Argomento:
Data:
31 Ottobre 2007
Descrizione breve:
Uno strumento utile in vista dell’Anno europeo del dialogo interculturale 2008, per sottolineare che “l’immigrazione è un fenomeno tutt’altro che marginale e si configura come un aspetto innovativo e qualificante della società italiana che si va costruendo, maggiormente imperniata sull’equilibrio delle differenze, delle quali l’Anno europeo del dialogo interculturale sprona a occuparsi”.
Contenuto nascosto:
caritas migrantes 2007/rapporto immigrazione 07 scheda.pdf
C A R I T A S / M I G R A N T E S - D o s s i e r S t a t i s t i c o I m m i g r a z i o n e 2 0 0 7
Prospetto riassuntivo dell'immigrazione in Italia (2004-2006)
STIMA DOSSIER SUI SOGGIORNANTI REGOLARI 2004 2005 2006
Caratteristiche dei soggiornanti 2.786.340 3.035.144 3.690.052
Variazione annuale % 7,2 8,9 21,6
% donne 48,2 49,9 50,6
% minori 17,6 19,3 18,4
% soggiornanti per lavoro 62,5 62,6 56,5
% motivi di famiglia 27,3 29,3 35,6
studio 2,6 2,1 2,9
Provenienze continentali dei soggiornanti
Europa 51,9 48,8 49,6
Africa 23,8 23,1 22,3
Asia 13,1 17,4 18,0
America 10,9 10,6 9,7
Oceania/Apolidi/Ignota 0,3 0,1 0,4
DATI ISTAT SUI RESIDENTI 2.402.157 2.670.514 2.938.922
Ripartizione dei residenti per aree territoriali
NORD OVEST (Lombardia, Piemonte, Liguria, Valle D’Aosta) 36,3 36,7 36,3
NORD EST (Veneto, Friuli V.G., Trentino A.A., Emilia Romagna) 27,2 27,4 27,3
CENTRO (Toscana, Umbria, Marche, Lazio) 24,0 24,0 24.8
SUD (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria) 8,9 8,6 8,5
ISOLE (Sicilia, Sardegna) 3,6 3,5 3,3
DATI INAIL SULL’OCCUPAZIONE 783.303 217.969 2.194.271
Settori di inserimento lav. nati all’estero Assunti a Assunti Occupati
tempo ind. prima volta
AGRIC / PESCA 7,7 12,6 6,4
INDUSTRIA 23,4 22,8 35,2
Costruzioni 10,3 10,9 13,3
Ind. Metalli 3,1 2,5 5,1
Ind. Alimentare 2,0 2,1 2,3
Ind. Tessile 1,8 1,9 3,2
Ind. Meccanica 1,0 0,9 1,9
Ind. Trasformazione 0,7 0,5 1,2
Ind. Conciaria 0,6 0,6 1,1
Ind. Gomma 0,6 0,4 1,1
Ind. Legno 0,6 0,6 0,9
Altre industrie 2,7 2,4 4,9
SERVIZI 28,2 56,7 53,6
Alberghi e ristoranti 10,1 14,0 10,1
Informatica e servizi alle imprese (ex att. immobiliari/pulizie) 5,7 13,4 12,2
Attività svolte presso famiglie - 10,7 9,7
Commercio al dettaglio e all’ingrosso 4,6 5,8 6,6
Trasporti 3,8 3,6 5,4
Servizi Pubblici 1,4 4,3 3,4
Sanità 1,3 2,5 3,0
Altri servizi 1,3 2,5 3,2
ATTIVITÀ NON DETERMINATE 40,7 7,9 4,8
Totale (%) 100,0 100,0 100,0
FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su fonti varie
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A S P E T T I S A L I E N T I
D E L L ’ I M M I G R A Z I O N E N E L 2 0 0 6
Più numerosi i soggiornanti dei residenti. La presenza
regolare straniera comprende sia i residenti che i soggiornanti: questi sono più numerosi
perché includono anche persone arrivate da poco e non ancora iscritte presso i comuni.
Secondo la stima del Dossier, alla fine del 2006 i soggiornanti sono 3.690.052, con un
aumento del 21,6% rispetto all’anno precedente. Alla stessa data i residenti, rilevati
dall’Istat, sono 2.938.932 (+10,1%): le anagrafi comunali registreranno a distanza di un
anno, e anche più, gli ultimi arrivati, che incontrano difficoltà sulla via dell’insediamento
stabile, dovute non solo al superamento delle notevoli difficoltà alloggiative ma anche alle
preoccupanti lungaggini burocratiche delle pratiche di soggiorno.
Una miriade di provenienze con prevalenza degli europei. Tra il 2000 e il 2006 gli
immigrati dall’Est Europa sono aumentati di 14 punti percentuali, mentre l’Africa ne ha
persi 5 e l’Asia e l’America 2. Oggi, ogni 10 presenze immigrate, 5 sono europee (e per
quasi la metà comunitarie), 4 suddivise tra africani e asiatici e 1 americana. La Romania
(556.000 presenze) sfiora un sesto del totale (15,1%) e distanzia di quasi 5 punti il
Marocco (387.000 presenze) e l’Albania (381.000), entrambi i paesi con poco più del
10%. Poco meno di 200 mila unità hanno l’Ucraina (195.000) e la Cina Popolare
(186.000), entrambe con la percentuale del 5%. Le Filippine si attestano a quota 113.000,
cifra dalla quale non sono lontane la Moldavia, la Tunisia, l’India e la Polonia. Vi è quindi un
gruppo compreso tra le 80.000 e le 50.000 unità: Serbia, Bangladesh, Perù, Egitto, Sri
Lanka, Ecuador, Macedonia, Senegal, Pakistan e Stati Uniti. I cristiani sono circa la metà, i
musulmani un terzo e, con numeri meno consistenti, seguono le altre religioni.
Continua ad avanzare il processo di strutturalizzazione. Per processo di strutturalizza-
zione si intende l’insieme di quei fattori che hanno reso l’immigrazione radicata nel paese:
numero rilevante, ritmo d’aumento sostenuto, incidenza sulla popolazione sempre più
consistente, spiccato policentrismo etnico-culturale con collettività che arrivano da quasi
tutti i paesi del mondo, distribuzione differenziata ma diffusa su tutto il territorio nazionale,
normalizzazione dal punto di vista demografico con una maggioranza delle donne, preva-
lenza dei coniugati, elevata incidenza dei minori, persistente fabbisogno di forza lavoro
aggiuntiva, progetti migratori sempre più improntati alla stabilità, crescente richiesta di
spazi adeguati di partecipazione.
Principali caratteristiche della presenza: donne, minori, famiglie. È continuato ad
aumentare il peso delle donne immigrate, diventate ormai la maggioranza e sono ormai
poche le regioni a prevalenza maschile: la Lombardia, quelle del Nord Est, la Puglia e le
Isole. I minori, pur sfiorando le 700.000 unità, hanno visto scendere la loro incidenza al
18,4%, anche a seguito dell’arrivo nel 2006 di oltre mezzo milione di nuovi lavoratori. La
loro presenza è particolarmente elevata nelle regioni del Nord e in alcune del Centro, con
punte massime di quasi il 25% nel Veneto (a Rovigo 29,2%) e del 24% nella Lombardia e
nelle Marche. Essi concorrono alla notevole consistenza delle presenze per motivi familiari
che, secondo un computo innovativo del Dossier, supera un terzo delle presenze totali
(35,6%): circa la metà di queste presenze (17,2%) è costituita dai coniugi, per lo più
donne, comunque autorizzate al lavoro, talvolta dichiarato e più spesso in nero.
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Non solo stranieri ma anche cittadini. A differenza dei tradizionali paesi di immigrazio-
ne, l’Italia si caratterizza per avere molti stranieri e pochi cittadini di origine straniera, anche
se la situazione va lentamente modificandosi. Nel periodo 1995-2005, sono state presenta-
te 213.047 domande per ottenere la cittadinanza, delle quali 125.535 definite positiva-
mente. Nella stragrande maggioranza si tratta di acquisizione di cittadinanza per matrimo-
nio, mentre sono ridotti i casi di naturalizzazione (20.731). Comunque, essendo aumenta-
ta la popolazione straniera, lo sono anche i casi di acquisizione di cittadinanza, che nel
2005 sono stati 19.266, un vero e proprio boom rispetto agli 11.945 del 2004. Anche l’in-
cidenza dei casi per naturalizzazione è più che raddoppiata (dal 16,3% al 38,5%), pur in
assenza di una riforma della normativa, bloccata dal contrasto tra gli schieramenti politici.
Intanto a fine 2006 le seconde generazioni, i figli di immigrati nati in Italia e tuttora cittadi-
ni stranieri, aumentano a 398.295 individui e sono destinati a diventare più di un milione
entro dieci anni: sono quelli che considerano l’Italia il proprio paese, pur non possedendo-
ne la cittadinanza.
Una ripartizione territoriale disuguale ma a tutto campo. La presenza degli immigrati
è molto consistente al Nord (60% del totale nazionale e 2,2 milioni di persone), mentre è
più ridotta al Centro (26% e 1 milione circa) e ancora di più al Sud (14% e mezzo milione).
Queste percentuali, rimaste quasi invariate nell’ultimo triennio, indicano in maniera signifi-
cativa la capacità ricettiva delle varie aree. Un crescente protagonismo spetta ai piccoli con-
testi urbani, dove la vita è più agevole anche sotto il profilo socio-economico. Man mano
che si assesta il processo di insediamento residenziale, il Nord, con le sue maggiori oppor-
tunità occupazionali, attira un’ulteriore quota dalle regioni dal Meridione e anche dall’area
romana.
L’inserimento lavorativo. Gli occupati sono, secondo l’indagine Istat, 1.348.000 (per
più della metà inseriti nei servizi e per più di un terzo nell’industria) e i disoccupati
127.000. L’aumento annuale dell’occupazione è stato di poco inferiore alle 200.000 unità
(nella banca dati Inail, basata sulle nascite all’estero, il valore è più alto). Il tasso di attività è
risultato essere del 73,7%, quello di disoccupazione dell’8,6% e il tasso di mobilità, desu-
mibile anche dalla ricorrenza delle assunzioni nello stesso anno, molto elevato. Le donne,
pur superando la metà delle presenze, sono il 40% tra gli occupati e il 16,2% tra i 141.393
stranieri titolari di imprese.
Previsioni a breve termine. L’Italia si colloca ai vertici europei per numero di immigrati
e al vertice mondiale, tra i paesi industrializzati, per ritmo d’aumento. Se anche nel biennio
2007-2008 i flussi continuassero con la stessa vivacità degli ultimi due anni, i cambiamenti
sarebbero notevoli: la Lombardia passerebbe da 850.000 a più di un milione di presenze; il
Veneto, l’Emilia Romagna e la provincia di Roma supererebbero il mezzo milione di unità; il
Piemonte sfiorerebbe le 400 mila, la Toscana le 350 mila, la Campania le 200 mila e le
Marche le 150 mila unità, mentre al di sotto delle 100 mila unità resterebbero solo il
Trentino Alto Adige e l’Abruzzo (per giunta non lontane da quel livello) insieme alla
Sardegna, alla Basilicata, al Molise e alle Valle d’Aosta. Comunque siano gli ulteriori svilup-
pi, si è di fronte ad una presenza consistente e radicata: e, a questo punto, non si tratta
solo di decidere su meccanismi riguardanti l’ingresso, il soggiorno, il mercato occupaziona-
le, ma anche di concordare obiettivi validi per una società interculturale e multietnica,
come ricorda l’Anno europeo dell’intercultura.
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CARITAS/MIGRANTES
Immigrazione
Dossier Statistico 2007
Anno europeo
del dialogo
interculturale
IDOS - Centro Studi e Ricerche
Redazione Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes
Via Aurelia 796 - 00165 Roma
Tel. 06.66514345 – Fax 06.66540087
E-mail: idos@dossierimmigrazione.it
Internet: www.dossierimmigrazione.it
I FLUSSI MIGRATORI
E IL CONTESTO EUROPEO
L’immigrazione nell’Unione Europea
L’Europa, composta da Stati con una tradizione millenaria,
è ormai stabilmente abitata da cittadini provenienti da altri
paesi. Nell’UE a 27, un’area con circa mezzo miliardo di per-
sone, gli immigrati con cittadinanza straniera sono circa 28
milioni (inizio 2006), ma si arriva a circa 50 milioni se si
includono quanti nel frattempo hanno acquisito la cittadi-
nanza. Questa presenza è destinata ad aumentare, stando
alle previsioni che tengono conto delle esigenze demografi-
che e occupazionali.
Tra gli elementi chiave dell’unificazione europea è inclusa
anche la libera circolazione dei lavoratori e, pertanto, il feno-
meno migratorio ha segnato l’Europa unita nell’arco di tutta
la sua storia.
Secondo i dati dell’Eurobarometro del 2007, sebbene il
48% dei cittadini europei ritenga la presenza degli immigrati
necessaria in determinati settori dell’economia, quasi altret-
tanti esprimono insicurezza circa la presenza straniera, in par-
ticolare in relazione alla disoccupazione.
L’incidenza degli immigrati è del 5,6% sulla popolazione
complessiva, con variazioni notevoli: lo 0,5% nei due nuovi
paesi membri (Romania e Bulgaria), tra il 4% e l’8% negli
Stati dell’Unione a 15. Sono rilevanti le concentrazioni in
alcune regioni: in Francia il 40% degli stranieri vive nell’area
parigina, dove un residente su otto è cittadino straniero; nel
Regno Unito oltre un terzo della popolazione straniera risiede
nell’area metropolitana di Londra; in Spagna circa la metà
degli immigrati si è insediata a Madrid e nella Catalogna. In
Italia, invece, è più marcata la diffusione territoriale e solo un
quinto degli immigrati si trova nelle province di Milano e di
Roma.
Nei paesi di vecchia immigrazione la presenza degli immi-
grati è rimasta stabile, o è leggermente diminuita come in
Germania, mentre nei paesi di nuova immigrazione (quelli
mediterranei) essa è andata aumentando.
I due terzi della popolazione immigrata sono costituiti da
non comunitari: il 32% da europei non UE (in gran parte
russi, turchi e balcanici), il 22% da africani (di cui due terzi
provenienti dalle regioni settentrionali), il 16% da asiatici
(equamente distribuiti tra immigrati dell’Estremo Oriente,
Cina in testa, e del subcontinente indiano) e il 15% da ameri-
cani (in gran parte latinoamericani).
Non vengono più registrati come immigrati le centinaia di
migliaia di stranieri che ogni anno ottengono la cittadinanza
del paese di residenza (nel 2005, 162 mila nel Regno Unito,
150 mila in Francia, 117 mila in Germania e 29 mila in Italia),
con incidenze differenziate sull’insieme della popolazione
straniera soggiornante (5,7% nel Regno Unito, 1,6% in Ger-
mania e meno dell’1% in Italia). Quando si parla di presenza
immigrata bisognerebbe tenere presenti anche queste perso-
ne, nate all’estero e diventate cittadine (in Gran Bretagna
2
sono il doppio rispetto ai 3 milioni di cittadini stranieri),
come anche le seconde e le terze generazioni nate sul posto.
L’afflusso di lavoratori esteri in Italia nel 2006
Nel 2006, allo sforzo di raddoppiare le quote annuali di
lavoratori provenienti dall’estero (portate a 170.000) hanno
fatto seguito domande di assunzione tre volte più ampie, evi-
denziando le carenze dei meccanismi di incontro tra
domanda e offerta. Da anni si continua a presupporre che i
lavoratori stranieri da assumere aspettino dall’estero la loro
chiamata, mentre è risaputo che, in attesa di essere ufficial-
mente assunti, essi già hanno iniziato a lavorare in Italia.
Le 540 mila domande di assunzione presentate hanno reso
necessaria l’emanazione di un secondo decreto flussi, che ha
disposto ulteriori 350.000 ingressi. Dalla loro analisi (relativa
a 9 domande su 10) emerge:
- una netta prevalenza del settore dell’assistenza alle
famiglie (quasi il 49% delle domande) e, seppure distaccato,
di quello edile (quasi il 18%);
- la ridotta incidenza delle richieste di personale ad elevata
professionalità (appena 1.200 domande per dirigenti e simi-
li);
- l’alta concentrazione delle domande in determinate pro-
vince, segnatamente in quelle di Roma (oltre 50.000), Mila-
no (oltre 37.000), Torino e Brescia (intorno alle 20.000),
Bologna (quasi 15.000) e Verona, Padova, Venezia, Napoli e
Treviso (con poco più di 10.000 ciascuna), il che ha confer-
mato una certa polarizzazione territoriale dei flussi che fa
perno sulla Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna, il Lazio e,
nel Sud, sulla Campania.
Per quanto riguarda i paesi di origine di questi lavoratori,
al primo posto della graduatoria troviamo la Romania (oltre
130.000 domande), seguita a grande distanza da Marocco
(50.000 domande), Ucraina e Moldavia (35.000 domande
ciascuno), Albania (30.000), Cina (27.000), Bangladesh
(20.000 domande). Chiudono la serie dei primi 10 paesi, l’In-
dia, e, allo stesso livello numerico, lo Sri Lanka e la Tunisia,
che registrano il primo 13.000 e gli altri due paesi circa
10.000 domande.
Esaminando congiuntamente i flussi del 2006 e quelli del
2005, emergono queste tendenze:
- le aree occupazionalmente più forti (Nord Ovest, Nord
Est e Centro) confermano, con il numero elevato dei lavora-
tori coinvolti, il loro ruolo di traino e, tuttavia, registrano un
ridimensionamento delle percentuali d’aumento rispetto alla
popolazione già insediata;
- il Sud conosce flussi in entrata che, seppur corrispondenti
al 12-14% degli ingressi totali registrati nei due anni presi in
considerazione, sono destinati a fare aumentare, se confer-
mati, la quota percentuale di pertinenza della popolazione
straniera;
- le Isole, sbocco di appena 1 ogni 25 lavoratori entrati in
Italia, sono caratterizzate da un andamento stabile che le col-
loca a un livello più contenuto.
I flussi irregolari: un problema di dimensione europea
L’intensità dei flussi irregolari può essere favorita, in Europa,
oltre che dalla posizione geografica, anche da altre cause:
quote di ingresso non adeguate, scarsa praticabilità dei per-
corsi stabiliti per l’inserimento legale e per l’incontro tra dato-
ri di lavoro e persone da assumere, diffusione dell’area del
lavoro nero e precarirtà dello status di regolari.
La necessità di regolamentare i flussi non deve portare a
identificare le restrizioni con l’anima della politica migrato-
ria, che si sostanzia specialmente di adeguate procedure di
ammissione e di una grande attenzione all’integrazione: per-
ciò la Commissione De Mistura ha proposto una diversa con-
cezione della funzione dei Centri di permanenza tempora-
nea. Tuttavia l’area dell’irregolarità, quando è troppo estesa,
rende la società meno disponibile all’accoglienza e perciò è
indispensabile un’analisi senza pregiudizi che riesca a indivi-
duare le piste praticabili per il suo ridimensionamento.
Paese Stranieri % supop. Paese Stranieri
% su
pop. Paese Stranieri
% su
pop.
Austria 814.100 9,8 Germania (2004) 7.287.900 8,8 Polonia (2001) 700.300 1,8
Belgio 900.500 8,6 Grecia (2003) 891.200 8,1 Portogallo 432.000 4,1
Bulgaria (2000) 25.600 0,3 Irlanda 314.100 7,4 Regno Un. (2004) 3.066.100 5,2
Rep. Ceca 258.400 2,5 Italia 2.286.000 3,9 Romania 25.900 0,1
Cipro (2004) 98.100 13,1 Lettonia 456.800 19,9 Slovacchia 25.600 0,5
Danimarca 270.100 5,0 Lituania 32.900 1,0 Slovenia 48.900 2,4
Estonia (1999) 274.300 20,0 Lussemburgo 181.800 39,6 Spagna 4.002.500 9,1
Finlandia 113.900 2,2 Malta (2004) 11.900 3,0 Svezia 479.900 5,3
Francia (1999) 3.263.200 5,6 Paesi Bassi 691.400 4,2 Ungheria 156.200 1,5
UNIONE EUROPEA. Cittadini stranieri comunitari e non (31.12.2005)
La presenza regolare in Italia a fine 2005 è stata stimata dal Dossier Caritas/Migrantes, includendo i minori, pari a 3.035.144 e, pertanto, il totale UE della presenza
regolare passa da 27.109.610 a 27.838.754
FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati Eurostat, OECD, Council of Europe, Istat
Categorie 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Respinti alla frontiera 48.437 42.221 41.058 43.795 27.397 24.528 23.878 20.547
Espulsi/rimpatriati 23.955 23.836 34.390 44.706 37.756 35.437 30.428 24.902
Tot. persone allont. 72.392 66.057 75.448 88.501 65.153 59.965 54.306 45.449
Non ottemperanti 40.489 64.734 58.207 61.282 40.586 45.697 65.617 78.934
Tot. coinvolti 112.881 130.791 133.655 149.783 105.739 105.662 119.923 124.383
% allont. su coinvolti 64,1 50,5 56,4 59,1 61,6 56,8 45,3 36,5
ITALIA. Respingimenti, espulsioni e rimpatri di cittadini stranieri (1999-2005)
FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati del Ministero dell’Interno
L’Italia è un paese molto esposto ai flussi migratori a causa
della sua posizione geografica. Se il nuovo Governo francese
ha confermato per il 2007 l’obiettivo di 25.000 espulsioni di
stranieri in situazione irregolare, in Italia le persone intercet-
tate in tale condizione superano le 100 mila unità l’anno.
Tra di esse, quelle pervenute via mare sono 22.016 (il 13%
del totale, quasi mille di meno rispetto al 2005): suscitando
non poche sorprese, i trafficanti di manodopera hanno inclu-
so nei loro circuiti anche la Sardegna. E così il mare, da fon-
damentale elemento per gli scambi, continua a essere uno
sconfinato cimitero. Ma le tragedie via terra non sono state
da meno: si viaggia – e spesso si muore – nascosti nei tir (con
il rischio di essere asfissiati per mancanza d’aria o schiacciati
dalle merci), sotto i treni o addirittura nei carrelli degli aerei,
oppure si attraversano valichi, fiumi e campi minati, quando
non si finisce l’esistenza fulminati o assiderati o vittime di altri
incidenti. In tutti i casi è la speranza di una vita migliore che
spinge ad affrontare questi pericoli.
Nel 2006, su 124.383 persone in posizione irregolare indi-
viduate dalle forze dell’ordine, solo il 36,5% (45.449) è stato
effettivamente rimpatriato (nel 1999 lo fu il 64,1%). Tuttavia,
se si tiene conto dell’ultimo allargamento dell’UE e si tolgono
dal conteggio i bulgari e, specialmente, i romeni, il numero
degli intercettati in posizione irregolare scende dopo tanti
anni al di sotto delle 100 mila unità (84.245).
Nel contesto europeo è l’Italia ad aver portato avanti
un’organica esperienza pilota per il recupero delle persone
vittime di tratta. A partire dal 2000 ne hanno potuto benefi-
ciare, ricevendo assistenza, ben 45.331 persone, per la quasi
totalità donne vittime di sfruttamento sessuale: in circa un
terzo dei casi (13.854) sono state messe a disposizione appo-
site borse lavoro.
Il contrasto dei trafficanti, da rafforzare a livello nazionale e
internazionale, va completato con il coinvolgimento dinami-
co dei migranti, ampliando le categorie dei beneficiari dei
rimpatri assistiti (più di 7.000 dal 1991 ad oggi con l’assi-
stenza dell’OIM) e prevedendo un certo supporto economi-
co per il reinserimento di quanti collaborano per la loro iden-
tificazione, sia che si presentino spontaneamente o collabori-
no dopo essere stati fermati, avendo l’accortezza di limitare a
2 anni (al posto degli attuali 10) il divieto di reingresso, a
meno che non si tratti di recidivi.
Questo impegno servirebbe anche a ridurre il coinvolgi-
mento degli irregolari nelle denunce penali. I cittadini stra-
nieri incidono per quasi un quarto sulle denunce penali e per
quasi un quarto sulle presenze in carcere. I maggiori prota-
gonisti sono gli irregolari, che in determinati reati sono impli-
cati anche in 4 casi su 5 (lo sfruttamento della prostituzione,
l’estorsione, il contrabbando e la ricettazione). Per gli stranie-
ri in posizione regolare il problema si pone negli stessi termi-
ni degli italiani: essi incidono per circa il 6% sulla popolazio-
ne residente e nella stessa misura percentuale sulle denunce.
L’IMMIGRAZIONE IN ITALIA NEL 2006
Gli stranieri regolari in Italia alla fine del 2006
Il numero degli immigrati regolari sembrerebbe un dato di
facile acquisizione e invece, per ottenerlo, bisogna procedere
a una stima complessa, basandosi sulle fonti statistiche in
parte incomplete. Bisogna, inoltre, tenere presente che la
presenza regolare include due categorie, quella dei residenti,
iscritti cioè nelle anagrafi dei comuni (rilevati annualmente
dall’Istat ed esposti in un apposito capitolo del Dossier), e
quella dei soggiornanti che, pur autorizzati a restare in Italia,
o non sono interessati a registrarsi perché venuti per brevi
periodi, o sono impossibilitati a farlo perché in situazione pre-
caria quanto all’alloggio. Su questi soggiornanti si è concen-
trata la stima del Dossier Caritas/Migrantes.
Partendo dalle 3.035.000 presenze regolari stimate a fine
2005 (stima vicina al dato ipotizzato dall’Istat), sono stati
aggiunti i nuovi nati del 2006 (poco meno di 60.000) e le
domande presentate per assumere lavoratori sulla base delle
quote fissate nel 2006 (al posto delle 540.000 effettive, ne
sono state conteggiate 486.000 per tenere conto di quelle
non accettate).
Sono stati poi aggiunti (decurtando ciascuna voce del 5%
quale quota di quanti si presume possano essere nel frattem-
po usciti dall’Italia o non aver utilizzato il visto per entrare):
- i visti rilasciati per ricongiungimento familiare (82.330);
- i visti rilasciati per studio universitario o comunque studio
di una certa stabilità in Italia (19.604);
- i visti rilasciati per motivi religiosi (3.191);
- i visti rilasciati per residenza elettiva (928).
Il risultato di questa stima è una presenza di 3.690.000 cit-
tadini stranieri (comunitari e non comunitari) come ipotesi
massima; si possono sottrarre all’incirca 100 mila unità come
ipotesi minima, nel caso cioè che un numero più elevato di
domande di assunzione sia stato respinto e che a lasciare il
paese siano stati di più rispetto alle 15.000 cancellazioni ana-
grafiche di cittadini stranieri registrate dall’Istat nel 2006.
L’incidenza sulla popolazione totale è del 6,2%.
L’Italia si colloca, con la Spagna, subito dopo la Germania
tra i più grandi paesi di immigrazione dell’Unione Europea e,
per quanto riguarda l’incremento annuale, i due paesi medi-
terranei non hanno uguali in Europa, superando in proporzio-
ne gli stessi Stati Uniti (i quali, con una popolazione cinque
volte superiore a quella italiana, registrano l’ingresso di un
milione di nuovi immigrati all’anno).
Le persone coinvolte nelle quote annuali (più del doppio
rispetto alle 250.000 dell’anno precedente), unitamente alle
altre venute in Italia, specialmente per ricongiungimento
familiare, hanno portato la popolazione immigrata ad
aumentare di un sesto (più di mezzo milione di unità) alla
fine del 2006. Nel passato gli aumenti rilevanti della popola-
zione straniera avvenivano a seguito delle regolarizzazioni;
negli ultimi due anni ciò è avvenuto anche in assenza di tali
provvedimenti.
Il carattere strutturale della presenza straniera
L’Italia ha il primato negativo in Europa quanto a invecchia-
mento della popolazione e condivide con il Giappone quello
a livello mondiale. Nel nostro paese è attribuibile alle donne
immigrate circa la metà dell’incremento della natalità regi-
strato tra il 1995 e il 2005: esse hanno in media 2,45 figli a
testa contro 1,24 delle donne italiane, che per giunta partori-
scono il primo figlio mediamente a 31,3 anni, quattro in più
rispetto alle straniere.
Le esigenze occupazionali sono, a loro volta, una conse-
guenza di quelle demografiche e a esse rispondono gli immi-
3
grati, che hanno un tasso di occupazione notevolmente alto e
incidono per il 6,1% sul Prodotto Interno Lordo italiano. Essi
pagano quasi 1,87 miliardi di euro di tasse attraverso 2 milio-
ni e 300 mila dichiarazioni dei redditi, come sottolineato dal
Ministero per la Solidarietà sociale nel volume Viaggio nell’Ita-
lia dell’immigrazione, pubblicato nel 2007.
Per processo di strutturalizzazione il Dossier
Caritas/Migrantes intende l’insieme di quei fattori che hanno
reso l’immigrazione radicata e indispensabile e che, letti nel
loro insieme, valgono a impostare correttamente il dibattito
sul fenomeno migratorio: numero rilevante, ritmo d’aumento
sostenuto, provenienza da una molteplicità di paesi (policen-
trismo), distribuzione differenziata ma diffusa su tutto il terri-
torio nazionale, normalizzazione dal punto di vista demografi-
co (equivalenza numerica dei due sessi, prevalenza dei coniu-
gati sui celibi e sui nubili, elevata incidenza dei minori), persi-
stente fabbisogno di forza lavoro aggiuntiva, aumentata ten-
denza alla stabilità e crescente esigenza di spazi di partecipa-
zione.
Queste caratteristiche costanti influiscono, naturalmente,
sull’assetto territoriale e, oltre ad apportare benefici, fanno
insorgere anche nuovi problemi, per cui ci si interroga sulla
qualità delle politiche di accoglienza, che è compito dei politi-
ci e degli amministratori promuovere, a partire dal problema
della casa, garantendo la sicurezza e il benessere tanto agli
italiani quanto agli immigrati.
Una dinamica territoriale diffusa ma disuguale
La ripartizione territoriale dei soggiornanti stranieri a fine
2006 vede 6 immigrati su 10 inseriti nel Settentrione (33,7%
nel Nord Ovest e 25,9% nel Nord Est, in termini assoluti circa
1 milione e 250 mila nella prima area e quasi 1 milione nella
seconda); troviamo, quindi, circa 1 milione di presenze nelle
regioni del Centro (26,6%) e più di mezzo milione nelle
regioni del Sud (13,8%).
Il tasso medio d’aumento dei soggiornanti regolari
(+16,1%) è stato soggetto a scarti contenuti: al di sotto, si
collocano il Nord Ovest e il Centro e, al di sopra, il Nord Est e
le Isole, mentre le regioni del Sud aumentano complessiva-
mente del 21,0%.
Se anche nel biennio 2007-2008 i flussi continuassero con
la stessa vivacità, i cambiamenti sarebbero notevoli: la Lom-
bardia passerebbe da 850.000 a più di un milione di presen-
ze; il Veneto, l’Emilia Romagna e la provincia di Roma supere-
rebbero il mezzo milione di unità; il Piemonte sfiorerebbe le
400 mila, la Toscana le 350 mila, la Campania le 200 mila e le
Marche le 150 mila unità, mentre al di sotto delle 100 mila
unità resterebbero solo il Trentino Alto Adige e l’Abruzzo (per
giunta non lontane da quel livello),
insieme alla Sardegna, alla Basilica-
ta, al Molise e alle Valle d’Aosta.
Già attualmente la Lombardia
accoglie un quarto di tutti i resi-
denti stranieri e, insieme ad altre
regioni del Nord e del Centro,
totalizza i valori più alti, sia per
quanto riguarda l’incidenza degli
immigrati sulla popolazione resi-
dente che quella dei minori tra la
popolazione straniera.
Il diverso peso dei continenti e dei paesi di origine
Secondo la stima del Dossier la presenza straniera è costitui-
ta per la metà da europei: in particolare, quelli dell’Est Europa,
dal 2000 al 2006, sono aumentati di 14 punti percentuali,
mentre l’Africa ne ha persi 5 e l’Asia e l’America 2 ciascuna:
tutte le aree, comunque, sono notevolmente cresciute nume-
ricamente. Oggi, in sintesi, ogni 10 presenze immigrate 5
sono europee, 4 suddivise tra africani e asiatici e 1 americana.
Gli 880 mila immigrati provenienti dall’UE a 27 (25,9%)
quasi si equivalgono con gli altri immigrati provenienti dai
Balcani e dagli altri paesi dell’Est Europa (25,3%) e denotano
nell’insieme una forte presenza europea.
La Romania (556.000 presenze, secondo la stima del Dos-
sier) sfiora un sesto del totale (15,1%) e distanzia di quasi cin-
que punti il Marocco (387.000) e l’Albania (381.000). Poco
meno di 200.000 unità hanno l’Ucraina (195.000) e la Cina
Popolare (186.000), entrambe con la percentuale del 5%. Le
Filippine si attestano a quota 113.000, cifra dalla quale non
sono lontane la Moldavia, la Tunisia, l’India e la Polonia. Vi è
quindi un gruppo compreso tra le 80.000 e le 50.000 unità:
Serbia, Bangladesh, Perù, Egitto, Sri Lanka, Ecuador, Macedo-
nia, Senegal, Pakistan e Stati Uniti. È diversa, invece, la gra-
duatoria dei residenti stabili, che a livello nazionale vede l’Al-
bania precedere, nell’ordine, il Marocco e la Romania.
I gruppi nazionali hanno una loro spiccata vocazione ter-
ritoriale. Ad esempio, nel Friuli Venezia Giulia i cittadini dei
paesi dell’ex Jugoslavia costituiscono quasi un quarto del tota-
le (per la vicinanza geografica); gli ecuadoriani sono un quin-
to degli stranieri nella Liguria (per i rapporti di quella regione
con l’America Latina); i filippini e i polacchi sono molto ben
rappresentati nel Lazio, e specialmente a Roma, che abbiso-
gna di numerosi collaboratori e collaboratrici presso le fami-
glie ed esercita anche una particolare attrazione come centro
del cattolicesimo.
Prevalenza dei motivi di soggiorno stabili
Per offrire una visione globale della presenza regolare stra-
niera, il Dossier ha conteggiato anche i minori di 14 anni che,
per via della loro età, non sono personalmente in possesso di
un titolo di soggiorno e li ha inclusi nella categoria dei motivi
familiari la quale, rispetto all’anno precedente, ha registrato
(anche a seguito di questo nuovo conteggio) una maggiora-
zione di 6 punti percentuali, ridimensionando di conseguenza
l’incidenza percentuale degli altri motivi.
Le presenze per lavoro e per ricongiungimento familiare
(92,1% del totale) esercitano congiuntamente un peso molto
elevato. La prevalenza di questi motivi sottolinea quanto siano
diffusi i progetti migratori a lungo termine – probabilmente
4
Anno Europa Africa Asia America Oceania apol./altri TOTALE
1970 61,3 3,3 7,8 25,7 1,9 - 143.838
1980 53,2 10,0 14,0 21,0 1,4 0,4 298.749
1990 33,5 30,5 18,7 16,4 0,8 0,1 781.138
2000 40,7 28,0 19,2 11,8 0,2 0,0 1.379.749
2006 - % 49,6 22,3 18,0 9,7 0,1 0,3 3.690.052
2006 – v.a. 1.829.982 822.191 662.748 356.144 4.023 14.964 3.690.052
ITALIA. Soggiornanti stranieri per continente di provenienza (1970-2006)
NB. Le statistiche sono basate sui permessi di soggiorno del Ministero dell’Interno e per il 2006 sulla stima del Dossier.
FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati del Ministero dell'Interno
5
per lo più a carattere definitivo – tra la popolazione immigra-
ta. Solo una volta raggiunta un’accettabile stabilità socio-eco-
nomica è possibile portare a compimento questo tipo di pro-
gettualità realizzando, ad esempio, la costruzione o l’acquisto
di una casa, la formazione o la ricomposizione del nucleo
familiare, l’impegno educativo nei confronti dei figli.
Il Nord Italia continua ad essere il principale polo di attra-
zione delle presenze per lavoro (59% sul totale nazionale), il
Centro si trova nettamente distaccato (26,4%) e ancora di
più il Meridione (14,7%). Si delinea una marcata struttura a
triangolo rovesciato: una base molto ampia al il Nord, che va
restringendosi mentre si scende lungo la penisola.
Peraltro, come sottolineato dal Rapporto CNEL sugli Indici di
integrazione, una forte presenza per lavoro, se non è bilancia-
ta da un’adeguata presenza per famiglia, denota un deficit
nel processo di integrazione. Non sempre quindi lo sviluppo
produttivo, anche se accentuato, conduce ad alti indici di sta-
bilizzazione, tra i quali va senz’altro annoverata la ricomposi-
zione dei nuclei familiari. Risulta che, anche per gli immigrati,
la vita nei piccoli contesti urbani o paesani è solitamente più
agevole, anche sotto il profilo socio-economico: il riferimento
va fatto alla vitalità delle piccole imprese di provincia, che nor-
malmente offrono mansioni più stabili rispetto al mercato
della grande città, sempre più caratterizzato dall’instabilità dei
servizi, e alla maggiore facilità nel reperire un’abitazione.
TIPOLOGIE DI IMMIGRATI
L’impatto degli immigrati neocomunitari
Dopo l’ingresso della Romania e della Bulgaria nell’UE, l’Ita-
lia non è più il fanalino di coda per la presenza di immigrati
comunitari, che ormai costituiscono un quarto del totale
delle presenze. Il loro numero è aumentato in misura note-
vole a seguito del penultimo allargamento dell’Unione (1°
maggio 2004) e di quello più recente (1° gennaio 2007): tra
le prime dieci collettività di immigrati si inseriscono, appunto,
la Romania (più di mezzo milione di soggiornanti) e la Polonia
(poco meno di 100 mila).
L’Italia, in attesa di attuare pienamente la libera circolazione
della manodopera comunitaria, ha liberalizzato l’accesso a
diversi settori: lavoro dirigenziale e altamente qualificato, set-
tore agricolo e turistico-alberghiero, lavoro domestico e di assi-
stenza alla persona, settore edilizio e metalmeccanico, come
altri rami caratterizzati da lavoro stagionale e autonomo; solo i
restanti settori sono rimasti soggetti a specifiche autorizzazioni,
semplificate rispetto a quanto avviene per gli altri immigrati e
mantenute in essere solo al fine di monitorare l’accesso al mer-
cato del lavoro.
Per i neocomunitari le pratiche di assunzione sono facilitate
e bastano la carta di identità e il codice fiscale, facilmente
acquisibile presso una sede dell’Agenzia delle Entrate, senza
bisogno del nulla osta al lavoro (necessario invece per i settori
per i quali vigono delle restrizioni).
Un segno, politicamente molto
forte, della presenza attiva di que-
sti “non italiani non del tutto stra-
nieri” è stata la partecipazione di
6.313 immigrati comunitari (di cui
5.122 romeni e 750 polacchi) al
voto amministrativo del maggio
2007 per il rinnovo di 861 Amministrazioni comunali.
La Romania, che ha realizzato in Italia e in Spagna i più con-
sistenti insediamenti in Europa, considera il nostro paese una
destinazione appetibile anche per ragioni di affinità culturale.
A sua volta l’Italia nutre interesse per questo paese dell’Est,
dove operano attualmente più di 20 mila società italiane,
anche di rilevante entità. La “quasi” libera circolazione, finora
attuata, non ha risolto tutti i problemi relativi all’inserimento
lavorativo, alla convivenza, alla legalità (un problema molto
sentito dall’opinione pubblica), alla tutela e alla convivenza:
oltre agli eclatanti fatti di cronaca, bisogna pensare allo sfrut-
tamento di queste persone nell’ambito del lavoro nero, anche
ai circa 2.000 minori non accompagnati e ai fenomeni di
accattonaggio, che coinvolgono persone arrivate senza un
piano preciso, fagocitate per lo più da reti di sfruttatori.
L’allargamento dell’Unione porta anche a riflettere sulle
politiche di accoglienza dei rom (più di 10 milioni nell’UE a
27). In Italia essi sono 140.000, per il 60% stanziali: degli altri
la metà è seminomade, e l’altra è costituita dai sinti, cioè dai
circensi o giostrai, artisti che viaggiano permanentemente
portando in scena i loro spettacoli.
I minori
A seguito della stabilizzazione intervenuta dopo la regolariz-
zazione del 2002, molti adulti si sono fatti raggiungere dalle
loro famiglie, il numero dei minori è andato aumentando
(665.626 a fine 2006, 80.000 in più rispetto all’anno prece-
dente) come pure la loro incidenza sul totale della popolazio-
ne straniera (22,6%, circa 6 punti percentuali in più rispetto al
dato dei soli italiani).
La loro presenza è particolarmente elevata nelle regioni del
Nord e in alcune del Centro, con le punte massime di quasi il
25% nel Veneto e del 24% nella Lombardia e nelle Marche,
valori del 17%-18% in alcune regioni meridionali (Molise,
Basilicata e Sicilia), del 16% in Campania. La Sicilia e la Puglia
riportano il 22%.
In diversi contesti provinciali i minori sono più di un quar-
to dell’intera popolazione straniera: Ascoli Piceno, Belluno,
Bergamo, Brescia, Cremona, Cuneo, Lecco, Livorno, Lodi,
Modena, Palermo, Reggio Emilia, Rovigo, Trapani, Treviso e
Vercelli. A Rovigo, in particolare, si raggiunge il picco del
28,2%.
L’Istat, per la prima volta dal 2006, ha rilevato l’entità
della seconda generazione di immigrati, ovvero il com-
plesso degli stranieri nati in Italia, al netto di quanti hanno
acquisito la cittadinanza italiana: si tratta di 398.295 perso-
ne, oltre la metà dei minori presenti e il 13,5% della popo-
lazione straniera residente. Si pongono in evidenza regioni
di antica immigrazione come il Lazio, la Lombardia, il
Veneto, l’Emilia Romagna. Questa categoria è di grande
rilevanza sociale, perché vive in prima persona le contrad-
dizioni di una cultura “di mezzo” e può essere, grazie
Motivi Presenze % Motivi Presenze %
Motivi di lavoro 2.083.470 56,5 Motivi religiosi 70.152 1,9
Motivi familiari 1.312.587 35,6 Residenza elettiva 51.204 1,4
Motivi di studio 107.427 2,9 Altri motivi 65.212 1,8
ITALIA. Motivi delle presenze degli immigrati regolari (31.12.2006)
FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati Ministero dell’Interno e Affari Esteri
anche a una riforma della normativa sulla cittadinanza, la
generazione-ponte tra i genitori immigrati e i futuri figli cit-
tadini.
Anche il crescente numero di nati da entrambi i genitori
stranieri (56.765 nel 2006) e gli alti livelli di natalità (intor-
no al 21 per mille) indicano il radicamento delle famiglie e il
loro apporto contro l’invecchiamento della popolazione.
I nati stranieri costituiscono ormai il 10,3% del totale delle
nuove nascite, valore che arriva al 17% in Lombardia, Veneto
ed Emilia Romagna e scende all’1-2% in quasi tutte le regioni
del Sud, ad eccezione dell’Abruzzo. I figli di immigrati sono 1
ogni 5 nuovi nati a Prato e Brescia e 1 ogni 4 a Reggio Emilia,
Treviso, Vicenza e Modena.
Le donne
Negli ultimi anni la componente femminile è cresciuta in
maniera più marcata di quella maschile nella maggior parte
delle regioni, anche a seguito delle occupazioni legate ai ser-
vizi alle famiglie o ad altri tipi di attività lavorativa, così che
sostanzialmente si è arrivati a un rapporto paritario tra i
sessi.
La stima delle donne straniere a fine 2006, elaborata dal
Dossier Caritas/Migrantes, è di 1.842.000 unità regolarmente
presenti nel nostro paese, pari al 49,9% del totale degli immi-
grati (7 punti percentuali in più rispetto al 1991) e ciò confer-
ma il costante e consolidato protagonismo femminile nell’at-
tuale processo migratorio. Vi sono punte ragguardevoli di
“femminilizzazione” in alcune regioni del Sud, come nel caso
della Campania (61,7%) e della Calabria (56,8%). Più bassa è
invece la percentuale al Nord (48,4%, così ripartito: Nord
Ovest 48,6% e Nord Est 48,3%), mentre l’incidenza è supe-
riore al 50% al Centro (54,2%), per raggiungere il 56,8% nel
Sud e calare al 49,7% nelle Isole.
Sono numerose le nazionalità europee, come anche quelle
latino-americane, a prevalente componente femminile, e tra
di esse spiccano due grandi collettività come quella ucraina
(83,6%) e dominicana (73,1%); in Asia va segnalata quella
filippina e in Africa la piccola ed antica comunità di Capover-
de (76,9%), con un’incidenza ben al di sopra di quella rilevata
tra i nigeriani (59,2%).
Il tasso di attività delle donne nate all’estero è elevato:
58,4% a fronte di poco più del 51% della totalità della popo-
lazione di sesso femminile. Si tratta di una tendenza comune
a tutti gli Stati europei. Sugli occupati nati all’estero esse inci-
dono per il 42%: più della metà è impiegata nel lavoro
domestico e di cura alle persone (oltre 700 mila secondo le
statistiche ufficiali, ma è noto che molte lavorano in nero) e
questo sbocco monosettoriale (spesso obbligato) non premia
la loro professionalità. Un altro settore rilevante (1 ogni 10
occupate) è quello degli alberghi e della ristorazione. Da un
dato Inps relativo al 2004 risulta che la retribuzione annua di
una donna immigrata è in media di euro 7.136,00 pari al
58,6% di quanto percepito dagli uomini, a sua volta inferiore
all’importo percepito dagli italiani.
Le donne immigrate risultano anche maggiormente espo-
ste al rischio della disoccupazione (in media dell’8,6%). Infatti
se per gli uomini il tasso di disoccupazione è di 3,6 punti per-
centuali più alto di quello complessivo, per le donne la diffe-
renza sale a 4,6 punti.
I nuovi cittadini
Nel periodo 1995-2005 sono state presentate 213.047
domande per ottenere la cittadinanza italiana (di cui il
71,8% per matrimonio) e ne sono state definite 135.496,
delle quali 125.335 positivamente (92,5%). Delle 59.923
domande presentate per residenza, più complesse per il
requisito di 10 anni di residenza previa e per la documenta-
zione richiesta, ne sono state esaminate 27.772 e accolte
20.731 (74,6%).
Nel 2005 i casi di cittadinanza sono stati 19.266, un vero e
proprio boom rispetto agli 11.945 casi del 2004. Anche l’inci-
denza della cittadinanza per matrimonio è scesa dall’83,7% al
61,5% e sarà interessante riscontrare se questa tendenza verrà
confermata. La ripartizione per aree di origine vede prevalere
l’Europa, soprattutto dell’Est (40% dei casi) seguita da Ameri-
ca (in prevalenza del Centro-Sud) e Africa (in prevalenza del
Nord). La cittadinanza per matrimonio è prevalente tra gli
immigrati provenienti dall’Europa dell’Est (80%), dall’America
Latina (90%) e minoritaria per gli africani (al di sotto del 30%)
e gli asiatici (40%).
Sempre nel 2005 le attribuzioni di cittadinanza hanno
riguardato per il 51,5% il Nord, per il 20,4% il Centro, per il
10,7% il Meridione e per il 13,7% i residenti all’estero (questi,
naturalmente, a seguito di matrimonio), con un sostanziale
equilibrio al Nord tra i casi di naturalizzazione (49%) e le
acquisizioni per matrimonio, una lieve prevalenza di questo
motivo al Centro (57%) e la sua netta predominanza nel
Meridione (74%).
Le coppie miste sono fondamentali nel processo di trasfor-
mazione interetnica ed interculturale del nostro paese, sebbe-
ne certi matrimoni siano di comodo (finalizzati cioè al solo
acquisto della cittadinanza come rimedio per sfuggire alle
maglie delle restrizioni normative sul permesso di soggiorno)
e alimentino un vero e proprio mercato. Un tale fenomeno
trova un riscontro nel fatto che il tasso di separazione delle
coppie miste è doppio rispetto alla media.
La necessità di una riforma in materia è connessa alla consi-
derazione che, attualmente, sei mesi di matrimonio con un
italiano valgono più che anni ed anni di regolare residenza, in
un paese in cui la permanenza continuativa è fondata sul
lavoro stabile. L’iter di riforma in atto è un’occasione preziosa
perché l’Italia recepisca orientamenti più adeguati, da un lato
per facilitare l’acquisizione di cittadinanza specialmente da
parte di chi è nato in Italia (quasi 400.000 minori, come si è
visto), fondata sulla condivisione dei valori costituzionali, e
dall’altro per scoraggiare i matrimoni di comodo.
IMMIGRATI E SOCIETÀ
Un rapporto asimmetrico
Le indagini recentemente condotte evidenziano che gli ita-
liani, pur dando per scontato che l’immigrazione aumenterà,
continuano a essere divisi in due blocchi contrapposti, gli uni
favorevoli e gli altri contrari al fenomeno, anche se esso non
viene considerato la prima preoccupazione, come lo è invece
l’occupazione con il suo carattere precario.
Secondo la ricerca della “Makno & Consulting”, condotta
su incarico del Ministero dell’Interno, gli intervistati si fanno
un’idea degli immigrati, nell’85% dei casi, sulla base dei tele-
6
giornali e per lo più ritengono che gli irregolari superino i
regolari del 50% (come se gli irregolari fossero 4,5 milioni!), e
ciò sottolinea l’esigenza di una conoscenza meno superficiale.
Non va dimenticato che diversi programmi televisivi
hanno contribuito a presentarci come “normali” gli immi-
grati, inserendoli non solo tra le vallette e le soubrette, ma
anche valorizzandoli come attori, conduttori, concorrenti,
primi ballerini, sebbene si tratti di personaggi eccezionali
non collegati con le collettività degli immigrati. Lo stesso si
deve dire anche a proposito dei dirigenti stranieri operanti
in Italia (3.700, pari al 2,5% del totale e destinati a raddop-
piare in cinque anni).
Le università italiane, con 42.000 studenti stranieri su
1.824.000 iscritti (2,3%), esercitano una forza di attrazione 4-
5 volte inferiore a quella riscontrabile in Germania, Gran Bre-
tagna e Francia: i principali atenei frequentati sono quelli di
Roma “La Sapienza” e Bologna, ciascuno con più di 4.000
iscritti. Si pone così il problema di curare, nel sistema formati-
vo, aziendale e associativo, i quadri, i dirigenti, i leader, gli opi-
nion maker, così come hanno iniziato a fare le organizzazioni
sindacali su tutto il territorio nazionale.
L’atteggiamento degli immigrati nei confronti degli ita-
liani è, invece, più benevolo e, sempre nella ricerca pro-
mossa dal Ministero dell’Interno, essi affermano a stragran-
de maggioranza di trovarsi bene in Italia, perché in fondo il
lavoro si trova, piace la cordialità e il modo di vivere (cuci-
na inclusa), le bellezze architettoniche e il clima sono impa-
reggiabili, pur precisando che la loro accettazione è defici-
taria, specialmente nell’ambito lavorativo e nella ricerca di
una casa, resa difficile dalle resistenze (nel 57% dei casi)
dei proprietari ad affittare agli extracomunitari.
L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni ha riscontrato nel
2006, tra le 10.000 segnalazioni pervenute, 218 casi di
discriminazione su base etnica e razziale riguardanti special-
mente il lavoro, l’alloggio, ma anche le relazioni di vicinato e
l’erogazione di servizi da parte degli uffici pubblici e di altre
strutture come le banche. Gli italiani tendono a trattare in
maniera differenziata chi ha un diverso colore della pelle (per
questo i più colpiti sono gli africani) o chi è di un’altra religio-
ne (in particolare, si riscontra la tendenza all’islamofobia).
Una vita difficile e caratterizzata da forti bisogni. I Centri
d’ascolto della Caritas, frequentati per i due terzi da utenza
immigrata (in cui solo 1 su 3 non ha il permesso di sog-
giorno) mostrano le conseguenze di non poter contare su
reti familiari o amicali ed evidenzia che i problemi più sen-
titi sono la mancanza del lavoro, l’insufficienza del reddito
e la casa, senza trascurare le altre dimensioni della povertà.
Il futuro che si va prefigurando
L’Italia del futuro, insomma, si legge in filigrana già nella
situazione attuale. La maggiore e diffusa presenza degli immi-
grati sta incrementando la loro incidenza tra i proprietari di
immobili: nel 2006 gli immigrati sono stati un sesto tra quan-
ti hanno acquistato una casa e tendenzialmente stanno diven-
tando la metà di quanti hanno bisogno della prima casa. Gli
immobili preferiti sono quelli da ristrutturare, vicino alle reti di
trasporto e alle scuole dei figli, in provincia (in media in 4 casi
su 10, ma in 6 su 10 nell’area di Roma e in quella di Milano)
piuttosto che nel capoluogo. Benché si tratti del segmento
più basso del mercato (117.000 euro per una casa di 50 mq,
che costringe al sovraffollamento), il volume d’affari annuo
complessivo è di oltre 15 miliardi di euro.
Pur tra molte contraddizioni, la società italiana sta diventan-
do più interculturale. 1 matrimonio ogni 8 coinvolge ormai
un cittadino straniero (ma solo nel 20% dei matrimoni misti
sono protagoniste le donne italiane rispetto ai maschi) e le
coppie miste sono più di 200.000, senza considerare quelle di
fatto, di difficile quantificazione. Anche le acquisizioni di citta-
dinanza, pur lontane dai ritmi europei, sono più che raddop-
piate rispetto ad alcuni anni fa e non legate esclusivamente ai
matrimoni con gli italiani (quasi 20.000 nel 2005).
Anche la scuola italiana accoglie ormai più di mezzo milio-
ne di studenti con cittadinanza straniera (a.s. 2006/07), che
raggiungono un’incidenza del 5,6% sulla popolazione scola-
stica totale, con valori più che raddoppiati (1 ogni 8 alunni) in
alcuni contesti. Milano e Roma sono le aree in cui la presenza
di alunni stranieri è più consistente: rispettivamente 48.000 e
40.000 studenti con cittadinanza estera. Scarsa è la presenza
di questi studenti nei licei (solo 9.000 candidati alla maturità),
concentrati invece in 4 casi su 5 negli istituti tecnici e profes-
sionali, il che prelude a un inserimento occupazionale meno
soddisfacente, come avviene, per esempio, per i figli degli ita-
liani in Germania. Si stima che problemi di ritardo scolastico
di varia natura coinvolgano più di tre quarti degli studenti
stranieri e ciò è particolarmente preoccupante in un paese ad
alto tasso di abbandono scolastico (un quinto degli iscritti)
prima del diploma.
Ma non mancano gli esempi d’eccellenza. A questo riguar-
do è d’obbligo un riferimento agli scrittori immigrati in lin-
gua italiana. La Banca dati “Basili” ne conta 279 (di cui 119
donne, 43%), così ripartiti: 96 provenienti dall’Africa, 54 dal-
l’America, 47 dall’Asia, 82 dall’Europa, per un totale di 80
nazionalità.
Si dovrà prestare una maggiore attenzione anche alle lin-
gue degli immigrati. Nell’Unione Europea, il 26 settembre si
celebra ogni anno la Giornata europea delle lingue, ritenute
una ricchezza straordinaria da salvaguardare e promuovere. In
Italia, le lingue parlate dagli immigrati sono circa 150. Rispon-
dono a questa molteplice presenza linguistica i 172 program-
mi radio, le 20 trasmissioni televisive e le 29 testate in lingua
estera (i programmi radio-televisivi possono trasmettere
anche in italiano) interamente dedicate agli immigrati: 7 in
lingua spagnola, 3 in inglese, 3 in portoghese, 2 per cinesi,
albanesi, ucraini e romeni, 1 in punjabi, francese, polacco,
bulgaro, pakistano, russo, tagalog e arabo (censimento del
2005).
IMMIGRATI E MONDO DEL LAVORO
Il contributo e il ruolo degli immigrati
Secondo l’apposita indagine dell’Istat, nel 2006 la forza
lavoro straniera ammonta a 1.475.000 persone (1.348.000
occupati e 127.000 disoccupati, con un tasso di disoccupa-
zione dell’8,6%), per quasi i due terzi concentrati nel Nord,
per un quarto nel Centro e per circa il 10% nel Mezzogiorno.
Quanto ai settori, il 40% degli stranieri lavora nell’industria e il
55% nel terziario, mentre è ridotta la componente inserita in
agricoltura. Più di un quarto degli occupati stranieri lavora in
orari disagiati: il 19% la sera (dalle 20 alle 23), il 12% la notte
7
(dopo le 23) e il 15% la domenica. L’85% è occupato come
dipendente. Il loro tasso di attività (73,7%) supera di circa 12
punti percentuali quello della popolazione italiana. L’aumento
complessivo annuale degli occupati (425.000 persone) è attri-
buibile per circa i due quinti a stranieri regolarmente residenti.
Secondo i dati di fonte Inail (in parte differenti perché riferiti
ai nati all’estero, a prescindere dall’effettiva cittadinanza stra-
niera), nel 2006 gli occupati sono 2.194.271, per l’84,6%
nati in un paese non comunitario e per il 58% inseriti nel
Nord Italia. La loro incidenza sull’occupazione totale, che
mediamente è del 12,5%, raggiunge il 16,2% nel Nord Est e
scende al 6,9% nel Sud e al 5,1% nelle Isole. La Lombardia,
l’Emilia Romagna e il Veneto sono le prime tre regioni per
numero di assunzioni riguardanti lavoratori nati all’estero,
rispettivamente con il 21,4%, il 10,7% e il 10,3% rispetto al
totale nazionale. L’incidenza di questa manodopera raggiun-
ge il 66,2% nelle attività domestiche presso le famiglie, il
20,6% in agricoltura, il 20,4% negli alberghi e ristoranti e il
19,4% nelle costruzioni. Le donne sono il 40% tra gli occupa-
ti e il 16,2% tra i titolari di imprese. Tra gli stranieri emerge un
tasso di flessibilità dell’1,7%: in media, un lavoratore stranie-
ro ha avuto quasi due contratti di assunzione durante l’anno.
Tra i lavoratori nati all’estero, 1 ogni 4 assunti è entrato per la
prima volta nel mercato del lavoro (235.096). Il settore edile
nel quale la percentuale dei lavoratori immigrati sul totale è in
costante aumento, mostra che i diritti non viaggiano alla stes-
sa velocità, visto il diffuso sfruttamento come manodopera in
nero (un quinto del totale), sottopagata e utilizzata ai livelli
meno qualificati. Tuttavia, non appena il rapporto di lavoro
raggiunge un minimo di stabilizzazione e regolarità, aumen-
tano anche le iscrizioni ai sindacati (680.000 nel 2006), che
sono pari a un quinto della popolazione straniera regolarmen-
te soggiornante e a un terzo della forza lavoro.
Un segno di stabilità è anche la consistenza degli imprendi-
tori stranieri (141.393 secondo l’archivio di Unioncamere rivi-
sto dalla Cna sulla base della cittadinanza). Essi sono aumen-
tati annualmente solo dell’8% rispetto al trend espansivo
degli ultimi anni e per il 70% operano nel commercio e nelle
costruzioni. Solitamente si tratta di dipendenti già presenti in
Italia, passati al lavoro autonomo per meglio valorizzare le
proprie capacità, mentre solo in 1 caso su 16 provengono
direttamente dall’estero.
Nonostante gli immigrati guadagnino in media solo 10.042
euro all’anno (dati Inps relativi al 2004), i lavoratori stranieri
inviano consistenti flussi di denaro nei paesi di origine, utiliz-
zati ancora poco per gli investimenti produttivi in loco e pre-
valentemente per le esigenze correnti delle famiglie e l’istru-
zione dei figli. Nel 2006 le rimesse inviate dall’Italia hanno
superato i 4,3 milioni di euro per una crescita annua
dell’11,6%, un aumento quasi per la metà attribuibile agli
invii verso l’Asia (circa 200 milioni di euro, + 14,6%). La
Romania, con 777 milioni di euro, è la prima destinazione dei
flussi in uscita.
Non solo per lavoro
Gli universitari iscritti ad atenei di un paese diverso sono,
nel mondo, 2.651.144 (fonte: Ocse), per lo più concentrati
negli Stati Uniti, (21,6%), in Gran Bretagna (11,3%), in Ger-
mania (9,8%), in Francia (9%), in Australia (6%) e in Canada
(5%). La quota spettante all’Italia è dell’1,5% con 45.000 pre-
senze. Nella sua ridotta consistenza la presenza di studenti
stranieri in Italia (107.000, dei quali meno della metà iscritti
all’università), è un indicatore del modesto credito goduto
all’estero dal sistema universitario italiano, nonostante questa
presenza venga considerata rilevante per l’affermazione del
sistema produttivo nell’attuale contesto globalizzato (cfr. Fon-
dazione Migrantes, Rapporto Italiani nel Mondo 2007, Idos,
Roma 2007, pp. 156-167). Ripartendo il dato per province, il
podio spetta a Trieste dove ben il 16,1% degli stranieri è costi-
tuito da studenti; a significativa distanza si collocano Firenze
(7%), Padova (6,9%), Siena (6,6%) e Bari (5,8%): per nume-
ro assoluto si impongono, invece, le province di Roma, Firen-
ze, Padova, Bologna, Milano.
Considerata la particolare rilevanza dell’Italia, quale centro
mondiale del cattolicesimo, le presenze per motivi religiosi
(70.000) assumono un particolare interesse. Roma (che ha il
12,3% delle presenze per motivi religiosi), il Lazio e il Centro
Italia sono le tre aree più interessate da questa categoria: nel
caso della Capitale va richiamato la sua importante funzione
spirituale come sede del papato.
I cittadini stranieri (51.000) presenti per residenza elettiva
sono quelli che, in considerazione delle loro risorse economi-
che, sono stati autorizzati a stabilirsi in Italia a prescindere dal
collegamento con il mercato del lavoro: il numero è molto
contenuto rispetto a quanto avviene in altri paesi. Questa
categoria di stranieri si pone al di fuori dell’abituale focus di
interesse del Dossier. Il Nord è l’area più interessata da questo
fenomeno (58,1% sul totale nazionale) seguita da Centro
(30,6%), Isole (6,4%) e Sud (4,8%). Le prime tre regioni sono
la Lombardia (26,6% sul totale nazionale), la Toscana
(13,5%) e il Lazio (11%). Milano
(11,2% sul totale nazionale) e Roma
(8,9%) sono le prime due province per
presenze di persone per residenza elet-
tiva.
NORMATIVA, POLITICA
E INTEGRAZIONE
Aumentano le presenze, permango-
no gli appesantimenti burocratici
La concessione e il rinnovo dei permessi
di soggiorno comportano un notevole
appesantimento burocratico per gli
uffici di Polizia e rendono stressante la
8
Province Domande % 1 Nazioni Domande %
Roma 50.492 10,1 Romania 131.664 27,4
Milano 37.409 7,5 Marocco 52.945 11,0
Torino 22.051 4,4 Ucraina 35.200 7,3
Brescia 19.933 4,0 Moldavia 34.212 7,1
Bologna 14.148 2,8 Albania 29.713 6,2
Verona 12.292 2,5 Cina Popolare 27.032 5,6
Padova 11.966 2,4 Bangladesh 20.123 4,2
Venezia 11.685 2,3 India 13.633 2,8
Napoli 11.049 2,2 Sri Lanka 10.694 2,2
Treviso 11.049 2,2 Tunisia 10.594 2,2
ITALIA. Domande presentate per le quote del 2006
1) La ripartizione per territorio è basata su 498.763 domande, quella per paesi su 480.672 domande.
FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati del Ministero dell’Interno
permanenza degli stranieri nel nostro paese. A fine 2006 il
Governo ha disposto una nuova procedura per la concessio-
ne e il rinnovo dei permessi di soggiorno, coinvolgendo l’An-
ci, Poste Italiane e gli istituti di patronato. Solo per alcune
tipologie, gli stranieri devono recarsi presso gli Uffici Immigra-
zione delle Questure competenti territorialmente.
A livello operativo l’avvio del nuovo iter presso gli uffici
postali è stato caotico per via dei pochi moduli a disposizione
e, in seguito, a causa del notevole rallentamento delle proce-
dure nonostante l’introduzione di spese consistenti, prima
non previste, a carico degli immigrati. Questa situazione di
intasamento è diventata particolarmente acuta a Roma e a
Milano, dove si è concentrato ben un quinto delle pratiche.
L’appesantimento è da ricollegare anche alla necessità di
recarsi due volte in questura per ottenere il titolo richiesto,
peraltro con l’obbligo reiterato dei rilievi fotodattiloscopici. È
stato criticato come inutile perdita di tempo anche l’accerta-
mento, presso il Centro per l’impiego, dell’indisponibilità di
altri lavoratori per il posto da assegnare, visto che comunque
il datore di lavoro può confermare la sua scelta per il lavorato-
re extracomunitario da far venire dall’estero, rendendo super-
flua una candidatura alternativa. In una situazione simile è
stato provvidenziale lo stralcio delle circa 150 mila pratiche
dei romeni e dei bulgari, diventati nel frattempo comunitari.
Per questi motivi è stata accolta come opportuna la circola-
re del ministro Amato che equipara i diritti e i doveri derivanti
dal possesso della ricevuta di rinnovo a quelli del documento
di soggiorno originale, rendendo così possibile, tra l’altro, l’av-
viamento lavorativo al pari di quanti possiedono il titolo defi-
nitivo (Direttiva del Ministero dell’Interno del 5 agosto 2006).
Un altro passo in avanti si è determinato per effetto del
decreto legislativo 15 febbraio 2007 no 10, che sostituisce
tutti i tipi di permessi di soggiorno di durata inferiore a tre
mesi con una più snella dichiarazione di presenza da presen-
tare alla Polizia di frontiera al momento dell’ingresso o entro
otto giorni lavorativi a partire da esso. Ciò non significa che
sia più facile entrare in Italia perché, anche per questa fatti-
specie, rimane obbligatorio il possesso del visto di ingresso. Va
sottolineato che in tali casi, se da un lato viene burocratica-
mente agevolata la permanenza di una fascia di stranieri, dal-
l’altro si perde la registrazione negli archivi di questo stock di
immigrati, mentre la possibilità di poter continuare a monito-
rare i movimenti anche dei “brevi-soggiornanti” aiuterebbe
senza dubbio a conoscere meglio la popolazione migrante nel
suo complesso.
Convivere con credenti di diverse religioni
Il fenomeno migratorio in Italia si è configurato, fin dall’ini-
zio, anche come presenza multireligiosa, ma questa dimensio-
ne è rimasta marginale fino alla metà degli anni ’90, quando
si è iniziato a dibattere sulla specificità dell’islam e sulla sua
supposta inconciliabilità con i principi societari occidentali.
I musulmani insediati in Italia sono più di 1 milione e costi-
tuiscono il secondo gruppo religioso del paese, destinato
senz’altro ad aumentare per effetto sia dei nuovi arrivi che
delle nuove nascite. La loro presenza è resa visibile, oltre che
dalla stampa, dai 735 luoghi di preghiera o associazioni censi-
ti a maggio 2007, più del doppio rispetto al 2000 (59.a rela-
zione del Sisde al Parlamento, I semestre 2006).
Il pluralismo religioso, affermatosi in Italia attraverso l’im-
migrazione, è comunque molto più ampio e coinvolge non
solo altre religioni non cristiane, come le diverse forme di
induismo o di buddhismo, per limitarci a due esempi, ma lo
stesso cristianesimo attraverso le confessioni ortodossa e pro-
testante. Dalla metà degli anni ’90 i prevalenti flussi dall’Est
Europa hanno incrementato le presenze cristiane, sebbene
non tutte cattoliche.
Secondo la metodologia di stima del Dossier
Caritas/Migrantes, su una presenza regolare straniera, stimata
pari a 3.690.000 persone, i cristiani restano quasi la metà e i
musulmani ammontano a circa un terzo, mentre le grandi
religioni orientali coprono quasi il 5%. Gli altri gruppi religiosi
e i non credenti superano un decimo del totale, ma questo
dato, più difficilmente disaggregabile, non si presta a conside-
razioni di commento. Per i sikh, ad esempio, alla difficile
quantificazione sulla base degli archivi ufficiali hanno rimedia-
to, in qualche modo, diverse indagini condotte sul campo.
Tutti i gruppi, seppure in misura differenziata, sono quantitati-
vamente aumentati.
La stabilità percentuale dei cristiani è dovuta agli ortodossi,
aumentati nell’ultimo anno di 259.000 unità; in ragione di
questo aumento, se nel 2005 si collocavano ex aequo con i
cattolici, ora li sopravanzano di 233.000 unità, essendo diven-
tati oltre 918.000 (i cattolici sono aumentati solo di 17.000
unità e ammontano a circa 685.000). I musulmani sono
aumentati di 103.000 unità, in gran parte a seguito dei ricon-
giungimenti familiari e delle nuove nascite. Il loro numero
(1.202.396 persone) potrà essere uguagliato da quello degli
ortodossi se perdureranno i flussi sostenuti dalla Romania, e
forse anche superato se un grande paese a maggioranza orto-
dossa come l’Ucraina verrà maggiormente coinvolto nei flussi
d’ingresso.
La stima dell’appartenenza religiosa è stata estesa, quest’an-
no, anche ai 498.735 alunni stranieri iscritti nell’anno scolasti-
co 2006/07, così ripartiti secondo i calcoli del Dossier: 236.000
sono i cristiani (tra i quali 117.000 ortodossi e 99.000 cattolici)
e 185.000 i musulmani; gli induisti e i buddhisti sono 16.000
(quasi quanto i protestanti, stimati pari a 14.000); le religioni
tradizionali africane (6.000) e la religione ebraica (1.000) chiu-
dono la lista, mentre per un certo numero di studenti la meto-
dologia seguita non ha consentito di stimare l’appartenenza.
Esaminando queste risultanze in percentuale e confrontandole
con quelle riguardanti la popolazione straniera complessiva,
riscontriamo tra gli studenti la diminuzione di 1,3 punti per-
centuali per i cristiani e l’aumento di 4,5 punti percentuali per i
musulmani, da collegare al fatto che alcuni paesi di tradizione
islamica (es. il Marocco) insistono molto sui ricongiungimenti
familiari.
Questa stima è stata concepita come uno strumento per
favorire una maggiore conoscenza delle diversità religiose,
incentivare al dialogo e incanalarlo nel rispetto dei valori
costituzionali della società: per questo il Dossier insiste sul con-
cetto di integrazione, sulla “Carta dei valori” proposta dal
Ministero dell’Interno, sul disegno di legge in materia di
libertà religiosa, sulle tradizioni che si possono salvaguardare
nel paese di accoglienza.
Immigrazione e riforma della normativa
La popolazione italiana, al netto degli immigrati, è già in
diminuzione da una decina d’anni e, secondo le previsioni
9
demografiche dell’Istat, il paese va incontro a un continuo e
crescente invecchiamento. Nasce da qui la necessità di
immettere lavoratori più giovani, salvaguardando così le esi-
genze produttive e il livello di benessere. L’Italia fin dalla metà
degli anni ’90 sta perdendo posizioni nella competizione
internazionale e ha bisogno di recuperare, tanto a livello
produttivo che qualitativo. Non ci sono, quindi, ragioni per
indicare gli immigrati come un peso. Anzi, essi mostrano una
fortissima volontà di riuscita (la stessa che avevano gli italiani
quando si spostavano nel Nord Italia o all’estero), sono più
disponibili alla mobilità territoriale e a inserirsi nei posti liberi
e, così facendo, esplicano un effetto tonificante sul mercato,
nonostante le lungaggini burocratiche legate alla loro perma-
nenza, i desueti meccanismi d’ingaggio e le carenze a livello
retributivo e previdenziale.
Il futuro dell’Italia è legato all’immigrazione anche per
ragioni demografiche e, pur ipotizzando la chiusura di tutti i
varchi d’ingresso, tra dieci anni avremmo tra noi più di mezzo
milione di nuovi nati da genitori stranieri che già si trovano in
Italia. Sappiamo però che le frontiere non verranno chiuse,
perché perdura il fabbisogno di forza lavoro aggiuntiva e,
secondo le tendenze in atto, tra 20-30 anni diventeremo, nel
mondo, uno dei paesi con la più alta incidenza di immigra-
ti e un numero rilevante di presenze (10 milioni di unità o
anche più).
Lo scorso anno il Dossier ha coniato lo slogan “Al di là del-
l’alternanza” per condannare la subordinazione dell’immi-
grazione alle logiche degli schieramenti politici. La rilevan-
za oggettiva di alcune questioni e il bilancio insoddisfacente
dell’attuale situazione dovrebbero favorire un minimo comu-
ne denominatore tra i vari schieramenti, come del resto è
stato possibile in altri paesi europei.
Una serie di misure possono essere considerate da tutti
funzionali ad una più soddisfacente regolamentazione del-
l’inserimento degli immigrati: previsione di permessi di sog-
giorno più stabili, snellimento delle procedure, facilitazione
dell’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro (con la rein-
troduzione dell’infelice soppressione della “sponsorizzazione”
e la previsione di un permesso per la ricerca del posto di lavo-
ro), miglioramento della normativa sulla cittadinanza, poten-
ziamento delle risorse necessarie per sostenere l’integrazione,
entrando con maggiore serenità anche nel merito della con-
cessione del voto amministrativo.
CONCLUSIONI
L’Anno europeo del dialogo interculturale, se non viene
trasformato in una ricorrenza formale, può fornire un prezioso
apporto per la costruzione dell’Europa e dell’Italia del futuro.
La diversità può diventare uno stimolo in grado di perfeziona-
re la nostra crescita, mettendoci in contatto con persone di
altri paesi, altre lingue, altre culture, altri modi di vivere: pur
restando attaccati ai valori della nostra tradizione e salvaguar-
dando, naturalmente, i principi costituzionali, siamo chiamati
ad aprirci ai valori di cui gli immigrati sono portatori, in un
rapporto di reciproco scambio. Una convivenza pacifica, che
raggruppi italiani e immigrati attorno all’obiettivo del comune
progresso, è una necessità che si impone, mentre una società
divisa al suo interno prefigurerebbe un orizzonte societario
negativo. Bisogna riuscire a coinvolgere la maggioranza dei
cittadini in un processo che miri a conciliare le diversità dei
nuovi venuti con le linee portanti della tradizione occiden-
tale. Il compito non è agevole perché siamo confrontati con
le culture di persone provenienti dai cinque continenti; inoltre
il passato non è in grado di offrirci soluzioni preconfezionate,
perché i modelli “classici” di integrazione sono da rivedere. In
Europa, inclusi i grandi paesi di immigrazione del dopoguerra,
si è diventati tutti apprendisti e bisogna andare alla ricerca di
soluzioni innovative, tra l’altro attivando un dialogo costante
anche con i paesi di origine.
Non si tratta solo di adottare decisioni su meccanismi
riguardanti l’ingresso, il soggiorno, il mercato occupazionale,
ma anche di concordare obiettivi validi per una società
interculturale e interetnica. Le radici cristiane dell’Europa,
unitamente ad altri fattori e seppure al termine di un lungo e
tortuoso processo, hanno portato al rispetto dell’individuo e
della sua coscienza, favorendo l’affermarsi della tolleranza e
della democrazia, la cui base unificante è il concetto di
società laica, un contenitore aperto alle diverse scelte etiche e
religiose nel rispetto dei principi fondamentali. Sottostimare
questo grande passato non aiuterebbe a promuovere, come
necessario, un adeguato clima di accoglienza e di convivenza.
Da parte sua, la chiesa italiana non ha mai ritenuto che una
normativa sull’immigrazione aperta e giusta debba essere
considerata una minaccia per la fede cristiana, le cui radici –
quando sono solide – si rafforzano anche nel confronto.
Una convivenza così impostata potrà essere d’esempio
anche ai paesi di origine, incentivando in loco dibattiti sulla
dignità della persona e sulla tutela dei suoi valori. La classe
politica, tanto europea che nazionale, dovrebbe adoperarsi
maggiormente al riguardo, poiché un’autentica convivenza si
sostanzia non solo della dimensione del mercato, ma anche di
quella dei diritti.
Su questa strada l’Italia non si trova all’anno zero, ma si
dovrebbero comunque fare ulteriori passi in avanti sul
piano legislativo e operativo. Sul piano delle politiche socia-
li, poi, bisogna evitare che gli immigrati, una volta giunti
all’età di pensionamento, si trasformino in una massa di pove-
ri, come sembra risultare da una proiezione che il Dossier Cari-
tas/Migrantes ha fatto sul futuro pensionistico degli immigrati.
Anche un rapporto pubblicato nel 2007 dal Centro Europeo
per la politica e la ricerca sociale ha mostrato come gli immi-
grati non UE siano esposti a un rischio da 2 a 3 volte maggio-
re di povertà rispetto alla popolazione “nazionale”.
Venendo agli aspetti più prettamente religiosi, Caritas e
Migrantes ritengono che sia possibile un impegno che uni-
sca cattolici, cristiani di altre confessioni e fedeli di credo
diverso per mostrare alla società, spesso scandalizzata da certi
comportamenti “religiosi”, che credere in Dio non solo ha un
valore personale ma può anche esplicare un effetto costrutti-
vo per l’intera società. Questo impegno varrebbe a ridimen-
sionare, nei confronti della questione religiosa, il diffuso atteg-
giamento di diffidenza o di scarsa considerazione.
Anno europeo del dialogo interculturale, anno di una migliore
convivenza. È questo l’obiettivo che, come comunità ecclesia-
le, Caritas e Migrantes si sentono chiamate a costruire con
tutti gli italiani e gli immigrati di buona volontà, confidando
in un valido supporto dei mass media.
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Paesi Totale % % donne Paesi Totale % % donne
Romania 555.997 15,1 53,4 Capo Verde 4.888 0,1 76,9
Marocco 387.031 10,5 35,3 Congo 4.713 0,1 48,8
Albania 381.011 10,3 42,3 Svezia 4.628 0,1 7,6
Ucraina 195.412 5,3 83,6 Corea,Rep. 4.604 0,1 64,3
Cina Rep.Popolare 186.522 5,1 46,1 Cile 4.372 0,1 59,6
Filippine 113.907 3,1 62,1 Libano 4.362 0,1 34,3
Moldova 98.149 2,7 68,1 Indonesia 3.755 0,1 77,2
Tunisia 94.861 2,6 27,6 Siria 3.754 0,1 31,9
India 91.781 2,5 36,4 Canada 3.604 0,1 57,9
Polonia 90.776 2,5 72,3 Israele 3.343 0,1 36,8
Serbia e Montenegro 79.468 2,2 42,1 Malaysia 3.302 0,1 61,8
Bangladesh 77.229 2,1 23,5 Irlanda 3.258 0,1 53,3
Perù 76.406 2,1 64,6 Australia 3.257 0,1 62,3
Egitto 73.747 2,0 19,5 Lituania 2.729 0,1 83,8
Sri Lanka 69.919 1,9 42,6 Togo 2.554 0,1 34,3
Ecuador 67.327 1,8 64,6 Danimarca 2.514 0,1 63,1
Macedonia,ex Rep.Ju 65.880 1,8 37,5 Giordania 2.510 0,1 29,9
Senegal 65.136 1,8 12,8 Finlandia 2.401 0,1 78,5
Pakistan 56.949 1,5 21,7 Liberia 2.291 0,1 10,9
Stati Uniti 50.820 1,4 62,8 Kenya 2.266 0,1 59,1
Brasile 45.196 1,2 70,4 Guinea 1.981 0,1 35,9
Germania 40.995 1,1 59,0 Sudan 1.960 0,1 10,6
Ghana 39.962 1,1 40,6 Uruguay 1.956 0,1 60,6
Nigeria 39.586 1,1 59,2 Benin 1.913 0,1 33,9
Russa, Fed. 33.255 0,9 82,5 Uzbekistan 1.844 0,0 85,4
Bulgaria 32.497 0,9 58,4 Kazakhstan 1.809 0,0 80,6
Croazia 29.802 0,8 46,3 Congo,Rep.Dem. 1.795 0,0 44,6
Francia 29.577 0,8 60,7 Iraq 1.731 0,0 30,1
BosniaErzegovina 29.255 0,8 41,0 Vietnam 1.604 0,0 57,1
Regno Unito 28.670 0,8 55,6 Georgia 1.521 0,0 71,0
Spagna 23.186 0,6 70,8 Lettonia 1.517 0,0 88,4
Algeria 22.029 0,6 20,7 Angola 1.446 0,0 42,7
Dominicana,Rep. 21.756 0,6 73,1 Norvegia 1.415 0,0 65,1
Colombia 19.832 0,5 69,1 Afghanistan 1.310 0,0 32,5
Cuba 17.638 0,5 81,5 Madagascar 1.265 0,0 73,5
Argentina 16.294 0,4 58,1 Paraguay 1.246 0,0 72,4
Turchia 15.512 0,4 37,2 Libia 1.217 0,0 27,2
Costa d'Avorio 15.226 0,4 44,0 Tanzania 1.192 0,0 52,8
Svizzera 12.370 0,3 58,0 Myanmar 1.114 0,0 55,6
Giappone 10.322 0,3 66,6 Sud Africa 1.101 0,0 59,2
Eritrea 10.291 0,3 56,5 Sierra Leone 1.054 0,0 36,8
Slovacchia 8.735 0,2 58,7
Burkina Faso 8.069 0,2 28,4 Unione Europea 291.402 7,9 64,8
Iran 7.952 0,2 43,4 Europa centro-orientale 1.523.652 41,3 54,5
Etiopia 7.897 0,2 64,5 Altri paesi europei 14.927 0,4 58,3
Austria 7.846 0,2 64,5 EUROPA 1.829.982 49,6 56,1
Paesi Bassi 7.685 0,2 57,4 Africa settentrionale 580.845 15,7 31,4
Mauritius 7.646 0,2 55,2 Africa occidentale 185.916 5,0 35,0
Bielorussia 7.415 0,2 80,6 Africa orientale 39.382 1,1 58,5
Bolivia 6.996 0,2 66,4 Africa centro-meridionale 16.048 0,4 46,6
Camerun 6.488 0,2 44,2 AFRICA 822.191 22,3 33,8
Ceca, Rep. 6.280 0,2 79,9 Asia occidentale 27.799 0,8 39,1
Venezuela 6.235 0,2 69,9 Asia centro-meridionale 301.988 8,2 32,4
Grecia 6.106 0,2 48,2 Asia orientale 332.961 9,0 53,9
El Salvador 6.096 0,2 68,5 ASIA 662.748 18 43,5
Ungheria 6.054 0,2 73,2 America settentrionale 54.424 1,5 62,5
Thailandia 5.947 0,2 87,7 America Latina 301.719 8,2 67,3
Messico 5.724 0,2 64,4 AMERICA 356.144 9,7 66,6
Slovenia 5.538 0,2 33,7 OCEANIA 4.023 0,1 0,6
Portogallo 5.449 0,1 56,7 Non identificati 14.615 0,4 66,5
Belgio 5.386 0,1 57,7
Somalia 5.150 0,1 57,2 TOTALE 3.690.052 100,0 49,9
ITALIA. Paesi con almeno mille soggiornanti: stima del Dossier Caritas/Migrantes (31.12.2006)
FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati del Ministero dell’Interno