Lo scopo di questa voce è di delineare il quadro internazionale in cui si colloca l’IeFP italiana. Il punto di riferimento più vicino e più influente, ma anche più eurocentrico, è il VET (Vocational Education and Training o Istruzione e Formazione Professionale) dell’UE, mentre quello di più ampio respiro e generale, ma direttamente meno incisivo, è l’IFTP (Technical and Vocational Education and Training o Istruzione e Formazione Tecnica e Professionale) riferibile all’UNESCO e all’ONU nel senso che gli obiettivi sono quelli del millennio secondo l’Agenda 2030 dello sviluppo sostenibile dell’ONU, ma i contenuti vengono approfonditi dal Programma “Education 2030” dell’UNESCO. Nel prosieguo si presenteranno le principali indicazioni valide dell’UNESCO/ONU e dell’UE, rispettivamente per il quadro generale e per la contestualizzazione in Europa, per poi passare a un rapido bilancio delle diverse proposte. Gli orientamenti di UNESCO/ONU hanno come finalità di assicurare a tutti entro il 2030 la possibilità di frequentare l’IFTP e di aumentare in misura adeguata il numero dei giovani e degli adulti in possesso delle competenze necessarie per accedere al mondo del lavoro, a un’occupazione dignitosa e all’imprenditorialità. Infatti, la situazione attuale è contrassegnata da un mercato del lavoro in continuo e rapido mutamento, dalla crescita della disoccupazione soprattutto giovanile, dall’invecchiamento della forza lavoro in alcuni Paesi, dalle migrazioni e dallo sviluppo tecnologico. L’IFTP dovrà assicurare l’eguaglianza nell’accesso alle persone svantaggiate e in particolare eliminare le disparità tra i sessi. Siccome la povertà continua a costituire il fattore più rilevante di esclusione, si impone la necessità di sviluppare tutte le strategie che si dimostrino efficaci nel combattere tale causa negativa quali gli investimenti nei programmi di istruzione e di formazione che perseguano l’obiettivo di diminuire le differenze tra i redditi e lo sviluppo di nuove forme di aiuto alle famiglie e agli allievi che consentano di superare gli impedimenti economici alla frequenza dell’IFTP. Una strategia particolarmente efficace nel combattere l’esclusione consiste nell’impostare i sistemi educativi in modo che si adeguino nella maniera più completa alle differenti caratteristiche ed esigenze degli studenti; tale tipo di attenzione non va limitata al momento dell’accesso, ma deve essere estesa a tutto il percorso degli allievi e anche alle verifiche finali. Quanto alla parità tra i sessi, si dovrebbe puntare a dare a tutti i ragazzi e a tutte le ragazze, a tutti gli uomini e a tutte le donne, le medesime opportunità di un’istruzione e di una formazione di elevata qualità, di conseguire lo stesso livello di educazione e di beneficiare di un eguale profitto. Altre categorie di persone marginali che richiedono interventi per garantire loro un trattamento equo sono i disabili e le minoranze etniche. Passando alle indicazioni dell’UE, queste si concentrano maggiormente sugli aspetti pratici. Il VET mira a sostenere i giovani nel perseguimento del loro progetto di vita e di lavoro, attraverso una proposta personalizzata ovvero coerente con la specifica realtà personale dell’allievo. Ciò comporta che, a fronte di una pluralità di modi di acquisizione di saperi e delle competenze, in base alle caratteristiche degli studenti, è necessario diversificare entro un quadro unitario i percorsi formativi, tra di loro equivalenti, fornendo obbligatoriamente ai destinatari l’intera mappa degli itinerari possibili. Il VET è regolato da un complesso di mete e di standard educativi sotto forma di competenze, articolate in conoscenze, abilità e atteggiamenti. La competenza non è un fenomeno assimilabile al saper fare, ma un modo di essere della persona che ne valorizza tutte le potenzialità. Lavorare per competenze significa favorire la maturazione negli allievi della consapevolezza dei propri talenti, di un rapporto positivo con la realtà sostenuto da curiosità e volontà, in grado di riconoscere le criticità e le opportunità che si presentano, in modo che possano essere capaci di assumere responsabilità autonome nella prospettiva del servizio inteso come contributo al bene comune. L’elemento centrale di tale formazione è costituito dalla possibilità di privilegiare l’azione, significativa ed utile, in quanto situazione di apprendimento reale ed attivo che consente di porre il soggetto che apprende in relazione “vitale” con l’oggetto culturale da conoscere. Oltre che essere un esperto di un’area disciplinare, il docente diventa anche il “mediatore” di un sapere che “prende vita” nel rapporto con la realtà, come risorsa per risolvere problemi ed in definitiva per vivere bene. La metodologia propria del VET mira a selezionare le conoscenze e le competenze chiave irrinunciabili, a disegnare situazioni di apprendimento per laboratori nei quali svolgere esperienze che permettano agli allievi di entrare in rapporto diretto con la conoscenza sotto forma di procedimento di scoperta e di “ricostruzione dell’oggetto” in modo da mettere in moto un processo di apprendimento attivo, quindi motivante e finalizzato, così da consentire una valutazione più autentica. Entro questo quadro, i docenti operano come un’équipe al fine di condividere il progetto formativo e svolgere attività collegiali di supporto, gestire relazioni educative con i destinatari, programmare, realizzare e valutare occasioni di apprendimento attive ed efficaci. Questa impostazione richiede il coinvolgimento di una pluralità di figure professionali distinte in docenti ed esperti e la leadership educativa del coordinatore dell’équipe. In un contesto sociale e lavorativo in costante mutamento, l’orientamento assume un ruolo cruciale e deve costituire una parte integrante di ogni offerta di VET. Esso dovrà rispondere al tempo stesso ai bisogni delle persone, delle famiglie e delle imprese e tener conto delle esigenze di ciascun allievo così come della sua situazione e del luogo dove si trova a vivere. La scelta di un programma di VET dovrà essere fondata su una valutazione seria delle attese, capacità, attitudini, atteggiamenti e personalità del giovane nel quadro di un processo educativo continuo. L’orientamento dovrà preparare alla possibilità di cambiamenti frequenti di carriera durante la vita lavorativa: sarà una funzione propria di ogni scuola o centro come di altre strutture accessibili all’insieme della popolazione. Come è evidente, lo Stato non è più in grado da solo di affrontare i problemi educativi. La sua azione richiede di essere completata dall’intervento del “privato sociale” o “terzo settore” e del mercato; cioè bisogna ipotizzare una dinamica sociale a tre dimensioni: Stato, privato sociale, mercato. Passando a un rapido bilancio, sia il Programma “Education 2030” che le strategie di Lisbona e di Europa 2020 hanno rilanciato le politiche per lo sviluppo dell’IFTP/VET, affermandone il ruolo centrale nelle nuove agende. Ambedue le impostazioni hanno ribadito che l’IFTP/VET non va considerato come un percorso marginale per marginali, né un semplice addestramento, ma costituisce un principio educativo capace di contribuire a realizzare efficacemente il pieno sviluppo della persona. Chiaramente viene posto sullo stesso piano degli altri livelli e sottosistemi educativi in quanto anche ad esso deve essere assicurato l’accesso a tutti come per ogni ordine e grado di scuola. Di conseguenza vanno garantiti programmi adeguati, personale preparato e munito dei necessari titoli, un’organizzazione efficiente e risorse almeno sufficienti. Un punto debole dell’UNESCO/ONU va visto nello statalismo in quanto la loro proposta sembra ignorare le istituzioni paritarie e quelle private. Quanto al VET, esso è esposto al rischio di essere interpretato ed attuato secondo la prospettiva neoliberale della scuola efficace, un’impostazione cioè funzionalista e utilitarista che implicherebbe la completa subordinazione alle esigenze dell’economia
Bibliografia
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United Nations General Assembly, Transforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development, New York, 25 September 2015.
Autore
Guglielmo Malizia Professore Emerito di Sociologia dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana di Roma.
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