Nel suo significato più generale, il termine lavoro indica qualsiasi impiego di energia destinato a uno scopo specifico. Più comunemente e concretamente, il lavoro è l’applicazione delle capacità fisiche e intellettuali dell’uomo rivolta alla produzione di un bene o servizio. Questa definizione comprende sia il lavoro retribuito, come un impiego o una , sia il lavoro volontario o il lavoro domestico non retribuito. Il Lavoro nella Costituzione italiana Il lavoro è presente fin dall’incipit della Carta costituzionale: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Questo articolo eleva il lavoro e la democrazia a pilastri essenziali del nuovo modello statale della Repubblica italiana. Tuttavia, è l'articolo 4 che espone più dettagliatamente il principio lavoristico, dichiarando che: “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” Questa norma si suddivide in due commi distinti che, sebbene possano sembrare opposti, sono in realtà complementari: il primo comma definisce il lavoro come un diritto riconosciuto a tutti i cittadini dalla Repubblica, che promuove le condizioni necessarie per renderlo effettivo. Il secondo comma, invece, considera il lavoro come un dovere, che ciascun cittadino è chiamato a compiere, contribuendo al progresso materiale o spirituale della società, in accordo con le proprie capacità e inclinazioni. Inoltre, dalla lettura della norma emerge un ulteriore aspetto: non solo il doppio significato del lavoro come diritto e dovere, ma anche la facoltà per ciascun cittadino di scegliere l'occupazione più adatta alle proprie inclinazioni e capacità. È evidente l'intento dei Costituenti di valorizzare l'aspetto personalistico del lavoro, sottolineandone l'importanza per la crescita individuale e collettiva. Nell'ottica dei Costituenti, il lavoro non è solo mezzo per mettere a frutto le proprie capacità e garantire il sostentamento, ma anche strumento di partecipazione attiva alla realizzazione della società. Come sottolineò Costantino Mortati, “nella Costituzione italiana, il lavoro posto a base della Repubblica non è fine a se stesso o mero strumento di guadagno, ma mezzo di affermazione della personalità del singolo, garanzia dello sviluppo delle capacità umane e del loro impiego.” Il diritto al lavoro e le L’art. 4 della Costituzione sancisce il riconoscimento del diritto al lavoro per tutti i cittadini e l’impegno della Repubblica a promuovere le condizioni per renderlo effettivo. È chiaro, anche dal dibattito nell’Assemblea costituente, che il diritto al lavoro non è un diritto perfetto del singolo, quindi, munito di tutela giuridica, ma un obiettivo cui tendere, che proprio in virtù della sua collocazione tra i principi fondamentali diventa valore fondante e principio guida della futura legislazione. È per questo che la Repubblica promuove il diritto al lavoro anche con efficienti servizi formativi e per l’impiego, capaci di assicurare la e l’ professionale, agevolare l’incontro fra domanda e offerta di lavoro, fornire sostegno alle fasce di lavoratori che incontrano più difficoltà nell’occuparsi o nel rioccuparsi. Nella promozione dell’effettività del diritto al lavoro, così chiaramente enunciata dal testo costituzionale, sono insite le politiche attive del lavoro. Il rapporto tra lavoro, identità professionale e personale Il lavoro non è solo un mezzo di sostentamento o di contributo allo sviluppo del benessere della società; è anche un bacino culturale, fonte di formazione e di costruzione del sé. Attraverso il lavoro, le persone acquisiscono non solo competenze tecniche e trasversali, ma sviluppano valori e attitudini che contribuiscono alla definizione della propria identità professionale e personale. Il lavoro è spesso uno specchio della società, dove si incontrano culture, esperienze e prospettive. Il lavoro genera una cultura che, a sua volta, si riflette nelle pratiche quotidiane, nelle relazioni interpersonali e nei processi decisionali. Il legame tra lavoro e costruzione del sé è un tema complesso e multidimensionale, che coinvolge aspetti psicologici, sociali ed economici. In un contesto in continua evoluzione, il lavoro non è solo un mezzo di sostentamento, ma anche una componente fondamentale dell'identità personale. L'identità professionale rappresenta la percezione che un individuo ha di se stesso in relazione al proprio ruolo lavorativo. Essa è influenzata da vari fattori, tra cui le competenze, il riconoscimento sociale e la soddisfazione lavorativa. Una forte identità professionale può contribuire significativamente al benessere individuale. Se una persona si sente competente e valorizzata nel proprio lavoro, tende a sperimentare un maggiore senso di realizzazione e soddisfazione personale. Il lavoro può essere visto come un percorso vocazionale che consente agli individui di esprimere la propria personalità e le proprie passioni. In questo senso, esso diventa un mezzo attraverso il quale le persone possono realizzarsi, contribuendo al bene comune e alla propria crescita personale. Le esperienze lavorative, quindi, non solo influenzano l'identità professionale, ma anche quella più generale dell'individuo. Tali considerazioni sono rese maggiormente problematiche nel moderno contesto lavorativo, dove sempre meno il ruolo professionale è stabile per tutto l’arco della vita attiva. Nel contesto attuale, caratterizzato da rapidi cambiamenti organizzativi e tecnologici, le esperienze e le opportunità lavorative possono variare frequentemente. La fluidità del lavoro richiede un rapido adeguamento delle competenze a fronte dei rapidi cambiamenti che avvengono nel mondo del lavoro. La costruzione del sé in questo contesto diventa un processo in continua evoluzione, dove le persone devono costantemente rivedere e ridefinire la propria identità professionale. In un mondo del lavoro fluido, dove le esperienze sono più variegate e frammentate, la visione del sé diventa più complessa e dinamica, richiedendo ai lavoratori di adattarsi e reinventarsi continuamente. Lavoro autonomo e lavoro subordinato Il lavoro dipendente, o lavoro subordinato, è caratterizzato da un rapporto di lavoro in cui il lavoratore è soggetto a un potere direttivo, organizzativo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro. Questo significa che il lavoratore deve obbedire alle direttive del datore di lavoro, rispettare gli orari di lavoro stabiliti e svolgere le mansioni assegnategli in un contesto di lavoro prestabilito. Il lavoratore dipendente riceve una retribuzione fissa e ha diritto a vari benefici, come l'assicurazione contro la disoccupazione, l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e i contributi previdenziali. Il lavoro autonomo, invece, è caratterizzato dalla libertà del lavoratore di organizzare il proprio lavoro, senza subire il potere direttivo del datore di lavoro. I lavoratori autonomi possono scegliere i propri clienti, stabilire i propri orari di lavoro e decidere come svolgere le loro attività. Non ricevono una retribuzione fissa, ma vengono pagati in base ai lavori effettuati. Secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, ribadito anche nell’ordinanza n. 1555/2020, l'elemento essenziale di differenziazione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato consiste nel vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo disciplinare e di controllo del datore di lavoro. Questa distinzione si basa su un accertamento esclusivamente compiuto sulle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Questi concetti tradizionali sono messi in discussione dalle evoluzioni tecnologiche ed organizzative del . Infatti, da una parte, l’evoluzione tecnologica e delle forme di organizzazione del lavoro aumentano il livello di autonomia del lavoratore dipendente, avvicinandolo al lavoratore autonomo. Si pensi al lavoro per obiettivi, condizione per altro dello smartworking, che modifica radicalmente un’organizzazione del lavoro dipendente basata sulla di mansioni fisse ed orari rigidi. Dall’altro lato molti lavoratori formalmente autonomi sono in condizione di mono committenza – si pensi ai lavoratori della gig economy che eseguono la loro prestazione per una piattaforma governata da algoritmi – e ciò comporta una dipendenza economica da un unico datore di lavoro, ritenuta un indicatore della sussistenza di una subordinazione di fatto e quindi li può far considerare assimilabili ai lavoratori dipendenti. Non è un caso se la Legge n. 92 del 2012, cosiddetta legge Fornero introdusse una presunzione di subordinazione che ampliò l’area delle tutele del lavoro subordinato a tutti i rapporti caratterizzati da mono committenza. In questo modo, il criterio di demarcazione tra autonomia e subordinazione si sposta dalla sfera della struttura giuridica del rapporto di lavoro alla valutazione della dipendenza economica del lavoratore. Successivamente, l’art. 2 del D.lgs. 15.6.2015, n. 81 attuativo del cd. “Jobs Act” (Legge n. 183 del 2014) di riordino delle forme contrattuali ha eliminato il criterio della dipendenza economica e lo ha sostituito con quello della continuità e della etero-organizzazione del lavoro. Pertanto, a legislazione vigente, hanno le stesse tutele del lavoro subordinato le forme di collaborazione «[…] che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro». Alla luce di quanto esposto è sempre più difficile distinguere l’area della subordinazione da quella dell’autonomia e non è di aiuto neanche l’elemento dell’obbligo di disponibilità del lavoratore dipendente, in quanto ad esempio ai lavoratori della gig economy risulta difficilmente applicabile sia in quanto il lavoratore non è obbligato a tenersi a disposizione del datore di lavoro, sia perché già oggi il lavoro intermittente è connotato come lavoro subordinato ma non prevede obbligo di risposta alla chiamata. In presenza dell’attuale quadro normativo, l’individuazione del confine tra subordinazione e autonomia risulta in alcuni casi ardua. In effetti, nel mondo anglosassone vi è un orientamento che considera l’organizzazione del lavoro tramite piattaforma come un terzo genere, il “worker”, titolare di una serie di tutele, distinto sia dal lavoro subordinato “employee” sia dal lavoro autonomo tradizionale. La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme Una direttrice del dibattito relativo a questi lavoratori ha riguardato la riflessione sulle tutele minime da garantire loro, a prescindere dalla loro qualificazione giuridica. Tale piano di analisi è quello su cui si pone lo stesso art. 35 della Costituzione, laddove afferma che “la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme”. Si tratta, quindi, di pensare una forma evolutiva della legislazione sul lavoro capace di assicurare tutele adeguate alle diverse e nuove forme di lavoro, anche se giuridicamente classificabili come autonomo, in particolare se caratterizzate da quella forma di dipendenza economica tipica del lavoro subordinato. Si pensi a tutele quali l’assistenza in caso di malattia, l’assicurazione pensionistica, alcune tutele in materia di orario settimanale e di riposo annuale. In tale scenario, se l’attuale evoluzione delle forme del lavoro chiama la Repubblica al rispetto del dettato costituzionale della tutela del lavoro in tutte le sue forme, dall’altro lato anche la rappresentanza dei lavoratori è sollecitata ad assumere forme di relazioni con la parte datoriale per la tutela di nuove tipologie di lavoratori. Sfide contemporanee del mondo del Lavoro Le attuali sfide del lavoro sono molteplici e complesse, influenzate da vari fattori economici, sociali e tecnologici. Per citarne alcune: adattamento alle tecnologie emergenti: la rapida evoluzione delle tecnologie digitali, come l' e l'automazione, richiede ai lavoratori di acquisire nuove competenze e adattarsi a nuovi strumenti e processi; equilibrio tra vita lavorativa e vita privata: il fenomeno del "smart working" ha reso più difficile per molti lavoratori mantenere una chiara separazione tra lavoro e vita privata, portando a stress e burnout; sicurezza del lavoro: la precarietà del lavoro e la crescita del lavoro nero e sottopagato rappresentano una sfida significativa per garantire condizioni di lavoro dignitose e tutele per tutti i lavoratori; per tutto l’arco della vita: la necessità di formazione continua è cruciale per mantenere la competitività nel mercato del lavoro. I lavoratori devono costantemente aggiornarsi e migliorare le proprie competenze per rimanere rilevanti; e diversità: le aziende devono affrontare le sfide legate all'inclusione e alla diversità, promuovendo un ambiente di lavoro che valorizzi le differenze e garantisca pari opportunità per tutti; cambiamenti demografici: l'invecchiamento della popolazione e la diminuzione della forza lavoro in alcune aree richiedono strategie innovative per attrarre e trattenere talenti; sostenibilità: le aziende devono integrare pratiche sostenibili nelle loro operazioni per affrontare le sfide legate al cambiamento climatico e alla responsabilità sociale d'; gestione delle transizioni: le transizioni tra diversi ruoli o settori lavorativi richiedono un supporto adeguato, un aiuto ai lavoratori per affrontare questi cambiamenti senza perdere la propria identità professionale; mismatch, cioè la discrepanza tra le competenze che i lavoratori possiedono e quelle richieste dal mercato del lavoro: il World Economic Forum sottolinea come il rapido progresso tecnologico stia ampliando questo gap. La Commissione Europea ha anche identificato il mismatch come un problema significativo, influenzato da fattori come l'invecchiamento della popolazione e l'innovazione tecnologica. Questo scenario richiede politiche di formazione continua e riqualificazione professionale per adattarsi alle nuove esigenze del mercato. Bibliografia Luciani M., Radici e conseguenze della scelta costituzionale di fondare la Repubblica democratica sul lavoro, in Argomenti di diritto del lavoro, 3/2010. Tria L. (a cura di), La giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di tutela del diritto al lavoro. Linee di tendenza, settembre 2015, https://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/stu_287.pdf (ultimo accesso dicembre 2024). Pupo V., Il principio lavorista, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2013. Di Majo L., Diritto al lavoro e ruolo dei sindacati in Italia, 2018, https://www.forumcostituzionale.it/wordpress/wp-content/uploads/2018/09/dimajo.pdf (ultimo accesso dicembre 2024). 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