CARITAS / MIGRANTES: XXI Rapporto sull’immigrazione

Descrizione breve: 
Dossier statistico del 2011 sull'immigrazione, sono analizzate le seguenti tematiche: gli scenari di mutamento dell'immigrazione, gli aspetti demografici, gli aspetti occupazionali ed economici, gli indicatori sociali e le prospettive di integrazione.
Data: 
27 Ottobre 2011
CARITAS / MIGRANTES: XXI Rapporto sull’immigrazione
Argomento: 

ISMU: XVI Rapporto sulle migrazioni 2010

Descrizione breve: 
L’ISMU, l’Osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità, in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano, studia il tema centrale dell'immigrazione.
Allegato: 
Data: 
13 Dicembre 2010
Ismu 2010/00_Comunicato_Stampa.pdf COMUNICATO STAMPA ISMU XVI RAPPORTO SULLE MIGRAZIONI 2010 Consegna targhe Ismu 13 dicembre 2010 – ore 9.00-12.30 Centro Congressi Fondazione Cariplo – Via Romagnosi 8 – Milano Nel 2010 Ismu registra un notevole rallentamento dei flussi netti di immigrati in arrivo in Italia: il saldo dei nuovi iscritti in anagrafe nel primo semestre del 2010 è di 100mila unità in meno (-40%) rispetto a quanto osservato nello stresso periodo del 2007 (epoca precrisi). La contrazione di nuovi ingressi, dovuta all'azione frenante innescata dalla difficile congiuntura economica, non toglie comunque vivacità al fenomeno: al 1° gennaio 2010 gli immigrati in Italia sono 5,3 milioni di unità (regolari e non), di cui 5,1 milioni provenienti dai così detti Paesi a forte pressione migratoria, circa 500mila in più rispetto al 2009. La nazionalità più numerosa è quella rumena con un milione e 112mila unità (il 22% del totale), seguita dall'albanese e dalla marocchina (586mila e 575mila). Parallelamente c'è un vero e proprio boom di minori residenti in Italia: in base alla stime Ismu al 31 dicembre 2010 sono quasi 1 milione 24 mila (triplicati da inizio 2003, anno in cui erano “solo” 353mila). Tra i minori residenti al primo gennaio 2010, più della metà risulta nata in Italia. Diminuiscono gli irregolari che sono 544mila, 16mila in meno rispetto a quanto stimato da Ismu al primo agosto 2009. Sul lavoro, nonostante la crisi economica, si registra un aumento dell’occupazione immigrata pari a 183mila unità (+10% rispetto al 2009). Ma al contempo cresce il tasso di disoccupazione che è passato dal 10,5% del primo trimestre 2009 al 13% del primo trimestre 2010. Diminuiscono i tassi di criminalità degli immigrati: elaborazioni Ismu dimostrano che il numero dei denunciati stranieri è diminuito del 13,9% passando dai 302.955 del 2008 ai 260.883 del 2009. Sono questi alcuni dei principali dati del XVI Rapporto nazionale sulle migrazioni 2010, elaborato dalla Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) e presentato il 13 dicembre. Al convegno moderato dalla giornalista Francesca Padula de Il Sole 24 ore, hanno partecipato Mariella Enoc e Vincenzo Cesareo, rispettivamente Presidente e Segretario Generale della Fondazione Ismu; Giuseppe Guzzetti, Presidente Fondazione Cariplo; Giulio Boscagli, Assessore alla Famiglia, conciliazione, integrazione e solidarietà sociale della Regione Lombardia; Gian Carlo Blangiardo, Università Bicocca di Milano; Stefano Manservisi, Direttore Generale, DG Home Affairs, Commissione Europea; Natale Forlani, Direttore Generale DG Immigrazione, Ministero del lavoro e delle politi che sociali; Angela Pria, Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione, Ministero dell'Interno. Nel corso del convegno sono state assegnate due targhe Ismu, una all’imprenditrice filippina Noemi Manalo che ha fondato il settimanale Kabayan Times International, l’altra all’associazione Rete G2 Seconde Generazioni per il suo impegno nella lotta per i diritti delle seconde generazioni. 1) IMMIGRATI IN ITALIA Flussi in diminuzione. Al primo gennaio del 2010 la popolazione straniera presente in Italia è stimata da Ismu in 5,3 milioni di unità (regolari e non), di cui 5,1 milioni provenienti dai così detti Paesi a forte pressione migratoria, circa 500mila in più rispetto al 2009. I regolarmente iscritti in anagrafe sono 4 milioni e 235mila1 (+344mila rispetto al 2009). Nonostante la persistente vivacità del fenomeno, si sono rilevati alcuni segnali di un suo rallentamento, verosimilmente causato dalla difficile congiuntura economica. Nei dati anagrafici si può infatti cogliere una riduzione dei flussi netti proprio a partire dalla primavera del 2008, riduzione che ha riscontro in un saldo migratorio con l’estero per l’anno 2009 che è inferiore del 12% rispetto a quello del 2008 e del 36% rispetto a quello del 2007. Ciò 1 Alcuni dati riportati nel comunicato stampa possono differire da quelli del volume XVI Rapporto sulle migrazioni 2010. I dati del comunicato sono infatti stati riaggiornati in base ai dati Istat diffusi a ottobre 2010 (mentre quelli del XVI Rapporto Ismu fanno riferimento al rapporto Istat Indicatori Sociali 2009, pubblicato nel febbraio 2010). 1 trova ulteriore conferma nel 2010, con un valore del saldo relativo al primo semestre, che è circa il 40% inferiore (oltre 100mila unità in meno) a quanto osservato nello stesso periodo del 2007 in epoca precrisi. Meno irregolari. Al 1 gennaio 2010 non hanno un valido titolo di soggiorno 544mila stranieri, 16mila in meno rispetto ai 560mila stimati da Ismu al primo agosto 2009. La contrazione può interpretarsi come un primo effetto dell’ultima sanatoria finalizzata all’emersione dell’irregolarità nell’ambito del lavoro domestico. Nel complesso si può comunque ritenere che in termini relativi il fenomeno dell’irregolarità abbia raggiunto in questi ultimi due anni uno dei livelli più bassi nella storia delle migrazioni verso il nostro paese. Più famiglie. La quota degli immigrati che vivono in famiglia (in coppia e/o con figli) è aumentata nel quadriennio dal 2005 al 2009 di 5 punti percentuali per i casi di presenza del coniuge/convivente (dal 39,1% del 2005 al 44,4% del 2009) e di 2,5 punti (dal 2,1% al 4,6%) per i nuclei monogenitoriali. In aumento anche i soggetti soli, che nello stesso arco di tempo passano dal 13,9% al 19,7%. Si è dimezzata invece la quota di coloro che vivono in coabitazione, con amici e conoscenti (dal 27,5% al 12,6%). I dati mostrano una progressiva trasformazione dell’immigrazione straniera da mera “forza lavoro” a “famiglie di lavoratori”. Minori triplicati dal 2003. In base alle stime Ismu i minori residenti in Italia al 31 dicembre 2010 saranno quasi 1 milione e 24 mila (quasi triplicati da inizio 2003, anno in cui erano 353mila). Tra i minori residenti al primo gennaio 2010, più della metà risulta nata in Italia (di cui 74mila nati solo nel 2009). Si tratta certamente di un contributo importante per dare vitalità alla demografia del nostro paese, anche se va sottolineato come esso non risolva, anche in prospettiva, il problema del calo della natalità in Italia. Infatti i dati dimostrano che le donne immigrate si adattano abbastanza rapidamente al modello riproduttivo della società ospite: nel 2006 il valore medio della fecondità delle straniere era stimato in 2,50 figli per donna ed è sceso progressivamente sino a 2,05 nel 2009. I valori si abbassano ancor di più nelle grandi città come Milano e Palermo (1,5), Roma (1,3), Napoli (1,2), dove il numero medio di figli per donna non raggiunge neppure tra le straniere il livello di ricambio generazionale. I rumeni sono più di milione e centomila. Al vertice della graduatoria dei presenti in Italia, provenienti dai Paesi a forte pressione migratoria, si conferma la Romania, con un milione e 112mila unità (il 22% del totale). Seguono l’Albania e il Marocco con, rispettivamente, 586mila e 575mila presenze (pari all’11,5% e al 11,3%). Nel 2030 possibile boom di immigrati dall’Africa. Guardando al futuro gli scenari possibili, alla luce delle dinamiche in atto, sembrano poter essere due. Il primo prevede un rallentamento dei flussi, se le aree di origine dell’immigrazione verso l’Italia rimarranno quelle di adesso (ovvero se più del 50 per cento degli immigrati stranieri proverrà dall’Est Europa): in tal caso nei prossimi 20 anni i residenti stranieri aumenterebbero a una media di 187mila unità annue (ben diversa delle 431mila mediamente registrate negli ultimi 7 anni). Il secondo scenario introduce l’eventualità che la caduta dei flussi est europei sia interamente compensata dalla componente proveniente dall’Africa Sub-sahariana. D’altra parte le premesse per un boom di immigrati da tale area non mancano, se si considera che gli scenari demografici più accreditati (United Nations, 2008) calcolano che l’Africa Sub-sahariana tra il 2010 e il 2030 avrà un surplus annuo di 15-20 milioni di potenziali lavoratori. Se, come è lecito presumere, essi non verranno pienamente assorbiti dai mercati locali potranno farsi tentare dalla scelta migratoria ed emigrare, almeno in parte, tanto in Italia quanto nel resto d’Europa. Si segnala in particolare il caso della Nigeria: il paese più popoloso dell’Africa, con 150 milioni di abitanti, e anche quello con uno dei tassi di crescita della popolazione più alti al mondo (circa il 4% l’anno). Banca centrale nigeriana, Iom e analisti concordano nel ritenere che nel giro di 25 anni la popolazione nigeriana sia destinata a raddoppiare. Se il mercato del lavoro, attualmente con una disoccupazione del 10%, non dovesse assorbire il surplus di forza lavoro, la disoccupazione aumenterebbe e con questa la spinta a emigrare. 2) LAVORO Più occupati nonostante la crisi. Anche nel 2010, come già segnalato nel 2009, l’occupazione degli stranieri ha conosciuto un andamento opposto a quello complessivo del nostro Paese. Mentre l'occupazione degli italiani ha fatto segnare un’ulteriore contrazione rispetto allo stesso periodo del 2009 (passando da 22 milioni e 966mila a 22 milioni e 758mila), gli occupati stranieri sono saliti da 1 milione e 741mila a 1 milione e 924mila, con un aumento di oltre il 10% (e addirittura del 14% per quanto riguarda la componente femminile). L’occupazione maschile infatti è passata da 1 milione e 29mila del I trimestre 2009 a 1 milione e 109mila del I trimestre 2010, quella femminile da 712mila a 815mila. Gli stranieri rappresentano ormai l’8% degli occupati totali, e quasi il 9% delle occupate. Circa il 79% degli occupati (e il 93% degli uomini stranieri) ha un impiego a tempo pieno, ma ben 4 donne immigrate su 10 hanno un impiego part-time. I lavoratori stranieri con uno status da dipendenti sono 1 milione e 662mila. Disoccupazione in aumento. Contestualmente, a fronte di una crescita dell’offerta, di un afflusso di nuova manodopera dall'estero sovradimensionata rispetto alle opportunità di assorbimento del mercato italiano e di una situazione economica complessivamente deteriorata, nei primi tre mesi del 2010 è cresciuto il tasso di disoccupazione degli stranieri. I disoccupati stranieri hanno raggiunto le 287mila unità, con un aumento addirittura del 40% rispetto a dodici mesi prima e con una leggera prevalenza della componente maschile (52,6% sul totale). Il tasso di disoccupazione è passato dal 10,5% del I trimestre 2009 al 13% del I trimestre 2010. Il peggioramento coinvolge 2 soprattutto gli uomini, per i quali tra il I trimestre 2009 e il I trimestre 2010 l’incidenza della disoccupazione è passata dal 9,1% al 12%, oltre ad essere praticamente raddoppiata rispetto al 2007 quando era a quota 6,2%. Anche le donne, nello stesso arco di tempo, hanno visto salire il tasso di disoccupazione dal 12,4 al 14,3%. Parallelamente, è continuato a crescere il divario tra i tassi riferiti agli immigrati e quelli complessivi, che sfiora i quattro punti percentuali sia per gli uomini sia per le donne. E’ il Nord a offrire più lavoro. Il Nord assorbe oltre il 60% dei lavoratori stranieri (ma con una flessione negativa di ben tre punti percentuali rispetto al I trimestre 2009), il Centro il 27% e il Mezzogiorno poco più del 12%. 3) GLI ALUNNI STRANIERI In crescita i nati in Italia e in diminuzione i neo arrivati. Dagli ultimi relativi all’anno scolastico 2009/10, emerge che sono 673.592 gli allievi stranieri nelle scuole italiane (il 7,5% della popolazione scolastica). Non vi sono novità significative riguardo alle provenienze (tra le prime nazionalità si confermano Romania, Albania, Marocco, Cina, Ecuador), alla distribuzione degli studenti nei diversi ordini di scuola (con una maggiore concentrazione alle primarie) e alle differenze territoriali (si conferma una presenza significativa al nord e al centro). Va però sottolineato che, al trend generale degli ultimi anni, caratterizzato dal rallentamento nell’incremento degli alunni con cittadinanza italiana, corrisponde una progressiva trasformazione nella composizione della popolazione scolastica straniera. Infatti, da un lato, cresce significativamente la presenza dei nati in Italia da genitori stranieri (233.033 unità nel 2008/09: il 5% degli iscritti alle scuole dell’infanzia), dall’altro, si riduce il numero di alunni neo arrivati (41.421), ovvero coloro che hanno iniziato il processo di scolarizzazione nel paese d’origine e che poi hanno dovuto interrompere il loro percorso per ricongiungersi ai genitori già in precedenza emigrati in Italia. La concentrazione degli allievi stranieri: un fenomeno rilevante in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte. Per ciò che riguarda la concentrazione degli alunni stranieri, si rileva come la percentuale di istituti scolastici non interessata dalla presenza di stranieri sia del 26,1%. Sono, invece, 1.620 le scuole italiane (pari al 2,8% del totale) che hanno una presenza di alunni stranieri superiore al 30%. In un recente documento del Miur (2010), si sottolinea che nell’a.s. 2009/2010, tra le primarie che superano la soglia del 30% di allievi stranieri, un quarto di esse si trova in Lombardia e il 65,5% in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte; rispetto alle secondarie di I grado, ben il 38% si colloca nel contesto lombardo e il 65,5% in sole tre regioni (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto). Al sud e nelle isole, solo 21 scuole superano la soglia del 30%. Soglia del 30%: la maggior parte delle scuole si adegua. Gli approfondimenti statistici del Miur (e i dati sull’applicazione della circolare n 2/2010) mettono in luce che molte sono state le scuole che si sono adeguate alla soglia del 30% di presenza nelle singole classi di studenti stranieri con una limitata competenza linguistica in italiano, ma elevata è anche stata la concessione di deroghe. In Lombardia, ad esempio, l’84% delle scuole ha rispettato il provvedimento, alle restanti istituzioni scolastiche sono state concesse deroghe. Va sottolineato, infine, che una ricerca recente svolta da Ismu sugli indici di integrazione nel nostro paese ha verificato empiricamente il legame inverso tra grado di integrazione e densità della presenza immigrata, mostrando come al crescere della densità della popolazione immigrata decresca il livello di integrazione, mentre nei contesti in cui gli immigrati sono meno numerosi la loro integrazione appare facilitata. Tale risultato richiama la necessità di riflettere sulla sostenibilità dei flussi migratori nei contesti territoriali nonché negli ambiti scolastici e formativi. 4) CRIMINALITÀ E DEVIANZA DEGLI IMMIGRATI Meno stranieri denunciati. Nel 2009 (ultimi dati disponibili del Ministero degli Interni) il numero dei denunciati stranieri dalle forze di polizia è diminuito del 13,9% rispetto al 2008. Nel 2009 i denunciati stranieri sono 260.883 (su un totale di 823.406) e corrispondono a circa un terzo del totale dei denunciati (31,7%). Per tutti i reati considerati, a eccezione dei furti in esercizi commerciali, dal 2008 al 2009 si nota una diminuzione dei denunciati stranieri in numero assoluto: alta per i furti in abitazione (-31,9%) e le rapine in banca (-24,4%), media per le rapine in abitazione (-18,9%), i delitti contro la persone (-14,5%) e il totale delle rapine (-13,9%), più contenuta, ma sempre rilevante, per le altre categorie. Più di un terzo dei detenuti è straniero. Al 31 luglio 2010 gli stranieri nei penitenziari italiani sono il 36,2% dei presenti, 24.675 su 68.121. Le nazionalità più numerose sono: la marocchina (21,2% dei detenuti stranieri), la rumena (13,4%), e la tunisina (12,8%). Le categorie di reato più rappresentate in valore assoluto sono: i reati contro il patrimonio (31.893 detenuti stranieri, il 25,5% del totale dei detenuti per questo reato), la violazione della legge sugli stupefacenti (28.154, 45,1%), i reati contro la persona (22.610, 29,9%). Gli irregolari presentano tassi di delittuosità molto superiori a quelli dei regolari e degli italiani. Nel 2008 e nel 2009 gli stranieri regolari hanno registrato tassi di delittuosità totale superiori, ma prossimi, a quelli degli italiani. Gli irregolari invece hanno avuto tassi di delittuosità decine di volte superiori. Il problema della delinquenza straniera continua a riguardare principalmente l’immigrazione irregolare (nel 2009 il il 25,3% dei denunciati è irregolare, contro il 6,3% che è regolare). Mentre i tassi di delittuosità dei regolari sono superiori, anche se prossimi, a quelli degli italiani (il quoziente di sovraesposizione, cioè il rapporto tra il loro tasso e quello degli italiani, oscilla infatti tra 3 l’1,3 per il totale dei reati nel 2009 e un massimo di 2,7 per i furti), i tassi di delittuosità stimati degli irregolari sono superiori: nel 2008 per il furto per omicidio superano di 11,7 quelli degli italiani e nel 2009 per furto arrivano ad essere di 45,6 volte maggiori. L’affermazione che gli irregolari sono criminali è falsa. I dati su esposti non avallano l'affermazione, falsa, che gli irregolari siano criminali. I dati indicano che l'irregolarità in Italia aumenta la probabilità del verificarsi di un evento criminale. Il che non significa che tutti gli irregolari siano delinquenti o che tra essi non ci siano in maggioranza persone oneste e tanti sfruttati nel lavoro nero. Più immigrati non vuol dire più delinquenza. Non è vero che più immigrati vogliono dire tout court più delinquenza. Non c’è una relazione diretta tra aumento dei permessi di soggiorno e delinquenza degli stranieri. Nel 2005 le province italiane con tassi più alti di soggiornanti regolari non sono quelle che hanno tassi di stranieri denunciati più alti. All’aumentare del tasso di permessi, diminuisce quello di stranieri denunciati. Perché delinquono. Tra le cause principali di delinquenza totale degli stranieri nelle province italiane troviamo: condizioni economiche di disagio (bassi salari), presenza di criminalità organizzata straniera, e irregolarità lavorativa di basso livello. Non è quindi l'immigrazione di per sé che reca criminalità, ma sono le caratteristiche di certa immigrazione che, in determinati casi, possono farlo con riferimento ad alcune tipologie di criminalità. Rispetto alla criminalità in Italia gli stranieri hanno molti fattori di rischio e pochi di protezione. Sono le condizioni in cui spesso vivono gli stranieri che aumentano la probabilità che alcuni commettano atti criminali o altri diventino vittime di criminalità. 5) QUANTO PESA L'IMMIGRAZIONE SUL WELFARE Benefici fiscali. Un dato di sintesi si ottiene calcolando il beneficio fiscale netto, cioè la differenza fra i trasferimenti ricevuti dal settore pubblico e quanto pagato al settore pubblico stesso. L’analisi individuale evidenzia un beneficio fiscale netto per gli immigrati extra-EU inferiore di circa 3.000 euro annui a quello degli italiani, per lo più giustificabile per la minore incidenza dei costi sanitari e previdenziali dovuti all’invecchiamento. Il risultato viene confermato dall’analisi a livello familiare, che indica un beneficio fiscale netto superiore per le famiglie italiane rispetto a quelle extra-EU, per oltre 3.800 euro. Gli immigrati pagano meno imposte. Passando al prelievo fiscale, in media le imposte personali, i contributi sociali e Ici ammontano a 6.407 euro per gli italiani, 5.921 euro per gli immigrati Ue e 5.735 euro per gli immigrati extra-Ue. Il maggior importo di imposte personali pagate dagli italiani (più 950 euro rispetto agli immigrati extra-Ue) è spiegato dal reddito medio più elevato. Inoltre se si restringe il campione ai soli attivi, l’importo medio dei contributi sociali versato dagli italiani risulta superiore (di 1.699 euro) a quello degli immigrati extra-Ue. Per informazioni: Ufficio stampa Ismu Via Copernico, 1 – 20125 Milano 02.6787791 – 335.5395695 ufficio.stampa@ismu.org www.ismu.org 4 Ismu 2010/01_Presentazione.pdf Quadro generale sull'immigrazione La popolazione straniera presente in Italia al primo gennaio del 2010 è stimata da ISMU in 5,3 milioni di unità, di cui 5,1 milioni provenienti dai così detti Paesi a forte pressione migratoria, con una crescita di circa 500mila unità rispetto al 2009. I regolarmente iscritti in anagrafe sono 4 milioni e 279mila (+ 388mila rispetto al 2009). Con riferimento a questo anno, sottolineo qui di seguito alcuni aspetti particolarmente significativi. 1) Nonostante la persistente vivacità del fenomeno, si sono rilevati alcuni segnali di un suo rallentamento, verosimilmente causato dalla difficile congiuntura economica. I dati anagrafici evidenziano una riduzione dei flussi netti proprio a partire dalla primavera del 2008, riduzione che ha riscontro in un saldo migratorio con l’estero per l’anno 2009 che è inferiore del 12% rispetto a quello del 2008 e del 36% rispetto a quello del 2007. Ciò trova ulteriore conferma nel 2010, con un valore del saldo relativo al primo semestre che è circa il 40% inferiore a quanto osservato nello stesso periodo del 2007 in epoca precrisi. 2) Irregolarità Nel rapporto di quest’anno si è ritenuto dedicare largo spazio all’irregolarità colta in chiave comparativa internazionale. L’irregolarità è infatti un fenomeno rilevante in molti paesi e in ciascuno di essi è vissuta in maniera differente: l’irregolarità per le Americhe si misura soprattutto con la paura del terrorismo, per l’Asia riguarda prioritariamente lo sfruttamento organizzato della manodopera, per l’Africa cancella ogni rispetto della persona che diventa vittima del ricatto e della paura. Le stime sulla presenza immigrata in Europa, per l’anno 2009, mettono in evidenza che i primi cinque paesi per numero complessivo di immigrati sprovvisti del titolo di soggiorno sono Regno Unito, Italia, Germania, Francia e Spagna. Aggregando queste stime nazionali a livello di UE-27, si ottiene una stima della popolazione irregolare complessiva compresa tra 1,9 e 3,8 milioni di 1 Presentazione XVI Rapporto ISMU 13 dicembre 2010 Vincenzo Cesareo, Segretario Generale Fondazione Ismu persone. Questi valori corrispondono a circa lo 0,4–0,8% della popolazione totale e al 7–13% della popolazione immigrata regolare (dal sito www.neodemos.it) Le stesse stime del 2008 avevano individuato una presenza irregolare tra i 2 e 4 milioni circa, con una netta concentrazione nell’area dei 15 membri iniziali, così come avviene per le presenze regolari (dal capitolo di Livia Ortensi per il Rapporto) 3) Minori A partire dai valori rilevati dall’ISTAT negli ultimi anni, ISMU ha calcolato al 31 dicembre 2010 la presenza di oltre 1 milione di minori stranieri, triplicati nel corso di 7 anni. Di questi circa il 60% risulta essere nato in Italia. Si tratta certamente di un contributo importante per dare vitalità alla demografia del nostro paese, sebbene vada nuovamente ribadito come esso non risolva, anche in prospettiva, il problema del calo della natalità in Italia che richiede di essere affrontato con maggiore sostegno alle famiglie. 4) Lavoro: Come già segnalato nel 2009, nel 2010, l’occupazione degli stranieri ha conosciuto un andamento opposto a quello complessivo del Paese. Mentre l’occupazione degli italiani ha registrato un’ulteriore contrazione rispetto al 2009, gli occupati stranieri sono aumentati di oltre il 10% e addirittura del 14% per quanto riguarda la componente femminile. Gli stranieri rappresentano ormai oltre l’8% degli occupati totali e quasi il 9% delle occupate. Questi andamenti sembrerebbero corroborare l’ipotesi dell’esistenza di mercati del lavoro separati e, in particolare, confermare i caratteri del tutto specifici dell’offerta immigrata femminile, che s’indirizza a sbocchi non solo “di genere”, ma altrettanto etnicizzati. Alla luce di ciò, si può affermare che il contestuale aumento del tasso di disoccupazione degli stranieri sia da attribuire alla crescita dell’offerta di lavoro e a un afflusso di nuova manodopera dall’estero sovradimensionato rispetto alle opportunità di assorbimento che pure non sono mancate. In altre parole in Italia l’immigrazione non è certo passata indenne attraverso la crisi, ma ne ha subito le conseguenze in misura non così drammatica com’è avvenuto in altri paesi. Quali sono stati gli elementi che hanno consentito ciò? a) In primo luogo, l’elevata femminilizzazione e la sostenuta partecipazione delle donne immigrate al mercato del lavoro. b) In secondo luogo, paradossalmente, la forte concentrazione degli stranieri nei cosiddetto “lavori da immigrati”, la cui etnicizzazione ha eretto barriere simboliche all’ingresso degli italiani, solo virtualmente intaccate in tempi di crisi. c) In terzo luogo, la rilevante consistenza dell’economia sommersa. 5) Salute: 2 Emerge una mappa dell’Italia che offre standard di accoglienza e di assistenza estremamente diversificati in termini di efficacia. Tra gli aspetti che maggiormente diversificano l’offerta a livello territoriale si rileva: la formazione specifica degli operatori, la presenza di enti o istituzioni, che monitorino costantemente le dinamiche del fenomeno migratorio, l’utilizzo dei mediatori linguistico culturali. 6) Scuola Dagli ultimi dati relativi all’a.s. 2009/10, emerge che sono 673.592 gli allievi stranieri nelle scuole italiane (il 7,5% della popolazione scolastica). Non vi sono novità significative riguardo alle provenienze (tra le prime nazionalità si confermano Romania, Albania, Marocco, Cina, Ecuador). Si evidenzia inoltre che, a parità di status e di capacità, nella scelta della scuola superiore pesa l’essere straniero: è aumentato infatti il numero di stranieri negli istituti professionali. 7) Devianza Nel 2009 gli stranieri denunciati dalle forze di polizia sono il 31,7% dei denunciati totali, ma la loro incidenza è in diminuzione dagli anni precedenti. Infatti nel 2009, secondo gli ultimi dati disponibili del Ministero degli Interni, il numero dei denunciati stranieri dalle forze di polizia è diminuito del 13,9% rispetto al 2008. Nel 2009 i denunciati stranieri sono 260.883 (su un totale di 823.406). Dal 2008 al 2009 gli stranieri denunciati si sono ridotti anche in numero assoluto. Sempre negli stessi anni (2008-2009) gli stranieri regolari hanno registrato tassi di delittuosità totale superiori, ma prossimi, a quelli degli italiani. Gli irregolari invece presentano tassi di delittuosità decisamente superiori. Va però respinta l’equazione irregolarità=criminalità, sebbene dagli inizi degli anni Novanta le denunce contro stranieri irregolari abbiano subito un forte aumento percentuale, superiore a quello dei permessi di soggiorno. 8) Welfare I dati ottenuti calcolando il beneficio fiscale netto, cioè la differenza fra i trasferimenti ricevuti dal settore pubblico e quanto pagato al settore pubblico stesso, hanno messo in evidenza un beneficio fiscale netto per gli immigrati extra-EU inferiore di circa 3.000 euro annui a quello degli italiani, per lo più giustificabile per la minore incidenza dei costi sanitari e previdenziali dovuti alla struttura per età più giovane. Il risultato viene confermato dall’analisi a livello familiare, che indica un beneficio fiscale netto superiore per le famiglie italiane rispetto a quelle extra-EU, per 3.800 euro. Con riferimento al prelievo fiscale, in media pro-capite le imposte personali, i contributi sociali e l’Ici ammontano a 6.407 euro per gli italiani, 5.921 euro per gli immigrati Ue e 5.735 euro per gli immigrati extra-Ue. Il maggior importo di imposte personali pagate dagli italiani (più 950 euro rispetto agli immigrati extra-Ue) è spiegato dal reddito medio più elevato. 9) Rimesse 3 Nonostante la crisi, le rimesse hanno registrato un lieve incremento annuo dal 2008 al 2009 di circa il 6%. Si constata un’indubbia supremazia della Cina, quale paese di destinazione, con quasi 2 miliardi di euro di rimesse (+28%) seguita dalla Romania (+ 26%) e, al terzo posto, dalle Filippine. 10) Atteggiamenti Secondo un’indagine del giugno 2010, per il 18% degli italiani l’immigrazione costituisce un pericolo per il Paese, subito dopo la disoccupazione e la corruzione. Il sondaggio ha permesso anche di tracciare un identikit dell’italiano maggiormente preoccupato per la presenza degli immigrati: è anziano, single e vive soprattutto nel Nord Est, in un comune con meno di 30mila abitanti. Se allarghiamo lo sguardo all’Europa, possiamo rilevare che la preoccupazione per gli effetti dell’immigrazione è particolarmente elevata nel nostro Paese in quanto si colloca al secondo posto subito dopo la Gran Bretagna, che presenta la più alta percentuale di “cittadini preoccupati” tra gli europei. Per quanto riguarda il legame tra immigrazione e criminalità, il 77% degli italiani teme che i clandestini la incrementino, contro il 31% dei francesi e una media europea del 61%. Il capillare radicamento della criminalità organizzata in alcune aree del Paese sembrerebbe costituire la causa che rende più acuta che altrove la preoccupazione che gli immigrati irregolari possano essere reclutati dai malavitosi. Da una recente indagine, promossa dalla Conferenza delle Assemblee delle Regioni e delle Province Autonome, nell’ambito delle iniziative del neo Osservatorio della Camera dei Deputati sui fenomeni di xenofobia a razzismo e svolta dall’Istituto SWG di Trieste in collaborazione con IARD RPS di Milano, su un campione rappresentativo di 2.085 giovani tra i 18 e i 29 anni, emerge in maniera preoccupante la presenza, fra quasi la metà dei giovani italiani intervistati, di forme di intolleranza e di ostilità fino alla xenofobia esplicita. Europa Sempre nel 2010 vanno evidenziati i cambiamenti concernenti le migrazioni, introdotti in Europa a seguito dell’adozione del trattato di Lisbona. Il Trattato di Lisbona, entrato in vigore dal dicembre del 2009, sancisce l’avvio di una nuova fase dell’impegno delle istituzioni europee rispetto alle questioni migratorie. Come esplicitato negli articoli 79 e 80 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione, quest’ultima è chiamata a sviluppare una politica comune dell’immigrazione finalizzata ad assicurare un efficiente governo dei flussi migratori e un giusto trattamento dei cittadini dei paesi terzi residenti legalmente negli Stati membri, nonché la prevenzione e il rafforzamento delle misure atte a combattere la migrazione illegale e il traffico di esseri umani. In base a quanto stabilito dalle ordinarie procedure legislative, il Parlamento e il Consiglio europei sono sollecitati all’adozione di misure riguardanti le condizioni di ingresso e di residenza, la 4 definizione dei diritti dei migranti, il contrasto delle migrazioni illegali e del traffico degli esseri umani, con particolare attenzione alle donne e ai bambini. A tal riguardo sono previsti, da un lato, la stipula di accordi tra Unione e paesi terzi per la riammissione di quei cittadini che non soddisfano le condizioni di ingresso o di permanenza; dall’altro, la promozione di incentivi e supporti per azioni finalizzate all’integrazione dei cittadini provenienti da paesi terzi legalmente presenti. Fatta salva la piena autorità nazionale in materia migratoria, il Trattato esclude esplicitamente ogni volontà di armonizzazione di leggi e norme nazionali relative alla definizione del volume di ingressi. L’attuazione della politica comune sull’immigrazione in carico all’Unione è regolata dal principio di solidarietà e dalla condivisione della responsabilità. Pertanto - se ad esempio si considerano gli strumenti finanziari messi in campo dalla Commissione attraverso i quattro fondi del programma generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori (fondo per le frontiere esterne, quello per i rifugiati, quello per l’integrazione dei cittadini provenienti dai paesi terzi e quello per i rimpatri) - un paese come l’Italia, interessato da consistenti flussi migratori, potrà usufruire di quote di finanziamento annuali più elevate di quelle di altri Stati. Oltre a ciò, un chiaro segno dell’impegno delle istituzioni europee verso una politica comune per l’immigrazione è dato dal fatto che, nella riorganizzazione della Commissione avvenuta a seguito dell’adozione definitiva del Trattato, si è deciso di dedicare una Direzione Generale alle questioni migratorie. La precedente DG Giustizia libertà e sicurezza si è infatti scissa in due nuove direzioni generali, quella per la Giustizia e quella degli Affari interni, alla quale è in carico la gestione del fenomeno migratorio a livello europeo. Accordo di integrazione Tornando all’Italia, tra le novità del 2010 va segnalato il regolamento concernente la disciplina dell’accordo di integrazione varato, nel mese di maggio, dal governo e contemplato all’interno del c.d. “pacchetto sicurezza”. L’accordo di integrazione prevede che il migrante, dall’età dei sedici anni, firmi presso lo Sportello unico o la Questura un vero e proprio contratto, della durata di due anni, contestualmente alla presentazione della domanda di permesso di soggiorno. L’accordo di integrazione assume anche una significativa valenza simbolica in quanto esso consiste in un patto tra immigrato e Stato fondato sui diritti e doveri che, se rispettati, dovrebbero agevolare i processi di integrazione. Cittadinanza Nel nostro paese la riforma della legge in materia di acquisizione della cittadinanza è da tempo oggetto di attenzione e di proposte presentate anche nel corso di questo anno, che sono attualmente 5 all’esame del Parlamento. Senza dubbio un intervento normativo che adegui la legislazione alla nuova realtà venutasi a creare anche a seguito del forte fenomeno migratorio che ha riguardato l’Italia è sempre più necessario. Per gli immigrati, l’ottenimento della cittadinanza rappresenta un traguardo importante nel proprio progetto migratorio sebbene non costituisca necessariamente la principale priorità. Un traguardo che offre determinati diritti e che richiede l’assunzione di doveri, ma che, specialmente in alcuni paesi di consolidata esperienza migratoria, è subordinato al raggiungimento di un discreto livello di preparazione: si pensi -solo per fare qualche esempio – ai test di lingua o di conoscenza della cultura e delle norme del paese nel quale si presenta la domanda, previsti in Germania e negli Stati Uniti. I minori e il loro status di “non cittadini”, in particolare se nati in Italia, rappresentano il principale elemento di dibattito. La stessa Fondazione Ismu ha infatti più volte rilevato, sulla base di riscontri empirici, la problematicità del vivere da straniero nel paese in cui si è nati: nella maggior parte dei casi i giovani nati o anche solo cresciuti in Italia si sentono, più dei loro genitori, già “italiani”. Volti positivi dell'immigrazione: imprenditorialità e associazionismo Oltre a queste questioni che rimangono aperte vanno evidenziati anche alcuni aspetti che confermano il radicamento attivo degli immigrati nel nostro paese. Mi limito a richiamarne due: l’imprenditoria e l’associazionismo. L'imprenditoria etnica è una realtà degna di particolare attenzione, che costituisce un indicatore significativo del grado di radicamento degli stranieri nel sistema economico produttivo e nella società. Essa è riconducibile, come dimostrano i dati, in buona parte all'avvio e alla gestione di imprese individuali: ogni anno vengono avviate circa 37mila attività con a capo un lavoratore non comunitario, un segno di vivacità imprenditoriale che contribuisce in modo significativo ad assicurare un trend positivo rispetto all'andamento demografico delle attività registrate presso le camere di commercio del paese. Al 31/12/2009 più di sette imprese individuali su 100 risultano condotte da immigrati. Il passaggio al lavoro autonomo è poi il segno tangibile del percorso di emancipazione intrapreso: gli immigrati, dall’essere lavoratori salariati e spesso subalterni, cercano di percorrere sentieri di mobilità e di crescita professionale, migliorando le loro condizioni solamente dopo un discreto numero di anni nella società di destinazione e dunque dopo aver consolidato la propria situazione giuridica oltre che quella occupazionale. Anche l’associazionismo, promosso dai cittadini stranieri, è un fenomeno che testimonia la vitalità della presenza immigrata in Italia; un fenomeno che può costituire – e in parte già costituisce – un importante strumento per l’integrazione e la partecipazione degli stranieri alla vita sociale del paese. 6 Purtroppo mancano ancora stime accurate circa la presenza del fenomeno a livello nazionale. Una presenza che sappiamo però essere particolarmente significativa in termini numerici – nella sola regione Lombardia, per esempio, stimiamo l’esistenza di oltre 500 associazioni di stranieri – e in crescita. Così come in crescita è l’attenzione che le istituzioni locali dedicano a queste realtà, in quanto canali privilegiati di contatto e di comunicazione tra le istituzioni stesse e le comunità immigrate. Conclusioni La consistente e crescente presenza di immigrati nel nostro paese pone necessariamente come prioritaria la questione dell’integrazione, a cui i nostri Rapporti annuali hanno dato sempre particolare rilievo. Al fine di promuovere e sostenere l’integrazione va riconosciuto che sono numerose le iniziative realizzate dalle istituzioni pubbliche e private, dal privato sociale e dalle chiese, che evidenziano una variegata tipologia di interventi. Ad essi va aggiunto anche quanto fanno in questa direzione le già citate associazioni di immigrati. Il quadro complessivo che emerge è alquanto eterogeneo sotto il profilo territoriale e induce a segnalare l’esigenza che gli interventi abbiano una maggiore durata per dimostrarsi più efficaci e che venga attuato un maggior coordinamento territoriale tra le azioni svolte, nel rispetto dell’autonomia di ciascun ente che opera e alla luce del principio della sussidiarietà verticale e orizzontale. Appare anche necessario disporre di più puntuali riscontri sull’esito degli interventi, anche allo scopo di individuare, promuovere e diffondere “buone pratiche” per sostenere i processi di integrazione. Queste considerazioni trovano peraltro autorevole sostegno nei Common Basic Principles, i principi fondamentali comuni adottati dal Consiglio Giustizia e Affari Interni già nel 2004, alcuni dei quali richiamo qui di seguito. - l’integrazione è un processo dinamico e bilaterale di adeguamento reciproco da parte di tutti gli immigrati e di tutti i residenti degli Stati membri; - l’integrazione implica il rispetto dei valori fondamentali dell’Unione europea; - l’occupazione è una componente fondamentale del processo d’integrazione ed è essenziale per la partecipazione degli immigrati, per il loro contributo alla società ospite e per la visibilità di tale contributo; - ai fini dell’integrazione sono indispensabili conoscenze di base della lingua, della storia e delle istituzioni della società ospite; mettere gli immigrati in condizione di acquisirle è essenziale per un’effettiva integrazione; - occorre sviluppare obiettivi, indicatori e meccanismi di valutazione chiari per adattare la politica, valutare i progressi verso l’integrazione e rendere più efficace lo scambio di informazioni. 7 Va comunque sottolineato che l’integrazione non è qualcosa che devono affrontare solamente gli immigrati, ma è una esigenza ineludibile e basilare di ogni società per cui riguarda tutti coloro che vivono in essa. Il processo di integrazione  in quanto requisito essenziale perché una società possa esistere  chiama in causa, seppur con modalità e contenuti diversi, non solo gli immigrati, ma anche gli stessi autoctoni. È pertanto un cammino comune di cui occorre essere consapevoli. Perché questo percorso abbia esito positivo è necessario che esso assuma, quali principi guida, il rispetto reciproco, nella condivisione del valore della dignità di ogni persona, e il rispetto delle regole che costituisce un requisito distintivo della convivenza democratica. 8 Ismu 2010/02_Premiati.pdf RICONOSCIMENTI ISMU 2010 Profilo dei vincitori Noemi Manalo, ha 52 anni, viene dalle Filippine e vive in Italia da oltre 20 anni. Dopo aver fatto mille lavori, tra cui la badante e la domestica, nel 2007 a Milano ha fondato ANIF Associazione Nazionale Italo-Filippina No Profit che si occupa di dare assistenza legale e burocratica ai suoi circa 2.500 iscritti e simpatizzanti. Sempre nel 2007 Noemi Manalo si è lanciata nel mondo editoriale dando vita al settimanale free press Kabayan Times International di cui è la responsabile. Il giornale, scritto in inglese, tagalog e italiano e distribuito su tutto il territorio nazionale in 50mila copie, è diventato in soli tre anni un ponte tra la comunità filippina e altre comunità, e viene. Grazie alle inchieste giornalistiche, portate avanti dai collaboratori volontari che lavorano alla testata, sono state scoperte e denunciate truffe e soprusi ai danni di centinaia di filippini residenti in Italia. Noemi Manalo è l’imprenditrice straniera a cui va il Riconoscimento Ismu 2010 in occasione della presentazione del XVI Rapporto sulle migrazioni. Noemi Manalo è stata selezionata perché “il suo impegno nella società non si è limitato alla ideazione di un’associazione no profit, ma l’ha spinta a lanciarsi in una impresa molto più complessa e di grande valore civile e sociale quale è la creazione di un nuovo giornale”. Info Direttore Kabayan Times International: Claudio Gatti 02.4985835/3495885052 www.kabayantimes.org Rete G2 - Seconde Generazioni è un’organizzazione nazionale apartitica fondata nel 2005 a Roma da figli di immigrati e rifugiati nati e/o cresciuti in Italia. In 5 anni di attività, Rete G2 si è diffusa anche in altre città italiane: oggi è presente a Milano, Prato, Genova, Mantova, Arezzo, Padova, Imola, Bologna, Bergamo e Ferrara. G2 è nata con l’obiettivo di affermare i diritti negati ai figli degli immigrati che, pur essendo nati e/o cresciuti in Italia, non hanno la cittadinanza italiana. L’associazione è diventata nel corso degli anni un punto di riferimento per migliaia di ragazzi dai 18 ai 35 anni originari di diversi paesi tra cui: Filippine, Etiopia, Eritrea, Perù, Cina, Cile, Marocco, Libia, Argentina, Bangladesh, Capoverde, Iran, Sri Lanka, Senegal, Albania, Egitto, Brasile, India, Somalia, Ecuador. Inoltre G2 è diventata “portavoce” in sede istituzionale delle istanze delle seconde generazioni: tant’è che dal 2007 fa parte della Consulta nazionale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ed è stata ricevuta in audizione pubblica commissione Affari costituzionali della Camera per esprimere un proprio parere sia sulla riforma della legge sulla cittadinanza (legge n. 91 del 1992) che sulla riforma del Testo Unico. L’associazione viene premiata con il Riconoscimento Ismu 2010 in occasione della presentazione del XVI Rapporto sulle migrazioni “perché, attraverso il suo impegno a favore del riconoscimento del diritto cittadinanza alle seconde generazioni, mediante un costante dialogo e collaborazione con le istituzioni, governative e non, contribuisce alla modernizzazione del nostro Paese e alla costruzione di una società più equa e quindi più democratica”. Ritirano il premio Lucia Ghebreghiorges, Nura Tafeche e Anna Juana Chiabrando. Info www.secondegenerazioni.it Ismu 2010/03_Slides.pdf Una nuova fotografia dell’immigrazione  straniera in Italia Milano 13 dicembre 2010 Gian Carlo Blangiardo Fondazione ISMU-Università Bicocca Quanti e quanti in più?  Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Oltre il confine dei 5  milioni di presenti La popolazione straniera  presente in Italia è stimata  in  5,3 milioni di unità al 1°  gennaio 2010, di cui circa  550mila in condizione di  irregolarità e poco meno di  500mila non (o non  ancora)  iscritta in  anagrafe. La crescita dei presenti è  stata mediamente di   431mila unità annue, ad  una tasso medio del   12,7% (equivalente  ad un  tempo di raddoppio   di 6  anni). Gian Carlo Blangiardo, , Fondazione ISMU‐Università Bicocca Gli stranieri residenti  in Italia  al 1° gennaio 2010 sono  4  milioni 235 mila, con un  accrescimento  complessivo di  344 mila unità. La variazione deriva da un  saldo naturale  positivo di 72  mila unità, 77 mila nati contro  5 mila decessi,  che si somma  ad un saldo migratorio con  l’estero  altrettanto positivo  per 331 mila unità(*). Il tutto  è attenuato da 59 mila  passaggi alla cittadinanza  italiana.  (*) Il dato deriva da un saldo migratorio con l’estero  positivo per 375 mila unità e un saldo per altro motivi   (iscrizioni e cancellazioni  per movimento interno e d’ufficio)  negativo per 44 mila unità  Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐Università Bicocca Il bilancio degli italiani Per il terzo anno consecutivo la  popolazione di cittadinanza  italiana è in diminuzione  (nonostante il flusso positivo di  nuovi cittadini).   Gli italiani residenti al 1° gennaio  2010 sono 56 milioni 105 mila,  con una riduzione di 49 mila unità  nel corso dell’anno 2009. La variazione deriva da un saldo  naturale  negativo di 95 mila unità  che si somma ad un saldo  migratorio con l’estero negativo  per 13 mila unità. Il tutto è  attenuato da 59 mila nuove  acquisizioni di cittadinanza Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐Università Bicocca La crescita rallenta  (100mila in meno nel 2010 ?) Negli ultimi tempi sono emersi  segnali di rallentamento della  crescita che vanno  verosimilmente attribuiti  all’azione frenante innescata dalla  difficile congiuntura economica.  Se infatti si analizzano le  risultanze relative al saldo mensile  delle iscrizioni e delle  cancellazioni anagrafiche a livello  nazionale si può cogliere una  riduzione dei flussi netti proprio a  partire dalla primavera del 2008.  Riduzione che ha riscontro in un  saldo complessivo per l’anno 2009  inferiore del 12% rispetto a quello  del 2008 e del 36% rispetto a  quello del 2007. Ciò trova  ulteriore conferma nel 2010, con  un valore del saldo relativo al  primo semestre che è circa il 60%  di quello osservato nello stesso  periodo del 2007 in epoca“pre‐ crisi” Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Segnali di maturazione  Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca La progressiva trasformazione  dell’immigrazione straniera da  “lavoratori” a “famiglie di  lavoratori” sembra ormai una  realtà in atto da alcuni anni. Il  confronto tra i dati delle indagini  nazionali ISMU del 2005 e del  2009 mostra  come la quota di  immigrati che vivono in una  famiglia di tipo nucleare (in  coppia e/o con figli) sia  aumentata in un quadriennio di  circa 5 punti percentuali per i casi  di presenza del coniuge e di 2,5  punti per quelli di nucleo  monogenitore. E se è vero che  nello stesso arco di tempo sono  aumentati anche i soggetti soli ,  va sottolineato come si sia più  fortemente ridotta, praticamente  dimezzandosi la quota di coloro  che vivono, da ospiti o in  coabitazione, con amici e  conoscenti. Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca La presenza di minori e  di seconde generazioni La popolazione minorenne si è  accresciuta triplicandosi in poco  meno di un decennio: da 295mila  unità nel 2001 a 941mila al 31  dicembre 2009. Di esse più della metà riguarda  soggetti nati in Italia: 581 mila  alla fine del 2009. D’altra parte nel corso del tempo  è andata progressivamente  aumentando anche   la frequenza  annua di nati stranieri.  Erano  circa 30mila nell’anno 2001 e  sono saliti a 74mila nel bilancio  del 2009. Si tratta di un contributo  importante per la vitalità del  nostro paese, ma (come si vedrà  tra breve) non risolutivo al fine di  invertire la tendenza al calo della  natalità in Italia. Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Numero medio di figli per donna nella popolazione straniera. Italia 2006-2009 Fonte: Istat Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Riflessioni  sul terreno delle prospettive  Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Quali scenari per il  prossimo ventennio ? Alla luce delle dinamiche in atto, le  previsioni  di fonte ufficiale Istat  (opportunamente aggiornate per  ricondurne la base al 1 gennaio  2010)  segnalano il passaggio dai  60,3 milioni di residenti del 2010 ai  62,3 nel 2030, ma  ciò avviene  unicamente per effetto del  contributo della componente  straniera. L’incognita legata  tali  scenari deriva dall’accettazione (o  meno) dell’assunto, che sta alla  base delle previsioni  Istat,   secondo cui  il saldo medio  delle  migrazioni straniere dall’estero  sarebbe di 195mila unità annue nel  decennio 2010‐2019 e di 174mila  nel decennio 2020‐2029  (una  media annua di 185mila per il  complesso del ventennio). Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca La questione del contributo  straniero  per compensare il calo  dell’offerta di lavoro autoctona La dinamica demografica  che va delineandosi   mette in risalto  il consistente calo dell’offerta  di lavoro da parte di cittadini italiani (circa 5  milioni di 18‐64enni in meno tra oggi e il 2030)  e la relativa  parziale compensazione da parte  dell’offerta straniera che, dai 3,2 milioni di  soggetti in età lavorativa del 2010 , potrebbe  passare (stando alle previsioni Istat) a 5,8   milioni nel 2030. Tuttavia anche con quest’ultimo apporto i  38milioni di residenti 18‐64enni che oggi  caratterizzano il nostro paese sono destinati a  scendere a 36milioni nel 2030.  Servirebbe dunque un contributo  compensativo maggiore sul fronte dei flussi  migratori? I poco meno di 200mila immigrati netti annui  ipotizzati  negli scenari  Istat  (e  perseguibili  come realistico obiettivo  nelle programmazioni  future) non sono  dunque sufficienti?   Occorrono  flussi  più consistenti? Ma  siamo  certi che una tale soluzione sia così  necessaria  e opportuna ?   Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Quale compensazione ? A ben vedere, sono  sostanzialmente gli italiani  nella fascia più giovane, i 18‐ 44enni, quelli che perdono 5  milioni di unità tra il 2010  e il  2030.  Ma la loro  compensazione attraverso  stranieri con  la stessa età si  limita a un milione di unità. La  crescita della componente di  offerta straniera  nella  popolazione in età attiva è  largamente concentrata nel  segmento più “maturo” (i 45‐ 64enni). Un segmento per il  quale l’offerta italiana non   segnala contrazioni  significative e  non sembra   affatto necessitare di apporti  compensativi.  Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Aspetti territoriali della  compensazione  Prendiamo atto come, con gli scenari  (e i  numeri)  prospettati dall’Istat , nei  prossimi quindici anni  al calo  generalizzato della forza lavoro giovane di  cittadinanza italiana  si contrapponga  ovunque un accrescimento  di quella  straniera e della stessa forza lavoro   italiana in età più matura. Se dunque l’equilibrio è tutto sommato  garantito con una media di poco meno di  200mila migrazioni nette all’anno  sia al  Nord che al Centro Italia, per quale  motivo converrebbe accrescerne la  consistenza numerica ? Certo non per attenuare il salasso di  offerta giovanile che si prospetta nel  Mezzogiorno .  Se infatti  la dinamica  demografica sembra poter allentare il   dramma della disoccupazione dei giovani   meridionali, per quale motivo spingere su  una maggiore immigrazione?   (che per  altro finirebbe spesso  per spostarsi al  Centro‐Nord)  Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Anche la popolazione  straniera è destinata a  subire il processo di  invecchiamento L’immigrazione , quand’anche  dovesse mantenersi a livelli  sostenuti  può solo rallentare  l’invecchiamento  demografico.  Nel medio periodo, quando la  permanenza diventa  definitiva, anche per gli  immigrati si presenta il  confine della terza età.    Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Osservazione finale (tra calcoli e provocazioni) Dal 1 gennaio 2010  al 1 gennaio 2030 Ingressi  nella popolazione  residente ultra65enne 16,5 milioni Uscite dalla popolazione residente  ultra65enne 11,9 milioni Surplus (entrate‐uscite) 4,6 milioni Corrispondente popolazione in  età 20‐64 necessaria  nel  ventennio per compensare il  surplus e mantenere il rapporto  Anziani x 100 attivi  a livello del   2001 pari a 33,3 13,8 milioni Media annua 692 mila Se è vero che, secondo lo scenario  Istat dove si prevedono flussi medi di  185mila unità,   tra il 2010 e il 2030  si  registreranno  16,5 milioni di ingressi   nella popolazione ultra65enne   residente in Italia e  11,9 milioni di  uscite, la dimensione complessiva del  collettivo si accrescerà di 4,6 milioni di  unità. Assumendo  l’obiettivo di mantenere   l’indice di dipendenza degli anziani al  valore di 33,3 registrato nel 2010  occorrerebbe, per compensare la  crescita di cui sopra, un analogo  aumento di  13,8 milioni di soggetti in  età attiva. Se fossero solo  gli immigrati a fornirlo  ciò equivarrebbe ad un saldo netto  medio  annuo di 692mila unità che,  aggiunte alle 185mila standard,  arriverebbero a 877mila  nuovi  immigrati stranieri ogni anno!! Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Grazie per l’attenzione Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Ismu 2010/04_Zanfrini.pdf XVI RAPPORTO SULLE MIGRAZIONI 2010 Laura Zanfrini (Fondazione ISMU) presenta Immigrati e lavoro I numerosi report predisposti dalle principali agenzie internazionali sono unanimi nell’affermare che la recessione che ha investito l’economia mondiale abbia prodotto pesanti conseguenze sulla mobilità umana, sui percorsi lavorativi degli immigrati e sulla loro capacità di risparmio, sollecitando al contempo un riorientamento delle politiche migratorie e per gli immigrati. Il drastico peggioramento delle opportunità occupazionali per i migranti ha spinto molti paesi a rimettere mano alle proprie politiche in materia d’immigrazione e ad avviare una riflessione sull’impatto di lungo termine di questa drammatica recessione, fino ad indurre a pronosticare l’avvento di una “nuova era per le migrazioni economiche”. In tale scenario, il mercato del lavoro italiano parrebbe avere dimostrato un’inattesa capacità di “tenuta”, conformandosi solo in parte ai trend internazionali. È proprio sulle ragioni di questa capacità di tenuta che si sofferma l’approfondimento dedicato al lavoro contenuto nel XVI Rapporto, proponendo una chiave di lettura controcorrente rispetto ai toni drammatici che caratterizzano altre analisi (peraltro difficilmente conciliabili con la contestuale richiesta di assecondare, anche attraverso nuove operazioni di regolarizzazione di massa, il presunto fabbisogno di lavoro immigrato). Peraltro, coerentemente con l’approccio critico e obiettivo ad un tempo che da sempre caratterizza questo approfondimento, il capitolo non manca di 1 sottolineare come proprio questa capacità di tenuta sia rivelatrice degli elementi di debolezza della vicenda italiana, e meriti pertanto un’attenta riflessione sia da parte degli attori economici sia da parte dei policy makers. Ancora una volta, come già lo scorso anno, l’occupazione degli stranieri ha dunque conosciuto un andamento opposto a quella complessiva. Mentre quest’ultima registra un’ulteriore contrazione rispetto allo stesso periodo del 2009, gli occupati stranieri registrano un aumento di oltre il 10%, e addirittura del 14% per la componente femminile. Gli stranieri rappresentano ormai oltre l’8% degli occupati totali, e quasi il 9% delle occupate. Questi andamenti sembrerebbero corroborare l’ipotesi dell’esistenza di mercati del lavoro separati e, in particolare, confermare i caratteri del tutto specifici dell’offerta immigrata femminile, che s’indirizza a sbocchi non solo “genderizzati”, ma altrettanto etnicizzati, com’è del resto ampiamente noto. Alla luce di queste considerazioni, sembrerebbe di potere affermare che il contestuale aumento del tasso di disoccupazione degli stranieri sia da attribuire alla crescita dell’offerta e a un afflusso di nuova manodopera dall’estero sovradimensionato rispetto alle opportunità di assorbimento che pure non sono mancate. Detto in altri termini, l’incremento del numero di occupati stranieri durante la recessione non significa che quest’ultima li abbia lasciati indenni; al contrario, essi si sono trovati a fronteggiare contemporaneamente il rischio di perdere il proprio lavoro (specie per gli occupati nell’industria) e l’accresciuta concorrenza determinata dalla dinamica dei nuovi flussi. Il tasso di occupazione degli stranieri si è infatti ridotto in maniera più drastica rispetto a quello complessivo, un andamento che è peraltro imputabile alle cattive performance della componente maschile, quella che ha maggiormente risentito della crisi, laddove il tasso di occupazione femminile è addirittura cresciuto, nonostante l’aumento dell’offerta di lavoro. Quali sono dunque gli elementi che hanno consentito all’immigrazione in Italia di passare non certo indenne attraverso la crisi, ma di subirne le conseguenze in misura non così drammatica com’è avvenuto in diversi altri paesi? a) In primo luogo, l’elevata femminilizzazione e la sostenuta partecipazione delle donne immigrate al mercato del lavoro. Tratto peculiare del modello italiano d’integrazione fin dagli albori della transizione migratoria del paese, questo aspetto si è consolidato nel tempo, via via che cresceva la propensione delle famiglie italiane a ricorrere a 2 quel “welfare parallelo” fatto dal lavoro di cura svolto dalle immigrate. Orbene, fra tutti i comparti a elevata concentrazione di immigrati, quello del lavoro domestico e di cura è, per ovvie ragioni, il meno sensibile agli andamenti congiunturali dell’economia, aspetto primario per la tenuta dell’occupazione degli stranieri in Italia e, nel suo contesto, delle performance comparativamente migliori registrate dalla componente femminile. b) In secondo luogo, paradossalmente, la forte concentrazione degli stranieri nei “lavori da immigrati”, la cui etnicizzazione ha eretto barriere simboliche all’ingresso degli italiani, solo virtualmente intaccate in tempi di crisi. La consistenza della domanda di personale non qualificato espressa dalle imprese – decisamente superiore a quella registrabile negli altri maggiori paesi europei –, palesemente incoerente con le aspettative di un’offerta di lavoro autoctona sempre più scolarizzata, configura un eccezionale serbatoio d’opportunità per la manodopera d’immigrazione. Così, se la bassa qualità costituisce la cifra distintiva del lavoro immigrato in Italia, una conseguenza per certi aspetti virtuosa sembra essere costituita dalla relativa maggiore protezione dal rischio di disoccupazione; c) In terzo luogo, la consistenza dell’economia sommersa. È ben noto il ruolo che questo segmento dell’economia ha svolto nel percorso d’integrazione degli immigrati in Italia, rappresentando per molti di essi il primo sbocco accessibile all’indomani del loro approdo nel paese, e una sorta di passaggio obbligato anche per quanti sono poi transitati nel mercato del lavoro regolare, una volta ottenuto un valido documento di soggiorno. Orbene, i flussi irregolari hanno per molti aspetti la capacità di adattarsi agli andamenti congiunturali in modo più rapido di quanto non avvenga per i flussi regolari, soggetti ai tempi lunghi della programmazione e delle procedure di legge: v’è dunque ragione di ritenere che le informazioni riguardo alla saturazione degli sbocchi occupazionali più consueti siano rapidamente transitate attraverso le catene migratorie, calmierando i nuovi ingressi in modo più efficace di quanto non sappiano fare i provvedimenti ufficiali. Al contempo, è facile pensare che il sommerso abbia costituito, nelle fasi più buie della crisi, una valvola di sfogo al problema della disoccupazione immigrata, dirottando verso tale segmento quanti avevano difficoltà a 3 trovare un lavoro regolare, così come quanti sono rimasti esclusi dal sistema delle quote (peraltro ridotte rispetto agli anni precedenti). Lo dimostra l’entità delle richieste di regolarizzazione presentate in occasione del provvedimento riservato ai lavoratori del settore domestico. Queste caratteristiche rendono per un verso quello italiano un caso atipico nel quadro continentale, configurando anche un’ipoteca sulla possibilità d’adottare una politica comune europea per l’immigrazione economica. Al tempo stesso, però, fanno dell’Italia un caso esemplare relativamente ad alcuni nodi irrisolti della vicenda europea; tre in particolare: 1) mentre l’Europa sembra decisamente convergere con la tendenza dei grandi paesi d’immigrazione extraeuropei a privilegiare l’afflusso di lavoratori ad alta qualificazione e ad alto potenziale, i caratteri della domanda di lavoro immigrato in Italia rendono palese la mancanza di un canale adeguato per l’ingresso di immigrati disponibili a svolgere lavori a bassa o nulla qualificazione. Si tratta di un problema che da circa un decennio segnaliamo nel nostro Rapporto, e che ora sembra avere finalmente intercettato l’attenzione delle istituzioni comunitarie; 2) un secondo è quello che Zanfrini definisce “il paradosso irrisolto della vicenda europea”, il paradosso di una popolazione di “lavoratori ospiti” promossi a denizen, senza che siano significativamente mutate le aspettative degli europei nei riguardi dell’immigrazione, sintetizzate dall’espressione “possono entrare coloro che hanno un lavoro; più precisamente un lavoro che noi non vogliamo fare”. Prova ne sia che, perfino durante le fasi più acute della crisi, l’Italia ha mantenuto aperto un consistente canale d’immigrazione legale e ha lanciato un provvedimento di emersione del lavoro nero destinato prioritariamente a regolarizzare gli immigrati privi di documenti; 3) un’ulteriore peculiarità dell’approccio europeo (e italiano), consiste nel vincolare il diritto all’ingresso e al soggiorno alla condizione lavorativa. Un’illusione ampiamente però sconfessata dalla storia degli ultimi quarant’anni, che ha registrato una notevole autonomia dell’immigrazione in rapporto agli andamenti occupazionali. Di nuovo l’Italia costituisce un caso esemplare, se si pensa che il periodo di sei mesi di soggiorno regolare concesso a coloro che hanno perso il lavoro, per quanto uno dei più lunghi a livello europeo (secondo le informazioni in nostro possesso), è da molti 4 giudicato insufficiente per trovare un nuovo impiego e per condurre con successo un programma di reinserimento occupazionale. Ridiscutere la normativa è certo legittimo, ma altrettanto opportuno sarebbe sganciare progressivamente il diritto alla mobilità da quello all’immigrazione. Se mai, come in una fase di crisi, l’ingresso di nuovi lavoratori deve essere contingentato e raccordato agli effettivi bisogni del mercato del lavoro, va però riconosciuto come, in un mondo sempre più globalizzato, vincolare la possibilità d’attraversare regolarmente i confini tra gli Stati alle necessità dell’economia è una scelta che si rivela spesso controproducente, oltre che moralmente discutibile. Ma un simile passaggio implica, è quasi superfluo ricordarlo, un’effettiva capacità di contrasto dell’economia sommersa, in mancanza della quale ogni riforma legislativa avrà l’inevitabile effetto di risultare inefficace nel garantire il governo dell’immigrazione e nel tutelare le frange più deboli della popolazione autoctona. 5 ISMU: XVI Rapporto sulle migrazioni 2010
Argomento: 

CARITAS / MIGRANTES: XX Rapporto sull’immigrazione

Descrizione breve: 
Dossier statistico del 2010 sull'immigrazione, sono analizzate le seguenti tematiche: aree di origine, presenze, inserimento, lavoro, territorio.
Data: 
26 Ottobre 2010
Caritas Migrantes 2010/00_Saluto_Feroci.pdf Dossier Statistico 1mmigrazione 2010 Teatro Orione, 26 ottobre 2010 Mons. Enrico Feroci, Direttore Caritas diocesana di Roma, Comitato di Presidenza del “Dossier” Ricordo del fondatore, mons. Luigi Di Liegro Fra poco ci sarà la presentazione del “Dossier Statistico Immigrazione 2010”. E’ il ventesimo anno dalla sua prima edizione. E l’ideatore, il fondatore del “Dossier” è stato Mons. Luigi Di Liegro. Questa riflessione, che svolgo anche a nome degli altri membri della presidenza, mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana e mons. Perego, direttore della Fondazione Migrantes, e che faccio perché io sono, oggi, il responsabile della Caritas diocesana di Roma, vuole essere un omaggio commosso a “Don Luigi”, un grande prete romano, un indimenticabile amico degli immigrati. Improvvisandomi storico, sono andato a rileggere due volumi pubblicati da don Luigi nel 1990 e nel 1991, gli anni in cui nasceva il “Dossier”, come anche la sua introduzione al primo “Dossier”. Sono rimasto soggiogato dall’attualità del suo pensiero sull’immigrazione e ho preparato l’intervento con un collage delle sue stesse frasi. Premetto, però, alcune annotazioni di contesto. Il mese di febbraio 1990 fu segnato dall’approvazione della “legge Martelli”, che don Luigi sostenne con convinzione e riuscì anche a far migliorare rispetto al testo iniziale. Sempre nel 1990, si svolse la prima conferenza nazionale dell’immigrazione, nel corso della quale si invocò per gli immigrati in Italia lo stesso trattamento da noi richiesto per gli italiani all’estero. Ancora in quell’anno venne diffuso un documento della Conferenza episcopale italiana, dal titolo “Uomini di culture diverse: dal conflitto alla solidarietà” e don Luigi lo riprese nel titolo del suo libro: “Il pianeta immigrazione: dal conflitto alla solidarietà. Seguì nel 1991, durante la prima “Guerra del Golfo” e con la prefazione del Card. Vicario Ruini, il volume “Per conoscere l’islam: cristiani e musulmani nel mondo di oggi”, per smontare la tesi che vi possano guerre religiose giustificate, mentre è fondata solo l’operosità sociale comune in un clima di reciproco rispetto. Nel 1991, don Luigi diede vita al “Forum per l’intercultura”, un programma di sensibilizzazione che a sua volta ha compiuto 20 anni e che con l’attività del “Dossier” si è sempre intrecciato, mettendo a disposizione i mediatori culturali. Veniamo ora al pensiero di don Luigi, che ho sintetizzato in sette punti. 1.Lo scopo del “Dossier” è quello di consentire una consultazione veloce e attendibile a tutte le persone interessate, tenendo conto che i dubbi vanno dissipati con un ricorso non superficiale alle statistiche e che solo così si spiana la via ad interventi sociali adeguati. 2.L’immigrazione è l’occasione per una conoscenza umana più approfondita. Ma in Italia manca una ideologia positiva dell’immigrazione, spesso equiparata a una realtà ostile, confondendo la regolamentazione con la diffidenza. Bisogna, invece, insistere sull’accoglienza e sull’inserimento, tenendo conto che più che di assistenza si tratta della tutela della dignità umana e che non si può offrire per carità ciò che è dovuto per giustizia. 3.L’immigrazione va inquadrata in una lettura congiunta dell’andamento demografico e dello sviluppo del nostro paese e di quello dei paesi di origine, e non ha senso parlare di cooperazione internazionale nella speranza di chiudere le porte all’immigrazione. La posta in gioco è un nuovo ordine economico che sia meno ingiusto e favorisca una maggiore amicizia tra i popoli. 4.Di fronte al nuovo fenomeno dell’immigrazione si deve mettere in conto un certo numero di problemi, che però un paese civile deve saper affrontare e risolvere con sensibilità umana e con apertura. Non bisogna avere paura, invece, perché la paura non è una virtù. 5.Il rapporto tra le strutture pubbliche, da una parte, e il volontariato e la realtà socio- ecclesiale, dall’altra, deve essere collaborativo ma anche non subalterno, e deve tendere a far rientrare nell’ambito pubblico le intuizioni della base sociale. 6. L’immigrazione è un processo di lungo periodo e comporta che le aperture conoscitive vengano completate con un nuovo stile di vita. Serve una vera e propria rivoluzione culturale che consenta di accettare il diverso, superando insensibilità e chiusure egoistiche. 7.Il Vangelo ci dice “Quod super est date pauperibus” che tradotto significa: “ Ciò che è sopra ( il tavolo) condividetelo con i poveri”. Don Luigi ci diceva: “Noi abbiamo tradotto questa frase “ciò che è superfluo datelo ai poveri”. E continuava chiedendosi: “Ma come facciamo a misurare il superfluo? Il superfluo non si misura dalla sazietà dei nostri desideri, ma dalla gravità del bisogno degli altri, che ci costringe a ridimensionare il nostro necessario”. Per questo inventò lo slogan “Contro la fame cambia la vita”, per far riflettere sull’attenzione agli ultimi, a coloro che non hanno il sufficiente per vivere. La carità, che nelle sue implicazioni è anche e specialmente politica, era per Don Luigi qualcosa di ben diverso dai luoghi comuni messi in bocca ai cristiani, che peraltro non sono degli illusi bensì delle persone impegnate sul campo che conoscono bene le difficoltà, ma hanno anche la coscienza che si possono affrontare e risolvere con l’impegno serio e vero di tutti. Quali furono le reazioni di alcuni famosi giornalisti e politici? Eccone alcune: - la Caritas invita il terzo mondo in Italia, aspettandosi che nel futuro votino secondo le sue indicazioni; - i cattolici sono votati a un temerario provvidenzialismo; - le buone intenzioni di solidarietà sconfinano nella dabbenaggine. Concludo, chiedendomi: questo avveniva 20 anni fa, e oggi? Sono stati fatti passi in avanti nel superamento delle chiusure di fronte agli immigrati? La Caritas e la Fondazione Migrantes ritengono che la situazione sia problematica e rinnovano il loro impegno per promuovere una positiva convivenza. Ecco il significato di questo 20° anniversario del “Dossier”, alla luce del messaggio evangelico, della solidarietà umana e dell’indimenticabile fondatore del “Dossier”, mons. Luigi Di Liegro! Caritas Migrantes 2010/01_Pittau.pdf 1 Dossier Statistico Immigrazione 2010 Teatro Orione, 26 ottobre 2010 Franco Pittau, Coordinatore “Dossier Statistico Immigrazione” Caritas e Migrantes La presentazione del 20° rapporto sull’immigrazione della Caritas e della Fondazione Migrantes può prendere l’avvio da due constatazioni. Dal 1990, anno al quale si riferiscono i primi dati del “Dossier”, l’immigrazione è cresciuta di 10 volte, arrivando a quasi cinque milioni di presenze regolari. La seconda constatazione è di segno inverso: nel frattempo è cresciuto l’atteggiamento di chiusura nei confronti degli immigrati, sia da parte dei vertici politici sia da parte della base, complice da ultimo anche la crisi economica ed occupazionale. La contrapposizione “Aumento dell’immigrazione – Aumento della chiusura” può essere uno schema utile per sintetizzare i dati più significativi del nuovo “Dossier”, con una particolare attenzione a quanti sono portati a ritenere gli immigrati un male supplementare per l’Italia, senza rendersi conto che l’avversione nei loro confronti non solo si discosta dalla dottrina sociale della Chiesa cattolica, ma va anche contro gli interessi del paese. Questa è la tesi che il nuovo “Dossier” consente di argomentare con dati affidabili, partendo dalla insoddisfacente situazione economica e occupazionale per soffermarsi, poi, sull’apporto degli immigrati e sulla gestione delle differenze in una società multiculturale. La situazione socio-occupazionale dell’Italia non è soddisfacente Chi ha vissuto la sua gioventù negli anni del dopoguerra, un periodo caratterizzato da un livello più basso di benessere, li ricorda come gli anni della speranza, della creatività, dell’investimento sul futuro, sia quando si continuava ad andare all’estero, sia quando, specialmente a partire degli anni ’70, si rimpatriava per mettere a frutto l’esperienza fatta e i risparmi messi da parte. Il 2009 è stato un anno particolarmente difficile, in cui l’andamento economico è stato negativo, è crollata la produzione e sono aumentati i disoccupati (oltre la soglia dei 2 milioni) a seguito dei pesanti effetti della crisi internazionale. Ma l’introduzione al “Dossier” curata dal Comitato di Presidenza della Caritas e della Migrantes sottolinea che, ormai, non si tratta solo di un male congiunturale. Il nostro sistema economico è da tempo in difficoltà, impossibilitato a ricorrere alle svalutazioni della moneta dopo l’introduzione dell’euro, a esportare nel mondo prodotti a basso costo, così come riescono a fare i paesi emergenti, e a ridurre l’enorme peso della spesa pubblica. Infatti, è andato peggiorando il rapporto tra Pil e debito pubblico, pari al 95,2% nel 1990, al 109,2% nel 2000 e attualmente attorno al 118%, il livello più alto tra tutti gli Stati membri dell’UE. Al contrario, è costante la diminuzione nella crescita del Prodotto interno lordo: 3,8% negli anni ’70, 2,4% negli anni ’80, 1,4% negli anni ’90. Nell’ultimo decennio il tasso medio di crescita è stato dello 0,3%, mentre nel biennio 2008-2009 il Pil è crollato del -6%. L’Italia non regge il passo degli altri grandi paesi europei per quanto riguarda la modernizzazione del sistema e lo sviluppo tecnologico: nel periodo 1980-2009 l’aumento medio annuo della produttività è stato di appena l’1,2% e ha influito negativamente sulla crescita del Pil, sull’aumento delle retribuzioni e anche sugli investimenti esteri (22 miliardi di euro l’anno in entrata contro 32 in uscita), scoraggiati anche da una pesante burocrazia. Rispetto al passato, è diventata meno brillante anche l’affermazione delle imprese italiane all’estero, senza che questa 2 perdita sia stata compensata dalla delocalizzazione delle produzioni, che rischiano di farci diventare un paese più consumatore che produttore e, quindi, dotato di scarse risorse. A fronte di questo quadro, tracciato con realismo, bisogna chiedersi se l’immigrazione sia un’opportunità o un ulteriore appesantimento. Il “Dossier” aiuta a sciogliere la riserva in senso positivo. Non è concepibile il futuro dell’Italia senza lavoratori immigrati Gli immigrati sono stati utili per rimediare alle carenze di manodopera in diversi settori. Si tratta all’incirca di due milioni di persone, che incidono per circa il 10% su tutti gli occupati. L’inserimento è avvenuto in misura massiccia nel settore familiare, in edilizia e in agricoltura, e in misura comunque consistente in molti altri comparti. Nel mese di settembre 2009 sono state presentate quasi 300 mila domande per la regolarizzazione delle posizione degli immigrati presso le famiglie, ma il loro contributo è fondamentale su un piano più generale, come ha ricordato alcuni mesi fa il primo sciopero degli immigrati in Italia. Innanzi tutto, questi lavoratori svolgono una funzione complementare rispetto agli italiani, ai quali indirettamente garantiscono più soddisfacenti opportunità occupazionali. Basti pensare che 4 immigrati su 10 sono occupati a livello inferiore rispetto alla loro formazione, svolgono le prestazioni in orari disagiati (di sera, di notte e di domenica) e percepiscono una retribuzione più ridotta rispetto agli italiani (mediamente al mese 971 euro, -23%). Il loro apporto alla creazione del Prodotto Interno Lordo è notevolmente superiore alla loro consistenza numerica; essi incidono per il 7% sulla popolazione residente, dichiarano al fisco annualmente 33 miliardi di euro e incidono per più dell’11% sulla produzione della ricchezza. Il confronto tra spese sociali per gli immigrati e tasse e contributi da loro pagati, va a vantaggio delle casse statali: si tratta in attivo di almeno un miliardo di euro l’anno, sicuramente molto di più se dalla semplice ripartizione delle spese sociali pro-capite si passa alla metodologia di calcolo basata sui costi aggiuntivi o marginali. I lavoratori immigrati assicurano un grande supporto al sistema pensionistico perché pagano annualmente 7,5 miliardi di contributi previdenziali ed essendo ridotto il flusso degli immigrati che vanno in pensione, gravano in misura minimale sui bilanci previdenziali. Trattandosi di una popolazione giovane, con appena il 2,2% di ultrasessantacinquenni (tra l’insieme della popolazione residente 20,2%), questi benefici, seppure non nella stessa misura, sono destinati a durare: attualmente è pensionato 1 immigrato su 30 (tra gli italiani 1 su 4), mentre nel 2025 sarà pensionato 1 immigrato ogni 12 (e tra gli italiani 1 su 3). Gli immigrati non solo occupano i posti loro offerti dagli italiani ma essi stessi ne creano con le loro imprese (213.267 a maggio 2010, con un tasso di crescita del 13,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Tra titolari, soci, figure societarie e dipendenti, l’imprenditoria degli immigrati coinvolge più di mezzo milione di persone. Gli immigrati potrebbero essere di maggior supporto al “sistema Italia” ma in parte ne sono impediti da una rigidità normativa disfunzionale. La difficoltà nell’acquisire un titolo di soggiorno stabile pregiudica la concessione dei mutui, nel quale la quota degli immigrati dal 10% di alcuni anni fa è scesa al 6,6%, e incide negativamente sulla possibilità di costituire nuove imprese o di inserirsi nel mercato della compravendita degli immobili. Il periodo di sei mesi, concesso ai disoccupati per trovare un nuovo posto di lavoro, è eccessivamente ristretto nella patria del lavoro nero (che secondo l’Istat incide per il 12,2% sul totale del lavoro in Italia), anche in considerazione degli ulteriori effetti negativi recati dalla crisi occupazionale. Servono passi in avanti non solo a livello legislativo ma anche a livello di mentalità per inquadrare in maniera adeguata la nuova società multiculturale, portatrice di differenze e, soprattutto, di possibili nuove sinergie. 3 Una società multiculturale trova coesione nell’integrazione L’Italia è indubbiamente una società fortemente multiculturale, con più della metà degli immigrati che vengono dall’Europa (53,6%) e gli altri dai restanti paesi del mondo (Africa 22%, Asia 16,2%, America 8,1% e Oceania 0,1%). Gli immigrati hanno assunto nella nostra società una forte visibilità, in maniera più accentuata in diverse regioni del Nord (61,6%) e del Centro (25,3%), ma in maniera non trascurabile anche nel Meridione (13,1%). Nel complesso, essi incidono per il 3,5% sulle imprese (ma il doppio su quelle artigiane e con una forte presenza anche in quelle cooperative), per il 7% sui residenti, per il 7,5% sugli iscritti a scuola, per il 10% sugli occupati (con 147 mila nuovi assunti nel 2009), per il 13% sulle nascite, per il 15% sui matrimoni. I numeri devono indurci maggiormente alla riflessione. Gli immigrati iscritti come residenti nelle anagrafi comunali sono 4 milioni e 235 mila, ai quali ne vanno aggiunti altri 686 mila che verranno registrati in ritardo, inclusi i regolarizzandi. I minori sono quasi un milione (932.675), più di mezzo milione sono i cittadini stranieri nati in Italia (572.720) e poco meno gli immigrati diventati cittadini italiani nel corso del tempo. Ogni giorno 70 italiani si sposano con un cittadino straniero, 163 stranieri diventano cittadini italiani, nascono 211 figli da genitori stranieri e, quotidianamente, è di origine immigrata 1 abitante ogni 14 e un disoccupato ogni 10. È una constatazione, quindi, che l’Italia sia una società multiculturale. Anche nel biennio 2007-2009 gli immigrati, nonostante la crisi, sono cresciuti di quasi un milione di unità. Tuttavia, il fatto che l’aumento sia intervenuto in un ristretto spazio di tempo (all’inizio del 1990 non erano neppure mezzo milione), ha generato in diversi senso di timore e in altri una sindrome da invasione. Per di più, andando al di là della realtà statistica, comunemente si è arrivati a pensare che gli immigrati siano 15 milioni e per lo più irregolari (Ricerca “Transatlantic Trends 2009”): non è così, anche se i trafficanti di manodopera imperversano con un volume d’affari che, secondo l’Onu, raggiunge i 2,5 miliardi di dollari. È necessario correggere le informazioni sbagliate o parziali e superare i pregiudizi per vincere le riserve nei confronti della società multiculturale nell’ottica della interculturalità. Le tendenze centrifughe possono essere composte attraverso la strategia dell’integrazione o dell’interazione o dell’inclusione (i termini sono meno importanti rispetto al concetto). Gli immigrati sono chiamati a non isolarsi e a partecipare alla vita della società che li ha accolti, condividendone regole e obiettivi (come, a dire il vero, fa la stragrande maggioranza), ma hanno anche diritto a essere accolti, rispettati e valorizzati su un piano di uguaglianza. Manca ancora in Italia questa decisa volontà di accoglienza, quella che chiedevamo quando eravamo un popolo di emigranti. Significativo è il riferimento della Germania che, a partire dal 2005, superando il modello di una immigrazione temporanea, ha varato un impegnativo piano di integrazione supportato da consistenti risorse, che riserva ad ogni nuovo venuto 900 ore di insegnamento gratuito della lingua tedesca. Anche in Italia, nel mese di giugno 2010, è stato varato un piano interministeriale per l’integrazione (denominato “Identità e incontro”), che presenta diversi spunti di interesse ma che non è stato preceduto da un ampio coinvolgimento delle forze sociali, come è accaduto nella Repubblica Federale, ed è dotato di minori risorse. Giustamente si insiste, tra le altre cose, sull’apprendimento dell’italiano. Nel comune di Roma, secondo uno studio della Rete Scuole Migranti, a studiare l’italiano sono annualmente circa 15 mila persone, di cui quasi la metà presso strutture del privato sociale, bisognose – come è intuibile – di un maggiore supporto; altri 5 mila immigrati aspettano, per inserirsi in questi corsi, di ulteriori possibilità. Tra le difficoltà supplementari bisogna menzionare, a livello economico, la certificazione del livello di apprendimento richiesta nel sistema del permesso di soggiorno a punti (che non sembrerebbe equo addossare agli interessati) e, a livello di mentalità, il rischio che l’apprendimento dell’italiano venga sentito dagli immigrati più come una minaccia che un’opportunità. Nel passato, a livello nazionale, 4 si era arrivati ad assegnare fino a 100 milioni di euro per l’integrazione degli immigrati, mentre attualmente lo stesso importo caratterizza solo l’ammontare delle tasse che gli immigrati annualmente pagano per i permessi di soggiorno e le pratiche di cittadinanza (nel primo caso, sopportando notevoli lentezze burocratiche, e nel secondo caso senza la garanzia che la pratica vada a buon fine). Nel documento interministeriale sull’integrazione, anche in questo caso giustamente, si ipotizza la necessità di superare il divieto che impedisce ai cittadini stranieri di accedere ai posti pubblici, superando la contraddizione per cui chiediamo loro di identificarsi con la società italiana ma li teniamo lontani dalla realtà pubblica. Si innesta qui il discorso fondamentale della necessità di una loro partecipazione più ampia e anche del riconoscimento del diritto al voto amministrativo. Nel documento interministeriale viene sollevata anche la questione delle pari opportunità da attribuire agli immigrati, rispetto alla quale i rappresentanti degli immigrati lamentano dei ritardi. Ad esempio, il cosiddetto “bonus bebé” è stato ripetutamente limitato alle famiglie italiane, mentre le famiglie degli immigrati devono sostenere da sé i 9.000 euro annui mediamente necessari per la crescita di un figlio. Anche l’accesso all’edilizia residenziale pubblica viene sottoposto a un numero così elevato di anni di residenza da restringere sostanzialmente la cerchia dei possibili beneficiari immigrati. Ancora più significativo è il caso dei rom, per principio considerati nomadi (ma spesso sedentari) e destinati ai campi. A Milano, ad esempio, non è andato in porto il piano, con così grande impegno preparato dalla Curia ambrosiana e dal mondo sociale, di assegnare loro 25 case comunali. In conclusione, serve una mentalità rinnovata. L’obiettivo dell’integrazione è difficile ma irrinunciabile, richiede l’impiego di maggiori risorse e, ancora di più, è necessario un atteggiamento più aperto verso gli immigrati nella consapevolezza che essi sono indispensabili per sostenere l’andamento demografico negativo dell’Italia. Nell’ultimo decennio, a fronte di un aumento di 2 milioni degli ultrasessantacinquenni, le persone in età lavorativa sono cresciute di solo 1 milione di unità e i minori fino a 14 anni solo di mezzo milione di unità. A metà secolo, secondo le previsioni di Istat e di Eurostat, con l’ipotesi di “immigrazione zero” l’Italia perderebbe un sesto della sua popolazione. Continuando i ritmi riscontrati in questo decennio, nel 2050 gli immigrati supereranno i 12 milioni e incideranno per il 18%. Questo aumento non sarà una minaccia bensì una garanzia per la popolazione italiana, di cui un terzo avrà superato i 65 anni. In moltissimi comuni i figli degli immigrati incideranno sulla popolazione scolastica per il 30% o più, come già avviene in diversi Stati membri dell’UEe, a quel punto, bisognerà aggiornare le strategie per il mondo della scuola. Gli africani, che ora sono poco meno di 1 milione, a seguito dell’esplosione demografica del loro continente raggiungeranno i tre milioni, come la Caritas e la Migrantes hanno posto in evidenza in un recente volume pubblicato dal Fondo Europeo per l’Integrazione, che fa capo in Italia al Ministero dell’Interno. La parola d’ordine è “inclusione”. Il vantaggio sarà reciproco in Italia e, inoltre, gli effetti positivi si riverseranno anche sui paesi di provenienza tramite le rimesse (6 miliardi e 753 milioni di euro nel 2009). In Italia, attualmente i fondi vengono utilizzati in gran parte per le azioni di contrasto: secondo una stima riportata nel “Dossier” si tratta circa mezzo miliardo di euro a carico del Ministero dell’Interno e 2 miliardi di euro a carico del Ministero della Giustizia. Servono più risorse sia per l’inserimento dei quasi 5 milioni di immigrati in posizione regolare, sia per i richiedenti asilo (17.670 nel 2009, meno della metà rispetto ad altri grandi paesi europei), rendendo più incentivanti le vie legali dell’immigrazione legale e i percorsi di integrazione. Il “Dossier Statistico Immigrazione” della Caritas e della Fondazione Migrantes da 20 anni si batte per diffondere questa cultura dell’altro: l’ampliamento di questa campagna di sensibilizzazione sarà una maniera molto concreta per preparare l’Italia del futuro. Caritas Migrantes 2010/02_Khawatmi.pdf 1 Dossier Statistico 1mmigrazione 2010 Teatro Orione, 26 ottobre 2010 Radwan Khawatmi, Hirux International S.p.A. Milano Carissimi amici, sono profondamente lieto del vostro invito e delle attenzioni che mi avete riservato e sono qui per testimoniare la solida amicizia che mi lega alla Caritas e alla Migrantes ed a tutti i loro operatori. Desidero trasmettere la gratitudine di tutti i “nuovi italiani” per quello che avete dato al mondo dell’immigrazione e continuate a dare con generosità. Storia personale La mia storia di immigrante che ha avuto la fortuna di farcela e di emergere con tutte le difficoltà oggettive potrà essere un motivo di riflessione per milioni di immigranti che hanno scelto l’Italia come unica ed ultima spiaggia di speranza. Ho finito i miei studi universitari e sono entrato in una grande impresa salendo la china un passo dopo l’altro fino al vertice. Erano necessarie marce in più rispetto ai miei colleghi per emergere, ma questa condizione non spaventi un immigrante che deve emergere da solo e senza l’aiuto di nessuno. Sono stato contagiato dai fratelli italiani che mi hanno insegnato la volontà di fondare un’azienda che oggi conta più di 500 lavoratori e fattura oltre 50 milioni di euro, lanciando nel mondo il vero made in Italy, non solo lo slogan, ma fatti concreti. Passando da un successo all’altro l’ultimo “trofeo”, se mi consentite il termine, è di aver portato in Italia il marchio Thomson, gemma di prestigio nella corona francese. La mia società viene osservata e rispettata da molti colossi multinazionali quale esempio di innovazione e laboriosità, e di questo sono orgoglioso grazie ad una squadra multietnica che collabora al mio fianco. Situazione attuale dell’immigrazione Ma non sono qui per raccontare la mia personale storia. Sono venuto per illustrarvi realmente la situazione del mondo dell’immigrazione raccontato dalla parte reale e non come la descrivono certe forze politiche. Vi illustrerò 3 aspetti fondamentali – quelli economici, sociali e politici senza mezzi termini ma con profonda onestà intellettuale. Dal punto di vista economico gli immigrati regolari sono oltre 5 milioni a cui si aggiungono gli irregolari, arriviamo cosi’ a rappresentare circa il 10% della popolazione italiana. Vivono in tutta la penisola con concentrazione nel triangolo del nord dove vivono oltre il 60%. Cerco di sfatare un falso mito, quello che noi occupiamo i posti ai lavoratori italiani, noi abbiamo occupato posti abbandonati dai lavoratori italiani. Nelle concerie siamo l’80% della forza lavoro, nelle acciaierie quasi il 60%, nell’edilizia il 55%, nelle raccolte stagionali siamo la maggioranza assoluta. Le cascine abbandonate dai contadini in Emilia Romagna oggi sono fiorenti aziende agricole grazie ai lavoratori indiani, i carpentieri bergamaschi andati in pensione sono stati sostituiti da bravi albanesi. La maggioranza delle società di servizi sono di nuovi italiani; i lavori artigianali sono in forte fase di espansione dopo anni di abbandono. I nostri lavoratori secondo le statistiche ufficiali Censis ed Istat hanno prodotto lo scorso anno l’11% del Pil italiano pari a 130 milioni di euro ( circa 250 mila miliardi delle vecchie lire). Se pensate che la Grecia e l’Irlanda erano vicini alla bancarotta per la metà di quello che abbiamo prodotto noi in Italia potete capire che immigrazione non è questione di lavavetri, o di qualche delinquente come lo dipingono certe forze politiche che ci offendono profondamente. 2 I nostri lavoratori versano i contributi mensili all’Inps pari a 750 milioni al mese (circa 8,5 miliardi all’anno) ricevendo in cambio poco in quanto l’età media dei nostri lavoratori è di circa 25/30 anni quindi non sono in età pensionabile. Un dirigente dell’Inps ha dichiarato che grazie ai nostri contributi stiamo risanando i conti dell’Inps. Negli ultimi anni abbiamo creato oltre 230 mila nuove imprese (il popolo delle partite Iva), abbiamo contratto oltre 150.000 mutui per l’acquisto di nuove case. In altre parole posso assicurarvi che stiamo diventando una colonna portante dell’economia italiana. Durante l’ultima crisi abbiamo pagato un duro prezzo, i primi licenziamenti hanno toccato noi con gravissime conseguenze, grazie a rigide ed insensate normative che ha introdotto questo governo. Vi cito un esempio: Se un nostro lavoratore viene licenziato anche se risiede e lavora da 10-15 anni in Italia ha pochi mesi di tempo per trovare un altro lavoro, altrimenti scade il suo permesso di soggiorno e deve rientrare in patria distruggendo una famiglia, i suoi equilibri, e la sua nuova storia, vi assicuro che è un dramma di vaste dimensioni, ma per questo governo è un trofeo da esibire in quanto cercano di picchiare duro sulla parte sana del mondo dell’emigrazione lanciando statistiche di riduzione del numero degli immigranti. E’ necessario valorizzare l’impegno del lavoro di milioni di nuovi italiani studiando nuove regole che corrispondano alla realtà. Ormai la legge Bossi – Fini non è più adeguata. La nostra intenzione è di stringere le fila incrementando il nostro impegno a fianco dei nostri fratelli lavoratori per dare il nostro contributo al superamento della crisi e poter veramente contare su di noi. A tale proposito abbiamo lanciato al governo la proposta di creare un alto commissariato per l’immigrazione, cosi’ come è stato fatto in diversi paesi europei con il compito di gestire correttamente questo fenomeno dal punto di vista economico, sociale e politico, non si possono lasciare 5 milioni di esseri umani alla mercè di qualche partito politico che ha come primo obiettivo terrorizzare la popolazione italiana con lo slogan “ straniero immigrante = criminale”. Gli aspetti sociali sono molteplici: pensate che 800.000 studenti nuovi italiani sono iscritti all’anno scolastico del 2010 - 2011 vivono e studiano con i loro compagni italiani. Guai alla politica che inquina questo mondo cosi’ pulito, cosi’ fragile con leggi a sfondo razziale e di visione discriminatoria. Vi ricordate le proposte di certi sindaci che vietavano le scuole ai figli dei non regolari? Cosa si può dire ad un bambino quando chiede a sua mamma: “perché non posso andare a scuola con i miei compagni?” La nostra umanità trema davanti a questi scenari. Culto La nostra attenzione dovrà concentrarsi sull’esercizio del culto garantito dalla costituzione italiana. Dobbiamo sottrarla a coloro che cercano di speculare da una parte e dall’altra. Io preferisco vedere i fedeli raccolti in preghiera in un luogo sicuro piuttosto che in fatiscenti garage irregolari o sui marciapiedi come accade a Milano. Dobbiamo emanare delle norme che regolano il ruolo degli Imam nelle moschee promuovendo iniziative per l’integrazione delle religioni nel rispetto della fede del paese che ci ospita. Anche su questo aspetto abbiamo finora avuto provocazioni da parte di certe forze politiche (vedi i maiali davanti alle moschee e le dichiarazioni esplosive di certi esponenti politici con lo scopo di permettere a certi estremisti di reagire di conseguenza come è accaduto tristemente in Inghilterra). Ho donato al comune di Parma una copia rara del corano che risale al 1600, ed è stata esposta ultimamente con un versetto del corano dedicato alla verginità di Maria e la nascita di Cristo miracolo di Dio. Questo è l’Islam che vorremmo illustrarvi, basato sulla pace e fratellanza, e, 3 sono sicuro che il dialogo interreligioso continuerà il suo cammino come ha dichiarato Sua Santità il Papa. Esperienza personale Vi racconto una mia personale esperienza dovendomi sposare molti anni fa dove non c’era alcuna moschea. Chiesi al Gran Mufti se potevo celebrare il mio matrimonio in Chiesa, la sua fu una secca risposta: “ è una domanda da fare? Certo che si, la Chiesa è la casa di dio”. Il vescovo della mia città celebrò il mio matrimonio in un clima di grande commozione con le lacrime. Questa è la religione cristiana che rispettiamo e davanti ad essa ci inginocchiamo con profondo rispetto e con essa intendiamo proseguire un lungo cammino di fede in Dio Cristo e Mosè. Nessuna torbida forza ci dividerà, saremo capaci di isolare l’estremismo di coloro che cercano di dividere la nostra strada. Diritto voto Infine vorrei parlare degli aspetti politici ed anche qui mi chiedo: quando un immigrato regolare lavora, versa i contributi e paga le tasse, rispetta la legge e la costituzione, manda i suoi figli a scuola e parla italiano, avendo adempiuto a tutti i suoi doveri non pensate che abbia qualche diritto? Uno di essi è il diritto al voto amministrativo per cui il nostro movimento è impegnato da oltre 10 anni. L’Italia ha recepito una direttiva europea in tal senso e fu il primo firmatario di questa legge ma quando è arrivata in Italia, apriti cielo, iniziarono i problemi, e certe forze politiche arrivarono a minacciare il Presidente del Consiglio di uscire dalla coalizione governativa aprendo la crisi. Nell’ultimo congresso del mio movimento a Parma, il Presidente del Consiglio mi promise solennemente, davanti a migliaia di partecipanti, che avrebbe fatto tutto il possibile per approvare tale proposta, peccato che i risultati furono deludenti, anzi il Presidente iniziò un atteggiamento molto negativo ed in certi casi anche offensivo. Noi ricordiamo le sue affermazioni circa la superiorità della sua civiltà rispetto alla nostra e l’infelice frase” “vedo molte facce di colore nella mia città di Milano e mi disturba parecchio”, per finire con frecciate velenose al mondo dell’immigrazione. Noi comprendiamo le difficoltà del Presidente e non accettiamo che sia ostaggio di un partito politico per la questione emigrazione, noi gli tendiamo una mano sincera quali cittadini esemplari che hanno dimostrato l’attaccamento all’Italia ma desideriamo essere riconosciuti come cittadini e non più offesi. Il nostro mondo è deluso, umiliato e demoralizzato; abbiamo accolto la sfida dell’integrazione e la stiamo portando a termine con successo, ma l’integrazione è un processo irreversibile che si fa da entrambe le parti. Oggi nel parlamento giace la proposta del voto agli emigranti dove essa ha una maggioranza qualificata, ma questo governo sta facendo di tutto per non metterla in discussione. Non so cosa temano, e perché sono preoccupati per un esercizio democratico quale è il diritto al voto dei cittadini residenti, cosi’ come accade già in Germania, in Francia ed in altri paesi europei. Se passa questa legge avremo oltre 2 milioni di nuovi voti, e certamente saranno determinanti nella scelta di diversi consigli comunali e provinciali. Noi siamo grati al Presidente della Camera On. Gianfranco Fini per il suo sostegno al nostro diritto al voto. Dateci fiducia e vi dimostreremo che saremo meritevoli ed all’altezza di essi, noi proseguiremo il nostro cammino al vostro fianco con lealtà, fedeli compagni di un lungo viaggio. Dio benedica questo paese e la sua comunità. Viva l’Italia. Caritas Migrantes 2010/03_Di_Tora.pdf 1 Dossier Statistico 1mmigrazione 2010 Teatro Orione, 26 ottobre 2010 Mons. Guerino Di Tora, Vescovo ausiliare della diocesi di Roma, e Presidente della Commissione Migrazioni della Conferenza Episcopale del Lazio L’immigrazione, una sollecitazione per tutti Svolgo queste considerazioni come vescovo cattolico con compiti specifici nel settore delle migrazioni nell’area romano-laziale, quella a più alta concentrazione di immigrati. Sul fenomeno migratorio proporrò l’autenticità del messaggio della chiesa, che per i cattolici è vincolante ma che spero susciti non solo la loro adesione. Perciò, mi rivolgo anche ai credenti di altre religioni, tra i quali molti, in maniera positiva e apprezzabile, intervengono sui temi della convivenza sociale. Per noi essi sono dei fratelli, in forza della condivisione del riferimento a Dio, e non dei competitori e tanto meno dei nemici. E, infine, mi indirizzo a tutte le persone di buona volontà che, seppure con motivazioni laiche, condividono i valori della solidarietà umana, una base solida sulla quale radicare la comune collaborazione. Commentando da un punto di vista ecclesiale i dati di questo nuovo rapporto sull’immigrazione, e specialmente lo slogan che ne racchiude il messaggio (“Per una cultura dell’altro”), voglio ribadire che l’immigrazione è una realtà che ci interpella e ci sollecita a una presa in considerazione che vada nell’ottica del bene comune, superando la superficialità e i calcoli interessati, personali o di altro tipo. La mia riflessione si articola in tre punti per i quali ho attinto abbondantemente ai dati del nuovo “Dossier Statistico Immigrazione”: - primo punto: l’attenzione all’immigrazione è dovuta per coerenza storica - secondo punto: la società multiculturale è chiamata a diventare una società interculturale; - terzo punto: bisogna aggiornare l’agenda degli impegni pubblici e dei comportamenti personali. Cercherò di parlare con semplicità ed estrema chiarezza, riprendendo diversi spunti offerti dai relatori che mi hanno preceduto, e chiuderò in maniera molto concreta. L’attenzione all’immigrazione è dovuta per coerenza storica. Sono consapevole che l’immigrazione, alla pari di altri fenomeni sociali, comporta innumerevoli problemi, anche di difficile soluzione, che perciò non vanno banalizzati. Gli operatori pastorali lo sanno bene. La Chiesa ha formulato i suoi insegnamenti non a tavolino e per sentito dire, bensì raccogliendo le sollecitazioni di migliaia di persone che quotidianamente, e non da oggi, sono impegnati sul campo. La Fondazione Migrantes ci ricorda che il magistero della chiesa cattolica è maturato tenendo conto di più di un secolo e mezzo di assistenza agli emigrati italiani a partire dall’unità d’Italia. Sacerdoti, suore e laici impegnati nelle missioni cattoliche e nelle chiese locali si sono prodigati per assistere una moltitudine di persone, costrette all’esodo in condizioni veramente penose, e ancora oggi continuano farlo a beneficio dei quattro milioni di cittadini italiani che vivono all’estero. La Caritas, a sua volta, tramite i centri di ascolto è a conoscenza dei bisogni delle persone più sfavorite e si fa carico di promuovere iniziative e strutture per rispondere a queste necessità ma specialmente, cosa ben più importante, diffonde l’idea della solidarietà perché il senso della vita 2 non consiste nel cavarsela da soli, dimenticando di aiutare chi è più debole, in momentanea difficoltà o sfavorito per il fatto di trovarsi in un paese che non è il suo. Non si può prescindere dalla necessità di chi ci sta vicino. Tutti ci dobbiamo attenere a questa consegna in un contesto sociale che, a dire il vero, diventa sempre meno sensibile a questo richiamo, ma specialmente lo devono fare i cristiani, memori dell’insegnamento del Vangelo, assolutamente chiaro su questo punto. Partendo da questi presupposti, veniamo ora all’immigrazione,. Nel 1990, anno della prima conferenza nazionale dell’immigrazione, mons. Silvano Ridolfi, allora direttore dell’Ucei (così allora si chiamava la Fondazione Migrantes), intervenendo alla prima conferenza nazionale dell’immigrazione a nome delle associazioni che si occupavano dei connazionali all’estero, faceva questa affermazione: “Se abbiamo chiesto per gli italiani giustizia e rispetto, altrettanto dobbiamo fare per gli immigrati nel nostro paese”. Questo ventesimo anniversario ci ricorda che, sempre nel 1990, mons. Luigi Di Liegro, direttore della Caritas diocesana di Roma, seguendo un disegno lungimirante dava l’avvio alla pubblicazione del “Dossier Statistico Immigrazione”. Da allora ad oggi abbiamo avuto a disposizione una preziosa fonte conoscitiva, dalla quale sono derivati stimoli a operare meglio e, specialmente, con maggiore prossimità agli immigrati. Questo grande sacerdote era un convinto sostenitore della convivenza rispettosa dei diversi e dei più bisognosi, dalla quale dipende il livello qualitativo della nostra società. La società multiculturale deve diventare una società interculturale Quasi cinque milioni di presenze regolari sollecitano prioritariamente la nostra attenzione, senza dover trovare la scappatoia di parlare, sempre e comunque, degli irregolari e di dimenticare il dovere d’accoglienza nei confronti dei richiedenti asilo. La presenza regolare e ben visibile e ci colloca tra i primi paesi di immigrazione in Europa, subito dopo la Germania. Il ritmo d’aumento è stato sostenuto anche in questi anni di crisi. Le previsioni lasciano intendere che l’Italia, a metà secolo, potrà collocarsi al vertice europeo per numero per numero di immigrati. Questi sono, realisticamente, gli scenari che si prefigurano. Tuttavia, seppure con diverse motivazioni, sono forti le resistenze a prendere coscienza che l’Italia è diventata una società multiculturale, quasi che la stessa sia per definizione ingovernabile e non possa diventare una società interculturale. Ritengo che, in prevalenza, le resistenze siano dovute al timore che le differenze culturali, di cui gli immigrati sono portatori, possano radicarsi come un cune di estraneità, senza accordarsi con la cultura che le accoglie. Questo è il vecchio “modello di integrazione multiculturale”, del quale si continuano a vedere gli strascichi, ma che possiamo ritenere superato, sia concettualmente che nella sua concreta attuazione. Ma non è questa l’unica via possibile. Possiamo fare alcune precisazioni al riguardo, ispirandoci a mons. Luigi Di Liegro che oggi commemoriamo e che denominò il suo programma di intervento “Forum per l’intercultura”. Le culture si devono incontrare: multicultura è solo un dato di fatto, mentre intercultura è una strategia imperniata sul confronto, sul dialogo e sulla mediazione. Se così stanno le cose, la società multiculturale non comporta per noi italiani la rinuncia alle nostre tradizioni. Abbiamo una storia, una lingua, una cultura, un orientamento costituzionale, un passato religioso. Secondo l’orientamento della chiesa, i nuovi venuti hanno diritto a essere accolti ma anche il dovere di rispettare il paese che li accoglie. L’apertura alle altre culture non comporta la rinuncia alla giustizia penale, lasciando che gli immigrati infrangano le nostre leggi. Nessuna persona di buon senso può accettare un’impostazione simile. Devianza, tanto nel caso degli italiani che in quello degli immigrati, significa scostamento dalla strada maestra. Servono vigilanza e costanza per evitare le degenerazioni, ma, serve il buon senso per non equiparare immigrazione e delinquenza. Anche quest’ultimo “Dossier” si è 3 adoperato, con i dati, per sconfessare questa equazione, che alimenta un’aria di sospetto e pregiudica la convivenza. La società multiculturale neppure comporta la rinuncia alla nostra religione, anche se al riguardo si dicono le cose più inesatte. La chiesa cattolica rimane attaccata al messaggio cristiano, cercando di testimoniarlo e di proporlo, senza per questo trascurare il rispetto dei fedeli di altre religioni, come anche il rispetto dei cristiani che vivono all’estero. Il fenomeno migratorio può essere un’occasione provvidenziale a dimensione planetaria per diffondere una impostazione di tolleranza e di collaborazione mentre – mi sia consentito di dirlo – non mi sembra che il compito principale, in questo contesto, sia l’eliminazione del crocifisso dalle pareti delle scuole.. Superati gli equivoci sui concetti di multi cultura e di intercultura, possiamo riconoscere che nell’immigrazione sono numerosi gli aspetti positivi. In particolare, constatiamo che a seguito di questi flussi milioni di persone hanno potuto conoscere e amare il nostro paese, imparare la lingua, apprezzare la popolazione, contribuire al benessere del paese, parlare bene di noi nel mondo e, naturalmente, ricavarne loro stessi dei benefici. Ogni immigrato è un moltiplicatore della realtà italiana, una garanzia per la sua sopravvivenza e non una minaccia di estinzione. Da soli non siamo più sufficienti e per costruire la società del futuro abbiamo bisogno anche degli immigrati, da valorizzare nelle loro differenze pur sempre indirizzate verso gli obiettivi comuni in una prospettiva di interazione e di integrazione. Solo inquadrando da vicino gli immigrati si possono scoprire questi aspetti positivi. Il “Dossier Statistico Immigrazione” della Caritas e della Migrantes lo fa da 20 anni con i numeri, ma non è questa l’unica maniera. Qui presenti sono molti mediatori culturali, che al tempo in cui nasceva il “Dossier”, insieme a mons. Luigi Di Liegro diedero vita al “Forum dell’intercultura” e all’interno di quel progetto, che personalmente ho seguito per un decennio, continuano a valorizzare le differenze degli immigrati per il bene della società italiana. Bisogna aggiornare l’agenda degli impegni pubblici e dei comportamenti personali All’inizio degli anni ’90, al tempo delle prime edizioni del “Dossier”, il messaggio che derivava dalla lettura dei dati statistici invitava al ridimensionamento del fenomeno a fronte della paura di una invasione. A 20 anni di distanza il messaggio è diverso. L’Italia è già diventata un paese di immigrazione e bisogna pervenire a una conoscenza meno superficiale e acquisire una sensibilità più adatta al nuovo contesto. Dalla dottrina sociale della Chiesa, della quale ho esposto alcuni punti essenziali, non derivano meccanicamente le scelte tecniche di politica migratoria. Questo compito spetta alla responsabilità degli amministratori, dei parlamentari, degli uomini di governo, a loro volta tenuti ad ascoltare le esigenze della società. Mi preme però sottolineare che non può essere accettata una sorta di doppia verità, per cui sul piano ideale si dicono delle cose e sul piano pratico se ne fanno delle altre. Qualcosa di simile avviene effettivamente. Anche se usiamo tante belle parole per giustificarci, onestamente dobbiamo riconoscere che ci può essere in noi un fondo di razzismo. Voglio porre alcuni interrogativi che ci aiutino a riflettere. Perché trattiamo peggio le persone che hanno un diverso colore della pelle? Perché siamo diffidenti nei confronti di chi professa, con onestà e apertura a quanti professano un’altra religione? Perché siamo portati a considerare di dignità inferiore chi viene dai paesi più poveri? Perché non riteniamo i nuovi venuti meritevoli di ottenere senza discriminazioni le misure di sostegno sociale? Perché, pur a fronte di un insediamento stabile, non concediamo spazi di partecipazione effettiva e facilitiamo l’accesso alla cittadinanza a chi è nato in Italia? Perché riteniamo che nei confronti dei rom è sempre giustificato il nostro atteggiamento negativo, mentre quanto è avvenuto a Milano e in altri contesti ci invitano a essere più prudenti? 4 L’immigrazione comporta anche dei problemi, come ho riconosciuto, ma fondamentalmente è un’opportunità e può aiutarci a riappropriarci di quella dalla voglia di riuscire, che nel passato è stata la principale risorsa del paese: con gli immigrati l’Italia potrà conoscere una nuova fase di benessere, e questa avrà un riverbero anche sui paesi di origine. Le difficoltà che oggi incontriamo si superano attraverso le vie virtuose della tolleranza, della mutua accettazione e della collaborazione. Non basta fermarsi al contrasto della irregolarità e agli aspetti penali, ma bisogna fare di più per mettere l’immigrazione nell’agenda del paese con l’obiettivo prioritario di una vera integrazione, sostenuta con mezzi adeguati. Un riferimento personale e un invito a tutti Voglio chiudere con due annotazioni, una personale e l’altra dottrinale. Sono stato il successore di mons. Luigi Di Liegro e come direttore della Caritas diocesana di Roma ho seguito il “Dossier Statistico Immigrazione” dal mese di ottobre 1997 fino al 2008. In questo periodo il “Dossier” è diventato un sussidio culturale ufficiale di Caritas Italiana e della Fondazione Migrantes, i due organismi pastorali della Conferenza Episcopale Italiana che hanno competenze specifiche nel settore delle migrazioni, nella cui sede i carissimi redattori si sono trasferiti dopo essere stati per quasi 15 anni nel palazzo del Vicariato di Roma. La dottrina sociale della Chiesa magistralmente proposta da Papa Benedetto XVI, i messaggi che la Santa Sede predispone per le Giornata Mondiale delle Migrazioni che si svolge nel mese di gennaio di ogni anno, il luminoso esempio di mons. Di Liegro, l’impegno dei redattori del “Dossier”, la lezione dei dati statistici: questi molteplici stimoli invitano a considerare l’immigrazione una risorsa aggiuntiva e a comportarsi di conseguenza. L’immigrazione è un segno dei tempi, ed è anche tempo di trarne delle conseguenze concrete. A opporsi all’immigrazione si possono anche trovare delle convenienze, ma non si fa il bene dell’Italia, per il cui futuro tutti, italiani e immigrati, in questo 150° anniversario dell’unità vogliamo collaborare. Grazie. Caritas Migrantes 2010/04_Scheda_Sintesi.pdf 1 X X R a p p o r t o s u l l ’ i m m i g r a z i o n e CARITAS/MIGRANTES Immigrazione Dossier Statistico 2010 Dossier 1991-2010: per una cultura dell’altro IDOS - Centro Studi e Ricerche Redazione Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes Via Aurelia 796 - 00165 Roma Tel. +39 06.66514345 – Fax + 39 06.66540087 E-mail: idos@dossierimmigrazione.it Internet: www.dossierimmigrazione.it CONSIDERAZIONI SUL”DOSSIER” E SULL’IMMIGRAZIONE Nascita del Dossier all’inizio degli anni ‘90. Nel mese di febbraio 1990 fu approvata la “legge Martelli”. Fu quello l’anno della prima conferenza nazionale dell’immigrazione, nel corso della quale mons. Silvano Ridolfi, allora direttore della Migrantes, così affermava a nome delle associazioni degli emigrati italiani: “Se abbiamo chiesto per gli italiani giustizia e rispetto, altrettanto dobbiamo fare per chi immi- gra nel nostro paese”. Sempre nel 1990 la Conferenza Epi- scopale Italiana approvò il documento “Uomini di culture diverse: dal conflitto alla solidarietà”, un tema che mons. Luigi Di Liegro, direttore della Caritas diocesana di Roma, riproponeva sia nel volume Il pianeta immigrazione sia l’an- no successivo, in piena guerra del Golfo, nella pubblicazio- ne Per conoscere l’islam: cristiani e musulmani nel mondo di oggi, smontando la tentazione di una guerra religiosa. Ancora nel 1991, il “prete degli immigrati” diede vita al “Forum per l’Intercultura”, un impegnativo programma di sensibilizzazione, e al Dossier Statistico Immigrazione. Il suo obiettivo era quello di favorire una visione agevole, ma non superficiale, delle statistiche sul fenomeno migrato- rio, partendo da tre considerazioni di fondo. 1. L’immigrazione offre l’occasione per una conoscenza umana più profonda. Mancava (e per certi versi ancora manca) una visione positiva dell’immigrazione, che resta equiparata a una realtà ostile, confondendo la regola- mentazione con la sicurezza. La posta in gioco è un ordi- ne economico mondiale meno ingiusto e una maggiore amicizia tra i popoli basata sul reciproco apprezzamento. 2. L’immigrazione va inquadrata in collegamento con l’an- damento demografico e lo sviluppo socio-economico e non ha senso parlare di cooperazione nella speranza che i flussi cessino. 3. Il rapporto tra le strutture pubbliche, da una parte, e il volontariato e la realtà socio-ecclesiale, dall’altra, deve essere collaborativo e non concorrenziale, comunque mai subalterno, e deve tendere a far rientrare nell’ambito pubblico le intuizioni della base per una maggiore giusti- zia sociale, nella convinzione che non si può offrire per carità ciò che è dovuto per esigenze di giustizia e di dignità umana. Specialmente al cristiano è richiesto un nuovo stile di vita, perché il vangelo richiede atti di soli- darietà concreta. Questo coraggioso sacerdote metteva anche in conto un certo numero di problemi, aspettandosi però, da un paese civile, la capacità di affrontarli e risolverli con il superamen- to del disinteresse e della chiusura, vincendo il senso della paura. Secondo mons. Di Liegro, per il quale la carità era anche e specialmente politica, pensarla così non era da illusi ma solo da conoscitori consapevoli dei termini reali della que- stione migratoria, secondo una impostazione lontana dai luoghi comuni. 2 Il Dossier, come prima raccolta organica dei dati statistici sull’immigrazione, suscitò subito grande interesse, perché andava incontro alle esigenze degli operatori sociali, dei funzionari pubblici, dei ricercatori e dei giornalisti. Ma non mancarono le reazioni negative: “la Chiesa invita i poveri del mondo in Italia, aspettandosi che nel futuro votino secondo le sue indicazioni”; “i cattolici si basano su un temerario provvidenzialismo”; “le buone intenzioni di soli- darietà sconfinano nella dabbenaggine”. E queste obiezio- ni continuano ancora oggi. Un servizio conoscitivo tuttora necessario. A distanza di due decenni dalla nascita del Dossier, Caritas e Migran- tes ritengono, alla luce del messaggio evangelico, che si richieda un rinnovato impegno per una fruttuosa convi- venza e considerano l’immigrazione un “segno dei tempi” nel quale si configurano le linee di un profondo cambia- mento in atto in Italia, in Europa e nell’intero contesto mondiale. In questi vent’anni il rapporto con le strutture pubbliche è stato molto stretto, ma nell’ambito dell’autonomia pro- pria del mondo socio-pastorale e della sua funzione critica e propositiva. Il Dossier rimane il frutto di un progetto cul- turale inteso a favorire una conoscenza del fenomeno migratorio libera da pregiudizi e contrapposizioni partiti- che, ricavando le ipotesi interpretative a partire dalle stesse fonti statistiche. Sono aumentate le pagine del rapporto, apprezzato in particolare per la sua completezza, seppure non siano mancate anche reazioni di disappunto, quasi che la chiesa cattolica si sia resa protagonista di una sorta di invasione di campo. In realtà questa ricerca, nata per rimediare a una carenza conoscitiva sul piano statistico, non è avulsa dai compiti pastorali, strutturandosi la missione della chiesa non solo in testimonianza della fede ma anche in promo- zione umana e sostegno sociale. Di fondamentale supporto è la rete di migliaia di opera- tori pastorali, a loro volta collegati con altre realtà sociali e di ricerca. È stata questa la base che ha consentito di arric- chire la riflessione sulle dimensioni nazionali e regionali del fenomeno migratorio e di far sentire il Dossier come un prodotto a disposizione di tutti. Nel corso di due decenni sono state distribuite alcune centinaia di migliaia di copie del rapporto e sono state organizzate migliaia di presentazioni in tutte le realtà pro- vinciali. All’inizio del 1990, anno al quale si riferisce la prima edizione del Dossier, non si andava oltre il mezzo milione di presenze. In questi 20 anni la popolazione immigrata è cresciuta di quasi 10 volte, arrivando alla soglia di 5 milioni, ma insieme al numero degli immigrati sono aumentate anche le chiusure. L’immigrazione e la crisi economico-occupazionale. Innanzi tutto, a predisporre negativamente la popolazione verso la presenza immigrata sono gli effetti in Italia della crisi mondiale: nel 2009, il crollo della produzione (special- mente nelle manifatture e in edilizia) e degli investimenti, la diminuzione di 380mila posti di lavoro e del tasso di occupazione, l’aumento del tasso di disoccupazione e dei disoccupati (2 milioni e 45mila), l’incremento delle migra- zioni interne anche a lungo raggio. In questo contesto, in cui le previsioni di nuove assunzioni dall’estero sono andate diminuendo (da 168.000 nel 2008 a 89.000 nel 2009 secondo l’indagine Excelsior), non solo si è ridotto l’afflusso degli immigrati, considerati in qualche modo una causa di questi mali, ma molti sono stati anche licen- ziati e in parte costretti a lasciare il paese o a scivolare nell’irregolarità. È il nostro sistema economico a trovarsi in difficoltà, impossibilitato ormai a ricorrere alle svalutazioni della moneta dopo l’introduzione dell’euro, a esportare nel mondo prodotti a basso costo, come riescono invece a fare i paesi emergenti, e a ridurre l’enorme peso della spesa pubblica. Intanto, continua la diminuzione nella crescita del Prodotto Interno Lordo: 3,8% negli anni ’70, 2,4% negli anni ’80, 1,4% negli anni ’90, 0,3% negli anni 2000 (un valore ridottissimo anche per effetto del crollo del Pil del 6% nel biennio 2008-2009). Inoltre, il rapporto tra debito pubblico e Pil, pari al 95,2% nel 1990, è passato al 109,2% nel 2000 ed è stimato pari al 118,2% alla fine del 2010, il rapporto più alto tra tutti gli Stati membri dell’UE. Rispetto agli altri grandi paesi europei è stentata la modernizzazione del nostro sistema produttivo, che nel periodo 1980-2009 ha conosciuto un aumento medio annuo della produttività (dati Istat) di appena l’1,2%. Que- sto andamento influisce negativamente sulla crescita del Pil e delle retribuzioni ed evidenzia la necessità di un maggiore sviluppo tecnologico, dell’alleggerimento della burocrazia, di una maggiore apertura agli investimenti diretti esteri (22 miliardi di euro l’anno in entrata contro 32 in uscita) e di una maggiore affermazione all’estero. È vero, ad esempio, che le imprese italiane di costruzione ricavano dall’estero la metà del loro fatturato, che comunque rimane allo stesso livello di 10 anni fa, con perdita di addetti e chiusure di imprese. D’altra parte, il mero trasferimento all’estero di produzioni a basso costo senza mantenere sinergie con l’Ita- lia comporta il rischio di svendere il know how italiano e di pagarne le conseguenze a medio e lungo termine, con un inedito panorama di paesi produttori con pochi consumato- ri e paesi consumatori ma non più produttori. Le opportunità connesse con l’immigrazione. Alla luce degli effetti della crisi bisogna chiedersi se gli immigrati, che contribuiscono alla produzione del Prodotto Interno Lordo per l’11,1% (stima di Unioncamere per il 2008), siano il problema o non piuttosto un contributo per la sua soluzione. Diversi studi, tra i quali quello della Banca d’Ita- lia di luglio 2009, hanno posto in evidenza la funzione complementare dei lavoratori immigrati in grado di favori- re migliori opportunità occupazionali per gli italiani. Venendo essi a mancare, o a cessare di crescere, nei settori produttivi considerati non appetibili dagli italiani (in agri- coltura, in edilizia, nell’industria, nel settore familiare e in tanti altri servizi), il paese sarebbe impossibilitato ad affron- tare il futuro. È quanto ci è stato ricordato il primo marzo 2010 dal primo “sciopero degli stranieri”, ispirato a una analoga manifestazione francese, con l’astensione dal lavo- ro e dagli acquisti e la presenza in piazza per far sentire la propria voce. In particolare, gli immigrati sono sempre più indispensa- bili per rispondere alle esigenze delle famiglie, come emer- so in occasione dell’ultima regolarizzazione, chiusa a set- tembre 2009 con quasi 300mila domande: basti pensare che nella prospera Lombardia, nel 2025, le persone con oltre 65 anni saranno circa tre milioni, un milione in più rispetto al 2010, con un fabbisogno esponenziale di assi- stenza. Il Dossier, nelle indagini condotte sui benefici e sui costi del- l’immigrazione, ha evidenziato che gli immigrati versano alle casse pubbliche più di quanto prendano come fruitori di pre- stazioni e servizi sociali. Si tratta di quasi 11 miliardi di contri- buti previdenziali e prelievi fiscali l’anno che hanno contribui- to al risanamento del bilancio dell’Inps, trattandosi di lavora- tori giovani e, perciò, ancora lontani dall’età pensionabile. Essi, inoltre, dichiarano al fisco oltre 33 miliardi l’anno. A livello occupazionale gli immigrati non solo incidono per circa il 10% sul totale dei lavoratori dipendenti, ma sono sempre più attivi anche nel lavoro autonomo e imprenditoriale, dove riescono a creare nuove realtà azien- dali anche in questa fase di crisi. Sono circa 400mila gli stranieri tra titolari di impresa, amministratori e soci di aziende, ai quali vanno aggiunti i rispettivi dipendenti. A Milano i pizzaioli egiziani sono più di quelli napoletani, così come sono numerosi gli imprenditori tessili cinesi a Carpi (Modena) e Prato, e quelli della concia ad Arzignano (Vicenza), in questo caso non solo cinesi ma anche serbi. Ogni 30 imprenditori operanti in Italia 1 è immigrato, con prevalenza dei marocchini, dediti al commercio, e dei romeni, più propensi all’imprenditoria edile. Le esigenze demografiche e gli intrecci interculturali. Sono circa 240mila i matrimoni misti celebrati tra il 1996 e il 2008 (quasi 25mila nell’ultimo anno); più di mezzo milio- ne le persone che hanno acquisito la cittadinanza di cui 59mila nel 2009; oltre 570mila gli “stranieri” nati diretta- mente in Italia; quasi 100mila quelli che ogni anno nasco- no da madre straniera; più di 110mila gli ingressi per moti- vi familiari. In un’Italia alle prese con un elevato e crescente ritmo di invecchiamento, dove gli ultrasessantacinquenni superano già i minori di 15 anni, gli immigrati sono un fattore di par- ziale riequilibrio demografico, influendo positivamente anche sulla forza lavoro. I contatti quotidiani sul lavoro e nei luoghi di socializza- zione (la scuola, le associazioni, i luoghi di culto…), insieme alle famiglie miste, stanno facendo dell’immigrazione una realtà organica alla società italiana. La collettività romena è la più numerosa, con quasi 900mila residenti; seguono albanesi e marocchini, quasi mezzo milione ciascuno, mentre cinesi e ucraini sono quasi 200mila. Nell’insieme, queste 5 collettività coprono più della metà della presenza immigrata (50,7%). Gli europei sono la metà del totale, gli africani poco più di un quinto e gli asiatici un sesto, mentre gli americani incidono per meno di un decimo. Diversi gruppi nazionali risiedono per lo più nelle città, come i filippini, i peruviani e gli ecuadoriani. Altri, come gli indiani, i marocchini o gli albanesi, si sono insediati mag- giormente nei comuni non capoluogo. L’insediamento è prevalente nel Nord e nel Centro, ma anche il Meridione è coinvolto nel fenomeno, rappresentando un’area privilegia- ta per l’inserimento di alcune collettività. È il caso degli albanesi in Puglia, degli ucraini in Campania o dei tunisini in Sicilia. Roma e Milano, rispettivamente con quasi 270mila e 200mila stranieri residenti, sono i comuni quantitativa- mente più rilevanti, ma gli immigrati si stabiliscono anche nei piccoli centri, spesso con incidenze elevate rispetto al totale dei residenti. Ad esempio, a fronte di una media nazionale del 7%, gli stranieri sono il 20% dei residenti a Porto Recanati (MC), il salotto del mare della riviera adriatica, come anche a Castiglione delle Stiviere (MN), conosciuto non solo per essere patria di San Luigi Gonza- ga, patrono mondiale della gioventù, ma anche il luogo in cui Herny Dunant concepì l’idea della Croce Rossa. In provincia di Imperia, Airole si impone per un’incidenza degli stranieri pari al 31%, seppure su una popolazione di appena 493 abitanti. E il fattore criminalità? Nei primi anni, l’impostazione del Dossier, nella consapevolezza che l’immigrazione non comporta solo aspetti positivi, è consistita nel riportare anche i dati relativi al coinvolgimento degli stranieri in atti- vità devianti ripartiti per territorio, per paesi di provenienza e per tipo di reato, fornendo alcune indicazioni per la loro lettura. Negli ultimi tempi questa metodologia documenta- le non si è rivelata più sufficiente, anche perché, con il notevole aumento dei flussi migratori a partire dalla secon- da metà degli anni ’90, si è rafforzata nella società la diffi- denza prima nei confronti dei marocchini, poi verso gli albanesi e attualmente verso i romeni, seppure con toni fortemente ridimensionati rispetto al biennio 2007-2008. Diversi sono stati gli approfondimenti condotti dai redat- tori Caritas/Migrantes: • per gli albanesi (2008) è stato mostrato che la loro stig- matizzazione è continuata per forza di inerzia anche negli anni 2000 quando, stabilizzatisi i flussi, la loro rilevanza nelle statistiche criminali è risultata in realtà fortemente ridimensionata; • per i romeni (2008 e 2010) la progressione accusatoria ha continuato a essere accentuata, nonostante le statisti- che continuino ad attestare un loro coinvolgimento più ridotto rispetto alla generalità degli immigrati; • per gli africani (2010), almeno relativamente alle mag- giori collettività, si è visto che sussistono problemi quanto alla loro implicazione sia nella criminalità comune sia in quella organizzata, fenomeni che meritano di essere approfonditi nelle loro cause e nei loro dinamismi, met- tendo in atto adeguate strategie di recupero. • a loro volta, i rom sono stati, sono e forse continueranno ad essere il gruppo maggiormente discusso, non rara- mente al di là delle loro specifiche colpe: mai provata, e anzi del tutto smentita da un’apposita indagine della Fondazione Migrantes, è l’accusa di rapire i bambini. 3 Ma i timori e il senso di insicurezza degli italiani dipendo- no in prevalenza da altri fattori, considerato che: 1. la criminalità in Italia è aumentata in misura contenuta negli ultimi decenni, nonostante il forte aumento della popolazione straniera, e addirittura è andata diminuen- do negli anni 2008 e 2009; 2. il ritmo d’aumento delle denunce contro cittadini stra- nieri è molto ridotto rispetto all’aumento della loro pre- senza, per cui è infondato (e non solo per il Dossier) sta- bilire una rigorosa corrispondenza tra i due fenomeni: ciò si desume anche, per quanto riguarda le diverse province, dalla raccolta statistica curata per i Consigli territoriali per l’immigrazione nell’ambito del Fondo Europeo per l’Integrazione (2010) e, per quanto riguar- da le principali collettività di immigrati (con alcune eccezioni), dal Rapporto del Cnel sugli indici di integra- zione (2010); 3. il Rapporto del Cnel ha mostrato che il tasso di crimina- lità addebitabile agli immigrati venuti ex novo nel nostro paese, quelli su cui si concentrano maggiormente le paure, è risultato, nel periodo 2005-2008, più basso rispetto a quello riferito alla popolazione già residente; 4. il confronto tra la criminalità degli italiani e quella degli stranieri, attraverso una metodologia rigorosa basata sulla presa in considerazione di classi di età omoge- nee, ha consentito di concludere che gli italiani e gli stranieri in posizione regolare hanno un tasso di crimi- nalità simile; 5. lo stesso coinvolgimento criminale degli immigrati non autorizzati al soggiorno, innegabile, di difficile quantifi- cazione e spesso direttamente legato alla stessa irregola- rità della presenza e alle difficili condizioni di vita che ne conseguono, va esaminato con prudenza e con rigore in un paese in cui entrano annualmente decine di milio- ni di stranieri come turisti o per altri motivi. Queste linee interpretative non devono portare ad “abbassare la guardia”, bensì a vincere i preconcetti e a investire maggiormente sulla prevenzione e sul recupero, coinvolgendo i leader associativi degli immigrati, come avvenuto nel passato con positivi risultati tra i senegalesi. Immigrazione e pari opportunità: un binomio irrinun- ciabile. L’immigrazione e l’integrazione devono andare di pari passo. Il Governo ha proposto un piano per l’integra- zione nella sicurezza, denominato “Identità e Incontro”, qualificandolo come modello italiano lontano dall’assimila- zionismo e dal multiculturalismo. Nel documento vengono individuati percorsi imperniati su diritti e doveri, responsa- bilità e opportunità, in una visione di relazione reciproca, facendo perno sulla persona e sulle iniziative sociali piutto- sto che sullo Stato, individuando cinque assi di intervento: l’educazione e l’apprendimento, dalla lingua ai valori; il lavoro e la formazione professionale; l’alloggio e il governo del territorio; l’accesso ai servizi essenziali; l’attenzione ai minori e alle seconde generazioni. Si insiste inoltre, così come si fa in ambito comunitario, sugli aiuti allo sviluppo, progressivamente ridotti in Italia a un livello veramente minimo, oltre che sulle migrazioni a carattere rotatorio e sui rientri. Ma, intanto, è andata radi- candosi la convinzione, supportata dai dati, che l’immigra- zione stia acquisendo un carattere sempre più stabile. Vi si ritrovano aperture apprezzabili riguardo al pubblico impiego, rilievi critici rispetto a quanto è stato fatto nel pas- sato, l’individuazione di linee di impegno e specialmente il criterio che quanto proposto vada monitorato nella sua concreta efficacia. Nel 2009, tuttavia, il Fondo nazionale per l’inclusione sociale è rimasto sprovvisto di copertura e questa carenza, oltre tutto in fase di crisi economica, di certo non aiuta l’in- tegrazione a fronte di una diminuita capacità di spesa delle famiglie, anche immigrate. Continua a essere più difficoltoso per gli immigrati l’ac- cesso ai servizi. A Milano un cittadino italiano ha firmato un contratto d’affitto insieme a un rom, che da solo altrimenti non sarebbe stato accettato dal proprietario. Tra la popo- lazione immigrata regolare solo il 68% è iscritto al Servizio Sanitario Nazionale, come si rileva dal secondo rapporto del Ministero dell’Interno sui consigli territoriali, e questo concorre a spiegare anche perché per essi vi siano più rico- veri in stato d’urgenza e un maggiore accesso al pronto soccorso. Secondo una ricerca del Cisf, crescere e mantene- re un figlio costa 9.000 euro l’anno, anche per le famiglie immigrate; tuttavia, inspiegabilmente, le coppie straniere sono state escluse dal beneficio del bonus bebé, così come i capifamiglia stranieri hanno trovato più difficile accedere ad altri benefici sociali erogati dagli Enti Locali. Integrazione e pari opportunità, quindi, devono andare di pari passo, in un intreccio di doveri ma anche di diritti come enunciato nel documento governativo. Bisogna spia- nare la via ai nuovi cittadini, non solo per sensibilità evan- gelica ma anche perché questa è l’unica via corretta per andare incontro al nostro futuro. Irregolarità e politica migratoria. Nel Dossier 2010 si parla anche di sbarchi e di irregolari, senza sottacere gli aspetti problematici, ma anche senza perdere il riferimento ai dati e il senso delle proporzioni. Tutte le persone di buon senso riconoscono la necessità di controllare le coste, evitando che esse diventino l’attrac- co per i trafficanti di essere umani e la base per i loro lucrosi commerci (2,5 miliardi di dollari nel mondo, secondo l’Onu). Questo rigore, però, va unito al rispetto del diritto d’asilo e della protezione umanitaria, di cui continuano ad avere bisogno persone in fuga da situazioni disperate e in pericolo di vita. Il contrasto degli sbarchi non deve far dimenticare che nella stragrande maggioranza dei casi all’origine dell’irregolarità vi sono gli ingressi legali in Italia, con o senza visto, di decine di milioni di stranieri che arriva- no per turismo, affari, visita e altri motivi. Rispetto a questi flussi imponenti, e non eliminabili, anche la punta massima di sbarchi raggiunta nel 2008 (quasi 37mila persone) è ben poca cosa. Risulterà inefficace il controllo delle coste marittime, come anche di quelle aeree e terrestri, se non si incentive- ranno i percorsi regolari dell’immigrazione. Non è in discus- sione la necessità di regole bensì la loro funzionalità. Ciò induce a ripensare in maniera innovativa la flessibilità delle quote, le procedure d’incontro tra datore di lavoro e lavo- 4 5 ratore, il tempo messo a disposizione per la ricerca di un nuovo posto di lavoro (che si potrebbe ampliare tenendo conto dei periodi di integrazione salariale o disoccupazione indennizzata). In effetti, è disfunzionale costringere ad andar via lavoratori già ben inseriti, e in grado di ritrovare un posto di lavoro dopo la crisi, oppure costringerli di fatto a incrementare l’area del lavoro irregolare (il 12,2% del totale, secondo l’Istat). Lascia, perciò, perplessi constatare che diversi enti locali abbiano destinato fondi per il loro allontanamento, oltretutto con scarsa efficacia, come si è visto anche in Spagna. Sembra, invece, auspicabile esten- dere i rimpatri assistiti a favore degli irregolari, come racco- mandato dalla stessa Commissione europea, trasformando il ritorno di chi non ha avuto sbocco o successo nell’immi- grazione in un investimento positivo per i paesi di origine. Seguendo un’ottica realistica, Eurostat ha precisato che il miraggio di una “immigrazione zero” in mezzo secolo farebbe perdere all’Italia un sesto della sua popolazione. Perciò, se l’immigrazione è funzionale allo sviluppo del paese, l’agenda politica è chiamata a riflettere sugli aspetti normativi più impegnativi, come quelli riguardanti la citta- dinanza e le esigenze di partecipazione di questi nuovi cit- tadini, in particolare se nati in Italia. È questa la strada più fruttuosa sotto tutti i punti di vista, economico e occupa- zionale non meno che culturale e religioso. Ed è per questo che il Dossier 2010 pone a tutti la domanda: e se mancasse, in realtà, la cultura dell’altro? I RIFERIMENTI STATISTICI FONDAMENTALI NEL 2009 I numeri fondamentali dell’immigrazione. All’inizio del 2010 l’Istat ha registrato 4 milioni e 235mila residenti stra- nieri, ma, secondo la stima del Dossier, includendo tutte le persone regolarmente soggiornanti seppure non ancora iscritte in anagrafe, si arriva a 4 milioni e 919mila (1 immi- grato ogni 12 residenti). L’aumento dei residenti è stato di circa 3 milioni di unità nel corso dell’ultimo decennio, durante il quale la presenza straniera è pressoché triplicata, e di quasi 1 milione nell’ultimo biennio. Intanto, però, complice la fase di recessione, sono cre- sciute anche le reazioni negative. Gli italiani sembrano lontani, nella loro percezione, da un adeguato inquadramento di questa realtà. Nella ricerca Transatlantic Trends (2009) mediamente gli intervistati hanno ritenuto che gli immigrati incidano per il 23% sulla popolazione residente (sarebbero quindi circa 15 milioni, tre volte di più rispetto alla loro effettiva consistenza) e che i “clandestini” siano più numerosi dei migranti regolari (mentre le stime accreditano un numero tra i 500mila e i 700mila). Su questa distorta percezione influiscono diversi fattori, tra i quali anche l’appartenenza politica. La Lombardia accoglie un quinto dei residenti stranieri (982.225, 23,2%). Poco più di un decimo vive nel Lazio (497.940, 11,8%), il cui livello viene quasi raggiunto da altre due grandi regioni di immigrazione (Veneto 480.616, 11,3%) e Emilia Romagna (461.321, 10,9%), mentre il Pie- monte e la Toscana stanno un po’ al di sotto (rispettiva- mente 377.241 e 8,9%; 338.746 e 8,0%). Roma, che è stata a lungo la provincia con il maggior numero di immi- grati, perde il primato rispetto a Milano (405.657 rispetto a 407.191). L’incidenza media sulla popolazione residente è del 7%, ma in Emilia Romagna, Lombardia e Umbria si va oltre il 10% e in alcune province anche oltre il 12% (Brescia, Man- tova, Piacenza, Reggio Emilia, Prato). Le donne incidono mediamente per il 51,3%, con la punta massima del 58,3% in Campania e del 63,5% a Ori- stano, e quella più bassa in Lombardia (48,7%) e a Ragusa (41,5%). I nuovi nati da entrambi i genitori stranieri nel corso del 2009 sono oltre 77.000 (21mila in Lombardia, 10mila nel Veneto e in Emilia Romagna, 7mila in Piemonte e nel Lazio, 6mila in Toscana, almeno mille in tutte le altre regioni italia- ne, fatta eccezione per il Molise, la Basilicata, la Calabria e la Sardegna). Queste nascite incidono per il 13% su tutte le nuove nascite e per più del 20% in Emilia Romagna e Vene- to. Se si aggiungono altri 17.000 nati da madre straniera e padre italiano, l’incidenza sul totale dei nati in Italia arriva al 16,5%. Il numero sarebbe ancora più alto se considerassi- mo anche i figli di padre straniero e madre italiana, per quanto tra le coppie miste prevalgano quelle in cui ad esse- re di origine immigrata è la donna (nel 2008 erano 23.970 i figli nati da coppie miste in Italia, 8 su 10 da padri italiani e madri straniere). Diversificata è anche l’incidenza dei minori, in tutto quasi un milione (932.675): dalla media del 22% (tra la popolazio- ne totale la percentuale scende al 16,9%) si arriva al 24,5% in Lombardia e al 24,3% in Veneto, mentre il valore è più basso in diverse regioni centro-meridionali, segnatamente nel Lazio e in Campania (17,4%) e in Sardegna (17%). Oltre un ottavo dei residenti stranieri (572.720, 13%) è di seconda generazione, per lo più bambini e ragazzi nei confronti dei quali l’aggettivo “straniero” è del tutto inap- propriato, in quanto accomunati agli italiani dal luogo di nascita, di residenza, dalla lingua, dal sistema formativo e dal percorso di socializzazione. A differenza della chiusura su altri aspetti, gli italiani sembrano essere più propensi alla concessione della cittadinanza a chi nasce in Italia seppure da genitori stranieri. I figli degli immigrati iscritti a scuola sono 673.592 e inci- dono per il 7,5% sulla popolazione scolastica. I dati metto- no in evidenza un ritardo scolastico tre volte più elevato rispetto agli italiani, sottolineando la necessità di dispiegare più risorse per il loro inserimento nel caso in cui giungano per ricongiungimento familiare. Nel 2009 l’apposito Comitato ha censito 6.587 minori non accompagnati, dei quali 533 richiedenti asilo, pro- venienti da 77 paesi (Marocco 15%, Egitto 14%, Alba- nia 11%, Afghanistan 11%), in prevalenza maschi (90%) e di età compresa tra i 15 e i 17 anni (88%). Tra i di essi non sono più inclusi i romeni (almeno un terzo del totale), che in quanto comunitari vengono presi in carico dai servizi comunali. Non sempre, al raggiungi- mento del 18° anno, le condizioni attualmente previste (3 anni di permanenza e 2 anni di inserimento in un percorso formativo) consentono di garantire loro un permesso di soggiorno. Gli aspetti economici dell’immigrazione. Gli immigrati assicurano allo sviluppo dell’economia italiana un contribu- to notevole: sono circa il 10% degli occupati come lavora- tori dipendenti, sono titolari del 3,5% delle imprese, inci- dono per l’11,1% sul prodotto interno lordo (dato del 2008), pagano 7,5 miliardi di euro di contributi previden- ziali, dichiarano al fisco un imponibile di oltre 33 miliardi di euro. Il rapporto tra spese pubbliche sostenute per gli immigra- ti e i contributi e le tasse da loro pagati (2.665.791 la stima dei dichiaranti) va a vantaggio del sistema Italia, special- mente se si tiene conto che le uscite, essendo aggiuntive a strutture e personale già in forze, devono avere pesato di meno. Secondo le stime riportate nel Dossier le uscite sono state valutate pari a circa 10 miliardi di euro: (9,95): 2,8 miliardi per la sanità (2,4 per gli immigrati regolari, 400 milioni per gli irregolari); 2,8 miliardi per la scuola, 450 milioni per i servizi sociali comunali, 400 milioni per politiche abitative, 2 miliardi a carico del Ministero della Giustizia (tribunale e carcere), 500 milioni a carico del Ministero dell’Interno (Centri di identificazione ed espulsione e Centri di acco- glienza), 400 milioni per prestazioni familiari e 600 milioni per pensioni a carico dell’Inps. Le entrate assicurate dagli immigrati, invece, si avvicina- no agli 11 miliardi di euro (10,827): 2,2 miliardi di tasse, 1 miliardo di Iva, 100 milioni per il rinnovo dei permessi di soggiorno e per le pratiche di cittadinanza, 7,5 miliardi per contributi previdenziali. Va sottolineato che negli anni 2000 il bilancio annuale dell’Inps è risultato costantemente in attivo (è arrivato a 6,9 miliardi), anche grazie ai contributi degli immigrati. Per ogni lavoratore, la cui retribuzione media annua è di circa 12.000 euro, i contributi sono pari a quasi 4.000 euro l’anno. Nel 2008 le compravendite immobiliari sono state 78.000 (-24,3%). Nel periodo 2004-2009 sono stati quasi 700mila gli scambi immobiliari con almeno un protagoni- sta straniero, per un volume di oltre 75mila miliardi di euro. Ancora oggi il loro influsso è rilevante, anche se la loro quota sui mutui è scesa dal 10,1% del 2006 al 6,6% del 2009. L’impatto positivo degli immigrati trova una significativa conferma dal confronto dell’andamento pensionistico tra gli immigrati e gli italiani. Sulla base dell’età pensionabile si può stimare che nel quinquennio 2011-2015 chiede- ranno la pensione circa 110mila stranieri, pari al 3,1% di tutte le nuove richieste di pensionamento. Dai 15mila pensionamenti nel 2010, pari al 2,2% di tutte le richieste, si passerà ai 61mila nel 2025, pari a circa il 7%. Attual- mente è pensionato tra gli immigrati 1 ogni 30 residenti e tra gli italiani 1 ogni 4. Nel 2025, i pensionati stranieri saranno complessivamente circa 625mila (l’8% dei resi- denti stranieri). A tale data, tra i cittadini stranieri vi sarà circa 1 pensionato ogni 12 persone, mentre tra gli italiani il rapporto sarà di circa 1 a 3. Gli aspetti occupazionali dell’immigrazione. In tutta Europa la crescita dell’occupazione è legata ai lavoratori immigrati. Essi sono circa 17,8 milioni, dei quali circa 2 milioni in Italia. Nel 2008 è stato varato l’ultimo decreto flussi per lavoratori dipendenti (150mila persone), mentre nel 2009 è seguito un decreto flussi solo per gli stagionali (80.000 unità) e infine nel mese di settembre 2009 è stata approvata la regolarizzazione degli addetti al settore dome- stico e di cura alla persona (295.112 domande presentate). Secondo i dati Istat, nel 2009, un anno in cui l’occupa- zione complessiva è diminuita di 527.000 unità, i lavoratori stranieri occupati sono aumentati di 147mila unità, arrivan- do a quota 1.898.000, con una incidenza dell’8,2% sul totale degli occupati (nell’anno precedente l’incidenza era del 7,5%). Il loro tasso di occupazione, rispetto al 2008, è passato dal 67,1% al 64,5% (quello degli italiani è sceso al 56,9% dal 58,1%), mentre quello di disoccupazione è aumentato dall’8,5% (media 2008) all’11,2% (per gli italia- ni il cambiamento è stato dal 6,6% al 7,5%). Nel 2010, ogni 10 nuovi disoccupati 3 sono immigrati e, tuttavia, il fatto che svolgono mansioni umili ma essenziali è servito a proteggerli da conseguenze più negative. Un mercato così frastagliato spiega l’accostamento di dati abbastanza dispa- rati: aumento degli occupati immigrati (147.000), ma anche dei disoccupati a seguito della crisi (77.000 in più) e degli inattivi (aumentati di 113.000 unità). Inoltre, tra i lavoratori immigrati è più elevata la percen- tuale dei non qualificati (36%), molto spesso perché sot- toinquadrati (il 41,7% rispetto alla media del 18%). Il sot- toinquadramento non diminuisce in modo significativo anche quando si risiede da molti anni in Italia. Rilevante anche la quota dei sottoutilizzati (il 10,7% rispetto alla media del 4,1%). Inoltre, 4 stranieri su 10 lavorano in orari disagiati (di sera, di notte, di domenica). La retribuzione netta mensile nel 2009 è stata di 971 euro per gli stranieri e 1.258 euro per gli italiani (media di 1.231 euro), con una differenza a sfavore degli immigrati del 23%, di ulteriori 5 punti più alta per le donne straniere. L’archivio dell’Inail (che sovrastima la presenza straniera di circa 1 milione di unità in quanto include anche gli italia- ni nati all’estero) consente di ripartire gli occupati anche per continente di origine: Europa 59,2%, Africa 16,8%, Asia 13,3%, America 9,8%, Oceania 0,3% (0,5 non attri- buiti). Più in particolare, i lavoratori comunitari sono oltre un terzo (36,3%) e i nordafricani un decimo dell’intera forza lavoro (11,1%). I saldi occupazionali (differenza tra i lavoratori assunti e licenziati nell’anno), pur positivi attestano l’andamento calante di questa fase occupazionale (+98.033 nel 2007, +34.207 nel 2008, +14.096 nel 2009). Al 31 maggio 2010 sono risultate iscritte 213.267 impre- se con titolare straniero, 25.801 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, un aumento che attesta la dinamicità del settore anche in periodo di crisi; in particola- re, nei primi cinque mesi del 2010 le imprese sono aumen- tate al ritmo del 13,8%, e a ritmi ancora superiori in Tosca- na e nel Lazio. Queste imprese incidono, come precisato, per il 3,5% su tutte le imprese operanti in Italia e per il 7,2% su quelle artigiane. È molto dinamico anche il settore delle imprese cooperative (69.439 soci), sia di produzione che di consumo. Se, oltre che dei titolari e dei soci, si tiene conto degli amministratori (87.485), delle altre funzioni 6 societarie (18.622) e di 131 figure la cui funzione non è stata classificata, si arriva a un totale di 388.944 posizioni lavorative e a un complesso occupazionale che include oltre mezzo milione di posizioni, tenendo conto anche dei lavoratori dipendenti. Tra demografia, intercultura e contrasto della irrego- larità. Gli immigrati assicurano un valido sostegno demo- grafico all’Italia. Tra la popolazione residente in Italia, tra il 2000 e il 2009 sono aumentate di 2 milioni le persone con più di 65 anni, di solo 1 milione quelle in età lavorativa e neppure di mezzo milione quelle con meno di 14 anni. L’età media è salita da 31,5 a 43,3 anni. Gli ultrasessanta- cinquenni sono il 2,2% tra gli stranieri e il 20,2% tra l’insie- me della popolazione residente. Il tasso di fecondità è di 1,33 per le donne italiane e di 2,05 per le donne straniere (media 1,41). I matrimoni celebrati in Italia sono scesi dai 418.944 del 1972 ai 246.613 del 2008, con una diminuzione special- mente delle prime nozze, un aumento delle seconde (un sesto del totale) e dell’età media degli sposi (30 anni per le donne e 33 anni per gli uomini). Nel periodo 1996-2008 sono stati celebrati 236.405 matrimoni misti. Nel 1995 erano misti solo 2 matrimoni su 100, ora sono 10 su 100 e non risulta statisticamente fondata l’idea che falliscano con molta più facilità del resto delle unio- ni. Nel 2008 su 100 matrimoni, 15 riguardano almeno un coniuge stra- niero e di questi 5 riguardano due sposi stranieri. Secondo i dati dell’Unar gli atti di discriminazione, non solo in ambito lavorativo, colpiscono maggiormente gli africani, i romeni, i cinesi, i maroc- chini, i bangladesi. Ricordiamo, per esempio, che alcune compagnie di assicurazione praticano agli immigrati polizze RC auto più costose per il cosiddetto “rischio etnico”. La regolarizzazione di settembre 2009 (quasi 300mila domande) ha consentito di abbassare il livello della irregolarità, anche se il provvedimen- to, limitato (ufficialmente) al settore familiare, ha avuto una efficacia par- ziale, per quanto non trascurabile, soprattutto in ragione del limite di reddito previsto (20 mila euro: limite che è stato superato mediamente nel 2008 solo da due regioni), oltre che per il fatto che l’assunzione, per un minimo 20 ore, è stata riferita a un solo datore di lavoro; non stupisce quindi che, secondo il Censis (luglio 2010), 2 addette su 5 nel settore domestico lavorerebbero ancora in nero. Nel 2009 sono stati registrati 4.298 respingimenti e 14.063 rimpatri for- zati, per un totale di 18.361 persone allontanate. Le perso- ne rintracciate in posizione irregolare, ma non ottemperan- ti all’intimazione di lasciare il territorio italiano, sono state 34.462. Il rapporto tra persone intercettate e persone rim- patriate è andato diminuendo nel corso degli anni (dal 57% nel 2004 al 35% nel 2009). Le persone trattenute nei centri di identificazione e di espulsione sono state 10.913, tra le quali diverse già ristrette in carcere, dove non era stata accertata la loro identità. Nell’insieme il 58,4% delle persone trattenute nei CIE non è stato rimpatriato. L’Italia è anche uno snodo e meta forzata per donne, uomini e minori, vittime della tratta a fini di sfruttamento sessuale e, sempre più spesso, lavorativo (soprattutto in agricoltura), che si cerca di contrastare anche con la con- cessione del permesso di soggiorno per protezione sociale (810 permessi) e con l’intervento del Fondo Europeo per i Rimpatri. Nel corso del 2009 sono stati aperti 212 procedi- menti per reati di tratta e si sente l’esigenza di contrastare maggiormente questo fenomeno in crescita. La ricerca Transatlantic Trends. Immigrazione 2009 ha posto in evidenza che metà dei nordamericani e degli euro- pei, italiani compresi, vedono l’immigrazione come un pro- blema. Si può inquadrare in questo modo una realtà della quale si ha bisogno? Dalla “sindrome dell’invasione” biso- gna passare alla mentalità dell’incontro e del dialogo. 7 Costi e benefici dell’immigrazione in Italia: stima delle entrate e delle uscite (2008) Voci di entrata e di uscita Miliardi di euro Totale entrate 10,8 Contributi previdenziali 7,5 - di cui lavoratori dipendenti 6,5 - di cui lavoratori autonomi 0,7 - di cui lavoratori parasubordinati 0,2 Gettito Irpef 2,2 - di cui lavoratori dipendenti 1,8 - di cui lavoratori autonomi 0,3 - di cui lavoratori parasubordinati 0,1 Gettito Iva 1,0 Tasse per permessi di soggiorno e cittadinanza 0,1 Totale uscite 9,9 Sanità 2,8 - di cui per stranieri residenti 2,4 - di cui per stranieri temporaneamente presenti Spese scolastiche 2,8 Spese sociali dei comuni 0,4 Spese per la casa 0,4 - Edilizia residenziale pubblica 0,2 - Fondo sociale per l’affitto 0,2 Spese Ministero Giustizia (tribunali e carcere) 2,0 Spese Ministero Interno (centri espulsione e accoglienza) 0,5 Spese previdenziali 1,0 - Trattamenti familiari 0,4 - Trattamenti pensionistici 0,6 FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes 8 Gli slogan del Dossier Caritas/Migrantes 2000 Progetto Intercultura 2001 Il tempo dell’integrazione 2002 Lavoratori e cittadini 2003 Italia, paese di immigrazione 2004 Società aperta, società dinamica e futura 2005 Immigrazione e globalizzazione 2006 Al di là dell’alternanza 2007 Anno europeo del dialogo interculturale 2008 Lungo le strade del futuro 2009 Immigrazione: conoscenza e solidarietà Dossier Statistico Immigrazione 1991-2010: per una cultura dell’altro ITALIA. Popolazione straniera residente per continenti d’origine (31.12.2009) Continente v.a. % vert. Aumento 2008-2009 Aumento % 2008-2009 Europa 2.269.286 53,6 185.193 8,9 Africa 931.793 22,0 60.667 7,0 Asia 687.365 16,2 71.305 11,6 America 343.143 8,1 26.467 8,4 Oceania 2.618 0,1 71 2,8 apolidi 854 0,0 61 7,7 Totale 4.235.059 100,0 343.764 8,8 FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati Istat ITALIA. Popolazione straniera residente per regioni (31.12.2009) Regione v.a. % vert. Provincia v.a. % vert. Piemonte 377.241 8,9 Lazio 497.940 11,8 Valle d'Aosta 8.207 0,2 Campania 147.057 3,5 Liguria 114.347 2,7 Abruzzo 75.708 1,8 Lombardia 982.225 23,2 Molise 8.111 0,2 Trentino A.A. 85.200 2,0 Puglia 84.320 2,0 Veneto 480.616 11,3 Basilicata 12.992 0,3 Friuli V.G. 100.850 2,4 Calabria 65.867 1,6 Emilia Romagna 461.321 10,9 Sicilia 127.310 3,0 Marche 140.457 3,3 Sardegna 33.301 0,8 Toscana 338.746 8,0 Umbria 93.243 2,2 Totale 4.235.059 100,0 FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati Istat ITALIA. Prime 30 collettività di stranieri residenti (31.12.2009) Paese di cittadinanza v.a. % vert. Paese di cittadinanza v.a. % vert. Romania 887.763 21,0 Senegal 72.618 1,7 Albania 466.684 11,0 Pakistan 64.859 1,5 Marocco 431.529 10,2 Serbia, Repubblica di 53.875 1,3 Cinese, Repubblica Popolare 188.352 4,4 Nigeria 48.674 1,1 Ucraina 174.129 4,1 Bulgaria 46.026 1,1 Filippine 123.584 2,9 Ghana 44.353 1,0 India 105.863 2,5 Brasile 44.067 1,0 Polonia 105.608 2,5 Germania 42.302 1,0 Moldova 105.600 2,5 Francia 32.956 0,8 Tunisia 103.678 2,4 Bosnia-Erzegovina 31.341 0,7 Macedonia, ex Rep. Jugoslava di 92.847 2,2 Regno Unito 29.184 0,7 Perù 87.747 2,1 Russa, Federazione 25.786 0,6 Ecuador 85.940 2,0 Algeria 25.449 0,6 Egitto 82.064 1,9 Dominicana, Repubblica 22.920 0,5 Sri Lanka (ex Ceylon) 75.343 1,8 Altri Paesi 459.953 10,9 Bangladesh 73.965 1,7 Totale 4.235.059 100,0 FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati Istat CARITAS / MIGRANTES: XX Rapporto sull’immigrazione
Argomento: 

CARITAS / MIGRANTES: XIX Rapporto sull’immigrazione

Descrizione breve: 
Dossier statistico del 2009 sull'immigrazione, sono analizzate le seguenti tematiche: aree di origine, presenze, inserimento, lavoro, territorio.
Data: 
28 Ottobre 2009
Caritas Migrantes 2009/00_Saluto_Nozza.pdf 1 PRESENTAZIONE XIX Dossier Statistico Immigrazione 2009 IMMIGRAZIONE: CONOSCENZA E SOLIDARIETÀ Teatro Orione – Roma, 28 ottobre 2009 ore 10.30 Immigrazione: conoscenza e solidarietà (sac. vittorio nozza – direttore Caritas Italiana) Porgo il saluto e il grazie ai relatori e a tutti i partecipanti a nome di mons. Piergiorgio Saviola, direttore della Fondazione Migrantes, di mons. Enrico Feroci, neo direttore della Caritas diocesana di Roma, che con me compongono il Comitato di Presidenza del Dossier Statistico Immigrazione. Coniugare ‘conoscenza e solidarietà’ è la tematica scelta per questo XIX Dossier Statistico sull’immigrazione. Tale tematica ha trovato ispirazione, in modo particolare, nella terza enciclica di Benedetto XVI: Caritas in veritate. Nell’oggi si sta sempre più affermando la convinzione che i problemi planetari – la povertà, la fame, l’ingiustizia, la guerra, la società multietnica – non richiedano impegno duro e faticoso per raggiungere soluzioni reali, ma sia preferibile rimuoverli, allontanarli da noi, seppellirli altrove. È necessario riflettere sul significato che può avere all’interno delle nostre società il contatto di persone dotate di cultura, mentalità e comportamenti differenti. Da tempo le nostre comunità e i nostri territori sono privi di omogeneità, tanto che le attività economiche, in quasi tutti i settori, sopravvivono ormai solo grazie all’apporto imprescindibile della mano d’opera straniera. In ogni caso, sicurezza e immigrazione rimangono due problemi distinti. Oggi ad ostacolare un autentico clima di pace e sicurezza sociale è l’eccessiva disuguaglianza nei diritti e doveri delle persone che vivono e lavorano insieme, piuttosto che il mancato riconoscimento delle relative identità culturali. Si tratta pertanto di collocare le nostre società dentro una prospettiva che garantisca a tutte le persone, oltre la sicurezza e la legalità, eguale dignità di vita e di speranza. Non si può pensare di alzare ‘muri’ per impedire l’ondata migratoria, quando nel cuore dell’Africa si muore: è naturale che chi fugge non tema nessun ostacolo. L’impressione è quella di trovarci di fronte ad una grande povertà culturale incapace di cogliere che gli immigrati per noi sono sì una ‘scomodità’. Ma una scomodità che fa crescere. Pertanto non c’è affatto bisogno di organizzare alcuni contro qualcuno ma c’è bisogno di organizzarci in tanti a favore di tutti, a favore di una convivenza corresponsabile, partecipata, costruttiva, giusta, fraterna e solidale. Anche l’Agenzia europea per i diritti fondamentali, nel suo ultimo, rapporto ha sottolineato che la disinformazione e la scarsa consapevolezza sono fattori che fanno crescere facilmente il razzismo. Mi pare opportuno ricordare qui la realizzazione delle Prime Giornate Sociali dei Cattolici Europei (29 Paesi rappresentati) a Danzica l’8-11 ottobre scorso. In quelle giornate la Conferenza episcopale italiana con Caritas Italiana e 2 con il Parroco di Lampedusa ha riproposto a Jean Barrot, Vicepresidente della Commissione dell’Unione Europea la necessità di un maggior impegno dell’Europa sul tema dell’immigrazione. Barrot ha risposto che con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ciò sarà più facile. Quest’anno il Dossier Statistico Immigrazione viene presentato, in contemporanea con Roma, in altre 27 città in Italia. Tra queste anche ad Avezzano, nei pressi de L’Aquila. Nell’aquilano, su 308 vittime del terremoto, 19 sono di origine straniera. In Abruzzo gli immigrati macedoni, albanesi, romeni e di altre nazionalità incidono per il 4,5% sulla popolazione residente, ma sono stati il 6,1% delle vittime. Questo sta ad indicare che gli immigrati sono persone che partecipano in pieno alla vita del nostro paese anche nei momenti di lutto, come questo, o in altre fasi della vita del Paese che comportano notevole sacrificio. Questo può aiutare a mantenere viva la memoria degli italiani come popolo di migranti. Qualche settimana fa abbiamo presentato il volume “America Latina-Italia. Vecchi e nuovi migranti”, dove i vecchi migranti siamo stati gli italiani, con milioni di connazionali sbarcati in quel continente e accolti dai vari paese nonostante gli inconvenienti inizialmente posti. Ricordo che in quel periodo si emigrava da tutto il Nord: dal Friuli Venezia Giulia al Trentino, dal Veneto all’Emilia Romagna, dal Piemonte alla Liguria e anche dalla Lombardia, una regione questa che ancora oggi conta 275 mila lombardi sparsi nel mondo. Caritas e Migrantes ogni anno rivolgono l’invito a non sottacere gli aspetti problematici che questo grande fenomeno sociale, culturale e religioso, quale è l’immigrazione, comporta, avendo però l’accortezza di non concentrarsi e chiudersi solo sugli aspetti negativi. Se ogni aspetto viene inserito opportunamente e realisticamente in un quadro d’insieme, si può arrivare a una visione equilibrata della realtà e, pur con l’avvertenza di raddrizzare ciò che non va bene, si matura un senso di riconoscenza nei confronti di persone che hanno lasciato il loro paese e spesso anche le loro famiglie, per cercare futuro attraverso il lavoro come collaboratrici nelle nostre famiglie o come lavoratori e lavoratrici nelle campagne, nell’edilizia, negli uffici e nelle fabbriche, dove noi italiani non bastiamo più. Come giustamente gli italiani si attendono dagli immigrati disponibilità e riconoscenza, così gli immigrati attendono da noi un’accoglienza dal volto umano, un clima relazionale costruttivo che consenta agli adulti e ai loro figli di crescere in contesti di vita armoniosa e di diventare, al più presto, i nuovi cittadini d’Italia. Chiudendo questo saluto, è doveroso e realistico affermare che una molteplicità di azioni fatte di incontro, relazione e conoscenza possono creare e promuovere maggiore solidarietà ed integrazione. Ecco perché abbiamo scelto, per il XIX Rapporto Caritas/Migrantes sull’immigrazione, lo slogan “Immigrazione: conoscenza e solidarietà”. Caritas Migrantes 2009/01_Pittau.pdf 1 L’immigrazione nel XIX Rapporto Caritas/Migrantes Franco Pittau, Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes Roma,Teatro Orione, 28 ottobre 2009 Presentare il Dossier Caritas/Migrantes significa sintetizzarlo. Tre sono i punti in grado di riassumere i nuovi numeri: inquadrare gli immigrati come regolari e non come clandestini; inquadrarli come lavoratori e non come delinquenti; inquadrarli come cittadini e non come stranieri. Da irregolari a regolari Se, come attesta l’Istat, gli immigrati regolarmente residenti in Italia sono quasi quattro milioni, e anche di più secondo la stima del Dossier Caritas/Migrantes, è fuorviante continuare a inquadrare il fenomeno nell’ottica degli sbarchi irregolari, prendendo una parte per il tutto e dipingendo negativamente la situazione. Il Dossier 2009, ispirandosi allo slogan “Immigrazione: conoscenza e solidarietà”, fornisce gli strumenti per rovesciare questa falsa immagine, non tanto sulla base delle motivazioni pastorali di Caritas e Migrantes (peraltro apprezzabili), bensì sulla base dei dati, che da due decenni continuano a essere forniti con accuratezza e con completezza. Il Dossier è un sussidio a disposizione di quanti vogliono farsi carico di una seria opera d’informazione, per certi aspetti anche di controinformazione. Questi sono alcuni aspetti sui quali concentrare l’attenzione: - i 4 milioni e 330 mila cittadini stranieri presenti regolarmente, pari al 7,2% della popolazione italiana; - i 2 milioni di lavoratori, che concorrono alla creazione della ricchezza del “sistema Italia” e aumentano ogni anno per supplire alle carenze della forza lavoro; - gli 862 mila minori figli di genitori stranieri, ormai un decimo della popolazione minorile, nella maggior parte dei casi nati in Italia, che giustamente considerano la loro terra; - le 629 mila presenze a scuola in rappresentanza di tanti paesi, un vero e proprio mondo in classe; - le oltre 100 mila persone che vengono ogni anno per ricongiungimento familiare nell’ottica di un insediamento stabile; - i 72 mila nuovi nati in Italia nel corso dell’anno, che costituiscono un supporto indispensabile al nostro sbilanciato andamento demografico; - le 40 mila persone che acquisiscono annualmente la cittadinanza italiana, a seguito di matrimonio o di anzianità di residenza, mostrando un forte attaccamento al nostro Paese; - i 24 mila matrimoni misti tra italiani e immigrati, che costituiscono una frontiera complessa, suggestiva e promettente della convivenza tra persone di diverse tradizioni culturali e religiose; - i circa 6 mila studenti stranieri che si laureano annualmente in Italia, in buona parte destinati a diventare la classe dirigente nel Paese di origine. Se noi non troveremo un altro modo di parlare dell’immigrazione diverso dai discorsi sugli sbarchi e sull’irregolarità, resteremo incapaci di gestire responsabilmente l’Italia che si va costruendo, nella quale già adesso 1 ogni 14 abitanti è un cittadino straniero regolarmente soggiornante. Gli sbarchi, che ci ostiniamo a utilizzare come un bollino nero da apporre sul fenomeno migratorio, coinvolgono un numero di persone pari nemmeno all’1% delle presenze regolari, senza contare poi che oltre la metà delle persone sbarcate sono richiedenti asilo, quindi persone meritevoli di protezione secondo le convenzioni internazionali e la Costituzione italiana. 2 Intanto l’immigrazione, che continua ad aumentare a ritmi serrati con 300/400 mila unità l’anno, mostra di essere connaturale alla crescita del nostro Paese. La vera emergenza, stando alle statistiche, è il catastrofismo migratorio, l’incapacità di prendere atto del ruolo assunto dall’immigrazione nello sviluppo del nostro Paese Da delinquenti a lavoratori Quando si parla degli immigrati residenti, le indagini indicano che 6 italiani su 10 considerano gli stranieri più inclini a delinquere degli italiani. Questo atteggiamento è diffuso in molti ambienti, anche in ambito ecclesiale: non stiamo qui a discutere se su questo risultato abbiano influito di più i politici o i media,o gli studiosi, ma cerchiamo di dimostrare che, per quanto diffuso, si tratta di un pregiudizio, la cui infondatezza è stata confermata in una ricerca condotta dal Dossier e dall’agenzia Redattore sociale, attraverso questi passaggi: - non esiste in Italia una emergenza criminalità, perché non ci distinguiamo in negativo in un confronto europeo e nel contesto italiano le denunce penali da alcuni anni sono in diminuzione e il livello attuale (poco più di 2 milioni e mezzo di denunce) è pari a quello dei primi anni ’90 quando iniziava l’immigrazione di massa; - l’aumento delle denunce contro i cittadini stranieri regolari risulta inferiore all’aumento della popolazione straniera e, ad esempio, nel periodo 2001-2005 le denunce sono aumentate del 46% e gli stranieri residenti del 101%; - gli immigrati regolari, a conclusione di un confronto per classi di età con gli italiani, mostrano di avere un tasso di criminalità simile, ma con maggiori attenuanti; - gli immigrati irregolari, a loro volta, non sono da stigmatizzare come inclini alla criminalità, ma va considerata la loro esposizione alle necessità materiali, l’esclusione sociale, le spire della criminalità organizzata, anche in conseguenza degli scarsi spazi di ingresso e soggiorno regolare previsti dall’attuale normativa, che perciò andrebbero resi più agibili per evitare che continuino a essere una tra le occasioni più ricorrenti di infrazione penale. Se la normativa sugli stranieri fosse del tutto funzionale, non ci sarebbe stato bisogno di offrire la possibilità di regolarizzazione, nello scorso mese di settembre, a 300 mila collaboratrici familiari e badanti non comunitarie, che si aggiungono ai 2 milioni di immigrati regolarizzati in precedenza: questo significa che più della metà della popolazione straniera è passata per le vie dell’irregolarità. Queste considerazioni ci portano a passare dall’immagine dell’ “immigrato criminale” a quella dell’ “immigrato lavoratore” e a considerare la valenza positiva di queste nuove presenze. Anche a questo riguardo alcuni dati sono eloquenti: - un tasso di attività di 12 punti più elevato degli italiani; - una accentuata canalizzazione, nonostante il loro elevato livello di studio, nei settori e nelle mansioni che gli italiani non prediligono (ad esempio, oltre 100 mila in agricoltura, oltre 300 mila nel settore edile, mentre nel settore della collaborazione familiare la stima corrente di circa 1 milione è nettamente superiore al numero delle persone effettivamente registrate); - una maggiore esposizione al rischio, con 143.651 infortuni, dei quali 176 mortali; - un maggior bisogno di tutela, come attesta la massiccia iscrizione a Cgil, Cis, Uil e Ugl (quasi un milione di sindacalizzati), sia quando sono regolarmente assunti, sia ancor di più quando sono costretti a lavorare nel sommerso. Questi lavoratori umili e tenaci, non appena possibile diventano essi stessi creatori di posti di lavoro. I titolari d’impresa con cittadinanza straniera, aumentati del 10% anche in questa fase di crisi, sono attualmente 187 mila. Se ad essi aggiungiamo un numero quasi uguale di soci e amministratori e circa 200 mila dipendenti, arriviamo a una realtà occupazionale di mezzo milione di persone, come è stato evidenziato nel rapporto Immigratimprenditori, realizzato dalla Fondazione 3 Ethnoland con il Dossier Caritas/Migrantes. Questa interessante realtà imprenditoriale, se adeguatamente aiutata, potrebbe raddoppiare la sua consistenza nel volgere di un decennio. Perciò, restando su un piano di concretezza, sembra necessario proporre una serie di misure di buon senso, meritevoli di essere condivise da tutti gli schieramenti politici: - rendere più agevoli i meccanismi di inserimento dei lavoratori immigrati nel nostro mercato occupazionale; - eliminare le discriminazione nei loro confronti (qualifiche, trattamento retributivo e altri benefici contrattuali), incentivarne la formazione professionale e garantire pari opportunità; - promuovere l’imprenditorialità degli immigrati non solo nella fase iniziale ma anche in quella successiva, nella quale gli immigrati come gli italiani possono incontrare delle difficoltà. Da lavoratori a cittadini “Da lavoratori a cittadini”: questo obiettivo fondamentale è il titolo di un convegno promosso lo scorso anno dal Dossier e dall’Ambasciata tedesca per riflettere sulle politiche migratorie condotte in Germania e in Italia, La riflessione sull’immigrazione resta incompleta se limitata all’utilità dei lavoratori immigrati e va estesa alla sua considerazione come nuovi cittadini. Una buona metà di essi si trova in Italia da più di 5 anni e ha già ottenuto o sta per ottenere il permesso CE per lungoresidenti (la ex carta di soggiorno), con la prospettiva quindi di una permanenza a tempo indeterminato. In realtà, insediamento duraturo ed estraneità sociale non sono due impostazioni che si possano conciliare, per giunta ritenendole un’accortezza necessaria per salvare l’Italia. Quando alla base si cerca di far maturare questa convinzione, ci si scontra con due riserve, una di natura finanziaria e l’altra di natura culturale, sollevate spesso in buona fede ma da ritenere non motivate . La riserva di natura finanziaria consiste nell’eccepire che accoglienza, inserimento, integrazione sono prospettive finanziariamente costose e gli immigrati non devono pesare ulteriormente sul bilancio dello Stato e degli Enti Locali. Secondo i dati disponibili questa riserva non è fondata. Se gli immigrati incidono per il 7% sulla popolazione residente e per il 10% sulla creazione della ricchezza nazionale, ciò significa che la loro presenza non costituisce una perdita per il sistema Italia, così come non lo è per gli immigrati stessi e per i Paesi di origine, ai quali i migranti inviano dall’Italia 6,4 miliardi di euro come rimesse, un aiuto molto concreto al loro sviluppo a fronte delle promesse non mantenute a livello di politica internazionale). Gli immigrati, al pari degli italiani, hanno anch’essi bisogno di misure di supporto dal sistema di welfare nazionale, ma assicurano i mezzi perché questo possa essere fatto. Pagano annualmente 7 miliardi di contributi previdenziali, ma a essere pensionati sono in poche migliaia. Tra gli italiani, invece, vi è attualmente un pensionato ogni 5 residenti, mentre tra gli immigrati, tra 10 anni, vi sarà un pensionato ogni 25 residenti, con notevoli vantaggi per il nostro sistema previdenziale. Gli immigrati pagano annualmente almeno 4 miliardi di euro di tasse ma incidono, secondo una stima della Banca d’Italia, solo per il 2,5% sulle spese per istruzione, pensione, sanità e sostegno al reddito, all’incirca la metà di quello che assicurano in termini di gettito La riserva di natura socio-culturale-religiosa è più insidiosa e porta ad aver paura degli immigrati perché si ritiene che essi inquinino la società con le diverse tradizioni culturali di cui sono portatori e contrastino l’attaccamento alla nostra religione. Le indagini sul campo, in sintonia con la conoscenza diretta che ha maturato la rete Caritas e Migrantes, attestano che la maggior parte degli immigrati mostra apprezzamento per l’Italia, la sua storia, la sua arte, il suo clima e la sua gente. Esprimono lo stesso apprezzamento anche per la 4 comunità cattolica, che è stata fin dall’inizio al loro fianco per aiutarli a far valere le loro aspettative. Su questo aspetto il magistero ecclesiale è stato netto, condannando chi fa riferimento a Dio per andare contro i fratelli, anche se di altra fede, e invitando alla convivenza multireligiosa e alla collaborazione sociale. In conclusione, il Dossier non afferma che l’immigrazione non presenti aspetti problematici ma, attraverso i numeri, ci orienta verso una sua visione realistica e più positiva. Ciò comporta da parte di ciascuno di noi una messa a punto dell’atteggiamento personale, liberandolo dai pregiudizi, e da parte dei politici una maggiore apertura in materia di cittadinanza e di partecipazione, come anche la messa a disposizione di maggiori risorse. Infatti, la vera emergenza in Italia migratoria è la mancanza di un consistente “pacchetto integrazione” che prepari allo scenario di metà secolo, quando saremo chiamati a convivere con 12 milioni di immigrati, la cui presenza sarà necessaria per il funzionamento del Paese. Caritas Migrantes 2009/02_Makaping.pdf DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE CARITAS/MIGRANTES 2009 IMMIGRAZIONE: CONOSCENZA E SOLIDARIETÀ Relazione di Geneviève Makaping Dal Titolo: L’Altro da Sé “Com-Preso” Roma,Teatro Orione, 28 ottobre 2009 Mi chiamo Geneviève Makaping, sono nata nel Camerun 51 anni fa e vivo in Italia da oltre 25 anni. Sono diventata cittadina italiana dopo diciotto anni di soggiorno e l’iter per l’acquisizione di questo bramato riconoscimento non è stato facile. Non ero sposata, e per mia dignità ma anche onestà intellettuale, non ero disposta a bypassare l’ostacolo facendo un matrimonio bianco, cioè dichiarare il falso, pur di raggiungere il mio desiderio. Diventare cittadina italiana, mi avrebbe in qualche modo facilitato il lavoro per la realizzazione delle mie ambizioni, sarebbe dire diventare giornalista e/o docente di Antropologia culturale all’Università. Non sto a descrivervi la tanta fatica, i sacrifici che, come molte persone immigrate, ho dovuto affrontare. Allo stesso tempo, non posso negare la gioia, la fierezza della lotta pacifica per l’acquisizione degli strumenti di riscatto di me stessa. La soddisfazione per un percorso che mi ha portata fino a questo luogo oggi; di fronte a tutti voi, in mezzo ad altissime personalità; accanto all’Onorevole Gianfranco Fini, Presidente della Camera dei Deputati e vicina a Sua Eccellenza, Monsignore Bruno Schettino, Presidente della Commissione Episcopale Migrazioni e Migrantes, ai quali porgo i miei più sinceri saluti, estesi a tutte quelle persone che mi hanno com-presa e con me sono state solidali. Dall’anno 2000 sono Italiana - Camerunese. E spesse volte mi chiedono perché premetto la mia nazionalità italiana a quella camerunese. Rispondo semplicemente che, mentre quella camerunese è naturale e non l’ho chiesto pur amandola tantissimo, quella italiana è stata acquisita, ci tengo a dirlo, per merito. A dimostrazione che, le identità così come le culture non sono statiche ma dinamiche. Le identità e le culture non sono rinchiudibili in compartimenti stagni. L’essere, per tutti, è l’essere in divenire. Meglio detto, non esistono né identità pure ne tantomeno culture pure. E ogni volta che le appartenenze s’incagliano sul concetto di “purezza” nascono dei conflitti la cui gestione porta quasi sempre alla disintegrazione dell’uomo stesso. Uomo nella sua accezione universale. Giusto una breve parentesi, il giorno di giuramento della mia fedeltà alla Repubblica Italiana, alla Sua Costituzione e alle Sue Leggi, c’era mio cugino in Italia per studiare, ma soprattutto c’era un intero paese, c’erano gli amici del mio nuovo paesino che si chiama Rose in provincia di Cosenza. Sì, sono calabrese. Ci fu una grande festa, i miei nuovi concittadini cucinarono i piatti regionali e io cucinai la polente camerunese. Arrivarono anche i giornalisti. Televisione e carta stampata titolarono: In un paesino del cosentino c’è un modello di integrazione. E sono grata allo staff di Dossier Caritas/Migrantes per avermi oggi dato l’opportunità di portare la mia testimonianza che riassume proprio il titolo del Dossier Statistico 2009: CONOSCENZA E SOLIDARIETÀ. In altri termini, la Calabria ed i calabresi vollero conoscermi e con me, furono solidali. Ed anch’io credo di aver fatto la mia modesta parte. Geneviève Makaping L’Altro da sé “Com-Preso” Geneviève Makaping 2 Del DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE 2009. IMMIGRAZIONE: CONOSCENZA E SOLIDARIETÀ, in questo contesto si può fare solo una sintesi. Credo che, per CONOSCENZA, si voglia evidenziare la determinazione del singolo o della collettività ad aprirsi all’altro da sé. La conoscenza implica la volontà di abbattere le barriere; quelle barriere che spesso appaiono insormontabili e causano diffidenze. Scegliere di conoscere l’altro da sé vuol dire non essere più disposti a procedere nelle relazioni sociali solo in termini di stereotipi che spesse volte, generano pregiudizi. “Conoscenza” dunque è un concetto ed una pratica fondamentale, perché ci previene dagli stereotipi ed i pregiudizi che immancabilmente generano il razzismo, la xenofobia, il disordine sociale, la sfiducia, il malessere. CONOSCENZA è anche accedere agli strumenti per l’accorciamento delle distanze tra le persone. CONOSCENZA è SOLIDARIETÀ. In Antropologia culturale nonché sociale, per SOLIDARIETÀ si “indica la tendenza degli individui di una comunità ad unirsi e cooperare, e costituisce il primo livello di integrazione tra individui di una stessa famiglia e di una comunità”1. Intenderei per famiglia, quella umana. Alcuni direbbero “razza umana”, termine che non utilizzo, visti i guasti causati dai vari razzismi, legittimati appunto dalla assunzione della esistenza della “razza” come qualcosa di significativo. SOLIDARIETÀ dunque come primo livello di INTEGRAZIONE. E come lo ha ricordato poc’anzi il Direttore di Caritas Italiana, Vittorio Nozza, per tre anni, ho diretto il quotidiano d’informazione italiano La Provincia Cosentina. Incarico affidatomi da un editore illuminato, l’Ingegnere Rolando Manna, avendo coniugato, sono sicura, CONOSCENZA, SOLIDARIETÀ e FIDUCIA. Ovviamente ricambiato. CONOSCENZA e SOLIDARIETÀ non significa la negazione delle diversità alle quali dovremo guardare come momento di crescita. L’accoglienza è anche volontà di fare solidarietà, allo stesso tempo è anche scelta di crescita, e tutto ciò precostituisce scenari di pace, speriamo! Ma chi sono questi “altri da noi” che avrebbero bisogno della nostra CONOSCENZA e SOLIDARIETÀ? Sono gli immigrati. Non sono solo e soltanto dei numeri da leggere e declinare in termini delinquenza, minaccia alla sicurezza, ladri di lavoro; ma sono delle persone, degli individui da comprendere (cum-prendere: prendere insieme – contenere in se) nella loro nella loro unicità; sono delle unità che fanno rima con umanità. Questi immigrati, sono quella umanità di cui il mondo, l’Occidente compreso, ha bisogno, per il tipo di contributo che possono fornire in termini di beni materiali ed immateriali. Questi immigrati, e forse soprattutto quelli che arrivano in barchette che spesse volte s’inabissano nel Mare Mediterraneo, migrano alla ricerca della sopravvivenza perché lasciano dietro di sé la sottovivenza. Certo è che, fino a che al livello globale non ci sarà una politica della solidarietà, una politica al centro della cui attenzione ci sarà l’Uomo, questi immigrati arriveranno. Fino a che non ci sarà un’equa distribuzione delle risorse al livello globale, arriveranno al costo di morire, arriveranno al costo di non giungere a destinazione. Venderanno i loro pochi averi che per loro sono tutto pur di tentare di arrivare. Al costo della vita stessa. Perché, sapete, nella totale disperazione, la peggior morte non è solo quella fisica ma quella sociale che è più temibile. E se le cose continueranno a stare così, il Mediterraneo che per la storia è il Mare che unisce l’Europa all’Africa e al Medio Oriente, diventerà sempre di più la tomba di coloro che mai otterranno degni funerali, perché non sono mai arrivati a destinazione. Queste persone sono donne 1 Dizionario di Antropologia, Etnologia, Antropologia Culturale, antropologia Sociale, Ugo Fabietti e Francesco Remotti (a cura di), pagina 699, Zanichelli Editore, Bologna, 2001. Geneviève Makaping L’Altro da sé “Com-Preso” Geneviève Makaping 3 (coloro che rappresentano la continuità della specie umana, riproduzione dunque), bambini (che rappresentano il futuro, la speranza), giovani uomini (che rappresentano la forza lavoro, il presente), nella rigida lettura ovviamente. Prova è che, e cito il Dossier Statistico Immigrazione 2009 che scrive: “Anche nello scenario di crisi economica e occupazionale, delineatosi alla fine del 2008 e rafforzatosi nel corso del 2009, l’immigrazione non ha arrestato la sua crescita”. Apprendiamo che i cittadini stranieri residenti in Italia, includendo le presenze regolari non ancora registrate incidono tra il 6,5% e il 7,2% sulla intera popolazione. E vorremo la conferma, che già c’è, che questi immigrati incidono in maniera benefica sul Prodotto Interno Lordo, proprio per il loro apporto alla crescita del sistema paese in termini di ricchezza, di beni materiali ed immateriali. CONCLUDO. Opportuno dunque lavorare e sviluppare delle politiche sociali che possano in qualche modo arginare il diffuso senso di insicurezza in Italia. È proprio questa paura della criminalità che alimenta tra gli italiani il senso di insicurezza, a impedire loro di considerare gli immigrati come una risorsa. Non è neanche che, etichettando una intera nazione come “razzista”, si risolva il problema della accoglienza dell’altro da sé. Certo è anche che gli immigrati che delinquono (seppur un sparuta minoranza) non fanno bene al mondo della migrazione. Moltissimi sono gli immigrati che rispettano le leggi italiane e contribuiscono alla sicurezza di sé e degli altri. Insomma non delinquere fa bene a tutti. Servono anche delle politiche sociali per non finire nelle maglie delle associazioni a delinquere di qualsiasi tipo siano. Presidente Onorevole Fini, Presidente Sua Eccellenza Monsignor Schettini, questa occasione mi è cara, ghiotta direi se non unica, per sottoporvi un problema che è anche il paradigma di quanto detto finora sul concetto del “noi” e degli “altri”. Nella mia Calabria, c’è la Strada Statale 106, detta anche strada della morte, la strada maledetta. Su quella via, ogni mese, per non dire ogni fine settimana, giovani uomini e donne muoiono di incidente. E, loro sono il futuro della Calabria, dell’Italia. Su quella stessa, ci sono giovani donne, alcune giovanissime che non si prostituiscono, ammesso l’abbiamo scelto, ma che dei venditori di pelle e dell’anima umana fanno prostituire. Quelle donne arrivano dall’Est Europa e dall’Africa. Donne immigrate alle quali è stata tolta la dignità prim’ancorché l’opportunità di emanciparsi. Io presi consapevolezza di me stessa, quando quel giorno, nel 1988, mi sedetti sui banchi dell’Università della Calabria, ero matricola e avevo trenta anni. Ringrazio Dossier Statistico Caritas/Migrantes per avermi concesso in questo luogo l’opportunità di parola, ma soprattutto ringrazio le Istituzioni per quanto stanno facendo e per quello che sapranno fare per restituire dignità alle persone immigrate e serenità agli autoctoni. E, nel principio della reciprocità, serve un nuovo umanesimo, per il bene di tutti, e non è buonismo ma una opportunità da non lasciarsi sfuggire. Anche in questo senso i media, che sono in assoluto gli attori più importanti per imprimere il marchio nel sociale, dovrebbero cooperare alla serenità delle persone, siano esse autoctone o migranti. L’appartenenza ad una comunità è un fatto e concetto antropologico, per nessuno escluso. Geneviève Makaping, Italiana/Camerunese e non extracomunitaria. Grazie a tutti per l’ascolto. Caritas Migrantes 2009/03_Schettino.pdf 1 L’immigrazione oggi: il punto di vista del mondo ecclesiale Mons. Bruno Schettino, Presidente della Commissione Episcopale Migrazioni e Migrantes Roma, 28 ottobre 2009, Presentazione del Dossier Statistico Immigrazione 2009 Caritas/Migrantes La presentazione del Dossier Caritas/Migrantes offre ogni anno l’occasione per fare il punto sulla posizione della Chiesa cattolica italiana sul fenomeno migratorio. Si tratta di riflettere sulle prese di posizione ufficiali espresse dalla Presidenza e dalla Segreteria della Conferenza Episcopale Italiana e, in questa occasione, dalla Commissione Episcopale per le Migrazioni (CEMI) della quale sono Presidente. I vescovi, naturalmente, si ispirano in primo luogo al contenuto della fede cristiana ma ritengono pure di interpretare il pensiero sull’immigrazione dell’intera comunità dei fedeli e, in particolare, quella degli operatori pastorali impegnati nel settore. Le sensibilità possono essere differenziate, così come lo sono le scelte politiche, però rimane identico per tutti l’ancoraggio ai valori della convivenza fondati sul vangelo di Gesù Cristo e ribaditi dalla dottrina sociale della chiesa, ai quali tutti i cattolici devono attenersi Non va, poi, trascurato il grande insegnamento del Concilio Vaticano II secondo il quale, specialmente sulle grandi questioni, i vescovi, la Migrantes, la Caritas, gli operatori pastorali - insomma, la chiesa nel suo complesso - devono restare in ascolto della società, delle sue preoccupazioni e delle sue aspettative, cercando di costruire insieme a tutte le persone di buona volontà una convivenza più solidale. È proprio in forza di questa capacità di ascolto che alla chiesa viene riservato un grande credito, anche sul tema dell’immigrazione, credito che è nostra cura rafforzare tramite orientamenti e comportamenti ispirati congiuntamente alla prudenza, al coraggio e all’apertura. Fatta questa breve premessa, mi atterrò nelle mie riflessioni al classico metodo pastorale del discernimento, strutturato nelle tre fasi “Vedere – Giudicare – Agire”. Seguendo questi tre punti inviterò a ragionare con serenità e in profondità, senza trascurare quella che è la vera posta in gioco dell’immigrazione, a livello personale e sociale, sollecitando, anzi, a prestare attenzione anche ad aspetti non sempre presi in considerazione, con la fiducia che si possa pervenire a una impostazione maggiormente condivisa, come del resto è già avvenuto in altri paesi di immigrazione. Sarà questa la mia maniera di commentare il motto del nuovo Dossier “Immigrazione: conoscenza e solidarietà”, motto che si ispira alle encicliche di Papa Benedetto XVI. Vedere: prendere atto dell’immigrazione come nuovo segno della società Il Dossier Caritas/Migrantes dall’anno scorso è diventato maggiorenne e quest’anno ha compiuto 19 anni di vita. Il rapporto si presenta come un osservatorio che considera sua funzione essenziale quella di pubblicare e commentare le statistiche sull’immigrazione, mettendole a disposizione degli operatori pastorali e dell’intera società. Sappiamo tutti che la conoscenza è un prerequisito essenziale dell’azione. A questa esigenza risponde l’impegno per la raccolta dei dati sull’immigrazione, che la Caritas e la Fondazione Migrantes svolgono fin dal 1991. È, infatti, nostra convinzione che gli interventi in materia migratoria vadano preparati con una serena riflessione sulle statistiche, confrontandosi cioè da vicino con la realtà e cercando di riflettere su di essa, mentre una diversa impostazione sarebbe di grave pregiudizio alla crescita dei cittadini, dei politici e dell’intera società. Non è mio compito riproporvi i dati esposti nel Dossier 2009, che ciascuno può consultare direttamente, ma voglio solo soffermarmi sull’idea di fondo che li lega. L’immigrazione è una dimensione strutturale della società italiana. Nel recente passato le cose non stavano affatto così e l’Italia era un paese di emigrati all’estero. La presenza all’estero è rimasta, ma nel frattempo siamo diventati anche un grande paese di immigrazione e le due popolazioni pressoché si equivalgono: 4 milioni di cittadini italiani all’estero e 4 milioni di cittadini stranieri in Italia. Nel 1970 vi era un cittadino straniero ogni 400 residenti, nel 1990 uno ogni 100; 2 oggi è di origine straniera 1 ogni 14 abitanti e nel 2050 secondo le previsioni dell’Istat lo sarà 1 ogni 6 abitanti. Questa forte progressione non può non colpire. I flussi in entrata stanno diventando più consistenti di quelli in uscita dall’Italia dopo la seconda guerra mondiale, quando in centinaia di migliaia ogni anno ci trasferivamo all’estero. Attualmente non c’è altro paese al mondo, se non la Spagna, che stia sperimentando un ritmo di crescita così elevato della popolazione immigrata. Tutti gli indicatori statistici sono concordi nel presentare il futuro dell’Italia come sempre più caratterizzato dall’immigrazione. Questo fenomeno sociale non è passeggero, come certe prese di posizione farebbero pensare, ma al contrario è contrassegnato da caratteri di stabilità sempre più marcati. Il Dossier si sofferma ripetutamente su questi aspetti come, ad esempio, l’equilibrio tra i due sessi, la prevalenza del carattere familiare dell’insediamento, l’aumento dei figli degli immigrati e la loro rilevante presenza nelle scuole, la consistente crescita di quanti sono nati in Italia (le seconde generazioni superano già il mezzo milione di unità), l’incidenza crescente nel mondo del lavoro, la fortissima presenza delle collaboratrici familiari nelle nostre famiglie, il radicamento nella società attestato dall’acquisto delle case, e, per farla breve, dal desiderio di partecipazione a livello culturale e sociale. Possiamo concludere questo primo punto, dicendo a ragione che l’immigrazione è un aspetto rilevante della società italiana di oggi. Giudicare: capire le ragioni della crescita dell’immigrazione In questo secondo punto siamo chiamati a giudicare questa realtà di fatto, a pronunciarci sul suo aspetto qualitativo. Non sono pochi i cittadini, e anche i fedeli, che in buona fede inquadrano l’immigrazione come un fattore che ha contribuito a peggiorare l’andamento dell’Italia. Cito alcuni degli addebiti negativi più ricorrenti sollevati nei confronti degli stranieri: non condividono i valori del nostro passato storico-culturale-religioso, non mostrano interesse a integrarsi, pregiudicano la stabilità della nostra occupazione, con la loro delinquenza e il loro modo di comportarsi rendono le nostre città più insicure, pretendono solo la concessione di sempre nuovi diritti senza volersi fare carico dei doveri. La lista potrebbe continuare, ma tanto basta per fare qualche precisazione. Se una realtà produce in prevalenza effetti negativi e si può evitare, penso che tutti possiamo concordare sul dovere di rimuoverla dalla società o, quanto meno, di ridimensionarne la portata. Le cose però non stanno così. Parlando di immigrazione prevalgono, infatti, di gran lunga i benefici che essa arreca sugli inconvenienti che comporta. Inoltre, non si tratta di un fenomeno eliminabile a piacere, anche perché la presenza immigrata è funzionale allo sviluppo del Paese, essendo un puntello al nostro malandato andamento demografico e alle carenze del mercato occupazionale. Dagli anni ’90 l’Italia sta registrando un andamento demografico negativo, in quanto il numero dei decessi supera quelli dei nuovi nati. La popolazione italiana diminuirà con un ritmo accentuato, ma fortunatamente questo impatto negativo è temperato dalla popolazione immigrata, che è più giovane e ha un tasso di natalità più elevato. Un ragionamento analogo va fatto per la necessità di forza lavoro aggiuntiva. Un’esigenza che spiega perché i lavoratori immigrati abbiano raggiunto la quota di due milioni, concentrandosi specialmente in alcuni settori, come quello della collaborazione familiare, dell’edilizia o dell’agricoltura. Queste stesse ragioni spiegano perché gli immigrati, che attualmente sono 4 milioni, saranno 6 milioni nel 2017, pari al 10% della popolazione residente, e nel 2050 diventeranno 12,3 milioni, pari al 18% dei residenti secondo le previsioni dell’Istat. In un contesto così caratterizzato bisogna fare di necessità virtù, non perché lo dicono la Caritas e la Migrantes o si debba essere buonisti per forza, ma per essere realisti, capire il senso della storia e le esigenze del Paese. In un mondo globalizzato, che avvicina tutte le aree del mondo, le migrazioni sono quei vasi comunicanti che permettono di effettuare uno scambio fruttuoso, a nostro beneficio sotto l’aspetto demografico e internazionale, a beneficio dei Paesi di origine per quanto riguarda le speranze di sviluppo. Rispetto ai grandi temi irrisolti dalla politica internazionale, quali sviluppo disuguale, la povertà, la divisione equa della ricchezza, gli immigrati sono un fattore equilibratore, una delle non molte ragioni di speranza. 3 Questo non vuol dire che il fenomeno migratorio non ponga anche dei problemi, cosa assolutamente impossibile anche in considerazione delle rilevanti dimensioni assunte dai flussi migratori; tra l’altro, i problemi dei quali spesso ci lamentiamo, sono in buona parte favoriti dalle nostre carenti politiche di integrazione, aspetto sul quale mi voglio soffermare nell’ultimo punto. Se ci sforziamo con il Dossier di procedere a un calcolo del dare e dell’avere, il vantaggio per l’Italia è innegabile e rafforza la convinzione che, se gli attuali immigrati venissero a mancare e cessassero i flussi, si assisterebbe a un vero e proprio disastro. Agire: senza un “pacchetto integrazione” non c’è una vera politica migratoria Da più di un anno sentiamo parlare del “pacchetto sicurezza” che, con la sua insistenza, ha rafforzato il malinteso che sia fondato equiparare gli immigrati ai delinquenti. Poco, invece, si è sentito parlare del “pacchetto integrazione”, di un’impostazione più equilibrata che non trascura gli aspetti relativi alla sicurezza ma li contempera con la necessità di considerare gli immigrati come nuovi cittadini portandoli a e essere soggetti attivi e partecipi nella società che li ha accolti. La Conferenza Episcopale Italiana, con toni meditati ma fermi e ripetuti, ha avuto modo di sottolineare che senza integrazione non c’è politica migratoria. Alla 58.a Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana (giugno 2009), il card. Bagnasco ha ribadito che per governare l’immigrazione non basta concentrarsi sulle sole esigenze di ordine pubblico. La vera sicurezza nasce dall’integrazione. Su questa impostazione ha influito l’esperienza maturata dalla Chiesa italiana in un secolo e mezzo di servizio agli emigrati italiani all’estero, quando essi rischiavano di essere considerati unicamente come braccia da lavoro. Ancor più alla radice, su questa impostazione ha influito la concezione del migrante come persona portatrice di diritti fondamentali inalienabili, concezione collegata direttamente con la fede in Dio Padre di tutti. Le decisioni politiche trovano un limite nel rispetto della dignità delle persone. È sulla base di queste motivazioni che l’eccessiva enfasi posta sul “pacchetto sicurezza” ha visto perplessa e contrariata la comunità ecclesiale, ai vertici e alla base, specialmente tra le migliaia di operatori pastorali impegnati nel campo dell’immigrazione. È eccessiva la sperequazione tra l’interesse a difenderci da eventuali problemi connessi con l’immigrazione e il dovere di accoglierla. Molto opportunamente il Dossier di quest’anno, ridimensionando l’allarme criminalità, sottolinea che il cliché dell’immigrato-delinquente non trova riscontro nei dati statistici e che inizia a vacillare anche il cliché “italiani brava gente” a seguito dei ricorrenti atti di razzismo e intolleranza nei confronti degli immigrati. Con serenità, possiamo affermare che bisogna cambiare e favorire condizioni di vita più serene per noi stessi e per gli immigrati. A questo fine dobbiamo impegnarci per raggiungere una maggiore funzionalità della pubblica amministrazione negli adempimenti che regolano la vita degli immigrati. Dobbiamo favorire un loro inserimento nella società, che certamente comporta da parte degli immigrati l’osservanza dei doveri di cittadini ma anche, da parte nostra, una loro maggiore accettazione a tutti i livelli: di inserimento lavorativo (come si è fatto con l’ultima regolarizzazione), di cittadinanza (come è stato fatto con una recente proposta di legge), religioso (evitando che Dio venga invocato per contrapporci gli uni gli altri), politico (con maggiori aperture a livello di voto amministrativo). A questo punto le conclusioni mi paiono scontate. Abituiamoci a inquadrare con maggiore equilibrio il fenomeno delle migrazioni, accettandone la necessità. Cerchiamo di essere vicini agli immigrati, aiutandoli concretamente a conciliare le loro differenze – religiose, socio-culturali, linguistiche – con il nostro sistema normativo. Preveniamo gli inconvenienti, che non mancano, ma apprezziamo anche il loro apporto per la crescita del Paese. Raccogliamo la sollecitazione del Papa a impegnarci “in prima persona”, con la condivisione dei bisogni e delle sofferenze degli altri, e spingiamo anche i politici in questa direzione, perché solo così la società italiana ne uscirà rafforzata. Lungo le vie del futuro, non servono tanto i divieti quanto la condivisone di obiettivi comuni. 4 Su questa base ritengo necessario proporre a tutte le persone di buona volontà queste sei piste di impegno: 1. Riconsiderare il fenomeno migratoria in una visione storico-antropologica sul futuro prossimo della nostra società italiana, sempre più multiculturale e a tal fine occorrono lo studio e la ricerca di possibili forme di integrazione tra culture. 2. Rivedere i flussi migratori, superando, senza essere superficiali, i rallentamenti della burocrazia. 3. Dare maggiore risalto alla conoscenza della lingua italiana e delle tradizioni. 4. Pervenire al riconoscimento del diritto di cittadinanza. 5. Considerare maggiormente i motivi umanitari per concedere i permessi di soggiorno. 6. Ricreare una coscienza collettiva, nell’ambito di un processo educativo integrale, per superare le paure nei confronti delle nuove generazioni. Le piste sono fruttuose: ricorriamo a tutta la buona volontà che ci è possibile. Grazie! Caritas Migrantes 2009/04_Scheda_sintesi.pdf 1 X I X R a p p o r t o s u l l ’ i m m i g r a z i o n e CARITAS/MIGRANTES Immigrazione Dossier Statistico 2009 Immigrazione: conoscenza e solidarietà IDOS - Centro Studi e Ricerche Redazione Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes Via Aurelia 796 - 00165 Roma Tel. 06.66514345 – Fax 06.66540087 E-mail: idos@dossierimmigrazione.it Internet: www.dossierimmigrazione.it I NUOVI DATI: OLTRE 4 MILIONI DI IMMIGRATI IN ITALIA Anche nello scenario di crisi economica e occupazionale, delineatosi alla fine del 2008 e rafforzatosi nel corso del 2009, l’immigrazione non ha arrestato la sua crescita. L’au- mento annuo di 250 mila unità, considerato nelle previsioni dell’Istat come scenario alto, è risultato inferiore a quanto effettivamente avvenuto (+458.644 residenti nel 2008, +13,4% rispetto all’anno precedente). I cittadini stranieri residenti erano 2.670.514 nel 2005 e sono risultati 3.891.295 alla fine del 2008, ma si arriva a circa 4.330.000 includendo anche le presenze regolari non anco- ra registrate in anagrafe. Incidono, quindi, tra il 6,5% (resi- denti) e il 7,2% (totale presenze regolari) sull’intera popola- zione; ma il dato arriva al 10% se si fa riferimento alla sola classe dei più giovani (minori e giovani fino ai 39 anni). Se poi si tiene conto che la regolarizzazione di settembre 2009, pur in tempo di crisi, ha coinvolto quasi 300 mila persone nel solo settore della collaborazione familiare, l’Italia oltrepassa abbondantemente i 4,5 milioni di presenze: siamo sulla scia della Spagna (oltre 5 milioni) e non tanto distanti dalla Ger- mania (circa 7 milioni). Il 2008 è stato il primo anno in cui l’Italia, per incidenza degli stranieri residenti sul totale della popolazione, si è collo- cata al di sopra della media europea e, seppure ancora lonta- na dalla Germania e specialmente dalla Spagna (con inciden- ze rispettivamente dell’8,2% e dell’11,7%), ha superato la Gran Bretagna (6,3%). Nei Paesi di più antica tradizione migratoria, però, è molto più elevato il numero di cittadini nazionali di origine immigrata, essendo più agevole la nor- mativa sull’accesso alla cittadinanza: in Francia il 23% della popolazione ha genitori o nonni di origine immigrata; in Ger- mania, mentre i cittadini stranieri sono scesi a circa l’8%, quelli con un passato migratorio raggiungono ben il 18%. In Italia, dove questa distinzione non è statisticamente agevole, nel 2008 si è giunti a quasi 40 mila casi di acquisizione di cit- tadinanza a seguito di matrimonio o di anzianità di residenza. Continua a prevalere la presenza di origine europea (53,6%, per più della metà da Paesi comunitari). Seguono gli africani (22,4%), gli asiatici (15,8%) e gli americani (8,1%). Risulta fortemente attenuato il policentrismo delle prove- nienze, che per molti anni è stato una spiccata caratteristica dell’immigrazione italiana: le prime 5 collettività superano la metà dell’intera presenza (800 mila romeni, 440 mila albane- si, 400 mila marocchini, 170 mila cinesi e 150 mila ucraini). A livello territoriale il Centro (25,1%) e il Meridione (12,8%) sono molto distanziati dal Nord quanto a numero di residenti stranieri (62,1%), così come il Lazio (11,6%) lo è dalla Lombardia (23,3%), tra l’altro preceduto, seppure di poco, dal Veneto (11,7%). Il dinamismo della popolazione straniera è da ricondurre principalmente alla sua evoluzione demografica da una parte e alla domanda di occupazione del Paese dall’altra, mentre influiscono in misura veramente minima le poche decine di 2 migliaia di sbarchi, pari a meno dell’1% della presenza rego- lare. Nel 2008 sono state 36.951 le persone sbarcate sulle coste italiane, 17.880 i rimpatri forzati, 10.539 gli stranieri transitati nei centri di identificazione ed espulsione e 6.358 quelli respinti alle frontiere. Non si tratta neppure di un cinquante- simo rispetto alla presenza di immigrati regolari in Italia, eppure il contrasto dei flussi irregolari ha monopolizzato l’at- tenzione dell’opinione pubblica e le decisioni politiche; tanto più che il rapporto tra allontanati e intercettati è di 34 ogni 100 (il più basso dal 2004) e si registra una crescente confu- sione tra immigrati “clandestini”, irregolari, richiedenti asilo e persone aventi diritto alla protezione umanitaria. SOTTOSVILUPPO, MIGRAZIONI E UNIONE EUROPEA La popolazione mondiale a fine 2008 è arrivata a 6 miliar- di e 829 milioni e il ritmo di crescita, seppure rallentato rispetto al passato, non si è interrotto. Nel 2025 gli abitanti della Terra raggiungeranno gli 8 miliardi e incrementeranno la loro concentrazione nelle città, specialmente nei Paesi in via di sviluppo (Pvs), dove un terzo della popolazione vive in baraccopoli. Nei Paesi a sviluppo avanzato (Psa) rimarrà solo un quinto della forza lavoro mondiale: basti pensare che, alla stessa data, in Europa è prevista una diminuzione di 38 milio- ni di persone e in Africa l’aumento di un miliardo. Le migrazioni si collocano nel contesto di un mondo ingiu- sto e inducono a prendere in considerazione le ragioni dei Paesi di origine. La ricchezza mondiale è tale da poter assi- curare a ogni abitante i mezzi per vivere dignitosamente (a parità di potere d’acquisto, il PIL pro capite è di 10.206 dolla- ri): una finalità attualmente impossibile a causa della sua ine- guale distribuzione. I Pvs, dove vive l’85% della popolazione, non hanno a disposizione neppure la metà della ricchezza mondiale (46,1%) e si attestano su un reddito medio pro capite di 5.500 dollari, contro i 36.000 dollari dei Psa. Le condizioni dei singoli Paesi sono molto differenziate e ancora troppe persone vivono in condizioni di povertà strutturale, concentrate specialmente in Africa e in Asia. Le pesone che soffrono la fame sono aumentate e arrivano a un miliardo. Alla fine del 2008 sono state 42 milioni le persone costrette alla fuga da guerre e persecuzioni. Vi sono milioni di persone che non dispongono neppure di 1 dollaro al giorno, e altre, nei Paesi ricchi, che in media ne hanno a disposizione 100 al giorno. Si ripete lo slogan di “aiutare gli immigrati a casa loro”, con l’intento di far passare per sagge politiche restrittive alle quali corrisponde il disimpegno sul piano degli aiuti. I “gran- di della Terra”, nei loro incontri, rinnovano le promesse di intervento, ma si tratta degli stessi impegni presi nel passato e finora non mantenuti. Molti Psa, e in particolare l’Italia, sono ben lontani dal devolvere per lo sviluppo lo 0,7% del Prodotto interno lordo, stabilito come obiettivo minimo a livello internazionale. È vero che l’Italia è un Paese con molti problemi (povertà, usura, stipendi bassi, questione del Mez- zogiorno ecc.), ma ciò non giustifica il disimpegno rispetto al problema dello sviluppo mondiale e neppure la chiusura nei confronti dell’immigrazione. Piccole economie, come quella della Moldavia, ricevono dalle rimesse più di un quarto del Pil nazionale: si può imma- ginare cosa capiterebbe se, in cambio di un improbabile aiuto in loco, venisse meno il contriuto degli emigrati di quel Paese. Lo stesso si può dire di molti altri Stati, per i quali gli emi- grati sono una diffusa fonte di sostegno e di speranza. Tra i 200 milioni di migranti nel mondo, si contano ben 12,3 milioni di vittime di sfruttamento lavorativo e 1,4 milioni di vittime di sfruttamento sessuale, con una vasta area di irrego- larità che di per sé espone più facilmente alla precarietà e ai soprusi. In questo scenario l’Europa si conferma come l’area di maggiore presenza, ospitando circa un terzo del totale dei migranti. Nell’UE a 27 gli immigrati sono 38,1 milioni, con un’incidenza del 6,2% sui residenti: più di un terzo proviene da altri Stati membri (36,7%), ma ormai si rischia di conside- rare “stranieri” anche i comunitari, dei quali gli italiani costi- tuiscono in diversi paesi una parte cospicua. L’immigrazione continua a essere uno dei temi caldi e gli organismi dell’U- nione Europea si sono occupati in prevalenza del controllo dei flussi e dei rimpatri, mentre è rimasto in sordina l’obietti- vo della convivenza nella diversità. In quest’ultimo decennio la Spagna e l’Italia sono stati, nel- l’Unione, i Paesi maggiormente interessati dall’immigrazione e in essi ha trovato sbocco la maggior parte dei flussi: nei due Paesi sono stati superati, rispettivamente, i 5 e i 4 milioni di immigrati (5.262.000 e 4.330.000), con un aumento decen- nale di cinque e di tre volte. Gli Stati mediterranei sono entrati a far parte, così, dei grandi Paesi di immigrazione. Nel 2008 la popolazione straniera nell’Unione a 27 è aumentata di circa 1,5 milioni, un buon quarto dei quali da attribuire all’Italia, lo Stato membro in cui la presenza straniera è mag- giormente cresciuta in termini assoluti. Questo primato com- porta un ruolo di maggiore responsabilità e c’è da chiedersi se esso sia stato adeguatamente esercitato. DEMOGRAFIA, MINORI E SCUOLA In Italia, 1 abitante su 14 (7,2%) è di cittadinanza straniera. L’incidenza è maggiore tra i minori e i giovani adulti (18-44 anni), con conseguente maggiore visibilità a scuola e nel mercato del lavoro. Più di un quinto della popolazione straniera è costituito da minori (862.453), 5 punti percentuali in più rispetto a quan- to avviene tra gli italiani (22% contro 16,7%). I nuovi nati da entrambi i genitori stranieri (72.472) hanno inciso nel 2008 per il 12,6% sulle nascite totali registrate in Italia, ma il loro apporto è pari a un sesto se si considerano anche i figli di un solo genitore straniero. Ad essi si sono aggiunti altri 40.000 minori venuti a seguito di ricongiungimento. Tra nati in Italia e ricongiunti, il 2008 è stato l’anno in cui i minori, per la prima volta, sono aumentati di oltre 100 mila unità. A chie- dere il ricongiungimento il più delle volte (65,6%) è una per- sona sola; negli altri casi l’interessato vive con uno o più indi- vidui, a testimonianza di un processo di inserimento sempre più avanzato. L’età media degli stranieri è di 31 anni, contro i 43 degli italiani. Tra i cittadini stranieri gli ultrasessantacinquenni sono solo il 2%. L’immigrazione è dunque anche una ricchezza demografica per la popolazione italiana, che va incontro al futuro con un tasso di invecchiamento accentuato; e lo è specialmente per i Comuni con meno di 5.000 abitanti, molti dei quali senza questo supporto sarebbero in prospetti- va a rischio di spopolamento. Gli alunni figli di genitori stranieri, nell’anno scolastico 2008/2009, sono saliti a 628.937 su un totale di 8.943.796 iscritti, per un’incidenza del 7%. L’aumento annuale è stato di 54.800 unità, pari a circa il 10%. L’incidenza più elevata si registra nelle scuole elementari (8,3%) e, a livello regionale, in Emilia Romagna e in Umbria, dove viene superato il 12%, mentre si scende al 2% al Sud e nelle Isole. Di questi studen- ti, 1 ogni 6 è romeno, 1 ogni 7 albanese e 1 ogni 8 maroc- chino, ma si rileva di fatto una miriade di nazionalità, vera- mente un “mondo in classe”, come mettono in evidenza i progetti interculturali. Si tratta di alunni “stranieri” per modo di dire, perché quasi 4 su 10 (37%) sono nati in Italia e di questo Paese si considerano cittadini; e il rapporto sale a ben 7 su 10 tra gli iscritti alla scuola dell’infanzia. Per costoro la lingua, spesso invocata come motivo di separazione, non costituisce un ostacolo; e così potrebbe essere anche per i ragazzi ricon- giunti nel corso dell’anno, a condizione di potenziare le misure di sostegno per l’apprendimento dell’italiano. Questi giovani condividono con i coetanei italiani compor- tamenti, gusti, consumi, incertezze esistenziali. Soprattutto le ragazze puntano all’emancipazione economica e individuale, spesso con conseguenti strappi con la famiglia e le tradizioni di origine. Differenze si riscontrano, invece, nel percorso sco- lastico, a causa di problemi di ritardo, dispersione, insucces- so, specialmente nella scuola secondaria superiore: ragionan- do in termini di sistema per il futuro del Paese, bisognerà ridurre questo svantaggio, dotando la scuola dei mezzi e del personale necessari. Nelle università italiane, a differenza di quanto avviene nelle scuole e anche a differenza di quanto si riscontra nei grandi Paesi europei, la presenza internazionale è ridotta ed è straniero (o perché venuto appositamente dall’estero o per- ché figlio di genitori stranieri residenti in Italia) solo 1 ogni 35 iscritti, con concentrazioni particolarmente elevate negli ate- nei di Roma “La Sapienza”, Bologna, Torino, Firenze e Pado- va. I 51.803 universitari esteri, dei quali 11.500 immatricolati nell’ultimo anno, si orientano maggiormente verso le facoltà di economia e di medicina. A laurearsi nel 2007 sono stati in 5.842 ed è probabile che la maggioranza ritornerà nei Paesi di origine. IMMIGRATI E MONDO DEL LAVORO Anche in un anno di crisi incipiente, come è stato il 2008, l’apporto degli immigrati è risultato così necessario da far aumentare il loro numero tra gli occupati di 200 mila unità. Del resto, nel mercato occupazionale italiano l’internaziona- lizzazione è in corso da tempo e i lavoratori nati all’estero sono il 15,5% del totale. Tra di essi non mancano gli italiani di ritorno (a testimonianza degli oltre 4 milioni di emigrati italiani residenti all’estero), ma la stragrande maggioranza è costituita da lavoratori stranieri, il cui afflusso si è incrementa- to specialmente nell’ultimo decennio. I lavoratori stranieri in senso stretto sono quasi un decimo degli occupati e contribuiscono per una analoga quota alla creazione della ricchezza del Paese, come posto in risalto, rispettivamente, dalle indagini trimestrali dell’Istat sulla forza lavoro e dalle ricerche di Unioncamere. Come risaputo, i motivi di lavoro sono, insieme ai motivi familiari, quelli che attestano il carattere di insediamento stabile dell’immigrazio- ne. Si tratta di persone spesso inserite da molti anni sul posto di lavoro e che, superando difficili condizioni di partenza, oggi presentano queste caratteristiche: • un tasso di attività di 11 punti più elevato rispetto alla media (73,3 vs 62,3); • estrema motivazione a riuscire, per il fatto che per loro la migrazione rappresenta una scelta esistenziale forte; • disponibilità a svolgere un’ampia gamma di lavori, da cui deriva anche la loro alta concentrazione nei settori meno appetibili per gli italiani; • esposizione a maggiori condizioni di rischio sul lavoro (143.651 infortuni nel 2008, dei quali 176 mortali); • scarso grado di gratificazione (soprattutto per via del mancato riconoscimento delle qualifiche e dell’inserimen- to in posti occupazionali di basso livello); • necessità di sostenere i familiari rimasti in patria (ai quali nel 2008 hanno inviato 6,4 miliardi di € con le rimesse); • sottoposizione ad atteggiamenti di diffidenza e, da ulti- mo, anche di ostilità, con ricorrenti atti di vero e proprio razzismo. Di questi circa 2 milioni di lavoratori immigrati, quasi 1 milione si è iscritto ai sindacati, mostrando così la volontà di tutelare la dignità del proprio lavoro e prefigurando altresì quanto potrà avvenire nei circoli culturali, in quelli sportivi, negli uffici e in altre strutture aggregative a seguito della loro progressiva partecipazione. 1 milione sono anche, secondo stime, le donne immigrate che si prendono cura delle nostre famiglie. La regolarizzazione realizzatasi a settembre 2009 e chiusasi con 294.744 domande di assunzione di lavoratori non comunitari come collaboratori familiari o badanti (que- ste ultime pari a un terzo del totale), seppure tempestata di polemiche nella fase di approvazione, ha evidenziato ancora una volta la complementarità tra esigenze della popolazione italiana e disponibilità di quella immigrata; inoltre, con alcu- ne ulteriori accortezze, il provvedimento avrebbe consentito l’emersione di un numero maggiore di persone, con benefici innegabili non solo per esse stesse e per le famiglie da assiste- re, ma anche per lo Stato: l’operazione ha fruttato, infatti, 154 milioni di euro in contributi arretrati e marche, mentre nel periodo 2010-2012 farà entrare nelle casse dell’Inps 1,3 miliardi di euro supplementari. Anche il settore del lavoro imprenditoriale, nonostante le difficoltà della fase congiunturale, è riuscito a mantenere un certo dinamismo: attualmente si contano 187.466 cittadini stranieri titolari di impresa, in prevalenza a carattere artigia- no, che garantiscono il lavoro a loro stessi e anche a diversi dipendenti (attorno ai 200 mila, secondo la stima riportata nel libro ImmigratImprenditori della Fondazione Ethnoland). Questo settore, tenendo anche conto dei soci e delle persone coinvolte in altri ruoli, movimenta mezzo milione di persone, un aspetto non trascurabile in un momento in cui l’econo- mia ha bisogno di traino, tanto più che nel caso degli immi- grati è stata finora realizzata solo la metà delle loro effettive potenzialità nel mondo dell’imprenditoria. 3 Nel clima di grande commozione che ha suscitato il terre- moto de L’Aquila del 6 aprile 2009, merita sottolineare come presenza, lavoro e convivenza tra italiani e immigrati vadano sempre più strettamente intrecciandosi, sia nelle giornate normali come in quelle della disgrazia. Su 291 vittime del ter- remoto, 19 nominativi sono stranieri, quasi il 7% delle vitti- me identificate, al di sopra dell’incidenza dei cittadini stranie- ri in Abruzzo che è del 4,5%. Anche in questo triste evento, il contributo degli immigrati è molto elevato, ruolo del resto comprensibile se si tiene conto che nella zona dell’aquilano vi sono molti immigrati dediti alla pastorizia e ai lavori agricoli, specialmente macedoni, albanesi e romeni (quest’ultimi a lungo stigmatizzati come una collettività “canaglia”). Gli immigrati, associati in maniera ricorrente alla crimina- lità, evidenziano invece il basso tasso di legalità del nostro Paese, come dimostrano le assunzioni in nero, il ricorso al caporalato, l’evasione contributiva, l’inosservanza delle norme contrattuali, il mancato riconoscimento delle qualifi- che. Per questi motivi, l’azione svolta per liberare le donne vittime della tratta è stata allargata anche alle vittime di sfruttamento lavorativo e, dal 2000, in media ogni anno sono state assistitite 1.200 persone con progetti finanziati dal Dipartimento delle Pari Opportunità. APPROFONDIMENTI SU CRIMINALITÀ E APPORTO FINANZIARIO Dei diversi approfondimenti condotti dal Dossier segnalia- mo quelli riguardanti il rapporto tra immigrazione e crimina- lità e quello sul loro apporto contributivo fiscale. Tra gli italiani intervistati di recente, 6 su 10 attribuiscono agli stranieri un tasso di criminalità più alto e, perciò, è necessario approfondire i dati statistici disponibili e risponde- re in maniera argomentata a tre questioni: è quanto ha cer- cato di fare il Dossier con l’agenzia “Redattore Sociale”. Prima questione: se l’aumento della criminalità sia dovuto in maniera più che proporzionale all’aumento della popola- zione residente. La risposta è negativa. Nel periodo 2001- 2005 l’aumento degli stranieri residenti è stato del 101% e l’aumento delle denunce presentate contro stranieri del 46%. Alla stessa conclusione è giunta la Banca d’Italia in una ricerca imperniata sui dati relativi al periodo 1990-2003. Seconda questione: se gli stranieri regolari siano caratteriz- zati da un tasso di criminalità superiore a quello degli italiani. A prima vista sembrerebbe proprio così: nel 2005 l’incidenza degli stranieri sulla popolazione residente è stata del 4,5% e l’incidenza sulle denunce penali con autore noto del 23,7% (130.131 su 550.590). In realtà, solo nel 28,9% dei casi sono implicati stranieri legalmente presenti e ciò abbassa il loro tasso di criminalità, che scende ulteriormente ipotizzando che anche gli italiani che delinquono siano per il 92,5% con- centrati tra i ventenni e i trentenni (come accade tra gli stra- nieri) e considerando che il confronto non tiene conto dei reati contro la normativa sull’immigrazione: alla fine, il tasso di criminalità risulta essere analogo per italiani e stranieri. Terza questione: se gli stranieri irregolari si caratterizzino per i loro comportamenti delittuosi. È vero che, in proporzio- ne, sono più elevate le denunce a loro carico, da riferire in parte al loro stato di maggiore precarietà e in parte anche al loro coinvolgimento nelle spire della criminalità organizzata. Tuttavia, risulta infondata l’equiparazione tra irregolare e delinquente, come dimostra il fatto che la metà degli attuali quattro milioni di residenti sono stati irregolari, come lo erano, fino al mese di agosto 2009, le 300 mila collaboratrici familiari prima della domanda di emersione. Il boom della criminalità era già avvenuto in Italia all’inizio degli anni ’90 e, rispetto ad allora, il livello delle denunce è rimasto lo stesso. Certamente anche gli immigrati possono delinquere e su questo bisogna vigilare, senza tuttavia tra- sformarli in un capro espiatorio del nostro disagio sociale. Sul piano economico i dati relativi al 2007 evidenziano, innanzi tutto, il consistente apporto degli immigrati all’e- conomia italiana: si tratta, secondo Unioncamere, di 134 miliardi di euro, pari al 9,5% del prodotto interno lordo. I versamenti contributivi effettuati all’Inps sono stati sti- mati dal Dossier pari a oltre 7 miliardi di euro, dei quali oltre 2,4 miliardi pagati direttamente dai lavoratori stranieri e la restante quota dai datori di lavoro. Invece, la stima del gettito fiscale, includendo le tasse più rilevanti, è di oltre 3,2 miliardi di euro. Ne deriva che, direttamente dalle buste paga dei lavora- tori immigrati, provengono in totale 5,6 miliardi di euro (ma secondo la Cgia anche di più). Pur nella difficoltà di calcolare l’incidenza degli immigrati sulla spesa sociale, non mancano i tentativi in tal senso e la Banca d’Italia stima che agli immigrati vada il 2,5% di tutte le spese di istruzione, pensione, sanità e prestazioni di sostegno al red- dito, all’incirca la metà di quello che assicurano in termini di gettito. SOCIETÀ E CONVIVENZA Sono consistenti gli indicatori di un intreccio sempre più stretto tra i nuovi venuti e la società che li ha accolti, che vanno oltre il piano lavorativo. Le acquisizioni di cittadinanza (39.484 nel 2008) sono quadruplicate rispetto al 2000 e più che quintuplicate (53.696) se si tiene conto anche delle cittadinanze ricono- sciute direttamente dai Comuni. Neppure la rigidità della normativa costituisce un freno al dinamismo dell’integrazio- ne e ormai in 4 casi su 10 l’acquisizione della cittadinanza viene concessa a seguito della residenza previamente matu- rata. Nonostante ciò l’Italia resta nettamente distanziata dagli altri Paesi europei per numero di concessioni (solo settima in graduatoria), proprio in conseguenza di un impianto norma- tivo restrittivo. Un altro indicatore significativo sono i matrimoni misti. In 12 anni (1995-2007) sono stati celebrati 222.521 matrimoni misti, dei quali 23.560 nell’ultimo anno, pari a circa un deci- mo del totale. Questi matrimoni sono una frontiera avvincen- te ma a volte difficile da presidiare: non mancano, infatti, i fallimenti (il 6,7% delle separazioni e il 5,7% dei divorzi riguardano queste coppie), anche perché spesso manca, oltre che la preparazione individuale a un’approccio intercul- turale della relazione, anche un humus sociale che la sosten- ga. In ogni caso, considerando che separazioni e divorzi inci- dono nella stessa misura della popolazione straniera su quella complessiva e, soprattutto, in misura inferiore a quella dei matrimoni misti sul totale dei matrimoni celebrati in un anno, il dato non costituisce una particolare anomalia. 4 5 Anche la volontà di acquistare casa nel Paese di elezione, nonostante le previsioni rigide della normativa in caso di disoccupazione, si sta affermando sempre più: oltre un decimo della popolazione immigrata, infatti, è diventata proprietaria di un appartamento. La crisi congiunturale e la difficoltà di accesso al credito non potevano non causare una diminuzione delle compravendite di case da parte degli immigrati, per giunta con l’importo medio delle transazioni sceso a 113.000 euro. Sono dunque concordi gli indicatori statistici su questa voglia di integrazione, a cui purtroppo sembra corrispon- dere, da parte di molti italiani, l’impulso a contrastarla. Sono state migliaia le segnalazioni all’Unar, delle quali 511 riconducibili a qualche forma di discriminazione, in 4 casi su 10 riguardanti immigrati africani, segnatamente maghrebini. Il lavoro e la casa sono gli ambiti più proble- matici per quanto riguarda le pari opportunità, come pure il rapporto con gli enti pubblici, nei cui confronti si sono sollevate lamentele nel 13% delle segnalazioni. La gravità delle condizioni lavorative e abitative è confermata dai dati dei Centri d’ascolto della rete Caritas (372 centri, in rap- presentanza di 137 diocesi, ai quali si sono rivolte 80.041 persone nel 2008), i quali attestano che, rispetto agli italia- ni, gli immigrati si presentano molto più raramente per richiedere un aiuto economico (7% contro 21%). A turbare molti, per una malintesa volontà di difesa della religione cristiana, è il panorama multireligioso: in realtà oltre la metà degli immigrati è cristiana, i musulmani sono un terzo, le religioni delle tradizioni orientali meno di un decimo e poi, in misura più ridotta, seguono altre apparte- nenze. Secondo l’Agenzia europea per i diritti fondamenta- li, l’Italia è tra gli Stati membri più intolleranti nei confronti dei musulmani: 1 intervistato su 3 ha dichiarato di aver subìto un atto discriminatorio negli ultimi 12 mesi. Più positiva è l’esperienza che si sta facendo con gli ortodossi, i cui preti celebrano il rito liturgico nelle chiese cattoliche. Senza confusioni e sincretismi, questo nuovo scenario dovrebbe aiutare a far riscoprire il senso religioso, a lavora- re insieme per le opere di pace e il benessere della società e a non usare Dio come un’arma contro i fedeli di altre reli- gioni. Vissuta così, la presenza multireligiosa può costituire un’opportunità di crescita individuale e collettiva, con riflessi positivi anche sui Paesi di origine. Le remore da parte degli italiani, a livello sociale, cultura- le e religioso, hanno trovato una sponda nel cosiddetto “pacchetto sicurezza” (legge 94/2009), che si è occupato dell’immigrazione solo con misure di carattere restrittivo, così che, anche a prescindere dal merito delle misure previ- ste, è proprio questa unilateralità che lascia insoddisfatti. Tra i provvedimenti, del resto, si segnalano l’introduzione di un versamento di 200 euro a carico di chi richiede la cit- tadinanza o il rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno, come anche la previsione di un permesso di soggiorno a punti, che qualcuno ha paragonato a una patente a punti che di fatto è solo a perdere. PREDISPORSI A UNO SCAMBIO POSITIVO Per la Caritas e per la Migrantes è fondamentale ricono- scere la verità nella carità e unire, perciò, la conoscenza alla solidarietà, secondo l’insegnamento biblico ripreso da Papa Benedetto XVI nelle sue recenti encicliche e dalla Conferenza Episcopale Italiana con l’indicazione che “la vera sicurezza nasce dall’integrazione”. L’Italia fa sempre più parte integrante dello scenario mon- diale e, del resto, è dall’estero che ricaviamo circa la metà della nostra ricchezza. I 4 milioni di cittadini stranieri in Italia, come i 4 milioni di cittadini italiani all’estero, ricordano la necessità di inquadrare le questioni nazionali in un’ottica più ampia. I dati del Dossier 2009 sottolineano che gli stranieri non sono persone dal tasso di delinquenza più alto, non stanno dando luogo a una invasione di carattere religioso, non con- sumano risorse pubbliche più di quanto versino con tasse e contributi, non sono disaffezionati al Paese che li ha accolti e, al contrario, sono un efficace ammortizzatore demografico e occupazionale. I “grandi numeri” esposti nel XIX rapporto sull’immigrazione Caritas/Migrantes rivestono anche un valo- re qualitativo rilevante ai fini della convivenza sociale. Continuiamo a considerare stranieri gli immigrati e a trat- tarli come tali, anche se lo sono giuridicamente ma non nei fatti. Invece, per prepararsi alla società di metà secolo, quan- do secondo le previsioni un terzo della popolazione italiana avrà superato i 65 anni, gli immigrati sono una ricchezza indispensabile ed è in questa prospettiva che sono auspicabili politiche sociali e familiari più incisive, superando la tentazio- ne dell’estraneità e favorendo l’inserimento, anche con la partecipazione al voto amministrativo e la revisione della nor- mativa sulla cittadinanza, troppo rigida non solo per i bambi- ni nati in Italia ma anche per i loro genitori insediati stabil- mente. A causa del nostro atteggiamento chiuso, i giovani immi- grati si sentono più cittadini del mondo che italiani (35% contro 24% delle risposte nell’indagine dell’Università Bocco- ni): parlano più lingue, ma paradossalmente rischiano di essere emarginati. Nel dibattito pubblico non manca chi sostiene che nella nostra società è accettabile una presenza multietnica ma non multiculturale, e tanto meno interculturale, dunque una sorta di mera presenza fisica in assenza di scambi, intrecci e fusioni, secondo un’impostazione di separatezza. Viene così ripropo- sta la concezione dei “lavoratori ospiti”, che la Germania ha definitivamente superato puntando, invece, sull’integrazione che, seppure attualmente eclissata da un’eccessiva insistenza sulla sicurezza, è la chiave che permette di gestire adeguata- mente quanto sta avvenendo e quanto avverrà in futuro. La scelta da parte di Caritas e Migrantes dello slogan “conoscenza e solidarietà” è un invito a soffermarsi sull’im- patto che l’immigrazione può esercitare sul piano della convi- venza. Nell’attuale situazione, segnata da un tasso di natalità ancora molto basso, questo innesto va gestito e non contra- stato per principio, portando gli immigrati a sentirsi inseriti nella società, a rispettarne le leggi, a coglierne le possibilità di partecipazione e a dare tutto il loro apporto per la crescita del Paese. L’auspicio di Caritas e Migrantes è che, come molti Paesi nel mondo hanno costruito il loro sviluppo con l’appor- to degli italiani, così anche l’Italia sappia costruire il suo futu- ro con l’apporto degli immigrati. Il nostro futuro, infatti, ha sempre più bisogno di uno scambio positivo tra la popolazio- ne autoctona e quella di origine immigrata. 6 ITALIA. Stranieri residenti per cittadinanza e sesso (31.12.2008)* Paesi di provenienza Totale % % incidenza donne Paesi di provenienza Totale % % incidenza donne Romania 796.477 20,5 53,1 Rep. Ceca 5.801 0,1 80,8 Albania 441.396 11,3 45,2 Venezuela 5.339 0,1 67,6 Marocco 403.592 10,4 42,1 Portogallo 5.219 0,1 56,5 Cina 170.265 4,4 47,8 Bielorussia 5.062 0,1 80,3 Ucraina 153.998 4,0 79,9 Capo Verde 4.569 0,1 71,9 Filippine 113.686 2,9 58,1 Thailandia 4.388 0,1 89,9 Tunisia 100.112 2,6 35,9 Montenegro 4.243 0,1 45,0 Polonia 99.389 2,6 70,0 Corea del Sud 4.066 0,1 51,6 India 91.855 2,4 40,9 Libano 3.779 0,1 37,3 Moldavia 89.424 2,3 66,4 Togo 3.777 0,1 34,0 Macedonia 89.066 2,3 43,0 Siria 3.701 0,1 37,3 Ecuador 80.070 2,1 59,4 Cile 3.641 0,1 57,4 Perù 77.629 2,0 60,2 Lituania 3.640 0,1 79,1 Egitto 74.599 1,9 30,3 Messico 3.620 0,1 67,3 Sri Lanka 68.738 1,8 44,5 Congo 3.591 0,1 48,8 Senegal 67.510 1,7 21,3 Svezia 3.496 0,1 67,5 Bangladesh 65.529 1,7 33,3 Congo Rep. Dem. 3.400 0,1 49,6 Serbia 57.826 1,5 45,2 Slovenia 3.101 0,1 47,3 Pakistan 55.371 1,4 31,0 Irlanda 2.912 0,1 53,5 Nigeria 44.544 1,1 55,9 Giordania 2.692 0,1 37,5 Ghana 42.327 1,1 43,4 Guinea 2.679 0,1 36,4 Germania 41.476 1,1 61,5 Canada 2.492 0,1 56,8 Brasile 41.476 1,1 67,6 Sudan 2.395 0,1 15,4 Bulgaria 40.880 1,1 60,1 Israele 2.385 0,1 38,4 Francia 32.079 0,8 60,7 Danimarca 2.302 0,1 63,0 Bosnia-Erzegovina 30.124 0,8 43,3 Benin 2.287 0,1 41,0 Regno Unito 28.174 0,7 55,4 Afghanistan 2.198 0,1 6,0 Algeria 24.387 0,6 32,6 Iraq 2.158 0,1 30,0 Russia 23.201 0,6 80,9 Liberia 2.100 0,1 14,2 Croazia 21.511 0,6 48,2 Australia 2.078 0,1 60,6 Dominicana Rep. 20.583 0,5 65,9 Finlandia 1.784 0,0 78,4 Costa d'Avorio 19.408 0,5 44,6 Lettonia 1.782 0,0 83,7 Colombia 18.615 0,5 64,1 Angola 1.686 0,0 46,9 Spagna 18.258 0,5 72,0 Uruguay 1.676 0,0 59,3 Turchia 16.225 0,4 41,1 San Marino 1.541 0,0 41,5 Cuba 15.883 0,4 76,4 Indonesia 1.533 0,0 78,0 Stati Uniti 15.324 0,4 54,3 Georgia 1.482 0,0 74,4 Eritrea 11.911 0,3 46,4 Libia 1.471 0,0 38,8 Argentina 11.842 0,3 55,6 Kenia 1.383 0,0 59,1 Burkina Faso 10.493 0,3 35,3 Sierra Leone 1.239 0,0 40,0 Svizzera 9.736 0,3 56,5 Uzbekistan 1.193 0,0 79,0 Maurizio 9.188 0,2 54,7 Niger 1.113 0,0 54,3 Paesi Bassi 8.521 0,2 56,4 Vietnam 1.079 0,0 58,8 Slovacchia 8.091 0,2 65,7 Madagascar 1.053 0,0 73,5 Camerun 7.994 0,2 47,2 Paraguay 1.053 0,0 69,9 Etiopia 7.978 0,2 59,3 Norvegia 1.009 0,0 62,8 Kosovo 7.625 0,2 39,9 Kazakistan 999 0,0 79,6 Giappone 7.296 0,2 65,6 Mali 992 0,0 40,0 Grecia 7.285 0,2 45,9 Dominica 984 0,0 68,8 Iran 6.983 0,2 44,5 Malta 849 0,0 68,7 Bolivia 6.796 0,2 63,2 Estonia 838 0,0 89,6 Austria 6.769 0,2 68,2 Gambia 825 0,0 28,4 Somalia 6.663 0,2 50,9 Tanzania 773 0,0 54,7 El Salvador 6.552 0,2 63,3 Apolidi 793 0,0 45,5 Ungheria 6.171 0,2 71,8 Altri 14.145 - - Belgio 6.008 0,2 58,7 TOTALE 3.891.295 100,0 50,8 * Secondo la stima del Dossier Caritas/Migrantes la presenza regolare complessiva degli stranieri è pari a 4.329.000 persone FONTE: Dossier Statistico immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati Istat 7 ITALIA. Stranieri residenti per provincia e regione (31.12.2008)* Provincia Totale % vert. % donne Provincia Totale % vert. % donne Aosta 7.509 0,2 53,5 Toscana 309.651 8,0 51,6 Valle d'Aosta 7.509 0,2 53,5 Ancona 38.587 1,0 51,0 Alessandria 36.666 0,9 51,5 Ascoli Piceno 27.696 0,7 52,3 Asti 21.034 0,5 49,6 Macerata 31.796 0,8 49,9 Biella 10.031 0,3 53,9 Pesaro 32.954 0,8 50,3 Cuneo 48.676 1,3 50,0 Marche 131.033 3,4 50,9 Novara 29.182 0,7 49,6 Perugia 67.296 1,7 53,0 Torino 185.073 4,8 51,4 Terni 18.651 0,5 55,4 Verbania 8.382 0,2 56,1 Umbria 85.947 2,2 53,5 Vercelli 12.068 0,3 51,2 Frosinone 19.144 0,5 52,3 Piemonte 351.112 9,0 51,1 Latina 30.892 0,8 49,9 Bergamo 102.117 2,6 45,2 Rieti 9.912 0,3 54,6 Brescia 149.753 3,8 45,5 Roma 366.360 9,4 53,8 Como 40.495 1,0 49,8 Viterbo 23.843 0,6 51,9 Cremona 34.596 0,9 47,8 Lazio 450.151 11,6 53,4 Lecco 23.812 0,6 47,6 Chieti 16.964 0,4 53,3 Lodi 21.728 0,6 48,3 L'Aquila 19.079 0,5 51,2 Mantova 46.883 1,2 47,2 Pescara 12.676 0,3 55,1 Milano 371.670 9,6 49,4 Teramo 20.922 0,5 52,5 Pavia 44.223 1,1 49,9 Abruzzo 69.641 1,8 52,8 Sondrio 7.002 0,2 52,5 Avellino 9.516 0,2 60,9 Varese 62.537 1,6 49,8 Benevento 4.818 0,1 61,0 Lombardia 904.816 23,3 48,1 Caserta 25.889 0,7 53,3 Genova 54.917 1,4 53,6 Napoli 61.169 1,6 60,6 Imperia 17.632 0,5 52,0 Salerno 29.943 0,8 57,6 La Spezia 13.405 0,3 53,3 Campania 131.335 3,4 58,5 Savona 18.747 0,5 51,2 Campobasso 5.358 0,1 57,5 Liguria 104.701 2,7 52,9 Isernia 1.951 0,1 54,8 Bolzano 36.284 0,9 51,4 Molise 7.309 0,2 56,8 Trento 42.577 1,1 50,7 Matera 5.478 0,1 51,7 Trentino A. A. 78.861 2,0 51,0 Potenza 6.048 0,2 59,7 Belluno 12.728 0,3 53,8 Basilicata 11.526 0,3 55,9 Padova 79.878 2,1 49,6 Bari 31.023 0,8 50,5 Rovigo 15.470 0,4 51,6 Brindisi 5.905 0,2 54,0 Treviso 96.127 2,5 47,3 Foggia 16.933 0,4 52,5 Venezia 63.520 1,6 50,7 Lecce 13.911 0,4 54,3 Verona 96.309 2,5 48,1 Taranto 6.076 0,2 54,0 Vicenza 90.421 2,3 47,1 Puglia 73.848 1,9 52,2 Veneto 454.453 11,7 48,6 Catanzaro 10.481 0,3 54,0 Gorizia 9.688 0,2 44,0 Cosenza 18.120 0,5 57,6 Pordenone 33.172 0,9 48,6 Crotone 5.078 0,1 53,9 Trieste 16.528 0,4 48,9 Reggio Calabria 20.361 0,5 54,1 Udine 35.588 0,9 50,7 Vibo Valentia 4.735 0,1 56,2 Friuli V. G. 94.976 2,4 49,0 Calabria 58.775 1,5 55,3 Bologna 86.701 2,2 51,3 Agrigento 8.482 0,2 51,9 Ferrara 21.985 0,6 54,1 Caltanissetta 4.516 0,1 53,5 Forlì 35.001 0,9 49,3 Catania 20.550 0,5 55,9 Modena 76.281 2,0 48,8 Enna 2.256 0,1 62,0 Parma 45.991 1,2 50,5 Messina 18.882 0,5 55,2 Piacenza 33.141 0,9 48,8 Palermo 23.812 0,6 57,7 Ravenna 36.799 0,9 49,0 Ragusa 16.414 0,4 40,8 Reggio Emilia 59.432 1,5 48,9 Siracusa 9.688 0,2 47,7 Rimini 26.151 0,7 52,5 Trapani 10.032 0,3 50,3 Emilia Romagna 421.482 10,8 50,1 Sicilia 114.632 2,9 52,6 Arezzo 33.072 0,8 51,5 Cagliari 9.999 0,3 52,9 Firenze 94.038 2,4 51,5 Carbonia Iglesias 1.069 0,0 59,0 Grosseto 17.188 0,4 53,5 Medio Campidano 654 0,0 54,9 Livorno 19.832 0,5 54,3 Nuoro 2.394 0,1 51,3 Lucca 24.162 0,6 52,4 Ogliastra 682 0,0 55,9 Massa Carrara 11.758 0,3 49,7 Olbia Tempio 8.119 0,2 52,2 Pisa 30.524 0,8 49,5 Oristano 1.720 0,0 63,4 Pistoia 24.463 0,6 54,2 Sassari 4.900 0,1 59,3 Prato 28.971 0,7 48,4 Sardegna 29.537 0,8 54,6 Siena 25.643 0,7 52,6 Totale 3.891.295 100,0 50,8 * Secondo la stima del Dossier Caritas/Migrantes la presenza regolare complessiva degli stranieri è pari a 4.329.000 persone FONTE: Dossier Statistico immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati Istat 8 IT AL IA :L av or at or in at ia ll’ es te ro pe rr eg io ni e pr im e 8 pr ov in ce (3 1. 12 .2 00 8) Oc cu pa ti Oc cu pa ti eq ui va le nt i As su nt i Nu ov ia ss un ti Sa ld i Pr ov in ci a St ra ni eri % ve rt. % do nn e % str an ier i su to t. St ra ni eri % str an . su to t. St ra ni eri % str an . su to t. St ra ni eri % ve rt. % str an . su to t. St ra ni eri % do nn e sa ld i su as su nt i nu ov i as su nt is u oc cu pa ti V. d’A os ta 6. 65 0 0, 2 42 ,8 13 ,1 5. 38 1 11 ,9 3. 69 5 22 ,5 1. 08 8 0, 2 39 ,2 13 2 72 ,0 3, 6 16 ,4 Pi em on te 19 5. 93 4 6, 5 39 ,2 14 ,1 16 6. 83 3 13 ,1 83 .3 29 25 ,2 29 .0 32 6, 5 39 ,8 92 8 20 2, 4 1, 1 14 ,8 Lo m ba rd ia 58 9. 86 7 19 ,7 34 ,4 15 ,7 50 6. 36 7 14 ,8 25 4. 53 2 25 ,9 66 .5 25 15 ,0 35 ,7 5. 74 7 77 ,6 2, 3 11 ,3 Lig ur ia 64 .5 62 2, 2 41 ,3 14 ,4 55 .3 73 13 ,6 28 .1 33 22 ,9 8. 47 8 1, 9 34 ,6 1. 21 2 73 ,8 4, 3 13 ,1 No rd Ov es t 85 7. 01 3 28 ,6 36 ,1 15 ,2 73 3. 95 3 14 ,3 36 9. 68 9 25 ,5 10 5. 12 3 23 ,6 36 ,7 8. 01 9 91 ,4 2, 2 12 ,3 Bo lza no 55 .9 37 1, 9 35 ,3 25 ,0 40 .0 23 20 ,7 32 .7 01 41 ,8 10 .7 00 2, 4 65 ,2 1. 32 8 37 ,3 4, 1 19 ,1 Tr en to 50 .7 55 1, 7 40 ,1 22 ,9 37 .5 16 19 ,7 27 .7 06 36 ,2 9. 08 7 2, 0 60 ,9 -8 99 22 ,4 -3 ,2 17 ,9 Tr en tin o 10 6. 69 2 3, 6 37 ,6 24 ,0 77 .5 39 20 ,2 60 .4 07 39 ,0 19 .7 87 4, 4 63 ,2 42 9 68 ,5 0, 7 18 ,5 Ve ne to 32 0. 52 6 10 ,7 37 ,6 18 ,5 27 4. 20 6 17 ,4 13 6. 34 9 29 ,7 43 .4 92 9, 8 45 ,3 1. 56 3 15 5, 1 1, 1 13 ,6 Fr iu li V. G. 77 .8 45 2, 6 40 ,4 19 ,7 67 .2 80 18 ,6 29 .6 93 28 ,8 9. 52 9 2, 1 44 ,7 44 7 15 7, 7 1, 5 12 ,2 Em ili a R. 30 2. 00 3 10 ,1 41 ,5 18 ,8 25 5. 26 3 17 ,6 14 4. 58 8 29 ,7 43 .9 41 9, 9 46 ,4 2. 90 7 98 ,6 2, 0 14 ,5 No rd Es t 80 7. 06 6 26 ,9 39 ,3 19 ,3 67 4. 28 7 17 ,8 37 1. 03 7 30 ,8 11 6. 74 9 26 ,2 48 ,0 5. 34 6 11 7, 6 1, 4 14 ,5 To sc an a 20 9. 79 0 7, 0 40 ,6 16 ,3 17 3. 52 8 15 ,3 10 4. 06 3 24 ,9 29 .2 07 6, 6 36 ,2 4. 42 6 63 ,7 4, 3 13 ,9 Ma rc he 85 .1 08 2, 8 41 ,1 17 ,0 73 .6 17 16 ,3 36 .1 80 25 ,0 10 .6 26 2, 4 34 ,6 96 87 5, 0 0, 3 12 ,5 Um br ia 48 .9 26 1, 6 38 ,6 18 ,0 41 .6 96 17 ,1 21 .6 94 27 ,6 7. 02 2 1, 6 40 ,1 37 9 21 9, 8 1, 7 14 ,4 La zio 28 4. 14 7 9, 5 39 ,9 13 ,5 23 6. 85 9 12 ,6 12 5. 42 9 22 ,9 44 .8 48 10 ,1 34 ,7 5. 66 6 86 ,7 4, 5 15 ,8 Ce nt ro 62 7. 97 1 20 ,9 40 ,2 15 ,1 52 5. 70 0 14 ,2 28 7. 36 6 24 ,1 91 .7 03 20 ,6 35 ,5 10 .5 67 89 ,0 3, 7 14 ,6 Ab ru zz o 63 .9 32 2, 1 37 ,3 16 ,0 52 .7 84 15 ,0 32 .0 32 24 ,6 10 .1 49 2, 3 36 ,3 96 5 77 ,0 3, 0 15 ,9 Ca m pa ni a 99 .0 09 3, 3 41 ,9 8, 0 80 .1 24 7, 6 49 .6 32 11 ,6 19 .8 25 4, 5 19 ,2 2. 99 7 61 ,6 6, 0 20 ,0 Mo lis e 9. 09 8 0, 3 41 ,9 12 ,2 7. 32 5 11 ,2 4. 83 7 18 ,5 1. 81 0 0, 4 29 ,0 22 2 65 ,3 4, 6 19 ,9 Ba sil ica ta 13 .7 63 0, 5 38 ,5 8, 6 11 .0 08 7, 9 8. 29 6 13 ,2 3. 39 2 0, 8 28 ,5 20 0 67 ,5 2, 4 24 ,6 Pu gl ia 71 .9 18 2, 4 39 ,3 7, 7 56 .9 73 7, 1 38 .2 38 11 ,0 12 .7 50 2, 9 21 ,1 -2 .2 36 36 ,0 -5 ,8 17 ,7 Ca la br ia 46 .5 28 1, 6 44 ,4 9, 9 33 .7 08 8, 9 29 .0 06 13 ,2 13 .2 75 3, 0 28 ,6 1. 24 4 66 ,8 4, 3 28 ,5 Su d 30 4. 24 8 10 ,1 40 ,6 9, 3 24 1. 92 2 8, 7 16 2. 04 1 13 ,3 61 .2 01 13 ,8 23 ,9 3. 39 2 85 ,3 2, 1 20 ,1 Sic ili a 86 .1 22 2, 9 36 ,3 7, 9 68 .1 50 7, 4 47 .5 78 11 ,2 18 .8 15 4, 2 19 ,6 2. 21 9 49 ,4 4, 7 21 ,8 Sa rd eg na 22 .5 89 0, 8 42 ,9 5, 3 17 .7 68 4, 9 12 .2 90 7, 9 4. 44 1 1, 0 15 ,1 37 6 82 ,4 3, 1 19 ,7 Is ol e 10 8. 71 1 3, 6 37 ,6 7, 2 85 .9 19 6, 7 59 .8 68 10 ,3 23 .2 56 5, 2 18 ,5 2. 59 5 54 ,2 4, 3 21 ,4 No n at tri b. 29 3. 45 3 9, 8 87 ,0 54 ,5 25 5. 36 3 53 ,6 96 .6 25 61 ,8 46 .9 09 10 ,5 78 ,5 4. 28 8 12 3, 4 4, 4 16 ,0 TO TA LE 2. 99 8. 46 2 10 0, 0 43 ,3 15 ,5 2. 51 7. 14 4 14 ,6 1. 34 6. 62 6 23 ,2 44 4. 94 1 10 0, 0 36 ,2 34 .2 07 95 ,3 2, 5 14 ,8 Mi lan o 30 1. 95 8 10 ,1 37 ,4 15 ,4 25 3. 25 0 14 ,5 14 6. 74 4 25 ,0 35 .8 31 8, 1 33 ,8 7. 92 0 36 87 5, 4 11 ,9 Ro m a 23 0. 17 1 7, 7 41 ,4 13 ,3 19 3. 92 9 12 ,4 96 .3 92 22 ,6 33 .5 13 7, 5 33 ,9 4. 53 9 41 75 4, 7 14 ,6 To rin o 10 0. 09 9 3, 3 39 ,9 13 ,4 86 .0 10 12 ,4 40 .4 22 24 ,0 14 .6 15 3, 3 39 ,4 27 5 96 5 0, 7 14 ,6 Br es cia 86 .3 34 2, 9 28 ,6 20 ,5 75 .8 83 19 ,5 33 .7 13 33 ,5 10 .5 42 2, 4 48 ,2 18 8 47 9 0, 6 12 ,2 Ve ro na 74 .4 30 2, 5 38 ,2 21 ,9 59 .0 57 19 ,4 40 .6 20 38 ,4 14 .2 72 3, 2 58 ,4 1. 24 5 74 1 3, 1 19 ,2 Bo lo gn a 67 .0 34 2, 2 41 ,1 16 ,9 57 .8 83 15 ,9 28 .8 18 27 ,6 9. 24 6 2, 1 44 ,9 87 8 59 4 3, 0 13 ,8 Tr ev iso 64 .8 61 2, 2 34 ,5 21 ,8 58 .0 31 21 ,0 21 .1 36 30 ,6 6. 34 7 1, 4 43 ,0 -7 96 -5 7 -3 ,8 9, 8 Fir en ze 61 .1 25 2, 0 42 ,9 17 ,2 52 .8 31 16 ,3 25 .5 91 27 ,7 7. 66 7 1, 7 40 ,2 1. 04 9 79 4 4, 1 12 ,5 FO NT E: Do ss ier St at ist ico Im mi gr az io ne Ca rit as /M igr an te s. Ela bo ra zio ni su da ti In ai l CARITAS / MIGRANTES: XIX Rapporto sull’immigrazione
Argomento: 

ISMU: XV Rapporto sulle migrazioni 2009

Descrizione breve: 
L’ISMU, l’Osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità, in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano, studia il tema centrale dell'immigrazione.
Allegato: 
Data: 
4 Gennaio 2010
Ismu 2009/00_tabelle.pdf 1 TABELLE QUANTI SONO GLI IMMIGRATI IN ITALIA Tab. 1 - Stranieri presenti in Italia. Anni 2006-2008 1.1.2006 1.1.2007 1.1.2008 Variazione (migliaia) 2007-2008 Totale regolari 3.012 3.633 3677 +44 di cui: - residenti 2.671 2.939 3433 +494 - regolari non residenti 341 694 (a) 244 (b) -450 Totale irregolari 650 349 651 +302 Totale presenti 3.662 3.982 4328 +346 (a) Comprensivi di circa 400mila soggetti beneficiari dei decreti flussi del 2006 (e che hanno poi ottenuto nel 2007 il permesso di soggiorno e l’iscrizione anagrafica). (b) Stima sulla base dell’incidenza accertata nei dati dell’Osservatorio Regionale lombardo, rilevazione del 2008. Fonte: Istat e stime Fondazione Ismu Tab. 2 - Popolazione straniera residente in Italia per ripartizione territoriale: indicatori di consistenza al 1° gennaio 2008 e di flusso nell’anno 2007 Italia Ripartizioni territoriali Comuni capoluogo N.o. N.e. Centro Sud Isole Composizione % 100,0 35,6 26,9 25,0 8,9 3,6 36,6 Densità x 100 residenti 5,8 7,8 8,1 7,3 2,2 1,8 7,2 Variazione % nel 2007 16,8 14,6 15,2 17,8 25,0 26,2 12,0 % stranieri nati in Italia 13,3 14,2 13,9 13,0 9,5 12,6 13,6 % di nati stranieri 11,4 17,0 17,6 13,0 2,9 2,9 11,4 % minori tra stranieri 22,3 23,6 23,6 21,1 17,7 20,3 20,8 Acquisizioni di cittadinanza x 1.000 stranieri 14,3 13,4 17,6 11,3 15,4 16,2 12,7 Saldo migratorio estero degli stranieri x 1.000 125,4 131,0 137,2 165,9 246,1 248,6 125,4 Saldo migratorio interno degli stranieri x 1.000 - 6,1 8,6 -0,6 -13,3 -9,1 -7,8 Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Tab. 3 - Principali cittadinanze nella popolazione straniera residente: 2007-2008 Primi 20 paesi Valori assoluti (migliaia) Incidenza percentuale (totale stranieri = 100) Variazione 2007-2008 1 gen. 07 1 gen. 08 1 gen. 07 1 gen. 08 Assoluta % Romania 342 625 11,6 18,2 283 82,7 Albania 376 402 12,8 11,7 26 6,9 Marocco 343 366 11,7 10,7 23 6,7 Cina 145 157 4,9 4,6 12 8,3 Ucraina 120 133 4,1 3,9 13 10,8 Filippine 101 106 3,4 3,1 5 5,0 Tunisia 89 94 3,0 2,7 5 5,6 Polonia 67 90 2,3 2,6 23 34,3 Macedonia 72 78 2,4 2,3 6 8,3 India 69 77 2,3 2,2 8 11,6 Ecuador 70 73 2,4 2,1 3 4,3 Perù 66 71 2,2 2,1 5 7,6 Egitto 64 70 2,2 2,0 6 9,4 Moldova 56 69 1,9 2,0 13 23,2 Serbia/M 74 69 2,5 2,0 -5 -6,8 Senegal 60 63 2,0 1,8 3 5,0 Sri Lanka 57 61 1,9 1,8 4 7,0 Bangladesh 46 55 1,6 1,6 9 19,6 Pakistan 50 49 1,7 1,4 -1 -2,0 Nigeria 38 41 1,3 1,2 3 7,9 I 20 paesi 2.305 2.749 78,4 80,1 444 19,3 Tutti i paesi 2.939 3.433 100,0 100,0 494 16,8 Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat 2 Fig. 4 - Stima del numero di stranieri irregolarmente presenti in Italia. Anni 1990-2008 0 100 200 300 400 500 600 700 800 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 M ig lia ia Fonte: Nostra elaborazione su dati Fondazione Ismu Tab. 5 - Nazionalità che presentano tassi di irregolarità superiori al valore medio calcolato per il complesso dei paesi a forte pressione migratoria (Pfpm), ordinamento decrescente Cittadinanza Irregolari per 100 presenti % sul totale di irregolari % sul totale di presenti Taiwan 87,4 0,4 0,1 Georgia 73,5 0,4 0,1 Bangladesh 52,3 9,9 3,4 Kirghizistan 47,8 0,0 0,0 Nepal 43,5 0,1 0,0 Bolivia 41,7 0,6 0,3 Pakistan 39,1 5,0 2,3 India 37,0 7,0 3,4 Moldova 33,8 5,1 2,7 Sri Lanka 28,5 3,9 2,4 Cina Popolare 28,4 10,0 6,2 Bielorussia 26,7 0,2 0,2 Ghana 25,4 2,0 1,4 Egitto 24,9 3,7 2,6 Paraguay 24,2 0,0 0,0 Honduras 23,7 0,0 0,0 Ucraina 23,4 6,3 4,8 Marocco 23,2 17,1 13,0 Senegal 22,8 2,8 2,2 Perù 21,6 3,2 2,6 Dominica 21,4 0,0 0,0 Mali 19,6 0,0 0,0 Burkina Faso 19,2 0,3 0,3 Camerun 18,6 0,2 0,2 El Salvador 18,1 0,2 0,2 Totale 79,1 48,4 Valore medio (tutti i Pfpm) 17,9 Fonte: Nostre elaborazioni su dati Ministero dell’Interno L’IMMIGRAZIONE, SOLUZIONE O PROBLEMA? Tab. 1 - Popolazione straniera residente al 1° gennaio nelle grandi ripartizioni territoriali. Anni 2008-2030 Ripartizione 2008 2010 2015 2020 2025 2030 (migliaia) Nord-ovest 1.219 1.464 1.943 2.357 2.739 3.092 Nord-est 916 1.098 1.434 1.746 2.037 2.306 Centro 848 1.039 1.321 1.547 1.749 1.932 Mezzogiorno 414 519 636 669 697 724 Italia 3.396 4.120 5.333 6.319 7.221 8.053 Stranieri per ogni 100 italiani Nord-ovest 8,4 10,1 13,5 16,6 19,5 22,4 Nord-est 8,8 10,5 13,7 16,7 19,5 22,1 Centro 7,8 9,6 12,2 14,4 16,4 18,2 Mezzogiorno 2,0 2,6 3,2 3,4 3,6 3,8 Italia 6,0 7,3 9,6 11,4 13,2 14,9 Fonte: Istat (scenario centrale) e nostre elaborazioni su dati Istat 3 Tab. 2 - Prospettive di sviluppo della popolazione straniera residente per le principali cittadinanze. Anni 2008- 2030 Paesi Al 1° gennaio degli anni 2008 2010 2015 2020 2025 2030 (migliaia) Romania 625 798 1.108 1.182 1.200 1204 Albania 402 491 649 772 868 948 Marocco 366 436 580 704 811 908 Ecuador 73 109 177 240 295 344 Filippine 106 130 179 230 281 329 Cina Rep. Popolare 157 197 258 281 287 289 India 77 97 144 189 230 269 Perù 71 91 133 171 206 237 Egitto 70 89 127 161 194 228 Bangladesh 55 73 113 152 189 223 Senegal 63 77 108 142 179 216 Ucraina 133 184 196 198 198 198 Pakistan 49 65 99 130 161 191 Tunisia 94 110 140 162 177 187 Nigeria 41 52 78 107 138 171 Macedonia 78 101 134 148 154 156 Moldova 69 89 124 136 140 142 Polonia 90 95 106 109 110 110 Sri Lanka 61 71 88 99 106 110 Serbia e Montenegro 69 71 80 84 85 85 Totale 20 paesi 2.749 3.426 4.621 5.397 6.009 6.548 Fonte: Istat e nostre elaborazioni su dati Istat, Ilo e UN Tab. 3 - Italia: dinamica delle nascite specificate rispetto alla cittadinanza. Anni 2008-2030 Anni Nati italiani Nati stranieri Totale nati (a) (migliaia) 2008 493 72 565 (9,5) 2010 480 83 563 (9,3) 2015 452 89 541 (8,8) 2020 433 90 523 (8,5) 2025 423 92 515 (8,3) 2030 419 96 515 (8,3) (a) Entro parentesi si riporta il corrispondente valore del tasso di natalità (nati per 1.000 residenti) Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat (scenario centrale) LAVORO Tab. 1 - Occupati totali e stranieri per professione. Valori assoluti (migliaia di unità) e percentuali, I trimestre 2008 Occupati totali Occupati stranieri V.a. V.% V.a. V.% Dirigenti e imprenditori 1.087 4,69 19 1,25 Professioni intellettuali 2.501 10,79 24 1,58 Professioni tecniche 4.999 21,57 72 4,74 Impiegati 2.520 10,68 49 3,23 Vendite e servizi personali 3.632 15,67 257 16,92 Artigiani, operai specializzati, agricoltori 4.220 18,21 446 29,36 Conduttori di impianti 1.942 8,38 195 12,84 Personale non qualificato 2.027 8,75 458 30,15 Forze armate 243 1,05 0 0,0 Totali 23.170 100,0 1.519 100,0 Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro, I trimestre 2008 4 Tab. 2 - Confronto tra assunzioni di lavoratori autoctoni e di immigrati previste dalle imprese per il 2008, per principali gruppi professionali (Istat) Ass. immigrati non stag. (V.a.) Ass. autoctoni non stag. (V.a.) Incidenza % immi-grati su autoctoni Dirigenti 90 2.210 4,1 Professioni intellettuali, scientifi-che e di elevata specializzazione 2.810 33.120 8,5 Professioni tecniche 8.910 124.860 7,1 Impiegati 8.450 85.450 9,9 Professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi 39.690 138.750 28,6 Operai specializzati 39.080 127.470 30,7 Conduttori d’impianti e operai semiq. add. a macc. fissi e mob. 26.250 87.030 30,2 Professioni non qualificate 42.520 61.210 69,5 Totale 167.800 660.090 25,4 Fonte: Unioncamere – Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior, 2008 GLI ALUNNI Tab. 1 - Alunni con cittadinanza non italiana. A.s. 1997/1998-2007/2008 Anno scolastico V.a. Incremento rispetto all’anno precedente % sulla popolazione scolastica totale 1997/1998 70.657 - 0,8 1998/1999 85.522 14.865 1,1 1999/2000 119.679 34.157 1,5 2000/2001 147.406 27.727 1,8 2001/2002 181.767 34.361 2,3 2002/2003 232.766 50.999 3,0 2003/2004 282.683 49.917 3,5 2004/2005 361.576 78.893 4,2 2005/2006 424.683 63.107 4,8 2006/2007 501.494 76.811 5,6 2007/2008 574.133 72.639 6,4 Fonte: Elaborazioni su dati del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Tab. 2 - Alunni con cittadinanza non italiana per ordine e grado di istruzione. A.s. 2006/2007-2007/2008 Ordine e grado di istruzione A.s. 2006/2007 A.s. 2007/2008 V.a. Per 100 studenti V.a. Per 100 studenti Infanzia 94.737 5,7 111.044 6,7 Primaria 190.803 6,8 217.716 7,7 Secondaria di I grado 113.076 6,5 126.396 7,3 Secondaria di II grado 102.829 3,8 118.977 4,3 Totale 501.445 5,6 574.133 6,4 Fonte: Elaborazioni su dati del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Tab. 3 - Alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia, per ordine e grado di istruzione. A.s. 2007/2008 Ordine e grado di istruzione V.a. V.% Per 100 studenti Per 100 studenti con cittadinanza non italiana Infanzia 79.113 39,7 4,8 71,2 Primaria 89.422 44,9 3,2 41,1 Secondaria di I grado 22.474 11,3 1,3 17,8 Secondaria di II grado 8.111 4,1 0,3 6,8 Totale 199.120 100,0 2,2 34,7 Fonte: Elaborazioni su dati del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca 5 Tab. 4 - Alunni con cittadinanza non italiana negli indirizzi di scuola secondaria di II grado. A.s. 2007/2008 Indirizzo A.s. 2006/2007 A.s. 2007/2008 V.a. Per 100 studenti V.a. Per 100 studenti Licei classici 3.596 1,2 4.131 1,4 Licei scientifici 10.212 1,7 11.706 1,9 Ex istituti e scuole magistrali 5.300 2,4 6.082 2,8 Istituti professionali 41.893 7,5 48.379 8,7 Istituti tecnici 38.498 4,1 44.809 4,8 Istituti d’arte e licei artistici 2.936 2,9 3.438 3,4 Licei linguistici 394 2,3 432 1,9 Totale 102.829 3,8 118.977 4,3 Fonte: Elaborazioni su dati del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Tab. 5 - Alunni con cittadinanza italiana e non, in ritardo (per 100 studenti), per livello scolastico. A.s. 2007/2008 Ordine e grado di istruzione Italiani Non italiani Primaria 1,8 21,1 Secondaria di I grado 6,8 51,7 Secondaria di II grado 24,4 71,8 Totale 11,6 42,5 Fonte: Elaborazioni su dati del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Tab. 6 - Tassi di promozione per ordine e grado di scuola. A.s. 2006/2007 Ordine e grado di istruzione Totale Cittadinanza non italiana (a) Cittadinanza italiana (b) Differenza (a-b) Primaria 99,7 96,4 99,9 -3,6 Secondaria di I grado 96,8 90,5 97,3 -6,8 Secondaria di II grado 85,8 72,0 86,4 -14,4 Fonte: Elaborazioni su dati del Ministero della Pubblica Istruzione Tab. 7 - Province con più elevata incidenza percentuale di alunni non italiani per ordine di scuola e indirizzi di scuola secondaria di II grado. A.s. 2007/2008 1° 2° 3° Infanzia Mantova 17,2 Piacenza 15,0 Prato 15,0 Primaria Mantova 17,9 Piacenza 17,5 Prato 17,5 Secondaria di I grado Prato 17,6 Mantova 17,4 Piacenza 16,4 Secondaria di II grado Rimini 12,6 Piacenza 11,3 Prato 10,3 Licei Rimini 6,5 Prato 5,8 Bolzano 4,3 Istituti/scuole magistrali Rimini 21,4 Gorizia 6,9 Cremona 6,8 Istituti tecnici Rimini 14,1 Piacenza 12,2 Prato 12,1 Istituti professionali Piacenza 26,8 Genova 23,1 Modena Rimini 21,3 Istruzione artistica Prato 18,5 Arezzo 11,3 Rovigo 10,9 Fonte: Elaborazioni su dati del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca 6 Tab. 8 - Alunni con cittadinanza non italiana, nati in Italia e neo arrivati per regioni. A.s. 2007/2008 Alunni con cittadinanza non italiana Nati in Italia Neo-arrivati V.a. V.% V.a. V.% V.a. V.% Piemonte 55.448 9,7 19.317 34,8 3.543 8,0 Valle d’Aosta 1.174 6,8 424 36,1 106 11,7 Lombardia 137.485 10,3 55.757 40,6 9.487 8,8 Trentino Alto Adige 11.975 7,5 2.619 21,9 454 4,9 Veneto 70.466 10,2 26.074 37,0 5.331 9,5 Friuli Venezia-Giulia 13.956 8,9 4.216 30,2 1.200 10,7 Liguria 17.555 9,0 5.019 28,6 1.388 9,6 Emilia Romagna 65.813 11,8 24.421 37,1 4.704 8,7 Toscana 45.243 9,4 14.766 32,6 3.482 9,5 Umbria 13.688 11,4 4.766 34,8 1.001 9,1 Marche 22.112 9,9 8.293 37,5 1.382 7,9 Lazio 57.732 7,0 18.246 31,6 6.195 12,9 Abruzzo 9.690 5,0 2.569 26,5 868 11,0 Molise 987 2,1 131 13,3 162 19,5 Campania 13.050 1,2 2.401 18,4 1.822 16,2 Puglia 10.673 1,5 3.012 28,2 1.181 13,4 Basilicata 1.306 1,3 198 15,2 171 15,6 Calabria 7.858 2,3 1.319 16,8 1.206 18,3 Sicilia 14.726 1,7 4.774 32,4 1.967 16,2 Sardegna 3.196 1,3 798 25,0 504 18,6 Italia 574.133 6,4 199.120 34,7 46.154 10,0 Fonte: Elaborazioni su dati del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Tab. 9 - Adozione di criteri specifici da parte degli insegnanti per l’inserimento nelle classi di alunni di origine immigrata per area territoriale. Valori percentuali Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Tot. Si preferisce inserire l’alunno in classe con i coetanei 79,7 67,5 70,1 91,3 75,2 Si accolgono tutte le domande di iscrizione dell’anno 77,7 62,6 76,3 84,8 73,7 Rispetto delle linee guida per accoglienza e integrazione 72,3 82,1 50,6 47,8 67,4 È stata istituita una specifica commissione d’accoglienza 48,0 65,1 48,5 13,0 49,3 È stato predisposto un protocollo di accoglienza 48,6 64,2 33,0 15,2 45,8 Ci si avvale anche della collaborazione degli Enti locali 42,6 60,1 37,1 26,1 44,7 Sono previsti test di ingresso per definire la classe 40,5 43,9 33,0 34,8 39,1 La famiglia viene consultata nella scelta della classe 43,3 35,8 32,0 23,9 36,2 Ci si avvale anche della collaborazione del terzo settore 22,3 42,3 10,3 10,9 24,2 Si tende a raggruppare alunni di uno stesso paese 14,2 23,6 10,3 32,6 18,1 Stabilito un tetto massimo di alunni immigrati per classe 4,7 19,5 11,3 34,8 14,0 Gli ingressi di immigrati sono coordinati con altre scuole 8,8 12,2 17,5 8,7 11,8 Fonte: Censis, 2008 RICONGIUNGIMENTI FAMILIARI Tab. 1 - Andamento dei permessi di soggiorno per lavoro e famiglia, per genere, concentrazione di genere, coniugati. Anni 1992-2007. Valori percentuali Anno Permessi lavoro (totale) Permessi famiglia (totale) Maschi lavoro Maschi famiglia Donne lavoro Donne famiglia Donne /100 uomini Coniugati 1992 65,3 14,2 78,3 4,2 45,9 29,3 66 40,7 1995 59,8 20,0 76,0 6,6 41,2 35,5 87 46,1 1998 64,6 21,0 80,3 7,5 45,1 37,6 81 48,5 2001 60,7 26,5 78,2 10,4 40,1 45,5 85 50,4 2004 66,4 24,5 81,1 10,5 50,7 39,5 93 49,9 2007 60,6 31,6 77,8 14,6 43,6 48,4 102 54,1 Fonte: Nostra elaborazione dati Istat/Ministero dell’Interno 7 LA CRIMINALITA’ Tab. 1 - Segnalazioni riferite a persone straniere ed italiane denunciate e arrestate/fermate per il totale dei reati. Tassi ogni 10mila presenze e indice di sovrarappresentazione. Province italiane: ordine decrescente per tasso di segnalazioni di stranieri. Anno 2007 Province Stranieri Italiani Indice Province Stranieri Italiani Indice Province Stranieri Italiani Indice Sassari 4457,5 138,0 32,3 Torino 1124,8 81,9 13,7 Viterbo 784,9 84,0 9,3 Siracusa 3583,3 120,3 29,8 Aosta 1114,1 102,7 10,9 Verona 751,1 85,8 8,8 Brindisi 2796,1 124,2 22,5 Savona 1107,8 107,4 10,3 Prato 743,6 66,9 11,1 Vibo Valentia 2583,8 202,3 12,8 Ferrara 1104,5 109,5 10,1 Cremona 729,7 76,3 9,6 Pescara 2509,3 166,9 15,0 Campobasso 1101,3 81,6 13,5 Siena 726,2 94,0 7,7 Agrigento 2473,7 132,9 18,6 Benevento 1089,4 98,6 11,0 Cuneo 722,1 96,7 7,5 Potenza 2304,6 165,1 14,0 Salerno 1079,2 96,8 11,2 Novara 719,9 108,3 6,6 Cosenza 2284,2 148,0 15,4 Chieti 1076,6 107,4 10,0 Forlì 718,0 108,3 6,6 Taranto 2155,0 97,7 22,0 Venezia 1072,8 84,2 12,7 Piacenza 705,5 75,4 9,4 Nuoro 1915,1 117,6 16,3 Avellino 1068,9 117,6 9,1 Pordenone 684,3 74,9 9,1 Foggia 1770,4 177,8 10,0 Bolzano 1068,1 71,0 15,0 Macerata 653,0 95,7 6,8 Imperia 1763,7 109,1 16,2 Pisa 1066,3 85,4 12,5 Terni 648,2 76,8 8,4 Trapani 1612,6 147,9 10,9 Sondrio 1013,3 114,8 8,8 Perugina 642,8 74,8 8,6 Catanzaro 1486,6 151,2 9,8 Frosinone 1011,4 111,0 9,1 Bergamo 640,1 61,4 10,4 Crotone 1466,8 157,3 9,3 Trieste 1009,4 114,1 8,8 Rieti 636,9 83,0 7,7 Caserta 1451,9 95,8 15,2 Catania 998,6 110,1 9,1 Palermo 634,9 96,6 6,6 Caltanissetta 1429,8 170,8 8,4 Pistoia 983,1 111,0 8,9 Brescia 621,9 83,6 7,4 Lucca 1413,0 104,4 13,5 Alessandria 966,2 97,0 10,0 L'Aquila 613,0 64,4 9,5 Livorno 1381,8 119,1 11,6 Roma 960,2 69,0 13,9 Asti 609,8 81,6 7,5 Isernia 1372,3 181,2 7,6 Ravenna 958,9 110,1 8,7 Pavia 608,8 78,9 7,7 Genova 1366,2 96,7 14,1 Matera 939,4 96,6 9,7 Como 593,7 58,5 10,1 Napoli 1358,8 124,5 10,9 La Spezia 939,0 165,6 5,7 Belluno 592,3 99,5 6,0 Latina 1336,2 140,8 9,5 Varese 938,9 64,2 14,6 Modena 583,1 57,6 10,1 Massa Carrara 1324,1 102,5 12,9 Messina 916,4 93,1 9,8 Parma 581,1 104,3 5,6 Lecce 1299,6 87,7 14,8 Biella 912,1 159,5 5,7 Trento 580,5 68,0 8,5 Cagliari 1288,6 85,9 15,0 Enna 877,8 94,8 9,3 Ascoli Piceno 573,8 69,8 8,2 Udine 1252,7 68,8 18,2 Padova 865,4 73,2 11,8 Pesaro 517,9 79,2 6,5 Rimini 1239,3 125,4 9,9 Teramo 849,8 110,4 7,7 Lodi 498,6 60,6 8,2 Verbania 1208,6 152,4 7,9 Gorizia 847,8 124,2 6,8 Reggio Emilia 471,3 74,9 6,3 Bologna 1207,1 100,2 12,1 Arezzo 839,2 121,6 6,9 Lecco 432,8 82,2 5,3 Oristano 1184,1 87,9 13,5 Grosseto 838,8 84,5 9,9 Vicenza 416,2 71,0 5,9 Ancona 1181,4 121,0 9,8 Vercelli 835,4 107,2 7,8 Mantova 370,4 53,2 7,0 Firenze 1180,9 94,6 12,5 Rovigo 815,9 90,2 9,0 Treviso 347,6 49,1 7,1 Bari 1163,6 107,4 10,8 Milano 812,3 59,4 13,7 Media Italia 904,4 97,8 9,2 Reggio Calabria 1145,4 202,2 5,7 Ragusa 809,2 104,6 7,7 I tassi riferiti agli italiani sono stati calcolati sulla popolazione italiana al 31 dicembre 2007; quelli riferiti agli stranieri sui permessi di soggiorno e su stime della popolazione straniera al 1 gennaio 2008 Fonte: elaborazioni Transcrime di dati Sdi 8 Tab. 2 - Detenuti stranieri e totali presenti negli istituti di pena, distribuiti per regione di detenzione. Numeri assoluti e precentuali di stranieri sul totale al 30 giugno 2008. Ordine decrescenze per percentuali di stranieri presenti Regione Stranieri Totale % stranieri sul totale Valle d'Aosta 108 155 69,7 Trentino Alto Adige 170 272 62,5 Friuli Venezia Giulia 432 707 61,1 Veneto 1.703 2.826 60,3 Liguria 790 1.382 57,2 Piemonete 2.396 4.486 53,4 Emilia Romagna 1.997 3.855 51,8 Toscana 1.723 3.599 47,9 Lombardia 3.858 8.323 46,4 Umbria 381 861 44,3 Lazio 2.108 5.157 40,9 Marche 361 895 40,3 Sardegna 676 1.808 37,4 Basilicata 143 482 29,7 Abruzzo 377 1.451 26,0 Calabria 476 2.091 22,8 Sicilia 1.324 6.018 22,0 Puglia 626 3.396 18,4 Molise 62 359 17,3 Campania 906 6.934 13,1 Totale nazionale 20.617 55.057 37,4 Fonte: elaborazione Transcrime di dati Dap COSTI PER LA FINANZA PUBBLICA Tab. 1 - Benefici assistenziali e previdenziali, importo medio annuo EU25 Italia Extra-EU25 Itali -Extra-EU25 Indennità di disoccupazione 214,26 275,02 249,94 25,08 Benefici legati all’anzianità 1.398,59 3.516,34 859,90 2.656,44* Pensioni ai superstiti 43,28 114,47 35,48 78,99* Indennità di inabilità 93,77 176,24 70,93 105,30* Sussidi per istruzione 35,42 19,88 18,62 1,25 Assegni familiari 115,34 113,01 182,71 -69,71* Ind. maternità (autonomi) 0,81 2,22 0,47 1,74 Benefici totali 1.901,45 4.217,17 1.418,05 2.799,11* * La differenza è statisticamente diversa da zero al 5%. Fonte: Nostra elaborazione su dati EU-Silc, 2005 Tab. 3 - Imposte, importo medio annuo EU25 Italia Extra-EU25 Italia/ Extra-EU25 Irpef netta 1.554,51 2.130,16 1.395,43 734.72* Lordo – netto (dipendenti) 4.830.61 6.128,44 4.028.46 2.099,98* Ici 35,99 117,69 35,98 81.70* Attività finanziarie 16,07 32,38 10,25 22,13* Totale 1 1.619,25 2.277,81 1.439,34 838,47* Totale 2 4.891,49 6.260,65 4.060,19 2.200,46* * La differenza è statisticamente diversa da zero al 5% Fonte: Nostra elaborazione su dati EU-Silc, 2005 e D’Amuri, Fiorio, 2006 Tab. 4 - Beneficio fiscale netto, importo medio annuo EU25 Italia Extra-EU25 Italia/ Extra-EU25 Bfn, al netto di anzianità -1084,80 -1548,05 -871,15 -676,9* Bfn 401,65 2115,65 4,24 2111,4* Bfn è il beneficio fiscale netto, calcolato come differenza fra i benefici totali della tabella 1 ed il totale 1 della tabella 2. Nella prima riga i benefici totali sono al netto di quelli legati all’anzianità. * La differenza è statisticamente diversa da zero al 5%. Fonte: Nostra elaborazione su dati EU-Silc, 2005 e D’Amuri, Fiorio, 2006 9 Tab. 5 - Percentuale di individui che percepisce benefici sociali, per tipologia EU25 V.% Italia V.% Extra-EU25 V.% Indennità di disoccupazione (attivi) 1,9 2,7 2,1 Cassa integrazione guadagni (attivi) 1,1 0,8 0,6 Pensione di qualsiasi tipo 17,0 32,7 8,4 Di cui Pensione di anzianità 56,8 67,3 59,2 Pensione sociale 13,9 4,7 6,6 Pensione di invalidità 15,2 22,3 23,1 Borse di studio (studenti) 3,0 3,9 3,3 Assegni familiari per lavoratori dipendenti 20,2 19,8 19,8 Assegni familiari per lavoratori autonomi 1,1 1,6 1,3 Assegni familiari per pensionati 4,4 13,8 7,3 Indennità di maternità per lavoratori autonomi 0,3 0,5 0,1 In parentesi viene specificata la popolazione di riferimento, quando diversa dall’intero campione. Per brevità, non è specificata l’ovvia popolazione di riferimento dei percettori di assegni familiari (rispettivamente, dipendenti, autonomi e pensionati) e di maternità (autonomi). Fonte: Nostra elaborazione su dati EU-Silc, 2005 Ismu 2009/01_cs_01.pdf Ismu 2009/01_cs_02.pdf ISMU: XV Rapporto sulle migrazioni 2009
Argomento: 

CARITAS / MIGRANTES: XVIII Rapporto sull’immigrazione

Descrizione breve: 
Questo Dossier statistico del 2008, pone nuovamente l'accento sul tema dell' IMMIGRAZIONE. Aree di origine, presenze, inserimento, lavoro, territorio sono le tematiche analizzate. Edizioni Idos.
Data: 
30 Ottobre 2008
CARITAS MIGRANTES/01_Saluto_Saviola.pdf 1 / 2 Presentazione “Dossier Statistico Immigrazione 2008” Caritas/Migrantes Roma, Teatro Orione, 30 ottobre 2008 Saluto di mons. Piergiorgio Saviola, Comitato di Presidenza Caritas-Migrantes A nome del Comitato di presidenza ringrazio le autorità qui presenti e tutti i partecipanti, italiani e immigrati, che fanno quest’oggi della presentazione del “Dossier Statistico Immigrazione” della Caritas e della Migrantes, in questa città e in tutte le Regioni d’Italia, un’occasione per dibattere con serenità, ma senza alcuna riserva, i nodi della situazione migratoria in Italia. Ringrazio i più di 100 redattori che, coordinati dal Centro studi Idos, hanno avuto la pazienza di analizzare e sistemare le nuove statistiche a livello internazionale, nazionale e regionale e hanno rafforzato la nota di grande affidabilità riconosciuta alla redazione del “Dossier”. Questo è un anno del tutto speciale perché il “Dossier Caritas/Migrantes” ha compiuto 18 anni di età ed è diventato maggiorenne. Mi piace ricordare che il nostro è il decano dei sussidi di questo tipo, il più diffuso, quello ideato come strumento non solo per gli approfondimenti statistici ma anche per una campagna nazionale di sensibilizzazione in collegamento con gli Enti Locali. In questo saluto iniziale voglio inserire una considerazione di fondo, partendo dalla dedica del “Dossier” al decimo anniversario della scomparsa del padre Gianfausto Rosoli, uno scalabriniano che fu apprezzato studioso dell’emigrazione italiana e dell’immigrazione straniera in Italia e anche grande sostenitore delle prime edizioni del “Dossier”. Chi si occupa dell’immigrazione oggi non può dimenticare l’emigrazione di ieri: lo dico anche come direttore generale della Fondazione Migrantes, che annualmente pubblica un rapporto sui connazionali all’estero, presentato appena un mese fa. Nella lunga storia del nostro esodo nel mondo abbiamo conosciuto chiusure, disprezzo e umiliazioni che non abbiamo ritenuto giuste e che sono state causa di tante sofferenze; così come abbiamo avuto modo di apprezzare, in altre occasioni, la predisposizione all’accoglienza di diversi paesi e tante persone. Con i nostri flussi di massa abbiamo posto non pochi problemi, ma ancora di più sono stati i problemi che abbiamo contribuito a risolvere, creando benessere e sviluppo. Cerchiamo, perciò, di non essere un paese immemore e di fare frutto delle indicazioni che ci vengono da un secolo e mezzo di esperienza come immigrati noi stessi. La questione non è di trascurare la legalità – richiesta mai da noi avanzata – ma di non abdicare all’accoglienza e al rispetto dello straniero. Senz’altro questa esigenza di fondo ritornerà nelle riflessioni dei nostri relatori. Il primo relatore parla per immagini. Si tratta della televisione pubblica, che attraverso la testata Rai News 24 e il regista Giuseppe Rogolino, ha preparato anche quest’anno una pregevole sintesi visiva del “Dossier Statistico Immigrazione”. Franco Pittau, coordinatore dei redattori Caritas/Migrantes, ha il compito di sintetizzare le 500 pagine del “Dossier”, facendo sì che i numeri non rimangano aridi bensì veicolino idee forza a sostegno del nostro impegno sociale. Filomeno Lopes, è un giornalista di Radio Vaticana che proviene dall’Africa, un continente molto importante nello scenario migratorio italiano: a lui spetta presentare l’altra faccia della medaglia, quello che pensano gli immigrati. Mons. Giuseppe Merisi è il nuovo vescovo presidente di Caritas Italiana, che, come è consuetudine nei nostri incontri, esporrà una presa di posizione autorevole della Chiesa italiana sulla politica dell’immigrazione e sugli sviluppi che se ne auspicano. Il Governo, tradizionalmente presente alla presentazione del “Dossier”, è qui rappresentato dal Ministro del lavoro, senatore Maurizio Sacconi, che sarà sollecitato a prendere posizione in 2 / 2 merito alle nostre riflessioni finalizzate a una più soddisfacente operatività specialmente in tema di integrazione. Auguro buon lavoro, precisando che i tempi degli interventi saranno contenuti (tra i 15 e i 20 minuti): perciò invito tutti a rimanere fino al termine, per fruire delle riflessioni sul “Dossier” in maniera articolata e collegare i diversi punti di vista. CARITAS MIGRANTES/02_Pittau.pdf 1 / 4 Presentazione “Dossier Statistico Immigrazione 2008” Caritas/Migrantes Roma, Teatro Orione, 30 ottobre 2008 Intervento di Franco Pittau, Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes Il Dossier Caritas/Migrantes 2008 giunge quest’anno alla 18ª edizione ed entra nell’età adulta: una ricorrenza che, con il supporto delle Fondazioni Monte Paschi Siena e Cariplo, è stato possibile enfatizzare, potenziando le presentazioni nelle diverse Regioni in contemporanea con quella romana. Il rapporto si struttura in una sessantina di capitoli curati da più di cento redattori, con una grande ricchezza di dati e anche di considerazioni innovative. Come redazione centrale, come sempre preoccupati che le statistiche non siano un semplice ammasso di numeri, abbiamo predisposto una sintesi delle linee che emergono dallo studio dei dati, che incentivino i successivi approfondimenti. Con semplicità e sinteticamente si possono trattare questi punti: il numero degli immigrati, la loro funzione, il rapporto immigrazione-criminalità, l’impegno svolto per la loro accoglienza. Il numero degli immigrati La consistenza degli immigrati regolari in Italia si aggira tra i 3,5 milioni di residenti accertati dall’Istat e i 4 milioni ipotizzati dal Dossier. Noi includiamo nel conteggio anche le presenze regolari che, a causa delle procedure molto lunghe, ancora non sono registrate in anagrafe: è come se anticipassimo di un anno l’inserimento dei nuovi venuti presso i rispettivi Comuni. Sia per l’Istat che per il Dossier la popolazione immigrata è aumentata di diverse centinaia di migliaia. È significativo che ciò sia avvenuto in un anno normale come il 2007, senza regolarizzazioni e quote aggiuntive e per giunta caratterizzato da un andamento economico negativo. Questo radicamento, così forte anche in una congiuntura poco favorevole, richiama l’attenzione sulle parole che noi solitamente utilizziamo (“straniero” e “extracomunitario”) e porta a concludere che le stesse iniziano ad apparire desuete e inadeguate perché si riferiscono a persone che non sono estranee alla nostra società. Gli immigrati esercitano un’incidenza notevole perché costituiscono 1 ogni 15 residenti in Italia e 1 ogni 15 studenti a scuola, quasi 1 ogni 10 lavoratori occupati; inoltre, in un decimo dei matrimoni celebrati in Italia è coinvolto un partner straniero, così come un decimo delle nuove nascite va attribuito a entrambi i genitori stranieri. Oltre al numero complessivo delle presenze, anche altri dati sono significativi: tra 1,5 e 2 milioni di lavoratori, quasi 800.000 minori, più di 600.000 studenti, più di 450.000 persone nate sul posto, più di 300.000 diventati cittadini italiani, più di 150.000 imprenditori ed il doppio se si tiene conto anche dei soci e delle altre cariche societarie. In Italia, l’immigrazione è un fenomeno a vasta diffusione. Seppure in misura differenziata, non vi è regione o paese estero di provenienza che non siano coinvolti. Dalla Lombardia e dalla collettività romena, che contano entrambe quasi un milione di persone, si va alle piccole regioni del Meridione e alle collettività con poche migliaia di presenze. Al vertice della graduatoria vi sono 18 collettività con più di 50.000 presenze, ma ve ne sono anche 34 con son un numero compreso tra i 1.000 e i 3.000. Lo stesso ragionamento vale per i settori lavorativi. L’elevata presenza presso le famiglie per l’assistenza, in edilizia, nelle fabbriche e in determinati servizi si compone con una diffusione crescente anche in altri settori: nei trasporti, nei bar, negli alberghi, negli uffici. 2 / 4 La consistenza dei numeri è rafforzata dal dinamismo della loro crescita. Le acquisizioni di cittadinanza sfiorano le 40.000 unità; le nuove nascite sono 64.000; gli studenti aumentano al ritmo di 70.000 l’anno; i minori tra nuovi nati e venuti dall’estero sono più di 100.000; le nuove assunzioni “ufficiali” sono più di 200.000 l’anno; l’aumento minimale della popolazione si aggira sulle 350.000 unità. Confrontando i dati attuali con quelli del 2000 ci accorgiamo che il raddoppio è pressoché generalizzato e sotto alcuni aspetti superato. Per avere un’idea più pregnante di quanto stia avvenendo dobbiamo ritornare all’immediato dopoguerra, quando eravamo noi a prendere le vie dell’esodo, 300.000 l’anno e qualche volta anche di più. L’interpretazione di questi dati è controversa: per molti si è di fronte a un innesto complesso fruttuoso, mentre per altri si tratta di un’invasione pericolosa anche se non ne possiamo fare a meno. A seconda dell’angolatura, le politiche prescelte sono diverse: di accoglienza nel primo caso e di difesa nel secondo. Il Dossier, come di consueto, entra nel merito di questo dilemma sulla base delle statistiche. La funzione degli immigrati L’immigrazione è iniziata in Italia come fenomeno lavorativo e questo continua a essere l’aspetto prevalente, senza sottovalutare le implicazioni familiari, culturali, religiose, giuridiche. Gli immigrati hanno un tasso di attività (73%) di 12 punti più elevato degli e italiani e tra di loro non vi sarebbero disoccupati se non perdurasse la pessima abitudine di costringerli a lavorare in nero. La quota di forza lavoro dall’estero di 170.000 unità l’anno, esclusi gli stagionali, è il minimo ritenuto indispensabile per il buon andamento del nostro sistema produttivo. Sappiamo, però, che le famiglie e le aziende praticano un numero di assunzioni ben al di là dei numeri ufficiali e anche questo comportamento merita attenzione. Occupazione significa, naturalmente, creazione di ricchezza. Secondo una stima di Unioncamere, gli immigrati concorrono per il 9% alla creazione del PIL, tre punti in più rispetto all’incidenza sulla popolazione, maggiorazione ben comprensibile alla luce del loro più lato tasso di attività. Gli immigrati hanno naturalmente un costo in termini di servizi e assistenza. I Comuni italiani spendono specificamente per gli immigrati il 2,4% della loro spesa sociale (nel 2005, ultimo dato disponibile, 137 milioni di euro). Tenendo conto che gli immigrati sono fruitori anche di servizi a carattere generale, si può stimare che attualmente per loro si possa arrivare a una spesa sociale di un miliardo di euro, ampiamente coperti dai 3,7 miliardi di euro che, secondo una stima del Dossier, essi assicurano come gettito fiscale. Anche le recenti stime demografiche dell’Istat evidenziano l’apporto positivo e indispensabile degli immigrati. Ipotizzando 250.000 nuovi ingressi l’anno, nel 2050 la popolazione attiva in Italia scenderà da 39 a 31 milioni, mentre gli ultrasessantacinquenni, attualmente 12 milioni, diventeranno 22 milioni. Sempre nel 2050 la presenza degli immigrati risulterà più che triplicata, con 12,4 milioni di persone e un’incidenza del 18%: senza di loro il nostro accentuato processo di invecchiamento pregiudicherebbe seriamente le capacità produttive del Paese. Oltre agli aspetti economico-occupazionali-demografici bisogna prendere in considerazione gli aspetti culturali. L’Italia, nel confronto con gli altri paesi industrializzati, risulta poco aperta agli apporti dall’estero: pochi universitari (neppure 50.000), pochi stranieri nei posti di alta qualificazione, pochi ricercatori, mentre la differenza culturale, se ben gestita, è uno stimolo per favorire la crescita. Troviamo in Italia qualche centinaio di lingue straniere e di altrettante culture, milioni di diplomati e laureati che hanno studiato all’estero e portano con sé molteplici esperienze: questo è un patrimonio da non disperdere. In una competizione economica a dimensione globale è svantaggiato chi non valorizza le reti: noi abbiamo sia quella degli emigrati italiani all’estero che 3 / 4 quella degli immigrati esteri in Italia: per una sorta di bizzarra par condicio rischiamo di non valorizzare nessuna delle due. Un chiarimento su immigrazione e criminalità Le statistiche criminali, utilizzate in maniera impropria, rischiano di trasformare un grande fatto sociale come l’immigrazione in un fenomeno delinquenziale. Il Dossier ha sempre ribadito che la devianza è qualcosa di estremamente grave e che vi è implicato un numero elevato di cittadini stranieri, senza però cadere in conclusioni infondate. L’analisi congiunta delle statistiche giudiziarie e penitenziarie relative agli anni Duemila ha portato il Dossier a queste conclusioni: • gli immigrati regolari, quelli della porta accanto per così dire, hanno all’incirca lo stesso tasso di devianza degli italiani; • prevalgono le collettività di immigrati che solo marginalmente sono toccate dalle statistiche criminali; • gli addebiti giudiziari sono più ricorrenti per gli immigrati che si trovano in situazione irregolare, senza peraltro che essi debbano essere trasformati per principio in delinquenti; • la maggiore preoccupazione va riferita alle “mele marce” delle diverse collettività immigrate e alla criminalità straniera organizzata straniera, che sta prendendo piede anche in collaborazione con le organizzazioni malavitose locali. È possibile pervenire a una situazione più soddisfacente con il potenziamento di una strategia preventiva, che insista sulla maggiore convenienza delle vie legali dell’immigrazione e sulla collaborazione delle associazioni degli immigrati, anche perché prevenire costa molto meno che reprimere e i fondi a disposizione sono limitati. Due recenti volumi, pubblicati nel 2008 con il concorso di Caritas Italiana e della Migrantes, sono state dedicate a due collettività additate ad alto impatto delinquenziale e hanno mostrato una certa fretta da parte nostra nel trovare “capri espiatori”. L’Albania è stata da noi bollata, nel corso degli anni ’90, come la patria per eccellenza degli immigrati criminali, creando un pregiudizio negativo nei loro confronti. Stiamo ora riscoprendo, confortati dalle statistiche (anche quelle giudiziarie), che questa collettività sta realizzando un’integrazione sempre più stabile e positiva. La Romania è stata recentemente inquadrata con toni fortemente negativi, pur trattandosi di neocomunitari: siamo riusciti a fare il miracolo di calcolare con esattezza il loro tasso di delinquenza prima ancora di aggiornarci sul loro numero! Un esempio in positivo ci è venuto dal Governo romeno che ha lanciato una campagna di sensibilizzazione imperniato sul motto “Piacere di conoscervi”! Siamo lieti di comunicare che il Governo romeno (il 28 ottobre) e il Governo albanese (il 2 dicembre) hanno organizzato nelle rispettive capitali la presentazione di questi volumi, avendone apprezzato la correttezza scientifica e la serenità di giudizio. Le impostazioni operative alla luce dei numeri Dai dati statistici si può ricavare qualche utile orientamento ai fini operativi. Ci possiamo limitare a tre esempi riguardanti il soggiorno, il lavoro e l’integrazione. Il numero degli immigrati e il ritmo della loro crescita impongono che le procedure burocratiche per il soggiorno siano più agibili. Attualmente i termini di legge costituiscono un “diritto di carta” e, non essendo rispettati, sono di grave pregiudizio nell’educazione alla legalità e nel perseguimento di una strategia concreta di accoglienza. L’acquisizione dei documenti necessari per il disbrigo delle pratiche è diventata una sorta di corsa a ostacoli, costosa in termini di tempo e di soldi. Pensiamo ai visti ai permessi di soggiorno, ai ricongiungimenti familiari, alle pratiche per la cittadinanza e a diversi altri impedimenti. 4 / 4 Le procedure per l’inserimento nel mondo del lavoro erano già problematiche al momento della loro introduzione nel 1986 e lo sono diventate ancor di più a partire dal 2002, quando sono state rese più rigorose, anche perché nel frattempo è aumentato notevolmente il numero degli immigrati di cui gestire il collocamento. È lo stesso decreto annuale sui flussi a registrare le sacche di irregolarità che si formano. Nel mese di dicembre 2007, a fronte di una quota di 170.000 lavoratori, sono state presentate 741.000 domande: più di mezzo milione di persone fuori quota. La proposta – finora inascoltata – di reintrodurre la venuta per la ricerca del posto di lavoro, secondo le forze sociali e gli studiosi, aiuterebbe a rispondere sia alle esigenze dei controlli di polizia che alla flessibilità dell’incontro tra domanda e offerta. Lascia perplessi sentir dire che in Italia si fa troppo per l’integrazione degli immigrati, non tenendo conto che questo impegno si può misurare. Rispetto ai 5 milioni di euro, con cui attualmente è finanziato il fondo per l’integrazione in Italia (in precedenza erano 100 milioni), riscontriamo che la Spagna di milioni ne spende annualmente 300 e la Germania 750: la Germania, tra l’altro, come evidenziato in un altro recente libro pubblicato da Caritas Italiana e dall’Ambasciata tedesca, ha sposato decisamente l’ottica dell’integrazione e offre a ogni nuovo immigrato 300 ore gratuite di insegnamento del tedesco. Anche gli indici di inserimento socio-occupazionale degli immigrati in Italia, elaborati secondo una metodologia che con il concorso dei redattori del Dossier viene di anno in anno perfezionata negli annuali Rapporti del CNEL (il prossimo verrà presentato a novembre), attestano che le stesse Regioni dal più alto potenziale di integrazione possono migliorare le loro strategie in specifici settori, riflettendo su quanto viene fatto in altre Regioni. Conclusioni: “Lungo le strade del futuro” In conclusione, si può dire che in immigrazione si tratta di dare e di avere ma anche di un cambiare la propria mentalità. La situazione attuale è una palestra che aiuta a prepararsi al futuro, in cui italiani e immigrati sono chiamati a convivere. Le statistiche evidenziano normative inefficaci o inopportune, comportamenti lesivi della legge, atti di discriminazione e di razzismo: sono tanti i miglioramenti da auspicare, evitando che l’immigrazione diventi una “realtà periferica”, come auspicato in una ricerca condotta da Caritas e Migrantes con la Commissione nazionale contro l’esclusione sociale, . Da parte di noi italiani, non bisogna continuare a immaginare un paese che non esiste: è più conveniente accettare l’immigrazione come dimensione intrinseca della società, cercando di risolvere i problemi che si presentano. È assolutamente riprovevole il diffuso clima di ostilità – e talvolta di razzismo – nei confronti degli “stranieri”: chi disprezza, o maltratta, o prende sotto tono l’immigrazione, rende un cattivo servizio al Paese. Da parte degli immigrati, e specialmente dei loro leader, bisogna adoperarsi per fare accettare a tutti un quadro chiaro di diritti e di doveri, favorendo una collaborazione sempre più fruttuosa per la quale, peraltro, sussiste la loro predisposizione, come riscontrato nelle diverse indagini condotte dal Dossier. È auspicabile che si intervenga, con concretezza e coerenza, per migliorare le cose che non vanno, nella convinzione che ci troveremo insieme, italiani e immigrati, “lungo le strade del futuro”. CARITAS MIGRANTES/03_Lopes.pdf 1 / 4 Presentazione “Dossier Statistico Immigrazione 2008” Caritas/Migrantes Roma, Teatro Orione, 30 ottobre 2008 Riflessioni filosofiche sull’immigrazione: un conflitto antropologico Intervento di Filomeno Lopes, giornalista di Radio Vaticana Il processo di identità culturale è un processo di acquisizione e come tale è posteriori e non a priori alla nascita dell’essere umano. Noi invece stiamo costruendo un mondo in cui le nostre carte di identità sono più importanti del fatto che chi le porta è anzitutto un essere umano che dovrebbe pertanto a priori essere trattato come tale in qualunque circostanza e situazione vitale. Se poi si continua a concepire la globalizzazione unicamente come “extra mercatum nulla salus”, ecco che al razzismo ontologico, di identità si aggiunge il razzismo socioeconomico: tu conti nella misura in cui investi in banca e secondo la sola logica del PIL. Così oggi siamo diventati anzitutto le nostre carte di identità e possibilmente di credito. Questo è terrificante oltre ad essere aberrante in una civiltà che si considera a misura d’uomo. Ora, dire a posteriori non significa considerare meno importante ciò che avviene dopo la nascita, ma significa riconoscere che le nostre carte d’identità e di credito, sono simboli inventati dagli esseri umani per mantenere e accrescere in abbondanza la loro vita in quanto esseri umani. E come tali, pur importanti, sono però limitati, non assoluti tali da meritare il “sacrificio umano” e pertanto non possono in nessuna forma essere assolutizzati. Nella bufera dell’etnicismo economico e politico nonché della politica del nazionalismo integralista dei nostri tempi conviene ricordare che nascere significa semplicemente venire al mondo, non in un paese, continente, cultura, razza, religione o quant’altro. Il mondo è l’unico habitat di cui noi entriamo a fare parte dal momento della nostra nascita e quindi l’unico luogo in cui si realizza la nostra storia e storicità; l’unico luogo in cui siamo chiamati a trascorrere il breve arco della nostra permanenza su questa faccia della terra, lasciando possibilmente una traccia del nostro passaggio che sia garanzia e speranza del trionfo della vita sulla morte. E’ per questo motivo che la prima natura di ogni essere umano è la sua realtà di immigrato su questa terra e allo stesso tempo è un suo diritto inalienabile ripercorrere l’intero universo alla ricerca di migliori condizioni per affermazione della propria vita in modo autentico e qualitativo, contribuendo così al trionfo della vita sulla morte. Insomma la condizione e situazione di immigrato è l’unica che riveste caratteristiche di naturalità, nel senso che è comprensivo della natura stessa dell’essere umano nell’atto della nascita. Essa appartiene all’evento stesso della nascita. Dio dona la vita e il mondo, l’uomo invece definisce, storicizza questa vita creando i paesi medianti l’invenzione dei vari simbolismi. La vita e la terra sono in questo caso i due elementi che appartengono all’ambito del diritto naturale e consuetudinario e perciò considerati sacri. In questo senso è triste e deprecabile il teatro orribile dell’espulsione sistematica e inumana di “stranieri africani” come si assiste oggi in Angola, Costa d’Avorio, Egitto, Libia, Marocco, Sudafrica e tanti altri. Dove è finito il senso dell’ospitalità africana, che significa accoglienza dell’altro che mi rassomiglia in quanto essere umano? Ma quello che colpisce di più, è la violenza sistematica a cui questi cosiddetti “stranieri in terre africane” sono sottoposti da parte dei governi dei Paesi ospitanti. Non si riesce nemmeno più a vedere nel volto di questi immigrati una traccia della loro naturale e sacrosanta natura di semplice essere umano. Ora, qualunque Stato che si dice democratico, ma soprattutto rispettoso dei diritti umani e della libertà, non può non considerare il fatto che il fenomeno dell’immigrazione è anzitutto ed essenzialmente una questione antropologica e, come tale, non troverà risposta ultima se non all’interno di un orizzonte antropologico e umano possibile. Insomma prima di essere una questione politica, giuridica, psicosociale, l’immigrazione è fondamentalmente una questione antropologica: non siamo davanti ad un fenomeno e dunque anche davanti ad un oggetto di dibattito ideologico bensì davanti ad un soggetto e, quindi a un volto storico ben concreto, davanti a uno sguardo 2 / 4 incrociato che mi interpella e mi parla e soprattutto attende da me una risposta e una responsabilità che sia anzitutto ed essenzialmente umana. Da qui la domanda fondamentale per le società e le istituzioni dei diversi paesi d’accoglienza degli immigrati in modo particolare in Europa e ancor più in Italia: chi sono questi volti che immigrano oggi verso l’Europa? Chi sono questi due terzi dei volti concreti che, per sfuggire dalla loro condizione e situazione di Lazzaro e Eliseo dell’umanità odierna, mettono in gioco la propria vita, sfidando oceani, cieli e terra per raggiungere i porti dei paesi europei? Essi cercano di raggiungere i porti dei paesi europei completamente sprovvisti di cannoni e di ogni progetto geopolitico e politico di pauperizzazione antropologica e strutturale, ma armati unicamente dei loro occhi imploranti giustizia, ma anche giudicanti. Chi sono questi soggetti? L’Europa nel suo insieme aveva per prima attraversato gli stessi oceani con navi suntuose, armate di cannoni e, soprattutto, di progetti geopolitici e politici egemonici di pauperizzazione antropologica e strutturale verso la terra dei “leones” che oggi chiamiamo immigrati in Europa. Per questa impresa si è inventata da sola lo “ius migrandi” per giustificare le sue azioni di conquiste di terre, beni e persone e, allo stesso tempo propagare la religione cristiana e la politica di civilizzazione dei primitivi. In fondo gli europei in Africa, America Latina, Asia, non sono mais stati immigrati, ma sempre e unicamente cittadini a pieno titolo. All’epoca paradossalmente solo loro potevano e avevano il diritto di attribuire cittadinanza a volti incontrati in questi paesi. Coloro che hanno osato mettere in discussione, lottare contro questo progetto geopolitico e politico hanno pagato con il prezzo della loro vita: prigioni arbitrarie, massacri di massa, ecc. Insomma i popoli del sud anche a casa propria erano già immigrati e in quanto tali oggetti di prigioni arbitrarie, come lo sono di nuovo oggi nelle principali metropoli degli stessi europei. Da questo punto di vista, nulla è cambiato sotto la luce del sole: nella terra dei “leones” ad andare in carcere erano gli stessi immigrati “leones”, oggi in Europa in maniera sistematica e spesso arbitraria, sono ancora gli stessi immigrati “leones” ed altri. Qualunque immigrato è facile preda per qualsiasi elemento delle Forze dell’Ordine in diversi Stati europei. Che cosa è cambiato in fin dei conti sotto la luce del sole? In Italia, la novità risiede forse nella creazione dei CPT, diventati purtroppo luoghi dove spesso si consuma la massima disumanità legalizzata da uno Stato che oltre ad essere ex potenza coloniale è soprattutto di cultura fondamentalmente immigrativi, nei confronti di esseri che si considera abbiano qualcosa di meno in fatto di umanità. Insomma chi sono questi Altri che rappresentano l’immondizia dell’umanità che chiamiamo fenomenologicamente oggi immigrati, “sans-papiers”, “vu-cumprà”, clandestini e via discorrendo, nell’immaginario collettivo di coloro che appartengono alle società civili e istituzionali dei paesi europei e quelle italiane in modo particolare? Sono considerati fondamentalmente volti umani e pertanto esseri umani, creati anche loro alla stessa immagine e somiglianza di Dio, oppure sono considerati ancora animali a sembianze umane, degradazione della razza ariana? Oltretutto, e questa è la domanda politica che dovrebbe seguire a quella antropologica – perché dopo che questi volti di immigrati, che hanno duramente combattuto la politica e la geopolitica della pauperizzazione antropologica e strutturale, liberando e rendendo più umani gli stessi oppressori di ieri, oggi sono essi stessi, a distanza di anni, ad attraversare gli stessi oceani per venire in Europa quasi volontariamente, e consegnarsi corpo, mente, spirito e cuore per farsi schiavizzare, umiliare sistematicamente e riprendere così la loro millenaria condizione e situazione di immigrati? Perché sono disposti a così tanto pur di sopravvivere? Da che cosa, da quali strutture di morte così terribili fuggono? Quando cesserà la loro condizione s situazione di immigrati? L’immigrazione non è un qualcosa che hanno inventato i dannati della terra: esiste come diritto sancito dalle ex potenze schiaviste e colonizzatrici almeno dai secoli XV-XVI. Ciò che è nuovo oggi è il motivo per cui si parte, il tragitto e gli strumenti del percorso. Dal Sud verso il Nord del mondo, dal mondo di quelli che si considerano “barbari” a quello di coloro che si ritengono “civilizzati” e con strumenti più miseri e pertanto più rischiosi. L’obbiettivo fondamentale della partenza è essenzialmente la ricerca delle migliori condizioni per affermare il trionfo della vita sulla morte. Non è più per progetti politici e geopolitici di dominazione e di usurpazione dello spazio e tempo dell’Altro considerato più debole, selvaggio e quant’altro ha costituito le priorità della 3 / 4 filosofia del periodo della Conquista. Sarebbe pertanto un grave errore non vedere nell’attuale fenomeno dell’immigrazione dal Sud verso il Nord, una riposta informale (per i mezzi rudimentali utilizzati) dei popoli del Sud allo stesso processo di globalizzazione mercantile (iniziato dai popoli del Nord nei secoli XV-XVI), in termini di mobilità e di accesso ai beni. Il fatto stesso che la partenza, ad esempio dall’Africa all’Europa, sulle navi cosiddette clandestine, costi all’immigrato ingenti somme di denaro, è un indicatore chiaro del fatto che la questione non può essere ridotta unicamente al fattore della fuga dalla povertà e dalla miseria. Gli indigenti, infatti, rimangono in Africa, non viaggiano, non dispongono di mezzi economici, culturali e comunicativi per farlo. D’altro canto non dimentichiamo che neanche coloro che partivano dall’Europa verso il Sud nei secoli XV-XVI, erano benestanti. Anzi la storia del popolamento della Guyana è significativa in questo senso, soprattutto per quanto riguarda il tentativo deliberato della criminalizzazione degli immigrati oggi in Europa. Riconoscere quindi nell’immigrazione odierna questo elemento importante che è all’inizio del fenomeno della globalizzazione – mobilità e accesso ai beni – impone all’Europa un dovere politico, geopolitico e morale di reciprocità, di uguaglianza ma soprattutto di dignità giuridica di fronte ad un fenomeno che si considera irreversibile. Non ha più senso nascondersi nelle dietrologie secondo le quali “quando uno del Sud viaggia in paesi del Nord è immigrazione e quando uno del Nord viaggia nei paesi del Sud è cooperazione allo sviluppo, mobilità, accesso ai beni ed altri slogan della “politique politicienne”. Entrambi, ciascuno a suo modo e secondo i propri mezzi, cercano di sfruttare al massimo i vantaggi che offre la globalizzazione. Lo “ius migrandi” ha trasformato l’Europa nel continente con maggior numero di immigrati presenti in tutti gli angoli del pianeta, obbligando soprattutto i paesi del sud a trovare e ad implementare nei rispettivi paesi, nella questione della cittadinanza, una cultura di convivenza sociale basata sul principio della fecondazione reciproca delle culture, con la consapevolezza che l’epoca della Conquista sanciva la fine della filosofia del “Noi-Voi/ Voi-Noi/ loro-noi/noi-loro”. Curiosamente la stessa Europa per diversi motivi non si è posta la questione della necessità della definizione della propria identità in questi termini, volendo persistere su stradari antistorici, come se si potesse pensare oggi il mondo e la propria posizione in esso, obnubilando la Conquista con la quale si è resi gli altri ciò che essi magari non avrebbero mai desiderato diventare in termini identitari. Ora, come si sono comportate le istituzioni dei paesi e popoli di questi immigrati del sud nei confronti degli europei quando le navi europee sono sbarcate per la prima volta nei loro porti senza che fossero formalmente invitate? Come si comportano oggi i rappresentanti delle istituzioni dei paesi europei e in modo particolare dell’Italia davanti a questi volti di immigrati del sud? Come è possibile che un paese, altri tempi bandiera dell’umanesimo universale, sia scivolato in campo politico istituzionale fino a fare della lotta anti-volti umani (quindi politica di anti-immigrazione con conseguente criminalizzazione della stessa), dell’insulto gratuito e dell’umiliazione dell’Altro considerato immigrato, il suo perno di consenso popolare? «La gente deve sapere che l’Italia non può accogliere tutte le immondizie di questo mondo» disse pubblicamente un candidato al Premier in piena campagna elettorale durante una trasmissione televisiva RAI. Come è possibile che dopo il genocidio degli indios, dopo la schiavitù e tratta atlantica, dopo la shoa, l’apartheid e il genocidio rwandese, ci si possa ancora rivolgere agli altri, attraverso il mezzo pubblico televisivo, chiamandoli immondizia senza che tutto questo susciti in minimo di riflessione seria nel Paese? Come è possibile che eminenti dirigenti del Parlamento e del Senato della Repubblica Italiana facciano della politica dell’insulto pubblico gratuito, di umiliazione e incitamento sistematico all’odio contro gli immigrati, il santuario della loro politica senza che tutto ciò abbia nessuna conseguenza, mentre anzi, la maleducazione viene confusa e considerata la forza della democrazia e della libertà, e mentre oltretutto dietro alle formule convenzionali di sincerità, di franchezza o verità nei confronti degli immigrati, si nasconde invece un’arroganza politicamente insostenibile in qualunque Stato civile? Che forza di democrazia e di libertà può esserci dietro a un insulto gratuito e all’umiliazione sistematica contro un volto già segnato dalla pauperizzazione antropologica e strutturale, proveniente oltretutto da rappresentanti istituzionali? Come può un movimento, un 4 / 4 Partito di un Paese che si ritiene democratico e civile, iscritto alla comunità delle nazioni e cosciente del grave problema di squilibrio mondiale odierno e del divario tra il Nord e il Sud del mondo, fare della caccia all’Altro lo sfondo della sua campagna elettorale, quale unico contributo politico effettivo da offrire alla soluzione dei giganteschi problemi di questa comunità delle nazioni? Ma più triste ancora, come può una società che si ritiene civile accettare che nel proprio Paese volti in cerca di pane e guarigione siano tranquillamente derisi, imprigionati, ammanettati, rinchiusi nei posti chiamati CPT e rispediti a casa come clandestini, dalle loro istituzioni, senza che tutto questo provochi un minimo di dibattito sociale serio? Che pericolo rappresenta la situazione di clandestinità tanto da meritare un trattamento riservato sistematicamente a un assassino misero? E poi a rigore dei termini, cosa significa essere clandestino? Clandestino nei confronti di chi e di che cosa? Come può essere clandestino un volto umano che ho davanti a me? Chi non è immigrato e clandestino su questa faccia della terra? Può una società civile, uno Stato di diritto, accettare che la situazione e condizione di clandestinità diventi un reato più grave e quindi più importante della stessa vita umana che chiede pane e giustizia? Oppure la mia condizione e situazione di clandestinità cancella la mia possibilità di essere un semplice volto umano che quindi può essere tranquillamente ucciso come gallina a colpi d’arma da fuoco, come è successo al Muro della morte spagnolo e marocchino come forma di controllo dei cosiddetti clandestini? Non è per caso un crimine politico il fatto che esseri umani, per diverse ragioni cui la politica dovrebbe rispondere, siano oggi costretti a vivere in situazione e condizioni di clandestinità? La clandestinità non è solamente un problema per i malviventi che offrono strumenti per la sua realizzazione marittima, aerea o terrestre, ma è anche una conseguenza della latitanza politica nei confronti dei bisogni umani della grande maggioranza dell’umanità. In questo senso, l’immigrazione anche nella sua veste di clandestinità, è anzitutto un conflitto antropologico. In fondo riflettere sull’immigrazione significa riflettere sul senso della vita umana e che significato può assumere in un contesto di globalizzazione e di mondializzazione nel quale il 20% delle “vite globalizzate” controllano quasi il 90% delle risorse che il pianeta Terra offre per il mantenimento della vita degli esseri umani. Ora per difendere la vita umana oggi è essenziale guardare a ciò che costituisce l’ultima realtà degli esseri umani e che ci interpella: ciò che Jon Sobrino chiama “ultimidad de lo humano”, e cioè la sofferenza delle vittime e la conseguente necessità di compassione con le vittime della storia mondiale odierna. Si tratta di “con-soffrire” con loro e vivere e “dis-vivere” per eliminare la loro sofferenza, sapendo che si tratta di una lotta per la salvaguardia della specie umana, dell’essere umano tout court. Insomma si tratta di vivere radicati nella consapevolezza che “extra pauperis nulla salus” per questa nostra umanità desiderosa di autenticità e di guarigione. Si tratta di ripristinare la dimensione della femminilità primordiale che è quella dimensione della cura, “dell’esprit de finesse” (Pascal) dell’attenzione, della compassione, della misericordia, dell’amore, senza i quali nessuna umanità è in grado di sopravvivere nel tempo. CARITAS MIGRANTES/04_Merisi.pdf Presentazione “Dossier Statistico Immigrazione 2008” Caritas/Migrantes Roma, Teatro Orione, 30 ottobre 2008 Intervento di S.E. Mons. S.E. Mons. Giuseppe Merisi, presidente di Caritas Italiana Abbiamo seguito la presentazione del Dossier sull’immigrazione e abbiamo sentito osservazioni pertinenti rispetto alla situazione degli immigrati nel nostro Paese. Prima di proporre qualche osservazione su questo Dossier a partire dalla vita quotidiana della Chiesa desidero soffermarmi su alcune premesse che mi sembrano significative. La prima premessa riguarda il Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del prossimo 18 gennaio 2009. Nel Messaggio il Papa, a partire dalla testimonianza di san Paolo, “migrante per vocazione”, si rivolge ai cristiani invitandoli a vivere un modello di Chiesa non esclusivo, ma aperto a tutti, formata da credenti senza distinzione di cultura e di razza. E si rivolge a tutte le persone di buona volontà invitando a celebrare questa Giornata come uno stimolo a vivere in pienezza l’amore fraterno senza distinzioni di sorta e senza discriminazioni, nella convinzione che è nostro prossimo chiunque ha bisogno di noi e che noi possiamo aiutare In questo quadro citerei anche le parole che il Papa ha pronunciato proprio qualche giorno fa accogliendo il nuovo ambasciatore delle Filippine presso la Santa Sede. Il Papa ha ricordato che agli immigrati vanno garantiti, sia a livello di Stati che di Comunità internazionale, ricongiungimenti famigliari, lavoro, dignità, integrazione nelle società che li ospitano. Mentre non va tralasciato l’impegno di promuovere il più possibile l’occupazione nei Paesi d’origine con l’aiuto necessario, come ha fatto, aggiungo, la Chiesa italiana con la Fondazione del Giubileo “Giustizia e Solidarietà” nei confronti di alcuni paesi africani. In particolare il Papa raccomanda di fronteggiare le sfide per assicurare l’integrazione degli immigrati nella società in modo che si riconosca la loro dignità umana e che si assicuri loro l’opportunità di guadagnarsi una vita decente rispettando il tempo del riposo e del culto. Il Papa ha anche raccomandato alla gente di fede e a tutti i cittadini di cooperare alla costruzione della solidarietà con prudenza e paziente determinazione. Vorrei citare anche un intervento del 7 ottobre scorso dell’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati a Ginevra. L’Osservatore, Mons. Tomasi, ha detto: “I disastri naturali e quelli causati dall’uomo (aveva citato poco prima la crisi dei Mercati finanziari) espongono milioni di persone e famiglie a condizioni di estrema povertà e a violazioni dei loro diritti umani fondamentali. Queste situazioni intollerabili rendono loro impossibile restare nei luoghi di residenza, anche se vorrebbero. Guardando al futuro, le condizioni delle persone sradicate appaiono più che mai ambigue e deprimenti. In vista dell’emergere e della sovrapposizione di queste nuove complessità, i nostri dibattiti sulla protezione potrebbero dover affrontare gravi ostacoli. Risposte politiche, un’assistenza immediata e conoscenze tecniche sono necessarie, ma bisogna acquisire anche una chiara dimensione 1 / 5 etica e porla al centro del dibattito mentre prendiamo decisioni su come offrire un’adeguata protezione”. Si parla di rifugiati, non tout court di immigrati, però l’osservazione mi sembra pertinente. Si parla di protezione: questa dizione riguarda i rifugiati ma l’osservazione sull’emergenza riguarda tutti e gli immigrati in particolare. Una seconda premessa riguarda la diversa responsabilità fra le realtà ecclesiali (per noi quelle della Chiesa Cattolica) e le realtà Istituzionali responsabili della promozione del Bene Comune per la gente e la società del nostro Paese. Alle realtà ecclesiali compete di testimoniare la fedeltà al Vangelo nella proposizione e nella promozione dei principi della Dottrina sociale della Chiesa. All’interno della vicenda ecclesiale, alla Caritas e alla Migrantes, come ad altre Istanze, si chiede di conoscere, di studiare le situazioni, in particolare degli ultimi, dei poveri, degli emarginati, oggi degli immigrati: studiare, conoscere, offrire proposte e testimonianze, collaborare per la promozione del Bene comune nel rispetto delle distinzioni tante volte richiamate, recentemente nell’enciclica “Deus caritas est”, e negli interventi pubblici come nel recente incontro tra il Presidente della Repubblica e il Papa, prima ancora negli accordi di revisione del Concordato nel 1984. Una distinzione di responsabilità che chiede alle realtà ecclesiali di rispettare, anche quando non si è d’accordo, il luogo politico della decisione, nella logica del pluralismo o della democrazia e alle Istituzioni pubbliche e alla Politica, chiede di rispettare anche quando non si è convinti, il parere e le convinzioni con la testimonianza e il ruolo dell’advocacy, di chi ritiene come Caritas e Migrantes, di conoscere da vicino le situazioni di povertà e di emarginazione. Questa distinzione e la conseguente reciproca attenzione, anche, ripeto, soprattutto forse dove non si è d’accordo, può aiutare il dipanarsi di un corretto confronto tra le Istituzioni e la Società civile, nell’accoglimento anche da noi del cosiddetto PIANO D della Commissione Europea (Dialogo, Dibattito, Democrazia) che rispetti i ruoli e che a tutti chieda serenità di giudizio e ascolto vicendevole. Una terza premessa riguarda la “introduzione” del Dossier con l’approccio positivo da parte della Caritas e della Migrantes in cui si ricorda che il Dossier è ispirato ad una logica di condivisione di alcuni principi di base. La metodologia di approfondire il fenomeno attraverso la raccolta di dati statistici intende essere già di per sé una salvaguardia dalle impostazioni tendenziose. E mi pare, aggiungo io, che nel Dossier si possa distinguere il dato oggettivo dalla sua lettura e dalle diverse interpretazioni possibili. Il fatto poi che Caritas e Migrantes siano organismi pastorali a servizio dei Vescovi italiani assicura ulteriormente sulla adozione di un’ottica né ideologica, né legata a logiche di interessi. Tutto questo dice l’Introduzione del Dossier nella consapevolezza che giustizia, legalità, solidarietà, apertura al futuro, sono ambiti congiunti su cui lavorare per creare convergenze ampie, nel rispetto delle distinzioni di cui sopra abbiamo detto. 2 / 5 Passando a quanto abbiamo ascoltato, al Dossier e ai suoi dati, formulerei queste brevi osservazioni: 1- Innanzitutto sul clima sociale e culturale, che mi pare si possa desumere da quanto abbiamo ascoltato e letto. Possiamo notare, su questo tutti possiamo concordare, due sentimenti concorrenti nella sensibilità della nostra gente nei confronti dell’immigrazione: - solidarietà e paura - accoglienza e timore per la sicurezza - consapevolezza dei vantaggi che l’immigrazione reca allo sviluppo economico e all’assistenza, e pericolo per la criminalità A parte la fondatezza dei timori in relazione ai dati, qualcuno – non tutti per la verità – nota nella cultura prevalente o nelle sottolineature mass mediali, una accentuazione della seconda parte delle sensibilità citate (paura, timore per la sicurezza, pericolo per la criminalità). È una sensazione, credo, di cui occorre prendere atto, anche se andrebbe ulteriormente indagato. Credo però anche che ci si debba impegnare perché la gente valuti con oggettività la situazione, non nascondendo i pericoli ma neppure ingigantendoli. Soprattutto aiutando a comporre correttamente accoglienza e legalità, che insieme generano sicurezza. Credo che i sentimenti di realismo e di speranza evocati nell’ultimo Consiglio Permanente della CEI possono favorire il nostro impegno che è di educazione e di promozione del Bene Comune. 2- Sulla situazione giuridica: dai dati mi sembra emerga la possibilità di fare di più, sia per l’accoglienza e l’integrazione, sia per la difesa della legalità, sia per l’aiuto ai Paesi da cui provengono gli immigrati, specie per quelli del Terzo mondo. La Chiesa italiana qualcosa ha fatto. Ci auguriamo che anche le Istituzioni possano fare di più, pur in tempi di tagli e di risparmi. Come si può fare questo di più? Rispettiamo la competenza e la responsabilità delle Istituzioni pubbliche, e auspichiamo che si avvalgano di luoghi e di ambiti di ascolto e di consultazione già attivati, in cui naturalmente oltre al consiglio si possa offrire anche collaborazione fattiva (il Papa ha parlato di cooperazione). Attivare e valorizzare dunque i Tavoli di coordinamento nazionali sull’ Asilo, la Commissione per la Carta dei valori, e gli altri Tavoli o Commissioni esistenti o da ripristinare o da inventare. Si tratta, ovviamente, di un suggerimento rispettoso. Luoghi di ascolto e anche, se possibile e opportuno, luoghi decisionali, secondo legge e competenze nazionali o regionali o locali, valorizzando il federalismo solidale. E luoghi che già ci sono per attivare e incrementare la cooperazione (Centri di accoglienza, Centri per i richiedenti Asilo, ex C.P.T., ecc...). Accoglienza, integrazione e contrasto della criminalità non sono atteggiamenti contraddittori ma obiettivi da perseguire contemporaneamente, con senso di umanità 3 / 5 e rispetto della dignità di ogni persona, con equità e equilibrio, come ha detto il Papa all’ambasciatore delle Filippine. 3- Le prospettive: Credo che ci sia da guardare in avanti con perspicacia, lungo le strade del futuro, come dice il titolo del Dossier, con questi nuovi cittadini, cittadini d’Italia, cittadini dell’Europa, cittadini del mondo. Realismo e speranza. Bene Comune e difesa della dignità di ogni persona, di chi viene e di chi accoglie, lontano da chiusure ideologiche. Senza falsi ottimismi e senza allarmismi inutili. Guardando al futuro con qualche impegno in più per studiare il trend dei Paesi che hanno affrontato i problemi e i drammi dell’immigrazione prima di noi, in America e in Europa, con l’esperienza ad esempio della santa Madre Cabrini, originaria della nostra Diocesi di Lodi, con gli immigrati italiani in America. Sapendo che la globalizzazione e l’apertura delle frontiere e la libertà progressiva dei popoli (e la persistente chiusura e persecuzione in altri popoli) costringe a immaginare e a fare salti di qualità, di natura culturale innanzitutto, in cui diritti e dovere, progetti di lungo e breve termine, vengano studiati e realizzati con tutte le forze valide presenti sul campo. So che l’emergenza preme e l’emergenza va affrontata con coraggio e senza paura dell’impopolarità. Ma so anche che non si può operare e non si possono affrontare eventi drammatici senza avere prospettive e idee chiare, alte, condivise, radicate nei grandi principi della tradizione umana e cristiana della nostra gente. Un’altra prospettiva importante riguarda il nostro cammino, anche sulle politiche della immigrazione, con l’Unione Europea, a partire dalle osservazioni del nostro fratello Filomeno Lopes. Sappiamo che non sempre, o non tutti si trovano d’accordo con le direttive comunitarie. Si può e si deve discutere nelle sedi competenti. E però sappiamo anche che non abbiamo alternative realistiche al camminare insieme. E sappiamo ancora che ci si sta attivando per affrontare più da vicino il problema dell’immigrazione (strategia di Barcellona, collegamento dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, e ultimamente il rapporto più stretto tra Italia, Grecia, Cipro, Malta). Alla COMECE si sta esaminando proprio in questi giorni, il Patto europeo per l’immigrazione e l’Asilo, che in parte mi pare sia stato modificato dopo le prime proposte, in particolare sul tema dei ricongiungimenti famigliari. Una parola infine sul tema delle diverse Religioni o Confessioni che con l’immigrazione da sud e da est vengono a contatto con la nostra gente, cattolica in grande maggioranza. Dal punto di vista della evangelizzazione, ma anche della promozione umana, noi chiediamo che i credenti guardino a queste presenze con spirito al contempo di - testimonianza coraggiosa della propria fede - dialogo rispettoso - a tutti chiedendo impegno di accoglienza e di rispetto della legge In Europa si celebra quest’anno l’Anno europeo del dialogo interculturale che comprende, come è naturale, il dialogo interreligioso. A Bruxelles si tengono periodicamente importanti incontri fra le Autorità comunitarie (Parlamento, Commissione, Governi) e i Rappresentanti delle Religioni e delle Comunità religiose di 4 / 5 5 / 5 ogni convinzione. C’è stato e c’è dialogo, c’è stato e c’è ascolto vicendevole. Si sono avuti dissensi e consensi con buone prospettive anche tra cristiani e mussulmani. Sul tema degli edifici di culto, credo si debba far riferimento, nel rispetto della libertà religiosa, alle leggi esistenti e soprattutto a quelle in divenire, dentro il contesto della Costituzione repubblicana. Noi speriamo che il Parlamento possa sollecitamente approvare una nuova legge sulla libertà religiosa in cui anche il tema dei luoghi di culto trovi orientamenti e normative precise. In molte regioni esistono già leggi urbanistiche adeguate a cui si può far riferimento, anche se non sempre è facile distinguere i luoghi di culto da altre strutture e soprattutto individuare i luoghi adeguati, scelti in modo da tenere conto di tutti i sentimenti in gioco. CARITAS MIGRANTES/05_scheda_sintesi.pdf 1 X V I I I R a p p o r t o s u l l ’ i m m i g r a z i o n e CARITAS/MIGRANTES Immigrazione Dossier Statistico 2008 Lungo le strade del futuro IDOS - Centro Studi e Ricerche Redazione Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes Via Aurelia 796 - 00165 Roma Tel. 06.66514345 – Fax 06.66540087 E-mail: idos@dossierimmigrazione.it Internet: www.dossierimmigrazione.it Il Dossier Caritas/Migrantes 2008, inquadrando in prospettiva i nuovi numeri sulla presenza degli immigrati con lo slogan “Lungo le strade del futu- ro”, vuole coglierne in primo luogo il significato sociale. Per prepararsi al nuovo scenario è indispensabile una mentalità più inclusiva e capace di guardare gli immigrati non come gli “altri”, i diversi, gli estranei (e, secondo alcuni, i devianti), bensì come nuovi cittadini, compagni di strada in grado di fornire un nuovo apporto al nostro sviluppo. Quanto sta avvenendo in Italia è stato in prece- denza sperimentato da molti altri paesi europei e d’oltreoceano, in diversi dei quali gli italiani stessi sono stati immigrati. Come più volte ha sottolinea- to la Chiesa, l’immigrazione può apportare notevoli potenzialità allo sviluppo locale, ma richiede atten- zione e accoglienza, in un quadro certo di diritti e di doveri. Il numero degli immigrati. Fornire il numero totale degli immigrati regolari presenti in Italia all’i- nizio di ogni anno è il primo compito di un rappor- to periodico come il Dossier Caritas/Migrantes. Secondo l’Istat i cittadini stranieri residenti, dopo un aumento annuale di circa mezzo milione di unità, all’inizio del 2008 sono quasi 3.433.000, inclusi i comunitari: il 62,5% nel Nord (più di 2 milioni), il 25,0% nel Centro (poco meno di 1 milione) e il 12,5% nel Mezzogiorno (quasi mezzo milione). Le regioni con un maggior numero di immigrati stranieri sono la Lombardia (815.000 residenti e circa 910.000 presenze regolari) e il Lazio (391.000, 423.000). Caritas e Migrantes accreditano un numero supe- riore di immigrati regolarmente presenti, che oscilla tra i 3.800.000 e i 4.000.000, su una popolazione complessiva di 59.619.290 persone, con un’inci- denza del 6,7% (leggermente al di sopra della media UE, che è stata del 6,0% nel 2006). Queste due fonti, seppure differenti, non sono in contrasto perché si riferiscono a distinte categorie di immigrati: il Dossier tiene conto anche di quanti, arrivati più di recente, non hanno ancora acquisito la residenza, per il cui ottenimento si richiede spes- so più di un anno. La prima collettività, raddoppiata in due anni, è quella romena (625.000 residenti e, secondo la stima del Dossier, quasi 1 milione di presenze rego- lari), seguita da quella albanese (402.000) e maroc- china (366.000); un poco al di sopra e un poco al di sotto delle 150 mila unità si collocano, rispettiva- mente, le collettività cinese e ucraina. A guadagna- re anche in termini percentuali sono stati gli euro- 2 pei (52,0%), mentre gli africani mantengono le posizioni raggiunte (23,2%) e gli asiatici (16,1%) e gli americani (8,6%) perdono almeno un punto percentuale. La dimensione strutturale e i flussi. Tutte le fonti statistiche attestano: • la ragguardevole presenza complessiva dei citta- dini stranieri; • il forte aumento annuale; • l’incidenza delle donne, diventata ormai parita- ria a quella maschile; • la maggiore forza d’attrazione delle regioni del Centro-Nord; • la crescente presenza anche nel Meridione; • il persistente fabbisogno di manodopera aggiun- tiva; • la crescente tendenza alla stabilizzazione; • il carattere sempre più familiare dell’insediamen- to; • il peso crescente dei minori e delle seconde generazioni; • la pluralità dei paesi di origine e delle tradizioni culturali e religiose. È un indicatore di stabilità anche il crescente inve- stimento per l’acquisto della casa. Tra gli italiani 8 su 10 sono proprietari di casa, mentre tra gli immi- grati lo è solo 1 su 10, ma il divario è in continua diminuzione: nel 2007 gli acquisti effettuati da parte di questi ultimi sono stati 120.000. Tutto lascia intendere che gli immigrati resteran- no stabilmente in Italia e saranno sempre più numerosi: per questi motivi si attribuisce all’immi- grazione una dimensione strutturale. Il nostro paese si colloca in Europa tra quelli al vertice per numero di immigrati e il termine “straniero” diventa sempre meno idoneo a qualificare una presenza così radica- ta e crescente. La dimensione globale delle grandi città italiane anticipa quello che sarà il futuro nel resto del paese. A Milano l’incidenza degli stra- nieri è del 14% e 1 ogni 4 è minore (quasi 50.000 su un totale di 200.000), mentre a Roma l’inci- denza si attesta sul 10% e l’intera popo- lazione immigrata raggiunge le 300.000 unità. I flussi nell’ultimo triennio. Nel periodo 2005-2007 sono state presentate circa 1 milione e 500.000 domande di assunzione di lavoratori stranieri da parte delle aziende e delle famiglie italiane: 251.000 nel 2005, 520.000 nel 2006 e 741.000 nel 2007, con una incidenza, rispetto alla popolazione straniera già residente, prima del 10%, poi del 20% e nel 2007 del 25% (ma addirittura del 33% rispetto ai lavora- tori stranieri già occupati). I flussi registrati nell’ulti- mo decennio sono tra i più alti nella storia d’Italia, paragonabili – se non superiori – al consistente esodo verso l’estero degli italiani nel secondo dopo- guerra. In fenomeni così vasti e dal ritmo così serrato si annidano anche gli abusi, ma questo non deve far dimenticare che l’immigrazione è sostanzialmente di segno positivo e concorre fortemente a porre rimedio alle lacune del nostro paese. La transizione demografica in atto sta trasformando l’Italia da paese dall’età media avanzata in un paese tra i più vecchi del mondo, mentre il mercato – per produr- re ricchezza – abbisogna continuamente di nuovi innesti lavorativi. Gli immigrati sono una popolazio- ne giovane: l’80% ha meno di 45 anni, mentre sono molto pochi quelli che hanno superato i 55 anni. Inoltre, il tasso di fecondità delle donne stra- niere è in grado di assicurare il ricambio della popo- lazione (2,51 figli per donna), a differenza di quan- to avviene tra le italiane (1,26 figli in media). Nel 2007, poiché non è stata integrata la quota iniziale di 170.000 nuovi ingressi, si può ipotizzare, tenuto conto delle domande presentate, la presen- za di almeno mezzo milione di persone già insedia- te in Italia e inserite nel mercato del lavoro nero (e a volte sprovviste di permesso di soggiorno) il che solleva la necessità di una più efficace gestione del mercato occupazionale. A regolamentare i flussi in entrata non potranno essere i Centri di identificazione e di espulsione e gli interventi repressivi, ma si richiede il supporto di interventi più organici. Residenti stranieri al 31.12.2006 2.938.922 Pratiche di residenza in arretrato risolte nel corso del 2007 300.000 Nuovi occupati nel 2007 251.190 Nuovi lavoratori autonomi venuti dall’estero nel 2007 (comunitari e non) 1.600 Nuovi nati da entrambi i genitori stranieri nel 2007 (stima) 63.000 Minori non comunitari ricongiunti nel corso del 2007 32.744 Altri familiari non comunitari ricongiunti nel 2007 60.810 Soggiornanti non comunitari venuti per altri motivi nel 2007 45.886 Comunitari venuti per ricongiungimento familiare o per altri motivi nel 2007 92.960 Comunitari venuti nel 2007, senza registrarsi, in previsione di un loro insediamento 200.000 Stima presenze regolari totali al 31.12.2007 3.987.112 ITALIA. Stima Caritas/Migrantes della presenza straniera regolare, comunitaria e non comunitaria (31.12.2007) FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Stima su fonti varie Crescente simbiosi con gli italiani. Tra gli italiani e gli immigrati la connessione sta diventando sempre più stretta, gli uni non possono andare avanti senza gli altri, sebbene accanto a innegabili vantaggi si pongano anche problemi da superare. Conviene soffermarsi su tre aspetti, che attestano l’esistenza di legami sempre più forti e mostrano quanto non sia ragionevole ipotizzare una netta “separazione” tra popolazione italiana e popolazione immigrata. 1. Gli immigrati, in un numero sempre più elevato di casi, sono interessati ad acquisire il permesso di soggiorno per lungo-residenti (documento in prece- denza denominato “carta di soggiorno”), perché capiscono che la loro permanenza in Italia sarà tutt’altro che temporanea, si fanno raggiungere dai propri cari o si sposano e mettono su famiglia. In questo contesto sorprende non poco che molti inizi- no da regolari la loro storia migratoria e finiscano nella irregolarità, per la complessità e la contradditto- rietà di alcuni aspetti della normativa. 2. Gli immigrati non solo vivono vicino a noi, ma instaurano rapporti di vera e propria condivisione. Nel 2006, 1 matrimonio ogni 10 ha coinvolto un partner italiano e uno straniero (24.020 su un totale di 245.992 matrimoni), quota più che doppia rispet- to ai matrimoni con entrambi i coniugi stranieri (10.376). In nove regioni del Nord l’incidenza dei matrimoni misti arriva addirittura al 25% del totale. Le coppie miste che resistono nel tempo attestano una realtà molto promettente ai fini dello scambio culturale. 3. Sempre più l’acquisizione della cittadinanza ita- liana viene ritenuta funzionale al proprio disegno di permanenza e a un inserimento paritario, il che indi- ca anche un apprezzamento per il nostro paese. Nel 2007 sono stati 38.466 i casi di acquisizione di citta- dinanza, circa il doppio rispetto a tre anni fa. Il livello è però ancora molto basso se confrontato con i 700 mila casi di cittadinanza registrati in Europa, quasi 2.000 al giorno, dei quali solo un centinaio in Italia, che nell’Unione registra ancora uno tra i più bassi tassi di naturalizzazione. Un contribu- to lavorativo indispensabile. In Italia, special- mente tra gli immigrati, è enormemente diffuso il merca- to del lavoro nero, non solo presso le fami- glie ma anche nelle aziende, con un’ampiez- za sconosciuta negli altri paesi industrializzati. Pure le statistiche lavorative ufficiali attestano il contributo sostanziale di questi lavoratori, sia europei (i più numerosi) che di altri continenti. Nell’insieme si tratta di più 1 milione e 500.000 persone, con un’incidenza sul totale che supera il 10% degli occupati in diversi comparti. La massima concentrazione di lavoratori immigra- ti, pari ai due terzi del totale, si rileva nel Nord. A Brescia è nato all’estero 1 lavoratore ogni 5 occupa- ti; a Mantova, Lodi e Bergamo 1 su 6; a Milano 1 su 7; sempre a Brescia è nato all’estero 1 assunto ogni 3 e a Milano 1 ogni 4, mentre in tutta la Lombardia i nuovi assunti quasi per la metà (45,6%) sono nati all’estero. Nel Veneto, all’inizio del 2000 erano 20.000 le aziende che ricorrevano ai lavoratori stra- nieri, mentre ora sono 40.000. Nel Lazio vi è solo un decimo di questi lavoratori, ma sono tanti quan- ti nell’intero Mezzogiorno, dove in alcuni settori come l’agricoltura, l’edilizia e l’assistenza alle fami- glie il loro apporto è divenuto parimenti indispensa- bile. Si radica nella forte presenza nel mondo del lavo- ro anche l’elevato tasso di iscrizione ai sindacati (814.311 persone), che incide per il 5% sul totale degli iscritti e per ben il 12% sugli iscritti attivi, decurtati cioè dei pensionati. Un apporto lavorativo necessario anche nel futuro. Le piccole imprese sono protagoniste delle assunzioni nei tre quarti dei casi e ciò per la peculia- re conformazione del nostro sistema produttivo. La situazione è molto differente dal panorama migra- torio del dopoguerra, quando milioni di meridionali furono attratti dalle grandi fabbriche del Nord Ita- lia, della Germania, della Svizzera e di altri paesi europei. Si spiega così anche il carattere diffuso degli immigrati su tutto il territorio. Il loro tasso di attività è mediamente del 73,2% (dell’88% per i soli maschi), e quindi ben 12 punti in più rispetto agli italiani, mentre il loro tasso di disoccupazione è due punti più alto (8,3% in media 3 Tasso di attività Occupati nati in paesi esteri 2.704.450 stranieri 73,2% Nuovi assunti nati in paesi esteri 599.466 italiani 61,9% Saldi tra assunzioni e cessazioni 198.033 Tasso di occupazione Percentuale nuovi assunti su occupati 22,2% stranieri 67,1% italiani 58,1% Imprese costituite da persone nate all'estero 165.114 Tasso di disoccupazione Stranieri iscritti ai sindacati (Cgil, Cisl, Uil, Ugl) 814.311 stranieri 8,3% Infortuni di lavoratori nati in paesi esteri 140.579 italiani 5,9% Incidenza stranieri su totale infortuni 15,4% donne straniere 12,7% Rimesse inviate dall’Italia (in migliaia di euro) 6.044.060 Stranieri alle dipendenze 84,4% Stima del gettito fiscale degli immigrati (in euro) 3.749.371.530 ITALIA. Partecipazione degli immigrati all’economia e al mercato del lavoro (2007) FONTE: Dossier Statistico Immigrazione. Elaborazioni su dati di fonti varie e 12,7% per le donne), ma con valori tre volte più elevati per alcune collettività come quella maroc- china. Gli occupati in agricoltura (7,3%) e quelli nei ser- vizi (53,8%) nel periodo 2005-2007 sono aumenta- ti di due punti percentuali a scapito dell’industria (35,3%). Le tipologie di inserimento evidenziano le diverse caratteristiche del territorio: nel Nord prevalgono il lavoro in azienda e il lavoro autonomo, nel Centro il lavoro autonomo e il lavoro in famiglia e nel Sud il lavoro in famiglia e il lavoro agricolo. Anche in una congiuntura economica difficile, come quella attuale, è prevista la necessità di nuovi lavoratori stranieri per il buon andamento del merca- to, per cui si tratta di rendere più flessibile il ricorso alle quote anziché chiudere pregiudizialmente l’af- flusso. Ai lavoratori immigrati, del resto, è dovuta per i due terzi la crescita dell’occupazione in Italia, nel- l’ordine di 234.000 nuovi lavoratori nel 2007. Aumento degli imprenditori immigrati. Gli immigrati occupano i posti di lavoro loro offerti e in misura crescente ne creano per proprio conto, spe- cialmente dopo aver superato la difficile fase del primo inserimento. Il lavoro autonomo, soprattutto artigiano, coinvolge più di un decimo della popola- zione adulta straniera, con 165.114 titolari d’impre- sa, 52.715 soci e 85.990 altre figure societarie: è intervenuto un aumento di un sesto rispetto a mag- gio 2007, con una dinamicità ben più accentuata rispetto a quella riscontrabile tra le aziende a titola- rità italiana. L’85% delle aziende con titolari immigrati è stato costituito dal 2000 in poi, quando sotto diversi aspetti il radicamento dell’immigrazione è diventa- to più palese. Le collettività con più imprenditori (oltre 20.000) sono la marocchina, la romena (in forte crescita) e la cinese, mentre l’albanese segue con 17.000 titolari. Si riscontra attualmente una notevole concentrazione settoriale: su 10 imprese 4 lavorano in edilizia, settore dinamico e diffuso in tutta Italia, e quasi 4 nel settore commerciale. Se il tasso di imprenditorialità degli immigrati fosse pari a quello degli italiani, le imprese raddop- pierebbero e supererebbero le 300.000 unità, con conseguenti benefici in termini di produzione di ric- chezza e creazione di posti di lavoro, auspicabil- mente con una presenza anche nei settori a più alta tecnologia e contenuto innovativo, evitando così che l’apporto degli imprenditori immigrati sia limi- tato ai livelli più bassi. Il Dossier ha scelto come caso di studio il Consorzio Interpreti Traduttori (ITC), costituito a Roma nel 2006 ma operante in tutta Italia. Il consorzio mette a dispo- sizione delle Commissioni per il riconoscimento dello status di rifugiato e dei Centri di accoglienza e di iden- tificazione i suoi 823 soci di entrambi i sessi, per lo più laureati (anche se in 4 casi su 5 il loro titolo non è stato riconosciuto), provenienti dai diversi continenti, con una discreta anzianità di residenza (solo un terzo è presente in Italia da meno di 10 anni) e anche un’età matura (più della metà ha superato i 35 anni), in un quarto dei casi nati o cresciuti in Italia, ottimi conoscitori di varie lingue. Creatori di ricchezza e non assistiti. Il Dossier, in collaborazione con la Commissione d’indagine sull’e- sclusione sociale, le associazioni degli immigrati e la società cooperativa Codres, ha condotto nell’area romana un’indagine su un campione di oltre 900 immigrati dai risultati significativi. Risulta, in generale, che gli immigrati corrono maggiormente il rischio di cadere in povertà rispetto agli italiani perché fruiscono di minori tutele. Le maggiori difficoltà riscontrate nella fase iniziale ven- gono superate grazie alle reti parentali e amicali, solo raramente integrate da interventi delle strutture pub- bliche. Anche se il reddito medio netto da lavoro non è elevato (sui 900 euro), circa i due terzi degli intervistati si ritengono soddisfatti dell’inserimento occupazionale realizzato. Cercano di farsi bastare quanto hanno e i loro consumi sono in prevalenza destinati a soddisfare i bisogni di base. Il loro inqua- dramento come una massa di assistiti non trova riscontro nei risultati dell’indagine e neppure nelle statistiche ufficiali. Secondo i dati Istat (2005), per interventi diretti rivolti specificamente agli immigrati sono stati spesi dai comuni 136,7 milioni di euro, il 2,4% della loro spesa sociale, pari a 53,9 euro pro capite. Tenendo conto che gli immigrati sono anche beneficiari dei servizi rivolti alla generalità della popolazione, le somme utilizzate a loro beneficio potrebbero salire al massimo a 1 miliardo di euro e sarebbero abbon- dantemente coperte dalle entrate che essi garanti- scono. Una stima del Dossier ha evidenziato che il gettito fiscale assicurato dagli immigrati nel 2007 è stato di 3 miliardi e 749 milioni di euro, dei quali 3,1 miliar- di per i soli versamenti Irpef e le restanti somme per diverse altre voci (addizionale Irpef regionale, Ici, Imposte catastali e ipotecarie), tra le quali le più consistenti sono quelle per imposta di registro (137,5 milioni) e imposta sostitutiva del reddito d’impresa (254,5 milioni di euro). Questi numeri non destano sorpresa, tenuto anche conto che secondo Unioncamere gli immi- grati concorrono per il 9% al Prodotto Interno Lordo. Gli immigrati assicurano anche un contributo economico rilevante ai paesi di origine tramite le rimesse, che nel 2007 a livello mondiale sono ammontate a 337 miliardi di dollari, mentre in Italia hanno raggiunto i 6 miliardi di euro, un quinto in 4 5 più rispetto al 2006, dirette in prevalenza verso i paesi emergenti e in via di sviluppo, in particolare verso la Cina e le Filippine. Scuola e università. Nel 2007 sono nati 64.000 bambini da entrambi i genitori stranieri e, se si tiene anche conto dei minori che vengono per ricongiun- gimento, emerge che la popolazione minorile aumenta in Italia al ritmo di 100.000 unità l’anno. I minori stranieri residenti sono 767.060, dei quali ben 457.345 di seconda generazione, ovvero nati in Italia e quindi stranieri solo giuridicamente. Gli studenti figli di immigrati aumentano al ritmo di 70.000 unità l’anno e hanno sfiorato le 600.000 unità nell’anno scolastico 2007-2008 (574.133), con un’incidenza media del 6,4% (ma del 10% e più in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Umbria) e una maggiore concentrazione nelle scuo- le elementari e medie. Sono poco meno di 100 mila gli studenti romeni (92.734), albanesi (85.195) e marocchini (76.217), quasi 30.000 i cinesi, 20.000 gli ecuadoregni, 15.000 i tunisini, i serbi e i montenegrini. Non sono pochi i problemi che si presentano in un sistema scolastico scarsamente dotato di mezzi per favorirne un inserimento adeguato, specialmen- te quando il trasferimento dall’estero avviene nel corso dell’anno scolastico. Secondo fonti ministeria- li, il 42,5% degli alunni stranieri non è in regola con gli studi, con ritardi scolastici particolarmente accentuati nella scuola secondaria superiore, dove il 19% degli iscritti stranieri ha più di 18 anni. Un altro serio problema è l’eccessiva canalizzazione di questi ragazzi verso il ramo tecnico-professionale. La globalizzazione riguarda anche le università italiane, dove sono iscritti 47.506 studenti stranieri, il doppio rispetto ad appena 10 anni fa ma pur sempre pochi: del resto il nostro sistema conosce una bassa considerazione a livello internazionale, risultando solo le università di Bologna e Roma (La Sapienza) nella graduatoria delle prime 200 più prestigiose (peraltro solo al 173° e 183° posto). Gli studenti stranieri sono solo il 2,6% dell’intera popolazione universitaria (1.809.186) e, quindi, un’esigua quota rispetto alla media dei paesi Ocse (7%). Gli universitari stranieri nuovi immatricolati sono annualmente 10.000 (per il 60% donne). Inol- tre, gli iscritti ai dottorati di ricerca sono 2.136 su 38.890 (5,9%), gli iscritti ai master di I e II livello 2.385 su 43.127 (5,5%) e i laureati 5.000 l’anno. Le lingue e le culture degli immigrati. Rilevante è anche la ricchezza culturale di cui gli immigrati sono portatori e della quale sono espressione le rispettive lingue (il Dossier ne censì 150 già nel 2001 in uno studio dell’Università per stranieri di Siena). Queste lingue, oltre a essere una ricchezza per i contenuti che veicolano, possono fungere anche da volano per i contatti commerciali con i paesi di origine: si pensi al cinese, all’arabo, al russo e allo spagnolo. Le lingue madri, che solitamente non sono di ostacolo all’apprendimento dell’italiano, sono indi- spensabili per sostenere l’identità culturale matura- ta nei paesi d’origine e la vita delle diverse colletti- vità. L’ong Cospe ha registrato 146 testate “in lin- gua” di immigrati attive ad aprile 2007, per i due terzi costituite negli ultimi 5 anni: 63 giornali (per lo più mensili), 59 trasmissioni radiofoniche, 24 programmi televisivi (in prevalenza settimanali) con intervento anche di grandi gruppi come “Metropo- li” del giornale “La Repubblica” e “Stranieri in Ita- lia”. Lavorano nel settore 800 operatori di cui 550 di origine straniera. Si avverte sempre più la neces- sità di riformare la legge professionale, perché attualmente una testata in lingua straniera deve essere diretta da giornalisti italiani, che il più delle volte non conoscono l’idioma della testata stessa. A livello deontologico è stata approvata la Carta di Roma, che però abbisogna di essere dotata di mezzi concreti di applicazione. Il problema della criminalità. Le denunce presen- tate contro cittadini stranieri da 89.390 nel 2001 sono diventate 130.458 nel 2005, su un totale di 550.990 (ultimo dato Istat disponibile). L’aumento complessivo delle denunce nel quinquennio è stato del 45,9% e nello stesso periodo l’incidenza della cri- minalità straniera (regolare e non) è passata dal 17,4% al 23,7%, mentre la presenza straniera rego- lare è raddoppiata (da 1.334.889 a 2.670.514 resi- denti stranieri). Solitamente si afferma che gli stranieri abbiano un più alto tasso di delinquenza degli italiani, senza tenere conto che la “popolazione straniera” coinvol- ta nelle denunce include anche gli immigrati irrego- lari e le persone di passaggio, dai turisti agli uomini d’affari, non quantificabili con esattezza. Un caso particolare è stato quello della collettività romena, che costituisce attualmente un quarto della Imposte Stima del gettito IRPEF 3.113.421.680 Add.le Reg.le IRPEF 146.324.372 Add.le Com.le IRPEF 43.016.010 I.C.I. 10.536.068 Imposte catastali 22.008.000 Imposte ipotecarie 22.008.000 Imposta di registro 137.550.000 Imposta sostitutiva 254.507.400 TOTALE 3.749.371 .530 ITALIA. Stima del gettito fiscale degli immigrati (2007) FONTE: Dossier Statistico Immigrazione. Elaborazioni su dati di fonti varie presenza straniera totale ed è stata coinvolta nel 2005 in un sesto delle denunce penali presentate contro cittadini stranieri, per cui è stata additata come una presenza ad “altissimo potenziale crimina- le”. Senza sminuire la delicatezza della questione, però, il Dossier argomenta sulla base dei dati che la maggior parte dei romeni sono persone oneste. Del resto, secondo lo stesso Rapporto sulla crimina- lità, curato nel 2007 dal Ministero dell’Interno, tenu- to conto che gli immigrati irregolari sono quelli prin- cipalmente coinvolti, i cittadini stranieri regolari inci- dono sulle denunce penali complessive all’incirca quanto incidono sul totale della popolazione resi- dente, tuttavia con un particolare coinvolgimento in reati quali lo sfruttamento della prostituzione, l’estor- sione, il contrabbando e la ricettazione. Un altro caso delicato è quello dei rom, nei cui confronti si è ricorso alla “giustizia fai da te” (il caso del campo Ponticelli a Napoli, complice la credenza non suffragata da dati giudiziari che i rom siano rapi- tori di bambini) e, per la prima volta, all’ipotesi di rilevare impronte digitali nei confronti dei minori della comunità, già così negativamente stigmatizza- ta. Anche secondo Caritas e Migrantes la criminalità pregiudica una corretta convivenza societaria e chi delinque va condannato e punito, ma in un’ottica di rieducazione e senza forme di discriminazione san- zionatoria (come invece è avvenuto nei confronti degli irregolari). La cultura della legalità non è la mera risultante di interventi repressivi ma abbisogna di politiche sociali più inclusive, perché prevenzione e integrazione devono andare di pari passo, mentre espressioni del tipo “tolleranza zero” sono più che abusate nel nostro paese. Un futuro insieme agli immigrati. La stima Istat (giugno 2008) della popolazione residente in Italia fino al 2050 ridimensiona il pericolo di “estinzione” della popolazione italiana e, nel contempo, evidenzia il crescente impatto degli stranieri, a fronte di un andamento demografico negativo, anche se le nasci- te non scenderanno al di sotto delle 500.000 unità. I tre scenari ipotizzati dall’Istat (basso, centrale e alto, a seconda dei parametri prescelti) contempla- no, infatti, l’aumento della popolazione anziana e la diminuzione della popolazione in età da lavoro. In tutti gli scenari l’età media, dai 42,8 anni del 2007, passerà a 49 anni a metà secolo. La popolazione attiva, da 39 milioni del 2007 scenderà nel 2051 a 30,8 milioni nello scenario basso, 33,4 milioni nello scenario medio e 35,8 nello scenario alto. Le persone con 65 anni e oltre, rispetto agli attuali 11,8 milioni, nel 2051 diventeranno 22,2 milioni nello scenario alto, 20,3 milioni nello scenario medio e 18,3 milioni nello scenario basso. I residenti, rispetto ai 59,1 milioni d’inizio 2007, aumenteranno nel 2031 sia nello scenario medio (60,3 milioni, di cui 53,9 italiani) che in quel- lo alto (64,6 milioni, di cui 55,5 italiani) e lo stesso avverrà nel 2051 con 61,6 milioni di abitanti nello scenario medio (di cui 50,9 italiani) e 67,3 milioni nello scenario alto (di cui 54,9 italiani); invece nello scenario basso si andrebbe sotto il livello attuale (55,6 milioni di cui 46,7 italiani, che diminuirebbero così di 3,5 milioni rispetto al 2007). Il futuro dell’Italia non è realisticamente immagina- bile senza gli immigrati. A metà secolo gli stranieri nel paese, al netto di quelli che diventeranno cittadi- ni italiani, saranno 8,9 milioni nello scenario basso, 10,7 milioni nello scenario medio e 12,4 milioni nello scenario alto, con un’incidenza tra il 16% e il 18% sui residenti. Il livello dei flussi annuali ipotizzati dall’Istat, al netto delle uscite, è di 150.000 nuovi immigrati nello scenario basso, 200.000 nello scenario medio e 240.000 nello scenario alto, ipotesi che sembra reali- stico ritoccare ulteriormente verso l’alto. Già attual- mente, infatti, è di 170.000 unità la quota annuale per l’ingresso di nuovi lavoratori, poco meno di 100.000 persone giungono per ricongiungimento familiare, i nuovi nati da entrambi i genitori stranieri sono 64.000 e qualche decina di migliaia di persone vengono a soggiornare in Italia per altri motivi quali quelli religiosi o di studio, determinando così un afflusso nettamente superiore a quello della stessa Germania. Priorità dell’integrazione per Caritas e Migran- tes. Caritas e Migrantes sono organismi ecclesiali impegnati in immigrazione con i propri operatori e con molteplici strutture di servizio fin dagli anni Set- tanta, quando il fenomeno iniziava a rendersi visibile. Questa consolidata esperienza induce ad auspicare il superamento del “complesso di Penelope”, che porta lo schieramento politico maggioritario a disfa- re quanto fatto in precedenza, senza che così possa nascere un minimo comune denominatore libero da logiche ideologiche o partitiche. Il nodo centrale è la mancata percezione dell’im- migrazione come fenomeno strutturale, destinato a incidere sempre più in profondità sulla società. 6 2001 Il tempo dell’integrazione 2002 Lavoratori e cittadini 2003 Italia, paese di immigrazione 2004 Società aperta, società dinamica e futura 2005 Immigrazione e globalizzazione 2006 Al di là dell’alternanza 2007 Anno europeo del dialogo interculturale 2008 Lungo le strade del futuro Gli slogan del Dossier Caritas/Migrantes negli anni Duemila Questo fenomeno non è regolabile unicamente sulla base delle esigenze congiunturali del mondo del lavoro, non è affronta- bile con un mero atteggia- mento di chiusura e non è inquadrabile unicamente nelle esigenze di ordine pubblico. È la logica dei numeri a esigere un cam- biamento di mentalità e l’adozione di politiche rea- listiche e più aperte, supe- rando l’avversione apriori- stica verso la diversità degli immigrati (di colore, di cultura, di religione). Pur nella convinzione che legalità e solidarietà vanno di pari passo, il cosiddetto “pacchetto sicurezza” non esaurisce i contenuti della politica migratoria e neppure ne è la parte più rilevante. Quest’impostazione non elimina gli ostacoli che rendono difficile la vita degli immigrati e non si adopera per sostenerne l’inserimento con risorse e interventi adeguati. Il biso- gno di strategie durature di integrazione è stato ricordato dall’Anno euro- peo del dialogo intercultu- rale, inaugurato con il motto “insieme nella diversità”. Numerose sono le esi- genze cui dare risposta: la necessità di favorire l’im- piego regolare di immi- grati, in particolare nel settore dell’assistenza familiare, di assecondare l’esigenza di coesione delle famiglie, di assicura- re il sostegno sociale all’in- serimento, all’occorrenza chiamando anche i datori di lavoro a fare la loro parte. Secondo Caritas e Migrantes sono le politi- che di integrazione il vero banco di prova degli inter- venti governativi in questo settore. 7 Residenti (Istat) Presenze regolari (stima Dossier)Paese v.a. % vert. v.a. % vert. Romania 625.278 18,2 856.700 21,5 Albania 401.949 11,7 436.300 10,9 Marocco 365.908 10,7 398.500 10,0 Cina 156.519 4,6 169.200 4,2 Ucraina 132.718 3,9 140.400 3,5 Filippine 105.675 3,1 116.400 2,9 TOTALE 3.432.651 100,0 3.987.100 100,0 ITALIA. Stranieri residenti per continenti e principali paesi d’origine FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes e Istat Residenti (Istat) Presenze regolari (stima Dossier)Regione v.a. % vert. v.a. % vert. Lombardia 728.647 24,8 953.600 23,9 Veneto 350.215 11,9 473.800 11,9 Lazio 330.146 11,2 480.700 12,1 Emilia-Romagna 317.888 10,8 421.000 10,6 Piemonte 252.302 8,6 352.000 8,8 Toscana 234.398 8,0 319.400 8,0 ITALIA 2.938.922 100,0 3.987.100 100,0 ITALIA. Stranieri residenti per ripartizione e principali regioni di insediamento FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes e Istat 8 CITTADINANZA v.a. % vert. % donne CITTADINANZA v.a. % vert. % donne Romania 625.278 18,2 52,9 Venezuela 5.219 0,2 67,9 Albania 401.949 11,7 44,7 Portogallo 4.842 0,1 58,0 Marocco 365.908 10,7 40,8 Capo Verde 4.482 0,1 72,0 Cina, Rep.Pop. 156.519 4,6 47,3 Bielorussia 4.265 0,1 80,7 Ucraina 132.718 3,9 80,4 Thailandia 4.055 0,1 90,2 Filippine 105.675 3,1 58,5 Corea, Rep. 3.932 0,1 51,1 Tunisia 93.601 2,7 35,1 Cile 3.556 0,1 57,6 Polonia 90.218 2,6 70,2 Siria 3.539 0,1 37,8 Macedonia 78.090 2,3 42,4 Messico 3.516 0,1 67,5 India 77.432 2,3 40,2 Libano 3.471 0,1 35,4 Ecuador 73.235 2,1 60,2 Svezia 3.451 0,1 67,7 Perù 70.755 2,1 60,7 Congo 3.370 0,1 49,0 Egitto 69.572 2,0 29,5 Togo 3.214 0,1 33,9 Moldova 68.591 2,0 66,4 Congo, Rep. 3.169 0,1 49,1 Serbia e Montenegro 68.542 2,0 44,7 Slovenia 3.096 0,1 46,7 Senegal 62.620 1,8 19,4 Lituania 3.006 0,1 80,8 Sri Lanka 61.064 1,8 44,2 Giordania 2.860 0,1 36,1 Bangladesh 55.242 1,6 32,4 Irlanda 2.735 0,1 54,2 Pakistan 49.344 1,4 30,0 Canada 2.413 0,1 57,0 Nigeria 40.641 1,2 57,0 Israele 2.332 0,1 38,0 Germania 40.163 1,2 61,4 Guinea 2.268 0,1 37,7 Ghana 38.400 1,1 43,7 Danimarca 2.186 0,1 62,9 Brasile 37.848 1,1 67,8 Benin 2.129 0,1 39,5 Bulgaria 33.477 1,0 59,1 Sudan 2.106 0,1 16,0 Francia 30.803 0,9 61,0 Australia 2.089 0,1 61,2 Bosnia-Erzegovina 27.356 0,8 43,9 Liberia 1.876 0,1 13,5 Regno Unito 26.448 0,8 55,7 Iraq 1.825 0,1 32,4 Algeria 22.672 0,7 30,5 Finlandia 1.723 0,1 79,1 Russia, Federazione 21.523 0,6 80,7 Uruguay 1.673 0,0 59,2 Croazia 21.308 0,6 47,9 Angola 1.631 0,0 46,5 Dominicana, Rep. 18.591 0,5 67,7 San Marino 1.575 0,0 41,8 Colombia 17.890 0,5 65,3 Lettonia 1.559 0,0 83,0 Spagna 17.354 0,5 72,7 Libia 1.517 0,0 39,6 Costa d'Avorio 17.132 0,5 45,1 Indonesia 1.453 0,0 77,6 Stati Uniti 15.036 0,4 54,0 Kenya 1.277 0,0 60,0 Cuba 14.581 0,4 78,0 Uzbekistan 1.178 0,0 80,8 Turchia 14.562 0,4 40,7 Sierra Leone 1.159 0,0 39,9 Argentina 12.492 0,4 56,0 Afghanistan 1.063 0,0 8,0 Eritrea 11.386 0,3 47,0 Georgia 1.012 0,0 71,6 Svizzera 9.798 0,3 56,3 Vietnam 988 0,0 58,9 Mauritius 9.246 0,3 53,8 Madagascar 984 0,0 72,7 Burkina Faso 8.960 0,3 34,2 Niger 952 0,0 54,3 Paesi Bassi 8.165 0,2 57,2 Norvegia 920 0,0 62,7 Slovacchia 7.463 0,2 65,5 Paraguay 917 0,0 71,5 Etiopia 7.331 0,2 60,4 Kazakhstan 900 0,0 79,7 Grecia 7.063 0,2 45,3 Mali 832 0,0 38,1 Giappone 7.060 0,2 65,1 Malta 803 0,0 70,5 Camerun 6.940 0,2 46,4 Tanzania 750 0,0 55,2 Iran 6.913 0,2 44,1 Gambia 748 0,0 28,3 Austria 6.609 0,2 68,0 Estonia 734 0,0 90,3 Somalia 6.237 0,2 55,1 Dominica 725 0,0 70,1 El Salvador 6.144 0,2 63,4 Apolidi 722 0,0 44,3 Bolivia 6.043 0,2 62,1 Seychelles 654 0,0 69,0 Belgio 5.813 0,2 59,1 Honduras 632 0,0 71,0 Ceca, Rep. 5.499 0,2 81,8 Sud Africa 569 0,0 56,1 Ungheria 5.467 0,2 74,4 Mauritania 567 0,0 33,9 ITALIA. Stranieri residenti per cittadinanza e sesso (31 dicembre 2007)* * Secondo la stima del Dossier Caritas/Migrantes la presenza regolare complessiva degli immigrati è pari a 3.987.000 persone, circa il 16% in più rispetto ai 3.432.651 residenti registrati dall’Istat. FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Dati Istat
Argomento: 

ISMU: XIII Rapporto sulle migrazioni 2007

Descrizione breve: 
L’ISMU, l’Osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità, In collaborazione con la Camera di Commercio di Milano, ha studiato approfonditamente in questo rapporto il tema, attualmente così centrale, dell'immigrazione.
Allegato: 
Data: 
25 Gennaio 2008
ISMU 2008/00_ISMU_08_cs.pdf 1 COMUNICATO STAMPA XIII RAPPORTO SULLE MIGRAZIONI 2007 Consegna riconoscimenti al mondo imprenditoriale e ai media 25 gennaio 2008 – ore 9.15 – Sala Conferenze Palazzo Turati – Via Meravigli 9/b – Milano Nel 2007 gli immigrati sfiorano i quattro milioni, circa il 6% della popolazione, con una crescita dell’8,7%, inferiore rispetto al passato. E’ boom di regolari non residenti (700mila, il 103,5% in più in un anno), mentre gli irregolari segnano uno dei minimi storici: sono 350mila, in calo del 46,3% rispetto al 2006. I dati sono legati agli effetti “sanatoria” prodotti dalla regolarizzazione del decreto flussi 2006. Gli immigrati contribuiscono per l’8,8% al Pil, prodotto quasi per il 40% nel Nord Ovest. Il dato sale al 10,7% in Lombardia e cala al 4% nel Mezzogiorno. Attraverso simulazioni che individuano la dinamica demografica fino al 2020, l’Ismu ha calcolato che l’immigrazione non risolve il problema invecchiamento della società italiana: considerando l’apporto netto costante di 450mila stranieri l’anno la percentuale di anziani aumenta di circa 1,5 punti percentuali e il rapporto tra spesa pensionistica e Pil cresce comunque del 10%. Sono stati stimati anche i costi della criminalità straniera: sono oltre 7 miliardi di euro l’anno (incidono soprattutto violenze sessuali per più di 2,7 miliardi). E un’indagine sugli atteggiamenti degli italiani verso gli stranieri rivela che l’81,3% considera gli immigrati utili per alcuni lavori, ma quasi il 31% pensa che sottraggano occupazione agli italiani. Sono questi alcuni dei principali dati del XIII Rapporto Nazionale sulle migrazioni, elaborato dalla Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) e presentato il 25 gennaio in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano. Al convegno moderato da Walter Passerini, esperto di tematiche del lavoro, hanno partecipato, tra gli altri, Paolo Raineri e Vincenzo Cesareo, rispettivamente Presidente e Segretario Generale della Fondazione Ismu, Carlo Sangalli, Presidente Camera di Commercio di Milano e Presidente Unioncamere, Giuseppe Guzzetti, Presidente Fondazione Carialo, Stefano Bertozzi, Gabinetto del Vicepresidente Commissione Europea. Sono stati consegnati i Riconoscimenti Ismu 2007. Il vincitore straniero è Carlos Verduga, ecuadoriano, direttore dell’orchestra da camera Mediolanum, il premiato italiano è Filippo Giovanni Maffeis, direttore generale e amministratore delegato dell’impresa di pulizie Framar. 1) QUANTI SONO GLI IMMIGRATI IN ITALIA All’inizio del 2007 sono quasi quattro milioni (3.982mila) circa il 6% della popolazione, 320mila in più rispetto al 2006 con una crescita dell’8,7%, inferiore rispetto al passato: nel 2006 l’aumento è stato dell’11,6%, nel triennio 2003-2005 quasi del 20%. E’ boom di regolari: sono oltre 3,6 milioni, 600mila in più rispetto al 2006, con un incremento del 20,6%. La maggior parte è residente: quasi 3 milioni con una crescita del 10%. Sono aumentati soprattutto i regolari non residenti che sfiorano i 700mila con un incremento del 103,5% rispetto al 2006 per effetto della regolarizzazione del decreto flussi 2006 non ancora tradotto (al 1° gennaio 2007) in iscrizioni anagrafiche. Agli stessi effetti di “sanatoria” del decreto flussi 2006 sembra attribuibile la presenza di una quota di irregolari che segna uno dei minimi storici: agli inizi del 2007 sono quasi 350mila, l’8,7% della popolazione in calo del 46,3% in un anno. Dati così bassi non si ricordavano dal 2002, quando con la regolarizzazione di 650mila unità l’irregolarità è scesa al 10% dei presenti. Provenienze. Aumentano gli immigrati dell’est Europa. Tra i sei paesi che superano le 100mila unità di residenti (che complessivamente rappresentano il 49%) ben tre sono dell’Europa dell’est: Albania (376mila, il 7,7% in più), Romania (342mila, il 14,8% in più) e Ucraina (120mila, il 12,1% in più). Crescono soprattutto le cittadinanze con minore anzianità migratoria: oltre agli ucraini, anche i moldavi (entrambi presenti mediamente da circa tre anni) sono aumentati del 16,7%. In futuro. Il crescente flusso dall’est Europa non sembra destinato a durare. E’ probabile che nei prossimi 15 anni gli immigrati in Italia arriveranno soprattutto dall’Africa sub sahariana. Analizzando le previsioni delle Nazioni Unite per ogni paese sulla frequenza annua dei potenziali ingressi giovanili nel mercato del lavoro (posti richiesti) con quella delle potenziali uscite di lavoratori anziani (posti resi disponibili), si scopre che per garantire l’equilibrio nel mercato del lavoro locale l’Africa Sub Sahariana dovrebbe creare ogni anno 2 15-20 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2025. Allo stato attuale, è impossibile. Per cui è prevedibile che le future migrazioni partiranno soprattutto da qui. Mentre sembra che il serbatoio della forza lavoro in eccesso nell’Est Europa andrà esaurendosi. In Romania, già dal 2010 ci saranno più uscite che entrate nel mercato del lavoro locale (circa 50mila unità annue), così come in Ucraina ci sarà un deficit di 150-200mila. 2) CHI SONO La maggior parte è composta da immigrati tra i 25 e i 44 anni (quasi il 56%). I maschi prevalgono tra i minorenni e nella fascia 25-44 anni, mentre c’è una schiacciante superiorità di donne in età più matura (tra i 45 e i 64 anni), riconducibile a ricongiungimenti familiari o a migrazioni individuali al femminile, talvolta nel quadro di progetti di sostegno economico ai familiari rimasti in patria (ucraine). La maggior parte della presenza immigrata si concentra nel Nord-Ovest, il 38% del totale, seguono il Nord-Est con il 27%, il Centro con il 23%, l’Italia del Sud con il 10%, e quella Insulare con il 3%. 3) SCENARI DEMOGRAFICI: DA SOLUZIONE A PROBLEMA Spesso l’immigrazione in Italia è considerata la soluzione al problema dell’invecchiamento. Per valutare l’efficacia della risposta migratoria a questa questione, l’Ismu ha svolto simulazioni a partire da dati Istat individuando la dinamica demografica fino al 2020 sulla base di alcuni possibili scenari sull’intensità annua dei flussi di ingresso (da 150mila a 450mila). Risulta che l’immigrazione è senz’altro una risorsa, ma non risolve il problema. Anche considerando l’apporto netto costante di 450mila immigrati l’anno è vero che si attenua la crescita dell’invecchiamento, ma la percentuale di anziani nel nostro paese comunque aumenta di circa 1,5 punti percentuali (passando dal 19,9% nel 2007, al 21,4% nel 2020). Inoltre, valutando gli effetti sul welfare, il rapporto tra spesa pensionistica e Pil, che con un apporto annuo di 150mila immigrati si accrescerebbe del 20% da qui al 2020 (per il solo effetto demografico e a parità di altre condizioni), con un apporto di 450mila non frenerebbe il rialzo, ma aumenterebbe comunque del 10%. La stessa funzionalità economica della forza lavoro immigrata sembra rimessa in discussione dalle trasformazioni strutturali che vanno configurandosi. Se è vero che nei prossimi due decenni andrà progressivamente attenuandosi il peso relativo dei 25-44enni a favore di una parallela crescita dei 45- 64enni (con uno spostamento di quasi 10 punti percentuali tra il 2007 e il 2020), sembra lecito ipotizzare che i vantaggi della maggiore adattabilità e dello stesso minor costo che tradizionalmente caratterizzavano la giovane forza lavoro immigrata dovranno fare i conti con un’offerta “più matura” e forse anche meno conveniente. Natalità. Se è incontestabile la forte crescita del peso relativo della componente straniera sul totale dei nati e l’attribuzione ad essa di gran parte del merito della tanto enfatizzata (quanto nei numeri relativamente modesta) ripresa della natalità osservata in Italia nell’ultimo decennio, non si può immaginare che tale supporto possa accrescersi senza limiti. Le previsioni Istat basate sui 150mila ingressi netti annui accreditano la possibilità che i 550-560mila nati di questo inizio secolo possano scendere a poco più di 450mila nel prossimo decennio, ma non sarebbero sufficienti ad arginare tale caduta né 100mila, né 200mila ingressi annui in più. Nel primo caso si avrebbero nel 2020 solo 495mila nascite (il 12% in meno rispetto al 2006), mentre nel secondo si arriverebbe a 534mila (5% in meno). Le simulazioni mostrano come l’unica alternativa per mantenere sostanzialmente stabile il livello della natalità in Italia, ove si volesse affidare la soluzione unicamente al contributo degli stranieri, sarebbe quella di puntare su un apporto medio annuo netto di 450mila unità. Salvo poi interrogarsi doverosamente sulla problematicità del governo di un tale flusso, ma forse anche sulla ragionevolezza dell’aver delegato “all’esterno” la soluzione di un problema che riguarda l’esistenza stessa della popolazione italiana. 4) LAVORO Al terzo trimestre 2007 gli occupati stranieri sono quasi un milione 600mila, 970mila uomini e 621mila donne. Gli occupati si concentrano al Nord (63%), solo l’11,6% è nel Mezzogiorno. Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio le regioni in cui confluisce soprattutto l’occupazione straniera. Gli immigrati lavorano perlopiù nei Servizi (38 uomini su 100 e 84 donne su 100, su un totale di circa 900mila), nell’Industria è occupato il 23,4% (tre quarti al Nord), nell’Edilizia il 18%, in Agricoltura il 4,6% dei maschi e il 2,6% delle femmine (nel Mezzogiorno la quota sale all’11%). La metà degli occupati (53,1%) ha un’istruzione di livello superiore con una palese discrasia rispetto al loro profilo professionale. 3 Gli stranieri in cerca di occupazione sono 143mila, di cui 55mila uomini e 88mila donne, un dato verosimilmente sottostimato. Lavoro nero. Per vincoli giuridici, entrano nella maglia del lavoro nero soprattutto gli immigrati sfuggiti alle regolarizzazioni. Considerando i dati lombardi, si scopre che tre su quattro irregolari/clandestini lavorano in nero, mentre il 15% è disoccupato. Tra coloro che dispongono di un permesso di soggiorno l’occupazione irregolare crolla all’8%. Tre su quattro imprenditori sono naturalizzati. Salari. La retribuzione media mensile è di 785euro. Il Pil degli immigrati Gli immigrati, che rappresentano il 6% della popolazione, produco l’8,8% della ricchezza nazionale complessiva. Il dato sale fino a sfiorare l’11% in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. In Lazio arriva al 9,9% mentre scende al 4% nel Mezzogiorno. Il Pil degli immigrati è prodotto soprattutto (37,9%) nel Nord Ovest. A livello settoriale, il contributo più elevato arriva da Edilizia (18,3%), seguono Servizi con il 7,3% (anche se nei servizi si concentra poco meno del 60% del valore aggiunto creato dall’immigrazione). Imprenditori immigrati. Dal 2000 al 2005 i titolari d’impresa nati all’estero sono raddoppiati: nel 2005 superavano le 200mila unità, nel 2006 sfioravano le 230mila. Tra le nuove aziende, oltre un terzo ha un titolare extracomunitario e nella sola provincia di Milano si contano oltre 20mila imprenditori stranieri residenti (le altre province con un’incidenza significativa sono Roma, Torino e Firenze). Gli imprenditori stranieri lavorano per lo più nel Commercio (quasi 95mila), nel settore Edile (68mila), Manifatturiero (25mila) e Trasporti (11mila). Il Marocco guida la classifica dei titolari di imprese individuali con quasi 40mila aziende seguito da Cina, Albania e Romania. Le donne rappresentano circa il 20% dei titolari nati all’estero. 5) LA SCUOLA A ottobre 2007 i minori sono 650.625mila, circa 80mila in più del 2006. Più del triplo rispetto agli inizi del millennio. Gli stranieri nati in Italia sono quasi 400mila (398.205) e le seconde generazioni (perlopiù minorenni) rappresentano il 13,5% della popolazione. Nell’anno scolastico 2006/2007 i nuovi studenti stranieri sono poco più di 70mila. In totale gli iscritti nelle scuole con cittadinanza non italiana sono 501.494, il 5,6% del totale (448.807, circa il 90%, nelle istituzioni statali). La maggior parte si concentra nelle primarie (6,8%), nelle secondarie di primo grado (6,5%) e nelle secondarie di secondo grado (il 3,8%, di cui l’80% è iscritto in Istituti professionali). La crescita più significativa riguarda gli alunni della Romania (+29,5%). La regione con il maggior tasso di alunni stranieri è l’Emilia-Romagna con il 10,7%. In Lombardia continua a registrarsi la più elevata presenza in valori assoluti (121.520, quasi un quarto della popolazione straniera complessiva). A livello di incidenza, tra le province che superano la percentuale del 10% di presenze ci sono Mantova (14%), Prato (13,5%), Piacenza (13,2%), Reggio Emilia (12,7%) e Modena (12%). Il 35% delle scuole non ha nessun allievo di cittadinanza non italiana mentre il 62% ha un’incidenza minore del 20%. Il 3,4% supera il 20% di alunni stranieri e, tra queste, vi sono 89 istituzioni che superano il 40% delle presenze. La maggioranza si trova nelle regioni del Nord (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte) e in città medie e grandi come Milano, Torino, Bolzano, Roma e Brescia. 6) LA CRIMINALITA’ Denunciati. Nel 2005 (ultimo dato ufficiale disponibile) quasi uno su quattro è straniero: il 23,6% (130.131 stranieri su 550.773 totali), in Lombardia si tratta del 34,1% (21.780 su 63.928), in Veneto del 38,5% (12.023 su 31.252). A livello nazionale, l’aumento dal 2000 è del 24,7%. Condannati. Uno su cinque è straniero: il 21,9% (48.525 stranieri su 221.381 totali). In Lombardia si tratta del 39,5% (9.969 su 25.208), in Veneto del 35,3% (4.222 su 11.970). A livello nazionale, l’incremento dal 2000 è del 14,9%. Detenuti. Nel 2006 più di un detenuto su tre è straniero: il 33,7% (13.152 stranieri su 39.005 detenuti). In Lombardia si tratta del 47,5% (3.064 su 6.453 detenuti), in Veneto del 55,1% (974 su 1.768). A livello nazionale l’incremento dal 2000 è del 15%. La criminalità organizzata degli stranieri in Italia I cinesi. Possono essere sia “bande giovanili” sia “gruppi criminali organizzati tipici”. Le prime sono specializzate in rapine a danno di connazionali, estorsioni, incendi dolosi e delitti contro la persona. Sono spesso composte da minorenni coordinati da un adulto clandestino. Sono presenti soprattutto in Lombardia, 4 in particolar modo a Milano, dove diversi gruppi si contendono il predominio del territorio. I gruppi criminali organizzati sono coinvolti nella contraffazione, traffico di clandestini e tratta a scopo di sfruttamento del lavoro nero e della prostituzione. Anche l’importazione di merce contraffatta dalla Cina continua a essere un problema. I porti di Napoli, Gioia Tauro, Taranto e Genova ogni anno sono meta di centinaia di migliaia di container provenienti dalla Cina. I rumeni. Le bande rumene commettono soprattutto reati contro la persona e il patrimonio. Poco alla volta si sono trasformate in organizzazioni illegali più complesse che riescono ad affacciarsi su circuiti criminali più remunerativi: traffico di sostanze stupefacenti, immigrazione clandestina e tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento nel lavoro nero e nella prostituzione. Collaborano con organizzazioni criminali attive in altri paesi dell’Est (Albania, Moldavia, Ucraina), raggiungono sempre più spesso intese criminali anche con le organizzazioni criminali calabresi, siciliane e lucane. I costi della criminalità degli stranieri Il costo totale medio annuo (nel 2005 e nel 2006) della criminalità straniera è stato stimato in circa 7 miliardi di euro. Incidono soprattutto violenze sessuali (più di 2,7 miliardi), lesioni dolose (più di 2 miliardi), furti con destrezza (più di 1,2 miliardi) e furti di autovetture (più di un miliardo). 7) GLI ITALIANI E L’IMMIGRAZIONE L’Ismu a settembre 2007 ha realizzato su un campione di mille soggetti con più di 15 anni, attraverso l’Eurisko, la quinta edizione di un’indagine sull’atteggiamento degli italiani verso gli immigrati. La maggior parte, l’81,3%, ritiene che gli immigrati siano utili per svolgere alcuni lavori, mentre quasi il 31% pensa che gli stranieri sottraggano lavoro agli italiani. Per il 61,2% l’immigrazione porta criminalità. Il 52,3% è favorevole a estendere il diritto di voto agli immigrati alle elezioni comunali e il 50,1% anche alle politiche. Poco meno del 50% ritiene che gli immigrati arricchiscano culturalmente il paese. Il 24,2% valuta positivamente le politiche migratorie. 8) I MINORI NON ACCOMPAGNATI A fine settembre 2007 i minori stranieri non accompagnati sono 6.554 (stabili rispetto al 2006 quando erano 6.453). I più numerosi sono marocchini (1.514) e albanesi (1.163). I ragazzi tra i 15 ai 17 anni rappresentano più del 78% del totale. I maschi sono il 91%. La Sicilia è la regione maggiormente coinvolta con il 32,55%, seguita dalla Lombardia che si attesta sul 16,07%. Per informazioni: Ufficio stampa Ismu Via Copernico, 1 – 20125 Milano 02.6787791 - 335.5395695 www.ismu.org ISMU 2008/01_ISMU_08_Approfondimento.pdf 1 Immigrati, producono l’8,8 del Pil. Irregolari ai minimi storici Nel 2007 gli immigrati sfiorano i quattro milioni, circa il 6% della popolazione, con una crescita dell’8,7%, inferiore rispetto al passato. E’ boom di regolari non residenti (700mila, il 103,5% in più in un anno), mentre gli irregolari segnano uno dei minimi storici: sono 350mila, in calo del 46,3% rispetto al 2006. I dati sono legati agli effetti “sanatoria” prodotti dalla regolarizzazione del decreto flussi 2006. Gli immigrati contribuiscono per l’8,8% al Pil, prodotto quasi per il 40% nel Nord Ovest. Il dato sale al 10,7% in Lombardia e cala al 4% nel Mezzogiorno. Attraverso simulazioni che individuano la dinamica demografica fino al 2020, l’Ismu ha calcolato che l’immigrazione non risolve il problema invecchiamento della società italiana: considerando l’apporto netto costante di 450mila stranieri l’anno la percentuale di anziani aumenta di circa 1,5 punti percentuali e il rapporto tra spesa pensionistica e Pil cresce comunque del 10%. Sono stati stimati anche i costi della criminalità straniera: sono oltre 7 miliardi di euro l’anno (incidono soprattutto violenze sessuali per più di 2,7 miliardi). E un’indagine sugli atteggiamenti degli italiani verso gli stranieri rivela che l’81,3% considera gli immigrati utili per alcuni lavori, ma quasi il 31% pensa che sottraggano occupazione agli italiani. Sono questi alcuni dei principali dati del XIII Rapporto Nazionale sulle migrazioni, elaborato dalla Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) e presentato il 25 gennaio in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano. Al convegno moderato da Walter Passerini, esperto di tematiche del lavoro, hanno partecipato, tra gli altri, Paolo Raineri e Vincenzo Cesareo, rispettivamente Presidente e Segretario Generale della Fondazione Ismu, Carlo Sangalli, Presidente Camera di Commercio di Milano e Presidente Unioncamere, Giuseppe Guzzetti, Presidente Fondazione Carialo, Stefano Bertozzi, Gabinetto del Vicepresidente Commissione Europea. ISMU 2008/02_ISMU_08_Premiati.pdf Direttore d’orchestra e imprenditore: i profili dei premiati Ismu In occasione della presentazione del Tredicesimo Rapporto nazionale, l’Ismu in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano, ha consegnato i Riconoscimenti Ismu a due persone che si sono distinte nel percorso verso l’integrazione. Ecco i loro profili. VINCITORE STRANIERO Carlos Verduga, ecuadoriano di 39 anni, professore concertista di violino, è arrivato in Italia nel 2001. Oggi vive a Milano: suona nella Filarmonica del Conservatorio Giuseppe Verdi e dirige il coro e l’orchestra da camera Mediolanum, che lui stesso ha fondato nel 2005: 12 elementi tra viole, violini, violoncelli e organista, quasi tutti italiani, a cui si aggiungono altri strumenti a seconda delle occasioni. E’ lui lo straniero a cui va il Riconoscimento Ismu 2007 promosso dalla Fondazione Ismu, in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano. Carlos Verduga viene premiato “per essere riuscito a inserirsi nel contesto italiano valorizzando le proprie inclinazioni personali e le proprie doti artistiche”. Carlos Verduga è un esempio positivo di immigrazione. La sua, infatti, è una storia di successo con alle spalle, però, tante difficoltà. Appena arrivato in Italia con la famiglia (la moglie e tre figli di 12, 15 e 16 anni) ha dovuto scontrarsi con limiti burocratici legati soprattutto al fatto che i suoi titoli di studio nel nostro paese non sono riconosciuti. All’inizio, dunque, è stato costretto a svolgere lavori poco gratificanti per la sua formazione e le sue attitudini relegando la sua professionalità a piccoli spazi domestici: di giorno lavorava in un call center e la sera a casa, dopo il lavoro, suonava, quasi di nascosto. Poi è riuscito a trovare un’occupazione da insegnante di spagnolo al liceo Manzoni. Ha avuto, così, il tempo per frequentare il Conservatorio dove si è diplomato di nuovo nel 2003. Ha fondato l’orchestra da camera Mediolanum e ora segue un altro corso per diventare a pieno titolo direttore d’orchestra. Per lui il sogno rimane sempre la Scala di Milano, che definisce “il tempio della musica”. VINCITORE ITALIANO Filippo Giovanni Maffeis, 34 anni della provincia di Bergamo, è Direttore Generale e Amministratore Delegato della Framar Spa, l’impresa di pulizie di Costa di Mezzate, nel bergamasco, che conta 460 dipendenti di cui un quarto è composto da immigrati, la maggior parte assunti a tempo indeterminato. E’ lui l’imprenditore italiano a cui va il Premio all’imprenditoria etnica 2008 promosso dalla Fondazione Ismu, in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano. Filippo Giovanni Maffeis viene premiato premiato “perché attraverso la sua attività contribuisce in modo significativo al processo di integrazione offrendo serie e stabili opportunità lavorative a molti immigrati giunti in Italia”. Il vincitore italiano guida l’azienda di famiglia fondata più di trent’anni fa dal padre Francesco Maffeis, ora presidente della Framar. La società, che offre servizi di pulizia a 360° gradi e che tra i numerosi clienti annovera enti pubblici, privati, banche, uffici e scuole, nel tempo è cresciuta fino a contare oggi 460 dipendenti. Di questi 133 sono extracomunitari provenienti da 34 paesi diversi. La maggior parte è occupata a tempo indeterminato. La Framar merita di essere segnalata oltre che per il successo imprenditoriale anche per la costante formazione che assicura ai suoi dipendenti. “Miriamo a formare teste, non solo braccia”, dice l’amministratore delegato, aggiungendo: “Lo straniero non è considerato un diverso, la differenza sta nell’esperienza”. I criteri di selezione di un immigrato alla Framar sono la conoscenza dell’italiano, la regolarità dei documenti e garanzie di continuità legate a progetti a medio-lungo termine. ISMU 2008/03_ISMU_08_Tabelle.pdf TABELLE Stranieri presenti in Italia. Anni 2006-2007 1.1.2006 1.1.2007 (a) Variazione Variazione Migliaia percentuale Totale regolari 3.012 3.633 621 +20,6 di cui: - residenti 2.671 2.939 268 +10,0 - regolari non residenti 341 694 (b) 353 +103,5 Totale irregolari 650 349 -301 -46,3 Totale presenti 3.662 3.982 320 +8,7 (a) Stima; (b) Comprensivi di circa 400 mila soggetti beneficiari dei decreti flussi del 2006 e tuttora in via di ottenimento del permesso di soggiorno e verosimilmente dell’iscrizione Anagrafica. Fonte: Istat e stime Fondazione Ismu Caratterizzazione per età e sesso del flusso netto di iscritti in anagrafe per trasferimento di residenza nel triennio 2003-2005, Italia (media annua) Classi di età Maschi Femmine Totale M per 100 F <18 anni 17,9 14,5 16,2 122,6 18-24 anni 16,4 16,5 16,5 98,9 25-44 anni 58,7 53,1 55,9 110,2 45-64 anni 7,0 15,9 11,4 43,6 Totale (%) 100,0 100,0 100,0 - Totale (v.a.) 165 166 331 99,6 Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Italia: previsioni dei residenti secondo differenti ipotesi sull’intensità del flusso netto dall’estero (valori in migliaia) 1.1.2007 1.1.2010 1.1.2015 1.1.2020 Con 250mila unità annue <18 anni 10.085 10.083 10.080 9.962 18-24 anni 4.318 4.258 4.213 4.162 25-44 anni 17.903 17.352 16.114 14.966 45-64 anni 15.070 15.929 17.065 18.211 65 anni e più 11.755 12.093 12.998 13.691 Totale 59.131 59.714 60.470 60.992 Con 350mila unità annue <18 anni 10.085 10.136 10.276 10.350 18-24 anni 4.318 4.294 4.283 4.258 25-44 anni 17.903 17.536 16.609 15.735 45-64 anni 15.070 15.971 17.212 18.512 65 anni e più 11.755 12.094 13.001 13.706 Totale 59.131 60.030 61.381 62.561 Con 450mila unità annue <18 anni 10.085 10.190 10.473 10.737 18-24 anni 4.318 4.331 4.354 4.354 25-44 anni 17.903 17.719 17.104 16.504 45-64 anni 15.070 16.014 17.358 18.814 65 anni e più 11.755 12.094 13.005 13.721 Totale 59.131 60.347 62.294 64.130 Fonte: Nostre elaborazioni a partire dalla stima Istat rivista Stima della struttura della popolazione residente in età lavorativa (18-64 anni) per classi di età e secondo differenti ipotesi circa l’intensità del flusso netto dall’estero. Italia, anni 2007-2020 Flussi ipotizzati (unità annue) 1.1.2007 1.1.2010 1.1.2015 1.1.2020 Giovani (18-24 anni) sul totale della popolazione in età lavorativa (%) 150mila 11,6 11,3 11,3 11,2 250mila 11,6 11,3 11,3 11,1 350mila 11,6 11,4 11,2 11,1 450mila 11,6 11,4 11,2 11,0 Giovani adulti (25-44 anni) sul totale della popolazione lavorativa (%) 150mila 48,0 46,1 42,6 39,2 250mila 48,0 46,2 43,1 40,1 350mila 48,0 46,4 43,6 40,9 450mila 48,0 46,6 44,1 41,6 Adulti maturi (45-64 anni) sul totale della popolazione lavorativa (%) 150mila 40,4 42,6 46,1 49,5 250mila 40,4 42,4 45,6 48,8 350mila 40,4 42,2 45,2 48,1 450mila 40,4 42,1 44,7 47,4 Fonte: Nostre elaborazioni a partire della stima Istat rivista Indicatori di struttura della popolazione residente secondo differenti ipotesi circa l’intensità del flusso netto dall’estero. Italia, anni 2007-2020 Flussi ipotizzati (unità annue) 1.1.2007 1.1.2010 1.1.2015 1.1.2020 % di anziani (≥ 65anni) 150mila 19,9 20,4 21,8 23,0 250mila 19,9 20,3 21,5 22,4 350mila 19,9 20,1 21,2 21,9 450mila 19,9 20,0 20,9 21,4 Indice di dipendenza totale (popolazione <18 e ≥ 65 anni per ogni 100 in età 18-64) 150mila 58,6 59,3 62,4 64,3 250mila 58,6 59,1 61,7 63,3 350mila 58,6 58,8 61,1 62,5 450mila 58,6 58,5 60,5 61,6 Indice di dipendenza anziani (popolazione ≥ 65 anni per ogni 100 in età 18-64) 150mila 31,5 32,4 35,4 37,8 250mila 31,5 32,2 34,8 36,7 350mila 31,5 32,0 34,1 35,6 450mila 31,5 31,8 33,5 34,6 Indice di dipendenza giovani (popolazione <18 anni per ogni 100 in età 18-64) 150mila 27,0 26,9 26,9 26,5 250mila 27,0 26,9 27,0 26,7 350mila 27,0 26,8 27,0 26,9 450mila 27,0 26,8 27,0 27,1 Fonte: Nostre elaborazioni a partire della stima Istat rivista Principali cittadinanze: aspetti dinamici Primi 20 paesi Residenti 1.1.2007 Permessi 1.1.2006 Variazione % Anni di presenza Regolare Migliaia Residenti 2006 Permessi 2005 Media % almeno 5 anni Albania 376 257 7,7 2,3 6,46 52,5 Marocco 343 240 7,2 2,0 7,86 61,2 Romania 342 271 14,8 8,9 4,18 23,8 Cina R. P. 145 114 13,3 6,9 6,62 49,4 Ucraina 120 115 12,1 3,2 3,74 12,6 Filippine 101 75 12,2 -1,1 9,59 74,0 Tunisia 89 62 6,0 3,8 8,57 64,3 Serbia e M. 74 52 17,5 8,1 7,71 63,5 Macedonia 72 40 18,0 8,7 7,16 55,3 Ecuador 70 45 12,9 0,8 4,79 27,9 India 69 52 11,3 2,2 6,41 47,8 Polonia 67 73 13,6 11,7 5,01 31,6 Perù 66 49 11,9 2,2 7,45 54,2 Egitto 64 47 0,0 1,2 7,63 56,0 Senegal 60 47 5,3 -1,8 9,30 70,8 Sri Lanka 57 43 11,8 -0,5 8,09 64,7 Moldavia 56 45 16,7 11,9 3,33 11,6 Pakistan 50 35 19,0 6,1 6,60 50,0 Bangladesh 46 38 9,5 4,2 6,67 51,6 Ghana 37 25 8,8 2,7 8,52 66,3 I 20 paesi 2.304 1.725 - - - - Tutti i paesi 2.939 2.286 10,0 1,8 6,47 47,1 Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Contingenti di lavoratori stranieri definiti dai decreti di programmazione. Valori assoluti Lavoratori subordinati Lavoratori stagionali Lavoratori autonomi Quote privilegiate Categorie specifiche* Ricerca lavoro Totale 1995 15.000 10.000 - - - - 25.000 1996 10.000 13.000 - - - - 23.000 1997 20.000 - - - - 20.000 1998 54.500 - 3.500 6.000 - - 58.000 1999 54.500 - 3.500 6.000 - - 58.000 2000 66.000 2.000 18.000 - 15.000 83.000 2001 27.000 39.400 2.000 15.000 5.000 15.000 89.400 2002 14.000 60.000 3.000 63.600 2.500 - 79.500 2003 9.700 68.500 - 72.300 1.300 - 79.500 2004 46.500 66.000 - 106.400 3.000 - 115.000 2005** 115.500 45.000 - 145.500 18.500 - 179.000 2006*** 558.500 80.000 - 288.500 51.500 - 690.000 2007 167.000 80.000 3.000 127.100 112.900 -- 252.000 2008*** * 80.000 80.000 * L’assegnazione di quote a categorie specifiche ha riguardato, di volta in volta, infermieri professionali, esperti delle tecnologie informatiche, dirigenti, collaboratori domestici e assistenti agli anziani; a volte tali quote si riferiscono a professioni da esercitare in forma autonoma. ** Le quote privilegiate comprendono quelle assegnate ai nuovi paesi dell’Unione europea. *** Le quote per lavoro subordinato possono essere utilizzate anche per lavoro di carattere stagionale e comprendono le 350mila domande già presentate ai sensi del Dpcm del 15 febbraio 2006 e rimaste inaccolte. **** Anticipazioni di cui al Dpcm dell’8 novembre 2007. Fonte: Centro di Documentazione Ismu, Sezione giuridica, novembre 2007 Tassi di attività e di occupazione degli stranieri e del totale della popolazione per genere e ripartizione geografica, I trimestre 2007 Dati riferiti agli stranieri Dati nazionali Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Tassi di attività 15-64enni Nord 89,1 56,1 73,2 78,2 59,1 68,8 Centro 86,4 61,5 73,4 74,9 54,7 64,7 Mezzogiorno 78,4 53,3 64,6 67,6 36,0 51,7 Totale Italia 87,2 57,1 72,1 73,8 50,0 61,9 Tassi di occupazione 15-64enni Nord 83,7 47,6 66,2 75,8 56,3 66,1 Centro 81,0 51,0 65,3 71,9 50,5 61,1 Mezzogiorno 72,7 48,1 59,2 61,1 30,6 45,7 Totale Italia 81,8 48,5 65,1 69,9 46,0 57,9 Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro, I trimestre 2007 Occupati stranieri per settore di attività economica, genere e ripartizione geografica (valori assoluti in migliaia di unità), I trimestre 2007 Agricoltura Industria in senso stretto Costruzioni Servizi Totale M F Tot M F Tot M F Tot M F Tot M F Tot Nord 13 (4) 17 187 50 237 144 (0) 144 203 237 440 547 292 839 Centro 12 (5) 17 44 15 59 69 (2) 71 75 117 191 199 138 337 Mezzogiorno 13 (4) 18 10 6 16 22 (0) 22 40 59 99 86 69 155 Italia 39 13 52 241 71 312 235 (2) 237 317 413 730 833 499 1.331 Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro, I trimestre 2007 Tassi di disoccupazione degli stranieri e del totale della popolazione, I trimestre 2007 Dati riferiti agli stranieri Dati nazionali Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Nord 6,1 15,1 9,4 3,1 4,7 3,8 Centro 6,2 17,1 11,0 3,9 7,7 5,5 Mezzogiorno 7,3 9,9 8,5 9,5 15,0 11,4 Italia 6,2 15,0 9,7 5,3 8,0 6,4 Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro, I trimestre 2007 Valore aggiunto derivante dall’attività di occupati stranieri, per regione, 2005 (valori in milioni di euro) Valore aggiunto % su Italia % su valore aggiunto di area Piemonte 9.977,0 9,0 9,7 Valle d’Aosta 223,3 0,2 7,0 Lombardia 28.911,7 26,0 10,7 Trentino Alto Adige 2.118,9 1,9 8,0 Veneto 12.860,4 11,6 10,8 Friuli Venezia Giulia 2.824,7 2,5 9,7 Liguria 3.038,4 2,7 8,5 Emilia Romagna 11.807,9 10,6 10,8 Toscana 8.240,4 7,4 9,7 Umbria 1.901,9 1,7 10,8 Marche 3.231,2 2,9 9,8 Lazio 14.046,4 12,6 9,9 Abruzzo 1.147,9 1,0 5,1 Molise 70,4 0,1 1,4 Campania 3.622,6 3,3 4,6 Puglia 1.949,1 1,8 3,4 Basilicata 116,9 0,1 1,3 Calabria 1.369,4 1,2 4,9 Sicilia 3.031,4 2,7 4,3 Sardegna 802,8 0,7 2,9 Nord-Ovest 42.150,4 37,9 10,2 Nord-Est 29.611,9 26,6 10,4 Centro 27.419,9 24,6 9,9 Mezzogiorno 12.110,3 10,9 4,0 Totale Italia 111.292,4 100,0 8,8 Fonte: Stima Centro Studi Unioncamere, Istituto Guglielmo Tagliacarne Alunni con cittadinanza non italiana dall’a.s. 2000/2001 all’a.s. 2006/2007 Anno scolastico Valore assoluto % sulla popolazione scolastica totale 2000/2001 147.406 1,8 2001/2002 181.767 2,3 2002/2003 232.766 3,0 2003/2004 282.683 3,5 2004/2005 361.576 4,2 2005/2006 424.683 4,8 2006/2007 501.494 5,6 Fonte: Elaborazioni su dati del Ministero della Pubblica Istruzione Incidenza degli alunni con cittadinanza non italiana negli a.s. 2005/2006 e 2006/2007 per ordine e grado di istruzione Ordine e grado di istruzione % sulla popolazione scolastica totale 2005/06 % sulla popolazione scolastica totale 2006/07 Dell’infanzia 5,0 5,7 Primaria 6,0 6,8 Secondaria di I grado 5,5 6,5 Secondaria di II grado 3,1 3,8 Totale 4,8 5,6 Fonte: Elaborazioni su dati del Ministero della Pubblica Istruzione Alunni con cittadinanza non italiana nella scuola secondaria di secondo grado. Valori assoluti e percentuali. A.s. 2006/2007 Indirizzo Valore assoluto % sul totale Licei classici 3.596 1,2 Licei scientifici 10.212 1,7 Ex Istituti e scuole magistrali 5.300 2,4 Istituti professionali 41.893 7,5 Istituti tecnici 38.498 4,1 Istituti d’arte e licei artistici 2.936 2,9 Licei linguistici 394 2,3 Totale 102.829 3,8 Fonte: Elaborazioni su dati del Ministero della Pubblica Istruzione Dieci cittadinanze non italiane più rappresentate nelle scuole statali e non statali per livello di scuola. A.s. 2006/2007. Valori assoluti e percentuali sul totale degli alunni stranieri Totale Infanzia Primaria Sec. I grado Sec. II grado Cittadinanza di provenienza V.a. % % % % % Albania 77.846 15,5 16,9 14,8 15,8 15,0 Romania 68.381 13,6 12,1 14,7 13,3 13,2 Marocco 67.820 13,5 16,7 14,7 13,0 8,7 Cina 24.361 4,9 3,7 4,2 6,2 5,4 Jugoslavia 15.954 3,2 2,7 3,6 3,6 2,1 Ecuador 15.870 3,2 2,5 2,6 3,6 4,1 Tunisia 13.346 2,7 4,3 2,9 2,0 1,2 Perù 12.662 2,5 2,0 1,7 2,3 4,6 Filippine 12.597 2,5 2,9 2,3 2,2 2,7 Macedonia 12.459 2,5 2,1 2,6 3,1 1,7 Fonte: Elaborazione su dati del Ministero della Pubblica Istruzione Incidenza di alunni non italiani nelle diverse aree del paese per grado di scuola. Confronto a.s 2005/2006 e 2006/2007. Valori percentuali Infanzia Primaria Sec. I grado Sec. II grado Totale Area territoriale ’05/06 ’06/07 ’05/06 ’06/07 ’05/06 ’06/07 ’05/06 ’06/07 ’05/06 ’06/07 Nord-Ovest 8,2 8,3 9,3 8,8 8,8 8,6 5,1 5,3 7,8 7,2 Nord-Est 8,4 8,9 10,1 10,8 9,7 10,8 5,6 6,4 8,4 9,2 Centro 6,4 8,4 7,7 9,9 7,5 9,8 4,5 5,8 6,4 8,3 Sud 1,1 1,3 1,5 1,9 1,5 2,0 0,7 1,0 1,2 1,8 Isole 1,0 1,2 1,3 1,5 1,2 1,5 0,6 0,7 1,0 1,2 Totale Italia 5,0 5,7 6,0 6,8 5,5 6,5 3,1 3,8 4,8 5,6 Fonte: Elaborazione da Ministero Pubblica Istruzione Denunciati per cui è iniziata l’azione penale per nazionalità e genere in Italia, Veneto e Lombardia. Valori assoluti e percentuali. 2000-2005 Denunciati Denunciati stranieri Anno Ambito Territoriale Totale di cui donne % donne sui denunciati Totale di cui donne % stranieri sui denunciati % donne sugli stranieri Italia 340.234 46.116 13,6 64.479 7.455 19,0 11,6 2000 Veneto 21.507 2.950 13,7 6.506 774 30,3 11,9 Lombardia 41.037 4.944 12,0 11.847 1.176 28,9 9,9 Italia 513.112 74.269 14,5 89.390 10.591 17,4 11,8 2001 Veneto 28.136 3.861 13,7 7.844 988 27,9 12,6 Lombardia 59.278 7.331 12,4 16.934 1.695 28,6 10,0 Italia 541.507 76.518 14,1 102.675 12.105 19,0 11,8 2002 Veneto 27.692 3.679 13,3 7.866 911 28,4 11,6 Lombardia 64.456 7.824 12,1 19.223 1.865 29,8 9,7 Italia 536.287 76.808 14,3 116.392 14.562 21,7 12,5 2003 Veneto 27.512 3.810 13,8 8.722 1.136 31,7 13,0 Lombardia 65.149 8.551 13,1 21.270 2.384 32,6 11,2 Italia 549.775 82.731 15,0 117.118 15.762 21,3 13,5 2004 Veneto 29.919 4.394 14,7 10.029 1.438 33,5 14,3 Lombardia 71.145 9.290 13,1 21.327 2.656 30,0 12,5 Italia 550.773 83.541 15,2 130.131 17.461 23,6 13,4 2005 Veneto 31.252 4.527 14,5 12.023 1.821 38,5 15,1 Lombardia 63.928 9.305 14,6 21.780 2.693 34,1 12,4 Fonte: Elaborazione Transcrime di dati Istat Condannati per nazionalità e genere in Italia, Veneto e Lombardia. Valori assoluti e percentuali. Anni 2000-2005 Condannati Condannati stranieri Anno Ambito Territoriale Totale di cui donne % donne sui condannati Totale di cui donne % stranieri sui condannati % donne sugli stranieri Italia 308.300 56.849 18,4 58.829 7.921 19,1 13,5 2000 Veneto 10.380 1.579 15,2 2.520 324 24,3 12,9 Lombardia 22.539 2.971 13,2 4.905 553 21,8 11,3 Italia 239.174 34.366 14,4 63.505 8.344 26,6 13,1 2001 Veneto 16.063 2.430 15,1 6.103 874 38,0 14,3 Lombardia 32.569 3.977 12,2 11.551 1.265 35,5 11,0 Italia 221.190 31.880 14,4 38.011 4.862 17,2 12,8 2002 Veneto 13.456 2.065 15,3 3.627 567 27,0 15,6 Lombardia 25.218 3.046 12,1 6.767 719 26,8 10,6 Italia 219.679 30.837 14,0 47.107 5.759 21,4 12,2 2003 Veneto 13.602 1.966 14,5 4.140 562 30,4 13,6 Lombardia 27.684 3.528 12,7 9.357 1.020 33,8 10,9 Italia 239.391 32.453 13,6 62.236 7.981 26,0 12,8 2004 Veneto 12.854 1.706 13,3 4.964 573 38,6 11,5 Lombardia 32.852 4.374 13,3 14.450 1.727 44,0 12,0 Italia 221.381 30.996 14,0 48.525 6.298 21,9 13,0 2005 Veneto 11.970 1.700 14,2 4.222 569 35,3 13,5 Lombardia 25.208 3.195 12,7 9.969 1.182 39,5 11,9 Fonte: Elaborazione Transcrime di dati Istat Detenuti al 31 dicembre di ogni anno per nazionalità e genere in Italia, Veneto e Lombardia. Valori assoluti e percentuali. Anni 2000-2006 Detenuti Detenuti stranieri Anno Ambito Territoriale Totale di cui donne % donne sui presenti Totale di cui donne % stranieri sui presenti % donne sugli stranieri Italia 53.165 2.316 4,4 15.582 923 29,3 5,9 2000 Veneto 2.442 192 7,9 1.181 92 48,4 7,8 Lombardia 7.199 533 7,4 2.393 205 33,2 8,6 Italia 55.275 2.421 4,4 16.294 1.002 29,5 6,1 2001 Veneto 2.587 171 6,6 1.272 89 49,2 7,0 Lombardia 8.008 596 7,4 2.796 255 34,9 9,1 Italia 55.670 2.469 4,4 16.788 1.007 30,2 6,0 2002 Veneto 2.424 162 6,7 1.177 75 48,6 6,4 Lombardia 8.100 618 7,6 3.145 262 38,8 8,3 Italia 54.237 2.493 4,6 17.007 1.072 31,4 6,3 2003 Veneto 2.440 158 6,5 1.231 73 50,5 5,9 Lombardia 8.475 648 7,6 3.475 311 41,0 8,9 Italia 56.068 2.589 4,6 17.819 1.131 31,8 6,3 2004 Veneto 2.707 149 5,5 1.449 87 53,5 6,0 Lombardia 8.043 596 7,4 3.228 277 40,1 8,6 Italia 59.523 2.804 4,7 19.836 1.302 33,3 6,6 2005 Veneto 2.440 158 6,5 1.425 141 58,4 9,9 Lombardia 8.475 648 7,6 3.641 287 43,0 7,9 Italia 39.005 1.670 4,3 13.152 779 33,7 5,9 2006 Veneto 1.768 114 6,4 974 68 55,1 7,0 Lombardia 6.453 444 6,9 3.064 205 47,5 6,7 Fonte: Elaborazioni Transcrime di dati Dap Percezione delle conseguenze dell’immigrazione e valutazione della politica migratoria (valori percentuali); variazione rispetto al 2005. Valori percentuali Affermazione Sì No Non sa, non risponde Gli immigrati sono utili per alcuni lavori 81,3 (+4,6) 12,9 (-5,7) 5,8 (+1,1) Gli immigrati aumentano la criminalità 61,2 (+2,5) 27 (-4,2) 11,8 (+1,7) Gli immigrati ci arricchiscono culturalmente 50,7 (-3,9) 31 (-4,9) 18,3 (+8,8) Gli immigrati sottraggono lavoro agli italiani 30,9 (-2,6) 60,8 (-0,3) 8,3 (+2,9) La politica adottata dal governo nei confronti degli immigrati è positiva 24,2 (-1,9) 45,3 (-1,3) 30,5 (+3,2) Favorevole a estendere il diritto di voto agli immigrati per le elezioni comunali 52,3 (+1,4) 37,8 (-0,8) 9,9 (-0,6) Favorevole a estendere il diritto di voto agli immigrati per le elezioni politiche 50,1 (+1,6) 39,4 (-2,2) 10,5 (+0,6) Fonte: Fondazione Ismu, 2007 Percezione della funzionalità degli immigrati per il mercato del lavoro italiano. Valori percentuali “Gli immigrati sono utili per alcuni lavori” “Gli immigrati sottraggono lavoro agli italiani” Sì No Non sa Sì No Non sa Nord-Ovest 85,2 9,9 4,9 17,5 72,8 9,8 Nord-Est 85,5 10,0 4,6 23,7 67,6 8,7 Centro 85,1 12,7 2,2 31,3 63,3 5,4 Sud e Isole 73,8 17,0 9,2 44,8 46,5 8,7 Maschi 83,7 11,5 4,8 30,4 64,0 5,5 Femmine 79,0 14,3 6,7 31,3 57,8 10,9 Elementari 87,7 6,1 6,2 31,8 48,5 13,5 Medie inf. 75,8 16,9 7,4 34,3 57,7 7,9 Medie sup. 80,0 15,7 4,3 23,9 71,6 4,4 Laurea 91,6 7,1 1,3 11,4 83,0 5,7 Imprenditore, professionista, lavoratore autonomo 85,8 11,9 2,3 23,1 72,9 4,0 Dirigente, impiegato, insegnante 87,1 10,5 2,4 15,8 80,7 3,5 Operaio 74,9 17,4 7,7 35,9 52,0 12,1 Casalinga 80,3 10,3 9,4 45,6 44,1 10,4 Studente 72,7 17,3 10,0 21,0 74,8 4,2 Pensionato 92,3 3,6 4,2 28,5 61,8 9,7 Disoccupato 57,0 35,7 7,3 48,6 38,3 13,1 Totali 81,3 12,9 5,8 30,9 60,8 8,3 Fonte:Fondazione Ismu, 2007 Percezione del rapporto immigrazione e criminalità. Valori percentuali “Gli immigrati aumentano la criminalità” Sì No Non sa Nord-Ovest 62,0 24,9 17,6 Nord-Est 63,6 26,3 18,8 Centro 54,4 27,7 16,4 Sud e Isole 63,1 28,7 19,7 Maschi 64,2 25,6 16,7 Femmine 58,5 28,4 19,7 Elementari 72,8 14,5 12,7 Medie inferiori 56,4 29,5 14,1 Medie superiori 58,3 34,9 6,8 Laurea 54,3 31,1 14,6 Imprenditore, professionista, lavoratore autonomo 59,1 24,7 16,2 Dirigente, impiegato, insegnante 62,5 29,3 8,2 Operaio 52,9 35,0 12,2 Casalinga 67,9 18,6 13,5 Studente 39,5 44,9 15,5 Pensionato 74,4 16,5 9,0 Disoccupato 50,2 37,8 11,9 Totali 61,2 27,0 11,8 Fonte: Fondazione Ismu, 2007 Arricchimento culturale dovuto all’immigrazione. Valori percentuali “Gli immigrati ci arricchiscono culturalmente” Sì No Non sa Nord-Ovest 51,0 31,4 17,6 Nord-Est 50,8 30,5 18,8 Centro 56,4 27,2 16,4 Sud e Isole 47,3 33,1 19,7 Maschi 51,7 31,5 16,7 Femmine 49,7 30,5 19,7 Elementari 43,7 27,5 28,8 Medie inferiori 46,5 35,5 18,0 Medie superiori 59,7 30,5 9,7 Laurea 65,1 22,2 12,7 Imprenditore, professionista, lavoratore autonomo 61,0 31,6 7,4 Dirigente, impiegato, insegnante 64,8 26,2 9,0 Operaio 52,3 21,4 26,3 Casalinga 42,9 31,0 26,0 Studente 61,5 26,6 11,9 Pensionato 38,8 37,5 23,7 Disoccupato 39,5 46,4 14,1 Totali 50,7 31,0 18,3 Fonte: Fondazione Ismu, 2007 Opinioni relative alla concessione del diritto di voto agli immigrati. Valori percentuali Elezioni amministrative Elezioni Politiche Sì No Non sa Sì No Non sa Nord-Ovest 55,1 33,4 11,5 51,5 37,1 11,4 Nord-Est 49,4 42,0 8,7 40,6 46,9 12,4 Centro 54,6 36,0 9,4 57,3 38,7 4,0 Sud e Isole 50,6 39,9 9,5 50,0 37,5 12,5 Maschi 48,9 44,2 6,9 46,1 47,3 6,6 Femmine 55,6 31,9 12,6 53,6 32,2 14,2 Elementari 48,6 36,9 14,6 45,7 39,7 14,6 Medie inferiori 54,1 36,0 9,9 53,2 35,5 11,3 Medie superiori 51,8 42,1 6,0 50,9 43,9 5,1 Laurea 59,4 34,2 6,3 45,9 42,4 11,7 Imprenditore, professionista lavoratore autonomo 56,9 35,5 7,7 58,0 38,9 3,1 Dirigente, impiegato, insegnante 63,0 33,2 3,8 55,8 37,5 6,7 Operaio 50,9 34,9 14,2 51,4 34,1 14,5 Casalinga 50,0 34,9 15,2 48,1 36,3 15,6 Studente 48,4 46,8 4,8 51,8 39,9 8,3 Pensionato 49,3 39,3 11,4 41,1 50,1 8,9 Disoccupato 42,3 50,6 7,2 48,7 34,0 17,3 Totali 52,3 37,8 9,9 50,0 39,4 10,5 Fonte: Fondazione Ismu, 2007 Giudizio positivo nei confronti della politica governativa sugli immigrati. Valori percentuali Sì No Non sa Nord-Ovest 25,0 40,5 34,5 Nord-Est 22,5 50,8 26,7 Centro 24,9 45,3 29,8 Sud e Isole 24,0 46,0 30,0 Maschi 25,0 52,4 22,6 Femmine 23,4 38,8 37,8 Elementari 17,8 43,5 38,7 Medie inferiori 26,1 41,0 32,8 Medie superiori 26,2 52,6 21,2 Laurea 29,8 47,3 22,9 Imprenditore, professionista, lav. autonomo 19,6 62,7 17,7 Dirigente, impiegato, insegnante 31,1 50,3 18,6 Operaio 22,3 41,1 36,6 Casalinga 23,2 37,3 39,5 Studente 22,7 49,6 27,8 Pensionato 22,4 43,2 34,3 Disoccupato 27,2 36,1 36,7 Totali 24,2 45,3 30,5 Minori non accompagnati censiti dal Cms dal 2002 al 2007* Anno Minori censiti dal Cms 2000 8.307 2001 8.146 2002 7.040 2003 8.194 2004 8.100 2005 7.583 2006 6.453 2007* 6.554 * Dati disponibili al 30.9.2007 Fonte: Comitato per i minori stranieri c/o Ministero del Lavoro e delle politiche sociali Casi di competenza e non competenza del Cms al 30.9.2007 per regione Regione Casi competenza Casi fuori competenza Totale % Sicilia 24 2.109 2.133 32,55 Lombardia 486 567 1.053 16,07 Piemonte 337 271 608 9,28 Emilia-Romagna 217 341 558 8,51 Toscana 128 235 363 5,54 Lazio 58 263 321 4,90 Veneto 136 171 307 4,68 Friuli-Venezia Giulia 148 122 270 4,12 Marche 38 221 259 3,95 Puglia 15 197 212 3,23 Trentino Alto-Adige 83 56 139 2,12 Liguria 20 72 92 1,40 Campania 15 50 65 0,99 Calabria 2 50 52 0,79 Abruzzo 5 43 48 0,73 Sardegna 1 17 18 0,27 Umbria 3 14 17 0,26 Valle d’Aosta 5 12 17 0,26 Basilicata - 13 13 0,20 Molise - 9 9 0,14 Totale 1.721 4.833 6.554 100,00 Fonte: Comitato per i minori stranieri c/o Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ISMU 2008/04_ISMU_08_Testo.pdf 9 L’aumento dei flussi internazionali di rimesse: le ragioni e le prospettive di un fenomeno inarrestabile Le rimesse si possono definire, indicativamente, come trasferimenti di denaro da parte della persona immigrata verso il paese di origine. Tale fenomeno, esistente da sempre, poiché insito nel concetto di migrazione - specie in quella per motivi di lavoro - ha da pochi anni catalizzato l’attenzione di economisti e policy-maker, con particolare riguardo alle conseguenze sul processo di sviluppo dei paesi di emigrazione. Infatti, le rimesse sono molto importante per i Paesi in Via di Sviluppo (Pvs). Si tratta di una fondamentale fonte di reddito per le famiglie che ricevono le rimesse e che, spesso, dipendono da quelle risorse per finanziare i consumi giornalieri, affrontare improvvise emergenze e garantirsi un futuro più sicuro. Le rimesse: aspetti quantitativi Il valore totale delle rimesse è cresciuto stabilmente nell’ultimo decennio. La Banca Mondiale1 ha stimato che, nel 2005, il flusso mondiale abbia raggiunto i 232 miliardi di dollari, di cui 167 miliardi verso i Pvs, coinvolgendo circa 175 milioni di migranti. Sempre secondo la Banca Mondiale, nella regione latinoamericana e dei Caraibi, la popolazione locale ha ricevuto nel 2006 circa 53 miliardi di dollari, oltre un quarto delle rimesse globali, per quello che è attualmente il primo mercato internazionale di riferimento per tali flussi finanziari. Per quanto riguarda l’Italia, secondo la Fondazione Ismu, nel 2006 le rimesse in uscita hanno sfiorato i 4,5 miliardi di euro, un valore più che raddoppiato in soli 3 anni e un incremento di oltre il 60% nel biennio 2004/2006. Il consenso internazionale sull’importanza delle rimesse Negli ultimi anni la comunità internazionale ha “scoperto” le potenzialità delle rimesse per lo sviluppo dei Pvs. Ciò è imputabile alla concomitanza di tre fattori: la scarsità di risorse finanziarie per promuovere lo sviluppo dei Pvs, i problemi del terrorismo internazionale, e l’importanza strategica per il sistema bancario e finanziario privato della clientela migrante, sia in termini di servizi generali verso un segmento di mass-market, sia in termini di specifici servizi di migrant-banking, a cominciare proprio dal tema delle rimesse. La prima parte del volume mette in contesto il fenomeno a livello globale in base a declinazioni di carattere politico, sociale e macrofinanziario. Le conseguenze economiche delle rimesse Come approfondito nel volume Dagli Appennini alle Ande, che focalizza l’attenzione sull’area sudamericana, le rimesse hanno valenza molteplice sul paese ricevente i fondi e sulla società di accoglienza. I vantaggi delle rimesse per la società di accoglienza sono noti e ricollegabili essenzialmente alla estensione dei servizi legati al money transfer e ai servizi finanziari specifici. Evidentemente, per sfruttare questi vantaggi deve essere valorizzato il ruolo degli intermediari finanziari, attraverso la riduzione dei costi e il contrasto al flusso di rimesse veicolato attraverso canali informali di intermediazione. Il tema viene analizzato nella seconda e nella terza parte del presente volume, anche con particolare riguardo al contesto italiano. La strada da percorrere: innovare e sperimentare meccanismi di valorizzazione delle rimesse Dato l’incremento costante di questo fenomeno, la sua rilevanza e la complessità accennate in queste pagine, è necessaria maggior attenzione alla gestione dei flussi già dall’origine. Ciò significa agire nel paese di immigrazione, attraverso la creazione di progetti che da una parte, assicurino il contenimento dei costi di trasmissione del denaro, dall’altra, migliorino il rendimento delle rimesse con la realizzazione di iniziative di sviluppo a loro associate nei paesi di origine degli stranieri, iniziative di cui rendiamo conto con esempi di buone pratiche internazionali e nazionali nella terza parte del presente del volume. 1. World Bank, Global Economic Prospects, 2006. ISMU 2008/05_ISMU_08_Zamfrini.pdf XIII Rapporto ISMU sulle Migrazioni 25 gennaio 2008 IL LAVORO Laura Zanfrini (laura.zanfrini@unicatt.it) Lo scenario internazionale Una persistente centralità della questione migratoria nell’agenda politica di molti paesi Una crescita della componente immigrata tra le forze di lavoro e il timido superamento delle “politiche degli stop” Uno scarto tra il susseguirsi dei pronunciamenti che vietano la discriminazione e una persistente condizione di svantaggio di immigrati e minoranze etniche Migrazioni e internazionalizzazione delle economie nazionali: attrazione di “materia grigia”, sviluppo imprenditoriale, mercificazione della diversità etnica Verso il superamento della concezione bilaterale delle migrazioni: l’integrazione tra le politiche migratorie e le politiche di promozione dello sviluppo dei paesi d’origine L’Italia nel contesto internazionale: uno straordinario polo d’attrazione per le labour migrations Oltre 250mila ingressi programmati per motivi di lavoro, che si sommano ai circa 700mila ammessi con la “regolarizzazione camuffata” del 2006 La liberalizzazione degli accessi dai paesi neo-comunitari ???? gli accessi “indiretti” (familiari ricongiunti che si offrono sul m.d.l.) Un’offerta ampiamente autonoma dai dispositivi di reclutamento, alimentata dai push effects e dalla capacità attrattiva dell’economia sommersa La distanza tra la legge e la prassi come tratto “normale” del modello italiano di governo delle labour migrations L’iniziativa del governo per una riforma del quadro giuridico sulle labour migrations I numeri della programmazione 179.000--45.000115.500145.5002005 252.000--3.00080.000167.000127.1002007 690.000----80.000558.500288.5002006 115.000----66.00046.500106.4002004 79.500----68.5009.70072.3002003 79.500--3.00060.00014.00063.6002002 89.40015.0002.00039.40027.00015.0002001 83.00015.0002.00066.00018.0002000 58.000--3.50054.5006.0001999 58.000--3.50054.5006.0001998 20.000----20.000--1997 23.000----13.00010.000--1996 25.000----10.00015.000--1995 TOTALERicerca l.AutonomoStagional.Lav. Sub.Privilegiate I caratteri dell’offerta 1.701mila i lavoratori stranieri censiti dall’Istat al 3° trimestre 2007 Un’elevata propensione degli immigrati a offrirsi sul mercato del lavoro: il tasso di attività è del 72,3% Un tasso di attività maschile che riflette la struttura per età della popolazione straniera e la bassissima incidenza della disoccupazione “volontaria”: 86,8% per gli uomini, oltre 13 punti percentuali superiore a quello complessivo Un tasso di attività femminile che riflette l’eterogeneità dei modelli di breadwinner: dal 26% delle marocchine al 90% delle filippine I caratteri dell’occupazione 1.590mila gli occupati stranieri censiti dall’Istat al 1° trimestre 2007 (970mila uomini e 621mila donne) È concentrata al Nord (63%, 75% degli occupati nell’industria) È composta in oltre la metà dei casi (53,1%) da lavoratori con un’istruzione superiore È concentrata nei servizi (38 immigrati su 100 e 84 immigrate su 100) Occupati per professione, III trim. 2007 18.4%30.4%Artigiani, opera special., agricoltori 9.0%27.8%Personale non qualificato 16.3%16.0%Addetti alle vendite e servizi person. 8.7%12.5%Conduttori d’impianti 10.3%3.0%Impiegati 21.5%5.6%Professioni tecniche 9.7%2.7%Professioni intellettuali 5.0%1.8%Dirigenti e imprenditori TotaleStranieri Gli aspetti problematici 111mila i disoccupati stranieri censiti dall’Istat al 1° gennaio 2007 (di cui ben 68mila donne) Una esposizione al rischio di disoccupazione solo di poco superiore rispetto agli autoctoni (lo scarto è di 0,4 punti percentuali per gli uomini e 1,7 per le donne) Una disoccupazione che colpisce soprattutto le donne ricongiunte e con famiglia, oltre che i new comers Gli aspetti problematici Una maggiore esposizione al rischio di infortuni sul lavoro: 116mila quelli occorsi nel 2006, con un’incidenza del 50% in più rispetto a italiani e altri comunitari Una persistente esposizione al rischio di occupazione irregolare, conseguente a una dinamica dei flussi autonoma rispetto alle politiche di programmazione degli ingressi, e sempre più tributaria della condizione di irregolarità nel soggiorno Un’evidente discrasia tra i livelli di istruzione degli occupati stranieri e i profili professionali ricoperti Sottoinquadramento, utilizzo improprio dei contratti atipici, sistematica assegnazione ai compiti più gravosi I caratteri della domanda Almeno 160mila (o 228mila nell’ipotesi di massa) le assunzioni di immigrati nel 2007 stimate dal sistema Excelsior Una propensione ad assumere lavoratori stranieri superiore alla loro incidenza sulle forze di lavoro (dal 19% della stima minima al 27% della massima) e all’incidenza registrata nel 2006 Una domanda sottodimensionata rispetto alle difficoltà di reclutamento denunciate dalle imprese e che accentua l’etnicizzazione del m.d.l. italiano Una domanda che rafforza l’aspettativa che gli immigrati siano destinati a ricoprire i ruoli privi di qualificazione Le assunzioni previste Nella metà dei casi richiedono un’esperienza specifica Nei 3/4 dei casi richiedono ulteriore formazione, in genere in affiancamento Benché prevalentemente assorbite dai profili operai e/o a bassa qualificazione, le assunzioni di stranieri riguardano spesso ruoli cruciali per l’operatività aziendale In oltre la metà dei casi richiedono un livello di istruzione pari all’obbligo e presentano una distribuzione asimmetrica rispetto ai capitali formativi degli stranieri, specie in corrispondenza del livello di istruzione universitario Tendono a riprodurre le modalità attraverso le quali la partecipazione degli stranieri al m.d.l italiano si è finora realizzata I principali settori d’inserimento 27,0228.00019,0160.000TOTALE 12,99.8508,26.230Commercio al dettaglio 42,814.89020,47.110Servizi sanitari 29,015.29018,59.740Trasporti e att. postali 34,314.15028,111.580Industrie dei metalli 51,827.11025,213.170Servizi operativi 30,937.96025,431.170Costruzioni 35,036.99024,726.090Alberghi, rist., turismo 26,3134.21016,684.740TOTALE SERVIZI 28,493.37022,774.860TOTALE INDUSTRIA %massima%minima I principali profili 15,621,822,327,9TOTALE 1,87,768,85,6Commercio al dettaglio 0,50,165,67,7Servizi sanitari 34,31,91,637,9Trasporti e att. postali 38,749,10,15,8Industrie dei metalli 2,73,10,887,7Servizi operativi 8,357,00,132,9Costruzioni 0,10,476,518,7Alberghi, rist., turismo 7,63,637,134,7TOTALE SERVIZI 27,148,01,018,1TOTALE INDUSTRIA Conduttori d’impianti Operai specializzati Professioni vendite e servizi Personale non qualificato Le assunzioni previste di donne immigrate 10.710 custodi o addette alle pulizie 9.230 addette ai servizi domestici o della ristorazione 3.710 operatrici dell’assistenza 2.510 addette alle pulizie e alle lavanderie 1.840 addette alle vendite 1.300 altre addette ai servizi personali 1.270 addette al settore tessile-abbigliamento 1.090 addette alle macchine produzione tessile/pelletteria 9.340 altri profili L’imprenditorialità immigrata in Italia È favorita da alcune caratteristiche del sistema produttivo italiano, come: la quota elevata di lavoratori autonomi, la diffusione dell’industria manifatturiera, la polverizzazione dei punti vendita al minuto, la vitalità del settore della ristorazione, l’ampio ricorso al subappalto in alcuni settori… … ma anche dal progressivo ampliamento dei consumi direttamente collegati alla presenza di immigrati L’imprenditorialità immigrata in Italia Ha conosciuto una spettacolare espansione nel volgere di pochi anni, grazie anche alle evoluzioni legislative, contribuendo al ricambio generazionale in diversi settori Rappresenta una strategia di mobilità professionale per coloro che sono in Italia da un certo numero di anni… … ma spesso nasconde fenomeni di ricorso improprio a soluzioni contrattuali diverse dal lavoro dipendente configurandosi come imprenditorialità marginale e/o come imprenditorialità “da domanda” È ipotizzabile che sia utilizzata come strategia per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno nel caso di lavoratori precari e atipici I problemi aperti Il sostanziale fallimento di una politica di contrasto all’immigrazione irregolare basata sui controlli alle frontiere e l’imposizione di rigidi vincoli ai datori di lavoro interessati ad assumere Un regime particolarmente vincolistico di gestione dell’incontro domanda/offerta di lavoro immigrato che concorre a rendere gli immigrati particolarmente duttili alle richieste dei datori di lavoro, trasformandoli in involontari artefici di un processo involutivo Un’asimmetria tra l’effettiva dimensione dei fabbisogni e la loro distribuzione settoriale e ricezione da parte dell’agenda politica e mass-mediatica I problemi aperti Un’imprenditorialità “da domanda” che non si esprime attraverso politiche di attrazione e incentivazione imprenditoriale, bensì nel contesto di quei processi di individualizzazione e precarizzazione dei rapporti di impiego che segnano il declino della “società salariale” Resta complessivamente aperta la sfida di “deprivatizzare” le responsabilità di cura I rischi di un “eccesso di domandismo” I contraccolpi sul mercato del lavoro dell’ulteriore crescita di un “esercito post-industriale di riserva” La sottovalutazione delle situazioni di sofferenza occupazionale nella pianificazione dei fabbisogni di manodopera immigrata La sottovalutazione del carattere contingente di molti fabbisogni: sono soprattutto le imprese “marginali” e meno efficienti a impiegare manodopera straniera La natura autopropulsiva delle migrazioni L’esautorazione dei governi da un fondamentale ambito di esercizio della sovranità Aspetti problematici riguardo il bilancio costi/benefici dell’immigrazione L’irresistibile crescita della componente inattiva La ricorrenza delle situazioni di lavoro nero e grigio La simulazione dei rapporti di lavoro inesistenti e i rischi di un regime migratorio più liberale L’impatto sociale dell’immigrazione e il problema dell’accesso ai benefici di welfare L’illusione che una politica migratoria più liberale possa contribuire a risolvere gli elementi disfunzionali dell’assetto in vigore Tutte le società producono degli stranieri, ma ciascun tipo di società produce il suo proprio tipo di stranieri, e li produce in un suo proprio modo inimitabile Z. Bauman
Argomento: 

CARITAS / MIGRANTES: Immigrazione. Dossier statistico 2007 - XVII Rapporto

Descrizione breve: 
Uno strumento utile in vista dell’Anno europeo del dialogo interculturale 2008, per sottolineare che “l’immigrazione è un fenomeno tutt’altro che marginale e si configura come un aspetto innovativo e qualificante della società italiana che si va costruendo, maggiormente imperniata sull’equilibrio delle differenze, delle quali l’Anno europeo del dialogo interculturale sprona a occuparsi”.
Data: 
31 Ottobre 2007
caritas migrantes 2007/rapporto immigrazione 07 scheda.pdf C A R I T A S / M I G R A N T E S - D o s s i e r S t a t i s t i c o I m m i g r a z i o n e 2 0 0 7 Prospetto riassuntivo dell'immigrazione in Italia (2004-2006) STIMA DOSSIER SUI SOGGIORNANTI REGOLARI 2004 2005 2006 Caratteristiche dei soggiornanti 2.786.340 3.035.144 3.690.052 Variazione annuale % 7,2 8,9 21,6 % donne 48,2 49,9 50,6 % minori 17,6 19,3 18,4 % soggiornanti per lavoro 62,5 62,6 56,5 % motivi di famiglia 27,3 29,3 35,6 studio 2,6 2,1 2,9 Provenienze continentali dei soggiornanti Europa 51,9 48,8 49,6 Africa 23,8 23,1 22,3 Asia 13,1 17,4 18,0 America 10,9 10,6 9,7 Oceania/Apolidi/Ignota 0,3 0,1 0,4 DATI ISTAT SUI RESIDENTI 2.402.157 2.670.514 2.938.922 Ripartizione dei residenti per aree territoriali NORD OVEST (Lombardia, Piemonte, Liguria, Valle D’Aosta) 36,3 36,7 36,3 NORD EST (Veneto, Friuli V.G., Trentino A.A., Emilia Romagna) 27,2 27,4 27,3 CENTRO (Toscana, Umbria, Marche, Lazio) 24,0 24,0 24.8 SUD (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria) 8,9 8,6 8,5 ISOLE (Sicilia, Sardegna) 3,6 3,5 3,3 DATI INAIL SULL’OCCUPAZIONE 783.303 217.969 2.194.271 Settori di inserimento lav. nati all’estero Assunti a Assunti Occupati tempo ind. prima volta AGRIC / PESCA 7,7 12,6 6,4 INDUSTRIA 23,4 22,8 35,2 Costruzioni 10,3 10,9 13,3 Ind. Metalli 3,1 2,5 5,1 Ind. Alimentare 2,0 2,1 2,3 Ind. Tessile 1,8 1,9 3,2 Ind. Meccanica 1,0 0,9 1,9 Ind. Trasformazione 0,7 0,5 1,2 Ind. Conciaria 0,6 0,6 1,1 Ind. Gomma 0,6 0,4 1,1 Ind. Legno 0,6 0,6 0,9 Altre industrie 2,7 2,4 4,9 SERVIZI 28,2 56,7 53,6 Alberghi e ristoranti 10,1 14,0 10,1 Informatica e servizi alle imprese (ex att. immobiliari/pulizie) 5,7 13,4 12,2 Attività svolte presso famiglie - 10,7 9,7 Commercio al dettaglio e all’ingrosso 4,6 5,8 6,6 Trasporti 3,8 3,6 5,4 Servizi Pubblici 1,4 4,3 3,4 Sanità 1,3 2,5 3,0 Altri servizi 1,3 2,5 3,2 ATTIVITÀ NON DETERMINATE 40,7 7,9 4,8 Totale (%) 100,0 100,0 100,0 FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su fonti varie P r o sp e tt o g e n e r a le d e ll ’i m m ig r a z io n e i n I ta li a 11 12 C A R I T A S / M I G R A N T E S - D o s s i e r S t a t i s t i c o I m m i g r a z i o n e 2 0 0 7 A S P E T T I S A L I E N T I D E L L ’ I M M I G R A Z I O N E N E L 2 0 0 6 Più numerosi i soggiornanti dei residenti. La presenza regolare straniera comprende sia i residenti che i soggiornanti: questi sono più numerosi perché includono anche persone arrivate da poco e non ancora iscritte presso i comuni. Secondo la stima del Dossier, alla fine del 2006 i soggiornanti sono 3.690.052, con un aumento del 21,6% rispetto all’anno precedente. Alla stessa data i residenti, rilevati dall’Istat, sono 2.938.932 (+10,1%): le anagrafi comunali registreranno a distanza di un anno, e anche più, gli ultimi arrivati, che incontrano difficoltà sulla via dell’insediamento stabile, dovute non solo al superamento delle notevoli difficoltà alloggiative ma anche alle preoccupanti lungaggini burocratiche delle pratiche di soggiorno. Una miriade di provenienze con prevalenza degli europei. Tra il 2000 e il 2006 gli immigrati dall’Est Europa sono aumentati di 14 punti percentuali, mentre l’Africa ne ha persi 5 e l’Asia e l’America 2. Oggi, ogni 10 presenze immigrate, 5 sono europee (e per quasi la metà comunitarie), 4 suddivise tra africani e asiatici e 1 americana. La Romania (556.000 presenze) sfiora un sesto del totale (15,1%) e distanzia di quasi 5 punti il Marocco (387.000 presenze) e l’Albania (381.000), entrambi i paesi con poco più del 10%. Poco meno di 200 mila unità hanno l’Ucraina (195.000) e la Cina Popolare (186.000), entrambe con la percentuale del 5%. Le Filippine si attestano a quota 113.000, cifra dalla quale non sono lontane la Moldavia, la Tunisia, l’India e la Polonia. Vi è quindi un gruppo compreso tra le 80.000 e le 50.000 unità: Serbia, Bangladesh, Perù, Egitto, Sri Lanka, Ecuador, Macedonia, Senegal, Pakistan e Stati Uniti. I cristiani sono circa la metà, i musulmani un terzo e, con numeri meno consistenti, seguono le altre religioni. Continua ad avanzare il processo di strutturalizzazione. Per processo di strutturalizza- zione si intende l’insieme di quei fattori che hanno reso l’immigrazione radicata nel paese: numero rilevante, ritmo d’aumento sostenuto, incidenza sulla popolazione sempre più consistente, spiccato policentrismo etnico-culturale con collettività che arrivano da quasi tutti i paesi del mondo, distribuzione differenziata ma diffusa su tutto il territorio nazionale, normalizzazione dal punto di vista demografico con una maggioranza delle donne, preva- lenza dei coniugati, elevata incidenza dei minori, persistente fabbisogno di forza lavoro aggiuntiva, progetti migratori sempre più improntati alla stabilità, crescente richiesta di spazi adeguati di partecipazione. Principali caratteristiche della presenza: donne, minori, famiglie. È continuato ad aumentare il peso delle donne immigrate, diventate ormai la maggioranza e sono ormai poche le regioni a prevalenza maschile: la Lombardia, quelle del Nord Est, la Puglia e le Isole. I minori, pur sfiorando le 700.000 unità, hanno visto scendere la loro incidenza al 18,4%, anche a seguito dell’arrivo nel 2006 di oltre mezzo milione di nuovi lavoratori. La loro presenza è particolarmente elevata nelle regioni del Nord e in alcune del Centro, con punte massime di quasi il 25% nel Veneto (a Rovigo 29,2%) e del 24% nella Lombardia e nelle Marche. Essi concorrono alla notevole consistenza delle presenze per motivi familiari che, secondo un computo innovativo del Dossier, supera un terzo delle presenze totali (35,6%): circa la metà di queste presenze (17,2%) è costituita dai coniugi, per lo più donne, comunque autorizzate al lavoro, talvolta dichiarato e più spesso in nero. 13 C A R I T A S / M I G R A N T E S - D o s s i e r S t a t i s t i c o I m m i g r a z i o n e 2 0 0 7 Non solo stranieri ma anche cittadini. A differenza dei tradizionali paesi di immigrazio- ne, l’Italia si caratterizza per avere molti stranieri e pochi cittadini di origine straniera, anche se la situazione va lentamente modificandosi. Nel periodo 1995-2005, sono state presenta- te 213.047 domande per ottenere la cittadinanza, delle quali 125.535 definite positiva- mente. Nella stragrande maggioranza si tratta di acquisizione di cittadinanza per matrimo- nio, mentre sono ridotti i casi di naturalizzazione (20.731). Comunque, essendo aumenta- ta la popolazione straniera, lo sono anche i casi di acquisizione di cittadinanza, che nel 2005 sono stati 19.266, un vero e proprio boom rispetto agli 11.945 del 2004. Anche l’in- cidenza dei casi per naturalizzazione è più che raddoppiata (dal 16,3% al 38,5%), pur in assenza di una riforma della normativa, bloccata dal contrasto tra gli schieramenti politici. Intanto a fine 2006 le seconde generazioni, i figli di immigrati nati in Italia e tuttora cittadi- ni stranieri, aumentano a 398.295 individui e sono destinati a diventare più di un milione entro dieci anni: sono quelli che considerano l’Italia il proprio paese, pur non possedendo- ne la cittadinanza. Una ripartizione territoriale disuguale ma a tutto campo. La presenza degli immigrati è molto consistente al Nord (60% del totale nazionale e 2,2 milioni di persone), mentre è più ridotta al Centro (26% e 1 milione circa) e ancora di più al Sud (14% e mezzo milione). Queste percentuali, rimaste quasi invariate nell’ultimo triennio, indicano in maniera signifi- cativa la capacità ricettiva delle varie aree. Un crescente protagonismo spetta ai piccoli con- testi urbani, dove la vita è più agevole anche sotto il profilo socio-economico. Man mano che si assesta il processo di insediamento residenziale, il Nord, con le sue maggiori oppor- tunità occupazionali, attira un’ulteriore quota dalle regioni dal Meridione e anche dall’area romana. L’inserimento lavorativo. Gli occupati sono, secondo l’indagine Istat, 1.348.000 (per più della metà inseriti nei servizi e per più di un terzo nell’industria) e i disoccupati 127.000. L’aumento annuale dell’occupazione è stato di poco inferiore alle 200.000 unità (nella banca dati Inail, basata sulle nascite all’estero, il valore è più alto). Il tasso di attività è risultato essere del 73,7%, quello di disoccupazione dell’8,6% e il tasso di mobilità, desu- mibile anche dalla ricorrenza delle assunzioni nello stesso anno, molto elevato. Le donne, pur superando la metà delle presenze, sono il 40% tra gli occupati e il 16,2% tra i 141.393 stranieri titolari di imprese. Previsioni a breve termine. L’Italia si colloca ai vertici europei per numero di immigrati e al vertice mondiale, tra i paesi industrializzati, per ritmo d’aumento. Se anche nel biennio 2007-2008 i flussi continuassero con la stessa vivacità degli ultimi due anni, i cambiamenti sarebbero notevoli: la Lombardia passerebbe da 850.000 a più di un milione di presenze; il Veneto, l’Emilia Romagna e la provincia di Roma supererebbero il mezzo milione di unità; il Piemonte sfiorerebbe le 400 mila, la Toscana le 350 mila, la Campania le 200 mila e le Marche le 150 mila unità, mentre al di sotto delle 100 mila unità resterebbero solo il Trentino Alto Adige e l’Abruzzo (per giunta non lontane da quel livello) insieme alla Sardegna, alla Basilicata, al Molise e alle Valle d’Aosta. Comunque siano gli ulteriori svilup- pi, si è di fronte ad una presenza consistente e radicata: e, a questo punto, non si tratta solo di decidere su meccanismi riguardanti l’ingresso, il soggiorno, il mercato occupaziona- le, ma anche di concordare obiettivi validi per una società interculturale e multietnica, come ricorda l’Anno europeo dell’intercultura. IIII tttt aaaa llll iiii aaaa v.a. 200 5 v.a . 2 00 6 % % s u po po l. Va r. % 0 5/ 06 31 /1 2/ 20 06 v. a. v.a . % % s u po po l. Va r. % 0 5/ 06 N or d ov es t 97 6. 88 7 1. 06 7. 21 8 36 ,3 6, 8 9, 2 15 .6 30 .9 59 1. 03 3. 26 0 1. 24 4. 53 0 33 ,7 8, 0 20 ,4 N or d es t 73 0. 56 9 80 2. 23 9 27 ,3 7, 2 9, 8 11 .2 04 .1 23 77 3. 12 2 95 4. 00 8 25 ,9 8, 5 23 ,4 N or d 1. 70 7. 45 6 1. 86 9. 45 7 63 ,6 7, 0 9, 5 26 .8 35 .0 82 1. 80 6. 38 2 2. 19 8. 53 8 59 ,6 8, 2 21 ,7 C en tro 64 1. 15 8 72 7. 69 0 24 ,8 6, 3 13 ,5 11 .5 40 .5 84 82 0. 55 1 98 3. 42 2 26 ,7 8, 5 19 ,8 Su d 22 9. 37 5 24 4. 08 8 8, 3 1, 7 6, 4 14 .0 79 .3 17 29 8. 02 1 37 6. 29 3 10 ,2 2, 7 26 ,3 Is ol e 92 .5 25 97 .6 87 3, 3 1, 5 5, 6 6. 67 6. 30 4 11 0. 19 0 13 1. 79 9 3, 6 2, 0 19 ,6 To ta le 2. 67 0. 51 4 2. 93 8. 92 2 10 0, 0 5, 0 10 ,1 59 .1 31 .2 87 3. 03 5. 14 4 3. 69 0. 05 2 10 0, 0 6, 2 21 ,6 O cc up at i n at i a ll' es te ro 3 1. 12 .2 00 6 - I na il St ud en ti a nn o sc ol as ti co 2 00 6- 20 07 - M in is te ro P ub bl ic a Is tr uz io ne St im a re l. st ud en ti OC CU PA TI NE TT I % D IR IG A Se tto ri at tiv ità v. a. % % s u to t. Ar ee c on tin en ta li To ta le In fa nz ia Pr im ar ia I g ra do II gr ad o C ris tia ni M us ul m an i Pe sc a e Ag ric ol tu ra 14 0. 16 6 6, 4 20 ,4 U E 12 .7 10 18 ,7 37 ,8 19 ,7 23 ,8 80 ,4 2, 8 In du st ria 77 2. 10 1 35 ,2 12 ,7 U E nu ov i 12 .0 06 16 ,3 40 ,3 22 ,4 20 ,9 82 ,1 1, 8 di c ui C os tru zi on i 29 1. 68 9 13 ,3 19 ,4 Eu ro pa c en tro -o rie nt . 21 7. 56 1 16 ,8 38 ,5 23 ,8 20 ,8 63 ,4 29 ,6 di c ui M et al li 11 2. 87 3 5, 1 14 ,5 Eu ro pa a ltr i 2. 58 3 9, 6 23 ,6 15 ,1 51 ,8 86 ,4 1, 6 di c ui T es si le 69 .3 78 3, 2 14 ,7 EU R O PA 24 4. 86 0 16 ,8 38 ,4 23 ,4 21 ,3 65 ,4 26 ,6 di c ui A lim en ta re 51 .5 59 2, 3 10 ,6 Af ric a se tte nt iro na le 90 .4 89 25 ,6 41 ,5 20 ,5 12 ,5 1, 3 98 ,4 di c ui M ec ca ni ca 42 .7 23 1, 9 7, 9 Af ric a oc ci de nt al e 22 .7 16 27 ,8 35 ,7 18 ,0 18 ,5 22 ,5 49 ,3 di c ui T ra sf or m az io ne 25 .9 47 1, 2 11 ,4 Af ric a or ie nt al e 4. 17 1 21 ,3 36 ,4 18 ,7 23 ,5 37 ,8 35 ,5 di c ui C on ci ar ia 25 .1 02 1, 1 15 ,6 Af ric a ce nt ro -m er id io na le 2. 48 1 23 ,5 33 ,1 17 ,9 25 ,4 31 ,5 8, 0 al tre In du st rie 15 2. 83 0 7, 0 7, 9 AF R IC A 11 9. 85 7 25 ,8 40 ,0 19 ,9 14 ,3 7, 2 85 ,0 C om m er ci o 16 7. 41 7 7, 6 7, 3 As ia o cc id en ta le 3. 11 7 24 ,1 40 ,2 17 ,4 18 ,3 11 ,8 71 ,7 di c ui a l D et ta gl io 79 .8 32 3, 6 6, 8 As ia c en tro -m er id io na le 30 .3 29 22 ,7 40 ,2 22 ,1 15 ,0 2, 9 46 ,6 al tro C om m er ci o 87 .5 85 4, 0 7, 9 As ia o rie nt al e 38 .8 06 17 ,4 34 ,0 25 ,6 23 ,0 33 ,3 3, 4 Se rv iz i 1. 11 4. 58 7 50 ,8 13 ,0 AS IA 72 .2 52 19 ,9 36 ,9 23 ,8 19 ,4 19 ,6 24 ,5 di c ui S er vi zi a lle im pr es e 26 8. 26 0 12 ,2 12 ,2 Am er ic a se tte nt rio na le 2. 38 5 25 ,0 35 ,7 15 ,5 23 ,9 83 ,6 1, 8 di c ui A lb er gh i e R is to ra nt i 22 0. 73 5 10 ,1 20 ,4 Am er ic a ce nt ro -m er id . 54 .5 92 13 ,6 32 ,6 24 ,0 29 ,8 92 ,0 0, 0 di c ui A tti vi tà s vo lta d a fa m ig lie 21 3. 28 8 9, 7 66 ,2 AM ER IC A 56 .9 77 14 ,0 32 ,8 23 ,7 29 ,6 91 ,6 0, 1 di c ui T ra sp or ti 11 9. 16 1 5, 4 10 ,7 O C EA N IA 28 4 13 ,7 34 ,9 18 ,0 33 ,5 72 ,7 0, 1 al tri S er vi zi 29 3. 14 3 13 ,4 7, 6 Ap ol id i / n . d . 4. 08 0 4, 1 88 ,3 2, 1 5, 4 0, 0 0, 0 To ta le 2. 19 4. 27 1 10 0, 0 12 ,5 To ta le 49 8. 31 0 19 ,0 38 ,3 22 ,5 20 ,2 47 ,2 37 ,1 FO N TE : D os si er S ta tis tic o Im m ig ra zio ne C ar ita s/ M ig ra nt es Re si de nt i a l 3 1. 12 .2 00 6 - I st at Pr es en ze r eg ol ar i a l 3 1. 12 .2 00 6 - S ti m a D os si er Po po la zi on e re si de nt e to ta le : 5 9. 13 1. 28 7 - S tim a st ra ni er i D os si er : 3 .6 90 .0 52 - In ci de nz a % s tr .: 6 ,2 To t. po p. r es id en te P a r te S ta ti st ic a a c u r a d i A . C o la ia co m o e M .P . B o rs ci Italia 451 caritas migrantes 2007/rapporto immigrazione 07.pdf 1 X V I I R a p p o r t o s u l l ’ i m m i g r a z i o n e CARITAS/MIGRANTES Immigrazione Dossier Statistico 2007 Anno europeo del dialogo interculturale IDOS - Centro Studi e Ricerche Redazione Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes Via Aurelia 796 - 00165 Roma Tel. 06.66514345 – Fax 06.66540087 E-mail: idos@dossierimmigrazione.it Internet: www.dossierimmigrazione.it I FLUSSI MIGRATORI E IL CONTESTO EUROPEO L’immigrazione nell’Unione Europea L’Europa, composta da Stati con una tradizione millenaria, è ormai stabilmente abitata da cittadini provenienti da altri paesi. Nell’UE a 27, un’area con circa mezzo miliardo di per- sone, gli immigrati con cittadinanza straniera sono circa 28 milioni (inizio 2006), ma si arriva a circa 50 milioni se si includono quanti nel frattempo hanno acquisito la cittadi- nanza. Questa presenza è destinata ad aumentare, stando alle previsioni che tengono conto delle esigenze demografi- che e occupazionali. Tra gli elementi chiave dell’unificazione europea è inclusa anche la libera circolazione dei lavoratori e, pertanto, il feno- meno migratorio ha segnato l’Europa unita nell’arco di tutta la sua storia. Secondo i dati dell’Eurobarometro del 2007, sebbene il 48% dei cittadini europei ritenga la presenza degli immigrati necessaria in determinati settori dell’economia, quasi altret- tanti esprimono insicurezza circa la presenza straniera, in par- ticolare in relazione alla disoccupazione. L’incidenza degli immigrati è del 5,6% sulla popolazione complessiva, con variazioni notevoli: lo 0,5% nei due nuovi paesi membri (Romania e Bulgaria), tra il 4% e l’8% negli Stati dell’Unione a 15. Sono rilevanti le concentrazioni in alcune regioni: in Francia il 40% degli stranieri vive nell’area parigina, dove un residente su otto è cittadino straniero; nel Regno Unito oltre un terzo della popolazione straniera risiede nell’area metropolitana di Londra; in Spagna circa la metà degli immigrati si è insediata a Madrid e nella Catalogna. In Italia, invece, è più marcata la diffusione territoriale e solo un quinto degli immigrati si trova nelle province di Milano e di Roma. Nei paesi di vecchia immigrazione la presenza degli immi- grati è rimasta stabile, o è leggermente diminuita come in Germania, mentre nei paesi di nuova immigrazione (quelli mediterranei) essa è andata aumentando. I due terzi della popolazione immigrata sono costituiti da non comunitari: il 32% da europei non UE (in gran parte russi, turchi e balcanici), il 22% da africani (di cui due terzi provenienti dalle regioni settentrionali), il 16% da asiatici (equamente distribuiti tra immigrati dell’Estremo Oriente, Cina in testa, e del subcontinente indiano) e il 15% da ameri- cani (in gran parte latinoamericani). Non vengono più registrati come immigrati le centinaia di migliaia di stranieri che ogni anno ottengono la cittadinanza del paese di residenza (nel 2005, 162 mila nel Regno Unito, 150 mila in Francia, 117 mila in Germania e 29 mila in Italia), con incidenze differenziate sull’insieme della popolazione straniera soggiornante (5,7% nel Regno Unito, 1,6% in Ger- mania e meno dell’1% in Italia). Quando si parla di presenza immigrata bisognerebbe tenere presenti anche queste perso- ne, nate all’estero e diventate cittadine (in Gran Bretagna 2 sono il doppio rispetto ai 3 milioni di cittadini stranieri), come anche le seconde e le terze generazioni nate sul posto. L’afflusso di lavoratori esteri in Italia nel 2006 Nel 2006, allo sforzo di raddoppiare le quote annuali di lavoratori provenienti dall’estero (portate a 170.000) hanno fatto seguito domande di assunzione tre volte più ampie, evi- denziando le carenze dei meccanismi di incontro tra domanda e offerta. Da anni si continua a presupporre che i lavoratori stranieri da assumere aspettino dall’estero la loro chiamata, mentre è risaputo che, in attesa di essere ufficial- mente assunti, essi già hanno iniziato a lavorare in Italia. Le 540 mila domande di assunzione presentate hanno reso necessaria l’emanazione di un secondo decreto flussi, che ha disposto ulteriori 350.000 ingressi. Dalla loro analisi (relativa a 9 domande su 10) emerge: - una netta prevalenza del settore dell’assistenza alle famiglie (quasi il 49% delle domande) e, seppure distaccato, di quello edile (quasi il 18%); - la ridotta incidenza delle richieste di personale ad elevata professionalità (appena 1.200 domande per dirigenti e simi- li); - l’alta concentrazione delle domande in determinate pro- vince, segnatamente in quelle di Roma (oltre 50.000), Mila- no (oltre 37.000), Torino e Brescia (intorno alle 20.000), Bologna (quasi 15.000) e Verona, Padova, Venezia, Napoli e Treviso (con poco più di 10.000 ciascuna), il che ha confer- mato una certa polarizzazione territoriale dei flussi che fa perno sulla Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna, il Lazio e, nel Sud, sulla Campania. Per quanto riguarda i paesi di origine di questi lavoratori, al primo posto della graduatoria troviamo la Romania (oltre 130.000 domande), seguita a grande distanza da Marocco (50.000 domande), Ucraina e Moldavia (35.000 domande ciascuno), Albania (30.000), Cina (27.000), Bangladesh (20.000 domande). Chiudono la serie dei primi 10 paesi, l’In- dia, e, allo stesso livello numerico, lo Sri Lanka e la Tunisia, che registrano il primo 13.000 e gli altri due paesi circa 10.000 domande. Esaminando congiuntamente i flussi del 2006 e quelli del 2005, emergono queste tendenze: - le aree occupazionalmente più forti (Nord Ovest, Nord Est e Centro) confermano, con il numero elevato dei lavora- tori coinvolti, il loro ruolo di traino e, tuttavia, registrano un ridimensionamento delle percentuali d’aumento rispetto alla popolazione già insediata; - il Sud conosce flussi in entrata che, seppur corrispondenti al 12-14% degli ingressi totali registrati nei due anni presi in considerazione, sono destinati a fare aumentare, se confer- mati, la quota percentuale di pertinenza della popolazione straniera; - le Isole, sbocco di appena 1 ogni 25 lavoratori entrati in Italia, sono caratterizzate da un andamento stabile che le col- loca a un livello più contenuto. I flussi irregolari: un problema di dimensione europea L’intensità dei flussi irregolari può essere favorita, in Europa, oltre che dalla posizione geografica, anche da altre cause: quote di ingresso non adeguate, scarsa praticabilità dei per- corsi stabiliti per l’inserimento legale e per l’incontro tra dato- ri di lavoro e persone da assumere, diffusione dell’area del lavoro nero e precarirtà dello status di regolari. La necessità di regolamentare i flussi non deve portare a identificare le restrizioni con l’anima della politica migrato- ria, che si sostanzia specialmente di adeguate procedure di ammissione e di una grande attenzione all’integrazione: per- ciò la Commissione De Mistura ha proposto una diversa con- cezione della funzione dei Centri di permanenza tempora- nea. Tuttavia l’area dell’irregolarità, quando è troppo estesa, rende la società meno disponibile all’accoglienza e perciò è indispensabile un’analisi senza pregiudizi che riesca a indivi- duare le piste praticabili per il suo ridimensionamento. Paese Stranieri % supop. Paese Stranieri % su pop. Paese Stranieri % su pop. Austria 814.100 9,8 Germania (2004) 7.287.900 8,8 Polonia (2001) 700.300 1,8 Belgio 900.500 8,6 Grecia (2003) 891.200 8,1 Portogallo 432.000 4,1 Bulgaria (2000) 25.600 0,3 Irlanda 314.100 7,4 Regno Un. (2004) 3.066.100 5,2 Rep. Ceca 258.400 2,5 Italia 2.286.000 3,9 Romania 25.900 0,1 Cipro (2004) 98.100 13,1 Lettonia 456.800 19,9 Slovacchia 25.600 0,5 Danimarca 270.100 5,0 Lituania 32.900 1,0 Slovenia 48.900 2,4 Estonia (1999) 274.300 20,0 Lussemburgo 181.800 39,6 Spagna 4.002.500 9,1 Finlandia 113.900 2,2 Malta (2004) 11.900 3,0 Svezia 479.900 5,3 Francia (1999) 3.263.200 5,6 Paesi Bassi 691.400 4,2 Ungheria 156.200 1,5 UNIONE EUROPEA. Cittadini stranieri comunitari e non (31.12.2005) La presenza regolare in Italia a fine 2005 è stata stimata dal Dossier Caritas/Migrantes, includendo i minori, pari a 3.035.144 e, pertanto, il totale UE della presenza regolare passa da 27.109.610 a 27.838.754 FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati Eurostat, OECD, Council of Europe, Istat Categorie 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Respinti alla frontiera 48.437 42.221 41.058 43.795 27.397 24.528 23.878 20.547 Espulsi/rimpatriati 23.955 23.836 34.390 44.706 37.756 35.437 30.428 24.902 Tot. persone allont. 72.392 66.057 75.448 88.501 65.153 59.965 54.306 45.449 Non ottemperanti 40.489 64.734 58.207 61.282 40.586 45.697 65.617 78.934 Tot. coinvolti 112.881 130.791 133.655 149.783 105.739 105.662 119.923 124.383 % allont. su coinvolti 64,1 50,5 56,4 59,1 61,6 56,8 45,3 36,5 ITALIA. Respingimenti, espulsioni e rimpatri di cittadini stranieri (1999-2005) FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati del Ministero dell’Interno L’Italia è un paese molto esposto ai flussi migratori a causa della sua posizione geografica. Se il nuovo Governo francese ha confermato per il 2007 l’obiettivo di 25.000 espulsioni di stranieri in situazione irregolare, in Italia le persone intercet- tate in tale condizione superano le 100 mila unità l’anno. Tra di esse, quelle pervenute via mare sono 22.016 (il 13% del totale, quasi mille di meno rispetto al 2005): suscitando non poche sorprese, i trafficanti di manodopera hanno inclu- so nei loro circuiti anche la Sardegna. E così il mare, da fon- damentale elemento per gli scambi, continua a essere uno sconfinato cimitero. Ma le tragedie via terra non sono state da meno: si viaggia – e spesso si muore – nascosti nei tir (con il rischio di essere asfissiati per mancanza d’aria o schiacciati dalle merci), sotto i treni o addirittura nei carrelli degli aerei, oppure si attraversano valichi, fiumi e campi minati, quando non si finisce l’esistenza fulminati o assiderati o vittime di altri incidenti. In tutti i casi è la speranza di una vita migliore che spinge ad affrontare questi pericoli. Nel 2006, su 124.383 persone in posizione irregolare indi- viduate dalle forze dell’ordine, solo il 36,5% (45.449) è stato effettivamente rimpatriato (nel 1999 lo fu il 64,1%). Tuttavia, se si tiene conto dell’ultimo allargamento dell’UE e si tolgono dal conteggio i bulgari e, specialmente, i romeni, il numero degli intercettati in posizione irregolare scende dopo tanti anni al di sotto delle 100 mila unità (84.245). Nel contesto europeo è l’Italia ad aver portato avanti un’organica esperienza pilota per il recupero delle persone vittime di tratta. A partire dal 2000 ne hanno potuto benefi- ciare, ricevendo assistenza, ben 45.331 persone, per la quasi totalità donne vittime di sfruttamento sessuale: in circa un terzo dei casi (13.854) sono state messe a disposizione appo- site borse lavoro. Il contrasto dei trafficanti, da rafforzare a livello nazionale e internazionale, va completato con il coinvolgimento dinami- co dei migranti, ampliando le categorie dei beneficiari dei rimpatri assistiti (più di 7.000 dal 1991 ad oggi con l’assi- stenza dell’OIM) e prevedendo un certo supporto economi- co per il reinserimento di quanti collaborano per la loro iden- tificazione, sia che si presentino spontaneamente o collabori- no dopo essere stati fermati, avendo l’accortezza di limitare a 2 anni (al posto degli attuali 10) il divieto di reingresso, a meno che non si tratti di recidivi. Questo impegno servirebbe anche a ridurre il coinvolgi- mento degli irregolari nelle denunce penali. I cittadini stra- nieri incidono per quasi un quarto sulle denunce penali e per quasi un quarto sulle presenze in carcere. I maggiori prota- gonisti sono gli irregolari, che in determinati reati sono impli- cati anche in 4 casi su 5 (lo sfruttamento della prostituzione, l’estorsione, il contrabbando e la ricettazione). Per gli stranie- ri in posizione regolare il problema si pone negli stessi termi- ni degli italiani: essi incidono per circa il 6% sulla popolazio- ne residente e nella stessa misura percentuale sulle denunce. L’IMMIGRAZIONE IN ITALIA NEL 2006 Gli stranieri regolari in Italia alla fine del 2006 Il numero degli immigrati regolari sembrerebbe un dato di facile acquisizione e invece, per ottenerlo, bisogna procedere a una stima complessa, basandosi sulle fonti statistiche in parte incomplete. Bisogna, inoltre, tenere presente che la presenza regolare include due categorie, quella dei residenti, iscritti cioè nelle anagrafi dei comuni (rilevati annualmente dall’Istat ed esposti in un apposito capitolo del Dossier), e quella dei soggiornanti che, pur autorizzati a restare in Italia, o non sono interessati a registrarsi perché venuti per brevi periodi, o sono impossibilitati a farlo perché in situazione pre- caria quanto all’alloggio. Su questi soggiornanti si è concen- trata la stima del Dossier Caritas/Migrantes. Partendo dalle 3.035.000 presenze regolari stimate a fine 2005 (stima vicina al dato ipotizzato dall’Istat), sono stati aggiunti i nuovi nati del 2006 (poco meno di 60.000) e le domande presentate per assumere lavoratori sulla base delle quote fissate nel 2006 (al posto delle 540.000 effettive, ne sono state conteggiate 486.000 per tenere conto di quelle non accettate). Sono stati poi aggiunti (decurtando ciascuna voce del 5% quale quota di quanti si presume possano essere nel frattem- po usciti dall’Italia o non aver utilizzato il visto per entrare): - i visti rilasciati per ricongiungimento familiare (82.330); - i visti rilasciati per studio universitario o comunque studio di una certa stabilità in Italia (19.604); - i visti rilasciati per motivi religiosi (3.191); - i visti rilasciati per residenza elettiva (928). Il risultato di questa stima è una presenza di 3.690.000 cit- tadini stranieri (comunitari e non comunitari) come ipotesi massima; si possono sottrarre all’incirca 100 mila unità come ipotesi minima, nel caso cioè che un numero più elevato di domande di assunzione sia stato respinto e che a lasciare il paese siano stati di più rispetto alle 15.000 cancellazioni ana- grafiche di cittadini stranieri registrate dall’Istat nel 2006. L’incidenza sulla popolazione totale è del 6,2%. L’Italia si colloca, con la Spagna, subito dopo la Germania tra i più grandi paesi di immigrazione dell’Unione Europea e, per quanto riguarda l’incremento annuale, i due paesi medi- terranei non hanno uguali in Europa, superando in proporzio- ne gli stessi Stati Uniti (i quali, con una popolazione cinque volte superiore a quella italiana, registrano l’ingresso di un milione di nuovi immigrati all’anno). Le persone coinvolte nelle quote annuali (più del doppio rispetto alle 250.000 dell’anno precedente), unitamente alle altre venute in Italia, specialmente per ricongiungimento familiare, hanno portato la popolazione immigrata ad aumentare di un sesto (più di mezzo milione di unità) alla fine del 2006. Nel passato gli aumenti rilevanti della popola- zione straniera avvenivano a seguito delle regolarizzazioni; negli ultimi due anni ciò è avvenuto anche in assenza di tali provvedimenti. Il carattere strutturale della presenza straniera L’Italia ha il primato negativo in Europa quanto a invecchia- mento della popolazione e condivide con il Giappone quello a livello mondiale. Nel nostro paese è attribuibile alle donne immigrate circa la metà dell’incremento della natalità regi- strato tra il 1995 e il 2005: esse hanno in media 2,45 figli a testa contro 1,24 delle donne italiane, che per giunta partori- scono il primo figlio mediamente a 31,3 anni, quattro in più rispetto alle straniere. Le esigenze occupazionali sono, a loro volta, una conse- guenza di quelle demografiche e a esse rispondono gli immi- 3 grati, che hanno un tasso di occupazione notevolmente alto e incidono per il 6,1% sul Prodotto Interno Lordo italiano. Essi pagano quasi 1,87 miliardi di euro di tasse attraverso 2 milio- ni e 300 mila dichiarazioni dei redditi, come sottolineato dal Ministero per la Solidarietà sociale nel volume Viaggio nell’Ita- lia dell’immigrazione, pubblicato nel 2007. Per processo di strutturalizzazione il Dossier Caritas/Migrantes intende l’insieme di quei fattori che hanno reso l’immigrazione radicata e indispensabile e che, letti nel loro insieme, valgono a impostare correttamente il dibattito sul fenomeno migratorio: numero rilevante, ritmo d’aumento sostenuto, provenienza da una molteplicità di paesi (policen- trismo), distribuzione differenziata ma diffusa su tutto il terri- torio nazionale, normalizzazione dal punto di vista demografi- co (equivalenza numerica dei due sessi, prevalenza dei coniu- gati sui celibi e sui nubili, elevata incidenza dei minori), persi- stente fabbisogno di forza lavoro aggiuntiva, aumentata ten- denza alla stabilità e crescente esigenza di spazi di partecipa- zione. Queste caratteristiche costanti influiscono, naturalmente, sull’assetto territoriale e, oltre ad apportare benefici, fanno insorgere anche nuovi problemi, per cui ci si interroga sulla qualità delle politiche di accoglienza, che è compito dei politi- ci e degli amministratori promuovere, a partire dal problema della casa, garantendo la sicurezza e il benessere tanto agli italiani quanto agli immigrati. Una dinamica territoriale diffusa ma disuguale La ripartizione territoriale dei soggiornanti stranieri a fine 2006 vede 6 immigrati su 10 inseriti nel Settentrione (33,7% nel Nord Ovest e 25,9% nel Nord Est, in termini assoluti circa 1 milione e 250 mila nella prima area e quasi 1 milione nella seconda); troviamo, quindi, circa 1 milione di presenze nelle regioni del Centro (26,6%) e più di mezzo milione nelle regioni del Sud (13,8%). Il tasso medio d’aumento dei soggiornanti regolari (+16,1%) è stato soggetto a scarti contenuti: al di sotto, si collocano il Nord Ovest e il Centro e, al di sopra, il Nord Est e le Isole, mentre le regioni del Sud aumentano complessiva- mente del 21,0%. Se anche nel biennio 2007-2008 i flussi continuassero con la stessa vivacità, i cambiamenti sarebbero notevoli: la Lom- bardia passerebbe da 850.000 a più di un milione di presen- ze; il Veneto, l’Emilia Romagna e la provincia di Roma supere- rebbero il mezzo milione di unità; il Piemonte sfiorerebbe le 400 mila, la Toscana le 350 mila, la Campania le 200 mila e le Marche le 150 mila unità, mentre al di sotto delle 100 mila unità resterebbero solo il Trentino Alto Adige e l’Abruzzo (per giunta non lontane da quel livello), insieme alla Sardegna, alla Basilica- ta, al Molise e alle Valle d’Aosta. Già attualmente la Lombardia accoglie un quarto di tutti i resi- denti stranieri e, insieme ad altre regioni del Nord e del Centro, totalizza i valori più alti, sia per quanto riguarda l’incidenza degli immigrati sulla popolazione resi- dente che quella dei minori tra la popolazione straniera. Il diverso peso dei continenti e dei paesi di origine Secondo la stima del Dossier la presenza straniera è costitui- ta per la metà da europei: in particolare, quelli dell’Est Europa, dal 2000 al 2006, sono aumentati di 14 punti percentuali, mentre l’Africa ne ha persi 5 e l’Asia e l’America 2 ciascuna: tutte le aree, comunque, sono notevolmente cresciute nume- ricamente. Oggi, in sintesi, ogni 10 presenze immigrate 5 sono europee, 4 suddivise tra africani e asiatici e 1 americana. Gli 880 mila immigrati provenienti dall’UE a 27 (25,9%) quasi si equivalgono con gli altri immigrati provenienti dai Balcani e dagli altri paesi dell’Est Europa (25,3%) e denotano nell’insieme una forte presenza europea. La Romania (556.000 presenze, secondo la stima del Dos- sier) sfiora un sesto del totale (15,1%) e distanzia di quasi cin- que punti il Marocco (387.000) e l’Albania (381.000). Poco meno di 200.000 unità hanno l’Ucraina (195.000) e la Cina Popolare (186.000), entrambe con la percentuale del 5%. Le Filippine si attestano a quota 113.000, cifra dalla quale non sono lontane la Moldavia, la Tunisia, l’India e la Polonia. Vi è quindi un gruppo compreso tra le 80.000 e le 50.000 unità: Serbia, Bangladesh, Perù, Egitto, Sri Lanka, Ecuador, Macedo- nia, Senegal, Pakistan e Stati Uniti. È diversa, invece, la gra- duatoria dei residenti stabili, che a livello nazionale vede l’Al- bania precedere, nell’ordine, il Marocco e la Romania. I gruppi nazionali hanno una loro spiccata vocazione ter- ritoriale. Ad esempio, nel Friuli Venezia Giulia i cittadini dei paesi dell’ex Jugoslavia costituiscono quasi un quarto del tota- le (per la vicinanza geografica); gli ecuadoriani sono un quin- to degli stranieri nella Liguria (per i rapporti di quella regione con l’America Latina); i filippini e i polacchi sono molto ben rappresentati nel Lazio, e specialmente a Roma, che abbiso- gna di numerosi collaboratori e collaboratrici presso le fami- glie ed esercita anche una particolare attrazione come centro del cattolicesimo. Prevalenza dei motivi di soggiorno stabili Per offrire una visione globale della presenza regolare stra- niera, il Dossier ha conteggiato anche i minori di 14 anni che, per via della loro età, non sono personalmente in possesso di un titolo di soggiorno e li ha inclusi nella categoria dei motivi familiari la quale, rispetto all’anno precedente, ha registrato (anche a seguito di questo nuovo conteggio) una maggiora- zione di 6 punti percentuali, ridimensionando di conseguenza l’incidenza percentuale degli altri motivi. Le presenze per lavoro e per ricongiungimento familiare (92,1% del totale) esercitano congiuntamente un peso molto elevato. La prevalenza di questi motivi sottolinea quanto siano diffusi i progetti migratori a lungo termine – probabilmente 4 Anno Europa Africa Asia America Oceania apol./altri TOTALE 1970 61,3 3,3 7,8 25,7 1,9 - 143.838 1980 53,2 10,0 14,0 21,0 1,4 0,4 298.749 1990 33,5 30,5 18,7 16,4 0,8 0,1 781.138 2000 40,7 28,0 19,2 11,8 0,2 0,0 1.379.749 2006 - % 49,6 22,3 18,0 9,7 0,1 0,3 3.690.052 2006 – v.a. 1.829.982 822.191 662.748 356.144 4.023 14.964 3.690.052 ITALIA. Soggiornanti stranieri per continente di provenienza (1970-2006) NB. Le statistiche sono basate sui permessi di soggiorno del Ministero dell’Interno e per il 2006 sulla stima del Dossier. FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati del Ministero dell'Interno 5 per lo più a carattere definitivo – tra la popolazione immigra- ta. Solo una volta raggiunta un’accettabile stabilità socio-eco- nomica è possibile portare a compimento questo tipo di pro- gettualità realizzando, ad esempio, la costruzione o l’acquisto di una casa, la formazione o la ricomposizione del nucleo familiare, l’impegno educativo nei confronti dei figli. Il Nord Italia continua ad essere il principale polo di attra- zione delle presenze per lavoro (59% sul totale nazionale), il Centro si trova nettamente distaccato (26,4%) e ancora di più il Meridione (14,7%). Si delinea una marcata struttura a triangolo rovesciato: una base molto ampia al il Nord, che va restringendosi mentre si scende lungo la penisola. Peraltro, come sottolineato dal Rapporto CNEL sugli Indici di integrazione, una forte presenza per lavoro, se non è bilancia- ta da un’adeguata presenza per famiglia, denota un deficit nel processo di integrazione. Non sempre quindi lo sviluppo produttivo, anche se accentuato, conduce ad alti indici di sta- bilizzazione, tra i quali va senz’altro annoverata la ricomposi- zione dei nuclei familiari. Risulta che, anche per gli immigrati, la vita nei piccoli contesti urbani o paesani è solitamente più agevole, anche sotto il profilo socio-economico: il riferimento va fatto alla vitalità delle piccole imprese di provincia, che nor- malmente offrono mansioni più stabili rispetto al mercato della grande città, sempre più caratterizzato dall’instabilità dei servizi, e alla maggiore facilità nel reperire un’abitazione. TIPOLOGIE DI IMMIGRATI L’impatto degli immigrati neocomunitari Dopo l’ingresso della Romania e della Bulgaria nell’UE, l’Ita- lia non è più il fanalino di coda per la presenza di immigrati comunitari, che ormai costituiscono un quarto del totale delle presenze. Il loro numero è aumentato in misura note- vole a seguito del penultimo allargamento dell’Unione (1° maggio 2004) e di quello più recente (1° gennaio 2007): tra le prime dieci collettività di immigrati si inseriscono, appunto, la Romania (più di mezzo milione di soggiornanti) e la Polonia (poco meno di 100 mila). L’Italia, in attesa di attuare pienamente la libera circolazione della manodopera comunitaria, ha liberalizzato l’accesso a diversi settori: lavoro dirigenziale e altamente qualificato, set- tore agricolo e turistico-alberghiero, lavoro domestico e di assi- stenza alla persona, settore edilizio e metalmeccanico, come altri rami caratterizzati da lavoro stagionale e autonomo; solo i restanti settori sono rimasti soggetti a specifiche autorizzazioni, semplificate rispetto a quanto avviene per gli altri immigrati e mantenute in essere solo al fine di monitorare l’accesso al mer- cato del lavoro. Per i neocomunitari le pratiche di assunzione sono facilitate e bastano la carta di identità e il codice fiscale, facilmente acquisibile presso una sede dell’Agenzia delle Entrate, senza bisogno del nulla osta al lavoro (necessario invece per i settori per i quali vigono delle restrizioni). Un segno, politicamente molto forte, della presenza attiva di que- sti “non italiani non del tutto stra- nieri” è stata la partecipazione di 6.313 immigrati comunitari (di cui 5.122 romeni e 750 polacchi) al voto amministrativo del maggio 2007 per il rinnovo di 861 Amministrazioni comunali. La Romania, che ha realizzato in Italia e in Spagna i più con- sistenti insediamenti in Europa, considera il nostro paese una destinazione appetibile anche per ragioni di affinità culturale. A sua volta l’Italia nutre interesse per questo paese dell’Est, dove operano attualmente più di 20 mila società italiane, anche di rilevante entità. La “quasi” libera circolazione, finora attuata, non ha risolto tutti i problemi relativi all’inserimento lavorativo, alla convivenza, alla legalità (un problema molto sentito dall’opinione pubblica), alla tutela e alla convivenza: oltre agli eclatanti fatti di cronaca, bisogna pensare allo sfrut- tamento di queste persone nell’ambito del lavoro nero, anche ai circa 2.000 minori non accompagnati e ai fenomeni di accattonaggio, che coinvolgono persone arrivate senza un piano preciso, fagocitate per lo più da reti di sfruttatori. L’allargamento dell’Unione porta anche a riflettere sulle politiche di accoglienza dei rom (più di 10 milioni nell’UE a 27). In Italia essi sono 140.000, per il 60% stanziali: degli altri la metà è seminomade, e l’altra è costituita dai sinti, cioè dai circensi o giostrai, artisti che viaggiano permanentemente portando in scena i loro spettacoli. I minori A seguito della stabilizzazione intervenuta dopo la regolariz- zazione del 2002, molti adulti si sono fatti raggiungere dalle loro famiglie, il numero dei minori è andato aumentando (665.626 a fine 2006, 80.000 in più rispetto all’anno prece- dente) come pure la loro incidenza sul totale della popolazio- ne straniera (22,6%, circa 6 punti percentuali in più rispetto al dato dei soli italiani). La loro presenza è particolarmente elevata nelle regioni del Nord e in alcune del Centro, con le punte massime di quasi il 25% nel Veneto e del 24% nella Lombardia e nelle Marche, valori del 17%-18% in alcune regioni meridionali (Molise, Basilicata e Sicilia), del 16% in Campania. La Sicilia e la Puglia riportano il 22%. In diversi contesti provinciali i minori sono più di un quar- to dell’intera popolazione straniera: Ascoli Piceno, Belluno, Bergamo, Brescia, Cremona, Cuneo, Lecco, Livorno, Lodi, Modena, Palermo, Reggio Emilia, Rovigo, Trapani, Treviso e Vercelli. A Rovigo, in particolare, si raggiunge il picco del 28,2%. L’Istat, per la prima volta dal 2006, ha rilevato l’entità della seconda generazione di immigrati, ovvero il com- plesso degli stranieri nati in Italia, al netto di quanti hanno acquisito la cittadinanza italiana: si tratta di 398.295 perso- ne, oltre la metà dei minori presenti e il 13,5% della popo- lazione straniera residente. Si pongono in evidenza regioni di antica immigrazione come il Lazio, la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna. Questa categoria è di grande rilevanza sociale, perché vive in prima persona le contrad- dizioni di una cultura “di mezzo” e può essere, grazie Motivi Presenze % Motivi Presenze % Motivi di lavoro 2.083.470 56,5 Motivi religiosi 70.152 1,9 Motivi familiari 1.312.587 35,6 Residenza elettiva 51.204 1,4 Motivi di studio 107.427 2,9 Altri motivi 65.212 1,8 ITALIA. Motivi delle presenze degli immigrati regolari (31.12.2006) FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati Ministero dell’Interno e Affari Esteri anche a una riforma della normativa sulla cittadinanza, la generazione-ponte tra i genitori immigrati e i futuri figli cit- tadini. Anche il crescente numero di nati da entrambi i genitori stranieri (56.765 nel 2006) e gli alti livelli di natalità (intor- no al 21 per mille) indicano il radicamento delle famiglie e il loro apporto contro l’invecchiamento della popolazione. I nati stranieri costituiscono ormai il 10,3% del totale delle nuove nascite, valore che arriva al 17% in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna e scende all’1-2% in quasi tutte le regioni del Sud, ad eccezione dell’Abruzzo. I figli di immigrati sono 1 ogni 5 nuovi nati a Prato e Brescia e 1 ogni 4 a Reggio Emilia, Treviso, Vicenza e Modena. Le donne Negli ultimi anni la componente femminile è cresciuta in maniera più marcata di quella maschile nella maggior parte delle regioni, anche a seguito delle occupazioni legate ai ser- vizi alle famiglie o ad altri tipi di attività lavorativa, così che sostanzialmente si è arrivati a un rapporto paritario tra i sessi. La stima delle donne straniere a fine 2006, elaborata dal Dossier Caritas/Migrantes, è di 1.842.000 unità regolarmente presenti nel nostro paese, pari al 49,9% del totale degli immi- grati (7 punti percentuali in più rispetto al 1991) e ciò confer- ma il costante e consolidato protagonismo femminile nell’at- tuale processo migratorio. Vi sono punte ragguardevoli di “femminilizzazione” in alcune regioni del Sud, come nel caso della Campania (61,7%) e della Calabria (56,8%). Più bassa è invece la percentuale al Nord (48,4%, così ripartito: Nord Ovest 48,6% e Nord Est 48,3%), mentre l’incidenza è supe- riore al 50% al Centro (54,2%), per raggiungere il 56,8% nel Sud e calare al 49,7% nelle Isole. Sono numerose le nazionalità europee, come anche quelle latino-americane, a prevalente componente femminile, e tra di esse spiccano due grandi collettività come quella ucraina (83,6%) e dominicana (73,1%); in Asia va segnalata quella filippina e in Africa la piccola ed antica comunità di Capover- de (76,9%), con un’incidenza ben al di sopra di quella rilevata tra i nigeriani (59,2%). Il tasso di attività delle donne nate all’estero è elevato: 58,4% a fronte di poco più del 51% della totalità della popo- lazione di sesso femminile. Si tratta di una tendenza comune a tutti gli Stati europei. Sugli occupati nati all’estero esse inci- dono per il 42%: più della metà è impiegata nel lavoro domestico e di cura alle persone (oltre 700 mila secondo le statistiche ufficiali, ma è noto che molte lavorano in nero) e questo sbocco monosettoriale (spesso obbligato) non premia la loro professionalità. Un altro settore rilevante (1 ogni 10 occupate) è quello degli alberghi e della ristorazione. Da un dato Inps relativo al 2004 risulta che la retribuzione annua di una donna immigrata è in media di euro 7.136,00 pari al 58,6% di quanto percepito dagli uomini, a sua volta inferiore all’importo percepito dagli italiani. Le donne immigrate risultano anche maggiormente espo- ste al rischio della disoccupazione (in media dell’8,6%). Infatti se per gli uomini il tasso di disoccupazione è di 3,6 punti per- centuali più alto di quello complessivo, per le donne la diffe- renza sale a 4,6 punti. I nuovi cittadini Nel periodo 1995-2005 sono state presentate 213.047 domande per ottenere la cittadinanza italiana (di cui il 71,8% per matrimonio) e ne sono state definite 135.496, delle quali 125.335 positivamente (92,5%). Delle 59.923 domande presentate per residenza, più complesse per il requisito di 10 anni di residenza previa e per la documenta- zione richiesta, ne sono state esaminate 27.772 e accolte 20.731 (74,6%). Nel 2005 i casi di cittadinanza sono stati 19.266, un vero e proprio boom rispetto agli 11.945 casi del 2004. Anche l’inci- denza della cittadinanza per matrimonio è scesa dall’83,7% al 61,5% e sarà interessante riscontrare se questa tendenza verrà confermata. La ripartizione per aree di origine vede prevalere l’Europa, soprattutto dell’Est (40% dei casi) seguita da Ameri- ca (in prevalenza del Centro-Sud) e Africa (in prevalenza del Nord). La cittadinanza per matrimonio è prevalente tra gli immigrati provenienti dall’Europa dell’Est (80%), dall’America Latina (90%) e minoritaria per gli africani (al di sotto del 30%) e gli asiatici (40%). Sempre nel 2005 le attribuzioni di cittadinanza hanno riguardato per il 51,5% il Nord, per il 20,4% il Centro, per il 10,7% il Meridione e per il 13,7% i residenti all’estero (questi, naturalmente, a seguito di matrimonio), con un sostanziale equilibrio al Nord tra i casi di naturalizzazione (49%) e le acquisizioni per matrimonio, una lieve prevalenza di questo motivo al Centro (57%) e la sua netta predominanza nel Meridione (74%). Le coppie miste sono fondamentali nel processo di trasfor- mazione interetnica ed interculturale del nostro paese, sebbe- ne certi matrimoni siano di comodo (finalizzati cioè al solo acquisto della cittadinanza come rimedio per sfuggire alle maglie delle restrizioni normative sul permesso di soggiorno) e alimentino un vero e proprio mercato. Un tale fenomeno trova un riscontro nel fatto che il tasso di separazione delle coppie miste è doppio rispetto alla media. La necessità di una riforma in materia è connessa alla consi- derazione che, attualmente, sei mesi di matrimonio con un italiano valgono più che anni ed anni di regolare residenza, in un paese in cui la permanenza continuativa è fondata sul lavoro stabile. L’iter di riforma in atto è un’occasione preziosa perché l’Italia recepisca orientamenti più adeguati, da un lato per facilitare l’acquisizione di cittadinanza specialmente da parte di chi è nato in Italia (quasi 400.000 minori, come si è visto), fondata sulla condivisione dei valori costituzionali, e dall’altro per scoraggiare i matrimoni di comodo. IMMIGRATI E SOCIETÀ Un rapporto asimmetrico Le indagini recentemente condotte evidenziano che gli ita- liani, pur dando per scontato che l’immigrazione aumenterà, continuano a essere divisi in due blocchi contrapposti, gli uni favorevoli e gli altri contrari al fenomeno, anche se esso non viene considerato la prima preoccupazione, come lo è invece l’occupazione con il suo carattere precario. Secondo la ricerca della “Makno & Consulting”, condotta su incarico del Ministero dell’Interno, gli intervistati si fanno un’idea degli immigrati, nell’85% dei casi, sulla base dei tele- 6 giornali e per lo più ritengono che gli irregolari superino i regolari del 50% (come se gli irregolari fossero 4,5 milioni!), e ciò sottolinea l’esigenza di una conoscenza meno superficiale. Non va dimenticato che diversi programmi televisivi hanno contribuito a presentarci come “normali” gli immi- grati, inserendoli non solo tra le vallette e le soubrette, ma anche valorizzandoli come attori, conduttori, concorrenti, primi ballerini, sebbene si tratti di personaggi eccezionali non collegati con le collettività degli immigrati. Lo stesso si deve dire anche a proposito dei dirigenti stranieri operanti in Italia (3.700, pari al 2,5% del totale e destinati a raddop- piare in cinque anni). Le università italiane, con 42.000 studenti stranieri su 1.824.000 iscritti (2,3%), esercitano una forza di attrazione 4- 5 volte inferiore a quella riscontrabile in Germania, Gran Bre- tagna e Francia: i principali atenei frequentati sono quelli di Roma “La Sapienza” e Bologna, ciascuno con più di 4.000 iscritti. Si pone così il problema di curare, nel sistema formati- vo, aziendale e associativo, i quadri, i dirigenti, i leader, gli opi- nion maker, così come hanno iniziato a fare le organizzazioni sindacali su tutto il territorio nazionale. L’atteggiamento degli immigrati nei confronti degli ita- liani è, invece, più benevolo e, sempre nella ricerca pro- mossa dal Ministero dell’Interno, essi affermano a stragran- de maggioranza di trovarsi bene in Italia, perché in fondo il lavoro si trova, piace la cordialità e il modo di vivere (cuci- na inclusa), le bellezze architettoniche e il clima sono impa- reggiabili, pur precisando che la loro accettazione è defici- taria, specialmente nell’ambito lavorativo e nella ricerca di una casa, resa difficile dalle resistenze (nel 57% dei casi) dei proprietari ad affittare agli extracomunitari. L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni ha riscontrato nel 2006, tra le 10.000 segnalazioni pervenute, 218 casi di discriminazione su base etnica e razziale riguardanti special- mente il lavoro, l’alloggio, ma anche le relazioni di vicinato e l’erogazione di servizi da parte degli uffici pubblici e di altre strutture come le banche. Gli italiani tendono a trattare in maniera differenziata chi ha un diverso colore della pelle (per questo i più colpiti sono gli africani) o chi è di un’altra religio- ne (in particolare, si riscontra la tendenza all’islamofobia). Una vita difficile e caratterizzata da forti bisogni. I Centri d’ascolto della Caritas, frequentati per i due terzi da utenza immigrata (in cui solo 1 su 3 non ha il permesso di sog- giorno) mostrano le conseguenze di non poter contare su reti familiari o amicali ed evidenzia che i problemi più sen- titi sono la mancanza del lavoro, l’insufficienza del reddito e la casa, senza trascurare le altre dimensioni della povertà. Il futuro che si va prefigurando L’Italia del futuro, insomma, si legge in filigrana già nella situazione attuale. La maggiore e diffusa presenza degli immi- grati sta incrementando la loro incidenza tra i proprietari di immobili: nel 2006 gli immigrati sono stati un sesto tra quan- ti hanno acquistato una casa e tendenzialmente stanno diven- tando la metà di quanti hanno bisogno della prima casa. Gli immobili preferiti sono quelli da ristrutturare, vicino alle reti di trasporto e alle scuole dei figli, in provincia (in media in 4 casi su 10, ma in 6 su 10 nell’area di Roma e in quella di Milano) piuttosto che nel capoluogo. Benché si tratti del segmento più basso del mercato (117.000 euro per una casa di 50 mq, che costringe al sovraffollamento), il volume d’affari annuo complessivo è di oltre 15 miliardi di euro. Pur tra molte contraddizioni, la società italiana sta diventan- do più interculturale. 1 matrimonio ogni 8 coinvolge ormai un cittadino straniero (ma solo nel 20% dei matrimoni misti sono protagoniste le donne italiane rispetto ai maschi) e le coppie miste sono più di 200.000, senza considerare quelle di fatto, di difficile quantificazione. Anche le acquisizioni di citta- dinanza, pur lontane dai ritmi europei, sono più che raddop- piate rispetto ad alcuni anni fa e non legate esclusivamente ai matrimoni con gli italiani (quasi 20.000 nel 2005). Anche la scuola italiana accoglie ormai più di mezzo milio- ne di studenti con cittadinanza straniera (a.s. 2006/07), che raggiungono un’incidenza del 5,6% sulla popolazione scola- stica totale, con valori più che raddoppiati (1 ogni 8 alunni) in alcuni contesti. Milano e Roma sono le aree in cui la presenza di alunni stranieri è più consistente: rispettivamente 48.000 e 40.000 studenti con cittadinanza estera. Scarsa è la presenza di questi studenti nei licei (solo 9.000 candidati alla maturità), concentrati invece in 4 casi su 5 negli istituti tecnici e profes- sionali, il che prelude a un inserimento occupazionale meno soddisfacente, come avviene, per esempio, per i figli degli ita- liani in Germania. Si stima che problemi di ritardo scolastico di varia natura coinvolgano più di tre quarti degli studenti stranieri e ciò è particolarmente preoccupante in un paese ad alto tasso di abbandono scolastico (un quinto degli iscritti) prima del diploma. Ma non mancano gli esempi d’eccellenza. A questo riguar- do è d’obbligo un riferimento agli scrittori immigrati in lin- gua italiana. La Banca dati “Basili” ne conta 279 (di cui 119 donne, 43%), così ripartiti: 96 provenienti dall’Africa, 54 dal- l’America, 47 dall’Asia, 82 dall’Europa, per un totale di 80 nazionalità. Si dovrà prestare una maggiore attenzione anche alle lin- gue degli immigrati. Nell’Unione Europea, il 26 settembre si celebra ogni anno la Giornata europea delle lingue, ritenute una ricchezza straordinaria da salvaguardare e promuovere. In Italia, le lingue parlate dagli immigrati sono circa 150. Rispon- dono a questa molteplice presenza linguistica i 172 program- mi radio, le 20 trasmissioni televisive e le 29 testate in lingua estera (i programmi radio-televisivi possono trasmettere anche in italiano) interamente dedicate agli immigrati: 7 in lingua spagnola, 3 in inglese, 3 in portoghese, 2 per cinesi, albanesi, ucraini e romeni, 1 in punjabi, francese, polacco, bulgaro, pakistano, russo, tagalog e arabo (censimento del 2005). IMMIGRATI E MONDO DEL LAVORO Il contributo e il ruolo degli immigrati Secondo l’apposita indagine dell’Istat, nel 2006 la forza lavoro straniera ammonta a 1.475.000 persone (1.348.000 occupati e 127.000 disoccupati, con un tasso di disoccupa- zione dell’8,6%), per quasi i due terzi concentrati nel Nord, per un quarto nel Centro e per circa il 10% nel Mezzogiorno. Quanto ai settori, il 40% degli stranieri lavora nell’industria e il 55% nel terziario, mentre è ridotta la componente inserita in agricoltura. Più di un quarto degli occupati stranieri lavora in orari disagiati: il 19% la sera (dalle 20 alle 23), il 12% la notte 7 (dopo le 23) e il 15% la domenica. L’85% è occupato come dipendente. Il loro tasso di attività (73,7%) supera di circa 12 punti percentuali quello della popolazione italiana. L’aumento complessivo annuale degli occupati (425.000 persone) è attri- buibile per circa i due quinti a stranieri regolarmente residenti. Secondo i dati di fonte Inail (in parte differenti perché riferiti ai nati all’estero, a prescindere dall’effettiva cittadinanza stra- niera), nel 2006 gli occupati sono 2.194.271, per l’84,6% nati in un paese non comunitario e per il 58% inseriti nel Nord Italia. La loro incidenza sull’occupazione totale, che mediamente è del 12,5%, raggiunge il 16,2% nel Nord Est e scende al 6,9% nel Sud e al 5,1% nelle Isole. La Lombardia, l’Emilia Romagna e il Veneto sono le prime tre regioni per numero di assunzioni riguardanti lavoratori nati all’estero, rispettivamente con il 21,4%, il 10,7% e il 10,3% rispetto al totale nazionale. L’incidenza di questa manodopera raggiun- ge il 66,2% nelle attività domestiche presso le famiglie, il 20,6% in agricoltura, il 20,4% negli alberghi e ristoranti e il 19,4% nelle costruzioni. Le donne sono il 40% tra gli occupa- ti e il 16,2% tra i titolari di imprese. Tra gli stranieri emerge un tasso di flessibilità dell’1,7%: in media, un lavoratore stranie- ro ha avuto quasi due contratti di assunzione durante l’anno. Tra i lavoratori nati all’estero, 1 ogni 4 assunti è entrato per la prima volta nel mercato del lavoro (235.096). Il settore edile nel quale la percentuale dei lavoratori immigrati sul totale è in costante aumento, mostra che i diritti non viaggiano alla stes- sa velocità, visto il diffuso sfruttamento come manodopera in nero (un quinto del totale), sottopagata e utilizzata ai livelli meno qualificati. Tuttavia, non appena il rapporto di lavoro raggiunge un minimo di stabilizzazione e regolarità, aumen- tano anche le iscrizioni ai sindacati (680.000 nel 2006), che sono pari a un quinto della popolazione straniera regolarmen- te soggiornante e a un terzo della forza lavoro. Un segno di stabilità è anche la consistenza degli imprendi- tori stranieri (141.393 secondo l’archivio di Unioncamere rivi- sto dalla Cna sulla base della cittadinanza). Essi sono aumen- tati annualmente solo dell’8% rispetto al trend espansivo degli ultimi anni e per il 70% operano nel commercio e nelle costruzioni. Solitamente si tratta di dipendenti già presenti in Italia, passati al lavoro autonomo per meglio valorizzare le proprie capacità, mentre solo in 1 caso su 16 provengono direttamente dall’estero. Nonostante gli immigrati guadagnino in media solo 10.042 euro all’anno (dati Inps relativi al 2004), i lavoratori stranieri inviano consistenti flussi di denaro nei paesi di origine, utiliz- zati ancora poco per gli investimenti produttivi in loco e pre- valentemente per le esigenze correnti delle famiglie e l’istru- zione dei figli. Nel 2006 le rimesse inviate dall’Italia hanno superato i 4,3 milioni di euro per una crescita annua dell’11,6%, un aumento quasi per la metà attribuibile agli invii verso l’Asia (circa 200 milioni di euro, + 14,6%). La Romania, con 777 milioni di euro, è la prima destinazione dei flussi in uscita. Non solo per lavoro Gli universitari iscritti ad atenei di un paese diverso sono, nel mondo, 2.651.144 (fonte: Ocse), per lo più concentrati negli Stati Uniti, (21,6%), in Gran Bretagna (11,3%), in Ger- mania (9,8%), in Francia (9%), in Australia (6%) e in Canada (5%). La quota spettante all’Italia è dell’1,5% con 45.000 pre- senze. Nella sua ridotta consistenza la presenza di studenti stranieri in Italia (107.000, dei quali meno della metà iscritti all’università), è un indicatore del modesto credito goduto all’estero dal sistema universitario italiano, nonostante questa presenza venga considerata rilevante per l’affermazione del sistema produttivo nell’attuale contesto globalizzato (cfr. Fon- dazione Migrantes, Rapporto Italiani nel Mondo 2007, Idos, Roma 2007, pp. 156-167). Ripartendo il dato per province, il podio spetta a Trieste dove ben il 16,1% degli stranieri è costi- tuito da studenti; a significativa distanza si collocano Firenze (7%), Padova (6,9%), Siena (6,6%) e Bari (5,8%): per nume- ro assoluto si impongono, invece, le province di Roma, Firen- ze, Padova, Bologna, Milano. Considerata la particolare rilevanza dell’Italia, quale centro mondiale del cattolicesimo, le presenze per motivi religiosi (70.000) assumono un particolare interesse. Roma (che ha il 12,3% delle presenze per motivi religiosi), il Lazio e il Centro Italia sono le tre aree più interessate da questa categoria: nel caso della Capitale va richiamato la sua importante funzione spirituale come sede del papato. I cittadini stranieri (51.000) presenti per residenza elettiva sono quelli che, in considerazione delle loro risorse economi- che, sono stati autorizzati a stabilirsi in Italia a prescindere dal collegamento con il mercato del lavoro: il numero è molto contenuto rispetto a quanto avviene in altri paesi. Questa categoria di stranieri si pone al di fuori dell’abituale focus di interesse del Dossier. Il Nord è l’area più interessata da questo fenomeno (58,1% sul totale nazionale) seguita da Centro (30,6%), Isole (6,4%) e Sud (4,8%). Le prime tre regioni sono la Lombardia (26,6% sul totale nazionale), la Toscana (13,5%) e il Lazio (11%). Milano (11,2% sul totale nazionale) e Roma (8,9%) sono le prime due province per presenze di persone per residenza elet- tiva. NORMATIVA, POLITICA E INTEGRAZIONE Aumentano le presenze, permango- no gli appesantimenti burocratici La concessione e il rinnovo dei permessi di soggiorno comportano un notevole appesantimento burocratico per gli uffici di Polizia e rendono stressante la 8 Province Domande % 1 Nazioni Domande % Roma 50.492 10,1 Romania 131.664 27,4 Milano 37.409 7,5 Marocco 52.945 11,0 Torino 22.051 4,4 Ucraina 35.200 7,3 Brescia 19.933 4,0 Moldavia 34.212 7,1 Bologna 14.148 2,8 Albania 29.713 6,2 Verona 12.292 2,5 Cina Popolare 27.032 5,6 Padova 11.966 2,4 Bangladesh 20.123 4,2 Venezia 11.685 2,3 India 13.633 2,8 Napoli 11.049 2,2 Sri Lanka 10.694 2,2 Treviso 11.049 2,2 Tunisia 10.594 2,2 ITALIA. Domande presentate per le quote del 2006 1) La ripartizione per territorio è basata su 498.763 domande, quella per paesi su 480.672 domande. FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati del Ministero dell’Interno permanenza degli stranieri nel nostro paese. A fine 2006 il Governo ha disposto una nuova procedura per la concessio- ne e il rinnovo dei permessi di soggiorno, coinvolgendo l’An- ci, Poste Italiane e gli istituti di patronato. Solo per alcune tipologie, gli stranieri devono recarsi presso gli Uffici Immigra- zione delle Questure competenti territorialmente. A livello operativo l’avvio del nuovo iter presso gli uffici postali è stato caotico per via dei pochi moduli a disposizione e, in seguito, a causa del notevole rallentamento delle proce- dure nonostante l’introduzione di spese consistenti, prima non previste, a carico degli immigrati. Questa situazione di intasamento è diventata particolarmente acuta a Roma e a Milano, dove si è concentrato ben un quinto delle pratiche. L’appesantimento è da ricollegare anche alla necessità di recarsi due volte in questura per ottenere il titolo richiesto, peraltro con l’obbligo reiterato dei rilievi fotodattiloscopici. È stato criticato come inutile perdita di tempo anche l’accerta- mento, presso il Centro per l’impiego, dell’indisponibilità di altri lavoratori per il posto da assegnare, visto che comunque il datore di lavoro può confermare la sua scelta per il lavorato- re extracomunitario da far venire dall’estero, rendendo super- flua una candidatura alternativa. In una situazione simile è stato provvidenziale lo stralcio delle circa 150 mila pratiche dei romeni e dei bulgari, diventati nel frattempo comunitari. Per questi motivi è stata accolta come opportuna la circola- re del ministro Amato che equipara i diritti e i doveri derivanti dal possesso della ricevuta di rinnovo a quelli del documento di soggiorno originale, rendendo così possibile, tra l’altro, l’av- viamento lavorativo al pari di quanti possiedono il titolo defi- nitivo (Direttiva del Ministero dell’Interno del 5 agosto 2006). Un altro passo in avanti si è determinato per effetto del decreto legislativo 15 febbraio 2007 no 10, che sostituisce tutti i tipi di permessi di soggiorno di durata inferiore a tre mesi con una più snella dichiarazione di presenza da presen- tare alla Polizia di frontiera al momento dell’ingresso o entro otto giorni lavorativi a partire da esso. Ciò non significa che sia più facile entrare in Italia perché, anche per questa fatti- specie, rimane obbligatorio il possesso del visto di ingresso. Va sottolineato che in tali casi, se da un lato viene burocratica- mente agevolata la permanenza di una fascia di stranieri, dal- l’altro si perde la registrazione negli archivi di questo stock di immigrati, mentre la possibilità di poter continuare a monito- rare i movimenti anche dei “brevi-soggiornanti” aiuterebbe senza dubbio a conoscere meglio la popolazione migrante nel suo complesso. Convivere con credenti di diverse religioni Il fenomeno migratorio in Italia si è configurato, fin dall’ini- zio, anche come presenza multireligiosa, ma questa dimensio- ne è rimasta marginale fino alla metà degli anni ’90, quando si è iniziato a dibattere sulla specificità dell’islam e sulla sua supposta inconciliabilità con i principi societari occidentali. I musulmani insediati in Italia sono più di 1 milione e costi- tuiscono il secondo gruppo religioso del paese, destinato senz’altro ad aumentare per effetto sia dei nuovi arrivi che delle nuove nascite. La loro presenza è resa visibile, oltre che dalla stampa, dai 735 luoghi di preghiera o associazioni censi- ti a maggio 2007, più del doppio rispetto al 2000 (59.a rela- zione del Sisde al Parlamento, I semestre 2006). Il pluralismo religioso, affermatosi in Italia attraverso l’im- migrazione, è comunque molto più ampio e coinvolge non solo altre religioni non cristiane, come le diverse forme di induismo o di buddhismo, per limitarci a due esempi, ma lo stesso cristianesimo attraverso le confessioni ortodossa e pro- testante. Dalla metà degli anni ’90 i prevalenti flussi dall’Est Europa hanno incrementato le presenze cristiane, sebbene non tutte cattoliche. Secondo la metodologia di stima del Dossier Caritas/Migrantes, su una presenza regolare straniera, stimata pari a 3.690.000 persone, i cristiani restano quasi la metà e i musulmani ammontano a circa un terzo, mentre le grandi religioni orientali coprono quasi il 5%. Gli altri gruppi religiosi e i non credenti superano un decimo del totale, ma questo dato, più difficilmente disaggregabile, non si presta a conside- razioni di commento. Per i sikh, ad esempio, alla difficile quantificazione sulla base degli archivi ufficiali hanno rimedia- to, in qualche modo, diverse indagini condotte sul campo. Tutti i gruppi, seppure in misura differenziata, sono quantitati- vamente aumentati. La stabilità percentuale dei cristiani è dovuta agli ortodossi, aumentati nell’ultimo anno di 259.000 unità; in ragione di questo aumento, se nel 2005 si collocavano ex aequo con i cattolici, ora li sopravanzano di 233.000 unità, essendo diven- tati oltre 918.000 (i cattolici sono aumentati solo di 17.000 unità e ammontano a circa 685.000). I musulmani sono aumentati di 103.000 unità, in gran parte a seguito dei ricon- giungimenti familiari e delle nuove nascite. Il loro numero (1.202.396 persone) potrà essere uguagliato da quello degli ortodossi se perdureranno i flussi sostenuti dalla Romania, e forse anche superato se un grande paese a maggioranza orto- dossa come l’Ucraina verrà maggiormente coinvolto nei flussi d’ingresso. La stima dell’appartenenza religiosa è stata estesa, quest’an- no, anche ai 498.735 alunni stranieri iscritti nell’anno scolasti- co 2006/07, così ripartiti secondo i calcoli del Dossier: 236.000 sono i cristiani (tra i quali 117.000 ortodossi e 99.000 cattolici) e 185.000 i musulmani; gli induisti e i buddhisti sono 16.000 (quasi quanto i protestanti, stimati pari a 14.000); le religioni tradizionali africane (6.000) e la religione ebraica (1.000) chiu- dono la lista, mentre per un certo numero di studenti la meto- dologia seguita non ha consentito di stimare l’appartenenza. Esaminando queste risultanze in percentuale e confrontandole con quelle riguardanti la popolazione straniera complessiva, riscontriamo tra gli studenti la diminuzione di 1,3 punti per- centuali per i cristiani e l’aumento di 4,5 punti percentuali per i musulmani, da collegare al fatto che alcuni paesi di tradizione islamica (es. il Marocco) insistono molto sui ricongiungimenti familiari. Questa stima è stata concepita come uno strumento per favorire una maggiore conoscenza delle diversità religiose, incentivare al dialogo e incanalarlo nel rispetto dei valori costituzionali della società: per questo il Dossier insiste sul con- cetto di integrazione, sulla “Carta dei valori” proposta dal Ministero dell’Interno, sul disegno di legge in materia di libertà religiosa, sulle tradizioni che si possono salvaguardare nel paese di accoglienza. Immigrazione e riforma della normativa La popolazione italiana, al netto degli immigrati, è già in diminuzione da una decina d’anni e, secondo le previsioni 9 demografiche dell’Istat, il paese va incontro a un continuo e crescente invecchiamento. Nasce da qui la necessità di immettere lavoratori più giovani, salvaguardando così le esi- genze produttive e il livello di benessere. L’Italia fin dalla metà degli anni ’90 sta perdendo posizioni nella competizione internazionale e ha bisogno di recuperare, tanto a livello produttivo che qualitativo. Non ci sono, quindi, ragioni per indicare gli immigrati come un peso. Anzi, essi mostrano una fortissima volontà di riuscita (la stessa che avevano gli italiani quando si spostavano nel Nord Italia o all’estero), sono più disponibili alla mobilità territoriale e a inserirsi nei posti liberi e, così facendo, esplicano un effetto tonificante sul mercato, nonostante le lungaggini burocratiche legate alla loro perma- nenza, i desueti meccanismi d’ingaggio e le carenze a livello retributivo e previdenziale. Il futuro dell’Italia è legato all’immigrazione anche per ragioni demografiche e, pur ipotizzando la chiusura di tutti i varchi d’ingresso, tra dieci anni avremmo tra noi più di mezzo milione di nuovi nati da genitori stranieri che già si trovano in Italia. Sappiamo però che le frontiere non verranno chiuse, perché perdura il fabbisogno di forza lavoro aggiuntiva e, secondo le tendenze in atto, tra 20-30 anni diventeremo, nel mondo, uno dei paesi con la più alta incidenza di immigra- ti e un numero rilevante di presenze (10 milioni di unità o anche più). Lo scorso anno il Dossier ha coniato lo slogan “Al di là del- l’alternanza” per condannare la subordinazione dell’immi- grazione alle logiche degli schieramenti politici. La rilevan- za oggettiva di alcune questioni e il bilancio insoddisfacente dell’attuale situazione dovrebbero favorire un minimo comu- ne denominatore tra i vari schieramenti, come del resto è stato possibile in altri paesi europei. Una serie di misure possono essere considerate da tutti funzionali ad una più soddisfacente regolamentazione del- l’inserimento degli immigrati: previsione di permessi di sog- giorno più stabili, snellimento delle procedure, facilitazione dell’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro (con la rein- troduzione dell’infelice soppressione della “sponsorizzazione” e la previsione di un permesso per la ricerca del posto di lavo- ro), miglioramento della normativa sulla cittadinanza, poten- ziamento delle risorse necessarie per sostenere l’integrazione, entrando con maggiore serenità anche nel merito della con- cessione del voto amministrativo. CONCLUSIONI L’Anno europeo del dialogo interculturale, se non viene trasformato in una ricorrenza formale, può fornire un prezioso apporto per la costruzione dell’Europa e dell’Italia del futuro. La diversità può diventare uno stimolo in grado di perfeziona- re la nostra crescita, mettendoci in contatto con persone di altri paesi, altre lingue, altre culture, altri modi di vivere: pur restando attaccati ai valori della nostra tradizione e salvaguar- dando, naturalmente, i principi costituzionali, siamo chiamati ad aprirci ai valori di cui gli immigrati sono portatori, in un rapporto di reciproco scambio. Una convivenza pacifica, che raggruppi italiani e immigrati attorno all’obiettivo del comune progresso, è una necessità che si impone, mentre una società divisa al suo interno prefigurerebbe un orizzonte societario negativo. Bisogna riuscire a coinvolgere la maggioranza dei cittadini in un processo che miri a conciliare le diversità dei nuovi venuti con le linee portanti della tradizione occiden- tale. Il compito non è agevole perché siamo confrontati con le culture di persone provenienti dai cinque continenti; inoltre il passato non è in grado di offrirci soluzioni preconfezionate, perché i modelli “classici” di integrazione sono da rivedere. In Europa, inclusi i grandi paesi di immigrazione del dopoguerra, si è diventati tutti apprendisti e bisogna andare alla ricerca di soluzioni innovative, tra l’altro attivando un dialogo costante anche con i paesi di origine. Non si tratta solo di adottare decisioni su meccanismi riguardanti l’ingresso, il soggiorno, il mercato occupazionale, ma anche di concordare obiettivi validi per una società interculturale e interetnica. Le radici cristiane dell’Europa, unitamente ad altri fattori e seppure al termine di un lungo e tortuoso processo, hanno portato al rispetto dell’individuo e della sua coscienza, favorendo l’affermarsi della tolleranza e della democrazia, la cui base unificante è il concetto di società laica, un contenitore aperto alle diverse scelte etiche e religiose nel rispetto dei principi fondamentali. Sottostimare questo grande passato non aiuterebbe a promuovere, come necessario, un adeguato clima di accoglienza e di convivenza. Da parte sua, la chiesa italiana non ha mai ritenuto che una normativa sull’immigrazione aperta e giusta debba essere considerata una minaccia per la fede cristiana, le cui radici – quando sono solide – si rafforzano anche nel confronto. Una convivenza così impostata potrà essere d’esempio anche ai paesi di origine, incentivando in loco dibattiti sulla dignità della persona e sulla tutela dei suoi valori. La classe politica, tanto europea che nazionale, dovrebbe adoperarsi maggiormente al riguardo, poiché un’autentica convivenza si sostanzia non solo della dimensione del mercato, ma anche di quella dei diritti. Su questa strada l’Italia non si trova all’anno zero, ma si dovrebbero comunque fare ulteriori passi in avanti sul piano legislativo e operativo. Sul piano delle politiche socia- li, poi, bisogna evitare che gli immigrati, una volta giunti all’età di pensionamento, si trasformino in una massa di pove- ri, come sembra risultare da una proiezione che il Dossier Cari- tas/Migrantes ha fatto sul futuro pensionistico degli immigrati. Anche un rapporto pubblicato nel 2007 dal Centro Europeo per la politica e la ricerca sociale ha mostrato come gli immi- grati non UE siano esposti a un rischio da 2 a 3 volte maggio- re di povertà rispetto alla popolazione “nazionale”. Venendo agli aspetti più prettamente religiosi, Caritas e Migrantes ritengono che sia possibile un impegno che uni- sca cattolici, cristiani di altre confessioni e fedeli di credo diverso per mostrare alla società, spesso scandalizzata da certi comportamenti “religiosi”, che credere in Dio non solo ha un valore personale ma può anche esplicare un effetto costrutti- vo per l’intera società. Questo impegno varrebbe a ridimen- sionare, nei confronti della questione religiosa, il diffuso atteg- giamento di diffidenza o di scarsa considerazione. Anno europeo del dialogo interculturale, anno di una migliore convivenza. È questo l’obiettivo che, come comunità ecclesia- le, Caritas e Migrantes si sentono chiamate a costruire con tutti gli italiani e gli immigrati di buona volontà, confidando in un valido supporto dei mass media. 10 11 RE GO LA RM EN TE S OG GI OR NA NT I GE NE RE FL US SI IR RE GO LA RI TÀ RE SI DE NT I ST RA NI ER I N AT I I N IT AL IA RE GI ON I SO GG IO RN AN TI RE GO LA RI % VE RT . % NA TI AL L'E ST ER O SU TO TA LE OC CU PA TI CO NC ES SI ON I DI CI TT AD IN AN ZA (2 00 5) % DO NN E SU SO GG IO RN AN TI % DO NN E SU TO T . OC CU PA TI NA TI AL L 'E ST ER O % DO NN E SU IM PR EN DI TO RI DO M AN DE PE R QU OT E 20 06 % VE RT . % FL US SI ES TE RO SU TO T SO GG . IR RE GO LA RI IN TE RC ET TA TI TO TA LE NO N OT TE M P . RI M PA TR I % VE RT . S T RA NI ER I RE SI DE NT I DI CU I M IN OR I % M IN OR I NU OV I NA TI ST RA N . % NA TI ST RA N . SU TO T NA TI IN IT AL IA SE CO ND A GE NE RA ZI ON E Va ld 'A os ta 6. 32 5 0, 2 10 ,4 54 50 ,1 40 ,3 14 ,5 92 5 0, 2 14 ,6 69 4 36 1 0, 7 5. 53 4 1. 20 9 21 ,8 12 2 9, 8 71 1 Pi em on te 29 2. 88 6 7, 9 10 ,9 1. 68 1 50 ,6 37 ,9 15 ,7 47 .5 18 8, 0 16 ,2 10 .3 56 6. 45 4 8, 6 25 2. 30 2 59 .1 89 23 ,5 5. 34 4 14 ,1 34 .3 21 Lo m ba rd ia 85 0. 87 3 23 ,1 13 ,2 3. 10 9 47 ,4 33 ,5 14 ,9 11 8. 90 7 20 ,0 14 ,0 22 .7 20 13 .1 90 21 ,0 72 8. 64 7 17 5. 20 5 24 ,0 16 .1 18 18 ,9 10 5. 83 5 Li gu ria 94 .4 46 2, 6 11 ,9 53 3 54 ,4 36 ,8 13 ,5 13 .9 82 2, 3 14 ,8 6. 49 3 3. 44 8 6, 7 80 .7 35 16 .7 72 20 ,6 1. 27 2 10 ,5 9. 23 0 NO RD OV ES T 1. 24 4. 53 0 33 ,7 12 ,5 5. 37 7 48 ,6 34 ,8 15 ,1 18 1. 33 3 30 ,4 14 ,6 40 .2 63 23 .4 53 37 ,0 1. 06 7. 21 8 25 2. 37 5 23 ,6 22 .8 56 15 ,6 15 0. 09 7 Tr en tin o 68 .8 25 1, 9 21 ,5 46 3 47 ,4 36 ,4 12 ,4 5. 83 6 1, 0 8, 5 1. 65 6 94 1 1, 6 61 .6 74 14 .4 58 23 ,4 1. 20 9 11 ,4 8. 21 0 Ve ne to 39 8. 09 9 10 ,8 15 ,4 1. 93 4 47 ,5 36 ,4 13 ,7 72 .1 55 12 ,1 18 ,1 6. 13 7 4. 24 4 4, 2 35 0. 21 5 86 .7 57 24 ,8 8. 13 9 17 ,3 49 .4 71 Fr iu li V. G 98 .8 81 2, 7 16 ,9 67 3 49 ,0 39 ,9 14 ,4 15 .2 57 2, 6 15 ,4 10 .7 36 2. 21 5 18 ,7 72 .4 62 15 .3 48 21 ,2 1. 24 9 12 ,1 8. 11 8 Em ili a R. 38 8. 20 3 10 ,5 15 ,3 2. 20 0 49 ,1 40 ,4 13 ,1 69 .3 57 11 ,6 17 ,9 9. 06 5 6. 76 6 5, 1 31 7. 88 8 76 .1 12 23 ,9 6. 85 1 17 ,4 45 .6 74 NO RD ES T 95 4. 00 8 25 ,9 16 ,2 5. 27 0 48 ,3 38 ,2 13 ,4 16 2. 60 5 27 ,3 17 ,0 27 .5 94 14 .1 66 29 ,5 80 2. 23 9 19 2. 67 5 24 ,0 17 .4 48 16 ,2 11 1. 47 3 NO RD 2. 19 8. 53 8 59 ,6 14 ,0 10 .6 47 48 ,4 36 ,4 28 ,5 34 3. 93 8 57 ,7 15 ,6 67 .8 57 37 .6 19 66 ,5 1. 86 9. 45 7 44 5. 05 0 23 ,8 40 .3 04 15 ,9 26 1. 57 0 To sc an a 28 9. 77 5 7, 9 13 ,2 1. 34 0 51 ,7 40 ,2 18 ,8 42 .4 59 7, 1 14 ,7 3. 89 2 3. 01 3 1, 9 23 4. 39 8 50 .8 47 21 ,7 4. 28 2 13 ,6 30 .0 82 Ma rc he 11 5. 71 5 3, 1 14 ,1 85 2 50 ,9 39 ,1 18 ,5 19 .1 00 3, 2 16 ,5 3. 82 2 2. 03 4 3, 9 99 .2 85 24 .0 47 24 ,2 1. 97 4 14 ,3 13 .1 48 Um br ia 77 .9 24 2, 1 14 ,4 36 5 54 ,0 35 ,9 26 ,3 13 .6 90 2, 3 17 ,6 1. 23 9 1. 03 3 0, 5 63 .8 61 14 .6 64 23 ,0 1. 19 6 15 ,3 8. 08 1 La zio 50 0. 00 7 13 ,6 10 ,1 1. 37 4 56 ,8 41 ,6 19 ,9 74 .4 28 12 ,5 14 ,9 16 .4 60 10 .4 69 13 ,2 33 0. 14 6 64 .7 65 19 ,6 5. 12 7 9, 9 46 .1 62 CE NT RO 98 3. 42 2 26 ,7 11 ,9 3. 93 1 54 ,2 40 ,3 19 ,3 14 9. 67 8 25 ,1 15 ,2 25 .4 13 16 .5 49 19 ,5 72 7. 69 0 15 4. 32 3 21 ,2 12 .5 79 11 ,6 97 .4 73 Ab ru zz o 59 .2 09 1, 6 12 ,6 40 0 53 ,4 39 ,4 22 ,6 12 .6 53 2, 1 21 ,4 2. 37 9 2. 03 3 0, 8 48 .0 18 10 .2 64 21 ,4 80 5 7, 3 5. 37 2 Ca m pa ni a 16 8. 28 5 4, 6 6, 2 41 3 61 ,7 43 ,1 27 ,1 31 .7 54 5, 3 18 ,9 4. 75 0 4. 39 0 0, 8 98 .0 52 15 .2 78 15 ,6 1. 13 8 1, 8 9. 60 1 Mo lis e 6. 63 2 0, 2 8, 9 37 58 ,4 41 ,0 25 ,2 1. 76 1 0, 3 26 ,6 38 5 34 0 0, 1 4. 83 4 90 4 18 ,7 56 2, 3 36 2 Ba sil ic at a 10 .7 35 0, 3 6, 0 56 55 ,6 36 ,6 18 ,4 3. 14 0 0, 5 29 ,2 41 6 40 9 0, 0 6. 72 6 1. 23 0 18 ,3 79 1, 8 56 3 Pu gl ia 73 .6 10 2, 0 5, 6 31 1 49 ,6 40 ,2 25 ,6 14 .8 21 2, 5 20 ,1 5. 73 5 3. 01 3 6, 0 51 .2 42 11 .2 28 21 ,9 77 0 2, 0 6. 17 7 Ca la br ia 57 .8 22 1, 6 6, 3 18 3 55 ,4 45 ,4 16 ,1 14 .9 91 2, 5 25 ,9 8. 65 7 7. 34 8 2, 9 35 .2 16 6. 39 3 18 ,2 44 1 2, 4 3. 14 8 SU D 37 6. 29 3 10 ,2 6, 9 1. 40 0 56 ,8 41 ,5 21 ,0 79 .1 21 13 ,3 21 ,0 22 .3 22 17 .5 33 10 ,5 24 4. 08 8 45 .2 97 18 ,6 32 89 2, 4 25 .2 23 Si ci lia 10 7. 19 6 2, 9 5, 6 48 5 48 ,8 34 ,7 19 ,0 18 .3 42 3, 1 17 ,1 7. 54 4 6. 18 4 3, 0 78 .2 42 17 .5 45 22 ,4 1. 25 8 2, 5 11 .9 45 Sa rd eg na 24 .6 03 0, 7 3, 8 16 9 53 ,4 45 ,8 12 ,2 4. 81 6 0, 8 19 ,6 1. 24 7 1. 04 9 0, 4 19 .4 45 3. 41 1 17 ,5 23 5 1, 8 1. 99 4 IS OL E 13 1. 79 9 3, 6 5, 1 65 4 49 ,7 37 ,1 16 ,9 23 .1 58 3, 9 17 ,6 8. 79 1 7. 23 3 3, 4 97 .6 87 20 .9 56 21 ,5 1. 49 3 2, 3 13 .9 39 IT AL IA 3. 69 0. 05 2 10 0, 0 12 ,5 19 .2 66 * 50 ,6 42 ,0 16 ,2 59 5. 89 5 10 0, 0 16 ,1 12 4. 38 3 78 .9 34 10 0, 0 2. 93 8. 92 2 66 5. 62 6 22 ,6 57 .7 65 10 ,3 39 8. 20 5 IT A LI A . L a p re se n za s tr an ie ra : t ab el la r ie p ilo g at iv a (3 1. 12 .2 00 6) * in cl us i 2 .6 34 re si de nt i a ll' es te ro FO N TE : D os si er S ta tis tic o Im m ig ra zi on e C ar ita s/ M ig ra nt es . E la bo ra zi on i s u fo nt i v ar ie 12 Paesi Totale % % donne Paesi Totale % % donne Romania 555.997 15,1 53,4 Capo Verde 4.888 0,1 76,9 Marocco 387.031 10,5 35,3 Congo 4.713 0,1 48,8 Albania 381.011 10,3 42,3 Svezia 4.628 0,1 7,6 Ucraina 195.412 5,3 83,6 Corea,Rep. 4.604 0,1 64,3 Cina Rep.Popolare 186.522 5,1 46,1 Cile 4.372 0,1 59,6 Filippine 113.907 3,1 62,1 Libano 4.362 0,1 34,3 Moldova 98.149 2,7 68,1 Indonesia 3.755 0,1 77,2 Tunisia 94.861 2,6 27,6 Siria 3.754 0,1 31,9 India 91.781 2,5 36,4 Canada 3.604 0,1 57,9 Polonia 90.776 2,5 72,3 Israele 3.343 0,1 36,8 Serbia e Montenegro 79.468 2,2 42,1 Malaysia 3.302 0,1 61,8 Bangladesh 77.229 2,1 23,5 Irlanda 3.258 0,1 53,3 Perù 76.406 2,1 64,6 Australia 3.257 0,1 62,3 Egitto 73.747 2,0 19,5 Lituania 2.729 0,1 83,8 Sri Lanka 69.919 1,9 42,6 Togo 2.554 0,1 34,3 Ecuador 67.327 1,8 64,6 Danimarca 2.514 0,1 63,1 Macedonia,ex Rep.Ju 65.880 1,8 37,5 Giordania 2.510 0,1 29,9 Senegal 65.136 1,8 12,8 Finlandia 2.401 0,1 78,5 Pakistan 56.949 1,5 21,7 Liberia 2.291 0,1 10,9 Stati Uniti 50.820 1,4 62,8 Kenya 2.266 0,1 59,1 Brasile 45.196 1,2 70,4 Guinea 1.981 0,1 35,9 Germania 40.995 1,1 59,0 Sudan 1.960 0,1 10,6 Ghana 39.962 1,1 40,6 Uruguay 1.956 0,1 60,6 Nigeria 39.586 1,1 59,2 Benin 1.913 0,1 33,9 Russa, Fed. 33.255 0,9 82,5 Uzbekistan 1.844 0,0 85,4 Bulgaria 32.497 0,9 58,4 Kazakhstan 1.809 0,0 80,6 Croazia 29.802 0,8 46,3 Congo,Rep.Dem. 1.795 0,0 44,6 Francia 29.577 0,8 60,7 Iraq 1.731 0,0 30,1 BosniaErzegovina 29.255 0,8 41,0 Vietnam 1.604 0,0 57,1 Regno Unito 28.670 0,8 55,6 Georgia 1.521 0,0 71,0 Spagna 23.186 0,6 70,8 Lettonia 1.517 0,0 88,4 Algeria 22.029 0,6 20,7 Angola 1.446 0,0 42,7 Dominicana,Rep. 21.756 0,6 73,1 Norvegia 1.415 0,0 65,1 Colombia 19.832 0,5 69,1 Afghanistan 1.310 0,0 32,5 Cuba 17.638 0,5 81,5 Madagascar 1.265 0,0 73,5 Argentina 16.294 0,4 58,1 Paraguay 1.246 0,0 72,4 Turchia 15.512 0,4 37,2 Libia 1.217 0,0 27,2 Costa d'Avorio 15.226 0,4 44,0 Tanzania 1.192 0,0 52,8 Svizzera 12.370 0,3 58,0 Myanmar 1.114 0,0 55,6 Giappone 10.322 0,3 66,6 Sud Africa 1.101 0,0 59,2 Eritrea 10.291 0,3 56,5 Sierra Leone 1.054 0,0 36,8 Slovacchia 8.735 0,2 58,7 Burkina Faso 8.069 0,2 28,4 Unione Europea 291.402 7,9 64,8 Iran 7.952 0,2 43,4 Europa centro-orientale 1.523.652 41,3 54,5 Etiopia 7.897 0,2 64,5 Altri paesi europei 14.927 0,4 58,3 Austria 7.846 0,2 64,5 EUROPA 1.829.982 49,6 56,1 Paesi Bassi 7.685 0,2 57,4 Africa settentrionale 580.845 15,7 31,4 Mauritius 7.646 0,2 55,2 Africa occidentale 185.916 5,0 35,0 Bielorussia 7.415 0,2 80,6 Africa orientale 39.382 1,1 58,5 Bolivia 6.996 0,2 66,4 Africa centro-meridionale 16.048 0,4 46,6 Camerun 6.488 0,2 44,2 AFRICA 822.191 22,3 33,8 Ceca, Rep. 6.280 0,2 79,9 Asia occidentale 27.799 0,8 39,1 Venezuela 6.235 0,2 69,9 Asia centro-meridionale 301.988 8,2 32,4 Grecia 6.106 0,2 48,2 Asia orientale 332.961 9,0 53,9 El Salvador 6.096 0,2 68,5 ASIA 662.748 18 43,5 Ungheria 6.054 0,2 73,2 America settentrionale 54.424 1,5 62,5 Thailandia 5.947 0,2 87,7 America Latina 301.719 8,2 67,3 Messico 5.724 0,2 64,4 AMERICA 356.144 9,7 66,6 Slovenia 5.538 0,2 33,7 OCEANIA 4.023 0,1 0,6 Portogallo 5.449 0,1 56,7 Non identificati 14.615 0,4 66,5 Belgio 5.386 0,1 57,7 Somalia 5.150 0,1 57,2 TOTALE 3.690.052 100,0 49,9 ITALIA. Paesi con almeno mille soggiornanti: stima del Dossier Caritas/Migrantes (31.12.2006) FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati del Ministero dell’Interno
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