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i criteri di am- missione e di esclusioni di questi ultimi e i loro diritti. In base alla legge, quindi, l’attività prestata è “personale spontanea e gratuita”. - Al volontario possono essere solo rimborsate le spese effettivamente soste- nute per l’attività prestata. Tuttavia l’art. 3 prevede la possibilità da parte delle organizzazioni di volontariato di assumere lavoratori dipendenti o av- valersi di prestazioni di lavoro autonomo “esclusivamente nei limiti neces- sari al loro funzionamento”. - È prevista una disciplina assicurativa e previdenziale a tutela della figura del volontario che presta la sua attività gratuitamente per fini di solidarietà: è in- dispensabile l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie, connessi allo svolgimento dell’attività stessa, nonché per la responsabilità civile verso i terzi. Per tutte le informazioni sulle Associazioni dove svolgere attività di volontariato, è possibile consultare i portali delle associazioni: - ADMO, Ass. donatori di midollo osseo. - AIAS, Ass. Italiana Assistenza Spastici. - AICS, Ass. Italiana Cultura e Sport, ambiente, politiche sociali, turismo protezione ci- vile. - AIMA, Ass. Italiana Malattia di Alzheimer. - AIP, Ass. Italiana Parkinsoniani, nata nel 1990 si occupa della malattia di Parkinson, e delle condizioni di vita dei malati, di raccogliere fondi per la ricerca scientifica. 187 - AISM, Ass. italiana sclerosi multipla. - AMNESTY INTERNATIONAL - ANLAIDS, Ass. Nazionale contro l’Aids, nata nell’85 opera per il potenziamento della ricerca scientifica, offre assistenza ai malati. www.anlaids.it. - ARCI, Ass. Ricreativa Culturale Italiana, www.arci.it. - AUSER, Ass. per l’autogestione dei servizi e solidarietà. Via Nizza, 154 Roma www.auser.it. - BANCO ALIMENTARE - CENTRO NAZIONALE PER IL VOLONTARIATO: banca dati per individuare asso- ciazioni di volontariato in Italia. - CENTRO TURISTICO STUDENTESCO e GIOVANILE - CGM, consorzio nazionale della cooperazione di solidarietà sociale G. Matterelli. Via Rose di Sotto, 54. www.retecgm.org. - CIPSI Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale; Via Rem- brandt, 9 – 20147 Milano telefax 02 4079213; V.le F. Balzelli, 41 – 00146 Roma telefax 06 5414894 www.tin.it/cipsi. - CITTADINANZA ATTIVA - CIVITAS, il Salone della Solidarietà dell’Economia Sociale e Civile. www.civitasonline.it www.clubsocialis.org ne abbiamo già viste le potenzialità. - CREEDS, COMUNICATORI, REDATTORI ED ESPERTI DEL SOCIALE. C.so Ve- nezia, 16 Milano. - FEDERAZIONE ALZHEIMER ITALIA, obiettivo migliorare la vita dei malati e di chi li assiste da vicino. www.alzheimer.it. - FICT, Federazione Italiana Comunità Terapeutiche. - FIVOL, Fondazione Italiana per il volontariato: Via Nazionale, 39 Roma. - FONDAZIONE BANCO ALIMENTARE - FORUM PERMANENTE DEL TERZO SETTORE. Via di Pietra, 84 Roma. - GREENPEACE - IDEALIST: è un database delle possibilità di lavoro, consulenze e tirocinio in organizza- zioni no profit internazionali. - INFORMAGIOVANI - INMISSIONE - LA BANCA ETICA ha per obiettivo costruire un punto di riferimento per quei rispar- miatori che vogliono essere più consapevoli e responsabili di come viene gestito il pro- prio denaro. www.bancaetica.com. - LAV, Lega antivivisezione, opera per la sensibilizzazione nelle scuole, si occupa di varie tematiche come, il randagismo, l’uso di animali nella ricerca scientifica. - LEDHA, Lega per i Diritti degli Handicappati. Le attività svolte comprendono un grande impegno nel servizio giuridico a tutela dei diritti ma anche nel settore legislativo ed in quello della cultura. - LEGA DEL FILO D’ORO - LEGAMBIENTE, opera dal 1980. Opera in tanti settori ormai quali la tutela delle acque, la tutela del patrimonio artistico, guardia dei siti protetti, la difesa dell’aria che re- spiriamo. www.legambiente.com - LILA, Lega Italiana per la Lotta all’Aids, dal 1987 è operativa con gli stessi scopi di fondo della precedente. www.lila.it - MANI TESE 188 - MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI: elenco delle ONG www.esteri.it. - NESSUNO TOCCHI CAINO - NIGRIZIA - PROTEZIONE CIVILE - SDA BOCCONI, Via F. Bocconi, 8 Milano. www.sdabocconi.it. - SERVIZIO CIVILE INTERNAZIONALE - SOCIALWEBS, il portale del sociale in Italia nasce nel 2000; vi può partecipare qua- lunque organizzazione non profit interessate a partecipare alla sua realizzazione. È anche un canale di comunicazione per reperire informazioni immediate, aggiornate e complete sui loro servizi. - SODALITAS, Ass. per lo Sviluppo dell’Imprenditoria nel Sociale. Si propone di risol- vere le problematiche relative alle esigenze ed ai bisogni della comunità sociale. www.sodalitas.it - TELEFONO AZZURRO - THE FUND RAISING SCHOOL, P.le della Vittoria, 15 Forlì. www.fundraising.it - TRIBUNALE PER I DIRITTI DEL MALATO - UISP, Unione Italiana Sport per tutti. - UNA, Via De Le Mede, 50 – 20151 Milano tel. 02.30.85.057 fax 02.33.40.35.70. - UNIMONDO, Portale per la pace e i diritti umani. - VIDES, Volontariato Internazionale Donna Educazione e Sviluppo - VOLONTARIATO.IT - VSO, Voluntary Service Overseas (in inglese): per inviare volontari qualificati in Africa, Asia, Carabi, Europa dell’Est. - WORLD SOCIAL FORUM, propone temi sugli effetti devastanti di una globalizza- zione lasciata al solo influsso del Mercato. www.unimondo.org/wsf 6. LA DIMENSIONE INTERNAZIONALE DEL VOLONTARIATO Le operazioni del Terzo settore non si limitano ai confini nazionali, ma esi- stono una gran numero di enti che s’impegnano anche all’estero. Negli anni ’60 nacquero le Organizzazioni Non Governative che grazie alla legge n. 49 del 1987 hanno dato impulso alla nascita di associazioni, operanti soprattutto nella salva- guardia della vita umana, l’autosufficienza alimentare, la tutela dell’ambiente, il miglioramento delle condizioni dei bambini e delle donne. Generalmente, la strada più accessibile per iniziare a muoversi nell’ambito della Cooperazione internazionale è quella di fare campi estivi all’interno di pro- getti di ONG o uno stage in un’organizzazione Internazionale all’estero. Una buona opportunità per fare esperienza può essere data dal Programma Ti- rocini promosso dal Ministero degli Affari Esteri (MAE) e dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI). I vincitori di questo Programma hanno la possibilità di trascorrere 3 mesi presso le strutture del MAE in Italia o nel mondo (Ambasciate, Consolati, Rappresentanze Diplomatiche, ecc.), svolgendo le man- sioni più diverse a seconda della destinazione. 189 Destinatari di tale programma sono laureandi, laureati e gli studenti master e l’età massima per partecipare al programma è di: - 28 anni per coloro che posseggono una laurea specialistica; - 25 anni per i laureati di laurea triennale. I laureati devono presentare domanda entro 18 mesi dalla laurea ed avere una votazione minima pari a 105/110; gli studenti devono invece dimostrare di avere sostenuto 70% degli esami per i laureandi di vecchio ordinamento o avere 60 cre- diti per gli iscritti alla laurea specialistica, con una media pari a 27/30 di media. Ovviamente, la conoscenza delle lingue straniere è un requisito fondamentale. In- formazioni più dettagliate sono disponibili alla pagina www.crui.it/crui/tirocini1. Le ONG generalmente offrono delle vere e proprie opportunità lavorative, re- golate da contratti a norma di legge. Le figure professionali più richieste sono ge- neralmente quelle del settore “sanità” (medici, paramedici, ecc.). Qualunque sia il canale d’accesso, si ricorda che generalmente per il volon- tario internazionale è previsto il seguente trattamento: - rimborso delle spese di viaggio - vitto e alloggio - formazione - rimborso spese mensile - copertura assicurativa Chi volesse fare un’esperienza di volontariato all’estero può richiedere informazioni alle se- guenti Associazioni: COCIS (Coordinamento delle organizzazioni non governative per la Cooperazione Inter- nazionale allo sviluppo) Vicolo Scavolino, 61 - 00187 Roma - Tel. 06.69.92.43.99 FOCSIV (Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontariato) Via S. Francesco di Sales, 18 - 00165 Roma - Tel. 06.68.777.96 - sito: www.focsiv.it LUNARIA (Assistenza tecnica del dipartimento Affari Sociali presso al presidenza del Consiglio per il programma di servizio di Volontario Europeo) Via Salaria 89 - Roma - sito: www.lunaria.org OIKOS Via P. Renzi, 55 - Roma - Tel. 06.88.41.880 SERVIZIO CIVILE INTERNAZIONALE Via dei Laterani 28 - 00184 Roma- Tel. 06.700.59.94 AVSO Associazione delle organizzazioni di volontariato: fornisce informazioni sulle organizzazioni af- filiate che gestiscono programmi di volontariato in Europa. http://www.avso.org Alleanza delle organizzazioni europee di volontariato Un gruppo che rappresenta le organizzazioni nazionali impegnate in progetti di volontariato a li- vello internazionale. Il sito include un’illustrazione dettagliata della rete e un utile elenco delle organizzazioni affiliate. http://www.alliance-network.org 190 Archivio mondiale del volontariato Per reperire le opportunità di lavoro volontario disponibili in molti Paesi. http://www.planetedu.com/category/volunteer/ Associazione internazionale dei programmi di volontariato Per scoprire on-line le opportunità a disposizione e leggere informazioni pratiche e consigli di carattere generale sul volontariato. Sul sito, inoltre, è possibile abbonarsi al bollettino bimestrale e consultare le risposte alle domande più frequenti sull’argomento. http://www.volunteerinternational.org/ Centro europeo del volontariato Un’organizzazione europea che raccoglie i centri nazionali e regionali di volontariato di tutta Europa e promuove il volontariato a livello europeo. Il sito offre informazioni sull’evoluzione della situazione nell’UE. http://www.cev.be/index.htm Cross-cultural Solutions Organizzazione per l’incontro delle culture. Un’organizzazione senza scopo di lucro e indipen- dente, creata per coordinare i programmi di volontariato in Brasile, Cina, Costa Rica, Ghana, Guatemala, India, Perù, Russia, Tanzania e Thailandia. http://www.crossculturalsolutions.org/ Greenpeace Un’organizzazione ben felice di accogliere nuovi volontari! Prendi parte anche tu alle campagne d’azione usando il tuo computer e registrandoti come cyberattivista. Sul sito, anche informazioni sulle attività del gruppo. http://www.greenpeace.org/international/about/volunteers Informazioni per la formazione – Servizio volontario internazionale Una raccolta di strumenti per la formazione in formato PDF, rivolta a formatori e giovani inte- ressati e/o impegnati in attività e progetti di volontariato internazionale. Il pacchetto è scarica- bile in versione integrale o per singole sezioni. http://www.training-youth.net/INTEGRATION/TY/Publications/tkits/tkit5/index International Relief Friendship Foundation I posti di lavoro volontario disponibili in molti paesi nel campo dello sviluppo sostenibile di lungo termine. Per maggiori informazioni sui singoli progetti, è necessario compilare l’apposito modulo. http://www.irff-europe.org OXFAM Informazioni pratiche rivolte a chi vuole impegnarsi nel volontariato, approfittando delle oppor- tunità offerte da Oxfam International o da una delle organizzazioni affiliate. http://www.oxfam.org/en/getinvolved/volunteer Peace Corps Per sapere come svolgere un servizio di volontariato: i materiali informativi per l’aspirante vo- lontario, il modulo on-line, i Paesi in cui svolgere il servizio, un’illustrazione dei programmi e molto altro ancora. http://www.peacecorps.org Rete mondiale del volontariato I posti di lavoro volontario offerti dalle organizzazioni affiliate alla rete in Cina, Ecuador, Ghana, Nepal, Romania, Russia, Thailandia e Uganda. Per fare richiesta, utilizzare l’apposito modulo elettronico. http://www.volunteer.org.nz/ Servizio civile internazionale Progetti di volontariato a breve e lungo termine in tutto il mondo, informazioni sulle organizza- zioni impegnate nei progetti e molti preziosi collegamenti e documenti. Ogni programma è og- getto di un’apposita mailing list, cui è possibile iscriversi. http://www.sciint.org Strumenti per la valutazione delle attività di volontariato Una risorsa concepita per aiutare i singoli paesi a valutare lo stato delle attività di volontariato a 191 livello nazionale, regionale e locale. Un documento in formato PDF è disponibile in lingua in- glese, francese, spagnola e coreana. http://www.independentsector.org/programs/research/toolkit/default.html Volontariato all’estero Su questo sito, troverete ciò che serve sapere sul lavoro volontario e su come accedervi, nonché numerosi collegamenti per reperire utili informazioni. http://www.volunteerabroad.com/ Volontariato per le Nazioni Unite Una porta per accedere alle tante attività di volontariato offerte dalle Nazioni Unite e da altre or- ganizzazioni. Un sito per saperne di più sulle occasioni disponibili e sulle modalità di partecipa- zione. http://www.unv.org/ WorkingAbroad Organizzazione indipendente che offre attività di volontariato in tutto il mondo. Consultate la se- zione dedicata al volontariato per avere maggiori dettagli. Potete anche compilare on-line il mo- dulo di richiesta di partecipazione o limitarvi a leggere il resoconto di chi ha già svolto lavoro volontario. http://www.workingabroad.com YAP I giovani per la pace. Molti interessanti collegamenti ad altri siti e indirizzi di organizzazioni vi- cine ai movimenti internazionali giovanili impegnate in attività di scambio per volontari di tutto il mondo. http://www.yap.org 7. L’AUTO-CANDIDATURA Altra modalità diffusa per la ricerca di lavoro è l’inserimento del curriculum nelle banche dati di cui dispongono le diverse organizzazioni. Potrebbe, dunque, essere efficace promuovere un’auto-candidatura e inviare il proprio curriculum, per la cui redazione è importante tenere presente che i requisiti ritenuti solitamente in- dispensabili sono: - titolo di studio adeguato; - precedente esperienza professionale in Italia o all’estero; - conoscenza della lingua utilizzata nei paesi d’intervento (nel caso si tratti di un’organizzazione che opera all’estero). In questo caso è consigliabile speci- ficare sempre nel proprio curriculum il livello di conoscenza delle lingue straniere ed eventuali esperienze di volontariato. Ricordarsi, infine, di accompagnare sempre il curriculum con una breve let- tera, evidenziando con chiarezza il percorso di studi effettuato, i campi di interesse e le eventuali esperienze maturate nel campo. 8. IL SERVIZIO CIVILE VOLONTARIO Il Servizio Civile, che a pieno diritto rientra nelle tematiche del volontariato, nasce dall’istituto dell’obiezione di coscienza e si sostanzia in un progetto di occu- 192 pazione e formazione della durata di 12 mesi, da svolgere sia presso Enti pubblici che privati senza scopo di lucro. I settori di maggiore intervento sono: assistenza, protezione civile, ambiente, patrimonio, educazione e promozione culturale, servizio civile all’estero. Si tratta, dunque, di un’importante esperienza di solidarietà e un’occasione di crescita che può dare punteggio nei corsi universitari, per le specializzazioni ed anche per acce- dere a varie professioni. La legge prevede, infatti, la possibilità che ai volontari vengano riconosciuti dei crediti formativi da spendere nel corso degli studi e nell’ambito dell’istruzione o della formazione professionale. In tal caso, tale possibilità è chiaramente riportata all’interno dei progetti ed è regolata da precedenti accordi sottoscritti tra gli organi competenti universitari e l’ente. Requisiti richiesti Per accedere al servizio civile volontario è necessario il possesso dei seguenti requisiti: - età compresa tra i 18 e i 28 anni; - cittadinanza italiana; - godimento dei diritti civili e politici; - idoneità fisica all’impiego. Non possono, invece, partecipare coloro che: - nell’anno precedente alla presentazione della domanda, hanno avuto rapporti di lavoro con l’ente proponente il progetto; - hanno riportato condanne penali; - appartengono a corpi militari o forze armate; - abbiano già prestato Servizio Civile in qualità di volontari (ovvero ai sensi della Legge 64/2001; - abbiano interrotto il Servizio Civile Nazionale prima della scadenza prevista. Modalità di svolgimento Il Servizio ha, per legge, una durata complessiva di 12 mesi. L’orario di servizio è stabilito in relazione alla natura del progetto e può prevedere: - un impegno settimanale non inferiore alle 30 ore da articolare su 5 o 6 giorni a settimana; - oppure un monte ore annuo di almeno 1.400 ore. In questo caso i volontari devono essere impiegati continuativamente per almeno 12 ore settimanali da articolare su 5 o 6 giorni a seconda di quanto previsto per la realizzazione del progetto. Ai giovani spetta per legge un rimborso spese (assegno di servizio) attualmente quantifi- cato in € 14,46 giornalieri, per un totale di € 433,80 lordi mensili. Il rimborso spese viene puntualmente corrisposto direttamente dall’Ufficio Nazionale del Servizio Civile (UNSC). Per i volontari impegnati in progetti all’estero, in aggiunta al rim- borso mensile attualmente quantificato in € 433,80, sono previsti: - un’indennità di € 15 al giorno per tutto il periodo di effettiva permanenza all’estero; - un’indennità per il vitto e l’alloggio di € 20 al giorno per tutto il periodo di effettiva per- manenza all’estero; 193 - i rimborsi per le eventuali vaccinazioni obbligatorie. Inoltre il periodo di SCN regolarmente portato a termine è riconosciuto valido per l’inquadramento economico e per la determinazione dell’anzianità lavorativa ai fini del trattamento previdenziale del settore pubblico e privato. L’ente presso il quale il giovane svolge il servizio non può, per legge, elargire integrazioni economiche al rimborso spese previsto per i volontari, né impiegare i volontari per attività lavorative fuori dall’orario di servizio. La domanda di partecipazione La domanda di partecipazione deve essere redatta in carta semplice secondo il modello rap- presentato dall’apposito allegato al bando ed è, naturalmente, reperibile e scaricabile dal sito dell’UNSC alla sezione denominata “modulistica”. La domanda deve necessariamente contenere l’indicazione del titolo esatto del progetto prescelto ed essere firmata per esteso dal richiedente. Alla domanda vanno, inoltre, allegati i seguenti documenti: - la fotocopia di un valido documento di identità personale e del codice fiscale; - la scheda allegata al bando relativa alla dichiarazione dei titoli posseduti dal candidato; - un curriculum vitae contenente l’autorizzazione al trattamento dei dati personali, datato e sottoscritto in originale; - la fotocopia dei titoli in possesso e ogni altra documentazione. Per ogni bando si può presentare un’unica domanda, e quindi si può scegliere un solo pro- getto tra quelli pubblicati, pena l’esclusione dalla partecipazione a tutti i progetti. Non esi- stono, invece, limitazioni relative all’area geografica di residenza: si può scegliere il pro- getto tra tutti quelli presenti nel bando, da svolgersi sia in Italia che all’estero. Non essendo possibile presentare più domande di selezione appare ancora più chiara l’importanza di va- lutare con attenzione i contenuti del progetto scelto e leggerne il testo nella sua interezza. Tutti i candidati che hanno presentato correttamente la domanda entro i termini stabiliti dal bando, vengono successivamente convocati direttamente dall’ente titolare del progetto per sostenere un colloquio di selezione. Al termine delle selezioni, l’ente titolare del progetto stila e pubblica la graduatoria con i punteggi attribuiti ai candidati e assegna loro alle ri- spettive sedi per l’attuazione del progetto. Durante il colloquio di selezione il volontario può esprimere la propria preferenza rispetto all’assegnazione ad una determinata sede tra quelle possibili, ma la decisione rimane in capo all’ente che è tenuto a rendere pubblica, as- sieme alla graduatoria di selezione, l’assegnazione dei volontari alle rispettive sedi. Entro il termine di avvio i volontari possono rinunciare a prendere servizio dandone tempestiva co- municazione scritta all’ente, riservandosi così la facoltà di ripresentare in futuro la do- manda di partecipazione ai bandi di SCN. Dove reperire le informazioni Uno strumento molto utile per orientarsi è il sito internet dell’UNSC: www.serviziocivile.it, dove sono disponibili tutte le informazioni costantemente aggiornate. Dal sito si può, inol- tre, accedere alla sezione Bandi dove vengono pubblicati tutti i bandi nazionali per la sele- zione dei volontari e dove è reperibile tutta la modulistica da compilare per presentare la do- manda. Può essere utile anche consultare i siti degli enti di SCN del territorio, che per legge devono avere almeno una pagina interamente dedicata al SCN, dove devono essere pubbli- cati i progetti a bando e tutte le informazioni utili. 194 Per coloro che abbiano necessità di approfondire l’argomento è possibile consultare i se- guenti riferimenti normativi: - Legge 6 marzo 2001, n. 64 - “Istituzione del Servizio Civile nazionale” - DLGS 5 aprile 2002, n. 77 - “Disciplina del Servizio Civile Nazionale a norma dell’art. 2 della Legge 6 marzo 2001 n. 64” - DPCM 19 aprile 2004 - “Criteri e modalità dell’attività di verifica, per l’anno 2004, nei confronti degli enti che impiegano giovani in servizio civile ai sensi della legge 8 luglio 1998m n. 230 e della Legge 6 marzo 2001, n. 64” - DM 3 agosto 2006 - “Approvazione del prontuario concernente le caratteristiche e le mo- dalità per la redazione e la presentazione dei progetti di servizio civile nazionale da rea- lizzarsi in Italia e all’Estero, nonché i criteri per la selezione e l’approvazione degli stessi”. Quarta sezione MODI E TEMPI DELLA RICERCA 197 Capitolo decimo La ricerca del lavoro. Strategie, strumenti e metodi 1. IL LAVORO “OFFERTO” E IL LAVORO “CERCATO” La ricerca di lavoro è un momento particolare della vita di un individuo, carico di speranze e di aspettative, ma anche di timori e di dubbi. Può capitare spesso, in- fatti, di non sapere da dove partire e quale direzione prendere, a chi rivolgersi o quali siano le mosse giuste da fare. Chi è alla ricerca di un impiego, infatti, ha a disposizione molteplici canali da percorrere e numerose fonti di informazione da consultare, tuttavia non sempre facili da gestire, soprattutto per chi è alle prime armi. Per affrontare al meglio la ricerca di un impiego e non incorrere in molti degli errori più frequenti, come fidarci ciecamente di fonti poco attendibili o di canali poco efficaci, è necessario, dunque, organizzarsi con metodo e sistematicità, in modo da orientare proficuamente gli sforzi da fare, in modo da realizzare le pro- prie aspirazioni professionali. Primo passo in tal senso è dunque sapere “chi” detiene le informazioni di cui si necessità e “quali strutture” possono offrire servizi di informazione e consu- lenza. L’informazione è un elemento fondamentale per condurre un’efficace ricerca di lavoro: di maggiori informazioni si dispone sul settore lavorativo di proprio inte- resse, le aziende e le opportunità disponibili, sui servizi a cui ci si può rivolgere, maggiori saranno le probabilità di cogliere l’occasione giusta. È poi molto importante fare un utilizzo mirato del tempo a disposizione per la ricerca, pianificando una “tempistica” delle azioni da porre in essere, così da pro- grammare il tempo che si è disposti a dedicare al progetto e circoscrivere l’arco di tempo entro il quale presumibilmente sarà possibile collocarsi professionalmente, tenuto conto delle condizioni del mercato di riferimento, del proprio background formativo e professionale, delle aspirazioni ed esigenze personali. Per la ricerca di un impiego sono molti i canali a disposizione e probabilmente il metodo migliore consiste nel ricorrere al maggior numero possibile contempora- neamente. Le strategie a disposizione di coloro che sono alla ricerca di un impiego sono riconducibili sostanzialmente a due: - la prima strategia consiste nel valutare il cosiddetto “lavoro offerto”, di cui si ha notizia dagli annunci di lavoro, pubblicati dalle aziende sulla stampa o su internet. 198 - La seconda è quella dell’auto-promozione, in cui è il soggetto a prendere l’iniziativa per creare l’occasione di lavoro, individuando “aziende-bersa- glio” con cui entrare in contatto telefonando, presentandosi di persona, in- viando il proprio curriculum e lettere di auto-candidatura. 2. LA VALUTAZIONE DEL “LAVORO OFFERTO” I mezzi che veicolano i flussi informativi sul mercato del lavoro, mettendo in contatto domanda e offerta di lavoro sono essenzialmente la stampa, Internet e più limitatamente anche la televisione. 2.1. La stampa La stampa è il canale più tradizionalmente utilizzato per la ricerca di un la- voro: generalmente infatti, si parte dalla lettura delle inserzioni di ricerca di perso- nale, pubblicizzati dalle piccole o grandi aziende, direttamente o tramite società o agenzie specializzate. La stampa, tuttavia, diventa un canale molto utile anche nel caso in cui si decidesse di optare per un’auto candidatura, attraverso la pubblica- zione di un proprio annuncio (vedi infra). In commercio esiste una grande varietà di giornali nei quali è possibile consul- tare le offerte di lavoro: quotidiani, free press, periodici specializzati. I quotidiani, in particolare, riportano tutti i giorni, nelle pagine degli annunci economici, anche le inserzioni per la ricerca di personale. Si tratta, solitamente, di inserzioni rivolte al lavoro non qualificato. Sui maggiori quotidiani nazionali, in- vece, in giorni predefiniti appaiono annunci meglio strutturati e volti a reperire per- sonale qualificato. In questi casi, le sedi di lavoro sono le grandi città, mentre sui quotidiani locali la ricerca è limitata alla zona di diffusione del giornale. Giorni di uscita di alcuni dei principali quotidiani nazionali e locali che prevedono una rubrica di annunci di lavoro. 199 Inoltre tutti i quotidiani a tiratura nazionale approfondiscono le tematiche del mercato del lavoro, attraverso la pubblicazione di inserti che hanno generalmente cadenza settimanale. In queste pubblicazioni è possibile rintracciare informazioni sull’andamento del mercato del lavoro, sullo stato e le tendenze dell’economia e della finanza, ana- lisi, proposte e informazioni sui canali formativi e di orientamento professionale, politiche e progetti volti a favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, no- vità della giurisprudenza del lavoro, ma anche offerte di lavoro. Non di rado questi inserti hanno anche una versione telematica, pubblicata su Internet. Tra i principali, si segnalano i seguenti inserti che presentano una comune im- postazione progettuale per quel che riguarda l’analisi delle problematiche del mer- cato del lavoro e dei flussi di comunicazione tra domanda e offerta: - Lavoro & Carriere (Il Sole 24 ore); - Affari & Finanza (La Repubblica); - Economia & Finanza (La Stampa). Tra le pubblicazioni specializzate si annovera anche un numero piut- tosto elevato di giornali, a cadenza quindicinale o mensile, dedicati alla pub- blicizzazioni dei concorsi e delle offerte di lavoro; in esse sono riportati ge- neralmente i bandi dei concorsi, completi di tutte le informazioni necessarie per la presentazione della domanda di partecipazione, corredate anche dei moduli e dei fac simili: - Impiego & Lavoro - Il Posto - Concorsi per tutti - Concorsi ed esami - Lavorare - Obiettivo lavoro - Trovalavoro - Tuttolavoro Alcune riviste specializzate, inoltre, pubblicano periodicamente offerte ed in- formazioni sul mercato del lavoro. Spesso i siti internet ad essi collegati riportano queste informazioni nelle sezioni dedicate al lavoro: - Career Book Lavoro www.careerbooklavoro.somedia.it - Career Book Università www.careerbookuniversita.somedia.it - Corriere della Sera www.corriere.it/lavoro/index.jhtml - Il Giorno http://ilgiorno.quotidiano.net - La Repubblica www.repubblica.it - La Stampa www.lastampa.it/lavoro/default.asp 200 “Il Sole 24 Ore” si divide in diverse sezioni: “Primo Piano”, dove si tratta in maniera approfondita eventi e problematiche di grande attualità; “I quaderni del Sole 24 ore on line”, dove vengono illustrati provvedimenti legislativi come il la- voro interinale, gli stage e tirocini, il nuovo apprendistato, il lavoro atipico, il tele- lavoro, il part-time ecc.; “Le Opportunità”, che evidenziano i concorsi pubblici, gli incontri/laboratorio tra studenti, l’università e mondo del lavoro e dove è possibile informarsi sulla richiesta delle aziende di personale qualificato. È di grande inte- resse anche la sezione “Documenti” http://www.ilsole24ore.it/sottosezioni/lavoro.htm. Estremamente diffuse, infine, anche le cosiddette pubblicazioni “free press”, vale a dire le riviste di inserzioni gratuite (di solito con un raggio di azione locale), reperibili generalmente presso luoghi pubblici, quali ad esempio: - Fiera città (Napoli) - La Città in tasca (Bologna) - La Pulce (Firenze) - Le Cose (Genova) - Porta Portese (Roma) - Secondamano (Milano) - Torino Affari (Torino) Come leggere le inserzioni Gli annunci di lavoro si distinguono in due tipologie: - Piccoli annunci che riportano in estrema sintesi i dati sull’azienda e sul pro- filo ricercato: poche righe per specificare il nome e la sede dell’impresa, la qualifica, e i requisiti minimi richiesti, le condizioni offerte e le modalità per candidarsi. Sono utilizzati prevalentemente per la ricerca di personale poco- medio qualificato e di solito vengono pubblicati direttamente dall’azienda, spesso in forma anonima. - Ricerca di personale qualificato. Lo spazio riservato loro sui giornali è più ampio e sono generalmente più riconoscibili perché stampati con un riqua- dro. di solito vengono raggruppati in una o più pagine e contengono una de- scrizione dettagliata del lavoro offerto e delle mansioni e dei requisiti richie- sti. In genere sono rivolti a persone in possesso di competenze professionali specifiche o a giovani che hanno terminato il loro percorso formativo. Que- ste inserzioni sono solitamente più attendibili, perché le aziende pubblicano questi annunci a pagamento, anche se potrebbero comunque nascondere truf- fe e raggiri. Le inserzioni possono essere poi diversamente classificate, “di- rette” o “indirette”, a seconda se sono pubblicate dalla stessa azienda che cerca personale o da società/istituti specializzati nella ricerca del personale per conto delle aziende. Si dicono “anonime” o “identificate” se vengono 201 fornite o meno le indicazioni necessarie per identificare l’inserzionista, l’azienda stessa o la società di selezione. In ogni caso è bene tenere presente che ogni annuncio contiene, oltre a quelle “palesi”, alcune informazioni per così dire “nascoste”. La capacità di saper riconoscere ed interpretare tutte le informazioni presenti nelle inserzioni è fondamentale sia per valutare se ri- spondere o meno all’inserzione, sia per rispondere in maniera adeguata al profilo professionale ricercato: nel pubblicare gli annunci, le aziende hanno, infatti, in mente il tipo professionalità che intendono inserire in organico. Il candidato aumenterà le possibilità di vedere presa in considerazione la pro- pria candidatura se verranno fornite unicamente le informazioni relative ai requisiti richiesti, rimandando, in sede di colloquio, le informazioni aggiuntive che comple- tano il profilo personale. Nel rispondere all’annuncio è importante, inoltre, riferirsi in maniera chiara al- l’inserzione selezionata, in quanto la stessa azienda può ricercare, nel medesimo periodo, più figure professionali. Il testo dell’inserzione che viene di seguito riportata a titolo esemplificativo contiene le informazioni palesi che l’azienda ha esplicitamente dichiarato, ma anche quelle nascoste che si desumono dal testo dell’annuncio: SOFTWARE S.P.A. Azienda leader nel campo dell’informatica e delle telecomunicazioni con sede centrale in Roma e attiva in tutta Italia cerca personale informatico per incarichi di responsabilità. Si richiede ottima conoscenza dei principali software di gestione reti, flessibilità di orario, facilità alla soluzione di problemi, buona comunicativa e facilità di rapporto con la clientela. No vendite. Inviare curriculum a Centro Gestione Risorse, via XXX, Roma. Procedendo ad una lettura attenta dell’inserzione e procedendo ad una analisi delle informazioni palesi e nascoste contenute nell’annuncio, si possono ricavare utili elementi per valutare l’opportunità di rispondere all’annuncio. 202 A tal fine si tenga presente che, generalmente, ogni inserzione “seria” contiene: - il nome dell’azienda; - il settore in cui opera; - la posizione richiesta; - tipo di contratto offerto; - modalità di selezione. Se l’impresa rimane anonima per questioni di riservatezza, le garanzie devono essere fornite dal nome, indirizzo o marchio della società di selezione incaricata di procedere alla selezione delle candidature. Soprattutto, occorre diffidare degli an- nunci il cui unico recapito è un numero di telefonino o quelli in cui c’è poca chia- rezza circa le mansioni da ricoprire. Con l’entrata in vigore della Legge Biagi un ulteriore giro di vite è stato posto verso gli annunci anonimi: l’art. 9 del DL 276 del 10/09/2003 vieta infatti ogni “co- municazione a mezzo stampa, internet, televisione o altri mezzi di informazione, in qualunque forma effettuate, relative ad attività di ricerca e selezione del personale, ricollocamento professionale, intermediazione o somministrazione effettuate in forma anonima e comunque da soggetti, pubblici o privati, non autorizzati o accre- ditati all’incontro della domanda e dell’offerta di lavoro.” 203 Le inserzioni di tutti i soggetti abilitati alla ricerca e selezione del personale, alla ricollocazione, all’intermediazione o alla somministrazione dovranno essere accompagnate dall’indicazione del numero di accreditamento e autorizzazione. I potenziali datori di lavoro che volessero mantenere l’anonimato potranno pubbli- care l’annuncio di ricerca del personale tramite i soggetti autorizzati o i centri per l’impiego oppure, per la trasparenza del mercato del lavoro, dovranno indicare la loro ragione sociale e tutti i riferimenti utili ad identificarli. Come rispondere alle inserzioni Le regole per rispondere ad un annuncio di lavoro sono molto semplici: - di solito viene richiesto il curriculum che è bene accompagnare da una lettera di presen- tazione; - limitarsi nella lettera a riferire il tipo di informazioni richieste dall’annuncio, in quanto i selezionatori sono poco inclini a leggere informazioni non strettamente pertinenti al pro- filo; - rispondere anche se non si è in possesso di tutti i requisiti. Il profilo professionale nelle inserzioni è generalmente teorico ed è raro che una persona possieda tutte le caratteri- stiche descritte; - citare nella lettera il riferimento, il giornale e la data di pubblicazione dell’annuncio; il ri- ferimento dell’annuncio anche sulla busta; - scrivere la lettera a mano solo se richiesto dall’annuncio, perché la scrittura può servire all’analisi grafologica; - è buona norma ritagliare o fotocopiare l’inserzione e conservarla insieme alla lettera di accompagnamento, perché potrebbe intercorrere molto tempo prima di essere ammessi alla selezione. 2.2. La televisione Un altro canale da utilizzare nella raccolta delle informazioni è la televisione. Si segnalano qui di seguito alcune trasmissioni che trattano sia i temi le- gati al lavoro, sia quelli legati alla formazione professionale. Nel corso dei programmi si cerca di fornire un quadro in costante aggiornamento del mer- cato del lavoro, prestando attenzione alle dinamiche occupazionali sul terri- torio, segnalando i settori economici con le maggiori possibilità, le tecniche e i sistemi utili per chi entra per la prima volta nel mondo del lavoro. Ricchi di rubriche che riguardano gli aspetti più disparati, i servizi spa- ziano dal modo migliore per raccogliere informazioni che meglio si adattano alle proprie aspirazioni, ad attente panoramiche sulle nuove professioni, alle informazioni necessarie per diventare imprenditori, alle opportunità forma- tive e di studio in Italia e all’estero. Inoltre, molte trasmissioni hanno attivato un sito Internet con link, mo- tori di ricerca, banche dati on-line in cui inserire il proprio curriculum e la possibilità di scaricare documenti, ricercare leggi, contattare istituzioni pub- bliche e organizzazioni no profit. 204 Trasmissioni TV - TG3 - Articolo 1 - RAI 3 È uno spazio dedicato ai temi dell’occupazione che, in ogni puntata, presenta servizi ed inchieste sul mondo del lavoro con speciale attenzione alle nuove forme di impresa e al rapporto tra formazione e lavoro. http://www.rainews24.rai.it/sito/aggpagine/rubrrai/articolo1/default.htm - Okkupati - RAI 3 Sito della trasmissione sui temi del lavoro e della formazione: navigando tra le pagine è possibile trovare tutti gli approfondimenti sugli argomenti affrontati in tv e gli indirizzi per comunicare e i link ai migliori siti web, che offrono informazioni sul lavoro e sulla creazione di impresa, sulle nuove professioni, sulle opportunità di formazione e di studio all’estero ed in Italia. http://www.okkupati.lavori.net/home.htm Programmi televisivi, Televideo, canali satellitari, trasmissioni periodiche specializzate sui temi dell’orientamento, della formazione e del lavoro: - Lavorora – RAI 2 (Fascia oraria notturna) Un programma realizzato in collaborazione con il Ministero del Lavoro che si occupa della divulgazione delle offerte e delle tematiche inerenti al lavoro. - Televideo RAI - www.televideo.rai.it La pagina 465 dedicata al lavoro e le pagine 470-471 per informazioni e riferimenti utili relativi ai temi trattati nelle trasmissioni televisive e radiofoniche dedicate al lavoro. - Canale Lavoro - In onda sulle piattaforme D+ canale 130 e Stream canale 60. Tv satelli- tare: Freq: 11766 MHZ - Pol: verticale - Fec: 2/3 - Symb: 27,5 MS. È il primo canale televisivo satellitare dedicato al mondo del lavoro. Fornisce informa- zioni pratiche, concrete, quotidiane per la ricerca del lavoro. Per informazioni consultare il sito www.canalelavoro.it. Programmi radio Programmi radiofonici di emittenti pubbliche e private dedicate al lavoro: - Tam Tam Lavoro – Radio 1 RAI Un punto di incontro tra chi cerca e chi offre opportunità di impiego. Parlano diretta- mente gli imprenditori e i responsabili di aziende, di enti o di organizzazioni in cerca di nuove figure professionali in ambito nazionale ed internazionale, in linea con le esigenze e le richieste di un sistema economico sempre più ampio e articolato. Inoltre, notizie sui corsi di formazione e aggiornamento, stage, progetti regionali, nazionali ed europei, ini- ziative per la nascita di nuove imprese, novità legislative, nuovi servizi telematici. Per in- formazioni consultare il sito: www.radio.rai.it/radiorai/online/radiouno/ tamlavoro/lavorohome.htm. 2.3. Internet Gli sviluppi tecnologici legati alle comunicazioni di massa e la diffusione del- l’informatica hanno portato all’affacciarsi di un nuovo veicolatore di informazioni e, quindi di un ulteriore strumento nella ricerca del posto di lavoro: Internet. Acco- 205 starsi a Internet è una pratica che sta conoscendo in questi anni uno sviluppo sem- pre maggiore: infatti è vastissimo il numero di siti in cui è possibile trovare offerte di lavoro e inserire il proprio curriculum, da sottoporre all’interesse delle imprese. Sono essenzialmente due le possibilità d’azione per trovare lavoro attraverso la rete internet. 1) Rispondere alle inserzioni pubblicate nelle banche dati aziendali In questo caso è sufficiente inviare la propria candidatura all’indirizzo di posta elettronica riportato nell’annuncio per entrare direttamente in contatto con il responsabile del personale dell’azienda. Per inoltrare la propria can- didatura sono di norma due le possibilità offerte: - il form: il sistema maggiormente utilizzato dai siti specializzati nell’in- contro tra domanda ed offerta e da quelli aziendali, in quanto agevola l’inserimento e l’archiviazione dei curricula nel database. E’ in questo caso sufficiente compilare i diversi campi previsti, seguendo le indica- zioni. - l’e-mail: è articolata in lettera di presentazione (e-mail) e curriculum vero e proprio (allegato). Nell’e-mail deve essere specificato l’oggetto della comunicazione (es. proposta di candidatura per…) e il testo (6/8 righe al massimo), dove evidenziare gli aspetti del proprio percorso for- mativo/professionale più in linea con le esigenze aziendali. Il curriculum va inviato in allegato, salvato col proprio nome e cognome e completo della liberatoria per il trattamento dei dati personali (decreto legge 196/2003). 2) Pubblicare il curriculum on line In questo caso ci si collega con uno dei tantissimi siti di ricerca di lavoro. È necessario, di norma, procedere alla registrazione dei propri dati anagra- fici e successivamente alla pubblicazione dell’annuncio. La legge vieta che le informazioni lasciate in rete possano essere utilizzate per altri scopi o forme di pubblicità, ma di fatto non esiste nessun controllo. Interessante può essere anche far parte di gruppi di discussione, i new- sgroup, per entrare in contatto con gli altri utenti dei servizi e, per esempio, scambiarsi informazioni. Bisogna, tuttavia, tener presente che nei new- sgroup ogni tipo di informazione è pubblico e che farne parte richiede un certo dispendio di tempo. I migliori newsgroup sono quelli a cui si accede utilizzando una password e che sono controllati da un moderatore. Consultare la rete è tuttavia di grandissima utilità anche soltanto per reperire informazioni. Tra i diversi siti, ve ne sono alcuni che offrono informazioni di carat- tere generale, e che sono solitamente quelli delle istituzioni pubbliche; essi forni- scono informazioni sulla normativa vigente, permettono la consultazione delle Gazzette Ufficiali, offrono analisi sul mercato del lavoro e sulle dinamiche delle 206 professioni (ad es. i siti del Senato, della Camera dei deputati, ISTAT, Unione Eu- ropea, ecc). In altri, invece, sono reperibili informazioni e servizi finalizzati all’orienta- mento e all’incontro tra domanda e offerta di lavoro. In questa categoria confluisce un gran numero di siti, gestiti dalle più diverse realtà. Infatti, accanto a quelli di tipo istituzionale (enti pubblici centrali e periferici), troviamo siti di associa- zioni/strutture/organizzazioni, a vario titolo impegnati nel sociale, di gruppi che of- frono servizi specializzati, testate giornalistiche, società di selezione, ecc. Nel caso in cui, invece, non si conoscono gli indirizzi web da consultare, navi- gare tra i vari siti può, tuttavia, essere un’operazione complicata, alla quale dedi- care molto tempo; spesso, infatti, nelle pagine web sono presenti diversi collega- menti ad altri siti (link), e si corre il rischio di perdere il senso della ricerca che si era intrapresa. Il primo valido criterio da seguire è, dunque, quello di avere sempre presente l’obiettivo della propria consultazione. Se capita, tuttavia, di non avere le idee così chiare, è utile servirsi dei motori di ricerca, siti cioè specializzati nel gui- dare la ricerca e che consentono di digitare, in appositi spazi, le parole chiave attra- verso cui il motore segnala i siti più utili. Nell’utilizzo dei motori di ricerca, si deve avere l’accortezza di digitare per pri- me le parole ritenute più importanti: così, ad esempio, se si vogliono conoscere le possibilità di assunzione alla FIAT, sarà meglio digitare: “FIAT offerte di lavoro”. In tal modo la ricerca di informazioni sarà limitata a un argomento ben preciso. Alcuni motori di ricerca da consultare proficuamente sono: - Altavista: www.altavista.it - Arianna: www.arianna.it - Lycos: www.lycos.it - Virgilio: www.virgilio.it - Yahoo: www.yahoo.it 1) Siti internet per la ricerca di un impiego Anche per cercare lavoro, Internet può rappresentare una ricca fonte di infor- mazioni e servizi. Molti siti, infatti, offrono servizi di incontro domanda e offerta di lavoro, in- formazioni sul mercato del lavoro, sulle professioni, sulla normativa e consigli per affrontare il mondo del lavoro in Italia e all’estero. Tra i molti siti presenti nella rete, si segnalano i seguenti: www.annuncilavoro.com www.assofranchising.it www.bancalavoro.com www.bancaprofessioni.it www.cercaoffri.it www.cliccalavoro.com www.cambiolavoro.com www.eurodesk.it 207 www.gojobsite.it www.ilsole24ore.it/lavoro www.jobpilot.it www.jobadvisor.it www.jobdirect.it www.jobonline.it www.joblitz.com www.lavoroturistico.it www.lavoronline.com www.lavorareonline.it www.lavoro.it www.lavoroinrete.it www.lavoroveloce.it www.lycos.it www.mondolavoro.com www.monster.it www.msn.it/lavoro.asp www.monsteritalia.it www.obiettivolavoro.it www.stepstone.it http://profiliecarriere.it http://lavoro.kosmomarket.com/ a) Siti per le donne Su Internet si possono trovare molti siti rivolti a un pubblico femminile. Trat- tano spesso temi diversi ma non mancano mai pagine dedicate al lavoro e all’im- prenditoria dove si possono consultare informazioni, consigli, opportunità di im- piego e accedere a forum di discussione. www.spaziodonna.com/lavoro.phtml www.donnamoderna.com/lavoro/index.jsp www.opportunitalia.it/impfemm/default.asp www.osservatoriodonna.igol.it www.cisl.it/SitoCisl.nsf www.miranet.it www.assodonna.it www.italiadonna.it/lavoro/lavoro.htm www.kila.it/home.aspxwww.cgil.it/pariopportunita www.donne.it www.dols.net b) Siti per i disabili www. affarisocialihandicap.it/tematiche/lavoro.asp www.asphi.it/HomePage.htm euro.asphi.it/town/it/default.htm www.handylex.org www.disabili.com www.handimpresa.it www.disabililavoro.it 208 c) Siti per gli immigrati In Internet si possono trovare siti e pagine web dedicate agli immigrati extra- comunitari con informazioni sulle modalità di accesso al lavoro, permessi di sog- giorno, assistenza sanitaria, alloggi e istruzione. Oltre al sito del Ministero del La- voro, altri siti utili sono quello della Polizia di Stato e il portale Stranieri in Italia. www.welfare.gov.it www.poliziadistato.it/pds/cittadino/stranieri/stranier.htm www.stranieriinitalia.com 2) Siti internet di informazione ed orientamento Ministero del Lavoro www.lavoro.gov.it Questo sito istituzionale fornisce un ampio ventaglio di informazioni, compresi gli aggiorna- menti sulle normative, i finanziamenti ministeriali per l’occupazione, l’orientamento e la forma- zione professionale; inoltre sono inserite ricerche e studi. Il lavoro interinale è trattato con do- vizia di particolari, con l’elenco completo delle società iscritte nell’apposito Albo istituito presso il Ministero. Attenzione riceve anche, ovviamente, l’Europa del lavoro, con informazioni sulle attività formative del Fondo Sociale Europeo, i programmi di studio e lavoro. Da questo sito è possibile collegarsi a moltissimi siti che si occupano di formazione, orientamento e lavoro. Biblioteca di Documentazione Pedagogica di Firenze http://www.bdp.it Costituisce il Centro Risorse Orientamento per l’area istruzione su incarico del Ministero dell’I- struzione è titolare di un nodo Internet, cui si accede tramite il seguente indirizzo: http://www.bdp.it che immette sulla home page dell’Istituto, strutturata secondo la seguente ti- pologia di servizi: - Banche dati per la scuola e la ricerca (di carattere bibliografico, normativo e documentario su progetti e attività in corso nella scuola); - Servizi informativi afferenti a: - Progetti Internazionali - Collegamento a pagine web di Enti e Istituzioni (MPI, IRRSAE, ecc.) Informagiovani www.informagiovani.it/lavoro.htm Dalla pagina principale, si raggiunge l’indice dei settori informativi, suddiviso in ben quindici aree; le più interessanti per chi cerca informazioni sul lavoro sono: - Lavoro e concorsi, che contiene una serie di offerte di lavoro e collegamenti ad altri Informa- giovani, altri siti e al Bollettino telematico settimanale, il quale presenta offerte di lavoro e la panoramica della legislazione relativa ai diversi contratti di lavoro; - Formazione professionale, che si prefigge di orientare quanti hanno interesse per la forma- zione professionale; - Imprenditoria, che offre un resoconto su incentivi, finanziamenti, metodi di stesura di un busi- ness plan e quant’altro occorra a giovani aspiranti imprenditori. Inoltre, uno dei settori è dedicato alle truffe e ai raggiri nei quali si rischia di cadere durante la ricerca di un posto di lavoro. Centro Risorse Europeo per l’Orientamento http://www.aster.it/formaz.htm La home page del Centro Risorse è un punto di riferimento utile per reperire informazioni sull’e- 209 ducazione, la formazione e il lavoro nei paesi dell’Unione Europea e consente inoltre, tramite appositi link, di collegarsi in tempo reale con tutti gli enti attivi nel promuovere la dimensione europea dell’orientamento. Europalavoro http://www.europalavoro.it Nel sito, si possono trovare informazioni riguardanti le modalità di intervento sul Fondo Sociale Europeo, documenti sulle Iniziative Comunitarie, notizie su Avvisi, Bandi, Circolari, Decreti e Note informative del Ministero. Si possono poi consultare i materiali contenuti nella “Biblio- teca”, reperire gli indirizzi degli organismi di orientamento nazionali e collegarsi con altri siti web correlati, tra i quali quelli Comunitari. Consiglio Nazionale delle Ricerche http://www.urp.cnr.it/contrattiopera/contrattiopera.htm Sito istituzionale del C.N.R. (Consiglio Nazionale delle Ricerche), Ente nazionale di ricerca con competenza scientifica generale e istituti scientifici distribuiti sul territorio, che svolge attività di prioritario interesse per l’avanzamento della scienza. Il sito si compone delle seguenti sezioni: Organizzazione; Attività; Utilità; Eventi; URP. CNEL http://www.cnel.it/contr.htm Sito istituzionale del CNEL, Organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha potere legislativo in termini e può contribuire all’elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge. È possibile consultare tutti i contratti nazionali di lavoro e molto altro. ISFOL www.isfol.it L’Istituto coordina per l’Italia le attività legate ai progetti dell’Unione europea a sostegno del- l’occupazione. È possibile consultare il sistema informativo ORFEO, sistema telematico di con- sultazione e di banche dati e comunicazione telematica, incentrato su formazione professionale, orientamento, istruzione e occupazione in Italia e in Europa. Sistema Informativo Excelsior www.cciaa.net/ Excelsior è un sistema informativo permanente per l’occupazione e la formazione, realizzato dall’Unioncamere insieme al Ministero del Lavoro e l’Unione europea. Copre l’intero territorio italiano, basandosi su informazioni ricavate da dati amministrativi (Registro Imprese/REA, INPS e INAIL) e da indagini periodiche sulle imprese. Excelsior fornisce dati sulla struttura del- l’occupazione e sui flussi di domanda prevista; ha una banca dati sulla domanda di professioni consultabile con diverse chiavi: figure professionali, funzioni, livelli; titoli di studio, classi di età, settori di attività, dimensioni di impresa, territorio. Unione Europea www.europa.eu.int Il sito dell’UE, oltre a informazioni generali sull’Unione, presenta alcune finestre interessanti per chi si occupa di orientamento: EUR-lex, il diritto dell’Unione europea; accesso ai documenti ufficiali, ai testi giuridici, alle pubblicazioni e basi dati, alle fonti di informazione, alle politiche tema per tema (occupazione, formazione). Comunità Europea www.eur-op.eu.int/it/ Il sito presenta le pubblicazioni ufficiali della Comunità europea (Gazzetta ufficiale, formazione professionale). 210 Orient@mento in rete www.aiuto.net È una guida di più di 100 pagine dedicate a oltre 400 siti italiani dedicati alle professioni, alla scuola, alla formazione, all’università e alla ricerca. È un valido aiuto ai più giovani in cerca di lavoro, perché aiuta a: - Individuare le opportunità di studio, ricerca, formazione professionale e formazione continua; - Conoscere le opportunità lavorative per settore; - Impostare in modo razionale la ricerca di lavoro; - Mettere a punto un progetto personale per la ricerca di lavoro; - Conoscere la normativa sul lavoro; - Ottenere un sostegno concreto nel processo di orientamento. TCA Telelavoro http://www.telelavoro.it Sito Ufficiale del CIPT, Comitato Italiano per la Promozione del Telelavoro. Non solo notizie in- teressanti, ma anche offerte e richieste di lavoro e possibilità di iscriversi alla mailing list sul te- lelavoro. Telelavoro http://www.mclink.it/telelavoro/index.htm Questo sito cerca di diffondere in Italia la conoscenza e la pratica del telelavoro. Non troverete offerte di lavoro ma utili consigli su: come attivarsi nella ricerca del telelavoro; quali sono le as- sociazioni che vi possono aiutare; qual è la normativa di riferimento e quali sono gli sviluppi di questo nuovo modo di lavorare in altri Paesi. Banca Professioni http://www.bancaprofessioni.it È un sito che, attraverso gli articoli riportati sotto forma di links, descrive l’evoluzione dell’in- contro tra domanda e offerta di lavoro. Attraverso gli argomenti selezionati offre un’ottima pa- noramica dell’attuale mercato del lavoro e delle nuove professioni. Talent manager http://www.talentmanager.it Questo sito ti permette di leggere gli articoli riguardanti il mondo del lavoro e i suoi segreti: scrivere un curriculum, fare un colloquio, scegliere un master. Servizi per chi cerca e per chi offre lavoro. Oltre a inserire i tuoi dati, puoi consultare gli annunci di lavoro. Le aziende pos- sono pubblicare le inserzioni per il reclutamento di risorse umane. Forum lavoro http://www.forumlavoro.com/ La CIM mette a disposizione un gran numero di siti per saperne sempre di più sul lavoro. Per chi è alla ricerca del lavoro on line: metti il tuo curriculum on line e fallo certificare dagli esperti della CIM prima di visitare tutte le fonti di offerte di lavoro di seguito indicate la CIM mette a disposizione un gran numero di siti per saperne sempre di più sul lavoro. Il Corriere dell’Università http://www.corriereuniv.it/Lavoro/LavoroIndexMain.htm Un quindicinale che tratta delle questioni legate al mondo delle Università. Ci si può trovare in- formazioni, consigli utili ed offerte di lavoro, borse di studio e di lavoro, master e bandi di con- corsi. Guida Orientamento Regione Lazio http://www.sirio.regione.lazio.it/lavoro/utintro.htm In questo sito è possibile trovare un’ampia gamma di informazioni sul mercato del lavoro e delle 211 professioni. Si suddivide ed articola in diverse aree tematiche quali: consigli per partire con il “piede giusto”; primo inserimento; sostegno all’occupazione; lavoro autonomo e creazione d’impresa; lavorare nei paesi dell’unione europea; il progetto EURES; “il lavoro in affitto”; le agenzie di lavoro interinale; il telelavoro; nuove professioni e modalità organizzative; figure professionali. Ci sono anche informazioni che si riferiscono a specifiche categorie: donne, porta- tori di handicap, giovani, disoccupati di lunga durata, lavoratori in mobilità. Stepstone http://www.stepstone.it Il sito, offre servizi di due tipi: per le aziende e per l’utenza. Ogni servizio è mirato al raggiungi- mento di un risultato concreto, come il trovare un posto di lavoro e fruibile in modo interattivo attraverso appositi moduli on-line. Per chi cerca lavoro, esiste un servizio di mailing list che se- gnala all’utente registrato le nuove offerte di lavoro per il settore segnalato. 2.4. Attenzione alle truffe Non è insolito purtroppo che dietro agli annunci della stampa e della rete si ce- lino tranelli: molti annunci, infatti, che all’apparenza propongono attività imprendi- toriali, investimenti di tipo finanziario, false opportunità di telelavoro, corsi di for- mazione fantasma, in realtà possono essere ingannevoli e celare tentativi di raggiro. Un’altra tipica situazione a rischio è quella nella quale viene sottoposto un contratto (o addirittura una “lettera in bianco”) da firmare: in questi casi il suggeri- mento generale è quello di esaminare con calma il contratto (e magari di farlo esa- minare a persone esperte), prima di apporre una qualsiasi firma. Alcuni contratti sono abilmente formulati per celare norme-capestro, che co- stringono poi ad acquistare beni o servizi (come computer, software, enciclopedie, dispense di corsi, ecc.). Per non incappare in truffe, dunque, si consiglia di prestare molta attenzione al contenuto delle inserzioni e di: - considerare soltanto gli annunci di aziende o società di ricerca e selezione del personale, conosciute ed affidabili; - tenere presente che per inserire il curriculum in rete non è dovuta alcuna somma di denaro; - diffidare delle inserzioni generiche che nascondono generalmente attività di ven- dita, tentativi di ottenere soldi per l’inserimento del nome del candidato in fanto- matiche banche dati, offerte di corsi di formazione a pagamento; - diffidare delle proposte di lavoro a domicilio, in quanto spesso il candidato è co- stretto ad acquistare a sue spese il materiale; - ignorare le inserzioni dove sia presente solo il numero di cellulare e attenzione anche ai numeri speciali (ad es. 144 o 166); - attenzione ai cacciatori di teste a pagamento: le società di selezione di solito chiedono una commissione alle aziende e non ai candidati; - usare cautela nel fornire i dati personali a interlocutori sconosciuti; - diffidare, infine, delle proposte troppo allettanti, ai guadagni facili e alle strutture piramidali. 212 Un altro momento particolarmente critico nel percorso di ingresso nel mercato del lavoro è quello della definizione delle condizioni del rapporto di lavoro dipen- dente. Anche in questo caso vi sono situazioni palesemente irregolari quali ad esempio l’imposizione di orari di lavoro o di retribuzioni palesemente al di fuori delle prescrizioni di legge o delle indicazioni previste nei contratti collettivi. Tuttavia anche nel caso di condizioni di lavoro “ragionevoli”, bisogna porre at- tenzione a non incorrere in due ricorrenti situazioni a rischio: - il cosiddetto lavoro nero, cioè un rapporto di lavoro nel quale viene sì rico- nosciuto un corrispettivo economico per la prestazione lavorativa, ma senza una “ufficializzazione” del rapporto e soprattutto senza il pagamento di tutte quelle voci indirette ed accessorie della busta paga quali i contributi previ- denziali ed assicurativi, il contributo al Servizio Sanitario Nazionale, ecc. Il primo consiglio per difendersi da tali situazioni è dunque quello di rifiutare simili proposte di lavoro, ma nel caso si fosse già coinvolti, l’importante è dimostrare di svolgere un’attività remunerata alle dipendenze di un datore di lavoro, per poter avere diritto (anche retroattivamente) alla regolarizzazione del rapporto di lavoro. - la seconda riguarda i rapporti di collaborazione, e in particolare quelli che ri- entrano nell’area del lavoro parasubordinato. Queste posizioni lavorative, spesso appartenenti formalmente all’area del lavoro autonomo, a volte ven- gono applicate in modo scorretto, cioè non perché si sia effettivamente di fronte ad una prestazione di lavoro autonomo, quanto piuttosto per “aggirare” gli obblighi per il datore di lavoro che scattano in caso di assunzione regola- re. In questo caso si richiede al lavoratore di intrattenere un rapporto di “pre- stazione occasionale di lavoro”, di “collaborazione coordinata e continuati- va”, di “associazione in partecipazione”, ecc. Al di là delle diverse forme uti- lizzate, va sottolineato che tali rapporti di lavoro non sono di per sé illegali, in quanto sono esplicitamente previsti dalla normativa vigente. E’ solo quando vengono utilizzati in sostituzione di un vero e proprio rapporto di tipo subor- dinato che si esce dalla legalità per entrare nell’area dell’illegalità. Nella rete è possibile trovare preziose informazioni per non incappare in truffe nell’ambito del lavoro e della formazione: il sito www.guidalavoro.net propone una guida on line sull’argomento, mentre il sito www.bollettinodellavoro.it riporta casi di frode ricorrenti, desunti da denunce legali. In caso di truffa è possibile rivolgersi ai Centri Informagiovani gestiti dai Co- muni, agli Enti ministeriali con competenza di vigilanza, alle associazioni in difesa dei consumatori. Adiconsum www.adiconsum.it ADUC www.aduc.it Federconsumatori www.federconsumatori.it Garante della privacy www.garanteprivacy.it 213 3. L’AUTO-PROMOZIONE Per cercare lavoro è anche possibile proporsi alle aziende direttamente, ma per far ciò è necessario costruirsi una rete informativa adeguata a conoscere le possibi- lità offerte dal mercato del lavoro e dal settore nel quale ci si intende inserire, le aziende da contattare e soprattutto le tecniche e gli strumenti da utilizzare. Per arrivare a definire un elenco di aziende presso le quali proporsi, è neces- sario: 1) circoscrivere l’area geografica della sua ricerca che varierà in relazione alle: - caratteristiche del segmento di mercato prescelto; - condizioni offerte dal mercato stesso; - aspettative ed aspirazioni personali; - proprie esigenze pratiche. 2) svolgere un’attività di documentazione sul settore economico nel quale ci si in- tende inserire e le aziende, attraverso la rete dei contatti personali, strutture ter- ritoriali, fonti scritte, eventi, internet, ecc. 3.1. La rete dei rapporti personali Interpellare parenti, amici o conoscenti per cercare lavoro è considerato ancora oggi, il canale privilegiato per la ricerca di un impiego. Le nostre conoscenze per- sonali, infatti, costituiscono una risorsa preziosa da valorizzare e sfruttare al mas- simo per raggiungere l’obiettivo stabilito. Un’indagine campionaria condotta dall’ISFOL nel corso del 2005 sull’offerta di lavoro e sui canali utilizzati per la ricerca di un impiego dimostra che il canale più utilizzato continua essere la rete delle proprie conoscenze personali e la tecnica del “passaparola” il sistema più praticato nella ricerca di un lavoro e quello che offre risultati più significativi (cfr. tabella che segue). Canali di ricerca utilizzati “attualmente” dai soggetti in cerca (attivi e inattivi) da meno di 5 anni segue 214 Fonte: Elaborazioni su dati ISFOL, Indagine Plus, 2005. Si può dire, quindi che, se si è a “caccia” di un impiego, il passaparola è uno dei mezzi più utili per impegnare un numero sempre crescente di persone a “segna- larci” le opportunità di lavoro di cui hanno notizia. La rete delle nostre relazioni sociali è costituita dall’insieme delle persone che conosciamo, ma anche da quelle che potremmo conoscere attraverso di loro. I nostri conoscenti infatti, possono darci non solo utili informazioni e consigli su un determinato profilo professionale – perché svolgono la stessa attività o perché conoscono il settore economico di riferimento – ma possono segnalarci op- portunità, a volte risolutive, di nuovi ed efficaci incontri. Di contro anche la maggior parte delle aziende, soprattutto quelle di piccole di- mensioni, si affida al “passaparola” per trovare nuove collaborazioni. Ciò che in genere garantisce il successo di una ricerca di personale, utilizzando il canale pre- ferenziale delle proprie conoscenze, è il poter avvicinare l’interlocutore parlando di qualcuno o di qualcosa (una persona, un evento, un prodotto, ad esempio) di cui entrambi hanno familiarità. E questo fa si che si stabilisca nei confronti del candi- dato, una sorta di “affidabilità irrazionale”, basata cioè non su elementi tangibili, bensì per riflesso sulla fiducia che in realtà si nutre verso quelle persone che hanno fatto da tramite. Le aziende, infatti, richiedono oggi ai loro nuovi collaboratori prima di tutto affidabilità. Come trovarla, dunque, se non affidandosi alle segnalazioni di persone che si conosce e di cui ci si fida? Nella rete delle conoscenze personali è, inoltre, possibile che vi siano persone occupate nel settore lavorativo prescelto, da cui raccogliere utili informazioni sul profilo professionale d’interesse, alle aziende del settore, ai prodotti, ai servizi da queste offerti, ecc. Per ottimizzare la resa del canale delle risorse relazionali si con- siglia di porre all’interlocutore quesiti e richieste precise, legate al suo particolare 215 ruolo, alla attività che svolge ed alle sue esperienze professionali; questo bagaglio di informazioni potrebbe in seguito essere molto utile anche per la redazione della lettera di auto-candidatura, perché il loro utilizzo, se ben sfruttato, servirà per de- stare l’interesse del selezionatore. La persona intervistata, infine, potrà fornire i no- minativi di persone che a loro volta potrebbero rivelarsi utili per la ricerca. In tal modo, man mano che la rete di contatti si allargherà, si acquisterà una visione sempre più chiara e completa della professione che si desidera svolgere, consen- tendo di avvicinarsi alla professione prescelta in maniera più mirata e consapevole. Infine, è buona norma creare una buona agenda dei contatti, partendo da pa- renti ed amici per allargare il cerchio delle proprie conoscenze e tenerla costante- mente aggiornata. MODELLO DI ELENCO DEI PROPRI CONTATTI PERSONALI Aziende da contattare Conoscenti appartenenti al settore di riferimento Nominativi ottenuti Informazioni ricevute Anche le informazioni ricevute in merito alle aziende devono essere accurata- mente selezionate ed archiviate in “un indirizzario ragionato”, dove organizzare nel modo più funzionale alle proprie esigenze i dati relativi a: - nominativo e ragione sociale dell’azienda - indirizzo e numero di telefono - referente - settore merceologico e produttivo - dimensioni dell’azienda (numero degli addetti e del personale, fatturato) - ambito geografico d’attività (impresa locale, nazionale o multinazionale) - mercati di sbocco - sistemi di produzione e tecnologie adottate - struttura organizzativa dell’azienda - andamento economico - strategie e piani d’investimento Alle informazioni sulle aziende è importante accompagnare sempre un’ana- loga lista delle persone che occupano particolari ruoli nelle imprese di interesse: responsabili del personale, della selezione, dello sviluppo, a cui indirizzare even- tuali curriculum e candidature. 3.2. Le strutture territoriali Reperire informazioni è oggi possibile attraverso una pluralità di servizi al cit- tadino e di strutture diffuse in maniera capillare sul territorio, finalizzati a favorire e accompagnare l’ingresso nel mercato del lavoro. Per disporre, dunque, del mag- gior numero possibile di informazioni (mercato del lavoro, settori lavorativi, figure 216 professionali, aziende, normativa del lavoro, corsi di formazione, ecc.) è possibile rivolgersi alle seguenti strutture, in grado di fornire indicazioni aggiornate e il più possibile strutturate: Cosa chiedere e a chi Servizi per l’impiego Come si è già avuto modo di dire, gli ex uffici di collocamento hanno, negli ultimi anni, am- pliato notevolmente le proprie competenze, fornendo ai lavoratori e alle aziende una pluralità di servizi: accoglienza, informazione, orientamento, supporto all’inserimento o al reinserimento la- vorativo. Le strutture, inoltre, offrono servizi specialistici per particolari categorie di cittadini (disoccupati di lunga durata, disabili, fasce deboli). Per trovare gli indirizzi dei servizi, si possono consultare i portali delle amministrazioni regio- nali o provinciali. Agenzia del lavoro Le strutture offrono servizi di orientamento, promuovono attività di inserimento agevolato per le donne e le fasce deboli e si adoperano per elevare la professionalità della forza lavoro. Il tutto nell’ambito della promozione dell’incontro fra domanda e offerta di lavoro. Informagiovani Presenti in modo capillare su tutto il territorio nazionale, queste strutture sono promosse dai Co- muni. Esse erogano informazioni sulle opportunità di lavoro in Italia e all’estero, corsi di forma- zione, borse di studio e volontariato. Presso gli Infomagiovani è possibile, inoltre, consultare materiali informativi, guide e giornali. Centri di formazione professionale Sia quelli a diretta titolarità di un Ente Locale, sia quelle degli Enti di Formazione hanno arric- chito nel corso del tempo le proprie capacità di intervento, attivando, accanto alle tradizionali at- tività formative, servizi volti all’orientamento, alla diffusione delle informazioni sulle varie op- portunità di formazione, alla consulenza e, non di rado, all’analisi e ai mutamenti del mercato del lavoro locale. COL (Centri di Orientamento al Lavoro) I COL costituiscono la rete territoriale per l’informazione e l’orientamento al lavoro, presenti su tutto il territorio comunale, rivolti soprattutto ai disoccupati, con particolare riguardo alle forme di auto-impiego e del lavoro autonomo. Le strutture offrono la possibilità di consultare quoti- diani e pubblicazioni di ogni tipo sulle tematiche del lavoro, la Gazzetta Ufficiale per Concorsi ed Esami, i Bollettini Regionali, forniscono informazioni su concorsi pubblici, contratti di for- mazione lavoro, leggi che hanno attinenza con il mondo del lavoro (iscrizioni al collocamento, agevolazioni per il lavoro autonomo, ecc.). Tramite colloqui individuali o di gruppo permettono inoltre di progettare percorsi lavorativi e formativi e forniscono aiuto nel costruire una strategia mirata nel cercare lavoro. Associazioni di categoria Le rappresentanze degli imprenditori, costituite al fine di rappresentare e tutelare gli interessi delle categorie, sono articolate di solito su base provinciale. Esse forniscono assistenza soprat- tutto a quanti vogliono tentare la strada dell’imprenditoria. Svolgono, inoltre, analisi sull’anda- mento dei settori merceologici, sui posti di lavoro disponibili e forniscono informazioni sulle op- portunità formative. Ad esse ci si può rivolgere per chiedere l’elenco delle aziende associate o indicazioni relative alle aziende in cerca di nuovo personale (ASCOM, Confesercenti, Confarti- gianato, CNA, Associazioni degli industriali, Lega delle Coopoerative, Confcooperative). 217 Banca Dati EURES Informa e orienta i candidati intenzionati a lavorare in Europa e le aziende che assumono oltre frontiera. EURES fornisce sia offerte di lavoro, sia informazioni sulle formalità previste per l’espatrio, le condizioni contrattuali e quelle di vita. In Italia EURES fa capo al Ministero del Lavoro e alle Agenzie Regionali per l’Impiego. Strutture informative sono anche le Biblioteche, gli uffici di orientamento delle Università, le Camere di Commercio, i sindacati, gli Enti locali, ecc. 3.3. Le fonti scritte Per fonti scritte si intendono soprattutto le guide e gli annuari, presenti in commercio, che raccolgono utilissime informazioni sulle aziende e sui prodotti pre- senti sul mercato nazionale. Queste raccolte che rappresentano un ottimo veicolo promozionale a paga- mento per le imprese hanno, però, costi particolarmente elevati. Sono comunque reperibili presso: - biblioteche, - centri di documentazione, - centri di orientamento professionale, - associazioni imprenditoriali e di categoria, - organizzazioni sindacali, - studi professionali. La consultazione di queste fonti, in alcuni casi, potrebbe rivelarsi complessa. Per ottimizzare i tempi della ricerca, sarà dunque opportuno procedere preliminar- mente alla definizione della giusta chiave di lettura di ogni singola pubblicazione, in modo tale da individuare con esattezza cosa e dove cercare. I principali annuari sono i seguenti. SEAT Sono le Pagine gialle degli elenchi telefonici riferite unicamente alle imprese. Esse sono artico- late in dieci volumi, suddivisi per settore di attività economica, forniscono informazioni su: - fiere campionarie specializzate, nazionali ed internazionali, - dati statistici, - andamenti economico-finanziari delle principali categorie merceologiche a livello locale e nazionale, - anagrafica delle aziende e degli operatori del mercato suddivisi per categoria merceologica. Gli annuari SEAT vengono aggiornati ogni 2 anni. Pagine gialle lavoro Raccolgono gli operatori economici di tutti i settori di attività, suddivisi a livello territoriale e classificati in circa 1700 categorie merceologiche. Guida Monaci L’annuario contiene informazioni sulle principali aziende nazionali produttrici di beni e servizi operanti nell’ambito privato e della pubblica amministrazione e riporta nominativi, cariche, fun- zioni dei responsabili delle imprese. 218 Kompass È il repertorio più completo e dettagliato pubblicato oggi in Italia. Di oltre 35.000 Società vengono fornite notizie su: - tipologia dell’azienda (dimensioni, capitale sociale, fatturato); - prodotti o servizi offerti; - posizione rispetto al mercato (produttore, distributore, agente, ecc.); - mercati interessati (nazionale, internazionale). Viene aggiornata ogni 2 anni. Duns In questo annuario, pubblicato anche in vari paesi europei e negli Stati Uniti sono elencate le più importanti aziende italiane, classificate per fatturato e giro d’affari. Si trovano inoltre informa- zioni su categorie merceologiche, dimensioni delle aziende, nominativi dei responsabili azien- dali. La guida viene aggiornata annualmente. 3.4. Le manifestazioni Informazioni utili e indicazioni di aziende o di persone da contattare si pos- sono reperire anche partecipando a mostre e fiere1 convegni, tavole rotonde2. A proposito di quest’ultime, vista l’importanza dell’argomento “lavoro”, da al- cuni anni si svolgono delle vere e proprie fiere sul tema dell’orientamento. Si tratta per lo più di iniziative promosse e gestite dalle facoltà universitarie, scuole di spe- cializzazione, aziende e istituzioni formative con lo scopo di divulgare le opportu- nità formative destinate a diplomati e laureati e di creare occasioni di incontri con esperti di formazione, psicologi, professori universitari e naturalmente col mondo delle aziende. In sintesi, nel prospetto che segue, si riportano le principali fonti informative e i rispettivi campi d’intervento. 1 L’elenco delle manifestazioni è reperibile presso l’Ente fiera del capoluogo più vicino. 2 La documentazione (resoconti ed atti) è di solito rintracciabile presso gli Enti organizzatori del- l’evento. 219 220 3.5. Il contatto con le aziende Individuata la rosa di possibili aziende da contattare non rimane che stabilire quale tecnica di contatto utilizzare per interagire con esse. È importante, però, sot- tolineare che non esistono tecniche migliori in assoluto, ma la scelta dell’uno o del- l’altro strumento è, in realtà, fortemente condizionato da una serie di fattori quali ad esempio il settore economico di riferimento, il tipo di occupazione di cui si è in cerca, il curriculum formativo e professionale, ecc. La candidatura diretta può avvenire essenzialmente con due modalità: 1) pub- blicando un proprio annuncio (auto-inserzione); 2) contattando direttamente le aziende che potrebbero essere interessate alla nostra professionalità (auto-candida- tura). 1) L’auto-inserzione Pubblicare una propria inserzione sui giornali per offrire lavoro può rivelarsi una strategia fruttuosa solo in casi limitati: o quando si è in possesso di specifici re- quisiti che ci rendono particolarmente competitivi sul mercato del lavoro (ad esempio l’ottima conoscenza di una lingua straniera), oppure quando si propone la propria candidatura per lavori stagionali, ovvero in quei periodi dell’anno in cui la richiesta di personale (generalmente senza grandi qualifiche) si fa pressante. È il caso dei lavori “estivi” e dei lavori che si manifestano in occasione del periodo na- talizio (cassieri, trasporti e consegne, camerieri ecc.). Come scrivere un’inserzione Sono molti i giornali che offrono la possibilità di pubblicare un’inserzione pro- fessionale e molti sono coloro che si servono di tale strumento per proporsi sul mercato del lavoro. Come fare quindi per sfruttare al meglio questo prezioso canale di autopromo- zione e valorizzare in poche righe il proprio bagaglio culturale e le proprie compe- tenze? L’inserzionista dovrà aver cura essenzialmente di due elementi: ✓ la giusta scelta del giornale e del giorno in cui pubblicare l’annuncio ✓ la redazione del giusto testo da far pubblicare L’individuazione della testata giornalistica Generalmente per i lavori precari ed informali (lezioni private, baby-sitter, tra- duzioni) sarebbe opportuno servirsi dei giornali a diffusione locale specializzati in annunci di vario genere (“PortaPortese, “La Pulce”, ecc.). Se, invece, ci si propone per qualifiche professionali più elevate è più oppor- tuno far pubblicare un’inserzione a pagamento sui quotidiani nazionali o sulla 221 stampa specializzata (ad es. giornali delle associazioni di categoria, inserti riservati ad un’utenza specifica come il “Cercolavoro Giovani del Sole 24 ore”, riviste desti- nate agli imprenditori di un particolare settore produttivo). Per la scelta della testata, andrà considerata anche la tiratura del giornale e l’area geografica nella quale viene distribuito. Per quanto riguarda, invece, la scelta del giorno più opportuno per la pubblica- zione, è buona norma individuare, per ciascuna testata, il giorno della settimana de- dicato a tale tipologia di inserzioni, perché quel giorno ci sarà naturalmente anche la massima concentrazione di annunci da parte dei datori di lavoro. La definizione del testo La necessità di elaborare un messaggio completo, ma sintetico, sia per ragioni di spazio che naturalmente di costi, non facilita la stesura di un testo che deve su- scitare l’interesse del lettore ad incontrare la persona che lo ha scritto. In sintesi, l’annuncio deve essere: - estremamente chiaro nella sua formulazione: utilizzare, dunque, un lin- guaggio semplice, evitando di usare termini stranieri a meno che non fac- ciano parte della terminologia del settore. - organico e completo nelle informazioni che si forniscono. Dovranno, quindi, essere chiaramente indicate le informazioni relative alla professionalità pos- seduta, avendo cura di esprimere chiaramente le proprie peculiarità: l’importante è sapersi caratterizzare e non presentarsi mai con un profilo ge- nerico. Vanno inoltre indicati il settore, tipo di azienda e posizione per la quale si concorre, esperienze lavorative significative, reperibilità3. Riepilogando, ogni inserzione dovrà contenere: 1 Andranno indicati: recapito e numero di telefono, ora a cui si è più facilmente reperibili. Per evi- tare di incappare in truffe o in incontri spiacevoli si può eventualmente segnalare un indirizzo di casel- la postale. 222 2) L’auto-candidatura Se si sceglie l’autopromozione, il contatto con le aziende può avvenire sostan- zialmente per tre vie: il contatto telefonico, la visita in azienda, l’invio di un’auto candidatura. Il contatto telefonico è, in genere, un metodo da sconsigliare perché si po- trebbe essere velocemente liquidati se non si è particolarmente abili nella comuni- cazione. Qualora tuttavia si optasse per questa via, sarà, comunque, opportuno pre- parare con cura una scaletta di domande da porre e di informazioni da fornire. È bene poi, non dilungarsi troppo nei dettagli, ma tenere presente che lo scopo è quello di sollecitare un appuntamento per un colloquio. Presentarsi personalmente in azienda è una forma di contatto da consigliare solo nel caso di strutture di piccole dimensioni, dove i referenti con cui interessa parlare possono essere più facilmente raggiungibili. L’auto-candidatura, lettera ed allegato curriculum, inviati per posta o recapi- tati personalmente, è generalmente la formula da preferire. A differenza del contatto telefonico, la lettera di auto-candidatura tramite let- tera non produce un immediato riscontro da parte del datore di lavoro, ma può comunque essere conservata in archivio per essere utilizzata in secondo mo- mento, quando si presenterà la necessità di assumere nuovo personale. L’auto-candidatura è la formula generalmente più proficua per contattare un’a- zienda alla quale s’intende offrire la propria collaborazione. Strumento di grandis- sima utilità nell’ambito di una ricerca di lavoro, essa al contrario di quanto spesso si è indotti a pensare, non costituisce soltanto un mero supporto al curriculum, bensì riveste un proprio e ben specifico ruolo. Essa, infatti, parla di noi, del nostro modo di essere e delle nostre aspirazioni in maniera più evidente di quanto non faccia il curriculum stesso. La sua natura più colloquiale e meno schematica consente infatti, di stabilire un contatto più diretto con l’interlocutore, il quale se ben sollecitato, sarà indotto a voler approfondire le caratteristiche personali e le ambizioni professionali dello scrivente, convocandolo per un colloquio. È importante dunque, cogliere appieno il valore e l’utilità di tale strumento ed acquisire la padronanza delle tecniche per la sua redazione. Modalità di redazione La lettera di auto-candidatura rappresenta una modalità attiva nella ricerca di un impiego perché non risponde ad esigenze di personale esplicitate dall’azienda, bensì a quelle di colui che intende porsi all’attenzione di un certo numero di aziende individuate. Per raggiungere lo scopo, quindi, e destare interesse e curiosità, la lettera deve essere particolarmente incisiva. Ne discende la necessità di dedicare alla sua reda- zione particolare cura, sia riguardo alla forma che ai contenuti. Essa può suddividersi idealmente in tre sezioni: 223 a) La prima servirà a motivare la scelta nei confronti di quella particolare azienda. È opportuno, a tal fine, aver cura di sottolineare la conoscenza che si ha della stessa, con particolare riferimento alle attività da questa svolte e ai prodotti e/o servizi, posti sul mercato. Da tutti gli elementi richiamati, senza necessariamente sottolinearlo, dovrà emergere l’interesse e la volontà del soggetto di lavorare per quella specifica azienda. b) Nella seconda, l’attenzione si sposta sul candidato: è il momento di illu- strare le proprie caratteristiche professionali e le proprie aspirazioni. Tutte le informazioni fornite dovranno essenzialmente mirare a sottolineare l’idoneità professionale del candidato a ricoprire il ruolo per il quale ci si propone. c) L’ultima sezione deve contenere il riferimento esplicito alla proposta di un incontro per valutare congiuntamente le possibilità di una eventuale, futura collaborazione. In conclusione, si forniscono alcuni suggerimenti per verificare l’esito della candidatura: 224 225 Capitolo undicesimo Il curriculum vitae. Contenuti e stili di redazione 1. LA REDAZIONE DEL CURRICULUM Si ritiene generalmente che la redazione del curriculum vitae (dal latino “per- corso di vita”) sia il momento cruciale nella difficile ricerca di un lavoro: è questo, infatti, lo strumento preliminare con cui il candidato s’impone all’attenzione del se- lezionatore che dovrà valutare, attraverso pochi e schematici elementi, l’opportunità o meno di approfondire, in un successivo colloquio, l’adeguatezza del candidato ad occupare la posizione resasi vacante. Se ben impostato, il curriculum servirà a far emergere la rispondenza e i punti di contatto tra le esigenze delle aziende e le competenze possedute dal candidato e se si è alle prime armi, a far emergere le proprie potenzialità. È necessario, dunque, dedicare molta cura alla sua redazione, anche se non esiste una formula in astratto vincente che ci assicuri l’interesse del selezionatore. Il curriculum piacerà o meno a seconda di chi lo leggerà e a seconda delle esigenze contingenti dell’azienda. È, tuttavia, possibile fornire alcune utili indicazioni di massima per un’accu- rata redazione dello stesso, da cogliere con spirito critico e da interpretare con fles- sibilità. Regole fondamentali da tenere sempre presenti nella redazione del curriculum sono: ✓ il curriculum deve essere elaborato in maniera mirata per ogni specifica oc- casione: non può, dunque, essere utilizzato sempre il medesimo modello, ma deve essere calibrato, ogni volta, sulla base delle specifiche necessità dell’ azienda contattata. ✓ Il curriculum, poi, va sempre accompagnato da una lettera di presentazione, non più lunga di 6/8 righe nelle quali si qualifica la propria candidatura, esplicitando il motivo per il quale ci si propone e si forniscono al seleziona- tore le chiavi di lettura del proprio curriculum. 226 1.1. La struttura del curriculum Nella sua formulazione classica, il curriculum vitae che non dovrà mai supe- rare le due pagine e nel caso di neolaureati o neodiplomati una pagina, si compone di quattro sezioni: 1) dati anagrafici; 2) studi effettuati; 3) esperienze professionali; 4) interessi extra lavorativi. Nella prima sezione verranno riportati i dati anagrafici, completi di recapiti dove eventualmente essere contattati. La seconda sezione è dedicata alle esperienze formative e contiene, quindi, tutte le l’indicazioni relative ai titoli di studio conseguiti: 227 Se si sono frequentati corsi di lingua è opportuno indicare il livello di cono- scenza posseduto (eccellente, buono, elementare) in relazione a ciascuna delle se- guenti capacità: - di lettura - scrittura - di espressione orale È bene poi indicare le eventuali certificazioni (universalmente riconosciute) conseguite agli esami di lingua. KET, PET, TOEFL, precisando anche l’Istituto fre- quentato e il punteggio riportato. Le conoscenze informatiche vengono generalmente descritte in base ad alcuni criteri specifici: - ambienti operativi: es. Windows 95, 98, 2000 XP, UNIX SCO, AIX - programmi: se si è in grado di utilizzare software differenti possono essere enumerate per categorie (database, tabelle elettroniche, grafica, applicativi vari) - linguaggi di programmazione: COBOL, RM85, CICS, HTML - corsi e certificazioni conseguite: es. ECDL, indicando anche la sede del corso Il cuore del curriculum vitae è però costituito dalla sezione relativa alle espe- rienze professionali precedenti. Per la redazione di questa sezione e l’illustrazione delle precedenti esperienze lavorative esistono tre criteri da seguire; tra questi il candidato potrà individuare quello che, per le sue caratteristiche peculiari, sarà più idoneo a valorizzare il pro- prio curriculum. 228 I criteri di riferimento sono: ✓ cronologico (a cui corrisponde quello anticronologico, cioè partire dall’e- sperienza più recente)1 ✓ funzionale ✓ attitudinale 1 In realtà, i criteri cronologico ed anticronologico possono essere indifferentemente usati anche per descrivere le proprie esperienze formative (Sezione II). L’ultima sezione, infine, descrive gli interessi extralavorativi (hobby o ed altre informazioni di varia natura) comunque utili a definire il quadro di sé e che hanno possibilmente qualche attinenza con la posizione per la quale ci si propone. 229 1.2. Gli aspetti formali del curriculum Molta cura dovrà essere dedicata poi agli aspetti strettamente formali utilizzati nella redazione del curriculum. 2 È possibile consegnare un curriculum manoscritto soltanto nei casi in cui sia l’azienda stessa a richiederlo espressamente, perché intende eseguire una prova calligrafica. Infine, non dimenticare l’indicazione dell’autorizzazione ad utilizzare i dati personali contenuti nel curriculum ai sensi del D.Lgs. 196/2003. Senza questa di- chiarazione il curriculum non potrebbe, teoricamente, neppure essere preso in con- siderazione. Le formule più comunemente usate sono le seguenti: - “Autorizzo il trattamento dei dati personali ai sensi del D.Lgs. n. 196/2003”. - “In riferimento al D.lgs. 196/2003 “tutela del trattamento dei dati personali” autorizzo espressamente all’utilizzo dei miei dati personali per le esigenze di selezione e di comu- nicazione”. - “Autorizzo l’azienda ...al trattamento dei dati personali e professionali riportati nel mio curriculum per permettere una adeguata valutazione del mio curriculum”. 230 2. IL CURRICULUM SCOLASTICO-FORMATIVO Per coloro che sono alla ricerca del loro primo impiego, la redazione del curri- culum può presentare alcune difficoltà dovute alla carenza di esperienze professio- nali, alle quali, tuttavia, si può sopperire con una descrizione dettagliata del proprio curriculum formativo, da cui far emergere al meglio le proprie potenzialità. Adottando, dunque, il criterio attitudinale a cui si faceva pocanzi riferimento, è bene riportare oltre agli studi tradizionali, tutte le altre esperienze formative ex- trascolastiche realizzate: corsi di formazione professionale, corsi di lingue, corsi di informatica, stage, tirocini, ma anche esperienze di volontariato, servizio civile, ecc. avendo riguardo di descrivere più accuratamente possibile le diverse compe- tenze acquisite e il relativo livello di padronanza posseduto, la qualifica conseguita, l’attestato rilasciato. 231 3. IL CURRICULUM EUROPEO Non sempre è consigliabile utilizzare un modello personalizzato per la reda- zione del proprio curriculum. Sempre più spesso, infatti, per partecipare a selezioni e concorsi pubblici e domande di lavoro, soprattutto se all’estero, si richiede di compilare il format del curriculum vitae europeo. Istituito dalla Commissione Europea dal 2002, il CV europeo è un modello standardizzato che consente di descrivere le esperienze di studio e di lavoro e le competenze sviluppate da un individuo, sulla base di un formato condiviso e rico- nosciuto in tutta Europa, facilitando in tal modo l’accesso alla formazione e all’oc- cupazione in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea. Nel 2005 il curriculum vitae europeo è stato affiancato dal curriculum vitae Europass, destinato col tempo a sostituire il precedente. Tale modello è strutturato sostanzialmente come il precedente, ad eccezione che per la sezione relativa alle capacità e competenze personali, dove devono essere specificate le conoscenze lin- guistiche ed informatiche. Articolato anch’esso in sezioni, esso fornisce informazioni su: - dati personali - competenze linguistiche - esperienze lavorative - percorsi di istruzione e formazione - competenze personali sviluppate anche al di fuori di percorsi formativi di tipo tradizionale Dal sito http://europass.cedefop.europa.eu/europass/home/hornav/Downloadsnavigate.action è possibile compilare on-line o scaricare il formato e reperire indicazioni utili per la sua compilazione. Usando l’interfaccia proposta sul sito (disponibile in diverse lingue), è possibile compilare e salvare il CV sul proprio computer in diverse ver- sioni, aggiornarlo, stamparlo e inviarlo a diversi destinatari. Se si intende utilizzare il formato Europass CV per cercare un lavoro in Italia è necessario aggiungere l’autorizzazione al trattamento dei dati personali. 232 233 235 Capitolo dodicesimo La selezione. Le prove da superare Se si è lavorato con metodo e tenacia e gli strumenti utilizzati per contattare le aziende individuate sono stati efficaci, saremo convocati per un colloquio. La fase della selezione è una complessa situazione di interazione tra due sog- getti, i quali per raggiungere il proprio obbiettivo devono preliminarmente stu- diarsi, sondarsi ed infine reciprocamente conoscersi. È questo un momento di particolare tensione. Per il candidato è giunta final- mente l’occasione di mettere alla prova sé stesso e tutte le sue potenzialità; prova questa impegnativa se si vorrà far emergere con chiarezza, una motivazione forte all’autorealizzazione. Di grande impegno, però, anche per il selezionatore chiamato ad interpretare una necessità funzionale dell’azienda. Suo compito sarà quello di individuare l’elemento in grado di rispondere ade- guatamente ai fini aziendali. Quindi, oltre che essere un problema umano, la scelta da effettuare, è prima di tutto un problema di “operato strategicamente conforme alle caratteristiche della propria organizzazione”. Generalmente il colloquio sarà gestito direttamente dal responsabile della ditta nel caso di piccole aziende (artigiane, studi professionali o esercizi commerciali), dal responsabile del settore nel quale si verrà inseriti, nelle aziende di medie e grandi dimensioni, in alternativa dalla società incaricata dall’azienda della ricerca e selezione del personale. 1. LE FORME DI SELEZIONE Gli strumenti generalmente più utilizzati dalle aziende per effettuare la sele- zione dei propri collaboratori sono i seguenti: 1) Colloqui individuali; 2) Colloqui di gruppo; 3) Questionari informativi; 4) Test psicologici. 1.1. Il colloquio individuale Prima del colloquio Per superare l’ansia del colloquio ed ottimizzare le proprie possibilità di successo, è buona norma, nei giorni precedenti, definire tutti quegli aspetti che potrebbero influire sul buon esito dell’incontro. 236 Occorrerà, in primo luogo, riorganizzare le informazioni raccolte sull’azienda e sul settore in cui opera (tipologia, dimensioni, contratto di lavoro applicato), sulla produzione (prodotto o servizio offerto) e, infine, sulla commercializzazione (estensione della rete commerciale e giro di affari). La conoscenza di questi elementi permetterà al candidato di gestire la conversazione in modo più mirato, sottolineando gli aspetti del suo profilo più confacenti ai bisogni dell’azienda, rispondendo con cognizione di causa alle domande che gli verranno poste e ponendo a sua volta quesiti pertinenti, che denotino l’interesse e la forte la motivazione della candidatura. Sarà buona norma poi, ripassare il curriculum vitae ed immaginare le domande che presu- mibilmente verranno poste dal selezionatore. Infine, si provvederà alla definizione di quegli aspetti più marginali che potremmo definire di natura “organizzativa” come la raccolta di documenti che potrebbero essere richiesti (libretto di lavoro, curriculum diplomi, attestati). Non avendo il colloquio una struttura predefinita, non è possibile descriverne il suo ipote- tico svolgimento, anche se è facile intuire che l’interlocutore porrà una serie di domande per co- noscere la personalità dell’intervistato e le sue precedenti esperienze formative e professionali, per verificare se queste soddisfino le necessità, gli stili, i valori e l’identità dell’azienda. Non esistendo, dunque regole fisse, esse dipendono dall’interlocutore che si avrà di fronte e dalla posizione per la quale ci si sta proponendo. Dal momento che non è sempre possibile im- provvisare è bene tuttavia, prepararsi a rispondere ai quesiti più ricorrenti che riguardano la per- sonalità, la conoscenza delle proprie potenzialità, le motivazioni ed aspettative personali. Per illustrare le proprie esperienze professionali, è buona norma portare al colloquio copia del proprio curriculum. Durante il colloquio L’atteggiamento più corretto da assumere di fronte ai quesiti che ci vengono posti è sen- z’altro quello di aiutare i nostro interlocutore a capire chi siamo, rispondendo con la massima si- curezza e sincerità. In relazione alle precedenti esperienze di lavoro, è necessario soffermarsi su quali erano le mansioni svolte e la posizione ricoperta, entrando nel dettaglio soltanto se l’intervistatore solle- cita in tal senso. È importante, in ogni caso, evitare di formulare critiche nei confronti dei precedenti datori di lavoro, ed assumere, invece, un atteggiamento positivo nei confronti di tali esperienze, sottoli- neando che esse hanno comunque arricchito il nostro bagaglio formativo. Il cambiamento pro- fessionale è in ogni caso connesso all’obiettivo di migliorare la professionalità e la carriera. Nel rispondere alle domande relative al lavoro proposto, è importante tenere presente che da un’eventuale assunzione, potrebbe scaturire una reciproca collaborazione: è bene dunque mo- strare di conoscere la realtà aziendale, sottolineando al tempo stesso come le nostre capacità po- trebbero rappresentare un valido contributo alle necessità dell’organizzazione. È buona norma, poi, assumere sempre un atteggiamento propositivo, cercando di instaurare con l’interlocutore un buon rapporto: essere cortesi e rispettosi, ma mai troppo affabili e cordiali. Infine, ricordarsi di seguire piccoli accorgimenti che potrebbero ugualmente aver un certo peso sull’esito del colloquio: prima di tutto arrivare puntualmente all’incontro, curare l’aspetto e dimostrare una buona padronanza della lingua italiana. Non sottovalutare, poi, il linguaggio del corpo. Attenzione dunque alla postura, alla stretta di mano, ai cambiamenti del tono della voce. È possibile che al termine del colloquio, il selezionatore riassuma le impressioni e i dati sa- lienti dell’aspirante in una scheda profitto, ma non attendere una risposta immediata, perché po- trebbero passare alcune settimane prima di avere un riscontro sull’esito dell’incontro. 237 238 1.2. Il colloquio di gruppo Il colloquio di gruppo è la forma di selezione che mira a verificare la capacità d’interazione sociale dei partecipanti. Più precisamente questa forma di selezione mira ad individuare nei partecipanti: - intelligenza sociale, vale a dire la capacità di interpretare l’ambiente ed in- terlocutori nuovi - impegno costruttivo, la capacità cioè di impiegare i propri mezzi e le proprie risorse per la valorizzazione di un gruppo - orientamento alla relazione, le strategie comportamentali volte a privilegiare le relazioni interpersonali - orientamento al risultato, cioè quella strategia comportamentale volta a pri- vilegiare l’obiettivo - capacità organizzative, cioè l’attitudine del soggetto a gestire la dinamica del gruppo - capacità di mediazione del conflitto, la capacità di saper attenuare eventuali situazioni di contrasto - ascendente, la capacità cioè di far accettare agli altri le proprie idee - capacità di muoversi in situazioni di stress La prova può avvenire in due forme: strutturata, destrutturata. 1) Nel primo caso i partecipanti sono chiamati ad impegnarsi in un compito da svolgere o in un argomento da trattare, in un tempo prestabilito e alla presenza 239 di due o più selezionatori. Quest’ultimi osservano le dinamiche di gruppo (for- mazione di gruppi, individuazione di un leader e di gregari ecc.), che si svilup- pano nel corso della discussione e da queste traggono elementi utili per indivi- duare l’elemento più idoneo per la posizione da ricoprire. La difficoltà di questa prova sta nel fatto che il suo superamento dipende per la gran parte da fattori in- dipendenti dalle nostre capacità. 2) Nel secondo caso, i partecipanti vengono invitati a fare una presentazione di sé stessi. La difficoltà di questa prova sta nella necessità di essere chiari, sintetici ed esaurienti, che presuppone un buon processo di autovalutazione. Nel primo caso, gli intervistatori ricaveranno il possesso di capacità di comu- nicazione, persuasione e flessibilità; il secondo permette di rilevare il grado di competitività e le abilità di comunicazione e di relazioni interpersonali. Di norma, anche nell’intervista di gruppo, i selezionatori fanno uso di una gri- glia per la registrazione delle osservazioni. 1.3. I questionari informativi Rappresentano la forma più semplice di selezione e si compongono general- mente di quattro sezioni: 1) la prima relativa ai dati anagrafici e composizione del nucleo familiare; 2) la seconda è dedicata alle proprie esperienze formative (scolastiche, extra- scolastiche, corsi di lingua e scuole di specializzazione o di perfeziona- mento); 3) la terza quella per la quale si consiglia massima cura nella compilazione, dedicata ad una breve sintesi delle proprie esperienze professionali prece- denti; 4) l’ultima sezione, infine, è dedicata alle aspettative ed esigenze personali che si hanno nei confronti dell’azienda stessa. 1.4. I test Si tratta di tutti quegli strumenti utilizzati spesso, in fase di selezione per effet- tuare una prima scrematura dei candidati. Essi misurano le variabili mentali e comportamentali di un individuo e confi- gurano la sua personalità. Il loro maggior pregio sta nel garantire una base ogget- tiva di conoscenza e comparazione tra i candidati. Ne esistono di diversi tipi: 1) test attitudinali: valutano la capacità di una persona nell’espletamento di un preciso compito. Le attitudini misurate possono essere di varia natura psi- 240 cosomatica se misurano i tempi di reazione nei confronti di alcuni stimoli (destrezza, capacità di controllare i movimenti) e di natura “mentale” se mi- surano il grado di attenzione e precisione del vocabolario o di soluzione dei problemi aritmetici; 2) test di personalità: indagano sugli aspetti motivazionali, affettivi e compor- tamentali che inducono a reagire nei confronti dell’ambiente in modo per- sonale e prevedibilmente costante; 3) test di acquisizione: misurano il grado di conoscenza di un argomento da parte del soggetto; 4) test logici: verificano specificatamente le capacità logiche e il quoziente ed intellettivo dei partecipanti. Qualora ci si trovi a dover affrontare dei test si consiglia di: ✓ Accertare il tempo a disposizione; ✓ Stabilire una tattica (ad esempio rispondere immediatamente soltanto ai quesiti di cui si è sicuri); ✓ Chiarire col selezionatore il punteggio minimo da raggiungere. Data la natura della prova in sé, non è facile dare indicazioni sul come prepa- rarsi ad affrontare questa prova. L’unico consiglio che si può dare è quello di acqui- sire familiarità con questa tecnica. In libreria si possono reperire numerosi testi che illustrano le varie tipologie di test, con relativi esercizi e risultati. 2. LE SOCIETÀ DI SELEZIONE DEL PERSONALE La fase di ricerca e selezione del personale può però anche essere gestita, su in- carico dell’azienda, da strutture specializzate che vanno sotto il nome di agenzie di selezione. Esse fungono da intermediarie tra le aziende e coloro che sono alla ricerca di un impiego, ricercando determinati profili professionali per conto delle aziende. I profili richiesti vanno dalle posizioni dirigenziali medie a posizioni qualifica- te: diplomati, laureati, funzionari. Generalmente per la ricerca di personale qualifi- cato esse utilizzano il canale delle inserzioni, le quali vengono pubblicate soprattut- to nei quotidiani a tiratura nazionale o sulla stampa specializzata. I nominativi pre- scelti vengono convocati per una prova selettiva, che può essere gestita dall’azienda o appunto da tali agenzie specializzate. Esse, inoltre, gestiscono un archivio dei curricula ricevuti e li conservano in una banca dati, per un periodo minimo di sei mesi. Stesso fine delle agenzie di selezione del personale è quello perseguito dai co- siddetti “cacciatori di teste” con la sola differenza che questi si occupano prevalen- temente di profili di alto e medio livello. Di solito non utilizzano il canale delle in- serzioni, ma il contatto diretto. 241 Alcuni indirizzi di società di selezione - C.V. Consulting Team Specializzati in outplacement e selezione del personale. - Deca & Associati Svolge servizi di ricerca e selezione del personale. - DOA Consult Si occupa di consulenza nella ricerca e selezione di risorse umane. - Etjca Società di lavoro temporaneo che si occupa di ricerca, selezione, formazione e assun- zione del personale per le aziende. - Europerform Si occupa di ricerca e selezione del personale. Offre l’inserimento del curriculum in una banca dati. - Gestioni e Management srl Ricerca, selezione e formazione del personale. - Gruppo Orienta Consente alle persone di trovare offerte di lavoro e alle aziende di valutare una serie di servizi nel campo delle risorse umane. - iLaureati.it Si occupa di selezione del personale, in particolare di laureandi e neo laureati. - Incontro Lavoro Società di consulenza attiva nella ricerca e selezione di personale qualificato a tempo in- determinato per il settore industriale. - Outsorcing Service Si occupa di fornire personale temporaneo alle aziende. Opera soprattutto nella logistica, nel settore ambientale e alberghiero. - Percorsi & Professioni snc Fornisce servizi alle aziende nel campo della selezione del personale. - Pragma srl Si occupa della ricerca e selezione del personale. - Sintex srl Si occupa di ricerca e selezione del personale. - Skill Risorse Umane Offre un supporto alle aziende nella ricerca del personale, nella gestione e valorizza- zione delle risorse umane. Banca dati per ricerca offerte di lavoro. - Star Job Si occupa di risolvere i problemi dell’azienda legati al reperimento di manodopera gene- rica e di qualità. - WorkingDay Società di recruiting internazionale esclusivamente dedicata agli studenti universitari ed ai neolaureati in cerca di primo lavoro. 242 3. I “CACCIATORI DI TESTE” Si definiscono così i consulenti di selezione che utilizzano la metodologia del- l’head hunting appunto, diffusasi in ambito anglosassone a partire dai primi anni Settanta. Inizialmente, tale metodo di selezione aveva come caratteristica princi- pale quella di essere orientata solo a delle figure di altissimo profilo, essenzial- mente legate all’area executive delle società. La peculiarità dell’head hunting stava nella specificità dei professionisti di cui si andava alla ricerca all’interno di un certo contesto aziendale. Specificità di competenze, di capacità gestionali, di attitu- dini manageriali. Primo passo da compiere insieme a chi ha commissionato la ricerca è quello di stilare la cosiddetta target list, dove verranno indicate le aziende concorrenti o af- fini che hanno al loro interno la figura che si sta ricercando. Si appronta, in tal modo, la strategia di caccia che porterà il consulente di selezione ad individuare di- rettamente i potenziali candidati. Alcuni indirizzi di cacciatori di teste - D&G C.so Matteotti, 9 Milano - Eurosearch Via Cusani, 8 Milano - Proper Via Frua, 21 Milano - Spencer Stuart C.so Monforte, 36 Milano - TMC C.so Vittorio Emanuele, 15 Milano 4. COME VALUTARE UNA PROPOSTA DI LAVORO Quando finalmente arriva una proposta di lavoro, ognuno di noi deve essere necessariamente libero di valutarla, basandosi esclusivamente su parametri e criteri personali, che possono variare a seconda delle condizioni e del contesto in cui ci muoviamo. Nonostante il carattere estremamente personale di tale scelta, sarebbe oppor- tuno tenere presente le seguenti indicazioni di massima: 1) prima di prendere qualsiasi decisione, bisogna avere ben chiari i termini della proposta e quindi conoscere tutto ciò che è importante saper a propo- sito dell’azienda che ci sta assumendo e sulla posizione che ci viene offerta (tipo di contratto, mansioni, orari, retribuzione, possibilità di crescita); 2) valutare quanto la proposta ricevuta si discosta dagli obiettivi professionali che avevamo fissato nel nostro progetto professionale. A questo proposito, potrebbe essere utile riprenderlo in mano e confrontare il peso delle discor- danze tra quanto avevamo sperato di raggiungere e quello che in realtà ci è stato offerto. Soltanto se si accerta che la proposta soddisfa almeno i criteri che ritenevamo imprescindibili e che gli scostamenti esistenti non rivestono 243 un gran peso, non ha senso indugiare ancora. Accettiamo il lavoro che ci viene offerto. Sarà in ogni caso una preziosa occasione di crescita. CONCLUSIONI In conclusione, cos’altro è possibile consigliare ai giovani che si preparano ad entrare nel mondo del lavoro? L’attuale situazione del mondo del lavoro appare ancora fortemente caratteriz- zata da un grave squilibrio tra domanda ed offerta che si traduce, sul fronte dell’of- ferta, nelle sempre maggiori difficoltà di ottenere un impiego stabile e duraturo nel tempo, mentre su quello della domanda, nella richiesta sempre più pressante di pro- fili professionali altamente specialistici. La necessità per i lavoratori di adeguarsi all’attuale realtà del mercato, dunque, impone di uniformarsi ad alcuni imperativi categorici, divenuti quasi delle “parole chiave” per descrivere l’attuale realtà del mercato del lavoro: flessibilità e mentalità orientata al cambiamento, mobilità geo- grafica dei lavoratori, formazione permanente e soprattutto in alternanza. Soprattutto nei periodi di modesta crescita economica come quello attuale, quando il datore di lavoro, sia pubblico che privato, si trova a dover fronteggiare la diminuzione dei carichi di lavoro, si impone un impiego più limitato delle risorse umane a disposizione, circoscritto ai soli momenti di utilità e necessità. In questi ultimi anni, dunque, si è cercato di realizzare la flessibilità nel mondo del lavoro at- traverso l’introduzione di contratti di lavoro che limitano l’obbligo del datore di la- voro di tenere presso di sé il lavoratore. Le norme di base dei vari modelli contrat- tuali sono contenute, come abbiamo avuto occasione di dire, in alcune importanti leggi, l’ultima delle quali è il decreto legislativo 276/2003, attuativo della legge de- lega 30/2003 (nota come legge Biagi), che ha riformato il mercato del lavoro. La regolamentazione di questi contratti è contenuta inoltre nei contratti collettivi di la- voro, sottoscritti dalle associazioni dei datori di lavoro e dai sindacati, che hanno provveduto a individuare i casi concreti in cui si può fare ricorso alle varie forme di flessibilità, e le regole che determinano il funzionamento del rapporto di lavoro. Tali contratti di lavoro flessibili, tuttavia, presentano dei vantaggi anche per i lavo- ratori, ai quali offrono maggiori opportunità di trovare un impiego, anche se solo per un limitato periodo di tempo. Lo svantaggio principale è, invece, rappresentato dalla precarietà: cambiare continuamente lavoro, passare da un contratto all’altro, con periodi che possono essere anche lunghi da un’occupazione all’altra, peggiora la qualità della vita, e impedisce di programmare l’esistenza in modo soddisfa- cente. Per i lavoratori le forme flessibili di lavoro dovrebbero essere un modo più facile per accedere al mondo del lavoro, ma non dovrebbe essere il sistema che ca- ratterizza l’intera vita lavorativa. Conseguenza diretta di questo stato di cose è la necessità di acquisire una men- talità orientata al cambiamento: un mondo del lavoro siffatto, infatti, accoglierà più 244 facilmente persone che siano in grado di “riciclarsi” più volte nel corso della loro vita lavorativa, non solo in termini di “posto” di lavoro, ma anche in termini di “tipo” di lavoro. Altro importante cambiamento di mentalità riguarda la disponibi- lità ad accettare la mobilità geografica del lavoratore. Trasferirsi in un’altra città o in un altro Paese può rappresentare un’esperienza grandemente formativa che con- sente di acquisire un importante bagaglio professionale, contribuendo ad aumentare le proprie chance lavorative. Altra importante criticità riguarda la scarsa preparazione professionale dei giova- ni: nonostante, infatti, lo sforzo in atto per migliorare la qualità e la quantità dell’of- ferta scolastica e formativa, i giovani, oggi, si avvicinano spesso al mercato del lavo- ro non adeguatamente attrezzati, in termini di conoscenze e di capacità operative. A questo proposito, altro importante cambiamento di rotta è quello di non con- siderare più lo studio un punto di arrivo, da abbandonare dopo il conseguimento del titolo di studio, bensì di proseguire nell’acquisizione di conoscenze e competenze, acquisendo una mentalità per cui la formazione deve accompagnare il lavoratore per tutto l’arco della vita. Non fermarsi, dunque, al titolo di studio conseguito po- trebbe essere un importante consiglio da rivolgere ai giovani. I titoli di studio, in- fatti, oggi conseguibili rappresentano tutti un importante punto di partenza, perché conferiscono una buona preparazione di base e una duttile forma mentis, anche se nessuno, in linea di massima sembra veramente avvantaggiato rispetto agli altri, ai fini di un futuro inserimento lavorativo. Investire in formazione, quindi, può rive- larsi estremamente proficuo e formazione permanente deve diventare l’imperativo al quale bisogna uniformarsi. Come orientarsi però nelle scelte di studio da fare? Questo dipende natural- mente in massima parte dalle peculiarità di ciascuno e dalle specifiche inclinazioni ed interessi personali. Per chi è diplomato, è possibile accedere alle seguenti proposte formative: - frequentare un percorso di Istruzione e formazione superiore (IFTS), per- corsi di alta formazione post-diploma, alternativi all’università. Hanno l’obiettivo di creare figure professionali necessarie a settori produttivi carat- terizzati da profonde trasformazioni tecnologiche e professionali. Per mag- giori informazioni sui percorsi esistenti è possibile visitare il sito della Re- gione per i corsi FSE e del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca. - frequentare corsi post-diploma, organizzati dalle Regioni o dalle province e gestiti da Enti di formazione accreditati. Tali corsi, gratuiti e finanziati dal FSE, prevedono periodi di alternanza (di norma uno stage). Al termine del percorso viene rilasciato un diploma di qualifica superiore. Per chi è laureato, è possibile scegliere tra numerose opportunità: - proseguire gli studi per conseguire una laurea specialistica se si è in pos- sesso della sola laurea triennale; 245 - frequentare un master di I o II livello, a seconda se si è conseguita una laurea triennale o specialistica. È bene ricordare che oggi è possibile conseguire un master anche attraverso l’istituto dell’apprendistato alto. Si tratta di un’op- portunità molto interessante per i giovani che hanno la possibilità di conse- guire un titolo di alta formazione e allo stesso tempo di inserirsi in un con- testo lavorativo dove sperimentare le conoscenze apprese, percependo inoltre uno stipendio. Per ricevere informazioni sui progetti in corso è bene contattare le Università o gli Assessorati regionali competenti. - se si è in possesso di una laurea specialistica di può decidere di conseguire un master di II livello. - coloro che, invece, desiderano diventare ricercatori, possono accedere ad un dottorato di ricerca; - per chi volesse, invece, seguire un percorso altamente professionalizzante può decidere di frequentare un corso di formazione superiore post-laurea, in aree specialistiche attinenti al titolo di studio conseguito o in alternativa in aree complementari. Tali corsi, finanziati dal FSE, sono gratuiti e per infor- mazioni è necessario rivolgersi agli assessorati regionali o provinciali. Di fondamentale importanza poi l’apprendimento di una lingua straniera: l’offerta formativa in tal senso è veramente enorme, l’importante è rivolgersi a strut- ture di comprovata professionalità e serietà che rilascino attestati legalmente ricono- sciuti, meglio se vi è la disponibilità di frequentare soggiorni di studio all’estero. Parimenti importante la frequenza di corsi di informatica, per il consegui- mento, ad esempio, della patente europea del computer (ECDL - European Com- puter Driving Licence): un sistema di certificazioni che permette di attestare il li- vello di preparazione e di abilità dell’utente nell’uso del computer. Per gli esperti informatici invece esiste una nuova certificazione europea, l’EUCIP (European Certification of It Professionals). Per maggiori informazioni consultare il sito www.ecdl.it. In questi ultimi anni, inoltre, si registra da parte delle aziende una enorme ri- chiesta di personale qualificato in materia. Da tenere presente che in questo settore i gradi di competenza sono sostanzialmente quattro: - Operatore, con mansioni prevalentemente esecutive; - Programmatore, esperto nella scrittura dei programmi e nel tradurre i pro- blemi in comandi o istruzioni in un opportuno linguaggio; - Analista che si occupa dello studio strutturale dei problemi da risolvere; - Sistemista colui che concretamente coordina il lavoro di operatori, program- matori e analisti. Infine, sia il canale della formazione professionale, che consente di acquisire competenze e qualifiche immediatamente spendibili nel mondo del lavoro, sia le 246 esperienze di alternanza studio-lavoro (l’apprendistato, lo stage, il tirocinio, le work experiences, ecc.) rappresentano importanti opportunità da non trascurare per avvicinarsi a gran passi al mondo del lavoro e raggiungere l’inserimento lavorativo. GLOSSARIO Ammortizzatori sociali Strumenti di sostegno del reddito quando un’unità aziendale attraversa fasi di diffi- coltà o di vera e propria crisi ed è costretta alla sospensione dell’attività lavorativa o di un suo svolgimento a orario ridotto. Sono ammortizzatori sociali: la cassa inte- grazione, l’indennità di mobilità e l’indennità di disoccupazione. Anzianità contributiva Totale della copertura contributiva ai fini pensionistici. Apprendistato Contratto di lavoro a causa mista perché il lavoratore presta la propria opera lavo- rativa e riceve nello stesso tempo dall’azienda l’insegnamento necessario per quali- ficarsi. Riformato dal D.Lgs. 276/03 si distingue in A. per il diritto-dovere, A. professiona- lizzante, A. per il conseguimento di un titolo di Alta formazione. Assegni familiari Prestazione istituita per sostenere le famiglie dei lavoratori dipendenti i cui redditi siano al di sotto di determinate fasce di reddito, stabilite annualmente per legge. Il diritto all’assegno e il relativo importo è proporzionale alla retribuzione percepita e al numero dei componenti del nucleo familiare. Assegno di invalidità Misura di sostegno per il lavoratore la cui capacità lavorativa sia ridotta in modo permanente a meno di 1/3 a causa di infermità o difetto fisico o mentale. Associazioni di categoria Associazioni tra gli imprenditori appartenenti ai diversi settori economici, costituite con il fine di rappresentarne e tutelarne i rispettivi interessi. Auto impiego Lavoro autonomo che può realizzarsi attraverso la creazione di microimprese o la libera professione. Borsa Lavoro (o BCNL) Rete integrata di strumenti, servizi, informazioni, documentazione per il mercato del lavoro, introdotta dall’Art. 2, del D.lgs.276/03. Poggia essenzialmente su un portale Internet, attraverso il quale raggiungere un efficace incrocio do- manda/offerta finalizzato, in coerenza con gli indirizzi comunitari, a favorire la maggior efficienza e trasparenza del mercato del lavoro. 247 Business Plan (Piano d’impresa) Strumento per la presentazione organica ed efficace del progetto imprenditoriale. Consente di evidenziare in fase di progettazione difficoltà e problemi e di verificare in itinere l’andamento dell’attività intrapresa. Busta paga Prospetto da consegnare obbligatoriamente al lavoratore insieme alla retribuzione nel quale sono indicati: il periodo lavorativo di riferimento, gli elementi che con- corrono a formare la retribuzione lorda e le relative detrazioni. Camera di commercio Sono strutture presenti su tutto il territorio nazionale e forniscono alle aziende ser- vizi di promozione per attività di informazione economico-territoriale, formazione, tutele, assistenza, registrazione delle imprese, gestione di albi, ruoli elenchi, rila- scio di atti, certificati autorizzazioni e licenze. Cassa integrazione Istituto che ha la funzione di integrare i guadagni dei lavoratori per le ore non lavo- rate a causa di una riduzione dell’orario di lavoro normale o di sospensione del la- voro. Si distinguono due tipologie: a) ordinaria: si applica in situazioni di sospensione a breve termine, non imputa- bili all’imprenditore o ai lavoratori, oppure per temporanee difficoltà di mer- cato; b) straordinaria: si applica per periodi più lunghi: crisi aziendale, fallimento, ri- strutturazione, riorganizzazione aziendale, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria. Categorie protette Si definiscono tale gli invalidi civili, del lavoro (per infortunio o malattie professio- nali) e di guerra; profughi, vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. CCNL Abbreviazione di Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, vale a dire accordi stipu- lati tra organizzazioni sindacali e associazioni dei datori di lavoro. Tali accordi ven- gono periodicamente rinegoziati per stabilire le condizioni, economiche ed organiz- zative, in cui si svolge l’attività lavorativa in un determinato settore. Sul sito del CNEL è possibile consultare l’Archivio Nazionale dei Contratti Collet- tivi di Lavoro. Collocamento obbligatorio Istituto che obbliga i datori di lavoro (imprese al di sopra dei 15 dipendenti) ad as- sumere una determinata percentuale di appartenenti alle cosiddette categorie pro- tette. 248 Colloquio di lavoro Fase di selezione del lavoratore per opera di rappresentante dell’azienda (seleziona- tore, capo del personale, titolare) per coprire il vuoto in organico. L’incontro è fina- lizzato a valutare se il candidato sia in possesso dei requisiti richiesti per ricoprire la posizione vacante. Contratti di lavoro atipici Forme di contratto di lavoro para-subordinato in cui non si costituisce un rapporto di lavoro dipendente, ma in cui la collaborazione avviene in forma “autonoma” con minori garanzie per il lavoratore. Curriculum vitae Documento compilato nell’ambito della ricerca del lavoro per essere inviato ai po- tenziali datori di lavoro. Esso rappresenta la prima fonte informativa in base alla quale un datore di lavoro o un selezionatore decide se è interessato ad esaminare un candidato per valutarne l’assunzione. Sul curriculum vanno indicati principalmente dati anagrafici, esperienze formative e professionali pregresse. Disoccupato Colui che, avendo perso una precedente occupazione è alla ricerca di lavoro. Il dis- occupato si definisce di lunga durata (DLD), se il suo stato di disoccupazione per- mane da almeno 12 mesi. Domanda di lavoro È costituita dall’insieme delle richieste di lavoratori espresso dai datori di lavoro, privati e pubblici. Rappresenta, in altre parole, il totale dei posti di lavoro che oc- corrono in un dato momento nei diversi settori e comparti economici e produttivi. Fondo Sociale Europeo Strumento finanziario comunitario di politica sociale con il quale vengono finan- ziati progetti ed attività volti a sviluppare le politiche attive del lavoro per combat- tere la disoccupazione, aiutando l’inserimento dei giovani nella vita professionale, promuovere le pari opportunità, migliorare la formazione professionale, l’istruzione e l’orientamento. Forza lavoro È l’insieme delle persone occupate e di quelle in cerca di occupazione. Giusta causa Licenziamento causato da una grave violazione del lavoratore dei propri doveri contrattuali (es. furto o danneggiamento volontario di impianti). Giustificato motivo Licenziamento determinato da fattori non imputabili né al lavoratore, né al datore di lavoro (es. crisi aziendale o chiusura di un’attività dell’impresa). 249 Indennità di disoccupazione Indennità a cui ha diritto qualsiasi lavoratore licenziato da imprese private o enti pubblici. Indennità di malattia Prestazione economica che sostituisce la retribuzione percepita dai lavoratori di- pendenti, privati e pubblici, durante le assenze per malattia. Sussiste, in capo al la- voratore, l’obbligo di darne comunicazione al datore di lavoro e all’INPS tramite l’invio di un certificato, entro due giorni, indicando l’indirizzo dove potrà essere reperito per eventuali visite di controllo. Informa giovani Strutture convenzionate con i Comuni, che erogano servizi di informazione, orien- tamento, placement. Infortunio sul lavoro Nel caso di incidente per motivi di lavoro dal quale derivi la morte o invalidità per- manente o temporanea, deve essere presentata, da parte del dipendente o del datore di lavoro, denuncia di infortunio, nei modi e nei tempi stabiliti dalla normativa. I lavoratori infortunati hanno diritto ad avere gratuitamente tutte le cure fino alla completa guarigione, oltre alle indennità previste. Inoccupato Persona alla ricerca di prima occupazione, non avendo mai svolto alcuna attività la- vorativa. INPS Ente di previdenza pubblica che provvede all’erogazione delle pensioni (di vec- chiaia, di invalidità, pensioni sociali), delle indennità di malattia o di maternità, di disoccupazione, mobilità e cassa integrazione. Intermediazione di manodopera La Legge Biagi e il D.Lgs n. 276/2003 hanno previsto che l’attività di mediazione tra la domanda e l’offerta di lavoro, la raccolta dei curricula, la preselezione e la costruzione della relativa banca-dati, l’orientamento professionale, la progettazione possa essere svolta oltre alle agenzie per il lavoro, anche dai Comuni, dalle Pro- vince, dalle Camere di Commercio, dalle università, dagli istituti di istruzione se- condaria, dalle associazioni dei datori di lavoro, dalle associazioni sindacali, e dagli enti bilaterali. Lavoratore svantaggiato Il Regolamento della Commissione Europea n. 2204/2002 definisce lavoratore svantaggiato colui che ha difficoltà a entrare nel mercato del lavoro; in particolare, sono considerati tali: - i giovani con meno di 25 anni o che abbiano terminato la formazione a tempo 250 pieno da non più di 2 anni e non abbiano ancora trovato un impiego regolarmente retribuito; - qualsiasi persona che abbia lasciato il lavoro da più di 2 anni per la difficoltà di conciliare la vita lavorativa con la vita familiare; - le persone adulte che vivono da sole con uno o più figli a carico; - le persone disoccupate senza titolo di studio superiore o con un’età superiore ai 50 anni. Lavori Socialmente Utili Forma di impiego temporaneo istituiti dalla Legge 468/1997, finalizzata a dare so- stegno economico a lavoratori che hanno perduto il posto di lavoro o a giovani che possono così realizzare un’esperienza di lavoro, svolgendo attività a favore della collettività. Lavoro nero E’ un rapporto di lavoro che contravviene alla normativa vigente sul lavoro. Gene- ralmente tali violazioni hanno luogo quando il datore di lavoro non effettua l’assunzione attraverso i Servizi per l’Impiego, omettendo di comunicare l’assunzione, non vengono versati i contributi previdenziali, non viene consegnata al lavoratore la busta paga. Libretto formativo Documento nel quale vengono registrate le competenze acquisite durante la forma- zione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante l’arco della vita lavorativa, or- ganizzata da soggetti accreditati dalle Regioni, come pure le competenze acquisite secondo gli indirizzi stabiliti dall’Unione Europea in materia di formazione. Licenziamento Interruzione di un rapporto di lavoro per volontà del lavoratore o del datore di la- voro. In entrambi i casi deve essere dato alla controparte il preavviso previsto nei rispettivi contratti collettivi di categoria. Mercato del lavoro Indica idealmente il luogo d’incontro della domanda e offerta di lavoro. Mobbing Deriva dall’espressione latina “mobile vulgus“, che significa “gentaglia (mobile)”, cioè “una folla disordinata”, soprattutto “dedita al vandalismo e alle sommosse” che si stringe intorno a una persona per intimidirla o molestarla. In un contesto la- vorativo indica una situazione di pressione psicologica esercitata nei confronti del lavoratore, da superiori o colleghi, realizzata attraverso vessazioni, calunnie, an- gherie finalizzate ad impedire la corretta esecuzione del lavoro stesso. Mobilità del Lavoro Spostamento di lavoratori all’interno dell’azienda (da un settore o altra unità pro- 251 duttiva) per esigenze connesse alla produzione o alle condizioni del mercato, ma anche disponibilità a trasferirsi geograficamente in altra città o Paese. Non profit Locuzione giuridica di derivazione inglese (“Not for profit”) che significa senza scopo di lucro. Indica il complesso delle organizzazioni costituite con lo scopo di produrre beni o servizi, senza finalità di profitto o altro guadagno di tipo finanziario, i cui avanzi di gestione sono interamente reinvestiti per gli scopi organizzativi. Offerta di lavoro Insieme dei soggetti che “offrono” lavoro sul mercato, cercando occupazione; di contro le richieste provenienti dalle imprese che offrono posti di lavoro si definisce domanda di lavoro. Oneri sociali Insieme dei versamenti obbligatori effettuati dai lavoratori per la gestione previ- denziale, per gli infortuni, la malattia, la pensione. Organizzazioni Non Governative ONG Organizzazioni senza scopo di lucro che perseguono fini di interesse generale (umanitario, politico, religioso). ONLUS Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale, di natura privatistica appartenenti al terzo settore che perseguono fini solidaristici e senza scopo di lucro. Le ONLUS sono generalmente organizzazioni di volontariato, organismi non profit, cooperative sociali, organizzazioni non governative. Orientamento professionale Attività di supporto di tipo informativo-consulenziale, finalizzate a sostenere coloro che si trovano a fronteggiare una transizione professionale (scuola/lavoro, disoccu- pazione/lavoro, lavoro/lavoro) o ad accompagnare i giovani inoccupati nella co- struzione di un progetto professionale personalizzato, attraverso l’individuazione chiara di capacità, competenze e aspirazioni professionali. Outsourcing Termine anglosassone che significa letteralmente “approvvigionamento esterno” ed usato in economia per indicare la pratica, sempre più diffusa dalle aziende e dalla pubblica Amministrazione, di “esternalizzare” alcune fasi del processo produttivo, cioè ricorrere a società esterne per gestire alcuni servizi interni (amministrazione, servizi commerciali, servizi informatici, gestione magazzino, call center, ecc.). Parti sociali Rappresentanza del mondo delle imprese e delle organizzazioni dei lavoratori coin- volte, in processi di consultazione, negoziazione e concertazione su determinate materie. 252 Pensione di anzianità Prestazioni previdenziali a cui ha diritto il dipendente, iscritto ad uno qualsiasi degli istituti previdenziali obbligatori per legge, come ad esempio l’INPS. La pensione di anzianità è quel particolare tipo di prestazione pensionistica che si può ottenere prima di aver compiuto l’età pensionabile. Pensione di inabilità Prestazione previdenziale a cui ha diritto il lavoratore assicurato o titolare di as- segno di invalidità che, a causa di infermità o difetto fisico, è impossibilitato in ma- niera permanente a svolgere una qualsiasi attività lavorativa. Pensione di reversibilità Prestazione previdenziale che spetta al coniuge superstite del pensionato. I super- stiti, aventi diritto alla pensione di reversibilità o indiretta, vengono stabiliti dalla normativa pensionistica e non da quella sull’eredità. Pensione integrativa Prestazione aggiuntiva, rispetto a quella obbligatoria, che il lavoratore si costruisce nei fondi pensione privati mediante la costituzione di una posizione previdenziale individuale. Placement Indica l’attività di collocamento e d’inserimento in un contesto lavorativo. PMI Abbreviazione di Piccole e Medie Imprese, imprese indipendenti con un numero ri- dotto di dipendenti che secondo la definizione dell’Unione Europea, indica un’a- zienda con non più di 250 dipendenti, un fatturato annuo non superiore ai 40 mi- lioni di euro e un bilancio complessivo non superiore ai 27 milioni di euro. In Italia la CONFAPI è la Confederazione Italiana delle Piccole e Medie Imprese. Qualifica professionale Attestazione formale che viene rilasciata in base all’art. 14 della Legge 845/1978 a coloro che hanno frequentato i corsi di formazione professionale che superano le prove finali di esame. L’attestato di specializzazione è un attestato di qualifica che si acquisisce dopo la partecipazione a corsi finalizzati ad approfondire professiona- lità in settori tecnologicamente avanzati. Riqualificazione Acquisizione di nuove capacità professionali o approfondimento di quelle già pos- sedute, maturate in ambito lavorativo o attraverso specifici corsi di formazione pro- fessionale. Stage o Tirocinio formativo Periodo di formazione pratica presso un’azienda, realizzato durante o al termine di un percorso di formazione. 253 Statuto dei lavoratori Rappresenta il testo fondamentale che regola i rapporti di lavoro finalizzato a tute- lare i diritti e le libertà dei lavoratori. La Legge n. 300/1970, che recepisce ed attua le norme costituzionali in materia di lavoro. Tasso di disoccupazione Rapporto percentuale tra le persone alla ricerca di un’occupazione e la forza la- voro. Terzo settore Organismi ed enti e associazioni di volontariato senza fini di lucro (ONG, le ONLUS, le cooperative sociali) con natura giuridica privata, che non distribuiscono utili a soci e si avvalgono di prestazioni di lavoro volontario. Test attitudinale Prova scritta costituita da gruppi di domande a risposta multipla utilizzate per la valutazione delle capacità potenziali possedute da un determinato soggetto. I test vengono utilizzati per valutare l’adeguatezza delle capacità di un individuo a svol- gere una determinata attività. Trattamento di fine rapporto Indennità che il datore di lavoro deve corrispondere a ogni dipendente all’atto della cessazione del rapporto di lavoro. Essa è proporzionale agli anni di servizio pre- stato e alla retribuzione percepita. 255 BIBLIOGRAFIA A.A.A Career book 2006 lavoro, Milano, Somedia. A.A.A. Career book 2005 lavoro, Milano, Somedia. A.A.A. Career book 2007 lavoro, Milano, Somedia. AA.VV., Jobadvisor, Jobadvisor s.r.l., 2007. ADANI L., Scrivere il curriculum. 31 modi per essere efficaci, ETAS - Corriere Lavoro, 1999. AMADORI A. - N. PIEPOLI, Cambiare lavoro. Essere vincenti nell’era della flessibilità, Sole 24 Ore, 2001. ANTONI G. - N. 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Come prepararsi e affrontarlo, i nuovi colloqui via internet e in video, i test e l’analisi grafologica, le migliori risposte anche alle domande più in- sidiose, Milano, Il Sole 24 ore, 2001. DEMI B. - R. SANTONOCITO, Il tuo curriculum vitae. Come scriverlo e presentarlo, Milano, Il Sole 24 Ore, 2004. ELEVATI C. - V. PAVONI - C. TABACCHI, Trovare lavoro dopo la scuola superiore. Guida completa per affrontare la ricerca del lavoro, Milano, Alpha Test 2003. FACCINI L., Cercare lavoro in Internet, Milano, FrancoAngeli, 1998. Ferrari F., Trovare il lavoro su misura. Dalle competenze personali alla selezione vincente fino alla mappa dell’organizzazione. Milano, FrancoAngeli, 2003. FIORDELLI A. - G. NEGNES, Trovare lavoro non è solo questione di fortuna. Un percorso sicuro per una nuova occupazione, Milano, FrancoAngeli, 2004. FIORINI M., Come assicurarsi il lavoro che piace. Un metodo per valutarsi e costruire il proprio fu- turo, , Milano, FrancoAngeli, 1993. 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I soggetti del mercato del lavoro ........................................... 11 1. Il mercato del lavoro .......................................................................................................... 11 2. Il rapporto di lavoro ........................................................................................................... 12 2.1. Le parti del rapporto di lavoro: il lavoratore .................................................................... 14 2.2. Le parti del rapporto di lavoro: il datore di lavoro .......................................................... 16 3. Gli altri soggetti del mercato del lavoro ...................................................................... 16 4. Le società ............................................................................................................................... 23 Capitolo terzo L’incontro tra domanda ed offerta di lavoro. Le strutture a servizio dell’utenza ................................................................................... 33 1. L’incrocio tra domanda ed offerta di lavoro ............................................................... 33 2. Il collocamento pubblico ................................................................................................... 33 3. Il collocamento privato ...................................................................................................... 40 Seconda sezione: DISPONIBILITÀ E CONDIZIONI PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO Capitolo quarto Settore pubblico o privato? Le vie d’accesso al mondo del lavoro ..................... 45 1. L’impiego nel settore pubblico ........................................................................................ 45 1.1. Le procedure concorsuali ................................................................................................. 48 1.2. L’assunzione delle basse qualifiche tramite avviamento dei centri per l’impiego (art. 16 della legge n. 56/1987) ....................................................................................... 53 1.3. Le assunzioni dei disabili ................................................................................................. 55 2. L’impiego nel settore privato ........................................................................................... 63 2.1. La chiamata nominativa e diretta ..................................................................................... 63 2.2. L’intermediazione delle agenzie di collocamento private ............................................... 64 2.3. Le assunzioni obbligatorie ............................................................................................... 65 258 Capitolo quinto Le forme del rapporto di lavoro. I contratti ................................................................ 67 1. Le diverse tipologie contrattuali ..................................................................................... 67 2. Il rapporto di lavoro subordinato ................................................................................... 68 2.1. Il contratto di lavoro a tempo indeterminato ................................................................... 69 2.2. Il contratto di lavoro a tempo determinato ...................................................................... 70 2.3. Il contratto di somministrazione lavoro ........................................................................... 72 2.4. Tempo pieno ..................................................................................................................... 74 2.5. Tempo parziale (o part-time) ............................................................................................ 75 2.6. Il contratto di lavoro intermittente (o lavoro a chiamata) ............................................... 76 2.7. Il contratto di lavoro ripartito (o job sharing) ................................................................. 77 2.8. Il telelavoro ....................................................................................................................... 78 2.9. Contratto di apprendistato ................................................................................................ 80 2.10. Il contratto d’inserimento ............................................................................................... 81 2.11. Verso l’occupazione ........................................................................................................ 83 3. Lavoro parasubordinato .................................................................................................... 84 3.1. Lavoro a progetto ............................................................................................................. 84 3.2. Lavoro occasionale ........................................................................................................... 87 3.3. Lavoro occasionale di tipo accessorio ............................................................................. 87 4. Lavoro autonomo ................................................................................................................. 88 Capitolo sesto Il rapporto di lavoro dipendente. Le regole ................................................................. 91 1. Gli obblighi del lavoratore e i poteri del datore di lavoro ..................................... 92 2. L’orario di lavoro ................................................................................................................ 94 3. La retribuzione e gli elementi della busta paga ......................................................... 97 4. Le cause di sospensione del rapporto di lavoro ........................................................ 104 5. Le cause di estinzione del rapporto di lavoro ............................................................. 110 6. Il trattamento pensionistico .............................................................................................. 112 7. Il trattamento di fine rapporto (TFR) ............................................................................ 114 8. Ammortizzatori sociali ed incentivi all’occupazione ................................................. 117 8.1. Ammortizzatori sociali ..................................................................................................... 117 8.2. Incentivi all’occupazione .................................................................................................. 119 Terza sezione: ALTRI ELEMENTI CHE INFLUENZANO LE SCELTE Capitolo settimo Studiare nei Paesi della UE. Le opportunità dei Programmi comunitari ........ 127 1. Le formalità prima della partenza ................................................................................. 127 2. Programmi di studio all’estero per studenti ............................................................... 129 3. Opportunità di tirocini per gli studenti (Leonardo Da Vinci) ................................ 135 4. Opportunità di tirocini per gli allievi della formazione professionale ............... 135 5. Servizio volontario, scambi multilaterali e altre iniziative di organizzazioni giovanili ................................................................................................ 138 259 Capitolo ottavo Lavorare nell’UE. Le opportunità e gli indirizzi ....................................................... 149 1. Le procedure d’ingresso dei cittadini comunitari nei paesi dell’UE ................... 150 2. L’esercizio delle professioni negli altri Paesi della UE .......................................... 151 3. Le procedure d’ingresso in Italia dei cittadini extracomunitari ........................... 152 3.1. Il visto d’ingresso ............................................................................................................. 153 3.2. Il permesso di soggiorno .................................................................................................. 154 3.3. Le procedure di assunzione .............................................................................................. 155 3.4. I titoli di prelazione .......................................................................................................... 155 3.5. Proseguire gli studi in Italia ............................................................................................. 156 4. La ricerca del lavoro nei Paesi dell’Unione Europea ............................................. 158 4.1. I canali istituzionali .......................................................................................................... 158 4.2. La stampa .......................................................................................................................... 162 4.3. Pubblicazioni .................................................................................................................... 162 4.4. Internet .............................................................................................................................. 163 4.5. Strutture per l’incontro tra domanda ed offerta ............................................................... 165 5. I lavori stagionali ................................................................................................................ 168 6. Realizzare uno stage all’estero ........................................................................................ 170 6.1. Stage in azienda ................................................................................................................. 171 6.2. Stage nelle Istituzioni europee e nelle organizzazioni internazionali ............................ 171 6.3. Lavorare nelle Istituzioni dell’Unione Europea .............................................................. 172 7. Il curriculum europeo ......................................................................................................... 174 Capitolo nono Studio e lavoro nel Terzo settore. Le opportunità e gli indirizzi ......................... 175 1. La forma giuridica delle organizzazioni ...................................................................... 176 2. Le figure professionali del Terzo settore ...................................................................... 179 3. La formazione per il Terzo settore ................................................................................. 181 3.1. La formazione universitaria .................................................................................... 182 3.2. La formazione delle organizzazioni non governative ...................................... 184 4. Il reclutamento del personale .......................................................................................... 185 5. Realizzare un’esperienza di volontariato ..................................................................... 186 6. La dimensione internazionale del volontariato .......................................................... 188 7. L’auto-candidatura ............................................................................................................. 191 8. Il Servizio civile volontario .............................................................................................. 191 Quarta sezione: MODI E TEMPI DELLA RICERCA Capitolo decimo La ricerca del lavoro. Strategie, strumenti e metodi ................................................ 197 1. Il lavoro “offerto” e il lavoro “cercato” ..................................................................... 197 2. La valutazione del “lavoro offerto” .............................................................................. 198 2.1. La stampa .......................................................................................................................... 198 260 2.2. La televisione .................................................................................................................... 203 2.3. Internet .............................................................................................................................. 204 2.4. Attenzione alle truffe ........................................................................................................ 211 3. L’auto-promozione .............................................................................................................. 213 3.1. La rete dei rapporti personali ........................................................................................... 213 3.2. Le strutture territoriali ...................................................................................................... 215 3.3. Le fonti scritte ................................................................................................................... 217 3.4. Le manifestazioni ............................................................................................................. 218 3.5. Il contatto con le aziende ................................................................................................. 220 Capitolo undicesimo Il curriculum vitae. Contenuti e stili di redazione ..................................................... 225 1. La redazione del curriculum ............................................................................................ 225 1.1. La struttura del curriculum ............................................................................................... 226 1.2. Gli aspetti formali del curriculum .................................................................................... 229 2. Il curriculum scolastico-formativo ................................................................................. 230 3. Il curriculum europeo ......................................................................................................... 231 Capitolo dodicesimo La selezione. Le prove da superare .................................................................................. 235 1. Le forme di selezione .......................................................................................................... 235 1.1. Il colloquio individuale .................................................................................................... 235 1.2. Il colloquio di gruppo ....................................................................................................... 238 1.3. I questionari informativi ................................................................................................... 239 1.4. I test ................................................................................................................................... 239 2. Le società di selezione del personale ............................................................................ 240 3. I “Cacciatori di teste” ....................................................................................................... 242 4. Come valutare una proposta di lavoro ......................................................................... 242 CONCLUSIONI .............................................................................................................................. 243 GLOSSARIO .................................................................................................................................. 246 BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................................. 255 INDICE ........................................................................................................................................... 257 261 Pubblicazioni 2002-2007 nella collana del CNOS-FAP e del CIOFS/FP “STUDI, PROGETTI, ESPERIENZE PER UNA NUOVA FORMAZIONE PROFESSIONALE” ISSN 1972-3032 1. Nella sezione “studi” CIOFS/FP (a cura di), Atti del XIV seminario di formazione europea. La formazione professionale per lo sviluppo del territorio. Castel Brando (Treviso), 9 - 11 settembre 2002, 2003 CIOFS/FP (a cura di), Atti del XV seminario di formazione europea. Il sistema dell’istruzione e for- mazione professionale nel contesto della riforma. Significato e percorsi, 2004 CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVI seminario di formazione europea. La formazione professionale fino alla formazione superiore. Per uno sviluppo in verticale di pari dignità, 2005 CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Vademecum. Strumento di lavoro per l’erogazione dei servizi orienta- tivi, 2003 CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Opportunità occupazionali e sviluppo turistico dei territori di Catania, Noto, Modica, 2004 CNOS-FAP (a cura di), Gli editoriali di “Rassegna CNOS” 1996-2004. Il servizio di don Stefano Co- lombo in un periodo di riforme, 2004 MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto finale, 2002 MALIZIA G. - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI se- condo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto sul follow - up, 2003 MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione pro- fessionale, 2004 RUTA G., Etica della persona e del lavoro, 2004 D’AGOSTINO S. - G. MASCIO - D. NICOLI, Monitoraggio delle politiche regionali in tema di istruzione e formazione professionale, 2005 PIERONI V. - G. MALIZIA (a cura di), Percorsi/progetti formativi “destrutturati”. Linee guida per l’inclusione socio-lavorativa di giovani svantaggiati, 2005 NICOLI D. - G. MALIZIA - V. PIERONI, Monitoraggio delle sperimentazioni dei nuovi percorsi di istru- zione e formazione professionale nell’anno formativo 2004-2005, 2006 MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione pro- fessionale. II edizione, 2006 MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP della Sicilia. Rapporto di ricerca, 2007 CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVIII seminario di formazione europea. Standard formativi nell’istru- zione e nella formazione professionale. Roma,7-9 settembre 2006, 2007 RUTA G., Etica della persona e del lavoro, Ristampa 2007 COLASANTO M. - R. LODIGIANI (a cura di), Il ruolo della formazione in un sistema di welfare attivo, 2007 MALIZIA G. et alii, Stili di vita di allievi/e dei percorsi formativi del diritto-dovere, 2007 MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP del Lazio. Rapporto di ricerca, 2007 NICOLI D. - R. FRANCHINI, Costruzione dell’identità personale e sociale negli adolescenti e nei gio- vani. La proposta dell’Istruzione e formazione professionale, 2007 NICOLI D., La rete formativa nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP, 2007 MALIZIA G. et alii, Diritto-dovere all’istruzione e alla formazione e anagrafe formativa. Problemi e prospettive, 2007 PELLEREY M., Processi formativi e dimensione spirituale e morale della persona. Dare senso e pro- spettiva al proprio impegno nell’apprendere lungo tutto l’arco della vita, 2007 BELLESI L. - C. DONATI, Giovani e percorsi professionalizzanti: un gap da colmare? Rapporto finale, 2007 262 2. Nella sezione “progetti” ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio metodolo- gico e proposte di strumenti, 2003 BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La promozione delle capacità personali. Teoria e prassi, 2003 CIOFS/FP CAMPANIA (a cura di), OrION tra orientamento e network, 2004 CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio me- todologico e proposte di strumenti, 2003 CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Co- munità professionale alimentazione, 2004 CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Co- munità professionale aziendale e amministrativa, 2004 CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Co- munità professionale commerciale e delle vendite, 2004 CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Co- munità professionale estetica, 2004 CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Co- munità professionale sociale e sanitaria, 2004 CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Co- munità professionale tessile e moda, 2004 CIOFS/FP (a cura di), Un modello per la gestione dei servizi di orientamento, 2003 CIOFS/FP BASILICATA, L’orientamento nello zaino. Percorso nella scuola media inferiore. Diffusione di una buona pratica, 2004 CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Co- munità professionale elettrica e elettronica, 2004 CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Co- munità professionale grafica e multimediale, 2004 CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Co- munità professionale legno e arredamento, 2005 CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Co- munità professionale meccanica, 2004 CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Co- munità professionale turistica e alberghiera, 2004 CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione delle unità didattiche, 2003 COMOGLIO M. (a cura di), Prova di valutazione per la qualifica: addetto ai servizi di impresa. Proto- tipo realizzato dal gruppo di lavoro CIOFS/FP, s.d. FONTANA S. - G. TACCONI - M. VISENTIN, Etica e deontologia dell’operatore della FP, 2003 GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo, 2003 MARSILII E., Guida per l’accompagnamento al lavoro dipendente, 2003 NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, 2004 NICOLI D. (a cura di), Sintesi delle linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, 2004 TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, 2003 VALENTE L. - D. ANTONIETTI, Quale professione? Strumento di lavoro sulle professioni e sui percorsi formativi, 2003 NICOLI D. (a cura di), Il diploma di istruzione e formazione professionale. Una proposta per il per- corso quadriennale, 2005 VALENTE L. (a cura di), Sperimentazione di percorsi orientativi personalizzati, 2005 POLACEK K., Guida e strumenti di orientamento. Metodi, norme ed applicazioni, 2005 263 CNOS-FAP (a cura di), Proposta di esame per il conseguimento della qualifica professionale. Per- corsi triennali di Istruzione formazione Professionale, 2005 BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La corresponsabilità CFP-famiglia: i genitori nei CFP. Esperienza triennale nei CFP CNOS-FAP (2004-2006), 2006 CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione dei sussidi, II edizione, 2006 NICOLI D. - G. TACCONI, Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. I volume (in stampa) MARSILII E., Dalla ricerca al rapporto di lavoro. Opportunità, regole e strategie (in stampa) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo. Una proposta di percorsi per la crea- zione di impresa. II edizione (in stampa) 3. Nella sezione “esperienze” CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza, 2003 CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 2. Guida per l’accompagnamento in iti- nere, 2003 CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 3. Guida per l’accompagnamento finale, 2003 CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, 2003 CIOFS/FP PUGLIA (a cura di), ORION. Operare per l’orientamento. Un approccio metodologico con- diviso e proposte di strumenti, 2003 TONIOLO S., La cura della personalità dell’allievo. Una proposta di intervento per il coordinatore delle attività educative del CFP, 2005 COMOGLIO M. (a cura di), Il portfolio nella formazione professionale. Una proposta per i percorsi di istruzione e formazione professionale, 2006 ALFANO A., Un progetto alternativo al carcere per i minori a rischio. I sussidi utilizzati nel Centro po- lifunzionale diurno di Roma, 2006 MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI, Una formazione di successo. Esiti del monitoraggio dei percorsi sperimentali triennali di istruzione e formazione professionale in Piemonte 2002-2006. Rapporto finale, 2006

Apprendistato nei percorsi di diritto-dovere

Autore: 
Sandra D'Agostino
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2007
Numero pagine: 
165
Sandra D’AGOSTINO Apprendistato nei percorsi di diritto-dovere 3 PREMESSA Il volume nasce con l’obiettivo di fotografare una realtà che è stata a lungo trascurata. Infatti, se l’inserimento dell’apprendistato come opzione per l’assolvimento dell’obbligo formativo nel 1999, quando fu approvata la legge n. 144, fu salutata come una conquista, che riconosceva dignità formativa al lavoro al pari dell’istru- zione effettuata nei luoghi più tradizionali del sapere, dopo quella data l’interesse per tale segmento dell’apprendistato è stato sempre minoritario. Quando l’apprendistato è stato confermato come opzione per l’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e formazione in seguito all’approvazione della riforma Moratti, non per questo è aumentato l’interesse per tale tipologia di con- tratto formativo; anzi, il rallentamento nella fase di implementazione della legge n. 53/03, dovuto al lungo processo di concertazione che ha caratterizzato la defi- nizione dei regolamenti attuativi in particolare per il ciclo secondario superiore, ha di fatto impedito la regolamentazione dell’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere: si tratta della prima delle tre tipologie di apprendistato introdotte dalla legge n. 30/03 (meglio nota come “riforma Biagi”) e dal suo decreto di attua- zione (d.lgs. n. 276/03). Concepite pressoché contemporaneamente, in un impeto di razionalità siste- mica le due norme hanno tentato di raccordarsi proprio nel disegno di quelle forme contrattuali delineate in modo da favorire la transizione dalla scuola al mondo del lavoro; il ritardo accumulato nella definizione degli standard minimi dei percorsi dell’istruzione e formazione superiore ha finito per vanificare l’intento originario, per cui il necessario raccordo è divenuto un ostacolo alla regolamentazione della nuova tipologia di apprendistato. Il risultato è che oggi tale forma di contratto di apprendistato non esiste1 ed anzi vanno crescendo le pressioni da parte di quanti chiedono un elevamento fino a 18 anni dell’obbligo di istruzione, che superi la possibilità di entrare nel mercato del lavoro prima del raggiungimento della mag- giore età. Ciò non significa che non esistano minori inseriti nel mercato del lavoro. Analizzando il solo caso dell’occupazione regolare o almeno di quella censita nelle statistiche ufficiali, ossia nella rilevazione delle forze di lavoro effettuata dal- l’ISTAT, risulta che il numero di minori occupati in Italia è al momento attestato 1 In realtà, nel quadro di incertezza che circonda attualmente l’apprendistato, risulta (dati INPS 2007) che un numero non trascurabile di imprese dichiara di utilizzare tale forma di apprendistato per il diritto-dovere, pur in mancanza di una sua regolamentazione. 4 intorno alle 60.000 unità. Molti di questi ragazzi sono occupati proprio con un contratto di apprendistato, come si vedrà meglio in seguito, anche se si tratta ancora della forma contrattuale definita dalla legge del 1955 e modificata dalla legge Treu (ossia dalla legge n. 196/97): ossia di una forma di apprendistato che si rivolge indistintamente ad un’utenza di giovani 15-24enni (o 26enni), senza dif- ferenziarsi per tener meglio conto delle diverse esigenze dei vari gruppi di utenza. L’intento che ha mosso il CNOS-FAP nel proporre il lavoro che segue è quello di gettare il velo su tale realtà, ed esaminare più da vicino alcune esperienze di for- mazione per i ragazzi minorenni che sono occupati in apprendistato. La ricerca ha quindi voluto seguire un approccio di tipo bottom up: individuate alcune esperienze realizzate sul territorio, queste sono state approfondite al fine di estrarne elementi utili a elaborare una proposta volta a migliorare il funzionamento di tale segmento formativo. Non è stato affatto facile individuare tali esperienze di formazione per appren- disti minori. Pur avendo circoscritto la ricerca alla rete di strutture formative che fanno capo al CNOS FAP e al CIOFS, ci si aspettava la presenza di un numero molto più ampio di casi da esaminare in virtù del tradizionale ancoraggio dell’offerta forma- tiva di tali strutture proprio alla formazione iniziale per i ragazzi che hanno assolto l’obbligo di istruzione. Invece, le cinque esperienze che vengono riportate già nel loro scarso numero sono una indicazione delle difficoltà che vive tale segmento formativo; ma non la sola: i casi che vengono esaminati mostrano una serie di criticità per le quali si pone la necessità di individuare una risposta che consenta di rendere effettivamente esigibile il diritto alla formazione per i minorenni occupati come apprendisti. Da tale obiettivo nasce la proposta che viene illustrata nell’ultimo paragrafo, con l’obiettivo di rianimare il dibattito intorno a questa forma contrattuale, che si ritiene possa costituire una opzione efficace per il successo formativo di quei ragazzi che abbandonano i percorsi di istruzione e formazione a tempo pieno. 5 Parte I Il quadro dell’apprendistato in Italia: occupazione e formazione 1. Un contratto speciale per i minori: cinquant’anni di apprendistato L’apprendistato è un contratto di lavoro nato per accompagnare l’ingresso nel mercato del lavoro dei minori. Probabilmente è l’unico contratto nato esplicita- mente per tale finalità ed originariamente per una utenza composta esclusivamente di ragazzi minorenni che, spesso per bisogno, interrompevano gli studi per andare a lavorare. La combinazione di formazione e lavoro propria del contratto, insieme alla finalità del conseguimento di una qualifica professionale, consentivano a tale utenza di accrescere le competenze di base e di ottenere comunque un titolo forma- tivo e professionale. In tale forma l’apprendistato si ritrova ancora oggi in molti paesi europei, so- prattutto quelli di area tedesca, dove esso costituisce la principale forma di prose- guimento dei percorsi formativi dopo l’assolvimento dell’obbligo di istruzione. Ad esempio, in Germania ancora oggi oltre il 50% dei 16enni prosegue il percorso formativo attraverso l’apprendistato. È noto che nella forma contrattuale tedesca, la componente di formazione è ben più significativa che in Italia. La formazione esterna all’azienda si realizza attraverso la frequenza di una scuola professionale per almeno un giorno alla settimana; tale formazione è orientata al conseguimento di competenze di base (linguistiche, matematiche, ma anche conoscenze discipli- nari di storia, geografica, religione, ecc.), oltre che allo sviluppo di competenze professionali a completamento del percorso di formazione che avviene in azienda. Al termine dell’apprendistato i ragazzi conseguono un titolo di qualifica a valenza nazionale sulla base degli esiti dell’esame finale. Tale forma di apprendistato, nota anche come “sistema duale”, rappresenta ancora la struttura portante del sistema formativo al livello secondario superiore oltre che in Germania, anche in Austria, Svizzera, Olanda, Danimarca, Norvegia. Il sistema italiano è nato evidentemente sul modello di quello tedesco, o me- glio dagli stessi principi ispiratori visto che l’origine è pressoché contemporanea; ma, mentre sul finire degli anni Sessanta il consolidamento del sistema delle quali- fiche conseguibili in apprendistato consentiva al sistema tedesco di continuare ad esercitare una funzione centrale nell’ambito del sistema educativo anche nei decenni successivi, tanto da raccogliere ancora oggi circa 1.500.000 giovani 16- 22enni su una popolazione complessiva pressoché pari a quella italiana, in Italia proprio sul finire degli anni ’60 inizia un lento declino del numero di apprendisti 6 occupati, presto accompagnato dalla scomparsa dell’offerta di formazione “com- plementare” (come era definita nella legge del 1955) in concomitanza con il pas- saggio delle competenze in materia di formazione professionale alle Regioni.1 Tale ridimensionamento dell’utenza dell’apprendistato è proseguito pressoché costante fino alla metà degli anni Novanta. Certamente sul declino dell’apprendistato ha giocato un ruolo significativo il miglioramento delle condizioni economiche delle famiglie, che ha consentito a tanti giovani di proseguire più a lungo gli studi, tanto che gli indicatori di parteci- pazione scolastica sono cresciuti continuativamente; si pensi che solo nell’ultimo ventennio il tasso di scolarità nelle scuole superiori (pari al rapporto fra il numero di iscritti e la popolazione in età 14-18 anni) è passato dal 57,7% del 1985/86 al 92,8% del 2005/06 (dati ISTAT - L’Italia in cifre). Tuttavia, non è azzardato pen- sare che proprio la de-strutturazione del sistema italiano di apprendistato, privo di un sistema consolidato di offerta, con una incerta finalità formativa del contratto slegata dal conseguimento di qualunque titolo riconosciuto – visto che la parte della legge del 1955 che stabiliva l’organizzazione di esami di fine apprendistato sulla base di prove definite con il concorso delle organizzazioni datoriali e dei lavo- ratori non è mai stata attuata –, abbia concorso a determinare una netta preferenza della popolazione italiana verso i percorsi scolastici. Pertanto, mentre in Germania l’elemento di consolidamento dell’offerta, unito ad una diversa considerazione del lavoro in generale e in particolare della qualifica- zione professionale presso l’opinione pubblica – per cui coloro che conseguono un titolo in apprendistato vengono riconosciuti come tecnici di alto livello –, hanno rappresentato le carte vincenti dell’apprendistato tanto da garantirne il progressivo sviluppo e consolidamento, in Italia la mancanza degli stessi elementi ha determi- nato un graduale disinteresse verso tale forma contrattuale che si è tradotto in una lenta erosione dell’utenza (cfr. grafico 1). Per quasi venticinque anni nel nostro Paese l’apprendistato, pur presente e con numeri non del tutto trascurabili, ha continuato a identificarsi come un rapporto quasi esclusivamente di lavoro, con un percorso di formazione non formale realiz- zato sul lavoro e in affiancamento, grazie alla presenza di “maestri artigiani” 2 che si sono fatti carico di trasmettere un mestiere a quei giovani che entravano preco- cemente nel mercato del lavoro. La scarsa considerazione per l’apprendistato quale strumento formativo ha tro- vato un punto di svolta nel Patto per il lavoro del 1996, da cui è nato il pacchetto 1 Infatti, anche se già la Costituzione affermava la competenza delle Regioni in materia di «istru- zione artigiana e professionale», l’istituzione delle Regioni e poi il passaggio delle competenze è avvenuto solo negli anni ’70. 2 In questo contesto l’espressione viene usata in un senso a-tecnico, laddove generalmente il titolo di “maestro artigiano” in alcune esperienze anche del nostro Paese, oltre che europee, è gene- ralmente associato al conseguimento di un titolo professionale specifico che comprende anche una formazione di tipo pedagogica finalizzata a favorire il processo di trasmissione delle competenze. 7 Treu e la riforma portata dall’art. 16 della legge n. 196/97. Tale legge ha avviato un processo per rimettere l’apprendistato al centro delle politiche per l’ingresso al lavoro dei giovani, in un contesto del tutto nuovo rispetto a quello del 1955: i giovani che entrano nel mercato del lavoro attraverso tale strumento non sono più solo minorenni,3 ma hanno fino a 24-26 anni. A questa nuova utenza si apre l’apprendistato, che torna ad essere anche strumento formativo grazie all’introdu- zione di una formazione esterna di almeno 120 ore annue. In realtà, il vincolo di partecipare ad attività formative esterne all’aziende, già con- tenuto nella legge del 1955, non era mai stato eliminato; la legge Treu rende reale quel- l’obbligo, introducendo una sanzione onerosa per le imprese che non consentono agli apprendisti di partecipare alle iniziative di formazione esterna. La sanzione consiste nella perdita delle agevolazioni contributive contenute nell’apprendistato. Inizia da qui il processo di ridefinizione del sistema di formazione per l’ap- prendistato, portato avanti in un primo momento attraverso i progetti sperimentali gestiti dal Ministero del lavoro e poi affidato alla competenza delle Regioni. Grazie all’estensione dell’utenza interessata, l’occupazione in apprendistato per la prima volta nel 1998 inverte il trend di declino pressoché costante che durava da quasi un trentennio e torna a crescere (cfr. grafico 2). Ovviamente, il target verso il quale si indirizza è sempre meno composto da minori, mentre diventa prevalente- mente costituito di giovani che hanno superato la maggiore età. Anzi, nell’intento di rendere generalizzata la funzione di strumento per la transizione scuola-lavoro, la legge n. 196/97 fa cadere il divieto sull’assunzione 3 La legge quadro sull’apprendistato del 1955 prevedeva la possibilità di assumere giovani fino a 20 anni di età, in un momento in cui la maggiore età era fissata a 21 anni. Tale previsione di età massima per l’assunzione è stata successivamente elevata a 21 anni. Grafico 1 - L’evoluzione dell’apprendistato in Italia. Anni 1955-1998 Fonte: elaborazione ISFOL su dati INPS 8 di giovani già in possesso di un titolo di studio o di una qualifica, anche coerenti rispetto all’attività da svolgere in azienda come apprendisti. Tali titoli determinano soltanto una riduzione del percorso di formazione esterna, secondo la valutazione rimessa ai contratti collettivi. Probabilmente l’aver operato una riforma dell’apprendistato che di fatto tocca solo alcuni elementi di un disegno che rimane profondamente ispirato al progetto della legge quadro del 1955 è “responsabile” di molte criticità rivelatesi nel se- guito, soprattutto in relazione alla realizzazione della formazione. Infatti, l’appren- distato rimane uno strumento finalizzato al conseguimento di una qualifica, e il si- stema italiano continua ad essere privo di riferimenti per riempire di contenuto il concetto di qualifica e consentire di attribuire un valore sociale a tale titolo profes- sionale. Inoltre, l’ampliamento dell’utenza a giovani 24-26enni determina un pro- cesso di elevamento dei livelli di istruzione degli apprendisti: ai giovani senza alcun titolo di studio post-obbligo si affiancano, con una presenza sempre più mas- siccia anche se ancora non maggioritaria, i giovani che hanno un diploma di scuola secondaria superiore. Per l’apertura ai laureati bisognerà aspettare invece la legge 30/2003, che porta l’utenza dell’apprendistato fino ai 29 anni. Pertanto, seppure quasi parallelamente alla prima riforma dell’apprendistato (quella della legge Treu) venga approvata l’introduzione dell’obbligo formativo fino al compimento del diciottesimo anno età, obbligo che può essere assolto anche nel sistema della formazione professionale e nell’apprendistato, di fatto l’atten- zione delle istituzioni che devono costruire il sistema di formazione per gli appren- disti si appunta prevalentemente su quella che è l’utenza maggioritaria. E quindi i minori rimangono in ombra, mentre ci si occupa di avviare un sistema per la realiz- zazione delle 120 ore di formazione esterna, che di fatto esauriscono l’obbligo di formazione per gli apprendisti maggiorenni. Grafico 2 - L’evoluzione dell’apprendistato per macro-acrea. Anni 1998-2005* (*) Dati provvisori riferiti al periodo Gennaio-Agosto 2005 Fonte: elaborazione ISFOL su dati INPS 9 Con l’inizio del nuovo decennio (del nuovo secolo!) si avviano i sistemi terri- toriali di formazione per l’apprendistato. Ancora nell’anno 2000 la coda dei primi progetti sperimentali aveva consen- tito di coinvolgere in attività di formazione esterna appena 20.000 apprendisti in tutta Italia e già nel 2001 i numeri salgono a 58.000 utenti e poi a quasi 100.000 (cfr. tabella 1). È evidente dalla tabella 1 che una differenza significativa nel determinare la consistenza che assume l’offerta di formazione esterna per gli apprendisti è data dall’orientamento dell’amministrazione regionale: accanto a Regioni che decidono di coinvolgere in attività formative tutti gli apprendisti presenti sul territorio – non tante, per la verità –, altre decidono di utilizzare nella maniera più efficiente le risorse ripartite dallo Stato, altre ancora si trascinano con un approccio discontinuo, fatto di tanti “stop & go” dell’offerta, che non consentono di trasformare un in- sieme di attività formative corsuali in un sistema. Probabilmente, visti in un’ottica di livello macro, cinque anni sono pochi per consentire il consolidamento di un sistema di offerta capace di coinvolgere circa 600.000 soggetti l’anno, quanti sono nel frattempo diventati gli apprendisti. Ren- dono difficile questa possibilità gli insufficienti investimenti statali, che si rivelano “capienti” per coinvolgere appena un quinto dell’utenza (cfr. tabella 2), mentre le Tabella 1 - Le iniziative di formazione esterna organizzate dalle Regioni: gli apprendisti parte- cipanti. Anni 2001-2005 Fonte: rapporti regionali di monitoraggio 10 Regioni, in attesa del varo del federalismo fiscale, spesso si attestano sul ridotto investimento centrale senza aggiungere risorse proprie. Tuttavia, non sono solo i numeri, dell’utenza e delle risorse, a determinare la ridotta crescita dell’offerta formativa per gli apprendisti e quindi lo scarso coin- volgimento di questi giovani in attività di formazione esterne all’azienda. È La finalizzazione della formazione che appare opaca, poco identificabile da parte delle imprese e degli stessi apprendisti. La qualifica professionale è un titolo ancora privo di contenuto nel nostro Paese, privo di ancoraggi di livello nazionale almeno, anche se proprio in questi anni cominciano a fiorire le prime esperienze territoriali che cercano di dare dignità alla qualifica dotandola di una riconoscibilità in termini di contenuto. Inoltre, per un’utenza varia quale quella dell’apprendistato, fatta di giovani dai quindici ai ventiquattro anni, è dif- ficile costruire una proposta formativa che risponda alle richieste delle aziende e dei giovani e cioè che sia professionalizzante, rispetto agli immediati bisogni di conoscenza e competenza degli apprendisti nelle specifiche realtà aziendali. Ciò implicherebbe una proposta definita in relazione al livello di istruzione e di conoscenza e di competen- za in ingresso, ma anche al ruolo professionale effettivamente agito sul lavoro e alle prospettive di sviluppo professionale che il giovane si trova realisticamente davanti, tenendo conto dei piani di sviluppo aziendali. La mancanza di tali condizioni, come si vedrà meglio nel seguito nell’analisi del- le esperienze esaminate, rende difficile l’identificazione di una mission più specifica della formazione obbligatoria per gli apprendisti, oltre a quella di favorire un generico sviluppo delle competenze, siano esse di base, trasversali e/o tecnico-professionali. 2. L’apprendistato come opzione per l’assolvimento dell’obbligo formativo Il perseguimento del metodo della concertazione che ha caratterizzato le grandi scelte degli anni Novanta individua il dispositivo dell’obbligo formativo come strumento per elevare il livello di qualificazione della popolazione giovanile. Con legge n. 144 del 1999, dopo il cosiddetto Patto di Natale del dicembre prece- Tabella 2 - Le iniziative di formazione esterna organizzate dalle Regioni: la quota di apprendisti partecipanti sul totale degli occupati. Anni 2003-2005 (val. %) Fonte: elaborazioni ISFOL su dati regionali e dati INPS 11 dente, l’art. 68 introduce per tutti gli adolescenti l’obbligo di partecipare ad attività formative fino al compimento del diciottesimo anno; tale obbligo può essere as- solto anche nell’esercizio dell’apprendistato, ovvero nell’ambito di un contratto di lavoro con caratteristiche “speciali”. L’inserimento dell’apprendistato come uno dei tre canali dell’obbligo forma- tivo rappresenta un’ulteriore tappa del processo di rinnovamento dello strumento, che viene ad essere considerato opzione formativa di pari dignità rispetto alla scuola e alla formazione professionale. In realtà, a ben guardare la storia degli anni successivi, si direbbe quasi che il riconoscimento dell’apprendistato quale opzione per l’assolvimento dell’obbligo formativo rappresenti una sorta di presa d’atto dell’esistenza di una realtà residuale di minori che lavorano, eredità di un retaggio storico che si intende presto superare: alcuni auspicano per una scelta politica che impedisca ai minori di accedere al mercato del lavoro, altrimenti per effetto del progressivo aumento dei tassi di partecipazione scolastica unito all’altrettanto continuo calo dell’interesse delle imprese a reclutare un’utenza di minorenni. Infatti in quegli stessi anni viene approvata, in risposta ad una Direttiva europea, una normativa più restrittiva per l’utilizzo dei minori nel mercato del lavoro (DPR 345/99), che distingue fra lavorazioni vietate, altre che possono essere oggetto solo di attività a finalità formativa e di risulta individua quelle consentite ai minori. Per l’assolvimento dell’obbligo formativo, che presuppone l’acquisizione di quel- le competenze di base e di cittadinanza che risultano carenti nell’adolescente che ha abbandonato precocemente i percorsi di istruzione e formazione a tempo pieno, le 120 ore annue di formazione esterna non appaiono sufficienti. Pertanto, il D.P.R. n.257 del 2000 definisce le modalità per l’assolvimento dell’obbligo formativo in apprendistato: gli apprendisti adolescenti devono partecipare a moduli di formazione cosiddetti “aggiuntivi” della durata di 120 ore annue, finalizzati all’acquisizione di competenze di base, che si sommano all’attività formativa “ordinaria” per tutti gli apprendisti. Il Decreto Interministeriale n. 152 del maggio 2001 definisce nel dettaglio gli obiettivi da conseguire nei percorsi dei moduli aggiuntivi. Si tratta di obiettivi che fanno riferimento alle seguenti aree di contenuto: – competenze linguistiche, di lingua italiana e di una lingua straniera; – competenze matematiche; – competenze informatiche. Inoltre, tale formazione deve prevedere alcuni moduli finalizzati all’orienta- mento professionale e all’acquisizione di competenze per l’esercizio della cittadi- nanza attiva. Il dispositivo segna una tappa importante nel quadro dell’evoluzione del sistema formativo italiano: per la prima volta vengono definiti a livello nazionale degli standard da raggiungere in esito ad un percorso che rientra nel sistema di formazione professionale regionale; inoltre, tali standard vengono ancorati a scale internazionali, che consentono di misurare anche lo scostamento – positivo o nega- tivo – dal livello finale atteso. 12 Il disegno dell’obbligo formativo ha una prospettiva sistemica: si prevede di istituire una anagrafe dei giovani che devono assolvere tale obbligo, in modo da consentire di monitorare i loro percorsi, con un atteggiamento pro-attivo, finaliz- zato a orientare i ragazzi, a supportarli nel costruire un proprio progetto di vita e di inserimento professionale, presentando l’offerta formativa più efficace a raggiun- gere l’obiettivo nel quadro del sistema dell’offerta territoriale. Tale ruolo strategico di gestione dell’anagrafe e di monitoraggio dei percorsi è affidato ai centri per l’impiego. È la scelta più naturale nell’ambito di una strategia politica che, in linea con quanto avviene in molti Paesi europei e in una prospettiva che vede il sistema formativo come strumento strategico di politica attiva del la- voro, mira a fare dei servizi per l’impiego il soggetto centrale dell’integrazione fra sistema formativo e sistema produttivo. Tuttavia, nel momento in cui i servizi per l’impiego sono investiti dall’ondata riformatrice che li colloca a livello provinciale e ne determina la completa riorganizzazione, l’assolvimento dei compiti di sup- porto al sistema dell’obbligo formativo fa fatica a trovare attuazione. Almeno nella maggior parte del territorio, visto che si contano punte di eccellenza ed esempi co- munque positivi che, fortunatamente, diventano sempre più numerosi. È un processo comunque lungo, che sembra lottare contro il tempo per quanto riguarda il segmento specifico dell’apprendistato, visto che questi giovani conti- nuano a rimanere l’utenza su cui meno investono le amministrazioni. 3. L’evoluzione dell’occupazione per gli adolescenti La prima fase di riforma dell’apprendistato, quella avviata dalla legge n. 196 del 1997 (nota anche come “legge Treu”), si poneva come obiettivo di ridare vita- lità ad uno strumento ritenuto strategico per favorire la transizione dei giovani dalla scuola al lavoro. L’analisi sull’evoluzione storica dell’apprendistato condotta nei paragrafi pre- cedenti ha evidenziato che a metà degli anni Novanta l’occupazione in apprendi- stato risultava in lento declino da alcuni decenni. Per rivitalizzare lo strumento era necessario in primo luogo espandere l’utenza, per tenere conto dei nuovi comporta- menti sociali relativi alla scolarità che prevedono percorsi mediamente più lunghi. L’elevamento dei limiti di età per l’assunzione a 24 anni (26 anni nel Mezzo- giorno), insieme alle altre modifiche,4 è riuscito nell’intento di invertire il trend del- l’occupazione, tanto che dai circa 280.000 apprendisti del 1997 si è passati in pochi anni a superare il mezzo milione di giovani occupati; nello scorso anno 2005 gli occupati in apprendistato sono stati circa 570.000. 4 In particolare, tra le altre modifiche che hanno giocato un ruolo diretto sull’aumento dell’oc- cupazione occorre ricordare l’abolizione del divieto di assumere giovani con titolo di studio post- obbligo idoneo rispetto all’attività da svolgere in azienda. 13 La seguente tabella 3 riporta i valori registrati nell’ultimo anno disponibile nello stock medio di apprendisti occupati.5 Dal 1998 l’occupazione in apprendistato è cresciuta nel volume complessivo ed è anche mutata in maniera significativa la sua composizione. 5 Il valore è ottenuto come media aritmetica dello stock mensile di contratti di apprendistato esistenti, registrati nella banca dati INPS. Infatti, il numero di contratti mostra una forte variabilità, legata soprattutto alla stagionalità dei settori produttivi più significativi a livello locale. Tabella 3 - L’occupazione in apprendistato in Italia. Anno 2005* Grafico 3 - L’occupazione in apprendistato in Italia: ripartizione per macro-area. Anno 2005 (*) Stock medio di occupati calcolato sul periodo gennaio-agosto Fonte: elaborazioni ISFOL su dati INPS Fonte: elaborazioni ISFOL su dati INPS 14 Fino al 1997 l’utenza dell’apprendistato era composta quasi esclusivamente da giovani di età inferiore ai 21 anni, che corrispondeva all’età massima per l’as- sunzione; un’eccezione alla norma generale sul limite di età era in vigore per le imprese artigiane che, per specifiche qualifiche professionali di alto profilo profes- sionale individuate nell’ambito dei contratti collettivi nazionali di lavoro, potevano assumere giovani fino a 24 anni di età. Da utenza prioritaria se non esclusiva del- l’apprendistato, la quota di giovani minori sul totale degli apprendisti assunti dopo le modifiche apportate nel 1997 diminuisce incessantemente e in maniera significa- tiva nel corso degli ultimi anni. Dai dati reperiti dalle banche dati regionali 6, risulta che la quota degli apprendisti adolescenti ormai è inferiore al 10% (cfr. tabella 4). 6 L’analisi dell’occupazione in apprendistato per i giovani 15-17enni che si presenta nel para- grafo viene svolta sulla base dei dati comunicati dalle Regioni nell’ambito dei periodici rapporti di monitoraggio predisposti per il Ministero del Lavoro. Tabella 4 - Apprendisti 15-17enni per Regione e singola età (anni 2004 e 2005 - Valori assoluti e %) (*) Dato sovrastimato (**) Dato parziale riferito solo ad alcune province Fonte: elaborazioni ISFOL su dati regionali 15 La distribuzione degli apprendisti minorenni sul territorio non è affatto omo- genea. Nelle circoscrizioni settentrionali la quota di apprendisti 15-17enni risulta prossima alla media per l’area del Nord-Ovest, qualche punto percentuale superiore alla media per il Nord-Est, grazie soprattutto al peso del Veneto e dell’Emilia Romagna; la Provincia di Bolzano, che pure presenta la metà degli apprendisti in età 15-17anni, dato il numero ridotto in valore assoluto di tale utenza ha un peso minore nel determinare la quota media a livello nazionale. Al Centro e nel Mezzogiorno la quota di apprendisti minori sul totale è netta- mente inferiore alla media nazionale. Sembrerebbe quindi che l’apprendistato per i minori sia un fenomeno che caratterizza soprattutto il settentrione. Ossia, nelle aree dove c’è maggiore tensione sul mercato del lavoro, vista la presenza di una scarsa offerta di lavoro dal mo- mento che il tasso di disoccupazione è molto basso, le imprese impiegano anche i minori. Per quanto riguarda il centro, è noto che i tassi di partecipazione scolastica di queste Regioni sono i più alti d’Italia e probabilmente tale indicatore contri- buisce a tenere bassa la quota di apprendisti minorenni. Nel Mezzogiorno, accanto a Regioni che sembrano manifestare una alta tendenza ad occupare minori attra- verso l’apprendistato, come la Sicilia, si registrano invece realtà dove la quota di 15-17enni sul totale degli apprendisti è assolutamente residuale, ossia inferiore all’1% (Campania, Sardegna - cfr. tabella 4). Volendo dare una misura in valore assoluto dell’utenza di giovani minori occu- pati in apprendistato, le banche dati regionali segnalano un numero di apprendisti adolescenti di circa 48.000 unità. Considerando che i dati per alcune Regioni non Grafico 4 - Occupazione dei minori in apprendistato: composizione per età e per macro-area. Anno 2005 Fonte: elaborazioni ISFOL su dati regionali 16 sono disponibili, ne deriva che il numero di adolescenti occupati con contratto di apprendistato può essere complessivamente stimato pari a circa 50.000 unità. E questo dato sembra essersi stabilizzato ormai da qualche anno. Considerato in valore assoluto, il numero di apprendisti minorenni risulta molto vicino a quello del totale degli occupati nella fascia d’età 15-17 anni. I 50.000 apprendisti minori rappresentano infatti circa l’80% dei 61.000 minori occupati nel 2005. Si direbbe che, pur non essendo mai stata approvata una norma legislativa che impone l’assunzione degli adolescenti solo attraverso il contratto di apprendistato, di fatto le imprese utilizzino massicciamente tale tipologia di rapporto di lavoro quando assumono dei minorenni. Per quanto riguarda la disaggregazione per singola età degli apprendisti mino- renni, in più della metà dei casi tali apprendisti sono diciassettenni e circa un terzo sono i sedicenni; i quindicenni rappresentano una quota pari al 10%. Tale composi- zione percentuale degli apprendisti minorenni ricalca la composizione del totale dell’occupazione nella fascia d’età 15-17 anni. Questa distribuzione determina enormi difficoltà per la programmazione e ge- stione delle attività formative, come si vedrà meglio nel seguito, nell’analisi dei casi regionali. Come conseguenza di tale composizione percentuale si ricavano anche alcune indicazioni rispetto alla norma recentemente introdotta nell’ordinamento con la Tabella 5 - Indicatori dell’occupazione per la popolazione 15-17 anni (anno 2005 - val. ass. e %) Fonte: dati ISTAT Forze di lavoro - Media 2005 17 legge finanziaria per il 2007 che eleva l’età di ingresso al lavoro dai 15 ai 16 anni. Di fatto, il numero di quindicenni occupati è talmente contenuto che l’elevamento non è destinato a determinare un grande impatto sull’apprendistato, né tanto meno sul mercato del lavoro complessivo. 4. L’offerta formativa per gli apprendisti minori Parallelamente alla crescita dell’occupazione in apprendistato, a partire dal 2000 si è avviato sul territorio un processo di costruzione di un’offerta formativa esterna per gli apprendisti e, nel giro di pochi anni, questo canale formativo ha rag- giunto dimensioni significative. Nell’anno 2005, ultimo per il quale sono disponi- bili dati a livello nazionale, il numero di apprendisti che hanno partecipato alle atti- vità formative ha superato le 114.000 unità (cfr. tabella 1). Si tratta quasi esclusiva- mente di interventi di formazione esterna ex l. 196/97, dal momento che le prime regolamentazioni dell’apprendistato professionalizzante apparse nel 2005 hanno consentito una quota di assunzioni non superiore al 5%. Il dato testimonia l’impegno con cui in molte Regioni si è proceduto nella costruzione del nuovo canale che, seppure riesce a coinvolgere solo un quarto del totale degli apprendisti assunti, è tuttavia in continuo ampliamento grazie alla defi- nizione di modelli organizzativi che danno segnali di efficacia e adeguatezza su singoli territori. Tanto che in molti casi l’ulteriore espansione dell’offerta formativa per gli apprendisti sembra essere piuttosto legata alla possibilità di reperire nuovi finanziamenti, più che alla necessità di definire efficaci modelli organizzativi, ap- procci pedagogici, strumenti didattici, come è stato in una prima fase. Tra i 114.000 giovani che nel 2005 sono stati coinvolti in attività di forma- zione esterna è presente anche un certo numero di apprendisti adolescenti, inseriti Grafico 5 - Composizione percentuale degli apprendisti e degli occupati minorenni per singola età (anno 2005) Fonte: elaborazioni ISFOL su dati regionali e ISTAT - FdL Media 2005 18 in gruppi classe eterogenei (almeno per quanto riguarda l’età) costituiti per l’assol- vimento dell’obbligo di formazione esterna di 120 ore annue stabilito dalla legge n. 196/97. Anzi, in molte Regioni nell’ambito dei criteri definiti per determinare l’utenza da coinvolgere nell’offerta formativa – vista la scarsità di risorse – una priorità è stata assegnata proprio agli apprendisti minori. Se si analizza lo stato di avanzamento per quanto riguarda l’offerta formativa specifica per gli apprendisti adolescenti, ossia le ulteriori 120 ore di moduli aggiun- tivi, introdotte dal DPR n. 257 del 2000, il quadro cambia completamente. Infatti, nonostante sia istituito l’obbligo di formazione per gli apprendisti adolescenti, la partecipazione alle attività formative per l’acquisizione di competenze trasversali e professionalizzanti ex lege n. 196/97 e ai moduli aggiuntivi per lo sviluppo di competenze di base ex DPR n. 257/00 nel Paese resta residuale. Nel 2005 l’offerta formativa per gli apprendisti minori ha visto la parteci- pazione di circa 7.750 adolescenti (cfr. tabella 6) che rappresentano il 15,8% dei minori coinvolti in rapporto di apprendistato. Pertanto, una quota molto ridotta di minorenni effettivamente è inserita in attività formative; tale quota è inferiore alla percentuale di quanti partecipano alla formazione sul totale degli apprendisti minorenni e maggiorenni (20,4%). Si aggiunga che talora la partecipazione avviene solo per una parte della for- mazione obbligatoria e non per l’intero percorso di 240 ore annue. Infatti, le inizia- tive dedicate ai moduli aggiuntivi sono molto rare. Ne deriva che una quota ancora più ridotta rispetto al 15,8% precedentemente indicato esercita pienamente il diritto alla formazione per 240 ore annue, nonostante si tratti di ragazzi che devono ancora assolvere il diritto-dovere di istruzione e formazione fino a 18 anni. Tabella 6 - Iscritti alle attività formative realizzate per gli apprendisti 15-17enni per Regione (anno 2005, valori assoluti) Fonte: elaborazioni ISFOL su dati regionali 19 Un ulteriore elemento negativo emerge dal confronto con i dati relativi allo scorso anno: nel 2004 i minorenni partecipanti alla formazione nelle diverse tipo- logie di percorso sono stati 10.691; pertanto l’ultimo anno ha fatto registrare una riduzione dell’offerta pari al –29,3%. All’incirca la metà delle Regioni ha quindi programmato un’offerta formativa per i minori, per quanto insufficiente a coinvolgerli tutti; nell’altra metà di Italia, invece, il diritto-dovere alla formazione per gli apprendisti minorenni non trova attuazione poiché manca un’offerta di percorsi esterni alle imprese. Tale situazione si verifica molto spesso nelle Regioni meridionali, in qualche regione centrale e solo nelle più piccole fra le Regioni settentrionali. Rispetto alle diverse tipologie di offerta si rileva che gli apprendisti coinvolti in percorsi formativi di 240 ore sono la maggioranza, anche al netto dei dati relativi alla Provincia di Bolzano; infatti, l’esperienza degli scorsi anni ha mostrato la mag- giore efficacia di un intervento didattico lungo, progettato e erogato per un gruppo classe omogeneo di adolescenti, rispetto all’inserimento di alcuni minori in gruppi più adulti per 120 ore annue. Allo stesso tempo il percorso di 240 ore richiede anche lo sviluppo di competenze professionalizzanti e quindi deve essere rivolto ad un gruppo classe omogeneo anche sotto il profilo dell’attività lavorativa svolta, omogeneità molto difficile da conseguire laddove non si abbia a disposizione una platea sufficientemente ampia di apprendisti 15-17enni. Pertanto, tale tipologia di intervento viene programmata solo da quelle Regioni più grandi, che possono contare su un’occupazione in apprendistato di dimensioni rilevanti. Complessivamente hanno completato le diverse tipologie di percorso 4.440 apprendisti minorenni. In generale la condizione lavorativa dei giovanissimi ha caratteristiche di maggior instabilità, un numero maggiore di minorenni interrompe anzitempo il rapporto di lavoro e di conseguenza abbandona la formazione esterna. Si tratta di un problema che sembra accomunare molte iniziative per i minori. Inoltre, i dati mostrano chiaramente che la quota più ampia dei minorenni è rappresentata dai diciassettenni (cfr. grafico 4); questi ragazzi spesso compiono il diciottesimo anno durante la realizzazione dell’intervento formativo e a quel punto le imprese riven- dicano l’assolvimento dell’obbligo formativo e li ritirano dai corsi. Per far fronte a questo problema la provincia di Trento ha deciso di progettare un corso specifico, della durata di 80 ore, rivolto ai minori prossimi al compimento dei diciotto anni. In sintesi, la costruzione di un’offerta specifica per gli apprendisti adolescenti, che dovrebbe salvaguardare il diritto di questi adolescenti di ricevere una formazio- ne adeguata ad accrescere le competenze di base, è un processo che si è avviato solo parzialmente, nonostante siano passati ormai alcuni anni dall’entrata in vigore della legge n. 144/99. La mancanza di una programmazione in molte Regioni è legata al fatto che il numero ridotto di apprendisti adolescenti e la loro dispersione sul terri- torio non consentono di mettere a punto un sistema di offerta di moduli aggiuntivi, se non impiegando un elevato ammontare di risorse. Infatti, i due elementi citati 20 (numero ridotto e dispersione), uniti alla composizione di questi apprendisti minori per età e per precedente curriculum formativo che richiederebbe un inserimento dif- ferenziato in base ai diversi livelli di ingresso, impongono la realizzazione di percor- si individuali; dato il numero complessivo questi percorsi sono sostenibili solo se l’investimento è tale da consentire di finanziare anche attività per due o tre soggetti. Pertanto, al momento, tante Regioni del Sud, dove i numeri sui minori occu- pati in apprendistato sono molto scarsi, hanno preferito orientare i loro sforzi in altre direzioni. 5. L’apprendistato per il diritto-dovere: fine di uno strumento mai nato La legge n. 53 del 2003 di riforma del sistema educativo conferma ed amplia il dispositivo dell’obbligo formativo nel nuovo diritto dovere all’istruzione e forma- zione fino al compimento del diciottesimo anno di età. Sostanzialmente si riaffer- mano le precedenti opzioni per l’assolvimento dell’obbligo formativo, anche se nella nuova architettura del sistema scolastico la scelta fra i percorsi del sistema di istruzione e quello di istruzione e formazione professionale viene anticipata al completamento del ciclo primario di studi; l’ingresso in apprendistato rimane fissato all’età minima di quindici anni. In raccordo con la riforma del sistema educativo, la contemporanea legge di riforma del mercato del lavoro (l. n. 30/03) e soprattutto il suo decreto attuativo (decreto legislativo n. 276/03) confermano il ruolo specifico dell’apprendistato rispetto all’utenza di adolescenti, tanto da definire una fattispecie specifica di con- tratto. Infatti, l’apprendistato per l’espletamento del diritto dovere all’istruzione e formazione è uno strumento riservato ai minori, a partire dai quindici anni di età, che intendono assolvere il diritto dovere nell’esercizio dell’apprendistato.7 Il decreto legislativo 276/03, attenendosi alla nuova ripartizione di competenze fra Stato e Regioni definita dal dettato costituzionale modificato, si limita ad indi- care i criteri generali cui dovranno attenersi le successive regolamentazioni. Per quanto riguarda l’apprendistato per il diritto dovere all’istruzione e formazione tali criteri sono: – finalità della tipologia di apprendistato: conseguimento di una qualifica ai sensi della legge n. 53/03, ossia valida su tutto il territorio nazionale perché rispondente ai livelli essenziali delle prestazioni e agli standard minimi fissati a livello centrale; – durata del contratto: non superiore ai tre anni, e determinata rispetto al singolo caso in relazione alla qualifica da conseguire, ai crediti professionali e forma- tivi già acquisiti, al bilancio di competenze effettuato dai servizi per l’impiego; 7 Cfr. l’articolo 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. 21 – formazione «esterna od interna all’azienda»: da determinarsi in maniera con- grua per consentire il raggiungimento degli standard formativi minimi fissati per i percorsi del sistema dell’istruzione e formazione professionale in attua- zione della legge 53/03; – compiti attribuiti alla contrattazione collettiva: definizione delle modalità di erogazione della formazione aziendale; – principi generali per la validità del contratto: il contratto deve essere stipulato in forma scritta, deve contenere indicazione della qualifica da conseguire e il piano formativo individuale. La regolamentazione dell’apprendistato per l’espletamento del diritto dovere all’istruzione e formazione dovrà essere definita dalle Regioni, d’intesa con il Mi- nistero del Lavoro e il Ministero dell’Istruzione, con un ruolo solo consultivo delle Parti sociali, tanto che alcuni commentatori hanno parlato di una de-contrattualiz- zazione di tale tipologia. Per consentire il raccordo con i percorsi del sistema di istruzione e formazione, tale regolamentazione potrà essere definita solo dopo che sarà completato il processo di implementazione di tali percorsi. I ritardi accumulati nella definizione della regolamentazione attuativa della legge n. 53/03 con riferimento al ciclo secondario superiore hanno tecnicamente rappresentato per lungo tempo un impedimento alla regolamentazione dell’appren- distato per l’espletamento del diritto-dovere. Tuttavia, anche dopo l’emanazione del decreto legislativo n. 226/2005, che ha finalmente fissato i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) per il sistema dei licei e per l’istruzione e formazione pro- fessionale, tale tipologia di apprendistato ha continuato a suscitare scarsa atten- zione. Infatti, in nessun territorio è stata ancora definita una regolamentazione di tale istituto, almeno nelle forme previste dall’art. 48 del decreto legislativo n. 276/03, ovvero attraverso un’intesa con i Ministeri del Lavoro e dell’Istruzione. Il dibattito mai interrotto sulla riforma del sistema di istruzione nel ciclo secondario ha certamente rallentato la regolamentazione dell’apprendistato per l’espletamento del diritto dovere, ma l’istituto soffre di altri elementi strutturali di debolezza: – l’utenza interessata di adolescenti esprime una domanda di lavoro che è in costante diminuzione, mentre cresce la partecipazione al sistema scolastico; – dati i vincoli posti al lavoro minorile e il maggiore “onere formativo” posto a carico degli apprendisti minori, anche l’offerta di lavoro si è spostata verso fasce di età più elevate e un’ulteriore spinta in tale direzione è impressa dal- l’elevamento a sedici anni dell’età di ingresso al lavoro (l. 296/07). In realtà molte Regioni, nel momento in cui hanno definito un provvedimento legislativo di regolamentazione del decreto legislativo n. 276/03, hanno fatto riferi- mento alle tre fattispecie che il contratto può assumere. Lo schema seguente riporta il quadro dei provvedimenti adottati dalle Regioni e Province Autonome che con- templano anche l’implementazione dell’apprendistato per il diritto dovere. 22 In alcuni dei provvedimenti citati il riferimento all’apprendistato per il diritto dovere consiste solo in un rinvio a successivi atti di regolamentazione, generalmente da emanarsi a cura della Giunta (Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Marche, Sarde- gna); si tratta per lo più di Regioni che hanno emanato una legge complessiva sul- l’occupazione, contenente uno o più articoli dedicati alle tre tipologie di apprendi- stato, in cui non si riscontra alcun elemento di innovazione rispetto al quadro trac- ciato dall’art. 48 del d.lgs. 276/03. Nessuna delle amministrazioni citate ha emanato ulteriori atti sull’apprendistato in diritto-dovere in attuazione della legge regionale. In altri casi il testo legislativo regionale, generalmente articolato in alcune norme comuni a tutte le tipologie di apprendistato e altre specifiche per ciascuna tipologia, contiene qualche indicazione di merito per l’attuazione dell’apprendi- stato per il diritto-dovere. Nella legge regionale emanata dall’Emilia Romagna (L.R. n. 17/2005) il rinvio della regolamentazione alla Giunta viene operato all’insegna di una sorta di criterio direttivo: la Regione privilegia le modalità proprie della programmazione integrata fra istruzione e formazione per l’acquisizione di competenze e/o di una qualifica. Nella regolamentazione della Toscana si prevede di rimettere la durata del contratto alla contrattazione collettiva, laddove la norma nazionale prevedeva che tale durata fosse pari a tre anni, salvo il riconoscimento di crediti formativi sulla base di un bilancio di competenze effettuato dai servizi per l’impiego. La formazione esterna viene determinata in 240 ore annue, riprendendo sostan- zialmente il monte ore previsto dalla legge 196/97 e dal DPR n. 257/2000 per gli apprendisti in obbligo formativo, ed è dedicata esclusivamente al recupero delle competenze di base come definite nell’accordo Stato - Regioni del gennaio 2004, che ha individuato gli standard minimi per i percorsi triennali della formazione pro- fessionale. Molto vicina alla regolamentazione della Regione Toscana si colloca la legge emanata dalla Regione Piemonte, approvata nel gennaio 2007. Per quanto riguarda la formazione, la legge conferma la previsione di 240 ore annue di formazione for- male esterna all’impresa, finalizzate all’acquisizione delle sole competenze di base Provvedimenti emanati: - Piemonte: LR n. 2/2007 recante “Disciplina degli aspetti formativi del contratto di apprendistato” - Lombardia: LR n. 22/2006 su “Il mercato del lavoro in Lombardia” - Provincia Bolzano: L provinciale n. 2/2006 recante “Ordinamento dell’apprendistato” - Provincia Trento: Protocollo d’intesa con le Parti sociali del luglio 2005; legge provinciale n. 6/2006 recante “Disciplina della formazione in apprendistato” - Friuli Venezia Giulia: LR n. 18 del 09.08.05 recante “Norme regionali per l’occupazione, la tutela e la qualità del lavoro” - Emilia Romagna: LR n. 17/2005 “Norme per la promozione dell’occupazione, della qualità, sicu- rezza e regolarità del lavoro” - Toscana: LR n. 20/2005; DPGR n. 22/R/2005; DD n. 610/2005 - Umbria: L di disciplina dell’apprendistato n. 18 del giugno 2007 - Marche: LR n. 2/2005 “Norme regionali per l’occupazione, la tutela e la qualità del lavoro“ - Sardegna: LR n. 20/2005 23 previste dagli standard formativi regionali dei percorsi di qualifica, definiti nel rispetto dei livelli esenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale. Per la Provincia di Trento il Protocollo d’intesa con le Parti sociali che ri- guarda le tre tipologie di apprendistato definisce un impegno di formazione for- male pari a 320 ore annue; per tale maggiore onere rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente (l. n. 196/97 e DPR n. 257/2000) la Provincia si impegna a con- cedere contributi alle aziende. Le ore di formazione formale vengono dedicate per metà all’apprendimento di competenze culturali presso gli istituti scolastici (scuole medie e istituti professionali) e per l’altra metà all’apprendimento di competenze professionali. Nell’ambito delle ore dedicate alle competenze professionali, 100 ore possono essere realizzate in azienda, sulla base di progetti concordati con le scuole e i centri di formazione. Si discosta, invece, dagli interventi regionali finora illustrati il provvedimento approvato dalla Provincia di Bolzano (legge provinciale n. 2/2006), imperniato sulla regolamentazione di un unico contratto di apprendistato che prevede tre possibili uscite in relazione ai requisiti di ingresso degli apprendisti e al titolo da acquisire: – conseguimento di una qualifica professionale che comporta anche l’assolvi- mento del diritto-dovere di istruzione e formazione; – conseguimento di una qualifica professionale, una qualifica integrativa o una specializzazione a seguito di una formazione iniziale certificata; – conseguimento di un diploma di scuola media superiore, universitario oppure di formazione tecnica superiore. Alla Giunta provinciale è affidato il compito di stabilire, sentite le organizza- zione dei datori di lavoro e dei lavoratori, l’elenco delle attività professionali che possono essere oggetto di ciascuna tipologia di contratto di apprendistato. Per ogni attività professionale oggetto di apprendistato, viene definito inoltre un “ordina- mento formativo” che comprende: la descrizione del profilo professionale, le con- dizioni di accesso, la durata dell’apprendistato, il quadro formativo aziendale, la quantità di formazione teorica e pratica, il programma formativo e il procedimento di qualificazione. In ogni caso l’apprendistato per il conseguimento di una qualifica e l’assolvimento del diritto-dovere dovrà prevedere una formazione esterna realiz- zata presso una scuola professionale della durata complessiva di almeno 1000 ore ripartite sui tre anni di durata del contratto. Tutti i provvedimenti legislativi brevemente illustrati non possono essere con- siderati operativi, dal momento che mancano i necessari passaggi di intesa con i Ministeri del lavoro e dell’istruzione. Dunque, per i minori continua ad applicarsi esclusivamente l’apprendistato come disciplinato dalla legge 196/97 e dal DPR 257/00 per gli aspetti relativi alla formazione. Il rinvio dell’entrata in vigore della legge Moratti per quanto riguarda il se- condo ciclo, insieme alle modifiche apportate dalla recente legge finanziaria per 24 il 2007 con l’elevamento dell’obbligo di istruzione e dell’età di accesso al lavoro, rendono necessaria una riforma del testo normativo dell’art. 48 prima ancora che lo strumento diventi operativo; in questo senso si sono espressi anche alcuni rappre- sentanti delle parti sociali nell’ambito del tavolo dedicato all’apprendistato che si è aperto presso il Ministero del lavoro con l’obiettivo di dare attuazione a quanto previsto nell’ambito del Protocollo del 23 luglio 2007 con specifico riferimento all’apprendistato. 25 Parte II La ricerca sul campo e le evidenze risultanti 1. L’analisi delle esperienze esaminate: l’approccio seguito Nell’ambito delle pubblicazioni che periodicamente realizza il CNOS-FAP con l’obiettivo di informare sulle migliori esperienze in campo, di proporre strumenti e modelli al fine di supportare gli operatori delle strutture formative, non era ancora stato esaminato il segmento dell’apprendistato. Si tratta di una filiera “relativa- mente nuova” nell’ambito dei sistemi formativi territoriali, come ampiamente illu- strato nei paragrafi precedenti, alla quale le strutture che fanno capo al CNOS-FAP e al CIOFS/FP si sono accostate solo negli ultimi anni. Per inaugurare il nuovo segmento di analisi si è voluto realizzare un prodotto che, a partire dall’analisi delle esperienze realizzate sul territorio, consentisse di individuare quei supporti per gli operatori in termini di modelli e strumenti, ma anche di definire delle linee guida per l’elaborazione di una proposta volta ad ap- portare quelle modifiche di sistema, necessarie allo sviluppo dell’offerta formativa per gli apprendisti. Da un breve check sulle esperienze effettivamente realizzate dalle strutture ter- ritoriali della rete salesiana, per quanto riguarda lo specifico segmento dell’appren- distato per i minori gli interventi “scovati” non sono poi tanti. La verifica è stata fatta su tutte le realtà del territorio nazionale, ma una risposta positiva è pervenuta solo per quanto riguarda le seguenti Regioni: 1) Piemonte, 2) Lombardia, 3) Veneto, 4) Friuli Venezia Giulia, 5) Umbria. Il limitato numero di risposte positive riscontrate sul territorio è una riprova di quanto siano poco diffusi gli interventi di formazione per gli apprendisti minori. Infatti, nonostante il fatto che le strutture che fanno capo alla rete salesiana del CNOS-FAP e del CIOFS/FP siano numerose e distribuite pressoché su tutto il terri- torio nazionale, solo in cinque casi è stato possibile realizzare studi su specifiche esperienze di formazione per gli apprendisti che devono assolvere il diritto dovere all’istruzione e formazione. I casi provengono in particolare dalle Regioni settentrionali. Si tratta delle Regioni in cui è maggiormente diffuso l’apprendistato e dove numericamente si 26 concentrano anche gli apprendisti minorenni. Si è visto che dei circa 50.000 15- 17enni occupati in apprendistato nel 2005, l’80% circa si trova nelle Regioni settentrionali (cfr. tabella 4). Se si esclude l’Emilia Romagna, che conta circa un quinto dei minori occupati, si rileva che effettivamente gli studi di caso hanno colto le realtà dove si concentra l’apprendistato per i minorenni. Le stesse Regioni sono anche quelle che danno il maggior contributo ai nu- meri relativi all’offerta formativa realizzata per i minori in apprendistato: esclu- dendo la Provincia di Bolzano e la Toscana, certamente le Regioni individuate sono quelle che hanno compiuto il maggior sforzo per cercare di attivare tale seg- mento del sistema formativo ed è quindi particolarmente interessante evidenziare i risultati di tali studi di caso (cfr. tabella 6). Alle realtà più forti, si è poi aggiunta l’esperienza dell’Umbria e in particolare della Provincia di Perugia. In questo caso si è invece di fronte ad una regione dove le condizioni “numeriche” di diffusione dell’apprendistato fra i minorenni sono certamente meno favorevoli e dove anche l’offerta formativa stenta a trovare un modello sistemico di riferimento e quindi ad affermarsi. Le esperienze realizzate nei territori indicati sono state esaminate con l’obiet- tivo di verificare le condizioni in cui hanno operato, di individuare le modalità ope- rative con cui sono state condotte anche al fine di offrire un utile contributo ad altre strutture formative che intendano avvicinarsi a tale tipologia di offerta formativa. Si è cercato di approfondire ogni caso sulla base della seguente griglia: a) presentazione della struttura; b) il contesto territoriale dell’offerta formativa; sviluppi prevedibili del sistema per il nuovo apprendistato professionalizzante; c) esperienza della struttura sulla formazione in apprendistato: corsi e attività rea- lizzate in generale negli anni precedenti; d) il modello formativo regionale/provinciale; e) la progettazione del percorso; i soggetti coinvolti nella progettazione; struttura progettuale e articolazione del percorso; f) modalità di individuazione degli apprendisti partecipanti all’intervento; g) caratteristiche degli apprendisti partecipanti; h) gestione dell’intervento: calendarizzazione delle lezioni; individuazione dei docenti e dei formatori; tasso di assenteismo nei corsi e sue motivazioni; i) modalità e strumenti di monitoraggio e verifica degli apprendimenti e/o di altre variabili; j) eventuali esperienze di seconde/terze annualità di formazione; k) relazioni con i tutor aziendali e formazione loro dedicata; l) valutazioni finali sull’intervento. Non sempre è stato possibile reperire tutte le informazioni richieste. L’impatto con le esperienze prese a oggetto di analisi ha rivelato la disponibilità di una dis- creta quantità di materiale di natura amministrativa, relativo ai bandi emanati dal- 27 l’istituzione provinciale e regionale e ai progetti predisposti dalla struttura forma- tiva anche in partnership con altri enti di formazione, ma una scarsa presenza di materiale di maggior dettaglio o di riflessioni in esito ad analisi di monitoraggio o valutazione sulle esperienze realizzate. Pertanto, i casi che sono successivamente riportati vengono esplorati soprat- tutto in relazione a tale documentazione disponibile, che fa riferimento più alla pro- gettazione ex ante che non alla fase di realizzazione vera e propria. Di conseguenza l’analisi mette in evidenza principalmente le modalità di progettazione dell’inter- vento, i soggetti che hanno partecipato, l’articolazione del percorso, mentre man- cano strumenti di maggior dettaglio messi a disposizione dei docenti per la gestione della fase di erogazione dell’intervento formativo stesso. Una eccezione in tal senso sono i casi relativi alle Regioni Piemonte e Friuli Venezia Giulia: qui, le strutture che hanno in gestione le attività formative per gli apprendisti minori non solo hanno definito una progettazione di dettaglio della singola unità didattica o del singolo modulo, ma sono state in grado di mettere a disposizione anche indicazioni ulteriori per i docenti, quali strumenti da utilizzare durante la fase di aula. Non è stato possibile, invece, individuare materiali strutturati di valutazione delle esperienze realizzate. Le osservazioni che vengono inserite riportano giudizi espressi dai formatori e/o dai coordinatori degli interventi formativi realizzati, ma non è stato reperito materiale frutto di azioni strutturate di valutazione. Anche se risulta che in alcuni territori tali azioni, realizzate tramite questionari di soddisfa- zione proposti agli allievi (Piemonte) e anche alle aziende (Friuli Venezia Giulia) o con un mix di strumenti (Veneto), vengano tradizionalmente realizzate. Oppure, non risulta che tali analisi abbiano affrontato il segmento dell’apprendistato per i minori per proporre una riflessione specifica. Pertanto, le valutazioni espresse sull’andamento delle singole esperienze pro- babilmente sono riuscite a cogliere solo alcuni aspetti delle criticità esistenti o, vice- versa, degli elementi di efficacia degli interventi. 2. Le differenti velocità del sistema italiano I cinque casi proposti fanno riferimento ad altrettante Regioni italiane, ma consentono di definire un quadro abbastanza ampio dello stato di attuazione del- l’apprendistato per il diritto dovere che si discosta di poco dal quadro complessivo nazionale. Infatti, le cinque realtà regionali esaminate mettono subito in evidenza il di- verso stato di avanzamento nella costruzione di sistemi territoriali per l’apprendi- stato che caratterizza la penisola. 1) Da una parte c’è qualche territorio che ha imboccato da subito la via della messa a regime della formazione per l’apprendistato, così che ha potuto conso- 28 lidare nel tempo un sistema che è in grado di offrire formazione a tutti gli apprendisti del territorio e quindi di coinvolgere pressoché tutti i minori. Sono queste le realtà che potremmo definire dell’eccellenza, visto che in un arco temporale che non è stato molto ampio hanno comunque consolidato un’of- ferta di formazione per l’apprendistato che è diventata “sistema” e che attua pienamente il dettato normativo visto che coinvolge pressoché tutti gli appren- disti occupati del territorio. Fra le realtà esaminate nel volume è il caso in primo luogo del Friuli Venezia Giulia, dove lo studio di caso mette in evidenza quanto il lavoro di costruzione e consolidamento del modello individuato che ormai dura da oltre sei anni sia riuscito a definire un sistema di offerta ampia, ricca nei contenuti, flessibile rispetto alle esigenze via via manifestate dall’utenza e dalle imprese. Si pensi proprio al segmento dei minori, all’evoluzione che hanno subito i contenuti didattici proposti con l’introduzione negli anni di nuovi moduli, ritenuti più vicini alle esigenze di tali utenti; oppure, si pensi al caso degli immigrati, per i quali è stata progressivamente costruita un’offerta specifica di moduli finaliz- zata all’acquisizione di competenze linguistiche, che costituisce la base indi- spensabile per poi poter erogare ogni altra tipologia di contenuto. Quello del Friuli Venezia Giulia è un sistema di formazione per l’apprendistato che ormai coinvolge tutti gli apprendisti, su tutte le annualità. Non lontana dall’esempio del Friuli Venezia Giulia è l’esperienza del Pie- monte. Anche qui la Regione ha fatto una scelta forte, tra l’altro su numeri di apprendisti occupati e coinvolti nelle attività formative decisamente più ele- vati, che sta cercando di portare avanti nel tempo. E il consolidamento del sistema, anche se su un modello di affidamento meno stabile di quello friulano (che ha garantito una continuità di finanziamenti per sei anni), ha consentito di produrre una progettazione specifica per l’obbligo formativo, definita con ampio dettaglio già a livello regionale anche sulla base dell’esperienza matu- rata negli anni. 2) Ci sono poi le realtà che potremmo definire dell’efficienza, che sono per lo più le grandi regioni settentrionali che, dovendo fare i conti con numeri di utenti molto significativi – si pensi che l’utenza potenziale dell’apprendistato è pres- soché uguale a quella di tutta la formazione professionale –, sono state in grado di definire delle “macchine” organizzative che riescono ad utilizzare nella maniera più efficiente tutte le risorse disponibili. Per scelta, tali risorse sono costituite solo da quelle ripartite annualmente dal Ministero del lavoro, che riescono a coprire solo una quota del fabbisogno. Fra le realtà esaminate nel volume appartengono a questo gruppo il Veneto e la Lombardia. Sono due amministrazioni che hanno mantenuto una attenzione continua negli anni allo sviluppo del sistema di formazione per l’apprendistato. Il Veneto lo ha fatto all’insegna di una forte regia e azione regionale, visto che la Regione rimane il soggetto che emana le Direttive che definiscono la stra- 29 tegia annuale di programmazione e gli avvisi per l’individuazione dei soggetti attuatori. Nel leggere lo studio relativo al caso Veneto emerge con nettezza il fil rouge che ha legato le diverse Direttive annuali e che ha consentito di capi- talizzare progressivamente le esperienze realizzate. Per cui, nel quadro della regia regionale, è stato definito un sistema che ha prodotto anche un modello di certificazione e che è risultato capace di anticipare l’attuazione di “pezzi” della riforma necessari all’introduzione dell’apprendistato professionalizzante e quindi poi di regolamentare tale strumento in una logica di assoluta conti- nuità del sistema di formazione. La Lombardia ha puntato sul progressivo “affrancamento” delle Province, co- involgendole attivamente nella fase di programmazione e poi affidando loro tutta la gestione degli interventi nel quadro di un modello che lasciava alcune flessibilità per l’adeguamento al territorio. Ciò ha determinato anche differenze nella continuità con cui gli interventi vengono realizzati a livello provinciale, anche se il caso della Provincia di Milano rappresenta probabilmente un’espe- rienza a sé stante, se non altro per i numeri degli apprendisti presenti: circa 40.000 in totale fra maggiorenni e minorenni, ovvero quasi quanto il Piemonte e molto più di tante altre realtà regionali. Per quanto riguarda il segmento specifico dei minori, entrambe le Regioni hanno fatto la scelta di coinvolgerli tutti in formazione, ma probabilmente la mancanza di un’offerta a regime, di un sistema di formazione per l’apprendi- stato in grado anche di radicarsi nei comportamenti delle aziende e dei giovani, restituisce un immagine di minore consolidamento di tale segmento. 3) I due casi precedenti sono comunque esempi di amministrazioni che hanno deciso di gestire al meglio il sistema di formazione per l’apprendistato; ma la realtà italiana presenta anche un nutrito elenco di territori in cui la formazione per l’apprendistato ha ancora carattere episodico, quando non è del tutto as- sente. Molte Regioni del Mezzogiorno presentano tali caratteristiche, ma anche presso alcune Regioni del Centro la formazione per l’apprendistato non ha rappresentato evidentemente una priorità o comunque una linea di azione su cui le amministrazioni abbiano deciso di investire e consolidare. Nell’ambito del volume, l’esperienza umbra della Provincia di Perugia è esem- plificativa di tale gruppo di Regioni, ed anzi rappresenta comunque una realtà che comincia a muoversi e che ci auguriamo mantenga nel tempo tale scelta. Il caso presentato, infatti, rappresenta la prima esperienza di formazione per l’apprendistato sul segmento dei minori ed è ancora in corso nel momento in cui viene fotografata. Si ritrovano infatti nelle modalità attuative di questa esperienza alcune ingenuità ormai definitivamente superate nei modelli più consolidati (come la scelta di definire interventi di tipo corsuali riferiti a speci- fiche qualifiche) che sono chiaramente frutto dell’inesperienza. E che consen- tono proprio di misurare la distanza con quelle realtà che invece costruiscono e consolidano da anni un patrimonio di esperienze. 30 Quasi del tutto speculare all’investimento delle amministrazioni regionali sul- l’apprendistato risulta quello effettuato dalle strutture della rete salesiana che costi- tuiscono il soggetto dei nostri studi di caso. In Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Veneto le strutture regionali e quelle terri- toriali operano da tempo con continuità su tale segmento e, anche se con differenti accenti, l’apprendistato costituisce una filiera pressoché strutturale nell’ambito del- l’offerta dei centri. Non allontanandosi dalla loro mission più tradizionale, che pre- suppone una vocazione specifica sui giovani, generalmente tali strutture si assu- mono un ruolo ancor più rilevante proprio in relazione all’offerta per gli appren- disti minori. In Piemonte e Veneto i centri CNOS-FAP generalmente fanno da capofila nelle Associazioni Temporanee che gestiscono gli interventi per i minori e anche in Friuli Venezia Giulia, nonostante l’associazione faccia capo ad ENAIP, il CNOS-FAP Bearzi di Udine mantiene un coordinamento sugli interventi per gli apprendisti minori. Nel caso della Provincia di Milano è invece il CIOFS/FP di Cesano Maderno che risulta capofila dell’Associazione che gestisce alcuni progetti quadro per gli apprendisti maggiorenni e minorenni, mentre il CNOS-FAP di Sesto San Giovanni ha potuto raccontare gli elementi emersi da una unica esperienza. In Umbria, il CNOS-FAP di Perugia, che pure risulta capofila dell’Associa- zione temporanea per quanto riguarda alcuni progetti per gli apprendisti in obbligo formativo, risulta essere al primo incontro con tale tipologia di utenza. 3. I riferimenti istituzionali (nazionali e regionali) per la formazione per gli apprendisti minori I cinque casi esaminati nel volume consentono di fotografare il modello forma- tivo adottato in altrettante realtà regionali, visto che generalmente è al livello regio- nale che tale modello viene definito, e di consentire una comparazione fra gli stessi. In questo contesto si vuole intendere come “modello formativo” quell’insieme di indicazioni che attengono al modello di progettazione e organizzazione dei corsi, comprensivo delle modalità di organizzazione dell’incontro fra domanda e offerta di formazione. Si tratta di aspetti strategici per l’apprendistato, essenziali a deter- minare l’efficienza di un sistema, la sua capacità di raggiungere il numero più alto di utenti e di erogare una formazione che risulti in linea con le diverse esigenze. Infatti, la formazione per l’apprendistato si differenzia da tante altre tipologie per essere obbligatoria e quindi basata strettamente sulla domanda contingente rap- presentata dagli apprendisti assunti in un dato territorio, con le loro articolazioni settoriali e per qualifica o attività lavorativa svolta, e le loro caratteristiche in termini di livelli di istruzione. Pertanto, l’offerta deve essere definita strettamente su quella che è la domanda esistente. 31 Si aggiunga che l’utenza dell’apprendistato è caratterizzata da una serie di dis- omogeneità. Gli apprendisti sono disomogenei per titolo di studio, visto che si può essere assunti dai 15 (ora 16) 1 anni fino ai 29. Sono diversi per livelli di istruzione e per competenze possedute, visto che in questa fascia di età ci sono giovani che hanno al più la licenza media o solo l’assolvimento dell’obbligo e altri laureati (ancora presenti in quantità minime). Sono occupati nei settori più diversi; anzi, negli ultimi anni, dopo la scomparsa del contratto di formazione e lavoro, il processo di penetrazione dell’apprendistato in tutti i settori economici è fortemente aumentato, per cui oggi si entra come apprendisti anche nelle banche o nelle società di assicurazioni, nei trasporti, nel- l’industria petrolifera o farmaceutica. Nei diversi settori l’apprendistato, prima limitato all’acquisizione delle qualifiche di livello più operaio, ormai è diffuso a tutti i livelli; il recente accordo per l’industria metalmeccanica del 2006, ad esempio, ha esteso l’apprendistato dal V fino ad arrivare al VII livello, dove sono presenti i quadri aziendali. È un elemento ormai acquisito il fatto che apprendisti inseriti anche con quali- fiche professionali uguali,2 nella realtà di impresa possono svolgere attività lavora- tive anche diverse, in relazione alla dimensione e alla configurazione organizzativa dell’impresa stessa, al prodotto o ai componenti su cui lavorano, e così via. Alle disomogeneità citate, che caratterizzano l’apprendistato degli ultimi dieci anni, se ne è recentemente aggiunta un’altra: la regolamentazione dell’apprendi- stato professionalizzante ha creato una sorta di doppio canale in tutte le realtà terri- toriali, dal momento che contemporaneamente è possibile che un’impresa utilizzi il nuovo istituto professionalizzante come definito dal decreto Biagi, se il CCNL lo ha disciplinato, o ancora il precedente apprendistato, come definito dalla legge Treu. Nei due casi la differenza è proprio nelle modalità di organizzazione della componente formativa. Con riferimento specifico al segmento degli apprendisti minori alcune delle disomogeneità segnalate dovrebbero non rilevare o almeno avere portata limitata se non fosse per il fatto che tale utenza ha una dimensione quantitativa normalmente così modesta sul territorio da non essere oggetto di un modello formativo distinto. Nella maggior parte dei casi gli apprendisti minori si trovano ad essere “mischiati” con i colleghi più adulti almeno per la parte di formazione obbligatoria per tutti gli apprendisti, ossia le 120 ore finalizzate all’acquisizione di competenze trasversali e tecnico professionali. Sia per i minori che per gli apprendisti maggiorenni, il modello formativo con- tinua a far riferimento a quei principi individuati nell’ambito della regolamenta- 1 La recente legge n. 296/06 (legge finanziaria per il 2007) ha elevato a 16 anni l’età di accesso al lavoro. 2 Da raggiungere al termine del percorso di apprendistato. 32 zione attuativa della legge n. 196/97. Per cui, la formazione viene ad essere ripartita sulla base della finalità in termini di tipologia prevalente di competenze da acqui- sire: la formazione per i maggiorenni è ripartita in contenuti per l’acquisizione di competenze di tipo trasversali e contenuti finalizzati all’acquisizione di compe- tenze di tipo tecnico-professionali; a tali segmenti si aggiungono le 120 ore aggiun- tive per i minori in obbligo formativo, che sono dedicate al recupero e allo sviluppo di competenze di base e di cittadinanza. 4. L’identikit degli apprendisti minorenni Gli studi di caso di seguito presentati sono in grado di ricostruire, attraverso l’esperienza degli operatori, il quadro dell’apprendistato relativamente al segmento specifico dei minorenni. Le indicazioni fornite nei diversi studi, in relazione al sin- golo soggetto apprendista e all’insieme dell’utenza, vengono qui riprese e sistema- tizzate. I dati nazionali forniti nei paragrafi precedenti, che illustravano una compo- sizione dell’apprendistato nei 15-17enni nettamente “spostato” verso la fascia più adulta della classe di età, vengono confermati nelle esperienze descritte. Tutti gli operatori dichiarano di aver avuto a che fare con giovani che sono raramente sedicenni e generalmente hanno diciassette anni; i quindicenni risultano assenti in tutte le esperienze esaminate. L’età media degli apprendisti minori è quindi molto alta e ciò provoca delle criticità rispetto alla realizzazione della formazione. In primo luogo l’età di diciassette anni significa che al più per i giovani in obbligo formativo si riesce a realizzare una annualità di percorso di moduli aggiuntivi (come sono definiti dal DI n. 152 del 2001); inoltre, spesso nel momento in cui i ragazzi compiono la maggiore età e quindi assolvono il diritto-dovere all’istruzione e formazione le imprese preferiscono ritirarli dall’attività formativa per ridurre l’onere di forma- zione esterna. In quattro delle esperienze esaminate siamo in contesti territoriali in cui le am- ministrazioni regionali dichiarano di voler coinvolgere tutti gli apprendisti in for- mazione, eppure i gruppi classi che effettivamente si costituiscono riescono ad ero- gare soltanto il primo anno. Solo il Friuli Venezia Giulia racconta di un’unica espe- rienza di seconda annualità, mentre il Piemonte, che pure ha definito uno schema di progettazione per il secondo anno, non è mai riuscito a tradurlo nella pratica per mancanza di utenti. Al di là del problema della durata annuale o pluriennale del percorso di forma- zione aggiuntivo, la vera criticità indotta dall’età media così alta degli apprendisti minori riguarda la finalità del contratto di apprendistato. Infatti, nella ridefinizione dell’apprendistato ad opera del d.lgs. 276/03, fra le tre tipologie quella per l’assol- vimento del diritto dovere di istruzione e formazione è l’unica ad aver conservato 33 una chiara finalizzazione alla acquisizione di un titolo di qualifica. Tale qualifica deve essere definita in relazione agli stessi standard minimi dei percorsi di forma- zione professionale. Allora, una durata del percorso di formazione pari ad una sola annualità, consi- derando oltretutto che annualmente sono previste 120 + 120 ore di formazione, rende molto difficile il conseguimento di un titolo di qualifica rispondente a quegli standard minimi fissati in relazione a percorsi di formazione a tempo pieno gene- ralmente triennali. Né l’applicazione della metodologia dell’alternanza può “acce- lerare” così tanto l’acquisizione di competenze, soprattutto considerando che le maggiori difficoltà degli apprendisti minori si riscontrano in relazione alle compe- tenze di base e non a quelle professionalizzanti, che più facilmente possono essere oggetto di un apprendimento “potenziato” in un contesto di alternanza con l’attività lavorativa in azienda. È evidente che potranno riscontrarsi casi di ragazzi che hanno casomai inter- rotto precedenti percorsi di istruzione e/o formazione dopo la seconda annualità, che saranno quindi titolari di un bagaglio di conoscenze e competenze che potranno essere riconosciute in modo da conseguire l’obiettivo della qualifica anche al ter- mine di una sola annualità formativa in apprendistato, ma tali casi rappresentano certamente una quota molto limitata di giovani. Tuttavia le esperienze approfondite non sembrano segnalare casi di grande disomogeneità culturale fra gli apprendisti minori; al più si sottolinea che talora questi adolescenti non hanno conseguito neanche la licenza media. È evidente quindi che l’obiettivo del conseguimento di una qualifica professio- nale riconosciuta a livello nazionale, perché rispondente a standard minimi omo- genei, non appare più compatibile con la realtà attuale dell’apprendistato per i mi- nori. È infatti parimenti evidente che neppure si può immaginare di aumentare tanto il volume di formazione esterna all’azienda in modo da compensare la durata breve dei percorsi. Già oggi le imprese assumono gli adolescenti sempre meno che nel passato, preferendo selezionare apprendisti più adulti, soggetti a meno vincoli rispetto all’attività svolta sul lavoro, agli orari, alle visite mediche. Ma soprattutto quello che scoraggia molti imprenditori dall’assumere questi 15-17enni spesso è proprio l’avere a che fare con ragazzi adolescenti, alle prese con una fase difficile di costruzione del sé, in cui non sempre è facile costruire relazioni positive con il contesto anche professionale in cui si è inseriti. Eppure molti di questi ragazzi, che interrompono gli studi sempre più per una esperienza di insuccesso scolastico che per ragioni economiche familiari, possono trovare proprio nell’esperienza di lavoro una sorta di “riscatto” che li aiuti a co- struire la fiducia in sé stessi. A tal fine diventa strategica, più che l’esperienza di la- voro in sé, la relazione che si riesce ad instaurare con il tutor aziendale o comunque la figura adulta di riferimento all’interno dell’azienda che può svolgere un ruolo centrale anche per evitare che il malessere adolescenziale si trasformi in disagio. Anche perché le esperienze esaminate confermano che alcuni dei minori che costi- 34 tuiscono l’utenza dell’apprendistato evidenziano alcuni disagi. È il caso dell’espe- rienza di Sesto San Giovanni dove, nel quadro di un gruppo classe “normale”, i dis- turbi di comportamenti di un soggetto in particolare hanno reso necessario l’allon- tanamento del giovane dall’intervento formativo. Ma l’”aneddotica” sulle esperienze di formazione per l’apprendistato è fatta anche di racconti sulle intemperanze disciplinari di questi giovani che, nel mo- mento del rientro in formazione, in qualche caso hanno reagito in forma violenta, distruggendo gli arredi del centro o comunque rendendo impossibile l’esercizio di qualunque attività formativa. Proprio le esperienze raccontate dimostrano che seppure tali episodi esistono, questi coinvolgono comunque una quota assolutamente residuale di minori. È evi- dente che questi casi meritano una attenzione diversa, che chiama in causa anche altri sevizi sociali che devono supportare le strutture formative che rimangono una risorsa per favorire il superamento positivo della fase di disagio da parte dell’ado- lescente. Ma la realtà più ampia dell’apprendistato per i minori è costituita invece di ragazzi che hanno interrotto precocemente i percorsi di istruzione e formazione a tempo pieno e hanno deciso di lavorare per imparare un “mestiere” o forse sempli- cemente per guadagnare quel tanto necessario a sentirsi alla pari al gruppo dei coetanei. In realtà, spesso i percorsi di questi giovani anche sul lavoro sono carat- terizzati da frequenti interruzioni. Una ricerca di qualche anno fa realizzata nella Regione Emilia Romagna aveva evidenziato come è proprio in relazione all’utenza dei minori che si riscontra la massima volatilità del contratto di apprendistato. Ov- vero, quando questi adolescenti riescono a trovare un lavoro, molto facilmente lo lasciano, perché insoddisfatti dell’esperienza, all’inseguimento di un lavoro sempre migliore. In realtà ciò che contraddistingue molti adolescenti è la mancanza di una pro- gettualità professionale, anche in relazione al fatto che anche quella personale è ancora in fase di costruzione. Questo quadro relativo all’approccio degli adolescenti al lavoro determina anche criticità per la realizzazione degli interventi formativi nel caso particolare dell’apprendistato. Non dimentichiamo, infatti, che mentre per altre filiere la for- mazione è generalmente una scelta dell’utente, che decide di iscriversi ad un certo intervento, per gli apprendisti la formazione esterna è obbligatoria, un vincolo posto dall’esterno. Si aggiunga che le trasformazioni subite dall’apprendistato negli ultimi dieci anni, che hanno portato alla definizione di un sistema di formazione esterna che riesce a coinvolgere almeno una certa quota, anche se non tutti, di ap- prendisti, non sono ancora entrate nel patrimonio comune di conoscenza. Ciò signi- fica che molti giovani entrano in apprendistato ignari del vincolo di formazione esterna e non è infrequente che il compito di informazione venga alla fine eserci- tato proprio dalle strutture formative, nel momento in cui effettivamente prende avvio l’attività. 35 5. Articolazione e struttura progettuale degli interventi Esaminando le esperienze riportate nel volume, le difficoltà di organizzare un’offerta specifica per i minori emergono distintamente. Piemonte e Lombardia hanno fatto la scelta di considerare a parte gli appren- disti minori; in entrambi i casi per questi giovani viene definita un’offerta forma- tiva specifica che riguarda sia le 120 ore di moduli aggiuntivi finalizzati all’acqui- sizione delle competenze di base, sia le ore per lo sviluppo delle competenze tra- sversali e tecnico-professionali. Anzi, nel caso della Lombardia tale differenzia- zione tra i due segmenti di percorso viene annullata in un modello che prevede un intervento articolato direttamente su 240 ore annue di formazione. Nonostante il volume dell’utenza di apprendisti minori, che in queste due regioni raggiunge dimensioni in valori assoluti fra le più elevate in Italia, tale scelta di tenere a parte i minori nel quadro di un modello formativo che comunque man- tiene forti caratteristiche di unitarietà rimane non facile da perseguire. Criticità si rivelano in primo luogo nella composizione delle classi; gli interventi si avviano con numeri ridotti e non è facile mantenere tali numeri nella fase poi di erogazione. Infatti, la seconda parte del percorso richiede una attenzione alle diverse pro- fessionalità di destinazione degli apprendisti, attenzione scarsamente compatibile con i ridotti volumi di utenza. Infatti, il caso della Provincia di Milano racconta delle difficoltà di costituire gruppi di numerosità adeguata anche utilizzando il solo riferimento al “settore”, della necessità di far partire gruppi misti, ossia con appren- disti appartenenti a diversi settori, per i quali diventa poi non facile definire la progettazione della parte finalizzata alla acquisizione delle competenze tecnico- professionali. Tanto che in questi casi si preferisce non definire il progetto nel quadro degli interventi preliminari per i tutor aziendali. In ogni caso, proprio per le disomogeneità presenti anche tra apprendisti di uno stesso settore o con qualifiche professionali vicine, è sempre meglio lasciare un am- pio margine di flessibilità per la ridefinizione del progetto una volta che si è accerta- to quali siano gli allievi effettivamente presenti in aula. Ma è questa una caratteristi- ca un po’di tutta la formazione in apprendistato, che richiede di mantenere comunque ampie possibilità di flessibilità nel passaggio dalla fase progettuale a quella attuativa. Il Veneto e il Friuli Venezia Giulia hanno da subito optato per un modello che tiene distinti i minori per l’erogazione della componente specifica di percorso dedi- cata all’acquisizione delle competenze di base, mentre inserisce i minori all’interno di gruppi classe più ampi e meno omogenei per quanto riguarda l’erogazione delle altre attività formative. In questo modo i minori possono essere tutti aggregati per l’erogazione delle prime 120 ore, tenendo conto dell’unico criterio rappresentato dal territorio di riferimento che può essere sufficientemente ampio – anche a livello provinciale –, mentre l’attenzione alle professionalità specifiche potrà essere consi- derata in riferimento alla seconda parte del percorso, nel quadro della utenza com- plessiva dell’apprendistato. 36 Dallo studio di caso emerge che in Veneto, visti i numeri dell’occupazione, si riesce comunque a salvaguardare un approccio che incrocia le due dimensioni, del territorio e del macro-settore, nella organizzazione anche del primo segmento di percorso per gli apprendisti minori. Nel caso del Friuli Venezia Giulia, nel quadro di un modello regionale che ha visto l’aggregazione degli apprendisti per comparti affidati a tre diverse associazioni di strutture formative, rispetto all’utenze dei minori è stato necessario definire una modalità di lavoro comune fra le tre ATI per consentire l’erogazione delle attività. In questo contesto l’Umbria è un territorio a parte. La prima esperienza, che viene raccontata in itinere, evidenzia la difficoltà di un modello come quello indivi- duato dalla Provincia di Perugia, che voleva costituire gruppi classe di apprendisti omogenei per area, settore e contratto collettivo applicato nonché per qualifica pro- fessionale da acquisire, per la realizzazione di percorsi della durata complessiva di 240 ore annue per due anni. Proprio la ricerca di modelli formativi flessibili, adeguati a tenere conto delle disomogeneità dell’utenza complessiva dell’apprendistato, ha indirizzato molte Regioni o autonomamente le stesse strutture formative verso un approccio di tipo modulare agli interventi formativi. Le quattro Regioni settentrionali che da più tempo operano su tale segmento hanno tutte definito un modello formativo centrato su un Catalogo. Lo strumento del Catalogo è un modo per favorire una scelta autonoma dell’a- zienda, una sua responsabilizzazione nell’individuazione della struttura formativa dove realizzare la formazione o anche nella composizione dello stesso percorso. È un modo per coinvolgere le imprese nel sistema con l’obiettivo di costruire con le strutture formative partnership anche di più lungo periodo e di più ampio respiro. Il Catalogo è però quasi una necessità della formazione in apprendistato, visto che sembra ormai acquisito che la rigidità degli interventi di tipo corsuali mal si concilia con la necessità di tenere conto delle disomogeneità dell’utenza e il grado di flessibilità necessario per fronteggiarle. Il Catalogo infatti è lo strumento di supporto all’incrocio domanda-offerta in Piemonte, Veneto e Friuli Venezia Giulia e si ritrova in molte esperienze lombarde, dove sopravvive la possibilità di erogare invece interventi di tipo corsuale. In Piemonte, il Catalogo è soprattutto finalizzato a presentare le diverse offerte presenti nel sistema formativo a livello provinciale e con una articolazione per aree professionali, che corrispondono ad altrettante strutture formative; ogni struttura scelta dalle imprese eroga interventi che annualmente hanno una durata di 120 ore e quindi si avvicinano molto all’intervento di tipo corsuale. Sono poi possibili modelli definiti secondo la tipologia di progetto formativo, dove l’approccio è di tipo modulare. In Veneto, il Catalogo provinciale rappresenta il quadro dell’offerta presente in termini di moduli erogabili agli apprendisti di un certo macro-settore; la scelta dell’impresa è nella definizione del percorso, che deve comprendere un modulo di 37 tipo trasversale e uno tecnico professionale. Ad esempio, per il macro-settore “commercio, turismo e servizi” la rete CNOS-FAP ha messo insieme una progetta- zione di 28 moduli professionalizzanti, nell’ambito dei quali si individua quello idoneo rispetto alle aspettative dell’impresa e alle richieste del giovane. In Friuli Venezia Giulia la modularità è ancora più spinta: il Catalogo regionale dell’ATI di cui fa parte il CNOS-FAP Bearzi comprende circa 600 moduli. È evidente che la gestione di tali Cataloghi chiama in causa la capacità del- l’impresa di scegliere e comporre l’offerta formativa che ritiene più adeguata; ma entrambi i territori hanno previsto un servizio di supporto alla composizione del percorso che, nel caso del Veneto, è affidato agli Enti Bilaterali che realizzano col- loqui di accompagnamento, mentre per il Friuli Venezia Giulia è gestito dalle stesse strutture formative. Un Catalogo basato su interventi di tipo modulare ha delle condizioni di esi- stenza che derivano dalla quantità di utenti e quindi di risorse presenti nel sistema: è evidente che se l’utenza non è elevata, l’offerta di moduli dovrà necessariamente essere contenuta altrimenti il numero di allievi mediamente presenti in ogni mo- dulo non consentirebbe di coprire i costi. L’affidamento all’associazione tempo- ranea di cui fa parte il Bearzi di tutte le attività formative per l’apprendistato per un periodo ampio di tre più tre anni ha consentito invece di costituire quelle condi- zioni di contesto indispensabili ad uno sviluppo così ampio del Catalogo regionale. Oltretutto, tale periodo di tempo ha dato alle stesse strutture formative la possibilità di recepire le domande provenienti dal territorio, di individuare delle possibilità di soluzione, di sperimentarle sul campo e quindi di inserirle in maniera strutturale nel Catalogo. L’impressione che si rileva dagli studi di caso è che non sempre ci sia questa capacità di capitalizzare le esperienze, per cui ogni annualità, ogni Direttiva an- nuale talora raccoglie poco i nuovi stimoli. Ovviamente è a sé il caso dell’Umbria, visto che si tratta di una prima espe- rienza, ma anche nel caso della Lombardia si registrano alcuni “debutti”: il CNOS- FAP di Sesto San Giovanni che per la prima volta realizza un intervento per i minori, il CIOFS/FP di Cesano Maderno che sperimenta per la prima volta su nuovi settori (o meglio gruppi inter-settoriali). Per il Piemonte, è significativo il lavoro fatto dal gruppo di progettazione inter-enti, che ha definito il piano formativo, lo schema di articolazione, il cano- vaccio di ogni unità di apprendimento e persino gli strumenti didattici da adottare. In partnership con la Regione è poi in corso un progetto per la standardizzazione dei percorsi e delle acquisizioni in esito ai percorsi, in modo da conseguire risultati certificabili e riconoscibili. In prospettiva, lo studio individua la possibilità di estendere anche all’apprendistato l’uso delle prove standardizzate di valutazione. Risulta una novità positiva, visto che poco noto, il lavoro fatto sul territorio veneto in relazione allo specifico dell’apprendistato. Attraverso le diverse Direttive, la Regione ha definito nel tempo una serie di elementi di standardizzazione senza ri- 38 nunciare alla flessibilità, cosa che gli ha consentito di introdurre l’apprendistato pro- fessionalizzante all’insegna dell’assoluta continuità con il sistema in essere. Mentre in Friuli Venezia Giulia l’adeguamento e il consolidamento del modello di offerta formativa sono avvenuti sotto la responsabilità soprattutto delle strutture formative proponenti, che hanno avuto una sorta di affidamento globale dalla Regione, in Ve- neto è stata l’amministrazione stessa a curare molto da vicino tali aspetti e a farsi carico di un coordinamento attento del sistema, che ha via via adottato anche le mo- difiche necessarie per l’avvio dell’apprendistato professionalizzante. Rimane però l’elemento centrale di debolezza: molti di questi sistemi riman- gono attestati ad una gestione efficiente delle sole risorse ricevute dal livello nazio- nale, che consentono di avviare annualmente solo prime annualità di formazione per l’apprendistato, rivolte a quote ridotte di apprendisti. In relazione ai contenuti specifici delle attività formative, mantengono la loro efficacia i principi e le indicazioni elaborate nel quadro dell’attuazione della legge n. 196/97. I contenuti di tipo trasversale fanno riferimento a quanto previsto dal Decreto dell’8 aprile 1998 e dal DM n. 179/99, che prevede l’articolazione in quattro aree: competenze trasversali, organizzazione ed economia, contrattualistica, sicurezza. Per i contenuti tecnico-professionali, sulla base delle previsioni del DM n. 179/99 era stata costituita una Commissione di lavoro che si era occupata di quattro ambiti economici (metalmeccanico, edile, tessile-abbigliamento-moda-cal- zature, turismo e terziario), definendo gli obiettivi formativi in relazione a gruppi omogenei di figure professionali. Tali documenti continuano a costituire il riferi- mento principale in molti territori, anche se in altri a questi riferimenti nazionali si aggiungono le ulteriori elaborazioni predisposte dalle singole regioni in relazione alla definizione di standard per il sistema della formazione professionale. È il caso, ad esempio, della Regione Friuli Venezia Giulia che, proprio a partire dal modello di organizzazione della formazione per l’apprendistato, ha poi definito anche un repertorio di profili formativi e professionali basato sulla analisi dei processi lavo- rativi dove le singole attività vengono rielaborate in unità di competenza e quindi in unità formative capitalizzabili. Oppure è il caso dell’Umbria dove, accanto ai documenti prodotti a livello nazionale per la definizione dei contenuti tecnico-pro- fessionali per l’apprendistato, l’avviso provinciale pone come vincolo anche il rife- rimento al dizionario regionale delle competenze. Infine, per quanto riguarda la componente di formazione specifica per i minori, finalizzata al recupero e al potenziamento delle competenze di base e di citta- dinanza, il riferimento unico sul territorio rimane il Decreto interministeriale n. 152 del 2001. Sulla base delle aree di contenuto indicate in tale dispositivo viene defi- nita la progettazione degli interventi formativi: competenze linguistiche in italiano e in una lingua straniera, competenze matematiche e informatiche, acquisizione di conoscenze utili ad un orientamento professionale e all’esercizio di una cittadi- nanza attiva. Si ricorderà che tale decreto individua anche gli obiettivi da conse- guire in relazione alle competenze linguistiche, matematiche e informatiche fa- 39 cendo riferimento a scale internazionali quali IALS, ALLS, ALTE e all’ECDL. Tali riferimenti continuano a costituire l’obiettivo previsionale posto dalle amministra- zioni e di cui deve tener conto la progettazione formativa. Pertanto, anche le prove elaborate dall’ISFOL e dall’Invalsi per la verifica dei livelli acquisiti in relazione alle competenze linguistiche (in italiano) e matematiche vengono utilizzate spesso al termine dei percorsi e talora anche nella fase di erogazione degli interventi come strumenti didattici di esercitazione e di monitoraggio degli apprendimenti. In generale, le modalità di certificazione delle acquisizioni maturate durante l’apprendistato costituiscono un aspetto ancora poca regolamentato dalle ammini- strazioni. La mancanza di un sistema nazionale di certificazione e, in molti casi, anche di sistemi regionali, determinano una scarsa attenzione al momento finale, per cui si continua a rilasciare ai giovani che hanno partecipato alle attività forma- tive, siano essi minorenni o apprendisti maggiorenni, semplicemente un attestato di frequenza. Sulla base di una circolare del Ministero del Lavoro (n. 76/99), che aveva fissato al 20% la quota massima di assenze ammesse durante un anno, gene- ralmente l’attestazione di frequenza viene rilasciata solo a quanti hanno assicurato una partecipazione pari almeno al limite fissato. Per gli altri, alcune amministra- zioni hanno richiesto alle strutture formative di farsi carico dell’organizzazione di attività di recupero. Una verifica strutturata delle acquisizioni al termine degli interventi avviene generalmente nel quadro di prove predisposte dalle stesse strutture formative; gli esiti vengono talora registrati su attestazioni aggiuntive rilasciate all’apprendista, ma che non hanno alcun impatto di sistema. Per cui, anche la riconoscibilità di tali attestazioni nel momento di ingresso in nuovi percorsi formativi è ancora da costruire. Del resto, rispetto al segmento dell’apprendistato, in cui la componente di contratto di lavoro rimane prevalente, manca ancora anche a livello nazionale una regolamentazione che individui procedure e strumenti per effettuare tale verifica finale e che disciplini, ad esempio, gli effetti degli esiti rilevati rispetto al rapporto di lavoro (che succede se un apprendista non supera l’esame finale?). 6. Gli apprendisti minori e la formazione: il ruolo centrale della motivazione ad apprendere Per gli adolescenti che sono entrati in apprendistato dopo aver interrotto i percorsi scolastici a causa di una esperienza negativa, il rientro in formazione non è facile. Il ricordo per l’esperienza negativa nel passato, che significa aver sperimen- tato un insuccesso personale in ciò che riguarda la formazione e l’apprendimento in contesti formali, può facilmente suscitare una reazione di rifiuto. Ecco allora che i formatori e tutta la struttura formativa devono fare un grande sforzo per rimotivare questi giovani, facendo loro scoprire che anche per loro l’esperienza dell’apprendi- 40 mento può rivelarsi di successo e utile ai fini della costruzione di una carriera pro- fessionale. Per questo motivo nelle diverse esperienze si accenna alla necessità di trovare spesso spazi altri per la formazione che non siano la struttura del centro, che troppo è simile alla struttura scolastica, di sperimentare setting d’aula differenti, di utilizzare il più possibile metodologie attive che riescano a suscitare la curiosità del giovane, a far acquisire conoscenze e competenze attraverso il gioco o l’im- pegno in una attività che possa sembrare altra da quella formativa. Per questo mo- tivo tutti gli esempi di progettazione esaminati contengono un primo modulo dedi- cato all’accoglienza che, nell’economia complessiva di un percorso che ha durata limitata, non può che essere limitato anch’esso: si va da 4 a 12 ore. Ma qualcuno sottolinea la ristrettezza di questo spazio, che è invece strategico per far scattare quella leva sulla quale innestare gli insegnamenti successivi (Veneto), e quindi la necessità di costruire anche tutto il percorso successivo con una forte attenzione alla rimotivazione degli apprendisti, identificando spazi specifici dedicati alla ri- flessione sulla costruzione di un proprio progetto professionale e formativo (Friuli Venezia Giulia). Negli studi di caso che seguono qualche interlocutore ha sottolineato la neces- sità di individuare formatori che siano adeguati a svolgere tali compiti. Spesso per l’apprendistato si ricorre a formatori esterni, ma proprio nelle attività per i minori la scelta dei formatori, interni o esterni, deve essere fatta privilegiando le capacità individuali di costruire relazioni positive con i ragazzi. In molti casi si sottolinea la necessità di un’alleanza con le imprese nel defi- nire un progetto formativo comune; ma l’impressione generale è che l’impresa sia ancora troppo spesso un ulteriore beneficiario dell’intervento formativo piuttosto che un co-protagonista. Anche per alcune imprese il contatto con l’obbligo di for- mazione previsto dall’apprendistato avviene talora per il tramite della struttura for- mativa, tanto che spesso gli interventi per i tutor aziendali sono finalizzati a illu- strare la normativa relativa. Del resto i tutor aziendali sono ancora spesso latitanti: in assenza di una san- zione per la loro mancata partecipazione alla formazione specifica, talvolta non si presentano e quindi diventa difficile avviare una relazione con la struttura forma- tiva. Più numerosi appaiono i casi in cui l’intervento iniziale è finalizzato a coin- volgere i tutor stessi nella fase di progettazione di dettaglio. Lì dove questo è avve- nuto tutte le strutture coinvolte nell’indagine sottolineano la maggiore facilità di re- lazione con l’impresa e di gestione dell’intervento formativo. Rimane un caso piut- tosto isolato l’esperienza del Friuli Venezia Giulia, dove la formazione per i tutor è intesa come offerta di una pluralità di occasioni di incontro e di discussione in eventi seminariali, nei colloqui iniziali di definizione del percorso, nelle visite aziendali, nei momenti di formazione vera e propria. Anche in questo contesto, co- munque, l’esperienza in impresa rimane separata da quella in formazione per cui non si può parlare di una vera partnership. 41 Anzi, alcune strutture formative sottolineano la distanza in primo luogo cultu- rale che separa l’impresa. Queste spesso manifestano una certa diffidenza nei con- fronti della formazione professionale in generale, considerata un surrogato della scuola, che non può vantare pari autorevolezza culturale. E allo stesso modo guar- dano con diffidenza ai metodi di apprendimento attivi che le esperienze migliori di formazione per gli apprendisti mettono in campo, non trovando in essi il riscontro delle proprie esperienze di apprendimento. Il ruolo delle famiglie nell’approccio alla formazione con questi adolescenti rimane molto più sullo sfondo, almeno nelle esperienze analizzate. Generalmente nei loro confronti vengono realizzate solo attività di informazione quando le assenze sono ripetute e comunque in via surrogatoria rispetto all’azienda, quando questa si mostra scarsamente interessata. Solo in qualche caso è previsto un loro coinvolgimento strutturale all’interno dei percorsi, per cui i genitori vengono sempre informati sulle finalità e le modalità di attuazione dell’intervento (Friuli Venezia Giulia) o talora partecipano al colloquio iniziale per la scelta del percorso (Veneto). L’attenzione alla ri-definizione di una relazione positiva di questi adolescenti con la formazione è l’obiettivo implicito o esplicito di molte programmazioni regionali /provinciali, in cui si sottolinea la necessità di partire dal bagaglio di espe- rienze dell’individuo, dalle esperienze concrete in cui essi sono al momento inse- riti, per innestare su queste l’esperienza di acquisizione di nuove competenze. Da qui deriva l’adozione in alcune delle esperienze esaminate di un approccio pedagogico basato sul metodo dei progetti; l’esperienza di formazione nell’appren- distato viene finalizzata alla costruzione di un prodotto o di un “capolavoro” che sostanzia i risultati del processo di apprendimento. È il caso del Piemonte, dove un gruppo di progettazione inter-enti ha definito una proposta formativa per gli ap- prendisti minori che ruota intorno alla costruzione di un prodotto, che deve trovare l’apporto di tutti gli apprendisti e dei formatori delle diverse aree. Il “capolavoro” si costruisce nel quadro di un progetto didattico dove il modulo o l’unità didattica sono progettati all’insegna dell’interdisciplinarietà. Nell’esperienza piemontese, ac- canto ad unità didattiche interdisciplinari, trovano poi posto delle unità più stretta- mente finalizzate al recupero di quelle competenze di base necessarie ad affrontare via via la prosecuzione del percorso. Ragionando sull’identikit dell’apprendista minore una attenzione specifica deve essere riservata ai minori immigrati o comunque figli di famiglie immigrate. Dagli studi presentati la presenza di tali ragazzi nell’utenza dell’apprendistato in obbligo formativo emerge con forza in particolare per l’area del Nord Est, in Ve- neto e in Friuli Venezia Giulia. Tuttavia mentre nel primo caso il problema non ha ancora trovato soluzioni, per il Friuli Venezia Giulia le associazioni che gestiscono gli interventi per l’apprendistato hanno definito una procedura e un’offerta speci- fica. Il minore immigrato, quando viene contattato per essere inserito nelle attività formative, viene in primis sottoposto ad un test di valutazione delle competenze 42 linguistiche; il Catalogo prevede una scelta di moduli per lo sviluppo di tali compe- tenze di lingua italiana per immigrati su diversi livelli e, in casi particolari, è stata anche prevista la presenza in aula di interpreti. 7. Le esperienze analizzate Nei paragrafi che seguono, presentiamo le esperienze realizzate nei CFP del CNOS-FAP di 5 Regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Umbria. Come anticipato, ciascuna esperienza verrà presentata in base ai seguenti punti: 1) presentazione della struttura; 2) il contesto territoriale dell’offerta formativa; sviluppi prevedibili del sistema per il nuovo apprendistato professionalizzante; 3) esperienza della struttura sulla formazione in apprendistato: corsi e attività rea- lizzate in generale negli anni precedenti; 4) il modello formativo regionale/provinciale; 5) la progettazione del percorso; i soggetti coinvolti nella progettazione; struttura progettuale e articolazione del percorso; 6) modalità di individuazione degli apprendisti partecipanti all’intervento; 7) caratteristiche degli apprendisti partecipanti; 8) gestione dell’intervento: calendarizzazione delle lezioni; individuazione dei docenti e dei formatori; tasso di assenteismo nei corsi e sue motivazioni; 9) modalità e strumenti di monitoraggio e verifica degli apprendimenti e/o di altre variabili; 10) eventuali esperienze di seconde/terze annualità di formazione; 11) relazioni con i tutor aziendali e formazione loro dedicata; 12) valutazioni finali sull’intervento. 8. L’esperienza piemontese presso il CNOS-FAP di Vercelli 8.1. Presentazione della struttura Il CNOS-FAP di Vercelli è una struttura formativa che fa parte del sistema salesiano. Il centro persegue l’obiettivo di porsi in una situazione di ascolto e recepi- mento delle diverse esigenze che provengono dal territorio, sia per quanto riguarda l’avviamento al lavoro dei giovani, sia per la riqualificazione professionale di chi già lavora. L’evoluzione e il cambiamento della formazione professionale ha indirizzato in questi anni le attività verso domande formative nuove, imponendo rilevanti investimenti nell’aggiornamento tecnico-didattico degli insegnanti, per 43 l’assunzione di nuovi collaboratori, nell’applicazione di tecnologie e metodologie nuove. In risposta a tale impegno, si registra la preferenza di numerose aziende per gli allievi e per i servizi offerti dal CFP anche per formare i propri dipendenti. La scuola professionale ebbe il suo avvio con il primo corso nell’anno scolastico 1946/47 per iniziativa dal parroco don Tomé e del salesiano laico Vincenzo Diana. L’avvio del progetto di educazione e di preparazione al lavoro, affiancato al progetto educativo oratoriano, ebbe tanto successo che nel secondo anno scolastico gli allievi si erano già raddoppiati rispetto all’anno precedente, salendo a 54. Grazie al costante impegno per l’innovazione e l’aggiornamento dei formatori, oggi la struttura offre una ampia gamma di servizi formativi, i cui principali sono: – obbligo formativo; – formazione superiore; – formazione continua; – informazione orientativa; – apprendistato; – formazione continua a domanda individuale; – svantaggio; – handicap; – FAD. Le proposte riguardano i settori meccanico, dell’automazione e del terziario/ informatico. Le proposte formative di taglio educativo riguardano i seguenti ambiti: – competenze di base, trasversali; – orientamento; – tutoraggio e orientamento al lavoro. 8.2. Il contesto territoriale dell’offerta formativa Nell’ambito del gruppo di regioni settentrionali che, nonostante il trend di significativo aumento dell’apprendistato registrato negli ultimi anni nel Centro- Sud, mantengono una quota superiore al 50% del totale degli apprendisti occupati in Italia (55,5% nel 2005, cfr. grafico 4 nelle Considerazioni), la Regione Piemonte è fra le poche che hanno perseguito una politica di ampia diffusione dell’offerta formativa con l’obiettivo di rendere reale per tutte le imprese e gli apprendisti la possibilità di essere coinvolti nelle attività formative previste dalla normativa. Infatti, contando una media di circa 45.000 apprendisti occupati sul territorio, la Regione ha investito con continuità negli ultimi anni una ampia porzione di ri- sorse disponibili sul POR, aggiuntive a quelle ricevute dallo Stato, per il finanzia- mento dell’offerta formativa; il progressivo lavoro di messa a punto di un modello regionale di sistema per l’apprendistato ha consentito di coinvolgere nelle attività formative nell’anno 2005 ben l’80% degli apprendisti assunti. È questa una percen- tuale molto vicina a quelle registrate sia nella Provincia di Bolzano (83%) – che 44 vanta un sistema di apprendistato più che cinquantennale – che nel Friuli Venezia Giulia (98%), territori che insieme danno certamente un significativo contributo a far attestare la media della partecipazione alle attività formative per apprendisti nelle Regioni settentrionali al 30%. In valori assoluti, gli oltre 36.000 apprendisti che hanno partecipato ai corsi/ percorsi in Piemonte rappresentano il volume più elevato di utenti coinvolti nelle re- gioni italiane. Il modello di intervento sulla formazione per l’apprendistato individuato dalla Regione Piemonte si avvale del contributo delle Province, alle quali sono delegate le funzioni in materia di gestione delle attività formative sui singoli territori. Per- tanto, la Regione definisce annualmente la propria strategia attraverso la predispo- sizione di direttive, e sono poi le Province che attivano le procedure necessarie alla definizione dell’offerta e alla messa in opera degli interventi. Conclusa la fase di iniziative sperimentali realizzate nell’ambito di interventi promossi direttamente dal Ministero del lavoro alla fine degli anni Novanta, che in Piemonte hanno trovato ampia rispondenza soprattutto con riferimento al progetto per il settore metalmeccanico, la Regione si è mossa per la definizione di un mo- dello territoriale impostato sulla definizione di Cataloghi provinciali dell’offerta. L’obiettivo era quello di rimettere all’impresa la scelta della struttura formativa presso la quale assolvere all’obbligo di partecipazione alla formazione. Pertanto, nell’anno 2001 è stata promossa una procedura di accreditamento delle strutture formative interessate ad erogare la formazione per gli apprendisti. Al fine di individuare una proposta formativa più efficace ai diversi bisogni degli apprendisti, il modello regionale ha adottato una modalità di segmentazione dell’utenza in tre fasce: – Apprendisti minorenni; – Apprendisti maggiorenni senza titolo di scuola secondaria superiore; – Apprendisti maggiorenni con titolo di scuola secondaria superiore e oltre. Si è quindi chiesto alle strutture formative di progettare gli interventi tenendo conto delle diverse esigenze di tali utenti. Hanno potuto partecipare al bando le strutture formative già accreditate per la macrotipologia “formazione continua”; per i candidati a realizzare gli interventi per gli apprendisti minori, si è posto come requisito il possesso dell’accreditamento anche per la macrotipologa “formazione iniziale”. Al momento della presentazione della domanda di inserimento nel Catalogo dell’offerta formativa i soggetti attuatori hanno dichiarato le aree professionali per le quali potevano realizzare gli interventi formativi, sulla base della seguente clas- sificazione: – area produzione; – area meccanica; – area elettrica; 45 – area informatica elettronica; – area edilizia-costruzioni; – area commercio; – area turismo; – area servizi alla persona; – area lavorazioni artigianali tipiche; – area agricoltura; – area culturale-linguistica; – area amministrativa-lavori d’ufficio. Il Catalogo piemontese ha individuato due possibilità di articolazione del- l’intervento: a) corso strutturato, inteso come azione formativa modulare della durata media- mente di 120 ore annue o secondo quanto previsto dalla contrattazione collet- tiva,3 rivolta a gruppi di allievi con caratteristiche omogenee relativamente alla suddivisione per fasce di utenza e per tipo di funzioni professionali; b) progetto formativo, modalità sperimentale di intervento rivolta a gruppi di allievi con caratteristiche non omogenee per titolo di studio o per tipo di funzioni professionali. Questa tipologia di attività formativa è caratterizzata da un’ampia flessibilità nella definizione dei percorsi formativi, che si compon- gono mediante un’offerta modulare individuata nell’ambito di ricchi Cataloghi in modo da consentire la massima personalizzazione dell’intervento. In tal caso i soggetti attuatori potevano attivare il “progetto formativo” nelle seguen- ti aree: 1) area amministrativa; 2) area della produzione; 3) area commerciale; 4) altro. Ne è risultato un Catalogo costituito con riferimento al territorio provinciale e articolato nelle diverse aree economiche che hanno rilevanza per lo stesso terri- torio; tale Catalogo è stato costituito nel suo nucleo originario in esito alla proce- dura attivata nel 2001 e, implementato negli anni, rimane il fondamento su cui poggia ancora oggi il sistema regionale per l’apprendistato. Alle imprese è attribuita la facoltà di individuare, in relazione all’area econo- mica di attività dell’apprendista, la sede formativa presso la quale realizzare gli in- terventi, iscrivendo direttamente l’apprendista. Sarà poi cura delle strutture forma- tive definire una progettazione di dettaglio, nel momento in cui il gruppo classe è stato composto, in modo da tener conto delle effettive professionalità degli allievi presenti in aula. 3 Secondo le previsioni della l. 196/97, il volume annuo di formazione esterna obbligatoria è determinato dalla contrattazione collettiva, con il vincolo che deve essere almeno pari a 120 ore; nel caso di apprendisti con titolo di studio post-obbligo o qualifica professionale idonei, i CCNL determinano anche le eventuali riduzioni del volume annuo di formazione. 46 Il percorso formativo per gli apprendisti in obbligo formativo, di durata pari complessivamente a 240 ore annue per ogni anno di contratto di lavoro fino al compimento del 18° anno di età dell’apprendista, nel modello piemontese per ra- gioni organizzative/amministrative viene articolato in due fasi: 1) le prime 120 ore fanno riferimento ai moduli aggiuntivi previsti esclusiva- mente per gli apprendisti in obbligo formativo; queste ore sono progettate ed erogate secondo la modalità “progetto formativo” individuata dalla Direttiva regionale; 2) le seconde 120 ore sono progettate secondo le modalità previste per tutti gli apprendisti occupati e fanno quindi riferimento ai contenuti indicati dai decreti ministeriali dell’8 aprile 1998 e n. 179/99; tuttavia, si è fatta la scelta di costi- tuire comunque un gruppo classe omogeneo per gli apprendisti minorenni anche in questa seconda parte del percorso, per privilegiare l’elemento di valo- rizzazione della socializzazione e del rapporto avviato con un certo gruppo di docenti e ciò necessariamente comporta una minore attenzione allo sviluppo di competenze professionali specifiche, visto che il gruppo classe può essere anche molto eterogeneo. 8.3. Esperienza della struttura sulla formazione in apprendistato Nella Provincia di Vercelli il Catalogo provinciale è articolato su dieci aree economiche e vede la presenza di otto soggetti attuatori, di cui uno è un’associa- zione temporanea costituita da oltre venti soggetti che fa capo all’ENAIP. Il CNOS-FAP di Vercelli è una delle strutture accreditate nel Catalogo per rea- lizzare la formazione per gli apprendisti nelle seguenti aree economiche: – edilizia-costruzioni; – informatica, meccanica, elettronica e impiantistica; – lavorazioni in legno, vetro, plastica, carta e alimenti; – servizi amministrativi e commerciali; – servizi alberghieri, ristorazione; – servizi culturali e turistici. Solo tre strutture, invece, sono accreditate per operare con gli apprendisti in obbligo formativo ed una di queste è il CNOS-FAP di Vercelli. I primi interventi per apprendisti sono stati organizzati dal CNOS-FAP di Ver- celli nel 1998, nell’ambito dei progetti sperimentali promossi dal ministero del la- voro. In quella sperimentazione i gruppi classe non erano ancora suddivisi in base all’età e al titolo di studio ed era prevista l’organizzazione di interventi di sole 120 ore, per una singola annualità formativa. Il nuovo modello regionale di formazione per l’apprendistato è attivo dal 2002. I progetti in corso sono stati sperimentati e affinati negli anni grazie al con- tinuo lavoro di miglioramento e ridefinizione della proposta formativa; inoltre, tale 47 lavoro ha fatto tesoro dei risultati della costante azione di monitoraggio delle aspet- tative degli utenti e delle aziende al fine di ottimizzare un servizio formativo che mira in primo luogo alla formazione della persona e quindi alla crescita del lavora- tore. Si è detto che le imprese che assumono gli apprendisti individuano la struttura formativa presso la quale iscrivere il giovane nell’ambito del Catalogo provinciale. Entro 90 giorni le strutture formative devono avviare il corso sulla base di un’auto- rizzazione rilasciata dalla Provincia. Tale autorizzazione dipende dalla disponibilità finanziaria del momento; in ogni caso la priorità assoluta per l’avvio degli inter- venti è rivolta agli apprendisti minorenni. Dal 2002 a Vercelli il CNOS-FAP ha presentato domanda per l’avvio di 40 corsi per apprendisti, di cui 12 per ragazzi in obbligo formativo. Presso la sede del CNOS-FAP, sempre dal 2002, si sono registrate 335 preiscrizioni e 294 apprendisti minori hanno completato il percorso; gli altri generalmente si sono dimessi dall’a- zienda dopo l’inizio delle attività formative, non concludendo il percorso. Mediamente nella provincia di Vercelli si registrano 16-17 iscrizioni di appren- disti minorenni per quadrimestre. Considerando l’arco temporale di riferimento, i numeri di apprendisti minori coinvolti sul territorio di Vercelli non sono grandi. Altra cosa è quanto avviene nel capoluogo di regione, dove si concentra la quota più ampia di minorenni: a Torino in un anno e mezzo vengono inseriti nei percorsi formativi circa 300 apprendisti minorenni. 8.4. Il modello formativo regionale e provinciale Le Direttive regionali hanno fornito le seguenti indicazioni rispetto all’artico- lazione delle proposte formative, sia progettate nella modalità “corso strutturato” che in quella di “progetto formativo“, che devono prevedere: a) un primo modulo di accoglienza finalizzato alla valutazione del livello di in- gresso dell’apprendista. A tal fine è stata data indicazione alle strutture forma- tive che possono essere utilizzate le prove per i vari livelli delle scale IALS predisposte dalla Regione Piemonte ed erogabili tramite il software “Questio- nari”. Inoltre possono essere utilizzati analoghi strumenti predisposti per l’al- fabetizzazione informatica e per la lingua straniera; b) una strutturazione in moduli, di cui 80 ore sono dedicate alle competenze di base e trasversali e le restanti 40 ore sono per le competenze professionaliz- zanti: quelli di base e di contenuti trasversali sono progettati secondo le indica- zioni dei Decreti Ministeriali 8 aprile 1998 e 20 maggio 1999 n. 179; i moduli professionalizzanti vengono realizzati con l’obiettivo di consentire l’acquisi- zione delle competenze chiave dei vari settori. La progettazione di ogni mo- dulo dovrà individuare i relativi contenuti ed obiettivi, nonché le modalità di valutazione e riconoscimento dei crediti formativi. La metodologia didattica ed organizzativa dovrà inoltre garantire la possibilità di ridefinire il percorso mo- 48 dulare professionalizzante durante lo svolgimento delle attività formative, ri- progettando il medesimo, anche in termini di competenze, coerentemente alle eventuali indicazioni regionali o delle imprese interessate. I contenuti di tali moduli dovranno quindi tener conto delle funzioni svolte in azienda dagli ap- prendisti di volta in volta coinvolti nella formazione, per consentire una riela- borazione dell’esperienza lavorativa che renda espliciti gli apprendimenti im- pliciti acquisiti sul luogo di lavoro. c) un’offerta di moduli aggiuntivi riservati agli apprendisti in obbligo formativo, progettati secondo le indicazioni del Decreto Interministeriale 16/5/2001 n. 152. Tutti gli interventi formativi possono prevedere fasi di progettazione e realiz- zazione di formazione a distanza (FAD) finalizzate all’ottimizzazione dell’offerta formativa sul territorio. La formazione a distanza può essere svolta con le seguenti modalità: FAD on line; FAD su CD; FAD su cartaceo. Le caratteristiche della FAD devono risultare evidenti dalla programmazione/ pianificazione didattica; l’attività formativa a distanza non può superare il numero complessivo di 40 ore. Le azioni formative in FAD dovranno essere svolte in sedi diverse dal luogo di lavoro e in locali e/o con strumentazioni adeguate. La realizzazione di programmi di formazione a distanza dovrà, in ogni caso, essere adottata d’intesa con la Provincia sulla base della presentazione di uno spe- cifico progetto esecutivo. 8.5. La progettazione del percorso per gli apprendisti minorenni Per quanto riguarda il segmento di offerta esclusiva per gli apprendisti minori, la proposta formativa è stata elaborata nella modalità “progetto formativo” prevista dalle Direttive regionali ad opera di un’associazione di strutture formative costi- tuita a livello regionale. All’interno dell’ATS è stato costituito un gruppo di progettazione inter-enti per elaborare un proposta formativa condivisa e per individuare dei parametri formativi di successo. Tale gruppo di lavoro ha dedicato i primi incontri a riflettere sulle maggiori difficoltà emerse nelle passate esperienze degli enti nell’erogazione dei percorsi di apprendistato, per condividere strategie e interventi risolutivi. Una delle prime criticità emerse, rispetto alla quale si voleva individuare una soluzione, è la diffidenza iniziale che solitamente avevano manifestato gli appren- disti, tanto più se giovanissimi, verso l’utilità di un loro ritorno in un contesto for- mativo, spesso molto simile nella struttura fisica ad una scuola che hanno scelto di lasciare preferendo il lavoro. Per questi adolescenti il percorso formativo previsto dall’apprendistato rappresenta, infatti, un ritorno ad una formazione fatta di spiega- zioni teoriche, di argomenti lontani dalla loro quotidianità. Si tratta, inoltre, di un’esperienza che in loro ha lasciato ricordi spiacevoli, perché spesso legata ad esperienze di fallimento nel contesto scolastico e nella relazione con i docenti in particolare. 49 A questa percezione si aggiunge la frustrazione causata dall’impegno orario ri- chiesto di otto ore giornaliere: così il ritorno in una struttura formativa è molte volte vissuto più come una condanna che non come una opportunità di crescita per- sonale e professionale. Nell’analisi della motivazione iniziale degli apprendisti sono state individuate come variabili di rilievo le relazioni con i tutor aziendali e con le altre figure azien- dali di riferimento. Infatti, pur trattandosi di lavoratori a tutti gli effetti, gli appren- disti minorenni sono degli adolescenti per i quali è indispensabile una attenzione educativa mirata alla loro crescita come lavoratori, ma soprattutto come individui inseriti in un contesto sociale del quale sono anche attori. La gestione delle relazioni con le figure aziendali da parte dei tutor formativi può essere ostacolata dai pregiudizi che accompagnano la formazione professionale e i suoi metodi di apprendimento attivo, non compresi fino in fondo dai tutor azien- dali che li recepiscono spesso come alternative poco efficaci al rigore della scuola tradizionale. Le famiglie e le figure adulte di riferimento non sempre entrano in contatto con i centri di formazione, in quanto il passaggio dei figli dalla scuola al mondo del lavoro è vissuto come una possibilità di riscatto dai fallimenti scolastici e quindi non sempre il percorso formativo previsto risulta essere importante per il loro fu- turo successo. La mancanza di condivisione del progetto formativo e il supporto alla motiva- zione da parte dei tutor aziendali e delle figure adulte di riferimento può compro- mettere il successo di qualsiasi proposta formativa. Queste considerazioni intorno alla motivazione iniziale dei ragazzi e degli altri attori coinvolti hanno fortemente condizionato la progettazione di dettaglio delle prime 120 ore di formazione. Si consideri che gli apprendisti in obbligo formativo devono partecipare in prima battuta al segmento dei moduli aggiuntivi e poi fre- quentano il resto del percorso. Il percorso formativo per i minori è stato finalizzato alla costruzione di un “capolavoro”; intorno alla realizzazione di tale progetto ruota tutto l’approccio pe- dagogico e quindi su tale progetto si inseriscono gli insegnamenti di tipo discipli- nare. La prima annualità dei moduli aggiuntivi, quindi, è stata articolata in quattro unità di apprendimento interdisciplinari, per una durata complessiva di 84 ore; le rimanenti 36 ore sono state pensate per introdurre gli argomenti essenziali per lo svolgimento delle unità di apprendimento e per recuperare o approfondire bisogni e necessità formative e motivazionali individuate nel gruppo classe durante lo svolgi- mento della stessa unità di apprendimento. Il gruppo di lavoro inter-enti ha definito un kit di strumenti progettuali com- posto dal piano formativo, da una scheda descrittiva di ogni unità di apprendimento e da un canovaccio che, per ogni unità di apprendimento, fornisce indicazioni sulle modalità di erogazione in aula. Tav. 1 - Piano formativo del I anno - prime 120 ore del percorso per gli apprendisti minori 50 Per quanto riguarda il percorso di 84 articolato in quattro unità di apprendi- mento, il seguente schema evidenzia alcune specifiche: il titolo e la durata di ogni unità, gli obiettivi formativi da conseguire e i formatori da coinvolgere nell’eroga- zione dell’intervento. ATTIVITÀ E PRODOTTI Attività di accoglienza “Conosciamoci” Tempo: 8 ore “Io, l’azienda e il settore” Tempo: 24 ore “Mi arredo la stanza” Tempo: 24 ore Evento finale: presentazione dei lavori più significativi ai tutor aziendali Tempo: 28 ore PERSONALE Tutor del corso, Direttore e Formatori del corso, Formatore dell’area linguistica. Tutor formativo, Formatore dell’area linguistica, Formatore dell’area informatica, Formatore dell’area matematica. Formatore dell’area linguistica, Formatore dell’area matematica, Formatore dell’area informatica. Tutor formativo, Formatore dell’area linguistica, Formatore dell’area informatica, Formatore dell’area matematica. Si consiglia la collaborazione del formatore orientatore o di capacità personali. OBIETTIVI FORMATIVI • Sostenere la conoscenza della realtà formativa in cui saranno inseriti gli apprendisti (aule, ambienti, labo- ratori, regolamento del centro, personale formativo). • Favorire la conoscenza all’interno del gruppo classe per costruire ambienti collaborativi e cooperativi. • Promuovere il processo di scelta e applicazione degli elementi linguistici sufficienti per poter raccontare sé stessi e le proprie aspirazioni professionali. • Promuovere l’interesse per il proprio contratto di lavo- ro e la conoscenza dei principali elementi contrattuali. • Collaborare in un piccolo gruppo di lavoro, rispet- tando i compiti individuali. • Promuovere la consapevolezza delle dinamiche per- sonali che definiscono la propria identità rispetto ai contesti circostanti. • Promuovere l’interesse e la conoscenza della propria realtà lavorativa. • Sviluppare abilità attraverso la personalizzazione delle scelte individuali, rinforzando le capacità deci- sionali dei ragazzi in situazioni in cui dispongono di materiali e risorse limitate. • Sviluppare la conoscenza critica dei concetti matema- tici, in modo da poterli applicare nella quotidianità. • Promuovere l’interesse e la conoscenza di procedi- menti logici, matematici e informatici. • Condurre gli allievi ad essere consapevoli delle pro- prie capacità, attitudini e aspirazioni e delle condi- zioni di realtà che le possono valorizzare e realizzare. • Promuovere la collaborazione e la cooperazione tra gli allievi. • Promuovere nei ragazzi la presa di consapevolezza del percorso svolto durante il corso dell’anno, delle capacità sviluppate, dei prodotti realizzati e delle po- tenzialità ancora da sviluppare. • Promuovere negli allievi la capacità di comunicare, attraverso varie modalità (multimediali, espressive, linguistiche, grafiche), i propri vissuti e le proprie esperienze personali. • Promuovere negli allievi la presa di coscienza delle proprie dinamiche personali che portano all’afferma- zione della propria identità attraverso rapporti costrut- tivi con adulti di riferimento e coetanei. • Promuovere negli allievi la capacità di padroneggiare gli strumenti espressivi indispensabili per gestire in maniera costruttiva il confronto sociale. 51 L’intero percorso specifico per gli apprendisti minori, comprensivo delle ore dedicate al recupero delle conoscenze e competenze di base da parte del gruppo classe, effettuato a partire dagli esiti della verifica in ingresso e all’introduzione degli insegnamenti disciplinari che saranno poi ripresi nella successiva unità di apprendimento che invece ha un’impostazione interdisciplinare, viene ad essere articolato come da scheda che segue: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 gi or no Attività 8 2 12 5 0 1 0 0 12 40 UDA interdisciplinare Recupero linguistico Introduzione alla matematica Introduzione all’informatica UDA interdisciplinare UDA interdisciplinare UDA interdisciplinare Recupero linguistico Introduzione matematica Introduzione matematica Introduzione informatica UDA interdisciplinare UDA interdisciplinare UDA interdisciplinare Approfondimento informatica UDA interdisciplinare UDA interdisciplinare UDA interdisciplinare UDA interdisciplinare “Conosciamoci” Il formatore dell’area linguistica riprende la terminologia incontrata durante la lettura del contratto di apprendistato. Il fine di queste prime due ore di matematica è quello di permettere ai ragazzi di rompere il ghiaccio con la materia. Si prevedono giochi logico-matematici Il formatore dell’area informatica introduce i principi base per l’utilizzo del computer. Si consiglia di svolgere due ore a fine mat- tina e due ore a inizio pomeriggio. “Io, l’azienda, il settore” Il formatore dell’area linguistica riprende il lavoro svolto durante l’UDA precedente e rinforza i punti deboli emersi Il formatore dell’area matematica introduce alcuni concetti di matematica indispensabili per lo svolgimento della prossima UDA. Ri- prende l’argomento partendo dall’analisi del contesto delle aziende emerso nell’UDA pre- cedente Il formatore dell’area matematica introduce alcuni concetti di geometria indispensabili per lo svolgimento della prossima UDA. Si consiglia di svolgere due ore a fine mat- tina e due ore a inizio pomeriggio Il formatore dell’area informatica introduce i principi base per l’utilizzo del computer. “Mi arredo la stanza” Queste ore di informatica dovranno essere svolte in modo riprendere alcuni concetti svolti nelle ore di matematica o italiano ma rielaborati attraverso l’uso del calcolatore Le quattro ore rimanenti sono destinate alla realizzazione della prossima UDA “Il mio percorso” Totale ore Tav. 2 - Quadro orario del I anno - prime 120 ore del percorso per gli apprendisti minori Dettaglio attività It al ia no 0 2 7 3 4 19 0 0 5 40 M at em at ic a 0 4 5 0 4 4 8 4 11 40 In fo rm at ic a 8 8 0 0 24 8 8 24 8 4 0 0 28 120 to t. o re 52 Lo schema individua anche l’organizzazione temporale del percorso, in termini di giornate richieste di partecipazione degli apprendisti alle attività formative (15 giorni di lezioni, erogate in 8 ore al giorno) e di quantità orarie dedicate agli specifici insegnamenti. Lo schema di progettazione di dettaglio, con la specifica degli obiettivi, dei formatori, degli strumenti per la gestione e la valutazione delle singole unità di apprendimento, insieme con il canovaccio per l’erogazione dell’unità, vengono riportati in allegato. Il progetto elaborato dal gruppo inter-enti per l’erogazione della seconda fase del percorso, ossia le 120 ore relative alla formazione trasversale e professiona- lizzante prevista dalla legge n. 196/97, è stato definito secondo lo stesso modello. Il percorso è articolato in quattro unità di apprendimento della durata complessiva di 120 ore. Il corso è suddiviso in 72 ore destinate alle competenze tecnico-specifiche (analisi della professione, sviluppo delle competenze) e le restanti 48 ore sono dedi- cate all’accoglienza e al rinforzo di competenze trasversali, quali: orientamento pro- fessionalizzante, diritto del lavoro, sicurezza, informatica, organizzazione aziendale. Di seguito si riporta lo schema di piano formativo per la realizzazione della se- conda parte del percorso annuale per gli apprendisti minorenni. Il piano di dettaglio e lo schema di articolazione oraria per la seconda parte del percorso per gli apprendisti minorenni vengono invece riportati nell’allegato. Tav. 3 - Piano formativo del i anno - seconde 120 ore del percorso per gli apprendisti minori ATTIVITÀ E PRODOTTI “Consolidiamo la nostra conoscenza” Tempo: 8 ore “Diritto del Lavoro” Tempo: 8 ore “La sicurezza nei luoghi di lavoro” Tempo: 8 ore PERSONALE E COMPITI Tutor formativo, Orientatore, Formatore di diritto del lavoro, Formatore di informatica. Tutor formativo, Orientatore, Formatore di diritto del lavoro, Formatore di informatica, Formatore di organizzazione aziendale. Tutor formativo, Orientatore, Formatore di diritto del lavoro, Formatore di informatica, Formatore di sicurezza. OBIETTIVI FORMATIVI • Favorire la conoscenza all’interno del gruppo classe per costruire ambienti collaborativi e cooperativi. • Promuovere l’interesse per il proprio piano e percorso professionale. • Promuovere un approccio orientativo verso le tema- tiche relative al mercato del lavoro locale. • Acquisire le informazioni relative al contratto di ap- prendistato. • Acquisire abilità nei meccanismi di calcolo della re- tribuzione. • Acquisire elementi relativi alla cittadinanza attiva. • Acquisire le informazioni relative al tema della sicu- rezza. • Comprendere il sistema di sicurezza nel proprio am- biente lavorativo. 53 Il gruppo inter-enti che ha curato tutta la progettazione del percorso formativo per i minori si è fatto carico anche di elaborare una serie di materiali didattici, specifici per singole unità di apprendimento, con lo scopo di facilitare il lavoro dei formatori e fornire un fac-simile per consentire la personalizzazione del percorso in relazione alle necessità del gruppo classe. 8.6. Modalità di individuazione degli apprendisti partecipanti e gestione dell’intervento Il catalogo provinciale dell’offerta formativa per gli apprendisti presuppone la scelta da parte delle aziende della struttura formativa presso la quale inviare i giovani, nell’ambito di quelle selezionate dalla Provincia. ATTIVITÀ E PRODOTTI “Le competenze relazionali” Tempo: 16 ore “I passi dell’attività lavorativa” Tempo: 24 ore “Le carte della conosacenza e competenza” Tempo: 40 ore Evento finale: “Il capolavoro” Tempo: 16 ore PERSONALE E COMPITI Tutor formativo, Orientatore, Formatore di diritto del lavoro, Formatore di informatica, Formatore di organizzazione aziendale, Formatore delle competenze tecnico-specifiche. Formatore dell’area informatica, Formatore dell’area tecnico-specifica. Formatore dell’area informatica, Formatore dell’area tecnico-specifica. Tutor formativo, Formatore delle competenze tecnico-specifiche. Si consiglia la collaborazione del formatore orientatore o di capacità personali. OBIETTIVI FORMATIVI • Acquisire saperi sulle competenze relazionali inter- personali. • Comprendere le modalità del proprio sistema di rela- zioni interpersonali. • Conoscere e interpretare le diverse fasi del processo produttivo nel quale è inserito • Individuare le risorse e i vincoli che sono presenti nel suo contesto di riferimento. • Conoscere e comprendere i meccanismi informali che regolano la vita dell’azienda in termini di comunica- zioni ed apprendimento. • Individuare le attività e le azioni proprie del profilo professionale. • Individuare le capacità/competenze necessarie per svolgere il ruolo/mansione lavorativi. • Acquisire le conoscenze e competenze tecniche colle- gate alle azioni e alle attività svolte in azienda. • Individuare le aspettative del ruolo professionale da parte degli attori principali (azienda, colleghi, ecc.) • Condurre gli allievi ad essere consapevoli delle pro- prie capacità, attitudini e aspirazioni e delle condi- zioni di realtà che le possono valorizzare e realizzare. • Promuovere e rafforzare elementi di competenze tec- niche attraverso la presentazione di un “capolavoro”. • Promuovere e rafforzare nei ragazzi la consapevo- lezza del percorso svolto durante l’anno, delle capa- cità sviluppate, dei prodotti realizzati e delle poten- zialità ancora da sviluppare. 54 L’impresa che ha comunicato l’assunzione di un apprendista al Centro per l’impiego riceve dalla Provincia il Catalogo dell’offerta formativa territoriale. L’impresa ha tempo 30 giorni per iscrivere il giovane presso una delle strutture for- mative accreditate. I centri di formazione raccolgono le iscrizioni e, entro 4 mesi, devono avviare il corso richiedendo specifica autorizzazione alla Provincia. Per- tanto, la struttura formativa invia alla provincia l’elenco degli iscritti chiedendo l’autorizzazione ad avviare l’intervento formativo. La Provincia risponde entro un mese, sulla base della disponibilità di risorse finanziarie e può capitare che le risorse annuali siano esaurite. Tale meccanismo di incrocio della domanda e dell’offerta di formazione è stato definito con l’obiettivo di ridurre al massimo i tempi per l’avvio della forma- zione e consentire alle aziende di assolvere l’obbligo di formazione per gli appren- disti nei tempi brevi. In realtà, i diversi passaggi richiedono comunque alcuni mesi (circa sei) e non è detto che, nel momento in cui viene richiesta l’autorizzazione a far partire il corso, la Provincia possa dare risposta positiva; per cui, i tempi si allungano ulteriormente. I tempi tecnici necessari per comporre le classi e far partire i corsi fanno sì che una certa quota di apprendisti comunque non riceve la formazione dal momento che il contratto viene interrotto qualche mese dopo l’assunzione. È noto che tale “volatilità” del contratto di apprendistato, come è stata spesso definita la caratteri- stica di estrema brevità di un’ampia quota di contratti, interessa in misura più signi- ficativa proprio gli apprendisti minori. Per gli apprendisti minori vengono realizzati in primo luogo gli interventi di 120 ore dedicati ai moduli aggiuntivi; al termine, la struttura presenta la richiesta alla Provincia per avviare il secondo intervento di ulteriori 120 ore. All’avvio del corso viene stipulato il patto formativo, utilizzando apposita modulistica predisposta dalla Provincia. Il patto formativo specifica in dettaglio il percorso didattico e viene sottoscritto dal tutore aziendale, dall’apprendista e dal soggetto attuatore. Il patto formativo contiene: a) l’indicazione del periodo delle attività formative che saranno frequentate da ciascun apprendista; b) l’elenco dei moduli che ciascun apprendista si propone di frequentare; c) le sedi presso cui il corso/moduli avranno svolgimento; d) il numero di ore di frequenza dell’apprendista. Il rapporto con la Provincia è assicurato anche per il monitoraggio del per- corso. Se, all’avvio del corso, si riscontra che l’apprendista minore ha lasciato il lavoro o se il minorenne lascia il lavoro durante il corso, va data immediata comu- nicazione ai servizi per l’impiego provinciali; anche in caso di assenza prolungata va data comunicazione alla Provincia. Ciò rientra nell’attività di tutorato dei per- corsi dei ragazzi minorenni, che spetta alla Provincia in ordine alla necessità di monitorarne il percorso per assicurare l’assolvimento dell’obbligo formativo. 55 Alla comunicazione alla Provincia viene allegata una certificazione delle com- petenze acquisite dal ragazzo. La Provincia, inoltre, organizza verifiche periodiche sugli interventi, control- lando programmi, contenuti, registri, ecc. Il corso viene erogato generalmente in giornate della durata di 8 ore per un giorno alla settimana. Pertanto, ogni corso di 120 ore si realizza in 15 giornate e 15 settimane; il percorso completo di 240 ore degli apprendisti minori richiede 30 settimane. A fine giornata viene consegnato un cedolino a tutti i presenti, valido come attestazione delle ore di frequenza da consegnare ai datori di lavoro ai fini della determinazione del salario. Infatti, la partecipazione degli apprendisti alle attività formative deve avvenire in orario di lavoro e le ore di frequenza sono considerate a tutti gli effetti ore di lavoro. La realizzazione del secondo intervento, quello delle 120 ore previste per tutti gli apprendisti, richiede la partecipazione di circa 10 docenti. I docenti delle com- petenze trasversali sono normalmente consulenti esterni che collaborano spesso con la struttura formativa; per la parte professionalizzante si ricorre invece ai docenti che corsi triennali per i ragazzi che assolvono l’obbligo formativo. Tali docenti sono dipendenti del CNOS-FAP. Il gruppo ha una docenza unitaria. L’età degli apprendisti presenti sul territorio della provincia di Vercelli è molto varia: si va dai 16 anni ai 29 anni degli apprendisti artigiani. Sono inseriti nelle diverse realtà produttive e, per la maggior parte, sono collocati in imprese del settore metalmeccanico di medie dimensioni. Gli apprendisti minorenni sono spesso ragazzi di diciassette anni di età, che hanno acquisito solo il titolo di licenza media. I ragazzi che hanno conseguito la qualifica in attività di formazione professionale nel modello regionale di segmenta- zione dell’utenza rientrano nella tipologia di maggiorenni senza diploma; talora, negli interventi per apprendisti maggiorenni sono stati inseriti anche ex allievi del centro CNOS-FAP di Vercelli. L’età degli apprendisti minorenni costituisce una criticità per l’erogazione degli interventi formativi; generalmente, nel momento in cui compiono i 18 anni, le aziende li ritirano dai corsi dei moduli aggiuntivi. Anche per questa ragione la struttura di Vercelli non è mai riuscita ad avviare un gruppo di seconda annualità, e lo stesso dicasi anche per il CNOS-FAP di Torino. I settori in cui sono maggiormente presenti gli apprendisti adolescenti a Vercelli sono l’edile e il metalmeccanico, accanto ai barbieri-parrucchieri. Dalle verifiche realizzate sugli interventi per i ragazzi minorenni si è rilevato che il gruppo classe non può essere troppo numeroso; una partecipazione di 15 allievi è quella massima consentita per favorire l’efficacia e trasmettere in modo mirato le competenze e gli obiettivi prefissati. L’esperienza del CNOS-FAP di Vercelli nell’erogazione degli interventi forma- 56 tivi per gli apprendisti è positiva, dal momento che non sono mai state riscontrate particolari criticità nel rapporto con gli allievi. 8.7. Relazioni con i tutor aziendali e formazione loro dedicata I soggetti attuatori devono avviare la formazione dei tutori aziendali all’inizio della prima annualità di formazione esterna. Tali interventi per i tutor aziendali sono progettati secondo le indicazioni del D.M. del 28 febbraio 2000 n. 22, hanno una durata di 8 ore e sono organizzati dalle Agenzie di formazione titolari dei corsi per apprendisti Generalmente il progetto formativo per il secondo segmento di intervento di 120 ore per gli apprendisti minorenni viene realizzato favorendo la partecipazione delle imprese. Infatti, ogni azienda viene invitata ad un colloquio che ha l’obiettivo di favorire la personalizzazione dell’intervento. Completata la progettazione, il pro- getto finale viene presentato in un’occasione seminariale a cui sono invitate a par- tecipare tutte le aziende. Nel corso di questo incontro viene presentata la normativa sull’apprendistato e il progetto per il percorso di formazione al fine di stipulare il patto formativo. I tutor aziendali sono sempre invitati a partecipare agli interventi formativi per gli apprendisti. In caso di assenza dell’apprendista, è prassi della struttura formativa contattare il referente aziendale. Talora sono state contattate anche le famiglie dei minori, generalmente nei casi in cui si è registrata una scarsa attenzione da parte del tutor aziendale. Al termine dell’intervento i tutor aziendali vengono invitati a partecipare ad un ulteriore incontro, per prendere visione dei lavori finali realizzati dai ragazzi ed assi- stere alla consegna degli attestati. Infatti, come evidenziato in precedenza, il percorso formativo per i minori è stato finalizzato alla costruzione di un “capolavoro”; intorno alla realizzazione di tale progetto ruota tutto l’approccio pedagogico e quindi su tale progetto si inseriscono gli insegnamenti di tipo disciplinare. Il “capolavoro” viene pre- sentato ai tutor aziendali alla fine del percorso, come prodotto tangibile che consente di “prendere visione” dei risultati dell’intervento formativo. Allo stesso tempo l’orga- nizzazione dell’evento finale è un modo per rinsaldare l’alleanza con le imprese in vista delle successive annualità di formazione, del coinvolgimento di nuovi appren- disti assunti nella stessa impresa o comunque di ulteriori progetti di collaborazione. 8.8. Modalità e strumenti di monitoraggio e verifica degli apprendimenti e/o di altre variabili All’avvio delle due sezioni dell’intervento formativo – prima delle 80 ore per le competenze trasversali e delle 40 ore per quelle professionalizzanti – viene effet- tuata una verifica di ingresso delle conoscenze degli apprendisti attraverso un que- stionario ampio elaborato dal CNOS-FAP. 57 Al termine di ogni modulo viene invece somministrato un questionario predi- sposto dal singolo docente. È in corso un progetto regionale che intende sviluppare delle progettazioni standard con le relative prove di valutazione; il materiale sarà poi disponibile sul sito della Regione “Collegamenti”. Inoltre, è stato predisposto un modello di questionario di monitoraggio del gradimento del corso che si riporta fra gli allegati, che viene somministrato a tutti gli apprendisti che hanno partecipato agli interventi nel corso delle visite di mo- nitoraggio; tale modello, adottato da tutte le Province, non ha finora fornito risultati che siano stati pubblicati in modo da approfondire l’andamento del sistema pie- montese di apprendistato. Al termine del corso viene rilasciato un attestato di frequenza e una certifica- zione delle competenze acquisite. Il soggetto attuatore rilascia alle imprese interessate alle azioni formative una dichiarazione comprovante l’avvenuta partecipazione dell’apprendista al corso, specificando la denominazione del corso o dei moduli frequentati e il numero di ore sul totale previsto di presenza dell’apprendista. Il soggetto attuatore rilascia, inoltre, formale attestazione del percorso forma- tivo effettuato agli apprendisti che passano all’annualità successiva e agli appren- disti che hanno frequentato anche solo parzialmente il percorso formativo. L’unità minima di attestazione è da considerarsi il modulo. Le attestazioni dovranno indi- care il numero di ore di presenza dell’apprendista e il numero dei moduli frequen- tati con le relative presenze. La Provincia rilascia agli apprendisti che completano il percorso formativo una certificazione finale dei risultati conseguiti. Tale attestazione tiene conto dei moduli superati con successo, del dossier prodotto dall’apprendista e dell’eventuale veri- fica aggiuntiva prevista. Le attestazioni sono da considerarsi anche come crediti per nuove ammissioni all’interno di successivi processi formativi. 8.9. Allegato 1 PROGETTAZIONE RELATIVA ALLE UDA DEL PERCORSO DELLE PRIME 120 ORE PER GLI APPRENDISTI MINORI 1) Attività di accoglienza - Unità di apprendimento: “Conosciamoci” 58 Canovaccio dell’UDA “Conosciamoci” 59 2) Unità di apprendimento: Io, l’azienda e il settore 60 Canovaccio dell’UDA “Io, l’azienda e il settore” 61 3) Unità di apprendimento: “Mi arredo la stanza” 62 Canovaccio dell’UDA “Mi arredo la stanza” 4) Unità di apprendimento finale: organizzazione evento finale “Il mio percorso” 63 64 Canovaccio dell’UDA finale “Il mio percorso” 65 8.10. Allegato 2 QUADRO ORARIO DEL PRIMO ANNO SECONDE 120 ORE DEL PERCORSO PER GLI APPRENDISTI MINORI 66 67 8.11. Allegato 3 QUESTIONARIO DI SODDISFAZIONE PROVINCIA DI VERCELLI Settore Sviluppo Socio Economico Servizio Formazione Professionale Le chiediamo di rispondere ad alcune domande che riguardano il corso di formazione che sta frequentando: il Suo aiuto sarà utile alla Provincia di Vercelli per migliorare la qualità del corso. Il questionario è anonimo e le Sue risposte saranno utilizzate nel rispetto della normativa sulla privacy (D.lgs. 196/2003). 1. Per quale motivo sta lavorando con un contratto di apprendistato? (indichi una sola risposta) 1) Per assolvere l’obbligo formativo 2) Perché sono interessato ad imparare un mestiere in particolare 3) Perché è l’unica forma di assunzione che mi è stata offerta 4) Altro (specificare) .……………………..............................................;…………………………………………… 2. Pensando a quelle che erano le Sue aspettative prima di iniziare il corso, quanto è soddisfatto di come si è svolto fino ad oggi? Indichi il Suo giudizio segnando una X su una delle faccine disegnate qui sotto, dove a sinistra significa che Lei è totalmente insoddisfatto/a e a destra, al contrario, totalmente soddisfatto 3. Pensando al corso che sta frequentando, può indicare in quale misura ritiene di essere soddisfatto/a dei seguenti aspetti? Indichi il Suo giudizio segnando una X sopra una delle faccine disegnate a fianco di ogni aspetto, dove a sinistra significa che Lei è totalmente insoddisfatto/a e a destra, al contrario, totalmente soddisfatto 1) Orario in cui si svolgono le lezioni 2) Materiale didattico (es. libro, dispense del corso…) 3) Attrezzature di supporto alla didattica (es. computer, registratori, videoproiettori…) 4) Attrezzature dei laboratory 5) Comfort dei locali (es. pulizia, illuminazione, riscaldamento…) 6) Contenuti delle materie 7) Chiarezza delle spiegazioni degli insegnanti 8) Disponibilità degli insegnanti a fornire spiegazioni 9) Capacità degli insegnanti di adattare il programma alle esigenze degli allievi 4. Durante il corso Le è stato presentato un tutor/coordinatore come figura di riferimento per la classe? 1) Sì, e il suo ruolo si è rivelato utile durante il corso 2) Sì, ma non è stato particolarmente utile durante il corso 3) No, ma credo che sarebbe stato utile avere questa figura di supporto 4) No, e penso che una figura di questo genere non serva 68 5. Complessivamente, quanto ritiene che il corso di formazione che sta frequentando Le sia utile per lo svolgimento delle Sue mansioni lavorative? Indichi il Suo giudizio segnando una X su una delle faccine disegnate qui sotto, dove a sinistra significa che Lei lo ritiene totalmente inutile e a destra, al contrario, totalmente utile 6. Consiglierebbe ad altre persone (amici, conoscenti…) un corso come quello che sta frequentando? 1) Sì, presso la stessa Agenzia Formativa 2) Sì, ma presso un’altra Agenzia Formativa 3) No 7. In questo spazio può indicare liberamente gli aspetti problematici del corso. ………………………………………………………………………………………………………………..... ………………………………………………………………………………………………………………..... ………………………………………………………………………………………………………………..... 8. In questo spazio può invece indicare gli aspetti del corso che apprezza particolarmente. ………………………………………………………………………………………………………………..... ………………………………………………………………………………………………………………..... ………………………………………………………………………………………………………………..... 9. Le informazioni seguenti sono molto importanti al fine di classificare i dati. Le garantiamo la più assoluta riservatezza: le Sue risposte saranno analizzate insieme a quelle degli altri rispondenti e verranno conside- rate solo complessivamente. Genere 1) Maschio 2) Femmina Età 1) dai 14 ai 17 anni 2) dai 18 ai 25 anni 3) 26 anni e oltre Cittadinanza 1) Italiana 2) Altra cittadinanza (specificare) .......………………………………………...……………………………... Titolo di studio (indichi l’ultimo titolo conseguito) 1) Nessun titolo 2) Licenza elementare 3) Licenza media inferiore 4) Ho frequentato qualche anno di scuola media superiore ma non ho il diploma 5) Attestato di qualifica professionale 6) Diploma di scuola media superiore 7) Laurea 8) Ho un titolo di studio conseguito all’estero che non mi è stato riconosciuto in Italia Comune di residenza ......................................………………………………………………………………… Il questionario termina qui. Grazie per la preziosa collaborazione 69 9. L’esperienza lombarda presso il CIOFS/FP LOMBARDIA di Cesano Maderno e il CNOS-FAP di Sesto San Giovanni 9.1. Presentazione della struttura La sede del Centro di Formazione Professionale di Cesano Maderno dell’As- sociazione CIOFS/FP Lombardia si presenta come realtà composita, che opera sul territorio a diversi livelli. Nell’ambito della formazione professionale iniziale l’attività svolta dal centro di Cesano Maderno riguarda principalmente i corsi triennali di Formazione iniziale per l’assolvimento del diritto-dovere di Istruzione e Formazione (DDIF), i Progetti corsuali o a catalogo di apprendistato, le attività di orientamento. Il centro di Cesano Maderno ha come vocazione principale la formazione nel settore amministrazione lavori ufficio e addetti alle vendite. Nel dettaglio, le tipologie dei corsi attivi o attivati negli ultimi anni possono essere così elencati: – Percorso triennale per l’assolvimento del diritto-dovere per Operatore/trice commerciale – Addetto/a alle vendite; – Percorso triennale per l’assolvimento del diritto-dovere per Operatore/trice dei servizi all’impresa; – Coordinamento come capofila di un’associazione temporanea (ATS) di pro- getti per apprendisti in diritto-dovere o maggiorenni, nel cui ambito sono state organizzate azioni corsuali o a catalogo per apprendisti in diritto-dovere e apprendisti maggiorenni e per i relativi tutor aziendali. – Azioni di Orientamento. Inoltre, la struttura realizza azioni di formazione superiore, continua e perma- nente. Il CNOS FAP di Sesto San Giovanni opera all’interno di una struttura più ampia, riconosciuta già dal 1950 come “Ente concordatario” denominato “Opere Sociali Don Bosco”. Il plesso attuale delle Opere Sociali Don Bosco comprende: – la scuola secondaria di I grado “E. Marelli”, paritaria; – l’istituto tecnico industriale “E. Breda”, paritario, con classi diurne e serali e specializzazioni in meccanica, elettrotecnica e automazione, elettronica e tele- comunicazioni, informatica; – il biennio di orientamento tecnologico professionale “Valdocco”; – il liceo scientifico tecnologico, paritario; – il liceo scientifico tradizionale, paritario; – il centro di formazione professionale “E. Falck”, convenzionato con la Regione Lombardia, che realizza corsi di 1° livello (formazione di base post obbligo) e di 2° livello (corsi di specializzazione post-diploma, di aggiornamento profes- 70 sionale e IFTS (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore) nel settore mecca- nico ed elettrico, e corsi per lavoratori disoccupati o in cassa integrazione. Dall’anno formativo 2004-05 il centro di formazione realizza percorsi triennali dell’istruzione e formazione professionale finalizzati al conseguimento di una qua- lifica professionale per il settore meccanico, elettrico ed elettronico, e informatico. A tali corsi per l’assolvimento del diritto-dovere partecipano mediamente 200 alunni di età compresa dai 14 ai 18 anni. 9.2. Il contesto territoriale dell’offerta formativa La Lombardia è la regione con il più alto numero di apprendisti occupati in Italia. Nel 2005 i dati INPS hanno registrato una media di circa 100.000 apprendisti occupati in Regione, che corrisponde a poco meno di un quinto del totale degli apprendisti occupati in Italia. A fronte di tale ampia diffusione dello strumento, il sistema di formazione per l’apprendistato raggiunge annualmente quote molto variabili ma comunque conte- nute di apprendisti occupati, comprese fra il 10% (2003) e il 16% (2005). Si tratta di percentuali inferiori alla media nazionale anche se di poco – la media per il 2005 è stata pari al 20% – e soprattutto inferiori alla media registrata nelle Regioni set- tentrionali: 32% per il Nord Ovest e 28% per il Nord Est (cfr. tabella 2 nelle Consi- derazioni). In valori assoluti il numero di giovani coinvolti nel sistema di forma- zione per l’apprendistato è comunque significativo (oltre 15.000), tanto da segna- lare la Lombardia come seconda regione dopo il Piemonte per numero di utenti della formazione in apprendistato. La gestione del sistema di apprendistato è affidata alle Province, titolari della funzione di programmazione e coordinamento degli interventi formativi; tale fun- zione viene esercitata nell’ambito di linee guida definite annualmente dalla Re- gione, che individua anche la ripartizione delle risorse disponibili per ciascun terri- torio, generalmente dividendole in misura proporzionale all’occupazione in appren- distato. Le linee guida regionali predispongono anche uno “schema di dispositivo”, che è una sorta di Direttiva che precisa le regole da seguire per la definizione del- l’offerta formativa; tale dispositivo viene poi adottato dalle Province individuando alcuni ambiti di flessibilità utili a dimensionare l’intervento rispetto alle specificità del singolo territorio. Sul totale degli apprendisti occupati in Regione, i minori rappresentano una quota di poco inferiore al 5%; si tratta di una percentuale inferiore alla media na- zionale (8,6%) e che risulta fra le più contenute anche nell’ambito della macro-area settentrionale. Tradizionalmente nella Regione Lombardia le azioni per gli apprendisti in diritto-dovere di istruzione e formazione fanno parte di una linea di intervento distinta rispetto alle attività per gli apprendisti maggiorenni: la Regione individua 71 una quota di risorse riservate all’offerta di formazione per gli apprendisti minori e la ripartisce fra le Province; queste, poi, programmano l’offerta formativa esclusiva per gli adolescenti in diritto-dovere in relazione a tre differenti tipologie di azioni: – modello corsuale, ossia organizzando interventi complessivi della durata di 120 o 240 ore annue; si tratta di una modalità di intervento riservata ad appren- disti con profili omogenei e coerenti tra loro; – modello modulare a catalogo: tale tipologia di intervento prevede di solito un modulo obbligatorio sui contenuti trasversali progettato in maniera standard per tutti gli apprendisti di un territorio/settore, più un certo numero di moduli tecnico-professionali settoriali da scegliere nell’ambito di un catalogo in base al comparto di provenienza dell’apprendista; – Progetti Quadro: si tratta di progetti intersettoriali e interzonali, che prevedono una serie articolata e mista di iniziative corsuali o modulari volte a garantire un’offerta formativa capillare su tutto il territorio. La finalità generale dei progetti è connotare la formazione esterna per appren- disti minorenni come completamento del diritto e dovere di Istruzione e Forma- zione definito dalla legge n. 53/03, intervenendo sul rischio di dispersione forma- tiva legato a tale tipologia di utenza e valorizzando la metodologia di alternanza formativa che caratterizza l’apprendistato come contratto a causa mista. Sulla base dei risultati delle analisi compiute sul territorio che hanno cercato di tratteggiare le caratteristiche degli apprendisti minorenni, la Provincia di Milano ha individuato nei seguenti gli elementi centrali intorno ai quali costruire un modello di offerta formativa per gli apprendisti minorenni: – riconoscimento e valorizzazione delle competenze già possedute dagli appren- disti minori, partendo dall’area tecnico specialistica per sottolineare lo “status” di lavoratore; – riconoscimento dei diversi stili di apprendimento dei singoli utenti per la defi- nizione dell’offerta formativa; – progettazione di un’offerta mirata a sviluppare le conoscenze culturali con l’o- biettivo di favorire il conseguimento dei livelli di competenza richiesti nelle differenti aree (linguistica, matematica, informatica), utilizzando modalità che, partendo dall’esperienze lavorative o personali, riescano ad evidenziarne l’uti- lità e il legame con il vissuto del soggetto; – valorizzazione delle potenzialità dell’alternanza formativa, attraverso una forte interazione con il tutor aziendale. Da tali elementi sono state definite le caratteristiche della progettazione forma- tiva, che deve privilegiare: – il collegamento fra le 120 ore specifiche per i minori, dedicate al consegui- mento di competenze di base, con le 120 ore di formazione finalizzate al con- seguimento di competenze trasversali e tecnico-professionali; 72 – l’utilizzo di metodologie didattiche basate su modalità attive e che valorizzino l’imparare facendo; – l’adozione di un sistema di valutazione e certificazione dei livelli conseguiti, coerente con gli obiettivi individuati dal DI n. 152/01, in modo da assicurare all’allievo il riconoscimento di un credito spendibile per il suo iter professio- nale o per un ulteriore inserimento scolastico/formativo; – la presenza di un tutor formativo che assicuri il supporto dei giovani in forma- zione e la coerenza dell’impostazione pedagogica con le caratteristiche richieste dalla Provincia, al fine di assicurare il conseguimento degli standard di competenza previsti. Nella Provincia di Milano la quota di apprendisti minorenni rappresenta circa il 3% degli occupati, che sono circa 40.000 (maggio 2004). Pertanto, per definire l’offerta formativa provinciale si è ritenuto di adottare il Modello Corsuale, che sembra tenere meglio conto delle caratteristiche personali dei minorenni. Inoltre, la programmazione ha previsto l’attivazione di corsi con riferimento ai bacini territoriali dei Centri per l’Impiego, in modo da assicurare la massima vicinanza tra la sede del percorso formativo e la sede aziendale ed evi- tare quindi un eccessivo spostamento dell’utenza minorenne. Il “modello cor- suale” è stato poi combinato con la tipologia dei Progetti quadro, in cui un sog- getto attuatore (più spesso una Associazione Temporanea di soggetti) prende in ca- rico tutti gli apprendisti occupati in uno o più settori di uno specifico bacino terri- toriale. Nell’ambito di tali progetti quadro, vengono realizzate più tipologie di azioni: Azioni corsuali rivolte a gruppi di apprendisti minorenni della durata di 240 ore; tali azioni dovrebbero mirare a coinvolgere apprendisti con profilo professionale il più possibile omogeneo; tuttavia, sono consentite anche aggregazioni intersettoriali laddove non sia possibile costituire tali gruppi; Azioni a modello modulare solo per gli apprendisti assunti con CCNL che pre- vedono una durata della formazione esterna differente da quella standard; si tratta in particolare di due contratti collettivi per le imprese metalmeccaniche, che hanno previsto un volume di formazione esterna pari a 160 ore annue,4 che viene quindi realizzata grazie all’inserimento nei percorsi degli apprendisti di un ulteriore mo- dulo di 40 ore; Azioni per tutor aziendali in linea con quanto previsto dal DM del 28.02.2000. 4 In seguito all’accordo sull’apprendistato per l’industria metalmeccanica siglato nel gennaio del 2006, il volume di formazione è stato rivisto: il nuovo modello, che ha disciplinato l’apprendistato professionalizzante sulla base del d.lgs. 276/03, prevede un impegno di formazione formale pari a 160 ore per il primo anno, a 140 ore per il secondo e a 120 ore annue per ciascuno degli anni successivi. 73 9.3. Esperienza delle strutture sulla formazione in apprendistato per i maggiori di 18 anni e per i minori in obbligo formativo Nell’ultimo triennio il CIOFS/FP di Cesano Maderno ha promosso, in qualità di capofila di una Associazione Temporanea (ATS), diversi progetti di apprendi- stato, che hanno riguardato azioni corsuali e a catalogo per apprendisti maggiorenni ed azioni corsuali per apprendisti in obbligo formativo. Il CIOFS/FP Lombardia di Cesano Maderno è infatti capofila di una associa- zione di strutture formative che coinvolge i seguenti soggetti: Consorzio Nord Mi- lano (Limbiate e Garbagnate), Consorzio Desio Brianza, ECFOP (Desio e Carate Brianza), CNOS-FAP (Sesto San Giovanni ed Arese), CFP Terragni di Meda. Per quanto riguarda in particolare gli anni formativi 2004/05 e 2005/06, la struttura ha realizzato un primo progetto quadro rivolto ad apprendisti maggio- renni, provenienti da diverse tipologie di aziende, per la maggior parte appartenenti ai settori del commercio, elettrotecnica, meccanica, legno. Gli apprendisti coinvolti erano disomogenei per età (18-25 anni) e per livello di istruzione e titolo di studio conseguito (dalla Licenza di scuola secondaria infe- riore alla Laurea). Come previsto dalla disciplina dell’apprendistato che fa capo alla legge n. 196/97, in base al livello di istruzione dei giovani ed al tipo di con- tratto collettivo le azioni corsuali hanno previsto una durata compresa tra le 80 ore e le 160 ore.5 Nell’ambito di tale progetto quadro rivolto ad apprendisti maggiorenni, che è stato realizzato soprattutto utilizzando la tipologia dell’intervento corsuale, si è di- stinta un’azione specifica (azione 200094) realizzata secondo un modello a cata- logo. Tale azione è stata articolata in: – Unità Formative di Base, finalizzate all’acquisizione delle competenze trasver- sali come definite dal DM dell’8 aprile 1998 e dal DM n. 179/99, e – Unità Formative Professionalizzanti, scelte dall’apprendista in accordo con la propria azienda, fino al raggiungimento del monte ore totale previsto dalla ti- pologia di contratto e dal titolo di studio dell’apprendista stesso. A differenza delle azioni corsuali, l’azione a catalogo ha consentito di realiz- zare un percorso molto flessibile dal punto di vista contenutistico e dal punto di vista logistico, offrendo la possibilità di scegliere corsi svolti anche su più centri dell’Associazione Temporanea. In particolare presso il CIOFS/FP di Cesano Maderno, si sono svolte le azioni di formazione dei tutor aziendali e le Unità Formative di Base e Professionalizzanti dell’azione a catalogo. 5 Dal momento che la legge n. 196/97 ha previsto una durata minima della formazione esterna per apprendisti pari a 120 ore medie annue, i contratti collettivi potevano determinare un durata annua superiore; inoltre, per i giovani in possesso di titolo di studio post obbligo idoneo rispetto all’attività lavorativa svolta in azienda i contratti collettivi potevano definire un impegno di formazione ridotto. 74 Il secondo progetto realizzato dalla ATS con capofila il CIOFS/FP di Cesano Maderno ha riguardato esclusivamente gli apprendisti in diritto dovere (progetto 200125). Tale progetto, che è in fase di chiusura a fine 2006, era dedicato ad ap- prendisti minorenni occupati nella Provincia di Milano appartenenti a due gruppi settoriali – meccanica e legno – e ad un gruppo misto intersettoriale. Il progetto ha visto la realizzazione di 14 interventi corsuali di formazione per apprendisti nei tre ambiti; tutte le azioni hanno avuto una durata di 240 ore per il gruppo intersettoriale e per il settore legno e di 280 ore per gli apprendisti con contratto metalmeccanico. Inoltre, sono stati realizzati sei interventi di formazione per tutor aziendali, un corso per ogni ente erogatore appartenente all’Associazione Temporanea. Dell’Associazione Temporanea fa parte anche il CNOS-FAP di Sesto San Gio- vanni, che ha preso parte sia alla realizzazione del progetto per gli apprendisti mag- giorenni illustrato in precedenza, che a quello rivolto esclusivamente agli appren- disti minori. In particolare, per la struttura di Sesto San Giovanni tale progetto ha rappresentato la prima esperienza di intervento sul segmento specifico degli apprendisti minorenni. La struttura si è occupata in particolare degli apprendisti del settore metal- meccanico. 9.4. Struttura progettuale e articolazione del percorso Secondo le indicazioni date dalla Provincia di Milano, gli interventi di forma- zione esterna per apprendisti minorenni che devono assolvere il diritto-dovere di istruzione e formazione devono porsi i seguenti obiettivi: – formare un profilo culturale di base equiparabile a quello garantito dalla for- mazione scolastica dell’obbligo; – formare un profilo professionale nella sua globalità, in integrazione all’attività lavorativa in svolgimento; – adempiere agli obblighi di legge per l’assolvimento del DDIF; – adempiere agli obblighi di legge per la formazione prevista durante il contratto di apprendistato. I corsi finanziati costituiscono la prima annualità del percorso formativo glo- bale. In risposta alle indicazioni della Provincia di Milano, il modello di formazione proposto dalla ATS con capofila il CIOFS/FP di Cesano Maderno per gli appren- disti in diritto-dovere è stato di tipo corsuale. I singoli interventi formativi per gli apprendisti sono stati progettati secondo l’indicazione di accorpare i due segmenti di percorso previsti per gli apprendisti minorenni; pertanto sono stati articolati in azioni formative della durata di 240 ore per il settore misto e per il legno e di 280 per il settore meccanico. 75 Le aree formative in cui si è articolato il corso sono: area dei contenuti di base e area dei contenuti professionalizzanti. I contenuti di base sono stati definiti in relazione alle aree previste dal Decreto Interministeriale n. 152 del 2001. L’area dei contenuti trasversali comprendeva gli insegnamenti di: Accoglienza, Comunicazione, Lingua inglese, Informatica, Legislazione, Organizzazione, Orien- tamento. L’area dei contenuti professionalizzanti comprende gli insegnamenti di: Attività professionalizzante, Economia aziendale, Test, Test finali. I risultati previsti erano: – aiutare la crescita umana e culturale di giovani minorenni che non hanno ancora completato il percorso scolastico previsto dalla legge; – incrementare la formazione di giovani lavoratori su tematiche strettamente legate al mondo del lavoro; – affiancare le conoscenze legate all’esperienza lavorativa già in atto con compe- tenze professionali specifiche. Nell’ambito del progetto quadro realizzato dall’ATS l’azione tenutasi a Cesano Maderno, seppur presentando una struttura simile a quella delle altre azioni tenu- tesi, si è scostata in maniera originale dal progetto di massima in risposta alle esi- genze dell’utenza. Gli insegnamenti sono stati ripartiti in 8 moduli di 30 ore ciascuno. L’attività professionalizzante, da svolgersi in laboratori dedicati, è stata con- cordata individualmente con il docente in base alle competenze già possedute da ogni singolo allievo. La tabella seguente chiarifica la macro-struttura progettuale dell’azione. I corsi dedicati al settore legno e meccanico non hanno presentato difficoltà organizzative, in quanto già consolidati su una esperienza precedente. Innovativi e talvolta problematici nelle materie professionalizzanti sono, invece, risultati i corsi dedicati al settore misto, per i quali è stato molto complesso individuare un’area professionalizzante comune. La soluzione maggiormente adot- tata e gradita dall’aula è stata l’elaborazione di Unità Formative finalizzate alla rea- 76 lizzazione di un prodotto del proprio settore, spesso legato all’azienda di prove- nienza: ciò ha talvolta comportato uno scostamento rispetto al progetto. Sempre nel settore misto si è rilevato un maggiore interesse e stimolo nei con- fronti dei contenuti trasversali. In particolare, nell’ambito degli interventi per gruppi intersettoriali è stato pos- sibile identificare un nucleo di apprendisti con contratto di parrucchiere-estetista per i quali si è preferito organizzare un corso dedicato, tenutosi presso il CIOFS/FP di Cesano Maderno. Tale intervento è stato organizzato secondo il seguente schema progettuale. Al CNOS-FAP di Sesto San Giovanni è stata affidata la realizzazione degli interventi per apprendisti minorenni appartenenti al settore metalmeccanico. Il corso è stato quindi strutturato su una durata di 280 ore,6 realizzate in un ampio intervallo temporale che va da settembre a giugno in due giorni settimanali: il giovedì ed il venerdì. Delle 280 ore previste, 120 erano ore di moduli aggiuntivi previsti per l’assolvimento del diritto dovere e 160 erano professionalizzanti e spe- cifiche del settore metalmeccanico. 6 I contratti collettivi dell’industria e delle PMI del settore metalmeccanico avevano definito un impegno formativo della durata di 160 ore annue. 77 La prima giornata dell’intervento è stata dedicata all’accoglienza e alla visita delle strutture, nonché alla conoscenza degli insegnanti; quindi il corso è partito regolarmente. All’interno del corso sono stati realizzati alcuni moduli di meccanica, un mo- dulo di pneumatica, un modulo di disegno ed uno di tecnologia, in aggiunta ai moduli previsti per l’assolvimento del diritto dovere, legati alle aree di contenuto indicate dal Decreto interministeriale n. 152 del 2001: italiano, matematica, inglese, informatica. Nell’ambito meccanico i ragazzi hanno realizzato un capolavoro, ossia una lampada da tavolo funzionante. Nella progettazione sono stati coinvolti il tutor del corso, il direttore del Centro e soprattutto il responsabile della progettazione del settore meccanico. I formatori coinvolti sono stati 12, tutti già insegnanti nel Centro di formazione professionale. Le ore finali del corso sono state utilizzate per lo svolgimento di esami fun- zionali a verificare e a certificare il livello raggiunto dagli apprendisti in esito alla formazione. Le prove sono state definite dagli stessi formatori del corso. 9.5. Modalità di individuazione degli apprendisti partecipanti all’intervento A livello regionale è stata costituita e implementata già da alcuni anni una piat- taforma informatica che costituisce la banca dati degli apprendisti occupati, funzio- nale all’organizzazione dell’offerta formativa. A tale sistema affluiscono tutte le informazioni sulle accensioni e chiusure di contratti di apprendistato, comunicate direttamente dalle aziende rispettivamente attraverso i moduli Ap1 e Ap2. La banca dati costituisce il riferimento in base al quale vengono operate le ripartizioni di risorse fra le diverse province e in relazione agli interventi per gli 78 apprendisti in obbligo e extra-obbligo. Tendenzialmente la Regione si pone come obiettivo quello di coinvolgere in attività formative almeno per il primo anno tutti gli apprendisti che devono assolvere il diritto-dovere di istruzione e formazione; tuttavia, l’esperienza consolidata negli anni ha evidenziato l’ampio divario esi- stente fra apprendisti registrati nella banca dati e utenti che si riesce effettivamente a contattare e coinvolgere nella formazione. In particolare, il divario risulta ampio per il segmento degli apprendisti minori. Ad esempio, la Provincia di Milano per l’anno formativo 2004-05, avendo a dispo- sizione una platea di circa 1.600 apprendisti minori risultanti iscritti nella piatta- forma informatica, ha considerato di poterne coinvolgere circa 800. La distanza fra i due numeri deriva dalla considerazione dei seguenti elementi: – si è voluto coinvolgere negli interventi formativi prioritariamente gli appren- disti assunti a partire dal gennaio 2003; – sono state contattate le aziende i cui apprendisti risultavano avere una durata “residua” del contratto di almeno 8 mesi; – gli apprendisti in possesso di qualifica sono stati aggregati ai progetti per apprendisti extra-obbligo. Al fine di favorire il successo nell’avvio delle iniziative, sulla base della pre- gressa esperienza di programmazione e coordinamento dell’offerta formativa si è individuato in otto il numero minimo di allievi da prendere mediamente a riferi- mento. Tale numerosità consente di avviare percorsi formativi operativi anche per- sonalizzati, formare gruppi significativi ma realmente gestibili, individuare solu- zioni ad hoc sia per gli apprendisti che per i loro tutor. Per la realizzazione del progetto quadro che ha avuto come capofila il CIOFS/FP di Cesano Maderno, gli apprendisti minorenni sono stati individuati direttamente dalla Provincia di Milano, attraverso la piattaforma informatica. In relazione alla ripartizione per i 13 bacini territoriali dei Centri per l’impiego, la Provincia ha provveduto a inviare alle aziende un modulo precompilato per l’iscri- zione all’intervento formativo e ha poi fornito al CIOFS/FP di Cesano Maderno, in quanto ente capofila, l’elenco delle aziende contattate. Le aziende dovevano poi provvedere a recapitare via fax lo stesso modulo al capofila ATS. In caso di mancata ricezione delle relative schede, le aziende inadempienti sono state contattate telefonicamente direttamente dal CIOFS/FP di Cesano Maderno. 9.6. Caratteristiche degli apprendisti partecipanti Le indagini realizzate a livello territoriale evidenziano che l’utenza dei per- corsi in diritto-dovere in apprendistato è caratterizzata, per la maggior parte, da soggetti deboli, che hanno abbandonato precocemente i percorsi scolastici spesso in seguito ad esperienze di insuccesso; generalmente si tratta di adolescenti inseriti in contesti che vivono un forte disagio sociale e, a volte, familiare. 79 Pertanto, questi giovani entrano nel mercato del lavoro spesso alla ricerca di una forma di riscatto che consenta loro di vivere un’esperienza di successo. Al con- trario, tutto ciò che può ricordare il rientro in una situazione scolastica di tipo tradi- zionale viene facilmente rifiutato, proprio per la paura che le esperienze negative del passato vengano a ripetersi. La formazione esterna per l’apprendistato si trova quindi a dover rispondere ad una serie di domande molto articolate e variegate: da un lato l’esigenza di accre- scere le competenze di questi giovani, per consentire loro di affrontare meglio le successive esperienze professionali grazie ad un bagaglio più ricco di competenze e anche perché le imprese possano verificare l’efficacia della formazione, dall’altro di dover superare la difficoltà iniziale di instaurare una relazione positiva con questi giovani e quindi consentire di sviluppare un sistema di azioni formative coerenti con i bisogni di questa area giovanile molto eterogenea sul piano psico- logico, che affronta “un obbligo formativo” non scelto e che generalmente presenta modesti livelli di istruzione di base con carenza di motivazione e risorse personali non sempre adeguate. Nell’esperienza realizzata dall’ATS che fa capo al CIOFS/FP di Cesano Ma- derno, gli adolescenti coinvolti presentavano un’età compresa tra i 15 e i 18 anni compiuti ad attività corsuale avviata. Il livello di istruzione della totalità degli iscritti era attestato al raggiungimento della licenza di scuola secondaria inferiore, con la frequente presenza di ragazzi che avevano abbandonato corsi di formazione professionale a fine anno o con interruzione in corso d’anno. Degli otto partecipanti all’Azione svoltasi presso il centro di Cesano Maderno, tre corsiste presentavano anomalie di profilo: una era maggiorenne, una risultava già in possesso di qualifica professionale e una frequentava un Centro di Forma- zione accreditato per l’assolvimento del diritto-dovere. Conseguentemente, per queste tre apprendiste è stato necessario prevedere una riduzione del monte ore da 240 a 120 ore, scontando loro le ore dedicate ai moduli aggiuntivi necessari per l’assolvimento del diritto-dovere. Sia nel caso dell’azione di Cesano Maderno che nel caso delle azioni degli altri centri in ATS gli apprendisti provenivano generalmente da aziende o attività com- merciali a carattere famigliare. Nel caso dell’attività corsuale svolta dal CNOS-FAP di Sesto San Giovanni, i ragazzi, contattati e selezionati direttamente dalla provincia, erano 10. Due di questi però hanno compiuto il diciottesimo anno di età prima dell’inizio del corso e non hanno potuto partecipare. Altri due hanno cambiato settore lavorativo prima dell’avvio dell’intervento. Per cui il corso è partito con sei allievi e solo quattro hanno partecipato a più dell’80% del corso. Per questi quattro alunni il corso è risultato valido, visto che la regolamentazione regionale, in linea con quella nazio- nale, prevede tale partecipazione minima. I partecipanti erano apprendisti minorenni che non avevano assolto l’obbligo formativo ed erano in possesso della sola licenza media. 80 Nonostante il corso attivato fosse inerente al settore meccanico, i ragazzi partecipanti sono stati scelti in base al loro contratto nel settore metal-meccanico: sono quindi arrivati ragazzi da svariati settori: meccanico, termotecnica, idraulico. Tutti però si trovavano ad abitare o a lavorare in un raggio di massimo 30 chilo- metri dal complesso scolastico. Il numero di apprendisti iscritti ad ogni azione prevista nell’ambito del pro- getto quadro è stato, nella maggior parte dei casi, molto esiguo, nonostante le inte- grazioni avvenute nei primi mesi di avvio del progetto. Ciò deriva dalle consistenti dimissioni, dai passaggi di qualifica o dal raggiungimento della maggior età prima dell’avvio delle Azioni da parte dei corsisti. Inoltre, per gli apprendisti minorenni, le distanze dai Centri Professionali hanno causato notevoli difficoltà nel raggiungi- mento delle sedi dei corsi e, a volte, la rinuncia al corso stesso. Dopo l’avvio delle attività non si sono verificate defezioni significative. Non sono state ancora avviate esperienze di seconde o terze annualità con uno stesso gruppo di apprendisti. 9.7. Relazioni con i tutor aziendali e formazione loro dedicata In generale le azioni dedicate ai tutor aziendali sono state realizzate prima del- l’avvio degli interventi formativi per gli apprendisti. In alcune azioni per i tutor si è dedicato un congruo tempo alla progettazione condivisa del programma da effettuare nelle ore di laboratorio professionalizzante del corso per gli apprendisti, nel caso in cui questi provenivano da uno stesso settore: ciò ha permesso di avvicinarsi maggiormente alle esigenze dell’azienda e finalizzare in maniera più efficace la formazione. Da parte di molti partecipanti il corso per i tutor è parso una buona occasione per sensibilizzare le aziende verso le azioni corsuali per apprendisti, azioni che non sempre risultano gradite, molto spesso anche a causa della scarsa conoscenza della normativa che regola l’apprendistato. In generale i contatti con le aziende sono stati rari e a cura dei singoli centri. Non è possibile parlare di una sinergia tra azienda e Centro di formazione se non in relazione alla progettazione dei percorsi professionalizzanti laboratoriali durante alcuni corsi tutor o alla stesura della scelta dei percorsi a catalogo. 9.8. Modalità e strumenti di monitoraggio e verifica degli apprendimenti e/o di altre variabili Le azioni dei diversi centri ATS hanno previsto una valutazione delle cono- scenze iniziali e finali, in relazione a quanto previsto in fase di progettazione e secondo le modulistiche previste da Sistemi Qualità dei singoli centri. Nella mag- gioranza delle azioni, compatibilmente con la presentazione dei test da parte della Provincia, è stato possibile somministrare le prove di valutazione finale predisposte dall’ISFOL e dall’INVALSI per la verifica dei livelli acquisiti in relazione alle aree matematica e di lingua italiana. 81 Non è stato possibile valutare le competenze linguistiche secondo gli standards internazionali, come previsto in fase di progettazione, a causa del livello dell’uten- za non compatibile con quelli proposti. In relazione all’azione realizzata presso il CIOFS/FP di Cesano Maderno, per verificare le conoscenze e competenze in entrata degli allievi sono state sommini- strate delle prove di ingresso per le materie di Comunicazione, Lingua inglese e Informatica secondo il modello del sistema qualità in adozione presso il Centro. Gli insegnamenti, visto l’elevato numero di ore dedicate per ciascuna dal Pro- getto, hanno necessitato di un test in fieri, tenuto più o meno a metà corso. Tale test è indicativo del percorso svolto fino a quel punto e non costituisce una valutazione di competenza, ma è stato considerato nei voti di comportamento e applicazione presenti nella prima parte della Scheda di valutazione finale, pure mutuata dal modello del sistema qualità in adozione. Su tale Scheda sono stati inoltre riportati i risultati dei test finali previsti per gli insegnamenti di: Comunicazione, Lingua inglese, Informatica, Legislazione, Organizzazione, Economia aziendale. Schematicamente la valutazione degli apprendisti all’interno dell’azione è stata raccolta nei seguenti momenti: – Iniziale: Test di ingresso previsto per le discipline di: Comunicazione, Lingua inglese, Informatica Scheda di valutazione ex ante – In itinere: Test senza valutazione per le discipline di: Comunicazione, Lingua inglese, Informatica A circa metà del corso – Finale: Test finali per le discipline di: Comunicazione, Lingua inglese, Informatica, Legislazione, Economia aziendale, Organizzazione Scheda di valutazione finale Questionario di reazione partecipanti (modulistica Provincia di Milano). Tutti gli apprendisti hanno conseguito un risultato sufficiente nell’ambito della verifica delle conoscenze disciplinari acquisite nei singoli corsi. Inoltre, nei centri che hanno erogato le prove ISFOL-INVALSI i risultati hanno mostrato livelli molto elevati di acquisizione delle competenze linguistiche e matematiche. 9.9. Valutazioni finali sull’efficacia dell’intervento rispetto agli utenti L’associazione temporanea che ha gestito il progetto per gli apprendisti in ob- bligo formativo ha organizzato un’assemblea di verifica con tutti le strutture forma- tive per favorire il confronto sui risultati dell’azione. Da tale incontro sono emerse delle valutazioni finali condivise sull’impostazione del progetto, sull’andamento dell’esperienza, sui punti di forza e di debolezza. 82 In generale, come valutazione complessiva si rileva che i corsi dedicati al settore legno e meccanico non hanno presentato difficoltà, in quanto già consolidati su una esperienza precedente pluriennale. Innovativi e talvolta problematici nelle materie professionalizzanti sono, invece, risultati i corsi dedicati al settore misto, per i quali è stato molto complesso individuare un’area professionalizzante comune. La soluzione maggiormente adottata e gradita dall’aula è stata l’elabora- zione di Unità Formative finalizzate alla realizzazione di un prodotto del proprio settore, spesso legato all’azienda di provenienza: ciò ha talvolta comportato uno scostamento rispetto al Progetto. Nella gestione degli interventi e in particolare nel presidio dell’aula alcuni centri hanno segnalato una grave difficoltà nel controllo disciplinare degli appren- disti minorenni, specie nell’ambito delle attività per il settore meccanico; in questi casi, il tentativo di giungere ad una soluzione con l’intervento dei tutor aziendali e delle aziende ha peggiorato la situazione. Più in generale tutti i centri dell’ATS lamentano la carenza di una precisa prassi per il contenimento disciplinare: per- tanto, si è chiesto alla Provincia di farsi carico del problema e di individuare pro- cessi efficaci da attuare laddove gli strumenti di dialogo tra CFP e azienda risultino inefficaci. Fra i punti di forza dell’esperienza, i centri hanno segnalato l’interesse riscosso dalle materie trasversali, specialmente in quelle azioni in cui si sono tenuti i corsi dedicati al settore misto. Inoltre, alcuni centri hanno riscontrato una buona sinergia nel rapporto scuola-apprendista-tutor-azienda: ciò ha permesso di aumentare la motivazione al corso e consolidare la presenza significativa del CFP sul territorio. Nonostante la difficoltà organizzativa la modalità a catalogo è stata partico- larmente apprezzata da apprendisti e da aziende per la sua flessibilità temporale e culturale. La principale debolezza degli interventi realizzati è stata invece individuata nella mancanza di una specifica finalizzazione professionale e culturale, con partico- lare riferimento alle ore di recupero DDIF. Chi “è fuggito” dalla scuola secondaria superiore, non gradisce un ritorno, manifestando spesso il suo disagio a livello disci- plinare. La tutor del corso, dai questionari di verifica distribuiti agli apprendisti ha rac- colto elementi di soddisfazione per i risultati ottenuti. Un elemento che ha raffor- zato i risultati positivi è stato «l’ottimo rapporto che si è creato tra partecipanti e formatori, l’organizzazione del percorso formativo, anche per i contenuti che hanno risposto ad un’esigenza immediata o anche futura dei corsisti». In altre parole, il corso «formazione straordinaria per apprendisti» nei suoi due moduli, trasversale e professionalizzante, ha manifestato la positività della formazione in alternanza attraverso l’apprendistato. In generale è possibile affermare che nella totalità dei casi non ci sono state ricadute dei corsi per apprendisti in termini di rientri nei percorsi scolastici. Unici sporadici casi isolati si sono verificati presso il centro CNOS-FAP di Sesto San Giovanni per il settore meccanico. 83 È stato concordato da tutti i centri dell’ATS che i corsi di apprendistato costi- tuiscono un’occasione fondamentale di promozione e collaborazione dei centri di formazione con il territorio e con le aziende operanti su di esso. 10. Il caso Veneto: la Federazione CNOS-FAP Veneto e il Centro di Schio 10.1. Presentazione della struttura La Federazione CNOS-FAP Veneto è un’associazione sorta nel 1988 per coor- dinare le attività salesiane della Regione e promuovere un servizio di pubblico inte- resse nel campo dell’orientamento, della formazione e dell’aggiornamento profes- sionale. Essa è presente in Veneto attraverso le sue sedi di Mestre, San Donà di Piave, Verona, Este, Schio, Bardolino, Sant’Ambrogio. L’associazione è attiva, direttamente e attraverso i propri soci, in una pluralità di ambiti formativi: – formazione iniziale; – formazione superiore, – formazione specifica per il settore industriale e terziario; – apprendistato; – attività di formazione continua con particolare attenzione alla formazione a distanza e alle nuove metodologie di comunicazione. Inoltre, l’Associazione promuove e partecipa a progetti specifici di carattere transnazionale, con partner dell’Unione europea. Il CNOS-FAP Veneto persegue con attenzione il raggiungimento della qualità dell’intervento formativo, ponendo attenzione non solo all’intervento sul prodotto, ma soprattutto all’intervento sulla formazione della persona nella sua interezza; sono le persone i soggetti strategici per lo sviluppo, che è imperniato sulla centra- lità delle risorse umane. Nel curare la qualità, l’Ente pone particolare cura non solo alla qualità della docenza, ma soprattutto al processo di supporto e tutoraggio. Per mantenere alti i suoi standard formativi, l’Ente attua ogni anno corsi estivi per il personale impe- gnato negli interventi. Il CNOS-FAP è accreditato presso la Regione Veneto negli ambiti dell’obbligo formativo, della formazione continua e della formazione superiore. 10.2. Il contesto territoriale dell’offerta formativa per l’apprendistato Nel quadro della diffusione dell’occupazione in apprendistato sul territorio nazionale, il Veneto conta un numero molto elevato di apprendisti, secondo solo a quello della Lombardia. Su un totale di circa 570.000 apprendisti registrati nel 2005, sul territorio veneto ne sono occupati circa 80.000. 84 L’amministrazione regionale si è sempre distinta nel panorama nazionale per l’attenzione portata a tale segmento del sistema formativo, operando con conti- nuità nella costruzione di un sistema di offerta formativa. La Regione opera attra- verso la definizione di Direttive annuali, che sono documenti di programmazione che esplicitano le linee guida rispetto alle quali dovrà strutturarsi il sistema forma- tivo per l’apprendistato nell’anno di riferimento. Tali Direttive si caratterizzano per essere documenti molto ampi, dal momento che contengono indicazioni sulle modalità di attuazione dell’intero processo formativo; ogni argomento è approfon- dito con dettaglio e molti aspetti tecnici vengono identificati a livello centrale re- gionale, generalmente in esito ad un processo di sperimentazione attuato nell’anno precedente. È la stessa Regione che, in seguito alle Direttive, emana i bandi per l’individuazione dei soggetti attuatori, mentre è affidata alle Province la gestione degli interventi. Pertanto, si può sicuramente affermare che sul segmento apprendistato il pre- sidio della regione è molto forte, come risulterà chiaro dalle pagine successive che necessariamente dovranno fare ampio riferimento ai documenti di indirizzo regio- nali per consentire la comprensione del sistema formativo per l’apprendistato terri- toriale. Per il supporto degli interventi per gli apprendisti la Regione ha scelto di uti- lizzare solo le risorse messe a disposizione annualmente dal Ministero del lavoro, che consentono di coinvolgere in attività formative solo una quota di giovani occu- pati che non raggiunge il 30%. Il modello regionale di intervento sull’apprendistato si è evoluto nel corso degli anni, anche sulla scia delle modifiche intervenute sulla scena nazionale. Come denominatore costante di questi anni si è tuttavia mantenuto un approccio omogeneo all’utenza degli apprendisti, a prescindere dalla loro età; pertanto, le mo- dalità di intervento per gli apprendisti maggiorenni non differiscono da quelle per i minori in obbligo formativo. Sul segmento specifico dei minori in apprendistato, la Regione ha proposto con continuità un’offerta formativa in risposta ad una presenza di apprendisti che, nonostante il calo registrato progressivamente dal 2000, conta ancora circa 9.000 contratti. Guardando i numeri della presenza dei minori in apprendistato nei diversi territori, si potrebbe dire che Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna rimangono come roccaforti a difesa dell’esistenza di tale opzione per i minori che assolvono il diritto-dovere di istruzione e formazione fino a 18 anni, visto che insieme le tre Regioni contano 30.000 dei circa 50.000 apprendisti 15-17enni presenti in Italia. In virtù di tale presenza ampia di minori, la Regione ha sempre fatto la scelta di indirizzare le risorse disponibili con priorità al finanziamento delle attività for- mative per i ragazzi 15-17enni assunti come apprendisti. In attuazione della riforma operata dal decreto legislativo n. 276/03, la Regione è stata fra le prime amministrazioni ad aver definito una regolamentazione dell’ap- prendistato professionalizzante, che quindi è divenuto operativo dallo scorso aprile 85 2005. Tale regolamentazione si applica a tutti quei settori per i quali il contratto collettivo nazionale è stato rinnovato, definendo una nuova disciplina dell’appren- distato professionalizzante. La regolamentazione dell’apprendistato professionalizzante è stata varata per via amministrativa, ovvero con atti di Giunta e poi dirigenziali emanati sulla base di un accordo sottoscritto da quasi tutte le organizzazioni territoriali di rappresen- tanza dei datori di lavoro e dei lavoratori. La legge regionale che darà certezza al quadro normativo è in discussione presso il Consiglio regionale; nella bozza appro- vata dalla Giunta, il disegno di legge contiene un solo articolo dedicato all’appren- distato per il conseguimento del diritto-dovere che rinvia a successivi atti limitan- dosi a sottolineare il principio generale di costruire un’offerta formativa per questa utenza promuovendo l’integrazione con il sistema di istruzione e formazione. Come anticipato, la regolamentazione dell’apprendistato professionalizzante da parte della Regione apre una fase transitoria in cui di fatto convivono più tipo- logie di apprendistato: quelle definite dal decreto legislativo n. 276/03 – ovvero l’apprendistato professionalizzante e quello per il conseguimento di un diploma o per titoli di alta formazione 7 – e lo strumento contrattuale come definito dalla legge n. 196/97. In particolare, pressoché tutti i minori assunti in apprendistato sono inse- riti nel quadro della legge Treu e quindi hanno un obbligo formativo corrispondente a 240 ore annue; solo alcuni diciassettenni potrebbero essere inseriti con contratto di apprendistato professionalizzante, nel caso abbiano già conseguito una qualifica di primo livello. La definizione del nuovo sistema di offerta formativa in seguito alla regola- mentazione dell’apprendistato professionalizzante è stata operata all’insegna della continuità con quanto precedentemente sperimentato, tanto più che si è voluto sal- vaguardare l’unitarietà del sistema a prescindere dalla tipologia di contratto di ap- prendistato di riferimento. Allo stesso modo è stato salvaguardato il principio per il quale l’offerta per gli apprendisti minori è assolutamente integrata nel sistema com- plessivo. Infatti, per gli apprendisti assunti con il precedente contratto di apprendistato ex l. 196/97 rimane obbligatoria la partecipazione ad interventi di formazione esterna della durata di almeno 120 ore annue; per i minori si aggiunge un modulo di ulteriori 120 ore annue, da realizzarsi comunque all’esterno dell’impresa. Per gli apprendisti assunti con il contratto professionalizzante definito dal d.lgs. 276/03 rimane un impegno di formazione formale pari ad almeno 120 ore annue; è stato però introdotto e disciplinato il concetto di capacità formativa: le aziende che possiedono i requisiti di capacità formativa possono realizzare tutta o parte della formazione formale al proprio interno. 7 La Regione ha stipulato nel 2004 un Protocollo d’intesa con il Ministero del Lavoro per l’avvio di percorsi per apprendisti finalizzati al conseguimento di titoli di master universitari di I livello; i quattro percorsi finanziati sono stati avviati nel 2005-06, coinvolgendo 45 apprendisti. 86 Nel momento in cui le imprese comunicano ai servizi per l’impiego l’assun- zione di un apprendista con il contratto professionalizzante, dichiarano l’eventuale possesso dei requisiti di capacità formativa che sono distinti in relazione alla tipo- logia di contenuti da erogare: – per i contenuti professionalizzanti la capacità formativa fa riferimento alla dis- ponibilità in impresa di soggetti con competenze relative alla progettazione, alle caratteristiche del tutor aziendale e ai locali in cui si svolge la formazione; – per i contenuti di base e trasversale la capacità formativa è valutata in rela- zione al grado di strutturazione dell’azienda, alla dimensione della formazione erogata per i propri dipendenti negli anni precedenti, alla presenza di una certi- ficazione del sistema qualità e di un piano di formazione del personale. In questi casi l’azienda si assume la responsabilità – e il conseguente onere finanziario – di realizzare all’interno tutto o parte del percorso di formazione formale. Attualmente il sistema formativo regionale per l’apprendistato prevede tre tipologie di interventi: – azioni di accompagnamento alla scelta individuale; – erogazione di moduli di formazione formale esterna; – moduli di formazione formale realizzati all’interno delle imprese che possie- dono requisiti di capacità formativa. Le azioni di accompagnamento alla scelta individuale sono state introdotte già con la Direttiva per il 2005, con un duplice obiettivo: – permettere una maggiore personalizzazione dei percorsi formativi e un colle- gamento più stretto al contesto delle imprese di appartenenza; – consentire al soggetto di acquisire competenze certificabili e riconoscibili, anche in funzione di finalità che vanno al di là di un uso strettamente interno all’impresa. Infatti, in relazione ad una offerta di formazione esterna che si è caratterizzata per essere impostata su un modello “a catalogo”, si voleva da un lato indirizzare la scelta dei moduli formulata dagli apprendisti in modo da favorire una maggiore rispondenza alle esigenze individuali e ai bisogni dell’impresa, dall’altro lato si vo- leva assicurare l’acquisizione di competenze “certificabili” e spendibili all’interno delle specifiche imprese e rispetto ad un settore di riferimento. Data la disponibilità limitata di risorse solo una quota di apprendisti, indivi- duata per estrazione, entra nel sistema dell’offerta regionale. Pertanto, ogni appren- dista che viene selezionato per partecipare all’offerta formativa pubblica ha a disposizione due voucher: 87 – un voucher per l’accompagnamento, spendibile per accedere ai servizi di accompagnamento alla scelta individuale finalizzati alla costruzione dei piani formativi individuali e di dettaglio. Infatti, già prima della regolamentazione dell’apprendistato professionalizzante la Regione ha introdotto lo strumento del piano formativo individuale, da comporre con il supporto di soggetti quali- ficati a partire dal catalogo dell’offerta provinciale. Con la regolamentazione del d.lgs. 276/03, al piano formativo individuale che viene allegato al contratto di assunzione dell’apprendista e che quindi non può che avere un ampio grado di genericità si aggiunge il piano di dettaglio, che riprende la funzione di com- posizione del percorso formativo del singolo apprendista attraverso l’indivi- duazione dei moduli da frequentare nell’ambito del Catalogo provinciale. Il voucher dà diritto alla partecipazione ad un colloquio orientativo della durata di due, svolto preliminarmente all’avvio del percorso formativo, al quale è chiamato ad intervenire anche il tutor aziendale. Le modalità di realizzazione di tale colloquio saranno meglio precisate nel seguito. Comunque, l’appren- dista può scegliere, nell’ambito del proprio settore di riferimento, di frequen- tare i moduli professionalizzanti predisposti per un gruppo di qualifica diverso rispetto al gruppo di qualifica di propria appartenenza. Nel caso in cui l’ap- prendista non trovi rispondenza ai propri fabbisogni formativi all’interno del proprio settore di riferimento, può, in accordo con il Soggetto attuatore inizial- mente individuato, frequentare un’attività formativa erogata nell’ambito di un settore diverso; – un voucher formativo, composto da più buoni (uno per ogni singolo modulo), spendibile presso i soggetti attuatori accreditati che erogano le attività forma- tive su finanziamento della Regione. Ogni buono porterà all’acquisizione delle competenze individuate in sede di presentazione dell’offerta formativa. L’offerta formativa erogata dal sistema formativo regionale è strutturata in due macropercorsi formativi differenziati in base al target di utenza: – in diritto-dovere di istruzione e formazione; – non in diritto-dovere di istruzione e formazione. Ogni macropercorso è articolato in moduli formativi e ogni modulo si com- pone di due unità formative capitalizzabili (UFC) di pari durata. Pertanto, le strut- ture che erogano la formazione esterna hanno preventivamente progettato un certo numero di moduli, costruiti in modo da assicurare l’identificazione delle compe- tenze di cui è prevista l’acquisizione per ogni Unità formativa. La partecipazione per almeno l’80% delle ore previste per la singola unità formativa capitalizzabile porterà all’acquisizione dei crediti formativi spendibili nella formazione di recu- pero in relazione alla condizione di ingresso dell’apprendista. Il macropercorso annuale per gli apprendisti maggiorenni, si articola in due moduli: 88 a) modulo per l’acquisizione delle competenze trasversali come definite dal DM n. 179/99 di durata pari a 48 ore annue; b) modulo per l’acquisizione delle competenze tecnico-professionali della durata di 70 ore. Per gli apprendisti assunti in industria del settore metalmeccanico e della installazione di impianti è previsto un ulteriore modulo professionalizzante della durata di 40 ore al fine di consentire l’assolvimento dell’obbligo di formazione che nel contratto collettivo nazionale è stato determinato in 160 ore per il primo anno. La progettazione dei moduli professionalizzanti è stata fatta dai soggetti accre- ditati ad erogare la formazione esterna sulla base delle seguenti indicazioni: – l’articolazione delle professionalità esistenti in apprendistato in 4 macro-settori (artigianato, industria, edilizia, commercio-turismo-servizi), a loro volta artico- lati in 33 gruppi di qualifiche omogenee; – riferimento ai documenti elaborati dalla Commissione nazionale sui contenuti, costituita ai sensi del DM 179/99, per quanto riguarda la progettazione dei moduli professionalizzanti per i settori metalmeccanico, edile, tessile-abbiglia- mento-calzature, terziario e turismo. Per ogni gruppo di qualifica, la Regione ha previsto che venissero progettati almeno quattro moduli professionalizzanti (indicativamente due per ogni livello - base e avanzato). Per la progettazione dei moduli professionalizzanti è stato adot- tato il modello della Unità Formativa capitalizzabile a complessità progressiva. I macropercorsi per gli apprendisti in diritto-dovere aggiungono a quanto pre- visto per i maggiorenni un ulteriore modulo finalizzato all’acquisizione delle com- petenze di base della durata di 120 ore. Il riferimento per la progettazione di tale modulo sono i contenuti e gli standard previsti dal Decreto Interministeriale n. 152/01, articolati nelle seguenti aree: competenze linguistiche di lingua italiana e di una lingua straniera; competenze matematiche; competenze informatiche; orientamento professionale ed elementi di cittadinanza attiva. Il prospetto che segue evidenzia l’articolazione in moduli dei percorsi forma- tivi e il valore del voucher assegnabile per ciascun modulo: Durata oraria del percorso e dei moduli (escluso il modulo di orientamento della durata di due ore) 89 Valore in Euro del voucher formativo e dei relativi buoni Per ogni modulo, la Direttiva regionale ha precisato un insieme di standard minimi di cui tener conto nella progettazione, articolati in finalità, aree di conte- nuto, durata minima. Si riporta di seguito l’insieme degli standard minimi per la realizzazione della formazione formale esterna: La programmazione delle attività previste dalla Direttiva per il 2005 riguarda solamente il primo anno di attività formativa; per cui possono essere selezionati per partecipare tutti gli apprendisti occupati sul territorio Veneto che non abbiano già svolte, nell’ambito di altra programmazione regionale, le attività formative relative al primo anno di formazione. 90 Per quanto riguarda le annualità successive alla prima, la Regione ha attivato solo nel 2003 e in forma sperimentale una programmazione relativa alle seconde attività. 10.3. Esperienza della struttura sulla formazione in apprendistato La Federazione CNOS-FAP Veneto vanta una lunga esperienza in relazione alla erogazione di interventi per apprendisti in generale e in particolare per appren- disti in obbligo formativo; infatti, essa opera nell’ambito dell’apprendistato già dal 1999, nel quadro della realizzazione degli allora progetti sperimentali promossi dal Ministero del lavoro. In linea con lo spirito originario della presenza salesiana, il CNOS-FAP Veneto ha subito risposto ai bandi regionali sperimentali sull’apprendi- stato, insieme agli altri enti di formazione regionali e con le Associazioni dell’Arti- gianato e del Commercio. Infatti, sul modello dell’articolazione degli apprendisti occupati in macroset- tori e gruppi di qualifica è stato costruito anche il sistema dell’offerta; per cui la Regione ha di volta in volta messo a bando l’affidamento complessivo delle attività rivolte ad apprendisti in uno dei quattro macrosettori: il soggetto attuatore deve assicurare la formazione e i servizi formativi previsti per tutti gli apprendisti del settore e su tutto il territorio regionale. Pertanto, la Federazione CNOS-FAP Veneto ha scelto come proprio ambito di attività i macrosettori dell’artigianato e del Com- mercio ed ha quindi costruito le proposte e poi operato in partnership con le rela- tive Associazioni di rappresentanza. Nell’anno 2001 la Federazione ha partecipato, con le ATI FAT e ARAV, alla realizzazione di corsi in apprendistato per i macrosettori del commercio e dell’arti- gianato per gli apprendisti maggiorenni. Nell’anno 2002 la Federazione si è presentata come ente capofila per la realiz- zazione di corsi per apprendisti in obbligo formativo; sono stati erogati 6 corsi spe- rimentali con formazione a distanza e 17 corsi nel settore delle costruzioni dedicati agli apprendisti in obbligo formativo. Inoltre con un diverso raggruppamento ha partecipato come erogatore alla realizzazione di altri 4 corsi sempre per gli appren- disti in obbligo formativo. 91 Nel 2004 la Federazione, in partecipazione con gli enti di FORMA Veneto, ha erogato 9 corsi di apprendistato in obbligo formativo e un corso per i maggiorenni. Nel 2005 ha partecipato al bando per la realizzazione dei corsi attualmente in via di svolgimento, che si concluderanno nel giugno 2007. 10.4. Il modello formativo regionale Il modello formativo e i percorsi attualmente in via di erogazione sono realiz- zati nel quadro delle indicazioni contenute nella Direttiva per il 2005 e promosse in esito ad un bando emanato nel 2004. La progettazione del modello organizzativo del sistema su base modulare ha consentito un facile riadattamento di tale sistema in seguito alla regolamentazione del nuovo contratto di apprendistato professiona- lizzante. La Federazione CNOS-FAP Veneto ha presentato un progetto quadro per erogare la formazione per gli apprendisti in obbligo formativo del macrosettore commercio, turismo e servizi, attraverso una ATI di cui è capofila. Vista la neces- sità di assicurare il servizio su tutto il territorio regionale, la Federazione par- tecipa alla realizzazione del progetto con tutte le sedi presenti in Regioni. Inoltre, fanno parte dell’ATI altre strutture formative venete, quali: ENAIP Veneto, FICIAP Veneto, IAL Veneto, CIOFS/FP Veneto, CIF Opere Assistenziali, Istituto Don Calabria. I percorsi formativi sono stati progettati sulla base di quanto richiesto dal bando regionale che specificava il numero presunto di apprendisti da coinvolgere negli interventi distinto per macrosettori, per territorio provinciale e per tipologia di utenza: apprendisti in obbligo formativo ed extra-obbligo. Alla progettazione degli interventi per gli apprendisti in obbligo formativo hanno concorso tutti gli enti associati a Forma Veneto che hanno definito, attra- verso un lavoro di équipe, sia la progettazione generale dei moduli di base e tra- sversali, sia collegialmente tutti i moduli professionalizzanti. Gli enti hanno quindi operato sempre in collaborazione, a prescindere dalla collocazione e dal ruolo nelle diverse ATI costituite. Per lo svolgimento delle attività di accompagnamento alla scelta individuale al fine di pervenire alla costruzione del piano formativo individuale, l’ATI ha stipulato un accordo di cooperazione con 13 soggetti territoriali espressione della bilateralità nell’ambito del macrosettore Commercio, Turismo e Servizi. Si tratta degli enti bilaterali regionali e provinciali associati al sistema Confcommercio o Confesercenti. Tali soggetti potranno gestire il colloquio preliminare della durata di circa 2 ore, svolto con l’apprendista e la partecipazione del tutor aziendale, in esisto al quale vengono individuati i moduli che comporranno il percorso formativo indi- viduale e viene tracciata una mappa delle conoscenze/competenze possedute dal- l’apprendista in relazione a quelle di cui è prevista l’acquisizione nell’ambito dei moduli scelti. 92 10.5. Struttura progettuale e articolazione del percorso L’Associazione ha presentato un progetto per la formazione esterna degli apprendisti in obbligo formativo del settore commercio, turismo e servizi. Preliminarmente, nell’ambito della Direttiva, la Regione aveva proceduto ad un’analisi di dettaglio dell’occupazione in apprendistato nei diversi macrosettori e rispetto alle due tipologie di utenza; da tale analisi risultava la possibilità di attivare almeno 18 gruppi classe per apprendisti in obbligo formativo variamente distribuiti nelle sette province venete anche in relazione al gruppo di qualifica. Pertanto, la Direttiva regionale segnalava il seguente quadro della domanda di formazione, o almeno di quella rispetto alla quale si riteneva possibile programmare l’offerta con- siderando la disponibilità limitata di risorse da distribuire su un ampio ventaglio di settori e gruppi di qualifica: Commercio, Turismo e Servizi Sulla base di tali indicazioni l’ATI con capofila la Federazione CNOS FAP Veneto ha risposto definendo una proposta progettuale articolata in 30 moduli formativi. Come richiesto dal bando regionale, i moduli riguardano le diverse tipologie di segmenti formativi del percorso: modulo di base, modulo trasversale e modulo professionalizzante. Manca il modulo aggiuntivo di 40 ore che è previsto solo per gli apprendisti delle imprese industriali del settore metalmeccanico e della instal- lazione di impianti. Per l’erogazione del modulo base e del modulo trasversale, in considerazione del fatto che si tratta di giovani minori che quindi hanno abbandonato precoce- mente i percorsi di istruzione e formazione, è stata messa a punto una sola proposta progettuale da applicare a tutti gli apprendisti del settore su tutto il territorio regio- nale. Per quanto riguarda invece i moduli professionalizzanti, questi sono stati pro- gettati in relazione ai gruppi di qualifica del macrosettore Commercio Turismo e Servizi individuati nella proposta regionale, con l’aggiunta del gruppo “Impiegati nella gestione stock”. Per ogni gruppo di qualifica, sono stati progettati quattro moduli professiona- lizzanti: due di livello base e due di livello avanzato. La Direttiva regionale ha fornito precise indicazioni in merito alla struttura- zione dei moduli. 93 In primo luogo ogni modulo deve far riferimento alle aree di contenuto indivi- duate come standard minimo, che fanno riferimento a quanto previsto dai Decreti ministeriali n. 179/99, n. 152/2001 e dai documenti elaborati dalla Commissione nazionale di lavoro sui contenuti professionalizzanti costituita ai sensi del DM 179/99. Ogni modulo deve essere articolato in due Unità Formative Capitalizzabili di pari durata. Ad ogni UFC devono essere associati dei contenuti specifici e deve prevedere l’acquisizione di un massimo di 10 competenze. Le aree di contenuto e le relative competenze da acquisire devono essere chiaramente identificate e ricon- ducibili in modo univoco alla singola unità formativa capitalizzabile. È questo un prerequisito di sistema introdotto per consentire le certificabilità delle competenze acquisite e la possibilità di riconoscimento di crediti. A titolo esemplificativo, il bando emanato dalla Regione per l’attuazione degli interventi previsti nel quadro della Direttiva per il 2005 conteneva un prototipo esemplificativo delle modalità di progettazione del modulo. Inoltre, la progetta- zione doveva tener conto degli standard minimi individuati in termini di finalità, aree di contenuto e durata minima individuati sempre dalla Regione. Pertanto, nell’ambito del progetto è stato progettato un modulo per l’acquisi- zione delle competenze di base come definite dal Decreto Interministeriale n. 152/ 01, che è finalizzato alle 120 ore dei moduli aggiuntivi per gli apprendisti minori. Tale modulo, intitolato “Lingua italiana, straniera, cittadinanza attiva, matema- tica, informatica”, è finalizzato ad elevare le competenze di base e il livello cultu- rale per un più efficace inserimento nel mondo del lavoro e favorire eventuali pas- saggi nella filiera della Istruzione Tecnica Superiore Le due Unità formative che lo compongono, ognuna della durata di 60 ore, sono finalizzate rispettivamente alle seguenti aree di contenuto: I UFC: Lingua italiana, straniera e orientamento professionale; II UFC: Matematica e Informatica. Per ogni UFC, il prototipo definito dalla Direttiva regionale prevede di indi- viduare un set di al massimo 15 contenuti specifici, che consentono di acquisire un insieme di al massimo 10 competenze. Si riporta nel seguito la progettazione delle due Unità del modulo base, come articolate in contenuti specifici e compe- tenze. Nell’ambito della progettazione del modulo sono inserite anche indicazioni sulle metodologie didattiche da utilizzare. Infatti, nella Direttiva regionale è sottoli- neato il ruolo che le metodologie didattiche alternative alla didattica frontale d’aula possono avere per facilitare il coinvolgimento e la motivazione degli apprendisti, in particolare quando sono soggetti minorenni. Per questa ragione la Regione aveva individuato fra gli standard formativi un indicatore che prevedeva un utilizzo della didattica frontale non superiore al 60% e aveva anche introdotto un criterio pre- miante ai fini della valutazione delle proposte progettuali pervenute in relazione proprio al maggior utilizzo di tali metodologie alternative. 94 Modulo di base: Lingua italiana, straniera, cittadinanza attiva, matematica, informatica 95 Nell’ambito del Modulo base, si prevede di erogare 60 ore con metodologie alternative, che consistono in esercitazioni di gruppo (40 ore), per facilitare la capacità di esercitare tecniche di ascolto e di esposizione, la comprensione del messaggio ricevuto, rispondere in modo coerente, facilitare l’assunzione delle competenze previste nell’esercitazione informatica relativa al foglio elettronico, e analisi di casi (20 ore), per facilitare il confronto con situazioni e problemi anche in diversi ambiti di esperienza. Infine, il modulo base prevede strumenti di valutazione che consistono in test a risposta multipla, valutazioni dell’esercitazione, elaborati scritti o di materiale. Il Modulo trasversale, della durata di 48 ore, è definito in relazione ai contenuti definiti dal DM n. 179/99; infatti, il Modulo si intitola “Comunicazione, Organizza- zione aziendale, Sicurezza”. Anche tale modulo è articolato in due Unità Formative, ognuna della durata di 24 ore, come risulta dal modello che segue. Modulo trasversale: Comunicazione, organizzazione aziendale, sicurezza Per il modulo trasversale le metodologie alternative alla didattica frontale con- sistono sempre nel ricorso ad esercitazioni e analisi di casi per un totale di 24 ore; gli strumenti di valutazione individuati sono test a risposta multipla, valutazione delle esercitazioni, strumenti di autovalutazione individuale. 96 Lo schema per la progettazione dei moduli professionalizzanti è invariato rispetto a quello dei moduli base e trasversale. Anche per i moduli professiona- lizzanti vengono individuate due UFC per modulo, ognuna di pari durata, che vengono progettate specificando i contenuti da erogare e le competenze da con- seguire. Il bando regionale richiedeva che fossero progettati almeno quattro moduli professionalizzanti per ogni gruppo di qualifica, di cui due di livello base e due di livello avanzato; l’ATI che ha per capofila la Federazione CNOS-FAP Veneto ha quindi progettato complessivamente 28 moduli, quattro per ogni gruppo di qualifica, organizzati in modo da prevedere un’offerta di livello base e di livello avanzato per apprendisti con esperienza professionale minima, ed un altro paio di moduli base e avanzato per apprendistati con esperienza professionale avan- zata. Di seguito si riporta l’elenco dei moduli professionalizzanti progettati. 97 Rispetto ai moduli professionalizzanti cambiano gli standard minimi indivi- duati dalla Regione per l’utilizzo delle metodologie didattiche. Intanto, i gruppi classe sono meno numerosi: è previsto un minimo di 4 apprendisti ed un massimo di 8, mentre negli altri moduli il numero di partecipanti deve essere compreso tra 10 e 15; inoltre, è ammesso il ricorso alla didattica frontale per un massimo del 70% del monte ore previsto; nell’ambito del restante 30% almeno 8 ore devono essere dedicate agli interventi di testimoni esterni, quali professionisti che vengono dal mondo aziendale, sindacale, istituzionale. 98 Nella proposta delineata dall’ATI che fa capo alla Federazione CNOS-FAP Veneto per tutti i moduli professionalizzanti sono previste 56 ore, pari all’80% del monte ore del modulo, dedicate a formazione erogata con modalità diverse dalla didattica frontale. Infatti, 32 ore sono dedicate ad esercitazioni di gruppo, 16 ore all’analisi di casi, 8 ore alle testimonianze. Standard minimi per le metodologie 10.6. Modalità di individuazione degli apprendisti partecipanti all’intervento Le formalità connesse all’assunzione di un‘apprendista vengono espletate attraverso una piattaforma regionale. Le aziende del Veneto comunicano il nomina- tivo dell’apprendista assunto e del suo tutore aziendale al Centro per l’Impiego ove ha luogo la sede di lavoro. Le Province raccolgono tali dati dai rispettivi Centri per l’Impiego e li trasmettono periodicamente all’Agenzia Veneto Lavoro, che gestisce la banca dati regionale. Nel dettaglio, l’iter è il seguente: l’azienda (o, più spesso, il consulente del lavoro) inserisce i dati dell’apprendista assunto in una piattaforma regionale deno- minata “Apprendiveneto”, che è monitorata sia dalle Province che dagli Enti bila- terali. Come previsto dalla nuova normativa sull’apprendistato, al contratto va alle- gato il piano formativo individuale. Il piano formativo individuale è predisposto dall’azienda – o più spesso dal consulente dell’azienda – specificando le modalità di realizzazione del percorso formativo attraverso la scelta dei moduli di interesse. Infatti, l’azienda ha la possibilità di visionare sul sito “Apprendiveneto” il Catalogo dell’offerta formativa regionale per ogni gruppo di qualifica. Dal momento che le risorse per finanziare le attività formative non sono suf- ficienti a coinvolgere l’intera platea di apprendisti esistenti in Regioni, si procede attraverso una selezione che individua l’utenza reale delle attività formative. Tale selezione è affidata alle Province. Infatti, sulla base dei dati disponibili al momento della emanazione della Diret- tiva regionale le risorse sono state ripartite per tipologia di utenza (in obbligo for- 99 mativo/extra-obbligo), per provincia, per gruppo di qualifica; da tale ripartizione è risultata una determinata attribuzione di voucher formativi per provincia e per macrosettore. Le Province selezionano gli apprendisti in relazione ai voucher disponibili e sulla base di alcuni criteri: – gli apprendisti in obbligo formativo vanno comunque selezionati tutti; – per gli apprendisti che hanno assolto l’obbligo di istruzione e formazione sono stati individuati una serie di criteri di priorità secondo l’ordine in cui sono riportati: apprendisti avviati da almeno 4 mesi; apprendisti più giovani; ap- prendisti in possesso di qualifica o diploma o laurea non idoneo all’attività da svolgere; apprendisti in possesso di qualifica o diploma o laurea idoneo all’at- tività da svolgere; un solo apprendista per azienda; altri apprendisti della stessa azienda andranno selezionati soltanto qualora siano già stati selezionati tutti gli altri apprendisti disponibili. Mensilmente gli enti bilaterali preposti e individuati dal bando regionale veri- ficano sulla piattaforma regionale gli apprendisti selezionati per essere coinvolti nelle attività formative, esaminano le anagrafiche e convocano l’apprendista e il tutor aziendale per un colloquio di orientamento. Tale colloquio, che ha una durata di circa 2 ore, ha la finalità di costruire il piano formativo individuale in relazione alle caratteristiche soggettive degli utenti (titolo di studio, età etc.) e di identificare il percorso formativo dell’apprendista all’interno di una “mappa” di percorsi standard possibili. Infatti, gli enti bilaterali nell’ambito del colloquio con l’apprendista cercano di identificare le competenze reali e quelle attese e quindi la destinazione formativa più opportuna; con il tutor aziendale si esaminano in particolare le aspettative dell’azienda in relazione allo sviluppo professionale dell’apprendista. Pertanto, ciascun apprendista viene chia- mato a compilare un questionario di valutazione delle proprie competenze, mentre il tutor aziendale compila lo stesso questionario, con riferimento, però, alle compe- tenze attese. Quindi l’apprendista viene associato ad un percorso formativo, confer- mando o meno la scelta dei moduli formativi compiuta dall’azienda – o più spesso dal commercialista/consulente – al momento dell’assunzione. Nel caso di apprendisti minorenni talvolta partecipa anche un genitore al collo- quio. Il colloquio di accompagnamento alla scelta e alla composizione del percorso formativo da seguire è stato introdotto già con la Direttiva per il 2005, ossia prima che venisse disciplinato l’apprendistato professionalizzante con deliberazione di Giunta regionale del gennaio 2005 (n. 197). Successivamente, in relazione all’in- troduzione del nuovo strumento contrattuale, il colloquio è stato finalizzato alla com- posizione del Piano Formativo Individuale di Dettaglio. Si tratta di uno strumento che intende integrare il Piano formativo allegato già al contratto di assunzione del- l’apprendistato, precisando la scelta dei moduli formativi per singola annualità. 100 Una volta che l’ente bilaterale ha inserito nel portale la scelta degli apprendisti, la provincia ha tempo 15 giorni per fare le sue osservazioni sul piano di dettaglio. Infatti, è attribuito alle Province un compito di verifica della congruità del percorso formativo individuato rispetto al profilo formativo di riferimento, ossia a quell’in- sieme di obiettivi formativi e delle relative aree di contenuto che la Regione ha validato per ciascun gruppo di qualifiche. In caso di esito negativo della verifica di congruità effettuata dalla Provincia, i voucher per la formazione non vengono attivati e l’apprendista non potrà essere in- serito nel gruppo classe. Sarà invece avviato ad un nuovo percorso di orientamento. Per gli apprendisti in diritto-dovere di istruzione e formazione, dal momento che la Regione Veneto ha stabilito di assicurare la formazione a tutti gli apprendisti minorenni, il numero di voucher assegnati è determinato sulla base degli appren- disti effettivamente avviabili ai corsi, escludendo cioè le qualifiche che non presen- tano una numerosità sufficiente all’organizzazione dei moduli corrispondenti. La priorità nella selezione va data comunque agli apprendisti in diritto dovere di istru- zione e formazione. Nel momento in cui il numero di apprendisti “iscritti” ad un determinato mo- dulo raggiunge la numerosità adeguata secondo lo standard definito dalla Regione, la struttura formativa avvia i contatti con le singole aziende. In ogni caso, l’attività formativa deve iniziare entro 40 giorni dal raggiungimento del numero minimo di iscritti. Nonostante il numero di apprendisti minori occupati dalle aziende venete sia tra i più elevati in Italia, la composizione delle classi non è agevole nel momento in cui occorre incrociare le diverse variabili al fine di costituire gruppi omogenei; per tale ragione la Regione Veneto ha dovuto rivedere il modello di gestione del sistema di offerta, nel senso di garantire maggiore flessibilità nella composizione dei gruppi classe di apprendisti minori. Pertanto, si consente di avviare moduli di base e trasversali raccogliendo iscrizioni di apprendisti provenienti da diversi macrosettori; per quanto riguarda i moduli professionalizzanti è definito solo un criterio di preferenzialità per l’accorpamento di apprendisti con qualifiche apparte- nenti a gruppi omogenei. 10.7. Calendarizzazione delle lezioni Il calendario delle attività è definito dalla struttura formativa, a prescindere dall’azienda; tuttavia, si cerca sempre di venire incontro alle richieste specifiche delle imprese, proprio per favorire una migliore collaborazione e una maggiore par- tecipazione da parte degli apprendisti. Ad esempio, il Centro di formazione di Schio eroga le attività formative arti- colandole su tre giorni a settimana; ogni giornata prevede l’erogazione di 8 ore di lezione. È questa una misura necessaria per evitare che gli apprendisti debbano spostarsi in uno stesso giorno dalla struttura formativa all’impresa. Così articolato, tutto il percorso formativo ha generalmente una durata di tre mesi. 101 Nei casi in cui si riesce a realizzare l’intervento di 8 ore per i tutor aziendali prima dell’avvio del percorso formativo per gli apprendisti, generalmente si riesce ad ottenere una maggiore collaborazione da parte delle imprese. Nel caso di apprendisti minori, prima dell’avvio del percorso formativo si con- tattano anche le famiglie, per informarle sull’attività che si andrà a svolgere e sulle modalità attuative. 10.8. Tasso di assenteismo nei corsi e sue motivazioni Il voucher formativo riconosciuto agli apprendisti viene liquidato al soggetto attuatore solo al raggiungimento o al superamento della percentuale minima di frequenza obbligatoria pari all’80% dell’obbligo di formazione. In caso di abbandono del percorso di apprendistato per cessazione del rapporto di lavoro, i soggetti attuatori indirizzano gli apprendisti al competente Centro per l’Impiego affinché possano essere reinseriti in un percorso formativo alternativo fino all’assolvimento del diritto dovere previsto dalla legge. Alla comunicazione viene allegata una dichiarazione di percorso formativo svolto dall’apprendista. I Centri per l’impiego, ricevuta la comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro, hanno comunque il compito di convocare i giovani ancora in diritto dovere, al fine di offrire loro i servizi di orientamento personalizzati in grado di consentire, sulla base dell’analisi del livello di conoscenze e competenze posse- duto, dell’età e delle inclinazioni individuali, la scelta tra i vari percorsi formativi possibili per il completamento della formazione del soggetto. Generalmente, anche nel caso di assenza prolungata alle attività di formazione è previsto che si informi la Provincia, in particolare nel caso si tratti di apprendisti minorenni. L’esito positivo della partecipazione agli interventi formativi è attestato sull’a- genda di lavoro e segnalato sul voucher previa verifica del raggiungimento dell’80% del monte ore previste per il relativo modulo formativo. In caso di mancato raggiun- gimento di tale percentuale di partecipazione minima, il soggetto attuatore dovrà prevedere la formazione di recupero, compatibilmente con i numeri previsti per l’attivazione dei moduli formativi, per permettere all’apprendista l’assolvimento dell’obbligo formativo e al soggetto attuatore la liquidazione del voucher formativo. La formazione di recupero si realizza tramite moduli di diversa tipologia a seconda delle ore da recuperare e di durata variabile tale da consentire il raggiun- gimento dell’80% di monte ore annuo di frequenza che implica l’assolvimento del- l’obbligo di formazione. 10.9. Relazioni con i tutor aziendali e formazione loro dedicata L’intervento formativo per i tutor aziendali ha una durata complessiva prevista di 12 ore; l’intervento è rivolto in particolare ai tutor aziendali che non abbiano 102 svolto in annualità precedenti la formazione prevista, ma la partecipazione degli altri è comunque facoltativa. Le 12 ore sono organizzate anch’esse, al pari della formazione rivolta agli apprendisti, in forma modulare articolata in tre moduli: – 2 ore sono erogate durante il colloquio preliminare di accompagnamento, nel momento in cui viene coinvolto anche il tutor aziendale che esprime le valu- tazioni dell’azienda sulle competenze che dovrebbe sviluppare l’apprendista; – 8 ore durante il percorso formativo dell’apprendista; si tratta del percorso standard definito dal DM 22/2000; pertanto vengono realizzati interventi della durata di 8 ore, finalizzati a creare il necessario raccordo tra l’apprendi- mento sul lavoro e la formazione esterna. Le aree di contenuto sono definite a partire dalle funzioni proprie di questa figura professionale che consiste prin- cipalmente in accompagnamento e nella verifica dei risultati dell’apprendi- mento; – 2 ore al termine del percorso formativo annuale, per la discussione dei risul- tati conseguiti dall’apprendista e il rilascio delle certificazioni/attestazioni previste. Al di là della partecipazione obbligatoria al colloquio iniziale per la defini- zione del piano formativo di dettaglio, il coinvolgimento dei tutor aziendali nelle iniziative di formazione dedicate non è stata soddisfacente. La percentuale di parte- cipazione dei tutor agli interventi di formazione iniziale in tutti questi anni è stata molto modesta. Più in generale, la “latitanza” di alcuni tutor aziendali ha determinato la diffi- coltà di attivare relazioni con le imprese; per cui, spesso è mancata qualsiasi forma di collaborazione e talora anche la conoscenza reciproca. Nei casi, invece, in cui tale collaborazione è avvenuta, il risultato è stato dav- vero gratificante anche grazie ai contributi formativi e allo scambio di informazioni che il tutor aziendale ha potuto ottenere dal Centro di formazione professionale. Nel prossimo bando si prevede di realizzare la formazione dei tutor aziendali attraverso incontri seminariali a livello provinciale, da tenersi verso febbraio, co- involgendo tutti i tutor degli apprendisti partecipanti ai corsi previsti sul terri- torio. 10.10. Modalità e strumenti di monitoraggio e verifica degli apprendimenti e/o di altre variabili La Regione mantiene funzioni di raccordo generale, di monitoraggio e di valu- tazione su tutte le attività realizzate nell’ambito del sistema di formazione per gli apprendisti. Le attività di monitoraggio qualitativo sull’andamento delle attività e di valutazione della stessa sono svolte dagli Enti Bilaterali, e i risultati sono forniti 103 alle Parti Sociali ed alle Province per una valutazione generale delle attività. Data la rilevanza strategica del monitoraggio è previsto in forma obbligatoria, a carico dei Soggetti attuatori, un monitoraggio di tipo quantitativo (presenze, assenze degli apprendisti, motivo delle assenze, ecc.) su tutti i voucher attivati. Il monito- raggio quantitativo è effettuato sulla base delle indicazioni che sono fornite dalla Regione. Per la verifica degli esiti relativi alle 120 ore dedicate allo sviluppo delle com- petenze di base si utilizzano i questionari predisposti dall’ISFOL e dall’INVALSI. Le competenze di base acquisite nei moduli aggiuntivi sono accertate alla fine del percorso di apprendistato, sulla base di quanto dispone il DM 16 maggio 2001. Tali accertamenti avvengono attraverso prove di verifica valide a livello nazionale che prendono come riferimento generale gli indicatori di livello delle seguenti scale internazionali per ciascuna delle tre aree: Competenze linguistiche – Per la lingua italiana: scala IALS (International Adult Literacy Survey ) - livello 3/2. Tale scala è nata dalla ricerca IALS sulla competenza alfabetica funzionale che ha prodotto tre diverse tipologie di prove (Prose, Document, Quantitative) a cui corrispondono tre scale di misura, ognuna delle quali è di- visa in 5 livelli di difficoltà. Si è voluto con questo valutare il letteratismo in relazione agli aspetti della comprensione ed utilizzo di informazioni contenute in testi narrativi (Prose) come ad esempio articoli di giornale, racconti, testi espositivi; della comprensione e produzione di informazioni contenute in documenti di tipo schematico (Document) come formulari, tabelle e grafici; della capacità di calcolo (Quantitative) chiedendo ad esempio la risoluzione di problemi quantitativi e lo svolgimento di operazioni aritmetiche. – Per la lingua straniera: scala ALTE (Association of Language Testers in Europe) - livello 2. La ALTE è una associazione internazionale che raduna alcuni tra gli enti più importanti certificatori di competenze linguistiche al- l’interno della Unione Europea. – Per la lingua inglese, l’ente certificatore ALTE è l’Università di Cambridge e, nello specifico, il dipartimento UCLES (University of Cambridge Local Exa- minations Syndicate), divisione EFL (Examinations in English as a Foreign Language). Al livello 2 ALTE corrisponde l’esame PET (Preliminary English Test) il quale è articolato nelle quattro prove di lettura, di scrittura, di ascolto e di conversazione da svolgersi in un limite di tempo predefinito per lo più attraverso prove strutturate. L’esame ha esito positivo se si raggiunge almeno il 70% del voto totale. – Rispetto alla scala del Quadro comune europeo di riferimento prodotto dal Consiglio d’Europa e valido per ogni lingua comunitaria il livello ALTE 2 corrisponde al livello B1. 104 Competenze matematiche La scala ALLS nasce dalla ricerca internazionale Adult Literacy Lifeskills Survey (Indagine sul letteratismo e le abilità per la vita della popolazione adulta). È attualmente in fase di svolgimento. Le competenze matematiche sono state misurate anche nell’indagine IALS con la relativa Quantitative Literacy Scale, sostituita invece nella ALLS dalla Numeracy Scale, la quale contiene in sé una concezione più ampia di competenza numerica. Questa scala infatti non intende misurare conoscenze curriculari e formali di tipo matematico, quanto piuttosto la capacità informale di governare e risolvere ri- chieste matematiche provenienti dalle diverse situazioni della vita quotidiana che coinvolgono numeri, misure, forme, dimensioni, relazioni, probabilità anche sotto forma di grafici, tabelle, diagrammi e mappe. Competenze informatiche L’ECDL (European Computer Driving Licence) è una certificazione di carat- tere internazionale promossa dalla Unione Europea il cui progetto è gestito dalla ECDL Foundation, un ente senza fini di lucro. In Italia, l’ente responsabile del- l’ECDL è l’AICA, Associazione Italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico. La patente si ottiene superando 7 moduli di esame i cui contenuti sono definiti in un Syllabus7, il documento che contiene il programma di ogni modulo. Le prove, di cui una sola teorica, riguardano l’architettura del computer, la creazione di una directory, il salvataggio di un file su disco, la gestione di fogli elettronici e basi di dati, la produzione di grafici, l’utilizzo di Internet e della posta elettronica. È previsto il rilascio di una certificazione intermedia (ECDL Start) per chi abbia superato gli esami di almeno quattro dei sette moduli previsti. La soglia di promo- zione ad ogni esame è costituita dal superamento dell’80% dei compiti pratici pro- posti, sia nel caso di procedura manuale che automatica. Gli esami possono essere svolti in qualsiasi ordine, in un qualunque centro accreditato dalla ECDL (Test Center) ed in qualsiasi Paese. Lo standard di riferimento è da intendersi come obiettivo finale del percorso didattico relativo al diritto-dovere di istruzione e formazione. La descrizione delle competenze di riferimento delle tre aree indicate e delle relative modalità di verifica dovrà fare riferimento al “documento informativo per la verifica dei risultati per gli apprendisti in obbligo formativo” predisposto dal- l’ISFOL. Oltre alle aree di competenza indicate, almeno 8 ore annue sono dedicate a ciascuna delle seguenti aree di contenuto: – orientamento professionale: conoscere l’andamento del mercato del lavoro e dei fabbisogni di professionalità del sistema produttivo in funzione dello sviluppo del proprio progetto professionale; 105 – elementi di cittadinanza attiva: partecipare responsabilmente alla vita sociale e pubblica, in relazione allo sviluppo del proprio progetto personale e professio- nale. Saper interagire con l’amministrazione ed i servizi pubblici e privati nella considerazione dei propri diritti e dei propri doveri. Al termine dei percorsi, a tutti gli apprendisti viene rilasciata una Dichiara- zione da parte del soggetto che ha erogato la formazione: struttura formativa e azienda. Tale Dichiarazione è una forma di attestazione del percorso formativo svolto, che riporta il dettaglio dei moduli formativi svolti, della percentuale di frequenza per ogni modulo e le competenze acquisite nel percorso. Oltre alla Dichiarazione di Percorso, la Regione Veneto ha avviato una speri- mentazione del Libretto Formativo del Cittadino definito a livello nazionale. Tale sperimentazione coinvolge una quota pari al 30% degli apprendisti che partecipano alle attività formative. Le competenze acquisite, rilevate comunque dal soggetto che ha erogato la formazione, vengono comunicate alla Provincia che provvede a registrarle sul “Libretto formativo del cittadino”. 10.11. Valutazioni finali sull’efficacia dell’intervento rispetto agli utenti Il bando regionale ha le stesse caratteristiche realizzative sia per l’obbligo formativo che per gli apprendisti maggiorenni e ciò non aiuta a tenere conto delle specificità dei minori. In particolare, il numero più ridotto di utenti della fascia dell’obbligo non si addice ad una eccessiva suddivisione delle edizioni per qualifiche e centri per l’impiego. Ci sono così pochi apprendisti associati a un numero elevato di edizioni proposte che si raggiungono in pochi casi i numeri minimi per poter avviare una edizione corsuale. La dispersione diventa perciò molto alta, e sono molti gli apprendisti, specie quelli assunti con contratto stagionale, che non partecipano all’attività formativa che sarebbe invece obbligatoria. Si evidenzia, inoltre, una totale mancanza di offerta formativa specifica per gli apprendisti stranieri. Molte volte la presenza di ragazzi di nazionalità diversa e presenti in Italia da periodi differenti l’uno dall’altro rende difficile la realizzazione di una azione formativa unitaria, soprattutto quando si è in presenza di moduli pro- fessionalizzanti di tipo zz (ossia senza indirizzo di qualifica specifico). Questi percorsi, che raccolgono tutti quegli apprendisti non aggregabili in gruppi di qualifiche omogenee, costituiscono in ogni caso un problema, dal mo- mento che è difficile individuare un programma unitario per la parte di formazione professionalizzante, in grado di rispondere almeno in parte alle esigenze dei giovani. La suddivisione del percorso formativo in tre/quattro moduli rende inoltre difficoltoso il coordinamento e la progettazione dell’intero percorso formativo in quanto la sede corsuale può variare e i calendari delle lezioni possono in qualche modo sovrapporsi, a causa della scadenza “automatizzata” che l’uso di una piatta- 106 forma informatica impone. A ciò si aggiunge che non sempre si riesce a garantire una uniformità formativa ed educativa all’intero percorso. Il segmento specifico dei minori richiederebbe una attenzione particolare al- l’esperienza personale di motivazione, delusione, accettazione di se stessi, prima della erogazione della formazione specifica. Tuttavia, i tempi del percorso sono molto stretti e il modulo di accoglienza e il percorso iniziale dedicato allo svi- luppo delle competenze di base fanno fatica a conciliare tale attenzione con la necessità di centrare gli obiettivi previsti in termini di livelli di apprendimento da conseguire. Inoltre, spesso nella gestione delle attività si utilizzano formatori collegati ai centri in un rapporto consulenziale; questi fanno fatica a gestire il gruppo di gio- vani di quella età, dal momento che hanno minore esperienza sul target specifico. Gli apprendisti arrivano normalmente da un’esperienza di “rigetto” della scuola, non accettano una formazione di tipo scolastico e diventano insofferenti se costretti a rientrare in un contesto di formazione tradizionale. La scelta dei formatori di- venta quindi strategica per favorire il presidio dell’aula e la possibilità di stimolare condizioni positive all’apprendimento. Infine si segnala che da parte delle aziende non si riscontra grande interesse per la formazione e per le ricadute aziendali della formazione stessa. Prevale un at- teggiamento di fondo improntato alla sfiducia verso la possibilità che la formazione possa effettivamente costituire un valore aggiunto sul lavoro. 10.12. Allegato MODULO PROFESSIONALIZZANTE DI LIVELLO BASE: Basi generali e conoscenza delle tipologie di prodotto per cameriere 107 MODULO PROFESSIONALIZZANTE DI LIVELLO AVANZATO: Tipologie di prodotto e servizio al cliente - servizio al tavolo 108 11. Friuli Venezia Giulia – CNOS-FAP Bearzi (UD) 11.1. Presentazione della struttura Il CFP CNOS-FAP Bearzi di Udine è un centro di formazione professionale fondato nel 1939; opera quindi da circa 70 anni nell’ambito della formazione pro- fessionale nella regione Friuli Venezia Giulia. Dal 1978 si è costituito in associa- zione senza scopo di lucro e ha come finalità quella di assicurare e valorizzare le scelte formative e le linee operative della Federazione Nazionale CNOS-FAP attuandole nel proprio territorio regionale. Storicamente il CFP CNOS-FAP Bearzi ha svolto un’azione efficace nel se- guire con cura l’educazione e la formazione professionale dei giovani, per prepa- rarli all’ingresso nella vita attiva e al mondo del lavoro. Si è passati dall’insegna- mento dei mestieri artigianali del falegname, del sarto e del calzolaio, per giungere all’odierna formazione nei settori: – Meccanico, – Elettrico, – Edile, – Informatico, – Gestionale, – Sociale, – Multimediale. L’azione formativa del CNOS-FAP Bearzi si inquadra in una prospettiva di formazione lungo tutto l’arco della vita, con una particolare attenzione a coloro che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro (giovani) e agli adulti occupati che necessitano di un continuo aggiornamento. Il continuo e rapido cambiamento economico, sociale e tecnologico che carat- terizza sempre più i sistemi produttivi e del lavoro, rende il CFP CNOS-FAP Bearzi ancor più attento all’azione formativa da proporre. Pertanto, all’ambito storica- mente attivo della formazione di base, si sono aggiunti progressivamente la forma- zione post-diploma, la formazione continua e formazione a distanza. Da ultimo si è posta una maggiore attenzione alla integrazione nel mercato del lavoro di quel- l’utenza socialmente debole e/o svantaggiata, con lo sviluppo di una offerta di for- mazione specifica per le fasce deboli. Tali azioni formative mancavano però del vitale contatto con le realtà artigia- nali ed industriali locali, che più di ogni altro possono dare il polso dello sviluppo tecnologico e delle necessità formative. Per questo il CFP CNOS-FAP Bearzi ha attivato un’offerta di formazione per le aziende che, oltre ad aggiornare il personale aziendale, ha anche lo scopo di mantenere il corpo docente in continuo aggiorna- mento. Pertanto gli attuali ambienti formativi si organizzano su cinque differenti filoni a garanzia di un servizio formativo rivolto a qualsiasi tipo di utenza: 109 – Formazione di base; – Formazione di secondo livello; – Formazione continua e formazione a distanza; – Formazione per fasce deboli; – Formazione per aziende. Accanto ai settori tradizionali, il Centro si è via via aperto a nuove proposte settoriali che, in un ambito di crescente terziarizzazione della vita economica e sociale, richiedono la conoscenza e l’utilizzo di tecnologie sempre più innovative. Un ulteriore segmento che si sta sviluppando in senso trasversale è quello dello “Sviluppo ed implementazione di metodologie didattiche innovative” in col- laborazione con gli organismi di ricerca metodologica dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, con le Aziende, le Associazioni, gli Ordini e i Collegi del terri- torio per progettare e realizzare percorsi formativi consoni al contesto sociale e lavorativo nella quale l’utenza si trova inserita. 11.2. Il contesto territoriale dell’offerta formativa per l’apprendistato Il sistema regionale di formazione per l’apprendistato nel Friuli Venezia Giulia trova il suo momento fondativo nel 2000, quando la Regione emana un avviso pub- blico per individuare i soggetti cui affidare tutte le attività formative e di supporto per l’apprendistato per il triennio 2000-2003. Siamo pressoché all’avvio dei sistemi territoriali di formazione per l’apprendistato, nel momento in cui, esaurita l’espe- rienza dei primi progetti sperimentali promossi a livello centrale dal Ministero del lavoro, si è passata piena competenza alle Regioni per la definizione di sistemi per l’apprendistato adeguati alle esigenze dei singoli territori. L’amministrazione del Friuli Venezia Giulia ha fatto da subito una scelta forte, che ancora oggi, a distanza di otto anni, trova pochi emuli sul campo nazionale: la Regione ha voluto costruire e consolidare un sistema di formazione per l’apprendi- stato rivolto a tutti gli apprendisti occupati sul territorio regionale; si pensi che i più recenti dati sull’offerta formativa attivata dalla Regioni indicano una quota di co- pertura della domanda a livello nazionale pari al 20% circa (anno 2005), mentre per la Regione Friuli Venezia Giulia la quota di apprendisti coinvolti è stata del 98%. Considerando che il Friuli Venezia Giulia conta una media di circa 11.000 apprendisti occupati ogni anno, tale impegno ha richiesto uno sforzo significativo del soggetto istituzionale, che ha assorbito negli anni una quota importante di risorse a valere sul Programma Operativo Regionale, e degli attori del sistema for- mativo, che pure hanno investito energie e risorse nella definizione e nel consolida- mento di un modello organizzativo, gestionale, didattico che oggi trova riscontro nella soddisfazione espressa dal territorio. Pertanto, nell’anno 2000 la Regione emana un avviso pubblico finalizzato a selezionare per ogni comparto economico un unico soggetto attuatore che, a livello regionale, si facesse garante dell’organizzazione dell’intero sistema di apprendi- 110 stato, programmando e realizzando gli interventi formativi sia per gli apprendisti in obbligo formativo che per i maggiorenni, oltre che per i tutor aziendali. I comparti erano stati precedentemente individuati a partire dall’analisi delle qualifiche utilizzate per gli apprendisti e risultanti dalla banca dati dei Centri per l’impiego. Analizzando le qualifiche individuate dalle imprese come obiettivo dei percorsi di apprendistato e operando accorpamenti di quelle omogenee, ne era risultato un Repertorio dei comparti e dei profili che la Regione ha utilizzato come riferimento per attribuire la gestione del sistema di apprendistato. Il bando poneva come vincolo la necessità di coinvolgere nelle attività forma- tive tutti gli apprendisti occupati in un singolo comparto considerando l’intero ter- ritorio regionale; in cambio si garantiva un affidamento triennale delle attività, con possibilità di un rinnovo per altri tre anni. In esito alla procedura di evidenza pubblica, la necessità di assicurare l’orga- nizzazione dell’offerta formativa su tutto il territorio per ogni comparto ha rappre- sentato uno stimolo alla composizione di tre grandi Associazioni Temporanee, alle quali partecipano i principali centri di formazione professionale della Regione insieme a numerosi istituti di istruzione secondaria. Le tre Associazioni sono così costituite e dislocate sul territorio regionale: INSIEME DELLE SEDI 111 In particolare l’Associazione che fa capo ad ENAIP, nel cui ambito opera il CNOS FAP Bearzi di Udine, si è aggiudicata 11 dei 26 comparti messi a bando. Le tre Associazioni Temporanee hanno cominciato ad operare nel 2001, sulla base delle rispettive proposte progettuali con cui erano risultate affidatarie delle attività formative per apprendisti nei diversi comparti settoriali. In particolare, i modelli progettuali e organizzativi erano riconducibili a due: – uno di stampo più tradizionale, improntato alla organizzazione di corsi annuali per apprendisti; – uno più innovativo, centrato sulla definizione di un catalogo di moduli rispetto ai quali si definiva il percorso per ogni singolo apprendista. A partire dall’ottobre 2003, in vista della scadenza del primo affidamento triennale e per favorire l’eventuale rinnovo dell’incarico per altri tre anni, le tre associazioni hanno sviluppato un progetto comune – chiamato “Verso un modello regionale comune di formazione esterna per l’Apprendistato” –, inteso a promuo- vere una convergenza fra le prassi adottate dalle varie associazioni temporanee in modo da sostenere lo sviluppo di un sistema regionale unitario. Dal progetto sono nate una serie di proposte, che hanno trovato accoglienza positiva da parte della Regione, che ha rinnovato l’affidamento degli interventi per l’apprendistato agli stessi soggetti per il successivo triennio 2004-2006. Il progetto di convergenza ha prodotto risultati significativi. L’insieme delle sedi operative in cui si realizzano le attività delle tre ATI copre attualmente in modo organico tutto il territorio regionale; il modello a catalogo per la definizione dei percorsi formativi individuali è stato generalizzato e conseguen- 112 temente è stato adottato congiuntamente dalle tre ATI un catalogo di Unità Forma- tive per garantire omogeneità della proposta formativa relativamente alla parte “tra- sversale” del percorso formativo; è stata adottata una prassi comune per la comuni- cazione alle imprese dell’offerta formale e la convocazione degli apprendisti, nonché per la gestione dell’accoglienza in sede di avvio dei percorsi. Il risultato più rilevante prodotto da un affidamento di lungo periodo a un nu- mero limitato di soggetti è aver consentito il consolidamento di un sistema territo- riale di formazione per l’apprendistato che ormai raggiunge tutti gli apprendisti occupati nella regione e che certamente ha vinto le pur forti resistenze iniziali delle imprese, tanto che attualmente le organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro sono tra i sostenitori del sistema. Certamente per giungere a tale risultato è stato necessario coniugare un im- pegno forte della Regione, nel sostenere negli anni la linea strategica di azione individuata nel 2000, intervenendo massicciamente con risorse proprie in aggiunta a quelle messe a disposizione dal governo nazionale, con un impegno altrettanto forte delle associazioni e delle strutture formative nel perseguire una logica di con- tinuo miglioramento della proposta formativa con l’obiettivo di supportare lo svi- luppo del sistema produttivo locale. Non a caso il Friuli Venezia Giulia è la Regione che nel 2005 ha segnato una quota di apprendisti coinvolti nel sistema di formazione pressoché pari al 100%. Fra il 2005 e il 2006 la Regione ha definito e approvato la regolamentazione del- l’apprendistato professionalizzante. Nel corso del 2006 – ultimo anno di affida- mento delle attività formative alle tre associazioni temporanee secondo il modello brevemente descritto – ha chiesto alle strutture formative di modificare le proprie modalità di intervento per consentire una prima introduzione dei dispositivi richiesti per la stipula del nuovo contratto di apprendistato professionalizzante; in particolare, le strutture hanno attivato un servizio di supporto alle imprese per la compilazione dei piani formativi individuali, che sono un elemento essenziale da allegare al contratto di assunzione. Prima della scadenza finale dell’affidamento alle tre ATI, nel novembre 2006 ha avviato una nuova procedura pubblica per l’affidamento del sistema di apprendistato secondo le nuove modalità definite dalla regolamentazione. Per la costruzione del nuovo bando, come nella definizione della regolamentazione dell’apprendistato pro- fessionalizzante, è stata assolutamente valorizzata l’esperienza del sessennio; per- tanto, il modello di affidamento dell’intero “pacchetto” di attività per l’apprendistato per singoli comparti con riferimento all’intero territorio regionale, che comprende sia l’erogazione degli interventi formativi che una serie di servizi di supporto all’im- presa oltre che all’amministrazione regionale, è stato interamente confermato. 11.3. Esperienza della struttura sulla formazione in apprendistato Il CNOS-FAP BEARZI di Udine fa parte dell’associazione che ha come capo- fila l’ENAIP, insieme ad altre 12 strutture formative e 9 istituti d’istruzione secon- 113 daria; tale associazione temporanea ha avuto in affidamento la gestione del sistema di apprendistato per i seguenti comparti: – agricoltura allevamento vivai; – alimentari; – arredamento e tappezzeria; – impiantistica; – lavorazione carni; – lavorazione ceramica; – lavorazione gomma e plastica; – lavorazioni meccaniche; – riparazione motori; – grafica, stampa, editoria; – ufficio tecnico (disegno); – vendita al dettaglio. In particolare, presso il CNOS-FAP Bearzi si erogano le attività formative per i comparti lavorazioni meccaniche e riparazione motori. Nello scorso anno 2006 nei due comparti delle lavorazioni meccaniche e della riparazione motori sono stati convocati circa mille apprendisti presso le diverse strutture formative dell’Ati per svolgere le attività formative. Infatti, come si vedrà meglio in seguito, la Regione mette a disposizione delle strutture formative che hanno in carico ciascun comparto gli elenchi con i dati relativi ai nuovi apprendisti assunti due volte l’anno; di conseguenza a gennaio e a giugno di ogni anno si avvia il processo per il coinvolgimento degli apprendisti nelle attività formative con l’invio di una lettera di convocazione al colloquio. Rispetto ai numeri di apprendisti che risultano occupati in Regione dagli elenchi estrapolati dalla banca dati dei centri per l’impiego, il numero di apprendisti che si confermano ancora attivi quando avvengono le convocazioni e che quindi si presentano per il primo colloquio è sempre inferiore. Ciò avviene perché vi è un elevato turn over degli apprendisti, concentrato proprio nei primi mesi di contratto, per cui nel tempo che intercorre fra l’avvio del contratto e la pulitura degli elenchi ricevuti da parte della segreteria delle tre ATI ai fini dell’avvio della formazione alcuni apprendisti hanno già interrotto il rapporto di lavoro. Tale fenomeno di turn over interessa in misura particolarmente significativa gli apprendisti minorenni. 114 Nello scorso anno 2006 dei circa mille apprendisti convocati, fatte le dovute verifiche ne sono risultati ancora attivi, ossia ancora occupati come apprendisti presso la stessa impresa, solo seicento circa. Complessivamente, il numero di aziende contattate nel corso del 2006 per quanto riguarda i comparti delle lavorazioni meccaniche e della riparazione dei motori è stato pari a 765 Presso il CNOS FAP Bearzi vengono erogati i moduli formativi previsti per i due comparti. Sempre nello scorso anno 2006 sono stati attivati 190 moduli tec- nico-professionali, ripartiti come segue: – Impiantistica 40 – Lav. meccaniche 43 – Vendita 42 – Ufficio tecnico 13 – Stampa editoria 5 – Informatica 9 – Inglese 4 – Antincendio/Primo soccorso 5 – Esami + E-learning 29 Inoltre, per quanto riguarda tutti i comparti affidati alla associazione tempo- ranea che ha come capofila l’ENAIP, presso il CNOS-FAP Bearzi vengono realiz- zate le attività aggiuntive di 120 ore per i ragazzi in obbligo formativo. Nel corso del 2006 presso il Bearzi sono stati convocati 316 apprendisti minori per parteci- pare agli interventi dei moduli aggiuntivi per l’acquisizione di competenze di base e di cittadinanza, ripartiti come segue: Dato l’elevato turn over, nel secondo semestre del 2006 sono stati avviati solo quattro corsi per apprendisti minorenni su tutto il territorio regionale. Dopo che la Regione ha regolamentato l’apprendistato professionalizzante fra agosto e novembre 2005 è stato chiesto alle tre Associazioni Temporanee di svol- gere alcuni compiti aggiuntivi in relazione all’attuazione del nuovo istituto; in par- ticolare, è stato chiesto alla ATI di attivare un servizio alle imprese di supporto alla redazione del piano formativo individuale. Nell’ambito di tali nuove attività, nel corso del 2006 dal giugno a ottobre sono state contattate 176 aziende, appartenenti a vari comparti, per la redazione del piano formativo individuale. 115 11.4. L’organizzazione della formazione per gli apprendisti minorenni Sul segmento dell’apprendistato in obbligo formativo la collaborazione fra le tre Associazioni di Impresa che gestiscono gli interventi formativi per i diversi comparti è sempre stata molto stretta. Infatti, la quota di apprendisti minori sul totale degli apprendisti occupati nella Regione è molto bassa: non raggiunge il 3% contro una media nazionale dell’8,6% (dati 2005). Pertanto, nonostante la scelta della Regione di coinvolgere tutti gli apprendisti nelle attività formative, non sempre è agevole comporre gruppi classe omogenei, anche accorpando gli appren- disti minori assunti in tutti i comparti afferenti ad una stessa Associazione. Pertanto, quando il numero degli adolescenti occupati in regione è molto basso, per l’erogazione dei moduli aggiuntivi che vedono come utenti solo i minori si individua un unico soggetto erogatore della formazione, accorpando gli appren- disti di tutti i comparti in un unico gruppo classe. Da un punto di vista formale e ai fini della rendicontazione delle attività, i ragazzi continuano a far riferimento al- l’associazione titolare del comparto di appartenenza. Ad esempio: se ci sono cinque apprendisti minorenni nei comparti di competenza dell’associazione che ha come capofila l’Enaip e tre nei comparti che fanno capo alle altre strutture formative, la formazione viene realizzata in un’unica struttura formativa; le presenze, invece, vengono rilevate da due o tre registri. Concluso l’intervento dei moduli aggiuntivi e una volta espletato l’obbligo for- mativo, gli stessi ragazzi faranno riferimento all’associazione temporanea che risulta affidataria del comparto di provenienza per la realizzazione ulteriori degli moduli di formazione. Pertanto, le ulteriori attività formative vengono realizzate inserendo i minorenni in gruppi classe che vedono anche la presenza, generalmente maggiori- taria, di giovani che hanno già assolto l’obbligo di istruzione e formazione. A partire dal 2003 presso il CNOS-FAP Bearzi sono stati realizzati tre inter- venti di moduli aggiuntivi per apprendisti minori relativi alla prima annualità e un intervento di seconda annualità; l’intervento previsto per ottobre 2006 è in fase di avvio. Complessivamente sono stati coinvolti in tali interventi 47 ragazzi, prove- nienti da comparti diversi, ai quali si aggiungeranno i 4 che risultano al momento nei comparti gestiti da ENAIP. Pur avendo definito una progettazione anche per il terzo anno, tale intervento non è ancora mai stato erogato per mancanza di utenti. A ottobre 2006 saranno avviati nella regione 4 corsi di moduli aggiuntivi per ragazzi in obbligo formativo, di cui uno tenuto dal CNOS-FAP. 116 11.5. La progettazione del percorso Come anticipato, in Friuli Venezia Giulia il sistema di formazione per l’ap- prendistato opera a regime per tutti gli apprendisti già da qualche anno; la Regione ha fatto tale scelta con l’emanazione del bando nel 2000, ma ci è voluto qualche anno perchè si consolidasse il modello operativo progettato dalle associazioni temporanee che si sono aggiudicate le attività nei diversi comparti economici e si riuscisse effettivamente a coinvolgere pressoché tutti gli apprendisti assunti. La scelta di mettere a regime gli interventi di formazione per l’apprendistato implica che le attività formative obbligatorie per legge per tutti gli apprendisti, ossia le 120 ore fino ad ora realizzate nel quadro della legge n. 196/97, vengono realizzate ogni anno, fino al quinto anno di contratto; con l’entrata in vigore del- l’apprendistato professionalizzante a partire dall’anno 2007, il sistema di forma- zione coinvolgerà anche gli apprendisti inseriti al sesto anno. Il modello organizzativo individuato dall’associazione temporanea che fa capo all’ENAIP FVG, di cui fa parte il CNOS-FAP Bearzi, è basato su un’offerta a cata- logo di moduli trasversali e professionalizzanti. Le linee principali del modello sono state individuate in sede di elaborazione della prima proposta progettuale pre- sentata in risposta al bando emanato dalla Regione nel corso dell’anno 2000; l’idea di partenza è stata quella di progettare un catalogo composto da unità formative di durata breve, per quanto possibile autonome, da erogare in uno o più interventi, ciascuno realizzato in un’unica giornata nell’arco di 8 ore. La proposta conteneva già una ricca offerta di moduli professionalizzanti, frutto della collaborazione fra le diverse strutture formative partecipanti all’ATI. Progressivamente, attraverso il coinvolgimento degli apprendisti e delle aziende, il Catalogo iniziale è stato sottoposto a verifica, con l’aggiornamento dei moduli esi- stenti, la cancellazione di alcuni ritenuti poco interessanti dalle imprese e l’inseri- mento di altri progettati in risposta alle esigenze espresse dagli utenti. Pertanto, ad oggi il Catalogo dell’offerta formativa proposta dalla Associa- zione Temporanea si compone di un’offerta di circa 600 moduli, tra trasversali e tecnico-professionali; tale ricchezza assicura un’offerta formativa diffusa sul terri- torio e tale da soddisfare le esigenze di un ampio numero di profili. Data l’ampia offerta di moduli presenti nel Catalogo, il percorso individuale necessita di un primo momento di definizione attraverso la scelta dei moduli ai quali l’apprendista parteciperà nel corso dell’anno. Pertanto, preliminarmente all’avvio del percorso individuale, il tutor pedagogico chiama a colloquio l’appren- dista per presentare l’offerta e comporre insieme il percorso formativo. Il percorso annuale di 120 ore è articolato in due segmenti: – le prime 44 ore dedicate sono dedicate allo sviluppo dei contenuti e delle com- petenze cosiddette trasversali; – le rimanenti 76 ore sono dedicate allo sviluppo delle competenze tecnico-pro- fessionali. 117 Il colloquio è parte integrante del primo segmento di formazione trasversale; in- fatti, al primo anno il primo modulo della durata di 12 ore è dedicato all’accoglienza e alla definizione progetto formativo. All’interno del modulo, sulla base della rileva- zione delle competenze in ingresso e del profilo professionale che l’apprendista in- tende ricoprire in futuro, vengono illustrati i diversi moduli formativi che potrà sce- gliere. Infatti, la progettazione del catalogo dell’offerta è stata fatta individuando una traccia di percorsi suggeriti per singolo profilo professionale e per titolo di studio; nell’ambito di tali percorsi suggeriti, alcuni moduli sono considerati obbligatori, altri sono consigliati, altri ancora sono a scelta libera. Inoltre, i moduli portano anche al- cune indicazioni sulla propedeuticità delle varie unità, che possono aiutare ulterior- mente i tutor pedagogici a concertare il percorso con l’apprendista e l’impresa. Pertanto, il tutor pedagogico di riferimento insieme ad un docente qualificato sottopongono l’apprendista a delle prove finalizzate a verificare le conoscenze e competenze già possedute, e sulla base anche delle esigenze espresse dal giovane si individua il percorso formativo della prima annualità. Negli anni successivi al primo, il monte ore per il modulo dedicato all’accoglienza si riduce a 4 ore, in cui il tutor insieme all’apprendista confermeranno o ridefiniranno il progetto formativo in base agli esiti ed alle esperienze dell’anno precedente. L’obiettivo primario dell’esperienza formativa proposta è costituito dalla rimo- tivazione degli allievi: è necessario che l’apprendista riacquisti un rapporto di fiducia e di interesse nei confronti della formazione in genere, in modo da reinse- rirsi nel sistema di istruzione – formazione professionale – lavoro in una logica di apprendimento per tutto l’arco della vita. In questo senso, l’opera di rimotivazione viene svolta trasversalmente lungo l’intero iter formativo e trova come momenti di tematizzazione diretta della necessità per ciascuno di impostare un proprio progetto professionale e formativo le attività che fanno capo al patto formativo e alle aree Orientamento e Cittadinanza. Concluso il modulo dedicato all’accoglienza, tutti gli altri moduli sono artico- lati in giornate della durata di 8 ore o multipli di 8, generalmente erogati in un solo giorno alla settimana. Pertanto, il concetto di modulo adottato dal Catalogo corri- sponde ad una unità minima di formazione. La componente di formazione trasversale dei percorsi per apprendisti si carat- terizza per una strutturazione più o meno costante per tutti gli utenti, in relazione sia ai diversi comparti/profili sia alle diverse annualità di contratto. Pertanto, nel- l’ambito della formazione trasversale i gruppi classe sono misti, ovvero vengono definiti accorpando apprendisti provenienti da settori diversi; tale modalità con- sente di tener conto della dislocazione territoriale degli apprendisti: ognuno può scegliere il centro formativo più comodo dove frequentare i moduli trasversali; allo stesso tempo, tale organizzazione consente di tener conto delle esigenze aziendali e delle necessità di recupero delle giornate di assenza degli apprendisti, dal momento che il giovane può unirsi a gruppi classe diversi visto che le unità formative ven- gono erogate più volte durante lo stesso anno. 118 Si opera quindi in un sistema di classi aperte, all’interno delle quali i gruppi di studenti non sono “stabili”. Per questo motivo ad ogni apprendista viene “asso- ciato” un tutor pedagogico che lo segue sin dalla fase di accoglienza: da quel mo- mento in poi l’apprendista e l’impresa continueranno a riferirsi al medesimo tutor pedagogico per l’intero percorso formativo, anche quando l’apprendista frequenta lezioni in classi non seguite direttamente dal proprio tutor. Allo stesso tempo i tutor pedagogici che presidiano i processi d’aula si fanno carico anche dei partecipanti al gruppo che non sono di loro diretta competenza. Chiaramente la gestione di una tale flessibilità richiede un grande livello di collaborazione fra i tutor pedagogici, ma anche un sistema informativo che per- metta ad ogni tutor di seguire il percorso degli apprendisti di diretta “competenza” e di verificare, di volta in volta, quali apprendisti si presenteranno alle lezioni dei corsi da loro presidiati. La progettazione dei moduli trasversali è stata fatta essenzialmente sulla base delle indicazioni contenute nel Decreto ministeriale n. 179/99. Si segnalano un certo numero di moduli dedicati all’acquisizione di competenze informatiche o linguistiche relative alla lingua inglese. Successivamente, tale nucleo di moduli è stato incrementato sulla base delle richieste emerse dagli apprendisti e dalle aziende: infatti sono stati inseriti otto moduli sono rivolti ad apprendisti stranieri che devono acquisire competenze linguistiche per comunicare in lingua italiana. A titolo esemplificativo, anche per dare contezza della ricchezza dell’offerta presente nel Catalogo regionale, si riporta il percorso suggerito nei diversi anni per la parte di formazione trasversale e le unità formative aggiuntive che possono sosti- tuire quelle del percorso standard. 119 A conclusione della formazione trasversale vengono realizzati i moduli della formazione professionalizzante individuati nell’ambito del catalogo regionale. Ov- viamente in questo caso i gruppi classe sono selezionati sulla base delle specifiche esigenze emerse e quindi possono essere estremamente variabili e comporsi in ma- niera di volta in volta diversa, sulla base delle “iscrizioni” allo specifico modulo della determinata struttura formativa. Generalmente tali gruppi presentano una numerosità più contenuta rispetto ai moduli trasversali. Anche per la formazione professionalizzante tutti i moduli hanno una durata di otto ore o comunque di un numero di ore proporzionale ad otto, in modo da con- sentire la frequenza per una intera giornata, secondo il calendario concordato fra tutor pedagogico, apprendista e impresa. I moduli sono erogati in sedi diverse, presso le varie strutture formative che fanno parte dell’associazione temporanea, per favorire la partecipazione alla sede formativa più vicina all’azienda o al domicilio dell’apprendista. Tuttavia, nei com- parti in cui il numero di apprendisti è più contenuto, i moduli professionalizzanti sono erogati talora solo in alcune sedi e gli apprendisti devono spostarsi per frequentare il modulo più attinente. È il caso, ad esempio, dei moduli professiona- lizzanti per gli apprendisti del comparto della ceramica. L’impianto metodologico – organizzativo consente inoltre la frequenza di UF progettate per altri comparti, offrendo in tal modo a tutti gli apprendisti di accedere a UF che sono di loro interesse, anche se non previste all’interno della matrice del loro comparto di appartenenza. Per quanto riguarda la formazione professionalizzante, a titolo esemplificativo si riporta l’elenco delle unità formative presenti nel catalogo del comparto “lavo- 120 razioni meccaniche” e utilizzabili per qualifiche riconducibili all’area di attività “Manutenzione e attrezzeria”. CATALOGO DELLE UNITÀ FORMATIVE PROFESSIONALIZZANTI PER IL COMPARTO “LAVORAZIONI MECCANICHE”, AREA DI ATTIVITÀ “MANUTENZIONE E ATTREZZERIA” - Interpretazione ed analisi di disegni di particolari e complessivi meccanici - Tolleranze ISO e cicli di lavorazione - Controllo qualità 2 - Controllo qualità 3 - Processi di lavorazione 1 - Processi di lavorazione 2 - Processi di lavorazione 3 - Processi di lavorazione 4 - Lubrificanti e sistemi di lubrificazione - Organizzazione della produzione - Fondamenti di robotica 1 - Fondamenti di robotica 2 - Elementi di tecnologia meccanica dal progetto al prodotto - Approfondimento su sistemi di automazione con componentistica pneumatica - Controllo qualità 1 - Tecnologia sistemi a CNC (aspetti scientifici tecnologici) - Tecnologia degli utensili - Attrezzature di fabbricazione e di montaggio - Sistemi di trasmissione del moto - Metrologia - Matematica per la programmazione a CNC - Programma ISO standard - Programmazione plurilinguaggio di sistemi CNC - Programmazione avanzata di sistemi CNC - CAM Generazione automatica di percorsi utensili - CAD 2D Concetti base - Documentazione tecnica per l’operatore di officina - Lavorazioni di profili e lamiere - Lavorazioni base al tornio - Tecniche di lavorazione al tornio - Lavorazioni base alla fresatrice - Tecniche di lavorazioni alla fresatrice - Lavorazioni alla rettifica - Approfondimento sui sistemi di automazione con componentistica oleodinamica - Elettrotecnica di base per operatori meccanici - Sistemi di automazione elettropneumatica - Logica di ricerca guasti - Tecniche di montaggio e smontaggio di sistemi meccanici - Procedimenti di saldatura ad arco - Norme per il disegno di manufatti di saldatura - Procedimenti di saldatura e certificazione dei saldatori - Preparazione dei provini di saldatura - Tecniche di saldatura verticale ascendente e sopratesta - Prove di efficienza - Tecniche di saldatura su tubi e condotte - Tecniche di saldatura su materiali speciali - Procedimento di saldatura alla fiamma - Organizzazione della produzione II - Prevenzione incendi e Primo soccorso - Rischi e misure di sicurezza per il settore delle lavorazioni meccaniche - Interpretare disegni tecnici di particolari meccanici complessi - Nozioni di controllo qualità Vista l’ampiezza del catalogo dell’offerta disponibile e considerate le scarse conoscenze specifiche degli apprendisti, già la prima proposta progettuale presen- tata in risposta al bando regionale del 2000 aveva individuato dei percorsi suggeriti sulla base del titolo di studio dell’apprendista e del profilo professionale per il quale si viene formati in azienda. La logica sottostante alla costituzione di tali percorsi prende avvio dall’acqui- sizione delle nozioni di base relative al settore in cui gli apprendisti operano; su tali conoscenze si innestano poi le successive fasi formative, la cui finalità fondamen- tale resta quella di favorire la responsabilizzazione e la maturazione professionale dell’apprendista. Tutti i materiali relativi alle singole unità formative, nonché le specifiche sui percorsi suggeriti sono disponibili sul sito realizzato dall’associazione temporanea www.apprendistato.fvg.it. Gli apprendisti minori, che – si è detto – rappresentano una quota minima sul totale degli apprendisti presenti in Regione, partecipano alla formazione trasversale e a quella tecnico-professionale in gruppi classe che vedono la presenza anche di 121 giovani con diciotto anni e più. Del resto, non sarebbe possibile fare altrimenti vista la ricca offerta di moduli nel Catalogo dell’ATI. Nell’ambito dei moduli pre- disposti per la formazione di base aggiuntiva di 120 ore annue, invece, i gruppi classe sono composti solo da minori che devono assolvere il diritto-dovere di istru- zione e formazione. La progettazione dei moduli aggiuntivi per gli apprendisti minori è stata defi- nita a partire dalle aree di contenuto individuate dal Decreto Interministeriale n. 152 del 2001. Accanto alle unità formative per il recupero delle competenze di base, ogni anno almeno 8 ore sono dedicate ad aree di contenuto quali orienta- mento professionale ed elementi di cittadinanza attiva. In questo caso il percorso formativo proposto ha margini di flessibilità che sono limitati alla possibilità di scegliere, nell’ambito di una stessa area di conte- nuto, il modulo più adeguato in relazione alle conoscenze e competenze già posse- dute dall’apprendista. A titolo esemplificativo si riporta il percorso formativo proposto per le tre annualità al più necessarie per l’assolvimento dell’obbligo formativo fino a diciotto anni. 122 11.6. Modalità di individuazione degli apprendisti partecipanti ai percorsi Due volte all’anno l’Agenzia per l’impiego estrae dal data base dei servizi per l’impiego, che contiene tutte le comunicazioni di assunzione inviate dalle aziende, l’elenco degli assunti in apprendistato nella Regione durante il semestre concluso e lo invia alle tre Associazioni Temporanee incaricate di erogare la formazione nei diversi comparti. È stata costituita una segreteria generale delle tre associazioni che filtra gli elenchi pervenuti, ripartendo i nominativi secondo i comparti di compe- tenza di ognuna. Ogni anno a gennaio e a giugno partono dalle associazioni le lettere di comuni- cazione alle imprese, che corrispondono all’offerta formale di formazione prevista dalla regolamentazione della legge n. 196/97,8 con cui si informa dell’obbligo di partecipare alle attività formative e si invitano gli apprendisti a partecipare all’in- contro di accoglienza. L’invio delle raccomandate viene preceduto da un’analisi delle caratteristiche dei nuovi apprendisti assunti da parte dei coordinatori di comparto che, congiunta- mente, impostano un calendario di Unità Formative relative al modulo trasversale comune a tutti gli apprendisti. Vengono verificate le condizioni logistiche (disponi- bilità di sedi, tutor, docenti, ecc.), definiti i calendari delle lezioni e inviate le rac- comandate. Ciò permette di proporre, già nella raccomandata di convocazione, più 8 L’art. 16 della legge n. 196/97, come modificato dalla Legge n. 263 del 1999, ha introdotto il meccanismo dell’offerta formale: l’obbligo di far partecipare gli apprendisti alle attività di formazione esterna è operativo solo nei confronti delle imprese che ricevono una offerta formale dall’istituzione pubblica competente o dal soggetto delegato. Si tratta di un meccanismo introdotto per delimitare il campo dell’applicazione della norma in un contesto in cui le risorse disponibili per la formazione sono limitate. 123 date di inizio corso, fra le quali l’azienda può scegliere la giornata più consona alle proprie esigenze, e due sedi, individuate fra quelle più vicine all’azienda e alla resi- denza dell’apprendista. Le aziende dovranno segnalare quale appuntamento deve considerarsi valido. Nella convocazione si specifica anche la data in cui si svolgerà l’incontro con i tutor aziendali preliminare alla realizzazione delle attività formative per gli appren- disti. A seguito della verifica definitiva dei dati e delle caratteristiche ed esigenze degli apprendisti rilevate durante l’accoglienza, i coordinatori pianificano il calen- dario dei moduli tecnico professionali, a partire dai percorsi ottimali pre-definiti per le varie tipologie di utenza, individuando l’offerta di ciascuna sede formativa. Quando le UF tecnico professionali sono state immesse nel calendario, i tutor pro- pongono i percorsi ottimali agli apprendisti e ai tutor aziendali e rivolgono ai coor- dinatori proposte di integrazioni e modifiche al piano dei corsi solo quando ci sono motivate necessità di adattamento. Naturalmente il calendario non include tutte le UF del catalogo e, in certi casi, è necessario trovare dei compromessi per soddisfare le esigenze del singolo che aveva richiesto una UF che poi non trova le condizioni pratiche per la sua partenza dato il basso numero di iscritti. In ogni caso la “frammentazione” che si ha nel pas- saggio dal modulo trasversale a quello tecnico professionale è notevole: la media degli allievi iscritti ad un corso diminuisce significativamente quando si passa dal modulo trasversale al modulo tecnico professionale. Del resto, la stessa riduzione nel numero di apprendisti iscritti si verifica anche nei moduli trasversali nel passaggio dalla prima alle annualità successive: se per la prima annualità i moduli trasversali vedono la presenza mediamente di 25 appren- disti, nel secondo anno si scende a 20, nel terzo a 15 iscritti e nel quarto e quinto anno risulta necessario accorpare tutti gli apprendisti a livello provinciale in un unico gruppo classe per raggiungere una numerosità adeguata. L’avvio delle attività formative per gli apprendisti dal secondo anno in poi viene invece comunicato alle aziende semplicemente tramite un fax che contiene la richiesta di conferma dei dati dell’apprendista e della persistenza del contratto di apprendistato. Per quanto riguarda gli apprendisti minorenni, la segreteria generale delle tre associazioni consegna una lista già verificata di nominativi due volte all’anno (aprile ed ottobre). Fanno da capofila per le attività per gli apprendisti minori il CNOS-FAP Bearzi, per l’ATI che fa capo all’ENAIP, o allo IAL per gli altri casi, a seconda dei comparti di appartenenza delle aziende in cui tali apprendisti sono oc- cupati. Per gli apprendisti minorenni, la lettera di convocazione al colloquio di acco- glienza è indirizzata anche ai genitori e contiene diversi materiali informativi volti a presentare l’attività e i soggetti che la erogano. Se il numero di minori presenti è elevato, si possono comporre due o più corsi che partono in contemporanea nelle 124 diverse ATI; altrimenti, i minori vengono tutti convogliati su un’unica sede per la realizzazione in primo luogo dei moduli aggiuntivi. Per le annualità successiva alla prima, anche per gli apprendisti minori si invia il fax di conferma dei dati. Il sistema regionale è supportato da una piattaforma informatica plurifunzione, predisposta dall’associazione che fa capo ad ENAIP e alla quale è associato il CNOS-FAP Bearzi: è principalmente il supporto che consente lo scambio di dati al- l’interno dell’ATI, fra i diversi comparti, i coordinatori di ciascun comparto e i tutor pedagogici; inoltre, nella piattaforma viene registrato il percorso scelto da ogni apprendista e successivamente monitorato. Infatti, ogni giorno il tutor d’aula comunica le presenze/assenze al tutor pedagogico del comparto, che aggiorna i dati sulla piattaforma. Inoltre, la piattaforma è uno strumento per assicurare la gestione degli inter- venti anche in un’ottica di promozione della qualità. Infatti, in essa è disponibile un’area dedicata agli operatori con un forum dedicato a docenti e tutor impegnato nella formazione per apprendisti. Inoltre, la piattaforma informativa funziona da strumento di comunicazione verso l’esterno, di informazione per gli apprendisti e le imprese sull’offerta e i ser- vizi disponibili presso le diverse strutture dell’ATI. Dal 2003 il CNOS FAP Bearzi ha realizzato gli interventi dei moduli aggiun- tivi di 120 ore per circa cinquanta apprendisti minorenni ed è pertanto possibile in- dividuare alcune caratteristiche descrittive di tale utenza. Generalmente si tratta di maschi, mentre le femmine sono quasi inesistenti. L’età media è molto alta nel- l’ambito del triennio di obbligo formativo: spesso sedicenni, ma anche diciasset- tenni molto vicini all’assolvimento dell’obbligo per compimento della maggiore età. In Regione i quindicenni occupati come apprendisti sono pressoché inesistenti. Rispetto al titolo di studio, risulta sempre almeno un apprendista per gruppo classe che non ha conseguito il titolo di licenza media. Il numero di apprendisti in obbligo formativo si è via via ridotto nel corso degli anni. Generalmente, li contraddistingue un background fatto di esperienze ne- gative nella scuola. Negli anni è cambiato il motivo di abbandono della scuola: mentre qualche anno fa interrompevano gli studi prevalentemente per problemi economici, per aiutare la famiglia, attualmente il motivo dell’abbandono è sempre più spesso legato all’impossibilità di instaurare una relazione positiva con i docenti e con la scuola. Si tratta di ragazzi che spesso interrompono rapidamente anche il percorso di apprendistato, perché sono entrati nel mercato del lavoro cogliendo la prima oppor- tunità che è capitata, senza alcuna definizione di un obiettivo professionale e di una progettualità professionale. L’alto tasso di interruzione del contratto per i ragazzi minorenni ha determinato che solo nel 2005 è stato possibile attivare la seconda an- nualità dei moduli aggiuntivi, mentre generalmente si riesce a realizzare solo inter- venti di prima annualità. 125 Tuttavia, si deve anche registrare che la sensibilità nei confronti della forma- zione è molto aumentata rispetto ai primi anni di avvio della formazione per l’ap- prendistato sia nei ragazzi, ma soprattutto nelle aziende; attualmente, la maggior parte dei ragazzi porta a termine almeno il percorso annuale, mentre in passato si verificavano frequenti interruzioni nella partecipazione nel momento in cui i ra- gazzi compivano la maggiore età. 11.7. Gestione dell’intervento Le lezioni previste nell’ambito dei moduli aggiuntivi per i minori attualmente si svolgono due giorni alla settimana, mentre qualche anno fa erano previste tre giornate. Per la formazione trasversale e professionalizzante il calendario dipende dai moduli scelti e dalle sedi individuati per la realizzazione del percorso indivi- duale. In particolare nella gestione degli interventi per gli apprendisti minori nel corso degli anni si è cercato di modificare la progettazione per tenere conto delle esigenze emerse dagli stessi ragazzi. Con il tempo e l’esperienza si è osservato che, in quanto ragazzi che arrivano all’apprendistato da esperienze di insuccesso scola- stico, era necessario introdurre contenuti che potessero essere vicini alla loro età e che potessero essere una buona base di apprendimento sociale. Questa attività di ri-progettazione è stata condotta attraverso colloqui con le Aziende, con i docenti e con i ragazzi stessi. La strutturazione attuale degli inter- venti è quindi il risultato di un lungo processo di ri-definizione, che ha visto modi- fiche e integrazioni progressive anno per anno apportate sempre sulle base dell’a- nalisi degli interessi e delle esigenze manifestati dai ragazzi. Quindi, dopo attente considerazioni, sono state ridotte le ore d’informatica e d’inglese (percepite come troppe e pesanti) e sono stati introdotti contenuti nuovi, come: – educazione all’affettività, – educazione stradale, – sensibilizzazione (prevenzione) all’uso di sostanze che suscitano dipendenza, – comunicare e relazionarsi con l’adulto. In particolare, per la realizzazione dell’unità dedicata all’orientazione si ricorre ad uno psicologo, che presenta il mercato del lavoro regionale, le risorse per muo- versi. Per il prossimo anno si sta valutando la possibilità di introdurre una unità de- dicata alla gestione del confronto. Le aziende finora hanno accolto con favore l’introduzione delle nuove unità, nell’ottica di favorire la motivazione dei giovani alla partecipazione agli interventi formativi. Inoltre, più volte è emersa la richiesta da parte delle stesse aziende di uti- lizzare la formazione per l’apprendistato come strumento anche per l’acquisizione di patentini o altre certificazioni professionali. 126 I docenti delle materie professionalizzanti sono generalmente professionisti e non docenti di professione. Visto l’alto consolidamento del sistema regionale di formazione per l’apprendistato, il numero di docenti che provengono direttamente dal mondo del lavoro, reclutati progressivamente dalle strutture formative, anche nella cerchia di conoscenze dei docenti stessi, è abbastanza alto. Pertanto, l’elenco dei docenti che vengono utilizzati per l’erogazione dei moduli è stato composto nel tempo, anche attraverso un processo di selezione improntato a preferire quelli che utilizzano maggiormente metodologie didattiche alternative e più coinvolgenti per i giovani. Si consideri che il compenso riconosciuto ai docenti esterni va da un minimo di € 17,20 l’ora, generalmente pagato ai docenti di informatica, ad un massimo di € 40,00 l’ora. Nel caso specifico della formazione per i giovani minorenni, invece, i forma- tori sono scelti in base alla capacità di rapportarsi con i ragazzi, più che per le com- petenze professionali. Nel caso di stranieri, in qualche caso è stato anche inserito un supporto lingui- stico in aula; inoltre, nell’ambito del catalogo dei moduli professionalizzanti sono stati inseriti moduli progressivi di lingua italiana per stranieri, proprio per venire incontro alle esigenze di apprendisti immigrati. Per gli apprendisti stranieri che non padroneggiano a sufficienza la lingua ita- liana è stato realizzato un test iniziale per valutarne le reali competenze lingui- stiche. Sulla base del livello di competenza raggiunto, gli allievi saranno iscritti alle diverse Unità Formative, progettate per consentire loro il recupero e superamento dell’eventuale gap linguistico. Le associazioni hanno individuato la figura del tutor pedagogico, come sup- porto ai singoli apprendisti nel corso degli anni di formazione. Il tutor pedagogico rappresenta uno dei tre attori del processo d’apprendimento ed a lui è affidato un ruolo molto importante. Egli, infatti, è responsabile degli aspetti didattici e organizzativi dell’attività formativa. Lungo il percorso formativo, il tutor si assume la responsabilità di affiancare il giovane, con l’obiettivo di offrire il supporto necessario per portare a buon fine la formazione. La collaborazione con l’allievo consiste, inoltre, nel: – Facilitare l’inserimento nell’ambiente di formazione; – Individuare eventuali difficoltà individuali nel modo di apprendere; – Definire un sistema d’approccio all’apprendimento e, in seguito, elaborare una strategia d’apprendimento; – Pianificare il percorso formativo; – Riflettere sulle competenze già acquisite; – Motivare il giovane nell’acquisizione dei contenuti; – Rispondere alle domande specifiche. In questo modo, il tutor pedagogico diventa il punto di riferimento per il gio- vane apprendista. 127 In quanto rappresentante dell’ente di formazione, il tutor pedagogico svolge anche un ruolo di intermediazione tra gli altri due attori: l’apprendista e il tutor del- l’impresa in cui il giovane è inserito. Pertanto, il tutor pedagogico si rapporta con le imprese mediante contatti di- retti (visite aziendali) e indiretti. Ogni contatto sarà attentamente documentato per avere, alla fine dell’intervento formativo, un quadro completo sul percorso effet- tuato dall’allievo e sulla collaborazione svolta; in tale modo si potrà evidenziare ogni eventuale problema emerso nel corso della formazione. Ogni tutor pedagogico ha in carico 130 apprendisti. Il tutor pedagogico è spesso in aula; in particolare, nel caso di apprendisti ado- lescenti il tutor pedagogico partecipa a tutte le ore di formazione trasversale, in modo da raccogliere il maggior numero possibile di dati per supportare la succes- siva scelta dei moduli professionalizzanti. 11.8. Relazioni con i tutor aziendali e formazione loro dedicata L’attività formativa rivolta ai tutor aziendali rientra nella attività di formazione esterna prevista dalla normativa in materia (D.M. 28-02-00). Per assolvere tale ob- bligo e per concorrere ad un obiettivo di sviluppo delle competenze necessarie allo svolgimento di tale funzione, l’associazione temporanea di cui è parte il CNOS- FAP Bearzi propone una pluralità di azioni: – Incontri informativi con tutor pedagogico e coordinatori prima dall’avvio dei corsi; – Incontri di formazione dei tutor aziendali per l’aggiornamento normativo e pedagogico definito assieme alle associazioni di categoria; – Visite aziendali dei tutor pedagogici in azienda; – Corso on line di autoformazione per il tutor aziendale. Le ore impiegate per la partecipazione alle prime tre attività elencate concor- rono a formare il monte ore obbligatorio per la formazione dei tutor aziendali. All’avvio del primo anno di formazione, la strutture formativa si impegna ad organizzare un incontro a carattere informativo, tra rappresentanti dell’Ente (coordinatore, tutor pedagogici) e tutor aziendali. Tale incontro consente alle realtà imprenditoriali di ottenere informazioni utili, quali: – presentazione e spiegazione degli obiettivi e contenuti del progetto; – definizione precisa dei ruoli all’interno del modello (ruolo del tutor pedago- gico e del tutor aziendale); – illustrazione dell’aspetto didattico; – spiegazione dell’aspetto organizzativo. Annualmente l’associazione pianifica incontri formativi per i tutor aziendali afferenti ai comparti di propria competenza definiti con le associazioni di categoria. Ad esempio il ciclo di incontri organizzato nel 2006 ha avuto come tema un aggior- namento sulla riforma dell’apprendistato. 128 La visita aziendale è uno degli strumenti indispensabili per garantire il carat- tere di una collaborazione attiva e aperta al dialogo diretto instaurato tra il tutor pe- dagogico e il tutor aziendale. In un anno, sono previste, di norma, due visite aziendali da parte del tutor pe- dagogico alle aziende. La prima visita è quella che si effettua ad inizio anno prece- dentemente descritta nelle sue finalità. Una seconda visita ha luogo a conclusione di ogni annualità con l’obiettivo primario di fare una valutazione sui risultati della formazione. In questa circostanza viene sottoposto al tutor aziendale un “Questionario di gradimento dei tutor azien- dali”. Al fine di poter dimostrare le attività di incontro/formazione svolte nei con- fronti dei tutor aziendali, il tutor pedagogico utilizza un “Foglio presenza”, in cui viene riportata la firma del tutor pedagogico e del tutor aziendale. Le ore impegnate nell’incontro concorrono a formare le 8 ore di formazione previste per la legge. Inoltre, tra le unità formative che compongono il catalogo per i diversi com- parti, alcune vengono realizzate attraverso visite di studio; queste sono organizzate in giornate o mezze giornate di formazione di concerto con imprese che si sono di- chiarate disponibili ad accogliere gruppi di apprendisti in formazione. Le visite si svolgono secondo un programma che segue il seguente schema: – illustrazione degli specifici obiettivi formativi; – presentazione dell’impresa in cui si effettua la visita da parte di un responsa- bile; – illustrazione delle prassi e delle misure di sicurezza e prevenzione adottate dal- l’azienda; – visita agli impianti; – momento conclusivo di riflessione teorica con il docente che accompagna il gruppo, svolto sempre presso l’impresa. La partecipazione alle visite è parte integrante del percorso formativo profes- sionalizzante. 11.9. Modalità e strumenti di monitoraggio e verifica degli apprendimenti e/o di altre variabili Per quanto riguarda la valutazione degli apprendimenti, sono previste quattro ore per ogni area di contenuto dedicate alla valutazione da effettuarsi al termine di ogni anno. L’esame viene svolto on line. Tale valutazione per quanto riguarda i moduli aggiuntivi viene realizzata utiliz- zando le prove realizzate dall’ISFOL e dall’INVALSI; tali fascicoli vengono da tempo utilizzati anche come materiale didattico durante i percorsi per le unità dedi- cate alla lingua italiana e alla matematica. Infine, viene somministrato ai ragazzi un questionario finale che vuole rilevare il gradimento della formazione. 129 Al raggiungimento da parte dell’apprendista del monte ore di formazione pre- visto nel contratto di apprendistato, l’ente di formazione invia all’azienda la Di- chiarazione di frequenza, che riporta l’elenco delle unità formative alle quali l’ap- prendista è stato iscritto con l’indicazione delle ore frequentate, delle ore giustifi- cate e delle ore pianificate (oltre all’indicazione del monte ore annuo). Al termine di ciascun modulo annuale (trasversale e tecnico professionale) viene somministrato a tutti gli apprendisti un questionario di gradimento finalizzato alla verifica della adeguatezza della programmazione didattica, del personale do- cente attivato, della logistica. 11.10. Allegato PROGETTAZIONE DIDATTICA DELLE UNITÀ FORMATIVE 130 131 11.11. Esercizi Esercizio 1: “Organizziamo un’uscita al cinema” Materiale fornito: – orario degli autobus per raggiungere il cinema – locandine dei film e orari di programmazione – alcune recensioni dei film in programma – moduletto da compilare I ragazzi si dividono in piccoli gruppi e, consultando il materiale fornito, pro- vano ad organizzare un’uscita al cinema. Una volta svolto l’esercizio, i ragazzi si confrontano sulle scelte fatte e le mo- tivazioni che li hanno portati a fare tali scelte. 132 Esercizio 2: “Completa la fiaba” Esercizio da svolgere in piccoli gruppi; ogni gruppetto compila il modulo, poi vengono lette tutte le composizioni ad alta voce e ci si confronta. Materiale fornito: penne e una copia del modulo da compilare per ciascun gruppo. 11.12. Esempi di specifica di UFP - Comparto Lavorazioni Meccaniche Modulo numero UFP01 Titolo: Elementi di tecnologia meccanica Durata ore: 16 Obiettivi e contenuti Questa UF rappresenta il punto di partenza per apprendisti che lavorano nel settore metalmeccanico ma non conoscono le nozioni basilari della tecnologia in quanto provenienti dall’obbligo scolastico o da qualifiche o diplomi di altri settori. Questa UF è ritenuta propedeutica per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal profilo. La presente UF di tipo Periferico consente di introdurre le conoscenze da ac- quisire nella seguente UF Centrale: – UFP36 – Procedimenti di saldatura ad arco (Percorso 1 e 9) – UFP22 – Lavorazioni base al tornio (Percorso 3 e 6) Obiettivi Al termine della UF l’apprendista avrà acquisito le nozioni generali sulla pro- duzione dei materiali metallici e sulle loro proprietà (fisiche, chimiche, meccaniche e tecnologiche) e sulle principali lavorazioni meccaniche con asportazione di tru- ciolo. Contenuti – Nozioni generali sulla produzione dei materiali metallici. – Proprietà dei materiali metallici: fisiche, chimiche, meccaniche e tecnologiche. – Lavorazioni meccaniche con asportazione di truciolo. – Principali macchine utensili utilizzate nell’asportazione di truciolo. Ambiente Gli ambienti di apprendimento saranno: – Aula di dimensioni adeguate e arredi posizionabili in modi diversi, dotata della possibilità di proiezione audio-video, che consenta l’alternanza e la compre- senza fra attività plenaria e di gruppo. L’aula sarà dotata di lavagna bianca con pennarelli, di lavagna luminosa e di lavagna a fogli mobili. 133 Materiali – Fogli/dispensa cartacea o digitale per la guida al lavoro d’aula – Strumentazione tecnica d’officina – Griglia di osservazione dell’azienda – Bibliografia tecnica Metodologia Lo sviluppo di competenze potrà contare su due momenti distinti: a) nel gruppo d’aula, per le impostazioni concettuali e le riflessioni comuni, oltre che per le verifiche; b) nella fase sperimentale in azienda supportato dal tutor aziendale. Si applica una metodologia di apprendimento esperienziale, basata su 2 mo- menti d’aula della durata di 8 ore ciascuno (sottolineati nello schema seguente) e 1 periodo intermedio di sperimentazione in azienda: stimolo/acquisizioneÎosservazione/sperimentazioneÎriflessione/sistematizzazione Fase di stimolo/acquisizione di strumenti: – vengono rilevate le conoscenze in ingresso degli apprendisti coinvolgendoli in discussioni di gruppo incentrate su elementi tecnologici e metodologici rela- tivi a come affronterebbero il problema proposto e inerente l’argomento da trattare; – vengono impostati gli elementi concettuali e forniti gli strumenti operativi per governare l’attività lavorativa di riferimento sulla base di un modello di riferi- mento generale; – vengono forniti i suggerimenti (compiti) da mettere in atto nei momenti di rientro in azienda. Fase di osservazione/sperimentazione in azienda: – viene applicato e verificato nel contesto aziendale quanto appreso in aula, con una particolare attenzione rivolta agli aspetti metodologici; – vengono evidenziati gli aspetti di difficoltà da riportare in aula. Fase di riflessione/sistematizzazione: – vengono riportati e discussi i problemi riscontrati in azienda rapportandoli al quadro concettuale; – sotto la guida dell’esperto ogni allievo sistematizzerà il proprio caso alla luce della discussione generale e il risultato del suo lavoro fornirà anche gli ele- menti di valutazione del raggiungimento degli obiettivi. 134 Tecniche applicate: – Presentazione in plenaria – Verifica delle competenze in aula – Discussioni in gruppo – Analisi e confronto dei casi – Sintesi in plenaria e griglia di osservazione Modulo numero UFP22 Titolo: Lavorazioni base al tornio Durata ore: 32 Obiettivi e contenuti Questa UF rappresenta il punto d’ingresso per gli apprendisti che sono privi delle conoscenze nell’utilizzo del tornio parallelo, formandolo sulle lavorazioni base realizzabili su questa macchina utensile. Per affrontare la presente UF è consigliato possedere le conoscenze descritte nelle seguenti UF: – UFP01 – Elementi di tecnologia meccanica – UFP03 – Tecnologia degli utensili – UFP08 – Interpretazione di disegni di particolari meccanici Obiettivi Partendo dal disegno di un particolare l’apprendista predisporrà la macchina utensile attrezzandola con gli utensili ottimali in relazione alle lavorazioni, monterà inoltre il pezzo al tornio utilizzando i principali dispositivi di bloccaggio del pezzo. Realizzerà particolari significativi relativamente alle operazioni proposte. Eseguirà le lavorazioni proposte nel rispetto delle norme di sicurezza ed effettuerà il con- trollo dimensionale e di forma di quanto realizzato. Contenuti – Predisposizione della macchina: parametri; utensili; attrezzature in base alle prescrizioni. – Esercitazioni realizzate utilizzando diversi tipi di montaggio dei pezzi al tornio: montaggio a sbalzo; tra le punte mediante trascinamento a brida; man- drino contropunta; su spina conica. – Esecuzione d’operazioni caratterizzate da particolare significatività: cilindra- ture esterne; spallamenti; smussi; fori da centro; forature mediante punta eli- coidale; alesature con alesatori da macchina; alesature con utensile monota- gliente; spallamenti interni; smussi interni. – I visualizzatori di quota: lettura diretta della quota; azzeramento degli assi. 135 Ambiente Gli ambienti di apprendimento saranno: – Reparto macchine utensili, con un rapporto macchine/allievi di 1:1. Materiali – Fogli/dispensa cartacea o digitale per la guida al lavoro d’aula – Strumentazione tecnica d’officina – Griglia di osservazione dell’azienda – Particolari meccanici dal vero – Disegni tecnici dal vero – Bibliografia tecnica Metodologia Lo sviluppo di competenze potrà contare su due momenti distinti: a) nel gruppo d’aula, per le impostazioni concettuali e le riflessioni comuni, oltre che per le verifiche; b) nella fase sperimentale in azienda supportato dal tutor aziendale. Si applica una metodologia di apprendimento esperienziale, basata su 4 mo- menti d’aula della durata di 8 ore ciascuno (sottolineati nello schema seguente) e 3 periodi intermedi di sperimentazione in azienda: stimolo/acquisizioneÎsperimentazioneÎriflessione/integrazioneÎsperimentazione Îriflessione/integrazioneÎsperimentazioneÎsistematizzazione/valutazione Fase di stimolo/acquisizione di strumenti: – vengono rilevate le conoscenze in ingresso degli apprendisti coinvolgendoli in discussioni di gruppo incentrate su elementi tecnologici e metodologici relativi a come affronterebbero il problema proposto e inerente l’argomento da trat- tare; – vengono impostati gli elementi concettuali e forniti gli strumenti operativi per governare l’attività lavorativa di riferimento sulla base di un modello di riferi- mento generale; – vengono forniti i suggerimenti (compiti) da mettere in atto nei momenti di ri- entro in azienda. Fase di osservazione/sperimentazione in azienda: – viene applicato e verificato nel contesto aziendale quanto appreso in aula, con una particolare attenzione rivolta agli aspetti metodologici; – vengono evidenziati gli aspetti di difficoltà da riportare in aula. 136 Fase di riflessione/integrazione di strumenti: – vengono integrati i concetti e gli strumenti forniti inizialmente alla luce di casi, eventualmente proposti dagli allievi, che si prestino ad una esemplificazione utile a tutto il gruppo; – vengono forniti ulteriori suggerimenti (compiti) da mettere in atto nei momenti di rientro in azienda. Fase di sistemazione/valutazione: – vengono riportati e discussi i problemi riscontrati in azienda rapportandoli al quadro concettuale; – sotto la guida dell’esperto ogni allievo sistematizzerà il proprio caso alla luce della discussione generale e il risultato del suo lavoro fornirà anche gli ele- menti di valutazione del raggiungimento degli obiettivi. 12. Umbria – CNOS-FAP di Perugia 12.1. Presentazione della struttura L’associazione CNOS-FAP Regione Umbria è presente nella Provincia di Perugia da oltre venti anni. L’offerta formativa della struttura è ampia e spazia sulle seguenti tipologie di intervento: – Corsi di formazione iniziale biennali rivolti a soggetti in diritto dovere di Istru- zione e Formazione; – Corsi di formazione superiore rivolti a giovani diplomati e/o laureati che inten- dono conseguire una specializzazione; Interventi formativi integrati con la Scuola Secondaria Superiore; – Corsi di formazione esterna per apprendisti in obbligo formativo e post- obbligo; – Servizi integrato permanente di sostegno all’apprendimento, formazione e ac- compagnamento lavorativo; – Corsi di formazione continua per la riqualificazione ed aggiornamento degli adulti; – Corsi di formazione continua per l’aggiornamento degli operatori della Forma- zione Professionale; – Corsi formativi individualizzati rivolti a disabili del lavoro su segnalazione INAIL. Il fondamento della proposta educativa, formulata nel rispetto del sistema pre- ventivo di Don Bosco, è la centralità della persona, in particolare del minore in età di obbligo formativo; pertanto la proposta è costruita a partire dalle esigenze del 137 soggetto, dai suoi diritti, primo fra tutti il diritto ad una formazione seria, dignitosa, che si faccia promotrice delle capacità di ciascuno, valorizzando le risorse personali. L’intero impianto formativo, dalla progettazione all’erogazione del servizio, alla definizione delle discipline per ciascun corso, persegue il fine di promuovere una motivazione positiva nei confronti del lavoro, attribuendo ad esso una dimen- sione fondamentale della personalità dell’individuo; superando il concetto di mero addestramento, tale formazione contribuisce allo sviluppo integrale della persona. Il Sistema di gestione per la qualità dell’associazione CNOS-FAP Regione Umbria Sede di Perugia è certificato UNI EN ISO 9001:2000. L’offerta formativa scaturisce dall’analisi delle esigenze emerse dal mercato del lavoro e dal confronto con organismi istituzionali ed attualmente vengono ero- gati corsi di formazione professionale per il settore meccanico nelle seguenti aree di attività: – meccanico automazione; – meccanico a controllo numerico; – termoidraulico; – elettrico industriale; – elettrico civile terziario; Il tasso di occupazione degli allievi qualificati dimostra l’efficacia degli inter- venti formativi svolti (90%). Per esplicitare il volume delle attività svolte dal centro si riporta prospetto dei corsi convenzionati assegnati per l’anno 2005-2006: Corsi convenzionati anno formativo 2005-2006 138 Complessivamente i corsi assegnati prevedono il coinvolgimento di 315 al- lievi. Accanto ai corsi convenzionati, nel 2005-06 il CNOS-FAP Perugia ha realiz- zato anche due interventi non convenzionati. Si tratta di azioni di formazione con- tinua per le figure di “addetto al controllo qualità del prodotto” e di “operatore automazione d’ufficio”. 12.2. Il contesto territoriale dell’offerta formativa La Regione Umbria ha da tempo trasferito alle Province la programmazione e gestione degli interventi di formazione professionale. Pertanto, in materia di apprendistato la Regione riceve la quota parte dei finanziamenti provenienti dallo Stato e la ripartisce fra le Province, titolari della funzione di programmazione e gestione. Né la Regione Umbria, né le Province hanno ritenuto di incrementare il finanziamento statale per l’apprendistato destinando risorse proprie a tali interventi, anche a valere sul Programma Operativo regionale. Anzi, l’andamento dell’offerta per l’apprendistato negli anni si è distinto nel quadro delle Regioni del Centro Nord per una certa discontinuità: non tutti gli anni sono stati realizzati interventi per gli apprendisti nella Regione e in particolare i ritardi più ampi si sono concentrati nella Provincia di Perugia. Negli ultimi anni un certo ritardo nell’allinearsi alle riforme e agli interventi in materia di formazione professionale ha caratterizzato in realtà l’azione della Pro- vincia di Perugia anche in relazione ad altri segmenti del sistema formativo. È il caso, ad esempio, delle attività di formazione iniziale per i ragazzi che hanno con- cluso il ciclo primario di studio: ad oggi, non sono mai stati attivati i percorsi trien- nali, mentre il modello di offerta formativa per tale utenza è articolato su un biennio. A tali corsi, della durata di 1200 ore per anno, si accede all’età di quindici anni. L’accesso è comunque regolato da una selezione in ingresso, affidata ad un orientatore dei centri per l’impiego. Anche sull’accreditamento l’esperienza della Provincia non è stata lineare. Ad oggi sono state fatte già due procedure di accreditamento: in esito alla prima so- no state accreditate ben 680 sedi solo per la macrotipologia “Obbligo formativo”, mentre in esito alla seconda sono risultate accreditate 300 sedi per la stessa macro- tipologia. In particolare, sulla formazione per l’apprendistato si è registrata negli scorsi anni la mancanza di una strategia provinciale per l’avvio e il consolidamento di un sistema strutturato di offerta; solo nel 2005 tale immobilismo ha trovato una svolta con l’emanazione di due avvisi pubblici per la realizzazione di interventi formativi per apprendisti in obbligo formativo e fuori obbligo formativo. L’intervento per gli apprendisti minori è stato collocato all’interno di un avviso pubblico unitario destinato a promuovere diverse tipologie di azioni dedicate ai giovani in obbligo formativo: corsi pluriennali di formazione iniziale per i giovani che hanno assolto l’obbligo scolastico, servizi integrati di sostegno all’apprendi- 139 mento, formazione e inserimento lavorativo per gli stessi giovani, formazione esterna per apprendisti in diritto-dovere. Gli interventi per l’apprendistato sono finanziati a valere sulle risorse messe a disposizione dal Ministero del Lavoro per le annualità 2003 e 2004. 12.3. Esperienza della struttura sulla formazione in apprendistato L’associazione CNOS-FAP Regione Umbria - Sede di Perugia ha partecipato per la prima volta all’Avviso Pubblico per la presentazione di progetti per la forma- zione esterna di apprendisti in obbligo formativo e post-obbligo nell’anno 2005. L’attività della formazione degli apprendisti nel territorio della provincia di Perugia è stata prevalentemente condotta, negli anni precedenti, dalle associazioni di cate- goria, organizzazioni sindacali e enti bilaterali, generalmente consociate in ATI/ ATS. Pertanto, le esperienze che verranno descritte nel seguito costituiscono lo svi- luppo di un’idea di progettazione e realizzazione dell’intervento che, pur forte del- l’esperienza maturata in tanti anni di attività con le diverse utenze della forma- zione professionale in Provincia, deve però ancora misurarsi con la concreta realtà dell’apprendistato nella Regione. In sede di progettazione sono stati presentati otto progetti per apprendisti in obbligo formativo attraverso una ATS composta fra CNOS FAP Regione Umbria, SFCU – Sistemi Formativi Confindustria Umbra e G.O.Opera Pia Bufalini; il CNOS-FAP è il soggetto capofila dell’ATS. Inoltre, sempre in risposta all’Avviso pubblico emanato sempre nell’anno 2005, l’associazione ha partecipato come partner dell’ATS fra SFCU – Sistemi Formativi Confindustria Umbra e G.O.Opera Pia Bufalini presentando ulteriori quattro progetti per la formazione esterna di apprendisti maggiorenni. L’ATS garantisce una diffusa dislocazione territoriale dell’offerta formativa e assicura una pluralità di competenze, individuando così ruoli e compiti specifici nel- l’ambito del progetto stesso. È questa, infatti, una richiesta specifica degli avvisi provinciali, ritenuta elemento premiante ai fini della valutazione delle candidature pervenute. 12.4. Il modello formativo provinciale Il bando emanato dalla Provincia di Perugia nel 2005 per la realizzazione degli interventi formativi per gli apprendisti minorenni ha previsto la proget- tazione di percorsi di durata biennale; annualmente si è chiesto di progettare interventi della durata prevista dalla contrattazione collettiva per quanto riguarda la formazione esterna, aumentata delle 120 ore dedicate al consolidamento e al recupero delle competenze di base previste esclusivamente per gli apprendisti minorenni. Dal momento che la contrattazione collettiva ha definito quasi sem- pre una durata degli interventi che si è attestata al minimo previsto dalla leg- 140 ge9 e quindi pari a 120 ore annue, complessivamente il percorso annuale per gli apprendisti minori è stato individuato pari a 240 ore. Solo nel caso degli ap- prendisti assunti in imprese appartenenti al settore dell’industria metalmeccanica il volume orario di formazione annua previsto dalla contrattazione collettiva è elevato a 160 ore. Il bando provinciale ha richiesto di formulare i progetti secondo un approccio per competenze e pertanto i percorsi dovevano essere strutturati in unità di compe- tenze e unità formative capitalizzabili (UC e UFC). È questo un approccio ormai generalizzato nel caso di progetti finanziati dalla Provincia di Perugia sui diversi segmenti della formazione professionale, tanto che è stata costituita una banca dati delle competenze in cui sono presenti diversi profili professionali e dizionari delle competenze. Inoltre, come riferimento della progettazione specifica per l’apprendistato, il bando provinciale ha indicato i Decreti ministeriali dell’8 aprile 1998, n. 179/99 e n. 152/01. Per quanto riguarda la definizione dei contenuti professionalizzanti per le figure professionali che rientrano nei settori meccanico, edile, tessile, terziario e turismo, un ulteriore riferimento è rappresentato dai documenti definiti a livello nazionale dalla Commissione sui contenuti che ha operato con il supporto del- l’ISFOL. Costituisce elemento preferenziale nella valutazione del progetto la capacità del proponente di garantire una diffusa dislocazione territoriale dell’offerta for- mativa e di coinvolgere parti sociali e enti bilaterali nonché istituti scolastici e/o universitari al fine di assicurare una pluralità di competenze. Ogni progetto deve prevedere una specifica azione formativa dedicata ai tutor aziendali secondo le modalità previste dal DD 22/2000. Il percorso è stato progettato dall’Associazione CNOS-FAP Regione Umbria Sede di Perugia, prevedendo una ATS con SFCU Confindustria Umbria, Sede di Perugia e CFP Bufalini Città di Castello. La progettazione ha rispettato l’avviso pubblico che prevedeva un approccio per competenze; pertanto i percorsi formativi sono stati strutturati in unità di com- petenze (UC) e unità formative capitalizzabili (UFC) secondo le indicazioni fornite dai decreti ministeriali dell’8 aprile 1998, del 20 maggio 1999 n. 179, n. 152/2001. 12.5. La strutturazione del percorso per gli apprendisti minorenni Come richiesto dall’avviso pubblico, l’Associazione temporanea di cui fa parte il CNOS-FAP di Perugia ha presentato otto proposte progettuali rivolte ad appren- disti minorenni occupati nel settore metalmeccanico. 9 Per i minori che devono assolvere l’obbligo formativo, che quindi non hanno conseguito alcun titolo post-obbligo di istruzione o di formazione, non si applicano eventuali riduzioni della quota annua di formazione esterna previste dalla contrattazione collettiva per gli apprendisti assunti nel quadro della legge n. 196/97. 141 I progetti prevedono una durata biennale dell’attività formativa, fermo re- stando la durata dei contratti di apprendistato come da CCNL di riferimento. Per- tanto, trattandosi di interventi proposti nel settore metalmeccanico, la durata annuale è pari a 280 ore così ripartite: – 120 ore di rafforzamento e recupero delle competenze di base e trasversali: competenze linguistiche (lingua italiana e lingua straniera), competenze mate- matiche e competenze informatiche, e di orientamento ed elementi di cittadi- nanza attiva; – 120 ore dedicate alle competenze tecnico professionali, da erogare agli allievi del comparto Metalmeccanico settore Artigianato ed Industria; – 40 ore dedicate alle competenze tecnico professionali specialistiche, da erogare solo agli allievi del comparto Metalmeccanico settore Industria il cui CCNL prevede 40 ore annue aggiuntive di formazione; – 8 ore di formazione dei tutor aziendali, previste su ogni annualità. L’articolazione del progetto relativo alla seconda annualità ricalca quanto pro- posto per la prima annualità. Relativamente alle competenze di base, in sede di progettazione si è fatto rife- rimento a quanto previsto nei seguenti atti: Documento tecnico per la definizione degli standard formativi di cui all’Art. 4 dell’Accordo Quadro sancito in Confe- renza unificata il 19.06.2003 tra il Ministro MIUR, il Ministro MLPS, le Regione, le Province autonome di Trento e Bolzano, le Province, i Comuni e le Comunità Montane e nel Decreto Interministeriale del 16 maggio 2001 n. 152; Decreto Mini- steriale dell’8 aprile 1998; Decreto Ministeriale del 20 maggio 1999 n. 179. Gli standard formativi minimi sono stati opportunamente distribuiti, in forma parziale, nel progetto. La componente tecnico professionale del percorso è stata orientata a specifici profili professionali, con l’obiettivo di costituire gruppi classe di apprendisti minori omogenei rispetto alla qualifica da acquisire. Per l’individuazione delle competenze professionali da acquisire al termine della formazione esterna si è fatto riferimento al documento sugli obiettivi forma- tivi per il settore metalmeccanico predisposto dall’ISFOL insieme con le organizza- zioni di rappresentanza del settore e alla Banca dati provinciale delle competenze. L’approccio pedagogico sotteso alla progettazione si avvicina al modello ba- sato sulla risoluzione di problemi reali, attraverso l’applicazione delle competenze in ambiti concreti di interesse per la fascia adolescenziale. Tale approccio pragma- tico risulta efficace in relazione all’utenza e tenuto conto del vincolo delle ore ri- spetto alle aree di competenza su cui lavorare. Si è tentato quindi di definire un modello formativo innovativo, capace di combinare l’obiettivo del recupero delle competenze di base con un approccio basato sulla valorizzazione dell’esperienza dei singoli apprendisti; il docente ha così la funzione di facilitare un percorso di riscoperta dell’utilità dell’impiego delle competenze di base all’interno dei contesti d’uso. Tale processo dovrebbe favorire 142 la riscoperta dell’utilità dei sistemi simbolici di natura linguistica, matematica o informatica. Pertanto il percorso della prima annualità per quanto riguarda le prime 120 ore, finalizzate all’acquisizione di competenze di base e trasversali, è stato articolato nei seguenti moduli: Accoglienza 4 Orientamento professionale 8 Elementi cittadinanza attiva 8 Competenze linguistiche (2 moduli) 10+8 Competenze linguistiche in lingua straniera 18 Competenze matematiche 18 Competenze informatiche 20 Competenze relazionali 4 Sicurezza sul lavoro 22 Tot. 120 Ogni modulo è progettato in relazione all’acquisizione di una Unità di compe- tenza (UC) e coincide con una Unità Formativa Capitalizzabile (UFC). Ogni UC è descritta in termini di risultato da raggiungere, con una specifica di livello attra- verso l’individuazione di indicatori; per le competenze di base, gli indicatori di li- vello al quale deve essere conseguita la competenza derivano dal Decreto Intermi- nisteriale n. 152/01 e sono stabiliti in relazione alle scale internazionali IALS, ALTE e ALLS e al glossario per il conseguimento dell’ECDL (European Computer Driving Licence) per quanto riguarda l’informatica. Inoltre, per ogni modulo sono individuate il setting di erogazione della forma- zione, che per la formazione di base e trasversale è sempre l’aula, e gli strumenti utilizzati per la verifica dei risultati conseguiti. Il percorso per l’acquisizione di competenze di base e trasversali nella seconda annualità è strutturato in nove moduli, articolati come segue: Orientamento professionale 8 Elementi cittadinanza attiva 8 Organizzazione ed economia 16 Competenze relazionali 6 Competenze linguistiche 12 Competenze linguistiche in lingua straniera 20 Competenze matematiche 20 Competenze informatiche (2 moduli) 20+10 Tot. 120 Il dettaglio del percorso del primo e del secondo anno con l’indicazione delle attività e delle competenze da conseguire è riportato in fondo al presente approfon- dimento. La seconda parte del percorso della prima annualità, finalizzata all’acquisi- zione delle competenze tecnico professionali, è invece articolato in due moduli, di 50 e 70 ore. Ognuno di tali moduli consente l’acquisizione di una unità di compe- tenza. Anche per il secondo anno è prevista una articolazione del percorso tecnico- professionale in due moduli, con una differente distribuzione oraria. 143 Nel caso della formazione rivolta agli apprendisti inseriti in industrie del set- tore metalmeccanico, ai due moduli se ne aggiunge un terzo della durata di 40 ore. Si tratta di un modulo dedicato all’analisi e allo sviluppo di casi aziendali. I moduli relativi all’acquisizione delle competenze tecnico-professionali sono erogati per metà in aula e per l’altra metà in laboratorio. Di seguito si riporta l’architettura del progetto in relazione alle competenze tecnico-professionali per il profilo di “Montatore, installatore, attrezzista, manuten- tore meccanico”. Prima annualità - competenze tecnico professionali Seconda annualità - competenze tecnico professionali Ogni progetto, ai sensi del DM 28 febbraio 2000, prevede una specifica azione formativa rivolta ai tutor aziendali degli apprendisti coinvolti, se non già formati in precedenza. Tale azione è stata pianificata come azione di avvio delle attività, pre- cedente alle azioni formative rivolte agli apprendisti. 144 12.6. Gestione dell’intervento Ad ottobre 2005 in esito alle procedure di valutazione delle candidature perve- nute in risposta al bando provinciale, tutti gli otto progetti presentati per la forma- zione esterna degli apprendisti in obbligo formativo sono stati approvati ed am- messi a finanziamento. In fase di definizione delle proposte progettuali era stata fatta una verifica sulla numerosità di apprendisti minori presenti sul territorio provinciale attraverso i dati dei centri per l’impiego; pertanto, gli otto progetti presentati prevedevano di coin- volgere come destinatari fino a 25 apprendisti per corso. Tuttavia, in seguito ad una prima verifica dei dati amministrativi contenuti negli archivi dei Centri per l’im- piego al fine di effettuare la composizione delle classi, è risultata una alta percen- tuale di apprendisti minorenni non più presenti nelle imprese; pertanto, l’utenza dei corsi ne è risultata fortemente ridimensionata ed è stato necessario rivedere tutta la programmazione dell’offerta a livello provinciale. Quindi, con successiva deliberazione del 12.05.2006 sono stati riprogrammati e rideterminati i seguenti progetti: – Montatore/installatore/attrezzista/manutentore meccanico con sede di svolgi- mento Perugia; – Montatore/installatore/attrezzista/manutentore meccanico con sede di svolgi- mento Foligno; – Montatore/installatore/attrezzista/manutentore meccanico/operatore termoidrau- lico con sede di svolgimento Foligno; – Montatore/installatore/attrezzista/manutentore elettrico elettromeccanico elet- tronico con sede di svolgimento Foligno. Nella rideterminazione dei progetti il numero di allievi è stato ridotto a 20 apprendisti in obbligo formativo per corso. La riduzione del numero dei destinatari e la conseguente rideterminazione del finanziamento sono conseguenza della scar- sità degli apprendisti minorenni presenti nella Banca dati fornita dai Centri per l’impiego in fase di approvazione dei progetti. I dati di realizzazione hanno visto la convocazione di 14 apprendisti omogenei in termini di età (16-17 anni), con una scolarizzazione che si attesta mediamente al primo anno della scuola secondaria superiore. Gli apprendisti risultano omogenei per contratto collettivo applicato (metal- meccanico), ma con profili professionali e aziende spesso richiedenti competenze e apprendimenti molto diversificati. Infatti, pur avendo convocato aziende che appli- cano lo stesso contratto collettivo, si riscontra che le attività lavorative/professio- nali ricomprese in tale contratto spaziano dalle lavorazioni di meccanica generale, alla riparazione di carrozzerie di autoveicoli, al commercio di parti e accessori di autoveicoli, fino all’installazione di impianti idraulico-sanitari. Le aziende convocate, rispondono perfettamente alla tipologia umbra di 145 azienda artigianale, PMI e Industria, con un numero relativamente ridotto di dipen- denti e nella fattispecie di apprendisti in OF. Il corso Montatore/installatore/attrezzista/manutentore meccanico con sede di svolgimento Perugia ha avuto avvio a giugno 2006 e se ne prevede il termine a maggio 2007. Al momento non è stata ancora attivata alcuna seconda annualità. Al fine di agevolare la frequenza dei giovani apprendisti senza arrecare disagi alle aziende, d’intesa con i tutor aziendali è stato elaborato un calendario basato su una media di due incontri settimanali. In particolare è stato concordato di predi- sporre un calendario tale che gli apprendisti potessero fruire di lezioni pratiche /la- boratoriali e lezioni teoriche nella stessa giornata, al fine di favorire una alternanza nell’erogazione/fruizione di competenze tecnico-pratiche e teoriche. Pertanto, nei pomeriggi del lunedì e mercoledì si svolgono le attività formative per una durata di circa 4 ore al giorno. Il percorso prende avvio da un modulo introduttivo dedicato all’accoglienza. Le attività specifiche nell’ambito di tale modulo sono state strutturate a carattere orientativo. Si è provveduto ad una visita al CFP per illustrare le principali attività e strutture presenti, comprensiva di una visita al laboratorio di meccanica di base condotta dal docente incaricato, dal tutor e dal coordinatore di corso. Nella fase di accoglienza, inoltre, è stato illustrato il Patto formativo al fine di pro- muovere una sottoscrizione consapevole dei diritti/doveri degli allievi e della struttura. Nel sottoscrivere il Patto formativo si è chiesta anche la firma delle famiglie, che so- no state invitate a partecipare alle prime quattro ore dell’attività di accoglienza. Per l’erogazione delle UC/UFC generalmente sono stati incaricati docenti in- terni alla struttura; per specifici moduli (sicurezza e prevenzione; diritto ed infor- matica; inglese) si è fatto ricorso a docenti esterni. Per quanto riguarda le metodologie didattiche utilizzate, nella formazione fina- lizzata all’acquisizione delle competenze di base e trasversali si sono privilegiate le lezioni frontali, le esercitazioni di gruppo, role play e commenti della simulazione, l’analisi di casi rappresentati. Nella formazione per l’acquisizione delle compe- tenze tecnico professionali si è fatto ricorso anche all’utilizzo di strumenti multi- mediali e riviste specializzate, oltre a realizzare parte della formazione attraverso esercitazioni pratiche di laboratorio Anche se le attività formative sono ancora in corso di svolgimento, alcuni ele- menti di criticità appaiono già evidenti. Certamente, la richiesta di una progettazione di interventi riferiti a specifici profili professionali nel caso della provincia di Peru- gia si è rivelata fonte di problematicità alla luce della verifica della consistenza reale dell’occupazione in apprendistato dei minori e alla distribuzione di tali giovani per qualifiche di avviamento. Nonostante la ridefinizione dell’offerta programmata sul territorio in seguito alla verifica degli elenchi degli occupati, nei gruppi classe si è riscontrata una certa incoerenza dei profili professionali e delle qualifiche di avvia- mento degli apprendisti convocati con i percorsi progettuali approvati. 146 Inoltre, la cosiddetta “volatilità” dei contratti di apprendistato, fatta di nume- rose interruzioni dei percorsi avviati, è tale da impedire la costituzione di un gruppo consolidato e numericamente costante, anche ai fini del numero di parteci- panti rendicontati e rendicontabili. Infatti, si sono avuti più casi di adolescenti che hanno interrotto il contratto di apprendistato e quindi il percorso formativo in corso di svolgimento o che al compimento del 18° anno di età sono stati ritirati dalle im- prese, non più soggette al vincolo delle 240 ore di formazione annua riferito esclu- sivamente ai ragazzi che devono ancora assolvere il diritto-dovere. 12.7. Modalità di individuazione degli apprendisti partecipanti all’intervento L’incrocio fra domanda e offerta di formazione avviene con il supporto dei centri per l’impiego, che comunicano alle aziende l’offerta formativa esistente e as- sistono le strutture formative nel comporre gli apprendisti destinatari e il percorso formativo di ciascun gruppo. Nella fase di avvio dei progetti e dopo la comunicazione ufficiale alle aziende interessate da parte dei centri per l’impiego dell’offerta formativa esistente, il sog- getto attuatore con la collaborazione del Centro per l’impiego ha individuato gli apprendisti destinatari e il percorso formativo di ciascun gruppo. Sono state pertanto, inviate convocazioni alle aziende interessate e all’atten- zione dei tutor aziendali al fine di segnalare e/o confermare i nominativi degli ap- prendisti in carico all’azienda stessa, come da Banca Dati del Centro per l’Impiego della Provinciali Perugia. L’individuazione delle aziende ha prevalentemente seguito i criteri di: – appartenenza al comparto Metalmeccanico (artigianato; industria; PMI); – area territoriale di collocazione dell’azienda (per risolvere problemi di fre- quenza/lontananza dal CFP); – qualifica di avviamento. Gli allievi selezionati sono tutti sedici-diciassettenni; infatti, dalla banca dati dei Centri per l’impiego non risultano quindicenni occupati come apprendisti. Molti sono stranieri; i ragazzi di nazionalità italiana disponibili a lavorare nel settore metalmeccanico come operai, soprattutto se minorenni, sono pochi e quindi le aziende hanno fatto rilevare l’attenzione che hanno a mantenerli come dipendenti. Il monitoraggio delle frequenze/assenze avviene ai sensi della Circolare del Ministero del Lavoro n. 78 del 9.11.2000 che specifica che le assenze sono am- messe solo per cause contrattualmente previste e devono essere debitamente certifi- cate; l’apprendista è tenuto a partecipare alle iniziative di recupero fino al raggiun- gimento della quota di formazione contrattualmente prevista o per almeno all’80% delle ore annualmente previste. Il soggetto attuatore attua un attento monitoraggio delle assenze degli appren- disti, inviando un rapporto mensile all’Amministrazione Provinciale di Perugia e 147 alle aziende. È questa una richiesta delle stesse aziende, dal momento che le assenze devono essere conteggiate nella determinazione della busta paga. 12.8. Modalità e strumenti di monitoraggio e verifica degli apprendimenti In conformità al Sistema Qualità applicato dall’associazione CNOS-FAP sono previste numerose attività di monitoraggio relative alle fasi di pianificazione ed erogazione del servizio formativo, per la sorveglianza dei formatori, schede di valutazione individuale, schede di soddisfazione in itinere e finali. La valutazione si svolge in itinere attraverso la verifica degli apprendimenti tramite strumenti come: – prove scritte (questionari a risposta aperta, a risposta chiusa, soluzioni di casi, prove tradizionali come temi, problemi ed esercizi); – prove orali (colloqui strutturati, semi-strutturati, non-strutturati); – prove pratiche; – performance in simulazione (check list di osservazione, e relazioni tecniche). Ad oggi l’attività del corso è in via di svolgimento pertanto non sono disponi- bili dati concreti relativamente alle valutazioni intermedie. Conformemente a quanto disposto dal D.P.R. n. 257/00 e dal D.I. n. 152/01, al- la fine del percorso di apprendistato le competenze saranno accertate attraverso prove di verifica appositamente predisposte dall’ISFOL e dall’INVALSI, allo scopo di verificare l’acquisizione delle competenze alfabetiche, matematiche ed informatiche. La valutazione degli apprendimenti, anche di tipo professionali, sarà invece attestata d’intesa con i soggetti istituzionali competenti in materia ed in maniera conforme ad eventuali modelli di certificazione che saranno resi disponibili in tempo utile. Ai sensi della DGR n. 242 del 14.03.2001 ”Dichiarazione di percorso forma- tivo nell’apprendistato”, si provvederà alla produzione del dispositivo di certifica- zione nell’apprendistato. 12.9. Relazioni con i tutor aziendali e formazione loro dedicata Per i contenuti della formazione dei tutor aziendali si è fatto riferimento alle competenze che deve possedere il tutor aziendale come individuate dal Decreto del 28 febbraio 2000 e alle varie pubblicazioni ISFOL che hanno fornito indicazioni e proposte relativamente alla progettazione degli interventi formativi per il tutor aziendale. Infatti, la formazione rivolta ai tutor aziendali della durata di 8 ore è finalizzata a sviluppare le seguenti competenze: – conoscere il contesto normativo ai dispositivi di alternanza; – comprendere le funzioni del Tutore e gli elementi di contrattualistica di settore e/o aziendale in materia di formazione; 148 – gestire l’accoglienza e l’inserimento degli apprendisti in azienda; – gestire le relazioni con i soggetti esterni all’azienda coinvolti nel percorso formativo dell’apprendista; – pianificare e accompagnare i percorsi di apprendimento e socializzazione lavo- rativa; – valutare i progressi e i risultati dell’apprendimento. Gli interventi formativi rivolti ai tutor aziendali sono stati articolati in due incontri di 4 ore ciascuno. Agli incontri con i tutor preliminari all’avvio dell’intervento per gli apprendisti è stato attribuito il ruolo strategico di far conoscere l’articolazione del progetto formativo per apprendisti, della metodologia formativa attuata nella struttura for- mativa e l’impianto organizzativo costituito dal personale e dalle strutture messe a disposizione per gli apprendisti. Inoltre, sono state richiamate le normative relative alle assenze giustificate e alle eventuali procedure di recupero delle ore di assenza eccedenti il 20% delle stesse. La partecipazione effettiva registrata nei due incontri preliminari è stata molto diversa: al primo incontro di 4 ore hanno partecipato solo 4 imprese; al secondo incontro, al crescere dell’interesse delle imprese sullo svolgimento delle attività di formazione esterna, hanno partecipato tutti. Entrambi gli incontri sono stati effet- tuati prima dell’avvio del corso ed è stato poi organizzato un terzo incontro, per rispondere ai quesiti e alle richieste specifiche sui contenuti delle attività formative. Le relazioni con le aziende sono state all’insegna della collaborazione, soprat- tutto nella gestione delle assenze e della comunicazione delle stesse. I tutor hanno partecipato in maniera sommaria alle azioni previste per la loro formazione, pertanto gran parte dei tutor e datori di lavoro sono stati scarsamente informati relativamente alla struttura del corso o del progetto. Inoltre, pur dovendo svolgere il corso in orario lavorativo, molte aziende hanno strutturato l’orario di lavoro con turnazioni tali che gli apprendisti svolgessero il corso fuori dall’orario di lavoro. Pertanto il monitoraggio delle assenze da parte dell’azienda risulta spesso falsato da tale situazione. Gli aspetti critici della formazione per apprendisti minorenni sono relativi alla strutturazione dei percorsi, percepiti dalle aziende come un forte ostacolo al conti- nuum produttivo, specialmente in una realtà aziendale piccola e media come quella umbra. 149 12.10. Allegato PRIMA ANNUALITÀ COMPETENZE DI BASE E TRASVERSALI ARTICOLAZIONE DEL PROGETTO 150 SECONDA ANNUALITÀ COMPETENZE DI BASE E TRASVERSALI 151 Parte III Dall’analisi delle esperienze alla proposta Le criticità da superare per dare risposta ai bisogni formativi degli appren- disti minori: la proposta Il nostro Paese ha compiuto da qualche anno una scelta precisa: con l’introdu- zione prima dell’obbligo formativo e del diritto-dovere poi, l’apprendistato do- vrebbe configurarsi come unica possibilità di inserimento nel mercato del lavoro per gli adolescenti; questo passaggio, più volte affermato anche in documenti uffi- ciali,1 non ha ancora ricevuto un avallo definitivo in una disposizione legislativa, anche se sembra ormai una pratica abbastanza diffusa nel comportamento delle imprese. Per cui gli adolescenti che entrano “stabilmente” nel mercato del lavoro, generalmente vengono assunti con contratti di apprendistato. Inoltre, permane una quota di minorenni che probabilmente fanno un ingresso temporaneo nel mercato del lavoro, legato a cicli stagionali, e all’investimento dei mesi estivi: anche questi ingressi generalmente passano attraverso un contratto di apprendistato. La ratio di questo investimento che il Paese ha fatto sull’apprendistato risiede nella considerazione delle potenzialità formative dello strumento, non solo in rela- zione all’acquisizione di una professionalità, ma anche per lo sviluppo di compe- tenze di base e per favorire la crescita personale degli adolescenti. Del resto, l’inse- rimento dell’apprendistato come opzione formativa a partire dal ciclo secondario superiore di istruzione è una scelta ampiamente condivisa nel panorama europeo; anzi, in Paesi come la Germania l’apprendistato è il canale prioritario di forma- zione dei giovani dopo i 16 anni di età, tanto che nel 2003 il 58% dei 16-19enni risultava in possesso di un contratto di apprendistato. Il tempo intercorso dal varo dell’obbligo formativo e quindi dall’inserimento dell’apprendistato come canale per l’assolvimento impone però una riflessione sulla situazione che risulta considerando l’offerta formativa esistente attraverso l’analisi compiuta nell’ambito degli studi di caso. In primo luogo, si è visto che il numero di minori assunti con contratto di apprendistato è diminuito in maniera esponenziale nell’ultimo decennio, anche se ha raggiunto una dimensione stabile da qualche anno. In gran parte ciò è dovuto ad alcuni fenomeni difficilmente reversibili e in particolare all’elevamento della parte- cipazione scolastica che riduce l’offerta di lavoro in questa fascia d’età; tuttavia, 1 Si esprime in tal senso anche la circolare n. 40/2004 del Ministro del Lavoro. 152 anche dal punto di vista della domanda di lavoro si deve registrare una contrazione, visto che le norme sempre più stringenti poste sul lavoro minorile indirizzano le imprese verso giovani di età più adulta. Se può essere considerato un effetto positivo il fatto che sempre meno adole- scenti lavorino, bisogna anche ricordare che esiste una quota di minorenni che rimangono al di fuori di alcun percorso formativo: non sono a scuola, non sono in percorsi di formazione professionale, non sono in apprendistato. L’attuazione del diritto-dovere di istruzione fino a diciotto anni passa principalmente attraverso la costruzione di una effettiva possibilità di impiego di questi ragazzi come appren- disti, visto che quanti vengono contattati dai servizi per l’impiego per i colloqui di orientamento esprimono una opzione forte e spesso esclusiva per l’apprendistato. Pertanto, si deve ricordare che al momento la normativa non prevede alcun incentivo per l’assunzione degli apprendisti minori ed anzi, visto il maggior “onere formativo” che grava su quest’ultimi a parità di altri costi – le agevolazioni contri- butive concesse alle imprese e il salario previsto sono gli stessi degli apprendisti maggiorenni –, tali assunzioni risultano disincentivate. Non è un caso che la mag- giore concentrazione di apprendisti minori si abbia nelle regioni settentrionali dove, dati i bassi tassi di disoccupazione, la minore presenza di offerta di lavoro spinge a far entrare nelle imprese anche i minori. Né il recente decreto legislativo n. 276/03 ha modificato la situazione: pur avendo previsto tre diverse tipologie contrattuali – ma l’apprendistato per il diritto- dovere manca ancora di regolamentazione e quindi non è operativo –, esse sono unificate da un medesimo schema di inquadramento (massimo due livelli sotto quello di destinazione) e quindi di salario e dal riconoscimento di sgravi contribu- tivi alle imprese nella stessa misura. Una seconda criticità riguarda la necessità di individuare dispositivi e risorse per favorire la diffusione di una adeguata offerta di formazione per quella quota di apprendisti adolescenti – pari a circa 50.000 unità – che comunque vengono assunti dalle imprese. Dal momento che con il passaggio dall’obbligo formativo al diritto dovere di istruzione e formazione si rinforza il sistema di sanzioni per i ragazzi e le famiglie che non ottemperano, parimenti è necessario che le amministrazioni com- petenti per la programmazione e realizzazione dell’offerta formativa provvedano ai dovuti adempimenti per consentire agli adolescenti di assolvere l’obbligo parteci- pando alle attività di formazione previste. È evidente che, dati i numeri, la dispersione territoriale e le disomogeneità del- l’utenza, i costi di tale offerta possono essere anche di molto superiori a quelli medi attualmente sostenuti per la formazione iniziale a tempo pieno; ma la piena attua- zione del diritto dovere impone il reperimento di tali risorse anche per gli appren- disti minori. L’attuale stato di avanzamento evidenzia invece che per la maggior parte degli adolescenti assunti l’apprendistato è ancora un contratto prevalentemente di lavoro, per il quale non esiste la possibilità di assolvere all’obbligo di formazione esterna, 153 né il percorso di formazione interno all’impresa è in qualche modo formalizzato e sottoposto ad alcun controllo esterno in termini di risultati. Quindi, per garantire una piena tutela del lavoro e dei diritti formativi dei minori assunti come appren- disti è necessario che sia attivata un’offerta di formazione esterna, finalizzata allo sviluppo delle competenze di base e professionalizzanti, che coinvolga tutto il bacino di utenza. Le due criticità richiamate, rispetto alla scarsa domanda di lavoro in apprendi- stato per i minori e alla esiguità dell’offerta formativa attivata dalle Regioni, atten- gono prevalentemente ad aspetti di sistema, alla configurazione dello strumento nel complesso di leggi nazionali e regionali. La consapevolezza di tali difficoltà speci- fiche dell’apprendistato per i minori è probabilmente alla base del tentativo di solu- zione proposto dal decreto legislativo n. 276/03, ossia la definizione di uno stru- mento indirizzato esclusivamente ad un’utenza di minori e costruito in forte rac- cordo con i percorsi dell’istruzione e formazione professionale. Tuttavia, l’analisi effettuata nei precedenti paragrafi ha messo in evidenza come tale strumento sia ri- masto fino ad ora completato disatteso e non sia operativo sul territorio. Anzi, viste le difficoltà che emergono dall’attuazione degli interventi sul territorio illustrate negli studi di caso presentati nel volume, molto probabilmente anche la regolamen- tazione dell’apprendistato per il diritto-dovere secondo il quadro delineato dal decreto legislativo n. 276/03 non migliorerebbe la situazione per quanto riguarda l’attivazione di un’offerta formativa adeguata per i minori. Infatti, la ridotta presenza di apprendisti minori nel sistema determina forti difficoltà per l’organizzazione delle attività formative, con il risultato che solo una quota di tali apprendisti finisce per attuare pienamente il diritto-dovere all’istru- zione e formazione partecipando anche ai percorsi di formazione all’esterno del- l’impresa. Anche in Regioni come la Lombardia, che conta il numero più alto di apprendisti occupati, l’organizzazione degli interventi formativi per i minori è messa in difficoltà e spesso anche a rischio dalla stessa disponibilità di un numero adeguato di minori per la composizione di classi omogenee almeno per settore economico di attività. L’eventuale introduzione di misure di agevolazione alle imprese per l’assun- zioni di minori che risultano non inseriti in alcun percorso formativo – che com- porta il rischio che tali misure possano distogliere alcuni ragazzi dai percorsi formativi in cui sono inseriti –, non potrebbe comunque determinare un aumento consistente dell’utenza in tale segmento del sistema formativo visti i vincoli sul lato dell’offerta. Piuttosto un incremento degli utenti può venire dall’inserimento in questo stesso canale di giovani anche maggiorenni che non hanno conseguito alcun titolo di studio secondario. La composizione degli apprendisti in relazione al titolo di studio evidenzia che almeno la metà ha conseguito al più la licenza media. Infatti, il nostro Paese presenta livelli medi di istruzione della forza lavoro ancora piuttosto bassi, anche considerando solo le classi di età più giovani. Si ricordi che fra gli indicatori con- 154 siderati nel processo di Lisbona per favorire la costituzione di un’Europa come economia della conoscenza, uno che riguarda la quota di giovani 22enni che hanno conseguito un titolo di studio secondario: l’obiettivo posto per il 2010 è che tale quota sia pari all’85%, mentre il dato per l’Italia al momento si attesta al 78%. Allora risponde agli stessi obiettivi dell’introduzione dell’obbligo formativo, ossia di elevare la qualificazione della popolazione giovanile, una misura che pre- veda anche per i maggiori di 18 anni che non hanno conseguito alcun titolo secon- dario la possibilità di acquisirlo attraverso un contratto di apprendistato. L’estensione di tale istituto ai maggiorenni senza titolo presuppone una ride- finizione dello strumento dell’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere che consenta l’apertura alla nuova utenza; allo stesso tempo è necessario che venga salvaguardato lo spirito del decreto legislativo, ossia quello della definizione di uno strumento a forte carattere formativo e parte integrante del sistema educativo, fina- lizzato al conseguimento di un titolo di qualifica di valenza nazionale. Ad esaminare le regolamentazioni regionali emanate per l’attuazione del de- creto legislativo n. 276/03 si scopre che questa “evoluzione” della prima tipologia di apprendistato è già in essere ad esempio nella provincia di Bolzano, che nella legge provinciale n. 2 del 2006 ha definito una tipologia di apprendistato finalizzata all’acquisizione di una qualifica di primo livello, per la quale la delimitazione del- l’utenza prescinde dall’età ma è fatta solo in relazione al titolo di studio posseduto o che si intende conseguire. Pertanto, da apprendistato finalizzato all’espletamento del diritto-dovere, tale tipologia dovrebbe diventare quella di apprendistato per il conseguimento di un titolo di qualifica nazionale, aperto obbligatoriamente ai minorenni, approvando la norma che i giovani fino a 18 anni possono lavorare solo con un contratto di ap- prendistato, e in aggiunta, per scelta delle imprese e dei giovani, anche a quanti non hanno conseguito alcun titolo di istruzione secondaria o di formazione professio- nale almeno fino ai 24 anni di età. Soprattutto per questi giovani vanno definite opportune misure di agevolazione per l’impresa, perché effettivamente venga attivata questa opzione, nell’ambito di un disegno strategico che vuole fare un investimento sui giovani per garantire loro maggiore occupabilità durante tutta la vita professionale. L’ampliamento ai giovani maggiorenni, su base volontaria, consentirebbe an- che di superare l’attuale criticità per cui, al conseguimento dei diciotto anni, gene- ralmente i ragazzi interrompono la formazione aggiuntiva obbligatoria per gli ap- prendisti minori. Dal momento che molti minorenni assunti in apprendistato sono diciassettenni è evidente che al più si riesce ad organizzare un anno di attività for- mativa, come risulta dagli studi di caso presentati. La scelta di una tipologia di contratto di apprendistato distinto – viste le rigidità all’uscita che sono già parte dello strumento secondo il nostro ordinamento per cui le imprese non possono licenziare i giovani durante il periodo di apprendistato –, insieme all’obiettivo 155 forte del conseguimento di un titolo di formazione, dovrebbero favorire anche una maggiore tenuta dei percorsi dei giovani. La possibilità di rilasciare un titolo di qualifica di livello nazionale implica la necessità di restringere il campo di applicazione dell’apprendistato rispetto ai ruoli professionali da occupare. Attualmente sono i contratti collettivi che definiscono su quali livelli e per quali figure professionali – in realtà generalmente si limitano a definire i livelli! – si può essere assunti come apprendisti. Il risultato è che le quali- fiche di destinazione degli apprendisti sono le più varie. Se questa tipologia di apprendistato deve però essere finalizzata al consegui- mento di un titolo di qualifica di livello nazionale, evidentemente occorre che siano stabiliti a priori gli standard formativi che assicurano il riconoscimento di quel ti- tolo su tutto il territorio. Pertanto, è necessario che sia definito a livello di sistema, anche con il supporto delle parti sociali, un elenco ristretto di qualifiche che diven- tano lo sbocco formativo e professionale di tale apprendistato. Ad esempio, in prima battuta si potrebbe far riferimento alle sole 14 figure professionali per le quali la Conferenza Stato - Regioni ha approvato gli standard formativi minimi nel dicembre 2006. La misura di consentire l’apprendistato su un numero ristretto di figure pro- fessionali, standardizzate a monte del processo, è comune a tutti i Paesi europei che hanno sistemi di apprendistato ben più consolidati del nostro. In generale, si tratta in questi casi di sistemi che sono improntati a svolgere una funzione di complementarietà rispetto al sistema scolastico al livello del ciclo secondario superiore, mentre l’apprendistato italiano è “spostato” verso un’utenza più adulta, né si candida a svolgere tale funzione fortemente educativa. Tale funzione dovrebbe essere invece preservata e potenziata rispetto ad un apprendistato come quello di cui si propone la definizione, ossia finalizzato al conseguimento di un titolo di qualifica. Il riferimento ad un numero ristretto di qualifiche consentirebbe di superare alcune difficoltà presenti nell’organizzazione dell’offerta e relative alla numerosità degli apprendisti, alla costituzione di gruppi classe omogenei, alla definizione di progetti formativi che consentano effettivamente uno sviluppo anche di compe- tenze di tipo tecnico-professionale. Il raccordo con i percorsi del secondo ciclo, necessario sia a garantire i giovani che scelgono questa opzione formativa con l’acquisizione di un titolo riconosciuto a livello nazionale sia soprattutto ad assicurare la possibilità di reinserirsi in altri percorsi del sistema educativo, anche in prosecuzione in senso verticale, richiede sicuramente una revisione del monte ore di formazione. Ma la revisione del monte ore deve tenere conto di due elementi: a) l’elasticità della domanda di lavoro, per cui un aggravio delle ore di forma- zione obbligatorie deprime ulteriormente la richiesta di apprendisti da parte delle imprese; pertanto, tale misura va accompagnata da misure di sostegno alle imprese che assumono apprendisti adolescenti; 156 b) la determinazione del volume di formazione deve poggiare su una valorizza- zione dell’istituto come percorso di apprendimento in alternanza, per cui al- l’impresa va riconosciuto un ruolo attivo nel processo di formazione nell’am- bito della specificazione degli obiettivi formativi da conseguire, in integra- zione ad un percorso esterno affidato ad istituzioni scolastiche o formative. Nonostante le misure volte a superare le criticità insite nella formazione per gli apprendisti minori, certamente l’organizzazione degli interventi per questi giovani avrà un costo che è superiore all’attuale spesa media per la formazione di un ap- prendista. Oggi, sulla base delle diverse regolamentazioni regionali, la formazione per un apprendista costa una cifra compresa fra i 1.000 e i 1.500 euro per il per- corso standard di 120 ore; tale cifra all’incirca si raddoppia per il percorso di 240 ore nel caso di apprendisti minori. Siamo ben lontani dal costo sostenuto dalle isti- tuzioni per la formazione dei minori inseriti nei percorsi scolastici o nei percorsi di formazione a tempo pieno, che in ogni caso superano i 6.000 euro. Questo differen- ziale deve essere reso disponibile se si vuole che anche la componente formativa “formale” per gli apprendisti diventi un diritto esigibile, tanto più per i minori o per i maggiorenni che al termine del rapporto di lavoro devono conseguire un titolo di qualifica a validità nazionale. Infine, è evidente che il problema dell’attivazione di un’offerta di formazione per tutti gli apprendisti minori non è solo finanziario o amministrativo. Esiste una dimensione pedagogica del problema che va adeguatamente considerata. Gli adolescenti assunti come apprendisti esprimono facilmente un rifiuto verso situazioni formative che possano in qualche modo ricordare la precedente espe- rienza scolastica, visto il sentimento di insuccesso e di espulsione da quel mondo che spesso si portano dentro. L’inclusione negli stessi gruppi classe di un’utenza leggermente più adulta, che sceglie volontariamente tale opzione di contratto di la- voro e di formazione, può contribuire a ridurre le criticità relative alla motivazione al percorso e i problemi disciplinari, ma comunque si tratta di giovani che hanno abbandonato i percorsi scolastici, anche se hanno avuto un po’ più di tempo per ri- elaborare l’esperienza. È necessario allora che i formatori siano in grado di approc- ciare questi ragazzi con metodologie nuove e coinvolgenti, mettendo al centro della proposta formativa la risoluzione di problemi pratici, che stimolino ad un processo di apprendimento che parte dal “fare” per poi riuscire ad astrarre concetti e principi generali, che dia senso al percorso di alternanza in cui sono inseriti. Anche per le competenze di base, l’approccio pedagogico dei docenti deve essere di tipo induttivo, ad esempio imperniato su una pratica del “lavorare per progetti”, come si è visto che molte esperienze già attivate stanno facendo. Un approccio che metta al centro il soggetto discente per quello che sa già fare, che sia in grado di valorizzare le conoscenze e competenze già possedute e su questo riesca a costruirne di nuove. Per molti docenti/formatori una impostazione metodologica di questo tipo richiede un cambiamento significativo nelle consolidate pratiche di insegnamento; 157 quindi, il successo di questa operazione, che significa poi successo formativo dei ragazzi e dei giovani, passa attraverso la conduzione di paralleli processi di forma- zione dei formatori, di supporto alla didattica anche attraverso la predisposizione di materiali e sussidi da utilizzare come guida per gli insegnanti e come materiali di lavoro per gli apprendisti. Occorre poi considerare che fra questi giovani appare sempre più frequente- mente un’utenza di minori immigrati o figli di immigrati che presentano anche difficoltà di comprensione della lingua italiana. Anche per questi giovani vanno individuate soluzioni adeguate, vanno definiti dei protocolli, delle modalità di ap- proccio a livello nazionale che possono partire dalla valorizzazione di alcune espe- rienze esemplari già in corso. Si ricorderà che nella descrizione del caso del Friuli Venezia Giulia si segnalava la presenza di un’offerta di moduli di recupero delle competenze linguistiche in italiano e la presenza in aula, nei casi di maggiori diffi- coltà, di un facilitatore come supporto all’apprendimento. In conclusione, il Paese ha fatto una scelta forte in materia di lavoro dei mi- nori, individuando l’apprendistato come opzione privilegiata per l’accesso al mer- cato del lavoro per gli adolescenti, che consente anche l’assolvimento dell’obbligo di formazione fino a 18 anni; dopo questo primo periodo di implementazione alquanto stentata, è necessario perseguire questa scelta fino in fondo, sostenendo la domanda di apprendisti da parte delle imprese e adoperandosi perché il diritto alla formazione dei giovani trovi risposte adeguate, in termini di offerta e di qualità del- l’offerta formativa. Tali misure devono inquadrarsi in un rinnovato contesto norma- tivo, frutto di una concertazione istituzionale e sociale volta a riaffermare il ruolo dell’apprendistato come opzione di lavoro, ma soprattutto a valorizzare le potenzia- lità formative di uno strumento che, proprio con riferimento all’utenza di minori, costituisce una componente strategica di tanti sistemi formativi europei. Crediamo che la proposta che viene avanzata debba trovare adeguata conside- razione nel dibattito; ma allo stesso tempo il dibattito deve prendere coscienza dello stato di attuazione della formazione obbligatoria per gli apprendisti minori, delle criticità che incontra, delle potenzialità e dei successi che consegue in alcune esperienze, come risulta dall’insieme degli studi di caso che vengono di seguito presentati. 159 INDICE PREMESSA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Parte I: IL QUADRO DELL’APPRENDISTATO IN ITALIA: OCCUPAZIONE E FORMAZIONE . . . . . . . . . 5 1. Un contratto speciale per i minori: cinquant’anni di apprendistato . . . . . . . . . 5 2. L’apprendistato come opzione per l’assolvimento dell’obbligo formativo . . . . 10 3. L’evoluzione dell’occupazione per gli adolescenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 4. L’offerta formativa per gli apprendisti minori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 5. L’apprendistato per il diritto-dovere: fine di uno strumento mai nato . . . . . . . 20 Parte II: LA RICERCA SUL CAMPO E LE EVIDENZE RISULTANTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 1. L’analisi delle esperienze esaminate: l’approccio seguito . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 2. Le differenti velocità del sistema italiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 3. I riferimenti istituzionali (nazionali e regionali) per la formazione per gli apprendisti minori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 4. L’identikit degli apprendisti minorenni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 5. Articolazione e struttura progettuale degli interventi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 6. Gli apprendisti minori e la formazione: il ruolo centrale della motivazione ad apprendere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 7. Le esperienze analizzate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42 8. L’esperienza piemontese presso il CNOS-FAP di Vercelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42 8.1. Presentazione della struttura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42 8.2. Il contesto territoriale dell’offerta formativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 8.3. Esperienza della struttura sulla formazione in apprendistato . . . . . . . . . . . . . . 46 8.4. Il modello formativo regionale e provinciale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47 8.5. La progettazione del percorso per gli apprendisti minorenni . . . . . . . . . . . . . . 48 8.6. Modalità di individuazione degli apprendisti partecipanti e gestione dell’intervento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 8.7. Relazioni con i tutor aziendali e formazione loro dedicata . . . . . . . . . . . . . . . . 56 8.8. Modalità e strumenti di monitoraggio e verifica degli apprendimenti e/o di altre variabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 8.9. Allegato 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57 8.10. Allegato 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65 8.11. Allegato 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 160 9. L’esperienza lombarda presso il CIOFS/FP LOMBARDIA di Cesano Maderno e il CNOS-FAP di Sesto San Giovanni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 9.1. Presentazione della struttura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 9.2. Il contesto territoriale dell’offerta formativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 9.3. Esperienza delle strutture sulla formazione in apprendistato per i maggiori di 18 anni e per i minori in obbligo formativo . . . . . . . . . . . . . . 73 9.4. Struttura progettuale e articolazione del percorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74 9.5. Modalità di individuazione degli apprendisti partecipanti all’intervento . . . . . 77 9.6. Caratteristiche degli apprendisti partecipanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78 9.7. Relazioni con i tutor aziendali e formazione loro dedicata . . . . . . . . . . . . . . . . 80 9.8. Modalità e strumenti di monitoraggio e verifica degli apprendimenti e/o di altre variabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 9.9. Valutazioni finali sull’efficacia dell’intervento rispetto agli utenti . . . . . . . . . . 81 10. Il caso Veneto: la Federazione CNOS-FAP Veneto e il Centro di Schio . . . . . . 83 10.1. Presentazione della struttura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 10.2. Il contesto territoriale dell’offerta formativa per l’apprendistato . . . . . . . . . 83 10.3. Esperienza della struttura sulla formazione in apprendistato . . . . . . . . . . . . 90 10.4. Il modello formativo regionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 10.5. Struttura progettuale e articolazione del percorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92 10.6. Modalità di individuazione degli apprendisti partecipanti all’intervento . . . 98 10.7. Calendarizzazione delle lezioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100 10.8. Tasso di assenteismo nei corsi e sue motivazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 10.9. Relazioni con i tutor aziendali e formazione loro dedicata . . . . . . . . . . . . . . 101 10.10. Modalità e strumenti di monitoraggio e verifica degli apprendimenti e/o di altre variabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102 10.11. Valutazioni finali sull’efficacia dell’intervento rispetto agli utenti . . . . . . . 105 10.12. Allegato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106 11. Friuli Venezia Giulia – CNOS-FAP Bearzi (UD) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108 11.1. Presentazione della struttura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108 11.2. Il contesto territoriale dell’offerta formativa per l’apprendistato . . . . . . . . . 109 11.3. Esperienza della struttura sulla formazione in apprendistato . . . . . . . . . . . . 112 11.4. L’organizzazione della formazione per gli apprendisti minorenni . . . . . . . . 115 11.5. La progettazione del percorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116 11.6. Modalità di individuazione degli apprendisti partecipanti ai percorsi . . . . . 122 11.7. Gestione dell’intervento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 11.8. Relazioni con i tutor aziendali e formazione loro dedicata . . . . . . . . . . . . . . 127 11.9. Modalità e strumenti di monitoraggio e verifica degli apprendimenti e/o di altre variabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128 11.10. Allegato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129 11.11. Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131 11.12. Esempi di specifica di UFP - Comparto Lavorazioni Meccaniche . . . . . . . 132 12. Umbria – CNOS-FAP di Perugia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136 12.1. Presentazione della struttura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136 12.2. Il contesto territoriale dell’offerta formativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138 12.3. Esperienza della struttura sulla formazione in apprendistato . . . . . . . . . . . . 139 12.4. Il modello formativo provinciale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139 161 12.5. La strutturazione del percorso per gli apprendisti minorenni . . . . . . . . . . . . 140 12.6. Gestione dell’intervento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 144 12.7. Modalità di individuazione degli apprendisti partecipanti all’intervento . . . 146 12.8. Modalità e strumenti di monitoraggio e verifica degli apprendimenti . . . . . 147 12.9. Relazioni con i tutor aziendali e formazione loro dedicata . . . . . . . . . . . . . . 147 12.10. Allegato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149 Parte III: DALL’ANALISI DELLE ESPERIENZE ALLA PROPOSTA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151 Le criticità da superare per dare risposta ai bisogni formativi degli apprendisti minori: la proposta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151 INDICE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159 163 Pubblicazioni 2002-2007 nella collana del CNOS-FAP e del CIOFS/FP “STUDI, PROGETTI, ESPERIENZE PER UNA NUOVA FORMAZIONE PROFESSIONALE” ISSN 1972-3032 1. Nella sezione “studi” 1) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XIV seminario di formazione europea. La formazione professio- nale per lo sviluppo del territorio. Castel Brando (Treviso), 9-11 settembre 2002, 2003 2) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XV seminario di formazione europea. Il sistema dell’istruzione e formazione professionale nel contesto della riforma. Significato e percorsi, 2004 3) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVI seminario di formazione europea. La formazione professio- nale fino alla formazione superiore. Per uno sviluppo in verticale di pari dignità, 2005 4) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Vademecum. Strumento di lavoro per l’erogazione dei servizi orientativi, 2003 5) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Opportunità occupazionali e sviluppo turistico dei territori di Ca- tania, Noto, Modica, 2004 6) CNOS-FAP (a cura di), Gli editoriali di “Rassegna CNOS” 1996-2004. Il servizio di don Stefano Colombo in un periodo di riforme, 2004 7) MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto finale, 2002 8) MALIZIA G. - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto sul follow-up, 2003 9) MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, 2004 10) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, 2004 11) D’AGOSTINO S. - G. MASCIO - D. NICOLI, Monitoraggio delle politiche regionali in tema di istru- zione e formazione professionale, 2005 12) PIERONI V. - G. MALIZIA (a cura di), Percorsi/progetti formativi “destrutturati”. Linee guida per l’inclusione socio-lavorativa di giovani svantaggiati, 2005 13) NICOLI D. - G. MALIZIA - V. PIERONI, Monitoraggio delle sperimentazioni dei nuovi percorsi di istruzione e formazione professionale nell’anno formativo 2004-2005, 2006 14) MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale. II edizione, 2006 15) MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP della Sicilia. Rapporto di ricerca, 2007 16) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVIII seminario di formazione europea. Standard formativi nell’i- struzione e nella formazione professionale. Roma,7-9 settembre 2006, 2007 17) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, Ristampa 2007 18) COLASANTO M. - R. LODIGIANI (a cura di), Il ruolo della formazione in un sistema di welfare at- tivo, 2007 19) MALIZIA G. et alii, Stili di vita di allievi/e dei percorsi formativi del diritto-dovere, 2007 20) MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP del Lazio. Rapporto di ricerca, 2007 21) NICOLI D. - R. FRANCHINI, Costruzione dell’identità personale e sociale negli adolescenti e nei giovani. La proposta dell’Istruzione e formazione professionale, 2007 22) NICOLI D., La rete formativa nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP, 2007 23) MALIZIA G. et alii, Diritto-dovere all’istruzione e alla formazione e anagrafe formativa. Problemi e prospettive, 2007 24) PELLEREY M., Processi formativi e dimensione spirituale e morale della persona Dare senso e prospettiva al proprio impegno nell’apprendere lungo tutto l’arco della vita, 2007 164 25) BELLESI L. - DONATI C., Giovani e percorsi professionalizzanti: un gap da colmare? Rapporto fi- nale, 2007 26) NICOLI D. - COMOGLIO M., Una formazione efficace. Esiti del monitoraggio dei percorsi speri- mentali di Istruzione e Formazione professionale in Piemonte, 2007 2. Nella sezione “progetti” 27) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 28) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio meto- dologico e proposte di strumenti, 2003 29) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La promozione delle capacità personali. Teoria e prassi, 2003 30) CIOFS/FP CAMPANIA (a cura di), OrION tra orientamento e network, 2004 31) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 32) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio metodologico e pro- poste di strumenti, 2003 33) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale alimentazione, 2004 34) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale aziendale e amministrativa, 2004 35) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale commerciale e delle vendite, 2004 36) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale estetica, 2004 37) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale sociale e sanitaria, 2004 38) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale tessile e moda, 2004 39) CIOFS/FP (a cura di), Un modello per la gestione dei servizi di orientamento, 2003 40) CIOFS/FP BASILICATA, L’orientamento nello zaino. Percorso nella scuola media inferiore. Diffu- sione di una buona pratica, 2004 41) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale elettrica e elettronica, 2004 42) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale grafica e multimediale, 2004 43) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale legno e arredamento, 2005 44) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale meccanica, 2004 45) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale turistica e alberghiera, 2004 46) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione delle unità didattiche, 2003 47) COMOGLIO M. (a cura di), Prova di valutazione per la qualifica: addetto ai servizi di impresa. Prototipo realizzato dal gruppo di lavoro CIOFS/FP, s.d. 48) FONTANA S. - G. TACCONI - M. VISENTIN, Etica e deontologia dell’operatore della FP, 2003 49) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo, 2003 50) MARSILII E., Guida per l’accompagnamento al lavoro dipendente, 2003 51) NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’istru- zione e della formazione professionale, 2004 52) NICOLI D. (a cura di), Sintesi delle linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel si- stema dell’istruzione e della formazione professionale, 2004 165 53) TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, 2003 54) VALENTE L. - D. ANTONIETTI, Quale professione? Strumento di lavoro sulle professioni e sui per- corsi formativi, 2003 55) NICOLI D. (a cura di), Il diploma di istruzione e formazione professionale. Una proposta per il percorso quadriennale, 2005 56) VALENTE L. (a cura di), Sperimentazione di percorsi orientativi personalizzati, 2005 57) POLACEK K., Guida e strumenti di orientamento. Metodi, norme ed applicazioni, 2005 58) CNOS-FAP (a cura di), Proposta di esame per il conseguimento della qualifica professionale. Percorsi triennali di Istruzione formazione Professionale, 2005 59) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La corresponsabilità CFP-famiglia: i genitori nei CFP. Esperienza triennale nei CFP CNOS-FAP (2004-2006), 2006 60) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione dei sussidi, II edizione, 2006 61) NICOLI D. - TACCONI G., Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. I volume, 2007 62) MARSILII E., Dalla ricerca al rapporto di lavoro. Opportunità, regole e strategie, 2007 63) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo. Una proposta di percorsi per la creazione di impresa, 2° edizione, 2007 64) D’AGOSTINO S., Apprendistato nei percorsi di diritto-dovere, 2007 3. Nella sezione “esperienze” 65) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza, 2003 66) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 2. Guida per l’accompagnamento in itinere, 2003 67) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 3. Guida per l’accompagnamento fi- nale, 2003 68) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, 2003 69) CIOFS/FP PUGLIA (a cura di), ORION. Operare per l’orientamento. Un approccio metodologico condiviso e proposte di strumenti, 2003 70) TONIOLO S., La cura della personalità dell’allievo. Una proposta di intervento per il coordina- tore delle attività educative del CFP, 2005 71) COMOGLIO M. (a cura di), Il portfolio nella formazione professionale. Una proposta per i per- corsi di istruzione e formazione professionale, 2006 72) ALFANO A., Un progetto alternativo al carcere per i minori a rischio. I sussidi utilizzati nel Centro polifunzionale diurno di Roma, 2006 73) MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI, Una formazione di successo. Esiti del monitoraggio dei per- corsi sperimentali triennali di istruzione e formazione professionale in Piemonte 2002-2006. Rapporto finale, 2006 Tip.: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 06.78.27.819 - Fax 06.78.48.333 - E-mail: tipolito@pcn.net Dicembre 2007

Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell'arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. I volume

Autore: 
Dario Nicoli - Giuseppe Tacconi
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2007
Numero pagine: 
277
I Volume Dario NICOLI - Giuseppe TACCONI VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP Anno 2007 3 SOMMARIO INTRODUZIONE Una valutazione attendibile per l’apprendimento .................................................... 5 Parte prima: Valutazione nell’istruzione e formazione professionale ........................................... 9 (Giuseppe Tacconi) Parte seconda: Certificare gli apprendimenti nell’istruzione e formazione professionale ............. 89 (Dario Nicoli) Parte terza: La valutazione e certificazione nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. Ricerca – azione svolta presso cinque Centri del CNOS-FAP................................. 157 (Dario Nicoli) 5 Presentazione Una valutazione attendibile per l’apprendimento Il volume che si presenta propone tre parti corrispondenti ad altrettante tappe di un lavoro di ricerca-azione sul tema della valutazione e della certificazione riferito ai percorsi di istruzione e formazione professionale. 1. La prima parte presenta una ricognizione teorica mirata a comprendere i problemi e le questioni più rilevanti riferiti al processo valutativo nella IFP. Si tratta di un punto di vista interessante poiché unisce in modo creativo tutte le problematiche proprie di una scuola con le questioni – e le opportunità – che si aprono in percorsi formativi che hanno come riferimento il tema del lavoro e della professionalità. La proposta cui si giunge si ispira ad un approccio valuta- tivo promozionale e riconoscente ovvero che contribuisca ad apprendere sempre più e sempre meglio. Ciò significa porsi nella prospettiva di promo- zione della persona nella convinzione che questa attenzione consente anche di orientare più efficacemente l’apprendimento dei soggetti verso le mete deside- rate. Sul piano della verifica, si suggeriscono compiti orientati a mettere il sog- getto nelle condizioni di fornire evidenze di apprendimenti particolarmente complessi che richiedono per lo più una notevole disponibilità di tempo; inoltre si sollecitano prove di valutazione con strumenti quantitativi, costituite ciascuna da un compito complesso, mirate a verificare la profondità della comprensione e a raccogliere indizi relativi allo sviluppo di competenze così da assumere at- tendibilità nella misura in cui contengono una molteplicità di quesiti di diverso tipo. Ciò consente di intrecciare e integrare diversi fattori nella valutazione degli apprendimenti: i risultati delle prestazioni/prodotti degli allievi, l’osserva- zione da parte dei docenti e dei tutor, l’autovalutazione da parte dell’allievo. 2. La seconda parte si occupa più espressamente della tematica della certifica- zione, che è stata introdotta in Italia in maniera un po’ debole e con un debole profilo istituzionale e metodologico, mutuando nella gran parte approcci e ri- flessioni dalle elaborazioni europee e dalle esperienze di Paesi partner, prime fra tutti Inghilterra e Francia. La realtà italiana presenta infatti una notevole quantità di norme, inserite in una varietà di testi riferiti ad ambiti differenti del “sistema educativo”, ma con un taglio in generale segnato da debolezza. Nonostante questo, è possibile rintracciare una linea di intervento su cui vale la pena disegnare un approccio valutativo che abbia anch’esso un carattere promo- 6 zionale nei confronti dei destinatari ed inoltre che consenta di attribuire ad essi un valore sociale condiviso tra le parti in gioco. Ne consegue una proposta di riconoscimento e certificazione delle competenze che supera la valenza amministrativa, ma comprende una prospettiva di animazione della comunità professionale dei docenti, finalizzata a consolidare una metodologia di gestione dei processi di apprendimento, di valutazione e riconoscimento delle acquisi- zioni e dei crediti, tale da favorire il successo formativo degli studenti, l’intesa con i referenti economico-sociali ed istituzionali, la valorizzazione della profes- sionalità docente, la creazione di condizioni organizzative e di sistema favore- voli all’innovazione metodologica e didattica. 3. La terza parte si riferisce ad una ricognizione svolta entro cinque centri di formazione professionale appartenenti alla Federazione CNOS-FAP e collocati variamente sul territorio nazionale, volta a rilevare quali siano le pratiche valu- tative e certificative in atto e su quali tipi di riflessioni queste si appoggiano. Questa indagine ha potuto rilevare come il tema della valutazione sia effettiva- mente una questione tuttora critica, specie per la non ancora armonizzazione delle sue tre componenti: i saperi, le competenze professionali, i comporta- menti o condotta. Ma si è anche scoperto che nell’ambito della Federazione, nonostante i diversi approcci e modelli spesso determinati dalle politiche regio- nali, esiste un solido “metodo salesiano” che si ispira ad una precisa proposta educativa ed informa in modo consistente ed armonico l’intera attività. Si tratta pertanto di delineare un approccio valutativo innovativo che valorizzi questo patrimonio vitale e consenta di affrontare in modo razionale le tre sfide che si presentano: la nuova rilevanza della competenza intesa come “saper agire” da parte dell’allievo di fronte a situazioni sfidanti, l’apertura al contesto esterno, ed in particolare alle imprese ed agli enti partner, che divengono veri e propri corresponsabili della qualità della formazione, ampliando in tal modo il concetto di comunità educante, la questione della certificazione delle competenze che è sempre più rilevante nella prospettiva europea. Su queste tre piste si propone un modello di innovazione delle metodologie valutative e certificative volta a realizzare una sperimentazione nelle strutture già oggetto di indagine. Questo primo volume si presenta quindi come un lavoro organico, secondo un itinerario che, attraverso la ricognizione della letteratura e delle metodologie più significative, oltre che tramite una ricognizione nelle concrete realtà formative, si pone il fine di delineare una prospettiva attenta al dibattito in corso ma non soggetta alle “mode” del momento, per loro natura transeunti, ma orientata a dotare le opere educative salesiane di un contributo coerente con la loro ispirazione educativa ed in grado di fornire agli operatori metodi e strumenti gestibili, fondati sui due caratteri di fondo della promozionalità della persona e della attendibilità dei giudizi. Parte I VALUTARE NELL’ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE Giuseppe TACCONI 9 INTRODUZIONE La valutazione è un’azione complessa ma anche una dimensione strategica per la qualità dei processi di insegnamento e apprendimento. L’Istruzione e Formazione Professionale (IFP) è un contesto che, forse più di altri, sollecita a porre in modo nuovo il tema della valutazione e ad esplorare moda- lità di valutazione alternative a quelle forme che pongono l’accento quasi esclusi- vamente sull’attribuzione del voto, perché mette a confronto con soggetti che spesso hanno vissuto tali forme di valutazione in modo particolarmente negativo e svalorizzante. Questo lavoro si rivolge prevalentemente ai docenti/formatori dei CFP ed in- tende fornire alcune coordinate per impostare in modo efficace e praticabile la va- lutazione degli apprendimenti nel contesto dell’IFP. Il primo capitolo, dando voce ai docenti/formatori stessi, intende mettere a fuoco quali possono essere i nodi problematici con cui è confrontata oggi la valuta- zione degli apprendimenti nell’IFP. Il secondo capitolo presenta in modo sintetico e schematico alcuni dei princi- pali approcci teorici alla valutazione, sviluppati negli ultimi decenni dalla ricerca didattica e le cui tracce sono presenti, in modo più o meno esplicito, nelle pratiche di chi valuta. Il terzo capitolo presenta la prospettiva “valutazione per l’apprendimento”, cercando di dimostrare che la valutazione non va orientata alla selezione ma all’ap- prendimento dei soggetti; vuole essere questa l’indicazione di un atteggiamento di fondo che anima ogni azione valutativa e che fornisce il senso della valutazione stessa. Il quarto capitolo propone una serie di esemplificazioni di strumenti, di carat- tere sia qualitativo che quantitativo, che possono aiutare a formulare un giudizio di apprendimento in termini coerenti con la prospettiva disegnata nel capitolo prece- dente. Il quinto capitolo legge infine la valutazione attraverso le lenti delle strategie didattiche dell’individualizzazione e della personalizzazione che in questi anni sono state particolarmente dibattute nella scuola italiana. Emerge un quadro che può supportare i docenti/formatori nell’azione di for- mare, trasformando anche l’attività valutativa in attività autenticamente formativa. 10 1. VALUTARE NELL’ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE: PRIMA RICOGNIZIONE DEI PROBLEMI E DELLE QUESTIONI RILEVANTI Dopo aver brevemente presentato il contesto di riferimento di queste rifles- sioni, il sottosistema di istruzione e formazione professionale o della formazione professionale di base, il capitolo cercherà di illustrare i vissuti e i punti di vista dei docenti/formatori1 della formazione professionale in ordine alla valutazione, per poi mettere a fuoco i principali problemi che, a partire dalla pratica, si pongono alla questione del valutare. 1.1. Il sistema di istruzione e formazione professionale Pur tra molte incertezze e attraverso percorsi non sempre coerenti, la forma- zione professionale iniziale, o “di base” o “di primo livello”, di competenza regio- nale, in questo ultimo decennio, è passata da una collocazione prevalentemente extrascolastica ad una collocazione sempre più interna all’unico sistema nazionale di istruzione e formazione. La legge cost. n. 3 del 2001, che ha messo mano al Titolo V della Costituzione, ha riconosciuto espressamente alle Regioni competenza esclusiva in materia di “Istruzione e formazione professionale” (IFP), fatta salva la determinazione delle norme generali sull’istruzione2 che rimane compito esclusivo dello Stato. La legge 53/2003, la cosiddetta riforma Moratti, coerentemente con il nuovo quadro costituzionale, tentava di configurare, a livello di secondo ciclo, una artico- lazione tra due percorsi di pari dignità: uno liceale e uno, appunto, di IFP, compren- dente tutti i percorsi di istruzione e formazione a carattere direttamente professio- nalizzante. Tale progetto, per certi aspetti già minato nel passaggio dalla legge quadro ai decreti attuativi relativi al secondo ciclo 3, ha portato solo in alcune Regioni italiane all’avvio di percorsi sperimentali triennali. La legge finanziaria n. 296/2006 e i successivi provvedimenti legislativi del governo Prodi in materia, pur senza smentire le linee essenziali dell’impianto della legge Moratti, hanno assunto una impostazione nettamente distinta da questa, muo- vendosi verso l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni e un potenziamento degli istituti tecnici e professionali, spesso a scapito proprio dei percorsi di IFP regionali. Nonostante ciò, nelle Regioni in cui si erano avviate le sperimentazioni dei percorsi di IFP, si è potuto continuare a considerare tali percorsi valevoli ai fini dell’assolvimento dell’obbligo scolastico, soprattutto nell’ottica del contrasto alla dispersione scolastica. 1 Per semplicità di scrittura uso qui solo il maschile, ma ovviamente da qui in avanti mi riferisco sempre a docenti formatori e formatrici... 2 Va anche detto che non sono molte le Regioni che hanno acquisito piena consapevolezza relati- vamente a questo ambito. 3 Soprattutto a motivo dell’introduzione di indirizzi “professionalizzanti” in vari percorsi liceali. 11 Per certi aspetti, si può affermare che laddove si sono condotte le sperimenta- zioni di percorsi triennali di IFP, queste hanno rappresentato uno dei più consistenti tentativi di innovazione metodologica e didattica che, in questi ultimi anni, hanno interessato il secondo ciclo, in particolare per quanto riguarda l’integrazione tra le aree formative, la centratura della didattica su compiti significativi, la personalizza- zione dei percorsi e la valutazione. Questi percorsi, nonostante l’incertezza legislativa4 e la cronica mancanza di risorse finanziarie disponibili, continuano a coinvolgere circa il 5% dell’utenza che si affaccia al secondo ciclo e, nelle Regioni dove sono parte integrante dell’offerta formativa, riscontrano un notevole consenso, sopratutto in quella tipologia di utenza che difficilmente si accosterebbe con successo a percorsi di impostazione liceale. Del resto, l’ipotesi che ha sostenuto le sperimentazioni di questi anni è che l’IFP possa superare la logica del mero addestramento per configurarsi come «...proposta formativa sistematica e consistente, basata sulla cultura del lavoro e della professionalità intese come realtà entro cui si possono cogliere in modo diretto e vitale le dimensioni di una nuova cultura della cittadinanza propria della società conoscitiva» (Nicoli, Malizia, Pieroni, 2006, p. 66). Questo lavoro, in seguito ad un attento ascolto delle esperienze in atto, intende mettere a fuoco il tema della valutazione così come si è andato sviluppando in e per questo contesto, nella convinzione che riflettere di valutazione in un contesto parti- colarmente sfidante come quello dell’IFP, dove più evidenti si fanno i limiti degli approcci più tradizionali alla valutazione, possa essere utile anche al mondo della scuola in genere. Nell’IFP infatti si possono intravedere diversi tentativi di configu- rare i percorsi didattici e, di conseguenza le pratiche valutative, in modo più auten- tico, perché maggiormente riferito a problemi vivi e reali, e più valorizzante, perché maggiormente attento alle diverse intelligenze dei soggetti in formazione. In questo, il mondo dell’IFP, inteso in senso allargato fino a comprendere, oltre ai percorsi di formazione triennale, anche i corsi quinquennali dell’Istruzione profes- sionale, si colloca infatti in particolare sintonia con la ricerca didattica più avanzata (Ellerani, Gentile, Sacristani, Mottinelli, 2007) e può aiutare anche le altre realtà 4 Semplificando una questione certamente molto complessa, potremmo dire che l’incertezza è determinata soprattutto dal fatto che, se, come dice la L. cost. 3/2001, l’IFP è di competenza esclusiva delle Regioni, spetta a queste – e non allo Stato – trovare il modo di finanziarla. Le Regioni che hanno puntato sull’IFP hanno sempre trovato il modo di finanziare la formazione professionale (anche iniziale), ricorrendo prevalentemente al cofinanziamento del Fondo Sociale Europeo. Quando la Riforma Moratti ha incluso l’IFP nell’unico sistema educativo di istruzione e formazione, facen- done una questione che riguarda i diritti fondamentali delle persone, alcune Regioni hanno espresso l’attesa che fosse lo Stato a farsene carico attraverso fondi ordinari, analogamente a quanto avviene per l’istruzione (trascurando che la nuova Costituzione trasferiva alle Regioni anche la competenza organizzativa e gestionale in ambito scolastico). Lo Stato, a sua volta, anche trasversalmente agli schieramenti, a partire dal fatto che la maggior parte dei corsi di IFP sono gestiti da enti privati accre- ditati dalle Regioni, potrebbe sostenere che, includendo tali percorsi nel sistema nazionale di istru- zione e formazione, questi corsi ricadono sotto l’ordinamento delle istituzioni scolastiche paritarie. 12 scolastiche ad articolare pratiche didattiche e valutative maggiormente centrate su un fare consapevole e dunque sul protagonismo dei soggetti che apprendono (Tacconi, 2007a). 1.2. Il punto di vista dei docenti/formatori in relazione alla valutazione Nell’impostare un discorso sulla valutazione, è senz’altro utile prestare attenta- mente ascolto all’esperienza di chi quotidianamente si trova confrontato con l’esi- genza e la difficoltà di valutare gli apprendimenti degli allievi: i docenti/formatori. È ciò che cercheremo di fare in questo paragrafo. 1.2.1. Una ricerca sulle pratiche di valutazione C’è un sapere sulla valutazione che spesso rimane inesplorato e non saputo: è quello dei pratici. Ma, dato che la valutazione è una pratica, per approfondirne la conoscenza, è bene ascoltare i pratici. Ho recentemente condotto una esplorazione sulle pratiche di alcuni docenti/formatori esperti (Tacconi, 2007b) che ho deciso poi di allargare ad altri 10 docenti/formatori di CFP 5, per un totale di 15 forma- tori/trici. Ho utilizzato la metodologia delle interviste focalizzate (Mortari, 2007). Anche se quelle interviste non erano centrate sulla valutazione, nella descrizione accurata che i docenti/formatori fanno della loro esperienza, emerge a più riprese il riferimento alle pratiche valutative. Emergono le concezioni implicite di valuta- zione, le azioni mentali che i formatori esperti mettono in atto quando valutano, le caratteristiche della loro competenza valutativa. 1.2.2. I risultati della ricerca a) La riflessione sulla valutazione La valutazione è sicuramente una di quelle questioni che danno da pensare. Ci si interroga sul significato dei voti e, spesso, ci si mette in discussione, come osserva un formatore: «...alla fine, che cosa vuol dire 6? Che cosa vuol dire 10? Che cosa vuol dire 4? ...4 vuol forse dire che uno è un idiota? ...No, probabilmente 4 vuol dire che quella persona lì, in quel preciso momento, o ha fatto una scelta sbagliata, ...o è stato consigliato male o è stato spinto a fare una cosa sbagliata, o probabilmente non siamo riusciti (noi) a trovare la strada giusta per raggiungere l’obiettivo comune» (int. 1/15). E ancora: «quando uno studente non ha successo, io sono la principale responsabile: perciò io intravedo nell’abbandono scolastico dei nostri ragazzi, che non riusciamo a tenere dentro la struttura, un fallimento di noi formatori...; il due del ragazzo è il due che ho preso io...» (int. 9/17). La riflessione, talvolta, può anche mandare in tilt, come afferma M.: «Insegno in un CFP da pochi anni, dopo varie esperienze lavorative. Ho sempre davanti a me ragazzi con molti problemi, di ogni genere, e spesso con grosse difficoltà di 5 Le altre 10 interviste sono state realizzate da Martina Fattori. 13 apprendimento. Quando si tratta di valutare un compito o una interrogazione vado un po’ in tilt: cosa è meglio che io valuti per il loro bene? La buona volontà, l’im- pegno, lo sviluppo del compito, molto spesso incompleto se non insufficiente? O la loro situazione emotiva? O i disagi che vivono, i quali sicuramente incidono sul rendimento? Considerarli, ignorarli o piuttosto limitarmi a “sapere” che ci sono? Valutazione “soggettiva” o “oggettiva”?» (Manuela). Se è vero che porsi interrogativi espone ad una certa vulnerabilità, è anche vero che la riflessione rimane la prima pista operativa per agire con maggiore con- sapevolezza – e perciò anche con più probabile efficacia – la pratica valutativa stessa. b) La valutazione “antipatica” Spesso, la valutazione viene percepita dagli intervistati come qualcosa di pro- blematico. Ma si tratta della valutazione intesa come pratica burocratica e formale, come noiosa compilazione di moduli e schede di valutazione, collocata nell’elenco delle altre cose noiose: la compilazione dei registri, la raccolta delle firme, la giu- stificazione delle assenze e dei ritardi, la consegna degli avvisi... (cfr. int. 7/1). La valutazione “antipatica” è quella che viene percepita come un adempimento di cui si stenta ad intravedere il senso e che si fa perché bisogna farla: «Una cosa che detesto è correggere pacchi di verifiche! O meglio, all’inizio dell’anno la cosa mi diverte anche, soprattutto mi diverte ipotizzare un voto prima di correggere la verifica, pensando a cos’ha fatto l’alunno in questione nell’ultimo periodo, poi cor- reggere e valutare, e confrontare i voti! Ma, verso aprile o maggio, arriva inesora- bile la crisi “da correzione”, quasi la nausea. A volte mi devo interrompere più volte, ma poi ripenso a quante verifiche ho corretto durante l’anno e mi convinco che è normale avere un po’ di nausea! Questa convinzione mi dà la forza per com- pletare il lavoro e mi fa anche pensare che ormai le vacanze estive sono vicine!» (int. 7/21). Qualche volta, la valutazione si trasforma in una specie di tortura per il docente/formatore e forse – ancor più – per l’allievo. In alcuni Centri, l’entusiasmo che può seguire ad alcuni percorsi formativi si spegne presto quando ci si incaglia con la difficoltà di rendere operativi i modelli teorici. c) I limiti di una valutazione intesa solo come assegnazione di voti I docenti/formatori avvertono i limiti di una valutazione intesa come evento puntuale, che poco restituisce di ciò che avviene durante il processo: «...dare il voto, ad un certo punto, diventa difficile, perché non tiene conto, secondo me, del percorso, tiene conto solo dell’obiettivo: l’hai raggiunto o non l’hai raggiunto? E poi i ragazzi a questa età... percepiscono il voto come obiettivo. Ma l’obiettivo non è avere il 6, l’obiettivo è imparare... e io posso imparare anche prendendo dei 4..., perché comunque, con i miei errori, ho fatto formazione. Anche se ho fatto male 14 quell’esercizio e ho preso 4, comunque ho imparato qualcosa. Non è vero che non ho imparato niente. Però, guardando solo il voto e sapendo che i genitori li valu- tano soprattutto per il voto, sul “se vanno bene o se vanno male a scuola”, perdono di vista... l’obiettivo principale» (int. 1/15). Può dunque essere utile ridimensionare la concentrazione quasi esclusiva sul voto e proporre una modalità più formativa di fare valutazione, che offra spunti e indicazione per raggiungere traguardi sempre ulteriori: «...quello che dico ai ragazzi è “guardate quante risposte corrette avete fatto; non guardate se avete preso 8, perché chiaramente se magari su 100 risposte ne avete date 80 corrette, è chiaro che arrivate all’8, sennò dovrei dare 0 agli altri, però avete comunque delle cose che non avete chiare, che non avete imparato e quindi provate a riflettere su quelle!”» (int. 2/3). Del resto, l’obiettivo non è tanto il voto ma «...il superamento di un compito, di una prova, la stesura di una tesina, che metta in gioco delle competenze, come scrivere al PC, usare correttamente la lingua italiana, capire le domande per arri- vare alla stesura delle prove proposte...» (int. 12/8). d) Diversi modi di valutare La valutazione appare comunque un’operazione necessaria. Ma c’è valuta- zione e valutazione. C’è una valutazione che serve prevalentemente al docente, perché fornisce utili indicazioni per regolare l’azione didattica, e c’è una valuta- zione che viene percepita utile dall’allievo, perché gli restituisce il senso di ciò che apprende e la soddisfazione di constatare di riuscire a fare delle cose con quello che sa e ha imparato: «Poi faccio delle verifiche, anche non necessariamente sempre formali (compito in classe o verifiche scritte), semplicemente “prendo qualcuno” della classe per capire a che punto sono arrivati, cerco di correggere il tiro, se va bene o non va bene, e poi, una volta fatto questo tipo di lavoro, si arriva alla fine. Al termine dell’insegnamento propongo poi un aspetto concreto. Per esempio, abbiamo fatto Word / Excel; allora magari preparo un lavoro come la realizzazione di un volantino per la “Festa del Cioccolato”, con la soddisfazione dei ragazzi di vedere un prodotto concreto (la brochure)» (int. 10/2). La centratura comunque è sull’allievo. Oltre a fornire conoscenze sui livelli cognitivi di partenza, la valutazione può fornire utili indicazioni anche sulle carat- teristiche emotive e psicologiche degli allievi che chiedono di essere trattati col ri- spetto dovuto alla loro singolarità. Si tratta allora di «...capire qual è la loro prepa- razione di base, facendo magari test di ingresso che viene modellato sulla richiesta del programma previsto dell’annualità in corso (prima, seconda, terza). Ma il test lo faccio su ogni classe nuova, a prescindere dall’annualità, per abbreviare i tempi di conoscenza non solo del livello di apprendimento ma anche di eventuali caratteri- stiche della personalità del ragazzo (chi è timido, chi deve essere spronato, chi deve essere lodato...). Questi sono aspetti che si perfezionano, poi, anche lungo il corso dell’anno» (int. 8/2). 15 Diventa così possibile agganciare l’esperienza dei soggetti, come fa R., con un ragazzo in difficoltà in una verifica sulle frazioni: «Prova a chiudere gli occhi...: sei al bar..., siete nove amici..., avete preso brioches e cappuccino e la commessa vi dice “36 Euro”. Tu quanti ne cacci da parte tua?”. E lui mi ha dato la risposta giusta. Io ho detto: “Allora..., apri gli occhi...: trentasei diviso nove...” e mi ha ri- sposto: “Eh, ma se me li mette in Euro, capisco tutto!”. E dopo, da lì si è sbloccato e ha fatto tutti gli esercizi giusti» (int. 3/20). I differenti modi di valutare sono legati anche ai diversi tipi di apprendimento da promuovere. Un conto è l’apprendimento solo mnemonico di concetti o proce- dure – qui bastano i test –, un conto è lo sviluppo di abilità e competenze che orien- tano alla soluzione di problemi reali: «La difficoltà dei ragazzi, in generale, non è capire come funziona un determinato comando, ma ricordare, al momento giusto, quando serve applicare proprio una precisa operazione. Per ottenere la patente europea è sufficiente o comunque più importante saper usare in astratto i comandi, ma io – ci sto pensando da un po’ di tempo – penso che l’obiettivo per i ragazzi sia quello di imparare ad applicare davvero i comandi quando servono. Questo si riesce a fare, ad esempio, nelle Unità di Apprendimento, quando bisogna produrre qualcosa di concreto, relazioni o presentazioni...» (int. 7/4). e) La valutazione che non sembra tale: quella che coincide con i normali processi di apprendimento Di valutazione, poi, i formatori parlano quando descrivono il loro approccio alla didattica. Ciò che fa la differenza – nella didattica come nella valutazione – è la sottolineatura del valore d’uso delle conoscenze che i ragazzi possono appren- dere. Nel racconto di A., formatore di laboratorio, emergono con chiarezza i tratti di una didattica centrata sulla realizzazione di compiti/prodotti significativi, sui quali è possibile attivare una valutazione intesa come ritorno riflessivo sull’espe- rienza, che aumenta la consapevolezza dei soggetti rispetto a ciò che hanno impa- rato, e come riscontro che aumenta la propria autostima. È proprio A., infatti, a sot- tolineare l’esigenza di mettere gli allievi nelle condizioni di creare un prodotto si- gnificativo e originale, di «...gestirli in maniera tale da produrre un prodotto finale, non copiandolo ma inventandolo, creandolo da zero» (int. 1/3). Vengono efficacemente individuate anche alcune caratteristiche di queste pro- duzioni, che, pur riferite al “programma”, dovrebbero essere significative per gli al- lievi, «...mirate sul loro mondo di adolescenti» (int. 1/6) e realizzate in modo tale che «...possa esser visto anche come un vanto il farle» (int. 1/6) e che il lavoro possa «...avere un riconoscimento esterno da quella che è la scuola, quando an- dranno al lavoro, con la famiglia, con gli amici, a cui dicono “ma sai, io ho fatto questo, io ho fatto quest’altro, guarda che bella questa cosa qua!”...» (int. 1/6). Tutto questo viene legato al raggiungimento di «...una soddisfazione di carattere personale, che non potresti avere se realizzassi l’esercitazione solo a fini scolastici, dove appunto devi avere un voto, e quella è fine a se stessa e non dà niente alla loro 16 vita e professione...» (int. 1/5). Viene così ribadita l’importanza che il compito che si propone agli allievi costituisca una prestazioni autentica, capace di rilevare il valore d’uso delle conoscenze e di legare l’apprendimento ad emozioni positive. L’efficace esempio che A. riporta – trattandosi, nel suo caso, di gestire un labo- ratorio per progettisti grafici – è un’esercitazione in cui il compito assegnato agli allievi è di progettare e realizzare un calendario. In passato, il calendario veniva realizzato utilizzando come soggetti delle icone russe. A. decide di invertire la ten- denza che portava a «...fare le cose per i genitori o per gli amici, piuttosto che per i ragazzi...» (int. 1/10) e propone ai suoi allievi di realizzare il calendario prendendo come soggetto loro stessi («...i protagonisti siete voi!», int. 1/10) e «...utilizzando... un linguaggio giovane, ironico, divertente...». Dopo un iniziale senso di spiazza- mento, i ragazzi si mettono a lavorare e, in poche settimane, realizzano dei prodotti più che dignitosi. A. conclude: «...fondamentalmente noi abbiamo fatto fotografia, ma nessuno si è accorto che abbiamo fatto fotografia! Nel senso che loro hanno im- parato ad allestire un set di posa, hanno imparato a fare uno scatto fotografico in maniera abbastanza elementare... Adesso non è che andiamo a cercare di formare dei fotografi professionisti, però sono riusciti a fare una cosa che spesso e volen- tieri si faceva dicendo: “Allora, per fare una fotografia, bisogna tenere in conside- razione e questo e quello e l’otturatore e il diaframma...” e tante cose tecniche che non sarebbero interessate a nessuno, perché sono tutti concetti teorici, che poi, quanto si chiede loro di metterli in pratica, non lo sanno fare perché... la teoria loro non la studiano, non la assorbono, perché non sono portati a farlo, e qualcuno, anzi molti, mi hanno detto: “Che bello! Mi sono proprio divertito a fare questa cosa, è stata veramente bella questa esercitazione!”» (int. 1/10). E questa è la “teoria in pratica”, che emerge «...facendo vedere loro come si fa e dicendo loro: “Adesso ragazzi come si fa? Questa foto è venuta troppo chiara? Cosa dobbiamo fare per scurirla?”, in modo che poi siano loro a dire: “Aspetta, se noi abbassiamo le luci..., no non possiamo perché poi la foto non viene bene, allora... aumentiamo il dia- framma..., riduciamo il tempo di esposizione...”; ma se ne sono accorti loro, perché si sono trovati di fronte all’azione, all’attività...» (int. 1/10). f) La valutazione richiesta Nell’esperienza dei docenti/formatori, emerge che la valutazione più efficace è quella che avviene quando sono loro stessi a chiederlo, quando «...loro sono fieri di mostrare il loro quaderno di laboratorio, si inorgogliscono» (int. 6/4) e chiedono «...Prof., cosa ne dice del mio lavoro?» (int. 6/4). g) La valutazione di gruppo Se l’apprendimento più significativo è quello che avviene in gruppo, sarebbe opportuno che anche la valutazione non fosse centrata solamente sulle prestazioni dei singoli, ma anche sulle prestazioni del gruppo in quanto tale: «...mi piacerebbe che ci fosse anche un po’ il discorso della valutazione collettiva, di gruppo, in 17 modo che i ragazzi si sentano anche..., come si può dire, partecipi di una realtà collettiva..., dove il risultato non è solo frutto del lavoro del singolo ma è anche, e soprattutto, il frutto di un lavoro di squadra» (int. 4/14). h) Gli effetti potenzianti di un certo modo di fare e di comunicare la valu- tazione Molti allievi arrivano al CFP dopo esperienze di insuccesso scolastico, con le spalle cariche di un fardello di pesanti profezie negative. La valutazione diventa allora importante per disinnescare il potenziale negativo di queste profezie, non perché pratica degli “sconti” ma perché fornisce dei riscontri che possono modifi- care l’immagine di sé: «Nonostante in partenza si sentano vincolati dall’idea, spesso negativa, che i genitori hanno di loro o che loro hanno di loro stessi, di sentirsi / “essere incapaci di...”, poi scoprono di “essere capaci di...”...» (int. 6/16). A questo scopo è importante curare la comunicazione e il feed-back che si for- nisce agli allievi: «A volte basta veramente poco: da un po’ di tempo ho imparato ad aggiungere al “freddo” ma necessario voto un giudizio, magari anche solo una parola, un’indicazione, un consiglio. Ciò che gratifica i ragazzi è soprattutto il nostro giudizio che dà valore al loro lavoro, ai loro sforzi, non il voto!» (int. 7/12). Non è solo, o tanto, questione di tecnica comunicativa ma un atteggiamento profondo di riconoscimento dell’altro: «...cercare di gratificare ogni parte positiva che il ragazzo ha, trovando un punto positivo in ogni ragazzo e riuscendo magari a tirarglielo fuori; ...a volte, con ragazzi difficili che vengono da esperienze negative, è giusto far conoscere anche a loro che qualcosa di positivo sanno fare...» (int. 2/31). I riscontri diventano importanti («una valutazione è un ritorno per loro», int. 2/9) e possono potenziare i comportamenti positivi: «...nell’esperienza che ho fatto sul recupero ortografico..., ho proposto un test di ingresso; alla fine dell’anno, dopo aver trattato l’ortografia, abbiamo rifatto lo stesso test e i ragazzi hanno visto una crescita nel punteggio ed è stata una bella soddisfazione, nel senso che loro hanno visto che, da una partenza ad un arrivo, le cose cambiano; chiaramente non è che l’errore di ortografia fosse scomparso, però magari prima facevano dieci risposte giuste e dieci sbagliate, (poi) arrivavano a quindici giuste e cinque sbagliate» (int. 4/20). Ai riscontri forniti dai docenti/formatori si aggiungono poi i riscontri che i ragazzi ottengono all’esterno dell’istituzione formativa, in famiglia o nel contesto di lavoro: «...mi ricordo che una ragazzina mi ha raccontato che quando è andata con il padre ad acquistare l’automobile ed il venditore le ha parlato di tasso lei ha chiesto: “Mi scusi, ma è un tasso globale o [...]?”. La ragazzina ha potuto dimo- strare anche al padre che a scuola ha davvero imparato qualcosa» (int. 10/6). E l’effetto potenziante di una valutazione così intesa non riguarda solo gli allievi ma anche gli stessi docenti/formatori: «Sicuramente questo è il successo più grande e più bello che io posso sperimentare, cioè quando i ragazzi provano soddisfazione nelle cose che hanno imparato da me» (int. 10/6); oppure: «mi piace 18 vedere che un personaggio, che parte da una situazione di grosso svantaggio, so- pravvive il primo anno, si fa le ossa il secondo e al terzo anno diventa una persona che può sopravvivere con tanto di cappello in qualsiasi posto della terra» (int. 9/17); o ancora: «Mi piace il giorno degli esami di qualifica, vederli tutti concen- trati e consapevoli che è arrivato il giorno in cui devono rendere conto di cos’hanno fatto in questi anni; mi piace ripensare a loro il primo giorno di scuola o all’inizio del loro percorso: sono cresciuti anche grazie a me!» (int. 7/19). 1.3. I problemi in ordine alla valutazione degli apprendimenti Da ciò che abbiamo visto emergere nella ricognizione operata sulle pratiche di alcuni docenti/formatori e da un’analisi della letteratura sul tema, possiamo ora tentare di focalizzare alcune problematiche che si pongono alla valutazione degli apprendimenti nell’ambito dell’IFP e che, nei capitoli successivi, vorremmo tentare di affrontare. 1.3.1. La difficoltà di valutare Nonostante le indicazioni dei docimologi, la valutazione rimane un’azione dif- ficile, estremamente complessa e incerta: «Al di là di tutte le energie che possiamo investire nel tentativo di raggiungere il massimo di trasparenza, il massimo di esplicitazione del nostro punto di vista, la sensazione che ci rimane è quella di un permanente senso di vulnerabilità...» (Plessi, 2005). Uno dei principali problemi è che spesso la valutazione viene vissuta da do- centi e allievi come evento puntuale, che si colloca alla fine di un percorso e che porta alla formulazione di un giudizio verbale o numerico. Qualche volta, si vive la valutazione un po’ come la sentenza di un tribunale, come qualcosa che l’allievo subisce passivamente. Nella valutazione vista attraverso la metafora giudiziaria, in- fatti, il soggetto valutato è solo “oggetto” della valutazione stessa. Risulta difficile passare ad una valutazione in cui il soggetto valutato si percepisca come interlocu- tore della valutazione, se non addirittura come soggetto stesso del valutare. Inoltre, l’esperienza del valutare e dell’essere valutati ci rende consapevoli delle conseguenze che la formulazione e la comunicazione di un giudizio possono avere sulla strutturazione dei processi cognitivi, sulla costruzione dell’immagine di sé e sullo sviluppo della personalità dell’allievo. Ulteriori difficoltà nella valutazione derivano da una serie di elementi (Plessi, 2005)6 tra cui: – l’assenza di un vero e proprio “sistema di valutazione” e la mancanza di un pensiero condiviso su ciò che dovrebbe essere la valutazione nell’istruzione e formazione professionale; 6 Paola Plessi, nel suo articolo, sviluppa un discorso sulla scuola del primo ciclo ma che può essere sostanzialmente adattato anche ai percorsi sperimentali triennali di Istruzione e formazione professionale. 19 – l’assenza di una condivisione di significati sulla valutazione a livello di singolo Centro, che consenta un insieme di azioni organiche e in relazione tra loro; – la scarsa chiarezza, sia dal punto di vista teoretico sia sul piano operativo, negli interventi valutativi (e il portfolio – sotto il cui nome, come vedremo, vengono rubricate cose diversissime – è emblematico di questa poca chia- rezza) e la presenza di alcune contraddizioni da cui scaturisce un senso di am- biguità e disorientamento. Piergiuseppe Ellerani e Maurizio Gentile formulano in modo particolarmente efficace la difficoltà di valutare nei termini di un duplice conflitto con cui sarebbe confrontata la pratica valutativa: «Il primo (conflitto) riguarda le finalità ultime del valutare. Si confrontano nella realtà quotidiana due visioni: da un lato la valuta- zione è interpretata come opportunità di apprendimento, dall’altro, come una circo- stanza attraverso cui si attribuisce un giudizio di capacità/incapacità. Il secondo dilemma riguarda l’uso finale della valutazione. Appare tuttora irrisolta la scelta tra la valutazione come momento per accertare la riproposizione di contenuti e la valu- tazione come mezzo per capire l’uso e la comprensione delle conoscenze maturate da ciascun allievo. Il conflitto investe, pertanto, l’oggetto della valutazione. Che cosa l’insegnante valuta: le risposte a schede, test, compiti in classe? Oppure la comprensione dei saperi (ritenuti essenziali) e il loro intelligente uso in situazioni vicine alla vita reale, ritenute significative perché ricche di senso e problema- tiche?» (Ellerani, Gentile, Sacristani, Mottinelli, 2007, pp. 48-49). È infine difficile valutare gli apprendimenti che avvengono durante l’espe- rienza di stage, perché spesso, cambiando ambiente di apprendimento (CFP, azienda...), cambiano completamente anche i criteri di valutazione, e, in genere, si fatica a valorizzare, per il percorso scolastico e formativo, gli apprendimenti avve- nuti al di fuori del contesto scolastico e formativo. 1.3.2. La scarsa congruenza tra nuova cultura didattica e pratiche valutative I metodi che derivano dalla nuova cultura didattica (centratura sul compito significativo, apprendimento attraverso il fare...), che pure – come sembra – le spe- rimentazioni triennali hanno in questi anni introdotto (Tacconi, 2007b), collidono sotto diversi punti di vista con la cultura valutativa della docimologia tradizionale, che invece viene assunta come riferimento principale per le valutazioni su larga scala (prove Invalsi, prove di comparazione internazionale...). Vediamo alcuni di questi punti di collisione (Sacher, 2005): – da una parte, a parole, si afferma la strategia della personalizzazione (con la possibilità di differenziare i percorsi), dall’altra rimane prevalente una pratica valutativa centrata sulle prestazioni dei soggetti in apprendimento in poche situazioni valutative standardizzate, nelle quali tutti i soggetti in apprendi- mento sono confrontati con le stesse identiche richieste; 20 – da una parte si afferma che i soggetti in apprendimento sono i veri e propri at- tori del proprio apprendimento, dall’altra gli apprendimenti continuano ad es- sere misurati prevalentemente su quanto gli allievi rispondono ad attese esterne e la valutazione continua a mantenere la forma quasi esclusiva dell’“eterovalutazione”, nella quale gli allievi non hanno la possibilità di svi- luppare adeguatamente la loro capacità di giudizio sull’apprendimento e sulle prestazioni; – da una parte la nuova cultura dell’apprendimento mira a stimolare una molte- plicità di prestazioni, dall’altra la scuola – e talvolta anche l’IFP – valorizza maggiormente prestazioni di tipo cognitivo, e tra queste, con un ulteriore re- stringimento, quasi solo il possesso di conoscenze dichiarative (“sapere che...”, “sapere su qualcosa...”) o al massimo procedurali (“sapere come...”), e non ad esempio di conoscenze euristiche (procedimenti per la costruzione di conoscenze e la soluzione di problemi), di senso (“sapere perché...”) e metacognitive (conoscenze sulle cognizioni: “perché sapere...”, “come sa- pere...”); – la pratica valutativa tutta centrata sulla dimensione cognitiva non è superata nemmeno se si invita il soggetto a descrivere ciò che farebbe in una determi- nata situazione, senza però confrontarlo con compiti autentici e significativi; – da una parte si scopre l’importanza della comunicazione e della cooperazione, dall’altra la valutazione continua ad essere svolta e pensata come pratica sostanzialmente individuale. Insomma, l’assunzione acritica del modello PISA o di modelli affini per la valutazione degli apprendimenti rischia di essere poco congruente con la nuova cultura didattica o addirittura di ostacolarla, orientando la didattica stessa ad essere funzionale a quel tipo di valutazione e ai tipi di apprendimento che quella valuta- zione induce. 1.3.3. Quando gli uni non “sanno fare” ciò che “sanno” e gli altri “non sanno” ciò che “sanno fare” Un’ulteriore difficoltà nella valutazione, soprattutto nell’IFP, è legata al fatto che spesso il “saper fare” viene valutato sulla base del “sapere che...” o del “sapere su”, incorrendo così in due tipici errori (Neuweg, 2002): – all’esaminando, sulla base del suo “sapere”, viene accreditato un “saper fare” che in realtà non possiede; – all’esaminando, sulla base della sua incapacità di “dire” ciò che sa, non viene accreditato un “saper fare” che invece possiede. Non è solo la scuola a soffrire di una pratica didattica intellettualistica. Suc- cede anche nei percorsi di IFP dove, ad esempio, i moduli relativi ai saperi generali rischiano di correre parallelamente ai moduli pratici, con l’effetto di generare una 21 sorta di compartimentazione rigida del sapere. Non c’è quindi da stupirsi che poi, nella valutazione, ciò che uno sa dire valga più di ciò che uno sa fare, anche in relazione a moduli pratici, di laboratorio. Anzi, talvolta il “saper fare” non viene nemmeno preso in considerazione, perché non si dà al soggetto la possibilità di dimostrarne la padronanza. Il “saper fare” non consiste nel saper enunciare delle regole o delle procedure e non può dunque essere valutato semplicemente attraverso compiti di riproduzione della conoscenza. Sarebbe come se un istruttore di guida volesse valutare attraverso un test di conoscenza la capacità di eseguire una manovra di parcheggio in retro- marcia: misurerebbe al massimo la capacità di descrivere quali azioni e in quale successione si dovrebbero mettere in atto per parcheggiare, non l’effettiva capacità di parcheggiare (Neuweg, 2002, p. 89). Rimane comunque vero che “saper dire” ciò che si “sa fare” diventa un indica- tore importante del fatto che una determinata abilità si è effettivamente trasformata in competenza... 1.3.4. La molteplicità dei modelli di valutazione nelle sperimentazione triennali Nei percorsi scolastici e formativi non siamo aiutati a considerare con mag- giore chiarezza e a vivere più serenamente la valutazione (Plessi, 2005). Questo vale anche per i percorsi triennali di sperimentazione7 nell’IFP. Se leggiamo i docu- menti delle sperimentazioni attraverso la griglia della “valutazione”, ci rendiamo infatti conto che in essi coesistono diversi modelli o teorie della valutazione. Il primo modello è costituito dal riferimento agli standard minimi di compe- tenza (che spesso, nelle sperimentazioni regionali, anche per favorire eventuali pas- saggi verso l’istruzione, si ritraducono in “obiettivi specifici di apprendimento” – Osa – “necessari per l’acquisizione delle competenze”, all’interno delle varie “Unità formative” o “Unità di apprendimento”, con l’utilizzo di un linguaggio in- trodotto dalla riforma). Dietro a questo modello, sta l’idea di una valutazione intesa come atto di comparazione tra gli esiti degli studenti e gli obiettivi predefiniti. Il secondo modello per valutare la qualità degli apprendimenti è quello che tra- duce la valutazione in comparazione tra esiti degli allievi e obiettivi “formativi” personalizzati. Gli obiettivi formativi sarebbero infatti la forma contestualizzata e personalizzata degli standard. La definizione degli obiettivi formativi dovrebbe fare riferimento all’esperienza del soggetto destinatario dell’intervento formativo, ai suoi interessi, agli obiettivi specifici di apprendimento e al profilo educativo, cultu- rale e professionale dello studente (cioè la meta finale del secondo ciclo di istru- zione, il modello di studente in uscita). 7 Cfr., ad esempio l’Accordo in Conferenza Unificata del 28 ottobre 2004 sulla certificazione finale ed intermedia e sul riconoscimento dei crediti; l’Accordo del 15 gennaio 2004 sugli standard minimi delle competenze di base e lo Schema di accordo sugli standard minimi delle competenze tecnico-professionali. 22 Nel terzo modello, la definizione di obiettivi formativi è invece strettamente connessa alle “unità di apprendimento” e al concetto di personalizzazione: vengono definiti gli obiettivi formativi adatti e significativi per singoli allievi; tali obiettivi caratterizzano le Unità di Apprendimento che i formatori hanno il compito di pro- gettare affinché si realizzi un “piano di studi personalizzato”, che è l’insieme delle UA effettivamente realizzate. L’obiettivo viene generalmente inteso come qualcosa che sta prima dell’intervento educativo. Ma l’obiettivo delle UA è “personale”, quindi caratterizzato da una specifica diversità e differente anche rispetto agli stan- dard. L’obiettivo fa parte di una UA. L’UA fa parte di un piano. Il piano esiste solo alla fine. Quindi l’obiettivo personale non esiste in anticipo e dunque non esiste; esiste solo un esito personale: «Ma se non esiste un obiettivo all’inizio, con cosa confronteremo l’esito per poter dire se è o meno di qualità? Qual è il termine di confronto, il modello per esprimere un giudizio? L’obiettivo prefissato o la capacità – potenzialità di cui il soggetto è dotato, o semplicemente il valore emergente dal senso che un esito, anche imprevisto, assume per il singolo (e questo diventerebbe il terzo modello di valutazione)?» (Plessi, 2005). Risulta chiaro che si tratta di prospettive piuttosto differenti, che non è sem- plice tenere insieme: 1) valuto l’apprendimento rispetto a ciò che legittimamente posso attendere da un allievo che intende conseguire una qualifica (modello fissato dagli standard o dagli obiettivi specifici di apprendimento)? 2) valuto l’apprendimento rispetto alla potenzialità personale del soggetto (rispet- to agli obiettivi formativi personalizzati), in un’ottica di personalizzazione? (E, a questo proposito, siamo sicuri di riuscire a conoscere davvero la potenzialità personale dei soggetti che abbiamo davanti?); 3) valuto sulla base dell’attribuzione di valore personale che il soggetto opera rispetto a tutti gli esiti, previsti e imprevisti? Quale sistema di riferimento adottare? Gli obiettivi validi per tutti (standard), la capacità personale dei singoli soggetti o il significato soggettivo che assume l’evento apprenditivo? L’elemento fondamentale su cui si differenziano i vari modelli ci sembra essere la predefinibilità dei risultati di apprendimento: – precisamente prefigurabili in termini di obiettivi uguali per tutti nel primo modello; – prefigurabili solo in termini di obiettivi formativi, personalizzati nel secondo modello; – per nulla prefigurabili ma soltanto narrabili ex post nel terzo modello. 1.3.5. La molteplicità dei documenti di valutazione I documenti di valutazione sono spesso diversi: la scheda di valutazione o pagella ufficiale, l’attestato di qualifica, il portfolio o il dossier dell’allievo, a cui 23 talvolta viene attribuita anche una funzione certificativa, la scheda di valutazione dello stage... Una difficoltà è legata al fatto che spesso questi documenti sono scar- samente collegati tra loro. In particolare per quanto riguarda il portfolio, spesso si confonde la sua parte valutativa con la sua parte certificativa. Il rischio, facendo così, è che il portfolio venga percepito come una sorta di superpagella o comunque come una pratica che è a carico del formatore, che si aggiunge a ciò che il formatore è tenuto a fare. In realtà, come vedremo, il portfolio è da considerare prevalentemente uno strumento a servizio dell’azione didattica. Sarà dunque importante chiarire le diverse funzioni che i vari documenti assu- mono e in che rapporto si pongono. 2. PARADIGMI DI VALUTAZIONE E ALTRE CHIARIFICAZIONI In questo capitolo, a partire da una prima focalizzazione su cosa significa valu- tare, metteremo in evidenza come ogni pratica concreta di valutazione abbia a che fare con un certo modo di intendere la valutazione. Ogni operazione valutativa porta incorporato al suo interno il riferimento, più o meno esplicito, ad un para- digma di valutazione, ad una costellazione di idee (sulla realtà, sulla conoscenza, sull’apprendimento...) che vengono agite in ciò che si fa quando si valuta. Esplici- tare questi pensieri sulla valutazione, che sono immanenti a ciò che si fa quando si valuta, diventa la condizione essenziale per un uso più consapevole degli strumenti di valutazione. 2.1. Cosa significa valutare Valutare significa attribuire valore ad un oggetto per supportare una presa di decisione. L’azione del valutare richiede allora di precisare alcune questioni: a) che cosa viene valutato, a che cosa viene attribuito valore; b) chi valuta, chi attribuisce valore; c) come vengono raccolte informazioni su ciò che deve essere valutato; d) quali criteri vengono assunti per attribuire valore; e) in funzione di quale decisione si valuta, qual è insomma lo scopo della valuta- zione. Nell’IFP, valutare significa innanzitutto attribuire valore a quel particolare og- getto che è l’apprendimento dei soggetti. Ma questo significa: a) precisare di che apprendimento stiamo parlando, perché un conto è valutare se e in che misura siano state apprese conoscenze e abilità, un conto è valutare se e a che livello nel soggetto siano maturate delle competenze; b) chiarire chi compia l’azione del valutare l’apprendimento, perché un conto è che a valutare sia solo il docente, un conto è che sia il team dei docenti, un 24 conto è che siano gli allievi stessi (che valutano le proprie prestazioni o quelle dei colleghi) o altri soggetti implicati nel processo formativo...; c) definire quali dati, informazioni, evidenze sugli apprendimenti avvenuti racco- gliere e come raccoglierli; d) esplicitare i criteri in base ai quali gli esiti in termini di apprendimento assu- mono valore, perché un conto è che l’unico criterio di valutazione sia l’obiet- tivo predefinito e un conto è che diventi criterio di valutazione anche la signifi- catività che l’apprendimento assume per il soggetto; e) definire se lo scopo della valutazione è semplicemente quello di accertare il raggiungimento di un obiettivo, associando un giudizio alla prestazione del soggetto in formazione, o se la raccolta, l’elaborazione e l’interpretazione dei dati non debbano essere orientate ad indicare come il percorso didattico vada modificato in funzione di un apprendimento sempre migliore da parte dei soggetti. L’esigenza di chiarire, precisare, esplicitare, definire le questioni in gioco rende evidente che la valutazione rimanda a dei presupposti. 2.2. Le generazioni della valutazione Per cominciare a dipanare l’intricata matassa della questione valutazione, può essere utile considerare le cornici paradigmatiche (Kuhn, 1969) all’interno delle quali avviene la valutazione stessa. Per paradigma intendiamo l’insieme di assun- zioni o premesse (di carattere ontologico, epistemologico, gnoseologico, pedago- gico, etico...) che guidano l’azione valutativa. A questo riguardo, abbiamo assistito in questi ultimi decenni al passaggio da orientamenti che si muovono in una cornice oggettivistica e razionalistica a orien- tamenti rivolti a forme di valutazione aperta e ricorsiva. Questo cambio di prospettiva è stato favorito dalla “crisi della razionalità”: «l’idea che la conoscenza sia identificabile con un modello di scienza, riconduci- bile a forme di rappresentazione logico-formale di un mondo esterno, oggettivo e misurabile, e che si possa sviluppare in forma lineare e cumulativa è oggetto di critica crescente» (Calvani, 2005, p. 97). Il nuovo orizzonte epistemologico in cui ci muoviamo è quello del costruttivismo. Qui «...la conoscenza è vista come costru- zione attiva del soggetto, con carattere “situato”, all’interno di continui processi di collaborazione e negoziazione sociale» (idem). Ecco la sintesi proposta da Fontana e Varchetta (2005, pp. 57-68) che, a loro volta, fanno riferimento a Guba e Lincoln (1989). 25 G en er az io ne fe no m en ol og ic a Fi lo so fia e sis te nz ia le d i K irk eg aa rd , fe no m en ol og ia d i H us se rl; ps ic ol og ia n ar ra tiv a e po stc og ni tiv ist a; er m en eu tic a rif le ss iv o- pr of es sio na le di S ch ön ; pe da go gi a tra sf or m at iv a di M er iz ow ; so ci oa na lis i e p sic os oc io an al isi ; au to bi og ra fia . Sc hö n, M ez iro w, G ub a, L in co ln . R ifl es sio ne . La c on os ce nz a si ra gg iu ng e at tra ve rs o l’e sp er ie nz a pr at ic a, rif le tte nd o on e in a ct io n. R ic os tru zi on e e tra sf or m az io ne de i s ig ni fic at i d ei n os tri m od i d i a gi re ch e si rip er cu ot on o su lle n os tre st es se a zi on i, at tra ve rs o un ’a tti vi tà d i r ifl es sio ne su l c on te nu to e su l p ro ce ss o. In te rp re ta zi on i e tr as fo rm az io ne d el sé . A pp re nd im en to /in se gn am en to do ve il fo rm at or e ag isc e in a m bi en te n at ur al e, fa vo ris ce l’ em er ge re d i p ro bl em i, sc op re e sit i n on p re ve di bi li. .. G en er az io ne co st ru tti vi st a Ps ic oa na lis i f re ud ia na e k le in ia na ; ps ic ol og ia so ci al e di L ap as sa de e L or au ; se co nd a ci be rn et ic a; fil os of ia c on tin en ta le ; bi ol og ia c on te m po ra ne a; ep ist em ol og ia g en et ic a di P ia ge t; et no gr af ia ; pe ns ie ro B ea tso n ( ‘e co lo gi ad el la m en te ’). B at es on , B ru ne r, Vy go tsk ij. C on te sto . La c on os ce nz a è un a co str uz io ne c ul tu ra le e di pe nd e da l c on te sto . A pp re nd im en to c om e fa tto re sis te m ic o e co nt es tu al e, co m e ca ra tte ris tic a di tu tto il c or so di u na v ita in di vi du al e, c om e ev en to ep ist em ol og ic o e na rra tiv o, co m e fa tto re d i i nt er ro ga zi on e. M od ifi ca re le a zi on i n ec es sa rie a ra gg iu ng er e gl i o bi et tiv i, im pe de nd o un a ge ne ra liz za zi on e o un a le gi tti m az io ne . Pe rs on al iz za te a se co nd a de l l iv el lo d i e vo lu zi on e in di vi du al e. Si m od ifi ca no in it in er e, a se co nd a de lle e sig en ze d el so gg et to . In te ra zi on i t ra so gg et to c he o ss er va e og ge tto o ss er va to . G en er az io ne pr ag m at ist a R az io na lis m o cr iti co ; ut ili ta ris m o; ne o- co gn iti vi sm o; pr im a ci be rn et ic a. Pi er ce , J am es , D ew ey . A sp et ti pr ag m at ic i. La c on os ce nz a de riv a da lla c on cr et ez za de i f at ti. M od i i n cu i i d iv er si ob ie tti vi ve ng on o ra gg iu nt i. Le ar ni ng b y do in g: da o gn i e sp er ie nz a si co str ui sc e la b as e di o gn i s vi lu pp o di p en sie ro . G en er az io ne po sit iv ist a sp er im en ta le Em pi ris m o lo gi co -a ris to te lic o; so ci ol og ia c om tia na ; fis ic a cl as sic a ne w to ni an a; bi ol og ia d ar w in ia na ; co m po rta m en tis m o; te or ie c om pu ta zi on al i. Ty le r, B lo om , K irk pa tri k, G ag nè . C on ce tto d i m isu ra . È co no sc ib ile so lo c iò c he è m isu ra bi le . A tti vi tà ra zi on al e, ac qu isi zi on e di c on os ce nz e e di a bi lit à. O bi et tiv i p re sta bi lit i, ris ul ta ti at te si. L’ az io ne fo rm at iv a è ra zi on al e, a str ut tu ra g er ar ch ic a co n al la b as e la d ef in iz io ne de i c om po rta m en ti fin al i a tte si e po i l’i nd iv id ua zi on e de lle p re co nd iz io ni e de lle o pe ra zi on i m en ta li, da lle p iù se m pl ic i a lle p iù c om pl es se , da e ffe ttu ar e. C or re nt i di p en si er o di r ife ri m en to Au to ri d i r ife ri m en to C en tr at ur a C on ce zi on e di c on os ce nz a C on ce zi on e di a pp re nd im en to C on ce zi on e di o bi et tiv i f or m at iv i M et od ol og ie di da tti ch e 26 G en er az io ne fe no m en ol og ic a In di vi du ar e pr eo cc up az io ni e v al or i de gl i s ta ke ho ld er s, co lla bo ra zi on e, ne go zi az io ne n el c am bi am en to , ve rs o la c os tru zi on e di u n “c on se ns o” : es pl ic ita zi on e di u n pu nt o di v ist a va lo ria le e d es pe rie nz ia le c om e do m in io d i a pp ar te ne nz a cu ltu ra le . Il va lu ta re si m uo ve a ll’ in te rn o di c rit er i v al ut at iv i: ap er tu ra a lle id ee d eg li sta ke ho ld er ; ril ev an za d el le in fo rm az io ni p er tu tti , no n so lo p er i co m m itt en ti; eq ui tà d i t ra tta m en to ; et ic ità , u so c on fid en zi al e e co rre tto de lle o pi ni on i. G en er az io ne co st ru tti vi st a Va lu ta zi on e fo rm at iv a pe rc hé c on sc ia de lle d iv er se in te rd ip en de nz e qu al i-q ua nt ita tiv e de i r uo li. A na lis i c rit ic a de i m od i di p er ce pi re e in te rp re ta re la re al tà in di vi du al e e co lle tti va . La v al ut az io ne d ev e po rre al c en tro d el l’a tte nz io ne l’a m bi en te e du ca tiv o, d ev e es se re pe rs on al iz za ta e c om pl es sif ic at a; pe r a na liz za re c rit ic am en te i m od i d i p er ce pi re e in te rp re ta re la re al tà in di vi du al e e co lle tti va , la v al ut az io ne v a in te sa c om e es pl or az io ne d ei p ro pr i m od i d i a gi re in re la zi on e co n le c os e de lla v ita . G en er az io ne pr ag m at ist a D ev e oc cu pa rs i n on so lo d ei fi ni a cu i t en de m a an ch e de i m ez zi n ec es sa ri a co ns eg ui rli . M ez zo st ru m en ta le pe r o rie nt ar e il pr og re ss o de lle n os tre a zi on i n el m on do e fid uc ia n el p ot er e pr og re ss iv o e str um en ta le d el la sc ie nz a ch e ac qu ist a la m as sim a im po rta nz a pe r l a di re zi on e de ll’ az io ne e pe r l a so lu zi on e de i p ro bl em i u m an i. G en er az io ne po sit iv ist a sp er im en ta le Em et te re u n gi ud iz io d i m er ito su l l iv el lo d i r ag gi un gi m en to de gl i o bi et tiv i a tte si, m isu ra re la d ist an za tr a la p re sta zi on e ot te nu ta e la p re sta zi on e at te sa . - p ro ge tta re u n pi an o ed uc at iv o o cu rri co lo c on la re la tiv a pr og ra m m az io ne d i o bi et tiv i e co nt en ut i ( Ty le r). - 4 li ve lli se qu en zi al i p er la v al ut az io ne ; le re az io ni , l ’a pp re nd im en to , la p re sta zi on e, il ri su lta to (K irk pa tri ck ). C om pi to de lla v al ut az io ne St ru m en ti di v al ut az io ne U n’ ul te ri or e ra ss eg na d i m od el li d i v al ut az io ne , è r in tr ac ci ab il e in L ic ht ne r (2 00 4) e v ie ne s in te tiz za ta n el la ta be lla c he s eg ue . C om po rt am en tis m o A ss oc ia zi on ism o; Ps ic om et ria ; A nt im en ta lis m o. C ag nè , W at so n, Th or nd ik e, S ki nn er , Th ur sto ne . M isu ra ; Pa rs im on ia (r ife rit a al le m isu ra zi on i e ffe ttu at e) . O pe ra zi on ism o/ Em pi ri sm o R ea lis m o in ge nu o; Po sit iv ism o; Te or ia c la ss ic a de l c ur ric ol o; Lo gi ca d el la fi sic a. B lo om , B rid gm an , Th or nd ik e, B in et , L in dq ui st. M isu ra ; Li m ita rs i a c iò c he è di re tta m en te o ss er va bi le . C or re nt i di p en si er o di r ife ri m en to Au to ri d i r ife ri m en to C en tr at ur a C og ni tiv ism o R ea lis m o cr iti co . A nn B ro w n, C ar ro l, St er nb er g, N ei ss er . Pr ob le m so lv in g. C os tr ut tiv ism o R ea lis m o tra ns az io na le . D ew ey , P ia ge t, Ta yl or , B ru ne r, R es ni ck . La c os tru zi on e de l s og ge tto . So ci o- co st ru zi on ism o In te ra zi on ism o so ci o- cu ltu ra le . Ta yl or , W er tsc h, C ol e, Vi go tsk y - L eo nt ’e v, B ru ne r, R og of f, G ar dn er . Va lu ta zi on e di na m ic a. Sa pe re si tu at o So ci o- cu ltu ra lis m o; Te or ia d in am ic a de lla p er so na lit à; A pp ro cc io e co lo gi co . Le w in B ro nf en br en ne r, Sc ho en , R og of f, Sc rib ne r-P on te co rv o. In te rp re ta zi on e di u na st or ia co nt es tu al iz za ta . 27 C om po rt am en tis m o Si g ua rd a al p ar tic ol ar e e no n al g en er al e. Pe rs os tit uz io ne er in fo rz o; D ril ls an d pr ac tic e; Pe r s eq ue nz e pr og ra m m at e; Pe r p ro gr es siv a ac cu m ul az io ne . Is tru ire ; O rg an iz za re ic om po rta m en ti ed uc at iv i da ls em pl ic e al co m pl es so . Sh ap in g; Es er ci zi d i c al co lo ; Pr oc ed ur e pe r p ic co le un ità - an al isi fa tto ria le . M isu ra re c om po rta m en ti os se rv ab ili ; Ve rif ic ar e og ni p as so de lc om po rta m en to at te so . Sc he de a ut oc or re tti ve ; Pr ov e di v er ifi ca . O pe ra zi on ism o/ Em pi ri sm o La c on os ce nz a in di re tta è l’u ni ca p os sib ile ; N et ta d iv isi on e tra te or ia e p ra ss i. Pe r o pe ra zi on i c on cr et e; Tr as m iss io ne d i i nf or m az io ni . O pe ra zi on al iz za re c on ce tti ; M od el la re i co m po rta m en ti de gl i a lli ev i. Es er ci zi d i c al co lo ; A pp lic az io ni d i r eg ol e; C os tru zi on e di a ut om at ism i. M isu ra re le d iff er en ze ; R id ur re m ol te v ar ia bi li a po ch e. Te st di m isu ra zi on e; M en ta l t es tin g. C on ce zi on e di c on os ce nz a C on ce zi on e di a pp re nd im en to C on ce zi on e di o bi et tiv i f or m at iv i M et od ol og ie di da tti ch e C om pi to de lla v al ut az io ne St ru m en ti di v al ut az io ne C og ni tiv ism o Il pr oc es so c og ni tiv o è gu id at o da ll’ in te rn o. L’ at to c og ni tiv o co rri sp on de ad u na in te nz io na lit à. C on ne tte re le n uo ve in fo rm az io ni al le st ru ttu re di c on os ce nz a gi à sta bi lit e e cr ea re re la zi on e fra e ss e. Pr ob le m so lv in g. Va lu ta re la c ap ac ità di p ro ge tta zi on e, l’u til iz zo d i m ez zi in v ist a di u n fin e. In te rv ist e str ut tu ra te . C os tr ut tiv ism o R io rg an iz za zi on e m en ta le di te or ie im pl ic ite e co ns eg ue nt e el ab or az io ne ch e po rta a l c on os ci ut o. C os tru zi on e de l p ro pr io sa pe re . Sv ol ge re il c om pi to au to no m am en te . La vo ra re su e sp er ie nz e; R ic er ca re ; La vo ra re su l p ro bl em a. A tte nz io ne ai m od el li m en ta li ch e lo st ud en te e la bo ra ; Fa r e m er ge re co no sc en ze ta ci te . D ia lo go ; In te rro ga zi on e or al e. So ci o- co st ru zi on ism o Sa pe re c os tru ito in in te ra zi on e tra p ar i e co n gl i a du lti ; In te rio riz za zi on e. È il ris ul ta to de llo sv ilu pp o m en ta le in g ru pp o. M ot iv ar e; A ut or eg ol ar e; Im pa ra re d ag li er ro ri. Si m ul im pr es a; O ss er va zi on e pa rte ci pa ta ; Sc af fo ld in g. St ep b y ste p. Ve rif ic a in it in er e de ll’ au to no m ia ra gg iu nt a. Po rtf ol io ; D ia rio p ro fe ss io na le ; R ub ric he ; In te rv ist e lib er e. Sa pe re si tu at o Il so gg et to è c oi nv ol to co m e fo nt e e ar te fic e di c on os ce nz a, in u n co nt es to . A pp lic az io ne di c ap ac ità a cq ui sit e a nu ov e sit ua zi on i; È pa rte in te gr an te di u n pr oc es so so ci al e. A cq ui sir e co no sc en za tra m ite la p ro pr ia m en te so gg et tiv a. C o- co str uz io ne ; C oo p le ar ni ng ; R ol e pl ay in g. St ud ia re il p en sie ro in a zi on e, in c on te sto d et er m in at o, al l’i nt er no d i p ra tic he . D ia rio d i b or do ; D ia rio d el la v ita de lla m en te ; A ut ov al ut az io ne in it in er e; O ss er va zi on e; C ol lo qu i i n pr of on di tà . 28 2.3. I due grandi filoni degli studi sulla valutazione In sintesi, si può affermare che la valutazione è un settore della ricerca sociale ed educativa percorso da teorie che privilegiano un paradigma positivista (che accentua la quantità) e teorie che invece si muovono all’interno del paradigma costruttivista (che accentua la qualità) (Plessi, 2004, pp. 13-58). Paradigma costruttivista - la realtà è costruzione sociale. - il conosciuto è frutto dell’azione del conoscente; - la conoscenza è possibile solo a partire dalla specifica struttura mentale, dalle conoscenze e dai giudizi del soggetto che la compie. Il ricercatore non può che conoscere l’oggetto tramite la propria mente soggettiva. - la valutazione non può fare a meno della storia del soggetto, del suo vissuto e del suo compreso (è interpretare una storia contestualizzata); - la valutazione è incontro tra soggetti, finalizzato alla comprensione e interpretazione del fatto educativo specifico, in un contesto determinato. - significatività, rilevanza e utilità pratica all’interno del particolare contesto e in relazione ai soggetti che sono coinvolti nel fenomeno valutato. non solo l’esito, ma - il contesto e la sua storia precedente; - il processo di sviluppo dei fatti; - gli effetti intermedi e imprevisti; - le dinamiche relazionali; - il punto di vista e l’interpretazione dei soggetti coinvolti... Tendenzialmente interpretativi e descrittivi (qualitativi). Di narrazione. Parole. Paradigma positivista - esistenza di una realtà conoscibile esterna al soggetto conoscente e indipendente da esso e dai suoi interessi; - concezione realista dell’oggetto di conoscenza. - è conoscibile solo ciò che appare ai sensi; - unità delle scienze attorno al metodo delle scienze empiriche; - l’uomo e la società possono essere indagati secondo i metodi delle scienze sociali; si tratta infatti di fatti empirici conoscibili solo attraverso i sensi; - la scienza sociale va tenuta libera da valori; - obiettivo della scienza sociale è scoprire regolarità e relazioni tra i fatti. Dualismo e separazione tra soggetto che conosce e oggetto indagato. - “l’unica valutazione possibile è quella chiamata a controllare la presenza o l’assenza di un comportamento prestabilito e prescelto come indicatore di apprendimento”; - la valutazione è controllo e misurazione di comportamenti prestabiliti. - certa, vera, oggettiva, generalizzabile. - l’esito dell’azione (e la sua corrispondenza agli obiettivi prefissati). Tendenzialmente oggettivi e misurabili (quantitativi). Di misurazione. Numeri Presupposti ontologici Presupposti epistemologici Relazione tra soggetto e oggetto Valutazione Validità della valutazione Informazione rilevante ai fini della valutazione Impianti metodologici Strumenti Risultato della valutazione Quali sono i segni della quantità e quali i segni della qualità nelle teorie della valutazione educativa? Attingiamo ancora allo studio di Paola Plessi, riportando in forma schematica le sue riflessioni (Plessi, 2004, p. 247). I due filoni, quello positivista e quello costruttivista, possono essere definiti anche rispettivamente come “funzionalista” e come “fenomenologico” (Lichtner 1999). A seconda dell’approccio scelto, cambiano anche le domande che il valuta- tore si pone (Lichtner 1999, pp. 44-45). 29 Segni dell’orientamento alla qualità Interesse per la dimensione interiore non manifesta dei fenomeni. Il giudizio nasce dall’interpretazione dell’evento da parte di una molteplicità di soggetti aventi molteplici criteri di valutazione. Gli stakeholders vengono coinvolti come fonti di informazione e di giudizio. Sono utilizzati criteri di valutazione molteplici e soggettivi e procedure valutative emergenti dal contesto. L’oggetto e la situazione vengono considerati globalmente. Prevale il criterio dell’utilità locale sullo scopo comparativo e sull’intenzione di generalizzazione. Prevale l’uso di strumenti qualitativi eventualmente integrati con informazioni di carattere quantitativo. Segni dell’orientamento alla quantità Interesse per ciò che è visibile e condivisibile. La valutazione si traduce nella misurazione degli esiti e nella comparazione con il modello prestabilito. I soggetti della formazione sono una parte dell’oggetto di valutazione e non intervengono nella costruzione del criterio di valutazione e del giudizio. Sono utilizzati criteri di valutazione e procedure completamente predefiniti ed esplicitati. L’oggetto viene considerato solo per gli aspetti che consentono una comparazione con il modello definito (indicatori). Si tende alla comparazione, classificazione, generalizzazione. Prevale l’uso di strumenti quantitativi eventualmente integrati con informazioni di carattere qualitativo. Approccio fenomenologico 1) Rispetto agli obiettivi formativi all’inizio, ci sono state modifiche, tenendo conto delle esigenze che via via emer- gevano? 2) In che misura l’indagine preliminare, se c’è stata, ha attiva- mente coinvolto i soggetti interessati? 3) Le attività proposte hanno incontrato l’interesse dei parteci- panti? Hanno costituito per loro un’esperienza significativa? 4) Quali sono, dal punto di vista dei partecipanti, i risultati più significativi che hanno raggiunto? 5) È cambiato il modo di porsi dei soggetti di fronte ai problemi che incontrano nei loro contesti di lavoro e di vita? 6) L’esperienza svolta offre elementi nuovi, specifici, rispetto a questo tipo di offerta formativa? Approccio funzionalista 1) Quali sono gli obiettivi del progetto? Sono stati definiti chiaramente all’inizio e tenuti presenti nel corso dell’azione formativa? 2) Gli obiettivi sono stati definiti sulla base di un’indagine preliminare sui bisogni di formazione? 3) Le attività didattiche messe in atto sono risultate funzionali al perseguimento dell’obiettivo? Con quale uso delle risorse? 4) I risultati raggiunti corrispondono agli obiettivi posti? 5) Le conoscenze e competenze acquisite dai soggetti sono applicabili, spendibili, nei contesti in cui operano? 6) Il programma svolto costituisce una modalità di intervento replicabile, standardizzabile? 30 Quindi, nei due approcci, le questioni che interessano sono sensibilmente dif- ferenti: 1) mentre in un approccio basato sulla misurazione conta appunto misurare la distanza che c’è tra la prestazione attesa e quella realizzata e diventa decisiva la precisa e dettagliata definizione degli obiettivi, 2) in un approccio di tipo qualitativo, interessa il senso che il soggetto attribuisce al suo apprendimento, cosa egli ha trovato di significativo, che cosa l’ha inte- ressato e questo non può essere facilmente predefinito. Lo spostamento dal quantitativo al qualitativo è dunque anche uno sposta- mento progressivo: 3) dalla valutazione esterna all’autovalutazione, 4) dalla valutazione come momento puntuale, a conclusione di un percorso di apprendimento, alla valutazione come processo che accompagna – e spesso coincide con – il processo di apprendimento stesso. 2.4. Valutazione formativa e valutazione sommativa La valutazione, in base a dove si colloca nell’ambito del processo formativo, può essere classificata anche come valutazione “diagnostica” (ad inizio percorso), valutazione formativa (durante il percorso) e valutazione sommativa (al termine del percorso). Ora, il paradigma positivista tende ad accentuare la funzione sommativa della valutazione, mentre il paradigma costruttivista sottolinea la sua funzione formativa. Valutazione formativa Fornire informazioni relative all’andamento del programma e all’apprendimento degli studenti al fine di intervenire per il miglioramento del pro- gramma (dell’azione didattica, dell’intervento...). Adattamento e miglioramento delle attività di apprendimento insegnamento o del programma complessivo. Attori interni o direttamente coinvolti nell’attività pedagogica (staff del programma). Valutatore interno. Durante il programma e il processo di insegna- mento-apprendimento. Valutazione sommativa Certificare l’apprendimento e attribuire un giu- dizio agli studenti al termine di una unità didat- tica, semestre o corso di studi. Certificare l’utilità del programma. Certificazione e giudizio (valutazione con utilità sociale); Ammissione a gradi di istruzione successivi; Prosecuzione, conclusione, adozione, istituziona- lizzazione di un programma educativo. Pubblico esterno appartenente al settore economico o politico, società allargata, agenzia che finanzia il programma. Valutatore esterno e interno. Al termine del programma. Processo di insegnamento-apprendimento (in alcuni momenti formalmente stabiliti). Funzione Decisioni favorite Destinatari Attore della valutazione Momento di attuazione 31 3. LA VALUTAZIONE COME LEVA PER L’APPRENDIMENTO Ci possiamo chiedere: la valutazione va tendenzialmente interpretata come una circostanza finalizzata ad attribuire voti (valutazione dell’apprendimento o sottoli- neatura della valenza certificativa della valutazione), oppure essa stessa può essere vista come esperienza di apprendimento, che sviluppa sempre ulteriori apprendi- menti (valutazione per l’apprendimento) o addirittura come dimensione da svilup- pare nei soggetti che apprendono (valutazione formante)? Noi optiamo per una concezione “pedagogica” della valutazione degli appren- dimenti nel contesto dell’IFP, e precisamente per una valutazione come mezzo rispetto al fine della formazione e della promozione di tutta la persona e di ogni persona e non come mezzo rispetto al fine della semplice attribuzione di un voto o di una classificazione o della funzionalità di un’azione formativa alle esigenze del mondo produttivo (Bertagna, 2004). Inoltre, sempre all’interno di questa concezione pedagogica, ci sembra opportu- no sottolineare che la valutazione dovrebbe servire ad imparare meglio. Talvolta, nel docente o nel formatore, agisce il pensiero di costruire delle prove per “mettere alla prova”, per mettere in difficoltà il soggetto, e agisce meno il pensiero che porta a chie- dersi: “che strumenti di valutazione metto in atto perché il soggetto impari meglio e di più?”. Cioè non sempre la valutazione diventa uno strumento al servizio del fatto che il soggetto impari di più e meglio. È chiaro che, se la valutazione è al servizio del- l’apprendimento, essa si configura come una valutazione potenziante e riconoscente, che aiuta il soggetto a cogliere i progressi e a rendersi consapevole di ciò che sa e di ciò che sa fare con quello che sa. Il soggetto che apprende può anche essere guidato a cogliere le difficoltà ma senza identificarle con sé e cogliendole nel momento in cui coglie anche i suoi punti di forza e le piste di superamento delle difficoltà. Come efficacemente sintetizza Bianca Maria Varisco: «Valutare... non vuol certo dire giudicare e tanto meno classificare, bensì coinvolgere il singolo, nel gruppo, all’autosservazione, all’autoascolto, alla riflessione e all’automonitoraggio della propria attività sviluppata in pratiche condivise. Se il fine, ultimo e continuo, Valutazione formativa Alta. Di solito piccolo (classe). Come procede l’apprendimento degli studenti? Quali difficoltà incontra ciascuno studente? Come intervenire per sostenere il progresso degli stu- denti? Che cosa funziona e che cosa non funziona nel programma? Che cosa necessita di un miglio- ramento? Come può essere migliorato il program- ma? Valutazione sommativa Bassa. Di solito ampio. Qual è il livello di apprendimento raggiunto dagli studenti? Quali obiettivi sono stati raggiunti e quali no? Quali risultati si sono avuti? Quali esiti ha prodotto il programma? è stato efficace ai fini del raggiungimento degli obiettivi? Vale la pena di proseguire, adottare, estendere i programma? A quali costi? Frequenza Dimensione del campione Domande guida 32 della crescita personale è rappresentato dalla responsabilità, dall’autoconsapevo- lezza, dall’autonomia, l’atto valutativo non può essere meramente eterodiretto, bensì deve essere contemporaneamente etero e autodiretto, in direzione del raffor- zamento nel tempo di questa seconda e irrinunciabile dimensione. L’attività valuta- tiva non può differenziarsi dal contesto e dalle pratiche effettive di apprendimento- insegnamento/educazione/formazione, ma deve calarsi in esse come un momento continuo, ininterrotto... recuperando l’originalità dei singoli individui e delle sin- gole situazioni uniche e irripetibili» (Varisco, 2000, p. 12). Qui di seguito cercheremo di articolare in termini il più possibile operativi le principali istanze di questo approccio alla valutazione. 3.1. Una didattica che orienti a valutare e a valutarsi La riflessione sulla valutazione di cui abbiamo dato conto nel capitolo prece- dente ci orienta a passare da una valutazione intesa come momento puntuale, in genere collocato al termine di una sequenza formativa, ad una valutazione sempre più coincidente con ciò che il formatore fa e fa fare per predisporre un ambiente ricco di stimoli e di risorse e adatto a favorire apprendimento dei soggetti. La questione didattica e la questione valutativa sono dunque intimamente con- nesse: le situazioni che l’azione didattica predispone per attivare apprendimento sono il contesto privilegiato in cui collocare la valutazione e questa può diventare essa stessa occasione di apprendimento. Più in generale possiamo affermare che l’azione didattica influenza l’azione valutativa ed è da questa influenzata. Se la didattica è di tipo trasmissivo, la valuta- zione tenderà a consistere nel far ripetere i contenuti trasmessi. Se la didattica è di tipo costruttivo, la valutazione si proporrà come un far ricostruire e rielaborare i contenuti appresi. D’altra parte, possiamo affermare anche che il tipo di valuta- zione che si sceglie di adottare retroagisce sull’azione didattica e in qualche modo la determina: se la valutazione avviene attraverso test, anche l’azione didattica sarà orientata di conseguenza (come talvolta succede nei percorsi per l’acquisizione del- l’ECDL); se la valutazione è invece centrata sulla narrazione riflessiva delle espe- rienze di apprendimento, il focus dell’azione didattica sarà con maggiore probabi- lità posto sulla predisposizione di compiti e contesti stimolanti. Il presupposto di una valutazione che orienti i soggetti a valutare e a valutarsi – a partire dall’idea che un soggetto che impara a valutare e a valutarsi è un sog- getto che apprende meglio – sarà dunque costituito da una didattica promozionale, che attivi e stimoli la motivazione dei soggetti in apprendimento. 3.2. Dispositivi e strumenti operativi per una valutazione come leva per l’ap- prendimento Il dispositivo principale di una valutazione per l’apprendimento è sicuramente il Portfolio dell’allievo, di cui parleremo nel paragrafo seguente. Qui di seguito in- 33 tendo descrivere, senza pretesa di esaustività, alcuni esempi di azioni valutative mirate a mettere i soggetti nelle condizioni di: a) assumere l’apprendimento come una meta personale desiderabile e b) diventare consapevoli del proprio personale modo di imparare, - ritornando riflessivamente sull’esperienza di apprendimento vissuta, - narrandola, - esprimendo su di essa una valutazione personale. In questa ottica, infatti, come abbiamo già ricordato, la valutazione stessa si configura come un’esperienza di apprendimento, in cui la prima cosa che si impara è appunto la valutazione. È questo che innanzitutto conta per pensare alla valuta- zione come una leva per l’apprendimento e non solo come attribuzione di un voto. Nel capitolo successivo, vedremo come, a partire da processi di questo genere, si possa comunque arrivare anche alla formulazione di un giudizio attendibile e utile sia per la riflessione del docente in ordine a come migliorare la sua azione didat- tica, sia per la riflessione che l’allievo stesso può condurre sul suo apprendimento. 3.2.1. La valutazione di prestazioni e processi di apprendimento Come vedremo trattando del Portfolio, diversi tipi di prodotti, individuali o di gruppo, possono essere assunti come occasioni per attivare una valutazione intesa come riflessione sui prodotti e sui processi di apprendimento, sulle prestazioni, che rende maggiormente consapevoli di quello che si sa fare e di quello che si desidera fare. Si tratta di una riflessione che coinvolge diversi interlocutori – gli allievi, i docenti/formatori, altri soggetti (genitori, esperti esterni...) – e da vita ad una inin- terrotta conversazione. Rientrano in questa tipologia diversi prodotti 8: quadernoni e raccoglitori ad anelli, dossier, manifesti, oggetti artistici, manufatti, capolavori, siti internet, pre- sentazioni di tutti i tipi (relazioni, rappresentazioni teatrali, esecuzioni musicali...). Per cogliere la qualità dei processi che il soggetto mette in atto, non basta l’a- nalisi dei prodotti; è importante osservare anche le componenti di tipo psicodina- mico (motivazione, impegno, costanza, tenacia...) e le componenti metacognitive (consapevolezza dei metodi e delle strategie, autonomia, originalità e creatività...). La valutazione dei processi presenta diverse difficoltà di carattere metodologico, richiede procedure di osservazione (attraverso l’uso di schede o di check-list), ma l’elemento che sicuramente non può mancare è la riflessione e l’autovalutazione da parte degli allievi. 3.2.2. La valutazione di progetti e dei risultati dei lavori di gruppo La valutazione della prestazione dei singoli diventa difficile e poco significa- tiva nel caso di attività di gruppo, che mirano a formare competenze di tipo coope- 8 Nel prossimo capitolo, esploreremo in dettaglio diversi esempi di prodotti di questo genere. 34 rativo. D’altra parte la semplice attribuzione dello stesso voto a tutti i membri del gruppo potrebbe essere percepita come ingiusta. Anche qui, accanto al risultato, vanno considerati per la valutazione anche i processi di lavoro, i processi sociali e la presentazione dei lavori stessi. La valutazione, condotta innanzitutto da parte del gruppo stesso, può essere pensata come una riflessione sul lavoro del gruppo ma anche sulle prestazioni dei singoli, soprattutto nel caso in cui l’attività di gruppo prevedesse un’articolazione di ruoli.9 Della valutazione possono far parte anche le osservazioni del docente sul lavoro dei gruppi e il contributo dei singoli. Autovalutazione ed eterovalutazione da parte del docente possono integrarsi a vicenda. Nei lavori di gruppo è possibile pensare anche ad una valutazione dei singoli relativa a parti comuni del lavoro o a parti realizzate da qualche altro membro del gruppo, in modo da inserire lo stimolo a far propri i risultati del lavoro di tutto il gruppo. In ogni caso, nel lavoro di gruppo, va dedicata sempre una specifica attenzione ai processi sociali che sono caratteristici elementi di questa modalità di lavoro, con domande di questo tipo: come ha funzionato il gruppo? Che contributo ho dato al risultato del gruppo? Cosa avremmo potuto fare per raggiungere un risultato migliore?... 3.2.3. La valutazione delle prestazioni in processi di apprendimento autonomo Anche in percorsi di apprendimento autonomo (l’apprendimento a “stazioni” o ad “angoli di apprendimento”10 o l’“apprendimento libero”11 o il “piano di lavoro settimanale”12...), l’osservazione è un metodo che può essere utilizzato in modi differenti, sia come etero-osservazione, da parte del formatore o dei compagni, sia come auto-osservazione. Altri strumenti sono i seguenti: – l’attribuzione a determinati allievi della responsabilità rispetto a specifiche “stazioni” o “materiali” di apprendimento: dovrebbe trattarsi di una responsa- bilità sia di tipo organizzativo che di tipo contenutistico; questo significa che gli allievi dovrebbero avere una responsabilità sia per quanto riguarda l’ordine e la realizzazione dello “stand” di apprendimento, sia per quanto riguarda i 9 È buona norma che il docente fornisca, con la consegna di lavoro per il gruppo, anche delle indicazioni sul procedimento da seguire e in particolare sui ruoli che i singoli possono assumere nel gruppo, oppure che, della consegna di lavoro, faccia parte anche l’indicazione di definire e suddi- vidersi dei compiti precisi all’interno del gruppo. 10 Si tratta di angoli o stazioni di lavoro collocate ad esempio ai quattro angoli dell’aula, con materiali e compiti di apprendimento specifici che gli allievi, individualmente o suddivisi in piccoli gruppi, sono chiamati a svolgere a turno. Una volta che si sia svolta una prova in una stazione, si può passare alla stazione successiva, fino al termine delle stazioni. 11 Si tratta di compiti di approfondimento e ricerche che possono essere concordate con il singolo allievo, in base ai suoi personali interessi. 12 Si tratta di consegne di lavoro individualizzate e strutturate, che l’allievo si impegna a realiz- zare in un arco di tempo concordato. 35 contenuti e il tipo di compiti cognitivi... Essi stessi dovrebbero essere gli “esperti” in grado di offrire supporto e consulenza ai propri compagni; – la predisposizione di “mappe del percorso” sulle quali gli allievi possono an- notare, quando hanno svolto il lavoro ad una specifica stazione di apprendi- mento, le loro annotazioni sul lavoro stesso e che possono poi far valutare al docente oppure a singoli compagni, oppure autovalutare, magari alla luce di un correttore che viene consegnato una volta terminate le stazioni; – i “diari di apprendimento” o “diari riflessivi”, su cui gli allievi possono ripor- tare esperienze di lavoro, questioni, domande e difficoltà, ma anche cono- scenze e convinzioni maturate; un diario può essere compilato su due colonne: una per la descrizione di ciò che si è fatto, una per riflessioni su ciò che si è fatto; è possibile anche tenere sempre a portata di mano un “diario dell’appren- dimento” e stimolare di quando in quando (magari al termine di una giornata di lavoro, negli ultimi 15’) il completamento di frasi di questo genere: “Oggi ho imparato che...”; “La cosa che mi è piaciuta di più oggi è stata...”; – approfondite discussioni di classe a conclusione di una Unità di apprendi- mento, che possono eventualmente trasformarsi in relazioni di lavoro; – colloqui di consulenza e valutazione da parte dei formatori con singoli allievi o piccoli gruppi di allievi; – la realizzazione di dispense, riassunti, fascicoli, capitoli di un libro di testo... per altri allievi della propria età; – la realizzazione di cartelloni, poster e altre forme di rappresentazione delle conoscenze; – la presentazione ai compagni dei risultati del proprio lavoro (apprendimento attraverso l’insegnamento). 3.2.4. La valutazione delle prestazioni in progetti didattici aperti e differenziati I progetti didattici complessi, aperti e differenziati, la valutazione dovrebbe essere condotta attraverso schede di osservazione, la compilazione di “diari di ap- prendimento” da parte degli allievi, il portfolio, il lavoro in coppia... Fondamentale diventa anche qui l’autovalutazione da parte degli allievi. 3.2.5. L’autovalutazione da parte degli allievi Sarebbe contraddittorio rispetto al principio, spesso dichiarato, del protago- nismo dei soggetti in apprendimento sottoporli solamente a procedure eterovaluta- tive da parte del docente. L’autovalutazione da parte degli allievi comporta la crea- zione di un contesto in cui gli allievi stessi possano costruire e formulare propri giudizi sull’apprendimento e sulle prestazioni compiute. Le condizioni che possono favorire i processi di autovalutazione possono essere le seguenti: – che si creino le condizioni perché gli allievi si sentano motivati all’autovalu- tazione; 36 – all’inizio, può essere utile orientare selettivamente l’autovalutazione o su ciò che si è appreso o sul modo in cui si è appreso (essere attenti ad entrambi i livelli può essere piuttosto impegnativo), oppure lasciare il controllo di uno di questi aspetti ad un compagno; – i compiti da fare oggetto di processi di autovalutazione dovrebbero essere non troppo semplici, in modo tale che l’impegno che l’autovalutazione comporta sia giustificato; – all’inizio può essere utile sostenere e guidare l’autovalutazione attraverso la predisposizione di liste di osservazione, o liste di domande che aiutino a rendere concreta l’autovalutazione. L’autovalutazione può essere favorita dalla discussione e dalla successiva definizione di criteri di valutazione. Esempio di scheda di autovalutazione da utilizzare alla fine di un’unità di apprendimento: - Che cosa ho capito e mi porto a casa di significativo da questa unità? - Che cosa mi piacerebbe riprendere e/o approfondire? - Quali sono state le parole-chiave dell’unità? Provo ad elaborare una breve definizione per ciascuna di esse. - Cosa penso potrà essermi utile nella mia futura esperienza professionale? - Ulteriori pensieri, suggerimenti o commenti sull’unità svolta. 3.2.6. I colloqui di valutazione Tutte le forme di valutazione dovrebbero essere orientate a migliorare e a ren- dere più intensa, tra tutti i soggetti coinvolti, la comunicazione personale sui pro- cessi di lavoro e di apprendimento e sui risultati e le loro presentazioni. Le schede di valutazione periodiche potrebbero perciò, per certi versi, essere sostituite da colloqui o comunque diventare occasione per attivare colloqui di valutazione. Tali colloqui consentono di tenere viva quella conversazione educativa che può aiutare a comprendere eventuali aspetti di criticità e ad individuare piste di supera- mento. 3.3. Il portfolio e la valutazione formante Ogni strumento di valutazione è fondato su un’idea della natura e della fun- zione dell’atto di valutare. C’è chi considera il portfolio uno strumento simile al “fascicolo personale del- l’alunno”, introdotto ad esempio nella scuola materna e nella scuola elementare al- l’inizio degli anni ’90 13 o in uso per i soggetti con handicap,14 che è un contenitore 13 Cfr. l’art. 3 del DM 16 novembre 1992. 14 Cfr. Legge quadro 104/1992. 37 in cui sono raccolti, oltre ai dati di tipo amministrativo, i documenti di valutazione e la documentazione specifica degli alunni, nonché ogni altro elemento significa- tivo di conoscenza dell’alunno, di documentazione della sua esperienza scolastica, acquisito anche in collaborazione con le famiglie”. Ci sembra che il portfolio sia qualcosa di profondamente diverso, da non inten- dere come pratica di documentazione, adempimento che “pesa” sul formatore, ma come dispositivo che aiuta a far crescere la consapevolezza dei soggetti rispetto ai propri apprendimenti. Percepirlo come “fascicolo personale dell’allievo” signifi- cherebbe impoverirlo. In realtà, il portfolio porta con sé una logica valutativa e formativa decisamente diversa e innovativa. Quale logica, quale epistemologia, quale modo di intendere la valutazione educativa sta dunque a fondamento di uno strumento come il portfolio? Il portfolio si colloca nel solco della valutazione formativa. Esso traduce la scelta di una valutazione formativa perché (Plessi, 2005): – punta a rilevare l’andamento dell’apprendimento, il processo più che il pro- dotto; – accompagna l’intervento didattico e suggerisce i cambiamenti da attuare per renderlo più adatto al destinatario facilitandogli il raggiungimento degli obiet- tivi previsti (oppure modificando gli obiettivi stessi); – si colloca nel contesto e non è interessato a comparazioni e generalizzazioni. Il portfolio, però, va oltre la valutazione formativa e si spinge verso una forma di valutazione che può essere definita “valutazione formante” (Plessi, 2004). Questo concetto fa riferimento all’idea di una valutazione che non è semplice giudizio sul prodotto (valutazione sommativa) o sul processo della formazione (va- lutazione formativa), ma si pone essa stessa come processo formativo. Non c’è più separazione tra formazione e valutazione: “mentre valuto formo, faccio della valutazione un’occasione di formazione continua”. La valutazione for- mante, mentre valuta la formazione, partecipa alla formazione stessa (Plessi, 2004). L’introduzione del portfolio in campo educativo e formativo avviene nel con- testo statunitense degli anni ’80 all’interno del quale esso è percepito come nuovo rispetto alla tradizione quantitativa incarnata dalla cultura del test; esso infatti pro- pone una nuova immagine dell’atto valutativo come processo continuo e quoti- diano di interazione tra allievo e formatore. Originariamente il portfolio appartiene al campo delle arti espressive e si con- figura come raccolta di lavori, di opere personali (disegni, fotografie, testi scritti...), che testimoniano le particolari capacità e qualità del soggetto che le ha prodotte. Più esattamente è una raccolta dei lavori migliori, tale da testimoniare il valore del- l’artista di fronte a un interlocutore. Già in questa sua funzione originaria, si coglie come il portfolio voglia essere uno strumento di comunicazione: non è fine a se stesso, ma svolge una funzione di narrazione, di comunicazione all’interno di una relazione, deve dire qualcosa di una persona ad altre persone. La costruzione del portfolio inoltre non può che essere un atto personale, che impone una decisione 38 rispetto a ciò che di sé l’artista vuole comunicare e obbliga a un atto di interpreta- zione colui che comunica come colui che ascolta e riceve l’informazione. Questi tratti non si perdono nel suo trasferimento all’ambito educativo e for- mativo: il portfolio conserva la sua impronta creativa, comunicativa, interpretativa e proprio questi aspetti ne fanno uno strumento particolarmente utile alla valuta- zione qualitativa e alla realizzazione di interventi valutativi che vogliano anche essere formanti. Il portfolio, utilizzato per la valutazione formativa, è una raccolta di ciò che lo studente produce nei momenti quotidiani del suo percorso formativo. La forma concreta è quella di un raccoglitore in cui vengono riposti i lavori dell’allievo. Già dalla descrizione del suo aspetto fisico si possono ricavare alcuni elementi del modello valutativo sottinteso. Intanto si tratta di uno strumento pensato per essere utilizzato in un contesto relazionale preciso e limitato: quello della vita di un gruppo formativo; in un tempo che è quello del quotidiano svolgersi del processo formativo, in cui l’intervento valutativo e quello didattico fluiscono intrecciati; già è possibile cogliere come l’attenzione sia posta sul soggetto e sulla sua produzione (Plessi, 2005). Il portfolio formativo, poi, come quello artistico, non raccoglie tutti i lavori dell’allievo, ma solo quelli migliori, quelli che rappresentano la sua riuscita. La logica sottostante al portfolio è una logica selettiva in cui il potere decisio- nale è prevalentemente nelle mani dell’allievo che, selezionando i propri lavori, de- cidendo che cosa inserire nel portfolio, si riappropria della responsabilità valutativa ed è stimolato a riflettere su se stesso, sulla qualità del suo prodotto e del suo per- corso, sui punti di forza e di debolezza e sui passi da compiere per migliorarsi. Selezionando, decidendo, valutando egli compie un percorso di autocono- scenza e autovalutazione e costruisce e comunica, motivandola, la propria imma- gine di sé. Lo studente vive l’esercizio della valutazione proposto intenzionalmente dal formatore per formarne la capacità di valutare, scegliere, comprendere le cause di un processo o di un esito (formazione dello stile di attribuzione causale). Nella selezione dei lavori da inserire nel portfolio possono intervenire, e gene- ralmente intervengono, anche criteri esterni al soggetto, ma definiti con il suo coin- volgimento; comunque sia, la scelta dei lavori deve sempre essere motivata dal soggetto che la compie. Non si tratta solo di scegliere, ma di dire perché si è scelto un lavoro piuttosto che un altro, di svelare la propria interpretazione, il criterio che fa sì che un prodotto sia giudicato migliore. Attraverso il portfolio inoltre il soggetto è chiamato a riflettere sui singoli lavori, ma anche sulla relazione che tra essi intercorre, sullo sviluppo complessivo e sull’andamento qualitativo del proprio apprendimento, sui processi che hanno condotto a determinati risultati. Quali sono i vantaggi formativi del portfolio? L’uso del portfolio come stru- mento di valutazione (e di formazione) offre numerosi vantaggi che hanno effetti 39 positivi sia sul processo di valutazione qualitativa sia sul processo formativo: – consente di cogliere i processi attraverso cui si compie l’apprendimento indivi- duale, oltre che gli esiti; – la storicità e ricchezza delle informazioni permette una lettura globale e uni- taria del soggetto in formazione; – il coinvolgimento del soggetto come primo attore responsabile della valuta- zione, attraverso la selezione dei propri migliori lavori e la sua giustificazione, risulta formante rispetto a competenze valutative, capacità di autoanalisi e au- toriflessione, capacità di decisione e pianificazione di eventuali azioni miglio- rative; – l’attenzione posta sui lavori migliori, anziché sugli errori e sulle mancanze, è altamente motivante. L’accento cade sulla personale capacità di migliorarsi; – la lettura del proprio processo di apprendimento in una prospettiva personale ed evolutiva comporta il confronto tra i risultati attuali e quelli precedenti, restando all’interno di una storia personale più motivante del confronto con i risultati raggiunti da altri; – il portfolio realizza un approccio valutativo individualizzato e personalizzato, utile per la progettazione di interventi didattici individualizzati e personaliz- zati; – esso consente anche al formatore di rivedere il percorso didattico e di appor- tare opportune modifiche. Adottare il portfolio significa accettare di responsabilizzare gli allievi e di ne- goziare i processi di formazione e quelli di valutazione, significa cominciare a pen- sare la valutazione come una reale occasione di formazione e mettere in discus- sione l’organizzazione didattica complessiva. L’indicazione degli obiettivi del percorso di apprendimento, relazioni sullo svi- luppo dell’apprendimento, commenti di formatori, autovalutazioni, protocolli dei colloqui sul portfolio possono elevare il valore del portfolio stesso e renderlo uno strumento utile e fecondo per il processo di apprendimento. Si tratta di migliorare e potenziare tutte le forme di comunicazione sui processi di apprendimento e sulla qualità delle prestazioni degli allievi. A questo scopo sono utili tutti i tipi di prodotto frutto di processi di apprendi- mento individuali o di gruppo (quaderni di lavoro, componimenti, dossier, rela- zioni, poster e manifesti, realizzazioni artistiche, capolavori, siti web...) e tutti i tipi di presentazione dei prodotti stessi (mostre, relazioni, foto, drammatizzazioni, rap- presentazioni...). Dal punto di vista della valutazione formante, il portfolio favorisce (Pellerey 2006, pp. 122-123): a) un’azione di valutazione congiunta, che si configura come un processo aperto alla collaborazione e alla partecipazione responsabile di più soggetti: forma- tori, tutor, allievi... 40 b) un’azione di valutazione longitudinale, che permette di seguire gli effetti del processo formativo nel suo svolgersi temporale, «...documentando e testimo- niando i progressi che l’allievo compie verso l’acquisizione delle competenze attese in uscita dal percorso ed evidenziando il “valore aggiunto” in termini di crescita personale e professionale» (p. 122); c) la pratica riflessiva dell’allievo che ha così modo di «ricomporre le esperienze sviluppate in contesti diversi (aula, laboratorio, contesto lavorativo...) nonché di attribuirne significati e valore d’uso rispetto alle competenze effettivamente raggiunte; analizzare e interpretare processi e situazioni di ordine educativo oltre che di natura professionale, evidenziando l’apporto di apprendimenti non formali e informali, favoriti in modo diretto e/o indiretto dalle esperienze vis- sute durante il percorso, utili nel fronteggiare situazioni riguardanti la sfera so- ciale e civile» (p. 122-123); d) la narrazione e la valorizzazione del percorso da parte dell’allievo, che può mettere in luce la sua abilità di «raccontare, giustificandole, le scelte operative compiute o da compiere in un contesto professionale specifico; descrivere la successione delle operazioni compiute o da compiere per portare a termine un compito particolare, evidenziando, eventualmente, gli errori più frequenti e i possibili miglioramenti; valutare la qualità non solo del prodotto, risultato del suo intervento, ma anche del processo produttivo adottato» (p. 123); e) la verifica del rispetto del patto formativo; f) la verifica della possibilità di transitare verso il lavoro e/o altri percorsi di istruzione e di formazione. 3.4. La tecnologia a servizio di una valutazione come leva per l’apprendimento Un aspetto che oggi rischia di orientare ancora massicciamente all’uso di stru- menti di valutazione quantitativa è la loro trattabilità statistica, completamente automatizzabile grazie alle tecnologie informatiche. L’avvento delle tecnologie nella quotidianità didattica – cioè l’uscita dei computer dall’isolamento dei labora- tori e l’ingresso del computer dentro l’aula, nella normale attività didattica –, se non è sufficientemente riflettuto, può indurre al ricorso massiccio a strumenti di tipo iperstrutturato. La facilità di costruire un test che poi non si deve nemmeno più fare la fatica di correggere – perché tutto avviene automaticamente – è molto allettante rispetto al seguire, ad esempio, una raccolta di lavori significativi e poi a caricarsi del lavoro di analisi di tutti questi materiali. Sarebbe triste che, proprio perché non ci si dedica pensiero, l’uso delle tecnologie inducesse la rinuncia ad articolare una valutazione in termini più complessi, com’è invece nei percorsi di tipo qualitativo. In realtà le tecnologie possono essere messe anche a servizio della costruzione di strumenti di valutazione di tipo qualitativo: – il blog come una sorta di diario collettivo, un giornale da costruire insieme; – il portfolio elettronico; 41 – i forum riflessivi all’interno di un sito di classe... La tecnologia può cioè supportare la costruzione di raccolte di materiali e di riflessioni come base di dati su cui esercitare processi di auto- ed eterovalutazione. 4. LA VALUTAZIONE DELL’APPRENDIMENTO (L’ACCERTAMENTO E L’ATTESTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI AVVENUTI) La distinzione che abbiamo proposto tra una valutazione come leva per l’ap- prendimento e una valutazione dell’apprendimento è una distinzione metodologica. Anche la valutazione dell’apprendimento deve essere infatti una valutazione che stimola ulteriore apprendimento. Possiamo dire che quanto sostenuto nel capitolo precedente diventa lo sfondo, la cornice di senso all’interno della quale collocare anche quanto verrà affermato nel presente capitolo. La “valutazione per l’apprendi- mento” rappresenta infatti la direttrice di senso di tutta l’azione valutativa. Abbiamo sottolineato, nel capitolo precedente, la valenza formativa e formante che la valutazione può assumere. Nel senso impiegato sopra, la valutazione è co- estensiva con l’azione didattica stessa. Ma ad un certo punto, è necessario ricon- durre gli esiti del processo valutativo che avviene durante l’azione didattica ad una valutazione connessa con la formulazione di un giudizio o con la decisione di am- mettere o meno un allievo all’esame finale. È il tema della valutazione sommativa degli apprendimenti avvenuti, che pone anche il problema di stabilire come comu- nicare i giudizi agli allievi e ai genitori. 4.1. La valutazione dell’apprendimento attraverso strumenti qualitativi La valutazione qualitativa, come abbiamo in parte già visto sopra, si avvale preferibilmente di strumenti come l’intervista, il colloquio aperto, l’osservazione naturalistica (ossia, in situazioni naturali, non artificiali e strutturate), le dinamiche di gruppo, la narrazione, la riflessione, lo studio di caso, ma non solo. Alcuni di questi strumenti sono stati presentati sopra. Qui preferiamo puntare l’attenzione su quelle forme di riflessione che possono essere in vari modi attivate sulla realizzazione di compiti autentici e significativi. 4.1.1. Riflessione sulla realizzazione di compiti autentici Una strategia valutativa importante è quella di predisporre compiti significativi e di sollecitare poi sistematicamente gli allievi a riflettere su ciò che hanno realiz- zato (Tacconi, 2006; Ellerani, Gentile, Sacristani, Mottinelli, 2007, pp. 58-70), sia in termini narrativi e liberi, sia alla luce di criteri esplicitamente formulati. Di seguito, utilizzeremo i termini “compito” e “prodotto” in modo intercam- biabile, anche se il termine “compito” mette maggiormente l’accento sul processo e il termine “prodotto” sull’esito osservabile. In ogni caso è centrale l’istanza di chie- dere agli/alle allievi/e di presentare, al termine di un percorso didattico, qualcosa 42 di concreto e tangibile che dimostri il loro apprendimento. Il prodotto si configura infatti come il risultato concreto e verificabile dell’azione di ricostruzione che il soggetto opera su un contenuto, l’esito osservabile dell’azione di trasformazione dei saperi, un mezzo mediante il quale gli alunni dimostrano ciò che sanno, sanno fare e come pensano le conoscenze. Non tutti i prodotti o i compiti che vengono assegnati o proposti agli allievi nelle azioni di insegnamento sono autentici “prodotti”. Spesso infatti si svilisce il prodotto, riducendolo al classico “cartellone”, o ci si limita ad assegnare compiti ed esercizi di semplice ripetizione (e non di ri-costruzione) delle conoscenze, che per lo più rimangono inerti e prive di significato. Si inducono gli allievi ad “imparare il libro” o ad “imparare quello che dice il docente” e non ad “imparare attraverso il libro” o “attraverso quello che dice il docente”, dimenticando del resto che il libro – e ciò che il docente dice quando insegna – non è la realtà da conoscere, ma è esso stesso un “prodotto”, una ri-costruzione, una rappresentazione della conoscenza. Per stimolare un apprendimento significativo, invece, la conoscenza contenuta in qualsiasi supporto fisico (libro di testo, articolo, CD-rom, internet...) dovrebbe poter essere rielaborata e trasformata in “prodotti” significativi da parte degli allievi. I compiti-prodotti, intesi nel senso a cui abbiamo accennato sopra, possono dunque costituire un’efficace evidenza di un avvenuto percorso di apprendimento e potenziare nel soggetto che apprende la consapevolezza di ciò che sa fare con quello che sa e ha imparato. In questo senso sono funzionali ad essere utilizzati a scopi valutativi. Il vero apprendimento avviene nel processo creativo e trasformativo che il soggetto mette in atto sui contenuti di apprendimento; ma i risultati tangibili, oltre che coinvolgerlo in tutte le sue dimensioni, alimentano nell’allievo/a – e negli stessi docenti/formatori che hanno saputo creare un contesto sufficientemente ricco e motivante – un senso di legittima soddisfazione e contentezza, che possono inco- raggiare ad avviarsi verso ulteriori mete di apprendimento. Non basta comunque far produrre dei lavori (prodotti), bisogna infatti anche – e soprattutto – stimolare nei soggetti in apprendimento un processo di riflessione. È questo passaggio che, facendo assumere al prodotto una valenza valutativa, trasforma l’azione produttiva in azione autenticamente conoscitiva e permette al soggetto di «...considerare non solo i risultati (i prodotti: quanto l’allievo sa e sa fare in un determinato momento del suo percorso scolastico), ma anche le mo- dalità attraverso cui raggiunge tali risultati; per esempio, le difficoltà di fronte ad esperienze nuove, la progressiva scoperta e uso di strategie di studio, l’utilizzo di nozioni apprese in contesti diversi da quello scolastico» (Bertagna, 2004, p. 122). Il modo principale per attivare riflessione sul prodotto (e sulle modalità messe in atto, sui processi che ne hanno consentito la realizzazione, sulle difficoltà incon- trate e superate, sulle emozioni provate...) è quello di stimolarne una descrizione 43 narrativa. Tale esplicitazione infatti può generare nel soggetto la consapevolezza dei contenuti e dei processi di apprendimento avvenuti e consentirne il consolida- mento. Ma, all’interno di un percorso di apprendimento, la riflessione deve essere anche quella guidata da criteri di valutazione – mai rigidi –, che possono orientare l’analisi della prestazione e della qualità del prodotto. Attraverso l’utilizzo di tali criteri, come vedremo, si possono triangolare processi di autovalutazione e processi di eterovalutazione e conducono alla formulazione di un giudizio articolato. Prodotti e riflessione sui prodotti sono inoltre potenziati se avvengono in con- testi interpersonali favorevoli e stimolanti, in cui diventano possibili forme di con- fronto, di scambio, di collaborazione, di interdipendenza positiva e di reciproco sostegno tra pari. La tipologia di prodotti può essere molto varia e la loro realizzazione di più o meno lunga durata. Ci sono prodotti più semplici, realizzabili nello spazio di un’ora di lezione, e altri la cui realizzazione può comportare l’impiego di molte ore e che magari sono collocabili all’interno di percorsi trasversali alle varie aree formative. Del resto, la realizzazione di un prodotto o di un compito significativo è per sua na- tura complessa e multidimensionale. Al di là delle tipologie, ispirandoci al discorso di Wiggins e McTighe sui “compiti di prestazione” (Wiggins, McTighe, 2004, p. 38), potremmo comunque affermare che i prodotti dovrebbero: – riferirsi a contesti reali o simulati, essere cioè il più possibile “autentici”, rap- presentare modalità di utilizzo significativo delle conoscenze in rapporto ai problemi che la vita pone, essere qualcosa di vivo, di cui si possa fare espe- rienza, dentro al mondo e non separato da esso; – richiedere agli allievi di rivolgersi ad un pubblico ben identificato, garantendo la comunicabilità dei prodotti; – riferirsi ad una finalità specifica (collegamento al curricolo); – essere resi noti agli allievi in anticipo, anche nei criteri che ne dovrebbero guidare la realizzazione. Qui di seguito vorrei presentare, tra i molti possibili, alcuni esempi di “pro- dotti” proponibili nelle diverse aree in cui si articolano i percorsi formativi, soprat- tutto in quelle che riguardano le competenze di base di area linguistica o storico- sociale, ma anche le competenze tecnico-professionali. L’indicazione dei criteri di valutazione è solo orientativa e andrebbe precisata in relazione alla specificità dei singoli percorsi.15 15 Attività come la costruzione di un depliant o della prima pagina di un giornale, possono essere valutate con riferimento agli standard formativi relativi alle competenze di base, ma anche con riferi- mento a quelli relativi alle competenze tecnico-professionali, nel caso, ad esempio, di percorsi per operatori grafici. 44 a) Compiti di ripetizione e di compilazione Si tratta di compiti semplici, che richiedono solamente un’acquisizione di informazioni dal libro di testo o da altre fonti (giornali, riviste, libri, internet...). Gli allievi ricevono una determinata quantità di nuove informazioni in un determinato ambito e si confrontano con esse in un tempo limitato a una o a poche ore di lezione. Normalmente, si richiede agli/alle allievi/e di dimostrare di aver compreso un argomento, attraverso la produzione di un testo, di un cartellone, di un poster o di una presentazione. A questo tipo di compiti si può associare anche la compilazione di semplici liste di informazioni ricercate su fonti esterne. L’obiettivo di apprendimento è svi- luppare negli studenti abilità di ricerca finalizzata di informazioni. Attraverso questo tipo di compiti, gli allievi riescono a strutturare secondo determinati criteri le informazioni disordinate che ricevono, ad integrarle nel loro orizzonte conosci- tivo e a curarne una presentazione efficace. Trasformare un testo in una sequenza di fotogrammi Questa attività stimola a comprendere e ad interpretare un testo identificandone le princi- pali sequenze. Durata: 20-45 minuti Situazione e svolgimento: Agli allievi viene chiesto di immaginare di essere un team chiamato ad operare la trasposi- zione filmica di un testo letterario. Si tratta di rintracciare, nelle fonti messe a disposizione (giornali, riviste, internet...), le immagini che potrebbero descrivere bene un racconto pro- posto o un brano incontrato sul libro di testo, quasi si trattasse dei fotogrammi di un film. In questo modo, oltre a stimolare la ricerca di immagini congruenti con il brano, si ottiene indirettamente una prima articolazione del testo in scene/parti. Il risultato di questa prima fase viene evidenziato sulla lavagna o su un cartellone. In una seconda fase, si chiede agli allievi di disporre queste immagini secondo un ordine, di presentarle agli altri e di confron- tare le differenti ricostruzioni. Prodotto: - una sequenza di fotogrammi. Possibili criteri di valutazione: - coerenza tra le immagini scelte e il testo di partenza - efficacia della presentazione - qualità delle argomentazioni - efficienza nell’organizzazione interna al gruppo. Depliant illustrato Questo lavoro stimola gli allievi ad individuare informazioni rilevanti su un tema e a rap- presentarle in modo efficace ed ordinato. Durata: 3 ore. Materiale: fogli o cartoncini A3 o A4; immagini ed informazioni ricavate da diverse fonti: riviste, libri, internet...; matite, colori, forbici, colla. Situazione e svolgimento: Si potrebbe, ad esempio, suggerire agli allievi di realizzare un depliant che possa essere dis- tribuito a turisti per visitare e conoscere le principali informazioni sulle opere d’arte del pro- prio paese/città. Prima si tratta ovviamente di ricercare e raccogliere adeguate informazioni. 45 Prodotto: - depliant informativo Possibili criteri di valutazione: - rilevanza delle informazioni raccolte - qualità della presentazione - efficacia del lavoro di gruppo - accuratezza del lavoro. Altri compiti di ripetizione e di compilazione - Realizzare lucidi da proiettare con la lavagna luminosa o presentazioni animate in Power point sulle informazioni rintracciate. - Costruire ipertesti di presentazione delle informazioni rintracciate. b) Compiti di ricerca e investigazione Questo lavoro è molto motivante e consiste nell’assegnare agli allievi compiti assimilabili a quelli di un investigatore privato. Uno degli obiettivi di apprendi- mento è quello di costruire una sintesi fra informazioni provenienti da varie fonti o di considerare un problema da molteplici punti di vista. L’indagine Questo tipo di attività permette di stimolare gli allievi a ricercare e individuare gli elementi maggiormente significativi di un personaggio storico. Durata: da 4 a 10 ore. Situazione e svolgimento: Lo studio della storia (anche della storia della scienza), ad esempio, è colmo di enigmi e misteri che possono stimolare gli allievi ad intraprendere un’affascinante attività di ricerca. Gli allievi, raggruppati in team di investigatori (che prevedono lo storico, l’archeologo, l’antropologo...), devono indagare su un personaggio storico (o su uno scienziato del pas- sato): quali sono le fonti a cui possiamo attingere? Quali gli aspetti salienti della sua vita? Quali le sue azioni più importanti?... Oltre alla formulazione del compito, è importante assegnare ai singoli componenti del gruppo un ruolo preciso e mettere a loro disposizione adeguate risorse (fonti di informazione dal web, libri, riviste...). Al termine dell’indagine, il gruppo deve stendere un rapporto dettagliato che presenterà ai compagni. Indicazioni: È possibile assegnare a ciascun gruppo delle specifiche “missioni”, ad esempio: - scrivere una breve biografia del personaggio su cui si indaga, - analizzare le caratteristiche dei territori e dei tempi in cui si svolgono le vicende, - descrivere le caratteristiche dei vari personaggi, - esaminare le rappresentazioni artistiche di un personaggio o di un evento... Prodotto: - Report scritto. Possibili criteri di valutazione: - adeguatezza della collocazione del personaggio indagato nelle coordinate spazio-tempo- rali in cui è vissuto - rilevanza delle informazioni raccolte - molteplicità dei punti di vista considerati - buon funzionamento del gruppo - qualità del report. 46 Altri compiti di investigazione - Realizzare un sondaggio: elaborare, applicare e tabulare (con relative rappresentazioni grafiche) semplici questionari rivolti a compagni di scuola o ad altri soggetti, anche ester- ni alla scuola, per rilevare atteggiamenti o percezioni in relazione a specifici fenomeni. c) Compiti da giornalista Compiti di questo tipo vengono assegnati, normalmente, per focalizzare l’at- tenzione su uno specifico evento. Facile immaginare le competenze e gli obiettivi educativo-didattici di questi compiti. In genere, si richiede di acquisire informa- zioni su un fenomeno generale e, successivamente, su un fenomeno specifico (ruoli possibili: fotoreporter, giornalista, grafico-impaginatore...). Infine, si tratta di de- scrivere l’accaduto in modo corretto. L’intervista Un’attività di questo genere permette di dare uno sguardo alla vita degli altri e di rac- cogliere ed elaborare informazioni su personaggi reali o inventati, del presente o del passato. Durata: da 10-15 minuti ad alcune ore. Situazione e svolgimento: Il docente propone agli allievi di immaginare di essere giornalisti. Uno o più allievi intervi- stano, dopo essersi adeguatamente preparati, un esperto o un testimone significativo. Indicazioni ulteriori: - l’intervista può essere rivolta a personaggi reali (genitori, conoscenti, passanti...) o im- maginari; del presente o del passato; - l’intervista può essere rivolta anche ad un altro/a allievo/a del gruppo classe che ha vis- suto un’esperienza particolare o che, per i suoi interessi personali, può essere considerato un “esperto” sul tema oggetto di esplorazione (ad esempio: un’esperienza particolare, le condizioni di vita in un altro paese...); - l’intervista può essere rivolta a dei professionisti esperti e riguardare la loro esperienza lavorativa: cosa fanno, come hanno imparato quello che sanno fare, i segreti del loro mestiere...; - in questo caso, l’intervista potrebbe anche essere realizzata al di fuori della scuola, video- registrata e riportata in classe per essere analizzata; - l’intervista potrebbe riguardare anche un personaggio storico o uno scienziato famoso o un filosofo, sulla cui vita o opera uno studente ha fatto in precedenza una particolare ricerca e che ora si rende disponibile ad impersonare; - l’intervista va ovviamente preparata, realizzata e poi elaborata; si può suddividere la classe in gruppi ed assegnare a ciascuno un argomento specifico sul quale formulare le domande. Prodotto: - testo scritto. Possibili criteri di valutazione: - adeguatezza delle domande per la raccolta di informazioni rilevanti e significative - correttezza nella rielaborazione delle informazioni raccolte - originalità - chiarezza espositiva - qualità del testo prodotto (stile, correttezza...). 47 Prima pagina Attraverso questa attività, gli allievi sono stimolati a ricercare notizie e informazioni, a rielaborarle e a rappresentarle in un formato accattivante e convincente. Durata: 3-4 ore. Situazione e svolgimento: Il docente invita gli allievi ad immaginare di essere il gruppo redazionale e a realizzare la prima pagina del giornale sui temi affrontati durante l’Unità, elaborando brevi articoli, assegnando i titoli più opportuni, scegliendo le immagini adeguate e disponendo professio- nalmente il tutto. Indicazioni ulteriori: - Sul seguente sito, si possono trovare lo schema della prima pagina di un quotidiano tipo e un utile glossario sul giornalismo: hyperlink “http://www.piccoligiornalisti.it/prima- pagina.htm”, che permette di conoscere la distribuzione degli articoli sulla prima pagina e la tipologia del titolo (titolo, occhiello, sommario...). - Si può immaginare di realizzare la prima pagina di un giornale per l’edizione in lingua inglese. Prodotto: - Prima pagina in formato cartaceo o digitale Possibili criteri di valutazione: - rilevanza delle informazioni raccolte - qualità delle rielaborazioni - qualità del trattamento dei testi e degli elementi grafici (immagini, impaginazione...) - buon funzionamento del gruppo redazionale - accuratezza del lavoro. TG storia Anche attraverso questa attività, gli allievi sono stimolati a ricercare notizie e informazioni in modo avvincente e ad elaborarle personalmente. Durata: 4-5 ore. Situazione e svolgimento: Il docente invita gli allievi a realizzare un vero e proprio telegiornale o un servizio gior- nalistico televisivo o radiofonico su un episodio del presente o del passato particolar- mente rilevante per il proprio ambito professionale. Si può articolare il corso in gruppi, ciascuno con specifiche consegne: regia (con il compito di strutturare la trasmissione e di coordinare il lavoro degli altri gruppi), inviati speciali (con il compito di elaborare ser- vizi su temi specifici e di realizzare interviste), commentatori... Il lavoro può essere simu- lato in aula, realizzato in versione radiofonica (bastano un microfono e un registratore) o televisiva (se, a disposizione ci sono anche macchina fotografica digitale e video- camera...). Prodotto: - file audio o video. Possibili criteri di valutazione: - rilevanza delle informazioni raccolte - congruenza tra le informazioni e l’ambito professionale di riferimento - qualità del trattamento digitale dei suoni o delle immagini - padronanza delle tecnologie digitali per la costruzione di prodotti multimediali - buon funzionamento del gruppo - accuratezza del prodotto. 48 Altri compiti da giornalista - reportage fotografico, - articolo, - comunicato stampa di agenzia, - lettera al direttore... d) Compiti da progettista Sono attività caratterizzate da una certa complessità, che richiedono di proget- tare e pianificare un prodotto o un servizio all’interno di opportuni vincoli. Progettazione ed elaborazione del capitolo di un libro di testo Una consegna di questo genere, stimola gli allievi a lavorare in modo autonomo, nella ri- cerca di dati e informazioni e nella loro rielaborazione. Durata: da 6-8 ore a 16 ore. Situazione e svolgimento: Si tratta di invitare gli allievi a progettare e a realizzare, divisi in piccoli gruppi, un capitolo di un libro di testo per la propria area, per allievi della loro stessa età. Il docente entra in classe e simula la consegna formale da parte di una casa editrice: “Ragazzi, l’editrice... ci ha scritto chiedendoci se siamo disposti a scrivere noi un libro di testo in modo più interes- sante di quanto normalmente facciano i libri di testo e in modo tale da permettere agli alunni della vostra età di comprendere e ricordare meglio i temi affrontati...”. Il tema del capitolo può essere assegnato dal docente o scelto in modo negoziato dagli allievi stessi. Indicazioni ulteriori: Ecco quali possono essere le indicazioni specifiche sul procedimento del lavoro: - selezionate le domande, i fatti e le idee più importanti relativi al tema del capitolo, anche analizzando il vostro libro di testo e/o quello di altri corsi, - visionate i materiali messi a disposizione dal docente, - cercate altri materiali (anche esplorando in internet) che possano incontrare l’interesse dei ragazzi della vostra età, - articolate il tema in paragrafi (a cui assegnare titoli accattivanti), ponendo accenti personali, - suddividetevi i compiti nel gruppo: qualcuno sviluppi i sottotemi, altri pensino alle con- segne di lavoro o domande di riflessione da proporre ad allievi della vostra età..., - confrontatevi con i compagni del vostro gruppo e degli altri gruppi, - realizzate infine la vostra opera. Il docente, durante l’attività, svolge un’azione di consulenza ai singoli e ai gruppi, supporta gli allievi nell’affrontare il compito, predispone e colloca in un angolo dell’aula un tavolo di lavoro ricco di materiali (diversi testi scolastici, altri libri, documenti, raccolte di poesie, riviste sul tema, opere di consultazione, raccolte di immagini e opere d’arte, raccolte di fumetti...). Può essere utile inserire nella consegna di lavoro scritta anche: - indicazioni editoriali (numero minimo e massimo di pagine, dimensioni della pagina, dimensioni dei paragrafi, tipo di caratteri, titoli...), - indicazioni sull’utilizzo di una varietà di media e linguaggi (immagini, testi, canzoni...), - il suggerimento di prevedere una pagina introduttiva (col titolo del capitolo e con un’im- magine significativa) e una pagina conclusiva con un breve riassunto del capitolo. Prodotto: Il capitolo di libro da presentare all’“editore” (il docente e i compagni di altri gruppi che hanno lavorato su altri temi) in formato cartaceo o digitale. 49 Possibili criteri di valutazione: - completezza della trattazione dei temi - efficacia nell’organizzazione dei materiali - efficacia della presentazione - presenza di stimoli in grado di attivare i lettori - buon funzionamento del gruppo redazionale... Progettare un’azione di sensibilizzazione a scuola o sul territorio Si tratta di coinvolgere gli allievi nella progettazione e nella realizzazione di un’azione di sensibilizzazione su temi eticamente rilevanti per stimolarli ad adottare nella vita quoti- diana comportamenti responsabili, per la costruzione di una arricchente convivenza civile e/o per la tutela dell’ambiente naturale. Durata: 10-16 ore. Situazione e svolgimento: Dopo aver svolto una unità di lavoro su un tema-problema di rilevanza sociale (inquina- mento, squilibrio tra nord e sud del mondo, pace, immigrazione...), si propone agli allievi di contribuire a far sì che gli altri allievi della scuola, i genitori e gli insegnanti siano informati e sensibilizzati sul tema. La consegna per i gruppi di lavoro può essere formulata come segue: - è importante che voi stessi vi informiate approfonditamente sul tema. Per far questo potete utilizzare le fonti che vi indico (l’insegnante predispone una serie di risorse – articoli, rivi- ste, libri, filmati, siti internet, testimoni da consultare... – a cui gli allievi possono accedere); - una volta che vi siete informati bene sul tema sul tema, dovete progettare un giornale murale che informi sugli elementi del problema; - una volta completati i lavori, presentate il vostro giornale innanzitutto ai vostri compagni e al docente; - collocate poi il vostro lavoro in un luogo del CFP da cui possa essere ben visibile; - scrivete una lettera al direttore del CFP con le vostre proposte su ciò che, come CFP, potremmo fare per contribuire alla soluzione del problema. Indicazioni ulteriori: - Il giornale murale progettato e realizzato dai ragazzi può essere messo anche su internet, nel sito dell’ente. Prodotti: - giornale murale o ipertesto - lettera al direttore. Possibili criteri di valutazione: - riferimento al tema - pluralità dei punti di vista considerati - originalità - qualità dell’analisi dei dati - rappresentazioni grafiche - struttura della rappresentazione - chiarezza espositiva - buon funzionamento del gruppo. Altri compiti di progettazione - Progettare una mostra. - Progettare un’azione di raccolta fondi (mostra-mercato, servizio di autolavaggio...). - Organizzare e gestire un evento sociale (concerto, festa, manifestazione sportiva...). - Realizzare un plastico. - Progettare e realizzare un libro o un video... 16 Cfr. le “Raccomandazioni per la regolamentazione delle prove d’esame negli ordinamenti formativi” elaborate dal BiBB (Bundesinstitut fuer Berufsbildung) di Bonn, che diventano la base per la costruzione degli esami relativi alle varie qualifiche da parte delle commissioni di valutazione per gli esami di qualifica che vengono costituite a livello di Camere dell’industria, del commercio e del- l’artigianato. Il testo è reperibile in: www.bibb.de/dokumente/pdf/pressemitteilung_2_2007_anlage_ empfehlung_ha.pdf. 50 e) Compiti professionali Nell’IFP, molti compiti autentici sono quelli offerti dallo specifico indirizzo professionale che aiutano a misurarsi con un contesto reale e a sviluppare compe- tenze tecnico-professionali e personali (responsabilità, affidabilità, precisione...). Essi richiedono un’attenzione specifica alla complessità dell’apprendimento delle abilità professionali e una centratura sul fare. Gli esempi che seguono sono ispirati da un repertorio di strumenti di valutazione che viene utilizzato per gli esami di qualifica nella formazione professionale tedesca.16 Prodotto/capolavoro Si tratta di svolgere un compito che comporta la realizzazione di un prodotto tipico della professione verso cui è orientato il percorso formativo. Vengono valutati il risultato del lavoro e la correttezza delle procedure messe in atto e dei ragionamenti attivati. Durata: a seconda della complessità del compito. Situazione e svolgimento: Il formatore assegna il compito di realizzare un prodotto tipico della professione a cui si riferisce l’indirizzo specifico del corso. Prodotti: Possono essere di vario tipo. Ad esempio: oggetti di metallo o di legno, un programma di computer, un piano di marketing, un disegno tecnico, una composizione floreale... Indicazioni: - Il compito può avere la forma di una vera e propria “prova di lavoro” e potrebbe svol- gersi in laboratorio o addirittura nell’azienda in cui l’allievo ha svolto il suo tirocinio; in questo caso, il compito può anche non riferirsi ad un prodotto finito ma ad un servizio o a una manutenzione. - Oltre a stimolare una riflessione sul prodotto, il formatore può condurre un’osservazione mirata con l’ausilio di una check-list. - Si può invitare l’allievo a presentare il compito affrontato, servendosi di qualche stru- mento di presentazione e a rispondere ad una serie di domande sulla sua presentazione formulate dal formatore e/o dai compagni. Possibili criteri di valutazione: - accuratezza del lavoro - qualità dei processi messi in atto e dei procedimenti seguiti - capacità di lavorare in modo autonomo - capacità di attivare adeguate risorse per la realizzazione del lavoro - capacità espressive. Simulazione di dialogo lavorativo La simulazione di dialogo è un gioco di ruolo parlato che consente all’allievo di immedesi- marsi nel suo futuro ruolo lavorativo. Durata: a seconda della complessità del compito. 51 Situazione e svolgimento: L’allievo impersona il ruolo professionale mentre il formatore assume il ruolo dell’interlo- cutore (cliente, interno o esterno, ospite o collaboratore). Indicazioni: - È utile offrire all’allievo la possibilità di prepararsi alla simulazione attraverso l’analisi di documenti che gli consentano di entrare nella situazione e che potrà poi utilizzare nella simulazione stessa. Possibili criteri di valutazione: - livello di acquisizione delle competenze tecnico-professionali - adeguatezza del modo di esprimersi. Commessa aziendale La commessa aziendale è un lavoro tipico dell’azienda in cui l’allievo o gli allievi ha/hanno svolto il tirocinio. Può essere progettata con l’azienda stessa che così viene coin- volta più direttamente nell’attività del CFP. La commessa può essere realizzata da singoli o da piccoli gruppi, anche all’interno dell’azienda o, dove possibile, presso un cliente. Durata: dipende dal tipo di commessa; si tratta comunque di percorsi che richiedono un tempo lungo. Indicazioni: - Durante la realizzazione del lavoro il formatore conduce una osservazione con l’ausilio di una check-list. - Dopo la realizzazione del lavoro, si può avviare un colloquio tecnico in cui discutere i problemi, le soluzioni possibili e le procedure adottate. - Si può attivare un colloquio tecnico anche durante la realizzazione della commessa di lavoro per comprendere meglio l’azione che l’allievo sta compiendo. Possibili criteri di valutazione: - le competenze tecnico-professionali - i risultati del lavoro - le procedure seguite - qualità della documentazione prodotta nel corso dell’esecuzione del lavoro (soprattutto se questa fa parte del processo stesso di lavoro). Altri compiti professionali - Elaborato scritto che aiuti a descrivere specifici compiti professionali o fasi di realizza- zione di un prodotto/servizio: rendiconti di gestione, ordini di servizio, liste di elementi e materiali, piani di azione, descrizione di procedure, istruzioni per l’uso di prodotti... f) Compiti di espressione e di produzione creativa È richiesta qui la creazione di un prodotto testuale, visivo, sonoro o multime- diale, che esprima qualcosa del vissuto degli allievi: idee, emozioni, esperienze... Ovviamente, anche in questo caso, l’elemento chiave sono i vincoli posti allo stu- dente: accuratezza stilistica, limiti del formato di rappresentazione, ecc. Libro di immagini È un’attività molto coinvolgente, che può avvenire in forma più o meno complessa, anche a seconda del tipo di rilegatura che si sceglie, che può avere attinenza con il percorso di for- mazione professionale, nel caso di indirizzi per operatori grafici. Durata: 3 o 4 ore. 52 Situazione e svolgimento: In una fase preparatoria, gli allievi si accordano sul tema o sull’ambito tematico e raccolgono materiali adatti (riviste, libri, foto, cartoline...). Anche il docente può mettere a disposizione, oltre ai materiali di lavoro (fogli, forbici, colla, eventualmente una fotocamera digitale per rea- lizzare direttamente le proprie immagini...), testi brevi (aforismi, testi poetici...) e predisporre un tavolo di lavoro su cui collocare i materiali. Sarebbe opportuno avere anche facile accesso ad una fotocopiatrice. Nella prima ora, gli allievi, a gruppi, selezionano in base al tema le foto e i testi brevi che possono essere inseriti a commento delle immagini. Nella seconda ora, il materiale viene composto: i testi vengono copiati e associati all’immagine. Nella terza ora vengono finiti i lavori e si può avviare la presentazione agli altri con relativa discussione. Indicazioni ulteriori: Con l’utilizzo di un computer e dello scanner, a scuola o a casa, il lavoro di composizione e di impostazione grafica potrebbe diventare addirittura quasi “professionale”. Prodotto: - libro di immagini. Possibili criteri di valutazione: - congruenza tra tema e immagini - originalità - qualità della composizione e dell’impostazione grafica - accuratezza stilistica - buon funzionamento del gruppo. Costruire testi meditativi o poetici Anche nella formazione professionale è bene educare ad una fruizione consapevole del patrimonio poetico e letterario. La costruzione di testi meditativi e poetici si adatta bene a questo e aiuta anche ad affrontare temi che toccano personalmente gli allievi, permettendo loro di dar voce ai propri sentimenti e al proprio modo di vedere le cose. Può essere un’at- tività che precede o segue il confronto con testi poetici classici. Durata: 2 ore. Situazione e svolgimento: Diversi possono essere gli stimoli che portano a produrre testi meditativi e poetici; l’impor- tante è che poi questi testi possano essere raccolti in un formato presentabile all’esterno: - si può partire con associazioni di parole o con la produzione di metafore, per poi unirle tra loro, fino a comporre dei testi che abbiano un senso; - si può scrivere alla lavagna una frase particolarmente suggestiva e chiedere agli allievi di chiarirla a parole loro, scrivendo una loro interpretazione, proponendo degli esempi o ponendo delle domande; - si può partire da uno stimolo musicale, ecc.; - si possono costruire testi meditativi o poetici anche elaborando dei pensieri su un’imma- gine (magari come azione preliminare alla costruzione di un libro di immagini): un’im- magine presente sul libro di testo, una foto, un’opera d’arte o un disegno realizzato da un/a compagno/a; dopo che gli allievi hanno espresso le loro prime opinioni sull’imma- gine, il docente può suggerire di completare i seguenti inizi di frase: vedo...; sento dentro...; mi chiedo...; spero...; penso...; - la consegna può anche essere la seguente: “Sceglietevi una posizione (quella di colui che osserva l’immagine oppure quella di uno dei soggetti/oggetti rappresentati) e scrivete un testo sull’immagine servendovi degli avvii di frase indicati”. Indicazioni ulteriori: I testi degli allievi possono poi essere innanzitutto letti senza commenti. In un secondo momento, è possibile esprimere le proprie impressioni e le proprie valutazioni sui testi 53 ascoltati: è stata davvero compresa la frase/l’immagine? Che temi emergono? Come vi siete sentiti facendo questo lavoro? Se il gruppo è numeroso, la lettura/commento può limi- tarsi ad alcuni dei lavori, selezionati dagli allievi stessi in una fase preliminare di scambio in piccolo gruppo. Criteri di valutazione: - originalità - espressività - efficacia nell’uso delle metafore. Altre produzioni creative - Scrivere un breve racconto in gruppo. - Scrivere una lettera a personaggi famosi. - Costruire un plastico o un oggetto (“il mondo che vorrei...”, “la città in cui mi piacerebbe vivere...”) con materiali poveri (cartoncini, materiali di scarto, scatole di cartone...). g) Compiti per la costruzione del consenso e la persuasione L’alunno/a viene posto/a di fronte a diversi punti di vista e deve criticamente ricomporli o, all’opposto, effettuare una scelta sulla base delle fonti ed informa- zioni messe a disposizione. Spesso si tratta di convincere qualcuno con le proprie argomentazioni. La costruzione di un manifesto pubblicitario (“pubblicità progresso”) Per stimolare l’assunzione di comportamenti responsabili, può essere utile invitare gli allievi a prendere posizione su un determinato argomento collocandosi nella prospettiva di chi deve convincere gli altri. Durata: 2 ore. Situazione e svolgimento: Il docente può articolare il gruppo in sottogruppi e formulare la consegna in un modo simile a questo: “Realizzate un manifesto pubblicitario, con slogan, rappresentazioni gra- fiche e/o immagini, per attrarre l’attenzione degli adulti del paese/quartiere su un compor- tamento negativo da modificare o su un comportamento positivo da promuovere”. Una volta realizzati, i lavori possono essere presentati al gruppo e discussi. Infine è possi- bile trovare una collocazione adeguata nell’atrio del CFP per esporre i lavori. Indicazioni ulteriori: - Per svolgere al meglio il lavoro, ogni singolo gruppo potrebbe strutturarsi in agenzia pubblicitaria, assegnando quindi al suo interno specifici ruoli: il creativo, il responsabile dei testi (slogan), il documentarista... - Il manifesto può avere una versione in italiano e una in una lingua straniera. Prodotto: - manifesto pubblicitario. Criteri di valutazione: - efficacia comunicativa - chiarezza espositiva - congruenza tra parole e immagini - corretto funzionamento del gruppo nelle varie fasi del lavoro. La raccolta delle opinioni Questa attività permette di stimolare apprendimento di gruppo, attivando comunicazione e 54 insegnamento reciproco, sviluppando la capacità autonoma di giudizio, rafforzando l’auto- stima e la tolleranza dei singoli nel gruppo. Durata: 10-20 minuti. Situazione e svolgimento: Viene enucleato un tema controverso o un conflitto (racconto, articolo di giornale, lettera dei lettori, breve filmato...). Gli allievi vengono stimolati a prendere individualmente posi- zione sul tema e ad esprimere la propria opinione personale. Solo dopo questo primo mo- mento, il problema viene approfondito nella discussione. Al termine del lavoro, a piccoli gruppi, i partecipanti possono sintetizzare su un cartellone, o attraverso la costruzione di una mappa, gli elementi principali emersi nella discussione. Indicazioni: - È opportuno che gli allievi siedano in cerchio e possano guardarsi in faccia; - si potrebbe utilizzare un oggetto: chi ha in mano l’oggetto ha il diritto di parola e può intervenire indisturbato; quando ha finito, si cerca un compagno/a e gli/le consegna l’og- getto; nel caso in cui questi non abbia niente da dire o non desideri parlare, può passare l’oggetto ad un/a altro/a compagno/a; - si potrebbe assegnare a qualcuno/a del gruppo il ruolo di osservatore/trice; - questa attività può utilmente essere collocata alla fine di una UdA, per tracciare un bilancio del lavoro svolto. Prodotto: - cartellone di sintesi delle opinioni - mappa concettuale. Criteri di valutazione: - efficacia argomentativa - efficacia comunicativa - corretto funzionamento del gruppo. La raccolta delle soluzioni Questa attività permette agli allievi di confrontarsi con diversi modi di leggere un problema e di individuare alcune piste di soluzione. Durata: 30’. Situazione e svolgimento: Ad ogni alunno/a viene consegnato un foglietto dello stesso colore e delle medesime dimensioni con una busta formato lettera. Il docente pone al gruppo una domanda o un problema, sul quale desidera che il gruppo si confronti. I partecipanti vengono invitati a rispondere anonimamente alla domanda sul foglietto e quindi ad inserirlo nella busta. Il do- cente raccoglie tutte le buste, che devono rimanere anonime, e le ridistribuisce a caso. Ognuno/a apre la busta, legge ai presenti quanto è riportato sul foglietto e lo commenta, prendendo posizione rispetto a quanto espresso. Il lettore, se lo desidera, può aggiungere anche altre considerazioni personali sul tema. Al termine, si invitano i partecipanti a racco- gliere e ad incollare su di un cartellone i vari contributi sul tema, per una sintesi finale di gruppo. Si procede ad un approfondimento dell’attività: Cosa ho capito? Che cosa ho potuto notare?... Prodotto: - cartellone di sintesi. Criteri di valutazione: - efficacia argomentativa - comprensione delle posizioni dell’altro - appropriatezza delle strategie di soluzione individuate. 55 La raccolta dei pro e dei contro Si tratta di una controversia che porta gli allievi a prendere posizione su un tema discusso, a chiarirlo, ad argomentare, a prestare attenzione ai punti di vista degli altri, a riassumere i diversi punti di vista in una visione più ricca della realtà. Durata: 20-40 minuti. Situazione e svolgimento: In base a regole ben definite, gli studenti si confrontano argomentativamente su un pro- blema controverso. I ruoli possono essere i seguenti: - il conduttore: apre e chiude la discussione, dà la parola e cura che vengano rispettate le regole di una civile discussione; - i “pro”: presentano, argomentano e difendono la propria posizione; - i “contro”: tentano di argomentare e difendere la propria posizione e di mostrare la debo- lezza delle argomentazioni di coloro che sono “pro”; - gli osservatori: osservano l’andamento della discussione e, a conclusione della discus- sione, esprimono una propria valutazione sulla forza di convincimento degli argomenti addotti, sull’andamento della discussione e sui risultati a cui si è pervenuti. Indicazioni: - una discussione ha senso solo se il tema è significativo per gli allievi; - se le conoscenze e le informazioni riguardo al tema sono povere, può essere premessa una fase di lavoro preparatoria, nella quale gli allievi, con un lavoro di ricerca, raccol- gono gli argomenti pro o contro; - a tutti i partecipanti deve essere chiaro che si tratta di un gioco di ruolo: le posizioni che vengono sostenute nel dibattito non devono necessariamente essere le proprie; - può essere utile accentuare gli elementi della drammatizzazione, se non altro con la dis- posizione dei posti nella classe o ambientando in un’“aula di tribunale” il “processo” simulato, con tanto di accusa, difesa, giuria...; - anche per imparare a discutere correttamente gli allievi hanno bisogno di esperienza e di esercizio. Può essere perciò utile che, le prime volte, sia l’insegnante ad assumere il ruolo del conduttore. Criteri di valutazione: - efficacia delle argomentazioni - efficacia dell’esposizione del proprio punto di vista - comprensione delle posizioni e dei punti di vista differenti dal proprio - partecipazione. Altri compiti di persuasione - Scrivere una lettera al sindaco del paese/città o ad un giornale locale per esprimere delle opinioni, esporre un problema e proporre delle soluzioni. h) Compiti di conoscenza di sé e degli altri Analoghi a quelli espressivi, questi compiti comportano la realizzazione di prodotti – per lo più narrativi – che raccontino agli altri qualcosa di sé e permettano al soggetto di migliorare la consapevolezza di sé e degli altri. La biografia immaginaria Gli/le allievi/e si rendono consapevoli delle proprie prospettive sulla vita e dei propri desi- deri. Durata: 1 ora. 56 Situazione e svolgimento: Ogni allievo/a si dà un’identità inventata e realizza una storia inventata della propria biografia (analoga a quella che, nelle antologie, spesso precede il brano di un autore...). Le biografie possono poi essere mescolate, lette, commentate. Ai compagni il compito di individuare l’autore. Prodotto: - breve profilo biografico. Possibili criteri di valutazione: - efficacia comunicativa - qualità degli aspetti formali del testo - espressività - originalità. La mappa della mia vita Come nell’attività precedente, gli/le allievi/e aumentano la propria consapevolezza in ordine alla propria storia e al proprio progetto di vita. Durata: 2 ore. Situazione e svolgimento: Il docente/formatore invita gli/le allievi/e a sistemarsi comodamente nella stanza, in un posto in cui si sentano a proprio agio e non disturbati dagli altri. La consegna di lavoro po- trebbe essere la seguente: “Dipingi sul foglio la tua vita come se fosse una strada. Questa strada può essere stretta o larga, avere delle curve, presentare dei bivi, degli ostacoli, dei segnali e delle indicazioni stradali... Nei diversi tratti della strada della tua vita puoi dise- gnare dei segni o dei simboli che esprimano ciò che hai sperimentato fino ad oggi e come lo hai sperimentato (ad esempio, un sole per esperienze particolarmente belle, una pietra per situazioni spiacevoli...). La strada arriva fino ad oggi. Ora rifletti ulteriormente: - come continuerà la mia strada? - quali sono i miei desideri e i miei sogni? - cos’è per me particolarmente importante per la mia vita futura? - cosa mi manca? - cosa spero? Prova a rispondere a queste domande disegnando una mappa della tua vita futura, da attac- care all’altra mappa che hai disegnato. Puoi anche semplicemente annotarti le tue risposte a queste domande o i tuoi pensieri a riguardo”. Prodotto: - La mappa della vita. Indicazioni: - È molto importante garantire un clima di rispetto reciproco. - Al lavoro individuale può seguire una fase di scambio in piccolo gruppo. Possibili criteri di valutazione: È ovvio che in riferimento a questo tipo di lavoro i criteri di valutazione vanno riflettuti in modo particolarmente attento. Le ragioni del soggetto hanno qui la rilevanza primaria: - significatività del percorso per i soggetti - autenticità. Altri compiti autobiografici - ricostruire ricordi, - realizzare la “carta di identità” (con le caratteristiche specifiche dei singoli: gusti, hobby, caratteristiche fisiche, interessi...) propria o di un/a compagno/a. 57 i) Compiti di approfondimento Come dice la parola, qui si tratta di approfondire argomenti cogliendo similitu- dini e differenze e riuscendo a rappresentare le diverse implicazioni fra queste. Spesso è possibile fare questo lavoro decentrandosi e assumendo diversi punti di vista. Trasformazioni di un testo Questa attività ha come presupposto la comprensione del testo e stimola produzioni crea- tive. Un brano può essere riformulato restando però fedeli all’originale. In questa riformu- lazione il soggetto ha modo di “entrare” nel testo e di farlo proprio. Durata: da 30 minuti ad alcune ore. Situazione e svolgimento: Dopo aver letto un brano, sono possibili diverse forme di trasformazione: un breve “comu- nicato stampa”, una lettera scritta da uno dei personaggi coinvolti, un “rapporto di polizia” sull’episodio accaduto, il racconto formulato da un oggetto o da un personaggio marginale del brano. Queste trasformazioni possono essere lette e confrontate con il testo originale, per esplorare quali aspetti del testo rivelano. Prodotto: - comunicato stampa, oppure rapporto di polizia, oppure lettera, oppure racconto. Indicazioni: - Una delle trasformazioni possibili è l’attualizzazione. Un testo letterario può spesso suo- nare un po’ estraneo agli allievi. Ambientare testi letterari nel proprio contesto di vita permette agli allievi di identificarsi con quanto narrato nel testo. Il compito dell’allievo/a consiste nel rendere il contenuto del brano in una forma comprensibile per l’oggi. I risul- tati possono essere poi confrontati con il testo originale per poter riflettere sui guadagni e le perdite della nuova versione. - Agli/alle allievi/e potrebbe essere presentata una rielaborazione del testo (realizzata magari dai compagni di una classe parallela). La domanda stimolo di partenza potrebbe essere la seguente: come questa trasformazione cambia il testo e le sue intenzioni? - La trasformazione del testo può diventare il punto di partenza per la riflessione in classe. - Due trasformazioni possono essere confrontate tra di loro e messe in relazione con il testo originale. - Come trasformazioni possono essere utilizzate anche versioni cinematografiche o televi- sive del brano, altri brani letterari, attualizzazioni, fumetti o immagini, canzoni. Possibili criteri di valutazione: - comprensione profonda del testo - qualità dell’interpretazione - originalità - qualità della comunicazione scritta. Punti di (s)vista Questa attività permette di identificarsi con i diversi personaggi di un brano letto e stimola la comprensione. Durata: da 1 a 3 ore. Situazione e svolgimento: Il docente, dopo aver diviso la classe in piccoli gruppi, invita i/le ragazzi/e a costruire un racconto su un brano letterario noto, formulato però dal punto di vista di uno dei protago- nisti coinvolti. Indicazioni ulteriori: - Può essere utile far raccontare lo stesso episodio dai diversi personaggi che lo hanno vissuto, per confrontare i diversi punti di vista. 58 - I testi possono essere poi rappresentati, assegnando i ruoli all’interno di ciascun gruppo. - Sempre in piccoli gruppi, alcuni alunni potrebbero realizzare delle interviste ai perso- naggi delle narrazioni, impersonati da altri loro compagni. Possibili criteri di valutazione: - comprensione profonda del testo - originalità - efficacia comunicativa ed espressiva. Racconti che continuano... Anche le continuazioni presumono la conoscenza e l’avvenuta comprensione del testo. Continuando un racconto, si esplicitano le diverse situazioni che possono essere ricava- te dalle azioni dei personaggi che agiscono nel racconto. Un’attività di questo genere stimola ad un confronto più profondo con il testo e, spesso, ad una personale presa di posizione. Durata: 1 ora. Situazione e svolgimento: Una volta che si sia accostato un brano, si propone ai/alle ragazzi/e di costruirne una conti- nuazione. Il lavoro può essere fatto individualmente o a piccoli gruppi. I risultati vanno poi riflettuti e tra loro confrontati. Possibili criteri di valutazione: - comprensione profonda - efficacia comunicativa - riflessività. Rappresentazioni del testo Vere e proprie drammatizzazioni o dialoghi (che eventualmente potrebbero essere registrati e riascoltati) permettono una riespressione di quanto appreso. Durata: da 1 a 3 ore. Situazione e svolgimento: Dopo aver ascoltato il racconto di un brano, gli/le allievi/e, a piccoli gruppi, rappresentano l’azione attraverso una tecnica teatrale a scelta. Prodotto: - rappresentazione teatrale Indicazioni: - Attività di questo genere non dovrebbero sostituire la lettura del testo. Bisognerebbe inoltre evitare l’eccessivo appesantimento dei testi con l’inserimento di introduzioni troppo lunghe. Il testo della rappresentazione può essere ricavato con i ragazzi stessi, come frutto di una delle fasi precedenti di lavoro, isolando nel brano letto i discorsi di- retti e cerchiando le parti che possono essere affidate ad un narratore. - È possibile strutturare la rappresentazione come un gioco di ruolo. Si tratta di invitare i ragazzi a drammatizzare un brano (proposto dal docente o scelto dai ragazzi stessi): alcuni membri recitano il “ruolo” dei protagonisti della situazione, mettendosi “nei loro panni”, mentre gli altri svolgono la funzione di osservatori. Alla fine della drammatizza- zione, gli “attori” esprimono come si sono sentiti e gli osservatori commentano l’intera- zione ed esprimono come avrebbero a loro volta affrontato la situazione. Possibili criteri di valutazione: - efficacia comunicativa - qualità della rappresentazione - collaborazione. 59 l) Compiti di valutazione e di presa di decisione Attraverso questi compiti, gli allievi sono chiamati a prendere posizione o a decidere tra un certo numero di scelte alternative possibili. Situazioni dilemmatiche Questo esercizio permette di riflettere su comportamenti alternativi e di riconoscere il rap- porto che esiste tra azioni e valori. Durata: 1 ora. Situazione e svolgimento: Si tratta di mettersi in una situazione in cui si deve assolutamente prendere una decisione tra due alternative. Le possibilità di soluzione però sono così costruite che ogni decisione porta nello stesso tempo anche ad una più o meno forte rottura di norme consolidate o di valori comunemente accettati. Da qui l’espressione “dilemma”. I dilemmi stimolano la formulazione di diverse argomentazioni per motivare le proprie scelte. Nella preparazione all’esercizio, in collegamento con il percorso didattico che si sta com- piendo, vanno formulate attentamente alcune situazioni dilemma. Spesso queste situazioni si possono ricavare dai giornali o dal contesto socio-politico; ad esempio: “intervento ar- mato in una missione di pace”; “violenza contro i violenti”, “inarrestabile progresso della scienza e della tecnica e rischio di annientamento dell’umanità”, “libertà dell’individuo e norme sociali”... È importante che le situazioni siano comunque vicine o presenti all’espe- rienza dei ragazzi. Il gruppo innanzitutto cerca di chiarire bene le alternative. In un secondo momento, i ragazzi si dividono a coppie, in modo tale che ciascuna coppia sostenga una delle opzioni possibili e rifletta sulle argomentazioni impiegabili a difesa di tale scelta. Una volta che le coppie hanno riflettuto sulle argomentazioni, ciascuna coppia cerca di convin- cere l’altra della validità della propria opzione. L’obiettivo non è quello di raggiungere un consenso nel gruppo ma di attivare una riflessione comune e approfondita sulla situazione e sulle variabili in gioco. Criteri di valutazione: - efficacia comunicativa - efficacia argomentativa - livello di approfondimento dei temi Il CFP che vorrei Questa attività permette di rendersi consapevoli dei vincoli sociali con cui è inevitabile fare i conti e ad esplorare spazi di miglioramento della propria istituzione formativa. Durata: 2 ore. Materiale: scheda con la consegna per il lavoro individuale e per il lavoro di gruppo. Situazione e svolgimento: In una prima fase, ciascuno immagina individualmente come desidererebbe che fosse il proprio CFP, rispondendo con la massima libertà per iscritto ai seguenti punti: - di quanti allievi dovrebbe essere composto il corso; - quanto spazio dovrebbe avere a disposizione il CFP (aule, laboratori, verde...); - in che luogo dovrebbe essere collocato il CFP; - quali attività dovrebbero essere realizzate nel CFP; - quanto tempo sarebbe utile stare nel CFP; - come dovrebbe essere l’arredo; - altro. In una seconda fase, ci si divide in gruppi di 4 o 5 componenti e si compiono delle sintesi, mettendo assieme le idee di ciascuno. Ogni gruppo realizza un plastico o un disegno mu- rale su come i componenti immaginano il CFP. 60 Prodotto: - plastico. Indicazioni: Infine, a livello di corso, si visualizzano i lavori dei vari gruppi e si possono porre le seguenti domande: - Che somiglianze e che differenze notate tra le varie rappresentazioni? - Cosa sarebbe concretamente realizzabile e cosa no, nelle proposte che i gruppi hanno avanzato? Come? - Quali sono le regole che sono state decise da altri e non da noi e che dobbiamo rispet- tare? Proviamo a farne un elenco. Possibili criteri di valutazione: - adeguatezza della riproduzione (se si tratta di un plastico, si può considerare anche la scala) - livello di riflessione - collaborazione nel gruppo. Un regolamento per l’intervallo Quando si parla di regolamenti, è bene notare che è più importante l’attività stessa della costruzione che non il risultato finale, che è sempre provvisorio. In particolare, questa atti- vità mira a definire alcune regole di comportamento durante l’intervallo e si collega con l’educazione alla convivenza civile. Durata: almeno 2 ore. Situazione e svolgimento: Il docente chiarisce innanzitutto l’obiettivo e invita poi la classe a dividersi in piccoli gruppi (2-3 persone), ognuno dei quali risponde alle seguenti domande: - A che cosa serve l’intervallo? - Dove si svolge (all’aperto, in un grande spazio apposito, in aula...)? - Com’è l’ambiente in cui lo trascorriamo (spazioso, ingombro, arieggiato...)? - Quanto dura l’intervallo? C’è tempo di fare tutto ciò che vorremmo? - A quali cose, secondo voi, è importante dare la precedenza? Perché? - Cosa secondo voi, è meglio evitare? Perché? Ogni gruppo legge gli articoli del regolamento di Centro riguardanti l’intervallo. Alla fine si domanda: “Ci sono proposte che vorremmo avanzare? Quali?”. Prima di iniziare la discussione, che porterà a formulare le nuove norme di comportamento durante l’intervallo, ognuno preparerà il suo intervento toccando i seguenti punti: Propongo di... Secondo me non si può... Perché... Chi vuole può dire, all’inizio del suo intervento, se è d’accordo o non è d’accordo con qual- cuno che ha già parlato e perché. Il docente decide a quanti interventi ciascuno ha diritto, avvisa che prenderà nota delle richieste di intervento e invita tutti a prendere appunti mentre ascoltano gli altri. Inizia la discussione in classe. Ciò che viene detto viene accuratamente registrato. Alla fine della discussione, sulla base degli appunti presi, il docente invita ad elen- care tutti gli argomenti messi in discussione, formulando accanto, dove possibile, la relativa regola di comportamento. Alla fine, selezionando argomenti e regole, diventa possibile defi- nire il regolamento da seguire durante l’intervallo, evidenziando ciò che si può fare rispetto a ciò che non si può fare. Il docente invita i ragazzi a ripercorrere insieme il lavoro svolto. Prodotto: - la versione “ufficiale” del nuovo regolamento da appendere in classe. Criteri di valutazione: - funzionamento del gruppo - accuratezza dell’analisi - livello della riflessione. 61 Giudicando la qualità dei prodotti e dei processi messi in atto, si possono dunque dedurre alcuni indizi sul livello di competenza raggiunto dagli allievi. Come abbiamo ricordato sopra, questa valutazione fa riferimento a specifici criteri (comunicati in anticipo o addirittura co-definiti con gli allievi stessi in una fase preliminare all’avvio del lavoro17), ma in modo mai chiuso ed esclusivo. Non si tratta infatti di una “misurazione” – come potrebbe essere così in relazione ad una prestazione complessa? –, ma di un processo ermeneutico e circolare, che coin- volge sia gli allievi (autovalutazione), sia i docenti o i compagni (etero-valuta- zione) e che rimane aperto a ciò che avviene, anche al di là di ciò che era previsto. La riflessione andrebbe quindi arricchita da una traccia di domande come quelle che seguono, da porre ai singoli e al gruppo al termine del lavoro o di sin- gole fasi del lavoro stesso: – Che cosa ho/abbiamo imparato facendo questa attività? – Che cosa mi/ci è piaciuto di più in quello che ho/abbiamo fatto? – Che difficoltà ho/abbiamo incontrato? Come le ho/abbiamo superate? – Che cosa potrei/potremmo fare per migliorare il mio/nostro prodotto? – Che cosa, di ciò che ho/abbiamo imparato, penso/pensiamo mi/ci potrà essere utile in futuro? Perché? In questo modo, la valutazione assume densità riflessiva e diventa un’impresa cooperativa, che «...né l’esperto (l’osservatore, o formatore), né il soggetto interes- sato, possono da soli realizzare... (perché) è il singolo allievo che può dire quello che ha fatto, mentalmente, mentre risolveva un problema. Però è soltanto l’inse- gnante (o il formatore), in quanto esperto di processi di apprendimento, che può nominare, modellizzare e riproporre all’attenzione, per il riconoscimento, quello che il soggetto ha fatto. Spesso il resoconto del soggetto offre tracce, segmenti, o sintomi di processi, che richiedono un lavoro di chiarificazione e ricostruzione. Però, solo la sua certezza introspettiva, in ultima analisi, ci offre la riprova della validità della ricostruzione» (Lichtner 1999, p. 278). 4.1.2. Dal portfolio ad un bilancio conclusivo Come abbiamo visto sopra, il portfolio è il tipico dispositivo valutativo che consente una raccolta sistematica di lavori, come quelli descritti nei punti 4.1.1., realizzati da uno studente nel corso di un determinato percorso formativo, e una riflessione attenta sui prodotti realizzati. La documentazione raccolta nel portfolio dovrebbe avere, come abbiamo visto, una funzione prevalentemente formante e stimolare perciò gli allievi a valutare e a valutarsi, divenendo consapevoli dei propri progressi e individuando piste di miglioramento. Ma il portfolio può anche costituire la base che consente di formulare un bi- lancio conclusivo degli apprendimenti avvenuti. La raccolta della documentazione 17 Su questo torneremo nel capitolo successivo, in riferimento alle rubriche di valutazione. 62 di una serie di prestazioni permette un loro esame, una loro interpretazione e valu- tazione al fine di inferire il livello di competenza raggiunto dal soggetto (Pellerey, 2005). A questo bilancio conclusivo o giudizio sommativo si può giungere attraverso il cosiddetto metodo della triangolazione, che prende in considerazione una molte- plicità di fonti di informazione e di metodi di rilevazione, in questo caso la raccolta dei lavori significativi dell’allievo, al fine di poter contare su informazioni perti- nenti, rilevanti e affidabili per sviluppare un lavoro di interpretazione e di elabora- zione di un giudizio conclusivo fidato. Questo significa, ad esempio, che rispetto ai lavori raccolti nel portfolio del- l’allievo, dopo che sono state precisate, anche con la partecipazione degli stessi soggetti in apprendimento, le modalità secondo cui operare e i criteri di valutazione da utilizzare, si predispongono due schede di valutazione: – una per l’allievo o per gli allievi (nel caso di esercitazioni di gruppo), che offra gli opportuni stimoli per una loro autodescrizione e autovalutazione sulla base dell’analisi dei risultati, – una per i docenti o per il tutor aziendale o per l’esperto della professione (nel caso l’esercitazioni riguardi un compito professionale), che consenta la formu- lazione di un’eterovalutazione sulla base di un’osservazione sistematica del processo e dell’analisi dei risultati.18 Il metodo della triangolazione orienta poi a confrontare e discutere i giudizi, soprattutto nel caso in cui si manifestino differenze particolarmente marcate. 4.2. La valutazione dell’apprendimento con strumenti quantitativi Per valutare l’apprendimento, possono essere utili anche strumenti di valuta- zione di tipo quantitativo, purché si sia consapevoli del tipo di apprendimento che questi consentono di valutare. Non c’è niente di male nell’uso di un questionario a fini valutativi. Il problema è la consapevolezza del formatore (e dei soggetti in formazione) rispetto al senso che l’uso del questionario può assumere. Spesso vengono usati questionari senza sapere bene che tipo di dati essi forniscono; cioè vengono usati questionari dichiarando che tale strumento offre indicazioni sugli ap- prendimenti avvenuti. In realtà, un questionario fornisce al massimo un’indicazione rispetto a qualche apprendimento (ad esempio l’acquisizione di specifiche cono- scenze), e forse nemmeno a quelli più importanti; però il questionario può servire per fare delle considerazioni sul processo di insegnamento-apprendimento: può aiutare a rilevare delle tendenze rispetto alla padronanza dei soggetti in alcuni domini conoscitivi, a raccogliere elementi che fanno dire al formatore se un certo insegnamento è stato efficace o meno (pur nella consapevolezza che tra insegna- 18 L’eterovalutazione può essere condotta anche dagli allievi rispetto ai lavori finiti realizzati dai compagni. 63 mento e apprendimento non si dà un rapporto di semplice causalità), ad individuare i contenuti sui quali pianificare interventi didattici migliorativi. Le prove strutturate assumono valore formativo nella misura in cui permettono l’interazione tra il valutatore, i soggetti valutati e i vari stakeholders e risultano utili per rilevare anche aspetti significativi per la descrizione e la comprensione del caso specifico. I principali strumenti di tipo quantitativo sono le prove strutturate e le prove semistrutturate. 4.2.1. Valutazione dell’acquisizione di conoscenze e abilità attraverso prove strut- turate o semi-strutturate 1) Prove strutturate Le prove strutturate sono costituite da una serie di quesiti che si riferiscono ciascuno ad una specifica conoscenza o abilità di cui si vuole misurare il possesso. Qui di seguito presentiamo sinteticamente le varie tipologie di domanda, fornen- done un esempio e una breve descrizione e rimandando ad altri testi per approfon- dimenti specifici (Domenici, 2003). a) Risposte bipolari: Esempio: V F 2 + 2 = 5 † † – Da un punto di vista strettamente cognitivo, i quesiti vero/falso misurano la comprensione, la cognizione esatta di significati, le interpretazioni di rapporti, le implicazioni e le conseguenze. – L’allievo scriverà un segno sul quadratino corrispondente a V, se ritiene l’in- formazione vera, corretta, esatta, un segno sul quadratino corrispondente a F, se la ritiene falsa, scorretta, errata. – Anche i formati Sì - No propongono risposte alternative bipolari. – Si possono utilizzare anche soluzioni alternative, tipo: disaccordo (poco disac- cordo, abbastanza d’accordo) - molto d’accordo; oppure: per niente (poco, abbastanza) - molto. – Nelle risposte possono intervenire variabili aleatorie: c’è il 50% di probabilità che la risposta sia giusta per caso. – Tuttavia questi quesiti possono influire positivamente sulla motivazione, perché veicolano il messaggio che il successo è alla propria portata. b) Scelta multipla: Esempio: Einstein era: † francese † svizzero † tedesco † cosmopolita 64 – Si tratta di un’affermazione o di una domanda per la quale sono proposte quattro o più risposte (abitualmente non più di cinque), di cui in genere una è esatta e le altre sono relative alle più attendibili fra le risposte errate (i distrat- tori). – I quesiti a scelta multipla hanno un elevato valore diagnostico. – Se sono inserite in una prova formativa, un’attenta definizione dei distrattori consente di avviare un confronto molto efficace sugli errori più ricorrenti. – Riducono le probabilità di risposta esatta casuale permettendo di misurare vari livelli di padronanza di un contenuto. – Similmente ai quesiti vero/falso, questa tipologia può misurare la cognizione esatta dei significati, l’interpretazione di rapporti, le implicazioni e le conse- guenze. c) Completamento: Esempio: Paperon ................ è il ...................... più ...................... del giornalino ...................... Elenco dei termini: de’ Paperoni, ricco, de Paperoni, papero, personaggio, povero, quotidiano, Topolino, L’intrepido – Si tratta di una frase incompleta che esprime una regola, una definizione, un fenomeno. – Il rispondente è chiamato a completare gli spazi vuoti. – Lo spazio bianco corrisponde ai termini più importanti, tali termini vengono ri- portati in calce in un elenco che comprende anche termini di significato vicino o opposto a quelli utili. – In quest’elenco il candidato sceglie i termini esatti e li scrive al posto giusto. – Si può fornire anche la frase incompleta con assenza di elenco. In questo caso è il rispondente a proporre direttamente i termini che ritiene corretti. – Danno riscontri sulle informazioni memorizzate. – Misurano la memorizzazione di dati, fatti, procedure, definizioni, ma anche il livello di conoscenza di una definizione o di una proposizione; contribuiscono a fissare brevi modelli definitori. d) Riordinamento logico: Esempio: Riordinare i singoli elementi ottenendo una frase di senso compiuto: 1) il dolce 6) fondamentali 2) l’uomo può 7) l’amaro 3) i quattro 8) sapori che 4) distinguere 9) e l’acido 5) il salato 10) sono: 65 – Si tratta di una frase proposta in maniera segmentata e disordinata, che esprime: una regola, una definizione, un fenomeno, la dimostrazione di un teorema; – può essere anche un disegno presentato in pezzi da ricomporre, o parti di una struttura o di una sequenza i cui elementi vengono proposti in pezzi da riordi- nare; – danno riscontri su informazioni memorizzate; – stimolano la ricerca di elementi, di rapporti, di principi organizzatori. e) Riordinamento cronologico: Esempio: Disporre in ordine cronologico le seguenti ricorrenze: 1) Natale 3) Ferragosto 2) Capodanno 4) Pasqua – Si tratta di una sequenza disordinata di avvenimenti o di dati che si succedono secondo un ordine cronologico; – il compito dei rispondenti è trovare tale ordine; – queste prove sono molto efficaci per favorire la memorizzazione di definizioni particolarmente articolate. f) Corrispondenza: Esempio: Collega un “testo normativo” ad uno degli organi emananti elencati nella colonna di destra. Regolamento attuativo Parlamento Decreto Legge Enti competenti Legge Governo Decreto legislativo Organo amministrativo – Il quesito è organizzato in duplice colonna; si chiede al rispondente di colle- gare elementi presenti nella colonna di sinistra con dati e informazioni riportati nella colonna di destra; – misurano la capacità di discriminare, fra più soluzioni, quella più attendibile e, fra un insieme di dati, quelli necessari per risolvere un determinato problema; – consentono di formulare una prova che assume come obiettivi processi cogni- tivi superiori e nella quale le operazioni prevalenti sono l’astrazione di regole e la generalizzazione di conoscenze. 66 2) Prove semistrutturate Il principale esempio di prove semistrutturate è costituito dal saggio breve o da domande aperte di cui si indica in anticipo lo spazio per la risposta. Esempi: Esponi al massimo in dieci righe le principali caratteristiche delle Tracce fossili. ------------------------------------------------------------------------------------------ Esponi in non più di dieci minuti le principali caratteristiche morfologiche del terri- torio gardesano. ------------------------------------------------------------------------------------------ Esponi al massimo in venti righe e in non più di quindici minuti le tappe fondamentali dell’Evoluzione delle Piante. ------------------------------------------------------------------------------------------ – Consiste nel proporre la formulazione di un giudizio, un concetto, un’idea, che gli allievi dovranno riportare brevemente per iscritto rispettando un numero definito di righe e/o una certa quantità di minuti; – può richiedere anche la composizione di un piano d’azione; – lo spazio di risposta ha dei limiti spaziali o temporali; – è il quesito più difficilmente misurabile poiché si tratta di una richiesta alla quale gli allievi rispondono in maniera aperta; – non è escluso che la valutazione effettuata da più docenti giunga a considera- zioni diverse; – comunque offre spunti preziosi sulla valutazione della capacità di sintesi: ricomposizione di una conoscenza complessa in un quadro personale. a) Indicazioni di utilizzo A seconda dell’estensione dei contenuti trattati e del tempo a disposizione, si sceglie il numero di quesiti per ogni prova. In genere, si può scegliere fra queste opzioni: 10, 15, 20, 30. Una volta scelto il numero di quesiti per prova, si tratta di collegare ad ogni risposta corretta un punteggio, considerando che si può attribuire un punteggio anche alle risposte parzialmente corrette. Ad esempio: 10 domande ogni risposta corretta vale 3 15 domande ogni risposta corretta vale 2 20 domande ogni risposta corretta vale 1,5 30 domande ogni risposta corretta vale 1 67 Per l’assegnazione del giudizio, è ovvio che ad ogni risultato numerico va col- legato un giudizio o voto. Ad esempio: 0-6 insufficiente 7-12 sufficiente 13-18 buono 19-24 distinto 25-30 ottimo È particolarmente importante curare, tornando alla fase di predisposizione della prova, la composizione della prova stessa, in modo che la prova possa valu- tare tutti i livelli di apprendimento. Ad esempio, una prova di 10 domande potrebbe contenere in proporzione: – 2 quesiti di completamento o di riordinamento (per valutare il livello conoscenza) – 2 quesiti a scelta multipla o vero/falso (per valutare il livello comprensione) – 2 quesiti di tipo corrispondenza (per valutare il livello applicazione) – 2 quesiti di riordinamento logico (per valutare il livello analisi) – 2 quesiti di tipo saggio breve (per valutare rispettivamente il livello di sintesi e di valutazione) Un aspetto poi che spesso viene trascurato e che invece ha una notevole impor- tanza è la redazione delle prove di verifica. È utile predisporre innanzitutto un frontespizio col nome della prova e l’indi- cazione di dove la prova si colloca (fine unità, modulo, anno...). 68 Dopo il frontespizio, va riportata una pagina di istruzioni che contenga: – la presentazione della prova – indicazioni su come rispondere alla prova – il tempo disponibile – una formula di commiato Segue il corpo centrale della prova, con la colonna degli item e la colonna del punteggio. 69 Infine, c’è una pagina dove l’allievo può inserire i suoi dati ed eventuali altre indicazioni, come nell’esempio che segue. b) Utilizzo formativo delle prove strutturate Con le prove strutturate è possibile svolgere verifiche abbastanza precise sul livello di apprendimento di specifiche conoscenze. Come vedremo è però importante non limitarsi ad assegnare un voto ma far diventare formativa anche l’analisi dei risultati, la correzione e l’indicazione di lavoro successivo alla prova. Se, ad esempio, i questionari, corretti dal docente senza segni sul foglio, vengono riconsegnati agli allievi con la consegna di lavoro di autocorreggersi o, a seconda del caso, di correggerseli reciprocamente col com- pagno e, dopo questo momento, il docente consegna una copia del questionario con l’indicazione delle risposte corrette, che rende possibile un controllo, anche la veri- fica con l’uso di un questionario può trasformarsi in un’attività formativa. Come sottolineano giustamente Ellerani e Gentile, «...le prove strutturate pos- sono assumere valore formativo se, durante la somministrazione e la comunica- zione dei risultati, esse riescono a sollecitare diverse operazioni mentali, aumen- tando la probabilità che i saperi siano pensati a un livello più profondo e detta- gliato» (Ellerani, Gentile, Sacristani, Mottinelli, 2007, p. 87). Sono diverse le strategie che è possibile mettere in atto per rendere formative le prove. Proviamo ad elencarne qualcuna: – far partecipare gli allievi stessi all’elaborazione del questionario o di un test; – far partecipare gli allievi alla correzione dei test; – introdurre prove strutturate del tipo “esami della patente”, cioè test ai quali gli allievi possono iscrivere quando ritengono di padroneggiare determinate cono- scenze e intendono mettersi alla prova; 70 – inserire, dopo alcuni quesiti bipolari o a risposta multipla, domande del tipo: “Perché?”, che consentono al soggetto di motivare la sua scelta e trasformano la prova in semi-strutturata. Dal punto di vista dei processi cognitivi messi in atto, può essere molto ricco anche il compito di costruire delle prove strutturate di valutazione alla fine di un’Unità di lavoro che non la risposta a prove strutturate già elaborate. La consegna potrebbe essere la seguente: – individuare chiaramente le conoscenze da verificare, trasformando i contenuti in brevi frasi o enunciati – scegliere il formato delle domande tra diversi formati proposti (vero-falso o sì-no, scelta multipla, completamenti, corrispondenze, riordinamenti logici, riordinamenti cronologici, graduatorie...) – formulare le domande in modo semplice e chiaro – verificare la comprensibilità delle domande – impaginare il questionario – preparare uno strumento per la raccolta sintetica dei dati. In questo caso, il compito di costruire una prova strutturata attiva processi di ordine superiore e fa tornare sulle conoscenze maturate. 4.2.2. Valutazione dell’acquisizione di conoscenze e abilità attraverso il colloquio strutturato Anche un colloquio può diventare occasione per una valutazione più struttu- rata di quella che è possibile nella classica interrogazione. Rimandando allo studio di Domenici per alcune indicazioni efficaci sulla conduzione del colloquio (Dome- nici, 2003, pp. 152-153), ci limitiamo qui a riportare una tabella che può aiutare, con gli opportuni adattamenti, a rendere il colloquio maggiormente strutturato e a giungere alla formulazione di un giudizio di sintesi. Punteggio (fino a 2) (fino a 3) Tipologia di domanda Analisi qualitativo-quantitativa del materiale dell’allievo19 Un argomento a scelta Caratteristiche della presentazione eccellente Accuratezza del quaderno e/o del materiale di lavoro; qualità delle attività esercitative svolte, presenza di approfondimenti pertinenti e personali, riflessioni personali Trattazione approfondita e accurata, profonda, ampia e argomentata; supera le informazioni date A. B. 19 Quest’analisi può essere svolta previamente al colloquio o, in modo molto più approssimativo, contestualmente al colloquio stesso. 71 4.2.3. Valutazione del livello di sviluppo di specifiche competenze in relazione a compiti autentici, attraverso la costruzione e l’utilizzo di rubriche I formatori possono comunicare in anticipo ai soggetti in apprendimento la definizione precisa dei criteri che utilizzeranno per valutare l’apprendimento e le prestazioni, realizzando delle rubriche di valutazione. La parola “rubrica” deriva dalla parola latina “ruber” (= rosso). Anticamente una rubrica indicava un insieme di istruzioni scritte in rosso per una legge o per un servizio liturgico. Una rubrica istruisce su come le persone possono giudicare una prestazione. Una rubrica è infatti un insieme di linee guida per assegnare dei punteggi correlati al lavoro degli allievi. È uno strumento che solitamente viene utilizzato per verificare e valutare il livello di prestazione degli allievi rispetto a conoscenze, abilità e competenze implicate nella realizzazione di compiti autentici, fornendo una descrizione di come una prestazione può essere realizzata a diversi livelli di competenza. Le rubriche rispondono a queste domande: – attraverso quali criteri le prestazioni dovrebbero essere valutate? – come si presenta la gamma di qualità della prestazione o della competenza? Per quanto le rubriche nascano all’interno di un movimento che si pone in ra- dicale alternativa rispetto alle prove strutturate (Ellerani, Gentile, p. 59), abbiamo scelto di collocare lo strumento delle rubriche nello stesso capitolo in cui trattiamo di prove strutturate, perché, con le prove strutturate, esse condividono l’esigenza di ridurre la soggettività della valutazione (Ellerani, Gentile, p. 71) e di portare ad una sorta di misurazione del grado di padronanza raggiunto dall’allievo rispetto ad una determinata competenza predefinita. Ciò che differenzia le rubriche da altri approcci di tipo prevalentemente “misu- rativo” è la tipologia di obiettivo che si considera ai fini della valutazione. L’uso delle rubriche permette di distanziarsi da una centratura su singoli obiettivi parcel- lizzati (che era tipica della didattica per obiettivi, dell’istruzione programmata e, in genere, del movimento docimologico) e di muoversi verso la formulazione di Punteggio (fino a 1 ciascuna) (fino a 3) Tipologia di domanda Due domande di conoscenza (= domande la cui risposta è facilmente identificabile nei materiali forniti) Una domanda di comprensione profonda (= riferita a situazio- ni concrete reali o simulate) Caratteristiche della presentazione eccellente Risposta corretta, sostenuta da argomenti ed evidenze, supportata da riferimenti espliciti ai testi e agli argomenti affrontati nell’unità Risposta che evidenzia collegamenti tra i vari argomenti affrontati e uno o più contesti reali o simulati; riflette idee approfondite, mostra un pensiero critico ed originale e una buona padronanza nell’affron- tare problemi legati ai temi dell’unità Giudizio conclusivo C. D. 72 obiettivi più ricchi, perché non segmentati ma olistici; le mete attese vengono defi- nite attraverso la descrizione particolareggiata di una prestazione complessa svolta a livelli crescenti di competenza. Ciò che più conta, qui come con le prove strutturate che abbiamo trattato nel capitolo precedente, è la consapevolezza che l’insegnante-formatore sviluppa nel- l’utilizzo di queste prove. Come abbiamo più volte sottolineato, una prospettiva valutativa centrata sui soggetti in apprendimento dovrebbe mantenere anche un’a- pertura a quegli elementi che non sono prefigurabili (e più il compito è autentico, più rimane aperto). E anche qui è bene sottolineare che è possibile, anzi opportuno, utilizzare questi strumenti facendo partecipare i soggetti alla loro elaborazione. Esempio di rubrica per la valutazione di un prodotto del genere testo scritto/report (Ellerani, Gentile, Sacristani, Mottinelli, 2007, p. 75). Il processo per lavorare con le rubriche che ci sembra più convincente è quello classico, proposto da Heidi Goodrich (1996) e adattato da Ellerani (2005); esso è infatti particolarmente centrato sul prodotto e propone un costante coinvolgimento degli allievi, strutturandosi come vera e propria attività. Lo presentiamo qui di seguito in forma schematica, rifacendoci liberamente alla presentazione più recente (Ellerani, Gentile, Sacristani, Mottinelli, 2007, pp. 78-79). Livello esperto/distinto - il prodotto è sopra la media - dimostra immaginazione nel pensare - include informazioni che sostengono le risposte - presenta i dettagli richiesti - è corretto rispetto alla forma scelta - cita le fonti, anche se in modo non sempre preciso ed esatto Data: Livello praticante/buono - il prodotto è nella media - risponde alle domande - fornisce qualche informazione per sostenere le risposte - tralascia alcuni dettagli - la presentazione ha qualche difetto - cita solo qualche fonte Livello principiante/sufficiente - risponde solo in parte alle domande - fornisce scarse informazioni a sostegno delle risposte - include pochi dettagli - la presentazione ha degli errori - le fonti non sono citate Allievo/i: Livello eccellente/ottimo - il prodotto è curato e preciso - la presentazione è creativa - il lavoro include tutte le informazioni necessarie in risposta alle domande poste - presenta informazioni ulteriori a quelle richieste - è corretto rispetto alla forma scelta - è ricco di esempi e cita le fonti in modo preciso Osservazioni: 73 La costruzione di una rubrica Azioni degli allievi Analizzano i lavori in grande gruppo. Individuano, attraverso una discussione in grande gruppo, - le caratteristiche che distinguono un lavoro ben fatto da uno scadente - ciò che davvero conta per un lavoro di qualità. A coppie, producono un testo che descrive, in modo par- ticolareggiato e con dovizia di sfumature, che cosa permette ad un lavoro di essere collocato ad un livello di qualità alto, basso o medio. A coppie di coppie: - confrontano il proprio lavoro - giungono ad una formulazione condivisa. In seguito, fanno la stessa cosa a coppie di coppie di coppie... fino ad arrivare a un’unica formulazione della rubrica. A coppie: - valutano, attraverso la rubrica provvisoria, i lavori che passano di coppia in coppia - raccolgono osservazioni su come tale rubrica aiuta a distinguere adeguatamente i livelli di qualità. Intervengono fornendo un resoconto delle osservazioni effettuate. Realizzano l’attività singolarmente o in gruppo. Autovalutano il proprio lavoro utilizzando la rubrica. Valutano, attraverso la rubrica, il lavoro dei loro com- pagni e formulano eventuali indicazioni su come correg- gere o migliorare il lavoro. Singolarmente o in piccolo gruppo, gli allievi rivedono il proprio lavoro sulla base delle osservazioni e dei feed- back dei compagni ottenuti nella fase precedente. Azioni del docente Raccoglie, tra quelli degli allievi degli anni prece- denti, diversi lavori e ne mostra alcuni agli allievi, facendoli circolare in aula, scegliendo esempi di lavori ben fatti e altri di lavori più scadenti. Stimola, attraverso domande, gli allievi ad identifi- care le caratteristiche distintive dei prodotti. Invita gli allievi a produrre un breve testo scritto che descriva con ricchezza di particolari le caratteri- stiche del lavoro ben fatto, di uno scadente e di uno mediamente ben fatto (può essere utile consegnare una scheda che articoli questi livelli in colonne). Invita ciascuna coppia (o sottogruppo) a confron- tare il proprio lavoro con quello di un’altra coppia (o sottogruppo), fino ad arrivare ad una formula- zione comune. Invita gli allievi ad utilizzare la rubrica provvisoria per valutare i lavori che il docente ha previamente raccolto e distribuito. Guida una discussione per giungere ad apportare le modifiche più opportune ai descrittori inizialmente definiti, organizzandoli secondo varie dimensioni e visualizzandoli in modo che siano visibili a tutto il gruppo. Assegna agli allievi un compito significativo che si concluda con la realizzazione di un prodotto ana- logo a quelli analizzati. Invita gli allievi ad autovalutare il lavoro proprio o del proprio gruppo, attraverso la rubrica realizzata. Invita a valutare i lavori dei propri compagni o degli altri gruppi. Concede del tempo per rivedere il proprio lavoro. Valuta il prodotto usando la medesima rubrica elaborata con gli allievi. In caso di differenze notevoli tra auto- ed etero- valutazione, avvia un dialogo con l’allievo o il gruppo di allievi per un confronto. Fasi Esempi di lavori Caratteristiche distintive Sfumature della qualità Prima stesura di una rubrica (provvisoria) Utilizzo della rubrica provvisoria Stesura finale della rubrica Attività Autovalutazione Valutazione del lavoro dei compagni Revisione del lavoro Valutazione del docente Confronto 74 Il processo per la costruzione di una rubrica realizzato nella forma descritta si configura esso stesso come una vera e propria attività di apprendimento. È possi- bile realizzare rubriche, seguendo un procedimento analogo, anche all’interno di gruppi di colleghi. È poi possibile utilizzare con gruppi di allievi le rubriche realiz- zate da altri gruppi di allievi. La valutazione, alla luce dei criteri indicati, può avvenire nella forma dell’au- tovalutazione e nella forma della valutazione da parte del docente o di altre figure coinvolte nei percorsi (compagni, esperti esterni...). L’importante, ancora una volta, è che assuma un valore formativo, cioè non solo orientato all’assegnazione di un voto ma a far apprendere sempre di più e sempre meglio. 4.3. La comunicazione degli esiti della valutazione Una valutazione che si collochi nella prospettiva qui indicata è una valutazione particolarmente attenta ad attivare processi continui di comunicazione sull’appren- dimento e sull’insegnamento. 4.3.1. La comunicazione con gli allievi I commenti e i riscontri comunicati agli allievi (e in genere la conversazione educativa che può nascere dalla valutazione) possono giocare un ruolo importante nei progressi dei soggetti in apprendimento. È dunque opportuno curare particolarmente il feed-back valutativo, tenendo sempre presente che il senso della valutazione non è mai sanzionatorio ma sempre promozionale. Questo atteggiamento può contribuire a cambiare anche la cultura valutativa che gli allievi stessi hanno assorbito e che spesso li rende eccessivamente attenti alle comparazioni interindividuali. La comparazione a cui tende una valutazione per l’apprendimento è invece prevalentemente una comparazione intraindividuale che aiuta il soggetto a considerare la sua biografia formativa e a cogliere i progressi compiuti. In una valutazione per l’apprendimento, le verifiche dell’apprendimento diven- tano l’occasione per attivare un processo comunicativo con l’allievo o gli allievi mirato a renderli maggiormente consapevoli dei loro progressi e degli aspetti che possono migliorare. 4.3.2. La comunicazione con i genitori La comunicazione con i genitori è molto importante, perché consente di ricavare dati e informazioni sugli allievi che possono arricchire i processi valutativi. Talvolta è solo il dialogo con i genitori che consente di individuare punti di forza di un allievo che possono diventare una risorsa importante anche nel percorso scolastico. Qui, come con gli altri interlocutori, più che la comunicazione che avviene con la tradizionale scheda di valutazione, diventa utile attivare una conversazione a partire dal portfolio. 75 4.3.3. La comunicazione col mondo del lavoro Con il mondo del lavoro, in particolare con le aziende in cui gli allievi svol- gono il loro stage, si può attivare una comunicazione che entra direttamente nei processi valutativi e guarda in particolare ai tutor aziendali come a interlocutori importanti della valutazione. Sono spesso proprio i tutor aziendali che consentono di guadagnare uno sguardo differente sugli allievi perché scoprono di loro aspetti che normalmente, a scuola, rimangono nascosti. Per migliorare la comunicazione con eventuali futuri datori di lavoro, più che la pagella in sé, sarebbero utili documenti capaci di certificare il percorso avvenuto e i livelli di competenza raggiunti. Una versione sintetica del portfolio, che assuma valenza certificativa, potrebbe essere utile anche durante i colloqui di lavoro. 4.3.4. I documenti di valutazione a) La scheda di valutazione (o pagella) periodica Certifica pubblicamente e periodicamente i risultati conseguiti durante il per- corso, sulla base di un format e di descrittori che sono stati formalmente approvati dalla Regione e/o dalla Provincia. Mette in contatto con la valutazione operata dai formatori ma non consente a chi la riceve (e ai genitori ed eventualmente poi ai datori di lavoro) di comprendere quale sia stato il percorso o quali le effettive prestazioni degli allievi. Per questo, da sola, risulta inadeguata a comunicare il senso di un percorso for- mativo e andrebbe integrata con strumenti come il portfolio. b) Il portfolio Lo strumento portfolio è particolarmente utile per realizzare una comunicazione efficace tra vari soggetti: formatori, soggetti in apprendimento, genitori, professio- nisti. Come accennato sopra, si potrebbe pensare ad una versione completa, ricca so- prattutto dei lavori stessi degli allievi, scelti da loro e/o con l’aiuto dei docenti, e delle riflessioni autovalutative degli allievi, e una versione sintetica e riassuntiva, a valenza prevalentemente certificativa, arricchita magari da un commento dei docenti. c) L’attestato o diploma di qualifica, di “Tecnico”, di “Tecnico superiore” Dovrebbe certificare il risultato finale in ordine alla qualifica professionale e descrivere il percorso effettuato. Il Ministero del Lavoro ha proposto in forma sperimentale un format per l’attestato o diploma di qualifica. 5. LA VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI TRA INDIVIDUALIZZAZIONE E PERSONALIZZAZIONE L’individualizzazione e la personalizzazione sono entrambe strategie di inter- vento didattico che intendono tradurre in pratica il principio pedagogico della cen- 76 tralità del soggetto, con la sua storia di apprendimento, le sue caratteristiche spe- cifiche, i suoi bisogni e i suoi desideri e la sua tensione verso il successo formativo. Il presupposto di entrambe le strategie è un’idea di formazione sensibile «...alle dif- ferenze della persona nella molteplicità delle sue dimensioni individuali (cognitive e affettive) e sociali (l’ambiente familiare e il contesto socio-culturale)» (Baldacci, 2002, p. 132). In questa prospettiva, ogni azione formativa va pensata tenendo conto delle peculiarità del soggetto da formare e va orientata alla valorizzazione di tutte le sue potenzialità. Anche nel dibattito attuale sulla valutazione degli apprendimenti (Plessi, 2004) si può notare il progressivo affermarsi delle ragioni del soggetto in apprendimento e della sua centralità: la valutazione intende infatti proporsi come risorsa per lo svi- luppo personale del soggetto in apprendimento, considerato non più come oggetto o mero destinatario, ma come soggetto ed importante interlocutore dell’azione valutativa stessa. In questo capitolo, intendo precisare brevemente i principali aspetti distintivi delle due strategie di intervento ed esplicitare come si configuri, all’interno delle due strategie, l’azione valutativa. L’ipotesi di lavoro è che ci siano azioni valutative maggiormente consone alla strategia dell’individualizzazione e azioni valutative più orientate invece alla strategia della personalizzazione e che, in un percorso scolastico, sia importante articolarle entrambe, perché complementari. 5.1. Individualizzazione e personalizzazione L’autore che meglio ha precisato i termini delle questioni relative a individua- lizzazione e personalizzazione è, a nostro avviso, il già citato Massimo Baldacci (Baldacci, 2002, 2003, 2005). Seguendo questo autore e limitandoci a considerare il livello didattico del discorso, possiamo affermare che l’individualizzazione si riferisce a «...quella famiglia di strategie didattiche il cui scopo è quello di garantire a tutti gli studenti il raggiungimento delle competenze fondamentali del curricolo, attraverso la diversificazione dei percorsi di insegnamento» (Baldacci, 2002, pp. 132-133). Questa strategia prevede dunque l’attivazione di percorsi di insegna- mento differenziati (nella selezione dei contenuti, nel ricorso a determinati metodi, nell’uso di specifici strumenti, nella distribuzione temporale...), per il raggiungi- mento di mete comuni. La personalizzazione si riferisce invece a «...quella famiglia di strategie didat- tiche la cui finalità è quella di assicurare ad ogni studente una propria forma di ec- cellenza cognitiva, attraverso possibilità elettive di coltivare le proprie potenzialità intellettive» (Ibid., p. 133). Questa strategia prevede dunque l’attivazione di per- corsi elettivi differenziati, per il raggiungimento di mete personali e lo sviluppo di proprie personali aree di eccellenza; nella personalizzazione non si ha dunque solo diversificazione dei percorsi di insegnamento – cosa che si ha anche nell’individua- lizzazione – ma diversificazione dei traguardi di apprendimento, verso lo sviluppo di propri talenti personali. 77 Le due istanze non vanno certo messe in contrapposizione ma combinate tra loro; infatti, «...tutti i soggetti, o almeno la grande maggioranza di loro, possono raggiungere gli obiettivi fondamentali di un curricolo e sviluppare una propria forma di talento se vengono messi in condizioni di apprendimento adeguate, ossia se la scuola è a misura dell’alunno» (Ibid., p. 82). In particolare, si può dire che si ha individualizzazione quando si lavora sul nucleo dei saperi essenziali, irrinunciabili; si ha personalizzazione quando si lavora sulle mete personali degli allievi. Pur ricorrendo a qualche semplificazione, proponiamo qui di seguito uno schema sintetico delle principali caratteristiche dei due approcci. Personalizzazione Claparède, Doll, Hawkins, Gardner... Favorisce il fatto che ognuno sviluppi propri per- sonali talenti. Personalistica. Diversi per ciascuno. Ricerca delle potenzialità e delle aree di eccel- lenza personale (oltre l’analisi dei bisogni...). L’organizzazione scolastica e l’extra-scuola. Il tutor. Attenzione prevalente alle differenze di tipo quali- tativo (diversità del genere di intelligenza piut- tosto che della quantità). Costruzione di un contesto che faccia emergere i talenti personali dell’alunno. Pluralità dei percorsi formativi (itinerari alternativi miranti a formare persone con profili differenti) e possibilità di scelta del percorso da parte del- l’alunno. - Unità di apprendimento all’interno di un piano di studi personalizzato - Opzionalità, percorsi elettivi... (flessibilità orga- nizzativa) - Tutoraggio e orientamento - Sistema di crediti didattici/formativi. Valutazione attraverso il portfolio e il libretto for- mativo, basata sulla descrizione delle mete rag- giunte, di ciò che il soggetto riesce a fare meglio (comparazione intraindividuale, in riferimento alle altre sue capacità). Individualizzazione Parkhurst, Washburne, Freinet, Dottrens, Bloom... Mira a far sì che certi traguardi (le competenze fondamentali del curricolo) siano raggiunti da tutti. Democratica ed egualitaria. Comuni per tutti. Analisi dei bisogni e ricerca dei pre-requisiti di partenza. Il lavoro con il singolo, con specifici raggruppa- menti e/o con il gruppo-classe. Il precettore. Attenzione prevalente alle disuguaglianze di tipo quantitativo. Adattamento agli schemi mentali e alle caratteri- stiche dell’alunno. Itinerari alternativi che conducono alla medesima meta. - Unità didattica - Mastery learning - Interventi di recupero - Diversificazione dei materiali, delle modalità di insegnamento, dei tempi consentiti, dei tipi di feedback... Valutazione come docimologia, basata sulla con- formità della prestazione allo standard predefinito e, in genere, sulla comparazione interindividuale. Riferimenti principali Finalità Istanza di fondo Obiettivi Analisi della situazione Luogo principale dell’apprendimento Insegnante-tipo In riferimento all’alunno Concezione di insegnamento Dispositivi curricolari Dispositivi didattici Valutazione 78 5.2. Valutazione e strategie dell’individualizzazione Come si configura allora una valutazione rivolta ai fini dell’individualizza- zione? La valutazione, nel quadro delle strategie di individualizzazione, si con- figura principalmente come «dispositivo di regolazione e di correzione della pro- posta didattica» (Baldacci, 2002, p. 145; Baldacci, 2003, p. 210), che consente di adattare l’insegnamento alle capacità, possibilità e caratteristiche dei destinatari. L’attività di osservazione sistematica a partire da liste di controllo e di verifica- valutazione degli apprendimenti attesi da ciascun alunno assume infatti una parti- colare rilevanza nella progettazione efficace di percorsi formativi che sappiano adeguarsi alle caratteristiche, ai bisogni e alle risorse di ciascuno, attraverso il ricorso a strategie didattiche e materiali diversificati. Inoltre, se l’individualizzazione prevede l’attivazione di percorsi che, pur potendosi configurare anche in modo e secondo tempi sensibilmente differenti, convergono verso il raggiungimento di mete comuni, la valutazione nel quadro di questa strategia dovrà per forza di cose orientarsi a degli “standard” di rendimento, cioè a dei livelli di competenza ritenuti socialmente desiderabili, o a dei criteri di giudizio propri di uno specifico campo di attività culturale o a delle soglie di maestria (dal livello principiante a quello esperto), che possono essere e vanno previste ed accuratamente descritte. Si tratta infatti di valutare in che misura gli al- lievi soddisfino uno standard e conseguentemente in che misura la loro prestazione sia prossima o lontana agli obiettivi definiti previamente, in modo dettagliato e preciso. Nel linguaggio della riforma disegnata dalla legge 53/2003 e dai successivi de- creti delegati, a questo livello, la verifica-valutazione doveva accertare il possesso da parte degli alunni di determinate “conoscenze” e “abilità”, ma anche il livello di competenza da essi raggiunto in relazione alle competenze curricolari ritenute essenziali. Questo significa verificare quanto le conoscenze e le abilità previste come obiettivi specifici di apprendimento si siano trasformate, attraverso le attività di insegnamento-apprendimento, in reali competenze dei soggetti, tali da caratteriz- zare il loro modo di essere e di rapportarsi a determinate situazioni e compiti signi- ficativi e sfidanti. A livello metodologico, l’impiego di test e di prove strutturate (prove a stimolo chiuso e a risposta chiusa, che presentano una serie di quesiti del tipo: vero/falso, completamenti, corrispondenze, scelte multiple a una o due soluzioni esatte, riordi- namento logico, riordinamento cronologico...) o semistrutturate (prove a stimolo chiuso e a risposta aperta, che includono: domande strutturate, riassunti, saggi brevi, specifiche esercitazioni, colloquio strutturato, riflessione parlata...) (Dome- nici, 2003, pp. 57-78; 129-156) si presta bene a rilevare dati significativi sull’ac- quisizione e il possesso di specifiche conoscenze e abilità. Qui di seguito, proponiamo una matrice per l’analisi delle prove strutturate o semistrutturate, in ordine alla verifica-valutazione del raggiungimento degli obiet- tivi cognitivi predefiniti ai vari livelli in cui questi sono classificati nella classica 79 tassonomia di Bloom:20 conoscenza (possesso di dati, fatti, metodologia), compren- sione (traduzione di significati, interpretazione di rapporti, implicazioni...), applica- zione (astrazione di regole e generalizzazione di conoscenze), analisi (ricerca degli elementi, dei rapporti, dei principi organizzatori), sintesi (ricomposizione di una conoscenza complessa, elaborazione di un piano), valutazione (giudizi su qualche contenuto in termini di criteri interni ed esterni). I numeri all’interno della tabella indicano il peso di ciascuna prova per ogni livello (il peso maggiore è espresso con 1; i numeri successivi, 2, 3 e 4 indicano pesi via via decrescenti). Anche l’utilizzo di prove basate su prestazioni e compiti il più possibile auten- tici e significativi – articolo di giornale, costruzione di prodotti tangibili (Tacconi, 2005), rapporto di ricerca, progetti, soluzione di problemi... – e il ricorso a rubriche di valutazione – un insieme di linee guida per assegnare dei punteggi correlati al la- voro degli studenti (Wiggins G. - McTighe J., 2004) – si prestano bene a verificare e a valutare il livello di prestazione degli allievi rispetto a conoscenze, abilità e competenze. I compiti significativi o le prestazioni “autentiche” sono compiti contestualiz- zati in situazioni reali, che rispecchiano le questioni e i problemi affrontati dagli adulti, caratterizzati da una serie di elementi quali: «...obiettivi chiari, ruoli, situa- zione contestuale, prodotto di prestazione e standard di successo» (Comoglio, 2004, p. 11). Le rubriche precisano i criteri attraverso i quali le competenze o le prestazioni dovrebbero essere valutate e descrivono la gamma di qualità della prestazione o della competenza attesa, il continuum dei livelli di competenza, che possono tradursi in una scala di punteggi numerica o qualitativa. Particolare importanza assume la consapevolezza metacognitiva da parte del soggetto stesso dei traguardi raggiunti, delle modalità messe in atto per raggiun- gerli, dei progressi realizzati, delle risorse attivate per affrontare compiti significa- tivi, in particolare di ciò che sa e può fare con quello che sa (valore d’uso delle co- noscenze). Tale consapevolezza può essere favorita soprattutto se la rubrica dei cri- teri viene presentata – o, meglio, co-costruita con gli allievi – prima della presta- zione, potendo così guidare la prestazione stessa e la sua valutazione. 20 La matrice è tratta da una presentazione realizzata dal dott. Maurizio Gentile, in un suo inter- vento al corso per Training manager della SISF di Venezia, nel maggio 2005. Cfr. anche Domenici, 2003, p. 53. 80 Anche un uso intelligente delle prove cosiddette oggettive, che consenta pro- cessi di autocorrezione, va in questo senso. 5.3. Valutazione e strategie della personalizzazione Nel quadro delle strategie della personalizzazione, la valutazione si configura innanzitutto come azione mirata a rendere il soggetto in formazione consapevole dei suoi punti di forza, delle sue attitudini e delle sue preferenze21 per consentirgli di coltivarle adeguatamente, ponendosi obiettivi e traguardi personali. L’azione va- lutativa tende quindi principalmente a formare nell’alunno capacità di autovaluta- zione, di individuazione della sua eccellenza, di scelta effettiva delle attività e dei percorsi che ritiene a sé più congeniali e che meglio possono metterlo in grado di sviluppare i suoi talenti, ma anche valutazione delle implicazioni delle scelte che egli può operare nel contesto in cui si colloca e del rapporto tra queste e le proprie inclinazioni. Se la personalizzazione consiste nell’attivazione di percorsi diversificati che orientino allo sviluppo di apprendimenti differenti, la valutazione dovrà configu- rarsi innanzitutto come riconoscimento dei punti di forza e delle preferenze del- l’alunno, sia da parte dell’alunno stesso, sia da parte dell’insegnante, sia da parte di altri soggetti che interagiscono nei vari ambienti di vita dell’alunno: «l’identifi- cazione della forma di talento propria di un alunno è la premessa per una persona- lizzazione del suo processo formativo, ossia per una parziale diversificazione del- le attività che svolgerà e delle mete che perseguirà rispetto agli altri studenti» (Baldacci, 2002, p. 163). Questa valutazione non può essere affidata a test standardizzati ma dovrebbe essere svolta attraverso un’osservazione accurata e protratta nel tempo che, come osserva Howard Gardner, si svolga: «...mentre l’individuo è impegnato in attività scolastiche regolari» e porti a definire «...quali linee sono già avviate in un indi- viduo, quali linee presentano un potenziale di sviluppo pronunciato, quali sono pre- senti a livelli più modesti o comportano ostacoli effettivi...» (Gardner, 1987). Come giustamente osserva Baldacci, il talento non è però una potenzialità innata, che si tratta solo di scoprire, ma «...il risultato complesso di una molteplicità di fattori che incorporano la plausibile esistenza di inclinazioni ereditarie entro un processo di interazione epigenetica con gli ambienti esperiti dal soggetto nel corso del proprio sviluppo» (Baldacci, 2002, p. 164); per questo è bene che la valutazione del profilo delle abilità o delle intelligenze prevalenti del soggetto rimanga un «...bilancio provvisorio che si colloca in un itinerario aperto a sviluppi differenti» (Idem). Ciò che più conta, in questa prospettiva, non è comunque la valutazione che può esprimere l’insegnante, ma la valutazione che può autonomamente formulare 21 Baldacci, sulla scorta di Claparède, invita giustamente a distinguere la questione più cognitiva delle capacità e delle attitudini, da quella più affettiva delle preferenze. Cfr. Baldacci, 2002, pp. 158-159. 81 lo studente stesso, attraverso l’esplorazione continua dei propri modi di entrare in relazione con le persone, i saperi e le situazioni, l’attribuzione di significato alle esperienze che vive (magari utilizzando lo strumento del diario riflessivo), ma anche attraverso le scelte concrete che ha modo di operare: «È solo sperimentando l’atto dello scegliere, con i rischi e le responsabilità che ne derivano, che l’alunno, particolarmente se viene opportunamente supportato, può sviluppare questo genere di autocoscienza e di comprensione» (Ibid., p. 168). Nel dibattito pedagogico e didattico di questi ultimi anni (Plessi, 2004) e nel progetto di riforma disegnato dalla legge 53/2003, la valutazione assume a ragione una valenza orientativa e formante (Ibid., pp. 234-275). Strumento principale per questo tipo di valutazione diventa il portfolio (Comoglio, 2003), inteso come trac- ciatura dei vari percorsi di apprendimento e raccolta dei lavori significativi del sog- getto, operata quest’ultima prevalentemente dal soggetto stesso, su cui attivare un’adeguata riflessività. Selezionando i lavori migliori, decidendo e riapproprian- dosi della propria responsabilità valutativa, lo studente «...compie un percorso di autoconoscenza e autovalutazione e costruisce e comunica, motivandola, l’imma- gine di sé» (Plessi, 2004, p. 264). In realtà, il portfolio può essere orientato più nel senso della strategia dell’indi- vidualizzazione, attraverso l’uso delle rubriche e di criteri di valutazione predefiniti per valutare le prove di prestazione autentica, oppure più nel senso della persona- lizzazione, soprattutto quando esso consente di incontrare quegli apprendimenti che il soggetto rivendica come importanti e significativi per sé (non solo in sé) e apre la possibilità di una conversazione educativa tra l’insegnante e l’alunno (o più alunni) sui lavori prodotti, così da favorire «...la graduale appropriazione ed interiorizza- zione del ragionamento critico sul proprio e altrui lavoro» (Baldacci, 2002, p. 172) e da consentire lo sviluppo di maggiore autoconsapevolezza rispetto alle proprie inclinazioni e l’integrazione di tutto questo nel proprio personale progetto di vita. La valutazione si configura allora come costruzione dialogica e assume un carattere prevalentemente ermeneutico, in cui «...i prodotti della valutazione non sono consi- derati come descrizioni del ‘come le cose sono realmente’..., ma invece come costruzioni significative per gli attori che le elaborano» (Fontana, Varchetta, 2005, p. 68). 5.4. Conclusioni Le forme di valutazione orientate alla strategia dell’individualizzazione e quelle orientate alla strategia della personalizzazione non sono tra loro incompati- bili o alternative, anzi è necessario che siano articolate assieme e tra loro organica- mente integrate. Infatti, «aiutare ogni studente a sviluppare una propria forma di talento è probabilmente un obiettivo altrettanto importante di quello di garantire a tutti la padronanza delle competenze fondamentali» (Baldacci, 2002, p. 211) e l’azione valutativa, che è intimamente legata all’azione didattica e inerisce trasver- salmente a tutto il processo di insegnamento-apprendimento, può favorire il rag- 22 Domenici sottolinea che il giudizio valutativo deve appunto essere “proattivo”, cioè «...di sti- molo e di incoraggiamento verso lo sviluppo di quei comportamenti che accrescono il grado di auto- stima e di autonomia affettiva e cognitiva del soggetto» (Domenici, 2003, p. 179). 82 giungimento di entrambi gli obiettivi. L’importante è che la valutazione sappia valutare anche se stessa e rendersi conto della funzione che svolge, della strategia a cui di volta in volta si lega. Nell’ottica dell’individualizzazione, la valutazione non può che essere rappor- tata ad uno standard predefinito, sia questo costituito dai livelli di acquisizione di determinate conoscenze e abilità o dai livelli di padronanza di determinate compe- tenze, definiti nelle rubriche. L’individualizzazione infatti è un’azione di insegna- mento intenzionale verso risultati voluti. Ne va di una fondamentale istanza demo- cratica: mettere tutti nelle condizioni di sviluppare quelle conoscenze, abilità e competenze che si ritengono indispensabili per vivere e agire nel mondo di oggi. È per questo motivo che, a tale livello, la valutazione accentuerà, anche se non in modo esclusivo, il suo carattere quantitativo. Nell’ottica della personalizzazione, la valutazione è volta a comprendere ciò che accade, anche indipendentemente da ciò che era stato stabilito, ed è aperta alla sorpresa e all’inatteso. L’apprendimento infatti è un evento complesso e non lineare, «...nelle sue diverse espressioni non è mai interamente noto e spesso anche nelle sue manifestazioni più rilevanti non è esplicito e oggetto di consapevolezza piena» (Fontana, Varchetta, 2005, p. 103). La valutazione si configura allora come “valutazione riconoscente”, che assiste, aiuta, cura l’apprendimento della persona, l’emergere dei suoi potenziali inespressi e la definizione dei suoi personali obiet- tivi, e si manifesta in attività di riflessione individuale e collettiva sulle esperienze, sui contenuti e sui processi dell’apprendere (Mortari, 2003). Tale riflessione per- mette di «...elaborare, problematizzare, trasformare i nostri schemi di significato fino ad arrivare ai nostri modi di agire» (Fontana, Varchetta, 2005, p. 104). A que- sto livello, la valutazione accentuerà dunque il suo carattere qualitativo e predili- gerà approcci autobiografici e narrativi. In ciascuna delle due prospettive, è importante che la valutazione sia intesa come valutazione per l’apprendimento e non solamente dell’apprendimento, che assuma un carattere proattivo (fornisca cioè al soggetto informazioni non solo sui risultati ma anche sulle successive mosse da compiere per migliorare le sue pre- stazioni e crescere personalmente22) e che dia spazio e voce anche alla valutazione che il soggetto fa di se stesso e alla sua progettualità esistenziale. Si può ipotizzare che, per garantire il diritto all’apprendimento delle compe- tenze fondamentali, sia necessario prestare attenzione, far emergere e valorizzare tutto ciò che uno studente già sa e sa fare e aiutarlo a riconoscere e sviluppare i propri talenti e a porsi obiettivi di sviluppo personale. La personalizzazione dei percorsi e una valutazione orientata in questo senso contribuiscono infatti a creare 83 quel livello di motivazione e di impegno che è necessario per il raggiungimento anche di quelle mete che sono ritenute socialmente indispensabili ma possono essere individualmente poco desiderate. 6. CONCLUSIONE GENERALE La valutazione per l’apprendimento appare essere una prospettiva che aiuta ad attribuire alla valutazione una valenza promozionale e riconoscente (Fontana, Varchetta, 2005). Si può insomma orientare ad apprendere sempre più e sempre meglio anche attraverso la valutazione. La valutazione di cui qui parliamo offre diversi agganci per promuovere gli allievi in tutte le loro potenzialità. E questo è più che comprendere se determinati obiettivi predefiniti siano stati o meno raggiunti. In questo caso, la valutazione si limiterebbe a diagnosticare e valutare aspetti parziali. Valutare in una prospettiva di promozione della persona significa invece farsi attenti a tutto ciò che avviene e può avvenire nella persona, nella convinzione che questa attenzione consente anche di orientare più efficacemente l’apprendimento dei soggetti verso le mete desiderate. È possibile fare questo ricorrendo a strumenti di tipo sia quantitativo che quali- tativo. Anzi è opportuno meticciare e variare i metodi, nella consapevolezza che diverse sono le dimensioni dell’apprendimento che può avvenire nei soggetti e diversi devono dunque essere i metodi che possono consentire di dare evidenza a tali apprendimenti. Questo vale a maggior ragione se consideriamo che, per valorizzare tutta la persona e tutte le persone, è necessario prestare attenzione anche a quegli aspetti che non sono immediatamente evidenti nell’analisi dei prodotti o dei risultati: la motiva- zione, la concentrazione, la tenacia, la consapevolezza delle strategie messe in atto, l’autonomia, la creatività, la capacità di gestire adeguatamente processi sociali. Per quanto riguarda concretamente la costruzione di prove di verifica, compiti come quelli descritti nei punti 4.1.1. sono orientati a mettere il soggetto nelle con- dizioni di fornire evidenze di apprendimenti particolarmente complessi e richie- dono per lo più una notevole disponibilità di tempo. Per questo, in una prova di valutazione, si potrà scegliere al massimo uno di quei compiti o strumenti. Una prova di valutazione che invece ricorra a strumenti quantitativi, come quelli indicati nei punti 4.2.1. e 4.2.2., assume attendibilità nella misura in cui contiene più quesiti e di diverso tipo. Si può ricorrere in modo alternato alle diverse tipologie di prova. Una prova costituita da molti piccoli compiti (la risposta a quesiti strutturati) è mirata a veri- ficare un’ampia acquisizione di conoscenze e abilità. Una prova costituita da un compito complesso è mirata a verificare la profondità della comprensione e a raccogliere indizi relativi allo sviluppo di competenze. 84 L’importante è poi intrecciare e integrare diversi fattori nella valutazione degli apprendimenti: – i risultati delle prestazioni/prodotti degli allievi, – l’osservazione da parte dei docenti e dei tutor, – l’autovalutazione da parte dell’allievo. La valutazione per l’apprendimento pone il suo focus sull’autovalutazione da parte degli allievi. La valutazione come azione mirata ad accertare e ad attestare gli apprendimenti tende invece a spostare il suo focus sull’eterovalutazione, ma questo non significa che, nella formulazione del giudizio, non si possa considerare anche l’autovalutazione degli allievi. È necessario articolare un’azione valutativa che tenga sempre insieme le due istanze, che sono chiamate a ridurre i rischi di ap- procci unilaterali, e che si orienti decisamente a creare le condizioni per migliorare l’apprendimento dei soggetti. 7. BIBLIOGRAFIA BALDACCI M., Una scuola a misura d’alunno. Qualità dell’istruzione e successo formativo, Utet, Torino, 2002. BALDACCI M., Individualizzazione, in CERINI G. - SPINOSI M., Voci della scuola Duemilaquattro. Le novità del sistema educativo. Una guida per orientarsi, Tecnodid, Napoli, 2003, pp. 208-213. BALDACCI M., Personalizzazione o individualizzazione?, Erickson, Trento, 2005. BERTAGNA G., Valutare tutti, valutare ciascuno. 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VERGANI A., Casi di valutazione. Processi valutativi e azioni formative, Il Mulino, Bologna, 2004. WIGGINS G. - MCTIGHE J., Fare progettazione. La “teoria” di un percorso didattico per la compren- sione significativa, ed. it. a cura di M. COMOGLIO, LAS, Roma, 2004. Parte II CERTIFICARE GLI APPRENDIMENTI NELL’ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE Dario NICOLI 89 1. ARRETRATEZZA ED INNOVAZIONE Il contesto italiano rappresenta – in tema di certificazione e riconoscimento degli apprendimenti – uno strano miscuglio di arretratezza ed innovazione. L’arretratezza caratterizza soprattutto la struttura dell’offerta formativa, che appare rigidamente suddivisa in comparti e livelli, secondo il classico disegno “a canne d’organo” in cui il primato viene attribuito alla continuità del percorso standard piuttosto che alla reale dotazione di apprendimenti ed acquisizioni della persona. In tal modo, ogni attività formativa appare fortemente autoreferenziale, caratterizzata dalla prevalenza dei comparti disciplinari piuttosto che dalla capacità di fornire agli allievi vere e proprie competenze confrontabili tra percorsi differenti. Tale disegno inoltre – come abbiamo visto – finisce per emarginare una com- ponente crescente di persone dalla possibilità di acquisire una cultura autentica, poiché impone regole rigide dal punto di vista spazio-temporale, della fedeltà nei confronti degli organismi formativi, dei processi di apprendimento mobilitati in cui prevale la dimensione cognitiva e astratta. L’innovazione riguarda il momento normativo, nel quale – risentendo del dibattito e delle esperienze più rilevanti in campo europeo – da qualche anno si manifesta una tendenza ad inserire dispositivi di certificazione e di riconoscimento dei crediti che dovrebbero permettere percorsi ed attraversamenti molteplici agli individui. Cosa che in effetti non accade – se non con il prezzo della perdita di uno o più anni – fino a che rimane sullo sfondo quel disegno rigido del sistema di offerta formativa e fino a che non si delinea un’intesa non superficiale con le nuove agenzie formative e con il sistema delle imprese. Si è pertanto ritenuto di affrontare il problema della disarmonia e dissonanza linguistica ed ordinamentale di un quadro fortemente a-sistematico, introducendo nelle norme la soluzione tecnica del “certificazione e riconoscimento dei crediti formativi” che in tal modo appare velleitaria e volontaristica. Le poche pratiche che ne sono derivate1 non potevano essere attuate in forma adeguata (così come è stato confermato dalle ricerche svolte in materia) perché il 1 Due sono sostanzialmente le esperienze di certificazione sistematica degli apprendimenti: - le Sperimentazioni dei percorsi di istruzione e formazione professionale - i CTP - Centri territoriali permanenti per l’istruzione e la formazione in età adulta, istituti con O.M. 455 del 1997. 90 credito appariva in questo scenario monco di un disegno di insieme, movendosi da un atteggiamento certificativo dell’organismo emittente, assolutamente non impe- gnativo per l’organismo ricevente, mentre è a tutti noto come la metodologia del credito esiga necessariamente una relazione rovesciata, pena la perdita della sua esigibilità. In altri termini: il credito richiama una vera e propria cessione di sovra- nità da parte di un organismo formativo che riconosce come valido un apprendi- mento certificato da un altro organismo, con il quale entra in una relazione di reci- procità alla luce del principio di presa in carico cooperativa e “continuativa” del percorso formativo personalizzato. Va anche segnalato un ulteriore tentativo, realizzato nella stagione precedente alla Legge 53/03, proprio di coloro che hanno ritenuto di risolvere il problema della a-sistematicità del campo in cui si svolgono le attività sopra indicate, attraverso un soluzione tecnica di natura ingegneristica, ovvero tramite la creazione di una sorta di “neo-lingua” progettuale in grado di tradurre tutto il campo dei saperi in un repertorio generale di unità formative capitalizzabili (UFC), definite centralmente in modo univoco ed esaustivo ed inoltre vincolanti per ogni progettazione e valuta- zione formativa (ISFOL, 1997). Questa soluzione appare irrealizzabile alla luce della attuale elaborazione epistemologica che non permette di ridurre la varietà dei saperi e delle culture ad uno schema linguistico e tecnico universalistico. Edgar Morin ci ricorda infatti che «la conoscenza progredisce principalmente non con la sofisticazione, la forma- lizzazione e l’astrazione, ma con la capacità di contestualizzare e di globalizzare» (Morin, 2000, p. 8). Ma tale soluzione appare inadeguata anche dal punto di vista dell’analisi del lavoro e della centralità dell’allievo, principio universalmente sostenuto in campo pedagogico. Infatti, la pratica delle UFC proviene dalla formazione professionalizzante degli adulti, quella riconducibile a pratiche formative brevi, elementari, legate all’utilizzo di tecniche ben individuate. Si tratta in altri termini di un modello caratterizzato da mansioni definite con precisione in modo prescrittivo, e quindi organizzate in senso gerarchico attraverso linee di comunicazione e comando, in chiave palesemente tayloristica (Morgan, 1999, p. 40). Ciò contrasta con le prospettive teoriche basate sul concetto di competenza come entità complessa che pone in luce la padronanza del soggetto nell’affrontare adeguatamente una particolare categoria di compiti-problema collocati entro un preciso contesto orga- nizzativo. Inoltre, la pratica delle UFC – proprio per il suo carattere meccanicistico – appare in contrasto con il fattore che almeno in teoria vorrebbe preservare, ovvero la personalizzazione del percorso di apprendimento. Di conseguenza, appare chiaro come non sia pensabile il perseguimento in chiave tecnica e riduttiva della trasparenza delle acquisizioni e della valorizzazione dei saperi (formali, informali e non formali) o la transizione dei soggetti da un 91 percorso all’altro. Queste finalità sono perseguibili esclusivamente se gli attori che le gestiscono si riferiscono ad un sistema educativo di istruzione e di forma- zione professionale organico e coerente e se si delinea una intesa metodologica tra di essi fondata sulla piena consonanza circa il compito educativo, il processo formativo, la valutazione e la documentazione delle acquisizioni, la cooperazione tra gli attori. Di contro, la successione di riforme che da qualche anno stanno interessando l’intero ambito delle politiche di orientamento, istruzione, formazione, del lavoro e sociali mira a configurare quello che ancor oggi in gran parte appare ancora come un assemblaggio disarmonico di attività in un vero e proprio «sistema educativo di istruzione e di formazione» (Legge 53/03, art. 2, comma 1). Con ciò si intende de- lineare un disegno che si pone come fine di «favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e del- l’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della co- operazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di autonomia delle isti- tuzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione» (Legge 53/03, art. 1, comma 1). Ma tutte le norme che hanno parlato di certificazione degli apprendimenti (ovvero delle acquisizioni) si sono dimenticate di dare corso ad un intervento deci- sivo: l’istituzionalizzazione della funzione certificativa presso le istituzioni scola- stiche e formative, oltre che i CTP. In altri termini, è mancato un momento nel quale: le istituzioni sono state investite in forma chiara ed esplicita di tale funzione; i docenti e gli operatori sono stati incaricati di svolgerla in quanto attività ordinaria. Tale mancata istituzionalizzazione ha fatto della certificazione ed in genere del tema della gestione dei percorsi formativi per competenze un fattore volontaristico; questo è accaduto anche perché non si è proceduto a rendere flessibile il sistema di istruzione, specie per ciò che concerne i “colli di bottiglia” che esso presenta nella sua impostazione tayloristica: la mappa delle discipline ordinata per classi di inse- gnamento, il quadro orario settimanale, la definizione delle prestazioni dei docenti centrata su “ore di insegnamento” e su un’appendice di attività collegiali. Ma ciò vale anche dal punto di vista del rapporto tra istituzioni erogative che non sono vincolate a pratiche di questo genere. In effetti, la realtà italiana presenta una sorta di paradosso: da un lato molte norme emanate negli ultimi 15-18 anni prevedono la funzione di certificazione, dall’altra l’impianto amministrativo e sindacale che la sorregge non pare assolutamente in grado di assecondare tale impostazione. Si veda, ad esempio, il caso del decreto n. 275 dell’8 marzo 1999 che dispone circa i criteri per il riconoscimento dei crediti e per il recupero dei debiti scolastici riferiti ai percorsi dei singoli alunni, oltre ai criteri per il riconoscimento dei crediti formativi relativi alle attività realizzate nell’ambito dell’ampliamento dell’offerta formativa o liberamente effettuate dagli alunni e debitamente accertate o certificate. 92 Inoltre prevede il riconoscimento reciproco dei crediti tra diversi sistemi formativi e la relativa certificazione. La scarsità di pratiche effettive di certificazione evidenzia la presenza di criti- cità proprie dell’ordinamento, ma anche quelle connesse alla questione dell’eser- cizio delle funzioni professionali dei docenti. In altri termini: se continua a mancare un momento istitutivo – anche nego- ziale – che renda la funzione certificativa un’attività ordinaria nelle pratiche scola- stiche e formative, modificando il modo dell’esercizio della professione docente e la modalità di funzionamento delle strutture scolastiche e formative, la pur ricca letteratura e le esperienze pilota che si sono qua e là registrate non possono che ri- manere fattori velleitari o perlopiù – come si usa dire – emblematici o significativi, senza un impatto sull’insieme del sistema educativo. Occorre anche dire che l’adozione di una metodologia di certificazione degli apprendimenti non rappresenta unicamente un fenomeno compilativo di natura amministrativa, ma richiama una pratica formativa centrata su competenze che, a sua volta, comporta il passaggio da un insegnamento “inerte” ad un insegnamento più vitale, superando la mera trasmissione dei contenuti per avviare una pratica di costruzione degli stessi, così che gli studenti siano protagonisti del loro cammino. Ciò richiede di: – selezionare dalla massa enciclopedica del sapere quelle conoscenze ed abilità che effettivamente risultano essenziali e decisive per la crescita della persona; – riflettere maggiormente sul passaggio dall’insegnamento all’apprendimento, un processo che non può più essere affidato ad una sorta di determinismo pedagogico oppure al presunto valore evocativo della parola; – variare le modalità di apprendimento mettendo a fuoco processi attivi, che mobilitano le valenze operative ed anche emotive (anche la matematica può essere affascinante!) del sapere; – introdurre modalità di apprendimento centrate su compiti reali, svolte in labo- ratori, dove si sviluppano percorsi non necessariamente lineari ma basati su nuclei di sapere connessi con i processi presenti nella realtà; – coinvolgere gli studenti nelle pratiche di valutazione rendendo espliciti i criteri ed i parametri di riscontro, così da creare una reale comunità di apprendimento che possiede i termini del compito e procede ad una piena corresponsabilità educativa; – cercare appoggi esterni al contesto scolastico che dimostrino in modo convin- cente l’utilità di quanto si impara dentro la scuola. Tenuto conto di ciò, ed anche delle esperienze dei paesi di riferimento analiz- zate nel corso della ricerca, si può affermare che il sistema italiano in tema di certi- ficazione degli apprendimenti appare sospeso in una posizione incerta ed ambiva- lente. Perché si possa superare questa fase di stallo occorre procedere così come in- dicato nelle esperienze proposte: 93 1) disegnare il sistema sulla base del principio dell’unitarietà del sapere assicurata dal- l’equivalenza formativa di percorsi che si differenziano sulla base di “aree del sapere” specifiche;2 2) definire e validare le mete di tutti i percorsi in riferimento al criterio della competenza, ovvero di ciò che la persona, mobilitando i saperi acquisiti, è effettivamente in grado di fare in rapporto a situazioni reali (vita personale, cittadinanza, attività professionale...); 3) stabilire il principio di riconoscibilità delle competenze comunque acquisite dalla persona (in modo formale, informale o non formale) sotto forma di crediti formativi, così da consentire a questa di essere esentata dai moduli/unità di apprendimento corrispondenti alle competenze già possedute e certificate, risparmiando tempo al fine di ottenere un titolo di studio coerente; 4) elaborare un formato comune che consenta la certificazione delle competenze ed una metodologia di cooperazione tra organismi erogativi; 5) stabilire le regole base della valutazione e della certificazione formativa, anche con il coinvolgimento sistematico di enti (istituzioni, organismi, imprese...) appartenenti alla rete di riferimento; 6) introdurre il principio di flessibilità dei percorsi così da consentire di delineare piani formativi personalizzati; 7) impegnare tutte le istituzioni e tutti gli operatori ad assumere il compito della certifica- zione come funzione stabile e obbligatoria del proprio operare, così da consentire la sua adozione sistematica e non volontaristica nel contesto italiano. 2. DEFINIZIONI E CRITICITÀ 2.1. Certificazione degli apprendimenti La certificazione degli apprendimenti rappresenta un’azione che mira a descri- vere in modo sistematico le acquisizioni della persona, preferibilmente sotto forma di competenze, ed a registrarle in un formato condiviso tra i diversi attori del sistema educativo di istruzione e formazione professionale, compresi i soggetti economici. La certificazione mira pertanto a connotare il documento prodotto in stretto riferimento al merito delle acquisizioni della persona, di cui questa si è dotata attra- verso le più diverse esperienze formative (formali, non formali ed informali). La certificazione si riferisce a due categorie di fenomeni: in primo luogo, le competenze intese come fattori che qualificano il grado di autonomia e di respon- sabilità della persona a fronte di specifiche categorie di compiti/problema dal rile- 2 «Diversamente da come è stato inteso in passato, il concetto di unitarietà del biennio non si caratterizzerà dunque per la presenza di un’area di discipline comuni (distinta da un’area di indirizzo) presente ovunque in ugual modo, bensì per la congruenza degli standard da raggiungere alla fine del segmento, qualunque strada si sia intrapresa. L’unitarietà è insomma assicurata dalla “equivalenza formativa” dei percorsi, che si differenziano sulla base delle “aree del sapere”», Ferratini P., Appunti per la Commissione sul nuovo obbligo di istruzione, paper, Roma, dicembre 2006. 94 vante valore personale, sociale e professionale; nel contempo, essa specifica le conoscenze e le abilità, ovvero le risorse di cui la persona si è impadronita e che ha saputo certamente mobilitare nel lavoro di soluzione dei compiti/problema indicati. Nella certificazione debbono essere evidenziati i livelli di padronanza delle competenze, che possono essere indicati per gradi progressivi: basilare, adeguato, eccellente. 2.2. Credito formativo La definizione di certificazione degli apprendimenti si lega necessariamente ad una seconda, quella del credito formativo. Il credito formativo rappresenta una documentazione che attribuisce alla per- sona in possesso di un’acquisizione un valore esigibile presso un organismo forma- tivo, in vista del raggiungimento di uno specifico titolo. Perché il credito relativo ad un’acquisizione formativa sia effettivamente esigi- bile, occorre che l’organizzazione ricevente riconosca la certificazione fatta da quella inviante ed attribuisca a questa certificazione un valore affinché possa essere davvero utilizzata per accedere a (o progredire in) un percorso formativo o lavora- tivo senza che alla persona titolare sia imposto di ripetere le attività di apprendi- mento riconosciute. Di conseguenza, il credito formativo indica il valore di una certificazione e sancisce l’accettazione da parte dell’organismo ricevente della validità della forma- zione impartita allo studente da altri organismi e viceversa, a condizione che ven- gano soddisfatte le tre successive condizioni: a) che l’organismo rilasciante sia accreditato secondo le procedure appositamente previste e che in particolare preveda una funzione organizzativa, personale adeguato a tale compito e che adotti la metodologia prevista; b) che il credito ed il suo valore sia chiaramente riferito al PECUP ed alle Indica- zioni regionali; c) che contenga le informazioni necessarie ad individuare le attività formative svolte, le competenze personali e professionali maturate dal titolare, le cono- scenze e le abilità che egli ha acquisito e che sono iscritte nelle competenze maturate. Il riconoscimento di un credito avviene mediante un processo di bilancio che prevede anche l’analisi dei materiali di valutazione e di documentazione contenuti nel Portfolio delle competenze personali dello studente. Tale analisi riguarda la pre- senza delle condizioni di validità del credito stesso, e di norma non prevede una prova di accertamento di tipo valutativo poiché l’attestazione soddisfa già i requi- siti di trasparenza necessari. In questo senso, la certificazione costituisce un atto con cui viene accertato il possesso di una competenza determinata ovvero il possesso di un credito forma- 95 tivo, ma il cui valore effettivo dipende però dall’organizzazione presso cui viene proposto. 2.3. Libretto formativo del cittadino Certificazione degli apprendimenti e crediti formativi alludono ad un docu- mento che, pur non sostituendosi al titolo di studio, si propone (perlomeno sul piano intenzionale) come strumento atto ad accompagnare la persona nella sua crescita in termini di esperienze e di competenze: si tratta del libretto formativo. Il libretto formativo del cittadino, definito in sede istituzionale nazionale ai sensi dell’accordo Stato-Regioni del 18 febbraio 2000, rappresenta “il libretto perso- nale del lavoratore... in cui vengono registrate le competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento, la forma- zione specialistica e la formazione continua svolta durante l’arco della vita lavora- tiva ed effettuata da soggetti accreditati dalle regioni, nonché le competenze acqui- site in modo non formale e informale secondo gli indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento permanente, purché riconosciute e certificate” (art. 2, comma 1) Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Si tratta di un documento che si aggiunge, qualificandolo, al libretto di lavoro e mira a raccogliere, sintetizzare e documentare le diverse esperienze di apprendi- mento dei lavoratori nonché le competenze da essi comunque acquisite: nella scuola, nella formazione, nel lavoro, nella vita quotidiana. Ciò al fine di migliorare la leggibilità e la spendibilità delle competenze e l’occupabilità delle persone. La realizzazione di questo documento trae origine dalla limitatezza delle de- claratorie professionali basate sulle qualifiche come fonte per precisare la padro- nanza professionale del titolare; esso si presenta quindi come uno strumento dina- mico in grado di accompagnare la persona in tutto l’arco della sua esperienza for- mativa e lavorativa in coerenza con il concetto di lifelong learning. Questa concezione è coerente con le strategie e le azioni dell’Unione europea finalizzate alla trasparenza delle competenze e alla mobilità delle persone tanto che il Libretto può essere considerato il corrispettivo italiano di EUROPASS, il passa- porto delle qualifiche e delle competenze che favorisce la “portabilità” delle stesse in Europa, con la differenza che il Libretto rappresenta la carta d’identità per muo- versi sia sul territorio nazionale, sia attraverso le diverse esperienze di apprendi- mento e lavoro. È infine coerente con la Borsa Continua del Lavoro per favorire l’incontro domanda-offerta di lavoro. Il Libretto fornisce informazioni sul soggetto e sul suo curriculum di apprendi- mento formale, non formale e informale, per la ricerca di un lavoro, per la mobilità professionale e per il passaggio da un sistema formativo all’altro; rende riconosci- bili e trasparenti le competenze comunque acquisite e sostenere in questo modo l’occupabilità e lo sviluppo professionale; aiuta gli individui a mantenere consape- volezza del proprio bagaglio culturale e professionale anche al fine di orientare le scelte e i progetti futuri. 96 2.4. Spinte e criticità La spinta finalizzata alla elaborazione di strumenti atti a certificare gli appren- dimenti delle persone deriva da tre cause differenti: – la necessità di garantire la leggibilità e la confrontabilità degli esiti dei percorsi di apprendimento da parte delle imprese che necessitano di personale da impe- gnare nella propria struttura, tenuto conto della perdita di valore delle tradizio- nali declaratorie professionali; – la necessità di consentire – entro grandi sistemi economici e sociali qual è l’ambito dell’Unione europea – la riconoscibilità degli apprendimenti così da consentire la mobilità delle persone ed il loro accesso ai vari sistemi sociali ed economici propri dei diversi stati nazionali; – la necessità di finalizzare i percorsi formativi a vere e proprie competenze, ov- vero non solo al sapere, ma alla sua attivazione effettiva da parte del soggetto nei contesti reali di impegno e dei compiti-problema che questi evidenziano. In campo scolastico la certificazione mira a sollecitare un approccio per com- petenze e quindi a superare una metodologia eccessivamente centrata sulla didat- tica disciplinare per trasferimento di nozioni ed abilità, aprendo la strada ad una formazione più autentica in cui la persona è chiamata a confrontarsi con situazioni reali – più o meno problematiche – che sollecitano la sua attenzione, responsabilità e attivazione al fine di giungere ad una soluzione idonea e soddisfacente. Tali com- petenze della persona sono dimostrate dalla natura dei problemi fronteggiati, dalla metodologia di intervento, dalla capacità di superare crisi e difficoltà, dalla rifles- sione discorsiva sulle esperienze attraverso un linguaggio pertinente ed in grado di evidenziare tutti gli aspetti in gioco e quindi di “dimostrare” concretamente l’effet- tivo possesso del sapere. In campo professionale, la certificazione richiede innanzitutto un’intesa preli- minare tra organismi formativi e strutture dell’economia intorno ad un metodo di descrizione delle competenze e ad un repertorio di profili professionali di riferi- mento per l’azione formativa; inoltre esige una convergenza di sforzi e di stru- menti al fine di qualificare il percorso formativo con esperienze virtuali o reali entro le quali la persona sia sollecitata alla mobilitazione delle proprie capacità e risorse; infine richiede un’intesa circa la valutazione ed in particolare la valida- zione delle competenze acquisite, che rivestono in tal modo un significato non solo legale, ma sostanziale e condiviso. In tal modo la valutazione-certificazione non si realizza in rapporto a standard “scritti sulla carta”, ma in riferimento alla concreta realtà di esercizio delle competenze indicate con il coinvolgimento diretto dei partner sociali. 97 3. IL CONTESTO 3.1. I sistemi formativi nella società cognitiva Nell’ambito della generale crisi istituzionale che attraversa le società ad alta complessità, anche i sistemi formativi subiscono un forte contraccolpo derivante da una serie di fattori che ne minano alla radice la legittimità: – la crisi di un modello culturale consolidatosi nel tempo centrato sullo statuto disciplinare dei saperi tradizionali, ovvero costretti entro sistemi rigidi, forte- mente autoreferenziali, non connessi in forma stabile con altri con cui condivi- dono l’ambito di riferimento;3 – la comparsa di nuovi saperi quali l’ecologia, le scienze della terra, la cosmo- logia, non fondati sul paradigma disciplinare, ma strutturati come “conoscenza pertinente” (Morin, 2000, p. 8); – la comparsa di altri nuovi saperi, a carattere meno sistematico dal punto di vista teorico ed epistemologico, ma più efficienti in relazione alle nuove necessità: è il caso dell’informatica, della telematica, dei modelli gestionali, delle teorie or- ganizzative e delle stesse metodologie della formazione, le teorie cibernetiche; – il sorgere di una varietà di nuove occasioni di apprendimento che vanno dai media (non a caso tanto criticati dalle agenzie tradizionali) all’autoformazione (c’è un esplosione di manualistica e courseware in edicola o in rete) fino anche alle diverse esperienze che si possono vivere in ambienti organizzati (profit e non profit) che rivelano una sempre maggiore capacità formativa; – la distanza crescente tra il “sapere costituito” dal punto di vista istituzionale e le necessità di conoscenza che nascono nei vari contesati con un’urgenza che non può giustificare i tempi lunghi ed i formalismi del “lavoro intellettuale” ufficiale così come oggi lo conosciamo. Tutto questo, accanto alla indubbia perdita di prestigio della professione do- cente a sua volta derivata dal processo di impiegatizzazione conseguente alla scola- rità di massa ed alla diffusione di pratiche didattiche standardizzate, pone in forte discussione i sistemi formativi delle società cosiddette avanzate, generando una crisi che, sia pure con modi ed accenti diversi, interessa gli Stati Uniti come la Francia, il Giappone come la Germania. In sintesi, la comparsa della “società cognitiva” – invece di stimolare i sistemi formativi tradizionali – finisce per generare una loro dissipazione essendo questi investiti da una strabiliante varietà di nuove domande educative e formative che: sollecitano, nel modo proprio della globalizzazione, la rottura delle barriere spazio- temporali proprie delle metodiche didattiche usuali; impongono l’abbandono di 3 Morin parla di “compartimentazione dei saperi” e di “incapacità ad articolare gli uni agli altri” (2000, p. 8). 98 visioni etnocentriche; esigono una forte considerazione della singolarità di ogni soggetto utente; richiamano la necessità di percorsi formativi fortemente contestua- lizzati ovvero iscritti nel patrimonio culturale e cognitivo che viene mobilizzato nelle dinamiche organizzative. Siamo di fronte – nel mondo dell’istruzione-formazione come pure in quello della gestione delle risorse umane – ad una forte trasformazione di paradigmi cultu- rali e di modelli di intervento, tendenti a rispondere alla nuova realtà del lavoro e delle professioni e nel contempo gli interventi di sostegno e promozione sia pub- blici sia privati. Questa dinamica culturale e progettuale presenta una forte molteplicità di ap- procci e di categorie di analisi come pure di intervento. Uno dei più fecondi appare quello legato alla categoria di “competenza”, un’espressione che ha risentito negli ultimi anni di una notevole contaminazione culturale che si estrinseca nella dif- ficoltà a riportarne il significato entro confini comunemente condivisi. In realtà, si tratta di una categoria che presenta un valore descrittivo, ma pure evocativo e simbolico oltre che propositivo ed anche – per certi versi – commerciale.4 La categoria della competenza rischia in tal modo di soccombere sotto l’ec- cesso di attese e di significati, quasi che possa essa sola rovesciare la crisi in cui si trovano i sistemi formativi tradizionali; in realtà, accanto ad una concezione mec- canicistica e totalizzante, si sta facendo strada sia pure con fatica una visione più laica di natura metodologico-processuale, che concepisce le acquisizioni formative come un “capitale sociale” (AA.VV., 2001) che occorre riconoscere, certificare e valorizzare nelle varie transizioni che interessano la vita delle persone nella società complessa. 3.2. Pluralità degli apprendimenti e crisi dello scuolacentrismo La considerazione del valore del “patrimonio formativo” dei singoli variamente appreso (in modo formale, informale o non formale) rappresenta un atto di umiltà delle agenzie formative ad elevata formalizzazione: la scuola e l’università. Se la pri- ma tentazione le porta a voler inglobare i saperi acquisiti entro le categorie formali generando una sorta di appropriazione della complessità, la consapevolezza circa il carattere aperto dei nuovi assetti sociali conduce ben presto all’abbandono della pro- spettiva scuolacentrica per una visione più pluralistica del nuovo sistema formativo. Al centro di questo non vi è più l’istituzione nella forma tradizionale, ovvero basata su una legittimazione legale, sul controllo quasi-monopolistico dell’eroga- zione dei servizi formativi, sulla costruzione di percorsi standardizzati che proce- dono preferibilmente per adempimenti formali; ma non vi è neppure l’apprendi- 4 Si fa riferimento alla comparsa di una varietà di “modelli” di analisi del lavoro sulla base del- l’approccio delle competenze, proposti sul mercato da un numero rilevante di società di consulenza in tema di gestione delle risorse umane, tanto da segnalarsi come una sorta di moda che ha interessato in particolare alcune grandi imprese e società ad alta intensità di investimento sul “capitale intangibile”. 99 mento inteso come entità ineffabile sancita soggettivamente come mero gradi- mento. La centralità dei sistemi formativi rinnovati è data da una nuova forma di legittimazione costituita dal riconoscimento dei soggetti portatori di interessi (stakeholder) circa il bene-sapere, con cui le agenzie formative si relazionano in forma di rete sulla base di un patto di partenariato dotato di forte reciprocità (Chiosso, 2002). Lo scuolacentrismo non è stato ancora ben approfondito in tutti i suoi fattori: esso rappresenta paradossalmente una rigidità tale da produrre ostacoli all’accesso dei saperi stessi che vengono offerti. Per questo motivo, sempre più strati di popo- lazione si trovano nella condizione dell’analfabetismo, sia quello classico sia quello della società cognitiva. E non si tratta della mera battaglia sul valore legale dei titoli di studio, visto che coloro che la propugnano finiscono per santificare l’e- sperienza (di lavoro) come unica fonte valida di certificazione degli apprendimenti e sostengono che il patrimonio delle competenze spetta alle learning organization (Morgan, 1999). Di conseguenza, l’alternativa ad una scuola e ad una università monopolistiche ed autoreferenziali non è data da nessuna scuola e nessuna università, ma da un di- verso modo di svolgere le funzioni educative e formative proprie di tali istituzioni che debbono rinnovarsi – così come ogni altro servizio sociale – cercando la pro- pria legittimazione sulla base delle performance che producono ed associando i soggetti sociali nel compito della valutazione e validazione. Tutto ciò significa riconoscere che i servizi sociali non possono essere emana- zione della struttura della pubblica amministrazione, sotto forma di adempimenti più o meno burocratici, ma corrispondono ad opere della società civile che forni- scono alla stessa un luogo di riflessione sulla sua vicenda culturale e sulla respon- sabilità di costruire un futuro positivo e sensato. Educazione e formazione sono compiti – e nel contempo competenze – della società civile, che esprime in tal senso una propria vocazione primaria oltre che una (relativa) delega funzionale ad organismi che operino non in modo totalizzante, bensì in una logica maieutica e progressiva. Oltre lo scuolacentrismo vi è quindi una “scuola modesta” al servizio della città e del territorio, che riconosce i propri interlocutori e condivide con loro l’ela- borazione del piano dell’offerta formativa ed anche la creazione dei percorsi di apprendimento. Come spesso succede nel passaggio da posizioni monopolistiche a posizioni di servizio, il pericolo di perdita di ruolo è connesso al venir meno di una prospettiva “alta” dell’educare e dell’apprendere ovvero ad una degradazione del fatto educativo a commercio ed amministrazione. Di contro, è un’agenzia forma- tiva “buona” quella che sa porsi in modo aperto e disponibile nei confronti dei portatori di domande (ma anche di risorse) educative, e che in tal modo finisce per accedere ad una legittimazione tale da esaltarne le funzioni peculiari e distintive, che peraltro non giustificano mai fenomeni di autocompiacimento, bensì una spinta tesa al miglioramento continuativo. 100 4. LA QUESTIONE DEGLI STANDARD PROFESSIONALI 4.1. Definizione e problematiche Si intende per standard professionale la descrizione delle caratteristiche di un ruolo professionale, ed in particolare la collocazione organizzativa ed i compiti che caratterizzano tale ruolo, così da costituire riferimento per la progettazione – e la certificazione finale – di un percorso che miri a formare persone dotate di compe- tenze adeguate. L’utilizzo dei profili professionali risponde alla necessità di finaliz- zare le attività di istruzione e formazione tecnico professionale alle reali necessità del mondo del lavoro, così da consentire l’occupabilità delle persone formate e la loro valorizzazione entro il contesto economico. Il repertorio degli standard professionali costituisce di conseguenza un docu- mento – proprio del sistema delle politiche di istruzione e formazione professionale e di quelle del lavoro – nel quale si identificano le figure professionali significative per le azioni connesse a tali politiche, e se ne specificano le caratteristiche dal punto di vista dei sistemi di classificazione, della collocazione organizzativa, delle modalità di esercizio del lavoro comprese quelle contrattuali, delle condizioni pro- fessionali che ne identificano il campo di riferimento in quanto “lavoro compe- tente” e quindi i compiti e le competenze, dei fattori normativi che governano tale sistema professionale, dei requisiti necessari – in termini di titoli di studio, di for- mazione e di esperienza, di requisiti personali, al fine dell’ingresso nei relativi seg- menti di mercato. Questa definizione indica già la difficoltà di pervenire ad un’intesa universal- mente condivisa circa tali standard. Infatti, nel corso del tempo, si è passati da una definizione esclusivamente “performativa” degli standard professionali – ovvero centrata sulle attività, propria dei modelli di analisi del lavoro cosiddetti fordisti (Lodigiani - Martinelli, 2002) – ad una definizione sempre più complessa, e per certi versi sfumata, derivante sia dalla frammentazione e flessibilizzazione del lavoro, sia dall’aumento dei fattori che via via sono stati ritenuti rilevanti nella definizione della professionalità, quali la capacità di comunicazione, la padronanza di tecniche di informazione, la gestione delle relazioni, il lavoro cooperativo, il fronteggiamento dei problemi e dell’incertezza, ed inoltre le attitudini che permettono la riflessione in ordine alle pratiche che si svolgono entro l’ambito di lavoro al fine di consolidare un sapere professionale che procede in rapporto al corso dell’azione e consente di trasferire la competenza anche in altri contesti (Schön, 1983). Ma tale ampliamento conduce a sua volta a dispositivi eccessivamente sofisticati che spesso perdono di vista la visione olistica dell’intera figura professionale e della stessa persona che la presidia. Essi conducono pertanto alla “atomizzazione” della competenza professio- nale ed una concezione delle professioni in termini di ruoli e capacità “disaggrega- bili” in particelle attraverso un’analisi di tipo funzionale, secondo una concezione artificiale della competenza, che a sua volta induce modelli formativi granulari, non in grado di sostenere processi di apprendimento effettivamente competenti. 101 Di conseguenza al modo in cui si intendono gli standard professionali, pos- siamo avere diverse concezioni degli standard formativi: – come elenco di prestazioni/attività pratiche secondo una sorta di “mansio- nario” professionale; – come elenco di conoscenze/abilità/comportamenti che articolano la prestazione in componenti; – come “padronanza” della persona nel saper porre in atto, a fronte di compiti- problema, strategie di soluzione pertinenti ed efficaci, sapendo mobilitare a tale scopo le risorse disponibili. Sottostanti a tali modelli vi sono differenti visioni antropologiche: chi consi- dera l’essere umano come un elemento del processo produttivo sottoposto ad impe- rativi cui deve sapersi adattare tramite comportamenti conformi (visione neo-adde- strativa); chi ne enfatizza la dimensione cognitiva e mira ad una formazione cen- trata essenzialmente sulle conoscenze spesso organizzate per materie o discipline (visione scolasticistica); chi infine concepisce il soggetto umano come soggetto unitario, volitivo e progettuale, e ne sollecita la responsabilità a fronte di compiti- problemi che ne mettono in gioco l’implicazione e la capacità di mobilitazione delle risorse (visione olistica). 4.2. Crisi del concetto di qualifica professionale In realtà vi è stato un periodo storico nel quale la nozione di standard profes- sionali (altrimenti detti “referenziali professionali” di chiara derivazione francese: référentiel professional) ha potuto presentare una valenza generalistico ed onni- comprensiva, e funzionare sia come descrittore per l’analisi de lavoro, sia come struttura giuridica relativamente ai contratti, sia come modello regolativo dei si- stemi di formazione e delle politiche del lavoro: si tratta della fase più espansiva del welfare state tramite l’utilizzo della categoria di “qualifica professionale”. Con l’espressione qualifica professionale si intende un’attribuzione formale ad un individuo di un riconoscimento attestante il possesso dell’insieme delle attitu- dini, delle conoscenze, delle competenze e delle esperienze acquisite che permette di esercitare un’attività lavorativa determinata. La qualifica ha rappresentato un’i- stituzione sociale riconosciuta da convenzioni collettive che classificano e gerar- chizzano i posti di lavoro da cui discendono i contratti collettivi nazionali che si basano precisamente sulla esatta distinzione di categorie professionali, ruoli e livelli cui sono connesse le retribuzioni. Ad essa è pure orientata la formazione pro- fessionale nella tipologia delle qualifiche strutturate per mansioni, e che conduce a certificati professionali riconosciuti al fine dell’inserimento lavorativo e l’inquadra- mento professionale. La qualifica, che come abbiamo detto non rappresenta solo uno strumento per la classificazione dei lavori ma costituisce una vera e propria istituzione sociale, svolge un ruolo anche nelle relazioni industriali e dota i lavoratori di armi collettive 102 e suscettibili di opporsi ai voleri degli imprenditori. Sorge pertanto un sistema di convenzioni collettive che istituzionalizza la nozione di qualificazione lavorativa a sua volta fondata sulla corrispondenza tra abilità operativa, impiego e salario. Il contratto di lavoro deve pertanto iscriversi entro condizioni generali, stabi- lite collettivamente; ciò al fine di assicurare ai lavoratori il pagamento al giusto prezzo dei saperi e delle abilità che essi detengono e di cui i lori titoli di studio attestano l’esistenza. La nozione di qualifica lavorativa rappresenta nel contempo anche il punto di appoggio per la trasmissione delle conoscenze professionali. Nella prima parte del secolo scorso si crea, con notevoli variazioni tra paese e paese (in Italia ciò avviene con grande ritardo e notevoli carenze che si trascinano drammaticamente ancora oggi), l’insegnamento professionale e lo stesso apprendistato. La formazione pro- fessionale si costruisce attorno a qualifiche professionali il cui contenuto è fissato normalmente sotto l’egida dello Stato (è il caso classico della Germania), ma con crescente responsabilità delle Regioni. La qualifica fornisce quindi la struttura a partire dalla quale si organizza tutto l’insegnamento professionale, sia nella modalità fornita dalla scuola e dai centri di formazione sia in quella impartita nel processo di apprendistato. Va osservato come la qualifica in realtà rappresenti una figura di mestiere, ovvero un’istituzione so- ciale che – come vedremo – essa stessa contribuisce a distruggere; infatti, la no- zione di qualifica professionale finisce per essere adattata alle condizioni di eser- cizio del lavoro industriale che attraverso la standardizzazione dei prodotti e del la- voro è la causa della decadenza dei mestieri tradizionali intesi nella forma artigia- nale o semi-artigianale. Il sistema di qualificazione è concepito intorno al concetto anonimo di livello standard, omologato da parte dello stato nel titolo di studio o certificato professio- nale; ciò corrisponde all’incremento della divisione e della standardizzazione del lavoro. Tra lavoratori e imprenditori si definisce un legame salariale anonimo e non comunitario (nel senso delle aggregazioni professionali di origine medievale) o fa- miliare come accadeva in precedenza. La qualifica consente ai lavoratori di entrare nell’ordine della cittadinanza dove le differenze sociali sono basate su una classifi- cazione effettuata a partire dai livello di istruzione e dall’inquadramento professio- nale in cui si è inseriti. Ma, a seguito della grande ristrutturazione e riorganizzazione del sistema indu- striale nell’ambito del processo di innovazione tecnologica e di globalizzazione dei mercati, anche la nozione della qualifica entra in crisi, finendo per mostrare tutta una serie di limiti che contraddicono le necessità del nuovo sistema economico. Le critiche alla qualifica – concepita come istituzione sociale, giuridica, formativa – sorgono a partire da molti aspetti: la questione dell’inadeguatezza del sistema scolastico-formativo a fronte di grandi cambiamenti del sistema di produzione che hanno iniziato a manifestarsi già negli anni Settanta; la crisi occupazionale e l’ab- bandono delle ambizioni pianificatrici; la questione del lavoro terziario che non è 103 tale da consentire la determinazione dei saperi necessari al di fuori della relazione particolare cliente-addetto; la questione del riconoscimento dei saperi acquisiti me- diante il lavoro, e quindi il tema della mobilità professionale. È in questo quadro che si colloca il processo di indebolimento del concetto di qualifica tradizionalmente intesa e la necessità di una nuova modalità di defini- zione della prestazione di lavoro. Tale indebolimento si manifesta a tre livelli: 1) inadeguatezza di tale categoria interpretativa a fronte della mutevolezza del con- testo organizzativo; 2) superamento delle modalità di reclutamento e di gestione delle carriere basate su rigide corrispondenze tra qualifiche e titoli di studio e su mansionari predefiniti; 3) modifica delle relazioni istituzionali tra mondo del lavoro e sistema formativo, oltre che dell’organizzazione e del contenuto delle attività formative, crescita di pratiche volte alla validazione e del riconoscimento dei saperi e delle competenze professionali. 4.3. L’ambigua “competenza” A fronte di tali questioni, è sorta da più parti negli ultimi anni la prospettiva di utilizzare la competenza come categoria-base per il superamento delle difficoltà evi- denziate, con un effetto sostitutivo nei confronti della qualifica in ogni suo aspetto: strumento di analisi della professionalità, modalità di classificazione dei lavori, cate- goria giuridica per la definizione dei rapporti di lavoro, modello di riferimento per la formazione. Quindi, considerando i molteplici significati di quest’ultima (socio-pro- fessionale, contrattuale e formativa), facendone nuovamente un uso totalizzante qua- si come fosse una chiave passepartout per ogni problema concernente le relazioni tra individuo ed organizzazioni di lavoro. In effetti, a partire dalle competenze sono sta- ti elaborati approcci innovativi di: lettura delle realtà lavorative; definizione di per- corsi di carriera, dove in particolare le competenze “trasferibili” (saper risolvere un problema, fare una diagnosi, dialogare con il cliente...), in misura maggiore rispetto alle conoscenze tecniche, servono da principio organizzativo della traiettoria profes- sionale; definizione di progetti formativi; creazione di formule contrattuali aperte. Ma, nonostante un notevole entusiasmo specie di scuola consulenziale e mana- geriale intorno alla possibilità di un uso della categoria di competenza come chiave per la soluzione di una notevole varietà di problemi posti dalla crisi della qualifica e dei modelli giuridici e formativi tradizionali, emerge una presa di coscienza circa le difficoltà teoriche e metodologiche di tale operazione totalizzante e semplifi- cante (che per certi versi appare piuttosto “complicante”5). Tale esito appare chiaramente attraverso un excursus nel corposo dibattito teo- rico che si è sviluppato sul tema. Abbiamo pensato di raggruppare i numerosi con- 5 La “consistente letteratura, non solo italiana, prodotta nei più recenti anni testimonia l’inte- resse, sia degli operatori che degli studiosi, per lo sviluppo di nuovi strumenti e tecniche per la gestione delle risorse umane, ma evidenzia altresì la rincorsa alla sirena delle best practices e ad una forse poco utile ed eccessiva sofisticazione delle tecniche” (Boldizzoni - Manzolini, 2000, XI). 104 tributi disponibili secondo due chiavi di lettura: la prospettiva da cui si guarda la competenza e la concezione di professionalità proposta. Dal punto di vista della prospettiva da cui si guarda la competenza, che com- porta anche la scelta del fattore da cui essa origina, emerge una duplice posizione: coloro che definiscono la competenza come un attributo individuale ovvero intrin- seco alla persona (Spencer e Spencer, 1995) e coloro che invece ne fanno un fattore strategico entro la logica del business quindi estrinseco al soggetto umano (Hamel e Prahalad, 1995). Naturalmente, la questione che divide i due approcci è il rapporto di causalità tra dotazione individuale, contesto organizzativo e performance competente. Mentre coloro che sostengono la prospettiva intrinseca tendono a considerare i fattori psicologici determinanti ai fini di un comportamento competente, coloro che sostengono la prospettiva estrinseca collocano invece l’azienda nel punto essenziale da cui dipende la dotazione di competenza che l’individuo è in grado di presentare. Questa varietà di analisi e di modelli teorici e classificatori basati sul concetto di competenza ci indica come sia di fatto impossibile sostituire il concetto di quali- fica professionale in quanto istituzione sociale al concetto di competenza che, semmai, rappresenta un modo di definizione delle caratteristiche complesse di molte delle figure di lavoro attuali, non facilmente classificabili né riconducibili a dispositivi univoci. 4.4. Rilevanza dei fattori sociali e personali Risulta in ogni caso rilevante, a seguito della crisi del concetto di “qualifica professionale”, la nozione di capitale sociale, tramite cui si intende la rete di rela- zioni personali che un individuo può mobilitare direttamente per perseguire i suoi fini e migliorare la sua posizione sociale. Questa rete di relazioni non viene intesa unicamente sotto il profilo delle “referenze”, ma costituisce anche un modo per ampliare lo spazio delle opportunità di visione della realtà sociale e del lavoro e quindi anche di apprendimento. In questo senso, il capitale sociale viene utilizzato per spiegare il diverso grado di successo dei giovani nell’inserirsi nel mondo del la- voro e nell’accrescere il loro capitale umano, cioè le conoscenze e le abilità appren- dibili dall’esperienza. Diverse ricerche hanno messo in evidenza come, nel funzionamento del mer- cato del lavoro, giochino un ruolo rilevante le reti di relazioni in cui la singola per- sona è collocata. Mark Granovetter (1973) mostra in modo convincente e innova- tivo come le reti in cui la persona è collocata influenzino le possibilità di trovare la- voro. In particolare, viene posta in luce la rilevanza delle reti sociali nel funziona- mento del mercato del lavoro e nelle forme di organizzazione produttiva. Questo si- stema di razioni che definisce il capitale sociale esprime bene la forza dei “legami deboli” ovvero di quelle dotazioni dell’individuo che non sono costituite solo dal- l’appartenenza sociale e dal livello economico; la disponibilità di reti di cono- 105 scenze più aperte, anche se non particolarmente intense, costituisce la condizione che consente di ampliare le informazioni disponibili per i soggetti nella ricerca di migliori posizioni lavorative. La riflessione in merito al capitale sociale rappresenta un correttivo rispetto alle rappresentazioni individualistiche del processo di inserimento sociale della persona, e ciò a causa della presenza nel contesto economico di una nuova configu- razione reticolare che indica un modello stabile di transazioni cooperative tra attori derivante dall’intesa volontaria tra soggetti autonomi e indipendenti. L’era attuale presenta infatti una razionalità economica diametralmente op- posta a quella propugnata da A. Smith che, in La ricchezza delle nazioni sosteneva la necessità della ricerca del vantaggio individuale contro quello collettivo; oggi, al contrario, è integrando l’attività economica di ciascuno in un reticolo di relazioni reciproche, mutuamente vantaggiose, pensato per ottimizzare lo sforzo collettivo, che il successo di ogni impresa diviene più probabile. Essa indica l’esistenza di una mappa di relazioni personali che legano gli im- prenditori e che può consentire di agire nel mercato anche in presenza di tran- sazioni rischiose, perché sono il segnale della presenza di una risorsa cruciale: la fiducia. In questo senso, accanto al capitale economico e culturale troviamo un nuovo tipo di capitale, chiamato appunto sociale, che agisce in forma di legame e con- sente a chi ne è parte di godere di un vantaggio – rispetto chi ne è escluso – dovuto propriamente alla fiducia che questa appartenenza gli attribuisce. Di conseguenza, i processi formativi e di inserimento nel mondo del lavoro sono più efficaci se l’organismo formativo ed i docenti godono di fiducia presso le imprese di riferi- mento ed inoltre se si sono svolte iniziative di alternanza presso contesti consi- derati significativi entro la comunità degli imprenditori che decidono di questo inserimento. 4.5. Tre modelli di descrizione della professionalità In chiave più sistematica, esistono tre grandi scuole di pensiero circa il modo in cui elaborare il profilo professionale: 1) La scuola granulare che pone al centro dell’analisi le attività lavorative sotto forma di mansioni. Tale visione ha le sue origini nel modello di organizzazione scientifica del lavoro di F.W. Taylor che prevede la verticalizzazione della decisione, la definizione scientifica delle mansioni, la selezione della persona più adatta, l’addestramento della stessa in modo efficiente, il controllo della produttività. Bresciani colloca tale approccio entro le «tipologie di competenza centrate sui processi operativi mediante i quali gli individui mettono in re- lazione le proprie risorse personali con le richieste del compito-contesto» (Bresciani 2001, p. 5). 2) La scuola istituzionale che enfatizza l’importanza dell’organizzazione al fine di delineare ruoli che corrispondano alle reali professioni aziendali; queste 106 devono essere pensate come vere e proprie “strutture sociali” ovvero famiglie professionali identificate da figure omogenee per competenze maturate e skill effettive realizzate. Tutto ciò è reso in modo esplicito nelle seguenti citazioni: «Il superamento dell’approccio unidirezionale fra individuo e organizzazione non può essere offerto dalle prospettive di sviluppo dei sistemi di gestione delle competenze. Le competenze non stanno in piedi da sole: sono attributi delle ‘strutture professionali’ che sono l’elemento di congiunzione tra sistema organizzativo e individuo». «La progettazione e lo sviluppo di nuovi sistemi professionali... si erigono su una linea interpretativa che definisce le compe- tenze attributi delle professioni aziendali; queste devono essere pensate come vere e proprie ‘strutture sociali’ (famiglie professionali), come ‘comunità lo- cali’ identificate da figure omogenee per competenze maturate e skill effettive realizzate» (Boldizzoni e Manzolini 2000, p. 38). 3) La scuola olistica che mira a ricomporre le figure professionali intorno ad aree di responsabilità ed a situazioni problematiche che convergono verso il ruolo in oggetto ed enfatizzano l’apporto individuale. In questo senso, la competenza è tale quando mobilita aspetti significativi del comportamento della persona, generando in tal modo prestazioni eccellenti, accettabili o insufficienti, oltre a competenze di soglia e distintive. Il punto di riferimento di tale impostazione è costituito dal processo di de-standardizzazione del lavoro tipico dell’epoca industriale che si manifesta come assemblaggio di compiti parziali e da un alto livello di qualificazione e di “sovranità specialistica” (Beck 2000, p. 209). Se pure la letteratura converge sulla necessità di superare rigide descrizioni di ruoli e mansioni, nel momento propositivo il ventaglio delle posizioni si apre ri- schiando in tal modo di cadere in uno scenario caotico e difficilmente gestibile. D’altro canto, anche coloro che mirano a ricostruire tutte le figure di lavoro a par- tire da una mappa globale di competenze paiono destinati ad un esito deludente, vista l’impossibilità di costruire repertori validi in generale, indipendentemente dalle condizioni di esercizio del lavoro. In sintesi, si può dire che, se pure nel passato i tre momenti di classificazione professionale, normazione dei rapporti di lavoro e programmazione del sistemi formativi trovavano una coincidenza nel concetto-istituzione sociale di “qualifica professionale”, attualmente occorre procedere in modo più aperto e relazionale, attraverso un approccio che preveda i seguenti passaggi: a) sistemi di classificazione essenziali a carattere convenzionale e descrittivo, in cui prevalgano figure professionali polivalenti; b) aspetti propri della professionalità definiti tramite “ambiti di competenza” derivanti dalla cultura del lavoro propria dell’area/comunità professionale di appartenenza della figura di riferimento; c) processi formativi che enfatizzano la capacità di contestualizzare l’intervento e di validarne concretamente i risultati. 107 4.6. Il modello di riferimento Di conseguenza a quanto proposto nelle riflessioni precedenti, sembra preferi- bile una metodologia mista in grado di descrivere i vari fenomeni relativi alla pro- fessionalità, al fine di elaborare “standard professionali” che consentano di svilup- pare un confronto-validazione con rappresentanti delle istituzioni economiche e formative del campo di riferimento delle aree oggetto di studio. Tre sono i passaggi fondamentali che abbiamo adottato: 1) individuazione dei caratteri propri della cultura professionale dell’area/comunità individuata tramite una riflessione in ordine alla letteratura del settore; 2) elaborazione di una mappa e relativa struttura delle figure professionali presenti nell’area oggetto di studio; 3) individuazione delle aree di compiti/di competenza propri di tali figure, distinte in comuni e specifiche. 1) Per “caratteri propri della cultura professionale” si intendono gli elementi caratterizzanti che connotano l’insieme dei sapere professionale inteso come sapere in azione. Si tratta, in altri termini, dei tratti distintivi che caratterizzano un’area/comunità professionale rispetto alle altre e che concernono i seguenti fattori: i fattori che connotano la struttura della “cultura d’azione” propria di quest’ambito; le modalità di esercizio della professionalità; la deontologia pro- fessionale. Il ricorso a questo fattore precedente alla analisi puntuale delle specifiche atti- vità si rende necessario al fine di pervenire ad un modello di interpretazione ed una metodologia di analisi che siano in grado di superare la prospettiva pre- scrittiva dei comportamenti di lavoro intesi come esatta applicazione di precise procedure alle attività che si presentano all’operatore in vista di obiettivi pre- definiti, per un’altra prospettiva che enfatizza il lavoro come azione dotata di un senso compiuto (e condiviso) intorno ad una serie di valori e criteri che de- notano una cultura organizzativa e professionale, e che consente di mobilitare le risorse personali nel fronteggiare e superare positivamente i problemi in vista della loro risoluzione tramite prestazioni e prodotti che soddisfano i vari interlocutori coinvolti. Ciò anche per evitare di cadere nelle impasse teoriche e metodologiche proprie di categorie elusive quali “frammentazione”, “complessità” e “flessibilità” che, se adottate come fattori unici caratterizzanti il lavoro, condurrebbero al blocco della ricerca e dell’interpretazione. Se il lavoro non è più caratterizzato dalla centralità del contratto e quindi del- l’istituzione sociale della qualifica, si possono reperire gli aspetti connotativi delle professioni in fattori di accomunamento di natura culturale ed sociale, e quindi i tratti propri della cultura professionale, da cui dipende l’individua- zione delle figure presenti nell’area/comunità professionale e le loro caratteri- stiche di “lavoro competente”. 108 2) La mappa e relativa struttura delle figure professionali risponde ad una impo- stazione che supera le tradizionali classificazioni per settore economico/attività e procede attraverso un approccio più ampio, ad un tempo culturale e sociale. Da questo punto di vista, la comunità professionale presenta le seguenti carat- teristiche: – è dotata di un quadro di valori che ne definiscono lo statuto deontologico – anche se informale – oltre che di requisiti di appartenenza e di tutela; – è caratterizzata da un insieme di saperi specifici (anche se non così distintivi come accade nelle professioni classiche); – presenta canali di ingresso definiti (con partnership con scuole, centri ed università) e metodologie di presa in carico delle persone; – richiede per i neo-assunti percorsi formativi prevalentemente in alternanza tra modalità extra-aziendali ed aziendali. Essa è composta da più profili professionali, che ne costituiscono le compo- nenti riferite a specifici ruoli, sono caratterizzati da un proprio referenziale professionale e formativo, risultano mutevoli nel corso del tempo a seguito delle modifiche organizzative e tecnologiche. Rimane sempre decisivo il fatto che l’acquisizione della competenza non può essere disgiunta dal suo concreto esercizio nel contesto organizzativo in cui si svolge l’attività della figura e della famiglia professionale cui si riferisce, pena la perdita della sua validità (che, a rigore, non può essere attribuita alla sola agenzia formativa, bensì all’interazione tra questa e l’impresa coinvolta nel processo formativo). La comunità professionale prevede i seguenti elementi per poter sussistere e svolgere i compiti per cui è istituita: percorsi di accesso e “prove di compe- tenza/maestria”; sistemi di valutazione in formale ed informale; regole di eser- cizio della professione e di avanzamento / allontanamento del singolo in base alla coerenza ad esse; strumenti di comunicazione e di interazione che consen- tano di scambiare informazioni selezionate, tessere i legami e sviluppare una logica di comunità; modalità di apprendimento e di crescita professionale a partire dalla riflessione sulle esperienze individuate come fonte primaria del sapere condiviso nella comunità. La comunità professionale è assimilabile quindi alla comunità di pratiche che rappresenta un gruppo di persone che lavorano assieme per un certo periodo di tempo, concorrendo alla realizzazione di un compito comune. Siamo di fronte a forme di collaborazione connotate dalla consapevolezza di agire alla pari e dalla necessità di estendere la conoscenza, il sapere a tutti i membri (Wenger, 1998). La mappa della comunità professionale prevede figure polivalenti ed allo stesso tempo “plastiche” ovvero in grado di sviluppare “curvature” in rela- zione ai contesti in cui si esercitano ed alle esperienze entro cui si implicano. Tali figure presentano una tendenza alla crescita verticale secondo i tre gradi tipici: qualificato, tecnico, tecnico superiore/quadro. 109 3) In termini sociali, si intende per competenza una caratteristica della persona, mediante la quale essa è in grado di affrontare efficacemente un’area di pro- blemi connessi ad un particolare ruolo o funzione entro un contesto professio- nale ed organizzativo di tipo qualificante. Per tale motivo, sarebbe preferibile parlare di persona “competente” piuttosto che di competenza. La competenza è una forma di relazione sociale, ovvero l’elemento su cui si fonda il riconosci- mento sociale entro una relazione di scambio tra individui e istituzioni. La sua difficoltà di individuazione sta nel fatto che essa appare in relazione agli effetti che procura sotto forma di adeguatezza della soluzione dei problemi affidati ad una persona giudicata socialmente competente, ma non emerge come oggetto di analisi a sé stante. L’opacità sociale di questa categoria è confermata anche dalla necessità che la persona competente operi costantemente entro un am- biente che ne favorisca la padronanza, senza il quale (processi, tecniche, rela- zioni, regole, risorse...) essa tende a recedere oppure all’obsolescenza. D’altra parte è vero che la competenza non si identifica né con una perfor- mance, né con una semplice somma di performance, ma anzi è un insieme di cono- scenze, abilità, comportamenti, ecc., esercitato (e trasferibile) in un contesto reale. Per cui proprio il valutarla in una condizione decontestualizzata, impedisce di ac- certarla per quello che essa è. Una persona è competente se queste performance le esercita davvero per risolvere problemi reali, nella vita e/o nel lavoro. La compe- tenza vera non si valuta con prove, ma con l’osservazione strutturata in situazione e soprattutto tramite il riconoscimento sociale (validazione) del valore delle perfor- mance che la persona competente è in grado di svolgere. Al centro del processo della competenza vi è quindi una particolare forma di azione, quella di una persona competente che risulta in grado di mobilitare – in un modo strettamente personale, ovvero legato agli stili di apprendimento e di azione del singolo individuo – le risorse possedute (capacità, conoscenze, abilità) al fine di condurre un compito-problema ad una soluzione valida. La competenza non è pertanto riducibile né a un sapere, né a ciò che si è acquisito con la forma- zione. Essa richiede necessariamente una prova concreta, nella quale il titolare si impegni in modo autonomo e responsabile a fronte di un sistema di attese che provengono da altre persone o istituzioni con cui si è instaurato un particolare legame di scambio. Le Boterf (1998) scrive: «In molti casi la nozione di competenza che viene utilizzata nei progetti risale a quella della fine degli anni 60: una somma di sapere, saper fare e saper essere. In realtà le competenze sono qualcosa di più complesso (...) La competenza è una costruzione: è il risultato di una combinazione appro- priata di svariate risorse. Per questo è opportuno distinguere: – le risorse necessarie alla costruzione delle competenze; – le competenze propriamente dette, che si esprimono in termini di attività o pra- tiche professionali e corrispondono a ‘schemi’... specifici di ciascuna persona; 110 – le prestazioni (performances) che costituiscono i risultati verificabili delle azioni poste in essere (indicatori di qualità, tassi di soddisfazione della clien- tela, quantità di prodotti, tasso di valore aggiunto, quantità degli scarti, ...). La risorse derivano da un duplice equipaggiamento al quale la persona può ricor- rere per costruire le sue competenze: il suo equipaggiamento personale (conoscenze, abilità, savoir-fare, attitudini, esperienze, ecc.) e l’equipaggiamento che le viene dal- l’ambiente in cui vive (reti di rapporti umani, strumenti, banche dati, ecc.) ... Non esiste un rapporto puntuale fra ciascun elemento delle risorse e ciascuna competenza. La stessa risorsa può servire ad una pluralità di competenze. Ed esi- stono svariati assi per queste combinazioni, attorno ai quali si costruiscono le com- petenze. La capacità di combinare queste risorse è la competenza di una persona di costruire le competenze che le sono necessarie. Si tratta di una capacità molto complessa, una sorta di ‘scatola nera’ difficilmente accessibile e si trova nel cuore dell’autonomia di un individuo». Le competenze chiave rappresentano aspetti peculiari della cultura profes- sionale della persona da cui dipende in modo particolare il successo e la qualità dell’azione. Si riferiscono normalmente alle dimensioni cognitiva, comunicativa e relazionale, progettuale, di controllo e di apprendimento e sviluppo continuativi. Si distinguono in competenze comuni all’area/famiglia professionale e competenze specifiche, proprie della figura professionale. 4.7. Una sintesi Gli standard professionali, secondo l’impostazione derivante dalle riflessioni fin qui condotte, che hanno tenuto conto sia della riflessione teorica in ordine ai mutamenti del lavoro e dell’organizzazione sia delle metodologie di descrizione dei fenomeni professionali al fine di ottenere strumenti validi per la programmazione/ regolazione dei sistemi di istruzione e formazione professionale, sono quindi com- posti da tre elementi: – la mappa delle figure professionali polivalenti collocate entro la propria comu- nità ed area professionale; – la descrizione del profilo, dei compiti-problema che convergono sulla figura professionale in quanto “ruolo lavorativo”6 e sua collocazione; – le competenze chiave previste per il presidio del ruolo, distinte in comuni e specifiche. 6 Il ruolo lavorativo è l’insieme delle norme e delle aspettative che convergono su un individuo in quanto occupa una determinata posizione in una organizzazione lavorativa dove si delinea una specifica rete di relazioni sociali. Tali norme e aspettative provengono dagli individui che occupano le posizioni collegate a quella del soggetto. In tal modo, si ottengono le attese di ruolo, che sono da distinguere dal comportamento di ruolo, ovvero il modo in cui l’individuo agisce concretamente la sua posizione (Gallino, 2000). 111 Inoltre è possibile delineare i livelli di padronanza delle competenze, quando siano significative per distinguerle dalle altre figure. Tali livelli si possono artico- lare nel modo seguente: basilare, adeguato ed eccellente. Tali standard sono da intendere in chiave convenzionale, relazionale e proiet- tati entro l’azione da cui traggono la loro validazione che conduce alla revisione continuativa secondo le dinamiche della realtà sociale ed economica. Essi non pos- sono esaurire la ricchezza e la complessità della realtà sociale del lavoro e della professione, ma rappresentano strumenti che consentono di ordinare (regolare) i sistemi dell’istruzione e della formazione professionale in modo che, entro azioni razionali, progettuali, relazionali e dotate di senso, mediate dal punto di vista peda- gogico, si creino le condizioni affinché le persone possano divenire competenti. In tal senso, gli standard professionali sono l’occasione di un dialogo sempre nuovo ed arricchente tra gli attori del “gioco formativo”: non definiscono in modo astratto la realtà del lavoro, ma favoriscono una dinamica d’azione avente caratteri formativi, che trae dal contesto e dall’esperienza le risorse e le occasioni per una formazione competente delle persone. 5. LA CERTIFICAZIONE EUROPEA In materia di istruzione, l’obiettivo chiave stabilito in ambito comunitario è quello di fare dell’Europa, entro il 2010, un punto di riferimento di qualità a livello mondiale per l’istruzione e la formazione. È necessario eliminare gli ostacoli alla mobilità geografica e professionale e promuovere l’accesso all’apprendimento per- manente, accrescere la trasparenza e il riconoscimento delle competenze e delle qualifiche nell’ambito dei sistemi di istruzione e formazione professionale vigenti, promuovere una più stretta cooperazione per quanto riguarda la qualità dei sistemi educativi e formativi. Diverse azioni sono state avviate nei Paesi UE ai fini del riconoscimento dei titoli accademici: l’European Credit Transfer System (ECTS) introdotto dal 1989 e applicato nell’ambito dei programmi di mobilità studentesca in Europa, il processo di Bruges Coopenhagen, che vede gli Stati membri impegnati ad intraprendere ulteriori azioni per introdurre strumenti volti a garantire la trasparenza dei diplomi e delle qualifiche nella formazione professionale, anche attraverso l’elaborazione di nuove iniziative/strumenti a livello comunitario quali l’Europass. L’analisi dei dispositivi di istruzione e formazione svolta mette in evidenza che nei Paesi europei la messa a punto dei modelli innovati nella formazione professio- nale comporta la ridefinizione delle relazioni tra sistemi educativi e formativi na- zionali e locali, tessuto economico produttivo e attori sociali. La varietà e la ric- chezza delle soluzioni adottate a livello nazionale in materia educativa e formativa non è tuttavia riuscita né riuscirà facilmente a generare sul piano istituzionale un framework unico utilizzabile in chiave europea. Sullo sfondo di una problematica 112 comune, i singoli assetti nazionali si organizzano e si percepiscono come isole i cui confini e la cui geografia sono determinate da regole interne, comprese e condivise all’interno del sistema, ma scarsamente traducibili da un sistema all’altro. L’azione comunitaria in materia di trasparenza delle certificazioni, si è svilup- pata secondo logiche evolutive legate al raggiungimento di diversi obiettivi che le politiche disegnate dalle Istituzioni comunitarie si proponevano di raggiungere. Dapprima le istituzioni comunitarie hanno operato alcuni interventi a livello legis- lativo per lo sviluppo del consenso degli Stati membri sul tema, quali la risoluzione del 15 luglio 1996 del Consiglio dell’Unione Europea sulla trasparenza delle certi- ficazioni della formazione professionale che invita gli Stati membri – nel rispetto delle pratiche nazionali e delle responsabilità delle autorità competenti – ad adot- tare strumenti/indicatori di trasparenza da riportare sulle certificazioni nazionali, per migliorarne la comprensibilità, nonché a rilasciare certificazioni di formazione professionale in altre lingue comunitarie. Soltanto negli anni successivi, le Istituzioni comunitarie hanno messo a punto dispositivi di certificazione e documentazione comunitari, da aggiungere alla certi- ficazione nazionale – quali il CV europeo, l’ECDL, il portfolio europeo delle lingue, il certificato Europass- formazione (per la certificazione delle esperienze di stage/lavoro) – da considerarsi come complementari a quelli nazionali e utilizzabili direttamente da parte di tutti. A supporto di questa attività, dal 1998 ha preso avvio il Forum Europeo sulla tra- sparenza delle Vocational Qualification (1988-2002), promosso dal CEDEFOP, luogo di dibattito dove sono confluite le posizioni e le esperienze dei diversi Paesi europei. Il 19 dicembre 2002 i ministri responsabili dell’istruzione e formazione profes- sionale in 31 Paesi europei hanno adottato la dichiarazione di Coopenhagen, la Risoluzione del Consiglio sulla promozione di una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale, che stabilisce un insieme di obiettivi programmatici e ambiti di intervento per il miglioramento dei sistemi di Formazione Professionale in Europa, tra cui sottolineamo: a) la dimensione europea - ... facilitare e promuovere la mobilità e lo sviluppo di forme di cooperazione interistituzionale, partenariati e altre iniziative transnazionali al fine di dare maggiore visibilità al settore europeo dell’istruzione e della formazione... b) trasparenza, informazione e orientamento - ... aumentare la trasparenza nell’istruzione e nella formazione professionale ...anche grazie all’integrazione di strumenti esistenti in un unico quadro, quali il CV europeo, i supplementi ai certificati e ai diplomi, il quadro co- mune europeo di riferimento per le lingue, l’Europass, ecc. - ... rafforzare le politiche, i sistemi e le prassi che sostengono l’accesso al- l’apprendimento, l’istruzione e la formazione professionale e la trasferibilità e il riconoscimento delle competenze e delle qualifiche, in modo da agevo- lare la mobilità occupazionale e geografica dei cittadini in Europa. 113 c) riconoscimento delle competenze e delle qualifiche - ... esaminare i modi per promuovere la trasparenza, la comparabilità, la tra- sferibilità e il riconoscimento delle competenze e/o delle qualifiche tra i vari paesi e a differenti livelli elaborando livelli di riferimento, principi comuni di certificazione e misure comuni, fra cui un sistema di trasferimento di cre- diti accademici per l’istruzione e la formazione professionale. Definire una serie di principi comuni concernenti la convalida dell’apprendimento non formale ed informale, al fine di assicurare una maggiore compatibilità tra le impostazioni seguite dai vari paesi e a differenti livelli. Nei Paesi comunitari sono stati istituiti i punti nazionali di riferimento per l’erogazione di informazioni sulla certificazione delle qualifiche professionali. La loro attività si svolge in collegamento ai sistemi regionali e alle reti e ai Punti di Contatto già operanti in tema di mobilità sul territorio nazionale (NARIC; Euro- guidance, Punto di contatto Europass - formazione). Le tendenze emergenti nel contesto comunitario in tema di certificazioni sono così definibili: – in Europa è in atto la tendenza all’integrazione tra sistemi educativi (forma- zione professionale scuola/Università – Lavoro); la certificazione delle compe- tenze e il riconoscimento delle qualifiche sembra essere l’elemento di connes- sione tra i sistemi stessi. Certificare richiede infatti definire quali competenze, espresse come, verificate in quale modo; stabilire chi certifica, attraverso quali procedure, producendo quale documentazione; – le modalità attraverso le quali un sistema riconosce le competenze acquisite al suo interno sono chiare; non sono invece per niente chiare le modalità attra- verso le quali un sistema riconosce le competenze acquisite nell’ambito di un altro sistema. Questo aspetto risulta evidente nei contesti nazionali dove c’è separazione tra i diversi livelli di istruzione (istruzione scolastica, istruzione professionale, apprendistato) e in assenza di meccanismi di integrazione e rico- noscimento dei diversi percorsi scolastico-formativi; – in una prospettiva rivolta all’apprendimento permanente, quale appunto quella che si sta affermando in ambito comunitario, occorre perseguire a tutti i livelli, compreso quello dell’apprendimento formale e non formale, una maggiore cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione professio- nale, assicurando collegamenti appropriati tra l’istruzione e la formazione ini- ziale e continua; – la messa in trasparenza delle competenze delle persone e delle qualifiche pro- fessionali favorisce la mobilità e la circolazione delle competenze tra i diversi sistemi all’interno dei Paesi comunitari e tra i Paesi stessi; – le esperienze in corso e i risultati raggiunti a livello comunitario mettono a disposizione un insieme di dispositivi integrabili con quelli nazionali. 114 Gli strumenti della Commissione introdotti negli ultimi anni sono quindi: Il modello europeo per il curriculum vitae7 Il modello europeo di curriculum vitae è uno strumento facoltativo al servizio di ogni cittadino che desideri studiare o lavorare in uno Stato membro ed è desti- nato anche ad aiutare gli istituti di insegnamento e di formazione e i datori di lavoro a valutare meglio le conoscenze acquisite. Il CV europeo, disponibile in formato elettronico e in versione cartacea, inizia con dati personali e comprende le sezioni relative alle esperienze professionali, all’istruzione e alla formazione acquisita. Le altre competenze e attitudini personali, come la conoscenza delle lingue straniere e le varie capacità nel settore artistico, sociale, tecnico e di altra natura, vengono segnalate alla fine. European Language Portfolio 8 Lo European Language Portfolio è un documento nel quale sono descritte le conoscenze linguistiche di un individuo. Nato nell’ambito del Common Framework for Languages (CFL), ossia l’insieme di regole che la Commissione e il Consiglio si sono date per definire standard di apprendimento linguistico e di nuove compe- tenze, il Portfolio è una sorta di passaporto che offre un quadro completo delle conoscenze linguistiche dell’intestatario nei quattro ambiti di conoscenza relativi al parlare, leggere, scrivere, comprendere. È un documento che può essere continua- mente aggiornato ed è costruito sulla base di principi di valutazione delle cono- scenze e competenze linguistiche condivisi a livello europeo. Il Supplemento al diploma9 È un documento allegato al diploma di laurea, volto a migliorare la ‘traspa- renza’ internazionale ed a facilitare il riconoscimento accademico e professionale delle qualifiche (diplomi, lauree, certificati ecc.). Il suo compito è quello di fornire una descrizione della natura, del livello, del contesto, del contenuto e dello status degli studi intrapresi e completati con successo dal soggetto menzionato nell’ori- ginale della qualifica cui tale Supplemento è allegato. Quest’ultimo non dovrà contenere alcun giudizio qualitativo, dichiarazioni di equivalenza o suggerimenti riguardo ai riconoscimenti. Il SD è composto di otto sezioni (contenenti informazioni sul titolare della qualifica, sulla qualifica stessa, sul livello della qualifica, sui contenuti ed i risultati ottenuti, sulla funzione inquadrata con la qualifica, informazioni aggiuntive, la certificazione del supplemento, informazioni sul sistema nazionale di educazione superiore).Gli istituti di istruzione superiore devono riservare al SD le stesse proce- dure di autenticazione utilizzate per il diploma. 7 http://cedefop.eu.int/transparency/cv.asp 8 http://www.coe.int/portfolio 9 http://ec.europa.eu/comm/education/policies/rec_qual/recognition/ds_en.pdf 115 Occorre allegare al SD una descrizione del sistema nazionale di istruzione superiore nell’ambito del quale il soggetto citato sul documento originale della qualifica ha conseguito la laurea. Tale descrizione è fornita dai Centri nazionali di informazione sul riconoscimento accademico (CNIRA) ed è disponibile sul sito Web: www.enic-naric.net. Il Supplemento al certificato professionale10 Per fornire maggiori informazioni sulle proprie competenze e qualifiche, i pos- sessori di certificati o diplomi di istruzione o di formazione professionale possono utilizzare il «Supplemento al certificato» basato su un formato europeo. L’Europass-Formazione11 Il dispositivo Europass Formazione, entrato in vigore il 1 gennaio 2000, docu- menta i percorsi europei di formazione e conferisce trasparenza e visibilità all’e- sperienza maturata all’estero. L’iniziativa Europass Formazione non è un programma di mobilità. I percorsi europei che il libretto documenta possono svolgersi nel quadro di qualsiasi pro- gramma o iniziativa in materia d’istruzione e formazione, o di qualsiasi programma comunitario o nazionale. Può essere applicato per documentare anche percorsi europei di formazione in contesti non formali, come per esempio le esperienze maturate nei progetti di volontariato. I beneficiari possono essere i soggetti di un contratto di lavoro o di un con- tratto di apprendistato, allievi o studenti oppure persone in cerca di occupazione, senza limiti di età e di livello formativo e d’istruzione. La procedura per l’autorizzazione all’applicazione di Europass Formazione e alla distribuzione dei libretti è standardizzata a livello europeo e regolamentata nella Carta di cooperazione che suggerisce le linee guida comuni per l’attuazione della Decisione del Consiglio. Il percorso europeo deve essere conforme ai criteri comuni di qualità che garantiscono uno standard uniforme nei vari Paesi che aderi- scono all’iniziativa. Europass Formazione non dà una valutazione ma risponde all’obiettivo di dare trasparenza alle attività realizzate nell’ambito della mobilità transnazionale. Ripor- ta infatti i dati della persona che effettua il tirocinio, quelli relativi alla sua for- mazione in corso e ai periodi di formazione all’estero (organismo d’accoglienza, tutor ecc.). Non è un diploma, ma poiché i tirocini all’estero sono parte integrante del percorso formativo certificato dall’organismo promotore, il libretto Europass Formazione diventa un valore aggiunto alla certificazione. I Paesi che aderiscono all’iniziativa sono i 15 Paesi dell’Unione europea e i 3 Paesi dello Spazio economico europeo, Norvegia, Islanda, Liechtenstein. 10 http://cedefop.eu.int/transparency/certsupp.asp 11 http://ec.europa.eu/comm/education/europass/index_it.html; http://www.europass-italia.it/ 116 Altri strumenti riconosciuti a livello europeo riguardano: La patente informatica europea12 La European Computer Driving Licence (ECDL) è un documento che certifica la conoscenza dell’informatica e in particolare le abilità nell’uso del PC ed è rico- nosciuto come standard dall’Unione europea. Per conseguirlo, il candidato deve su- perare sette esami (sei prove pratiche e una teorica) di livello identico in ciascuno dei centri autorizzati a organizzare i test. Il sistema di trasferimento dei crediti (ECTS)13 È un sistema per misurare e confrontare i risultati dell’apprendimento e trasfe- rirli da un’istituzione ad un’altra nel campo dell’alta formazione; per accrescere le informazioni sulle carriere estere e offrire procedure comuni per il riconoscimento accademico. Il sistema europeo di accumulazione e trasferimento dei crediti è incentrato sullo studente e basato sul carico di lavoro richiesto ad uno studente per raggiun- gere gli obiettivi di un corso di studio, obiettivi preferibilmente espressi in termini di risultati dell’apprendimento e di competenze da acquisire. 6. TRE PRATICHE NAZIONALI SIGNIFICATIVE Presentiamo un confronto fra tre prassi significative rispetto al contesto europeo: – per l’Inghilterra si propone la logica dell’istruzione inglese come sistema out- come-based ovvero definito in riferimento a standard di risultato; – per la Francia si propone la VAE – Validazione delle acquisizioni dell’espe- rienza; – per la Svizzera14 si propone il metodo della validazione degli apprendimenti acquisiti. 6.1. Il caso inglese: gli standard di risultato In Inghilterra non ha significato proporre la distinzione classica tra standards di erogazione (intesi come vincoli nella predisposizione dell’offerta formativa, in ter- mini ad esempio di numero di ore, di organici, di spazi e risorse a disposizione, etc.) e standards di risultato. L’istruzione inglese è definibile infatti come outcome-based, cioè basata su un sistema di vincoli che riguardano le conoscenze e le competenze in uscita, verificate come vedremo in gran parte da organismi esterni alla scuola. 12 http://www.ecdl.com 13 http://ec.europa.eu/comm/education/programmes/socrates/ects_it.html 14 È assimilata all’Europa in quanto ha deciso di uniformare il proprio sistema educativo ai criteri europei. 117 Gli standards per la scuola dell’obbligo sono regolati dal National Curriculum, pubblicato nel 2000. Tale documento non è da intendersi come una determinazione rigida di programmi, ma come orientamenti assegnati alle scuole, che in realtà sono chiamate a sviluppare un curriculum a loro discrezione, comunque ampio e diversi- ficato. I criteri sono riassunti nella seguente tabella: Nel 2004 il Department for Education and Skills ha affiancato agli standards uno strumento di rilevazione di risultati (performance tables o league tables), arti- colato per ogni livello dei Key Stages. Nella scuola secondaria (Key stages 4) lo strumento prende il nome di Secondary School Achievement and Attainment Tables. Il documento introduce un nuovo modo di calcolare il rendimento scolastico, messo a punto dal Qualification and Curriculum Authority, che parametra la valutazione (da A* a G) ad una gamma di indicatori di risultato e ad un sistema omogeneo di punteggio. Le performances dei colleges, in termini di rendimento dei loro allievi, sono così rese maggiormente confrontabili, e come tali rese pubbliche sul sito del Dipartimento. Nel White Paper del 2005 gli standards del National Curriculum vengono arricchiti ed estesi al periodo dai 14 ai 19 anni, con una declinazione in termini di competenze (a strong core for 14-19), e con riferimento non soltanto alle discipline cosiddette accademiche (literacy, maths, ICT), ma anche alle cosiddette skills (thinking, learning and personal skills). In generale, le competenze e le conoscenze traguardo vengono ricondotte ad esiti (outcomes) espressi in termini di questioni universali riguardanti i ragazzi (every child five matters, e cioè: essere in salute, essere sicuro, divertirsi e apprendere, dare un contributo positivo, godere di benes- sere economico). Le conoscenze e le abilità sono intese come declinazioni, o come indicatori, di tali competenze traguardo. Materie obbligatorie per la scuola non per l’alunno Educazione personale, sociale e alla salute. Materie obbligatorie Inglese, matematica, scienze, disegno e tecnologia, TIC, educazione fisica, storia, geografia, educazione artistica, musica, cittadinanza, educazione religiosa. Inglese, matematica, scienze, disegno e tecnologia, TIC, educazione fisica, storia, geografia, educazione artistica, musica, cittadinanza, educazione religiosa. Inglese, matematica, scienze, disegno e tecnologia, TIC, educazione fisica, storia, geografia, educazione artistica, musica, cittadinanza, educazione religiosa, più una lingua straniera ed educazione sessuale. Diminuzione generale del numero delle materie stan- dards e dei criteri curricolari. Ciclo Key stage 1 Key stage 2 Key stage 3 Key stage 4 Età 15-71 anni 17-11 anni 11-14 anni 14-16 anni 118 Nel 2006 le tabelle di performances vengono aggiornate in conseguenza alla pubblicazione del White Paper e contestualmente alla pubblicazione dei risultati dell’anno precedente (DfES 2006). L’indicatore più importante che viene stabilito per il periodo del Key Stage Four, in coerenza agli otucomes previsti dal White Paper, consiste nella percentuale di allievi che ottengono il conseguimento di al- meno 5 GCSE con valutazione da A* a C. Inoltre vengono introdotti altri due indi- catori, consistenti nella percentuale di ragazzi che hanno conseguito le qualifiche di Inglese e Matematica funzionali rispettivamente al livello 2 o al livello 1 del NQF. Gli standard per l’istruzione postobbligo sono in generale meno regolamentati rispetto a quelli della compulsory education (non esiste un curriculum obbligatorio: esso è determinato in funzione delle qualifiche che lo studente intende conseguire). Il Qualification Curriculum Authority (QCA) è l’ente di consulenza obbligatoria che aiuta le scuole e i college a regolamentare le proprie qualifiche, entro una com- patibilità con il NQF. La valutazione degli standards in termini di risultato è affidata in gran parte, come già ricordato, ad enti esterni. La valutazione degli A-levels è per due terzi esterna (gli Awarding Bodies, enti locali indipendenti) e per un terzo interna, e la sua articolazione va da A ad E, sia per gli A-levels accademici che professionali. La valutazione dei NVQ avviene invece per lo più sul posto di lavoro, configurando 119 Qualifiche Entry Level Certificate (NQF) NVQ Level 1, Level 1 Certificate, GCSE con valutazione da D a G NVQ Level 2, Level 2 Certificate, Diploma, GCSE con valutazione da A* a C NVQ Level 3, Level 3 Certificate, A-Level, Level 3 Diploma NVQs, Level 4 Certificate, Level 4 Diploma NVQs, Level 5 Certificate, Level 5 Diploma, Higher National Diploma NVQs, Level 6 Certificate, Level 6 Diploma NVQs, Level 7 Diploma, Level 7 Fellowships, Level 7 Advanced Professional Certificate Highly Specialist Diploma ottenuto da una corporazione professionale Livello Entry Level Entry Level 1 Entry Level 2 Entry Level 3 Entry Level 4 Entry Level 5 Entry Level 6 Entry Level 7 Entry Level 8 un ruolo attivo per le aziende, aspetto che costituisce un punto di notevole interesse per i sistemi formativi, coinvolti profondamente nel dibattito sul riconoscimento e sulla certificazione delle competenze. Tuttavia, tanto più i NVQ vengono inseriti dentro percorsi spendibili anche esclusivamente all’interno delle istituzioni forma- tive (e non necessariamente in azienda), quanto più gli Awarding Bodies acquisi- scono rilevanza per la valutazione degli stessi. La cornice e gli standards per l’erogazione dell’apprendistato per ogni settore professionale vengono definiti da organismi specifici, i cosiddetti Learning and Skills Council (LSC), che prevedono al loro interno una significativa presenza delle Trade Unions. Ogni tipo di apprendistato viene progettato e valutato in colla- borazione con il Sector Skills Council corrispondente, mentre il Learning and Skills Council centrale coordina e finanzia i percorsi attraverso una programma- zione nazionale. Il riconoscimento delle qualifiche avviene direttamente in azienda. La valutazione del sistema di istruzione e formazione professionale in Inghil- terra avviene attraverso una duplice prospettiva: la valutazione degli standard di ri- sultato, attraverso l’azione degli Awarding Bodies, che garantiscono il rispetto del sistema nazionale delle qualifiche, e la valutazione dei docenti, azione di controllo assicurata da due enti (OFSTED – Office for Standard in Education, e ALI – Adult Learning Inspectorate). Il National Qualification Framework costituisce il riferimento generale per l’e- missione delle qualifiche, sotto la guida del Qualification and Curriculum Autho- rity, ente che offre alle scuole la consulenza obbligatoria per la predisposizione della loro offerta formativa. In realtà il sistema NQF è composto da 9 livelli. Ad ogni livello corrisponde un grado di competenza acquisito e certificato dagli Awarding Bodies attraverso una valutazione esterna alle scuole e ai college. In generale, il bilanciamento tra una va- lutazione esterna (gli awarding bodies) ed una interna è ritenuto una chiave di effi- cacia e di rigore per il sistema di istruzione e formazione, in grado di assicurare certezza, fiducia ed equilibrio nell’approccio agli esami di profitto. Il sistema prevede qualifiche accademiche e qualifiche professionali, la cui articolazione è stata interamente rivista e aggiornata nel 2004. Si presenta un diagramma semplificato del National Qualification Framework: 120 Nel novembre del 2005, il Qualification and Curriculum Authority, nella lo- gica di una avvicinamento tra sistemi, e di una pari dignità tra istruzione accade- mica e vocazionale, ha ricevuto mandato per costruire un sistema di accreditamento basato sulla garanzia di una reale equivalenza tra qualifiche, e dunque sulla effet- tiva trasferibilità dei crediti formativi tra istituzioni formative (Framework for Achievement – FfA). Tale sistema dovrebbe garantire anche una migliore trasferi- bilità di crediti e qualifiche su tutto il territorio della Comunità Europea. L’introduzione di un sistema di accreditamento viene visto non solo come una possibilità di controllo sui numerosi enti erogatori, ma anche un’occasione per uni- formare il più possibile le diverse offerte territoriali (lavorando in particolare sulla revisione degli standard dei percorsi a livello 3 e 4 e sulla trasferibilità delle acqui- sizioni). Inoltre, come già ricordato, FfA ha come obiettivo l’ulteriore avvicina- mento tra formazione academic and vocational. 6.2. Il caso francese: la VAE – Validazione delle acquisizioni dell’esperienza La validazione delle acquisizioni dell’esperienza15 è una misura che permette ad ogni persona, quale che sia la sua età, il suo livello di studi, il suo statuto giuri- dico, di far validare le acquisizioni della sua esperienza professionale per ottenere un diploma, un titolo o un certificato di qualificazione professionale. È un diritto iscritto nel codice del lavoro (articolo L. 900-1) e nel codice dell’educazione (arti- coli L. 335-5 e L. 335-6). La V.A.E. permette di ottenere, nella totalità o in una sua parte, un diploma, un titolo o un certificato di qualificazione professionale iscritto nel repertorio nazio- nale delle certificazioni professionali (R.N.C.P.). In caso di validazione parziale delle acquisizioni, una valutazione complemen- tare può permettere di ottenere la totalità del diploma. Nell’insegnamento superiore, la validazione delle acquisizioni esiste già. Oggi ogni persona può far validare la sua esperienza professionale e personale per acce- dere direttamente ad un livello di formazione senza avere il diploma richiesto (de- creto del 23 agosto 1985). La legge di modernizzazione sociale del 17 gennaio 2002, che ha creato la VAE, permette di andare oltre autorizzando le università e gli altri istituti di insegnamento superiore a rilasciare i loro diplomi e gli altri titoli tramite un’altra via rispetto a quella della formazione o dell’apprendistato. La VAE prende il posto della validazione delle acquisizioni professionali (V.A.P.), am- pliando il campo dell’esperienza preso in carico al fine delle attività di riconosci- mento e riportando la sua durata d’esercizio da 5 a 3 anni. Tutti hanno diritto al riconoscimento della propria esperienza: dipendenti, non dipendenti, coloro che sono in cerca di lavoro, sia che abbiano l’indennità sia che non la posseggano, persone che hanno esercitato attività sociali, volontariato, etc. 15 http://www.infovae-idf.com/ 121 La sola condizione richiesta è di avere esercitato un’attività avente una durata minima di tre anni coerente con il contenuto del diploma desiderato. Non esiste la VAE per il baccalaureato generale, e neppure per i diplomi di tec- nica contabile. Due sono gli ambiti di applicazione: – Per i certificati di attitudine professionale (C.A.P.) ed il brevetto di tecnico su- periore (B.T.S.) sono attivi i dispositivi accademici di validazione delle acqui- sizioni (DAVA). Ne esiste uno per ogni accademia. – Per i diplomi dell’insegnamento superiore sono attivi i servizi di formazione continua di istituto (università, scuole di ingegneria). La VAE si svolge secondo varie modalità: – presentazione di una domanda da parte del candidato che illustra precisamente la propria esperienza; – riunione di una giuria (ed eventuale colloquio col candidato); Prima di cominciare una procedura di VAE, è necessario precisare bene il pro- prio progetto professionale e scegliere il rilascio di attestati più adeguato. Di conse- guenza, informazioni e consigli possono essere ottenuti presso centri d’informa- zione e d’orientamento, agenzie per l’occupazione il cui elenco è accessibile nel sito Internet del ministero. In questa fase, il consulente può proporre all’interessa- to di fare un bilancio di competenze per aiutarlo a definire meglio il progetto. Nel corso dell’elaborazione della domanda, ed in particolare per la costituzione di un dossier di convalida delle acquisizioni, il candidato può beneficiare di un’azione di accompagnamento. Le informazioni richieste al beneficiario di un’azione di VAE devono avere un legame diretto e necessario con l’oggetto della convalida. Inoltre, sono tenute al se- greto professionale le persone depositarie di informazioni che il candidato/richie- dente comunica nell’ambito della propria domanda di convalida. La giuria, composta da rappresentanti qualificati della professione per la quale è richiesto il rilascio dell’attestato, verifica se il candidato possiede le competenze, attitudini e conoscenze richieste ex lege per il conseguimento del diploma, titolo o certificato interessato e pronuncia: – la convalida totale quando tutte le condizioni sono soddisfatte: in tal caso, la giuria propone allora il rilascio dell’attestato richiesto; – la convalida parziale: la giuria allora precisa la natura delle conoscenze ed atti- tudini che devono essere oggetto di un controllo complementare; – il rifiuto di convalida quando le condizioni relative alle competenze, attitudini e conoscenze non sono soddisfatte. La procedura di VAE è aperta a tutti i lavoratori dipendenti, che soddisfino i requisiti temporali indicati, e può essere organizzata nell’ambito del piano di for- mazione dell’impresa o di un congedo specifico: il congedo per convalida delle ac- quisizioni dell’esperienza. 122 1) Nell’ambito del piano di formazione dell’impresa: il datore di lavoro può decidere di svolgere azioni di VAE nel piano di formazione dell’impresa. Per at- tuare tali azioni, una convenzione deve essere conclusa tra il datore di lavoro, il la- voratore dipendente beneficiario e l’organismo (o gli organismi) che intervengono nella convalida delle acquisizioni del candidato. La convenzione precisa in partico- lare: il diploma, il titolo o il certificato di qualificazione richiesto; il periodo di rea- lizzazione; le condizioni per l’accollo delle spese legate alle azioni di VAE. Il lavo- ratore dipendente beneficiario delle azioni di VAE conserva il suo statuto (retribu- zione, protezione sociale...) e rimane sotto la subordinazione giuridica del datore di lavoro. Comunque, la VAE può essere realizzata soltanto con il consenso del lavora- tore dipendente. Il suo rifiuto di procedere ad una VAE proposta dal datore di la- voro non costituisce né un difetto né una ragione di licenziamento. La firma della convenzione, da parte del lavoratore dipendente, vale accetta- zione della convalida delle sue acquisizioni. Il finanziamento delle azioni di VAE organizzate su iniziativa del datore di la- voro è garantito o dalla quota destinata alla formazione o da parte della OPCA7 di cui l’impresa è parte, e copre la retribuzione dei lavoratori dipendenti, nel limite di 24 ore per beneficiario di un’azione di VAE. 2) Nell’ambito del congedo per convalida delle acquisizioni dell’esperienza: di una durata equivalente alle 24 d’orario di lavoro (consecutive o meno), il congedo di convalida delle acquisizioni dell’esperienza è concesso su domanda del lavora- tore dipendente, previa autorizzazione del datore di lavoro. Il lavoratore dipendente può chiedere questo congedo per partecipare alle prove di convalida, ed eventual- mente per i periodi d’accompagnamento alla preparazione di questa convalida. La domanda d’autorizzazione all’assenza deve essere presentata al datore di lavoro al più tardi 60 giorni prima dell’inizio delle azioni di convalida, e deve precisare: il diploma, il titolo o il certificato di qualificazione richiesto; la denominazione del- l’autorità o dell’organismo che consegna il rilascio dell’attestato; le date, la natura e la durata delle azioni di convalida delle acquisizioni dell’esperienza. Il datore di lavoro informa il lavoratore dipendente per iscritto della sua deci- sione nei 30 giorni che seguono la ricezione della domanda: concessione o rifiuto motivato dell’autorizzazione all’assenza. Il rifiuto non può eccedere i 6 mesi a par- tire dalla domanda del lavoratore dipendente. Dopo un congedo per VAE, il lavoratore dipendente non può richiedere, nella stessa impresa, un nuovo congedo VAE prima di un anno. Inoltre, durante la durata del congedo, il contratto di lavoro è sospeso. Su richiesta del lavoratore dipendente, il FONGECIF (o, in alcuni rami profes- sionali, l’OPCA autorizzato a titolo del congedo individuale di formazione) di cui l’impresa è parte può provvedere alla retribuzione ed alle eventuali spese legate alla VAE. Dal momento in cui ha ottenuto da tali organismi l’assunzione dell’onere delle spese legate al suo congedo, il lavoratore dipendente percepisce una retribu- 123 zione uguale a quella che avrebbe ricevuto se fosse restato al proprio posto di la- voro. La retribuzione è versata dal datore di lavoro, che viene poi rimborsato. Al termine del congedo per VAE, il beneficiario presenta al suo datore di la- voro, e, se necessario, all’organismo che ne ha finanziato le spese, un attestato di frequenza effettiva fornita dall’autorità o dall’organismo responsabile del rilascio dell’attestato. I lavoratori dipendenti con contratto a tempo determinato possono beneficiare di un congedo per VAE in condizioni particolari: devono dimostrare un’anzianità di 24 mesi (consecutivi o meno) in qualità di lavoratori dipendenti, di cui 4 mesi (con- secutivi o meno) sotto contratto di lavoro a tempo determinato; percepiscono una retribuzione calcolata secondo norme identiche a quelle previste per la CIF-CDD. 6.3. Il caso svizzero: la validazione degli apprendimenti acquisiti Secondo la nuova legge federale sulla formazione professionale, gli adulti de- vono poter conseguire un attestato federale anche senza seguire un ciclo di forma- zione completo e formale. Se dimostrano di possedere le competenze richieste al termine di una formazione professionale, devono essere loro adeguatamente con- teggiate l’esperienza pratica professionale ed extraprofessionale, la formazione specialistica e la cultura generale. L’obiettivo finale è: stesse competenze portano agli stessi titoli. Le cosiddette altre procedure di qualificazione devono di conse- guenza essere considerate equivalenti a quelle tradizionali (esame finale di tiro- cinio, esame di professione, esame professionale superiore). La validazione degli apprendimenti acquisiti16 è la procedura mediante la quale l’autorità in collaborazione con le istanze formative e le organizzazioni del mondo del lavoro (OML) riconosce che le competenze risultanti da una formazione for- male o non formale o dall’esperienza hanno lo stesso valore di quelle sancite da un titolo di studio. In Svizzera, fino a poco tempo fa, era prassi comune considerare questo tema nel concetto “Validation des acquis”. Progressivamente si deve intro- durre il termine di “Validazione degli apprendimenti acquisiti” per la Svizzera ita- liana e di “Validierung von Bildungsleistungen” per la Svizzera tedesca. È stato ela- borato un glossario trilingue che armonizzerà la terminologia comune, favorendo così una maggior comprensione tra le persone e le autorità interessate. Dal mese di febbraio 2005 e fino al settembre di quest’anno, nell’ambito di un progetto istituito dall’UFFT/SECO è stata elaborata una guida nazionale per la va- lidazione degli apprendimenti acquisiti, che ora è in consultazione fino al 31 di- cembre presso le cerchie interessate. La guida nazionale – il caposaldo della docu- mentazione messa in consultazione – descrive le esigenze minime per la presenta- zione di procedure di validazione di apprendimenti acquisiti e i criteri per il ricono- scimento di altre procedure di qualificazione, secondo quanto concordato negli or- 16 www.validacquis.ch e www.ti.ch/decs/dfp/fc.asp gani dell’organizzazione del progetto, e stabilisce le responsabilità. Nel documento in consultazione vi è pure un programma per la formazione dei periti. Questo quadro assicura la qualità e l’equivalenza delle procedure, differenziandole nei quattro livelli che seguono. 1) Il livello “Informazione e consulenza” può essere richiesto secondo la neces- sità durante tutta la procedura. Le persone interessate ottengono le informa- zioni necessarie in merito al modo di procedere e alle loro possibilità di otte- nere una certificazione o un’ammissione ad una formazione tramite un’altra procedura di qualificazione. 2) Al centro del livello “bilancio” vi è la procedura che permette ad una persona di identificare e analizzare le sue competenze personali e professionali. La per- sona redige un dossier nel quale prova quali competenze possiede per la pro- fessione scelta. 3) Nel livello “valutazione” il dossier completo è valutato dagli stessi periti che intervengono per le procedure classiche di qualificazione. 4) La convalida e la certificazione sono previste al quarto livello: la decisione del competente organo di convalida in merito ai campi di qualificazione soddi- sfatti, avviene sulla base della valutazione dei periti. Qui viene rilasciato un certificato degli apprendimenti acquisiti (livello 4a). Non appena i campi di qualificazione mancanti sono stati ricuperati e valutati ha luogo l’atto ufficiale della “Certificazione” (4b). 124 125 Per gli ulteriori sviluppi del progetto “Validazione degli apprendimenti acqui- siti” sono previsti: la sperimentazione dal 1 gennaio 2007 fino al 31 dicembre 2009, la definizione dei profili di qualificazione e delle condizioni di riuscita, la valutazione delle competenze nella cultura generale, i servizi di consulenza nei Cantoni, il finanziamento, il coordinamento intercantonale e la garanzia della qualità. La procedura di validazione degli apprendimenti acquisiti, in Svizzera come all’estero, viene suddivisa in diverse fasi, tappe o livelli per i quali vengono defi- nite le specifiche responsabilità. Molti modelli si basano su una suddivisione in quattro livelli, come avviene per l’Europa con il modello del “Centre européen pour le développement de la for- mation professionnelle” (CEDEFOP). Per gli utenti deve essere possibile muoversi nei singoli livelli o percorrerli dal primo all’ultimo. In futuro in Svizzera tutte le procedure della formazione professionale di base e della formazione professionale superiore dovranno orientarsi sulla base di questi quattro livelli. Per ogni professione due sono i documenti centrali indispensabili per poter eseguire una procedura di validazione degli apprendimenti acquisiti: il profilo di qualificazione e le condizioni di riuscita. Entrambi si basano su atti normativi esistenti per la relativa formazione (ordinanza sulla formazione professionale di base, regolamento d’esame o programma quadro d’insegnamento di una scuola professionale superiore) e valgono come strumento per la valutazione dei candidati. Le ordinanze sulla formazione professionale di base definiscono, tra l’altro, gli elementi fondamentali della professione e la procedura di qualificazione. Esse vengono elaborate congiuntamente da Confederazione, Cantoni e organizzazioni del mondo del lavoro. Le rispettive organizzazioni del mondo del lavoro sono responsabili dei contenuti. La legge sulla formazione professionale entrata in vigore nel 2004 prescrive di adeguare tutti i regolamenti professionali alla nuova legislazione. Il profilo di qualificazione è un documento che elenca tutti i requisiti per una professione in termini di competenze da convalidare, riunite in entità compatte e facilmente gestibili (campi di qualificazione). Il profilo di qualificazione deve permettere: al candidato, di valutare la propria posizione in relazione a requisiti prescritti (autovalutazione); ai periti, di valutare il raggiungimento del livello richiesto (valutazione qualificante). Gli atti normativi in materia di formazione si trovano normalmente sotto forma di obiettivi di formazione. I metodi di valutazione per le altre procedure di qualifi- cazione richiedono però di trasferire gli obiettivi di formazione in competenze, che devono essere raggruppati in unità valutabili e logiche, che si riferiscono a situa- zioni di lavoro concrete. Inoltre il livello di qualifica per ogni unità deve essere descritto in una scala graduata (per. es. “sotto sorveglianza”, “lavoro eseguito in modo autonomo”, “possiede delle conoscenze”, ecc.). 126 Le condizioni di riuscita sono prescrizioni che regolano il livello minimo richiesto per un campo di qualificazione, così come il minimo globale richiesto per tutti i campi di qualificazione considerati per l’ottenimento di un titolo. Le condizioni che vanno adempiute per ottenere il rilascio di un titolo, ven- gono suddivise in diversi campi di qualificazione, definiti negli atti nomativi in materia di formazione ed in seguito anche nei profili di qualificazione. La proce- dura di qualificazione tradizionale tiene conto di valutazioni parziali sull’arco del- l’intera formazione. Di regola termina con un esame finale che verte sull’insieme delle esigenze valutate in una determinata professione. Le condizioni di riuscita vengono normalmente espresse in note e in una media minima che deve essere sufficiente. Per valutare le competenze che non sono state conseguite formalmente bisogna ricorrere ad una procedura più globale. Il sistema di valutazione per le altre proce- dure di qualificazione deve però attenersi ai criteri definiti per l’ottenimento del titolo mirato. La procedura non deve essere quindi né più severa né più clemente della classica procedura di qualificazione. La guida nazionale raccomanda di applicare le seguenti regole per le condi- zioni di riuscita all’interno di un determinato campo di qualificazione: – utilizzare una valutazione senza note considerando criteri prestabiliti; – procedere ad una valutazione delle competenze esistenti tramite un punteggio, per permettere delle compensazioni all’interno di un campo di qualificazione; – considerare le materie determinanti / i campi rilevanti analogamente alle pro- cedure di qualificazione classiche. I risultati ottenuti in ogni livello della procedura sono contenuti in documenti che qui di seguito vengono illustrati brevemente. Il dossier è una raccolta di dati, fatti e prove effettuata per un particolare pro- filo delle esigenze. Per la validazione degli apprendimenti acquisiti il dossier deve fare riferimento alle esigenze del profilo di qualificazione del titolo mirato. Può essere redatto individualmente oppure con l’accompagnamento di uno specialista. Normalmente il dossier serve per accedere al livello successivo, vale a dire per l’iscrizione ad altre procedure di qualificazione. Può anche essere utilizzato per la candidatura ad un posto o per l’ammissione ad una formazione. Dai periti viene redatto un rapporto di valutazione all’attenzione dell’organo di convalida. Servirà anche per la redazione finale del certificato dei risultati al livello 4b (certificazione). Al momento della creazione del relativo profilo di qualificazione e delle condi- zioni di riuscita, le OML competenti decidono se un singolo campo di qualifica- zione può essere valutato unicamente con “acquisito” o “non acquisito “ o con una classificazione più dettagliata. 127 Il certificato degli apprendimenti acquisiti è un documento ufficiale che indica i campi di qualificazione nei quali il candidato ha già acquisito il livello di qualifi- cazione richiesto e quindi non deve più superare altri esami o apportare ulteriori prove. Il certificato degli apprendimenti acquisiti viene redatto sotto forma di deci- sione. Per ottenere il titolo mirato, le competenze restanti devono essere acquisite entro cinque anni. L’esperienza dimostra che raramente a un candidato vengono conteggiate tutte le competenze richieste per un determinato titolo nel campo della formazione pro- fessionale di base. Al fine di ottenere un titolo specifico, il certificato degli appren- dimenti acquisiti stabilisce quali campi di qualificazione sono stati raggiunti e possono quindi venir conteggiati, e per quali bisogna invece sostenere un ulteriore esame o bisogna provare di possedere le ulteriori esperienze professionali speci- fiche. Non tutti i candidati hanno la possibilità di raggiungere il livello necessario per il conseguimento di un determinato titolo. Per questo un certificato degli apprendi- menti acquisiti può rappresentare un obiettivo auspicabile per aumentare le proprie possibilità sul mercato del lavoro. Il verbale dell’esame registra i risultati conseguiti nella formazione comple- mentare e nei campi valutati. Gli esami si svolgono secondo le modalità delle pro- cedure di qualifica tradizionali e di regola vengono assegnate delle note. L’assegnazione delle note in base al verbale dell’esame viene riportata nel certificato finale dei risultati. L’attestato/il titolo rilasciato al termine di una procedura di validazione degli apprendimenti acquisiti è identico a quello della formazione professionale tradizio- nale. Se il risultato della validazione degli apprendimenti acquisiti corrisponde all’ammissione a un ciclo di formazione professionale superiore, per i titolari val- gono le stesse condizioni previste per i candidati in possesso del titolo necessario per l’ammissione. Il certificato dei risultati (nelle procedure classiche il “certificato delle note”) tiene conto delle particolarità di un’altra procedura di qualificazione. Contiene le note degli esami e la valutazione dei periti con la definizione “acquisito” o “non acquisito”. È possibile anche adottare una classificazione più sottile. 7. LA REALTÀ ITALIANA: MOLTE NORME, MA DEBOLI Come già detto nella prima parte, la realtà italiana è estremamente ricca di norme ed accordi che trattano di standard, certificazione delle competenze e crediti formativi. Questo affollamento di documenti contrasta con la scarsità di pratiche reali corrispondenti a tali normative, e ciò è dovuto a due fattori fondamentali: da un 128 lato, il sistema, specie scolastico secondario, essendo centrato su discipline e conte- nuti secondo una struttura a canne d’organo, semplicemente rifiuta un discorso si- mile ritenendolo spurio rispetto a questa mentalità dominante; dall’altro va detto che tutte le disposizioni che di seguito presentiamo assumono un rilievo vincolante soprattutto per ciò che non è scuola, ovvero per i percorsi di istruzione e forma- zione professionale, e ciò vale anche per l’inserimento dell’obbligo di istruzione il cui regolamento rinvia ad apposite linee guida, adottate dal Ministro della pubblica istruzione. In ambito di formazione professionale, con il decreto ministeriale 12 marzo 1996, n. 122, sono stati definiti elementi essenziali da riportare negli attestati di qualifica professionale rilasciati dalle Regioni. In particolare, si stabilisce che all’interno dell’attestato di qualifica dovranno essere riportati i seguenti elementi: – dati anagrafici del titolare del certificato; – denominazione e durata del corso frequentato; – profilo professionale di riferimento; – struttura presso la quale l’esperienza formativa è stata realizzata; – requisiti di accesso al corso; – elementi atti a rendere comprensibili i contenuti educativi del corso, la loro estensione in ore, l’eventuale presenza di tirocini in imprese o stages; – tipo di prova della valutazione finale. L’articolo 17 (Riordino della formazione professionale) della legge 24 giugno 1997, n. 196 “Norme in materia di promozione dell’occupazione” stabilisce che, allo scopo di assicurare ai lavoratori adeguate opportunità di formazione e di ele- vazione professionale anche attraverso l’integrazione del sistema di formazione professionale con il sistema scolastico e con il mondo del lavoro, ...sono attribuite “al Ministro del lavoro e della previdenza sociale funzioni propositive ai fini del- la definizione da parte del comitato di cui all’articolo 5, comma 5, dei criteri e delle modalità di certificazione delle competenze acquisite con la formazione professionale”. L’art. 18 (Tirocini formativi e di orientamento) recita che, al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte professionali me- diante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso iniziative di tirocini pratici e stages a favore di soggetti che hanno già assolto l’obbligo scolastico..., possono essere emanate, disposizioni che disciplinano anche “l’attribuzione del valore di crediti formativi alle attività svolte nel corso degli stages e delle iniziative di tirocinio pratico di cui al comma 1 da utilizzare, ove debitamente certificati, per l’accensione di un rapporto di lavoro”. La finalità perseguita ed espressamente enunciata dal Decreto 174/01, è quella di garantire la trasparenza dei percorsi formativi e il riconoscimento delle compe- tenze, comunque acquisite dagli individui per il conseguimento dei relativi titoli e 129 qualifiche. Nell’art. 2, la competenza certificabile è intesa come un insieme struttu- rato di conoscenze e di abilità, di norma riferibili a specifiche figure professionali acquisibili attraverso percorsi di formazione professionale e/o esperienze lavora- tive e/o autoformazione valutabili come crediti formativi. Per garantire basi omogenee del sistema di certificazione su tutto il territorio nazionale, si rende necessaria la costruzione di standard minimi di competenza che, rispetto ai diversi settori produttivi, contengano il riferimento alla figura o gruppi di figure professionali, la descrizione delle competenze professionali, i criteri per la loro valutazione e, infine, l’individuazione della soglia minima di possesso delle competenze necessarie per la certificazione. Soggetti responsabili della certificazione delle competenze sono le Regioni che, nell’ambito della loro autonomia normativa e regolamentare, ne disciplinano le procedure di attuazione. Nell’articolo 5 vengono definite le ipotesi in cui si ha diritto al rilascio di una certificazione di competenze: 1. al termine di un percorso di formazione professionale, di norma finalizzato alla acquisizione di una qualifica; 2. in esito a percorsi di formazione parziali ovvero in caso di abbandono precoce del percorso formativo, oppure nel caso di interventi formativi che non portano all’acquisizione di una qualifica; 3. a seguito di esperienze di lavoro e di autoformazione per l’inserimento ai diversi livelli di istruzione e di formazione professionale o per l’acquisizione di una qualifica o di un titolo di studio. Di particolare importanza si presenta, nell’art. 6, la definizione del credito formativo inteso come “valore attribuibile a competenze comunque acquisite dal- l’individuo che può essere riconosciuto ai fini dell’inserimento in percorsi di istru- zione o di formazione professionale, determinandone la personalizzazione o la ridu- zione della durata”. La struttura formativa che accoglie l’individuo anche in accor- do con la struttura di provenienza, provvede al riconoscimento del credito formativo e alla relativa attribuzione di valore. Le competenze certificate costituiscono credito formativo spendibile nel siste- ma della formazione professionale all’interno del rispetto dei seguenti criteri: – il credito è riconosciuto a livello nazionale se vi è coerenza con gli standard minimi di competenza definiti a livello centrale dal Ministero del Lavoro, di concerto con MIUR, Regioni e Parti sociali; – il credito è riconosciuto, all’interno dell’ambito applicativo dell’accordo, attra- verso la stipulazione di accordi tra istituzioni e agenzie formative e con la pre- cisa definizione dell’oggetto del credito. Nell’allegato Tecnico (allegato B) dell’Accordo, dedicato alla certificazione delle competenze professionali, si legge che “sono competenze professionali certi- 130 ficabili quelle che costituiscono patrimonio conoscitivo ed operativo degli indi- vidui ed il cui insieme organico costituisce una qualifica o figura professionale. Al fine di documentare il curriculum formativo e le competenze acquisite, le regioni istituiscono il libretto formativo del cittadino su cui verranno annotati i crediti formativi che possono essere riconosciuti, ai fini del conseguimento di un titolo di studio o dell’inserimento di un percorso scolastico, sulla base di specifiche intese tra Ministeri competenti, Agenzie formative e Regioni interessate”. In ambito scolastico, il tema delle certificazioni è stato affrontato nel nostro Paese a partire dal decreto n. 275 dell’8 marzo 1999 avente per oggetto: “Regola- mento recante norme in materia di Autonomia delle istituzioni scolastiche ai sensi dell’art. 21, della legge 15 marzo 1999, n. 59”, che, all’articolo 4, comma 6, af- ferma che “i criteri per il riconoscimento dei crediti e per il recupero dei debiti scolastici riferiti ai percorsi dei singoli alunni sono individuati dalle istituzioni scolastiche avuto riguardo agli obiettivi specifici di apprendimento di cui all’arti- colo 8 e tenuto conto della necessità di facilitare i passaggi tra diversi tipi e indi- rizzi di studio, di favorire l’integrazione tra sistemi formativi, di agevolare le uscite e i rientri tra scuola, formazione professionale e mondo del lavoro. Sono altresì individuati i criteri per il riconoscimento dei crediti formativi relativi alle attività realizzate nell’ambito dell’ampliamento dell’offerta formativa o liberamente effet- tuate dagli alunni e debitamente accertate o certificate”. Nel seguente comma 7 si dice che “il riconoscimento reciproco dei crediti tra diversi sistemi formativi e la relativa certificazione sono effettuati ai sensi della disciplina di cui all’articolo 17 della legge 24 giugno 1997 n. 196, fermo restando il valore legale dei titoli di studio previsti dall’attuale ordinamento”. In linea con le attribuzioni legislative dello Stato, identificate dall’art. 117 Cost., la Legge n. 53 del 28 marzo 2003, delega il Governo a definire le norme generali sull’istruzione e i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, e, introduce il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno 12 anni o comunque sino al conseguimento di una qualifica entro il 18° anno di età. Con riguardo all’istruzione e alla formazione professionale, di competenza esclusiva regionale, la lettera h) dell’art. 2, stabilisce che i titoli e le qualifiche conseguiti, sono validi su tutto il territorio nazionale, se rispondono ai livelli essen- ziali di prestazioni definiti su base nazionale mediante regolamenti del Governo, emanati ai sensi dell’art. 17, comma 2 della L. 23 agosto 1988 n. 400. Le relative modalità di accertamento di tale rispondenza, anche ai fini della spendibilità dei predetti titoli e qualifiche dell’Unione Europea, sono definite con apposito regola- mento governativo. Infatti il successivo art. 7 attribuisce al potere regolamentare del governo “la definizione degli standard minimi formativi, richiesti per la spen- dibilità nazionale dei titoli professionali conseguiti all’esito dei percorsi formativi, nonché per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi scolastici”. 131 Tra gli effetti giuridici che i titoli e le qualifiche citati nella lettera h) possono determinare, va segnalato che tali certificazioni: – costituiscono condizione per l’accesso all’istruzione e formazione tecnica su- periore; – consentono, al termine di percorsi quadriennali e previo frequenza di apposito corso annuale, di sostenere l’esame di Stato. La successiva lettera i) dell’art. 2 della L. 53/2003 disciplina anche la possibi- lità del passaggio dal sistema dei licei al sistema dell’istruzione e formazione pro- fessionale mediante l’acquisizione, con adeguate iniziative didattiche, di una prepa- razione confacente al nuovo indirizzo. In particolare la frequenza positiva di qualsiasi segmento del secondo ciclo consente l’acquisizione di crediti certificati che possono essere fatti valere ai fini dei passaggi tra i diversi percorsi. Vengono in particolare riconosciuti con speci- fiche certificazioni di competenza le esercitazioni pratiche, le esperienze formative o gli stages realizzati in Italia o all’estero. Il DL 19 febbraio 2004, n. 59 “Definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a norma dell’art. 1 della Legge 28 marzo 2003, n. 53”. L’art. 6 dedicato alla valutazione, certificazione e riconoscimento dei crediti dei percorsi in alternanza, stabilisce al 2° comma che: “l’istituzione scolastica o formativa, tenuto conto delle indicazioni fornite dal tutor formativo esterno, valuta gli apprendimenti degli studenti e certifica le competenze da essi acquisite, che costituiscono crediti, sia ai fini della prosecuzione del per- corso scolastico o formativo per il conseguimento del diploma o della qualifica, sia per gli eventuali passaggi tra sistemi ivi compresa l’eventuale transizione nei percorsi di apprendistato”. All’articolo 5 si afferma che “la frequenza positiva di qualsiasi segmento del secondo ciclo comporta l’acquisizione di crediti certificati che possono essere fatti valere, anche ai fini della ripresa degli studi eventualmente interrotti, nei passaggi tra i diversi percorsi del sistema dei licei, del sistema dell’istruzione e della forma- zione professionale nonché dell’apprendistato”. Agli stessi fini di cui al comma 1, nel secondo ciclo sono riconosciuti, secondo quanto previsto dalle norme regolamentari di cui all’art. 7, comma 1, lettera c) della legge 28 marzo 2003, n. 53, con specifiche certificazioni di competenza rilasciate dalle istituzioni scolastiche o formative, esercitazioni pratiche, esperienze formative e stage realizzati in Italia o all’estero anche con periodi di inserimento nelle realtà culturali, sociali, produttive, professionali o dei servizi, ivi compresi quelli nell’esercizio dell’alternanza scuola lavoro di cui all’art. 4 della stessa legge. All’interno del D. Lgs. 276/03 è contenuta un’importante definizione del libretto formativo, che viene di seguito riportata: «libretto formativo del cittadino»: libretto personale del lavoratore definito, ai sensi dell’accordo Stato-Regioni del 18 febbraio 2000, di concerto tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell’istruzione, dell’università e 17 Questo Accordo si inserisce nel più ampio panorama di riforme, richiamato nella scheda Paese, ed in particolare nella recente riforma scolastica (Legge 53/03) che prevede un nuovo assetto dei sistemi dell’Istruzione e dell’Istruzione e formazione professionale che, secondo quanto definito anche dalla riforma del Titolo V della costituzione, devono essere ripartiti tra lo Stato e le Regioni. 132 della ricerca, previa intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni e sentite le parti sociali, in cui vengono registrate le competenze acquisite durante la forma- zione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante l’arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle Regioni, nonché le competenze acquisite in modo non formale e informale secondo gli indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento permanente, purché riconosciute e certificate. L’accordo firmato in Conferenza Unificata il 28-10-2004 enuncia cinque prin- cipi imprescindibili: – la spendibilità delle certificazioni ed il riconoscimento dei crediti formativi ac- quisiti nel sistema dell’istruzione e della formazione; – l’unitarietà e la pari dignità dei sistemi di istruzione e formazione; – la valorizzazione della qualifica professionale ottenuta al termine dei percorsi triennali sperimentali; – la garanzia di favorire i passaggi tra i sistemi di istruzione e formazione, pre- vedendo idonee misure di sostegno e modalità di recupero dei crediti; – l’estensione degli effetti dell’Accordo a coloro che abbiano compiuto 18 anni di età. Nel “Documento tecnico per la definizione degli standard formativi”, appro- vato dalla conferenza Stato-Regioni il 15 gennaio 2004 (in attuazione dell’Ac- cordo17 quadro sancito in Conferenza Unificata il 19 giugno 2003, tra Il Ministro dell’istruzione dell’università e della ricerca, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le Regioni, le Province Autonome di Trento e Bolzano, le Province, i Co- muni e le Comunità Montane), si pongono le basi per la definizione degli Standard Formativi minimi, al fine di consentire il riconoscimento a livello nazionale dei crediti, delle certificazioni e dei titoli, per assicurare i passaggi dai percorsi forma- tivi ai percorsi scolastici e realizzare, così, un’offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione. La “condizione minima” si concretizzerà nel fatto che ogni Sistema faccia riferimento (e quindi contenga) questi “elementi minimi” e che si definiscano/esplicitano gli elementi-regole di traduzione reciproca. Gli standard formativi elaborati dal “Documento tecnico” si riferiscono ad un’accezione di competenze di base più ampia di quelle tradizionalmente utilizzata nella formazione professionale, in quanto non sono concepiti solo con riferimento all’occupabilità delle persone, ma anche per garantire i pieni diritti di cittadinanza e sono così articolati: 1) area dei linguaggi; 2) area scientifica; 3) area tecnologica; 4) area storico-socio-economica. 133 Per contestualizzare la proposta di Standard Formativi minimi il “Documento tecnico” prevede un percorso di raccordo tra il livello nazionale e quello regionale. Con l’accordo del 26.09.2006 si adottano gli standard formativi minimi rela- tivi alle competenze tecnico-professionali, riferite alle 14 figure individuate sulla base di quanto di comune certificato dalle Regioni e Province Autonome in esito ai percorsi sperimentali triennali, di cui al documento tecnico allegato al presente Accordo e di questo parte integrante (Allegati 1 e 2), come primo contributo alla definizione di un repertorio delle competenze tecnico professionali, in una prospet- tiva di raccordo con un quadro comune nazionale di standard professionali; Per la descrizione degli standard professionali sono stati proposti tre livelli classificatori: a) l’area che rappresenta l’insieme delle figure professionali; b) la figura che rappresenta il livello minimo nazionale di riferimento per la de- scrizione della professionalità (essa dovrà essere concepita, a livello nazionale, in maniera molto ampia perché si tratta di un livello minimo); c) il profilo costituisce la declinazione della figura, in più determinate e speci- fiche “fisionomie” professionali (il profilo costituisce il passo verso la realtà concreta delle specificità dei sistemi economici locali). Gli standard dei percorsi di istruzione e formazione superiori (IFTS)18 sono definiti tramite un Comitato Nazionale presso il Ministero dell’istruzione, dell’uni- versità e della ricerca anche al fine della sperimentazione di modelli innovativi di progettazione e certificazione. Sono stati per prima definiti gli standard delle figure di riferimento per gli IFTS (attualmente le figure sono 37 e sono contenute nell’allegato A dell’Accordo sancito in Conferenza Unificata il 1° agosto 2002), di tali figure sono state speri- mentate (per l’annualità 2002/2003) le competenze di base e trasversali. Una re- cente Conferenza Unificata Stato-Regioni ha definito, infine, gli standard minimi delle competenze tecniche. Con la definizione di questi ultimi standard minimi nazionali si potranno riconoscere le competenze in uscita dal sistema degli IFTS su tutto il territorio nazionale. 18 In Italia l’IFTS costituisce il primo percorso integrato di istruzione superiore, perché è prevista la collaborazione tra scuola, formazione professionale, mondo delle imprese e Università. Da tali per- corsi si può accedere all’università attraverso un riconoscimento dei crediti, previsti in sede di proget- tazione del corso IFTS. 134 8. ALCUNE ESPERIENZE 8.1. EDA – certificazione delle competenze L’ordinanza Ministeriale n. 455 del 29 luglio 1997 avente per oggetto “Educa- zione in età adulta – Istruzione e formazione” definisce, all’articolo 7, le disposi- zioni circa la valutazione, gli esami, il libretto, le certificazioni e stabilisce: 1. Al termine delle attività realizzate dal Centro è previsto il rilascio di una o più delle seguenti certificazioni: a. titolo di licenza elementare; b. titolo di licenza media; c. attestato delle attività di professionalizzazione o di riqualificazione professionale, nei casi in cui siano state attivate specifiche intese; d. attestato delle attività di cultura generale seguite. 2. Le prove d’esame, per coloro per i quali è previsto all’interno del patto formativo il con- seguimento del titolo di licenza elementare o di licenza media, vengono predisposte al termine delle attività, anche in periodi non coincidenti con quelli dei corsi ordinari in relazione a speci- fici progetti finalizzati. 3. Gli esami di licenza elementare consistono in due prove scritte riguardanti l’una l’area delle competenze linguistiche, l’altra quella delle competenze logico-matematiche ed in una prova orale consistente in un colloquio. Tutte le prove hanno carattere individuale. 4. Il colloquio, che esclude qualunque separata valutazione di singole materie, è inteso ad accertare il grado di competenze acquisito da ciascun candidato. 5. Gli esami di licenza media consistono in due prove scritte individuali, di cui una in ita- liano mirata agli aspetti culturali e più specificatamente di carattere sociale, storico, ambientale, l’altra mirata a quelli più specificatamente di carattere matematico-scientifico operativo. 6. La prova orale individuale consisterà in un colloquio a carattere interdisciplinare che, partendo dalla discussione degli elaborati delle prove scritte e tenuto conto del percorso definito e svolto in base al patto formativo, pervenga ad un accertamento e ad una valutazione delle ca- pacità di espressione, di giudizio e di sistemazione culturale acquisite dall’allievo e della consa- pevolezza dei fondamentali valori etici e civili. 7. Le commissioni d’esame di licenza elementare sono formate dai docenti indicati nel patto formativo e da due docenti di scuola elementare, designati dal coordinatore e scelti preferi- bilmente tra docenti che abbiano particolare esperienza nel settore della promozione culturale degli adulti. 8. Della commissione d’esame di licenza media fanno parte i docenti individuati nel patto formativo, come indicato all’art. 6. I Presidenti saranno nominati con le modalità previste dalla normativa vigente, preferibilmente fra coloro che abbiano esperienza nella promozione culturale degli adulti. 9. Alle commissioni di esame possono essere aggregati esperti per la valutazione delle competenze sulla lingua d’origine, relativamente ai candidati la cui lingua madre non sia l’ita- liano. 10. In sede di valutazione di ammissione agli esami di licenza elementare o di licenza media i docenti responsabili valuteranno la coerenza del percorso svolto in relazione a quanto indicato nel patto formativo. 11. Per ogni adulto rientrato in formazione, è istituito un libretto personale in cui, oltre ai crediti riconosciuti in ingresso, sono indicate le attività effettivamente svolte con l’annotazione della durata oraria e dell’area culturale e professionale relativa e l’annotazione sintetica delle competenze raggiunte, i titoli o gli attestati acquisiti. 135 12. Gli elementi contenuti nel libretto personale assumono valore di crediti formativi indi- viduali e pertanto sono concordati con i soggetti che, per effetto di intese e convenzioni, hanno partecipato alla realizzazione delle attività previste nel patto formativo del singolo. 13. Le modalità di certificazione per il rilascio di attestazioni inerenti alla prima forma- zione professionale sono previste dalle intese con i soggetti pubblici e privati che concorrono alla realizzazione delle attività, secondo le indicazioni e gli orientamenti al riguardo formulate dal Comitato Provinciale. 14. Per i frequentanti che non abbiano conseguito il titolo di studio e/o l’attestato professio- nale e culturale previsti nel patto formativo, gli eventuali crediti acquisiti sono indicati nel libretto personale. Il coordinatore del Centro rilascia agli interessati una dichiarazione di frequenza. La Direttiva n. 22 del 6 febbraio 2001, all’articolo 3 comma 3, mira a “pro- muovere la personalizzazione degli insegnamenti e degli apprendimenti degli adulti attraverso l’organizzazione modulare dei percorsi ed il riconoscimento delle cono- scenze e delle competenze comunque acquisite, con l’attestazione e la certifica- zione dei relativi esiti, anche, in termini di crediti, secondo criteri di trasparenza”. All’articolo 4, comma 2, definisce che i percorsi integrati di istruzione e for- mazione “sono finalizzati al conseguimento di: - un titolo di studio con la contemporanea certificazione di crediti spendibili nella formazione professionale; - una qualifica professionale e la certificazione di crediti spendibili nell’ordi- namento scolastico, nel rispetto delle specifiche competenze delle Regioni e degli Enti locali; - la certificazione di crediti spendibili per la prosecuzione degli studi e per il conseguimento di una qualifica professionale”. Nell’articolo 11, comma 2, si stabilisce che, “In attesa dell’attuazione del sistema nazionale di certificazione delle competenze professionali previsto dal- l’accordo sancito dalla Conferenza Unificata il 18 febbraio 2000, le attestazioni relative ai percorsi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere d),e),f) ed i crediti spen- dibili sono certificati secondo il modello contenuto nell’allegato “B” che fa parte integrante della presente direttiva”. Allegato B Nota Tecnica Certificato Personale – Dispositivo di certificazione e documentazione dei percorsi di educazione permanente degli adulti. Il Certificato personale di seguito allegato si compone di due sezioni. 1. la prima sezione contiene i dati anagrafici del titolare, il percorso di istruzione in cui il pro- getto individuale è inserito, il percorso individuale (moduli, unità formative, etc.), i crediti maturati. 2. la seconda sezione, è composta da più “Schede di attestazione e documentazione” del pro- getto individuale, da allegare al certificato. In particolare: - la “Scheda di documentazione di riconoscimento dei crediti in ingresso (accreditamento)”; 136 - le “Schede di attestazione e documentazione” relative ai percorsi d’istruzione e formazione svolti presso i diversi sistemi (Centri territoriali per l’Educazione Permanente degli Adulti, in strutture di formazione professionale regionale o del privato sociale); Il Certificato personale di seguito allegato è corredato da note esplicative che hanno l’obiet- tivo di chiarire il significato dei diversi indicatori, e di facilitare la compilazione da parte delle sedi educative e formative. Logo Ministero Pubblica Istruzione Centro Territoriale per l’Educazione permanente degli Adulti Sede_______________________________________________________________ CERTIFICATO PERSONALE RILASCIATO A Nome e cognome____________________________________________________ Nat____ a_____________________________________ il__________________ Luogo e data del rilascio______________________________________________ Firma _________________________ (Timbro) 137 INDICE SINTETICO DEL PROGETTO INDIVIDUALE Livello di istruzione in cui il percorso è inserito____________________ Crediti in ingresso____________________________________________ ____________________________________________________________ Descrizione del percorso formativo Svolto presso le seguenti strutture formative ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ 138 Scheda di documentazione relativa all’accreditamento in ingresso Crediti in uscita_______________________________________________ ____________________________________________________________ Centro Territoriale Permanente per l’Educazione degli adulti Nome__________________________________ Sede________________ Credito riconosciuto in ingresso ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ Ambito di acquisizione del credito ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ Livello di istruzione di riferimento ____________________________________________________________ Note integrative ____________________________________________________________ Luogo e data del rilascio Firma _____________________________________________________________ 139 Scheda di attestazione del Centro Territoriale Centro Territoriale Permanente per l’Educazione degli adulti Nome__________________________________ Sede________________ Percorso formativo Competenze Modalità di valutazione ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ Note integrative ____________________________________________________________ Altre informazioni ____________________________________________________________ Luogo e data del rilascio Firma _____________________________________________________________ (Timbro) Moduli 1)___________ 2)___________ 3)___________ 4)___________ Durata in ore __________ __________ __________ __________ Contenuti __________ __________ __________ __________ Contesto di apprendimento _____________________ _____________________ _____________________ _____________________ 1)___________ 2)___________ 3)___________ 4)___________ 2)__________ 2)__________ 2)__________ 2)__________ 3)__________ 2)__________ 2)__________ 2)__________ 4)_____________________ 4)_____________________ 4)_____________________ 4)_____________________ 140 Scheda di attestazione delle strutture FP regionali o del Privato Sociale Logo dell’Amministrazione competente che rilascia attestazione Struttura formativa Nome__________________________________ Sede________________ Percorso formativo Competenze Modalità di valutazione ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ Note integrative ____________________________________________________________ Altre informazioni ____________________________________________________________ Luogo e data del rilascio Firma _____________________________________________________________ (Timbro) Moduli 1)___________ 2)___________ 3)___________ 4)___________ Durata in ore __________ __________ __________ __________ Contenuti __________ __________ __________ __________ Contesto di apprendimento _____________________ _____________________ _____________________ _____________________ 1)___________ 2)___________ 3)___________ 2)__________ 2)__________ 2)__________ 3)__________ 2)__________ 2)__________ 4)_____________________ 4)_____________________ 4)_____________________ 141 8.2. La gestione dei passaggi nei percorsi di istruzione e formazione professionale Come abbiamo visto, i percorsi sperimentali sono l’ambito su cui si concentra una gran quantità di norme e regolamenti in tema di certificazione e di crediti for- mativi. Presentiamo il caso della Regione Piemonte, in tema di: “Linee guida per la progettazione e la gestione assistita dei passaggi tra i sistemi ed i percorsi formativi attraverso i laboratori per il recupero e il sostegno degli apprendimenti (LaRSA)”. 1. Premessa Le seguenti linee guida sono elaborate in accordo tra l’Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte, la Regione Piemonte, le Province piemontesi e in coerenza con quanto affermato nella Legge 53/2003, “Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”, che al- l’art. 2 comma i) recita: “è assicurata e assistita la possibilità di cambiare indirizzo all’interno del sistema dei licei, nonché di passare dal sistema dei licei al sistema dell’istruzione e della for- mazione professionale, e viceversa, mediante apposite iniziative didattiche, finalizzate all’acqui- sizione di una preparazione adeguata alla nuova scelta; la frequenza positiva di qualsiasi seg- mento del secondo ciclo comporta l’acquisizione di crediti certificati che possono essere fatti valere, anche ai fini della ripresa degli studi eventualmente interrotti, nei passaggi tra i diversi percorsi di cui alle lettere g) e h)”. La possibilità di cambiare indirizzo formativo diviene elemento di garanzia per esercitare “il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al consegui- mento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età”, per cui è indispensabile individuare forme di percorribilità all’interno di un sistema formativo e tra i sistemi formativi per rendere flessibile la scelta, per continuare il percorso a livelli superiori, per consentire e favorire il suc- cesso formativo, valorizzando ogni tipo di apprendimento. Il passaggio è l’esito di una volontà dell’allievo e della relativa famiglia: esso prevede sempre un processo di riorientamento – che il soggetto compie modificando una scelta iniziale – una funzione di “accompagnamento” nel momento del passaggio, una certificazione e un ricono- scimento dei crediti formativi. All’interno del processo di riorientamento lo studente e la famiglia devono essere sostenuti dall’istituzione scolastica, dall’agenzia formativa ed eventualmente dall’orientatore del centro per l’impiego. Nel momento in cui si manifesta la volontà di effettuare un passaggio, non si può e non si deve considerare l’operazione come un mero adempimento burocratico/amministrativo. È neces- sario che le Istituzioni scolastiche e formative coinvolte mettano in atto una serie di interventi per assicurare il successo dell’operazione. La funzione di accompagnamento deve essere esple- tata congiuntamente dalle due istituzioni interessate. In particolare l’istituzione che viene “ab- bandonata” non può limitarsi ad esperire le funzioni amministrative (certificazione delle compe- tenze, crediti, ecc..), ma deve prendere contatti diretti con l’istituzione “ricevente”, co-progettare il passaggio e assicurare l’eventuale intervento di sostegno. A tal fine è necessario vengano costituiti appositi gruppi di lavoro composti da docenti/ formatori delle istituzioni interessate. Il processo del passaggio richiede, da parte del gruppo di lavoro misto di docenti/formatori dell’istituzione di provenienza e di destinazione, – con riferimento ai nuclei essenziali di cono- scenze, abilità e competenze individuati dal tavolo regionale di progettazione per i passaggi tra i sistemi – le seguenti operazioni: 142 - Analisi comparata tra le conoscenze, abilità, competenze acquisite nel percorso di prove- nienza e il percorso di destinazione. - Individuazione del differenziale di conoscenze, abilità, competenze che necessitano per giungere al livello desiderato. - Coprogettazione e attivazione di un Laboratorio di Recupero e Sviluppo degli Apprendi- menti, (LaRSA) con l’individuazione dei docenti, l’organizzazione temporale e oraria. - Svolgimento del percorso con la verifica e la certificazione delle conoscenze, abilità, competenze acquisite. - Passaggio al nuovo indirizzo formativo. - Stipula di un nuovo patto formativo con l’allievo e la sua famiglia. 2. Definizione dei laboratori per il recupero e il sostegno degli apprendimenti (LaRSA) 2.1. Principali riferimenti normativi - Legge 53 art. 2 comma 1, lettera i; art. 7, comma 1, lettere a) b) c) - Accordo Conferenza unificata per la certificazione finale e intermedia e il riconoscimento dei crediti formativi del 28 ottobre 2004 - Accordo quadro del 19/6/2003 tra MIUR, MLPL, Regioni, Province, Comuni e Comunità montane per la realizzazione di un’offerta formativa sperimentale di istruzione e forma- zione professionale - Accordo territoriale del 22/10/2003 tra Regione Piemonte – Direzione formazione Profes- sionale – lavoro e Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte - Direttiva regionale relativa alle attività formative e sperimentali afferenti il diritto dovere di istruzione e formazione professionale 2004-2007 – DGR 55-11901 del 2 marzo 2004 - D.M. 86 del 3/12/2004 “Modelli di certificazione” - O.M. 87 del 3/12/2004 “Norme concernenti il passaggio dal sistema della formazione pro- fessionale e dell’apprendistato al sistema dell’istruzione ai sensi dell’art. 68 L. 144/99”. 2.2. Finalità - Rendere possibile il passaggio di un giovane da un percorso formativo ad un altro, soste- nendolo nell’acquisizione di quelle conoscenze/abilità/competenze non previste nel per- corso formativo di provenienza, ma necessarie per il proseguimento in un diverso canale formativo. - Rendere possibile il proseguimento degli studi in un percorso formativo diverso da quello inizialmente intrapreso. 2.3. Destinatari I giovani che, essendo iscritti ad un percorso in un centro di formazione professionale o in un istituto scolastico, desiderino proseguire la propria attività di formazione in un percorso for- mativo diverso da quello al momento frequentato. 2.4. Attivazione Attivato su richiesta dell’Istituto scolastico e/o agenzie formative accreditati, in accordo tra loro. 2.5. Periodo di attuazione Il Laboratorio di Recupero e sviluppo degli Apprendimenti (LaRSA) deve essere attuato in un periodo favorevole al successo del nuovo inserimento; i tempi di attuazione terranno conto 143 dei diversi fattori utili a questo scopo, pertanto differiranno a seconda delle singole progettazioni dei percorsi, in quanto il LaRSA può configurarsi come periodo di sostegno all’acquisizione delle conoscenze/abilità/competenze indispensabili per il nuovo percorso, da attuarsi anche in parallelo. In caso di abbandono scolastico e formativo si utilizzeranno gli accompagnamenti indivi- duali e la responsabilità è dell’organismo che attua l’inserimento, avvalendosi anche dei servizi dei centri per l’impiego. 2.6. Attività preliminari Analisi preliminare delle motivazioni al passaggio con eventuale attività di orientamento/riorientamento e con accertamento della motivazione, avvalendosi anche del centro per l’impiego. Indicazione esplicita della scelta dello studente e della famiglia (se minorenne) per attivare il LaRSA, con compilazione della richiesta di passaggio. Confronto fra le due istituzioni formative per - Certificare e riconoscere crediti in uscita ed in ingresso (tramite bilancio delle risorse personali, analisi dei certificati, accertamento di conoscenze, abilità, competenze) con ri- ferimento ai “nuclei essenziali dei piani di studio” (art. 7, comma 1, lettera a) L. 53/2003. - Definire e coprogettare congiuntamente le acquisizioni necessarie (conoscenze, abilità, competenze) che saranno oggetto del LaRSA. 2.7. Definizione del progetto La coprogettazione deve: - Assicurare il recupero e lo sviluppo delle abilità, conoscenze, competenze necessarie e sufficienti per la prosecuzione con successo nel nuovo percorso formativo. - Definire gli obiettivi formativi, le attività, i tempi, il luogo di attuazione. - Individuare le risorse necessarie (umane e strumentali), le metodologie formative, di ac- compagnamento e di verifica/valutazione. - Prevedere l’eventuale curvatura interna del percorso. La complessità dei LaRSA dipenderà dal grado di maggiore o minore affinità dei percorsi e dall’anno in cui si realizza il passaggio. 2.8. Modalità di attuazione Affiancamento individuale o a piccoli gruppi, da svolgersi preferibilmente nella nuova realtà di istruzione o formazione precedentemente al passaggio (come previsto dalla direttiva re- gionale al punto 6) nella nuova realtà di istruzione o formazione. 144 Scheda 1 DOMANDA DI PASSAGGIO Al Dirigente scolastico dell’Istituto/Al Direttore del CFP ___________________________________________________________________ Al Direttore del CFP/Al Dirigente scolastico dell’Istituto ___________________________________________________________________ _l_ sottoscritt_____________________________________, genitore dell’alunna/o iscritta/o alla classe_________ sez.___ indirizzo___________________________ iscritta/o al corso_____________________________________________________ TENUTO CONTO Degli interessi dimostrati dallo studente Di (altro):___________________________________________________________ CHIEDE Il passaggio ad altro indirizzo esterno (Denominazione del CFP/Istituzione scolastica_____________________________) (Settore/Classe scelto/a________________________________________________) DICHIARA di essere disponibile a concordare azioni che facilitino il passaggio e di essere consapevole che esso potrà comportare orari e sedi diversi da quelli attuali. Data_______________ Firma del genitore (o di chi ne fa le veci) ____________________________________________________________________ Firma dell’interessata/o ____________________________________________________________________ Competenze di base Competenze tecnico professionali e trasversali Data_______________ Firma del genitore (o di chi ne fa le veci) ____________________________________________________________________ Referenti ___________________________________________________________________ ___________________________________________________________________ 145 Scheda 2 CONFRONTO REQUISITI RICHIESTI E POSSEDUTI 146 Al Dirigente scolastico dell’Istituto/Al Direttore del CFP ___________________________________________________________________ Al Referente del Servizio Orientamento OGGETTO: progetto passaggio tra il CFP/Istituto______ (di destinazione) e l’Istituto/CFP______ (di provenienza) In relazione alla richiesta in oggetto e in ottemperanza alla normativa in vigore SI PROPONE per lo studente___________________ il passaggio per accedere nell’anno_______ al corso_________________________ settore__________________ anno_______ alla classe________________ sez.___ indirizzo____________________________ Si dispone di organizzare il seguente LABORATORIO di recupero e sviluppo degli apprendimenti Per la realizzazione di tale laboratorio si dispone quanto segue: Modelli per il riconoscimento dei crediti Per l’attestazione dei crediti in ingresso si utilizzerà la modulistica proposta dal- l’accordo in Conferenza Unificata del 28 ottobre 2004 riguardante la certificazione finale ed intermedia e il riconoscimento dei crediti. In particolare si userà l’allegato C per il riconoscimento dei crediti in ingresso al percorso di Formazione Professionale e i modelli A e B per il riconoscimento dei crediti per il passaggio ai corsi di istruzione secondaria superiore. Scheda 3 CONVENZIONE TRA ORGANISMI 147 9. QUESTIONI METODOLOGICHE 9.1. Non procedura amministrativa, ma azione sociale La ricognizione che abbiamo svolto ai vari livelli, europeo e nazionale, ci ha consentito di mettere a fuoco taluni aspetti relativi alla metodologia della certifica- zione e del riconoscimento dei crediti formativi che esponiamo di seguito. Innanzitutto va detto che l’azione certificativa non può essere concepita come una mera compilazione di schede a carattere amministrativo, ma rappresenta un’o- pera complessa di natura autenticamente sociale, tesa a soddisfare i seguenti criteri: a) la comprensibilità del linguaggio, che deve riferirsi – in forma narrativa e non quindi in modo stereotipato – a locuzioni e sintagmi che consentano ai diversi attori di visualizzare le competenze descritte, b) l’attribuibilità delle competenze al soggetto tramite l’indicazione delle evi- denze che consentano di contestualizzarle entro processi reali in cui egli è coinvolto insieme ad altri attori, c) la validità del metodi adottati nella valutazione e validazione delle competenze stesse, con specificazione del loro livello di padronanza. Circa il modello di certificazione, si prevedono normalmente due fattispecie: a) la certificazione è legale quando si riferisce al titolo di studio posseduto e indica il rapporto tra il possesso di tale titolo e l’effettiva padronanza delle ac- quisizioni che vi sono implicate. In tal modo l’atto certificativo risulta un’ag- giunta – una sorta di appendice – rispetto alle prassi valutative ed amministra- tive proprie dei titoli di studio; b) la certificazione è sociale quando il certificato cui ci si riferisce rappresenta una documentazione composita che consente di rendere trasparente – quindi leggibile entro categorie comprensibili – la dotazione della persona di capacità, saperi, abilità e competenze, in riferimento alle esperienze entro cui queste si sono formate. Nel caso italiano, la funzione certificativa risulta variamente citata nelle leggi relative al sistema educativo ed al mercato del lavoro, anche se il sistema difetta di una vera e propria istituzione di tale funzione, con l’indicazione degli organismi e delle figure professionali cui è fatta carico e delle metodologie e con la preci- sazione del valore di tali certificati per la persona che li possiede come pure degli impegni per i vari organismi una volta questa esibisca documenti attestanti la sua preparazione. Infatti, l’oggetto della certificazione non va visto solo in chiave dichiarativa, ma anche valutativa. In questo secondo significato, esso rappresenta un credito for- mativo, ovvero l’attribuzione alla specifica acquisizione certificata di un valore esi- gibile presso un organismo formativo, in vista del raggiungimento di uno specifico titolo. Essa quindi presenta un valore di accessibilità oltre che di risparmio del 148 tempo previsto per coloro che non possiedono le acquisizioni dimostrate nel certi- ficato. Il peso reale (in termini di accesso alle azioni formative e di risparmio di tempo) di tale valore viene attribuito da parte dell’organismo ricevente, se questo riconosce la certificazione emessa da quella inviante ed attribuisce a questa certifi- cazione un valore in ordine ad un quadro metodologico e descrittivo dei fenomeni oggetto dell’atto certificativo. Di conseguenza, il semplice rilascio di un documento certificativo da parte di un qualsiasi organismo non rappresenta di per sé un credito; affinché sia tale, oc- corre che vi sia una legittimità normativa ed un’intesa effettiva fra gli organismi coinvolti nel processo di riconoscimento. La legittimità normativa è data dalla presenza di un quadro giuridico che con- sente la valorizzazione delle certificazioni, e che quindi indica con chiarezza il con- testo, l’approccio metodologico, gli attori collettivi e individuali coinvolti, le forme di tutela dei diritti dei cittadini in questo ambito (diritto a vedere riconosciuti i propri apprendimenti comunque acquisiti) e gli strumenti di sanzione per gli orga- nismi che non si comportano conseguentemente. L’intesa tra gli organismi di un contesto (territorio, rete formativa, polo...) risulta comunque necessaria, ed indica le condizioni operative entro le quali si defi- niscono le acquisizioni oggetto di certificazione ed il livello della loro spendibilità sotto forma di credito formativo in riferimento alle diverse opportunità il cui ac- cesso tale possesso rende possibile. Ciò significa che l’atto della certificazione non rappresenta l’esito di un processo automatico, ma richiede un lavoro di confronto, di intesa, di cooperazione. Si tratta infatti di una pratica che mira alla personaliz- zazione dei servizi educativi e del lavoro, e che quindi richiede una vera e propria cultura del servizio a favore del cittadino il quale è posto in condizione di mettere in gioco le sue effettive potenzialità entro sistemi accessibili, trasparenti, valoriz- zanti. Di conseguenza, la metodologia di riconoscimento e certificazione delle com- petenze che si propone non è solo una procedura, ma comprende una prospettiva di animazione della comunità professionale dei docenti, finalizzata a consolidare una metodologia di gestione dei processi di apprendimento, di valutazione e rico- noscimento delle acquisizioni e dei crediti, tale da favorire il successo formativo degli studenti, l’intesa con i referenti economico-sociali ed istituzionali, la valoriz- zazione della professionalità docente, la creazione di condizioni organizzative e di sistema favorevoli all’innovazione metodologica e didattica. 9.2. Strumenti per la certificazione ed il riconoscimento dei crediti Cinque sono gli strumenti necessari: 1) la mappa delle figure professionali 2) l’elenco delle competenze chiave della famiglia professionale e di ogni speci- fica figura 149 3) le rubriche di valutazione e validazione delle competenze 4) le unità di apprendimento strategiche 5) il certificato delle competenze. La mappa delle figure professionali fa riferimento alla nozione di ruolo profes- sionale, ed in particolare alla collocazione organizzativa ed ai compiti che caratteriz- zano tale ruolo, così da costituire riferimento per la progettazione – e la certificazione finale – di un percorso che miri a formare persone dotate di competenze adeguate. L’utilizzo dei profili professionali risponde alla necessità di finalizzare le atti- vità di istruzione e formazione tecnico professionale alle reali necessità del mondo del lavoro, così da consentire l’occupabilità delle persone formate e la loro valoriz- zazione entro il contesto economico. Esistono tre grandi scuole di pensiero circa il modo in cui elaborare il profilo professionale: – la scuola granulare che pone al centro dell’analisi le attività lavorative sotto forma di mansioni. Tale visione ha le sue origini nel modello di organizzazione scientifica del lavoro di F.W. Taylor che prevede la verticalizzazione della decisione, la definizione scientifica delle mansioni, la selezione della persona più adatta, l’addestramento della stessa in modo efficiente, il controllo della produttività; – la scuola istituzionale che enfatizza l’importanza dell’organizzazione al fine di delineare ruoli che corrispondano alle reali professioni aziendali; queste devono essere pensate come vere e proprie “strutture sociali” ovvero famiglie professionali identificate da figure omogenee per competenze maturate e skill effettive realizzate; – la scuola olistica che mira a ricomporre le figure professionali intorno ad aree di responsabilità ed a situazioni problematiche che convergono verso il ruolo in oggetto ed enfatizzano l’apporto individuale. In questo senso, la competenza è tale quando mobilita aspetti significativi del comportamento della persona, generando in tal modo prestazioni eccellenti, accettabili o insufficienti, oltre a competenze di soglia e distintive. Se pure la letteratura converge sulla necessità di superare rigide descrizioni di ruoli e mansioni, nel momento propositivo il ventaglio delle posizioni si apre rischiando in tal modo di cadere in uno scenario caotico e difficilmente gestibile. D’altro canto, anche coloro che mirano a ricostruire tutte le figure di lavoro a par- tire da una mappa globale di competenze paiono destinati ad un esito deludente, vista l’impossibilità di costruire repertori validi in generale, indipendentemente dalle condizioni di esercizio del lavoro. In questo senso, l’unica via percorribile potrebbe essere costituita da un’intesa di massima su profili professionali essenziali, lasciando all’azione formativa specifi- ca il compito di contestualizzare l’intervento e di validarne concretamente i risultati. 150 La competenza è intesa come una caratteristica della persona, mediante la quale essa è in grado di affrontare efficacemente un’area di problemi connessi ad un particolare ruolo o funzione. La persona competente è in grado di mobilitare le risorse possedute (capacità, conoscenze, abilità) al fine di condurre ad una sua soluzione un compito-problema. La competenza non è pertanto riducibile né a un sapere, né a ciò che si è acquisito con la formazione. Essa è una dotazione del soggetto umano in un contesto definito, e ne realizza le potenzialità. In una prospettiva didattica basata su compiti reali, l’esito del processo forma- tivo è dato dalla maturazione nello studente di vere e proprie competenze che iden- tificano non tanto una dotazione data una volta per tutte e predefinita, quanto una disposizione particolare del soggetto ad essere protagonista della vita sociale come partecipazione responsabile e dotata di senso ad un’esperienza di crescita personale e collettiva nell’ambito delle realtà di riferimento. La competenza non è una somma di cose, ma una qualità della persona. Le competenze chiave della famiglia professionale e di ogni specifica figura indicano gli elementi essenziali che ne caratterizzano la professionalità, ciò in rela- zione all’analisi delle attese, dei processi, dei risultati e delle responsabilità che in un quadro convenzionale sono identificate come proprie e necessarie a tali aree e figure. La rubrica di valutazione e validazione delle competenze costituisce uno stru- mento in grado di proporre un insieme ordinato di indicazioni e di ausili operativi che, condiviso dalla comunità dei formatori, è finalizzato alla descrizione in ter- mini di competenze dei risultati attesi e/o acquisiti da un soggetto sia attraverso la frequenza ad un percorso formativo sia con altre e diverse modalità di apprendi- mento informale o non formale. La metodologia di valutazione coniuga con evidenza formale l’elemento accer- tato (la competenza) al riferimento più ampio per cui assume senso indipendente- mente dalle modalità (formali, informali e non formali) con cui è stata acquisita. Tutto sembra – allo stato – permettere il massimo di innovazione e flessibilità del percorso con la necessaria univocità associabile ad elementi certificativi. Infatti la competenza non è data dalla somma delle sue componenti (cono- scenze, abilità, disposizioni personali), ma richiede e si rende evidente attraverso un compito portato a termine personalmente dal soggetto che dimostra (che lo co- glie come soggetto unitario, in grado di decisione e nel contempo di mobilitazione delle risorse necessarie) un livello di padronanza (qui utilizzato come sinonimo di expertise o perizia) comparabile con gli “standard essenziali” ed i compiti chiave della vita personale, sociale e professionale. Con l’espressione “compiti chiave” si intendono i compiti/problema che costi- tuiscono le sfide più rilevanti (di carattere personale, sociale e professionale) che la persona è chiamata a fronteggiare nel trasformare le proprie capacità in compe- tenze, secondo una strategia che non può essere predefinita a priori, ma può essere 151 osservata e valutata e quindi descritta in rapporto agli esiti ed ai criteri di qualità intrinseci ed estrinseci al compito stesso. Le unità di apprendimento consistono in strutture di base dell’azione forma- tiva. Esse si riferiscono a precise persone, in relazione ad uno specifico contesto. Vengono elaborate coerentemente con la normativa ed i documenti preparatori – che costituiscono vincoli, criteri e proposte di riferimento, ma non certo dei pro- grammi – a partire dalla lettura del contesto in cui l’azione si svolge ovvero i desti- natari, le organizzazioni di lavoro coerenti con l’ambito culturale proprio dell’a- zione formativa, il territorio con le sue risorse ed i suoi vincoli. Tale scelta rende possibile la costruzione di un processo formativo di tipo co- struttivistico, che risponda ai seguenti criteri metodologici: – enfasi sulla costruzione della conoscenza piuttosto che alla sua riproduzione; – consapevolezza della naturale complessità del mondo reale evitando così eccessive semplificazioni; – progressione sulla base di compiti autentici e contestualizzati, non astratti; – offerta di ambienti di apprendimento assunti dal mondo reale, basati sui casi; – offerta di rappresentazioni multiple della realtà; – alimentazione di pratiche riflessive; – lavoro dell’allievo finalizzato alla costruzione di conoscenze dipendenti dal contesto e dal contenuto; – stimolo della costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la negozia- zione sociale. Il certificato delle competenze rappresenta uno strumento che consente di cer- tificare in modo valido e unitario – per tutti gli ordini di scuola/ struttura formativa, ma anche in relazione alle imprese – il grado di padronanza dello studente in ordine alle competenze previste per percorso formativo e la figura professionale mirata, specificando le aree disciplinari coinvolte e le osservazioni eventualmente neces- sarie. Le competenze vengono indicate in base al livello al quale quelle competenze sono state raggiunte scegliendo fra i tre livelli previsti: – basilare: la competenza è raggiunta in forma essenziale, affrontando i compiti in modo relativamente autonomo e responsabile e denotando un livello di pa- dronanza delle conoscenze ed abilità connesse appena accettabile; – adeguato: la competenza viene raggiunta in modo soddisfacente, affrontando i compiti in modo autonomo e responsabile, con piena consapevolezza e padro- nanza delle conoscenze ed abilità connesse; – eccellente: la persona denota di saper affrontare i compiti relativi alla compe- tenza in modo autonomo e responsabile, con piena consapevolezza e padro- nanza delle conoscenze ed abilità connesse, fornendo inoltre un apporto perso- nale di riflessione, proposta e iniziativa. 152 Si ricorda che la competenza esiste soltanto in quanto la persona a cui si attri- buisce la possiede effettivamente. Nel caso in cui il soggetto non raggiunga livelli di padronanza superiori al livello di soglia previsto, va indicata in modo esplicativo. Ciò è utile anche nei casi in cui occorra specificare talune note che si ritengano necessarie anche per la migliore comprensione di taluni giudizi positivi. Il certificato consente alla scuola/struttura formativa di valutare ed inoltre di cer- tificare da parte del singolo studente delle competenze previste, producendo una docu- mentazione analitica dei livelli raggiunti dall’alunno per ciascuna competenza attesa. 10. BIBLIOGRAFIA AA.VV, Il capitale sociale. Istruzioni per l’uso, Il Mulino, Bologna, 2001. AJELLO A.M. (ed.), La competenza, Il Mulino, Bologna, 2002. ALBERICI A. - SERRERI P., Competenza e formazione in età adulta. Il bilancio di competenze, Monolite Editore, Roma, 2002. AUBRET J. - AUBRET F. - DAMIANI C., Les bilans personnels et professionnels, Editions EAP-INETOP, Paris 1990. 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Si tratta quindi di delineare una proposta che sia l’esito di una riflessione circa le prassi effettivamente adottate, che tengono conto a loro volta delle differenti variabili in gioco (tra cui anche la cultura espressa dalla Regione) per individuare la presenza di un “modello implicito” di fondo, proprio del contesto Salesiano e la sua capacità di adattamento nei confronti delle nuove impostazioni metodologiche. Questo primo rapporto propone gli esiti delle seguenti azioni: – rilevazione delle pratiche di valutazione e certificazione già svolte nei contesti di validazione; – riflessione sugli esiti della rilevazione; – rielaborazione del documento base alla luce della rilevazione, tramite la pro- posta di un modello-base su cui proseguire l’attività nel secondo anno. Nella ricerca sono stati coinvolti i seguenti CFP: 1) Palermo 2) Roma Pio XI 3) San Donà di Piave 4) Sesto San Giovanni 5) Torino Valdocco. 1.1. Il modello di valutazione in gioco La questione in gioco nella presente ricerca è costituita quindi dai modelli di valutazione, secondo un approccio educativo proprio dell’Ente che pone al centro dell’azione, e come soggetto ed oggetto privilegiato della qualità di ogni processo 1 CIOFS-FP; CNOS-FAP, Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati, Istituto Salesiano Pia XI, Roma, 2004. 158 educativo, la persona, quindi tanto la persona dell’educando quanto quella dell’e- ducatore, in quanto protagonisti in relazione reciproca, ed aperta agli altri soggetti che compongono la comunità educativa, entro un rapporto di apprendimento e di crescita umana. L’impostazione indicata nella Guida nazionale pone come elemento fondamen- tale dell’approccio valutativo la relazione che intercorre tra il cuore del processo di apprendimento e quindi di valutazione, ovvero la competenza, le capacità della per- sona ovvero le sue potenzialità, ed infine le risorse mobilitate dalla persona (cono- scenze ed abilità). È necessario che tutto ciò divenga leggibile entro un’esperienza formativa concreta che è rappresentata dalla situazione di “soluzione del problema” di cui l’allievo è protagonista. Tale approccio consente inoltre, in forza di tale strutturazione, di considerare egualmente fenomeni formativi sia formali, sia informali e non formali, in modo da ricostruire le acquisizioni significative della persona indistintamente dal modo e dal luogo in cui sono avvenuti. Così impostato, il processo dovrebbe assicurare sia la varietà dei processi for- mativi sia la riconoscibilità delle acquisizioni, mantenendo nel contempo la neces- saria caratterizzazione contestuale della competenza, condizione indispensabile perché essa sia autentica e sostanziale. Occorre che la valutazione del possesso di conoscenze, abilità competenze, sia per i processi a cui appartengono (apprendimento) sia per la varietà dei percorsi che li generano (insegnamento formale, induzione informale, ecc.) sia per natura e la varietà delle prestazioni che vi si possono associare, consenta un approccio feno- menologico: descrittivo (di ciò che certifica) e dimostrativo (dei fattori che giustifi- cano il riconoscimento del credito), elementi che non possono essere garantiti da giudizi sintetici (si/no, voto) attribuiti a componenti disciplinari o interdisciplinari (saperi, abilità) o ad espressioni che ne impoveriscano e rendano irriconoscibile la complessità. Occorre garantire il valore dichiarativo delle aspettative rispetto ad una qual- siasi prestazione, nonché la selezione preventiva delle condizioni e degli strumenti di accertamento e di misura. Le acquisizioni da accertare sono distinte secondo i seguenti tre assi di osser- vazione: 1) le competenze, che esplicitano le padronanze2 delle persone – in termini di messa in atto delle risorse possedute – nel portare a termine in modo adeguato ed in contesti definiti compiti unitari, sensati, compiuti e dotati di valore so- ciale; 2) le conoscenze e le abilità che costituiscono le risorse culturali attivate dalle stesse persone nell’affrontare e portare a soluzione i compiti sopra indicati ed acquisite in varie modalità durante le azioni formative; 2 Da intendersi nel senso di “expertise” o “perizia”. 159 3) i fattori quali atteggiamenti, comportamenti, creatività, esecutività, passività, sicurezza, determinazione ecc., che costituiscono le capacità personali che con- corrono nel portare a termine il compito-problema posto. Occorre pertanto disporre di strumenti che consentano condizioni formali e criteri di rappresentazione dotati di una valenza comunicativa uniformemente in- terpretabile. Per realizzare tale sistema, è richiesto ad ogni équipe di operatori che svilup- pano un processo di accertamento e di certificazione, uno sforzo teso ad identifi- care le competenze della persona – riferite necessariamente ad un percorso perso- nalizzato e contestuale dell’allievo, descritto sotto forma di azione tesa a fronteg- giare e risolvere un problema avente rilevanza (personale, sociale, professionale) che nel caso di percorso formativo a carattere formale risulta strutturato per UA – attraverso un’operazione complessa che consenta di procedere: – alla identificazione della competenza entro le specifiche fonti di riferimento generale (PECUP, LEP, Indicazioni e Repertorio); – alla individuazione dei descrittori in rapporto ai quali viene accertata la com- petenza in riferimento alle conoscenze, alle abilità ed ai fattori personali atti- vati nel portare a termine il compito-problema; – alla definizione del grado della competenza entro una serie nota di livelli che consentano di specificare la padronanza con cui è agita dalla persona. La scelta metodologica – centrata sulla relazione di affinità e non di meccanica coincidenza tra gli elementi in gioco – coniuga con evidenza formale l’elemento accertato (la competenza) al riferimento più ampio per cui assume senso indipen- dentemente dalle modalità (formali, informali e non formali) con cui è stata acqui- sita. Tutto sembra – allo stato – permettere il massimo di innovazione e flessibilità del percorso con la necessaria univocità associabile ad elementi certificativi. Infatti la competenza non è data dalla somma delle sue componenti (cono- scenze, abilità, disposizioni personali), ma richiede e si rende evidente attraverso un compito portato a termine personalmente dal soggetto che dimostra (che lo co- glie come soggetto unitario, in grado di decisione e nel contempo di mobilitazione delle risorse necessarie) un livello di padronanza (qui utilizzato come sinonimo di expertise o perizia) comparabile con gli “standard essenziali”3 ed i compiti chiave della vita personale, sociale e professionale. Con l’espressione “compiti chiave” si intendono i compiti/problema che costi- tuiscono le sfide più rilevanti (di carattere personale, sociale e professionale) che la persona è chiamata a fronteggiare nel trasformale le proprie capacità in compe- tenze, secondo una strategia che non può essere predefinita a priori, ma può essere 3 Si preferisce tale espressione a quella usuale di “minimi” che appare statica e riduttiva, oltre che destinata fatalmente alla decadenza (il “minimo del minimo”). 160 osservata valutata e quindi descritta in rapporto agli esiti ed ai criteri di qualità in- trinseci ed estrinseci al compito stesso. 1.2. La certificazione La certificazione degli apprendimenti rappresenta un’azione che mira a descri- vere in modo sistematico le acquisizioni della persona, preferibilmente sotto forma di competenze, ed a registrarle in un formato condiviso tra i diversi attori del sistema educativo di istruzione e formazione professionale, compresi i soggetti economici. La certificazione punta pertanto a connotare il documento prodotto in stretto riferimento al merito delle acquisizioni della persona, di cui questa si è dotata attra- verso le più diverse esperienze formative (formali, non formali ed informali). La certificazione si riferisce a due categorie di fenomeni: in primo luogo, le competenze intese come fattori che qualificano il grado di autonomia e di respon- sabilità della persona a fronte di specifiche categorie di compiti/problema dal ri- levante valore personale, sociale e professionale; nel contempo, essa specifica le conoscenze e le abilità, ovvero le risorse di cui la persona si è impadronita e che ha saputo certamente mobilitare nel lavoro di soluzione dei compiti/problema indicati. In quanto tale, l’azione di certificazione non può essere concepita come una mera compilazione, ma rappresenta un’azione complessa, tale da richiedere la sod- disfazione di diversi criteri, tra cui: – la comprensibilità del linguaggio, che deve riferirsi – in forma narrativa e non quindi con linguaggi stereotipati – a locuzioni e sintagmi che consentano ai diversi attori di visualizzare le competenze; – l’attribuibilità delle competenze al soggetto con specificazione delle evidenze che consentano di contestualizzare la competenza entro processi reali in cui egli è coinvolto insieme ad altri attori; – la validità dei metodi adottati nella valutazione e validazione delle competenze stesse, con specificazione del loro livello di padronanza. Il credito formativo rappresenta una documentazione che attribuisce alla per- sona in possesso di un’acquisizione un valore esigibile presso un organismo forma- tivo, in vista del raggiungimento di uno specifico titolo. Perché il credito relativo ad un’acquisizione formativa sia effettivamente esigi- bile, occorre che l’organizzazione ricevente riconosca la certificazione fatta da quella inviante ed attribuisca a questa certificazione un valore affinché possa essere davvero utilizzata per accedere a (o progredire in) un percorso formativo o lavora- tivo senza che alla persona titolare sia imposto di ripetere le attività di apprendi- mento riconosciute. Di conseguenza, il credito formativo indica il valore di una certificazione e sancisce l’accettazione da parte dell’organismo ricevente della validità della forma- 161 zione impartita allo studente da altri organismi e viceversa, a condizione che ven- gano soddisfatte le tre successive condizioni: a) che l’organismo rilasciante sia accreditato secondo le procedure appositamente previste e che in particolare preveda una funzione organizzativa, personale adeguati a tale compito e che adotti la metodologia prevista; b) che il credito ed il suo valore sia chiaramente riferito al PECUP ed alle Indica- zioni regionali; c) che contenga le informazioni necessarie ad individuare le attività formative svolte, le competenze personali e professionali maturate dal titolare, le cono- scenze e le abilità che egli ha acquisito e che sono iscritte nelle competenze maturate. Il riconoscimento di un credito avviene mediante un processo di bilancio che prevede anche l’analisi dei materiali di valutazione e di documentazione contenuti nel Portfolio delle competenze personali dello studente. Tale analisi riguarda la pre- senza delle condizioni di validità del credito stesso, e di norma non prevede una prova di accertamento di tipo valutativo poiché l’attestazione soddisfa già i requi- siti di trasparenza necessari. In questo senso, la certificazione costituisce un atto con cui viene accertato il possesso di una competenza determinata ovvero il possesso di un credito forma- tivo, ma il cui valore effettivo dipende però dall’organizzazione presso cui viene proposto. 1.3. Le questioni oggetto della ricerca La ricerca si propone quindi di rilevare il grado e la modalità di applicazione del modello valutativo proposto entro la guida nazionale, tenuto conto delle varia- bili territoriali, culturali, e collocato entro la tradizione pedagogica propria delle opere educative Salesiane. Si tratta di cogliere in che modo interagiscono questi fattori, tenuto conto anche del fatto che il modello formativo iscritto nelle sperimentazioni propone al- cuni significativi cambiamenti circa l’attività formativa, che risulta centrata su un modello di apprendimento performativo, assimilabile per certi aspetti alla “valuta- zione autentica”, pur se integrato con un approccio che pone in evidenza le cono- scenze ed i comportamenti (condotta). Inoltre, il processo regolativo del sistema è in fase di evoluzione, specie per ciò che riguarda gli standard di base, trasversali e professionali, le procedure di ac- creditamento, le modalità di monitoraggio e verifica esterna delle attività, tutti aspetti che hanno ricadute rilevanti nella concreta gestione dei processi formativi e nella loro valutazione. Tenuto conto di tutto ciò, si possono raggruppare le questioni oggetto della ricerca nelle seguenti categorie, su cui è stato elaborato il questionario (in alle- gato): 162 La crescente importanza del momento valutativo è confermata di anno in anno dai rapporti circa le attività di monitoraggio e di accompagnamento che su questo punto segnalano le maggiori difficoltà metodologiche. Si chiede di distinguere tra: a) le rilevazioni circa gli apprendimenti che, riprendendo gli stili di progetta- zione, si basano essenzialmente su conoscenze (che utilizzano testi, interroga- zioni e compiti scritti), su abilità (che utilizzano le prove operative con stru- menti di misurazione ad hoc) oppure su competenze (che enfatizzano i compiti reali specie interdisciplinari); b) le rilevazioni riferite al processo formativo che si concentrano sullo strumento più diffuso – il test di gradimento presso i destinatari – che risulta peraltro in- congruo rispetto ad una finalità eterovalutativa, oltre al feed-back normale che Specificazione Gli esiti sono da identificare prioritariamente sotto forma di competenze essenziali, riferite ad una specifica figura o ad un processo professionale. È possibile che taluni interventi si riferiscano a competenze che non esauriscono il repertorio professionale di una figura. Va inoltre indicato – se esistente – il valore delle acquisi- zioni come spendibilità effettiva sia nel mercato del lavoro provinciale sia nel sistema formativo sotto forma di crediti riconosciuti. Si chiede di riflettere con gli interlocutori del soggetto proponente su quale sia l’approccio progettuale preva- lente: se per contenuti (ovvero tramite una strutturazione per discipline e programmi), per abilità (approccio che prevede la prevalenza del laboratorio tecnico-pratico), oppure per competenze correttamente intese ovvero come pratica pedagogica attiva che privilegia attività laboratoriali specie interdisciplinari basate su compiti reali e/o simulati. Si chiede di specificare le modalità di personalizzazione indicando le tecniche formative utilizzate (Bilancio delle risorse e delle competenze personali, Piano formativo personalizzato, Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti – LARSA – all’inizio e lungo il percorso, affiancamento individuale, autoformazione assi- stita, altro). Rilevazioni circa gli apprendimenti degli allievi (valutazione basata su conoscenze, abilità, competenze, altro). Rilevazioni circa il processo formativo (gradimento, feed-back rilevato dai docenti lungo l’attività didattica, altro). Utilizzo del portfolio delle competenze personali o diario di bordo o personal book (indicare lo strumento, se esiste, e la sua valenza principale: orientativa, didattica, valutativa-autovalutativa, certificativa, altro). Esiti di apprendimento dei destinatari in rapporto agli obiettivi attesi. Concezione della valutazione che si è adottata nelle proprie attività formative. Necessità o problematiche o opportunità che hanno stimolato ad elaborare questa concezione e come siete giunti all’attuale livello di competenza in tema di valutazione. Metodologie e strumenti, da parte di chi, quando, con cui vengono gestiti i dati che emergono dalle valutazioni. Modalità di valorizzazione degli esiti della valutazione degli apprendimenti. Quale rapporto esiste con il sistema qualità dell’organismo formativo. Indicatori più rilevanti e significativi di una buona metodologia di valutazione. Si intende rilevare se, oltre al documento amministrativo (attestato di frequenza), esiste un impegno dell’Ente a rilasciare un certificato di competenze personali e se infine queste informazioni vadano a costituire un libretto formativo della persona così come indicato dalla normativa attuale. Quale tipo di influenza proviene dalla Regione/Provincia nel processo di valutazione. Difficoltà incontrate che hanno condizionato, condizionano o condizioneranno il processo di valutazione. Indi- care le soluzioni adottate e gli esiti perseguiti. Soluzioni adottate, esiti perseguiti. Principali punti di forza rilevati. Principali punti di problematicità rilevati. Prassi valutative positive e loro proponibilità. Questioni Esiti attesi e loro valore Metodologie formative Valutazione Certificazione Problemi, soluzioni 163 i docenti rilevano (o per meglio dire “sentono”) nello svolgimento delle loro attività, modalità che non garantisce alcunché circa la razionalità e la sistema- ticità, per non parlare dell’obiettività della valutazione. Occorre quindi riflettere su eventuali discordanze tra stile di progettazione e sti- le di valutazione, situazione non certo rara visti gli esiti dei monitoraggi precedenti. A tale proposito, in tema di valutazione degli apprendimenti vanno rintracciate le relazioni di coerenza tra “oggetti” della valutazione e metodologie adottate, come si intende evidenziare nella seguente tabella che vorrebbe indicare una rela- zione ordinata tra oggetti, metodologie ed enfasi dell’approccio valutativo: 2. ANALISI DEI CASI DI STUDIO Di seguito presentiamo le esperienze dei 5 Centri oggetto di questo studio. Si tratta dei CFP CNOS-FAP di: Palermo, Roma Pio XI, San Donà di Piave (VE), Sesto San Giovanni (MI), Torino Valdocco. 2.1. Palermo 2.1.1. Azione formativa L’azione formativa cui si rivolge lo studio della metodologia di valutazione è la seguente: Enfasi La valutazione mira a rilevare ciò che l’allievo sa (sapere inerte) La valutazione mira a rilevare ciò che l’allievo sa fare (abilità mentale – come nel calcolo – o pratica – come nel disegno –) La valutazione mira a rilevare i tratti della personalità dell’allievo (come agisce o reagisce) La valutazione mira a rilevare in che modo l’allievo sa mobilitare le sue risorse a fronte di un compito-problema (padronanza) Oggetti della valutazione Conoscenze Abilità Capacità Competenze Metodologie di valutazione - Test - Questionari - Esercizi - Osservazione - Colloqui - Prodotti reali ed adeguati (scheda, tesina, relazione stage, dossier, project work, cd rom, presentazione Power Point...) - Capolavori - Simulazioni - Eventi 1 2 3 4 164 2.1.2. Esiti attesi e loro valore L’Installatore manutentore di Impianti civili e industriali è una figura profes- sionale in grado di svolgere in modo autonomo una varietà di compiti: – lettura e interpretazione di schemi elettrici: topografici, funzionali, di prin- cipio e di montaggio; – conoscenza dell’elettrotecnica di base; – dimensionamento tramite tabelle delle condutture elettriche; – scelta e verifica della funzionalità dei dispositivi di comando, di protezione e dei componenti elettrici; – uso corretto della terminologia tecnica; – collaborazione nella verifica degli impianti elettrici; – esecuzione dell’installazione degli impianti elettrici e di segnale; – esecuzione degli impianti citofonici e videocitofonici; – esecuzione delle verifiche, della ricerca di eventuali anomalie e loro ripara- zione, della manutenzione di impianti elettrici; – misura tramite multimetro dei parametri elettrici caratteristici: resistenza, ten- sione, corrente; – cablaggio e messa in opera dei centralini di distribuzione; – conoscenza della struttura, del principio di funzionamento del M.A.T. e del trasformatore; – cablaggio e messa in opera di quadri elettrici di comando per avviamento/ inversione M.A.T.; – conoscenza dei componenti elettronici (resistenze, condensatori, diodi); – realizzazione dei circuiti elettronici fondamentali: alimentatore semplice e stabilizzato; – uso del PLC per la realizzazione di semplici automatismi di comando e di movimentazione; – realizzazione di semplici preventivi di impianti elettrici. Eventuale ambito di spendibilità sul mercato del lavoro locale di tali acquisi- zioni: inserimento presso aziende del territorio e/o avvio di attività autonome nel settore dell’impiantistica elettrica nelle abitazioni, nelle attività commerciali, negli ambienti industriali, ecc.; nel settore dell’installazione/manutenzione di impianti per la gestione ed il controllo degli accessi: apricancelli, TV, automatismi in ge- nere; nel settore della gestione intelligente della sicurezza degli edifici (antintru- sione, risparmio energetico, rilevazione incendi); nel settore dell’installazione di reti informatiche e telefoniche; nel settore della ricezione e distribuzione commer- ciale degli articoli elettrici. Spendibilità eventuale delle acquisizioni in termini di crediti formativi: possi- bilità di inserimento presso istituti scolastici secondari per il conseguimento del diploma di maturità. 165 2.1.3. Destinatari La provenienza dei giovani è generalmente dall’interno del territorio provin- ciale, in possesso del diploma di scuola media inferiore, sufficientemente motivato e omogeneo. 2.1.4. Risorse Le risorse umane attive nel corso sono le seguenti: I laboratori attivati sono: laboratorio di informatica, laboratorio linguistico, la- boratorio specifico. 2.1.5. Metodologie Le metodologie formative utilizzate sono di tipo cognitivo/disciplinare e ope- rativo/addestrativo. Si può definire quindi un corso di tipo “tradizionale”. Particolari personalizzazioni avvengono mediante Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti, in alcuni casi specifici con affiancamento indivi- duale, a seguito di una segnalazione di “non conformità di prodotto”, segnalata da parte di uno o più formatori e/o coordinatori di settore. È presente un’intensa attività di alternanza formativa, consolidata negli anni e nelle reazioni con i partner del sistema economico locale. Circa le partnership, è in atto un accordo con un Istituto tecnico per consentire i passaggi reciproci degli studenti. 2.1.6. Valutazione Per ciascun modulo teorico si svolgono verifiche periodiche (test e altre veri- fiche scritte, colloqui). Per ciascun modulo pratico, si utilizzano schede di valutazione degli impianti realizzati. Ore/anno Durata del corso Durata del corso Durata del corso Durata del corso Durata del corso Direzione Coordinamento e progettazione Tutorship Formatori Orientatori Attività Programmazione e organizzazione delle attività del centro. Sovrintende all’andamento del settore di competenza, per quanto riguarda le attività dei formatori, funzionamento delle strutture e attrezzature, ed esigenze degli allievi. Media tra allievi e docenti durante la normale attività formativa e tra allievi e aziende durante le attività di stage, che organizza e pianifica. Programmano e pianificano la propria attività di erogazione del servizio; partecipano a tutte le attività collegiali; si interessano alle problematiche legate agli allievi, di ca- rattere didattico, sociale e personale. Mediante lo Sportello Multifunzionale, offrono servizi di accoglienza e informazione orientativa, laddove richiesto effettuano interventi mirati in aula (spendibilità della professione, mercato del lavoro...). A. B. C. D. E. Risorse umane 166 I criteri di valutazione sono presentati dal formatore congiuntamente al pro- gramma didattico preventivo. Allo scopo di rilevare dati utili per il miglioramento del servizio di erogazione, durante l’iter formativo vengono proposti una serie di questionari che nell’ordine sono: ingresso, gradimento iniziale generale sul Centro, gradimento iniziale dei moduli, gradimento proposto alle famiglie, gradimento finale moduli, gradimento proposto alle aziende coinvolte nelle attività di stage, per i ragazzi del III anno che si approssimano all’esame di qualifica, gradimento generale in ordine alla loro per- manenza all’interno del Centro. Nel passato si era strutturato un modello di portfolio delle competenze, con valenza orientativa-didattica, per problematiche organizzative del Centro non si è adottato. Attualmente non si utilizza nessuno strumento... Gli esiti di apprendimento sono i seguenti: Vediamo ora la concezione della valutazione. La valutazione mira a far emergere le conoscenze e le abilità di laboratorio, i comportamenti dell’allievo. Ci sono stati alcuni tentativi di approntare una concezione di valutazione da parte del sistema di qualità con uno strumento appropriato... Non si è applicato per problematiche legate al sistema, quindi quasi spontanea- mente si tende al tradizionale. Per quanto riguarda la valutazione didattica i metodi sono di tipo tradizionale, viene effettuata in itinere ed alla fine del percorso. Raccolti in prospetti di classe, è il coordinatore del settore con il collegio dei formatori che mette a fuoco i singoli casi, le segnalazioni di anomalie evidenti vengono gestite dalla direzione e dal responsabile della qualità. Per la valutazione del sistema, i risultati raccolti e interpretati con grafici e relazioni, vengono focalizzati dalla direzione e dal sistema qualità, attraverso gli indicatori vengono tenuti presenti dalla progettazione. Gli esiti della valutazione servono per avviare le non conformità del prodotto, programmare di conseguenza gli interventi per il recupero degli apprendimenti mi- nimi. 167 Si presentano di seguito i documenti: – griglia di valutazione per il colloquio – scheda di gestione di problematiche dell’apprendimento secondo la procedura della gestione della qualità in quanto “prodotto non conforme” – struttura della “pagellina” – scheda di valutazione e di ammissione all’esame – esempio di scheda di valutazione di tipo professionale (laboratorio di cucina). GRIGLIA DI VALUTAZIONE PER IL COLLOQUIO Classe__________ Allievo:____________________________________________ Scheda preliminare Verifica:____________ (data/periodo)____________ Disciplina:____________ Argomenti da verificare:______________________________________________ Obiettivo previsto di cui si vuole verificarne il raggiungimento:_______________ (PUNTEGGIO MAX 10) A) Conoscenza dei contenuti (4/10) B) Capacità di utilizzare le conoscenze acquisite (2/10) C) Capacità di approfondire e collegare gli argomenti in ambito interdisciplinare (2/10) D) Padronanza della lingua (2/10) Valutazione complessiva:__________ 168 169 170 171 172 173 Per offrire un quadro più completo per quanto riguarda le modalità applicate per il monitoraggio e la valutazione, effettuata tramite un complesso sistema di rile- vazioni circa i gradimenti, gestiti attraverso personale addetto specificatamente al monitoraggio ed alla valutazione, si precisano alcuni aspetti metodologici: a) attualmente le attività di formazione del Centro sono distribuite all’interno di quattro settori: Meccanico, Elettrico, Ristorazione e Grafico; all’interno dei settori si articolano venti corsi, nei quali gravitano – tra primi, secondi e terzi anni – 375 allievi; b) ad eccezione dell’ingresso (solo per gli allievi di primo anno), del gradimento Stage e gradimento finale (entrambi solamente per i terzi anni), i questionari vengono somministrati a tutti i giovani; c) per ciascun questionario, per ciascuna argomentazione proposta e per ogni item contenuto, è predisposta una tabella di raccolta dati così come manifestati dai soggetti intervistati; d) i dati così raccolti sono elaborati e selezionati per corsi, settori e per il Centro nel suo complesso; e) vengono altresì effettuate ulteriori elaborazioni in grado di offrire in uscita numeri e dati espressi in valori assoluti, valori percentuali e grafici e prodotti ancora per singoli corsi, singoli settori, tutti i settori nel complesso, propo- nendo ancora un confronto con analoghi dati emersi dagli interventi di monito- raggio e valutazione del precedente A.F.; f) gli elaborati conclusivi, congiuntamente ad un rapporto/relazione, sono forniti alla Direzione e, per quanto riguarda le tipologie di intervento di specifico interesse, ai singoli settori; g) per quasi la totalità dei questionari impiegati nelle varie tipologie d’intervento, è infine prevista una ulteriore valutazione in grado di far emergere – sulla base di criteri ritenuti plausibili – un giudizio positivo o negativo dell’intero que- stionario allo scopo di estrapolare ulteriori indicatori utilizzati per il Sistema Qualità nonché per le procedure di accreditamento. Gli indicatori più rilevanti e significativi di una buona metodologia di valuta- zione sono individuati nei seguenti due: quando l’allievo percepisce e condivide la valutazione assegnata; la convergenza di valutazione dei singoli formatori apparte- nenti alla stessa area. Non ci sono influenze da parte della Regione/Provincia per quanto concerne la valutazione del processo... 2.1.7. Certificazione Due sono le modalità di certificazione/attestazione: alla fine del percorso trien- nale, dopo gli esami si rilascia l’attestato di qualifica professionale; insieme alle aziende si dà una certificazione dello stage che indica il soggetto e l’azienda in cui l’esperienza è stata svolta. 174 2.1.8. Difficoltà incontrate e soluzioni adottate Si presentano di seguito le problematiche incontrate nell’attività valutativa e le soluzioni adottate per fronteggiarle. Difficoltà: a) differenti criteri di valutazione; b) utilizzo di strumenti comuni, in quanto percepiti come perdita di tempo; c) resistenza dei formatori ad assumere degli impegni. Le soluzioni adottate sono: presentazione dei criteri di valutazione per singolo modulo; verifica della corretta applicazione, dei metodi di valutazione previsti dal formatore, in sede di verifica ispettiva interna di qualità. 2.1.9. Punti forti e punti deboli del processo di valutazione Ecco la scheda dei punti forti/punti deboli e l’indicazione delle prassi valuta- tive più significative adottate nel caso di studio: 2.1.10. Quale modello di valutazione emerge dal caso di Palermo Il caso di Palermo, come è stato già detto, rappresenta la modalità tradizionale di affrontare la valutazione, intendendo con ciò un modello centrato su una didat- tica duale, basata su: a) materie di area culturale e tecnico-teoriche, rilevate le prime tramite test e altre verifiche scritte; b) discipline tecnico-pratiche, rilevate per mezzo di osservazioni dei comportamenti e dei prodotti di laboratorio sulla base di schede di valutazione degli impianti realizzati. Gli elementi che risultano caratteristici di tale modello sono: a) il “robusto” sistema di monitoraggio finalizzato al miglioramento del servizio di erogazione, che prevede durante tutto l’iter formativo la somministrazione di una serie di questionari di gradimento, oltre alla rilevazione sugli sbocchi occupazionali; b) la piegatura didattica del sistema di gestione della qualità che prevede: – la gestione degli esiti della valutazione al fine di avviare le non conformità del prodotto e per programmare di conseguenza gli interventi per il recupero degli apprendimenti minimi; 175 – la raccolta ed interpretazione dei risultati di valutazione complessivi, gestiti con grafici e relazioni sulla base di un set di indicatori, che vengono tenuti presenti della progettazione. È interessante la gestione del “prodotto non conforme”, come indicato dal rapporto sopra riportato, perché indica l’importanza attribuita alle situazioni di mancato apprendimento, che vengono gestite tramite adozione di una strategia obbligatoria di soluzione che coinvolge le diverse responsabilità in gioco, innanzi- tutto la direzione. Le schede di valutazione riportate indicano i seguenti elementi: predominanza della componente professionale, che delinea un cammino fatto di passi progressivi individuati tramite la lettura dello sviluppo delle capacità professionali che ven- gono poste in luce nei laboratori entro una griglia di fattori tipici riferiti alla presta- zione stessa; presenza di colloqui per la verifica dei contenuti a carattere prevalen- temente linguistico (conoscenza dei contenuti, capacità di utilizzo delle cono- scenze, capacità di approfondire e collegare gli argomenti in ambito interdiscipli- nare, padronanza linguistica). Quest’esperienza di attività formativa, nella quale è assolutamente minimo l’influsso della Regione sugli aspetti metodologici ed organizzativi ci consente di cogliere la presenza di un approccio Salesiano alla valutazione. Questo si evidenzia in particolare nella scheda di valutazione (pagellino) che propone una distinzione in due ambiti: 1) le aree formative (culturale, scientifica, tecnologica, operativa) distinte in am- biti disciplinari o laboratori; 2) la condotta che a sua volta è legata anche alle assenze. Anche se vi è lo sforzo di legare i due versanti dell’ambito culturale con acqui- sizione teorica e l’ambito professionale, in realtà la didattica risulta ancora giustap- posta, ovvero i due ambiti sono in relazione indicativa, ma non programmatica. L’ambito della condotta risulta dotato di una sua rilevanza autonoma rispetto al resto, anche se nella formulazione del giudizio diversi fattori si riferiscono all’im- pegno, al metodo di studio, all’interesse mostrato in riferimento alle esperienze proposte. In sostanza, nonostante i limiti nell’innovazione metodologica specie per la di- dattica interdisciplinare per compiti reali, nel caso di Palermo si evidenzia meglio il peso e la valenza del progetto formativo Salesiano, che risulta costituito da un in- sieme piuttosto coerente di fattori che risultano legati da una comune ispirazione ed indicano un “modello antropologico” a carattere etico dell’allievo che si intende proporre e sostenere. I fattori cruciali sono: – la disciplina intesa come impegno significativo ed ordinato secondo uno stile serio e responsabile; 176 – il metodo inteso come interiorizzazione di sequenze di attività ed attenzioni che consentono, per ogni ambito di impegno, di conseguire in modo razionale gli obiettivi posti; – la cura personale che indica l’atteggiamento della persona verso di sé ma anche in relazione al contesto ed agli altri; – le relazioni con le diverse figure presenti nell’azione formativa che defini- scono il risvolto concreto dei valori della persona e la sua capacità di essere parte non solo di un gruppo ma anche di una comunità; – il laboratorio che costituisce il centro dell’attività formativa nel quale si incon- trano meglio le propensioni personali e le esperienze formative; – lo studio riferito alle materie teoriche che indica il corredo necessario del gio- vane, comprendente tutto ciò che consente alla persona non solo di assumere un ruolo lavorativo, ma anche di essere consapevole della realtà e di esercitare le proprie prerogative di cittadinanza. Certo, la logica che è sottesa a tale modello è di tipo intuitivo e per così dire “morbido”; in particolare, manca l’esplicitazione dei criteri e degli elementi che concorrono al giudizio, oltre al rapporto tra i vari gradi del giudizio. È questo un punto sul quale si punterà la proposta avanzata al termine di questo studio. 2.2. Roma Pio XI 2.2.1. Azione formativa L’azione formativa oggetto di studio di caso è la seguente: Si tratta di un intervento collocato entro un settore – quello grafico – dove il Centro è capofila (nella denominazione di Associazione CNOS-FAP Regione Lazio attraverso la Direzione del Centro di Formazione Professionale “Pio XI”), tanto da creare una vera e propria rete formativa che ha costituto il “Polo Tecnologico-for- mativo Grafico della Capitale”, composta tramite Protocollo di intesa con: Istituto di Istruzione Superiore “Carlo Urbani”, Ente Nazionale per l’Istruzione Professio- nale Grafica, Associazione tra le aziende Grafiche, Cartotecniche e Trasformatrici di Roma e provincia, Ente provinciale per l’istruzione professionale grafica di Roma. 2.2.2. Esiti attesi e loro valore Il processo formativo è formulato nel modo seguente in riferimento al primo anno: 177 * 178 Si tratta di un’impostazione chiaramente modulare, che indica le aree e gli argomenti o temi di riferimento che dovrebbero (implicitamente) realizzare gli obiettivi formativi. Circa la spendibilità del titolo, si specifica quanto segue: Il quadro generale del settore grafico a Roma e Provincia si è modificato in termini di tec- nologia in maniera rapida e radicale. Il cambiamento ha trovato sicuramente terreno fertile nella quasi totalità delle aziende che, con notevoli sforzi economici, hanno investito ingenti capitali, in moderne tecnologie di produzione e di gestione. Molto più problematica è la situazione delle professionalità che le moderne tecnologie richiedono. Infatti se da un lato la produzione migliora in termini di qualità e tempo, dall’altro è vero che il personale necessita di conoscenze e metodologie in molti casi più elevate. In questa ottica si inserisce il nostro intervento formativo, con l’intento di contribuire alla risoluzione dei problemi relativi alla professionalità richiesta, soprattutto nell’ambito della prestampa e della stampa. L’intervento si propone di formare dette professionalità attraverso l’apprendimento delle moderne tecnologie informatiche e delle normative che costituiscono il substrato dei moderni cicli produttivi (ISO 9000, D.lgs. 626/94, ISO 14000). La ricerca prevalente di personale in possesso di esperienza lavorativa potrebbe accentuare la situazione, già negativa, del segmento giovanile alla ricerca di un primo impiego e/o “concentrare” le possibilità di successo in segmenti poco specializzati dell’offerta di lavoro. Il nostro progetto formativo mira alla formazione di un profilo professionale che ben si inserisce nella società dell’informazione, in quanto il Prestampatore – Stampatore offset che in sè deve possedere capacità tecniche, operative, progettuali in modo da saper gestire completamente il flusso lavorativo editoriale dalla progettazione cartacea alla preparazione e realizzazione informatica/digitale del lavoro ideato. Ciò lo si ottiene tramite moduli formativi professionalizzanti di progettazione grafica di informatica e tecnologia digitale. L’intervento formativo mira a far acquisire le capacità di interagire in ambienti di lavoro diversi, utilizzando strumenti e logiche di lavoro differenti; formando una mentalità di fles- sibilità lavorativa tale da consentirgli l’inserimento nel processo grafico dove sarà richiesta la sua capacità creativa e/o la sua capacità esecutiva; infine l’intervento consentirà di for- mare il Prestampatore – Stampatore offset in modo tale da possedere una grande capacità di aggiornarsi continuamente, soprattutto per quanto riguarda i software specifici utilizzati nel proprio settore di prestampa e stampa e per quanto riguarda le tecnologie informatiche 179 sempre nuove. Pertanto si prevede all’interno dei moduli lo sviluppo e la promozione delle capacità relazionali. Gli strumenti didattici che si utilizzano sono quelli tipici delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in quanto sono considerati fattore strategico per il rafforzamento delle PMI; questi sono di rilevante importanza anche per lo sviluppo di capacità impren- ditoriali (problem solving e decision making, leadership autorevole, diagnosi del contesto organizzativo e autoregolazione del proprio comportamento al suo interno). L’iniziativa di formazione prevista viene realizzata in stretta relazione con i fabbisogni di sviluppo settoriale e territoriale e potrà trovare una specifica applicazione all’interno di programmi e progetti di sviluppo locale e di programmazione negoziata. 2.2.3. Destinatari Il campione è riferito agli allievi del primo anno per un numero pari a 60 unità. Gli allievi provengono in maggioranza dalla città di Roma tranne poche unità che provengono dalla provincia di Roma e un solo allievo che proviene dalla pro- vincia di Viterbo. Per individuare la loro provenienza geografica è stata suddivisa la città in 4 quadranti A – B – C – D (vedi cartina allegata), in ognuno dei quali sono inseriti, in seguito al decentramento amministrativo, i municipi. Il quadrante più interessato alla nostra azione educativa è il C che corrisponde alla zona sud-est di Roma nello specifico dei Municipi VI – VII – VIII – IX – X. Ancora più interessante è il fatto che molti di questi allievi vivono sulla diret- trice della Metropolitana A, che tocca anche la zona dove è situato il Centro. Comunque l’estrazione socio-economica di questi agglomerati urbani è alta- mente popolare. Livelli di accesso: non si effettuano valutazioni iniziali ma vengono assunte e fatte proprie le valutazioni di provenienza della Scuola Media. Lingua: tutti gli allievi hanno un livello medio-basso per quanto riguarda l’uso della lingua italiana (verbale e non verbale), accettabile per quanto riguarda la co- municazione primaria, fortemente influenzata dal dialetto romano e dalle sue molte sfaccettature (slang giovanile). All’interno del campione rilevato ci sono allievi che provengono da altri paesi, comunitari e non comunitari. 2.2.4. Risorse I laboratori sono molto numerosi e oggetto di una cura rilevante: 1) laboratorio PC ed aula informatica 2) laboratorio fotocomposizione 3) laboratorio stampa digitale 4) laboratorio disegno 5) laboratorio progettazione grafica 180 6) laboratorio videoscrittura 7) laboratorio fotolitografia 8) laboratorio stampa. Tra le risorse occorre citare anche le relazioni di partnership. Sono specificate nella tabella seguente che indica un impegno rilevante nei vari livelli della filiera grafica, con ricadute anche sui percosi di qualifica triennale. Soggetti Scuola media superiore (Carlo Urbani), Università. Obiettivi Il CNOS – FAP Regione Lazio auspica e ritiene proficua una reciproca collaborazione con il sistema istruzione nell’ambito delle attività finalizzate alla formazione, all’orientamento e all’inserimento lavorativo dei giovani in obbligo formativo e di adulti in attesa di un ingresso o reingresso nel mondo del lavoro, e l’eventuale sperimentazione di innovazioni metodologiche. Contenuti - Progettazione ed attuazione di attività formative; - Progettazione ed attuazione di percorsi di alternanza scuola/ lavoro; - Collaborazione nello scambio di informazioni ed eventuali aggiornamenti legati al campo della formazione e della consu- lenza per l’ingresso e il reingresso nel Mdl; - Progettazione e realizzazione di interventi orientativi informa- tivi e formativi in materia di politiche del lavoro, di creazione e di aiuti alle imprese; - Sperimentazioni di metodologie; - Integrazioni di sistemi. Modalità Operative Protocollo d’intesa, convenzione. Obiettivi Progettazione: Contenuti - moduli di accoglienza comprensivi di un servizio per l’accer- tamento di conoscenze, capacità e competenze acquisite e per il riconoscimento di eventuali crediti formativi, da predisporre in fase di ingresso ed in ogni momento in cui si attivino passe- relle; - misure di accompagnamento volte a favorire l’inserimento pro- fessionale dei giovani tenendo conto delle peculiarità occupa- zionali locali; - moduli propedeutici che consentano di perseguire la forma- zione qualificante secondo modalità che prevedano una fase di rimotivazione ed un apprendimento per esperienze per giovani soggetti a obbligo formativo che abbandonano il percorso sco- lastico e formativo e che non siano impegnati in alcun rapporto di lavoro o di apprendistato. Obiettivi Realizzazione: Contenuti - “passerelle” per coloro che provengono dal sistema scolastico superiore o dal canale dell’apprendistato e viceversa, da predi- sporre in ogni momento del percorso formativo; - sistemi di valutazione della qualità dell’offerta formativa ero- gata e percepita nei suoi esiti da parte degli organismi forma- tivi. 181 2.2.5. Metodologie Si distingue tra materie teoriche e materie pratiche. Nelle materie teoriche è molto presente l’approccio cognitivo-disciplinare. Nelle materie pratiche invece c’è un’alternanza tra approccio operativo-addestra- tivo, (soprattutto per i primi anni che mancano di alcuni fondamenti teorici), approccio per competenze e compiti reali/simulati (per le altre due classi secondi e terzi anni). Circa la personalizzazione, si prevedono: laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti (LaRSA); piano formativo personalizzato. Il Centro propone in più occasioni colloqui personalizzati con gli allievi e con le famiglie. In particolare sono previsti: colloquio di conoscenza e orientamento iniziale con il tutor; colloquio che formalizza l’iscrizione e il “contratto formativo” dell’allievo e la famiglia con il direttore; colloqui ripetuti ed in itinere nei tre anni del direttore secondo lo schema Albo al merito/colloquio con il direttore in allegato al presente con spiegazione correlata. Durante la settimana che dà inizio ai corsi con i ragazzi del I anno vengono somministrati i seguenti questionari: TMA sull’autostima; TRI sulle relazioni; QSA sulle strategie di apprendimento. È presente un’intensa attività di alternanza formativa, consolidata negli anni e nelle relazioni con i partner del sistema economico locale. 2.2.6. Valutazione La valutazione è centrata sulla distinzione tra conoscenze e attività pratiche: valutazione basata su conoscenze (test con domande semistrutturate- domande strutturate); valutazione del prodotto elaborato. Le rilevazioni circa il processo formativo prevedono: questionario di gradi- mento di fine anno somministrato ai ragazzi dal coordinatore; questionario di gra- dimento di fine anno dell’attività formativa realizzata da parte del formatore; in fase di studio: questionario di gradimento da somministrare ai genitori a fine anno per l’attività formativa ricevuta. Solo nell’intervento formativo di Progettazione Grafica (laboratorio) viene ela- borato un Personal Book, dove gli allievi mettono tutti i lavori per poterli allegare al proprio Curriculum e presentarli in fase di esame di Qualifica professionale e in seguito ad un colloquio di lavoro. La compilazione del questionario relativo alla presente ricerca ed il colloquio relativo allo studio di caso hanno stimolato la direzione ad iniziare un percorso volto alla formulazione di un sistema di valutazione coerente. Al momento dunque si pos- sono solamente indicare alcune scelte che il centro ha compiuto in ordine alla valu- tazione a partire dagli strumenti che abitualmente usa e più in particolare i seguenti: – scheda di valutazione: la scheda in allegato è composta da due diverse valuta- zioni. La prima concernente il profitto ed il rendimento curricolare dell’allievo è espressa in trentesimi ed è il risultato delle prove sostenute dell’allievo nel periodo di riferimento. La seconda attiene invece al comportamento sociale e 182 di lavoro dell’allievo, è espressa in un voto da 1 a 5 in base a dei livelli descritti compiutamente nella scheda in allegato. Ogni formatore formula la sua valutazione, la motiva in occasione degli scrutini, dove il rendimento ed il comportamento degli allievi viene esaminato uno per uno, e la stessa va a comporre un quadro di sintesi contenente le medie del comportamento di ogni allievo. Infine in calce alla scheda compare una valutazione del direttore rias- suntiva dell’andamento dell’allievo; – sistema Albo al Merito/colloquio con il direttore: nel riquadro appena descritto può comparire anche la dizione: Albo al merito o colloquio con il direttore. Trattasi di un sistema premiale teso a segnalare alla comunità del centro i più meritevoli (Albo al Merito) e coloro che al contrario si sono segnalati per ren- dimento e comportamento al di sotto della media (Colloquio con il Direttore), tanto da meritare la consegna della valutazione direttamente dal responsabile del centro che coglie l’occasione per un confronto approfondito. Le assegna- zioni dell’albo o del colloquio avvengono in occasione degli scrutini già de- scritti attraverso una valutazione discrezionale e democratica del collegio do- centi a partire da un foglio di calcolo dove vengono evidenziate le valutazioni degli allievi al di sopra o al di sotto della media. Al termine dell’anno, nello scrutinio finale l’allievo che oltre ad un basso rendimento avrà sempre o spesso ricevuto il colloquio sarà preso in considerazione per proporgli even- tualmente di ripetere l’anno, mentre a coloro che spesso o sempre si sono segnalati come meritevoli sarà offerta la possibilità di partecipare ad un sog- giorno estivo organizzato dal Centro ad un costo ridotto della metà; – registro del Formatore: il registro del formatore ricalca sostanzialmente la scheda di valutazione contenendo gli stessi spazi destinati alla valutazione di rendimento e di comportamento, oltre che le assenze, i voti delle singole prove da cui deriva quello consuntivo espresso in trentesimi. Viene fornita una copia in allegato; – regolamento: il CFP Pio XI propone il progetto educativo-pastorale dell’Isti- tuto Pio XI, elaborato e messo in pratica dalla comunità educativa, ed ispirato al sistema preventivo di Don Bosco, basato su: ragione, religione, amorevo- lezza. Il sistema preventivo si propone di accompagnare i ragazzi nel loro pro- cesso formativo di maturazione umana e professionale perché diventino buoni cristiani e onesti cittadini. Nel suo compito educativo il Centro di Formazione Professionale chiede la corresponsabilità degli allievi, ma soprattutto delle famiglie, quali prime responsabili dell’educazione dei ragazzi. In allegato è fornita una copia integrale del regolamento. In ordine alla scheda di valutazione si è arrivati all’attuale formulazione a seguito dell’abbandono di una precedente scheda che prevedeva un giudizio del formatore attraverso una espressione di sintesi che poco o nulla aveva di oggettivo. I dati che emergono dalle valutazioni sono gestiti dai due seguenti organismi: staff di Direzione; Collegio Formatori. 183 Gli esiti della valutazione del gradimento da parte degli allievi, formatori e famiglie costituiscono parte integrante, secondo il sistema qualità, del Riesame alla Direzione, per il miglioramento e perfezionamento della proposta formativa del- l’anno seguente. Si propongono di seguito i seguenti documenti: – regolamento per gli allievi – scheda di valutazione – scheda di valutazione dello stage – legenda dei comportamenti. 184 185 186 187 188 189 190 191 2.2.7. Certificazione Le certificazioni/attestazioni sono le seguenti: – attestato di qualifica professionale secondo il modello dell’Accordo Quadro; – certificato di competenze personali (caso mai capitato perché nessun allievo è uscito senza qualifica). 2.2.8. Difficoltà incontrate e soluzioni adottate In particolare si segnala la difficoltà nella realizzazione di UDA integrate tra le materie dell’area dei linguaggi, scientifica e tecnico professionale. Ciò impedisce al momento una valutazione delle competenze nell’ottica della valutazione auten- tica capace di verificare nell’allievo “ciò che sa fare con ciò che sa”. La soluzione adottata consiste nell’avvio circoscritto delle UDA tecniche e sperimentazione della modalità in questo ambito che però andrebbe ampliata fino a coinvolgere le altre materie insegnate. 2.2.9. Punti forti e punti deboli del processo di valutazione 2.2.10. Quale modello di valutazione emerge dal caso di Roma Pio XI Il caso del Centro Pio XI di Roma appare piuttosto caratteristico, anche se ripropone nella sostanza l’approccio educativo Salesiano, sia pure con significative innovazioni su taluni punti rilevanti del processo formativo e valutativo. Dal punto di vista dell’impostazione generale, siamo di fronte ad un approccio di tipo dualistico tradizionale, distinto tra materie teoriche e materie pratiche, ognuno corredato dal proprio approccio didattico e valutativo distinto: approccio cognitivo-disciplinare per le materie teoriche; approccio operativo-addestrativo per le materie pratiche con presenza anche di modalità formative per competenze e compiti reali/simulati. Esiste una metodologia comune riferita a tutte le pratiche valutative, indicata nella “scheda di valutazione del tutor”, che evidenzia lo sforzo teso a delineare un quadro unitario per la valutazione, sulla base dei seguenti criteri: – si distinguono le aree di valutazione: formazione di base; formazione tecnico- specialistica; capacità personali e relazionali; 192 – si definiscono i livelli di giudizio (4 livelli, due negativi e due positivi); – si definiscono criteri di lettura unitari del quadro valutativo indicato sotto forma di punti forti e punti deboli; – si delineano proposte di intervento per la fase successiva. La parte relativa ai comportamenti viene gestita attraverso una metodologia definita unitariamente, e prevede tre voci: 1) “rendimento”, indicata in trentesimi ed elaborata tenendo conto delle votazioni proposte da ciascun docente delle varie aree formative impegnate; 2) “comportamento di lavoro dell’allievo” a sua volta distinti in: impegno, atten- zione, organizzazione, responsabilità; 3) “comportamento sociale dell’allievo” distinto in: autocontrollo, reazioni alle osservazioni correttive, inserimento nel gruppo, solidarietà e collaborazione. Questa seconda parte è anche sostenuta da una griglia che chiarisce in modo pregnante i parametri e i descrittori dei comportamenti degli allievi attinenti a ciascuna delle aree considerate. Siamo quindi di fronte ad una metodologia organica, ovvero alla preoccupa- zione di fare della valutazione un processo a carattere decisamente formativo, cen- trato su un principio unitario che impegna i formatori entro un metodo definito congiuntamente. Ciò è confermato anche dal processo di coinvolgimento avviato nel collegio docenti per la formulazione della scheda di valutazione secondo criteri di oggetti- vità, segnalato tra i punti di forza del caso di studio. Si riscontra ancora la difficoltà nella realizzazione di UdA interdisciplinari, in grado di impegnare congiuntamente i docenti delle materie delle diverse aree formative (linguaggi, scientifica e tecnico professionale); è questo uno dei punti di maggiore criticità rispetto ad un metodo che dovrebbe consentire di modificare l’enfasi della valutazione: da ciò che sa a ciò che sa fare con ciò che sa”. Il sistema adottato, centrato su un approccio formativo di largo impegno da parte dei docenti (che seguono gli allievi anche al di là dell’orario scolastico in attività educative varie) garantisce in sostanza esiti soddisfacenti. Questo rivela la pregnanza – e la duttilità – dell’approccio educativo Sale- siano, centrato sulla disciplina, sulla rilevanza anche orientativa e formativa della dimensione laboratoriale a carattere tecnico, sulla dotazione di un bagaglio cultu- rale di cittadinanza, ma soprattutto su un rapporto personale e pedagogico con ogni allievo che esprime la spiritualità salesiana e dimostra di essere in grado di conqui- stare i giovani divenendo anche motivo di giudizio positivo anche verso i potenziali destinatari del centro. L’analisi di questo caso di studio ci permette di mettere a fuoco due aspetti rilevanti: il metodo educativo specie per ciò che concerne il regolamento per gli allievi; il sistema premiale. 193 Il regolamento per gli allievi indica i valori di riferimento (ragione, religione, amorevolezza) ed inoltre le norme riguardanti: la propria persona; le relazioni interpersonali; i rapporti con l’istituzione formativa. È una fonte molto chiara di ciò che si intende per proposta educativa, e speci- fica un’attenzione. Riscontrata anche negli altri centri – ad aspetti che possiamo de- finire di educazione morale e che consentono di proporre ai giovani una “forma” definita di comportamento e di modello con cui confrontarsi per giungere ad una propria formazione umana. Il sistema premiale mira a segnalare alla comunità del centro sia i più merite- voli (Albo al Merito) sia coloro che si sono segnalati per rendimento e comporta- mento al di sotto della media (Colloquio con il Direttore), così da ricevere la valu- tazione direttamente dal direttore che ne fa oggetto di colloquio ad hoc. Queste assegnazioni vengono definite in occasione degli scrutini attraverso una valutazione del collegio docenti. Si tratta di un rito dal rilevante significato simbolico che va oltre la mera comunicazione di un giudizio ed ha uno scopo for- mativo che consiste nel rinforzare i comportamenti impegnati e seri, piuttosto che la stigmatizzazione fine a se stessa. 2.3. San Donà di Piave 2.3.1. Azione formativa L’intervento formativo oggetto del presente studio è relativo al corso elettrici. 2.3.2. Esiti attesi e loro valore Gli esiti attesi sono definiti sulla base di competenze così specificate nel pro- getto formativo: - Padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’inte- razione comunicativa. - Leggere per comprendere ed interpretare. - Produrre testi di differenti formati, tipologie e complessità. - Utilizzare per i principali scopi comunicativi ed operativi una lingua straniera (riferi- mento livello A2 del framework europeo): - Utilizzare strumenti espressivi diversi dalla parola, tra loro integrati o autonomi (ad es. fotografia, cinema, web e in generale ipertesti, teatro, musica ecc). - Utilizzare strumenti tecnologici e informatici per consultare archivi, gestire informazioni, analizzare dati (riferimento ECDL start). - Utilizzare consapevolmente le tecnologie tenendo presente sia il contesto culturale e so- ciale nel quale esse fanno agire e comunicare, sia il loro ruolo per l’attuazione di una cit- tadinanza attiva. - Comprendere le procedure che consentono di esprimere e risolvere le situazioni proble- matiche attraverso linguaggi formalizzati. - Comprendere la realtà naturale, applicando metodi di osservazione, di indagine e le pro- cedure sperimentali proprie delle diverse scienze. Esplorare e comprendere gli elementi tipici e le risorse dell’ambiente naturale ed umano inteso come sistema. 194 - Cogliere il cambiamento e la diversità in una dimensione diacronica attraverso il confron- to fra epoche e in una dimensione sincronica attraverso il confronto fra aree geografiche e culturali. - Collocare l’esperienza personale in un sistema di regole fondato sulla tutela e sul recipro- co riconoscimento dei diritti per il pieno esercizio della cittadinanza. - Conoscere il funzionamento del sistema economico e orientarsi nel mercato del lavoro. - Essere consapevole dei comportamenti adeguati per assicurare il benessere e la sicurezza. - Ricavare dagli schemi elettrici, elettronici e pneumatici tutte le informazioni necessarie per l’esecuzione del lavoro. - Scegliere la tecnologia più idonea per la realizzazione di impianti di automazione sia nel campo della produzione industriale che dell’erogazione di servizi. - Scegliere e organizzare i componenti e le attrezzature necessarie all’esecuzione dell’inter- vento. - Effettuare lavorazioni meccaniche a supporto della realizzazione dell’impianto. - Effettuare l’installazione di controllori di processo, come PLC, e programmazione di auto- matismi. - Effettuare l’installazione e la regolazione di impianti con attuatori elettrici, elettronici e pneumatici sia nel campo della produzione industriale che dell’erogazione di servizi. - Verificare la funzionalità dell’impianto predisponendo la documentazione di supporto. - Individuare la causa delle anomalie e ripristinare il corretto funzionamento dell’impianto o circuito. - Collaborare alla effettuazione delle prove stabilite dalle norme vigenti e alla stesura della dichiarazione di conformità. - Adottare nei processi lavorativi comportamenti conformi alle norme di sicurezza, qualità e salvaguardia della salute e dell’ambiente. - Ricavare dagli schemi elettrici, elettronici e pneumatici tutte le informazioni necessarie per l’esecuzione del lavoro. - Scegliere la tecnologia più idonea per la realizzazione di impianti di distribuzione e di segnali sia nel campo civile che industriale. - Scegliere e organizzare i componenti e le attrezzature necessarie all’esecuzione dell’inter- vento. - Effettuare lavorazioni meccaniche a supporto della realizzazione dell’impianto. - Effettuare l’esecuzione di impianti elettrici, elettronici e pneumatici per la distribuzione di energia e di segnali in ambiente ad uso abitativo/servizi e industriale. - Effettuare l’installazione, la regolazione e la manutenzione di impianti di home automa- tion. - Verificare la funzionalità dell’impianto predisponendo la documentazione di supporto. - Individuare la causa delle anomalie e ripristinare il corretto funzionamento dell’impianto o circuito. - Collaborare alla effettuazione delle prove stabilite dalle norme vigenti e alla stesura della dichiarazione di conformità. - Adottare nei processi lavorativi comportamenti conformi alle norme di sicurezza, qualità e salvaguardia della salute e dell’ambiente. - Leggere e interpretare disegni meccanici e le indicazioni in essi contenute per definire il ciclo di produzione. - Impostare il ciclo di lavorazione di una macchina utensile tradizionale e a CNC. - Posizionare e fissare gli utensili ed i particolari da lavorare. - Condurre il ciclo di lavorazione di una macchina utensile tradizionale e a CNC e provve- dere ad eventuali regolazioni in corso d’opera. 195 - Utilizzare i principali strumenti di misura e controllo quantitativo e qualitativo della pro- duzione. per il controllo degli standard previsti in itinere e per il collaudo finale. - Eseguire la manutenzione ed il ripristino del funzionamento delle macchine utensili tradi- zionali e a CNC dando indicazioni su eventuali anomalie che richiedano interventi esterni. - Adottare nei processi lavorativi comportamenti conformi alle norme di sicurezza, qualità, salvaguardia della salute e dell’ambiente. - Leggere ed interpretare disegni tecnici di particolari e complessivi meccanici. - Realizzare lavorazioni al banco per l’assemblaggio di parti e/o strutture meccaniche. - Eseguire lavorazioni alle macchine utensili tradizionali e/o a CNC di particolari funzionali all’assemblaggio di gruppi meccanici. o loro parti. - Eseguire lavorazioni di saldatura per l’allestimento di semilavorati. - Effettuare il montaggio di impianti d’automazione. - Eseguire operazioni di montaggio di sottogruppi o gruppi meccanici. - Effettuare la diagnosi e la manutenzione di impianti e sistemi meccanici. - Adottare nei processi lavorativi comportamenti conformi alle norme di sicurezza, qualità e salvaguardia della salute e dell’ambiente. 2.3.3. Destinatari Gli allievi che frequentano il CFP Don Bosco provengono da un ambito terri- toriale molto vasto, la zona interessata va dal Cavallino (35 Km a sud Ovest) a Ca- role (25 Km a Est), da Portogruaro (30 Km a nord Est) a Marcon (30 Km a Ovest). La maggior parte del territorio rientra in una zona denominata Basso Piave. Tutti gli allievi sono in possesso della Licenza Media. La preparazione di quelli che arrivano direttamente dalle medie è però, molto lacunosa e frammentata. Parecchi di questi sono stati promossi nonostante numerose o quasi tutte insuffi- cienze nelle varie materie. Ci sono poi i Drop Out della scuola superiore, nella maggior parte ragazzi promossi con una valutazione spesso solo sufficiente dalle scuole medie ma con problematiche didattiche e situazioni famigliari problema- tiche che non consentono al ragazzo di affrontare un percorso di studi impegnativo. Terza categoria di persone in via di ampliamento sono poi gli extracomunitari. Per gli allievi stranieri il problema più rilevante è la conoscenza della lingua italiana anche per quelli che hanno frequentato in Italia l’intero percorso delle scuole medie. Alcune difficoltà ci sono poi anche con gli allievi italiani per una povertà culturale e di linguaggio che rasenta in alcuni casi la soglia dell’analfabetismo. Le motivazioni che spingono i ragazzi alla scelta della Formazione Professio- nale sono legate alla poca voglia di impegno allo studio più che a una vera volontà di inserirsi professionalmente in modo veloce nel mondo del lavoro, obiettivo questo più degli allievi Extracomunitari che degli Italiani. La motivazione viene poi parzialmente recuperata nel percorso triennale al punto che al termine di questo circa il 70% continua il percorso scolastico fatto questo in aumento anche in allievi extracomunitari. I livelli di partenza sono strettamente collegati alla vastità del territorio che presenta una notevole disomogeneità rispetto ai requisiti di ingresso. Questo fatto è fortemente legato alla scuola media di provenienza. 196 2.3.4. Risorse Vi sono i seguenti laboratori: informatico, linguistico, scientifici, professionali. Vi è un’intensa rete formativa: – 2 ITIS e 3 IPSIA del territorio che consentono il passaggio dei ragazzi per la continuazione del percorso formativo. – Tutti gli istituti superiori (7) e professionali (4) del territorio che riorientano i ragazzi che non riescono a seguire il loro percorso scolastico. – Tutti gli istituti di Comprensivi di secondo grado, gli istituti superiori, i CFP e gli istituti professionali collegati con la rete di Orientamento e Territorio per l’orientamento dei ragazzi che devono scegliere il percorso dopo la terza media. – Progetto CI della Regione Veneto per la definizione dei percorsi triennali, spe- rimentazione partita nel 2002 che ha coinvolto 17 CFP del Veneto con 20 corsi, anticipando la Riforma Moratti. – Progetto C1 della Regione Veneto “Referenziali formativi e guide metodolo- giche nel secondario.” Azione di sistema avviata con il coinvolgimento di 22 CFP della Regione Veneto. 2.3.5. Metodologie Le metodologie adottate sono le seguenti: 1) approccio cognitivo-disciplinare: metodologia affrontata per lo sviluppo delle competenze per il raggiungimento degli Standard formativi minimi: area dei linguaggi, area tecnologica, area scientifica, area storico-socio-economica. Gli standard si riferiscono ad un’accezione di competenze di base più ampia di quella tradizionalmente utilizzata nella formazione professionale, in quanto non sono concepiti solo con riferimento all’occupabilità delle persone, ma anche al fine di garantire i pieni diritti di cittadinanza a partire dal possesso di un quadro culturale di formazione di base; 2) approccio operativo-addestrativo: metodologia affrontata per lo sviluppo delle competenze professionali predisposte dalla regione Veneto con una sperimen- tazione avviata nel 2002 per il raggiungimento degli Standard Professionali, riguardante: area tecnico operativa (rappresentazioni grafiche, elettrotecnica, laboratorio elettrico); sicurezza sul lavoro; accompagnamento al lavoro; stage; prove finali; 3) approccio per competenze e compiti reali/simulati: metodologia affrontata per lo sviluppo delle UdA e l’assegnazione delle competenze di base e professio- nalizzanti; 4) approccio riflessivo sull’altrui e propria esperienza: metodologia affrontata per lo sviluppo delle competenze trasversali sui seguenti temi: - tabagismo; medico ULS di San Donà - alcolismo; associazione ACAT - sessualità; salesiano 197 - tossicodipendenza; attività presso un centro di recupero - volontariato; attività svolta presso un centro per disabili GRIS di Mogliano Veneto - donazione; medico ULS di San Donà e volontari AVIS - imprenditorialità; imprenditore della zona - attività sindacale; sindacalista - responsabilità e cittadinanza attiva - ex allievi: che lavorano come dipendenti, che svolgono volontariato ecc. Circa la spendibilità sul mercato del lavoro locale di tali acquisizioni, va detto che il territorio del Veneto Orientale denominato “Basso Piave” ha confermato nel- l’ultimo triennio di vivere un buon momento di sviluppo artigianale. Tale congiun- tura si inserisce a buon diritto nel quadro regionale, dove il settore secondario è quello che offre il maggior numero di posti di lavoro nel settore privato con un saldo ancora positivo fra entrate e uscite. Dall’indagine “Giovani, mercato del lavoro e mutamenti delle professionalità” realizzata dal Prof. Vittorio Filippi nel 2002 per il CFP Don Bosco di San Donà di Piave emergono due aspetti di notevole importanza per il nostro centro. Nelle unità operative dei settori elettrico e meccanico intervistate in riferimen- to alle qualifiche e specializzazioni tipiche del CFP Don Bosco sull’insieme dei 135 assunti, il 59% è a tempo indeterminato e le ditte intervistate prevedevano assunzioni di Installatori manutentori di impianti elettrici civili ed industriali per 4 8 unità e Operatorio alle macchine utensili per 87 unità. Questo è un buon indice che perviene dalle aziende del territorio sulla richiesta di figure professionali che vengono formate dal seguente progetto. Il secondo aspetto riguarda la coerenza degli studi svolti con la mansione aziendale pari al 57% e la coerenza della mansione aziendale con le aspirazioni proprie degli allievi pari la 60%, ossia la maggioranza degli allievi. I due aspetti sopra riportati indicano come il CFP Don Bosco sia un punto di riferimento per la Formazione Professionale nel territorio del Basso Piave. I monitoraggi condotti dal Centro sugli ex-allievi che intraprendono la carriera imprenditoriale, consentono la rilevazione del tipo di attività che questi svolgono. La seguente tabella evidenzia la distribuzione degli ex-allievi imprenditori in rela- zione alla tipologia di attività svolta dalla loro azienda. 198 Spendibilità eventuale delle acquisizioni in termini di crediti formativi. I crediti formativi danno la possibilità di un immediato inserimento lavorativo. Ormai da diversi anni la tendenza è quella di un progressivo aumento dei per- corsi scolastici per cui la maggioranza degli allievi continua il percorso per l’acqui- sizione di un diploma professionale. Alcuni di questi interessati ad un diploma Tecnico sono aiutati nell’inserimento ad un 4° anno dell’ITIS attraverso un corso di allineamento. Le attività di personalizzazione prevedono: – orientamento al percorso di studi: il Centro effettua una fase di orientamento di 2 mesi all’avvio del percorso formativo, avendo tre settori, meccanico, elet- trico e motoristico (appena avviato) gli allievi fanno un periodo (un mese) nel settore elettrico e un altro (un mese) in quello meccanico-motoristico, vengono anche fatte quattro visite orientative ad aziende o imprese dei vari settori. In questa fase vengono seguiti da un orientatore, un tutor e dai docenti di settori soprattutto quelli delle materie professionalizzanti, al termine di questa fase verrà effettuata la scelta del percorso da affrontare per arrivare alla qualifica. – Autoformazione assistita: il Centro inoltre offre la possibilità dopo le pagelline (Novembre, Febbraio, Aprile) di poter fermarsi un pomeriggio alla settimana per un momento di studio assistito, nel quale gli allievi che hanno particolari difficoltà e su indicazione del tutor possono trovare un supporto o da compagni più bravo o da alcuni formatori, questa attività ha una durata di 4 settimane per tre volte in un anno. – Piano formativo personalizzato: il Centro offre alcune opportunità di forma- zione umana che sono elencare al punto 9. – Il Centro offre inoltre la possibilità a quanti intendono continuare il percorso di studi di poter avere a disposizione dei docenti per il recupero di alcune materie specifiche in modo da poter allinearsi più efficacemente e aver maggiori op- portunità di successo formativo sia con chi intenda continuare in un percorso di istruzione professionale (IV anno IPSIA) sia per chi intenda proseguire in un istituto tecnico (IV anno ITIS). – Fra le varie opportunità vengono anche predisposti corsi per poter affrontare l’esame del patentino per il motorino. – Ad alcuni allievi, quelli particolarmente bravi, viene offerta la possibilità di fare del volontariato in un’attività educativa chiamata “Dopo la campanella”. Tale attività che si svolge presso i locali del CFP e che è di titolarità dell’Ora- torio Don Bosco ha come finalità il supporto allo studio dei ragazzi/e delle scuole elementari e medie, in questa attività si da la possibilità ai ragazzi di confrontarsi con ragazzi più giovani in un’azione di supporto allo studio. È presente un’intensa attività di alternanza formativa, consolidata negli anni e nelle relazioni con i partner del sistema economico locale. 199 Si presenta di seguito un’unità di apprendimento interdisciplinare realizzata nel Centro. 200 201 202 2.3.6. Valutazione Le modalità di valutazione sono le seguenti: Un indice del risultato riferito al percorso formativo è dato anche dall’elevato numero di allievi che continuano il percorso formativo dopo la Qualifica nel IV e V anno di istituti professionali (IPSIA) o tecnici (ITS): questi hanno ormai raggiunto il 70%. Di questi più del 90% conclude il percorso diplomandosi e nella maggior parte dei casi con risultati molto buoni (non sono rari i 100/100). Chi comunque non continua il percorso di studi trova subito lavoro che risulta, a meno di scelte personali diverse, coerente con la qualifica ottenuta. Per quanto riguarda il portfolio sono state effettuate diverse prove per l’ado- zione di uno strumento anche sulla base delle sperimentazioni della Sede CNOS- FAP Nazionale. Attualmente è adottato uno strumento con valenza prettamente orientativa e autovalutativa. - Test. - Compiti. - Interrogazioni. - Prove di laboratorio. - UdA. - Customer Satisfaction dei ragazzi per due volte all’anno una a metà e una a fine anno per tutti gli anni di permanenza al CFP. - Customer Satisfaction delle famiglie effettuati una volta l’anno a metà anno per tutti gli anni di perma- nenza del figlio al CFP. - Feed back dei docenti. - Follow Up ad un anno dalla qualifica. - Follow Up con gli ex allievi in occasione degli incontri annuali. Rilevazioni circa gli apprendimenti degli allievi Rilevazioni circa il processo formativo 203 La maggioranza degli allievi raggiunge gli obiettivi prefissati, anche con buoni risultati. Soprattutto negli ultimi anni sono in aumento i casi di ragazzi “difficili” e di ragazzi extracomunitari che approdano alla formazione professionale con un bagaglio scolastico assai ridotto e spesso una scarsa conoscenza della lingua italiana; quest’ultimo elemento appare anche da parte di chi è in possesso della qualifica di scuola media rilasciata dalla nostra Pubblica Istruzione. Spesso in questi casi l’azione di recupero è estremamente difficile e qualche fallimento lo si registra. Vediamo ora la concezione della valutazione. Il modello di valutazione adottato è di tipo composito che tiene conto della specificità dell’Ente e della normativa. La valutazione attraverso il modello Salesiano viene fatta ad ogni bimestre e rispecchia il percorso Educativo che sta facendo il ragazzo, la pagellina è costituita da una parte di competenze didattiche sia di base che professionalizzanti e una parte educativa e di valutazione del comportamento. Si è poi sviluppato un modello di valutazione per competenze mediante una Azione di Sistema con un progetto C1 finanziato dalla Regione Veneto per lo svi- luppo e la valutazione delle Unità di Apprendimento (UdA). Tale Sperimentazione ha visto una ripresa della metodologia dei capolavori, che per decenni è stata l’atti- vità prevalente dei nostri Centri di Formazione Professionale. Valutazione Finale: al termine del triennio è previsto l’esame di Qualifica Professionale secondo un modello elaborato da un gruppo di CFP della Regione Veneto rispecchianti i vari Enti di Formazione che ha fatto scaturire una modalità di valutazione che tiene conto del percorso pregresso e attribuisce un peso preva- lentemente all’aspetto professionalizzante con una valutazione finale per compe- tenze. Ad una metodologia di valutazione che è frutto di un’esperienza ormai cin- quantennale del CFP e dell’investimento di risorse e di competenze nella forma- zione dei formatori da parte della Sede Nazionale del CNOS/FAP, si è aggiunta a livello Nazionale e Regionale una elaborazione conseguente alle varie tappe del percorso di riforma creando, così, una fase di transizione e di continue sollecita- zioni che se da un lato ha la capacità di creare negli operatori nuovi stimoli e una continua tensione al miglioramento, dall’altro genera una situazione di disagio che in alcuni casi può sfociare in una fase di attesa del prossimo cambiamento. Al termine dei vari scrutini si elabora una tabella che mette in evidenza le varie situazioni che possono essere lette sia orizzontalmente, cioè per ogni singolo allievo, sia verticalmente, cioè per ogni singolo insegnante. Tale analisi viene evi- denziata da parte del responsabile Qualità alla direzione e allo Staff di Direzione che provvede a verificare le motivazioni di quella particolare situazione e quindi avviare le azioni di recupero o procedure di supporto al docente. Si presentano a tale propostolo schema della “pagellina”. 204 Il Sistema Qualità è un ottimo strumento di analisi della situazione e mette in- sieme i risultati delle valutazioni del consiglio di classe, della Customer Satisfaction degli allievi per individuare le azioni correttive del sistema, che poi va mediato anche con l’aspetto educativo tipico di una struttura Salesiana. Gli indicatori più rilevanti e significativi di una buona metodologia di valuta- zione consistono per il centro nel trovare un equilibrio fra l’acquisizione educativa (in itinere) e quella prestativa (finale). Per quanto riguarda le valutazioni in itinere vi è la massima autonomia del Centro; al termine del percorso l’esame finale è stato concordato con la Regione da parte degli Enti mediante una commissione che ha collaborato alla stesure della modalità di realizzazione dell’esame finale. 2.3.7. Certificazione Le modalità di certificazione delle competenze vengono effettuate tramite l’at- testato di qualifica che viene rilasciato al termine del percorso formativo. Per chi continua all’ITIS viene anche stipulata una convenzione che certifica le competenze sviluppate nel percorso triennale, le competenze oggetto di azioni di allineamento durante il terzo anno e di debiti formativi che dovranno essere azione di recupero da parte dell’istituto che riceve i ragazzi (la documentazione viene presentata di seguito). 205 2.3.8. Difficoltà incontrate e soluzioni adottate Le difficoltà che si sono incontrate sono le seguenti: a) cambiamento e provvi- sorietà, b) persistenza di uno stereotipo numerico, c) esame finale con un nuovo modello. Le soluzioni adottate sono: – per quanto riguarda il punto A non ci sono particolari accorgimenti da mettere in atto, alcune cose si possono fare solo a livello nazionale e quindi politico. – Il punto B può essere superato mediante la formazione delle persone: il pas- saggio alla valutazione per competenze è molto rilevante per i formatori che devono abituarsi ad andare oltre gli schemi cui erano abituati. – Anche l’esame finale va oltre gli schemi tradizionali in quanto ha al centro la competenza, quindi la capacità del ragazzo di mettere in campo tutte le sue po- tenzialità per realizzare il prodotto richiesto, e la capacità dei docenti, soprat- tutto delle discipline di base, di andare oltre le conoscenze, e di valutare la ca- pacità di esprimersi, di risoluzione di situazioni, di gestione del problema svi- luppata dall’allievo. 206 207 2.3.9. Punti forti e punti deboli del processo di valutazione 2.3.10. Quale modello di valutazione emerge dal caso di San Donà di Piave Il modello formativo e valutativo riscontrato nel Centro di San Donà di Piave è – come già detto – di tipo misto: – da un lato, si rifà alla tradizione salesiana, centrata su un approccio educativo che pone rilevanza sulla disciplina, sul metodo, sul laboratorio, sugli aspetti culturali, sui comportamenti entro un quadro di intervento ad ampio spettro, quindi non limitato alle sole attività curricolari; – dall’altro, segue – con disponibilità ed impegno peraltro ammirevoli – le dina- miche del processo di riforma, secondo ciò che viene fornito dalla sede nazio- nale, ma anche in base alle impostazioni della Regione Veneto. Da questa impostazione emergono alcune caratteristiche di fondo del modello, che risulta per tali aspetti ibrido: 1) innanzitutto si nota un processo di ampliamento delle modalità di apprendi- mento, che prevedono differenti approcci: cognitivo-disciplinare; operativo- addestrativo; per competenze e compiti reali/simulati; riflessivo sull’altrui e propria esperienza. 2) Questi approcci hanno portato ad un inserimento, nel tradizionale metodo formativo della formazione professionale, delle metodologie performative centrate sulla competenza e delle unità di apprendimento interdisciplinari che mostrano nell’esperienza indagata un buon grado di applicazione ed un con- vincente successo presso gli studenti oltre che i formatori coinvolti (sia pure tenendo contro della maggiore onerosità del lavoro che queste comportano). 3) La tematica delle competenze è fortemente sostenuta dalla regione che, dopo un avvio dei percorsi sperimentali centrato più sulla logica del riconoscimento reciproco tra formazione e istruzione e quindi sulle aree culturali di base, ha negli ultimi tempi accelerato decisamente in direzione delle competenze, attra- verso una metodologia di esame di qualifica di natura molto performativa con enfasi decisa sugli aspetti professionalizzati. 4) La metodologia delle unità di apprendimento interdisciplinare è stata solleci- tata sia dalla sede nazionale, tramite le linee guida della sperimentazione, sia dalla stessa Regione che ha sostenuto azioni di sistema volte proprio a deli- neare guide formative di settore centrate sulla prevalenza del compito reale di natura interdisciplinare. 208 5) L’immissione di questa metodologia non è apparsa una novità – specie ai do- centi di maggiore esperienza – ma ha trovato un legame con la tradizione del “capolavoro” che ha avuto sempre un ruolo centrale nelle attività di forma- zione professionale delle opere Salesiane. 6) Il momento in cui si è svolto il monitoraggio coglie il Centro in questa una fase di tensione tra uno sfondo metodologico proprio della tradizione Sale- siana, uno sforzo degli anni passati di recuperare la dimensione culturale, la nuova stagione che pone al centro le competenze, la metodologia delle unità di apprendimento interdisciplinari di natura performativa che pure recupera la tradizione del capolavoro; questa fase risulta quindi ancora in corso, e si av- verte quindi la necessità di delineare una riflessione unitaria sull’insieme del modello pedagogico adottato. Si pone quindi oggi l’urgenza di stimolare questa riflessione, e quindi di dare vita ad un lavoro di ricomposizione delle diverse componenti del metodo adottato, specie in chiave valutativa, per superare alcune aporie che oggi sono presenti: – la prima questione è data dal rapporto tra aree culturali ed aree pratiche; – la seconda questione è data dall’innesto, nella dinamica sopra indicata, della metodologia performativa e interdisciplinare delle unità di apprendimento che, così come impostata risulta ancora un’entità a sé stante, con relazioni non pie- namente strutturate rispetto alle diverse aree formative ed alla loro evoluzione che risente ancora di una programmazione tradizionale; – vi è poi il tema dei comportamenti e della condotta che viene gestito con una metodologia anch’essa a sé stante, che prevede 5 aree di osservazione (atten- zione, interventi, relazione con i compagni, relazione con gli insegnanti, esercizi e compiti per casa) ed una voce “condotta” che conduce ad un voto proprio. Una delle questioni emerse nello studio di caso evidenzia precisamente questa necessità: la scheda di valutazione delle competenze adottata dalla Regione per l’esame finale e poi “indotta” (come accade normalmente nei dispositivi formativi regionali) nell’attività ordinaria, essendo centrata esclusivamente sulle competenze (intese, come sembra di capire, soprattutto sul piano performativo rispetto ai compiti/ attività professionali e poco attenta agli aspetti formativi e di crescita personale del- l’allievo), necessita di un’opera di aggiustamento in seno al consiglio di classe al fine di tenere conto degli aspetti educativi che, in un quadro di certificazione dai tratti soprattutto “abilitativi” alla qualifica professionale, non sono facilmente inseribili. Il caso di San Donà di Piave si presenta pertanto come un esempio emblema- tico della necessità di procedere ad un ripensamento unitario del metodo, in modo da adottare una soluzione che, pur acquisendo gli aspetti innovativi della performa- tività e della interdisciplinarietà, li piega ad una chiara logica educativa che tiene conto della realtà molteplice del processo di apprendimento, di crescita e di matu- razione dei destinatari. 209 2.4. Sesto San Giovanni 2.4.1. Azione formativa L’attività formativa su cui si è svolto lo studio di caso è la seguente: 2.4.2. Esiti attesi e loro valore Gli esiti sono delineati nel modo seguente: a) Competenze I anno - AREA MATEMATICO-SCIENTIFICA - Applica tecniche e procedure per la risoluzione di calcoli; semplifica espressioni con i monomi e i polinomi; risolve equazioni numeriche lineari intere. - Applica tecniche e procedure per la risoluzione di semplici problemi di geometria. - Crea presentazioni con Powerpoint per diversi tipi di audience e situazioni, con capacità di usare le funzionalità disponibili per comporre il testo, inserire grafici e immagini, aggiungere effetti speciali. - Esegue le attività essenziali di uso ricorrente quando si lavora col computer: organizza e gestisce file e cartelle, lavora con le icone e le finestre, usa semplici strumenti di editing e le opzioni di stampa. - Effettua tutte le operazioni necessarie per creare, formattare e rifinire un documento. Usa funzionalità aggiuntive come la creazione di tabelle, l’introduzione di grafici e di immagini in un documento e la stampa di un documento per l’invio ad una lista di destinatari. I anno - AREA TECNICO-PROFESSIONALE - Ricava e disegna, secondo normativa, le proiezioni ortogonali di semplici pezzi meccanici ed interpreta le caratteristiche di forma e dimensionali di componenti elettrici rappresentati sui cataloghi tecnici del settore. - Effettua le operazioni meccaniche al banco o al trapano richieste per l’esecuzione degli im- pianti elettrici e per l’allestimento di un quadro. - Monta diverse configurazioni di base di circuiti elettronici su basette millefori, a partire da schemi consegnati dal formatore, seguendo le indicazioni date, riconoscendo i componenti, utilizzando correttamente l’attrezzatura e manipolando adeguatamente materiali e componenti. - Monta, su apposito banchino, circuiti applicativi dell’elettronica digitale, conoscendone la teoria fondamentale, i circuiti integrati digitali e le loro applicazioni principali; utilizza gli strumenti di misura necessari per le misure e le verifiche di funzionamento. - Realizza la serie di circuiti elettrici fondamentali su tavola di lavoro, a partire da schemi elet- trici consegnati dal formatore, seguendo le indicazioni date, utilizzando correttamente l’attrez- zatura e manipolando adeguatamente materiali e componenti. - Disegna in modo autonomo su piantina topografica gli schemi elettrici di un ambiente civile secondo le indicazioni date e realizza su tavola di lavoro la costruzione di tali schemi secondo le norme vigenti. Effettua operazioni di verifica funzionale e misure di corrente e tensione. 210 - Riconosce le diverse tipologie di relè e realizza gli impianti elettrici di segnalazione e con l’uso di relè, in bassa tensione, presenti nei locali delle abitazioni civili in base alle indicazioni date. Effettua operazioni di verifica funzionale e misure di corrente e tensione. - Realizza impianti citofonici sulla base di fogli di istruzione e di schemi elettrici; effettua ope- razioni di misura finalizzate al controllo della funzionalità dell’impianto, dei componenti ed alla ricerca di guasti. II anno - AREA MATEMATICO-SCIENTIFICA - Applica le regole della trigonometria per la risoluzione dei triangoli rettangoli e di problemi tecnici specifici del settore elettrico. - Applica tecniche e procedure per la risoluzione di disequazioni lineari numeriche, di sistemi lineari numerici e di equazioni numeriche di secondo grado. - Crea e formatta un foglio di calcolo elettronico; utilizza le funzioni aritmetiche e logiche di base; usa le funzionalità aggiuntive come l’importazione di oggetti nel foglio e la rappresenta- zione in forma grafica dei dati in esso contenuti. - Utilizza Internet per la ricerca di dati e documenti nella rete: usa le funzionalità di un browser, utilizza i motori di ricerca, ed esegue stampe da web; comunica per mezzo della posta elettro- nica: invia e riceve messaggi, allega documenti a un messaggio, organizza e gestisce cartelle di corrispondenza. II anno - AREA TECNICO-PROFESSIONALE - Disegna, mediante il software CAD Tiplan di Bticino, planimetrie di appartamenti e schemi elettrici di impianti civili di tipo topografico ed unificare. - Monta diverse configurazioni di base di circuiti elettronici analogici su basette millefori, a par- tire da schemi consegnati dal formatore, seguendo le indicazioni date, riconoscendo i compo- nenti, utilizzando correttamente l’attrezzatura, manipolando adeguatamente materiali e com- ponenti ed effettuando le principali misure. - Sulla base di schemi dati relativi ad applicazioni industriali del Motori Asincroni Trifase (M.A.T.) e comprendenti le procedure di avviamento, inversione di marcia e frenatura, realizza gli impianti relativi, effettua il collaudo e la ricerca dei guasti ripristinando le eventuali anomalie. - Sulla base di schemi dati relativi all’uso di più motori in impianti simulanti applicazioni indu- striali, realizza gli impianti relativi e ne effettua il collaudo e la ricerca dei guasti ripristinando le eventuali anomalie. - Esegue il cablaggio di quadri elettrici di bassa tensione partendo da schemi assegnati e realiz- zando l’intero lavoro singolarmente o in team con altre figure tecniche. b) Conoscenze I anno - AREA LINGUISTICA E DELLE SCIENZE UMANE - Comunica, oralmente, sintesi di documenti scritti, lavori di gruppo ed avvenimenti utilizzando le strategie adeguate a diversi contesti e schemi esplicativi. - Verifica il possesso delle conoscenze delle regole grammaticali, riprendendo contatto con la complessità e la varietà degli usi della lingua, identificando le caratteristiche e le funzioni delle parti del discorso. - Legge un testo in relazione ai vari scopi: conoscere, consultare, comprendere. Conosce e pra- tica le tecniche per la costruzione di un testo scritto: progettazione, stesura, revisione. - Individua negli avvenimenti del passato recente le radici della situazione attuale nelle sue arti- colazioni e problematiche politiche, economiche, sociali e culturali. - Conosce ed utilizza la grammatica base della lingua inglese. Comprende e produce semplici messaggi di interesse personale relativi ad ambiti di immediata rilevanza (Informazioni perso- nali e familiari) e su tali argomenti riesce a gestire un semplice scambio di informazioni. 211 - Conosce ed utilizza la grammatica base della lingua inglese. Comprende e produce semplici messaggi di interesse personale relativi ad ambiti di immediata rilevanza (sulla vita quotidiana e sullo studio) e su tali argomenti riesce a gestire un semplice scambio di informazioni. - Descrive, a voce e per iscritto, l’ordinamento dello stato Italiano, i suoi organi costituzionali centrali e periferici, le fasi della costituzione dell’unione Europea, i suoi organi e le relative funzioni, con particolare riferimento ai diritti della cittadinanza europea e alle ragioni della collaborazione internazionale. - Descrive l’importanza della dimensione religiosa e le caratteristiche delle grandi religioni. II anno - AREA MATEMATICO-SCIENTIFICA - Conosce le linee essenziali degli argomenti trattati e utilizza, almeno in parte, un linguaggio scientifico appropriato. Riporta esempi semplici che illustrino la teoria svolta e risolve sem- plici problemi relativi alle misure di una grandezza fisica. Usa correttamente le formule, co- struisce, legge ed interpreta correttamente un grafico. - Possiede strumenti dell’algebra dei vettori, scompone una forza e calcola graficamente le sue componenti. Applica in maniera adeguata i principi relativi all’equilibrio dei fluidi mediante la risoluzione di semplici esercizi. Comprende ed analizza i nuclei fondanti della termologia e ne applica le relative leggi. I anno - AREA PERSONALIZZAZIONE - Descrive i concetti generali dell’economia applicati alla vita quotidiana, gli attori economici e le parti sociali presenti nel territorio, i concetti generali dell’organizzazione del lavoro, i fattori che vanno considerati nell’organizzazione del lavoro, le varie attività di ruolo all’interno del sistema azienda e rappresenta graficamente una struttura aziendale riconoscendone la tipo- logia. I anno - AREA TECNICO-PROFESSIONALE - Descrive, a voce e per iscritto, i fenomeni legati all’elettrodinamica, alla legge di Ohm, ai cir- cuiti in continua ed alla potenza elettrica e ne applica le regole fondamentali per la risoluzione di esercizi relativi a diverse configurazioni di collegamenti resistivi. - Descrive, a voce e per iscritto, i fenomeni legati all’elettrostatica, al campo elettrico ed al con- densatore e ne applica le regole fondamentali per la risoluzione di esercizi relativi a diverse configurazioni di collegamenti con condensatori. - Descrive, a voce e per iscritto, le caratteristiche fisiche e tecniche dei materiali utilizzati nel settore elettromeccanico, elencandone le applicazioni fondamentali ed interpretando i dati tec- nici tratti da cataloghi del settore e relativi ai componenti elettrici usati negli impianti civili. II anno - AREA LINGUISTICA E DELLE SCIENZE UMANE - Verifica il possesso delle regole grammaticali-sintattiche che lo rendono in grado di produrre testi nelle varie situazioni comunicative, nella consapevolezza della loro correttezza ed effi- cacia. - Individua negli avvenimenti del passato recente (seconda metà del novecento) le radici della situazione attuale nelle sue articolazioni e problematiche politiche, economiche, sociali e cul- turali. - Conosce ed utilizza la grammatica base della lingua inglese. Comprende e produce semplici messaggi applicati alla vita di tutti i giorni e su tali argomenti riesce a gestire un semplice scambio di informazioni con l’uso del lessico di base riferito a: casa, scuola ed educazione, lavoro, tavola, viaggi, sport e divertimenti, tendenze e shopping. - Attraverso l’analisi di alcuni aspetti politici, economici e sociali che caratterizzano la società attuale, si favorisce nell’allievo l’acquisizione della coscienza che la civiltà si sviluppa attra- verso la conoscenza e la collaborazione reciproca e non nella paura. 212 - Conosce in una visione globale il mondo del lavoro così come si presenta nei suoi aspetti giu- ridici e normativi, ma anche nelle sue problematiche concrete ed attuali. - Acquisisce un nuovo concetto di salute e conosce i principali fattori che incidono negativa- mente sulla salute, nonché i mezzi più idonei da porre in atto per una positiva autogestione della propria salute. - Descrive alcuni dei contenuti fondamentali della religione cattolica. II anno - AREA MATEMATICO-SCIENTIFICA - Caratterizza il movimento di un corpo mediante grandezze cinematiche, esamina il moto di un corpo sulla base delle cause che lo determinano. - Conosce e rielabora le linee essenziali degli argomenti trattati e utilizza, almeno in parte, un linguaggio scientifico appropriato. Riporta esempi semplici al fine di spiegare la teoria svolta e risolve semplici problemi relativi alla determinazione della concentrazione di una soluzione. Riconosce ed utilizza correttamente i simboli e le formule chimiche. - Conosce e rielabora le linee essenziali degli argomenti trattati e utilizza, almeno in parte, un linguaggio scientifico appropriato. Riporta esempi semplici al fine di spiegare la teoria svolta, con particolare riferimento alla struttura atomica, e risolve semplici esercizi relativi alla deter- minazione dei principali parametri chimici che caratterizzano gli atomi. Riconosce l’impor- tanza e l’utilità della classificazione periodica degli elementi secondo Mendeleev. II anno - AREA TECNICO-PROFESSIONALE - Descrive, a voce e per iscritto, i fenomeni legati al magnetismo ed all’elettromagnetismo, le grandezze magnetiche fondamentali e le azioni che si manifestano tra correnti e campi magne- tici. - Descrive, a voce e per iscritto, le caratteristiche delle tensioni e correnti alternate monofase ed il funzionamento dei circuiti elettrici elementari in alternata (ohmico, induttivo, capacitivo). - Descrive, a voce e per iscritto, le caratteristiche ed il funzionamento dei circuiti equivalenti in corrente alternata e risolve esercizi applicativi relativi. c) Abilità I anno - AREA PERSONALIZZAZIONE - Riconosce le caratteristiche prevalenti del proprio stile di pensiero; individua le proprie rea- zioni emotive e ne stima il grado di adeguatezza; riconosce le proprie modalità di comporta- mento interpersonale adottate in modo prevalente; utilizza strategie di apprendimento e di azione funzionali agli obiettivi da perseguire. - Svolge esercizi e movimenti atletici di base mediante attività individuale e giochi di squadra. II anno - AREA PERSONALIZZAZIONE - Riconosce le proprie modalità di comportamento interpersonale adottate in modo prevalente; identifica le proprie risorse e limiti; esplicita le proprie mete; realizza efficaci comunicazioni verbali e non verbali; lavora con gli altri verso obiettivi comuni. - Pratica i fondamentali di discipline fondamentali base, lavora in gruppo e svolge l’avviamento motorio (riscaldamento e stretching) che precede qualsiasi attività fisica e sportiva. Si tratta di una modalità di definizione operativa delle competenze, che con- sente di dare ad esse una curvatura disciplinare per le aree più teoriche e professio- nale per le aree più pratiche. È quindi un impianto per unità formative tendenzialmente autonome, pensate nella logica delle UCF sia pure con un taglio più “morbido” e quindi con una mag- 213 giore valenza formativa piuttosto che certificativa. È il modello elaborato dalla Pro- vincia di Milano che il Centro ha adottato e che gestisce cercando di renderlo com- patibile con l’impostazione per unità di apprendimento interdisciplinari. Le competenze specificate sopra posseggono tutte un significativo grado di spendibilità nel mercato del lavoro e, soprattutto quelle tecniche, sono state verifi- cate negli anni in confronto con le aziende partner degli stage. Il repertorio delle competenze così prodotto rappresenta l’ultimo aggiornamento relativo ai percorsi di qualifica triennale del settore elettrico. Le competenze maturate durante il percorso triennale rappresentano due livelli di elaborazione in rapporto ai possibili modelli di certificazione dei crediti forma- tivi. Il primo livello serve per la certificazione dei crediti in ingresso. Le competenze del repertorio rappresentano l’elemento di confronto in rela- zione ai programmi didattici presentati dagli allievi che chiedono di inserirsi nel percorso. Un secondo livello è rappresentato dal fatto che le competenze maturate sono confrontate con l’Istituto Tecnico “E. Breda” dei Salesiani di Sesto per verificarne la relazione con i programmi della scuola secondaria superiore in modo da consen- tire il passaggio tra sistemi. Ad oggi, questo confronto ha portato a consentire il passaggio, al termine del terzo anno di IFP, alle classi terze dell’ITI. 2.4.3. Destinatari Circa i destinatari, si specificano i seguenti aspetti. Il primo anno di corso è cominciato con un gruppo omogeneo di allievi, prove- nienti per la maggior parte dalle terze medie. La scelta di privilegiare una partenza omogenea del gruppo è maturata alla luce di esperienze negative di corsi precedenti con presenza di ragazzi di diverse età. La provenienza geografica degli allievi è quella del classico bacino d’utenza del Centro la zona di Sesto San Giovanni, Cinisello e paesi limitrofi, il nord Milano e la Brianza. Al momento dell’inizio del corso, la classe presentava livelli uniformi: gli allievi avevano quasi tutti la valutazione “sufficiente” in uscita dalla scuola media. I pochi ragazzi di origine extracomunitaria non presentavano problemi linguistici. Le motivazioni in partenza erano complessivamente positive: lungo l’arco del triennio, per alcuni allievi sono aumentate e per altri sono andate in progressivo calo. Si è visto che nel secondo anno c’è stato un aumento di maturità e consapevo- lezza per quanto riguarda gli aspetti della scelta del settore professionale. Questo anche grazie all’esperienza di stage. Ad ogni inizio d’anno si sono poi inseriti allievi provenienti da altre scuole e da altri studi, particolarmente da Istituti Tecnici. 214 2.4.4. Risorse Il quadro delle risorse umane impegnate è così definito: I laboratori attivati sono: – Laboratorio impianti civili – Laboratorio impianti civili ed industriali – Laboratorio quadri elettrici – Laboratorio di elettronica – Laboratorio automazione industriale – Laboratorio di informatica. 2.4.5. Metodologie Le metodologie indicate (approccio cognitivo-disciplinare, approccio opera- tivo-addestrativo, approccio per competenze e compiti reali/simulati, approccio riflessivo sull’altrui e propria esperienza) sono state tutte utilizzate nei diversi mo- duli con diversi gradi di incidenza a seconda della caratteristica specifica dell’area di riferimento e dei singoli temi trattati. In particolare, nell’ambito Tecnico-professionale, è stato usato un metodo ope- rativo-addestrativo con alcuni elaborati basati su compiti reali/simulati per lo svi- luppo delle competenze. Le UdA sviluppate hanno contribuito allo sviluppo ed all’approfondimento delle competenze mediante un approccio tipicamente inter- disciplinare. A livello di attività di personalizzazione sono stati sviluppati diversi tipi di intervento: – una personalizzazione “istituzionalizzata” a livello di orario, in cui si è dato spazio ad ore per lo sviluppo di capacità personali e ad ore di educazione motoria ed in cui si è scelto di potenziare in modo equilibrato e regolato le ore delle diverse aree formative; Ore/anno Circa 100 ore per corso e per anno Circa 100 ore per corso e per anno Circa 100 ore per corso e per anno Variabili in funzione delle aree di intervento Circa 30 ore per corso e per anno Direzione Coordinamento e progettazione Tutorship Formatori Orientatori Attività Direzione e supervisione di progetto. Relazione con Regione e Provincia e con le reti esistenti. Coordinamento e progettazione del percorso formativo. Coordinamento del gruppo dei formatori. Progettazione delle UF/UdA per il PSP. Gestione delle problematiche educative del gruppo classe, del rapporto con le famiglie e dei casi problematici. Microprogettazione di dettaglio degli interventi di formazione diretta. Svolgimento della formazione. Supporto nella progettazione degli stage del corso e nell’accompagnamento al lavoro di alcuni casi problematici. Attività di riorientamento in relazione alle scelte professionali A. B. C. D. E. Risorse umane 215 – un secondo livello di personalizzazione si è attivato con la predisposizione di UdA specifiche per i singoli anni di corso, con diversi gradi di adattamento a seconda degli anni; – un terzo livello è passato attraverso i LARSA, svolti per gruppi piccoli ed in orario aggiuntivo; – un quarto livello è stato l’attivazione, durante il terzo anno, di LARSA di approfondimento per il gruppo di allievi orientati a proseguire il passaggio nel canale dell’Istruzione Tecnica. Per questo sono stati attivati LARSA per Italiano, Inglese, Matematica, Fisica. È presente un’intensa attività di alternanza formativa, consolidata negli anni e nelle relazioni con i partner del sistema economico locale. 2.4.6. Valutazione La metodologia di valutazione è così definita: Ogni formatore ha poi usato i propri strumenti personali e le proprie metodo- logie per tenere sotto controllo il feed-back da parte degli allievi durante lo svi- luppo del corso. A partire dall’anno formativo 2004-05 è stato introdotto l’uso di un database access per la gestione del portfolio, con valenza didattica, valutativa e certificativa. Lo strumento è ad uso del tutor, dei coordinatori-progettisti e dei formatori e pre- vede la gestione dei voti e delle pagelle “istituzionali”, la valutazione delle UF e delle UdA e la stampa di tutte le certificazioni. Lo strumento consente anche la re- gistrazione delle informazioni personali degli allievi. PORTFOLIO: PRESENTAZIONE SINTETICA OBIETTIVI GENERALI L’obiettivo generale del software Portfolio è la possibilità di usufruire di un database ad uso del tutor di ogni corso per la gestione degli allievi, visti nel loro gruppo classe e nelle loro singole individualità. Per la valutazione degli apprendimenti i singoli formatori hanno utilizzato diversi metodi, sempre in relazione ai contenuti e alle prove che di volta in volta sono state verificate. Alcune prove hanno visto una semplice valutazione delle conoscenze, altre una valutazione di “compiti reali” o di “simulazioni di attività” ed altre ancora si sono basate su rubriche di valutazione (in parti- colare, questo strumento è stato utilizzato per le Unità di Apprendimento impostare per il corso). Sono stati utilizzati gli strumenti previsti dalla nostra procedura di qualità: 1) A fine corso: - questionario di gradimento dei corsisti - questionario di gradimento dei formatori (da parte dei corsisti) - questionario di gradimento delle famiglie. 2) A fine stage: - questionario di gradimento degli allievi per lo stage - questionario di gradimento delle aziende. Rilevazioni circa gli apprendimenti degli allievi Rilevazioni circa il processo formativo 216 PRESENTAZIONE DEL DATABASE Il Portfolio progettato dal CNOS-FAP di Sesto è uno strumento pensato come prima cosa per la figura del tutor, in modo che possa essere un programma utile per supportare l’equipe dei formatori nello svolgimento dell’attività e possa continuamente mostrare i dati aggiornati relativi ai percorsi formativi di ogni singolo allievo e di ogni gruppo classe. Gli allievi potranno collaborare alla gestione del Portfolio ma sempre in modo “mediato” dal tutor: questo strumento non si presenta quindi come una versione completamente in mano all’allievo e neanche come una versione sola- mente in mano ai formatori. È il tutor che si occuperà di gestire lo strumento, in quanto figura fondamentale del processo formativo nel percorso di IFP, Il Portfolio è stato realizzato con Access 2003 e viene fornito nella sua versione completamente modificabile e personalizzabile. Lo si può utilizzare come database singolo per una sola classe o come database completo per tutti i corsi IFP di un Centro. Può essere installato su un Server ed essere utilizzato accedendo alla cartella condi- visa sul Server o su singoli PC locali. Nella cartella dove si memorizza il database è bene strutturare anche un sistema di sottocartelle per la memorizzazione dei file degli allievi da allegare al Portfolio (una cartella per ogni al- lievo). Se si utilizza un singolo database per ogni classe, lo strumento può essere completamente affidato e gestito dal tutor del corso; se invece si opta per un utilizzo globale, alla compilazione del Database potranno contribuire diverse persone con ruoli definiti all’interno del Centro (Segreteria, Progettista, Tutor, Formatori, ecc.). Da sottolineare infine il fatto che il database non è stato progettato da “professionisti dell’informatica” ma è un pro- dotto pensato e costruito primariamente ad uso interno e quindi ovviamente passibile di molteplici e continue modi- fiche e miglioramenti. Per l’uso di questo prodotto è bene che ci sia un riferimento nel Centro che, sapendo utilizzare Access, possa pro- gressivamente personalizzare il database mentre non è necessario che i formatori abbiano competenze specifiche se non le capacità base nell’uso del pacchetto Microsoft Office. Le note che seguono non intendono rappresentare un manuale d’uso dettagliato ma una semplice guida alla logica che accompagna il prodotto. Si presenta la parte del portfolio elettronico relativa alla valutazione. INSERIMENTO VOTAZIONI Con questa sezione è possibile, durante il percorso formativo, registrare tutte le votazioni conclusive di ogni UdA/UF, archiviando così l’acquisizione ed il livello delle competenze, ed indicare le valutazioni periodiche delle materie che saranno poi riassunte nelle pagelle generali intermedie e finali. È una parte ad uso di ogni singolo formatore con la supervisione del tutor. È composta da un menu con le seguenti opzioni: • Voti UdA/UF: per ogni anno formativo (seleziona- bile come prima informazione) il formatore potrà sce- gliere la classe (in fondo alla schermata) e l’UdA/UF di cui si vuole inserire la valutazione. A questo punto, per ogni allievo potrà essere certificato il superamento dell’UdA/UF, la valutazione (con numeri interi) e la data. Inoltre, in dialogo con l’allievo e con il tutor, si potranno allegare al database i file dei lavori svolti dagli allievi, che potranno essere sul Server di Centro e che sono abbinabili nello spazio dedicato premendo con il tasto destro del mouse e scegliendo “Collegamento ipertestuale/ Modifica collegamento ipertestuale”; • Competenze UdA: nel caso di valutazione di UdA, il formatore o il tutor hanno la possibilità di certificare l’acquisi- zione della competenza relativa e di specificare i livelli inerenti agli indicatori della Rubrica di Valutazione. In questo modo, per ogni UdA sono previste due tipologie di valutazione: un voto intero riassuntivo finale (inseribile nella parte Voti UdA/UF) ed i singoli livelli di acquisizione relativi agli indicatori; • Voti materie: per ogni anno formativo (selezionabile come prima informazione) il formatore potrà selezionare (in fondo) la classe di cui desidera inserire le valutazioni per le pagelle ed in successione la propria materia ed il periodo di riferimento. A questo punto, per ogni allievo, potranno essere inseriti i voti della materia, l’indicazione dell’applica- zione e, attraverso la parte destra della schermata, la valutazione di condotta; • Conseguimento titoli di studio: per ogni anno formativo (selezionabile come prima informazione) il tutor potrà specificare il risultato finale del percorso formativo svolto dagli allievi, cioè il conseguimento e la valutazione della qua- lifica e del diploma professionale. 217 Gli allievi hanno conseguito risultati altalenanti e vari nell’arco degli anni di corso. – Nel I anno la classe ha “pagato” la presenza di alcuni elementi disciplinar- mente problematici che hanno influito sui contenuti presentati dai formatori e sul grado di apprendimento del gruppo. Già nel primo anno si è poi mani- festata una difficoltà resasi poi evidente nel secondo anno: lo scarso grado di autonomia degli studenti a fronte di problemi tecnici anche semplici. – Nel II anno si è lavorato molto su questo piano, giungendo al termine del- l’anno a conseguire discreti risultati. – Nel III anno, ulteriori inserimenti di allievi in un gruppo già di per sé nume- roso hanno contribuito a rallentare la crescita globale di questo grado di auto- nomia. Nell’arco del triennio, inoltre, si sono evidenziate grosse difficoltà nelle materie più legate ai saperi matematico-scientifici, conseguenti soprat- tutto ad uno scarso metodo di studio. Nell’ambito del corso si sono applicate diverse metodologie di valutazione, a seconda dei periodi, degli argomenti, delle materie, delle attività e delle unità di apprendimento realizzate. A livello di valutazione periodica gestita nel rapporto con le famiglie è stato usato lo strumento della pagella, con una valutazione numerica relativa ai risultati ed una lettera relativa all’applicazione, oltre al voto di condotta generale. Nella pagella sono state accorpate le materie dell’area tecnica-professionale legate ai diversi laboratori. I singoli formatori, per fornire la valutazione, hanno poi fatto uso di verifiche globali di fine unità formative e verifiche interdisciplinari per UdA (con l’uso di rubriche di valutazione). Un metodo di fondo che lega insieme i diversi sistemi di valutazione è sicura- mente quello legato ad esercitazioni e compiti il più possibile reali o relativi a si- mulazioni di attività reali. La documentazione di questo percorso è annualmente conservata nell’ufficio tecnico di settore nell’ambito del materiale di qualità. L’attuale elaborazione dei metodi di valutazione è il frutto naturale degli ultimi anni delle diverse sperimentazioni messe in atto all’interno del nostro Centro che hanno man mano spostato l’attenzione dei formatori dalla semplice valutazione tradizionale della singola materia alla certificazione delle competenze (con tutto il relativo cammino di costruzione di un repertorio sempre aggiornato) fino alla crea- zione di Unità di Apprendimento valutate attraverso rubriche di valutazione, che pongono l’attenzione sui livelli delle competenze acquisite. Per poter fare questo cammino di crescita, sono state importanti le diverse ini- ziative di formazione che hanno coinvolto il personale direttivo, di coordinamento e di progettazione ed anche i singoli formatori. Le iniziative sono state soprattutto realizzate a livello provinciale e regionale. I dati che emergono dalle valutazioni sono gestiti a diversi livelli: i singoli for- matori aggiornano un registro personale del corso e la scheda di raccolta delle valu- 218 tazioni prevista dalla nostra certificazione di qualità. Periodicamente, i dati vengono raccolti per le pagelle che vengono gestite dal consigliere-tutor del singolo corso. Il consigliere di settore tiene le file dei rapporti con le famiglie, mentre i singoli tutor consegnano le pagelle ai genitori ed hanno un “occhio di riguardo” particolare nei confronti della classe. I coordinatori-progettisti di settore si occupano poi, alla fine del corso, della raccolta delle schede di valutazione delle UF/UdA per tenere sotto controllo lo sviluppo temporale ed il raggiungimento degli obiettivi del corso. La procedura di valutazione degli apprendimenti è legata al sistema di qualità del Centro, sia attraverso l’uso dei sistemi “classici” (pagelle, rubriche di valuta- zione) che di sistemi “innovativi” (portfolio delle competenze, rubriche di valuta- zione delle unità di apprendimento, check-list di controllo). La valorizzazione dei sistemi di valutazione passa ed è passata attraverso interventi di formazione mirata sui formatori per dare indicazioni precise sulle nuove metodologie. Si presenta la scheda di valutazione (“pagellina”) che viene consegnata alle fa- miglie, compilata in forma indicativa per mostrare le diverse modalità di notazione: 219 Gli indicatori più rilevanti e significativi di una buona metodologia di valuta- zione sono per gli interlocutori del caso indagato: – chiarezza di impostazione e di metodologia; – applicabilità nell’attività formativa quotidiana; – flessibilità in base alle tipologie di aree; – non ridondanza delle informazioni; – comprensibilità per allievi e famiglie; – sinteticità e completezza delle informazioni fornite dagli utenti. La Regione Lombardia e la Provincia di Milano hanno svolto in questi anni un ruolo determinante nell’impostazione dei sistemi didattici, di programmazione formativa e di valutazione. Negli anni si sono succeduti le impostazioni per moduli, poi per unità forma- tive, con relative valutazioni di competenze, ed infine il sistema delle UdA con le valutazioni per griglie. In particolare, gli enti di riferimento specificano parametri precisi in occasione delle prove in uscita dei percorsi (esami). Non esiste al momento invece un sistema chiaro e definito per la certificazione dei crediti in ingresso e per la garanzia dei “passaggi tra sistemi”. 2.4.7. Certificazione La Regione Lombardia e la Provincia di Milano prevedono, per la certifica- zione, le stampe di un attestato di qualifica semplice accompagnato dalla dichiara- zione delle competenze che viene fornita anche in caso di non superamento delle prove d’esame ed in occasione di ritiri durante il percorso. La stampa delle diverse certificazioni è stata realizzata nel Centro grazie al- l’uso del database Access del portfolio, di cui si è scritto precedentemente. 2.4.8. Difficoltà incontrate e soluzioni adottate Le difficoltà incontrate nel processo di valutazione sono state le seguenti: – comprensione da parte dei formatori più “anziani” dei nuovi sistemi di valu- tazione; – capacità di comprensione da parte di famiglie e allievi dei nuovi sistemi di valutazione; – eccessiva ridondanza di informazioni e scarsa flessibilità di alcuni sistemi in relazione alle tipologie di aree formative di riferimento. Le soluzioni adottate sono, conseguentemente: – punto A: seminari di formazione, assistenza da parte di coordinatori e proget- tisti nell’applicazione dei sistemi di valutazione; – punto B: adozione combinata di sistemi classici (pagelle) e nuovi (portfolio, UdA) per garantire la comprensione chiara da parte degli utenti; – punto C: coesistenza di sistemi di valutazione diversi di volta in volta applicati a garanzia della flessibilità. 220 2.4.9. Punti forti e punti deboli del processo di valutazione 2.4.10. Quale modello di valutazione emerge dal caso di Sesto San Giovanni Anche nel caso di Sesto San Giovanni siamo di fronte ad un modello forma- tivo e quindi valutativo di tipo misto che somma approcci tradizionali ed approcci innovativi, sulla base di un metodo di fondo corrispondente alla proposta formativa Salesiana. Il Centro si è trovato al centro di una dinamica di sviluppo del sistema, che nell’arco di pochi anni ha visto non solo cambiamenti continui, ma anche passaggi per così dire di “paradigma” formativo che hanno sovvertito per buona parte il modello precedente. Sul versante tradizionale, ogni due mesi viene inviata alla famiglia un’infor- mativa circa la valutazione relativa alle materie/aree disciplinari, con voto nume- rico che prevede anche mezzi voti (tranne l’ultima pagella che indica invece il voto intero), oltre al voto di condotta indicato in decimi. Va detto che l’accorpamento delle materie di laboratorio in una sola voce crea qualche problema di comunicazione con le famiglie, che vorrebbero invece voti distinti. Sul versante delle innovazioni del processo formativo, hanno avuto effetti rile- vanti in particolare i due seguenti approcci: quello delle unità formative (UF) pro- prie dell’influsso della Provincia di Milano; quello delle unità di apprendimento (UdA) proprio della Regione Lombardia. Le unità formative riflettono una progettazione granulare, dove ogni unità risulta tendenzialmente autonoma ed anche autocertificativa, sia pure logicamente e cronologicamente correlata alle altre. Essa induce un certo meccanicismo didattico, anche se, di contro, si presta ad una progettazione più performativa, in grado di superare i limiti di un approccio per discipline e quindi per contenuti. Le unità di apprendimento rappresentano un salto di qualità più dirompente rispetto al passaggio precedente, ed anche in riferimento all’impostazione organiz- zativa del Centro, perché impongono il superamento della divisione tra aree teoriche ed aree pratiche, e richiedono da parte del consiglio di classe l’adozione di un progetto unitario in cui i diversi apporti perseguono in modo coerente e tenden- zialmente interdisciplinare i vari obiettivi propri dell’azione. Il Centro si pone all’incrocio fra i due momenti, anche se si potrebbe ritenere che si tratti di una fase di passaggio, che vedrà presumibilmente prevalere la 221 seconda modalità di approccio, mentre la prima acquisisce più una funzione descrittiva che programmatica. In generale, appare nel Centro una buona propensione all’innovazione, che ha saputo affrontare privilegiando l’attenzione alla gestibilità del processo formativo, ed alla sua unitarietà almeno operativa. È proprio in questa prospettiva che ha espresso una sua peculiarità: il modo in cui le diverse spinte e le differenti scuole di pensiero sono state acquisite e portate ad unità è privilegiatamente quello gestio- nale, ovvero perseguito tramite l’utilizzo di strumentazioni informatiche e grafiche in grado di rappresentare unitariamente l’intero processo formativo e le sue diverse fasi, compresa la valutazione. Ne è sortito un utilizzo del portfolio nella logica documentativa e certificativa, che ha consentito di fornire agli operatori del Centro un punto di riferimento per il loro lavoro quotidiano, anche se rimangono aperti i problemi relativi all’unitarietà sostanziale, ovvero alla coerenza interna del processo formativo e valutativo. L’approccio prevede una progettazione iniziale per competenze, mentre la valutazione è duplice: – una valutazione tradizionale, come si è detto, espressa in voti, che risulta mag- giormente comprensibile da parte delle famiglie; – una certificazione delle competenze che riporta solo quelle effettivamente possedute dall’allievo, riportate entro il relativo certificato, senza l’indicazione del livello, uno strumento che non risulta ancora bene compreso da parte delle famiglie che sembrano considerarlo come un allegato non valutativo. Il Centro presenta una particolare elaborazione della pagellina e dei suoi conte- nuti: – per ogni disciplina/area formativa viene distinto il voto relativo alla presta- zione (espresso in numeri) da quello relativo alla applicazione ovvero l’im- pegno, l’interesse e la partecipazione (espresso in lettere); – la condotta, a sua volta, indica con un voto numerico – espresso di comune ac- cordo dall’intero consiglio di classe – il comportamento della persona, ovvero il rispetto degli altri, le regole, il rispetto dell’ambiente, ovvero ciò che è defi- nito nel progetto educativo; in tal modo quest’ambito viene distinto dall’im- pegno che è proprio di ogni singola materia/area formativa. In questo modo, si è creata una più precisa distinzione tra i voti e gli oggetti della valutazione, così da consentire di identificare con ogni notazione un preciso oggetto, evitando di “fare media” tra realtà di natura differente tra di loro e di defi- nire forzatamente una sorta di “applicazione media” che in realtà non può esistere, ma va distinta tra ambito ed ambito. Il caso di Sesto San Giovanni ci consente infine di porre alcune questioni che derivano dalla sua particolare impostazione, ma che richiamano una problematica generale dell’intero arco di Centri di formazione monitorati: 222 – in che modo si pone la relazione tra le unità formative e gli obiettivi generali dell’attività, in riferimento al PECUP del secondo ciclo degli studi? È una rela- zione di natura linguistica oppure sostanziale? – Quale legame c’è tra le aree di impronta più teorica e le aree di impronta più pratica? Sono in relazione logica, cronologica, oppure trovano momenti di incontro didattico reale? – Quale tipo di approccio è stato attuato adottando le unità di apprendimento? Sono attività a sé stanti collocate in particolari momenti del percorso oppure si collocano nei punti di incrocio tra i vari elementi? – Quale rilevo assume la valutazione dei comportamenti e la condotta? Sono fattori ulteriori che vengono tenuti in considerazione oltre a quelli già citati, oppure vi è un legame con gli elementi di comportamento e di impegno insiti nelle varie attività cui l’allievo si è dedicato e che ne completano la valuta- zione? – Nel processo di valutazione finale, quanto vengono conservate e quanto invece vengono tenute in disparte le considerazioni in ordine agli aspetti educativi dell’attività e le acquisizioni degli allievi che non si mostrano direttamente sotto forma di apprendimenti (maturazione, crescita della coscienza di sé, del rapporto con gli altri, del modo di porsi nei confronti della propria vita e del futuro)? È sulla base di queste domande che si proporrà una soluzione unitaria della gestione della valutazione nei Centri dell’Ente. 2.5. Torino Valdocco 2.5.1. Azione formativa L’azione formativa su cui si è centrata in particolare la ricerca riguarda il seguente corso: 2.5.2. Esiti attesi e loro valore Gli esiti attesi sono definiti sotto forma di competenze, conoscenze ed abilità, secondo un dispositivo regionale piuttosto complesso, di cui parleremo più avanti: a) Competenze – Progettare il proprio Percorso – Promuovere il Progetto personale 223 – Riconoscere le proprie Capacità/Risorse – Agire in autonomia – Relazionarsi – Diagnosticare – Contestualizzare comunicazioni (scritte/orali) di carattere funzionale in lingua italiana – Analizzare oggetti nel piano e nello spazio – Individuare strategie matematiche – Interpretare dati statistici e probabilistici – Interpretare fenomeni naturali (fisici, chimici e naturalistici) a livello macro- scopico – Orientarsi nel mondo del lavoro – Individuare gli elementi fondamentali delle organizzazioni aziendali – Individuare il cambiamento e la diversità in una dimensione diacronica e sin- cronica – Individuare le caratteristiche di un PC e relativo Sistema Operativo – Individuare strumenti della rete Internet per la comunicazione – Individuare strumenti informatici per l’elaborazione di documenti – Agire in autonomia – Individuare gli elementi del sistema qualità – Individuare le norme fondamentali relative ad igiene e sicurezza sul lavoro – Interpretare semplici preventivi – Contestualizzare soluzioni progettuali – Sviluppare il ciclo di lavoro – Scegliere differenti tecnologie per la gestione degli impianti – Sviluppare il ciclo di lavoro b) Conoscenze – Linee guida per la definizione del progetto e piano d’azione – I processi decisionali – L’archivio/dossier personale – Il curriculum e la domanda di lavoro – Il colloquio di lavoro – Accoglienza – Accompagnamento in itinere – Organizzazione del compito e/o del lavoro – Risoluzione di problemi – Principi e tecniche di comunicazione e relazione – Lavoro di gruppo – I flussi informativi – Tecniche di diagnosi e strategie correttive – Stili espressivi di esposizione – Strumenti della comunicazione informativa 224 – La scrittura come strumento informativo ed espressivo – Le informazioni esplicite ed implicite nel testo – Terminologia specifica – Testi tecnici e brani antologici – Regole di composizione – Stili di comunicazione orale – Elementi di base di geometria piana e solida – Problemi ed equazioni – I dati e le loro rappresentazioni – Fondamenti di statistica e cenni di calcolo delle probabilità – Matematica finanziaria – Materia, energia, viventi-non viventi: caratteristiche, relazioni,trasformazioni – Legislazione del lavoro e contrattualistica – La retribuzione e i suoi elementi – Organizzazione aziendale – Ruoli e comportamenti organizzativi – Creare e gestire una impresa – Tappe fondamentali della storia: periodizzazione ed eventi – Semplici fenomeni storico/geografici contemporanei: analisi e confronti – Sistemi operativi – Navigazione in Internet – Posta elettronica – Applicativi di video scrittura – Foglio elettronico – Presentazione multimediale – Database – Recuperi, approfondimenti e contestualizzazioni – Il sistema qualità – Norme di igiene e sicurezza: Decreto legislativo 626 – Il preventivo – Teoria impianti elettrici – Legislazione e normativa nel settore elettrico – Disegno elettrico – Documenti tecnici e commerciali – Software elettrici – Software tecnici – Tecnologia della costruzione e delle apparecchiature a bordo macchina – Impianti a bordo macchina – Verifica impianti c) Abilità – Definire il proprio progetto formativo e/o professionale – Attuare il progetto formativo e/o professionale 225 – Realizzare il compito – Comunicare nel contesto di riferimento – Lavorare in modo cooperativo – Elaborare le informazioni – Monitorare i risultati ottenuti – Esporre il proprio punto di vista sulla base di una scaletta – Scambiare informazioni con altri anche attraverso strumenti informatici e telematici – Scrivere testi informativi ed espressivi (appunti, verbali, lettere) – Decodificare messaggi in forma scritta e orale – Produrre semplici testi di carattere personale e/o quotidiano in lingua – Dare/Ricevere informazioni in forma orale in lingua inglese – Eseguire operazioni riguardanti figure piane e solide – Risolvere semplici problemi matematici – Costruire semplici rappresentazioni grafiche – Rilevare fenomeni naturali (fisici, chimici e naturalistici) a livello macro- scopico – Esercitare un rapporto di lavoro – Agire un ruolo assegnato – Illustrare trasformazioni storiche e variazioni nelle condizioni di vita dei popoli – Utilizzare il PC e i comandi del sistema operativo – Utilizzare i motori di ricerca per la navigazione in Internet e il servizio di posta elettronica – Produrre un testo in formato elettronico – Produrre un foglio di calcolo in formato elettronico – Redigere una presentazione in formato elettronico – Elaborare archivi di dati – Monitorare i risultati ottenuti – Lavorare in un’ottica di qualità – Lavorare in un’ottica di igiene e sicurezza – Produrre semplici preventivi – Redigere la progettazione degli impianti – Produrre il materiale documentale – Utilizzare software specifici del settore – Installare e gestire impianti elettrici a bordo macchina L’ambito di spendibilità sul mercato del lavoro locale di tali acquisizioni è il seguente: lavoratore dipendente all’interno di piccole-medie imprese o presso artigiani che operano nel settore dell’impiantistica elettrica civile e industriale, della quadristica per impianti industriali, nella programmazione del PLC per sem- plici automatismi. 226 Si specifica la spendibilità eventuale delle acquisizioni in termini di crediti formativi: – ECDL: quale sbocco dei programmi delle competenze di base area tecnologica – Quanto affrontato nell’area delle competenze di base è spendibile in altri per- corsi di pari livello in quanto trasversale ai diversi percorsi. – Essendo un corso sperimentale all’interno delle proposte di istruzione e forma- zione professionale, al termine del percorso triennale i ragazzi qualificati pos- sono accedere al 4° anno nei percorsi di istruzione del secondo ciclo. 2.5.3. Destinatari Il gruppo classe presenta omogeneità di provenienza geografica. Il gruppo classe è peraltro disomogeneo in quanto è composto da allievi con differenti livelli di accesso: quattro ragazzi evidenziano difficoltà cognitive a vari livelli e richiedono il trasferimento di conoscenze nell’ambito del percorso forma- tivo attraverso l’azione di recupero. Il dislivello gruppo classe-giovani in difficoltà è maggiormente evidente nel corso dell’espletamento della funzione espositiva teo- rica: spesso non basta enunciare un concetto, occorre necessariamente accompa- gnare, semplificare e tradurre la teoria in esperienza pratica diretta (es. concetto di inflazione: simulazione di pagamento per l’acquisto dello stesso prodotto in due momenti successivi). Un’ulteriore problematicità è rappresentata dalla difficoltà di percepire le differenze cognitive (diverse dalla presenza/assenza di tratti somatici), dunque spesso i ragazzi del gruppo classe giudicano negativamente i compagni in difficoltà in quanto non hanno ancora interiorizzato che si tratta di reale e compro- vata difficoltà di apprendimento. Anche per quanto concerne le motivazioni all’apprendimento, la situazione è decisamente differenziata tra allievi che intendono proseguire il proprio percorso di studi e coloro i quali intendono provare ad entrare nel mondo del lavoro o seguire un breve corso di specializzazione. Il gruppo classe, originariamente composto da 25 persone, al termine della prima annualità ha registrato 4 ritiri principalmente legati alla mancata integrazione all’interno dell’ambiente formativo. All’inizio della seconda annualità l’allievo ha cambiato percorso mentre l’ha abbandonato durante l’anno formativo. Infine un ragazzo all’inizio della terza an- nualità ha cambiato percorso formativo. 2.5.4. Risorse Le risorse umane previste sono le seguenti, con specificazione delle ore di im- pegno: 227 Le risorse cognitive sono costituite da SIQ/Mediateca. Vi si trova l’elenco degli strumenti in vari formati: animazione A5 per Q anelli, CD Rom interattivi, dispense, dispense + lucidi, libri, lucidi, manuali, materiale video, schede, siti web, stampati commerciali, video DVD, video VHS, biblioteca di Centro, n. 1 Point learning. Sono attivi un laboratorio professionale (nel corso del pomeriggio) e 4 labora- tori informatici: vi è una sala giochi interna ed esterna con campi da calcio, palla- volo, basket, calciobalilla, ping-pong. Inoltre, vi è un laboratorio musicale, oltre ad attività di interesse e giochi di società. 2.5.5. Metodologie A seconda del periodo dell’anno e delle unità formative vengono applicati diversi approcci all’interno dei quali vengono proposte ed applicate le seguenti metodologie/tecniche didattiche: a) approccio cognitivo-disciplinare all’interno del quale vengono applicate: ascolto visione audiovisivi; brainstorming; formazione frontale; interviste; il PC come strumento di lavoro; formazione in rete; b) approccio per competenze e compiti reali/simulati: giochi interattivi psico- pedagogici; lavorare in gruppo; valutazione autentica; il PC come strumento di lavoro; ricerca e documentazione in internet; osservazione; formazione in situazione; c) approccio riflessivo: giochi interattivi psico-pedagogici; pari opportunità; visita didattica; tecniche di problem solving; testimonianza di professionisti. È presente un’intensa attività di alternanza formativa, consolidata negli anni e nelle relazioni con i partner del sistema economico locale. Si propone di seguito un esempio di progettazione di UdA con relativo cano- vaccio per la gestione della stessa. 228 O ss er va zi on i e c or re zi on i D es cr iz io ne d el p ar am et ro PR O G ET TO D IM EN SI O N A M EN TO T R A SF O R M AT O R E R ea liz za re il d im en sio na m en to d i u n tra sf or m at or e ed e ffe ttu ar e le p ro ve p ra tic he in la bo ra to rio p er g ar an tir e il fu nz io na m en to d el l’a pp ar ec - ch ia tu ra a tta a d al im en ta re il c irc ui to a us ili ar io p er il c om an do d i u na m ac ch in a op er at ric e. - Pr om uo ve re la c ap ac ità d i s er vi rs i c on p ro pr ie tà d eg li str um en ti di c on su lta zi on e e de gl i s tru m en ti in fo rm at ic i, pe r o tte ne re d oc um en ta zi on i, sc riv er e e ar ch iv ia re ; - A iu ta re g li al lie vi a p or re le b as i p er su pe ra re le d im en sio ni st ru m en ta li de lla P at en te E ur op ea p er il C om pu te r ( EC D L) e d im os tra re d i c on - sid er ar e la m ul tim ed ia lit à e l’u so d eg li str um en ti in fo rm at ic i u n fe co nd o am bi en te d i a pp re nd im en to , i n pr os pe tti va te or ic a e/ o pr of es sio na le ; - Pr om uo ve re la c ap ac ità d i l eg ge re e p ro du rr e te st i d i d iff er en ti di m en si on i e c om pl es si tà , b en c os tru iti a li ve llo g ra m m at ic al e- si nt at tic o, a liv el lo d i r ic ch ez za d i “ vo ca bo la rio ” sia a li ve llo c om un ic at iv o, e a da tti a lle v ar ie si tu az io ni in te ra tti ve ; - Po rr e gl i a lli ev i n el la c on di zi on e di p os se de re u n ad eg ua to n um er o di s tru m en ti fo rm al i, m at em at ic i e lo gi ci e s ap er li ap pl ic ar e a di ve rs i am bi ti di p ro bl em i g en er al i e sp ec ifi ci ; - Pr om uo ve re n eg li al lie vi la m es sa in p ra tic a de lle n or m e an tin fo rtu ni sti ch e e la n or m at iv a C EI , i n m od o da a do tta re c om po rta m en ti ad eg ua ti pe r l a tu te la d el la si cu re zz a pr op ria , d eg li al tri e d el l’a m bi en te in c ui si v iv e, in c on di zi on i o rd in ar ie o st ra or di na rie d i p er ic ol o; - O ffr ire a gl i a lli ev i g li str um en ti pe r a na liz za re e ra pp re se nt ar e pr oc es si e sis te m i t ec ni ci ri co rre nd o a op po rtu ni st ru m en ti o a m od el li lo gi co - fo rm al i; - Pr om uo ve re n eg li al lie vi la c ap ac ità d i s ce gl ie re il ti po d i a pp ar ec ch ia tu ra d a ut ili zz ar e; - O ffr ire a gl i a lli ev i g li str um en ti pe r u n co rre tto u til iz zo d eg li ut en sil i e d el la a pp ar ec ch ia tu re e le ttr ic he . D im en sio na m en to im pi an ti el et tri ci : - R ed ig er e la p ro ge tta zi on e de gl i i m pi an ti; - C on te stu al iz za re so lu zi on i p ro ge ttu al i; - St ila re p ro ge tto a pp lic an do le sp ec ifi ch e de lla c on se gn a; - Ef fe ttu ar e di m en sio na m en to d el l’i m pi an to ; - Sc eg lie re m at er ia li in fu nz io ne d el la n or m at iv a vi ge nt e; - N or m at iv e sp ec ifi ch e su lle m ac ch in e el et tri ch e. Pr od uz io ne d oc um en ta zi on e im pi an ti el et tri ci d i c om an do e c on tro llo : - C on te stu al iz za re so lu zi on i p ro ge ttu al i; - Pr od ur re il m at er ia le d oc um en ta le . R ea liz za zi on e de gl i i m pi an ti el et tri ci d i c om an do e c on tro llo : - U til iz za re a ttr ez za tu re e st ru m en ti; - C on fro nt ar e la fu nz io na lit à de l c irc ui to c on le sp ec ifi ch e as se gn at e e le sc el te in di vi du al i; - Se le zi on ar e la p ro ce du ra p er la v er ifi ca d el la fu nz io na lit à de l c irc ui to . Pa ra m et ro D en om in az io ne U dA C om pi to - pr od ot to O bi et tiv i f or m at iv i O bi et tiv i s pe ci fic i di a pp re nd im en to E se m pi o di U dA : P ro ge tt o di m en si on am en to t ra sf or m at or e A nn ua lit à: I II a nn o 229 O ss er va zi on i e c or re zi on i D es cr iz io ne d el p ar am et ro A re a sc ie nt ifi ca : - R iso lv er e se qu en ze d i o pe ra zi on i c on n um er i i nt er i, ra zi on al i e re al i; - R ic av ar e fo rm ul e in ve rs e; - Ef fe ttu ar e op er az io ni a rit m et ic he e tr ig on om et ric he ; - Es eg ui re o pe ra zi on i r ig ua rd an ti fig ur e pi an e e so lid e; - A pp lic ar e le p rin ci pa li re go le d i g eo m et ria p ia na e so lid a; - C al co la re p er im et ri, a re e e vo lu m i d i f ig ur e ge om et ric he ; - Es pr im er e m isu re se co nd o un ità d i m isu ra c on ve nz io na li. A re a te cn ol og ic a: - U til iz za re il P C e i co m an di d el si ste m a op er at iv o; - U til iz zo d i u n pr og ra m m a di v id eo sc rit tu ra p er la p ro du zi on e di d oc um en ti; - Pr od ur re u n fo gl io d i c al co lo in fo rm at o el et tro ni co ; - U til iz za re fi le e c ar te lle (c re ar e, e lim in ar e, c op ia re , s al va re , s po sta re ). A re a lin gu ag gi - C om un ic ar e in li ng ua it al ia na : - Sc riv er e te sti in fo rm at iv i e d es pr es siv i; - St ru ttu ra re il te sto n el ri sp et to d el le p rin ci pa li re go le g ra m m at ic al i; - R ic on os ce re le p rin ci pa li te cn ic he g ra m m at ic al i, co m po sit iv e, e sp os iti ve . A lli ev i c la ss e 3° . - C on os ce nz a sis te m a op er at iv o e so ftw ar e sp ec ifi ci ; - Pr in ci pi b as e di c al co lo n um er ic o; - N oz io ni e c al co li di g eo m et ria p ia na e so lid a; - C on ce tti b as e su l t ra sf or m at or e; - C on ce tti d i m isu ra d i g ra nd ez ze e le ttr ic he . 30 o re . - T0 P re se nt az io ne d el l’U dA ; - T1 P re se nt az io ne d el la vo ro d a es eg ui re . ( A lle ga to 1 ); - T2 T ra du zi on e de lla ri ch ie sta d el la c om m es sa ; - T3 C al co li pe r i l d im en sio na m en to e sc el ta d ei m at er ia li id on ei p er la re al iz za zi on e de l p ro do tto (c on l’ au sil io d i e xc el ); - T4 P re pa ra zi on e do cu m en ta zi on e pe r i l c ol la ud o e pe r l e m isu re ; - T5 M isu re p er il c ol la ud o de lla fu nz io na lit à de l p ro do tto ; - T6 V al ut az io ne d el l’a tti vi tà re al iz za ta . La p re se nt e U dA se gu e i l m et od o de ll’ ap pr oc ci o de lla ri ce rc a- az io ne m ira ta a su pe ra re la tr ad iz io na le d ic ot om ia fr a t eo ria e pr at ic a. L ’a tte nz io ne è riv ol ta a i p ro ce ss i. Si tr at ta d i u na m et od ol og ia fl es sib ile , c on se nt e di a vv al er si di u na m ol te pl ic ità d i c rit er i, str um en ti e m et od i d i l av or o. Pa ra m et ro O bi et tiv i s pe ci fic i di a pp re nd im en to D es tin at ar i Pr er eq ui si ti Te m pi d i s vo lg im en to Se qu en za in fa si ed e sp er ie nz e (D et ta gl i s u P_ 02 1- M 07 ) M et od ol og ia 230 O ss er va zi on i e c or re zi on i D es cr iz io ne d el p ar am et ro Fo rm at or e de ll’ ar ea p ro fe ss io na le :r es po ns ab ile d el la p ro ge tta zi on e de lla m ac ch in a el et tri ca . Fo rm at or e de ll’ ar ea s ci en tif ic a: re sp on sa bi le d el l’a de gu at o ut ili zz o de lle c ap ac ità lo gi co -m at em at ic he . Tu to r- co or di na to re :s up po rto d el te am d ei fo rm at or i – p re di sp os iz io ne p or tfo lio , r es po ns ab ile d el la g es tio ne d el la vo ro d i g ru pp o. Fo rm at or e de ll’ ar ea d ei li ng ua gg i: re sp on sa bi le d i c ur ar e l’a sp et to li ng ui sti co Fo rm at or e de ll’ ar ea d ei te cn ol og ic a: re sp on sa bi le d el l’u so c or re tto d ei so ftw ar e. - M at er ia li di su pp or to - Po sta zi on i a ttr ez za te d el la bo ra to rio e le ttr ic o - Vo ca bo la rio it al ia no -in gl es e La v al ut az io ne s i r ife ris ce a ll’ in sie m e de i f at to ri m ob ili ta ti da lla U dA , o vv er o: c om e la p er so na a ffr on ta il c om pi to , l a str at eg ia a do tta ta , l ’u so de gl i s tru m en ti e de lle te cn ic he c om pr es i i c om po rta m en ti pr ev en tiv i, le re la zi on i c on i co m pa gn i e i fo rm at or i, il pr od ot to e le s ue s pe ci fic he te cn ic he c om pr es o il te m po e la te nu ta in o rd in e de ll’ am bi en te , l a m at ur az io ne st im ol at a da ll’ es pe rie nz a. D ur an te q ue sta p rim a U D A la v al ut a- zi on e de ll’ at tiv ità è st at a ef fe ttu at a tra m ite la ru br ic a di v al ut az io ne a ut en tic a. Pa ra m et ro Ri so rs e um an e St ru m en ti/ m at er ia li Va lu ta zi on e O ss er va zi on i 231 C an ov ac ci o de lla U dA : P ro ge tt o di m en si on am en to t ra sf or m at or e N ot e e os se rv az io ni R iso rs e um an e -T ut or -c oo rd in at or e. -F or m at or e de ll’ ar ea p ro fe ss io na le . -F or m at or e de ll’ ar ea d ei li ng ua gg i. -F or m at or e de ll’ ar ea sc ie nt ifi ca . -T ut or -c oo rd in at or e. -F or m at or e de ll’ ar ea p ro fe ss io na le . -F or m at or e de ll’ ar ea d ei li ng ua gg i. -F or m at or e de ll’ ar ea sc ie nt ifi ca . -F or m at or e de ll’ ar ea li ng ua gg i. - T ut or -c oo rd in at or e. -F or m at or e de ll’ ar ea sc ie nt ifi ca . -F or m at or e de ll’ ar ea p ro fe ss io na le . -F or m at or e de ll’ ar ea te cn ol og ic a. M at er ia li st ru m en ti La va gn a, ru br ic he di v al ut az io ne , m at er ia le di da tti co c ar ta ce o. A lle ga to 1 : pr es en ta zi on e de lla p re sta zi on e. M at er ia le di da tti co c ar ta ce o A lle ga to 2 : sp ec ifi ch e te cn ic he . A ul a co n PC . M et od ol og ie Es po siz io ne p ar te ci pa ta . Es pe rie nz a/ es po siz io ne pa rte ci pa ta . R ic er ca -a zi on e Pr ob le m so lv in g. R ic er ca /a zi on e La vo ro tr am ite P C . Es pe ri en za a lli ev i G li al lie vi pr en do no v isi on e de l m at er ia le , de gl i o bi et tiv i e de i c rit er i v al ut ab ili rif er iti al la ru br ic a di v al ut az io ne . G li al lie vi pa rte ci pa no p re nd on o vi sio ne de lle c on se gn e e ric hi ed on o al l’o cc or re nz a de lu ci da zi on i i n m er ito . G li al lie vi do po a ve r e sa m in at o l’o bi et tiv o de ll’ es er ci ta zi on e tra du co no il te sto c he è sta to in vi at o da lla c om m es sa pe r c on os ce re i da ti de lla m ac ch in a ch e de vo no p ro ge tta re . G li al lie vi es eg uo no i ca lc ol i n ec es sa ri pe r i l d im en sio na m en to de l t ra sf or m at or e ut ili zz an do il P C co n l’a pp lic at iv o Ex ce l e sc el go no i m at er ia li id on ei pe r l a co str uz io ne di ta le m ac ch in a. C om pi to fo rm at or i Ill us tra re ob ie tti vi e m et od ol og ie pe r l a re al iz za zi on e de l p ro do tto fi na le . Pr es en ta re l’e se rc ita zi on e e le ri ch ie ste . Fa ci lit ar e e sti m ol ar e gl i a lli ev i ne lla tr ad uz io ne in gl es e- ita lia no . - F ac ili ta re e st im ol ar e gl i a lli ev i ne lla ri ce rc a de lla p ro ce du ra pe r d im en sio na re il tra sf or m at or e - F ac ili ta re e st im ol ar e gl i a lli ev i ne lla re al iz za zi on e de i c al co li co n l’a iu to d i E xc el . Fa si T0 Pr es en ta zi on e de ll’ U dA Te m po : 1 o ra T1 Pr es en ta zi on e de l l av or o da se gu ire Te m po : 2 o re T2 Tr ad uz io ne d el la ri ch ie st a de lla c om m es sa Te m po : 3 o re T3 Ca lc ol i p er il d im en si on am en to e sc el ta d ei m at er ia li Te m po : 5 o re 232 N ot e e os se rv az io ni R iso rs e um an e - T ut or -c oo rd in at or e. -F or m at or e de ll’ ar ea p ro fe ss io na le . -F or m at or e de ll’ ar ea te cn ol og ic a. - T ut or -c oo rd in at or e. -F or m at or e de ll’ ar ea p ro fe ss io na le . - T ut or -c oo rd in at or e. -F or m at or e de ll’ ar ea p ro fe ss io na le . -F or m at or e de ll’ ar ea d ei li ng ua gg i. -F or m at or e de ll’ ar ea sc ie nt ifi ca . -F or m at or e de ll’ ar ea te cn ol og ic a. M at er ia li st ru m en ti A ul a co n PC . A lle ga to 3 : R ub ric a di v al ut az io ne au te nt ic a. M et od ol og ie Pr ob le m so lv in g La vo ro tr am ite P C . M et od o op er at iv o la bo ra to rio . Es pe rie nz a/ es po siz io ne pa rte ci pa ta . Es pe ri en za a lli ev i G li al lie vi pr ep ar an o co n l’a us ili o de l s of tw ar e sp ec ifi co (A U TO C A D ) le sc he de te cn ic he c he do cu m en ta no il c ol le ga m en to de lla m ac ch in a e de gl i s tru m en ti pe r e ffe ttu ar e su cc es siv am en te le m isu re . G li al lie vi ef fe ttu an o le m isu re su lla m ac ch in a el et tri ca pe r v er ifi ca rn e il co rre tto fu nz io na m en to . G li al lie vi pa rte ci pa no al la v al ut az io ne d el l’U D A ric hi ed en do a ll’ oc co rre nz a de lu ci da zi on i/ ap pr of on di m en ti in m er ito . C om pi to fo rm at or i Fa ci lit ar e e sti m ol ar e gl i a lli ev i ne ll’ ef fe ttu ar e le sc he de te cn ic he c he do cu m en ta no le m isu re c he ve rra nn o ef fe ttu at e su lla m ac ch in a el et tri ca . Fa ci lit ar e e sti m ol ar e gl i a lli ev i ne ll’ ef fe ttu ar e le m isu re su lla m ac ch in a el et tri ca . Va lu ta re l’a tti vi tà re al iz za ta du ra nt e l’U dA . Fa si T4 Pr ep ar az io ne e do cu m en ta zi on e pe r i l c ol la ud o e pe r l e m is ur e Te m po : 4 o re T5 M is ur e pe r i l c ol la ud o de lla fu nz io na lit à de l p ro do tto Te m po : 4 o re T6 Va lu ta zi on e de ll’ at tiv ità re al iz za ta Te m po : 1 o ra 233 Le attività di personalizzazione prevedono un Laboratorio di recupero e di approfondimento che viene attivato in itinere durante il periodo formativo in seguito ai momenti di verifica/valutazione. Le attività di recupero vengono infatti gestite secondo due modalità: all’in- terno del gruppo classe; in modo individualizzato. Per quanto concerne la prima, le attività vengono gestite dal docente secondo le consuete modalità adottate nel corso. Nel caso di recuperi mirati su argomenti circoscritti e su studenti individuati, le attività di recupero sono erogate fuori dall’aula con calendario prestabilito e ven- gono gestite da personale “esterno” competente nell’unità formativa di concerto con il docente responsabile. Nei casi di inserimento di allievi a percorso avviato, l’attività di inserimento viene gestita solitamente seguendo due modalità: in modo individualizzato, per quanto concerne i saperi delle unità professionalizzanti di tipo teorico; all’interno del gruppo classe, per quanto concerne le competenze pratiche dell’area professio- nalizzante. All’interno del gruppo classe sono presenti 4 ragazzi integrati con handicap lieve (dei quali uno non riconosciuto) per i quali vengono erogate 200 ore di so- stegno talvolta in modalità individualizzata oppure in piccoli gruppi fuori e dentro l’aula, guidati dal docente di sostegno. Essendo un corso di formazione iniziale i momenti di autoformazione assistita sono stati erogati in modo non sistematico ed a piccoli gruppi, utilizzando alcuni dei sussidi del CREA. 2.5.6. Valutazione Il modello di valutazione adottato prevede le seguenti modalità: – Per rilevare le conoscenze acquisite dagli allievi, vengono effettuate prove di verifica e/o test nel corso dell’anno scritte e/o orali, ad opera di tutti i forma- tori, unitamente alla somministrazione dei questionari (standard minimi) attra- verso il programma regionale “Collegamenti”. – Per rilevare le abilità acquisite dagli allievi, vengono effettuate simulazioni, giochi di ruolo per l’applicazione delle conoscenze di base/trasversali/dell’o- rientamento. Per le attività pratiche legate alle competenze professionalizzanti, il massimo riscontro si ha attraverso le esercitazioni di laboratorio all’interno del quale vengono utilizzate griglie di osservazione. – Per rilevare le competenze acquisite dagli allievi, vengono proposte le attività strutturate disciplinari e interdisciplinari delle Unità di Apprendimento durante le quali vengono utilizzate rubriche di valutazione autentica generali o speci- fiche, il Portfolio per l’analisi e valutazione delle competenze sociali, l’utilizzo delle Schede di Valutazione con lo strumento regionale “Metassembla”. – A inizio corso vengono rilevate le aspettative degli allievi rispetto al corso; a metà e fine corso viene rilevato il grado di soddisfazione degli allievi in re- lazione ai rapporti con i formatori, alle competenze richieste/acquisite, agli 234 ambienti di studio/lavoro, etc. Al termine di ciascuna attività formativa UdA viene richiesta agli allievi una valutazione che si ottiene dall’accostamento autovalutazione allievo -valutazione docente oppure da un momento di socializ- zazione del gruppo-classe. Si propone di seguito un esempio di rubrica per la valutazione delle compe- tenze, a cura del formatore, oltre ad un pagellino finale e la pagella riassuntiva di fine anno dell’intera classe. 235 E se m pi o di r ub ri ca p er la V al ut az io ne d el le c om pe te nz e pe r il fo rm at or e 236 237 238 239 240 E se m pi o di p ag el lin o fi na le : T ab el la r ia ss un ti va d i v al ut az io ne 241 242 Tabella riassuntiva di valutazione di fine anno (classe) 243 Il portfolio in uso presso il CFP è il modello elaborato dal gruppo di sperimen- tazione (ATS) che si ispira al modello proposto dal Prof. Comoglio. Tale strumento integra due principali modelli: libretto formativo (presente al- l’interno del sistema qualità); portfolio delle competenze. Lo strumento in questione è gestito in modalità mista ovvero in parte cartacea, in parte informatizzata, in parte dall’allievo, in parte dal team di corso, in parte dalla segreteria. Il portfolio è di tipo incrementale, ovvero l’allievo contribuisce alla sua realiz- zazione e all’inserimento progressivo dei materiali guidato dall’insegnante che ne propone il periodico aggiornamento. È uno strumento diviso in sezioni: personale/anagrafica; orientativa; professio- nale; valutativa. All’interno delle sezioni sono presenti alcune schede/moduli che vengono compilate e all’occorrenza stampate. Al termine del percorso, durante il colloquio d’esame, il ragazzo presenta alla commissione il proprio portfolio contenente la documentazione dei propri capola- vori e viene così chiamato a discuterne le principali caratteristiche e le competenze messe in gioco durante la realizzazione degli stessi. Si propongono, in forma esemplificativa, due strumenti previsti dal portfolio: la documentazione della prestazione dell’allievo; la scheda comportamento. 244 DDooccuummeennttaazziioonnee ddeellllaa PPrreessttaazziioonnee 245 PORTFOLIO Sezione Seconda - Personale SCHEDA COMPORTAMENTO di (Cognome Nome):______________________________ 246 Gli esiti di apprendimento sono definiti in base al PECUP del secondo ciclo degli studi: – Promuovere l’interesse, la sensibilità e la curiosità verso la professione. – Promuovere la collaborazione e la cooperazione degli allievi tra loro. – Delineare piani d’azione del proprio progetto formativo. – Promuovere la capacità di servirsi con proprietà degli strumenti di consulta- zione e degli strumenti informatici, per ottenere documentazioni, scrivere e archiviare. – Aiutare gli allievi a porre le basi per superare le dimensioni strumentali della Patente Europea per il Computer (ECDL) e dimostrare di considerare la multi- medialità e l’uso degli strumenti informatici un fecondo ambiente di apprendi- mento, in prospettiva teorica e/o professionale. – Promuovere la capacità di leggere e produrre testi di differenti dimensioni e complessità, ben costruiti a livello grammaticale-sintattico, a livello di ric- chezza di “vocabolario” sia a livello comunicativo, e adatti alle varie situazioni interattive. – Porre gli allievi nella condizione di possedere un adeguato numero di stru- menti formali, matematici e logici e saperli applicare a diversi ambiti di pro- blemi generali e specifici. – Promuovere negli allievi la messa in pratica delle norme antinfortunistiche e la normativa CEI, in modo da adottare comportamenti adeguati per la tutela della sicurezza propria, degli altri e dell’ambiente in cui si vive, in condizioni ordi- narie o straordinarie di pericolo. – Offrire agli allievi gli strumenti per analizzare e rappresentare processi e sistemi tecnici ricorrendo a opportuni strumenti o a modelli logico-formali. – Promuovere negli allievi la capacità di scegliere il tipo di apparecchiatura da utilizzare. – Offrire agli allievi gli strumenti per un corretto utilizzo degli utensili e della apparecchiature elettriche. Gli obiettivi elencati sono avvalorati da positivi esiti di apprendimento da parte del gruppo-classe. Vediamo ora la concezione della valutazione: La valutazione è un momento importante per verificare fino a che punto le conoscenze e le abilità sono state acquisite “in profondità”, o sono in qualche modo ancora incerte, ambigue e imprecise. La valutazione esprime il giudizio di un osservatore sull’apprendimento o sulla prestazione di un osservato sia che si tratti di uno studente che di un insegnante. In particolare, la valutazione autentica, è una forma di valutazione nella quale vengono proposti agli studenti compiti analoghi a quelli della vita reale (presta- zioni) o per il tipo di prodotto che forniscono o per le condizioni nelle quali devono 247 essere eseguiti. Poiché prestazioni di tal genere sono simili a quelle della vita reale si ritiene che la loro valutazione sia “predittiva”, cioè “autentica”, cioè ciò che real- mente lo studente sa fare con quanto ha appreso. La valutazione è strettamente connessa alla certificazione che mantiene al pro- prio interno l’ampia valenza pedagogica che trascende la mera prestazione tecnica per assumere caratteristiche di riflessione sulle esperienze, sulle strategie cognitive e operative che caratterizzano in sintesi la padronanza della competenza. Principi base della valutazione/certificazione sono la trasparenza e l’oggetti- vità. Trasparenza sta a significare il “rendere visibili” le acquisizioni e i processi essenziali ai fini di un fattivo, reale e reciproco riconoscimento. L’oggettività è es- senziale in quanto l’assegnazione di titoli e crediti non supportati da reali capacità rende i sistemi meno credibili. Il percorso di acquisizione delle competenze necessarie per l’applicazione di una metodologia didattico-valutativa finalizzata alla valutazione autentica è stato organizzato e gestito a livello centralizzato dalla Delegazione regionale. Tale per- corso ha previsto dapprima il coinvolgimento di alcuni formatori (n. 4) a un corso di formazione formatori specifico per l’apprendimento della “valutazione auten- tica” (a cura del Prof. Comoglio). Al primo corso di aggiornamento hanno fatto seguito edizioni successive che hanno visto un crescente coinvolgimento nel numero di docenti partecipanti. Paral- lelamente i docenti coinvolti nella prima fase formativa hanno perfezionato la pro- pria formazione nei corsi avanzati contribuendo alla realizzazione delle rubriche generali di valutazione autentica. I dati che emergono dalle valutazioni vengono condivisi all’interno del gruppo classe ed utilizzati nei seguenti modi: – pagellino informativo (valutazioni formative e capacità personali) consegnate all’allievo ed alla famiglia durante i colloqui trimestrali – registro del formatore, tabella riassuntiva delle valutazioni – portfolio – recuperi individualizzati – incontri formativi con i genitori – schede di valutazione finale. All’interno del sistema qualità le valutazioni vengono elaborate e valorizzate per: – valutare l’efficacia formativa delle attività di docenza e di erogazione del corso (criteri per la valutazione consuntiva) – attività di recupero personalizzato (revisione del percorso all’interno del li- bretto formativo) – gestione delle non conformità nel caso di una valutazione media bassa – aspettative e soddisfazioni. 248 Abbiamo individuato i seguenti indicatori: – rispetto del processo di apprendimento – predittività – responsabilizzazione dell’allievo nei confronti degli apprendimenti e delle azioni – motivante – trasparente – equa e imparziale. La Regione Piemonte fornisce, tramite il settore Standard Formativi, direttive volte ad un capillare controllo e verifica delle attività corsuali. La valutazione, nella direttiva diritto e dovere, viene effettuata per metà in iti- nere e per metà durante la prova finale d’esame. Dei 100 punti di qualifica infatti, 50 vengono attribuiti durante la prova finale d’esame che verte unicamente alla valutazione delle competenze professionali, 10 punti vengono attribuiti sulla base delle valutazioni di stage mentre i restanti 40 punti vengono attribuiti in itinere attraverso le schede di valutazione delle compe- tenze ed attività previste dal progetto del corso (strumenti raggruppati per unità for- mative). Le schede di valutazione (SDV) sono 2 per ogni annualità: nella SDV01 viene effettuata la valutazione delle competenze di base mentre nella SDV02 sono valu- tate le competenze professionalizzanti e l’orientamento. Esiste infine il raggruppamento delle prove strutturate SMCB. Le prove degli SMCB sono finalizzate alla valutazione delle competenze di base e si distinguono tra prove teoriche e pratiche. Tali prove sono strutturate dal Tavolo Regionale Scuola e Formazione Professionale; le prove teoriche si compon- gono di questionari strutturati con autocorrezione mentre per le prove pratiche la correzione viene effettuata dal docente tramite griglia di osservazione. Presentiamo ora il Sistema Integrato in Rete Collegamenti, adottato dalla Re- gione Piemonte, riportando l’introduzione: INTRODUZIONE Il Sistema Integrato in Rete Collegamenti consente, attraverso l’utilizzo degli strumenti dedicati alla Valutazione, una certificazione puntuale (ovvero punto a punto, Competenza per Compe- tenza, Attività per Attività, ecc.) di ogni elemento che entra a far parte della filiera della valuta- zione. Tale modalità di certificazione è conforme al modello regionale per Competenze e con- sente ad ogni allievo che attraversa il Sistema di essere valutato (e quindi certificato) in funzione delle prove superate e quindi delle Attività/Competenze acquisite. Sempre conformemente al modello regionale, nel realizzare il Sistema Integrato in Rete Collega- menti è stato utilizzato un criterio premiante in senso assoluto: ciò significa che un allievo che attraversa il Sistema acquisendo un determinato credito, potrà conservare tale credito anche se ulteriori prove dimostreranno una acquisizione dello stesso ad un livello inferiore. Tecnicamente la valutazione avviene in due distinti momenti: un primo momento nel quale il Si- stema attribuisce in automatico i crediti in funzione dei punteggi acquisiti da un allievo in fun- 249 zione del superamento delle prove; un secondo momento nel quale un valutatore può variare l’attribuzione di crediti proposta dal Sistema in funzione delle considerazioni effettuate in sede di valutazione collegiale e comprensiva di eventuali penalizzazioni o bonus/malus in itinere e fi- nali. La valutazione e la successiva certificazione avviene utilizzando tre livelli di soglia, identificati rispettivamente con L1, L2 e L3. Al termine di una prova di valutazione, lo strumento Elabora attribuisce i crediti in funzione dei livelli di soglia superati da ogni singolo allievo. Un allievo avrà pertanto certificato su di una determinata Competenza/Attività il livello 1 se avrà superato la soglia L1, avrà certificato il livello 2 se avrà superato la soglia L2, ed infine avrà certificato il livello 3 se avrà superato la soglia L3; qualora l’allievo non superi la soglia minima (L1) per una o più Attività/Competenze, tali elementi NON verranno certificati. Per questo motivo parliamo di uno strumento che utilizza ai fini della certificazione 3+1 livelli. Al termine degli automatismi di valutazione, sarà comunque sempre possibile variare l’attribuzione di crediti effettuata in un primo momento dal Sistema. CHE COSA SONO I CREDITI In generale possiamo pensare ad un soggetto che apprende come un soggetto impegnato ad attra- versare differenti eventi formativi, ognuno di essi caratterizzato da una o più Prove di Valuta- zione. Al termine di ogni Prova di Valutazione (nel modello regionale si parla di PCV – Prove Complessive di Valutazione) il soggetto acquisisce delle attestazioni e/o delle certificazioni: tali acquisizioni costituiscono i crediti. In Regione Piemonte la scelta è stata di esplicitare i crediti utilizzando 2 componenti: i crediti hanno una prima componente in termini di punteggio (nel modello regionale si tratta di un pun- teggio tra 0 e 100, dove il valore di 60 corrisponde alla soglia minima per la sufficienza) ed una seconda componente in termini di Attività/Competenze acquisite. In questo secondo caso, se un soggetto acquisisce tutti gli elementi di un Profilo/Obiettivo, avrà certificato l’intero Profilo/Obiettivo, se un soggetto acquisisce solo alcune parti di questo Profilo/Obiettivo, porterà con sé una attestazione di Attività/Competenze, ovvero un credito che potrà essere “speso” come ingresso in un altro Percorso Formativo e che verrà considerato all’interno di un Portfolio di Competenze che accompagnerà quel soggetto lungo tutta la sua “carriera” formativa e lavora- tiva. Man mano che il soggetto attraversa esperienze formative e/o lavorative, il Portfolio andrà componendosi con tutti i crediti acquisiti nel corso del tempo ed in conseguenza degli eventi va- lutativi significativi. 2.5.7. Certificazione L’attestato di qualifica rilasciato dalla Regione Piemonte nell’ambito delle atti- vità sperimentali della direttiva Diritto e Dovere è un attestato di tipo complesso con indicazione delle competenze e delle capacità raggiunte. Attraverso il software in uso è infatti possibile stampare per ogni allievo quali- ficato il dettaglio delle competenze, delle capacità, delle attività e delle azioni pos- sedute dal ragazzo con il relativo livello di acquisizione delle stesse. All’interno del CFP viene inoltre utilizzato il libretto personale (portfolio) che viene rilasciato al termine del percorso formativo. 2.5.8. Difficoltà incontrate e soluzioni adottate Le difficoltà incontrate sono tre, si presentano di seguito con la specificazione delle soluzioni adottate: 250 1) Complessità del sistema di valutazione basato sulle PCV Soluzioni adottate: maggior coinvolgimento dei formatori nella comprensione delle logiche di attribuzione dei crediti e degli strumenti informatici in uso 2) Difficoltà nell’adozione dell’approccio della valutazione autentica che richiede un cambiamento anche dell’approccio formativo per obiettivi e performance Soluzioni adottate: maggior coinvolgimento dei formatori nelle attività di ag- giornamento, sperimentazione mirata per piccole esperienze, condivisione e distribuzione delle attività 3) Incompatibilità di approcci Viviamo una situazione di coesistenza di approcci, apparentemente ma forse non solo, opposti tra di loro: da un lato la “richiesta” di dare avvio ad una didattica personalizzata e centrata sull’allievo, con tempi e modalità flessibili, ricalibrabile e modificabile in itinere. Dall’altro versante, da parte delle strutture istituzionali viene richiesta l’applicazione di un modello strettamente aderente ai contenuti og- getto del progetto del corso, alle modalità ed ai tempi prestabiliti e personalizza- zioni e modifiche dello stesso sono soltanto sulla carta prassi realmente attuabili. 2.5.9. Punti forti e punti deboli del processo di valutazione 2.5.10. Quale modello di valutazione emerge dal caso di Torino Valdocco Il caso di Torino Valdocco indica un modello di valutazione molto articolato, che riflette una duplice realtà. – Un ente di formazione molto impegnato nell’attività sperimentale, guida del coordinamento regionale, entro cui ha potuto elaborare ed attuare una metodo- logia formativa impegnativa, a forte carattere innovativo, con un costrutto in- terno piuttosto elaborato composto da un sistema di progettazione per unità di apprendimento, centrato sul principio della personalizzazione, con un impianto valutativo e certificativo ispirato alla concezione della “valutazione autentica”, ma che nel contempo conserva una parte importante di approccio tradizionale con la pagella ed il voto di condotta. – Una Regione che da sempre ha puntato le sue carte sul tema degli standard e dei certificati, e che nella nuova impostazione ha prodotto un modello estrema- mente articolato e per molti versi vincolato, così da condizionare in modo 251 anche eccessivo l’autonomia dell’ente di formazione circa gli aspetti didattici ed organizzativi dell’attività. In particolare, la giusta preoccupazione circa la garanzia degli esiti formativi a favore degli allievi e del contesto in genere viene spinta fino al punto di determinare – sia pure entro un sistema per certi versi flessibile, ma a tale scopo reso ancor più impegnativo – anche il processo didattico ed in particolare valutativo, attraverso una serie di linee guida e procedure da ottemperare sui siti appositi regionali. Tutto questo genera due conseguenze: il processo di progettazione, di valuta- zione e di certificazione risulta notevolmente appesantito richiedendo un apporto di risorse tanto cospicuo che non trova pari di gran lunga in nessun altra realtà nazionale; nel momento in cui l’ente di formazione intende delineare un proprio approccio metodologico, esso si carica di un duplice lavoro, volto ad elaborare la propria proposta e successivamente a tradurla nella logica regionale, creando inevitabilmente un ibrido metodologico che risente della contaminazione tra le due impostazioni. In sostanza, il caso di Torino Valdocco indica un compromesso piuttosto insta- bile, e certamente impegnativo, tra l’impostazione della Regione Piemonte impron- tata ad un criterio di certificazione delle singole componenti della competenza professionale, in una logica quindi tendenzialmente granulare, e l’impostazione del CNOS-FAP che propone invece una logica educativa ed unitaria, con una con- cezione olistica della formazione ed una rappresentazione più ampia del concetto di competenza. Si può dire che il caso in esame indica come, per affrontare tale situazione, il Centro di Torino Valdocco – nell’ambito della strategia unitaria regionale del- l’ente – abbia acquisito una notevole capacità di elaborazione, riflessione e model- lizzazione dell’intervento formativo in tutte le sue componenti, allo scopo di con- servare ciò che è essenziale per l’Ente stesso: – l’approccio educativo – la personalizzazione – la didattica per compiti reali – la corresponsabilità delle famiglie – il coinvolgimento dei partner sociali ed economici – la gestione organizzativa flessibile. Il prezzo da pagare inoltre è il tempo, oltre alla complessità ed anche eccessiva sofisticatezza del lavoro di progettazione e di valutazione. La pagella viene elaborata ogni trimestre con il corredo di unità formative ed un apparato di valutazione con indicazione dei crediti acquisiti. Si tratta di un metodo piuttosto complesso ed eccessivamente articolato, tipico della dinamica granulare basata su unità formative tendenti alla logica della capitalizzazione singola. Infatti i ragazzi e le famiglie comprendono più i voti che i crediti correlati. 252 Inoltre, si nota un carattere un po’ eccessivo della proposta di valutazione autentica sostenuta dall’Ente. Il modello di valutazione che emerge dal caso di Torino Valdocco risulta come un approccio composito, che comprende almeno tre dimensioni: – le competenze rilevate tramite attività strutturate disciplinari e interdisciplinari delle Unità di Apprendimento durante le quali vengono utilizzate rubriche di valutazione autentica generali o specifiche, il portfolio per l’analisi e valuta- zione delle competenze sociali, l’utilizzo delle schede di valutazione impostate secondo il modello regionale. – le conoscenze rilevate tramite prove di verifica e/o test nel corso dell’anno scritte e/o orali, ad opera di tutti i formatori, unitamente alla somministrazione dei questionari regionali connessi agli standard minimi, e le abilità rilevate tra- mite simulazioni, giochi di ruolo per l’applicazione delle conoscenze di base/trasversali/dell’orientamento. Per le attività pratiche legate alle compe- tenze professionalizzanti, il massimo riscontro si ha attraverso le esercitazioni di laboratorio all’interno del quale vengono utilizzate griglie di osservazione. – i comportamenti e la condotta vengono gestiti tramite una metodologia pre- vista per la valutazione autentica, ovvero le competenze sociali (puntualità e preparazione, rispetto dei compagni, rispetto degli insegnanti, rispetto del con- testo e dell’ambiente, impegno nel processo di apprendimento) ed i relativi item definiti con una metodologia inserita nel portfolio dell’allievo. Circa quest’ultimo aspetto, si tratta di una metodologia utile perché indica criteri condivisi tra tutti i formatori (anche se talvolta occorre rivedere le voci perché non pare verosimile il risultato, anche al fine di evidenziare le differenze tra i ragazzi). È pure prevista una autovalutazione da parte degli allievi. Lo strumento mostra una buona chiarezza, che la famiglia mostra di compren- dere più del voto singolo di condotta che può anche essere poco comprensibile. Due osservazioni circa la presenza di test strutturati con l’utilizzo del computer lungo il percorso formativo: questa soluzione stimola le abilità dei ragazzi specie quelli con difficoltà di apprendimento perché abbatte le barriere. Inoltre, una prova strutturata per tutti gli allievi consente un panorama compa- rativo della classe, delle classi parallele, delle diverse classi nel tempo. 253 3. FATTORI EMERGENTI DALLA RICERCA 3.1. Il quadro metodologico Dall’analisi degli esiti degli studi di caso, emerge innanzitutto un notevole im- pegno metodologico, che risente naturalmente delle differenze regionali, impegno che ha portato ad una apprezzabile attività di innovazione secondo quattro linee: 1) personalizzazione con particolare riferimento ai LARSA; 2) didattica per unità di apprendimento interdisciplinare; 3) gestione formativa sulla base di competenze; 4) cura dei passaggi sia in ingresso sia in uscita. Dall’analisi generale emergono due ispirazioni di fondo: quella propria Sale- siana di matrice educativo-professionale; quella proposta dalla Guida nazionale che riflette un metodo composito che enfatizza le unità di apprendimento interdiscipli- nari e performative centrata su compiti reali e su una metodologia induttiva. Se il caso di Palermo riflette soprattutto la prima impostazione, con un im- pegno limitato in ambito di didattica interdisciplinare e performativa (unità di ap- prendimento), tutti gli altri quattro casi indicano uno stadio piuttosto evoluto nella progettazione e gestione didattica, con elementi anche di pregio circa l’imposta- zione e la varietà delle unità di apprendimento via via elaborate, tanto da costituire un patrimonio ormai rilevante dell’Ente. Pur mantenendo questo duplice approccio di fondo, variamente adattato ai vari contesti, non mancano riferimenti ulteriori modelli, spesso sollecitati dalle scelte delle amministrazioni regionali ed anche provinciali: – la struttura per unità formative tendenzialmente capitalizzabili propria del caso di Sesto San Giovanni (Provincia di Milano) e di Torino Valdocco (Regione Piemonte), la prima con un approccio più morbido e tendenzialmente forma- tivo, la seconda con un impianto di notevole complessità (e fatica compilativa) avendo l’aspirazione di costruire una sorta di modello progettuale, valutativo e certificativo sulla base di un approccio a carattere fortemente certificativo e quindi con difficoltà di mediazione educativa e formativa; – la struttura degli esami finali adottata dalla Regione Veneto che riprende su un piano più evoluto l’enfasi prevalentemente professionale di natura prestativa della formazione, creando di conseguenza una certa tensione circa l’ispirazione educativa dell’Ente e la valorizzazione di aspetti ulteriori. Va detto, in primo luogo, che appare perlomeno eccentrico il fatto che, mentre il sistema a livello nazionale si regge su un disegno di standard formativi da appli- care nella fase terminale dei percorsi, a livello locale si adottino – e di conseguenza si impongano in modo più o meno autoritario – modelli ulteriori che limitano fino a ridurla radicalmente l’autonomia didattica ed organizzativa, a svantaggio dell’atti- vità didattica ed in definitiva degli utenti. Quando in particolare l’enfasi certificativa si spinge al punto da voler control- lare il processo formativo, si crea un cortocircuito tale da colpire gli stessi fonda- 254 menti che reggono il disegno istituzionale del sistema educativo; l’idea che ne emerge è quella di natura granulare, che tendenzialmente considera la formazione come un processo assimilabile a quello produttivo nel quale, date certe azioni che mobilitano specifici input, si “creano” in tempi determinati gli output ovvero le competenze. Ciò in realtà non accade, perché il modo di procedere delle persone nel loro cammino di crescita è differente e non predeterminabile, così che il pro- getto non può essere basato su un costrutto iper-razionalistico ovvero un disegno bell’è fatto che chiede solo di essere attuato, ma è assimilabile ad una linea di con- dotta indicativa, per criteri-guida e sulla base di un canovaccio che consenta più modalità di recita e quindi una maggiore flessibilità nella scelta dei mezzi più op- portuni in base agli utenti ed al contesto reale. In generale, lo studio di questi cinque casi ha potuto dimostrare che la proposta formativa Salesiana non si riduce mai alla realizzazione di ciò che viene richiesto al fine di ottemperare alle richieste dei dispositivi di finanziamento, ovvero le atti- vità connesse agli standard formativi e professionali; l’impegno del personale – che si riflette anche nell’offerta formativa dei Centri e delle strutture che li ospitano – va ben oltre questo quadro. 3.2. Il quadro valutativo Riprendiamo lo schema proposto in fase di introduzione, per rilevare quanto è emerso dalla ricerca in ordine alle questioni rilevanti per il processo valutativo: Specificazione Prevalgono nei casi di studio i modelli misti che sommano un approccio per competenze – spesso peraltro a prevalenza performativa ed a carattere tecnico-professionale, ad un approccio per conoscenze ed abilità proprio delle materie teoriche. Raramente le dimensioni educative in senso proprio, ovvero i fattori di comportamento e di maturazione della persona sono oggetto esplicito della progettazione, quasi come costituissero un sottofondo necessario, risultante dalla proposta educativa, ma da non tradurre in chiave di mete ed obiettivi attesi. Questo aspetto – ovvero il carattere implicito degli obiettivi formativi – ha come vedremo delle conseguenze sull’azione valutativa, poiché risulta un fattore spurio, laterale ai processi formativi. Nella gran parte dei casi le metodologie formative (per contenuti, per abilità, per competenze) sono ampiamente adottate nella loro diversità, anche se risulta difficile trovare una linea di coerenza tra di loro entro un disegno d’insieme unitario e organico. Vi è stata una sorta di ampliamento degli approcci, anche se non vi è ancora chia- rezza circa il modello che ne è scaturito e che non può essere reso solo come somma di attenzioni differenti. Molto significativa è comunque la tematica della personalizzazione e dei LARSA che trovano un’adozione piuttosto ampia. La valutazione risulta normalmente come una somma di attenzioni differenti: - alle conoscenze/abilità di area teorica - alle abilità pratiche - alle competenze in quanto prestazioni decisive per l’ottenimento della certificazione professionale. In particolare, l’area della valutazione delle competenze – che viene svolta nella gran parte dei casi tramite compiti/prestazioni reali che nella fase finale acquisiscono la forma del capolavoro – può risultare ulteriore rispetto alle precedenti, con un effetto di complicazione e non di chiarificazione della sua natura. Molto diffusa è la rilevazione dei gradimenti al fine di delineare feed-back dell’attività didattica. È invece diversificato l’utilizzo del portfolio delle competenze personali o diario di bordo o personal book, segno che si tratta di una pratica ancora in corso, che necessariamente deve trovare una applicazione ad hoc ai vari contesti. Questioni Esiti attesi e loro valore Metodologie formative Valutazione 255 3.3. Le questioni emergenti circa metodologia e valutazione Come si vede dal quadro presentato, emergono questioni relative soprattutto alla tensione tra la dinamica fortemente sostenuta dalle Regioni/Province e dalla sede nazionale volta all’ampliamento degli approcci, e la necessità di disporre sul piano gestionale di un sistema organico, coerente ed anche facile da gestire e co- municabile ai soggetti interessati. Le questioni rilevanti emergenti dalla ricerca sono le seguenti: – Come vengono definiti gli obiettivi generali di natura educativa, culturale e professionale, del processo formativo? Sono resi riproponendo gli standard, oppure con una elaborazione specifica? – Quale relazione si pone tra la finalità educativa delle azioni e le metodologie più “dure” come quelle centrate sulle unità formative e sulla loro capitalizzazione? – Quale legame su pone tra le aree teoriche e quelle pratiche? Sono legami pura- mente linguistici, logici, cronologici, oppure vi sono momenti di incontro di- dattico reale? – In questo quadro, come si colloca sul piano valutativo l’attività didattica per unità di apprendimento? Si tratta di attività che compongono un momento for- mativo a sé stante, oppure si collocano nei punti di incrocio tra i vari elementi risultando rilevanti sia per la valutazione delle conoscenze sia per le abilità? Specificazione Nella concezione della valutazione si nota il forte influsso delle amministrazioni locali, Regioni ma anche Province, che in tal modo influiscono anche sull’approccio didattico ed organizzativo, riducendo così l’ambito dell’autonomia. Necessità o problematiche o opportunità che hanno stimolato ad elaborare questa concezione e come siete giunti all’attuale livello di competenza in tema di valutazione Circa la valorizzazione degli esiti della valutazione, un’importanza particolare riveste il sistema di gestione della qualità. La certificazione si riferisce quasi esclusivamente al documento amministrativo (attestato di frequenza), mentre solo in un caso esiste un impegno dell’Ente a rilasciare un certificato di competenze personali. Non è presente la pratica del libretto formativo della persona così come indicato dalla normativa attuale. Il quadro dei problemi emergenti è piuttosto vario: - Quello prevalente si riferisce alla eccessiva varietà di approcci e di criteri di valutazione, specie il rapporto tra didattica tradizionale e didattica per compiti di natura più “autentica”. Qualcuno riconosce che questi approcci possono essere tra di loro incompatibili. - In generale, l’adozione dell’approccio della valutazione autentica richiede un cambiamento anche della meto- dologia formativa. Ciò può comportare la difficoltà dei formatori ad utilizzare gli strumenti comuni e ad assu- mere gli impegni, oltre che a realizzare le UDA integrate tra le materie dell’area dei linguaggi, scientifica e tecnico professionale. - In particolare, ciò riguarda i formatori più anziani, ma vi è anche la difficoltà delle famiglie a comprendere i nuovi sistemi di valutazione. - Fa problema anche la continua provvisorietà del cambiamento che mostra una dinamica alla lunga estenuante. - Vi è poi la persistenza di uno stereotipo numerico, nonostante gli approcci performativi. - Si nota l’eccessiva ridondanza delle informazioni e la scarsa flessibilità di alcuni sistemi valutativi. - È segnalata l’estrema complessità del sistema di valutazione adottato dalla Regione (Piemonte). Le soluzioni si riferiscono nella gran parte ad un’intensificazione delle azioni di innovazione e della formazione del personale, mentre vi è anche una linea pragmatica volta a rendere più facile la gestione dei metodi formativi e valutativi proposti. Questioni Valutazione Certificazione Problemi, soluzioni 256 – Come si pone l’attenzione alla valutazione dei comportamenti e quindi della condotta? si tratta di fattori per così dire spuri del processo formativo oppure risultano da una impostazione unitaria che prevede anche un legame con il comportamento e l’impegno propri di ogni attività di studio dell’allievo così da completarne la valutazione? – Nel processo di valutazione finale, in che modo vengono tenute in conto le considerazioni riferite agli aspetti educativi ed alle acquisizioni che non si mo- strano direttamente sotto forma di apprendimenti (maturazione, crescita della coscienza di sé, del rapporto con gli altri, del modo di porsi nei confronti della propria vita e del futuro)? Quest’ultimo punto pone una questione di forte rilevanza: si tratta della so- vrapposizione di intenti valutativi e necessità certificative. Mentre nella “vecchia” metodologia della FP l’atto certificativo era risolto in un’unica attività tesa a defi- nire in forma sintetica l’idoneità professionale della persona da cui ne derivava l’attribuzione della qualifica, con l’adozione dell’obbligo formativo e le successive modifiche normative il percorso di istruzione e formazione professionale ha una valenza ad un tempo educativa, culturale e professionale. Ciò comporta quindi una varietà di approcci valutativi e certificativi, che le amministrazioni regionali e pro- vinciali tendono a tradurre non raramente attraverso l’enfatizzazione della verifica di standard definiti e rilevanti nel momento finale del percorso formativo. Correlativamente, si può affermare che nella tradizione della FP persiste un’impostazione fortemente implicita per ciò che riguarda gli aspetti non stretta- mente legati ai fattori di abilitazione, ovvero alle acquisizioni culturali, agli atteg- giamenti e comportamenti, alle maturazioni personali ed al progetto di vita. Tale carattere implicito è successivamente venuto meno per ciò che concerne l’area culturale, oggetto di notevoli interventi di standardizzazione e di traduzione in obiettivi generali e specifici; rimane ancora in ombra l’aspetto educativo, anche se nei casi indagati esso riceve una forte attenzione di fatto, e nel momento della elaborazione del “pagellino”. Tutti questi interrogativi sono tali da motivare il lavoro successivo, volto a de- lineare una proposta unitaria ed organica relativa al modello di valutazione del- l’Ente. 4. PROPOSTA DI UN MODELLO DI VALUTAZIONE Come si è potuto vedere dalla presente ricerca, non vi è una modalità di ge- stione unitaria e organica della valutazione della formazione se questa non si pone in modo coerente entro una metodologia formativa a sua volta unitaria. Quello valutativo non è un momento a sé stante, da gestire sul piano tecnico, ma un aspetto dello stesso processo di apprendimento che ne riprende l’imposta- zione, le mete ed in qualche modo la fisiologia. 257 È quindi necessario che i diversi fattori dell’azione formativa – progettazione, gestione dei processi di apprendimento e valutazione/certificazione – siano collocati entro un approccio coerente, per evitare giustapposizioni tra metodologie e tecniche. Se si sceglie una pedagogia olistica (non meccanicistica), basata sul compito di realtà, per condurre la persona a trasformare le proprie capacità in vere e proprie competenze, occorre trovare ed utilizzare metodi valutativi coerenti con tale ap- proccio. 4.1. La metodologia formativa La proposta che si avanza è definibile con l’espressione “formazione efficace”. Essa esprime una pedagogia del successo, che a sua volta significa mirare alla mas- sima valorizzazione del potenziale (talenti) delle persone in modo che diventi com- petenza, così che tutti acquisiscano il “sapere della cittadinanza” nel quadro di rife- rimento del progetto personale di ciascuno. Non si tratta di “promuovere tutti”, ma di favorire il successo di ciascuno che può prevedere anche percorsi non lineari, lungo tutto il corso della vita, valorizzando i diversi apprendimento comunque acquisiti (in modo formale, non formale, informale). Occorre considerare i diversi fattori in gioco, educativi, culturali e professio- nali, entro una corretta educazione morale. L’educazione morale rappresenta l’orientamento verso il bene dell’intero sforzo educativo. Occorre passare da una morale prescrittiva e precettiva ad una morale re- lazionale e comunitaria, entro regole chiare, che consente un dialogo continuo volto alla ricerca ed elaborazione di un senso compiuto circa i contenuti e le esperienze educative. Dalle ricerche emerge l’importanza del rispetto delle regole ed in definitiva dell’atteggiamento morale ai fini della valorizzazione positiva delle opportunità offerte e quindi del successo formativo degli studenti. Questi sono gli esiti di una corretta educazione morale: – Fiducia nella propria realtà personale – Capacità di cogliere, nell’ambito in cui si opera, significati buoni per sé e per la collettività – Disposizione a mettersi in gioco ovvero a porre in atto una responsabilità consapevole – Dimensione dell’impegno che significa modestia (moderazione nel considerare se stessi), lealtà (fedeltà e senso dell’onore), forza d’animo e coraggio a fronte di ostacoli e distrazioni – Tutto ciò si esprime nell’assunzione di una disciplina che comporta anche la pazienza resa convincente dal sentimento di fraternità. In questo senso, sono cinque i requisiti di una formazione efficace: 1) successo formativo; 2) relazione educativa; 3) personalizzazione; 4) metodologia attiva; 5) cultura educativa. 258 1) Successo formativo: è il successo del progetto di vita della persona in appren- dimento; esso comprende tutte le sue componenti (cognitive, emotive, opera- tive, morali, spirituali, estetiche...), ma in una prospettiva unitaria o integrale. Il successo prevede una presa in carico, la lettura/consapevolezza dei talenti, la conoscenza della realtà, l’individuazione di una meta desiderabile e di un itine- rario come guida da seguire. 2) Relazione educativa: sono differenti i modi – casuali o intenzionali, destruttu- rati o strutturati – in cui si realizza la relazione educativa. Questa presenta sempre alcuni caratteri peculiari: mette in moto un incontro significativo che coinvolge i due soggetti, educatore ed educando; pone la possibilità di un legame che sollecita la persona a rendersi pienamente presente in ciò che si sta facendo; pone la possibilità di un’esperienza umana piena – e spesso sor- prendente – che svela la persona a se stessa, la pone di fronte alla realtà come occasione di bene, la stimola ad un impegno. 3) Personalizzazione: non esiste un modo unico per entrare il relazione, stare nel gruppo, risolvere problemi, apprendere. Ognuno mette in gioco stili personali distintivi che esprimono la sua identità. Occorre pertanto riferire il percorso educativo alla specifica realtà del destinatario. Personalizzare significa deli- neare differenti percorsi di crescita, in base alle caratteristiche personali degli allievi: tratti della personalità; stili di apprendimento; metodi di assunzione dei compiti; metodi di soluzione dei compiti. Ciò significa differenziare le occasioni di apprendimento: la personalizzazione non avviene esclusivamente in un gruppo unico, dove tutti fanno tutto, ma pre- vede flessibilità nell’aggregazione di gruppi di destinatari: gruppi plenari (per al- cuni scopi); gruppi di livello (per altri scopi); gruppi d’interesse; laboratori, ecc. Il gruppo unico plenario rappresenta più un’esperienza di socializzazione che di apprendimento o di lavoro, mentre solo quando si costituiscono gruppi di “scopo” i destinatari sono meglio sollecitati in senso educativo. 4) Metodologia attiva: essa riflette la forma educativa del lavoro (laboratorio) che si evidenzia ogni volta che poniamo in atto uno sforzo razionale e strutturato volto a portare a termine compiti sensati, utili, condivisi. Non hanno lo stesso potenziale le forme dello studente (ambiguità) e del com- pagno (superficialità). Il lavoro mette in gioco la persona, la colloca entro un gruppo attivo e coopera- tivo, prevede impegno personale, dedizione, ingegno, resistenza, ma anche sod- disfazione, competenza, consapevolezza di sé, desiderio di crescita continua. 5) Cultura educativa: rappresenta il carattere, percepibile in ogni momento ed in ogni forma come “sentimento” o “tensione comune” (ethos), di un’organiz- zazione che pone al centro della sua azione il bene dei destinatari, ovvero la loro crescita come persone, cittadini e lavoratori tramite la valorizzazione dei talenti di cui sono portatori, nello stile che essi stessi scoprono come consono alla propria personalità. 259 L’educatore diretto e quello implicito (organizzazione) sono responsabili di ogni persona che viene loro affidata e rispondono della sua capacità di cogliere e fruttificare i propri talenti. Per questo non devono limitarsi alle attività medie, ma in ogni attività occorre puntare in alto. Inoltre, vanno ricercati modi ulteriori per valorizzare i talenti dei ragazzi sa- pendo suggerire loro proposte, coinvolgendo la famiglia e gli altri educatori, sostenendo l’iniziativa personale, accompagnando in modo attento la persona nel suo impegno e rendendosi attenti al percorso di crescita. In questo senso, l’educazione e la cura della persona non mira solo a vivere momenti belli, ma anche a scoprire la verità e quindi a conoscere. Il processo di apprendimento è personale e giunge ad una vera competenza se la persona viene “sfidata” da compiti-problema da portare a termine, risolvendo i quali essa pone in gioco le proprie risorse. Di fronte a dei compiti reali, ad una situazione indeterminata, noi rispondiamo formulando dei corsi di azione ipotetici, prevedendo le conseguenze di cia- scuno di essi, agendo in base all’ipotesi più plausibile e testandone la validità sui risultati della nostra azione. La competenza risulta centrale, ma essa va bene chiarita per evitare una sua riduzione ai soli aspetti prestativi di natura tecnico lavorativa. L’esito di un corretto processo formativo è dato dalla maturazione nello stu- dente di vere e proprie competenze che identificano non tanto una dotazione data una volta per tutte e predefinita, quanto una disposizione particolare del soggetto ad essere protagonista della vita sociale come partecipazione responsabile e dotata di senso ad un’esperienza di crescita personale e collettiva nell’ambito delle realtà di riferimento. La competenza non è una somma di cose, ma una qualità della persona posta in cooperazione con gli altri. Inoltre, non tutte le acquisizioni ed i cambiamenti-maturazioni della persona sono competenze, ma rappresentano un bagaglio più ampio, fatto di esperienze, incontri, maturazioni, la cui rilevanza non deve essere sottaciuta e che debbono trovare un’attenzione adeguata in ogni momento del percorso. Perché si possa sviluppare una simile crescita della persona entro una forma- zione efficace occorrono delle condizioni essenziali: senso di comunità e condivi- sione di un progetto unitario da parte di tutti i docenti; ascolto e lettura delle pecu- liari caratteristiche di ciascun discente; ricerca di alcune occasioni formative chiave “forti” ed in grado di coinvolgere tutti i docenti; strategia didattica mista: destruttu- rata e strutturata; buon senso (non imporre cose che non si sanno fare; non limitarsi all’elenco dei problemi; “quel che piace a me piace anche ai ragazzi”); il “Cireneo”, ovvero il coordinatore tutor contro la “solitudine” ed il “lamentismo” dell’inse- gnante. 260 Queste sono pertanto le opzioni per una formazione efficace: – Aggregare le discipline in aree formative – Sviluppare un’azione collegiale dei docenti tramite una progettazione unitaria del percorso (prima che disciplinare) – Formare competenze che garantiscano la leggibilità delle conoscenze e delle abilità disciplinari mobilitate – Stimolare l’“imparare facendo” attraverso una dislocazione “strategica” delle unità di apprendimento interdisciplinari – Valorizzare ciò che rende piacevole e interessante la disciplina e l’area forma- tiva – Ampliare la professionalità del docente – Coinvolgere i soggetti della società civile nel compito educativo (alternanza formativa) – Ampliare e concretizzare la valutazione (autovalutazione). Lavorare per competenze significa privilegiare l’azione, significativa ed utile, in quanto situazione di apprendimento reale ed attiva che consente di porre il sog- getto che apprende in relazione “vitale” con l’oggetto culturale da apprendere. Ciò significa che si “mette in moto” l’apprendimento ed il suo campo d’a- zione: il discente è posto nella condizione di fare un’esperienza culturale che ne mobilita le capacità e ne sollecita le potenzialità buone; il sapere si mostra come un oggetto sensibile, ad un tempo simbolico, affettivo, pratico ed esplicativo. Il docente diventa “mediatore” di un sapere che “prende vita” nel rapporto con la realtà, come risorsa per risolvere problemi e per vivere bene. Un sapere vitale presenta le seguenti valenze: – Epistemologica: consente di giungere ad una conoscenza valida tramite la coscienza delle regole che presiedono alle sue operazioni – Antropologica: suscita le potenzialità umane buone, stimola il desiderio di ap- prendere che è insito nella natura umana (“fatti non foste...”) entro un preciso contesto morale (orientamento al bene) – Pratica: stimola la concretezza, la responsabilità e l’impegno nell’ambito di vita in cui si è posti in vista di un futuro auspicato (e sempre riprogettato). Di conseguenza, formare per competenze significa riconoscere il carattere dell’azione in quanto fonte preziosa di conoscenza. Un’azione scelta e collocata in modo strategico nel percorso formativo, secondo i tre criteri: significatività, criticità, concretezza. Formare per competenze significa disegnare una relazione costruttiva fra sog- getto ed oggetto. In questo modo, l’apprendimento non viene causato, ma favorito mediante la scelta e la predisposizione di condizioni favorevoli (situazioni di apprendimento – UdA) che sfidano il discente e lo sollecitano ad una relazione personale con l’oggetto del sapere. 261 Questa metodologia cerca una corrispondenza tra il modo in cui la persona ap- prende ed il modo in cui si forma un sapere riconosciuto, e fa di questa corrispon- denza il centro della didattica. Si conosce quindi nel modo della costruzione, cercando di ricavare delle “regole” da un’azione che in un primo tempo può apparire al soggetto solo dal punto di vista materiale e soggettivo, ma che poco a poco consente allo stesso di svincolarsi creativamente rispetto all’esperienza, acquisendo consapevolezza delle strutture e dei mediatori che compongono il sapere. Non si conosce, invece, nel modo dualistico dell’applicazione (dopo) di un sapere appreso (prima), perché in questo modo la realtà perde il suo fascino ed il sapere si riduce a mera nozione che porta solo ad una sua ripetizione inerte (vale solo per il voto). 4.2. La valutazione Tutto quanto detto per la metodologia formativa è preliminare all’approccio valutativo e consente di dare risposte utili alle questioni poste sulla base degli esiti della presente ricerca. L’elemento fondamentale della valutazione è costituito dalla relazione che in- tercorre tra il cuore del processo di apprendimento e quindi di valutazione, ovvero la competenza, le capacità della persona ovvero le sue potenzialità, ed infine le risorse mobilitate dalla persona (conoscenze ed abilità). È necessario che tutto ciò divenga leggibile entro un’esperienza formativa concreta che è rappresentata dalla situazione di “soluzione del problema” di cui l’allievo è protagonista. Tale approccio ci consente inoltre, in forza di tale strutturazione, di considerare egualmente fenomeni formativi diversi, formali, informali e non formali, in modo da ricostruire le acquisizioni significative della persona indistintamente dal modo e dal luogo in cui sono avvenute. Ciò vale in ogni momento del processo formativo, con particolare riferimento alla fase di ingresso. Le acquisizioni da accertare sono di tre ordini: – Le competenze, che esplicitano le padronanze delle persone – in termini di messa in atto delle risorse possedute – nel portare a termine in modo adeguato ed in contesti definiti compiti unitari, sensati, compiuti e dotati di valore sociale; – Le conoscenze e le abilità che costituiscono le risorse culturali attivate dalle stesse persone nell’affrontare e portare a soluzione i compiti sopra indicati ed acquisite in varie modalità (per durante le azioni formative; – Le capacità personali quali atteggiamenti, comportamenti, creatività, esecuti- vità, passività, sicurezza, determinazione ecc., che costituiscono le caratteri- stiche che concorrono nel portare a termine il compito-problema posto. È importante che i tre elementi non siano gestiti come fattori a sé stanti, senza relazioni significative e necessarie tra di loro. Per fare ciò, è necessario delineare 262 una mappa della valutazione che indichi i fattori in gioco, i momenti della valuta- zione, le modalità adottate ed infine il lavoro di notazione che consiste nell’espres- sione di una frase, di un voto, di un punteggio su una scala. L’équipe dei formatori esprime la valutazione circa: 1) la competenza, ovvero la padronanza dimostrata dall’allievo nel risolvere un insieme di problemi posti e di utilizzare ed incrementare le proprie risorse in ordine all’assolvimento dei compiti indicati. Sono individuate tramite la rubrica: esiste se sono soddisfatti tutti gli indicatori previsti, almeno a livello di soglia. 2) le singole abilità e conoscenze il cui apprendimento è richiesto per la corretta soluzione del compito in riferimento alle diverse aree formative. Queste ultime sono individuate mediante: compiti reali (nei quali sono “mobilitate”), test (in- dividuate tra alternative), esercizi (applicate), compiti ed interrogazioni (argo- mentate in modo pertinente). 3) i comportamenti e la condotta della persona, specie quelli riferiti all’insieme della vita dell’organismo formativo e che vengono specificati normalmente nei seguenti indicatori: cura personale, rispetto degli altri (compagni e personale), rispetto delle regole, rispetto dell’ambiente, spirito di condivisione, ovvero ciò che è definito nel progetto educativo. I tre fattori sono da considerare non come tre ambiti giustapposti, ma come componenti di un processo formativo olistico, quindi rintracciabili in ogni attività che l’allievo è chiamato a svolgere, sia in modo forale sia informale. Ciò che necessita a questo punto è una mappa della valutazione, che indichi gli oggetti, gli strumenti, i momenti e gli esiti. Si propone una rappresentazione prov- visoria di tale mappa, comprendente i fattori indicati. Nozioni ed abilità Evidenziate nell’ambito della specifica area formativa/disciplinare - Test; - Questionari; - Interrogazioni; - Elaborati; - Performance (es.: simulazione, gioco di ruolo...). - Formativa: lungo il percorso; - Sommativa: ad una scadenza rilevante. Comportamenti (condotta) Riferiti all’insieme dell’attività formativa - Osservazione; - Colloquio. - Lungo il percorso; - Nei momenti previsti per il colloquio; - Nei colloqui informali o richiesti dalle parti. Compiti reali Nozioni ed abilità, capacità e comportamenti riferiti all’ambito diresponsabilità definito dal compito - Schede di valutazione del compito/problema e del risultato/prodotto; - Analisi della relazione/della presentazione correlata al compito; - Osservazione. - Ogni volta che si imposta un compito reale. Oggetti di valutazione Strumenti di rilevazione Momenti di valutazione 263 Si pone inoltre la necessità di uno strumento che consenta di rappresentare le relazioni che intercorrono tra compiti, conoscenze ed abilità oltre che comporta- menti e che consenta di delineare un accordo tra docenti e di condurre ad una certi- ficazione valida delle competenze. Si propone a questo proposito la Rubrica ovvero”matrice” della competenza. Essa consiste in uno strumento in grado di coniugare l’univocità dei riferimenti e la varietà dei percorsi possibili. Inoltre, presenta un insieme ordinato di indica- zioni metodologiche ed operative a carico dell’équipe di educatori-formatori fina- lizzato alla descrizione delle acquisizioni di un soggetto – indicandone il livello di padronanza – sia attraverso la frequenza ad un percorso formale sia tramite espe- rienze formative non formali ed informali. La rubrica per le competenze rappresenta una matrice che ci consente di iden- tificare, per una specifica competenza oggetto di azione formativa, il legame che si instaura tra le sue componenti: – Indicatori, ovvero le evidenze (compiti, comportamenti osservabili) che costi- tuiscono il riferimento concreto della competenza – Livelli, ovvero i gradi di padronanza (basilare, adeguato, eccellente) che il sog- getto è in grado di mostrare nel presidiare quei compiti – Conoscenze ed abilità più rilevanti mobilitate dal soggetto nel corso dell’azio- ne di apprendimento, ovvero quelle che costituiscono il centro di quel campo di sapere competente. La rubrica delle competenze, connessa al profilo ed al repertorio, sulla base di una scelta degli obiettivi formativi rilevanti e significativi per il gruppo classe, per i sottogruppi e per le persone che li compongono, consente all’équipe formativa i seguenti tre utilizzi: – Individuazione delle situazioni di apprendimento consone e rilevanti, oltre che essenziali, su cui impegnare i componenti dell’équipe ad un lavoro prevalente- mente interdisciplinare; Nozioni ed abilità Conoscenze e abilità Voto per ogni area formativa/materia, espresso secondo una scala con gradi positivi e negativi, con indicazione del merito (padronanza) e dell’impegno. Ogni docente di area formativa partecipa alla valutazione delle competenze se coinvolto. Considerare l’autovalutazione. Comportamenti (condotta) Comportamenti Voto di condotta espresso in decimi. Giudizio sintetico personale. Ogni docente esprime una valutazione anche dei comportamenti. Considerare l’autovalutazione. Compiti reali Competenze Certificato di competenze (indicate solo se positive, con specificazione dei livelli di padronanza) La valutazione del compito esprime una notazione anche in ordine alla valutazione delle conoscenze e delle abilità delle aree formative coinvolte. Considerare l’autovalutazione. Esiti della valutazione e notazioni Legami tra gli ambiti di valutazione 264 – Verifica e valutazione delle acquisizioni effettivamente agite in modo pertinen- te ed efficace da parte degli allievi; – Rielaborazione degli obiettivi e dei percorsi di apprendimento così da indiriz- zare l’azione formativa in modo da valorizzare le acquisizioni e sormontare le criticità emerse. La rubrica è uno strumento di supporto dell’azione didattica nella logica della costruzione del percorso formativo, in modo condiviso tra i docenti che compon- gono l’équipe. È uno strumento che esige un riscontro o validazione, composto di due passi: nel momento della elaborazione essa richiede una validazione provvisoria, che consiste nel riflettere sulla sua struttura, sul linguaggio, sul suo carattere evocativo e di facilitazione dell’azione didattica; a seguito della sua applicazione, essa chiede di essere validata rilevando i riscontri provenienti dal campo in cui si è sperimen- tata così da poter giudicare della sua consistenza e procedere ad una rieaborazione migliorativa. Si propone di seguito un esempio di rubrica della competenza con le discipline coinvolte e relative conoscenze/abilità. 265 266 I criteri per la validazione della rubrica sono: – Pertinenza: gli indicatori proposti devono essere esattamente collocati nel cam- po della competenza cui la rubrica si riferisce – Completezza ed essenzialità: gli indicatori debbono essere scelti i modo da completare le esperienze in grado di stimolare l’acquisizione della competen- za, nel numero minimo necessario – Chiarezza e gradualità: i livelli di padronanza devono essere descritti in modo da indicare chiaramente gli apprendimenti rilevabili e da disegnare passaggi graduali ed equilibrati da uno all’altro – Utilità: la rubrica deve poter fornire un valore d’uso reale ai docenti nei tre scopi previsti: individuazione delle situazioni di apprendimento, verifica e valutazione delle acquisizioni, rielaborazione degli obiettivi e dei percorsi. Si ricorda che anche l’allievo, tramite l’autovalutazione, è chiamato a illustrare e nel contempo diagnosticare il proprio percorso di studi scegliendo i prodotti di cui va più orgoglioso ed elaborando una scheda (presentazione) in cui espone il risultato ed il percorso seguito, esprime una valutazione ed indica i punti di forza e quelli di miglioramento. Perché ciò possa accadere, occorre che nell’atto della consegna il docente comunichi e spieghi i prodotti attesi, i comportamenti conformi, i criteri di valuta- zione che intende adottare. L’autovalutazione rappresenta un elemento importante della valutazione effet- tuata dai docenti. La certificazione ed il riconoscimento dei crediti costituiscono un’azione tesa a descrivere in modo sistematico le acquisizioni della persona ed a registrarle in modo condiviso tra i diversi attori del sistema educativo. Ciò evidenziando le espe- rienze formative (formali, non formali ed informali). L’azione di certificazione non può essere concepita come una mera compila- zione, ma rappresenta un’azione complessa, tesa a soddisfare i seguenti criteri: – la comprensibilità del linguaggio, che deve riferirsi – in forma narrativa e non quindi con linguaggi stereotipati – a locuzioni e sintagmi che consentano ai diversi attori di visualizzare le competenze, – l’attribuibilità delle competenze al soggetto con specificazione delle evidenze che consentano di contestualizzare la competenza entro processi reali in cui egli è coinvolto insieme ad altri attori, – la validità del metodi adottati nella valutazione e validazione delle competenze stesse, con specificazione del loro livello di padronanza. 267 268 269 271 INDICE PRESENTAZIONE UNA VALUTAZIONE ATTENDIBILE PER L’APPRENDIMENTO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Parte I: VALUTARE NELL’ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE (G. Tacconi) . . . . . . . . 7 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 1. Valutare nell’istruzione e formazione professionale: prima ricognizione dei problemi e delle questioni rilevanti . . . . . . . . . . . . . . . . 10 1.1. Il sistema di istruzione e formazione professionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 1.2. Il punto di vista dei docenti/formatori in relazione alla valutazione . . . . . . . . . 12 1.2.1. Una ricerca sulle pratiche di valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 1.2.2. I risultati della ricerca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 1.3. I problemi in ordine alla valutazione degli apprendimenti . . . . . . . . . . . . . . . . 18 1.3.1. La difficoltà di valutare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 1.3.2. La scarsa congruenza tra nuova cultura didattica e pratiche valutative 19 1.3.3. Quando gli uni non “sanno fare” ciò che “sanno” e gli altri “non sanno” ciò che “sanno fare” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 1.3.4. La molteplicità dei modelli di valutazione nelle sperimentazione triennali 21 1.3.5. La molteplicità dei documenti di valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 2. Paradigmi di valutazione e altre chiarificazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 2.1. Cosa significa valutare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 2.2. Le generazioni della valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 2.3. I due grandi filoni degli studi sulla valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 2.4. Valutazione formativa e valutazione sommativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 3. La valutazione come leva per l’apprendimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 3.1. Una didattica che orienti a valutare e a valutarsi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 3.2. Dispositivi e strumenti operativi per una valutazione come leva per l’apprendi- mento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 3.2.1. La valutazione di prestazioni e processi di apprendimento . . . . . . . . . . . 33 3.2.2. La valutazione di progetti e dei risultati dei lavori di gruppo . . . . . . . . . 33 3.2.3. La valutazione delle prestazioni in processi di apprendimento autonomo 34 3.2.4. La valutazione delle prestazioni in progetti didattici aperti e differenziati 35 3.2.5. L’autovalutazione da parte degli allievi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 3.2.6. I colloqui di valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36 3.3. Il portfolio e la valutazione formante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36 3.4. La tecnologia a servizio di una valutazione come leva per l’apprendimento . . . 40 272 4. La valutazione dell’apprendimento (l’accertamento e l’attestazione degli apprendimenti avvenuti) . . . . . . . . . . . . . 41 4.1. La valutazione dell’apprendimento attraverso strumenti qualitativi . . . . . . . . . 41 4.1.1. Riflessione sulla realizzazione di compiti autentici . . . . . . . . . . . . . . . . 41 4.1.2. Dal portfolio ad un bilancio conclusivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 4.2. La valutazione dell’apprendimento con strumenti quantitativi . . . . . . . . . . . . . 62 4.2.1. Valutazione dell’acquisizione di conoscenze e abilità attraverso prove strutturate o semi-strutturate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 4.2.2. Valutazione dell’acquisizione di conoscenze e abilità attraverso il col- loquio strutturato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 4.2.3. Valutazione del livello di sviluppo di specifiche competenze in relazione a compiti autentici, attraverso la costruzione e l’utilizzo di rubriche . . . 71 4.3. La comunicazione degli esiti di valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74 4.3.1. La comunicazione con gli allievi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74 4.3.2. La comunicazione con i genitori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74 4.3.3. La comunicazione col mondo del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75 4.3.4. I documenti di valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75 5. La valutazione degli apprendimenti tra individualizzazione e personalizzazione 75 5.1. Individualizzazione e personalizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76 5.2. Valutazione e strategie dell’individualizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78 5.3. Valutazione e strategie della personalizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 5.4. Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 6. Conclusione generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 7. Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84 Parte II: CERTIFICARE GLI APPRENDIMENTI NELL’ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE (D. Nicoli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87 1. Arretratezza ed innovazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89 2. Definizioni e criticità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 2.1. Certificazione degli apprendimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 2.2. Credito formativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94 2.3. Libretto formativo del cittadino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 2.4. Spinte e criticità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96 3. Il contesto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97 3.1. I sistemi formativi nella società cognitiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97 3.2. Pluralità degli apprendimenti e crisi dello scuolacentrismo . . . . . . . . . . . . . . . 98 4. La questione degli standard professionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100 4.1. Definizione e problematiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100 4.2. Crisi del concetto di qualifica professionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 4.3. L’ambigua “competenza” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 4.4. Rilevanza dei fattori sociali e personali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104 4.5. Tre modelli di descrizione della professionalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105 4.6. Il modello di riferimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107 4.7. Una sintesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110 273 5. La certificazione europea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111 6. Tre pratiche nazionali significative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116 6.1. Il caso inglese: gli standard di risultato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116 6.2. Il caso francese: la VAE – Validazione delle acquisizioni dell’esperienza . . . . . 120 6.3. Il caso svizzero: la validazione degli apprendimenti acquisiti . . . . . . . . . . . . . 123 7. La realtà italiana: molte norme, ma deboli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127 8. Alcune esperienze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134 8.1. EDA - certificazione delle competenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134 8.2. La gestione dei passaggi nei percorsi di istruzione e formazione professionale 141 9. Questioni metodologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147 9.1. Non procedura amministrativa, ma azione sociale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147 9.2. Strumenti per la certificazione ed il riconoscimento dei crediti . . . . . . . . . . . . 148 10. Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152 Parte III: LA VALUTAZIONE E LA CERTIFICAZIONE NELLA PRATICA EDUCATIVA DELLA FEDERAZIONE CNOS-FAP. RICERCA – AZIONE SVOLTA PRESSO CINQUE CENTRI DEL CNOS-FAP (D. Nicoli) . . . 155 1. Impostazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157 1.1. Il modello di valutazione in gioco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157 1.2. La certificazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 160 1.3. Le questioni oggetto della ricerca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161 2. Analisi dei casi di studio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163 2.1. Palermo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163 2.2. Roma Pio XI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176 2.3. San Donà di Piave . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193 2.4. Sesto San Giovanni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 209 2.5. Torino Valdocco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222 3. Fattori emergenti dalla ricerca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253 3.1. Il quadro metodologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253 3.2. Il quadro valutativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 254 3.3. Le questioni emergenti circa metodologia e valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 255 4. Proposta di un modello di valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 256 4.1. La metodologia formativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 257 4.2. La valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261 Allegato - Questionario: “Validazione dei modelli di valutazione degli apprendimenti in ambito di istruzione e formazione professionale” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 267 INDICE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 271 275 Pubblicazioni 2002-2007 nella collana del CNOS-FAP e del CIOFS/FP “STUDI, PROGETTI, ESPERIENZE PER UNA NUOVA FORMAZIONE PROFESSIONALE” ISSN 1972-3032 1. Nella sezione “studi” 1) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XIV seminario di formazione europea. La formazione professionale per lo sviluppo del territorio. Castel Brando (Treviso), 9 - 11 settembre 2002, 2003 2) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XV seminario di formazione europea. Il sistema dell’istruzione e formazione professionale nel contesto della riforma. Significato e percorsi, 2004 3) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVI seminario di formazione europea. La formazione professionale fino alla formazione superiore. Per uno sviluppo in verticale di pari dignità, 2005 4) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Vademecum. Strumento di lavoro per l’erogazione dei servizi orien- tativi, 2003 5) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Opportunità occupazionali e sviluppo turistico dei territori di Cata- nia, Noto, Modica, 2004 6) CNOS-FAP (a cura di), Gli editoriali di “Rassegna CNOS” 1996-2004. Il servizio di don Stefano Colombo in un periodo di riforme, 2004 7) MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto finale, 2002 8) MALIZIA G. - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto sul follow - up, 2003 9) MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, 2004 10) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, 2004 11) D’AGOSTINO S. - G. MASCIO - D. NICOLI, Monitoraggio delle politiche regionali in tema di istru- zione e formazione professionale, 2005 12) PIERONI V. - G. MALIZIA (a cura di), Percorsi/progetti formativi “destrutturati”. Linee guida per l’inclusione socio-lavorativa di giovani svantaggiati, 2005 13) NICOLI D. - G. MALIZIA - V. PIERONI, Monitoraggio delle sperimentazioni dei nuovi percorsi di istruzione e formazione professionale nell’anno formativo 2004-2005, 2006 14) MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale. II edizione, 2006 15) MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP della Sicilia. Rapporto di ricerca, 2007 16) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVIII seminario di formazione europea. Standard formativi nel- l’istruzione e nella formazione professionale. Roma,7-9 settembre 2006, 2007 17) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, Ristampa 2007 18) COLASANTO M. - R. LODIGIANI (a cura di), Il ruolo della formazione in un sistema di welfare attivo, 2007 19) MALIZIA G. et alii, Stili di vita di allievi/e dei percorsi formativi del diritto-dovere, 2007 20) MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP del Lazio. Rapporto di ricerca, 2007 21) NICOLI D. - R. FRANCHINI, Costruzione dell’identità personale e sociale negli adolescenti e nei giovani. La proposta dell’Istruzione e formazione professionale, 2007 22) NICOLI D., La rete formativa nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP, 2007 23) MALIZIA G. et alii, Diritto-dovere all’istruzione e alla formazione e anagrafe formativa. Problemi e prospettive, 2007 24) PELLEREY M., Processi formativi e dimensione spirituale e morale della persona Dare senso e prospettiva al proprio impegno nell’apprendere lungo tutto l’arco della vita, 2007 276 25) BELLESI L. - DONATI C., Giovani e percorsi professionalizzanti: un gap da colmare? Rapporto finale, 2007 26) NICOLI D. - COMOGLIO M., Una formazione efficace. Esiti del monitoraggio dei percorsi speri- mentali di Istruzione e Formazione professionale in Piemonte, 2007 2. Nella sezione “progetti” 27) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 28) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio meto- dologico e proposte di strumenti, 2003 29) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La promozione delle capacità personali. Teoria e prassi, 2003 30) CIOFS/FP CAMPANIA (a cura di), OrION tra orientamento e network, 2004 31) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 32) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio metodologico e pro- poste di strumenti, 2003 33) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale alimentazione, 2004 34) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale aziendale e amministrativa, 2004 35) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale commerciale e delle vendite, 2004 36) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale estetica, 2004 37) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale sociale e sanitaria, 2004 38) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale tessile e moda, 2004 39) CIOFS/FP (a cura di), Un modello per la gestione dei servizi di orientamento, 2003 40) CIOFS/FP BASILICATA, L’orientamento nello zaino. Percorso nella scuola media inferiore. Diffu- sione di una buona pratica, 2004 41) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale elettrica e elettronica, 2004 42) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale grafica e multimediale, 2004 43) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale legno e arredamento, 2005 44) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale meccanica, 2004 45) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale turistica e alberghiera, 2004 46) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione delle unità didattiche, 2003 47) COMOGLIO M. (a cura di), Prova di valutazione per la qualifica: addetto ai servizi di impresa. Prototipo realizzato dal gruppo di lavoro CIOFS/FP, s.d. 48) FONTANA S. - G. TACCONI - M. VISENTIN, Etica e deontologia dell’operatore della FP, 2003 49) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo, 2003 50) MARSILII E., Guida per l’accompagnamento al lavoro dipendente, 2003 51) NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema del- l’istruzione e della formazione professionale, 2004 52) NICOLI D. (a cura di), Sintesi delle linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel siste- ma dell’istruzione e della formazione professionale, 2004 277 53) TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, 2003 54) VALENTE L. - D. ANTONIETTI, Quale professione? Strumento di lavoro sulle professioni e sui per- corsi formativi, 2003 55) NICOLI D. (a cura di), Il diploma di istruzione e formazione professionale. Una proposta per il percorso quadriennale, 2005 56) VALENTE L. (a cura di), Sperimentazione di percorsi orientativi personalizzati, 2005 57) POLACEK K., Guida e strumenti di orientamento. Metodi, norme ed applicazioni, 2005 58) CNOS-FAP (a cura di), Proposta di esame per il conseguimento della qualifica professionale. Percorsi triennali di Istruzione formazione Professionale, 2005 59) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La corresponsabilità CFP-famiglia: i genitori nei CFP. Esperienza triennale nei CFP CNOS-FAP (2004-2006), 2006 60) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione dei sussidi, II edizione, 2006 61) NICOLI D. - TACCONI G., Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. I volume, 2007 62) MARSILII E., Dalla ricerca al rapporto di lavoro. Opportunità, regole e strategie, 2007 63) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo. Una proposta di percorsi per la creazione di impresa, 2° edizione, 2007 64) D’AGOSTINO S., Apprendistato nei percorsi di diritto- dovere, 2007 3. Nella sezione “esperienze” 65) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza, 2003 66) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 2. Guida per l’accompagnamento in itinere, 2003 67) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 3. Guida per l’accompagnamento finale, 2003 68) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, 2003 69) CIOFS/FP PUGLIA (a cura di), ORION. Operare per l’orientamento. Un approccio metodologico condiviso e proposte di strumenti, 2003 70) TONIOLO S., La cura della personalità dell’allievo. Una proposta di intervento per il coordina- tore delle attività educative del CFP, 2005 71) COMOGLIO M. (a cura di), Il portfolio nella formazione professionale. Una proposta per i per- corsi di istruzione e formazione professionale, 2006 72) ALFANO A., Un progetto alternativo al carcere per i minori a rischio. I sussidi utilizzati nel Centro polifunzionale diurno di Roma, 2006 73) MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI, Una formazione di successo. Esiti del monitoraggio dei per- corsi sperimentali triennali di istruzione e formazione professionale in Piemonte 2002-2006. Rapporto finale, 2006 Tip.: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 06.78.27.819 - Fax 06.78.48.333 - E-mail: tipolito@pcn.net Dicembre 2007

Accompagnamento al lavoro degli allievi qualificati nei percorsi triennali del diritto-dovere. Linee guida e raccolta di buone pratiche per svolgere le attività.

Autore: 
Guglielmo Malizia - Vittorio Pieroni
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2009
Numero pagine: 
220
A cura di Guglielmo MALIZIA - Vittorio PIERONI Accompagnamento al lavoro degli allievi qualificati nei percorsi triennali del diritto-dovere Linee guida e raccolta di buone pratiche per svolgere le attività Anno 2009 CIOFS/FP La ricerca è stata affidata dal CNOS-FAP e dal CIOFS/FP al CENSIS. L’indagine è stata realizzata da un gruppo di lavoro coordinato da Claudia Donati e composto da: Luigi Bellesi, Sergio Vistarini e Vittoria Coletta. L’équipe ha operato sotto la responsabilità di Claudia Donati (CENSIS) d’intesa con i Presidenti del CNOS-FAP e del CIOFS/FP. 3 SOMMARIO INTRODUZIONE ............................................................................................................... 5 Parte I QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO Capitolo 1 - L’accompagnamento al lavoro. Lo scenario (G. Malizia) ....................................................................................... 9 Parte II LA RICOGNIZIONE DELL’ESPERIENZA IN BASE AI DATI QUANTITATIVI E QUALITATIVI E LINEE GUIDA PER L’ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO Capitolo 2 - I dati quantitativi ottenuti attraverso la I parte della scheda di rilevamento (V. Pieroni)......................................................................................... 39 Capitolo 3 - I dati qualitativi ottenuti attraverso la II parte della scheda di rilevamento (V. Pieroni)......................................................................................... 49 Capitolo 4 - Valutazione complessiva dell’attività di accompagnamento al lavoro: punti di forza/criticità e proposte di miglioramento (V. Pieroni)......................................................................................... 61 Capitolo 5 - Linee guida per l’accompagnamento al lavoro (V. Pieroni - G. Malizia) .................................................................... 77 Parte III RACCOLTA DI BUONE PRATICHE UTILIZZATE NEI CFP CNOS-FAP E IN ALTRI ENTI DI FORMAZIONE PROFESSIONALE PER SVOLGERE L’ATTIVITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................ 211 INDICE ............................................................................................................................ 215 5 INTRODUZIONE La presente ricerca-azione si pone in continuità con l’indagine condotta nel 2007 sul “Follow-up della transizione al lavoro degli allievi dei corsi triennali spe- rimentali di FPI” (Malizia e Pieroni, 2008), di cui intende approfondire un aspetto centrale, quello cioè dell’accompagnamento al lavoro. Infatti, se è vero che l’investigazione del 2007 ha confermato la validità della proposta sperimentale dei percorsi del diritto-dovere del CNOS-FAP e del CIOFS- FP nel momento della transizione degli allievi al mercato del lavoro o a un altro tipo di istruzione o di formazione, è anche vero che la percentuale di quanti all’uscita dai Centri avevano scelto di lavorare e alla distanza di un anno avevano reperito una oc- cupazione, pur maggioritaria (51.6%), non è cosi elevata come ci sarebbe aspettato. Pertanto, risultava importante esaminare più nei dettagli e soprattutto nel concreto della vita dei Centri le modalità dell’accompagnamento al lavoro per rendere il pas- saggio al sistema produttivo più sicuro, significativo e attraente. Attraverso la presente indagine si è inteso quindi perseguire i seguenti obiet- tivi: 1) effettuare anzitutto una ricognizione attenta delle proposte contenutistiche e metodologiche messe in opera sia nei CFP del CNOS-FAP come in quelli di altri Enti, per l’accompagnamento al lavoro dei qualificati dei percorsi trien- nali del diritto-dovere, ma non solo; 2) valutare accuratamente la validità delle strategie documentate dal numeroso materiale che è stato inviato dai vari Centri coinvolti; 3) preparare una proposta di repertorio e di linee guida in grado di potenziare gli interventi per l’accompagnamento al lavoro. Al fine di realizzare le finalità appena richiamate, è stata adottata una metodo- logia di ricerca-azione di carattere prevalentemente documentaristico e qualitativo che, a partire dalla primavera 2008 fino al termine dell’anno, si è concretizzata nelle seguenti azioni: – ai CFP del CNOS-FAP e di altri Enti (CIOFS/FP, ENGIM, Fondazione Clerici) è stata inviata una griglia composta di due sezioni: una prima, per la raccolta di dati quantitativi e una seconda descrittivo-valutativa delle attività di accompa- gnamento promosse all’interno del proprio CFP; – a ciò ha fatto seguito la raccolta, unitamente alle griglie, di materiale docu- mentario di buone pratiche messe in opera in ciascun Centro; nel frattempo è stato redatto il quadro teorico, riportato nella I parte del presente report; 6 – successivamente si è proceduto all’analisi e alla interpretazione dei dati quanti- tativi e qualitativi contenuti nelle griglie e ad elaborare le linee guida; tutto questo è stato riportato nei capitoli 2-5, che costituiscono la II parte del report. Più specificamente, nel capitolo 2 vengono analizzati i dati quantitativi; nel capitolo 3 i dati qualitativi, ossia vengono sintetizzate e descritte le principali fasi ed azioni che caratterizzano l’attività; mentre nel capitolo 4 sono riportate le valutazioni complessive che sono state date all’attività, in base ai punti di forza e di criticità e alle proposte di miglioramento; infine, nel capitolo 5 sono state tracciate le linee guida che, sulla base dei contenuti analizzati precedente- mente, dovrebbero costituire un punto di riferimento per attivare iniziative nel campo; – infine il materiale documentario, redatto e utilizzato per la realizzazione delle attività di accompagnamento al lavoro, è stato opportunamente selezionato e riportato nella III parte del report in qualità di “cassetta degli attrezzi”, ossia a vantaggio di tutti coloro che intendono usarlo o comunque prenderlo come esempio nell’attivare interventi di accompagnamento al lavoro. L’insieme delle azioni riportate sopra ha consentito di procedere alla stesura del presente report che, a sua volta, intende dare un proprio contributo specifico avvalendosi della ricchezza di esperienze multivariate, provenienti da numerosi Centri di vari Enti di formazione e al tempo stesso rappresentativi di diversi con- testi territoriali. Concludiamo questa breve introduzione con un sentito ringraziamento alle direzioni e agli operatori dei CFP del CNOS-FAP, del CIOFS/FP, della Fondazione Clerici e dell’ENGIM per aver preso parte all’indagine e, in particolare, per aver messo a nostra disposizione esperienze e strumenti che certamente potranno risul- tare di aiuto e di riferimento per tutti coloro che intendono promuovere interventi di accompagnamento al lavoro. Parte I QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO 9 Capitolo 1 L’accompagnamento al lavoro. Lo scenario Guglielmo MALIZIA Il capitolo è articolato in due sezioni principali. La prima mira a delineare la situazione della transizione dei giovani dal sistema educativo al mondo del lavoro in Italia; a sua volta la seconda fa il punto sull’elaborazione teorica, recentemente avviata, a proposito delle misure di accompagnamento al lavoro. 1. LA TRANSIZIONE DAL SISTEMA EDUCATIVO DI ISTRUZIONE E DI FORMAZIONE AL MONDO LAVORO Questa sezione è mirata principalmente ad aggiornare i dati relativi all’inseri- mento professionale dei giovani, contenuti nel rapporto generale dell’anno passato sul follow-up della transizione al lavoro degli allievi dei percorsi triennali speri- mentali di IeFP (Malizia e Pieroni, 2008).1 Le informazioni di natura quantitativa e qualitativa vengono successivamente interpretate alla luce dell’evoluzione delle politiche della formazione e dell’orientamento in un quadro di welfare attivo. 1.1. L’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro L’evoluzione del mercato del lavoro durante questa prima decade del ventune- simo secolo evidenzia una consistente vitalità del sistema dal punto di vista della creazione di nuovi posti di lavoro e della riduzione della disoccupazione che, però, è accompagnata recentemente da una sostanziale staticità nelle strategie di inter- vento (CENSIS, 2006). Dal 1998 che è l’anno che ha segnato una svolta positiva determinante per il nostro mondo del lavoro in quanto finalmente l’occupazione ha ripreso ad aumentare, il numero degli occupati è cresciuto da 20.435.000 a 23.222.000 del 2007 con un incremento del 13.6%; a sua volta il tasso di disoccu- pazione si è ridotto del 5.2% dall’11.3% al 6.1% (CENSIS, 2003, 165; ISFOL, 2006, 162 e ISFOL, 2008; CENSIS, 2007, 236 e 240). 1 Per il quadro teorico dei rapporti tra istruzione ed economia e per la presentazione delle dina- miche generali del mercato del lavoro in Italia rimando a Malizia e Pieroni, 2008, 11-27. 10 Questi indubbi segnali di ripresa non devono far dimenticare i problemi conside- revoli che continuano ad essere presenti nel nostro sistema con particolare riferi- mento sia all’ingresso nel mondo del lavoro delle donne e dei giovani, pur muniti di titoli di istruzione elevati, sia alla distribuzione diseguale dei progressi che favori- scono l’Italia del Nord e del Centro, mentre nel Sud si riproduce una condizione di sostanziale arretratezza, nonostante alcuni miglioramenti nella lotta alla disoccupa- zione. Inoltre, come si è accennato sopra, “la flessibilità”, introdotta dalla riforma Biagi, “non è più [...] una leva di gestione straordinaria dell’impresa, ma è entrata in una fase di normalizzazione in cui si autoriproduce, senza essere una leva di svi- luppo e di innovazione né per le aziende, né per i lavoratori: produce, come ha pro- dotto, effetti sul piano quantitativo, ma non su quelli della produttività e della qualità del lavoro che sono ottenute attraverso altri strumenti” (CENSIS, 2006, 184; Biagi e Tiraboschi, 2007; Reyneri, 2005). In aggiunta, il nocciolo duro della struttura occu- pazionale continua ad essere composto da professioni a basso livello di qualifica- zione oltre che da un tipo di lavoro che si presenta standard, cioè dipendente. I dati relativi ai primi due trimestri del 2008 confermano i trend problematici appena messi in evidenza (CENSIS, 2008, 223-225). Certamente, non si può non sottolineare sul lato positivo che nei primi sei mesi dell’anno in questione il totale degli occupati cresce dell’1.2%, pari a 283.000 unità, in paragone al medesimo pe- riodo del 2007, raggiungendo così la cifra di 23.581.000. Al tempo stesso si regi- stra un incremento del tasso di disoccupazione che sale nel secondo trimestre dei due anni dal 5.7% al 6.7%, aumentando di ben un punto percentuale. L’altro ele- mento negativo è rappresentato dalla crescita del totale delle persone in cerca di occupazione che, sempre nel secondo trimestre dei due anni, si innalza del 20.6%, passando da 1.412.000 a 1.704.000. Sono questi ultimi dati per nulla incoraggianti che non lasciano bene sperare per l’immediato futuro, soprattutto se si collocano in un contesto di recessione quale l’attuale. Dopo aver fornito il quadro generale delle dinamiche del mercato del lavoro, conviene approfondire alcuni punti nevralgici per il nostro tema: incomincerò dal tasso di attività della popolazione 15-64 anni (cfr. Tav. 1). Nel triennio considerato esso risulta fermo nel totale con una percentuale del 62.5%; se però si esaminano i dati per circoscrizione geografica, emerge che la situazione negativa di stallo di- pende dalle difficoltà che il mercato del lavoro incontra nell’Italia Meridionale dove si riscontra una diminuzione dello 0.9%, mentre le circoscrizioni del Nord e del Centro evidenziano una crescita anche se limitata (CENSIS, 2008, 219-220; ISFOL, 2008). Un andamento analogo si osserva qualora i tassi vengono articolati per sesso: infatti, se le percentuali dei maschi subiscono una flessione dello 0.1%, la diminuzione è da attribuirsi al Sud; a loro volta le femmine mostrano una cre- scita nel tasso di attività e il risultato dipende dall’Italia Settentrionale (Ibidem). Inoltre, se i dati vengono disaggregati per età, sono i più giovani (25-34 anni) a risultare svantaggiati in quanto registrano nel triennio una perdita dell’1.4%, mentre il gruppo di età 35-64 cresce del’1.7% (cfr. Tav. 1). 11 Tav. 1 - Tasso di attività, occupazione e disoccupazione (15-64 anni) per classe di età e titolo di studio (2004-07; in %) A sua volta, il tasso di occupazione 15-64 anni evidenzia una crescita dell’1.3%, passando dal 57.4% al 58.7% e questo trend si registra in tutte le circo- scrizioni del nostro Paese, benché i progressi non siano distribuiti uniformemente e quello minore si riscontra nell’Italia Meridionale, 0.4% (cfr. Tav. 1; CENSIS, 2008, 220; ISFOL, 2008). L’andamento è comune a maschi e femmine, anche se il gua- dagno delle seconde è superiore (1.4% rispetto all’1%); analoga considerazione può essere ripetuta quanto alla disaggregazione per gruppi di età e in questo caso la coorte 35-64 sopravanza i più giovani (25-34) in quanto l’aumento nel primo caso è del 2.4% mentre nel secondo è di appena lo 0.3%. I dati sono positivi anche riguardo al tasso di disoccupazione che scende nel triennio considerato di quasi il 2% (1.9%), diminuendo dall’8.1% al 6.2% (cfr. Tav. 1; CENSIS, 2008, 220-221; ISFOL, 2008). Anche in questo caso l’andamento è co- mune a tutte le circoscrizioni territoriali e anzi si registra una particolarità specifica nel senso che la riduzione maggiore si osserva proprio nel Sud dove si passa dal 15% all’11% con un guadagno del 4%. Lo stesso trend vale per maschi e femmine e anche per il tasso di disoccupazione sono le donne a guadagnare di più (2.6% rispetto all’1.5%) e soprattutto ne beneficiano quelle del Meridione, 5.6%. Analogo andamento si osserva pure quanto all’età e sono i più giovani a segnare i progressi maggiori (1.9% per il gruppo di età 25-34 e 1.2% per la coorte 35-64). In ogni caso, un tasso di disoccupazione superiore al 10% come quello che si riscontra al 12 Sud (11%) e tra le donne del Meridione (14.9%) continua a segnalare una condi- zione di arretratezza e di disagio gravi. Passando ai rapporti tra titoli di studio ed età da una parte e tassi di attività, di occupazione e di disoccupazione, va anzitutto precisato che l’entrata nel mondo del lavoro è correlata solo parzialmente con il livello di istruzione e che il titolo di studio elevato non costituisce necessariamente una garanzia sicura di ottenere facil- mente successo nel mercato del lavoro (cfr. Tav. 1; CENSIS, 2006 e 2008, 221-222; ISFOL, 2008). Se si guarda ai singoli anni separatamente, emerge che i tassi di atti- vità e di occupazione crescono in rapporto all’elevarsi dei titoli di studio: infatti, nel 2007 – ma il ragionamento vale anche nel 2004 – essi aumentano da rispettiva- mente il 33.8% e il 31.2% tra quanti sono muniti al massimo di licenza elementare, al 56.3% e al 52.2% tra coloro che possono contare su una licenza media inferiore, al 71.9% e al 67.8% di quanti possiedono una licenza media superiore, fino all’81.3% e al 77.7% di quanti hanno ottenuto un dottorato, una laurea o una laurea breve. Una conferma in questo senso viene dai tassi di disoccupazione che presen- tano l’orientamento opposto: dal 7.9%, al 7.4%, al 5.6%, al 4.5% in corrispondenza dei diversi livelli di istruzione appena citati. Il panorama diventa più variegato con luci e ombre se si confrontano i dati del triennio all’interno di ciascuno livello di istruzione. Tra il 2004 e il 2007 i tassi di attività crescono tra i soggetti muniti di licenza media superiore dello 0.2% dal 71.7% al 71.9% e l’andamento è leggermente più marcato nel gruppo di età 35-64 (0.3%), ma al tempo stesso si registra una diminuzione dello 0.7% (dal 79.5% al 78.8%) nella coorte 25-34; inoltre, il trend alla riduzione si riscontra anche per i laureati e i dottori di ricerca (-3.6% dall’84.9% all’81.3%) e questo vale per am- bedue le coorti di età, in particolare per quella più giovane, 25-34 (-1.6% e -2.8%). Al tempo stesso va segnalato che i tassi di attività diminuiscono nel triennio sia per i soggetti che non hanno nessun titolo di studio o possiedono solo la licenza elementare (-2.2%, scendendo dal 36% al 33.8%), sia per quelli che sono muniti di licenza media inferiore (-2.2%, dal 58.5% al 56.3%). Se ci si riferisce al tasso di occupazione, questo cresce tra le persone munite di licenza media superiore (1.4%, dal 66.4% al 67.8%) e tale tendenza si osserva in tutti e due i gruppi di età considerati (25-34: 1.5%, dal 72.9% al 73.4%; 35-64: 1% dal 73.9% al 74.9%). Tuttavia questo andamento viene contraddetto dai dati relativi ai laureati e ai dottori di ricerca che si abbassano globalmente del 2.4% (dall’80.1% al 77.7%) e anche nella coorte 35-64 (1.5%, dall’86.4% all’84.9%), mentre tra i più giovani (25-34) la situazione è di stabilità nel triennio (71.3%). Per quanto riguarda le persone meno scolarizzate, il tasso di occupazione diminuisce tra i soggetti analfabeti o al massimo muniti di licenza elementare sia globalmente (1%, dal 32.2% al 31.2%) sia nel gruppo di età 35-64 (1% dal 31.5% al 30.5%), mentre aumenta nella coorte 25-34 (1.9%, dal 44.4% al 46.3%); esso si abbassa globalmente anche tra i licenziati della media inferiore (0.7%, dal 52.9% al 52.2%) e diversamente dal caso precedente nella coorte 25-34 (1%, dal 67.7% al 66.7%), 13 mentre aumenta, sempre diversamente dal caso precedente, nel gruppo di età 35-64 (0.4%, dal 60.9% al 61.3%). In terzo luogo, i tassi di disoccupazione scendono nel triennio senza eccezioni in tutti i gruppi di età e per ogni livello di istruzione. Le persone senza alcun titolo o con la licenza elementare al massimo registrano complessivamente un calo del 2.7%, passando dal 10.6% al 7.9% tra il 2004 e il 2007, quelle munite di licenza media inferiore del 2.1% dal 9.5% al 7.4%, quelle che possiedono una licenza media superiore dell’1.7% dal 7.3% al 5.6% e i laureati e dottori di ricerca dell’1.1% dal 5.6% al 4.5%. Come emerge chiaramente dai dati citati, la percen- tuale di riduzione nei tassi diminuisce nel triennio passando dai soggetti meno sco- larizzati a quelli più scolarizzati, mettendo in discussione le potenzialità occupazio- nali dei titoli più elevati; è anche vero che i tassi di disoccupazione calano andando dai livelli di istruzione più bassi a quelli più alti. In conclusione, si può dire che la disamina della Tav. 3 ha messo in evidenza due andamenti riguardo ai più giovani anche se in questo caso si tratta della coorte 25-34 anni. Anzitutto, questi ultimi sembrano caratterizzarsi rispetto agli adulti (35- 64) per una maggiore propensione al lavoro, dato che i tassi di attività e di occupa- zione sono più alti tra i primi che non tra i secondi. Inoltre, il possesso di un alto livello di istruzione non pare fornire necessariamente una garanzia sicura circa la possibilità di entrare senza problemi nel mercato del lavoro. Tav. 2 - Tassi di disoccupazione giovanile (15-24), per sesso e circoscrizione geografica (anni 2001-07; in %) In ogni caso, il panorama generale dei dati dell’inizio del millennio 2001-07 si presenta più positivo e dinamico che non quello del periodo precedente, 1996-00 (Annuario statistico italiano, 2006). Infatti, il tasso di disoccupazione del gruppo di età 15-24, che nel periodo 1996-00 aveva oscillato fra il 34.1% e il 31.1% (CENSIS, 1999, 226 e CENSIS, 2002, 244), si situa negli anni 2001-07 tra il 28.2% e il 20.3% (CENSIS 2002, 244 e CENSIS, 2008, 241 – Cfr. Tav. 2). Come si è visto sopra, la percentuale risulta più che dimezzata nel passaggio dalla coorte 15-24 a quella 25-34 (dal 20.3% all’8.3%); inoltre, fra il 2004 e il 2007 la seconda classe di età registra una diminuzione consistente del 2.1% (cfr. Tavv. 1 e 2). No- nostante questo andamento positivo, i tassi di disoccupazione del gruppo 15-34 si presentano ancora troppo alti e attestano della carenza della domanda di lavoro in relazione ai bisogni delle fasce della popolazione più giovani. 14 Il calo nella coorte 15-24 anni durante il quinquennio considerato riguarda sia i maschi, passando dal 25% al 18.2% con un guadagno del 6.9%, sia le femmine per le quali le percentuali sono rispettivamente, 32.2%, 23.3% e 8.9% (cfr. Tav. 2; CENSIS, 2002, 244; CENSIS, 2008, 241; ISFOL, 2008). Come emerge chiaramente dalla Tav. 2, la riduzione è superiore tra le donne che non tra gli uomini, sebbene i tassi delle prime risultino di molto più elevati di quelli dei secondi. In linea con quanto verrà sottolineato subito dopo, il calo si con- centra nel Sud e nelle Isole, dove per le femmine raggiunge il 21.7%, mentre le cifre crescono, anche se leggermente, o rimangono stabili nel Nord-Ovest e nel Nord-Est, tranne che per i maschi nel Nord-Ovest dove si registra una diminuzione dello 0.7%. Tav. 3 - Persone in cerca di occupazione 15-64 anni per classe di età e per titolo di studio (anni 2004-07; in VA e %) I tassi di disoccupazione della classe 15-24 anni mostrano un livello non mar- ginale di variazioni in base alla circoscrizione geografica (cfr. Tav. 2; CENSIS, 2002, 244; CENSIS, 2008, 241; ISFOL, 2008). La percentuale nel Meridione e nelle Isole (32.3%) costituisce oltre il triplo di quella del Nord-Est (9.6%), più del doppio di quella del Nord-Ovest (13.9%) e circa il doppio di quella dell’Italia Cen- trale (17.9%): inoltre, l’ultimo tasso citato, quello cioè del Centro, risulta il doppio quasi di quello del Nord-Est e sopravanza di 4 punti percentuali quello del Nord- Ovest. L’andamento del Sud/Isole e del Centro risulta più positivo se si guarda al confronto tra il 2001 e il 2007: infatti, la prima circoscrizione citata migliora le sue posizioni del 18.5%, scendendo dal 50.8% al 32.3%, e la seconda del 6.3%, dal 24.2% al 17.9%; al contrario, i tassi rimangono o crescono dell’1.3% nel Nord- Ovest e dello 0.3% nel Nord-Est (rispettivamente dal 12.6% al 13.9% e dal 9.3% al 9.6%). 15 Una conferma delle tendenze positive messe in risalto sopra in tema di ridu- zione della disoccupazione viene dai dati sulle persone in cerca di occupazione (cfr. Tav. 3; CENSIS, 2008, 222-223; ISFOL, 2008). Infatti, tra il 2004 e il 2007 i soggetti in cerca di occupazione diminuiscono complessivamente di 450.770, pari al 23.1%, passando da 1.954.266 a 1.503.496. Questo andamento presenta la per- centuale più alta tra i più giovani (15-24 anni) dove raggiunge il 26.1%, mentre le cifre risultano più ridotte nella coorte 25-34 con il 25.4% e soprattutto tra i più adulti (35-64) con il 18.8%. Scendendo più nei particolari, la diminuzione nel triennio delle persone in cerca di occupazione è più consistente tra quanti non hanno titolo di studio o al massimo possono vantare la licenza elementare (42.5%); inoltre, se si guarda ai dati disaggregati per età, il calo maggiore si riscontra nella coorte 25-34 anni. Nella posizione successiva si trovano quanti sono muniti di licenza media inferiore che presentano complessivamente una diminuzione del 24.6% e la riduzione cresce quanto più giovane è la loro età: il 12.6% nella coorte 35-64, il 31.9% in quella 25- 34 e il 34% in quella 15-24. Tra i licenziati delle superiori il calo ammonta global- mente al 19.4% e il gruppo di età che ne è più colpito è quello di 25-34 anni (22.5%), seguito dalla coorte 15-24 (19.6%) e da quella 35-64 (15.2%). I problemi maggiori si riscontrano tra i laureati e i dottori di ricerca che registrano la riduzione minore delle persone in cerca di occupazione (7%) e che nel gruppo di età 35-64 evidenziano un aumento di tali persone del 6.9%. Tav. 4 - Occupati per tipologia di lavoro, classe di età e circoscrizione geografica (anni 2004-07; in VA e %) Dopo aver fornito le dinamiche del lavoro in generale, è opportuno soffermarsi a considerarne le diverse tipologie. Ci aiuta in questo la distinzione tra lavoro 16 “tipico” e “atipico”: la prima include il lavoro dipendente a tempo indeterminato e il lavoro autonomo, mentre la seconda abbraccia il lavoro dipendente a tempo determinato, la collaborazione coordinata e continuativa e la prestazione d’opera occasionale (cfr. Tav. 4; CENSIS 2008, 217-218; ISFOL, 2008). In proposito va an- zitutto evidenziato che la prima tipologia, che riguarda la più gran parte dei lavora- tori occupati (l’88.1% o 20.463.006 persone), pur essendo aumentata nel triennio considerato, tuttavia lo ha fatto solo del 2.3%, cioè in misura molto inferiore alla crescita che ha registrato la seconda tipologia: quest’ultima che comprende unica- mente l’11.9% degli occupati, pari a 2.758.831, ha dimostrato tra il 2004 e il 2007 un più grande dinamismo in quanto ha segnato un incremento di ben 14.7%. Se si scende nei particolari e si esamina l’andamento in questione dal punto di vista dell’articolazione per sesso, si nota che il ricorso agli strumenti della flessibi- lità è una prerogativa più delle donne che degli uomini. Infatti, il tasso delle prime nel totale dei lavoratori atipici tocca il 15.7% che significa quasi il doppio della presenza dei secondi (il 9.4%). Al tempo stesso va osservato che la variazione nel triennio è più elevata tra gli uomini (16.9%) piuttosto che tra le donne (12.7%), un andamento che fa pensare a un interessamento crescente dei maschi per questa ti- pologia lavorativa. Se si prende in considerazione come criterio di riferimento l’età, risulta che tra il 2004 e il 2007 il ricorso agli strumenti della flessibilità è cresciuto principal- mente nella coorte 45-54 anni che ha realizzato un balzo in avanti di quasi il 30% (29.7%); al contrario tra i più giovani, cioè fino ai 34 anni, l’incremento è dell’11.5% e nel gruppo contiguo (34-44) il dato è di poco superiore (14.8%), mentre tra i più anziani, sopra i 54 anni, la percentuale è del 16%. Tale andamento risulta solo parzialmente favorevole ai giovani: infatti, la coorte fino ai 34 anni co- stituisce la porzione più numerosa dei lavoratori atipici (1.558.665 o il 21.5%, ri- spetto al 9% dei 34-44, al 6.2% dei 45-54 e al 6.1% degli oltre 54) e tale situazione di maggiore precarietà è resa ancora più negativa dalla notevole diminuzione nel triennio della loro presenza tra i lavoratori tipici (-9.5%). In terzo luogo, l’utilizzo degli strumenti di flessibilità è più diffuso nelle circo- scrizioni geografiche meridionali (14.7%) e centrali (12.4%) in paragone a quelle del Nord-Est (10.9%) e del Nord-Ovest (9.6%). Se però si fa riferimento al periodo 2004-07, si nota che l’incremento è maggiore nel Nord-Est (19.7%) e nel Nord- Ovest (16%) rispetto al Centro (14.1%) e al Sud/Isole (11.5%) e tale andamento fa ipotizzare che le regioni Settentrionali stiano divenendo più vulnerabili alla preca- rietà. Preoccupa anche che l’Italia Meridionale sia l’unica circoscrizione a regi- strare una diminuzione nel triennio della tipologia dei lavoratori tipici (-0.2%). In conclusione, i dati che sono stati messi in evidenza sopra certamente non giustificano un’enfatizzazione dell’incidenza dell’introduzione, del consolidamento e dell’ampliamento delle opportunità di impiego atipico disciplinati dalla legge 30/2003, la cosiddetta legge Biaggi, in quanto come si è visto i lavoratori dipen- denti a tempo indeterminato e i lavoratori autonomi continuano a rappresentare il 17 90% circa del totale degli occupati (Colasanto e Lodigiani, 2007). Al tempo stesso non si può negare la sua rilevanza per alcune categorie specifiche: in particolare si tratta dei giovani, per i quali un lavoro atipico sta diventando lo strumento ordi- nario di ingresso nel mondo del lavoro, e delle donne che risentono maggiormente delle conseguenze ambivalenti della diffusione di occupazioni che si collocano al di fuori dei normali canoni. Il nostro mercato del lavoro è stato raggiunto dalla fles- sibilità specialmente in entrata e ciò ha favorito l’accesso dei giovani che, tuttavia, si presentano come i più svantaggiati nel conseguimento del primo lavoro e risul- tano maggiormente in pericolo di disoccupazione e di precarizzazione in quanto le vie per arrivare a un lavoro stabile si dimostrano frequentemente lunghe e fram- mentate. Nel caso delle donne la flessibilità ha favorito la crescita del tasso di oc- cupazione e di partecipazione attiva al lavoro soprattutto delle coorti di età adulte perché ha facilitato la conciliazione con gli impegni familiari. Se si passa dal piano quantitativo a quello qualitativo, va osservato che in questi ultimi anni il mercato del lavoro è stato investito da profonde trasformazioni che hanno reso sempre più sfumata la separazione tra lavoro dipendente e auto- nomo (CENSIS, 2002, 212-216; Garelli, Polmonari e Sciolla, 2006). Tale feno- meno sembra avere radici soprattutto nei processi di progressiva flessibilizzazione delle modalità di erogazione delle prestazioni e, contestualmente, nell’introduzione di logiche organizzative in grado di sostenere le sfide di competitività indotte dal fenomeno della globalizzazione. All’interno di queste dinamiche ha preso consistenza la tendenza a premiare il bagaglio di competenze di cui ciascuno è portatore al posto di una crescita profes- sionale riconducibile a rigidi schemi di inquadramento formale (per anzianità, per livelli...). In un contesto così altamente competitivo, rivestono quindi un ruolo de- terminante oggi più che mai i sistemi di aggiornamento, riqualificazione e forma- zione permanente. Ciò è tanto più vero a fronte di una rapida evoluzione di com- plesse e diversificate domande di svolgimento di ruoli e compiti professionali che richiedono al lavoratore una crescente capacità di “savoir faire” e di imparare cose sempre nuove per lo svolgimento di incarichi complessi e non standardizzabili. Un esempio di queste innovazioni che caratterizzano il mercato del lavoro del terzo millennio viene dall’introduzione del “team work”, una logica che implica l’adozione di nuove modalità organizzative che fanno perno sull’autoresponsabiliz- zazione del lavoratore e sul suo coinvolgimento partecipato nel lavoro e che, a li- vello individuale, si traducono in una crescente autonomia nella strutturazione dei tempi, spazi, luoghi e contenuti del lavoro. È all’interno di questo contesto evolutivo che l’organizzazione del lavoro su- bisce una radicale revisione: non è più la presenza costante e in loco (fabbrica, azienda, ufficio...) che garantisce efficacia al sistema produttivo; il tempo di lavoro sempre più difficilmente può essere imbrigliato in rigide formule contrattuali mentre, contestualmente, emerge la “modularizzazione” degli orari in base alle esi- genze aziendali (stagionalità, tempi di consegna...). Con l’introduzione del telela- 18 voro si fa largo la concezione di un lavoro che può essere svolto anche senza avere un luogo fisso, preciso. La rivoluzione post-industriale non può non interessare anche la trasforma- zione stessa dei sistemi retributivi attraverso il passaggio dalla contrattazione col- lettiva a quella individuale e a tutte le formule di integrazione retributiva come la partecipazione agli utili dell’azienda. Tra le nuove generazioni, valori come l’autonomia e l’autoresponsabilità nel lavoro vengono ormai assunti come obiettivo primario, facendo registrare una pro- gressiva crescita della domanda di lavoro indipendente, della richiesta di valoriz- zare la dimensione individuale, della tendenza a non attribuire al lavoro una dimen- sione totalizzante della propria esistenza (“il lavoro non è tutto”), ma a considerare piuttosto che alla propria realizzazione contribuisce in pari misura e forse ancora più la gestione di tempi-spazi personalizzati (il tempo libero, hobbies...). Inoltre è sempre più diffuso, tra le giovani generazioni, la ricerca nell’attività lavorativa di formule di flessibilità: contratti a termine, di formazione-lavoro, di apprendistato, interinale, di collaborazione coordinata e continuativa, borse di studio... Tutte modalità che hanno portato a far risaltare un nuovo modo di conce- pire e di guardare al lavoro, visto appunto come spazio in cui potersi realizzare in autonomia e indipendenza, senza dover sottostare a regole e/o dover subire con- trolli e imposizioni. Nel corso di questo processo di cambiamento le aziende, da sempre fortemente improntate sul modello fordista, vanno alla ricerca di nuovi percorsi organizzativi, di nuove espressioni, di nuovi ruoli e strumenti di rappresentanza, nell’intento di meglio cogliere/interpretare i trend del mercato. 1.2. Le politiche della formazione e dell’orientamento in un quadro di welfare attivo In questi ultimi anni il modello di welfare presente nei Paesi europei è stato oggetto di un profondo ripensamento sia in generale, a livello continentale, sia in particolare sul piano italiano: tale riflessione ha puntato soprattutto a una moderniz- zazione della sua impostazione (Colasanto e Lodigiani, 2007; Castel, 2004; Heme- rijk, 2002; Naldini, 2006; Paci, 2005; Ranci, 2002 e 2004; Ferrera, Hemerijk e Rhodes, 2000; Ferrera, 1998). Indubbiamente dietro questo processo innovativo sono riscontrabili motivazioni di carattere economico: la dilatazione eccessiva dei compiti dello Stato sul piano socio-assistenziale, che non è più sostenuta dalla co- pertura contributiva dei cittadini, ha causato gravi problemi finanziari, mentre dal punto di vista organizzativo si sono moltiplicati i casi di spreco, inefficienza, buro- cratizzazione e clientelismo. Tuttavia una spiegazione di natura solo economicistica od efficientistica non è in grado di cogliere tutte le ragioni del cambiamento. Altre dinamiche vanno messe in risalto, quali: nel mercato del lavoro, la flessibilizza- zione, la precarizzazione e la femminilizzazione; nel mondo delle organizzazioni, il passaggio da una impostazione meccanica di natura fordista ad una organica quali- 19 ficata da un alto grado di complessità e in cui le strutture e i ruoli si presentano come sistemi aperti che operano in base ad ambiti di autonomia; nelle dinamiche demografiche, il graduale invecchiamento della popolazione; nelle relazioni fami- liari, spinte alla differenziazione, alla pluralizzazione e alla fragilizzazione; nei rap- porti tra persona e società, fenomeni accentuati di individualizzazione, accompa- gnati dalla domanda di autorealizzazione, ma anche dall’affermarsi di situazioni di vulnerabilità e di incertezza. Va aggiunto che la statalizzazione della società ha prodotto i suoi effetti più negativi alla radice stessa del vivere associato: soffocamento della creatività dei mondi vitali, deresponsabilizzazione delle persone nella soddisfazione dei loro bi- sogni essenziali e crescita di un privatismo che consiste nel ricercare la propria rea- lizzazione nel consumo delle merci. Pertanto, l’impostazione tradizionale di wel- fare non sembra capace di dare risposte adeguate ai nuovi nodi problematici che caratterizzano la società della conoscenza, né alla domanda di protezione che viene dai cittadini. Le dinamiche di innovazione in atto e le riflessioni che le accompagnano stanno facendo emergere nel nostro continente un modello di Stato sociale attivo, “proteso a sviluppare la promozionalità dei cittadini, la loro responsabilità, il loro empowerment, ossia la loro capacità di fronteggiare le situazioni, agire con consa- pevolezza ed efficacia accrescendo le proprie conoscenze e le competenze perso- nali, facendo leva sulle proprie risorse, puntando sul lavoro e sulla formazione” (Colasanto e Lodigiani, 2007, 9; Castel, 2004; Hemerijk, 2002; Naldini, 2006; Paci, 2005; Ranci, 2002 e 2004; Ferrera, Hemerijk e Rhodes, 2000; Ferrera, 1998). Il nuovo welfare si presenta come garante della soddisfazione per tutti i cittadini dei bisogni fondamentali, benché non più primariamente gestore anche se lo rimane in via sussidiaria: in altre parole, la sua funzione va pensata come garante promo- tore. Pertanto, la realizzazione del benessere non dovrà essere affidata tanto a pac- chetti di beni o servizi erogati direttamente da parte dello Stato o delle sue strut- ture, quanto alla garanzia della possibilità di produrli attraverso forme di autorga- nizzazione e autogestione degli stessi cittadini, singoli o comunità, con il sostegno dello Stato. Nel concetto di solidarietà rimane l’aspirazione alla giustizia sociale, al superamento delle diseguaglianze tradizionali. Però la nuova solidarietà dovrà co- niugare contemporaneamente i bisogni della soggettività, dare soddisfazione alle esigenze individuali, valorizzare il diritto di ciascuno alla differenza. È centrale il concetto di corresponsabilità: la solidarietà non va confusa con l’assistenzialismo, ma richiede che ogni persona, anche l’emarginato, diventi attore dell’avvenire pro- prio e collettivo. La concezione di un welfare attivo e dinamico che si sta affermando nell’UE a cominciare dal vertice di Lisbona del 2000 non vuole limitarsi a un’assistenza di natura unicamente passiva, mirata cioè a proteggere le persone dalle situazioni pro- blematiche in un’ottica di riparazione del danno ricevuto (disoccupazione, malattia, invalidità, vecchiaia), ma punta a mettere in campo strategie di carattere abilitante 20 nel senso che intende primariamente rafforzare le capacità di decisione, azione e partecipazione attiva dei cittadini e di auto-protezione e responsabilizzazione ri- spetto al ventaglio dei problemi sociali da cui sono minacciati (Colasanto e Lodi- giani, 2007; Vanderbrouke, 1999 e 2004). In altre parole, si tratta di allargare la gamma degli interventi oltre il supporto al reddito, includendo quelli di promozione della persona nell’affrontare condizioni di disagio. Si parla in questi casi anche di welfare-to-work, cioè di un welfare che mira allo sviluppo di una cittadinanza attiva e che trova nel lavoro un settore fondamen- tale per l’integrazione sociale (Colasanto e Lodigiani, 2007; Lodigiani, 1999 e 2005). Per capire la differenza rispetto al passato, è sufficiente riflettere sulla distinzione tra promettere l’occupazione e garantire l’occupabilità; in altre parole, non ci si ferma a offrire un posto di lavoro, ma si vogliono creare le condizioni, da una parte, per promuovere nella persona le conoscenze e le competenze per conse- guire un’occupazione e dall’altra, in riferimento al mercato, per sviluppare in esso opportunità tali da poter essere facilmente utilizzate. Sorreggono questa imposta- zione tre principi basilari: anzitutto, l’occupazione rappresenta generalmente un progresso in paragone alla condizione di assistenza e di dipendenza dai servizi sociali; la corresponsione di indennità non può avere che un carattere selettivo nel senso che dovrà essere condizionata all’accertamento di una vera situazione di bisogno; essa inoltre non può che essere promozionale in quanto dipenderà dal- l’impegno delle persone in stato di bisogno a cui verrà richiesta la partecipazione ai programmi di (re)inserimento lavorativo, all’accettazione di un’occupazione alle condizione di mercato e alla frequenza di attività formative. La meta pertanto è quella attuare la flexicurity che significa realizzare un rac- cordo tra il bisogno di flessibilità del mondo della produzione e del lavoro e la do- manda dei cittadini di sicurezza e protezione sociale (Colasanto e Lodigiani, 2007). Ciò richiede l’esistenza di una strategia politica deliberata che riesca realmente a puntare sui due obiettivi e a fare sintesi tra di loro; inoltre, l’impegno deve essere rivolto a sostenere non solo i lavoratori che operano regolarmente e stabilmente all’interno del mercato del lavoro, ma anche i marginali, gli esclusi e coloro che cercano di accedervi. Tenuto conto del tema di questo rapporto, pare opportuno approfondire, anche se sinteticamente, i risvolti della trasformazione in atto nel welfare che riguardano la formazione e l’orientamento. La transizione da un modello assistenziale e assicu- rativo, focalizzato sul lavoro, a una impostazione attiva e attivante, tarata sull’occu- pabilità e sulla partecipazione porta in primo piano le politiche del capitale umano (Colasanto e Lodigiani, 2007; Ambrosini e Beccalli, 2000; Busilacchi, 2006; Gid- dens, 1999; Paci, 2005; Paci e Melone, 1997). Il cambiamento di ottica che è inter- venuto in questa trasformazione implica un mutamento significativo nel ruolo dello Stato sociale che non si limita a interventi di protezione passiva, ma si impegna a fornire servizi alla persona di natura promozionale che la abilitino a confrontarsi in maniera vincente con le situazioni di rischio che sperimenta nel corso della vita. 21 In altre parole, il welfare attivo mira principalmente a promuovere il capitale umano dei cittadini, assicurando un diritto all’inserimento nel sistema sociale che non significa prima di tutto sicurezza di un’occupazione, ma piuttosto certezza di una formazione adeguata come strumento di cittadinanza. Ciò che conta soprattutto sono le capacità della persona di utilizzare a proprio vantaggio le potenzialità che la società mette a disposizione in vista dello svolgi- mento di un ruolo attivo nel mondo del lavoro e nel sistema sociale a servizio del bene comune e della propria autorealizzazione. Entro questa cornice “la forma- zione [...] si configura come strumento per aumentare l’occupabilità, per accedere a impieghi più sicuri, meglio remunerati, di maggiore qualità e dunque anche più soddisfacenti, nonché per accrescere il grado di consapevolezza e spirito critico del soggetto, entrambi tasselli di un reale processo di empowerment, di capacitazione individuale, di accrescimento delle sue chance negoziali e decisionali oltre che oc- cupazionali” (Colasanto e Lodigiani, 2007, 21). Gli stessi autori precisano con molta chiarezza il significato di un concetto centrale di tutto il ragionamento, quello di empowerment che riporto anche questo alla lettera: “capacità di attiva- zione sul piano lavorativo (occupabilità); capacità di attivazione sul piano della de- finizione del percorso di uscita dalla condizione di bisogno (consapevolezza, auto- nomia, responsabilità per sé); capacità di attivazione sul piano della partecipazione alla programmazione (corresponsabilità, responsabilità per sé e per gli altri)” (Ibidem, 21-22). Ne segue che le politiche del capitale umano vengono ad assu- mere la funzione di punto nodale di incontro tra le politiche del lavoro, quelle so- ciali e dell’apprendimento per tutta la vita. Questo nuovo modello di welfare attivo trova in Europa diverse modalità di attuazione tra le quali ne emergono soprattutto due: una più umanistica e l’altra più produttivistica (Colasanto e Lodigiani, 2007; Barbier, 2005). La prima è focaliz- zata sullo sviluppo della persona e presenta caratteristiche inclusive e universali- stiche. Gli interventi si concentrano sul capitale umano in quanto si mira principal- mente a promuovere le capacità di scelta e di decisione dei soggetti, la loro respon- sabilità, le opportunità di autorealizzazione. In questo caso, l’ingresso nel mondo del lavoro rimane certamente importante, è una delle strategie per attuare lo svi- luppo integrale della persona, ma non l’unica, è indubbiamente necessario per assi- curare una cittadinanza, ma non sufficiente. In questa modalità, la formazione svolge un ruolo centrale ai fini dell’empowerment e della capacitazione della per- sona. L’altra declinazione del welfare-to-work si distingue per l’impostazione for- temente efficientistica. In tale caso l’esercizio dei diritti sociali è condizionato al- l’impegno delle persone nel mercato del lavoro e la formazione viene concepita in maniera strumentale e come un intervento di breve termine cioè solo come politica attiva del lavoro. Anche l’Italia è impegnata in questa transizione da un modello assistenziale e assicurativo di Stato sociale, a un’impostazione attiva e attivante e ha varato una serie di misure che si ispirano all’impostazione europea sia nell’una che nell’altra 22 declinazione (Colasanto e Lodigiani, 2007; Kazepov, 2006). In particolare si pos- sono ricordare i seguenti orientamenti innovativi: le politiche di welfare sono state ripensate su base territoriale, si è proceduto a un ampliamento consistente del numero degli attori e dei livelli di governo coinvolti e degli interventi da porre in essere; la legislazione sul lavoro è stata riformata profondamente e si è cercato di adeguarsi alle linee prevalenti nell’UE; si è pure cercato di introdurre cambiamenti rilevanti nei servizi all’impiego. Questa azione riformatrice ha prodotto effetti si- gnificativi: la centralizzazione dell’amministrazione è stata grandemente ridotta mediante l’introduzione di un livello elevato di decentramento; è venuto meno il monopolio pubblico del compito di intermediazione della manodopera; l’accesso all’occupazione è stato reso meno rigido mediante misure di flessibilizzazione. Tuttavia, le innovazioni numerose e significative che sono state introdotte in questi ultimi anni sono state accompagnate da effetti imprevisti e ambigui e ciò è dovuto soprattutto all’azione di due fattori: i ritardi nella realizzazione delle riforme approvate a livello legislativo e le notevoli differenze che si riscontrano sul piano territoriale. Più specificamente sono riscontrabili le seguenti situazioni di rischio: le disparità territoriali tendono a consolidarsi a livello istituzionale dando luogo a occasioni di conflitto tra il centro e le regioni e tra le stesse regioni; solleva anche problemi non facili da risolvere la funzione del coordinamento; il processo decisionale presenta limiti non indifferenti quanto a trasparenza e accountability; risulta infine tutt’altro che facile gestire sul piano nazionale i fattori dell’esclusione sociale. Questo andamento si riscontra in particolare nelle politiche della forma- zione e dell’orientamento che finiscono per essere condizionate dalla frammenta- zione regionale e dai rapporti non sempre collaborativi tra gli attori. A ciò va aggiunto che la modernizzazione dei servizi all’impiego è frenata dalla diversifi- cazione territoriale e dalla eterogeneità delle competenze professionali, mentre la riforma delle misure di protezione sociale è ancora lontana dall’essere compiuta. In conclusione, “il sistema italiano di welfare attivo pare caratterizzarsi per lo scollamento esistente in certi suoi settori tra la norma definita e la sua attuazione concreta, tra i servizi promessi e la loro erogazione, tra il bisogno latente dei sog- getti e quello realmente espresso, tra il riconoscimento dei diritti e la capacità di tradurli in risorse effettive” (Colasanto e Lodigiani, 2007, 131). 2. L’ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO NEL QUADRO DELL’ORIENTAMENTO Dopo aver presentato sinteticamente l’andamento della transizione dal sistema educativo al mondo del lavoro nel contesto del passaggio a un modello attivo di welfare, l’attenzione si sposta sulla tematica centrale del nostro rapporto, cioè sul- l’accompagnamento al lavoro. Per riuscire a comprendere meglio le problematiche sottese, ho ritenuto opportuno premettere una sezione sulla condizione dell’orienta- mento in generale. 23 2.1. La situazione dell’orientamento Incomincio con il riportare i risultati di uno studio del CENSIS da poco pub- blicato (2008). Nel decennio passato l’orientamento è stato raggiunto da una serie di provvedimenti normativi importanti che hanno influito in misura rilevante sul- l’impostazione della rete di offerta. Anzitutto, va ricordato il D.lgs. 469/97 che ha trasferito alle Regioni e agli Enti locali poteri significativi in tema di occupazione e in particolare, per quanto riguarda l’argomento che si sta trattando, sull’organizza- zione dell’orientamento ad opera dei servizi per l’impiego e professionali. Nelle università è stato previsto per la prima volta un servizio di ateneo per il coordina- mento delle offerte in materia e sempre ad esse è stato anche conferito il compito di effettuare interventi di orientamento a favore degli allievi degli ultimi corsi delle secondarie di 2° grado. Inoltre, con il DM 166/01 sono state stabilite le condizioni da rispettare da parte delle istituzioni pubbliche e private che vogliano accedere ai finanziamenti del FSE in tema di formazione e di orientamento. Anche per effetto di questi provvedimenti si è esteso notevolmente il numero delle strutture che offrono attività in questo campo e si sono diversificate e allar- gate le categorie dei destinatari; in corrispondenza si è assistito a una moltiplica- zione di pratiche valide e innovative. Il CENSIS valuta in circa 26.000 l’entità delle strutture che forniscono nel nostro Paese servizi di informazione e di orienta- mento alla formazione e/o al lavoro (2008, 111-114). Tale quantificazione è stata effettuata a partire da una concezione larga di attività di orientamento quale prevale nell’UE e che mi pare utile riportare alla lettera: “Servizi tesi ad assistere persone di ogni età, in qualsiasi momento della vita, a compiere scelte educative, formative e professionali e a gestire la loro carriera. Ciò può comprendere servizi in scuole, università, servizi pubblici di impiego, aziende, volontariato/comunità e settore privato. I servizi possono essere individuali o collettivi, e possono essere diretti o a distanza [...]. Includono informazioni sulla carriera [...], strumenti di valutazione ed autovalutazione, interviste, programmi d’istruzione e gestione della carriera, programmi di prova, programmi di ricerca di impiego e servizi di transizione” (Ibidem, 111). Nel concreto le categorie di strutture censite ammontano a sei (Ibidem, 111- 114). Il sistema scolastico occupa il primo posto con 15.194 punti di offerta, pari al 60% circa del totale (58.8%): interviene principalmente con le secondarie di 1° e 2° grado che ammontano a 14.538 e con i centri territoriali per l’educazione perma- nente degli adulti. In seconda posizione si colloca il sistema dei servizi pubblici e privati per il lavoro che raggruppa 4.355 strutture con una percentuale del 16.9%: in questo caso sono di gran lunga prevalenti gli Informagiovani/sportelli informa- tivi degli enti locali (2.361), mentre a notevole distanza si riscontrano le agenzie di lavoro interinale, i centri per l’impiego, gli enti a servizio delle parti sociali e le ca- mere di commercio. Un numero di punti di offerta non molto diverso caratterizza il sistema di formazione professionale, 3.845 o il 14.9%: il settore di gran lunga più importante è costituito dagli enti di formazione professionale e dalle agenzie for- 24 mative di accreditamento per l’orientamento con 3.600 strutture seguite dai centri di orientamento regionali e provinciali. Al di sotto del 5% si trovano il terzo settore (1.051 o il 4.1%), il sistema dell’alta formazione (797 o il 3.1%) e i servizi sociosa- nitari (600 o 2.3%). Accanto a questo complesso imponente di offerte va anche ricordato il servizio che viene svolto dalle imprese in modo trasversale all’organico aziendale. Anche se finora manca una valutazione affidabile del numero delle strutture che offrono tali attività, tuttavia esiste un indicatore significativo delle iniziative approntate in tale ambito: esso è fornito dalle ore di formazione del personale dedicate allo sviluppo di abilità personali e alla conoscenza del contesto lavorativo che, secondo dati del 2005, costituirebbero il 15.6% del totale del tempo destinato alla formazione dei propri addetti da parte delle aziende con almeno 10 dipendenti (CENSIS, 2008, 114-115). In proposito va sottolineato che non si notano grandi differenze tra grandi e piccole imprese: le aziende che più si impegnano in tale ambito sono le medie (250-499 addetti) che vi dedicano il 22.7% delle ore; le grandi si collocano sulla media (1000 addetti e oltre, il 14.9%; 500-999, il 15%), e lo stesso andamento si riscontra grosso modo con le piccole (10-19 addetti, il 13.5%; 20-49, il 13.6%; 50-249, il 16.3%). Se la situazione dell’orientamento appare positiva sul lato dell’offerta, almeno sul piano quantitativo, diversa è la valutazione qualora ci si ponga dalla parte della domanda perché le strutture e le attività che ho appena elencato non sembrano ri- spondere in misura soddisfacente alle attese delle molte categorie di destinatari (CENSIS, 2008, 115-118). Il 60% circa (57.7%) degli studenti del gruppo di età 14- 19 anni non ritiene adeguate le iniziative realizzate dalle scuole secondarie di 1° grado perché le considera troppo generali e generiche, mentre il 15.4% denuncia la loro assenza. Inoltre, quasi il 40% (38.9%) degli allievi che terminano la secon- daria di 2° grado afferma di aver conseguito informazioni sulle possibilità forma- tive e occupazionali principalmente in base all’impegno personale, soprattutto con- sultando riviste e giornali o internet, mentre solo il 13% si è recato presso i centri per l’impiego. Un andamento analogo si riscontra nelle opinioni espresse da un campione di adulti (25-70 anni). Il 56% non conosce strutture che nel proprio contesto forni- scono attività di formazione per adulti e i tre quarti quasi (73%) hanno preso da soli la decisione di iscriversi a corsi di formazione. Inoltre, intorno a un quarto non sa indicare strutture a cui rivolgersi per ottenere informazioni sull’offerta formativa del territorio (22.2%) o, pur essendo capace di individuarle, conosce solo quelle pubbliche. Al contrario le fonti principali di orientamento vengono identificate in internet e nella rete delle relazioni primarie e informali dei familiari, degli amici e dei colleghi di lavoro. Più in sintesi si può dire che l’espansione molto sostenuta riscontrata sul piano dell’offerta di attività di orientamento è risultata carente a livello di una prospettiva di sistema. La mancanza di un quadro di riferimento unitario e semplificato ha pro- 25 vocato “frammentazione istituzionale, incertezza tecnico-organizzativa e talvolta precarietà professionale” (CENSIS, 2008, 117). La riforma del Titolo V della Co- stituzione ha implicato il decentramento di gran parte delle competenze riguardo all’orientamento con effetti positivi quanto alla vicinanza e all’aderenza dei servizi ai bisogni dei diversi contesti; al tempo stesso, però, ha reso più problematico “ga- rantire standard minimi di qualità a tutti i cittadini, attivare processi di integrazione tra i diversi sub-sistemi di offerta e ridurre il mismatch tra i servizi erogati e i fab- bisogni dell’utenza” (Ibidem). Dopo aver presentato questi dati generali, passo a richiamare sinteticamente i risultati del monitoraggio condotto sui percorsi triennali sperimentali di istruzione e formazione professionale che riguardano le misure di accompagnamento (Unione Europea e Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, 2006). Il relativo rap- porto le definisce come “un insieme di servizi non formativi (informazione, orien- tamento, consulenza formativa e professionale, supporto individuale, monitoraggio degli abbandoni, bilancio delle competenze, ecc.) di supporto all’allievo che pos- sono rendere maggiormente fruibili i percorsi di istruzione e di formazione favo- rendone il successo, anche in termini di inserimento lavorativo o di ulteriore forma- zione” (Ibidem, 28).2 Il rapporto precisa che le misure di accompagnamento corri- spondo a una duplice finalità, quella di favorire l’accesso dei giovani alle attività formative e quella di accompagnarli nell’inserimento nel mercato del lavoro. Inoltre, sono offerti anche percorsi personalizzati per supportare in particolare l’ap- prendimento dei giovani appartenenti alle fasce deboli. Pertanto, se da una parte l’orientamento è chiamato ad abilitare gli educandi a divenire soggetti attivi nella elaborazione e nella attuazione del proprio progetto personale e/o professionale, dall’altra la personalizzazione permette di affrontare con successo la diversifica- zione crescente di finalità, attese, prerogative psico-sociali degli allievi. Da un punto di vista generale, il rapporto di monitoraggio del 2006 ha riscon- trato un aumento dell’utilizzo delle misure di accompagnamento nei percorsi trien- nali sperimentali rispetto al momento dell’avvio di tale offerta nel 2003. La crescita va messa in collegamento con la maggiore partecipazione delle famiglie e con il ri- corso ad azioni di supporto all’apprendimento attraverso stage di “apprendimento” o mediante i LARSA. Venendo più nei particolari delle cinque categorie di misure adottate nei per- corsi triennali sperimentali, la prima consiste nelle azioni di orientamento, com- prensive degli interventi di accoglienza, counseling, riorientamento e misure di ac- compagnamento all’inserimento lavorativo. “Sono azioni rivolte soprattutto a rin- forzare l’identità professionale dei giovani, valorizzando le specifiche risorse indi- viduali, nell’ottica di definizione di un progetto personale/professionale, e finaliz- 2 In questo capitolo le misure di accompagnamento al lavoro verranno intese in un senso più ristretto, cioè solo quelle mirate a facilitare l’inserimento lavorativo: su questo punto cfr. più ampia- mente la sezione 2.2. 26 zate anche a prevenire il fenomeno della dispersione scolastica e formativa” (Ibidem, 29-30). Più specificamente vanno evidenziati gli interventi di accoglienza che mirano a facilitare la socializzazione iniziale dei giovani nel gruppo della classe o del corso. Un altro insieme di misure riguarda i percorsi di formazione orientativa, cioè atti- vità di orientamento iniziale e in itinere che hanno come scopo di rafforzare la scelta del corso, identificando le caratteristiche e le dimensioni soggettive dei gio- vani, favorendo la coscienza di sé riguardo agli interessi, ai valori e alle attitudini professionali e cercando di contribuire all’analisi della figura lavorativa di riferi- mento. Quanto alle misure di accompagnamento/inserimento professionale in senso stretto, va anzitutto precisato che esse si collocano nella fase terminale delle attività di orientamento e mirano fondamentalmente a consentire agli allievi l’apprendi- mento sul piano conoscitivo degli aspetti rilevanti dello sviluppo e degli obiettivi professionali. Nel primo caso si tratta di acquisire i tratti principali in cui si articola lo sviluppo e le relative fasi, mentre nel secondo si cerca di arrivare a una formula- zione valida degli obiettivi in vista della elaborazione di un progetto personale for- mativo e professionale e le tappe che si richiedono per la loro realizzazione. Una seconda categoria di misure rientra nel tutoring. La finalità è quella di ac- cogliere ed accompagnare gli allievi come gruppo e come singoli durante l’intero corso e di porre in essere tutte le condizioni necessarie per raggiungere gli obiettivi intesi di sviluppo personale e professionale. Gli interventi principali consistono nel favorire l’apprendimento graduale della cultura del lavoro e nel facilitare l’ingresso degli allievi nel mondo produttivo. Segue il complesso delle strategie di personalizzazione. In questo caso si tratta anzitutto di adeguare le metodologie formative alle esigenze dei giovani e dei con- testi di apprendimento. Rientrano in questo ambito anche gli interventi rivolti a fa- cilitare l’acquisizione delle competenze richieste ai fini dello sviluppo professio- nale, sociale, culturale dei giovani e sempre nel quadro della ricerca dell’occupabi- lità. Un altro ambito è costituito dalle strategie mirate a promuovere il protago- nismo e la responsabilizzazione degli allievi. Tutto ciò richiede l’ottimizzazione di tutte le opportunità di apprendimento esistenti nel contesto. Le azioni di supporto alle fasce deboli hanno portato a tenere conto nei per- corsi sperimentali triennali delle differenze delle caratteristiche personali, della diversa capacità di apprendimento degli allievi, dei problemi che questi possono trovare nel seguire percorsi standard e dei loro punti di partenza differenziati. Il sostegno è consistito nel ricorso a moduli diversificati per competenze, ad analisi e verifiche in itinere, alla consulenza didattica di tutor specifici, a moduli di sostegno e di recupero, al rafforzamento delle abilità conoscitive e al monitoraggio degli itinerari formativi. L’ultima categoria di misure di accompagnamento identificate dal rapporto di monitoraggio dei percorsi triennali sperimentali è costituita dai laboratori di recu- pero e di sviluppo degli apprendimenti, ossia dai LARSA. Essi vengono offerti di 27 solito a gruppi di livello in percorsi omogenei che hanno bisogno di recupero o di approfondimenti, a persone o a gruppi in fase di passaggio e a persone e a gruppi che sperimentano condizioni problematiche di disagio formativo e/o occupazionale e che non seguono percorsi istituzionali. Gli interventi consistono in attività di re- cupero personalizzato, di compensazione, di riequilibrio culturale e, nel caso della transizione da un sottosistema all’altro, si fa ricorso alla descrizione del portfolio degli apprendimenti per identificare l’eventuale area di completamento. Significativi per valutare l’orientamento alla scelta della formazione profes- sionale sono anche i risultati di una ricerca sui percorsi formativi del diritto-dovere che però riguardano solo un campione rappresentativo di allievi del CIOFS/FP e del CNOS-FAP (Malizia, Becciu, Colasanti, Mion e Pieroni, 2007, 70; 80-81). La prima ragione della scelta del percorso formativo consiste in un dato oggettivo ed è offerta dal risultato degli esami di licenza di scuola secondaria di 1° grado. Più del 60% ha ottenuto un giudizio di sufficiente, neppure il 30% quello di buono e meno del 5% quello di distinto o di ottimo. Nonostante la riforma, la FP iniziale continua ad essere il sottosistema formativo per i ragazzi che non riescono a scuola. Al termine della scuola secondaria di 1° grado i due terzi quasi avevano rice- vuto il consiglio di iscriversi al sistema di istruzione e di formazione professionale, in parti quasi eguali tra gli istituti professionali e la FP: al momento di decidere il primo gruppo, quello degli istituti professionali, ha preferito proseguire nella FP iniziale. A un quinto circa era stato suggerito invece di frequentare i licei e gli isti- tuti tecnici, ma essi non si sono attenuti a tale indicazione e hanno optato per la FP iniziale. I dati mettono in evidenza come i consigli forniti alla conclusione della se- condaria di 1° grado vengono seguiti appena da un terzo dei licenziati per cui c’è da interrogarsi seriamente sulla validità dell’orientamento offerto in uno degli snodi fondamentali della carriera scolastica e formativa dei giovani in Italia. Venendo alle motivazioni soggettive per cui gli allievi si iscrivono alla FP, solo il 12% del campione dichiara di essere stato orientato dai docenti della scuola. Inoltre, appena il 3.2% ha scelto la FP dietro suggerimento di uno psicologo o di un Centro di orientamento. La ricerca inoltre evidenzia come, in conformità al classico stereotipo dell’al- lievo/a della FP, la pregressa esperienza scolastica si riproponga caratterizzata, in almeno metà dei casi, da insuccessi e/o da una condizione di “debolezza”. Una tale situazione, in parte, può essere attribuita sia ad un’estrazione familiare già di per sé di livello culturale basso, con genitori che hanno appena raggiunto (e non sempre) il livello dell’obbligo, sia, come sovente accade, a scelte sbagliate/inadeguate, fi- glie, il più delle volte, di attività di “disorientamento” piuttosto che di orientamento agli studi superiori. Diversa è la valutazione dell’orientamento fornito dalla FP che viene data da un campione rappresentativo di ex-allievi dei CFP del CIOFS/FP e del CNOS-FAP che nell’anno 2005-06 hanno portato a termine il percorso triennale del diritto-do- vere. Infatti, sia quelli che hanno continuato a studiare, sia quelli che attualmente la- 28 vorano, sia quelli che non studiano né lavorano ritengono che tali attività hanno cor- risposto tra molto e abbastanza alle loro attese (Malizia e Pieroni, 2008, 82; 92; 99). 2.2. Le strategie dell’accompagnamento al lavoro: le indicazioni della lettera- tura Incomincio con una definizione: l’accompagnamento al lavoro consiste in “un’azione consulenziale personalizzata, assicurata da tecnici specializzati, per fa- cilitare l’inserimento lavorativo [...] di soggetti che intendono entrare nella vita la- vorativa, come lavoratori autonomi o imprenditori o come lavoratori dipendenti” (Ghergo, 2007a, 19; Moro et alii, 2008; Bramanti e Odifreddi, 2006; Modanesi 2004; Passerini, 2002; Assefor, 1997; De Benedettis, Mingolla e Scaccheri, 1997). Si tratta di una terminologia recente che trova un utilizzo ampio nei testi di carat- tere programmatorio e nei progetti formativi integrati, mentre è ancora poco usata nella normativa. Gli ambiti operativi fondamentali sono di due tipi: i processi formativi e quelli orientativi. Nel primo caso, l’accompagnamento al lavoro costituisce una tappa di un itinerario della FP, di solito quella terminale; di conseguenza, i destinatari delle misure che vengono fornite sono gli allievi dei percorsi presi in considerazione e l’intervento si colloca in uno specifico comparto economico, quello proprio del corso frequentato. Nella seconda fattispecie, l’accompagnamento al lavoro si pre- senta come un servizio offerto da strutture di orientamento e di inserimento occu- pazionale; inoltre, i destinatari sono tutte le categorie a cui si rivolge la struttura e le varie attività prestate riguardano tutte le potenzialità occupazionali e imprendito- riali di ogni comparto di uno specifico contesto. In ambedue gli ambiti, gli inter- venti consistono in una molteplicità di modalità in base alla tipologia di target: dal- l’età, alla scolarità, all’handicap, al disagio. Anche i percorsi si distribuiscono secondo due diverse articolazioni fonda- mentali. Nel lavoro dipendente essi comprendono l’acquisizione di competenze, l’elaborazione di un progetto di percorso di ricerca, la sua validazione e la sua ese- cuzione. Nel lavoro autonomo l’accompagnamento include la verifica della voca- zione all’imprenditorialità, la definizione di un’idea imprenditoriale e la sua valida- zione, la predisposizione di un piano di impresa, la verifica della sua fattibilità e la sua esecuzione. Nei processi orientativi va prevista anche una tappa preliminare mirata a capire le proprie potenzialità, ad accrescere il grado di autostima e, se la situazione lo richiede, pure a rimotivare il soggetto assistito. Un’ultima considerazione generale va anche riservata alla figura dell’accom- pagnatore. Il suo compito è di natura consulenziale e si fonda sul riconoscimento della centralità della persona assistita e del suo ruolo attivo nell’azione di accompa- gnamento. “Pertanto deve aiutarlo nel maturare la consapevolezza sia dei propri bi- sogni, aspirazioni e attitudini, dei propri valori e motivazioni, delle proprie risorse e capacità, in relazione alle scelte che si intendono fare, sia delle opportunità, e dei vincoli dell’ambiente e del settore lavorativo in cui intende inserirsi. Deve inoltre 29 favorire e sollecitare: l’assunzione di un atteggiamento attivo di ricerca delle infor- mazioni in rapporto a ciascuna delle possibili alternative a disposizione, l’acquisi- zione di una capacità di mettersi in discussione in ogni momento e di fronte a qual- siasi posizione da prendere, l’assunzione di un atteggiamento critico nei confronti delle pressione e dei condizionamenti socio-ambientali” (Ghergo, 2007a, 20). Dopo aver presentato in sintesi il quadro teorico di riferimento generale, illu- strerò più particolareggiatamente i due itinerari dell’accompagnamento al lavoro dipendente e a quello autonomo. Di ognuno si cercherà di precisare ambiti, percorsi e accompagnatori. 2.2.1. L’accompagnamento al lavoro dipendente Ribadito che la tematica in esame costituisce un’acquisizione recente che si presenta ancora più come intuita che adeguatamente definita, è opportuno precisare che le considerazioni svolte nel prosieguo riguardano fondamentalmente il mondo della istruzione e formazione professionale iniziale (Marsilii, 2003 e 2007; Ghergo, 2007a; CNOS-FAP Piemonte, 2003; Antoni e Giaconi, 2006; Batini, 2005; Fior- della e Negnes, 2004; Tessa, 2004; Armano, 2003; Elevati, Pavoni e Tabacchi, 2003; Ferrari 2003). Punto di partenza condiviso di tutto il discorso è che, nella si- tuazione attuale del mercato di lavoro, il reperimento di un’occupazione costituisce un compito tutt’altro che facile e richiede impegno, dedicazione, investimento di tempo e di risorse per cui risulta decisivo acquisire le conoscenze e le competenze necessarie per essere capaci di ricercarla con metodo e sistematicità. Ne segue che l’accompagnamento al lavoro dipendente dovrà aiutare i giovani ad assolvere alle tre condizioni principali di tale percorso: identificare le mete da perseguire, proget- tare le attività da attuare e preparare gli strumenti di cui servirsi. In questo cammino la prima tappa che viene suggerita è quella di procedere ad una individuazione precisa degli obiettivi che si vogliono conseguire (Marsilii, 2003 e 2007; Ghergo, 2007a; CNOS-FAP Piemonte, 2003; Antoni e Giaconi, 2006; Batini, 2005; Fiordella e Negnes, 2004; Tessa, 2004). Ciò richiede una seria auto- valutazione delle motivazioni e delle risorse personali che può essere focalizzata su tre domande. La prima può essere formulata nei seguenti termini: “Chi sono?”, e intende sollecitare il giovane a una presa di coscienza riguardo a tre aspetti della sua personalità: le attitudini, le caratteristiche umane, le possibili affinità con tipi di lavoro. La seconda passa dal saper essere al saper operare e si esprime nel seguente interrogativo: “Che cosa so fare?”; in questo caso l’obiettivo è quello di invitare il giovane a identificare ciò che vuole e sa fare, non in generale ma invitandolo a un confronto tra le opportunità esistenti nel mondo del lavoro e le proprie capacità ed esperienze reali. Nell’ultimo quesito la domanda consiste nel chiedersi: “che cosa desidero fare?” e si mira a identificare il tipo di occupazione che si vuole cercare sulla base di una serie di parametri quali: il comparto produttivo, il grado di auto- nomia e di responsabilità, l’ambiente e l’orario di lavoro e le opportunità di car- riera. Questi interrogativi dovrebbero consentire di identificare le proprie attese 30 personali e di delineare i contorni della occupazione che si desidera svolgere e così mettere le basi della elaborazione di un progetto professionale. La determinazione di obiettivi concreti, realistici e corrispondenti alle proprie aspirazioni e inclinazioni, permette di evitare il rischio che, pur di trovare una oc- cupazione, i giovani inizino la ricerca dichiarando di essere disponibili a svolgere qualsiasi lavoro sulla base della convinzione che tale atteggiamento possa facili- tarne il reperimento. Gli esperti mettono in evidenza che tale approccio è sbagliato e le ragioni sono soprattutto due (Marsilii, 2003 e 2007; CNOS-FAP Piemonte, 2003). Anzitutto, questa modalità di inserimento demotiva l’interessato a impe- gnarsi nella elaborazione del proprio progetto professionale e in secondo luogo la gestione di una richiesta così ampia di occupazione comporta un tale spreco di energie da rendere eccessivamente lunghi i tempi per il reperimento di un lavoro. Pertanto, è consigliabile definire subito il settore più corrispondente alle proprie motivazioni e risorse e concentrare su quello i propri sforzi. Una seconda fase nell’accompagnamento al lavoro dipendente può essere identificata nel bilancio delle competenze (Marsilii, 2003 e 2007; Ghergo, 2007a; CNOS-FAP Piemonte, 2003; Antoni e Giaconi, 2006; Batini, 2005; Fiordella e Negnes, 2004; Tessa, 2004). In proposito, va anzitutto sottolineato che il procedi- mento complesso di disamine e valutazioni, appena richiamato, che risulta neces- sario per la definizione delle proprie attese e inclinazioni reali chiama in causa l’assistenza di personale esperto: la figura che viene più raccomandata è quella del consulente di orientamento che, tra l’altro, svolge il proprio lavoro gratuitamente in una molteplicità di organizzazioni, ormai operative pressoché in ogni Provincia, quali Centri per l’impiego, pubblici e privati, Informagiovani, Centri di orienta- mento, Università, Centri di formazione professionale, sportelli di associazioni di volontariato e servizi per il lavoro. Le prestazioni che possono essere offerte dalle strutture appena ricordate al fine di facilitare l’accompagnamento al lavoro sono varie e si va dal sostegno all’indivi- duazione delle proprie attitudini e interessi attraverso un bilancio di competenze, al- l’elaborazione di un progetto professionale, al reperimento di informazioni sul mondo del lavoro e sulle offerte formative, alle modalità per assicurare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, all’accesso alle banche dati, al supporto nella prepara- zione del curriculum vitae e delle lettere di autocandidatura. Il bilancio di compe- tenze o il bilancio orientativo costituisce senz’altro la strategia più efficace ai fini della preparazione del proprio progetto professionale. Esso può essere definito come “lo strumento destinato a chi cerca o vuole cambiare lavoro, utilizzato per indivi- duare il proprio obiettivo professionale e tratteggiare i percorsi possibili per raggiun- gerlo, sulla base delle caratteristiche del proprio profilo professionale e personale” (Marsilii, 2007, 7). Scendendo più nei particolari, si tratta di una strategia che si propone di fare il punto sulla condizione degli interessati sia a livello scolastico-formativo che sul piano professionale, basandosi sull’apporto fondamentale di personale esperto di 31 orientamento. Essa consiste in un intervento strutturato che si serve di “strumenti come griglie di valutazione, test, simulazioni, utili a mettere in luce sia l’iter forma- tivo e professionale certificato e dimostrabile, sia le attitudini, le abilità, le compe- tenze non certificabili, le potenzialità e le aspirazioni della persona” (Ibidem). Tale procedimento comprende dai 4 ai 6 incontri individuali e il prodotto finale consiste nella predisposizione di tre documenti: il bilancio delle competenze in senso stretto che offre una descrizione precisa ed esaustiva delle potenzialità, delle attese, dei valori e delle priorità dell’interessato; una prima proposta di progetto professionale che chiarisce le mete e l’itinerario da perseguire nel mondo del lavoro; una sintesi dei due testi che, sulla base dell’accordo raggiunto tra il consulente di orientamento e l’interessato, cerca di definire metodologie di azione e tappe di lavoro. L’attuazione del bilancio delle competenze pone le condizioni per passare alla terza fase dell’iter di accompagnamento al lavoro che consiste nella messa a punto del proprio progetto professionale. La disponibilità di questo documento mette nelle mani degli interessati uno strumento che dovrebbe consentire loro di percor- rere in maniera vincente tutte le fasi per il reperimento di un primo lavoro e anche quelle necessarie per la ricerca di una nuova sistemazione nel mondo del lavoro. La delineazione precisa delle diverse tappe dell’itinerario da percorrere offre in ogni momento del percorso i mezzi necessari per una disamina corretta della situazione e in particolare dei problemi emergenti per cui è sempre possibile identificare gli interventi, anche correttivi, che consentono in ogni momento di trovare le vie più adeguate per perseguire le mete che ci si è proposti. Per la preparazione del progetto professionale la letteratura specializzata offre indicazioni interessanti che però quanto al settore specifico dell’accompagnamento al lavoro non sono molto numerose dato che, come è noto, la riflessione teorica in merito è ancora recente e, quindi, non così sviluppata come in altri campi: tra le varie proposte che sono state avanzate dagli autori che si sono occupati del tema ho scelto lo schema di lavoro predisposto da Marsilii per la sua chiarezza, sinteticità e completezza (2003 e 2007; cfr. anche CNOS-FAP Piemonte, 2003; Antoni e Giaconi, 2006; Batini, 2005; Fiordella e Negnes, 2004; Tessa, 2004). La redazione del progetto professionale dovrà prendere in considerazione un insieme di variabili che possono essere identificate nei seguenti aspetti: “interessi, attitudini, qualificazione scolastica e/o formativa, esperienze professionali, esi- genze particolari e bisogni personali (livello di reddito, condizioni di contratto, aspettative lavorative, disponibilità e trasferimenti)” (Marsilii, 2007, 9); essi do- vrebbero consentire gli interessati di determinare le priorità da perseguire. Pertanto, lo schema di lavoro è diviso in quattro sezioni che offrono una guida preziosa per raccogliere informazioni sul tipo di occupazione che si vuole reperire, sulle condi- zioni entro cui si è disposti ad accettare un lavoro, sui fattori che incidono sulle decisioni da prendere, sui tempi e le modalità di reperimento. La prima sezione sul tipo di lavoro che si sta ricercando è rivolta a individuare la figura professionale verso la quale orientare l’impegno per la ricerca e il settore 32 lavorativo. Questa andrà definita attraverso indicatori che specifichino la posizione, le mansioni e il comparto. Altro non si può dire dato che l’identificazione del tipo di lavoro cercato rinvia a un procedimento autonomo di decisione che si diversifica a seconda della persona coinvolta. Quanto al settore lavorativo, una scelta fonda- mentale è già stata effettuata quella tra lavoro dipendente e autonomo perché ho distinto sulla base della letteratura esistente l’accompagnamento al lavoro secondo le due categorie fondamentali appena citata e, come si sa, in questa parte della disa- mina ci si occupa delle misure relative al lavoro dipendente. Rimane comunque un’altra decisione da prendere: quella della scelta tra settore pubblico e privato. Tradizionalmente, l’orientamento al primo comparto ha contraddistinto la domanda di lavoro di quanti aspiravano a un’occupazione caratterizzata da una più grande stabilità rispetto ai possibili rischi e alle incertezze del privato, anche se quest’ul- timo poteva offrire stipendi e soddisfazioni maggiori. Recentemente, tale differenza è diminuita in seguito sia alla trasformazione di parecchi enti pubblici in strutture di natura privata, sia al passaggio nelle mani di privati di beni e servizi gestiti nel passato dalla pubblica amministrazione, per cui le offerte di lavoro in questo am- bito si sono ridotte; nonostante l’andamento accennato, la diversità tra i due settori ha conservato una sua importanza che non può essere trascurata. Anche la seconda sezione affronta dimensioni del lavoro dipendente di partico- lare rilevanza in quanto esamina disponibilità e condizioni per l’ingresso nel mercato del lavoro. In primo luogo viene la tipologia dei contratti con tutta la panoramica delle forme di rapporto di lavoro dalle più tradizionali a quelle maggiormente inno- vative senza trascurare la formazione in alternanza. Altro aspetto anch’esso decisivo è l’orario di lavoro, né sono da meno l’area territoriale di preferenza e le dimensioni aziendali. Per finire con una dimensione centrale che è quella della retribuzione. Nella terza sezione sono stati raccolti tutti gli ulteriori elementi del mercato del lavoro che sono in grado di incidere sulle decisioni personali riguardo alla scelta di un’occupazione. Questi altri fattori e opportunità possono essere identificati nelle possibilità di ricerca di un lavoro anzitutto nei Paesi dell’UE ed eventualmente anche in altri Stati extra-europei. Un’opportunità nuova, ma in crescita, è senz’altro costituita dalle figure professionali che il Terzo settore offre non solo a livello nazionale, ma anche sul piano internazionale. Riguardo alle tre sezioni dello schema di lavoro è importante che l’accompa- gnatore offra al giovane un panorama il più possibile completo dell’organizzazione del mercato del lavoro e dei principali attori che vi operano. Inoltre, dovrà offrirgli tutte le informazioni utili per orientare gli sforzi della persona interessata verso il reperimento di un’occupazione. Ciò apre la strada alla quarta ed ultima sezione che è focalizzata non più sul soggetto che si interroga sulle decisioni da prendere, ma è concentrata su moda- lità, strumenti e tempi della ricerca del lavoro. Questa costituisce una fase impor- tante dell’esistenza della persona e si presenta piena di attese e al tempo stesso di perplessità e di preoccupazione. Frequentemente avviene che l’interessato, soprat- 33 tutto se giovane, sia incerto sulla direzione da prendere, sulle persone e le strutture a cui indirizzarsi e sulle strategie concrete da adottare. Per assicurare piena riuscita ai propri sforzi è opportuno organizzarsi con metodo e sistematicità, cercando di identificare chi possiede le informazioni giuste e quali strutture possono offrire adeguata consulenza. Occorre inoltre progettare un uso mirato del tempo da inve- stire nelle attività di ricerca del lavoro in modo sia da stabilire quanto in media si è pronti a dedicare alle iniziative per il reperimento dell’occupazione, sia da definire il periodo entro il quale l’interessato pensa di potersi collocare professionalmente. Le metodologie a cui far ricorso sono fondamentalmente di due tipi. La prima si concentra sul lavoro offerto e si serve degli annunci di lavoro delle imprese che si possono trovare sulla stampa e su internet. La seconda consiste nell’autopromozione e in questo caso l’iniziativa parte della persona stessa: infatti, è lei a identificare le aziende che le potrebbero interessare e a realizzare i necessari contatti per tele- fono, mediante la spedizione di lettere di autocandidatura, del proprio curriculum o andando di persona nelle imprese rilevanti ai fini del reperimento dell’occupazione. Le varie attività di ricerca del lavoro descritte finora rinviano alla realizzazione di un’efficace azione di tutoraggio. L’accompagnatore è colui che prende in carico l’interessato nella fase dell’inserimento lavorativo e lo sostiene nella predisposi- zione di soluzioni valide ai problemi che si presentano in questa fase delicata della vita. L’azione di tutoraggio all’inserimento lavorativo agirà in maniera integrata sia sull’utente sia sul mondo produttivo. 2.2.2. L’accompagnamento al lavoro autonomo Al mercato delle occupazioni e delle professioni si accede o in qualità di lavo- ratore dipendente, o nella veste di lavoratore autonomo (Ghergo, 2007b). L’opzione tra l’uno o l’altro tipo di inserimento costituisce una decisione fondamentale su cui incidono motivazione personale, variabili ambientali, attitudini individuali, aspetti tipicamente vocazionali, opportunità specifiche della propria storia o di quella del contesto in cui si è inseriti. Per compiere tale scelta non basta l’apprendimento di conoscenze e competenze professionali, ma si richiede che si sappia dove utiliz- zarle e che si possegga la capacità di avviare degli itinerari per promuoverle: in altre parole, si tratta di acquisire competenze di natura metodologica che consen- tano di attivare delle strategie concrete che portino all’inserimento nel mercato del lavoro e questa è la finalità fondamentale dell’accompagnamento al lavoro. Sopra, tale percorso è stato delineato sinteticamente per il lavoro dipendente; ora si cer- cherà di provvedere con la stessa essenzialità riguardo a quello autonomo. La prima tappa di questo itinerario può essere identificata nella verifica della vocazione all’imprenditorialità (Ghergo, 2007a e b; Roberts, 2006; Borello, 1999; Johnson, 1999; Kotler e Scott, 1998; Società per l’imprenditorialità giovanile, 1995; Alfano, 1994). Anche se il lavoro fisso continua a conservare una posizione prioritaria nelle attese della popolazione attiva del nostro Paese, non si può negare che in Italia si registra una voglia significativa di impresa. In proposito, è suffi- 34 ciente riflettere su alcuni dati quantitativi: anzitutto, va sottolineato che secondo in- formazioni recenti oltre 300.000 nuove imprese vengono annualmente create a li- vello nazionale e soprattutto che il Sud fa registrare percentuali superiori alla media generale; inoltre, il 64% di un campione di giovani della Lombardia dichiara che, se potesse scegliere, orienterebbe la propria decisione verso l’attività imprendito- riale (Ghergo, 2007b, 7-8). Sempre quest’ultimo sondaggio mette in risalto che l’attuazione di una vocazione imprenditoriale richiede il supporto soprattutto delle istituzioni e della famiglia, che in ogni caso occorre un’efficace preparazione al- l’imprenditorialità durante gli studi e che gli ambiti in cui intervenire includono non solo le risorse finanziarie, ma anche la consulenza giuridica sugli adempimenti burocratici e quella sulla gestione di impresa e l’assistenza nella transizione dal- l’idea imprenditoriale all’avvio del relativo progetto. Le ragioni che possono sollecitare i giovani a iniziare un’attività imprendito- riale sono diverse e vanno dal desiderio di un mutamento profondo nella propria esistenza, alla ferma convinzione della bontà del proprio piano aziendale, alla vo- lontà di gestire autonomamente il proprio tempo, allo scarso interesse, per non dire al rifiuto, per un’occupazione dipendente (Ghergo, 2007b). Queste ragioni devono però essere accompagnate dal possesso di adeguate capacità come quella organiz- zativa, di confrontarsi cioè in maniera vincente con i problemi della progettazione per cui sono necessarie versatilità, flessibilità, capacità di assunzione di rischi e di prendere decisioni in condizioni problematiche; egualmente importanti sono le atti- tudini alle relazioni umane, l’intuito nel prevedere e nel capire i bisogni dei clienti, nell’interpretare i cambiamenti; particolarmente rilevante è anche la creatività ov- vero la capacità di elaborare proposte innovative e questo sia nel momento iniziale in quanto un’impresa non può che prendere le mosse da un’idea originale, sia nel- l’esercizio delle attività imprenditoriali in quanto la presenza di un’azienda sul mercato è necessariamente condizionata dalla capacità di produrre continuamente beni o servizi nuovi. Pertanto, la decisione di entrare nel mercato come lavoratore autonomo o imprenditore rinvia a un giudizio da emettere, sforzandosi di dimo- strarsi il più onesti possibile con se stessi, circa il possesso o meno delle prero- gative a cui si è fatto riferimento sopra e sulla capacità di sostenere i rischi e i problemi che tale opzione implica. Da questo punto di vista può senz’altro aiutare un percorso di autoanalisi da effettuare con un accompagnatore esperto e facendo ricorso a strumenti adeguati di autovalutazione. La seconda fase di questo itinerario verso il lavoro autonomo consiste nella definizione di un’idea imprenditoriale e nella sua validazione (Ghergo, 2007a e b; Roberts, 2006; Borello, 1999; Johnson, 1999; Kotler e Scott, 1998; Società per l’imprenditorialità giovanile, 1995; Alfano, 1994). Più che dal sostegno delle istitu- zioni e di una famiglia importante o dal possesso di risorse importanti, il successo di un’attività imprenditoriale dipende dalla possibilità di disporre di un’idea vin- cente: questo è almeno quanto insegnano le storie di imprenditori che hanno potuto vantare una incidenza nel loro settore. Comunque, la questione è più complessa: 35 infatti, non è sufficiente poter contare su un’idea, ma questa deve possedere due caratteristiche essenziali nel senso che occorre che sia giusta e realizzabile. La prima condizione si può considerare adempiuta quando si può affermare che il bene o il servizio che si vorrebbe produrre corrispondono veramente ad una domanda concreta; in altre parole ci devono essere operatori del mercato che sono pronti a comprare il bene in questione o a servirsi della prestazione che verrà for- nita dall’aspirante imprenditore. La seconda caratteristica fa riferimento alla fattibi- lità dell’idea imprenditoriale che diviene effettiva quando esistono i requisiti neces- sari sul piano tecnico e finanziario. Anche in questo caso possono essere offerte al- l’aspirante imprenditore esercitazioni che consentono di verificare se questi dis- pone di una qualche idea che potrebbe diventare impresa, o che gli possono fornire opportunità che lo aiutino a fargli venire tale intuizione; è importante anche che gli venga offerto un adeguato tutoraggio da parte di un accompagnatore esperto. Nella terza tappa di questo percorso l’idea imprenditoriale viene elaborata in modo tale da diventare un piano d’impresa di cui ovviamente va anche verificata la fattibilità (Ghergo, 2007a e b; Roberts, 2006; Borello, 1999; Johnson, 1999; Kotler e Scott, 1998; Società per l’imprenditorialità giovanile, 1995; Alfano, 1994). “Il business plan è un vero condensato dell’idea imprenditoriale, una specie di impresa simulata, una proiezione che vuole prevedere che cosa accadrà quando l’impresa sarà effettivamente realizzata” (Ghergo, 2007b, 104). Va, inoltre, aggiunto che ela- borare il piano d’impresa esige tempo e impegno: infatti, questo non consiste mera- mente nella descrizione dell’attività che si vuole iniziare, né può essere ridotto a un preventivo dei costi più importanti da effettuare o a un elenco di fornitori da avvici- nare; al contrario esso costituisce un piano particolareggiato, quasi le fondamenta su cui costruire la nuova impresa, in grado di assicurarle le condizioni più efficaci non solo di sopravvivenza, ma soprattutto di sviluppo. Lo scopo è quello di tematizzare le scelte di fondo e di sistematizzare le infor- mazioni raccolte. Più in particolare il piano dovrà comprendere anzitutto la descri- zione dei beni e servizi che si vorrebbe produrre con uno speciale riguardo per i bisogni a cui si intende dare risposta e dei possibili clienti a cui ci si rivolge. A ciò si dovranno aggiungere informazioni sul comparto di riferimento e le opportune analisi di mercato: in particolare, sarà importante identificare gli spazi di mercato in cui collocarsi, conoscere la situazione dei possibili concorrenti, individuando aspetti positivi e negativi e le rispettive quote di mercato, determinare gli obiettivi di mercato da conseguire e le vie per ottenerli. Un terzo gruppo di elementi del piano include la scelta dell’organizzazione aziendale e del personale, la decisione circa la forma giuridica dell’impresa e la strategia economico-finanziaria. Se si passa da una visione statica del piano d’impresa a una dinamica, si deve dire che questo è formato da un complesso di piani o progetti intorno ai quali si concentrano le differenti funzioni ed attività aziendali. Tali politiche possono essere raggruppate in 5 ambiti: l’analisi di mercato e i piani di marketing e vendita di beni e/o servizi, di produzione, delle risorse umane e quello economico-finanziario. 36 Naturalmente il piano va sottoposto a una stringente verifica di fattibilità che costituisce un itinerario lungo e articolato. Si richiede, infatti, un complesso di ela- borazioni di dati e di informazioni che implicano un lavoro impegnativo: in parti- colare, si dovrà procedere alla verifica del prodotto e del mercato, all’analisi del processo di produzione e alla valutazione della fattibilità economica e finanziaria. Soltanto dopo aver realizzato con successo la verifica di fattibilità è possibile pas- sare alla quarta fase dell’accompagnamento al lavoro autonomo che consiste nella realizzazione del piano d’impresa. Parte II LA RICOGNIZIONE DELL’ESPERIENZA IN BASE AI DATI QUANTITATIVI E QUALITATIVI E LINEE GUIDA PER L’ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO 39 Capitolo 2 I dati quantitativi ottenuti attraverso la I parte della scheda di rilevamento Vittorio PIERONI Le attività di accompagnamento al lavoro e di orientamento professionale rap- presentano un istituto già ben sviluppato in molti Paesi dell’Unione Europea e in Italia essi sono contemplati dalla legislazione nazionale e regionale da diversi anni. Più in particolare, gli stage ed i tirocini formativi rappresentano un percorso a sup- porto di azioni di formazione, orientamento e sostegno all’inserimento lavorativo soprattutto di giovani in cerca di prima occupazione e/o appena usciti dal mondo della scuola, della formazione professionale e dell’università, ma anche e soprat- tutto di giovani immigrati, svantaggiati, a disagio e a rischio, in quanto sono pre- visti e/o rientrano nel completamento dell’attività formativa. La finalità del progetto formativo e/o delle attività di accompagnamento infatti è sempre quella di rispondere in maniera adeguata alle richieste dell’utenza di acquisire una serie di competenze professionali di particolare rilevanza per le im- prese. Rispetto ai rapidi e sostanziali cambiamenti del mercato del lavoro, si rende necessaria una progressiva socializzazione al ruolo degli utenti prima dell’ingresso nel sistema produttivo attraverso queste esperienze. Questo ha significato per l’u- tente un’attenzione all’opportunità offerta di svolgerle in condizione “protetta”, condizione che diventa in tal modo la base di partenza per la realizzazione di un personale progetto professionale. In tutti questi casi tali attività prevedono un inserimento temporaneo in azienda, a seguito della definizione di un progetto formativo accompagnato da una conven- zione firmata dal giovane, da un soggetto istituzionale che può essere pubblico o privato e dal titolare dell’impresa ospitante, e avente finalità di istruzione, forma- zione, promozione dell’occupazione. 1. I CFP DEL CNOS-FAP CHE HANNO COLLABORATO ALL’INDAGINE I Centri del CNOS-FAP che hanno partecipato all’indagine assommano com- plessivamente a 36, appartengono a 9 Regioni, e sono così distribuiti al loro interno (Tav. 1): 40 Tav. 1 - Distribuzione per Regioni dei CFP CNOS-FAP che hanno collaborato all’indagine Da una prima ricognizione del materiale inviato si rileva tuttavia che dei 36 Centri non tutti hanno prodotto la documentazione dell’attività di accompagna- mento al lavoro, così come richiesto nella II parte della scheda. Mancano all’ap- pello 7, dei quali alcuni hanno fornito le seguenti ragioni: – Arese: viene specificato che le azioni vengono realizzate, ma non sono forma- lizzate in un progetto definito; – Verona “S. Zeno”: si fa presente che le azioni vengono realizzate, ma non secondo il modello CNOS-FAP, ed inoltre il 60% dell’utenza passa all’ITI o ad altre scuole; – Vallecrosia: si fa osservare che in realtà l’attività viene svolta, ma in via infor- male e senza un progetto specifico; – mentre altri si sono limitati ad inviare soltanto la scheda iniziale (Torino- Valdocco, Este, Foligno, Marsciano). Passando invece ad analizzare i 29 Centri che hanno inviato la documentazione compilando la II parte della scheda, risulta che le azioni di accompagnamento al la- voro che hanno realizzato assommano complessivamente a 57 e sono così distribuite in base agli anni, alle Regioni, ai CFP, ai destinatari e alle tipologie (Tav. 2). Se si guarda agli anni in cui sono state realizzate le attività di accompagna- mento, si evince che si tratta di un’iniziativa che è andata incrementandosi nel tempo, grazie soprattutto alle recenti riforme sull’innalzamento dell’obbligo e quindi all’introduzione dei corsi triennali sperimentali sul diritto-dovere, degli IeFP e degli IFTS; oltre la metà delle azioni segnalate (52%), infatti, sono avvenute negli ultimi 3 a.f. (2005-08) e tra esse la più parte in quest’ultimo a.f. (2007-08); e comunque si rilevano anche date di attività iniziate fin dagli anni ’90, mentre in al- cuni Centri si afferma di averle promosse ogni anno da quando sono stati introdotti i corsi triennali, per cui si suppone che le azioni promosse in realtà potrebbero es- sere un numero superiore a quanto documentato. Dai dati disaggregati si rileva inoltre che le iniziative di più lunga data (ossia a partire dal 1990 in poi) sono state realizzate nei due Centri romani e in parte anche in Veneto, mentre è dal 2005 in avanti che l’esperienza si è verificata un po’ dappertutto nei Centri. 41 Tav. 2 - Quadro sinottico delle azioni di accompagnamento al lavoro, distribuite in base agli anni, alle Re- gioni, ai CFP, ai destinatari e alle tipologie Conseguentemente anche i destinatari di tali azioni sono stati prettamente gli allievi dei corsi del diritto-dovere, degli IFTS e degli IeFP, privilegiando ovvia- mente quelli più vicini all’uscita dai sistemi formativi (le III classi ed in parte 42 anche le II); seppure in misura minore il servizio comunque è stato rivolto anche a categorie quali ex-allievi, giovani e adulti qualificati/diplomati in stato di disoccu- pazione/inoccupazione, giovani a rischio ed altri utenti ancora. Mentre la tipologia di tali azioni non sempre è stata indicata, e comunque nella più parte dei Centri sono stati citati stage e visite in azienda, tirocini e iniziative varie di orientamento (azioni, corsi, sportelli...); mentre in altri CFP sono state se- gnalate attività/moduli/UdA dalle caratteristiche peculiari (“Get away”, “Volo del gabbiano”, “Emersione rapida”...). Per quanto riguarda i settori formativi, i 36 Centri coinvolti nell’indagine svol- gono attività prevalentemente (Tav. 3): nei settori meccanico (in 26 CFP=70.3%) ed elettrico-elettronico (26=70.3%), presenti soprattutto nei CFP del Piemonte (7 nel meccanico e 6 nell’elettrico-elettronico), Lombardia (4 e 4, rispettivamente), Veneto (5 e 6), Sicilia (4 e 4); cui fa seguito, in misura ancora consistente, il settore estetico (17=45.9%), presente ancora in Piemonte (5 Centri), Veneto (3) e Sicilia (5); mentre risultano un numero piuttosto ridotto i CFP che lavorano nei settori grafico e multimediale (9=24.3%; di cui 3 in Veneto), turistico-alberghiero (7=18.9%; di cui 3 in Sicilia), legno e arredamento (1=2.7%; Lombardia). Tav. 3 - Distribuzione dei CFP/Regioni in base al numero dei settori formativi e delle azioni di accom- pagnamento realizzate all’interno di ciascun settore (in Fq.) Passando quindi ad analizzare le azioni di accompagnamento al lavoro che sono state realizzare all’interno di ciascuno dei settori menzionati sopra, sempre at- traverso la Tav. 3 si rileva pressappoco uno stesso andamento, ossia: la maggio- ranza delle azioni sono state attivate nei CFP che svolgono attività nei settori mec- canico (in 24 Centri=64.9%) ed elettrico-elettronico (21=56.8%), collocati nelle Regioni riportate sopra, ossia a più alta concentrazione dei Centri; seguono le azioni nel settore estetico (15=40.5%), con particolare riferimento sempre a Pie- monte, Veneto e Sicilia; e in numero ridimensionato le azioni nei settori grafico e 43 multimediale (7=18.9%), turistico-alberghiero (6=16.2%) e del legno e arreda- mento (1=2.7%). Per quanto riguarda invece le figure coinvolte nelle azioni di accompagna- mento, si rileva che (Tav. 4): tra le figure di sistema, quella maggiormente utiliz- zata nei Centri per svolgere attività di accompagnamento è il tutor (in 29 CFP=78.4%), accompagnato il più delle volte dal coordinatore (23=62.2%) dall’o- rientatore (62.2%) e in parte anche dal progettista (16=43.2%); seppure presenti in tutti i Centri, tali figure risultano ovviamente più concentrate in quelle Regioni con un maggior numero di CFP (Piemonte, Lombardia, Veneto e Sicilia); oltre alle fi- gure di sistema, per svolgere tali attività si è fatto ricorso, in oltre la metà dei Centri (20=54.1%) al personale aziendale e in parte anche alle famiglie (16=43.2%) o ad altre figure ancora (5=13.5%). Tav. 4 - Figure coinvolte nelle azioni di accompagnamento distribuite per CFP/Regioni (in Fq.) Inoltre era interessante venire a sapere se nel promuovere e realizzare le azioni di accompagnamento il Centro si è collegato in rete con altri Enti/agenzie/servizi. In questo caso un dato altamente positivo viene dal costatare che la messa in rete riguarda l’83.8% dei CFP; soltanto 4 sono rimasti scollegati (1 in Veneto, 1 in Li- guria, 1 in Sicilia e 1 in Umbria). A sua volta la rete era formata quasi dappertutto dalle aziende e dai servizi per l’impiego; unitamente a queste prime due facevano parte della rete, a seconda dei casi e delle opportunità, altre strutture formative (scuole, CFP...), enti che forniscono servizi (di orientamento, socio-assistenziali...) e in qualche caso si è registrata anche la presenza delle amministrazioni locali. Prima di chiudere e a completamento della ricognizione quantitativa delle attività di accompagnamento al lavoro promosse complessivamente all’interno del CNOS-FAP, è stato chiesto di indicare se essa veniva preceduta da un’analisi del mercato del lavoro a livello locale e/o sull’intero territorio regionale. Anche in questo caso si è ottenuto una risposta positiva da circa due Centri su tre (21=56.7%); nella quota che non ha ammesso l’analisi di mercato si distingue la Sicilia. 44 2. I CFP DI ALTRI ENTI DI FORMAZIONE PROFESSIONALE CHE HANNO PARTECIPATO ALL’INDAGINE L’indagine si è estesa anche ad altri Enti, a cui è stata fatta la richiesta di com- pilare la stessa scheda di rilevamento e di inviare il materiale utilizzato per l’ac- compagnamento al lavoro. Sono pervenute in tutto altre 12 schede, appartenenti a 3 Enti e così suddivise (Tav. 5): Tav. 5 - Altri Enti e relativi Centri che hanno partecipato all’indagine Passando ad analizzare i 12 Centri che hanno inviato la documentazione com- pilando la II parte della scheda, risulta che le azioni di accompagnamento al lavoro che hanno realizzato assommano complessivamente a 27, e sono così distribuite in base agli Enti, ai CFP, agli anni, alle tipologie e ai destinatari (Tav. 6): Tav. 6 - Quadro sinottico delle azioni di accompagnamento al lavoro, distribuite in base agli Enti, ai CFP, agli anni, alle tipologie e ai destinatari 45 Anche in questo caso si osserva che la gran parte di questi progetti sono stati realizzati negli ultimi 3-5 anni, seppure in alcuni Centri siano partiti da lunga data (1985: i CFP di Nichelino e Torino, dell’ENGIM)); una ulteriore caratteristica, che accomuna un po’ tutta la famiglia della FP sta nel costatare che le attività di accompagnamento sono state realizzate prevalentemente nelle regioni del nord; così pure i destinatari rimangono ovviamente gli stessi dappertutto, anche se in al- cuni casi si è cercato di allargare le iniziative ad altre categorie (ex-allievi, giovani inoccupati, adulti disoccupati...); così pure le tipologie presentano uno scenario di attività che rispecchiano pressappoco quelle individuate nei CFP del CNOS-FAP (sportelli/moduli di orientamento, stage, ricerca attiva del lavoro...), per cui si po- trebbe dire che, almeno sotto questi aspetti, sostanzialmente non si riscontrano particolari differenze tra i vari Enti di FP nell’attivare azioni di accompagnamento al lavoro. Nell’andare ad analizzare la specificità di tali azioni, un primo rilevamento riguarda i settori al cui interno sono state realizzate (Tav. 7). Secondo quanto già osservato nel CNOS-FAP, i settori trainanti rimangono sempre quello meccanico ed elettro/elettronico per quanto riguarda Fondazione Clerici ed ENGIM, mentre il CIOFS/FP presenta altri settori non compresi nella lista, che riguardano in partico- lare quelli amministrativo e commerciale; inoltre sono stati toccati dall’esperienza, seppure in misura più ridotta, anche i settori turistico e grafico; mentre il legno ed i trattamenti estetici rimangono ai margini, come pure il socio-assistenziale e sani- tario (menzionati in “altro”). Tav. 7 - Distribuzione degli Enti e dei CFP in base al numero dei settori formativi e delle azioni di accom- pagnamento realizzate all’interno di ciascun settore (in Fq.) 46 Anche le figure coinvolte per realizzare tali azioni rimangono pressappoco uguali dappertutto (Tav. 8). Tra quelle di sistema prevale anche in questi Enti il tutor, appoggiato dall’orientatore e dal coordinatore, mentre resta in secondo piano il progettista; al di fuori del Centro assumono un ruolo di primaria importanza ovviamente il personale aziendale (nella figura soprattutto del tutor aziendale) e la presenza delle figure familiari. Infine è interessante osservare che alcuni CFP, come Taranto e Roma e in parte anche Merate e Pinerolo, hanno coinvolto un po’ tutte le figure elencate nella lista, ma si nota anche che in altri Centri l’attività è stata svolta da una o due persone. Tav. 8 - Figure coinvolte nelle azioni di accompagnamento distribuite per Enti/CFP (in Fq.) Nell’ultima parte della prima scheda tutti i Centri hanno affermato di aver usufruito di una rete per realizzare le azioni di accompagnamento e in più della metà dei casi tale rete è formata da un po’ tutte le strutture elencate, con particolare riferi- mento alle agenzie per l’impiego, oltre che ovviamente alle aziende. Così pure è stato fatto presente che nel promuovere l’attività si è proceduto dappertutto a fare un’analisi previa del mercato del lavoro a livello locale e in qualche caso (Piemonte) anche a livello regionale. Prima di chiudere su questa prima parte del rilevamento, va anche riportato il dato secondo cui la griglia in genere è stata compilata (sia all’interno del CNOS- FAP che negli altri Enti) dal tutor e/o dal referente dell’orientamento e solo in qualche caso dal coordinatore, dal progettista o dal direttore, coerentemente alla consistenza delle figure di sistema incaricate delle azioni di accompagnamento (come rilevato nelle Tav. 4 e 8). Riassumendo quanto emerso in questa prima parte della scheda sembra di poter affermare che nella più parte dei casi non si sono rilevare particolari diffe- renze tra i CFP appartenenti ai distinti Enti nel realizzare attività/azioni di accom- 47 pagnamento al lavoro, almeno contestualmente alla tipologia dei settori produttivi (meccanico ed elettro/elettronico) e dei destinatari (gli allievi dei percorsi del diritto-dovere), mentre ciò che varia è la loro storia e consistenza nel tempo. È un dato di fatto che a partire da questi ultimi 3-4 anni tali attività hanno preso sempre più consistenza, per cui adesso è venuto il momento di valutarle e di formulare delle linee guida affinché possano essere diffuse/socializzate e quindi messe in opera da un numero sempre maggiore di Centri. 49 Capitolo 3 I dati qualitativi ottenuti attraverso la II parte della scheda di rilevamento Vittorio PIERONI Continuando nell’analisi delle schede, dopo una prima ricognizione dell’atti- vità di accompagnamento attraverso i dati quantitativi, con una seconda scheda ve- niva richiesto di completare il quadro descrivendo, per ciascuna delle singole azioni messe in atto dai Centri, le varie fasi e/o attività attraverso cui si è svolto l’accompagnamento. Nel procedere nell’analisi si fa presente una volta per tutte che in questo e nei successivi capitoli i contenuti emersi dai CFP appartenenti ai vari Enti verranno trattati unitariamente. 1. DESCRIZIONE DELLE FASI/AZIONI PRINCIPALI CHE CARATTERIZZANO L’ATTIVITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO Dalle 57 attività di accompagnamento riscontrate nella seconda parte delle schede inviate dai CFP del CNOS-FAP e dalle 27 degli altri Enti è emersa una va- rietà di iniziative che vale la pena riproporre in tutta la loro portata in quanto danno il senso della ricchezza di proposte che sono state messe in atto per realizzare tale attività. Di conseguenza le fasi/azioni che caratterizzano ciascuna delle attività pos- sono essere sintetizzate e ricondotte al seguente schema: 1) fase preparatoria; 2) presa dei contatti con l’azienda; 3) tutoraggio/monitoraggio in azienda e verifica/valutazione dell’esperienza. 1.1. Fase preparatoria a) a livello informativo: – presa di contatto coi destinatari; – presentazione alle famiglie dell’attività; – informazioni sui moduli di stage progettati all’interno dei percorsi di forma- zione iniziale e superiore; 50 – coinvolgimento dell’allievo e della famiglia nell’individuazione delle risorse aziendali disponibili sul territorio; – messa a conoscenza degli uffici territoriali per l’impiego; – studio del CCNL; b) catalogazione della domanda: – ricevimento e catalogazione delle domande di lavoro; – analisi della richiesta in relazione alle caratteristiche degli allievi iscritti nella banca dati; – accoglienza e analisi del bisogno orientativo; – fase di pre-orientamento e di pre-selezione; – definizione del percorso orientativo; – compilazione della scheda-utente e raccolta dati utente al fine di esplicitare i bisogni individuali di orientamento e formazione; – ricostruzione delle esperienze scolastico-formative e professionali dell’utente anche attraverso il curriculum vitae; – riunione con i formatori del corso per acquisire informazioni sulla prepara- zione didattica dell’allievo; c) contratto formativo e interventi personalizzati attraverso colloqui e prove attitudinali: – contratto formativo; – bilancio di competenze; – analisi dei bisogni e delle aspettative del candidato; – colloqui di approfondimento relativi ai percorsi formativi e professionali degli utenti; – colloqui di accoglienza e valutazione del bisogno; – simulazione del colloquio motivazionale; – valutazione del percorso formativo svolto e verifica della coerenza con il pro- prio progetto di vita; – acquisizione di conoscenze e capacità di analisi del mercato; – bilancio delle risorse personali; – colloqui orientativi finalizzati ad una comprensione delle personali propen- sioni e competenze; – lezioni frontali sulla rappresentazione del mercato del lavoro locale; – rielaborazione del vissuto professionale e delle aspirazioni lavorative; – valutazione dei possibili percorsi formativi o di inserimento lavorativo; – valutazione delle motivazioni, conoscenze e competenze acquisite nella pre- gressa esperienza formativa e/o professionale, e delle aspirazioni, interessi e valori attribuiti al lavoro; – erogazione del percorso orientativo; 51 d) attivazione di una banca dati e di una rete: – predisposizione di una rete per poter disporre di personale esterno (aziendale, sindacale...) per informare sul mercato del lavoro, sulla contrattualistica, sul sistema sicurezza, conflitti nel mondo del lavoro, problem solving, ascolto attivo, collaborazione; – analisi delle offerte occupazionali presenti nel territorio; – raccolta delle figure professionali richieste dalle aziende; – strumenti e metodologia di ricerca del lavoro; – analisi del mercato del lavoro locale; – individuazione dei destinatari dell’azione di accompagnamento inseriti nel data base; – creazione di un albo di aziende omologate per lo stage; – analisi della banca dati delle offerte di lavoro e dei servizi territoriali in base alle specifiche esigenze dell’utente; – rilevazione dei fabbisogni professionali da parte dell’azienda partner; e) formalizzazione della domanda: – formalizzazione della documentazione di stage secondo la normativa vigente; – compilazione del curriculum vitae secondo il formato europeo; – formalizzazione della richiesta su modulo predisposto; – acquisizione del curriculum e suo inserimento nel data base predisposto; – utilizzo del modulo di accompagnamento al lavoro emanato da bando regionale; – redazione della lettera di presentazione delle proprie capacità e competenze; – stesura del curricolo; – selezione dei destinatari idonei; – convenzione, con dettagli, sul profilo professionale dello stagista e sugli obiet- tivi del percorso. 1.2. Ricerca attiva del lavoro e presa dei contatti con le aziende f) ricerca attiva del lavoro: – riesame o presentazione delle principali tecniche di autopromozione e verifica degli strumenti di ricerca attiva del lavoro già sperimentati; – azioni mirate di sostegno al collocamento per determinati target d’utenza; – progettazione del percorso di ricerca attiva (contatti con agenzie del territorio, invio dei curricola...); – definizione condivisa delle linee di azione e della tempistica; – predisposizione e condivisione degli strumenti e metodi per la ricerca attiva del lavoro; – stesura del progetto professionale; – presa dei contatti con le famiglie; 52 – individuazione del percorso di ricerca del lavoro; – rinforzo delle abilità sociali e definizione di un piano d’azione personalizzato; – inserimento preceduto da una profilazione attitudinale del candidato al lavoro, evidenziando potenzialità a breve e medio termine e tecniche per svilupparle; g) abbinamento soggetto-azienda: – azione di abbinamento azienda-allievo con il confronto tra l’allievo, il tutor aziendale e il tutor formativo; – individuazione delle aziende e abbinamento soggetto-azienda in base alle ca- ratteristiche dell’uno e dell’altra; – segnalazione del nominativo alle aziende quando compatibile con il profilo ri- chiesto; – contatti con agenzie interinali a cui inviare i dati personali degli allievi; – realizzazione di un piano di azione legato al proprio progetto professionale; – individuazione dell’azienda idonea ad ospitare lo stagista; h) incontri/colloqui in azienda: – primo contatto con l’azienda dopo la valutazione delle attitudini del candidato; – contatto con il personale aziendale incaricato dei colloqui; – incontri con ex-allievi già inseriti in aziende di vari settori; – colloqui con l’imprenditore sul profilo professionale da assumere e sulle man- sioni da svolgere; – contatti preliminari con responsabili aziendali e colloqui con allievi; – incontro con i responsabili dell’azienda; – accompagnamento presso l’azienda ospitante per definire gli accordi/modalità operative; – definizione di un project work tra stagista e azienda: 1.3. Tutoraggio/monitoraggio in azienda e verifica/valutazione dell’esperienza i) monitoraggio: – coinvolgimento delle famiglie per questioni di particolare rilevanza; – attivazione dello stage e delle fasi di monitoraggio; – monitoraggio in itinere a cura sia del tutor aziendale che del tutor di stage; l) valutazione ex-post: – colloquio con i singoli allievi e famiglie in base ai punti forti e critici riscontrati; – stesura e condivisione del documento di sintesi del percorso effettuato; – report finale elaborato dallo stagista rispetto all’esperienza realizzata; – follow-up occupazionali a un anno dalla conclusione del corso; – esito dell’esperienza e consegna del report finale; 53 – valutazione dei risultati finali e rielaborazione dell’esperienza in chiave orien- tativa. 2. BUONE PRATICHE DESCRITTE NELLA II PARTE DELLA SCHEDA Da parte di alcuni CFP sia del CNOS-FAP che degli altri Enti le attività di ac- compagnamento sono state descritte in tutta la loro portata. Di conseguenza è parso opportuno riportarle per intero come esempio di buona pratica. Nel farne una ras- segna occorre tuttavia distinguere tra quelle che afferiscono prettamente all’attività di stage, ai tirocini formativi, alle azioni orientative al lavoro e ad altre esperienze particolari. 2.1. L’attività di stage Lo stage nella FP fa parte dell’attività formativa in quanto “valore aggiunto”, nel senso che: – dà la possibilità di sperimentare una maggiore consapevolezza del percorso formativo effettuato e delle competenze acquisite sul piano tecnico e delle ca- pacità personali; – dà la possibilità di integrare nuove competenze grazie alla presenza di macchi- nari ed attrezzature diverse da quelle del CFP; – il confronto con l’azienda rappresenta uno stimolo all’aggiornamento ed alla formazione continua dei formatori; – ha una ricaduta formativa-professionalizzante sul percorso del ragazzo in quanto, nell’esperienza in azienda, interiorizza i doveri ed i diritti di un lavora- tore, matura atteggiamenti di responsabilità personali e collettivi; – offre l’opportunità, da parte del responsabile del settore, di potere incontrare con continuità le aziende e proporre l’assunzione dei nuovi qualificati; – la valutazione del periodo di stage viene effettuata con schede multiple le quali, oltre a contenere un giudizio sull’apprendimento e la maturazione rag- giunta dall’allievo consente di avere uno spaccato dell’azienda attraverso il pa- rere degli allievi e dei formatori, così da ricavare indizi per calibrare e indiriz- zare, attraverso la banca dati interna, l’inserimento degli utenti. All’interno di alcuni Centri l’esperienza ha comportato tuttavia fasi/azioni dalle caratteristiche talora peculiari, che vale la pena riportare per intero nella loro specificità, così come sono state inserite nella seconda parte della scheda. 1) Torino - Agnelli 1. sono stati prefigurati gli obiettivi macro (relativi all’inserimento...) e micro (azioni, at- tività...), quindi le modalità con cui verrà svolto lo stage; 54 2. nella rete delle aziende collegate al CFP sono state selezionate quelle compatibili con il settore di qualifica; 3. sono stati predisposti test orientativi e attitudinali in modo da abbinare l’allievo all’a- zienda; 4. è stato organizzato un incontro tra allievi, genitori e tutor per presentare l’esperienza e per far conoscere le esperienze passate; 5. tutor del CFP e tutor aziendali hanno collaborato nel coordinare le attività ed i sistemi di verifica e valutazione; 6. al termine sono state invitate agenzie interinali e per il lavoro per presentare le oppor- tunità lavorative del territorio e dei Comuni/Province circostanti; 7. sono state svolte attività di simulazione per colloqui di lavoro, compilazione del curri- culum vitae per presentare le proprie candidature. 2) Udine - Bearzi 1. lo stage viene inteso come un ponte di passaggio tra il mondo della scuola e il mondo del lavoro, un’esperienza che può agevolare l’allievo nella comprensione delle proprie reali competenze professionali; 2. il CNOS-FAP Bearzi progetta e pianifica questi stage per il secondo ed il terzo anno dei percorsi di qualifica triennali, nei settori Elettrico e Meccanico. Per il secondo anno lo stage è inteso come “formativo” mentre per il terzo anno è più marcatamente costruito sull’accompagnamento al lavoro; 3. lo stage vuole consentire all’allievo di sperimentare “on the job” quanto appreso in aula e in laboratorio; fasi di orientamento, confronto e verifica rendono l’esperienza fortemente centrata sulle esigenze e aspirazioni dell’allievo; 4. il tirocinio formativo e di orientamento offre la possibilità di svolgere un periodo in azienda che potrà costituire un valido strumento di formazione e conoscenza del mondo del lavoro; 5. la normativa che regolamenta il tirocinio formativo e di orientamento (“pacchetto Treu”) fa riferimento alla legge 196/97 - art. 18 e al D.L. 142/98. Quest’ultimo, che applica la legge 196/97, in particolare evidenzia che la finalità di questo strumento è quella di “realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro nell’ambito dei processi formativi e di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro”. Il tirocinio non costituisce, infatti, rapporto di lavoro; 6. per l’azienda rappresenta un’occasione per inserire all’interno del proprio organico una persona senza gli oneri che comporta l’assunzione e senza l’obbligo di assicurare lo/a stagista (assicurazione per la responsabilità civile e gli infortuni sul lavoro). 3) Genova - Sampierdarena 1. ricerca delle migliori opportunità di impiego presso le aziende del settore, a mezzo di interviste telefoniche e visite dirette; 2. riunioni preliminari tra coordinatore, tutors e docenti per valutare al meglio le poten- zialità dell’allievo rispetto alle offerte predeterminate; 3. presentazione dell’allievo in azienda e accordi di massima sull’inserimento e informa- tiva di tutti gli aspetti burocratici, con il tutor aziendale; 4. inserimento in azienda, accompagnato da visite di monitoraggio periodiche e rientri di verifica calendarizzati presso il CFP; 5. consegna della Scheda di valutazione stage al tutor aziendale in occasione della visita a conclusione dello stage; 55 6. consegna della Scheda di valutazione stage all’allievo in occasione del rientro in aula; 7. servizio di assistenza al lavoro, al termine del corso, fino alla prima assunzione (in al- cuni casi anche successivamente); con segreteria attiva per le aziende e gli ex allievi per far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro. 4) Roma - Gerini 1. primo contatto e visita all’azienda del tutor di stage per verificare il grado di professio- nalità; 2. smistamento degli allievi in base al grado di professionalità; 3. accompagnamento e presentazione degli allievi in azienda da parte del tutor, a cui fanno seguito visite periodiche di monitoraggio e verifica da parte dei formatori; 4. in itinere: schede di valutazione intermedie e finale per verificare gli obiettivi rag- giunti da parte degli allievi, dei formatori e del personale aziendale; 5. colloqui individuali finali al fine di valutare il livello di maturazione raggiunto con l’e- sperienza, i problemi emersi e gli interventi compiuti per risolverli. 2.2. I tirocini formativi 1) Forlì 1. Il progetto prevede una fase di primo contatto con colloquio individuale all’atto della formalizzazione della domanda. Questa fase viene svolta presso il Centro per l’Impiego, la fase di accoglienza e di collo- quio con la disponibilità di un formatore qualificato e di esperienza sia nell’ambito del- l’orientamento, sia nella conoscenza delle finalità del Tirocinio che del contesto produt- tivo locale. 2. Fase di accoglienza presso il Centro. L’accoglienza e l’orientamento iniziale nel CFP è la fase che segna il primo impatto della persona con l’organizzazione formativa e si connota come una prassi pedagogica volta a mettere i soggetti che entrano nel nuovo ambiente in una condizione di benessere psico- sociale nella quale possano meglio vincere le proprie resistenze, esprimere le proprie esi- genze e le proprie potenzialità, avviare relazioni interpersonali, trovare la motivazione a intraprendere un percorso di orientamento/formazione. L’Accoglienza svolge funzioni di socializzazione iniziale in un clima positivo, questa fase consente una prima “adesione”, a fronte delle scelte dell’utente, di partecipare al percorso formativo e la presa in carico della consapevolezza che tale decisione ha nel proprio percorso personale. 3. Formazione d’aula. L’esperienza di inserimento in azienda è integrata dall’offerta di un “catalogo” di moduli formativi, con l’obiettivo di fornire alle persone competenze e conoscenze utili sia al po- sitivo svolgimento del tirocinio sia alla transizione al lavoro. Si tratta di percorsi gestiti in aula, attraverso i quali gli utenti possono fruire di un apprendimento personalizzato con il sostegno di docenti esperti. Collocazione e obiettivi formativi sono infatti fortemente correlati: – l’attività d’aula collocata prima dell’avvio del tirocinio ha l’obiettivo di mettere il par- tecipante nelle condizioni minime per poter affrontare e valorizzare l’esperienza di in- serimento in azienda, allineando le competenze acquisite in percorsi formativi prece- denti alle esigenze del profilo professionale di tirocinio, migliorando contestualmente la rappresentazione posseduta del sistema aziendale e della realtà lavorativa. 56 – l’attività d’aula collocata al termine del tirocinio ha l’obiettivo di favorire la lettura dell’esperienza svolta e migliorare la “spendibilità” del lavoratore sul mercato del la- voro. In questa fase il tirocinante fruisce perciò di un sostegno alla ricerca del lavoro e alla verifica degli sviluppi possibili della professionalità maturata, anche in termini di un’ulteriore formazione specialistica. 4. Svolgimento dei tirocini individuali e individualizzati presso le imprese del territorio per 120 ore. Il progetto di Tirocinio contribuisce alla formazione di figure professionali che sono spendibili nei diversi processi aziendali del settore meccanico industriale. I compiti pro- fessionali sono specificati nella progettazione dei Percorsi Individualizzati. Per far sì, quindi, che l’utente in tirocinio sviluppi un percorso formativo e realizzi un’esperienza concreta di lavoro sono state attivate tutte una serie di azioni che non si sono limitate al- l’accensione burocratica e amministrativa del tirocinio stesso ma sono state indirizzate alla realizzazione delle seguenti fasi: – stesura del progetto formativo e della convenzione con le aziende, l’utente e il centro di FP e invio dello stesso alla p.a. e agli organi competenti – realizzazione dell’attività di supporto dei tutor aziendali e del centro di FP; – valutazione in itinere del tirocinante, da parte del tutor aziendale e dal tutor del centro; – dichiarazione di competenze rilasciato a fine tirocinio. 2.3. Le azioni orientative al lavoro 1) Perugia Servizio a sostegno dell’uscita dal CFP e accompagnamento all’inserimento lavorativo. L’opzione di fondo stabilisce che l’orientamento vada organizzato come un insieme di servizi, tendenzialmente integrati tra di loro e fortemente finalizzati all’inserimento lavorativo, in una logica di partnership con i Servizi per l’impiego in riferimento alle competenze provinciali in materia di politiche attive del lavoro, che interessano gli allievi durante il percorso formativo e nelle fasi ad esso successive. L’insieme delle attività previste mira a sviluppare negli allievi la capacità di saper intra- prendere lungo il percorso di vita e di lavoro, anche in situazioni di transizione, iniziative per l’autopromozione e trasferimento delle proprie competenze, ricerca di opportunità e miglioramento del proprio stato. Partendo dalla fase di accoglienza ed orientamento iniziale nel CFP, il Servizio offre tutta una serie di azioni di orientamento in itinere ponendosi l’obiettivo di supportare l’allievo in ordine alle decisioni che dovrà assumere affrontando la vita lavorativa; gli fornisce inoltre un sostegno allo sviluppo, costruzione e promozione del proprio progetto di vita lavorativa, attraverso le diverse fasi di accoglienza, di supporto, di offerta di servizi in- formativi e di autoconsultazione. Si tratta di un Servizio di informazione, accoglienza e orientamento per gli allievi e le loro famiglie per far conoscere le opportunità formative, educative e professionali del territorio, anche attraverso attività collaterali di orientamento e promozione (Giornate Aperte, incontri con esperti di settore, rappresentanti del mondo produttivo, visite cono- scitive presso il Centro per l’Impiego, l’Informagiovani, gli Enti locali, le aziende, l’uti- lizzo di motori di ricerca e l’esplorazione di siti Internet e spazi dei quotidiani dedicati alle offerte di lavoro, ecc.). Le azioni intendono non solo far conoscere le possibilità che il territorio offre, ma anche far sviluppare negli allievi la capacità di esplorare il proprio ambiente per individuare i vincoli e gli ostacoli presenti nel mercato (saturazione, competitività) e le risorse sociali 57 e le opportunità utilizzabili per il raggiungimento dei propri obiettivi (amici, famiglia, competenze, canali formativi e informativi). La fase conclusiva dell’attività prevede di intraprendere un iter di accompagnamento e sostegno per l’inserimento della persona nel mondo del lavoro, in un ruolo sociale posi- tivo. Essa rappresenta il momento in cui la persona è aiutata a “condurre da sé la propria canoa” ovvero non è solo in possesso di conoscenze, competenze e comportamenti ade- guati, ma si dispone positivamente alla gestione autonoma del proprio ruolo. 2) Fondazione Clerici - Merate Per gli allievi dei percorsi DDIF, si prevede, al terzo anno di corso, un apposito modulo di formazione orientativa finalizzato ad accompagnarli a: contestualizzare l’esperienza triennale di corso all’interno della propria biografia personale, formativa, professionale, esplicitando e condividendo con il gruppo classe paure, aspettative, dubbi, ipotesi proget- tuali post qualifica; formulare un’ipotesi realistica di progetto formativo (proseguimento studi) e/o professionale. Tale modulo, essendo parte integrante del curriculum scolastico, è condotto da un esperto di orientamento e/o di politiche attive del lavoro ed è arricchito dal contributo di altre figure di sistema. I contenuti del modulo sono i seguenti. Obiettivi Articolazione delle azioni componenti la fase Risultati attesi Attivare azioni di sostegno e accompagnamento volte al facilitare l’inserimento dell’utente in relazione alle conoscenze effettive delle opportunità formative, educative e professionali del tessuto produttivo. Conoscenza propensione lavorativa dell’utente L’azione è rivolta alla sintesi e alla presa di coscienza di attitudini e preferenze individuali degli utenti nei confronti delle professioni o dei percorsi formativi ritenuti più desiderabili, attraverso l’elaborazione dei dati emersi durante il percorso di accompagnamento svolto in itinere. Valutazione delle risorse individuali che possono essere investite nella scuola o nel lavoro L’azione è rivolta al supporto dell’allievo nella presa di coscienza delle risorse individuali acquisite che gli consentano di effettuare una scelta consapevole tra scuola e lavoro, per- mettendogli un impegno profuso a favore della propria crescita personale e professionale. Acquisizione e analisi delle informazioni sul mercato del lavoro e sulle scuole del ter- ritorio L’azione intende permettere all’allievo di orientarsi tra le tante informazioni sulle possibi- lità di lavoro e di formazione che gli vengono fornite attraverso attività di conoscenza col- laterali di orientamento e promozione, accompagnandoli nella valutazione delle proposte selezionate. Orientamento all’individuazione di strategie formativo-professionali Al termine del percorso di accompagnamento/orientamento l’azione è rivolta al sostegno dell’utente durante l’elaborazione di un proprio progetto in cui definisce gli obiettivi prin- cipali che intende perseguire e le relative modalità di azione, favorendo anche una valuta- zione critica degli elementi del progetto al fine di rendere l’utente maggiormente consape- vole della sua scelta. Garantire e offrire all’utente un efficace e costante servizio di sostegno e orientamento, volto all’accompagnamento finale per l’inserimento lavorativo o per la scelta di nuovi per- corsi formativi. 58 1. Bilancio di competenze: lo studente è accompagnato a ricostruire ed elaborare in forma narrativa, critica ed autoriflessiva un bilancio in progress dell’esperienza forma- tiva triennale, con particolare riferimento a conoscenze, abilità, competenze acquisite. Al formatore esperto di orientamento spetta il compito di coordinare l’accompagnamento al bilancio di competenze, riguardo al quale sono comunque coinvolti tutti i formatori. Pro- dotto dell’attività di bilancio è un testo autobiografico di media complessità articolato se- condo i seguenti centri narrativi: io come persona; io e gli altri; io e la scuola; io tra scuola e lavoro: le esperienze di stage aziendale; io e il mio futuro: progetto personale, formativo, professionale; bilancio. 2. Definizione del progetto personale, scolastico, professionale: lo studente è accompa- gnato a formulare un’ipotesi realistica di progetto formativo (proseguimento studi) e/o professionale (inserimento nel mondo del lavoro per lo più come dipendente). Al forma- tore esperto di orientamento spetta il compito di coordinare la definizione del progetto ri- guardo al quale sono comunque coinvolti tutti i formatori, il tutor, figure che sul terri- torio si occupano, a diverso titolo, di politiche attive del lavoro. Contenuti fondamentali dell’attività di supporto all’auto-progettualità sono i seguenti: – progetto personale: il sogno della vita (capacità, impegno,”fortuna”, auto determinazione, figure mentoriche); gli obbiettivi (strategie di goal setting); la motivazione; i valori; – progetto formativo: la conoscenza come valore; il proseguimento degli studi: vincoli e possibilità; criteri di analisi delle opportunità formative sul territorio; – progetto professionale: il mercato del lavoro; l’area professionale di riferimento; i con- tratti di lavoro; tecniche di ricerca attiva del lavoro: il curriculum, la lettera di accom- pagnamento, la risposta ad inserzioni, siti di domanda/offerta di lavoro, suggerimenti per l’attivazione della rete per la ricerca attiva del lavoro; la selezione del personale: il colloquio, i test, i centri, i servizi territoriali e provinciali di promozione all’inseri- mento lavorativo; il colloquio di lavoro. Per la trattazione di questi argomenti ci si avvale dell’ulteriore contributo di esperti di selezione del personale e/o di promozione all’inserimento lavorativo. 3. Validazione del progetto personale, scolastico, professionale: successivamente al con- seguimento della qualifica professionale, gli studenti possono scegliere di fare riferi- mento all’equipe formativa-orientativa (colloqui personalizzati) per essere supportati in caso di difficoltà. 3) ENGIM - Pinerolo All’interno del percorso formativo sono previste delle ore di orientamento al lavoro che vertono sui seguenti argomenti: inserimento lavorativo, mappatura del contesto e presen- tazione delle opportunità scolastico-formative post-qualifica e dei servizi territoriali di ri- ferimento, mercato del lavoro e analisi di settore, ricerca attiva del lavoro, conoscenza della normativa contrattuale, bilancio di competenze, progetto personale, sviluppo di un positivo atteggiamento auto-orientativo. 2.4. Altre esperienze 1) Genova - Quarto 1. acquisizione delle competenze per la ricerca attiva del lavoro: simulazione di collo- quio di lavoro, compilazione di un curriculum vitae formato europeo, lettere di accom- pagnamento, tecniche di autopromozione, ricerca di informazioni; 59 2. elaborazione del progetto professionale personale: questionari di interessi, motiva- zioni, aspettative; 3. conoscenza del mondo del lavoro: contrattualistica, soluzione di casi di problem sol- ving aziendale, visita ad aziende di riferimento, interviste ai datori di lavoro e ai sinda- cati, visite ai Centri per l’impiego; 4. post-qualifica: su richiesta dell’allievo, presentazione di aziende per eventuali assun- zioni o contatti con il CPI per l’attivazione di eventuali tirocini; 5. per allievi diversamente abili o per soggetti-problema (in disagio, a rischio...): collabo- razione con i Servizi Sociali per l’accompagnamento dell’allievo e della famiglia alla scelta del percorso professionale più idoneo. 2) Perugia 1. Conoscenza della propensione lavorativa dell’utente. L’azione è rivolta alla sintesi e alla presa di coscienza di attitudini e preferenze indivi- duali degli utenti nei confronti delle professioni o dei percorsi formativi ritenuti più desi- derabili, attraverso l’elaborazione dei dati emersi durante il percorso di accompagna- mento svolto in itinere. 2. Valutazione delle risorse individuali che possono essere investite nella scuola o nel lavoro. L’azione è rivolta al supporto dell’allievo nella presa di coscienza delle risorse individuali acquisite che gli consentano di effettuare una scelta consapevole tra scuola e lavoro, per- mettendogli un impegno profuso a favore della propria crescita personale e professionale. 3. Acquisizione e analisi delle informazioni sul mercato del lavoro e sulle scuole del ter- ritorio. L’azione intende permettere all’allievo di orientarsi tra le tante informazioni sulle possi- bilità di lavoro e di formazione che gli vengono fornite attraverso attività di conoscenza collaterali di orientamento e promozione, accompagnandoli nella valutazione delle pro- poste selezionate. 4. Orientamento all’individuazione di strategie formativo-professionali. Al termine del percorso di accompagnamento/orientamento l’azione è rivolta al sostegno dell’utente durante l’elaborazione di un proprio progetto in cui definisce gli obiettivi principali che intende perseguire e le relative modalità di azione, favorendo anche una valutazione critica degli elementi del progetto al fine di rendere l’utente maggiormente consapevole della sua scelta. 3) Forlì Partendo dalla fase di accoglienza e di orientamento, il servizio offerto dal CFP offre tutta una serie di azioni con l’obiettivo di supportare il soggetto in ordine alle decisioni che dovrà assumere affrontando la vita lavorativa e gli fornisce, attraverso le diverse fasi di offerta di servizi informativi e di auto consultazione, un sostegno allo sviluppo, costru- zione e promozione del proprio progetto di vita lavorativa. Si tratta di far conoscere agli allievi e alle loro famiglie le opportunità formative, educa- tive e professionali del territorio anche attraverso attività collaterali, le cosiddette “gior- nate aperte”, incontri con esperti di settore, rappresentanti del mondo produttivo, visite conoscitive presso i Centri per l’impiego, le aziende e l’Informagiovani, utilizzo di mo- tori di ricerca, spazi dei quotidiani dedicati alle offerte di lavoro... 60 Le azioni intendono non solo far conoscere le possibilità che il territorio offre, ma anche far sviluppare negli allievi la capacità di esplorare il proprio ambiente per individuare i vincoli e gli ostacoli presenti nel mercato (saturazione, competitività...), le risorse sociali e le opportunità utilizzabili per il raggiungimento dei propri obiettivi (canali formativi e informativi, conoscenze familiari e amicali...). La fase conclusiva dell’attività prevede di intraprendere un iter di sostegno/accompagna- mento per l’inserimento della persona nel mondo del lavoro e in posizione positiva, ossia non solo è in possesso di conoscenze, competenze e comportamenti adeguati ma è in grado di gestire positivamente e autonomamente il proprio ruolo, 4) Schio: Open day L’azione di accompagnamento mira a guidare gli allievi ad usufruire di uno spazio di confronto, visitando, in occasione di questa manifestazione organizzata dal Comune, gli stand dove le aziende presentano le innovazioni tecnologiche. A conclusione si è visto la necessità di avere ben chiari i propri obiettivi professionali, acquisire le conoscenze minime per muoversi con competenza in una realtà complessa e frammentata, acquisire gli strumenti per presentarsi e relazionarsi al meglio con il mercato del lavoro, in modo che sappiano scegliere quello che può essere più alla loro portata, così da avere le idee più chiare sui possibili sbocchi futuri. 61 Capitolo 4 Valutazione complessiva dell’attività di accompagnamento al lavoro: punti di forza/criticità e proposte di miglioramento Vittorio PIERONI Nell’ultima parte delle schede si chiedeva di fare un bilancio sulle attività di accompagnamento realizzate nel proprio Centro sulla base di punti di forza e di cri- ticità. Il tutto veniva poi suggellato da un’eventuale segnalazione di suggerimenti/ proposte mirate al miglioramento delle azioni descritte. 1. PUNTI DI FORZA Le attività di accompagnamento al lavoro e di orientamento professionale si configurano come azioni che hanno un forte impatto sia su quello della formazione professionale, grazie all’acquisizione di sempre nuove competenze, che sul per- corso occupazionale di chi ne fa esperienza. Esse, infatti, permettono di realizzare una serie di apprendimenti/acquisizioni fondamentali afferenti ad una serie di dimensioni: a) una prettamente formativa, legata cioè all’acquisizione di conoscenze tecnico- professionali strettamente riferite all’impiego lavorativo svolto; b) una dimensione conoscitiva-esperienziale della realtà lavorativa, che può in- cludere l’acquisizione da parte di chi fa l’esperienza di competenze trasversali oppure di abilità relazionali; c) una acquisitiva-consapevolizzante del ruolo sociale/attivo in quanto lavora- tore; d) una orientativa dell’esperienza lavorativa, in grado cioè di favorire la defini- zione dei progetti di scelta individuali; e) una relativa allo sviluppo delle capacità personali; f) una dimensione socializzante, in quanto mette in rete e/o fa da trait d’union tra vari attori pubblici e privati; g) infine una dimensione occupazionale, nel senso che in buona parte dei casi ha come esito finale e/o si trasforma in un rapporto definitivo di lavoro. 62 1.1. Valutazione generale delle attività di accompagnamento I punti di forza riferiti alle attività di accompagnamento al lavoro promosse nei CFP CNOS-FAP e in quelli degli Enti altri sono stati individuati e segnalati negli appositi spazi della seconda parte della scheda allegata. Ciò ha permesso poi di distribuirli in base alle dimensioni riportate di seguito. a) Per la dimensione formativa, i punti di forza delle azioni di accompagna- mento, consistono: – in un “aggiornamento continuo degli allievi e dei docenti”; – nello “sviluppo della professionalità degli allievi”; – ed inoltre si fa presente che “si sono rilevate più adatte al progetto formativo quelle attività che presentano maggiori potenzialità operative”. b) Per la dimensione conoscitiva-esperienziale della realtà lavorativa: – le attività di accompagnamento vengono considerate “sia un canale per l’inseri- mento e la gestione delle risorse umane, sia quale luogo privilegiato per il trasfe- rimento e la comunicazione dei saperi di cui il contesto aziendale è portatore”; – i ragazzi imparano “a raccogliere le informazioni, selezionando quelle che ser- vono o meno alla loro esperienza futura”; – “a conoscere gli strumenti principali per la ricerca attiva del lavoro, ricono- scendo le proprie caratteristiche personali e professionali e la loro spendibilità a fronte dell’offerta del mercato del lavoro”; – lo stage è considerato dalla struttura “elemento fondamentale per avvicinare ed accompagnare gli allievi in formazione ad una conoscenza diretta del mercato del lavoro”; – di conseguenza per realizzare l’attività si richiede anzitutto l’“analisi del mer- cato occupazionale locale”; – mentre un ulteriore punto di forza sta nel “mettere alla prova il soggetto sul comportamento da adottare nel luogo del lavoro”. c) Per quanto riguarda la dimensione acquisitiva-consapevolizzante del ruolo sociale/attivo in quanto lavoratore: – “l’attività ha messo a conoscenza il soggetto delle istituzioni che tutelano il lavoro”; – “è stata evidenziata l’importanza della promozione di una cultura dell’impren- ditorialità giovanile ai fini dell’inserimento professionale dei corsisti”; – “la personalizzazione dell’azione, ossia è stata data la possibilità di definire obiettivi e metodi ad personam e di far durare l’azione, attraverso un effettivo monitoraggio, nel tempo richiesto dal cliente”; – “l’azione è stata destinata a quegli utenti che avevano bisogno di rinforzare le competenze e di definire il proprio progetto professionale e le strategie per 63 attivarlo attraverso la conoscenza delle offerte dei servizi relativamente al mer- cato del lavoro del territorio”. d) A sostegno della dimensione orientativa dell’esperienza lavorativa è stato scritto che: – “mette alla prova il soggetto nel possedere un’idea adeguata nella ricerca del lavoro in quanto dà una conoscenza diretta del mondo del lavoro”; – “dà la possibilità di fare un’esperienza lavorativa in situazione protetta e con possibilità di ripensamenti”; – “gli allievi si sentono protagonisti del loro avvenire”; – “permette di individuare strategie efficaci per migliorare le risorse individuali al fine di un futuro inserimento”; – “l’attività complessiva di formazione orientativa si rivela efficace in quanto contribuisce allo sviluppo di competenze tipicamente orientative come l’auto- riflessività e la promozione di sé nel contesto formativo e produttivo”; – “lo stage consente un feedback costante sui fabbisogni professionali delle aziende e sulle competenze richieste in uscita dai percorsi a qualifica di forma- zione iniziale e superiore”; – “permette l’acquisizione di competenze e di strumenti per un futuro auto- orientamento”; – ed inoltre per rinforzare tale dimensione “sono state promosse anche attività parallele come il role playing e azioni di simulazione”. e) Per quanto riguarda lo sviluppo delle capacità personali, sono state segnalate: – “l’autostima”; – “l’autonomia”; – “la progettualità”; – “la socializzazione e le capacità relazionali”; – “le strategie di presentazione”; – “la compilazione del curriculum vitae”; – “l’apprendimento per scoperta (riflessioni/discussioni guidate, giochi di simu- lazione...)”; – “l’apprendimento per problem solving”; – “l’apprendimento cooperativo”; – “il metodo della comunicazione attiva (brainstorming,roleplaying,circle time...)”; – “la promozione dell’autoimprenditorialità, lo stimolo al team building”; – “la promozione della scoperta di sé, al disvelamento delle proprie capacità nascoste”; – “gli allievi hanno scoperto una forte predisposizione al ruolo ed hanno dimo- strato ai tutor aziendali maturità, serietà, puntualità, possesso delle competenze tecnico-operative necessarie”. 64 f) Stando sempre all’entità delle segnalazioni, le attività di accompagnamento sembrano offrire un contributo particolarmente efficace alla dimensione socializ- zante, in quanto: – “permettono un’attività di rete con i diversi soggetti istituzionali (aziende, am- ministrazioni locali, Informagiovani, servizi sociali, Centro per l’impiego...)”; – “pongono il CFP in posizione favorevole nel rapporto con le aziende”; – “mantengono il contatto con gli ex-allievi”; – “permettono rapporti diretti con le aziende”; – “rafforzano la rete locale”; – “danno la possibilità di inserire gli allievi in imprese con cui il CFP ha rapporti di rete”; – “mettono a conoscenza dei fabbisogni formativi a livello territoriale”; – “permettono il flusso delle informazioni con le famiglie, gli allievi e le aziende”; – “rappresentano un ottimo mezzo per mettere in relazione il Centro con il mer- cato del lavoro, in genere disponibile ad accogliere queste esperienze”; – “danno visibilità e riconoscimento al Centro ed ai ragazzi tanto da parte delle imprese come anche delle Amministrazioni Pubbliche”; – “consolidano il rapporto tra il Centro, l’allievo e l’impresa”; – “rappresentano il risultato della collaborazione di tutti gli operatori del Centro”; – “permettono che il CFP diventi punto di riferimento per l’occupazione in quanto punto d’incontro allievi-aziende”; – “hanno permesso una relazione positiva tra orientatore, allievo e famiglia”. g) Infine per quanto riguarda la dimensione occupazionale il dato concreto sta nel costatare che in buona parte dei casi le attività di accompagnamento si trasfor- mano in un vero e proprio rapporto lavorativo, secondo quanto è stato segnalato: – “subito dopo la chiusura dell’esperienza la percentuale degli occupati è stata dell’80%”; – “il 50% dei qualificati è rientrato nel sistema scolastico e l’altra metà si è inse- rita nel mondo del lavoro”; – “l’esperienza riesce a collocare nel mondo del lavoro il 90% e più degli allievi”; – “i follow-up svolti al termine dell’esperienza hanno fatto registrare una per- centuale di inserimento occupazionale pertinente al profilo di appartenenza dell’88%”; – “il progetto ha consentito di dare concrete opportunità occupazionali a soggetti che altrimenti sarebbero rimasti ai margini della vita sociale e lavorativa”; – “la scelta del partner ed il giusto abbinamento azienda-allievo ha permesso poi l’inserimento professionale dei corsisti”; – “durante lo stage i ragazzi accrescono le proprie competenze e spesso alcune aziende terminata la formazione li assumono”; 65 – “gli allievi ed ex hanno avuto la consapevolezza di poter trovare nel nostro Centro un sostegno nella ricerca del lavoro; a volte si rivolgono al nostro ser- vizio anche dopo anni dal conseguimento della qualifica”. 1.2. Valutazione degli aspetti specifici delle attività di accompagnamento Per far sì che l’utente durante l’attività, di qualunque genere essa sia, arrivi a sviluppare un percorso formativo e a realizzare un’esperienza concreta di lavoro, sono state attivate azioni che non si limitano a realizzare gli interventi, ma anche a darne un’appropriata valutazione in merito a ciascuna delle distinte azioni messe in atto. a) Realizzazione dell’attività e figure/strategie di supporto: – “la realizzazione del progetto ha comportato il coinvolgimento fattivo di due importanti figure che hanno un ruolo ben definito: il tutor del Centro, per mo- nitorare lo sviluppo del progetto aziendale e verificare che venga attuato; e il tutor aziendale, per affiancare l’allievo nel suo percorso formativo”; – “il tutoraggio personalizzato motiva a fare lo stage e sostiene il giovane lungo tutto il percorso, permettendo di conseguire gli obiettivi concordati”; – “il tutor ha avuto il compito di facilitare il processo di inserimento in azienda, di valutare i risultati raggiunti in itinere dal giovane, di verificare al termine dell’esperienza in impresa le competenze raggiunte”; – “accanto al tutor ‘interno’ nominato dall’Ente promotore, il giovane beneficia delle indicazioni di un altro tutor, questa volta ‘esterno’, nominato dal titolare dell’impresa ospitante”; – “nei casi più difficili è risultato assai positivo/efficace l’inserimento di una figura di sostegno”; – “sono risultate adeguate le competenze del personale addetto e la presenza di strumenti e di spazi”; – “nel promuovere l’esperienza i nostri ragazzi sono stati accompagnati dagli insegnanti, mentre in altre scuole sono abbandonati a se stessi, provocando dis- persione”; – “le competenze specifiche sono state acquisite grazie all’affiancamento dei giovani ai lavoratori dell’azienda, ed in questo è risultata determinante la figura del tutor d’impresa nel promuovere una costante opera di mediazione”; – “c’è stata buona disponibilità da parte del tutor e di tutti gli altri operatori coin- volti nelle azioni di accompagnamento, cosicché l’allievo si è sentito seguito”; – “la partecipazione è stata stimolata anche dal fatto che lo stage fa parte del curricolo”; – “è stata data particolare attenzione al vissuto dell’utente, a valorizzare le diffe- renze individuali, a dare sostegno di fronte alle difficoltà incontrate e a pro- muovere rapporti di mutuo-aiuto”; 66 – “è stata data particolare importanza alla definizione di un progetto personale per il futuro, al sostegno a questo progetto attraverso visite guidate, acquisi- zione e conoscenza degli strumenti e delle tecniche di ricerca attiva del lavoro, al bilancio delle competenze acquisite e all’autopromozione”. b) Ricerca delle aziende e confronto con la progettualità degli utenti: – “il responsabile dell’attività (tutor, coordinatore...) identifica i canali e le fonti per la raccolta delle informazioni relative al mercato del lavoro del territorio e alle esigenze aziendali”; – “è stata creata una banca dati delle aziende più significative”; – “le informazioni raccolte sono state organizzate/sistematizzate per poi socializ- zarle agli utenti, nel tentativo di trovare un punto d’incontro tra domanda e of- ferta”; – “i curricoli degli utenti sono stati inviati alle aziende e al tempo stesso sono stati sollecitati incontri personali tra utenti e responsabili aziendali al fine di ottenere la disponibilità”; – “è stato ricercato il luogo di lavoro il più possibile adatto alle esigenze degli allievi ed ex-allievi”; – “gli utenti sono stati messi a confronto con il sistema imprenditoriale del terri- torio”; – “è stato fatto obbligo agli utenti di usufruire dei servizi orientativi”; – “sono stati forniti strumenti per valutare aspettative e possibilità reali, inoltre viene fatto un bilancio di competenze quale servizio gratuito e personalizzato”. c) Stesura e realizzazione del Progetto Formativo e della convenzione con le aziende: – “il progetto è stato elaborato insieme dal coordinatore, l’allievo e l’azienda”; – “la stesura degli obiettivi formativi è stata fatta confrontandosi con i testimoni privilegiati delle strutture ospitanti (tutor aziendali) con i quali sono state pia- nificate le diverse attività aziendali previste nel progetto”; – “al fine di rendere un sempre miglior servizio all’utenza sono stati presi con- tatti diretti con i responsabili del personale aziendale”; – “è stata fatta un’accurata analisi di fattibilità anche grazie al coinvolgimento del docente dell’area tecnico-professionalizzante”; – “è stata fatta un’accurata presentazione delle opportunità in termini di finan- ziamenti e aiuto alla microimprenditorialità”; – “ il bilancio di competenze e la definizione del progetto personale, formativo e professionale sono risultati particolarmente efficaci in quanto l’allievo è stato accompagnato allo svolgimento di attività didattiche trasversali che contribui- scono ad attivare abilità metacognitive di riflessione personale vissute nel CFP e in azienda”. 67 d) Valutazione finale del tirocinante da parte del tutor aziendale e dal tutor del Centro: – “la valutazione è stata fatta mediante diversi rilevamenti attuati anche in virtù del Sistema Qualità adottato dal Centro”; – “in questo modo è stato possibile testare la capacità dei singoli allievi in un contesto lavorativo concreto e specifico”; – “durante l’esperienza è stato messo in opera un costante monitoraggio delle attitudini dell’allievo e la valutazione delle sue aspirazioni”; – “un tutoraggio personalizzato ha permesso di verificare l’andamento dell’espe- rienza e di apportare in tempo reale i correttivi lì dove era necessario intervenire”; – “è stata data particolare attenzione ai bisogni esplicitati dall’utente e al monito- raggio dell’esito dell’azione”; – “al termine è stata fatta una dichiarazione di competenze indicativa del pos- sesso da parte della persona dell’insieme dei requisiti che le consentono di poter svolgere i compiti propri del profilo professionale o di competenza di ri- ferimento; a seguire è stata chiesta l’autorizzazione al trattamento dati perso- nali/sensibili”. e) Rapporto con le aziende e con altri soggetti istituzionali della rete: – “si è potuto riscontrare il buon rapporto con numerose aziende del territorio, particolarmente nei settori specifici in cui opera il Centro e con i soggetti isti- tuzionali”. 1.3. Valutazione della reazione degli utenti Da questo punto di vista le osservazioni emerse dalle schede in genere sono risultate tutte molto soddisfacenti, in parte dovuto anche al fatto che molti utenti dopo le opportunità di stage o di tirocinio hanno ottenuto concrete opportunità la- vorative. E comunque tali reazioni possono essere catalogate nel seguente schema. a) Senso generale di soddisfazione/coinvolgimento: – “si è registrato un alto coinvolgimento e rendimento degli allievi”; – “il grado di soddisfazione per l’esperienza avuta è in dipendenza dal raggiun- gimento degli obiettivi”; – “a seguito dell’esperienza sono state riscontrate motivazioni al lavoro assai elevate”; – “gli allievi in azienda hanno dimostrato un livello di motivazione e di impegno superiore a quello dimostrato nel Centro”; – “l’esperienza ha accelerato la maturazione dei soggetti che l’hanno fatta”; – “fa sentire il ragazzo, ancora parte della scuola, come se fosse già inserito nel mondo del lavoro, facendogli così acquisire consapevolezza, motivazione, ascolto partecipato ed un elevato grado di soddisfazione”. 68 – “il gradimento degli allievi è stato dell’80%, delle aziende l’85% e delle fami- glie l’84%”. b) Effettivo contributo a migliorare/perfezionare le conoscenze/abilità dell’utente: – “molti hanno migliorato le proprie capacità proprio durante lo stage”; – “i ragazzi hanno imparato molto dall’esperienza, mettendo in pratica quanto è stato loro insegnato sui banchi di scuola e respirando il clima all’interno di un’azienda”; – “gli allievi hanno dimostrato di aver raggiunto un maggiore grado di maturità in quanto sono tornati più motivati”; – “sono risultate determinanti le capacità personali e caratteriali dell’utente del servizio”; – “la partecipazione è stata elevata e così pure il grado di soddisfazione; tuttavia gli utenti hanno chiesto ulteriori supporti a causa delle notevoli variazioni del- l’offerta lavorativa”; – “gli utenti hanno accolto in modo positivo la proposta di approfondire in ma- niera strutturata le tematiche inerenti la progettualità personale, formativa e professionale”. c) Ricaduta positiva dell’esperienza: – “il livello di soddisfazione degli allievi è stato tale da avere una ricaduta sul- l’ottima valutazione che la Pubblica Amministrazione ha dato del CFP”; – “dopo queste esperienze si registra un incremento della domanda di accompa- gnamento in quanto l’attività risulta un momento di vera crescita personale di chi la fa e quindi è assai apprezzata dalle famiglie”; – “grazie al riscontro positivo e al passaparola il servizio viene utilizzato anche dai genitori degli allievi”; – “alcuni allievi hanno riferito di aver tratto giovamento dalla preparazione umana e professionale dei tutor aziendali che li hanno affiancati”; – “le famiglie hanno percepito la disponibilità dell’Ente a farsi carico dell’inseri- mento lavorativo dei corsisti”; – “l’attività di stage è stata considerata dagli utenti la parte più importante del corso”; – “l’affluenza annuale al servizio è di circa 250 utenti”; – “si è verificato un aumento della credibilità nei confronti del tessuto sociale e in special modo delle famiglie”. – “l’attività è stata utile per: a) fornire dei ritorni sulle motivazioni delle persone all’inserimento lavorativo, offrendo delle proposte concrete e valutando quindi la reale disponibilità delle stesse; è stato così possibile orientare e finalizzare gli interventi; b) accompagnare e sostenere le persone, particolarmente quelle che hanno perso consapevolezza delle proprie capacità o che per motivi diversi hanno difficoltà/incertezza a presentarsi al datore di lavoro (es., difficoltà lin- 69 guistiche...); c) potenziare e integrare l’insieme dei progetti posti in essere a fa- vore del target di utenza”. 2. PUNTI DI ATTENZIONE/CRITICITÀ Così come per i punti di forza, anche per quelli di criticità la scheda prevedeva di suddividere le osservazioni tra una valutazione generale, gli aspetti specifici del- l’esperienza e la reazione degli utenti. 2.1. Valutazione generale Gli aspetti meno positivi e critici, talora anche negativi riscontrati nel promuo- vere e realizzare le attività di accompagnamento al lavoro possono essere riassunti attraverso due categorie di massima, di carattere logistico e formativo. 1) Criticità di carattere logistico Sono stati fatti risaltare i seguenti aspetti. a) Esperienze brevi e/o troppo poche: – “un aspetto di criticità emerso è quello della brevità dell’esperienza, in quanto non permette spesso di acquisire un bagaglio di competenze tali per essere attivo nel mondo del lavoro e di essere inserito in esso”; – “troppo poche esperienze di accompagnamento rispetto alle esigenze del mer- cato”; – “alcuni ragazzi hanno bisogno di una fase preliminare prima di essere inseriti direttamente in uno stage”; – “rispetto alla richiesta di lavoro da parte delle aziende si rileva un sempre minor numero di qualificati”. b) Inadeguato rapporto costi-benefici: – “c’è sia un costo economico che di personale coinvolto nell’attività che non viene coperto da nessun finanziamento”; – “non sempre c’è un ritorno, un riscontro sugli esiti/risultati ottenuti”; – “aspettative da parte degli utenti di remunerazioni non corrisposte”; – “carenza di risorse dedicate all’accompagnamento”; – “mancanza di finanziamenti a sostegno dell’attività”. c) Problemi di ordine burocratico/organizzativo: – “procedure ‘blindate’ da parte della Pubblica Amministrazione”; – “tempi di risposta delle aziende diversi da quelli attesi”; 70 – “difficoltà a conciliare l’attività curricolare con l’esperienza di accompagna- mento al lavoro”; – “difficoltà ad individuare aziende che, nel periodo previsto per lo stage, svol- gono lavori strettamente attinenti alle materie ed ai programmi svolti in aula e laboratorio”; – “progetti molto burocratizzati, con modulistica eccessiva per realtà aziendali che sono per lo più di dimensioni limitate”; – “problemi di regolamentazione della forma contrattuale per alcune qualifiche”. – “difficoltà per raggiungere l’azienda, poco servita dai mezzi pubblici”; – “gli orari di lavoro troppo lunghi, dovuto anche ai problemi di trasporto”; – “lunghezza del percorso con tempi e costi elevati”; – “difficoltà ad individuare i più idonei a ricoprire il ruolo giusto”; – “più tempo per la ricerca di aziende e tutor realmente motivati all’accoglienza degli stagisti”. 2) Criticità in merito all’apporto formativo Sono stati fatti risaltare i seguenti aspetti. a) Richieste tradizionali da parte dell’azienda: – “ciò si verifica quando un sistema produttivo utilizza ancora profili professio- nali di tipo tradizionale, di qualifica e di specializzazione che sono necessari per il mantenimento delle dinamiche produttive esistenti, ma obsoleti in rap- porto alle innovazioni tecnologiche”; – “certi profili sono in alcuni casi di difficile reperibilità; solo chi ha sviluppato competenze e le sa amministrare sarà in grado di collocare e ricollocare la pro- pria professionalità nel mondo del lavoro”; – “difficoltà a conciliare le richieste delle aziende con gli interessi e le motiva- zioni degli allievi”. b) Richieste troppo specifiche da parte delle aziende: – “essendo l’attività strettamente legata alla peculiarità dell’andamento del mer- cato talora diviene difficilmente progettabile/realizzabile”; – “non è possibile permettere queste esperienze dopo una certa età in quanto le aziende si rifiutano di accogliere adulti svantaggiati (disoccupati, in mobilità...)”. c) Assenza di verifiche: – “documentazione finale dell’esperienza non sempre compilata”; – “spesso le imprese non forniscono il risultato delle valutazioni effettuate sul- l’allievo”; – “mancanza di un ritorno spontaneo dell’esito dell’intervento”. 71 d) Disinteresse delle aziende a formare: – “non sempre le aziende sono disponibili a collaborare ad accompagnare il sog- getto attraverso una logica formativa della personalità”; – “gli allievi che presentano problemi/svantaggi non sempre trovano un ambiente aziendale adatto al loro inserimento, anche per mancanza di collaborazione da parte dell’azienda che non sempre è possibile pretendere”; – “scarsa presenza e collaborazione con lo sportello per l’impiego”; – “lungaggini burocratiche causate dal processo di stabilizzazione del rapporto Centro/allievo-azienda”. e) Problemi didattico-formativi interni al CFP: – “necessità di istituire un modulo didattico di aiuto all’autoimprenditorialità”; – “maggiore coinvolgimento delle famiglie”; – “il mancato coinvolgimento delle famiglie, spesso ai margini nelle scelte dei figli”; – “maggiori spazi per un confronto individuale e di gruppo”; – “necessità di un maggior supporto individuale all’allievo durante il periodo di stage”. 2.2. Aspetti specifici Riguardano le ragioni delle rinunce e/o degli abbandoni avvenuti durante l’esperienza, il tentativo da parte di certe aziende di giocare l’esperienza a proprio profitto e il non rispetto degli impegni sia da parte delle aziende che degli utenti. a) Le ragioni di rinunce/abbandoni: – “alcune aziende contattate sono rimaste in sospeso perché non hanno accettato le nostre proposte”; – “alcuni dei giovani contattati hanno rinunciato subito dopo le informazioni preli- minari avute per telefono (ossia, il tirocinio non dà diritto ad alcuna assunzione o retribuzione...) o perché nel frattempo hanno trovato lavoro o per motivi di studio”; – “in certi casi i ragazzi non hanno ‘retto’ l’esperienza per demotivazione o perché presentavano particolari difficoltà/svantaggi; in questi casi l’insuccesso è stato oggetto di valutazione da parte dell’orientatore e si è cercato di rimediare facendo fare un’esperienza laboratoriale all’interno del Centro”; – “nelle aziende dove sono emerse difficoltà è venuta meno la prosecuzione del rapporto”; – “sono stati registrati casi di abbandono dell’attività da parte di soggetti che già durante il corso hanno causato problemi disciplinari nel rapporto sia con il Centro che con la famiglia”; 72 – “vari hanno rinunciato quando si sono resi conto che non c’erano possibilità concrete di rimanere a lavorare”; – “gli abbandoni sono sempre stati causati dalle crisi aziendali, da problemi legati ad un prolungamento dell’adolescenza e da situazioni familiari com- plesse”; – “il problema più evidente è stata la mancanza di collegamenti fra le strutture attive del territorio e il mondo del lavoro”; – “le rinunce sono derivate dalla riluttanza delle famiglie a separarsi dal giovane che aveva voglia di intraprendere il percorso lavorativo”. b) Il tentativo da parte di certe aziende di giocare l’esperienza a proprio profitto: – “alcune aziende si sono approfittate della possibilità dei tirocini per prendere in carico i tirocinanti per svolgere il lavoro senza ulteriori impegni”; – “problemi relativi al troppo lavoro dell’azienda a fronte di un limitato numero di dipendenti”. c) Il non rispetto degli impegni da parte delle aziende: – “problematiche legate alla mancata attività di tutoring in azienda”; – “errata interpretazione dell’azienda dell’esperienza di accompagnamento”; – “quando si sono verificati problemi di scollamento tra quanto richiesto nel pro- getto di stage e l’attività realmente svolta si è provveduto al cambio tempestivo dell’azienda”; – “non si sono verificate le condizioni di fattibilità del progetto”. d) Aspetti negativi riscontrati negli allievi: – “i problemi maggiori sono legati alle motivazioni e alle caratteristiche degli allievi”; – “mancata corrispondenza degli allievi alle nostre aspettative”; – “dover promuovere interventi personalizzati per far rispettare le regole, dovuto alle difficoltà di alcuni ad adattarsi”; – “nel portare avanti l’esperienza si sono registrati casi di superficialità sia da parte degli utenti che delle aziende”; – “i ragazzi fanno fatica a raccontare alle famiglie la propria esperienza di stage”; – “mancanza di adeguate competenze degli allievi”; – “difficoltà da parte degli allievi a compiere una efficace analisi introspettiva”; – “l’immaturità dimostrata nel motivare l’abbandono per mancata retribuzione, quando non prevista né dovuta”; – “scarsa capacità di adattamento dei giovani al mondo del lavoro”; – “scarsa mentalità all’autoimprenditorialità”; – “problemi relazionali dei ragazzi”; 73 – “compenso inadeguato”; – “la motivazione/partecipazione sono risultate inadeguate per problemi di bassa autostima del singolo o di situazioni familiari socio-culturalmente disagiate”; – “molti di questi utenti extracomunitari risultavano scarsamente inseribili in tirocinio essendo privi della conoscenza della lingua italiana e alcuni privi del tutto di scolarità”. 2.3. La reazione degli utenti La reazione degli utenti è stata essenzialmente di due tipi. a) Insoddisfazione/demotivazione/disadattamento: – “si sono verificati momenti di caduta delle motivazioni”; – “l’insoddisfazione degli allievi quando non viene avviato un rapporto lavora- tivo in seguito all’esperienza avuta, per cui in certi casi si è provocato l’abban- dono dell’attività da parte di chi è rimasto insoddisfatto”; – “in certi casi si sono avute reazioni assai volubili”; – “scarsa condivisione e motivazione”; – “l’insoddisfazione viene dalla troppa concorrenza, sleale e mortificante, delle piccole aziende”. b) Pretese/richieste divergenti da quello che era il vero obiettivo delle attività: – “per alcuni di coloro che intendono affrontare il tirocinio è risultato molto dif- ficoltoso l’inserimento o perché avevano pretese molto elevate, o perché cerca- vano un part-time, o perché non in grado di superare un colloquio in azienda, né affrontare un lavoro a causa a volte di età elevata”; – “poca comprensione degli obiettivi del servizio offerto”; – “gli allievi hanno faticato a comprendere il legame tra le abilità progettuali di tipo personale e quelle di tipo scolastico-professionale”. 3. SUGGERIMENTI Dopo aver focalizzato i punti di forza e di criticità delle esperienze di accom- pagnamento al lavoro i diversi protagonisti che hanno compilato le schede sono passati ad indicare eventuali suggerimenti e proposte per migliorare l’attività. Il contributo offerto dai Centri in questo caso è risultato leggermente inferiore rispetto all’apporto offerto nei punti precedenti, e tuttavia è possibile categorizzarlo nei seguenti parametri. a) Una parte di proposte si è concentrata nel reclamare una maggiore coerenza nel rapporto costi/benefici, dal momento che: 74 – “gli aspetti tecnici e organizzativi possono essere migliorati, mentre il pro- blema principale è la stabilità e la quantità di risorse disponibili per poter tenere in piedi il servizio”; – per questo è necessario “uno studio più accurato degli abbinamenti e della tempistica funzionale alle esigenze del Centro e dell’azienda”; – oltre alle maggiori competenze e risorse l’accento poi cade soprattutto sulla questione economica, per cui si fa presente che per svolgere queste attività con maggior profitto occorrono “tempi e costi da adeguare alle azioni”; – in altri termini “bisogna trovare risorse economiche specifiche per portare avanti l’iniziativa”; – in pratica tali attività “vanno retribuite, devono dare la possibilità all’utente di ricevere un compenso da parte dell’azienda”. b) Inoltre è stato fatto osservare che si tratta di attività che si possono fare solo a certe condizioni, e in particolare: – “l’esperienza andrebbe intrapresa fin dall’inizio e per tutta la durata del per- corso formativo”; – per cui occorre “prevedere già in prima fase la formazione nei laboratori”; – “prima di iniziare lo stage è necessario lavorare maggiormente sulla motiva- zione e sull’importanza dell’esperienza; se ben guidati difficilmente si verifi- cano casi di demotivazione”; – “il monitoraggio va implementato avendo a disposizione mezzi adeguati”; – “ricerca di finanziamenti per poter ampliare l’orario del servizio di sportello per l’accompagnamento al lavoro ed attivare moduli formativi che rispondano efficacemente ai bisogni esplicitati dall’azienda”; – “i Centri di orientamento vanno lasciati liberi di gestirsi i servizi, altrimenti viene vanificato il lavoro di preparazione predisposto da un Centro”; – “bisognerebbe differenziare maggiormente l’intervento a seconda della tipo- logia d’utenza; per alcuni target non è sufficiente un colloquio ma è necessario prevedere moduli specifici di accompagnamento al lavoro incentrati sul bi- lancio delle proprie competenze, sulle tecniche di autopromozione e sulla mo- tivazione al lavoro”; – “occorre aumentare il numero delle ore da dedicare all’attività”; – “si richiede di istituire uno sportello di sostegno alle famiglie che accompagni l’intera attività”; – “in alcuni casi si riscontrano difficoltà nell’affrontare con maturità e cognizione di causa l’esperienza; occorre agire con tempestività per ridefinire un nuovo pro- getto personale e focalizzare l’intervento su alcuni elementi di maggiore criticità: aspetto relazionale e comportamentale, problem solving, rimotivazione, ricono- scimento delle proprie capacità e delle proprie difficoltà, autonomia operativa”; – “maggior tempo da dedicare alla ricerca del partner di stage al fine di conven- zionare aziende e tutor realmente motivati all’accoglienza degli stagisti”; 75 – “è necessaria una informatizzazione di banche dati settoriali per il monito- raggio del mercato del lavoro”. c) Al tempo stesso bisognerebbe tuttavia evitare certi condizionamenti, come è in particolare per quanto riguarda la figura del tutor, “spesso impegnato nelle lezioni del Centro, per cui occorrerebbe dargli più tempo da dedicare allo stage”: – problema che potrebbe essere superato se il Centro potesse “usufruire di una figura con totale incarico di ricerca/contatto/coinvolgimento delle aziende e di stipulare protocolli/intese/convenzioni tra CFP e aziende”; – “gli utenti che non hanno fatto mai uno stage fanno registrare spesso un dis- orientamento iniziale e di conseguenza hanno bisogno che il tutor aziendale svolga un’accoglienza mirata nei loro confronti, al fine di orientarli non solo all’interno dell’azienda ma anche di sostenerli nella comprensione dei compiti e delle funzioni dello stagista secondo il project work concordato”. d) L’attenzione si è spostata inoltre sui vantaggi che potrebbero derivare coin- volgendo più soggetti per svolgere queste attività: – “mantenendo sempre alta da parte del gestore l’attenzione a comunicare con le famiglie, gli allievi e le aziende”; – oppure “creando un ‘circuito virtuoso’ di attività formative da svolgere in azienda da premiare attraverso attestati da parte della Pubblica Amministra- zione”; – o affidando alle “Amministrazioni Pubbliche di occuparsi di più nel coinvol- gere le imprese per l’inclusione lavorativa di soggetti svantaggiati, evitando così il diffondersi di quella cultura mercenaria che vede il lavoratore solo come costo e non come risorsa da valorizzare”; – rimane comunque un elemento di primaria importanza fare sì che queste atti- vità “vengano pianificate in modo più coerente alle esigenze sia del Centro che del mercato del lavoro”; – per questo sarebbe opportuno “avere a disposizione una banca dati di imprese che operano in sintonia con gli obiettivi formativi del Centro”; – ma per arrivare a questo “le esperienze finora maturate consigliano di coinvol- gere maggiormente le aziende anche nei progetti formativi degli allievi”; – “creando un maggior collegamento fra tutte le realtà territoriali che si occupano di accompagnamento al lavoro, soprattutto per ottenere una maggiore collabora- zione dalle aziende, che spesso non rispettano le tempistiche e gli accordi presi”; – cosicché “sarebbe opportuno un potenziamento degli incontri con diversi testi- moni del mondo del lavoro per rendere il modulo di accompagnamento ancor più frutto di un’intenzionalità educativa ‘corale’, che faccia percepire agli allievi il ruolo attivo della comunità sociale e delle sue diverse forme nell’ac- compagnarli alla definizione di sé”. 76 e) Infine si suggerisce che per poter essere diffuse/socializzate queste espe- rienze vengano debitamente valutate, “rendere sistematico il risultato ottenuto, in modo da poter validare pienamente l’efficacia dell’intervento”. 77 Capitolo 5 Linee guida per l’accompagnamento al lavoro Vittorio PIERONI - Guglielmo MALIZIA Uno degli obiettivi a cui mirava particolarmente la presente indagine era quello di operare una sintesi dei contenuti emersi dalle schede inviate dai Centri del CNOS-FAP e da quelli appartenenti agli altri Enti che permettesse di arrivare a ela- borare linee guida da mettere a disposizione di tutti coloro che intendono realiz- zare, migliorare o potenziare gli interventi di accompagnamento al lavoro. Sulla base del materiale pervenuto e analizzato nei precedenti capitoli, ci sembra che tali attività possono essere raggruppate essenzialmente in due tipologie di fondo: 1) stage di accompagnamento al lavoro e/o tirocini formativi; 2) attività di orientamento al lavoro ed esperienze similari. 1. STAGE E TIROCINI FORMATIVI PER L’ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO Per impostare questi interventi in modo da arrivare possibilmente a un prodotto di eccellenza, le linee guida vanno articolate intorno ai seguenti nuclei: 1) finalità generali, obiettivi specifici e risultati attesi; 2) metodologia, figure e strumenti; 3) fasi di realizzazione. 1.1. Finalità generali Lo stage di accompagnamento al lavoro e/o i tirocini formativi rappresentano un momento di fondamentale importanza all’interno del percorso di apprendimento, poiché consentono all’allievo di sperimentare on the job quanto appreso in aula e in laboratorio, dandogli così la possibilità di misurare le proprie potenzialità e i propri limiti attraverso l’inserimento progressivo in “situazioni” lavorative. In quanto tali, stage e tirocini possono essere intesi come un ponte di passaggio tra il mondo della scuola e della formazione da una parte e la realtà del lavoro dall’altra, un’espe- rienza che può agevolare l’utente, ormai giunto quasi al termine del proprio itine- rario educativo, nella comprensione delle proprie reali competenze professionali. Più specificamente si tratta di individuare opportunità e percorsi di inseri- mento coerenti con le competenze ed attitudini possedute dall’allievo, valorizzando la centralità della persona nell’acquisizione delle competenze chiave di cittadi- 78 nanza, le caratteristiche dell’individuo in relazione alle singole aree professionali, la definizione ideale degli abbinamenti allievo-indirizzo e allievo-azienda, nella prospettiva di un flessibile e soddisfacente itinerario educativo e/o occupazionale. 1.1.1. Obiettivi specifici Possono essere ricondotti essenzialmente a tre. a) Far conoscere l’organizzazione aziendale e cioè: – essere introdotto nella vita dell’impresa sperimentando l’ambiente lavorativo con i suoi orari, impegni, metodi, tempi e ritmi di lavoro e aspetti relazionali, organizzativi e sindacali; – comprendere le caratteristiche e le problematiche della realtà organizzativa in cui l’allievo viene inserito; – imparare a gestire le attività in relazione a una precisa programmazione tempo- rale; – acquisire gli elementi essenziali della cultura del lavoro; – strutturare e gestire le operazioni e i compiti assegnati in modo corretto, tale da garantire una qualità soddisfacente del lavoro svolto; – prendere un contatto diretto con la realtà operativa in una struttura aziendale. b) Far sperimentare il ruolo professionale: – sperimentarlo anzitutto all’interno dell’azienda interagendo con colleghi e con figure di livello gerarchico superiore; – portare l’allievo allo svolgimento autonomo dei compiti lavorativi tipici della figura professionale che desidera svolgere; – finalizzare le prestazioni lavorative al raggiungimento di risultati di qualità; – sviluppare le principali abilità operative richieste dal ruolo sperimentato; – apprendere attraverso l’azione nuove competenze professionali; – ampliare e perfezionare le conoscenze e le abilità acquisite nel percorso attra- verso applicazioni pratiche in azienda mediante l’utilizzo di nuovi e più mo- derni strumenti e attrezzature ed eseguendo lavori non più in condizioni di si- mulazione ma finalizzati a realizzare un prodotto reale; – sperimentare una reale partecipazione lavorativa alle dinamiche dell’azienda mediante interventi di affiancamento mirati a conseguire gradualmente una propria autonomia nell’uso di macchine utensili. c) Sviluppare le proprie potenzialità e preparare ad adattarsi alla vita azien- dale: – riconoscere le proprie possibilità d’azione e i propri limiti; – imparare a gestire le situazioni critiche mantenendo il controllo delle pulsioni emotive; – apprendere a gestire in maniera non conflittuale le relazioni con gli altri; 79 – individuare la propria collocazione all’interno del gruppo di lavoro e relazio- narsi in situazioni di interazione diretta o mediata da strumenti di diversa natura; – maturare una mentalità e capacità di adattamento a situazioni nuove ed in tra- sformazione sviluppando comportamenti di responsabilità, autonomia e inizia- tiva personale; – rimotivare l’apprendimento attraverso la presa di coscienza dell’importanza dei contenuti formativi acquisiti e della necessità di una riqualificazione con- tinua per padroneggiare tecnologie sempre nuove. 1.1.2. Risultati attesi Possono essere identificati nei seguenti esiti: – sviluppare e consolidare le competenze, non solo professionali, già presenti negli allievi; – favorire l’apprendimento di nuove competenze; – completare lo sviluppo della professionalità necessaria per realizzare una per- formance di qualità; – verificare l’efficacia delle conoscenze e delle capacità acquisite nelle fasi for- mative precedenti. 1.2. Metodologia, figure e strumenti 1.2.1. Prerequisiti preparatori La collocazione ideale di questo tipo di stage è al termine di un percorso for- mativo, ma preceduto e articolato da una sequenza di azioni preparatorie: una prima, di formazione teorica e di laboratorio; una seconda, che contempli uno stage formativo; quindi una terza, di approfondimento delle competenze professionali prettamente finalizzate all’inserimento lavorativo. 1.2.2. Distribuzione dell’attività in base alle principali azioni Tutto questo, all’atto pratico, richiede una sequenza di passaggi-chiave. a) La progettazione formativa e didattica dello stage, che comporta: – la ricerca delle migliori opportunità di inserimento presso le aziende del settore; – riunioni preliminari tra coordinatore, tutor e docenti per valutare al meglio le potenzialità dell’allievo rispetto alle offerte predeterminate. b) Una fase preparatoria, allo scopo di: – organizzare un incontro tra allievi, genitori e tutor per presentare l’esperienza e gli obiettivi macro (relativi all’inserimento...) e micro (azioni, attività...), e quindi le modalità con cui verrà svolto lo stage; 80 – predisporre test orientativi e attitudinali in modo da abbinare ogni allievo al- l’azienda più rispondente alle sue attese, conoscenze e competenze. c) La elaborazione del piano di stage possibilmente assieme all’azienda, che prevede: – la definizione del profilo professionale dell’allievo e l’abbinamento allievo- azienda; – una prima presentazione dell’allievo in azienda che comporta tra l’altro ac- cordi di massima sull’inserimento e l’informativa su tutti gli aspetti burocratici da parte del tutor aziendale; – l’inserimento in azienda, accompagnato da visite di monitoraggio periodiche. d) La gestione in itinere dell’azione, che richiede: – la collaborazione fra tutor del CFP e tutor aziendali nel coordinare le attività e le modalità di verifica e valutazione; – i rientri infrasettimanali per effettuare verifiche intermedie. e) La valutazione finale dell’esperienza, mediante: – la consegna della scheda di valutazione stage al tutor aziendale a conclusione dello stage; – la consegna della scheda di valutazione stage all’allievo in occasione del rientro in aula. f) Un servizio di assistenza al termine dell’attività, mirato a: – fare da ponte tra ex-allievi e mercato del lavoro attraverso una segreteria attiva fino alla prima assunzione (e, se del caso, anche successivamente); – svolgere attività di simulazione per colloqui di lavoro, compilazione del curri- culum vitae in modo da aiutare gli ex-allievi a presentare le proprie candidature; – coinvolgere le agenzie interinali e per il lavoro al fine di presentare le opportu- nità lavorative del territorio. 1.2.3. Figure In genere, per realizzare lo stage, le figure coinvolte sono: il tutor o responsa- bile dello stage del CFP; il tutor formativo del CFP; il tutor aziendale; i colleghi di lavoro in azienda. 1.2.4. Strumenti Per una corretta e funzionale gestione dell’esperienza di stage si rimanda al materiale riportato nella III parte del presente report, inviato da pressoché tutti i Centri coinvolti nell’indagine e catalogato secondo il seguente schema: 81 1) Progetti integrali 2) Materiale vario (schede, moduli...) a) Schede informative e per l’orientamento b) Moduli per i colloqui c) Moduli per convenzioni d) Guida al curriculum vitae e) Schede di monitoraggio/valutazione stage (allievi; aziende; altri valutatori) 1.3. Fasi/azioni per la realizzazione dell’attività Le fasi/azioni che caratterizzano l’attività possono essere ricondotte essenzial- mente a quattro e così distribuite: fase preparatoria; presa dei contatti con l’a- zienda; tutoraggio in azienda; monitoraggio, verifica e valutazione dell’esperienza. 1.3.1. Fase preparatoria In questa tappa possono essere messe in atto varie azioni. a) A livello informativo: – compilazione della scheda-utente e raccolta dei dati sugli allievi al fine di esplicitare i bisogni individuali di orientamento e di formazione; – presentazione alle famiglie dell’attività; – conoscenza degli uffici territoriali per l’impiego; – studio del CCNL; – messa in opera di una rete con le aziende per poter disporre di personale esterno (aziendale, sindacale...) e per informare sul mercato del lavoro, sulla contrattualistica, sul sistema sicurezza, sui conflitti nel mondo del lavoro, sul problem solving, sull’ascolto attivo, sulla collaborazione. b) A livello di catalogazione: – ricevimento e classificazione delle domande di lavoro; – analisi delle richieste in relazione alle caratteristiche degli allievi iscritti nella banca dati; – analisi dei bisogni e delle aspettative del candidato; – ricostruzione delle esperienze scolastico-formative e professionali dell’allievo anche attraverso il curriculum vitae; – colloqui di accoglienza e valutazione del bisogno. c) Interventi personalizzati attraverso colloqui e prove attitudinali e contratto formativo: – valutazione delle motivazioni, conoscenze e competenze acquisite nella pre- gressa esperienza formativa e/o professionale, e delle aspirazioni, interessi e valori relativi al lavoro; 82 – bilancio di competenze; – inserimento nel servizio attraverso la stesura di un profilo attitudinale del can- didato al lavoro, evidenziando potenzialità a breve e medio termine e tecniche per svilupparle; – colloqui di approfondimento relativi ai percorsi formativi e professionali degli allievi; – simulazione del colloquio motivazionale; – valutazione del percorso formativo svolto e verifica della coerenza con il pro- prio progetto di vita; – acquisizione di conoscenze e capacità di analisi del mercato. d) Attivazione di una banca dati che preveda: – l’analisi delle offerte occupazionali presenti nel territorio in base alle speci- fiche esigenze dell’utente; – la raccolta delle figure professionali richieste dalle aziende; – strumenti e metodologia di ricerca del lavoro; – la creazione di un albo di aziende omologate per lo stage; – la rilevazione dei fabbisogni professionali da parte dell’azienda partner. e) Formalizzazione della domanda: – compilazione del curriculum vitae secondo il formato europeo; – formalizzazione della richiesta su un modulo predisposto; – acquisizione del curriculum e suo inserimento nel data base predisposto; – utilizzo del modulo di accompagnamento al lavoro emanato dal bando regio- nale; – redazione della lettera di presentazione delle proprie capacità e competenze. 1.3.2. Ricerca attiva del lavoro e presa dei contatti con le aziende In questa fase le azioni da mettere in atto riguardano prettamente gli aspetti se- guenti. a) Ricerca attiva del lavoro: – progettazione del percorso di ricerca attiva (contatti con agenzie del territorio, invio dei curricoli...); – definizione condivisa delle linee di azione e della tempistica; – individuazione del percorso di ricerca del lavoro. b) Abbinamento allievo-azienda: – individuazione delle aziende e abbinamento soggetto-azienda in base alle caratteristiche dell’uno e dell’altra; 83 – segnalazione del nominativo alle aziende quando l’allievo è compatibile con il profilo richiesto; – contatti con agenzie interinali a cui inviare i dati personali degli allievi; – realizzazione di un piano di azione legato al proprio progetto professionale. c) Incontri/colloqui in azienda: – primo approccio con l’azienda dopo la valutazione delle attitudini del candi- dato; – contatto con il personale aziendale incaricato dei colloqui; – incontri con ex-allievi già inseriti in aziende di vari settori; – colloqui con l’imprenditore sul profilo professionale da assumere e sulle man- sioni da svolgere. 1.3.3. Tutoraggio in azienda A questo punto le azioni pratiche da parte del tutor aziendale potrebbero essere le seguenti: – prevedere inizialmente una fase di accoglienza dell’allievo nell’impresa a cura del medesimo tutor con l’obiettivo di fargli comprendere le caratteristiche generali, il processo produttivo, le figure professionali coinvolte e l’organizza- zione interna del lavoro; – successivamente, predisporre lo svolgimento da parte dell’allievo di intere se- quenze lavorative o di parti di esse, con un graduale passaggio dalla modalità assistita alla gestione autonoma di macchine e attrezzature, spostando progres- sivamente l’attenzione dal metodo ai risultati delle performance; – assicurare che lo stagista si possa relazionare e confrontare con gli altri opera- tori del reparto così da condividere le fasi di lavoro e le relative problema- tiche; – fare in modo che l’allievo possa essere posto in grado poco alla volta di presi- diare interamente il ruolo professionale con un elevato grado di autonomia. 1.3.4. Monitoraggio/verifica/valutazione dell’esperienza L’azienda comincerà quindi a valutare la qualità e l’efficacia delle prestazioni applicando al lavoro dello stagista gli stessi criteri di giudizio che sono impiegati per gli altri lavoratori che assolvono le medesime funzioni. Va prevista la programmazione di forum infrastage tra gli allievi, il coordina- tore dello stage, il tutor del CFP e il tutor aziendale, da tenersi possibilmente ogni fine settimana, finalizzati alla rielaborazione dei vissuti personali e delle esperienze problematiche incontrate dagli allievi. Contestualmente vanno previste almeno due visite del tutor formativo del CFP presso ciascuna impresa coinvolta per monitorare in itinere l’esperienza e verificare il rispetto del progetto formativo ed eventualmente ridefinirlo in condivisione con il tutor aziendale e l’allievo. 84 2. ATTIVITÀ DI ORIENTAMENTO AL LAVORO ED ALTRE ESPERIENZE Anche le attività di orientamento prettamente finalizzate al lavoro possono es- sere analizzate in base a quelle che sono le loro caratteristiche peculiari, gli obiet- tivi specifici a cui fanno riferimento e la tipologia di interventi messi in opera. 2.1. Caratteristiche delle attività di orientamento finalizzate al lavoro L’attività di orientamento considerata nel suo insieme prevede una serie di ser- vizi tendenzialmente integrati tra di loro e fortemente finalizzati all’inserimento la- vorativo, in una logica di partnership con i Servizi per l’impiego e in riferimento alle competenze provinciali in materia di politiche attive del lavoro che interessano gli allievi durante l’itinerario formativo e nelle fasi ad esso successive. L’insieme delle attività previste mira a sviluppare negli allievi la capacità di in- traprendere lungo il percorso di vita e di lavoro, anche in situazioni di transizione, iniziative per l’autopromozione, il trasferimento delle proprie competenze, la ri- cerca di opportunità e il miglioramento del proprio stato. Partendo dalla fase di accoglienza ed orientamento iniziale nel CFP, il Servizio offre tutta una serie di azioni in itinere ponendosi l’obiettivo di supportare l’allievo in ordine alle decisioni che dovrà assumere svolgendo la propria occupazione. Gli fornisce inoltre un sostegno alla costruzione e allo sviluppo del suo progetto di vita lavorativa attraverso le diverse fasi di accoglienza, di supporto, di offerta di azioni informative e/o di autoconsultazione. Si tratta di un Servizio per gli allievi e per le loro famiglie al fine di far conoscere le opportunità scolastiche, formative e professionali del territorio, anche attraverso at- tività collaterali di orientamento e promozione: “giornate aperte”, incontri con esperti di settore, rappresentanti del mondo produttivo, visite conoscitive (presso i Centri per l’Impiego, Informagiovani, Enti locali, aziende...), utilizzo di motori di ricerca, esplo- razione di siti Internet e spazi dei quotidiani dedicati alle offerte di lavoro. Tali azioni intendono non solo informare sulle possibilità che il territorio offre, ma anche sviluppare negli allievi la capacità di esplorare il proprio ambiente per in- dividuare i vincoli e gli ostacoli presenti nel mercato (saturazione, competitività), le risorse sociali e le opportunità utilizzabili per il raggiungimento dei propri obiet- tivi (amici, famiglia, competenze, canali formativi e informativi). 2.2. Obiettivi specifici Possono essere identificati in uno o più, tra i seguenti. a) Conoscenza della propensione lavorativa dell’utente: l’azione è rivolta alla presa di coscienza delle potenzialità e abilità degli allievi, perché possano es- sere sfruttate al massimo, delle attitudini e preferenze individuali nei confronti delle professioni o dei percorsi formativi, in quanto ritenuti più desiderabili, delle inclinazioni e motivazioni, poiché possono condizionare le scelte future. 85 b) Cultura della “scelta” come momento di passaggio per la maturazione perso- nale e professionale: si tratta di compiere una valutazione delle risorse indivi- duali che possono essere investite nella scuola o nel lavoro; l’azione quindi è rivolta al supporto dell’allievo nella presa di coscienza delle risorse individuali acquisite che gli consentiranno di effettuare una scelta consapevole tra scuola e lavoro, permettendogli un impegno fruttuoso a favore della propria crescita personale e professionale. c) Acquisizione e analisi delle informazioni sul mercato del lavoro del territorio: l’azione intende permettere all’allievo di orientarsi fra le tante informazioni sulle possibilità di lavoro e di formazione che gli vengono fornite attraverso at- tività collaterali di orientamento e promozione. d) Orientamento all’individuazione di strategie formativo-professionali: al ter- mine del percorso di orientamento l’azione è rivolta al sostegno dell’utente du- rante l’elaborazione di un proprio progetto in cui definisce gli obiettivi princi- pali che intende perseguire e le relative modalità di azione, favorendo anche una valutazione critica degli elementi del progetto al fine di rendere l’utente maggiormente consapevole della propria scelta. 2.3. Azioni mirate La fase conclusiva dell’attività prevede di intraprendere un iter di accompa- gnamento e di sostegno per l’inserimento della persona nel mondo del lavoro, in un ruolo sociale positivo. Essa rappresenta il momento in cui la persona è aiutata a “condurre da sé la propria canoa”, ovvero non è solo in possesso di conoscenze, competenze e comportamenti adeguati, ma si dispone positivamente alla gestione autonoma del proprio ruolo. L’azione orientativa, quindi, affinché possa essere adeguatamente realizzata dovrà tener conto: a) della tipologia d’intervento: tali attività quindi possono riguardare azioni for- mative prettamente mirate all’orientamento, come anche azioni informative, sportello-lavoro...; b) dei destinatari: in genere utenti con richiesta di orientamento, riorientamento, recupero/integrazione competenze, aggiornamento professionale...; c) delle fasi principali attraverso cui si svolge l’attività, che possono essere rap- portate alle seguenti tappe: definizione delle risorse di personalità; determina- zione delle conoscenze/competenze/abilità; preparazione di un progetto perso- nalizzato per il medio-lungo periodo; accompagnamento alla redazione del curriculum vitae; accompagnamento alla stipula della convenzione per pro- muovere l’esperienza lavorativa. Su questa base, possono essere messe in atto una o più delle seguenti attività, come risulta dal repertorio delle buone pratiche adottate nei Centri coinvolti nel- l’indagine: 86 – elaborazione del progetto professionale personale: questionario di interessi professionali, motivazioni, aspettative; – incontro tutor-utenti per esaminare il progetto professionale individuale e valu- tarne la coerenza con il percorso formativo effettuato, in modo da aumentare la consapevolezza sulle scelte compiute e da permettere una definizione consape- vole del progetto per il futuro; – presentazione da parte di ciascun allievo al gruppo della propria decisione in modo che il gruppo funziona da specchio al momento in cui chiede informa- zioni e chiarimenti rispetto alla scelta che egli ha effettuato; – programmazione di un incontro con ex-allievi che hanno già fatto la stessa esperienza, in modo da ottenere il loro “punto di vista” e operare un confronto tra la scelta compiuta, le relative attese e la concreta possibilità di realizzarle; – previsione, ove possibile, anche di una visita al locale Servizio per l’impiego allo scopo di raccogliere le informazioni necessarie relativamente alla propria scelta e di ottenere materiali informativi sul mercato del lavoro locale; – acquisizione di determinate competenze finalizzate alla ricerca attiva del la- voro: simulazione di colloquio di lavoro, compilazione di un curriculum vitae formato europeo e di lettere di accompagnamento, apprendimento di tecniche di autopromozione, ricerca di informazioni; – conoscenza del mondo del lavoro: informazioni sui tipi principali di contratto di lavoro, soluzione di casi di problem solving aziendale, visita ad aziende di riferimento, interviste ai datori di lavoro e ai sindacati, visite ai Centri per l’impiego; – collaborazione con i Servizi Sociali per l’accompagnamento dell’allievo e della famiglia alla scelta del percorso professionale più idoneo. Parte III RACCOLTA DI BUONE PRATICHE UTILIZZATE NEI CFP CNOS-FAP E IN ALTRI ENTI DI FORMAZIONE PROFESSIONALE PER SVOLGERE L’ATTIVITÀ DI L’ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO 89 RACCOLTA DI BUONE PRATICHE UTILIZZATE NEI CFP CNOS-FAP E IN ALTRI ENTI DI FORMAZIONE PROFESSIONALE PER SVOLGERE L’ATTIVITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO La richiesta di allegare all’attività un’appropriata documentazione ha pro- dotto una consistente quantità di materiale che è stato riportato nella III parte quale “cassetta degli attrezzi” in base alla quale si possono trarre utili suggeri- menti, ma anche proficui strumenti da prendere a prestito per continuare e, se del caso, migliorare ulteriormente l’azione di accompagnamento al lavoro. Prima di procedere è necessario far presente che il materiale inviato dai vari Centri del CNOS-FAP e dagli altri Enti è stato dapprima opportunamente selezio- nato, successivamente parzialmente rielaborato per contenerlo entro limiti di spazio consentiti dalla pubblicazione, e quindi riproposto nel seguente schema: 1) Progetti integrali 2) Materiale vario a) Schede informative e per l’orientamento b) Moduli per i colloqui c) Moduli per convenzioni d) Guida al curriculum vitae e) Schede di monitoraggio/valutazione stage (allievi; aziende; altri valutatori) PROGETTI INTEGRALI 93 1. Progetto del CFP CNOS-FAP “Bearzi” di Udine Progetti a seconda della tipologia dell’attività: stage formativo, stage di accompagnamento al lavoro; tirocinio formativo e di orientamento. STAGE FORMATIVO Durata: 128 ore Finalità generale Lo stage formativo rappresenta un momento di fondamentale importanza all’interno del percorso di apprendimento, poiché consente all’allievo di sperimentare on the job quanto appreso in aula e in laboratorio, dandogli la possibilità di misurare le proprie potenzialità e i propri limiti d’a- zione attraverso l’inserimento progressivo in “situazioni” lavorative. Elenco unità formative UF 1 - Stage Formativo Risultato atteso Sviluppare e consolidare le competenze, non solo professionali, già presenti negli allievi e favo- rire l’apprendimento di nuove competenze professionali. Obiettivi formativi specifici – Acquisire gli elementi essenziali di cultura del lavoro. – Sviluppare le principali abilità operative richieste dal ruolo professionale sperimentato. – Apprendere attraverso l’azione nuove competenze professionali. – Organizzare e gestire le operazioni e i compiti assegnati in modo razionale, tale da garan- tire una qualità soddisfacente del lavoro svolto. – Riconoscere le proprie potenzialità e i propri limiti d’azione. – Imparare a gestire in maniera non conflittuale le relazioni con gli altri. – Individuare la propria collocazione all’interno del gruppo di lavoro e relazionarsi in situa- zioni di interazione diretta e mediata da strumenti di diversa natura. – Acquisire un livello accettabile di padronanza nell’uso delle tecnologie e degli strumenti di lavoro. – Conoscere e decodificare i concetti e i linguaggi tipici della professione. – Sviluppare una visione d’insieme del processo lavorativo, necessaria per capire il rapporto tra il proprio lavoro e la mission dell’azienda. Prerequisiti Implica una fase propedeutica di preparazione e di formazione in aula e in laboratorio. Pertanto è consigliabile inserire questa tipologia di stage nella parte finale del secondo anno formativo. Caratteristiche metodologiche Prevede inizialmente una fase di accoglienza dell’allievo nell’azienda a cura del tutor aziendale con l’obiettivo di fargli comprendere le caratteristiche generali dell’azienda, il proprio processo produttivo, le figure professionali coinvolte e l’organizzazione interna del lavoro. Successivamente prevede un impegno dell’allievo nello svolgimento di intere sequenze lavora- tive o di parti di esse, con una graduale passaggio dalla modalità assistita alla gestione autonoma 94 delle macchine e attrezzature, spostando progressivamente l’attenzione dal metodo ai risultati della performance. Inoltre il tutor aziendale farà in modo che lo stagista si possa relazionare e confrontare con gli altri operatori del reparto in modo da condividere le fasi di lavoro e le rela- tive problematiche. Si prevede la programmazione di almeno un forum infrastage, il primo da tenersi al termine della prima settimana, finalizzato alla rielaborazione dei vissuti personali e delle esperienze problematiche incontrate dagli allievi. Contestualmente si prevede almeno una visita del tutor formativo del CFP presso ciascuna azienda coinvolta per monitorare in itinere l’esperienza e verificare il rispetto del progetto formativo ed eventualmente ridefinirlo in condivisione con il tutor aziendale e l’allievo. Figure coinvolte Responsabile stage CFP, Tutor formativo CFP, Tutor aziendale, Colleghi di lavoro Strumenti Per una corretta e funzionale gestione dell’esperienza di stage saranno utilizzati i seguenti strumenti: – scheda progetto stage formativo elaborata congiuntamente con l’azienda; – scheda di definizione del profilo professionale dell’allievo; – scheda delle attività settimanali svolte dall’allievo; – strumenti di valutazione dell’esperienza. Ruolo e funzione del CFP – Progettazione formativa e didattica dello stage. – Elaborazione del piano di stage con l’azienda. – Definizione del profilo professionale dell’allievo. – Gestione dei rientri infrasettimanali. – Valutazione dell’esperienza congiuntamente con l’azienda e l’allievo. STAGE DI ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO Durata: 196 ore Finalità generale Lo stage di accompagnamento al lavoro può essere inteso come un ponte di passaggio tra il mondo della scuola e il mondo del lavoro, un’esperienza che può agevolare l’allievo ormai giunto quasi al termine del percorso formativo nella comprensione delle proprie reali compe- tenze professionali. Elenco unità formative UF 1 - Stage di accompagnamento al lavoro Risultato atteso Verificare l’efficacia delle conoscenze e delle capacità acquisite nelle fasi formative precedenti e completare lo sviluppo della professionalità necessaria per realizzare una performance di qualità. Obiettivi formativi specifici – Comprendere le caratteristiche e le problematiche della realtà organizzativa in cui viene inserito. 95 – Sperimentare il ruolo professionale all’interno dell’azienda interagendo con colleghi e con figure di livello gerarchico superiore. – Addestrare l’allievo allo svolgimento autonomo dei compiti lavorativi tipici della figura professionale. – Finalizzare le prestazioni lavorative al raggiungimento di risultati lavorativi di qualità. – Imparare a gestire le situazioni critiche mantenendo il controllo delle pulsioni emotive. – Imparare a gestire la proprie attività in relazione a una precisa programmazione temporale. Prerequisiti La collocazione ideale di questo stage è al termine di un percorso formativo articolato in una prima fase di formazione teorica e di laboratorio, in una seconda fase che contempli uno stage formativo e in una terza fase di approfondimento delle competenze professionali finalizzate al- l’inserimento lavorativo. Caratteristiche metodologiche L’allievo a questo punto del percorso formativo è in grado di presidiare interamente il ruolo professionale con un elevato grado di autonomia. L’azienda comincia a valutare la qualità e l’efficacia delle prestazioni applicando al lavoro dello stagista gli stessi criteri di giudizio che sono impiegati per gli altri lavoratori che assolvono le medesime funzioni. Si prevede la programmazione di almeno un forum infrastage, il primo da tenersi al termine della seconda settimana, finalizzato alla rielaborazione dei vissuti personali e delle esperienze problematiche incontrate dagli allievi. Contestualmente si prevedono almeno due visite del tutor formativo del CFP presso ciascuna azienda coinvolta per monitorare in itinere l’esperienza e verificare il rispetto del progetto formativo ed eventualmente ridefinirlo in condivisione con il tutor aziendale e l’allievo. Figure coinvolte Responsabile stage CFP, Tutor formativo CFP, Tutor aziendale, Colleghi di lavoro. Strumenti Per una corretta e funzionale gestione dell’esperienza di stage saranno utilizzati i seguenti strumenti: – scheda progetto stage formativo elaborata congiuntamente con l’azienda; – scheda di definizione del profilo professionale dell’allievo; – scheda delle attività settimanali svolte dall’allievo; – strumenti di valutazione dell’esperienza. Ruolo e funzione del CFP – Progettazione formativa e didattica dello stage. – Elaborazione del piano di stage con l’azienda. – Definizione del profilo professionale dell’allievo. – Gestione dei rientri infrasettimanali. – Valutazione dell’esperienza congiuntamente con l’azienda e l’allievo. TIROCINIO FORMATIVO E DI ORIENTAMENTO Per le aziende Il tirocinio formativo e di orientamento rappresenta un’occasione per inserire all’interno del pro- prio organico una persona senza gli oneri che comporta l’assunzione e senza l’obbligo di assicu- rare lo/a stagista (assicurazione per la responsabilità civile e gli infortuni sul lavoro). 96 L’azienda ospitante non è tenuta a riconoscere alcuna retribuzione ma può, ovviamente, decidere di riconoscere un contributo e/o un rimborso spese (assoggettato alla ritenuta d’acconto ai fini IRPEF del 20%). Tutto ciò che serve per attuare uno stage è stipulare una convenzione (con allegato il progetto formativo e di orientamento) con uno dei soggetti preposti: – Centri di formazione e/o orientamento pubblici o convenzionati (come il CFP CNOS-FAP “Bearzi”). – Università. – Provveditorati agli studi. – Scuole statali e Scuole private parificate. – Comunità terapeutiche e cooperative sociali. – Servizi di inserimento lavorativo per disabili. – Agenzie regionali per l’impiego. – Direzioni provinciali del lavoro. – Istituzioni formative private, senza fini di lucro. Per gli stagisti Il tirocinio formativo e di orientamento ti offre la possibilità di svolgere un periodo in azienda che potrà costituire un valido strumento di formazione e conoscenza del mondo del lavoro. Questo periodo sarà certificato e sarai seguito da un tutor aziendale e da uno dell’ente promo- tore. Durante tutto il periodo di stage sarai assicurato per gli infortuni e per la responsabilità civile. Questo percorso ha validità di credito formativo. Il tirocinio formativo e di orientamento (comunemente denominato stage) è uno strumento che consente di svolgere un periodo di formazione individuale presso un’azienda, favorendo la conoscenza diretta del mondo del lavoro e lo sviluppo della propria professionalità, tramite l’acquisizione di competenze specifiche attraverso l’affiancamento ai lavoratori dell’azienda. La normativa che regolamenta il tirocinio formativo e di orientamento fa riferimento alla legge 196/97 - art. 18 e al D.L. 142/98. Quest’ultimo, che applica la legge 196/97, in particolare evidenzia che la finalità di questo strumento è quella di "realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro nell’ambito dei processi formativi e di agevolare le scelte professionali me- diante la conoscenza diretta del mondo del lavoro". Il tirocinio non costituisce, infatti, rapporto di lavoro. Destinatari – Studenti frequentanti la scuola secondaria. – Inoccupati o disoccupati, inclusi i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità. – Allievi degli istituti professionali di Stato. – Allievi che frequentano corsi di formazione post-diploma o post-laurea. – Studenti universitari e laureati da non più di 18 mesi. – Studenti che frequentano dottorati di ricerca. – Studenti che frequentano corsi di perfezionamento e specializzazione post-secondaria (anche non universitari). – Persone svantaggiate (legge 381/91: invalidi fisici, psichici e sensoriali, soggetti in tratta- mento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti, minori in età lavorativa in situazioni di dif- ficoltà familiare, condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione previste). – Soggetti portatori di handicap. Durata Massimo 4 mesi: per studenti che frequentano la scuola secondaria. Massimo 6 mesi, per: lavoratori inoccupati; lavoratori disoccupati; lavoratori iscritti nelle liste di 97 mobilità; allievi degli Istituti professionali di Stato; studenti che frequentano attività formative post diploma o post laurea. Massimo 12 mesi, per: studenti universitari e laureati da non più di 18 mesi; studenti che fre- quentano dottorati di ricerca; studenti che frequentano scuole di specializzazione, anche nei 18 mesi successivi il termine degli studi; persone svantaggiate (legge 381/1991). Massimo 24 mesi: per portatori di handicap. 98 2. Progetto del CFP CNOS-FAP “Casa del Ragazzo” di Foligno SERVIZIO DI ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO Partendo dalla fase di accoglienza ed orientamento iniziale nel CFP, il Servizio offre tutta una serie di azioni di orientamento in itinere e si pone l’obiettivo di supportare l’allievo in ordine alle decisioni che dovrà assumere affrontando la vita lavorativa e gli fornisce, attraverso le diverse fasi di accoglienza, di supporto, di offerta di servizi informativi e di autoconsultazione, un sostegno allo sviluppo, costruzione e promozione del proprio progetto di vita lavorativa. Si tratta di un Servizio di informazione e orientamento per gli allievi e le loro famiglie per far conoscere le opportunità formative, educative e professionali del territorio, anche attraverso atti- vità collaterali di orientamento e promozione – Giornate Aperte, incontri con esperti di settore, rappresentanti del mondo produttivo, visite conoscitive presso il Centro per l’Impiego, l’Informagiovani, gli Enti locali, le aziende, l’utilizzo di motori di ricerca e l’esplorazione di siti Internet e spazi dei quotidiani dedicati alle offerte di lavoro. Le azioni intendono non solo far conoscere le possibilità che il territorio offre, ma anche far sviluppare negli allievi la capacità di esplorare il proprio ambiente per individuare i vincoli e gli ostacoli presenti nel mercato (saturazione, competitività) e le risorse sociali e le opportunità uti- lizzabili per il raggiungimento dei propri obiettivi (amici, famiglia, competenze, canali formativi e informativi). La fase conclusiva dell’attività prevede di intraprendere un iter di accompagnamento e sostegno per l’inserimento della persona nel mondo del lavoro, in un ruolo sociale positivo. Essa rappre- senta il momento in cui la persona è aiutata a “condurre da sé la propria canoa” ovvero non è solo in possesso di conoscenze, competenze e comportamenti adeguati, ma si dispone positiva- mente alla gestione autonoma del proprio ruolo. Fase 1 - Orientamento Destinatari : ragazzi in diritto-dovere I anno Anno in cui è stata attivata l’azione dal 2005 Figure coinvolte al CFP: Tutor, Responsabile di corso, famiglia, allievi. Agli utenti che arrivano al CFP per ricevere informazioni riguardo i corsi, viene somministrata una scheda di colloquio in presenza del Tutor e del Responsabile corso al fine di chiarire e defi- nire i diversi aspetti legati alle scelte formative e professionali così da individuare le migliori soluzioni per l’utente. Fase 2 - Accompagnamento al lavoro in itinere Destinatari: ragazzi in diritto-dovere I anno Figure coinvolte: Formatore dell’area culturale, Responsabile di corso, Titolare/Legale rappre- sentante dell’azienda, allievi. Il formatore dell’area culturale durante le lezioni presenta agli allievi un panorama più completo delle professioni esistenti sul mercato. Le attività proposte in questa fase permettono di inqua- drare le principali aree professionali esistenti e stimolare la curiosità dei ragazzi nei confronti delle diverse tipologie professionali. Si stimoleranno gli studenti ad identificare e ad esplicitare i loro interessi professionali. Le schede proposte sono: – “Le figure professionali”, a cura del CNOS-FAP Piemonte, “L’orientamento nel CFP. 2 - Guida per l’accompagnamento in itinere”, p. 127; – “Mi piace...”, a cura del CNOS-FAP Piemonte, “L’orientamento nel CFP. 2 - Guida per l’accompagnamento in itinere”, p. 143. 99 Il responsabile corso attiva una serie di uscite presso le aziende di settore e invita i Titolari/Le- gali rappresentanti delle aziende presso il centro al fine di far conoscere agli allievi il lavoro che andranno a svolgere dopo la qualifica. Fase 3 - Stage Destinatari: ragazzi in diritto-dovere II anno Figure coinvolte: Coordinatore, Tutor, Responsabile di corso, Titolare/Legale rappresentante del- l’azienda, famiglie, allievi. In prossimità dell’inizio dello stage, il Coordinatore, coadiuvato dal Tutor e dal Responsabile di corso, indice una riunione coinvolgendo le famiglie e gli allievi. In questa occasione è presentata alle famiglie la convenzione di stage e in particolare si puntualizzano gli obblighi e doveri dello stagista. Il tutor organizza una serie di incontri di gruppo e colloqui individuali con gli allievi, somministra loro una scheda di lavoro tratta da: “L’orientamento nel CFP. 4 - Guida per la gestione dello stage”: – “ Progetto Stage”, p. 55; – “Caratteristiche del lavoro ideale”, p. 51. Il Responsabile di corso, coadiuvato dal Tutor, individua l’azienda di stage adatta all’allievo/a e organizza una serie d’incontri con i tutor aziendali e l’allievo. L’allievo in questa fase iniziale co- noscerà l’ubicazione dell’azienda di stage, il suo tutor aziendale, i suoi colleghi e l’orario di lavoro. Al termine dello stage, il formatore dell’area culturale fa redigere ad ogni singolo allievo la relazione di stage utilizzando l’Allegato S. Al termine della relazione, il Tutor, riprendendo in mano la scheda “Progetto di stage”, il forma- tore dell’area culturale con la relazione di stage, il Responsabile di corso e gli allievi fanno una verifica tra le aspettative iniziali e quelle alla fine dello stage. Fase 4 - Ricerca delle offerte di lavoro Destinatari: ragazzi in diritto-dovere II anno Figure coinvolte: Tutor, Responsabile di corso, formatore dell’area culturale, centri per l’impiego, allievi. Il Formatore dell’area culturale simula una serie di colloqui lavorativi, facendo particolare attenzione all’aspetto fisico e al linguaggio (abbigliamento, pulizia, presenza) degli allievi utiliz- zando anche il colloquio con video, così che questo possa essere rivisto dagli stessi per auto educarsi, stila con gli allievi i CV. Presenta i vari tipi di contratto, introduce la legge 68/99. Il Tutor organizza una serie di visite conoscitive con gli Orientatori del centro per l’impiego, con i referenti del sindacato presenti nel territorio, con l’Informagiovani, sia presso le loro sedi che presso il CFP. Questa fase serve per far conoscere agli allievi il ruolo dei servizi: a chi si rivol- gono, come si accede. Organizza gruppi di lavoro con gli allievi per la ricerca e la valutazione di opportunità lavorative presenti nel territorio della propria Regione, ma anche di altre, attraverso l’utilizzo di motori di ricerca e l’esplorazione di siti internet, spazi dei quotidiani dedicati alle offerte di lavoro. Il Responsabile di corso organizza incontri con esperti di settore, rappresentanti del mondo produttivo. Gli allievi, coadiuvati dal Tutor: 1) preparano il loro progetto di vita utilizzando la scheda “Il mio progetto di vita professio- nale” tratto da “L’orientamento nel CFP. 3 - Guida per l’accompagnamento finale”, p. 103; 2) stilano il CV; 3) simulano il colloquio di lavoro. Il Tutor, il Formatore dell’area culturale e il Responsabile corso consegnano agli allievi la scheda: “Sintesi e conclusione” tratta da “L’orientamento nel CFP. 3 - Guida per l’accompagna- mento finale”, p. 111. 100 3. Progetto del CFP CNOS-FAP di Palermo PROGETTO FORMATIVO E DI ORIENTAMENTO Nominativo del tirocinante Data e luogo di nascita Residenza Telefono Codice fiscale Attuale condizione (segnare con una x la casella corrispondente) ‰ Studente scuola secondaria superiore ‰ Universitario ‰ Frequentante corso post-diploma ‰ Frequentante corso post-laurea ‰ Allievo della formazione professionale ‰ Disoccupato/ in mobilità ‰ Inoccupato ‰ Portatore di handicap Azienda ospitante Numero dipendenti Numero tirocinanti in corso Settore di attività Sede del tirocinio Telefono della sede del tirocinio Tempi e orario di accesso ai locali aziendali Ore settimanali previste Periodo di tirocinio Tutor indicato dall’ente promotore Tutor aziendale Qualifica Responsabile servizio di prevenzione e protezione Medico competente Polizza assicurativa: infortuni sul lavoro INAIL posizione n. Polizza assicurativa: responsabilità civile n. polizza e compagnia Obiettivi e modalità del tirocinio Il tirocinio ha come obiettivo di ampliare le competenze dei tirocinanti e rafforzarle nel settore dei veicoli dedicati al trasporto pubblico urbano. Con questo tirocinio si intende offrire all’utente la possibilità di approfondire le competenze nelle seguenti figure professionali tipiche di una officina di manutenzione di veicoli: Tecnico di Manutenzione; Tecnico di Diagnosi; Tecnico di Sistema. Questo permette di dare al percorso una forte valenza orientativa, ed inoltre raggiungere un duplice risultato, il primo è quello di far nascere maggiore sinergia tra le figure durante lo svolgimento del loro lavoro, il secondo è quello di determinare alla fine del percorso chi ha mostrato maggiore attitudine nel ruolo e quindi, da queste informazioni, sarà facilitato il compito del responsabile tecnico dell’officina nell’affidamento delle mansioni ad eventuali futuri lavoratori. 101 Tecnico di Manutenzione Il Tecnico di Manutenzione è un esperto in tutti i lavori di assistenza e manutenzione, come pure in determinati interventi di montaggio e riparazione che richiedono la massima qualità ed efficienza. La sua attività si svolge in forte sinergia con i colleghi, che si avvalgono della sua collabora- zione per eseguire interventi di assistenza in comune. Tecnico di Diagnosi Il Tecnico di Diagnosi è l’esperto di officina competente per lo svolgimento di diagnosi generali e mirate sui sistemi in caso di malfunzionamenti complessi. In questa funzione, il Tecnico di diagnosi assiste il Tecnico di Sistema ed anche il Tecnico di Manutenzione. Tecnico di Sistema Il Tecnico di Sistema è l’esperto che si occupa dei sistemi installati sui veicoli. In questo ambito, diventa progressivamente uno specialista nelle diagnosi e nella riparazione dei veicoli in un determinato settore tecnico. Competenze di base Sapere: • Conoscere l’organizzazione aziendale nel suo complesso, gli obiettivi del servizio, le fun- zioni assolte, la relativa struttura organizzativa. • Conoscere i principali diritti e doveri dei lavoratori. • Conoscere la lingua inglese (Dizionario tecnico). Saper fare: • Disporre di una buona proprietà di linguaggio, ottime capacità comunicative unite a doti di gentilezza e cortesia. Saper essere: • Gestire la comunicazione (cultura dell’accoglienza ed abilità sociali, immagine personale, tipologia di clienti). • Avere un atteggiamento imprenditoriale rispetto al proprio contesto lavorativo. Competenze trasversali Saper essere: • Adattarsi alle diverse situazioni. • Garantire stabilità delle prestazioni in situazioni di stress e di conflitto. • Lavorare in gruppo rapportandosi correttamente ai superiori ed ai colleghi. Competenze tecnico professionali Sapere: Tutte le figure • Conoscere il funzionamento dei motori endotermici. • Possedere elementi di cinematica. 102 • Possedere elementi di elettrologia. • Possedere conoscenza del Personal Computer. • Conoscere il funzionamento di un sistema di regolazione. • Conoscere vari tipi di sensori e le variabili da essi rilevat. • Conoscere l’uso di un multimetro. • Conoscere l’attrezzatura tipica di una officina meccanica. • Conoscere l’organizzazione aziendale. • Conoscere il contratto di lavoro e le principali normative regolanti il rapporto di lavoro. • Conoscere l’igiene del lavoro, prevenzione e pronto soccorso. • Rapportarsi con le altre figure che operano nella struttura. Saper fare: Tecnico di Manutenzione • Sa eseguire autonomamente vari lavori di manutenzione, come pure determinate ripara- zioni attenendosi alle istruzioni e concludendole effettuando personalmente un controllo di qualità e/o un collaudo di qualità. • Sa menzionare ed utilizzare le fonti di informazione per le fasi di lavoro e le istruzioni sui volumi dei lavori di manutenzione. • Ha familiarità con tutti i lavori di manutenzione, verifica e regolazione, o comunque è in grado di apprenderli rapidamente. Tecnico di Diagnosi • È in grado di formulare diagnosi complesse, nonché di documentare e trasmettere i relativi risultati. • È in grado di applicare nuove procedure ed apparecchiature di diagnosi in modo efficiente, come pure di guidare ed assistere il Tecnico di Manutenzione ed il Tecnico di Sistema nei lavori di diagnosi e di ricerca dei guasti. Tecnico di Sistema • Possiede una solida conoscenza del sistema della gamma di prodotti, ed un’ottima prepara- zione, estremamente dettagliata, nel suo ambito specifico. • Sa eseguire sistematicamente complesse procedure di riparazione, montaggio e riparazione su tutti i sistemi di base del suo ambito tecnico, incluso quelle di setting e di aggiorna- mento del software. • Ha una estrema familiarità con l’utilizzo di tutti i sistemi attualmente installati sugli auto- veicoli e delle funzioni che riguardano la sua sfera di competenza tecnica, ed è in grado di riconoscere se si è effettivamente verificato un guasto in un sistema oppure si tratta soltanto di un uso improprio. Saper essere: • Sapersi rapportare ai servizi collegati. • Stabilire con il cliente e con i suoi colleghi un rapporto relazionale orientato ai criteri di qualità nell’erogazione del servizio. • Porsi in atteggiamento di continuo autoaggiornamento, riconoscendo e valorizzando le fonti e le occasioni di apprendimento. • Possedere una discrezione assoluta e cura nel vestire. • Garantire stabilità delle prestazioni in situazioni di stress e di conflitto. • Lavorare in gruppo utilizzando ed integrando competenze diverse. 103 Esperienze formative collaterali Capacità di creare un buon canale comunicativo sia con i colleghi sia con i clienti. Modalità di valutazione iniziale, Attraverso colloqui individuali ed osservazioni sul campo. in itinere e finale Somministrazione di specifica scheda di valutazione. Modalità della tutorship interna L’attività di tutoring espletata per tutto il periodo di tiro- ed esterna cinio ha la caratteristica di ottimizzare il processo di ap- prendimento. Le verifiche avverranno attraverso colloqui individuali ed osservazione sistematica. Facilitazioni previste ‰ RIMBORSO SPESE ‰ INCENTIVI ‰ ASSUNZIONE ‰ ALTRO Obblighi del tirocinante • Seguire le indicazioni dei tutor e fare riferimento ad essi per qualsiasi esigenza di tipo organizzativo od altre evenienze. • Rispettare gli obblighi di riservatezza circa processi produttivi, prodotti od altre notizie relative all’azienda di cui venga a conoscenza, sia durante che dopo lo svolgimento del tirocinio. • Rispettare i regolamenti aziendali e le norme in materia di igiene e sicurezza. Consenso al trattamento dei dati personali del tirocinante da parte del soggetto ospitante, in applicazione al D.lgs. 196 del 30/06/2003 art. 7 e successive modifiche ed integrazione. ¾ Barrare in caso di assenso ⌧ 104 4. Progetto del CFP CNOS-FAP di Forlì PROGETTAZIONE, GESTIONE E MONITORAGGIO DI “PACCHETTI” DI TIROCINI FORMATIVI E DI ORIENTAMENTO, ATTIVABILI CELERMENTE AL FINE DI FAVORIRE L’INCROCIO DOMANDA/OFFERTA DI LAVORO Obiettivi Il tirocinio rappresenta un’esperienza formativa guidata, individuale e personalizzata, in am- biente di lavoro, che ha il fine di agevolare le scelte e l’inserimento professionali dei cercatori di lavoro. Alle imprese, d’altro canto, consente di acquisire una conoscenza attiva dei cercatori di lavoro ai fini della selezione e formazione delle risorse umane. Nel parlare di tirocinio come esperienza formativa/orientativa finalizzato a favorire e agevolare l’inserimento lavorativo, occorre però ricordare che, ben prima della Legge 196/97 “Norme in materia di promozione dell’occupazione”, sono state avviate nella nostra Regione sperimenta- zioni i cui risultati hanno introdotto elementi di novità nel nostro sistema formativo e ampia- mente influenzato la normativa nazionale. Si può dire che questa sperimentazione ha permesso di maturare alcune “buone pratiche” che ora fanno parte del patrimonio professionale non solo degli enti di formazione che per primi hanno esplorato il terreno di una formazione individuale e personalizzata, realizzata in am- biente di lavoro, ma anche degli enti che successivamente si sono cimentati nella esperienza dei tirocini. Nel frattempo gli anni di fine ed inizio millennio presentano uno scenario nazionale e locale ricco di innovazioni strutturali sia sul versante del lavoro sia sul versante dell’istruzione, con il decentramento delle funzioni del collocamento ordinario e mirato, con la L.196/97 (nota come “Pacchetto Treu”) che rende più flessibile il mercato del lavoro e rivisita, con il DM 142/98, i tirocini formativi e di orientamento, con la riforma del sistema scolastico e universitario. In questo contesto di forti mutamenti, i tirocini formativi e di orientamento esprimono la loro potenzialità come strumento flessibile in grado di interpretare e coniugare i bisogni delle persone che vogliono sperimentare e sperimentarsi nel mondo del lavoro, con i bisogni e le opportunità delle imprese. Sempre di più il tirocinio si va caratterizzando come processo preferenziale per tutti coloro che intendono acquisire competenze specifiche in un contesto di lavoro, tradurre le competenze acquisite in progetto operativo o integrarsi in un’azienda. Il tirocinio formativo/orientativo rappresenta, quindi, un importante e complesso strumento di po- litica attiva per il lavoro che persegue diverse finalità: orientare le scelte professionali attraverso la conoscenza diretta nel mondo del lavoro e del settore in particolare, facilitare l’inserimento lavorativo, applicare all’interno di un contesto produttivo le competenze acquisite in momenti formativi differenti, facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Nel caso di persone svantaggiate l’obiettivo è potenziarne le capacità per accrescerne l’occupa- bilità: dotarli di capacità professionali, fargli superare gli ostacoli che gli impediscono l’accesso al lavoro e consentirgli di lavorare in condizioni di parità. Pertanto in questo contesto si inserisce il progetto di seguito formulato, che non intende fornire un preconfezionato percorso di tiro- cinio, ma sviluppare un’azione personalizzata in corrispondenza delle singole esigenze e compe- tenze dei destinatari. Infatti, la situazione di transizione che vede coinvolte le persone svantag- giate può rivelarsi una opportunità di sviluppo, e l’occasione per la ricerca di un equilibrio più soddisfacente e il risultato di queste tensioni sarà segnato notevolmente dall’interpretazione che l’individuo darà della qualità dell’evento, il momento di vita in cui esso si inserisce e, infine, il bagaglio di risorse che l’individuo ha per fronteggiare la nuova situazione. 105 Criteri operativi e indicazioni metodologiche L’organizzazione delle attività di “progettazione, gestione e monitoraggio di pacchetti di tirocini formativi e di orientamento” si articolerà secondo i seguenti criteri operativi e indicazioni meto- dologiche. 1. I tirocini previsti sono costituiti da moduli di breve durata. Ogni modulo ha una durata di 120 ore, distribuibili in un arco temporale correlato all’orario di presenza in azienda da parte del tirocinante. All’interno delle 120 ore si comprendono: 2 ore di accoglienza, 8 ore di aula, 108 ore di stage e 2 ore di colloqui finali. 2. I tirocini sono strutturati per competenze. Ad ogni tirocinio corrisponde un progetto for- mativo individualizzato nel quale si indicano le competenze obiettivo dell’attività forma- tiva negoziata con l’utente. Le competenze da acquisire e/o sviluppare sono individuate e concordate assieme al potenziale tirocinante durante la fase di accoglienza (colloqui indivi- duali). 3. L’esperienza di tirocinio è supportata da moduli formativi e da percorsi di orientamento individualizzati e/o di gruppo. La descrizione dei contenuti di questi moduli verrà presen- tata ed approfondita in una sezione apposita. 4. Il tirocinio può essere ripetibile nel tempo a seconda delle esigenze del tirocinante, delle aziende e sulla base delle verifiche (iniziali, intermedie e finali) da parte del tutor didattico. 5. Il tirocinio è attivabile entro 30 giorni, su specifica richiesta dei centri per l’impiego o collocamento privato, prendendo in carico esclusivamente l’utenza indicata dai medesimi, a seguito delle risultanze dei colloqui orientativi o ex D.lgs. 297/02. 6. Al termine del percorso di tirocinio è previsto il rilascio di una dichiarazione di compe- tenze. 7. Il tirocinio viene inteso come percorso personalizzato sulla base delle caratteristiche e dei bisogni formativi/orientativi dell’utente. La personalizzazione riguarderà la stesura del progetto formativo, l’individuazione dell’azienda e del settore aziendale di inserimento, delle misure di accompagnamento sia per la parte formativa che orientativa. 8. I progetti individuali di tirocinio interessano tutta la gamma dei settori economici e pro- fessionali, sulla base delle esigenze degli utenti, delle indicazioni strategiche e organizza- tive provenienti dai Centri per l’impiego e delle richieste effettuate dalle aziende. Utenza target del progetto Gli utenti ai quali l’intervento formativo si rivolge sono i cercatori di lavoro in stato di disoccupa- zione, persone che abbiano reso, cioè, ai Centri per l’impiego specifica dichiarazione di disoccu- pazione ai sensi del D.lgs. 181/2000 (e seguenti integrazioni e modifiche). All’interno dell’uni- verso degli utenti “disoccupati/in cerca di occupazione”, si individuano poi – coerentemente con quanto indicato dalla normativa – alcune categorie di lavoratori destinatarie di particolari misure di sostegno. – Adolescenti, i minori di età compresa fra i quindici e diciotto anni, che non siano più sog- getti all’obbligo scolastico e formativo; per questi utenti, che si trovano ancora in obbligo formativo, l’intervento formativo proposto può rappresentare un valido strumento per supe- rare le principali difficoltà incontrate dai minorenni rispetto all’inserimento lavorativo e di facilitazione della conoscenza del sistema aziendale e del lavoro. – Giovani, i soggetti di età superiore a diciotto anni e fino a venticinque anni compiuti o, se in possesso di un diploma universitario di laurea, fino a ventinove anni compiuti, ovvero la diversa superiore età definita in conformità agli indirizzi dell’Unione europea. Per i giovani, l’intervento proposto può configurarsi come occasione di perfezionamento, specificazione e integrazione delle competenze già maturate attraverso i percorsi scolastici e formativi pregressi, nonché come opportunità di incontro tra domanda e offerta. – Disabili, le azioni di tirocinio per persone disabili qui presentate fanno riferimento alla L. 68/99 in base alla quale, ove l’azienda dichiari formalmente la propria disponibilità ad assumere la persona al termine del tirocinio, se la stessa risponde alle esigenze aziendali, la convenzione di tirocinio rientra fra gli strumenti riconosciuti validi ai fini dell’assolvi- mento dell’obbligo previsto dalla legge stessa. Le aziende, a seguito della nuova normativa, stanno dimostrando una maggiore attenzione al collocamento delle persone disabili, anche se sussistono livelli di rispetto della legge estremamente diversificati. I destinatari dell’a- zione formativa sono persone disoccupate uomini e donne appartenenti a gruppi svantag- giati in possesso di una competenza professionale e relazionale di base. L’accesso all’of- ferta formativa potrà anche essere mediata dai servizi socio-sanitari di riferimento del- l’AUSL o del Comune di riferimento; gli operatori di questi servizi saranno coinvolti nel progetto di inserimento lavorativo previsto dal tirocinio. – Disoccupati di lunga durata, coloro che, dopo aver perso un posto di lavoro o cessato un’attività di lavoro autonomo, siano alla ricerca di una nuova occupazione da più di dodici mesi o da più di sei mesi se giovani; per i disoccupati di lunga durata l’obiettivo principale dell’intervento formativo proposto è, verosimilmente, quello della riconversione professio- nale soprattutto per chi è in possesso di qualifiche obsolete rispetto alle richieste del mer- cato del lavoro. – Inoccupati di lunga durata, coloro che, senza aver precedentemente svolto un’attività la- vorativa, siano alla ricerca di un’occupazione da più di dodici mesi o da più di sei mesi se giovani. – Donne in reinserimento lavorativo, quelle che, già precedentemente occupate, intendano rientrare nel mercato del lavoro dopo almeno due anni di inattività. Per queste due cate- gorie di lavoratori, l’intervento formativo proposto si pone come luogo di rafforzamento delle risorse, opportunità di socializzazione al lavoro e al contesto, riconversione professio- nale e adeguamento della professionalità posseduta. Se i disoccupati rappresentano il target principale dell’intervento, tuttavia non si esclude la possi- bilità di accedere alle azioni previste da parte di utenti attualmente occupati ma in cerca di altra occupazione. L’apertura a questo secondo target è comunque vincolato alle scelte strategiche della direzione dei Centri per l’impiego, oltre che alla effettiva possibilità del lavoratore di seguire le attività. Si può schematizzare quanto appena illustrato per evidenziare il livello di efficacia degli inter- venti qui proposti in riferimento al sistema delle competenze e agli specifici obiettivi occupazio- nali degli utenti individuati: 106 Fascia di utenza Adolescenti Giovani Competenze sviluppate Competenze di base Obiettivo dei tirocini formativi e di orientamento - Verifica degli obiettivi professionali e del progetto indivi- duale di scelta - Adeguamento delle rappresentazioni del lavoro e del con- testo aziendale - Socializzazione al sistema azienda e delle professioni - Conoscenza del mercato di lavoro di riferimento - Acquisizione di tecniche di ricerca del lavoro - Sviluppo delle conoscenze scolastiche - Sviluppo delle competenze professionali maturate in prece- denti contesti formativi - Verifica degli obiettivi professionali e del progetto indivi- duale di scelta 107 Struttura del “percorso tipo” di tirocini formativi e di orientamento La realizzazione di tirocini formativi e di orientamento comporta una sequenza di diverse azioni relative all’avvio, allo svolgimento e alla conclusione dell’azione formativa: progettazione e ri- definizione dell’iniziativa, attività di promozione verso le aziende, accoglienza delle richieste delle aziende e prima informazione, costruzione di relazioni formali ed informali con associa- zioni datoriali e dei lavoratori, costruzione e mantenimento della rete dei servizi, attività ammi- nistrativa generale (stesura protocolli, rapporti INAIL, ecc.), attività di verifica. Utenze svantaggiate Disoccupati/ Inoccupati di lunga durata Donne in reinserimento lavorativo Occupati in cerca di altra occupazione Competenze trasversali Competenze di soglia di settore/comparto Competenze distintive di settore e di figura professionale Competenze distintive a livello del singolo contesto aziendale - Adeguamento delle rappresentazioni del lavoro e del con- testo aziendale - Socializzazione al sistema azienda e delle professioni - Conoscenza del mercato di lavoro di riferimento - Acquisizione di tecniche di ricerca del lavoro - Rispetto a ex-tossici, disabili, ex-detenuti, detenuti in semi- libertà e immigrati (dove il problema principale spesso è la non conoscenza della lingua italiana) - A partire dalla propria situazione personale, potenziare e valorizzare le capacità residue - Inserirsi in un contesto lavorativo acquisendo principal- mente la capacità di condivisione di spazi, di lavoro, di mansioni - Essere in grado di gestire e impostare relazioni umane e la- vorative con colleghi e datori di lavoro. Infine acquisire le competenze necessarie per svolgere il proprio compito la- vorativo, in base alle proprie capacità ed abilità - Sviluppo delle conoscenze e delle competenze professiona- li maturate in precedenti contesti formativi - Riconversione professionale - Adeguamento/aggiornamento della professionalità posse- duta - Sostegno alla situazione personale e alla ricerca di lavoro da parte di reti sociali - Rafforzamento della spendibilità sul mercato del lavoro - Valorizzazione di titoli e qualifiche “deboli” - Sviluppo delle conoscenze e delle competenze professiona- li maturate in precedenti contesti formativi - Riconversione professionale - Adeguamento/aggiornamento della professionalità posse- duta - Sostegno alla situazione personale e alla ricerca di lavoro da parte di reti sociali - Sviluppo delle competenze professionali maturate in prece- denti contesti formativi - Verifica degli obiettivi professionali e del progetto indivi- duale di scelta - Conoscenza del nuovo mercato del lavoro di riferimento - Riconversione professionale - Adeguamento/aggiornamento della professionalità posse- duta Di seguito presentiamo un “percorso tipo”, la cui sequenza prevede attività che, da un punto di vista organizzativo, si differenziano secondo almeno 4 tipologie: – attività rivolte esclusivamente agli utenti/tirocinanti; – attività rivolte esclusivamente alle aziende ospitanti; – attività rivolte contemporaneamente a tirocinanti ed aziende; – attività di back office: raccordo organizzativo, procedure amministrative, comunicazioni istituzionali, promozione e informazione, monitoraggio, ecc. Fasi/Attività del “percorso tipo” 1. Promozione e informazione Promozione e informazione costituiscono un processo che accompagna in maniera continuativa tutto l’impianto di gestione, organizzazione ed erogazione dei tirocini. Si tratta perciò di dimen- sioni fondamentali all’interno del progetto, finalizzati alla corretta diffusione dello strumento tirocinio sia nei confronti delle persone che delle aziende, nonché alla valorizzazione/visibilità dei Centri per l’impiego (CPI). La finalità ultima non è soltanto diffondere/promuovere la conoscenza dello strumento del tiro- cinio, quanto soprattutto favorirne un corretto utilizzo, agendo sulle rappresentazioni e sulle aspettative dei cercatori di lavoro e delle aziende. Si individuano almeno 4 livelli di promozione/informazione, definiti in base ai destinatari target delle azioni e degli obiettivi specifici: 108 Destinatari Cercatori di lavoro Aziende Centri per l’Impiego Obiettivi specifici - Far conoscere lo strumento tirocini alle categorie di lavoratori che – in base alle stra- tegie concordate con i CPI – costituiscono il target privilegiato di tale azione - Favorire una conoscenza dettagliata delle diverse modalità di svolgimento dei tirocini - Informare su diritti, doveri e impegni dei tirocinanti - Informare sui risultati occupazionali dei tirocini - Informare sui limiti dello strumento, per ridimensionare attese ingiustificate - Informare sulle modalità di accesso ai CPI, attraverso cui si gestisce l’erogazione del servizio tirocini - Informare sui settori aziendali di inserimento - Favorire una conoscenza dettagliata delle diverse modalità di svolgimento dei tiro- cini, da un punto di vista amministrativo e gestionale - Promuovere la capacità delle aziende di realizzare formazione e apprendimento - Raggiungere le figure che all’interno delle aziende si occupano di gestione delle risorse umane - Favorire l’idea del tirocinio quale strumento di apprendimento e orientamento, oltre che di reperimento di risorse umane spendibili - Favorire l’“alleanza formativa” tra azienda, enti di formazione e CPI - Informare su diritti, doveri e impegni delle aziende che ospitano tirocinanti - Rivolgersi alla rete dei consulenti e studi commerciali che si occupano, per conto delle imprese, della gestione delle risorse umane - Divulgare risultati (in termini di occupazione, efficacia, attese degli imprenditori, ecc.) dei tirocini realizzati - Concordare modalità di diffusione e promozione dello strumento tirocini - Aggiornare periodicamente gli operatori dei CPI sull’andamento del progetto tirocini - Trasferire ai CPI le informazioni provenienti dal versante aziendale in merito a pro- fessionalità ricercate, settori economici, ecc. 109 2. Presa in carico dei soggetti individuati dai Centri per l’Impiego I CPI individuano i soggetti cui offrire i servizi di tirocinio e lo rinviano agli enti di formazione dell’A.T.I. La presa in carico da parte degli enti di formazione avviene attraverso comunicazione al Coordinatore del servizio tirocini e il passaggio delle informazioni relative alle caratteristiche specifiche della persona, dei suoi obiettivi professionali ed eventualmente dell’impresa presso cui dovrà essere svolto il tirocinio. Il coordinatore del progetto, sulla base delle diverse tipologie di utenza, provvederà all’attiva- zione degli enti gestori delle singole linee di finanziamento del progetto. Attivazione degli interventi da parte dei CPI La piena integrazione funzionale degli interventi formativi all’interno dei servizi dei CPI richiede un’altrettanto forte integrazione organizzativa dell’intervento formativo proposto con le linee di servizio esistenti presso i CPI. La definizione delle funzioni in capo al CPI e in capo all’ATI dovranno, secondo noi, essere oggetto di specifico accordo con i responsabili dei CPI al fine di valorizzare le risorse delle due strutture organizzative coinvolte, evitare sovrapposizioni, rendere organico il passaggio di informazioni, rispettare le rispettive mission istituzionali. In attesa di tale più precisa definizione, ci sembra comunque importante provare a segmentare le funzioni in capo ai CPI con l’obiettivo di prefigurare un impianto organizzativo concretamente perseguibile e comunque non rigidamente stabilito. Perciò, sulla base dei nuovi orientamenti dei servizi pubblici per il lavoro, le funzioni in carico ai CPI per la fruizione da parte degli utenti dei percorsi proposti possono essere sintetizzate come segue: 1) individuazione dei soggetti interessati ai tirocini; 2) prima informazione sulle modalità di svolgimento dei tirocini; 3) verifica della congruità della richiesta di tirocinio in riferimento agli obiettivi professionali della persona e raccolta/registrazione degli elementi di criticità in riferimento ad una piena- mente positiva fruizione del percorso di tirocinio; 4) stipula del Patto di servizio ai sensi del DGR 810/03; 5) gestione del rinvio al coordinatore del progetto tirocini; 6) aggiornamento della Scheda Professionale del lavoratore in relazione all’esperienza realiz- zata. 3. Accoglienza ed informazione tirocinanti La fase di accoglienza e informazione viene condotta dalla figura del tutor dell’ente e ha l’obiet- tivo di analizzare il bisogno dell’utente, informarlo sulle modalità di svolgimento del tirocinio, avviare la personalizzazione del progetto di tirocinio. Le attività realizzate durante questa fase sono le seguenti: Parti sociali - Raccogliere informazioni relative alle esigenze espresse dai lavoratori che si candi- dano per un tirocinio - Favorire una conoscenza dettagliata delle diverse modalità di svolgimento dei tiro- cini, da un punto di vista amministrativo e gestionale - Coinvolgere le associazioni di categoria e dei lavoratori nella promozione dei tirocini - Informare sui risultati dei tirocini Relativamente al materiale promozionale e divulgativo esso verrà predisposto sulla base dei re- golamenti comunitari in materia e con esplicito riferimento a quanto previsto paragrafo relativo all’area D del capitolato relativo al Lotto 3. Sarà cura del Comitato Tecnico licenziare le inizia- tive promozionali ritenute più opportune secondo quanto proposto dal mandatario. 110 – lettura del bisogno; – analisi della condizione professionale dell’utente; – prima verifica delle motivazioni al tirocinio, degli obiettivi professionali e dei settori azien- dali di possibile inserimento; – informazione sugli aspetti formali e procedurali del tirocinio e sugli impegni richiesti ai tiro- cinanti; – illustrazione dell’offerta formativa collegata alla realizzazione del progetto di tirocinio; – verifica e registrazione dell’esistenza di vincoli oggettivi alla partecipazione all’intervento formativo; – registrazione delle informazioni raccolte su una scheda personale del tirocinante. La durata di questa fase è in media di 1 ora. 4. Percorso orientativo e personalizzazione del percorso di tirocinio A conclusione della fase precedente l’utente fruisce di un breve percorso orientativo che ha l’obiettivo di pianificare il percorso formativo del tirocinante sulla base dei moduli “a catalogo”, costruire il progetto formativo sulla base del quale individuare ambito e settore aziendale per il tirocinio, personalizzare la fruizione dei servizi sulla base delle caratteristiche dell’utente. Il per- corso orientativo è gestito da un consulente di orientamento (se necessario co-gestito in alcune parti con il tutor). In esso si affrontano i seguenti contenuti: – analisi della domanda; – valutazione della motivazione al tirocinio; – corretto posizionamento delle attese rispetto al tirocinio; – analisi del progetto professionale in cui s’inscrive la domanda di tirocinio e realizzazione di eventuali azioni orientative di approfondimento; – analisi del Curriculum Vitae (percorsi scolastici, formativi, professionali e personali) del candidato e delle risorse possedute; – definizione degli obiettivi di sviluppo individuali (in termini di competenze, comporta- menti, bisogni professionali, utilità, efficacia, ecc.) perseguibili attraverso il tirocinio; – consulenza informativa su settori professionali, profili professionali e aree/funzioni azien- dali, al fine di collocare adeguatamente il percorso di tirocinio; – individuazione dei settori/aree aziendali di inserimento e selezione dei moduli formativi di supporto all’esperienza; – pianificazione dei contenuti e della tempistica delle attività individuate. Sulla base della maggiore o minore definizione dei progetti professionali degli utenti, questi po- tranno fruire di percorsi orientativi mirati. Se il tirocinante ha un progetto professionale definito: – ha determinato un obiettivo professionale; – conosce la posizione lavorativa oggetto del tirocinio; – è motivato all’acquisizione delle competenze relative alla figura professionale oggetto del tirocinio, allora è possibile procedere, in tempi relativamente rapidi, a realizzare; – la definizione del profilo di competenze; – la definizione e la calendarizzazione del percorso orientativo/formativo da svolgere prima e durante il tirocinio; – l’attivazione della banca dati delle aziende per l’immediata attivazione di un tirocinio. Se il tirocinante non ha un progetto professionale definito, in questo caso il consulente di orien- tamento procederà a programmare un percorso di orientativo individuale o/e di gruppo per lo svolgimento dell’analisi delle competenze e per la definizione del progetto professionale. Questo percorso di orientamento ha una durata media di 8 ore. In caso di attivazione di un gruppo di orientamento, il consulente avrà cura di costruire un gruppo il più possibile omo- 111 geneo per bisogno orientativo e parzialmente omogeneo per caratteristiche formative e/o pro- fessionali. A conclusione di tutto il percorso orientativo, il consulente di orientamento aggiorna la scheda utente, con le proprie note relative alle caratteristiche dell’utente: conoscenze/capacità/attitudini, interessi, progetto professionale (anche più ipotesi), bisogni formativi, tipologia del tirocinio ri- chiesto. Questa scheda permette il passaggio dell’utente all’operatore che svolgerà il ruolo di tutor didattico. 5. Ricerca, accoglienza ed informazione aziende Questa fase viene svolta dal singolo ente attraverso il coordinamento dell’ente capofila. Il con- tatto con l’azienda può essere provocato da: a) attività di ricerca da parte del tutor dell’ente sulla base delle indicazioni emerse dai colloqui di accoglienza e orientamento con gli utenti; b) richiesta spontanea da parte dell’azienda stessa; c) intervento di promozione da parte di organizzazioni datoriali; d) segnalazione da parte delle linee di servizio dei Centri per l’Impiego che sono più a diretto contatto (preselezione, incontro d/o, ecc.) con il sistema aziendale; e) attività di ricerca e di auto-promozione realizzata dal candidato stesso al tirocinio. Il rapporto con il sistema delle imprese si avvale, da una parte, della rete di relazioni che rappre- sentano il patrimonio degli enti di formazione del territorio, dall’altra dei servizi rivolti alle aziende gestiti dai Centri per l’Impiego. La gestione del contatto con le aziende non può non scaturire dal raccordo tra enti di formazione e Centri per l’Impiego, proprio per evitare sovrap- posizioni e per valorizzare l’immagine dei servizi pubblici per il lavoro. Il contatto con le im- prese favorirà inoltre la creazione di una banca dati provinciale finalizzata all’incrocio di aziende e di tirocinanti. Una volta contattate, le aziende sono oggetto di un primo servizio di accoglienza e di informa- zione, in cui: – si rilevano le fonti di informazione utilizzate dall’azienda per accedere al servizio tirocini; – si registrano le esigenze e le condizioni aziendali da cui scaturisce la richiesta di un tiroci- nante; – si forniscono tutte le informazioni necessarie all’organizzazione dei tirocini, con l’illustra- zione dei processi di servizio, dei soggetti istituzionali coinvolti, delle funzioni e delle fi- gure professionali implicate, degli impegni assunti dalle parti coinvolte, ecc.; – si assiste l’azienda nella compilazione/formalizzazione di una dichiarazione di disponibilità; – si individua il referente aziendale per l’organizzazione del tirocinio. Ricerca, accoglienza e informazione per le imprese sono realizzate dai tutor individuati dagli enti gestori. 6. Analisi della posizione lavorativa La disponibilità dell’azienda ad accogliere tirocinanti deve a questo punto tradursi in percorso di inserimento. L’analisi della posizione lavorativa rappresenta perciò il primo passo per la defi- nizione di tale percorso. In questa fase il referente aziendale, con la collaborazione del tutor dell’ente, è chiamato ad esplicitare le caratteristiche della posizione lavorativa che il tirocinante andrà a ricoprire, forma- lizzando tale richiesta in una Scheda di analisi che è composta almeno dai seguenti campi: – sede del tirocinio; – area aziendale in cui inserire il tirocinante; – descrizione delle attività prevalenti alle quali adibire il tirocinante; – descrizione del profilo professionale corrispondente alla posizione professionale di inseri- mento; 112 – descrizione delle competenze (sapere, saper fare e saper essere) relative alla posizione pro- fessionale di inserimento; – descrizione dei requisiti di accesso alla posizione professionale oggetto del tirocinio: titoli di studio, percorsi formativi, caratteristiche individuali, ecc.; – durata, periodo ed orario del tirocinio; – nominativo e ruolo del tutor aziendale. 7. Incrocio domanda e offerta di tirocinio Se l’analisi della posizione professionale in qualche modo prescinde e astrae dal soggetto che occuperà tale posizione, l’incrocio tra domanda e offerta di tirocinio (gestita sempre dal tutor dell’ente) ha invece proprio la finalità di concretizzare le effettive disponibilità espresse da utenti e imprese. L’obiettivo è quello di verificare se le richieste raccolte dagli utenti e dalle aziende possono dar luogo ad un corretto matching, di individuare gli obiettivi complementari e condivisibili da en- trambi gli attori coinvolti nel progetto. Si organizza un incontro. Gli utenti canditati sono inviati al referente aziendale per un incontro di conoscenza. Durante questo colloquio l’azienda valuterà la compatibilità dei soggetti con il tirocinio proposto, mentre il candidato potrà conoscere in modo più dettagliato e tangibile le opportunità formative del tirocinio. In questa fase inoltre è importante concordare da entrambe le parti (azienda e tirocinante) le modalità del tirocinio (orario, mesi di tirocinio, attività in cui saranno coinvolti, modalità di apprendimento delle competenze, ecc.). 8. Stesura del progetto formativo Una volta individuato il soggetto da avviare al tirocinio è indispensabile definire i contenuti del- l’iter formativo/orientativo del tirocinio attraverso la predisposizione di un progetto personaliz- zato. Si vanno a questo punto a puntualizzare meglio tutte le attività che il tirocinante svolgerà, definendo le conoscenze, le capacità e le attitudini che il tirocinante deve raggiungere a conclu- sione del tirocinio. Il progetto viene redatto dal tutor dell’ente che avrà anche il ruolo di tutor didattico per l’ente promotore. In questa fase il referente aziendale indica la figura che all’interno dell’azienda svolgerà il ruolo di tutor aziendale, e collabora con l’ente promotore alla definizione del processo formativo indi- viduando: – il profilo; – l’area di inserimento e le attività da svolgere; – la descrizione del processo produttivo e/o della attività aziendali; – il settore aziendale di inserimento; – gli obiettivi formativi/orientativi del tirocinio; – le modalità di trasferimento dei saperi; – le attività previste; – conoscenze, capacità, attitudini da acquisire o potenziare durante il tirocinio; – le modalità di verifica e di tutorato. Il progetto formativo va a fare parte integrante della convenzione tra utente, azienda ed ente pro- motore. 9. Autorizzazione formale all’avvio del tirocinio Il percorso di tirocinio, definito secondo le modalità sopra indicate, potrà essere avviato solo a seguito di autorizzazione formale da parte del Servizio Formazione Professionale, previa veri- fica, da parte dell’ufficio competente, del rispetto dei requisiti formali e sostanziali dei singoli progetti. 113 10. Attività amministrative per l’avvio del tirocinio L’avvio del tirocinio prevede una cospicua attività di carattere amministrativo – burocratico, svolte dal tutor didattico e dai servizi amministrativi degli enti promotori: – scrittura della convenzione e del progetto formativo; – raccolta dei dati relativi a tirocinante ed azienda ospitante; – raccolta delle adesioni (mediante firma dei documenti e delle comunicazioni) da parte dei tre soggetti principali del tirocinio: tirocinante, azienda ospitante ed ente promotore del ti- rocinio; – richiesta delle autorizzazioni necessarie all’avvio dei tirocini; – gestione delle comunicazioni istituzionali ai soggetti coinvolti nell’avvio del tirocinio: or- ganizzazioni sindacali, direzione e ispettorato del lavoro, INAIL, INPS, ecc.; – attivazione delle assicurazioni necessarie per l’avvio del tirocinio; – gestione del protocollo; – predisposizione degli strumenti (modulistica, fogli presenza, calendari, ecc.) necessari al monitoraggio dell’attività di tirocinio. A conclusione di tutte le pratiche amministrative, il tirocinio viene avviato presso l’azienda ospi- tante. Durante l’esperienza il tirocinante conserverà in azienda tutti i documenti riferiti al tiro- cinio appena avviato, che dovrà riconsegnare a conclusione del periodo di tirocinio. 11. Tutorato Il tutor didattico si incontra periodicamente (secondo una calendarizzazione stabilita nel progetto formativo) con il tirocinante e/o con il tutor aziendale per verificare l’andamento dell’espe- rienza, valorizzare i punti di forza, risolvere eventuali criticità e favorire la riflessione sull’espe- rienza in corso. Il tutoraggio può avvenire attraverso due modalità integrate: • incontri di gruppo, a cadenza mensili, con altri tirocinanti attivi in quel momento. Questi incontri sono tenuti dal tutor didattico e dal consulente di orientamento e sono finalizzati al problem solving rispetto alle situazioni problematiche che si possono verificare durante il tirocinio, o per la progressiva precisazione dei progetti professionali dei singoli. • Incontri individuali, che verranno effettuati su richiesta del tutor didattico o del tutor azien- dale o del tirocinante stesso per affrontare problematiche specifiche nate durante il tirocinio. Per il tutorato si utilizzano degli strumenti specifici, al fine di monitorare l’andamento dell’ini- ziativa; in particolare si predispongono delle schede di rilevazione per il tutor didattico e delle griglie di autocompilazione per i tirocinanti. 12. Moduli formativi L’esperienza di inserimento in azienda è integrata dall’offerta di un “catalogo” di moduli forma- tivi, con l’obiettivo di fornire alle persone competenze e conoscenze utili sia al positivo svolgi- mento del tirocinio sia alla transizione al lavoro. Si tratta di percorsi gestiti in aula, attraverso i quali gli utenti possono fruire di un apprendimento personalizzato con il sostegno di docenti esperti. Ogni modulo breve di tirocinio – che è stato quantificato in 120 ore – comprende un modulo formativo di 8 ore; nel caso di più moduli brevi di tirocinio a favore dello stesso utente, i moduli formativi possono raggiungere una durata complessiva di 12 ore. L’attività d’aula è realizzata in- dividualmente; tuttavia – se esistono le condizioni organizzative e valutata l’opportunità da un punto di vista metodologico – è possibile attivare percorsi di gruppo. La scelta dei moduli formativi cui partecipare è negoziata con il tutor didattico e con il consu- lente di orientamento; attraverso i colloqui di accoglienza e di orientamento si stabiliscono, in- fatti, contenuti della formazione – in riferimento alle fasi di transizione individuali – e la collo- cazione temporale dell’attività d’aula. 114 Collocazione e obiettivi formativi sono infatti fortemente correlati: – l’attività d’aula collocata prima dell’avvio del tirocinio ha l’obiettivo di mettere il parteci- pante nelle condizioni minime per poter affrontare e valorizzare l’esperienza di inserimento in azienda, allineando le competenze acquisite in percorsi formativi precedenti alle esi- genze del profilo professionale di tirocinio, migliorando contestualmente la rappresenta- zione posseduta del sistema aziendale e della realtà lavorativa. – L’attività d’aula collocata durante il tirocinio ha soprattutto l’obiettivo di approfondire e si- stematizzare – anche da un punto di vista teorico – specifiche aree di attività, processi di la- voro, utilizzo di saperi, problematiche, ecc. affrontati in azienda. In tal senso, l’elenco di moduli formativi sotto riportati è del tutto indicativo, potendo organizzare ulteriori inter- venti didattici relativi ad ambiti disciplinari che di volta in volta verranno concordati con i responsabili dei Centri per l’Impiego, a seconda dei settori di inserimento dei tirocinanti e dei profili professionali ricoperti. – L’attività d’aula collocata al termine del tirocinio ha l’obiettivo di favorire la lettura dell’e- sperienza svolta e migliorare la “spendibilità” del lavoratore sul mercato del lavoro. In questa fase il tirocinante fruisce perciò di un sostegno alla ricerca del lavoro e alla verifica degli sviluppi possibili della professionalità maturata, anche in termini di un’ulteriore for- mazione specialistica. Il “catalogo” di moduli formativi proposti è organizzato secondo 9 macro-obiettivi di sviluppo delle competenze individuali; ogni macro-obiettivo propone una serie di “unità didattiche-for- mative” che possono essere ricomposte in percorsi e sequenze corrispondenti alle esigenze for- mative dei tirocinanti. Macro obiettivo 1 Progettare, gestire e sviluppare il proprio percorso professionale Diagnosticare le proprie risorse e attitudini • valutare interessi, motivazioni, attitudini e risorse personali anche in relazione al lavoro e al ruolo professionale • identificare i propri punti di forza e di debolezza Analisi delle competenze Sostegno allo sviluppo di carriera Macro obiettivo 2 Conoscere la regole di accesso al lavoro: I principali tipi di contratto I • Quadro dei principali contratti di lavoro • Le novità introdotte dalla Legge 30/2003 • Quadro degli incentivi all’assunzione • Assunzione: periodo di prova e qualifica • Apprendistato • Contratto di formazione – lavoro • Tirocini formativi e di orientamento • Lavoratori “atipici” o “parasubordinati” 115 I principali tipi di contratto II • Contratto a tempo determinato • Part-time • Job-sharing • Telelavoro • Lavoro interinale • Lavoro notturno Instaurazione e cessazione del rapporto di lavoro • La retribuzione • La sospensione temporanea del lavoro • Congedi per i genitori e per la formazione continua • Il licenziamento individuale • Le dimissioni del lavoratore • La crisi aziendale • L’indennità di disoccupazione • I lavori di pubblica utilità • Salute e sicurezza sul lavoro Il lavoratore e i servizi per l’impiego • I nuovi servizi per l’impiego • Iscrizione alle liste di collocamento • Il DGR 810/03 e lo stato di disoccupazione • Avviamento al lavoro nel privato • Il servizio di preselezione • Avviamento al lavoro nel pubblico • I concorsi pubblici • L’accertamento di qualifica • Disabili e diritto al lavoro Macro obiettivo 3 Conoscere il mondo del lavoro e delle professioni Il mercato del lavoro e le professioni emergenti • Le tendenze del mercato del lavoro • I settori emergenti e le nuove professioni Macro obiettivo 4 Conoscere il sistema aziendale L’organizzazione aziendale • rappresentare una struttura organizzativa descrivendone le componenti e le caratteristiche tipiche • riconoscere la natura dei rapporti tra una struttura organizzativa e il suo ambiente di riferimento • acquisire gli strumenti tecnici e cognitivi per individuare la collocazione nell’ambito della propria struttura di appartenenza, riconoscendo i requisiti di occupabilità e i comportamenti richiesti/espressi dal settore di riferimento • individuare i principali criteri di efficienza ed efficacia produttiva di un’impresa • riconoscere i comportamenti messi in atto in un contesto lavorativo orientato alla qualità e alla sod- disfazione del cliente 116 Macro obiettivo 5 Gestire la ricerca di lavoro Introduzione alle tecniche di ricerca • Le tecniche di ricerca: attive e passive • Il ruolo del progetto professionale nella ricerca di lavoro • I canali di ricerca del lavoro: dati, esperienze ed efficacia Organizzare la ricerca di lavoro • Organizzare la ricerca di lavoro: l’importanza del piano di lavoro e step operativi • Definizione di un piano d’azione individuale Il curriculum vitae e la lettera di candidatura • Curriculum vitae e Lettera di candidatura come strumenti base e attivi della ricerca di lavoro • Struttura e utilizzo del CV • Struttura e utilizzo della lettera di candidatura Il contatto con l’azienda • I canali formali e informali per contattare le aziende • Raccogliere informazioni sulle aziende: agenzie di informazione, pubblicazioni, soggetti. • La telefonata per la ricerca di lavoro • Le inserzioni su giornali, riviste e altri luoghi di comunicazione • La rete relazionale: che cosa è, come può essere utile, come attivarla Le “selezioni aziendali” e il colloquio di lavoro • Le diverse tipologie di selezione: caratteristiche distintive, modalità di svolgimento, obiettivi • Indicazioni teorico-pratiche per sostenere un colloquio • Le domande più frequenti sulle quali prepararsi, per sostenere con successo un colloquio di lavoro • Role playing: simulazione di un colloquio di selezione Agenzie e strumenti per la ricerca del lavoro • Mappa dei servizi che sul territorio si occupano di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro • Servizi pubblici per l’Impiego • Agenzie di lavoro interinale • Agenzie di selezione • Altre agenzie e servizi di incontro domanda/offerta • Pubblicazioni, riviste, bibliografie e appuntamenti per chi cerca lavoro • Servizi e indirizzi web per la ricerca del lavoro Macro obiettivo 6 Conoscere il sistema della formazione Il sistema della formazione professionale e della formazione integrata • L’offerta della formazione professionale: tipologie di corsi e percorsi, attestati rilasciati • Il piano formativo per l’anno in corso • I percorsi della formazione continua • I soggetti della FP: centri di formazione, Comuni e Province, la realtà provinciale • I percorsi della formazione integrata 117 Macro obiettivo 7 Conoscere il lavoro autonomo Il lavoro autonomo • Il concetto di lavoro autonomo: aspetti sociologici e giuridici • Libera professione - Impresa - Lavori atipici Il mercato e la mappa delle opportunità imprenditoriali • Macro-tendenze nell’evoluzione del sistema imprenditoriale locale, regionale e nazionale • Caratteristiche del tessuto imprenditoriale locale • Opportunità locali di sviluppo imprenditoriale e idee d’impresa (informazione orientata dalle esigenze espresse dal tirocinante) Mettersi in proprio • La scelta della forma giuridica d’impresa • Lo sviluppo dell’idea: il business plan • L’indagine del mercato potenziale • La valutazione dei costi • Le principali fonti di finanziamento per le nuove imprese La mappa dei servizi per l’avvio d’impresa • Il ruolo delle Associazioni di Categoria • I servizi d’informazione • I servizi di sostegno e accompagnamento all’avvio d’impresa • I servizi amministrativi per l’avvio d’impresa • Le attività di ricerca • Gli “incubatori” d’impresa • I siti web per la neoimprenditoria Macro obiettivo 8 Competenze trasversali Comportamenti relazionali • Comunicare nel contesto lavorativo (con superiori, colleghi, clienti, fornitori, ecc.) in situazione di interazione diretta o mediata da strumenti di diversa natura (cartacei, telefonici, informatici) La comunicazione diretta • costruire presentazioni di sé adeguate al contesto • esprimersi verbalmente in modo chiaro e adeguato al contesto lavorativo e saper argomentare La comunicazione mediata • costruire messaggi chiari e comprensibili mediati da supporti cartacei, telefonici, informatici • interpretare messaggi mediati da supporti cartacei, telefonici, informatici Lavorare in gruppo • esprimere percezioni ed opinioni di fronte ad altri • definire in gruppo obiettivi, risultati attesi e ambiti di azioni a fronte di una situazione o di un pro- blema da risolvere • confrontare con altri la propria rappresentazione di un problema 118 Analisi Organizzativa e analisi della professionalità Macro obiettivo 9 Competenze tecnico-professionali Gli obiettivi dell’attività formativa relativa alle competenze tecnico-professionali fanno riferimento agli specifici contesti di inserimento del tirocinante e, come detto, saranno strutturati sulla base dei settori professionali di inserimento, delle indicazioni dei Centri per l’Impiego e sugli obiettivi di sviluppo dei soggetti. Gli obiettivi generali dei moduli relativi alle competenze tecnico-professionali possono essere così sinte- tizzati: • Comprendere le caratteristiche strutturali del settore di riferimento: comparti/sub-comparti, evolu- zione e tendenze, elementi/fattori che incidono e/o ostacolano lo sviluppo, ecc. • Definire le specificità del comparto/sub comparto di appartenenza e la natura dei rapporti fra l’azienda e il suo ambiente di riferimento. • Comprendere la struttura organizzativa e produttiva dell’impresa di appartenenza. • Conoscere le tecnologie del processo lavorativo nel quale si è inseriti. • Conoscere le procedure appropriate e le misure di sicurezza rispetto al processo lavorativo. • Comprendere il funzionamento del mercato di riferimento della propria impresa: prodotti/servizi, tipologie di clienti, segmentazione del mercato, fornitori, mercati di approvvigionamento, ecc. • Conoscere e saper applicare le basi tecniche e scientifiche della professionalità. Indichiamo solo alcuni moduli che si prevede di attivare sulla base di dati e ricerche relativi al mercato del lavoro relativamente al settore economico d’interesse: – Organizzazione ed economia. – Informatica livello base/intermedio/avanzato. – Informatica applicata/Gestione di specifici software (per utilizzo in determinati processi di lavoro). – Lingua inglese/francese/spagnola/tedesca/russa livello base/intermedio/avanzato (per utilizzo in specifici ambiti professionali). – Amministrazione e contabilità. – Gestione della relazione (ad esempio da sviluppare per il settore dei servizi). – I sistemi di Qualità. 13. Verifica finale e valutazione efficacia/efficienza La verifica finale viene svolta a conclusione del tirocinio attraverso il contributo del tutor didat- tico, del tutor aziendale e del tirocinante stesso. Questa verifica ha per oggetto: – la valutazione degli apprendimenti realizzati; – l’analisi delle risorse sviluppate dal tirocinante; – l’analisi dei punti di forza e di criticità espressi dal tirocinante durante l’esperienza; – le indicazioni che l’inserimento fornisce in termini di consolidamento/ridefinizione/revi- sione del progetto professionale del tirocinante; – la formalizzazione delle competenze acquisite (dichiarazione di competenze); – la valutazione dei dispositivi di accompagnamento attuati dall’azienda e dall’ente promo- tore; – la valutazione dell’efficacia del sostegno offerto dalle figure e dagli strumenti messi a dis- posizione dagli enti gestori; – la rilevazione di eventuali variazioni all’iniziale progetto di tirocinio. 119 I contenuti della verifica finale vengono raccolti da parte del tutor didattico all’interno di schede di valutazione e di una relazione finale. Tali dati accompagnano ed integrano l’attestato finale e la dichiarazione di competenze rilasciati al tirocinante. In questa fase il tirocinante fruisce inoltre di un servizio di orientamento “in uscita” attraverso il quale può definire – sulla base degli esiti e delle indicazioni emerse dal tirocinio – strategie di transizione al lavoro o ad ulteriori percorsi formativi, nonché ottenere informazioni utili per pro- seguire la ricerca del lavoro. Tutti i dati relativi al lavoratore che ha svolto esperienza di tirocinio vengono inoltre trasferiti – secondo modalità da concordare – agli operatori dei Centri per l’Impiego i quali provvederanno ad aggiornare la Scheda professionale del lavoratore, il Patto di servizio stipulato con lui ed, eventualmente, a gestire la sua successiva presa in carico. 14. Attività amministrative per la conclusione del tirocinio La chiusura del tirocinio prevede l’espletamento di alcune attività di carattere amministrativo – burocratico in carico al tutor didattico e ai servizi amministrativi degli enti promotori: – raccolta delle schede e della modulistica relativa ad ogni tirocinio svolto; – comunicazioni istituzionali di chiusura del tirocinio ai soggetti del territorio: organizzazioni sindacali, direzione e ispettorato del lavoro, INAIL, INPS, ecc.; – comunicazioni di chiusura del tirocinio a favore delle agenzie assicurative utilizzate; – conservazione ed elaborazione dei dati relativi ai tirocini attivati; – stesura e validazione delle dichiarazioni di competenze a favore dei tirocinanti; – elaborazione e consegna al tirocinante dell’attestato finale e della dichiarazione di compe- tenze. Dichiarazione di competenze Alla chiusura del tirocinio si propone il rilascio di una “Dichiarazione di Competenze”, sia in re- lazione alle nuove disposizioni in materia, sia in coerenza con le esigenze di economicità del- l’intervento formativo in questione, che di fatto escludono la possibilità di rilasciare una Certifi- cazione di Competenze. Monitoraggio e valutazione Al fine di realizzare sviluppo di buone pratiche, monitoraggio della qualità, raccordo organizza- tivo delle attività, confronto tra gli operatori, si rende necessario un sistema di monitoraggio e di valutazione, il cui impianto può essere così implementato: a) scheda di monitoraggio individuale, ovviamente coordinata con quelle utilizzate negli altri servizi dei Centri per l’Impiego e la Formazione, che possa consentire un monitoraggio del- l’utenza per quello che riguarda sia i dati socio-anagrafici che le domande portate al ser- vizio; b) una indagine statistica sui clienti del servizio che possa mirare a verificare il grado di sod- disfazione dei clienti che si sono rivolti al servizio (customer satisfaction); c) un report periodico sull’andamento delle attività (numero colloqui, rinvii realizzati, criticità e punti di forza del Servizio, utilizzo degli operatori, ecc.); d) un report annuale sugli esiti dell’indagine statistica di cui al punto b. Operatori Per la realizzazione dei tirocini formativi e di orientamento promossi dai Centri per l’Impiego sono coinvolte le seguenti figure professionali: – coordinatore di progetto – tutor didattico – consulente di orientamento 120 – docenti esperti – operatore di segreteria amministrativa Queste figure si caratterizzano – in riferimento al presente progetto – per la gestione di speci- fiche aree di attività professionali che di seguito descriviamo sinteticamente. Attività del Coordinatore di progetto Attività di coordinamento Fasi: tali attività si svolgono in tutte le fasi Compiti: individuazione di obiettivi strategici e operativi del progetto, pianificazione delle diverse fasi di attività, monitoraggio nell’organizzazione ed avvio dei tirocini, as- sistenza tecnica e supporto agli operatori, coordinamento operativo, partecipa- zione ai gruppo di lavoro, raccordo con i Responsabili dei Centri per l’Impiego. Competenze: competenze organizzative, capacità gestionali nelle pratiche di avvio e svolgi- mento del tirocinio, capacità relazionali con tutti i soggetti coinvolti nell’organiz- zazione del tirocinio, conoscenza della normativa di riferimento utilizzata per l’avvio del tirocinio. Attività del Tutor didattico Attività di accoglienza e informazione Fasi: tali attività si svolgono nelle fasi di promozione, accoglienza e informazione tiro- cinanti e aziende. Compiti: accogliere le domande e le offerte di tirocinio, offrire le informazioni necessarie sull’organizzazione del tirocinio, fare la prima analisi della richiesta, promuovere la valenza del tirocinio sulla base delle esigenze dell’utente e dell’azienda, com- pilazione dei moduli di iscrizione. Competenze: saper accogliere la domanda dell’utenza, con competenze comunicative e relazio- nali; saper gestire un primo colloquio informativo e conoscitivo, con abilità nel trattamento ed utilizzo delle informazioni da trasmettere ai tirocinanti e alle aziende ospitanti. Attività di Tutorato Fasi: tali attività si svolgono nelle fasi di stesura del progetto formativo, avvio tiro- cinio, tutorato, verifica finale e valutazione efficacia/efficienza Compiti: stesura del progetto formativo del tirocinio, valutazione ed analisi dell’andamento del tirocinio, individuazione e risoluzione di problemi qualora emergessero du- rante lo svolgimento del tirocinio, verifica e monitoraggio del raggiungimento degli obiettivi formativi e professionali definiti in fase di progettazione del tiro- cinio, analisi e individuazione delle dinamiche e delle variabili che subentrano durante il tirocinio, accertamento del buon andamento del tirocinio, conoscenza del contesto organizzativo nel quale è inserito il tirocinante. Competenze: saper analizzare le esigenze ed i bisogni emersi dai tirocinanti e dalla aziende ospitanti; conoscenza approfondita dell’organizzazione aziendale, organigrammi, ruoli aziendali e figure professionali; capacità di svolgere un’analisi della posi- zione lavorativa; capacità di gestione delle relazioni interpersonali e di comunica- zione, con competenze nella valutazione dei risultati e dei progressi e nella veri- fica in itinere dell’andamento del tirocinio. Attività del Consulente di orientamento Attività di consulenza orientativa Fasi: tali attività si svolgono nelle fasi di percorso orientativo, tutorato. 121 Compiti: consulenza orientativa individuale e/o di gruppo, analisi della domanda, bilancio di competenze, analisi della storia formativa e professionale dell’utente, rileva- zione e verifica delle esigenze formative e professionali, definizione, programma- zione e calendarizzazione del percorso orientativo, produzione e stesura di un progetto professionale individuale e personalizzato, sostegno alla ricerca di infor- mazioni sul settore di interesse e sul profilo professionale individuato, compila- zione di una scheda dove sono presenti tutte le caratteristiche dell’utente e del ti- rocinio richiesto, inserimento in banca dati. Competenze: saper riconoscere il bisogno formativo, orientativo e professionale dell’utenza, analizzando il percorso formativo e professionale, con competenze di comunica- zione, interazione e relazione, e di gestione del colloquio orientativo; saper soste- nere una relazione di aiuto e progettare piani di azione orientativa, valutando la motivazione al tirocinio e la necessità di definizione o ridefinizione del proprio progetto professionale e di tirocinio. Attività dell’Operatore di segreteria amministrativa Attività di segreteria amministrativa Fasi: tali attività si svolgono nelle fasi di inserimento in banca dati tirocinanti e banca dati aziende, attività amministrative, avvio tirocinio. Compiti: implementazione ed aggiornamento delle banche dati dei tirocinanti e delle aziende, contatti con i diversi Centri per l’impiego per l’inserimento informatico delle offerte, gestione di tutte le pratiche amministrative per avviare lo stage, co- municazioni agli organismi sindacali e compagnie assicurative per la regolarizza- zione del tirocinio formativo e orientativo. Competenze: competenze informatiche e gestionali per sbrigare tutte le pratiche burocratiche e amministrative, capacità di analisi dei dati riferiti ai diversi tirocini organizzati. 122 5. Progetto del CFP CNOS-FAP di Perugia FORMULARIO DI PROGETTO - MISURE DI ACCOMPAGNAMENTO MISURA A2 Sez. A - Anagrafica del progetto A.1 Denominazione del soggetto proponente Associazione CNOS FAP - Regione Umbria Sede di Perugia A.2 Titolo del progetto “Il volo del gabbiano” Servizio integrato di sostegno all’apprendimento, formazione ed inserimento lavorativo A.3 Percorsi formativi di riferimento Indicare le attività per l’assolvimento dell’obbligo formativo e del diritto/dovere all’istruzione e formazione per gli anni 2006/2007 cui il servizio si riferisce e il relativo soggetto attuatore. Si precisa che la presente tabella fa riferimento all’annualità 2007-2008 corsi Q2 di cui ai Q1 del 2006-2007 123 Sez. B - Descrizione del progetto B.1 Contesto e finalità Presentazione del contesto in cui si inserisce il progetto e delle finalità che si intendono perse- guire in riferimento all’art. 1 dell’avviso pubblico, esplicitando le modalità di rilevazione dei fabbisogni e di perseguimento delle finalità. Premessa La presente premessa intende presentare il contesto, le esperienze e le prassi in cui si inserisce il progetto “Il Volo del Gabbiano”, anche alla luce delle azioni e delle misure di accompagnamento attuate e messe in essere al fine di prevenire la dispersione e garantire il successo formativo degli allievi. In risposta all’Avviso pubblico per la presentazione di progetti Anno 2005 Mis. C2 scadenza 08.07.2005 “Prevenzione della dispersione scolastica e formativa”, l’Associazione CNOS FAP - Regione Umbria Sede di Perugia ha presentato il progetto denominato “Il volo del Gabbiano” cui è seguita approvazione da parte del Nucleo tecnico di valutazione Provinciale del progetto e del relativo finanziamento con D.D. 9507 del 21.10.2005. Il progetto è stato codificato PG 05.03.32.022. Si ritiene pertanto utile riferire nel presente documento alcuni esiti circa il raggiungimento degli obiettivi previsti nelle fasi di cui si compone il progetto, l’efficacia e l’efficienza, il successo for- mativo dell’edizione di cui sopra fermo restando che trattasi di attività ancora in svolgimento alla data di presentazione del presente progetto. Fase 1 - Servizio di counselling individuale e di gruppo Accoglienza e orientamento da parte del Counsellor Raggiungimento obiettivo da progetto Sono stati svolti circa 150 colloqui conoscitivi, individuali o di gruppo; gli esiti dei colloqui e le problematiche rilevate sono state socializzate in sede di Collegio Formatori per la messa a punto di opportune strategie di recupero, sostegno ed incoraggiamento. È stato particolarmente curato il rapporto con le famiglie degli allievi laddove sono state riscontrate situazioni di particolare disagio durante i colloqui programmati e durante specifici incontri al fine di promuovere e con- dividere modalità ed obiettivi per la maturazione personale e professionale dell’allievo. Efficacia/Efficienza Generale raggiungimento e mantenimento di livelli di apprendimento conformi agli standard dei progetti dei corsi di provenienza, costanza nella partecipazione alle attività didattiche e di sostegno proposte, % di presenze conformi ai requisiti. Fase 2 - Sostegno all’apprendimento Presa d’atto dell’apprendimento pregresso dei destinatari Raggiungimento obiettivo da progetto La rilevazione del pregresso scolastico/formativo degli allievi è stata curata dal Collegio Forma- tori attraverso appositi incontri durante i quali sono stati esaminati gli esiti delle verifiche di approfondimento predisposte dai Formatori. Sono stati individuati gli allievi destinatari di particolari azioni di sostegno all’apprendimento e, a seguito di parere favorevole espresso dalle famiglie, sono state calendarizzate ed erogate le attività di sostegno e di recupero di conoscenze ed abilità fondamentali. Interventi di recupero Raggiungimento obiettivo da progetto Il Collegio Formatori in sede di valutazione programmata ha rilevato l’esito dell’attività di sostegno in termini di valutazione degli apprendimenti e dei progressi raggiunti dagli allievi. 124 Sostegno all’apprendimento/alfabetizzazione linguistica Raggiungimento obiettivo da progetto In tale fase è stata perseguita una continuità di sostegno all’apprendimento relativa alle nuove conoscenze ed abilità proprie del corso di appartenenza in stretta collaborazione con i Formatori titolari dell’azione formativa. Rapporti con le famiglie Raggiungimento obiettivo da progetto Le famiglie degli allievi destinatari sono state coinvolte durante i colloqui programmati; in tali occasioni sono stati descritti i progressi raggiunti e le attività che hanno caratterizzato l’azione stessa. Efficacia/Efficienza Generale raggiungimento di valutazioni almeno sufficienti; promozione di relazioni positive tra gli allievi del corso tramite la parziale rimozione delle barriere culturali e linguistiche. Successo formativo Riferito solo ai corsi Q2 in quanto i Q1 sono ancora in svolgimento, si registra il raggiungimento della qualifica pari al 98% dei partecipanti al saldo dei ritiri. Fase 3 - Sostegno linguistico per allievi immigrati Attività di prima accoglienza e inserimento allievi immigrati Raggiungimento obiettivo da progetto La prima accoglienza e l’inserimento degli allievi immigrati è stata preceduta da un monito- raggio del possesso di titoli di studio relativo all’assolvimento dell’obbligo scolastico, cui è seguita una azione di socializzazione e coinvolgimento con le famiglie degli allievi al fine di fornire informazioni dettagliate relativamente alle azioni da svolgere. Promozione e facilitazione dell’inserimento, dell’integrazione interculturale degli allievi nel gruppo classe di provenienza attraverso attività di socializzazione, confronto e animazione. Interventi di sostegno all’apprendimento linguistico degli allievi immigrati Raggiungimento obiettivo da progetto Attivazione di interventi specifici e mirati al recupero e approfondimento degli apprendimenti, al fine di rispondere ai bisogni formativi degli allievi immigrati secondo le difficoltà di apprendi- mento rilevate in sede di Collegio Formatori per le singole discipline. Attività fra CFP, Servizi Territoriali e Famiglie Raggiungimento obiettivo da progetto L’inserimento sul territorio è stato perseguito grazie l’attivazione di collaborazione didattico/ formativa con il CTP presso Scuola Media “A. Volumnio” di Ponte S. Giovanni, mediante sotto- scrizione di Convenzione, per agevolare/garantire percorsi di studio finalizzati all’ottenimento dell’assolvimento dell’obbligo scolastico. Con sessione d’esami maggio 2006 sono state conseguite 4 licenze di terza media per gli allievi dei Q2 che non rispondevano al prerequisito dell’assolvimento dell’obbligo scolastico. La conoscenza e l’integrazione nel territorio locale è stata perseguita attraverso visite al Centro storico della città al fine di coinvolgere gli allievi nel ruolo di “Guida nel territorio” con uno specifico approfondimento relativamente agli edifici e alle funzioni degli Enti Locali, quale presa di coscienza del ruolo attivo del cittadino. Efficacia/Efficienza Partecipazione e collaborazione attiva degli allievi alle attività promosse dal Centro; frequenza costante e partecipe alle attività del sostegno linguistico. Rilevazione e monitoraggio da parte del Collegio Formatori circa i progressi linguistici e l’integrazione degli allievi immigrati. Successo formativo Dall’analisi delle valutazioni il Collegio Formatori ha rilevato l’acquisizione di una buona pro- prietà di linguaggio con positive ricadute nel profitto delle discipline erogate nei corsi di appar- tenenza. 125 Fase 4 - Servizio a sostegno dell’uscita del Centro e accompagnamento professionale Conoscenza propensione lavorativa dell’utente Raggiungimento obiettivo da progetto Attivazione di monitoraggi e rilevazioni relative alle esigenze e preferenze degli utenti nei con- fronti delle professioni o dei percorsi formativi ritenuti “desiderabili”, tramite griglie di rileva- zione e colloqui. Si sono elaborati griglie e grafici di sintesi relativi ai monitoraggi nel periodo di stage ex-ante, in itinere, ex-post. Accompagnamento per l’inserimento lavorativo Raggiungimento obiettivo da progetto Ad oggi, per la natura della fase di accompagnamento al lavoro, e per la contestuale sospensione delle attività formative del Centro con la fine di giugno 2006, non risulta possibile fornire dati ed esiti conclusivi della fase stessa. In particolare la rilevazione degli esiti occupazionali e dei dati relativi all’efficacia/efficienza della formazione saranno rilevati e forniti a sei mesi dall’otte- nimento della qualifica. Il Centro di Formazione Professionale Associazione CNOS-FAP - Regione Umbria Sede di Perugia, è uno dei 54 Centri aderenti alla Federazione CNOS-FAP che, ispirandosi alle scuole di arti e mestieri create da Don Bosco a partire dall’Ottocento, svolge un servizio pubblico di promozione professionale, sociale e culturale dei giovani che si avviano al lavoro. In linea gene- rale il target dell’utenza dei ragazzi iscritti al Centro è costituita da soggetti che hanno svilup- pato attitudini pratiche piuttosto che teoriche e che quindi desiderano potenziare le loro capacità in specifici settori formativo-professionali. Spesso si iscrivono al CFP anche studenti demotivati da precedenti insuccessi scolastici ritrovando in questo percorso formativo uno stimolo alla cre- scita personale e professionale che gli permetta di inserirsi rapidamente nel mondo del lavoro. Negli ultimi anni si è assistito anche ad un forte aumento delle iscrizioni da parte di ragazzi stra- nieri dovuto ad una maggior presenza di famiglie di extracomunitari sul territorio locale; le se- gnalazioni sono arrivate anche da parte dei servizi socio-assistenziali e degli operatori preposti, con la richiesta di un sostegno alla loro integrazione sociale e linguistica, così da diminuire il gap culturale favorendone l’inserimento sul territorio. È inoltre aumentata la richiesta di sostegno a favore della tipologia di allievi con disagi di parti- colare rilevanza e a rischio di esclusione sociale da parte dei servizi sociali e degli operatori che si occupano del recupero e della prevenzione. Da rilevare, infine, un fenomeno piuttosto nuovo che negli ultimi tempi sta prendendo piede, cioè la richiesta da parte delle istituzioni scolastiche di collaborazione per la ricerca, la progetta- zione comune e l’attivazione di nuovi percorsi integrati e destrutturati per il recupero e la pre- venzione della dispersione. Alla luce dei dati oggettivi della presenza di tale tipologia di utenza presso il CFP, si è cercato di leggere il contesto della domanda con una serie di strumenti che ci hanno aiutato a rilevare i bi- sogni formativi, di sostegno, aiuto ed integrazione di questa tipologia di ragazzi. Il lavoro di analisi è stato prevalentemente effettuato attraverso la realizzazione di colloqui/inter- viste con i rappresentanti istituzionali, gli attori del contesto sociale, i rappresentanti scolastici, le famiglie. Tali colloqui hanno portato alla elaborazione di griglie di rilevazione con l’immis- sione dei dati significativi. La creazione di un data base degli stakeholders, ha permesso di ana- lizzare e catalogare la tipologia della domanda per sistematizzare il carattere degli interventi e studiare al meglio la risposta formativa. Inoltre, esiste da tempo presso il CFP la raccolta delle dichiarazioni e delle richieste di attivazione di servizi di sostegno da parte dei diversi attori coinvolti nello sviluppo dell’utenza in questione. Si è anche provveduto ad effettuare visite dirette presso gli uffici comunali preposti all’immigra- zione per studiare l’utenza straniera e le sue esigenze; sono stati effettuati incontri presso le scuole per concordare con gli insegnanti apposite strategie di intervento per il recupero delle competenze linguistiche. Inoltre si è instaurata una rete di rapporti per avvicinarsi al mondo del 126 lavoro, attraverso le strutture pubbliche preposte, l’Informagiovani e gli esperti del mondo eco- nomico, per individuazione di strategie per l’orientamento e l’accompagnamento degli allievi. Inoltre, per non disperdere l’esperienza accumulata dal CFP al riguardo di percorsi di aiuto ed accompagnamento agli allievi e alle loro famiglie, abbiamo sviluppato la raccolta sistematica dei materiali didattici creati per i percorsi individualizzati e personalizzati, riserva preziosa anche per le attività future. Presentazione del contesto in cui si inserisce il progetto Il presente progetto si inserisce in un contesto e in una realtà locale in progressiva trasformazione, come si evince dal DAP (Documento Annuale di Programmazione 2006-2008), cfr. Cap. 3 “Indirizzi e obiettivi della programmazione regionale” paragrafo 3.3.3 Immigrazione: Immigrazione quale fattore di crescita della Regione Anche in una Regione come l’Umbria, segnata da flussi “storici” per motivi di studio, attratti dalla presenza nel capoluogo di importanti istituzioni culturali, fra cui l’Uni- versità per stranieri, le più recenti trasformazioni, che hanno visto prevalere i flussi di “lavoratori” provenienti da Paesi extracomunitari, rappresentano una delle novità di maggior rilievo nell’assetto sociale. Sulla base dei dati più recenti (Min. Interno, Dossier Caritas 2005) gli immigrati nella Regione hanno raggiunto quota 56.385 (6,6% circa), una percentuale superiore alle medie italiana ed europea. Recenti indagini pongono in luce i seguenti aspetti della trasformazione in atto: – il processo di decentramento rispetto al capoluogo regionale e di diffusione dell’in- sediamento su tutto il territorio; – la crescita del numero dei minori e delle famiglie straniere. Per ciò che riguarda l’incidenza degli alunni stranieri sul totale della popolazione scolastica, l’Umbria fa registrare nell’anno scolastico 2004-2005 un dato del 7.23% (era del 6,23 % l’anno precedente); – un costante aumento della percentuale di stranieri sulle nuove assunzioni. [...] Il lavoro immigrato è ancora impiegato principalmente in professioni di bassa quali- ficazione ma in alcune professioni sembra farsi strada una inversione di tendenza. I dati relativi al periodo luglio 2003-giugno 2004 indicano che l’incidenza della domanda soddisfatta con manodopera straniera è salita al di sopra del 24%. Le politiche pubbliche locali dell’immigrazione sono un aspetto di cruciale impor- tanza della convivenza multiculturale, con funzione di sviluppo dei diritti di cittadi- nanza sociale, ma anche di governo del fenomeno ai fini della sostenibilità sociale dell’immigrazione stessa. [...] Le attività prioritarie per il 2006 riguardano: – l’attuazione del Programma annuale 2005 ai sensi della legge regionale n. 18/90 “Interventi a favore degli immigrati extracomunitari” approvato nell’ottobre 2005. Nel programma suddetto è prevista la realizzazione di 140 progetti, promossi e gestiti da diversi soggetti. – Tradizionale sostegno al diritto di studio, attraverso l’Agenzia per il Diritto allo Studio Universitario, per interventi destinati all’assistenza, sulla base di criteri di merito e di reddito, di studenti provenienti da Paesi non comunitari. Inoltre nel “Programma ed indirizzi per le politiche del lavoro della formazione e dell’istru- zione 2006” (documento approvato dal Consiglio Provinciale con delibera n. 35 del 04.04.06) si fa riferimento al già citato (vedi Premessa del presente Progetto, pag. 3) Avviso pubblico per la presentazione di progetti Anno 2005 Mis. C2 scadenza 08.07.2005 “Prevenzione 127 della dispersione scolastica e formativa”, esempio di attuazione di buone prassi tramite l’attiva- zione di percorsi finalizzati alla elaborazione e alla sperimentazione di un sistema permanente di servizi integrati di sostegno all’apprendimento, formazione ed inserimento lavorativo, strutturato sulla base del modello operativo “I Fuoriclasse”. La Commissione Europea e il Consiglio dell’Unione Europea hanno attivato specifiche analisi del contesto, della tipologia di utenza e delle sue esigenze al fine di prevenire il fenomeno della dis- persione, della esclusione, dell’“analfabetismo di ritorno” e infine della disoccupazione giovanile. Dai dati emersi l’Unione Europea ha emanato delle disposizioni (Libro Bianco su Istruzione e Formazione della Commissione Europea1) – che propone tra le finalità irrinunciabili per la scuola e la formazione europea: la lotta contro l’esclusione e l’introduzione di sistemi integrati tra scuola, formazione, aziende, territorio, agenzie educative delle comunità locali, politica formativa nazionale e internazionale. Inoltre il Consiglio dell’Unione Europea,2 richiama l’attenzione sulla tematica relativa al disa- gio e partendo dal presupposto secondo cui la nostra proposta formativa/educativa mira, in linea generale, alla crescita ed alla valorizzazione della persona umana come elemento centrale del processo educativo, perseguendo l’elevazione del livello culturale di ciascun cittadino ed il potenziamento delle capacità di tutti di partecipare ai valori della cultura, del lavoro, della civiltà e della convivenza sociale e di contribuire al loro sviluppo. Date le suddette premesse si evidenzia la necessità di attivare un Servizio integrato di sostegno all’apprendimento, formazione ed inserimento lavorativo, nelle attività di formazione pro- fessionale volte all’assolvimento dell’obbligo formativo, per la prevenzione della dispersione scolastico/formativa, che permetta la completa integrazione di tutti gli allievi ed in particolare di quelli in situazione di disagio sociale, familiare, di difficoltà di integrazione linguistica e cul- turale affinché prevenga la dispersione formativa e gli abbandoni e garantisca a tutti pari oppor- tunità di apprendimento e possibilità di inserimento lavorativo, come risposta diretta ed organica alle loro esigenze e a quelle espresse dalle loro famiglie, dagli operatori e dal territorio. Il carattere innovativo del servizio, che prevede una pluralità di azioni, consiste nell’operare in una logica di partenariato, che metta a sistema la rete di rapporti già esistenti fra i diversi attori del sistema istituzionale, della struttura produttiva, delle istituzioni educative, degli enti e dei servizi socio-assistenziali; tutto ciò confluirebbe in un servizio unico, permanente, strutturato ed interno al CFP, in cui tutte le sinergie messe in campo garantirebbero un’offerta formativa quali- tativamente valida a favore dello sviluppo umano e professionale dei nostri allievi ed in partico- lare di quelli in situazione di disagio. Il Servizio Integrato Permanente ha come finalità quella di far concretizzare a tutti gli allievi ed in particolare a quelli in situazione di disagio e appartenenti alle fasce deboli, il loro progetto di vita e di lavoro attraverso l’offerta di un ventaglio di opportunità con l’attivazione di un Servizio di Counselling individuale e di gruppo, di un Sostegno all’Apprendimento Individualizzato per allievi con disagi di particolare rilevanza, di un Sostegno Linguistico per allievi Immi- grati e di un Servizio a Sostegno dall’uscita dal CFP e di Accompagnamento all’Inseri- mento Lavorativo. Basandosi sulla disposizione di specifiche condizioni date dalle Pari opportunità di appren- dimento, s’intende attuare un servizio di sostegno ai ragazzi con particolari disagi volto a rimuovere gli ostacoli, accompagnandoli all’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro e la valorizzazione delle potenzialità di ognuno. 1 E. CRESSON - P. FLYNN, Insegnare e apprendere. Verso la società conoscitiva, Bruxelles, Commissione Europea, 1996, pp. 49-51. 2 Gli obiettivi dei sistemi di istruzione e formazione. Relazione del 14/02/01, in “Docete”, 56 (2001), n.9, pp.439-452; cfr. anche COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Realizzare uno spazio europeo dell’apprendimento permanente. Comunicazione della Commissione, Bruxelles, COM(2001) 678 definitivo, 21.11.2001). 128 Inoltre, per favorire il raggiungimento degli standard formativi contenuti nel Progetto Forma- tivo, viene offerta, agli allievi stranieri che ne abbiano la necessità, l’opportunità di sviluppare le loro competenze relative alla lingua italiana, attraverso il Servizio di Alfabetizzazione Lingui- stica. Lo scopo di tale servizio non è soltanto quello dell’integrazione linguistica, ma anche quello molto più ampio, dell’inserimento socio-culturale. Il Servizio Integrato Permanente si muove nell’ottica di una formazione basata sulla centralità dell’allievo, visto in tutte le sue sfaccettature, e tende a sistematizzare tutte le misure idonee a sostenerne l’apprendimento e la crescita culturale e sociale al fine di fornire alla persona “stru- menti” idonei da poter utilizzare in qualsiasi situazione di vita e di lavoro. Si tratta di un servizio di supporto alla proposta formativa, con percorsi didattici/educativi dal carattere flessibile e fortemente personalizzato, che valorizzino l’esperienza concreta e che siano centrati sull’acquisizione di conoscenze, capacità e competenze utili e sull’attribuzione di senso agli apprendimenti proposti. L’offerta sembra quindi essere particolarmente valida per soggetti che presentano modalità di apprendimento con tempi differenziati, che privilegiano l’intelligenza pratica, che hanno bisogno di essere inseriti nel tessuto sociale, culturale ed economico del territorio o che, dopo un’esperienza di fallimento e/o di abbandono, si rivolgono al sistema di formazione professio- nale per usufruire di una ulteriore occasione educativa. Pertanto il Servizio Integrato si configura come “processo di accompagnamento” adeguato alle peculiari condizioni dei destinatari, quali: la elaborazione di un progetto di vita e professionale il più possibile realistico, la congruenza tra motivazioni, capacità e attitudini degli utenti, il ricorso a metodologie di insegnamento/apprendimento appropriate, l’adozione di strategie atte a favorire l’inclusione socio-culturale-professionale. In quest’ottica, la “personalizzazione” rappresenta l’approccio educativo più adeguato nel rilevare e valorizzare le capacità peculiari di ciascuno e nel condurre l’individuo a “capitalizzare” le proprie “performance”. Con questa premessa, il Servizio Integrato Permanente, per garantire pari opportunità di ap- prendimento, amplia quindi il suo ventaglio di proposte, laddove se ne riscontri la necessità, con l’elaborazione di percorsi formativi e meccanismi di sostegno “ad hoc”, poiché gli allievi in si- tuazione di svantaggio/disagio non possono essere “imbrigliati” in un unico progetto/itinerario educativo; nei loro confronti occorre una proposta personalizzata e soprattutto stimolante, che parta dai loro interessi e capacità ed innesti una prospettiva formativa per tappe progressive. I “Percorsi destrutturati” mirano alla prevenzione e al recupero rispetto alle diverse forme del disagio sociale, ossia sono rivolti a dare ulteriori opportunità ad utenti con particolari caratteristiche di difficoltà. La loro natura risponde a ciò che nei Paesi dell’UE viene definita come “seconda chan- ce” in tema di diritti formativi, ossia un insieme integrato e coerente di spazi/interventi formativi volti a favorire, attraverso esperienze di accoglienza, orientamento e accompagnamento, la crescita integrale di soggetti che in qualche modo non hanno potuto usufruire della “prima opportunità”. L’approccio educativo/formativo tradizionale, viene trasformato in una impostazione più fles- sibile, con obiettivi intermedi che si realizzano in quanto parti di un processo che accetta la revisione delle attività, all’interno del quale la mobilitazione degli attori locali può introdurre va- rianti al percorso disegnato e dove il monitoraggio e l’autovalutazione divengono parti necessarie dell’offerta per affiancare e sostenere l’apertura agli input che provengono dal territorio. B.2 Obiettivi generali e specifici del progetto In coerenza con quanto precisato in B.1, il progetto mira a creare un Servizio Integrato di Sostegno agli allievi, finalizzato a: – garantire ad ognuno pari opportunità di apprendimento; – prevenire la dispersione formativa e gli abbandoni, contenendo il disagio giovanile e le conseguenti devianze sociali; 129 – permettere un migliore inserimento dei ragazzi a rischio di esclusione sociale nell’attività formativa e successivamente in quella lavorativa, offrendo un Servizio qualitativamente elevato di supporto alle attività degli attori territoriali volto alla prevenzione della disper- sione formativa e di lotta all’esclusione sociale; – garantire un’offerta formativa diversificata e di qualità, attenta ai bisogni degli allievi del CFP ed in particolare di quelli appartenenti alle fasce deboli, offrendo un insieme integrato e coerente di spazi/interventi formativi ad hoc; – accrescere la sensibilità verso i problemi della collettività e quindi, alla promozione della “cittadinanza attiva” di tutti i suoi membri, che conseguentemente avrà una sicura ricaduta sulla “qualità della vita” del territorio; – strutturare, mettendo a sistema, tutta una serie di azioni a sostegno degli allievi, a favore dell’integrazione e del successo formativo di tutti, con l’attivazione di azioni integrate, ope- rando in una logica di partenariato e configurando una rete di rapporti fra i diversi attori del sistema istituzionale, del sistema produttivo, delle istituzioni educative, degli enti e dei servizi socio-assistenziali; – implementare un modello formativo e una rete territoriale in grado di interagire per la risolu- zione di problemi di un numero crescente di giovani in situazioni di svantaggio sociale; – agevolare e sviluppare scambi di esperienze fra i Centri di Formazione Professionale, le Scuole, i Servizi per l’impiego, gli operatori sociali e le famiglie degli allievi; – sviluppare ed incrementare la metodologia del lavoro in équipe, che si fonda e al tempo stesso garantisce, la condivisione di obiettivi e metodi tra i diversi attori in interazione e sta ad indicare la presenza al suo interno di una piattaforma comunicativa e di reciprocità tra ruoli e competenze diversificate, mirate ad arricchire il bagaglio metodologico-pedagogico che fa capo alle strategie da cui attinge la comunità nell’insieme delle attività d’intervento; – favorire lo sviluppo di buone prassi e rapportarlo, in accordo alle direttive europee, alla rete territoriale di partenariato; infatti se una buona iniziativa promossa dal singolo non viene condivisa dal gruppo dei portatori di interesse, non potrà passare per “buona prassi”. Il soggetto in apprendimento, appartenente all’area del disagio/svantaggio, ha il diritto di vivere in un contesto fatto di scelte che non sono il frutto dell’estemporaneità di un singolo, ma piuttosto il prodotto della condivisione di tutte le parti in causa; – avviare azioni di benchmarking per consentire di ottimizzare i processi operativi, esplici- tando le variabili di gestione e focalizzando le esperienze di successo e quelle da evitare. Il confronto con le attività e l’esperienza degli altri attori territoriali, costituisce elemento di forte riflessione e stimolo, e spesso contribuisce al cambiamento. Imparare dall’esperienza altrui consente di evitare gli errori commessi altrove e di condividere le prassi migliori. Il benchmarking stimola il confronto e la comunicazione, favorendo la diffusione di metodo- logie, strategie, conoscenze, cultura, valori ed obiettivi, poiché lo scopo del benchmarking non è effettuare classifiche, ma fornire strumenti conoscitivi finalizzati al miglioramento. Questo avviene attraverso l’analisi dei processi, lo scambio di esperienze professionali, l’apprendimento e la comunicazione; – promuovere il ruolo di mediazione della famiglia, coinvolgendola nello sviluppo personale e formativo dell’allievo; – attivare un servizio di informazione, accoglienza e orientamento per gli allievi e le loro famiglie per far conoscere le opportunità formative, educative e professionali del territorio anche attraverso attività collaterali di orientamento e promozione – Giornate Aperte; – sviluppare percorsi educativi individualizzati per allievi con disagi sociali e di apprendi- mento di particolare rilevanza attraverso azioni di didattica integrata, recupero, sostegno, protezione dai rischi nell’ambiente di laboratorio; – attivare azioni di accompagnamento ed affiancamento per allievi speciali durante i periodi di stage e/o alternanza; – intraprendere un iter di accompagnamento ed inserimento lavorativo. 130 B.3 Architettura complessiva del progetto 131 B.4 Caratteristiche del progetto Esplicitare le caratteristiche del progetto con particolare riferimento a: attività, metodologie operative, eventuali partenariati, reti relazionali con altri soggetti, forme di coinvolgimento e partecipazione dei destinatari e delle famiglie. Il servizio si vuole caratterizzare come un aspetto qualificante dell’azione formativa del Centro di Formazione Professionale Associazione CNOS-FAP - Regione Umbria Sede di Perugia. Il progetto si basa sulla necessità di migliorare i processi decisionali e di responsabilità nelle fasi di transizione tra formazione, istruzione e lavoro, attraverso la proposta di un sistema perma- nente di servizi integrati al sostegno all’apprendimento, formazione ed inserimento lavorativo. Il progetto è rivolto anche ad un’utenza identificata come svantaggiata per ragioni di disagio di particolare rilevanza, allo scopo di prevenire l’abbandono e la dispersione scolastica-formativa. Il progetto si articola in quattro fasi: 1) Sostegno linguistico per allievi immigrati; 2) Sostegno all’apprendimento individualizzato per allievi con disagi di particolare rilevanza e a rischio di esclusione sociale; 3) Servizio di couselling individuale e di gruppo; 4) Servizio a sostegno dell’uscita dal CFP e accompagnamento all’inserimento lavorativo. Ogni fase si sviluppa in diverse azioni ognuna delle quali si caratterizza per le diverse attività svolte: – attività di formazione, sostegno e recupero – attività collaterali di orientamento e promozione – attività individualizzate o di gruppo 132 – attività di orientamento e motivazione – attività di interscambio tra i Formatori, le Famiglie e i Destinatari Le metodologie operative adottate saranno differenziate per ogni azione avvalendosi della pro- fessionalità delle risorse umane coinvolte nell’erogazione del servizio. La metodologia assegna necessariamente un posto centrale alla cura della relazione e allo svi- luppo di condotte comportamentali ed operative adeguate. La tecnica di formazione dell’equipe di operatori, formatori e counsellor coinvolti, si propone la finalità di legare armoniosamente il triangolo formativo tra conoscenze, competenze professionali e pratiche operative, dove le cono- scenze sono individuate nei “saperi teorici” rivisitati alla luce delle esperienze professionali su cui si lavora e si riflette e che sono continuamente validate attraverso il raffronto con le pratiche operative quotidiane. Il progetto ha come obiettivo quello di produrre apprendimenti molteplici che si realizzano se- condo metodologie e tecnologie diverse. Le competenze sociali e le abilità di vita si acquisiscono attraverso la pratica legata alla vita della comunità di apprendimento alla quale i ragazzi appartengono. La cura e la gestione dei momenti di conflitto e di scontro sono le modalità insieme ordinarie e straordinarie per far crescere la capacità di gestione delle emozioni e di situazioni personalmente problematiche. Le abilità costruttive e produttive sono coltivate attraverso le pratiche laboratoriali in cui i saperi si trasmettono anche per imitazione e attraverso la manipolazione. Le abilità cooperative in parte sono trasversali ai momenti precedenti, in parte vengono svilup- pate attraverso pratiche laboratoriali, soprattutto in simulazione delle dinamiche e dei rapporti interpersonali in azienda. Le abilità espressive entrano sistematicamente nelle pratiche quotidiane e sono anche oggetto di specifiche attività laboratoriali. Al fine di garantire strumenti metodologici differenziati e specifici per le azioni previste ver- ranno utilizzati: – colloqui individuali o di gruppo; – griglie di osservazione; – supporti informatici; – testi di approfondimento; – materiale informativo; – visite conoscitive presso Servizi Territoriali, Enti Pubblici, Enti e Soggetti Privati. Durante l’erogazione del Servizio verranno attivate reti relazionali con altri soggetti secondo le esigenze rilevate; inoltre per ottimizzare il Servizio verranno intraprese forme di coinvolgi- mento e partecipazione dei destinatari e delle famiglie per raggiungere in sinergia gli obiettivi del progetto. Nell’ottica di una gestione flessibile delle attività, si prevede di organizzare moduli e percorsi formativi trasversali, monografici, di recupero degli apprendimenti o di approfondimento, di so- stegno e di integrazione, destinati ad allievi dello stesso corso o di differenti corsi e alle relative famiglie, coinvolgendo anche più formatori e operatori, in modo adeguato ai ritmi di apprendi- mento degli allievi e allo svolgimento delle singole attività, anche sulla base degli interessi ma- nifestati dagli allievi stessi. Nell’ottica della flessibilità e del massimo coinvolgimento delle famiglie/tutori degli allievi, il CFP prevede l’attivazione di un servizio di Sportello a disposizione dei destinatari e delle fami- glie/tutori al fine di garantire interventi specifici quali: – Accoglienza/orientamento ed informazione – Consulenza/mediazione – Accompagnamento e sostegno alla transizione al mondo del lavoro 133 B.5 Soggetti partner Specificare, per ciascun soggetto partner dell’eventuale ATI/ATS, denominazione/ragione sociale, ruolo e attività svolte che apportino un effettivo valore aggiunto al progetto. Allegare le dichiarazioni dei legali rappresentanti dei soggetti partner, sottoscritte ai sensi del D.P.R. 445/2000, attestanti l’impegno a partecipare al progetto, specificando ruoli e compiti. Non sono previsti soggetti partner. B.6 Sistema di relazioni Descrivere le relazioni che si intende costituire con i sistemi istituzionali, socio-assistenziali, formativi e produttivi, precisando le modalità di coinvolgimento dei diversi attori, il ruolo e i compiti di ciascuno e l’effettivo valore aggiunto apportato al progetto. Allegare le dichiarazioni dei legali rappresentanti dei soggetti coinvolti, sottoscritte ai sensi del D.P.R. 445/2000, atte- stanti l’impegno a partecipare al progetto specificando ruoli e compiti. In presenza di specifiche e sempre più numerose richieste da parte degli operatori sociali (Cooperative, Case Famiglia, Associazioni…) per l’attivazione di azioni formative di recupero, rimotivazione, accompagnamento, inserimento socio-culturale, e in conseguenza dell’analisi valutativa delle richieste di iscrizione ai nostri percorsi formativi, il CFP potrà attivare una serie di azioni di sostegno, recupero degli apprendimenti, percorsi destrutturati, in stretto rapporto con le aziende, le famiglie, gli operatori sociali, la scuola, per offrire a tutti la possibilità di effettuare attività educative/formative specifiche ed efficaci al fine di garantire ad ognuno la riduzione del livello di gap e la migliore integrazione con il tessuto sociale, lavorativo, culturale del nostro territorio ed il pieno successo formativo. In particolare si è rilevata una progressiva crescita della presenza di allievi stranieri che deside- rano intraprendere un percorso di formazione professionale, senza tuttavia soddisfare il prerequi- sito, previsto dai Bandi, dell’assolvimento dell’obbligo scolastico (licenza di 3° media). È emersa pertanto l’esigenza di attivare un sistema di relazioni e collaborazioni didattico/formative fra Associazione CNOS-FAP - Regione Umbria Sede di Perugia e Centro Territoriale Perma- nente , Scuola Media “Arunte Volumnio” Via Cestellini Ponte S. Giovanni, per perseguire l’otte- nimento e l’assolvimento dell’obbligo scolastico. Nell’a.f. 2005-2006 e nell’ambito del- l’erogazione del Servizio “Il Volo del Gabbiano”, l’Associazione CNOS-FAP - Regione Umbria Sede di Perugia e Centro Territoriale Permanente , Scuola Media “Arunte Volumnio” hanno atti- vato una proficua collaborazione che ha portato all’assolvimento dell’obbligo scolastico per n. 4 allievi altrimenti impossibilitati a sostenere l’esame di qualifica professionale. Pertanto sulla base della precedente collaborazione fra Associazione CNOS-FAP - Regione Umbria Sede di Perugia e Centro Territoriale Permanente, Scuola Media “Arunte Volumnio” svoltasi nell’ambito del servizio Il Volo del Gabbiano a.f. 2005-2006, si allega convenzione appositamente sotto- scritta per i percorsi attivati, e si dichiara di procedere con l’attivazione delle medesime modalità per l’anno formativo 2006-2007. B.7 Modalità di monitoraggio e valutazione in itinere ed ex post del progetto Utilizzo di griglie di osservazione, questionari e schede valutative predisposte per la raccolta dei dati quantitativi e qualitativi compilate in itinere relative alle attività svolte dal CFP ed in ex post l’utilizzo di questionari di rilevazione occupazionale degli ex allievi secondo la Normativa del Sistema di Gestione per la Qualità UNI EN ISO 9001:2000. Le modalità di monitoraggio e valu- tazione saranno differenziate per ogni azione facente parte del servizio. 134 B.8 Disseminazione e pubblicizzazione dell’andamento e dei risultati del progetto Esplicitare il grado di trasferibilità sul territorio e di utilizzabilità, al di fuori del contesto pro- gettuale, dei risultati del progetto. Il percorso formativo attraverso il miglioramento qualitativo, l’innovazione metodologica e il sostegno di un servizio più appropriato alle esigenze locali, porta all’individuazione di buone pratiche trasferibili sul territorio garantendo un minor rischio di abbandono scolastico e disper- sione da parte dei giovani e un potenziamento delle risorse umane utilizzabili. Al termine dell’erogazione del servizio si prevede la pubblicazione di una relazione finale sugli esiti del progetto. B.9 Cronogramma del progetto Esplicitare i tempi di svolgimento del progetto (in termini di durata, non di date), utilizzando il diagramma di Gantt o altri schemi grafici equivalenti, nel rispetto di quanto stabilito dall’art. 14 dell’Avviso pubblico. Sez. C - Articolazione del progetto C.1 Modalità di individuazione dei destinatari Descrivere le modalità di informazione ed orientamento dei destinatari e di individuazione delle problematicità e delle relative azioni di supporto. L’Associazione CNOS-FAP - Regione Umbria Sede di Perugia si avvale di una fitta rete di con- tatti sul territorio locale attraverso i quali giungono al Centro ragazzi che desiderano intraprendere un percorso di formazione professionale. Per rendere più consapevole la scelta della qualifica, il CFP predispone nella fase iniziale dell’attività formativa un periodo di accoglienza e di orienta- mento alla scelta attraverso prove pratiche nei vari settori di indirizzo sotto la costante osserva- zione del gruppo classe da parte dei Formatori. Oltre queste modalità conoscitive dei nuovi iscritti, il CNOS-FAP per avere una visione completa e articolata della situazione dei singoli allievi, si av- vale anche di colloqui orientativi individuali, di una visita medica che attesta l’idoneità dell’al- lievo ed eventuali prescrizioni, di segnalazioni da parte dei Servizi Sociali Territoriali e delle fami- glie. Tutti questi elementi permettono, attraverso una delibera del Collegio Formatori, di attivare un’azione di supporto individuale per i soggetti nei quali si evidenziano delle problematicità. 135 C.2 Articolazione del progetto (da riprodurre e compilare per ogni fase prevista nel progetto e già descritta al punto B.3 del presente modello) FASE N. 1 Obiettivi della fase Articolazione delle azioni componenti la fase Risultati attesi Titolo SOSTEGNO LINGUISTICO PER ALLIEVI IMMIGRATI Educare alla convivenza civile e costruire percorsi di integrazione capaci non solo di accogliere, ma anche di valorizzare tutte le persone, trasformando le diverse pro- venienze culturali in opportunità di formazione per tutti. Perseguire l’inserimento e il successo formativo e sociale degli allievi immigrati at- traverso il miglioramento dei processi di comunicazione fornendo gli strumenti lin- guistici di base della lingua italiana, contribuendo così ad una maggior sinergia fra le diverse culture nel CFP, nei servizi socio-sanitari e nel territorio. Si propone inoltre di agire nei confronti degli operatori/formatori della formazione professionale promovendo un miglioramento degli standard educativi e formativi su principi interculturali, attività informative e di coinvolgimento con le famiglie immigrate. • Formazione degli operatori/formatori della formazione professionale alla co- municazione interculturale L’azione è rivolta all’individuazione di operatori facilitatori e successivo confronto sui percorsi per l’apprendimento della lingua e sulla socializzazione all’interno della formazione professionale attraverso attività individualizzate o di gruppo, che mirino al sostegno dell’apprendimento linguistico e all’inserimento formativo degli utenti stranieri. • Attività di monitoraggio L’azione è rivolta all’analisi delle problematiche dei ragazzi inseriti nelle classi e dei progressi a livello linguistico, di apprendimento e di socializzazione mediante il con- fronto con i formatori interessati attraverso l’uso di apposite griglie di osservazione. • Attività di prima accoglienza e inserimento degli allievi immigrati L’azione mira a facilitare la creazione di un clima di accoglienza che permetta l’in- serimento e l’integrazione dei ragazzi stranieri nelle classi attraverso attività di so- cializzazione. • Facilitazione e mediazione culturale L’azione mira al confronto tra i ragazzi e alla mediazione sulle problematiche rela- tive all’accettazione e alla coesistenza delle diversità interculturali attraverso atti- vità rivolte alle classi. • Interventi di sostegno all’apprendimento linguistico degli allievi immigrati L’azione è rivolta alla rilevazione dei bisogni e delle problematiche dei singoli stu- denti e all’elaborazione di percorsi individuali di apprendimento per quanto ri- guarda le differenti discipline. • Attività tra CFP, Servizi Territoriali e famiglie L’azione concerne attività informative, di coinvolgimento e coordinamento per atti- vare maggiori sinergie di interventi finalizzati ad un migliore inserimento sul terri- torio dei ragazzi e delle loro famiglie. Favorire l’integrazione degli allievi immigrati nel contesto educativo/formativo lo- cale, prevenendo fenomeni di rifiuto, esclusione/auto-esclusione o “invisibilità”. Facilitare il successo formativo degli alunni stranieri attraverso l’organizzazione di un processo pedagogico/didattico che si muova all’interno di un’ottica di educa- zione interculturale e di valorizzazione delle diversità. 136 FASE N. 2 Obiettivi della fase Articolazione delle azioni componenti la fase Risultati attesi Titolo SOSTEGNO ALL’APPRENDIMENTO INDIVIDUALIZZATO PER ALLIEVI CON DISAGI DI PARTICOLARE RILEVANZA E A RISCHIO DI ESCLUSIONE SOCIALE Realizzazione di attività volte all’apprendimento attraverso percorsi personalizzati finalizzati a promuovere pari opportunità di formazione per gli allievi che presen- tano particolari difficoltà, favorendone l’integrazione sia sul contesto formativo che sociale. • Presa d’atto dell’apprendimento del pregresso scolastico dei destinatari L’azione è rivolta alla definizione della situazione di partenza dell’allievo, alla strutturazione di un percorso di intervento personalizzato e all’individuazione delle metodologie da attuare. • Elaborazione degli interventi di recupero L’azione è rivolta ad una maggiore integrazione dell’allievo nel corso di apparte- nenza e alla creazione di un clima relazionale sereno e positivo con il Formatore ed i compagni di corso; a tal fine verranno proposte attività motivanti e coinvolgenti per incoraggiare l’allievo ad esprimersi e a raggiungere una sufficiente consapevo- lezza delle proprie capacità ed autonomia nello svolgimento dei compiti/mansioni assegnati. • Sostegno all’apprendimento/alfabetizzazione linguistica L’azione è rivolta all’erogazione e sostegno personalizzato finalizzato all’acquisi- zione dei contenuti formativi relativi alle aree delle competenze di base, tecnico professionali e trasversali relative al progetto del corso di appartenenza. • Sostegno motivazionale allo studio L’azione mira a ridestare nei giovani l’innata voglia di apprendere incitandoli costantemente nel superare insuccessi che hanno inciso sulla propria autostima, uti- lizzando alcune strategie di intervento per prevenire e gestire il fenomeno “demoti- vazione”. • Valutazione dell’intervento formativo L’azione sarà caratterizzata da un monitoraggio continuo, avendo come obiettivo di valutazione non ciò che l’allievo ha appreso in assoluto, ma i progressi che ha evidenziato rispetto alla situazione di partenza. • Rapporti con le famiglie L’azione si basa sull’instaurazione di rapporti costanti con la famiglia dell’allievo al fine di informare/aggiornare sull’andamento, sui risultati e sugli sviluppi futuri dell’attività. Sostenere e facilitare l’allievo nel rimuovere gli ostacoli che impediscono o rallen- tano i processi di apprendimento. Accompagnare l’allievo ad un sufficiente stato di autonomia nelle varie discipline del corso di appartenenza, offrendogli un supporto a favore della propria crescita personale che gli consenta un adeguato inserimento sociale. 137 FASE N. 3 Obiettivi della fase Articolazione delle azioni componenti la fase Risultati attesi Titolo SERVIZIO DI COUNSELLING INDIVIDUALE E DI GRUPPO Sostenere l’integrazione ed il successo formativo di tutti gli allievi fornendo un supporto orientativo al fine di superare eventuali problematicità che emergono. Fornire inoltre competenze trasversali che aiutino i ragazzi ad affrontare le diverse situazioni della vita rafforzando il “concetto del sé”. Il sostegno avviene con l’aiuto da parte del counsellor/orientatore nello sviluppo delle relazioni umane imparando ad “aiutare ad aiutarsi”. In questa fase verranno coinvolte anche le famiglie degli allievi per favorire a più ampio spettro la crescita sia professionale che personale degli utenti. • Accoglienza e orientamento dei nuovi iscritti L’azione è rivolta alla presentazione dell’offerta formativa del CFP e coordina- mento di attività volte a favorire un percorso collettivo, facendo sì che i singoli, condividendo lo stesso progetto/percorso, costituiscano gradualmente un vero e proprio gruppo in formazione, con scopi ed obiettivi comuni di tipo cognitivo, pro- fessionale e relazionale/affettivo. • Colloqui conoscitivi individuali o di gruppo L’azione mira alla conoscenza più approfondita del back-ground, delle attitudini e delle motivazioni degli studenti da parte del counsellor/orientatore. • Sostegno alla crescita interiore L’azione è rivolta ad accompagnare gli allievi ad una progressiva maturazione delle proprie scelte durante tutto il percorso formativo motivandoli e sostenendoli ad una conoscenza più approfondita di sé fornendogli spunti di riflessione e approfondi- mento sui valori della vita e gli strumenti per affrontare le problematicità quoti- diane. • Potenziamento delle capacità degli allievi L’azione è rivolta all’individuazione delle risorse sia relazionali che professionali degli allievi guidandoli nell’acquisizione di conoscenze e capacità necessarie a pro- gettare il proprio futuro raggiungendo un soddisfacente grado di autonomia in ogni situazione. • Attività con le famiglie L’azione mira ad instaurare un rapporto di interscambio di informazioni con la famiglia al fine di favorire la crescita e l’inserimento sociale e professionale del- l’allievo. • Attività con i Servizi Territoriali L’azione si realizza mediante una sinergia tra il CFP e i Servizi Territoriali per la promozione/aggiornamento dei servizi offerti. • Lavoro d’équipe L’azione è rivolta all’organizzazione di incontri tra il counsellor, i Tutor e i Forma- tori con l’obiettivo di un confronto delle osservazioni dirette apportate durante l’e- rogazione del servizio, per avere un quadro più completo dei singoli allievi garan- tendo un miglior intervento. Conquista dell’identità personale e di un’educazione al cambiamento, orientando il ragazzo non ad un mestiere ma alla definizione di una sua identità attraverso la valutazione di stili di vita, modelli di consumo, valori, attitudini ed interessi. Sti- molare l’utente al miglioramento, facendo acquisire consapevolezza delle difficoltà personali e delle capacità di pianificazione del compito di sviluppo di ogni ragazzo. 138 FASE N. 4 Obiettivi della fase Articolazione delle azioni componenti la fase Risultati attesi Titolo SERVIZIO A SOSTEGNO DELL’USCITA DAL CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE E ACCOMPAGNAMENTO ALL’INSERIMENTO LAVORATIVO Attivare azioni di sostegno e accompagnamento volte al facilitare l’inserimento dell’utente in relazione alle conoscenze effettive delle opportunità formative, edu- cative e professionali del tessuto produttivo. • Conoscenza propensione lavorativa dell’utente L’azione è rivolta alla sintesi e alla presa di coscienza di attitudini e preferenze in- dividuali degli utenti nei confronti delle professioni o dei percorsi formativi ritenuti più desiderabili, attraverso l’elaborazione dei dati emersi durante il percorso di ac- compagnamento svolto in itinere. • Valutazione delle risorse individuali che possono essere investite nella scuola o nel lavoro L’azione è rivolta al supporto dell’allievo nella presa di coscienza delle risorse indi- viduali acquisite che gli consentano di effettuare una scelta consapevole tra scuola e lavoro, permettendogli un impegno profuso a favore della propria crescita perso- nale e professionale. • Acquisizione e analisi delle informazioni sul mercato del lavoro e sulle scuole del territorio L’azione intende permettere all’allievo di orientarsi tra le tante informazioni sulle possibilità di lavoro e di formazione che gli vengono fornite attraverso attività di conoscenza collaterali di orientamento e promozione, accompagnandoli nella valu- tazione delle proposte selezionate. • Orientamento all’individuazione di strategie formativo-professionali Al termine del percorso di accompagnamento/orientamento l’azione è rivolta al so- stegno dell’utente durante l’elaborazione di un proprio progetto in cui definisce gli obiettivi principali che intende perseguire e le relative modalità di azione, favo- rendo anche una valutazione critica degli elementi del progetto al fine di rendere l’utente maggiormente consapevole della sua scelta. Garantire e offrire all’utente un efficace e costante servizio di sostegno e orienta- mento, volto all’accompagnamento finale per l’inserimento lavorativo o per la scelta di nuovi percorsi formativi. Favorire nell’utente la capacità di un’analisi cor- retta delle proprie modalità di azione disponendolo positivamente alla gestione au- tonoma del proprio ruolo; ciò rappresenta un risultato che va al di là del singolo percorso formativo poiché costituisce nell’individuo una competenza a cui può fare ricorso in ogni momento del proprio cammino formativo e lavorativo. 139 6. Progetto del CFP CIOFS-FP di Taranto PROGETTO DI SIMULAZIONE D’IMPRESA Corso POR04032aOBF0036 per Fotografo – Operatore: Anno formativo 2007-2008 L’impresa simulata è una metodologia didattica che intende riprodurre all’interno di un corso di studi il concreto modo di operare di un’azienda negli aspetti che riguardano: l’organizzazione - l’ambiente - le relazioni. Finalità: Realizzare un’immediata relazione tra le conoscenze acquisite nel corso di studi e le loro appli- cazioni concrete, sulla base di un action-oriented learning, dove il sapere e il saper fare costitui- scono il pilastro di tutto il processo di apprendimento. Durata dell’intervento: 15 ore Obiettivi formativi: � Acquisire esperienza pratica � Decidere ed assumere delle responsabilità � Individualizzare il processo formativo � Sviluppare l’imprenditorialità individuale � Acquisire una cultura aziendale � Sviluppare le competenze trasversali � Realizzare un montaggio video Metodologia didattica: Gli studenti svolgono tutte le operazioni di gestione di un’azienda, rispettandone le formalità e le scadenze previste dalle leggi civilistiche e fiscali. Ciascun allievo, in gruppo di lavoro o in maniera individuale, si occuperà delle public relation con le aziende del settore turistico-ristora- tivo per la promozione dei propri prodotti fotografici riportanti le ricette tipiche del tarantino. I contatti, telefonici o di altra natura (posta elettronica, visita dell’azienda, posta), avranno mol- teplici obiettivi: 1. Promozione del proprio ruolo di fotografo e grafico 2. Promozione del sito Reteturismedia tra le aziende del settore turistico-ristorativo 3. Pubblicizzazione gratuita dell’azienda contattata Ciascun allievo potrà montare le immagini scattate ed inserire all’interno del sito uno o più mon- taggi video. Allo scadere dei termini indicati saranno valutati i prodotti realizzati dagli allievi sommando la valutazione data dalla Giuria degli esperti alla valutazione espressa dagli internauti che visite- ranno il sito. Strumenti di lavoro: Telefono - Fax - Posta - Internet - Posta elettronica - Aula multimediale - Modulistica Macchina fotografica - Telecamera - Software Adobe Photoshop - Software Adobe Premiere Calendario attività: 1) Progettazione dell’attività 2) Contatto dei soggetti coinvolti nella giuria degli esperti (fotografi professionisti, titolari di ser- vizi ristorativi e alberghieri) 140 3) Contatto delle strutture turistico–alberghiere coinvolte nella realizzazione delle ricette 4) Presentazione del progetto agli allievi a cura del docente dell’area tecnico-professionalizzante, della coordinatrice e della tutor 5) Testimonianza dell’imprenditrice – fotografa Viola Sampietro 6) Realizzazione degli scatti fotografici e/o delle riprese video presso le strutture contattate 7) Realizzazione del montaggio video e inserimento dello stesso sul sito 8) Valutazione dei prodotti (somma delle valutazioni della giuria degli esperti e degli internauti) 9) Premiazione del lavoro primo classificato 10) Presentazione dei lavori svolti al territorio (altre aziende del settore, istituti scolastici, famiglie, ecc.) 141 7. Progetto del CFP CIOFS-FP Puglia PROGETTO DI STAGE (Rif. Convenzione n. ........................ stipulata il ........................) Nominativo dello stagista ................................................................................................................. Nato/a a ................................................................................................................ il ........................ Allievo/a del corso (codice e denominazione) ................................................................................. Azienda ospitante ................................................................................................ tel. ...................... Sede dello stage (stabilimento, reparto, ufficio) ............................................................................... Tutor dell’Ente di Formazione ......................................................................................................... Tutor aziendale ................................................................................................................................. Polizze assicurative: – INAIL Posizione n. .................................................................................................................. – Responsabilità civile e diversi: polizza n. ........................ Compagnia …............................... Obiettivi e modalità di svolgimento dello stage Finalità – Consentire un’esperienza formativa realizzata in situazione e nel vivo dei rapporti profes- sionali, relazionali, sociali, organizzativi del contesto lavorativo. Impegni dell’azienda – Nominare il tutor aziendale che guiderà l’allievo nello svolgimento delle attività di stage. – Favorire l’esperienza dello stagista nell’ambiente di lavoro al fine di potenziare le compe- tenze, le conoscenze, le capacità trasversali. – Mettere a disposizione degli allievi impianti, attrezzature, locali, documentazione, strutture e personale necessari al conseguimento degli obiettivi formativi prefissati in relazione ai compiti assegnati agli allievi. – Informare sugli eventuali dispositivi di sicurezza. – Annotare giornalmente sull’apposito registro di stage le presenze, le assenze, apporre firma e timbro. – Informare tempestivamente l’ente di formazione di eventuali comportamenti non allineati dello stagista. – Emettere fattura in tempi utili relativamente ai compensi stabiliti. Obblighi dello stagista Durante lo svolgimento dello stage lo stagista è tenuto a: – Rispettare l’ambiente di lavoro. – Svolgere le attività previste dal progetto di stage secondo le indicazioni ricevute dal tutor aziendale in un atteggiamento di impegno, rispetto, laboriosità. – Rispettare le norme in materia di igiene, sicurezza e salute sui luoghi di lavoro. – Mantenere la necessaria riservatezza per quanto attiene a dati, informazioni o conoscenze in merito a processi produttivi e prodotti, acquisiti durante lo svolgimento dello stage. 142 Obiettivi specifici di apprendimento che deve conseguire lo stagista – Acquisire, sviluppare e perfezionare le competenze e le capacità trasversali relative alla figura professionale di riferimento nel contesto operativo/produttivo. – Apprendere nuovi dati, nuove procedure, nuovi linguaggi. – Organizzare e gestire le operazioni e i compiti assegnati in modo razionale, così da garantire una qualità soddisfacente del lavoro svolto. – Saper collaborare e interagire con gli altri nel raggiungimento di un obiettivo comune. – Saper rispettare le regole: puntualità, richieste, rispetto delle scadenze. 143 C IO F S D O N B O SC O P R O C E D U R A ST A G E - A N N O F O R M A T IV O 2 00 8 144 MATERIALE VARIO 147 1. Schede informative e per l’orientamento 1.1. Schede informative del CFP CNOS-FAP di Fossano 148 149 150 151 1.2. Scheda informativa del CFP CNOS-FAP di Roma “T. Gerini” 152 1.3. Scheda informativa del CFP CNOS-FAP di Ragusa 153 154 155 1.4. Scheda informativa del CFP CNOS-FAP di Foligno 156 1.5. Scheda informativa del CFP CNOS-FAP di Gela 157 158 159 160 1.6. Scheda informativa del CIOFS-FP Veneto 161 162 163 164 1.7. Scheda informativa della Fondazione Clerici 165 166 2. Moduli per i colloqui 2.1. Moduli per i colloqui del CFP CNOS-FAP di Fossano PARAMETRO Denominazione UdA Compito -prodotto Obiettivi formativi Obiettivi specifici di apprendimento Destinatari Prerequisiti Tempi di svolgimento Sequenza in fasi ed esperienze (Dettagli su P_021-M07) Metodologia DESCRIZIONE DEL PARAMETRO La persona giusta al posto giusto Realizzare un cortometraggio sulla gestione del colloquio di lavoro attraverso la simu- lazione di un colloquio di lavoro che vedrà la partecipazione di più attori, che si cale- ranno nella parte di: datore di lavoro, responsabile del personale, psicologo del lavoro, candidati che cercano lavoro, osservatori dei datori di lavoro, osservatori dei candidati. L’obiettivo fondamentale è quello di far acquisire agli/alle allievi/e le competenze rela- zionali necessarie per gestire il più brillantemente possibile un colloquio di lavoro evi- tando i tipici errori che posono essere determinanti per la buona riuscita dello stesso. Gli/leallievi/e,attraverso il viaggio nella storia delle pari opportunità potranno acquisire i seguenti obiettivi specifici: - ORIENTAMENTO: presentazione delle slide “La persona giusta al posto giusto”, gioco di simulazione, visione del video e discussione finale. - AREA LINGUAGGI: redigere la traccia per il colloquio da parte dei datori di lavoro; redigere la griglia di osservazione dei comportamenti dei datori di lavoro edei candidati, redigere il curriculum vitae, la traccia dell’auto-presentazione al colloquio e la traccia delle ipotetiche domande che potranno essere rivolte al candidato. - AREA TECNOLOGICA: utilizzo del supporto informatico per redigere le diverse tracce di lavoro e il montaggio del filmato finale. Allieve/i in ambito diritto/dovere - terza annualità. Utilizzo del personal computer e video camera. La durata dell’UdA sarà di 12 ore suddivise nel modo seguente: - 6 ore “Orientamento” - 4 ore “Area Linguaggi” - 2 ore “Area Tecnologica”. T0 INTRODUZIONE ALL’UdA Il/la formatore/trice presenta agli/alle allievi/e quali saranno gli obiettivi dell’UdA “La persona giusta al posto giusto”; gli/le allievi/e saranno invitati ad interpretare un ruolo definito dal formatore, e simulare la gestione del colloquio di lavoro. T1: presentazione delle slide: “La persona giusta al posto giusto”; T2: predisposizione delle griglie di osservazione, delle domande da porre al collo- quio, del curriculum vitae dei candidati, dell’auto-presentazione e delle ipotetiche domande in preparazione al colloquio dei candidati; T3: simulazione di almeno tre colloqui con video-registrazione; T4: visione in aula del video e discussione sulle dinamiche dei colloqui con l’aiuto delle griglie di osservazione. T1: lezione frontale per la presentazione delle slide; T2: lavoro di gruppo suddividendo la classe in piccoli gruppi per la realizzazione del- le griglie; T3: simulazione e video; T4: discussione in aula. PRODOTTO: VIDEO-COLLOQUIO (Simulazione) 167 Prodotto: LA PERSONA GIUSTA AL POSTO GIUSTO!!! 1) Introduzione È importante sapere che l’azienda assomiglia ad un teatro nel quale ognuno recita la sua parte, ma come in ogni spettacolo la recita va preparata: – Se la telefonata o la domanda di lavoro sono state prese in considerazione si potrà essere chiamati ad un colloquio. Nelle ditte piccole il colloquio è solitamente una chiacchierata sostenuta dal titolare, mentre nelle aziende medio-grandi viene condotto da esperti del personale. – Non esiste un unico modo per sostenere il colloquio; è utile però essere attenti a rispettare determinate regole ed arrivare preparati. 2) Come prepararsi prima di un colloquio? Quando si è giovani alle prime esperienze e ci si presenta ad un colloquio di lavoro quasi sempre si è preoccupati e raramente preparati ad affrontare il selezionatore. Spesso si compie l’errore di farsi analizzare come una cavia da laboratorio, ma possiamo giocare un ruolo attivo nel colloquio che affrontiamo!!! – Accertarsi della data, dell’ora e del luogo del colloquio. – Accertarsi del nome della persona con cui si deve parlare. – Informarsi prima sull’impresa, sulle attività e sul tipo di lavoro. – Prepararsi una buona auto-presentazione. – Fare un bilancio delle proprie esperienze formative e lavorative, delle proprie capacità, valorizzando tutto ciò che serva a farci apparire adatti al lavoro in particolare. – Prepararsi a rispondere alle domande più comuni come: che titolo di studio possiede? Perché le interessa questo lavoro? Che cosa sa fare? Riesce a collaborare con gli altri? Che lavoro vorrebbe fare? – Portare con sé copia della domanda di lavoro. – Portare con sé copia del curriculum vitae. Durante il colloquio come comportarsi? – Tenere presente che la prima impressione è quella che conta: arrivare quindi puntuali e presentarsi con un abbigliamento ordinato, non eccessivamente elegante; cercate di essere comodi per non apparire impacciati. Risorse umane Strumenti/ materiali Valutazione Osservazioni Le gfigure coinvolte saranno: - referente/formatore/trice del corso - orientatore/tutor del corso - formatore/trice dell’area linguaggi - lingua italiana - formatore dell’area tecnologica. Proiettore aula informatica/lavagna luminosa/fotocopiatrice per la presentazione delle slide; aula di informatica; PC, stampante e scanner; videocamera. Griglia di valutazione per i formatori (Vedi tabella allegata) Griglia di auto-valutazione per gli allievi e allieve (Vedi tabella allegata). Il prodotto finale può essere modificato a discrezione dei formatori che proporranno l’UdA. – Essere educati: bussare prima di entrare, salutare e stringere la mano entrando, non sedersi finché non si è invitati a farlo, ringraziare e salutare a conclusione del colloquio. – Dimostrarsi calmi: questo è possibile se ci si prepara in anticipo sugli argomenti e sugli eventuali test o questionari che possono essere posti in un colloquio. – Ascoltare con attenzione: non dare risposte precipitose. Se non capite le cose dette, richie- dete gentilmente di chiarire e ripetere. – Evitare di rispondere semplicemente “Sì” - “No” alle domande: bisogna essere decisi e chiari sulle risposte, ma senza dilungarsi troppo. – Presentarsi in modo onesto: non vantarsi, né sottovalutarsi. Non bluffare. Non dire di cono- scere una lingua straniera se non la si conosce. – Mostrare di avere le idee chiare: evitare l’errore di dire che si è disponibili a fare qualsiasi lavoro. – Non avere timori a fare domande sull’azienda e sul tipo di lavoro che bisogna svolgere. Dimostrarsi attivi, dinamici e ottimisti. Dopo il colloquio – Non chiedere: “Come sono andato?” – Se non si riceve risposta non è opportuno assillare di telefonate la ditta: è meglio fare un’unica telefonata entro 15 giorni successivi al colloquio, in cui chiedere l’esito. – Si possono chiedere, cortesemente, i motivi per cui la vostra candidatura non è stata accet- tata dalla ditta, giustificando la richiesta dicendo che vi è utile per misurare la vostra “appe- tibilità” sul mercato. – È importante chiedere entro quanto vi verrà comunicato l’esito. – Verificare il colloquio per individuare eventuali errori, mancanze, aspetti positivi e nega- tivi. Questo vi aiuterà ad affrontare meglio i colloqui successivi. 168 169 2.2. Moduli per i colloqui del CIOFS-FP di Padova 170 2.3. Moduli per il colloquio del CIOFS-FP Veneto 171 172 3. Moduli per convenzioni 3.1. Modulo per convenzioni del CFP CNOS-FAP di Palermo CONVENZIONE DI TIROCINIO DI FORMAZIONE ED ORIENTAMENTO 173 174 3.2. Moduli per convenzioni del CFP CNOS-FAP di Roma “T. Gerini” 175 3.3. Moduli per convenzioni del CFP CNOS-FAP di Vigliano Biellese 176 4. Guida al curriculum vitae 4.1. Guida al CV del CFP CNOS-FAP di Gela Formato europeo per il Curriculum Vitae 177 178 179 4.2. Guida al CV del CFP CNOS-FAP di Roma “T. Gerini” CURRICULUM VITAE 180 5. Schede di monitoraggio e valutazione stage 5.1. Schede stage (allievi) del CFP CNOS-FAP di Roma “T. Gerini” 181 182 183 5.2. Schede stage (allievi) del CFP CNOS-FAP di Forlì VALUTAZIONE FINALE DEL PERCORSO DI TIROCINIO RICOSTRUZIONE DEL PERCORSO Ricostruisci, in sintesi, le aspettative che avevi prima di iniziare l’esperienza di stage in ordine di conoscenze, competenze e relazioni. Aspettative in termini di conoscenze: Aspettative in termini di competenze: Aspettative in termini di relazioni interpersonali: Ricostruisci, in sintesi, i desideri che avevi prima di iniziare l’esperienza di stage in ordine di conoscenze, competenze e relazioni. Desideri in termini di conoscenze: Desideri in termini di competenze: Desideri in termini di relazioni interpersonali: Ricostruisci, in sintesi, le motivazioni che avevi prima di iniziare l’esperienza di stage in ordine di conoscenze, competenze e relazioni. Motivazioni in termini di conoscenze: Motivazioni in termini di competenze: Motivazioni in termini di relazioni interpersonali: Quali conoscenze già acquisite ti sono servite durante lo stage? Conoscenze specifiche del settore di riferimento: Conoscenze relative al mondo del lavoro: Conoscenze legate alla capacità di interagire con gli altri (competenze sociali, lavoro in gruppo, gestione dei conflitti, ecc.): Quali nuove conoscenze hai acquisito in campo durante lo stage? Conoscenze specifiche del settore di riferimento: Conoscenze relative al mondo del lavoro: Conoscenze legate alla capacità di interagire con gli altri (competenze sociali, lavoro in gruppo, gestione dei conflitti, ecc.): Quali capacità/competenze già acquisite ti sono servite durante lo stage? Capacità/competenze specifiche del settore di riferimento: Capacità/competenze relative al mondo del lavoro: Conoscenze legate alla capacità di interagire con gli altri (competenze sociali, lavoro in gruppo, gestione dei conflitti, ecc.): Quali nuove capacità/competenze hai acquisito in campo durante lo stage? Capacità/competenze specifiche del settore di riferimento: Capacità/competenze relative al mondo del lavoro: Conoscenze legate alla capacità di interagire con gli altri (competenze sociali, lavoro in gruppo, gestione dei conflitti, ecc.): ANALISI DELL’ATTIVITÀ SVOLTA Descrizione dettagliata dell’attività: Mansioni connesse all’attività indicata: Attrezzature, macchinari, strumenti di lavoro utilizzati: GESTIONE DEL TEMPO IN AMBITO LAVORATIVO Orario di lavoro (viaggio/spostamenti, pausa pranzo, altre pause, trasferte): Pianificazione delle attività da svolgere: 184 5.3. Schede stage (allievi) della Fondazione Clerici 185 Tempi per l’esecuzione dell’attività lavorativa: Ritmi di lavoro connessi alle attività: Verifica/controllo del lavoro svolto: Tempi per la risoluzione dei problemi: Tempi morti: Altro: VISSUTO PERSONALE Come mi sentivo in vista dello stage? Come sono stato accolto in azienda? Quale ricaduta ha avuto questa accoglienza durante il primo periodo di attività? Sono stato seguito/a, supportato/a? Da chi? Come mi sento ora ad esperienza conclusa? GESTIONE DEL SUCCESSO Per me è stato motivo di successo: Come mi sono sentito/a? Come ho reagito? Come ho gestito la gratificazione? GESTIONE DELL’INSUCCESSO Per me è stato motivo di insuccesso/frustrazione: Come mi sono sentito/a? Come ho reagito? Come ho gestito la correzione, la critica, la frustrazione? PROBLEM-SOLVING Individua una situazione in cui ti sei trovato/a a dover gestire un problema: Che cosa hai pensato? Come hai agito? Quali strategie risolutive hai messo in atto? Quale ruolo e/o importanza hanno avuto i tuoi colleghi di lavoro? Riesaminando l’accaduto, ritieni di aver affrontato in modo adeguato la situazione utilizzando strategie funzionali al raggiungimento dell’obiettivo? Altro: A CONCLUSIONE DELLO STAGE... Che idea avevi circa le tue potenzialità? Che idea avevi circa i tuoi limiti? Che cosa hai scoperto a questo proposito? 186 QUESTIONARIO DI AUTO-VALUTAZIONE DELL’ESPERIENZA DI TIROCINIO 1. Dal punto di vista dell’inserimento e dell’integrazione all’interno del gruppo di lavoro, il tuo tirocinio è stato: ‰‰ Pienamente soddisfacente ‰‰ Soddisfacente ‰‰ Non molto soddisfacente ‰‰ Completamente insoddisfacente Se non è stato soddisfacente, illustrane brevemente i motivi: ........................................................................................................................................................... 2. Hai avuto problemi di relazione con le persone che lavoravano nell’azienda che ti ha ospitato? ‰‰ Molti ‰‰ Pochi ‰‰ Per niente Se hai risposto molti o pochi, spiegane la natura: ........................................................................................................................................................... 3. Hai avuto problemi di ambientamento? ‰‰ Molti ‰‰ Abbastanza ‰‰ Pochi ‰‰ Per niente Se hai risposto molti o abbastanza, spiegane i motivi: ........................................................................................................................................................... 4. Sei stato seguito e supportato adeguatamente durante il tirocinio da parte dell’azienda che ti ha ospitato? ‰‰ Molto ‰‰ Abbastanza ‰‰ Poco ‰‰ Per niente Se hai risposto molto o abbastanza, spiega in che modo: ........................................................................................................................................................... 5. Sei stato seguito e supportato adeguatamente durante il tirocinio da parte della scuola? ‰‰ Molto ‰‰ Abbastanza ‰‰ Poco ‰‰ Per niente Se hai risposto molto o abbastanza, spiega in che modo: ........................................................................................................................................................... Se ritieni di non essere stato seguito adeguatamente, illustrane brevemente i motivi: ........................................................................................................................................................... 6. Descrivi gli incarichi che ti sono stati affidati: ........................................................................................................................................................... 5.4. Schede stage (allievi) dell’ENGIM 187 7. Secondo te, gli incarichi che hai svolto erano adeguati alla tua formazione? Se sì, spiegane i motivi: ........................................................................................................................................................... Se no, illustrane brevemente i motivi: ........................................................................................................................................................... 8. Le attività che hai svolto sono state ‰‰ Coerenti con le tue aspettative ‰‰ Richieste eccessive per il tuo livello di preparazione e le tue competenze ‰‰ Troppo semplici e/o non adeguate al tuo ruolo di tirocinante e/o alla tua area di specializ- zazione 9. Ti è mai stato proposto un incarico da portare avanti completamente da solo? Quale? ........................................................................................................................................................... 10. Pensi che l’azienda sia soddisfatta del tuo contributo? ‰‰ Molto ‰‰ Abbastanza ‰‰ Poco ‰‰ Per niente Spiega quali sono secondo te i motivi: ........................................................................................................................................................... 11. Dal punto di vista dei contenuti formativi e delle attività svolte, il tuo tirocinio ha rafforzato o migliorato le tue conoscenze e le tue competenze? ‰‰ Molto ‰‰ Abbastanza ‰‰ Poco ‰‰ Per niente Se sì, quali competenze professionali nuove hai sviluppato? ........................................................................................................................................................... Se non ha contribuito a migliorare le tue conoscenze e competenze, illustrane brevemente i motivi: ........................................................................................................................................................... 12. Valuta il modo in cui sei riuscito a mettere in pratica le seguenti capacità personali 188 13. Prova a esprimere un commento conclusivo sul tuo tirocinio, illustrando gli aspetti positivi e negativi della tua esperienza Aspetti POSITIVI: ........................................................................................................................................................... Aspetti NEGATIVI: ........................................................................................................................................................... 189 QUESTIONARIO DI VALUTAZIONE DELLO STAGE DA PARTE DELL’AZIENDA 5.5. Schede stage (aziende) del CFP CNOS-FAP di Sesto San Giovanni 190 191 5.6. Schede stage (aziende) del CFP CNOS-FAP di Gela 192 5.7. Schede stage (aziende) del CFP CNOS-FAP di Vigliano Biellese 193 194 5.8. Schede stage (aziende) del CFP CNOS-FAP di Genova Sampierdarena 195 196 5.9. Schede stage (aziende) del CFP CNOS-FAP di Misterbianco 197 198 5.10. Schede stage (aziende) del CIOFS-FP Veneto 5.11. Schede stage (aziende) della Fondazione Clerici 199 Orientarsi all’interno del settore professionale di riferimento e valutare le scelte operate 1) Individua con precisione i requisiti di accesso alla professione 2) Precisa gli indirizzi specifici, le mansioni e i ruoli che aspira a ricoprire e svolgere all’interno del settore di riferimento 3) Verifica la coerenza tra le conoscenze/competenze possedute e quelle richieste dalla realtà lavorativa Inserirsi in un contesto produttivo con modalità relazionali e comportamentali adeguate 4) Gestisce in maniera non conflittuale le relazioni con i colleghi 5) Individua e rispetta le regole e i ruoli tipici di un contesto lavorativo e quelle specifiche della realtà in cui opera 6) Si inserisce correttamente nel gruppo di lavoro a cui è affidato 7) Rispetta gli orari e le assenze non sono significative e comunque sono sempre giustificate 8) Utilizza in modo corretto gli strumenti e le attrezzature curandone la manutenzione corrente Sperimenta le caratteristiche tipiche del mondo del lavoro 9) Sperimenta gli elementi essenziali di cultura del lavoro acquisiti durante il percorso formativo in termini attenzione per le norme di sicurezza da adottare 10) Organizza e realizza le operazioni e i compiti assegnati rispettando i tempi e i parametri quali- tativi prefissati 11) Esegue i compiti professionali utilizzando le conoscenze e le tecniche più appropriate per gestire il proprio lavoro 12) Mantiene costante il livello di concentrazione eseguendo un compito 13) Adotta i comportamenti adeguati a fronteggiare le eventuali situazioni problematiche 14) Utilizza con precisione e abilità le tecnologie e gli strumenti di lavoro Approfondire e ampliare il proprio set di competenze tecnico professionali 15) Sviluppa una visione d’insieme del processo lavorativo 16) Puntualizza e approfondisce concetti e linguaggi tipici della professione 17) Sviluppa autonomia operativa 18) Sviluppa specifiche abilità lavorative e conoscenze richieste dal ruolo professionale speri- mentato 200 5.12. Schede stage (altri valutatori) del CFP CNOS-FAP di Ragusa 201 202 5.13. Schede stage (altri valutatori) dell’ENGIM 203 204 205 BIBLIOGRAFIA ADANI L. Scrivere il curriculum. 31 modi per essere efficaci, Milano, ETAS – Corriere del Lavoro, 1999. ALFANO V., Manuale del giovane imprenditore: una ditta simulata, Napoli, L’Antologia, 1994. AMBROSINI M. – B. BECCALLI, Introduzione, in “Sociologia del Lavoro”, (2000), n. 80, 7-28. ANTONI G. – N. GIACONI, Trovare il lavoro che piace, Santarcangelo di Romagna (RN), Maggioli, 2006. ARMANO L., Trovare il lavoro che piace, Diegaro di Cesena (FC), De Vecchi, 2003. ASSEFOR, Il neo-imprenditore: manuale operativo per mettersi in proprio, Rimini, 1997. ASTER, Giovani & lavoro, Milano, ETAS, 2004. BARBIER J.C., Attivazione, in “La rivista delle politiche sociali”, (2005), n. 1, 257-299. BATINI F., Come trovare lavoro, Roma, Buffetti ed., 2005. BERTAGNA G., I rapporti tra istruzione/formazione e sviluppo socio-economico. Quale modello?, paper, 2002. 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La transizione dal sistema educativo di istruzione e di formazione al mondo del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 1.1. L’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 1.2. Le politiche della formazione e dell’orientamento in un quadro di welfare attivo 18 2. L’accompagnamento al lavoro nel quadro dell’orientamento . . . . . . . . . . . . . 22 2.1. La situazione dell’orientamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 2.2. Le strategie dell’accompagnamento al lavoro: le indicazioni della letteratura . . 28 2.2.1. L’accompagnamento al lavoro dipendente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 2.2.2. L’accompagnamento al lavoro autonomo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 Parte II LA RICOGNIZIONE DELL’ESPERIENZA IN BASE AI DATI QUANTITATIVI E QUALITATIVI E LINEE GUIDA PER L’ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO Capitolo 2 I DATI QUANTITATIVI OTTENUTI ATTRAVERSO LA I PARTE DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO (V. Pieroni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 1. I CFP del CNOS-FAP che hanno collaborato all’indagine . . . . . . . . . . . . . . . 39 2. I CFP di altri Enti di Formazione Professionale che hanno partecipato all’in- dagine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 210 Capitolo 3 I DATI QUALITATIVI OTTENUTI ATTRAVERSO LA II PARTE DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO (V. Pieroni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 1. Descrizione delle fasi/azioni principali che caratterizzano l’attività di accom- pagnamento al lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 1.1. Fase preparatoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 1.2. Ricerca attiva del lavoro e presa dei contatti con le aziende . . . . . . . . . . . . . . . 51 1.3. Tutoraggio/monitoraggio in azienda e verifica/valutazione dell’esperienza . . . 52 2. Buone pratiche descritte nella II parte della scheda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 2.1. L’attività di stage . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 2.2. I tirocini formativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 2.3. Le azioni orientative al lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 2.4. Altre esperienze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58 Capitolo 4 VALUTAZIONE COMPLESSIVA DELL’ATTIVITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO: PUNTI DI FORZA/CRITICITÀ E PROPOSTE DI MIGLIORAMENTO (V. Pieroni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 1. Punti di forza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 1.1. Valutazione generale delle attività di accompagnamento . . . . . . . . . . . . . . . . . 62 1.2. Valutazione degli aspetti specifici delle attività di accompagnamento . . . . . . . . 65 1.3. Valutazione della reazione degli utenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 2. Punti di attenzione/criticità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 2.1. Valutazione generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 2.2. Aspetti specifici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71 2.3. La reazione degli utenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73 3. Suggerimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73 Capitolo 5 LINEE GUIDA PER L’ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO (V. Pieroni - G. Malizia) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 1. Stage e tirocini formativi per l’accompagnamento al lavoro . . . . . . . . . . . . . 77 1.1. Finalità generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 1.1.1. Obiettivi specifici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78 1.1.2. Risultati attesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 1.2. Metodologia, figure e strumenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 1.2.1. Prerequisiti preparatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 1.2.2. Distribuzione dell’attività in base alle principali azioni . . . . . . . . . . . 79 1.2.3. Figure . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 1.2.4. Strumenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 211 1.3. Fasi/azioni per la realizzazione dell’attività . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 1.3.1. Fase preparatoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 1.3.2. Ricerca attiva del lavoro e presa dei contatti con le aziende . . . . . . . . 82 1.3.3. Tutoraggio in azienda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 1.3.4. Monitoraggio/verifica/valutazione dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . 83 2. Attività di orientamento al lavoro ed altre esperienze . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84 2.1. Caratteristiche delle attività di orientamento finalizzate al lavoro . . . . . . . . . . 84 2.2. Obiettivi specifici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84 2.3. Azioni mirate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 Parte III RACCOLTA DI BUONE PRATICHE UTILIZZATE NEI CFP CNOS-FAP E IN ALTRI ENTI DI FORMAZIONE PROFESSIONALE PER SVOLGERE L’ATTIVITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO AL LAVORO PROGETTI INTEGRALI 1. Progetto del CFP CNOS-FAP “Bearzi” di Udine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 2. Progetto del CFP CNOS-FAP “Casa del Ragazzo” di Foligno . . . . . . . . . . . . . . 98 3. Progetto del CFP CNOS-FAP di Palermo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100 4. Progetto del CFP CNOS-FAP di Forlì . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104 5. Progetto del CFP CNOS-FAP di Perugia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122 6. Progetto del CFP CIOFS-FP di Taranto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139 7. Progetto del CIOFS-FP Puglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141 MATERIALE VARIO 1. Schede informative e per l’orientamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147 1.1. Schede informative del CFP CNOS-FAP di Fossano . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147 1.2. Scheda informativa del CFP CNOS-FAP di Roma “T. Gerini” . . . . . . . . . . . 151 1.3. Scheda informativa del CFP CNOS-FAP di Ragusa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152 1.4. Scheda informativa del CFP CNOS-FAP di Foligno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155 1.5. Schede informative del CFP CNOS-FAP di Gela . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156 1.6. Scheda informativa del CIOFS-FP Veneto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 160 1.7. Scheda informativa della Fondazione Clerici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164 2. Moduli per i colloqui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166 2.1. Moduli per i colloqui del CFP CNOS-FAP di Fossano . . . . . . . . . . . . . . . . . 166 2.2. Moduli per i colloqui del CIOFS-FP di Padova . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169 2.3. Moduli per il colloquio del CIOFS-FP Veneto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 170 3. Moduli per convenzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172 3.1. Modul0 per convenzioni del CFP CNOS-FAP di Palermo . . . . . . . . . . . . . . 172 3.2. Moduli per convenzioni del CFP CNOS-FAP di Roma “T. Gerini” . . . . . . . . 174 3.3. Moduli per convenzioni del CFP CNOS-FAP di Vigliano Biellese . . . . . . . . 175 212 4. Guida al curriculum vitae . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176 4.1. Guida al CV del CFP CNOS-FAP di Gela . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176 4.2. Guida al CV del CFP CNOS-FAP di Roma “T. Gerini” . . . . . . . . . . . . . . . . . 179 5. Schede di monitoraggio e valutazione stage . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180 5.1. Schede stage (allievi) del CFP CNOS-FAP di Roma “T. Gerini” . . . . . . . . . 180 5.2. Schede stage (allievi) del CFP CNOS-FAP di Forlì . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183 5.3. Schede stage (allievi) della Fondazione Clerici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 184 5.4. Schede stage (allievi) dell’ENGIM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186 5.5. Schede stage (aziende) del CFP CNOS-FAP di Sesto San Giovanni . . . . . . . 189 5.6. Schede stage (aziende) del CFP CNOS-FAP di Gela . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 191 5.7. Schede stage (aziende) del CFP CNOS-FAP di Vigliano Biellese . . . . . . . . . 192 5.8. Schede stage (aziende) del CFP CNOS-FAP di Genova Sampierdarena . . . . 194 5.9. Schede stage (aziende) del CFP CNOS-FAP di Misterbianco . . . . . . . . . . . . 196 5.10. Schede stage (aziende) del CIOFS-FP Veneto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 198 5.11. Schede stage (aziende) della Fondazione Clerici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199 5.12. Schede stage (altri valutatori) del CFP CNOS-FAP di Ragusa . . . . . . . . . . . 200 5.13. Schede stage (altri valutatori) dell’ENGIM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202 BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205 INDICE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 209 213 Pubblicazioni 2002-2007 nella collana del CNOS-FAP e del CIOFS/FP “STUDI, PROGETTI, ESPERIENZE PER UNA NUOVA FORMAZIONE PROFESSIONALE” ISSN 1972-3032 Sezione “Studi” 2002 MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimenta- zione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto finale, 2002 2003 CIOFS/FP (a cura di), Atti del XIV seminario di formazione europea. La formazione professio- nale per lo sviluppo del territorio. Castel Brando (Treviso), 9 - 11 settembre 2002, 2003 CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Vademecum. Strumento di lavoro per l’erogazione dei servizi orientativi, 2003 MALIZIA G. - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto sul follow - up, 2003 2004 CIOFS/FP (a cura di), Atti del XV seminario di formazione europea. Il sistema dell’istruzione e formazione professionale nel contesto della riforma. Significato e percorsi, 2004 CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Opportunità occupazionali e sviluppo turistico dei territori di Catania, Noto, Modica, 2004 CNOS-FAP (a cura di), Gli editoriali di “Rassegna CNOS” 1996-2004. Il servizio di don Stefano Colombo in un periodo di riforme, 2004 MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della forma- zione professionale, 2004 RUTA G., Etica della persona e del lavoro, 2004 2005 CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVI seminario di formazione europea. La formazione profes- sionale fino alla formazione superiore. Per uno sviluppo in verticale di pari dignità, 2005 D’AGOSTINO S. - G. MASCIO - D. NICOLI, Monitoraggio delle politiche regionali in tema di istruzione e formazione professionale, 2005 PIERONI V. - G. MALIZIA (a cura di), Percorsi/progetti formativi “destrutturati”. Linee guida per l’inclusione socio-lavorativa di giovani svantaggiati, 2005 2006 CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVII Seminario di Formazione Europea. Il territorio e il sistema di istruzione e formazione professionale. L’interazione istituzionale per la pre- parazione delle giovani generazioni all’inserimento lavorativo in rapporto agli obiettivi di Lisbona, 2006 NICOLI D. - G. MALIZIA - V. PIERONI, Monitoraggio delle sperimentazioni dei nuovi percorsi di istruzione e formazione professionale nell’anno formativo 2004-2005, 2006 2007 CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVIII seminario di formazione europea. Standard formativi nell’istruzione e nella formazione professionale. Roma,7-9 settembre 2006, 2007 COLASANTO M. - R. LODIGIANI (a cura di), Il ruolo della formazione in un sistema di welfare attivo, 2007 DONATI C. - L. BELLESI, Giovani e percorsi professionalizzanti: un gap da colmare? Rapporto finale, 2007 MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della forma- zione professionale. II edizione, 2007 MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP della Sicilia. Rapporto di ricerca, 2007 MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP del Lazio. Rapporto di ricerca, 2007 214 MALIZIA G. et alii, Diritto-dovere all’istruzione e alla formazione e anagrafe formativa. Pro- blemi e prospettive,2007 MALIZIA G. et alii, Stili di vita di allievi/e dei percorsi formativi del diritto-dovere, 2007 NICOLI D. - R. FRANCHINI, L’educazione degli adolescenti e dei giovani. Una proposta per i percorsi di istruzione e formazione professionale, 2007 NICOLI D., La rete formativa nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP, 2007 PELLEREY M., Processi formativi e dimensione spirituale e morale della persona. Dare senso e prospettiva al proprio impegno nell’apprendere lungo tutto l’arco della vita, 2007 RUTA G., Etica della persona e del lavoro, Ristampa 2007 2008 CIOFS/FP, Atti del XIX seminario di formazione europea. Competenze del cittadino europeo a confronto, 2008 COLASANTO M. (a cura di), Il punto sulla formazione professionale in Italia in rapporto agli obiettivi di Lisbona, 2008 DONATI C. - L. BELLESI, Ma davvero la formazione professionale non serve più? Indagine co- noscitiva sul mondo imprenditoriale, 2008 MALIZIA G., Politiche educative di istruzione e di formazione. La dimensione internazionale, 2008 MALIZIA G. - V. PIERONI, Follow-up della transizione al lavoro degli allievi/e dei percorsi triennali sperimentali di IeFP, 2008 PELLEREY M., Studio sull’intera filiera formativa professionalizzante alla luce delle strategie di Lisbona a partire dalla formazione superiore non accademica. Rapporto finale, 2008 2009 MALIZIA G. - V. PIERONI, Accompagnamento al alvoro degli allievi qualificati nei percorsi triennali del diritto-dovere, 2009 NICOLI D., I sistemi di istruzione e formazione professionale (VET) in Europa, in stampa Sezione “Progetti” 2003 BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La promozione delle capacità personali. Teoria e prassi, 2003 CIOFS/FP (a cura di), Un modello per la gestione dei servizi di orientamento, 2003 CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un ap- proccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione delle unità didattiche, 2003 COMOGLIO M. (a cura di), Prova di valutazione per la qualifica: addetto ai servizi di impresa. Prototipo realizzato dal gruppo di lavoro CIOFS/FP, 2003 FONTANA S. - G. TACCONI - M. VISENTIN, Etica e deontologia dell’operatore della FP, 2003 GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo, 2003 MARSILII E., Guida per l’accompagnamento al lavoro dipendente, 2003 TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, 2003 VALENTE L. - D. ANTONIETTI, Quale professione? Strumento di lavoro sulle professioni e sui percorsi formativi, 2003 2004 CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personaliz- zati. Comunità professionale alimentazione, 2004 CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personaliz- zati. Comunità professionale aziendale e amministrativa, 2004 CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personaliz- zati. Comunità professionale commerciale e delle vendite, 2004 CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personaliz- zati. Comunità professionale estetica, 2004 CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personaliz- zati. Comunità professionale sociale e sanitaria, 2004 215 CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personaliz- zati. Comunità professionale tessile e moda, 2004 CIOFS/FP BASILICATA, L’orientamento nello zaino. Percorso nella scuola media inferiore. Diffusione di una buona pratica, 2004 CIOFS/FP CAMPANIA (a cura di), OrION tra orientamento e network, 2004 CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personaliz- zati. Comunità professionale elettrica e elettronica, 2004 CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personaliz- zati. Comunità professionale grafica e multimediale, 2004 CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personaliz- zati. Comunità professionale meccanica, 2004 CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personaliz- zati. Comunità professionale turistica e alberghiera, 2004 NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema del- l’istruzione e della formazione professionale, 2004 NICOLI D. (a cura di), Sintesi delle linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, 2004 2005 CIOFS-FP SICILIA (a cura di), Operatore Servizi Turistici in rete. Rivisitando il progetto: le buone prassi. Progettazione, Ricerca, Orientamento, Nuova Imprenditorialità, Inseri- mento Lavorativo, 2005 CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personaliz- zati. Comunità professionale legno e arredamento, 2005 CNOS-FAP (a cura di), Proposta di esame per il conseguimento della qualifica professionale. Percorsi triennali di Istruzione formazione Professionale, 2005 NICOLI D. (a cura di), Il diploma di istruzione e formazione professionale. Una proposta per il percorso quadriennale, 2005 POLÀčEK K., Guida e strumenti di orientamento. Metodi, norme ed applicazioni, 2005 VA- LENTE L. (a cura di), Sperimentazione di percorsi orientativi personalizzati, 2005 2006 BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La corresponsabilità CFP-famiglia: i genitori nei CFP. Espe- rienza triennale nei CFP CNOS-FAP (2004-2006), 2006 CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione dei sussidi, II edizione, 2006 2007 D’AGOSTINO S., Apprendistato nei percorsi di diritto-dovere, 2007 GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo. Una proposta di percorsi per la creazione di impresa. II edizione, 2007 MARSILII E., Dalla ricerca al rapporto di lavoro. Opportunità, regole e strategie, 2007 NICOLI D. - G. TACCONI, Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. I volume, 2007 RUTA G. (a cura di), Vivere in... 1. L’identità. Percorso di cultura etica e religiosa, 2007 RUTA G. (a cura di), Vivere... Linee guida per i formatori di cultura etica e religiosa nei per- corsi di Istruzione e Formazione Professionale, 2007 2008 BALDI C. - M. LOCAPUTO, L’esperienza di formazioni formatori nel progetto integrazione 2003. La riflessività dell’operatore come via per la prevenzione e la cura educativa degli allievi della FPI, 2008 MALIZIA G. - V. PIERONI - A. SANTOS FERMINO, Individuazione e raccolta di buone prassi mirate all’accoglienza, formazione e integrazione degli immigrati, 2008 NICOLI D., Linee guida per i percorsi di istruzione e formazione professionale, 2008 NICOLI D., Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. II volume, 2008 RUTA G. (a cura di), Vivere con... 2. La relazione. Percorso di cultura etica e religiosa, 2008 RUTA G. (a cura di), Vivere per... 3. Il progetto. Percorso di cultura etica e religiosa, 2008 216 2009 CNOS-FAP (a cura di), Guida per la fruizione delle risorse formative CNOS-FAP, in stampa CNOS-FAP (a cura di), Linea guida per i percorsi di istruzione e formazione professionale. Comunità professionale Meccanica, in stampa MALIZIA G. - V. PIERONI, Accompagnamento al lavoro degli allievi qualificati nei percorsi triennali del diritto-dovere, in stampa Sezione “Esperienze” 2003 CIOFS/FP PUGLIA (a cura di), ORION. Operare per l’orientamento. Un approccio metodolo- gico condiviso e proposte di strumenti, 2003 CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza, 2003 CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 2. Guida per l’accompagnamento in itinere, 2003 CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 3. Guida per l’accompagnamento finale, 2003 CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, 2003 2005 CIOFS/FP SICILIA, Operatore servizi turistici in rete. Rivisitando il progetto: le buone prassi. Progettazione, ricerca, orientamento, nuova imprenditorialità, inserimento lavorativo, 2005 TONIOLO S., La cura della personalità dell’allievo. Una proposta di intervento per il coordi- natore delle attività educative del CFP, 2005 2006 ALFANO A., Un progetto alternativo al carcere per i minori a rischio. I sussidi utilizzati nel Centro polifunzionale diurno di Roma, 2006 CIOFS-FP LIGURIA (a cura di), Linee guida per l’orientamento nei corsi polisettoriali (fascia 16-17 anni). L’esperienza realizzata in Liguria dal 2004 al 2006, 2006 COMOGLIO M. (a cura di), Il portfolio nella formazione professionale. Una proposta per i percorsi di istruzione e formazione professionale, 2006 MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI, Una formazione di successo. Esiti del monitoraggio dei percorsi sperimentali triennali di istruzione e formazione professionale in Piemonte 2002-2006. Rapporto finale, 2006 2007 NICOLI D. - COMOGLIO M., Una formazione efficace. Esiti del monitoraggio dei percorsi sperimentali di Istruzione e Formazione professionale in Piemonte 2002-2006, 2007 2008 CNOS-FAP (a cura di), Educazione della persona nei CFP. Una bussola per orientarsi tra buone pratiche e modelli di vita, 2008 Tip.: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 06.78.27.819 - Fax 06.78.48.333 - E-mail: tipolito@pcn.net 2009

Linee guida per i percorsi di istruzione e formazione professionale. Comunità professionale MECCANICA.

Autore: 
CNOS-FAP (a cura di)
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2009
Numero pagine: 
114
A cura del CNOS-FAP Linee guida per i percorsi di istruzione e formazione professionale COMUNITÀ PROFESSIONALE MECCANICA CIOFS/FP Anno 2008 Coordinamento scientifico: Dario Nicoli (Università Cattolica di Brescia) Autori del volume: Ermanno Duò Roberto Cavaglià Maurizio Todeschini 3 PRESENTAZIONE La presente Guida si inserisce in un ampio lavoro, comprendente una “Linea guida generale per i percorsi di istruzione e formazione professionale”, ed altre guide di comunità professionali così da costituire nell’insieme una proposta orga- nica e orientata alla gestione formativa degli stessi percorsi. Essa è promossa dagli enti di istruzione e formazione professionale che si riconoscono nella prospettiva della “formazione efficace” centrata a sua volta sui principi del coinvolgimento degli allievi, della personalizzazione, del compito reale, della comunità di apprendimento, del coinvolgimento della società civile. In questo modo, la struttura formativa pone al centro del suo compito il “coltivare talenti” di tutti i cittadini, senza esclusione di nessuno, e propone la cultura - gene- rale e professionale - come esperienza ed appropriazione personale in vista di un progetto di vita significativo. I percorsi di istruzione e formazione professionale che si intendono sostenere con queste guide si distinguono per quattro caratteristiche peculiari: - il riferimento ad opere espresse dalla realtà sociale, dotate di una tradizione tale da collocarle in modo stabile nel contesto locale oltre che nazionale; - la presenza di un’ispirazione educativa che ne connota l’azione attraverso lo stile della comunità educante, della valorizzazione dei talenti e potenzialità dei destinatari e del coinvolgimento dei soggetti del territorio; - la valorizzazione della cultura del lavoro “vitale” presente nel contesto come situazione di apprendimento entro cui svolgere percorsi di valore educativo, culturale e professionale; - la metodologia attiva tesa a sollecitare il coinvolgimento dei destinatari attraverso compiti reali così da sollecitare l’apprendimento per soluzione dei problemi e per scoperta. La proposta qui contenuta è orientata su due criteri di fondo: il valore culturale del lavoro e il principio della continuità formativa. Il lavoro non è solo operatività, ma costituisce essenzialmente un fenomeno culturale in forza del quale esso risulta dotato di una valenza etica ed educativa. L’elemento centrale di tale cultura è costituito dall’azione ovvero dalla mobilita- zione di tutte le risorse in vista di una risposta positiva ad un problema/opportunità ed ai compiti ad esso connessi; in tal modo il lavoro risulta un’esperienza umana 4 privilegiata in grado di sostenere nella persona un comportamento razionale dal ca- rattere pienamente sociale ed inoltre capace di stimolare l’apprendimento. Questa azione è quindi qualcosa di differente dalla semplice attività che indica una mobili- tazione solo pratica del soggetto umano: è il modo umano di percepire la realtà, di entrare in relazione con essa, di scoprirne le caratteristiche, di cogliere la propria autonomia, di partecipare da protagonista alla costruzione di forme di vita sociale ricche di valore. Il lavoro rappresenta un processo di azione ricco di significati e di valori, oltre che di relazioni, che si svolge secondo una modalità che consente di cogliere la cultura entro una dimensione vitale. Il lavoratore «assume una rilevanza specifica in quanto modalità di espressione dell’identità personale, poiché in esso vengono coinvolte non unicamente le capacità operativo manuali, bensì la dimensione cognitiva, motivazionale creativa, culturale, etico valoriale» (Bocca 1998, 104). Il principio di continuità formativa indica la possibilità, entro una specifica comunità professionale, di svolgere un percorso verso l’alto che sollecita nella persona che lo compie un cammino di crescita ad un tempo educativa, culturale e professionale. In tal modo, l’allievo in formazione può accedere sia direttamente nel mercato del lavoro dopo un percorso triennale di qualifica IFP, sia proseguire nell’ambito della formazione superiore, sia, infine, transitare tramite moduli formativi appro- priati (LARSA) presso i percorsi del sistema di istruzione e dell’università. Esso si lega al criterio della equivalenza formativa, in forza del quale è possibile stabilire una corrispondenza tra due titoli o parti di una formazione in riferimento ai rispet- tivi programmi, tale da poter sviluppare una comparazione tra i percorsi e gli esiti formativi – anche in vista di passaggi e di processi di certificazione reciproci. Ciò è reso possibile dalla prospettiva europea, in particolare dal Quadro europeo dei titoli e delle certificazioni (EQF), un dispositivo di traduzione che consente di mettere in relazione e posizionare, in una struttura a otto livelli, i diversi titoli (qualifiche, diplomi, certificati, ecc.) rilasciati nei Paesi membri, sulla base degli esiti dell’apprendimento. Inteso nel senso corretto, il principio della continuità formativa richiede che il sistema si doti di una istruzione e formazione professionale iniziale di qualità, che sappia porre le basi del riconoscimento e della valorizzazione dei talenti degli adolescenti e dei giovani, che consenta loro un approccio positivo e costruttivo nei confronti della cultura, che insegni loro come apprendere a partire dalle esperienze, acquisendo quel metodo tramite cui l’adulto può trarre valore culturale dalle espe- rienze che conduce, a beneficio suo e della società in cui è impegnato. La Linea guida è rivolta innanzitutto ai formatori ed al personale coinvolto nelle azioni formative: essa propone loro un quadro di riferimento unitario cui riferirsi, una metodologia organica e coerente che consente di gestire al meglio le attività formative tenendo conto delle caratteristiche dei destinatari, del contesto e dei vincoli/opportunità della istruzione e formazione professionale. 5 Inoltre, è rivolta al personale delle amministrazioni statali, regionali e provin- ciali, che hanno la responsabilità della programmazione e dell’accompagnamento del sistema educativo e che possono trarre da essa spunti per la loro attività. È poi rivolta al personale delle istituzioni scolastiche affinché possa avere un riferimento per ciò che concerne i percorsi di istruzione e formazione professio- nale. Infine riteniamo che quanto elaborato possa costituire un’indicazione preziosa per gli orientatori affinché sappiano cogliere i talenti degli adolescenti e giovani e possano fornire loro una guida utile per il loro percorso di studio e di lavoro. 7 INTRODUZIONE 1. Natura economica, sociale e culturale della comunità professionale La comunità professionale meccanica rappresenta uno degli ambiti di mag- giore rilievo della economia, confermata anche dalla rapida decadenza dell’espres- sione “new economy” che negli anni scorsi è stata sostenuta in contrapposizione con la cosiddetta “old economy”. In realtà, le dinamiche di sviluppo dell’economia procedono non per comparti stagni, ma in una prospettiva di insieme. Il comparto meccanico costituisce non solo una componente produttiva fondamentale dell’economia – esso fornisce oltre il 40% del valore aggiunto dell’intero Paese e dà occupazione a quasi il 40% degli addetti nel settore industriale - ma rappresenta anche un ambito nel quale si svilup- pano molto intensamente innovazioni tecnologiche, di processo e di mercato che comportano conseguenze importanti sulla struttura e sulla cultura del lavoro. Il set- tore si sviluppa tramite aziende industriali ed artigiane per un totale di oltre 120 mila imprese, anche se quasi la metà degli addetti lavora in imprese con oltre 100 dipendenti. Questi numeri danno una parziale idea del notevole sforzo innovativo che a partire dagli anni ’80 ha caratterizzato questo settore economico, fino a giungere all’attuale situazione che vede l’Italia in una condizione di competitività su gran parte dei mercati interessati dai prodotti del settore. Tale settore si articola in un vasto arco di ambiti, sviluppando prodotti molto eterogenei, diversi dei quali riguardano il consumatore finale (come ad esempio gli elettrodomestici e i vari tipi di serramenti), ma che concernono anche strutture di vaste dimensioni, fondamentali per sostenere il modello di sviluppo attuale. In tal senso, il settore si articola in diverse aree di intervento che possono essere la side- rurgia, fonderia, seconda fusione e metallurgia non ferrosa; i mezzi di trasporto su gomma e rotaia, meccanici, navali e aeronautici; le macchine utensili, le macchine in genere e quelle di impianti industriali; gli elettrodomestici; la meccanica gene- rale (Ministero del Lavoro e della previdenza sociale– ISFOL, 18). Non c’è comparto economico che non preveda elementi realizzati nell’ambito della meccanica, non c’è ambito della vita personale che non ne sia interessato (strutture degli immobili, elettrodomestici, veicoli, arredi, strumenti di lavoro…). Tale comparto, sottoposto ad un deciso e continuativo sforzo di trasformazione ed innovazione, ha visto mutare gran parte dei suoi processi organizzativi secondo un disegno che si è sempre più allontanato dalla concezione tayloristica del lavoro, per procedere verso nuove soluzioni quali le aree di lavoro e le strutture integrate che 8 uniscono in un’unica catena la ricerca, il marketing, la produzione, le vendite e l’assistenza tecnica. Il settore produttivo meccanico è stato oggetto di una fortissima innovazione tecnologica che ha portato ad elevati livelli di automazione industriale. Inoltre, il settore è stato interessato ad una notevole azione di qualificazione della produzione ed anche ad una flessibilizzazione dei processi. Ciò ha comportato una perdita in numero assoluto di addetti (peraltro compensati con la crescita del comparto ter- ziario), ma anche ad un aumento del “valore cognitivo” di buona parte delle attività e quindi delle figure di lavoro. In termini di natura del rapporto di lavoro, oltre il 90% degli addetti del settore presenta contratti a tempo indeterminato. Va inoltre detto che uno dei motivi che frenano l’espansione di tale settore è costituito dalla scarsa disponibilità di forze di lavoro; da qui la tendenza a richiedere ed accogliere un numero consistente di lavoratori extracomunitari presenti nel nostro Paese. Questo settore era concepito nel passato come un insieme di figure “di man- sione”, ovvero a carattere prettamente operativo, mentre solo pochi addetti svi- luppavano competenze tecniche e gestionali. Ora tale rapporto sta per essere rovesciato, anche a causa dell’automazione: sono sempre maggiori le figure di qualificati e di tecnici che presentano una vera e propria configurazione “di ruolo” basata su autonomia, ampliamento dell’area di conoscenze, abilità e competenze, polifunzionalità, capacità comunicative e relazionali, cultura del pro- getto, perseguimento della qualità e miglioramento continuativo. Ciò si è manife- stato attraverso un mutamento radicale: infatti la maggioranza degli addetti non è più concentrata come nel passato sulla produzione bensì sulle attività di tipo immateriale costituite dalla progettazione, dalla gestione delle informazioni, dal controllo di processi automatizzati e così via. Dal punto di vista culturale, la comunità professionale meccanica presenta una mappa cognitiva di notevole spessore, dove spicca la fisica in diversi ambiti (cine- matica, statica, dinamica), la matematica in tutti i suoi aspetti, ma pure la chimica, il disegno, la tecnologia, l’elettronica e l’informatica, la cultura del progetto, l’or- ganizzazione del lavoro e la gestione della qualità. La meccanica, intesa come ambito del sapere, può essere definita anche in base ai differenti oggetti di cui tratta; possiamo pertanto avere: la meccanica del punto, del corpo rigido, dei liquidi, degli aeriformi, dei fluidi; la meccanica agraria, analitica, applicata, celeste, quantistica, razionale, relativistica, sperimen- tale, statistica; la meccanica pratica, intesa come arte di costruire e montare parti di macchine e strutture. La comunità professionale meccanica non può essere ridotta esclusivamente alla “pratica” meccanica, ma quest’ultima – per via della notevole quantità e qua- lità di saperi che pone in gioco – richiede necessariamente una maggiore profondità culturale ed una capacità di connettere strettamente i due fuochi della mappa cogni- tiva indicata che deve essere intesa come l’insieme delle dimensioni necessarie af- finché chi opera nel settore sia effettivamente competente. 9 Elemento portante della cultura meccanica è la modalità attraverso cui essa consente di rappresentare l’insieme dei processi costruttivi ricorrendo ad un mo- dello logico-formale rappresentato dal “ciclo di lavorazione”. Si tratta di una moda- lità tramite la quale si configura l’insieme dei passi che consentono di coordinare in termini logici, cronologici ed operativi le diverse azioni che rendono possibile la realizzazione del processo produttivo inteso nella sua organicità ovvero in riferi- mento al prodotto-risultato atteso completo. Tale ciclo di lavorazione rende evidente come siano centrali nel lavoro mecca- nico gli aspetti di razionalità, logica, manualità, precisione ed ordine, ma pure quelli della comunicazione e dell’ascolto, dell’ideazione, della risoluzione di pro- blemi. 2. La comunità professionale in prospettiva formativa La comunità professionale meccanica rappresenta un ambito dotato di una pro- pria peculiare cultura, di un campo tecnico e tecnologico, di una valenza sociale ed economica tali da costituire una vera e positiva potenzialità educativa nei confronti degli studenti. Essi, chiamati a vivere un’esperienza formativa stimolante, basata su piani formativi personalizzati in grado di indicare loro la propria situazione perso- nale e cosa debbono essere al termine del ciclo di riferimento, sono sollecitati ad una promozione integrale della propria persona umana e sono accompagnati nel- l’affrontare la vita in tutte le sue dimensioni. La comunità meccanica consente agli studenti di maturare le competenze che arricchiscono la loro personalità e li rendono autonomi costruttori di se stessi in tutti i campi della esperienza umana, sociale e professionale attraverso le cono- scenze disciplinari e interdisciplinari (il sapere) e le abilità operative apprese (il fare consapevole), nonché l’insieme delle azioni e delle relazioni interpersonali in- tessute (l’agire). In tal senso, il sapere, il fare consapevole e l’agire, si concretiz- zano all’interno di unità di apprendimento orientate a compiti reali che rendono si- gnificativi e utili i saperi e le abilità indicati. Il percorso formativo che gli studenti seguono per arrivare alla acquisizione di una qualificazione professionale, prevede innanzitutto una disciplina, ovvero un in- sieme di saperi, tecniche, sistemi di azione e stili professionali, mediante il quale essi sono sollecitati a conoscere se stessi, le proprie possibilità e i propri limiti, le proprie inclinazioni, attitudini, capacità, nella porzione di mondo a cui si estende l’esperienza individuale. Tale disciplina viene acquisita integrando continuamente il livello dei saperi, quello delle tecniche ed infine quello degli stili di comporta- mento, confrontandosi da un lato con le problematiche e le opportunità offerte dalla meccanica e dall’altro con il modello rappresentato dai formatori, sia quelli interni al Centro sia quelli appartenenti alle diverse realtà aziendali e sociali con cui gli studenti potranno entrare in contatto. In particolare, verrà valorizzata la cultura propria della comunità professionale meccanica attraverso il confronto con gli attori, il linguaggio, le tecniche, i modelli 10 cognitivi ed operativi, il sistema di relazioni che essa consente. Ciò abilita gli stu- denti a familiarizzare con i metodi di analisi e di rappresentazione dei processi e si- stemi tecnici ricorrendo a opportuni strumenti e nel contempo ai modelli logico- formali che sono costituiti, da un lato, dal linguaggio matematico in quanto stru- mento essenziale per descrivere, comunicare, formalizzare, dominare i campi del sapere scientifico e tecnologico della meccanica, e dall’altro con i processi fisici di trasformazione della materia, di controllo e finalizzazione dei flussi e delle energie, di costruzione di apparecchiature e di soluzione di problemi inerenti l’ambito del settore. Si cercherà di sollecitare nei giovani il carattere coinvolgente, l’efficacia for- mativa, la comprensione dei procedimenti di modellizzazione che consentono di predisporre processi, procedure e sistemi tecnici allo scopo di ideare, progettare e realizzare oggetti fisici propri dell’ambito meccanico, seguendo la metodologia de- finita dal ciclo di lavorazione. La professionalità specifica, oggetto della formazione della comunità professio- nale meccanica, permetterà agli studenti di conseguire abilità operative e cono- scenze tecnico-scientifiche nell’ambito della progettazione meccanica tramite CAD (Computer Aided Design), delle lavorazioni sulle macchine utensili a CN (Controllo Numerico) utilizzate nei reparti produttivi di industrie e/o officine meccaniche, del montaggio di sistemi meccanici automatizzati elettro-pneumo-oleodinamici, della realizzazione di strutture saldate, della progettazione, costruzione e montaggio di serramenti. Si tratta di un insieme di azioni di tipo prettamente tecnico che vanno dall’esecuzione e analisi del disegno meccanico al collaudo dei particolari finiti. Ma queste costituiscono solo strumenti al fine di perseguire vere e proprie compe- tenze quali la capacità di saper scegliere in maniera razionale i possibili percorsi alternativi attuandoli al meglio (ciclo di lavorazione, collaudo funzionale); di saper leggere ed interpretare nei testi i dati principali e il ragionamento costruito su di essi (manuali tecnici, disegni meccanici); di possedere un adeguato numero di strumenti formali, matematici o comunque logici, e saperli applicare a diversi ambiti di problemi generali e specifici (parametri di lavorazione); di coltivare sen- sibilità espressive ed anche estetiche che consentano di affrontare in modo efficace i compiti professionali (quali ad esempio le relazioni scritte, il disegno meccanico, la finitura superficiale e geometria dei particolari anche nell’insieme di un com- plessivo), ma pure le situazioni concrete della vita quotidiana. Tale attività – fortemente motivante, poiché consente agli studenti di misurarsi con compiti simili a quelli esercitati dai componenti della comunità professionale stessa e perché rende possibile il riscontro concreto con il risultato di tale azione la- vorativa – sarà intesa in senso olistico, quindi non soltanto pratico-operativo, ma anche cognitivo, emotivo, sociale, e quindi secondo un approccio globale che con- sente la definizione di molteplici correlazioni con le diverse aree formative agite entro il percorso. In tal modo i giovani saranno sollecitati in maniera progressiva ad esprimersi oralmente e per iscritto in italiano con proprietà, possedendo in maniera 11 attiva un “vocabolario” abbastanza esteso di parole e di schemi sintattici argomen- tativi, retorici, logici, espressivi; a leggere con facilità, individuando nei testi i dati principali e il ragionamento costruito su di essi; a possedere una discreta cono- scenza della lingua inglese parlata e scritta con particolare riferimento all’ambito di riferimento della comunità professionale. Nell’attività formativa, prevalentemente basata sul laboratorio e sui compiti reali, i giovani potranno acquisire un’adeguata conoscenza di sé e del “sistema di valori” cui fanno riferimento; concepire progetti di vario ordine, dall’esistenziale al pratico; fare esperienza ed acquisire lo stile del corretto lavoro di gruppo; indivi- duare problemi, coglierne le dimensioni sfidanti, approntare in modo responsabile, indipendente e costruttivo una strategia di soluzione utilizzando diversi tipi di ra- gionamento (da quello logico a quello persuasivo), anche di grado relativamente elevato di complessità. La notevole valenza sociale delle questioni connesse alla comunità professio- nale meccanica consentirà loro di sviluppare esperienze di convivenza civile in forza delle quali gli studenti potranno acquisire e rafforzare un sistema di valori, in base ai quali valutare i fatti ed ispirare i comportamenti individuali e sociali. Sarà, quindi, facile ampliare l’ambito di riferimento stimolandoli a partecipare attiva- mente alla vita sociale e culturale, a livello locale, nazionale, comunitario e interna- zionale, sviluppando la consapevolezza della cittadinanza che non si esaurisce nella prestazione di lavoro, ma richiede una maturità ed uno stile di vita consapevole e responsabile nei diversi ambiti (dialogo e rispetto dell’altro, sensibilità per i più de- boli, rispetto dell’ambiente, interiorizzazione delle regole di convivenza, preven- zione degli infortuni…). Tutto ciò avrà come riferimento uno stile di vita essen- ziale, perseguito attraverso la capacità di distinzione, nella quotidianità e nella vita intellettuale, tra quel che è veramente importante e ciò che è accessorio o super- fluo. Infine, si segnalano tre aspetti rilevanti per un’educazione integrale della per- sona, che dovranno essere affrontati con un’attenzione ed una sensibilità particolari poiché non risultano strettamente connessi alla cultura della comunità professionale meccanica: 1) La coscienza della civiltà intensa come insieme degli sforzi e delle opere umane nei vari ambiti della cultura, con particolare rilievo per la dimensione storica, che significa avere memoria del passato, riconoscerne la permanenza nel presente e far tesoro di queste consapevolezze per la soluzione dei pro- blemi che si incontrano e per la progettazione del futuro. A tale scopo, si svi- lupperanno unità di apprendimento che, partendo da interessi civili e sociali, consentano ai giovani di sviluppare competenze proprie in tale ambito cultu- rale. 2) Lo sviluppo e la cura delle sensibilità estetiche ed espressive di tipo artistico, musicale, letterario e la competenza motoria, che consenta loro di utilizzare in libertà e correttezza tutti i linguaggi propri dell’uomo e di affrontare in modo 12 efficace le situazioni concrete della vita, comprese quelle a carattere sportivo. Anche queste richiedono unità di apprendimento apposite che puntino alla for- mazione di vere competenze estetiche, incentivando l’ascolto della musica, la fruizione delle arti visive, la lettura, la pratica sportiva. 3) Lo sviluppo della creatività e della ideazione, affinché la formazione qualifi- cante non sia intesa in senso “meccanicistico”, ma si stimolino i giovani a co- gliere ed apprezzare gli aspetti non lineari, relativi e complessi della progetta- zione e della soluzione dei problemi connessi alla meccanica. 3. La comunità professionale nell’ambito europeo Analizziamo come in alcuni Paesi europei vengono attuati i percorsi formativi nell’ambito della comunità professionale meccanica. Prendiamo in considerazione 4 Paesi, Spagna, Germania, Svizzera, Francia, che erano già stati scelti per l’attua- zione di una ricerca in ambito europeo sui sistemi nazionali della formazione pro- fessionale (Nicoli, 2005). Per questa analisi si è fatto riferimento a figure professionali normate, cioè de- finite da appositi regolamenti nazionali/regionali e da curricula formativi. I risultati e le caratteristiche emerse sono la diretta conseguenza della struttura stessa dei sin- goli sistemi. Si evidenziano tuttavia alcuni aspetti peculiari che influiscono sulle caratteristiche dell’offerta formativa predisposta nelle nazioni indagate: 1) la dimensione normativa forte che definisce i profili professionali, dove a cia- scun profilo corrisponde un curriculum formativo, come nel caso del sistema spagnolo e in parte del sistema tedesco (il curriculum formativo relativo a cia- scun profilo è definito a livello centrale con la possibilità da parte dei singoli Länder di aggiungere ulteriori elementi alla formazione); 2) la modularità e la flessibilità dei percorsi, come nel caso del sistema francese, dove si riscontra la presenza di numerose tipologie di curicula formativi e di profili professionali senza però esserci coincidenza tra curriculum e certificato; questo implica che la preparazione professionale per svolgere una professione può essere raggiunta seguendo differenti tipologie di percorsi (formazione pro- fessionale iniziale, formazione professionale continua per adulti, ecc.) cui cor- rispondono titoli di natura diversa. Ciò che è normato sono i singoli “tasselli”, cui si può arrivare attraverso percorsi formativi diversi; 3) la flessibilità del sistema formativo, come nel caso del sistema svizzero, dove pur scegliendo un unico tipo di curriculum, è possibile raggiungere titoli di grado diverso e progressivi, il cui livello più alto abilita alla prosecuzione degli studi presso le università e/o scuole superiori tecniche. Questa caratteristica si contrappone alla forte strutturazione dei sistemi tedesco e spagnolo, dove fin dall’inizio del percorso si esige la scelta tra l’inserimento nel sistema scola- stico/dell’istruzione o l’inserimento nel sistema della formazione professio- nale, quali canali disgiunti. 13 Abbiamo preso in considerazione per ogni singolo Paese la figura del tecnico meccanico che permette un confronto più appropriato tra i diversi sistemi di istru- zione e formazione professionale. Per due Paesi evidenziamo anche le caratteri- stiche della qualifica professionale corrispondente al terzo livello europeo. Per ogni Paese risultano le caratteristiche seguenti. 3.1. La comunità professionale meccanica nel sistema spagnolo La formazione professionale in Spagna è regolata dalla Legge sull’educazione del 1990 (LOGSE), che combina l’educazione generale di base e la formazione professionale in un unico sistema. La formazione professionale è prevalentemente collegata al mondo delle occu- pazioni ed è rivolta a quanti intendono restare al di fuori del canale di istruzione, oppure si colloca nell’ambito dei programmi di garanzia sociale, per persone da 16 a 21 anni di età che non hanno raggiunto l’obbligo scolastico e sono prive di quali- fica professionale. La tavola che segue riassume le caratteristiche del percorso di “Tecnico mec- canico” in Spagna. Tav. 1 - Tecnico meccanico in Spagna Titolo del curriculum formativo Fabricaciòn Mecànica: Soldadura Y Caldererìa - Corso per “Tecnico di saldatura e carpenteria”. Livello Formazione professionale di grado medio - livello della formazione - parametrodell’Unione Europea: 2. Il titolo dá accesso al percorso di baccalaureato. Ente erogatore della formazione Centro di formazione e formazione sul luogo di lavoro (F.C.T.). Requisiti di accesso Titolo di scuola secondaria dell’obbligo, oppure in caso di partecipazione a unprogramma di garanzia sociale maggiore età con un anno di esperienza lavorativa. Durata del percorso in ore 2.000 ore di cui almeno il 25% presso una azienda. Contenuti e struttura del percorso formativo Il percorso prevede una formazione teorico–pratica strutturata in moduli profes- sionali: - Sviluppi geometrici nelle costruzioni metalliche (100 h) - Meccanizzazione delle costruzioni metalliche (90 ore) - Progettazione e conformazione nelle costruzioni metalliche (75 ore) - Saldatura in atmosfera naturale (210 ore) - Saldatura in atmosfera protetta (145 ore) - Montaggio delle costruzioni metalliche (100 ore) - Qualità nelle costruzioni metalliche (30 ore) - Amministrazione, gestione e commercializzazione nella piccola impresa (50 ore) - Relazioni sull’ambiente di lavoro (30 ore) - Sicurezza nelle imprese di costruzioni metalliche (30 ore) - Formazione e orientamento al lavoro (30 ore) - Una parte del percorso si svolge presso l’impresa (Formazione presso il Centro di Lavoro) – 210 ore TECNICO MECCANICO (segue) 14 La tavola che segue riassume le caratteristiche del percorso di qualificazione professionale “costruzione e montaggio meccanico” in Spagna, corrispondente al terzo livello europeo. Tav. 2 – Operatore meccanico in Spagna Contenuti e struttura del percorso formativo I diversi moduli professionali sono associati a 5 unità di competenza: 1) disegnare, tagliare e conformare profili e tubi per le costruzioni metalliche 2) unire per saldatura pezzi e componenti per fabbricare, montare o riparare le costruzioni metalliche 3) montare elementi e i sub componenti di costruzioni metalliche 4) realizzare operazioni di controllo di qualità nella costruzione metallica 5) realizzare l’amministrazione, gestione e commercializzazione dei prodotti in una piccola impresa o laboratorio Ciascun modulo si articola in: obiettivi formativi e relativi indicatori di realizza- zione, mezzi di produzione da impiegare, materiali, processi e metodi di lavoro da utilizzare. Situazioni di lavoro In una officina meccanica, realizzare le operazioni di fabbricazione, montaggio e riparazione di componenti di costruzioni metalliche, sia fissi che mobili, in condi- zioni di sicurezza, garantendo il mantenimento di primo livello della strumentazio- ne e dei mezzi ausiliari e applicando le procedure previste dal controllo di qualità. Commissione di accertamento/ esame finale Il tutor presso l’azienda formula una valutazione delle competenze professionali dell’alunno durante il periodo formativo sul luogo di lavoro. Il tutor del centro di formazione elabora una valutazione complessiva dell’andamento di ciascuno dei moduli e che tiene conto della valutazione degli apprendimenti sul luogo di lavoro. Certificato rilasciato Con la frequenza a un corso di formazione professionale specifica si ottiene il tito- lo di “Tecnico”, che prevede la possibilità di accesso al percorso biennale per il conseguimento del diploma baccalaureato, cioè il percorso scolastico di istruzione secondaria che si conclude a 18 anni e abilita l’accesso agli studi universitari. Sono certificabili i moduli che rientrano nel percorso formativo previsto per la specifica figura professionale e regolati dal Real Decreto 777/1998 del 30 aprile e dall’Orden del 20 dicembre 2001, che regola il riconoscimento dei percorsi di formazione professionale specifica prevista dalla Ley Orgánica 1/1990 del 3 settembre. Figure professiona- li affini nel settore meccanico Operatore di fonderia, operatore addetto alla lavorazione dei metalli nobili, operatore meccanico, operatore addetto agli impianti termici, operatore addetto al trattamento delle superfici, montatori di tubi, montatori di prodotti metallici e strutturali, saldatori, riparatori di strutture metalliche in acciaio. Qualificazione professionale in meccanizzazione, modellazione (conformado) e montaggio meccanico Famiglia professionale Fabbricazione Meccanica Livello 3 Codice FME187_3 Competenza generale Determinare i processi operativi della meccanica (asportazione di truciolo, modello e meccanizzazioni speciali) e montaggio di apparecchiature meccaniche, ed inoltre realizzazione della programmazione dei sistemi automatici di fabbricazione, organizzando e supervisionando la produzione, a partire dalla docu- mentazione tecnica di processo, con criteri di qualità, sicurezza e rispetto dell’ambiente. (segue) (segue) 15 3.2. La comunità professionale meccanica nel sistema tedesco L’istruzione e la formazione professionale in Germania è consecutiva al percorso di istruzione obbligatoria, articolato in 9 anni a tempo pieno e prevede il raggiungimento del certificato Hauptschulabschluss, valido per l’ammissione alla Berufsfachchule o alla Berufsschule. Con un ulteriore anno di istruzione è pos- sibile ottenere il Mittlerer Schulabschluss Diploma, che abilita gli studenti all’am- missione ai corsi di istruzione secondaria superiore. I percorsi di formazione professionale di base hanno una durata variabile da 1,5 a 3,5 anni e nella maggior parte dei casi sono strutturati come: 1) percorsi di formazione professionale riferiti a un profilo professionale specifico - monoberufe -, questo comporta che l’iter formativo non prevede la possibilità di scelta tra profili professionali diversi; 2) percorsi di formazione ad indirizzo - Ausbildungsberufen mit Fachrichtungen, dove i primi due anni del percorso formativo sono dedicati alla sviluppo di conoscenze di base nel settore individuato senza essere riferiti a un profilo professionale specifico. A partire dal terzo anno il percorso formativo si orienta Unità di competenza Definire processi di meccanizzazione in fabbricazione meccanica. Definire i processi di modellazione in fabbricazione meccanica. Definire i processi di montaggio in fabbricazione meccanica. Programmare il Controllo Numerico Computerizzato (CNC) per macchine o sistemi di meccanizzazione e modellazione meccanica. Programmare sistemi automatizzati di fabbricazione meccanica. Supervisionare la produzione in fabbricazione meccanica. Ambito Professionale Si inserisce tanto nell’officina di produzione, nell’ufficio di pianificazione, come nell’officina supervisio- nando i processi ed i risultati. Svolge le sue funzioni nelle grandi e nelle medie imprese dedicate alla fab- bricazione tramite meccanizzazione, stampaggio e montaggio. Settori Produttivi Esercita la sua attività nei settori di fabbricazione (asportazione di truciolo, forgia, stampa, montaggio, manutenzione). Occupazioni e posti di lavoro rilevanti Tecnico meccanico. Addetto alle macchine di trattamento dei metalli. Operatore di macchina per lavorare metalli. Addetto ai montaggi. Programmatore di CNC. Programmatore di sistemai automatizzati in fabbricazione meccanica. Formazione Associata (600 ore). Moduli Formativi Processi di meccanizzazione in fabbricazione meccanica (120 h). Processi di stampa in fabbricazione meccanica (60 h). Processi de montaggio in fabbricazione meccanica (60 h). Controllo Numerico Computerizzato in meccanizzazione e modellazione meccanica (120 h). Sistemi Automatici in fabbricazione meccanica (120 h). Supervisione e controllo dei processi in fabbricazione meccanica (120 h). (segue) 16 verso una direzione specifica riferita a una professione, e l’esame finale si svol- ge nelle materie a questa riferita. Tuttavia, per poter stipulare il contratto formativo e di apprendistato, prima dell’inizio dell’intero percorso formativo è necessario che l’allievo decida le discipline di indirizzo. La tavola che segue riassume le caratteristiche del percorso di “Tecnico mec- canico” in Germania. Tav. 3 - Tecnico meccanico in Germania Titolo del curriculum formativo Feinwerkmechaniker - Meccanico di precisione. Livello Non c’è segnalazione ufficiale del livello di formazione. Considerando la strutturadel percorso formativo si ritiene possibile attribuire il 2° livello europeo. Ente erogatore della formazione Centro di formazione professionale e impresa. Requisiti di accesso Completamento della Hauptschule. Durata in ore 3 anni e 1/2, complessivamente 1020 ore, di cui 840 comuni ai tre indirizzi, 180 specifiche per ciascun indirizzo. Struttura e contenuti del percorso formativo I moduli formativi sono: - Fabbricazione dei componenti con utensili a uso manuale (80 h). - Fabbricazione dei componenti con macchine (80h). - Produzione di semplici gruppi meccanici (80h). - Manutenzione dei sistemi tecnici (80h). - Fabbricazione di componenti di torni e di fresatrici (40h). - Programmazione e lavorazione sulle macchine a controllo numerico (60h). - Produzione di componenti tecniche del sistema (80h). - Pianificazione e installazione di sistemi di comando (60h). - Manutenzione delle unità di funzione (40h). - Lavorazione delle superfici (40h). - Produzione di componenti e gruppi dalle materie prime (40 h). - Pianificazione e organizzazione delle lavorazioni (80h). - Manutenzione di sistemi tecnici (80h). A conclusione del 3° anno di formazione scolastica comune, il percorso si svi- luppa su 3 indirizzi: - costruzioni meccaniche, - meccanica di precisione, - meccanica utensile. Con queste materie specialistiche Indirizzo costruzioni meccaniche Saldature di componenti (40h). Montaggio e smontaggio dei sistemi tecnici (60h). Programmazione dei sistemi e impianti di automazione (80h). Meccanica di precisione Produzione di sistemi di meccanica di precisione (100h). Programmazione dei sistemi e impianti di automazione (80h). Meccanica utensile Produzione dei pezzi in lavorazione per asportazione (40h). Produzione di utensili attraverso lavorazione a stampo (60h). Produzione di utensili attraverso lavorazione a forme (80h). TECNICO MECCANICO (segue) 17 3.3. La comunità professionale meccanica nel sistema svizzero In Svizzera la formazione professionale si svolge a partire dai 16 anni di età, con il conseguimento dell’obbligo scolastico e secondo il sistema duale, che pre- vede un tirocinio in azienda parallelamente allo studio nella scuola professionale. La formazione professionale può essere svolta in un contesto scolastico a tempo pieno quale quello offerto dalle Scuole d’arti e mestieri o dalle Scuole Medie di Commercio. Alla formazione professionale di base segue la formazione professionale supe- riore, che si caratterizza come formazione del livello terziario non universitario, dispensa qualifiche professionali specifiche e prepara alle funzioni di “quadro”. La formazione professionale di base si colloca al livello secondario II, assimilabile al secondo dei livelli di formazione elaborati dalla Commissione europea, mentre la formazione professionale superiore al livello terziario. La tavola che segue riassume le caratteristiche del percorso di “Tecnico mec- canico” in Svizzera. Tav. 4 - Tecnico meccanico in Svizzera Situazioni di lavoro Opera presso imprese di lavorazione meccanica prevalentemente di piccole-medie dimensioni, svolgendo le seguenti attività: - pianificare e controllare i processi di lavoro, monitorare e valutare i risultati - applicare standard e linee guida per assicurare la qualità del prodotto e contri- buire al miglioramento continuo dei processi di lavoro in azienda - produrre parti e componenti per mezzo di procedimenti meccanici e manuali - creare ed ottimizzare programmi e operare su macchine a controllo numerico, impianti e attrezzature - assemblare, smontare e mettere in funzione macchine, impianti, sistemi e attrez- zature (incluse attrezzature per il controllo associato), illustrarle ai clienti, svol- gere servizi di manutenzione, di ricerca e diagnosi di guasti e malfunziona- menti. Certificato rilasciato Titolo di Stato di meccanico di precisione Figure professionali simili in ambito meccanico Tornitore (Dreher), costruttore di macchine (Maschinenbaumechaniker), mecca- nico utensile (Werkzeugmacher), meccanico di produzione (Fertigungsmechani- scher), montatore di macchine (Maschinenzusammensetzer) TECNICO MECCANICO Titolo del curriculum formativo Polimeccanico/Polimeccanica. Livello Formazione professionale a livello secondario II. Ente erogatore della formazione Centro d’arti e mestieri - Sezione dell’elettrotecnica e della meccanica – CAM Bellinzona. TECNICO MECCANICO (segue) (segue) 18 Requisiti di accesso Licenza di scuola media, media delle materie obbligatorie (italiano, francese, tedesco, storia, geografia, matematica, scienze naturali, educazione fisica) ottenuta al termine della quarta media – età minima 16 anni. Durata 4 anni a tempo pieno. 45 ore settimanali al primo anno. 42 ore settimanali gli anni successivi. Struttura e contenuti del percorso formativo La scuola prevede un anno di base comune per le professioni del costruttore, elet- tronico, operatore in automazione e polimeccanico. Segue un triennio di forma- zione con il raggiungimento della Maturità professionale tecnica. All’avvio i candidati ammessi stipulano un contratto di tirocinio in una delle 4 professioni, ma l’assegnazione definitiva della professione con cui continuare il tirocinio avviene alla fine dell’anno di base. Le materie dei corsi di maturità professionale tecnica (e il relativo orario settima- nale) sono: - Lingua italiana 2 h. - Lingua tedesca 2h. - Lingua inglese 2h (dal 2° anno). - Storia e istituzioni politiche 2h (1° e 2° anno). - Economia politica, aziendale e diritto 2h (2°, 3° e 4° anno). - Matematica 4h (1° e 2° anno) e 2h (3° e 4° anno). - Fisica 2h. - Materia complementare 2h (4° anno). Materie tecniche e professionali. - Conoscenze professionali (tecniche dei materiali e di fabbricazione, tecniche di disegno, macchine ed elementi) 4h (1° e 2° anno), 6h (3° e 4° anno). - Informatica 2h (1° anno). - Laboratorio 4h (3° e 4° anno). - Lavoro professionale 16h (2°, 3° e 4° anno). - Attività pratiche e di progetto 13h (1° anno). Altre materie - Società, lavoro, ambiente e sicurezza 3h (1° anno). - Educazione fisica e sport 3h. Attività assistite di valutazione e di orientamento - Studio assistito 2h (1° anno). - Autovalutazione a allestimento qualifiche personali 0,5h (1° anno). - Orientamento e informazione professionali 0,5h (1° anno). Situazioni di lavoro Sulla base di disegni e di progetti realizzano pezzi meccanici, attrezzi e dispositivi necessari alla produzione. Essi lavorano su macchine convenzionali e su macchine a CNC (torni, fresatrici, trapani, rettificatrici e centri di lavoro). Si occupano della programmazione e della simulazione delle relative lavorazioni tramite applicativi informatici. Assemblano e installano apparecchi e macchine, collaborano all’elabo- razione dei progetti, effettuano prove. Prendono parte attiva nella messa in esercizio, nei lavori di pianificazione e di sorveglianza relativi ai procedimenti di fabbricazio- ne. Possono essere impiegati anche nella manutenzione. Certificato rilasciato Attestato federale di capacità di polimeccanico/polimeccanica. Gli allievi che superano gli esami finali di maturità professionale ricevono l’attestato federale di Maturità professionale tecnica Figure professionali simili in ambito meccanico Costruttore/costruttrice meccanica TECNICO MECCANICO (segue) 19 Lo sviluppo del percorso presentato nella tabella precedente prevede, per i tito- lari di un attestato di capacità professionale nel settore meccanico o elettrotecnico, l’accesso alla scuola specializzata superiore di tecnica della meccanica, dell’elet- trotecnica e dei processi aziendali, per il conseguimento del titolo superiore di Tec- nico ST in meccanica-elettrotecnica. Tav. 5 - Tecnico ST meccanica-elettrotecnica in Svizzera Titolo del curriculum formativo Tecnico ST in meccanica-elettrotecnica: ciclo di studio a tempo pieno nell’indi- rizzo meccanica-elettrotecnica. Livello Terziario. Ente erogatore della formazione Scuola specializzata superiore di tecnica Bellinzona. Requisiti di accesso Attestato di capacità in una professione del settore della meccanica o elettrotecni- ca – superamento dell’esame di ammissione (comprende prove di lingua italiana, elementi di matematica e fisica) e un colloquio. Durata del percorso in ore 2 anni a tempo pieno, 3 anni in parallelo a una attività professionale. Struttura e contenuti del percorso formativo L’insegnamento si svolge a tempo pieno e comprende: - l’insegnamento delle materie di cultura generale (lingua italiana e comunica- zione, lingua tedesca, lingua inglese, economia e diritto, psicologia aziendale, metodo di lavoro e di studio); - la formazione tecnica di base; - la formazione specifica dell’indirizzo di studio meccanica-elettrotecnica (mate- matica, meccanica e resistenza dei materiali, sistemi di fabbricazione, tecno- logia dei materiali, elettrotecnica, elettronica generale, tecnica digitale, microe- lettronica, sistemi automatici, informatica generale e tecnica, organizzazione aziendale); - le esperienze di laboratorio e i lavori di progettazione e costruzione; - lo svolgimento di un lavoro di diploma; - un periodo di pratica professionale al termine del 2° anno di studio. Per quanti hanno esperienza professionale nel settore almeno biennale è prevista la possibilità di seguire un curriculum triennale a tempo parziale e parallelo all’at- tività professionale, post completamento dell’apprendistato o della formazione professionale di base. Situazioni di lavoro Il tecnico ST in meccanica-elettrotecnica sono quadri in grado di assumere com- piti tecnici e funzioni direttive a livello medio e medio-superiore. Le attività pro- prie del profilo riguardano: - contribuire allo studio e allo sviluppo di dispositivi o installazioni fissandone le principali caratteristiche; - assumere la responsabilità tecnica del buon funzionamento di un dispositivo nel settore di produzione/officina, azienda; - occuparsi della consegna, dell’installazione e messa in funzione del dispositivo; - pianificare e gestire le risorse produttive dell’azienda. Certificato rilasciato Diploma di Tecnico/Tecnica ST in meccanica-elettrotecnica. Figure professionali simili in ambito meccanico Operatore/operatrice in automazione; Elettronico/Elettronica; Costruttore/costrut- trice meccanica. TECNICO ST MECCANICA-ELETTROTECNICA 20 3.4. La comunità professionale meccanica nel sistema francese In Francia, l’educazione professionale si svolge nei lycèes professionals oppure nelle scuole professionali. Il liceo professionale dura due anni (ciclo corto) o 4 anni (ciclo lungo), per arrivare fino alla maturità professionale (Baccalauréat professionnel). Ha l’obiettivo di preparare al mondo del lavoro, anche se consente, previo il superamento di alcuni esami, l’accesso al mondo universitario. Le scuole professionali propongono un insegnamento più concreto, con il fine di trasmettere conoscenze teoriche e saperi specifici a una professione. Il per- corso professionale propone due vie: il raggiungimento del Certificat d’aptitude professionnelle (CAP), oppure del Brevet d’études professionnelles (BEP) che copre uno spettro più ampio di professioni. Entrambi i diplomi prevedono percorsi biennali/triennali, ma mentre il CAP ha come fine l’inserimento nel mondo del lavoro, il BEP è un “trampolino di lancio” al Baccalauréat tecnologico o professio- nale, che consente di proseguire gli studi universitari. La tavola che segue riassume le caratteristiche del percorso di “Tecnico mecca- nico” in Francia. Tav. 6 - Tecnico meccanico in Francia Titolo del curriculum formativo Conducteur de machine - Operatore su macchine industriali. Livello Questa professione è accessibile con una formazione di livello V - classificazionefrancese. Ente erogatore della formazione Per quanti già inseriti nel mondo del lavoro l’Association Nationale pour la For- mation Professionnelle des Adultes promuove corsi specifici. In alternativa è possibile seguire corsi promossi dai Lycée professionnelle. Requisiti di accesso Allievi che hanno concluso il 3° anno di college ad indirizzo generale o tecnologico. Durata del percorso Percorso ANFPA per lavoratori, 34 settimane. Percorso BEP: 2 anni. Percorso BAC pro: 2 anni. Struttura e contenuti del percorso formativo Il corso promosso dall’Association Nationale pour la Formation Professionnelle des Adultes presenta questa articolazione: - Modulo 1 (1 settimana): presentazione della professione e del percorso forma- tivo; - Modulo 2 (13 settimane): accensione e spegnimento di una macchina automa- tizzata, studio dei parametri necessari al corretto funzionamento del processo produttivo (documentazione tecnica, informazioni...); selezione e registrazione delle informazioni relative al processo di produzione su documenti informa- tici/cartacei di gestione della produzione, gestione degli approvvigionamenti, caricamento dei programmi di produzione, proposte di miglioramenti tecnici (a livello di prodotto e di processo) o organizzativi (flussi, carichi di lavoro, ecc.), messa in funzione e arresto dei mezzi di produzione in funzione delle serie da produrre e secondo le procedure stabilite. - Modulo 3 (4 settimane): stage in impresa TECNICO MECCANICO (segue) 21 Struttura e contenuti del percorso formativo - Modulo 4 (7 settimane): conduzione e presidio di una operazione di produzione su un’installazione o su una macchina automatizzata, realizzazione di semplici operazioni di manutenzione degli strumenti e dei mezzi tecnici di produzione in funzione delle istruzioni riportate sui documenti tecnici - Modulo 5 (7 settimane): stage in impresa - Modulo 6 (1 settimana): preparazione all’esame finale - Modulo 7 (1 settimana): sessione di validazione. Quanti intendono invece continuare un percorso scolastico possono seguire i corsi biennali finalizzati al raggiungimento del diploma di primo livello, il BEP per la conduzione /Mantenimento dei sistemi meccanici automatizzati (Maintenance des Systèmes mécaniques Automatises). Per accedere a questo percorso è necessario avere superato il 3° anno di collège. La formazione generale dura due anni, articolata in insegnamenti generali per 17 ore settimanali, e in insegnamenti professionalizzanti per 20 ore settimanali, includendo tra le materie tecnologia, disegno tecnico e conduzione di impianti. A conclusione del secondo anno è previsto un stage in impresa, della durata di 3 settimane. Per raggiungere il grado successivo del percorso, il diploma di Baccalaureat Professionnel - Maintenance des Systémes Mècaniques Automatises è previsto un secondo biennio formativo, articolato in insegnamenti generali per 16 ore setti- manali e insegnamenti professionali per 12 ore (elettrotecnica, elettronica, condu- zione di impianti), attività individuali in autonomia o in presenza di un professore, da 3 a 6 ore settimanali. È previsto uno stage di 8 settimane per ciascun anno formativo. Situazioni di lavoro Opera presso imprese di produzione appartenenti a settori diversi dove la pro- duzione è fortemente automatizzata, quali l’agroalimentare, la costruzione meccanica di automobili, la fabbricazione elettrica-elettronica di elettrodome- stici, l’industria farmaceutica e del vetro, della plastica, della trasformazione della carta, ecc. Svolge l’insieme delle azioni necessarie per garantire la produzione conforme alle norme prestabilite (in termini di tempi, qualità, quantità, ecc.) nel rispetto delle norme di sicurezza. Dovrà essere in grado di: - montare e regolare i diversi utensili e componenti della macchina e controllarne le condizioni di messa in opera; - condurre una o più macchine automatizzate assicurandone il buon funziona- mento; - svolgere gli interventi di manutenzione; - sorvegliare lo svolgimento delle operazioni e, se necessario, interrompere il funzionamento della macchina. Certificato rilasciato Uno tra i titoli prossimi a questo tipo di curriculum è Titre professionnel agent de fabrication industrielle, che risulta registrato nel Repertorio Nazionale delle Cer- tificazioni professionali. I titoli rilasciati dal Lycee professionelle sono: - BEP per la conduzione /Mantenimento dei sistemi meccanici automatizzati (Maintenance des Systèmes mécaniques Automatises); - il diploma di Baccalaureat Professionnel - Maintenance des Systémes Mèca- niques Automatises. Figure professionali simili in ambito meccanico Agent d’usinage, Opérateur /Operatrice sur machine. Per quanti raggiungono un livello di formazione superiore (livello IV e III, a partire dal Bac profession- nelle ou technologique) il Technicien d’atelier (construction mécanique et travail des métaux). TECNICO MECCANICO (segue) Tav. 8 - Operatore meccanico in Francia 22 Le tavole che seguono riassumono le caratteristiche del CAP (certificato di idoneità professionale) e il percorso formativo per “produzione e trasformazione di metalli” in Francia. Tav. 7 – Caratteristiche del CAP in Francia CAP (Certificato di Attitudine Professionale) Diploma di livello V, il CAP fornisce una qualificazione di operaio o di impiegato qualificato in un deter- minato mestiere. Esistono circa 250 specializzazioni di CAP nei settori industriali, commerciali e dei ser- vizi. Le imprese lo richiedono spesso, ma non è sempre sufficiente. Un complemento di formazione, come un MC o un FCIL, favorisce un migliore inserimento nell’impiego. Ammissioni e modalità di preparazione Il CAP si prepara in due anni dopo una classe di 3ème o in un anno dopo un BEP o un altro CAP. La for- mazione può svilupparsi a tempo pieno, in alternanza (apprendistato o contratto di professionalizzazione), o in formazione continua. Certi istituti propongono un insegnamento e una durata adattati agli allievi di SEGPA , EREA, 3ème d’inse- rimento… Contenuti della formazione La formazione unisce insegnamento generale e formazione professionale teorica e pratica. L’insegna- mento tecnologico e professionale occupa il 60% del tempo della formazione. Esso si svolge in atelier sotto forma di corsi e di lavori pratici per acquisire il saper fare e la tecnologia del mestiere. L’insegnamento generale comprende il francese, le matematiche, le scienze fisiche per i CAP del settore industriale, la storia e la geografia, una lingua viva, un insegnamento della vita sociale e professionale, l’educazione fisica e sportiva. Gli stage, chiamati periodi di formazione in impresa, durano da 12 a 16 settimane. La maggioranza dei CAP sono accessibili dagli adulti attraverso unità capitalizzabili. I “progetti pluridisciplinari a carattere professionale” (PPCP) nel primo o secondo anno del CAP asso- ciano numerose materie. È una lavoro d’équipe che deve realizzare una produzione o un servizio. Esami L’esame comprende al massimo 8 prove di cui 4 almeno sotto forma di controllo lungo il corso di forma- zione peri candidati degli istituti pubblici, privati sotto contratto e dei CFA abilitati. Il diploma è rilasciato a coloro che hanno ottenuto la media nell’insieme delle unità del diploma, ma anche nell’insieme delle unità professionali. I candidati non ammessi possono fare domanda di poter conservare i loro voti per 5 anni. Prosecuzione degli studi La maggioranza dei titolari di CAP si inseriscono nella vita attiva. Per specializzarsi ulteriormente, essi possono andare alla formazione complementare (MC, FCIL) o, durante il lavoro, ottenere una qualifica- zione professionale superiore preparando un BP o un BM. In alcuni casi, essi possono anche preparare un BACPRO nel liceo professionale o in un contratto di apprendistato o di professionalizzazione. CAP conduzione dei sistemi industriali Opzione 5 produzione e trasformazione dei metalli Il titolare del CAP conduzione di sistemi industriali conduce delle macchine o delle linee di macchine di trasformazione, di elaborazione e di condizionamento, sia automatizzate che non. Egli assicura almeno una parte della preparazione del suo posto di lavoro, di regolazione del sistema, dell’avvio della produ- zione rispondendo al quaderno di carichi, della messa in marcia del processo e dell’approvvigionamento. Egli sorveglia lo svolgimento della fabbricazione, prende in carico l’arresto e la messa in sicurezza, con- trolla la qualità. È lui inoltre che manutiene le macchine e si incarica delle piccole riparazioni. A seconda dell’impresa dove lavora, egli è operatore di fabbricazione, conduttore di linea di produzione industriale, conduttore di macchine. (segue) 23 L’opzione di produzione e trasformazione dei metalli permette di apprendere a condurre le macchine di trattamento dei metalli tramite laminatura, processi termochimici, trattamento termico, secondo il metallo o la lega utilizzata. Obiettivi - sbocchi Il titolare di questo CAP conduce delle macchine che trasformano a caldo o a freddo dei metalli. Egli è in grado di regolare l’installazione che utilizza, di avviare la produzione e di approvvigionare nelle materie prime. Egli mantiene la cadenza della produzione, sorveglia il suo buon svolgimento, controlla la qualità dei prodotti, assicura la manutenzione delle macchine… Imprese di trasformazione dei metalli: attrezzatura di automobili, materiale termico, materiale elettronico ed elettrico, meccanica generale, costruzioni metalliche, costruzione di macchine e di attrezzi, attrezza- tura industriale, ecc. Formazione Le principali procedure di produzione e di trasformazione dei metalli: procedure termochimiche, lamina- tura, trattamenti termici, trattamenti di superficie, completamenti. I metalli e le leghe, loro condizioni di preparazione e di trasformazione. La formazione comprende ugualmente degli insegnamenti in automatismi, in comunicazione tecnica o in prevenzione dei rischi professionali. Il periodo di formazione nell’ambiente professionale è di 14 settimane per il CAP in formazione continua. Esami - validazione Prove professionali Preparazione, approvvigionamento, regolazioni, collaudi e messa in moto: tre tappe almeno di trasforma- zione dei prodotti. Questa prova è centrata su un sistema di produzione conosciuto e comporta: conduzione nel modo normale, gestione e produzione in impresa; verifica della reattività e dell’autonomia del candidato nella gestione dei flussi di materie; conduzione in modo degradato, assistenza e manutenzione. Prosecuzione degli studi Le prosecuzioni degli studi possibili sono: il BEP Manutenzione dei sistemi meccanici automatizzati, la MC Operatore-regolatore su macchine a comando numerico e, per i migliori allievi, il BAC PRO Pilo- taggio di sistemi di produzione automatizzata e il BAC PRO Studio e definizione dei prodotti industriali. (segue) 25 1. Descrizione dei profili Il riferimento prioritario per la definizione delle competenze, suddivise in abilità/capacità e conoscenze, è rivolto alla figura di qualifica dell’operatrice/ope- ratore meccanico. Si tratta di una figura professionale polivalente in grado di inse- rirsi a livello operativo nei diversi ambiti del settore metalmeccanico con cono- scenze e abilità basilari di tutto il processo lavorativo, dal disegno meccanico con l’ausilio del CAD alla programmazione di macchine utensili a CN, dalle operazioni al banco alla costruzione e assemblaggio di sistemi meccanici anche automatizzati, dall’utilizzo di macchine utensili tradizionali a quelle a controllo numerico, dalla manutenzione delle attrezzature alla realizzazione di strutture saldate, dalla proget- tazione, costruzione e montaggio di vari tipi di serramenti al collaudo di particolari meccanici tramite macchine di misura computerizzate. Sa interpretare e realizzare un disegno tecnico e scegliere i materiali, il processo e gli strumenti più idonei per l’attuazione della lavorazione richiesta. Ovviamente le competenze specifiche sono sviluppate maggiormente nell’ambito degli indirizzi in cui si suddivide la qualifica, mentre la figura polivalente possiede tali competenze a livello basilare. Si potranno comunque sviluppare competenze più specifiche nella fase iniziale dell’inserimento lavorativo (apprendistato professionale), in eventuali corsi di specializzazione o nei percorsi di istruzione e formazione superiore. La figura professionale dell’operatrice/operatore meccanico prevede la scelta di un approccio di polivalenza che assicuri una formazione tecnica coerente con le ne- cessità connesse alle diverse organizzazioni di lavoro in cui è inserita e, nel contempo, alle esigenze proprie di un percorso formativo che soddisfa i requisiti del diritto-dove- re di istruzione e formazione. Il tutto entro un quadro unitario, organico, olistico che superi il tradizionale dualismo tra area culturale ed area tecnico-pratica. La caratteristica principale di questo tipo di formazione è l’interdisciplinarietà, che si esplicita nello sviluppo e nell’attuazione di unità di apprendimento, il cui principio fondamentale si basa sulla metodologia induttiva tramite la quale lo studente si confronta con compiti-problema per risolvere i quali è chiamato a mobi- litare conoscenze ed abilità in modo da trasformare le proprie capacità in vere e proprie competenze. Non esiste pertanto un’unica progressione didattica che conduca all’esito MAPPA DELLE FAMIGLIE E FIGURE PROFESSIONALI PER COMPETENZE ESSENZIALI formativo atteso: nell’ottica della personalizzazione del processo formativo, il raggiungimento delle mete generali proprie del “Profilo educativo culturale e professionale” si concretizza diversificando l’intervento in funzione delle attitudini, delle inclinazioni e delle altre caratteristiche degli utenti. Ciò preclude, di fatto, la costruzione di programmi predefiniti che impongano un’unica modalità di pro- gressione formativa sulla base di una dettagliata progettazione previa dei contenuti e dei tempi delle attività. Il percorso va pertanto costruito entro l’équipe formativa, in modo da garantire cammini personalizzati che garantiscano agli studenti l’acquisizione delle preroga- tive educative, culturali e professionali indicate. Le competenze professionali proprie della figura professionale polivalente di operatrice/operatore meccanico sono: – Realizzare lavorazioni di aggiustaggio e assemblaggio al banco utilizzando appropriate procedure e attrezzature – Eseguire la preparazione della macchina nel rispetto delle disposizioni tecniche – Costruire e/o assemblare particolari e complessivi meccanici utilizzando mac- chine utensili tradizionali – Eseguire lavorazioni su lamiera e realizzare giunti saldati tramite processi di saldatura – Interpretare e realizzare il disegno tecnico – Produrre particolari attraverso l’interpretazione del disegno tecnico, la scelta dei materiali e degli strumenti adeguati per la realizzazione di un complessivo – Redigere e interpretare cicli di lavoro/schede tecniche – Applicare tecniche di misura e di controllo – Realizzare la manutenzione di attrezzature e macchine utensili – Utilizzare software applicativi dedicati al processo meccanico – Controllare e recuperare anomalie, attraverso l’applicazione di procedure e processi. Si prevede la possibilità di articolazione di tale figura in cinque indirizzi: 1) Costruttore su macchine utensili 2) Montatore manutentore 3) Saldocarpentiere 4) Serramentista 5) Termoidraulico1. 26 1 Negli ultimi anni si sta sviluppando la figura integrata dell’impiantista elettro-termoidraulico che possiede le competenze per l’installazione completa di un impianto termico, dalla posa dei tubi e dei macchinari, all’allacciamento elettrico alla rete e ai sistemi di controllo e al collaudo finale. Pur prevedendo per il futuro la possibilità di collocare tale figura nell’ambito della famiglia professionale elettrica-elettronica, per il presente è parso opportuno mantenerla ancora nel settore meccanico facen- dosi supportare nella posa in opera degli impianti da un elettricista. 27 Tali figure possono coprire tutte le professionalità relative alle attività proprie della comunità professionale. Il Costruttore su macchine utensili utilizza le principali macchine utensili per la costruzione di particolari meccanici. Trova impiego come lavoratore dipendente all’interno di imprese che operano nel settore metalmeccanico e nel settore della distribuzione commerciale dei macchinari a CNC. Il Montatore manutentore interviene nello smontaggio e ripristino di gruppi meccanici. Trova impiego come lavoratore dipendente all’interno di imprese che operano nel settore metalmeccanico e nel settore dell’automazione industriale. Le due figure si caratterizzano per alcuni compiti comuni, relativi all’utilizzo delle attrezzature e alla conoscenza del disegno costruttivo. Il Saldocarpentiere opera nell’ambito della saldatura e della lavorazione della lamiera. Nel suo insieme la situazione di lavoro varia a seconda della dimensione aziendale e delle tecnologie impiegate: alcune fasi di lavoro sono più legate alle operazioni di saldatura, altre più legate alla conduzione delle macchine automa- tiche. Il Serramentista opera nell’ambito della costruzione di serramenti utilizzando diversi tipi di materiale, dall’alluminio al ferro e alla plastica. È in grado di inter- pretare e realizzare (utilizzando anche supporti informatici) disegni tecnici e strut- turali, di rilevare le misure in cantiere, di utilizzare macchine e attrezzature a con- trollo numerico per la produzione di serramenti e infine di eseguire il montaggio. Solitamente lavora in piccole e medie aziende, svolgendo il suo lavoro in parte nel contesto aziendale e in parte presso i cantieri per la rilevazione delle misure e il montaggio. Il Termoidraulico possiede competenze per installare e manutenere gli im- pianti così come vengono definiti dall’art. 1 del D.M. 37/2008 lettere C-D-E. Più dettagliatamente, lettera C: Impianti di riscaldamento e di climatizzazione azionati da fluido liquido, aeriforme, gassoso e di qualsiasi natura e specie; lettera D: Im- pianti idrosanitari nonché quelli di trasporto, di trattamento, di uso, di accumulo e di consumo di acqua all’interno degli edifici a partire dal punto di consegna del- l’acqua fornita dall’ente distributore; lettera E: Impianti per il trasporto e l’utilizza- zione di gas allo stato liquido o aeriforme all’interno degli edifici a partire dal punto di consegna del combustibile gassoso fornito dall’ente distributore. Il termoi- draulico è inoltre in grado di intervenire nell’ambito di costruzioni edili con opere di installazione e manutenzione di elaborati in lamiera per il convogliamento delle acque meteoriche. Questa figura può inserirsi, con un ruolo principalmente esecu- tivo, in aziende artigiane che si occupano dell’installazione e della manutenzione degli impianti negli edifici di civile abitazione. Inoltre può essere impiegato in aziende industriali nella manutenzione di impianti di distribuzione fluidi. In pro- spettiva, dopo aver acquisito sufficiente esperienza ed autonomia, può ricoprire incarichi di maggior responsabilità o intraprendere attività artigianale autonoma. Il termoidraulico può operare nel campo specifico della progettazione e posa in opera di sistemi che sfruttano l’irraggiamento solare sia per produrre energia termica (per il riscaldamento dell’acqua igienico-sanitaria, per il riscaldamento ambienti, ecc.) che per produrre energia elettrica. Dal punto di vista del diploma professionale, conseguibile con un ulteriore anno di formazione dopo la qualifica o con un percorso quadriennale, si prevede la figura del Tecnico meccanico. Si tratta di una figura professionale polivalente che può inserirsi nei diversi ambiti della comunità meccanica ed è in grado di affrontare una varietà di compiti sia di tipo operativo che gestionale con un buon grado di au- tonomia e responsabilità quali il presidio, l’organizzazione e il controllo di cicli produttivi, il supporto alla gestione budget, l’aiuto nella gestione marketing e il controllo qualità. Dal punto di vista del diploma professionale superiore, si prevedono le se- guenti figure. Tecnico superiore di disegno e progettazione industriale, ovvero una figura in grado di gestire, in autonomia e responsabilità, la progettazione e il relativo sviluppo di un’idea attraverso il presidio delle fasi progettuali, lo studio di “fattibi- lità”, l’analisi dei fattori che intervengono per la determinazione dei costi, lo studio del “processo” costruttivo, la realizzazione di disegni di complessivi e/o di partico- lari per la produzione industriale con l’utilizzo di strumenti informatici (CAD) e l’elaborazione di dossier tecnici. Tecnico superiore di industrializzazione del prodotto e del processo meccanico, ovvero una figura in grado di gestire, in autonomia e responsabilità, la pianificazio- ne della produzione industriale utilizzando strumenti CAD-CAM e informatici specifici per lo studio e il presidio del processo produttivo, l’analisi dei fattori che influenzano la qualità del prodotto, la realizzazione di disegni finalizzati alla gene- razione di cicli produttivi, la generazione di part programm in linguaggi standard per la realizzazione di manufatti su macchine CNC, la pianificazione e l’utilizzo di documentazione tecnica e elaborazione di dossier tecnici. Tecnico superiore di automazione industriale, ovvero una figura in grado di presidiare, in autonomia e responsabilità, il funzionamento di un impianto/macchi- nario automatizzato dalla fase di avvio, a quella di controllo e di intervento/ripri- stino nel caso dell’insorgere di anomalie. 28 29 Il Tecnico superiore di automazione industriale può operare nel campo speci- fico della progettazione e posa in opera di sistemi che sfruttano l’irraggiamento so- lare sia per produrre energia termica (per il riscaldamento dell’acqua igienico-sani- taria, per il riscaldamento ambienti, ecc.) che per produrre energia elettrica. Naturalmente, questa proposta di qualifiche e titoli richiede un confronto con le parti sociali per realizzare una validazione che trovi un consenso sia nell’ambito dell’istruzione e formazione professionale sia in quello delle dinamiche dell’eco- nomia e del lavoro. Si presenta di seguito, in rapporto ai titoli di studio che vengono rilasciati al termine dei percorsi di istruzione e formazione professionale, lo schema delle figure professionali previste, sia quelle a carattere polivalente sia quelle di indi- rizzo. La denominazione delle figure di indirizzo riferite alla qualifica professionale prevede comunque alla radice l’espressione “Operatrice/operatore meccanico” poiché si tratta di articolazioni della figura polivalente. 2. Schema dell’offerta formativa I profili previsti per questa comunità sono riproposti di seguito entro una mappa articolata per titoli, denominazioni e figure di indirizzo, nella logica della “filiera” verticale comprendente le figure di qualifica, di diploma e di diploma superiore. 3. Profili per competenze Si presenta di seguito l’elenco dei traguardi formativi di riferimento per la co- munità professionale: – le competenze comuni sono nel carattere normale; 30 – le competenze specifiche della qualifica polivalente della comunità professio- nale sono in grassetto; – le competenze relative al quarto anno di diploma sono in corsivo e grassetto. Competenze della famiglia professionale MECCANICA - Padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comuni- cativa verbale e non verbale in vari contesti. - Leggere, comprendere ed interpretare testi scritti di vario tipo. - Produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi comunicativi. - Utilizzare una lingua straniera per i principali scopi comunicativi ed operativi. - Utilizzare gli strumenti fondamentali per una fruizione consapevole del patrimonio artistico. - Utilizzare e produrre testi multimediali. - Utilizzare le tecniche e le procedure del calcolo aritmetico ed algebrico, rappresentandole anche sotto forma grafica. - Confrontare ed analizzare figure geometriche, individuando invarianti e relazioni. - Individuare le strategie appropriate per la soluzione di problemi. - Analizzare dati ed interpretarli sviluppando deduzioni e ragionamenti sugli stessi anche con l’ausilio di rappresentazioni grafiche, usando consapevolmente gli strumenti di calcolo e le potenzialità offerte da applicazioni specifiche di tipo informatico. - Osservare, descrivere ed analizzare fenomeni appartenenti alla realtà naturale e artificiale e riconoscere nelle sue varie forme i concetti di sistema e di complessità. - Analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni legati alle trasformazioni di energia a partire dall’esperienza. - Avere cura del proprio corpo e praticare il moto e lo sport secondo uno stile di vita equilibrato ed attivo. - Adottare comportamenti preventivi a tutela della salute e della sicurezza propria e altrui nei vari con- testi domestici, scolastici, sociali e professionali. - Assicurare la qualità del proprio lavoro in coerenza con i requisiti e le procedure previste. - Utilizzare gli strumenti informatici e telematici ed essere consapevole delle potenzialità delle tecno- logie rispetto al contesto culturale e sociale in cui vengono applicate. - Comprendere il cambiamento e la diversità dei tempi storici in una dimensione diacronica attraverso il confronto fra epoche e in una dimensione sincronica attraverso il confronto tra aree geografiche e cul- turali. - Collocare l’esperienza personale in un sistema di regole fondato sul reciproco riconoscimento dei diritti garantiti dalla Costituzione a tutela della persona, della collettività e dell’ambiente. - Riconoscere i tratti caratteristici della cultura italiana ed europea nelle sue radici giudaico-cristiane, ri- conoscere il valore delle grandi religioni ed il loro patrimonio spirituale, cogliere l’importanza del con- fronto e della cooperazione tra culture diverse. - Riconoscere gli elementi costitutivi della propria identità etico-religiosa. - Orientarsi nel tessuto produttivo, economico e professionale del proprio territorio, cogliere il valore etico delle scelte economiche e delle loro conseguenze, orientarsi nel mercato del lavoro. - Gestire gli atti amministrativi fondamentali della vita quotidiana e professionale. - Imparare ad imparare. - Collaborare e partecipare. - Agire in modo autonomo e responsabile. - Esprimere un progetto personale di vita e di lavoro come dono e servizio al bene di tutti e di ciascuno. - Realizzare lavorazioni di aggiustaggio e assemblaggio al banco utilizzando appropriate procedure e attrezzature. - Eseguire la preparazione della macchina nel rispetto delle disposizioni tecniche. - Costruire e/o assemblare particolari e complessivi meccanici utilizzando macchine utensili tradi- zionali. - Eseguire lavorazioni su lamiera e realizzare giunti saldati tramite processi di saldatura. - Interpretare e realizzare il disegno tecnico. - Produrre particolari attraverso l’interpretazione del disegno tecnico, la scelta dei materiali e degli strumenti adeguati per la realizzazione di un complessivo. (segue) 31 COSTRUTTORE SU MACCHINE UTENSILI - Utilizzare software CAD per la realizzazione di disegni finalizzati alla lavorazione di pezzi alle mac- chine utensili tradizionali e a controllo numerico. - Interpretare e redigere un programma per le lavorazioni su torni e centri di lavoro a controllo numerico con eventuali cenni a software CAM. - Realizzare particolari e/o complessivi utilizzando macchine utensili a controllo numerico, effettuando controlli e misurazioni. - Eseguire il collaudo dimensionale dei particolari meccanici realizzati, eventualmente con l’utilizzo di macchine di misura computerizzate. MONTATORE MANUTENTORE - Realizzare semplici impianti di automazione in logica pneumatica, elettropneumatica e oleodinamica sulla base di uno schema funzionale assegnato. - Redigere la distinta base e provvedere ai particolari necessari per il montaggio del sistema. - Utilizzare appropriate procedure per montare e adattare particolari, gruppi meccanici, elettropneumatici e oleodinamici. - Eseguire il collaudo per valutare la conformità / efficienza del sistema assemblato. - Leggere ed interpretare il disegno meccanico e semplici schemi oleo-elettropneumatici. SALDOCARPENTIERE - Interpretare documenti tecnici specifici per le lavorazioni di saldocarpenteria. - Eseguire lavorazioni su lamiera con l’utilizzo di macchine da taglio, tranciatura, scantonatura, piegatura e profilatura. - Eseguire collegamenti mediante procedimenti di saldature. - Effettuare controlli e misurazioni sui prodotti realizzati valutando il rispetto delle specifiche costruttive. - Eseguire giunzioni mediante rivettatura e bullonatura dei singoli elementi, sulla base di disegni com- plessivi. - Redigere e interpretare cicli di lavoro/schede tecniche. - Applicare tecniche di misura e di controllo. - Realizzare la manutenzione di attrezzature e macchine utensili. - Utilizzare software applicativi dedicati al processo meccanico. - Controllare e recuperare anomalie, attraverso l’applicazione di procedure e processi. - Collaborare nella fase progettuale di un gruppo/pezzo meccanico, anche utilizzando sistemi CAD, osservando ed applicando le regole della progettazione meccanica. - Gestire la fase esecutiva del gruppo/pezzo meccanico nei suoi aspetti di programmazione, esecu- zione, controllo, monitorando la qualità del prodotto. - Programmare ed eseguire una corretta manutenzione ordinaria delle varie attrezzature e macchine come previsto dal sistema qualità. - Supportare la gestione budget (acquisti dei prelavorati e costi dei prodotti realizzati). - Collaborare con la gestione marketing (supporto tecnico e relazioni con i clienti). - Progettare e posare in opera sistemi a irraggiamento solare. Competenze delle figure professionali di indirizzo della qualifica triennale (segue) 32 SERRAMENTISTA - Interpretare i documenti tecnici per la costruzione ed il montaggio di serramenti. - Rilevare le misure costruttive in cantiere. - Costruire i controtelai in acciaio e serramenti in alluminio e PVC secondo specifiche assegnate, utiliz- zando macchinari e attrezzature appropriate. - Redigere ed interpretare una distinta di taglio per realizzare la lavorazione dei vari profili per la costru- zione di un infisso. - Realizzare e montare i serramenti completi pronti per la posa in opera. - Effettuare controlli e collaudi sui prodotti realizzati nel rispetto della marchiatura CE. - Effettuare la posa in opera dei prodotti realizzati. - Eseguire vetrazione e pannellatura. TERMOIDRAULICO - Impostare piani di installazione di impianti idraulici, termoidraulici e di condizionamento. - Utilizzare strumenti, attrezzature e materiali. - Effettuare la posa in opera e l’adeguamento di impianti esistenti. - Collaudare impianti e apparecchiature. - Manutenere impianti e apparecchiature, effettuare i controllo previsti dalle normative. - Analizzare il fabbisogno energetico degli edifici. - Installare, collaudare e manutenere impianti per il risparmio energetico (fotovoltaico, solare termico, biomasse, ecc.). - Conoscere e applicare la normativa volta al risparmio energetico. - Redigere la certificazione energetica degli edifici. 33 MODELLO FORMATIVO Si presenta di seguito l’elenco dei traguardi formativi di riferimento per il triennio di qualifica professionale e il quarto anno di diploma professionale. Le competenze sono state esplose indicando le abilità/capacità e conoscenze associate ad ogni competenza. Le parti riportate in tondo riguardano aspetti specifici della comunità profes- sionale meccanica, mentre quelle in corsivo si riferiscono al quarto anno di di- ploma. Successivamente si indicano le integrazioni per le specifiche figure professio- nali. 34 1. T ra gu ar di fo rm at iv i ( co mp ete nz e c hia ve di ci tta din an za eu ro pe a) Tr ie nn io d i q ua lif ic a pr o fe ss io na le e Qu art o a nn o d i d ipl om a p rof ess ion ale C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE Pa dr o n eg gi ar e gl i s tr um en ti es pr es siv i e d ar go m en ta tiv i in di sp en sa bi li pe r ge st ir e l’i nt er az io ne c om un ic at iv a v er ba le e n o n v er ba le in v ar i c on te st i - Co m pr en de re il m es sa gg io c on te nu to in u n te sto o ra le . - Co gl ie re le re la zi on i l og ic he tr a l e v ar ie co m po ne nt i d i u n te sto o ra le . - Es po rre in m od o ch ia ro , l og ic o e co er en te re la zi on i, pr es en ta zi on i st ru ttu ra te , e sp er ie nz e vi ss ut e o te sti a sc ol ta ti. - R ic on os ce re d iff er en ti re gi str i c om un ic at iv i d i u n te sto o ra le . - A ffr on ta re m ol te pl ic i s itu az io ni co m un ic at iv e, an ch e i m pr ev ist e e d in co nt es ti no n no ti, sc am bi an do in fo rm az io ni ed id ee p er es pr im er e an ch e il pr op rio p un to d i v ist a. - In di vi du ar e i l p un to d i v ist a e le fi na lit à d el l’a ltr o, in co nt es ti fo rm al i ed in fo rm al i. - Po ss ed er e pr op rie tà d i l in gu ag gi o ad eg ua te a si tu az io ni ri fe rib ili a fa tti d i v ita q uo tid ia na . - Af fro n ta re s itu az io ni c om un ic at iv e an ch e c om pl es se su l p ia no p ro - fes sio na le e r el az io na le si a al l’i nt er no d el l’a zie nd a sia c on c lie nt i e for nit or i. - Pr in ci pa li str ut tu re g ra m m at ic al i d el la li ng ua it al ia na . - Si nt as si e fo ne tic a - El em en ti di b as e de lle fu nz io ni d el la li ng ua . - Le ss ic o fo nd am en ta le p er la g es tio ne d i s em pl ic i c o- m u n ic az io ni o ra li in c on te sti fo rm al i e d in fo rm al i. - Co nt es to , s co po e d es tin at ar io d el la c om un ic az io ne . - Co di ci fo nd am en ta li de lla c om un ic az io ne o ra le , v er - ba le e n on v er ba le . - Pr in ci pi d i or ga ni zz az io ne d el d isc or so d es cr itt iv o, n ar ra tiv o, e sp os iti vo , a rg om en ta tiv o. - Te rm in i t ec ni ci p ro pr i d ei v ar i l in gu ag gi se tto ria li. - Co m un ic az io ne e re la zio ne n ei c on te sti o rg an iz za tiv i e pr o fes sio na li. Le gg er e, c o m pr en de re ed in te rp re ta re te st i s cr itt i d i v ar io ti po - Pa dr on eg gi ar e le st ru ttu re d el la li ng ua p re se nt i n ei te sti . - A pp lic ar e str at eg ie d iv er se d i l et tu ra . - In di vi du ar e na tu ra , f un zi on e e pr in ci pa li sc op i c om un ic at iv i e d es pr es siv i d i u n te sto . - Co gl ie re i ca ra tte ri sp ec ifi ci d i u n te sto le tte ra rio . - Co m pr en de re e d in te rp re ta re te sti d i v ar i t ip ol og ia , a tti va nd o str a- te gi e di c om pr en sio ne d iv er sif ic at e. - Ap pr ez za re te st i a pp ar te ne nt i a lla p ro du zio ne le tte ra ria it al ia na e st ra ni er a di ep oc he ed a ut or i d iv er si, co gl ie nd on e i l m es sa gg io e gl i a sp et ti for ma li, co llo ca nd o l ’op era ne l c on tes to de lla pr o du zio ne de ll’ au to re e d el co nt es to st or ic o le tte ra rio . - Co m pr en de re e u til izz ar e pe r l ’a m bi to la vo ra tiv o te sti p ro fes sio na li, ri vi st e sp ec ia lis tic he , d oc um en ta zio ne te cn ic a e c ap ito la ti. - St ru ttu re e ss en zi al i d ei te sti n ar ra tiv i, es po sit iv i, ar go - m en ta tiv i. - Pr in ci pa li co nn et tiv i l og ic i. - Va rie tà le ss ic al i i n ra pp or to ad am bi ti e c on te sti d iv er si. - Te cn ic he d i l et tu ra a na lit ic a e sin te tic a. - Te cn ic he d i l et tu ra e sp re ss iv a. - D en ot az io ne e c on no ta zi on e. - Pr in ci pa li ge ne ri le tte ra ri, co n pa rti co la re ri fe rim en to al la tr ad iz io ne it al ia na . - Co nt es to st or ic o di ri fe rim en to d i a lc un i a ut or i e d op er e. - A ut or i, op er e e ge ne ri de lla le tte ra tu ra it al ia na . - Pe rs on ag gi , m iti , e ro i d el la le tte ra tu ra . - Pr in ci pa li au to ri, o pe re e g en er i d el la le tte ra tu ra st ra - n ie ra . - St ru m en ti de lla co m un ic az io ne n ei co nt es ti ec on om ic i e pr o fes sio na li. 35 C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE Pr o du rr e te st i d i v ar io ti po in r el az io ne a i d iff er en ti sc o pi c om un ic at iv i - R ic er ca re , a cq ui si re e s el ez io na re in fo rm az io ni g en er al i e s pe ci - fic he in fu nz io ne d el la p ro du zi on e di te sti sc rit ti di v ar io ti po - Pr en de re a pp un ti e re di ge re si nt es i e re la zi on i - R ie la bo ra re in fo rm a ch ia ra le in fo rm az io ni - Pr od ur re te sti c or re tti e c oe re nt i, ad eg ua ti al le d iv er se s itu az io ni co m u n ic at iv e te ne nd o co nt o di e ve nt ua li vi nc ol i r ic hi es ti (sp az io, te m po , f un zi on e). - Co m pi la re c o rr et ta m en te la m od ul ist ic a e pr o du rr e te st i s pe ci fic i de l s et to re (r ep or t, ve rb al i, le tte re , a tti d i a cq ui sto e v en di ta , p ro - sp et ti fin ali zza ti a ll’ org an iz za zi on e de l l av or o … ). - El em en ti st ru ttu ra li di u n te sto s cr itt o co er en te e co es o . - U so d ei d iz io na ri. - M od al ità e te cn ic he d el le d iv er se fo rm e di p ro du zi on e sc rit ta : r ia ss un to , l et te ra , r el az io ni , a rti co lo , s cr itt ur a cr ea tiv a… - Fa si de lla p ro du zi on e sc rit ta : p ia ni fic az io ne , s te su re e re v isi on i. - M od ul ist ic a pr o pr ia d el c on te sto e co no m ic o e pr o fes - si on al e. U til iz za re u n a li ng ua st ra - n ie ra p er i p ri nc ip al i s co pi co m u n ic at iv i e d op er at iv i - Co m pr en de re i pu nt i p rin ci pa li di m es sa gg i e d an nu nc i s em pl ic i e ch ia ri su a rg om en ti di in te re ss e pe rs on al e, q uo tid ia no , s oc ia le o pr of es sio na le . - R ic er ca re in fo rm az io ni a ll’ in te rn o di te sti d i b re ve e ste ns io ne , d i in te re ss e pe rs on al e, q uo tid ia no , s oc ia le o p ro fe ss io na le . - D es cr iv er e in m an ie ra s em pl ic e es pe rie nz e ed e ve nt i r el at iv i a l- l’a m bi to p er so na le , s oc ia le e p ro fe ss io na le . - U til iz za re in m od o ad eg ua to le st ru ttu re g ra m m at ic al i. - In te ra gi re in c on ve rs az io ni b re vi e s em pl ic i s u te m i d i i nt er es se pe rs on al e, q uo tid ia no , s oc ia le o p ro fe ss io na le . - U til iz za re il re gi str o fo rm al e e in fo rm al e ne lle c on ve rs az io ni . - Sc riv er e br ev i t es ti di in te re ss e pe rs on al e, q uo tid ia no , s oc ia le o pr of es sio na le . - Sc riv er e co rre tta m en te s em pl ic i t es ti su te m at ic he c oe re nt i c on i p er co rs i d i s tu di o e pr of es sio na le . - R ifl et te re s ui p ro pr i a tte gg ia m en ti in ra pp or to a ll’ al tro in c on te sti m u lti cu ltu ra li. - Es pr im er si ut ili zz an do la li ng ua st ra ni er a co m e m ez zo d i c om un i- ca zi on e ad ot ta to in c on te sti m ul tie tn ic i. - Tr ad ur re d al la l in gu a str an ie ra a lla l in gu a ita lia na e v ic ev er sa br ev i t es ti sc rit ti e or al i. - Co m pr en de re e a n a liz za re a sp et ti cu ltu ra li sig ni fic ati vi de i P ae si di li ng ua in gl es e e m et te rli a c on fro n to c on q ue lli ti pi ci d el n os tro Pa es e. - Le ss ic o di b as e su a rg om en ti di v ita q uo tid ia na , s o- ci al e e pr of es sio na le . - U so d el d iz io na rio b ili ng ue . - R eg ol e gr am m at ic al i f on da m en ta li. - Co rre tta p ro nu nc ia d i u n re pe rto rio d i p ar ol e e fra si m em o riz za te d i u so c om un e. - Se m pl ic i m od al ità d i s cr itt ur a: m es sa gg i b re vi , l et te ra in fo rm al e. - Cu ltu ra e c iv ilt à de i P ae si di c ui si st ud ia la li ng ua . - St ru m en ti de lla c om un ic az io ne in li ng ua st ra ni er a ne i co n te st i e co no m ic i e p ro fes sio na li. 36 C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE U til iz za re g li st ru m en ti fo nd am en ta li pe r u n a fr ui zi on e co n sa pe vo le de l p at ri m on io a rt ist ic o - R ic on os ce re e d ap pr ez za re le o pe re d ’a rte . - U til iz za re g li str um en ti ch e ca ra tte riz za no il li ng ua gg io d el l’o pe ra d’ ar te e d il va lo re d el p at rim on io a rti sti co e d am bi en ta le . - Ri co no sc er e le p rin ci pa li for me di es pre ss io ne a rt is tic a ed i lo ro a u to ri . - El em en ti fo nd am en ta li pe r l a le ttu ra /a sc ol to d i u n’ o- pe ra d ’a rte (p itt ura , a rch ite ttu ra, p las tic a, fo tog raf ia, fil m , m us ic a… ). - Pr in ci pa li for me di es pre ss io ne a rt is tic a ed a ut or i p iù ri le va nt i. U til iz za re e p ro du rr e te st i m u lti m ed ia li - Co m pr en de re i pr od ot ti e i m es sa gg i d el la c om un ic az io ne a ud io - v isi va . - El ab or ar e pr od ot ti m ul tim ed ia li (te sti , i mm ag ini , s uo ni, e cc .), an ch e co n te cn ol og ie d ig ita li. - Ri co no sc er e d iv er si co di ci e str um en ti co m un ic at iv i p ro pr i d el la co - m u n ic az io ne n on v er ba le e ut ili zz ar li in re la zi on i a i d iv er si co nt es ti. - Co lla bo ra re a lla g es tio ne d el le p ag in e we b di p re se n ta zi on e de lla pr o pr ia a zi en da (o ut- lin e a zie nd ale ). - Pr in ci pa li co m po ne nt i s tru ttu ra li ed e sp re ss iv e di u n pr od ot to a ud io vi siv o. - A pp lic az io ni p er l’ el ab or az io ne a ud io e v id eo . - Co m un ic az io ne te le m at ic a. - Te cn ic he d i w eb d es ig n. U til iz za re le te cn ic he e le p ro ce du re d el c al co lo a ri tm et ic o ed a lg eb ri co , ra pp re se n ta nd ol e a n ch e so tto fo rm a gr af ic a - A cq ui sir e il co nc et to lo gi co -m at em at ic o op er at iv o e sa pe r r el az io - n ar e tr a gl i e le m en ti di u no s te ss o sis te m a e tra i di ve rs i s ist em i n u m er ic i. U til iz za re le d iv er se n ot az io ni e sa pe r c on ve rti re d a un a al l’a ltr a (da fr az ion i a d ec im ali , d a f raz ion i a pp are nti ad in ter i, da p er ce nt ua li a fra zi on i… ). - Co m pr en de re il s ig ni fic at o di p ot en za , s ap er c al co la re le p ot en ze e sa pe re u til iz za re le lo ro p ro pr ie tà . - R iso lv er e br ev i e sp re ss io ni n ei d iv er si in sie m i n um er ic i p er v en ire al le so lu zi on i d i u n pr ob le m a at tra ve rs o la fo rm al iz za zi on e e la ri - so lu zi on e di u n’ es pr es sio ne a nc he c on l’ ut ili zz o de lla c al co la tri ce . - Tr ad ur re b re vi is tru zi on i i n se qu en ze s im bo lic he (a nc he co n ta- be lle ); ris olv ere se qu en ze d i o pe raz ion i e p rob lem i s os tit ue nd o al le v ar ia bi li le tte ra li i v al or i n um er ic i. - Co m pr en de re il s ig ni fic at o lo gi co -o pe ra tiv o di r ap po rto e g ra n- de zz a de riv at a; im po sta re u gu ag lia nz e di r ap po rti p er r iso lv er e pr ob le m i d i p ro po rz io na lit à e pe rc en tu al e; ri so lv er e se m pl ic i p ro - bl em i d ire tti e d in ve rs i. - Co m pr en de re il c on ce tto d i e qu az io ne . - R iso lv er e eq ua zi on i d i p rim o gr ad o e ve rif ic ar e la c or re tte zz a de i pr oc ed im en ti ut ili zz at i m ed ia nt e la so lu zi on e ot te nu ta . - G li in sie m i nu m er ic i N , Z, Q , R ; r ap pre sen taz ion i, o pe ra zi on i, or di na m en to . - I s ist em i d i n um er az io ne . - Es pr es sio ni a lg eb ric he ; p rin ci pa li op er az io ni . - Eq ua zi on i e d ise qu az io ni d i p rim o gr ad o. - Si ste m i d i e qu az io ni e d ise qu az io ni d i p rim o gr ad o. - Eq ua zi on i e d ise qu az io ni d i s ec on do g ra do . - Se m pl ic i e qu az io ni d i g ra do su pe rio re a l s ec on do . - Si ste m i d i e qu az io ni d i s ec on do g ra do . - U so d el c al co la to re . - Pr o gr es si on i a ri tm et ic he . - No zio ni d i c al co lo c om bi na to rio (d isp os izi on i, p erm u- ta zi on i, co m bi na zio ni ). - D efi niz ion e d i lo ga rit mo e su e p rop ri et à. 37 C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE - R ap pr es en ta re g ra fic am en te e qu az io ni d i p rim o gr ad o. R iso lv er e si st em i d i e qu az io ni d i p rim o gr ad o ap pl ic an do d iv er si m et od i. Ve rif ic ar ne la c or re tte zz a de i r isu lta ti. - Co m pr en de re il c on ce tto d i f un zi on e. - R is ol ve re e qu az io ni d i s ec on do g ra do e v er ifi ca re la c or re tte zz a de i p ro ce di m en ti ut ili zz at i m ed ia nt e la so lu zi on e ot te nu ta . - R ap pr es en ta re g ra fic am en te e qu az io ni d i s ec on do g ra do . - Ri co no sc er e l e ra pp re se n ta zi on i de i nu m er i co m pl es si e sa pe r o pe ra re c o n e ss i. - Ef fet tua re o pe ra zi on i s ui v et to ri . - Ca lc ol ar e so m m e e pr o do tti d i m at ric i. U til izz ar e m a tr ic i e d et er - m in an ti pe r l a ris ol uz io ne d i s ist em i l in ea ri. - U til izz ar e st ru m en ti m at em at ic i d i v ar ia n at ur a ne lle p ro c e du re di m at em at izz az io ne d i r ea ltà c he si p re se n ta no in c on te st i p ro fes - si on al i. - U sa re in m od o ad eg ua to e d ap pr o pr ia to il c al co la to re . C on fr o n ta re ed a na liz za re fig ur e ge om et ri ch e, in di vi du an do in va ri an ti e re la zi on i - Ri co no sc er e i p rin ci pa li en ti, fi gu re e lu og hi g eo m et ric i e d es cr iv er li co n li ng ua gg io c om un e. - In di vi du ar e le c ar at te ris tic he e le p ro pr ie tà e ss en zi al i d el le fi gu re pi an e e so lid e e ric on os ce rle in si tu az io ni c on cr et e. - D ise gn ar e fig ur e ge om et ric he c on s em pl ic i t ec ni ch e gr af ic he e d o pe ra tiv e. - A pp lic ar e le p rin ci pa li fo rm ul e re la tiv e al le f ig ur e ge om et ric he pi an e e so lid e. - R ic on os ce re e d ap pl ic ar e le p rin ci pa li fo rm ul e re la tiv e ai p un ti, re tte e c on ic he (s em pli ci) ne l p ian o c art esi an o. - R iso lv er e s em pl ic i p ro bl em i d i v ar ia n at ur a m ed ia nt e p er co rs i g eo - m et ric i e ri pe rc or re rn e le p ro ce du re d i s ol uz io ne . - In di vi du ar e “ ip ot es i” e “t es i” d i u na d im os tra zio ne , c om pr en de rn e i p ri nc ip al i p as sa gg i l og ic i. - G li en ti fo nd am en ta li de lla g eo m et ria e il sig ni fic at o de i te rm in i: as sio m a, te or em a, d ef in iz io ne . - Il pi an o eu cl id eo ; r el az io ni tr a re tte ; c on gr ue nz a di fig ur e; p ol ig on i e lo ro p ro pr ie tà . - Ci rc on fe re nz a e ce rc hi o. - M is ur a di g ra nd ez ze ; gr an de zz e in co m m en su ra bi li; pe rim et ro e a re a de i p ol ig on i. - Te o re m i d i E uc lid e e di P ita go ra . - Te o re m a di T al et e e su e co ns eg ue nz e. - Il m et od o de lle c oo rd in at e; il p ia no c ar te sia no . - In te rp re ta zi on e ge om et ric a de i s ist em i d i e qu az io ni . - Eq ua zi on e de lla re tta n el p ia no c ar te sia no - Tr as fo rm az io ni g eo m et ric he el em en ta ri e l or o in va ria nt i. - Pr o gr es si on i g eo m et ri ch e. In di vi du ar e le st ra te gi e a pp ro pr ia te p er la so lu zi on e de i p ro bl em i - Pr og et ta re u n pe rc or so ri so lu tiv o str ut tu ra to in ta pp e. - Fo rm al iz za re il p er co rs o di s ol uz io ne d i u n pr ob le m a at tra ve rs o m o de lli a lg eb ric i e g ra fic i. - Le fa si ris ol ut iv e d i u n pr ob le m a e lo ro ra pp re se nt az io ni co n d ia gr am m i. - Pr in ci pa li ra pp re se nt az io ni m at em at ic he d i u n og ge tto . 38 C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE - Co nv al id ar e i r isu lta ti co ns eg ui ti sia e m pi ric am en te s ia s tru ttu ra l- m en te . - Tr ad ur re d al li ng ua gg io n at ur al e al li ng ua gg io a lg eb ric o e vi ce - v er sa . - Fa re s ce lte c on sa pe vo li ne lle d iv er se si tu az io ni p ro bl em at ic he d el co n te st o la vo ra tiv o ap pl ic an do id on ee st ra te gi e m at em at ic he . - Te cn ic he ri so lu tiv e di u n pr ob le m a ch e ut ili zz an o fra - zi on i, pr op or zi on i, pe rc en tu al i, fo rm ul e ge om et ric he , eq ua zi on i e d ise qu az io ni d i p rim o gr ad o. - Pr in ci pa li pr o bl em at ic he d el co nt es to la vo ra tiv o e l or o po ss ib ili so lu zio ni . A na liz za re d at i ed in te rp re ta rl i s vi lu pp an do de du zi on i e r ag io na m en ti su gl i s te ss i a nc he co n l’ au sil io di r ap pr es en ta zi on i g ra fic he , u sa n do c on sa pe vo lm en te gl i s tr um en ti di c al co lo e le p ot en zi al ità o ffe rt e da a pp lic az io ni sp ec ifi ch e di ti po in fo rm at ic o - R ac co gl ie re , o rg an iz za re e ra pp re se nt ar e un in sie m e di d at i. - R ap pr es en ta re c la ss i d i d at i m ed ia nt e ist og ra m m i e d ia gr am m i a to rt a. - Le gg er e e in te rp re ta re ta be lle e gr af ic i t ra d at i c or re la ti. C os tru zi on e di g ra fic i. - R ic on os ce re u na re la zi on e t ra v ar ia bi li in te rm in i d i p ro po rz io na lit à di re tta o in ve rs a e fo rm al iz za rla at tra ve rs o un a f un zi on e m at em at ic a. - R ap pr es en ta re su l p ia no c ar te sia no il g ra fic o di u na fu nz io ne . - In te rp re ta re d at i s ta tis tic i p er c os tru ire p ro gr am m i p ro ba bi lis tic i d i ev en ti. - Va lu ta re l’ or di ne d i g ra nd ez za d i u n ris ul ta to . - El ab or ar e e ge st ire s em pl ic i c al co li at tra ve rs o un fo gli o e let tro n ic o. - El ab or ar e e ge st ire u n fo gli o e let tro n ic o pe r r ap pr es en ta re in fo rm a gr afi ca i r isu lta ti d ei ca lco li e seg uit i. - Si gn ifi ca to d i a na lis i e o rg an iz za zi on e d i d at i n um er ic i. - Il pi an o ca rte sia no e il c on ce tto d i f un zi on e. - Fu nz io ni d i p ro po rz io na lit à di re tta , i nv er sa e r el at iv i gr af ic i, fu nz io ne li ne ar e. - In ce rte zz a di u na m isu ra e c on ce tto d i e rro re . - La n ot az io ne sc ie nt ifi ca p er i nu m er i r ea li. - Il co nc et to e i m et od i d i a pp ro ss im az io ne . - I n um er i “ m ac ch in a” . - Il co nc et to d i a pp ro ss im az io ne . - Se m pl ic i a pp ro ss im az io ni c he c on se nt on o di c re a re e d el ab or ar e u n fo gli o e let tro n ic o co n le fo rm ule gr afi ch e co rr is po nd en ti. O ss er va re , de sc ri ve re ed a na liz za re fe no m en i a pp ar te ne nt i a lla r ea ltà n a tu ra le e a rt ifi ci al e e ri co no sc er e n el le su e va ri e fo rm e i c on ce tti d i s ist em a e di c om pl es sit à - R ac co gl ie re d at i a ttr av er so l’ os se rv az io ne d ire tta d ei fe no m en i n a- tu ra li (fi sic i c him ici , b iol og ici , g eo log ici , e cc … ) o de gli og ge tti ar- tif ic ia li o la c on su lta zi on e di te sti e m an ua li o m ed ia . - U til iz za re le m isu re a pp ro pr ia te . - U til iz za re i pr in ci pa li pr og ra m m i s of tw ar e. - U til iz za re cl as sif ic az io ni , g en er al iz za zi on i e /o sc he m i l og ic i p er ri - co n o sc er e e ra pp re se nt ar e il m od el lo d i r ife rim en to . - R ic on os ce re e d ef in ire i pr in ci pa li as pe tti d i u n ec os ist em a, le re la - zi on i c he in te rc or ro no tr a il m on do d ei v iv en ti co n l’a m bi en te . - A na liz za re u n og ge tto o u n sis te m a a rti fic ia le in te rm in i d i f un zi on e o d i a rc hi te ttu ra . - G ra nd ez za fi sic a, m isu ra e su a ap pr os sim az io ne . - Er ro re su lla m isu ra . - Pr in ci pa li str um en ti e te cn ic he d i m isu ra zi on e. - Fo nd am en ta li m ec ca ni sm i d i c at al og az io ne - Si ste m a e co m pl es sit à. - Sc he m i l og ic i e d a b lo cc hi , d ia gr am m i, ta be lle e gr af ic i. - Pr in ci pa li so ftw ar e de di ca ti. - Se m pl ic i s ch em i p er p re se nt ar e co rre la zi on i t ra le v a- ria bi li di u n fe no m en o ap pa rte ne nt e al l’a m bi to sc ie nt i- fic o ca ra tte ris tic o de l p er co rs o fo rm at iv o. - Ec os ist em a. 39 C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE - A na liz za re i fe no m en i c hi m ic i e la st ru ttu ra d el la m at er ia . - R ic on os ce re e de fin ire le ca ra tte ris tic he d el p ia ne ta T er ra e d ei co rp i ce le sti . - In di vi du ar e, co n la g ui da d el d oc en te , u na p os sib ile in te rp re ta zi on e de i d at i i n ba se a se m pl ic i m od el li. - O rg an iz za re e ra pp re se nt ar e i d at i r ac co lti , d es cr iv er e r az io na lm en te i f en om en i i nd iv id ua ti e pr es en ta re i ris ul ta ti de ll’ an al isi . - Es se re c on sa pe vo li de l r uo lo c he i pr oc es si te cn ol og ic i g io ca no n el la m od ifi ca d el l’a m bi en te c he c i c irc on da c on sid er at o co m e si- st em a. - Ri co no sc er e in m od o ap pr o fon dit o i fe no me ni ch im ici - f isi ci de i p ro- ce ss i i ne re n ti la p ro pr ia c om un ità p ro fes sio na le. - G eo sf er a, id ro sf er a ed a tm os fe ra te rre str e. - Im pa tto a m bi en ta le e li m iti d i t ol le ra nz a. - Es se re v iv en te e d ev ol uz io ne . - Sv ilu pp o so st en ib ile . - A to m o, m ol ec ol a, c om po sto e le ga m e ch im ic o. - In pu t e d ou tp ut d i u n sis te m a ar tif ic ia le . - Co rp i c el es ti. A na liz za re q ua lit at iv am en te e qu an tit at iv am en te fe no m en i l eg at i a lle tr as fo rm az io ni di e ne rg ia a p ar tir e da ll’ es pe ri en za - In te rp re ta re u n fe no m en o na tu ra le o u n sis te m a a rti fic ia le d al p un to di v ist a e ne rg et ic o di sti ng ue nd o le v ar ie tr as fo rm az io ni d i e ne rg ia in ra pp or to a lle le gg i c he le g ov er na no . - Av er e la co ns ap ev ol ez za d ei p os sib ili im pa tti su ll’ am bi en te n at ur al e de i m od i d i p ro du zi on e e di u til iz za zi on e de ll’ en er gi a ne ll’ am bi to qu ot id ia no . - In di vi du ar e i v an ta gg i e co no m ic i e so ci al i d i i m pi an ti en er ge tic i r in - n o va bi li e s os te ni bi li e d el in ea re s o lu zio ni re la tiv e a l c on te sto a zie n- da le . - Sv ilu pp o so st en ib ile . - Sc he m i a b lo cc hi . - In pu t-o ut pu t d i u n sis te m a ar tif ic ia le . - D ia gr am m i e sc he m i l og ic i a pp lic at i a i f en om en i o ss er - v at i. - Co nc et to d i c al or e e di te m pe ra tu ra . - Li m iti d i s os te ni bi lit à de lle v ar ia bi li di u n ec os ist em a. - Im pi an ti en er ge tic i r in no va bi li. Av er e cu ra d el p ro pr io co rp o e pr at ic ar e il m ot o e lo sp or t s ec on do u no st ile d i v ita e qu ili br at o ed a tti vo - Es se re c on sa pe vo li de lla p ro pr ia re al tà p er so na le d al p un to d i v ist a de l b en es se re fi sio lo gi co e p sic ol og ic o. - R ic on os ce re i ris ch i c on ne ss i a d un d iso rd in at o sti le d i v ita . - Pr at ic ar e un o sti le d i v ita e qu ili br at o e di na m ic o. - Pr at ic ar e lo s po rt in m od o co rre tto e d ad eg ua to a lla p ro pr ia re al tà pe rs on al e. - Pr in ci pi d i f isi ol og ia d el c or po u m an o. - Co nc et ti fo nd am en ta li di ig ie ne /sa lu te , a lim en ta zi on e, se ss u al ità /a ffe tti vi tà . - Pr in ci pi e le m en ta ri di p sic ol og ia . - R isc hi co nn es si al l’u so d i s os ta nz e e d a c om po rta m en ti di so rd in at i. - Te cn ic he m o to rie . - Pr at ic he sp or tiv e. 40 C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE A do tta re co m po rt am en ti pr ev en tiv i a tu te la de lla sa lu te e d el la si cu re zz a pr o pr ia e a ltr ui n ei v ar i co n te st i d om es tic i, sc ol as tic i, so ci al i e p ro fe ss io na li - Es se re co ns ap ev ol i d ei fa tto ri di ri sc hi o e p er ic ol o pr es en ti ne lla v ita do m es tic a, so ci al e e sc ol as tic a e d ad ot ta re co m po rta m en ti ris pe tto si de lla sa lu te e d el la si cu re zz a pe r s é e pe r g li al tri . - Id en tif ic ar e le c on di zi on i d i s ic ur ez za e sa lu br ità d eg li am bi en ti di la vo ro , n el ri sp et to d eg li ob bl ig hi p re vi sti d al la n or m at iv a vi ge nt e, in di vi du an do i c om po rta m en ti da ad ot tar e i n sit ua zio ni d i e m er ge nz a. - Sa pe r p ra tic ar e in te rv en ti ba sil ar i d i p rim o so cc or so . - Ad ot ta re in di vi du al m en te i pr in ci pi d el l’e rg on om ia p er p re ve n ire e co n tr as ta re s tr es s, a ffa tic am en to e m ala ttie pr o fes sio na li. - Re di ge re d oc um en ti re la tiv i a lle n or m e di si cu re zz a de gl i i m pi an ti re a liz za ti o de i m ac ch in ar i i n us o ne ll’ az ie nd a. - Fa tto ri di r isc hi o pr es en ti ne lla v ita d om es tic a, n el la v ita so ci al e e ne l c on te sto sc ol as tic o. - N or m e pe r l a pr ev en zi on e e sic ur ez za n el la v ita d om e- st ic a, so ci al e, sc ol as tic a - N or m e pe r l a pr ev en zi on e e la si cu re zz a ne l l av or o. - Te cn ic he d i p re ve nz io ne e si cu re zz a. - El em en ti ba sil ar i d i p rim o so cc or so . - Er go no m ia . - Pr o ce du re p er la si cu re zz a. A ss ic ur ar e la q ua lit à de l p ro pr io la vo ro in c oe re n za c o n i re qu isi ti e le p ro ce du re p re v ist e - Co m pr en de re le co ns eg ne o ra li e s cr itt e r el at iv e a i p ro pr i c om pi ti ed i r el at iv i r eq ui sit i d i q ua lit à. - A sc ol ta re in m od o at te nt o e d isp on ib ile le es ig en ze d eg li in te rlo cu - to ri e de i c lie nt i. - R ic on os ce re i l se ns o e la r ile va nz a de l pr op rio c om pi to e nt ro l’o rg an iz za zi on e. - Ve rif ic ar e e v al ut ar e l e p ro pr ie p ra tic he d i l av or o ed i re la tiv i o ut pu t. - G es tir e in a ut on om ia le n on c on for mi tà e l e a zio ni co rre tti ve /p re - ve n tiv e re la tiv e ai p ro pr i c om pi ti. - Pe rs eg ui re il m ig lio ra m en to c on tin ua tiv o de lle p ro pr ie p ra tic he d i la vo ro . - M et od ol og ie d i l et tu ra e d as co lto d el le c on se gn e e de i co m pi ti. - O rg an iz za zi on e de l l av or o. - Si ste m i d i g es tio ne d el la q ua lit à. - Pr oc ed ur e di d oc um en ta zi on e de l l av or o. - Pr oc ed ur e di v er ifi ca e v al ut az io ne . - Te cn ic he d i m ig lio ra m en to d el la q ua lit à. U til iz za re g li st ru m en ti in fo rm at ic i e te le m at ic i ed e ss er e co n sa pe vo le d el le po te nz ia lit à de lle te cn ol og ie ri sp et to a l c on te st o cu ltu ra le e so ci al e in c ui v en go no a pp lic at e - R ic on os ce re i l ru ol o de lla t ec no lo gi a ne lla v ita q uo tid ia na e n el l’e co no m ia d el la so ci et à. - Sa pe r c og lie re le in te ra zi on i t ra es ig en ze d i v ita e pr oc es si te cn ol o- gi ci . - A do tta re se m pl ic i p ro ge tti p er la ri so lu zi on e di p ro bl em i p ra tic i. - Sa pe r sp ie ga re i l pr in ci pi o di f un zi on am en to e la s tru ttu ra d ei pr in ci pa li di sp os iti vi fi sic i e so ftw ar e. - U til iz za re le fu nz io ni d i b as e d ei so ftw ar e p iù co m un i p er p ro du rre te st i e co m un ic az io ni m ul tim ed ia li, ca lc ol ar e e ra pp re se nt ar e d at i, di - se gn ar e, ca ta lo ga re in fo rm az io ni , c er ca re in fo rm az io ni e co m un ic ar e in re te . - St ru ttu re c on ce ttu al i d i b as e de l s ap er e te cn ol og ic o. - Fa si di u n pr oc es so te cn ol og ic o (se qu en za de lle op era - zi on i: da lla “ id ea a l p ro do tto ”). - Il m et od o de lla p ro ge tta zi on e. - A rc hi te ttu ra d ei c om pu te r. - St ru ttu ra d i i nt er ne t. - St ru ttu ra g en er al e e op er az io ni c om un i ai d iv er si pa cc he tti a pp lic at iv i (ti po log ia di me nù , o pe raz ion i di e di zi on e, c re az io ne e c on se rv az io ne d ei d oc um en ti, ec c. ). 41 C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE - U til izz ar e le p ot en zia lit à off ert e d a ap pli ca zio ni sp ec ific he p er o rg an izz ar e e ge sti re in m an ie ra in for ma tiz zat a l e a ttiv ità di un a p ic- co la a zie nd a. - O pe ra zi on i s pe ci fic he d i b as e di a lc un i d ei p ro gr am m i ap pl ic at iv i p iù c om un i. C om pr en de re il ca m bi am en to e la d iv er sit à de i t em pi st or ic i in u na d im en sio ne di ac ro n ic a at tr av er so il co nf ro n to fr a ep oc he e in u na d im en sio ne sin cr o n ic a at tr av er so il co nf ro n to tr a ar ee ge og ra fic he e c ul tu ra li - R ic on os ce re le d im en sio ni d el te m po e de llo sp az io at tra ve rs o l’o s- se rv az io ne d i e ve nt i s to ric i e d ar ee g eo gr af ic he . - Co llo ca re i pi ù ril ev an ti ev en ti sto ric i a ffr on ta ti se co nd o le c oo rd i- n at e sp az io -te m po . - Id en tif ic ar e g li el em en ti m ag gi or m en te si gn ifi ca tiv i p er co nf ro nt ar e ar ee e p er io di d iv er si. - Co m pr en de re il ca m bi am en to in re la zi on e a gl i u si, al le ab itu di ni , a l v iv er e q uo tid ia no n el co nf ro nt o co n la p ro pr ia es pe rie nz a p er so na le e pr of es sio na le . - Le gg er e an ch e in m od al ità m ul tim ed ia le le d iff er en ti fo nt i l et te ra - rie , i co no gr af ic he , d oc um en ta rie , c ar to gr af ic he ri ca va nd on e in fo r- m az io ni su ev en ti sto ric i d i d iv er se ep oc he e di ffe re nt i a re e g eo gr a- fic he . - In di vi du ar e i p rin ci pa li m ez zi e st ru m en ti ch e ha nn o ca ra tte riz za to l’i nn ov az io ne te cn ic o- sc ie nt ifi ca n el c or so d el la s to ria , c on p ar ti- co la re ri fe rim en to a l s et to re p ro fe ss io na le sp ec ifi co . - Ri co no sc er e n el le vi ce nd e p ol iti ch e e so ci al i d eg li ul tim i 5 0 an ni , d i cu i es is to no t es tim on i e do cu m en ti a liv el lo te rr ito ria le , r ifle ssi de lla st or ia n az io na le e in te rn az io na le . - Co m pr en de re e d ap pr o fon dir e le p rin ci pa li qu es tio ni re la tiv e a l fe - n o m en o d el la g lo ba liz za zio ne e d i p rin ci pa li ris ch i p er la p ac e m o n di al e. - Ri co no sc er e le p rin ci pa li ta pp e sto ric he e le e vo lu zio ni te cn ol og i- ch e de lla co m un ità p ro fes sio na le di ap pa rte ne nz a. - Pe rio di zz az io ni fo nd am en ta li de lla st or ia m on di al e. - Pr in ci pa li fe no m en i s to ric i e le co or di na te sp az io -te m po ch e li de te rm in a. - Pr in ci pa li fe no m en i s oc ia li, e co no m ic i c he c ar at te riz - za n o il m on do c on te m po ra ne o, a nc he in re la zi on e al le di ve rs e cu ltu re e a lle v ic en de st or ic he d el p as sa to . - Co no sc er e i p rin ci pa li ev en ti ch e co ns en to no d i c om - pr en de re la re al tà n az io na le e d eu ro pe a. - Pr in ci pa li sv ilu pp i s to ric i c he h an no co in vo lto il p ro pr io te rr ito rio e la p ro pr ia p ro fe ss io ne . - D iv er se ti po lo gi e di fo nt i. - Pr in ci pa li ta pp e de llo s vi lu pp o, d el l’i nn ov az io ne te c- n ic o- sc ie nt ifi ca e de lla co ns eg ue nt e i nn ov az io ne te cn o- lo gi ca , c on p ar tic ol ar e rif er im en to a l s et to re p ro fe ss io - n al e sp ec ifi co . - L’ Ita lia , l ’E ur o pa e le p ot en ze m on di al i n eg li ul tim i 5 0 a n n i. - Pr o bl em at ic he d el la g lo ba liz za zio ne e ris ch i p er la p ac e m o n di al e. - Ta pp e st or ic he d el la c om un ità p ro fes sio na le di ap pa r- te ne nz a. 42 C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE C ol lo ca re l’ es pe ri en za pe rs on al e in u n sis te m a di r eg ol e fo nd at o su l r ec ip ro co r ic on os ci m en to de i d ir itt i g ar an tit i da lla C os tit uz io ne a tu te la de lla p er so na , de lla c ol le tti vi tà e de ll’ am bi en te - Co m pr en de re le ca ra tte ris tic he fo nd am en ta li de i p rin ci pi d el le re go le de lla C os tit uz io ne it al ia na . - In di vi du ar e l e c ar at te ris tic he es se nz ia li de lla n or m a g iu rid ic a e co m - pr en de rle a pa rti re d al le p ro pr ie es pe rie nz e e d al co nt es to sc ol as tic o- fo rm at iv o. - Id en tif ic ar e i d iv er si m od el li ist itu zi on al i d i o rg an iz za zi on e s oc ia le e le p rin ci pa li re la zi on i t ra p er so na -fa m ig lia -s oc ie tà -S ta to . - Ri co no sc er e l e f un zi on i d i b as e d el lo S ta to , d el le R eg io ni e de gl i E nt i Lo ca li ed e ss er e in g ra do d i r iv ol ge rs i, pe r l e pr op rie n ec es sit à, a i pr in ci pa li se rv iz i d a es si er og at i. - Id en tif ic ar e il ru ol o de lle Is tit uz io ni e ur op ee e d ei p rin ci pa li or ga - n ism i d i c oo pe ra zi on e i nt er na zi on al e e ri co no sc er e l e o pp or tu ni tà o f- fe rte al la p er so na , a lla sc uo la , a l s ist em a f or m at iv o e a gl i a m bi ti te r- rit or ia li di a pp ar te ne nz a. - A do tta re n el la v ita q uo tid ia na co m po rta m en ti re sp on sa bi li pe r l a t u- te la d el l’a m bi en te e de lle ri so rs e n at ur al i, ric on os ce nd ol i c om e b en e co m u n e. - Ri co no sc er e la le gi sla zio ne e le n or m e sp ec ific he de lla co mu nit à pr o fes sio na le di ap pa rte ne nz a. - Co sti tu zi on e ita lia na . - O rg an i d el lo S ta to e lo ro fu nz io ni p rin ci pa li. - Co no sc en ze d i b as e s ul co nc et to d i n or m a g iu rid ic a e d i ge ra rc hi a de lle fo nt i. - Pr in ci pa li pr ob le m at ic he r el at iv e al l’i nt eg ra zi on e e al la tu te la d ei d iri tti u m an i e al la p ro m oz io ne d el le p ar i o pp or tu ni tà . - O rg an i e fu nz io ni d i R eg io ne , P ro vi nc ia e C om un e. - Co no sc en ze e ss en zi al i d ei se rv iz i s oc ia li. - R uo lo d el le o rg an iz za zi on i i nt er na zi on al i. - Pr in ci pa li ta pp e di sv ilu pp o de ll’ U ni on e eu ro pe a. - No rm e di s et to re d el la c om un ità p ro fes sio na le di ap - pa rt en en za . R ic on os ce re i tr at ti ca ra tte - ri st ic i d el la c ul tu ra it al ia na ed e ur o pe a ne lle su e ra di ci gi ud ai co -c ri st ia ne , r ic on o- sc er e il va lo re d el le g ra nd i re lig io ni e d il lo ro p at ri - m o n io sp ir itu al e, c og lie re l’i m po rt an za d el c on fr o n to e de lla c oo pe ra zi on e tr a cu l- tu re d iv er se - Co gl ie re il n es so tr a i p rin ci pa li fe no m en i s to ric o- gi ur id ic i, lin gu i- st ic o- le tte ra ri ed a rti sti ci c on le ra di ci d el la n os tra c iv ilt à. - In di vi du ar e il va lo re d el le g ra nd i f ig ur e de lla tr ad iz io ne sp iri tu al e de lla p ro pr ia c iv ilt à e ric on os ce rn e la p re se nz a ne l p ro pr io v iss ut o. - Co gl ie re la p ec ul ia rit à ed il va lo re d i c ul tu re d iv er se d al la p ro pr ia e di sp or si po sit iv am en te e c on sa pe vo lm en te a l c on fro n to e a d al la co o pe ra zi on e. - Il pa tri m on io sp iri tu al e e m at er ia le d el l’I ta lia e de ll’ Eu - ro pa . - Le g ra nd i f ig ur e d el la tr ad iz io ne sp iri tu al e: p en sie ro ed o pe re . - Va lo ri e co nt ra sti n el la tr ad iz io ne e ur op ea . - Le g ra nd i c ul tu re d iv er se d al la p ro pr ia e d il lo ro p at ri- m o n io sp iri tu al e: o rto do ss a, is la m ic a, o rie nt al e. - M ul tic ul tu ra lit à, in te rc u ltu ra lit à e m et ic ci at o cu ltu ra le . R ic on os ce re g li el em en ti co - st itu tiv i d el la p ro pr ia id en - tit à et ico -r el ig io sa - Co gl ie re le d om an de e le q ue sti on i p ro pr ie d el la r ic er ca d i D io : au te nt ic ità , v er ità , g iu sti zi a, b el le zz a, a m or e. - Co nf ro nt ar e gl i as pe tti d el la p ro pr ia i de nt ità c on v ar i m od el li di v ita p er c og lie re le c or ris po nd en ze a lla p ro pr ia re al tà p er so na le . - In di vi du ar e in G es ù Cr ist o i t ra tti f on da m en ta li de lla r iv el az io ne di D io . - La d im en sio ne re lig io sa d el la v ita p er so na le e so ci al e. - Il m ist er o de lla v ita . - Li be rtà e d et ic a cr ist ia na . - Pe cc at o e lib er az io ne . - G iu sti zi a e G ra zi a. - Sp er an za e fe de . 43 C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE - Ri co no sc er e la p re se n za , l a fun zio ne e l o s vil up po de lla Ch ies a n ell a so ci et à e ne lla cu ltu ra . - La C hi es a: M ist er o e is tit uz io ne . O ri en ta rs i n el te ss ut o pr o - du tti vo , e co no m ic o e pr o fe s- sio na le d el p ro pr io te rr i- to ri o, c og lie re il v al or e et ic o de lle sc el te e co no m ic he e de lle lo ro c o n se gu en ze , o ri en ta rs i n el m er ca to d el la vo ro - R ic on os ce re le c ar at te ris tic he p rin ci pa li de l m er ca to d el la vo ro e u- ro pe o e n az io na le n on ch é l e o pp or tu ni tà la vo ra tiv e o ffe rte d al te rri - to rio . - Ri co no sc er e i p rin ci pa li se tto ri in cu i s on o or ga ni zz at e l e a tti vi tà ec o- n o m ic he d el p ro pr io te rri to rio . - R ic on os ce re ed ap pl ic ar e c on cr et am en te in fa tti e vi ce nd e d el la v ita qu ot id ia na e p ro fe ss io na le i fo nd am en ta li co nc et ti ec on om ic i e gi ur id ic i. - R ic on os ce la v al en za et ic a e so ci al e d el le sc el te ec on om ic he e de lle lo ro c on se gu en ze - Id en tif ic ar e le c ar at te ris tic he e ss en zi al i de l ra pp or to d i la vo ro e de lla tu te la d el la vo ro , i n ba se a l c on te sto p ro fe ss io na le d i r ife ri- m en to . - Co gl ie re g li as pe tti p iù ri le va nt i d el l’o rg an izz az io ne a zie nd al e e d in - te ra gi re c o rr et ta m en te c on e ss a. - R eg ol e ch e go ve rn an o l’e co no m ia e c on ce tti f on da - m en ta li de l m er ca to d el la vo ro . - Et ic a ed e co no m ia . - Et ic a de l l av or o e de on to lo gi a pr of es sio na le - R eg ol e pe r l a co str uz io ne d i u n cu rr ic ul um vi ta e. - St ru m en ti es se nz ia li pe r l eg ge re il te ss ut o pr od ut tiv o de l pr op rio te rri to rio . - Pr in ci pa li so gg et ti de l s ist em a ec on om ic o de l p ro pr io te rr ito rio . - Co no sc er e g li el em en ti co sti tu tiv i, la n at ur a g iu rid ic a, le di ve rs e tip ol og ie d i o rg an iz za zi on e di u n’ az ie nd a. - Co no sc er e le ti po lo gi e de i c on tra tti d i l av or o. - O rg an iz za zi on e de l l av or o . G es tir e gl i a tti a m m in ist ra - tiv i f on da m en ta li de lla v ita qu ot id ia na e p ro fe ss io na le - El ab or ar e u n bi la nc io p er so na le co n ac qu ist i a nc he im po rta nt i (c om - pu te r, m o to , v ac an ze … ). - G es tir e i r ap po rti c on g li ist itu ti di c re di to . - G es tir e i r ap po rti c on fo rn ito ri di b en i e se rv iz i. - El ab or ar e la c on ta bi lit à es se nz ia le d i u n’ at tiv ità e co no m ic a. - El ab or ar e pr ev en tiv i e pi an ific are a de gu at am en te c os ti, r ic av i e ri sc hi (p ro ge tta zi on e e re a liz za zi on e di u n bu dg et e d el em en ti di sc ie nz e f ina nz iar ie) . - G es tir e co n s u pp or ti in for ma tic i d oc um en ti e pr o gr am m i r ig ua rd an ti il m ov im en to d ei p ro do tti a zie nd al i ( or di na zio ni , c on se gn e, m ov i- m en ta zi on e de lla m er ce … ). - B ila nc io p er so na le . - R el az io ne d i a cq ui sto . - A tti a m m in ist ra tiv i f on da m en ta li. - Is tit uz io ni e o pe ra zi on i f in an zi ar ie . - Pr es tit i e d in te re ss i s em pl ic i e c om po sti . - Pr in ci pi d i c on ta bi lit à. - Sc on ti e ca pi ta liz za zi on e. - R en di te . - Pr o gr am m a ge st io na le p er la p ic co la im pr es a . 44 C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE Im pa ra re a d im pa ra re - R ic on os ce re il p ro pr io st ile d i a pp re nd im en to co gl ie nd o pu nt i f or ti e cr iti ci tà . - In di vi du ar e, sc eg lie re ed u til iz za re v ar ie fo nt i e v ar ie m od al ità d i i n- fo rm az io ne e d i f or m az io ne (f orm ale , n on fo rm ale ed in for ma le) . - El ab or ar e str at eg ie d i s tu di o e di la vo ro d al c ar at te re fo rm at iv o. - O rg an izz ar e il pr o pr io a pp re n di m en to u til izz an do in m od o ra zio na le il te m po a d isp os izi on e. - D oc um en ta re in m od o eff ica ce i p rop ri a pp re n di m en ti. - St ili d i a pp re nd im en to . - M et od o di st ud io . - Fo nt i p er l’ ap pr en di m en to . - A pp re nd im en to fo rm al e, in fo rm al e e no n fo rm al e. - U til iz zo ra zi on al e de l t em po . - Te cn ic he d i d oc um en ta zio ne . C ol la bo ra re e p ar te ci pa re - Co m pr en de re i di ve rs i p un ti di v ist a e ric on os ce re i di rit ti fo nd a- m en ta li de gl i a ltr i. - In te ra gi re in g ru pp o va lo riz za nd o le p ro pr ie e le a ltr ui c ap ac ità . - Sa pe r n eg oz ia re . - Sa pe r g es tir e la co nfl ittu ali tà. - Co nt rib ui re a ll’ ap pr en di m en to co m un e e a lla re a liz za zio ne d el le a t- tiv ità c ol le tti ve . - Il gr up po e le su e di na m ic he . - St ile e d et ic a de lla c oo pe ra zi on e. - Pr oc es si di in te ra zi on e pa rte ci pa tiv a - Ne go zia zio ne . - G es tio ne d ei co nfl itti . A gi re in m od o au to no m o e re sp on sa bi le - Co gl ie re i lim iti , l e r eg ol e, le o pp or tu ni tà d el le si tu az io ni in cu i s i è co in vo lti n el lo st ud io , n el la v ita so ci al e, n el la vo ro . - A ss um er si co m pi ti e po rta rli a te rm in e in m od o so dd isf ac en te . - A ffr on ta re s itu az io ni d i i nc er te zz a pr ov an do a tr ov ar e so lu zi on i sa pe nd o ch ie de re a iu to . - Sa pe rs i i ns er ire in m od o at tiv o e co ns ap ev ol e ne lla v ita so ci al e. - Fa r v al er e i p ro pr i d iri tti e bi so gn i e ri co no sc er e a l c on te m po q ue lli a ltr ui . - D ia gn os i d el le si tu az io ni : l im iti , r eg ol e, o pp or tu ni tà . - R es po ns ab ili tà e d im pe gn i. - D iri tti e d ov er i. - R ec ip ro ci tà e sc am bi o. Es pr im er e u n p ro ge tto pe rs on al e di v ita e d i l av or o co m e do no e se rv iz io a l b en e di tu tti e d i c ia sc un o - R ic on os ce re il li m ite d el l’a ut os uf fic ie nz a u m an a e d il va lo re d el su - pe ra m en to d i s é. - Co gl ie re il v al or e de lla g en er os ità e d el d on o co m e lin fa d i r in no - v am en to d el le re la zi on i e d el le st ru ttu re so ci al i. - Co gl ie re le li ne e d i f on do d el la d ot tri na so ci al e d el la ch ie sa in te m a di e co no m ia e la vo ro . - Ri co no sc er e la n ec es sit à di ri nn ov ar e e pu rif ica re la vi ta so ci al e m e- di an te il p ro pr io se rv iz io p ro fes sio na le. - La d ot tri na so ci al e de lla C hi es a. - Et ic a de l l av or o e de lle p ro fe ss io ni . - Co m un ità so ci al e e d on o di sé . - D ile m m i e tic i d el la vo ro . 45 C om pe te nz e co m un i a lla c om un ità p ro fe ss io na le C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE R ea liz za re la vo ra zi on i d i a g- gi us ta gg io e a ss em bl ag gi o al ba nc o ut ili zz an do a pp ro - pr ia te p ro ce du re e a tt re zz a - tu re - U til iz za re a ttr ez za tu re /st ru m en ti. - Es eg ui re la vo ra zi on i a l b an co . - Ef fe ttu ar e co nt ro lli p re lim in ar i - A ss em bl ar e pa rti co la ri m ec ca ni ci . - Id en tif ic az io ne , i m po sta zi on e e or ga ni zz az io ne d el p o- st o di la vo ro . - Pl an ar ità , o rto go na lit à, d op pi a or to go na lit à, p ar al le li- sm o , qu ot a e to lle ra nz a, c on tro llo d im en sio na le e g eo - m et ric o. - Su pe rf ic i pi an e, p ar al le le , pe rp en di co la ri m ed ia nt e lim at ur a. - Sm us si e ra gg i. - Te cn ic he d i c on tro llo e co rre zi on e d eg li er ro ri ris co nt ra ti. - Le a ttr ez za tu re u til iz za te n el le l av or az io ni d i a gg iu - st ag gi o. - Tr ac ci at ur a e bu lin at ur a. - Ta gl io c on se gh et to - La vo ra zi on i d i b as e al tr ap an o se ns iti vo . - Co nt ro llo fi ne la vo ra zi on e co n str um en ti di m isu ra . - Fi le tta tu re . - La vo ra zi on i d i a gg iu sta gg io e a ss em bl ag gi o. - M on ta gg io d i p iù p ar tic ol ar i. - Co nt ro lli e re go la zi on i. Es eg ui re la p re pa ra zi on e de lla m ac ch in a ne l r isp et to de lle d isp os iz io ni te cn ic he - Co no sc er e l e s pe ci fic he te cn ic he d el le p rin ci pa li m ac ch in e u te ns ili tr ad iz io na li e le re la tiv e la vo ra zi on i r ea liz za bi li. - Im po sta re p ar am et ri te cn ic i. - A lle sti re m ac ch in a/ at tre zz at ur e/ ut en sil i. - Pr ev ed er e st ru m en ti/ at tre zz at ur e/ ut en sil i. - Pr ed isp or re il si ste m a di fi ss ag gi o de l p ez zo in la vo ra zi on e. - St ru ttu re e f un zi on am en to d el le p rin ci pa li M U tr ad i- zi on al i. - A ttr ez za tu re p er le p rin ci pa li la vo ra zi on i a lle M U . - U te ns ili . - Po siz io na m en to e re go la zi on e de ll’ ut en sil e. - Pa ra m et ri di ta gl io . - Pr op rie tà d ei m at er ia li. C os tr ui re e/ o as se m bl ar e pa rt ic ol ar i e c om pl es siv i m ec ca n ic i u til iz za nd o m a cc hi ne u te ns ili tr ad iz io na li - R ea liz za re m an uf at ti al le m ac ch in e ut en sil i t ra di zi on al i. - Es eg ui re il c on tro llo g eo m et ric o e di m en sio na le d el p ro do tto re a- liz za to . - A ss em bl ar e pa rti co la ri e co m pl es siv i m ec ca ni ci . - La vo ra zi on i f on da m en ta li al to rn io . - La vo ra zi on i f on da m en ta li al la fr es at ric e. - Co nt ro lli : d im en sio na li, g eo m et ric i e d i f in itu ra su pe r- fic ia le . - La vo ra zi on i a lla re tti fic at ric e. - La vo ra zi on i a ll’ af fil at ric e. - La vo ra zi on i a lle m ac ch in e a CN C. 46 C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE Es eg ui re la vo ra zi on i su la m ie ra e r ea liz za re gi un ti sa ld at i t ra m ite pr o ce ss i d i s al da tu ra - R ea liz za re se m pl ic i l av or az io ni su la m ie ra . - Pr ep ar ar e i g iu nt i d a sa ld ar e. - R ea liz za re se m pl ic i s al da tu re c on e le ttr od o riv es tit o. - Ta gl io d i l am ie re . - Tr ac ci at ur a e pi eg at ur a di s em pl ic i p ar tic ol ar i i n la - m ie ra . - Sa ld at ur a su g iu nt i t es ta -te sta e d an go lo c on p ro ce di - m en to a d el et tro do ri ve sti to . In te rp re ta re e re a liz za re il di se gn o te cn ic o - D ise gn ar e pa rti co la ri m ec ca ni ci . - R ap pr es en ta re p ar tic ol ar i. - Co m m en ta re c o m pl es siv i. - R ie la bo ra re p ar tic ol ar i d a co m pl es siv i. - Es eg ui re d ise gn i e sc hi zz i q uo ta ti. - U til iz za re m an ua lis tic a te cn ic a. - N or m e di ra pp re se nt az io ne v uo ta tu ra d i d ise gn i. - To lle ra nz e di m en sio na li e ge om et ric he . - Si ste m a IS O . - Si ste m i d i a cc op pi am en ti. - O rg an i e c ol le ga m en ti fil et ta ti. - In di ca zi on e de i m at er ia li ne l d ise gn o. - Co lle ga m en ti al be ro -m oz zo . - Le ttu ra d i c om pl es siv i. - Tr as m iss io ne d el m ot o. - D ise gn o di c os tru zi on i m ec ca ni ch e. - O rg an i d i t en ut a. Pr o du rr e pa rt ic ol ar i a tt ra ve rs o l’i nt er pr et az io ne de l d ise gn o te cn ic o, la sc el ta d ei m at er ia li e de gl i s tr um en ti ad eg ua ti pe r la r ea liz za zi on e di u n co m pl es siv o - Ef fe ttu ar e op er az io ni d i s el ez io ne e c on tro llo d ei m at er ia li. - Ef fe ttu ar e op er az io ni d i s el ez io ne e c on tro llo d i a ttr ez za tu re . - Ef fe ttu ar e op er az io ni d i s el ez io ne e c on tro llo d i m ac ch in ar i. - Ve rif ic ar e l e s ce lte ef fe ttu at e c on le in di ca zi on i d at e d al le sp ec ifi ch e te cn ic he . - Es eg ui re il p ar tic ol ar e. - Ca ra tte ris tic he fi sic he , m ec ca ni ch e e te cn ol og ic he d ei m at er ia li. - Ca ra tte ris tic he te cn ic he d el le a ttr ez za tu re . - Ca ra tte ris tic he te cn ic he d ei m ac ch in ar i. - M an ua li e ta be lle . R ed ig er e e in te rp re ta re ci cl i di la vo ro /sc he de te cn ic he - D et er m in ar e il ci cl o di la vo ro . - El ab or ar e i d ise gn i c os tru tti vi p er la st es ur a de l c ic lo d i l av or o. - El ab or ar e, in b as e a lle n or m at iv e, di se gn i c os tru tti vi si a s u su pp or to ca rt ac eo c he su su pp or to in fo rm at ic o (C AD ). - In te rp re ta re le in di ca zi on i u ni fic at e pe r l a la vo ra zi on e de lle su pe r- fic i. - O tti m iz za re il c ic lo d i l av or az io ne . - N or m at iv a U N I - N or m at iv e eu ro pe e. - N or m at iv a IS O . - Pr in ci pa li sis te m i d i r ap pr es en ta zi on e d eg li og ge tti b i e tr id im en sio na li. - Se qu en ze d i l av or az io ne . - Cr ite ri pe r l ’o tti m iz za zi on e de l c ic lo d i l av or az io ne . - U te ns ili . - M ac ch in e e at tre zz at ur e. - Pa ra m et ri di ta gl io . 47 C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE A pp lic ar e te cn ic he d i m isu ra e di c on tr o llo - A pp lic ar e le n or m e di b uo n us o e di m an ut en zi on e or di na ria di u te ns ili e st ru m en ti di m isu ra . - Ta ra re g li str um en ti. - U til iz za re c or re tta m en te g li st ru m en ti di m is ur a in f un zi on e de l g ra do d i p re ci sio ne ri ch ie sto d al la la vo ra zi on e. - Co m pi la re sc he de d i c ol la ud o. - M et ro lo gi a. - G ra nd ez ze fo nd am en ta li e un ità d i m isu ra re la tiv e. - St ru m en ti di m isu ra e c on tro llo (f un zio na me nto , c ara t- te ris tic he , m an ut en zi on e or di na ria ). - Er ro ri di m isu ra e lo ro c au se . R ea liz za re la m an ut en zi on e di a ttr ez za tu re e m a cc hi ne u te ns ili - A do tta re m od al ità d i m an te ni m en to in e ffi ci en za d i a ttr ez za tu re e m ac ch in e. - Id en tif ic ar e il liv el lo d i u su ra e d i i do ne ità re sid ua d eg li ut en sil i. - In te rp re ta re le sp ec ifi ch e di m an ut en zi on e de sc rit te n el li br et to . - A pp lic ar e le n or m e di b uo n us o e di m an ut en zi on e or di na ria e pr ev en tiv a di a ttr ez za tu re e m ac ch in e. - N or m e di b uo n us o e di m an ut en zi on e or di na ria e p re - v en tiv a. - Li br et to m an ut en zi on e de lle m ac ch in e. U til iz za re s o ftw ar e a pp lic at iv i d ed ic at i a l p ro ce ss o m ec ca n ic o - U til iz za re p ac ch et ti ap pl ic at iv i C A D (o ve pr ev ist o) pe r l a r ea liz za - zi on e di e la bo ra ti gr af ic i. - Pr in ci pa li co m an di d i d ise gn o e m od ifi ca p er la c re a- zi on e di u n el ab or at o gr af ic o co m pl et o in tu tte le s ue pa rti . C on tr o lla re e r ec u pe ra re a n o m a lie , a ttr av er so l’a pp lic az io ne d i p ro ce du re e pr o ce ss i - In di vi du ar e in te rv en ti co rre tti vi n el l’a re a di la vo ro . - Ef fe ttu ar e re cu pe ri di a no m al ie . - Co nt ro lli : d im en sio na li, g eo m et ric i e d i f in itu ra su pe r- fic ia le . - Pr oc ed ur e di re cu pe ro d i a no m al ie . 48 2. C om pe te nz e de lle fi gu re pr o fe ss io na li di in di ri zz o In te gr az io ni a lle c om pe te nz e de i t ra gu ar di fo rm at iv i d el le fi gu re p ro fe ss io na li di in di riz zo O pe ra tri ce /o pe ra to re m ec ca n ic o: 1) Co str utt or e su m a cc hi ne u te ns ili C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE U til iz za re s o ftw ar e C A D pe r la r ea liz za zi on e di d ise gn i fin al iz za ti al la la vo ra zi on e di p ez zi a lle m ac ch in e u te ns ili tr ad iz io na li e a c o n tr o llo n um er ic o - Es eg ui re d ise gn i e sc hi zz i q uo ta ti e su cc es siv am en te e la bo ra re , i n ba se al le n or m at iv e, d ise gn i c os tru tti vi si a s u su pp or to ca rta ce o ch e su s u pp or to in fo rm at ic o (C AD ). - R ic av ar e pa rti co la ri da c om pl es siv i. - U til iz za re m an ua lis tic a te cn ic a. - Co m m en ta re e in te rp re ta re d ise gn i m ec ca ni ci . - Ce nn i n or m at iv a U N I e IS O . - Co no sc en za d i b as e de i s w C A D u til iz za ti. - Pr in ci pa li sis te m i d i r ap pr es en ta zi on e d eg li og ge tti b i e tr id im en sio na li. In te rp re ta re e re di ge re u n p ro gr am m a pe r le la vo ra zi on i s u to rn i e c en tr i di la vo ro a c o n tr o llo n u m er ic o co n ev en tu al i ce n n i a so ftw ar e C A M - A pp lic ar e i s eg m en ti sp ec ifi ci d el li ng ua gg io IS O p er la re al iz za - zi on e de l p ro gr am m a. - Co no sc en za d i b as e de i l in gu ag gi d ei C N u til iz za ti. - R ea liz za re so tto -p ro gr am m i. - Si m ul ar e il co rre tto fu nz io na m en to d el p ro gr am m a. - Ve rif ic ar e l’e ffi ci en za d el p ro gr am m a. - In te rv en ire su p ar ti di p ro gr am m a a pp or ta nd o ev en tu al i m od ifi ch e. - Fu nz io ni b as e de l l in gu ag gi o IS O p er le p rin ci pa li la vo - ra zi on i. - Ca ra tte ris tic he d eg li ut en sil i e d i s pe ci fic he at tre zz at ur e. - So ftw ar e d ed ic at o. - Te cn ich e d i t ra sfe rim en to de l p ro gr am m a c om pu ter /C N C. - Pa ra m et ri de lla la vo ra zi on e e d i t ag lio . - Ce nn i a lle te cn ic he d i o tti m iz za zi on e de l p er co rs o ut en - sil e. - Se qu en ze d i l av or az io ne . - M ac ch in e e at tre zz at ur e u til iz za te . R ea liz za re p ar tic ol ar i e /o co m pl es siv i u til iz za nd o m a cc hi ne u te ns ili a c on tr o llo n u m er ic o, e ffe ttu an do co n tr o lli e m isu ra zi on i - Co m pr en de re le is tru zi on i d i l av or o. - A ttr ez za re la m ac ch in a. - Pr ov ve de re a l p ia zz am en to d el g re zz o. - G es tir e la m ac ch in a. - Pr og ra m m ar e e ve rif ic ar e il pr og ra m m a a bo rd o m ac ch in a. - Ve rif ic ar e la c or re tta e se cu zi on e de l p ez zo p ro do tto e se gu en do il co n tr ol lo g eo m et ric o e di m en sio na le . - Co nt ro llo n um er ic o e m ac ch in e ut ili zz at e. - D iff er en ti tip ol og ie d i l av or az io ni . - Ca ra tte ris tic he d i u te ns ili e d i s pe ci fic he a ttr ez za tu re . - Pa ra m et ri de lla la vo ra zi on e e di ta gl io . - Pr op rie tà te cn ol og ic he e m ec ca ni ch e de i m at er ia li. Es eg ui re il c ol la ud o di m en sio na le d ei p ar tic ol ar i m ec ca n ic i r ea liz za ti, ev en tu al m en te c on l’ ut ili zz o di m ac ch in e di m isu ra co m pu te ri zz at e - U sa re c or re tta m en te g li str um en ti di m isu ra . - Co m pi la re la sc he da te cn ic a di c ol la ud o. - St ru m en ti di m isu ra . - Pr in ci pa li er ro ri e to lle ra nz e ne lla m isu ra zi on e. 49 O pe ra tri ce /o pe ra to re m ec ca n ic o: 2) Mo nta tor e m a n u te nt or e C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE R ea liz za re s em pl ic i i m pi an ti di a ut om az io ne in lo gi ca pn eu m at ic a, el et tr o pn eu m at ic a e o le od in am ic a su lla b as e d i u n o s ch em a fu nz io na le a ss eg na to - Se gn al ar e an om al ie d i m ac ch in e e at tre zz at ur e. - A ss em bl ar e e es eg ui re m an ut en zi on e su g ru pp i m ec ca ni ci -m ac - ch in e/ at tre zz at ur e. - Ca bl ar e co m po ne nt ist ic a pn eu -e le ttr o- ol eo di na m ic a. - R eg ist ra re , r eg ol ar e e co lla ud ar e l’i m pi an to . - R ic er ca re i gu as ti. - Co ns ul ta re m an ua li te cn ic i. - El em en ti ba se p er la c om pr en sio ne d el le g ra nd ez ze pn eu m at ic he . - Ca ra tte ris tic he d el l’a ria . - Pr od uz io ne , p re pa ra zi on e e d ist rib uz io ne d el l’a ria co m - pr es sa . - A ttu at or i p ne um at ic i e d un ità c om bi na te . - Va lv ol e. R ed ig er e la d ist in ta b as e e pr o v v ed er e a i p ar tic ol ar i n ec es sa ri p er il m on ta gg io de l s ist em a - Co ns ul ta re m an ua li te cn ic i. - Le gg er e il di se gn o. - Co m pi la re la d ist in ta . - N or m at iv e v ig en ti. - Fo gl io d i l av or o. U til iz za re a pp ro pr ia te pr o ce du re p er m o n ta re e a da tta re pa rt ic ol ar i, gr up pi m ec ca n ic i, el et tr o pn eu m at ic i e o le od in am ic i - A ss em bl ar e e es eg ui re m an ut en zi on e su g ru pp i m ec ca ni ci -m ac - ch in e/ at tre zz at ur e. - Ca bl ar e co m po ne nt ist ic a pn eu -e le ttr o- ol eo di na m ic a. - R eg ist ra re , r eg ol ar e e co lla ud ar e l’i m pi an to . - Co ns ul ta re m an ua li te cn ic i. - Te cn ic he d i m on tag gi o- sm on tag gi o di si ste m i m ec ca ni ci. - Te cn ic he d i r eg ol az io ne e re gi str az io ne . - Ci rc ui ti pn eu m at ic i. - Cr ite ri di b as e pe r la s ce lta d el la c om po ne nt is tic a pr es en te n eg li im pi an ti pn eu m at ic i. - Co m po ne nt i b as e di u n im pi an to p ne um at ic o. - Co nt ro llo d i u n ci lin dr o co n us o di fi ne c or sa p ne um a- tic o. Es eg ui re il c ol la ud o pe r v a lu ta re la c on fo rm ità / ef fic ie nz a de l s ist em a a ss em bl at o - Co m pi la re la sc he da te cn ic a di c ol la ud o. - St ru m en ti di m isu ra . - Fu nz io na lit à de i p ar tic ol ar i m ac ch in a. - N or m at iv e di c ol la ud o. Le gg er e ed in te rp re ta re il di se gn o m ec ca ni co e se m pl ic i s ch em i o le o- el et tr o pn eu m at ic i - R ap pr es en ta re p ar tic ol ar i m ec ca ni ci . - Le gg er e co m pl es siv i m ec ca ni ci . - Le gg er e ed in te rp re ta re sc he m i p ne u- el et tro -o le od in am ic i. - D ise gn o te cn ic o m ec ca ni co . - Si m bo lo gi a d i r ife rim en to m ec ca ni ca , p ne u- el et tro -o le o- di na m ic i. 50 O pe ra tri ce /o pe ra to re m ec ca n ic o: 3) Sa ldo ca rp en tie re C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE In te rp re ta re do cu m en ti te cn ic i s pe ci fic i pe r le la vo ra zi on i di sa ld oc ar pe nt er ia - Co no sc er e le n or m at iv e U N I-E N 28 7. - R ic er ca re e in te rp re ta re d at i t ec ni ci sp ec ifi ci ri ca va ti da m an ua li. - R ic on os ce re c om pl es siv i m ec ca ni ci e d i m an uf at ti sa ld at i. - R ea liz za re sv ilu pp i d i f ig ur e so lid e. - G eo m et ria e sv ilu pp o de lla la m ie ra . - N or m at iv a re la tiv a al la s im bo lo gi a e qu ot at ur a de lle sa ld at ur e. Es eg ui re la vo ra zi on i su la m ie ra c on l’ ut ili zz o di m ac ch in e da ta gl io , tr an ci at ur a, sc an to na tu ra , pi eg at ur a e pr o fil at ur a - Id en tif ic ar e i t ip i d i m at er ia li. - In di vi du ar e il tip o di la vo ra zi on e. - Pr ed isp or re le m ac ch in e. - Tr ac ci at ur e de gl i s vi lu pp i d i f ig ur e so lid e a ba si pa ra l- le le e d ob liq ue , n on ch é di c on do tte a se zi on e qu ad ra e ci rc ol ar e. - Ta gl io d i l am ie re c on u so d i c es oi e. - Pi eg at ur a di la m ie re c on u so d el la p ie ga tri ce . - Ca la nd ra tu ra d i l am ie re . - Ta gl io d i p ro fil at i d i f or m a di ve rs a. Es eg ui re c o lle ga m en ti m ed ia nt e pr o ce di m en ti di sa ld at ur e - A pp lic ar e le te cn ic he d i e se cu zi on e de i d iv er si pr oc ed im en ti: - Sa ld ar e co n el et tro do ri ve sti to . - Sa ld ar e co n pr oc ed im en to M IG -M A G . - Sa ld ar e co n pr oc ed im en to T IG . - Sa ld ar e co n pr oc ed im en to o ss ia ce til en ic o. - Ti pi d i m at er ia li. - Va ri tip i d i g iu nt o. - Ca ra tte ris tic he t ec ni ch e de lle m ac ch in e sa ld at ric i di d iv er sa ti po lo gi a. - El et tro di e m at er ia li di a pp or to . - R eg ol az io ni d el le m ac ch in e. - G as e m isc el e ut ili zz at e ne lla sa ld at ur a. Ef fe ttu ar e co n tr o lli e m isu ra zi on is u i p ro do tti re a liz za ti va lu ta nd o il ri sp et to d el le sp ec ifi ch e co st ru tt iv e - Co lla ud ar e le sa ld at ur e co n co nt ro lli d ist ru tti vi e n on . - A pp lic ar e le te cn ic he d i m isu ra e d i c on tro llo ri gu ar da nt i l a sa ld a- tu ra . - Co nt ro lli v isi vi . - Co nt ro llo d im en sio na le . - Pr ov e di fr at tu ra e d i p ie ga . - A ltr e te cn ic he d i c on tro llo n on d ist ru tti vo . Es eg ui re g iu nz io ni m ed ia nt e ri ve tta tu ra e b ul lo na tu ra d ei sin go li el em en ti, su lla b as e di d ise gn i c om pl es siv i - Es eg ui re se m pl ic i c ol le ga m en ti ar tic ol at i e /o p er m an en ti no n sa ld at i. - Es eg ui re se m pl ic i c om pl es siv i m an uf at ti riv et ta ti, b ul lo na ti, in ce r- n ie ra ti… - Ti po lo gi e di a ss em bl ag gi o. - La vo ra zi on e e pr ed isp os iz io ne d el le m ac ch in e. 51 O pe ra tri ce /o pe ra to re m ec ca n ic o: 4) Se rra me nti sta C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE In te rp re ta re i d oc um en ti te cn ic i p er la c os tr uz io ne e d il m on ta gg io d i s er ra m en ti - Le gg er e il di se gn o te cn ic o sp ec ifi co . - Co ns ul ta re i ca ta lo gh i t ec ni ci . - I s ist em i e le se rie . R ile va re le m isu re co st ru tt iv e in c an tie re - U til iz za re g li str um en ti di m isu ra e c on tro llo . - Si ste m a m et ric o de ci m al e e se ss ag es im al e. C os tr ui re i c on tr o te la i in a cc ia io e se rr am en ti in a llu m in io e P V C se co nd o sp ec ifi ch e as se gn at e, u til iz za nd o m ac ch in ar i e a tt re zz a tu re a pp ro pr ia te - Co no sc er e e sa pe re es eg ui re o pe ra zi on i b as e c on le m ac ch in e u te n- sil i s pe ci fic he d el se tto re . - Te cn ic he d i s al da tu ra , t ag lio e p ie ga tu ra . - M ac ch in e tro nc at ric i, pu nz on at ric i, tra pa ni , p an to gr af i, in te sta tri ci , r ifi la tri ci , s pi no ci an fin at ric e e ce nt ro d i l a- v o ro . R ed ig er e ed in te rp re ta re u n a d ist in ta d i t ag lio p er re a liz za re la la vo ra zi on e de i v ar i p ro fil i p er la co st ru zi on e di u n in fis so - U til iz za re so ftw ar e sp ec ifi ci d el se tto re . - N or m e d el d ise gn o te cn ic o e c on os ce nz a d eg li ac ce ss or i. R ea liz za re e m o n ta re i se rr a m en ti co m pl et i p ro n ti pe r la p os a in o pe ra - U til iz za re m as ch er e, d im e e tu tte le at tre zz at ur e e u te ns ili p or ta til i. - Te cn ic he d i m on ta gg io . Ef fe ttu ar e i c on tr o lli e co lla ud i s ui p ro do tti re a liz za ti ne l r isp et to d el la m a rc hi at ur a C E - R isp et ta re le sp ec ifi ch e di n or m a de lle v ar ie a zi en de c os tru ttr ic i. - N or m at iv e CE d el se tto re . - Pr ov e te cn ol og ic he d el la te nu ta a ll’ ar ia , a cq ua e v en to . Ef fe ttu ar e la p os a in o pe ra de i p ro do tti r ea liz za ti - Po siz io na re i pr od ot ti. - M isu ra re . - Co rre gg er e. - R isp et ta re le n or m e di si cu re zz a in v ig or e - N or m e pe r l a po sa in o pe ra . Es eg ui re v et ra zi on e e pa nn el la tu ra - M on ta re i ve tri . - M on ta re i pa nn el li. - Ca ra tte ris tic he d ei v et ri e d ei p an ne lli es ist en ti su l m er - ca to . 52 O pe ra tri ce /o pe ra to re m ec ca n ic o: 5) Te rm o id ra ul ic o C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE Im po st ar e pi an i di in st al la zi on e di im pi an ti id ra ul ic i, te rm oi dr au lic i e di c on di zi on am en to - U til iz za re i ca ta lo gh i d i c om po ne nt ist ic a, I, T C, C . - In te rp re ta re il d ise gn o te cn ic o/ sc he m a co str ut tiv o di u n im pi an to I, TC , C . - In di vi du ar e i m at er ia li, i co m po ne nt i e g li st ru m en ti ne ce ss ar i e fu nz io na li al le la vo ra zi on i d a es eg ui re . - Id en tif ic ar e t em pi e co sti d i l av or az io ne p er l’ es ec uz io ne d i i m pi an ti. - El em en ti di d ise gn i t ec ni ci d i i m pi an ti I, TI , C . - Ca ra tte ris tic he d ei m at er ia li de i c om po ne nt i c os tit ue nt i gl i i m pi an ti: m at er ia li pl as tic i, m et al li, m as tic i, re sin e. U til iz za re s tr um en ti, a tt re zz a tu re e m a te ri al i - U sa re c or re tta m en te st ru m en ti, a ttr ez za tu re e m at er ia li. - St ru m en ti di la vo ro e a ttr ez za tu re d i i ns ta lla zi on e di im pi an ti I, TI , C . Ef fe ttu ar e la p os a in o pe ra e l’a de gu am en to d i i m pi an ti es ist en ti - Tr ad ur re s ch em i e d ise gn i t ec ni ci in s ist em i d i d ist rib uz io ne d ei flu id i. - A pp lic ar e te cn ic he d i m on ta gg io d i se m pl ic i ap pa re cc hi at ur e I, TC , C . - R ea liz za re sa ld at ur e di g iu nt i, co lle tto ri, e cc . - Le gg i d ei fl ui di . - Si ste m i d i d ist rib uz io ne d ei fl ui di . - Te cn ic he d i m on ta gg io d i a pp ar ec ch ia tu re te cn ic he e id ro sa ni ta ri. - Te cn ic he e p ro ce di m en ti di sa ld at ur a. - N or m e v ig en ti di ri fe rim en to (n az ion ali e co mu nit ari e). C ol la ud ar e im pi an ti e a pp ar ec ch ia tu re - M et te re i n op er a le p rin ci pa li te cn ic he d i c ol la ud o di im pi an ti I, TC , C . - U til iz za re st ru m en ti pe r l a rim oz io ne d i e ve nt ua li an om al ie . - Co nf ro nt ar e i d at i r ile va ti co n qu el li de tta ti da lle n or m e vi ge nt i. - El em en ti di in fo rm at ic a p er i sis te m i d i c on tro llo e co l- la ud o di im pi an ti I, TI , C . - Sp ec ifi ch e te cn ic he d i f un zi on am en to e d i s ic ur ez za de gl i i m pi an ti e de lle a pp ar ec ch ia tu re . - N or m e an tin fo rtu ni st ic he d a ris pe tta re n el la f as e di in sta lla zi on e e m an ut en zi on e di im pi an ti I, TI , C . M an ut en er e im pi an ti e a pp ar ec ch ia tu re , ef fe ttu ar e i c on tr o llo p re v ist i da lle n or m at iv e - Es eg ui re in te rv en ti di m an ut en zi on e or di na ria e s tra or di na ria s u im pi an ti e ap pa re cc hi at ur e es ist en ti. - In di vi du ar e i co m po ne nt i c au sa d i d isf un zi on e e p ro vv ed er e a lla lo ro rip ar az io ne o so sti tu zi on e. - Sp ec ifi ch e di m an ut en zi on e/ in sta lla zi on e rip or ta te s ui m an u al i d i u so e m an ut en zi on e. A na liz za re il fa bb iso gn o en er ge tic o de gl i e di fic i - R ep er ire i da ti di ir ra gg ia m en to so la re . - El ab or ar e i d at i d el si to . - Fa re l’ an al isi d el le o m br e po rta te . - A na liz za re la d om an da d el l’u te nz a in te rm in i d i e ne rg ia . - D in am ic he d i i rra gg ia m en to so la re . - Ca lc ol o de lle o m br e po rta te . - El em en ti di p ro ge tta zi on e. 53 C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE In st al la re , co lla ud ar e e m a n u te ne re im pi an ti pe r il ri sp ar m io e ne rg et ic o (fo tov olt aic o, so lar e te rm ic o, bi om as se , e cc .) - In te rp re ta re lo sc he m a de ll’ im pi an to . - Po siz io na re a pp ar ec ch ia tu re e d ac ce ss or i. - Ef fe ttu ar e i co lle ga m en ti de lle ap pa re cc hi at ur e a ll’ im pi an to id ric o, te rm ic o e/ o di c on di zi on am en to . - R ea liz za re g iu nz io ni sm on ta bi li e no n sm on ta bi li. - A pp lic ar e no rm e an tin fo rtu ni sti ch e, te cn ic he e le gi sla tiv e. - Pr in ci pi d i f un zi on am en to d ei s ist em i p er il ri sp ar m io en er ge tic o (fo tov olt aic o, so lar e t erm ico , b iom ass e, ec c.) . - Ti po lo gi e/ te cn ic he in sta lla zi on e d i i m pi an ti ne l r isp et to de lle n or m at iv e. - Co llo ca zi on e er go no m ic a di a pp ar ec ch i e d ac ce ss or i. - Pr oc ed ur e op er at iv e pe r il co lla ud o di i m pi an ti ed ap pa re cc hi . C on os ce re e a pp lic ar e la n or m at iv a vo lta a l r isp ar m io e ne rg et ic o - A na liz za re c rit ic am en te i pr od ot ti de l m er ca to . - A pp lic ar e le n or m at iv e de l s et to re . - A cc ed er e ai p ro gr am m i d i i nc en tiv az io ne . - A sp et ti no rm at iv i e in ce nt iv i. - Il D .L gs . 1 92 /2 00 5. - Il D .M . 1 9 fe bb ra io 2 00 7. - D .M . 7 a pr ile 2 00 8. C on os ce re e r ed ig er e la c er tif ic az io ne e ne rg et ic a de gl i e di fic i - Fa re a na lis i e co no m ic o- en er ge tic he . - Le c er tif ic az io ni e ne rg et ic he e g li in te rv en ti do m es tic i. - D .L gs . 3 11 /2 00 6. - D .L gs . 3 11 /2 00 6. - D ire tti va E ur op ea 2 00 2/ 91 /C E. - Le gg e 10 /9 1. 54 3. C om pe te nz e pr o fe ss io na li de l I V a n n o In te gr az io ni a lle c om pe te nz e pr of es sio na li de lT ec n ic o M ec ca ni co . C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE C ol la bo ra re n el la fa se pr o ge ttu al e di u n gr up po /p ez zo m ec ca ni co , a n ch e ut ili zz an do si st em i C A D , o ss er va nd o ed a pp lic an do le r eg ol e de lla pr o ge tta zi on e m ec ca ni ca - G es tir e lo sv ilu pp o e il co nt ro llo d el p ro ge tto , t en en do c on to d el le sp ec ifi ch e da s od di sf ar e, a nc he m ed ia nt e l’u til iz zo d i s tru m en ti so ftw ar e. - Ef fe ttu ar e la m isu ra d eg li av an za m en ti de lle fa si de l p ro ge tto . - Pr od ur re la d oc um en ta zi on e d el p ro ge tto e de l s uc ce ss iv o pr oc es so . - Id en tif ic ar e l e p ro ce du re p er il co lla ud o di u n pr ot ot ip o ed ef fe ttu ar e le n ec es sa rie c or re zi on i e in te gr az io ni . - U so d eg li str um en ti in fo rm at ic i d ed ic at i ( CA D) . - Si ste m i d i r ap pr es en ta zi on e e d oc um en ta zi on e d el p ro - ge tto . - St ru m en ti or ga ni zz at iv i d ei p ro ge tti e de lla p ro du zi on e. G es tir e la fa se e se cu tiv a de l g ru pp o/ pe zz o m ec ca ni co n ei su oi a sp et ti di p ro gr am m az io ne , es ec u zi on e, c on tr o llo , m o n ito ra nd o la q ua lit à de l p ro do tto - Pr og ra m m ar e l’a tti vi tà d i p ro du zi on e an ch e di se rie . - R ic on os ce re e sc eg lie re le at tre zz at ur e i n ba se ai cr ite ri di p ro du tti - v ità . - A pp lic ar e i pa ra m et ri pr in ci pa li de lla p ro ge tta zi on e e le r eg ol e di d im en sio na m en to in re la zi on e a lla fu nz io na lit à e al la si cu re zz a n el pr op or zi on am en to d i s em pl ic i o rg an i m ec ca ni ci . - Ef fe ttu ar e il co nt ro llo e d il m on ito ra gg io d el la q ua lit à. - Ca ra tte ris tic he d ei si ste m i p ro du tti vi . - G es tio ne o rg an iz za tiv a. - St ru m en ti de lla p ro gr am m az io ne o pe ra tiv a. - G li str um en ti de lla p ro du zi on e as sis tit a CA M , C A PP e G ro up T ec hn ol og y, Pr oje ct Ma na ge me nt. - Co nt ro llo e m on ito ra gg io d el la q ua lit à. Pr o gr am m ar e ed e se gu ir e u n a c o rr et ta m an ut en zi on e o rd in ar ia d el le v ar ie a tt re zz a tu re e m a cc hi ne co m e pr ev ist o da l s ist em a qu al ità - U til iz za re la te rm in ol og ia te cn ic a es se nz ia le . - Sv ol ge re la m an ut en zi on e or di na ria d el le a ttr ez za tu re e d el le m ac - ch in e. - G es tir e in a ut on om ia le n on c on fo rm ità e le a zi on i c or re tti ve /p re - v en tiv e re la tiv e ai p ro pr i c om pi ti. - D oc um en ta re l’ at tiv ità sv ol ta se co nd o le p ro ce du re p re vi ste . - M an ut en zi on e or di na ria d i a ttr ez za tu re e m ac ch in e. - St ru m en ti de lla q ua lit à. - Co nt ro llo st at ist ic o di p ro ce ss o. - Il Si ste m a Qu ali tà e l a c ert ifi ca zio ne . - N or m e di im pa tto a m bi en ta le . Su pp or ta re la g es tio ne bu dg et (a cq uis ti de i p re la vo ra ti e co st i de i p ro do tti re a liz za ti) - A na liz za re e v al ut ar e il pr oc es so p ro du tti vo . - D ef in ire i co sti d ei p ro do tti te ne nd o co nt o de lle v ar ie c om po ne nt i co m pr es i g li as pe tti e co no m ic o so ci al i e la si cu re zz a. - El ab or ar e un p ia no d ei c os ti. - A ss ist er e ne gl i a cq ui sti . - G es tir e le sc or te . - U til iz za re ra zi on al m en te le ri so rs e di sp on ib ili . - Il bu dg et e la su a ge sti on e. - I c os ti de l p ro do tto m ec ca ni co . - A sp et ti fin an zi ar i, am m in ist ra tiv o- co nt ab ili e g es tio - n al i. - Le sc or te e d il m ag az zi no . 55 C O M PE TE N ZE A BI LI TÀ /C A PA C IT À C O N O SC EN ZE C ol la bo ra re c o n la g es tio ne m a rk et in g (su pp or to tec nic o e re la zi on i c on i cl ie nt i) - In di vi du ar e e d ef in ire la ti po lo gi a d i p ro do tto in fu nz io ne d el le es i- ge nz e d el m er ca to , d ei fa tto ri ch e l o ca ra tte riz za no e de gl i a sp et ti re - la tiv i a lla su a re al iz za zi on e. - In di vi du ar e i c rit er i d i u no st ud io d i f at tib ili tà . - G es tir e il su pp or to te cn ic o po st- v en di ta . - G es tir e le re la zi on i c on i cl ie nt i e ri so lv er e le a no m al ie . - A na lis i d el m er ca to e d el le su e te nd en ze . - St ud io d i f at tib ili tà . - St ra te gi e di c om un ic az io ne d el p ro do tto . - Ve n di ta e p os t v en di ta . - R el az io ni c on i cl ie nt i. Pr o ge tta re e po sa re in o pe ra sis te m i a ir ra gg ia m en to so la re - In di vi du ar e le in fo rm az io ni e le n ec es sit à pe r i l p ro ge tto . - Pr og et ta re il si ste m a d i i rra gg ia m en to so la re te rm ic o pe r f or ni re ac - qu a ca ld a e ris ca ld am en to a d ab ita zi on i e pi cc ol i co m pl es si te ne nd o co nt o de lle fa ci lit az io ni p ro po ste d al le n or m at iv e. - Pr og et ta re il s ist em a di ir ra gg ia m en to s ol ar e te rm ic o a co nc en tra - zi on e pe r c om pl es si m ed io -g ra nd i. - Pr og et ta re il si ste m a di ir ra gg ia m en to so la re c on p an ne lli fo to vo l- ta ic i p er la p ro du zi on e di e ne rg ia e le ttr ic a. - M et te re in o pe ra il s ist em a pr og et ta to , c ol la ud ar lo e d el im in ar e ev en tu al i a no m al ie . - En er gi a te rm ic a o el et tri ca p ro do tta p er ir ra gg ia m en to so la re . - Te cn o lo gi e e sis te m i a d irr ag gi am en to so la re : p an ne llo so la re te rm ic o, p an ne llo so la re a co nc en tra zi on e ( o c ol- le tto re so la re ), p an ne llo fo tov olt aic o. - N or m at iv a di s et to re c on r ife rim en to a l “ co nt o en er - gi a” , D L 38 7/ 20 03 (c he re ce pis ce la di ret tiv a e uro pe a 20 01 /7 7/ CE ). - Co sti e fa ci lit az io ni p ub bl ic he . 57 GESTIONE DEL MODELLO FORMATIVO PER QUALIFICHE E DIPLOMI 1. Quadro orario Il percorso formativo relativo alla qualifica di istruzione e formazione professio- nale prevede, di norma, una durata triennale, con un anno successivo per il conse- guimento del diploma quadriennale. Presentiamo lo schema orario relativo a tale percorso a tempo pieno, per una durata complessiva triennale di 3.150 e quadriennale di 4.200 ore, articolato in re- lazione alle diverse attività formative che vi si svolgono. L’asse dei linguaggi si riferisce alle competenze di lingua italiana e di lingua inglese. L’asse scientifico-tecnologico comprende competenze relative alle scienze della natura e scienze della materia oltre all’informatica ed alle tecnologie di indi- rizzo. L’asse storico-sociale comprende anche gli elementi di cittadinanza. L’area tecnico-professionale comprende le competenze tecnico-operative con prevalenza dei laboratori. Le ore dedicate ai LARSA (Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendi- menti) sono da definire in relazione alle specifiche necessità degli allievi e del per- corso formativo. Il quadro orario può essere interpretato attraverso una flessibilità del 5% sulle 900 ore (le ore di LARSA sono già uno strumento di flessibilità). 2. Vincoli e risorse I vincoli e le risorse che si indicano sono riferiti alle tecnologie di laboratorio ed alle attività di stage/project work essenziali per il successo del percorso forma- tivo. 58 2) Dotazioni dei laboratori tecnico-professionali Il laboratorio di meccanica polivalente comprende le attrezzature utilizzate da tutte le figure professionali, necessarie per la formazione dell’operatrice/opera- tore meccanico. Gli altri laboratori sono relativi alle figure professionali di indirizzo o a par- ticolari tecnologie e le attrezzature possono essere utilizzate a rotazione dagli al- lievi con una opportuna organizzazione. LABORATORIO ATTREZZATURE Informatica e comunicazione - Computer con collegamento ad internet: 1 per allievo - Lavagna luminosa - Lavagna a muro - Server su piattaforma Windows - Stampanti in rete: n. 2 - Scanner piano - Scanner verticale per negativi e diapositive - Pinnacle - Videodisplay - Software per elaborazione testi (Word) - Software per elaborazione fogli elettronici (Excel) - Software per grafici e presentazioni (PowerPoint) - Software per creazione/gestione data-base (Access) - Software per internet - Software per posta elettronica Altre attrezzature: - Calcolatrice - Video-registratore - Televisore - Video proiettore - Lettore DVD, CD-ROM LABORATORIO ATTREZZATURE Meccanica industriale Reparto aggiustaggio: - Banco di montaggio con morsa e attrezzatura: 1 per allievo - Trapano a banco: 1 ogni 5 allievi - Seghetto a nastro o alternativo - Rettificatrice per piani - Piano di tracciatura e di collaudo Reparto macchine utensili tradizionali: - Tornio parallelo con attrezzatura: 1 ogni 2 allievi - Fresatrice con attrezzatura: 1 ogni 3 allievi - Rettificatrice per tondi (segue) 3) Stage / project work 59 LABORATORIO ATTREZZATURE - Mole per affilatura - Utensileria e strumenti di controllo Reparto macchine utensili a controllo numerico: - Tornio a CNC - Centro di lavoro o fresatrice a CNC - Stazione di presetting - Computer per simulazione e/o programmazione Saldocarpenteria - Postazione per saldatura ad arco: 1 ogni 2 allievi - Postazione per saldatura MIG/MAG: 1 ogni 4 allievi - Postazione per saldatura TIG - Postazione per saldatura ossiacetilenica - Cesoia, piegatrice, calandratrice, scantonatrice, seghetto - Banco di lavoro e attrezzatura manuale Automazione - Banco didattico per esercitazioni di pneumatica - Banco didattico per esercitazioni di elettropneumatica - Banco didattico per esercitazioni di oleodinamica - Postazione per simulazioni Termoidraulica - Box in muratura o in legno per esercitazioni: 1 ogni 2 allievi - Elementi idro-termo sanitari vari (lavelli, piatti doccia, wc, termosifoni, cal- daia..) per ogni box - Banco di montaggio con morsa e attrezzatura: 1 ogni 4 allievi - Stazione mobile ossigas - Saldatrice portatile - Filettatrice elettrica - Tagliatubi per ferro, per rame e per polipropilene - Girafiliere, cesoie, piegatubi, giratubi, polifusore - Seghetto alternativo, mola tangenziale e trapano ANNUALITÀ INDICAZIONI Primo anno Visite aziendali ed incontri con testimoni e referenti del settore finalizzati alla conoscenza del contesto, alla presa di contatto con le realtà del lavoro, alla concreta rappresentazione dell’organizzazione, delle professionalità, dei processi tecnici e di servizio, delle relazioni e delle problematiche proprie della comunità professionale. Ciò al fine di aiutare la persona - tramite approccio diretto - nella scelta dello specifico percorso formativo o lavorativo, migliorando la sua comprensione di un profilo profes- sionale e delle sue principali determinanti. Secondo anno Si propone uno stage formativo al fine di favorire l’apprendimento di nuove compe- tenze professionali ed inoltre di sviluppare e consolidare le competenze già esistenti. In tale stage all’allievo verrà proposta la realizzazione di intere sequenze lavorative o di parti di esse con una maggior complessità di contenuti e un’attenzione più marcata ai risultati della performance. Terzo anno Si propone il completamento dello stage formativo, mirando in particolare alla completa padronanza delle competenze tecniche al fine di verificare l’efficacia delle conoscenze e delle capacità acquisite nelle fasi precedenti e di completare lo sviluppo della professionalità necessaria per realizzare una performance di qualità. Ciò anche per favorire il completamento del percorso formativo per coloro che deci- dano di inserirsi nel mondo del lavoro dopo l’acquisizione della qualifica. (segue) 60 ANNUALITÀ INDICAZIONI Quarto anno È prevista un’area formativa denominata “project work”, un’esperienza di alternanza formativa, opportunamente concordata con le imprese partner, mediante la quale lo studente, dopo una fase di osservazione e interpretazione della realtà aziendale di riferimento, elabora e realizza un progetto rispondente a compiti coerenti con le finalità del percorso formativo e significativo per l’organizzazione stessa. È pertanto necessaria una formazione dello studente all’utilizzo di strumenti di rilevazione del contesto organizzativo aziendale e di progettazione professionale. Si possono prevedere diverse tipologie di progetto: studio di un’organizzazione di lavoro; studio di un processo produttivo / di servizio; ricostruzione del prodotto/servizio e del suo “ciclo di vita”; analisi di mercato; audit della qualità; progettazione di un processo tecnico / di una unità di servizio; ecc. Tale progetto diviene anche materiale su cui sviluppare la valu- tazione finale. La valutazione finale si basa precipuamente sulla prova professionale (capolavoro), su uno scritto e su un colloquio. 61 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE ARENDT H. (1999), Vita Activa. La condizione umana, Bompiani, Milano. BOCCA G. (1998), Pedagogia del lavoro. Itinerari, La Scuola, Brescia. CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di) (2004), Guida per l’elaborazione dei piani for- mativi personalizzati. Comunità professionale meccanica, Tipografia Pio XI, Roma. DONATI P. (2001), Il lavoro che emerge, Boringhieri, Torino. LE BOTERF G. (2000), Construire les compétences individuelles et collectives, Edi- tions d’Organisation, Paris. MALAVASI P. (2003), Pedagogia e formazione delle risorse umane, Vita e Pensiero, Milano. MAZZEO R. (2005), L’organizzazione efficace dell’apprendimento, Erickson, Trento. MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE - ISFOL (2000), Area occupa- zionale metalmeccanica. Caratteristiche, funzioni e figure professionali, ISFOL, Roma. MORGAN G. (1999), Images: le metafore dell’organizzazione, Angeli, Milano. MORIN E. (2000), La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pen- siero, Raffaello Cortina Editore, Milano. MOSTARDA M.P. (2008), Progettualità formativa, La Scuola, Brescia. NICOLI D. (a cura di) (2005), Il diploma di istruzione e formazione professionale, Tipografia Pio XI, Roma. NICOLI D. (2009), Il lavoratore coinvolto, Vita e Pensiero, Milano. REYNERI E. (2002), Sociologia del mercato del lavoro, Il Mulino, Bologna. RULLANI E. (2004), Economia della conoscenza, Carocci, Roma. SCHÖN D.A. (2006), Formare il professionista riflessivo, Angeli, Milano. SEN A. (2002), Etica ed economia, Laterza, Bari. UNIONE EUROPEA (2008) Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consi- glio relativa al Quadro europeo dei Titoli e delle Qualifiche (EQF), Bruxelles. VALZAN A. (2003), Interdisciplinarité & situations d’apprentissage, Hachette édu- cation, Paris. WENGER E. (2006), Comunità di pratica. Apprendimento, significato e identità, Cortina, Milano. 63 ALLEGATO: RUBRICHE DELLE COMPETENZE Comunità professionale MECCANICA 1) Competenze tecnico professionali comuni - Realizzare lavorazioni di aggiustaggio e assemblaggio al banco utilizzando appropriate procedure e attrezzature - Eseguire la preparazione della macchina nel rispetto delle disposizioni tec- niche - Costruire e/o assemblare particolari e complessivi meccanici utilizzando mac- chine utensili tradizionali - Eseguire lavorazioni su lamiera e realizzare giunti saldati tramite processi di saldatura - Interpretare e realizzare il disegno tecnico - Produrre particolari attraverso l’interpretazione del disegno tecnico, la scelta dei materiali e degli strumenti adeguati per la realizzazione di un complessivo - Redigere e interpretare cicli di lavoro/schede tecniche - Applicare tecniche di misura e di controllo - Realizzare la manutenzione di attrezzature e macchine utensili - Utilizzare software applicativi dedicati al processo meccanico - Controllare e recuperare anomalie, attraverso l’applicazione di procedure e processi 2) Competenze delle figure professionali di indirizzo della qualifica triennale Costruttore su macchine utensili - Utilizzare software CAD per la realizzazione di disegni finalizzati alla lavora- zione di pezzi alle macchine utensili tradizionali e a controllo numerico - Interpretare e redigere un programma per le lavorazioni su torni e centri di la- voro a controllo numerico con eventuali cenni a software CAM - Realizzare particolari e/o complessivi utilizzando macchine utensili a con- trollo numerico, effettuando controlli e misurazioni - Eseguire il collaudo dimensionale dei particolari meccanici realizzati, even- tualmente con l’utilizzo di macchine di misura computerizzate Montatore manutentore - Realizzare semplici impianti di automazione in logica pneumatica, elettrop- neumatica e oleodinamica sulla base di uno schema funzionale assegnato - Redigere la distinta base e provvedere ai particolari necessari per il mon- taggio del sistema - Utilizzare appropriate procedure per montare e adattare particolari, gruppi meccanici, elettropneumatici e oleodinamici - Eseguire il collaudo per valutare la conformità / efficienza del sistema assem- blato - Leggere ed interpretare il disegno meccanico e semplici schemi oleo-elettrop- neumatici Saldocarpentiere - Interpretare documenti tecnici specifici per le lavorazioni di saldocarpenteria - Eseguire lavorazioni su lamiera con l’utilizzo di macchine da taglio, trancia- tura, scantonatura, piegatura e profilatura - Eseguire collegamenti mediante procedimenti di saldature - Effettuare controlli e misurazioni sui prodotti realizzati valutando il rispetto delle specifiche costruttive - Eseguire giunzioni mediante rivettatura e bullonatura dei singoli elementi, sulla base di disegni complessivi. Serramentista - Interpretare i documenti tecnici per la costruzione ed il montaggio di serra- menti - Rilevare le misure costruttive in cantiere - Costruire i controtelai in acciaio e serramenti in alluminio e PVC secondo specifiche assegnate, utilizzando macchinari e attrezzature appropriate - Redigere ed interpretare una distinta di taglio per realizzare la lavorazione dei vari profili per la costruzione di un infisso - Realizzare e montare i serramenti completi pronti per la posa in opera - Effettuare i controlli e collaudi sui prodotti realizzati nel rispetto della mar- chiatura CE - Effettuare la posa in opera dei prodotti realizzati - Eseguire vetrazione e pannellatura Termoidraulico - Impostare piani di installazione di impianti idraulici, termoidraulici e di con- dizionamento - Utilizzare strumenti, attrezzature e materiali - Effettuare la posa in opera e l’adeguamento di impianti esistenti - Collaudare impianti e apparecchiature 64 65 - Manutenere impianti e apparecchiature, effettuare i controllo previsti dalle normative - Analizzare il fabbisogno energetico degli edifici - Installare, collaudare e manutenere impianti per il risparmio energetico (foto- voltaico, solare termico, biomasse, ecc.) - Conoscere e applicare la normativa volta al risparmio energetico - Redigere la certificazione energetica degli edifici 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 INDICE PRESENTAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 INTRODUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 1. Natura economica, sociale e culturale della comunità professionale . . . . . 7 2. La comunità professionale in prospettiva formativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 3. La comunità professionale nell’ambito europeo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 3.1. La comunità professionale meccanica nel sistema spagnolo . . . . . . . . . . . . . . 13 3.2. La comunità professionale meccanica nel sistema tedesco . . . . . . . . . . . . . . . 15 3.3. La comunità professionale meccanica nel sistema svizzero . . . . . . . . . . . . . . . 17 3.4. La comunità professionale meccanica nel sistema francese . . . . . . . . . . . . . . 20 MAPPA DELLE FAMIGLIE E FIGURE PROFESSIONALI PER COMPETENZE ESSENZIALI . . . 25 1. Descrizione dei profili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 2. Schema dell’offerta formativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 3. Profili per competenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 MODELLO FORMATIVO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 1. Traguardi formativi (competenze chiave di cittadinanza europea) . . . . . . 34 2. Competenze delle figure professionali di indirizzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 3. Competenze professionali del IV anno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 GESTIONE DEL MODELLO FORMATIVO PER QUALIFICHE E DIPLOMI . . . . . . . . . . . . . . . 57 1. Quadro orario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57 2. Vincoli e risorse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 ALLEGATO: RUBRICHE DELLE COMPETENZE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 INDICE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109 111 Pubblicazioni 2002-2007 nella collana del CNOS-FAP e del CIOFS/FP “STUDI, PROGETTI, ESPERIENZE PER UNA NUOVA FORMAZIONE PROFESSIONALE” ISSN 1972-3032 Sezione “Studi” 2002 MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimenta- zione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto finale, 2002 2003 CIOFS/FP (a cura di), Atti del XIV seminario di formazione europea. La formazione professio- nale per lo sviluppo del territorio. Castel Brando (Treviso), 9 - 11 settembre 2002, 2003 CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Vademecum. Strumento di lavoro per l’erogazione dei servizi orientativi, 2003 MALIZIA G. - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto sul follow - up, 2003 2004 CIOFS/FP (a cura di), Atti del XV seminario di formazione europea. Il sistema dell’istruzione e formazione professionale nel contesto della riforma. Significato e percorsi, 2004 CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Opportunità occupazionali e sviluppo turistico dei territori di Catania, Noto, Modica, 2004 CNOS-FAP (a cura di), Gli editoriali di “Rassegna CNOS” 1996-2004. Il servizio di don Ste- fano Colombo in un periodo di riforme, 2004 MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della forma- zione professionale, 2004 RUTA G., Etica della persona e del lavoro, 2004 2005 CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVI seminario di formazione europea. La formazione profes- sionale fino alla formazione superiore. Per uno sviluppo in verticale di pari dignità, 2005 D’AGOSTINO S. - G. MASCIO - D. NICOLI, Monitoraggio delle politiche regionali in tema di istruzione e formazione professionale, 2005 PIERONI V. - G. MALIZIA (a cura di), Percorsi/progetti formativi “destrutturati”. Linee guida per l’inclusione socio-lavorativa di giovani svantaggiati, 2005 2006 CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVII Seminario di Formazione Europea. Il territorio e il sistema di istruzione e formazione professionale. L’interazione istituzionale per la pre- parazione delle giovani generazioni all’inserimento lavorativo in rapporto agli obiettivi di Lisbona, 2006 NICOLI D. - G. MALIZIA - V. PIERONI, Monitoraggio delle sperimentazioni dei nuovi percorsi di istruzione e formazione professionale nell’anno formativo 2004-2005, 2006 2007 CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVIII seminario di formazione europea. Standard formativi nell’istruzione e nella formazione professionale. Roma,7-9 settembre 2006, 2007 COLASANTO M. - R. LODIGIANI (a cura di), Il ruolo della formazione in un sistema di welfare attivo, 2007 DONATI C. - L. BELLESI, Giovani e percorsi professionalizzanti: un gap da colmare? Rapporto finale, 2007 MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della forma- zione professionale. II edizione, 2007 MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP della Sicilia. Rapporto di ricerca, 2007 MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP del Lazio. Rapporto di ricerca, 2007 112 MALIZIA G. et alii, Diritto-dovere all’istruzione e alla formazione e anagrafe formativa. Pro- blemi e prospettive,2007 MALIZIA G. et alii, Stili di vita di allievi/e dei percorsi formativi del diritto-dovere, 2007 NICOLI D. - R. FRANCHINI, L’educazione degli adolescenti e dei giovani. Una proposta per i percorsi di istruzione e formazione professionale, 2007 NICOLI D., La rete formativa nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP, 2007 PELLEREY M., Processi formativi e dimensione spirituale e morale della persona. Dare senso e prospettiva al proprio impegno nell’apprendere lungo tutto l’arco della vita, 2007 RUTA G., Etica della persona e del lavoro, Ristampa 2007 2008 CIOFS/FP, Atti del XIX seminario di formazione europea. Competenze del cittadino europeo a confronto, 2008 COLASANTO M. (a cura di), Il punto sulla formazione professionale in Italia in rapporto agli obiettivi di Lisbona, 2008 DONATI C. - L. 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Teoria e prassi, 2003 CIOFS/FP (a cura di), Un modello per la gestione dei servizi di orientamento, 2003 CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un ap- proccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione delle unità didattiche, 2003 COMOGLIO M. (a cura di), Prova di valutazione per la qualifica: addetto ai servizi di impresa. Prototipo realizzato dal gruppo di lavoro CIOFS/FP, 2003 FONTANA S. - G. TACCONI - M. VISENTIN, Etica e deontologia dell’operatore della FP, 2003 GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo, 2003 MARSILII E., Guida per l’accompagnamento al lavoro dipendente, 2003 TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, 2003 VALENTE L. - D. ANTONIETTI, Quale professione? 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