In linea generale si descrive la Formazione Professionale (FP) come un processo attraverso il quale una persona può apprendere, consolidare, aggiornare o migliorare le proprie capacità attraverso l’acquisizione di , e per un esercizio più produttivo e responsabile di un’attività professionale. Principali significati di FP L’espressione Formazione Professionale ha assunto nel tempo - e conserva ancora oggi - vari significati, riconducibili, in estrema sintesi, a due accezioni essenziali. In alcuni casi l’espressione allude all’intervento formativo rivolto a giovani o adulti, occupati e non occupati, per avviarli velocemente al , attraverso un breve addestramento. In altri casi, invece, per Formazione Professionale si intende l’acquisizione di conoscenze, abilità e competenze – o competenze chiave intese come “combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti” descritte nella Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 22 maggio 2018 - finalizzate all’esercizio di una , indipendentemente dall’età dei destinatari. Molta letteratura, inoltre, distingue anche tra prima, seconda, terza formazione, intendendo con tali denominazioni tutti quegli interventi rivolti normalmente o a giovani che per la prima volta affrontano il problema di una preparazione sistematica al mondo del lavoro (formazione professionale iniziale), o a persone che sono già in possesso di titoli o competenze professionali e, attraverso ulteriori percorsi formativi, intendono perfezionarsi sia dal punto di vista professionale che culturale (formazione professionale superiore e continua), in una prospettiva ormai consolidata di formazione o . Questa diversità di accentuazioni è presente anche in vari testi della legislazione italiana. Una parte di essa tende a sottolineare il significato di flessibilità, brevità, molteplicità di interventi adeguati alle diverse realtà produttive locali nonché di promozione e aggiornamento professionale dei vari soggetti del mondo del lavoro (cfr., per es., l’art. 17 della Legge n. 196/97; cfr. anche la formazione professionale continua o la legge che istituisce i fondi interprofessionali che rappresentano la principale fonte di finanziamento per la formazione delle persone delle imprese italiane, ecc.). Altra legislazione è più vicina all’idea di formazione globale della persona (Legge quadro 845/78, Legge n. 144/99, Legge n. 53/03). Quest’ultima, in particolare, superando la tradizionale distinzione tra “scuola” e “istruzione artigiana e professionale” propria della vecchia Costituzione e in ossequio alla Costituzione riformata dalla Legge nr. 3 del 18 ottobre 2001, introduce la distinzione tra l’istruzione che corrisponde all’istruzione inferiore obbligatoria e alla componente non professionalizzante dell’istruzione superiore, contraddistinta da una visione culturale generale, e l’Istruzione e la Formazione Professionale (IEFP) dotata di pari dignità ma caratterizzata da una visione professionalizzante che facilita l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Formazione Professionale e mondo del lavoro Ad influire sulla varietà dei significati della FP c’è soprattutto il legame di essa con la visione globale della società nel suo insieme ed in particolare con quella del mondo del lavoro nella sua evoluzione storica. Un approccio piuttosto sistematico di questo legame si affermò, tuttavia, solo nel XX sec., particolarmente nel mondo tedesco, dove si prese a criticare una FP troppo legata alla sola acquisizione di capacità manuali e venne suggerito di collegare la competenza operativa ad una buona sensibilità civica, dando vita ad una sorta di “scuola del lavoro”, una scuola che avrebbe dovuto comprendere contemporaneamente una formazione di base per preparare all’inserimento immediato nel mondo produttivo e una formazione più generale maggiormente aperta a valori e interessi più ampi, anche in vista di un completamento della formazione in momenti successivi. Lungo il secolo scorso, inoltre, ha preso sempre più spazio l’attenzione al ruolo (ruolo professionale) e alla persona e sempre meno al mestiere e al posto di lavoro. Facendo riferimento all’Italia, il rapporto della FP con il mondo del lavoro è stato normato già a partire dagli anni Settanta del secolo scorso. La ormai lontana Legge n. 845/78 prevedeva, infatti, la possibilità di: «[…] stipulare convenzioni con le imprese per la effettuazione presso di esse di periodi di pratico e di in particolari impianti e macchinari o in specifici processi di produzione oppure per applicare sistemi di alternanza tra studio ed esperienza di lavoro (art. 15)». In tempi più vicini a noi sia il sistema scolastico che quello formativo hanno potenziato il rapporto con il mondo del lavoro con vari interventi normativi. Si sono disciplinate, via via, forme di (ASL), , Tirocini curriculari ed extracurriculari, Alternanza rafforzata nel italiano, e, con l’intervento più recente da parte del Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM), l’istituzione di una vera e propria filiera formativa tecnologico – professionale, dove il rapporto con il mondo del lavoro viene definito strutturalmente. Articolazione della FP È ormai condivisa l’articolazione della Formazione Professionale in Formazione Professionale Iniziale o Istruzione e Formazione Professionale (IEFP), Formazione Professionale Superiore e Formazione Professionale Continua nel quadro dell’ o Lifelong learning. Qualche nota esplicativa sull’articolazione proposta ci pare necessaria. La Formazione Professionale Iniziale (FPI) o l’Istruzione e la Formazione Professionale (IEFP) Il modello italiano del percorso di Istruzione e Formazione Professionale (IEFP) è molto complesso e anche anomalo rispetto al corrispondente (Vocational Education and Training) che in Europa ingloba competenze specifiche sia di tipo professionale e sia tecnico, modello al quale anche l’Italia ormai si ispira. La FPI prima della Legge costituzionale 3/2001 La FPI, in base alla Costituzione, è sotto la competenza legislativa e amministrativa delle Regioni. Con l’emanazione della Legge Quadro 845/78 tutta la FP, compresa quella iniziale, era stata ricondotta all’interno delle . Veniva separato nettamente il ruolo della scuola, rivolto prevalentemente alla preparazione del cittadino, e quello della professionale, finalizzato principalmente alla formazione del lavoratore, in stretto collegamento con la domanda del mondo del lavoro. Pertanto, le politiche delle Regioni, incentivate anche dagli indirizzi del FSE, che ancora oggi fornisce la maggior parte delle risorse finanziarie del sistema, si erano indirizzate negli anni successivi verso la programmazione di una FPI a carattere breve, modulare, molto flessibile, rivolta esclusivamente alla professionalizzazione. Con l’emanazione della Legge n. 144/99 (art. 68), il ruolo della FPI viene riconsiderato, tanto che la FPI diventa uno dei canali attraverso i quali si può assolvere l’obbligo scolastico e formativo, che viene prolungato fino all’età di 18 anni oppure fino al conseguimento della qualifica professionale. Il successivo Protocollo Stato - Regioni del febbraio 2000 sancisce questa nuova “filosofia” della FPI, stabilendo per i percorsi formativi una durata minima di 2 anni, il , esperienza peraltro già prevista dalla Legge Quadro 845/78, misure di accompagnamento per l’inserimento professionale dei giovani e sistemi di della qualità dell’offerta erogata. La FPI dopo la Legge n. 53/03 La Legge n. 53/03 valorizza e potenzia ulteriormente il ruolo della FPI, rinominata in “Istruzione e Formazione Professionale” (IEFP), come percorso di pari dignità rispetto a quello scolastico, che dà la possibilità ai giovani che lo frequentano e che conseguono una qualifica professionale, sia di inserirsi nel mondo del lavoro, che di proseguire in un ulteriore anno, conseguendo un diploma professionale, e successivamente poter continuare verso la FP superiore o verso l’istruzione universitaria. Da “extrascolastico”, quello normato dalla Legge n. 53/03 diviene appartenente al “Sistema educativo di Istruzione e di Formazione” (art. 2 della Legge n. 53/03), come una articolazione del secondo ciclo: «Il sistema educativo di Istruzione e di formazione si articola […] in un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei ed il sistema dell’istruzione e della formazione professionale» (cfr. art. 2, lettera d) della Legge n. 3/03). Pertanto, viene riconosciuto che obiettivo della IEFP non è solo la formazione del lavoratore, ma anche quello della persona, nei suoi aspetti, culturali, civili, sociali, spirituali e morali. Sulla base di quanto stabilito dalla Legge n. 53/03, possono accedere alla IEFP i giovani che hanno superato l’esame di Stato previsto al termine del primo ciclo. I corsi assumono una durata di tre anni formativi e si concludono con il rilascio, da parte delle Regioni, di una qualifica professionale (III livello dell’EQF); il possesso della qualifica professionale consente ai giovani di inserirsi nel mondo del lavoro oppure di proseguire in un successivo percorso formativo, un quarto anno, attraverso il quale si consegue il diploma professionale (IV livello dell’EQF). Il percorso è arricchito da misure di , personalizzazione, e tirocini. Infine, si fa strada progressivamente l’idea del superamento del principio della programmazione annuale delle attività formative a favore di una programmazione più stabile dell’offerta formativa. IEFP e diritto-dovere La Legge n. 53/03 interviene anche sull’istruzione obbligatoria. L’, sancito all’art. 34 della Costituzione e portato per legge dai 14 ai 16 anni e l’obbligo di frequenza di attività formative, introdotto con la Legge n. 144/1999 (art. 68) sono stati unificati dalla Legge 53/03 e dai successivi Decreti attuativi nel diritto – dovere all’istruzione e alla formazione per almeno 12 anni o, comunque sino al conseguimento di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. La novità della Legge n. 53/03 sta nel fatto che anche l’obbligo di istruzione (fino a 16 anni) e il diritto – dovere (fino a 18 anni) possono essere assolti, oltre che nel sistema scolastico, anche nel sistema regionale di Istruzione e Formazione Professionale presso istituzioni formative accreditate dalle Regioni. IEFP e offerta sussidiaria dell’Istruzione Professionale di Stato Il D.lgs. n. 61 del 13 aprile 2017 prevede che gli Istituti professionali statali (e quindi di competenza statale, rispetto al sistema formativo che è di competenza delle Regioni) offrano percorsi di durata quinquennale con il conseguimento del diploma di istruzione secondaria di secondo grado. Inoltre, in via sussidiaria, previo delle Regioni e nel rispetto degli standard formativi definiti da ciascuna Regione, gli Istituti Professionali statali possono attivare anche percorsi di Istruzione e Formazione Professionale per il rilascio della qualifica e del diploma professionale. Accordi interistituzionali disciplinano gli eventuali passaggi degli allievi da una istituzione formativa all’altra. Ulteriori interventi di innovazione degli Istituti Professionali e Tecnici sono stati programmati dal soprattutto nei curricula per rispondere alla domanda di competenze del mondo produttivo. La Formazione Professionale Superiore In Italia il concetto di Formazione Professionale Superiore era tradizionalmente assimilato a quello della formazione universitaria. Dopo il diploma di maturità non esisteva in pratica, per i giovani che volevano acquisire una preparazione professionale, una alternativa ai corsi universitari di laurea o di diploma. L’unica scelta possibile erano i cosiddetti corsi di secondo livello, ovvero corsi brevi, della durata di 600/800 ore, programmati dalle Regioni e destinati ai giovani in possesso di una qualifica professionale o di diploma secondario. L’esigenza di un percorso professionale di livello superiore ma non universitario, che preparasse i cosiddetti lavoratori della conoscenza, ovvero i tecnici superiori, ha portato a dare vita, anche in Italia, dagli anni Duemila di questo secolo, ad un percorso professionalizzante che terminasse nella formazione professionale superiore non accademica. A normativa vigente il sistema della formazione professionale superiore è un canale formativo di specializzazione mirato a facilitare l'accesso dei giovani nel mondo del lavoro e la riqualificazione di adulti occupati e non occupati, trasferendo competenze di tipo tecnico-professionale di medio e alto livello riferite a specifiche aree economiche professionali. Questo sistema formativo si articola essenzialmente in due offerte formative denominate, rispettivamente: Percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) Percorsi di Istruzione Tecnologica Superiore di cui sono parte integrante gli (ITS) che assumono ora la denominazione di Istituti Tecnologici Superiori (ITS ). I percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) I percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) sono stati introdotti dalla Legge 17 maggio 1999, n. 144 (art. 69). Sono corsi che contribuiscono a costruire professionalità solide e innovative che rispondono alla richiesta proveniente dal di figure professionali in possesso di una formazione tecnica e professionale approfondita e mirata. I corsi IFTS sono programmati dalle Regioni e progettati e realizzati in forma integrata da istituzioni formative accreditate dalla Regione, istituti di istruzione secondaria superiore, università o dipartimenti universitari, imprese o associazioni di imprese. I percorsi IFTS fanno riferimento ad un elenco di 20 specializzazioni tecniche superiori definite a livello nazionale e descritte in termini di competenze comuni e competenze tecnico-professionali specifiche. Tali specializzazioni possono ulteriormente articolarsi ad un livello regionale, rispetto a specificità territoriali del mercato del lavoro. Le aree che sono alla base della specializzazione sono: Manifattura e artigianato, Meccanica, Impianti e Costruzioni, Cultura, Informazione e Tecnologie informatiche, Servizi commerciali, Turismo e sport. Per poter accedere ad un corso IFTS è necessario essere in possesso di uno dei seguenti titoli: diploma di istruzione secondaria superiore o diploma professionale di Tecnico (IV anno dei percorsi di istruzione e formazione professionale), tenendo conto della correlazione tra il diploma stesso e la specializzazione IFTS scelta. L'accesso è consentito anche a coloro che sono in possesso dell'ammissione al V anno dei percorsi liceali, nonché a coloro che non sono in possesso del diploma di istruzione secondaria superiore, previo delle competenze acquisite in precedenti percorsi di istruzione, formazione e lavoro successivi all'assolvimento dell'. I corsi si articolano, di norma, in due semestri (per un totale di 800/1000 ore). Almeno il 40% del monte ore complessivo è dedicato ad esperienze di alternanza (, laboratori in , etc.). Al fine di garantire la coerenza del percorso con le esigenze del sistema produttivo, almeno il 50% dei docenti proviene dal mondo del lavoro (in alternativa, almeno il 50% delle ore di docenza è realizzato da esperti provenienti dal mondo del lavoro). I corsi si concludono con verifiche finali, condotte da commissioni d'esame costituite da rappresentanti della scuola, dell'università, della formazione professionale ed esperti del mondo del lavoro. Al temine del percorso viene rilasciato un certificato di "Specializzazione Tecnica Superiore" corrispondente al IV livello , titolo spendibile in ambito nazionale e comunitario. I crediti acquisiti nei percorsi IFTS possono essere riconosciuti nel sistema accademico e per l'accesso alle professioni di Agrotecnico, Geometra, Perito agrario e Perito industriale. È possibile conseguire il titolo rilasciato dai percorsi IFTS anche attraverso l', di lavoro finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani. La caratteristica principale di questa particolare forma contrattuale è proprio il suo aspetto formativo che consente di raggiungere competenze pratiche e tecnico professionali presso l'azienda del datore di lavoro contestualmente a quelle che devono essere acquisite in ambito scolastico o universitario. La normativa vigente in materia di Apprendistato prevede una particolare tipologia di contratto (cosiddetta "apprendistato di primo livello") che permette a giovani fino ai 25 anni di età, di lavorare in qualsiasi settore di attività e allo stesso tempo frequentare anche un corso IFTS per il conseguimento del certificato di "Specializzazione Tecnica Superiore". La durata del contratto di apprendistato di primo livello non può essere inferiore a 6 mesi ed è pari, al massimo, alla durata del percorso IFTS intrapreso, vale a dire 12 mesi. Da ultimo, va segnalato che, con il D.M. n. 139 del 2 agosto 2022, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha adottato le "Linee Guida per la programmazione e attuazione dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IEFP) e di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) in modalità duale", in recepimento dell'Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano del 27 luglio 2022. Gli Istituti Tecnologici Superiori (ITS Academy) La formazione terziaria professionalizzante è realizzata dagli ITS - Istituti Tecnici Superiori – ora denominati in Istituti tecnologici superiori (ITS Academy) dalla Legge n. 99 del 15 luglio 2022. Il Sistema di istruzione tecnologica superiore istituito dalla nuova legge pone le basi per ampliare la formazione professionalizzante di tecnici con elevate competenze tecnologiche e tecniche professionali, allo scopo di contribuire in modo sistematico a sostenere le misure per lo sviluppo economico e la competitività del sistema produttivo, colmando progressivamente la mancata corrispondenza tra la domanda e l'offerta di lavoro, che condiziona lo sviluppo delle imprese, soprattutto piccole e medie, e di assicurare, con continuità, l'offerta di tecnici superiori a livello post-secondario in relazione alle aree tecnologiche considerate strategiche nell'ambito delle politiche di sviluppo industriale e tecnologico e di riconversione ecologica. Gli ITS Academy si configurano come “Fondazioni di partecipazione” quale standard nazionale della struttura, con il modello di gestione pubblico-privato di attività no-profit. La costituzione degli ITS Academy rientra nell’ambito dei piani territoriali triennali di programmazione dell’offerta formativa di competenza delle Regioni. Le linee generali di indirizzo dei piani triennali sono proposte dal Comitato Nazionale ITS Academy, previsto dalla Legge n. 99 e costituito presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito. Lo standard minimo organizzativo della governance delle Fondazioni ITS Academy prevede almeno un istituto di scuola secondaria superiore statale o paritario, ubicato nella provincia ove ha sede la fondazione, la cui offerta formativa sia coerente con l’area tecnologica di riferimento dell’ITS Academy; una struttura formativa accreditata dalla Regione; una o più imprese, gruppi, consorzi e reti di imprese del settore produttivo che utilizzano in modo prevalente le tecnologie che caratterizzano l’ITS Academy; una università, o un’istituzione dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, o un dipartimento universitario o un altro organismo appartenente al sistema universitario della ricerca scientifica e tecnologica ovvero un ente di ricerca, pubblico o privato, o un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico o un ente pubblico di ricerca operanti nell’area tecnologica di riferimento dell’ITS Academy. Sulla base della normativa (Legge n. 99/2022 e Decreto Legislativo attuativo), le aree tecnologiche e le figure professionali di riferimento degli ITS Academy per la realizzazione dei percorsi formativi che erano: Efficienza energetica, Mobilità sostenibile; Nuove tecnologie della vita; Nuove tecnologie per il Made in Italy (articolata in cinque ambiti: Sistema agroalimentare, Sistema casa, Sistema meccanica, Sistema moda, Servizi alle imprese); Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali/Turismo; Tecnologie della informazione e della ”, ora sono: Area n. 1 – Energia; Area n. 2 - Mobilità Sostenibile e logistica; Area n. 3 - Chimica e nuove tecnologie della vita; Area n. 4 - Sistema Agroalimentare; Area n. 5 - Sistema Casa e ambiente costruito; Area n. 6 – Meccatronica; Area n. 7 - Sistema Moda; Area n. 8 - Servizi alle imprese e agli enti senza fini di lucro; Area n. 9 - Tecnologie per i beni e le attività artistiche e culturali e per il turismo; Area n.10 - Tecnologia dell’informazione, della comunicazione e dei dati. I bandi per l‘iscrizione ai corsi sono pubblicati annualmente dagli ITS Academy: accedono ai corsi, a seguito della selezione programmata dalle stesse Fondazioni, i giovani e gli adulti anche occupati in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore e coloro che sono in possesso di un diploma quadriennale di istruzione e formazione professionale unitamente ad un certificato di specializzazione tecnica superiore conseguito all’esito di un corso IFTS della durata di almeno 800 ore. I corsi sono biennali o triennali e sono articolati in semestri: i corsi biennali di V livello EQF (V livello del ) hanno la durata di quattro semestri con almeno 1.800 ore di formazione. Al termine del corso e previo superamento delle prove e valutazioni finali viene conseguito il “diploma di specializzazione per le tecnologie applicate”; i corsi triennali di VI livello EQF (VI livello del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente) hanno la durata di sei semestri con almeno 3.000 ore di formazione. Al termine del corso e previo superamento delle prove e valutazioni finali viene conseguito il “diploma di specializzazione superiore per le tecnologie applicate”. Entrambi i diplomi sono rilasciati dal Ministero dell’Istruzione e del Merito insieme all’“Europass diploma supplement”, hanno validità su tutto il territorio nazionale e costituiscono titolo valido per l’accesso ai pubblici concorsi. Ogni semestre comprende ore di attività teorica, pratica e di . L’attività formativa è svolta per almeno il 60 per cento del monte orario complessivo da docenti provenienti dal mondo del lavoro. Gli aziendali e i tirocini formativi sono obbligatori almeno per il 35 per cento della durata del monte orario complessivo e possono essere svolti anche all’estero. Al termine del corso, gli allievi che vi sono ammessi sostengono le prove di verifica finale delle competenze acquisite. Le prove sono tre: una prova scritta, una prova teorico pratica ed una prova orale e sono correlate all’area tecnologica, ambito e figura professionale di riferimento del . La prova scritta consiste in un set di trenta domande a risposta chiusa a scelta multipla, di cui cinque volte a valutare le competenze di . La prova teorico pratica concerne la trattazione di un problema tecnico scientifico e due quesiti a risposta sintetica. La prova orale prevede la discussione di un progetto di lavoro – – sviluppato durante il formativo e lo stage aziendale svolti all’interno dell’. Per il superamento delle prove di verifica finale è necessario conseguire almeno il punteggio minimo in ciascuna di esse. La Formazione Professionale Continua La formazione professionale continua mira ad erogare attività formative destinate alla popolazione attiva con l’obiettivo di assicurare che le conoscenze e le competenze professionali siano continuamente aggiornate e riqualificate in connessione con l’innovazione tecnologica e organizzativa del processo produttivo. Elementi di sistema della Formazione Professionale Continua (FPC) In Italia, un vero e proprio sistema di FPC ha cominciato a prendere forma in tempi recenti, in particolare con l’emanazione della Legge n. 236/93. Fino ad allora gli interventi di FPC erano finanziati e gestiti direttamente dalle singole aziende, che li destinavano per lo più all’aggiornamento professionale dei propri quadri, intermedi e superiori. La Legge n. 236/93 ha risposto, invece, all’esigenza di una riqualificazione continua di tutta la forza lavoro, a garanzia sia dell’aggiornamento continuo dei processi produttivi, sia della manutenzione e del miglioramento dei livelli di professionalità ed dei lavoratori stessi. Pertanto, ha preso corpo, con i finanziamenti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, un’attività programmata dalle Regioni, che integrava e rafforzava, in una prospettiva di sistema, le iniziative condotte autonomamente dalle imprese. Il dialogo sociale tra il sistema delle imprese e quello sindacale ha avuto un peso rilevante nella nascita di un sistema di FPC in Italia. Negli accordi tra le e il Governo del 1993, del 1996 e del 1998, il tema della FPC ha assunto un ruolo sempre più centrale. è sulla base di tali accordi che sono state approvate successive leggi che hanno valorizzato il ruolo strategico della FPC e delle parti sociali nella degli interventi formativi. La FPC oggi Il principale canale di finanziamento della formazione continua in Italia deriva dalle risorse interne delle aziende, fenomeno che ingigantisce le differenze tra la formazione attivata dalle piccole e medie imprese e quelle grandi. Oltre ai finanziamenti propri delle imprese, tuttavia, in Italia sono attivi anche altri finanziamenti. Innanzitutto, ci sono i nazionali che sono, ad oggi, il principale strumento di finanziamento della formazione aziendale in Italia. I Fondi sono associazioni promosse dalle principali Organizzazioni Datoriali e Sindacali e alimentati dal versamento dello 0,30% delle retribuzioni soggette all’obbligo contributivo INPS, quale “assicurazione contro la disoccupazione involontaria”. Nel 2022 i Fondi hanno acquisito l’adesione da parte di circa 750 imprese con una forza lavoro pari a oltre 9 milioni 830 mila dipendenti. L’operato dei Fondi Interprofessionali è dettato dal rispetto del principio di trasparenza ed è vigilato, tra gli altri soggetti, dall’Agenzia Nazionale delle . Ci sono anche i Fondi di solidarietà che forniscono strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa dei lavoratori dipendenti di aziende appartenenti a settori non coperti dalla normativa in materia d'integrazione salariale. I decreti ministeriali che istituiscono i Fondi di solidarietà bilaterale definiscono l'ambito di applicazione, le prestazioni assicurate e la contribuzione obbligatoria di finanziamento delle stesse. I Fondi non hanno personalità giuridica, costituiscono gestioni dell'INPS e godono di autonomia gestionale, finanziaria e patrimoniale; sono altresì soggetti all'obbligo del bilancio in pareggio. Sono presenti anche altre iniziative per dare risposte a situazioni di crisi quali i Fondi bilaterali alternativi o i fondi facoltativi, denominati di recente fondi di integrazione salariale. Altro canale di finanziamento è il Fondo Nuove Competenze, nato dopo la pandemia per permettere a imprese e lavoratori di adattare le proprie competenze al . Un ulteriore fonte di stanziamento è rappresentato dalla programmazione regionale gestita attraverso le risorse del FSE. Anche le azioni sostenute dal PNRR, infine, pur legato ad una azione temporale, rappresenta una ulteriore opportunità formativa. Formazione permanente o Con queste espressioni (o con altre usate comunemente nel linguaggio italiano, “formazione permanente”, “apprendimento permanente” o “apprendimento continuo”) si intende quel tipo di educazione, continua e intenzionale, che non si limita alla fase “scolare” dell'individuo, ma lo accompagna per tutta la vita. In questa sezione cerchiamo di puntualizzarne gli aspetti essenziali. Educazione permanente Un tempo era in voga soprattutto l'espressione formazione continua per spiegare un fenomeno legato dall'insieme di teorie, strategie, politiche e modelli organizzativi che tendono a interpretare, dirigere e gestire i processi formativi individuali e collettivi lungo tutto il corso dell'esistenza. L'oggetto della formazione continua così intesa andava oltre i confini del sistema scolastico e della formazione professionale. Esso includeva, infatti, l'insieme dei momenti formativi connessi specificamente al lavoro e all'aggiornamento professionale e altresì quelli rivolti più in generale agli interessi culturali degli adulti. L'espressione era stata introdotta solamente negli ultimi decenni del XX secolo e la sua diffusione in Europa era legata in primo luogo al fatto che l'Unione Europea l’aveva inserita, a partire dal 1994, tra gli obiettivi finanziati dal Fondo Sociale Europeo. Tale adozione, essendo ufficialmente volta ad "agevolare l'adattamento dei lavoratori e delle lavoratrici ai mutamenti industriali e alle evoluzioni dei sistemi di produzione", aveva portato a identificare l'espressione formazione continua con la formazione dei lavoratori dipendenti. Nel tempo si sono affermati termini diversi per descrivere situazioni differenti. Accanto alla formazione professionale continua, descritta sopra, si è progressivamente affermato un’altra espressione, più vicina al concetto di lifelong learning, o, meglio, di educazione permanente. La formazione permanente Più legata al mondo del lavoro sembra essere preferita l’espressione “formazione permanente”. La formazione permanente comprende varie forme di apprendimento che incrementano conoscenze, capacità e competenze per una crescita professionale e personale. Fondamentalmente, si può parlare di tre tipi di apprendimento: formale in presenza di percorsi di offerta pubblica di istruzione e formazione; non formale in presenza di percorsi di apprendimento che non danno luogo a qualifiche o diplomi ufficiali; informale in presenza di ogni forma di apprendimento acquisito nelle situazioni di vita quotidiana, nell'ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero. L'integrazione delle varie dimensioni dell'apprendimento in un unico sistema integrato è una delle priorità europee cui anche l'Italia partecipa. Questo approccio presuppone la creazione di reti territoriali tra scuole, , università, centri territoriali per l'istruzione degli adulti, servizi per il lavoro, camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, imprese e loro rappresentanze datoriali e sindacali e la definizione di norme generali e standard condivise per validare le competenze e le conoscenze acquisite nei diversi contesti. Un riferimento importante a livello europeo in questo ambito è rappresentato dal (EQF- European Qualification Framework - Quadro europeo delle qualifiche), uno schema di riferimento per tradurre le qualifiche e i livelli di apprendimento dei diversi Paesi. Gli Stati membri sono chiamati, su base volontaria, a ridefinire i propri sistemi di istruzione e formazione, in modo da collegare i sistemi nazionali di riferimento e l'EQF. Si applica a tutte le qualifiche, da quelle ottenute in un percorso di istruzione obbligatoria, ai livelli più alti di istruzione e formazione accademica, tecnica o professionale. Per quanto riguarda la costruzione del sistema, l'Italia si è dotata: di un quadro di definizione condiviso sulla materia; di standard minimi di riferimento per validare e certificare le competenze; del repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali; di standard degli attestati e dei certificati spendibili a livello europeo; di un sistema di monitoraggio e valutazione (D.lgs. n. 13 del 16 gennaio 2013). Ciò permette di rendere più trasparenti e spendibili le competenze acquisite in tutti i contesti (lavoro, vita quotidiana e tempo libero), facilitando la mobilità geografica e professionale e accrescendo l'integrazione e personalizzazione dei servizi di istruzione, formazione e lavoro. È stata soprattutto la c.d. Legge Fornero, la n. 92 del 2012, ad avviare i lavori per la definizione, a livello nazionale, della disciplina per la costruzione di un . A seguire, il D.lgs. n. 13/2013 ha disegnato il sistema pubblico di certificazione delle competenze, mentre il D.M. del 30 giugno 2015 ha definito un quadro operativo per il riconoscimento a livello nazionale delle qualificazioni regionali nell’ambito del Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali. In tale contesto, teso ad instaurare un sistema di certificazione delle competenze, l’ (atlantelavoro.inapp.org) è divenuto il punto di riferimento istituzionale che da un lato intende descrivere le diverse attività lavorative e dall’altro elenca le diverse qualificazioni dei sistemi formativi regionali e nazionali. Le certificazioni delle competenze riguardano,

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