Nel quadro di un’economia di mercato, all'interno del Mercato del Lavoro si incontrano l'offerta di forza lavoro da parte della manodopera dipendente e la domanda di lavoro delle imprese, dello Stato e dei privati. L'espressione mercato del lavoro venne coniata alla fine del XIX sec. dall'economia politica in riferimento alla società industriale; considerando anche sistemi non capitalistici, è tuttavia applicabile pure a epoche precedenti. Il mercato del lavoro è l’insieme dei meccanismi che regolano il processo di incontro tra imprese che domandano lavoro e lavoratori che lo offrono, determinando i livelli salariali e occupazionali. Nella teoria microeconomica tradizionale, i servizi lavorativi rappresentano una merce, che può essere scambiata come le altre con una data quantità di moneta. Quindi il mercato del l. è uguale a quello in cui si scambiano altri beni e servizi, nel quale i venditori (i lavoratori) e gli acquirenti (le imprese) si incontrano per scambiare un prodotto (il lavoro). Tuttavia, sotto l’aspetto giuslavoristico, esso è invece caratterizzato dall’implicazione della persona nella sua interezza; quest’ultimo fondamentale assunto è chiaramente sintetizzato nella Dichiarazione di Filadelfia del 1944 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro secondo cui “il lavoro non è una merce”. Per questo motivo il Mercato del Lavoro è differente, per molti aspetti, da tutte le altre merci e dagli altri fattori produttivi, perché il rapporto di impiego coinvolge in modo profondo l’individuo. La natura personale della prestazione lavorativa spiega perché la libertà di contrattazione delle parti sia limitata, in vario modo, da organizzazioni o da leggi, a tutela dei diritti della persona. Gli indicatori fondamentali sul mercato del sono in grado di misurare e di analizzare sinteticamente la salute del mercato e un eventuale cambiamento nelle sue condizioni. Tra i principali, ci sono: andamento degli occupati; tasso di disoccupazione; salario medio orario; richiesta di sussidi per la disoccupazione. La domanda di lavoro è formata dalle richieste di tutte le aziende che necessitano di personale per svolgere l’attività produttiva. Essa dipende da vari fattori: l’andamento dell’economia e dei settori economici, in quanto la domanda di lavoro aumenta con l’espansione economica e diminuisce con la recessione; la politica economica dei governi che tramite incentivi stimola la domanda; il sistema di relazioni tra sindacati dei datori e dei lavoratori che influenza le strategie di reclutamento e la gestione del personale; la qualità delle tecnologie impiegate: in quanto con tecnologie avanzate si necessita di meno manodopera; la qualità delle prestazioni richieste dall’. L’offerta di lavoro è formata da tutte le persone in cerca di occupazione ed è influenzata da vari fattori: il livello della retribuzione, in quanto a retribuzioni più alte corrispondono maggiori richieste di lavoro; la qualità del lavoro, in quanto il lavoro effettuato in condizioni disagiate riduce l’offerta; le aspirazioni professionali e di carriera dei lavoratori; la cultura sociale prevalente; le migrazioni interne e internazionali; i vincoli dovuti alle responsabilità extra-lavorative e familiari e la possibilità di avvalersi di servizi sociali efficienti. Regolamentazioni per l’incontro domanda e offerta Nella prima fase della rivoluzione industriale, le legislazioni nazionali si astennero dall’intervenire nel mercato del lavoro. Solo con la progressiva sensibilizzazione verso le condizioni socioeconomiche dei lavoratori, i poteri pubblici emanarono le prime disposizioni per tutelare i lavoratori nella fase del collocamento. In Italia, i primi provvedimenti generali vennero promulgati nel corso del ventennio fascista. La tutela del collocamento del lavoro subordinato si realizzò attraverso l’affidamento della mediazione tra domanda ed offerta ai sindacati fascisti, che erano enti di diritto pubblico. Venne realizzato così, per la prima volta nel nostro Paese, il cosiddetto monopolio pubblico dell’attività di mediazione, consistente nell’attribuire alle sole istituzioni pubbliche il compito di inserirsi nel mercato del lavoro a titolo di mediatori tra la domanda e l’offerta. L’obiettivo fu quello di ripartire equamente le occasioni di lavoro e di evitare i possibili abusi della mediazione privata. Il nuovo ordinamento repubblicano conservò in parte i principi corporativi in tema di collocamento. Con la Legge n. 264/1949 vennero recepiti i principi di: monopolio pubblico del collocamento, affidato agli uffici provinciali del lavoro, articolazioni periferiche del ministero del lavoro; divieto di mediazione privata; obbligo d’iscrizione per i cittadini in cerca di occupazione alle cosiddette liste di collocamento, utilizzate dagli uffici competenti per la compilazione delle graduatorie; avviamento al lavoro attraverso richiesta numerica. Questo vietava al datore di lavoro di scegliere liberamente il dipendente da assumere. L’imprenditore era infatti tenuto a richiedere all’ufficio del lavoro solo il numero di lavoratori di cui necessitava, i quali venivano poi individuati ed avviati al lavoro, attingendo da graduatorie precedentemente stilate. Liberalizzazione del mercato del lavoro Il sistema di monopolio pubblico rivelò nel corso dei decenni grandi limiti intrinseci, legati alle croniche inefficienze del sistema dei servizi pubblici per l’impiego ed alle eccessive rigidità della disciplina. I principi alla base del sistema vennero progressivamente modificati attraverso correzioni legislative di deregolamentazione.
Uno dei momenti fondamentali fu rappresentato dall’entrata in vigore della Legge n. 223/1991, con la quale, tra le altre cose, venne liberalizzato il sistema della richiesta nominativa. Con la Legge 28 novembre 1996, n. 608, l’obbligo di richiesta del nulla osta preventivo all’ufficio di collocamento, condizione preliminare alla stipulazione del di lavoro, venne sostituito dal più blando obbligo di . Il medesimo D.lgs. n. 297/2002 introdusse nel nostro ordinamento il principio dell’assunzione diretta, vale a dire la possibilità riconosciuta ai lavoratori ed ai datori di lavoro d’incontrarsi e di stipulare il contratto di lavoro direttamente sul mercato, senza la necessaria mediazione del soggetto pubblico. Caduto il rigido sistema di mediazione pubblica, il passo successivo fu quello dell’apertura del mercato ai privati. La Legge n. 469/1997 ha infatti riformato il collocamento in ambo i sensi: da una parte, è stato formalmente soppresso il sistema del collocamento pubblico obbligatorio; dall’altra, sono stati formalmente legittimati a esercitare l’attività di mediazione gli operatori privati. Un’altra fondamentale riforma della Legge n. 469/1997 è stata quella di attribuire alle regioni ampie competenze in relazione al collocamento ed ai servizi per l’impiego. Con il D.lgs. n. 276/2003 si è ulteriormente valorizzata la presenza privata sul mercato del lavoro a scapito dei servizi pubblici per l’impiego. I contratti di lavoro Il rapporto di lavoro è un rapporto giuridico che ha origine nel contratto di lavoro. I soggetti che caratterizzano il rapporto di lavoro, e sui quali gravano i diversi obblighi, sono il datore di lavoro ed il lavoratore. Gli obblighi principali sono: per il datore di lavoro l’obbligo di riconoscere una retribuzione per la prestazione ricevuta; per il lavoratore l’obbligo della prestazione lavorativa. Il rapporto di lavoro di norma è sottoposto ad un periodo di prova durante il quale il recesso è libero per entrambe le parti. Decorso tale periodo valgono le normali tutele previste per la tipologia contrattuale che caratterizza il rapporto di lavoro. I contratti di lavoro I contratti di lavoro si suddividono nelle seguenti tipologie: lavoro subordinato - è caratterizzato da una "subordinazione" del lavoratore, il quale in cambio della retribuzione si impegna a prestare il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione di un altro soggetto; lavoro parasubordinato - indica un tipo di lavoro con caratteristiche intermedie tra quelle del lavoro subordinato e quelle del lavoro autonomo. Si tratta di forme di collaborazione svolte continuativamente nel tempo, coordinate con la struttura organizzativa del datore di lavoro, ma senza vincolo di subordinazione; lavoro autonomo - è svolto da chi si obbliga a compiere nei confronti di un committente, a fronte di un corrispettivo, un'attività in proprio e senza vincolo di subordinazione. I Contratti Collettivi di lavoro Il diritto italiano individua nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) la fonte normativa attraverso cui Organizzazioni sindacali dei lavoratori e le Associazioni dei datori di lavoro definiscono concordemente le regole che disciplinano il rapporto di lavoro. Normalmente i CCNL regolano sia gli aspetti normativi del rapporto, sia quelli di carattere economico. È inoltre quasi sempre prevista una parte destinata a normare alcuni aspetti del rapporto sindacale esistente tra Organizzazioni firmatarie e Associazioni datoriali, nonché di quelli aziendali tra datore di lavoro e Rappresentanze sindacali aziendali. Le finalità essenziali del contratto collettivo sono: determinare il contenuto che regola i rapporti di lavoro nel settore di appartenenza (ad es. trasporti, pubblico impiego, metalmeccanico, commercio, chimico, etc.); disciplinare le relazioni tra i soggetti firmatari dell’accordo stesso. Bibliografia XXIV Rapporto mercato del lavoro e contrattazione collettiva, CNEL, 2023. Sistema Excesior, Bollettino annuale nazionale 2022, Unioncamere e ANPAL.

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