Il termine valutazione viene generalmente inteso nel linguaggio comune la determinazione del valore di un bene ragguagliato in moneta, la determinazione del valore di cose e fatti di cui si debba tenere conto ai fini di un giudizio o di una decisione, di una classifica o graduatoria delle prove orali e scritte di un esame per il profitto degli allievi (cfr. anche docimologia), dell’impatto ambientale. In termini sintetici, valutare significa attribuire un giudizio di valore ad un’azione. Il termine “valore” deriva dal greco axìa, da cui il termine assiologia (dottrina dei valori). Esso, dunque, nel suo significato
concettuale più ampio, concerne l’intero ambito della morale: riguarda infatti tutto ciò che è buono e utile, i fini ultimi delle azioni umane. L’espressione richiama l’attribuzione di un giudizio o di un voto (stimare, apprezzare) all’azione stessa, che richiede a sua volta un modello di riferimento definito ed inoltre una metodologia operativa. L’ambito disciplinare specifico delle scienze dell’educazione incentrato sulle tematiche e problematiche inerenti alla valutazione in ambito educativo/formativo è detta docimologia, dal greco dokimazo ovvero «esaminare, valutare, stimare» e logos, il «pensiero, discorso». Tra gli obiettivi formativi che sono stati individuati per la formazione dei docenti troviamo quello di verificare e valutare attraverso gli strumenti docimologici le attività di insegnamento-apprendimento e l’attività complessiva della scuola e dell’ente di formazione. La docimologia e la ricerca docimologica affondano le loro radici tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, quando gli effetti dell’industrializzazione hanno favorito l’aumento della scolarizzazione anche a livello dell’istruzione secondaria. In questo contesto, si pongono problemi di valutazione che in condizioni di scolarizzazione più ristretta non erano emersi con tanta urgenza. Viene infatti riscontrata una scarsa validità e attendibilità dei giudizi attribuiti agli esami, l’interferenza di elementi soggettivi nelle votazioni e la necessità di forme di valutazione più oggettive e trasparenti. Dalla necessità di sottoporre ad analisi rigorosa le modalità di effettuazione degli esami conclusivi della scuola secondaria ha avuto origine uno specifico settore della ricerca educativa cui viene dato il nome di docimologia, inizialmente intesa come disciplina “che ha per oggetto lo studio sistematico degli esami, in particolare dei sistemi di votazione e del comportamento degli esaminatori e degli esaminati” (De Landsheere, 1971). Il termine è stato introdotto dallo studioso francese Henri Piéron, le cui ricerche costituiscono “pietre miliari” nel campo degli studi docimologici. Le ricerche classiche sugli esami e sulle valutazioni scolastiche rivelano l’inesistenza di criteri valutativi uniformemente condivisi e applicati e la presenza di diversi aspetti di soggettività: c’è infatti discordanza tra i voti assegnati a una stessa prova non solo da valutatori diversi, ma anche dal medesimo valutatore a distanza di tempo; ciascun valutatore è sensibile ad alcune caratteristiche delle prove, mentre tende a trascurarne altre; le gamme dei voti utilizzate da diversi valutatori risultano differenti (ognuno interpreta a suo modo la scala di voti cui si fa riferimento); c’è discordanza tra le graduatorie di valutatori diversi; il disaccordo tra valutatori riguarda non solo la fase della valutazione vera e propria (attribuzione del voto), ma anche quella della correzione delle prove (tipo e numero degli errori considerati). Vi sono diverse fonti di errore che possono inficiare, pertanto, la qualità della valutazione, riconducibili non tanto alle procedure e agli strumenti di accertamento e di valutazione, quanto a fattori soggettivi e contestuali che agiscono sul valutatore e ne condizionano il comportamento e il giudizio. Per quanto cerchi di essere il più obiettivo possibile, il docente risente delle influenze derivanti dalla precedente esperienza personale, dal contesto culturale in cui opera, dalle proprie credenze, dal giudizio altrui e dalla paura di prendere decisioni che possano causare danni irreparabili.

Effetto alone: il giudizio o pregiudizio precostituito sul soggetto influenza in maniera determinante, positivamente o negativamente, la valutazione della prestazione dello studente stesso. Determinate caratteristiche dello studente sono determinanti nel giudizio, pur non essendo pertinente con gli apprendimenti valutati.

Effetto stereotipia: la valutazione è influenzata da un'opinione precostituita che non tiene conto della reale prestazione dell'allievo e che induce il docente a non cambiare (in positivo o in negativo) il giudizio nei confronti delle prove di uno studente.

Effetto contagio: la valutazione espressa da una persona è condizionata dall’influenza che un’altra ha su di lei.

Effetto contraccolpo: la didattica assume variazioni significative in funzione dei momenti valutativi, soprattutto quando esterni.

Distribuzione forzata: tale bias deriva dalla convinzione errata che i risultati dell’insegnamento devono rispecchiare l’andamento della curva gaussiana (o normale), considerando quindi la possibilità che solo pochi alunni potrebbero raggiungere livelli ottimi, una percentuale analoga otterrebbe risultati scarsi e la maggioranza dei soggetti si posizionerebbe su posizioni intermedie.

Effetto pigmalione: detta anche profezia che si auto-avvera. Alcune informazioni fornite ai docenti predicono il successo o l’insuccesso dello studente, adeguando inconsapevolmente il loro comportamento – con atteggiamenti verbali, non verbali o paralinguistici - “forzando” così lo studente all’adeguarsi delle sue aspettative, influenzando i suoi risultati scolastici.

Bias di genere: consiste nella tendenza del docente ad alterare la valutazione di un alunno in base al suo genere, per esempio considerando le ragazze molto metodiche e propense all’apprendimento delle discipline letterarie e i ragazzi più inclini alle discipline tecnico-scientifiche.

Bias dello status-quo: è una distorsione valutativa dovuta alla resistenza al cambiamento e alla generazione di situazioni didattiche molto simili tra loro, con scarsa propensione all’innovazione. Da qui l’uso esclusivo di classiche lezioni frontali, esercitazioni volte all’indottrinamento anziché all’acquisizione di competenza, interrogazioni stereotipate con obiettivi e criteri di valutazione chiari.

Errore per somiglianza: è un bias legato alla tendenza del docente con forte autostima a valutare meglio studenti con caratteristiche simili alle sue, nonostante siano estranee agli apprendimenti oggetto di valutazione.

Bias della negatività: è la tendenza al porre maggiore attenzione agli elementi negativi, agli errori commessi dall’alunno, non soffermandosi sui successi raggiunti e sulle competenze acquisite, attribuendo verosimilmente una valutazione maggiormente negativa alla prestazione.

Bias di proiezione. Questo bias porta l’essere umano a proiettare sugli altri le proprie convinzioni, credendo che gli altri la pensino allo stesso modo. Gli studenti saranno pertanto portati ad affrontare le prove nella stessa modalità in cui la affronterebbe il docente valutatore, eliminando la possibilità di strade alternative.

Bias sistematici: l’idea che ha di sé un docente si presenta nei bias sistematici. I docenti che si ritengono molto comprensivi incorrono quasi sempre in valutazioni abbastanza elastiche ed elargiscono delle generose valutazioni, generando il cosiddetto effetto di indulgenza. Invece, tutti i docenti che si vestono dei panni delle persone poco flessibili e coerenti, generano l’effetto di severità, ossia una sottovalutazione delle prestazioni degli studenti.

Effetto di successione/contrasto: è quel bias che si presenta quando un docente valuta un alunno che viene sottoposto a verifica subito dopo un compagno che ha effettuato una prestazione brillante e positivamente valutata o al contrario scarsa e negativamente valutata. Questo comporta una valutazione eccessivamente positiva o eccessivamente negativa.

La riflessione sulle distorsioni valutative può aiutare a ridurne gli effetti negativi. Nonostante gli allievi siano spesso considerati incapaci di giudizio, in realtà capiscono le ingiustizie della valutazione e la delusione li porta facilmente all'abbandono della disciplina. Per evitare queste conseguenze negative, la valutazione dovrebbe essere utilizzata come strumento per far comprendere agli studenti i propri punti di forza e debolezze, piuttosto che per dare feedback negativi che generano l'effetto Pigmalione e la convinzione di incapacità. Si è passati da una fase critica a una costruttiva, cercando di migliorare le procedure e gli strumenti di valutazione attraverso l'uso di prove oggettive e strutturate, la fornitura di indicazioni per rendere le procedure più valide e attendibili e la proposta di nuove modalità di valutazione alternative.

Gli oggetti della valutazione. La valutazione scolastica riguarda non solo i prodotti o risultati dell’apprendimento ma anche i processi di apprendimento; non solo la dimensione cognitiva ma anche metacognitiva e affettivo-motivazionale; non solo il sapere ma anche il saper fare e il saper essere (competenze). La valutazione scolastica riguarda non solo gli apprendimenti degli studenti ma anche i processi gestionali, organizzativi e didattici. La valutazione scolastica riguarda non solo i singoli studenti e le singole classi, ma anche gli istituti e i sistemi di istruzione. Per questo motivo, oggetto della valutazione non riguarda più solamente lo studente, ma si amplia all’insegnante e al curricolo; non più solamente la classe, ma anche il sistema di istruzione, l’istituto scolastico e le classi orizzontali/verticali; non più solamente gli apprendimenti disciplinari, ma anche processi/strategie di apprendimento e competenze trasversali. Un esempio di visione ecologica e sistemica della valutazione scolastica è il modello CIPP, che si riferisce al contesto, agli input, ai processi e ai prodotti del contesto scolastico.

Le funzioni della valutazione. L’espressione di un giudizio di valore centrato sui risultati degli studenti rappresenta solo una delle molteplici funzioni della valutazione:

  • valutazione diagnostica-orientativa: nella fase iniziale di un percorso formativo, serve a rilevare informazioni utili a impostare/progettare il percorso;
  • valutazione formativa-regolativa: durante il percorso, serve a raccogliere informazioni utili a monitore e regolare l’andamento dei processi formativi;
  • valutazione sommativa-certificativa: durante il percorso, serve a raccogliere informazioni utili a monitore e regolare l’andamento dei processi formativi.

In tutti i casi, intendiamo la valutazione come elemento intrinseco o parte costitutiva del processo didattico. Un cambiamento epocale nell’ambito delle funzioni della valutazione è oggetto del lavoro di Scriven (1967), che distingue la valutazione formativa dalla sommativa. Per formativa s’intende la valutazione di un programma o di un corso in fase di attuazione, allo scopo di verificare il reale contributo delle attività che si stanno svolgendo e di apportarvi revisioni e miglioramenti. È centrata sul processo e assume una funzione regolativa nell’ottica di promuovere il miglioramento continuo dei processi di insegnamento-apprendimento. Per sommativa, invece, la valutazione di un programma o di un corso giunto alla sua conclusione, allo scopo di determinarne il valore e l’efficacia. È centrata sul prodotto e assume la funzione di bilancio nell’ottica di esprimere un giudizio di valore sui risultati dei processi di insegnamento-apprendimento. Il concetto formativo della valutazione conduce nel 1999 all’Assessment for learning (Assessement Reform Group), che mira in maniera ancora più decisa alla distinzione tra una valutazione per l’apprendimento (o a sostegno dell’apprendimento) distinta dalla valutazione dell’apprendimento.

La valutazione per l’apprendimento assume le seguenti caratteristiche:

  • non segue le attività di insegnamento/apprendimento, ma ne è parte integrante ed essenziale;
  • si rivolge innanzitutto agli studenti e mira a renderli sempre più consapevoli, autonomi e responsabili rispetto ai propri processi di apprendimento (metacognizione e autoregolazione);
  • richiede di condividere con gli studenti gli obiettivi da raggiungere e i criteri di valutazione;
  • richiede di fornire agli studenti costanti feedback di tipo descrittivo e regolativo, non valutativo (aiutare gli studenti a capire come migliorare);
  • è attenta agli aspetti emotivo-motivazionali (focus sulla prestazione e non sulla persona, valorizzazione di potenzialità e aspetti positivi, visione dell’errore come risorsa/opportunità);
  • mira a coinvolgere attivamente gli allievi nella valutazione, sollecitando anche processi di auto-valutazione e valutazione tra pari.

Accanto alla valutazione dell’apprendimento e alla valutazione per l’apprendimento, negli ultimi decenni (Earl, 2003; 2012) abbiamo assistito anche all’avvento del concetto di valutazione come apprendimento: essa rappresenta lo sviluppo della valutazione per l’apprendimento, evidenziando ulteriormente il momento della valutazione, che diventa essa stessa momento di apprendimento.

I tempi della valutazione. La valutazione non coincide con il momento “finale” di un percorso formativo (come spesso si intende), ma è parte integrante ed essenziale del percorso in ogni sua fase. Rappresenta infatti un “flusso circolare di giudizi che investono ogni aspetto del processo didattico, sia nelle sue fasi di progettazione e organizzazione, sia in quelle di realizzazione” (Vertecchi, 2003). Possiamo quindi distinguere come momenti della valutazione i seguenti:

  • valutazione iniziale o ex-ante, con funzione prevalentemente orientativa;
  • valutazione intermedia o in itinere, con funzione formativa-regolativa;
  • valutazione finale o ex post, Funzione sommativa e in alcuni casi selettiva e certificativa.

I soggetti della valutazione. La valutazione scolastica coinvolge una molteplicità di attori a diversi livelli. In relazione ai processi e ai risultati di apprendimento, la responsabilità della valutazione non è delegata soltanto al docente, ma parliamo di:

  • eterovalutazione, quando la valutazione è esercitata da un soggetto esterno;
  • autovalutazione, quando la valutazione è esercitata dal soggetto stesso;
  • valutazione tra pari, quando la valutazione è esercitata reciprocamente tra i soggetti.

Le fasi del processo valutativo. Il controllo scolastico si articola strutturalmente in tre momenti, i quali sono da identificare nella scelta degli obiettivi da sottoporre ad accertamento, nelle operazioni da compiere per accertare presenti gli obiettivi prescelti, e nel giudizio da dare sui risultati dell’accertamento operato (Gattullo, 1967). Le fasi del processo valutativo, pertanto, possono essere considerate le seguenti:

  • determinazione dell’oggetto: definizione degli obiettivi da sottoporre ad accertamento, individuazione di ciò che si intende misurare e valutare. Per individuare in modo chiaro e non ambiguo ciò che si intende valutare, l’oggetto della valutazione deve essere formulato in termini operativi, ovvero in termini di prestazioni/comportamenti osservabili, misurabili, verificabili. L’esplicitazione e la chiarezza di un obiettivo è il punto di partenza, e a tale scopo l’uso di alcuni verbi (azioni) specifici invece di altri troppo generici sarà di aiuto. Usare espressioni per definire il ‘che cosa deve fare’ lo studente dà la possibilità di individuare e delimitare anche le modalità attraverso le quali procedere nella verifica del raggiungimento di quell’obiettivo (Benvenuto, 2003);
  • Rilevazione/Misurazione: raccolta intenzionale e pianificata di informazioni relative agli oggetti/obiettivi individuati, accertamento che consente di quantificare determinati elementi discriminando tra diversi livelli di prestazione. Si tratta di rilevare informazioni sull’oggetto precedentemente individuato mediante appositi strumenti e procedure. Tale processo si conclude con l’attribuzione di punteggi e quindi a una quantificazione. Si tratta di scegliere gli strumenti / costruire degli stimoli, utilizzare tali strumenti per la somministrazione degli stimoli, leggere i risultati. I principi di riferimento per la misurazione sono la validità e l’attendibilità, per raccomandare la qualità degli strumenti di misura e delle informazioni che consentono di raccogliere. Per validità (interna) si intende che lo strumento rileva effettivamente ciò che con esso si intende rilevare. Uno strumento di misura non è valido in sé, ma sempre in relazione allo scopo per il quale è stato pensato e costruito. Per questo, possiamo distinguere una validità di contenuto, di costrutto e didattica. Per attendibilità, invece, si intende quando lo strumento dà risultati stabili in tempi diversi e con “esaminatori” diversi. Tale requisito è legato alla possibilità di predeterminare nella maniera meno ambigua possibile i criteri per la lettura dei risultati e per l’attribuzione dei punteggi. Per ottenere informazioni attendibili (affidabili, precise) occorre considerare e cercare di tenere sotto controllo le potenziali fonti di errore relative al processo di rilevazione/misurazione;
  • valutazione in senso proprio: interpretazione dei risultati dell’accertamento ed espressione di un giudizio di valore complessivo/sintetico (tramite voti, scale di aggettivi …). Essa è espressione di un giudizio di valore che utilizza un criterio di riferimento, ovvero “qualcosa” con cui confrontare gli esiti della misurazione, utilizzando un linguaggio specifico, ovvero simboli/termini convenzionali, comprensibili, riassuntivi (ad es. voti, aggettivi, lettere …).

In questo senso, la valutazione non rappresenta una visione impressionistica, intuitiva, soggettiva, ma un giudizio sorretto da informazioni pertinenti e accurate (dati “oggettivi”). Quanto più l’oggetto della valutazione è definito in modo chiaro e non ambiguo, tanto più sarà possibile raccogliere informazioni valide e attendibili. Quanto più le informazioni raccolte sono valide e attendibili, tanto più il giudizio sarà fondato e realmente utile a supportare l’azione. Le modalità di valutazione degli istituti scolastici e di formazione sono sostanzialmente rivolte all’analisi sia del prodotto sia del processo di erogare competenze formative. Sono sguardi differenti che si rivolgono ora sull’uno, ora sull’altro aspetto, ma sempre in maniera integrata. Le modalità di valutazione possono essere distinte in valutazione interna – che risponde alla cultura dell’autovalutazione di istituto – e valutazione esterna – che risponde invece alla logica dell’eterovalutazione. Tali modalità di valutazione rispondono alla necessità di condivisione di finalità educative, che definiscano gli obiettivi da raggiungere e l’assunzione di responsabilità di verificarne e certificarne il raggiungimento. Ciò significa valutare la qualità della scuola: in un sistema scolastico e formativo moderno ed efficace la valutazione si configura come strumento insostituibile di costruzione delle decisioni e come fulcro delle azioni necessarie per governare – a tutti i livelli di responsabilità – il funzionamento e per adeguarlo dinamicamente alle necessità consolidate ed emergenti. Con la recente introduzione dell’autonomia organizzativo-didattica e gestionale delle unità scolastiche […] – e soprattutto con la legge costituzionale n. 3 del 18 settembre 2001 – che ha aperto la strada anche al federalismo scolastico, ma rafforzando i controlli centrali dell’osservanza, da parte dei poteri locali, dei vincoli nazionali di garanzia dei diritti fondamentali dei cittadini (nel nostro caso il diritto allo studio) –, la valutazione ha per così dire accentuato […] la sua funzione nevralgica di articolazione nervosa centrale dell’intero sistema» (Domenici, 2003). Parliamo, quindi, di valutazione della scuola e nella scuola. La valutazione della scuola rappresenta l’assumersi responsabilità, anche dei fondi investiti per le attività svolte, risponde a una cultura professionale che richiede a sua volta competenza da parte di dirigenti e docenti/formatori. La valutazione nella scuola, invece, richiede chiarezza sulle funzioni della valutazione, l’accettazione del confronto collegiale, la ricerca continua della sistematicità e del rigore metodologico. In un piano più ampio dell’assessment/evaluation, gli insegnanti assumono la responsabilità della valutazione degli apprendimenti, dei processi di insegnamento-apprendimento. Gli istituti si occupano dell’autovalutazione dell’offerta educativa e didattica nelle singole scuole. INVALSI, infine, della valutazione della qualità del sistema di istruzione e formazione. Tutti questi processi rispondono, tuttavia ad aspetti non neutri, ma che si sviluppato all’interno della ricerca applicata che recepisce la logica democratica, deliberativa e decisionale della valutazione. Se dunque parliamo di ricerca applicata, tale ricerca valutativa si riferisce all’esplicitazione della natura costruita dei dati, situata dell’oggetto, democratica e partecipativa, formativa, continuativa e processuale.


Bibliografia di riferimento

Corsini C., La valutazione che educa: Liberare insegnamento e apprendimento dalla tirannia del voto, FrancoAngeli, 2023.
Vertecchi B., Manuale della valutazione: analisi degli apprendimenti e dei contesti, Vol. 4, FrancoAngeli, 2003.
Ciani A. - Ferrari L. - Vannini I., Progettare e valutare per l'equità e la qualità nella didattica. Aspetti teorici e indicazioni metodologiche, FrancoAngeli, pp. 1-306, 2020.
Vertecchi B. - Agrusti G. - Losito B., Origini e sviluppi della ricerca valutativa, FrancoAngeli, 2010.
Benvenuto G., Mettere i voti a scuola, Vol. 1, Milano, Carocci, pp. 7-277, 2010.
Montalbetti K., Manuale per la valutazione nelle pratiche formative, Milano, Vita&Pensiero, 2011.


Autore
Silva Liliana Professoressa di pedagogia presso il Dipartimento di Educazione e Scienze Umane dell'Università degli Studi di Modena e Reggio-Emilia


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