Verso un Nuovo Modello di VET: 20 anni di Sistema di Istruzione e Formazione Professionale. Il Sistema IeFP del domani: una proposta evolutiva

Autore: 
R. Vicini - M. Frisanco - M. Dolci - CNOS-FAP
Categoria pubblicazione: 
Fuori collana
Anno: 
2025
Numero pagine: 
30
Codice: 
Verso un Nuovo Modello di VET: 20 anni di Sistema di Istruzione e Formazione Professionale Il sistema IeFP del domani: una proposta evolutiva di Roberto Vicini, Mauro Frisanco e Mattia Dolci in collaborazione con Fondazione CNOS-FAP ETS CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 1 05/11/25 10:54 CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 2 05/11/25 10:54 3 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Sommario Introduzione ................................................................................................................... 5 Parte I – Scenario e prospettiva ........................................................................... 7 1.1. Il contesto attuale e le istanze di ridisegno del sistema . 7 1.2. Criticità e punti di forza del sistema ........................................... 7 1.3. Oltre la contrapposizione persona / lavoro ........................... 9 Parte II – I fattori costitutivi del nuovo modello ......................................... 10 2.1. Ridefinizione del profilo in uscita e prospettiva unitaria del percorso ............................................................................................. 10 2.2. Dai blocchi monolitici a soluzioni più flessibili e “micro” .... 12 2.2.1. Un nuovo concept di Repertorio nazionale ............ 13 2.2.2. Standard formativi di base e trasversali .................... 18 2.2.3. Personalizzazione del curricolo e delle certificazioni ............................................................................................... 20 2.3. Un nuovo profilo di formatore ....................................................... 22 Parte III – Ordinamento nazionale e governance della IeFP Next ... 23 3.1. Le direttrici del ridisegno del sistema ....................................... 23 3.2. Verso un ordinamento “nazionale” della IeFP ..................... 24 Parte IV – Strumenti di attuazione, valutazione e raccomandazioni politiche ................................................................................................................. 25 4.1. Strumenti operativi e di supporto alla IeFP Next ............... 25 4.2. Il framework di scalabilità nazionale ........................................... 26 4.3. Raccomandazioni politiche ............................................................. 27 CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 3 05/11/25 10:54 CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 4 05/11/25 10:54 5 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Introduzione L’Italia si trova oggi di fronte a un bivio strategico. A vent’anni dall’istituzione del sistema di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) e a dieci anni dalla Sperimentazione Duale e dalla “Buona Scuola”, è necessario un ripensamento profondo del sistema formativo. Le trasformazioni tecnologiche, l’avvento dell’intelligenza artificiale, la crisi demografica e la crescente complessità del mondo giovanile e del mercato del lavoro rendono urgente la definizione di un nuovo modello di IeFP, capace di rispondere in modo sistemico e sostenibile alle sfide del futuro. Il presente position paper nasce con un duplice obiettivo: da un lato, offrire una base concettuale e operativa per una ridefinizione del sistema della IeFP, nel rispetto dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) vigenti1; dall’altro, contribuire al dibattito politico e istituzionale sul ruolo dell’IeFP nel rilancio economico e sociale del Paese. La proposta si sviluppa su quattro direttrici strategiche: 1. Centralità della persona – La IeFP forma individui consapevoli, competenti e capaci di apprendere per tutta la vita. La persona non è più solo destinataria del sapere, ma soggetto attivo nel processo di apprendimento e di costruzione della propria identità professionale, civica e personale. 2. Flessibilità e modularità dei percorsi – Il superamento dei curricoli rigidi e dei “blocchi monolitici” consente di costruire percorsi personalizzati, articolati in micro-unità e microcredenziali riconosciute a livello nazionale. 3. Riconfigurazione della funzione del formatore – Il formatore diventa architetto di esperienze formative, tutor, mentore e facilitatore dell’apprendimento, con un ruolo educativo che va oltre la trasmissione di conoscenze e competenze. L’IA rappresenta una leva per personalizzare la didattica, ottimizzare i processi formativi e promuovere una valutazione predittiva e inclusiva delle competenze. 4. Governance nazionale unitaria – La IeFP deve dotarsi di un ordinamento nazionale unitario, condiviso tra Regioni, che rifletta e garantisca la sua specifica identità e fisionomia su tutto il territorio nazionale, oltre che di un proprio livello tecnico capace di assicurare coerenza, qualità e continuità all’offerta su tutto il territorio nazionale. La proposta è quella di una IeFP next intesa come ecosistema dinamico e aperto, basato da un lato su standard formativi più flessibili e più coerenti con i frameworks europei, dall’altro su di un Repertorio nazionale di standard professionali agile, aggiornato automaticamente attraverso l’Atlante 1 Capo III del D.Lgs. n. 226/2005. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 5 05/11/25 10:54 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 6 del Lavoro e le esigenze emergenti del mercato. Tale modello consente alle Regioni di mantenere la propria autonomia programmatoria e regolamentare, ma all’interno di un quadro unitario e interoperabile. Nell’architettura degli standard professionali e formativi una particolare centralità e funzione di cerniera viene assicurata dalle c.d. “casistiche di esercizio”. Uno degli obiettivi imprescindibili per la IeFP del futuro consisterà nell’assumere specifiche regolamentazioni a livello territoriale nel rispetto di “riferimenti nazionali” essenziali e del sistema degli standard nazionali di cui agli specifici Accordi con lo Stato, garantendo un’offerta maggiormente comprensibile ai propri utenti. Da ultimo, il documento propone un framework di attuazione e valutazione d’impatto, con indicatori chiave per misurare efficacia, occupabilità, innovazione e inclusione, nonché meccanismi di scalabilità delle buone pratiche regionali. La nuova IeFP non è semplicemente un segmento del sistema educativo, ma il pilastro di un nuovo patto formativo tra persona, lavoro e comunità. Come tale, essa costituisce anche un modello e un nuovo paradigma per lo stesso segmento di sistema dell’Istruzione secondaria superiore. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 6 05/11/25 10:54 7 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Parte I Scenario e prospettiva 1.1. Il contesto attuale e le istanze di ridisegno del sistema L’attuale fase storica è caratterizzata da un’accelerazione senza precedenti dei processi di trasformazione tecnologica, produttiva, culturale e sociale. L’automazione, la transizione verde e la digitalizzazione delle economie stanno ridisegnando la struttura stessa del lavoro e la mappa delle competenze richieste ai cittadini. Già oggi il mismatch e la distanza dei sistemi formativi rispetto al mondo del lavoro, così come più in generale alla realtà sociale e culturale, si sono accresciuti e continuano a crescere in modo esponenziale. A ciò va aggiunto lo scenario che si apre con l’ingresso pervasivo dell’Intelligenza Artificiale (IA) in tutti i campi del vivere, ossia quello di una vera e propria rivoluzione, con trasformazioni profonde e radicali che toccheranno tutti gli aspetti, anche del mondo della scuola e della formazione in genere. Si tratterà di un ridisegno dell’intero sistema formativo, con un passaggio dall’attuale modello centrato sulla progettazione e trasmissione di contenuti standardizzati, ad uno centrato su esperienze di acquisizione personalizzate, adattive, capaci di seguire i ritmi e i bisogni ad un tempo del contesto lavorativo, sociale e di vita della persona. Contestualmente e inevitabilmente cambierà anche il mestiere di chi insegna. Il formatore non sarà più essenzialmente un esperto di contenuti, ma innanzitutto un architetto di esperienze di apprendimento, un facilitatore e un tutor. L’avvento dell’IA nell’ambito formativo avrà aspetti positivi, rendendo ad esempio possibile l’automatizzazione dei compiti ripetitivi (come quello della trasmissione dei contenuti e lo sviluppo di abilità pratiche e cognitive), ottimizzando i tempi di lavoro, liberando energie e spazi per la gestione delle dimensioni relazionali e progettuali, decisive per l’apprendimento. Si tratta di opportunità da tenere in debita considerazione, nel ripensare e ridisegnare il sistema. 1.2. Criticità e punti di forza del sistema Il momento storico in cui stiamo vivendo, costituisce dunque un bivio e pone con urgenza la necessità di scelte di prospettiva, la cui mancata assunzione può avere forti conseguenze negative nel prossimo futuro. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 7 05/11/25 10:54 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 8 In ogni caso, lo scenario che si apre contiene un insieme di elementi che costituiscono, se colti in tempo, una grande opportunità. Per la IeFP ciò costituisce anche una occasione per la valorizzazione a tutto tondo di fattori già presenti, per così dire, nel proprio DNA. Accanto a elementi di criticità, essa dimostra infatti di possedere anche punti di forza e risorse, che le permettono di accettare la sfida e di giocare a tutto campo la partita. Quanto alle criticità, è noto come il sistema di IeFP in Italia, nonostante i suoi significativi progressi degli ultimi vent’anni, si presenti ancora frammentato, privo di un quadro nazionale organico e di una strategia di medio-lungo periodo. A ciò si somma la perdurante difficoltà, tra i giovani e a livello culturale-sociale, di percepire la formazione professionale come percorso di eccellenza e non di serie B. La mancanza di una fisionomia ordinamentale unitaria ha reso possibile in diversi territori l’adozione di soluzioni regolamentari che hanno fatto proprie modalità organizzative e metodologiche tipiche del sistema scolastico, importando, per così dire, anche le rigidità che tale modello contiene. La formazione in contesto lavorativo, pur valorizzata dalle esperienze duali, non ha ancora raggiunto un grado di sistematicità e diffusione tali da rendere la dimensione esperienziale una componente strutturale di ogni percorso IeFP. In questo campo, il risultato è un sistema vitale ma disperso, innovativo ma vulnerabile, in cui la qualità delle esperienze dipende più dalle eccellenze territoriali che da una regia nazionale coerente. Il mancato aggiornamento costante dei propri standard di apprendimento, in particolare di quelli relativi alle competenze tecnico professionali, rischia poi di determinarne l’obsolescenza. Certo, la IeFP si caratterizza in modo più netto e distintivo, rispetto all’Istruzione professionale che non presenta un’offerta definita e riconoscibile per specifiche figure professionali, bensì per “indirizzi” molto ampi e risultati di apprendimento tecnico-professionali ancorati alle discipline. Ciò rappresenta un punto di forza della stessa IeFP. Tuttavia, l’architettura e la configurazione attuale del sistema degli standard formativi e professionali non assicura pienamente quella “liquidità”, quella “flessibilità” e “apertura” che sono richieste dai cambiamenti di scenario e di fabbisogno, dall’avvento e consolidarsi di nuovi paradigmi del lavoro e dell’apprendimento, L’attuale Repertorio nazionale delle Figure di riferimento dell’offerta formativa della IeFP del 20191 è descritto in termini troppo prolissi (centinaia di pagine per sole 59 Figure), le regole del suo utilizzo, finalizzate alla salvaguardia dell’identità di ogni territorio, paiono di difficile comprensione e applicazione, i criteri di manutenzione previsti sono complessi e richiedono tempi non in grado di dare risposte rapide e articolate ai fabbisogni emergenti. 1 Accordo n. 155/CSR del 1° agosto 2019. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 8 05/11/25 10:54 9 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Quanto ai punti di forza, è altrettanto noto come la IeFP vanti un rapporto forte e più organico e strutturale col mondo del lavoro, possieda un assetto istituzionale e strutturale per sua natura più libero, rispetto a quello delle Istituzioni scolastiche, dotate di “autonomia” solo funzionale, abbia un quadro di disposizioni normative più essenziale e sia culturalmente e storicamente più rivolta ad un approccio inclusivo, personalizzato e orientato fortemente all’occupazione. La IeFP, per la sua natura più operativa, laboratoriale e contestuale, è il sistema che più di ogni altro può interpretare i processi di transizione dei modelli formativi e delle stesse modalità di acquisizione dei saperi e delle dimensioni teoriche, resi necessari dalle evoluzioni del contesto attuale, secondo paradigmi che superano l’antinomia di pratica e teoria. 1.3. Oltre la contrapposizione persona / lavoro La scommessa per la IeFP è quella di rinnovare il proprio modello formativo e organizzativo, in continuità con la propria tradizione e specifica fisionomia, secondo una direttrice che punta alla formazione integrale della persona, nella linea di una pedagogia dell’adattabilità e della didattica professionale, fondate su esperienze reali, personalizzazione dei percorsi e connessione permanente tra sapere e fare, attraverso la piena valorizzazione del lavoro, inteso non più soltanto come luogo fisico, ma come ecosistema fluido di esperienze, in cui competenze trasversali, autonomia decisionale e capacità di apprendimento continuo diventano determinanti. In tale prospettiva, tra acquisizione di competenze per l’occupabilità e formazione di persone autonome e consapevoli, capaci di affrontare la complessità della realtà, non sussiste antinomia, né soluzione di continuità. Questa IeFP next dovrà inoltre essere pensata come parte integrante non solo del sistema di istruzione e formazione di secondo ciclo, ma dello stesso ecosistema nazionale dell’apprendimento permanente, che integra istruzione, formazione, lavoro e welfare attivo e che in tal senso, pur mantenendo il proprio posizionamento nell’ambito del Diritto-dovere all’istruzione e formazione, si apre anche a target di popolazione adulta, interconnettendosi con la C-VET (formazione continua) e con la formazione per l’upskilling e il reskilling dei cittadini in cerca di occupazione all’interno delle politiche attive del lavoro. La IeFP può insomma diventare ad un tempo un luogo di innovazione educativa, inclusione sociale e sviluppo sostenibile. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 9 05/11/25 10:54 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 10 Parte II I fattori costitutivi del nuovo modello 2.1. Ridefinizione del profilo in uscita e prospettiva unitaria del percorso Nel nuovo contesto, dove tutto è fluido, si dimostrerà fondamentale, innanzitutto, la formazione della persona in tutte le sue dimensioni. Nello stesso mondo del lavoro, ciò che fino a qualche anno fa era ritenuto implicito o collaterale, ora diviene sempre più centrale. Ci riferiamo alle c.d. dimensioni di competenza trasversali o “soft”. Già con un proprio Accordo1, con riferimento alle Competenze Chiave Europee, le Regioni hanno adottato in via sperimentale un primo set, non ancora articolato e determinato, di “risorse personali, sociali, di autoapprendimento e imprenditoriali”. Queste dimensioni sono ormai divenute oggetto di diversi specifici frameworks europei2 e ad esse fanno riferimento in particolare le competenze generali del profilo in esito ai percorsi ITS Academy3. In ogni caso, l’attenzione verso di esse rientrano nelle pratiche diffuse e nel patrimonio di attenzione educativa e formativa della IeFP. Appare dunque strategico, ai fini di una ridefinizione della fisionomia della IeFP, porre innanzitutto al centro queste dimensioni, in termini di loro: a) traduzione in “oggetti” veri e propri di apprendimento: anche a fronte delle recenti disposizioni regolamentari in ambito formativo, come delle politiche attive del lavoro, che ne dispongono addirittura la certificazione, diviene lecito considerare l’opportunità di definirli in termini non solo di finalità generali o di dimensioni metacognitive dei pro- 1 Accordo fra le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano relativo alla tabella di confluenza tra qualifiche e diplomi professionali e per l’assunzione delle dimensioni personali, sociali, di apprendimento e imprenditoriali nell’ambito dei percorsi di istruzione e formazione professionale, 18 dicembre 2019. 2 Si pensi in particolare a LifeComp, EntreComp, Quadro G20/OCSE-INFE sull'alfabetizzazione finanziaria degli adulti, Quadro di riferimento delle competenze per una cultura della democrazia. 3 Allegato 2) al DM n. 203/2023. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 10 05/11/25 10:54 11 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 cessi formativi, ma di costrutti di competenza, dotati di uno specifico rilievo e “valore” accanto e in sinergia con quelli delle competenze culturali di base e tecnico professionali; b) inserimento strutturale nel profilo comune a tutti i percorsi di IeFP, che verrebbe conseguentemente a strutturarsi nei suddetti tre ambiti tra loro fortemente interconnessi, determinando un approccio formativo ed educativo fortemente unitario; c) conseguente sviluppo curricolare a partire dalla prima annualità, in forma strettamente integrata agli altri contenuti di competenza e non semplicemente riservata a determinate attività, come ad es. accade nel sistema scolastico con i Percorsi per le competenze trasversali e di orientamento (PCTO), ora ridenominati “formazione scuola-lavoro”4; d) messa in valore, secondo modalità non necessariamente certificative, con rilievo non solo documentale e di restituzione della specifica fisionomia dell’alunno (profilo professionale personale) nell’ambito delle Attestazioni finali e intermedie rilasciate. Tutto ciò implica la messa a punto – cosa ad oggi non ancora realizzata - di uno specifico PECuP della IeFP, articolato nelle tre dimensioni di competenza, appunto, culturale, tecnico-professionale e trasversale, quale architrave di tutto il sistema formativo. Si introdurrebbe così una prospettiva unitaria, dove il criterio guida di tutto il processo formativo è dato, appunto, dal PECuP (formazione unitaria della persona), cui si riferiscono in termini di specifica declinazione professionalizzante i diversi profili sia di Tecnico professionale (IV liv. EQF), anch’essi articolati nelle tre dimensioni, tra loro strettamente interconnesse, sia di Operatore. Questi verrebbero a rappresentare non tanto costrutti a sè stanti, come tendenzialmente oggi accade, bensì tappe di avvicinamento (III liv. EQF) al livello e al tipo di formazione attesa al termine della quadriennalità. Nonostante la revisione operata nel 2019 degli standard del 2011, gli attuali profili di III e IV livello, contengono infatti ancora elementi di discontinuità e quello di Tecnico si presenta più in termini di sviluppo per così dire “aggiuntivo” a quello di Qualifica, che di termine finale, capace di determinarne a ritroso l’iter realizzativo e la stessa struttura. Detto in altri termini. La Qualifica è pensata come realtà autoconsistente, indipendente dalla dimensione di Tecnico e questa quasi come una sorta di completamento e rafforzamento della Qualifica stessa. Ferma restando l’uscita alla terza annualità, con acquisizione di una Qualifica professionale, la prospettiva formativa dovrebbe essere non più 4 Vedi comma 784-octies all'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, introdotto dal Decreto Legge 9 settembre 2025, n. 127, articolo 1, comma 6 ad oggi Legge dello Stato in attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 11 05/11/25 10:54 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 12 quella del 3 + 1, bensì quella del 4 – 1 e lo sviluppo curricolare, seppure con le necessarie diversificazioni di quote orarie ad esse destinate, dovrebbe mirare fin dalla prima annualità all’acquisizione integrata di tutte le dimensioni di competenza. Già l’attuale profilo di Tecnico, infatti, si presenta come caratterizzato da dimensioni di competenza trasversali, quali la capacità di identificare problematiche, di leggerle e interpretarle, di proporre e applicare soluzioni possibili, di partecipare al processo di analisi e valutazione funzionale alla decisione, nonché di interazione operativa nell’ambito di gruppi di lavoro; queste dimensioni non dovrebbero semplicemente aggiungersi a quelle “operative”, ma essere considerate e strutturalmente innestate, seppur in termini di avvio, nell’iter e nella prospettiva formativa della stessa triennalità. La quadriennalità, nel rispetto del vincolo della Qualifica, potrà poi essere articolata diversamente, in rapporto alle esigenze e nell’ambito delle specifiche regolamentazioni regionali (3+1; 2+1+1); l’unitarietà del percorso sarà in ogni caso assicurata, oltre che dal rispetto del LEP nazionale, dal comune riferimento al PECuP. 2.2. Dai blocchi monolitici a soluzioni più flessibili e “micro” La seconda scelta strategica è quella che va nella direzione della flessibilizzazione del sistema e delle modalità di erogazione dell’offerta. Ciò è possibile a condizione di una sorta di disarticolazione di elementi che ad oggi sono associati in forma rigida e precostituita, in modo tale da permetterne una riarticolazione più funzionale. Ci riferiamo in particolare all’attuale: a) identificazione di standard professionale e standard formativo; b) definizione dei profili territoriali solo a partire dagli indirizzi di Figura; c) posizionamento degli esiti di apprendimento unicamente sui livelli III e IV EQF; d) insufficiente copertura delle dimensioni di carattere trasversale e di alfabetizzazione per l’esercizio della cittadinanza attiva. In generale, si tratta di operare un deciso passaggio a favore di soluzioni formative flessibili, incentrate su “oggetti” di apprendimento non precostituiti in “blocchi”, bensì aggregabili a geometria variabile, in rapporto alle specifiche esigenze da un lato del contesto (emergenza di nuovi fabbisogni di competenza), dall’altro della persona (personalizzazione del curricolo). Secondo una prospettiva che, come precedentemente sottolineato, non contrappone le due istanze. Le soluzioni formative si modellano, infatti, innanzitutto a partire dagli oggetti di apprendimento. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 12 05/11/25 10:54 13 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 2.2.1. Un nuovo concept di Repertorio nazionale L’architrave dell’offerta della IeFP risiede negli standard di competenza codificati nel Repertorio nazionale delle Figure professionali definito in sede di Accordo in Conferenza Stato Regioni nel 2011, successivamente modificato con quello – vigente – del 20195. L’adozione di un nuovo concept di Repertorio nazionale può dunque costituire il punto di partenza per una più efficace configurazione del sistema stesso di IeFP. A questo livello il primo passaggio interessante può esser quello che smonta, per così dire, il blocco dell’attuale standard di apprendimento, distinguendo in modo più funzionale la dimensione professionale dello standard da quella formativa. L’attuale architettura del Repertorio 2019 è costituita da 59 Figure di III (Qualifica) e IV (Diploma) liv. EQF articolate in indirizzi “formativi”. Le Figure e le loro articolazioni di indirizzo sono aggregati di competenze, ossia esiti di apprendimento; le competenze si articolano in abilità e conoscenze; sia Figure /indirizzi e competenze sono concepite come standard formativo minimo e sono associati alle Aree di attività e ai processi di lavoro dei vari settori economico-produttivi dell’ALQ. Tra standard formativo e standard professionale c’è dunque un rapporto di stretta correlazione, così come rappresentato dal seguente schema: 5 Accordo n. 155/CSR del 1° agosto 2019. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 13 05/11/25 10:54 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 14 L’Accordo del 2019 assegna alla programmazione dell’offerta IeFP e della progettazione regionale spazi di flessibilità e autonomia che l’Accordo CSR 2011 consentiva solo in parte. Ad oggi è infatti possibile, attraverso gli indirizzi, articolare le Figure nazionali in specifici profili regionali sulla base dei fabbisogni del territorio: “I profili regionali possono caratterizzarsi: per l’utilizzo di indirizzi formativi anche di diverse figure nazionali; in questo caso, la figura nazionale di correlazione del profilo regionale è quella “core” per indirizzo formativo scelto; attraverso l’arricchimento e/o declinazione delle competenze della figura nazionale con ulteriori competenze tecnico professionali richieste da specifiche esigenze territoriali; in questo caso quest’ultime devono considerarsi sempre aggiuntive rispetto allo standard nazionale che non può mai subire riduzioni, sia in termini di competenze che di abilità e conoscenze”6 Per comprendere l’efficacia di tale soluzione dovremmo avere a disposizione dati attendibili, ad oggi non ancora disponibili. Un primo aggiornamento del Repertorio 2019 ha preso infatti avvio nel 2017 (seguendo tra l’altro un processo che nulla ha avuto a che fare con le modalità previste dalla normativa) e, ad oggi, il ritardo accumulato nella manutenzione è pari a 6 anni (2019-2025). Inoltre, come è già successo nel periodo 2011-2019, non sono mai state avviate a livello nazionale le valutazioni di sistema previsti dalle disposizioni vigenti. Ne consegue l’impossibilità di valutare la sostenibilità, la tenuta e l’efficacia, nello specifico, della soluzione “indirizzi formativi” adottata nel 2019 con l’intento di assicurare una significativa flessibilità all’offerta formativa regionale. Pare comunque lecito dubitare del fatto che l’attuale sistema mantenga una velocità di adattamento dell’insieme degli standard di riferimento (settori e processi di lavoro, figure, competenze) pari a quella dell’evoluzione dei fabbisogni espressi dai mutamenti più significativi del contesto sociale, economico e lavorativo. Ciò che si può avanzare come ipotesi, in certi casi avvallate da situazioni rappresentate da singoli Enti di formazione professionale operanti nei diversi territori, è l’esistenza di un quadro regionale molto eterogeneo degli approcci seguiti, anche a causa della mancanza di adeguate informazioni e della non comprensione a livello regionale di come “far funzionare” gli indirizzi nell’ottica della flessibilità territoriale. Anche tale soluzione metodologica e di architettura per indirizzi formativi potrebbe quindi aver indirettamente contribuito ad ampliare i divari territoriali in termini di tipologia dell’offerta IeFP. Va inoltre osservato che l’attuale articolazione del Repertorio nazionale IeFP consegna a questa “nuova epoca” (GenAI, Industria 5.0, ecc.) Figure troppo complesse nel loro “design”, eccessivamente ricche di elementi connotativi e strutturate (in competenze, abilità, conoscenze), facilmente 6 Di cui all’Allegato 1, lettera B, dell’Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 1 agosto 2019. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 14 05/11/25 10:54 15 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 oggetto di una rapida obsolescenza. Da tutto ciò consegue, oltre la necessità di manutenzioni e aggiornamenti rapidi, che difficilmente possono essere assicurati applicando processi inter-istituzionali (Ministeri, Regioni, Parti sociali) molto complessi, l’opportunità di un ripensamento della stessa attuale architettura, al fine di: – assicurare una manutenzione più ricorrente, quasi in automatico degli elementi costitutivi degli standard rispetto a fabbisogni quantitativi e qualitativi in continua evoluzione (prospettiva Next Agility); – massimizzare i margini di flessibilità e di adattamento dell’offerta IeFP, da parte delle Regioni, dando la possibilità di configurare in maniera più forte il proprio (regionale) sistema identitario IeFP fondato, non solo sulle specifiche vocazioni, ma anche su fabbisogni “a km 0” delle proprie imprese e degli utenti potenziali, oltre che sulle strategie di verticalizzazione della filiera tecnica e professionale; – rendere più essenziali i “riferimenti nazionali”, limitando la loro quantità e tipologia in relazione a quanto prevede il quadro normativo “madre” (nello specifico il Decreto Legislativo 17 ottobre 2005, n. 226) a favore di un’offerta anche maggiormente comprensibile nei singoli territori. In tale prospettiva, IeFP next significa, inoltre, un Repertorio di Figure professionali in grado di ampliare ulteriormente il livello di inclusività del sistema di offerta, a favore cioè di una IeFP capace di dare risposte formative anche a tutti quei giovani adulti che, abbandonati gli studi precocemente, si trovano a svolgere nel mercato del lavoro “mestieri di tipo esecutivo” a riporto di quelli “operativi” svolti da lavoratori qualificati. In altri termini, un Repertorio con Figure professionali che copre potenzialmente tutti i “mestieri” e le “qualificazioni” delle aree esecutiva, operativa e tecnica, referenziabili, rispettivamente, ai livelli II, III e IV del QNQ/EQF e rinvenibili nell’ALQ. Inoltre, un Repertorio Open, grazie anche alla valorizzazione delle tante micro-qualificazioni che possono essere rinvenute nell’Atlante stesso. Tale ripensamento dell’architettura del Repertorio nazionale deve essere accompagnato da nuove “regole” comuni (poche, essenziali), che le Regioni devono rispettare nella configurazione dei propri Profili in rapporto alle Figure nazionali ai fini della validità dei titoli rilasciati. Questa riconfigurazione del Repertorio deve opportunamente passare da un lato attraverso un rafforzamento della dimensione professionale degli standard, grazie a un’ulteriore, e maggiore, valorizzazione dell’Atlante del lavoro per il design delle qualificazioni nazionali IeFP, dall’altro attraverso un ripensamento dell’articolazione con lo standard formativo. Nello specifico, ciò può avvenire in questo modo: – piano nazionale: gli standard di riferimento si limitano alla dimensione prettamente professionale restituita dall’ALQ, aggiornata automaticamente in progress sulla base degli aggiornamenti dei vari livelli/oggetti della nomenclatura dell’Atlante stesso (processi di lavoro, aree di attività, CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 15 05/11/25 10:54 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 16 attività, risultati attesi, casi esemplificativi della performance attesa, risorse e tecniche tipiche, output tipici, metodo valutativo e disegno tipo della valutazione); – piano regionale: vengono declinati dalle singole Regioni gli standard formativi, esplicitati in termini di risultati di apprendimento (competenze, abilità, conoscenze) associati agli standard professionali nazionali nel rispetto di specifici criteri metodologici (regole comuni) che assicurino la validità nazionale dei titoli rilasciati. La figura nazionale assume una connotazione ideal tipica, costituita da elementi qualificativi essenziali e descritta in modalità short description, nella prospettiva che la qualificazione associata possa anche garantire che il suo patrimonio informativo e i relativi risultati d’apprendimento siano accessibili attraverso la pubblicazione elettronica delle informazioni sulle qualificazioni, conformemente alle Raccomandazioni UE n. 5 e 6 sul Quadro europeo EQF del 2017. Nella sua descrizione appare importante prevedere il riferimento anche uno o più “casi esemplificativi” della perfomance attesa, individuati attraverso i Risultati attesi (RA), che contemplano il set di attività definito in base al loro grado di complessità e modalità di esercizio in termini di autonomia e responsabilità. Il profilo regionale risulterebbe invece espresso dai risultati di apprendimento (competenze, abilità e conoscenze) associati alla Figura professionale nazionale, individuati e declinati sia nel rispetto di criteri e alle regole nazionali, sia tenuto conto delle risorse tecniche, output tipici e del metodo/ disegno tipo della valutazione espressi dalle “Schede caso” riferite ai RA associati alla figura. Quest’ultimo aspetto è rilevante in quanto l’associazione tra standard (professionali e formativi) resa possibile dalle Schede caso consente di disporre di riferimenti validi anche per guidare l’elaborazione e lo svolgimento di prove di valutazione sia standardizzate, a prescindere dai contesti territoriali, sia in grado di valorizzare al massimo l’esperienza formativa/lavorativa e, allo stesso tempo, di dimostrare la capacità di rispondere alle prestazioni attese nelle diverse situazioni professionali. Possiamo rappresentare l’ipotesi di nuova architettura del Repertorio IeFP che tiene conto dei due livelli (nazionale e regionale) nel seguente modo: CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 16 05/11/25 10:54 17 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Non da ultimo, la soluzione prospettata permette anche di superare la duplicazione degli standard professionali ad oggi vigente (Repertorio delle Figure IeFP e Repertori delle qualificazioni regionali). La Regioni potrebbero adottare direttamente come standard formativo le proprie qualificazioni professionali, già incluse nel Repertorio nazionale ex art. 8 del D.Lgs. n. 13/2013, per la cui inclusione è già assicurata la standardizzazione lessicale e descrittiva dei contenuti e la reciproca leggibilità con le qualificazioni delle altre Regioni. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 17 05/11/25 10:54 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 18 Ovviamente tutto il processo richiede una particolare attenzione e un necessario presidio dei seguenti aspetti: – necessità di criteri di correlazione chiari (nazionale-regionale); – coinvolgimento degli esperti di settore per l’individuazione delle attività lavorative pertinenti; – identificazione precisa delle “micro situazioni di esercizio professionali” e della loro referenziazione ai corretti livelli QNQ/EQF, sulla base di un’analisi attenta ed expertise per evitare errori che potrebbero “indebolire la spendibilità” dello standard professionale; – comprensione e corretta applicazione delle “regole comuni”; – assicurazione di un accompagnamento (in)formativo rivolto a tutte le risorse del sistema IeFP sia del livello progettuale-attuativo (management delle Istituzioni formative, progettisti, ecc.) che di quello strategico-programmatorio (stakeholder istituzionali regionali); – accettazione e controllo dell’effettiva implementazione da parte di tutte le Regioni. 2.2.2. Standard formativi di base e trasversali Lo standard formativo, oltre alla componente tecnico-professionale, comprende poi quella culturale di base e quella trasversale. Mentre per la prima vale quanto sopra suggerito, per le altre si tratterebbe soprattutto di rideclinarne i contenuti minimi, in rapporto al nuovo scenario e tipologia di competenze richieste, mantenendo comunque l’attuale logica definitoria e classificatoria, Competenze culturali di base Gli attuali standard delle competenze culturali di base di cui all’Accordo CSR del 2019 hanno già operato una scelta strategica di particolare significatività: a) definendole in termini di diretta declinazione, contestualizzazione e posizionamento di livello (III e IV) delle Competenze Chiave Europee7; b) accorpandole in “blocchi” di area, che evidenziano le prossimità (ad es. area della comunicazione, STEM, storico-geografico-economico- giuridica). Tale struttura e logica andrebbe mantenuta, perché funzionale: – al loro sviluppo unitario e fortemente integrato, anche con le dimensioni di processo cognitivo (capacità di lettura e interpretazione della 7 Vedi premessa (QUADRO DI RIFERIMENTO DELLE COMPETENZE PER UNA CULTURA DELLA DEMOCRAZIA) all’Allegato 4) all’Accordo CSR 1° agosto 2019. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 18 05/11/25 10:54 19 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 realtà) e più trasversali, come il risolvere problemi, il relazionarsi con altri, ecc.; – alla centratura sulle suddette dimensioni, che richiamano e potenziano attitudini e favoriscono l’acquisizione di un habitus, più che di specifiche e molteplici conoscenze; – alla possibile ridefinizione degli “insegnamenti, sempre in una logica unitaria di “area”, non segmentato per ambiti disciplinari come oggi accade nella scuola. A fronte del nuovo scenario, il quadro andrebbe comunque potenziato sul fronte della cultura digitale, prevedendo dimensioni non solo legate alla gestione degli strumenti, ma anche al saper leggere, interpretare e valutare i flussi informativi, distinguere tra fonti affidabili e fake news, utilizzare piattaforme collaborative, ecc. Parimenti, sia per l’ambito digitale, che nell’area dell’alfabetizzazione funzionale, dovrebbero essere introdotte nuove forme quali AI literacy e data literacy, (capacità di comprendere il funzionamento dei sistemi di intelligenza artificiale e di interpretare i dati che essi generano). Competenze trasversali Con riguardo anche alle nuove previsioni normative8, che prescrivono anche per la IeFP l’introduzione “dello sviluppo di competenze non cognitive e trasversali in ambito curricolare”, ossia per arrivare a tale appuntamento in termini propositivi e non a rimorchio di altre impostazioni, nel contesto di una seconda fase sperimentale si potrebbe adottare un primo schema condiviso, più articolato di quello di cui all’Accordo in Conferenza dei Presidenti delle Regioni del dicembre 2019, definito sulla base delle esperienze realizzate in questi ultimi anni da parte delle Istituzioni formative e che ne permetta la traduzione in termini di oggetto di apprendimento, sia sul piano dello sviluppo formativo, che della sua “messa in valore”. Il focus dovrebbe essere posto sulla capacità di apprendere ad apprendere, competenza madre in un contesto in cui nulla resta stabile. Come precedentemente suggerito, questi “oggetti”, dotati di un proprio specifico rilievo, entrerebbero in modo strutturale e integrato nel paniere di apprendimenti che costituiscono i profili in esito ai percorsi di IeFP. Un passaggio strategico potrebbe essere rappresentato dall’assunzione, per entrambi gli ambiti di competenza (sia culturale, che trasversale), in via esemplificativa e metodologica (ossia non ancora di standard vincolante) di “casistiche di esercizio” funzionali alla valutazione e certificazione intermedia e finale degli apprendimenti, oltre che alla progettazione curricolare. 8 Vedi l. n. 22/2025. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 19 05/11/25 10:54 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 20 Come prima evidenziato, le “casistiche” sono già previste dall’ALQ9 e potrebbero essere assunte come componenti dello standard professionale. La loro introduzione anche per l’ambito delle dimensioni culturale e trasversale rappresenterebbe una importante innovazione, capace di interconnettere tutto il sistema degli standard (professionale e formativo), di far dialogare più direttamente col mondo del lavoro e di ancorare il sistema della IeFP a criteri di valutazione univoci. Nel momento in cui si prevede una forte flessibilizzazione anche degli oggetti di apprendimento, occorre una contestuale regolazione unitaria sugli esiti certificati. Le “casistiche”, inoltre, svolgerebbero una significativa funzione esplicativa, permettendo, accanto al descrittivo e agli elementi componenti della competenza, di dare evidenza in modo più semplice ed immediato il contenuto di expertise giocato in situazione, nonché i relativi posizionamenti di livello (compreso il II EQF). Le casistiche applicate alle competenze culturali e trasversali evidenzierebbero inoltre in modo più forte le dimensioni di processo, rispetto a quelle di contenuto conoscitivo, e, quindi, le trasversalità e comunanze tra le stesse competenze. Con le conseguenze di metodo, ossia di approccio unitario e trasversale, che ciò implica anche sul piano formativo e valutativo. 2.2.3. Personalizzazione del curricolo e delle certificazioni In molti contesti territoriali l’organizzazione e l’assetto della IeFP ricalca ancora in buona parte il modello tradizionale scolastico, come definito da un quadro orario per ambiti di insegnamento “a canne d’organo”, dall’articolazione del curricolo in blocchi annuali, dalla centralità del gruppo classe per cluster di età omogenei e di norma riferito ad un unico profilo professionale. Questo schema appare oggi totalmente inadeguato. Ancor più per la IeFP, dove già oggi potremmo dire che il “non ordinario” costituisce la norma. In ogni caso, l’eccezionalità e la necessità di attraversare e riattraversare durante il corso della propria vita diversi ambiti e “frontiere” formative, comprese quelle maturate nelle esperienze di vita (il c.d. “informale”), costituiscono ormai una realtà imprescindibile, di cui lo stesso assetto della IeFP non può non tener conto in forma “ordinaria”. Da questo punto di vista – e non solo per i casi “difficili” -, va superato lo schema organizzativo dei blocchi monolitici temporali di progressione curricolare (per annualità) e dei gruppi-classe di apprendimento, come gruppi cui è erogata in forma standardizzata e omogenea la formazione. Si tratta invece di dare attuazione a curricoli personalizzati e verticali, con progressioni anche trasversali alle diverse annualità e anche in presenza di carenze 9 Vedi “Schede caso” correlate alle AdA dell’Atlante del lavoro. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 20 05/11/25 10:54 21 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 di apprendimento in alcuni ambiti di competenza, caratterizzati dalla più ampia flessibilità modulare e in una logica di “capitalizzazione” e spendibilità delle acquisizioni, sia internamente al percorso frequentato, che verso gli altri percorsi dell’istruzione e formazione e verso il lavoro. Nel rispetto dei LEP e non applicandosi al sistema di IeFP la specifica regolamentazione scolastica, tutto ciò è già oggi possibile. Alla flessibilizzazione dei contenuti di cui ai due punti precedenti, deve utilmente accompagnarsi quella degli interventi formativi, volti ad assicurare anche l’acquisizione differenziata di competenze: uno stesso alunno potrebbe personalizzare il proprio profilo in esito, aggiungendo alle competenze core (set di quelle culturali e trasversali e di quelle comuni del profilo regionale), altre corrispondenti ai propri interessi e attitudini. Ciò anche con l’ausilio di una formazione erogata in forma più flessibile e modulare (microlearning), sempre più blended, anche sotto forma di “pacchetti” preconfezionati, fatta di pillole brevi e multimediali che rendono l’apprendimento rapido, accessibile. In sede formativa e valutativa si rivelerà utile l’apporto della IA, non in termini sostitutivi del formatore, ma di potenziamento della sua capacità di guidare e sostenere l’apprendimento. L’IA consente di personalizzare i percorsi formativi, adattando contenuti, tempi e modalità agli stili cognitivi e ai livelli di competenza degli studenti (didattica aumentata): gli algoritmi di adaptive learning consentono infatti di calibrare la difficoltà delle attività, proporre esercitazioni mirate, identificare i punti di forza e le aree di miglioramento di ciascun discente. Attraverso strumenti di analisi semantica è inoltre possibile realizzare anche dispositivi di valutazione più precisi, dinamici e personalizzati, nell’ottica di una valutazione autentica, centrata sui processi e sulle evidenze di apprendimento. Un dispositivo di valutazione supportato dall’IA può: – fornire feedback immediati e mirati agli studenti; – analizzare le progressioni individuali e le difficoltà ricorrenti; – supportare i formatori nella costruzione di percorsi di miglioramento; – contribuire alla validazione delle micro-credenziali e delle competenze acquisite in contesti non formali o informali. Alle soluzioni formative più granulari può infatti connettersi il rilascio di micro-credenziali che corrispondono a forme di certificazione e di portabilità più flessibili delle proprie acquisizioni. A ciò va aggiunto la possibilità – sulla base delle “casistiche di esercizio” – di rendere più trasparente e praticabile anche la certificazione intermedia, relativamente a più livelli EQF, delle competenze curriculari. Oltre al profilo standard, la certificazione finale potrebbe inoltre mettere direttamente in evidenza - non solo in termini meramente documentativi (come per il “Portfolio” e il “Curriculum dello studente” previsti dal sistema scolastico) - anche quello personale dell’alunno. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 21 05/11/25 10:54 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 22 2.3. Un nuovo profilo di formatore A monte di quanto sopra prospettato, si dimostra decisiva una gestione e cura dell’alunno da parte del docente-tutor, nell’ambito di una presa in carico a tutto tondo della persona, con forme di supporto progettuale e orientative non occasionali o marginali rispetto all’iter curricolare. Per questo occorre pensare ad una ridefinizione del profilo stesso del formatore, secondo le seguenti direttrici: a) gestione degli aspetti relazionali, motivazionali e orientativi; b) passaggio da una specializzazione “disciplinare”, ad un presidio di “area” di competenza, con focus sulla gestione delle dimensioni di processo e trasversali delle stesse; c) tutoraggio e supporto alla progettazione personalizzata dei curricoli; d) orientamento professionale e civico. Le dimensioni di cui alla lettera a) devono essere comuni a tutti i formatori; le altre possono delineare anche possibili ambiti distinti di professionalità, con articolazioni interne alla prima, ma il più possibile ridotte di numero e accorpate. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 22 05/11/25 10:54 23 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Parte III Ordinamento nazionale e governance della IeFP Next 3.1. Le direttrici del ridisegno del sistema Ogni “riforma” che aspiri alla concretezza deve tradurre i principi in strumenti, le visioni in processi e le strategie in pratiche verificabili. La IeFP next, nella sua ambizione di divenire un ecosistema nazionale di apprendimento permanente, necessita di un quadro di strumenti applicativi coerente e integrato. L’obiettivo è quello di tradurre la dimensione progettuale della IeFP next in infrastruttura educativa stabile, capace di generare risultati misurabili nel tempo. Sulla base di quanto sopra delineato, le direttrici operative principali sono: 1. un sistema unitario di standard – attraverso la piena implementazione del Repertorio nazionale agile in raccordo continuo con l’Atlante del Lavoro e tramite la ridefinizione degli standard delle competenze culturali e trasversali; 2. una governance multilivello stabile – che assicuri cooperazione tra Stato, Regioni, Istituzioni formative, imprese e soggetti della realtà sociale-territoriale; 3. un sistema digitale nazionale – per la gestione e la tracciabilità delle esperienze realizzate e il monitoraggio dei percorsi, oltre che l’interoperabilità con gli altri sistemi nazionali; 4. un sistema di qualità e valutazione d’impatto – che permetta di misurare l’efficacia e l’efficienza del sistema nel suo complesso. La governance del sistema, multilivello e partecipata, si articolerà sui due livelli: 1. nazionale / interregionale di indirizzo (che definisce strategie, linee guida e standard comuni) e di coordinamento tecnico-amministrativo, in cui le Regioni condividono modelli, strumenti e dati attraverso il Centro tecnico della Conferenza delle Regioni; 2. regionale di regolamentazione specifica, di programmazione e di erogazione dell’offerta, effettuata dalle istituzioni formative in rete con il mondo delle imprese e della realtà sociale. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 23 05/11/25 10:54 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 24 Nelle more della piena attuazione del federalismo fiscale, per garantire l’attuazione del sistema, occorrerà evidentemente passare da una logica di finanziamento episodico a una programmazione pluriennale, che favorisca stabilità, innovazione e accountability. 3.2. Verso un ordinamento “nazionale” della IeFP La direttrice fondamentale risiede comunque nel passaggio ormai improcrastinabile che il sistema della IeFP deve compiere, ossia quello di definirsi anche in termini ordinamentali a livello nazionale, superando la frammentazione regolamentare (c.d. “leopardizzazione”) che ancora oggi lo caratterizza e indebolisce. Non si tratta evidentemente di costruire una sorta di camicia di forza entro cui ricondurre tutta la varietà e ricchezza delle sue espressioni territoriali, ma di delineare il sistema stesso in termini di punti (essenziali) di fisionomia e di (pochi) elementi che lo vanno ad “ordinare” in modo omogeneo. Gli elementi tratteggiati nel presente documento, formalizzati, ne potrebbero fornire una traccia. Si tratterebbe comunque di avviare un processo, gestito internamente alle Regioni (nazionale non significa statale), che può prendere avvio utilmente anche da una ricognizione delle diverse regolamentazioni ad oggi presenti in alcuni territori, e che potrebbe concludersi sempre con un atto (Accordo) di natura interregionale e con la costituzione, presso la Conferenza dei presidenti delle Regioni, di un livello (“Unità”) di supporto tecnico unitario per la IeFP nazionale. Anche in considerazione delle competenze costituzionali vigenti in materia di IeFP, relativamente a tutti gli aspetti sopra richiamati, l’iniziativa non potrà infatti che vedere come dirette protagoniste le Regioni stesse. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 24 05/11/25 10:54 25 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Parte IV Strumenti di attuazione, valutazione e raccomandazioni politiche 4.1. Strumenti operativi e di supporto alla IeFP Next IL REPERTORIO NAZIONALE DIGITALE DEGLI STANDARD E DELLE ATTESTAZIONI Il nuovo Repertorio nazionale digitale costituisce la spina dorsale del sistema IeFP next. In esso confluiscono gli standard professionali aggiornati automaticamente con l’Atlante del Lavoro, gli standard formativi regionali, la banca dati dei descrittivi delle competenze e le corrispettive Attestazioni, anche in termini di micro-credenziali. Il Repertorio deve essere consultabile attraverso una piattaforma online pubblica, con interfacce dedicate per cittadini, Istituzioni formative e imprese. La trasparenza delle informazioni costituisce uno strumento di democrazia formativa, favorendo la scelta consapevole dei percorsi e il riconoscimento sociale delle qualificazioni. L’ATLANTE DELLE BUONE PRATICHE Ogni Regione sviluppa esperienze eccellenti che, tuttavia, restano spesso confinate nei confini territoriali. L’Atlante delle Buone Pratiche è uno strumento di diffusione e trasferibilità delle innovazioni, in grado di raccogliere, documentare e condividere modelli efficaci di didattica, governance, inclusione e collaborazione scuola-impresa. L’obiettivo è favorire la scalabilità nazionale delle esperienze di successo, promuovendo una cultura della cooperazione e del miglioramento continuo. IL SISTEMA DI VALUTAZIONE E MONITORAGGIO La qualità di una politica pubblica si misura dalla capacità di produrre risultati verificabili. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 25 05/11/25 10:54 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 26 La IeFP next deve dotarsi di un sistema di valutazione d’impatto articolato su tre livelli: – ex ante: analisi di contesto e definizione degli obiettivi strategici; – in itinere: monitoraggio continuo dei processi e dei risultati intermedi; – ex post: valutazione dell’efficacia, dell’efficienza e della sostenibilità degli interventi. Gli indicatori di riferimento dovranno riguardare: – efficacia formativa (competenze acquisite, esiti dei percorsi, tasso di completamento); – occupabilità e coerenza professionale: inserimento lavorativo, stabilità, coerenza con la formazione ricevuta; – inclusione ed equità: partecipazione di categorie svantaggiate, riduzione della dispersione, parità di genere; – innovazione e qualità formativa: adozione di metodologie attive, uso di tecnologie digitali e dell’AI, aggiornamento e livello tecnico professionale dei formatori; – sostenibilità e integrazione territoriale: impatto sullo sviluppo locale, collaborazione con le imprese, collaborazione e costruzione di reti formative (quali ad es. Filiere tecnologico professionali o per l’orientamento). Oltre alle attività di ricerca sulla IeFP svolte annualmente da INAPP, si propone la gestione di un monitoraggio che dovrebbe essere affidata a un Osservatorio nazionale sulla IeFP, composto da rappresentanti istituzionali, esperti indipendenti e rappresentanti delle Regioni. L’Osservatorio avrà il compito di elaborare rapporti annuali di valutazione, pubblicati in open data, per garantire trasparenza e accountability. 4.2. Il framework di scalabilità nazionale La IeFP next si fonda su un principio di apprendimento continuo: ogni innovazione efficace deve poter essere condivisa, adattata e replicata. Il sistema deve essere capace di incrementare la quantità e qualità del proprio servizio e dell’offerta erogata e per tale ragione deve dotarsi di un framework di scalabilità, che prevede tre strumenti complementari: 1. programmi di accompagnamento tecnico alle Regioni e alle Istituzioni formative che adottano modelli innovativi, con tutoraggio e assistenza metodologica; CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 26 05/11/25 10:54 27 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 2. fondi premiali destinati a progetti che dimostrano efficacia e sostenibilità, soprattutto nei campi della digitalizzazione, dell’inclusione e dell’intelligenza artificiale; 3. rete nazionale per la ricerca e l’innovazione nella IeFP, composta da Istituzioni formative, Università, Centri di ricerca e imprese, dedicata allo studio e alla sperimentazione di nuovi modelli pedagogici e tecnologici. Si tratta di un approccio che mira a creare un ecosistema circolare di apprendimento istituzionale, in cui le innovazioni locali alimentano il miglioramento del sistema nazionale. Gli strumenti dui cui ai punti 1 e 3 sono garantiti dall’Unità tecnica nazionale istituita presso la Conferenza delle Regioni. 4.3. Raccomandazioni politiche Il Position Paper si conclude con una serie di raccomandazioni rivolte alle istituzioni centrali e territoriali, finalizzate a tradurre le linee strategiche in concrete policy: • sostenere il processo di definizione e adozione dell’Ordinamento Nazionale della IeFP, che definisca, nel rispetto dei livelli essenziali nazionali, gli elementi specifici qualificanti del sistema, capaci di conferirgli omogeneità e rispetto della sua specifica fisionomia su tutto il territorio nazionale; • istituire l’Unità Tecnica Nazionale della IeFP, in seno alla Conferenza delle Regioni, come organismo tecnico unitario di supporto, con riguardo all’aggiornamento e manutenzione del Repertorio e degli standard, nonché di tenuta dei rapporti con le Strutture tecniche del MIM, in particolare INVALSI, e del MLPS e nell’ambito dei tavoli tecnici interistituzionali nazionali; • rendere strutturale l’approccio duale, integrando in modo sistematico l’alternanza, l’apprendistato formativo e i tirocini curricolari in ogni percorso; • rendere finanziariamente stabile il sistema IeFP, in continuità con quanto già avviene per il comparto scolastico, al fine di garantire a tutti gli attori di sistema coinvolti la certezza del rifinanziamento da un’annualità formativa all’altra; • stabilire un’Unità di Costo Standard uguale per tutti gli studenti che frequentano un percorso di IeFP; • uniformare l’avvio dei percorsi di IeFP. Al fine di garantire coerenza istituzionale, pari dignità formativa e una più efficace integrazione tra CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 27 05/11/25 10:54 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 28 i diversi sistemi educativi, si propone che l’inizio dell’anno formativo per i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), su tutto il territorio nazionale, sia fissato nella medesima modalità anche temporale stabilita per l’avvio dei percorsi di Istruzione. Tale misura intende rafforzare il riconoscimento pubblico dell’IeFP come componente essenziale del diritto all’istruzione e del sistema educativo nazionale, promuovendo al contempo una maggiore armonizzazione organizzativa tra le Regioni e una più chiara comunicazione verso studenti, famiglie e imprese; • ripensare la figura del formatore IeFP, nella più ampia ridefinizione complessiva del sistema di accreditamento e qualità che connota l’Istruzione e Formazione Professionale; • promuovere la digitalizzazione del sistema, attraverso la tracciabilità dei percorsi e l’implementazione del Repertorio nazionale digitale degli standard e delle attestazioni anche attraverso l’uso delle micro- credenziali; • adottare il principio di co-programmazione e co-progettazione tra Stato, Regioni, Istituzioni formative e parti sociali, come metodo ordinario di governance delle politiche formative; • riconoscere il titolo di Diploma Professionale IeFP per l’accesso alla formazione terziaria, accademica e non accademica, e ai concorsi pubblici; • formulare un nuovo concetto di sussidiarietà del futuro, da intendersi nella sua natura prettamente integrativa rispetto all’offerta IeFP erogata dalle Istituzioni Formative e, pertanto, non sostitutiva; • sostenere la IeFP come leva di coesione territoriale, riconoscendone il ruolo nei Piani di sviluppo regionale, nella strategia delle aree interne e nelle politiche per i giovani; • promuovere un tavolo permanente di confronto con le rappresentanze degli Enti della Formazione Professionale, per assicurare un costante luogo di confronto e di proposte di miglioramento della IeFP. CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 28 05/11/25 10:54 29 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Indice Introduzione ................................................................................................................... 5 Parte I – Scenario e prospettiva ........................................................................... 7 1.1. Il contesto attuale e le istanze di ridisegno del sistema . 7 1.2. Criticità e punti di forza del sistema ........................................... 7 1.3. Oltre la contrapposizione persona / lavoro ........................... 9 Parte II – I fattori costitutivi del nuovo modello ......................................... 10 2.1. Ridefinizione del profilo in uscita e prospettiva unitaria del percorso ............................................................................................. 10 2.2. Dai blocchi monolitici a soluzioni più flessibili e “micro” .... 12 2.2.1. Un nuovo concept di Repertorio nazionale ............ 13 2.2.2. Standard formativi di base e trasversali .................... 18 2.2.3. Personalizzazione del curricolo e delle certificazioni ............................................................................................... 20 2.3. Un nuovo profilo di formatore ....................................................... 22 Parte III – Ordinamento nazionale e governance della IeFP Next ... 23 3.1. Le direttrici del ridisegno del sistema ....................................... 23 3.2. Verso un ordinamento “nazionale” della IeFP ..................... 24 Parte IV – Strumenti di attuazione, valutazione e raccomandazioni politiche ................................................................................................................. 25 4.1. Strumenti operativi e di supporto alla IeFP Next ............... 25 4.2. Il framework di scalabilità nazionale ........................................... 26 4.3. Raccomandazioni politiche ............................................................. 27 CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 29 05/11/25 10:54 Impaginazione e stampa Tipografia Giammarioli snc Via Enrico Fermi 8/10 - 00044 Frascati (Roma) Tel. 06.942.03.10 - www@tipografiagiammarioli.com Novembre 2025 CNOS - CNOS - FASCICOLO PAPER FUTURO IEFP.indd 30 05/11/25 10:54

Verso un Nuovo Modello di VET: 20 anni di Sistema di Istruzione e Formazione Professionale. Analisi e sviluppo del sistema IeFP in una cornice europea

Autore: 
CNOS-FAP - PTS
Categoria pubblicazione: 
Fuori collana
Anno: 
2025
Numero pagine: 
44
Codice: 
Verso un Nuovo Modello di VET: 20 anni di Sistema di Istruzione e Formazione Professionale Analisi e sviluppo del sistema IeFP in una cornice europea CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 1 05/11/25 11:01 CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 2 05/11/25 11:01 3 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Sommario 1 Introduzione............................................................................................. 5 2 Evoluzione storica dell’IeFP in Italia (2003-2025).................... 6 3 Prospettiva europea: nuove linee di sviluppo del VET......... 23 4 Senza dimenticare le proprie radici ma con lo sguardo al futuro: la IeFP di domani.................................................................... 40 5 Bibliografia............................................................................................... 42 CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 3 05/11/25 11:01 CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 4 05/11/25 11:01 5 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 1. Introduzione L’Istruzione e Formazione Professionale si mostra oggi, a ventidue anni dalla sua formale istituzione, come un sistema maturo, capillarmente diffuso nell’intero territorio nazionale, in grado di interfacciarsi in maniera completa con i giovani che ogni anno decidono di iniziare, o proseguire, un percorso di Formazione Professionale. La qualità dei percorsi formativi attualmente attivi, si rispecchia nel numero sempre più alto di ragazze e ragazzi iscritti, nella quota di studenti stranieri frequentanti e nell’alto livello di inclusività raggiunto nel coinvolgere e formare gli allievi disabili. Il sistema d’IeFP di oggi è il prodotto legislativo, sociale e culturale di un percorso attuativo lungo due decenni, inframezzati da tentativi di sistematizzazione diversi, inizialmente localizzati in determinati contesti e poi diffusisi sempre più anche in territori geograficamente più piccoli o periferici. In questo modo si è via via costituita un’offerta formativa sempre più variegata e completa, in grado di intercettare i bisogni dei giovani, delle loro famiglie oltreché delle imprese produttive che ogni anno formano le nuove generazioni. La sinergia a livello europeo tra l’UE e le istituzioni nazionali e regionali ha poi contribuito fortemente al rafforzamento della IeFP come sistema di formazione altamente qualitativo. Oggi, infatti, un ragazzo in uscita da un percorso di IeFP regionale, oltre a possedere un titolo di studio valido in tutto il Paese, può validamente interfacciarsi con le dinamiche del mondo del lavoro anche a livello europeo grazie all’inserimento dei titoli di Qualifica e Diploma Professionale all’interno del Quadro Europeo delle qualifiche. Tale processo di reciproca collaborazione si è dimostrato efficiente ed efficace anche nell’ultimo triennio con l’adozione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e, in particolare, dell’Investimento 3 “Rafforzamento del Sistema Duale”. Quest’ultimo elemento, infatti, ha rappresentato un ulteriore tratto di congiunzione tra la legislazione nazionale e regionale in materia, da una parte, e quella dell’Unione Europea dall’altra, con l’obiettivo finale di raggiungere elevati livelli di occupabilità tra i ragazzi in uscita da un percorso IeFP, contribuendo così al progresso socioeconomico dell’Italia come Sistema Paese. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 5 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 6 2. Evoluzione storica dell’IeFP in Italia (2003-2025) Il sistema VET in Italia è rappresentato in larga misura dall’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), ovvero da quella parte di istruzione professionale che viene svolta prima che gli studenti inizino la vita lavorativa vera e propria e che, nel contesto europeo, viene definita I-VET. In Italia la Legge n. 53 del 28 marzo 2003 ha ufficialmente sancito la nascita del sistema di IeFP, mediante l’attribuzione all’esecutivo della delega per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) in materia di Istruzione e Formazione Professionale. La Legge ha da subito messo in rilievo la volontà di rispettare le scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, mettendo a disposizione di quest’ultimi un ampio ventaglio di percorsi formativi per i propri figli. Concordemente a questi intendimenti generali l’art. 2 comma 1, lettere a) e b) promuove: • “l’apprendimento in tutto l’arco della vita e sono assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea; •• il conseguimento di una formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione, e lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale, alla comunità nazionale ed alla civiltà europea”. Inoltre, viene stabilito il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione fino ai 18 anni, assolvibile sia nei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale che in quelli di alternanza scuola-lavoro. Proprio con questa disposizione la Formazione Professionale e le Regioni sono entrate organicamente a far parte del sistema educativo nazionale, alla pari di tutte le altre opzioni scolastiche tratteggiate nell’articolato della Legge. A partire dal quindicesimo anno di età, infatti, i giovani possono scegliere di iniziare il secondo ciclo di studi frequentando un percorso di IeFP, da intendersi a sua volta come “duale” ovvero caratterizzato sia da formazione in aula che in azienda. La Legge prevede infatti che i titoli di qualifica triennale e diploma quadriennale possano essere conseguiti attraverso l’alternanza scuola-lavoro o l’apprendistato, rafforzando così la naturale connessione tra formazione e mondo del lavoro. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 6 05/11/25 11:01 7 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 2.1. L’approvazione dei Decreti Legislativi di attuazione della Legge 53/2003 In seguito all’approvazione della succitata Legge sono stati promulgati nell’arco dei successivi due anni e mezzo ben sei Decreti Legislativi, con i quali l’esecutivo ha dato attuazione alle disposizioni di legge del 2003. Di questo corpus normativo i tre Decreti Legislativi che hanno avuto un significativo impatto sul comparto della neonata IeFP sono stati: •• il D.Lgs. n. 76 del 15 aprile 2005, recante “Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, a norma dell’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 28 marzo 2003, n. 53”; •• il D.Lgs. n. 77 del 15 aprile 2005, recante “Definizioni delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro, a norma dell’articolo 4 della legge 28 marzo 2003, n. 53”; •• il D.Lgs. n. 226 del 17 ottobre 2005, recante “Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell’articolo 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53”. Il primo Decreto ha introdotto la possibilità di conseguire in 12 anni un titolo di istruzione secondaria superiore o una qualifica, almeno triennale, entro il 18° anno di età. Il Decreto n. 77, invece, promuove l’alternanza scuola-lavoro come modalità di realizzazione dei corsi del secondo ciclo, con specifico riferimento ai percorsi attivati nell’IeFP, per permettere ai giovani di acquisire, oltre alle conoscenze di base, tutte le competenze tecnico-pratiche necessarie nel mondo del lavoro. L’importanza di questo nuovo modello è altresì riscontrabile nell’articolo 4 del medesimo provvedimento che amplia la fruizione dell’alternanza scuola-lavoro anche ai disabili, nell’ottica di promuoverne l’autonomia personale e velocizzarne l’inserimento lavorativo. Complessivamente l’alternanza, come disciplinato dal dettato normativo, intende: •• attuare modalità di apprendimento flessibili ed equivalenti sotto il profilo culturale ed educativo che colleghino sistematicamente la formazione in aula con l’esperienza pratica; •• favorire l’orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali; •• realizzare un organico collegamento delle istituzioni scolastiche e formative con il mondo del lavoro e la società civile; •• correlare l’offerta formativa allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 7 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 8 Al fine di incidere positivamente sul sistema educativo nazionale, il Governo ha stanziato, contestualmente all’approvazione del Decreto, ben 40.000.000,00 €, ripartiti nel primo biennio di attuazione della misura. Il vero punto di svolta per l’intero sistema della IeFP è giunto però con la promulgazione del Decreto Legislativo n. 226, che ha tracciato la cornice legislativa e gestionale della formazione professionalizzante italiana, raccordandosi sia con l’art. 117 della Costituzione in termini di riparto delle competenze fra Stato e Regioni che con la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 di ampliamento delle competenze in capo alle Regioni in materia di Istruzione e Formazione Professionale. Il Capo III “I percorsi di istruzione e formazione professionale” del Decreto stabilisce che i LEP afferenti ai percorsi di IeFP siano garantiti dallo Stato. Inoltre, l’iscrizione e la frequenza ai percorsi di IeFP, secondo l’art. 15, “rappresentano assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e formazione”. Il medesimo articolo, inoltre, ha posto in risalto sia la logica di filiera professionalizzante, prevedendo l’accesso all’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) per tutti coloro che sono in possesso di un Diploma quadriennale di IeFP, oltre alle “passerelle” ovvero la possibilità di rientrare nel sistema dell’istruzione e di sostenere l’esame di Stato previa frequenza di un apposito corso annuale. Operativamente le Regioni sono chiamate ad assicurare il soddisfacimento della domanda di frequenza, l’adozione di interventi di orientamento e tutorato, unitamente a misure che favoriscano la continuità formativa e la realizzazione di tirocini formativi in alternanza. È utile segnalare che ai fini del soddisfacimento della domanda di frequenza, l’art. 16 comma 2, considera anche “l’offerta formativa finalizzata al conseguimento di qualifiche professionali attraverso i percorsi in apprendistato”. Proprio questo Decreto stabilisce che i percorsi di IeFP siano di almeno 990 ore annue e che l’articolazione dei percorsi formativi sia di durata triennale per coloro che al termine del triennio intendono conseguire un titolo di qualifica professionale e quadriennale per chi intende conseguire un titolo di diploma professionale. In termini generali i percorsi attivati dalle Regioni devono prevedere un adeguato livello di personalizzazione, in grado di fornire ai discenti gli strumenti culturali e le competenze professionali per l’inserimento attivo nella società, nel mondo del lavoro e nelle professioni. Parallelamente, il corpus studentesco è chiamato ad acquisire le competenze matematiche, scientifiche, tecnologiche, storico sociali ed economiche mirate al livello del titolo cui si riferiscono. Sempre con riguardo ai LEP, l’articolo 19 prevede che “le Regioni assicurano, quali livelli essenziali dei requisiti dei docenti, che le attività educative e formative siano affidate a personale docente in possesso di abilitazione all’insegnamento e ad esperti in possesso di documentata esperienza maturata per almeno cinque anni nel settore professionale di riferimento”. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 8 05/11/25 11:01 9 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Infine, il Decreto assegna alle Regioni il processo di valutazione e certificazione delle competenze e, in particolare, il rilascio delle certificazioni periodiche e annuali delle competenze, attestanti il raggiungimento degli obiettivi formativi. Proprio questo passaggio evidenzia nitidamente l’elevata autonomia operativa di cui le Regioni godono nella gestione dell’intero processo di ideazione ed erogazione delle attività formative, garantendo quindi la primazia dell’intervento regolatorio regionale in materia. 2.2. I primi passi della IeFP nelle Regioni Pochi mesi dopo l’approvazione della Legge n. 53, e più precisamente il 19 giugno 2003, lo Stato, le Regioni e le Autonomie locali hanno siglato l’“Accordo-quadro per la realizzazione dall’anno scolastico 2003/2004 di percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale”. I percorsi disciplinati dall’Accordo avrebbero poi dovuto essere di durata almeno triennale e caratterizzati da discipline ed attività attinenti sia alla cultura generale che ai settori prettamente professionali, fermo restando il determinante contributo apportato negli anni a seguire, rispettivamente dal Decreto Legislativo n. 77/2005 e n. 226/2005. Nell’ambito dell’Accordo Quadro del 2003 vennero immediatamente ricondotti tutti quei progetti sperimentali che alcune Regioni come Lombardia, Piemonte, Veneto, Lazio e Puglia avevano già avviate nell’anno formativo 2002/2003, per mezzo di intese multilaterali con il Ministero dell’Università e della Ricerca (MIUR) e il Ministero del Lavoro. A seguito del succitato Accordo del 2003, la Conferenza Stato-Regioni ha giocato un ruolo di primo piano nel procedere con la graduale attuazione del nuovo sistema di Istruzione e Formazione Professionale, a partire dall’Accordo del 15 gennaio 2004 sugli standard minimi delle competenze di base per i percorsi triennali. In tal sede, infatti, per la prima volta si è proceduto all’articolazione degli standard e specificamente alla definizione dell’area dei linguaggi, scientifica, tecnologica e storico-socio-economica. Il 28 ottobre 2004, invece, la Conferenza Unificata composta dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province Autonome e dalle Città ed autonomie locali ha stipulato un fondamentale Accordo sulla certificazione a validità nazionale finale e intermedia e il riconoscimento dei crediti maturati nei percorsi per il passaggio tra sistemi formativi. L’Accordo delle Regioni del 24 novembre 2005 rappresenta un ulteriore e decisivo passaggio del processo di attuazione del dettato normativo della Legge n. 53 e dei relativi decreti legislativi. Con tale atto, infatti, le Regioni hanno stabilito il riconoscimento reciproco dei titoli di uscita dai percorsi triennali sperimentali, facilitando in tal modo la mobilità dei giovani e la completa attuazione del sistema di Formazione Professionale. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 9 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 10 A corredo dell’Accordo del 15 gennaio 2004 che ha definito gli standard sulle competenze di base, la Conferenza Stato-Regioni è intervenuta a normare con un Accordo ad hoc, in data 5 ottobre 2006, le competenze tecnico professionali dei percorsi triennali sperimentali, riferite nello specifico alle 14 figure individuate sulla base di quanto certificato dalle Regioni e dalle Province Autonome in esito ai percorsi stessi. Di seguito il riepilogo degli atti inerenti al sistema IeFP che hanno avuto un decisivo impatto sul successivo processo di normazione regionale. Data di approvazione Denominazione Accordo Sede di stipula 19 giugno 2003 Accordo-quadro per la realizzazione dall’anno scolastico 2003/2004 di percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale Conferenza Unificata 15 gennaio 2004 Accordo per la definizione degli standard formativi minimi delle competenze di base per i percorsi triennali Conferenza Stato-Regioni 28 ottobre 2004 Accordo per la certificazione finale ed intermedia e il riconoscimento dei crediti formativi Conferenza Unificata 24 novembre 2005 Accordo per il riconoscimento reciproco dei titoli in uscita dai percorsi sperimentali triennali Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome 5 ottobre 2006 Accordo per la definizione degli standard formativi minimi relativi alle competenze tecnico-professionali Conferenza Stato-Regioni La Legge n. 296 del 27 dicembre 2006 all’articolo 1, comma 622 ha quindi sancito l’obbligo di istruzione per almeno dieci anni di studio, specificando che tale obbligo “si assolve anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale di cui al Capo III del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226”. Con questa disposizione anche la frequenza dei corsi triennali regionali di istruzione e formazione è divenuta una modalità di assolvimento dell’obbligo, alla pari di quanto già previsto per la frequenza di un percorso di istruzione secondaria di secondo grado. La Legge n. 40 del 2 aprile 2007, invece, ha introdotto i poli tecnico-professionali intesi come nuovi assetti organizzativi attivi sul territorio, in grado di ottimizzare l’offerta formativa territoriale a partire dalla compresenza integrata di corsi quinquennali di istruzione tecnica e di istruzione professionale (di competenza statale) oltreché dei corsi triennali o quadriennali di IeFP (di competenza regionale). CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 10 05/11/25 11:01 11 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Proprio tra il 2002 e il 2007 ha avuto inizio il processo di attivazione dei percorsi di IeFP che, per le prime annualità formative, si è presentato molto diverso da una realtà regionale all’altra, non foss’altro che per l’annualità formativa scelta per l’avvio dei percorsi, oltreché per il numero di studenti iscritti. Lo schema sottostante1 riporta l’andamento regionale, in termini di iscritti alla IeFP, nel primo quinquennio di attuazione degli interventi, all’epoca ancora considerati in regime di sperimentazione. Regione/Provincia Autonoma A.F. 2002/2003 A.F. 2003/2004 A.F. 2004/2005 A.F. 2005/2006 A.F. 2006/2007 Abruzzo N.D. 144 841 1.443 594 Basilicata N.D. 118 118 332 438 Calabria N.D. N.D. 405 270 375 Campania N.D. 3.080 4.447 4.315 4.425 Emilia-Romagna N.D. 1.932 8.662 5.355 7.304 Friuli-Venezia Giulia N.D. 75 1.192 2.187 3.356 Lazio 325 1.697 3.621 4.733 5.037 Liguria N.D. 490 1.201 1.860 2.289 Lombardia 624 6.649 21.313 23.402 30.123 Marche N.D. N.D. 60 417 333 Molise N.D. N.D. 60 417 333 Piemonte 163 473 4.364 11.870 9.546 Puglia 275 366 4.447 3.218 3.508 Sardegna N.D. N.D. 3.953 4.512 1.773 Sicilia N.D. N.D. N.D. 4.940 6.295 Toscana N.D. 4.001 4.991 6.049 11.797 Provincia Autonoma di Bolzano N.D. N.D. N.D. 3.327 N.D. Provincia Autonoma di Trento N.D. 3.345 3.378 3.646 3.813 Umbria N.D. 26 109 279 402 Valle d’Aosta N.D. N.D. 81 143 186 Veneto N.D. 3.563 9.242 14.332 15.844 2.3. La IeFP diventa ordinamentale Dopo un lungo periodo di sperimentazione, l’accordo del 29 aprile 2010 in Conferenza Stato-Regioni ha sancito l’inizio della messa a regime del det- 1 Zagardo, G., “Quadro aggiornato della formazione professionale iniziale nelle Regioni”, p. 3-59, in Allegato a “Rassegna CNOS” n. 3/2007. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 11 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 12 tato normativo del d.lgs. 226/2005 ponendo contestualmente fine alla fase transitoria inerente all’erogazione dei corsi di IeFP. A valle delle interlocuzioni tra Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, Ministero del Lavoro, amministrazioni regionali e Province Autonome l’accordo ha previsto l’avvio dei percorsi triennali e quadriennali di IeFP per l’a.f. 2010/2011, attivabili per 21 figure di operatore e altrettante di tecnico. Nell’ambito dei succitati percorsi l’assolvimento dell’obbligo d’istruzione è pertanto coinciso con la verifica dei risultati di apprendimento e delle competenze chiave per l’apprendimento permanente delineate nella Raccomandazione UE del Parlamento e del Consiglio Europeo del 18 dicembre 2006. Contestualmente all’attivazione dei nuovi percorsi è stato poi predisposto un piano di lavoro volto, da una parte, all’elaborazione di proposte per incrementare il numero di figure e aree professionali della IeFP e, dall’altra, alla definizione delle certificazioni in esito ai percorsi di IeFP. Inoltre, proprio la Conferenza Stato-Regioni si è impegnata nella predisposizione delle Linee Guida per la realizzazione degli organici raccordi tra i percorsi di IeFP e i percorsi degli istituti tecnici e professionali, poi formalizzate in Conferenza Unificata il successivo 16 dicembre 2010. Nello stesso periodo si è proceduto a definire compiutamente l’offerta IeFP in sussidiaria, riferita alla realizzazione dei percorsi formativi all’interno degli istituti scolastici, segnatamente gli istituti professionali, che risultano di competenza statale. Sulla base di questi presupposti le linee guida hanno definito due diverse tipologie, ovvero: •• l’offerta sussidiaria integrativa che, nel relativo periodo di vigenza, ha permesso agli iscritti ai percorsi quinquennali degli istituti professionali di conseguire al termine del terzo anno anche il titolo di qualifica professionale, previo superamento del relativo esame regionale; •• l’offerta sussidiaria complementare che ha previsto per gli studenti di poter conseguire i titoli di qualifica e/o diploma professionale frequentando con profitto un percorso IeFP negli istituti professionali. Già a giugno 2011 erano stati stipulati diciotto accordi territoriali con le amministrazioni regionali, di cui quattordici afferenti esclusivamente alla sussidiarietà integrativa; tre afferenti alla tipologia complementare e uno ricomprendente, invece, entrambe le tipologie. Un altro decisivo passaggio verso la piena attuazione del nuovo sistema di IeFP si è avuto nel luglio 2011 con l’istituzione del Repertorio nazionale dell’offerta di IeFP, composto da “figure” di diverso livello, validamente riconosciute sull’intero territorio nazionale. Ogni figura articolabile in indirizzi è stata poi collegata ad un’area professionale specifica. Con la creazione del Repertorio e la declinazione operativa sempre più minuziosa di ogni figura il settore produttivo ha acquisito un ruolo centrale, sia come canale di sbocco occupazionale dei qualificati e diplomati IeFP che come collettore primario delle richieste di capitale umano in possesso delle competenze richieste dal mercato del lavoro. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 12 05/11/25 11:01 13 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Di seguito la tabella con il numero degli iscritti a percorsi di IeFP all’interno dei CFP dall’a.f. 2011/2012 all’a.f. 2023/2024, suddivisi per Regione e Provincia Autonoma sulla base dei decreti direttoriali di riparto, effettuati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e sui rapporti ISFOL-INAPP afferenti alle singole annualità formative. REGIONE/P.A. ISCRITTI IeFP AI CFP PER ANNO FORMATIVO 11/12 12/13 13/14 14/15 15/16 16/17 17/18 18/19 19/20 20/21 21/22 22/23 23/242 Piemonte 16.839 15.949 14.713 16.486 16.268 16.708 17.636 19.054 19.450 18.781 17.796 16.890 16.269 Valle d’Aosta 103 203 221 202 197 204 218 220 270 246 186 202 242 Prov. Aut. di Trento 5.644 5.545 5.883 6.180 6.042 6.402 6.349 6.141 5.925 5.740 5.505 5.417 5.300 Prov. Aut. di Bolzano 5.447 5.861 6.342 6.479 6.287 5.961 5.687 5.269 5.174 5.162 4.869 4.558 4.443 Lombardia 41.009 44.481 48.601 50.904 51.600 53.114 52.496 51.981 53.066 52.358 52.724 55.092 58.824 Liguria 1.828 2.176 2.047 1.791 1.909 1.959 2.321 2.285 2.083 2.159 2.057 2.429 2.447 Veneto 19.238 20.052 20.285 20.464 19.691 20.687 20.004 19.615 19.556 19.254 19.100 19.892 20.150 Friuli-Venezia Giulia 3.629 3.983 4.410 4.010 4.060 4.391 4.433 4.449 4.355 4.286 5.020 4.570 4.525 Emilia-Romagna 7.704 7.335 7.374 7.278 7.280 7.854 7.794 7.744 7.866 7.213 7.162 7.668 7.929 Toscana 2.022 2.750 3.074 2.691 2.582 3.245 2.960 2.949 2.261 1.496 1.905 953 1.277 Umbria 399 139 36 48 565 986 813 834 812 722 799 892 991 Marche 216 432 562 834 798 820 403 696 689 400 495 580 608 Lazio 10.318 10.316 10.811 11.398 11.030 11.989 12.868 13.499 12.074 11.671 11.807 11.819 10.788 Abruzzo 502 473 370 278 346 246 507 344 922 355 242 363 335 Molise 113 99 227 236 316 359 402 308 288 265 241 194 252 Campania 0 0 0 0 0 0 130 106 864 734 700 1.245 2.677 Puglia 2.687 2.272 1.556 1.182 1.780 2.203 2.198 2.742 2.478 2.252 4.405 3.146 2.453 Basilicata 225 60 20 0 0 0 0 0 0 17 0 0 0 Calabria 2.691 2.047 1.460 602 822 90 533 612 552 623 492 447 345 Sicilia 12.061 12.000 13.104 11.662 12.148 13.870 13.011 16.318 17.943 17.112 21.608 19.795 21.786 Sardegna 0 0 0 452 534 755 934 453 711 795 960 1.045 1.332 TOTALE 132.675 136.173 141.096 143.177 144.255 151.843 151.697 155.619 157.339 151.641 158.073 157.197 162.973 Il grafico sottostante, invece, evidenzia l’incremento complessivo degli iscritti IeFP ad un percorso erogato da un Centro di Formazione Professionale, dall’a.f. 2011/2012 all’a.f. 2023/2024. In tale lasso di tempo gli studenti iscritti sono aumentati dai 132.675 discenti dell’a.f. 2011/2012 ai 162.973 dell’a.f. 2023/2024. 2 Per l’annualità formativa 2023/2024 i dati delle Province Autonome di Trento e di Bolzano sono stimati. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 13 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 14 12 In questo particolare contesto, gli attori di sistema hanno deciso di ancorare il Repertorio IeFP alla disciplina comunitaria e in particolare al Quadro Europeo delle Qualificazioni, istituito nel 2008 dal Parlamento europeo e dal Consiglio Europeo, con l’intenzione di veder riconosciuti anche dall’UE i titoli di qualifica e diploma professionale rilasciati in Italia dagli Enti di formazione. 2.4. La Sperimentazione Bobba e la via italiana al duale Il consolidarsi dei percorsi ordinamentali, oltre a rappresentare un primo segnale positivo, ha evidenziato via via quali potessero essere i punti cardine attorno ai quali concepire un’evoluzione organica della IeFP su scala nazionale. Questi intendimenti hanno avuto una prima traduzione pratica nel settembre 2015, in sede di Conferenza Stato-Regioni, con la stipula dell’Accordo sul progetto sperimentale di “Azioni di accompagnamento, sviluppo del sistema duale nell’ambito dell’Istruzione e Formazione Professionale”. Il progetto mirava a creare “azioni di accompagnamento, sviluppo e rafforzamento del sistema duale nell’ambito dell’IeFP, facilitando le transizioni tra formazione professionale e il mondo del lavoro”. L’architettura di questa nuova concezione del sistema si è quindi integrata, nell’arco di pochi mesi, con altri tre importanti atti normativi, ovvero: • il già citato Decreto legislativo n. 226/2005; • il Decreto Legislativo n. 81/2015 disciplinante la nuova normativa dell’apprendistato di primo, secondo e terzo livello; • la legge n. 107/2015, comunemente nota come “Buona Scuola”, che ha introdotto l’alternanza scuolalavoro in tutta la scuola superiore, prevedendo un numero differenziato di ore di formazione in azienda negli ultimi anni del ciclo scolastico. Partendo dagli obiettivi sanciti in Conferenza Stato-Regioni, ha preso il via la cosiddetta “Sperimentazione Bobba”, dal nome dell’allora Sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Quest’ultima si caratterizza per l’avvio del duale all’interno del sistema italiano mediante l’introduzione di tre nuovi concetti, quali: 132.675 136.173 141.096 143.177 144.255 151.843 151.697 155.619 157.339 151.641 158.073 157.197 162.973 120.000 130.000 140.000 150.000 160.000 170.000 STUDENTI ISCRITTI ANNO FORMATIVO ISCRITTI IEFP PRESSO I CFP DAL 2011 AL 2024 In questo particolare contesto, gli attori di sistema hanno deciso di ancorare il Repertorio IeFP alla disciplina comunitaria e in particolare al Quadro Europeo delle Qualificazioni, istituito nel 2008 dal Parlamento europeo e dal Consiglio Europeo, con l’intenzione di veder riconosciuti anche dall’UE i titoli di qualifica e diploma professionale rilasciati in Italia dagli Enti di formazione. 2.4. La Sperimentazione Bobba e la via italiana al duale Il consolidarsi dei percorsi ordinamentali, oltre a rappresentare un primo segnale positivo, ha evidenziato via via quali potessero essere i punti cardine attorno ai quali concepire un’evoluzione organica della IeFP su scala nazionale. Questi intendimenti hanno avuto una prima traduzione pratica nel settembre 2015, in sede di Conferenza Stato-Regioni, con la stipula dell’Accordo sul progetto sperimentale di “Azioni di accompagnamento, sviluppo del sistema duale nell’ambito dell’Istruzione e Formazione Professionale”. Il progetto mirava a creare “azioni di accompagnamento, sviluppo e rafforzamento del sistema duale nell’ambito dell’IeFP, facilitando le transizioni tra formazione professionale e il mondo del lavoro”. L’architettura di questa nuova concezione del sistema si è quindi integrata, nell’arco di pochi mesi, con altri tre importanti atti normativi, ovvero: •• il già citato Decreto legislativo n. 226/2005; •• il Decreto Legislativo n. 81/2015 disciplinante la nuova normativa dell’apprendistato di primo, secondo e terzo livello; CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 14 05/11/25 11:01 15 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 •• la legge n. 107/2015, comunemente nota come “Buona Scuola”, che ha introdotto l’alternanza scuola-lavoro in tutta la scuola superiore, prevedendo un numero differenziato di ore di formazione in azienda negli ultimi anni del ciclo scolastico. Partendo dagli obiettivi sanciti in Conferenza Stato-Regioni, ha preso il via la cosiddetta “Sperimentazione Bobba”, dal nome dell’allora Sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Quest’ultima si caratterizza per l’avvio del duale all’interno del sistema italiano mediante l’introduzione di tre nuovi concetti, quali: •• l’alternanza rafforzata, intesa come potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro già presente nei percorsi ordinamentali di IeFP, qui declinata in un periodo di applicazione pratica presso il datore di lavoro non inferiore alle 400 ore annue; •• l’alternanza simulata, altrimenti detta “impresa formativa simulata”, volta a riprodurre il concreto modo di operare di un’impresa mediante la costituzione in aula di un’impresa virtuale animata dagli studenti, facendo riferimento ad un’impresa tutor; •• l’apprendistato di primo livello, ovvero di un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione, rivolto ai giovani con un’età compresa tra i 15 e i 25 anni, per conseguire un titolo di studio previsto al termine del percorso stesso di apprendistato. La nuova stagione sperimentale, questa volta racchiusa nell’alveo dei percorsi duali, ha avuto inizio nel marzo 2016, data di apertura di un bando di selezione di 300 Centri di Formazione Professionale (CFP) interessati a compiere i primi passi concreti nell’attuazione della cosiddetta “Sperimentazione Bobba”. L’Avviso pubblico ha previsto, da un lato, di sostenere i CFP selezionati nello sviluppare un’attività organica ed efficace di orientamento dei giovani verso i nuovi percorsi duali e, dall’altro, di riconoscere una premialità per la creazione di questa nuova categoria di percorsi. Allo scopo di garantire pari dignità tra istruzione e formazione, proprio a quel particolare periodo storico risale l’intesa con Unioncamere per inserire all’interno del Registro delle imprese interessate ad ospitare in alternanza gli studenti, anche quelle interessate all’inserimento dei ragazzi dell’IeFP, oltre a quelle che già si rivolgevano ai giovani delle scuole secondarie. La sperimentazione della “via italiana al duale” è quindi iniziata nell’anno formativo 2016/2017, e poi riproposta per l’anno formativo successivo. In questo periodo, antecedente alla stabilizzazione delle risorse, le Regioni si sono concentrate prioritariamente nella realizzazione del quarto anno in modalità duale, anche per avvicinarsi alle richieste del tessuto produttivo nazionale, maggiormente orientato ad assumere, con contratto di apprendistato, giovani in procinto di terminare il proprio percorso formativo. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 15 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 16 La tabella seguente individua il numero di studenti iscritti ad un percorso di IeFP, a partire dall’a.f. 2013/2014, e quindi antecedentemente la Sperimentazione Bobba, fino all’a.f. 2022/2023 che, riportando i dati più recenti pubblicati da INAPP nel suo Monitoraggio annuale, ne evidenzia i principali mutamenti. Anno Formativo Iscritti ai CFP Iscritti in sussidiarietà 2013/2014 141.096 187.078 2014/2015 143.909 185.478 2015/2016 144.342 177.980 2016/2017 151.948 163.761 2017/2018 151.671 157.283 2018/2019 155.619 132.446 2019/2020 157.339 92.855 2020/2021 151.641 71.390 2021/2022 158.096 70.476 2022/2023 157.197 53.243 I dati sopra elencati evidenziano il ruolo sempre più rilevante dei Centri di Formazione Professionale che in un decennio hanno visto incrementare gli iscritti ai propri percorsi, a fronte di una notevole riduzione del numero degli studenti frequentanti un percorso di formazione professionale in sussidiarietà presso gli istituti d’istruzione scolastici. 2.5. Un’istantanea dell’IeFP in numeri Il sistema dell’IeFP rappresenta oggi una realtà composita e variegata, essenzialmente formato da tre ampie categorie di percorsi, ovvero: •• ordinari, di qualifica professionale di durata triennale comprendenti anche un periodo di stage di circa 300 ore, seguiti da percorsi annuali per il conseguimento del diploma professionale e specificamente rivolti ai giovani già in possesso di una qualifica professionale; •• duali, incentrati su una modalità di apprendimento che ricomprende momenti formativi “in aula” e momenti di formazione “pratica” in “contesti lavorativi”; •• duale PNRR, naturale evoluzione della precedente categoria ma con un’accresciuta dotazione finanziaria, a valere sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. •• Nel suo complesso, la modalità duale si caratterizza altresì per l’obiettivo di garantire una più veloce transizione tra scuola e lavoro, a partire da un’intensa attività concertativa tra istituzioni formative e aziende attive nel medesimo contesto territoriale. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 16 05/11/25 11:01 17 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Un’analisi dettagliata e onnicomprensiva di questa realtà, ci giunge dal “Rapporto di Monitoraggio del sistema di Istruzione e Formazione Professionale e dei percorsi in Duale nella IeFP”, realizzato annualmente dall’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), di cui la XXII^ edizione per l’a.f. 2022/2023 rappresenta la versione più aggiornata. Nella succitata annualità formativa gli alunni complessivamente iscritti alla IeFP erano pari a 210.440, così suddivisi: Di questi 210.440 studenti, circa il 75%, pari a 157.197 persone, risultava iscritto presso un CFP, mentre il rimanente 25% ha frequentato un percorso di Formazione Professionale all’interno di un Istituto scolastico, in regime di sussidiarietà. La tabella seguente esemplifica le scelte degli studenti al momento dell’iscrizione, distinguendo altresì la tipologia e la modalità dei percorsi per le quali hanno optato. Tipologia e modalità di percorsi % di iscritti A.F. 2022/2023 Istituzioni formative in Duale 51,5% Istituzioni formative IeFP ordinaria 23,2% Nuova sussidiarietà 21,2% Sussidiarietà integrativa 4% Sussidiarietà complementare 0,1% La progressiva personalizzazione delle unità formative, posta in essere negli ultimi anni, ha gradualmente ridotto il divario di genere della popola- CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 17 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 18 zione studentesca anche se, secondo la rilevazione INAPP, la componente femminile all’interno del sistema si è attestata attorno ad un 40,2% sia globalmente che prendendo in esame il solo sistema duale. Le tre figure professionali più diffuse, rispettivamente per i percorsi triennali e quadriennali, sono: Operatore Tecnico Operatore del benessere Tecnico dei trattamenti estetici Operatore della ristorazione Tecnico dell’acconciatura Operatore meccanico Tecnico di cucina 2.6. La IeFP nell’attuazione del PNRR Il momento spartiacque per l’intero sistema IeFP nazionale, in grado di segnare un solco profondo tra un prima e un dopo, si è avuto con l’istituzione da parte del Governo italiano del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza mediante l’adozione del Decreto-Legge n. 77 del 31 maggio 2021, convertito con modificazioni dalla Legge n. 108 del 29 luglio 2021. Nello specifico, all’interno della Missione 5 Componente 1 del Piano, sono stati stanziati complessivamente per l’Investimento 3 “Rafforzamento del Sistema Duale” ben 600.000.000,00 €. Lo scopo primario dell’Investimento è di rafforzare l’intero sistema di istruzione e formazione, soprattutto mediante una profonda connessione con le richieste di capitale umano altamente specializzato, provenienti dal mondo del lavoro. Su base nazionale ed entro la fine del 2025, il sistema IeFP deve complessivamente aver realizzato 174.000 percorsi, così articolati: •• 39.000 percorsi di Baseline, realizzati esclusivamente attraverso l’impiego di risorse diverse da quelle afferenti al PNRR; •• 90.000 percorsi di Target, da identificarsi come percorsi individuali aggiuntivi, finanziabili sia con risorse PNRR che con risorse nazionali/ regionali; •• 45.000 percorsi individuali, svolti a valere su risorse anche diverse da quelle del PNRR, e da conteggiare come extra Target. La base giuridica per la concreta attuazione dell’intervento risiede nel Decreto Ministeriale n. 139 del 2 agosto 2022 mediante il quale il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha tracciato le caratteristiche generali, le identificazioni dei destinatari e degli erogatori delle misure. Parallelamente, è stata definita la programmazione degli interventi e dei criteri di determinazione delle opzioni di costo semplificate, attorno alle quali si è articolata la fase di rendicontazione e di ammissibilità della spesa. In continuità con quanto previsto dal Piano Nazionale Nuove Competenze, il decreto ha specificato la possibilità di erogare la formazione in contesto lavorativo attraverso l’alternanza, declinata in “simulata” per gli CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 18 05/11/25 11:01 19 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 allievi di età inferiore ai 15 anni; “rafforzata” per coinvolgere direttamente i giovani nella produzione di beni e “apprendistato duale” per quegli specifici percorsi di apprendistato di primo livello, regolati dall’art. 43 del Decreto Legislativo 81/2015. La seguente tabella raggruppa le diverse modalità didattiche che il D.M n. 139/2022 ha associato alla formazione in contesto lavorativo, ovvero: Modalità didattiche formazione in contesto lavorativo Percentuale applicata al percorso Alternanza simulata Dal 15% al 25% delle ore del percorso del primo anno di IeFP Alternanza rafforzata Dal 30% al 50% del percorso duale, cui può concorrere l’alternanza simulata per un massimo del 20% per l’apprendistato duale In ottemperanza di quanto definito dal Decreto Legislativo n. 81/2015 per i percorsi extra diritto-dovere (escluso l’apprendistato) Dal 30% al 50% del percorso formativo Un’importante novità introdotta dal decreto riguarda l’utilizzo delle relevant certification, ovvero di quelle certificazioni che attestano il livello degli obiettivi formativi raggiunti e che, conseguentemente, rappresentano la prova documentale di avanzamento complessivo del target di nuovi percorsi individuali aggiuntivi, finanziati dal PNRR. Sono considerate relevant certification: •• ammissioni agli anni successivi; •• conseguimento del titolo di qualifica professionale; •• conseguimento del titolo di diploma professionale; •• conseguimento di certificazioni annuali, anche parziali, delle competenze acquisite, rilasciate in casi di mancata acquisizione della qualifica/ diploma o di mancata ammissione all’anno successivo. L’adozione delle opzioni di costo semplificate, già largamente utilizzata per i programmi finanziati dalle politiche UE di Sviluppo e Coesione, ha rappresentato un notevole passo avanti nell’ottica di semplificare le procedure senza pregiudicare l’armonizzazione dell’intervento a livello nazionale. Concretamente, è stata data facoltà alle Regioni e alle Province Autonome di provvedere ad individuare le proprie opzioni di costo semplificate, indicando nel “Documento di programmazione” le Unità di Costo Standard applicate alle misure attivate. 2.7. Lo stato di attuazione dell’Investimento e la rilevazione dei risultati finora conseguiti Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con l’Istituto Nazionale per le Analisi delle Politiche Pubbliche e di Sviluppo Lavoro Italia, CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 19 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 20 monitora costantemente l’andamento del Programma attraverso la periodica pubblicazione del “Bollettino di attuazione dei percorsi in modalità duale dell’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) e dell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS)”. Per ogni annualità formativa a partire dal 2022/2023 sono stati assegnati all’Italia, e di riflesso a tutti gli stakeholders coinvolti nella programmazione e nella gestione, degli obiettivi annuali in termini di Target e Baseline da conseguire, così riassunti: Obiettivi a.f. 2022/2023 TARGET ASSEGNATO 25.208 percorsi individuali aggiuntivi BASELINE ASSEGNATA 23.400 percorsi individuali FINANZIAMENTO DEL PRIMO RIPARTO € 120.000.000,003 TOTALE SOMMA TARGET E BASELINE ASSEGNATI 48.608 percorsi complessivi Risultati raggiunti A.F. 2022/2023 % COMPLETAMENTO TARGET 90.000 PERCORSI 56% % COMPLETAMENTO TARGET 135.000 PERCORSI 45% % COMPLETAMENTO TARGET 174.000 PERCORSI 50% TOTALE SOMMA TARGET E BASELINE REALIZZATI 86.161 percorsi complessivi (+ 77% sull’assegnato) Il Bollettino n. 2, invece, ha messo in risalto, da un lato, i dati afferenti all’anno formativo 2023/2024 e, dall’altro, le statistiche cumulative dei primi due anni di monitoraggio dell’Investimento. Di seguito il riepilogo dei dati consolidati e certificati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e comunicati dall’Unità di Missione alla Commissione Europea nel mese di dicembre 2024. Obiettivi A.F. 2023/2024 TARGET ASSEGNATO 55.691 percorsi individuali aggiuntivi BASELINE ASSEGNATA 7.800 percorsi individuali FINANZIAMENTO DEL PRIMO RIPARTO € 240.000.000,00 TOTALE SOMMA TARGET E BASELINE ASSEGNATI 63.491 percorsi complessivi 3 Rispetto all’importo complessivo assegnato, 7.822.961 € sono statI redistribuitI alle Regioni per l’a.f. 2023/2024 poiché le Province autonome di Trento e Bolzano non partecipano al PNRR “Sistema Duale”. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 20 05/11/25 11:01 21 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Le positive performances dell’intero sistema anche per l’anno formativo 2023/2024 non hanno fatto altro che avvicinarsi sempre più al conseguimento degli obiettivi, fino addirittura a superarli. I dati aggregati afferenti agli anni formativi 2022/2023 e 2023/2024, infatti, hanno evidenziato il superamento degli obiettivi assegnati, così delineato: Risultati raggiunti A.F. 2022/2023 e A.F. 2023/2024 (cumulati) % COMPLETAMENTO TARGET 90.000 PERCORSI 143% % COMPLETAMENTO TARGET 135.000 PERCORSI 109% % COMPLETAMENTO TARGET 174.000 PERCORSI 106% La tendenza positiva al conseguimento degli obiettivi si riflette anche nei percorsi afferenti alla baseline che, con un’annualità formativa ancora da certificare appieno, risulta realizzata per il 97%. La sottostante tabella mostra l’avanzamento della baseline realizzata di anno in anno, in termini assoluti e percentuali. A.F. 2020/2021 A.F. 2021/2022 A.F. 2022/2023 A.F. 2023/2024 BASELINE 8.492 16.939 25.576 37.732 OBIETTIVO BASELINE 39.000 39.000 39.000 39.000 PERCENTUALE REALIZZATA 22% 43% 66% 97% Queste positive tendenze si sono riflesse concretamente anche a livello di best practices che via via si sono diffuse localmente. Innanzitutto, si è registrato un considerevole aumento degli iscritti ai percorsi di IeFP in modalità duale (I°-IV° anno), soprattutto nelle Regioni del Mezzogiorno dove si è registrato un +534% rispetto a quanto rilevato, per la medesima modalità, nell’a.f. 2020/2021. Parallelamente, nell’anno formativo 2023/2024 sono aumentati sia i qualificati che i diplomati nell’ambito duale. I primi sono passati da 22.832 unità dell’a.f. 2020/2021 ai 109.757 dell’ultimo anno di rilevazione disponibile, mentre i qualificati in “duale” nell’a.f. 2023/2024 sono stati 40.640 a fronte dei 22.832 di tre anni prima. Il quadro complessivo relativo alla completa attuazione del Sistema Duale PNRR, ricomprendente i dati certificati afferenti all’a.f. 2024/2025, sarà pubblicato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in un successivo Bollettino, al termine delle opportune rilevazioni e successive comunicazioni con la Commissione Europea. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 21 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 22 2.8. Il futuro dell’IeFP e le disposizioni della Legge di Bilancio 2025 Avvicinandosi il termine delle attività formative connesse agli interventi PNRR dell’Investimento 3 “Rafforzamento del Sistema Duale”, molti degli attori di sistema hanno guardato con crescente interesse alle decisioni in materia da parte dell’Esecutivo. Con l’approvazione della legge n. 207 del 30 dicembre 2024 è stata stanziata una quota di risorse aggiuntive all’attuale dotazione finanziaria di € 75.000.000,00. Per la precisione, l’art. 1 comma 199 della legge prevede un aumento di risorse pari a: •• € 100.000.000,00 nell’anno 2025; •• € 170.000.000,00 nell’anno 2026; •• € 240.000.000,00 nell’anno 2027. In tal modo, si è voluto procedere alla stabilizzazione dell’intero sistema nazionale, non disperdendo il valore aggiunto apportato dagli investimenti del PNRR bensì valorizzando le best practices consolidatesi negli ultimi anni. Attraverso un virtuoso impiego di queste risorse la IeFP potrà affrontare le molteplici sfide che le sono poste innanzi, come l’estensione progressiva dei percorsi di quarto anno, oggi presenti in 17 Regioni. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 22 05/11/25 11:01 23 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 3. Prospettiva europea: nuove linee di sviluppo del VET 3.1. La creazione dell’impianto istituzionale Il sistema VET europeo trae le sue origini istitutive dal lontano 1963, quando l’allora Comunità Economica Europea (CEE) tracciò le linee d’indirizzo generali per l’attuazione di una politica comune di Formazione Professionale. Il primo passo concreto nel mettere a fattor comune le molteplici concezioni di ciò che era “professionalizzante” si ebbe con l’istituzione del Comitato consultivo per la formazione professionale (CCFP). Il compito principale del Comitato risiede ancora oggi in un rigoroso lavoro di assistenza alle istituzioni dell’UE per l’attuazione della politica comunitaria in materia di IFP. Quest’ultime, e in particolare la Commissione Europea, discutono assieme agli Stati membri delle iniziative riguardanti la formazione professionalizzante nelle riunioni del CCFP. A questi summit partecipano funzionari ad alto livello dei ministeri di 35 Paesi, con la delega all’IFP. Pochi anni dopo, e più precisamente nel 1975, la CEE decise di istituzionalizzare ancor di più a livello comunitario la formazione professionalizzante con la fondazione del “Centro Europeo per lo sviluppo della formazione professionale” (CEDEFOP). Questo organismo si configura come un’Agenzia indipendente dell’Unione Europea che contribuisce all’implementazione del sistema VET. Una delle sue prerogative è di connettere sistematicamente la formazione e il lavoro, declinata tra le altre nell’analisi di: •• sistemi nazionali di IeFP; •• percorsi di aggiornamento per gli adulti e di orientamento per i giovani; •• fabbisogni di competenze dal mercato del lavoro; •• convalida dell’apprendimento e canali di finanziamento dell’IFP; •• monitorare l’implementazione delle azioni contenute nelle raccomandazioni e dichiarazioni UE. A queste due importanti realtà, attive sul territorio dell’Unione, si è affiancata negli ultimi tre decenni la Fondazione europea per la formazione (ETF) che si occupa delle medesime materie ma interfacciandosi con i Paesi partner dell’UE, dai Balcani occidentali, all’Europa orientale fino a Paesi par- CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 23 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 24 tner dell’Asia centrale. L’operato della Fondazione è anche intrinsecamente legato al processo di widening, ovvero di ampliamento della base sociale dell’Unione, mediante l’ingresso di nuovi Stati all’interno dell’organizzazione. La Fondazione promuove in tal modo sia la mobilità sociale che l’inclusione, contribuendo ove necessario al processo di riforma dei sistemi di istruzione e formazione, bilanciati con le esigenze del mercato del lavoro. Ad oggi la VET europea è composta da: •• l’istruzione professionale iniziale (I-VET), svolta solitamente in ambiente scolastico, in centri di formazione ed aziende, prima dell’ingresso del discente nel mondo del lavoro. Essa riguarda in media circa il 50% dei cittadini europei in età compresa tra i 15 e i 19 anni; •• la formazione continua (C-VET), svolta dopo l’istruzione iniziale o dopo l’inizio della vita lavorativa al fine di far acquisire ai cittadini nuove competenze professionali. Questa seconda tipologia di formazione è quindi basata sul lavoro, con l’apprendimento che avviene sul proprio posto di lavoro. 3.2. La VET negli atti ufficiali dell’Unione Europea Negli ultimi venticinque anni la VET ha intrapreso un percorso di profondo rinnovamento, sia nell’evoluzione dei suoi concetti fondanti che nella ricerca di rimanere al passo con le grandi trasformazioni del mercato del lavoro, soprattutto in termini di richiesta di capitale umano altamente qualificato e già pronto ad interfacciarsi con le più diverse dinamiche aziendali. Questo processo ha avuto inizio con la Dichiarazione di Copenaghen da parte dei ministri europei dell’Istruzione e Formazione Professionale, nel novembre 2002. Il documento ha previsto di incardinare la VET in una visione eminentemente politica, finalizzata a definire obiettivi comuni e strumenti europei per incrementare la trasparenza e la qualità delle competenze maturate dai singoli individui. Così facendo, i cittadini aumentano come futuri lavoratori le proprie chances di mobilità sociale. La prima “verifica” sull’effettivo avvio del processo di Copenaghen si è avuto due anni più tardi, nel dicembre 2004, da parte dei ministri responsabili dell’Istruzione e Formazione Professionale degli Stati membri, in un formato allargato ricomprendente anche i rappresentanti dei Paesi membri dello Spazio Economico Europeo (SEE). I risultati del gruppo di lavoro sono stati raccolti nel Comunicato di Maastricht che ha sottolineato sia le prime vere attuazioni di quanto disposto due anni prima che, dall’altra parte, le sfide da affrontare per rendere la VET europea un fattore di progresso sociale ed economico per il maggior numero di cittadini possibile. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 24 05/11/25 11:01 25 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Il documento ha richiamato l’accordo politico sulla messa a terra di misure per la coesione sociale e la concorrenzialità, dell’orientamento lungo tutto l’arco della vita e della convalida dei meccanismi di apprendimento non formale ed informale. È stato pertanto chiamato in causa l’apporto economico proveniente dal Fondo Sociale Europeo e dal Fondo europeo di sviluppo regionale, soprattutto per un sostegno a tutto tondo all’Istruzione e Formazione Professionale, estendendone l’applicabilità tematica agli orientamenti strategici della Programmazione Comunitaria 2007-2013. Tale idea si è confermata subito vincente, alla luce dell’uso integrativo di queste risorse fatto dalle Regioni italiane per finanziare i percorsi di IeFP. Con il successivo comunicato di Helsinki, del 5 dicembre 2006, le istituzioni comunitarie hanno stabilito un nuovo e aggiornato ordine di priorità d’attuazione come: •• il Sistema europeo di crediti per l’Istruzione e la Formazione Professionale (ECVET); •• il Quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell’Istruzione e della Formazione Professionale. La prima priorità riguardava la messa a regime, esclusivamente su base volontaria da parte degli Stati membri, di un sistema di accumulo e trasferimento dei crediti derivanti dall’apprendimento nel settore IFP che certificasse e documentasse per ogni cittadino che si fosse approcciato al mondo della formazione professionalizzante, tutti i risultati acquisiti. Tra gli obiettivi dell’ECVET vi era anche, ieri come oggi, la creazione di un fenomeno di condivisione delle procedure nazionali di valutazione che rispondessero ai seguenti criteri: •• tipo e durata della formazione; •• obiettivi e risultati della formazione; •• posizione di una qualifica nella gerarchia professionale; •• classificazione dei livelli esistenti in relazione a qualifiche equivalenti; •• competenze afferenti alla qualifica necessarie allo svolgimento delle mansioni lavorative assegnate. A partire dal Comunicato di Bruges del 7 dicembre 2010 che ha riaffermato gli sforzi in ambito VET fino ad allora realizzati, i partner europei hanno rafforzato quantitativamente e qualitativamente le attività di Work Based Learning (WBL) all’interno dei diversi sistemi VET europei. L’Unione Europea, da parte sua, ha ritenuto fondamentale promuovere percorsi formativi che sapessero coniugare fin da subito teoria e pratica nel contesto lavorativo per arginare il fenomeno della disoccupazione giovanile e favorire una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, pienamente in linea con la strategia “Europa 2020”. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 25 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 26 Sulla scorta di questi intendimenti nel 2013 la Commissione Europea ha presentato il documento “Work-based learning in Europe - Practices and Policy Pointers” che ha distinto il WBL in: •• apprendistato, inteso come percorso di formazione regolato da un contratto di lavoro, con momenti di apprendimento in aula e altri in azienda; •• tirocini on the job, ospitati da un’impresa e di durata normalmente non superiore al 50% del monte ore previsto; •• tutte le attività didattiche che prevedono l’esecuzione di compiti lavorativi reali o simulati all’interno dell’ambiente scolastico. Il 30 novembre 2020, in un contesto sociale ancora fortemente pervaso dalla pandemia da Covid-19, i Ministri incaricati dell’IeFP negli Stati membri dell’UE, insieme agli omologhi dei Paesi candidati all’adesione e di quelli appartenenti allo Spazio Economico Europeo, hanno sottoscritto la Dichiarazione di Osnabrück “relativa all’IeFP come fattore abilitante della ripresa e delle transizioni giuste verso l’economia digitale e verde”. Il documento ha quindi delineato gli ambiti di impegno tematico per il quinquennio 2021-2025. Nello specifico, tutti gli attori presenti al tavolo negoziale hanno convenuto di orientare la loro azione coordinata verso: L’ultimo aggiornamento ufficiale della dottrina europea della VET si è avuto lo scorso 12 settembre con la sottoscrizione, nell’ambito del semestre danese di presidenza del Consiglio UE, della Dichiarazione di Herning “ine- CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 26 05/11/25 11:01 27 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 rente ad una VET attrattiva ed inclusiva per un’accresciuta competitività e per impieghi di qualità 2026-2030”. Il documento ha rimarcato in apertura le determinazioni assunte a Osnabrück nella precedente Dichiarazione, per poi concentrarsi sugli obiettivi concreti da raggiungere nel quinquennio 2026-2030. Quest’ultimi riguardano principalmente: 3.3. La I-VET europea: una panoramica delle misure attivate a livello europeo Le ultime rilevazioni condotte da Eurostat sulla VET dimostrano incontrovertibilmente l’impatto positivo della Formazione Professionale in Europa, oltre al significativo contributo dell’implementazione in tutti gli Stati membri della legislazione europea in materia. A fine 2024, infatti, circa il 65,3% degli studenti VET aveva nel proprio percorso almeno metà del monte ore dedicato alla formazione in contesto lavorativo, ben oltre l’obiettivo stabilito del 60% entro il 2025. Sempre secondo Eurostat, il tasso di occupazione di giovani con una Formazione Professionale alle spalle si è attestato, a fine 2024, all’81%, di molto vicino al target dell’82% entro il 2025 stabilito dall’Unione Europea. La pervasività degli interventi nel comparto della Formazione Professionale ha portato l’Unione Europea ad ampliare il proprio raggio d’azione, includendo nel monitoraggio VET anche la Norvegia e l’Islanda oltre ad Albania, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Turchia, quest’ultimi in qualità di Paesi candidati all’ingresso nell’UE. Sin dall’elaborazione della prima strategia VET, e ancor di più nell’ultimo quadriennio, le relative policies si sono sviluppate lungo le seguenti tre direttrici: •• rafforzamento delle connessioni tra gli attori che erogano percorsi professionalizzanti e le dinamiche occupazionali del mercato del lavoro; •• integrazione nei nuovi percorsi di moduli formativi legati alla sostenibilità e alle transizioni gemelle; •• promozione della dimensione internazionale della formazione. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 27 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 28 Nella tabella sottostante sono ricomprese alcune azioni in ambito VET messo in campo recentemente dalle istituzioni dei più importanti Paesi europei, accompagnate dalla descrizione del target di beneficiari cui si rivolgono. Paese Azione Target Danimarca La riforma “Prepared for the future”, approvata nel 2024 prevede di creare un più attrattivo sistema VET attraverso significativi investimenti in moderne dotazioni informatiche, sviluppo delle competenze green del corpo docente, unitamente alla creazione di hub innovativi. Giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, NEET, discenti con background migratorio (compresi i rifugiati), lavoratori di età compresa tra i 55 e i 64 anni Francia Nel 2023 ha lanciato, nell’ambito dello “Skills and Jobs of the Future” un’iniziativa per aumentare la partecipazione a corsi professionalizzanti basati sulla richiesta di competenze green da parte del mondo produttivo. Giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, inclusi gli apprendisti, dedicato specificamente ai discenti a rischio di precoce abbandono scolastico. Spagna Nel 2024 ha attivato nuovi corsi di specializzazione riguardanti la creazione di contenuti digitali e la gestione dei social media e dei website, erogati dalle Camere di Commercio spagnole e realizzati da esperti della VET. Giovani interessati ad aumentare le proprie competenze in questi campi. Germania Aggiornamento del repertorio VET, sia di base che avanzato. Nuove competenze attuative sono state assegnate alle imprese anche in termini di formazione digitale a distanza, ma anche di comunicazione digitale Apprendisti e studenti iscritti a percorsi formativi secondari. Il Rapporto OCSE “Education at a Glance 2025” ha evidenziato che, in media, il 70% degli studenti di un Paese UE frequenta un percorso di Formazione Professionale in grado di garantire un completo accesso al livello terziario d’istruzione, a fronte di un altro 20% di percorsi che, pur fornendo una formazione professionalizzante secondaria completa, non fornisce accesso diretto all’istruzione terziaria. In un’ottica futura, occorrerà lavorare molto sul rimanente 10% di programmi formativi che attualmente non garantiscono compiutamente gli standard per l’accesso ad un percorso terziario. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 28 05/11/25 11:01 29 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Quest’ultima quota di programmi non conformi agli standard è composta esclusivamente da quei percorsi formativi troppi brevi per garantire un corretto accesso al successivo livello d’istruzione. Nel 2023, il 44% degli studenti iscritti ad un percorso d’istruzione secondaria nei Paesi OCSE frequentava un percorso di Formazione Professionale. Restringendo il campo d’osservazione al territorio europeo, in Paesi come Finlandia, Olanda, Slovacchia, Austria, Croazia e Repubblica Ceca più di due terzi degli studenti coinvolti in un percorso d’istruzione secondaria, frequenta un programma VET. In Ungheria, per esempio, si è registrato nell’ultima decade un notevole incremento degli studenti iscritti ad un percorso VET, al punto da rappresentare oggi oltre il 50% della coorte studentesca iscritta ad un percorso d’istruzione secondaria. Analizzando i numeri da un punto di vista di genere, ancora molto è da fare per raggiungere una completa parità. Infatti, in Paesi come Germania, Lituania ed Estonia le iscrizioni femminili ad un programma VET “ordinamentale” sono circa il 35% del totale. L’Italia, invece, rientra tra gli stati più vicini al conseguimento dell’obiettivo, alla luce del 40,2% di ragazze attualmente frequentanti un percorso di IeFP. 3.4. Il finanziamento alla VET nell’ambito della formazione secondaria La dotazione finanziaria dedicata alla formazione secondaria è fortemente caratterizzata dall’impatto che su di essa hanno i finanziamenti della VET. In molti Paesi, infatti la spesa pubblica è maggiore per i percorsi di Forma- CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 29 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 30 zione Professionale rispetto a quanto viene riversato nei capitoli di spesa “non-VET”. Ciò accade molto marcatamente in Spagna, Austria e Danimarca e spesso è dovuto agli alti costi di acquisto e di successivo mantenimento delle apparecchiature tecnologiche utilizzate nelle scuole e nei Centri di Formazione Professionale. I costi di mantenimento sono ancora più alti nei casi di tecnologie fortemente avanzate, soggette ad una rapida evoluzione ed aggiornamento di sistema. A ciò si aggiunge la distribuzione degli allievi sia territorialmente che per tipologia di percorso frequentato, pertanto correlata ad una serie di attività tecnico-pratiche differenti da profilo a profilo. Il contributo economico privato spesso coincide con le spese sostenute dalle aziende nel fornire un apprendimento basato sulla formazione in contesto lavorativo, principalmente ricompresa all’interno di percorsi di apprendistato. In Svizzera, secondo i dati OCSE, circa il 31% delle risorse totali per la VET giunge dal settore privato. Tale variabile raggiunge il 38% nel contesto tedesco, dominato dall’ampio utilizzo dell’apprendistato all’interno delle aziende ospitanti. In Francia, invece, circa il 26% della spesa iniziale di attivazione e gestione dei percorsi VET è finanziata con risorse private, cui fa da contraltare il 28% di spesa finale pubblica per la buona riuscita dei percorsi. Nella tabella sottostante sono rappresentati gli investimenti finanziari nel settore dell’istruzione per ogni Paese membro dell’OCSE, suddivisi in ciò che è destinato specificamente alla VET e ciò che viene assegnato a tutto ciò che non riguarda la Formazione Professionale. 3.5. L’approccio Work Based Learning nel sistema VET La locuzione Work-based learning si riferisce, in termini generali, a tutte le forme di apprendimento realizzate all’interno di un ambiente di lavoro reale. Concretamente, essa viene inserita, tra le altre, in percorsi di apprendistato e tirocinio, combinati con momenti di formazione in aula. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 30 05/11/25 11:01 31 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 La cornice operativa dell’apprendistato è stata ulteriormente definita e diffusa attraverso la sottoscrizione di due importanti documenti, ovvero: •• la Raccomandazione relativa ad un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità, approvata dal Consiglio dell’UE il 15 marzo 2018; •• la Raccomandazione per un Apprendistato di Qualità, adottata dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) nel 2023. Il primo documento sottolinea innanzitutto la centralità dell’apprendistato come percorso che porti al conseguimento di qualifiche riconosciute a livello nazionale all’interno di ogni Stato membro. L’apprendista, poi, deve ricevere “una retribuzione o un compenso di altro tipo per la componente basata sul lavoro”, fermo restando l’accordo tra apprendista, datore di lavoro e, se del caso, del Centro di Formazione Professionale. La Raccomandazione delinea, inoltre, 14 criteri per un apprendistato altamente qualitativo, suddividendoli in “criteri per le condizioni di apprendimento e di lavoro” e “criteri per le condizioni quadro”. IL CASO SVIZZERO L’apprendista, debitamente contrattualizzato, è considerato un dipendente. Il programma di formazione professionale dura tre anni e mezzo, ed è ripartito per il 75% in apprendimento in contesto lavorativo e per il rimanente 25% in formazione d’aula. Le imprese svizzere pubblicano l’annuncio di lavoro e gli studenti possono candidarsi direttamente. Gli apprendisti vengono retribuiti anche durante il periodo d’aula e, solitamente, terminano il proprio percorso all’interno della medesima azienda presso la quale lo hanno iniziato. La Raccomandazione dell’ILO, oltre a definire l’apprendistato, enfatizza la necessità di un robusto quadro regolatorio, a partire dalla promozione di un proficuo dialogo sociale tra le organizzazioni dei lavoratori. Rivolgendosi ad una platea transnazionale il documento sottolinea l’importanza della protezione degli apprendisti dal lavoro forzato e dal lavoro infantile. Parallelamente a ciò, afferma l’importanza dell’inclusione e di un accesso equo a tutte le diverse forme contrattuali in cui l’apprendistato prende forma oggi. Da ultimo, l’ILO rivendica l’importanza della collaborazione e della cooperazione in materia, in primis su scala internazionale e poi a livello nazionale e regionale, con tutti gli stakeholders coinvolti nell’attivazione di un percorso di apprendistato. Di seguito una rappresentazione OCSE delle quote di studenti VET iscritti in programmi con alternanza scuola lavoro, e la variazione percentuale dal 2013 al 2023: CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 31 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 32 Negli ultimi anni, e in particolar modo nell’ultimo quinquennio il work based-learning si è concentrato nello sviluppo in azienda di competenze intrinsecamente legate alle rivoluzioni gemelle, ovvero quella digitale e quella della sostenibilità ambientale. Proprio in quest’ultimo ambito secondo l’OCSE si concentra circa un quarto dei percorsi VET, con punte del 30% in Estonia e Lituania. La stragrande maggioranza delle mansioni lavorative green è associata ai “colletti blu”, ovvero a quelle persone che svolgono lavori di assemblaggio, di movimentazione dei macchinari e, più in generale, di quei lavori industriali ad alta specializzazione. Settorialmente queste persone sono collocate nei comparti delle costruzioni, della manifattura, dei trasporti e dell’agricoltura. Nei Paesi scandinavi e in quelli anglofoni, come Finlandia e Svezia i lavoratori con competenze green si vedono riconosciuti alti salari, differentemente da quanto accade in Olanda, Slovenia ed Ungheria. Un altro indicatore da tenere sotto controllo riguarda la sicurezza in termini economici che i lavoratori associano alle proprie mansioni. Secondo l’OCSE nel 2024 solo in Danimarca, Finlandia, Svezia, Svizzera e Regno Unito i lavori green non erano caratterizzati da un basso tasso di disoccupazione. Più della metà dei giovani lavoratori under 35, in possesso di un diploma VET è impiegato nelle seguenti realtà industriali: CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 32 05/11/25 11:01 33 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 All’interno di questi settori produttivi un’ampia quota di occupazioni riguarda la cosiddetta economia green. Più del 50% dei lavoratori edili e più del 30% degli addetti del manifatturiero svolgono green jobs dopo aver frequentato un percorso VET ordinamentale. A questi due settori si affiancano, in numero più ridotto anche se in costante aumento, il comparto elettrico, delle materie prime, della fornitura di acqua e della gestione dei rifiuti. Dal punto di vista della distribuzione di genere, invece, resta ancora molto da fare per raggiungere la piena parità di lavoratori e lavoratrici con un titolo VET ordinamentale che siano impiegati in settore green. La maggior parte di queste occupazioni, infatti, è caratterizzata ancora oggi da un’ampia presenza maschile. Secondo l’“OECD Employment Outlook 2024: The Net-Zero Transition and the Labour Market” solo il 22% della forza lavoro del manifatturiero e il 55 del settore edile è composta da donne in possesso di una qualifica VET. 3.6. La C-VET Come anticipato, con C-VET si intende comunemente la Formazione Professionale continua che si svolge successivamente all’istruzione iniziale o all’inizio della vita lavorativa. I suoi obiettivi principali risiedono nel miglioramento delle competenze esistenti e nell’acquisizione di nuove; nel favorire la riqualificazione professionale e nella promozione dello sviluppo personale e professionale. La C-VET è pertanto rivolta sia ai lavoratori che desiderano aggiornare o ampliare le proprie competenze, sia agli individui che intendono intraprendere nuovi percorsi professionali. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 33 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 34 Le finalità proprie della C-VET risultano ancora più importanti se si analizzano i risultati dell’indagine “Programme for the International Assessment of Adult Competencies” (PIACC), pubblicato dall’OCSE nel 2024. L’indagine si concentra essenzialmente sull’individuazione dei livelli di competenza linguistica (scritta e parlata), numerica e di problem solving adattivo posseduti rispettivamente dalla popolazione con età compresa tra i 16 e i 65 anni, per le prime due variabili, e dalla popolazione tra i 25 e i 64 anni per l’ultima. Il rapporto valuta sia le competenze linguistiche che quelle numeriche in una scala di 5 livelli in ordine crescente, mentre le competenze associate al problem solving sono ricomprese in una scala, sempre crescente, di soli 4 livelli. I dati pubblicati lo scorso anno evidenziano, per le competenze linguistiche, che solo il 42% degli adulti raggiunge un livello di alfabetizzazione pari o superiore a 3, mentre il restante 58% è distribuito tra i primi due livelli che indicano una bassa competenza nella rielaborazione delle informazioni e, di riflesso, una predisposizione a prediligere testi brevi e non eccessivamente articolati. Il grafico sottostante mostra il grado di competenze linguistiche nella popolazione 25-64enne, rispetto al grado d’istruzione raggiunto. Con riferimento alle competenze numeriche, invece, circa il 25% della popolazione adulta ha difficoltà con operazioni aritmetiche di base, oltre a possedere limitate abilità nel ragionamento matematico applicato al contesto quotidiano. La medesima distribuzione percentuale è presente anche nelle rilevazioni correlate alla misurazione delle competenze di problem solving adattivo, nonostante la fascia della popolazione interessata sia ricompresa tra i 25 e i 64 anni d’età. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 34 05/11/25 11:01 35 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 3.7. La C-VET come risposta alle rilevazioni del PIACC La miglior risposta attualmente messa in campo per arginare i deficit segnalati dal rapporto PIACC è rappresentata dai corsi C-VET che gli Stati membri dell’UE hanno via via attivato all’interno dei loro territori. Nei paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania), per esempio, le istituzioni formative che si occupavano esclusivamente di I-VET hanno iniziato ad erogare corsi formativi anche ad adulti, con età superiore ai 25 anni. Già nel 2020/2021 più del 40% della popolazione coinvolta nella formazione aveva più di 25 anni, raddoppiando così i risultati ottenuti nel decennio precedente. In Estonia sono aumentati i moduli formativi inerenti alle competenze trasversali e, più nello specifico, a quelle riguardanti il contesto lavorativo come l’autoimprenditorialità. La Lettonia, invece, ha costituito una nuova rete, totalmente rinnovata, di centri per la formazione degli adulti, attivi anche con corsi serali, che mirano a promuovere l’apprendimento continuo, lungo tutto il corso della vita. Questi centri sono finanziati dalle Amministrazioni regionali e si concentrano sul completamento di un programma didattico elaborato, piuttosto che sul solo riconoscimento di microcredenziali. In Lituania, per esempio, la partecipazione delle persone coinvolte nella C-VET con un’età superiore ai 25 anni si attesta al 70%, favorita soprattutto dalla riforma del repertorio nazionale delle figure professionali che, abolendo la divisione tra I-VET e C-VET, ha dato impulso alla partecipazione degli adulti. La medesima riforma di settore, portata avanti nella penisola iberica sia dalla Spagna che dal Portogallo, ha fatto di questi due Paesi quelli con il più alto tasso europeo di discenti tra 25 e i 34 anni che frequenta un percorso formativo. Ovviamente, i moduli erogati vengono calibrati sulle esigenze dei lavoratori, e si caratterizzano per la loro flessibilità affinché lavoratori con competenze basilari, e quindi ad elevato rischio di disoccupazione, possano transitare verso nuove opportunità occupazionali collocate già a metà della scala sociale. In Svezia, la formazione per adulti è fornita secondo diverse modalità, tutte però accomunate da uno spiccato tratto di individualizzazione del percorso di ogni singolo studente. Ciò è diventato particolarmente vero negli ultimi anni con l’ideazione di percorsi per gli adulti maggiormente bisognosi di reskilling che privilegiassero da una parte la flessibilità e, dall’altra, l’erogazione sistematica di hard competencies difficilmente trasferibili in semplici attività di upskilling. Questo mutamento della concezione della formazione per adulti ha però portato i suoi frutti, al punto da fare della Svezia il Paese europeo con il più alto tasso di adulti impegnati in percorsi di lifelong learning. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 35 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 36 3.8. Le microcredenziali Uno strumento utile alla riqualificazione degli adulti e all’aggiornamento delle competenze, spesso trattato marginalmente, ma che in realtà gode di un suo spazio autonomo, è rappresentato dalle microcredenziali. Esse consistono fondamentalmente nella registrazione dei risultati ottenuti successivamente ad un piccolo volume di apprendimento da parte del discente e consentono: •• di ricostruire percorsi professionali, combinando l’apprendimento acquisito in diversi ambiti ed esperienze; •• di riconoscere e certificare in modo innovativo una o più unità di competenza specifiche, rispondenti ad esigenze personali, culturali, della società o del mercato del lavoro; •• di promuovere l’occupabilità e la crescita del capitale umano favorendo uno sbocco professionale in settori in cui spesso le qualifiche formali sono fortemente limitate, se non del tutto inesistenti. Nell’alveo delle microcredenziali rientrano i digital badge, da intendersi come rappresentazioni digitali di competenze e certificazioni che presentano vantaggi in termini di portabilità, sicurezza e trasparenza. Questi badge digitali sono inoltre facilmente includibili nei profili digitali e nei curricula, vengono prodotti con la blockchain o, alternativamente, con protocolli di verifica digitali e, infine, permettono ai datori di lavori o alle istituzioni di verificarne velocemente la validità. L’Unione Europea, presupponendone la breve natura esperienziale che le caratterizza ha evidenziato una serie di vantaggi delle microcredenziali ovvero: La flessibilità di questo strumento deriva dalla capacità di coprire bisogni formativi di diversa natura e che al contempo siano facilmente agganciabili a tutti i sistemi VET oltreché al mercato del lavoro. Quest’ultimo elemento, infatti, è in grado di favorire la portabilità a livello europeo delle microcredenziali stesse. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 36 05/11/25 11:01 37 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Esse sono sempre più riconosciute a livello europeo e considerate molto utili nel garantire l’occupabilità delle persone e il loro avanzamento di carriera. Sostanzialmente fanno da ponte ideale tra l’istruzione tradizionale, da una parte, e il rispetto di requisiti pratici della moderna forza-lavoro dall’altro. Le nuove microcredenziali si focalizzano sullo sviluppo di competenze immediatamente applicabili nel contesto lavorativo. Per tale ragione, molto spesso, i lavoratori le preferiscono alle tradizionali qualifiche che non rispondono all’immediata esigenza di sviluppare abilità “produttive”. Le microcredenziali, inoltre, rafforzano nei discenti la consapevolezza di mantenersi dinamici e flessibili in un mondo del lavoro come quello di oggi, spesso caratterizzato da percorsi di carriera non lineari. Attualmente una delle più importanti sfide che contraddistinguono il mondo delle microcredenziali è la mancanza di standardizzazione, da cui discende il proliferare di fornitori che spesso non garantiscono gli standard di qualità e credibilità necessari. Il criterio per definire la dimensione di una microcredenziale varia non solo da Paese a Paese, ma da centro formativo a centro formativo e da governo a governo. La Svezia, per esempio, le include all’interno di sistemi di controllo qualità senza esplicitarli. L’Ungheria le ha già integrate all’interno dei propri percorsi formativi professionali ordinamentali, mentre l’Estonia ne sta facendo un ampio utilizzo nelle aziende per aggiornare le competenze dei lavoratori. Nell’ottica di avviare e sostenere un processo di standardizzazione dell’ecosistema delle microcredenziali l’OCSE ha previsto una duplice possibilità di implementazione regolatoria da parte dei governi europei, ovvero: 1) approccio morbido, di supervisione ed esplorazione, 2) approccio diretto e di sistematizzazione. Nella tabella sottostante sono ripresi i tratti salienti dei due approcci distinti. Approccio morbido Approccio diretto Linee Guida ✓ Creazione di un impianto regolatorio che i fornitori possono seguire quando riconoscono le microcredenziali; ✓ Supporto agli sforzi dei fornitori nel giungere ad un comune quadro definitorio. ✓ Rafforzare o introdurre importanti modifiche alla legislazione osservata dai fornitori di microcredenziali Finanziamento pubblico ✓ Utilizzo di fondi per il conseguimento di specifici obiettivi. ✓ Inclusione delle microcredenziali tra i fondi d’investimento principali della formazione, valutandone l’estensione a schemi di prestito studentesco. Meccanismi di controllo della qualità ✓ Esperimenti di controllo qualità attraverso un test. ✓ Integrare le microcredenziali in un esistente sistema di controllo della qualità; ✓ Sviluppo di un meccanismo di controllo delle microcredenziali ad hoc. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 37 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 38 Sistemi informativi ✓ Creazione di un portale informativo pilota, realizzato da un gruppo ristretto di stakeholders. ✓ Creazione di un portale informativo nazionale. Attualmente l’utilizzo delle risorse pubbliche per finanziare i programmi sulle microcredenziali è molto diversificato, non solo in Europa ma anche al di fuori di essa. La Spagna e la Slovenia, per esempio, stanno temporaneamente utilizzando fondi vincolati per supportare lo sviluppo del sistema di micro-credenziali. Francia, Austria e Finlandia, invece, stanno utilizzando al medesimo scopo dei dispositivi finanziari più stabili e duraturi. Nel Regno Unito, invece, sono in vigore entrambe le modalità di finanziamento. Di seguito un riepilogo delle linee di finanziamento delle microcredenziali a livello europeo, suddivise per fonte di finanziamento principale: Tipologia di fondo Paesi aderenti Recovery and Resilience Facility (RRF) Belgio; Croazia; Estonia, Francia; Ungheria; Portogallo; Slovenia e Spagna Fondo Sociale Europeo Plus Bulgaria; Croazia; Estonia; Ungheria e Romania A corredo di quanto sopra delineato, la successiva tabella riassume i principali investimenti nelle microcredenziali condotte in Europa tra il 2021 e il 2025, se si eccettua l’iniziativa spagnola che terminerà nel 2026. Il gruppo di Paesi ricompreso nella griglia sottostante si è caratterizzato per un approccio maggiormente esplorativo. Paese Iniziativa Periodo finanziamento Tipologia finanziamento Importo Correlazione settore produttivo Irlanda «MicroCreds» finanziato dal Pilastro Tre dell’«Iniziativa Capitale Umano» 2020-2025 Pubblico € 12.300.000,00 Sì Olanda «Microcredentials Pilot in Higher Education» 2021-2023 Misto pubblicoprivato N.D. No Slovenia Una componente del PNRR sloveno 2022-2025 Pubblico € 10.100.000,00 Sì Spagna Una componente del PNRR spagnolo 2023-2026 Pubblico con cofinanziamento privato € 50.000.000,00 Sì Regno Unito «Higher Education Short Course Trial» 2022-2025 Pubblico £ 2.500.000,00 Sì CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 38 05/11/25 11:01 39 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Di seguito, invece, una schematizzazione grafica dei Paesi che hanno deciso di adottare un più sistematico approccio alla materia. Paese Iniziativa Anno di avvio Importo Beneficiari Finlandia Revisione del modello di allocazione dei finanziamenti 2021 14% di finanziamento pubblico Università Austria Percorsi di apprendimento individuali 1994 30%-60% di finanziamento dei servizi di formazione, con un limite di spesa tra € 1.000,00-4.000,00, a seconda della tipologia di programma Persone senza una formazione superiore e laureati con un reddito mensile lordo inferiore a € 3.000,00 Francia “Compte personnel de formation” 2015 € 500 all’anno per persona (con variazioni dipendenti dalle condizioni di lavoro) Persone in età da lavoro, ricompresa nella forza-lavoro nazionale Regno Unito (Scozia) “Individual Training Accounts” 2017 £ 200 all’anno per persona Persone senza un alto livello di scolarizzazione che stanno cercando attivamente un impiego o che sono workingpoor (aventi un reddito annuale di £ 22.000,00 o inferiore) Regno Unito (Inghilterra) “Lifelong Loan Entitlement” 2025 Somma a persona equivalente a 4 anni di formazione, dopo il compimento del 18° anno d’età Persone fino a 60 anni d’età CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 39 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 40 4. Senza dimenticare le proprie radici ma con lo sguardo al futuro: la IeFP di domani Il termine degli interventi legati all’Investimento 3 del PNRR, sancito per il prossimo 31 dicembre, rappresenta uno spartiacque decisivo per il futuro dell’intero sistema di Istruzione e Formazione Professionale. Questa data non è da intendersi come un traguardo, bensì come un punto di partenza per una nuova stagione di riforme e misure attuative dell’intero sistema, a partire dalle best practices che si sono consolidate negli ultimi anni. Oggi, a distanza di poco più di due decenni dall’attuazione dei primi percorsi, l’offerta formativa triennale e quadriennale è presente in ogni Regione e Provincia Autonoma, ad eccezione della Basilicata, comunque intenzionata ad allinearsi alle altre amministrazioni regionali nel garantire ai discenti un ampio ventaglio di percorsi formativi. Secondo le rilevazioni condotte da INAPP il sistema di IeFP si dimostra, anno dopo anno, tra i canali d’istruzione più inclusivi nel panorama educativo nazionale, alla luce del 16% circa di allievi di origine migratoria che frequenta un percorso presso un Centro di Formazione Professionale accreditato. Proprio negli ultimi anni è aumentata anche la percentuale di quattordicenni che si iscrive senza alcun ritardo ai corsi IeFP erogati dalle Istituzioni formative, attestatasi al 54%. A ciò si aggiungono i dati estremamente positivi relativi agli esiti occupazionali dei giovani in uscita dalla IeFP. A tre anni dal conseguimento del titolo, infatti, circa il 68% degli studenti qualificati ha trovato un’occupazione stabile. Nel medesimo periodo di tempo, tale percentuale arriva al 72%, su base nazionale, per coloro che sono in possesso di un Diploma professionale. La richiesta di percorsi formativi tecnologicamente avanzati e al passo con le richieste del mercato del lavoro rimane infatti la prima variabile da considerare, unitamente alla necessità di stabilizzare finanziariamente il sistema IeFP che, proprio a partire dall’a.f. 2025/2026 attualmente in corso, deve fronteggiare il venir meno delle risorse afferenti al PNRR. Dal punto di vista sociale, poi, occorrerà assicurarsi dell’adeguato finanziamento dei Livelli Essenziali delle Prestazioni, uniforme su tutto il territorio nazionale, soprattutto nei luoghi dove ancora oggi, per esempio, non è disponibile un’intera offerta quadriennale di Istruzione e Formazione Professionale. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 40 05/11/25 11:01 41 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Pertanto, occorrerà intervenire in maniera coerente sia sulla nuova offerta formativa da mettere in campo nel prossimo quadriennio, anche e soprattutto alla luce dell’impatto che l’Intelligenza Artificiale ha e avrà ancor di più in futuro sia sul modo di formarsi dei giovani che sul loro conseguente modo di lavorare. Ampliare i propri orizzonti sarà la chiave di svolta per un reale miglioramento dell’IeFP come oggi è conosciuta. Per questo, sarà di fondamentale importanza promuovere una forte logica di mobilità di sistema, in grado di coinvolgere sia i docenti che gli allievi, per una IeFP del futuro veramente europea. CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 41 05/11/25 11:01 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 42 Bibliografia • Zagardo, G., “Quadro aggiornato della formazione professionale iniziale nelle Regioni”, p. 3-59, in Allegato a “Rassegna CNOS” n. 3/2007; • INAPP, “XX° Rapporto di monitoraggio del Sistema di Istruzione e Formazione Professionale e dei Percorsi in Duale nella IeFP a.f. 2020/2021”, Roma, febbraio 2023; • INAPP, “XXII° Rapporto di monitoraggio del sistema di Istruzione e Formazione Professionale e dei percorsi in Duale nella IeFP a.f. 2022/2023”, Roma, maggio 2025; • Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, “Attuazione dei percorsi in modalità duale dell’istruzione e Formazione Professionale (IeFP) e dell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) – Prima rilevazione al 30 novembre 2023 – Bollettino n. 1/2024”, Roma, maggio 2024; • Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, “Attuazione dei percorsi in modalità duale dell’istruzione e Formazione Professionale (IeFP) e dell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) - Seconda rilevazione al 30 novembre 2024 – Bollettino n. 2/2025”, Roma, maggio 2025; • CEDEFOP – ETF, “Towards EU priorities in VET 2021-25 progress: insights from monitoring and analysis – Policy Brief”, Tessalonica, 2025; • European Commission, “Work Based Learning A Leaflet of the Interagency Group on Technical and Vocational Education and Training”, Bruxelles, 2024; • OECD, “Education at a Glance 2025 OECD Indicators”, OECD Publishing, Paris, settembre 2025; • Kuczera, M., “Vocational education and training (VET) and the green transition: Insights from labour market data”, OECD Social, Employment and Migration Working Papers, No. 327, OECD Publishing, Paris, 2025; • OECD, “OECD Employment Outlook 2024: The Net-Zero Transition and the Labour Market”, OECD Publishing, Paris, 2024; • OECD, “Do Adults Have the Skills They Need to Thrive in a Changing World? Survey of Adult Skills 2023”, OECD Publishing, Paris, 2024; • OECD, “Public policies for effective micro-credential learning”, OECD Publishing, Paris 2023; • European Commission, “Work-Based Learning in Europe Practices and Policy Pointers”, Bruxelles, 2013; • Gamage, K.A.A., Dehideniya S.C.P., “Unlocking Career Potential: How Micro- Credentials Are Revolutionising Higher Education and Lifelong Learning”, in Education Sciences, 15(5), 525, 2025; • Piaget, J., “L’épistémologie des relations interdisciplinaires” AA.VV., L’interdisciplinarité, pp.141-144, Parigi, 1972; • CEDEFOP, “The future of vocational education and training in Europe: synthesis report”, n. 125, Tessalonica, 2023 CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 42 05/11/25 11:01 43 Report di Analisi degli Avvisi in ambito istruzione, formazione e lavoro Analisi avvisi pubblicati 1° gennaio al 31 dicembre 2022 Indice 1. Introduzione ........................................................................................................... 5 2. Evoluzione storica dell’IeFP in Italia (2003-2025) ........................ 6 2.1. L’approvazione dei Decreti Legislativi di attuazione della Legge 53/2003 .............................................................................................. 7 2.2. I primi passi della IeFP nelle Regioni ............................................... 9 2.3. La IeFP diventa ordinamentale ............................................................ 11 2.4. La Sperimentazione Bobba e la via italiana al duale ............... 14 2.5. Un’istantanea dell’IeFP in numeri ...................................................... 16 2.6. La IeFP nell’attuazione del PNRR ...................................................... 18 2.7. Lo stato di attuazione dell’Investimento e la rilevazione dei risultati finora conseguiti ......................................................................... 19 2.8. Il futuro dell’IeFP e le disposizioni della Legge di Bilancio 2025 ..................................................................................................................... 22 3. Prospettiva europea: nuove linee di sviluppo del VET ............ 23 3.1. La creazione dell’impianto istituzionale ......................................... 23 3.2. La VET negli atti ufficiali dell’Unione Europea ........................... 24 3.3. La I-VET europea: una panoramica delle misure attivate a livello europeo ............................................................................................... 27 3.4. Il finanziamento alla VET nell’ambito della formazione secondaria ............................................................................................................. 29 3.5. L’approccio Work Based Learning nel sistema VET ................. 30 3.6. La C-VET ........................................................................................................... 33 3.7. La C-VET come risposta alle rilevazioni del PIACC ................. 35 3.8. Le microcredenziali .................................................................................... 36 4. Senza dimenticare le proprie radici ma con lo sguardo al futuro: la IeFP di domani ............................................................................... 40 Bibliografia ....................................................................................................................... 42 CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 43 05/11/25 11:01 Impaginazione e stampa Tipografia Giammarioli snc Via Enrico Fermi 8/10 - 00044 Frascati (Roma) Tel. 06.942.03.10 - www@tipografiagiammarioli.com Novembre 2025 CNOS - FASCICOLO ANALISI E SVILUPPO IEFP.indd 44 05/11/25 11:01

Il Terzo monitoraggio della Tenuta Formativa (a.f. 2024-2025) nella Fondazione CNOS-FAP

Autore: 
M. Vecchiarelli
Categoria pubblicazione: 
Fuori collana
Anno: 
2025
Numero pagine: 
162
Codice: 
ILTERZO MONITORAGGIO DELLA TENUTA FORMATIVA (A.F.2024-2025) NELLA FONDAZIONE CNOS-FAP ETS A CURA DI M. VECCHIARELLI 3 Sommario 1. Il terzo monitoraggio della Tenuta Formativa nella Fondazione CNOS-FAP ETS - Impresa Sociale p. 5 2. La Tenuta Formativa nella Fondazione CNOS-FAP ETS distribuita per annualità p. 37 3. Monitoraggio della Tenuta Formativa su base nazionale nella Fondazione CNOS-FAP ETS distribuita per area geografica Nord, Centro e Sud p 47 4. Monitoraggio della Tenuta Formativa su base nazionale nella Fondazione CNOS-FAP ETS distribuita per Regioni p. 53 5. Monitoraggio della Tenuta Formativa su base nazionale nella Fondazione CNOS-FAP ETS distribuita per Settori p. 75 6. Monitoraggio della Tenuta Formativa su base nazionale nella Fondazione CNOS-FAP ETS distribuita per Centri di Formazione Professionale (CFP) p. 91 7. Le scelte dopo il ritiro durante l’anno formativo p. 141 8. Conclusioni p. 151 5 1. Il Terzo monitoraggio della Tenuta formativa nella Fondazione CNOS-FAP ETS – Impresa Sociale Scenario di riferimento Negli ultimi anni, il sistema educativo e formativo italiano è stato attraversato da trasformazioni profonde, determinate dai mutamenti sociali, culturali ed economici che hanno investito il mondo del lavoro, della produzione e della conoscenza. L’accelerazione tecnologica, la digitalizzazione, l’espansione delle competenze immateriali e la crescente instabilità occupazionale hanno influenzato le traiettorie di vita dei giovani e la natura stessa dell’apprendimento. La formazione è oggi chiamata non solo a preparare al lavoro, ma a sostenere la costruzione di identità, di cittadinanza e di senso. In questo quadro, la relazione tra scuola, formazione e società si fa più complessa e richiede sistemi educativi capaci di accompagnare percorsi biografici non lineari, di coniugare inclusione e qualità, di sostenere la continuità dell’apprendimento anche nei momenti di discontinuità. La Formazione Professionale si colloca nel punto di incontro tra educazione e produzione: un luogo di mediazione tra le esigenze dell’economia e i bisogni delle persone. Il suo compito non si esaurisce nel fornire competenze spendibili, ma si estende al formare cittadini capaci di orientarsi in contesti mutevoli, di leggere la complessità, di apprendere lungo tutto l’arco della vita, di ‘stare al mondo’. In questa prospettiva, l’Istruzione e Formazione Professionale non è solo un segmento del sistema educativo, ma una infrastruttura sociale: un dispositivo di inclusione, di coesione e di partecipazione che intreccia politiche del lavoro, giustizia educativa e sviluppo territoriale. Attualmente, il sistema IeFP coinvolge circa 300.000 allievi in Italia (dati MIUR–INAPP, 2023) e rappresenta uno dei canali più efficaci di contrasto alla dispersione scolastica, soprattutto nelle regioni del Nord, dove i tassi di completamento superano l’80%. Tuttavia, le profonde disuguaglianze che attraversano il Paese - economiche, territoriali, culturali e di genere - continuano a influenzare l’accesso e la riuscita nei percorsi formativi. I dati più recenti (ISTAT 2024) confermano come la dispersione scolastica e formativa si attesti in Italia al 12,7%, ancora distante dalla media europea del 9,5%, con forti squilibri territoriali: dal 9% del Nord-Est al 18% nel Sud. La dispersione non è solo un problema quantitativo, ma un sintomo qualitativo di fragilità relazionali e istituzionali: dietro ogni abbandono si nasconde spesso un fallimento di connessione tra persona e contesto, tra biografia e opportunità, tra scuola e lavoro. Per questo la tenuta formativa - intesa come capacità di mantenere viva la relazione educativa anche nei momenti di discontinuità - diventa una categoria chiave per comprendere la solidità di un sistema. 6 Parlare di tenuta significa interrogarsi sulla resistenza del sistema formativo: sulla sua capacità di trattenere, accompagnare, recuperare, ma anche di riorientare i giovani nei momenti di transizione. Un sistema “che tiene” non è quello che non conosce interruzioni, ma quello che trasforma le interruzioni in possibilità di ripartenza. La tenuta formativa, dunque, non si limita a misurare la permanenza, ma racconta la qualità delle relazioni, la flessibilità dei percorsi e la forza delle reti territoriali che sostengono i giovani nei passaggi più delicati. È un indice di vitalità educativa, di coerenza tra intenzioni pedagogiche e azioni concrete, di capacità di presidiare le soglie del rischio di dispersione. In questo contesto, i dati assumono un valore conoscitivo e politico di primo piano. Senza dati, infatti, è impossibile comprendere fino in fondo la portata e la natura dei fenomeni formativi. Solo attraverso una raccolta sistematica e una lettura interpretativa dei dati è possibile costruire un quadro affidabile dei processi, individuare tendenze, riconoscere discontinuità e formulare politiche basate su evidenze. I dati non sono mai neutri: sono espressione di scelte, di categorie interpretative, di finalità. Eppure, se utilizzati con rigore e consapevolezza, diventano strumenti di comprensione, non di classificazione; di dialogo, non di controllo; di miglioramento, non di giudizio. A livello nazionale, la capacità di leggere e utilizzare i dati formativi rimane disomogenea: solo il 47% delle Regioni italiane (fonte INAPP, 2024) dispone di sistemi di monitoraggio strutturati sulla IeFP, e meno di un terzo elabora report periodici pubblici, evidenziando la necessità di un approccio sistemico alla conoscenza educativa. L’esperienza della “Fondazione CNOS-FAP ETS – Impresa Sociale” (da ora in avanti “CNOS-FAP”) si inserisce in questa prospettiva. La costruzione di un sistema di monitoraggio della tenuta formativa risponde alla necessità di unire il rigore della misurazione alla profondità della lettura pedagogica. Questo monitoraggio non nasce per stabilire confronti o graduatorie, ma per conoscere e far conoscere, per rendere visibile ciò che avviene all’interno dei percorsi formativi e per dare continuità alla riflessione educativa. La raccolta dei dati, in questo senso, diventa parte di un processo più ampio di ricerca educativa applicata, che mette in relazione la dimensione quantitativa con quella qualitativa, il comportamento statistico con l’esperienza vissuta, le evidenze numeriche con le storie individuali. Attraverso questo approccio, il CNOS-FAP assume la tenuta formativa come strumento di lettura sistemica della propria azione educativa. La misurazione degli esiti positivi, dei ritiri e delle transizioni non è un esercizio contabile, ma una forma di responsabilità verso gli allievi e verso la società. I dati diventano così il linguaggio attraverso cui un’istituzione educativa rende conto della propria missione, riflette sui propri risultati e orienta le proprie scelte future. La conoscenza dei fenomeni, fondata su evidenze empiriche, consente di rafforzare il legame tra formazione e territorio, di individuare strategie mirate di prevenzione della dispersione, 7 di promuovere percorsi più flessibili e personalizzati, e di riconoscere il valore del lavoro come esperienza educativa. Il monitoraggio della tenuta formativa rappresenta dunque un punto di incontro tra cultura pedagogica e cultura organizzativa: un ambito in cui la riflessione teorica incontra la concretezza dei numeri e delle pratiche. In questo spazio di dialogo, la dimensione educativa non viene oscurata dal dato, ma illuminata da esso: ogni percentuale diventa un segnale, ogni variazione un indizio, ogni andamento un’occasione per ripensare i processi di accompagnamento e di sostegno. L’analisi quantitativa, quando è integrata in una prospettiva pedagogica, consente di cogliere la tenuta del sistema nel suo complesso: la capacità dei Centri di Formazione Professionale (CFP) centri di rispondere alle sfide del territorio, la presenza di reti educative solide, l’efficacia delle strategie di orientamento e recupero, la tenacia delle comunità educanti nel sostenere i giovani nei momenti di vulnerabilità. In questo senso, il dato non si limita a descrivere la realtà, ma contribuisce a costruirla, offrendo una base di conoscenza condivisa su cui fondare azioni più consapevoli e inclusive. L’adozione del monitoraggio della tenuta formativa segna il passaggio da una riflessione pedagogica sul significato del “tenere” - inteso come prendersi cura, accompagnare, sostenere - a un esercizio di osservazione sistematica che consente di rendere visibile e misurabile ciò che quotidianamente accade nei Centri di Formazione Professionale. Il dato, in questa prospettiva, non è mai fine a sé stesso, ma diventa strumento di lettura e di orientamento: un mezzo per verificare la coerenza tra gli obiettivi educativi dichiarati e le dinamiche reali dei percorsi. Il monitoraggio promosso dal CNOS-FAP si fonda su questa idea di conoscenza situata: una conoscenza che non pretende di ridurre la complessità, ma di restituirla in modo leggibile; che non separa la misura dalla relazione, ma le mette in dialogo. Ogni tabella, ogni grafico, ogni percentuale è così parte di un racconto più ampio, che riguarda la capacità del sistema di educare, includere e trasformare. In tal modo, il passaggio dal concetto al monitoraggio non rappresenta una semplificazione, ma un approfondimento: un modo per dare continuità alla riflessione pedagogica attraverso l’osservazione dei dati, trasformando l’atto del misurare in un gesto educativo, orientato alla cura, alla responsabilità e alla costruzione condivisa di significato. Le caratteristiche dell’indagine Il monitoraggio sulla Tenuta Formativa del CNOS-FAP, condotto su base nazionale, ha l’obiettivo di approfondire la conoscenza dei percorsi e degli esiti formativi dei giovani iscritti ai corsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) erogati dai Centri di Formazione Professionale (CFP) della Fondazione. L’indagine mira, in particolare, a: 8 o monitorare i percorsi e gli esiti formativi degli allievi iscritti ai corsi IeFP; o quantificare e analizzare la tenuta formativa all’interno dei CFP, intesa come capacità del sistema di sostenere la permanenza, la partecipazione e la continuità dei percorsi. Per raggiungere questi obiettivi, a partire dall’anno formativo 2022/2023 sono state realizzate diverse azioni: la definizione delle informazioni da rilevare, l’elaborazione e la validazione dello strumento di raccolta dati, l’analisi statistica delle variabili e la predisposizione delle procedure di controllo e consolidamento. Il primo rapporto, riferito all’anno formativo 2022/2023, ha posto le basi metodologiche e operative del monitoraggio; il secondo, relativo all’anno formativo 2023/2024, ne ha confermato l’impianto e consolidato l’analisi; il presente terzo rapporto, riferito all’anno formativo 2024/2025, si inserisce in piena continuità con i precedenti, proseguendo lungo lo stesso tracciato metodologico. Lo strumento di raccolta dati, validato nella prima edizione, è rimasto invariato nelle successive, consentendo la piena comparabilità longitudinale dei risultati e la continuità del monitoraggio nel tempo. Tale modalità ha permesso di confermare la coerenza interna dello strumento, la chiarezza delle categorie e l’affidabilità dei dati raccolti. Le informazioni acquisite riguardano un ampio insieme di variabili relative agli allievi iscritti, comprendenti dati anagrafici, formativi e di esito. In particolare, lo strumento di rilevazione ha raccolto le seguenti variabili: − Nome e codice fiscale; − Sesso; − Età; − Nazionalità (italiana o non italiana); − Provenienza scolastica; − Eventuale subentro in corso d’anno; − Stato di ritiro (in avvio, durante l’anno o prima dell’esame); − Ammesso o non ammesso all’esame; − Idoneo o non idoneo; − Data di ritiro; − Percorsi successivi al ritiro (frequenza altro CFP, rientro a scuola, inserimento lavorativo, NEET, dispersione, apprendistato); − Esito finale (promosso, bocciato, ritirato). Sulla base di tali informazioni, i dati sono stati elaborati per individuare quattro macrocategorie interpretative che rappresentano le principali traiettorie di esito del percorso formativo: 1. Frequentanti con esito positivo, ossia gli allievi che risultano iscritti all’intervento o che hanno conseguito l’idoneità finale; 9 2. Frequentanti con esito negativo, comprendenti coloro che, pur avendo seguito il corso, non sono stati ammessi agli esami o non hanno ottenuto l’idoneità; 3. Ritirati, ovvero gli allievi che hanno interrotto la frequenza all’avvio, durante il corso o in prossimità dell’esame finale; 4. Percorsi successivi alla dispersione formativa (transizioni), che includono i casi di riorientamento verso altri CFP o il rientro nel sistema scolastico, l’inserimento lavorativo o in apprendistato, la condizione di NEET e la dispersione in senso stretto (assenza di informazioni o perdita di contatto). L’analisi ha quindi previsto una lettura articolata delle quattro macrocategorie, concentrandosi in particolare su: − la quota dei promossi e la distribuzione degli esiti positivi; − l’incidenza della dispersione, ricondotta ai casi di “ritirato”, “non ammesso all’esame” e “non idoneo”; − la frequenza e la tempistica dei ritiri (in avvio, durante l’anno o prima dell’esame finale); − la consistenza e la tipologia dei percorsi successivi all’abbandono. I dati raccolti sono stati poi disaggregati secondo variabili strutturali e di contesto: area geografica (Nord, Centro, Sud e Isole), regione, settore professionale, tipologia di CFP e annualità del corso (primo, secondo, terzo e quarto anno). Ulteriori approfondimenti sono stati realizzati rispetto ad alcune variabili di sfondo - età, sesso, cittadinanza e percorso formativo precedente - per individuare possibili fattori associati alla continuità o all’interruzione dei percorsi. Il disegno metodologico dell’indagine non prevede in alcun modo finalità di confronto o di valutazione tra CFP, regioni o territori. Le differenze osservate vengono considerate come espressione delle specificità dei contesti socioeconomici, delle caratteristiche dell’utenza e delle risorse formative disponibili. L’obiettivo non è dunque la comparazione, ma la costruzione di una fotografia attendibile e complessa del sistema della formazione professionale salesiana in Italia, capace di restituire la varietà delle esperienze e la ricchezza dei percorsi. La quarta macrocategoria, relativa ai percorsi successivi all’abbandono, riveste un significato pedagogico particolare, poiché consente di leggere la dispersione non come evento conclusivo, ma come fase di transizione. Essa permette di esplorare le scelte dei giovani che lasciano i percorsi - il rientro nella scuola, la frequenza di un altro CFP, l’avvio al lavoro o la condizione di inattività - offrendo una prospettiva dinamica e orientata alla continuità educativa. Nel complesso, la struttura metodologica dell’indagine riflette l’impegno del CNOS-FAP nel coniugare il rigore della raccolta dati con una lettura pedagogica dei fenomeni, promuovendo una conoscenza capace di orientare le pratiche e sostenere la riflessione educativa nei contesti formativi. 10 Dimensione Descrizione Ambito di indagine Centri di Formazione Professionale (CFP) della Fondazione CNOS-FAP ETS I.S. – rete nazionale Popolazione osservata 11.473 allievi iscritti ai corsi di IeFP (a.s. 2024/2025) Finalità principali 1. Monitorare percorsi ed esiti formativi 2. Quantificare la tenuta formativa nei CFP Strumento di rilevazione Questionario standardizzato, compilato dai referenti amministrativi dei CFP Unità di analisi Allievo iscritto (primo, secondo, terzo o quarto anno) Variabili principali Sesso, età, provenienza, cittadinanza, anno di corso, stato di frequenza, esito finale, condizione post-ritiro Macrocategorie di esito 1. Frequentanti con esito positivo 2. Frequentanti con esito negativo 3. Ritirati 4. Percorsi successivi alla dispersione Dimensioni di analisi Area geografica, regione, settore, annualità, caratteristiche individuali Tipologia di analisi Quantitativa descrittiva, con disaggregazioni per variabili di contesto Anno di rilevazione 2024–2025 (III ciclo di monitoraggio nazionale) Finalità interpretativa Restituire una fotografia sistemica e pedagogicamente orientata dei percorsi formativi, senza finalità comparative Tabella 1. Schema sintetico dell’indagine sulla Tenuta Formativa CNOS-FAP 11 Il Monitoraggio della Tenuta Formativa su base nazionale nel CNOSFAP L’analisi dei dati nazionali relativi alla Tenuta Formativa del CNOS-FAP evidenzia, per l’anno formativo considerato, un totale di 11.473 allievi oggetto di monitoraggio. Di questi, 9.702 allievi (84,56%) hanno conseguito un esito positivo al termine del percorso formativo, confermando una prevalenza significativa di percorsi conclusi con successo. Gli allievi con esito negativo risultano 1.048 (9,13%), mentre i ritirati ammontano a 723 unità (6,30%). Nel complesso, i risultati restituiscono un quadro di buona tenuta del sistema formativo, con un’incidenza complessivamente contenuta di esiti non positivi. È tuttavia importante sottolineare che le categorie di “esito negativo” e “ritiro” non coincidono necessariamente con forme di dispersione o abbandono, ma includono anche situazioni di transizione, riorientamento o sospensione temporanea del percorso. In molti casi, gli studenti che interrompono la frequenza trovano successivamente una nuova collocazione formativa o professionale, confermando la funzione di accompagnamento e di continuità educativa che caratterizza la rete dei CFP della Fondazione. La lettura dei dati quantitativi va dunque interpretata alla luce di questa complessità: la tenuta formativa non si misura unicamente nella permanenza continua nel percorso, ma anche nella capacità del sistema di sostenere, riorientare e reintegrare gli allievi nei diversi momenti della loro esperienza educativa. Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 9.702 1.048 723 84,56%; 9,13%; 6,30%; 0 1.000 2.000 3.000 4.000 5.000 6.000 7.000 8.000 9.000 10.000 11.000 Tenuta formativa nella Fondazione CNOS-FAP ETS 12 Caratteristiche allievi CNOS-FAP su base nazionale Genere L’analisi della distribuzione per genere degli allievi iscritti ai percorsi del CNOS-FAP evidenzia una netta prevalenza della componente maschile, che rappresenta l’83 % del totale (9.523 allievi), a fronte del 17 % di allieve (1.950). Questa configurazione rappresenta un andamento strutturale e consolidato nel tempo, legato non tanto alla natura dell’offerta formativa della Fondazione - che propone percorsi aperti e accessibili a tutti - quanto piuttosto alle scelte di iscrizione che si concentrano prevalentemente nei settori tecnici e produttivi, come la meccanica, l’elettrico, l’elettronico e l’automotive, tradizionalmente caratterizzati da una più alta partecipazione maschile. Tale distribuzione riflette anche un retaggio culturale più ampio, radicato negli stereotipi di genere che continuano a influenzare le scelte educative e professionali dei giovani in Italia. Nonostante negli ultimi anni si registrino segnali di cambiamento, il divario di genere nelle aree tecnico-scientifiche rimane marcato in tutto il sistema formativo. A livello nazionale, le donne rappresentano oggi oltre la metà degli iscritti complessivi all’università, ma solo circa il 21% delle immatricolate sceglie corsi di laurea nelle discipline STEM (Science, Technology, Engineering e Mathematics), mentre gli uomini superano il 40% del totale in tali ambiti. Nel 2021, secondo Eurostat, le donne costituivano appena il 39% dei laureati STEM in Italia, una quota inferiore alla media europea. Un andamento analogo si osserva nei percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP), dove le studentesse restano minoritarie nei settori tecnico-industriali. Nell’Unione Europea, ad esempio, le ragazze rappresentano solo circa il 15% degli iscritti ai percorsi IVET STEM (Initial Vocational Education and Training) e le percentuali italiane risultano sostanzialmente in linea con tale dato. In questo contesto, la composizione per genere degli allievi CNOS-FAP non costituisce un’anomalia, ma riflette una tendenza strutturale del sistema formativo e culturale nazionale, in cui le scelte educative risentono ancora di modelli e rappresentazioni sociali consolidati. Allo stesso tempo, si registrano segnali di progressiva apertura e cambiamento, con un numero crescente di ragazze che si avvicina ai percorsi tecnici e professionali, segno di un’evoluzione culturale che la Fondazione accompagna e promuove attraverso un approccio educativo inclusivo e orientato alle pari opportunità. 13 Famiglia di origine Nel quadro del monitoraggio annuale è stata analizzata la distribuzione degli allievi in base alla nazione di nascita, con l’obiettivo di rilevare la presenza della componente di origine straniera all’interno della popolazione formativa del CNOS-FAP. I dati evidenziano che la maggioranza degli iscritti è nata in Italia (10.193 allievi, pari all’88,84%), mentre gli allievi nati in un’altra Nazione rappresentano l’11,16% del totale (1.280 allievi). La presenza di studenti nati all’estero, seppur minoritaria, costituisce un elemento strutturale del campione considerato, in linea con le tendenze osservate negli anni precedenti. Tale dato contribuisce a delineare un quadro di moderata eterogeneità della popolazione formativa, che riflette le trasformazioni demografiche complessive del sistema scolastico e formativo nazionale. Secondo le rilevazioni più recenti della Fondazione ISMU ETS (30° Rapporto sulle Migrazioni 2024), nell’anno scolastico 2022/23 gli alunni con cittadinanza non italiana presenti nelle scuole italiane hanno superato per la prima volta le 900.000 unità, con un’incidenza pari a circa l’11% del totale degli studenti. Tra questi, le seconde generazioni - cioè, gli alunni nati in Italia da genitori stranieri - rappresentano circa il 65,4%. Queste percentuali, sostanzialmente in linea con i dati rilevati nel CNOS-FAP, confermano che la composizione per origine nazionale degli iscritti riflette da vicino la situazione del sistema scolastico italiano. La presenza stabile e significativa di studenti di origine straniera all’interno dei percorsi formativi della Fondazione costituisce dunque un tratto caratterizzante della realtà educativa contemporanea, in cui la dimensione 9.523; 83% 1.950; 17% Identità di genere Maschio Femmina 14 multiculturale rappresenta non solo una sfida organizzativa, ma anche un valore pedagogico e sociale che arricchisce l’esperienza di apprendimento e la vita comunitaria dei CFP. I percorsi formativi di provenienza degli allievi iscritti ai Centri di Formazione Professionale (CFP) del CNOS-FAP Il passaggio dalla scuola secondaria di primo grado ai percorsi successivi rappresenta una fase cruciale nel processo formativo degli studenti, in cui si intrecciano dimensioni personali, familiari e sociali. La scelta del percorso da intraprendere non è mai un atto isolato, ma il risultato di processi decisionali complessi, che coinvolgono non solo lo studente, ma anche la famiglia, la scuola e, in senso più ampio, l’intero contesto comunitario e territoriale. Le decisioni prese in questa fase riflettono aspettative, possibilità e vincoli che derivano da molteplici fattori: le condizioni socioeconomiche e culturali, il livello di capitale informativo e orientativo a disposizione, il contesto di provenienza, nonché la percezione delle prospettive occupazionali offerte dai diversi percorsi. In questa prospettiva, la transizione non si esaurisce nella dimensione individuale, ma assume una valenza sistemica, collegata alle politiche educative e alle opportunità offerte dal territorio. All’interno di tale quadro, i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) rappresentano per molti giovani una via concreta di accesso alla qualificazione professionale e al mondo del lavoro. Il loro carattere applicativo e laboratoriale permette di coniugare apprendimento teorico e pratico, rispondendo alle esigenze di studenti che esprimono una 10193; 88,84% 1280; 11,16% Nazione di nascita Italia Altra nazione 15 propensione verso l’apprendimento esperienziale e un più stretto legame con la dimensione produttiva. La scelta di un percorso IeFP può tuttavia assumere significati diversi a seconda delle traiettorie individuali. Per alcuni studenti, essa costituisce una scelta vocazionale, frutto di un interesse specifico verso un settore professionale; per altri, invece, rappresenta una seconda opportunità formativa, a seguito di esperienze scolastiche interrotte o di insuccesso nei percorsi di istruzione tradizionali. In entrambi i casi, l’IeFP si configura come uno spazio di riorientamento e di ridefinizione del progetto formativo, nel quale lo studente può rielaborare le proprie motivazioni e maturare nuove consapevolezze rispetto al proprio futuro educativo e professionale. Nel corso del monitoraggio - condotto in continuità con le rilevazioni dei due anni formativi precedenti - è stata posta particolare attenzione all’analisi dei percorsi scolastici di provenienza degli allievi. Tale analisi ha l’obiettivo di comprendere se l’iscrizione ai percorsi IeFP derivi prevalentemente da una scelta intenzionale e consapevole, orientata verso l’acquisizione di competenze professionali specifiche, oppure quanto rappresenti un passaggio successivo in un percorso educativo discontinuo, finalizzato a ritrovare motivazione e continuità nella formazione. I risultati ottenuti mostrano come la provenienza formativa degli allievi costituisca un elemento chiave per interpretare non solo le dinamiche di accesso ai percorsi, ma anche i livelli di successo e tenuta formativa all’interno del sistema. In particolare, la presenza significativa di studenti provenienti dalla scuola secondaria di secondo grado conferma il ruolo della IeFP come strumento di recupero e reintegrazione formativa, mentre l’elevata quota di studenti provenienti dalla scuola secondaria di primo grado evidenzia la persistente funzione orientativa e di primo ingresso nel mondo della formazione professionale. In questo senso, i CFP del CNOS-FAP si configurano come un dispositivo educativo flessibile e plurifunzionale, capace di rispondere a bisogni formativi eterogenei e di adattarsi alle diverse traiettorie individuali. L’esperienza maturata nei percorsi di formazione professionale può, infatti, costituire un punto di snodo nelle biografie educative degli studenti, consentendo di passare da una scelta iniziale talvolta poco strutturata a una decisione più consapevole, orientata a obiettivi di crescita personale e di sviluppo professionale. La comprensione delle dinamiche che guidano tali scelte1 è essenziale per migliorare le strategie di orientamento e accompagnamento nella fase 1 Mentre si redige il presente terzo report sul monitoraggio della tenuta formativa, è in corso un’indagine promossa dal CNOS-FAP dedicata alla “scelta scolastica”, volta ad approfondire i processi decisionali che orientano gli studenti nella transizione tra la scuola secondaria di primo grado e i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP). Tale ricerca, complementare al presente monitoraggio, mira a integrare l’analisi quantitativa con una lettura qualitativa delle motivazioni, delle aspettative e delle rappresentazioni che guidano le scelte educative dei giovani. 16 di transizione, rafforzando il raccordo tra scuola, famiglia e sistema della formazione professionale. In questa prospettiva, l’analisi dei percorsi di provenienza non rappresenta solo un dato descrittivo, ma uno strumento di lettura delle trasformazioni più ampie che attraversano i processi di istruzione e formazione, contribuendo alla costruzione di politiche formative più inclusive e coerenti con i bisogni reali dei giovani. Percorsi formativi di provenienza degli allievi iscritti al primo anno N. Allievi CFP 525 Scuola Media 2.768 Scuola paese d’origine 65 Scuola Superiore 557 Altro 197 Totale allievi 4.112 L’analisi dei dati relativi alla provenienza formativa degli allievi iscritti al primo anno nei Centri di Formazione Professionale (CFP) del CNOS-FAP evidenzia un totale di 4.112 allievi. La quota più consistente, pari al 67,32% (2.768 allievi), proviene dalla Scuola Secondaria di I grado, a conferma della natura vocazionale e orientativa della scelta che caratterizza l’ingresso nei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP). Un’ulteriore 13,55% (557 allievi) risulta provenire dalla Scuola Secondaria di II grado, dato che ribadisce il ruolo della IeFP come canale di seconda opportunità per studenti che hanno incontrato difficoltà nei 12,77% 67,32% 1,58% 13,55% 4,79% Percorsi formativi di provenienza degli allievi iscritti al primo anno CFP Scuola Media Scuola paese d'origine Scuola Superiore Altro 17 percorsi scolastici tradizionali. Tale funzione si configura come un elemento qualificante del sistema CNOS-FAP, capace di offrire percorsi formativi alternativi e più aderenti alle competenze e agli interessi dei giovani. Completano il quadro gli allievi provenienti da altri CFP (12,77% - 525 allievi), coloro che hanno frequentato una scuola nel paese d’origine (1,58% - 65 allievi), e la categoria “Altro” (4,79% - 197 allievi), che comprende situazioni educative e formative eterogenee. In chiave comparativa, rispetto all’anno formativo precedente, si osserva una sostanziale stabilità nella distribuzione delle provenienze, con una lieve riduzione della quota di studenti provenienti dalla Scuola Secondaria di II grado. Tale andamento può essere interpretato come un segnale di maggiore continuità tra scuola del primo ciclo e formazione professionale. Nel complesso, il dato conferma la capacità del sistema di mantenere un forte radicamento nella fascia d’età di transizione postobbligo e di continuare a rappresentare un punto di riferimento per l’orientamento e la riuscita formativa dei giovani. L’analisi della tenuta formativa, considerata complessivamente per tutti gli anni di corso, restituisce un quadro articolato delle relazioni tra percorso di provenienza e andamento formativo degli allievi iscritti ai CFP del CNOS-FAP. I dati mostrano come la gran parte degli allievi che giunge da un altro CFP ottenga un esito positivo: su 6.975 allievi provenienti da tale tipologia di percorso, 6.105 (87,54%) hanno concluso positivamente, mentre l’8% (515 allievi) ha riportato un esito negativo e il 5% (355 allievi) ha interrotto il percorso. Tale dato può essere interpretato come un indicatore di buona tenuta interna al sistema IeFP, che mostra la capacità di accompagnare efficacemente gli studenti anche nei passaggi tra diversi percorsi formativi. Un comportamento analogo, seppur con valori leggermente inferiori, si osserva tra gli studenti provenienti dalla Scuola Secondaria di I grado: su 2.856 allievi, 2.331 (81,6%) hanno raggiunto un esito positivo, 345 (12,1%) un esito negativo e 180 (6,3%) si sono ritirati. Si tratta di un gruppo particolarmente rilevante, poiché rappresenta la popolazione che entra per la prima volta nel sistema della formazione professionale, e il buon livello di esiti positivi conferma la capacità di accoglienza e di orientamento dei percorsi CNOS-FAP in questa delicata fase di transizione. Gli studenti provenienti dalla Scuola Secondaria di II grado costituiscono invece 1.096 allievi, di cui 832 (75,9%) hanno concluso positivamente il percorso, mentre 134 (12,2%) hanno riportato un esito negativo e 130 (11,9%) si sono ritirati. In questo gruppo, la maggiore incidenza di ritiri e insuccessi rispetto agli altri può essere collegata alla discontinuità educativa che spesso caratterizza il riorientamento dopo esperienze scolastiche non pienamente riuscite, a conferma del ruolo della IeFP come canale di seconda opportunità. Le altre categorie - allievi provenienti da una scuola del paese d’origine e da altri percorsi formativi - presentano numeri assoluti più contenuti, 18 ma contribuiscono a delineare il profilo di una utenza eterogenea. In particolare, tra gli studenti nati o formatisi in altri paesi (109 allievi), il tasso di esiti positivi (78,9%) segnala una buona capacità di integrazione formativa, pur con la cautela dovuta alla dimensione ridotta del campione. Nel complesso, i dati confermano una tenuta formativa complessivamente elevata (84,56%), con differenze interne che riflettono la varietà dei percorsi di accesso. L’analisi per provenienza formativa consente dunque di leggere in modo più approfondito le dinamiche di successo e di vulnerabilità presenti all’interno del sistema CNOS-FAP, evidenziando come la continuità dei percorsi e la personalizzazione dell’offerta costituiscano fattori determinanti per la stabilità e l’efficacia della formazione professionale. Percorsi formativi di provenienza degli allievi Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Numero Allievi CFP 6.105 515 355 6.975 Scuola Media 2.331 345 180 2.856 Scuola paese d’origine 86 9 14 109 Scuola Superiore 832 134 130 1.096 Altro 348 45 44 437 Totale complessivo 9.702 1.048 723 11.473 CFP Scuola Media Scuola paese d'origine Scuola Superiore Altro Ritirato 355 180 14 130 44 Frequentanti con esito negativo 515 345 9 134 45 Frequentanti con esito positivo 6.105 2.331 86 832 348 0 1.000 2.000 3.000 4.000 5.000 6.000 7.000 8.000 19 Allievi iscritti al primo anno provenienti da un percorso di CFP L’analisi dei dati relativi agli allievi provenienti da altri Centri di Formazione Professionale (CFP), per un totale di 525 allievi, mostra una distribuzione degli esiti articolata in tre categorie principali. La quota più ampia, pari al 77,90% (409 allievi), riguarda i frequentanti con esito positivo, mentre gli esiti negativi rappresentano l’11,81% (62 allievi) e i ritiri il 10,29% (54 allievi). La composizione del gruppo evidenzia una prevalenza di percorsi conclusi positivamente, a fronte di una presenza contenuta di esiti non favorevoli o di interruzioni. Le percentuali relative agli esiti negativi e ai ritiri delineano comunque una variabilità interna che suggerisce la presenza di differenti dinamiche individuali e formative tra gli studenti provenienti da esperienze pregresse nella formazione professionale. Nel complesso, i dati descrivono una situazione di stabilità interna del gruppo, in cui la maggioranza degli studenti completa con successo il proprio percorso, mentre una quota minoritaria presenta esiti che richiedono ulteriori approfondimenti in relazione ai fattori personali, organizzativi o di transizione che possono aver inciso sulla continuità formativa. Allievi iscritti al primo anno provenienti da un percorso di CFP 77,90% 11,81% 10,29% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 409 Frequentanti con esito negativo 62 Ritirati 54 Totale allievi 525 20 Allievi iscritti al primo anno provenienti dalla Scuola Secondaria di I grado Il gruppo degli allievi provenienti dalla Scuola Secondaria di I grado risulta composto da 2.768 allievi. L’analisi della distribuzione degli esiti formativi mostra che 2.252 allievi (81,36%) hanno conseguito un esito positivo, mentre 337 (12,17%) hanno ottenuto un esito negativo e 179 (6,47%) si sono ritirati nel corso del percorso formativo. La prevalenza degli esiti positivi segnala una tendenza generale alla continuità formativa all’interno di questo gruppo, che rappresenta una quota significativa della popolazione in ingresso nei percorsi di IeFP. La presenza di una percentuale non trascurabile di esiti negativi e di ritiri suggerisce tuttavia la necessità di approfondire le dinamiche di adattamento alla transizione tra scuola e formazione professionale, fase che costituisce per molti studenti il primo contatto con un contesto educativo caratterizzato da una didattica orientata alle competenze tecnico-pratiche. Nel complesso, i dati delineano un quadro in cui la maggioranza degli allievi riesce a completare positivamente il percorso intrapreso, mentre una minoranza incontra difficoltà che meritano un’analisi specifica, anche alla luce delle differenze individuali in termini di maturità, motivazione e supporto ricevuto nei processi di orientamento e accompagnamento. Allievi iscritti al primo anno provenienti dalla Scuola Secondaria di I grado 81,36% 12,17% 6,47% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 2252 Frequentanti con esito negativo 337 Ritirati 179 Totale allievi 2768 21 Allievi iscritti al primo anno provenienti dalla Scuola del Paese di origine Il gruppo degli allievi provenienti da una scuola del Paese d’origine risulta composto da 65 allievi. L’analisi dei dati mostra che 50 allievi (76,92%) hanno conseguito un esito positivo, 6 (9,23%) hanno ottenuto un esito negativo, mentre 9 (13,85%) si sono ritirati nel corso del percorso formativo. Pur rappresentando una quota numericamente ridotta della popolazione complessiva, questo gruppo presenta un profilo di esiti complessivamente positivo, accompagnato da una incidenza relativamente più elevata di ritiri rispetto ad altre categorie di provenienza. Tale andamento può essere letto alla luce della particolare condizione di transizione linguistica, culturale e scolastica che caratterizza gli studenti provenienti da sistemi educativi diversi, la quale può incidere sulle modalità di inserimento e di adattamento ai contesti formativi italiani. Nel complesso, i dati delineano una partecipazione attiva e tendenzialmente positiva di questi allievi nei percorsi IeFP, pur evidenziando la necessità di monitorare con attenzione i fattori di vulnerabilità associati ai processi di integrazione e continuità formativa. Allievi iscritti al primo anno provenienti dalla Scuola del Paese di origine 76,92% 9,23% 13,85% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 50 Frequentanti con esito negativo 6 Ritirati 9 Totale complessivo 65 22 Allievi iscritti al primo anno provenienti da una Scuola Secondaria di II grado Il gruppo degli allievi provenienti dalla Scuola Secondaria di II grado comprende 557 allievi. L’analisi della distribuzione degli esiti evidenzia che 396 allievi (71,10%) hanno ottenuto un esito positivo, 85 (15,26%) hanno registrato un esito negativo, mentre 76 (13,64%) si sono ritirati dal percorso formativo. Rispetto ad altre tipologie di provenienza, questo gruppo presenta una percentuale più contenuta di esiti positivi e una maggiore incidenza di ritiri e insuccessi. Tale andamento può essere collegato alla discontinuità del percorso formativo che caratterizza gli studenti provenienti da esperienze precedenti nella scuola secondaria superiore, spesso segnate da difficoltà di adattamento o da una revisione del proprio progetto formativo. I dati suggeriscono quindi la presenza di dinamiche di riorientamento più complesse rispetto ad altri gruppi, in cui l’ingresso nei percorsi IeFP rappresenta un momento di ridefinizione delle scelte educative e professionali. Nel complesso, la distribuzione degli esiti riflette la diversità delle motivazioni e delle traiettorie individuali che conducono a questo tipo di percorso, evidenziando la necessità di azioni di accompagnamento mirate a sostenere la permanenza e il completamento formativo. Allievi iscritti al primo anno provenienti da una Scuola Secondaria di II grado 71,10% 15,26% 13,64% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 396 Frequentanti con esito negativo 85 tirati 76 Totale complessivo 557 23 Allievi iscritti al primo anno provenienti da Altri istituti Il gruppo di allievi classificato nella categoria “Altro” comprende 197 allievi. L’analisi della distribuzione degli esiti mostra che 134 allievi (68,02%) hanno conseguito un esito positivo, 27 (13,71%) hanno registrato un esito negativo, mentre 36 (18,27%) si sono ritirati dal percorso formativo. Questa categoria raccoglie situazioni eterogenee che non rientrano nelle principali tipologie di provenienza - come percorsi formativi brevi, esperienze di orientamento, periodi di inattività o rientri in formazione dopo interruzioni - e per questo presenta una variabilità interna più marcata. Il dato evidenzia una percentuale relativamente più elevata di ritiri rispetto ad altri gruppi, che può essere messa in relazione alla discontinuità educativa e alla diversità dei percorsi pregressi degli studenti appartenenti a questa categoria. Nel complesso, i risultati descrivono un quadro differenziato e composito, in cui coesistono esperienze di completamento formativo e situazioni di maggiore fragilità nella continuità dei percorsi, suggerendo l’opportunità di ulteriori approfondimenti qualitativi per meglio comprendere le motivazioni e i fattori di permanenza o di interruzione all’interno di questo gruppo. Allievi iscritti al primo anno provenienti da Altri istituti 68,02% 13,71% 18,27% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 134 Frequentanti con esito negativo 27 Ritirati 36 Totale complessivo 197 24 Allievi iscritti al secondo anno provenienti da un percorso di CFP L’analisi dei dati complessivi relativi alla tenuta formativa evidenzia un totale di 2.713 allievi monitorati. Di questi, 2.376 (87,58%) hanno conseguito un esito positivo, 196 (7,22%) un esito negativo, mentre 141 (5,20%) risultano ritirati nel corso del percorso. La distribuzione delle percentuali mostra una prevalenza netta di esiti positivi, con un’incidenza contenuta di ritiri e insuccessi formativi. Tale andamento suggerisce una buona stabilità complessiva del sistema, con livelli di continuità e completamento che si mantengono elevati nel confronto tra le diverse tipologie di provenienza. La presenza di una quota, seppur minoritaria, di allievi con esito negativo o ritiro segnala tuttavia la persistenza di fattori di vulnerabilità che possono influire sul percorso formativo, quali la discontinuità educativa pregressa, le difficoltà di adattamento o la complessità dei processi di transizione. Nel complesso, i dati restituiscono un quadro equilibrato e coerente con gli anni precedenti, in cui la maggior parte degli allievi completa positivamente il proprio percorso, confermando la tenuta generale del sistema formativo del CNOS-FAP nel sostenere la permanenza e la conclusione dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP). Allievi iscritti al secondo anno provenienti da un percorso di CFP 87,58% 7,22% 5,20% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 2376 Frequentanti con esito negativo 196 Ritirati 141 Totale complessivo 2713 25 Allievi iscritti al secondo anno provenienti dalla Scuola Secondaria di I grado Il gruppo degli allievi provenienti dalla Scuola Secondaria di I grado è costituito da 45 studenti. L’analisi della distribuzione degli esiti formativi mostra che 40 allievi (88,89%) hanno conseguito un esito positivo, 4 (8,89%) hanno ottenuto un esito negativo, mentre 1 (2,22%) si è ritirato dal percorso formativo. Pur trattandosi di una componente numericamente limitata, il gruppo evidenzia una prevalenza di percorsi conclusi positivamente, con una bassa incidenza di ritiri e insuccessi. La dimensione ridotta del campione non consente inferenze generalizzabili, ma suggerisce una tendenza alla continuità formativa anche in presenza di provenienze scolastiche eterogenee. I dati descrivono dunque un quadro sostanzialmente stabile, in cui la quasi totalità degli studenti completa il percorso intrapreso, contribuendo a mantenere elevati i livelli complessivi di tenuta formativa all’interno del sistema CNOS-FAP. Allievi iscritti al secondo anno provenienti dalla Scuola Secondaria di I grado 88,89% 8,89% 2,22% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 40 Frequentanti con esito negativo 4 Ritirati 1 Totale complessivo 45 26 Allievi iscritti al secondo anno provenienti dalla Scuola del Paese di origine La coorte di allievi analizzata comprende 29 allievi, dei quali 24 (82,76%) hanno conseguito un esito positivo, 1 (3,45%) ha ottenuto un esito negativo e 4 (13,79%) si sono ritirati dal percorso formativo. Pur rappresentando una componente numericamente ridotta, i dati evidenziano una prevalenza di percorsi conclusi positivamente, accompagnata da una quota non marginale di ritiri. Tale andamento può essere letto in relazione alla particolare eterogeneità delle esperienze pregresse di questo gruppo di studenti, spesso caratterizzate da percorsi formativi discontinui o svolti in contesti scolastici diversi da quello nazionale. Nel complesso, i risultati descrivono una tenuta formativa generalmente positiva, pur in presenza di elementi di fragilità che possono essere attribuiti ai processi di adattamento linguistico, culturale e metodologico, tipici delle situazioni di transizione tra sistemi educativi differenti. Allievi iscritti al secondo anno provenienti dalla Scuola del Paese di origine 82,76% 3,45% 13,79% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 24 Frequentanti con esito negativo 1 Ritirati 4 Totale complessivo 29 27 Allievi iscritti al secondo anno provenienti da una Scuola Secondaria di II grado La coorte di allievi iscritti al secondo anno e provenienti dalla Scuola Secondaria di II grado è composto da 435 allievi. L’analisi della distribuzione degli esiti mostra che 350 allievi (80,46%) hanno conseguito un esito positivo, 43 (9,89%) hanno riportato un esito negativo, mentre 42 (9,66%) si sono ritirati nel corso del percorso formativo. Il dato evidenzia una prevalenza di percorsi conclusi positivamente, con una quota complessiva di esiti non favorevoli (ritiri e negativi) che interessa circa il 20% del gruppo. Tale configurazione suggerisce la presenza di dinamiche di adattamento e riorientamento che possono influire sul consolidamento della scelta formativa nel secondo anno, in particolare per studenti che provengono da esperienze scolastiche precedenti di tipo liceale o tecnico. Nel complesso, i risultati descrivono una tenuta formativa complessivamente stabile, ma caratterizzata da una maggiore variabilità interna rispetto ai gruppi provenienti da percorsi di primo inserimento nella IeFP. Tale andamento può essere ricondotto alla diversità dei percorsi di provenienza e delle motivazioni individuali, che rendono questo gruppo particolarmente interessante per approfondimenti futuri sui fattori di continuità e di abbandono. Allievi iscritti al secondo anno provenienti da una Scuola Secondaria di II grado 80,46% 9,89% 9,66% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 350 Frequentanti con esito negativo 43 Ritirati 42 Totale complessivo 435 28 Allievi iscritti al secondo anno provenienti da Altri istituti La coorte di allievi iscritti al secondo anno e provenienti da altri istituti risulta composto da 115 allievi. L’analisi degli esiti mostra una netta prevalenza di percorsi conclusi positivamente, con 102 allievi (88,70%) che hanno conseguito un esito favorevole. Gli esiti negativi riguardano 12 studenti (10,43%), mentre solo 1 allievo (0,87%) risulta ritirato. Nel complesso, la tenuta formativa appare elevata e stabile, con un’incidenza di esiti sfavorevoli molto contenuta. Tale dato può essere interpretato come espressione di una buona capacità di integrazione e di adattamento formativo da parte di studenti che provengono da contesti scolastici eterogenei. La limitata presenza di ritiri conferma inoltre una continuità positiva del percorso, suggerendo un livello di motivazione e di consolidamento della scelta formativa generalmente elevato. Allievi iscritti al secondo anno provenienti da Altri istituti 88,70% 10,43% 0,87% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 102 Frequentanti con esito negativo 12 Ritirati 1 Totale complessivo 115 29 Allievi iscritti al terzo anno provenienti da un percorso di CFP La coorte di allievi iscritti al terzo anno e provenienti da un precedente percorso di Centro di Formazione Professionale (CFP) è costituito da 2.705 studenti. L’analisi degli esiti evidenzia che 2.431 allievi (89,87%) hanno conseguito un esito positivo, 181 (6,69%) hanno riportato un esito negativo, mentre 93 (3,44%) si sono ritirati nel corso dell’anno formativo. Il quadro complessivo mostra una tenuta formativa molto elevata, con una percentuale di successo prossima al 90%. Tale dato suggerisce una forte continuità nei percorsi di formazione professionale, favorita dal consolidamento delle competenze acquisite negli anni precedenti e da un più alto livello di stabilizzazione delle scelte formative. La ridotta incidenza dei ritiri e degli esiti negativi conferma l’efficacia del sistema nel sostenere la progressione degli studenti già inseriti nella filiera IeFP. Allievi iscritti al terzo anno provenienti da un percorso di CFP 89,87% 6,69% 3,44% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 2431 Frequentanti con esito negativo 181 Ritirati 93 Totale complessivo 2705 30 Allievi iscritti al terzo anno provenienti dalla Scuola Secondaria di I grado La popolazione degli allievi iscritti al terzo anno e provenienti dalla Scuola Secondaria di I grado è composta da 43 studenti. L’analisi degli esiti evidenzia che 39 allievi (90,70%) hanno conseguito un esito positivo, mentre 4 allievi (9,30%) hanno riportato un esito negativo. Non si registrano ritiri nel corso dell’anno formativo. Il quadro mostra una tenuta formativa molto elevata, con risultati ampiamente positivi e un’assenza totale di abbandoni. Ciò può indicare una buona continuità del percorso per gli studenti che hanno scelto di proseguire nella formazione professionale fin dal termine della scuola secondaria di primo grado, segno di un consolidamento della scelta formativa e di un livello di motivazione stabile e coerente con il percorso intrapreso. Allievi iscritti al terzo anno provenienti dalla Scuola Secondaria di I grado 90,70% 9,30% 0,00% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 39 Frequentanti con esito negativo 4 Ritirati 0 Totale complessivo 43 31 Allievi iscritti al terzo anno provenienti dalla Scuola del Paese di origine La popolazione degli allievi iscritti al terzo anno e provenienti dalla scuola del Paese di origine è composta da 15 studenti. L’analisi degli esiti evidenzia che 12 allievi hanno conseguito un esito positivo, mentre 2 allievi hanno riportato un esito negativo e 1 allievo si è ritirato nel corso dell’anno. Pur trattandosi di un numero contenuto di studenti, il dato mostra una prevalenza di percorsi conclusi positivamente, con un’incidenza moderata di esiti sfavorevoli. La presenza di un piccolo margine di ritiri e risultati negativi può essere letta come espressione di percorsi di adattamento culturale e linguistico ancora in corso, che possono influenzare la continuità formativa. Nel complesso, i risultati indicano una buona capacità di integrazione e di prosecuzione del percorso per la maggior parte degli allievi provenienti da contesti scolastici esteri. Allievi iscritti al terzo anno provenienti dalla Scuola del Paese di origine 80,00% 13,33% 6,67% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 12 Frequentanti con esito negativo 2 Ritirati 1 Totale complessivo 15 32 Allievi iscritti al terzo anno provenienti da una Scuola Secondaria di II grado La popolazione degli allievi iscritti al terzo anno e provenienti dalla Scuola Secondaria di II grado è composta da 100 studenti. L’analisi degli esiti mostra che 82 allievi (82,00%) hanno conseguito un esito positivo, 6 allievi (6,00%) hanno riportato un esito negativo, mentre 12 allievi (12,00%) si sono ritirati durante il percorso formativo. Il quadro evidenzia una tenuta formativa complessivamente buona, pur con una quota di ritiri leggermente superiore rispetto ad altri gruppi di provenienza. Tale andamento può essere connesso alla presenza di percorsi di riorientamento e di transizione da esperienze scolastiche precedenti, che talvolta si traducono in difficoltà di adattamento o nella ricerca di alternative formative più affini alle proprie aspettative. Nel complesso, i risultati confermano la capacità del sistema formativo di sostenere la prosecuzione del percorso per una larga maggioranza degli studenti, pur segnalando l’esigenza di un accompagnamento mirato nei casi di discontinuità. Allievi iscritti al terzo anno provenienti da una Scuola Secondaria di II grado 82,00% 6,00% 12,00% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 82 Frequentanti con esito negativo 6 Ritirati 12 Totale complessivo 100 33 Allievi iscritti al terzo anno provenienti da Altri istituti La popolazione degli allievi iscritti al terzo anno e provenienti da altri istituti è costituita da 124 studenti. Dall’analisi degli esiti emerge che 111 allievi (89,52%) hanno conseguito un esito positivo, 6 allievi (4,84%) hanno riportato un esito negativo, mentre 7 allievi (5,65%) si sono ritirati nel corso dell’anno formativo. Il quadro generale mostra una tenuta formativa molto solida, con una quota di successi prossima al 90%. La limitata incidenza di abbandoni e di esiti negativi suggerisce una buona capacità di inserimento e di adattamento ai contesti formativi della IeFP da parte di studenti provenienti da percorsi differenti. Nel complesso, i dati indicano che il passaggio da altri istituti verso i CFP tende a tradursi in un’esperienza formativa positiva e generalmente stabile. Allievi iscritti al terzo anno provenienti da Altri istituti 89,52% 4,84% 5,65% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 111 Frequentanti con esito negativo 6 Ritirati 7 Totale complessivo 124 34 Allievi iscritti al quarto anno provenienti da un percorso di CFP La popolazione degli allievi iscritti al quarto anno e provenienti da un percorso di Centro di Formazione Professionale è composta da 1.032 studenti. L’analisi degli esiti mostra che 889 allievi (86,14%) hanno conseguito un esito positivo, 76 allievi (7,36%) hanno riportato un esito negativo, mentre 67 allievi (6,49%) si sono ritirati durante l’anno formativo. Nel complesso, i dati descrivono una tenuta formativa stabile e positiva, con una quota di successi che supera l’85%. L’esito suggerisce una buona capacità di continuità e completamento del percorso tra gli studenti che hanno scelto di proseguire fino al quarto anno, fase in cui il legame con l’esperienza professionale e con il mondo del lavoro diventa più significativo. La presenza di una limitata percentuale di ritiri e di insuccessi evidenzia comunque la necessità di presidiare le fasi di transizione finale del percorso, per accompagnare in modo più mirato chi incontra difficoltà nel consolidamento delle competenze o nella definizione dei propri obiettivi professionali. Allievi iscritti al quarto anno provenienti da un percorso di CFP 86,14% 7,36% 6,49% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 889 Frequentanti con esito negativo 76 Ritirati 67 Totale complessivo 1032 35 Allievi iscritti al quarto anno provenienti da una Scuola Secondaria di II grado Trattandosi di un numero molto esiguo di allievi, il dato non richiede particolari commenti: tutti i partecipanti hanno concluso positivamente il percorso, raggiungendo un esito del 100%. Allievi iscritti al quarto anno provenienti da una Scuola Secondaria di II grado 100% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 4 Frequentanti con esito negativo 0 Ritirati 0 Totale complessivo 4 36 Allievi iscritti al quarto anno provenienti da Altri istituti Il dato non richiede commenti visto il numero ridottissimo riguardante un solo allievo. Allievi iscritti al quarto anno provenienti da Altri istituti 100% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 1 Frequentanti con esito negativo 0 Ritirati 0 Totale complessivo 1 37 2. La Tenuta Formativa nella Fondazione CNOS-FAP ETS distribuita per annualità L’analisi della Tenuta Formativa per annualità mostra una progressiva stabilità del sistema formativo del CNOS-FAP nel corso dei quattro anni. La distribuzione evidenzia che la maggior parte degli allievi si concentra nei primi due anni: il primo anno rappresenta il 35,84% della popolazione complessiva, seguito dal secondo anno con il 29,09%. Il terzo anno raccoglie il 26,04% degli studenti, mentre il quarto anno coinvolge una quota più contenuta, pari al 9,04%, coerentemente con la struttura del percorso e con la natura selettiva dell’accesso all’annualità conclusiva. Sul piano degli esiti, si osserva una tenuta positiva costante nel passaggio da un anno all’altro: gli esiti positivi si mantengono su livelli elevati in tutte le annualità, con un progressivo miglioramento della stabilità formativa nel secondo e terzo anno, dove la combinazione di esperienza, adattamento e maggiore consapevolezza del percorso sembra favorire la riuscita. Parallelamente, si nota una riduzione graduale dei ritiri, che passano dai valori più elevati del primo anno - fisiologicamente legati alla fase di inserimento e orientamento - a percentuali più contenute negli anni successivi. Nel complesso, la distribuzione degli esiti per annualità descrive un sistema formativo coerente e progressivamente consolidato, in cui il successo formativo aumenta al crescere della maturità e della motivazione degli studenti, mentre le criticità tendono a concentrarsi nelle fasi iniziali del percorso. Correlando i dati di cui sopra alle macrocategorie “Frequentanti con esito positivo”, “Frequentanti con esito negativo” e “Ritirati”, emerge quanto segue: Annualità Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato N. allievi Primo anno 3.241 517 354 4.112 Secondo anno 2.892 256 189 3.337 Terzo anno 2.675 199 113 2.987 Quarto anno 894 76 67 1.037 Totale complessivo 9.702 1.048 723 11.473 38 35,84% 29,09% 26,04% 9,04% Primo anno Secondo anno Terzo anno Quarto anno 39 Frequentanti con esito positivo distribuiti per annualità La distribuzione degli allievi con esito positivo per annualità evidenzia una struttura coerente con l’andamento generale della popolazione formativa. Il primo anno concentra la quota più ampia di successi, con il 33,41% degli allievi promossi, seguito dal secondo anno con il 29,81%, mentre il terzo anno raccoglie il 27,57% e il quarto anno il 9,21%. Questa configurazione riflette il peso numerico dei diversi anni formativi e suggerisce un progressivo consolidamento del gruppo degli allievi, in cui chi prosegue fino alle fasi finali tende a mostrare una maggiore consapevolezza e continuità nel proprio percorso. I dati complessivi mettono in luce la tenuta del successo formativo lungo tutto il percorso, con una distribuzione equilibrata che conferma la capacità del sistema di formazione professionale di sostenere la crescita e il consolidamento delle competenze, favorendo il completamento positivo dei percorsi anche nelle fasi più avanzate. Frequentanti con esito positivo distribuiti per annualità 33,41% 29,81% 27,57% 9,21% Primo anno Secondo anno Terzo anno Quarto anno 40 Frequentanti con esito negativo distribuiti per annualità L’analisi della distribuzione degli allievi con esito negativo per annualità mostra una maggiore concentrazione delle difficoltà nei primi anni di percorso, fase in cui gli studenti affrontano il processo di adattamento ai ritmi, alle modalità e alle richieste del sistema formativo professionale. In particolare, il 49,33% degli esiti negativi si registra nel primo anno, a conferma del ruolo critico che questa fase ricopre nell’inserimento e nella costruzione delle competenze di base. Il secondo anno presenta il 24,43% di esiti negativi, mentre nel terzo anno la quota scende al 18,99%, fino a raggiungere il 7,25% nel quarto anno. Il trend decrescente suggerisce un progressivo consolidamento delle competenze e una maggiore capacità di gestione del percorso da parte degli allievi che proseguono la formazione. Dal punto di vista pedagogico, il dato sottolinea l’importanza di strategie di accoglienza, tutoraggio e sostegno precoce, particolarmente efficaci se attivate sin dal primo anno, per ridurre i rischi di insuccesso e favorire la stabilità dei percorsi di apprendimento. Frequentanti con esito negativo distribuiti per annualità 49,33% 24,43% 18,99% 7,25% Primo anno Secondo anno Terzo anno Quarto anno 41 Ritirati distribuiti per annualità L’analisi dei ritiri distribuiti per annualità evidenzia come il fenomeno si concentri prevalentemente nelle fasi iniziali del percorso formativo. Quasi la metà dei casi (48,96%) si registra nel primo anno, fase in cui gli studenti si confrontano con la transizione tra il contesto scolastico precedente e l’ambiente della formazione professionale, spesso caratterizzato da metodologie didattiche e approcci educativi differenti. Nel secondo anno la percentuale di ritiri scende al 26,14%, mentre il terzo anno registra un ulteriore calo con il 15,63%, segno di un progressivo consolidamento della permanenza nei percorsi da parte degli allievi che superano le fasi iniziali di adattamento. Il quarto anno, con il 9,27%, conferma il trend discendente, riflettendo una maggiore stabilità e motivazione tra gli studenti che raggiungono la fase conclusiva della formazione. Dal punto di vista pedagogico, questi dati suggeriscono l’importanza di interventi mirati di orientamento e accompagnamento nei primi anni, finalizzati a sostenere la costruzione del senso di appartenenza, la motivazione e la fiducia nelle proprie capacità. Un’efficace azione preventiva nei momenti di maggiore vulnerabilità del percorso può contribuire significativamente alla riduzione del fenomeno del ritiro e al rafforzamento della tenuta formativa complessiva. Ritirati distribuiti per annualità 48,96% 26,14% 15,63% 9,27% Primo anno Secondo anno Terzo anno Quarto anno 42 La Tenuta Formativa degli allievi frequentanti il primo anno Nel primo anno dei percorsi di formazione professionale, la distribuzione degli esiti evidenzia una tenuta formativa complessivamente positiva, con il 78,82% degli allievi che ha conseguito un esito favorevole. Tuttavia, il dato mostra anche una criticità iniziale tipica della fase di avvio: il 12,57% degli studenti ha riportato un esito negativo, mentre l’8,61% si è ritirato dal percorso. Queste percentuali indicano che quasi un quinto degli iscritti incontra difficoltà significative nel consolidare la propria permanenza nel sistema formativo. Tale fenomeno può essere ricondotto alla fase di adattamento al contesto della formazione professionale, nella quale gli studenti si confrontano con nuove metodologie didattiche, una maggiore richiesta di autonomia e, spesso, la necessità di ridefinire le proprie motivazioni e aspettative. Dal punto di vista pedagogico, il primo anno rappresenta dunque un momento cruciale di transizione, in cui diventa fondamentale rafforzare le azioni di accoglienza, orientamento e tutoraggio personalizzato, al fine di sostenere i processi di integrazione, ridurre i tassi di abbandono e favorire il successo formativo nei passaggi successivi del percorso. La Tenuta Formativa degli allievi frequentanti il primo anno 78,82% 12,57% 8,61% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 43 La Tenuta Formativa degli allievi frequentanti il secondo anno Nel secondo anno dei percorsi formativi, la tenuta complessiva appare solida: l’86,66% degli allievi ha conseguito un esito positivo, mentre il 7,67% ha registrato un esito negativo e il 5,66% si è ritirato. Rispetto al primo anno, i dati mostrano un rafforzamento del percorso di apprendimento e una riduzione delle difficoltà di permanenza, segno che la maggior parte degli studenti che prosegue il percorso riesce a stabilizzare la propria esperienza formativa. Il secondo anno si configura così come una fase di consolidamento: gli allievi acquisiscono maggiore consapevolezza delle proprie capacità e sviluppano un legame più saldo con l’ambiente del CFP, con i formatori e con i compagni. Dal punto di vista pedagogico, questa fase rappresenta un momento chiave per trasformare la motivazione iniziale in competenza e responsabilità, attraverso esperienze laboratoriali più strutturate e una crescente connessione tra formazione e mondo del lavoro. È anche il periodo in cui si può intervenire in modo più mirato con azioni di sostegno individualizzato per chi presenta ancora fragilità, al fine di prevenire i rischi di dispersione nei passaggi successivi del percorso. La Tenuta Formativa degli allievi frequentanti il secondo anno 86,66% 7,67% 5,66% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 44 La Tenuta Formativa degli allievi frequentanti il terzo anno Nel terzo anno dei percorsi di formazione professionale, la tenuta formativa si conferma elevata e stabile: l’89,55% degli studenti ha raggiunto un esito positivo, mentre il 6,66% ha riportato un esito negativo e solo il 3,78% si è ritirato. Questi dati evidenziano un processo di maturazione e consolidamento del percorso formativo: la maggior parte degli allievi che arriva a questo punto mostra una forte continuità e un crescente senso di appartenenza al proprio percorso professionale. Il tasso ridotto di abbandoni e di esiti negativi suggerisce che, superate le difficoltà iniziali, gli allievi riescono a valorizzare le competenze acquisite e a sviluppare una maggiore autonomia operativa. Da una prospettiva pedagogica, il terzo anno rappresenta un momento di sintesi tra formazione e professionalizzazione. Gli allievi, ormai inseriti in un contesto di apprendimento più pratico e orientato al lavoro, manifestano una maggiore consapevolezza delle proprie scelte e prospettive future. È in questa fase che l’accompagnamento educativo assume un ruolo di facilitazione, sostenendo la transizione verso il mondo del lavoro o verso la prosecuzione degli studi, rafforzando così la dimensione formativa e orientativa della IeFP. La Tenuta Formativa degli allievi frequentanti il terzo anno 89,55% 6,66% 3,78% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 45 La Tenuta Formativa degli allievi frequentanti il quarto anno Nel quarto anno dei percorsi di formazione professionale, la tenuta formativa si mantiene su livelli alti, con l’86,21% degli allievi che ha conseguito un esito positivo. Gli esiti negativi interessano il 7,33% degli studenti, mentre il 6,46% risulta ritirato. Questo andamento riflette una stabilità generale del percorso formativo nelle fasi più avanzate, in cui gli studenti che proseguono fino al quarto anno mostrano una forte motivazione e orientamento professionale. Il lieve aumento della quota di esiti negativi e di ritiri rispetto al terzo anno può essere interpretato come effetto delle maggiori complessità del percorso finale, che richiede un livello più elevato di autonomia, impegno e responsabilità. Dal punto di vista pedagogico, il quarto anno rappresenta una fase di transizione cruciale verso l’inserimento lavorativo o la prosecuzione degli studi, in cui la formazione si orienta alla maturazione personale e professionale. In questa prospettiva, il rafforzamento delle azioni di accompagnamento all’occupabilità e di orientamento post-qualifica risulta determinante per sostenere la continuità formativa e prevenire fenomeni di dispersione nella fase conclusiva del percorso. La Tenuta Formativa degli allievi frequentanti il quarto anno 86,21% 7,33% 6,46% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 47 3. Monitoraggio della Tenuta Formativa su base nazionale nella Fondazione CNOS-FAP ETS distribuita per area geografica Nord, Centro e Sud L’analisi della tenuta formativa per area geografica (Nord, Centro e Sud) evidenzia la presenza di differenze significative nei livelli di esito positivo e nelle dinamiche di ritiro o insuccesso. Nel complesso, si conferma un gradiente territoriale decrescente da Nord a Sud, ma tale andamento va interpretato tenendo conto delle differenze nella numerosità degli iscritti e delle specificità socioeconomiche e formative dei territori. Area geografica Frequentanti con esito positivo % Frequentanti con esito negativo % Ritirati % Nord 8190 87,72% 710 7,60% 436 4,67% Centro 1136 72,13% 228 14,48% 211 13,40% Sud 376 66,90% 110 19,57% 76 13,52% Totale 9702 84,56% 1048 9,13% 723 6,30% Nel Nord Italia, dove si concentra la parte preponderante degli allievi (oltre 8.000 su circa 11.500 complessivi), la tenuta formativa appare solida: l’87,72 % degli studenti conclude positivamente il percorso, mentre solo il 7,60 % registra un esito negativo e il 4,67 % si ritira. Questi valori riflettono un sistema consolidato di centri formativi, una forte integrazione con il tessuto produttivo e la presenza di servizi territoriali capaci di sostenere la continuità dei percorsi. Nel Centro Italia, con poco più di 1.500 allievi complessivi, la percentuale di esiti positivi scende al 72,13 %, mentre aumentano le quote di esiti negativi (14,48 %) e di ritiri (13,40 %). Questi risultati possono essere collegati sia alla minore consistenza del campione, che amplifica le variazioni percentuali, sia a fattori quali la discontinuità dell’offerta formativa, la diversa composizione dell’utenza e un minor radicamento territoriale del sistema IeFP rispetto al Nord. Nel Sud Italia, infine, si registra il dato più contenuto in termini di esiti positivi (66,90 %), con una quota più elevata di esiti negativi (19,57 %) e di ritiri (13,52 %). Questi valori vanno tuttavia letti, nel quadro generale, alla luce del numero più limitato di allievi coinvolti (poco più di 500 complessivi) e del contesto socio-economico più complesso, caratterizzato da minori opportunità formative e occupazionali e da 48 fragilità strutturali che possono influenzare la regolarità dei percorsi e la capacità di mantenere la frequenza nel tempo. Nel loro insieme, i dati territoriali non devono essere interpretati in chiave comparativa o valutativa, ma come indicazioni della varietà dei contesti educativi e sociali in cui operano i CFP. Il quadro complessivo suggerisce l’importanza di strategie di accompagnamento differenziate e mirate, in grado di valorizzare le potenzialità locali e di rafforzare la tenuta formativa nelle aree dove i fattori esterni possono incidere maggiormente sui percorsi degli allievi. Le differenze territoriali osservate nella tenuta formativa dei percorsi CNOS-FAP trovano riscontro anche nelle tendenze nazionali relative alla dispersione scolastica e formativa, uno degli indicatori chiave utilizzati dall’Unione Europea per monitorare l’efficacia dei sistemi educativi. Nel 2023, secondo i dati Eurostat e ISTAT, il tasso di abbandono precoce (ossia la quota di giovani tra i 18 e i 24 anni che hanno lasciato il sistema di istruzione e formazione con al massimo la licenza media e non sono inseriti in altri percorsi) si attesta in Italia al 10,5%, in diminuzione rispetto all’11,5% del 2022 e in linea con la media europea. Si tratta di un miglioramento significativo, ma il dato rimane superiore all’obiettivo europeo fissato dal programma “Education and Training 2030”, che punta a mantenere il tasso sotto il 9%. Dietro la media nazionale, tuttavia, si celano ampie differenze territoriali. Al Nord il tasso di dispersione scende sotto la soglia del 9%, con valori medi attorno all’8,5%; nel Centro si attesta intorno al 10%, mentre nel Sud e nelle Isole raggiunge il 14–15%, con punte particolarmente elevate in alcune regioni come Sicilia e Sardegna, dove la quota di giovani che abbandonano prematuramente gli studi sfiora o supera il 17%. 87,72% 72,13% 66,90% 7,60% 14,48% 19,57% 4,67% 13,40% 13,52% 0,00% 20,00% 40,00% 60,00% 80,00% 100,00% 120,00% Nord Centro Sud 49 (Fonte: Eurostat, ISTAT 2024; Openpolis, Abbandono scolastico: un miglioramento che non dice tutto, 2024). Questi dati confermano la persistenza di un divario territoriale strutturale nella partecipazione e nella permanenza nel sistema educativo, che non riguarda solo la scuola statale ma anche i percorsi di formazione professionale. Le regioni del Nord beneficiano generalmente di maggiori opportunità formative, un più solido collegamento con il tessuto produttivo e una rete di servizi di accompagnamento più strutturata. Al contrario, nel Sud le difficoltà di accesso, la dispersione territoriale dei centri, la precarietà economica delle famiglie e la minore stabilità delle esperienze lavorative possono incidere negativamente sulla regolarità della frequenza e sulla conclusione dei percorsi. In questo senso, il gradiente territoriale nella tenuta formativa CNOSFAP - con una percentuale di esiti positivi pari all’87,7% al Nord, 72,1% al Centro e 66,9% al Sud - rispecchia le tendenze generali della dispersione scolastica in Italia. La minore tenuta formativa nel Mezzogiorno non è dunque indice di inefficacia del sistema, ma riflesso di condizioni di contesto più sfidanti, dove fattori come la povertà educativa, la fragilità familiare e le disuguaglianze territoriali incidono più profondamente sulla partecipazione e sulla motivazione allo studio. L’analisi territoriale della tenuta formativa assume quindi un valore interpretativo più ampio: essa consente di leggere i risultati non solo in termini di successo o insuccesso individuale, ma come indicatori del funzionamento complessivo del sistema educativo nei diversi contesti socioeconomici. In quest’ottica, la Fondazione CNOS-FAP si conferma come un attore significativo nella prevenzione della dispersione, offrendo percorsi che integrano formazione e orientamento al lavoro e che rappresentano, in particolare nei territori più fragili, una delle principali alternative educative al rischio di abbandono. Per offrire un quadro di dettaglio sulla Tenuta Formativa nella Fondazione CNOS-FAP in rapporto alle tre Aree geografiche di riferimento, si riportano di seguito tabelle e figure contenenti l’elaborazione puntuale dei dati. 50 Popolazione dell’Area geografica Nord Nell’area geografica del Nord Italia, la tenuta formativa mostra valori ampiamente positivi: l’87,72% degli allievi conclude con esito favorevole, mentre il 7,60% presenta un esito negativo e il 4,67% si ritira. Il dato complessivo, relativo a 9.336 studenti, conferma una forte stabilità del sistema formativo, in cui la grande maggioranza degli allievi riesce a portare a termine il percorso intrapreso. La presenza contenuta di ritiri e insuccessi suggerisce un buon equilibrio tra offerta formativa e bisogni educativi, sostenuto da una rete di CFP strutturata e integrata con il contesto territoriale e produttivo. Popolazione dell’Area geografica Nord 87,72% 7,60% 4,67% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 8190 Frequentanti con esito negativo 710 Ritirati 436 Totale complessivo 9336 51 Popolazione dell’Area geografica Centro Nell’area del Centro Italia, la tenuta formativa presenta un quadro più articolato: il 72,13% degli allievi conclude positivamente il percorso, mentre il 14,48% riporta un esito negativo e il 13,40% si ritira. Su un totale di 1.575 allievi, i dati indicano una maggiore dispersione formativa rispetto al Nord, con un incremento sia delle difficoltà di apprendimento sia dei casi di interruzione del percorso. Tale configurazione può essere letta come il riflesso di una più marcata eterogeneità dell’utenza e dei contesti formativi, che può rendere più complesso il mantenimento della frequenza e il conseguimento di esiti positivi. Popolazione dell’Area geografica Centro Popolazione dell’Area geografica Sud Nell’area del Sud Italia, i dati evidenziano una situazione di maggiore complessità: il 66,90% degli allievi ha conseguito un esito positivo, mentre il 19,57% ha riportato un esito negativo e il 13,52% si è ritirato. Su un totale di 562 allievi, la quota di esiti positivi, pur rappresentando la maggioranza, risulta inferiore rispetto a quella delle altre aree geografiche, accompagnata da una presenza più consistente di insuccessi e abbandoni. Questo andamento suggerisce la presenza di fattori strutturali e sociali che incidono sul percorso formativo, come la minore 72,13% 14,48% 13,40% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 1136 Frequentanti con esito negativo 228 Ritirati 211 Totale complessivo 1575 52 stabilità del contesto economico e occupazionale o la fragilità dei legami formazione-territorio. Popolazione dell’Area geografica Sud 66,90% 19,57% 13,52% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Tipologia allievi n. allievi Frequentanti con esito positivo 376 Frequentanti con esito negativo 110 Ritirati 76 Totale complessivo 562 53 4. Monitoraggio della Tenuta Formativa su base nazionale nella Fondazione CNOS-FAP ETS distribuita per Regioni L’analisi della tenuta formativa su base regionale restituisce una fotografia complessiva del sistema CNOS-FAP a livello nazionale, evidenziando differenze che riflettono la varietà dei contesti formativi e territoriali in cui i Centri operano. È importante sottolineare che non si tratta di una comparazione tra Regioni o CFP, poiché i contesti sono fortemente eterogenei per utenza, tipologia di percorsi, risorse disponibili e condizioni socio-economiche dei territori. Nel Nord Italia, dove si concentra la quota più ampia di iscritti (oltre 9.300 allievi, pari a più dell’80% del totale nazionale), la tenuta formativa risulta complessivamente molto solida, con l’87,02% di esiti positivi, l’8,34% di esiti negativi e solo il 4,64% di ritiri. All’interno di quest’area si distinguono Lombardia e Veneto, che superano rispettivamente il 90% di successi formativi (Lombardia 90,42%; Veneto 90,64%), a testimonianza di una rete formativa matura, fortemente integrata con il tessuto produttivo e sostenuta da sistemi regionali consolidati di IeFP. Anche il Friuli-Venezia Giulia (88,22%) e il Piemonte (85,92%) mostrano risultati ampiamente positivi e stabili nel tempo. Alcune variazioni, come nel caso della Valle d’Aosta (67,12%), sono legate alla ridotta numerosità degli allievi (73), che rende le percentuali più sensibili a oscillazioni. Nel Centro Italia, dove sono coinvolti circa 1.600 allievi, il quadro è più eterogeneo: la percentuale complessiva di esiti positivi si attesta al 72,13%, con un aumento degli esiti negativi (14,48%) e dei ritiri (13,40%). La Regione Umbria (75,17%) si colloca leggermente sopra la media dell’area, mentre il Lazio (71,68%), che da solo rappresenta oltre i tre quarti degli allievi del Centro, mostra valori in linea con la media nazionale. L’Abruzzo (68,87%), pur con numeri più contenuti, presenta un’incidenza di ritiri significativa (27,36%), che suggerisce la necessità di strategie di accompagnamento e orientamento più mirate. Questa maggiore variabilità interna riflette la complessità dei contesti e la presenza di utenze diversificate, spesso in fase di riorientamento o con percorsi di formazione discontinui. Nel Sud Italia, dove il numero complessivo di iscritti (562) è inferiore rispetto alle altre aree, emergono maggiori criticità: gli esiti positivi si fermano al 66,90%, a fronte di 19,57% di esiti negativi e 13,52% di ritiri. All’interno di quest’area si distinguono la Campania, che con l’85,61% di esiti positivi evidenzia una buona tenuta formativa, e la Puglia, dove la percentuale di esiti positivi (58,00%) è fortemente condizionata da un alto numero di ritiri (40%). La Sardegna (63,72%) e la Sicilia (60,67%) presentano percentuali inferiori alla media nazionale, con un’incidenza più elevata di esiti negativi (32,21% in Sicilia) e di abbandoni (24,78% in Sardegna). Queste differenze riflettono il peso dei fattori di contesto - tra 54 cui le fragilità socio-economiche, la discontinuità occupazionale e la minore presenza di opportunità formative e lavorative - che incidono in modo significativo sulla regolarità dei percorsi e sulla motivazione degli allievi. Nel loro insieme, i dati regionali confermano un gradiente territoriale nella tenuta formativa che decresce da Nord a Sud, ma che non va letto in termini di performance. Le differenze riflettono la pluralità dei contesti educativi e l’interazione tra fattori formativi, sociali ed economici. La lettura di questi risultati sottolinea l’importanza di politiche formative territorialmente differenziate, capaci di sostenere i CFP nelle aree più fragili e di valorizzare le esperienze di successo, con l’obiettivo di ridurre gli squilibri territoriali e rafforzare la coesione educativa e sociale nel sistema nazionale della formazione professionale. 55 Area geografica n. allievi Frequentanti con esito positivo % Frequentanti con esito negativo % Ritirati % Nord 9336 8124 87,02% 779 8,34% 433 4,64% Emilia-Romagna 487 402 82,55% 52 10,68% 33 6,78% Friuli-Venezia Giulia 450 397 88,22% 43 9,56% 10 2,22% Liguria 489 403 82,41% 53 10,84% 33 6,75% Lombardia 1869 1690 90,42% 141 7,54% 38 2,03% Piemonte 3403 2924 85,92% 235 6,91% 244 7,17% Valle d’Aosta 73 49 67,12% 18 24,66% 6 8,22% Veneto 2565 2325 90,64% 168 6,55% 72 2,81% Centro 1575 1136 72,13% 228 14,48% 211 13,40% Abruzzo 106 73 68,87% 4 3,77% 29 27,36% Lazio 1183 848 71,68% 198 16,74% 137 11,58% Umbria 286 215 75,17% 26 9,09% 45 15,73% Sud 562 376 66,90% 110 19,57% 76 13,52% Campania 132 113 85,61% 10 7,58% 9 6,82% Puglia 50 29 58,00% 1 2,00% 20 40,00% Sardegna 113 72 63,72% 13 11,50% 28 24,78% Sicilia 267 162 60,67% 86 32,21% 19 7,12% Totale 11473 9702 84,56% 1048 9,13% 723 6,30% 56 Si riportano nelle successive tabelle i dati puntuali della Tenuta Formativa, espressi in valori assoluti e percentuali. Ciascuna Regione è riferita alla propria area geografica di riferimento. In particolare: • Nord: Emilia-Romagna; Friuli-Venezia Giulia; Liguria; Lombardia; Piemonte; Valle d’Aosta; Veneto. • Centro: Abruzzo; Lazio; Umbria. • Sud: Campania, Puglia, Sardegna; Sicilia. Per ciascuna Regione sono riportati i dati relativi alle tre macrocategorie della Tenuta Formativa: 1) Frequentanti con esito positivo; 2) Frequentanti con esito negativo; 3) Ritirati. 0,00% 20,00% 40,00% 60,00% 80,00% 100,00% 120,00% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 57 Nord EMILIA-ROMAGNA Nella Regione Emilia-Romagna, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 487. La distribuzione degli esiti mostra che 402 studenti (82,55%) hanno conseguito un esito positivo, 52 allievi (10,68%) hanno registrato un esito negativo e 33 studenti (6,78%) si sono ritirati nel corso dell’anno formativo. Nel complesso, la quota di esiti positivi rappresenta la maggior parte degli allievi considerati, mentre le percentuali relative agli esiti negativi e ai ritiri risultano più contenute. Il dato evidenzia una tenuta formativa complessivamente stabile, con una partecipazione significativa e livelli di abbandono limitati. 82,55% 10,68% 6,78% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione della Regione EmiliaRomagna n. allievi Frequentanti con esito positivo 402 Frequentanti con esito negativo 52 Ritirati 33 Totale complessivo 487 58 FRIULI-VENEZIA GIULIA Nella Regione Friuli-Venezia Giulia, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 450. La distribuzione degli esiti evidenzia che 397 studenti (88,22%) hanno conseguito un esito positivo, 43 allievi (9,56%) hanno riportato un esito negativo e 10 studenti (2,22%) si sono ritirati durante il percorso formativo. Nel complesso, il quadro mostra una tenuta formativa elevata, con una netta prevalenza di esiti positivi e una presenza contenuta di ritiri. Le percentuali relative agli esiti negativi restano limitate, delineando un andamento stabile e regolare della partecipazione formativa nella Regione. 88,22% 9,56% 2,22% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione della Regione FriuliVenezia Giulia n. allievi Frequentanti con esito positivo 397 Frequentanti con esito negativo 43 Ritirati 10 Totale complessivo 450 59 LIGURIA Nella Regione Liguria, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 489. La distribuzione degli esiti mostra che 403 studenti (82,41%) hanno conseguito un esito positivo, 53 allievi (10,84%) hanno registrato un esito negativo e 33 studenti (6,75%) si sono ritirati nel corso dell’anno formativo. Nel complesso, il quadro regionale evidenzia una prevalenza significativa di percorsi conclusi positivamente, mentre le percentuali relative agli esiti negativi e ai ritiri si mantengono su livelli moderati. Il dato indica una tenuta formativa stabile, con un equilibrio complessivo soddisfacente tra partecipazione, risultati positivi e contenimento della dispersione. 82,41% 10,84% 6,75% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione della Regione Liguria n. allievi Frequentanti con esito positivo 403 Frequentanti con esito negativo 53 Ritirati 33 Totale complessivo 489 60 LOMBARDIA Nella Regione Lombardia, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 1.869. La distribuzione degli esiti evidenzia che 1.690 studenti (90,42%) hanno conseguito un esito positivo, 141 allievi (7,54%) hanno riportato un esito negativo e 38 studenti (2,03%) si sono ritirati nel corso dell’anno formativo. Nel complesso, la Lombardia si distingue per una tenuta formativa particolarmente elevata, con una quota di esiti positivi superiore al 90% e tassi di abbandono molto contenuti. Le percentuali di esiti negativi e di ritiri risultano tra le più basse, delineando un quadro di stabilità e continuità formativa che riflette un andamento generalmente positivo nei percorsi educativi e professionali. 90,42% 7,54% 2,03% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione della Regione Lombardia n. allievi Frequentanti con esito positivo 1690 Frequentanti con esito negativo 141 Ritirati 38 Totale complessivo 1869 61 PIEMONTE In Piemonte, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 3.403. La distribuzione degli esiti mostra che 2.924 studenti (85,92%) hanno conseguito un esito positivo, 235 allievi (6,91%) hanno riportato un esito negativo e 244 studenti (7,17%) si sono ritirati nel corso del percorso formativo. Nel complesso, il quadro regionale evidenzia una tenuta formativa solida, con una larga maggioranza di esiti positivi e una distribuzione equilibrata delle altre categorie. Il tasso di ritiro, sebbene leggermente superiore rispetto alla media nazionale, si mantiene su livelli contenuti, a conferma di una partecipazione costante e di un buon livello di continuità nei percorsi educativi. 85,92% 6,91% 7,17% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione della Regione Piemonte n. allievi Frequentanti con esito positivo 2924 Frequentanti con esito negativo 235 Ritirati 244 Totale complessivo 3403 62 VALLE D’AOSTA In Valle d’Aosta, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 73. Tra questi, 49 studenti (67,12%) hanno conseguito un esito positivo, 18 (24,66%) hanno riportato un esito negativo e 6 (8,22%) si sono ritirati nel corso dell’anno formativo. Il quadro regionale evidenzia una percentuale di esiti positivi inferiore alla media nazionale, accompagnata da una quota più elevata di esiti negativi. Tuttavia, il numero ridotto di allievi rende opportuno interpretare questi dati con cautela, considerando le specificità del contesto territoriale e dell’utenza, che possono incidere in modo significativo sulla distribuzione degli esiti e sulla stabilità dei percorsi formativi. 67,12% 24,66% 8,22% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione della Regione Valle d’Aosta n. allievi Frequentanti con esito positivo 49 Frequentanti con esito negativo 18 Ritirati 6 Totale complessivo 73 63 VENETO In Veneto, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 2.565. Di questi, 2.325 studenti (90,64%) hanno conseguito un esito positivo, 168 (6,55%) hanno riportato un esito negativo e 72 (2,81%) si sono ritirati durante il percorso formativo. Il quadro regionale evidenzia una tenuta formativa molto elevata, con una larga maggioranza di esiti positivi e una quota di ritiri particolarmente contenuta. La distribuzione degli esiti suggerisce una buona stabilità dei percorsi, sostenuta da un efficace equilibrio tra didattica laboratoriale, orientamento e accompagnamento individuale, che contribuisce a favorire la continuità formativa e la conclusione positiva dei percorsi. 90,64% 6,55% 2,81% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione della Regione Veneto n. allievi Frequentanti con esito positivo 2325 Frequentanti con esito negativo 168 Ritirati 72 Totale complessivo 2565 64 Centro ABRUZZO In Abruzzo, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 106. Tra questi, 73 studenti (68,87%) hanno conseguito un esito positivo, 4 (3,77%) hanno riportato un esito negativo e 29 (27,36%) si sono ritirati durante il percorso formativo. Il quadro regionale mostra una tenuta formativa più fragile rispetto alla media nazionale, con una quota di ritiri piuttosto elevata. Il dato suggerisce la presenza di criticità legate alla continuità dei percorsi, che potrebbero essere influenzate da fattori territoriali o socioeconomici. Nonostante ciò, la percentuale di esiti positivi rimane comunque superiore ai due terzi degli allievi monitorati, segnalando la capacità del sistema regionale di sostenere una parte significativa degli studenti fino al completamento del percorso. 68,87% 3,77% 27,36% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione della Regione Abruzzo n. allievi Frequentanti con esito positivo 73 Frequentanti con esito negativo 4 Ritirati 29 Totale complessivo 106 65 LAZIO Nel Lazio, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 1.183. Di questi, 848 studenti (71,68%) hanno conseguito un esito positivo, 198 (16,74%) hanno riportato un esito negativo e 137 (11,58%) si sono ritirati dal percorso formativo. Il quadro regionale evidenzia una tenuta formativa meno stabile rispetto alle aree del Nord, con una quota consistente di esiti negativi e di ritiri. Tale distribuzione suggerisce la presenza di una maggiore eterogeneità dei percorsi e dei profili formativi, con possibili difficoltà di continuità riconducibili sia alla composizione dell’utenza sia alle condizioni socio-educative del territorio. Nonostante ciò, oltre il 70% degli allievi completa con successo il percorso, confermando una capacità significativa di accompagnamento formativo anche in contesti più complessi. 71,68% 16,74% 11,58% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione della Regione Lazio n. allievi Frequentanti con esito positivo 848 Frequentanti con esito negativo 198 Ritirati 137 Totale complessivo 1183 66 UMBRIA In Umbria, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 286. Tra questi, 215 studenti (75,17%) hanno conseguito un esito positivo, 26 (9,09%) hanno riportato un esito negativo e 45 (15,73%) si sono ritirati dal percorso formativo. Il quadro regionale mostra una tenuta formativa discreta, con tre quarti degli allievi che portano a termine positivamente il percorso. Tuttavia, la quota di ritiri, superiore alla media nazionale, segnala la necessità di un’attenzione costante ai processi di accompagnamento e di orientamento, in particolare nelle fasi intermedie del percorso formativo. Nonostante ciò, la distribuzione complessiva riflette una buona capacità di presidio educativo, capace di garantire risultati positivi nella maggior parte dei casi. 75,17% 9,09% 15,73% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione della Regione Umbria n. allievi Frequentanti con esito positivo 215 Frequentanti con esito negativo 26 Ritirati 45 Totale complessivo 286 67 Sud CAMPANIA In Campania, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 132. Tra questi, 113 studenti (85,61%) hanno concluso il percorso con esito positivo, 10 (7,58%) hanno riportato un esito negativo e 9 (6,82%) si sono ritirati. Il quadro regionale evidenzia una tenuta formativa complessivamente solida, con una quota di esiti positivi superiore all’85% e valori di ritiro e insuccesso contenuti. Questa distribuzione suggerisce una buona stabilità dei percorsi formativi, in cui l’accompagnamento educativo e la personalizzazione degli interventi contribuiscono in modo significativo a sostenere la continuità e la conclusione dei percorsi. 85,61% 7,58% 6,82% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione della Regione Campania n. allievi Frequentanti con esito positivo 113 Frequentanti con esito negativo 10 Ritirati 9 Totale complessivo 132 68 PUGLIA In Puglia, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 50. Di questi, 29 studenti (58,00%) hanno conseguito un esito positivo, 1 (2,00%) ha riportato un esito negativo e 20 (40,00%) si sono ritirati dal percorso formativo. Il dato regionale evidenzia una forte criticità nella tenuta formativa, con una quota di ritiri molto elevata che rappresenta quasi la metà degli allievi monitorati. Sebbene oltre la metà degli studenti concluda positivamente il percorso, l’ampia incidenza dei ritiri segnala la necessità di potenziare i processi di sostegno e accompagnamento, in particolare nelle fasi iniziali e intermedie del percorso, al fine di prevenire l’abbandono e favorire la continuità formativa. 58,00% 2,00% 40,00% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione della Regione Puglia n. allievi Frequentanti con esito positivo 29 Frequentanti con esito negativo 1 Ritirati 20 Totale complessivo 50 69 SARDEGNA In Sardegna, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 113. Tra questi, 72 studenti (63,72%) hanno conseguito un esito positivo, 13 (11,50%) hanno riportato un esito negativo e 28 (24,78%) si sono ritirati dal percorso formativo. Il quadro regionale evidenzia una tenuta formativa fragile, caratterizzata da una percentuale significativa di ritiri che interessa circa un quarto degli allievi monitorati. Pur restando prevalente la quota di esiti positivi, il dato suggerisce la presenza di criticità nei processi di continuità e partecipazione, potenzialmente legate a fattori motivazionali, logistici o socioeconomici. In questa prospettiva, risulta opportuno rafforzare le azioni di accompagnamento personalizzato e di tutoraggio educativo, per sostenere la permanenza e la riuscita dei percorsi formativi. 11,50% 63,72% 24,78% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione della Regione Sardegna n. allievi Frequentanti con esito positivo 72 Frequentanti con esito negativo 13 Ritirati 28 Totale assoluto 113 70 SICILIA In Sicilia, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 267. Di questi, 162 studenti (60,67%) hanno conseguito un esito positivo, 86 (32,21%) hanno riportato un esito negativo e 19 (7,12%) si sono ritirati dal percorso formativo. Il dato regionale mostra una tenuta formativa complessivamente debole, con un’elevata incidenza di esiti negativi che supera il 30% degli allievi monitorati. Sebbene oltre la metà degli studenti porti a termine positivamente il percorso, il quadro generale evidenzia la necessità di rafforzare i dispositivi di supporto didattico e motivazionale e di monitorare con maggiore attenzione i processi di apprendimento e di accompagnamento, al fine di prevenire le situazioni di insuccesso e favorire una maggiore stabilità formativa. 60,67% 32,21% 7,12% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione della Regione Sicilia n. allievi Frequentanti con esito positivo 162 Frequentanti con esito negativo 86 Ritirati 19 Totale complessivo 267 71 Le medie delle Regioni rispetto alla media nazionale Proseguendo nell’analisi dei dati sulla Tenuta Formativa del CNOS-FAP, si riporta nelle tabelle che seguono il confronto tra la media nazionale e la percentuale dei Frequentanti con esito positivo, Frequentanti con esito negativo e allievi Ritirati. Frequentanti con esito positivo e media nazionale La distribuzione percentuale dei frequentanti con esito positivo evidenzia una media nazionale pari al 76,50%, collocando i dati regionali all’interno di un quadro complessivo che restituisce la varietà dei contesti formativi presenti sul territorio. Le percentuali regionali si dispongono lungo un ampio intervallo, con valori che oscillano tra il 58,00% e il 90,64%, riflettendo la diversità dei contesti territoriali, organizzativi e socio-educativi in cui operano i CFP. Non si tratta di un confronto tra territori, ma di una fotografia descrittiva delle differenti configurazioni regionali, utile a rappresentare la pluralità delle situazioni formative e le diverse condizioni che incidono sull’andamento complessivo. In questa prospettiva, i dati vanno letti come espressione delle specificità locali e delle caratteristiche proprie di ciascun sistema formativo, piuttosto che come indicatori comparativi di performance. Regioni % allievi con esito positivo Abruzzo 68,87% Campania 85,61% Emilia-Romagna 82,55% Friuli-Venezia Giulia 88,22% Lazio 71,68% Liguria 82,41% Lombardia 90,42% Piemonte 85,92% Puglia 58,00% Sardegna 63,72% Sicilia 60,67% Umbria 75,17% Valle d’Aosta 67,12% Veneto 90,64% Media Nazionale 76,50% 72 Frequentanti con esito negativo e media nazionale La distribuzione percentuale dei frequentanti con esito negativo presenta una media nazionale pari all’11,40%, con una variabilità territoriale che riflette le differenti caratteristiche dei percorsi formativi e dei contesti di riferimento. Le percentuali regionali si collocano entro un intervallo piuttosto ampio, con valori che vanno dal 2,00% al 32,21%. In alcune regioni i valori risultano prossimi o inferiori alla media nazionale, mentre in altre si osservano incidenze più elevate di esiti negativi, riconducibili a specificità locali e organizzative. Anche in questo caso, il dato non va interpretato in chiave comparativa, ma come rappresentazione descrittiva delle diverse situazioni rilevate nei contesti territoriali, evidenziando la pluralità delle esperienze formative e la diversità delle popolazioni studentesche coinvolte. 0,00% 20,00% 40,00% 60,00% 80,00% 100,00% Frequentanti con esito positivo Media Nazionale Percentuale allievi con esito positivo Regioni % allievi con esito negativo Abruzzo 3,77% Campania 7,58% Emilia-Romagna 10,68% Friuli-Venezia Giulia 9,56% Lazio 16,74% Liguria 10,84% Lombardia 7,54% Piemonte 6,91% Puglia 2,00% Sardegna 11,50% Sicilia 32,21% Umbria 9,09% Valle d’Aosta 24,66% Veneto 6,55% Totale complessivo 11,40% 73 Allievi ritirati e media nazionale La distribuzione percentuale degli allievi ritirati evidenzia una media nazionale pari al 12,10%, con una variabilità significativa tra le diverse regioni. Le percentuali regionali si estendono da valori molto contenuti, inferiori al 3%, fino a livelli più elevati, superiori al 20%, riflettendo la diversità dei contesti formativi e delle condizioni di partecipazione degli allievi. In alcune regioni i ritiri si mantengono su livelli limitati, mentre in altre la loro incidenza risulta più marcata. Nel complesso, i dati restituiscono una rappresentazione articolata delle dinamiche di permanenza e abbandono, utile a comprendere la complessità dei percorsi formativi sul territorio nazionale. 0,00% 5,00% 10,00% 15,00% 20,00% 25,00% 30,00% 35,00% 40,00% 45,00% 50,00% Percentuale allievi con esito negativo Frequentanti con esito negativo Media Nazionale Regioni % allievi ritirati Abruzzo 27,36% Campania 6,82% Emilia-Romagna 6,78% Friuli-Venezia Giulia 2,22% Lazio 11,58% Liguria 6,75% Lombardia 2,03% Piemonte 7,17% Puglia 40,00% Sardegna 24,78% Sicilia 7,12% Umbria 15,73% Valle d’Aosta 8,22% Veneto 2,81% Totale complessivo 12,10% 74 0,00% 5,00% 10,00% 15,00% 20,00% 25,00% 30,00% 35,00% 40,00% 45,00% Percentuale allievi ritirati Ritirati Media Nazionale 75 5. Monitoraggio della Tenuta Formativa su base nazionale nella Fondazione CNOS-FAP ETS distribuita per Settori Analizzando il dato sulla Tenuta Formativa e distribuendolo per i settori del CNOS-FAP emerge quanto segue: Settore n. allievi Frequentanti con esito positivo % Frequentanti con esito negativo % Ritirati % Agricolo 176 143 81,25% 25 14,20% 8 4,55% Automotive 1936 1606 82,95% 202 10,43% 128 6,61% Benessere 847 683 80,64% 84 9,92% 80 9,45% Elettrico 1942 1671 86,05% 169 8,70% 102 5,25% Energia 669 564 84,30% 61 9,12% 44 6,58% Grafico 1165 1022 87,73% 84 7,21% 59 5,06% Informatico 283 222 78,45% 40 14,13% 21 7,42% Lavorazione del legno 115 100 86,96% 6 5,22% 9 7,83% Logistica 229 195 85,15% 16 6,99% 18 7,86% Meccanica Industriale 2403 2087 86,85% 190 7,91% 126 5,24% Misto 20 17 85,00% 2 10,00% 1 5,00% Ristorazione 1537 1263 82,17% 157 10,21% 117 7,61% Servizi di vendita 151 129 85,43% 12 7,95% 10 6,62% Totale complessivo 11473 9702 84,56% 1048 9,13% 723 6,30% L’analisi della tenuta formativa all’interno del CNOS-FAP, distribuita per settore professionale, restituisce un quadro complessivamente positivo, con valori medi elevati di successo formativo e differenze contenute tra i diversi ambiti di specializzazione. L’analisi per settore mostra che i livelli più alti di esiti positivi si riscontrano nei comparti Grafico (87,73%), Lavorazione del legno (86,96%), Meccanica industriale (86,85%), Elettrico (86,05%) e Logistica (85,15%), tutti al di sopra della media complessiva. Anche i settori 76 Energia (84,30%), Servizi di vendita (85,43%) e Misto (85,00%) evidenziano buone performance, con differenze minime rispetto alla media generale. I valori più contenuti di esiti positivi si rilevano invece nei settori Informatico (78,45%), Benessere (80,64%) e Agricolo (81,25%), che pur mantenendosi su livelli soddisfacenti, presentano una maggiore incidenza di esiti negativi e ritiri rispetto agli altri ambiti. Per quanto riguarda i frequentanti con esito negativo, la media complessiva si attesta al 9,13%, con percentuali più elevate nei settori Informatico (14,13%), Agricolo (14,20%), Energia (9,12%) e Benessere (9,92%), mentre i valori più contenuti si osservano in Lavorazione del legno (5,22%), Logistica (6,99%), Meccanica industriale (7,91%), Servizi di vendita (7,95%) e Grafico (7,21%). Infine, la quota di ritiri complessiva, pari al 6,30%, mostra un andamento relativamente omogeneo tra i settori, con i livelli più bassi nei comparti Elettrico (5,25%), Energia (6,58%), Meccanica industriale (5,24%) e Grafico (5,06%), mentre risultano leggermente più elevati nei settori Benessere (9,45%), Informatico (7,42%) e Ristorazione (7,61%). Nel complesso, la distribuzione per settore conferma la buona tenuta formativa del sistema CNOS-FAP, con tassi di successo stabilmente alti in tutti gli ambiti professionali e una variabilità limitata tra le diverse aree. Le differenze riscontrate tra i settori possono essere ricondotte alle specificità dei percorsi formativi, alla diversa composizione dell’utenza e alle caratteristiche dei contesti territoriali in cui i centri operano. 0,00% 20,00% 40,00% 60,00% 80,00% 100,00% 120,00% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 77 Monitoraggio della Tenuta Formativa nel CNOS-FAP distribuito per singolo settore Proseguendo nell’analisi dei dati sulla Tenuta Formativa nella Fondazione CNOS-FAP distribuito per settore, si riportano di seguito tabelle e grafici con dati puntuali relativi ai singoli settori: SETTORE AGRICOLO Nel settore agricolo risultano 176 allievi complessivi. Tra questi, 143 (81,25%) hanno conseguito un esito positivo, 25 (14,20%) un esito negativo e 8 (4,55%) si sono ritirati dal percorso formativo. I dati descrivono la distribuzione degli esiti formativi all’interno del settore, evidenziando la prevalenza dei percorsi conclusi positivamente rispetto alle altre tipologie di esito. 81,25% 14,20% 4,55% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del settore Agricolo n. allievi Frequentanti con esito positivo 143 Frequentanti con esito negativo 25 Ritirati 8 Totale complessivo 176 78 SETTORE AUTOMOTIVE Nel settore automotive sono stati monitorati 1.936 allievi. Di questi, 1.606 (82,95%) hanno conseguito un esito positivo, 202 (10,43%) un esito negativo e 128 (6,61%) si sono ritirati. La distribuzione degli esiti descrive un settore con una ampia maggioranza di percorsi conclusi positivamente, una quota più ridotta di studenti con esito negativo e una percentuale di ritiri contenuta. Il quadro restituisce una partecipazione formativa numericamente consistente e con una tendenza generale alla conclusione dei percorsi. 82,95% 10,43% 6,61% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del settore Automotive n. allievi Frequentanti con esito positivo 1606 Frequentanti con esito negativo 202 Ritirati 128 Totale complessivo 1936 79 SETTORE BENESSERE Nel settore benessere la popolazione complessiva è pari a 847 allievi. Tra questi, 683 (80,64%) hanno ottenuto un esito positivo, 84 (9,92%) un esito negativo e 80 (9,45%) si sono ritirati. I dati mostrano una distribuzione equilibrata, con la maggioranza degli allievi che completa il percorso e una presenza non trascurabile di ritiri e insuccessi. Le percentuali indicano una dinamica articolata tra successo formativo e abbandono, che si manifesta in modo proporzionato alla consistenza numerica del settore. 80,64% 9,92% 9,45% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del settore Benessere n. allievi Frequentanti con esito positivo 683 Frequentanti con esito negativo 84 Ritirati 80 Totale complessivo 847 80 SETTORE ELETTRICO/ELETTRONICO Nel settore elettrico-elettronico risultano 1.942 allievi. Di questi, 1.671 (86,05%) hanno conseguito un esito positivo, 169 (8,70%) un esito negativo e 102 (5,25%) si sono ritirati. La distribuzione dei dati mostra una prevalenza di esiti positivi rispetto alle altre tipologie, con una percentuale ridotta di allievi che non raggiunge il successo formativo o che interrompe la frequenza. Il quadro complessivo restituisce una stabilità significativa nella partecipazione ai percorsi. 86,05% 8,70% 5,25% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del settore Elettrico/Elettronico n. allievi Frequentanti con esito positivo 1671 Frequentanti con esito negativo 169 Ritirati 102 Totale assoluto 1942 81 SETTORE ENERGIA Nel settore energia la popolazione monitorata è pari a 669 allievi. Tra questi, 564 (84,30%) hanno riportato un esito positivo, 61 (9,12%) un esito negativo e 44 (6,58%) si sono ritirati. La distribuzione descrive una composizione stabile, con una netta prevalenza di allievi che concludono positivamente il percorso e percentuali più contenute di insuccessi e ritiri. 84,30% 9,12% 6,58% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del settore Energia n. allievi Frequentanti con esito positivo 564 Frequentanti con esito negativo 61 Ritirati 44 Totale complessivo 669 82 SETTORE GRAFICO Nel settore grafico sono presenti 1.165 allievi. Di questi, 1.022 (87,73%) hanno ottenuto un esito positivo, 84 (7,21%) un esito negativo e 59 (5,06%) si sono ritirati. Il dato evidenzia un ampio margine di completamento positivo del percorso formativo, con una quota ridotta di ritiri e di esiti non favorevoli. La composizione complessiva indica un andamento coerente e costante nella frequenza. 87,73% 7,21% 5,06% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del settore Grafico n. allievi Frequentanti con esito positivo 1022 Frequentanti con esito negativo 84 Ritirati 59 Totale complessivo 1165 83 SETTORE INFORMATICA Nel settore informatico risultano 283 allievi complessivi. Tra questi, 222 (78,45%) hanno conseguito un esito positivo, 40 (14,13%) un esito negativo e 21 (7,42%) si sono ritirati. I dati descrivono una distribuzione con una maggioranza di esiti positivi, ma con una presenza relativamente più marcata di esiti negativi rispetto ad altri ambiti, e una quota di ritiri in linea con la media complessiva. 78,45% 14,13% 7,42% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del settore Informatica n. allievi Frequentanti con esito positivo 222 Frequentanti con esito negativo 40 Ritirati 21 Totale complessivo 283 84 SETTORE LAVORAZIONE DEL LEGNO Nel settore della lavorazione del legno sono stati monitorati 115 allievi. Di questi, 100 (86,96%) hanno conseguito un esito positivo, 6 (5,22%) un esito negativo e 9 (7,83%) si sono ritirati. La distribuzione presenta una netta prevalenza di risultati positivi, con percentuali più contenute di allievi che non portano a termine il percorso o che lo concludono con esito negativo. 86,96% 5,22% 7,83% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del settore Lavorazione del legno n. allievi Frequentanti con esito positivo 100 Frequentanti con esito negativo 6 Ritirati 9 Totale complessivo 115 85 SETTORE LOGISTICA Nel settore logistica risultano 229 allievi. Tra questi, 195 (85,15%) hanno riportato un esito positivo, 16 (6,99%) un esito negativo e 18 (7,86%) si sono ritirati. Il quadro mostra una distribuzione regolare degli esiti, con la maggioranza degli allievi che completa il percorso formativo e una presenza residuale di ritiri e insuccessi. 85,15% 6,99% 7,86% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del settore Logistica n. allievi Frequentanti con esito positivo 195 Frequentanti con esito negativo 16 Ritirati 18 Totale complessivo 229 86 SETTORE MECCANICA Nel settore della meccanica industriale sono stati monitorati 2.403 allievi. Di questi, 2.087 (86,85%) hanno ottenuto un esito positivo, 190 (7,91%) un esito negativo e 126 (5,24%) si sono ritirati. I dati indicano una partecipazione numericamente rilevante e una prevalenza di esiti positivi, con percentuali di ritiri e insuccessi inferiori alla media complessiva. 86,85% 7,91% 5,24% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del settore Meccanica n. allievi Frequentanti con esito positivo 2087 Frequentanti con esito negativo 190 Ritirati 126 Totale complessivo 2403 87 SETTORE SERVIZI DI VENDITA Nel settore dei servizi di vendita la popolazione è composta da 151 allievi. Tra questi, 129 (85,43%) hanno concluso con esito positivo, 12 (7,95%) con esito negativo e 10 (6,62%) si sono ritirati. La distribuzione complessiva mostra una prevalenza di esiti positivi, con valori di insuccesso e di ritiro limitati. 85,43% 7,95% 6,62% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del settore Servizi di vendita n. allievi Frequentanti con esito positivo 129 Frequentanti con esito negativo 12 Ritirati 10 Totale complessivo 151 88 SETTORE RISTORAZIONE (TURISTICO-ALBERGHIERO) Nel settore ristorazione (turistico-alberghiero) risultano 1.537 allievi. Di questi, 1.263 (82,17%) hanno conseguito un esito positivo, 157 (10,21%) un esito negativo e 117 (7,61%) si sono ritirati. La composizione dei dati mostra un ampio gruppo di frequentanti con esito positivo, accompagnato da percentuali moderate di ritiri e insuccessi. 82,17% 10,21% 7,61% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del settore Ristorazione (Turistico - Alberghiero) n. allievi Frequentanti con esito positivo 1263 Frequentanti con esito negativo 157 Ritirati 117 Totale complessivo 1537 89 SETTORE MISTO Nel settore dei servizi di vendita la popolazione è composta da 151 allievi. Tra questi, 129 (85,43%) hanno concluso con esito positivo, 12 (7,95%) con esito negativo e 10 (6,62%) si sono ritirati. La distribuzione complessiva mostra una prevalenza di esiti positivi, con valori di insuccesso e di ritiro limitati. 85,00% 10,00% 5,00% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del settore Misto n. allievi Frequentanti con esito positivo 17 Frequentanti con esito negativo 2 Ritirati 1 Totale complessivo 20 91 6. Monitoraggio della Tenuta Formativa su base nazionale nella Fondazione CNOS-FAP ETS distribuita per Centri di Formazione Professionale (CFP) Analizzando il dato sulla Tenuta Formativa e distribuendolo per aree geografiche e per i Centri di Formazione Professionale (CFP) del CNOSFAP emerge quanto segue: CFP n. allievi Frequentanti con esito positivo % Frequentanti con esito negativo % Ritirati % Alessandria 131 96 73,28% 10 7,63% 25 19,08% Arese 732 637 87,02% 63 8,61% 32 4,37% Bardolino 204 177 86,76% 14 6,86% 13 6,37% Bari 38 24 63,16% 0 0,00% 14 36,84% Bologna 219 185 84,47% 28 12,79% 6 2,74% Bra 350 296 84,57% 41 11,71% 13 3,71% Brescia 219 203 92,69% 16 7,31% 0 0,00% Catania Barriera 72 50 69,44% 20 27,78% 2 2,78% Cerignola 12 5 41,67% 1 8,33% 6 50,00% Chatillon 73 49 67,12% 18 24,66% 6 8,22% Este 398 366 91,96% 19 4,77% 13 3,27% Foligno 117 80 68,38% 10 8,55% 27 23,08% Forlì 185 151 81,62% 15 8,11% 19 10,27% Fossano 527 472 89,56% 24 4,55% 31 5,88% Genova Quarto 146 131 89,73% 4 2,74% 11 7,53% Genova Sampierdarena 180 144 80,00% 28 15,56% 8 4,44% L'Aquila 49 28 57,14% 1 2,04% 20 40,82% Milano 324 302 93,21% 19 5,86% 3 0,93% Napoli - Don Bosco 132 113 85,61% 10 7,58% 9 6,82% Novara 38 32 84,21% 5 13,16% 1 2,63% Ortona 34 32 94,12% 1 2,94% 1 2,94% Palermo 195 112 57,44% 66 33,85% 17 8,72% 92 CFP n. allievi Frequentanti con esito positivo % Frequentanti con esito negativo % Ritirati % Perugia 169 135 79,88% 16 9,47% 18 10,65% Roma - Borgo Ragazzi D. Bosco 300 227 75,67% 48 16,00% 25 8,33% Roma - Pio XI 266 206 77,44% 22 8,27% 38 14,29% Roma - Teresa Gerini 617 415 67,26% 128 20,75% 74 11,99% S. Lazzaro di Savena 83 66 79,52% 9 10,84% 8 9,64% Saluzzo 206 192 93,20% 10 4,85% 4 1,94% San Donà di Piave 419 381 90,93% 32 7,64% 6 1,43% San Benigno 476 417 87,61% 23 4,83% 36 7,56% Sant'Ambrogio Valpolicella 58 52 89,66% 4 6,90% 2 3,45% Sassari 7 6 85,71% 0 0,00% 1 14,29% Savigliano 221 181 81,90% 25 11,31% 15 6,79% Schio 265 227 85,66% 24 9,06% 14 5,28% Selargius 106 66 62,26% 13 12,26% 27 25,47% Serravalle Scrivia 83 70 84,34% 7 8,43% 6 7,23% Sesto San Giovanni 478 440 92,05% 35 7,32% 3 0,63% Treviglio 116 108 93,10% 8 6,90% 0 0,00% Udine 450 397 88,22% 43 9,56% 10 2,22% Valdocco 321 272 84,74% 9 2,80% 40 12,46% Vallecrosia 163 128 78,53% 21 12,88% 14 8,59% Vasto 23 13 56,52% 2 8,70% 8 34,78% Venezia Mestre 441 383 86,85% 42 9,52% 16 3,63% Vercelli 274 222 81,02% 8 2,92% 44 16,06% Verona 780 739 94,74% 33 4,23% 8 1,03% Vigliano 281 221 78,65% 42 14,95% 18 6,41% Torino Agnelli 180 163 90,56% 16 8,89% 1 0,56% Torino Rebaudengo 315 290 92,06% 15 4,76% 10 3,17% Totale complessivo 11473 9636 83,99% 1117 9,74% 720 6,28% 93 L’analisi della tenuta formativa distribuita per Centro di Formazione Professionale (CFP) del CNOS-FAP restituisce una fotografia d’insieme positiva, con livelli di successo formativo generalmente elevati, pur nella diversità dei contesti territoriali e delle tipologie di utenza. I CFP con i risultati più elevati in termini di esiti positivi (oltre il 90%) sono Verona (94,74%), Ortona (94,12%), Treviglio (93,10%), Saluzzo (93,20%), Milano (93,21%), Sesto San Giovanni (92,05%), Este (91,96%), Torino Rebaudengo (92,06%), Brescia (92,69%) e San Donà di Piave (90,93%). Queste realtà evidenziano un’elevata capacità di accompagnamento e di continuità dei percorsi, con tassi di abbandono estremamente contenuti. Viceversa, si riscontrano valori più bassi di esiti positivi in alcuni centri, in particolare Cerignola (41,67%), Vasto (56,52%), L’Aquila (57,14%), Palermo (57,44%), Selargius (62,26%) e Bari (63,16%), caratterizzati anche da quote più elevate di ritiri. In questi casi, le differenze possono essere attribuite a fattori strutturali e territoriali, come il contesto socioeconomico di riferimento, la stabilità dell’offerta formativa e le opportunità locali di prosecuzione o inserimento lavorativo. La percentuale dei ritiri, pari in media al 6,28%, mostra un’ampia variabilità: si passa da centri con valori prossimi allo zero (Brescia, Treviglio, Milano, Torino Agnelli) a situazioni con tassi sensibilmente superiori (Cerignola, Bari, Vasto, L’Aquila, Foligno). Ciò suggerisce la necessità di approfondire le cause di interruzione dei percorsi, in modo da individuare interventi mirati di prevenzione e supporto all’utenza più fragile. Per quanto riguarda i frequentanti con esito negativo, i valori più elevati si riscontrano in Palermo (33,85%), Roma Teresa Gerini (20,75%), Chatillon (24,66%) e Catania Barriera (27,78%), mentre numerosi centri presentano percentuali inferiori al 5%, come Ortona, Este, Fossano, Saluzzo, San Donà di Piave, Torino Rebaudengo e Verona. Come sempre si evidenzia, è importante sottolineare che i dati riportati rappresentano una fotografia descrittiva e non comparativa: le differenze tra CFP non devono essere interpretate come indicatori di performance in senso stretto, poiché ciascun centro opera in contesti profondamente diversi per composizione dell’utenza, condizioni socioeconomiche, offerta formativa e caratteristiche territoriali. Ogni risultato va dunque letto tenendo conto della complessità dei fattori che influenzano la partecipazione, il successo e la permanenza nei percorsi di IeFP. 95 ABRUZZO L’Aquila La popolazione del CFP dell’Aquila è composta da 49 allievi. Di questi, 28 hanno conseguito un esito positivo, pari al 57,14% del totale. 1 allievo ha riportato un esito negativo, mentre 20 allievi si sono ritirati dal percorso, corrispondenti al 40,82% del totale. Il quadro mostra quindi una prevalenza di esiti positivi, accompagnata da una quota significativa di ritiri. Ortona Nel CFP di Ortona, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 34. Tra questi, 32 studenti (94,12%) hanno conseguito un esito positivo, 1 allievo ha riportato un esito negativo e 1 allievo (2,94%) si è ritirato dal percorso formativo. Il quadro evidenzia una tenuta formativa molto elevata, con una larghissima maggioranza di esiti positivi e una quota minima di ritiri e insuccessi. 2,04% 57,14% 40,82% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di L’Aquila n. allievi Frequentanti con esito positivo 28 Frequentanti con esito negativo 1 Ritirati 20 Totale complessivo 49 96 I dati indicano una buona stabilità complessiva dei percorsi e un’efficace capacità del centro di accompagnare gli studenti fino al completamento del percorso formativo. Vasto Nel CFP di Vasto, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 46. Tra questi, 26 studenti (56,52%) hanno conseguito un esito positivo, 4 allievi (8,70%) hanno riportato un esito negativo e 16 allievi (34,78%) si sono ritirati dal percorso formativo. Il quadro evidenzia una tenuta formativa fragile, con una percentuale di ritiri piuttosto elevata che supera un terzo degli iscritti. Pur restando maggioritaria la quota di esiti positivi, il dato suggerisce la necessità di rafforzare le azioni di sostegno e di accompagnamento, in particolare nelle fasi intermedie del percorso, al fine di migliorare la continuità e favorire il completamento dei percorsi formativi. 94,12% 2,94% 2,94% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Ortona n. allievi Frequentanti con esito positivo 32 Frequentanti con esito negativo 1 Ritirati 1 Totale complessivo 34 97 56,52% 8,70% 34,78% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Vasto n. allievi Frequentanti con esito positivo 32 Frequentanti con esito negativo 1 Ritirati 1 Totale complessivo 34 99 CAMPANIA Napoli - Don Bosco Nel CFP di Napoli – Don Bosco, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 132. Di questi, 113 hanno conseguito un esito positivo, pari all’85,61% del totale; 10 allievi (7,58%) hanno riportato un esito negativo, mentre 9 allievi (6,82%) si sono ritirati durante il percorso formativo. La distribuzione complessiva mostra una prevalenza di esiti positivi e una contenuta incidenza di ritiri, delineando un quadro di tenuta formativa stabile e complessivamente equilibrato. 85,61% 7,58% 6,82% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Napoli - Don Bosco n. allievi Frequentanti con esito positivo 113 Frequentanti con esito negativo 10 Ritirati 9 Totale complessivo 132 101 EMILIA-ROMAGNA Bologna Nel CFP di Bologna, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 219. Tra questi, 185 hanno conseguito un esito positivo, pari all’84,47% del totale; 28 allievi (12,79%) hanno riportato un esito negativo e 6 allievi (2,74%) si sono ritirati. Nel complesso, emerge una prevalenza di percorsi positivi, con una quota contenuta di ritiri. Forlì Nel CFP di Forlì, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 185. Di questi, 151 hanno ottenuto un esito positivo (81,62%), 15 allievi (8,11%) hanno avuto un esito negativo, mentre 19 allievi (10,27%) si sono ritirati dal percorso formativo. La distribuzione evidenzia una discreta stabilità complessiva, con un’incidenza di ritiri leggermente superiore rispetto alla media regionale. 84,47% 12,79% 2,74% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Bologna n. allievi Frequentanti con esito positivo 185 Frequentanti con esito negativo 28 Ritirati 6 Totale complessivo 219 102 San Lazzaro di Savena Nel CFP di San Lazzaro di Savena, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 83. Di questi, 66 hanno conseguito un esito positivo, pari al 79,52% del totale; 9 allievi (10,84%) hanno riportato un esito negativo e 8 allievi (9,64%) si sono ritirati. Il quadro generale mostra una prevalenza di esiti positivi, con percentuali di ritiri e insuccessi contenute ma comunque significative. 81,62% 8,11% 10,27% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 79,52% 10,84% 9,64% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Forlì n. allievi Frequentanti con esito positivo 151 Frequentanti con esito negativo 15 Ritirati 19 Totale complessivo 185 Popolazione del CFP di San Lazzaro di Savena n. allievi Frequentanti con esito positivo 66 Frequentanti con esito negativo 9 Ritirati 8 Totale complessivo 83 103 FRIULI-VENEZIA GIULIA Udine Nel CFP di Udine, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 450. Tra questi, 397 hanno conseguito un esito positivo, pari all’88,22% del totale; 43 allievi (9,56%) hanno riportato un esito negativo, mentre 10 allievi (2,22%) si sono ritirati. La distribuzione evidenzia una netta prevalenza di percorsi positivi, con un’incidenza contenuta di insuccessi e ritiri, che complessivamente rappresentano poco più dell’11% degli allievi monitorati. 88,22% 9,56% 2,22% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Udine n. allievi Frequentanti con esito positivo 397 Frequentanti con esito negativo 43 Ritirati 10 Totale complessivo 450 105 LAZIO Roma – Borgo Ragazzi Don Bosco Nel CFP di Roma – Borgo Ragazzi Don Bosco, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 300. Tra questi, 227 hanno conseguito un esito positivo, pari al 75,67% del totale; 48 allievi (16,00%) hanno riportato un esito negativo, mentre 25 allievi (8,33%) si sono ritirati. Nel complesso, la distribuzione evidenzia una prevalenza di esiti positivi, accompagnata da una presenza non trascurabile di esiti negativi e di ritiri. Roma – Pio XI Nel CFP di Roma – Pio XI, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 266. Di questi, 206 hanno conseguito un esito positivo (77,44%), 22 allievi (8,27%) hanno riportato un esito negativo e 38 allievi (14,29%) si sono ritirati. La distribuzione mostra un tasso di successo formativo prevalente, affiancato da una quota di ritiri più consistente rispetto alla media complessiva della regione. 75,67% 16,00% 8,33% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Roma - Borgo Ragazzi Don Bosco n. allievi Frequentanti con esito positivo 227 Frequentanti con esito negativo 48 Ritirati 25 Totale complessivo 300 106 Roma – Teresa Gerini Nel CFP di Roma – Teresa Gerini, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 617. Tra questi, 415 hanno conseguito un esito positivo, pari al 67,26% del totale; 128 allievi (20,75%) hanno riportato un esito negativo, mentre 74 allievi (11,99%) si sono ritirati. La distribuzione evidenzia una prevalenza di percorsi positivi, accompagnata da una quota significativa di esiti negativi e di ritiri, che insieme rappresentano oltre il 30% degli allievi monitorati. 77,44% 8,27% 14,29% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 67,26% 20,75% 11,99% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Roma - Pio XI n. allievi Frequentanti con esito positivo 206 Frequentanti con esito negativo 22 Ritirati 38 Totale complessivo 266 Popolazione del CFP di Roma - Teresa Gerini n. allievi Frequentanti con esito positivo 415 Frequentanti con esito negativo 128 Ritirati 74 Totale complessivo 617 107 LIGURIA Genova – Quarto Nel CFP di Genova – Quarto, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 146. Tra questi, 131 hanno conseguito un esito positivo, pari all’89,73% del totale; 4 allievi (2,74%) hanno riportato un esito negativo, mentre 11 allievi (7,53%) si sono ritirati. La distribuzione evidenzia una prevalenza molto alta di esiti positivi, con percentuali di insuccessi e ritiri contenute. Genova – Sampierdarena Nel CFP di Genova – Sampierdarena, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 180. Di questi, 144 hanno conseguito un esito positivo (80,00%), 28 allievi (15,56%) hanno riportato un esito negativo, mentre 8 allievi (4,44%) si sono ritirati. Nel complesso, la distribuzione mostra una chiara prevalenza di percorsi formativi conclusi positivamente, con una quota di esiti negativi superiore rispetto a quella dei ritiri. 89,73% 2,74% 7,53% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Genova - Quarto n. allievi Frequentanti con esito positivo 131 Frequentanti con esito negativo 4 Ritirati 11 Totale complessivo 146 108 Vallecrosia Nel CFP di Vallecrosia, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 163. Tra questi, 128 hanno conseguito un esito positivo, pari al 78,53% del totale; 21 allievi (12,88%) hanno riportato un esito negativo, mentre 14 allievi (8,59%) si sono ritirati. La distribuzione mostra una prevalenza di percorsi positivi, accompagnata da una quota più contenuta di insuccessi e di ritiri. 80,00% 15,56% 4,44% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 78,53% 12,88% 8,59% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Genova - Sampierdarena n. allievi Frequentanti con esito positivo 144 Frequentanti con esito negativo 28 Ritirati 8 Totale complessivo 180 Popolazione del CFP di Vallecrosia n. allievi Frequentanti con esito positivo 128 Frequentanti con esito negativo 21 Ritirati 14 Totale complessivo 163 109 LOMBARDIA Arese Nel CFP di Arese, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 732. Tra questi, 637 hanno conseguito un esito positivo, pari all’87,02% del totale; 63 allievi (8,61%) hanno riportato un esito negativo, mentre 32 allievi (4,37%) si sono ritirati. La distribuzione evidenzia una netta prevalenza di esiti positivi e un numero ridotto di ritiri. Brescia Nel CFP di Brescia, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 219. Di questi, 203 hanno conseguito un esito positivo (92,69%), 16 allievi (7,31%) hanno riportato un esito negativo, mentre non si registrano ritiri (0,00%). Il quadro complessivo mostra un tasso di successo particolarmente elevato e un’assenza totale di abbandoni. 87,02% 8,61% 4,37% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Arese n. allievi Frequentanti con esito positivo 637 Frequentanti con esito negativo 63 Ritirati 32 Totale complessivo 732 110 Milano Nel CFP di Milano, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 324. Tra questi, 302 hanno conseguito un esito positivo, pari al 93,21%; 19 allievi (5,86%) hanno riportato un esito negativo, mentre 3 allievi (0,93%) si sono ritirati. La distribuzione presenta una prevalenza marcata di percorsi conclusi positivamente e una quota molto contenuta di ritiri. 92,69% 7,31% 0,00% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 93,21% 5,86% 0,93% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Brescia n. allievi Frequentanti con esito positivo 203 Frequentanti con esito negativo 16 Ritirati 0 Totale complessivo 219 Popolazione del CFP di Milano n. allievi Frequentanti con esito positivo 302 Frequentanti con esito negativo 19 Ritirati 3 Totale complessivo 324 111 Sesto San Giovanni Nel CFP di Sesto San Giovanni, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 478. Di questi, 440 hanno conseguito un esito positivo (92,05%), 35 allievi (7,32%) hanno riportato un esito negativo, mentre 3 allievi (0,63%) si sono ritirati. I dati mostrano una tenuta formativa complessivamente elevata, con percentuali di insuccesso e di abbandono marginali. Treviglio Nel CFP di Treviglio, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 116. Tra questi, 108 hanno conseguito un esito positivo, pari al 93,10% del totale; 8 allievi (6,90%) hanno riportato un esito negativo, mentre non si registrano ritiri (0,00%). La distribuzione conferma una tendenza fortemente positiva, con un livello di continuità formativa stabile e privo di abbandoni. 92,05% 7,32% 0,63% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Sesto San Giovanni n. allievi Frequentanti con esito positivo 440 Frequentanti con esito negativo 35 Ritirati 3 Totale complessivo 478 112 93,10% 6,90% 0,00% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Treviglio n. allievi Frequentanti con esito positivo 108 Frequentanti con esito negativo 8 Ritirati 0 Totale complessivo 116 113 PIEMONTE Alessandria Nel CFP di Alessandria, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 131. Tra questi, 96 hanno conseguito un esito positivo (73,28%), 10 allievi (7,63%) hanno riportato un esito negativo, mentre 25 allievi (19,08%) si sono ritirati. Il quadro evidenzia una prevalenza di percorsi conclusi positivamente, affiancata da una quota consistente di ritiri. Bra Nel CFP di Bra, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 350. Di questi, 296 hanno conseguito un esito positivo, pari all’84,57% del totale; 41 allievi (11,71%) hanno riportato un esito negativo e 13 allievi (3,71%) si sono ritirati. La distribuzione mostra una forte componente di esiti positivi e un numero ridotto di abbandoni. 73,28% 7,63% 19,08% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Alessandria n. allievi Frequentanti con esito positivo 96 Frequentanti con esito negativo 10 Ritirati 25 Totale complessivo 131 114 Fossano Nel CFP di Fossano, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 527. Tra questi, 472 hanno conseguito un esito positivo (89,56%), 24 allievi (4,55%) hanno riportato un esito negativo, mentre 31 allievi (5,88%) si sono ritirati. La distribuzione evidenzia un livello di successo formativo elevato e una percentuale di ritiri contenuta. 84,57% 11,71% 3,71% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 89,56% 4,55% 5,88% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Bra n. allievi Frequentanti con esito positivo 296 Frequentanti con esito negativo 41 Ritirati 13 Totale complessivo 350 Popolazione del CFP di Fossano n. allievi Frequentanti con esito positivo 472 Frequentanti con esito negativo 24 Ritirati 31 Totale complessivo 527 115 Novara Nel CFP di Novara, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 38. Di questi, 32 hanno conseguito un esito positivo, pari all’84,21% del totale; 5 allievi (13,16%) hanno riportato un esito negativo e 1 allievo (2,63%) si è ritirato. Nel complesso, i risultati mostrano una prevalenza di esiti positivi con un’incidenza marginale di abbandoni. Saluzzo Nel CFP di Saluzzo, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 206. Tra questi, 192 hanno conseguito un esito positivo (93,20%), 10 allievi (4,85%) hanno riportato un esito negativo, mentre 4 allievi (1,94%) si sono ritirati. La distribuzione segnala una percentuale molto elevata di esiti positivi e un tasso di abbandono minimo. 84,21% 13,16% 2,63% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP Novara n. allievi Frequentanti con esito positivo 32 Frequentanti con esito negativo 5 Ritirati 1 Totale complessivo 38 116 San Benigno Canavese Nel CFP di San Benigno Canavese, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 476. Di questi, 417 hanno conseguito un esito positivo, pari all’87,61% del totale; 23 allievi (4,83%) hanno riportato un esito negativo, mentre 36 allievi (7,56%) si sono ritirati. La distribuzione mostra una tenuta formativa stabile, con percentuali di abbandono moderate. 93,20% 4,85% 1,94% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 87,61% 4,83% 7,56% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Saluzzo n. allievi Frequentanti con esito positivo 192 Frequentanti con esito negativo 10 Ritirati 4 Totale complessivo 206 Popolazione del CFP di San Benigno Canavese n. allievi Frequentanti con esito positivo 417 Frequentanti con esito negativo 23 Ritirati 36 Totale complessivo 476 117 Savigliano Nel CFP di Savigliano, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 221. Tra questi, 181 hanno conseguito un esito positivo (81,90%), 25 allievi (11,31%) hanno riportato un esito negativo, mentre 15 allievi (6,79%) si sono ritirati. Il quadro evidenzia una prevalenza di percorsi positivi, affiancata da una quota equilibrata di esiti negativi e di ritiri. Serravalle Scrivia Nel CFP di Serravalle Scrivia, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 83. Di questi, 70 hanno conseguito un esito positivo, pari all’84,34%; 7 allievi (8,43%) hanno riportato un esito negativo, mentre 6 allievi (7,23%) si sono ritirati. La distribuzione mostra un quadro di stabilità formativa, con una prevalenza di risultati positivi. 81,90% 11,31% 6,79% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Savigliano n. allievi Frequentanti con esito positivo 181 Frequentanti con esito negativo 25 Ritirati 15 Totale complessivo 221 118 Torino – Agnelli Nel CFP di Torino – Agnelli, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 180. Tra questi, 163 hanno conseguito un esito positivo (90,56%), 16 allievi (8,89%) hanno riportato un esito negativo, mentre 1 allievo si è ritirato. La distribuzione mostra un’elevata percentuale di esiti positivi e un numero trascurabile di abbandoni. 84,34% 8,43% 7,23% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 90,56% 8,89% 0,56% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Serravalle Scrivia n. allievi Frequentanti con esito positivo 70 Frequentanti con esito negativo 7 Ritirati 6 Totale complessivo 83 Popolazione del CFP di Torino - Agnelli n. allievi Frequentanti con esito positivo 163 Frequentanti con esito negativo 16 Ritirati 1 Totale complessivo 180 119 Torino – Rebaudengo Nel CFP di Torino – Rebaudengo, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 315. Di questi, 290 hanno conseguito un esito positivo, pari al 92,06% del totale; 15 allievi (4,76%) hanno riportato un esito negativo, mentre 10 allievi (3,17%) si sono ritirati. La distribuzione evidenzia una tenuta formativa molto alta, con incidenze ridotte di insuccessi e abbandoni. Torino – Valdocco Nel CFP di Valdocco, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 321. Tra questi, 272 hanno conseguito un esito positivo (84,74%), 9 allievi (2,80%) hanno riportato un esito negativo, mentre 40 allievi (12,46%) si sono ritirati. La distribuzione evidenzia una prevalenza di esiti positivi, accompagnata da una quota di ritiri superiore rispetto alla media regionale. 92,06% 4,76% 3,17% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Torino - Rebaudengo n. allievi Frequentanti con esito positivo 290 Frequentanti con esito negativo 15 Ritirati 10 Totale complessivo 315 120 Vercelli Nel CFP di Vercelli, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 274. Tra questi, 222 hanno conseguito un esito positivo, pari all’81,02% del totale; 8 allievi (2,92%) hanno riportato un esito negativo, mentre 44 allievi (16,06%) si sono ritirati. La distribuzione mostra una prevalenza di esiti positivi, ma anche una quota di ritiri superiore rispetto alla media regionale, indicando una maggiore incidenza di interruzioni del percorso formativo. 84,74% 2,80% 12,46% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 81,02% 2,92% 16,06% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Torino - Valdocco n. allievi Frequentanti con esito positivo 272 Frequentanti con esito negativo 9 Ritirati 40 Totale complessivo 321 Popolazione del CFP di Vercelli n. allievi Frequentanti con esito positivo 222 Frequentanti con esito negativo 8 Ritirati 44 Totale complessivo 274 121 Vigliano Biellese Nel CFP di Vigliano, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 281. Di questi, 221 hanno conseguito un esito positivo, pari al 78,65% del totale; 42 allievi (14,95%) hanno riportato un esito negativo, mentre 18 allievi (6,41%) si sono ritirati. La distribuzione mostra una prevalenza di esiti positivi, accompagnata da una quota più marcata di insuccessi rispetto ad altri CFP piemontesi. 78,65% 14,95% 6,41% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Vigliano Biellese n. allievi Frequentanti con esito positivo 221 Frequentanti con esito negativo 42 Ritirati 18 Totale complessivo 281 123 PUGLIA Bari Nel CFP di Bari, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 38. Tra questi, 24 hanno conseguito un esito positivo, pari al 63,16% del totale; nessun allievo (0,00%) ha riportato un esito negativo, mentre 14 allievi (36,84%) si sono ritirati. La distribuzione evidenzia una maggioranza di percorsi conclusi positivamente, accompagnata da una quota rilevante di ritiri rispetto al numero complessivo di allievi. Cerignola Nel CFP di Cerignola, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 12. Di questi, 5 hanno conseguito un esito positivo (41,67%), 1 allievo (8,33%) ha riportato un esito negativo, mentre 6 allievi (50,00%) si sono ritirati. La distribuzione mostra una prevalenza di ritiri rispetto agli esiti positivi, in un contesto numericamente molto contenuto. 63,16% 36,84% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Bari n. allievi Frequentanti con esito positivo 24 Frequentanti con esito negativo 0 Ritirati 14 Totale complessivo 38 124 41,67% 8,33% 50,00% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Cerignola n. allievi Frequentanti con esito positivo 5 Frequentanti con esito negativo 1 Ritirati 6 Totale complessivo 12 125 SARDEGNA Sassari Nel CFP di Sassari, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 7. Di questi, 6 hanno conseguito un esito positivo, pari all’85,71%; nessun allievo ha riportato un esito negativo, mentre 1 allievo (14,29%) si è ritirato. La distribuzione evidenzia un numero ridotto di partecipanti, con una prevalenza di esiti positivi e una presenza limitata di abbandoni. Selargius Nel CFP di Selargius, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 106. Tra questi, 66 hanno conseguito un esito positivo, pari al 62,26% del totale; 13 allievi (12,26%) hanno riportato un esito negativo, mentre 27 allievi (25,47%) si sono ritirati. La distribuzione mostra una prevalenza di percorsi positivi, ma con una quota significativa di ritiri che incide sulla continuità formativa complessiva. 85,71% 0,00% 14,29% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Sassari n. allievi Frequentanti con esito positivo 6 Frequentanti con esito negativo 0 Ritirati 1 Totale complessivo 7 126 62,26% 12,26% 25,47% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Selargius n. allievi Frequentanti con esito positivo 66 Frequentanti con esito negativo 13 Ritirati 27 Totale complessivo 106 127 SICILIA Catania Nel CFP di Catania – Barriera, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 72. Tra questi, 50 hanno conseguito un esito positivo, pari al 69,44% del totale; 20 allievi (27,78%) hanno riportato un esito negativo, mentre 2 allievi si sono ritirati. La distribuzione mostra una prevalenza di esiti positivi, ma anche una quota rilevante di esiti negativi rispetto al numero complessivo di frequentanti. Palermo Nel CFP di Palermo, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 195. Di questi, 112 hanno conseguito un esito positivo, pari al 57,44%; 66 allievi (33,85%) hanno riportato un esito negativo, mentre 17 allievi (8,72%) si sono ritirati. La distribuzione evidenzia un equilibrio più marcato tra esiti positivi e negativi, con una quota significativa di allievi che non ha conseguito un risultato favorevole. 69,44% 27,78% 2,78% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Catania n. allievi Frequentanti con esito positivo 50 Frequentanti con esito negativo 20 Ritirati 2 Totale complessivo 72 128 57,44% 33,85% 8,72% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Palermo n. allievi Frequentanti con esito positivo 112 Frequentanti con esito negativo 66 Ritirati 17 Totale complessivo 195 129 UMBRIA Foligno Nel CFP di Foligno, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 117. Tra questi, 80 hanno conseguito un esito positivo, pari al 68,38% del totale; 10 allievi (8,55%) hanno riportato un esito negativo, mentre 27 allievi (23,08%) si sono ritirati. La distribuzione mostra una prevalenza di esiti positivi, ma anche una quota consistente di ritiri che rappresenta quasi un quarto degli allievi monitorati. Perugia Nel CFP di Perugia, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 169. Di questi, 135 hanno conseguito un esito positivo, pari al 79,88% del totale; 16 allievi (9,47%) hanno riportato un esito negativo, mentre 18 allievi (10,65%) si sono ritirati. La distribuzione evidenzia una prevalenza di percorsi positivi, con percentuali di insuccessi e abbandoni più contenute rispetto al centro di Foligno. 68,38% 8,55% 23,08% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Foligno n. allievi Frequentanti con esito positivo 80 Frequentanti con esito negativo 10 Ritirati 27 Totale complessivo 117 130 79,88% 9,47% 10,65% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Perugia n. allievi Frequentanti con esito positivo 135 Frequentanti con esito negativo 16 Ritirati 18 Totale complessivo 169 131 VALLE D’AOSTA Châtillon Nel CFP di Châtillon, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 73. Tra questi, 49 hanno conseguito un esito positivo, pari al 67,12% del totale; 18 allievi (24,66%) hanno riportato un esito negativo, mentre 6 allievi (8,22%) si sono ritirati. La distribuzione evidenzia una prevalenza di percorsi positivi, affiancata da una quota significativa di esiti negativi, in un contesto numericamente contenuto. 67,12% 24,66% 8,22% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Châtillon n. allievi Frequentanti con esito positivo 49 Frequentanti con esito negativo 18 Ritirati 6 Totale complessivo 73 133 VENETO Bardolino Nel CFP di Bardolino, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 204. Tra questi, 177 hanno conseguito un esito positivo, pari all’86,76% del totale; 14 allievi (6,86%) hanno riportato un esito negativo, mentre 13 allievi (6,37%) si sono ritirati. La distribuzione mostra una netta prevalenza di percorsi formativi positivi e una presenza contenuta di ritiri e insuccessi. Este Nel CFP di Este, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 398. Di questi, 366 hanno conseguito un esito positivo, pari al 91,96%; 19 allievi (4,77%) hanno riportato un esito negativo, mentre 13 allievi (3,27%) si sono ritirati. La distribuzione evidenzia un tasso di successo formativo molto elevato e una quota minima di abbandoni. 86,76% 6,86% 6,37% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Bardolino n. allievi Frequentanti con esito positivo 177 Frequentanti con esito negativo 14 Ritirati 13 Totale complessivo 204 134 San Donà di Piave Nel CFP di San Donà di Piave, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 419. Tra questi, 381 hanno conseguito un esito positivo (90,93%), 32 allievi (7,64%) hanno riportato un esito negativo, mentre 6 allievi (1,43%) si sono ritirati. Il quadro mostra un’elevata continuità formativa, con una percentuale molto contenuta di ritiri. 91,96% 4,77% 3,27% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 90,93% 7,64% 1,43% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Este n. allievi Frequentanti con esito positivo 366 Frequentanti con esito negativo 19 Ritirati 13 Totale complessivo 398 Popolazione del CFP di San Donà di Piave n. allievi Frequentanti con esito positivo 381 Frequentanti con esito negativo 32 Ritirati 6 Totale complessivo 419 135 Sant’Ambrogio Valpolicella Nel CFP di Sant’Ambrogio Valpolicella, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 58. Tra questi, 52 hanno conseguito un esito positivo, pari all’89,66% del totale; 4 allievi (6,90%) hanno riportato un esito negativo, mentre 2 allievi (3,45%) si sono ritirati. La distribuzione mostra una prevalenza molto marcata di esiti positivi, con percentuali di insuccesso e di abbandono contenute. Schio Nel CFP di Schio, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 265. Di questi, 227 hanno conseguito un esito positivo, pari all’85,66% del totale; 24 allievi (9,06%) hanno riportato un esito negativo, mentre 14 allievi (5,28%) si sono ritirati. La distribuzione mostra una chiara prevalenza di esiti positivi e una quota moderata di abbandoni. 89,66% 6,90% 3,45% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Sant’Ambrogio Valpolicella n. allievi Frequentanti con esito positivo 52 Frequentanti con esito negativo 4 Ritirati 2 Totale complessivo 58 136 Venezia – Mestre Nel CFP di Venezia Mestre, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 441. Tra questi, 383 hanno conseguito un esito positivo, pari all’86,85% del totale; 42 allievi (9,52%) hanno riportato un esito negativo, mentre 16 allievi (3,63%) si sono ritirati. La distribuzione evidenzia un equilibrio tra una tenuta formativa stabile e percentuali di abbandono limitate. 9,06% 85,66% 5,28% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato 86,85% 9,52% 3,63% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Schio n. allievi Frequentanti con esito positivo 227 Frequentanti con esito negativo 24 Ritirati 14 Totale complessivo 265 Popolazione del CFP di Venezia - Mestre n. allievi Frequentanti con esito positivo 383 Frequentanti con esito negativo 42 Ritirati 16 Totale complessivo 441 137 Verona Nel CFP di Verona, il numero complessivo di allievi monitorati è pari a 441. Tra questi, 383 hanno conseguito un esito positivo, pari all’86,85% del totale; 42 allievi (9,52%) hanno riportato un esito negativo, mentre 16 allievi (3,63%) si sono ritirati. La distribuzione evidenzia un equilibrio tra una tenuta formativa stabile e percentuali di abbandono limitate. 94,74% 4,23% 1,03% Frequentanti con esito positivo Frequentanti con esito negativo Ritirato Popolazione del CFP di Verona n. allievi Frequentanti con esito positivo 739 Frequentanti con esito negativo 33 Ritirati 8 Totale complessivo 780 138 Scelte dopo il Ritiro L’analisi delle scelte effettuate dagli allievi dopo il ritiro nel terzo anno formativo consente di delineare alcune tendenze significative rispetto alle traiettorie successive all’interruzione del percorso di IeFP. Su un totale di 723 ritiri complessivi, oltre la metà degli studenti (53,94%) risulta dispersa, ovvero non più inserita in un percorso formativo o lavorativo al momento della rilevazione. Questa quota rappresenta l’esito prevalente tra coloro che interrompono la frequenza e segnala come, nella fase terminale del percorso, l’abbandono possa tradursi più frequentemente in un allontanamento dal sistema educativo o occupazionale. Una parte degli allievi, pari al 17,98%, ha invece scelto di entrare nel mondo del lavoro dopo il ritiro. Si tratta di una componente non trascurabile, che può includere sia giovani intenzionati a valorizzare le competenze acquisite nel corso della formazione professionale, sia studenti che trovano nel lavoro un’alternativa concreta alla prosecuzione degli studi. Un ulteriore 14,38% risulta rientrato nel sistema scolastico tradizionale, evidenziando la persistenza di percorsi di riorientamento anche nelle fasi più avanzate del ciclo formativo. Il rientro a scuola suggerisce che, per una parte dei giovani, l’esperienza nei CFP rappresenti una tappa di passaggio utile per maturare una decisione più consapevole riguardo al proprio percorso di istruzione. Il 10,51% degli studenti ritirati ha deciso di frequentare un altro CFP, confermando l’esistenza di un movimento interno al sistema della formazione professionale, in cui il cambiamento di ente o di indirizzo costituisce una strategia di riallineamento più che un abbandono definitivo. Infine, la quota dei NEET – giovani non inseriti né in percorsi formativi né lavorativi – è pari al 3,18%, un valore contenuto che segnala la capacità del sistema formativo di mantenere un legame con la maggior parte degli allievi anche dopo l’interruzione del percorso. Scelta dopo il ritiro Ritiro in avvio Ritiro durante l’anno Totale Percentuale totale Disperso 305 85 390 53,94% Frequenta altro CFP 76 0 76 10,51% Lavora 129 1 130 17,98% Neet 22 1 23 3,18% Rientrato a scuola 103 1 104 14,38% Totale 635 88 723 100,00% 139 53,94% 10,51% 17,98% 3,18% 14,38% Disperso Frequenta altro CFP Lavora Neet Rientrato a scuola 141 7. Le scelte dopo il ritiro durante l’anno formativo L’analisi delle scelte successive al ritiro durante l’anno formativo nel terzo anno della IeFP consente di delineare un quadro articolato, che riflette la varietà dei contesti regionali e la diversa configurazione delle opportunità di prosecuzione disponibili per i giovani dopo l’interruzione del percorso. Nel complesso, i dati mostrano come la condizione di dispersione rappresenti l’esito più frequente nella maggior parte delle regioni, pur con incidenze variabili. Tale fenomeno risulta particolarmente evidente in territori caratterizzati da una maggiore numerosità di iscritti, come Lazio (97 casi), Piemonte (109), Emilia-Romagna (22) e Umbria (43). In queste aree, il numero più elevato di allievi non più inseriti in percorsi formativi o lavorativi può essere messo in relazione sia con la dimensione complessiva della popolazione formativa, sia con la diversa articolazione dei sistemi territoriali di istruzione e formazione. Accanto alla dispersione, emerge la presenza di una quota significativa di studenti che, dopo il ritiro, hanno scelto di inserirsi nel mondo del lavoro. Tale opzione risulta più frequente in alcune regioni del Nord, in particolare Piemonte (75 allievi), ma anche in Veneto (11), EmiliaRomagna (5) e Liguria (5). Si tratta di dati che, pur in termini puramente quantitativi, evidenziano l’esistenza di percorsi di uscita verso l’occupazione, spesso collegati alla disponibilità di reti produttive locali e alla presenza di settori che offrono opportunità di inserimento precoce. Le scelte di prosecuzione formativa, che comprendono sia il trasferimento presso un altro CFP sia il rientro nel sistema scolastico, mostrano una diffusione più contenuta ma comunque significativa. Gli allievi che si sono iscritti ad altri CFP risultano più numerosi in Piemonte (33 casi), seguito da Lazio (13) e Lombardia (9), indicando una certa mobilità interna al sistema della formazione professionale, che consente ad alcuni giovani di riorientarsi senza uscire completamente dal percorso di IeFP. In modo analogo, il rientro nel sistema scolastico riguarda una parte rilevante dei ritirati, con una maggiore concentrazione in Piemonte (26 casi), Lazio (19), Veneto (16) e Liguria (10). Questi valori suggeriscono la presenza di canali di collegamento attivi tra scuola e formazione professionale, che agevolano i passaggi tra i due sottosistemi. La componente dei NEET – giovani non inseriti né in percorsi formativi né in attività lavorative – rimane nel complesso contenuta, con valori numerici ridotti nella maggior parte delle regioni (prevalentemente tra 0 e 3 casi), ad eccezione del Veneto (11) e dell’Emilia-Romagna (1). Nel loro insieme, i dati relativi alle scelte post-ritiro descrivono una pluralità di esiti che riflette la complessità dei percorsi individuali e l’influenza dei fattori territoriali e organizzativi. Pur non assumendo valore comparativo, la distribuzione osservata consente di riconoscere la 142 presenza simultanea di tre tendenze principali: la permanenza di una quota consistente di dispersione, l’emergere di percorsi di inserimento lavorativo e la continuità formativa attraverso il riorientamento. In chiave pedagogica, tali elementi richiamano l’importanza di strategie di accompagnamento personalizzato e di orientamento continuo, in grado di sostenere gli studenti nei momenti di transizione e di prevenire l’interruzione definitiva dei percorsi di apprendimento. Frequenta altro CFP Rientrato a scuola Lavora Neet Disperso ABRUZZO 0 4 1 3 21 CAMPANIA 0 4 2 0 3 EMILIAROMAGNA 1 4 5 1 22 FRIULI-VENEZIA GIULIA 0 8 2 0 0 LAZIO 13 19 6 2 97 LIGURIA 0 10 5 3 15 LOMBARDIA 9 8 6 0 15 PIEMONTE 33 26 75 1 109 PUGLIA 2 0 8 1 9 SARDEGNA 7 2 2 0 17 SICILIA 5 1 3 1 9 UMBRIA 2 0 0 0 43 VALLE D’AOSTA 0 2 4 0 0 VENETO 4 16 11 11 30 Si riportano nelle successive tabelle i dati puntuali dei percorsi successivi al ritiro durante il percorso, espressi in valori assoluti e percentuali. Per ciascuna Regione sono riportati i dati relativi a tutti i percorsi successivi al ritiro tenuti in considerazione: “Frequenta altro CFP”; “Rientro a scuola”; “Lavora”; “Neet”; “Disperso”. 143 ABRUZZO CAMPANIA 0,00% 13,79% 3,45% 10,34% 72,41% Frequenta altro CFP Rientrato a scuola Lavora Neet Disperso 0,00% 44,44% 22,22% 0,00% 33,33% Frequenta altro CFP Rientrato a scuola Lavora Neet Disperso Scelte dopo il ritiro durante l’anno V.a. Frequenta altro CFP 0 Rientrato a scuola 4 Lavora 1 Neet 3 Disperso 21 Totale 29 Scelte dopo il ritiro durante l’anno V.a. Frequenta altro CFP 0 Rientrato a scuola 4 Lavora 2 Neet 0 Disperso 3 Totale 9 144 EMILIA-ROMAGNA FRIULI VENEZIA GIULIA 3,03% 12,12% 15,15% 3,03% 66,67% Frequenta altro CFP Rientrato a scuola Lavora Neet Disperso 0,00% 80,00% 20,00% 0,00% 0,00% Frequenta altro CFP Rientrato a scuola Lavora Neet Disperso Scelte dopo il ritiro durante l’anno V.a. Frequenta altro CFP 1 Rientrato a scuola 4 Lavora 5 Neet 1 Disperso 22 Totale 33 Scelte dopo il ritiro durante l’anno V.a. Frequenta altro CFP 0 Rientrato a scuola 8 Lavora 2 Neet 0 Disperso 0 Totale 10 145 LAZIO LIGURIA 9,49% 13,87% 4,38% 1,46% 70,80% Frequenta altro CFP Rientrato a scuola Lavora Neet Disperso 0,00% 30,30% 15,15% 9,09% 45,45% Frequenta altro CFP Rientrato a scuola Lavora Neet Disperso Scelte dopo il ritiro durante l’anno V.a. Frequenta altro CFP 13 Rientrato a scuola 19 Lavora 6 Neet 2 Disperso 97 Totale 137 Scelte dopo il ritiro durante l’anno V.a. Frequenta altro CFP 0 Rientrato a scuola 10 Lavora 5 Neet 3 Disperso 15 Totale 33 146 LOMBARDIA PIEMONTE 23,68% 21,05% 15,79% 0,00% 39,47% Frequenta altro CFP Rientrato a scuola Lavora Neet Disperso 13,52% 10,66% 30,74% 0,41% 44,67% Frequenta altro CFP Rientrato a scuola Lavora Neet Disperso Scelte dopo il ritiro durante l’anno V.a. Frequenta altro CFP 9 Rientrato a scuola 8 Lavora 6 Neet 0 Disperso 15 Totale 38 Scelte dopo il ritiro durante l’anno V.a. Frequenta altro CFP 33 Rientrato a scuola 26 Lavora 75 Neet 1 Disperso 109 Totale 244 147 PUGLIA SARDEGNA 10,00% 0,00% 40,00% 5,00% 45,00% Frequenta altro CFP Rientrato a scuola Lavora Neet Disperso 25,00% 7,14% 7,14% 0,00% 60,71% Frequenta altro CFP Rientrato a scuola Lavora Neet Disperso Scelte dopo il ritiro durante l’anno V.a. Frequenta altro CFP 2 Rientrato a scuola 0 Lavora 8 Neet 1 Disperso 9 Totale 20 Scelte dopo il ritiro durante l’anno V.a. Frequenta altro CFP 7 Rientrato a scuola 2 Lavora 2 Neet 0 Disperso 17 Totale 28 148 SICILIA UMBRIA 26,32% 5,26% 15,79% 5,26% 47,37% Frequenta altro CFP Rientrato a scuola Lavora Neet Disperso 4,44% 0,00% 0,00% 0,00% 95,56% Frequenta altro CFP Rientrato a scuola Lavora Neet Disperso Scelte dopo il ritiro durante l’anno V.a. Frequenta altro CFP 5 Rientrato a scuola 1 Lavora 3 Neet 1 Disperso 9 Totale 19 Scelte dopo il ritiro durante l’anno V.a. Frequenta altro CFP 2 Rientrato a scuola 0 Lavora 0 Neet 0 Disperso 43 Totale 45 149 VALLE D’AOSTA VENETO 0,00% 33,33% 66,67% 0,00% Frequenta altro CFP Rientrato a scuola Lavora Neet Disperso 5,56% 22,22% 15,28% 15,28% 41,67% Frequenta altro CFP Rientrato a scuola Lavora Neet Disperso Scelte dopo il ritiro durante l’anno V.a. Frequenta altro CFP 0 Rientrato a scuola 2 Lavora 4 Neet 0 Disperso 0 Totale 6 Scelte dopo il ritiro durante l’anno V.a. Frequenta altro CFP 4 Rientrato a scuola 16 Lavora 11 Neet 11 Disperso 30 Totale 72 151 8. Conclusioni L’analisi dei dati raccolti in questo terzo monitoraggio nazionale sulla tenuta formativa del CNOS-FAP restituisce un quadro complessivo stabile, coerente e pedagogicamente significativo. La fotografia d’insieme conferma come il sistema di formazione professionale salesiano continui a garantire alti livelli di partecipazione e successo formativo, con una percentuale di frequentanti con esito positivo pari all’84,6%, una quota di frequentanti con esito negativo del 9,1% e un 6,3% di allievi ritirati. È importante sottolineare che le categorie degli “esiti negativi” e dei “ritirati” non coincidono necessariamente con la dispersione formativa: in molti casi si tratta di percorsi interrotti o riorientati, spesso accompagnati da interventi educativi o da transiti verso altre esperienze formative e lavorative. Queste cifre, sostanzialmente costanti rispetto ai due monitoraggi precedenti2, dimostrano una tenuta consolidata e la capacità del sistema di mantenere un legame formativo stabile anche nei contesti più complessi, confermando la solidità e la coerenza dell’impianto pedagogico del modello salesiano. Tali risultati evidenziano non solo l’efficacia del modello formativo, ma anche la sua continuità istituzionale e pedagogica: la capacità, cioè, di assicurare coesione educativa e stabilità di percorso in un quadro sociale caratterizzato da crescente instabilità, mobilità e frammentazione. La Fondazione CNOS-FAP, così, si conferma come una realtà formativa solida e coesa, capace di coniugare una comune identità educativa con l’attenzione alle specificità dei diversi contesti locali. Il dato di tenuta complessiva si configura così non solo come espressione di un sistema efficiente, ma come indicatore della qualità relazionale dei processi formativi: dietro ogni percentuale si riflette il lavoro quotidiano di formatori, tutor, direttori e comunità educanti impegnati a sostenere la crescita integrale dei giovani. In questo senso, la tenuta formativa non è una semplice misura quantitativa, ma un indicatore di fiducia: misura quanto i giovani riescano a sentirsi parte di un percorso, di una comunità e di un progetto educativo in grado di dare senso alla loro esperienza di apprendimento e di vita. La lettura dei dati disaggregati per annualità conferma la dinamica già osservata nei precedenti monitoraggi: il primo anno rimane la fase più esposta alla dispersione, mentre i tassi di tenuta aumentano progressivamente con l’avanzare del percorso. Con un 78,8% di esiti positivi, il primo anno rappresenta il momento di prova più intenso per gli allievi, in cui le fragilità personali, motivazionali 2 M. VECCHIARELLI (a cura di), Dossier: Il primo monitoraggio della Tenuta Formativa nella Federazione CNOSFAP (a.f. 2022-2023), 2023; M. VECCHIARELLI (a cura di), Dossier: Il secondo monitoraggio della Tenuta Formativa nella Fondazione CNOS-FAP ETS I.S. (a.f. 2023-2024), 2024. 152 e relazionali possono emergere con maggiore frequenza. I ritiri (8,6%) e gli esiti negativi (12,6%) sono qui da leggere non come fallimenti, ma come indicatori di criticità che richiedono interventi tempestivi di accompagnamento, orientamento e riorientamento. Il secondo anno mostra un miglioramento significativo, con l’86,7% di esiti positivi e un calo sensibile dei ritiri (5,6%). È l’anno in cui si consolida l’identità formativa del gruppo classe e si rafforza la motivazione all’apprendimento. Il terzo anno - momento cruciale per l’accesso alla qualifica professionale - raggiunge livelli di successo ancora più alti (89,5% di esiti positivi), confermando la capacità del sistema di accompagnare la maggior parte degli allievi fino al completamento del ciclo triennale. Infine, il quarto anno, dedicato ai percorsi di diploma professionale, si mantiene su livelli elevati (86,0% di esiti positivi), con tassi di abbandono contenuti (6,5%), dimostrando come la formazione post-qualifica rappresenti una scelta di consolidamento più che di selezione. Nel complesso, la progressione per annualità restituisce l’immagine di un percorso formativo coerente e progressivo, in cui la tenuta sembra rafforzarsi nel tempo, in relazione al consolidarsi delle dinamiche educative e del senso di appartenenza. Dall’interpretazione dei dati emerge che i CFP salesiani, attraverso un lavoro costante di attenzione e sostegno agli allievi, contribuiscono a favorire la continuità dei percorsi e a incrementare le possibilità di esito positivo. L’analisi territoriale dei dati restituisce un quadro differenziato della tenuta formativa, in cui assumono rilievo le specificità locali e la composizione dell’utenza nei diversi contesti formativi. Nel Nord Italia, che accoglie oltre l’80% dell’utenza complessiva, la formazione professionale CNOS-FAP si distingue per livelli di efficacia elevati: l’87,7% degli allievi consegue un esito positivo, mentre i ritiri si attestano al 4,7%. Tale risultato è sostenuto da un ecosistema formativo integrato, da consolidate reti scuola-impresa e da un mercato del lavoro capace di valorizzare le competenze acquisite nei CFP. Tuttavia, anche in questo contesto, le fasi iniziali del percorso restano più vulnerabili e richiedono interventi mirati. Nel Centro Italia, la situazione appare più articolata: gli esiti positivi scendono al 72,1%, mentre aumentano i ritiri (13,4%) e gli esiti negativi (14,5%). La frammentazione delle opportunità formative e la diversità dei territori incidono sulla continuità dei percorsi, senza tuttavia comprometterne la vitalità complessiva. Nel Sud e nelle Isole, pur rappresentando una quota numericamente ridotta dell’intera popolazione CNOS-FAP, si registrano livelli di dispersione più alti (13,5%) a fronte di un tasso di esito positivo del 66,9%. Questi dati riflettono le difficoltà strutturali dei contesti in cui i CFP operano, ma anche la loro funzione di presidio educativo in aree caratterizzate da maggiore fragilità. 153 Nel complesso, l’analisi territoriale delinea una mappa della diversità più che della disuguaglianza: le differenze tra le aree geografiche non indicano una gerarchia di efficacia, ma testimoniano la capacità del sistema CNOS-FAP di adattarsi ai bisogni dei contesti in cui opera, modulando le proprie strategie educative e organizzative in funzione delle risorse e delle sfide locali. La lettura per settore conferma che i risultati variano in funzione delle caratteristiche produttive e della vocazione territoriale dei percorsi. I tassi di esito positivo più alti si registrano nei settori grafico (87,7%), meccanico-industriale (86,8%), elettrico (86,0%) e lavorazione del legno (86,9%), che beneficiano di filiere produttive consolidate e di un saldo legame con il mondo del lavoro. Settori come automotive (82,9%), benessere (80,6%), logistica (85,1%) e ristorazione (82,1%) mostrano esiti prossimi alla media, mentre comparti come informatica (78,4%) e agricoltura (81,2%) evidenziano maggiore variabilità, dovuta spesso alla più forte incidenza di fattori esterni (stagionalità, assunzioni precoci, mobilità territoriale). La formazione professionale salesiana, in tutti i settori, conferma una logica di filiera educativa e occupazionale che accompagna gli allievi verso una qualificazione spendibile e riconosciuta. Il dato per settore riflette dunque la forza dell’integrazione tra formazione e produzione, e la capacità dei CFP di interpretare le evoluzioni dei mestieri come processi educativi, non solo tecnici. La lettura delle traiettorie post-ritiro offre una prospettiva decisiva sulla qualità complessiva della tenuta formativa. Più della metà dei ritirati (53,9%) rientra nella categoria della dispersione, ma una parte significativa prosegue comunque il proprio cammino in forme diverse: il 17,9% intraprende un’attività lavorativa, il 10,5% si iscrive presso un altro CFP, il 14,4% rientra nel sistema scolastico, mentre solo il 3,2% risulta in condizione di NEET. Questi dati, indicano la presenza di transizioni educative attive, ovvero percorsi non lineari ma comunque generativi di competenze e di appartenenza sociale. La capacità dei CFP di mantenere un legame con gli allievi ritirati, facilitando il loro riorientamento o la loro ricollocazione, rappresenta un indice di responsabilità educativa diffusa. In molti casi, la decisione di interrompere il percorso non coincide con una rottura definitiva, ma con una riorganizzazione personale del progetto di vita. In questo senso, i dati invitano a leggere l’abbandono non come fallimento, ma come passaggio da comprendere e accompagnare, per sostenere percorsi di continuità flessibile e di riavvicinamento al sistema formativo. L’analisi comparativa dei tre cicli di monitoraggio della Tenuta Formativa (2022-2023, 2023-2024 e 2024-2025) consente di tracciare un quadro complessivo di stabilità e coerenza del sistema CNOS-FAP nel tempo. 154 È importante precisare che il confronto tra le tre annualità non riguarda le stesse coorti di allievi, ma diverse popolazioni monitorate con strumenti e criteri omogenei. Le variazioni osservate, dunque, non vanno lette come cambiamenti di performance su un medesimo campione, bensì come indicatori della stabilità strutturale del sistema e della sua capacità di mantenere nel tempo livelli costanti di tenuta formativa, pur a fronte di differenze nella numerosità e nella composizione dell’utenza. I dati confermano complessivamente un andamento costante e positivo. Le percentuali di esito positivo si attestano all’83,2% nel primo ciclo, all’84,1% nel secondo e all’84,6% nel terzo, con uno scarto complessivo inferiore a due punti percentuali. Parallelamente, la quota di esiti negativi mostra una leggera riduzione, passando dal 9,8% al 9,1%, mentre i ritiri calano dal 7,0% al 6,3%. L’analisi territoriale rafforza questo quadro: nel Nord Italia la tenuta si mantiene su livelli molto elevati, con una media di esiti positivi superiore all’87% e tassi di ritiro inferiori al 5%; nel Centro Italia si registra una progressiva crescita, con l’aumento degli esiti positivi dal 70,8% al 72,1%; mentre nel Sud Italia, pur restando più contenute, le percentuali migliorano dal 64,5% al 66,9%, segnalando un consolidamento graduale e una maggiore capacità di accompagnare gli allievi fino alla conclusione del percorso. La distanza percentuale tra le tre macro-aree, che nei primi monitoraggi superava i venti punti, si riduce progressivamente, attestandosi intorno ai venti punti nel 2024-2025: un segnale di convergenza territoriale e di rafforzamento complessivo del sistema. Anche la distribuzione per annualità conferma la solidità dei percorsi. Il primo anno rimane la fase più esposta alla dispersione, ma mostra un 155 lieve miglioramento rispetto ai monitoraggi precedenti. Nei secondi e terzi anni si osservano tassi di successo prossimi o superiori all’85%, mentre il quarto anno, pur rappresentando solo il 9% circa della popolazione complessiva, evidenzia percentuali di completamento superiori al 90%. Nel complesso, i tre monitoraggi delineano un sistema formativo coerente e capace di garantire continuità educativa, in cui le fluttuazioni annuali risultano fisiologiche e non strutturali. La rete CNOS-FAP conferma la propria capacità di mantenere nel tempo standard di successo elevati e una dispersione contenuta, consolidando il proprio ruolo di riferimento nazionale nel campo dell’istruzione e formazione professionale centrata sulla persona, sul lavoro e sulla comunità educativa. La dimensione pedagogica della tenuta formativa emerge chiaramente dalla lettura dei dati. Essa si concretizza nella capacità relazionale dei CFP, nel loro modo di abitare la quotidianità educativa, di costruire fiducia, di accompagnare i passaggi critici e di trasformare la formazione in un’esperienza di crescita personale. La tenuta non è il risultato di un meccanismo di controllo, ma di una cultura della cura: di quella attenzione educativa che consente di sostenere i giovani nonostante le discontinuità, di valorizzare le differenze, di riconoscere la complessità dei percorsi individuali. Ogni ritiro, ogni esito negativo, ogni rientro rappresentano un punto di osservazione prezioso per comprendere la vitalità di un sistema che non misura la propria efficacia sulla base della linearità, ma sulla capacità di rimanere in relazione. La formazione professionale salesiana, in questa prospettiva, assume un significato più profondo: non solo formare professionisti, ma accompagnare persone, aiutandole a trasformare il proprio potenziale in progetto, la propria fragilità in apprendimento. Dalle evidenze emerse si possono trarre alcune direzioni di sviluppo future, utili a consolidare e valorizzare il percorso di monitoraggio sulla tenuta formativa del CNOS-FAP. 1.Consolidare l’analisi territoriale dei dati Approfondire la lettura delle specificità locali, valorizzando le differenze regionali come risorsa per l’innovazione educativa. Rendere più sistematico il confronto tra territori permetterà di individuare buone pratiche trasferibili, comprendere i fattori di contesto che incidono sulla tenuta e orientare strategie di miglioramento calibrate sui bisogni reali delle diverse aree. 2. Rafforzare l’attenzione ai passaggi critici Particolare cura va riservata ai momenti di transizione, in particolare tra il primo e il secondo anno dei percorsi formativi, dove si registra la maggiore vulnerabilità. Interventi di tutoraggio personalizzato, attività di orientamento continuo e monitoraggio precoce dei segnali di disagio 156 possono contribuire a ridurre i ritiri e a sostenere la motivazione degli allievi. 3. Sostenere la continuità educativa dopo il ritiro È importante mantenere un contatto con gli studenti che interrompono il percorso, costruendo reti territoriali in grado di offrire seconde opportunità, percorsi alternativi o rientri formativi. Questo approccio consente di trasformare un potenziale abbandono in un’occasione di riorientamento, rafforzando il ruolo dei CFP come presìdi educativi permanenti. 4. Integrare la lettura quantitativa con elementi qualitativi Accanto ai dati numerici, è necessario sviluppare strumenti qualitativi – interviste, focus group, studi di caso – che permettano di comprendere le motivazioni, le dinamiche relazionali e le esperienze soggettive degli allievi e degli operatori. Questa integrazione consente di cogliere il significato educativo dei dati e di interpretare le tendenze oltre le mere percentuali. In questa prospettiva, ogni CFP può diventare un contesto di ricerca sul campo, in cui formatori, tutor e direttori assumono il ruolo di ricercatori, indagando in prima persona le proprie pratiche e i processi formativi per trarne elementi di riflessione e miglioramento. 5. Valorizzare i dati come strumenti di conoscenza e di riflessione I risultati del monitoraggio vanno considerati non come indici di performance, ma come strumenti di comprensione e miglioramento continuo. Promuovere una cultura della valutazione riflessiva consente di utilizzare le evidenze per orientare le pratiche educative, sostenere la progettazione formativa e consolidare la qualità complessiva del sistema. Il sistema CNOS-FAP si conferma così come un modello di tenuta educativa e sociale: una rete che tiene non perché trattiene, ma perché accompagna; che non evita la dispersione, ma la riconosce, la comprende e la trasforma in opportunità di crescita. Il monitoraggio, in questa prospettiva, è un atto educativo in sé: uno strumento per conoscere e per prendersi cura, per dare continuità alla missione salesiana di formare “buoni cristiani e onesti cittadini”, radicando la qualità educativa nella concretezza dei dati e delle relazioni. 157 INDICE 1. Il Terzo monitoraggio della Tenuta Formativa nella Fondazione CNOS-FAP ETS Impresa Sociale 5 Scenario di riferimento 5 Le caratteristiche dell’indagine 7 Il Monitoraggio della Tenuta Formativa su base nazionale nel CNOS-FAP 11 Caratteristiche allievi CNOS-FAP su base nazionale 12 Genere 12 Famiglia di origine 13 I percorsi formativi di provenienza degli allievi iscritti ai Centri di Formazione Professionale (CFP) del CNOS-FAP 14 Allievi iscritti al primo anno provenienti da un percorso di CFP 19 Allievi iscritti al primo anno provenienti dalla Scuola Secondaria di I grado 20 Allievi iscritti al primo anno provenienti dalla Scuola del Paese di origine 21 Allievi iscritti al primo anno provenienti da una Scuola Secondaria di II grado 22 Allievi iscritti al primo anno provenienti da Altri istituti 23 Allievi iscritti al secondo anno provenienti da un percorso di CFP 24 Allievi iscritti al secondo anno provenienti dalla Scuola Secondaria di I grado 25 Allievi iscritti al secondo anno provenienti dalla Scuola del Paese di origine 26 Allievi iscritti al secondo anno provenienti da una Scuola Secondaria di II grado 27 Allievi iscritti al secondo anno provenienti da Altri istituti 28 Allievi iscritti al terzo anno provenienti da un percorso di CFP 29 Allievi iscritti al terzo anno provenienti dalla Scuola Secondaria di I grado 30 Allievi iscritti al terzo anno provenienti dalla Scuola del Paese di origine 31 Allievi iscritti al terzo anno provenienti da una Scuola Secondaria di II grado 32 Allievi iscritti al terzo anno provenienti da Altri istituti 33 Allievi iscritti al quarto anno provenienti da un percorso di CFP 34 Allievi iscritti al quarto anno provenienti da una Scuola Secondaria di II grado 35 Allievi iscritti al quarto anno provenienti da Altri istituti 36 2. La Tenuta Formativa nella Fondazione CNOS-FAP ETS distribuita per annualità 37 Frequentanti con esito positivo distribuiti per annualità 39 Frequentanti con esito negativo distribuiti per annualità 40 Ritirati distribuiti per annualità 41 La Tenuta Formativa degli allievi frequentanti il primo anno 42 158 La Tenuta Formativa degli allievi frequentanti il secondo anno 43 La Tenuta Formativa degli allievi frequentanti il terzo anno 44 La Tenuta Formativa degli allievi frequentanti il quarto anno 45 3. Monitoraggio della Tenuta Formativa su base nazionale nella Fondazione CNOS-FAP ETS distribuita per area geografica Nord, Centro e Sud 47 Popolazione dell’Area geografica Nord 50 Popolazione dell’Area geografica Centro 51 Popolazione dell’Area geografica Sud 51 4. Monitoraggio della Tenuta Formativa su base nazionale nella Fondazione CNOS-FAP ETS distribuita per Regioni 53 Nord 57 EMILIA-ROMAGNA 57 FRIULI-VENEZIA GIULIA 58 LIGURIA 59 LOMBARDIA 60 PIEMONTE 61 VALLE D’AOSTA 62 VENETO 63 Centro 64 ABRUZZO 64 LAZIO 65 UMBRIA 66 Sud 67 CAMPANIA 67 PUGLIA 68 SARDEGNA 69 SICILIA 70 Le medie delle Regioni rispetto alla media nazionale 71 Frequentanti con esito positivo e media nazionale 71 Frequentanti con esito negativo e media nazionale 72 Allievi ritirati e media nazionale 73 5. Monitoraggio della Tenuta Formativa su base nazionale nella Fondazione CNOS-FAP ETS distribuita per Settori 75 Monitoraggio della Tenuta Formativa nel CNOS-FAP distribuito per singolo settore 77 SETTORE AGRICOLO 77 SETTORE AUTOMOTIVE 78 SETTORE BENESSERE 79 SETTORE ELETTRICO/ELETTRONICO 80 SETTORE ENERGIA 81 SETTORE GRAFICO 82 SETTORE INFORMATICA 83 SETTORE LAVORAZIONE DEL LEGNO 84 SETTORE LOGISTICA 85 SETTORE MECCANICA 86 159 SETTORE SERVIZI DI VENDITA 87 SETTORE RISTORAZIONE (TURISTICO-ALBERGHIERO) 88 SETTORE MISTO 89 6. Monitoraggio della Tenuta Formativa su base nazionale nella Fondazione CNOS-FAP ETS distribuita per Centri di Formazione Professionale (CFP) 91 ABRUZZO 95 L’Aquila 95 Ortona 95 Vasto 96 CAMPANIA 99 Napoli - Don Bosco 99 EMILIA-ROMAGNA 101 Bologna 101 Forlì 101 San Lazzaro di Savena 102 FRIULI-VENEZIA GIULIA 103 Udine 103 LAZIO 105 Roma – Borgo Ragazzi Don Bosco 105 Roma – Pio XI 105 Roma – Teresa Gerini 106 LIGURIA 107 Genova – Quarto 107 Genova – Sampierdarena 107 Vallecrosia 108 LOMBARDIA 109 Arese 109 Brescia 109 Milano 110 Sesto San Giovanni 111 Treviglio 111 PIEMONTE 113 Alessandria 113 Bra 113 Fossano 114 Novara 115 Saluzzo 115 San Benigno Canavese 116 Savigliano 117 Serravalle Scrivia 117 Torino – Agnelli 118 Torino – Rebaudengo 119 Torino – Valdocco 119 Vercelli 120 Vigliano Biellese 121 PUGLIA 123 Bari 123 Cerignola 123 SARDEGNA 125 160 Sassari 125 Selargius 125 SICILIA 127 Catania 127 Palermo 127 UMBRIA 129 Foligno 129 Perugia 129 VALLE D’AOSTA 131 Châtillon 131 VENETO 133 Bardolino 133 Este 133 San Donà di Piave 134 Sant’Ambrogio Valpolicella 135 Schio 135 Venezia – Mestre 136 Verona 137 Scelte dopo il Ritiro 138 7. Le scelte dopo il ritiro durante l’anno formativo 141 ABRUZZO 143 CAMPANIA 143 EMILIA-ROMAGNA 144 FRIULI VENEZIA GIULIA 144 LAZIO 145 LIGURIA 145 LOMBARDIA 146 PIEMONTE 146 PUGLIA 147 SARDEGNA 147 SICILIA 148 UMBRIA 148 VALLE D’AOSTA 149 VENETO 149 8. Conclusioni 151 161 La Tenuta formativa 1° Rapporto: Mirko Vecchiarelli (a cura di), Dossier. Il primo monitoraggio della Tenuta Formativa nella Federazione CNOS-FAP (a.f. 2022-2023), 2023 2° Rapporto: Mirko Vecchiarelli (a cura di), Dossier. Il secondo monitoraggio della Tenuta Formativa nella Fondazione CNOS-FAP ETS I.S. (a.f. 2023 – 2024), 2024 3° Rapporto: Mirko Vecchiarelli (a cura di), Dossier. Il terzo monitoraggio della Tenuta Formativa nella Fondazione CNOS-FAP ETS I.S. (a.f. 2024 – 2025), 2025 Finito di stampare a Novembre 2025

I Santi della porta accanto. Un viaggio al centro del cuore umano. Vol. 1

Autore: 
CNOS-FAP
Categoria pubblicazione: 
Fuori collana
Anno: 
2024
Numero pagine: 
63
i santi della porta accanto Un viaggio al centro del cuOre umano FormazioneProfessionaleSalesiana 1 Edizione a cura del CNOSFAP. Tutti i diritti sono riservati. Giugno 2024 FormazioneProfessionaleSalesiana Progetto grafico e stampa: Tipografia Giammarioli Via Enrico Fermi, 10 - 00044 Frascati (Roma) Tel. 06.942.03.10 posta@tipografiagiammarioli.com www.tipografiagiammarioli.com 3 he cos’è la felicità? Come raggiungerla? È possibile conquistarla per sempre? Sono domande che la vita di tanto in tanto ci mette davanti, quasi in maniera ciclica. Perché, chi non vorrebbe essere felice? È connaturale come l’aria che si respira. Il problema è intendersi su cosa sia “la felicità”. Se dovessimo guardare ad una possibile definizione da dizionario Treccani troveremmo: “Stato d’animo di chi è sereno, non turbato da dolori o preoccupazioni e gode di questo suo stato”. È una definizione interessante, ma forse è troppo poco. Roberto Benigni ci può aiutare ad approfondire il concetto di felicità. Ne ha parlato in occasione della presentazione dei Dieci Comandamenti in TV: “La felicità, sì, la felicità, a proposito di felicità, cercatela, tutti i giorni, continuamente ... è lì, ce l’avete, ce l’abbiamo, perché l’hanno data a tutti noi. Ce l’hanno data in dono quando eravamo piccoli, ce l’hanno data in regalo in dote, ed era un regalo così bello che lo abbiamo nascosto, come fanno i cani con l’osso quando lo nascondono, e molti di noi l’hanno nascosto così bene che non sanno dove l’hanno messo, ma ce l’abbiamo. C PresentazionE 4 Ce l’avete, guardate in tutti i ripostigli, gli scaffali, gli scomparti della vostra anima, buttate tutto all’aria, i cassetti, i comodini che avete dentro e vedete che esce fuori, c’è la felicità, provate a voltarvi di scatto magari la pigliate di sorpresa ma è lì, dobbiamo pensarci sempre alla felicità, e anche se lei qualche volta si dimentica di noi, noi non ci dobbiamo mai dimenticare di lei. Fino all’ultimo giorno della nostra vita, e non dobbiamo avere paura nemmeno della morte, guardate che è più rischioso nascere che morire eh ... non bisogna aver paura di morire, ma di non cominciare mai a vivere davvero, saltate dentro all’esistenza ora, qui”. Ne siamo convinti: la felicità esiste, fa già parte di noi e non dobbiamo cercarla molto lontano. Carlo, Sandra, Claudio, Carlotta in modo diverso l’hanno trovata in qualche modo, seppur nelle loro brevi esistenze e le pagine di questo sussidio intendono darne pia testimonianza. Queste pagine offrono, infatti, il segreto di una esistenza che diviene “felice”. La felicità sta dentro questi racconti, tra le pagine dei loro diari, nelle loro espressioni più significative riportate. Sono quattro profili di “santi della porta accanto”, quattro giovani che possono parlare a tanti giovani che cercano di essere felici permettendo loro di “fare un viaggio al centro del cuore umano” o avere in casa una “finestra aperta al cielo”. Perché? Perché, a giudizio dei proponenti della collana, queste storie di vita sono “storie per ritrovare o consolidare la speranza umana e cristiana”. Il sussidio che viene proposto - il primo di una serie - è rivolto innanzitutto ai giovani. I giovani possono misurarsi con coetanei che hanno percorso strade in salita (sofferenza, malattia …) ma sono riusciti a salire sul monte Calvario e trovarvi la felicità. 5 Ma il sussidio proposto può rivelarsi utile anche agli adulti educatori. Scrive Papa Francesco nella Christus vivit: Oggi, infatti, noi adulti corriamo il rischio di fare una lista di disastri, di difetti della gioventù del nostro tempo. […] Lo sguardo attento di chi è stato chiamato ad essere padre, pastore e guida de4i giovani consiste nell’individuare la piccola fiamma che continua ad ardere, la canna che sembra spezzarsi ma non si è ancora rotta. Così è lo sguardo di Dio Padre, capace di valorizzare e alimentare i germi di bene seminati nel cuore dei giovani. I curatori del sussidio si augurano che tutti noi, adulti educatori, possiamo cogliere i “germi di bene” che tanti giovani hanno fatto sbocciare o stanno facendo sbocciare nella loro vita, dando gloria a Dio e che i giovani o gli educatori presenti nelle nostre case salesiane possano trovare nella lettura di queste testimonianze gli stimoli per far crescere in loro germi di bene. 6 apa Francesco, il 19 marzo 2018, pubblica l’Esortazione Apostolica “Gaudete et Exsultate”, l’Esortazione Apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo. All’interno del testo c’è un passaggio stimolante: I santi della porta accanto 1. Non pensiamo solo a quelli già beatificati o canonizzati. Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto nel santo popolo fedele di Dio, perché «Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità». Il Signore, nella storia della salvezza, ha salvato un popolo. Non esiste piena identità senza appartenenza a un popolo. Perciò nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità umana: Dio ha voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo. “I Santi della porta accanto” 0 “la classe media della santità”, secondo Papa Francesco P 7 2. Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”. 3. Lasciamoci stimolare dai segni di santità che il Signore ci presenta attraverso i più umili membri di quel popolo che «partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di Lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità». Pensiamo, come ci suggerisce santa Teresa Benedetta della Croce, che mediante molti di loro si costruisce la vera storia: «Nella notte più oscura sorgono i più grandi profeti e i santi. Tuttavia, la corrente vivificante della vita mistica rimane invisibile. Sicuramente gli avvenimenti decisivi della storia del mondo sono stati essenzialmente influenzati da anime sulle quali nulla viene detto nei libri di storia. E quali siano le anime che dobbiamo ringraziare per gli avvenimenti decisivi della nostra vita personale, è qualcosa che sapremo soltanto nel giorno in cui tutto ciò che è nascosto sarà svelato». 4. La santità è il volto più bello della Chiesa. Ma anche fuori della Chiesa Cattolica e in ambiti molto differenti, lo Spirito suscita «segni della sua presenza, che aiutano gli stessi discepoli di Cristo». D’altra parte, san Giovanni Paolo II 8 ci ha ricordato che «la testimonianza resa a Cristo sino allo spargimento del sangue è divenuta patrimonio comune di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti». Nella bella commemorazione ecumenica che egli volle celebrare al Colosseo durante il Giubileo del 2000, sostenne che i martiri sono «un’eredità che parla con una voce più alta dei fattori di divisione». 9 CARLO ACUTIS (1991 – 2006) www.carloacutis.com L’influencer di Dio e il beato di internet perché sul web diffondeva il Vangelo 10 Identikit di Carlo in poche righe Eucaristia e computer, adorazione e amicizie, rosario e volontariato: la via alla santità di Carlo Acutis, morto nel 2006 all’età di 15 anni per una leucemia fulminante; è stata un perfetto mix di straordinario e ordinario, di slanci spirituali e passioni umane, su tutte quella per l’informatica e per Internet. Seppure vissuto alla vigilia del boom dei social network, Carlo aveva previsto le straordinarie potenzialità del web anche per la diffusione della fede (tant’è che è stato proposto di farlo “patrono della Rete”). È una sua creazione, infatti, la mostra virtuale sui miracoli eucaristici ancora oggi visitabile online (www.miracolieucaristici.org) e che si è rivelata uno straordinario volano per la diffusione della testimonianza di Carlo, oggi conosciuto in tutti i continenti. Ma il centro della vita di Carlo non era certo il computer. Primogenito di una famiglia molto benestante di Milano, studente prima dalle suore Marcelline, poi dai Gesuiti, presso il prestigioso liceo Leone XIII, ripeteva sempre che «l’Eucaristia è la mia autostrada per il cielo». E accanto alla Messa quotidiana non mancavano gesti di solidarietà verso i più poveri, compiuti con grande discrezione, tant’è che in alcuni casi sono stati scoperti solo dopo la sua morte. Una coerenza e una radicalità che hanno colpito profondamente anche il domestico di famiglia, Rajesh, di religione induista, convintosi a chiedere il battesimo. CARLO ACUTIS 11 Il processo di canonizzazione è stato avviato a Milano nel 2013; nel 2020 è stato proclamato beato; il 23 maggio 2024 è stata annunciato che, in data da definire, sarà proclamato santo. Due proposte di lettura: Nicola Gori, Dall’informatica al cielo. Carlo Acutis, LEV 2021 (2° ed.) De Vanna Umberto, Carlo Acutis. 15 anni di amicizia con Dio, LDC 2019 Cenni biografici e appunti di spiritualità La fede in Dio sin da bambino Carlo Acutis nasce il 3 maggio 1991, a Londra, dove i suoi genitori, Andrea e Antonia, vivono per motivi di lavoro. Viene introdotto alla vita cristiana pochi giorni dopo la nascita, quando viene battezzato in una chiesa dedicata alla Madonna di Fatima. Nel settembre dello stesso anno, la famiglia torna nuovamente in Italia e si stabilisce a Milano, dove Carlo vivrà per il resto della sua vita. Sin da piccolo dimostra di avere un’indole socievole. È vivace, ama parlare, stare in compagnia ed è anche molto mite e paziente: evita le liti, non reagisce alle provocazioni e si mostra contrario alla violenza. 12 CARLO ACUTIS “Il Signore non sarebbe contento se io fossi violento”, risponde a quanti lo incoraggiano a difendersi con più aggressività. Il suo temperamento tranquillo, che nulla ha a che vedere con la debolezza o con la codardia, lo accompagnerà sempre. Le persone che gli sono state accanto nei primi anni della sua vita lo ricordano come un bambino estremamente buono e affettuoso. Tuttavia, a lasciare veramente sorpresi coloro che lo circondano è la sua fede in Dio, che già nella primissima infanzia si radica profondamente nell’anima di Carlo. Il bambino desidera tanto ardentemente incontrare Gesù nell’Eucaristia che chiede di poter anticipare il momento della sua prima Comunione. E così, la riceve privatamente, a soli sette anni, in un monastero a Perego. E vive quell’esperienza in uno stato di insolito raccoglimento, se si considera la sua tenerissima età. L’eucarestia, è una “autostrada per il cielo” Carlo cresce conducendo una vita normalissima: come tutti i bambini ama giocare, in particolare all’aria aperta. Gli piacciono gli animali, specialmente i cani e i gatti. Si dedica allo sport e allo studio. Frequenta con profitto il liceo classico Leone XIII di Milano, anche se non arriva mai ad essere il primo della classe. È un ragazzino molto sveglio, intelligente, perspicace. Si appassiona a quello che fa e si impegna sempre per migliorare. La madre si dice sorpresa, ad esempio, nel vederlo imparare a suonare il sassofono completamente da autodidatta. Tuttavia, le più grandi abilità che Carlo dimostra di avere sono 13 legate all’ambito dell’informatica: egli sviluppa, infatti, delle doti eccezionali nell’utilizzare i computer e soprattutto Internet. È solo un ragazzino, quando impara, leggendo dei libri che solitamente vengono studiati nelle università di ingegneria informatica, ad usare diversi programmi e a creare dei siti. A far maggiormente distinguere Carlo dai suoi coetanei è tuttavia il suo grande amore per Cristo: si tratta di un Amico, per lui, un amico che dalla prima Comunione in poi non ha più lasciato. “Il mio programma di vita è quello di restare sempre unito a Gesù”, diceva spesso. Carlo si appassiona moltissimo all’Eucaristia, tanto che, sin da bambino, inizia a partecipare alla santa Messa ogni giorno. La sua devozione per il Corpo di Cristo lo porta anche a chiedere alla sua famiglia di accompagnarlo in tutti quei luoghi in cui si erano verificati dei miracoli eucaristici. In onore di questi avvenimenti, attraverso cui Cristo rivela sé stesso in modo unico ed eccezionale, Carlo crea una mostra su Internet che, con un’ampia rassegna fotografica e con descrizioni storiche, presenta i principali Miracoli Eucaristici (circa 136) verificatisi nel corso dei secoli in diversi Paesi del mondo e riconosciuti dalla Chiesa. Tuttora è possibile “visitare virtualmente” i luoghi dove sono accaduti questi Miracoli collegandosi al sito pensato da Carlo: www.miracolieucaristici.org. La Mostra ha già fatto il giro del mondo: è stata ospitata in tutti i cinque Continenti. Solo negli Stati Uniti d’America in quasi 10.000 parrocchie e nel resto del mondo in centinaia di parrocchie, e santuari, compresi i Santuari Mariani più famosi come Fatima, Lourdes, Guadalupe. 14 CARLO ACUTIS Molto spesso, Carlo si raccoglie in preghiera davanti al tabernacolo, perché vuole lasciarsi trasformare da Cristo. Secondo lui, come ci abbronziamo se passiamo tante ore sotto al sole, allo stesso modo diventiamo santi se passiamo molto tempo davanti al Santissimo Sacramento. Diventare santo per Carlo diviene molto presto un obiettivo prioritario. Non si accontenta di vivere il cristianesimo in modo superficiale, mediocre: vuole seguire in tutto e per tutto Gesù. Sente, infatti, l’esigenza di orientare completamente la sua esistenza sulla strada tracciata dal Vangelo. In questo suo programma di vita cerca di coinvolgere anche gli amici, i famigliari, i conoscenti. Con spontaneità e affetto, invita tutti a conoscere quell’Amico speciale che può dare davvero senso alla vita. Secondo Carlo, nessuno deve sentirsi escluso dall’amore di Dio: tutti possono incontrare Gesù e scegliere di diventare suoi discepoli prediletti, come san Giovanni, il “discepolo amato”, dal quale Carlo resta molto affascinato. Giovanni, secondo Carlo, non è prediletto rispetto agli altri apostoli perché è “migliore”, bensì perché si avvicina di più a Cristo, china il capo sul petto del Maestro e gli resta accanto anche nel momento della prova, fin sotto alla croce ... 15 Un kit per essere santi, secondo Carlo Carlo sa che essere santi non è facile, perciò propone a tutti un “kit per la santità”: ovvero la preghiera, la Parola di Dio, i Sacramenti. Questi doni lasciati da Gesù alla Chiesa sono per Carlo i mezzi più efficaci per raggiungere presto il Paradiso, meta a cui, secondo lui, ogni uomo deve tendere. Ripete spesso che l’uomo non è fatto per vivere per sempre su questa terra, ma è stato creato per vivere in Dio per tutta l’eternità. Carlo ama parlare usando delle metafore. Dice spesso che l’Eucaristia è la sua “autostrada per il cielo”, ovvero una via certa, sicura, veloce per raggiungere il Paradiso. Paragona l’anima ad una mongolfiera, fatta per salire a Dio ma ostacolata dalle nostre colpe, che ci tengono ancorati a terra. Ecco, allora, che parla dell’importanza della Confessione: uno strumento potentissimo col quale Dio può liberarci dal peso dei peccati e aiutarci a salire a Lui. Definisce la Parola di Dio una bussola, capace di orientarci nelle scelte della vita quotidiana e parla del Rosario come di una scala corta che agevola il nostro viaggio in Cielo. Compagna fedelissima del cammino di fede di Carlo è la Madonna, che egli considera una mamma, nonché la donna più importante della sua vita. Carlo si appassiona molto alla figura di Maria, tanto che vuole conoscere e visitare i diversi luoghi in cui la Madonna è apparsa, tra cui Lourdes e Fatima. In particolare, però, resta colpito dalle vicende di Fatima, dove la Madonna si è rivelata a tre pastorelli negli anni della Prima guerra mondiale. La testimonianza dei tre fanciulli, ai quali la Vergine ha chiesto sacrifici per la salvezza dei peccatori, scuote molto Carlo e, sul loro esempio, anch’egli si prodiga nel fare fioretti da offrire per la salvezza di coloro 16 che sono più lontani da Gesù. Questo grande amore e il particolare zelo che Carlo nutre per Cristo e per la Madonna non si manifestano solo nelle sue devozioni e nelle pratiche religiose, ma anche nell’amore verso il prossimo, attraverso le opere. Ragazzo particolarmente generoso, ama aiutare gli altri in molti modi. Fa volontariato con gli anziani e i poveri, mette da parte i suoi soldi per darli ai più bisognosi, compra cibo, sacchi a pelo per i senzatetto della sua zona, si impegna in parrocchia come catechista e, nella vita di ogni giorno, rispetta i suoi famigliari, sostiene, aiuta, consiglia i suoi compagni ed amici. Carlo non si fa scrupoli nemmeno ad “ammonire” con affetto i suoi coetanei, quando fanno qualcosa di male. E non si fa problemi ad andare controcorrente, se si tratta di difendere gli insegnamenti della Chiesa. È l’unico della sua classe, ad esempio, a battersi contro l’aborto o a sostenere che per vivere appieno l’amore coniugale bisogna astenersi da rapporti prematrimoniali. Non ha paura di risultare bigotto quando spiega che il Paradiso, l’Inferno e il Purgatorio non sono invenzioni, e che molti, purtroppo, rischiano di perdersi per sempre. La sua schiettezza, però, non causa il disprezzo degli amici che, anzi, lo ricordano con nostalgia e affetto. Molti lo descrivono come un ragazzo che non si vantava mai, ma viveva la sua vita al completo servizio degli altri, senza desiderare di essere ammirato o lodato. Carlo preserva sempre integra la virtù dell’umiltà, necessaria, a suo avviso, se si vuole seguire Gesù. “Non io, ma Dio”, ripeteva spesso, sottolineando che solo se ci si svuota di sé stessi si può fare spazio al Signore. Come modello di umiltà, Carlo propone “il poverello di Assisi”, san Francesco, il quale, svuotatosi totalmente di sé, si è lasciato riempire così tanto da Cristo da diventarne un CARLO ACUTIS 17 imitatore perfetto. Ad Assisi, tra l’altro, Carlo trascorre molti mesi dell’anno, da alcuni parenti e lì afferma di aver trascorso i periodi più felici della sua vita. Si lega a tal punto a quella terra che, una volta saputo che si sta avvicinando la sua morte, chiede di essere sepolto lì. Il volo verso quel Paradiso che aveva cominciato a pregustare in vita Carlo lascia questo mondo all’età di quindici anni. Sono i primi di ottobre del 2006, quando, portato in ospedale in preda ad una brutta febbre, gli viene diagnosticata una leucemia fulminante, che di lì a pochi giorni lo avrebbe ricondotto nella Patria Celeste. Carlo, tuttavia, non apprende con tristezza la notizia che sarebbe morto di lì a poco, perché sente di aver vissuto appieno la sua breve esistenza. “Tutti nascono come originali, ma molti muoiono come fotocopie” era solito ripetere, come ad indicare che molti sciupano i doni ricevuti da Dio e buttano via la loro vita in cose di poco conto. Lui, invece, sa di aver fatto tutto ciò che Dio voleva da lui. Come ultimo regalo a quella Chiesa di cui si sente figlio e che tanto ama, prima di morire offre, per lei e per il papa, le sofferenze della sua malattia. Poi spicca il volo verso quel Paradiso che aveva cominciato a pregustare in vita. “Mio figlio Carlo è l’influencer di Dio. Lui non pubblicizzava prodotti alla moda o vestiti, ma l’amore di Dio. Per lui internet era il mezzo per diffondere la fede, l’amore verso la Madonna, il dono incalcolabile dell’Eucaristia, che definiva «autostrada per il paradiso»”: 18 così la mamma Antonia alla parrocchia di San Nicolò a Fabriano il 18 agosto 2021. Ed è una delle tante presentazioni della santità del figlio. Nel novembre 2016 si è concluso l’iter diocesano di beatificazione e Carlo è stato proclamato servo di Dio. Il 10 ottobre 2020 è stato proclamato beato. Un miracolo compiuto per intercessione del beato Carlo Acutis è stato riconosciuto da papa Francesco, e pertanto, il 23 maggio 2024 è stato annunciato che, in data da definire, egli sarà proclamato santo, passando così dal culto locale, che è proprio dello status di beato, al culto universale che caratterizza i santi canonizzati. CARLO ACUTIS Biografia tratta, con adattamenti, dal testo: sr. Dolores Boitor e Cecilia Galatolo (a cura di), Diario della felicità. Storie di giovani in ricerca. Un viaggio al centro del cuore umano, Ed. Mimep-Docete, 2019, pp. 61-71. SANDRA SABATTINI (1961 – 1984) www.sandrasabattini.org Una fidanzata beata 20 Identikit di SANDRA in poche righe Nel 2007 Stefano Vitali, ex presidente della Provincia di Rimini, è guarito da un cancro, dopo aver chiesto l’intercessione di Sandra Sabattini: uno dei fatti inspiegabili che, se riconosciuti come miracoli, potrebbero portare alla beatificazione della ragazza. Morta per incidente stradale a 23 anni il 2 maggio 1984, Sandra diventerebbe così la prima fidanzata elevata dalla Chiesa agli onori degli altari. Nata a Riccione nel 1961, è una ragazza come tante: ama lo sport e la corsa, le piace suonare la chitarra e il pianoforte (nonostante la mancanza della prima falange dell’anulare e dell’indice alla mano sinistra). Fin da piccola affida le sue riflessioni a un diario spirituale. A 12 anni incontra don Benzi e la Comunità Papa Giovanni XXIII che segna il cammino della sua vocazione: seguire Gesù povero e servo, condividendo la vita degli ultimi. Due anni dopo partecipa ad un soggiorno sulle Dolomiti con disabili gravi. Un’esperienza che lascia il segno: «Ci siamo spezzati le ossa, ma quella è gente che io non abbandonerò mai». Sogna di diventare medico missionario in Africa e si iscrive a Medicina. Nel frattempo, dedica tutto il suo tempo libero a condividere la vita con le persone con handicap e i giovani tossicodipendenti accolti dalla comunità, «sempre sorridente, accogliente, discreta». Nel 1979 sboccia l’amore per un coetaneo, Guido Rossi, conosciuto a una festa. «Il tempo del fidanzamento - testimonia lui - non era solamente una gioia umana, ma era dovuta al fatto SANDRA SABATTINI 21 che questa relazione era all’interno di un progetto più alto». Don Oreste Benzi, fondatore della “Papa Giovanni”, ha colto la profondità del cammino spirituale di Sandra, definendola «una contemplativa di Dio nel mondo» e promuovendo la pubblicazione del suo “diario” Nel 2006 è stata avviata la causa di beatificazione. Sandra è stata proclamata Beata il 24 ottobre 2021. Due proposte di lettura: Pasqualini Nicoletta (a cura di), Il diario di Sandra, Rimini, Sempre Editore, 2023 (2° ed.) Lambiasi Francesco, Scelgo te e basta. Sandra Sabattini. Vivere a braccia spalancate, Edizioni Il Ponte, Rimini, 2019 Cenni biografici e appunti di spiritualità “Dio un, amico, un rifugio” sin da piccola Sandra Sabattini nacque a Riccione, in provincia e diocesi di Rimini, il 19 agosto 1961. Dall’età di quattro anni, con i genitori Giuseppe Sabattini e Agnese Bonini e il fratello minore Raffaele, visse nella canonica di suo zio, don Giuseppe Bonini, prima a Misano Adriatico, poi a Rimini, nella parrocchia di san Girolamo. 22 SANDRA SABATTINI Sandra era una bambina collaborativa in casa, aperta al confronto e molto legata a suo fratello, 16 mesi più piccolo di lei, col quale, a volte, come tutti i bambini, combinava anche qualche guaio e faceva arrabbiare i genitori. Curioso il fatto che, sin da piccola, di fronte alle sue delusioni (ad esempio quando il padre o la madre la rimproveravano per aver fatto qualche marachella insieme a “Lele”), lei si appellava a Dio, piangeva con Lui. Scriveva cose del tipo: “La mamma e il babbo mi hanno punita, mi sento come un’anima cieca in cerca di Dio. Sto piangendo”. Già da bambina considerava Dio un “rifugio”, un amico, col quale confidarsi e dal quale cercare conforto. Vivendo in canonica, con uno zio sacerdote e dei genitori credenti, respirò la fede in famiglia e venne educata secondo principi cristiani. Sandra non si accontentò mai di una “fede tramandata”, non le bastavano degli insegnamenti da seguire: lei voleva incontrare personalmente Cristo vivo. Nonostante fosse stimolata a pregare e a leggere la Paola di Dio, “in lei si vedeva già la stoffa e dei campioni”, come ha affermato in un’intervista a Tv2000 la sua biografa Laila Lucci: si vedevano, cioè, una cura e un amore per Gesù senz’altro particolari. Sandra aveva sette anni – ricorda un’amica di famiglia e animatrice di un campeggio – quando, di sua spontanea volontà, entrava da sola in cappella. Su una mano portava una bambola, sull’altra la coroncina del rosario. Si inginocchiava all’ultimo banco, restava lì, col capo chinato alcuni minuti, poi usciva per giocare con il resto del gruppo. 23 Lo zio prete la trovava molto spesso in adorazione: sin da piccola, senza che nessuno glielo dicesse, prese l’abitudine di recarsi in Chiesa, per contemplare il Santissimo Sacramento. Genitori e amici la vedevano, di norma seduta a terra, assorta in meditazione o impegnata nella lettura dei salmi. Il viaggio nel cuore di Sandra: il “diario” sin dalla 5° elementare Il 3 maggio 1970 ricevette la prima Comunione. A poco più di dieci anni, il 24 gennaio 1972, cominciò a scrivere riflessioni spirituali molto profonde. Già a quell’età appuntava pensieri come: “La vita vissuta senza Dio è un passatempo, noioso o divertente, con cui giocare in attesa della morte”. Una figura centrale, una guida solida e fondamentale per Sandra fu don Oreste Benzi, parroco a La Resurrezione di Rimini e fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII (morto nel 2007 e attualmente, per la Chiesa, servo di Dio). “La mia gioia è stare con te nei poveri, perché questa è la mia vocazione” Sandra aveva dodici anni quando fece il suo primo incontro con lui e rimase colpita dal modo concreto in cui don Oreste seguiva il Vangelo, dalla sua capacità di servire “gli ultimi”, esattamente come insegnava Gesù. Al momento del loro incontro, ci troviamo nel periodo in cui si sta delineando il carisma della nuova comunità di Benzi: segui24 SANDRA SABATTINI re Gesù povero e servo, che espia il peccato del mondo, nella condivisione di vita con gli ultimi. Sull’esempio di don Benzi, Sandra scelse, già da adolescente, di condividere la vita con persone segnate dalla disabilità e tossicodipendenza. A 14 anni partecipò ad una vacanza con persone portatrici di handicap, sulle montagne di Canazei. Tornando, disse alla mamma: “Ci siamo spezzati le ossa, ma quella è gente che io non abbandonerò mai!” E così fu: perché, effettivamente, si dedicò alle persone con difficoltà per tutta la vita. Sandra era una ragazza mite, ma non debole, con un carattere molto audace, temerario. Aveva quindici anni, quando fece suo questo pensiero: “Se Cristo è dentro di noi, non possiamo non prendere posizione. Cristo non chiede di mettere un’etichetta sulla nostra fronte, ma chiede di seguirlo. […] Se vuoi seguire il Signore devi deciderti subito”. 25 Una spiritualità sempre più profonda Considerava la vita una “lotta”: ciascuno era chiamato, infatti, a combattere e vincere le proprie incoerenze, a non cadere nella “schiavitù del peccato”. Spesso pregava Dio di aiutarla a vincere i condizionamenti degli altri: “Vorrei accettarti [Signore], prima però devo sconfiggere me stessa, il mio orgoglio, le mie falsità. Non ho umiltà e non voglio riconoscerlo, mi lascio condizionare terribilmente dagli altri, ho paura di ciò che possono pensare di me. Sono incoerente, con una gran voglia di rivoluzionare il mondo, e che poi si lascia assoggettare da questo”. Aveva un forte desiderio di cambiare questo “mondo ingiusto”, che discrimina alcune categorie, soprattutto i deboli e i poveri. Si impegnò per non far mancare la sua parte in questa rivoluzione iniziata da Cristo. Dio era senza dubbio il suo primo confidente. Certamente aiutata dall’ambiente circostante, ma sempre più determinata a fare la sua parte, Sandra crebbe con una visione ben precisa della fede cristiana. Per lei Gesù era Qualcuno da conoscere e da coinvolgere in ogni scelta, da interpellare in modo sincero e spontaneo. Qualcuno a cui donare il suo cuore. Un tratto distintivo di Sandra fu la radicalità evangelica che le faceva dire: “Oggi c’è un’inflazione di buoni cristiani, mentre il mondo ha bisogno di santi”. Lei, che non si accontentava di far parte dei primi, aspirava alla santità, correggendo le sue fragilità (come si può ben 26 SANDRA SABATTINI vedere leggendo il suo diario, si metteva in discussione ogni giorno) e affinando la condivisione con chiunque incontrasse sul suo cammino. Il tutto, partendo sempre da un rapporto profondo con Dio. Neppure sedicenne scriveva sul suo diario: “Il fine della mia vita è l’unione con il Signore” e sapeva fare della preghiera il fulcro delle sue giornate, proprio per raggiungere quel fine. Desiderava passare molto tempo in intimità con il Signore, tantoché affermava: “Se non faccio almeno un’ora di preghiera, neanche mi ricordo di essere cristiana”. Sandra conosceva bene i suoi limiti di creatura, sapeva che non poteva capire tutto e non voleva “fidarsi solo di sé stessa”: sentiva, anzi, il bisogno di chiedere in prestito gli occhi di Dio, per “vedere come Lui vedeva”. Sosteneva: “Per stare in piedi, bisogna stare in ginocchio” perché sa stare del tutto con i poveri chi sa stare del tutto con il Signore. Una figura molto importante per la vita di Sandra era la Vergine Maria. Sandra spesso recitava la preghiera del rosario: era per lei un modo di trattenersi con Cristo, insieme a sua madre. Il legame di Sandra con la Madonna era ricolmo di tenerezza. 27 Il suo modo di comunicare la propria fede agli altri Sandra aveva una rara capacità di coinvolgere altri in ciò che amava. Non si accontentava di seguire il Vangelo “da sola”, ma voleva portare sempre più persone sulla stessa strada e aiutava i giovani che incontrava nella Comunità Papa Giovanni a dedicarsi agli altri con slancio. Col suo modo di fare deciso e accattivante, sapeva essere un polo che unisce i fratelli. Era una ragazza vivace, allegra, che amava stare in compagnia. Non parlava mai male di nessuno (piuttosto taceva, se non poteva dire bene) perché credeva nel valore della fraternità e della correzione rispettosa. Il segreto della sua vita: amare, in modo incondizionato A tutti Sandra indicava la via di povertà come strada di salvezza. Per lei, l’amore per Dio e l’amore per il prossimo dovevano andare di pari passo e quanto era impegnata con il Signore, tanto lo era con i poveri. Eppure, la “povertà” per lei era molto più di “indigenza materiale”: aveva scelto la povertà delle beatitudini come regola di vita, la via del “distacco” dai beni materiali perché - attenta al monito di Gesù “Dove è il tuo tesoro, là sarà il tuo cuore” - credeva che la ricchezza fosse un idolo dal quale stare distanti, per poter davvero servire Dio. 28 SANDRA SABATTINI Un po’ sulla scia di san Francesco, per lei povertà significava “amore verso Gesù povero” e avvertiva: “non è sufficiente fare il voto di povertà per essere veramente poveri”. Occorreva per lei essere poveri nel cuore: era il cuore a dover essere libero dall’avidità. Quando un bisognoso bussava in canonica, correva lei stessa per dare ciò che poteva (un panino, qualche risparmio, un vestito) e rimproverava lo zio prete se non era abbastanza generoso. Non amava comprare vestiti nuovi, preferiva adattare e sistemare indumenti vecchi. Una volta scambiò il suo maglione nuovo con il vecchio corpetto di un tossicodipendente. Senza sgarbo, contestava le spese superflue che si facevano in famiglia. Ciò che maggiormente dava gioia a Sandra era procurare gioia agli altri. Nell’amare Dio e il prossimo, nel donare tutti sé stessi, non si era solo “giusti”, diceva, ma si diventava anche pienamente felici. “Quando ho amato davvero, ho sentito che Dio riempiva tutto e tutti”, scrisse una volta. Riassumendo in poche parole quello che era per lei il “segreto della vita”, potremmo dire: amare, in modo incondizionato. Molto importante per lei era “entrare in comunione” con l’altro, non solo offrirgli “cose” e il primo dono da fare era l’annuncio della salvezza eterna. 29 Per Sandra, infatti, la prima e più grave povertà è non sapere di essere amati da Dio. Portare la Buona Notizia, ovvero far sapere a tutti che abbiamo un Padre che ci ama, significava per lei rispondere a un bisogno dell’Uomo. Sapeva che il dono della fede ricevuto non poteva tenerlo solo per sé e desiderava che tutti trovassero in Dio il loro unico bene. “Ricordati sempre, Sandra: chi più ha ricevuto, più è chiamato a dare. E io sento di aver ricevuto tanto sino ad ora, troppo”, diceva a sé stessa. A volte veniva rimproverata per il troppo correre, il troppo servire, se non altro perché tra lo studio e il tempo dedicato al volontariato, Sandra si lasciava poco tempo per riposare ... Ma lei, pur ascoltando i consigli, continuava imperterrita. Sentiva che Dio voleva questa disponibilità da lei e poiché lo amava desiderava renderlo felice. Chiunque abbia conosciuto Sandra ricorda di lei l’amore per la vita, il sorriso contagioso, quel volto che trasmetteva serenità. 30 SANDRA SABATTINI “La vita è un dono” Sapeva comunicare agli altri questo messaggio: la vita è un dono”. Dava molto valore al tempo. Non voleva sprecarlo. Ogni attimo era un regalo, ogni giornata un’occasione nuova e irripetibile per amare. Scriveva: “Quando ho amato davvero, ho sentito che Dio riempiva tutto e tutti”, Che dire della morte? Paura, rassegnazione, accettazione? Di una cosa però sono convinta. Che non è male ogni tanto rammentarsi di essa. Pensare a ciò ridimensiona un po’ le cose, il mio orgoglio, le mie inutili cose, lo sciupio del tempo, delle cose e delle gioie che mi hai dato. Mi umilia in un certo senso e nello stesso tempo mi sprona a non sprecare neanche un istante di questa mia esistenza”. Come per moltissimi giovani, la sua adolescenza fu segnata da dubbi e domande. Si interrogava continuamente su quello che il Signore voleva da lei. A 18 anni, indecisa su cosa fare terminate le superiori, scriveva: “Non riesco a capire ciò che Tu vuoi (è forse che io non so o non voglio ascoltarti?); ma ho bisogno di averlo chiaro, per non rischiare per la centesima volta di pentirmi. Ti ringrazio perché piano piano ce la stiamo facendo a smontare il mio orgoglio”. 31 Insomma, a Sandra non bastava “prendere Messa la domenica”, non bastava una preghiera veloce detta al mattino o alla sera: aveva una relazione “feriale” e costante con Dio, faceva passaparola con Lui su tutto. Gli scriveva e gli parlava proprio come si farebbe con un amico. E Lui, puntualmente, trovava il modo di aiutarla e di rispondere alle sue richieste. Grata, allora, diceva: “Ti amo tanto, Signore, sei l’unico che riesce a farmi superare i momenti di crisi”. Nel 1980 ottenne il diploma di maturità scientifica a Rimini e poi si iscrisse a medicina, all’università di Bologna. Fu una scelta ponderata nella faticosa ricerca del progetto di Dio su di lei: per questo coinvolse in essa gli amici della Comunità e i suoi consiglieri spirituali. Uno dei suoi sogni era diventare medico missionario in Africa, dove anzi, se avesse potuto, sarebbe andata subito. A frenarla, il papà, che le chiese di fare un passo alla volta e di terminare prima gli studi. Sandra, in questo non era diversa dalle sue coetanee: in casa discuteva e fuori compiva le sue battaglie in nome della giustizia e dell’uguaglianza. Sandra aveva anche delle passioni: lo sport, il pianoforte, il coro. Gli studi, nonostante la sua vita fosse piena di tantissime cose, proseguirono con grande profitto: si impegnò molto nel dare gli esami, ottenendo buoni voti. 32 SANDRA SABATTINI Sandra e Guido fidanzati Pur essendo tanto unita a Dio e così dedita nel servizio, non stava pensando ad una vita consacrata. Durante una festa di Carnevale conobbe Guido, un ragazzo poco più grande di lei, per il quale le nacque un sentimento nel cuore. Scrisse il 21 agosto 1980: “Quel sentimento sta diventando qualcosa di sempre più certo e rassicurante. Grazie, Signore”. I due si fidanzarono e iniziarono a progettare il loro futuro. Vissero una relazione di cinque anni in maniera casta, in attesa di sposarsi e di partire insieme per l’Africa. Don Benzi di loro disse che erano “fidanzati come se non lo fossero, almeno secondo i criteri del mondo”. Si conobbero, infatti, alla luce della Parola; la fede in Gesù e l’amore condiviso per il prossimo (vissero insieme numerose esperienze di volontariato) furono i due pilastri, le due gambe della loro relazione. Il 23 luglio 1983 scriveva: “Fidanzamento. Qualcosa di integrante con la vocazione: ciò che vivo di disponibilità e di amore nei confronti degli altri è ciò che vivo anche per Guido; sono due cose compenetrate”. In un mondo dove si fatica a vivere l’attesa e si brucia tutto nella frettolosità di rapporti che non sempre possono essere chiamati d’amore, Sandra e il suo fidanzato erano un esempio 33 luminoso, perché c’era tra loro un rapporto puro, fatto di rispetto e dialogo, che li portava a crescere e maturare. Il 29 aprile 1984, Sandra stava andando all’assemblea annuale della Comunità con Guido e un amico. Scendendo dalla macchina, venne investita da un’altra auto. Ricoverata all’ospedale Bellaria di Bologna, entrò in coma e morì il 2 maggio 1984; a ventitré anni non compiuti. Sandra non voleva vivere per sé stessa, appartenere a sé stessa: sentiva di appartenere a Dio. Solo due giorni prima di essere travolta nel tragico incidente, ignara, ovviamente, di ciò che le sarebbe accaduto poche ore dopo, scriveva: “Non è mia questa vita che sta evolvendosi ritmata da un regolare respiro che non è mio, allietata da una serena giornata che non è mia. Non c’è nulla a questo mondo che sia tuo. Sandra, renditene conto! E’ tutto un dono, su cui il Donatore può intervenire quando e come vuole. Abbi cura del regalo fattoti, rendilo più bello e pieno per quando sarà l’ora”. Sembra una sorta di testamento, che Sandra lascia ad ognuno di noi, perché possiamo imparare a fare altrettanto: accumulare tesori in Cielo, invece di perdere tempo ad accumulare beni su cui i tarli faranno la ruggine. 34 Il processo di beatificazione Don Oreste Benzi, da sempre convinto di avere in Sandra un modello di eccezionale fedeltà evangelica, promosse l’apertura della Causa di beatificazione. L’inchiesta diocesana, dal 27 settembre 2006 al 6 dicembre 2008, raccolse e valutò circa sessanta testimonianze. Nel 2009, a venticinque anni dalla morte, si pensò di traslare i suoi resti nella chiesa di San Girolamo a Rimini, ma quando venne tolta la terra che copriva la bara, di Sandra non si trovò più nulla: aveva voluto essere sepolta nella nuda terra. “Sandra non dev’essere cercata tra i morti’: diceva Benzi. Il vescovo di Rimini, monsignor Francesco Lambiasi, commentò il fatto con queste parole: “Il chicco di grano che ha il volto e il nome di Sandra è caduto totalmente in terra da sciogliersi completamente, da farsi terra”. E ha voluto ugualmente in chiesa il sarcofago, che proprio perché destinato a restare vuoto, più che una tomba è un monumento alla risurrezione. Il miracolo preso in esame per la sua beatificazione avvenne nel 2007. Stefano Vitali, che fu il primo segretario di don Benzi e, all’epoca, era assessore al Comune di Rimini, si scoprì malato di tumore all’intestino, si sottopose a svariate cure e operazioni, senza miglioramenti. Secondo quanto si riporta nel sito Internet della Comunità Papa Giovanni XXIII, sua moglie gli propose di ricorrere all’intercessione di Alberto Marvelli (beatificato nel 2004), ma don Benzi era invece convinto di dover chiedere la grazia a Sandra. SANDRA SABATTINI 35 Stefano seguì le indicazioni del sacerdote, tanto che, nell’ottobre successivo, si sottopose a controlli, dai quali risultava che il tumore era scomparso. Il 2 ottobre 2019, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto riguardante il miracolo, aprendo la via alla beatificazione di Sandra. Inizialmente prevista per il 14 giugno 2020, presso la Fiera di Rimini, a causa della pandemia è stata rimandata al 24 ottobre 2021. Don Benzi, sosteneva che la Chiesa, dopo aver innalzato agli onori degli altari degli “sposi santi”, dei “genitori santi” e degli “amici santi” avesse bisogno anche di una “fidanzata santa”. Il sogno di don Benzi si sta realizzando: perché Sandra è per la Chiesa la prima beata fidanzata. Biografia tratta, con adattamenti, dal testo: sr. Dolores Boitor e Cecilia Galatolo (a cura di), Diario della felicità. Storie di giovani testimoni. Santi della porta accanto, Ed. Mimep-Docete, 2019, pp. 139 – 153. 37 Gianluca Firetti (1994 – 2015) http://secretariat.synod.va Disarmante come il Vangelo 38 Identikit di GIANLUCA in poche righe Gianluca è un giovane come tanti: studia come perito agrario con profitto, ma senza troppo entusiasmo, quello che mette invece nel gioco del calcio. Frequenta volentieri l’oratorio di Sospiro (Cremona), un po’ meno la Messa della domenica. Poi, nel dicembre 2012, la sua vita di diciottenne cambia per sempre: gli viene diagnosticato un tumore osseo che parte dal ginocchio e in due anni intacca inesorabilmente tutto il corpo. È l’inizio di un calvario o, meglio, di un’arrampicata verso il Cielo. Nella malattia Gian, come lo chiamano tutti, scopre un volto di Gesù prima solo intuito: è sereno e trasmette serenità a chi lo incontra; pur consapevole di ciò che gli sta succedendo, ha sempre parole di incoraggiamento per gli altri, anche quando il cancro lo blocca sulla sedia a rotelle o su un divano. Non si ribella alla sofferenza, ma nemmeno la nasconde: «Mi raccomando - confida a un amico - non sprecare la vita, fa il bravo, studia perché io farei cambio e studierei 500 pagine piuttosto di soffrire». Sale sulla croce con Cristo e per questo diventa un segno di Risurrezione per tutti coloro che lo incontrano. Sono soprattutto gli amici e i familiari a essere coinvolti e colpiti dalla sua testimonianza, trasmessa, oltre che di persona, anche grazie a Facebook e al gruppo WhatsApp dei “Bananari”. «Gian era disarmante. Proprio come il Vangelo», ha detto don Marco D’Agostino che con Gianluca ha scritto a quattro mani la Gianluca Firetti 39 splendida autobiografia “Spaccato in due”, uscita pochi giorni dopo la morte avvenuta il 30 gennaio 2015: un messaggio di incoraggiamento e di speranza per tutti, specialmente per i giovani. Due proposte di lettura: Gianluca Firetti, Marco D’agostino, Spaccato in due. L’alfabeto di Gianluca, Ed. San Paolo 2015 D’Agostino Marco, Gianluca Firetti, Santo della porta accanto, San Paolo edizioni 2016 Cenni biografici e appunti di spiritualità Una infanzia ed una adolescenza… ordinaria Gianluca Firetti, per gli amici Gian, è nato a Sospiro (CR) l’8 settembre 1994 ed è il secondo figlio di mamma Laura e papà Luciano. Suo fratello, maggiore di tre anni, si chiama Federico ed è il suo mentore: essendo poco più piccolo di lui, lo guarda con stima, lo ammira, lo prende come esempio. Gian è un ragazzo come tanti altri, semplice, mediamente bravo a scuola e con la passione per il calcio, che condivide con Federico. Entrambi, infatti, giocano in una squadra (anche se in differenti categorie per l’età). 40 Gianluca Firetti A differenziarli, i piani diversi sul futuro. Se Federico ama lo studio e si iscrive all’università, Gianluca è intenzionato a cercarsi un lavoro, una volta preso il diploma. Gianluca viene da una famiglia cattolica praticante, frequenta la chiesa ma, come riconoscerà lui stesso, la sua fede avrà uno slancio e diventerà più profonda nel momento della prova. Davanti alla possibilità di morire si chiederà se può davvero poggiarsi su Dio, se può fidarsi della Parola data da Gesù Cristo, soprattutto per quanto riguarda la vita eterna. La scoperta della malattia Ha 18 anni quando, durante un allenamento, inizia a sentire un fastidio alla gamba. Nulla, però, farebbe presagire il peggio. Gian comincia la fisioterapia, fiducioso del fatto che il problema si risolva in poco tempo e con pochi sforzi. Il dolore, tuttavia, si acuisce e i medici consigliano degli accertamenti più approfonditi. A dicembre, due mesi dopo i primi sintomi, arriva il verdetto drammatico: il ragazzo ha un tumore. I medici non minimizzano, non gli inculcano facili speranze. Il problema è serio e glielo dicono, trattandolo da adulto e mettendolo di fronte alla realtà. È quasi Natale e gli comunicano che da gennaio avranno inizio le cure. Dovrà, infatti, sottoporsi alle chemioterapie. Il dottore che gli ha dato la notizia gli suggerisce anche di trascorrere un Natale quanto più possibile sereno, di distrarsi con gli amici, di passare del tempo con le persone che ama, per prepararsi a lottare con tutte le sue forze. 41 È il fratello a raccontare, in una testimonianza offerta su Tv2000, la reazione di Gianluca. Federico racconta il viaggio in auto di ritorno dall’ospedale dopo l’arrivo della diagnosi. In macchina regna il silenzio. Gianluca piange e, a tratti, i famigliari provano a confortarlo senza successo. Il giovane si sente sprofondare, ha paura, non capisce il perché di quello che gli sta capitando e si sente inconsolabile. L’amicizia con Valentina Questo stato d’animo, però, non ha il sopravvento su di lui. Ben presto Gianluca tira fuori la sua grinta, la sua voglia di lottare per vivere. Decide di riallacciare i rapporti con una sua amica di infanzia, persa di vista per via di scuole e impegni differenti, e di raccontarle quello che sta passando: lei è Valentina. Si rivelerà una figura chiave in tutta questa storia di dolore e di grazia al tempo stesso. Valentina vuole aiutare Gianluca e spesso va a trovarlo. Sa di non poter fare molto per la sua salute, ma può condividere le attese, le speranze, le paure e la fatica del suo amico. Gianluca apprezza molto le sue visite. Per accoglierla, così come per accogliere tutti gli amici che vanno a visitarlo, lascia sempre il suo letto per spostarsi in sala, sul divano. A Valentina Gianluca dice di essere “positivo” e che ce la metterà tutta. I due trascorrono molti pomeriggi insieme. Valentina lo consola anche per tutte quelle amicizie che, purtroppo, non riescono a sostenere il peso della malattia e si dileguano. Ad un certo punto, però, la ragazza si accorge che qualcosa è cambiato in Gian. Lo vede più spento, più cupo. 42 Gianluca Firetti Così, ha un’idea: vuole presentare a Gianluca un bravo sacerdote, insegnante di religione di sua sorella. È sicura che al ragazzo farebbe bene parlarci ... La conoscenza con don Marco Una figura centralissima per Gianluca sarà don Marco D’Agostino, che, ripensando al suo vissuto accanto al ragazzo, racconta: “La mia storia con Gian è iniziata così: preoccupato di che cosa dovevo dirgli, di come presentarmi a lui, dopo che aveva chiesto di vedermi, di quanto fermarmi in casa con lui, sono uscito lavato e purificato dalla sua stessa presenza. Da subito, quella sera, con una fetta di torta e tè, soprattutto dalle sue parole e dal suo sguardo profondo, mi sono sentito subito di casa. Gian è stato di una semplicità disarmante, pari a quel bambino evangelico, simbolo del Regno, che sa proporsi così com’è, senza schermi o difesa”. Al sacerdote, Gianluca chiedeva: “nient’altro se non di stare, davanti a lui, così come anch’io ero. Senza la preoccupazione del colletto, dell’uomo di Chiesa, del ‘cosa dire’, ‘come dirlo’, di ‘quali argomenti affrontare per primi’. Senza la corazza di chi si tiene a distanza. Gian è stato capace - settimana per settimana - di aprire sempre di più il rubinetto del suo cuore. Da quel deposito, apparentemente sopito, ha saputo spillare il vino buono, per l’ultima parte del suo banchetto nuziale”. Gian, come ricorda lo stesso sacerdote, lo inondava di domande e lui non sempre riusciva a rispondere con prontezza, tanto grandi erano le questioni che gli sottoponeva. 43 “Don, ma secondo te, come sarà la morte? Che cosa troverò? Il Signore che cosa mi mette davanti?”. Tuttavia, cercavano insieme di comprendere meglio Gesù, il suo messaggio, le sue promesse e, in particolar modo, si soffermavano sulla vita eterna. Gian, infatti, sentiva dentro di sé l’urgenza di comprendere se ci fosse davvero il Paradiso, se il Signore lo stava “aspettando davvero”. Gianluca e don Marco spesso pregano insieme, in particolare si rivolgono alla Madonna e più volte il giovane afferma di “sentirla vicina”, dice di stare meglio quando la prega. Spesso riceve l’Eucaristia, dalla quale trae la linfa per andare avanti. Sarà grazie alla preghiera e ai sacramenti, come testimoniano famigliari e amici, che riuscirà a non sprofondare nella disperazione. La certezza della vita eterna Più la malattia progredisce, più la speranza nella Resurrezione cresce in Gianluca, fino a diventare una certezza. I suoi amici oggi testimoniano di essere stati folgorati dal modo in cui parlava di Gesù di quella vita senza fine che, lo sapeva, si stava per aprire davanti a lui. Più la malattia lo consumava, più maturava in lui la consapevolezza che siamo nati per il Cielo e contagiava tutti quanti aveva accanto con la sua speranza. Era come se il suo cuore fosse già un po’ in Paradiso. 44 Gianluca Firetti “Si è lasciato voler bene” Di Gianluca colpiscono la docilità, l’umiltà e la disponibilità di lasciarsi aiutare. Come spiega sempre don Marco: “Ha consegnato, gradatamente, la chiave del suo cuore, fidandosi ciecamente che, chi gli voleva bene avrebbe saputo aiutarlo, in ogni modo, qualunque cosa fosse capitata. Anche il peggio. Ha deposto la sua vita in mani, cuori, presenze accoglienti. I suoi genitori e suo fratello prima di tutto. Ma anche amici, preti, volontari, medici e infermieri”. Gian non si è mai chiuso nel suo dolore, accogliendo quanti potessero portare un po’ di conforto alla sua vita. Non si lasciava vincere dalla tentazione del “Tanto nessuno può capirmi” e si apriva, nonostante nessuno, tra le sue conoscenze, stesse passando ciò che passava lui. L’importanza di non sprecare neppure un giorno. Il suo modo di stare nella malattia ha contagiato molti. Così don Marco: “Era come se il tramonto dovesse diventare una nuova alba, come se, al tempo mancante, supplisse una forza interiore tale da moltiplicare l’intensità degli incontri, la comunione d’intenti, lo scambio d’impressioni”. Amici e famigliari ricordano che Gianluca non perdeva tempo, non tentennava, non si annoiava, ma viveva tutto, dalla celebrazione eucaristica in casa alla visione di un film, dallo scambio d’impressioni con amici ad una merenda una cena, con grande intensità. 45 Questo suo modo di stare nella realtà, pur nella precarietà e nella fragilità della malattia, donava anche agli amici la voglia di fare tutto più intensamente, di abbandonare la mediocrità, di avere più fede. Sollecitava la fede di altre persone anche perché, come testimonia don Marco, “desiderava essere nel cuore e nelle preghiere di molti”. Una lettera a papa Francesco C’è un aneddoto che mette in luce la sua fede genuina: una volta scrive a Papa Francesco e gli dice di trovarsi in ospedale a “lottare”. La vita, senza dubbio, lo ha messo in condizione di entrare in guerra e di vincerla, in un certo senso. Ancora don Marco: “Il miracolo degli ultimi mesi della sua malattia non è stato quello della guarigione. Forse questo sarebbe stato più eclatante. La notizia della sua vicenda ci restituisce un Gian che sa affrontare la vita prima della morte e sa leggere, con gli occhi della fede, una malattia e un dolore dei quali diventa non amico, ma padrone”. 46 Gianluca Firetti L’affidamento totale Un miracolo c’è stato: Gian non è morto disperato, ma affidato. Non se n’è andato sbattendo la porta, ma incamminandosi. Non ha chiuso l’esistenza imprecando per un buio che non si meritava, ma desiderando un incontro con la Luce del mondo. Bisognoso di tutto da un punto di vista fisico, da un punto di vista spirituale era lui ad aiutare gli altri, compresi medici e infermieri. Era segno di una Presenza che sapeva illuminare anche la croce. Ancora don Marco: “Io ho avuto la grazia - non saprei diversamente come chiamarla - di gustare e comprendere come un ragazzo giovane che si lascia plasmare, incontrare e raggiungere da Dio e dai fratelli, possa crescere veramente di spessore. Era uomo di comunione e desiderava che ci si amasse. E lo diceva, lo scriveva su WhatsApp, lo manifestava. Quella di Gian, umanamente, è una storia di dolore. Evangelicamente, una storia di grazia e di bellezza”. L’addio o, meglio, l’arrivederci Gianluca muore all’ospedale di Cremona il 30 gennaio 2015, circondato dall’affetto dei suoi cari. È Federico a raccontare quanto sono diventati forti i legami in famiglia proprio nell’ultimo tratto dell’esistenza terrena di suo fratello. 47 E se il primo miracolo è stato che Gian è morto sereno, il secondo è stato che la famiglia ha continuato a sentirlo vivo, anche dopo la sua partenza, sebbene in modo nuovo. Il suo nome, i suoi occhi pieni di Dio, il suo sorriso contagioso hanno ormai varcato le soglie della sua casa di Sospiro per raggiungere tanti ragazzi e ragazze come lui, ma anche tanti adulti, che conoscendolo si innamorano di Gesù. E la sua malattia non è stata vana. Don Marco: “Gian è il sorriso di Dio all’umanità afflitta, se riusciamo ad entrare in quel sorriso possiamo scoprire il segreto della felicità”. E ancora: “Sono prete, ma Gian mi ha convertito”. Biografia tratta, con adattamenti, dal testo: sr. Dolores Boitor e Cecilia Galatolo (a cura di), Diario della felicità. Il profumo della vita eterna. Storie per ritrovare la speranza, Ed. Mimep-Docete, 2019, pp. 225 – 235. 49 Carlotta Nobile (1988 – 2016) www.carlottanobile.it L’angelo del violino, dal tumore alla fede 50 Identikit di CarloTTA in poche righe Il suo curriculum sembra quello di una professionista di lungo corso: violinista nota a livello nazionale, con esperienze di studio anche a Londra e Salisburgo, direttrice artistica dell’Orchestra da camera della sua città (Benevento), storica dell’arte, scrittrice e blogger. E invece Carlotta Nobile ha fatto tutto questo e molto di più in soli 24 anni: l’età in cui un cancro, scoperto 20 mesi prima, se l’è portata via, insieme al suo volto dai tratti delicati e ai lunghi capelli biondi. Il suo violino, la sua musica sono le armi “della lotta di Carlotta per la vita: una battaglia che racconta su Facebook e nel blog anonimo “Il Cancro E Poi”. Anziché cedere alla disperazione, pensa a chi ha avuto la sua stessa sorte: durante la malattia aderisce ai “Donatori di Musica”, rete di solidarietà impegnata nel portare note di speranza nei reparti oncologici italiani. Carlotta proviene da una famiglia aristocratica, non è praticante, non ha mai aderito ad associazioni e movimenti. Eppure, c’è una risorsa ancora più grande che Carlotta scopre dentro di sé, il 4 marzo 2013, al risveglio da una crisi che la costringe al ricovero: un’adesione piena e radicale alla fede cristiana, che la ragazza sviluppa idealmente accompagnata dal neoeletto papa Francesco (a cui scriverà una commossa lettera, ma che non riuscirà purtroppo a incontrare). Muore il 16 luglio dello stesso anno. Tra le sue ultime parole, il padre sente sussurrare: «Signore, ti ringrazio. Signore, ti ringrazio. Signore, ti ringrazio». Raccontata da media cattolici e laici, la sua storia si diffonde in vari Paesi. Carlotta Nobile 51 Nel febbraio 2018 Carlotta è stata inserita tra i testimoni del Sinodo sui giovani. Due proposte di lettura: Rizzo Filomena, Scarafoni Paolo, In un attimo l’infinito. Carlotta Nobile, Paoline Editoriale Libri 2017 Maniglia Andrea, Lo spartito di Dio. Biografia di Carlotta Nobile, Tau editore 2021 Cenni biografici e appunti di spiritualità Una personalità poliedrica: violino, scrittura, arte, … Carlotta Nobile nasce a Roma il 20 dicembre 1988, da papà Vittorio e mamma Adelina, dopo otto anni di attesa. Nei primi anni di matrimonio, infatti, i due coniugi non riuscivano ad avere bambini e così, durante un pellegrinaggio a Medjugorje, avevano chiesto in dono alla Madonna un figlio. Quando la mamma rimane incinta, la mistica Madre Raffaelina Borruto dice della piccola in grembo (ancora non si conosceva neanche il sesso) che sarebbe stata una “donna eccezionale”. In effetti, fin da bambina, Carlotta si rivela ricca di talenti. 52 Verso una carriera brillante A spiccare, in particolar modo, la sua abilità di suonare magistralmente il violino (si diploma al conservatorio a soli 17 anni) e questa passione, trasmessale dalla mamma, la porta a intraprendere già da giovanissima una brillante carriera a livello nazionale e non solo. Frequenta le migliori accademie europee e vince numerosi concorsi. Carlotta è una ragazza diligente, intelligente, curiosa e sensibile. Frequenta con profitto il liceo classico, le piace scrivere (pubblica il suo primo libro a soli 16 anni) e si interessa di arte. “Amava cercare il bello ovunque si trovasse”, dice di lei, ricordandola, il fratello Matteo. La passione per l’arte la porta a intraprendere un corso di laurea in Storia dell’arte, alla Sapienza di Roma, ottenendo il massimo dei voti, con tanto di lode. Poi perfeziona gli studi a New York e a Cambridge. Presa da mille progetti e dalle sue passioni, in adolescenza dimentica la fede ricevuta da bambina e insegue i propri sogni caparbiamente, mettendo Dio un po’ in secondo piano. Tenace, ambiziosa, con le idee chiare, Carlotta pretende sempre il massimo da sé stessa: non si fa sconti ed è in grado di raggiungere con successo gli obiettivi che si prefissa. A soli ventun anni diventa direttore artistico dell’Accademia Santa Sofia di Benevento, dedicando a quell’impegno massima dedizione, prefiggendosi di far crescere la realtà di Santa Sofia e di farla conoscere oltre i confini regionali. Indubbiamente, ci sono tutte le premesse per una carriera brillante in diversi campi, tanto più perché Carlotta ha una tendenza al perfezionismo: “L’amore intorno, la disciplina dentro”, questo era il suo motto. Carlotta Nobile 53 La vita sembra andarle davvero a gonfie vele, ma … arriva “il fulmine a ciel sereno” … ma nel pieno dei suoi 22 anni, il 5 ottobre 2011, ecco piombarle addosso, come una doccia gelida, la diagnosi di un melanoma di terzo grado, che Carlotta non riesce ad accettare. Quella malattia, assolutamente imprevista e di certo non contemplata nei suoi tanti progetti di vita, la porta ad arrabbiarsi fervidamente per “un destino ingiusto”. Carlotta è consapevole che, da quel momento in poi, ci saranno per sempre un prima e un dopo, rispetto a quella terribile sentenza. Vede il tumore come una “punizione”: una punizione che, però, lei non crede di meritare. Inizia a chiedersi spesso: “Perché a me? Che ho fatto per meritare questo dolore? Io ho sempre studiato, non ho mai fatto del male a nessuno...”. Il primo mese della malattia, Carlotta pone queste domande ai suoi genitori, che non sanno rispondere. Il fratello, però, che all’epoca aveva 14 anni, si permette di dirle: “Carlotta, ma tu pensi che questa malattia sia una punizione? In realtà questa è una sfida che Dio ti dà per migliorare te stessa e dalla quale tu uscirai più forte di prima”. Carlotta cerca risposte al suo dolore, ma al contempo odia anche l’idea di poter essere compatita e quindi prosegue la sua carriera senza rivelare quasi a nessuno le proprie condizioni di salute. 54 A sapere del male di Carlotta erano davvero in pochi, ma quei pochi che sapevano, intorno alla famiglia, cominciano a pregare perché Carlotta ottenga la fede. “La storia di Carlotta – afferma il fratello – è una storia bella perché insegna il valore della preghiera, l’efficacia della preghiera”. Infatti, seppure non subito, la fede chiesta per lei dalle persone care arriverà, in un modo particolare, quasi impensabile … e cambierà ogni cosa. Non molto tempo dopo l’esordio del male, Carlotta riceve una notizia molto positiva: sembra che sia riuscita a guarire, che non ci sia più traccia del tumore. È una notizia meravigliosa, che la solleva. Tuttavia, la sua felicità viene guastata molto presto, nel marzo del 2012, quando arriva una diagnosi ben peggiore della prima: il melanoma si è metastatizzato, iniziando a intaccare anche gli altri organi. Inizia una nuova … “carriera”: inizia la sfida più grande di tutta la sua vita La guarigione, ora, sembra più difficile da sperare e Carlotta piomba ancor di più nell’angoscia. Si accorge ed ammette che non può più tenere tutto dentro: è troppo grande la sua sofferenza per poterla affrontare da sola. Inizia a sentire il desiderio di ricevere conforto e donarlo lei per prima ad altre persone che si trovano nella stessa situazione. Per questo motivo, ad aprile 2012, crea “Il Cancro E Poi_”, un blog anonimo pensato per permettere a tanti malati che Carlotta Nobile 55 si sentono soli di condividere paure, speranze, sensazioni, pensieri, fatiche. Una volta, scrive “Perché non a me?”, qualcuno le risponde: “Perché non a me?”. Questa frase comincia a scavare qualcosa dentro di lei, la porta a fare un percorso: capisce che tutto ciò che aveva avuto fino a quel momento forse era servito proprio a prepararla a quella che si presentava come la sfida più grande di tutta la sua vita. E così, a poco a poco, lo sguardo di Carlotta sulla malattia cambia. In quella piattaforma si trova spesso a incoraggiare e spronare chi soffre come lei, invitando a non vedere il cancro come una sconfitta, ma a riconoscere ciò che può insegnare. Inizia a non vedere più il tumore come un “nemico”, ma come un “maestro”. Carlotta non abbandona i suoi sogni e si divide tra concerti e ospedali. Senza rivelare di essere malata, si reca nei reparti oncologici a suonare, aderendo all’iniziativa “Donatori di musica”, per portare sollievo a chi soffre del suo stesso male. Racconta entusiasta ai famigliari il clima che la musica riesce a creare perfino in un reparto oncologico. Carlotta trova commovente vedere persone in pigiama, stanche, provate, che tuttavia si mettono in ascolto, si lasciano toccare dalle note, si dimenticano, per qualche ora, di essere malate. 56 L’incontro più importante della sua vita Il 4 marzo, Carlotta si trovava a Milano per curarsi, durante un momento drammatico, fa l’incontro più importante della sua vita. Infatti, ad un certo punto, entra in coma, a causa di una crisi cerebrale (dovuta alle metastasi che avevano iniziato ad intaccare il cervello) perde conoscenza in pochi minuti, ma al risveglio … ogni cosa in lei è cambiata. In quei pochi minuti di “assenza”, sente di aver ricevuto una vera e propria illuminazione e di aver capito quanto Gesù Cristo la ami. “Io sono guarita nell’anima – dirà – In un istante, in un giorno qualunque, al risveglio da una crisi. Ho riaperto gli occhi ed ero un’altra. E questo è un miracolo”. Il suo cuore, da allora, viene trasformato radicalmente. Dopo quella “conversione istantanea” (che ricorda un po’ san Paolo sulla via di damasco), Carlotta guadagna una fede ferra e intensissima, che inizia a mostrare fervidamente. L’angelo del violino: dal tumore alla fede La mamma racconta che era stato difficile, fino a quel momento, dialogare con Carlotta della sua malattia, perché lei preferiva che non se ne parlasse troppo e avevano trovato un compromesso: se avevano bisogno di aprirsi, lo facevano tramite messaggini sul telefono. Dal 4 marzo, i messaggi di Carlotta alla mamma cambiano. Si capisce che ha iniziato a nutrirsi di Dio, tanto che si trova a dire: Carlotta Nobile 57 “Che bello che mi è arrivata la fede! Come facevo senza? Che vita ignobile! Che vita arida senza fede! Senza fiducia e abbandono a Dio”. “Carlotta ricevette proprio un’illuminazione da parte dello Spirito Santo”, afferma il fratello nelle occasioni in cui è chiamato a dare testimonianza sulla storia della sorella. Per lei, in un attimo tutto è cambiato: con la grazia di Dio è passata “dalla complicazione, alla semplicità, dalla ricerca alla pace, dal buio alla luce”, come afferma don Paolo Scarafoni, in un docu-film dedicato a Carlotta. La ragazza capisce che la fede non è un insieme di regole o di dogmi da accettare, è anzitutto un incontro di amore con Cristo. L’ultimo periodo della malattia, quello più difficile, quello che avrebbe dovuto portarla ad abbattersi ancora più di prima, diventa invece il momento più prezioso della sua vita, in cui sperimentare una gioia nuova, in cui trovare una serenità mai conosciuta prima. “Io non so più neanche quanti centimetri di cicatrici chirurgiche ho - arriva a scrivere - Ma li amo tutti: uno per uno, ogni centimetro di pelle incisa che non sarà mai più risanata. Sono questi i punti di innesto delle mie ali”. Carlotta, adesso, non è più arrabbiata, né con la vita, né con Dio, anzi, capisce che dietro alla sua malattia c’è un disegno più grande e afferma: 58 Carlotta Nobile “Ora FINALMENTE sono sana dove non lo ero da due anni, cioè DENTRO, nell’anima”. La gioia vera arriva nella sua vita quando accetta la sua condizione di creatura e si ama in modo nuovo, rispettando i propri limiti. Capisce anche che non è tanto il successo a contare, ma l’amore. Lei che “aveva tutto” prima di ammalarsi, in realtà era priva della cosa più importante: “l’amicizia con il Signore”. Il ruolo di Papa Francesco e la sua “regola di vita” Una tappa fondamentale di questa crescita spirituale è rappresentata dall’omelia di papa Francesco - appena eletto - pronunciata nella Domenica delle Palme di quell’anno, il 2013. Sta parlando ai giovani cui deve lasciare la Croce della Giornata Mondiale della Gioventù e dice: “Voi giovani dovete portare la croce con gioia”. Queste parole colpiscono moltissimo Carlotta, tanto che diventano la sua “regola di vita” nell’ultimo periodo della malattia. Colpita dall’omelia del Papa e spinta dal desiderio di unirsi ancora di più al Signore, Carlotta inizia a sentire forte dentro di sé il desiderio di confessarsi, cosa che non faceva più da anni. È il Venerdì Santo e all’ora di pranzo cerca una chiesa aperta nel centro di Roma (‘‘una missione impossibile” dirà il fratello scherzando). Ne trova solo una, in via del Corso. È la chiesa di San Giacomo e incontra il parroco, don Giuseppe Trappolini. 59 All’una, il sacerdote era indeciso se restare in chiesa oppure andare a casa a pranzare e a riposare, visto che il pomeriggio lo aspettavano le celebrazioni della Passione del Signore. Mentre sta ragionando sul da farsi, ripensa all’incontro avuto con papa Francesco poche ore prima (soltanto il giorno precedente, infatti, aveva avuto la gioia di pranzare assieme al papa con altri parroci e il pontefice aveva detto loro: «è un po’ bruttino vedere queste chiese chiuse, in pausa pranzo. Domani, che è Venerdì Santo, tenete le porte aperte tutto il giorno, anche a pranzo, che qualcuno potrebbe sentire il bisogno di confessarsi …”. E così decide di restare: “Ma sì, facciamo questo sacrificio: rinuncio alla pausa, c’è pure digiuno oggi”. Quindi rimane in chiesa e si mette a pregare. Racconta don Giuseppe: “La porta della mia chiesa era aperta. Verso l’una e trenta, le due, non ricordo bene, entra una ragazza e mi chiede di potersi confessare. Era Carlotta, in compagnia del suo fidanzato, Alessandro”. Oltre alla confessione, Carlotta si apre con don Giuseppe, gli racconta la sua vita, il suo stato d’animo. A lui rivela di essersi domandata, durante l’omelia del Papa: “Qual è la mia croce?” e di essersi risposta: “Il mio tumore, questa è la croce che devo portare con gioia”. Carlotta desidera molto incontrare il papa e affida questo sogno a don Giuseppe. Poco tempo dopo, il Papa telefona in parrocchia, dicendo: “Questa ragazza mi dà coraggio”. Proprio in quel momento, Carlotta stava cadendo in una crisi cerebrale all’ospedale di Carrara e, una volta ripresa cono60 scenza, le appare un Triangolo di luce sulla parete, che lei identifica come la Santa Trinità. Con gioia scrive una lettera al Papa: “Caro Papa Francesco, Tu mi hai cambiato la vita. Io sono onorata e fortunata di poter portare la Croce con Gioia a 24 anni. So che il cancro mi ha guarita nell’anima, sciogliendo tutti i miei grovigli interiori e regalandomi la Fede, la Fiducia, l’Abbandono e una Serenità immensi proprio nel momento di maggior gravità della mia malattia. Io confido nel Signore e, pur nel mio percorso difficile e tormentato, riconosco sempre il Suo aiuto. Caro Papa Francesco, Tu mi hai cambiato la vita. Vorrei rivolgerTi una preghiera ... Avrei un desiderio immenso di conoscerTi e, anche solo per un minuto, pregare il Padre Nostro insieme a Te! «Dacci oggi il nostro pane quotidiano» e «Liberaci dal male» Amen. Affido questo mio sogno a don Giuseppe e confido in Dio! Prega per me Santo Padre. Io prego per Te ogni giorno”. Il giorno dell’elezione di papa Francesco, 13 marzo 2013, Carlotta era rimasta molto colpita dalla semplicità con cui da neo-pontefice aveva chiesto a tutti, in san Pietro, di pregare il Padre Nostro e desiderava recitare quella preghiera con lui. L’incontro tra Carlotta e il papa, però, non avverrà mai, perché a maggio del 2013 Carlotta torna nella sua casa a Benevento, Carlotta Nobile 61 dato che le sue condizioni nel frattempo sono terribilmente peggiorate. Gli ultimi gesti prima dell’incontro con il Signore La sua situazione clinica è disperata: lei lo sa bene. “Tuttavia - ricorda il fratello - Carlotta era felice, gioiosa, saltellava quasi: era contenta di vedermi, di ricostruire con me quel rapporto che avevamo lasciato irrisolto per diversi mesi. Carlotta sapeva bene che quello sarebbe stato l’ultimo periodo della sua vita ma fu quello il periodo più intenso spiritualmente”. In quei mesi, il corpo di Carlotta inizia a non rispondere più ai comandi, ma la sua vita di preghiera cresce e si intensifica. Si ritrova a scrivere spesso a don Giuseppe, dal quale riceve molti consigli spirituali. In particolar modo inizia a dedicarsi alla Coroncina della Divina Misericordia, lasciata da Gesù come eredità alla Chiesa attraverso santa Faustina Kowalska. Inoltre, la aiuta molto a trovare sollievo nelle sue tribolazioni la preghiera del rosario. In quei mesi di agonia, come potevano constatare – meravigliati – i suoi familiari, Carlotta non si lamenta, anzi, dice di provare una profonda gratitudine verso Dio e riesce ad apprezzare ogni istante a sua disposizione. In quel tempo di grande prova, Carlotta cede al malumore una sola volta: prova un dolore atroce e, ancora una volta, ritorna la domanda iniziale: “Perché a me? Cosa ho fatto di male per dover sopportare tanto dolore?”, ma quel 62 Carlotta Nobile momento, durato circa due minuti e mezzo (così sostiene il fratello Matteo) termina con un Padre Nostro, detto tenendosi tutti per mano. Era diventata ormai la sua preghiera preferita. Dopo quei minuti, Carlotta riprende fiducia e torna serena. A inizio luglio, le sue condizioni sono sempre più gravi e confida alla madre di volersi confessare per ricevere la comunione. L’ultimo confessore di Carlotta, padre Gianpiero Canelli, riceve una telefonata e si reca a casa. Trova due genitori provati, preoccupati, mentre la ragazza, invece, è serena: sembrava quasi che dovesse essere lei a dare conforto agli altri, piuttosto che chiederlo. Carlota, che finalmente ha trovato pace, comunica anche ai famigliari, al fidanzato, ai medici, a chiunque entri in contatto con lei la sua serenità. Poco prima di morire, dice al fratello: “Teo, ma lo sai che io ho guadagnato la fede? Quella vera, quella del’affidarsi al Padre?”. Poco prima di morire, il 14 luglio, dice ai familiari: “è finita”, ma intanto sorride. Quella notte, già in difficoltà respiratoria, il padre la sente sussurrare di continuo, guardando il soffitto: “Signore, ti ringrazio. Signore, ti ringrazio. Signore, ti ringrazio”. Ma non era un delirio, al contrario, era lucida e cosciente. Il padre rimane sbalordito e non ha il coraggio di dire nulla, perché capisce che la figlia sta dialogando a cuore aperto con Dio. 63 Poco prima di morire, rivolge ai suoi cari e al fidanzato l’ultimo saluto: “I miei tre uomini meravigliosi: papa, Alessandro e Matteo. La mia dolce mamma” e poi, accarezzando la guancia della mamma: “Cosa voglio di più?! lo sono fortunata”. Muore allo scoccare della mezzanotte del 16 luglio 2016, giorno della Madonna del Carmelo. Ai famigliari piace pensare che la Madonna stessa l’abbia presa per mano, per portarla in Cielo. “Ci ha insegnato a vivere – afferma la mamma – e ci ha insegnato anche a morire”. La sua storia ora corre nel web e nelle televisioni: sta facendo il giro del mondo, dagli Stati Uniti al Sud Sudan, dall’Ungheria al Messico, e continua ad aprire molti cuori e ad avvicinarli a Dio. Nel febbraio 2018, Carlotta è stata inserita dalla Santa Sede tra i “giovani testimoni” per il Sinodo dei Vescovi sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Biografia tratta, con adattamenti, dal testo: sr. Dolores Boitor e Cecilia Galatolo (a cura di), Diario della felicità. Storie di giovani testimoni. Santi della porta accanto, Ed. Mimep-Docete, 2019, pp. 43 – 57. INDICE Presentazione.............................................................. 3 “I Santi della porta accanto” 0 “la classe media della santità”, secondo Papa Francesco........................................ 6 Carlo Acutis...................................................... 9 Sandra Sabattini............................................ 19 Gianluca Firetti.............................................. 37 Carlotta Nobile............................................... 49

Coi tempi e con Don Bosco. Il sistema preventivo nell'educazione della gioventù. Commentato dal Rettor Maggiore Don Fabio Attard XI successore di don Bosco

Autore: 
AA.VV.
Categoria pubblicazione: 
Fuori collana
Anno: 
2025
Numero pagine: 
63
Codice: 
Il sistema preventivo nell’educazione della gioventù Coi tempi e con Don Bosco Commentato dal Rettor Maggiore Don Fabio Attard XI successore di don Bosco Coi tempi e con Don Bosco Il sistema preventivo nell’educazione della gioventù Commentato dal Rettor Maggiore Don Fabio Attard XI successore di don Bosco 3 Caro amico lettore, desideriamo farti dono di un testo ritenuto da don Bosco importantissimo: il “Sistema preventivo nella educazione della gioventù”. Il salesiano Teresio Bosco, studioso e divulgatore della figura di don Bosco, ha scritto che: «don Bosco teneva al sistema preventivo come alla pupilla dei suoi occhi». Don Bosco si domandava, infatti: «Perché al sistema di prevenire con la vigilanza e amorosamente i disordini, si va sostituendo a poco a poco il sistema meno pesante e più spiccio per chi comanda, di bandire leggi che se si sostengono coi castighi accendono odio e fruttano dispiaceri?». Sin dagli inizi don Bosco ideò e sperimentò, nel lavoro educativo con i giovani, il sistema preventivo. Tuttavia, non metteva mai nulla per iscritto. Per molti anni, infatti, i suoi collaboratori insistettero affinché redigesse le sue idee pedagogiche e solo nel 1877 (a 11 anni dalla sua morte) don Bosco scrisse questo testo che gli costò – è sempre il salesiano Teresio Bosco ad affermarlo – «vari giorni continui; lo fece e lo rifece tre volte». Abbiamo invitato, per commentare e attualizzare questo importante testo, don Fabio Attard, Rettor Maggiore e XI Successore di don Bosco. A lui la nostra gratitudine per aver accettato. «Questo metodo, sorto nell’Ottocento, è ancora attuale?», gli è stato chiesto. Don Fabio così risponde: «Siamo eredi di un “sistema” che ha mostrato e continua a mostrare il suo valore positivo in diversi continenti, in contesti multiculturali e multireligiosi. INTRODUZIONE A CURA DELLA FONDAZIONE CNOS-FAP 4 Tuttavia, occorre non dimenticare che si tratta di un “sistema” che richiede una continua riflessione e un costante confronto con la storia di ciascun giovane, mantenendo sempre ferma la sua centralità, come fece e come ci ha insegnato don Bosco: i giovani come beneficiari e protagonisti della missione salesiana». Duvallet, per vent’anni collaboratore dell’Abbé Pierre nell’apostolato di rieducazione dei giovani, rivolgendosi ai Salesiani, ha affermato: «Voi avete opere, collegi, oratori per i giovani, ma non avete che un solo tesoro: la pedagogia di don Bosco. In un mondo in cui i ragazzi sono traditi, disseccati, triturati, strumentalizzati, il Signore vi ha affidato una pedagogia in cui trionfa il rispetto del ragazzo, della sua grandezza e della sua fragilità, della sua dignità di figlio di Dio. Conservatela, rinnovatela, ringiovanitela, arricchitela di tutte le scoperte moderne, adattatela a queste creature del ventesimo secolo e ai loro drammi, che don Bosco non poté conoscere. Ma, per carità, conservatela! Cambiate tutto, perdete, se è il caso, le vostre case, ma conservate questo tesoro, costruendo in migliaia di cuori la maniera di amare e di salvare i ragazzi, che è l’eredità di don Bosco». Norberto Bobbio, uno dei più importanti filosofi e giuristi italiani del Novecento, solo per citare un autore illustre ma non è l’unico, ha espresso pareri lusinghieri su don Bosco e sul suo sistema preventivo: «Il sistema preventivo è una delle più grandi intuizioni pedagogiche dell’Ottocento». E ancora: «Don Bosco ha anticipato il concetto moderno di educazione come prevenzione, non come punizione, mettendo al centro il ragazzo e non la disciplina. [...] La fiducia nell’educabilità di tutti i giovani era una visione profondamente democratica». 5 Un’ultima annotazione per il lettore. Il fascicolo contiene, oltre al testo sul Sistema Preventivo, di cui non possediamo il manoscritto originale, anche quattro preziose lettere autografe di don Bosco; tutti insistono sull’importanza del sistema preventivo. Don Bosco aveva un forte desiderio: “Il Sistema Preventivo sia proprio di noi”. Nel diffondere questo testo, ci auguriamo che esso possa diventare stimolo per i Salesiani e per i laici che hanno a cuore l’educazione dei giovani. Fondazione CNOS-FAP ETS 6 Per educare bisogna scendere con il proprio cuore nel cuore dei giovani e, quando questo risponde, tutta l’educazione è assicurata. 7 9 Il sistema preventivo Commentato dal Rettor Maggiore don Fabio Attard1 1 Attard Fabio, Rettore Maggiore della Congregazione Salesiana, XI successore di Don Bosco, eletto durante il 29° Capitolo Generale della Società di San Francesco di Sales il 25 marzo 2025 e Gran Cancelliere dell’Università Pontificia Salesiana. 10 In maniera generale possiamo dire che la pedagogia che sorregge ogni proposta educativa salesiana, pur con le diversità dei tempi, dei luoghi e delle azioni formative, si rifà agli stili della tradizione educativa salesiana, globalmente compresi in quello che viene detto “Sistema preventivo”. È un termine che indica una formula che era già usata in altre nazioni (Francia, Belgio), che però con don Bosco, specie dopo la pubblicazione de Il sistema preventivo nell’educazione della gioventù (1877), assunse un significato specifico, venendo ad evidenziare soprattutto un modo di educare in cui non si reprimono mancanze od errori, ma piuttosto si fa in modo che non accadano, promovendo tutto ciò che contribuisce ad un buono sviluppo umano degli educandi (Braido, 23-45). In ciò, per un verso, don Bosco si collocava in quel movimento, tipico dopo il Congresso di Vienna (1815), per cui preservare, proteggere, ma anche preparare, premunire, illuminare, istruire, promuovere erano “imperativi” con cui molti volevano caratterizzare la politica, l’economia, la vita giuridica e sociale e l’educazione; per altro verso, don L’educazione è cosa di cuore, e Dio solo ne è padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna se Dio non ce ne insegna l’arte e ce ne dà in mano le chiavi 11 Bosco continuava ed innovava l’inesausta tradizione caritativa cristiana dell’età moderna a favore della gioventù, specie quella delle classi popolari o in condizione di disagio e vulnerabilità (“gioventù povera ed abbandonata”, “giovani poveri e pericolanti”), educandoli con stili improntati ai principi evangelici dell’amore e della misericordia. Don Bosco, ha saputo dare a queste prospettive un’anima ed una certa unità ideale che oggi riconosciamo come il patrimonio che segna la proposta salesiana dovunque. Partendo da questa breve sintesi che offre una visione generale, cerchiamo, prima di tutto, di fare una lettura delle radici del sistema preventivo, cioè su come don Bosco sia arrivato a maturare e codificare il sistema preventivo. Esiste un primo dato sul quale tutti gli studiosi di don Bosco sono concordi e che risulta cruciale per capire l’evolversi del sistema preventivo. Senza dubbio gli scritti di don Bosco sono uno strumento eccezionale per conoscere la sua opera, essendo essi il frutto di varie esperienze concrete della sua vita. Da soli, però, non ci danno quella comprensione nitida e completa del suo «essere» e del suo «operare» che Don Bosco confessa, Torino, 1861. 12 insieme hanno fatto nascere la sua proposta educativa. Il vissuto personale di don Bosco, l’influsso di tante persone sulla formazione del suo carattere, il come poi ha saputo intuire, interpretare e rispondere alle sfide educative durante la propria esperienza all’Oratorio di Valdocco, gettano una luce rivelatoria sul suo pensiero e svelano quelle dimensioni essenziali della sua esperienza personale che segnano in maniera sostanziale il sistema preventivo. Da aggiungere a questa prospettiva l’abbondante testimonianza dei suoi contemporanei che con lui hanno vissuto in maniera vicina questo processo educativo pastorale: «[...] per comprendere l’essere, il pensare e l’operare di don Bosco, il primo sforzo da fare è quello di collocarlo all’interno delle classiche coordinate spazio-temporali, nel contesto storico, pedagogico e religioso (ma anche geografico, politico, culturale, economico, ecclesiale...) in cui è vissuto. In questo vasto quadro la sua figura assume il giusto rilievo, rivela i tratti caratterizzanti, lascia intravedere i molti risvolti, le luci e le ombre che lo apparentano o lo distinguono fra i personaggi del suo tempo» (Fonti Salesiane, XII). Questo modo originale tutto suo, don Bosco lo portava avanti facendo sintesi tra atteggiamenti personali frutto della sua stessa formazione, insieme a scelte valoriali ispirate al vangelo. È un progetto che raccoglie in maniera armoniosa varie dimensioni: pastorale, spirituale e pedagogica. Emerge da questa esperienza di vita un «sistema» che oggi vediamo proposto e vissuto nei vari continenti, in contesti multiculturali e pluri-religiosi. Per sua stessa natura, continua a essere una proposta che ha bisogno di una rinnovata e permanente riflessione poiché educare, cioè ponendo al centro il bene integrale dei giovani, sia come destinatari ma anche come protagonisti, necessariamente richiede un incontro e confronto permanente con la loro storia e le sfide che contiene. Pietro Braido, commentando la struttura del sistema pre13 ventivo, coglie questa dinamica che testimonia la sua “origine” ma anche la sua “originalità”: «[...] anzitutto, l’esposizione del suo aspetto propriamente “pedagogico” non ne esaurisce l’intero ambito: esso, infatti, comprende anche una chiara dimensione pastorale e “spirituale”, in rapporto sia agli educatori che agli educandi» (Braido, 132). Questo primo aspetto ci consegna una visione “integrale” della proposta già nel suo nascere e divenire. Per don Bosco il suo essere pedagogo si fondava su una visione che coglieva e integrava le varie dimensioni della persona, dove l’umano e lo spirituale, la dimensione intellettuale e quella morale, erano solidamente integrate tra di loro. Ponendo il giovane al centro della sua preoccupazione educativa, don Bosco vive l’esperienza di educatore superando una visione frammentata del processo educativo, favorendo un ambiente “familiare” dentro il quale il cammino educativo facilitava con serenità e gradualità l’integrazione delle varie dimensioni. Continua Braido: «In secondo luogo, l’adeguata utilizzazione degli scritti di don Bosco, espressione e dimensione della sua intera esperienza vitale, dovrà essere effettuata, quando occorre, mediante l’interpretazione dei contenuti esplicitamente pedagogici nel loro intreccio con gli altri elementi congruenti: teologici, giuridici, agiografici, “spirituali”, ascetici, organizzativi». (Braido, 132). Questa indicazione, se omessa, oppure non debitamente presa sul serio, rischia di condurre ad una comprensione non completa del sistema preventivo. Qui si tratta di non sottovalutare l’insieme di ispirazioni fondanti che si maturavano nel processo della personale crescita di don Bosco – fin da ragazzo e giovane, durante la sua formazione spirituale e teologica fino al sacerdozio, insieme alla sua esperienza pastorale come giovane sacerdote – perché tale processo è come una fornace che lungo tutta la sua vita lo ha fortemente e continuamente plasmato. Giustamente Braido dice che: «[...] il miglior esegeta di Don Bosco... è Don Bosco stesso». 14 Questo processo, si sorregge sulla sua stessa esperienza personale, in don Bosco, insieme alla centralità della figura del giovane, si percepisce anche attraverso la grande attenzione alla figura dell’educatore. Nelle Memorie dell’Oratorio don Bosco si soffermava in maniera dettagliata sull’influsso delle varie persone che lo avevano aiutato a crescere, cominciando da Mamma Margherita, don Calosso, don Giuseppe Cafasso e tanti altri. In maniera analoga, tali relazioni, così formative, erano considerate da don Bosco come indispensabili nella dinamica tra l’educatore e l’educando: l’educatore è colui che è chiamato a vivere in maniera sana e autentica ciò che vuole che i giovani assumano. Tutta la vita di don Bosco educatore insieme ai suoi scritti fanno perno sul valore di questa permanente attenzione alla testimonianza dell’educatore. Il contributo di chi educa non è né tecnico né teorico. L’educatore marca e forma l’educando, non solo lo informa. La sua presenza risulta essenziale e per questo unica. Queste brevi note introduttive ci danno le prime chiavi essenziali per comprendere il perché dell’attualità del sistema preventivo oggi. Ciò che tuttora noi incontriamo in tutte le parti del mondo ove esista una presenza salesiana è: a) la scelta di una educazione integrale dei giovani; b) educatori chiamati ad essere adulti autentici e vicini ai giovani; c) un insieme di comportamenti e scelte che, prima di essere pensiero teorico, risultano essere frutto di un’esperienza viva atta a plasmare gradualmente il carattere dei giovani. Da queste basi, che per noi rimangono un patrimonio sempre vivo, don Bosco progressivamente configura la sua esperienza educativa, rendendola applicabile nelle sue Case. Prima di passare a commentare gli elementi fondamentali 15 del sistema preventivo, è importante richiamare due punti fermi. Il primo, che consideriamo chiave di lettura fondamentale, ci mostra come ciò che don Bosco ha vissuto ha marcato, e continua a marcare, il sistema preventivo. Chi assume la nobile arte educativa è chiamato ad avere la capacità di favorire la dimensione umanizzante, di voler bene ai giovani, mentre sta offrendo loro un cammino di crescita umana e spirituale in un contesto di affetto, compassione. Per don Bosco vivere questo processo educativo fu un atto di carità, “carità educativa”, cioè essere per loro un “buon pastore”. Alla luce della visione integrale vissuta e comunicata da don Bosco possiamo essenzialmente dire che tale “carità pastorale” si matura in “carità pedagogica”. Nella concretezza della vita, nell’incontro con i giovani bisognosi, chi vive il sistema preventivo cerca di promuovere un ambiente di famiglia e di costruire relazioni e rapporti educativi a misura dei giovani. L’educazione è un’esperienza di accoglienza che si impegna ad aiutare il debole e di accompagnamento che offre coraggio a chi ne ha bisogno. Tale intento, che con affetto ha come obiettivo quello di accompagnarli verso la meta che meritano e che possono raggiungere, si traduce in “carità pedagogica”. La storia ci insegna che tale dimensione non ha confini, non conosce restrizioni e condizionamenti culturali o etnici. È il cuore pastorale dell’educatore che vuole bene al cuore del giovane. Il secondo punto fermo ci dimostra come, coinvolgendo in maniera determinante la figura dell’educatore, il ruolo cruciale della comunità che educa risulta strategico per il sistema preventivo. Don Bosco a Valdocco non portò avanti il sistema preventivo in maniera solitaria, tanto meno in modo verticale o piramidale. In ogni momento della sua vita c’è stata un’attenzione costante nel voler creare una “famiglia” come ambiente, dentro il quale la comunità intera era il soggetto che educa con il cuore del buon pastore. 16 Era una sinergia tra l’educatore e tutta la comunità che gli sta accanto con e per i giovani. Don Bosco fin da subito favorì la collaborazione non solo dei suoi primi Salesiani ma anche di tutti coloro che a Valdocco si sentivano parte integrante della sua missione. In più, non si limitava a raggiungere i giovani come primi beneficiari del sistema preventivo, ma andava oltre, facendo maturare tra di essi il desiderio di diventare futuri educatori. Parafrasando con una immagine molto cara a don Bosco, faceva sì che gli stessi “agnelli” si trasformassero nella maturità in “pastori”, attivi protagonisti nella missione educativa. Qui siamo ben lontani da un sistema rigido, fatto di idee e strutture, che semplicemente vanno applicate indipendentemente dalla vita dei giovani e della loro relazione con gli educatori. Al contrario, assistiamo a un’esperienza che nella sua dinamica interna cerca di restare saldamente connessa con la storia dei giovani, dialogando con il loro tempo e la loro cultura. Una dinamica alimentata dal contributo effettivo e affettivo di ogni educatore e di tutta la comunità. La genialità del sistema preventivo consta nel fatto che oltre alla chiarezza degli obiettivi umanistici, spirituali e morali, don Bosco ha intuito l’importanza di imperniare le relazioni educative sul rapporto umano, sull’importanza di conoscere la storia dei giovani per poter individuare con perspicacia le loro necessità e passare poi a creare quelle condizioni concrete che potessero favorire particolari forme e modalità d’azione e di accompagnamento. È proprio questa, per molti versi, la grandezza della sua opera. (Pellerey, 29-30) I “pilastri” del sistema preventivo: RAGIONE, RELIGIONE, AMOREVOLEZZA 17 In cosa consistono le tre parole che don Bosco considerava come le colonne del sistema preventivo? Cerchiamo di parafrasare in chiave moderna quello che don Bosco intendeva nel suo contesto e che a tutt’oggi continua ad essere un valido sistema educativo volto al bene e alla cura dei più giovani. RAGIONE – La questione antropologica È la prima delle tre colonne definite tali da don Bosco. Egli incardina il pensiero su ciò che comunica umanità, fa dipendere innanzitutto il sistema preventivo da una “scelta antropologica”. Nella sua riflessione su questo primo pilastro, Pellerey scrive che in relazione alle virtù o “competenze nel pensare, quelle che si evidenziano subito, rileggendo le azioni e le parole di don Bosco, sembrano essere quelle che riconducono alla razionalità pratica.” Accertando la presenza della «[...] intelligenza intuitiva: il saper cogliere con immediatezza e pertinenza i problemi educativi presenti nelle situazioni in cui è coinvolto [...] don Bosco ha saputo impostare un sistema di relazioni con i collaboratori e con i giovani dove appare chiaramente la capacità di Volete fare una cosa buona? Educate la gioventù. Volete fare una cosa santa? Educate la gioventù. Volete fare una cosa santissima? Educate la gioventù. Volete fare una cosa divina? Educate la gioventù. Anzi questa, tra le cose divine, è divinissima. 18 persuaderli a sviluppare convinzioni positive di fronte alle istanze delle loro condizioni di vita, attraverso opportune forme di discorso: dalla narrazione, all’esortazione, all’uso dell’analogia, ecc.» (Pellerey, 28-29). «È una “sana antropologia” che fa emergere e favorisce la maturazione di un movimento dove tutti, adulti e giovani, si sentono protagonisti. Possiamo dire che partendo da questa scelta si intuisce come “una razionalità di questo tipo è forse, allora, uno dei segreti per comprendere le sue intuizioni (di don Bosco) e spiegare, oggi, il rispetto, se non l’affetto che ancora molti portano per lui. Essi ne sentono la vicinanza e un possibile modello per un personale sviluppo di senso e di prospettiva esistenziale» (Pellerey, 28) A livello concreto oggi questa chiamata, cioè l’urgenza di far partire relazioni fondate sulla ragione, creando un rapporto trasparente e sano con i giovani, apre la strada per due grossi vantaggi oggi più che mai necessari. Il primo è che il giovane “vede” il bene e la meta che gli si propone. Non si trova davanti all’incertezza con cui molti di loro devono fare i conti a tutti i livelli della loro esistenza, giorno dopo giorno. La fiducia è costruita in maniera ragionevole e accettata con libertà. Il Secondo vantaggio si traduce nel rendere il giovane cosciente del fatto che l’educatore di riferimento ha la consapevolezza delle condizioni nelle quali egli sta vivendo, delle sue difficoltà e delle sfide alle quali è sottoposto. Da qui si costruisce un cammino principalmente segnato dalla fiducia reciproca. Quello che oggi noi chiamiamo “svolta antropologica”, don Bosco l’aveva intuita subito e aveva investito su di essa. Lui che aveva chiara la meta e il fine ultimo della sua missione, poneva come punto di partenza l’urgenza di riconoscere la fatica che i giovani concretamente sentono e vivono. Avendo lui stesso come giovane fatto esperienza di queste vie tortuose e difficili, povere e senza speranza alcuna, don Bosco elaborò una proposta educativa che prendesse le mosse e 19 si fondasse quasi a voler “incarnarsi” nella vita dei giovani, comprendendo le loro condizioni per poi essere testimoni e accompagnatori di proposte valoriali lungo il loro cammino, con gradualità e affetto. RELIGIONE – L’apertura al trascendente Una vera crescita personale, fondata sulla conoscenza di se stessi, può maturarsi in maniera sana e autentica nella misura in cui il giovane si apra come un dono nelle relazioni con gli altri, con il trascendente e con il creato. Il vero servizio educativo riconosce e accompagna il desiderio innato al senso della vita, l’anelito del cuore verso l’alto, verso il trascendente. La presenza di adulti significativi che con rispetto e con pazienza sappiano offrire cammini di maturazione nel cuore dei giovani, che favoriscano convinzioni e atteggiamenti positivi verso se stessi, gli altri, il trascendente e il creato, è una dinamica che in un clima “ragionevole” predispone e anticipa la “proposta religiosa” in considerazione della situazione di ogni giovane, della sua storia, nel pieno rispetto di ogni cultura e in dialogo con ogni tipo di appartenenza religiosa. Nel contesto odierno dove la ricerca del senso sta segnando fortemente la vita dei giovani, ogni proposta religiosa, ogni cammino che “educa” il cuore verso il trascendente, essendo il tutto vissuto “ragionevolmente” e in pieno ri- Si otterrà più con uno sguardo di carità, con una parola di incoraggiamento che di fiducia al cuore, che con molti rimproveri, i quali non fanno che inquietare. 20 spetto alla storia di ogni giovane, diventa un dono alla propria crescita integrale. La proposta religiosa, lungi dall’essere imposizione, diventa una opportunità dove ai giovani è offerta la bellezza della sacralità, in un clima di fiducia, con adulti credibili che accompagnano il cammino. Il contributo della componente religiosa favorisce e chiede un dialogo con la ragione. Il connubio tra “ragione” e “religione” fa scoprire il senso alla vita, impegna i giovani verso tutto ciò che rende la stessa vita ancora più umana, fraterna e bella. In questa ottica, la “religione” nella dinamica del sistema preventivo, è una proposta pastorale e spirituale serena, rispettosa, non si esaurisce in un ritualismo sterile, non crea separazione e distinzione, cerca di mirare all’essenziale – amare Dio e il prossimo come se stessi – specialmente in contesti multireligiosi come anche in contesti post-cristiani. AMOREVOLEZZA – La carità accogliente e l’accompagnamento affettivo nel cammino educativo Una caratteristica che immediatamente si coglie nella vita come anche negli scritti di don Bosco, vergati nei suoi ultimi anni di vita – Lettera da Roma (1884) e le 3 Lettere ai Salesiani dell’America Latina (1885) – è quella dell’amorevolezza. Don Bosco era consapevole che il presupposto delle prime due colonne, ragione e religione, sarebbero diventate davvero significative ed efficaci in un contesto caratterizzato dall’affetto, dall’amorevolezza. Il cuore del giovane, prima di tutto, si conquista per mezzo di una vicinanza basata sul volergli bene, sull’affetto. Ogni relazione educativa, finalizzata alla crescita umana, spirituale e morale, ha bisogno di un ambiente che supporti ed incoraggi il cammino in modo ragionevole e attraverso il vissuto di valori trascendentali. Sentirsi amati in maniera sana da parte di un adulto, con 21 rispetto e incondizionatamente, è fondamentale affinché si maturino convinzioni e atteggiamenti positivi nel cuore del giovane, che poi si traducano in valori di fraternità e solidarietà. L’amore e l’affetto ricevuto da parte dei giovani diventa non solo un dono positivamente colto, ma anche come un paradigma da imitare. Qui entra in gioco la percezione di un ambiente che accoglie e accompagna senza porre condizioni e di adulti che in maniera coerente vivono ciò che comunicano. È una grande insegnamento di don Bosco che fa dell’amore educativo, la “carità educativa”, una forza che supporta e conforta i giovani nella paura del fallimento proiettandoli verso un vissuto sano, generoso e gioioso. L’esperienza conferma che la presenza di adulti veramente appassionati nella loro missione educativa fa emergere il meglio che si nasconde nel cuore giovanile perché trova un ambiente positivo e propositivo. L’affetto diventa forza pedagogica ed è percepito come un valore spirituale che i giovani colgono come qualcosa che vale la pena prendere sul serio facendolo diventare parte della propria esistenza. Qui ha davvero senso la frase attribuita a don Bosco che dice che “l’educazione è una cosa del cuore”. Ciò che è fondamentale in ogni vera relazione, specialmente quella educativa, non è tanto l’azione all’educare che può fare la Se volete ottenere molto dai vostri allievi, non mostratevi mai offesi contro alcuno. Tollerate i loro difetti, correggeteli, ma dimenticateli. Mostratevi sempre loro affezionati, e fate conoscere che tutti i vostri sforzi sono diretti a fare del bene alle anime loro. differenza, ma l’attenzione alla persona in quanto tale. La forza dell’incontro dell’educatore con l’educando segnato dalla gratuità imprime significato e valore a tutto ciò che viene dopo. SFIDE E OPPORTUNITÀ – il sistema preventivo in dialogo. La proposta educativa che don Bosco ci ha trasmesso ha nel suo DNA una innata propensione a entrare in dialogo con il contesto dove la si offre, come anche con la vita dei giovani. Se da una parte il sistema preventivo contiene obiettivi chiari che costituiscono una meta ben definita, la crescita integrale dei giovani, allo stesso tempo ha bisogno di stabilire contatto con la storia, l’ambiente, la cultura, cioè con tutto ciò che ha a che fare e che condiziona la vita dei giovani. È opportuno offrire qui, anche se in maniera molto breve, una di queste esperienze per mezzo della quale si vede concretamente questa capacità innata del sistema preventivo di raggiungere i giovani, dovunque si trovano, con la loro diversità religiosa, culturale e altro. È un dono che arricchisce tutti coloro che entrano in contatto con esso, educatori ed educandi, collaboratori e destinatari appartenenti ad altre religioni e credenze o a nessuna. Oggi siamo sempre più convinti che si può condividere la missione salesiana con tutte le persone di buona volontà che desiderano comunicare l’amorevolezza paterna di don Bosco. La ragionevolezza insita nel suo sistema educativo e la sua fiducia In ogni giovane, anche il più disgraziato, c’è un punto accessibile al bene. Dovere primo dell’educatore è di cercare questo punto, questa corda sensibile del cuore e di trarre profitto. 22 23 nelle risorse e negli aneliti dei giovani non ha bisogno di passare attraverso un filtro selezionatore. È una scelta che privilegia i più poveri, segnata dall’impegno per una cultura dell’accoglienza di ogni giovane. È un cammino aperto ai giovani di ogni razza, colore, nazione, cultura e religione. Un esempio dell’esperienza del sistema preventivo all’interno di contesti multireligiosi e multiculturali si può incontrare nella riflessione e nella risposta che i Salesiani di Don Bosco in Francia stanno costantemente condividendo, vivendo e maturando. La riflessione guidata dal salesiano Jean Marie Petitclerc, unita alla partecipazione e al contributo di tanti collaboratori, persone provenienti da diverse confessioni o da nessuna mette in evidenza tre momenti chiave che emergono dalle colonne portanti del sistema preventivo: la pedagogia della fiducia/accoglienza, la pedagogia della speranza e la pedagogia dell’alleanza. La pedagogia della fiducia/accoglienza: consiste nei primi passi che gli educatori compiono per facilitare il contatto con ogni singolo giovane. È uno spazio che genera apertura alle proposte pedagogiche. Una volta che la credibilità dell’educatore è veramente percepita, seguirà la fiducia e la sensazione di sentirsi accolti. Senza questi primi passi, nessun processo educativo può prendere il via. La pedagogia della speranza: le proposte offerte da educatori attenti e specialisti competenti vengono percepite come un’esperienza di accompagnamento, che aiuta il giovane a camminare verso una crescita integrale e una maturazione graduale. La fiducia e l’accoglienza portano i frutti dall’interno di un cammino segnato dalla speranza. Infine, la pedagogia dell’alleanza: promuove una ramificazione di reti che proponga e garantisca ai giovani opportunità affidabili che li aiutino a crescere come cittadini, imparando a esercitare i propri diritti e ad assumersi i propri doveri, partecipando allo sviluppo sano di una cultura 24 della solidarietà, di una società attenta all’altro, al creato. Una cultura che integra il meglio delle tradizioni religiose e del movimento di ogni cuore che cerca, gode e condivide la bontà, l’amore, la solidarietà. Questi tre momenti chiave, alla luce del patrimonio del sistema preventivo, sono una conferma del dono che ci è stato affidato. È una chiamata a continuare a esplorare nuovi modi e mezzi che l’incontro con i giovani ancora oggi ci chiede. Siamo eredi di un “sistema” che ha mostrato e continua a mostrare il suo valore positivo in diversi continenti, in contesti multiculturali e multireligiosi. Tuttavia, occorre non dimenticare che si tratta di un “sistema” che richiede una continua riflessione e un costante confronto con la storia di ciascun giovane, mantenendo sempre ferma la loro centralità, come fece e come ci ha insegnato don Bosco: i giovani come beneficiari e protagonisti della missione salesiana. Don Bosco tra i suoi giovani, Torino, 1861. Quattro manoscritti di Don Bosco sull’importanza del sistema preventivo 1. Lettera scritta il 21 febbraio 1878 al Ministro dell’Interno Francesco Crispi 2. Lettera scritta il 6 agosto 1885 al Vicario apostolico, mons. Giovanni Cagliero 3. Lettera scritta il 10 agosto 1885 per l’Ispettore don Giacomo Costamagna 4. Lettera scritta il 14 agosto 1885 al direttore del Collegio di S. Nicolàs de los Arroyos, don Domenico Tomatis 26 Lettera scritta il 21 febbraio 1878 al Ministro dell’Interno Francesco Crispi - Testo originale 27 1. IL SISTEMA PREVENTIVO APPLICATO TRA I GIOVANI PERICOLANTI (1878) Breve promemoria inviato al ministro dell’Interno Francesco Crispi il 21 febbraio 1878 quale base ‘sopra cui si può regolare il sistema preventivo applicato tra i giovani pericolanti nelle pubbliche vie o nelle case ed ospizi di educazione’. Il sistema preventivo nella educazione della gioventù Due sono i sistemi usati nella educazione morale e civile della gioventù: Repressivo e preventivo. L’uno e l’altro sono applicabili in mezzo alla civile società e nelle case di educazione. Daremo breve cenno in generale sul sistema preventivo da usarsi in mezzo alla civile società; di poi come possa con successo praticarsi nei reclusori, nei collegi, negli ospizi e negli stessi educandati. Sistema preventivo e repressivo in mezzo alla società Il sistema repressivo consiste nel far conoscere le leggi e la pena che esse stabiliscono; di poi l’autorità deve vegliare per conoscere e punire i colpevoli. Questo è il sistema usato nella milizia e in generale fra gli adulti. Ma i giovanetti mancando di istruzione, di riflessione, eccitati dai compagni o dalla irriflessione, si lasciano spesso ciecamente strascinare al disordine pel solo motivo di essere abbandonati. Mentre le leggi vegliano sopra i colpevoli, devonsi certamente usare grandi sollecitudini per diminuirne il numero. 28 29 Quali fanciulli debbano dirsi né pericoli Io credo che si possano chiamare non cattivi ma in pericolo di venir tali coloro che: 1° Dalle città o dai diversi paesi dello stato vanno in altre città e paesi in cerca di lavoro. Per lo più costoro portano seco un po’ di danaro, che consumano in breve tempo. Se poscia non trovano lavoro, versano in vero pericolo di darsi al ladroneccio e cominciare la via che li conduce alla rovina. 2° Quelli che fatti orfani dei genitori non hanno chi li assista quindi rimangono abbandonati al vagabondaggio e alla compagnia dei discoli, mentre una mano amica, una voce caritatevole avrebbe potuto avviarli nel cammino dell’onore e dell’onesto cittadino. 3° Quelli che hanno i genitori i quali non possono o non vogliono prendere cura della loro figliuolanza; perciò li cacciano dalla famiglia o li abbandonano assolutamente. Di questi genitori snaturati purtroppo è grande il numero. 4° I vagabondi che cadono nelle mani della pubblica sicurezza, ma che non sono ancora discoli. Costoro se venissero accolti in un ospizio ove 30 31 siano istruiti, avviati al lavoro, sarebbero certamente tolti alle prigioni e restituiti alla civile società. Provvedimenti L’esperienza ha fatto conoscere che si può efficacemente provvedere a queste quattro categorie di fanciulli: 1° Coi giardini di ricreazione festiva. Coll’amena ricreazione, colla musica, colla ginnastica, colla corsa, coi salti, colla declamazione, col teatrino si raccolgono con molta facilità. Colla scuola serale poi, colla scuola domenicale, col catechismo si dà l’alimento morale proporzionato e indispensabile a questi poveri figli del popolo. 2° In queste adunanze fare indagini per conoscere quelli che sono fuori di padrone, e fare in modo che siano occupati ed assistiti nel lavoro lungo la settimana. 3° Se ne incontrano poi di quelli che sono poveri ed abbandonati, né hanno come vestirsi, né come nutrirsi, né dove dormire la notte. A costoro non si può altrimenti provvedere, se non con Ospizii e case di preservazione, con arti, mestieri ed anche colonie agricole. Ingerenza governativa Il Governo senza assumersi una minuta amministrazione, senza toccar il principio della carità legale può cooperare nei seguenti modi: 1° Somministrar giardini pei tratteni menti festivi; aiutar a fornire le scuole, e i giardini del necessario suppellettile. 32 33 2° Provvedere locali per ospizi, fornirli dei necessari utensili per le arti e mestieri a cui sarebbero applicati i fanciulli ricoverandi. 3° Il Governo lascierebbe libera l’accettazione degli allievi, ma darebbe una diaria ovvero sussidio mensile per coloro che trovandosi nelle condizioni sopra descritte fossero ricoverati. Ciò si farebbe constare o dai certificati dell’autorità civile; o dai fatti delle questure, che assai di frequente incontrano giovanetti che appunto si trovano in questa condizione. 4° Questo sussidio giornaliero sarebbe limitato ad un terzo di quanto costerebbe un giovanetto nei riformatori dello stato. 4° In questo modo il governo aiuterebbe, ma lascierebbe libero il concorso della privata carità dei cittadini. Risultati ottenuti Pigliando per base le carceri correzionali della Generala di Torino, e riducendo la spesa totale per ciascun individuo si può calcolare ad 80 centesimi al giorno. 34 35 Risultati Appoggiato sopra l’esperienza di trenta cinque anni si può constatare che: 1° Molti ragazzi usciti dalle carceri con facilità si avviarono ad un’arte con cui guadagnarsi onestamente il pane della vita. 2° Molti che versavano in estremo pericolo di venir discoli, cominciavano a cagionar molestia agli onesti cittadini, e già davano non leggeri disturbi alle pubbliche autorità; costoro si ritrassero dal pericolo e si posero sulla strada dell’onesto cittadino. 3° Dai registri consta che non meno di cento mila giovanetti assistiti, raccolti, educati con questo sistema Tutti i giovani hanno i loro giorni pericolosi, e voi pure li aveste. Guai se non ci studieremo di aiutarli a passarli in fretta e senza rimprovero. 36 37 impararono chi la musica, chi la scienza letteraria, chi arte o un mestiere, e sono divenuti virtuosi artigiani, commessi di negozio, padroni di Bottega, maestri insegnanti, laboriosi impiegati, e non pochi cuoprono onorifici gradi nella milizia. Molti anche forniti dalla natura di non ordinario ingegno, poterono percorrere i corsi universitarii e si laurearono in Lettere, in matematiche, medicina, leggi, ingegneri, notai, farmacisti e simili. 38 Lettera scritta il 6 agosto 1885 al Vicario apostolico, mons. Giovanni Cagliero - Testo originale 39 2. LETTERA SCRITTA IL 6 AGOSTO 1885 AL VICARIO APOSTOLICO, MONS. GIOVANNI CAGLIERO Mio caro Monsig. Cagliero La tua lettera mi ha fatto un gran piacere, e sebbene la mia vista sia divenuta assai debole, ho voluto leggerla io stesso da capo a fondo, malgrado quella tale calligrafia che dici aver appreso da me, ma che ha degenerato dalla forma primitiva. Alle cose d’amministrazione risponderanno altri per me. Dalla parte mia ti dirò quanto segue. Nello scrivere alla Propag[azione] della Fede, all’Opera della S. Infanzia tieni calcolo di tutto quello che in diversi tempi hanno fatto i Salesiani. Credo abbi teco i moduli di cui devi servirti nello esporre le cose nostre a questi Presidenti, che ricevono volentieri anche gli scritti italiani, qualora si avessero difficoltà nella lingua francese. Se non basta una, scrivi anche più lettere intorno alle escursioni di D. Fagnano, D. Milanesio, D. Beauvoir etc. Si noti particolarmente [il numero de] i battezzati, cresimati, instruiti, ricoverati in passato o al presente. 40 41 Si ritenga che nella esposizione per la Propaganda si dica tutto, ma in generale. Per la Propagazione della Fede, viaggi, commercio e scoperte; per la S. Infanzia si dica minutamente ciò che è relativo ai fanciulli, alle fanciulle, alle Suore od ai Salesiani. Se per caso vi mancassero modelli per tracciare queste relazioni, dimmelo e te ne manderemo. C’è molta propensione di venirci in aiuto. È bene però che di qui io sappia almeno in complesso, quello che scrivete di là, perché posso esserne interrogato ad ogni momento. Riguardo ai Vescovi Coad[iutori] ho bisogno di avere qualche richiesta positiva e in questo momento spero riuscire a qualche cosa. La pratica per una Porpora all’Arcivescovo era assai ben avviata dal Card. Nina; ma ora per nostra disgrazia è passato all’eternità. Ho già toccato altro cantino, e te ne darò cenno 42 43 a suo tempo. Preparo una lettera per D. Costamagna, e per tua norma io toccherò in particolare lo Spirito Salesiano che vogliamo introdurre nelle case di America. Carità, pazienza, dolcezza, non mai rimproveri umilianti, non mai castighi, fare del bene a chi si può, del male a nissuno. Ciò valga pei Salesiani tra loro, fra gli allievi, ed altri, esterni od interni. Per le relazioni colle nostre Suore usa pazienza molta, ma rigore nella osservanza delle loro regole. In generale poi nelle nostre strettezze faremo ogni sacrifizio per venirvi in aiuto; ma raccomanda a tutti di evitare la costruzione o l’acquisto di stabili che non siano strettamente necessari a nostro uso. Non mai cose da rivendersi; non campi o terreni, o abitazioni da farne guadagno pecuniario. Procurate di aiutarci in questo senso. Fate quanto potete per avere vocazioni sia per le Suore e sia pei Salesiani, ma non impegnatevi 44 45 in troppi lavori. Chi troppo vuole nulla stringe e guasta tutto. Avendo occasione di parlare coll’Arcivescovo, con Monsig. Espinosa o ad altri simili personaggi, dirai che sono interamente per loro servizio specialmente riguardo a cose di Roma. Dirai a mia nipote Rosina che abbia molto riguardo alla sanità, che si guardi bene dall’andar sola in Paradiso. Ci vada, sí, ma accompagnata da tante anime da lei salvate. Dio benedica tutti i nostri figli Salesiani, le nostre Sorelle Figlie di Maria Ausiliatrice. Dia a tutti sanità, santità e la perseveranza nel cammino del Cielo. Mattino e sera pregheremo per voi tutti all’altare di Maria; e tu prega anche per questo povero semicieco che ti sarà sempre in G.C. Vostro aff.mo in G.C. Sac. GIO. BOSCO Torino 6 agosto 1885 PS. Una moltitudine innumerabile dimandano essere a te nominati e fanno loro ossequi. 46 Lettera scritta il 10 agosto 1885 per l’Ispettore don Giacomo Costamagna - Testo originale 47 3. LETTERA SCRITTA IL 10 AGOSTO 1885 PER L’ISPETTORE DON GIACOMO COSTAMAGNA Caro e sempre amato D. Costamagna L’epoca de’ nostri esercizi spirituali si va avvicinando, ed io che mi vedo in cadente età vorrei potere aver meco tutti i miei figli e le nostre consorelle di America. Ciò non essendo possibile ho divisato di scrivere a te una lettera che possa a te, ad altri nostri confratelli servire di norma a diventare veri Salesiani nei vostri esercizi che pur non sono gran fatto dai nostri lontani. Prima di ogni cosa dobbiamo benedire e ringraziare il Signore che colla sapienza e potenza sua ci ha ajutati a superare molte e gravi difficoltà che da noi soli ne eravamo veramente incapaci. Te Deum, Ave Maria. Di poi vorrei a tutti fare io stesso una predica o meglio una conferenza sullo spirito salesiano che deve animare e guidare le nostre azioni ed ogni nostro discorso. Il sistema preventivo sia proprio di noi. Non mai castighi penali; non mai parole umilianti, non rimproveri severi in presenza altrui. Ma nelle classi suoni la parola 48 49 dolcezza, carità e pazienza. Non mai parole mordaci, non mai uno schiaffo grave o leggero. Si faccia uso dei castighi negativi, e sempre in modo che coloro che siano avvisati, diventino amici nostri più di prima, e non partano mai avviliti da noi. Non si facciano mai mormorazioni contro alle disposizioni dei superiori, ma siano tollerate le cose che non siano di nostro gusto, o siano penibili o spiacenti. Ogni Salesiano si faccia amico di tutti, non cerchi mai far vendetta; sia facile a perdonare, ma non richiamar le cose già una volta perdonate. Non siano mai biasimati gli ordini dei superiori, ed ognuno studi di dare e promuovere il buon esempio. Si inculchi a tutti e si raccomandi costantemente di promuovere le vocazioni religiose tanto delle suore quanto dei confratelli. La dolcezza nel parlare, nell’operare, nell´avvisare guadagna tutto e tutti. Questa sarebbe la traccia tua e degli altri 50 51 che avranno parte nella prossima predicazione degli esercizi. Dare a tutti molta libertà e molta confidenza. Chi volesse scrivere al suo superiore, o da lui ricevesse qualche lettera, non sia assolutamente letta da alcuno, ad eccezione che colui che la riceve, tale cosa desiderasse. Nei punti più difficili io consiglio caldamente gli inspettori ed i direttori di fare apposite conferenze. Anzi io mi raccomando che D. Vespignani sia ben al chiaro in queste cose e le spieghi ai suoi novizi o candidati colla dovuta prudenza. Per quanto mi è possibile desidero di lasciare la congregazione senza imbarazzi. Perciò ho in animo di stabilire un mio Vicario Generale che sia un alter ego per l’Europa, ed un altro per l’America. Ma a questo riguardo riceverai a suo tempo istruzioni opportune. È assai opportuno che tu qualche volta lungo l›anno raduni i direttori della tua Ispettoria per suggerire le norme pratiche qui sopra 52 53 indicate. Leggere ed inculcare la lettura e la conoscenza delle nostre regole, specialmente il capo che parla delle pratiche di pietà, l’introduzione che ho fatto alle nostre regole stesse e le deliberazioni prese nei nostri capitoli generali o particolari. Tu vedi che le mie parole dimanderebbero molta spiegazione, ma tu sei certamente in grado di capire ed ove occorra comunicare ai nostri confratelli. Appena tu possa presentati a M. Arciv., Mr. [E]spinosa, a’ suoi Vic. Generali, D. Carranza, Dott. Terrero ed altri amici e farai a tutti e ciascuno umili ed affettuosi ossequii come se io parlassi ad un solo. Dio ti benedica, o caro D. Costamagna, e con te benedica e conservi in buona salute tutti i nostri confratelli e consorelle, e Maria Ausiliatrice vi guidi tutti per la via del cielo. Amen. Pregate tutti per me. Vostro aff.mo in G.C. Sac. GIO. BOSCO Torino 10 ag. 85 54 Lettera scritta il 14 agosto 1885 al direttore del Collegio di S. Nicolàs de los Arroyos, don Domenico Tomatis - Testo originale 55 4. LETTERA SCRITTA IL 14 AGOSTO 1885 AL DIRETTORE DEL COLLEGIO DI S. NICOLÀS DE LOS ARROYOS, DON DOMENICO TOMATIS Mio caro D. Tomatis, Il ricevere tanto di rado di tue lettere mi fa giudicare che hai molto da fare; io lo credo; ma il dare di tue notizie al tuo caro D. Bosco merita certamente di essere fra gli affari da non trascurarsi. Che cosa scrivere? tu mi dirai. Scrivere della tua sanità e della sanità dei nostri confratelli; se le regole della congregazione sono fedelmente osservate; se si fa e come si fa l’esercizio della buona morte. Numero degli allievi e speranze che ti danno di buona riuscita. Fai qualche cosa per coltivare le vocazioni, ne hai qualche speranza? Mons. Ceccarelli è sempre amico dei salesiani? Queste risposte le attendo con gran piacere. Siccome la mia vita corre a grandi passi al suo termine, così le cose che voglio scriverti in questa lettera son quelle che ti raccomanderei negli ultimi giorni di esiglio: mio testamento per te. Caro D. Tomatis: tien fisso nella mente che ti sei fatto salesiano per salvarti; predica e raccomanda a tutti i nostri confratelli la medesima verità. Ricordati che non basta sapere le cose ma bisogna praticarle. Dio ci aiuti che non siano per noi le parole del Salvatore: Dicunt enim et non faciunt. 56 57 Procura di vedere gli affari tuoi cogli occhi tuoi. Quando taluno fa mancamenti, o trascuratezze, avvisalo prontamente senza attendere che siano moltiplicati i mali. Colla tua esemplare maniera di vivere, colla carità nel parlare, nel comandare, nel sopportare i difetti altrui, si guadagneranno molti alla congregazione. Raccomanda costantemente frequenza dei sacramenti della confessione e comunione. Le virtù che ti renderanno felice nel tempo e nella eternità sono: l’umiltà e la carità. Sii sempre l’amico, il padre, dei nostri confratelli; aiutali in tutto quello che puoi nelle cose spirituali e temporali; ma sappi servirti di loro in tutto quello che può giovare alla maggior gloria di Dio. Ogni pensiero che esprimo in questo foglio ha bisogno di essere alquanto spiegato. Tu puoi ciò fare per te e per gli altri. Dio ti benedica, o sempre mio caro D. Tomatis; fa un cordialissimo saluto a tutti i nostri confratelli, amici e benefattori. Di’ che ogni mattina nella santa Messa prego per loro, e che mi raccomando umilmente alle preghiere di tutti. Dio faccia che possiamo ancora vederci in questo esiglio mortale, ma che possiamo poi un giorno lodare 58 59 il santo nome di Gesù e di Maria nella beata eternità. Amen. Fra breve tempo ti scriverò o farò scrivere altre cose di qualche importanza. Maria ci tenga tutti fermi e ci guidi per la via del cielo. Amen. Vostro aff.mo in G.C. Sac. GIO. BOSCO Mathi 14 agosto 1885 60 Don Bosco: un santo che conquista 1815: Don Bosco nasce ai Becchi – Asti (16 agosto). 1817: Giovannino a due anni perde il padre. 1825: Giovannino vede prefigurata in un “sogno” la sua missione. 1835: Veste l’abito chiericale ed entra in seminario. 1841: Don Bosco è ordinato sacerdote a Torino (5 giugno). 1841: Don Bosco inizia con il catechismo il suo apostolato giovanile in Torino (8 dicembre). 1845: Don Bosco inizia le scuole serali. 1846: Don Bosco si stabilisce a Valdocco (12 aprile). 1847: Apre un secondo oratorio a Torino-Porta Nuova. 1852: Don Bosco riconosciuto dal suo vescovo direttore di tre Oratori in Torino (31 marzo). 1853: Don Bosco apre le scuole professionali interne, fonda la sua prima banda musicale e lancia con le “Letture Cattoliche” la sua prima rivista popolare. 1854: Chiama “Salesiani” i suoi aiutanti (26 gennaio). 1854: Incontra Domenico Savio (2 ottobre). 1855: Il chierico Rua emette i voti privati nelle mani di Don Bosco (25 marzo). 1856: Muore Mamma Margherita (25 novembre). 1857: Muore Domenico Savio (9 marzo). 1858: Prima visita di Don Bosco a Roma e al Papa. 1859: Don Bosco comunica la decisione di fondare la Congregazione Salesiana (9 dicembre). 1859: Don Bosco costituisce il primo Capitolo Superiore salesiano (18 dicembre). 1860: 26 salesiani sottoscrivono le Regole della Congregazione (12 giugno). 61 1860: Don Bosco accetta fra i salesiani il primo laico: il coadiutore Giuseppe Rossi. 1861: Don Bosco apre la prima tipografia. 1862: i primi 22 salesiani emettono la professione nelle mani di Don Bosco (14 maggio). 1863: Don Bosco apre la prima casa a Mirabello Monferrato (20 ottobre). 1864: La Congregazione Salesiana riceve il 1° riconoscimento della Santa Sede (23 luglio). 1870: Prima casa aperta fuori Piemonte, ad Alassio, provincia di Savona (settembre). 1872: Viene fondato a Mornese l’Istituto delle FMA (5 agosto). 1874: La Santa Sede approva le Costituzioni salesiane (3 aprile). 1875: La prima spedizione missionaria salesiana parte per l’America (11 novembre). 1875: Viene aperta la prima casa salesiana a Nizza, Francia (21 novembre). 1876: La Santa Sede approva l’Associazione dei Cooperatori Salesiani (9 maggio). 1877: Don Bosco pubblica il primo numero del Bollettino Salesiano (agosto). 1877: Le FMA aprono la prima casa fuori Italia (a Nizza, Francia) (1 settembre). 1877: I Salesiani tengono il loro primo Capitolo Generale (5 settembre). 1877: Le prime sei FMA partono dall’Italia per le missioni d’America (14 novembre). 1879: Primo contatto dei missionari salesiani con gli Indios della Patagonia. 1880: Salesiani e FMA aprono le prime opere missionarie nella Patagonia (Argentina). 1881: Inizio dell’opera salesiana in Spagna. 1883: Visita di Don Bosco in Francia (febbraio - maggio). 1883: Inizio dell’opera salesiana in Brasile (14 luglio). 1884: Le FMA tengono il loro primo Capitolo Generale. 1884: Il primo salesiano Vescovo, mons. Giovanni Cagliero (7 dicembre). 1886: Visita di Don Bosco a Barcellona. 1887: Inizio dell’opera salesiana nel Cile (19 marzo). 1887: Consacrazione della Basilica del Sacro Cuore – Roma (14 maggio). 1888: Don Bosco muore (31 gennaio): lascia 773 Salesiani e 393 Figlie di Maria Ausiliatrice. 1934: Don Bosco è dichiarato santo (1 aprile). ...e la Missione continua 63 BIBLIOGRAFIA B raido P. (Ed.), Don Bosco educatore. Scritti e testimonianze, Roma, LAS, 1992. B raido P., Prevenire non reprimere. Il sistema educativo di don Bosco, Roma, LAS, 1999, p. 132. NannANNi C., Il sistema preventivo di don Bosco, Leumann (TO), ElleDiCi, 2003. Pellerey M., “Il ruolo della ragione nei processi formativi. Un approfondimento della dimensione cognitiva nel quadro del triplice riferimento educativo ‘ragione, religione, amorevolezza’ di don Bosco”, in Rassegna CNOS, 3/2012, pp. 25-39. Pellerey M., “Ragione, religione e amorevolezza e le sfide del laicismo contemporaneo”, in https://www.salesian.online/wp- content/uploads/2020/12/2007-9-Michele-Pellerey-Sintesi- dellintervento-Ragione-religione-e-amorevolezza-e-le-sfide- del-laicismo-contemporaneo.pdf (ultimo accesso ottobre 2025). Petitclerc J.M., “I valori più significativi del Sistema Preventivo”, in AA. VV., Sistema preventivo e diritti umani, Roma, 2009. Prellezo J.M., Sistema educativo ed esperienza oratoriana di don Bosco, Leumann (TO), ElleDiCi, 2000. Stella P., Don Bosco, Bologna, Il Mulino, 2001. VeccCChi J. – J.M. Prellezo (Edd.), Prassi educativa pastorale e scienze dell’educazione, Roma, Editrice SDB, 1988. Vigan ò E., “Nuova Educazione”, in ACG n. 337, 1991, https://www.sdb.org/it/RM_Risorse/ACG_Lettere/Don_Vigano/NUOVA_EDUCAZIONE (ultimo accesso ottobre 2025) Wirth M., Da don Bosco ai nostri giorni, Roma, LAS, 2000. Fonti Salesiane. Vol. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica. Roma - LAS, 2014, pp. XXVI – XXXVII. Pastorale Giovanile Salesiana. Quadro di riferimento, Dipartimento di Pastorale Giovanile Salesiana, Roma, 20143, cfr Capitoli IV e V. Collana “Coi tempi e con Don Bosco” • Contratto di apprendizzaggio • Lettera da Roma • Il sistema preventivo nell’educazione della gioventù • Don Bosco scrittore • Don Bosco protagonista nella società civile • Don Bosco imprenditore Fondazione CNOS-FAP Sede: Via Appia Antica, 78 - 00179 Roma tel. 06 51.07.751 (r.a.) - fax 06 51.37.028 e-mail: cnosfap.nazionale@cnos-fap.it sito: www.cnos-fap.it

La Formazione Professionale in Campania

Autore: 
Gotti E. - Salerno G.M.
Categoria pubblicazione: 
Fuori collana
Anno: 
2025
Numero pagine: 
48
Codice: 

La Formazione Professionale in Puglia

Autore: 
Gotti E. - Salerno G.M.
Categoria pubblicazione: 
Fuori collana
Anno: 
2025
Numero pagine: 
45
Codice: 

I Santi della porta accanto. Un viaggio al centro del cuore umano Volume 2

Autore: 
CNOS-FAP
Categoria pubblicazione: 
Fuori collana
Anno: 
2025
Numero pagine: 
80
Codice: 
i santi della porta accanto Un viaggio al centro del cuOre umano 2 Edizione a cura della Fondazione CNOS-FAP ETS I.S. Tutti i diritti sono riservati Giugno 2025 Progetto grafico e stampa: Tipografia Giammarioli Via Enrico Fermi, 10 - 00044 Frascati (Roma) Tel. 06.942.03.10 posta@tipografiagiammarioli.com www.tipografiagiammarioli.com 3 Vivere da furbi o da santi? Se la vita è una fregatura allora se la caveranno i furbi. Se la vita è una promessa, invece, se la caveranno i santi. osì si esprime don Simone Riva, sacerdote ambrosiano, nel presentare storie di giovani che si sono lasciati coinvolgere da Cristo. Anche le pagine di questo libro vogliono dare testimonianza di giovani che hanno fatto di Cristo il centro della loro vita. In un mondo che vorrebbe tutti “fotocopie”, continua ancora don Simone Riva, lo Spirito Santo non manca di suscitare dei veri e propri “originali” di Colui che ha mostrato a tutti cosa significhi essere donne o uomini autentici. Ecco, quindi, la presentazione di “quattro originali”: ◗ Pier Giorgio Frassati: un vero apripista della santità ordinaria, laica e giovane ◗ Clare Crockett: giovane donna che da attrice si fa suora, perché “sedotta da Cristo” ◗ Claudio Contarin: in una vita ordinaria inserisce Cristo e invita tutti ad avere “sete di Dio” ◗ Chiara Luce Badano: un vero sorriso di Dio in terra che è diventata luce per tanti. C PresentazionE 4 Leggendo questo testo, forse, non si impareranno cose nuove, ma si vedranno le cose nuove dentro la carne viva di questi “quattro originali” di cui ci viene descritta la loro breve vita. E … alla fine … confrontandoci con le loro scelte potremo verificare se la vita che stiamo vivendo è una vita da furbi o una vita da santi. Il libro è rivolto, in primo luogo, ai giovani. I giovani potranno misurarsi con coetanei che hanno percorso strade molto difficili (sofferenza, malattia, inquietudine, difficoltà a fare scelte coraggiose, …) ma sono riusciti a salire sul “monte Calvario” e trovarvi la felicità. Il libro è rivolto anche agli adulti. Scrive Papa Francesco nella Christus vivit (nr. 66-67): Oggi noi adulti corriamo il rischio di fare una lista di disastri, di difetti della gioventù del nostro tempo. […] Lo sguardo attento di chi è stato chiamato ad essere padre, pastore e guida dei giovani consiste nell’individuare la piccola fiamma che continua ad ardere, la canna che sembra spezzarsi ma non si è ancora rotta. È la capacità di individuare percorsi dove altri vedono solo muri, è il saper riconoscere possibilità dove altri vedono solo pericoli. Così è lo sguardo di Dio Padre, capace di valorizzare e alimentare i germi di bene seminati nel cuore dei giovani. 5 I curatori del sussidio si augurano che tutti gli adulti che hanno questo nobile compito educativo possano imparare a cogliere i “germi di bene” che i giovani hanno nella loro vita. Un’ultima annotazione La Chiesa, nel 2025, anno del trentesimo Giubileo della storia, proclamerà santi due nuovi giovani provenienti dalle file dei “santi della porta accanto” e li proporrà modelli e punti di riferimento per i ragazzi e i giovani del mondo: · l’adolescente Carlo Acutis · il giovane Pier Giorgio Frassati 6 apa Francesco, il 19 marzo 2018, pubblica l’Esortazione Apostolica “Gaudete et Exsultate”, l’Esortazione Apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo. Chi sono i “santi della porta accanto?” L’esortazione contiene una riflessione stimolante per giovani e adulti di oggi (6-9). 1. Non pensiamo solo a quelli già beatificati o canonizzati. Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto nel santo popolo fedele di Dio, perché «Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità». Il Signore, nella storia della salvezza, ha salvato un popolo. Non esiste piena identità senza appartenenza a un popolo. Perciò nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità umana: Dio ha voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo. “I Santi della porta accanto” O “la classe media della santità”, secondo Papa Francesco P 7 2. Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”. 3. Lasciamoci stimolare dai segni di santità che il Signore ci presenta attraverso i più umili membri di quel popolo che «partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di Lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità». Pensiamo, come ci suggerisce santa Teresa Benedetta della Croce, che mediante molti di loro si costruisce la vera storia: «Nella notte più oscura sorgono i più grandi profeti e i santi. Tuttavia, la corrente vivificante della vita mistica rimane invisibile. Sicuramente gli avvenimenti decisivi della storia del mondo sono stati essenzialmente influenzati da anime sulle quali nulla viene detto nei libri di storia. E quali siano le anime che dobbiamo ringraziare per gli avvenimenti decisivi della nostra vita personale, è qualcosa che sapremo soltanto nel giorno in cui tutto ciò che è nascosto sarà svelato». 4. La santità è il volto più bello della Chiesa. Ma anche fuori della Chiesa Cattolica e in ambiti molto differenti, lo Spirito suscita «segni della sua presenza, che aiutano gli stessi discepoli di Cristo». D’altra parte, san Giovanni 8 Paolo II ci ha ricordato che «la testimonianza resa a Cristo sino allo spargimento del sangue è divenuta patrimonio comune di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti ». Nella bella commemorazione ecumenica che egli volle celebrare al Colosseo durante il Giubileo del 2000, sostenne che i martiri sono «un’eredità che parla con una voce più alta dei fattori di divisione». La “festa dei santi della porta accanto” Papa Francesco, a partire dal Giubileo del 2025, istituisce la festa dei santi della porta accanto da vivere ogni anno nel giorno 9 novembre, Festa della Dedicazione della Basilica Lateranense. Così Papa Francesco motiva l’istituzione di questa festa nella Lettera del 9 novembre 2024: Mi pare importante che tutte le Chiese particolari ricordino in un’unica data i santi e i beati, come anche i venerabili e i servi di Dio dei rispettivi territori. Non si tratta di inserire una nuova memoria nel calendario liturgico, ma di promuovere con opportune iniziative al di fuori della liturgia, oppure di richiamare all’interno di essa, ad esempio nell’omelia o in altro momento ritenuto opportuno, quelle figure che hanno caratterizzato il percorso cristiano e la spiritualità locale. Ciò permetterà alle singole Comunità diocesane di riscoprire o perpetuare la memoria di straordinari discepoli di Cristo che hanno lasciato un segno vivo della presenza del Signore risorto e sono ancora oggi guide sicure nel comune itinerario verso Dio, proteggendoci e sostenendoci. 9 Pier Giorgio Frassati (1901 – 1925) Il facchino degli sfrattati 10 Identikit di PIER GIORGIO in poche righe Pier Giorgio Frassati, apripista di quella santità ordinaria, laica e giovane che ispirerà migliaia di ragazzi e ragazze, nasce in una delle famiglie più moderne dell’alta borghesia torinese di inizio secolo. Dal padre, fondatore del quotidiano “La Stampa”, senatore e ambasciatore, e dalla madre, affermata pittrice, riceve un’educazione piuttosto rigida. Senza mai rinnegare il suo ceto sociale e l’affetto per i suoi, Pier Giorgio decide di essere un membro vivo detta Chiesa, con tutta la vivacità di un ventenne: è attivo in molte realtà ecclesiali, tra cui l’Azione Cattolica, la Fuci e i Domenicani, di cui è terziario. Il giovane, che vivrà un intenso affetto per una ragazza, Laura Hidalgo, si impegna anche in gruppi culturali e sportivi, tra cui “la Società dei tipi loschi”, da lui fondala con alcuni amici. Appassionato di montagna, incoraggia i compagni dicendo: «Più su andremo, meglio sentiremo la voce di Cristo». Ma è alla San Vincenzo e alla carità per i poveri che dedica le sue migliori energie. Pur appartenendo a una famiglia molto in vista, condivide con i bisognosi ogni genere di beni, che porta nelle catapecchie di periferia. Una dedizione che lo guida anche nella scelta dell’università: «Sarò ingegnere minerario per poter meglio servire Cristo tra i minatori». Si iscrive anche al neonato Partito Popolare perché «la carità non basta, ci vogliono anche le riforme». Una poliomielite fulminante lo porterà alla morte il 6 luglio del 1925, a soli 24 anni. Pier Giorgio Frassati 11 Beatificato da Papa Wojtyla nel 1990, è stato indicato come esempio di misericordia anche da Francesco ai giovani della Giornata mondiale della Gioventù (Gmg) di Cracovia nel 2016. Durante il Giubileo del 2025 sarà proclamato santo. Per conoscere meglio Pier Giorgio Frassati l https://piergiorgiofrassati.net/ l Frassati Luciana, Mio fratello Pier Giorgio. Una vita mai spenta, Effatà Editrice, 2022 l Diliberto Luca (a cura di), Per Giorgio Frassati. Un giovane libero e felice. Memoria e attualità di un santo senza schemi, L. In Dialogo, 2025 Cenni biografici e appunti di spiritualità La persona «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno di Dio». Uno di quei ricchi fu Pier Giorgio Frassati. Era figlio del proprietario e cofondatore del giornale «La Stampa», Alfredo Frassati, che prima dell’avvento del fascismo era stato nominato anche ambasciatore a Berlino: un uomo probo, di cultura liberale e agnostica, così come la moglie Adelaide. Soprannominato «un mistico cristiano del XX secolo», era un giovane moderno, bello, sportivo e ricco di famiglia che impiegò i ventiquattro anni della sua breve vita nelle opere sociali, aiutando poveri e malati. 12 Pier Giorgio Frassati Di lui si ricorda una frase emblematica: “Vivere senza una fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la verità, non è vivere, ma vivacchiare …”. Quando la famiglia non aiuta … Il figlio Pier Giorgio, nato a Torino il 6 aprile 1901, era bello, esuberante, sportivo, cavalcava, andava in bicicletta, spesso percorrendo centinaia di chilometri senza risentirne molto, ed era un provetto scalatore, prima col padre poi con amici e guide. Aveva ricevuto, insieme alla sorella Luciana, una rigida formazione basata sulla disciplina e l’obbedienza, la regolarità nelle abitudini, la fedeltà agli orari, specie dei pasti: la tipica educazione che l’alta borghesia dell’epoca impartiva ai figli. Purtroppo, i rapporti fra i due genitori erano pessimi, tant’è vero che le scenate erano all’ordine del giorno. Ognuno conduceva la sua vita in un clima di reciproca freddezza che non poteva non riflettersi anche nei rapporti con i figli, che ne soffrivano molto perché non avvertivano il calore di una famiglia. Però spesso si incontrano le persone giuste al momento giusto … Quanto a Pier Giorgio, si attirava anche i rimproveri dei genitori perché era stato respinto per ben tre volte nelle elementari e nelle secondarie. Tuttavia, proprio quelle bocciature furono provvidenziali perché, per recuperare l’anno, fu iscritto due volte all’Istituto Sociale, retto dai padri Gesuiti. In quell’ambiente la sua innata generosità e carità, così come la sua fede, che aveva dimostrato fin dall’epoca della prima comunione nonostante l’indifferenza religiosa della famiglia, furono esaltate e incanalate grazie all'incontro con 13 padri spirituali e confessori. Ma anche con l’Associazione dell’Apostolato della preghiera, la quale, sorta in Francia nel 1844, aveva come scopo primario il culto verso il mistero eucaristico oltre all’impegno in un’intensa attività di apostolato e di preghiera incessante per la diffusione del regno di Dio nel mondo. Quando tornò al Sociale per la seconda volta, nel 1917, s’iscrisse anche a una Conferenza di san Vincenzo che operava da tempo nell’Istituto. Da quel momento Pier Giorgio, che aveva sedici anni, s’impegnò ad aiutare e seguire i poveri e gli anziani abbandonati o soli. A un certo punto cominciò a vagheggiare l’idea di farsi sacerdote, anzi missionario. Ma sapeva che avrebbe causato un gravissimo dispiacere ai genitori; d’altronde a poco a poco cominciò a capire che la sua vocazione non era quella sacerdotale, ma di laico consacrato al servizio dei fratelli. Fu proprio quella vocazione a fargli scegliere, dopo la maturità, il corso di laurea in ingegneria industriale meccanica, con specializzazione mineraria. Voleva lavorare in mezzo ai minatori, che aveva avuto modo di conoscere nelle miniere piemontesi e successivamente tedesche durante i suoi soggiorni in Germania, quando il padre era ambasciatore a Berlino. Li considerava i più bisognosi fra gli operai. Una testimonianza autorevole Mentre frequentava l’università continuava il suo impegno caritativo coinvolgendo anche altri giovani; di quel periodo abbiamo anche una testimonianza del teologo Karl Rahner che, ancora adolescente, lo aveva conosciuto e frequentato in Germania: “A quel tempo tutti noi avevamo interesse per i problemi sociali: era cosa naturale. Ma questo impegno sociale, questo profondo amore verso i poveri, 14 Pier Giorgio Frassati la responsabilità nei confronti della miseria altrui, erano (o divennero) in Pier Giorgio di una genuinità, di una profondità e di uno spirito di sacrificio così radicale da far di lui un caso eccezionale tra i molti giovani cristiani di allora”. La maturazione spirituale Dedicava parte della sua giornata a quello che noi chiamiamo ora volontariato. Dava appuntamento agli amici sotto il campanile della Consolata per poi visitare con loro o da solo le case dei più poveri. Fu perfino definito «il facchino degli sfrattati» perché li aiutava a trasportare le masserizie con un carretto attraversando, quando era necessario, anche le vie del centro e suscitando stupore fra chi sapeva che era il figlio del direttore de «La Stampa». “Nella comunione Gesù mi fa visita ogni mattina” diceva “e io, con i modesti mezzi, la restituisco visitando nel pomeriggio i suoi poveri”. Si recava negli ospedali e quasi ogni giorno al Cottolengo per portare anche calore umano a quei poveri esseri. Risparmiava persino i soldi del tram andando a casa a piedi, e per aiutarli s’indebitava. Ogni volta che riceveva una somma di denaro consistente, la versava a una delle tante associazioni a cui era iscritto o la destinava subito al suo esercito di poveri. Viveva povero in una casa ricca. «Pier Giorgio» ha scritto il cardinale Giovanni Soldarini sull’«Osservatore Romano» del 20 maggio 1990 «scelse i poveri, ma non rifiutò né condannò la sua famiglia ricca, né usò mai asprezza o risentimento. Non andò 15 ai poveri per reagire alla cultura liberale del suo ambiente o per motivazioni meramente sociologiche, ma per la passione di carità evangelica… Soprattutto andò ai poveri non restando fuori della povertà: ricco di casa, ma personalmente povero, non vergognandosi di farsi mendicante in favore dei mendicanti». La sua spiritualità sembra anticipare quella del Concilio vaticano II: si pensi ad esempio alla responsabilità apostolica del laico, alla visione ottimistica ed equilibrata delle realtà terrestri, al lavoro spirituale nel proprio ambiente, all’alimentazione sacramentale della propria vita interiore. Quel suo stupefacente impegno caritativo, che avrebbe potuto dare chissà quali frutti se Pier Giorgio non fosse mancato a ventiquattro anni, lo accomunava alla collana straordinaria di santi piemontesi che avevano operato prima di lui, da Cafasso a Cottolengo, da Faà di Bruno a don Bosco, da Murialdo a don Orione. Era, la sua, una carità radicata nella fede e nella preghiera. Per questo motivo è stato definito un mistico cristiano del XX secolo, che ha saputo far convivere contemplazione e azione. Diventato terziario domenicano, recitava ogni giorno il Rosario e si comunicava quotidianamente o quasi. Nel 1919, appena entrato al Politecnico, si iscrisse all’Associazione dell’adorazione notturna che prevedeva l’adorazione del Santissimo Sacramento nella notte dell’ultimo sabato del mese con preghiera mentale e vocale, lettura dei salmi e di altri testi biblici, alternata a canti spirituali, seguiti da lunghi silenzi riempiti dal colloquio con il Signore. Volle anche impegnarsi politicamente per contribuire a una riforma sociale, ispirata alla dottrina sociale della Chiesa, che offrisse maggiore protezione ai più poveri e nello stesso tempo evitasse che venissero illusi dall’ideologia socialista 16 rivoluzionaria, il comunismo, che in quel periodo stava conquistando molti operai. Per questo motivo aderì al Partito popolare italiano, fondato il 19 gennaio 1919. Ma dopo quattro anni, quando assistette alla partecipazione dei popolari al primo gabinetto Mussolini, non condivise quella scelta e, accorgendosi che a causa delle proprie idee la strada politica gli era preclusa, s’impegnò più attivamente nelle Conferenze di san Vincenzo e nelle altre associazioni caritative. Le prove Ma l’abbandono della politica non fu che una delle tante sue dolorose rinunce. Già si è accennato a quella del sacerdozio. A esse si aggiunse la rinuncia al matrimonio. Aveva incontrato una giovane orfana, Laura Hidalgo, figlia di un ufficiale spagnolo che, divenuto cittadino italiano, aveva raggiunto il grado di generale nell’esercito. Quando Pier Giorgio la conobbe, lei frequentava la facoltà di matematica al Politecnico: era forte, generosa, impegnata a sopravvivere dignitosamente insieme al fratello dando lezioni private di matematica. Pier Giorgio se ne innamorò e avrebbe voluto sposarla se non si fosse accorto che non sarebbe mai stata accettata dai genitori che volevano per lui una sposa dello stesso ambiente. Temeva, tagliando i ponti con i genitori con un matrimonio a loro sgradito, che questi, già in grave crisi, avrebbero rotto gli indugi e si sarebbero finalmente separati. Con la mentalità di oggi una simile decisione parrebbe a prima vista incomprensibile: fu in realtà un atto eroico, un sacrificio. E non fu l’ultimo: doveva anche rinunciare al desiderio di vivere con i minatori come ingegnere minerario perché il padre lo voleva con sé a «La Stampa». Certo, si sarebbe Pier Giorgio Frassati 17 trovato subito in difficoltà a causa delle sue idee, così distanti da quelle del giornale. Bello è vivere in quanto al di là v’è la vera Vita, altrimenti chi potrebbe portare il peso di questa esistenza? Sarà anche con queste convinzioni che è riuscito ad affrontare tante prove ed anche … la “prova delle prove”. La prova delle prove Lo stava aspettando un’altra prova, “la prova delle prove”. Tutto si consumò in una settimana, dal 29 giugno al 4 luglio. Nei giorni precedenti si era notata in lui una profonda prostrazione fisica, mascherata dall’abituale buonumore. Poi la situazione cominciò a precipitare. Fu colpito da febbre alta e vomito. Il medico pensava si trattasse di febbri reumatiche o maltesi. Ma era ben altro: una poliomielite fulminante che cominciò a paralizzargli gli arti. Quando gli specialisti gliela diagnosticarono, lo stato del paziente si era ulteriormente aggravato e l’unica cura possibile, un siero che possedeva soltanto l’Istituto Pasteur di Parigi, giunse troppo tardi. Fin quasi all’ultimo Pier Giorgio rimase cosciente, ricevendo l’estrema unzione e pregando con una suora che l’assisteva. “Suor Michelina” le chiese a un certo punto “mi aiuti a fare il segno della Croce”. Subito dopo lei cominciò a recitare lentamente la giaculatoria: “Gesù, Giuseppe e Maria…” ma fu interrotta dal giovane che non voleva che per lui altri pronunciasse: «spiri in pace con voi l’anima mia». 18 Pier Giorgio Frassati Mancò alle diciannove di sabato 4 luglio 1925. Ai funerali si presentò tanta gente sconosciuta, vestita poveramente: quella che lui aveva beneficato. Le testimonianze Fu sepolto a Pollone nella cappella di famiglia. È stato proclamato beato da Giovanni Paolo II il 20 maggio 1990, sua memoria liturgica. «Basta uno sguardo sia pure rapido alla sua vita» ha detto il papa «consumatasi nell’arco di appena ventiquattro anni, per capire quale fu la risposta che Pier Giorgio seppe dare a Gesù Cristo»: “fu quella di un giovane moderno, aperto ai problemi della cultura, dello sport (fu un valente alpinista), alle questioni sociali, ai valori veri della vita, e insieme un uomo profondamente credente, nutrito del messaggio evangelico; solidissimo nel carattere, coerente, appassionato nel servire i fratelli e consumato in un ardore di carità che lo portava ad avvicinare, secondo un ordine di precedenza assoluta, i poveri e i malati”. A sua volta Karl Rahner, per spiegare la santità di questo giovane apparentemente simile a tanti altri, diceva: “Rappresentava il giovane cristiano puro, lieto, dedito alla preghiera, aperto a tutto ciò che è libero e bello, attento ai problemi sociali, che recava nel cuore la Chiesa e le sue sorti, e di una spontaneità serena e virile… Certamente a uno sguardo superficiale il suo mondo interiore e il suo stile di vita non offrono nulla di particolarmente originale: a ciò egli non pensava nemmeno lontanamente!... Giovani cristiani della sua tempra, grazie a Dio, a 19 quel tempo ce n’erano parecchi in Germania, Francia e Italia. Sono convinto però che pochi, provenienti da un siffatto ambiente liberale della grande borghesia, divennero ciononostante come Pier Giorgio Frassati, senza che sia possibile attribuire questo fatto al solito meccanismo psicologico della ribellione dei figli contro i genitori… Frassati è un cristiano, lo è semplicemente; e la sua contestazione consiste soltanto nell’esserlo in una maniera assolutamente spontanea, quasi ciò fosse una cosa spontanea per tutti”. Biografia tratta, con vari adattamenti, dal testo: Cattabiani A., Santi del Novecento. I grandi testimoni della fede del nostro tempo, Rizzoli 2005, pp. 34-39 20 Pier Giorgio Frassati Pier Giorgio parla anche ai giovani e agli adulti di oggi? Marco Erba1, insegnante di liceo e affermato scrittore per ragazzi, risponde “si”. Delinea sette aspetti della sua personalità, significativi per i giovani di oggi La figura di Pier Giorgio Frassati è anche oggi di straordinaria attualità per genitori, insegnanti, educatori e per chiunque abbia l’arduo compito di accompagnare nel cammino di crescita qualcuno di più giovane. Pier Giorgio è figura di rara concretezza e umanità. Ha vissuto la vita in pienezza, è stato un giovane affascinante e affascinato dall’esistenza, è stato un cristiano felice. Il suo modo di vivere la fede avvicina, incuriosisce, è in grado di suscitare interrogativi anche in chi è distante dalla Chiesa. Vorrei qui proporre alcuni punti chiave della vicenda di Pier Giorgio che possono essere una bussola anche per noi educatori di oggi. Una famiglia non ideale Pier Giorgio non veniva da una famiglia “ideale”. Suo padre non era credente, i suoi parenti non sempre erano in sintonia 1 Le pagine di Marco Erba, scritte su Pier Giorgio Frassati, sono tratte dal volume: Diliberto Luca (a cura di), Pier Giorgio Frassati, un giovane libero e felice. Memoria e attualità di un santo senza schemi, In dialogo, 2025 (pp. 5-13). 21 con il giovane. Eppure, Pier Giorgio ha rispettato la sensibilità della sua famiglia ed è stato da essa supportato, accolto nella sua diversità. Una delle parole fondamentali dell’educare è libertà: la vicenda di Pier Giorgio ce lo ricorda mirabilmente. I nostri figli, i nostri allievi non sono nostre emanazioni. Un educatore di successo non è chi ha allievi che la pensano esattamente come lui, ma chi ha allievi che la pensano come vogliono loro. Educare significa condurre alla scoperta della propria identità, non inculcare modelli e valori già precostituiti, sistemi di pensiero da esportare nella mente altrui. Ogni persona è unica e irripetibile: un educatore saggio deve essere specchio perché ciascuno trovi sé stesso, non vuole creare proseliti che ne propaghino le convinzioni. Per lasciare liberi bisogna prima di tutto essere liberi dentro. Ma lo dice anche Gesù: «Conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi». La verità non incatena nessuno. Per lasciare liberi, serve anche una grande dose di umiltà: dobbiamo toglierci dalla testa l’idea che noi possiamo convertire qualcuno. A convertire il cuore è Dio, di cui noi possiamo essere strumenti. Noi siamo chiamati a testimoniare la bellezza della nostra fede, prima di tutto vivendo in pienezza la nostra vita, come Pier Giorgio ha fatto. Forse, così, gli altri si interrogheranno sull’origine di quella pienezza e forse quello sarà il loro primo passo per un cammino di fede. Pier Giorgio non ha avuto dunque una famiglia perfetta, perché le famiglie perfette non esistono. Noi non possiamo essere educatori perfetti, perché gli educatori perfetti non esistono. Ma anche la nostra imperfezione può essere generativa: può essere una rampa di lancio per la vita di chi incontriamo. 22 Pier Giorgio Frassati «Egli è lui e non è un altro» È questa la prima frase di una poesia che è stata regalata a me e a mia moglie quando abbiamo accolto in affido un bambino che ormai è quasi un ventenne. La trovo una frase di una potenza pedagogica straordinaria, che ben descrive il modo in cui Pier Giorgio è cresciuto. Pier Giorgio non era uno studente modello: a scuola lo chiamavano “Fracassati” per il suo temperamento vivace, o “Giano bifronte” perché in classe era spesso voltato indietro. Probabilmente Pier Giorgio, con la sua indole, ha messo alla prova gli insegnanti e le figure educative che ha incontrato. Spesso adolescenti e giovani ci mettono alla prova; di fronte a questo, noi educatori abbiamo due strade: giudicare la realtà a partire da come dovrebbe essere oppure accoglierla per come è nel concreto. La prima strada porta a immaginare nella propria testa un mondo ideale che non esiste da nessuna parte, ponendolo come termine di paragone del mondo reale. L’esito è ovvio: si diventa inguaribili lamentosi, ci si lagna di tutto, si rievoca un passato sublime che nella realtà non è mai esistito. Si diventa, così, degli eterni insoddisfatti e si diffonde insoddisfazione intorno a sé. C’è un’altra strada, però: partire dalla realtà così com’è. Vedere ciascuna ragazza e ciascun ragazzo come un dono. Diventare consapevoli che quella persona che ho di fronte è lui e non è un altro, appunto. E quel lui, quella lei, vanno bene così, perché sono unici e irripetibili nella storia dell’umanità. Perché dentro tutti quei limiti è nascosta una bellezza da scoprire, una scintilla da far dilagare. I limiti, allora, diventeranno la terra fertile dove il seme può marcire per portare molto frutto, non un muro invalicabile dietro cui nascondersi per giustificare la propria incapacità di mettersi in gioco. Don Bosco, il fondatore dei Salesiani, aveva mirabilmente intuito tutto ciò e affermava che in ogni ragazzo c’è un punto 23 accessibile al bene. Anche se in classe è un “Fracassati” o un “Giano Bifronte”. La tua felicità è la mia Pier Giorgio aveva un fortissimo senso di carità verso il prossimo. Ma non si limitava ai buoni sentimenti o alle belle parole: agiva costantemente, mettendosi in gioco per gli altri in prima persona, investendo gran parte del suo tempo per i più bisognosi. I poveri non sempre sono persone facili: a volte sono arrabbiati, inaspriti dalla vita, disillusi. Un povero può essere irritante, sgradevole. Eppure, Pier Giorgio, fin da giovanissimo, passava gran parte del suo tempo con bisognosi di ogni tipo. Non leggo in tutto ciò un vano spirito di immolazione, una sorta di masochismo cristiano, di culto della sofferenza da infliggere a sé stessi. Mi piace immaginare nei momenti della carità vissuta un Pier Giorgio sorridente, felice, pieno di vita, come sempre era. Pier Giorgio ci ricorda che nessun egoista è felice, che la nostra felicità passa per forza dalla felicità degli altri. Davvero siamo tutti connessi, siamo tutti fratelli, siamo tutti figli dello stesso Padre: nessuno può salvarsi da solo. Non c’è niente di più bello che sentire e sapere che la nostra vita non è indifferente agli altri, che siamo un dono per chi ci sta intorno, che la nostra esistenza lascia un segno positivo sul prossimo. In un mondo ossessionato dalla competizione, dalla prestazione eccellente, dal primeggiare, dalla ricerca di like e follower, la testimonianza di Pier Giorgio è più che mai preziosa: la tua felicità, sembra dirci, è direttamente proporzionale alla felicità che sai donare agli altri. Perché la logica del dono è la strada per la pienezza, mentre la logica del possesso e del dominio isola e distrugge le relazioni. Per questo il vero 24 Pier Giorgio Frassati successo non si misura sulla fama, ma sulla profondità di vita a cui si arriva dentro le relazioni. La politica come forma alta di servizio Pier Giorgio vive anche la sua intensa attività associazionistica e politica nella logica del dono. Per lui compito della politica era la costruzione di uno Stato più giusto e solidale. Era rispettoso degli altri, detestava ogni forma di violenza. Si tratta di temi anche in questo caso attualissimi. Chi la pensa diversamente da me è per me un’occasione o un nemico? Sono consapevole che confrontarmi con idee diverse dalle mie mi mette in crisi e quindi mi arricchisce? Sono capace di autentico ascolto dell’altro o tendo ad affermare i miei convincimenti senza mai metterli in discussione, con toni sempre più alti? Il Novecento è stato il secolo dei totalitarismi. È totalitario, ieri come oggi, l’atteggiamento di chi pretende di avere la verità in tasca e quindi di poterla imporre sugli altri. Se sono certo di una cosa perché me l’ha detta Dio o perché il mio sistema è assolutamente giusto, l’esito inevitabile è la violenza. Gli integralismi religiosi, dentro e fuori dalla Chiesa, ne sono un triste esempio, così come il ritorno delle manifestazioni di intolleranza verso la diversità che una certa politica anche oggi coltiva. Pier Giorgio ci invita, dunque, a riscoprire l’essenza della vera politica: confrontarsi con gli altri, diversi da noi, per costruire insieme, per servire le persone. Perché al centro ci sono gli esseri umani, non le ideologie e le verità che pretendono di essere assolute. Non stupisce, alla luce di tutto ciò, che Pier Giorgio difendesse una sana laicità dello Stato. Il Papa ha diritto ad avere un suo spazio, ma la fede usata come strumento di propaganda politica non porta che guai. Sventolare simboli religiosi per ottenere 25 consenso è pericoloso. Collaborare con gli altri vale molto di più che appendere crocifissi nelle aule di scuola. Vale la pena, a tal proposito, ricordare che Pier Giorgio fu ostile al fascismo e difese don Minzoni, che del fascismo fu vittima. La santità consiste nello stare molto allegri Quando il giovane Domenico Savio chiese a don Bosco come diventare santo, don Bosco gli diede una risposta sorprendente. Non parlò di preghiera, di liturgia, di sacrifici, di penitenze: gli disse prima di tutto che la santità consiste nello stare allegri. Una volta don Bosco rimproverò addirittura Domenico perché era in chiesa a pregare mentre gli altri compagni giocavano fuori: Gesù in quel momento voleva Domenico in mezzo gli altri, non isolato in una meditazione che toglieva spazio alle relazioni. E pensare che Domenico Savio, come don Bosco, sarebbe diventato santo! Don Bosco, dunque, proponeva una santità dinamica, non ieratica. Una santità gioiosa, non pesante. La felicità come via di Dio, come luogo in cui Dio ci parla: che meraviglia! Pier Giorgio incarnava perfettamente gli ideali di don Bosco. Ma quanto è comoda, anche oggi, una spiritualità delle candele accese e degli incensi e quanto, invece, ci costringe a osare una spiritualità che spinge a cercare gli altri, a stare con loro, ad avere l’odore delle pecore, come invita a fare papa Francesco! Pier Giorgio aveva spesso voglia di scherzare, aveva fondato la “Società dei tipi loschi”, sapeva andare sopra le righe. Amava divertirsi, organizzare gite, stare con gli amici. Per questo Pier Giorgio ci ricorda, ancora oggi, che un cristiano autentico è felice, non serioso; ama la vita, non è sempre polemico e ar26 Pier Giorgio Frassati rabbiato col mondo intero. Si può coltivare una spiritualità profonda e allo stesso tempo saper scherzare e, a volte, essere un po’ sguaiati. Di certo, non si può essere cristiani né educatori se si detestano i giovani. I docenti lo sanno benissimo: ogni classe percepisce immediatamente se un professore ha voglia o meno di essere lì, fin dal primo momento in cui entra in aula. Il gusto della fatica Pier Giorgio amava la montagna, che è una perfetta metafora della vita in generale e della vita cristiana in particolare. Non a caso nella Bibbia Dio spesso si rivela su un monte. La passione per la montagna ci ricorda che nella nostra esistenza fatica e bellezza non sono mai separate. Non ci sono cose faticose e cose piacevoli: la fatica stessa può essere piacevole e piena di significato. Gli sportivi lo sanno: quando uno sport mi piace, quando ho un obiettivo in testa, accetto volentieri ogni sacrificio, perché credo nella meta e in ogni passo che mi porta a raggiungerla. È questa una provocazione educativa fondamentale: come prof, mi rendo conto che, quando impongo fatiche che sembrano senza senso, gli allievi si perdono. Quando invece le materie che insegniamo toccano la vita, generano un gusto, diventano un modo per conoscere sé stessi, lo sforzo è appagante e gratificante. Si tratta da un lato di non demonizzare la fatica, dall’altro di non renderla fine a sé stessa. La fatica vuota imposta continuamente in nome di un astratto dovere senza umanità è una fatica di Sisifo, e pertanto una forma di violenza. La fatica che genera un camino è invece una delle esperienze più formative che si possano fare nella vita. Amare è lasciare andare Vorrei chiudere questa carrellata assolutamente parziale parlando dell’amore di Pier Giorgio per Laura Hidalgo, che mai 27 divenne vita di coppia. Pier Giorgio scelse di lasciarla andare e non ne fu mai geloso: le augurò ogni bene, desiderò per lei una felicità senza di lui. Questo, a mio avviso, è uno dei più alti della testimonianza di Pier Giorgio. Un certo paradigma emotivo e sentimentale racconta l’essenza dell’amore come sintonia, come alchimia, come reciproca appartenenza, come compenetrazione totale di vita, come annullamento di sé nell’altro e pretesa di possedere l’altro. Si tratta di un paradigma a mio avviso molto pericoloso, perché l’amore è dono, non possesso. Il fondamento dell’amore, come più sopra si è già detto, è la libertà. Dire «Ti amo» non significa dire che tu mi fai stare bene, che tu sei mia o mio, ma che voglio il tuo bene, voglio che tu sia tu e che realizzi il tuo cammino. Per questo, a volte, l’amore passa per la croce, per il sacrificio di sé: si tratta di accettare di perdere l’altro perché l’altro trovi autenticamente sé stesso. In questo, credo che la vicenda di Pier Giorgio e Laura e il modo in cui il giovane la visse sia esemplare. Un amico in cammino con noi Pier Giorgio, dunque, è più vivo che mai e ci parla molto. Spero davvero che in queste pagine il lettore lo senta vicino. Non solo una persona a cui intitolare aule o dedicare convegni, ma un amico in cammino con noi che, sorridendoci, ci faccia sentire a ogni passo il gusto della vita, la voglia di metterci in gioco, il desiderio di aprirci agli altri per incontrare il nostro Dio, che è un Dio gioioso, fidandoci del quale possiamo davvero vivere, come Pier Giorgio, in pienezza, per il tempo che ci è donato. 29 Clare Crockett (1982 – 2016) Da attrice a suora, sedotta da Cristo 30 Clare Crockett Identikit di CLARE in poche righe Un grande talento artistico, una bellissima voce, un fisico attraente e una personalità travolgente: Clare Crockett ha tutto per sfondare nel mondo dello spettacolo. Nata nel 1982 a Derry, in Irlanda, a soli 15 anni viene assunta come presentatrice di programmi televisivi per giovani a Canale 4, uno dei più importanti del Regno Unito. Nella Settimana Santa del 2000, partecipa “per caso” a un incontro di preghiera con il Focolare della Madre, in Spagna. Al termine dell’incontro una suora trova Clare che piange: «Gesù è morto per me. Mi ama! Perché nessuno me l’ha detto prima?». Un’esperienza che la segna profondamente: lei, cattolica di nascita, aveva tagliato i ponti con la Chiesa e viveva tra feste, discoteche, alcol e droghe. Tornata in Irlanda, Clare partecipa alle riprese del film «Sunday » e ripiomba nella ricerca di un successo effimero. Una notte, mentre ubriaca sta vomitando nel bagno di una discoteca, sente una voce che le parla: «Perché mi continui a ferire?». Poco tempo dopo, a Londra per lavoro, avverte chiaramente che la sua vita non ha senso se non donata totalmente a Cristo. E decide. Non la fermano né le suppliche della sua famiglia né le promesse del suo manager. L’11 agosto 2001 entra nelle Serve del Focolare della Madre. L’11 febbraio 2006 pronuncia i primi voti. L’8 settembre 2010 pronuncia quelli definitivi. Presta servizio in varie comunità: in Spagna, negli Stati Uniti e in Ecuador. 31 A Playa Prieta, il 16 aprile 2016, muore insieme a cinque ragazze, travolta dal crollo di un edificio, durante un terremoto. Alla fine, in maniera imprevedibile come piace alla Provvidenza, Clare Crockett ha coronato il suo sogno di diventare famosa: migliaia di persone hanno visto e vedranno “O tutto o niente”, il film che racconta la sua storia. Come prima della sua conversione il suo motto era “O bianco o nero, o attrice famosa o nulla”, così, da suora, il suo motto era: “O tutto o niente, o bianco o nero, o suora famosa o nulla!”. Per conoscere meglio Clare Crockett l https://it.hermanaclare.com/it/la-sua-vita/libri/9716-breve-biografia l Film sulla vita di suor Clare: “Tutto o niente” l Sr. Clare Crockett: Sola con il Solo, di Sr. Kristen Gardner, SHM, 2022. Cenni biografici e appunti di spiritualità Clare Crockett nacque il 14 novembre 1982 a Derry (Irlanda del Nord), in una famiglia cattolica. Nella sua infanzia ricevette i sacramenti di iniziazione cristiana, ma poi, come molti suoi coetanei, smise di frequentare la parrocchia durante l’adolescenza. Agli ambienti di chiesa preferiva altri contesti, come i pub e le discoteche, ma soprattutto era attirata dal mondo dello spettacolo, al quale ebbe presto accesso. 32 Clare Crockett Una carriera nello spettacolo… pressoché certa La famiglia e gli amici ricordano che Clare, sin da piccola, aveva manifestato un amore particolare, nonché un talento straordinario, per la recitazione. Essendo una persona molto radicale e assolutista, sognava in grande: voleva diventare una stella del cinema ed era disposta a spendere tutte le sue migliori energie per raggiungere tale scopo. Determinata e sicura di sé, era ben consapevole delle sue doti: si riconosceva uno spiccato talento artistico, sapeva di avere una bellissima voce, di essere attraente e travolgente. Ben presto arrivarono i primi successi: a soli 15 anni l’avevano già assunta come presentatrice di programmi televisivi per giovani per il Canale 4, uno dei più importanti del Regno Unito e all’età di 17 anni si interessò a lei il canale statunitense “Nickelodeon”. Il suo cammino sembrava segnato, il sogno iniziava a prendere forma: lavorava in tv, era sempre circondata da amici e ragazzi, le occasioni per divertirsi non le mancavano. Cos’altro avrebbe potuto desiderare? “Per caso”… la partecipazione ad un pellegrinaggio spirituale Durante la Settimana Santa del 2000, all’età di 17 anni, finì in Spagna, apparentemente per caso, in un pellegrinaggio organizzato dalle Serve del Focolare della Madre, gruppo religioso a lei, tra l’altro, sconosciuto. Il carisma del Focolare della Madre aveva come pilastri l’amore per il Crocifisso, per l’Eucaristia e per la Madonna. 33 Non avrebbe mai scelto di parteciparvi, se l’amica Sharon, che le aveva ceduto il suo posto in aereo, le avesse spiegato che non era un viaggio turistico, ma un ritiro spirituale. Dopo un primo momento di sconcerto, decise di partire lo stesso, nonostante la scoperta dell’equivoco, solo nella speranza di prendere un po’ di sole e di conoscere qualche ragazzo. D’altronde, il viaggio era pagato: perché non approfittarne? L’atteggiamento menefreghista con cui si imbarcò, ovviamente, si notò subito da fuori. E le suore che si trovavano con lei, in quei giorni, ricordano Clare come una ragazzina solare ma superficiale. Tra una sigaretta e l’altra, si trovò con persone che commemoravano la Passione, Morte e Risurrezione del Signore. In particolare, nel giorno del Venerdì Santo qualcuno le disse: “Clare, oggi devi entrare in cappella. Oggi è Venerdì Santo”. Entrò in cappella senza interesse, si sedette nell’ultimo banco. Durante la liturgia, però, i fedeli si avvicinarono al presbiterio per adorare e baciare la croce. Clare si unì alla fila, solo perché lo facevano tutti. Quando toccò a lei, però, sentì come se qualcuno la stesse prendendo a schiaffi. Alla fine della liturgia una suora la vide che piangeva e ripeteva: “Lui è morto per me. Mi ama!… Perché nessuno me l'ha detto prima?”. In pochi istanti, i suoi occhi si erano aperti: Dio le aveva donato di capire quanto l’amasse, ovvero fino al dono della vita sulla croce. A quel punto capì che “l'amore si paga solo con amore”, e che per consolare il Crocifisso poteva fare solo una cosa: donare tutta la sua vita. In quell’occasione capì che doveva diventare suora, ma non fu facile passare dall’intenzione ai fatti. 34 Clare Crockett Dopo l’esperienza in Irlanda ebbe un’altra occasione per stare vicino al Signore, durante un pellegrinaggio a Roma di tre settimane. Quello, secondo alcune testimoni, fu “il colpo di luce” nella vita di Clare. Lì ebbe ancora più netta la sensazione che il Signore la chiamava alla consacrazione, a vivere come le suore, nel servizio. La grande lotta interiore: suora o vita mondana? Quando ritornò in Irlanda, però, tornò di nuovo nella sua “vita mondana”. Fu impegnata come attrice nelle riprese del film «Sunday», del regista Charles McDougall. Entrò di nuovo nella voragine della superficialità, del bere, e iniziò anche con la droga. Una notte esagerò con l’alcool, e quando stava vomitando nel bagno di una discoteca, sentì come una voce che le diceva: “Perché mi continui a ferire?”. Il Signore “la stava perseguitando”. Poco tempo dopo, mentre si trovava sola in un importante hotel di Londra e stava leggendo l’orario per le registrazioni del giorno dopo, si sentì vuota. Di nuovo il Signore le diceva di donargli la sua vita, perché solo così si sarebbe sentita piena, appagata realmente, felice. A quel punto, finito il lavoro sul set, decise davvero di lasciare tutto. Non ascoltò nessuno: né i famigliari che la supplicavano di restare, né le promesse del suo manager. 35 L'11 agosto 2001, giorno in cui la Chiesa celebra Santa Chiara, diventò postulante delle Serve del Focolare della Madre, all'età di 18 anni. Il suo percorso di formazione fu difficile e travagliato. Clare doveva cambiare molte cose nella sua vita. Ella stessa spiegò: “Il Signore mi ha dato una grazia molto grande e una luce molto grande, di vedere che, se Lui mi chiedeva questo, Lui mi avrebbe dato la grazia di fare ciò che Lui voleva da me; e questo io lo spiego come se fossi su una scogliera e sai che devi saltare, e hai tantissima paura, però sai che devi saltare, perché colui che ti prenderà è il Signore. Sapevo che dovevo lasciare tutto ed era come se stessi saltando da una scogliera, stavo perdendo il controllo della mia vita, perché la stavo dando a Lui. E io sapevo che le mani del Signore e della Madonna mi potevano raccogliere e restituirmi la mia dignità, la mia libertà, la verità di chi sono io e questo ti riempie di tanta gioia. Allora ho lasciato l'Irlanda, e ho lasciato tutto grazie a Dio”. Una delle formatrici delle postulanti ricorda: “Fu difficile per lei, non è che appena entrò diventò subito santa e perfetta. Venne qui con tutti i suoi vizi mondani, per esempio, quanto a lavorare, non era un campione nel lavoro fisico”. 36 Clare Crockett Come ricorda Padre Rafael, che è stato la sua prima guida spirituale, era cresciuta in un ambiente di odio e di violenza. Vivere a Derry - con le sue lotte sanguinose per l’indipendenza dell’Irlanda del Nord dal governo del Regno Unito - aveva ferito profondamente il suo cuore (una volta aveva visto coi suoi occhi un soldato saltare in aria, quando era solo una bambina), e quella fu la prima cosa che dovette sanare. “Doveva passare dalla violenza all’amore - spiega padre Rafael - dalla violenza alla serenità, alla pace ... Questo non si fa da un giorno all’altro, come neanche si può convertire da un giorno all’altro una ragazza il cui sogno è quello di essere una attrice famosa di Hollywood”. Ma Clare si era arresa di fronte alla verità dell’immenso amore di Gesù Cristo nei suoi confronti e ormai nulla l’avrebbe fermata. I primi passi … nella nuova vita Clare era docile e lasciava che il Signore levigasse la sua vita, togliendole tutto ciò che non si addiceva ad una suora, in primis la mania di protagonismo, e promuovendo tutte le virtù che invece possedeva. Se all’inizio si fosse messa in mostra, avrebbe cercato attenzioni, avrebbe cercato applausi e lodi … ; ma, a poco a poco, questi eccessi scomparvero, lasciando posto all’umiltà e al servizio. Imparò il valore del nascondimento. Non le mancava una volontà ferma e decisa: all’inizio aveva un po’ di orgoglio, ma più avanti lo purificò. Il suo manager non si arrendeva alla “scelta folle” di questa ragazza: cercava di convincerla a tornare, le diceva che stava buttando via la sua vita. Lui era convinto del suo talento: sapeva che sarebbe arrivata molto lontano, nel mondo del cinema. Clare raccontava di queste telefonate con disinvoltura, ma si notava che per lei era una lotta. 37 Si mantenne sempre fedele, ma le costò moltissimo, perché aveva molti legami affettivi con quel passato. Capitava anche che lei, quel passato, lo volesse di nuovo. Era dura rimanere ferma, anche se, nel profondo del cuore, sapeva che aveva trovato un amore più grande, dal quale non si poteva tornare indietro. I voti di povertà, castità, obbedienza Fece i suoi primi voti l’11 febbraio 2006, scegliendo il nome religioso di Sr. Clare Maria della Trinità e del Cuore di Maria. Durante gli Esercizi Spirituali di un mese, che fece durante il tempo del noviziato, ricevette la grazia di capire in prima persona ciò che il Signore aveva detto un giorno a Santa Caterina da Siena: “Io sono il tutto e tu sei il niente”. Questa consapevolezza la trasformò interiormente. Riconoscersi piccola davanti a Dio non minò la sua autostima, ma la aiutò - man mano che maturava umanamente e spiritualmente - a mettere al servizio del Signore e dell’evangelizzazione tutti i doni di cui era dotata, che non erano pochi. Capì che ciò che aveva ricevuto non era solo per lei, doveva diventare uno strumento sempre più docile nelle mani di Dio. Emise i suoi voti perpetui l’8 settembre 2010 e la prima destinazione fu la comunità delle Serve a Belmonte (Cuenca, Spagna), dove le Serve del Focolare della Madre sono incaricate di un collegio per bambine e ragazze che provengono da famiglie con difficoltà. L’amore per i bambini e per i ragazzi Sr. Clare mise subito in evidenza il dono speciale che aveva per arrivare alle anime dei bambini e dei giovani, per mostrare loro la Verità, per insegnare ad amare il Signore, per guidarli nel 38 Clare Crockett loro personale percorso di guarigione interiore dalle ferite che ognuno si trascina dietro. Il suo impegno per le anime, in particolare dei giovani, era immenso. Molti suoi allievi del catechismo ricordano l’amore che aveva per l’Eucaristia: il suo entusiasmo era contagioso. Ai bambini insegnava il valore dell’Adorazione Eucaristica, invitandoli a rimanere alcuni minuti in silenzio davanti al Santissimo Sacramento. Era certa, infatti, che il Signore concedesse molte grazie alle anime innocenti dei bambini. Spesso, in cappella, diceva loro: “Ora guardate solo Gesù. Non guardate il naso del vostro vicino, i fiori, nulla ... solo Gesù!”. Voleva che i bambini imparassero a parlare con Gesù, ma prima di tutto ad ascoltarlo, a gustare la sua presenza. “E' bello che vogliate parlare con Gesù, potete parlargli di tutto: ma prima assicuratevi che possa parlarvi Lui ... State almeno tre minuti in silenzio davanti al Santissimo!”. Insegnava loro anche a fare bene la genuflessione e a dare importanza al sacramento della Riconciliazione, per potere così “ricevere Gesù con rispetto”, nell’Eucaristia. Questa serietà, che la caratterizzava quando si trattava di mostrare l’importanza di una sana relazione con Dio, era accompagnata da “un carattere allegro e giocherellone”. Sapeva essere, infatti, una vera e propria “buffona”: così la ricordano i bambini e i giovani che l’hanno conosciuta. Aveva sempre uno sketch pronto, era pronta in qualunque momento a inventare scenette, a ballare, a cantare, da brava attrice qual era. 39 Quando c’erano dei viaggi in pullman da fare, chi si trovava vicino a lei aveva l’intrattenimento assicurato. La missione negli Stati Uniti Sr. Clare rimase solo alcuni mesi in quella casa, perché fu mandata nella comunità che si doveva aprire a Jacksonville, Florida (Stati Uniti) nel mese di giugno 2006. Le suore lì prestano servizio pastorale presso la Parrocchia dell’Assunzione e della scuola parrocchiale. Il parroco dell’Assunzione, P. Fred Parke, ricorda: “I bambini percepivano l'entusiasmo che lei aveva per l'Eucaristia. Trasudava di entusiasmo per il Signore. E, una volta che eri stato con lei, sapevi che dovevi acquisire quell'entusiasmo. Era molto accattivante!”. Una data decisiva per lei fu l’8 settembre 2010, quando emise i voti perpetui. Quel giorno era così felice che non riusciva a contenere la gioia. Tutta la famiglia partecipò e, pur non capendo ancora appieno le ragioni della sua scelta, condivise la felicità della suora. L’assistenza spirituale ai malati terminali in Spagna A quel punto fu destinata alla comunità che le Serve del Focolare della Madre stavano per aprire a Valenza (Spagna). La sua superiora, Sr. Isabel Cuesta, ricorda: “Sr. Clare aveva appena fatto i suoi voti perpetui. Si era donata completamente al Signore e il suo modo di viverlo era farlo con tutta la sua anima. (...) C'era un'immagine che Sr. Clare usava molto e che la aiutava a mettere ogni giorno la sua vita nelle mani di Dio: era l'immagine dell'assegno in bianco. Ogni giorno offriva al Signore un assegno in bianco, affinché Egli le potesse chiedere tutto quello che voleva”. 40 Clare Crockett A Valenza l’attività fondamentale di Sr. Clare fu l’assistenza spirituale ai malati terminali e lungodegenti dell’ospedale di Mislata. Era decisamente un apostolato difficile: implicava un continuo dimenticarsi di sé stessa per capire le necessità e le fatiche di ogni ammalato, e per accompagnare ciascuno in quell’ultima e delicatissima fase della vita. Eppure, anche in situazioni che si potevano pensare disperate, suor Clare riuscì a portare luce e conforto a molte anime. Ricorderà sempre, con meraviglia e gratitudine, in particolare la storia di Paco, malato terminale di AIDS, con un passato burrascoso, convertitosi anche grazie a lei e alle altre suore, dopo un primo rifiuto. Suor Clare racconterà in alcune testimonianze la gioia che le ha procurato vedere tornare quest’uomo alla Riconciliazione e all’Eucarestia, ritrovando così la sperata pace. Suor Clare non ha mai perso la sua allegria e simpatia, anche nelle situazioni più difficili: era spesso solita far ridere e usare la carta dell’umorismo per avvicinare le persone, così fece anche in ospedale. Nel 2011 tornò a Belmonte. La sua superiora questa volta fu Sr. Ana M. Lapefia, che definisce così la “spiritualità” di Sr. Clare: “Dare tutto con un grande umorismo”. Al tempo stesso, era molto diligente. Ana M. ammirava l’obbedienza di Sr. Clare, fino al punto di affermare: “Non so ancora che cosa le costava fare e quali cose no. Non lo potei notare! E non solo, quando io le chiedevo qualcosa, la sua risposta era sempre: “Ma certo!!!”. Ma lei stava sempre osservando per vedere quali necessità c'erano per offrirsi”. “Alla fine di quell'anno pensai: “Voglio imparare a obbedire così”. 41 Una disponibilità senza limiti Nell’ottobre del 2012 Sr. Clare ricevette una nuova destinazione: l’Ecuador. Raggiunse una comunità recente, a Guayaquil, dove le Serve del Focolare della Madre si trovavano da solo un anno. Le suore lì insegnano in varie scuole, alcune in zone molto povere, e svolgono un grande lavoro parrocchiale e evangelizzazione di bambini e giovani, organizzando ritiri, facendo campi estivi, incontri, riunioni settimanali... Anche lì suor Clare diede il meglio di sé. I suoi alunni ricordano che con lei si apprendeva molto, ma divertendosi. Avendo lei imparato a suonare bene la chitarra, spesso suonava e cantava per i bambini e i ragazzi, aiutandoli così a vivere con gioia l’incontro con il Signore. Molte sono le testimonianze e i racconti di conversioni avvenute grazie a lei. Spesso le capitava, ad esempio, di avvicinare i ragazzi più difficili. C’era un ragazzo che non rispettava nessuno e rifuggiva ogni regola, ma quando conobbe suor Clare si addolcì, lei lo conquistò e a poco a poco migliorò. Questo ragazzo non era battezzato, ma fu così colpito dal modo di vivere della suora che desiderò diventare cristiano e si fece battezzare. L’amore per la Madonna Un amore particolare suor Clare lo nutriva per la Madonna, amava pregare il rosario e invitava spesso i ragazzi che le venivano affidati a pregarlo insieme a lei, tanto da dare vita a dei veri e propri “club del rosario”. A loro volta, i ragazzi, sperimentandone i benefici, invitavano le loro famiglie a pregare il rosario in casa. 42 Clare Crockett La vergine Maria era sempre in cima ai suoi pensieri. A volte, organizzava dei giochi, delle gare in cui l’obiettivo era raggiungere per primi la statua della Madonna. Spesso parlava con gli adolescenti, dicendo loro di rifuggire il peccato più di ogni altra cosa. Non aveva paura di parlare con franchezza: “Non commettete mai un peccato mortale!”. Il coraggio di annunciare la castità e l’importanza di essere autentici Spesso richiamava i ragazzi sul tema della castità. Ricordava le bugie e le schiavitù che avevano intrappolato lei, da adolescente, e perciò li esortava con fermezza: “Non perdete la purezza!”. Qualcuno potrebbe pensare che così facendo li allontanasse e invece no. Le ragazze, in particolare, erano tutte intorno a lei, la ammiravano. Erano attratte dalla sua bellezza interiore, dalla forte decisione, dalla capacità di non scendere a compromessi col male. Una ragazza ricorda: “Ci parlava con fuoco, con tutta la sua anima. Non sopportava la superficialità, ci faceva riflettere...”. Se vedeva che le ragazze mettevano delle maschere, lei lo diceva, le correggeva, per il loro bene: “Non siete autentiche...”. 43 “Le devo molto - afferma una di loro - la salvezza della mia anima”. Invitava le ragazze a non rivolgere il loro cuore solo ad una persona, diventando cieche verso il resto del mondo e possessive: chi fa così, infatti, ha “un cuore nano”. Ognuno deve avere, invece, “un cuore grande”, imparando la carità, l’apertura al prossimo, e la condivisione. Capitava anche, certamente, che qualcuno non la ascoltasse e non si facesse aiutare da lei. Una volta, ad esempio, era molto preoccupata per un giovane: aveva fatto molto per riportarlo sulla giusta strada, ma nulla aveva funzionato. Suor Clare, però, non era in pace se non aveva davvero fatto tutto e confidò ad una suora: “L'unica cosa che mi manca è fare penitenza per lui”. E lo fece. La capacità di donare tutto Nel 2014, fu mandata in un’altra comunità sempre in Ecuador, a Playa Prieta. Lì le Serve del Focolare della Madre gestiscono l’Unità educativa “Sacra Famiglia”, una scuola in cui bambini e bambine con poche risorse economiche possono accedere a un’educazione cattolica e di qualità grazie agli aiuti di borse di studio offerte da molti benefattori. Dopo l’intensa giornata di lezioni e di attività scolastiche, le suore si dedicano al lavoro parrocchiale e all’assistenza di numerose famiglie povere. Per questo, sotto il sole o sotto le piogge torrenziali, le suore visitano le umili casette di quella zona. Individuano le esigenze della gente e annunciano Gesù, insieme alla speranza nella vita eterna, oltre a distribuire beni di prima necessità. 44 Clare Crockett Spesso, durante l’anno, le comunità di Servi e Serve del Focolare della Madre, assieme a gruppi di giovani, entravano nella Foresta pre-Amazzonica, nel Puyo, nella parte orientale dell’Ecuador, per evangelizzare i suoi abitanti. Anche Sr. Clare prese parte a queste missioni, camminando delle ore lungo sentieri impervi, per portare l’annuncio di Gesù anche alle popolazioni più dimenticate. Non temeva il fango fino alle ginocchia o l’acqua al petto: era disposta a tutto, per portare il Vangelo a ogni donna, ogni uomo. Durante queste spedizioni arrivarono anche fino agli umili villaggi degli indigeni shuar, un tempo conosciuti come i temuti “jibaros”. Gli shuar vivono in piccole comunità di non più di trenta persone. Coltivano con metodi primitivi e vivono in povertà. A volte le suore sono arrivate in villaggi in cui non era mai stato predicato prima il Vangelo o in cui ancora si pratica la poligamia. Ma persino quelli che hanno ricevuto in qualche occasione la visita di qualche sacerdote e sono stati battezzati non sanno quasi nulla della loro fede. Tutti ricordano Sr. Clare sempre abbracciata alla sua chitarra: la musica era la sua alleata nell’evangelizzazione. Era solita suonare al catechismo, a scuola, nei campi. E anche mentre soffriva di emicrania. Cantava fino a diventare rauca. Sr. Kelly Maria Pezo ricorda: “Quando cantava non si risparmiava, e quando viveva non si risparmiava”. 45 A chi cantava con lei, a chi faceva parte del coro, diceva tuttavia che era importante “essere in grazia di Dio, sennò non serve a niente”. Diceva che bisognava “cantare non per farsi belli, per la gente, ma per Dio”. Per le sue consorelle era evidente che Sr. Clare stava morendo a sé stessa, che si stava consumando come una candela per il Vangelo. Era felice di sacrificarsi per Gesù, anzi tutto ciò che poteva fare le pareva poco. In una mail indirizzata al fondatore delle Serve, P. Rafael, l’8 aprile 2015, scriveva: “Anche se il Venerdì Santo è un giorno triste, non so se spiegare la gioia e il desiderio entusiasta che ho di soffrire per il Signore. Tutto mi sembra poco: la mancanza di riposo, il digiuno, il caldo, il dover dare retta alla gente... Tutto ciò che può costare mi riempie di gioia, perché mi fa stare vicino al Signore. (...) Sono rimasta a lungo davanti alla croce chiedendo la grazia di mai, mai dimenticare tutto ciò che il Signore e la Madonna hanno sofferto per me”. La ricerca del silenzio Più passava il tempo, però, più lei sentiva la necessità del silenzio e di cercare tempi per stare da sola con il Signore. Avvertiva, infatti, che ci si può consumare nel servizio mantenendo la gioia solo se si ha una bella relazione con Dio. Si può arrivare a donare tutto agli altri solo se si riceve prima in sé l’amore di Dio. Pietro potrà dare la vita per il Signore, solo perché si è lasciato prima lavare i piedi da Lui e perché ha accolto in sé la forza dello Spirito Santo. 46 Clare Crockett Suor Clare ci insegna che il cristianesimo non è volontarismo: lei non si consumava “per senso del dovere” o per sentirsi dire quanto fosse brava, ma per il desiderio autentico di ricambiare l'immenso amore che riceveva. Sentiva che nulla, più del servizio al prossimo, poteva rendere felice il Signore. E questo era il suo modo di ricambiare, da sposa, l’amore dello Sposo. Quando le chiedevano se aveva paura di morire, lei rispondeva con sincerità dicendo di no: vedeva la morte come un passaggio necessario per incontrare il Signore nella pienezza. A Pasqua del 2016 vennero le consorelle degli Stati Uniti in Ecuador. Fu quasi strano per loro ritrovarsi tutte insieme. Si chiedevano come mai, per la prima volta, la Madonna le avesse fatte ritrovare tutte lì, quell’anno (di solito partivano solo alcune di loro). Soltanto più avanti capirono che era un addio o, meglio, che era un arrivederci in Cielo. Anche se, forse, suor Clare, lo aveva intuito, tanto è vero che salutando le sorelle al momento della loro ripartenza per gli Stati Uniti disse: “Ci vediamo in Cielo”. Il momento della prova Nei primi di aprile, ci furono delle forti inondazioni nella zona in cui viveva suor Clare. Mancavano appena due settimane all’inizio dell’anno scolastico e la scuola era in un pessimo stato: tutte le aule inondate, le pareti sciupate dall’acqua, le sedie e i tavoli rovinati, tanto materiale didattico era andato perso. Appena il livello dell’acqua iniziò a scendere, le suore avevano iniziato a pulire e a cercare di sistemare come si poteva. Si 47 erano messe al lavoro con gioia e generosità. Suor Clare motivava tutte, dicendo di offrire la fatica per salvare le anime, per le anime del Purgatorio o per chi ne aveva bisogno: “il Signore lo sa”. Il lavoro era duro, perché sebbene l’acqua se ne stesse andando lasciava molto fango. Suor Clare prese la parte più difficile, utilizzando gli strumenti più pesanti per spalare. Mentre erano intente a rimettere in ordine il proprio edificio, le suore non dimenticavano le famiglie che avevano perso tutto e si preoccuparono di fare una raccolta di viveri per loro. Il terremoto Alle 18.58 del 16 aprile 2016 iniziò una forte scossa di terremoto, proprio dopo la settimana molto dura per le forti inondazioni che giorni addietro Playa Prieta aveva subito. Quando iniziò il terremoto le suore erano appena tornate dalla Messa nella parrocchia del paese. Era già buio. Sr. Clare, con un gruppo di ragazze, era al primo piano. Stavano tenendo una lezione di chitarra e stavano per riunirsi al resto delle suore che erano in casa per pregare il rosario in comunità. Non ci fu tempo, perché la forte scossa fece crollare l’edificio in cui si trovavano le quattro suore e sette ragazze. Tre suore e due ragazze furono recuperate e ritrovate vive. Suor Clare e cinque ragazze, invece, restarono sotto le macerie fino al giorno dopo. In quella notte, le suore del Focolare, non solo quelle presenti in Ecuador, e Padre Rafael restarono svegli, in preghiera, per non lasciare sole suor Clare e le ragazze, fino a quando non fosse arrivata la ruspa, l’indomani, per tirarle fuori. Una di loro, però, mentre pregava perché suor Clare fosse sal48 Clare Crockett va, sentì come una voce, dentro di lei, che diceva: “Non preoccupatevi di me, sto molto bene”. In quel momento la suora capì e si preoccupò molto, invece: le parve che la suora la stesse rassicurando dal Paradiso. Allora iniziò a pregare più intensamente: “Maria, fai qualcosa! Restituisci l'anima al suo corpo! Non lasciare che muoia!”. Ma l’indomani, il suo corpo e quello delle altre cinque ragazze furono ritrovati senza vita, provocando grande dolore in tutti coloro che pregavano di rivederle vive. Clare è stata ritrovata, sotto alle macerie, con in mano il plettro della chitarra: l’ultima cosa che ha fatto in vita è stata suonare e cantare per Gesù. La certezza della vita eterna Nello stesso giorno del terremoto, a pranzo, la conversazione era girata proprio attorno al tema della morte e Sr. Clare aveva detto con molta sicurezza: “Io non ho paura della morte. Perché dovrei avere paura della morte se vado da Colui con cui ho sempre anelato stare tutta la mia vita?”. Eppure, la sua vita non è finita quel giorno. Lei sapeva che sarebbe morta giovane, “all’età di Gesù, forse”. E infatti ha lasciato questa terra proprio a trentatré anni, per proseguire la sua missione di portare anime a Dio dal Cielo. 49 Biografia tratta, con adattamenti, dal testo: sr. Dolores Boitor e Cecilia Galatolo (a cura di), Diario della felicità. Il profumo della vita eterna. Storie per ritrovare la speranza, n. 4. Ed. Mimep-Docete, 2019, pp. 69-90. Infatti, la sua storia sta facendo ora il giro del mondo, toccando i cuori più lontani. Molte sono le testimonianze di persone che, nel conoscere la sua vicenda, si sono sentite mosse a tornare a frequentare i sacramenti o a vivere più intensamente la loro fede. Durante il suo primo ritiro in Spagna, all’età di diciassette anni, ancora in lotta con tutti i suoi vizi mondani, lo aveva detto, con tanta schiettezza ed ingenuità al tempo stesso: “Sarò una suora famosa”. Quella frase, detta senza alcuna consapevolezza del significato che avrebbe assunto, si è rivelata, alla fine, una profezia. 51 Claudio Contarin (1988 – 2008) Lascia che Dio ti usi senza consultarti 52 Claudio Contarin Identikit di claudio in poche righe Claudio, un giovane normalissimo: vive seriamente la scuola, ama scrivere, giocare a calcio, andare in discoteca con gli amici, fare fotografie e divertirsi con la playstation … Eppure, in questa normalità si inserisce Dio e lo cattura. Claudio lo descrive nel suo diario: “Ci sono momenti in cui pare di avere una montagna sulle spalle … momenti in cui non si sa dove appigliarsi, eppure la risposta è quella che tu ci hai dato tempo fa: la fede”. In questo abbandono fiducioso tra le braccia di Dio, che affettuosamente chiamava “Papà” nel suo diario, Claudio Contarin ha vissuto la sua breve ma ricca esistenza: 20 anni. La lettura del diario, in cui il lettore può trovare la testimonianza della sua vita spirituale profonda, può risvegliare anche in noi la “sete di Dio”. Lui invita tutti: “Lascia che Dio ti usi senza consultarti”. Per conoscere meglio Claudio Contarin l Diario di Claudio Contarin - www.radioreb.org/ uploads/2020/02/Diario-Claudio-Contarin.pdf l Luigi Accattoli, https://www.santiebeati.it/dettaglio/98988 l Claudio Contarin e il suo tesoro nascosto: https://www.assisiofm.it/news-claudio-contarin-e-il-suotesoro- nascosto.html 53 Cenni biografici e appunti di spiritualità Quasi 20 anni in poche righe Claudio Contarin nasce a Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, il 28 settembre 1988. Cresce in una famiglia accogliente: con papà Alberto, mamma Alessandra, due fratelli e due sorelle, ai quali è legatissimo. Di lui si notano subito la timidezza e la riflessività, che però non gli impediscono di essere un ragazzo solare, presente e pieno di passioni. Claudio vive seriamente la scuola (tanto che a volte si fa prendere dall’ansia per i troppi compiti da fare), ama scrivere, giocare a calcio, andare in discoteca con gli amici. Sviluppa anche l’interesse per la fotografia e, dopo essersi diplomato all’Istituto tecnico Rossi (a giugno del 2007) come perito elettronico, comincia a lavorare nello studio fotografico del padre. Vive una vita tranquilla, ordinaria, “normale”, ma la sua interiorità è ricca e genuina. Per conoscere Claudio: la voce della mamma Con la famiglia e i suoi amici era molto vivace e spesso si faceva promotore di giochi con i suoi fratelli, per i quali era quasi un faro. Per loro ha scritto anche storie e fumetti e gli piaceva coinvolgere anche i più piccoli. Aveva una mente molto creativa e con dei 54 Claudio Contarin semplici fogli di carta riusciva a trasportare i suoi fratelli in un mondo magico. Anche con i suoi amici amava scherzare, aveva con loro un legame molto profondo ed era molto empatico. Un giorno, vedendo suo fratello turbato, decise di dedicare la sua pausa pranzo per portarlo in una piccola gita sul lago di Garda. L'amicizia per lui era molto importante, tanto che difese Erto (soprannome di Matteo, ndr.) quando una ragazza, che piaceva ad entrambi, lo aveva trattato male Per conoscere Claudio in profondità?… bisogna leggere il suo DIARIO Nessuno lo sapeva, ma Claudio custodiva i pensieri più intimi e le riflessioni più profonde in un’agenda personale. Sono gli scritti di un ragazzino, talvolta non perfetti nella grammatica ma di una rara profondità, seppur nella loro semplicità. Sfogliando le pagine del diario, ci sembra di vedere e di sentir parlare questo ragazzo dall’animo bello e dalla vita di fede intensissima: emergono la semplicità e la purezza del cuore del giovane. Scrive poesie, canti ... E tanta è la familiarità con le realtà del cielo che qualcuno azzarda paragonare il diario di Claudio con quello di S. Teresa di Lisieux. Eppure, lì dentro c'è anche la sua routine: fatta di scuola, sport, amicizie, piccole e grandi preoccupazioni … c’è la realtà vista con gli occhi di un adolescente. Le prime riflessioni annotate risalgono all’anno 2005, quando Claudio ha 17 anni. Uno dei suoi primi pensieri è dedicato al 55 Natale e al desiderio che “non sia solo materiale”. Il suo desiderio è che gli uomini possano sentire che Dio è fra loro e che abbiano forza, positività, speranza. Risalente a un anno dopo, ma vicina nel diario, è una riflessione in cui si vede il suo rammarico per aver trascurato il giorno del Signore e non essere andato a messa: si accorge che rispondere all’amore di Dio è importante. Nessuno lo obbliga ad andare in chiesa, tant’è che dice apertamente di non esserci andato quel giorno, ma nel suo cuore sente che è diverso dedicare o meno attenzioni a Colui che ci ha creato e aspira a una relazione amica con noi. Seguono, sfogliando queste pagine, dei grazie sinceri alla Madonna, il proposito di aiutare e non giudicare l'altro (nemmeno sulla fede: chissà che anche chi sembra orfano di Dio non abbia esperienze di Lui) e poi di nuovo troviamo una riflessione sul Natale, stavolta datata 25 dicembre 2006, in cui celebriamo “il giorno in cui tu sei venuto ad aiutarci qui in terra come uomo”. E poi, quasi a ricordarci quale grande dono siamo chiamati a portare a compimento, scrive: “Il male si nasconderà, il bene lo soffocherà, ci sarà amore nelle strade, la solitudine sarà riempita con lo stare insieme, le difficoltà con l'aiutarsi, e crederanno tutti in te con fede, forza e amore!!”. Sempre nel giorno di Natale del 2006 compone una lettera per gli angeli e una per i santi del Cielo. 56 Claudio Contarin La preghiera è un aspetto centrale nella sua vita. Lo si capisce, ad esempio, quando dice: “Ti prego Signore, perché la preghiera è importante per respirare attimi di aria celeste, per far brillare i nostri occhi di gioia, per ristabilire forte il sorriso nelle mie giornate. Abbi pietà di noi Papà. Aiutaci quest'oggi a pregare. Amen”. La sua spiccata sensibilità lo porta a sentire su di sé il dolore per il male nel mondo. Lo si vede, per esempio, dal suo scritto sulla Shoah, datato 28-01-07 o da ciò che scrive sulla gente povera aiutata da Madre Teresa. Uno dei libri che più lo colpiscono, scrive nel febbraio del 2007, è proprio una biografia di questa dolce e impegnatissima suora. Non mancano poi nel diario momenti di sconforto e di paura, come quella volta che il fratello finisce in ospedale per una brutta caduta. Ecco che Claudio si ritrova ad esprimere i suoi timori, per poi pregare in modo accorato il Signore di aiutarlo. Al momento della guarigione, non dimentica di ringraziare. Il diario poi prosegue, tra partite di calcio, letture di libri, programmazione di film da vedere, gite in bici, propositi di miglioramento personale (come quando decide di smettere di fumare per la quaresima) e poi ancora preghiere, fino al febbraio 2008. Yossi: il secondo nome di Claudio Il secondo nome di Claudio è Yossi, che in ebraico è una variante di Giuseppe. Nel suo diario personale, Claudio racconta la storia di Yossi, un bambino portatore di handicap che suo padre ha avuto il dono di accudire in Palestina, quando era giovane. 57 Claudio spiega come questo incontro provvidenziale abbia radicalmente cambiato il cuore di suo padre per sempre. Afferma con forza che la vita di questo bimbo, imperfetta e perfino “inutile” agli occhi di molti, è preziosa, tanto che nessuno, dice, ha aiutato papà Alberto più di Yossi. Il valore di una vita umana, per lui, non si misura dal grado di salute: e tutti, anche coloro che sono malati, possono trovare dei motivi per dire che “è valso la pena di vivere”. “Papà” e “Mamma”: due nomi per dialogare con il cielo Claudio ha un rapporto profondamente intimo e confidenziale con Dio, tanto che nel suo diario lo chiama ripetutamente “Papà”. Non ha riserve, gli si affida veramente come fa un figlio con suo padre. Anche alla Madonna si rivolge con spontaneità e affetto filiale, chiamandola Mamma. In uno scritto la descrive in questo modo: “Era fatta così la semplice Maria: ogni passo lo muoveva solo con il consenso di Dio, faceva così armonicamente di ogni passo una preghiera a Dio”. Claudio è molto grato verso i suoi genitori, perché con la loro stessa vita hanno saputo mostrargli la bellezza e l'importanza della fede. È anche grazie a loro se Claudio pensa di poter coinvolgere Gesù in ogni attività, tanto da chiedergli di essere con lui anche nei momenti più quotidiani, come una semplice partita di calcio. 58 Claudio Contarin Una volta invita proprio Gesù a giocare: “Sono pieno di gioia stiamo organizzando una partita a pallone e chissà che vada tutto bene. Ma sia la tua volontà e soprattutto vieni, con la Mamma, gli Angeli, i Santi dei cieli e santa mamma Rosa a giocare con noi!”. Non solo con “Papà” e “Mamma”. Claudio dialoga anche con i Santi Il diario di Claudio è costellato anche da nomi di santi. Ce ne sono alcuni cui è particolarmente legato, come Santa Faustina Kowalska. Di lei ammira l’umiltà e la capacità di riconoscersi bisognosa di Dio in tutto. Insieme a santa Faustina, Claudio desidera entrare in profondità nel mistero della misericordia di Dio e scopre che l’amore di Dio davvero non ha limiti. Altri santi che nomina, oltre a santa Teresa di Calcutta, che è forse la più presente, sono: San Pietro, San Paolo, Santa Elisabetta, San Giuseppe, San Giuseppe da Copertino, S. Padre Pio, San Giuseppe Moscato, San Domenico, Sant’Antonio di Padova, Santa Bernadette, Sant’Ireneo, Santa Veronica, San Francesco. Una delle caratteristiche forse più evidenti nel diario è la naturalezza con cui Claudio vive il mistero della comunione con coloro che lo precedono in Paradiso (i santi canonizzati, ma anche persone care defunte, come suo nonno). Dal sito “Santi e Beati”, dove Luigi Accattali parla di lui, leggiamo: La chiusa costante delle lettere-preghiera è sempre 59 quella del coinvolgimento di cielo e terra, seppure con decine di varianti: “Sant’Antonio di Padova, Claudio Contarin & tutti noi”, “Claudio Contarin, Madre Teresa di Calcutta e tutti noi”. Quel “tutti noi” non vuol dire “noi di casa”, ma “noi tutti sulla terra e nel cielo”. Claudio, oltre a sentirsi in comunione coi santi, avverte forte egli stesso la chiamata ad essere santo e proprio per questo si accorge quando le sue azioni non sono coerenti con tale proposito: si accorge quando ferisce qualcuno, quando si dimentica di Dio, quando non mette amore in quello che fa e non sa farsi dono agli altri. Si dispiace per i suoi peccati, ma confida nel perdono di Dio, che puntualmente arriva e lo aiuta a rialzarsi. Amici, calcio, playstation, … A leggere di questa spiritualità così intensa - e inusuale in un ragazzo di sedici o diciassette anni - ci si potrebbe chiedere: ma Claudio era un patito dei santuari? Passava tutte le sue giornate a pregare? Parlava solo di questi argomenti? La risposta a tali domande è assolutamente no. I famigliari dicono che aveva una grande passione per la playstation, andava a ballare piuttosto spesso, nel cuore aveva le partite a pallone, ci sono foto in cui gioca con il papà e i fratelli, o scherzosamente lotta con la sorella maggiore. I suoi amici sono veramente importanti. Una volta, tornato a casa, scrive entusiasta sul suo diario, dopo essere stato da un compagno: “Sono andato da Marco: ho scoperto di avere un altro grande amico!”. 60 Claudio Contarin Tra le righe dei suoi scritti intuiamo che questo giovane sa divertirsi senza sballarsi, accettare i fallimenti senza sentirsi un fallito, ricominciare daccapo con grinta se per qualche motivo commette un errore. È una persona generosa e altruista, che ha veramente a cuore gli altri, la loro serenità e si impegna per aiutare chi vede triste o in difficoltà. Per capire in profondità la sua vita “ordinaria”, tuttavia, bisogna comprenderne il suo sguardo contemplativo: “Ogni giorno c'è una specie di miracolo, non passa giorno senza che ci arrivi una delicata attenzione di Dio. Il miracolo più grande è che Dio si serve delle piccole cose come noi. Ci usa per fare il lavoro. Lascia che Dio ti usi senza consultarti”. L’incidente e la nascita in Cielo Claudio Contarin muore l’8 febbraio del 2008, a 19 anni, in un incidente stradale, nel Camisano Vicentino, che costerà la vita a lui e ad altri tre suoi cari amici. È proprio il giorno dopo di questo tragico evento che i genitori trovano, nella sua strada, il diario di Claudio che poi, generosamente, decideranno di pubblicare, senza cambiare neppure una virgola. E così, non solo vive in Cielo e nei ricordi di chi lo ha amato, continua a raggiungere e toccare tanti cuori con le sue stesse parole. 61 Ai giovani Claudio lascia una bellissima eredità, che potremmo riassumere in una sua frase rivolta a santa Veronica, colei che asciugò con un panno il volto di Gesù sul Calvario: “Aiutami, in ogni cosa che faccio, a vedere il volto di Gesù. Così davvero colorerò la mia vita. Così davvero sarò felice”. Biografia tratta, con adattamenti, dal testo: sr. Dolores Boitor e Cecilia Galatolo (a cura di), Diario della felicità. Testimoni di amore genuino. Una finestra aperta sul cielo, n. 3. Ed. Mimep-Docete, 2019, pp. 195-203. 62 Claudio Contarin “DIARIO, RIFLESSIONI E PREGHIERE”: la lettura delle pagine del diario, specchio della vita spirituale di Claudio, può risvegliare anche in noi la sete di Dio “Cerco un prete che mi ascolti: ieri sera mio figlio è morto in un incidente insieme con altri tre giovani”. Così si è presentato Alberto, il papà di Claudio, quel sabato mattina 9 febbraio 2008. Poi nel pomeriggio è ritornato con la moglie, e lunedì mattina mi ha portato alcuni fogli fotocopiati del diario di Claudio. Così è iniziato il cammino, segnato dal dolore e insieme dalla speranza, con questi genitori e in parte con i loro quattro figli. Il Diario di Claudio è diventato una luce che illumina la vita di questa famiglia, ma anche in parte la cara comunità di S. Maria, dopo che la domenica 17 febbraio ho presentato nelle SS. Messe alcuni tratti di quel diario, denso di fede e di umanità. Ora quegli scritti vengono presentati a un pubblico più vasto, perché ritengo secondo la parola del Vangelo, che “un tesoro non può restare nascosto”, ma deve illuminare e accompagnare i passi, a volte incerti e stanchi, della nostra vita. Penso ai giovani che si troveranno in mano queste pagine di un loro amico e coetaneo, pieno di vita, per nulla diverso da loro all'apparenza, ma con una interiorità profonda. I genitori stessi di Claudio, a leggere queste pagine con le lacrime agli occhi, hanno scoperto un figlio che non conoscevano fino in fondo. 63 Mi raccontava il papà un piccolo episodio assai significativo: “Sono entrato un giorno nella sua camera e l’ho visto in ginocchio a pregare, ma si è subito alzato, quasi spiaciuto di essere stato scoperto”. Ma penso anche ai genitori che, scorrendo queste pagine, si sentiranno incoraggiati a trasmettere ai loro figli parole, gesti, esempi di fede e umanità che offrano loro un modello di vita che non è alla moda. Ma costruisce persone con valori che non tramontano mai. Anch’io, sacerdote da molti anni, ho trovato in questo diario la conferma che il bene è più grande del male e che il Vangelo è ancora una luce e una forza in grado di sostenere giovani e adulti nella fede. Don Domenico Piccoli parroco di S. Maria di Camisano (Vicenza) 65 Chiara Badano (1971 – 1990) Un sorriso diventato luce per tanti 66 Chiara Badano Identikit di CHIARA in poche righe Estate 1988. Una partita di tennis. Improvvisamente, Chiara lascia cadere la racchetta. Un dolore atroce le attraversa la spalla. La sentenza arriva poco dopo: sarcoma. Chiara Badano, 17 anni, è figlia unica di Maria Teresa e Ruggero. Vivace e appassionata di sport, è una ragazza che ha scelto Dio come ideale della sua vita ma che, quando può, va al bar Gina, nel centro della sua amata Sassello, in provincia di Savona. «Mamma, io non devo parlare di Gesù, io glielo devo dare», risponderà a Maria Teresa quando le chiede se con i suoi amici parla anche di fede. Fin da piccola vive la spiritualità del Movimento dei Focolari, che la spinge a vedere in ogni accadimento l’amore immenso di Dio. «Abbiamo iniziato la nostra avventura, fare la volontà di Dio nell’attimo presente, con il Vangelo sotto braccio faremo grandi cose» scrive insieme ad un’amica a Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolari, che le proporrà di aggiungere al proprio nome “Luce”. Per Chiara, ancora bambina, le grandi cose si traducono in piccoli gesti, come quando dona il suo orologio per i poveri. Fare tutto per Gesù: questo è il suo motto. Gli offre le gioie e i piccoli dolori, come la delusione per una storia d’amore appena nata e la bocciatura in quarta ginnasio. Il suo sì a Lui arriva anche dopo la terribile diagnosi. Quel giorno, di ritorno a casa, si butta sul letto e sta in silenzio per 25 minuti. “Io non posso più correre, però vorrei consegnare ai 67 giovani la fiaccola, come alle olimpiadi: perché hanno una vita sola, e vale la pena spenderla bene”. Dopo quella drammatica lotta interiore, il sorriso torna sulle sue labbra e non la abbandonerà più. Anche quando il giorno della sua morte dirà alla mamma: «Sii felice, perché io lo sono» e chiede ai genitori che il suo funerale sia una festa. La stessa festa celebrata il 25 settembre del 2010, quando Chiara è stata beatificata di fronte a 25mila giovani provenienti da 70 nazioni del mondo che hanno trovato in lei una “luce” per la loro vita. Per meglio conoscere Chiara Badano l www.chiarabadano.org l Fondazione Chiara Badano (Curatore), Nel mio stare il vostro andare. Vita e pensieri di Chiara «Luce» Badano, San Paolo Edizioni, 2019 Cenni biografici e appunti di spiritualità L’arrivo tanto atteso di Chiara Chiara Badano nasce a Sassello, piccolo paesino nella provincia di Savona (Liguria, Italia), il 29 ottobre 1971, per la grande gioia di mamma Teresa e papà Ruggero, che l’attendevano con impazienza da ben 11 anni. I due coniugi, infatti, non riuscivano ad avere dei bambini, ma non si rassegnavano all’idea di un “matrimonio senza figli”: accettavano con fede la volontà di Dio, però non si stancavano 68 Chiara Badano mai di chiedere il dono di un bambino. Così, all’arrivo di Chiara, la felicità dei genitori, di parenti e amici è incontenibile. La piccola si rivela subito di indole buona e generosa, seppure, come tutti i bambini, talvolta si rifiuti di ubbidire o combini qualche guaio. I suoi sanno, però, che i rimproveri, necessari a volte, devono essere sempre accompagnati dall’amore. Sanno che Chiara “non appartiene a loro”: è prima di tutto figlia di Dio e, sebbene abbiano il dovere di educarla, prima di tutto devono amarla come Dio la ama. E quell'amore di Dio, dapprima trasmesso proprio da mamma e papà, poi cercato e accolto personalmente, raggiunge davvero presto il cuore di Chiara, che si distingue, già a pochi anni di vita, per il desiderio di conoscere e imitare Gesù sul serio. Chiara diventa una GEN Il giorno più bello della sua infanzia, ricorderà, è quello in cui partecipa al Family Fest a Roma, all’età di nove anni. In quella occasione ha modo di ascoltare e di vedere, seppur da lontano, (grazie a un binocolo, come racconterà entusiasta), Chiara Lubich, fondatrice del Movimento cattolico dei Focolarini. Chiara Badano rimane così affascinata dalla spiritualità del Movimento, che vuole subito farne parte: diventa quindi anche lei una GEN (Generazione Nuova). Crescendo, matura sempre di più nella ragazza l’aspirazione a diventare una “cristiana autentica, di quelle che vanno fino in fondo”. 69 Allegra e sorridente, manifesta il suo essere cristiana concretamente in molti, semplici, gesti di altruismo. In particolare, sa mettersi in un atteggiamento di ascolto: è capace di decentrarsi per porre al centro l’altro, coi suoi bisogni e problemi. Chiara ama profondamente Gesù, tanto che arriva a vederlo come “suo sposo”, ma se qualcuno le chiede: “Come mai non parli di Lui con i tuoi amici?”, la ragazza risponde: “Io Gesù non glielo devo dire, glielo devo dare”. Sa bene che la sua fede, per non spegnersi, ha bisogno di essere alimentata e non dimentica mai il suo appuntamento fisso con Dio, alla Messa, cui partecipa, pure in vacanza, come ricorderà la migliore amica “Chicca” - con la quale condivideva tutto, in particolare la fede. Le prime “difficoltà” della vita Quando Chiara ha circa 14 anni, per permetterle di frequentare il liceo classico come desidera, i genitori decidono di trasferirsi a Savona. Il distacco da Sassello, “piccola Svizzera” - come amava definire il suo amato paese -, le pesa molto, ma riesce ad affrontarlo grazie al supporto delle sue amiche GEN. Purtroppo, l’anno di studio al liceo, però, non dà i frutti sperati e, nonostante l’impegno, Chiara viene bocciata. Quella è la prima, vera, grande sofferenza della sua vita: un fallimento che brucia, ma che le dà occasione - dirà poi - di “unirsi alla croce di Gesù”. “Non può esserci vera gio ia – affermerà – se non si affronta il dolore come Gesù”. Ma a poco a poco, riesce a riprendersi da quella delusione. 70 Chiara Badano La sua “salita” al monte Calvario Un giorno, di punto in bianco, giocando a tennis, avverte un fortissimo dolore alla spalla. Seguono accertamenti e la tac non lascia dubbi. La diagnosi è sconvolgente: osteosarcoma con metastasi, un tumore alle ossa tra i peggiori. I genitori non hanno parole per spiegare l’angoscia provata sentendo le spiegazioni del medico, eppure, anche in una situazione così drammatica, riescono a unirsi in un abbraccio e a chiedere al Signore di aiutarli a dire il loro “Sì”. La famiglia si dirige a Torino, dove Chiara deve essere ricoverata, presso l’ospedale delle Molinette. La prima cosa che chiede, una volta giunta in città, è di farsi accompagnare presso il Santuario della Consolata, dove si confessa e riceve Gesù per “prepararsi a quello che la attende”. Al suo male, però, non c’è cura. È il 14 marzo 1989, Chiara viene a sapere che non guarirà e ciò la avvilisce. È una ragazza piena di entusiasmo, di interessi, di sogni da realizzare. La sua “lotta interiore” Chiara vorrebbe vivere e si chiede: “E' giusto morire a 17 anni?”. Sa bene che il vero cristiano affronta col Signore sia le gioie che i dolori, ma in quella circostanza più che mai capisce che non è facile dire “Sia fatta la tua volontà”, quando ciò comporta dolore. Dovrà lottare molto dentro di sé, come riporterà la madre, per accettare quella Croce e offrirla a Gesù, per accettare di rinunciare alle sue aspettative e “stare al gioco di Dio”. 71 Una volta appresa la tragica notizia, Mamma Teresa vorrebbe consolarla, dirle di continuare a sperare, ma Chiara chiede di stare sola, sola con Gesù. “Ora non parlare. Ora non parlare”, ripete alla madre, che cercava di indorare la pillola. Poi si butta sul suo letto e resta immobile per venticinque minuti. Saranno ricordati come i “25 minuti decisivi di Chiara”. Il suo “SI” al Signore In quel lasso di tempo, la ragazza pronuncerà interiormente il suo “Sì” al Signore. E non tornerà più indietro. L’iter dei trattamenti, chemioterapia e radioterapia, volti se non ad annientare il male, almeno a rallentare il decorso della malattia è estenuante, ma Chiara affronta tutto con una forza e una positività fuori dal comune. Ad ogni ciocca che vede cadere dopo la prima chemio, ripete: “Per te, Gesù”. I medici, gli amici, e chiunque entri in contatto con lei stentano a credere che di fronte hanno una malata terminale. Chiara ama stare in compagnia, parlare del più e del meno come sempre, chiede ai dottori come stanno le loro mogli o i figli, sdrammatizza, decide di donare i propri risparmi per una missione di beneficenza, fa coraggio ai genitori, invitandoli a ritrovare “tempo per loro”, come se volesse prepararli ad andare avanti da soli, dopo la sua morte. 72 Chiara Badano La sofferenza che prova è spesso allucinante e a volte si sente sopraffatta, ma i famigliari e gli amici sono capaci di sostenerla, di creare un meraviglioso clima di supporto attorno a lei. E Chiara ha ancora così voglia di vivere che rifiuta perfino la morfina, perché le toglierebbe lucidità. Vuole passare vigile ogni attimo che le resta con chi ama e offre a Gesù il suo dolore. Intanto, però, il tumore progredisce molto rapidamente e non mancano giorni bui e pesanti. Un momento particolarmente doloroso per Chiara sarà quando perderà l’uso delle gambe. “Non camminerò più... ”, dice alla madre con molta tristezza, ma quest’ultima prontamente le risponde: “Gesù ti ha tolto le gambe, ti metterà le ali”. È il giugno del ‘90: la chemio non ha prodotto il benché minimo miglioramento, così, la medicina depone le armi. “Ora, solo Dio può”, sì dice Chiara, che torna nella sua casa di Sassello, per vivere gli ultimi mesi di vita. La lettera di Chiara Lubich a Chiara Motivo di grande gioia per lei, in quel periodo estremamente difficile, sarà ricevere una lettera da Chiara Lubich, alla quale aveva chiesto di assegnarle un nome per vivere meglio la sua condizione. “Chiara Luce, - le risponde - come la luce di Gesù che vince sulle tenebre”. 73 Le piace molto quell’appellativo e lo considera un po’ un “nuovo Battesimo”. Con una fede semplice e straordinaria al tempo stesso, dà direttive a tutti sul suo funerale. “Dovrà essere una festa”, spiega. Innanzitutto, vuole essere vestita da sposa, come a indicare che ad attenderla tra le sue braccia ci sarà lo Sposo, Gesù. “Quando mi vestirai - si premura di dire alla mamma, dovrai ripeterti: ora Chiara vede Gesù”. Con la sua migliore amica, prepara i canti che vorrebbe ci fossero durante la cerimonia. “Dite ai GEN di cantare forte”, si assicura. Le ultime sue parole, prima di volare in cielo il 7 ottobre del ‘90, saranno: “Mamma, sii felice, perché io lo sono”. Chiara Badano e i giovani Dopo la morte, la fama di santità della giovane di Sassello si diffonde rapidamente. Iniziano subito ad arrivare lettere, bigliettini, foto per chiedere delle grazie da ogni parte del mondo. Alla sua intercessione si associano molte guarigioni e miracoli. Chiara è attualmente sepolta nel campo santo di Sassello, nella cappella di famiglia del cimitero. Da ogni parte del mondo 74 Chiara Badano vengono a rendere omaggio alla sua salma e a pregare sulla sua tomba. In particolare, è molto amata dai giovani, che la vedono come un modello di vita cristiana da ammirare ed imitare. A loro, Chiara ha rivolto la celebre frase: Io non posso più correre, però vorrei consegnare ai giovani la fiaccola, come alle olimpiadi: perché hanno una vita sola e vale la pena spenderla bene. Papa Benedetto XVI la dichiara “Venerabile” il 3 luglio 2008 e “Beata” il 25 settembre 2010. Biografia tratta, con adattamenti, dal testo: sr. Dolores Boitor e Cecilia Galatolo (a cura di), Diario della felicità. Storie di giovani in ricerca. Un viaggio al centro del cuore umano, Ed. Mimep-Docete, 2019, pp. 27-34. 75 APPENDICE La Fama di Santità Per definizione «la causa di beatificazione e canonizzazione riguarda un fedele cattolico che in vita, in morte e dopo morte ha goduto fama di santità, vivendo in maniera eroica tutte le virtù cristiane». Per l’inizio di un processo di beatificazione è quindi sempre necessaria una certa “fama di santità” della persona, ovvero l’opinione comune della gente secondo cui la sua vita è stata integra, ricca di virtù cristiane. Questa fama deve durare e può ingrandirsi. Quelli che hanno conosciuto la persona parlano dell’esemplarità della sua vita, della sua influenza positiva, della sua fecondità apostolica, della sua morte edificante. La Fase Diocesana La santità è solo l’ultimo gradino di una scala che ne presuppone altri tre: il candidato, per diventare ufficialmente Santo, deve essere prima Servo di Dio, poi Venerabile, poi Beato. È chiamato Servo di Dio il fedele cattolico di cui è stata iniziata la causa di beatificazione e canonizzazione. 76 APPENDICE La prima fase dev’essere quindi l’apertura ufficiale del processo. La persona viene dichiarata Servo/a di Dio e il postulatore, appositamente nominato dal Vescovo, raccoglie documenti e testimonianze che possano aiutare a ricostruire la vita e la santità del soggetto. Obiettivo è quello di verificarne l’eroicità delle virtù, ovvero la disposizione abituale a compiere il bene con fermezza, continuità e senza esitazioni. Occorre, cioè, dimostrare che il candidato le ha praticate a un livello molto elevato, fuori dal comune. Questa ricostruzione viene fatta seguendo due piste: raccogliendo le testimonianze orali delle persone che hanno conosciuto il Servo di Dio e possono raccontare con precisione fatti, eventi, parole; raccogliendo tutti i documenti e gli scritti riguardanti il Servo di Dio. Se le condizioni preliminari sembrano concordi, il Vescovo può introdurre la Causa in vista della canonizzazione. Per questo nomina un Tribunale composto da un suo Delegato, da un Promotore di Giustizia (a livello di Congregazione ci sarà poi un Promotore Generale della Fede) e da un Notaio Attuario. Una apposita Commissione Storica deve raccogliere i documenti che riguardano il Servo di Dio e tutti i suoi scritti. Infine, due Censori Teologici devono valutare i medesimi scritti, se vi sia qualcosa di contrario alla fede o alla morale. Tutte le informazioni vengono raccolte e poi sigillate nel corso di una sessione di chiusura, presieduta dal Vescovo. La Fase Romana Terminato questo lavoro, si chiude la fase diocesana del processo e tutto il materiale viene consegnato a Roma al Dicastero delle Cause dei Santi che, tramite un suo Relatore, guiderà il postulatore nella preparazione della Positio, cioè del volume 77 che sintetizza le prove raccolte in Diocesi; ha così inizio la cosiddetta fase romana del processo. La Positio deve dimostrare con sicurezza la vita, le virtù, la fama di santità del Servo di Dio. Essa sarà studiata da un gruppo di teologi e, nel caso di una “Causa storica” (quella che riguarda un candidato vissuto molto tempo prima e per il quale non vi siano testimoni oculari), anche da una Commissione di storici. Se questi voti saranno favorevoli (almeno in maggioranza qualificata), il dossier sarà sottoposto ad un ulteriore giudizio dei Vescovi e dei Cardinali membri del Dicastero. Venerabile Se il giudizio di questi ultimi è ugualmente favorevole, il Santo Padre autorizza la promulgazione del Decreto sull’eroicità delle virtù o sul martirio del Servo di Dio, che così diviene Venerabile, gli viene riconosciuto, cioè, di aver vissuto le tre virtù teologali (fede, speranza e carità) e le quattro virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) in grado “eroico”, o quando si riconosce che il candidato è stato martirizzato. I candidati alla santità possono essere infatti di vari tipi: i martiri, cioè chi è stato ucciso a causa della confessione della loro fede; i cosiddetti confessori, cioè coloro che sono stati testimoni della fede, ma senza il sacrificio supremo della vita. Inoltre, dal 2017 è possibile giungere alla Canonizzazione anche attraverso una terza via: l’offerta della vita, senza uccisione in odio alla fede e senza il prolungato esercizio di virtù eroiche; si tratta di persone che hanno volontariamente e liberamente offerto la loro vita per gli altri, perseverando «fino alla morte in questo proposito, in un supremo atto di carità». 78 APPENDICE La Beatificazione La beatificazione è la tappa intermedia in vista della canonizzazione. Il processo di beatificazione, salvo una particolare dispensa papale, non può iniziare prima che siano passati almeno 5 anni dalla morte del Venerabile; se è martire, diventa subito Beato, altrimenti è necessario che venga riconosciuto un miracolo, dovuto alla sua intercessione. Questo evento miracoloso in genere è una guarigione ritenuta scientificamente inspiegabile, giudicata tale da una Commissione Medica convocata dal Dicastero delle Cause dei Santi e composta da specialisti sia credenti sia non credenti. Importante, ai fini del riconoscimento, è che la guarigione sia completa e duratura, in molti casi anche rapida. Dopo questa approvazione, anche sul miracolo si pronunciano i Vescovi e i Cardinali membri del Dicastero e il Santo Padre autorizza il relativo Decreto. Così il Venerabile può essere Beatificato. In seguito a questa proclamazione, il Beato è iscritto nel calendario liturgico della sua diocesi o della sua famiglia religiosa, nel giorno anniversario della morte o in un giorno che si ritenga particolarmente significativo. La Canonizzazione Per poter arrivare alla canonizzazione, ossia per poter essere dichiarato Santo, si deve attribuire al Beato un secondo miracolo, avvenuto però successivamente alla beatificazione. Per stabilire chi è santo, la Chiesa utilizza un accertamento canonico: se una volta si poteva diventare santi semplicemente per acclamazione popolare, è almeno dal XVI secolo che la Chiesa ha cominciato a dotarsi di norme specifiche, per evitare confusioni e abusi. 79 Per procedere nella Causa occorre prima di tutto che il candidato sia morto, poi che qualcuno proponga di aprire il processo e che il Vescovo della Chiesa locale accolga questa richiesta. La prima parte del processo si svolge infatti in Diocesi: si raccolgono documenti e testimonianze, si ricostruiscono i fatti. Se l’insieme di questi dati è ritenuto idoneo, il tutto viene trasmesso in Vaticano. Come in tutti i processi, anche in questo caso ci sono una sorta di accusa e una difesa. L’avvocato difensore, se vogliamo usare questo termine, è il postulatore, incaricato di dimostrare la santità del candidato. Colui che è incaricato di “fare le pulci” a testimonianze e documenti è invece il Promotore della Fede (comunemente noto come “l’avvocato del diavolo”). Il primo è nominato da chi ha fatto la proposta di istruire la Causa, il secondo è in servizio presso il Dicastero. Casi excepti Il Papa può prendere decisioni particolari. Papa Francesco lo ha fatto nei confronti di Giovanni XXIII, che è diventato santo per la sua fama di santità, diffusa da decenni in tutto il mondo, senza che gli venisse riconosciuto un secondo miracolo. E una procedura straordinaria è stata seguita anche da Benedetto XVI nei confronti di Giovanni Paolo II, la cui causa di beatificazione si aprì poche settimane dopo la morte, senza aspettare i cinque anni previsti. Come spiegato in precedenza, esiste un’altra eccezione, ovvero la cosiddetta equipollenza, applicata sia ai casi di beatificazione che di canonizzazione; si tratta di una procedura utilizzata dalla Chiesa cattolica, mediante la quale il Papa approva, con un semplice decreto, un culto spontaneo esistente da tempo, senza indagini specifiche e senza attendere il verificarsi di un miracolo. Si distingue dalle beatificazioni e canonizzazioni formali, per le quali la Chiesa prevede un regolare processo e l’esistenza di un miracolo (per il beato), o di un secondo miracolo (per il santo). INDICE Presentazione.............................................................. 3 “I Santi della porta accanto” 0 “la classe media della santità”, secondo Papa Francesco........................................ 6 Pier Giorgio Frassati...................................... 9 Clare Crockett................................................. 29 Claudio Contarin.............................................. 51 Chiara Badano.................................................. 65 APPENDICE...................................................................... 75

Corso di educazione finanziaria

Autore: 
Lucio Lamberti
Categoria pubblicazione: 
Fuori collana
Anno: 
2024
Numero pagine: 
184
Codice: 
A cura del prof. Lucio LAMBERTI CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA 1 Stampa: Tipografia Salesiana Roma - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma - tipolito@donbosco.it Finito di stampare: Dicembre 2024 3 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Capitolo I: Introduzione alla economia e alla finanza....................................................................................................................................................................................... 7 Premessa...................................................................................................................................................................................................................................................................................... 7 Nozioni base di economia. Moneta, inflazione e intermediari del sistema finanziario...................................................... 8 L’uso internazionale delle monete.......................................................................................................................................................................................................... 10 Confini geografici e complessità dell’area Euro................................................................................................................................................................... 11 Breve racconto della evoluzione nel tempo del sistema monetario.......................................................................................................... 14 Aggregati monetari e circolazione dei mezzi di pagamenti................................................................................................................................. 17 La transizione alla moneta digitale..................................................................................................................................................................................................... 18 Il concetto di inflazione..................................................................................................................................................................................................................................... 20 Il trasferimento delle risorse: il concetto di investimento e di sistema finanziario.......................................................... 23 Capitolo II: La conservazione e l’uso del denaro....................................................................................................................................................................................................... 25 Il conto corrente........................................................................................................................................................................................................................................................... 25 Chi può aprire un conto corrente e come?................................................................................................................................................................................. 30 Quali documenti dobbiamo conservare per un rapporto bancario di conto corrente?...................................................... 36 Il conto corrente è una casa di vetro per il fisco............................................................................................................................................................. 40 Obblighi di Dichiarazione dei conti all’estero per i residenti italiani..................................................................................................... 43 Conseguenze per Mancata Dichiarazione...................................................................................................................................................................................... 43 Rimedio: Il Ravvedimento Operoso...................................................................................................................................................................................................... 44 Capitolo III: La circolazione del denaro..................................................................................................................................................................................................................................... 45 L’assegno bancario...................................................................................................................................................................................................................................................... 45 L’assegno circolare...................................................................................................................................................................................................................................................... 49 L’Ordine di trasferimento bancario (bonifico)........................................................................................................................................................................ 50 Il sistema SEPA................................................................................................................................................................................................................................................................ 51 I bonifici extra SEPA................................................................................................................................................................................................................................................ 52 Si può annullare un ordine di trasferimento?........................................................................................................................................................................ 54 La carta di credito e la carta di debito........................................................................................................................................................................................... 54 La conversione di valute.................................................................................................................................................................................................................................... 57 L’utilizzo delle divise estere per investimenti e riserva............................................................................................................................................ 60 Capitolo IV: Il sistema finanziario e gli intermediari......................................................................................................................................................................................... 63 Il sistema finanziario.............................................................................................................................................................................................................................................. 63 Gli intermediari finanziari................................................................................................................................................................................................................................. 65 Gli intermediari creditizi.................................................................................................................................................................................................................................... 66 Altri intermediari creditizi............................................................................................................................................................................................................................... 74 Gli intermediari assicurativi........................................................................................................................................................................................................................... 75 I principali intermediari mobiliari in Italia............................................................................................................................................................................... 76 SOMMARIO 4 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Capitolo V: La gestione del denaro in eccesso: investimenti e finanziamenti............................................................................................................ 79 Il trasferimento a titolo definitivo....................................................................................................................................................................................................... 79 Il trasferimento transitorio a titolo gratuito o oneroso........................................................................................................................................... 80 Cosa giustifica il rendimento?.................................................................................................................................................................................................................... 82 Liceità dell’interesse e distinzione tra interesse e usura........................................................................................................................................ 83 Il linguaggio finanziario: come si comunica l’interesse promesso per un investimento?........................................... 84 Sconto e valore attuale........................................................................................................................................................................................................................................ 87 Capitolo VI: Gli investimenti a breve termine................................................................................................................................................................................................................ 89 Obbligazioni a breve termine e Commercial Papers........................................................................................................................................................ 91 Buoni Ordinari del Tesoro (BOT)............................................................................................................................................................................................................... 92 Gestione patrimoniale monetaria e fondi comuni monetari................................................................................................................................ 93 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine......................................................................................................................................................................................... 95 Prodotti di credito: le obbligazioni..................................................................................................................................................................................................... 95 L’acquisto di una obbligazione................................................................................................................................................................................................................... 98 Perché cambia il prezzo di una obbligazione nel tempo?................................................................................................................................... 100 Quale rendimento per un titolo alla emissione o all’acquisto?................................................................................................................... 102 Il valore del tempo (Durata del prestito)................................................................................................................................................................................. 103 Merito di credito (Credit rating)........................................................................................................................................................................................................... 105 La divisa di denominazione........................................................................................................................................................................................................................ 109 Tipologie di obbligazioni............................................................................................................................................................................................................................... 109 Gli investimenti a medio/lungo termine: le azioni e i prodotti ibridi............................................................................................... 110 I mercati e gli indici azionari.................................................................................................................................................................................................................. 112 La redditività degli strumenti azionari nel tempo........................................................................................................................................................ 114 I prodotti ibridi e derivati............................................................................................................................................................................................................................ 117 Le polizze a contenuto finanziario.................................................................................................................................................................................................... 119 I contratti derivati e le opzioni............................................................................................................................................................................................................ 120 Il servizio di consulenza................................................................................................................................................................................................................................. 121 Capitolo VIII: Gli strumenti di investimento collettivo: Fondi comuni e SICAV............................................................................................................ 129 Fondi comuni aperti e Sicav: il meccanismo di sottoscrizione/rimborso...................................................................................... 132 Fondi chiusi..................................................................................................................................................................................................................................................................... 133 Gli ETF...................................................................................................................................................................................................................................................................................... 133 L’industria del risparmio gestito: le principali ragioni del successo degli organismi di investimento collettivo....................................................................... 135 Le macrocategorie Assogestioni............................................................................................................................................................................................................ 136 I fondi hedge................................................................................................................................................................................................................................................................. 137 La tassazione dei fondi comuni............................................................................................................................................................................................................. 138 5 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Capitolo IX: La previdenza........................................................................................................................................................................................................................................................................ 139 Il sistema misto pubblico-privato e la concezione dei tre pilastri........................................................................................................ 142 La previdenza obbligatoria statale.................................................................................................................................................................................................... 143 La previdenza professionale contrattualistica.................................................................................................................................................................... 145 I piani individuali.................................................................................................................................................................................................................................................... 146 Capitolo X: Gli organi di controllo e vigilanza......................................................................................................................................................................................................... 149 Banca d’Italia e Consob.................................................................................................................................................................................................................................... 149 Gli altri organi di vigilanza......................................................................................................................................................................................................................... 151 La dimensione internazionale e comunitaria....................................................................................................................................................................... 152 La vigilanza...................................................................................................................................................................................................................................................................... 154 Capitolo XI: La rendicontazione finanziaria e contabile.............................................................................................................................................................................. 157 Attività economica e movimenti finanziari............................................................................................................................................................................ 158 Il bilancio sociale..................................................................................................................................................................................................................................................... 160 I metodi contabili e le voci dello stato patrimoniale.............................................................................................................................................. 161 I conti economici..................................................................................................................................................................................................................................................... 165 La partita doppia...................................................................................................................................................................................................................................................... 168 Le scritture di assestamento, l’inventario e il budget............................................................................................................................................. 172 Capitolo XII: Cenni sulla dimensione etica negli investimenti............................................................................................................................................................ 173 Lo sviluppo del mercato degli investimenti con riteri etici............................................................................................................................ 178 Strumenti di mercato e indici di sostenibilità................................................................................................................................................................... 179 La spinta delle istituzioni internazionali.................................................................................................................................................................................. 181 7 CAPITOLO I: Introduzione alla economia e alla finanza Premessa Gli scaffali sono pieni di libri di economia, molti di pregio e certamente interessanti. Alcuni teorici, altri pratici. Molti specialistici e ricchi di teorie interessanti e strumenti utili. Perché un libro didascalico dedicato specificamente all’economia e alla finanza? L’idea del manuale nasce tra i banchi di scuola, nei master e nei corsi di organizzazione in cui insegno, perché ho potuto constatare quanto siamo distanti in Italia dal linguaggio economico, spesso senza saperlo. Per molti è materia per esperti, anche piuttosto noiosa. Un mondo a sé, troppo complesso. Più facile ed efficiente affidarsi completamente ai tecnici. Ma la consapevolezza è troppo importante. Non è solo una curiosità accademica. In un mondo di relazioni l’aspetto economico e finanziario è sempre più importante e incide sulla qualità della nostra vita, da quando entriamo in un negozio e decidiamo come pagare a quando compriamo casa, o decidiamo di investire o pianifichiamo la successione. Pur non divenendo specialisti della materia abbiamo bisogno di conoscere il senso di strumenti, istituzioni, regole e di farne nostre le ragioni, i rischi, i limiti e le potenzialità. Prima ancora di agire dobbiamo essere capaci di individuare risorse a disposizione e bisogni effettivi, strumenti e interlocutori adatti e capire il linguaggio con cui le soluzioni vengono proposte. Quando ho cominciato a scrivere il manuale, l’obiettivo quindi non era di creare un progetto accademico per pochi iniziati ma condividere un piccolo viaggio ragionato nei termini e concetti di economia che ci accompagnano quotidianamente nella vita sociale e di relazione E di farlo se possibile con un linguaggio il più possibile semplice e pratico, perché economia e finanza sono strumenti di vita, relazione e crescita dell’uomo e non linguaggi dogmatici o mondi a parte per pochi iniziati. La scelta degli argomenti e degli approfondimenti non poteva che essere arbitraria essendo una materia molto vasta e in continua evoluzione. Ho cercato di arricchire a volte le nozioni di qualche cenno storico o normativo e di piccoli consigli. Il manuale nasce anche con la ambizione di essere utilizzato come strumento ordinato di prima consultazione per problemi quotidiani o curiosità. Perfettibile e integrabile a piacere. Alcuni termini e relazioni potranno apparire a prima vista quasi banali per la familiarità acquisita nel tempo, altri ostici e distanti perché fanno parte del linguaggio specialistico, delle sovrastrutture e dei misteri che siamo costretti a subire in un mondo sempre più complesso e formale. Capitolo per capitolo, esploreremo con curiosità abitudini economiche acquisite nel tempo, attori, regole, terminologia, strumenti, con riferimenti al nostro vissuto quotidiano. Indagando insieme motivazioni, organizzazione e evoluzione nel tempo, senza tuttavia alcuna ambizione di completezza esaustiva. Partiremo dal concetto più semplice e al contempo più complesso, ovvero quello del denaro, della sua custodia e circolazione, per soffermarci sul trasferimento delle risorse nei mercati finanziari. Racconteremo alcune delle tante forme di investimento, la logica del rendimento e la terminologia utilizzata per contrattare un semplice deposito, un’obbligazione, un’azione o una polizza con contenuto finanziario. Questi gli strumenti, ma il mercato finanziario è fatto di tanti attori e mercati. Accenneremo quindi agli attori principali, intermediari e organi di vigilanza, e ai mercati organizzati. Alla consulenza. Per orientarci nello spazio complesso finanziario abbiamo sempre più bisogno di consulenza, ma chi può farla e con quali strumenti e metodi? Non poteva mancare un paragrafo dedicato alla comunicazione contabile, con i misteri della partita doppia e del bilancio, come pure alla previdenza e alla pianificazione per il welfare individuale, dato il trasferimento parziale dal pubblico al privato di questo onere. In ultimo ci soffermeremo sul tema della sostenibilità nei comportamenti di spesa e investimento, che oggi appare sempre più invadente in molte delle nostre decisioni. CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Nozioni base di economia. Moneta, inflazione e intermediari del sistema finanziario Cominciamo il nostro viaggio nell’economia con un primo strumento economico presente ormai nell’uso quotidiano in modo spesso acritico e dogmatico: il denaro. Monete, banconote, numeri che oggi costituiscono il modo più efficace per facilitare lo scambio, la accumulazione. Ma cosa sappiamo del denaro e cosa rappresenta davvero? Il passaggio alla vita di relazione, al commercio, allo scambio è stato uno dei motori principali dello sviluppo dell’uomo. Lo scambio all’inizio avviene nel modo più semplice, con il baratto. Merce contro merce. Servizio contro servizio. Grazie allo scambio l’uomo raggiunge un grado di efficienza produttiva e di benessere sconosciuto. Il baratto è tuttavia un modo estremamente inefficiente di scambiare beni, anche se intuitivo e immediato. Le inefficienze sono tante e persino banali nella elencazione. La indivisibilità di alcuni beni o servizi, ad esempio, è un elemento di frizione ineludibile negli scambi. Un manufatto complesso come una sedia, o uno strumento da caccia o una tenda, non possono essere scambiati a pezzi per comprare da persone diverse per acquisire beni o servizi diversi, senza perdere la loro ‘funzionalità’. Altro elemento è la deperibilità dei beni e la non coincidenza temporale di bisogni contrapposti. Il mio raccolto dovrà essere venduto in fretta per evitarne il deperimento, mentre i beni di cui ho bisogno possono essere disponibili solo in tempi e spazi diversi. Inoltre, posso non avere la esatta percezione di ciò di cui ho davvero desiderio o bisogno al momento dello scambio. Infine, la non coincidenza di acquirente e venditore di beni finali. Il produttore di un bene o chi ne ha la proprietà spesso necessita di beni resi disponibili da produttori che non sono interessati, o lo sono solo parzialmente, alla sua produzione, ma solo in un giro di scambio nello spazio e nel tempo tra utenti diversi si può realizzare il risultato ottimale desiderato. Tutti questi elementi intuitivi hanno portato gradualmente all’uso spontaneo di mezzi di pagamento per il regolamento degli scambi. Non più bene contro bene, ma bene contro mezzo di pagamento, che sia un chilo di sale, un sacco d’oro o una moneta d’argento. A sua volta utilizzato per comprare il bene che desideriamo. Conchiglie, pietre preziose, grani e metalli sono stati tra i primi oggetti utilizzati come “bene intermedio”. In Mesopotamia, circa 3000 anni prima di Cristo, l’orzo era utilizzato come unità di misura e scambio, un esempio di denaro-merce. Oggi utilizziamo correntemente come “bene intermedio” il denaro (monete, banconote) e mezzi di pagamento bancari fiduciariamente collegati al denaro. Lo scambio avviene tra bene fisico e denaro fisico o fiduciario. Non è un processo del tutto volontario. Parliamo in particolare di ‘corso forzoso’ del denaro, perché il fornitore di un bene o servizio spesso non ha scelta, se non quella di farsi pagare in denaro. Lo stipendio di un lavoratore deve essere regolato in moneta bancaria o fiduciaria. Precise norme in ogni paese regolano il corso forzoso del denaro, stabilendo ad esempio chi decide la quantità di denaro da immettere nel sistema degli scambi, come questo avviene e con quali ‘obiettivi’, la modalità in cui il denaro puo’ o non puo’ essere utilizzato, l’eventuale obbligo di accettazione del denaro come forma di pagamento. In Italia per lungo tempo si è utilizzata la Lira italiana. Il Regio Decreto Legge 8 9 Capitolo I: Introduzione alla economia e alla finanza n. 204 del 6 maggio 1935 ha istituito la Lira come l’unica moneta con corso legale e forzoso in Italia, il che significa che non poteva essere rifiutata nei pagamenti e doveva essere accettata per estinguere i debiti. Il 28 febbraio 2002 la Lira ha cessato di avere corso legale e un Regolamento Europeo, il Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio dell’Unione Europea, ha stabilito che l’euro è la moneta ufficiale dei paesi membri della zona euro (compresa l’Italia) nei quali ha corso legale e forzoso. Connesso al denaro è il controllo pubblico dello stesso nelle economie moderne. In (quasi) ogni nazione moderna è presente una banca centrale, spesso un vero e proprio corpo istituzionale autonomo, che ha tra i propri principali obiettivi statutari la stampa della moneta, e che decide come, a chi, e con quali strumenti mettere a disposizione la moneta emessa. In Europa è la Banca Centrale Europea a svolgere questo compito da quando alcuni paesi appartenenti all’Unione Economica Europea hanno deciso di mettere in comune la propria moneta con un esperimento innovativo ed audace.1 Ma torniamo al concetto di denaro. Oggi non è solo uno strumento di scambio, ma è anche un numerario sociale. L’unità di conto di ogni attività economica e sociale. Siamo pagati con denaro per il nostro lavoro e la busta paga che ci viene presentata, con il novero di giorni e ore di servizio prestato, quantifica ogni nostro sforzo in numeri di denaro. Noi stessi utilizziamo il denaro per pagare il lavoro e i beni di altri soggetti. Pensiamo alla prestazione di un medico: dedicherà il suo tempo, i suoi studi, la sua opera a curare la nostra malattia, in cambio di una ‘somma’ di denaro, un numero e non si sentirà per questo svilito da quel numero che per lui rappresenta un potere di acquisto prima o poi. Infine, il denaro assume anche un valore profondo e quasi mistico di accumulazione e protezione.2 Pensiamo a quello che facciamo quando assicuriamo un bene importante come la nostra casa, o la nostra auto, o addirittura una parte del nostro corpo. Senza neanche rendercene conto facciamo direttamente o indirettamente un esercizio di valutazione della perdita che subiremmo se perdessimo questo bene, valutandone il valore in denaro, e paghiamo un premio sempre in denaro per farci proteggere dall’evento di perdita. Il denaro è inoltre capacità di spesa che mettiamo da parte. Pian piano, senza quasi accorgercene, ci siamo abituati a trasformare e valutare tutto in termini di denaro. Quando esercitiamo un’attività economica siamo obbligati a trasformare in numeri tutte le componenti di beni e lavoro che entrano in circolo come fattori della produzione. Denaro, attività finanziarie, magazzino, immobili e persino attivi immateriali come il valore del brand, l’avviamento, entrano in un foglio semplice di numeri per permetterci di valutare la nostra solidità ed efficacia nell’uso delle risorse. Siamo ‘pesati’ con tutti questi numeri per stabilire in che misura dobbiamo contribuire al bilancio dello Stato con tasse e imposte, e siamo obbligati a guadagnare il denaro necessario per contribuire nella misura richiesta. È talmente ormai ‘connaturata’ in noi l’idea di denaro come strumento di accumulazione e scambio, che diventa la nostra riserva naturale per i consumi futuri, anche se in realtà non sappiamo in anticipo a quali e 1 Grazie allo scambio, l’uomo raggiunge un grado di efficienza produttiva e di benessere sconosciuto. Tuttavia, questo processo ha anche introdotto nuove dinamiche di potere e dipendenza, temi centrali della filosofia politica, come argomentato da Michel Foucault. Per Foucault, le strutture economiche, incluso il denaro, non sono semplicemente strumenti neutri, ma forme di esercizio del potere che plasmano le relazioni umane. 2 Il denaro non è solo uno strumento economico, ma possiede anche una dimensione simbolica e psicologica, come argomentato da autori come Karl Marx e Georg Simmel. Simmel, nel suo celebre lavoro Philosophy of Money (1900), descrive il denaro come un mezzo che media le relazioni sociali, ma che allo stesso tempo contribuisce all’alienazione dell’individuo, separandolo dalla propria produzione. Il denaro diventa una forma di potere, un’entità astratta che domina la vita sociale e psicologica dell’uomo. Inoltre, dal punto di vista psicologico, il denaro è strettamente legato ai concetti di sicurezza e controllo. Secondo Sigmund Freud, il denaro può essere visto come una proiezione dei nostri desideri inconsci di potere e autonomia. Nel suo testo Civilization and Its Discontents (1930), Freud suggerisce che l’accumulo di ricchezza rappresenta una forma di controllo sulle ansie di perdita e impotenza che caratterizzano la condizione umana. 10 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA quanti consumi questo denaro potrà darci accesso. Lo tesaurizziamo sia come strumento fisico (banconota o moneta) che come deposito fiduciario presso qualche istituto. Ci sentiamo rassicurati man mano che il numero aumenta. E gli diamo vita direttamente o indirettamente trasferendo l’uso. Lo diamo in uso a terzi sotto forma di prestito o partecipazione per poterne consentire un utilizzo immediato e per la realizzazione di proventi di cui beneficiamo. Partecipiamo a questi utili prodotti senza il nostro apporto lavorativo diretto fisico o intellettuale. Certo non è un gioco senza rischi o costi. Rinunciamo all’uso immediato per i nostri consumi, assumendoci il rischio di una perdita di valore di scambio della moneta o (il rischio) di insolvenza o perdite a seconda del contratto finanziario che utilizziamo per il trasferimento dei beni. Ma siamo entrati a pieno regime in un gioco nuovo in cui agiamo da proprietari di strumenti di pagamento. Questa ultima azione la chiamiamo investimento, ed è alla base del moderno capitalismo finanziario. Accanto alla economia reale, fatta di lavoro, strumenti, produzione fisica, nasce un mondo parallelo fatto di capitale finanziario, denaro, utili, intermediari, rischi.3 Pensiamo oggi ad esempio quanto è importante poter contare su un intermediario che possa garantire un mutuo per comprare casa, o poter mettere da parte del denaro per assicurarci una pensione dignitosa, ovvero una capacità di acquisto di beni e servizi quando non saremo più in grado di produrre e scambiare. Dalla culla alla tomba, il denaro è diventato un compagno ingombrante e complesso. Ma quante sono queste monete così presenti nella nostra vita quotidiana? In Italia oggi usiamo l’euro, ma viaggiando o scambiando con altri paesi sappiamo che esistono molte altre monete utilizzate e riconosciute. La geografia economica e politica cambia continuamente. Anche il numero di moneta conseguentemente cambia nel tempo. L’uso internazionale delle monete A intuito saremmo tentati di immaginare tante monete quanti sono gli stati. La sovranità monetaria di uno Stato è uno dei poteri per eccellenza nel contesto moderno. Il ‘sovrano’ politico batte moneta per definizione. E oggi ne stabilisce con norme il corso forzoso. Tuttavia, non è proprio così. Il numero cambia continuamente come pure la geografia politica degli Stati. Ad oggi contiamo circa 180 monete diverse usate e riconosciute nel consesso internazionale per eccellenza, le Nazioni Unite. Non sono esattamente una moneta per ogni stato visto che gli stati sono oltre 200, di cui 195 riconosciuti “sovrani” e altri 13 Stati semi o non riconosciuti. Alcuni stati hanno una moneta in comune, pur mantenendo la sovranità politica. Altri per motivazioni storiche, o di particolare fragilità finanziaria, sono stati costretti nel tempo ad utilizzare divise di altri paesi. L’esempio per eccellenza di moneta ‘condivisa’ è l’euro, la moneta unica dell’Unione Europea. In circolazione da poco più di venti anni, l’euro è diventata agli inizi del 2024 la divisa legale di 20 paesi su 27 della Comunità Europea, sostituendo gradualmente altrettante divise nazionali in vigore fino ad allora, sulla base di trattati che regolano il nuovo corso istituzionale.4 3 È affascinante notare come, dal punto di vista filosofico, il denaro abbia acquisito un valore quasi sacro, come sottolineato da Max Weber nel suo saggio L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1905). Weber collega l’accumulazione di denaro e di ricchezza alla dimensione etica e religiosa del capitalismo moderno, evidenziando come il denaro rappresenti non solo un mezzo di scambio, ma anche un simbolo di successo e virtù. Infine, il denaro assume anche un valore profondo e quasi mistico di accumulazione e protezione. Come descritto dallo psicologo Erich Fromm, nella sua opera To Have or To Be? (1976), il denaro è spesso visto come una forma di sicurezza e identità, rappresentando la modalità “dell’avere” piuttosto che “dell’essere”. La società moderna, ossessionata dall’accumulo di ricchezza, ha costruito intorno al denaro un sistema di valori che distorce la nostra percezione del vero significato della vita. 4 L’introduzione dell’euro è stata un processo complesso che ha coinvolto diversi trattati e accordi nell’ambito dell’Unione Europea. Ecco i principali trattati e documenti che hanno contribuito all’introduzione della moneta unica europea: 1. Trattato di Maastricht (1992): Questo trattato è stato fondamentale per la creazione dell’Unione Economica e Monetaria (UEM) e per l’introduzione dell’euro. Ha stabilito i criteri di convergenza economica e le basi per u na moneta unica. 11 Capitolo I: Introduzione alla economia e alla finanza La sostituzione dell’euro alle divise nazionali precedenti, come la Lira in Italia, o il Marco tedesco in Germania, non è avvenuta nello stesso momento per tutti i paesi aderenti all’Unione Europea, ma è stato un processo complesso e lungo, con tanti passaggi istituzionali, dibattiti, ripensamenti. Un primo nucleo di paesi ha adottato l’euro dall’inizio del nuovo secolo. Man mano si sono aggiunti altri membri della Unione Europea che hanno rinunciato alla sovranità monetaria, fino alla Croazia nel 2023. StatiAdozione dell’euro Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, 1º gennaio 1999 Grecia1º gennaio 2001 Slovenia1º gennaio 2007 Cipro, Malta1º gennaio 2008 Slovacchia1º gennaio 2009 Estonia1º gennaio 2011 Lettonia1º gennaio 2014 Lituania1º gennaio 2015 Croazia1º gennaio 2023 Ormai è trascorso molto tempo dall’adozione iniziale dell’euro, ma non è difficile immaginare che rivoluzione economica sia stata per i cittadini di allora cambiare lo strumento economico di tutti i giorni. Mentre oggi, ai giovani che non hanno conosciuto il sistema frammentato di qualche anno fa, sembra normale circolare in tutti i paesi senza dover continuamente cambiare divisa, unità di conto, strumento di pagamento. Una superficie geografica di circa 2,7 milioni di chilometri quadrati che comprende un’ampia varietà di paesaggi, climi e regioni economiche, dai paesi mediterranei come l’Italia e la Grecia, fino ai paesi del Nord Europa come la Finlandia e l’Estonia. Confini geografici e complessità dell’area Euro Il complesso dei Paesi aderenti all’Unione Monetaria, detto informalmente zona euro (o anche eurozona o eurolandia), conta una popolazione di oltre 346 milioni di abitanti; prendendo in considerazione anche quei paesi terzi che utilizzano divise legate all’euro, la moneta unica interessa direttamente oltre 480 milioni di persone in tutto il mondo. È una delle aree più ricche e sviluppate al mondo. Al 2023, il Prodotto Interno Lordo (PIL) complessivo dell’area euro è stimato intorno a 14,5 trilioni di euro (o circa 15,6 trilioni di dollari USA), a seconda delle stime e dei tassi di cambio. Questo dato rende l’area euro di gran lunga una delle maggiori economie del mondo, seconda solo agli Stati Uniti e alla Cina. 2. Trattato di Amsterdam (1997): Ha modificato il Trattato di Maastricht, apportando modifiche e aggiornamenti alle disposizioni relative all’Unione Economica e Monetaria e al funzionamento delle istituzioni europee. 3. Trattato di Nizza (2001): Ha introdotto ulteriori modifiche al Trattato di Maastricht e al Trattato di Roma per preparare l’Unione Europea all’allargamento a nuovi Stati membri e migliorare il funzionamento delle istituzioni. 4. Trattato di Lisbona (2007): Ha riformato le strutture dell’Unione Europea, migliorando il funzionamento delle istituzioni e dando una maggiore chiarezza e coerenza alle politiche economiche e monetarie, ma non ha modificato direttamente le disposizioni relative all’euro. 5. Regolamento (CE) n. 974/98: Stabilisce le disposizioni per l’introduzione dell’euro e il suo utilizzo. Specifica i dettagli tecnici per la coniazione e la circolazione delle monete in euro. 5. Regolamento (CE) n. 2866/98: Stabilisce le norme per la determinazione del tasso di cambio tra l’euro e le monete degli Stati membri che non hanno adottato l’euro. Questi documenti hanno creato il quadro giuridico e istituzionale per l’introduzione e il funzionamento dell’euro come moneta unica nell’Eurozona. 12 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Oltre che nei Paesi membri dell’Eurozona, la moneta unica europea è utilizzata anche in altri sei Stati europei: quattro microstati (Andorra, Città del Vaticano, Principato di Monaco e San Marino) hanno adottato l’euro in virtù delle preesistenti condizioni di unione monetaria con Paesi membri della UE, mentre l’adozione da parte del Montenegro e del Kosovo è stata unilaterale. L’euro è la moneta ufficiale anche in tutti i dipartimenti d’oltremare e le collettività d’oltremare francesi: Mayotte (Africa), Riunione (Africa), Guadalupa (Nord America), Martinica (Nordamerica), Saint-Pierre e Miquelon (Nord America), Saint Barthélemy (Nord America), Saint-Martin (Nord America), Guyana francese (Sudamerica) e nelle Terre australi e antartiche francesi. L’euro è infine la valuta corrente anche a Ceuta e Melilla, città autonome spagnole in nord Africa, nelle Canarie, comunità autonoma della Spagna, nei possedimenti spagnoli del nord Africa e nelle regioni autonome del Portogallo Azzorre e Madera. L’adozione dell’euro da parte dei paesi dell’Unione Monetaria Europea non è stato un cammino semplice. È uno dei primi esperimenti pacifici di transizione verso una condivisione della moneta senza un abbandono contemporaneo totale di sovranità politica. Come nota di colore possiamo ricordarne l’origine etimologica. Il nome euro è stato scelto dal consiglio europeo di Madrid del 1995, forse proprio a rimarcare il significato programmatico di una nuova tappa nella fase di integrazione europea. Il simbolo dell’euro (€) si ispira alla lettera greca epsilon (€) e rappresenta inoltre la prima lettera della parola “Europa”, mentre le due barrette parallele stanno a significare stabilità. Anche il dollaro statunitense è una divisa utilizzata in paesi diversi dalla nazione di origine e stampa, gli Stati Uniti. Tra i paesi che consentono la circolazione del dollaro come divisa di pagamento: Ecuador; El Salvador; Isole Marshall; Micronesia; Palau; Timor Est; Turks e Caicos; Isole Vergini Britanniche; Territorio britannico dell’Oceano Indiano; Zimbabwe. In alcuni paesi, il dollaro statunitense è adottato come valuta ufficiale, sostituendo completamente la moneta locale. Esempi di paesi con dollarizzazione ufficiale includono l’Ecuador, El Salvador, e lo Zimbabwe. Questi paesi utilizzano il dollaro per stabilizzare l’economia, combattere l’inflazione, o attrarre investimenti esteri. In alcuni casi, inoltre, il dollaro è utilizzato insieme alla valuta locale. In paesi come Panama e le Isole Bahamas il dollaro circola liberamente insieme alla valuta nazionale, ed è accettato come mezzo di pagamento. In molti altri paesi, anche se il dollaro non è riconosciuto ufficialmente, viene comunque utilizzato ampiamente nelle transazioni private, specialmente in settori come il commercio internazionale, il turismo e il mercato immobiliare. Questo accade spesso in paesi con un’alta inflazione o una valuta debole, come il Venezuela e l’Argentina. Aree monetarie con comunione di divise sono presenti anche in Africa e in Centro America. Un esempio è l’Unione monetaria dei Caraibi orientali: otto piccoli stati insulari dei Caraibi orientali che condividono l’Eastern Caribbean dollar (EC$). La moneta è gestita dalla Eastern Caribbean Central Bank (ECCB), che regola la politica monetaria per i membri. Fin qui l’utilizzo legale all’interno dei paesi per la vita quotidiana. Alcune divise sono entrate nell’uso per gli scambi internazionali ad esempio di materie prime, o come forma di investimento. Dati sulle transazioni finanziarie globali e l’uso delle valute nel commercio internazionale sono disponibili grazie alle pubblicazioni della maggiore società di pagamenti internazionali: SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication). Euro e dollaro USA sono le divise più usate 13 Capitolo I: Introduzione alla economia e alla finanza al mondo come mezzi di scambio e riserve di valore, anche se comincia a crescere il peso di divise di poli economici alternativi come lo Yuan cinese5. Le materie prime sono tradizionalmente scambiate in dollari americani per una serie di motivi storici, economici e pratici che si sono consolidati nel corso del tempo. Tra i principali motivi: potere economico degli Stati Uniti, stabilità della valuta e convenienza operativa sui mercati finanziari globali. Gli Stati Uniti hanno uno dei mercati finanziari più liquidi e sviluppati al mondo. Molte delle borse internazionali più importanti per lo scambio di materie prime, come il NYMEX (New York Mercantile Exchange) e il CBOT (Chicago Board of Trade), si trovano negli Stati Uniti e utilizzano il dollaro per i contratti. L’acquisto di petrolio viene tradizionalmente trattato e regolato in dollari USA. D’altra parte, il primo grande mercato è stato quello americano e dagli Stati Uniti sono partite le prime esportazioni di prodotti.6 Con la scoperta dei grandi giacimenti del Medio Oriente, il baricentro petrolifero mondiale è poi cambiato e il mercato internazionale si è enormemente allargato sino ad assumere una nuova connotazione meno legata agli Stati Uniti. A marcare questo cambiamento è stato l’affiancamento al WTI dell’Arabian Light, che è diventato un punto di riferimento per la fissazione dei prezzi di tutti i greggi del Medio Oriente e di altre regioni produttrici. Tuttavia, anche i prezzi dei nuovi greggi sono stati denominati in dollari per barile.7 L’acquisto di petrolio in dollari ha creato veri e propri ‘stock’ di dollari, non necessariamente depositati negli USA, i cosiddetti ‘petrodollari’. Il gas viene tradizionalmente acquistato in euro, anche in questo caso per motivi storici. L’Europa è uno dei grandi acquirenti di gas, per il soddisfacimento del suo fabbisogno energetico. Ad Amsterdam viene gestito lo scambio dei contratti (chiamati in gergo futures) di questa fonte energetica all’interno del Title Transfer Facility (TTF), il punto di scambio virtuale per il gas che funge da hub per l’Europa continentale. Nei Paesi Bassi, inoltre, si trova anche uno dei principali giacimenti di gas interni all’Europa. Oltre che per gli scambi le divise sono comprate anche come riserve di valore e investimento. Le stesse banche centrali sono solite accumulare, accanto ad oro ed altre attività, investimenti nelle divise straniere più scambiate per consolidare la posizione internazionale del paese, anche in casi di turbolenze o di necessità finanziarie improvvise. Circa il 60% delle riserve valutarie mondiali è detenuto in dollari. Infine, le famiglie e le imprese. Detenere divisa estera in molti paesi fragili è molto spesso una necessità. Un modo per poter acquistare beni anche quando la propria divisa è in difficoltà. In molti paesi con valute instabili, o con storie di alta inflazione, il dollaro statunitense è ampiamente utilizzato come valuta alternativa e può essere detenuto sotto forma di riserva personale da parte delle famiglie. Paesi come l’Argentina, il Venezuela e la Russia vedono un uso diffuso del dollaro tra i cittadini come protezione contro la svalutazione della valuta locale. Ad oggi una parte significativa del contante in dollari è detenuto all’estero. Secondo stime della Federal Reserve, circa il 60% della valuta statunitense in circolazione è detenuta al di fuori degli Stati Uniti, il che equivale a oltre 1,2 trilioni di dollari.8 Ma non solo contanti e protezione. Con l’apertura del mercato dei capitali, ovvero la possibilità di trasferire capitali, comprare divise estere e attività finanziarie denominate in divise estere, aprire rapporti finanziari con intermediari esteri, famiglie e imprese sono sempre più solite investire in modo diversificato non solo nel 5 Il dato sulla distribuzione delle valute nelle transazioni globali, con il dollaro statunitense che rappresenta il 48% e l’euro al 23%, è riportato nel report SWIFT di agosto 2023, che è stato discusso anche in diverse pubblicazioni come The Deep Dive e The Global Treasurer. Specificamente, puoi accedere a queste informazioni attraverso la documentazione pubblicata sul sito ufficiale di SWIFT nella sezione relativa ai RMB Tracker e ai rapporti mensili sulle valute. 6 Non a caso le prime serie storiche dei prezzi del petrolio, che risalgono al 1861, fanno riferimento al WTI (West Texas Intermediate), che è stato il principale “marker” delle quotazioni del greggio insieme alla media dei greggi americani sino al 1946, quando nuovi greggi sono stati quotati ufficialmente. 7 Un fattore storico importante è stato l’accordo tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita negli anni ‘70, che ha stabilito che il petrolio sarebbe stato scambiato in dollari. 8 Se sei curioso puoi trovare dati a riguardo su rapporti annuali delle singole banche centrali che hanno il governo della moneta (ad esempio Federal Reserve: Rapporto annuale sulla valuta in circolazione) o di istituzioni sovranazionali come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (FMI). 14 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA proprio paese, ma anche in altri comprando le relative divise e usandole per acquisire prodotti finanziari denominati nelle stesse.9 Del resto, la teoria economica insegna che è possibile aumentare la aspettativa di rendimento degli investimenti finanziari a parità di rischio solo grazie ad una maggiore diversificazione. Secondo il Rapporto sulla Stabilità Finanziaria della Banca d’Italia del novembre 2023, circa il 7-8% degli investimenti finanziari delle famiglie italiane è detenuto in attività denominate in valute diverse dall’euro, come il dollaro statunitense (USD) o la sterlina britannica (GBP). Questi investimenti includono azioni, obbligazioni e fondi comuni di investimento internazionali. Breve racconto della evoluzione nel tempo del sistema monetario Nelle pagine precedenti abbiamo solo accennato all’abbandono del baratto e all’uso di strumenti intermedi. Credo valga la pena a questo punto spendere qualche parola in più sull’evoluzione dell’uso e del valore degli strumenti di pagamento, che è anche evoluzione sociale, psicologica e politica. È stato un processo lungo e progressivo, con fasi alterne, crisi, ripensamenti, ma che ci ha gradualmente condotti ad un mondo completamente finanziarizzato, che ha nella moneta e nello scambio fiduciario lo strumento chiave della vita di relazione economica e sociale. Un ospite e un compagno invadente ma sempre presente. Partiamo dagli inizi, senza timore di fare anche salti di storia molto grandi. Con lo sviluppo della vita di relazione e dei commerci era inevitabile che si arrivasse ad una forma più efficace del semplice scambio di beni per i tanti motivi a cui abbiamo accennato nelle prime pagine. L’abbandono del baratto è avvenuto in primo luogo utilizzando strumenti che avevano un valore intrinseco riconosciuto e riconoscibile per tutti per il loro uso o anche solo per la loro forza attrattiva. Conchiglie, semi, sale, materie prime, beni scarsi sono stati via via sperimentati per lasciare il posto a pochi metalli preziosi e soprattutto all’oro, il bronzo e l’argento. Sacchetti di beni non deperibili e facilmente trasportabili. Era inevitabile che diventassero presto il modo più utilizzato per scambiare. Il potere politico ha cominciato ad apprezzarne l’importanza nella gestione della cosa pubblica e ha cominciato ad avocare a sé la produzione e il controllo esclusivo degli strumenti di pagamento. Con regole, sanzioni e forme. Non è un caso che il primo vero e proprio sistema monetario è quello legato all’Impero Romano, organizzato e regolato da un sistema giuridico evoluto. Il sistema è stato a lungo uno dei più sofisticati dell’antichità, cruciale nell’economia dell’impero, per il commercio e la gestione delle finanze pubbliche. Le monete erano utilizzate per il pagamento delle tasse e dei soldati, il che garantiva la stabilità dell’impero e il finanziamento delle legioni. Le monete erano strumenti pesati, riconoscibili e riconosciuti. Il sigillo reale, il viso dell’imperatore, e qualunque altro sistema di marchiatura serviva a dichiarare la liceità della stampa e della circolazione, e al tempo stesso a garantire il peso standard della moneta. La zigrinatura apparsa successivamente è stata una piccola ‘invenzione’ per evitare limature e riduzioni di peso nei vari passaggi. Il vantaggio della moneta nello scambio è evidente: è riconosciuta universalmente nello spazio del commercio, ha una deperibilità molto ridotta ed è scalabile in termini di peso e quindi consente di scambiare beni di entità diversa nel tempo. Posso vendere un bene importante oggi, acquisire moneta e con questa comprare tanti beni diversi da soggetti diversi in tempi distanti. Tuttavia, anche la moneta ha i suoi limiti. Il peso, la scarsità, la difficoltà nella protezione, il volume. Non deve sorprendere quindi che con lo sviluppo notevole del commercio internazionale, soprattutto in seguito alle grandi scoperte geografiche e all’evoluzione tecnologica ad esempio del trasporto navale, si sia gradualmente approdati a degli strumenti rappresentativi delle monete meno ingombranti, e più facili da custodire. Le banconote appaiono come delle promesse di pagamento a vista di un contenuto d’oro predefinito.10 9 Dati a riguardo possono ritrovarsi ad esempio sul Rapporto sulla Stabilità Finanziaria, novembre 2023 (Banca d’Italia) e, sul Rapporto sugli Investimenti Finanziari delle Famiglie Italiane, 2023 (Consob). 10 Le prime banconote in realtà furono emesse in Cina durante la dinastia Tang (618-907 d.C.). e sotto la dinastia Song (960-1279 d.C.). Queste banconote erano chiamate “Jiaozi” e vennero introdotte per facilitare il commercio a lungo raggio, 15 Capitolo I: Introduzione alla economia e alla finanza Nella versione più moderna le banche centrali sono diventate il garante per eccellenza con le riserve d’oro custodite: nel sistema monetario di quegli anni si impegnavano a consegnare la quantità di materia prima descritta nella banconota alla presentazione, salvo casi straordinari come la guerra. La sterlina britannica fu una delle prime valute a essere legata al sistema del Gold Standard.11 L’Italia aderì al Gold Standard ufficialmente nel 1862, poco dopo la creazione del Regno d’Italia. La lira era legata al sistema bimetallico (oro e argento) durante i primi anni dell’unificazione, ma ben presto si stabilì una connessione diretta tra la lira e l’oro. Nel 1862, fu stabilito che la lira fosse pari a 4,5 grammi di argento puro o 0,29032 grammi di oro puro. Negli Stati Uniti questo sistema monetario fu istituito formalmente nel 1900 con il Gold Standard Act. Un dollaro statunitense era convertibile in 1/20,67 di un’oncia troy d’oro (pari a circa 1,5048 grammi d’oro). In quegli anni ogni paese sviluppa quindi le sue stamperie e ha una propria banca centrale che regola la stampa e la diffusione e si fa garante del contenuto. Anche se il ritiro fisico è un evento piuttosto raro, la banconota di un paese viene accettata e scambiata sulla fiducia per il contenuto promesso. Nei rapporti internazionali, quando bisogna scambiare la propria divisa di riferimento con quella straniera per l’acquisto di beni e servizi, il rapporto tra le due divise dipende quindi dal contenuto di preziosi stabilito in modo fisso. L’economia della carta accompagna la nascita del capitalismo. Con lo sviluppo industriale, si dà vita ad un vero e proprio sistema finanziario, con attori, mercati, strumenti, istituzioni dedicate in ogni paese. La gestione del denaro diventa essa stessa industria e attira cervelli, accelera crisi ed euforie. I grandi paesi sono anche grandi centri finanziari. La Seconda guerra mondiale non poteva non avere effetti anche sul sistema degli scambi. Nel dopoguerra il nuovo riassetto geo-politico incentra sul dollaro il sistema monetario internazionale, mentre il piano Marshall ricostruisce le economie europee distrutte. Il dollaro resta ancorato all’oro per un valore di 35 dollari l’oncia, gli Stati Uniti diventano gli unici garanti delle riserve auree globali. Le altre valute sono utilizzate nei paesi di riferimento, ma il legame è col dollaro con un sistema di cambi fissi, e solo indirettamente quindi all’oro custodito presso la banca centrale USA, la Federal Reserve. La vittoria militare e politica si trasforma quindi in una vittoria finanziaria di lungo periodo.12 Il 1971 segna una svolta epocale, con la dichiarazione unilaterale di abbandono da parte di Nixon della convertibilità del dollaro in oro. Le ragioni sono molteplici, ma alla base di tutto c’è la credibilità del paese. Erano state stampate e circolanti più promesse di quanto oro fosse custodito nella banca centrale. Seguirono momenti complessi, instabilità finanziarie e incertezza sul futuro del sistema dei pagamenti internazionali.13 poiché trasportare grandi quantità di monete metalliche era scomodo e pericoloso. In Europa, l’uso delle banconote si diffuse molto più tardi. I banchieri italiani e fiamminghi iniziarono a emettere titoli cartacei pari al valore della moneta, gli antenati delle odierne banconote, che garantivano al possessore la possibilità di riscattare in qualsiasi momento lo stesso corrispettivo in monete di metallo prezioso. La moneta “aurea” iniziava a “smaterializzarsi”, trasformandosi in banconota, pur mantenendo il suo legame con il metallo prezioso - il più delle volte l’oro - che continuava ad essere il materiale in grado di indicarne e stabilirne il valore. Le prime banconote vere e proprie europee furono emesse in Svezia dalla Stockholms Banco nel 1661. L’innovazione fu introdotta per affrontare la carenza di monete metalliche, offrendo un’alternativa più pratica e leggera. Successivamente, altri paesi europei adottarono le banconote, tra cui l’Inghilterra con la Banca d’Inghilterra che iniziò a emettere banconote nel 1695. Queste banconote, inizialmente scritte a mano, erano promesse di pagamento da parte della banca, garantite da depositi di metalli preziosi. 11 La Gran Bretagna adottò il Gold Standard nel 1821, Il valore stabilito era di 1 sterlina pari a 113,0016 grani d’oro puro, equivalente a circa 7,32238 grammi d’oro. 12 Gli Accordi di Bretton Woods furono firmati nel luglio del 1944, nella città di Bretton Woods, nel New Hampshire, USA, durante una conferenza organizzata dalle Nazioni Unite. Questi accordi furono decisivi per stabilire il nuovo ordine finanziario globale nel periodo post-bellico e gettarono le basi per il sistema monetario internazionale che rimase in vigore fino ai primi anni ‘70. Gli Accordi stabilirono un sistema di cambi fissi in cui tutte le principali valute mondiali erano ancorate al dollaro statunitense, che a sua volta era convertibile in oro. Questo faceva del dollaro la valuta di riserva mondiale e il fulcro del sistema finanziario internazionale. 13 Il 15 agosto di 50 anni fa, nel 1971, il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon comparì in televisione per annunciare, tra le altre cose, la sospensione unilaterale degli accordi di Bretton Woods. La decisione di Nixon di una marcia indietro veniva da una eccessiva sopravvalutazione della moneta a stelle e strisce negli anni Sessanta, “a causa delle spese per la guerra in Vietnam, di una bilancia dei pagamenti negativa, di un debito pubblico in crescita”. 16 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA L’abbandono della promessa di consegna dell’oro rescindeva il dollaro da qualsiasi riferimento ad un bene intermedio con un proprio valore, l’oro. E con il dollaro tutto il sistema delle valute mondiali. Tuttavia, l’abitudine all’uso della moneta, della banconota, dello strumento finanziario in ogni paese era ormai talmente pregnante nella organizzazione delle economie e nella psicologia delle persone che non poteva avere sostituti. La moneta del paese continuò ad essere lo strumento dei pagamenti, della tesaurizzazione, degli investimenti. Anche se il potere di acquisto diventava sempre più incerto e fluttuante, essendosi reciso il legame fisso con metalli preziosi o altro, e il rapporto tra divise di paesi diversi. È il passaggio al sistema moderno dei cambi fluttuanti tra divise e del progressivo distacco del denaro dall’economia reale. Il denaro non è più una promessa di pagamento di un bene fisico, ma uno strumento accettato di pagamento, con una vita propria, oscillazioni, rendimenti che dipendono dalla domanda e dalla offerta, dalla disponibilità nelle mani dei consumatori, dal funzionamento del sistema finanziario. La moneta emessa dallo Stato circola comunque nello Stato grazie alle leggi che ne regolano la accettazione in modo forzoso. Ma come varia la percezione del suo valore? La quantità e la modalità con cui viene resa disponibile è decisa dalla banca centrale del Paese in base a obiettivi propri di stabilità ed efficienza. Tipicamente negli statuti delle banche centrali obiettivo primario è la stabilità dei prezzi. La stampa e le condizioni di erogazione del denaro vengono modulate per consentire variazioni contenute del potere d’acquisto della divisa e per evitare sfiducia nello strumento. Se viene stampata troppa moneta, se il sistema finanziario la rende disponibile a condizioni troppo facili, la moneta viene spesa in maggiore quantità rispetto alla disponibilità dei beni e il potere di acquisto della moneta diminuisce. Avendo a disposizione più danaro per effettuare i propri acquisti il consumatore tenderà a pagare con più moneta gli stessi beni disponibili.14 Generalmente l’aumento della moneta disponibile dovrebbe andare di pari passo con la crescita degli scambi e dei beni disponibili per assicurare una relativa stabilità dei prezzi. La disponibilità di mezzi di pagamento dipende anche da altri operatori in realtà. Il sistema bancario agisce da moltiplicatore della moneta, grazie al contratto di deposito. Con questo contratto particolare il cliente presta a vista il denaro. Mantiene la disponibilità mediante mezzi bancari come gli assegni o le carte di credito/debito, ma la banca effettua con la giacenza stabile prestiti che a loro volta si trasformano in nuovi depositi. Non potrà prestare tutto il denaro depositato, ma una parte resta come riserva obbligatoria, e inoltre il capitale deve essere sufficientemente ampio da proteggere dalle perdite in questa attività di prestito. Il denaro fiduciario è tanto più ampio quanto maggiore è l’attività economica (circolazione del denaro) e quanto minore è la riserva obbligatoria richiesta (vincolo alla possibilità della banca di prestare). 14 La quantità di moneta in circolazione in un’economia ha un’influenza diretta sui prezzi dei beni e servizi. Questa relazione è ben descritta dalla teoria quantitativa della moneta, secondo la quale, a parità di altre condizioni, un aumento dell’offerta di moneta porta a un aumento dei prezzi. In altre parole, quando c’è più moneta in circolazione rispetto ai beni e servizi disponibili, i prezzi tendono a salire. La formula base della teoria quantitativa della moneta è: M×V=P×YM \times V = P \times YM×V=P×Y Dove: • M è la quantità di moneta in circolazione, • V è la velocità di circolazione della moneta (quanto rapidamente la moneta si muove nell’economia), • P è il livello generale dei prezzi, • Y è il prodotto reale dell’economia (il volume totale di beni e servizi prodotti). Secondo questa equazione, un aumento della quantità di moneta (M) senza un corrispondente aumento della produzione reale (Y) porta a un aumento dei prezzi (P). 17 Capitolo I: Introduzione alla economia e alla finanza Aggregati monetari e circolazione dei mezzi di pagamenti Ma quanto è il denaro a disposizione dei consumatori e delle imprese, e come varia nel tempo? Le banche centrali hanno per molto tempo misurato soltanto la base monetaria, cioè la quantità di moneta immessa nel sistema economico in forma di banconote o monete. Abbiamo accennato al concetto moneta come strumento di pagamento, che non è solo contante (moneta e banconota), ma anche tutto ciò che può essere utilizzato fiduciariamente (strumenti bancari) al posto del contante o trasformato in moneta in tempi brevi e senza perdite significative. Se abbiamo aperto un deposito in conto corrente presso una banca, sappiamo che con strumenti di pagamento idonei (carte di credito, assegni, ecc.) possiamo utilizzare quel denaro. Si parla di denaro fiduciario perché l’utilizzo si basa sulla fiducia che la banca a richiesta permetta il trasferimento del denaro. Anche i depositi a breve scadenza e gli investimenti a breve sono considerabili moneta in senso lato perché in tempi brevissimi possono essere utilizzati. M0Monete, banconote M1Monete, banconote e depositi a vista M2M1 + depositi a breve scadenza non a vista M3M2 + titoli in scadenza+ fondi comuni monetari+pronti contro termine Le banche centrali hanno iniziato a misurare gli aggregati monetari, compreso il denaro fiduciario bancario e le attività finanziarie liquidabili facilmente, a partire dagli anni Settanta negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, paesi dove il mercato bancario e monetario si è sviluppato molto. E in Europa continentale? Alla fine degli anni ‘90 del XX secolo, con l’avvio della terza fase dell’Unione Economica e Monetaria (UEM) la Banca Centrale Europea ha adottato tre misure di aggregati monetari, M1, M2, M3, la cui rilevazione è unificata secondo un modello standard nell’unione. Quando la banca centrale vuole favorire l’attività economica anche a scapito di una maggiore instabilità dei prezzi, tende ad aumentare la moneta disponibile nel sistema, e magari a prestarla alle banche a tassi molto bassi. Con la speranza che chi puo’ accedere a denaro facilmente lo usi per comprare o investire. È quello che è successo ad esempio durante la pandemia, con aumenti annuali della massa monetaria molto elevati e tassi di interesse a zero. La moneta nel sistema è aumentata di oltre il 20% in poco tempo. Una volta stampata e resa disponibile alle banche e alle famiglie e imprese, la moneta può essere utilizzata senza vincoli per pagare beni e servizi o per investire? No, assolutamente no, soprattutto oggi. La circolazione della moneta, sia contanti che fiduciaria, è un sistema molto regolato e controllato, con sanzioni anche penali per la mancata osservanza delle norme principali. Alcune forme di pagamento non possono essere effettuate con contanti.15 Da qualche anno la tendenza generale degli Stati moderni è quella di 15 In Italia, la normativa sui limiti al contante è stabilita principalmente dal Decreto Legislativo 231/2007 (che recepisce le direttive dell’Unione Europea sul contrasto al riciclaggio di denaro) e da successive modifiche normative. Il limite all’uso del contante viene aggiornato periodicamente e ha subito variazioni negli anni. A partire dal 1° gennaio 2023, il limite all’uso del contante per transazioni tra privati, imprese e professionisti è fissato a 18 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA favorire l’utilizzo di denaro fiduciario, ovvero mezzi di pagamento bancari, perché sono più tracciabili e controllati rispetto ai pagamenti mediante contanti. Ogni operazione o apertura di contratti finanziari è regolata con precisi obblighi di identificazione e monitoraggio da parte delle banche, questionari, richieste di dati. Ogni trasferimento di denaro da un soggetto all’altro è regolato e vigilato per evitare l’elusione fiscale o il riciclaggio di danaro derivante da attività illecita o terrorismo.16 Il cliente è tenuto a dare informazioni sulla propria situazione finanziaria, sul beneficiario e sul motivo del trasferimento, altrimenti l’operazione si blocca e anzi si avvia l’iter di segnalazione alle autorità competenti.17 Non solo le banche, ma tutti gli intermediari o professionisti (commercialisti, notai, mediatori...) con cui veniamo in contatto fanno parte di questa rete complessiva di controlli. La transizione alla moneta digitale Ogni volta che facciamo un pagamento tramite il sistema bancario, lasciamo una scia di dati: il nostro nome, la motivazione del pagamento, la data, il beneficiario e così via. Questi dati possono essere consultati dagli enti autorizzati in qualsiasi momento. Non c’è da stupirsi, quindi, se è nata la spinta a trovare forme di pagamento che sfuggano al controllo delle autorità monetarie e fiscali nazionali. È proprio da questo desiderio – lecito o meno – che sono nate le criptovalute. Queste “monete” digitali sono figlie dell’era tecnologica e hanno trovato un’ampia accettazione tra coloro che cercano un’alternativa ai sistemi tradizionali. Alcuni Paesi hanno adottato le criptovalute come valuta legale per attrarre capitali esteri e offrire alternativa all’uso nei loro paesi delle divise locali o del dollaro: 1. El Salvador: El Salvador è il primo paese al mondo ad avere adottato Bitcoin come valuta legale. Dal 7 settembre 2021, Bitcoin è riconosciuto come valuta ufficiale accanto al dollaro statunitense. Questo significa che le aziende devono accettare Bitcoin come metodo di pagamento e che il governo ha avviato iniziative per promuovere l’uso della criptovaluta. 2. República Centrafricana: Il 21 aprile 2022, la Repubblica Centrafricana ha adottato Bitcoin come valuta legale, diventando il secondo paese al mondo a farlo. Questa decisione è stata presa nel tentativo di attirare investimenti e promuovere lo sviluppo economico. Questi paesi hanno preso decisioni storiche nel riconoscere le criptovalute come valuta legale, e le loro esperienze stanno attirando attenzione internazionale e generando dibattito su come le criptovalute possano influenzare le economie e le politiche monetarie. In termini tecnici, le criptovalute, come i Bitcoin, sono valute virtuali, decentralizzate e crittografiche, create in ambienti informatici protetti e privati. Ma cosa significa esattamente? 5.000 euro. Questo significa che tutte le operazioni che superano questa soglia devono essere effettuate attraverso metodi tracciabili come bonifici, carte di credito, assegni, o altre forme di pagamento elettronico. In caso di violazione del limite, le sanzioni previste sono: Per chi paga in contanti oltre la soglia consentita: una multa che va dal 1% al 40% della somma eccedente; Per chi riceve il pagamento: una multa che varia dal 1% al 40% della somma eccedente. Alcune transazioni non sono soggette a queste regole, come per esempio i prelievi o i versamenti in contante presso gli istituti di credito, che non sono soggetti a limiti ma possono comunque essere oggetto di segnalazione in caso di movimentazioni sospette (superiori ai 10.000 euro mensili cumulativi). 16 Gli obblighi di segnalazione relativi all’antiriciclaggio in Italia sono disciplinati dal Decreto Legislativo 231/2007. Tale normativa prevede una serie di obblighi per determinati soggetti che operano nel settore economico e finanziario, finalizzati a individuare e segnalare operazioni sospette di riciclaggio. 17 Quando i soggetti obbligati rilevano o sospettano che una determinata operazione possa essere connessa ad attività di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, sono tenuti a inviare una Segnalazione di Operazione Sospetta (SOS) all’UIF (Unità di Informazione Finanziaria) della Banca d’Italia. Questo obbligo si applica quando l’operazione appare ingiustificata o inusuale rispetto all’attività del cliente, vi sono indizi concreti o ragionevoli di un possibile coinvolgimento in attività illecite o non è possibile identificare adeguatamente la provenienza dei fondi o il beneficiario effettivo. Capitolo I: Introduzione alla economia e alla finanza • Decentralizzate: Nessuna banca centrale o autorità può controllare il loro valore o il livello di emissione, né i trasferimenti. L’informazione è mantenuta simultaneamente da molti partecipanti, chiamati nodi, distribuiti su una rete globale di computer. • Crittografiche: Le transazioni avvengono digitalmente e vengono annotate su un registro informatico chiamato blockchain. Il termine “blockchain” deriva dall’unione delle parole inglesi “block” (blocco) e “chain” (catena) e fa riferimento alla struttura della tecnologia, dove i dati vengono organizzati in blocchi collegati tra loro in una catena. Con le criptovalute, il legame con il mondo fisico è completamente spezzato: lo strumento di pagamento è un campo di un software, identificato in modo univoco grazie ad algoritmi complessi e attribuito a un possessore. Sembra strano? In realtà, qualsiasi oggetto – fisico o virtuale – può diventare uno strumento di pagamento, a patto che le parti coinvolte lo accettino. Ma chi gestisce questo mondo? I cosiddetti “minatori”. A differenza delle banche che creano moneta, i minatori “estraggono” bitcoin da un sistema digitale chiuso e convalidano le transazioni. La blockchain, il cuore pulsante delle criptovalute, è un database che registra tutte le transazioni effettuate. Immagina un enorme libro mastro, accessibile a tutti i nodi della rete, che contiene l’intera storia delle transazioni di una criptovaluta. Certo, tutto questo ha un costo: il sistema richiede una grande quantità di energia, e in un periodo di crescente sensibilità ambientale, questo aspetto è stato molto criticato. Essendo decentralizzati, questi strumenti di pagamento sono riusciti, per lungo tempo, a sfuggire al controllo delle autorità centrali. Non essendo considerati moneta legale, le transazioni erano viste come una sorta di baratto tra beni fisici e immateriali, e i dati venivano gestiti in sistemi privati. Non sorprende che molte transazioni nei mercati paralleli di Internet avvengano proprio tramite criptovalute. La rapida diffusione delle criptovalute ha portato anche al loro sviluppo come strumenti di investimento. Milioni di persone hanno deciso di investire parte del proprio capitale in Bitcoin, Ethereum e altre monete digitali, sperando che queste diventino la valuta del futuro. Tuttavia, i rischi sono elevati: • Non hanno corso legale: L’accettazione come mezzo di pagamento è volontaria. • Poche transazioni reali: La maggior parte dell’uso delle criptovalute è ancora legata alla speculazione e al trasferimento di capitali in modo ‘coperto’. • Mercato volatile: Le oscillazioni di prezzo delle principali criptovalute sono molto elevate. Ad esempio, il Bitcoin ha subito correzioni di valore superiori al 50% in tempi brevi rispetto al dollaro. Inoltre, l’assenza di una regolamentazione chiara ha portato a numerose truffe in passato, sfruttando l’opacità e la limitata conoscenza degli investitori, oltre alla mancanza di un controllo centralizzato. Il carattere privato e poco normato delle criptovalute rende il settore vulnerabile a eventi estremi di fallimento, senza una rete pubblica di protezione. Il 2022 è stato un anno particolarmente difficile per il mondo delle criptovalute, con il crollo di una moneta chiamata Luna e il fallimento clamoroso di FTX, un importante exchange di criptovalute. Questi non sono stati gli unici casi di fallimenti nel 19 20 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA settore, basti pensare ai problemi riscontrati da BlockFi, Three Arrows Capital, Core Scientific, Voyager Digital e Celsius Network, solo per citarne alcuni. A tutto ciò si aggiunge che il vantaggio fiscale e l’anonimato delle criptovalute stanno venendo meno. In Italia, la legge di bilancio 2022 ha equiparato le criptovalute ad altre attività finanziarie, imponendo tassazione sugli utili e l’obbligo di rendicontazione. È ancora presto per capire se il carattere anarchico e decentrato delle criptovalute resisterà nel tempo. Tuttavia, una cosa è certa: hanno indicato il possibile futuro delle monete tradizionali, con la digitalizzazione che potrebbe presto portare alla fine del contante. Le banche centrali stanno già sperimentando le proprie monete digitali, e il mondo dei pagamenti potrebbe non essere mai più lo stesso. Il concetto di inflazione Quale che sia lo strumento utilizzato, quel che conta è il potere di acquisto. Quanti beni riusciamo a comprare con lo strumento. Del resto, è questo il motivo per cui desideriamo del denaro, anche se per collezionisti e amanti del genere si può parlare anche di un valore artistico di alcune monete come opere d’arte non ripetibili. Un esempio molto famoso di moneta da collezione venduta a una cifra straordinaria è il “Double Eagle” del 1933.18 A parte queste eccezioni, il denaro è un bene strumentale. Quando acquisiamo del denaro con il nostro lavoro, o con donazioni o mediante la vendita di beni, implicitamente stiamo accumulando un potenziale di spesa futura. Un generico potenziale di spesa perché nel tempo il prezzo in denaro dei beni varia. Potrebbe aumentare, diminuire o rimanere stabile. Con il termine inflazione indichiamo l’aumento dei prezzi nel tempo, ovvero del denaro necessario per acquistare uno stesso quantitativo di beni e servizi. Portiamo questo concetto nella nostra vita quotidiana. Se il prezzo al chilo delle banane è 10 euro e il mio capitale monetario è di 100 euro ho un potenziale di acquisto di 10 Kg di banane. Cosa succede se il prezzo nominale dei beni sale in media del 10% (inflazione al 10%)? Avremo bisogno di 10 euro in più per ogni 100 di spesa. Nel nostro caso per comprare 10 kg di banane dovremo spendere 11 euro per chilo, ovvero 110 euro in totale. Alternativamente, con i 100 euro a disposizione, dovremo accontentarci di poco più di 9 chili di banane. In realtà con il nostro denaro siamo interessati a comprare un paniere ben più ampio di beni, rispetto al semplice acquisto di un casco di banane. Salute, alimenti, servizi, trasporti, teatro e tempo libero, libri... Il denaro è lo strumento per accedere a tutti i beni della vita quotidiana. Siamo interessati a conoscere quanto denaro dobbiamo utilizzare per comprare un paniere di beni. Il potere di acquisto della moneta è quindi la capacità di effettuare la spesa desiderata e l’inflazione è l’aumento della moneta necessaria per questo paniere. Se sentite dire che l’inflazione in un paese è stata pari al 10%, vuol dire che avrete bisogno del 10% in più di moneta per comprare le stesse cose a distanza di un anno. Nel tempo tuttavia i beni che compriamo cambiano. Come le nostre necessità. Trent’anni fa beni come smartphone o computer e Internet non erano neanche stati immaginati. Siamo comunque interessati a conoscere come varia la nostra capacità di fare la spesa con la moneta. Il concetto di potere di acquisto è quindi 18 Questa moneta d’oro statunitense da 20 dollari è una delle più rare e preziose mai vendute. Originariamente, furono coniate circa 445.000 monete nel 1933, ma non furono mai messe in circolazione a causa della decisione del presidente Franklin D. Roosevelt di ritirare l’oro dalla circolazione come moneta legale durante la Grande Depressione. Quasi tutte le monete furono fuse, ma alcune poche sfuggirono alla distruzione. Una di queste monete fu venduta all’asta nel 2021 per 18,9 milioni di dollari, stabilendo un record mondiale per una moneta mai venduta fino a quel momento. L’asta è stata gestita da Sotheby’s a New York. Questa moneta è famosa non solo per il suo valore economico, ma anche per la sua storia travagliata e la rarità estrema, che la rende uno dei pezzi più ambiti nel mondo del collezionismo numismatico. Capitolo I: Introduzione alla economia e alla finanza molto più artefatto, ampio e diversificato. Come vedremo, dovremo per forza di cose parlare in termini di paniere di beni e di indici. Proviamo a introdurre per gradi praticamente questo concetto facendo riferimento a un esempio concreto di spesa in un anno, con un budget piuttosto limitato, ovvero 1000 euro. La spesa effettiva rappresenta il potere di acquisto dei beni che a noi interessano con 1000 euro nel 2021. Immaginiamo che questa stessa spesa avvenga anche l’anno successivo ma alcuni di questi beni abbiano cambiato prezzo. Qualcuno sarà aumentato. Qualche altro sarà uguale o maggiore. Ipotizziamo che siano aumentati soprattutto alimenti e scuola, mentre il resto sia rimasto sostanzialmente invariato. Vediamo cosa succede alla nostra spesa. Per mantenere invariati i nostri consumi, abbiamo avuto bisogno di più moneta, ovvero 1100 euro. Se portiamo ad indice questo paniere di beni, siamo passati da 100 a 110, e l’inflazione, ovvero il costo della vita, è aumentata del 10%. Questo significa ad esempio che dovremo guadagnare almeno il 10% in più con il nostro lavoro per poter avere lo stesso tenore di vita. In generale, l’inflazione della divisa di un paese viene calcolata dagli istituti di statistica accreditati (in Italia l’ISTAT) mediante l’indice dei prezzi al consumo, che rappresenta l’andamento dei prezzi della spesa media delle famiglie. Beni e servizi comprati sono tanti e variano molto nel tempo. L’ISTAT ogni anno definisce il paniere dei beni utilizzato, con prodotti che entrano ed escono dalla spesa media. Nel 2019 ad esempio il paniere di beni utilizzato era di ben 1507 prodotti rappresentativi della spesa per servizi ricettivi, ristorazione, mobili, abitazione, elettricità, prodotti alimentari, bevande, abbigliamento, trasporti, istruzione, comunicazioni. 21 22 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA L’inflazione rilevata in Italia nel 2019 era inferiore al 2%. Per un periodo molto lungo in Italia abbiamo avuto bassa inflazione. Ma le condizioni variano. La guerra in Europa ha determinato una crescita del prezzo di tanti beni e l’inflazione è stata in alcuni periodi anche superiore al 10%. Quando l’inflazione è in forte aumento, significa che possiamo comprare molti meno beni con lo stesso quantitativo di denaro. Siamo spinti a trasformare il denaro in beni fisici, per evitare di perdere valore o chiediamo dei premi elevati da chi usa il nostro denaro per la sua attività. Nei casi estremi di vera e propria iperinflazione, ovvero di rapidissima perdita di valore di acquisto, si perde la fiducia nello strumento e il sistema dei pagamenti va in crisi. Nel 2022 paesi come l’Argentina, la Turchia, il Venezuela o lo Zimbabwe hanno sperimentato inflazioni molto superiori al 50%, in alcuni casi superiori alle tre cifre. Quando questo fenomeno si radicalizza e diventa parossistico, il denaro perde completamente valore e il corso legale diventa molto complesso da mantenere. Si pensi al caso tedesco. L’iperinflazione in Germania nel periodo successivo alla Prima Guerra Mondiale, particolarmente tra il 1921 e il 1923, è uno dei casi più drammatici di collasso economico causato da un’inflazione incontrollata. Questa crisi fu il risultato di una combinazione di fattori economici, politici e sociali. In pochi anni si è passati da 170 marchi necessari per comprare una oncia di oro, a oltre 87.000 miliardi. Il denaro veniva utilizzato come carta da macero e una banconota da duecento miliardi di marchi aveva una capacità di acquisto risibile.19 Una economia sviluppata non può convivere con una crisi monetaria di questa portata. Le conseguenze sociali e politiche furono in Germania devastanti e accompagnarono la deriva neonazista. Anche per questo la Banca Centrale Tedesca moderna e la Banca Centrale Europea, che ha accolto la tradizione continentale europea nel suo statuto, hanno come obiettivo identificativo principe la stabilità dei prezzi. 19 L’iperinflazione in Germania fu causata da una serie di fattori interconnessi: le pesanti riparazioni di guerra imposte dal Trattato di Versailles, l’occupazione della Ruhr, la massiccia emissione di moneta senza un adeguato sostegno economico e la conseguente perdita di fiducia nella valuta. Questo evento devastante ebbe enormi ripercussioni economiche, sociali e politiche, con effetti che contribuirono indirettamente all’instabilità che portò alla Seconda Guerra Mondiale. 23 Capitolo I: Introduzione alla economia e alla finanza Quantità di moneta immessa nel sistema dei pagamenti e facilità e convenienza di uso (mediante il sistema dei tassi di interesse ufficiale) sono adattati nel tempo avendo come obiettivo una inflazione di lungo periodo non superiore ad un livello target oggi identificato al 2%. Quando i prezzi cominciano a salire ad un ritmo superiore la banca Centrale riduce la crescita di moneta disponibile, e alza i tassi di interesse per rendere meno attraente l’indebitamento e il consumo immediato in beni. Un fenomeno opposto è quello della deflazione, ovvero di una diminuzione complessiva del prezzo dei beni. In questo caso, con la stessa quantità di moneta possiamo comprare più beni col passare del tempo. È un fenomeno piuttosto raro ma ne abbiamo avuto alcuni casi proprio negli ultimi anni, in coincidenza con rallentamenti economici, crisi di sovrapproduzione, e disoccupazione elevata. In questi casi l’offerta di beni è eccessiva rispetto alla domanda, e quindi avviene una competizione sui prezzi al contrario. Anche questo fenomeno, come quello della iperinflazione, non è desiderato dalle autorità pubbliche monetarie. La ragione è che la deflazione scoraggia l’attività economica. Se so che comprare un bene domani mi costerà di meno, cercherò di posticipare la mia decisione di acquisto. Il trasferimento delle risorse: il concetto di investimento e di sistema finanziario Il denaro ci permette di acquistare beni e servizi. Ma cosa succede se abbiamo più denaro di quanto ci serve nell’immediato? Abbiamo due opzioni principali: 1. Conservarlo personalmente, con il rischio di perderlo o di dover affrontare costi di gestione. 1. Investirlo, cioè trasferirlo a chi ne ha bisogno in cambio di un rendimento, come interessi o dividendi. Perché decidiamo di cedere temporaneamente il nostro denaro ad altri? Lo facciamo se ci viene offerto un incentivo interessante, e se ci sentiamo sicuri che il rischio sia proporzionato al guadagno atteso, oltre a essere protetti da eventuali comportamenti scorretti. Il trasferimento di denaro è dunque un’operazione complessa che coinvolge vari attori e strumenti ed è alla base del sistema capitalistico moderno. Questo processo è facilitato dal sistema finanziario, che ha il compito di far incontrare chi ha denaro in surplus con chi ne ha bisogno (funzione allocativa). Approfondiremo questo concetto nei prossimi capitoli, ma possiamo intanto immaginare un esempio concreto. Supponiamo di voler avviare un’attività economica, ma di non avere abbastanza fondi. Una seconda persona, invece, ha dei risparmi e vuole investire per il futuro dei propri figli. Se potessimo incontrarci, potremmo entrambi realizzare i nostri progetti. Ma come si realizza questo incontro? E in che modo possiamo tutelarci? Sarebbe necessario redigere un contratto, che definisca chiaramente le modalità del trasferimento, i rischi e i guadagni attesi, e le condizioni di restituzione del denaro. Questo contratto, chiamato strumento finanziario, può essere di due tipi: • Contratto di prestito, in base al quale l’investitore riceve indietro il suo denaro con un interesse. • Contratto di partecipazione, in base al quale entrambi i soggetti assumono il rischio dell’attività, ma dividono gli utili. Prima di firmare un contratto, è però necessario raccogliere informazioni sul beneficiario, sul progetto e sulle condizioni del mercato. Ed è per questo che abbiamo bisogno di un mercato finanziario e di intermediari, come banche e altre istituzioni, che ci assistano. In alcuni casi, l’intermediario si assume in proprio il rischio. Ad esempio, quando depositiamo i nostri soldi in una banca, la banca si impegna a restituirli a vista se ne abbiamo bisogno, ci riconosce un interesse e nel frattempo utilizza le giacenze per prestare a proprio rischio quegli stessi soldi a famiglie e imprese anche per periodi molto lunghi. Per questa attività si farà pagare ovviamente un po’ di più. La differenza tra interessi pagati e ricevuti prende il nome di margine di interesse e questo particolare intermediario è detto intermediario creditizio. Oggi esistono molti tipi di intermediari, classificati in base alle loro attività prevalenti: intermediari creditizi (come le banche), intermediari assicurativi (come le compagnie di assicurazione), e intermediari 24 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA mobiliari (come le SIM, SGR, SICAV). Tutti contribuiscono con specializzazione diversa a facilitare il circuito del denaro. Inoltre, poiché gli investimenti, diretti o intermediati, hanno un impatto rilevante sulla nostra vita, la fiducia è fondamentale. Dobbiamo poter contare su un’autorità che garantisca la correttezza dell’intermediario e delle informazioni che riceviamo. Esistono, infatti, norme che regolano le informazioni che dobbiamo fornire e ricevere, la solidità degli intermediari, e le modalità dei trasferimenti. Il contesto in cui tutto ciò avviene è sempre più internazionale ed europeo. L’ente di vigilanza per eccellenza e il dominus della politica monetaria per tutti i paesi europei è la Banca Centrale Europea. Il Sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF) assicura una sorveglianza coerente e uniforme a livello europeo. La Direttiva MiFID II e il Regolamento MiFIR sono norme che sono state emanate con l’obiettivo di creare un mercato unico dei servizi finanziari nell’Unione Europea. Grazie a sistemi come SEPA e agli standard IBAN, i trasferimenti finanziari all’interno dell’UE sono stati uniformati, rendendo più semplice per i cittadini europei gestire i propri investimenti in un contesto sovranazionale. 25 Dopo aver introdotto alcuni concetti economici di base, e in particolare quelli del denaro, del suo potere di acquisto e della sua circolazione, ci soffermiamo ora su alcuni strumenti finanziari che sono funzionali alla conservazione e all’uso del denaro. Cominciamo in particolare con il contratto bancario per eccellenza, ovvero il deposito in conto corrente. Il conto corrente Il contratto di conto corrente è un tipo di accordo finanziario molto diffuso, con caratteristiche simili in tutti i paesi sviluppati. Nei vari paesi possiamo infatti trovare nomi diversi per lo stesso strumento, come Depósito en cuenta corriente, Bankkonto, Bank Sight Deposit, Compte Courant, ma si tratta sempre dello stesso concetto. Spesso viene utilizzata anche l’espressione “deposito a vista”, che si riferisce a una delle sue caratteristiche principali: la possibilità di prelevare i soldi in qualsiasi momento. Basta identificarsi nel modo previsto, che sia di persona, con un documento d’identità, attraverso la firma depositata, o tramite una chiave elettronica se si accede online. La legge permette solo a un particolare tipo di operatori economici, cioè le banche, di offrire questo servizio.20 Questa riserva ha l’obiettivo di garantire che l’attività creditizia venga svolta da soggetti sottoposti a vigilanza, in modo da proteggere sia i risparmiatori che l’intero sistema finanziario, assicurando la stabilità e la trasparenza delle operazioni. Il termine “banca”, oggi usato in tutto il mondo, ha origine in Italia. Le banche nacquero nel periodo di sviluppo dei Comuni italiani e dei commerci internazionali, per custodire in sicurezza beni preziosi.21 Il termine deriva dall’italiano “banco”, che indicava il banco fisico su cui i mercanti e i cambiavalute medievali svolgevano le loro attività. Se un banchiere falliva o non era in grado di adempiere ai suoi obblighi, il “banco” veniva letteralmente rotto come segno di fallimento, da cui l’espressione “bancarotta”. Oggi, il termine “deposito” ha un significato diverso rispetto al passato, quando indicava solo il trasferimento di un bene in custodia. Quando parliamo di un deposito su un conto corrente, non si tratta più di semplice custodia. Il denaro, infatti, viene effettivamente custodito solo se utilizziamo una cassetta di sicurezza. In quel caso, infatti, la banca offre un servizio: fornisce al cliente un luogo sicuro, più sicuro di quello che si potrebbe avere a casa. Tuttavia, in caso di furto o danno, la banca è responsabile solo della sicurezza del locale, ma non del contenuto della cassetta, poiché non conosce ciò che vi è custodito. CAPITOLO II: La conservazione e l’uso del denaro 20 La norma che riserva alle banche l’attività di prestito e di raccolta del risparmio, e quindi il servizio creditizio, è il Testo Unico Bancario (TUB), noto formalmente come Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385. In particolare, l’articolo 10 del TUB stabilisce che solo le banche, ossia gli enti autorizzati, possono esercitare professionalmente l’attività di raccolta del risparmio tra il pubblico e l’erogazione del credito. Questo significa che le banche, in qualità di intermediari finanziari, sono le uniche a poter raccogliere risorse finanziarie dai risparmiatori e concedere prestiti a famiglie e imprese, nel rispetto delle normative vigenti. 21 Il termine “banca” ha origine nel Medioevo, durante il periodo di grande sviluppo commerciale e finanziario in Italia. La famiglia Medici di Firenze fondò una delle prime grandi banche europee nel XV secolo, che gestiva depositi, prestiti e cambi. 26 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Quando accediamo alla cassetta di sicurezza, la banca non è coinvolta direttamente: una volta ricevuta la chiave, siamo soli nella stanza con le cassette. Se non ci sono stati furti o danni, troveremo esattamente quello che abbiamo depositato. La banca offre una copertura assicurativa standard contro il furto, ma non ha altri obblighi se non quello di mantenere la sicurezza. Al contrario, quando depositiamo denaro su un conto corrente, stiamo facendo qualcosa di diverso: stiamo prestando quei soldi alla banca. Abbiamo infatti firmato un contratto in cui la banca si impegna a restituirci l’importo depositato (aggiustato per eventuali interessi o spese) quando ne facciamo richiesta. Non riceveremo gli stessi soldi depositati, ma una somma equivalente. Il deposito bancario è un contratto esclusivo delle banche, che lo usano per concedere prestiti all’economia. Questo è possibile perché, in condizioni normali, solo una parte dei depositi viene ritirata contemporaneamente. La fiducia tra banca e cliente è fondamentale in questo rapporto. Proprio per tutelarla, le banche sono soggette a controlli rigorosi da parte delle autorità: devono essere autorizzate, vigilate e monitorate per garantire che possano sempre restituire i soldi depositati, anche in caso di richieste improvvise. Per sostenere questa garanzia, le banche contribuiscono a fondi comuni di garanzia che possono coprire eventuali difficoltà finanziarie. In aggiunta, lo Stato e le autorità pubbliche, come la banca centrale, intervengono in situazioni di crisi per evitare il fallimento delle banche e proteggere l’economia. Quando però la fiducia viene meno, come durante le crisi bancarie del 2008 e del 2011 che videro fallimenti e ristrutturazioni clamorose22, può verificarsi il cosiddetto “panico bancario” o corsa agli sportelli. In queste 22 Nel periodo della crisi finanziaria globale tra il 2008 e il 2011, molte banche sono fallite o hanno affrontato gravi difficoltà, soprattutto negli Stati Uniti e in Europa. Ecco alcune delle principali banche coinvolte: Stati Uniti 1. Lehman Brothers (2008) • Il fallimento di Lehman Brothers, una delle più grandi banche d’investimento degli Stati Uniti, è considerato uno degli eventi scatenanti della crisi. La banca dichiarò fallimento il 15 settembre 2008, con un impatto devastante sui mercati finanziari globali. 2. Washington Mutual (2008) • Washington Mutual, una delle più grandi banche di risparmio degli Stati Uniti, fallì nel settembre 2008. Fu il più grande fallimento bancario nella storia degli Stati Uniti. Successivamente, le sue attività furono acquisite da JPMorgan Chase. 3. IndyMac Bank (2008) • IndyMac Bank, una delle maggiori banche coinvolte nella concessione di mutui subprime, fallì nel luglio 2008. Questo fallimento fu tra i primi segnali della crisi dei mutui ipotecari. Europa 1. Northern Rock (Regno Unito, 2007-2008) • Una delle prime banche europee a subire pesanti conseguenze della crisi. Fu nazionalizzata dal governo britannico nel 2008 dopo aver affrontato una corsa agli sportelli nel 2007, dovuta alla sua esposizione al mercato dei mutui subprime. 2. Anglo Irish Bank (Irlanda, 2009) • Anglo Irish Bank fu nazionalizzata dal governo irlandese nel gennaio 2009. La banca aveva assunto rischi elevati nel mercato immobiliare, che crollò con la crisi, lasciando la banca in uno stato di grave instabilità. 3. Royal Bank of Scotland (RBS) (Regno Unito, 2008) • RBS fu salvata dal governo britannico nel 2008, che ne acquisì la maggioranza delle azioni per evitare il fallimento. La banca aveva accumulato pesanti perdite a causa di investimenti rischiosi. 4. Fortis (Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, 2008) • Fortis, uno dei maggiori gruppi bancari del Benelux, fu smembrato e nazionalizzato nel 2008. Il governo belga e olandese intervennero per evitare il collasso totale dell’istituto. 27 Capitolo II: La conservazione e l’uso del denaro situazioni, i clienti si affrettano a ritirare il loro denaro, mettendo in difficoltà le banche, che hanno investito i depositi in prestiti a lungo termine e non possono fornire immediatamente la liquidità richiesta. Questo fenomeno può avere gravi conseguenze per l’intero sistema economico. Il sistema bancario attuale si basa sull’accesso a diversi tipi di credito, come mutui, anticipazioni bancarie e carte di credito. Le banche possono prestare denaro a medio termine perché sanno che solo una parte dei depositi verrà ritirata subito. Tuttavia, se molte persone dovessero prelevare i loro soldi contemporaneamente, la banca sarebbe costretta a richiamare i prestiti, sospendere le richieste di mutuo e aumentare i costi per le operazioni. Questo bloccherebbe l’intero sistema. Per evitare tali problemi, sono state introdotte in molti paesi normative di salvaguardia complesse. Se una banca si trova in crisi e non è più in grado di garantire la continuità dei servizi o mette a rischio la stabilità del sistema finanziario, può essere sottoposta a un processo di “risoluzione” per salvaguardare l’interesse pubblico, utilizzando le soluzioni previste dalla normativa europea. In casi estremi si ricorre al cosiddetto “bail-in” (salvataggio interno): prima che la banca fallisca, vengono utilizzate le risorse degli azionisti e dei creditori per ricostituire il capitale e ristabilire il normale funzionamento. In teoria, anche i depositi potrebbero essere toccati, ad eccezione di quelli di importo ridotto o appartenenti a categorie protette. Chi è coperto dai sistemi di garanzia dei depositi? Tutti i depositanti, che siano individui o aziende, sono protetti fino a 100.000 euro per banca, grazie al sistema di garanzia a cui aderisce l’istituto. Inoltre, sono tutelati i fondi pensione delle piccole e medie imprese, i depositi delle autorità pubbliche con bilanci inferiori a 500.000 euro, e alcuni depositi superiori a 100.000 euro per scopi abitativi o sociali. Dal 2014, in tutta Europa, la protezione dei depositi fino a 100.000 euro è garantita in modo uniforme dalla Direttiva sui sistemi di garanzia dei depositi.23 Quanti sono i depositi delle famiglie Italiane? Tanti, nonostante per un lungo periodo si siano avuti tassi di interesse vicini a zero. Secondo i dati più recenti pubblicati dalla Banca d’Italia e altre fonti istituzionali, i depositi delle famiglie italiane superano di gran lunga i 1300 miliardi di euro. Questa cifra rappresenta quasi il 30% della ricchezza finanziaria totale delle famiglie italiane. 5. Hypo Real Estate (Germania, 2009) • Hypo Real Estate, una grande banca immobiliare tedesca, fu salvata da un massiccio piano di aiuti del governo tedesco per evitare il fallimento. La banca aveva subito gravi perdite a causa della crisi finanziaria. Molte di queste banche hanno ricevuto aiuti statali o sono state nazionalizzate, mentre altre sono state smembrate o acquisite da istituti più stabili. La crisi del 2008-2011 ha messo in evidenza la fragilità del sistema bancario globale, con effetti che si sono protratti per molti anni. 23 La Direttiva 2014/49/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, approvata il 16 aprile 2014, stabilisce norme comuni per la protezione dei depositi bancari nei Paesi dell’Unione Europea. Le principali caratteristiche della direttiva sono: • Importo garantito: Ogni depositante è garantito fino a 100.000 euro per banca. • Tempi di rimborso: In caso di fallimento della banca, i depositanti devono essere rimborsati entro 7 giorni lavorativi. • Finanziamento dei fondi di garanzia: I sistemi di garanzia dei depositi sono finanziati tramite contributi delle banche, garantendo così una protezione adeguata anche in tempi di crisi. 28 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Alla fine del 2020, i conti correnti aperti erano circa 75,9 milioni, il che significa che, in media, ogni famiglia possiede più di due conti correnti. Nelle famiglie più ricche, come è facile immaginare, il numero di conti è ancora più elevato, spesso superando le tre unità. Ma quali sono le principali ragioni che spingono le persone ad aprire un conto corrente? La prima ragione è la sicurezza, seguita dalla praticità. Avere un conto corrente è molto più sicuro che detenere denaro contante in casa. Custodire somme di denaro a casa espone a rischi significativi, come furto, deterioramento o distruzione. Il rischio di furto, in particolare, è elevato. Anche se assicuriamo beni preziosi contro i furti, il denaro contante è difficilmente recuperabile una volta rubato. In teoria, potremmo conservare i numeri di serie delle banconote, denunciare il furto e sperare che il ladro venga trovato con quelle specifiche banconote. Tuttavia, questo approccio ha un’efficacia limitata. I numeri di serie delle banconote della serie Europa sono composti da una sequenza di caratteri stampati orizzontalmente in nero e da un numero verticale di un colore diverso. Anche nel caso in cui qualcuno avesse avuto la diligenza di annotare il numero di serie di ogni banconota (cosa davvero improbabile per chiunque custodisca denaro 24 24 Relazione annuale anno 2023 – Banca d’Italia, 31 maggio 2024. 29 Capitolo II: La conservazione e l’uso del denaro in casa), il recupero di tali banconote dopo un furto sarebbe comunque molto remoto e difficilmente realizzabile. Nella pratica quotidiana, infatti, il contante è spendibile immediatamente da chi lo possiede, a meno che non venga riconosciuto come falso. Il numero di serie serve principalmente a fini diversi, come tracciare un pagamento, riconoscere una banconota falsa o chiedere la sostituzione in caso di danneggiamento. Il danneggiamento è un altro rischio, spesso più comune di quanto si pensi. Le banconote in euro sono realizzate con carta di puro cotone, un materiale abbastanza resistente ma comunque soggetto a deterioramento a causa dell’uso quotidiano e dei continui passaggi di mano. Da portafogli a registratori di cassa, fino ai distributori automatici, le banconote vengono usate ripetutamente. Non a caso, la Banca d’Italia ritira regolarmente quelle logore, sostituendole con nuove. Ad esempio, la vita media di una banconota da 5 euro, una delle più utilizzate, è di circa un anno, mentre una da 500 euro può durare fino a 10 anni. Oltre al normale deterioramento, le banconote possono essere danneggiate o mutilate da varie cause: umidità, fuoco, agenti chimici, lacerazioni o lavaggi accidentali. Si parla di danneggiamento quando la banconota è sporca, macchiata o scolorita, mentre è considerata mutilata quando manca una parte della stessa. In generale, una banconota mutilata può essere cambiata se la parte restante rappresenta più del 50% della banconota originale. In alternativa, è possibile richiedere la sostituzione se si può dimostrare che la parte mancante è andata distrutta accidentalmente (come previsto dall’art. 3 della Decisione della Banca Centrale Europea del 20 marzo 2003). La procedura di sostituzione non è sempre semplice. È necessario conservare i frammenti della banconota danneggiata tra fogli di carta trasparente o plastica, evitando ulteriori danneggiamenti, e portarla agli sportelli della Banca d’Italia. Qui viene esaminata e, se ritenuta idonea al rimborso, sostituita con una nuova banconota. Se ci sono dubbi, i pezzi vengono inviati all’Amministrazione Centrale, dove una Commissione di esperti decide se autorizzare il rimborso. Se si ritiene che la banconota sia stata danneggiata intenzionalmente, le autorità possono rifiutare la sostituzione e trattenere la banconota per evitarne il rientro in circolazione. Il reintegro del denaro danneggiato non è quindi una procedura semplice né priva di costi o rischi. Già solo i rischi di deterioramento, distruzione o furto sono motivi validi per affidare la custodia del proprio denaro a un istituto bancario. A questi si aggiungono molte altre ragioni altrettanto valide. In primo luogo, la modalità di circolazione del denaro. Se dobbiamo inviare denaro a un amico, conoscente o fornitore, è molto più pratico, efficiente e meno costoso utilizzare un bonifico, un assegno o una carta di credito piuttosto che consegnare fisicamente contante. Questo è particolarmente vero quando la distanza è significativa o vi sono frontiere da attraversare. Immaginiamo i tempi necessari, l’imballaggio e i rischi di sicurezza legati all’invio di denaro fisico. Oggi, grazie al sistema SEPA, un bonifico bancario all’interno dell’Europa impiega solo un giorno lavorativo, con la possibilità di effettuare anche pagamenti istantanei. Se dobbiamo ricevere denaro, è altrettanto più efficace e sicuro fornire un indirizzo bancario (in Europa, l’IBAN) anziché un indirizzo fisico. Oltre ai costi e alle inefficienze, dovremmo considerare la necessità di gestire fisicamente il contante: reperibilità, conteggio, verifica dell’autenticità e del danneggiamento delle banconote. Insomma, per pagamenti di una certa entità, l’uso esclusivo del contante non è realistico. Il conto corrente bancario semplifica la vita quotidiana. Il conto corrente bancario permette di gestire in modo automatico una serie di operazioni come il pagamento di bollette, fatture, tasse, investimenti, disinvestimenti finanziari e l’incasso di cedole o interessi. Inoltre, in molti casi, l’uso del contante non è solo poco pratico, ma addirittura vietato. Diversi Paesi hanno introdotto limiti ai pagamenti in contanti, e in Italia questo limite è cambiato più volte negli ultimi anni. Dal 1° gennaio 2023 la soglia per l’uso del contante è stata fissata a 4.999,99 euro. Per importi superiori a 5.000 euro è obbligatorio utilizzare strumenti tracciabili, come bonifici o carte di credito. È vietato pagare stipendi e compensi a dipendenti o collaboratori in contanti; tali pagamenti devono essere effettuati esclusivamente tramite metodi tracciabili, come bonifici o assegni. 30 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Perché questi limiti? L’obiettivo è rendere tracciabili i movimenti di denaro, riducendo il rischio di evasione fiscale o riciclaggio. Mentre il contante non lascia traccia, ogni pagamento bancario è documentato, registra chi paga e chi riceve e ne conserva la motivazione. Tutte queste informazioni restano archiviate per eventuali controlli futuri. Ovviamente, i limiti all’uso del contante non si applicano a prelievi o versamenti dal proprio conto, poiché non si tratta di un trasferimento tra soggetti diversi. Potremmo essere tuttavia chiamati a rispondere dell’uso o della provenienza del contante che abbiamo prelevato o depositato. Il conto corrente come forma di investimento a breve termine. Sebbene il denaro sia sempre disponibile, la banca utilizza i fondi depositati dai clienti per svolgere le proprie attività. Per incentivare il mantenimento di denaro sui conti, le banche offrono in genere un rendimento sotto forma di interessi. Tuttavia, negli ultimi anni i tassi di interesse sui conti correnti sono stati molto bassi, spesso vicini allo zero. Questo è stato dovuto a circostanze eccezionali, come le crisi finanziarie e la pandemia, che hanno spinto le banche centrali a fornire liquidità a tassi bassi per stimolare l’economia. Con il rialzo dell’inflazione e il cambio di politica monetaria nel 2023, i tassi di interesse stanno tornando a salire, il che potrebbe tradursi in rendimenti positivi anche sui conti correnti. Chi può aprire un conto corrente e come? Ogni persona fisica maggiorenne, nonché ogni persona giuridica e associazione, può chiedere ad una banca l’apertura di un conto corrente. Non esistono limitazioni legali per l’apertura di un conto per i soggetti che hanno raggiunto la maggiore età, salvo specifici provvedimenti giudiziari o amministrativi (ad esempio in caso di iscrizione al registro dei protesti). Per i minorenni è possibile aprire un libretto di risparmio o, in alcuni casi, una carta ricaricabile, a condizione che vi sia l’espresso consenso di chi esercita la patria potestà. L’età minima per sottoscrivere tali prodotti varia a seconda delle offerte delle diverse banche. L’apertura del conto non è tuttavia automatica, ma soggetta alle valutazioni di opportunità e interesse dell’intermediario, trattandosi di un contratto tra soggetti privati. La banca potrebbe decidere di non aprire conti per clienti che non sono interessanti commercialmente o che presentino complessità particolari. L’apertura di un conto può avvenire: • presso una filiale dell’istituto bancario o postale, • online attraverso un collegamento internet, • mediante un consulente autorizzato, regolarmente iscritto all’albo dei consulenti. Nel caso di apertura online non c’é un’interazione diretta con il personale della banca per l’identificazione del cliente, ma è comunque necessario seguire alcune procedure specifiche previste dalla normativa antiriciclaggio. Per identificarsi, è richiesto essere titolari di un altro conto corrente da cui effettuare un bonifico di prova, di importo minimo, verso il nuovo conto. La apertura In generale, aprire un conto corrente è una procedura piuttosto complessa, poiché richiede l’adempimento di numerosi passaggi preliminari finalizzati a garantire la trasparenza del rapporto finanziario. Le principali fasi di verifica includono: 1. Identificazione civile e fiscale. 2. Identificazione finanziaria, in conformità con le normative antiriciclaggio (note anche come procedure “Know Your Customer”, o KYC, per la conoscenza del cliente). 3. Questionario FATCA, relativo alla dichiarazione fiscale per chi ha rapporti con gli Stati Uniti. 4. Questionari MIFID, per valutare il profilo di rischio e le conoscenze finanziarie del cliente. Cominciamo quindi dalla identificazione civile e fiscale. 31 Capitolo II: La conservazione e l’uso del denaro In passato, in alcuni paesi era possibile aprire conti cifrati senza fornire l’identità del titolare, comunicando solo un numero di conto e seguendo determinate procedure di sicurezza. Il cliente era anonimo per la banca e per i terzi. Oggi questo tipo di conto, come lo vediamo descritto in libri o film, non esiste più, nemmeno in Svizzera. La legge obbliga le banche a identificare i propri clienti e a determinare il reale beneficiario dei fondi, anche per i conti formalmente cifrati e dovranno essere pronti a fornire tali dati in tutti i casi previsti per legge o in caso di richiesta dell’autorità giudiziaria. La privacy vale solo per il personale che non ha accesso diretto alle informazioni del cliente e che vedrà solo un numero o un nome fittizio. Oggi per aprire un conto corrente, è necessario presentare la carta d’identità e il codice fiscale. Entrambi sono indispensabili, anche se, in teoria, il codice fiscale può essere calcolato dai dati anagrafici. Di solito, la tessera sanitaria viene utilizzata come documento fiscale. Questo processo è obbligatorio sia per chi apre un conto personale, sia per i delegati, nel caso di conti aziendali. Le persone non residenti in Italia possono aprire un conto corrente presso una banca italiana. Il processo non differisce molto dall’apertura di un conto per residenti. Tuttavia, è importante fornire un indirizzo italiano a cui inviare le comunicazioni, nel caso in cui la banca lo richieda. Questo indirizzo può appartenere a un familiare o a un conoscente. Se non è possibile firmare il contratto di persona, sarà necessario firmarlo davanti a un notaio che autentichi la firma. Il conto corrente per non residenti può essere molto utile, proprio come lo è per i residenti. Ad esempio, uno straniero che non vive in Italia, ma che ha rapporti economici nel Paese, potrebbe aver bisogno di un conto per ricevere pagamenti. Inoltre, un conto corrente permette di gestire in automatico spese periodiche in Italia, come ad esempio la domiciliazione delle bollette, senza doversene preoccupare direttamente. Nel caso di un’apertura di conto per una società, la banca deve raccogliere informazioni precise sulla struttura legale e sulle attività dell’azienda. Oltre ai dati identificativi, dovranno essere forniti la partita IVA, la forma giuridica, lo statuto, le finalità dell’impresa, l’identità dei delegati e, eventualmente, gli accordi parasociali. Per le organizzazioni non profit, è necessario identificare la classe di beneficiari; per i trust, è obbligatorio presentare una copia dell’ultimo atto istitutivo per monitorare le finalità. La banca deve inoltre identificare i cosiddetti titolari effettivi. Il titolare effettivo è la persona fisica che, in ultima istanza, possiede o controlla l’impresa o ne beneficia. Non sempre è facile determinare con certezza tale soggetto (si pensi alle società con tanti soci, o ai trust o alle congregazioni religiose e alle fondazioni). Il legislatore dà tuttavia delle indicazioni di massima per l’identificazione corretta del titolare effettivo. Ad esempio, per le società di capitali il titolare effettivo è chi detiene una partecipazione superiore al 25% del capitale sociale. Una volta identificati i titolari del conto o i delegati di una società, la banca chiede agli stessi di depositare la firma. È un passo importante. Questa firma sarà utilizzata dagli impiegati della banca per riconoscere la liceità di tutte le disposizioni future. Il suggerimento è di depositare la firma abituale per evitare che alcune disposizioni (ad esempio assegni o disposizioni di bonifico) non vengano riconosciute. Si possono depositare più firme identificative, qualora si sia nella pratica abituati ad usarne diverse (ad esempio sigle), purché ciò avvenga in modo formale nel modulo fornito dalla banca. Dal 2018, le imprese e gli enti sono obbligati a fornire un codice LEI (Legal Entity Identifier), un codice alfanumerico internazionale che identifica in modo univoco i soggetti giuridici che operano sui mercati finanziari. Il codice LEI è necessario per effettuare operazioni come l’acquisto o la vendita di titoli e valute, e deve essere comunicato alla banca per poter operare. L’identificazione civile non esaurisce l’obbligo dell’istituto bancario in merito alla conoscenza del cliente per l’apertura di un conto corrente. Il KYC (Know Your Customer, ovvero “conosci il tuo cliente”) è l’insieme delle procedure che devono essere messe in atto da alcuni istituti e professionisti per legge, come parte degli obblighi normativi dettati dalle direttive europee antiriciclaggio.25 25 Queste direttive sono racchiuse sotto l’acronimo AMLD (Anti Money Laundering Directives), il cui ultimo aggiornamento è stato recepito in Italia con il Decreto Legislativo 90/2017. 32 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Non si tratta solo di un obbligo per le banche. Oggi tutti i soggetti che instaurano rapporti finanziari devono sottostare a questi obblighi di verifica. Tra i soggetti interessati troviamo: • Intermediari bancari e finanziari, • Professionisti (come commercialisti e consulenti del lavoro), • Notai e avvocati, • Revisori legali e società di revisione, • Agenti immobiliari, • Mediatori civili, • Prestatori di servizi di gioco, • Prestatori di servizi di valuta virtuale. Questi soggetti devono effettuare un controllo costante, non solo all’inizio del rapporto, ma anche per tutto il tempo di permanenza del rapporto. Per ogni movimento finanziario dovranno ad esempio chiederci informazioni sulla motivazione del movimento, sulla provenienza e sulla nostra identità, custodendo i dati, ed effettuando tutte le segnalazioni eventualmente previste dalla normativa. Ad esempio, se compriamo casa il notaio ci farà compilare e firmare un apposito questionario. Nel contesto bancario, il KYC viene presentato attraverso un “Questionario per l’adeguata verifica della clientela”. Questo questionario richiede informazioni che permettano al soggetto verificatore di valutare il rischio di coinvolgimento in attività di riciclaggio o di finanziamento al terrorismo. Informazioni aggiuntive possono essere richieste in base al profilo di rischio del cliente e possono riguardare, ad esempio, l’origine dei fondi, i rapporti bancari, la situazione economica e patrimoniale del cliente e del titolare effettivo, oltre a informazioni, se rilevanti, su familiari e conviventi. Non deve quindi sorprendere se, durante l’apertura di un conto corrente, l’operatore bancario farà molte domande, anche personali. Si tratta di una procedura standard che ormai caratterizza tutte le istituzioni finanziarie nei principali paesi sviluppati. Questi standard sono stati introdotti e armonizzati a livello internazionale grazie al lavoro del Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale (GAFI), noto in inglese come Financial Action Task Force (FATF). Si tratta di un importante organismo intergovernativo istituito con il compito di elaborare e sviluppare strategie di contrasto al riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite e, dal 2001, di prevenire il finanziamento del terrorismo. Nel 2008, il mandato del GAFI è stato esteso anche al contrasto del finanziamento per la proliferazione delle armi di distruzione di massa. Il GAFI include membri che rappresentano sia Stati che organizzazioni regionali, corrispondenti ai principali centri finanziari internazionali. Partecipano anche, in qualità di osservatori, importanti organismi internazionali e finanziari, tra cui l’FMI, la Banca Mondiale, la BCE, le Nazioni Unite, Europol e Egmont.26 Gli obblighi informativi non si esauriscono con il KYC. Saranno richieste ulteriori informazioni riguardanti il nostro status fiscale nei confronti degli Stati Uniti. L’accordo intergovernativo FATCA (Foreign Account Tax Compliance Act), operativo dal 1° luglio 2014, è volto a contrastare l’evasione fiscale da parte di cittadini e residenti statunitensi che detengono conti presso istituzioni finanziarie italiane, e da parte di residenti italiani con conti presso istituzioni finanziarie statunitensi. Con il modulo di autocertificazione FATCA, sarà necessario dichiarare se si è, o non si è, cittadini e/o residenti fiscali degli Stati Uniti. Se la risposta è positiva, scatta un procedimento automatico di scambio di informazioni finanziarie, che include il numero di conto, i saldi e le operazioni eseguite. Una procedura 26 Il GAFI elabora standard internazionalmente riconosciuti per contrastare le attività finanziarie illecite, analizza le tecniche e le tendenze di questi fenomeni, e valuta i sistemi nazionali. Individua inoltre i paesi che presentano carenze strategiche nei loro sistemi di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, fornendo così al settore finanziario elementi utili per le analisi del rischio. In particolare, ha emanato 40 raccomandazioni internazionali (Forty Recommendations) e 9 raccomandazioni speciali sul finanziamento del terrorismo (Nine Special Recommendations), che costituiscono il quadro globale di monitoraggio delle attività finanziarie. I paesi che non rispettano tali standard possono essere esclusi dai flussi finanziari internazionali. 33 Capitolo II: La conservazione e l’uso del denaro simile, ma inversa, si verifica quando un cittadino italiano residente fiscalmente in Italia apre un conto negli Stati Uniti. Questa procedura è il risultato di accordi tra Stati, sviluppati a seguito dell’introduzione negli Stati Uniti, nel 2010, del principio di fiscalità globale, che è alla base del FATCA. Questo principio stabilisce in sintesi che un cittadino statunitense possa essere tassato sui redditi ovunque li generi, e che quindi possa essere soggetto ad accertamento per qualunque attività finanziaria svolga nel Paese o all’estero. Da allora, per garantire il monitoraggio fiscale di tutti i contribuenti statunitensi, le istituzioni finanziarie estere sono obbligate a fornire all’IRS (Internal Revenue Service, l’agenzia fiscale statunitense) tutte le informazioni relative ai cittadini statunitensi o alle imprese da loro controllate in modo sostanziale. Dopo aver fornito queste informazioni, possiamo già passare alla firma del contratto? Non ancora. Normalmente, il contratto di conto corrente è accompagnato da una serie di contratti aggiuntivi, altrettanto importanti, come il contratto di servizio finanziario, il contratto di deposito titoli e il contratto di consulenza. Questi contratti regolano le attività accessorie della banca, come i servizi di pagamento, il deposito delle attività finanziarie, l’intermediazione e la consulenza sugli investimenti. Per poter fornire questi servizi, la banca è tenuta a conoscere in modo più approfondito il nostro profilo finanziario, mediante la somministrazione di questionari specifici e la raccolta e aggiornamento di informazioni sui propri clienti. Il livello di informazioni minime richieste è stabilito da normative precise, emanate principalmente dall’Unione Europea. In particolare, la direttiva MiFID (Markets in Financial Instruments Directive) è stata emanata con l’obiettivo di armonizzare e liberalizzare i mercati finanziari europei, migliorando la tutela degli investitori e imponendo obblighi di trasparenza per gli intermediari finanziari. MiFID richiede quindi agli operatori finanziari di far compilare un questionario dettagliato ai propri clienti, con l’obiettivo specifico di rendere gli investitori consapevoli e aumentare la trasparenza da parte degli intermediari finanziari. Nel questionario vengono richieste molte informazioni personali, come la conoscenza ed esperienza del mercato finanziario, la fonte primaria di reddito, la situazione patrimoniale, le proprietà immobiliari, i debiti o impegni finanziari di altro genere e la loro durata, il periodo temporale di investimento, la propensione al rischio, la reazione a movimenti negativi del mercato e la motivazione dell’investimento. Il 3 gennaio 2018 è entrata in vigore la MiFID II, che ha confermato i principi della MiFID I e introdotto ulteriori obblighi per la tutela degli investitori, oltre a un controllo più stringente sulla professionalità di chi offre servizi di consulenza.27 Come utilizza la banca le informazioni raccolte? La banca utilizza queste informazioni per valutare se siamo in grado di effettuare autonomamente determinate operazioni o se può proporci specifiche categorie di investimenti. 27 Con la MiFID II, sono state introdotte nuove disposizioni che hanno aggiornato il questionario MiFID, ampliandone la portata per migliorare la comprensione del profilo dell’investitore e garantirgli una maggiore protezione. Ecco alcune delle novità più rilevanti: 1. Maggiore attenzione alla capacità di sostenere perdite: sono previste domande più dettagliate sulla capacità del cliente di sopportare perdite finanziarie. 2. Valutazione più precisa delle conoscenze finanziarie: oltre a testare l’esperienza dell’investitore, il questionario valuta la reale comprensione anche dei prodotti finanziari complessi, come derivati o strumenti ad alto rischio. 3. Domande sull’orizzonte temporale degli investimenti: è richiesta maggiore informazione sugli obiettivi di lungo periodo dell’investitore, per verificare se i prodotti proposti sono in linea con il suo orizzonte temporale e con le sue aspettative di rendimento. 4. Integrazione dei fattori ESG: sono state incluse domande sui fattori ambientali, sociali e di governance (ESG). Gli investitori possono ora indicare se desiderano che i loro investimenti rispettino criteri di sostenibilità, rispondendo alla crescente domanda di prodotti finanziari sostenibili. 5. Monitoraggio continuo del profilo di rischio: la MiFID II ha rafforzato l’obbligo per le banche di mantenere un monitoraggio costante del profilo di rischio del cliente. Il questionario deve essere periodicamente aggiornato, tenendo conto di eventuali cambiamenti nelle condizioni economiche o nelle aspettative del cliente. 34 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Chi desidera acquistare prodotti finanziari (come fondi, ETF, azioni, obbligazioni, ecc.) deve essere sottoposto a due valutazioni: 1. Valutazione di appropriatezza 2. Valutazione di adeguatezza Cosa significano appropriatezza e adeguatezza? Anche se i termini sembrano sinonimi, in questo contesto hanno significati specifici: • Valutazione di appropriatezza: Verifica che il cliente comprenda i rischi e la complessità dell’investimento e che abbia l’esperienza necessaria per gestirli. Questa valutazione è essenziale quando l’investitore compie operazioni autonomamente su strumenti finanziari. • Valutazione di adeguatezza (Suitability test): Va oltre l’appropriatezza, controllando che l’investimento sia allineato agli obiettivi del risparmiatore, alla sua capacità di tollerare i rischi e al suo orizzonte temporale. Questo test è obbligatorio ogni volta che la banca presta consulenza sugli investimenti o gestisce un portafoglio. Criteri per considerare un investimento adeguato: Un investimento è considerato adeguato solo se: • Corrisponde agli obiettivi di investimento del cliente. • Il cliente è in grado di sopportare finanziariamente i rischi associati all’investimento. • Il cliente possiede le esperienze e le conoscenze necessarie per comprendere i rischi legati all’operazione o alla gestione del portafoglio28. Cosa succede se decido di non rispondere ad alcune domande? Se l’impresa di investimento non ottiene le informazioni necessarie per la “valutazione di adeguatezza”, è tenuta a sospendere i servizi di consulenza in materia di investimenti o gestione del portafoglio. Se non fossero fornite informazioni sufficienti per la valutazione di appropriatezza, l’intermediario potrebbe inibire l’acquisto di determinati prodotti finanziari. Nel caso lo consenta potrà farlo a condizione che il cliente sia consapevole del rischio. La banca o l’intermediario ti avvertirà formalmente che non può valutare se il prodotto è adatto alle tue competenze o alla tua esperienza, e procederai con l’operazione a tuo rischio. Rifiutando di rispondere al questionario, ti assumi quindi una maggiore responsabilità per eventuali decisioni d’investimento sbagliate. La banca non sarà ritenuta responsabile se i tuoi investimenti risultano non adatti al tuo profilo di rischio o se non comprendi appieno i prodotti finanziari che stai acquistando. Con i questionari MiFID, abbiamo completato la fase preliminare di identificazione e conoscenza. Ora, finalmente, la banca può presentarci il contratto di conto corrente. Si tratta di un vero e proprio contratto, quindi deve includere chiaramente tutti gli elementi specifici del rapporto, insieme ai riferimenti alla normativa generale che lo regola. Tutti questi elementi devono essere riportati in un documento di sintesi, obbligatorio per legge. Questa innovazione è importante, perché il contratto di conto corrente può essere molto lungo, e il documento di sintesi ci aiuta a focalizzarci sugli aspetti essenziali nel momento della firma. Elementi principali del contratto di conto corrente: 1. Costi: Sono indicati sia per la gestione del conto, sia per ogni tipologia di operazione, come bonifici, amministrazione, transazioni, emissione di carte e invio di corrispondenza. 2. Interessi: Se previsti, dovranno essere chiaramente esposti sia per i conti attivi (interessi a credito) sia per eventuali scoperti (interessi a debito). 28 (cfr. art. 35, paragrafo 5, Direttiva MiFID 2006/73/CE). 35 Capitolo II: La conservazione e l’uso del denaro 3. Giorni valuta: Indicano il periodo di tempo necessario affinché un’operazione, come un versamento o un bonifico, sia effettivamente disponibile sul conto. I costi possono variare notevolmente a seconda della banca e del tipo di contratto di conto corrente che scegliamo. Ad esempio, i costi dei bonifici possono essere azzerati in molti casi, soprattutto quando le operazioni vengono effettuate direttamente online.29 Gli interessi rappresentano il compenso che riceviamo per mantenere i saldi sul conto corrente. Vengono espressi in percentuale su base annua. Ad esempio, un tasso di interesse lordo dell’1% significa che per ogni 100 euro tenuti in giacenza per un anno, riceveremo 1 euro di interessi (per periodi inferiori, l’importo sarà calcolato in proporzione). Su questo importo, tuttavia, saranno applicate le tasse, che ridurranno il guadagno netto. Questo tasso è definito tasso di interesse attivo, poiché si riferisce alle giacenze positive. Tuttavia, in alcuni casi il conto corrente potrebbe temporaneamente andare in rosso (saldo negativo) se, ad esempio, spendiamo più di quanto abbiamo depositato. La banca può consentire questo sforamento per motivi tecnici (ad esempio in attesa di un pagamento in entrata) o in base a un affidamento predefinito, come un fido di conto corrente. In questi casi, la banca diventa nostra creditrice e ci addebiterà degli interessi per lo scoperto. Non aspettatevi che il tasso di interesse passivo (quello applicato allo scoperto) sia uguale a quello attivo. La banca applica un tasso più alto per riflettere i rischi di insolvenza (il rischio che non si riesca a restituire il denaro in tempo o per intero), i propri costi operativi e il margine di profitto. Anche questo tasso è indicato come percentuale su base annua. Giorni valuta e documento di sintesi Nel documento di sintesi del contratto di conto corrente vengono indicati anche i giorni valuta, ossia il numero di giorni che la banca richiede prima di accreditare o addebitare l’importo sul conto. In parte, i giorni valuta servono a coprire i tempi tecnici di lavorazione (pensiamo ad esempio alla gestione dell’incasso di un assegno), ma rappresentano anche un vantaggio per la banca, che non paga interessi durante il periodo di transito dei fondi. Firma digitale e accesso online Se le condizioni ci soddisfano e firmiamo il contratto, riceveremo le credenziali per accedere al conto corrente online tramite la firma digitale. La firma digitale è un insieme di applicazioni e procedure che ci permette di accedere in modo sicuro al nostro conto dal computer o dal telefono, di consultare i dati, eseguire operazioni e richiedere informazioni. La sicurezza è garantita da diversi livelli di autenticazione, come un codice di accesso, una password modificabile dall’utente e/o un numero generato ogni volta tramite app o dispositivi di sicurezza, spesso direttamente sul telefono. Il telefono, infatti, sta diventando il nostro principale identificatore digitale. Negli anni, i livelli di sicurezza sono aumentati per prevenire accessi non autorizzati. Numero di conto e IBAN Oltre alla firma elettronica, ci verrà comunicato il numero di conto presso la banca. Oggi, questa informazione è contenuta in un codice più complesso, noto come IBAN (International Bank Account Number). L’IBAN è una serie di numeri e lettere che identifica il paese, il conto corrente del cliente, la banca e la filiale di riferimento. Questo codice standardizzato a livello internazionale facilita il controllo e la corretta identificazione dei conti bancari, sia per chi esegue le transazioni che per le istituzioni finanziarie. 29 Da qualche tempo è disponibile un indice che misura il costo medio dei depositi in conto corrente, noto come Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM). Questo indice viene pubblicato periodicamente dalla Banca d’Italia e riflette il costo medio dei vari servizi bancari, inclusi i conti correnti. Il TEGM include vari costi associati ai conti correnti, come le spese di gestione, i costi per le operazioni e gli interessi passivi. Puoi trovare le informazioni aggiornate sul TEGM direttamente sul sito della Banca d’Italia. 36 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Il numero di caratteri dell’IBAN varia da Paese a Paese. In Italia e Germania, ad esempio, è composto da 27 caratteri, mentre a Malta e in Norvegia ne ha 31, in Francia 22, in Austria 20 e in Finlandia 18. Esistono diversi siti web che permettono di calcolare gratuitamente il codice IBAN associato a un determinato conto corrente. Struttura del codice IBAN In Italia, l’IBAN è composto da 27 caratteri, ciascuno con un significato preciso: 1. Sigla nazionale: I primi due caratteri sono lettere e indicano la nazione di provenienza del conto (ad esempio, IT per Italia). 2. Codice di controllo: Le due cifre successive sono i caratteri di controllo internazionale, che riducono al minimo il rischio di errori. 3. CIN (Control Internal Number): Una lettera che verifica la corretta trascrizione del codice IBAN. 4. ABI (Associazione Bancaria Italiana): Codice che identifica la banca che ha emesso l’IBAN. 5. CAB (Codice di Avviamento Bancario): Identifica la filiale bancaria. 6. Numero di conto corrente: Gli ultimi 12 caratteri indicano il numero effettivo del conto. Se le cifre sono inferiori, il codice viene completato con degli zeri. Per eseguire un pagamento o ricevere fondi, è sempre necessario fornire l’IBAN sia del conto di partenza che di arrivo. Quali documenti dobbiamo conservare per un rapporto bancario di conto corrente? Oltre alla documentazione contrattuale, ci sono vari documenti che riceveremo via posta e altri che ci verranno forniti al momento di operazioni allo sportello, come ad esempio quando depositiamo denaro. La ricevuta che la banca è tenuta a rilasciare per ogni transazione ha un valore probatorio, nel caso emergessero discrepanze tra quanto depositato (ad esempio 100 euro) e quanto registrato sul nostro conto effettivamente. Anche se queste differenze sono rare, grazie all’uso di strumenti automatici di conteggio del denaro, telecamere e procedure guidate, è sempre importante conservare le ricevute. La banca è inoltre tenuta, per legge, a comunicare al cliente qualsiasi variazione nelle condizioni del conto corrente, come modifiche ai tassi di interesse o ai costi. Il cliente ha il diritto di recesso, senza penali, se non intende accettare tali cambiamenti. Le comunicazioni devono essere chiare, trasparenti e contenere tutte le informazioni necessarie per permettere al cliente di prendere una decisione consapevole.30 30 Il tema della comunicazione delle variazioni contrattuali da parte delle banche ai clienti e il diritto di recesso del cliente è regolato principalmente dal Testo Unico Bancario (TUB), ovvero il D.Lgs. 385/1993, e dal Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005), nonché dalle normative di trasparenza bancaria. Riferimenti principali: 1. Art. 118 del Testo Unico Bancario (TUB): • Questo articolo disciplina le modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali da parte della banca, prevedendo che la 37 Capitolo II: La conservazione e l’uso del denaro L’estratto conto bancario Il documento di riepilogo principale è l’estratto conto bancario. Se possiedi un conto corrente, sia bancario che postale, l’istituto è obbligato a inviarti periodicamente un estratto conto che elenca tutte le transazioni effettuate nel periodo di riferimento. L’estratto conto può essere inviato in forma cartacea per posta o in forma digitale via internet, se richiesto. L’invio degli estratti conto è obbligatorio: la banca ha il dovere di rendiconto per tutte le operazioni, un obbligo imposto dalla legge, anche se non esplicitamente previsto nel contratto. Se non hai scelto una periodicità diversa, l’estratto conto potrebbe essere inviato anche una sola volta all’anno all’indirizzo che hai fornito. Tuttavia, la periodicità più comune è trimestrale. Estratto conto ordinato per data e per valuta Quando ricevi un estratto conto, di solito trovi due versioni: 1. Estratto conto ordinato per data di effettuazione delle singole operazioni, che funge da diario delle transazioni svolte. 2. Estratto conto scalare, ordinato per data valuta, che serve per calcolare gli interessi attivi e passivi maturati. Nell’estratto conto sono riportati tutti i movimenti, ordinati in base alla data della transazione. Oltre a ciò, viene indicata la valuta di accredito o addebito, ossia la data a partire dalla quale l’importo diventa disponibile o rilevante per il calcolo degli interessi, e la causale del movimento. Ecco un esempio di estratto conto con tutti i movimenti in euro: banca può apportare modifiche al contratto solo se queste sono previste dal contratto stesso e comunque previa comunicazione scritta al cliente con un preavviso minimo di 60 giorni. • Il cliente ha il diritto di recedere dal contratto senza penali e senza spese aggiuntive, entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione di variazione, se non accetta le nuove condizioni. 2. Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005): • Anche il Codice del Consumo rafforza la posizione del cliente, riconoscendo il suo diritto di essere informato tempestivamente e in modo chiaro sulle modifiche contrattuali, in particolare per i contratti di servizi finanziari e bancari. • Prevede il diritto di recesso senza spese o penali per il consumatore in caso di variazioni non accettate. 3. Delibera CICR del 4 marzo 2003: • La delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) stabilisce ulteriori dettagli sui diritti dei clienti nel contesto delle modifiche unilaterali delle condizioni economiche nei contratti bancari, in particolare in relazione ai conti correnti e ai servizi di pagamento. 4. Regolamento trasparenza della Banca d’Italia (Circolare n. 285/2013): • La Banca d’Italia stabilisce norme aggiuntive di trasparenza, imponendo alle banche obblighi chiari di comunicazione ai clienti. Le banche devono dare preavviso delle modifiche contrattuali e permettere al cliente di esercitare il diritto di recesso in modo trasparente e senza costi. 38 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Tutti i movimenti in questo estratto conto sono in euro, con l’indicazione di accrediti e addebiti per operazioni bancarie tipiche come bonifici, pagamenti e prelievi. Nell’estratto conto scalare vengono riportati gli stessi dati ordinati per valuta di accredito o addebito, in modo da ricalcolare ad ogni data il saldo nuovo. Sulla base di questi saldi viene calcolato l’interesse. Per ogni saldo sul conto corrente, viene considerato il tempo di giacenza e calcolato il relativo interesse maturato in base al tasso di interesse concordato. Se si esamina un estratto conto bancario, si noterà che la banca adotta un metodo particolare per il calcolo degli interessi. Invece di calcolare gli interessi riga per riga, saldo per saldo, la banca utilizza i cosiddetti numeri creditori (o debitori). Questi numeri vengono ottenuti moltiplicando ogni saldo per il numero di giorni di permanenza. Vengono sommati e il totale viene moltiplicato per il tasso di riferimento per ottenere l’interesse complessivo. Ecco l’estratto conto scalare corretto, con il calcolo del numero creditore e debitore in base ai giorni di permanenza del saldo: • Data Valuta: La data in cui l’operazione è effettivamente contabilizzata. • Descrizione: Dettaglio dell’operazione (ad esempio, bonifico, accredito stipendio, pagamento). • Importo: L’importo dell’operazione. • Saldo: Il saldo aggiornato dopo l’operazione. • Giorni: Numero di giorni di permanenza del saldo fino alla successiva operazione. • Numero Creditore: Calcolato moltiplicando il saldo positivo per il numero di giorni di permanenza. • Numero Debitore: Calcolato moltiplicando il saldo negativo per il numero di giorni di permanenza. Esempio di calcolo: 1. Dal 01/09/2024 al 04/09/2024, il saldo è di 1.000,00 EUR per 3 giorni. Numero creditore = 1.000,00 * 3 = 3.000,00 L’interesse attivo maturato nel periodo è di 2,79 EUR, mentre non ci sono interessi passivi poiché non ci sono stati saldi debitori durante il periodo indicato Ecco i dettagli del calcolo: • Somma dei numeri creditori: 50.950 • Somma dei numeri debitori: 0 (non ci sono saldi debitori nel periodo) • Interesse attivo calcolato: 2,79 EUR L’interesse attivo è stato ottenuto moltiplicando la somma dei numeri creditori per il tasso attivo (2%) e poi dividendo per il numero di giorni nell’anno (365) • Interesse passivo calcolato: 0 EUR (poiché non ci sono saldi debitori) 39 Capitolo II: La conservazione e l’uso del denaro Altri elementi importanti nell’estratto conto: Nell’estratto conto, oltre ai numeri creditori/debitori e agli interessi, vengono riportati altri dati rilevanti: • Indicatore Sintetico di Costo (ISC): Questo indicatore permette di confrontare la convenienza del conto corrente rispetto a quelli offerti dalle altre banche. L’ISC è calcolato sommando i costi annuali, sia fissi che variabili, del conto, e viene modellato su profili tipo predisposti dalla Banca d’Italia. • Giacenza media: Questo dato è fondamentale, ad esempio, per la richiesta dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), per cui occorre l’indicazione del patrimonio mobiliare. Sono previste tasse e imposte connesse al conto corrente e alla ricchezza finanziaria detenuta? Non vi stupirà se la risposta è positiva. Sono pochi i contratti economici esenti da imposte. Balzelli sono previsti in quasi tutti i paesi finanziariamente evoluti, anche se le modalità e l’intensità di prelievo variano notevolmente. In termini generali, il prelievo fiscale può avvenire in base a diverse situazioni: la presenza di un contratto, un saldo patrimoniale (che riflette la ricchezza detenuta) o la produzione di un reddito finanziario (come gli interessi attivi). In Italia, tutte queste fattispecie sono soggette a tassazione. 1. Imposta di bollo sui conti correnti Introdotta nel 2012, l’imposta di bollo è fissa e viene applicata ai titolari di conti correnti, che siano persone fisiche o altri soggetti giuridici. L’importo può variare nel tempo, così come le esenzioni. Attualmente, l’imposta è: • 34,20 euro annui per le persone fisiche; • 100,00 euro annui per i soggetti diversi dalle persone fisiche (ad esempio società o associazioni). L’imposta è applicata al momento dell’emissione dell’estratto conto o del rendiconto. Se gli estratti conto sono inviati periodicamente durante l’anno, l’imposta è proporzionale al periodo rendicontato. Esenzione: per le persone fisiche, l’imposta non è dovuta quando il valore medio di giacenza sul conto è inferiore a 5.000 euro. 2. Imposta di bollo su conti titoli Per i conti titoli, la normativa fiscale prevede un’imposta di bollo pari allo 0,20% sulle giacenze. Ad esempio, se sul dossier titoli sono presenti 100.000 euro, l’imposta sarà pari a 200 euro. Il pagamento viene effettuato alla data di emissione dell’estratto conto, che può essere annuale, semestrale, trimestrale o mensile. 3. Tassazione sui proventi finanziari I proventi finanziari sono tassati secondo il principio di cassa, ovvero al momento della corresponsione. Fino al 2024, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) classificava le rendite finanziarie in due categorie: redditi di capitale e redditi diversi. Sebbene ci siano discussioni su una possibile riorganizzazione, la tassazione attuale dei redditi di capitale avviene tramite ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. Le aliquote sono: • 26% per interessi derivanti da dividendi, obbligazioni di imprese, interessi attivi bancari e postali, certificati di deposito; • 12,50% per titoli di Stato e strumenti simili. 4. Chi effettua il versamento delle imposte? Le banche e gli altri istituti di credito sono sostituti d’imposta, ovvero effettuano il pagamento delle imposte per conto del cliente, trattenendo direttamente gli importi dovuti e versandoli all’Erario. Questo sistema si applica alla tassazione dei redditi di capitale sotto forma di rendite finanziarie, con ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. 40 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA 5. Regime dichiarativo o amministrato Quando si apre un conto corrente o un conto titoli, è necessario scegliere tra il regime dichiarativo e il regime amministrato: • Regime amministrato: Il cliente delega l’intermediario finanziario (come la banca) a gestire tutti gli adempimenti fiscali. L’intermediario calcola le plusvalenze imponibili per ciascuna operazione finanziaria, applica l’imposta sostitutiva e effettua il versamento all’Erario. • Regime dichiarativo: Il cliente riceve ad esempio l’importo intero delle vendite di titoli, senza ritenuta d’imposta. In questo caso, è il cliente stesso che deve calcolare e dichiarare nella dichiarazione dei redditi l’imposta dovuta sul capital gain complessivo, e provvedere personalmente al versamento allo Stato. 6. Tassazione dei depositi detenuti all’estero I depositi e conti correnti detenuti all’estero da residenti fiscali italiani sono soggetti a tassazione in Italia. Il principale obbligo fiscale legato a tali depositi è l’IVAFE (Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero). L’IVAFE si applica in modo analogo all’imposta di bollo sui conti correnti italiani, con un importo fisso di 34,20 euro per persone fisiche, ma solo se il saldo medio del conto supera i 5.000 euro. Oltre all’IVAFE, anche i redditi finanziari prodotti dai conti esteri (come interessi e dividendi) devono essere dichiarati in Italia e sono soggetti alle aliquote previste per i redditi di capitale (generalmente 26%). L’Agenzia delle Entrate prevede che i contribuenti dichiarino tali attività nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, che serve a monitorare le attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero. In alcuni casi, se esistono accordi internazionali di doppia imposizione, è possibile ottenere un credito d’imposta per le tasse già pagate all’estero su tali redditi. Il conto corrente è una casa di vetro per il fisco In Italia, come in molti altri paesi, le banche sono obbligate a mantenere la riservatezza sulle informazioni relative ai conti, alle transazioni e agli investimenti dei propri clienti, salvo in casi specifici previsti dalla legge. Le banche e i loro dipendenti sono tenuti a rispettare il segreto bancario. La violazione della riservatezza da parte di un istituto bancario o di un dipendente può comportare sanzioni penali e amministrative, oltre a danni d’immagine per l’istituto. Il segreto non si applica tuttavia verso tutti e allo stesso modo.31 31 A chi si applica il segreto bancario? Il segreto bancario si applica a tutte le informazioni relative al cliente, incluse: • Persone fisiche: Ogni cittadino che ha un conto corrente, un deposito titoli, un mutuo, o qualsiasi altro rapporto con una banca. • Persone giuridiche: Il segreto bancario si estende anche alle aziende, alle società e alle organizzazioni che intrattengono rapporti con un istituto bancario. • Altri soggetti: Associazioni, fondazioni e qualsiasi altro tipo di entità che abbia un rapporto con una banca. Cosa protegge il segreto bancario? Il segreto bancario protegge le seguenti informazioni: • Saldo e movimenti di conto corrente: La banca non può rivelare il saldo del conto o i dettagli delle transazioni a terze parti non autorizzate. • Informazioni personali: Dati anagrafici e personali del cliente. • Rapporti finanziari e patrimoniali: Qualsiasi informazione riguardante prestiti, mutui, investimenti, titoli e altre attività finanziarie del cliente. Quando può essere derogato il segreto bancario? In Italia, il segreto bancario non è assoluto, ed esistono casi in cui le banche sono obbligate per legge a derogare alla riservatezza. Ecco alcune situazioni in cui il segreto bancario può essere sollevato: 1. Richieste delle autorità giudiziarie: Se un’autorità giudiziaria richiede informazioni per indagini penali o civili, la banca è tenuta a fornire le informazioni richieste. Questo avviene, ad esempio, nell’ambito di procedimenti per reati finanziari, come il riciclaggio di denaro o l’evasione fiscale. 41 Capitolo II: La conservazione e l’uso del denaro Un registro pubblico, comunemente chiamato “Anagrafe dei conti correnti”, viene correntemente alimentato dalle informazioni che le banche trasmettono annualmente all’Agenzia delle Entrate. Questo vasto database contiene non solo i dettagli sui rapporti tra ogni cittadino italiano e le banche (numero di conto corrente, saldo attivo o passivo, contratti di apertura di credito, cassette di sicurezza, conti deposito titoli, ecc.) ma anche una descrizione analitica di tutte le movimentazioni bancarie (come versamenti in contanti, prelievi, bonifici effettuati e ricevuti). In sostanza, i nostri conti correnti sono come delle case di vetro, dove ogni attività può essere chiaramente monitorata. Il segreto bancario protegge le informazioni personali e finanziarie dei clienti delle banche, ma può essere sollevato in specifiche circostanze legali o fiscali. Le autorità giudiziarie e fiscali hanno il potere di accedere ai dati bancari per scopi di indagine e prevenzione. Ogni volta che movimentiamo il conto corrente dobbiamo avere a disposizione sufficienti informazioni sulla provenienza o sul beneficiario dei fondi, nonché sulla motivazione della transazione, e se necessario essere pronti a fornire la documentazione in caso di un eventuale accertamento fiscale. Quando il trasferimento avviene tramite il circuito bancario, queste informazioni vengono generalmente richieste alla banca stessa. Per questo motivo, ad esempio, quando versate un assegno derivante da un’operazione immobiliare la banca vi chiede accanto alla vostra dichiarazione una copia documentale del contratto di vendita. Versamenti in contante e prove di origine Non esiste alcun limite di legge per versare denaro contante in banca, ma è importante essere pronti a giustificare la provenienza del denaro, soprattutto se non è stato dichiarato nella propria dichiarazione dei redditi. Se non si riesce a fornire una prova adeguata, l’Agenzia delle Entrate può presumere che si tratti di denaro non dichiarato, con conseguenze fiscali. In tal caso, potrebbe applicare imposte anche se non dovute all’origine o già pagate, oltre a potenziali sanzioni.32 2. Indagini fiscali e accertamenti tributari: L’Agenzia delle Entrate può richiedere informazioni sui conti bancari dei contribuenti nell’ambito di indagini fiscali o accertamenti. 3. Segnalazioni di operazioni sospette: Se una banca sospetta che un cliente sia coinvolto in operazioni di riciclaggio di denaro o altre attività illegali, è obbligata a segnalare queste operazioni alla UIF (Unità di Informazione Finanziaria) della Banca d’Italia. In questo caso, il segreto bancario viene derogato per motivi di sicurezza nazionale e prevenzione del crimine finanziario. 4. Richieste da parte di altre autorità pubbliche: Altre autorità pubbliche, come la Guardia di Finanza o le autorità di vigilanza finanziaria (ad esempio, la Consob), possono richiedere l’accesso ai dati bancari nell’ambito delle loro funzioni di controllo e supervisione. 5. Accordi internazionali: In virtù di trattati internazionali, come il FATCA (Foreign Account Tax Compliance Act) con gli Stati Uniti o l’accordo CRS (Common Reporting Standard) per lo scambio automatico di informazioni tra paesi, le banche devono comunicare alle autorità fiscali i dati finanziari di cittadini stranieri residenti in Italia o di cittadini italiani con attività finanziarie all’estero. 32 Presunzione di evasione fiscale In assenza di una documentazione chiara e dimostrabile sulla provenienza dei fondi, l’Agenzia delle Entrate può considerare il denaro come frutto di redditi non dichiarati. Questa presunzione si basa sull’articolo 32 del D.P.R. 600/1973, che prevede che tutti i movimenti bancari non giustificati siano considerati redditi, a meno che il contribuente non possa dimostrare il contrario. Questo significa che, anche se i fondi provengono da fonti legittime (ad esempio donazioni o prestiti familiari), spetta al contribuente l’onere di fornire prove adeguate per dimostrare l’origine lecita del denaro. Applicazione delle imposte Se non riesci a giustificare adeguatamente la provenienza dei fondi, l’Agenzia delle Entrate procederà a considerare quei soldi come reddito imponibile. Di conseguenza: • Verranno applicate le imposte sui fondi in questione secondo l’aliquota prevista per il tipo di reddito presunto (ad esempio, imposte sul reddito delle persone fisiche, IRES per le imprese, ecc.). • Potrebbero essere applicati interessi di mora per il ritardato pagamento delle imposte. Sanzioni amministrative Oltre alle imposte dovute, l’accertamento fiscale può comportare l’applicazione di sanzioni amministrative. Le sanzioni variano a seconda dell’entità della somma non giustificata e della gravità dell’infrazione. In genere, le sanzioni per l’omessa o insufficiente dichiarazione di redditi possono variare dal 90% al 180% dell’imposta evasa. 42 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA La dimostrazione dell’origine del contante non è sempre semplice. Si pensi, ad esempio, a una donazione da parte di un genitore, a un risarcimento, alla vendita di un oggetto usato o di un gioiello, oppure a redditi già tassati alla fonte (come una vincita alle scommesse). In questi casi, sarà compito del contribuente fornire documenti scritti con data certa che dimostrino inequivocabilmente la provenienza del denaro.33 Per prevenire problemi in caso di accertamento fiscale: • Conserviamo sempre documentazione che dimostri la provenienza dei fondi depositati in banca, soprattutto per grandi somme. • In caso di donazioni o prestiti informali, è consigliabile redigere un contratto scritto con data certa e conservare la prova del trasferimento di denaro. • Manteniamo tracciabilità delle operazioni finanziarie, utilizzando il sistema bancario per trasferimenti di somme importanti, evitando l’uso eccessivo di contante. Segnalazioni alla UIF e prevenzione del riciclaggio Recentemente è stata approvata una normativa che impone alle banche di segnalare alla UIF (Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia) tutti i versamenti e prelievi di contanti superiori a certe soglie considerate significative. Pertanto, l’addetto allo sportello potrebbe chiederti informazioni su come hai ottenuto i contanti o in caso di prelievo sulle motivazioni di utilizzo. Queste informazioni verranno comunicate alla direzione della banca, che a sua volta le trasmetterà qualora previsto alla UIF. Cosa succede se mi rifiuto di fornire informazioni sui contanti? Se ti rifiuti di dare spiegazioni o documentazione sulla provenienza o sull’uso del denaro contante, la banca potrebbe adottare diverse misure: 1. Segnalazione automatica alla UIF: Il rifiuto di fornire informazioni è considerato un comportamento sospetto e verrà immediatamente segnalato alla UIF come operazione sospetta. La banca è infatti obbligata per legge a segnalare qualsiasi operazione che possa nascondere il rischio di riciclaggio o finanziamento di attività illecite. 2. Blocco temporaneo dell’operazione: In alcuni casi, la banca potrebbe bloccare temporaneamente l’operazione o rifiutare di eseguire il versamento o il prelievo in contanti fino a quando non verranno fornite informazioni soddisfacenti sulla provenienza o sulla destinazione del denaro. La UIF può trasmettere la segnalazione all’Agenzia delle Entrate o ad altre autorità competenti, che potrebbero decidere di avviare un’indagine fiscale o, nei casi più gravi, un’indagine penale per verificare Possibili accertamenti penali In casi particolarmente gravi, se le somme non giustificate sono elevate e l’evasione fiscale viene considerata significativa, l’accertamento fiscale potrebbe portare a conseguenze penali. Questo è il caso quando l’importo evaso supera le soglie previste dalla legge: • Se l’imposta evasa supera i 50.000 euro per singolo periodo d’imposta, il contribuente potrebbe essere accusato di dichiarazione infedele. • Se l’importo supera i 150.000 euro, si potrebbe configurare il reato di dichiarazione fraudolenta. In questi casi, oltre alle sanzioni fiscali, il contribuente potrebbe subire una condanna penale, con pene che possono arrivare fino a 6 anni di reclusione, a seconda della gravità del reato. Senza queste prove, è molto difficile contestare la presunzione dell’Agenzia delle Entrate. 33 Alcuni esempi di documenti che possono essere utili sono: • Contratti di vendita di beni o proprietà. • Atti notarili per donazioni. • Ricevute di vincite regolarmente tassate. • Prove di redditi già dichiarati (ad esempio, stipendio o dividendi). • Contratti di prestito con familiari o amici. 43 Capitolo II: La conservazione e l’uso del denaro eventuali violazioni delle normative sul riciclaggio o sull’evasione fiscale. Se un cittadino italiano o un residente fiscale in Italia non dichiara un conto all’estero, può incorrere in una serie di conseguenze legali e fiscali, che variano in gravità a seconda della natura e della durata dell’omissione. La normativa italiana richiede infatti la dichiarazione dei conti esteri per fini fiscali attraverso il quadro RW della dichiarazione dei redditi. Vediamo in dettaglio cosa succede in caso di mancata dichiarazione. Obblighi di Dichiarazione dei conti all’estero per i residenti italiani Da qualche tempo lo Stato ha introdotto gli obblighi dichiarativi per i dententori di attività finanziarie all’estero.34 Gli obblighi fiscali italiani prevedono che: 1. I soggetti residenti in Italia devono dichiarare conti correnti o altri rapporti finanziari detenuti all’estero se l’ammontare supera i 15.000 euro nel corso dell’anno. 1. La dichiarazione va effettuata nel quadro RW del Modello Redditi (ex Unico) per la determinazione delle imposte su attività finanziarie estere, compreso il pagamento dell’IVAFE (Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie Estere). Conseguenze per Mancata Dichiarazione 1. Sanzioni Amministrative: • Omessa dichiarazione del conto estero: L’omessa o infedele dichiarazione nel quadro RW comporta sanzioni che vanno dal 3% al 15% dell’importo non dichiarato. Se il conto è detenuto in un paese che non ha un accordo di scambio di informazioni con l’Italia (un paradiso fiscale), le sanzioni aumentano dal 6% al 30%. • Sanzioni per IVAFE: Se il contribuente omette il pagamento dell’IVAFE (imposta patrimoniale sui conti e sugli investimenti detenuti all’estero), le sanzioni sono del 30% dell’imposta non pagata, più interessi di mora. 2. Accertamenti Fiscali: • L’Agenzia delle Entrate può effettuare accertamenti sui conti esteri non dichiarati grazie all’accordo CRS (Common Reporting Standard) e allo scambio automatico di informazioni tra le amministrazioni fiscali a livello internazionale. Se viene rilevata l’omissione, le autorità fiscali possono avviare un procedimento di accertamento. • Il raddoppio dei termini di accertamento si applica se i fondi sono detenuti in paesi che non collaborano con l’Italia per lo scambio di informazioni, consentendo all’Agenzia delle Entrate di indagare per un periodo fino a 10 anni. 3. Reati Penali: • Se l’omissione riguarda importi significativi, potrebbe configurarsi il reato di dichiarazione infedele o omessa dichiarazione ai fini fiscali, con conseguenze penali, soprattutto se il conto estero è associato a evasione fiscale. • Il reato di autoriciclaggio può essere contestato se il contribuente impiega i fondi non dichiarati in attività finanziarie o economiche allo scopo di occultarne la provenienza illecita. Le pene per l’autoriciclaggio possono variare da 2 a 8 anni di reclusione, a seconda della gravità dei fatti. 34 Normativa di Riferimento: D.Lgs. 74/2000 (disciplina dei reati tributari); D.L. 167/1990, convertito dalla L. 227/1990 (disciplina del monitoraggio fiscale dei conti esteri); Codice Tributario e TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) per la disciplinaellesanzioni. 44 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Rimedio: Il Ravvedimento Operoso Se il contribuente si rende conto di non aver dichiarato un conto all’estero, può regolarizzare la sua posizione tramite il ravvedimento operoso, che permette di sanare la situazione pagando le sanzioni in misura ridotta, gli interessi e l’imposta dovuta, purché l’infrazione non sia stata già accertata dall’Agenzia delle Entrate. 45 Con l’apertura di un conto corrente ci aspettiamo una gestione semplice ed efficace del nostro denaro, in particolare per quanto riguarda le transazioni e i pagamenti. Ma come funziona questo nella pratica? In questo capitolo approfondiremo i temi della circolazione del denaro, con un focus sugli strumenti di pagamento più utilizzati e sulla conversione tra valute diverse. I principali strumenti di pagamento Una volta aperto il conto corrente, iniziamo ad alimentarlo con fondi derivanti da diverse fonti: denaro contante, se disponibile, o afflussi provenienti da dismissioni di attività finanziarie o immobiliari, donazioni, stipendi, vendite o altre forme di rendita. Parte del denaro verrà lasciata in giacenza, magari per ottenere interessi o come riserva di sicurezza, mentre un’altra parte sarà utilizzata per le spese quotidiane o per grandi acquisti. Per i piccoli pagamenti possiamo ritirare contante e usarlo fisicamente, ma in generale utilizzeremo strumenti di pagamento bancari, che permettono di movimentare il denaro senza la necessità di un passaggio fisico, anche perché in molti casi l’uso del contante è scomodo o persino vietato per determinati importi. I principali strumenti di pagamento utilizzati includono: • Assegno • Bonifico bancario • Carta di debito • Carta di credito Esaminiamo le principali caratteristiche e modalità di utilizzo di ciascuno di questi strumenti che nel tempo sono stati affiancati da altre soluzioni, soprattutto digitali, che sfruttano internet e le tecnologie mobili. L’assegno bancario L’assegno bancario è stato uno strumento di pagamento molto diffuso fino a qualche anno fa, ma oggi è sempre più sostituito da modalità di pagamento più pratiche e sicure, grazie alla diffusione di internet e dei pagamenti digitali. Alcune banche hanno persino iniziato a ridurre l’offerta del servizio o a renderlo più costoso per favorire strumenti più automatici e digitalizzati. In sostanza, l’assegno è un ordine che diamo alla banca di pagare una somma a vista al beneficiario, prelevandola dal nostro conto corrente al momento della presentazione. A differenza di una disposizione impartita alla banca con una lettera, l’assegno è uno strumento prestampato e predefinito, con riconoscibilità immediata e valenza legale. Fisicamente, gli assegni sono moduli forniti dalle banche, che includono già alcune informazioni precompilate, come il nome della banca trattaria, l’indicazione di “assegno bancario” e l’ordine incondizionato di pagamento. CAPITOLO III: La circolazione del denaro 46 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Trattandosi di uno strumento utilizzato da tanti anni, le norme che lo riguardano sono molte e si sono sovrapposte nel tempo.35 Caratteristiche principali di un assegno Ogni assegno ha un numero di riferimento per l’identificazione bancaria e indica il conto corrente di appoggio. L’assegno può essere trasferibile o non trasferibile (vedremo più avanti cosa implica questa distinzione). Chi emette l’assegno, ovvero il traente, deve compilare i seguenti campi: • Data e luogo di emissione. • Importo in cifre e in lettere. • Nome del beneficiario. • Firma autografa del traente. Se l’assegno manca di una delle informazioni obbligatorie, la banca ha il diritto di rifiutare il pagamento. Termini e regole di circolazione Una delle regole chiave della circolazione degli assegni riguarda la data di emissione, che non è facoltativa. La corretta compilazione della data è essenziale, poiché esiste un limite temporale entro cui il beneficiario deve incassare l’assegno: • 8 giorni per gli assegni emessi “su piazza”, ossia nello stesso comune dove si trova la banca. • 15 giorni per assegni “fuori piazza”, emessi in un comune diverso da quello della banca. Trascorsi questi termini, l’emittente può ordinare alla banca di non effettuare più il pagamento. Inoltre, il beneficiario perde alcune tutele legali, come la possibilità di richiedere il protesto, un atto che consente di procedere legalmente per ottenere il pagamento. Assegni postdatati: una pratica diffusa ma rischiosa Un altro aspetto da considerare è la post-datazione dell’assegno, ossia l’indicazione di una data futura. Questa 35 L’assegno bancario in Italia è regolato da una serie di norme che disciplinano il suo utilizzo, la sua forma, i diritti e le responsabilità delle parti coinvolte, nonché le conseguenze in caso di mancato pagamento. Le principali norme che regolano l’assegno bancario sono le seguenti: 1. Regio Decreto 21 dicembre 1933, n. 1736 (Legge sull’assegno) La legge stabilisce i requisiti essenziali dell’assegno, come le informazioni che devono essere presenti (data, luogo, importo, firma, ecc.), le modalità di pagamento, e le conseguenze per il mancato pagamento. Punti principali della legge: • Obblighi del traente: Chi emette l’assegno (traente) deve avere fondi disponibili sul conto al momento dell’emissione e deve compilare correttamente l’assegno, includendo data, importo e firma. • Pagamento a vista • Protesto e mancato pagamento: La legge stabilisce le procedure da seguire in caso di mancato pagamento, inclusa la possibilità di protesto, che consente al beneficiario di agire legalmente contro il traente. 2. Decreto Legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 3. Codice Civile (articoli 1992 e seguenti) 4. Normativa antiriciclaggio (D.Lgs. 231/2007) Capitolo III: La circolazione del denaro pratica, pur diffusa in contesti di piccole forniture o per garantire un pagamento differito, presenta rischi legali e fiscali. Da un punto di vista tributario, l’assegno postdatato è assimilabile a una cambiale, uno strumento che prevede il pagamento di un’imposta di bollo. Poiché l’assegno non richiede il pagamento di questa imposta, l’uso di assegni postdatati è considerato un modo per evadere l’imposta di bollo. Questa evasione, seppur di modesta entità, può essere sanata attraverso la regolarizzazione del titolo, ovvero il pagamento dell’imposta e delle eventuali sanzioni. Dal punto di vista civilistico, l’accordo tacito tra debitore e creditore, in cui il creditore si impegna a non incassare l’assegno prima della data indicata, non ha valore legale. L’assegno è, infatti, un titolo pagabile a vista, il che significa che il beneficiario può incassarlo in qualsiasi momento, a condizione che l’assegno sia stato regolarizzato fiscalmente. La Legge sull’assegno bancario (Regio Decreto 1736/1933) stabilisce che la regolarizzazione fiscale è a carico del beneficiario, non del traente. Chi emette un assegno postdatato si espone quindi a diversi rischi: 1. Il creditore potrebbe incassare l’assegno prima della data pattuita, senza che il debitore possa impedirlo. 2. In caso di fondi insufficienti sul conto, l’assegno potrebbe essere respinto, con conseguenze legali per il traente. 3. La post-datazione dell’assegno potrebbe essere considerata un tentativo di evasione fiscale, con la conseguente applicazione di sanzioni. Il beneficiario Un altro campo importante da compilare è il nome del beneficiario. È consigliabile indicare correttamente e in modo completo la persona fisica o giuridica. Dovremo evitare di utilizzare nomignoli, abbreviazioni o qualsiasi forma di identificazione che non corrisponda a quella riportata sul documento d’identità o sulla registrazione alla Camera di Commercio per le persone giuridiche. La mancata corrispondenza del nome è più comune di quanto si pensi, e in questi casi la banca può rifiutare il pagamento o chiedere una conferma con relativa manleva da parte dell’emittente. Indicazione dell’importo L’importo deve essere indicato due volte: una in cifre e una in lettere. In caso di discordanza tra i due importi, quello scritto in lettere prevale. L’importo deve includere due decimali, separati da una virgola per l’importo in cifre (ad esempio, € 500,20), e da una barra per quello in lettere (ad esempio, € Cinquecento/20). È anche consigliabile aggiungere il simbolo # prima e dopo l’importo in cifre, per evitare che possa essere modificato in modo fraudolento. Per motivi di sicurezza, è importante inserire sempre i decimali, anche se sono pari a zero. Questo previene modifiche che potrebbero trasformare l’importo da centinaia a migliaia di euro. Firma dell’assegno La firma deve essere eseguita a mano e identica a quella depositata presso la banca al momento dell’apertura del conto corrente. Deve essere apposta nello spazio dedicato, evitando di scrivere nella zona sottostante, poiché eventuali segni o scritte in quell’area potrebbero interferire con la lavorazione elettronica dell’assegno. È consigliabile utilizzare una penna a 47 48 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA inchiostro indelebile per evitare che la firma venga alterata o falsificata. Se la firma risulta falsificata e la banca non rileva l’anomalia, l’emittente potrebbe non riuscire a recuperare il denaro pagato. Incasso dell’assegno La banca può rifiutare il pagamento se l’assegno è incompleto, presenta alterazioni, o ha segni di manipolazione che ne compromettono la autenticità. Quando ricevi un assegno verifica quindi che: • Sia compilato correttamente in tutte le sue parti: data, luogo di emissione, importo e firma. • Sia indicato il nome del beneficiario e contenga la clausola “non trasferibile”, qualora l’importo sia pari o superiore a 1.000 euro. • La data corrisponda a quella effettiva di emissione. • Non presenti abrasioni o segni di correzione, che potrebbero indicare tentativi di falsificazione dell’importo. • Non sia mancante di un angolo, poiché una volta che l’assegno è stato incassato, è prassi che la banca tagli un angolo per evitare che venga riutilizzato. Se tutti questi elementi sono soddisfatti possiamo procedere in quanto beneficiari all’incasso presentandolo a vista presso l’istituto bancario che lo ha emesso. In questo caso dovremo identificarci, e fornire un conto presso cui accreditare le somme, dando al contempo tutte le informazioni che ci saranno richieste. Se le somme fossero modeste potremmo anche richiedere il pagamento in contanti. Nella pratica evitiamo l’incasso diretto ma diamo incarico ad un istituto bancario presso cui abbiamo un conto di richiedere le somme per conto nostro. Questa operazione è talmente standardizzata oggi, che per molte banche il deposito dell’assegno da incassare può avvenire anche su sportelli automatici (noti come ATM acronimo per Automated Teller Machine) abilitati al versamento, senza dover fare la fila allo sportello bancario. La banca accredita l’importo dell’assegno sul nostro conto con qualche giorno di ritardo, e questo lasso di tempo prende il nome di giorni valuta. L’accredito, inoltre, avviene con una clausola particolare: salvo buon fine. Questa clausola indica che l’istituto di credito si riserva il diritto di addebitare l’importo a suo tempo accreditato, se l’operazione non va a buon fine. In altre parole, se l’assegno risulta non incassabile, la banca sottrae la somma dal conto e addebita eventuali spese sostenute per la gestione della mancata riscossione. Il riaddebito avviene solitamente con la restituzione del titolo, eventualmente accompagnato dall’atto di protesto se dovuto a mancanza fondi. L’atto di protesto consente al beneficiario dell’assegno di agire legalmente per ottenere la somma dovuta. Cosa succede se al momento dell’incasso nel conto del traente non è presente una capienza sufficiente? Se non ci sono abbastanza fondi, la banca che riceve l’ordine di pagamento tramite assegno non è tenuta a effettuare il pagamento con fondi propri, ma deve attivare una serie di procedure di tutela del creditore, come l’avvio della procedura di protesto. Il protesto e le sue conseguenze Il protesto è un atto formale, redatto da un notaio, un ufficiale giudiziario o un segretario comunale, che attesta il mancato pagamento della somma indicata sull’assegno. Quando viene accertato il protesto si avvia una procedura complessa che include l’iscrizione del debitore nel Registro dei Protesti. Questa iscrizione ha conseguenze rilevanti, tra cui l’avvio della procedura di esecuzione forzata, che può comportare la vendita all’asta dei beni del debitore se il creditore lo richiede. Inoltre, l’iscrizione nel Registro dei Protesti comporta l’inserimento del debitore nella Centrale Allarme Interbancaria (CAI), un archivio gestito dalla Banca d’Italia che raccoglie dati su assegni e carte di pagamento. La permanenza in questo registro per 5 anni limita severamente l’accesso del debitore al sistema finanziario, impedendo l’emissione di nuovi assegni e la stipula di convenzioni con le banche. Questo processo è conosciuto come revoca di sistema, che di fatto rende impossibile ottenere finanziamenti o servizi bancari. 49 Capitolo III: La circolazione del denaro Il diritto del creditore L’assegno è un titolo esecutivo, purché la richiesta di incasso sia avvenuta nei termini prima indicati. Il creditore che riceve un assegno scoperto o che non può incassare la somma pattuita può chiedere in questo caso il pignoramento dei beni del debitore, seguendo la procedura prevista dalla legge. Tuttavia, va detto che il mancato incasso entro i termini non prescrive il credito che ha dato origine all’emissione dell’assegno e il creditore può comunque agire legalmente per recuperare il proprio denaro. Concludiamo ora questa parte dedicata all’assegno con un cenno alle regole di circolazione. A differenza di altri paesi, in Italia l’assegno deve indicare con precisione il beneficiario. In passato era possibile utilizzare la dicitura “al portatore”, che permetteva a chiunque presentasse l’assegno di incassarlo, ma questa pratica è ormai quasi del tutto abbandonata. La ragione di questa specificità è chiara: garantire un adeguato controllo dei flussi finanziari. La legge italiana stabilisce oggi che tutti gli assegni, bancari o postali, di importo pari o superiore a 1000 euro devono essere non trasferibili. Per questo motivo le banche in Italia forniscono assegni che riportano la dicitura “non trasferibile” di default. Questa dicitura indica che l’assegno può essere incassato solo dalla persona o entità indicata come beneficiaria. Un assegno non trasferibile è quindi un titolo nominativo: nessun altro, oltre al beneficiario, può incassarlo. Non è ammessa la girata verso terze persone. Se abbiamo comunque bisogno di emettere un assegno trasferibile per importi inferiori a 1000 euro dovremo richiedere specificamente un blocchetto di assegni trasferibili alla banca e apporre una marca da bollo da 1,50 euro per ogni assegno. L’assegno circolare Un altro strumento di pagamento, che chiamiamo assegno ma che è completamente diverso dall’assegno bancario, è l’assegno circolare. In questo caso, si tratta di una promessa di pagamento emessa direttamente dalla banca a favore di un beneficiario indicato da noi. L’assegno circolare è uno strumento di pagamento messo a nostra disposizione come l’assegno bancario, ma con una maggiore garanzia di buon fine. Viene emesso sulla base di un rapporto di conto corrente e di una nostra richiesta di utilizzo dei fondi disponibili per effettuare un pagamento. L’emittente è la banca, che garantisce il pagamento della somma indicata, indipendentemente dalla situazione del cliente al momento dell’incasso. Presupposti per l’emissione di un assegno circolare Perché un assegno circolare sia emesso, devono essere soddisfatti i seguenti requisiti: • L’emittente deve essere una banca. • La banca deve essere autorizzata dalla Banca d’Italia, che è l’autorità competente a concedere tale autorizzazione. • Al momento dell’emissione, deve essere disponibile una provvista: ossia, deve essere presente sul conto una somma corrispondente a quella indicata nell’assegno circolare. 50 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Sicurezza e utilizzi dell’assegno circolare Gli assegni circolari sono particolarmente utilizzati per transazioni di grande valore (come ad esempio l’acquisto di una casa) in cui è fondamentale avere un elevato grado di sicurezza riguardo al buon fine del pagamento. A differenza degli assegni bancari, gli assegni circolari sono considerati di sicuro buon fine, poiché la banca si impegna formalmente a pagare l’importo specificato. Requisiti dell’assegno circolare Un assegno circolare deve contenere i seguenti elementi: • La dicitura “assegno circolare” nel titolo. • Una promessa incondizionata di pagare a vista una somma determinata. • L’indicazione del beneficiario (prenditore). • La data e il luogo di emissione. • La firma dell’istituto emittente. Se uno di questi requisiti manca, il documento non può essere considerato un assegno circolare valido. L’Ordine di trasferimento bancario (bonifico) Il bonifico bancario è un’istruzione di trasferimento di fondi che diamo alla nostra banca, con cui abbiamo un conto corrente e un contratto di servizio, per pagare un importo a un terzo soggetto (persona fisica o giuridica). È una forma di pagamento in cui il denaro viene trasferito da un conto all’altro. Sebbene non esista una forma specifica per l’istruzione del bonifico dettata dal legislatore, è essenziale che l’ordine sia trasmesso in modo sicuro e che contenga tutti gli elementi necessari. Modalità di invio Possiamo disporre un bonifico in diversi modi: • Recandoci di persona in banca e compilando il modulo fornito dall’impiegato. • Utilizzando l’interfaccia internet del nostro conto corrente online. • Inviando una semplice lettera, contenente tutti i dati del trasferimento e siglata con la firma depositata in banca. Le banche effettuano le opportune verifiche per accertarsi che l’ordine sia stato effettivamente impartito dal correntista e che le istruzioni siano precise. Ecco un esempio di un modulo di bonifico bancario: Dati del Ordinante (Mittente): • Nome e Cognome: Mario Rossi • IBAN Ordinante: IT60X0542811101000000123456 • Banca: Banca Esempio S.p.A. • Indirizzo: Via Roma 10, 00100 Roma, Italia Dati del Beneficiario (Destinatario): • Nome e Cognome/Denominazione: Giovanni Bianchi • IBAN Beneficiario: IT30X0542811101000000654321 • Banca del Beneficiario: Intesa Sanpaolo • Indirizzo del Beneficiario: Via Milano 20, 20100 Milano, Italia Dettagli del Bonifico: • Importo: € 500,00 • Valuta: EUR 51 Capitolo III: La circolazione del denaro • Data del Bonifico: 25/09/2024 • Causale: Pagamento fattura n. 12345 Commissioni: • Commissioni del Bonifico: € 1,50 Firma dell’Ordinante: Mario Rossi Costi e modalità online Di solito, quando si utilizza il bonifico online, attraverso un accesso protetto al conto, il costo è inferiore rispetto a quello del bonifico eseguito in filiale. Questo perché la procedura online è automatizzata e richiede un intervento minore da parte del personale bancario. Per incentivare l’uso del bonifico online, molte banche hanno ridotto o azzerato le commissioni, mentre il costo del bonifico effettuato allo sportello è aumentato. Commissioni bancarie Il bonifico è un servizio per cui la banca applica un costo, che può essere fisso o parametrato all’importo trasferito. Le commissioni possono coinvolgere sia la banca che effettua il trasferimento sia la banca che riceve i fondi, comprese eventuali banche corrispondenti. Il pagamento di queste commissioni è deciso dall’ordinante, che ha tre opzioni principali per indicare chi debba sostenere i costi: • OUR (nostro): L’ordinante paga tutti i costi, incluse le commissioni della banca ricevente. Questa modalità è scelta quando si vuole garantire che il beneficiario riceva esattamente la somma prevista, ad esempio per pagamenti di fatture o donazioni. • BEN (beneficiario): Il beneficiario paga tutte le spese bancarie, quindi l’importo ricevuto sarà al netto delle commissioni applicate dalle banche. • SHA (shared, condiviso): Le commissioni vengono condivise tra l’ordinante e il beneficiario. Ognuno paga le spese applicate dalla propria banca. Nel sistema SEPA (Single Euro Payments Area), le regole sono standardizzate per tutti i trasferimenti in euro all’interno dell’area. Le commissioni sono addebitate solo dalla banca dell’ordinante e sono interamente a carico di quest’ultimo, semplificando così le transazioni internazionali in Europa. Il sistema SEPA La Single Euro Payments Area (SEPA), o Area Unica dei Pagamenti in Euro, è un’area in cui cittadini, imprese, Pubbliche Amministrazioni e altri operatori economici possono effettuare e ricevere pagamenti in euro con regole, procedure operative e prassi di mercato uniformi. Attualmente, la SEPA comprende 36 paesi: tutti i 27 Stati membri dell’Unione Europea (UE), inclusi quelli che non hanno adottato l’euro, e altri paesi non appartenenti all’UE. Paesi aderenti alla SEPA Oltre agli Stati dell’UE, la SEPA include anche: • I Paesi dello Spazio Economico Europeo (SEE): Islanda, Norvegia e Liechtenstein. • Paesi extra SEE: Regno Unito, Svizzera, Principato di Monaco, San Marino, Guernsey, Jersey, Isola di Man, Principato di Andorra e Città del Vaticano. • Il Regno Unito, nonostante l’abbandono dell’Unione Europea il 1° febbraio 2020. 52 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Vantaggi della SEPA Grazie alla SEPA, i bonifici bancari seguono standard comuni in tutta l’area quale che sia l’importo. Per disporre un bonifico è necessario fornire il nome del beneficiario, l’IBAN e la causale. I tempi di esecuzione sono rapidi e uniformi: dal 2012, il bonifico viene completato entro un giorno lavorativo successivo alla ricezione dell’ordine. Le banche possono definire un termine limite per la ricezione degli ordini (cut-off time). Se l’ordine arriva oltre questo termine, viene considerato ricevuto il giorno lavorativo successivo. Inoltre, le banche italiane riceventi i fondi bonificati verificano che il nome del beneficiario corrisponda all’intestatario del conto associato all’IBAN. In caso di discrepanze, il bonifico puo’ essere “sospeso” o, se l’errore non è risolvibile, restituito all’ordinante I bonifici extra SEPA I bonifici extra SEPA, noti anche come bonifici SWIFT, utilizzano un sistema di telecomunicazioni tra banche, chiamato Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication (SWIFT). Questo sistema facilita i bonifici internazionali al di fuori dell’area SEPA, rendendo più semplici i trasferimenti di fondi tra paesi diversi. Il sistema SWIFT non trasferisce direttamente i fondi, ma invia ordini di pagamento tra le banche utilizzando il codice SWIFT/BIC, che identifica in modo univoco ogni banca a livello globale . L’intervento delle banche corrispondenti Le banche corrispondenti agiscono come intermediari per consentire il trasferimento di denaro in valuta estera. Questi intermediari sono necessari poiché non tutte le banche mantengono conti in tutte le valute o hanno accesso diretto ai sistemi di pagamento esteri. Le banche corrispondenti permettono quindi che le transazioni siano effettuate anche tra istituti bancari che non hanno rapporti diretti. Ecco i passaggi principali. Il cliente avvia il bonifico presso la sua banca (chiamata banca mittente), ad esempio Intesa San Paolo in Italia, richiedendo il trasferimento di un certo importo in una valuta estera, come dollari (USD). La banca mittente si rivolge a una banca corrispondente che ha relazioni internazionali e può gestire transazioni in quella valuta. Nel caso di una transazione in dollari, la banca mittente si affida alla sua banca corrispondente negli Stati Uniti. La banca destinataria (ad esempio, Credit Suisse in Svizzera) potrebbe avere una relazione con una propria banca corrispondente negli Stati Uniti per ricevere i fondi in USD. La banca corrispondente della banca destinataria riceve i fondi e li accredita sul conto di Credit Suisse. A questo punto banca destinataria li accredita sul conto del beneficiario finale, completando così il bonifico. Ogni banca coinvolta nel processo potrebbe applicare commissioni per il servizio fornito. 53 Capitolo III: La circolazione del denaro Dati necessari per un bonifico extra SEPA Prima di entrare in banca per effettuare un bonifico in paesi extra SEPA dovremo raccogliere i dati necessari per permettere un corretto trasferimento. Per disporre un bonifico extra SEPA, occorre fornire i seguenti dati del mittente: • Nome e cognome. • Codice fiscale. • Se presenti, ragione sociale o partita IVA. • Importo del bonifico. • Causale del bonifico. • Codice IBAN del mittente. • Codice BIC/SWIFT della banca del mittente. Per il destinatario, i dati richiesti includono: • Nome e cognome. • Se presenti, ragione sociale o partita IVA. • Valuta di pagamento. • Numero di conto o IBAN (se disponibile nel paese di destinazione). • Codice BIC/SWIFT della banca ricevente. • Modalità di trasferimento prescelta. Il codice SWIFT è un identificativo alfanumerico usato per identificare specificamente una banca a livello mondiale. È composto da: • 4 lettere che specificano il nome della banca. • 2 lettere che indicano il codice del paese in cui si trova la banca. • 2 caratteri alfanumerici che definiscono la località della banca. In alcuni casi, può esserci un’estensione facoltativa di 3 caratteri per identificare una specifica filiale della banca. Ecco un esempio del codice SWIFT per Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking: Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking (Milano): FIBK: Codice della banca, che identifica Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking. IT: Codice del Paese, che indica che la banca si trova in Italia. MM: Codice della località, che specifica Milano. XXX: Codice opzionale della filiale principale o head office. Il formato del codice SWIFT per questa banca è FIBKITMMXXX o semplicemente FIBKITMM quando non è necessaria l’identificazione di una filiale specifica Le commissioni e i tempi di esecuzione I bonifici SWIFT comportano costi variabili, che dipendono da diversi fattori: • Modalità di disposizione (online o allo sportello). • Numero di banche intermediarie coinvolte, che possono aggiungere commissioni. • Tassi di cambio con margini aggiunti dalle banche. A differenza dei normali bonifici in area SEPA, quelli extra SEPA richiedono che il mittente indichi anche la modalità di trasferimento, ovvero, OUR, BEN o SHA. I bonifici SWIFT possono richiedere 2-5 giorni lavorativi per essere completati, a seconda del numero di banche coinvolte e delle verifiche necessarie. In generale, i tempi di esecuzione possono essere influenzati dalle regolamentazioni locali e dagli orari operativi delle banche Alternative a SWIFT Negli ultimi anni sono emerse alternative al sistema SWIFT, come Wise e OFX, che offrono costi più bassi e tempi di esecuzione più rapidi. Questi servizi utilizzano reti locali per trasferire i fondi, evitando le commissioni 54 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA delle banche intermediarie e garantendo tassi di cambio più trasparenti e vantaggiosi rispetto a quelli applicati dalle banche tradizionali Si può annullare un ordine di trasferimento? Una domanda che mi è stata posta spesso è: cosa succede se mi sono sbagliato? Posso chiedere alla banca di non effettuare il trasferimento o, meglio ancora, di farlo nel modo corretto? Le regole generali per i servizi bancari prevedono che, se la banca non ha ancora processato il bonifico, è possibile interrompere o modificare l’ordine. Tuttavia, poiché i tempi di lavorazione sono molto brevi, appena si scopre l’errore (ad esempio IBAN o importo errato), è fondamentale informare subito la banca. Cosa accade se il bonifico è già stato eseguito? Se il bonifico è già stato eseguito, la banca non è responsabile dell’errore, ma può aiutare a richiedere la restituzione tramite una procedura di “richiamo” del bonifico. Questo processo prevede che la banca dell’ordinante chieda alla banca del destinatario di restituire l’importo. Se il destinatario non acconsente, potrebbe essere necessario ricorrere al giudice, facendo riferimento all’art. 2033 del Codice Civile sull’indebito oggettivo, che consente di recuperare somme pagate per errore, con la possibilità di ottenere anche frutti e interessi in caso di mala fede del destinatario. Purtroppo i tempi lunghi della giustizia civile e i costi di un procedimento amministrativo scoraggiano spesso l’azione giudiziaria. Per seguire e identificare un bonifico con precisione, ogni transazione viene numerata con un codice unico denominato CRO (Codice di Riferimento dell’Operazione) e composto da 11 cifre.36 Lo si può ritrovare nella ricevuta del bonifico fornita al termine della transazione. Se il bonifico é stato effettuato online, il CRO sarà visibile nella schermata di conferma dell’operazione o nella ricevuta digitale scaricabile dall’internet banking. La carta di credito e la carta di debito La carta di credito è una tessera che contiene dispositivi per il riconoscimento dei dati di identificazione del titolare (microchip, banda magnetica) e alcuni elementi di sicurezza. Sul fronte sono riportati il nome del titolare, il numero della carta e la sua scadenza, mentre sul retro si trova il codice di controllo CVV2 o CVC2 e un apposito spazio in cui apporre la propria firma. Quando si possiede una carta di credito è possibile effettuare pagamenti utilizzando una linea di credito temporanea fornita dalla banca o dalla società emittente. A fine mese, l’importo speso viene addebitato sul conto corrente collegato. Le carte di credito sono emesse da una banca o da un istituto specializzato, hanno costi variabili per il titolare (interessi e/o commissioni) e costi per l’esercente che li accetta. Le carte di credito più conosciute e utilizzate a livello globale sono Visa, Mastercard, American Express e Discover. Ognuno di questi circuiti ha una diffusione e caratteristiche diverse, sia per quanto riguarda i Paesi in cui sono più utilizzati, sia per i settori commerciali in cui sono maggiormente impiegati. 36 In alternativa potresti trovare un codice chiamato TRN (Numero di Riferimento della Transazione), un codice alfanumerico di 30 caratteri. 55 Capitolo III: La circolazione del denaro 1. Visa Visa è il più grande circuito di carte di credito al mondo per volume di transazioni. Solo nel 2023 ha gestito più di 250 miliardi di operazioni. Non emette direttamente le carte ai consumatori, ma lavora con le banche, che offrono le carte Visa ai propri clienti. • Dove viene usata: Visa è accettata praticamente ovunque, in oltre 200 Paesi. È particolarmente diffusa in Nord America, Europa e Asia, ma sta crescendo rapidamente anche in Africa. • In quali settori: Visa viene usata per acquistare di tutto, dai beni di consumo ai viaggi, fino ai servizi online. È molto popolare anche nel mondo dell’e-commerce e nei pagamenti digitali. 2. Mastercard Mastercard è un altro grande circuito globale, con oltre 160 miliardi di transazioni annue. Come Visa, non emette direttamente le carte, ma agisce come intermediario tra banche e commercianti. • Dove viene usata: Mastercard è molto forte in Nord America, Europa e America Latina, ma sta crescendo anche in Africa e Asia, soprattutto in Paesi emergenti come India e Cina. • In quali settori: Anche Mastercard è usata in molti settori: commercio al dettaglio, viaggi, servizi online e persino nelle transazioni aziendali. 3. American Express American Express, o AmEx, è un po’ diversa da Visa e Mastercard. AmEx emette direttamente le proprie carte e gestisce il rapporto con i commercianti. È famosa per le sue carte dedicate a clienti di fascia alta, offrendo vantaggi esclusivi come punti fedeltà e servizi premium. • Dove viene usata: AmEx è molto popolare negli Stati Uniti, dove si svolge la maggior parte delle sue transazioni. È presente anche in Europa e Asia, ma meno diffusa rispetto a Visa e Mastercard. • In quali settori: American Express è usata soprattutto in settori come viaggi, hotel e ristoranti di lusso. È molto apprezzata dai clienti ad alto reddito e dalle aziende. 4. Discover Discover è meno conosciuta rispetto agli altri circuiti, ma comunque importante, soprattutto negli Stati Uniti. Anche Discover emette direttamente le proprie carte, come fa AmEx, e offre anche servizi bancari. • Dove viene usata: Discover è più diffusa negli Stati Uniti, ma grazie a partnership con altre reti come Diners Club, sta cercando di espandersi anche all’estero. • In quali settori: Negli Stati Uniti, Discover è utilizzata soprattutto per acquisti online e cashback, ma la sua presenza è meno rilevante fuori dagli USA. Pagamenti contactless Negli ultimi anni, le carte di credito contactless hanno facilitato i piccoli pagamenti, permettendo transazioni rapide senza PIN per importi fino a 50 euro.37 Il pagamento contactless, come suggerisce il nome, consente di pagare senza contatto, ovvero senza dover inserire la tessera all’interno di un terminale di pagamento ma semplicemente avvicinandola al lettore per portare a termine una transazione, velocizzando così le operazioni sia per l’acquirente che per il venditore.38 L’esercente digita l’importo della transazione sul terminale di pagamento o POS (Point of Sale), a cui poi il consumatore avvicina la carta per permetterne la lettura e ottenere così la conferma dell’avvenuto pagamento. La facilità d’uso espone a qualche possibile tentativo di truffa: basterebbe dotarsi di un POS portatile, avvicinarsi 37 Per motivi di sicurezza, il PIN viene richiesto dopo una soglia cumulativa di 150 euro o dopo 5 transazioni consecutive senza PIN, per garantire che il titolare della carta sia effettivamente la persona che sta effettuando i pagamenti . 38 Questo sistema di pagamento sfrutta l’RFID: l’acronimo sta per Radio Frequency IDentification, ovvero identificazione a radio frequenza, che può essere integrata nelle carte di credito, nelle carte di debito e nelle prepagate. 56 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA alla tasca dove la vittima tiene la carta per effettuare una transazione a sua insaputa. Ci si difende facilmente, tuttavia: è possibile trovare sul mercato un’ampia gamma di portafogli dotati di blocco RFID in grado di schermare qualsiasi tentativo di far funzionare le carte contactless custodite all’interno. Pagamenti via smartphone e dispositivi indossabili L’uso di smartphone e dispositivi indossabili per i pagamenti è cresciuto rapidamente. Le app di pagamento, come Apple Pay, Google Pay, Samsung Pay e altre, consentono agli utenti di memorizzare le informazioni delle proprie carte di credito o di debito nel dispositivo mobile. A questo punto pagare con lo smartphone è davvero semplicissimo, basta infatti avvicinare il dispositivo al terminale di pagamento compatibile con la tecnologia NFC. Ovviamente è necessario che anche lo smartphone supporti la tecnologia NFC. Carte di debito Le carte di debito consentono di effettuare pagamenti addebitando immediatamente l’importo della transazione sul conto corrente. In Italia, le carte di debito sono emesse principalmente dalle banche, ma anche le Poste Italiane e alcuni istituti di pagamento offrono questo servizio. Come funzionano le carte di debito Quando si utilizza una carta di debito per fare un acquisto, l’importo viene immediatamente addebitato sul conto corrente del titolare. Questo significa che l’utente deve avere fondi sufficienti sul conto per completare la transazione. Le carte di debito possono essere utilizzate sia per pagamenti in negozio (tramite POS) sia online, oltre che per prelevare contante presso gli sportelli automatici (ATM). I principali circuiti delle carte di debito in Italia In Italia, le carte di debito operano principalmente su due circuiti: • Bancomat/Pagobancomat: È il circuito più tradizionale e utilizzato per i prelievi e i pagamenti nei negozi fisici tramite POS. Negli ultimi anni, il circuito Pagobancomat si è evoluto, offrendo anche la possibilità di fare pagamenti online. • Maestro e Visa Debit: Questi circuiti internazionali (Maestro è gestito da Mastercard e Visa Debit da Visa) permettono l’uso della carta anche all’estero, oltre che per pagamenti online e prelievi. Sono molto utili per chi viaggia spesso o acquista frequentemente su siti internazionali. La spinta pubblica Le carte di debito e di credito sono sempre più lo strumento di pagamento preferito dallo Stato per la tracciabilità di ogni movimento rispetto ai pagamenti in contanti. Per questo motivo l’obbligo di accettare pagamenti tramite POS (Point of Sale) in Italia è stato introdotto progressivamente attraverso una serie di interventi legislativi e normativi. Seppure già in vigore dal giugno 2014, l’intervento è tuttavia diventato efficace solo con la previsione di sanzioni nel 2022.39 39 Il cambiamento più significativo è avvenuto con il Decreto-Legge 36/2022, legato all’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). A partire dal 30 giugno 2022, è stato introdotto l’obbligo per tutti gli esercenti di accettare pagamenti tramite POS, con l’introduzione di sanzioni per chi non si adegua. Sanzioni: per chi rifiuta il pagamento tramite POS, è prevista una sanzione amministrativa di 30 euro, a cui si aggiunge una multa pari al 4% del valore della transazione rifiutata. 57 Capitolo III: La circolazione del denaro La conversione di valute Finora ci siamo occupati dell’uso di denaro per pagamenti o trasferimenti nella nostra divisa di riferimento. Cosa accade se andiamo in un altro paese e abbiamo bisogno di accedere a servizi, o comprare beni? Immaginiamo per esempio di andare in Australia. Non esiste il corso forzoso dell’euro in Australia. Magari l’esercente potrebbe accettare i nostri euro. Ma molto probabilmente non lo farà, e il conto ci verrà presentato nella divisa locale ovvero il dollaro australiano. Nella normalità dei casi per comprare beni e servizi in un altro paese abbiamo bisogno di cambiare la nostra divisa in quella di quel paese. La conversione avviene tramite operatori autorizzati, tra cui le banche. Non è tuttavia una attività esclusiva delle banche. Le operazioni possono essere svolte anche da altri operatori autorizzati. Per somme modeste il cambio può avvenire persino attraverso mezzi elettronici che non richiedono particolari modalità di identificazione diretta.40 40 Gli operatori che permettono di cambiare valute sono diversi e possono variare in base al tipo di servizio e alla modalità di cambio richiesta. Ecco una panoramica dei principali: 1. Banche • Sportelli Bancari: Le banche offrono servizi di cambio valuta presso i loro sportelli. Questo è uno dei metodi più tradizionali e sicuri per cambiare valuta. • Servizi Online: Alcune banche offrono anche servizi di cambio valuta online, permettendo di effettuare transazioni e trasferimenti internazionali. 2. Agenzie di Cambio Valuta • Uffici di Cambio: Questi sono operatori specializzati nel cambio di valuta e sono spesso presenti in aeroporti, stazioni ferroviarie e zone turistiche. Offrono una vasta gamma di valute e generalmente consentono cambi rapidi. • Reti di Cambio: Esistono catene di uffici di cambio con filiali in diverse città e paesi, come Travelex e altre. 3. Sistemi di Pagamento e Fintech • E-wallet e App di Pagamento: Servizi come PayPal, Revolut e Wise (ex TransferWise) offrono funzionalità di cambio valuta e trasferimenti internazionali attraverso le loro piattaforme. Questi servizi spesso offrono tassi di cambio competitivi e basse commissioni. • Servizi di Cambio Online: Piattaforme come CurrencyFair e OFX (ex OzForex) offrono servizi di cambio valuta online e trasferimenti internazionali con tariffe vantaggiose. 4. Uffici Postali • Servizi di Cambio Postale: Alcuni uffici postali offrono servizi di cambio valuta, soprattutto in aree con alta affluenza turistica o internazionale. 5. Case di Cambio e Agenti di Cambio • Case di Cambio: Specializzate nel cambio di valuta, queste strutture possono essere trovate in centri finanziari, centri commerciali e località turistiche. • Agenti di Cambio: Operatori indipendenti che offrono servizi di cambio valuta, spesso con condizioni personalizzate. 6. ATM e Terminali di Cambio • ATM Internazionali: Alcuni sportelli automatici (ATM) offrono la possibilità di prelevare denaro in valuta straniera, con tassi di cambio e commissioni che variano a seconda del fornitore. • Terminali di Cambio Automatici: In alcune aree turistiche e centri commerciali, è possibile trovare terminali automatici che offrono cambio valuta 24 ore su 24. Considerazioni Importanti • Tassi di Cambio e Commissioni: I tassi di cambio e le commissioni possono variare significativamente tra diversi operatori. È utile confrontare le offerte per ottenere il miglior valore. • Sicurezza: Utilizzare operatori affidabili e riconosciuti può aiutare a evitare truffe e garantire transazioni sicure. • Convenienza: La scelta tra i vari operatori può dipendere dalla disponibilità, dalla rapidità del servizio e dalla facilità d’uso. 58 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Se l’importo è significativo non si sfugge. Sono necessari anche per operatori non bancari procedimenti di adeguata verificata più o meno importanti a seconda del profilo di rischio del cliente e dell’importo. La Banca d’Italia ha emanato a tal riguardo precise disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela e di conservazione dei dati e delle informazioni per gli operatori non finanziari. Si può cambiare sempre una divisa? Non sempre. Non tutte le valute sono convertibili. Inoltre, il rapporto di cambio varia nel tempo. Siamo in un regime cosiddetto di cambi fluttuanti, in cui il valore di una divisa rispetto ad un’altra dipende da domanda ed offerta e cambia anche in pochi minuti per tanti motivi. Il mercato all’ingrosso in cui avviene la compravendita delle valute è il Forex (Foreign Exchange Market), che è il mercato più liquido al mondo. Le valute vengono quotate 24 ore al giorno, 5 giorni alla settimana, con il tasso di cambio che varia continuamente in base alla domanda e offerta, influenzata da fattori macroeconomici, geopolitici e dagli interventi delle banche centrali. Per conoscere il valore indicativo di una valuta rispetto a un’altra, puoi utilizzare diversi strumenti e fonti. Ecco alcune delle opzioni più comuni: 1. Siti Web di Finanza e App di Finanza e Conversione Valuta 2. Banche e Istituti Finanziari 3. Borsa e Mercati Finanziari 4. Servizi di Cambio Valuta 5. Tassi di Cambio Ufficiali Le banche centrali di diversi paesi pubblicano tassi di cambio ufficiali che possono servire come riferimento per valutare le valute. Considerazioni Importanti • Differenza tra Tassi di Mercato e Tassi di Cambio Offerti: I tassi di cambio che vedi online possono differire dai tassi applicati dalle banche e dagli uffici di cambio a causa delle commissioni e dei margini applicati. • Frequenza degli Aggiornamenti: I tassi di cambio possono variare frequentemente. È importante utilizzare fonti affidabili che aggiornano i dati in tempo reale. • Le valute sono sempre quotate in coppie, poiché il valore di una valuta è sempre misurato rispetto a quello di un’altra. La coppia di valute più scambiata al mondo è Euro - Dollaro. Si comprano Euro e si vendono dollari e viceversa. A che valore avviene lo scambio? Il tasso di cambio di riferimento viene solitamente fissato da enti come la Banca d’Italia o la Banca Centrale Europea. Ad esempio, il tasso di cambio rilevato il 5 settembre 2024 tra l’euro e il dollaro statunitense era di 1,1097. Questo significa che, a quel momento, 100 euro venivano scambiati per 110,97 dollari. Se abbiamo bisogno di dollari ovviamente non è proprio quello che ci viene applicato, perché non siamo banche né partecipiamo a quel mercato. È un valore di riferimento, perché sulla base di quel valore di mercato le banche e gli intermediari non finanziari abilitati stabiliscono in quel momento il cambio da applicarci. Con una commissione più o meno elevata, a seconda dell’importo, della necessità o meno di contante, della concorrenza. Il tasso di cambio effettivo applicato al consumatore può variare a seconda dell’operatore e delle commissioni applicate. Quanto può variare nel tempo il rapporto tra due divise? Tanto Se osserviamo l’andamento del rapporto di cambio tra dollaro ed euro con un grafico dal 1999 (data di avvio dell’euro) al 2023 appare chiara la volatilità dei corsi di cambio. Nei primi dieci anni sono visibili variazioni tra minimo e massimo superiori al 50%. Ai minimi per 100 euro avremmo ricevuto meno di 90 dollari. Pochi anni più tardi i dollari sarebbero diventati quasi 160. Se abbiamo programmato una spesa in una valuta estera (ad esempio per un viaggio o per l’acquisto di un computer) dobbiamo fare attenzione agli andamenti del cambio, prima di valutarne la convenienza e fattibilità. 59 Capitolo III: La circolazione del denaro A volte la convertibilità non è possibile, perché il governo che norma la circolazione della divisa di riferimento pone ostacoli ad alcune o a tutte le transazioni di cambio. Un esempio di divisa non liberamente convertibile nel 2023 è il Peso Cubano. Il Peso Cubano (CUP) è la valuta ufficiale di Cuba, ma è una valuta non convertibile al di fuori del paese. Questo significa che non puoi ottenere Pesos Cubani prima di arrivare a Cuba, né cambiarli all’estero. La conversione di altre valute internazionali (come euro, dollari statunitensi o canadesi) in CUP può essere effettuata solo sul territorio cubano tramite le Case de Cambio (CADECA), le banche e alcuni hotel. Tuttavia, le transazioni informali per il cambio di valuta, che spesso offrono tassi di cambio più favorevoli rispetto a quelli ufficiali, sono molto comuni. L’uso di una divisa per pagamenti internazionali non è strettamente connesso alla nostra presenza sul territorio Potremmo averne bisogno per pagare con bonifici fatture di fornitori del paese, o per pagare beni che sono scambiati in una divisa particolare, indipendentemente dal paese di produzione/estrazione (abbiamo fatto l’esempio nelle pagine scorse delle transazioni su materie prime e su petrolio che vengono scambiati tradizionalmente soprattutto in dollari). Oggi questi flussi di denaro per pagamenti internazionali sono enormi e continui. Nel 2022, il volume totale dei pagamenti internazionali ha superato i 150 trilioni di dollari, e si prevede che possa raggiungere i 250 trilioni di dollari entro il 2027. Un modo per apprezzare quanto sono importanti le varie divise internazionali nei pagamenti e come questo varia nel tempo, è la rilevazione di quanto viene trasferito per pagamenti o investimenti nelle varie divise mediante il sistema di pagamenti più usato al mondo: il Sistema Swift. Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, Dollaro ed Euro sono le divise più utilizzate. Quasi l’80% dei pagamenti avviene infatti in queste due divise. Accanto a queste Sterlina, Yen, Dollaro Canadese, tutte comunque con pesi molto inferiori. Da qualche tempo aumenta il peso del Renmimbi 60 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Cinese, in parallelo con la crescita industriale del paese. La Cina è il più grande esportatore al mondo, ma fino a qualche tempo fa accettava e favoriva pagamenti in divise straniere, anche per alimentare le riserve in valuta straniera della Banca Centrale. Da qualche tempo la Cina comincia a spingere per un ruolo maggiore della divisa locale nei pagamenti internazionali, tenuto conto anche del crescente peso del Paese negli scambi commerciali. L’utilizzo delle divise estere per investimenti e riserva Le divise estere possono essere utilizzate anche come investimento e riserva, per profittare di eventuali aumenti di valore della divisa comprata, o delle rendite finanziarie che possono essere ottenute in quella valuta, o infine come riserva per momenti di particolare complessità. Le banche centrali ad esempio sono solite investire una parte consistente del proprio portafoglio in valute e valori finanziari denominati in valute diverse dalla propria, come riserva di valore per qualunque evenienza o necessità. Da sempre il dollaro è la divisa più utilizzata come riserva dalle banche centrali (la quota negli ultimi anni è stata vicina al 60% del totale delle riserve cumulate). Dai dati ufficiali della Federal Reserve risulta che oltre il 30% del debito pubblico USA è finanziato da stranieri, sia persone giuridiche ed enti, che privati. Il dollaro è ancora oggi la divisa di sicurezza e investimento più usata dalle famiglie al mondo. In molti paesi emergenti il possesso di dollari contanti è stato spesso una sorta di polizza assicurativa per le emergenze. Non si sa di fatto quanti siano i dollari contanti presenti nel mondo. Investire in una divisa significa sperare che il suo valore aumenti nel tempo, o che la rendita finanziaria ottenuta con gli investimenti del paese al netto dell’eventuale svalutazione sia conveniente. L’acquisto di una divisa puo’ derivare anche da decisioni di investimento. Immaginiamo ad esempio l’acquisto di dollari per un equivalente di 10.000 euro nel gennaio 2022 e la rivendita a dicembre dello stesso anno, per semplicità senza applicare alcuna commissione al prezzo di riferimento. Al termine del periodo il risultato sarà un aumento o una diminuzione degli euro investiti grazie alla diversificazione in divisa. Il primo acquisto avviene ad un cambio di 1.1365. Durante tutto il periodo il tasso di cambio oscilla costantemente. A dicembre vendiamo a 1.0407. Gennaio 2022 Vendita cambio Acquisto 10.000 euro 1,1365 11.365dollari Dicembre 2022 Vendita cambio Acquisto 11.365 dollari 1,0407 10920,53 61 Capitolo III: La circolazione del denaro Al termine quindi: Investimento: 10.000 euro a gennaio Ricavo: 10,920 euro a dicembre Guadagno lordo 920,53 euro Nella tabella parliamo di guadagno lordo: per valutare il profitto netto dovremo sottrarre costi delle transazioni e oneri fiscali. Quando realizziamo un profitto grazie alla conversione in valute diverse, lo Stato chiede un contributo erariale pari al 26% di quanto realizzato. Per completezza il risultato dovrebbe tener conto anche degli eventuali interessi maturati sul nostro investimento estero. In quel periodo (gennaio - dicembre 2022) i tassi di deposito a un anno in dollari statunitensi erano molto bassi. Il tasso medio sui depositi a 12 mesi era intorno allo 0,13% . Più in generale se investiamo in una attività finanziaria denominata in una valuta estera, il profitto complessivo sarà dato sia dalla variazione del rapporto di cambio che dall’apprezzamento dell’attività stessa, dovuto sia a interessi e dividendi percepiti che alla variazione tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita. 63 Nelle scorse lezioni abbiamo familiarizzato con il concetto di denaro e di divisa, ci siamo avventurati nel contratto finanziario più diffuso e comune ovvero il contratto di conto corrente, e abbiamo cominciato a pensare alla circolazione del denaro e allo scambio con altre divise. Stiamo già introducendo in questo modo il tema del sistema finanziario e degli intermediari che ci assistono nella gestione del denaro. Questo capitolo si focalizza soprattutto su questi due argomenti. Il sistema finanziario Utilizzando i media, a tavola, tra amici, o seduti sul divano di casa, ci capita sempre più spesso di sentir parlare di sistema finanziario, spesso senza esserne pienamente consapevoli. Quante volte, aprendo un notiziario o leggendo un giornale, abbiamo sentito menzionare stabilità economica, manovre, o finanziamenti? Discussioni su cosa fanno le banche, sul destino della moneta sui cambiamenti nei metodi di pagamento e sulle variazioni dei tassi di interesse sono ormai parte della nostra quotidianità. La finanza è diventata una presenza costante. Ma perché? Quanto è strutturalmente importante un sistema finanziario nel mondo moderno, anche senza sottolinearne gli eccessi? Prendiamo qualche esempio concreto che ci riporta alla vita di tutti i giorni, come l’avvio di un’attività economica. Dopo la scuola, alcuni di noi cercheranno un impiego, mentre altri tenteranno di avviare un’attività propria. Supponiamo di voler aprire una nuova attività. Abbiamo una buona idea, un progetto che sembra promettente e potenzialmente molto redditizio; abbiamo persino fatto dei piccoli test che ci hanno convinto della validità della nostra iniziativa. Tuttavia, non abbiamo i fondi necessari per acquistare macchinari, pagare collaboratori o farci conoscere. E questi fondi ci servirebbero per un periodo prolungato, forniti idealmente da parte di qualcuno disposto a condividere un po’ del rischio. Immaginiamo un secondo scenario: il nostro vicino di casa ha accumulato liquidità risparmiata nel corso del tempo ed è preoccupato perché teme che il suo potere d’acquisto possa diminuire. Vuole fare un investimento a lungo termine, ricercando una elevata redditività per garantire la sicurezza economica dei propri figli. Se noi due potessimo incontrarci, parlare, e trovare un accordo, potremmo forse realizzare entrambi i nostri progetti: io potrei avviare la mia attività, mentre lui potrebbe far fruttare il suo capitale per il futuro della sua famiglia. Ma come potrebbe realizzarsi questo incontro? Dove avverrebbe e con quali tutele? Non sempre basta una stretta di mano. Forse chi ha i fondi non è il nostro vicino di casa, ma un signore anziano che vive in una città lontana e non ci conosce, né sa nulla della nostra idea. Tuttavia, potrebbe essere il partner finanziario ideale per noi. Di cosa avremmo bisogno per facilitare questo incontro? Sarebbe certamente utile un intermediario che ci mettesse in contatto, illustrando a entrambi le opportunità e i rischi. Inoltre, sarebbe prezioso avere uno schema contrattuale chiaro, che definisse i reciproci obblighi in caso di trasferimento di denaro: le tutele, i tempi di restituzione, la modalità di partecipazione ai rischi e ai profitti della nuova impresa. Il contratto potrebbe anche specificare i diritti del finanziatore: può chiedere aggiornamenti sull’andamento dell’attività? Può richiedere garanzie? Oppure deve attendere la scadenza del contratto? CAPITOLO IV: Il sistema finanziario e gli intermediari CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Potremmo incontrarci al bar, ma sarebbe probabilmente meglio un mercato finanziario organizzato, un luogo dove effettuare la contrattazione in modo efficiente e trasparente. Infine, ci sentiremmo entrambi più sicuri se le nostre transazioni, così come gli intermediari che ci assistono, fossero regolamentati da norme di tutela e vigilati da un’autorità pubblica, il cui compito sia garantire trasparenza, sicurezza e correttezza nel sistema di scambi. Questa rete complessa di attori, strumenti e norme costituisce l’essenza del sistema finanziario, che oggi è indispensabile per il corretto funzionamento dell’economia. Potreste obiettare che si tratta di un caso molto specifico. Vediamo quindi un caso diverso. Ad esempio, l’acquisto di una prima casa. Supponiamo di essere finalmente autonomi, con un buon reddito, e di voler acquistare una casa in cui, magari, iniziare una nuova famiglia. Dall’altra parte, c’è un proprietario che possiede una casa perfetta per noi, proprio nella zona che desideriamo, e che non ha più bisogno di quell’immobile. Sarebbe disposto a cederla in cambio di altri beni, come una barca o un’auto nuova, e quindi potrebbe accettare un’offerta in denaro congrua per acquistare questi beni dai rivenditori. Purtroppo, non abbiamo a disposizione tutta la somma necessaria al momento. Tuttavia, grazie al nostro buon reddito, possiamo risparmiare nel tempo. Quello di cui avremo bisogno, quindi, è un finanziamento: qualcuno disposto a prestarci la somma necessaria, che restituiremo in modo rateale, insieme a un compenso che chiameremo interesse. Inoltre, dovremo assicurarci di effettuare il pagamento con mezzi sicuri e adeguati, e il venditore avrà bisogno di mezzi di pagamento che gli consentano di utilizzare il denaro a sua volta per acquistare i beni che desidera. Ma come possiamo accedere a un finanziamento e realizzare questo scambio in modo efficiente? Di quali strumenti abbiamo bisogno? • Un intermediario disposto a prestare il denaro. • Un sistema di mezzi di pagamento efficace e sicuro (ad esempio, un assegno circolare). • Un contratto d’acquisto per l’immobile e uno di finanziamento ipotecario (mutuo). • Un intermediario per la gestione dei pagamenti. • Un sistema di norme e un’istituzione che vigili e tuteli tutti questi passaggi. Senza l’esistenza di questi strumenti, soggetti e mercati, forse non riusciremmo mai ad acquistare la casa che desideriamo, e il venditore non potrebbe ottenere la sua nuova auto o la barca che tanto desidera. Facciamo un ultimo esempio, ma ne potremmo fare tanti. Questa volta parliamo non di investimenti ma di copertura di rischi medici. Siamo preoccupati di non avere abbastanza risorse per affrontare eventuali interventi importanti per un nostro familiare. Abbiamo letto che nel suo lavoro ci sono rischi importanti anche se rari: uno su 100.000 è a rischio di contrarre un’infezione altamente invalidante. Questa malattia comporta spese mediche elevate, un’operazione e l’abbandono del lavoro. Anche se la probabilità dell’evento è bassa, il pensiero ci preoccupa e ci impedisce di dormire serenamente. Abbiamo un buon reddito, e vorremmo trovare un modo per proteggere il nostro familiare, dedicando a questo scopo una parte delle nostre risorse. Potremmo farlo condividendo il rischio con altri colleghi nella stessa situazione. 64 65 Capitolo IV: Il sistema finanziario e gli intermediari Magari, un’impresa specializzata potrebbe offrire una soluzione che chiameremo assicurazione: contattare alcune delle persone esposte allo stesso rischio, convincerle ad ‘assicurarsi’, valutare la probabilità che si verifichi l’evento negativo con metodi statistici adeguati (quanti casi si possono verificare e che danno ne deriverebbe), calcolare l’importo che ciascuno dovrebbe pagare per coprire il rischio di tutti e liquidare il danno a coloro che sono colpiti dalla malattia. L’impresa chiederebbe per questo lavoro un piccolo premio (premio assicurativo) sia per remunerare la sua attività che per coprirsi dal rischio di aver sbagliato le statistiche. In quel caso avrebbe un danno perché dovrebbe riconoscere ad un numero maggiore del previsto di colleghi la somma necessaria per far fronte all’insorgere della malattia. Di cosa avremmo bisogno per realizzare tutto questo? • Un contratto che definisca chiaramente il premio e i rimborsi. • Un intermediario assicurativo che faciliti l’accordo. • Un luogo, fisico o virtuale, dove effettuare la contrattazione. • Un sistema di raccolta delle informazioni necessarie. • Un’autorità di salvaguardia che vigili sulla correttezza e la sicurezza dell’intero processo. Questi semplici esempi evidenziano l’importanza di un sistema organizzato di strumenti, mercati, organi vigilanti e intermediari finanziari per il funzionamento giornaliero della nostra economia. In altri termini il Sistema Finanziario. Il sistema finanziario nel mondo moderno svolge in sintesi tre funzioni fondamentali: • Trasferimento delle risorse finanziarie: consente il passaggio di risorse da chi ne ha un surplus (risparmiatori) a chi ne ha un deficit (imprese, enti pubblici o privati), garantendo così un’allocazione efficiente del capitale. • Distribuzione dei rischi: permette di suddividere i rischi associati a eventi incerti tra diversi soggetti, attraverso strumenti finanziari e assicurativi, contribuendo a una gestione più sostenibile dei rischi. • Creazione e gestione dei mezzi di pagamento: rende possibile l’emissione e la gestione dei mezzi di pagamento, come denaro contante, carte di credito, e trasferimenti elettronici, facilitando le transazioni economiche. Questo sistema è estremamente complesso e regolato da una vasta rete di normative internazionali e specifiche nazionali, come il Testo Unico Bancario, il Testo Unico Finanziario e il Codice delle Assicurazioni. La regolamentazione è fondamentale, poiché il settore finanziario è uno dei pilastri del buon funzionamento dell’economia di un Paese. Gli elementi chiave che contribuiscono a rendere efficiente ed efficace un sistema finanziario sono: • Intermediari finanziari: banche, assicurazioni, società di gestione del risparmio. • Mercati finanziari: luoghi dove si scambiano strumenti finanziari come azioni, obbligazioni e derivati. • Enti di vigilanza e regolatori: organismi come la Banca Centrale, la CONSOB e altre autorità nazionali e internazionali che vigilano sul rispetto delle regole. • Prodotti finanziari: strumenti (contratti) come conti correnti, fondi pensione, titoli e polizze assicurative, che veicolano il risparmio e il capitale tra soggetti. Gli intermediari finanziari Gli intermediari finanziari sono soggetti regolati che hanno il compito di intermediare o trasformare i flussi finanziari. L’esempio più comune di intermediario finanziario è la banca, la cui attività caratteristica e protetta è la trasformazione del denaro attraverso l’esercizio del credito. La banca raccoglie fondi principalmente tramite l’apertura di conti correnti e ne utilizza parte per concedere prestiti con scadenze molto diverse, avvalendosi del fatto che mediamente una quota consistente di tali fondi non viene prelevata ma resta disponibile sui conti. Li presta a breve termine, con scoperti di conto corrente o fidi alle imprese, e a medio/lungo termine, attraverso mutui, prestiti o l’acquisto di obbligazioni. La banca 66 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA compie così un’operazione importantissima per il sistema economico: trasforma il denaro depositato a breve in impieghi a breve, medio e lungo periodo. Ogni soggetto coinvolto ha un rapporto specifico con la banca, con obblighi e diritti distinti e regolati. Il depositante, ad esempio, può richiedere i suoi fondi in qualsiasi momento e riceve un tasso di interesse attivo come premio per il periodo di giacenza del denaro. Il cliente che accende un mutuo si impegna a restituire il finanziamento su un periodo medio-lungo, attraverso rate periodiche, pagando un premio, che chiamiamo interessi passivi. La banca guadagna dalla differenza tra i tassi attivi e passivi (margine di interesse) tra depositi e prestiti, ma si assume anche molti rischi e costi, come vedremo più avanti. Svolge anche altre attività di intermediazione e servizi in cambio di commissioni: assiste la clientela nell’investimento diretto in attività finanziarie, provvedendo all’esecuzione delle operazioni, alla loro amministrazione; fornisce consulenze sugli acquisti e sul patrimonio; gestisce la ricchezza finanziaria del cliente. Sono attività che svolge in modo non esclusivo, essendo presenti altri operatori autorizzati. La banca è solo uno dei tanti intermediari regolati sui mercati finanziari. Altri operatori sono specializzati ad esempio nella gestione del risparmio, altri ancora nella copertura dei rischi. In generale, a seconda della normativa di riferimento e del tipo di attività svolta, possiamo distinguere tre grandi categorie di intermediari: • Intermediari creditizi: banche, società di factoring e leasing. • Intermediari assicurativi: imprese di assicurazione vita, imprese di assicurazione danni, fondi pensione. • Intermediari mobiliari: SIM (Società di Intermediazione Mobiliare), SGR (Società di Gestione del Risparmio), SICAV (Società di Investimento a Capitale Variabile). Globalmente, gli intermediari finanziari (banche, assicurazioni e altri intermediari mobiliari) impiegano decine di milioni di persone. A livello nazionale, in Italia, si parla di centinaia di migliaia di dipendenti. Secondo i dati della Banca d’Italia e delle associazioni di settore: • Il settore bancario impiega circa 300.000 persone.41 • Il settore assicurativo impiega oltre 120.000 addetti.42 • Il settore della gestione del risparmio e delle SIM è più piccolo, ma rappresenta comunque una parte significativa dell’occupazione nel settore finanziario. In passato le dimensioni erano maggiori, ma da qualche anno si assiste ad una riduzione sistematica del personale e delle sedi di impiego. Gli intermediari creditizi Il termine “credito” si riferisce a un’operazione in cui un soggetto, il creditore, presta denaro a un altro soggetto, il debitore, che si impegna a restituire l’importo ricevuto entro le scadenze concordate, includendo gli eventuali interessi pattuiti. La parola credito deriva dal latino creditum, a sua volta originato dal verbo credere, che significa “fidarsi”. Il credito, infatti, si basa sulla fiducia che il creditore ripone nel debitore, confidando che quest’ultimo restituirà integralmente le somme ricevute e nei tempi previsti. L’intermediario creditizio svolge questa attività in modo professionale, utilizzando fondi di terzi o fondi propri per concedere prestiti nelle forme consentite dalla legge. In questo modo, l’intermediario realizza un’importante funzione di trasformazione del denaro e di intermediazione tra soggetti diversi, assumendosi i rischi connessi. Tuttavia, non tutti gli intermediari creditizi operano allo stesso modo o hanno accesso agli stessi prodotti. L’intermediario creditizio per eccellenza è la banca, che gode di alcune aree di operatività protette molto rilevanti. 41 ABI (Associazione Bancaria Italiana) - Rapporto Annuale 2023. 42 Questo dato include il personale impiegato nelle compagnie assicurative e nelle società di riassicurazione operanti nel paese. Vedi ANIA (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) - Rapporti annuali e statistiche sul settore assicurativo 2023. 67 Capitolo IV: Il sistema finanziario e gli intermediari Quando si parla di attività bancaria? L’attività bancaria consiste nell’esercizio congiunto della raccolta del risparmio e della concessione del credito, secondo quanto stabilito dall’art. 10 del Testo Unico Bancario, a carattere d’impresa. La raccolta del risparmio avviene in modo particolare e tipico attraverso lo strumento del deposito in conto corrente e la concessione di mezzi di pagamento collegati. Questa facoltà è riservata esclusivamente alle banche. Qualunque altro soggetto che conceda finanziamenti al pubblico sotto qualsiasi forma non può, per legge, raccogliere fondi a vista né emettere o gestire mezzi di pagamento con spendibilità generalizzata. Ma perché questa esclusiva? Per via del carattere nevralgico e profondamente fiduciario del deposito. Il correntista deve sempre sentirsi sicuro di poter accedere ai propri fondi quando necessario e i mezzi di pagamento bancari associati sono essenziali per il corretto funzionamento dei sistemi finanziari. Le banche, inoltre, hanno un canale preferenziale con la Banca Centrale per affrontare eventuali necessità di liquidità, sono soggette a vigilanza prudenziale e devono dimostrare costantemente la loro solidità ed efficienza per evitare situazioni di crisi o risoluzione. Chi può definirsi banca? Solo quelle imprese che sono espressamente autorizzate a farlo e che sono iscritte in un apposito albo presso l’ente di vigilanza.43 Per concedere tale autorizzazione, la Banca d’Italia e la Banca Centrale Europea hanno il compito specifico di verificare che siano rispettate tutte le condizioni di solidità, credibilità, organizzazione ed efficienza necessarie per avviare e mantenere l’attività bancaria. Questo controllo prosegue per tutta la durata della vita della banca. La Banca Centrale non decide solo quanta moneta stampare e come renderla disponibile, ma ha anche la responsabilità complessiva della stabilità del sistema finanziario e del suo controllo. Essa fissa i requisiti minimi, indirizza, controlla e regola l’attività delle banche, sanziona i comportamenti scorretti e interviene in caso di crisi potenziali, attivando le procedure di risoluzione. Potremmo, forzando leggermente il concetto, affermare che le banche sono imprese con un’autonomia limitata. Il settore del credito bancario è infatti protetto e regolamentato. Le banche devono operare sempre rispettando standard minimi, con requisiti patrimoniali e organizzativi stabiliti e periodicamente rivisti dal legislatore e dagli enti di vigilanza. Ad esempio, il top management della banca è soggetto a requisiti rigorosi di onorabilità e professionalità, in modo da garantire che le persone ai vertici delle istituzioni finanziarie abbiano le competenze necessarie e un’adeguata reputazione morale per gestire il rischio finanziario e assicurare la stabilità dell’istituto. Gli azionisti di maggioranza o di controllo devono rispettare requisiti di trasparenza e presentare documentazione che attesti la loro capacità finanziaria e la loro idoneità a detenere partecipazioni significative in una banca. Vengono inoltre effettuati regolarmente degli “stress test”, ossia simulazioni degli effetti di condizioni di mercato particolarmente difficili che, sebbene improbabili, non sono impossibili. In questi test la banca deve dimostrare di avere sufficienti margini di manovra per affrontare eventuali momenti di crisi. 43 La Banca d’Italia mantiene e aggiorna l’albo delle banche sul proprio sito ufficiale. Si può trovare informazioni dettagliate sulle banche autorizzate a operare in Italia, inclusi i dati di contatto e altre informazioni rilevanti. 68 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Come possiamo fotografare l’attività di una banca e la sua evoluzione nel tempo? ll bilancio di un’azienda offre una visione sintetica delle sue attività e del patrimonio attraverso due principali prospetti: lo Stato Patrimoniale, che fotografa la situazione degli attivi e passivi in un dato momento, e il Conto Economico, che riepiloga i costi, i ricavi e i relativi margini. Il bilancio di una banca si compone degli stessi documenti, ma si distingue da quello di altre imprese a causa della natura specifica delle sue attività, prevalentemente legate all’ambito finanziario. Nel bilancio bancario, gli impieghi principali nello Stato Patrimoniale riguardano le attività fruttifere di interessi, ossia i prestiti concessi ai clienti, che rappresentano una fonte fondamentale di guadagno per la banca. Oltre ai prestiti, sono rilevanti anche gli investimenti in attività finanziarie, che possono includere titoli di Stato, obbligazioni, o altri strumenti finanziari. Queste voci costituiscono una parte significativa delle attività della banca, differenziandosi da quelle di un’azienda manifatturiera o di servizi. Passando al Conto Economico, la principale fonte di ricavo è rappresentata dal margine di interesse, che misura la differenza tra gli interessi ricevuti sui prestiti erogati e quelli pagati per raccogliere liquidità (ad esempio attraverso depositi o emissioni obbligazionarie). Questo margine è cruciale per la redditività di una banca, poiché rappresenta il cuore del suo modello di business. Un’altra componente importante del Conto Economico è data dalle commissioni. Queste derivano dai servizi bancari offerti, come la gestione di conti correnti, l’erogazione di carte di credito, le operazioni di trading per conto dei clienti o la consulenza su investimenti. La somma del margine di interesse e delle commissioni costituisce il margine di intermediazione, un indicatore chiave della capacità della banca di generare profitti dalla sua attività tipica di intermediazione tra chi ha risorse da investire e chi necessita di finanziamenti. Il margine di intermediazione rappresenta quindi il guadagno lordo della banca, che verrà poi utilizzato per coprire le spese operative, remunerare gli azionisti e, in caso di utile netto, essere reinvestito nella banca stessa o distribuito come dividendo. In sintesi, il bilancio di una banca, pur mantenendo una struttura simile a quella di altre aziende, riflette in modo specifico la centralità delle operazioni finanziarie e di intermediazione, con una forte enfasi su prestiti, investimenti e gestione dei margini di interesse. Tradizionalmente, negli anni passati il bilancio bancario era dominato dalle attività caratteristiche, quali la concessione di prestiti e la raccolta di depositi. L’analisi dei bilanci degli ultimi anni mostra come il ruolo di queste attività sia significativamente diminuito, a favore delle attività di intermediazione e dei servizi accessori. La trasformazione è dovuta a molti fattori, tra cui quello regolamentare. Trattati, norme e regole di vigilanza recenti hanno reso più complessa e costosa la gestione del credito. Uno dei fattori chiave di questa evoluzione è rappresentato dall’aumento dei requisiti patrimoniali, ossia la quantità di capitale che una banca deve detenere per proteggersi dai rischi legati alla concessione del credito. Questi requisiti sono diventati particolarmente rigidi, soprattutto per quei clienti che non dispongono di una solida informativa contabile, come le piccole e medie imprese o i singoli individui con un profilo finanziario meno trasparente. Man mano le banche sono diventate molto più selettive nella concessione di prestiti, orientandosi verso attività che richiedono meno capitale e presentano rischi inferiori. Un indicatore evidente di questo cambiamento è la crescita delle commissioni nette, che rappresentano i ricavi derivanti da servizi come la gestione patrimoniale, la consulenza su investimenti, i servizi di pagamento 69 Capitolo IV: Il sistema finanziario e gli intermediari e le assicurazioni. Secondo il rapporto ABI (Associazione Bancaria Italiana), la quota di ricavi legati alle commissioni è aumentata dal 30% nel 2010 a oltre il 40% nel 2022. Questo trend è stato particolarmente evidente nelle principali banche italiane, come Intesa Sanpaolo e UniCredit, che hanno rafforzato le divisioni dedicate a questi servizi, rispondendo alla crescente domanda di consulenza e gestione del risparmio. Parallelamente, il margine di interesse, che misura la differenza tra gli interessi ricevuti sui prestiti e quelli pagati per la raccolta di fondi, ha registrato un calo. Ad esempio, per Intesa Sanpaolo, il margine di interesse è sceso dal 50% dei ricavi operativi nel 2010 a meno del 45% nel 2022, riflettendo l’impatto dei tassi di interesse bassi e della minore redditività delle attività creditizie tradizionali. I rischi tipici delle aziende bancarie Le banche sono imprese e sono soggette a diversi rischi per le attività di intermediazione creditizia e di servizio. Il rischio caratteristico principale per una banca è legato alla concessione di crediti, che può essere influenzata da errate valutazioni di merito del debitore o da un deterioramento sistemico delle condizioni economiche, causando un aumento dei crediti di più difficile esigibilità. Questi crediti, noti come crediti deteriorati o NPL (Non Performing Loans), non comprendono solo debitori insolventi, ma anche clienti in difficoltà temporanea, con ritardi nei pagamenti o situazioni di incaglio.44 Tali problematiche possono mettere sotto pressione la solidità della banca, soprattutto in un contesto di requisiti patrimoniali sempre più stringenti, imposti dalle autorità di vigilanza a seguito delle crisi finanziarie globali dal 2008 in poi. Le norme di vigilanza spingono le banche a ridurre l’esposizione ai crediti deteriorati, spesso (attraverso la cessione a fondi specializzati o ad altre istituzioni finanziarie. Nel 2015, il totale dei crediti deteriorati nelle banche italiane aveva raggiunto oltre 340 miliardi di euro, una cifra impressionante che rappresentava una quota significativa del totale dei prestiti concessi. Tuttavia, grazie all’azione delle autorità di vigilanza e alle dismissioni, il totale degli NPL è sceso a 68 miliardi di euro nel giugno 2022, riducendosi a circa il 20% del valore registrato sette anni prima. Ma i rischi per una banca non si limitano all’attività creditizia. Esistono anche rischi legati a una gestione errata dei flussi di cassa, come previsioni imprecise sulla stabilità dei depositi, oppure a un peggioramento delle condizioni di mercato, che potrebbe rendere più difficile liquidare gli attivi finanziari senza ridurre significativamente il valore. Poiché parte del patrimonio della banca è investito in titoli liquidi, una riduzione improvvisa del loro valore può compromettere la capacità della banca di far fronte a necessità improvvise, riducendo anche il capitale disponibile. Inoltre, le banche sono esposte a rischi operativi legati alle attività di intermediazione. Un errore nell’esecuzione di un’operazione di acquisto per conto di un cliente o un comportamento scorretto da parte di un dipendente possono causare danni reputazionali ed economici considerevoli. 44 L’Autorità Bancaria Europea (EBA, European Banking Authority) ha stabilito i criteri per la classificazione dei crediti deteriorati nelle sue Linee Guida EBA/GL/2016/07, pubblicate il 28 settembre 2016, con le seguenti categorie principali di NPL: – Sofferenze (Non-Performing Exposures): esposizioni nei confronti di debitori in stato di insolvenza o in situazioni equiparabili. – Inadempienze probabili (Unlikely to Pay): crediti per i quali la banca ritiene improbabile il completo rimborso senza l’escussione delle garanzie, anche senza che vi sia un arretrato nei pagamenti. – Esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate (Past Due Exposures): crediti con pagamenti in ritardo da oltre 90 giorni. – In sintesi, i NPL sono definiti come crediti in cui i pagamenti di capitale o interessi sono in ritardo di oltre 90 giorni, oppure quando il debitore è ritenuto incapace di adempiere alle proprie obbligazioni. 70 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Risoluzione di una banca e bail-in Tutti questi rischi ci ricordano che una banca è pur sempre un’impresa, ed è importante valutarne la solidità anche quando decidiamo di effettuare un semplice deposito. Questo principio è ancora più importante oggi, con l’introduzione delle norme di risoluzione bancaria note come bail-in o “salvataggio interno”. Cosa si intende esattamente con il termine bail-in? Il fallimento di una banca è un evento estremamente pericoloso per il sistema finanziario e dei pagamenti. In passato, gli Stati sono spesso intervenuti con fondi pubblici per salvare banche in difficoltà, come accaduto durante la crisi bancaria del 2008 e la crisi dell’euro tra il 2011 e il 2014. In quel periodo la sola Germania ha dovuto destinare oltre 200 miliardi di euro per sostenere le sue banche. Il rischio di nuove crisi e l’entità degli aiuti necessari hanno portato alla ricerca di una soluzione diversa. Nel 2014, è stata introdotta una direttiva europea, recepita in Italia nel 2016, che stabilisce nuove regole per la gestione e il salvataggio delle banche in difficoltà senza gravare sui bilanci pubblici. Il principio del bail-in prevede che alcuni privati (azionisti, obbligazionisti e, in casi estremi, depositanti non protetti) vengano coinvolti nel coprire le perdite della banca, evitando di utilizzare fondi pubblici.45 La procedura di bail-in segue una gerarchia precisa, in cui sono coinvolti prima di tutto gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati, poi gli obbligazionisti senior, e solo in casi estremi i depositanti non assicurati (quelli con somme superiori alla soglia di garanzia, che è solitamente di 100.000 euro). 1. Azionisti: i proprietari della banca sono i primi a essere coinvolti e possono vedere il valore delle loro azioni ridotto o persino azzerato. 2. Creditori: in particolare, i possessori di obbligazioni subordinate, obbligazioni ordinarie non garantite e creditori senza garanzia sono chiamati a coprire le perdite. 3. Correntisti con depositi superiori a 100.000 euro: le famiglie e le imprese con depositi superiori a questa soglia possono vedere parte dei loro fondi coinvolti nella risoluzione. A seconda dei casi, il bail-in può portare alla svalutazione delle azioni fino al loro azzeramento, mentre chi detiene crediti verso la banca potrebbe vederli svalutati o convertiti in azioni. Solo in ultima istanza, i depositi superiori a 100.000 euro potrebbero essere parzialmente coinvolti. Il principio del bail-in è quello di far ricadere le perdite principalmente sui soggetti che hanno scelto di assumere maggiori rischi o che hanno una esposizione significativa nei confronti della banca. È importante ricordare comunque che sono esclusi dal bail-in i conti correnti e i conti deposito inferiori ai 100.000 euro, indipendentemente dal fatto che appartengano a famiglie o piccole e medie imprese. Questi depositi sono protetti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD), che rappresenta una sorta di “salvagente” che si attiva in caso di fallimento di una banca. In questo modo si evita che la crisi bancaria colpisca i piccoli risparmiatori e si trasformi in una crisi sociale. Inoltre, non vengono coinvolti nel bail-in i debiti della banca nei confronti dei propri dipendenti, dei fornitori, del fisco e degli enti previdenziali. Come e quando viene attivata la procedura di bail-in? La procedura di bail-in può essere attivata dalla Banca Centrale Europea quando una banca si trova in uno stato di crisi tale da minacciare la continuità dei servizi o la stabilità del sistema finanziario. Non si tratta di un evento raro, da quando è stato introdotto questo strumento ci sono state molteplici applicazioni. Ecco alcuni casi recenti e rilevanti di applicazione del bail-in in Europa: 45 Le norme che hanno introdotto il bail-in fanno parte di un quadro normativo europeo creato per gestire le crisi bancarie in modo più strutturato, riducendo l’uso di fondi pubblici. La principale direttiva che ha introdotto il bail-in è la Direttiva 2014/59/UE, conosciuta come Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD), emanata nel 2014. Questa direttiva è stata recepita dagli Stati membri dell’Unione Europea, compresa l’Italia, che ha integrato la normativa nel proprio ordinamento nel 2016. L’Italia ha recepito la BRRD con il Decreto Legislativo n. 180/2015 e il Decreto Legislativo n. 181/2015, entrati in vigore il 1° gennaio 2016. Questi decreti disciplinano le modalità con cui le banche italiane devono gestire le crisi, includendo il bail-in come strumento di risoluzione. La normativa italiana recepisce integralmente i principi europei, adattandoli al contesto nazionale e stabilendo le regole operative per la gestione e risoluzione delle crisi bancarie. 71 Capitolo IV: Il sistema finanziario e gli intermediari 1. Banco Popular (Spagna) – 2017 Nel giugno 2017, Banco Popular Español è stato dichiarato “in dissesto o a rischio di dissesto” dalla Banca Centrale Europea. La procedura di bail-in ha coinvolto azionisti e obbligazionisti subordinati, che hanno perso il loro capitale. La banca è stata poi acquistata da Banco Santander per 1 euro . 2. Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca (Italia) – 2017 Entrambe le banche italiane sono state risolte nel 2017 attraverso una procedura di bail-in che ha coinvolto azionisti e obbligazionisti subordinati. Gli asset in buona parte sono stati acquistati da Intesa Sanpaolo, mentre i piccoli depositanti sono stati tutelati . 3. ABLV Bank Luxembourg (Lussemburgo) – 2018 ABLV Bank è stata soggetta a risoluzione nel 2018 a causa di difficoltà di liquidità legate a presunti legami con attività di riciclaggio. La procedura ha comportato la liquidazione della banca, coinvolgendo azionisti e creditori . 4. Sberbank Europe AG – 2022 Nel 2022, la filiale europea di Sberbank ha subito una risoluzione rapida a causa delle sanzioni imposte a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. Le filiali di Sberbank in Croazia e Slovenia sono state liquidate, con un coinvolgimento limitato di creditori senior . Valutiamo la banca Proprio come in qualsiasi altra attività economica, prima di aprire un rapporto importante con un istituto bancario è importante quindi considerare la solidità della banca con cui si decide di operare. Ma come può una persona comune, senza competenze specifiche in finanza, valutare la solidità di una banca? Alcuni indizi esterni ci possono fornire utili indicazioni, pur non essendo noi degli esperti in materia: • Reputazione, tipologia di attività svolta e risultati bancari: se scorriamo internet o gli altri media è molto probabile che eventuali difficoltà, frodi, incidenti economici emergano. Una attività tradizionale e poco speculativa della banca comporta un profilo meno rischioso. Infine risultati positivi della banca per un periodo significativo sono indice di salute. • Informazioni pubbliche: la trasparenza nelle comunicazioni, nei bilanci e nella gestione del rischio sono segnali di affidabilità. • Rating creditizi: le agenzie di rating assegnano valutazioni alle banche basate sulla loro capacità di rimborsare i debiti. Alcune aziende come Standard Poor’s, Moody’s e Fitch sono specializzate nel valutare la capacità di far fronte ai propri impegni dei debitori e formulano giudizi spesso pubblici. Di solito la scala di giudizio è alfabetica, con giudizi che vanno da tre AAA alla C o alla D. Ad ogni scalino alfabetico corrisponde un rischio maggiore. Nel caso delle banche possiamo avere inoltre una informazione importantissima direttamente dal bilancio della stessa: il cosiddetto CET 1 (acronimo che indica la frase inglese Common Equity Tier 1 ratio). Se non riusciamo a procurarci il bilancio, possiamo chiedere che il nostro consulente finanziario ci fornisca un dato recente trattandosi di un dato pubblico. Senza entrare in inutili tecnicismi, possiamo definire questo indicatore come il maggiore indicatore di solidità finanziaria di una banca. Indica di quanto capitale di rischio o assimilato dispone la banca per far fronte a eventuali perdite derivanti dalla svalutazione degli impieghi. Si calcola rapportando il capitale proprio (Tier 1) con le attività ponderate per il rischio. La BCE definisce nel tempo valori soglia di CET1 richiesti per ogni banca e per ogni Paese. In linea generale il valore minimo indicato è quello dell’8% e per l’Italia il 10,5%. Se una banca ha un valore inferiore dovrà assicurarsi in tempi brevi un aumento del capitale o una riduzione degli attivi, altrimenti rischia l’attivazione dei meccanismi di salvaguardia. Ciascuna delle banche che è stata oggetto di risoluzione aveva in realtà manifestato bassi valori di CET1. Negli ultimi anni il grado di patrimonializzazione e solidità finanziaria delle banche italiane è cresciuto in modo sostanziale. Il grafico che segue indica l’andamento del CET1 medio rilevato dalla crisi del 2014 al 2022. 72 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Al primo trimestre 2023 tutte le principali banche italiane hanno un livello di patrimonializzazione elevato. Trasformazione e internazionalizzazione del settore bancario Il settore bancario in Europa, e in particolare in Italia, sta attraversando una profonda trasformazione dovuta a fattori tecnologici, normativi, e di consolidamento aziendale. Questo fenomeno coinvolge diversi aspetti: 1. Riduzione del numero di istituti bancari In Italia si è verificata una significativa riduzione degli istituti bancari, che sono passati da oltre 700 nel 2011 a meno di 500 nel 2022. Questo calo è in parte dovuto alle fusioni e acquisizioni, promosse per creare entità finanziarie più forti e competitive, e alla pressione normativa a ridurre il numero di banche locali più piccole. Inoltre, gli sportelli bancari sono diminuiti da oltre 30.000 a meno di 24.000 nello stesso periodo, riducendo l’accessibilità ai servizi bancari, soprattutto nelle aree rurali. Questo ha sollevato preoccupazioni circa una possibile “desertificazione bancaria”, ovvero l’assenza di punti vendita bancari in molte piccole località. 2. Riforme normative Il legislatore ha giocato un ruolo fondamentale in questa trasformazione. Tra le riforme principali vi sono: • Riforma delle Banche Popolari (2015): ha imposto la trasformazione in società per azioni di tutte le banche popolari con capitale sociale superiore a 8 milioni di euro, incentivando così una maggiore trasparenza e competitività. • Riforma delle Banche di Credito Cooperativo (2016): ha richiesto l’appartenenza delle piccole banche a un gruppo di credito cooperativo, limitando i localismi e favorendo una maggiore integrazione e solidità del settore. 3. Integrazione europea e unificazione del sistema L’evoluzione bancaria non riguarda solo l’Italia ma tutta l’Europa, in un processo che ha visto la creazione di una serie di strutture comuni: • Unione Bancaria: istituita per supervisionare e risolvere le crisi delle banche in tutta l’area dell’euro. • Spazio Europeo dei Pagamenti (SEPA): ha armonizzato le regole per i pagamenti, facilitando le transazioni transfrontaliere. • Mercato Unico dei Capitali: mira a garantire un accesso più facile ai finanziamenti per le imprese e una maggiore integrazione dei mercati finanziari. Queste riforme sono accompagnate da un sistema di vigilanza unico, regolato dalla Banca Centrale Europea, e da normative comuni, il che garantisce una maggiore stabilità e trasparenza nel mercato bancario europeo. È un processo ancora in divenire anche se ha già prodotto mutamenti profondi. 73 Capitolo IV: Il sistema finanziario e gli intermediari Oggi la nascita e lo sviluppo di una banca sono sottoposti in tutta Europa a identici meccanismi di autorizzazione, un unico supervisore, un unico meccanismo di risoluzione in caso di crisi e ad una unica garanzia dei depositi simile in tutta Europa.46 Il paese di origine di una banca incide quindi sempre meno nella valutazione di efficienza e solidità, anche se ovviamente la provenienza storica e la clientela di riferimento influiscono sulla organizzazione e cultura della banca. Oggi le banche sono sempre più europee e meno nazionali, e le grandi banche Italiane hanno caratteristiche simili di solidità, governance e modello di business rispetto ai principali operatori francesi, tedeschi, spagnoli. Effetti sul tessuto industriale locale e sugli utenti L’impatto di queste trasformazioni sul tessuto industriale locale è ancora da comprendere appieno. La chiusura di sportelli e la riduzione delle banche locali potrebbero influire negativamente sulle piccole imprese e sui consumatori in aree meno servite, dove i servizi bancari sono più difficili da raggiungere. Il tessuto italiano in particolare è stato caratterizzato dalla presenza fisica di banche localistiche che hanno accompagnato efficacemente per un lungo periodo lo sviluppo della piccola e media impresa, e la clientela meno sofisticata. Ci sarà bisogno di uno sforzo di adeguamento alla nuova realtà di servizi. Alcuni studi recenti parlano di desertificazione bancaria in aree intere del paese, e di fenomeni di arretramento finanziario. Secondo i dati più recenti, al 2023 il 41,5% dei comuni italiani (circa 3.300 comuni) non ha più una filiale bancaria sul proprio territorio. Questo ha lasciato oltre 4,3 milioni di persone senza accesso diretto a servizi bancari nella propria area di residenza. Il fenomeno è stato particolarmente accentuato in regioni come le Marche, che ha registrato una riduzione del 6,7% degli sportelli, seguita da Abruzzo e Lombardia con un calo del 5,1% ciascuna. Tra il 2015 e il 2023, il 13% dei comuni italiani ha visto chiudere l’ultimo sportello bancario disponibile. Questa riduzione degli sportelli bancari ha avuto un impatto negativo soprattutto sulle imprese locali e sugli anziani, che spesso hanno maggiori difficoltà ad accedere ai servizi bancari online. Infatti, solo il 51,5% degli italiani utilizza servizi di internet banking, un dato inferiore alla media europea che è del 63,9%. Fenomeni simili si registrano anche in alcuni paesi d’Europa. In sintesi, il settore bancario italiano e europeo è in piena trasformazione, spinto da tecnologie digitali, nuove regolamentazioni e un processo di consolidamento che punta a ridurre i rischi e aumentare la competitività nel contesto globale. Il cambiamento è in atto e trasformerà completamente il nostro modo di intendere e utilizzare la banca. 46 Per il momento ci sono regole comuni. L’obiettivo, tuttavia, è creare un sistema unico di garanzia dei depositi per tutta l’Unione Europea, anziché affidarsi esclusivamente ai sistemi nazionali. Non è ancora stato pienamente implementato a causa di divergenze politiche tra i paesi membri, in particolare tra quelli che temono una condivisione dei rischi troppo elevata senza adeguati strumenti di controllo. 74 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Altri intermediari creditizi L’esercizio del credito in Italia si sta diversificando sempre di più, grazie alla presenza crescente di società di credito al consumo e di altri intermediari finanziari. Questi soggetti, insieme alle banche, offrono diversi strumenti per finanziare le necessità di famiglie e imprese, con forme di credito come il prestito finalizzato, il prestito personale, la cessione del quinto, il leasing finanziario e il factoring. Ecco una panoramica aggiornata con qualche riferimento a dati recenti. Prestito finalizzato Il prestito finalizzato è una delle forme più comuni di credito al consumo, usato spesso per finanziare l’acquisto di beni specifici come auto o elettrodomestici. Il consumatore lo ottiene direttamente presso il punto vendita grazie a convenzioni tra rivenditori e banche o società finanziarie. Nel 2023 il prestito finalizzato ha mostrato una crescita significativa, con un incremento del +14,1%, particolarmente nel settore automotive, sostenuto dalla ripresa delle immatricolazioni di veicoli nuovi e dagli incentivi per auto green. Anche altri settori, come l’arredamento e l’elettronica, hanno beneficiato degli ecobonus e delle opzioni di acquisto a rate . Prestito personale Il prestito personale permette ai consumatori di ottenere una somma di denaro per soddisfare esigenze varie, senza vincolo di destinazione. La somma viene concessa in un’unica soluzione e restituita a rate. Le richieste di prestito personale contano importi medi intorno agli 11.000 euro, anche se circa il 54% delle richieste è per importi inferiori ai 5.000 euro. In Italia operano diverse decine di società finanziarie autorizzate a concedere prestiti personali, molte delle quali utilizzano anche piattaforme digitali per facilitare l’accesso al credito. Nel 2023 le richieste di prestiti sono cresciute in maniera più consistente in regioni come Lazio, Abruzzo e Piemonte, con incrementi superiori al 30% rispetto all’anno precedente. Cessione del quinto La cessione del quinto è una forma di finanziamento destinata a lavoratori dipendenti e pensionati. Il rimborso avviene attraverso una trattenuta diretta sullo stipendio o sulla pensione (fino a un massimo del 20%). Leasing finanziario Il leasing finanziario è uno strumento ampiamente utilizzato per finanziare beni ad alto costo, come veicoli e attrezzature aziendali. Con il leasing un soggetto acquista il bene per conto del cliente, che lo utilizza per un determinato periodo pagando canoni periodici. Alla fine del contratto, il cliente può scegliere di restituire il bene o riscattarlo pagando un valore residuo. L’intermediario acquista per nostro conto e ci finanzia l’uso. Le aziende attive nel settore del leasing sono numerose, spesso specializzate in settori, come il leasing strumentale, immobiliare e automobilistico. Le nuove operazioni stipulate nel 2023 hanno superato i 600.000 contratti, con un’ampia partecipazione da parte delle Piccole e Medie Imprese, che rappresentano circa l’85,4% delle imprese sottoscrittrici. Factoring Il factoring è un’operazione utilizzata dalle imprese per migliorare la liquidità attraverso la cessione dei crediti commerciali a una società specializzata (il factor), che in cambio fornisce immediata liquidità. Le imprese possono scegliere tra factoring pro solvendo, in cui il rischio di insolvenza rimane a carico del cedente, e factoring pro soluto, in cui il factor si assume il rischio del mancato pagamento. Nel 2021 il mercato del factoring ha raggiunto i 250 miliardi di euro in Italia. 75 Capitolo IV: Il sistema finanziario e gli intermediari Costi del finanziamento: TAN e TAEG Quando si accede a un prestito è importante valutare i costi associati. Due indicatori chiave per comprenderli sono: • TAN (Tasso Annuo Nominale): il tasso di interesse puro, che non include spese o commissioni. • TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale): il tasso che comprende tutti i costi del finanziamento, come interessi, spese e commissioni, ed è l’indicatore principale per confrontare le offerte di prestito. Gli intermediari assicurativi Gli intermediari assicurativi svolgono un ruolo cruciale nella gestione e redistribuzione dei rischi legati a eventi incerti, come il danno, la morte o l’infortunio. Questi professionisti sono autorizzati e iscritti a un albo specifico e operano sotto la vigilanza dell’IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni), che garantisce la correttezza e la trasparenza delle loro attività. Esistono principalmente due grandi categorie di copertura del rischio gestite dagli intermediari assicurativi: 1. Ramo Vita Gli intermediari del Ramo Vita offrono coperture assicurative che riguardano la vita umana, e prevedono prestazioni in forma di capitale o rendita al verificarsi di eventi come la morte o la sopravvivenza dell’assicurato. Questi contratti possono essere suddivisi in due tipologie principali: • Copertura per decesso: L’intermediario garantisce il pagamento di un capitale ai beneficiari designati in caso di morte dell’assicurato. Questo tipo di polizza è spesso utilizzato per proteggere le famiglie da perdite finanziarie improvvise o per estinguere debiti come il mutuo. • Copertura per sopravvivenza: Garantisce il pagamento di un capitale o una rendita all’assicurato stesso in caso di sopravvivenza a una data stabilita. 2. Ramo Danni Nel Ramo Danni gli intermediari assicurativi offrono protezione contro eventi imprevisti che possono colpire la persona, i beni materiali o il patrimonio. Le principali tipologie di copertura in questo ambito sono: • Coperture per la persona: Polizze che tutelano da malattie, infortuni o disabilità. • Coperture per le cose: Polizze contro furti, incendi o danni a proprietà personali. • Coperture per il patrimonio: Polizze di responsabilità civile, come la classica RC auto, che coprono i danni causati a terzi o a proprietà altrui. Il settore RC Auto è uno dei più comuni e rilevanti nel Ramo Danni, poiché garantisce la copertura obbligatoria contro i danni causati a terzi in caso di incidenti stradali. Ad essa le compagnie abbinano spesso protezioni opzionali contro furto, incendio o danni propri. Per effettuare questo servizio gli intermediari assicurativi devono avere sistemi adeguati per valutare la probabilità che si realizzi un determinato evento negativo (ad esempio il furto di un’auto o un incidente) e per ripartire tra gli assicurati il potenziale danno mediante canoni assicurativi in linea con la probabilità statistica. In fondo l’intermediario assicurativo è un promotore di mutualità. Raccoglie clienti con problemi simili di copertura di un rischio, e chiede un pagamento periodico (rata dell’assicurazione) per coprire il rischio comune. Sui grandi numeri la cosa funziona. Concentrazione del mercato In Italia operavano nel 2023 85 imprese di assicurazione nazionali e 4 rappresentanze di imprese extra SEE. Erano autorizzati 234.713 intermediari di assicurazione (agenti, broker, etc.). 76 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA È un settore piuttosto concentrato, con poche aziende che dominano il mercato. I primi cinque gruppi assicurativi47 detenevano oltre il 50% della quota di mercato in Italia, segno della specializzazione e della difficoltà per nuovi operatori di entrare nel settore. L’evoluzione del settore assicurativo in Italia vede una crescente digitalizzazione, con molti intermediari che offrono servizi online per rendere più agevole l’accesso ai prodotti assicurativi da parte dei consumatori. I principali intermediari mobiliari in Italia Gli intermediari mobiliari sono società e imprese che operano nel settore dei servizi di investimento e nella gestione collettiva dei risparmi, svolgendo un ruolo cruciale nei mercati finanziari. Queste attività sono strettamente regolate dal Testo Unico della Finanza (TUF), che disciplina le funzioni di intermediazione mobiliare e gli obblighi degli operatori. Servizi e attività di investimento Le attività di investimento sono quelle definite all’art. 5 del TUF e includono: • Negoziazione per conto proprio: l’intermediario acquista e vende strumenti finanziari per il proprio portafoglio. • Esecuzione di ordini per conto dei clienti: l’intermediario esegue gli ordini di acquisto o vendita per conto del cliente. • Assunzione a fermo e collocamento: l’intermediario si impegna irrevocabilmente a collocare strumenti finanziari presso gli investitori. • Gestione di portafogli: l’intermediario gestisce gli investimenti del cliente in base a un mandato. • Ricezione e trasmissione di ordini: l’intermediario riceve ordini dai clienti e li trasmette a un altro operatore per l’esecuzione. • Consulenza in materia di investimenti: l’intermediario fornisce consulenze su quali strumenti finanziari investire. • Gestione di sistemi multilaterali e organizzati di negoziazione: l’intermediario gestisce piattaforme che facilitano la compravendita di strumenti finanziari. Tipologie di intermediari mobiliari 1. SIM (Società di Intermediazione Mobiliare). Le SIM sono state introdotte per sostituire i vecchi agenti di cambio e sono regolamentate dalla Consob. Sono abilitate a operare nei mercati regolamentati italiani, comunitari ed extracomunitari riconosciuti dalla Consob. Le SIM e le banche possono offrire l’intera gamma di servizi di investimento, ma nel caso delle gestioni di portafogli possono gestire solo portafogli individuali. 2. SGR (Società di Gestione del Risparmio). Le SGR sono autorizzate a offrire servizi di gestione collettiva del risparmio, cioè la gestione di fondi comuni d’investimento. Istituite nel 1998,48 le SGR sono sottoposte alla vigilanza della Banca d’Italia, della Consob e del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Possono anche gestire portafogli individuali per conto di terzi, sempre previa autorizzazione della Banca d’Italia, che agisce in coordinamento con la Consob. 3. SICAV (Società di Investimento a Capitale Variabile). Le SICAV sono società di investimento che raccolgono capitale offrendo azioni proprie agli investitori. Una particolarità delle SICAV è che il loro capitale è variabile, ovvero cambia in base alle sottoscrizioni e ai rimborsi richiesti dagli investitori. L’oggetto principale delle SICAV è investire il patrimonio raccolto, distribuendo i rendimenti generati agli azionisti. 47 Generali, Gruppo Assicurativo Poste Vita, Gruppo Assicurativo Intesa San Paolo Vita, UnipolSai, Allianz. 48 Decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58. 77 Capitolo IV: Il sistema finanziario e gli intermediari Concentrazione del mercato Il settore degli intermediari mobiliari in Italia è molto regolamentato e, come negli altri settori finanziari, è soggetto a una forte concentrazione. Un numero limitato di grandi gruppi finanziari domina il mercato, offrendo una gamma completa di servizi di investimento, gestione e consulenza. Nei capitoli successivi verrà approfondito il funzionamento delle gestioni collettive del risparmio, ovvero i fondi comuni di investimento, che rappresentano una delle forme più diffuse di investimento gestito collettivamente. 79 Superata l’adolescenza, quando iniziamo a lavorare o risparmiamo i primi soldi, ci troviamo a gestire il denaro in eccesso. La prima decisione che facciamo, spesso inconsciamente, è se conservare i nostri soldi in un luogo sicuro, come a casa o in una cassetta di sicurezza offerta da un intermediario, oppure se trasferirli ad altri, magari temporaneamente, in cambio di un rendimento (come interessi o dividendi). Abbiamo capito che anche un semplice deposito bancario è una forma di trasferimento, perché giuridicamente è un prestito alla banca, che si impegna a restituire il capitale, ma non necessariamente le stesse banconote. Prima di approfondire il tema degli investimenti, riflettiamo sul concetto di trasferimento di risorse: può essere temporaneo (gratuito o con un costo) o definitivo, come nel caso di una donazione o di una successione. Il trasferimento a titolo definitivo Nel corso della vita, può emergere la necessità di trasferire a titolo definitivo i propri beni a terzi, che si tratti di familiari, amici o enti benefici. Le due principali modalità giuridiche attraverso cui ciò può avvenire sono la donazione e la successione. Questi due strumenti, pur avendo obiettivi simili, si differenziano profondamente nei tempi, nei modi e nelle implicazioni legali. 1. La donazione La donazione è un atto giuridico con cui una persona (il donante) trasferisce, in vita, uno o più beni a favore di un’altra persona (il donatario), in modo gratuito. Questo può riguardare denaro, beni mobili, immobili, o altri diritti. Caratteristiche della donazione: Gratuità: Il donante non riceve nulla in cambio del bene donato. Semplicità: La donazione permette un trasferimento immediato dei beni. Irrevocabilità: Di norma, la donazione è irrevocabile, salvo casi specifici, come l’ingratitudine del donatario o il mancato adempimento di eventuali condizioni legate alla donazione. Forma scritta: La donazione di beni immobili richiede la forma dell’atto pubblico, alla presenza di un notaio e di due testimoni, per garantire la validità dell’operazione. 2. La successione La successione è il meccanismo giuridico attraverso il quale il patrimonio di una persona (il defunto) viene trasferito ai suoi eredi dopo la morte. La successione può essere legittima, quando avviene secondo le regole previste dalla legge, o testamentaria, se il defunto ha redatto un testamento che disciplina la distribuzione dei suoi beni. Tipologie di successione: Successione legittima: Se non esiste un testamento, i beni vengono distribuiti tra gli eredi legittimi (coniuge, figli, altri parenti) secondo quanto previsto dal codice civile. Successione testamentaria: Se il defunto ha lasciato un testamento, i suoi beni verranno distribuiti secondo le sue volontà, rispettando però le quote di legittima riservate agli eredi stretti. CAPITOLO V: La gestione del denaro in eccesso: investimenti e finanziamenti 80 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Caratteristiche della successione: Aspetto temporale: La successione ha effetto solo dopo la morte del soggetto. Quote legittime: La legge italiana protegge determinati eredi (coniuge, figli, ascendenti) riservando loro una parte del patrimonio, che non può essere esclusa neanche con un testamento. Differenze principali Tempistiche: La donazione avviene in vita, la successione ha luogo solo alla morte. Finalità: La donazione è spesso uno strumento utilizzato per gestire la ricchezza in vita, mentre la successione organizza la trasmissione del patrimonio post mortem. Considerazioni fiscali Entrambi gli strumenti comportano implicazioni fiscali, come le imposte di donazione e successione, che variano a seconda del grado di parentela tra donante/donatario o defunto/eredi e del valore dei beni trasferiti. Il trasferimento transitorio a titolo gratuito o oneroso Il trasferimento temporaneo delle risorse di nostra proprietà può essere a titolo gratuito o a titolo oneroso ed interessare sia beni reali come immobili, terreni, rami di azienda, che attività finanziarie vere e proprie o denaro. Il legislatore si è preoccupato nel tempo di definire le modalità di trasferimento, stabilendo forma, limiti, minime informazioni e regole da concordare tra le parti. Obiettivo del legislatore è regolare il flusso e gli obblighi tra le parti e verso terzi, verificare la imponibilità fiscale, garantire la tracciabilità per eventuali controlli, assicurare la tutela dei soggetti deboli e la corretta informazione delle parti. Comodato Quando un bene reale o un ramo d’azienda viene trasferito temporaneamente per scopi filantropici o sociali, ad esempio sotto forma di prestito d’uso a una cooperativa per finalità sociali, si parla di comodato. Il comodato è un contratto con cui una parte (comodante) concede a un’altra parte (comodatario) l’uso di un bene mobile o immobile, stabilendo un periodo o una destinazione d’uso specifica. Il comodatario è obbligato a restituire lo stesso bene ricevuto al termine dell’accordo. Nel contratto di comodato si specificano il tempo di utilizzo, le responsabilità reciproche e le modalità di risoluzione delle dispute, che coprono tutto il periodo in cui il contratto è in vigore. Prestito infruttifero Nel contesto quotidiano è comune il trasferimento di denaro senza la previsione di interessi, spesso per aiutare un parente o un amico in difficoltà, o per finanziare l’avvio di una nuova attività imprenditoriale. Questo tipo di accordo prende il nome di prestito infruttifero. Il legislatore consente tali trasferimenti, anche per somme non modeste, a patto che abbiano un carattere occasionale, che intercorra un legame personale (come parentela, amicizia o vincolo sociale) tra le parti, e che il prestito sia effettuato in forma scritta e tracciabile. È fondamentale indicare la dicitura “prestito infruttifero” nel bonifico, e conservare un documento che attesti il trasferimento temporaneo del denaro. 81 Capitolo V: La gestione del denaro in eccesso; investimenti e finanziamenti Questo accorgimento serve a prevenire attività finanziarie occulte, come il credito surrettizio (che richiede autorizzazioni specifiche) o attività illecite come il riciclaggio di denaro.49 Prestiti onerosi e partecipazioni Nella maggior parte dei casi i flussi di denaro avvengono a titolo oneroso, ovvero con la previsione di un reddito o diritti di vario tipo. Nei contratti di prestito oneroso chi presta i fondi si priva temporaneamente della loro disponibilità, in cambio della promessa di restituzione con l’aggiunta di un interesse. Nei contratti di partecipazione, invece, si entra a far parte di un’impresa, partecipando ai suoi utili e acquisendo diritti amministrativi. Il trasferimento a titolo oneroso: quadro normativo Il trasferimento tra privati a titolo oneroso di risorse viene comunemente chiamato investimento. La modalità con cui trasferisco le mie risorse può essere molto diversa. Il Testo Unico della Finanza (TUF) elenca in modo dettagliato le varie forme di prodotti finanziari e strumenti per i trasferimenti di denaro, disciplinando ogni aspetto tramite regolamenti nazionali e comunitari.50 1. Azioni: Quote di partecipazione al capitale di una società. Conferiscono diritti amministrativi e patrimoniali, come il diritto di voto e la partecipazione agli utili. 2. Obbligazioni: Titoli di debito emessi da società o enti pubblici che conferiscono il diritto a ricevere, alla scadenza, il rimborso del capitale e gli interessi. 3. Strumenti finanziari derivati: Contratti il cui valore deriva da quello di un altro bene o strumento finanziario (detto “sottostante”). Possono includere futures, options, swaps e contratti a termine. 4. Titoli di Stato: Strumenti emessi dai governi per finanziare il debito pubblico. In Italia i titoli di Stato includono i BOT (Buoni Ordinari del Tesoro), i BTP (Buoni del Tesoro Poliennali) e i CCT (Certificati di Credito del Tesoro). 5. Quote di fondi comuni di investimento: Rappresentano la partecipazione a un fondo comune, ovvero a un patrimonio collettivo gestito da una società di gestione del risparmio (SGR). 6. Covered Warrant: Strumenti finanziari che conferiscono il diritto di acquistare o vendere attività sottostanti, come azioni o obbligazioni, a un prezzo predeterminato entro una certa data. 7. Obbligazioni convertibili: Titoli di debito che danno la possibilità di essere convertiti in azioni a condizioni prefissate. 8. Certificates: Strumenti finanziari derivati che permettono di investire in vari asset finanziari, come indici, azioni, valute, materie prime, con l’opzione di protezione del capitale. 9. Titoli strutturati: Strumenti complessi che combinano obbligazioni tradizionali con derivati, per offrire profili di rendimento particolari. 10. Exchange Traded Funds (ETF): Fondi o comparti di fondi comuni che replicano indici di borsa e sono negoziati come azioni nei mercati regolamentati. 49 Il prestito a titolo oneroso, ovvero l’attività di concessione di prestiti con l’applicazione di un interesse o di altri compensi, è regolamentato dalla legge e richiede specifiche autorizzazioni, in particolare se esercitato come attività professionale o su larga scala. Chi effettua questa attività senza le dovute autorizzazioni si espone a gravi rischi legali. In Italia, l’esercizio abusivo del credito è un reato disciplinato dall’art. 132 del Testo Unico Bancario (TUB), che prevede sanzioni penali. Chi concede prestiti senza l’autorizzazione della Banca d’Italia o degli altri organi competenti può incorrere in: • Sanzioni amministrative: da €5.000 a €50.000. • Sanzioni penali: la reclusione fino a 4 anni e una multa fino a €100.000, nel caso in cui si configuri l’esercizio abusivo del credito. • Rischio di nullità dei contratti: i contratti stipulati senza autorizzazione potrebbero essere dichiarati nulli e l’attività potrebbe essere considerata usura se i tassi applicati superano la soglia fissata dalla legge antiusura. 50 Testo Unico della Finanza (TUF), all’art. 1, comma 2. 82 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Il TUF regola inoltre i contratti derivati su merci, i diritti di opzione e altre tipologie di strumenti innovativi o atipici che possono essere ammessi alla negoziazione nei mercati regolamentati. Questi strumenti finanziari possono essere utilizzati per obiettivi di investimento, gestione del rischio, speculazione o raccolta di capitale da parte di società e investitori. Sono tutti strumenti tipici e regolamentati. Ci soffermeremo nei prossimi capitoli su alcuni di essi che potrebbero più facilmente far parte del nostro quotidiano. Cosa giustifica il rendimento? Il rendimento di un investimento è la differenza tra quanto trasferiamo e quanto ci viene restituito. Nel caso dei contratti di prestito si parla di interessi, ovvero di una somma di denaro aggiuntiva alla restituzione del capitale. Il rendimento di un investimento è giustificato da diverse ragioni, che riflettono la necessità di compensare chi cede temporaneamente il proprio capitale a terzi. Le principali giustificazioni razionali sono: 1. Remunerazione del costo opportunità Il costo opportunità rappresenta il mancato guadagno che si sopporta non potendo impiegare il cap itale in altre opportunità. Quando si presta denaro o si investe in un’attività finanziaria, si rinuncia a usare quei fondi per altre occasioni che potrebbero emergere. Il rendimento atteso deve quindi compensare questa rinuncia, offrendo una remunerazione che tenga conto delle opportunità mancate. Ad esempio, se vincoliamo il capitale per tre anni e nel frattempo si presenta un’occasione immobiliare a un prezzo vantaggioso, non potremo coglierla senza incorrere in costi di disinvestimento. 2. Protezione dalla perdita di potere d’acquisto L’inflazione erode il potere d’acquisto del denaro nel tempo. Nel 2022 e 2023 l’Italia e l’Europa hanno sperimentato un improvviso rialzo dell’inflazione. Senza un rendimento sufficiente a compensare questo aumento dei prezzi, il denaro prestato o investito avrebbe perso in quegli anni valore reale. In generale se un investimento non genera un ritorno pari almeno al tasso d’inflazione, il prestatore vedrà ridotta la capacità di acquistare lo stesso paniere di beni al termine del periodo d’investimento. Pertanto, il rendimento deve compensare la perdita di potere d’acquisto per mantenere il valore reale del capitale investito. 3. Assicurazione dal rischio Il rischio è sempre presente nei contratti finanziari. Quando si presta denaro c’è il rischio di default (mancato pagamento del capitale e degli interessi) o di un ritardo significativo nei pagamenti promessi. Chi investe in partecipazioni o azioni corre il rischio che l’impresa non generi utili, o addirittura che fallisca, compromettendo non solo i dividendi, ma anche il valore dell’investimento stesso. In un fallimento aziendale gli azionisti sono tra gli ultimi a essere rimborsati, dopo i creditori, e potrebbero ricevere solo una frazione del valore residuo. Per compensare questi rischi il rendimento include una premialità di rischio, che varia in base alla rischiosità del tipo di contratto o strumento finanziario. 83 Capitolo V: La gestione del denaro in eccesso; investimenti e finanziamenti Conclusione Il rendimento atteso dagli investimenti si giustifica, quindi, come una somma che compensa il costo opportunità, l’inflazione e il rischio di default o perdite legate all’investimento. Questo equilibrio tra rischio e rendimento è un concetto chiave nei mercati finanziari, ed è alla base delle decisioni di investimento. Liceità dell’interesse e distinzione tra interesse e usura Il prestito e la concessione di interessi sono forme molto antiche di relazione tra gli individui. Le prime forme di prestito erano ovviamente in materie prime, necessarie per l’agricoltura o la caccia e la difesa. Grano e ferro ad esempio. Chi aveva le risorse le metteva a disposizione e in cambio riceveva un premio o rendimento. Seppure ben diffusa da sempre, questa pratica è stata spesso oggetto di critiche in nome della preminenza del lavoro rispetto al capitale nelle attività economiche. In alcune culture la richiesta di interessi ha assunto addirittura un carattere peccaminoso. Il diritto islamico ad esempio vieta il prestito a interesse, qualunque sia il tasso o lo scopo del prestito. La Riba (usura) è infatti il quinto peccato in ordine di gravità secondo la teologia islamica. Come si sono organizzate quindi queste culture per lo scambio di capitali? Nella pratica si sono organizzate forme simili. L’Islam si limita a proibire la determinazione a priori del costo dei capitali. I detentori di capitali possono tuttavia effettuare “investimenti” consentendo ad altre persone (mudarib) di utilizzare i loro fondi a fini produttivi: gli eventuali profitti vanno divisi con i mudarib, mentre le perdite sono a carico dei proprietari del capitale. Questo tipo di accordo, detto mudaraba, è compatibile con la posizione dell’Islam a proposito della funzione del capitale come fattore di produzione. Il sistema bancario islamico riceve i depositi sotto forma di mudaraba e investe le risorse stipulando un altro accordo di mudaraba con i suoi clienti. Le religioni cristiane sono passate da un atteggiamento fortemente critico (di cui si hanno diverse tracce sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento) ad una graduale accettazione soprattutto nelle forme moderate e corrette. Nel pensiero dei primi padri della Chiesa come Tommaso d’Aquino si affermava che il denaro è sterile in senso morale: il denaro non può produrre denaro, il suo scopo è essere un mezzo di scambio per beni utili ed essere consumato nell’uso. Con il Medioevo e lo sviluppo dei commerci il pensiero cattolico ha assorbito le necessità del nuovo mondo. Nel XV secolo San Bernardino da Siena ha affermato che il prestito bancario alle imprese va remunerato perché il denaro è produttivo in quanto consente di acquistare il tempo necessario per effettuare la produzione. Nacquero così i monti di pietà (e a Siena il Monte dei Paschi), istituti di credito non usurari. Il primo fu fondato a Perugia nel 1462 dal francescano Michele Carcano. La bolla papale di Leone X, Inter multiplices, del 1515 rimosse ogni dubbio circa la liceità di riscuotere un interesse sui prestiti erogati. In generale gli ordinamenti civili consentono e anzi favoriscono il trasferimento sotto forma di prestito tra soggetti, come forma di efficienza complessiva del sistema economico perché il denaro può in questo modo essere volontariamente diretto dai risparmiatori verso gli impieghi produttivi. L’interesse è la remunerazione accettata di questo scambio tra individui. In molti casi tuttavia si prevede la fissazione di una soglia limite dell’interesse richiesto oltre la quale il prestito si definisce usuraio, e viene vietato o condannato. Alcune legislazioni stabiliscono in particolare la ‘nullità’ dei contratti che prevedono interessi ‘usurai’. In questi casi la vittima dell’usura non è tenuta a restituire il capitale prestato. In Italia ricorrono gli estremi per il reato penale. Ai sensi dell’art. 644 del codice penale infatti… Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Il limite oltre il quale un tasso di interesse diventa usuraio non è fisso, ma viene calcolato trimestralmente dalla Banca d’Italia tramite il TEGM (Tasso Effettivo Globale Medio). Se abbiamo qualche dubbio sulla liceità dell’interesse di una operazione possiamo quindi collegarci al sito della Banca d’Italia e cercare tra i comunicati stampa quello relativo agli ultimi valori di riferimento. Il linguaggio finanziario: come si comunica l’interesse promesso per un investimento? Quando decidiamo di investire dovremo valutare alternative diverse tenendo conto del profitto che ci attendiamo dall’operazione. Ma come ci viene comunicato questo concetto e sulla base di cosa confrontiamo due diversi investimenti? Il concetto di interesse L’interesse atteso da una operazione finanziaria è la differenza tra capitale richiesto e capitale che riceveremo complessivamente nel periodo di trasferimento. 1 gennaio 2024 Capitale investito 10.000 euro 1 gennaio 2025 Capitale ricevuto 10.500 euro Interesse 500 euro Da un punto di vista formale, definito I l’interesse, K (1) il capitale che riceveremo e K (0) il capitale versato, la formula è la seguente: Questo concetto intuitivo non è sufficiente per confrontare investimenti differenti quando entrano in gioco altri fattori come il tempo o una richiesta di capitale diversa. Le cose cambiano se investiamo 1000 euro o 100.000 euro, così come cambiano se investiamo per un mese o per un anno. Andando per gradi arriveremo al concetto comunemente utilizzato di tasso di interesse semplice o composto. 1. Capitale diverso, stessa durata = valore percentuale dell’interesse Il valore assoluto dell’interesse è una informazione incompleta per comparare questi due investimenti. Una valutazione che posso utilizzare per poter decidere è osservare quanto rende ogni singolo euro nei due casi e scegliere in base a questa considerazione. Per tradizione nel linguaggio finanziario si usa la base ‘100’, ovvero si considera l’interesse prodotto per ogni 100 euro di investimento (tasso di interesse). 84 85 Capitolo V: La gestione del denaro in eccesso; investimenti e finanziamenti 2. Capitale diverso, durata diversa = tasso di interesse semplice Il nostro consulente finanziario aggiunge una informazione in più molto rilevante: la prima operazione rende un interesse di 200 euro in sei mesi e la seconda di 300 euro in un anno. Per confrontare due investimenti che hanno una durata diversa, è necessario standardizzare il rendimento su una base temporale comune, solitamente l’anno. Ci chiediamo dunque quanto rendono 100 euro ogni anno. Questo approccio consente di confrontare i rendimenti in modo rigoroso, tenendo conto del tempo finanziario. Nel nostro esempio: • Rendimento annuale investimento 1: 6,25% in 12 mesi • Rendimento semestrale investimento 2: 6,12% in 6 mesi Per riportare il rendimento semestrale su base annua, ipotizziamo che l’investimento si ripeta nelle stesse condizioni per il secondo semestre. In pratica, raddoppiamo il tasso semestrale: • Rendimento annuo =6,12%×2=12,24% ll rendimento su base annua del secondo investimento risulterebbe del 12,24%, di gran lunga superiore al rendimento su base annua del primo investimento (6,25%). Se il rendimento fosse calcolato ogni mese, bisognerebbe moltiplicare il rendimento mensile per 12, supponendo che il capitale venga reinvestito ogni mese allo stesso tasso. Questo metodo si chiama capitalizzazione semplice, e serve per calcolare il rendimento annuo partendo da periodi più brevi, in modo da confrontare investimenti di diverse durate. Riassumendo: • Semestrale: moltiplichiamo per 2. • Mensile: moltiplichiamo per 12. • Giornaliero: moltiplichiamo per 365. L’uso del tasso di interesse semplice ci permette di ottenere una misura chiara e facile da capire del rendimento del nostro investimento nel tempo. Inoltre, ci consente di confrontarlo con altri investimenti, anche se hanno importi o durate differenti. Per questo motivo, il tasso di interesse semplice è spesso preferito quando si comunica il rendimento. Quando vediamo in una pubblicità che un prodotto offre un rendimento del 4%, a meno che non sia specificato diversamente, significa che in un anno un investimento di 100 euro genererà 4 euro di utile lordo. Se l’importo o il periodo di investimento cambia, anche il guadagno cambierà di conseguenza, in proporzione. La formula per calcolare questo rendimento è molto semplice: basta moltiplicare il capitale investito, il tempo e il tasso di interesse Interesse = Capitale investito * (K) Tasso di interesse semplice* (i) N. anni (o frazioni di anno) (t) I = K * i* t 86 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Interesse e Tempo. Interesse semplice e composto Come varia l’interesse con il variare del tempo di investimento nella formula dell’interesse semplice? In modo lineare, ovvero aumenta in modo proporzionale. Facciamo qualche esempio numerico: per un milione di euro investiti... Interessi… Con un tasso di interesse semplice del 2% Con un tasso di interesse semplice del 20% Dopo un anno 20.000 200.000 Dopo due anni 40.000 400.000 Dopo quattro anni 80.000 800.000 L’ipotesi di base è che non ci sia alcuna remunerazione sugli interessi man mano che maturano. Se invece vogliamo tener conto del reinvestimento degli interessi, dobbiamo usare indicatori diversi. Nella pratica, potresti incontrare termini che considerano anche questo aspetto. Il tasso di interesse composto misura il rendimento assumendo che gli interessi maturati vengano reinvestiti, facendo crescere il capitale in modo esponenziale. A differenza dell’interesse semplice, in base al quale gli interessi sono calcolati solo sul capitale iniziale, con l’interesse composto si calcolano sia sul capitale investito sia sugli interessi già accumulati nei periodi precedenti. Meccanismo dell’interesse composto Immaginiamo che: • K sia il capitale iniziale investito, • I sia il tasso di interesse composto (annuo), • n il numero di anni di investimento. L’interesse composto si basa sulla seguente formula: Kfinale= K× (1+I) n Dove: • Kfinale è il capitale finale dopo n anni, • I è il tasso di interesse espresso in forma decimale (ad esempio, il 5% diventa 0,05), • n è il numero di anni di investimento. Esempio: Se investi 100 euro a un tasso di interesse composto del 5% annuo per 3 anni, il calcolo sarà: Kfinale= 100×(1+0,05)3= 100×1,157625= 115,76 Alla fine del terzo anno il capitale sarà pari a 115,76 euro, con 15,76 euro di interessi accumulati. 87 Capitolo V: La gestione del denaro in eccesso; investimenti e finanziamenti Comportamento esponenziale Il motivo per cui il rendimento è esponenziale risiede nel fatto che, ad ogni periodo, gli interessi generati vengono reinvestiti insieme al capitale, generando interessi sugli interessi. Questo fenomeno fa sì che, con il passare del tempo, il capitale cresca a una velocità sempre maggiore. Facciamo qualche esempio numerico: per un milione di euro investiti... Interessi… Con un tasso di interesse semplice del 2% Con un tasso di interesse composto del 2% Dopo un anno 20.000 20.000 Dopo due anni 40.000 44.000 Dopo tre anni 60.000 72.800 Dopo quattro anni 80.000 107.360 Sconto e valore attuale I concetti di sconto e di valore attuale sono fondamentali per comprendere il rapporto tra il denaro oggi e il denaro nel futuro. Sconto Lo sconto è un processo che ci permette di determinare quanto vale oggi una somma di denaro che riceveremo in futuro. Immagina di dover ricevere 100 euro tra un anno. A causa di fattori come l’inflazione e il fatto che oggi potresti investire quei 100 euro e guadagnare degli interessi, quei 100 euro in futuro valgono meno oggi. Lo sconto ci aiuta a calcolare quanto valgono oggi, prendendo in considerazione il tempo che passa e il tasso di interesse. Questo valore è chiamato valore attuale. Valore attuale Il valore attuale è l’importo di denaro di cui avresti bisogno oggi per ottenere una determinata somma in futuro, dato un tasso di interesse. In pratica, è il contrario dell’interesse composto. Se conosci la somma che riceverai in futuro e il tasso di sconto (o interesse), puoi calcolare quanto quell’importo vale oggi. Formula del valore attuale: La formula per calcolare il valore attuale (VA) è: VA=VF/(1+I)n Dove: • VF è il valore futuro, cioè l’importo che riceverai alla fine dell’investimento, • I è il tasso di interesse (o sconto) per periodo, • n è il numero di periodi (anni, mesi, ecc.). 88 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Quindi, se ricevi 100 euro tra un anno e il tasso di sconto è del 5%, il valore attuale sarebbe: VA=100/(1+0,05)*1=95,24 In altre parole, oggi ti basterebbero 95,24 euro investiti al 5% per ottenere 100 euro fra un anno. In sintesi: • Lo sconto riduce il valore futuro per determinare il suo valore attuale. • Il valore attuale rappresenta quanto vale oggi un importo che otterrai in futuro, tenendo conto del tempo e del tasso di sconto. 89 Investimenti a breve termine: opzioni e strumenti Immagina di avere una somma di denaro sul conto corrente, che non ti serve nell’immediato ma che sei disposto a impiegare per un periodo breve. Non avendo ancora deciso la destinazione finale del capitale, potresti cercare impieghi che abbiano una scadenza entro l’anno, con un profilo di rischio medio-basso. Depositi a tempo (Time Deposits) Una prima opzione è quella di accettare un vincolo con la banca. Mentre un conto corrente è tecnicamente un prestito a vista, che ti permette di prelevare denaro in qualsiasi momento, accettando un vincolo temporale riceverai una remunerazione maggiore. Questo tipo di contratto è noto come Deposito a Tempo o Deposito Vincolato. Se accetti di vincolare la tua somma per un certo periodo (ad esempio, un anno), non potrai richiederne la restituzione fino alla scadenza, a meno che la banca non acconsenta (in genere applicando una penalità come la riduzione degli interessi o una commissione). Esempio: Supponiamo di recarci nella nostra banca di fiducia il 15 aprile del 2023 perché abbiamo una disponibilità di 100.000 euro e di ricevere una proposta di deposito vincolato ad un anno al tasso dell’1%. Potremo quindi depositare 100.000 euro il 15 aprile 2023, con un tasso di 1% annuo e al termine del periodo riceveremo 101.000 euro. Parte di questo guadagno sarà trattenuto come imposta sostitutiva, il che significa che dovrai considerare la differenza tra interesse lordo (l’interesse totale) e interesse netto (quanto effettivamente incassato dopo le tasse). Variabili che influenzano il rendimento Il rendimento di un deposito vincolato dipende da vari fattori, tra cui: • Moneta di denominazione (euro, dollari, ecc.). • Durata del vincolo. • Affidabilità della banca. • Condizioni generali del mercato (in particolare i tassi di interesse fissati dalla Banca Centrale di riferimento). La dinamica recente Dopo anni di tassi di interesse molto bassi o addirittura negativi a causa soprattutto della crisi finanziaria del 2008 e della pandemia, dal 2022 le banche centrali hanno iniziato ad aumentare i tassi di interesse con cui finanziano le banche, allo scopo di ridurre l’uso del denaro e contrastare l’inflazione. Questo ha fatto sì che i tassi sui depositi tornassero a salire in molte valute, creando nuove opportunità per chi investe a breve termine. In Europa il tasso di riferimento della BCE (Banca Centrale Europea) è il tasso al quale la BCE presta denaro alle banche commerciali per un periodo di tempo molto breve, spesso overnight. Dopo un lungo periodo di tassi a zero, la BCE ha aumentato i tassi con cui finanzia le banche fino al 4,5% nel periodo 2022-2024. CAPITOLO VI: Gli investimenti a breve termine CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Cosa accade quando la BCE aumenta questo tasso: • Aumenta il costo del denaro per le banche, che devono pagare di più per ottenere fondi a breve termine. • Aumentano i tassi di interesse sui prestiti e i mutui offerti ai clienti, in quanto le banche trasmettono l’aumento dei costi. • Aumenta la remunerazione sui depositi per attirare liquidità dai clienti. Un modo comune per misurare la remunerazione degli investimenti su varie scadenze è confrontare i tassi che le banche applicano fra di loro per depositi e prestiti, come ad esempio l’Euribor a tre mesi. Il 6 settembre 2024, ad esempio, il tasso Euribor a tre mesi era del 3,51%. Questo significa che, in media, le banche in quel giorno hanno depositato denaro a tre mesi a quel tasso. Dal 2020, le banche si sono adattate al nuovo contesto di tassi positivi, seguendo la linea stabilita dalla BCE. Tasso euribor a tre mesi. L’adeguamento dei depositi delle banche alle condizioni di mercato non è automatico. Come qualsiasi negozio commerciale, anche la banca, che è una sorta di negozio del denaro, cercherà di mantenere il costo della provvista il più basso possibile finché la concorrenza tra istituti, o motivazioni commerciali non la spingano ad essere più remunerativa. Sui principali organi di informazione, o su internet, potrete comunque reperire facilmente i valori giorno per giorno dei tassi euribor rilevati per scadenze diverse, e paragonare questi dati con il tasso che la vostra banca vi propone. La remunerazione per i depositi vincolati varia in base alla valuta di investimento. Per chi investe in dollari USA, ad esempio, l’aumento dei tassi dopo la pandemia è stato particolarmente marcato rispetto a quanto accaduto con l’euro. Per valutare questi andamenti un indicatore utile è il LIBOR (London Interbank Offered Rate), che riflette i tassi sui depositi tra banche internazionali in dollari, con scadenze diverse. 90 91 Capitolo VI: Gli investimenti a breve termine Ad aprile 2023 il LIBOR a tre mesi ha superato il 5%. Questo tasso misura i rendimenti sui depositi tra banche per diverse valute, ed è un punto di riferimento importante sui mercati internazionali per chi investe in dollari. Non tutte le banche centrali agiscono allo stesso modo nella gestione dei tassi di interesse e della politica monetaria, poiché queste istituzioni perseguono obiettivi economici diversi legati alle esigenze dei rispettivi paesi. Ad esempio, mentre alcune banche centrali, come quella cinese, potrebbero abbassare i tassi di deposito per stimolare l’economia, altre, come la Banca Centrale del Venezuela, potrebbero alzarli drammaticamente per contenere l’inflazione o la svalutazione della moneta. Queste differenze nelle politiche monetarie influenzano direttamente la remunerazione dei depositi vincolati. Nei paesi con tassi di interesse più elevati gli investitori possono ottenere rendimenti maggiori per i loro depositi vincolati, mentre nei paesi con tassi più bassi i rendimenti saranno più modesti. Pertanto, le opportunità di investimento variano a seconda della valuta in cui si sceglie di investire e delle condizioni economiche locali. Certificati di deposito Un’alternativa ai depositi a tempo è il Certificato di Deposito (CD). I certificati di deposito (CD) sono strumenti finanziari emessi dalle banche che permettono agli investitori di depositare una somma di denaro per un periodo di tempo prestabilito, in cambio di un interesse garantito e di un titolo che lo rappresenta. Si distinguono da altri strumenti di deposito per la loro trasferibilità: se l’investitore ha bisogno di liquidità prima della scadenza, può vendere il certificato a terzi, mentre nei conti deposito vincolati non è quasi mai possibile smobilizzare il capitale senza incorrere in penali. Questo permette maggiore flessibilità, anche se non potrai comunque richiedere direttamente la restituzione del capitale prima del termine. Come i depositi in conto corrente e i depositi vincolati, i certificati di deposito sono particolarmente apprezzati dagli investitori che cercano un’opzione a basso rischio, dato che il capitale è garantito e, in caso di insolvenza della banca, il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi copre fino a 100.000 euro per depositante per banca. Il rendimento dei certificati di deposito può essere a tasso fisso o a tasso variabile, a seconda delle condizioni offerte dalla banca. Tra le opzioni di tasso fisso, alcuni certificati prevedono un pagamento degli interessi in un’unica soluzione alla scadenza, mentre altri offrono pagamenti periodici. I certificati a tasso variabile, invece, sono legati all’andamento di indici come l’Euribor, maggiorato di uno spread. Obbligazioni a breve termine e Commercial Papers Se preferisci prestare a operatori non bancari, puoi considerare strumenti come le obbligazioni a breve termine o le Commercial Papers. Le Commercial Papers sono strumenti a breve termine, emessi da grandi imprese per raccogliere fondi necessari a coprire il capitale circolante, con una scadenza di solito inferiore a 9 mesi. 92 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Le obbligazioni a breve termine51 offrono una remunerazione sotto forma di interesse, ma sono titoli di debito trasferibili, il che significa che possono essere negoziati in qualsiasi momento sui mercati secondari. La negoziabilità è un aspetto tecnico-contrattuale assai rilevante poiché consente la circolazione degli strumenti finanziari successivamente alla loro emissione, cioè nel cosiddetto mercato secondario. Ogni giorno operatori specializzati quotano le obbligazioni con prezzi di acquisto e di vendita. Una volta potevano circolare anche titoli ‘fisici’ rappresentativi del credito, oggi con la ‘dematerializzazione’ tutto avviene in forma elettronica e la banca depositaria testimonia il possesso e i trasferimenti con comunicazioni specifiche o contabili. La obbligazione viene identificata con un numero particolare chiamato ISIN (ISIN = International Standards Identification Number), riconoscibile presso qualunque operatore finanziario internazionale. Approfondiremo comunque nei prossimi paragrafi il tema delle obbligazioni. Buoni Ordinari del Tesoro (BOT) I BOT sono titoli del debito pubblico italiano a breve termine, con scadenze di 3, 6 o 12 mesi. Il rendimento deriva dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il valore nominale rimborsato alla scadenza. Il prezzo di acquisto è stabilito dall’emittente nell’asta di collocamento ed è sempre “sotto la pari”, ovvero inferiore a 100. Alla scadenza i titoli saranno rimborsati a prezzo pieno (100) ed è proprio questa differenza (in gergo tecnico scarto di emissione) che determina il guadagno per l’investitore. Il rendimento netto dei BOT deve essere calcolato tenendo conto anche della tassazione sul capital gain, ovvero sul guadagno realizzato dall’investitore tramite un prodotto finanziario (attualmente il 12,50% sui Titoli di Stato), e delle commissioni applicate dall’intermediario. Le commissioni che le banche possono applicare per la partecipazione alle aste dei titoli di Stato, come i BOT (Buoni Ordinari del Tesoro), sono stabilite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF). Le commissioni applicabili variano in funzione del tipo di titolo e dell’importo investito. Per quanto riguarda i BOT le commissioni sono regolamentate e non possono superare i seguenti limiti: • Fino a 50.000 euro: la commissione massima è dello 0,05% dell’importo nominale sottoscritto. • Oltre 50.000 euro fino a 1.000.000 di euro: la commissione massima applicabile è dello 0,03%. • Oltre 1.000.000 di euro: la commissione non può superare lo 0,01% dell’importo sottoscritto. Queste commissioni sono stabilite per garantire una trasparenza e un equilibrio tra gli interessi dei risparmiatori e degli intermediari finanziari. Le banche devono attenersi a queste soglie, che sono periodicamente riviste in base alle condizioni del mercato e ai regolamenti aggiornati del MEF. Come tutti gli altri titoli obbligazionari anche i BOT sono negoziabili sul MOT (mercato ordinario titoli) a partire dal giorno successivo a quello di emissione, e possono essere soggetti ad oscillazioni di prezzo in relazione all’andamento del mercato. Il prezzo iniziale è stabilito durante l’asta per il collocamento dei titoli; le aste dei BOT annuali e semestrali sono fissate dal Ministero del Tesoro che ne pubblica il relativo calendario ufficiale. Indicativamente le aste dei BOT annuali si tengono a metà mese mentre quelle dei titoli semestrali a fine mese. Le emissioni dei BOT 51 Le Obbligazioni sono titoli di debito (per il soggetto che li emette) e di credito (per il soggetto che li acquista) che rappresentano una parte di debito acceso da una società o da un ente pubblico per finanziarsi. Garantiscono all’acquirente il rimborso del capitale (al termine del periodo prestabilito) più un interesse (la remunerazione che spetta a chi acquista obbligazioni in cambio della somma investita). Nel nostro caso consideriamo le obbligazioni a breve termine, ovvero con scadenza all’emissione o residua inferiore all’anno. Nel titolo sono considerati tutti gli elementi della ‘obbligazione’ finanziaria, ovvero debitore, valuta di regolamento, flussi di pagamento intermedi (cedole) e finale (rimborso). La caratteristica peculiare delle obbligazioni rispetto ad altre forme di credito è la trasferibilità mediante girata e negoziazione in modo immediato. Negli altri casi (come mutui e prestiti tradizionali) il trasferimento di titolarità non è immediatamente attuabile, ma richiede procedure abbastanza complesse (la cessione del credito) e onerose (costi di transazione). 93 Capitolo VI: Gli investimenti a breve termine a 3 mesi vengono effettuate in base ad esigenze di tesoreria, non sono calendarizzate e si svolgono generalmente a metà mese. Questo è ad esempio il risultato complessivo dell’asta BOT 12 mesi del 28 giugno 2023: codice ISIN IT0005529752; durata 196 giorni; data di scadenza 12 gennaio 2024; data dell’asta 28 giugno 2023; importo offerto in euro 1.500,000.000 prezzo medio ponderato 98,058; rendimento medio ponderato 3,637%. Gestione patrimoniale monetaria e fondi comuni monetari Finora abbiamo considerato operazioni di investimento dirette, per le quali ci avvaliamo di operatori specializzati, ma manteniamo il controllo su quando, come e in cosa investire. Tuttavia, esiste un’alternativa: delegare un gestore autorizzato e specializzato, che operi per nostro conto secondo le regole concordate. Nel caso di investimenti a breve termine è importante includere tra le regole di gestione criteri come l’orizzonte temporale breve e la facile negoziabilità degli strumenti finanziari scelti. Gestione patrimoniale e fondi comuni: due forme di delega Le principali modalità di delega sono: 1. Gestione patrimoniale: adatta anche per investimenti di tesoreria o a breve termine. 2. Partecipazione a un fondo comune, come un fondo monetario o a breve termine. Gestione patrimoniale Con la gestione patrimoniale, il risparmiatore affida la gestione del proprio capitale a un soggetto autorizzato, che può essere una Società di Gestione del Risparmio (SGR), una Società di Intermediazione Mobiliare (SIM) o una banca abilitata a prestare tale servizio. Il rapporto tra cliente e gestore viene formalizzato tramite un mandato fiduciario, in cui il gestore ha un margine di discrezionalità, ma sempre nel rispetto delle linee guida stabilite dal cliente e dalle norme. Fondi comuni e SICAV In alternativa, il risparmiatore può investire in fondi comuni o SICAV (Società di Investimento a Capitale Variabile). In questo caso il capitale investito viene unito a quello di altri risparmiatori, formando un patrimonio collettivo gestito dalla SGR. Il fondo viene suddiviso in quote che danno diritto agli stessi rendimenti proporzionali. Questa modalità prevede che il risparmiatore non possa influire sulle decisioni d’investimento del gestore. Differenze tra gestione patrimoniale e fondi comuni La differenza principale tra la gestione patrimoniale e i fondi comuni riguarda il livello di personalizzazione: • Gestione patrimoniale: ogni cliente ha un conto individuale intestato a suo nome, e tutte le operazioni sono registrate specificamente per quel conto. Il gestore segue un piano d’investimento personalizzato, definito dal cliente. • Fondi comuni: il capitale del risparmiatore confluisce in un patrimonio collettivo. Non è possibile indicare le modalità di impiego dei capitali, ma si può scegliere tra vari fondi che rispecchiano obiettivi e strategie diverse. 94 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Vantaggi dei fondi comuni Nonostante la gestione meno personalizzata, i fondi comuni offrono alcuni vantaggi significativi, soprattutto per chi dispone di importi ridotti: • Diversificazione: con un investimento relativamente basso, si ottiene accesso a un portafoglio diversificato, riducendo il rischio specifico. • Facilità di liquidazione: i fondi comuni offrono maggiore liquidabilità, consentendo di riscattare facilmente le proprie quote. • Trasparenza: il valore delle quote viene pubblicato giornalmente, permettendo ai risparmiatori di monitorare costantemente l’andamento dell’investimento. Scelta del fondo e del gestore La scelta di un fondo comune si basa su una serie di parametri che possono essere verificati attraverso il KIID (Key Investor Information Document), un documento che contiene informazioni fondamentali, tra cui: • Finalità e politica d’investimento: dove e in cosa investe il fondo. • Profilo di rischio-rendimento: con un indicatore sintetico che varia da 1 (basso rischio) a 7 (alto rischio). • Costi: come le commissioni di gestione, di sottoscrizione e di performance. • Rendimenti passati: una panoramica sui risultati degli anni precedenti. Valutazione della qualità del gestore Per valutare le capacità del gestore, è possibile avvalersi di società di rating specializzate, come ad esempio Morningstar o FIDA, che analizzano e valutano i fondi e le società di gestione attraverso indicatori qualitativi e quantitativi. Queste valutazioni sono espresse in stelle o coroncine, con un maggior numero di simboli che indica una migliore performance storica o una più alta affidabilità del gestore. 95 Se il nostro orizzonte temporale supera l’anno, possiamo prendere in considerazione forme di investimento con un profilo di rischio più elevato o che richiedono un impegno di tempo maggiore rispetto agli strumenti monetari a breve termine. Il mercato finanziario offre un’ampia gamma di strumenti per questo tipo di investimenti e, con lo sviluppo dell’industria finanziaria, le innovazioni di prodotto si sono moltiplicate negli ultimi anni. Principali famiglie di prodotti finanziari Possiamo suddividere gli strumenti finanziari in macro-famiglie, in base alla tipologia di contropartita richiesta e al profilo di rischio/rendimento. 1. Prodotti di credito. Nei prodotti di credito, l’investitore presta denaro in cambio della promessa di restituzione del capitale e di un compenso, chiamato interesse. Per chi presta (il datore di fondi) c’è un’uscita iniziale di capitale, seguita da entrate previste in tempi successivi. Per il debitore, invece, vi è un’entrata certa di capitale seguita da uscite pianificate per il rimborso. La negoziabilità di questi strumenti permette di accedere anticipatamente ai capitali investiti, ma il rendimento finale dipenderà dal prezzo di vendita sul mercato secondario. 2. Prodotti di partecipazione. I prodotti di partecipazione permettono di prendere parte alla vita di un’azienda da due punti di vista: – Patrimoniale: il detentore di questi strumenti ha diritto a ricevere una quota degli utili distribuiti dall’azienda e, in caso di liquidazione, il valore di realizzo proporzionale alla sua partecipazione. – Amministrativo: i titolari di questi strumenti hanno diritto di voto nelle assemblee aziendali, influenzando le decisioni strategiche. 3. Prodotti ibridi. Ci sono poi strumenti che combinano le caratteristiche di credito e partecipazione, come le obbligazioni convertibili. Questi strumenti offrono la possibilità di convertire il prestito iniziale in azioni della società emittente, fornendo così un profilo di rischio/rendimento misto. Altri esempi includono i prodotti strutturati, che combinano diverse componenti finanziarie, come obbligazioni e derivati. 4. Strumenti derivati e opzioni. – Derivati: sono strumenti il cui valore dipende dall’andamento di un bene sottostante (ad esempio, azioni, obbligazioni o materie prime). I derivati possono essere utilizzati sia per la copertura dei rischi sia per la speculazione. – Opzioni: concedono al titolare il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare o vendere un bene a un prezzo stabilito entro una certa data. Questi strumenti consentono una gestione più flessibile delle strategie di investimento e di gestione del rischio. Prodotti di credito: le obbligazioni Abbiamo già introdotto il concetto di obbligazione come forma tipica di prestito negoziabile. In questa dinamica, l’investitore finanzia un emittente e riceve in cambio un titolo che rappresenta l’obbligo dell’emittente di restituire il capitale con gli interessi. Stati sovrani, Enti sovranazionali, Enti territoriali, banche e imprese possono emettere obbligazioni. CAPITOLO VII: Gli investimenti a medio/lungo termine 96 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Lo Stato italiano è uno degli emittenti più regolari e attivi sui mercati obbligazionari, che rappresentano una delle principali fonti di finanziamento per il debito pubblico del Paese. Al 30 novembre 2023 il debito pubblico italiano finanziato tramite titoli di Stato in circolazione ammontava a circa 2.393 miliardi di euro. I titoli di Stato italiani vengono utilizzati per coprire sia le esigenze di rifinanziamento sia l’accumulo di nuovo debito. Le famiglie italiane, tra i principali sottoscrittori di questi titoli, detengono una parte significativa di essi, contribuendo al finanziamento dello Stato. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) emette cinque principali categorie di titoli di Stato, ognuna con caratteristiche specifiche in termini di scadenza, rendimento e modalità di pagamento degli interessi: 1. Buoni Ordinari del Tesoro (BOT) di cui abbiamo già parlato ampiamente nella sezione degli investimenti a breve termine. 2. BTP Italia: titoli con una durata di 4, 6 o 8 anni. Le cedole sono indicizzate all’inflazione italiana, garantendo così una protezione contro la perdita di potere d’acquisto. Rappresentano circa il 3,24% dei titoli in circolazione. 3. Certificato di Credito del Tesoro indicizzati all’Euribor (CCTeu): titoli a scadenza medio-lunga con cedole variabili semestrali, collegate al tasso Euribor a 6 mesi più uno spread (maggiorazione). Coprono circa il 6,12% del totale del debito. In precedenza l’indicizzazione era ai titoli di stato a breve (CCT). 4. Certificato del Tesoro Zero-Coupon (CTZ): titoli con durata di 24 mesi, privi di cedole. Il rendimento deriva dallo scarto tra prezzo di acquisto e rimborso. 5. Buono del Tesoro Poliennale (BTP): titoli a lungo termine con durate di 3, 5, 10, 15 e 30 anni. Offrono cedole fisse semestrali, rendendo questi titoli attraenti per chi cerca stabilità nei flussi di reddito. I BTP rappresentano il principale strumento utilizzato per finanziare il debito pubblico italiano, coprendo circa il 72,33% del totale dei titoli in circolazione. 6. Buono del Tesoro Poliennale indicizzati all’inflazione europea (BTP€i): sia il capitale rimborsato alla scadenza sia le cedole semestrali sono rivalutati in base all’andamento dell’inflazione europea, misurata dall’Indice Armonizzato dei Prezzi al Consumo (IAPC) nella zona euro, escluso il tabacco. Questi titoli costituiscono circa il 7,66% del debito pubblico italiano. Il calendario delle emissioni dei titoli di Stato italiani viene comunicato dal MEF all’inizio di ogni anno, includendo le previsioni dettagliate di emissione giorno per giorno. Le famiglie italiane, insieme agli investitori istituzionali, continuano a finanziare una parte considerevole di questo debito tramite la sottoscrizione di questi titoli È un calendario fitto e regolare, perché le esigenze di gestione del debito pubblico sono elevate per finanziare sia il deficit dell’anno che lo stock di debito accumulato. Nel tempo sono aumentate le emissioni di titoli a scadenza molto lunga. La durata media dei titoli di stato in circolazione è superiore ai sette anni. Gli acquirenti dei titoli di Stato italiani, siano essi italiani o stranieri, possono essere suddivisi in due grandi categorie: clienti professionali e clienti al dettaglio. I clienti professionali includono le banche, i fondi di investimento, le compagnie assicurative e gli investitori istituzionali che partecipano regolarmente al finanziamento del debito pubblico italiano. Dall’altra parte, le famiglie italiane e straniere possono acquistare titoli di Stato sia direttamente attraverso conti titoli, sia indirettamente mediante l’acquisto di fondi comuni di investimento, fondi pensione o polizze assicurative. Nel corso degli anni si è osservato un aumento del peso degli investitori istituzionali, sia italiani che stranieri, che ormai rappresentano una quota significativa dei sottoscrittori dei titoli di Stato italiani. Questo è avvenuto per diverse ragioni, tra cui: 97 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine • La liquidità e la facile negoziabilità di questi strumenti nei mercati secondari. • La stabilità e la fiducia nelle obbligazioni sovrane italiane, soprattutto tra grandi investitori alla ricerca di un rendimento relativamente sicuro. Di conseguenza, il giudizio di qualità sul debito sovrano rilasciato dalle agenzie di rating internazionali (come Moody’s, S&P Global e Fitch) ha acquisito una crescente importanza. Questi rating influenzano direttamente la percezione del rischio associato all’investimento in titoli di Stato italiani. Un rating più alto segnala una maggiore affidabilità del Paese nel ripagare il proprio debito e può attrarre maggiori investimenti, mentre un rating più basso può spingere gli investitori a richiedere tassi di interesse più elevati per compensare il rischio percepito. Il giudizio delle agenzie di rating non solo condiziona il costo del finanziamento per lo Stato, ma ha anche un impatto sulle decisioni degli investitori istituzionali, che potrebbero dover adeguare le proprie esposizioni ai titoli di Stato in base alle restrizioni o agli obiettivi dei loro portafogli. Questo processo è particolarmente rilevante in tempi di volatilità economica o in risposta a crisi fiscali o politiche. Le emissioni societarie In Italia, sia le società che le banche possono emettere obbligazioni per finanziarsi, ma con limiti e regole definiti dalla normativa con l’obiettivo di proteggere gli investitori, specialmente quelli non istituzionali, e garantire la stabilità finanziaria. Le società italiane possono emettere obbligazioni, che possono essere nominative o al portatore, ma solo entro certi limiti, specialmente quando gli investitori non sono professionali. La normativa italiana stabilisce che la società può emettere obbligazioni per un valore complessivo non superiore al doppio del capitale sociale, delle riserve legali e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato (come indicato nell’art. 2412 del Codice Civile). Questo limite può essere superato se le obbligazioni sono sottoscritte da investitori professionali, come banche o fondi, che sono soggetti a una vigilanza prudenziale e sono considerati più capaci di gestire i rischi associati agli investimenti in obbligazioni. Inoltre, poiché l’emissione di obbligazioni è considerata un atto di straordinaria amministrazione, la relativa delibera deve essere approvata dall’assemblea straordinaria della società. Emissione di obbligazioni da parte delle banche Le banche, indipendentemente dalla loro forma giuridica, hanno la facoltà di emettere obbligazioni, comprese quelle convertibili, sia nominative che al portatore. Tuttavia, le modalità di emissione sono stabilite in modo diverso rispetto alle società tradizionali, poiché dipendono dall’entità del patrimonio di vigilanza della banca. La normativa per le banche è disciplinata dalla Banca d’Italia e dalla Banca Centrale Europea (BCE), con riferimento alle disposizioni del Testo Unico Bancario (TUBC), in conformità con le deliberazioni del CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio). L’emissione di obbligazioni non convertibili o convertibili in titoli di altre società deve essere approvata dal consiglio di amministrazione della banca e non è soggetta ai limiti di importo fissati per le società di capitali. Inoltre, tali emissioni non richiedono il consenso dell’assemblea straordinaria, come avviene invece per le società non bancarie. 98 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Recentemente, le banche italiane hanno intensificato l’emissione di obbligazioni per finanziare le proprie attività, soprattutto in un contesto di rialzo dei tassi di interesse e riduzione delle misure di supporto della BCE. Ad esempio, nel 2023, Intesa Sanpaolo ha emesso un’importante obbligazione AT1 perpetua per un valore di 1,25 miliardi di euro. Questa emissione ha attratto un notevole interesse da parte del mercato internazionale, offrendo un tasso del 9,125%. Questo tipo di obbligazione fa parte degli strumenti di capitale che le banche utilizzano per rafforzare la loro posizione patrimoniale in linea con le normative bancarie europee, soprattutto quelle relative al capitale Tier 1 aggiuntivo . In generale, il volume delle obbligazioni emesse dalle banche italiane ha registrato una riduzione negli anni passati, in parte a causa della crescente dipendenza dalle operazioni di rifinanziamento a lungo termine della BCE. Tuttavia, nel 2023, con il processo di normalizzazione della politica monetaria, le banche hanno nuovamente iniziato a fare un maggiore ricorso all’emissione di obbligazioni per sostituire le fonti di finanziamento in scadenza. Questo fenomeno è importante per evitare un possibile inasprimento delle condizioni di finanziamento per il settore privato e per mantenere la liquidità necessaria per le operazioni quotidiane . In termini di stima del valore totale delle obbligazioni bancarie in circolazione, a fine 2022, si parlava di circa 250 miliardi di euro emessi dalle principali banche italiane, con una distribuzione significativa tra obbligazioni a breve e medio termine e strumenti più complessi come le obbligazioni subordinate o convertibili (Banca d’Italia). L’acquisto di una obbligazione Quando compriamo un’obbligazione, il prezzo proposto sul mercato si riferisce alla cifra che paghiamo per ottenere 100 euro di rimborso nominale a scadenza. Tuttavia, il rendimento di un’obbligazione non dipende solo dal prezzo di acquisto, ma anche dai flussi intermedi di rimborso che sono solitamente costituiti dalle cedole. Le cedole rappresentano pagamenti periodici che l’emittente effettua agli investitori e, anche se comunemente assimilati al rendimento, non rappresentano l’unico elemento che ne determina il guadagno complessivo. Il prezzo di mercato di un’obbligazione può essere: • pari a 100 (alla pari), • inferiore a 100 (sotto la pari), • superiore a 100 (sopra la pari). Il rendimento effettivo, o rendimento a scadenza, di un’obbligazione dipenderà dalla differenza tra il prezzo finale e quello di acquisto (capital gain) oltre che dalle cedole pagate periodicamente. Esempio pratico: emissione di obbligazioni Unicredit nel 2022 A luglio 2022, Unicredit ha emesso obbligazioni per un valore totale di circa 800 milioni di euro. Questa emissione è stata rivolta sia agli investitori istituzionali che alle famiglie e rappresentava un’operazione di finanziamento dell’istituto bancario. Il periodo di sottoscrizione era tra il 15 luglio 2022 e il 22 luglio 2022 (con possibilità di chiusura anticipata) e il taglio minimo (ovvero l’importo minimo sottoscrivibile) era 10.000 euro. Nel prospetto della emissione sono sempre contenuti tutti gli elementi della operazione: L’obbligazione è a cinque anni, prevede cedole del 3.25% annuali lorde, pagate ogni 27 luglio. 99 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine Proviamo a rappresentare nel grafico accanto uscite ed entrate anno per anno. Come già detto in precedenza, per identificare l’emissione viene attribuito un codice ISIN internazionale, ovvero un numero di identificazione che è univoco sui mercati internazionali e permette di evitare dubbi o confusioni quando dobbiamo essere rimborsati o vogliamo vendere il titolo. Il grado di merito creditizio dato dalle agenzie internazionali al momento della emissione è BBB. Questo rating rappresenta un merito creditizio di livello investment grade, suggerendo che, pur non essendo al livello più alto di solidità finanziaria, la banca è considerata un debitore affidabile e in grado di rispettare i propri impegni. Un altro esempio riguarda l’emissione obbligazionaria della banca Intesa Sanpaoloche, all’inizio del 2023, ha scelto di finanziarsi in dollari USA. Questa emissione è stata progettata per attrarre anche i piccoli risparmiatori, grazie a un taglio minimo di 2000 dollari USA. Le caratteristiche principali del prodotto erano le seguenti: • Valuta: USD (Dollari Statunitensi) • Data di emissione: 24 febbraio 2023 • Data di scadenza: 24 febbraio 2025 • Tipologia di cedola: Tasso fisso • Periodicità delle cedole: Semestrale • Cedola annua: 5,40% annuo Questo significa che per ogni 100 USD finanziati il 24 febbraio 2023, Intesa Sanpaolo si sarebbe impegnata a pagare agli investitori 5 dollari e 40 centesimi all’anno sotto forma di cedole, con pagamenti suddivisi su base semestrale (2,70 USD ogni semestre). Dal punto di vista del rating di credito, Intesa Sanpaolo ha ottenuto una valutazione di BBB da S&P Global Ratings al momento dell’emissione, come nell’esempio della obbligazione Unicredit precedentemente visto. Valgono quindi le stesse considerazioni di affidabilità del debitore. Nel caso specifico i flussi sono in valuta. Le obbligazioni in valuta estera comportano anche un rischio valutario, dato che il valore del dollaro rispetto all’euro può influenzare il rendimento effettivo dell’investimento al momento della conversione. Come avviene il collocamento e cosa accade il giorno dopo? Il collocamento delle obbligazioni sui clienti finali avviene grazie all’intervento di intermediari finanziari che curano sia la trasmissione delle informazioni che la raccolta degli ordini e il passaggio dei fondi dal cliente al debitore. Con l’avvento delle nuove tecnologie digitali è probabile che le modalità di emissione e di regolamento delle transazioni cambino in futuro anche in modo sostanziale.52 52 Nel 2024, Cassa Depositi e Prestiti (CDP) ha compiuto un passo pionieristico con l’emissione di digital bonds sulla blockchain Polygon, segnando un importante sviluppo nell’uso della tecnologia blockchain nel settore finanziario italiano. 100 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Quando un’obbligazione viene emessa, a partire dal giorno successivo essa è solitamente quotata sul mercato obbligazionario, permettendo a nuovi investitori di acquistare o vendere il titolo. In Italia il principale mercato regolamentato per le obbligazioni è il MOT (Mercato Telematico delle Obbligazioni), operativo dal 1994 e gestito da Borsa Italiana. Questo mercato è specializzato nella compravendita di titoli di debito come obbligazioni governative, corporate bond e altri strumenti finanziari. Il prezzo di mercato aggiornato potrebbe essere anche molto diverso dal valore nominale di emissione. Tale prezzo infatti riflette vari fattori, come le condizioni di mercato, i tassi di interesse e la percezione del rischio. Il prezzo potrebbe essere sopra la pari (superiore a 100) se la domanda è elevata, oppure sotto la pari (inferiore a 100) se la domanda è bassa o le condizioni di mercato sono peggiorate. Quando si acquista un’obbligazione sul mercato secondario (cioè dopo la sua emissione), si deve tenere conto del rateo. Il rateo rappresenta la quota della cedola maturata fino al momento dell’acquisto, che deve essere pagata al venditore. Questo accade perché il venditore ha detenuto l’obbligazione per una parte del periodo di maturazione della cedola e ha diritto alla quota corrispondente. Vediamolo con un esempio pratico: supponiamo che un’obbligazione paghi una cedola annuale e che il periodo di pagamento sia di 12 mesi. Se un investitore acquista l’obbligazione sei mesi dopo l’emissione, dovrà pagare al venditore il 50% della cedola maturata, corrispondente ai sei mesi in cui il venditore ha posseduto il titolo. Quando sarà il momento del pagamento della cedola, il nuovo compratore riceverà comunque l’intero ammontare della cedola, ma ha già compensato il venditore per la parte di competenza. Il pagamento del rateo è una convenzione standard nei mercati obbligazionari ed evita che il venditore perda il rendimento che gli spetta per il periodo in cui ha detenuto l’obbligazione. Nel caso dell’emissione di obbligazioni Unicredit del 2022 viste in precedenza quindi, se un investitore avesse acquistato il titolo dopo il 22 luglio 2022 (data di collocamento), avrebbe dovuto verificare il prezzo di acquisto sul MOT e considerare il rateo cedola da pagare al venditore per il periodo mat urato. Se desideriamo visualizzare il grafico del prezzo di una specifica obbligazione, possiamo utilizzare piattaforme di trading o siti di informazione finanziaria come Borsa Italiana o piattaforme di brokeraggio online che offrono servizi di consultazione per il mercato obbligazionario. Il prezzo dell’obbligazione è sempre espresso su base 100 giorno per giorno e varia continuamente. Perché cambia il prezzo di una obbligazione nel tempo? Quando il rendimento delle obbligazioni sul mercato sale, chi possiede obbligazioni emesse in passato potrebbe dover vendere il proprio titolo a un prezzo inferiore rispetto al valore nominale. Questo accade perché Il valore complessivo dell’emissione è stato di 25 milioni di euro (circa 27,2 milioni di dollari), con una durata di quattro mesi e una cedola fissa del 3,63%. Questa operazione è stata parte di un progetto pilota mirato a testare nuove tecnologie per il regolamento delle transazioni finanziarie, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza, la sicurezza e la trasparenza delle operazioni nel mercato delle obbligazioni. L’adozione della blockchain in questo contesto consente un’esecuzione più rapida delle transazioni, riduce i costi amministrativi e aumenta la tracciabilità dei titoli finanziari. La blockchain Polygon è stata scelta per la sua capacità di supportare una rete di transazioni decentralizzate con un’alta velocità di esecuzione e bassi costi di transazione. L’operazione di CDP ha segnato una tappa importante nella digitalizzazione del mercato obbligazionario, aprendo nuove strade per l’integrazione della blockchain nei mercati finanziari. 101 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine gli investitori cercheranno rendimenti competitivi rispetto alle nuove emissioni. Per rendere l’obbligazione interessante per un nuovo acquirente, il prezzo deve scendere, compensando così la differenza tra il rendimento dell’obbligazione già emessa e quello delle nuove obbligazioni disponibili sul mercato. Esempio pratico: Supponiamo di avere un’obbligazione che paga un tasso fisso del 3,25% annuo per cinque anni, ma nel frattempo i tassi di interesse sul mercato salgono al 10%. In questo caso, per vendere la nostra obbligazione, dovremo abbassarne il prezzo in modo da compensare la differenza di rendimento percepibile dal nuovo acquirente. In termini numerici per semplificare: • La differenza tra il rendimento del mercato attuale (10%) e il nostro rendimento (3,25%) è 6,75%. • Per cinque anni, questa differenza si accumula, per un totale di 6,75% x 5 anni = 33,75%. • Se l’obbligazione è stata emessa con un prezzo nominale di 100, dovremo offrire uno sconto di circa 33,75 punti, portando il prezzo dell’obbligazione a 66,25. Questo valore rappresenta una prima approssimazione, poiché nella pratica reale si tiene conto di fattori come il valore attuale dei futuri flussi di cedole e il tempo residuo alla scadenza dell’obbligazione, il che potrebbe far sì che il prezzo effettivo non scenda così tanto. Cosa succede se i tassi di interesse scendono? Se i tassi di interesse sul mercato scendono, la situazione è opposta. La nostra obbligazione diventa più attraente rispetto alle nuove emissioni, perché offre un tasso più alto rispetto ai rendimenti attuali. In questo caso potremo chiedere un premio sul prezzo, e il valore dell’obbligazione potrebbe superare il 100. Anche qui, il premio dipenderà dalla differenza tra il rendimento della nostra obbligazione e quello delle nuove obbligazioni, moltiplicata per il numero di anni rimanenti alla scadenza. Relazione tra prezzo e rendimento In generale, si dice che c’è una relazione inversa tra il prezzo e il rendimento di un’obbligazione: quando i tassi di interesse salgono, i prezzi delle obbligazioni scendono, e viceversa. Questo principio è fondamentale per comprendere il comportamento delle obbligazioni sul mercato secondario. Esempio reale: la variazione di prezzo del BTP con cedola 0,95% e scadenza 2037 Un esempio concreto di come queste dinamiche influenzino i prezzi è il BTP 0,95% con scadenza 2037, emesso il 12 gennaio 2021. Quando il titolo è stato emesso offriva un rendimento dello 0,95% annuo, e il suo prezzo era pari a 100. Tuttavia, con il rialzo dei tassi di inte102 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA resse, il rendimento dei titoli di Stato italiani a 10 anni è salito a livelli superiori al 4%. Di conseguenza il prezzo del BTP è sceso fino a 66, per compensare la differenza di rendimento per gli anni rimanenti fino al 2037. Con questo ‘sconto’ il rendimento a scadenza per un eventuale acquirente era infatti in linea con i rendimenti di mercato del momento, poco superiori al 4%. Quale rendimento per un titolo alla emissione o all’acquisto? Il mercato obbligazionario è vasto e diversificato, con molti emittenti che offrono una vasta gamma di titoli, ciascuno con caratteristiche e scadenze differenti. I rendimenti delle obbligazioni variano notevolmente in base a una serie di fattori chiave che influenzano quanto l’emittente deve pagare per ottenere finanziamenti dai mercati. Vediamo nel dettaglio i principali fattori che determinano il rendimento di un’obbligazione: 1. Tempo (Durata del prestito) Il tempo di maturazione dell’obbligazione è un fattore determinante. In generale, più lungo è il periodo di scadenza, maggiore è il rendimento che l’emittente deve offrire. Questo accade perché prestare denaro per un lungo periodo di tempo comporta più incertezze per l’investitore, che richiede quindi un premio maggiore per compensare il rischio legato al tempo. Ad esempio, un’obbligazione a 30 anni avrà generalmente un rendimento più elevato rispetto a una a 5 anni. 2. Merito di credito (Credit rating) Il merito di credito dell’emittente è cruciale nella determinazione del rendimento. Gli emittenti con una buona valutazione creditizia (ad esempio AAA secondo le agenzie di rating come Moody’s, Fitch o S&P) pagano rendimenti più bassi perché sono considerati meno rischiosi. Gli emittenti con rating più bassi, come BB o CCC, devono offrire rendimenti più elevati per attrarre investitori disposti a correre il rischio di una possibile insolvenza. Esempi di emittenti con valutazioni eccellenti includono governi di Paesi economicamente stabili, come Stati Uniti o Germania. 3. Divisa di riferimento La valuta in cui è denominata l’obbligazione può influire significativamente sul rendimento. Se l’obbligazione è emessa in una divisa diversa da quella del paese dell’investitore, questo comporta un rischio di cambio. Ad esempio, un’obbligazione emessa in dollari USA da un emittente europeo potrebbe richiedere un rendimento più elevato per compensare il rischio valutario, poiché l’investitore europeo potrebbe perdere denaro se il valore del dollaro scendesse rispetto all’euro. Per le obbligazioni emesse in valute stabili e forti, come il dollaro o l’euro, il rischio valutario è minore rispetto a quelle in valute di Paesi emergenti. 4. Negoziazione e liquidità La negoziabilità di un’obbligazione sui mercati regolamentati è fondamentale. Le obbligazioni liquide, cioè quelle che possono essere facilmente compravendute sui mercati secondari (come il MOT in Italia), tendono ad avere rendimenti più bassi rispetto a quelle meno liquide. Se un’obbligazione è difficilmente negoziabile, l’investitore richiederà un rendimento più elevato per compensare la difficoltà di venderla prima della scadenza. 5. Contesto legale e normativo Il contesto legale di riferimento in cui l’obbligazione è emessa influisce sul rendimento. Paesi con sistemi giuridici stabili e affidabili, in cui i diritti degli investitori sono ben tutelati, tendono a pagare meno in termini di rendimento. Al contrario, se un’obbligazione è emessa in un Paese con un quadro normativo instabile, o in cui vi è il rischio di espropri o mancata applicazione delle leggi, il rendimento dovrà essere più elevato per attrarre investitori. 103 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine 6. Politica monetaria Le decisioni prese dalle banche centrali (come la BCE o la Federal Reserve) hanno un impatto significativo sui rendimenti obbligazionari. Un aumento dei tassi di interesse da parte della banca centrale generalmente provoca un rialzo dei rendimenti delle obbligazioni sul mercato, poiché gli investitori richiedono un rendimento più alto per competere con i nuovi strumenti a tassi più elevati. Allo stesso modo, una politica monetaria espansiva con tassi di interesse bassi tende a ridurre i rendimenti obbligazionari. 7. Inflazione L’inflazione è un altro fattore che influisce direttamente sui rendimenti obbligazionari. Se gli investitori si aspettano un aumento dell’inflazione, chiederanno un rendimento maggiore per proteggersi dalla perdita del potere d’acquisto durante la durata dell’obbligazione. Gli emittenti, quindi, devono adeguare i rendimenti per riflettere le aspettative di inflazione e mantenere il loro titolo competitivo rispetto ad altri investimenti. Sintesi del rapporto tra rendimento e fattori di rischio In sintesi, i rendimenti obbligazionari sono il risultato di una combinazione di questi fattori: tempo, merito di credito, valuta, liquidità, contesto legale, politica monetaria e inflazione. Tutti questi elementi vengono presi in considerazione dagli investitori per decidere se l’acquisto di un’obbligazione sia o meno interessante rispetto alle alternative disponibili sul mercato. Questi fattori non operano isolatamente, ma spesso si influenzano a vicenda. Ad esempio, un aumento dell’inflazione in un Paese con un sistema legale stabile potrebbe comunque far crescere i rendimenti richiesti sugli strumenti obbligazionari emessi in quel Paese. Approfondiamo ora nello specifico alcuni di questi elementi. Il valore del tempo (Durata del prestito) Abbiamo visto che prestare denaro per un breve periodo, come un giorno, è molto diverso da impegnarlo per dieci anni. La durata del prestito (o “tempo di impegno”) influisce in modo significativo sui rischi e sui costi impliciti per l’investitore. In generale, un impegno più lungo comporta maggiori incertezze, e quindi gli investitori richiedono una remunerazione maggiore per compensare tali rischi. Questo rapporto tra tempo e rendimento prende forma nella cosiddetta curva dei rendimenti o yield curve, che rappresenta i rendimenti delle obbligazioni di un emittente in base alle diverse scadenze temporali. Normalmente, la curva dei rendimenti è positivamente inclinata, il che significa che le obbligazioni con scadenze più lunghe offrono rendimenti più elevati rispetto a quelle a breve termine. Il grafico esemplifica la relazione tra rendimento a scadenza (yield curve) e scadenza (maturity). Tempo di impegno e durata finanziaria Quando parliamo di tempo di impegno in un’obbligazione ci riferiamo alla cosiddetta durata finanziaria o duration, che è diversa dalla semplice scadenza legale del titolo. La duration misura il tempo medio ponderato in cui riceviamo i flussi di pagamento dell’obbligazione, inclusi gli interessi (cedole) e il rimborso del capitale. 104 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Se un’obbligazione prevede flussi intermedi significativi (come cedole elevate), la durata finanziaria è inferiore rispetto alla scadenza finale del titolo. Questo è importante perché, in termini finanziari, una durata finanziaria minore riduce la sensibilità dell’obbligazione alle variazioni dei tassi di interesse. Formula della Duration di Macaulay La formula per calcolare la duration di Macaulay è: Duration=Σ(t×Ct(1+y)t)Σ(Ct(1+y)t) Dove: • t = tempo (in anni) in cui viene effettuato ciascun pagamento (cedole o capitale), • Ct = flusso di cassa al tempo t, • y = rendimento a scadenza (YTM, Yield to Maturity). Esempi Pratici di Calcolo della Duration 1. Titolo Zero Coupon I titoli zero coupon pagano un unico flusso di cassa alla scadenza, che corrisponde al rimborso del capitale. Di conseguenza, la duration di un titolo zero coupon è sempre uguale alla sua scadenza. • Prezzo di acquisto: 90 • Valore nominale: 100 • Scadenza: 5 anni • Rendimento a scadenza (YTM): 2,2% In questo caso, la duration è 5 anni, poiché l’unico flusso di cassa si verifica alla fine del quinto anno. 2. Titolo con Cedola Consideriamo ora un’obbligazione che paga cedole annuali. • Valore nominale: 100 • Cedola annua: 5% • Scadenza: 5 anni • Rendimento a scadenza (YTM): 4% L’obbligazione paga 5 euro di cedola ogni anno per 5 anni e alla fine rimborsa il capitale di 100 euro. Per calcolare la duration: 1. Calcoliamo i valori attuali dei flussi di cassa: – Flusso di cassa al t = 1: 5 / (1 + 0,04)^1 = 4,81 – Flusso di cassa al t = 2: 5 / (1 + 0,04)^2 = 4,62 – Flusso di cassa al t = 3: 5 / (1 + 0,04)^3 = 4,44 – Flusso di cassa al t = 4: 5 / (1 + 0,04)^4 = 4,27 – Flusso di cassa al t = 5 (cedola + capitale): (5 + 100) / (1 + 0,04)^5 = 82,19 2. Somma dei valori attuali: Σ((1+y)tCt )=4,81+4,62+4,44+4,27+82,19=100,33 3. Calcoliamo la duration: Duration=100,33(1×4,81)+(2×4,62)+(3×4,44)+(4×4,27)+(5×82,19) =4,97 La duration di questo titolo è 4,97 anni, leggermente inferiore alla scadenza di 5 anni, grazie ai flussi di cedola che riducono il tempo medio ponderato. Conclusione • Titolo zero coupon: la duration coincide con la scadenza, poiché l’unico flusso di cassa si verifica alla fine del periodo. • Titolo con cedole: la duration è inferiore alla scadenza, perché i flussi intermedi riducono il tempo medio ponderato. 105 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine Duration e rischio di tasso di interesse Come detto precedentemente, più alta è la duration maggiore è la sensibilità del prezzo dell’obbligazione alle variazioni dei tassi di interesse sul mercato. Un titolo con una duration elevata subirà una variazione di prezzo maggiore in caso di aumento o diminuzione dei tassi. Ecco un esempio di come la duration influisce sul prezzo di un’obbligazione: • Duration 1: Se i tassi di interesse aumentano dell’1%, il valore dell’obbligazione scende di circa 1%. • Duration 10: Se i tassi di interesse aumentano dell’1%, il valore dell’obbligazione scende di circa 10%. Di conseguenza, per un investitore che prevede di vendere l’obbligazione prima della scadenza, conoscere la duration è essenziale, poiché consente di stimare la perdita potenziale in caso di rialzo dei tassi di interesse. Questo è particolarmente importante in fasi di estrema volatilità del mercato obbligazionario, come quella osservata nel 2022, quando i tassi di interesse sono aumentati in risposta a pressioni inflazionistiche e a un cambiamento delle politiche monetarie delle banche centrali. Conclusione In sintesi, quando acquistiamo un’obbligazione, non dobbiamo solo concentrarci sul rendimento offerto, ma anche considerare attentamente la duration. Questo indicatore fornisce una chiara comprensione del tempo di impegno nello strumento e della rischiosità del titolo in relazione alle fluttuazioni dei tassi di interesse e del mercato. Merito di credito (Credit rating) Abbiamo visto che quando prestiamo denaro diamo fiducia al debitore, assumendoci il rischio di default, ossia della possibilità che il debitore non riesca a restituire il capitale o gli interessi promessi, o che lo faccia in ritardo. Questo rischio potenziale deve essere compensato da una remunerazione aggiuntiva. In termini teorici, se la probabilità di default è dell’1%, dovremmo ottenere almeno un 1% di remunerazione aggiuntiva per coprire quel rischio. Tuttavia, nella pratica, non disponiamo sempre delle informazioni necessarie per valutare autonomamente la solvibilità di un debitore. Ed è qui che entrano in gioco le agenzie di rating. Le agenzie di rating e il loro ruolo Le agenzie di rating assegnano valutazioni sul merito creditizio di Stati, società e altre entità emittenti obbligazioni. Le principali agenzie di rating globali sono Standard & Poor’s (S&P), Moody’s e Fitch Ratings. Queste agenzie esprimono giudizi attraverso rating, ovvero punteggi su una scala predeterminata, espressi in lettere. Ad esempio: • AAA (Aaa per Moody’s) rappresenta il massimo livello di affidabilità, indicando un rischio di default estremamente basso. • CCC o Caa segnala un rischio di default molto elevato, indicando che il debitore potrebbe non essere in grado di onorare il proprio debito. 106 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Il rating è fondamentale perché influenza il rendimento che un emittente deve pagare per ottenere finanziamenti. Un rating basso richiede un premio più alto per attrarre investitori, a causa del maggiore rischio percepito. Periodicamente le agenzie di rating testano l’accuratezza delle loro valutazioni, verificando quanti default si siano verificati in ogni classe di rating in orizzonti di uno, due, tre, quattro e cinque anni. La tabella allegata mostra per classi di rating i casi di mancato o ritardato pagamento che si sono effettivamente realizzati in percentuale. Per le aziende AAA si conferma la sostanziale tenuta degli impegni per oltre il 99% delle imprese. 107 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine Distribuzione delle imprese per classi di rating Secondo le più recenti statistiche, la distribuzione delle imprese per classi di rating si presenta così: • Circa il 12% delle aziende globali ha un rating AAA o AA, rappresentando il massimo livello di affidabilità. • Il 50% delle aziende rientra nella fascia A o BBB, che rappresenta la categoria di investment grade, considerata sicura per la maggior parte degli investitori istituzionali. • Oltre il 30% delle aziende globali è classificato come speculative grade, con rating BB o inferiore, che rappresenta un rischio di default più alto, e perciò un rendimento maggiore richiesto dagli investitori. L’importanza del rating nelle decisioni di investimento Le decisioni di investimento, specialmente da parte degli investitori istituzionali, dipendono dai rating. Gli investitori istituzionali, come fondi pensione e assicurazioni, sono spesso vincolati ad acquistare solo obbligazioni con rating investment grade (BBB o superiori). Circa il 70% dei fondi comuni di investimento utilizza il rating come uno dei principali fattori per decidere su quali titoli investire, e la stessa logica viene seguita dagli ETF obbligazionari. Il rating sovrano ha un impatto particolarmente rilevante per i Paesi che emettono obbligazioni. Ad esempio, l’Italia, con un rating BBB (S&P), ha un costo di finanziamento direttamente influenzato da questa valutazione. Un eventuale declassamento a BB comporterebbe un aumento drastico del costo del debito, poiché molti investitori prudenti non sarebbero più autorizzati a investire in tali obbligazioni. Il caso degli Stati Sovrani I rating sovrani sono particolarmente importanti, poiché gli Stati sono emittenti regolari di obbligazioni per finanziare il proprio debito pubblico. Gli Stati con rating più basso devono offrire rendimenti più alti per attrarre investitori, come è accaduto in Paesi che hanno affrontato il default, come l’Argentina, il Mozambico, il Puerto Rico e la Grecia. In particolare, l’Argentina ha affrontato nove default, inclusa la crisi del 2001, che ha avuto un impatto significativo sui risparmiatori italiani esposti ai “tango bond”. Il Ruolo della Regolamentazione Europea L’importanza crescente delle agenzie di rating ha portato alla necessità di una regolamentazione più stringente. In seguito a eventi che ne hanno messo in dubbio l’imparzialità come nel caso del fallimento di Lehman Brothers nel 2008, il legislatore europeo ha introdotto meccanismi di vigilanza e sanzioni per garantire la trasparenza e l’accuratezza delle valutazioni emesse. Le agenzie di rating sono ora soggette a regole specifiche che ne disciplinano le operazioni, per evitare abusi e proteggere gli investitori.53 53 Le norme sulla vigilanza dei rating, che regolano il funzionamento delle agenzie di rating e l’uso dei loro rating da parte delle istituzioni finanziarie e degli investitori, sono principalmente stabilite a livello europeo e internazionale. Ecco le principali fonti normative: 1. Regolamento (CE) n. 1060/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio 108 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Yield Curve e Rating Per le obbligazioni con rating più alto (AAA, AA), la curva dei rendimenti tende ad essere meno ripida, poiché il rischio di default è molto basso anche su scadenze lunghe. Invece, per obbligazioni con rating più basso (BB, B o inferiore), la curva dei rendimenti tende ad essere più ripida, poiché il rischio di default cresce in modo significativo con il tempo. Esempio di Titoli con Rating Simile e Rendimento Simile Quando due obbligazioni hanno lo stesso rating, si prevede che abbiano rendimenti simili, a meno che non vi siano altri fattori come la divisa o la liquidità a influenzare il loro prezzo. Ad esempio: 1. Obbligazione A: Società X con rating BBB emette un titolo a 5 anni con una cedola del 3,5% annuo. 2. Obbligazione B: Società Y con rating BBB emette un titolo a 5 anni con una cedola del 3,6% annuo. Essendo entrambe investment grade e con lo stesso rating, la differenza di rendimento è minima e si giustifica per motivazioni diverse come ad esempio la liquidabilità dei titoli. Esempio di Titoli con Rating Diverso e Rendimento Diverso Le differenze di rating possono invece comportare variazioni significative nei rendimenti: 1. Obbligazione C: Titoli di Stato italiani (BTP) con rating BBB e scadenza a 10 anni. Questi titoli rendevano agli inizi del 2024 poco meno del 4% circa, considerato il rischio di credito del Paese. 2. Obbligazione D: Bund tedeschi con rating AAA e scadenza 10 anni. Questi titoli offrivano nello stesso periodo un rendimento significativamente inferiore, poiché la Germania ha un rischio di credito molto più basso rispetto all’Italia. In questo caso, il differente rating sovrano tra Italia e Germania giustifica la differenza di rendimento: gli investitori richiedono un premio per acquistare titoli italiani rispetto ai Bund tedeschi, percepiti come più sicuri. • Titolo: Regolamento (CE) n. 1060/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009 riguardante le agenzie di rating creditizio. • Descrizione: Questo regolamento stabilisce i requisiti per le agenzie di rating creditizio, inclusi gli obblighi di registrazione, le norme di trasparenza e i requisiti per la gestione dei conflitti di interesse. • Fonte: Regolamento (CE) n. 1060/2009 2. Regolamento (UE) n. 462/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio • Titolo: Regolamento (UE) n. 462/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 che modifica il regolamento (CE) n. 1060/2009. • Descrizione: Questo regolamento modifica e aggiorna le disposizioni del regolamento n. 1060/2009, introducendo ulteriori requisiti e norme per le agenzie di rating, in risposta a eventi di crisi finanziaria e per migliorare la qualità dei rating. • Fonte: Regolamento (UE) n. 462/2013 3. Regolamento (UE) n. 2019/130 del Parlamento Europeo e del Consiglio • Titolo: Regolamento (UE) n. 2019/130 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 gennaio 2019 che modifica il regolamento (CE) n. 1060/2009. • Descrizione: Ulteriori modifiche e aggiornamenti alle norme sulle agenzie di rating, inclusi miglioramenti nella trasparenza e nella governance. • Fonte: Regolamento (UE) n. 2019/130 4. Normativa dell’ESMA (European Securities and Markets Authority) • Titolo: Linee guida e regolamenti dell’ESMA riguardanti le agenzie di rating e le norme di vigilanza. • Descrizione: L’ESMA fornisce orientamenti e regolamenti per garantire che le agenzie di rating rispettino le norme europee. Questo include direttive specifiche su come le agenzie devono operare e rendere conto delle loro attività. • Fonte: ESMA - Agenzie di Rating 5. Basel Committee on Banking Supervision (BCBS) • Titolo : Linee guida del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria. • Descrizione: Il Comitato di Basilea fornisce linee guida internazionali sulla gestione del rischio di credito e sull’uso dei rating creditizi per le istituzioni bancarie. • Fonte: Basel Committee - Rating Agencies Questi regolamenti e linee guida stabiliscono le norme per le agenzie di rating, assicurano che operino con elevati standard di qualità e trasparenza, e regolano come i loro rating devono essere utilizzati dalle istituzioni finanziarie. 109 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine Conclusione Il rating è uno strumento essenziale per valutare il rischio di un emittente e prendere decisioni di investimento informate. Per gli investitori istituzionali e professionali in particolare il rating è un criterio fondamentale per decidere su quali titoli investire e su quale rendimento richiedere per compensare il rischio. Il rendimento di un titolo riflette sempre il rischio associato all’emittente: più basso è il rating, maggiore sarà il rendimento richiesto dagli investitori per compensare il rischio di default. La yield curve per rating mostra che obbligazioni con lo stesso rating tendono ad avere rendimenti simili, mentre titoli con rating diversi presentano rendimenti significativamente differenti. La divisa di denominazione Un ultimo elemento da considerare nell’investimento o nell’indebitamento tramite titoli obbligazionari è la divisa in cui tali titoli sono denominati. Le emissioni possono essere fatte nella valuta del Paese di origine dell’emittente oppure in un’altra valuta riconosciuta a livello internazionale, come ad esempio l’Euro (EUR) o il Dollaro USA (USD), che sono le principali divise utilizzate nel mercato obbligazionario globale. Importanza della Divisa Come già accennato in precedenza, le condizioni delle obbligazioni possono variare significativamente a seconda della divisa in cui sono emesse. Ciò è dovuto al fatto che ogni valuta è gestita da una diversa banca centrale, che può avere politiche monetarie e obiettivi diversi. Ad esempio, la Federal Reserve gestisce il dollaro USA, mentre la Banca Centrale Europea (BCE) gestisce l’euro. Queste differenze nelle politiche monetarie influenzano le curve dei rendimenti, ovvero il rapporto tra tempo e rendimento offerto per le obbligazioni. Per un investitore dunque la scelta della divisa in cui investire è cruciale, poiché implica anche un rischio di cambio. Se un investitore europeo acquista obbligazioni in USD, guadagnerà in dollari, ma il tasso di cambio euro-dollaro potrebbe influire sul rendimento finale. Se il dollaro si deprezzasse rispetto all’euro, parte dei guadagni potrebbe essere annullata. Tipologie di obbligazioni Il mercato obbligazionario si è evoluto nel tempo, non solo in termini di dimensioni, ma anche con riferimento alla varietà di prodotti disponibili. L’industria finanziaria ha creato diverse strutture obbligazionarie per rispondere alle esigenze di finanziatori e debitori. Vediamone alcune. Obbligazioni Plain Vanilla Le obbligazioni più comuni sono le cosiddette plain vanilla o a tasso fisso. Questi titoli prevedono un rimborso del valore nominale e il pagamento di cedole periodiche a tasso fisso, stabilito al momento dell’emissione. Il loro funzionamento è lineare e prevedibile: l’investitore sa esattamente quanto riceverà durante la vita dell’obbligazione. Zero Coupon Bond Un’altra tipologia comune è l’obbligazione zero coupon, che non prevede il pagamento di cedole periodiche. Il titolo viene venduto a sconto rispetto al valore nominale e l’investitore guadagna la differenza tra il prezzo di acquisto e il valore nominale rimborsato alla scadenza. Questi titoli sono ideali per chi non ha bisogno di flussi di cassa regolari ma desidera un rendimento certo alla scadenza. 110 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Obbligazioni a Cedola Variabile Le obbligazioni a cedola variabile (o floating rate bonds) sono titoli in cui le cedole non sono fissate a priori, ma variano in base a un indice finanziario o economico, come il tasso Euribor o, come qualche tempo fa, il rendimento dei BOT. Questa struttura offre protezione contro l’aumento dei tassi di interesse, poiché i pagamenti delle cedole si adattano all’andamento dei mercati. Alcune obbligazioni sono poi indicizzate all’inflazione, come ad esempio i BTP Italia. In questo caso, il capitale e le cedole sono rivalutati in base all’inflazione, proteggendo così l’investitore dalla perdita del potere d’acquisto. Questa tipologia è stata molto popolare in Italia, soprattutto in periodi di incertezza economica e inflazionistica. Obbligazioni Subordinate Le obbligazioni subordinate sono strumenti di debito emessi da banche o società, che differiscono dalle obbligazioni ordinarie per il loro livello di priorità nel caso di fallimento dell’emittente. In caso di insolvenza, infatti, i creditori subordinati vengono rimborsati dopo i creditori senior (ordinari), ma prima degli azionisti. Esistono vari tipi di obbligazioni subordinate: • Subordinate Tier 1: più rischiose, si avvicinano al capitale proprio poiché il rimborso può essere rinviato o cancellato. • Subordinate Tier 2: meno rischiose rispetto alle Tier 1, ma comunque con un rischio maggiore rispetto alle obbligazioni ordinarie. Dato il maggior rischio rispetto alle obbligazioni ordinarie, le obbligazioni subordinate offrono tipicamente rendimenti più elevati. Tuttavia, in caso di difficoltà finanziarie dell’emittente, il rischio di non essere rimborsati è molto più elevato. Un esempio emblematico è quello delle obbligazioni subordinate emesse in passato dalle banche italiane, come Banca Monte dei Paschi di Siena. Durante la crisi bancaria, in molti casi, queste obbligazioni hanno comportato perdite significative per gli investitori. Obbligazioni con Collaterale Le obbligazioni garantite da collaterale (chiamate anche covered bonds) sono titoli di debito garantiti da un pool di attività specifiche (ad esempio, mutui o prestiti). Se l’emittente non è in grado di onorare i suoi impegni di pagamento, i creditori hanno diritto di rivalersi su questi attivi sottostanti, rendendo queste obbligazioni generalmente meno rischiose rispetto alle obbligazioni non garantite. Tipicamente, le obbligazioni con collaterale offrono rendimenti inferiori rispetto alle obbligazioni senza garanzia, proprio in virtù della loro maggiore sicurezza. Sono spesso emesse da istituti finanziari per finanziare specifici progetti, come l’acquisto di immobili o infrastrutture. Le obbligazioni con collaterale più comuni sono i Covered Bonds europei, che sono stati storicamente molto popolari in Paesi come la Germania, dove il sistema dei Pfandbriefe rappresenta una garanzia molto sicura per gli investitori. Gli investimenti a medio/lungo termine: le azioni e i prodotti ibridi Acquistare azioni significa ottenere una partecipazione alla vita di un’azienda, acquisendo diritti economici e diritti amministrativi. Questo conferisce agli azionisti la possibilità di partecipare all’assemblea e di esercitare il diritto di voto su questioni importanti come la nomina del Consiglio di amministrazione o le decisioni strategiche. Ogni azione rappresenta una frazione del capitale sociale della società. Ad esempio, se il capitale sociale è 1.000.000 di euro suddiviso in 10.000 azioni ordinarie e si possiedono 100 azioni, si possiede l’1% del capitale sociale e, di conseguenza, l’1% dei diritti patrimoniali e amministrativi. Questo significa diritto all’1% degli utili distribuiti e, in caso di liquidazione della società, all’1% del valore di realizzo. 111 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine Recesso anticipato Non è previsto un diritto di recesso anticipato per chi acquista azioni, salvo in circostanze straordinarie che mutino la natura dell’azienda (ad esempio, cambiamento dell’oggetto sociale o trasferimento della sede legale all’estero). In questi casi, il Codice civile italiano e lo Statuto societario possono prevedere il diritto di recesso, tutelando gli azionisti di minoranza. Dividendi Chi possiede azioni può ricevere dividendi, che rappresentano una parte degli utili distribuiti agli azionisti, generalmente una volta all’anno (ma anche trimestralmente o semestralmente). La distribuzione dei dividendi non è garantita e dipende dai profitti realizzati dall’azienda e dalla decisione del consiglio di amministrazione. Il dividend yield rappresenta il rapporto tra il dividendo distribuito e il prezzo dell’azione. Negoziazione delle azioni Essendo strumenti negoziabili, le azioni quotate possono essere vendute in qualsiasi momento sui mercati finanziari. Il guadagno o la perdita complessiva sarà dato dalla somma dei dividendi percepiti e dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita. Come per qualsiasi altra operazione finanziaria la valutazione del rendimento finale dovrà tener conto sia dei costi per il servizio di compravendita che dell’eventuale tassazione richiesta dall’Amministrazione fiscale. Tassazione dei dividendi e del capital gain In Italia, i dividendi percepiti dagli investitori privati sono soggetti a un’imposta sostitutiva del 26%. Questa tassazione per coloro che optano per il regime amministrato si applica direttamente al momento della distribuzione del dividendo, per cui il dividendo netto che arriva nelle mani dell’investitore è già tassato. Se gli investitori sono società o azionisti qualificati la tassazione è differente: • Per le società, i dividendi ricevuti sono parzialmente esentati da imposte: solo il 5% del dividendo è tassato a livello societario. • Per le persone fisiche titolari di partecipazioni qualificate (che detengono almeno il 20% del capitale sociale), la tassazione è al 26% sul 58,14% del dividendo percepito. In Italia, il capital gain, cioè il guadagno ottenuto dalla vendita di strumenti finanziari come azioni a un prezzo superiore rispetto a quello di acquisto, è soggetto a un’imposta sostitutiva del 26%, che si applica sulla plusvalenza netta, calcolata sottraendo il prezzo di acquisto dal prezzo di vendita. Per ridurre il carico fiscale si possono utilizzare a compensazione le eventuali minusvalenze realizzate per la vendita/rimborso di azioni, obbligazioni e altri strumenti finanziari simili nei quattro anni precedenti. Livello medio dei dividendi delle aziende quotate Il dividend yield medio delle aziende quotate varia in base al settore e al mercato specifico. Nel 2023 il rendimento medio dei dividendi delle società quotate italiane si aggirava intorno al 3-4%. Queste medie possono variare sensibilmente in base all’andamento del mercato, alla politica di distribuzione degli utili delle aziende e alle condizioni economiche generali. Alcune società particolarmente stabili e solide, come quelle del settore energetico (ad esempio Eni), offrono rendimenti superiori, mentre aziende in settori più dinamici e a crescita rapida possono avere dividend yield inferiori, oppure non pagare dividendi (come nel caso di molte società tecnologiche). Azioni privilegiate e azioni di risparmio Accanto alle azioni ordinarie, molti ordinamenti prevedono categorie di azioni con caratteristiche specifiche. In Italia esistono due categorie particolari: 112 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA • Azioni privilegiate: danno diritto a un dividendo minimo garantito o a un privilegio in caso di liquidazione della società. • Azioni di risparmio: hanno privilegi economici (come un dividendo maggiorato) ma non conferiscono il diritto di voto. Queste azioni rappresentano un’opzione interessante per investitori che vogliono accedere a privilegi specifici (come dividendi più elevati) senza essere coinvolti nella gestione diretta della società. I mercati e gli indici azionari I mercati azionari sono oggi internazionali e globalizzati, con gli Stati Uniti che ospitano il maggior numero e controvalore di azioni quotate. Tuttavia, la geografia degli scambi e delle quotazioni sta cambiando notevolmente negli ultimi anni, con una crescita significativa dei mercati asiatici e delle economie emergenti. Principali Indici di Borsa negli Stati Uniti: 1. Dow Jones Industrial Average (DJIA): – Uno degli indici azionari più antichi e conosciuti, nato nel 1896, rappresenta 30 grandi aziende americane di vari settori. Anche se ha perso parte della sua rappresentatività a causa della limitata selezione di titoli e del meccanismo di equa pesatura, è ancora utilizzato per analisi storiche e macroeconomiche. Fu originariamente creato per rappresentare l’andamento di 12 azioni industriali, con l’obiettivo di monitorare lo stato dell’attività industriale degli Stati Uniti. In seguito, l’indice fu esteso alle 30 maggiori imprese statunitensi. La prima quotazione, avvenuta nel 1896, fu di 40,96 punti. Nel corso dello stesso anno, l’indice toccò il suo minimo storico a 28,48 punti. Nel 1972, per la prima volta nella sua storia, superò la soglia simbolica di 1.000 punti. Durante gli anni ‘80 l’indice continuò a crescere, fino a superare i 2.000 punti. Tuttavia, il 19 ottobre 1987, in quello che è passato alla storia come il “Black Monday”, il Dow Jones subì il più grande crollo in un solo giorno, perdendo ben il 22,61% del suo valore. Questo evento è ricordato come uno dei momenti più drammatici nella storia dei mercati finanziari mondiali. 2. S&P 500: – Creato nel 1957, rappresenta le 500 maggiori aziende statunitensi per capitalizzazione, e viene considerato il principale indicatore del mercato americano. Include aziende come Apple, Microsoft e 113 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine Amazon, e i suoi pesi sono determinati in base alla capitalizzazione di mercato. – Settori rappresentati: L’S&P 500 è considerato molto diversificato e rappresenta vari settori economici come tecnologia, sanità, beni di consumo, servizi finanziari, energia e molti altri. – Performance storica: Dal 1957, l’S&P 500 ha dimostrato un significativo apprezzamento a lungo termine, con un rendimento medio annuo storicamente vicino all’8-10%, tenendo conto dei dividendi reinvestiti. 3. Nasdaq Composite: L’indice Nasdaq Composite è uno dei più importanti indici azionari al mondo, ed è particolarmente associato alle aziende tecnologiche e di innovazione. Creato nel 1971, rappresenta tutte le società quotate sulla borsa elettronica Nasdaq (National Association of Securities Dealers Automated Quotation), la prima borsa al mondo interamente elettronica. Caratteristiche principali del Nasdaq Composite: A. Composizione: – Include oltre 5.000 aziende quotate, con una forte concentrazione di titoli dei settori della tecnologia, telecomunicazioni, biotecnologia e innovazione. Alcuni dei principali componenti sono aziende come Apple, Amazon, Microsoft, Alphabet (Google), Facebook e Tesla. – Rispetto ad altri indici come l’S&P 500, il Nasdaq Composite ha un peso maggiore di società più giovani, innovative e con una forte presenza nel mondo digitale. B. Cap Weighted: – Il Nasdaq è un indice capitalization-weighted, ovvero ponderato in base alla capitalizzazione di mercato delle aziende. Le aziende con una capitalizzazione maggiore influenzano maggiormente l’andamento complessivo dell’indice. C. Diversità settoriale: – Anche se il Nasdaq è principalmente associato alle tecnologie, include anche società di altri settori come il retail, la salute, le biotecnologie e i servizi finanziari. Il settore tecnologico costituisce comunque circa il 50% del valore dell’indice. D. Performance storica: – Storicamente, il Nasdaq è noto per la sua forte volatilità e le sue notevoli performance nei periodi di crescita tecnologica. Per esempio, durante la bolla delle dot-com nei primi anni 2000, l’indice raggiunse livelli molto elevati per poi subire un forte calo. Tuttavia, negli ultimi anni, il Nasdaq ha registrato una crescita straordinaria, spinta dall’innovazione tecnologica e dalla crescita di aziende come Apple e Amazon. E. Nasdaq 100: – All’interno del Nasdaq Composite, c’è anche il Nasdaq 100, che rappresenta le 100 maggiori aziende non finanziarie quotate nel Nasdaq. Questo indice è spesso utilizzato come benchmark per il settore tecnologico. Importanza globale: Il Nasdaq è un punto di riferimento fondamentale per gli investitori globali, specialmente per coloro che desiderano seguire l’andamento delle società tecnologiche e innovative che dominano sempre più l’economia mondiale. Principali Indici di Borsa in Europa e Asia: 1. FTSE MIB (Italia): Il FTSE MIB (Financial Times Stock Exchange Milano Indice di Borsa) è l’indice principale della Borsa Italiana, e rappresenta le 40 società a maggiore capitalizzazione e liquidità quotate sull’MTA (Mercato Telematico Azionario). Queste aziende coprono circa l’80% della capitalizzazione di mercato complessiva della borsa italiana e il 90% del controvalore degli scambi. 114 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Caratteristiche principali: – Composizione: L’indice è composto da aziende di diversi settori, tra cui energia, banche, beni di consumo, telecomunicazioni e industria manifatturiera. Alcune delle società più influenti all’interno dell’indice includono Enel, Eni, Intesa Sanpaolo, Ferrari e UniCredit. – Pesatura: Il FTSE MIB è un indice ponderato per la capitalizzazione di mercato, ciò significa che le società con maggiore valore di mercato influenzano di più l’andamento dell’indice. Tuttavia, c’è un limite al peso di una singola società, che non può superare il 15% dell’indice. – Performance storica: Durante la crisi finanziaria del 2008 il FTSE MIB ha perso quasi il 50% del suo valore. Tuttavia, negli anni successivi, l’indice ha registrato una ripresa, anche se ha continuato a sperimentare oscillazioni in relazione alle crisi economiche e politiche italiane ed europee. – Ultimi sviluppi: Negli ultimi anni, il FTSE MIB ha beneficiato della ripresa economica post-pandemia e dell’aumento dell’interesse internazionale per le azioni italiane. Nel 2023 l’indice ha registrato una performance positiva, trainata principalmente dai settori energia e banche. L’FTSE MIB è inoltre utilizzato come benchmark per i fondi comuni di investimento e gli ETF, e quindi ha una grande importanza anche per gli investitori istituzionali che seguono l’andamento delle principali aziende italiane e dei settori chiave dell’economia nazionale. 2. DAX (Germania): – L’indice tedesco rappresenta le 30 principali società quotate a Francoforte, con aziende di primo piano come Volkswagen, Siemens e Allianz. 3. Nikkei 225 (Giappone): – Include le 225 principali aziende quotate sulla Borsa di Tokyo, ed è considerato un barometro dell’economia giapponese. Aziende globali come Toyota e Sony sono parte di questo indice. 4. Shanghai Composite (Cina): – Rappresenta tutte le azioni quotate sullo Shanghai Stock Exchange. Sebbene la Cina abbia un peso crescente, non ha ancora raggiunto i volumi di scambi dei mercati occidentali. Dimensioni dei Principali Mercati Azionari (2023) • Stati Uniti (NYSE & Nasdaq): circa 46,2 trilioni di dollari di capitalizzazione di mercato, con oltre 6.000 aziende quotate. • Unione Europea: circa 12,1 trilioni di dollari. • Cina: circa 11,5 trilioni di dollari, con circa 4.000 aziende quotate tra Shanghai e Shenzhen. • Giappone: circa 5,8 trilioni di dollari. • Regno Unito: circa 3,2 trilioni di dollari. Globalizzazione dei mercati La globalizzazione ha cambiato la geografia degli scambi: il peso delle borse asiatiche è in crescita, sebbene il volume degli scambi non sia ancora proporzionale alla crescita delle economie locali. Gli investitori internazionali guardano sempre più a mercati emergenti, come l’India e il Brasile, in espansione sia per dimensioni che per scambi . Questo quadro globale dei mercati azionari riflette la crescente interconnessione delle economie, con indici che rappresentano una varietà di settori e regioni. La redditività degli strumenti azionari nel tempo Prima di parlare della redditività storica delle azioni e della loro giustificazione nelle scelte di investimento, è fondamentale familiarizzare con alcuni termini che si incontrano nel mondo finanziario. 115 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine Dividend yield Abbiamo già detto che il dividend yield, o rendimento da dividendi, rappresenta il rapporto tra il dividendo annuale distribuito da una società e il prezzo di un’azione. Il dividend yield è quanta parte degli utili prodotti viene riconosciuta, in percentuale rispetto all’investimento. Questo indicatore varia nel tempo anche in modo significativo. Il dividend yield delle imprese di un settore o di un paese dipende non solo dai risultati ma anche dall’impostazione culturale più o meno propensa alla distribuzione periodica dei risultati. Possiamo verificare agevolmente questo fenomeno, comparando il dividend yield medio di mercati diversi. Paesi come India e Cina nel 2019 erano tra quelli con il minor rendimento da dividendi, mentre mercati più maturi come Regno Unito e Australia sono noti per distribuire dividendi in maniera più stabile e regolare. Price-Earnings Ratio (P/E) Un altro termine essenziale è il price-earnings ratio (P/E), che misura il rapporto tra il prezzo di un’azione e gli utili per azione (EPS). È un indicatore che viene spesso utilizzato per valutare la convenienza di un investimento. L’investimento in una azienda ha senso perché vogliamo condividerne il risultato, l’utile nel breve e lungo termine. Il rapporto mi dice quanto sono disposto a pagare per ottenere un dato livello di utile. Se il price earning è 10 vuol dire che sono disposto a pagare 10 volte gli utili correnti la mia partecipazione. Se tutte le aziende avessero le stesse prospettive di risultato economico, dovremmo avere lo stesso rapporto P/E per tutte. Non è cosi ovviamente. Ci sono aziende in crescita e aziende con prospettive stabili di redditività o addirittura negative. Un P/E elevato suggerisce che il mercato si aspetta una crescita degli utili futuri, mentre un P/E basso potrebbe indicare un’opportunità di investimento a prezzi scontati, o invece aspettative più basse sugli utili futuri. Investimento azionario: opportunità e rischi È utile diversificare in investimenti azionari per un investitore di lungo termine? CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Se osserviamo l’andamento del prezzo dei singoli titoli possiamo giungere a conclusioni anche molto diverse. In alcuni casi il risultato è stato storicamente molto positivo, in altri addirittura fallimentare. Senza scomodare grafici di aziende che operano in settori estremamente innovativi e tecnologici che hanno avuto rendimenti da capogiro negli anni Duemila, anche la partecipazione ad una azienda che opera in settori consolidati, come ad esempio Disney dal 1980, avrebbe prodotto risultati impressionanti (300 volte l’investimento), per nulla comparabili con quelli di un investimento obbligazionario nello stesso periodo. È altrettanto vero che aziende consolidate in settori anche stabili hanno potuto dare risultati opposti. Si pensi all’azzeramento del valore di Enron che all’inizio del 2001 era la settima azienda degli Stati Uniti Investire solo su un singolo titolo presuppone una conoscenza molto approfondita della impresa e del management della stessa, oltre che una notevole tolleranza al rischio. L’investimento premia chi ha pazienza, chi diversifica il proprio portafoglio e chi mantiene una prospettiva di lungo termine. I rischi sono parte integrante di ogni investimento azionario, ma l’orizzonte temporale e la diversificazione aiutano a mitigare questi rischi e a massimizzare i rendimenti. Valutare con diversificazione e orizzonte temporale Un errore comune, abbiamo detto, è quello di concentrarsi su singoli casi di successo o fallimento, dimenticando che l’investimento azionario richiede un approccio diversificato. La diversificazione, insieme a un orizzonte temporale di lungo periodo, riduce il rischio complessivo di investimento. Studi su periodi lunghi, come quello dal 1870 al 2015, confermano che, sebbene le azioni siano più volatili, tendono a fornire in media rendimenti superiori rispetto agli strumenti meno rischiosi, come le obbligazioni.54 Lo studio in questione mostra i rendimenti medi annui dal 1870 al 2015 per diverse categorie di investimenti, con un confronto tra l’Italia e il mondo. Ecco alcuni punti salienti: • Azioni: nel lungo periodo, le azioni hanno offerto i rendimenti più alti, con un 7,3% annuo in Italia e un 8,4% a livello mondiale. Questo conferma la tendenza storica secondo cui le azioni, pur essendo volatili nel breve termine, tendono a sovraperformare altre forme di investimento nel lungo periodo. • Immobili: gli investimenti immobiliari, a livello globale, hanno avuto un rendimento medio annuo del 6,9%. • Obbligazioni: le obbligazioni hanno prodotto rendimenti più bassi rispetto alle azioni e agli immobili. In Italia, il rendimento medio è stato del 5,3%, mentre a livello globale si è attestato al 5%. Le obbligazioni sono tipicamente meno rischiose rispetto alle azioni, ma anche meno redditizie nel lungo termine. 116 54 The Rate of Return on Everything, 1870–2015, Oscar Jord Katharina Knoll, Moritz Schularick, Dmitry Kuvshinov, Alan M.Taylor, Marzo 2019. 117 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine •Titoli di Stato a breve termine: questi titoli, spesso considerati come investimenti sicuri, hanno offerto rendimenti molto più bassi. In Italia il rendimento è stato del 3,7%, mentre a livello mondiale è stato dell’1,5%. Ciò conferma che la sicurezza di questo tipo di investimenti viene compensata con rendimenti minori. Osservazioni Questi dati sottolineano come il rischio e il rendimento siano strettamente correlati. Le azioni offrono i migliori rendimenti a lungo termine, ma con una volatilità dei prezzi e quindi un rischio maggiore. Al contrario, i titoli di stato a breve termine, pur essendo molto sicuri, garantiscono rendimenti significativamente più bassi. Nel corso degli ultimi 123 anni, il rendimento reale medio annuo del mercato azionario americano è stato del vicino all’8%55. Storicamente il mercato azionario globale ha remunerato piuttosto bene chi ha accettato di prendersi qualche rischio. I momenti di crisi non sono sicuramente mancati. Un investitore azionario ha subito le ferite più profonde durante le due guerre mondiali, la crisi del 1929, la crisi petrolifera del 1973/1974, la bolla tecnologica degli anni 2000 e la crisi del 2008. In un contesto di pianificazione finanziaria, questi dati suggeriscono l’importanza di diversificare il portafoglio e di adattare le scelte di investimento all’orizzonte temporale e alla propensione al rischio dell’investitore. Per chi cerca rendimenti maggiori, ha tempo e può tollerare una maggiore volatilità, le azioni rimangono la scelta preferita. Per chi, invece, è più avverso al rischio, le obbligazioni e i titoli di Stato rappresentano un rifugio più sicuro, pur con rendimenti più modesti. I prodotti ibridi e derivati Accanto alle obbligazioni tradizionali e ai titoli azionari, esiste una vasta gamma di prodotti finanziari ibridi, che combinano elementi di entrambi. La più conosciuta di queste forme è l’obbligazione convertibile. 55 Si veda ad esempio a riguardo Elroy Dimson, Paul Marsh, Mike Staunton della London Business School: Credit Suisse Global Investment Returns Yearbook 2018. 118 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Questo strumento finanziario offre al possessore la facoltà di decidere se rimanere creditore della società emittente per tutta la durata del prestito, oppure se, in determinati periodi, convertire il proprio status da creditore a socio (azionista) sulla base di un rapporto di conversione predeterminato e indicato nel regolamento di emissione. Di solito, l’investitore accetta un rendimento leggermente inferiore in cambio della possibilità di conversione. Caratteristiche delle obbligazioni convertibili Gli elementi chiave di un’obbligazione convertibile includono: • Metodo di conversione: Può essere diretto (se le azioni di compendio sono emesse dalla stessa società che ha emesso le obbligazioni) o indiretto (se le azioni provengono da una società diversa). • Prezzo o rapporto di conversione: Indica quante azioni si possono ottenere per ogni obbligazione. Ad esempio, un rapporto di 1/2 significa che per ogni due obbligazioni possedute, si può ricevere una azione. • Periodo di conversione: Questo rappresenta il lasso di tempo durante il quale è possibile convertire le obbligazioni in azioni. Esempio di obbligazione convertibile Immaginiamo un prestito obbligazionario convertibile con un rapporto di conversione di 1/2 (1 azione ogni 2 obbligazioni), con conversione disponibile solo alla scadenza. Supponiamo che il valore nominale di ogni obbligazione sia di 100 €. Il prezzo di conversione sarà: Prezzo di conversione=100€×1/2=50€ Se alla scadenza il prezzo di mercato dell’azione è superiore a 50 €, l’obbligazionista avrà convenienza a convertire le obbligazioni in azioni. Obbligazioni strutturate Un’altra famiglia di strumenti è rappresentata dalle obbligazioni strutturate. Anche se il termine “obbligazione” può suggerire l’idea di un contratto di credito semplice, questi titoli possono avere una struttura molto complessa. Ad esempio, il valore nominale o la cedola possono essere legati all’andamento di azioni, indici o addirittura al verificarsi di determinati eventi (ad esempio, il prezzo di una commodity o di un tasso di interesse). Un esempio particolarmente diffuso è quello dei certificati strutturati, come i reverse convertible. Questi prodotti offrono un rendimento superiore, ma l’investitore si assume il rischio che il valore dell’azione o dell’indice sottostante scenda sotto una soglia prestabilita. In caso di eventi avversi, l’investitore potrebbe subire perdite significative, che possono ridurre il valore dell’obbligazione stessa. Questi strumenti, seppure attraenti per i rendimenti superiori, richiedono una profonda comprensione dei rischi impliciti e delle condizioni contrattuali, anche quando le probabilità di eventi negativi sembrano basse. Derivati Infine, tra gli strumenti finanziari ibridi più sofisticati troviamo i derivati. Un derivato è uno strumento finanziario il cui valore deriva da un altro asset sottostante, come un’azione, un’obbligazione, un indice o un tasso di interesse. I derivati sono spesso utilizzati per coprire il rischio (hedging) o per scopi speculativi. Tra i derivati più comuni troviamo le opzioni, i futures e gli swap. Riferimenti normativi e considerazioni La regolamentazione delle obbligazioni convertibili e strutturate è soggetta a normative specifiche sia a livello nazionale che europeo. In Italia, il Testo Unico della Finanza (TUF) disciplina la materia, mentre a livello comunitario la Direttiva MiFID II ha introdotto ulteriori requisiti di trasparenza e protezione per gli 119 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine investitori, soprattutto quelli retail. Queste normative sono fondamentali per garantire che gli investitori siano adeguatamente informati sui rischi associati a strumenti complessi come le obbligazioni strutturate e i derivati. Esempio attuale Nel 2023 diverse banche italiane hanno emesso obbligazioni strutturate legate all’andamento di indici azionari globali. In questo caso, gli investitori ricevevano una cedola fissa, ma il rimborso del capitale era legato al valore di un paniere di indici azionari, con la possibilità di incorrere in perdite se tali indici fossero scesi sotto un determinato livello. Questo esempio dimostra come gli strumenti strutturati possano offrire rendimenti interessanti, ma con un profilo di rischio più elevato rispetto alle obbligazioni tradizionali. Le polizze a contenuto finanziario Oltre agli strumenti visti fino ad ora, dovremo considerare quelli che incorporano l’utilizzo di un gestore per l’acquisto diretto di uno o più strumenti finanziari. I prodotti gestiti tradizionali sono le gestioni patrimoniali e i fondi comuni, di cui parleremo successivamente, e le polizze assicurative vita, che combinano finalità di protezione e investimento. Polizze vita Le polizze vita offrono un duplice vantaggio: protezione patrimoniale e opportunità di rendimento. Si parla di polizze vita perché questi strumenti prevedono la corresponsione di un capitale o anche di una rendita in caso di decesso o invalidità dell’assicurato. In realtà possono essere usate anche come forma di investimento semplice, per maturare un risultato al termine del contratto (riscatto o scadenza). Tra i vantaggi principali ci sono: • Esenzione dall’imposta di successione per il capitale erogato in caso di decesso. • Non sequestrabilità e non pignorabilità del capitale investito, il che garantisce una protezione aggiuntiva rispetto a molti altri strumenti finanziari. Le polizze a finalità di investimento possono essere di vario tipo. Possiamo suddividerle in quattro categorie principali. Le polizze ramo I, tipicamente, offrono investimenti a capitale garantito. I premi versati confluiscono in una gestione separata dal patrimonio della Compagnia e investita prevalentemente in titoli obbligazionari a lunga scadenza. La valutazione degli attivi di queste polizze avviene a costo storico, rendendole così meno soggette alle fluttuazioni giornaliere del mercato, diversamente da quanto accade invece ad esempio per i fondi comuni o gli ETF. Tuttavia, per il servizio di gestione e per la garanzia del capitale, le Compagnie trattengono una parte dei rendimenti. Le polizze ramo III comprendono invece prodotti come le index linked e le unit linked, che presentano profili di rischio più elevati. Le index linked collegano il rendimento a un indice di Borsa, mentre nelle unit linked il capitale dipende dall’andamento di uno o più fondi comuni di investimento. Queste polizze normalmente non garantiscono la restituzione del capitale, ma possono offrire opportunità di guadagno superiori, data la natura più aggressiva degli investimenti sottostanti. Le polizze ramo V sono polizze di capitalizzazione destinate principalmente a persone giuridiche, e che non includono un’assicurazione sulla vita, ma garantiscono solo una gestione garantita del capitale. Le polizze multiramo, infine, molto popolari negli ultimi anni, combinano la sicurezza di una polizza ramo I con le maggiori opportunità di rendimento di una polizza ramo III, offrendo agli investitori la possibilità di diversificare il proprio portafoglio all’interno di un unico prodotto. 120 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA I contratti derivati e le opzioni I derivati sono contratti finanziari il cui valore dipende da (o “deriva” da) qualcos’altro, chiamato sottostante. Il sottostante può essere un’azione, una valuta, una materia prima (come il petrolio o l’oro), un tasso d’interesse o un indice di mercato. Un modo per capire meglio è con un esempio pratico. Immaginiamo di voler comprare del grano tra 6 mesi, e che non voglia attendere per timore che il prezzo possa salire eccessivamente. Con un contratto derivato chiamato futures, possiamo accordarci con un venditore per comprare il grano tra 6 mesi a un prezzo stabilito oggi. In questo modo, l’acquirente si protegge da eventuali aumenti di prezzo, e il venditore si protegge da possibili cali. Quindi, i derivati sono strumenti usati spesso per coprirsi dal rischio o per speculare sul cambiamento del valore del sottostante. Non tutti i derivati prevedono la consegna fisica del bene sottostante, ma solo uno scambio di denaro in base alla variazione del suo valore. In sintesi: • Un derivato è un contratto il cui valore dipende da un altro bene (il sottostante). • Sono usati per ridurre i rischi o per scommettere sui cambiamenti dei prezzi di azioni, valute, materie prime, ecc. Le opzioni sono un tipo di contratto derivato che danno a chi le compra il diritto, ma non l’obbligo, di comprare o vendere un bene (detto sottostante) a un prezzo stabilito, entro una certa data. Per spiegare in modo semplice, puoi usare questa analogia. Immaginiamo di voler comprare una casa, ma di essere incerti se farlo subito o aspettare. Il venditore propone un’opzione: pagare una piccola somma oggi (detta premio) per avere il diritto di comprare la casa a un prezzo fissato (il prezzo d’esercizio) entro sei mesi. Se dopo sei mesi il prezzo della casa è salito, potremo esercitare il tuo diritto e comprare la casa al prezzo stabilito, ottenendo un vantaggio. Se invece il prezzo scende o cambia idea, potremo decidere di non comprare la casa, e l’unica cosa che perderemo è il premio pagato. Nella terminologia corrente si parla di: 1. Opzione call: dà il diritto di comprare un bene (come l’esempio della casa) ad un dato prezzo entro una determinata data. 2. Opzione put: dà il diritto di vendere un bene a un prezzo fissato entro una determinata data. Oltre alle classiche opzioni call e put, esistono vari tipi di opzioni più complesse che vengono utilizzate per strategie specifiche nei mercati finanziari. Ecco alcuni esempi di altri tipi di opzioni: 1. Opzioni americane Le opzioni americane possono essere esercitate in qualsiasi momento prima della scadenza, non solo alla scadenza. 2. Opzioni europee Le opzioni europee possono essere esercitate solo alla scadenza, il che significa che il detentore deve aspettare fino all’ultimo giorno di validità per decidere se esercitare il suo diritto. 3. Opzioni asiatiche Il prezzo di esercizio delle opzioni asiatiche non dipende da un prezzo specifico del sottostante in un dato momento, ma dalla media del prezzo del sottostante durante un determinato periodo. 4. Opzioni esotiche Sono opzioni più complesse e personalizzate che non seguono le caratteristiche standard delle opzioni classiche. Alcuni esempi includono: Opzioni barriera: vengono attivate o disattivate solo quando il sottostante raggiunge un certo livello di prezzo. Opzioni binarie (o digitali): pagano un importo fisso se il sottostante raggiunge una certa condizione (per esempio, superare un certo prezzo), altrimenti non pagano nulla. Opzioni Lookback: permettono di scegliere il miglior prezzo raggiunto dal sottostante durante la vita dell’opzione per determinare il guadagno. 121 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine Il servizio di consulenza La gestione del denaro è diventata un’attività sempre più delicata, per la complessità del contesto di riferimento (variabile e soggetto a crisi sempre più frequenti), la numerosità dei prodotti, il crescente tecnicismo del linguaggio, la difficoltà di identificare da soli rischi e opportunità. Per questo è cresciuta ovunque la fase di accompagnamento, analisi, monitoraggio degli investimenti, che viene chiamata in breve servizio di consulenza finanziaria. La consulenza finanziaria ha per oggetto la pianificazione e il monitoraggio di obiettivi e risorse finanziarie. Identificare bisogni ed obiettivi potrebbe sembrare un’attività facile. Ma non lo è, soprattutto se non si è abituati a farlo. Non siamo educati a spendere molto tempo nel pianificare. Questa è una carenza tutta italiana. La mancanza di pianificazione finanziaria in Italia è un tema ben documentato e riconosciuto da diversi studi e osservatori economici. Alcuni dei principali riferimenti riguardano la bassa propensione degli italiani alla pianificazione strutturata dei propri risparmi e investimenti, specialmente se confrontata con altri paesi europei o anglosassoni. 1. Educazione finanziaria limitata: secondo l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), l’Italia è tra i paesi sviluppati con uno dei più bassi livelli di educazione finanziaria. Uno studio del 2020 dell’OCSE ha rilevato che solo il 30% degli italiani adulti possiede competenze finanziarie sufficienti per prendere decisioni finanziarie informate. Questo fattore si riflette direttamente sulla mancanza di pianificazione a lungo termine e sulla capacità di gestire investimenti complessi. 2. Poca abitudine alla consulenza finanziaria: Tradizionalmente, gli italiani tendono a gestire i propri risparmi autonomamente, senza fare largo uso della consulenza professionale, a differenza di quanto accade ad esempio in paesi come il Regno Unito o gli Stati Uniti. Solo una percentuale limitata si affida regolarmente a consulenti finanziari per la pianificazione patrimoniale, e questo incide sullo sviluppo di una strategia di risparmio a lungo termine. La MIFID II ha cercato di spingere verso una maggiore regolamentazione e trasparenza, ma il cambiamento è ancora in fase di sviluppo. 3. Forte preferenza per la liquidità: Un’altra caratteristica del comportamento finanziario italiano è la predilezione per il mantenimento di grosse somme di denaro in conto corrente o in strumenti a basso rendimento (come i libretti di risparmio). I dati della Banca d’Italia indicano che circa il 30% della ricchezza finanziaria degli italiani è detenuta in forme liquide, il che evidenzia la mancanza di pianificazione e l’avversione al rischio, con un conseguente scarso rendimento a lungo termine dei risparmi. 4. Immobiliare come principale forma di investimento: In Italia c’è una forte tradizione legata all’investimento immobiliare. Circa il 75% degli italiani possiede la casa in cui vive, una percentuale tra le più alte in Europa. Tuttavia, questa propensione all’acquisto di immobili spesso sostituisce altre forme di investimento più liquide e diversificate, con una conseguente bassa diversificazione del portafoglio e scarsa attenzione alla pianificazione finanziaria per la vecchiaia o altre esigenze di lungo periodo. 5. Mancanza di cultura previdenziale: Secondo l’ISTAT e l’INPS, la maggioranza dei lavoratori italiani, specialmente i più giovani, non pianifica adeguatamente il proprio futuro previdenziale. C’è poca attenzione alla creazione di piani pensionistici integrativi, e questo potrebbe diventare un problema crescente, considerando le sfide che il sistema pensionistico italiano potrebbe affrontare nei prossimi decenni. 122 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA In sintesi, la carenza di pianificazione finanziaria in Italia è il risultato di diversi fattori, tra cui un livello di alfabetizzazione finanziaria relativamente basso, una preferenza per la liquidità e l’immobiliare, e una bassa fiducia nella consulenza. Questi comportamenti influenzano negativamente la capacità degli italiani di pianificare adeguatamente per il futuro, aumentando l’esposizione a rischi economici a lungo termine. Non esiste un prodotto che vada bene per tutti e per tutte le stagioni Ho lavorato a lungo in banca e la domanda più frequente che mi sono sentito rivolgere è stata quasi sempre: dove mi conviene investire per guadagnare di più? Come posso guadagnare in fretta e facilmente, magari senza rischio? O nei periodi di maggior rischio nei mercati, come posso proteggere tutto e subito? Come se ci fosse in ogni momento uno stesso prodotto utile per tutti. Difficilmente la richiesta si è basata su una preventiva individuazione di bisogni, aspirazioni, obiettivi di vita personali e familiari, sulla ricognizione delle risorse finanziarie attuali o future, su una effettiva convenienza a investire o disinvestire. Nella vita di una persona in prima approssimazione possiamo distinguere due momenti principali: la fase di accumulo, che si accompagna ad un miglioramento progressivo della condizione di vita e la fase di decumulo, che si concentra sulla conservazione del proprio benessere e sulla pianificazione della successione. In ognuna di queste fasi nascono gradualmente nuovi bisogni, per i quali vi saranno diversi prodotti finanziari adatti allo scopo. Ad ogni bisogno occorre associare il prodotto giusto. In alcune fasi della vita coesistono più bisogni complementari, dalla gestione della liquidità alla protezione, all’acquisto di beni immobiliari, alla previdenza, ecc. Il risultato è un mix di prodotti adatto ai bisogni di quel momento particolare. Come tanti cassetti di una credenza. Le buste della nonna con i risparmi destinati ai tanti piccoli e grandi bisogni (regalo, matrimonio, comunione, spesa,…). Cassetti mentali e prodotti diversi. Un modo tra i tanti per rappresentare alcuni di questi cassetti è la distinzione degli investimenti effettuati in una piramide sezionata per bisogni. Un bravo consulente deve quindi fornire indicazioni utili per identificare i bisogni, effettuare scelte strategiche di investimento e consigliare le operazioni più adeguate in relazione alla situazione economica e agli obiettivi del cliente stesso. 123 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine Chi può svolgere il servizio di consulenza? In Europa la consulenza non è più una attività artigianale autoregolata nel migliore dei casi. Ricordo ancora una esperienza di tanti anni fa in cui mi sono ritrovato tra le mani il bigliettino di una chiromante che tra le tante ‘competenze’ di cuore, salute e fortuna aveva anche uno spazio dedicato alle aste dei titoli di Stato. Oggi non sarebbe più possibile perché il servizio di consulenza in Europa è una attività sottoposta ad autorizzazione, regolamentazione, vigilanza, sanzione56, e risponde sempre più a logiche professionali. La fiducia è un elemento centrale nel rapporto tra cliente e consulente. Dal punto di vista psicologico, la fiducia è una risposta all’incertezza. Il cliente, non avendo piena conoscenza dei mercati o degli strumenti finanziari, si affida al consulente per prendere decisioni importanti riguardo al proprio patrimonio. L’attività di consulenza finanziaria si distingue dalla semplice informativa (ancora prevalentemente deregolamentata e libera) per la presenza di un rapporto bilaterale e personalizzato e per la finalizzazione all’acquisto effettivo o potenziale di un attivo finanziario. Non è consulenza finanziaria in senso stretto (e quindi soggetta a tutela particolare) la stampa di informazioni o la esternazione in generale e in astratto di opinioni sull’andamento dei mercati. Nel modello continentale la consulenza è svolta in sede o fuori sede con mandato di un intermediario. La remunerazione del consulente deriva in gran parte dal collocamento del prodotto stesso. Nel modello anglosassone il consulente lavora solo a parcella come un medico, e con organizzazione autonoma. Vi è molto dibattito su quale sia il modello migliore, ma in realtà entrambi rispondono potenzialmente a esigenze diverse. Il primo modello è più adatto a patrimoni medi e piccoli mentre il secondo è tipico di patrimoni più elevati con esigenze più complesse e maggiore capacità di spesa per consulenza. La MIFID II consente che gli stessi intermediari possano svolgere la consulenza con entrambe le modalità, purché sia indicato espressamente nel contratto di consulenza. La Direttiva Mifid II prevede espressamente che la consulenza finanziaria sia autorizzata sulla premessa di specifici requisiti patrimoniali e organizzativi57. L’articolo che vieta la consulenza finanziaria a persone non autorizzate in Italia è il n. 18-bis del Testo Unico della Finanza (TUF), introdotto dal Decreto Legislativo 58/1998. Questo articolo stabilisce che l’attività di consulenza in materia di investimenti può essere esercitata solo da soggetti autorizzati. Le persone o società che intendono fornire consulenza finanziaria devono essere iscritte presso l’apposito albo tenuto dall’OCF (Organismo di vigilanza e tenuta dell’Albo Unico dei Consulenti Finanziari). L’articolo definisce chiaramente che chi svolge attività di consulenza finanziaria senza autorizzazione è soggetto a sanzioni amministrative e penali. Le violazioni possono comportare la reclusione e sanzioni pecuniarie. 56 Le principali novità sono venute dalla applicazione delle direttive MIFID. La direttiva MiFID o Markets in Financial Instruments Directive (2004/39/EC) ha disciplinato dal 31 gennaio 2007 al 2 gennaio 2018 i mercati finanziari dell’Unione europea. Dal 3 gennaio 2018 è entrata in vigore in tutta l’Unione la nuova direttiva MiFID II (2014/65/EU). 57 L’articolo 5 della MiFID II (Direttiva 2014/65/UE) riguarda l’autorizzazione e la registrazione delle imprese di investimento. È una delle disposizioni che regolano l’accesso al mercato da parte delle imprese di investimento nell’Unione Europea. Ecco una sintesi di quanto stabilisce: 1. Autorizzazione: Le imprese di investimento devono ottenere un’autorizzazione rilasciata dall’autorità competente dello Stato membro in cui intendono operare. Senza tale autorizzazione, non possono prestare servizi di investimento. 2. Requisiti: L’articolo impone che l’impresa di investimento dimostri di soddisfare una serie di requisiti di onorabilità, professionalità e solidità finanziaria. Questi includono: – Requisiti di capitale minimo. – Organizzazione interna adeguata. – Un sistema di gestione del rischio robusto. – Rispetto delle regole di condotta e di trasparenza stabilite dalla MiFID. 3. Registro: Le imprese di investimento autorizzate vengono iscritte in un registro pubblico gestito dall’autorità competente dello Stato membro. Questo registro è accessibile a tutti e permette di verificare se un’impresa è autorizzata a prestare servizi di investimento. In breve, l’articolo 5 della MiFID II stabilisce le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione alle imprese di investimento, ponendo l’accento sui requisiti di conformità e trasparenza. 124 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Sanzioni previste: • Reclusione da uno a otto anni. • Multa che può variare da 4.000 a 10.000 euro. L’articolo 166 del TUF prevede inoltre sanzioni per la consulenza abusiva, incluse sanzioni amministrative. Queste normative sono state ulteriormente rafforzate con l’entrata in vigore della direttiva MiFID II, che ha posto maggiore enfasi sulla tutela degli investitori e ha introdotto regole più rigide per chi può svolgere consulenza finanziaria. Consulenti finanziari abilitati alla offerta fuori sede, consulenti indipendenti e società di consulenza indipendenti sono vigilati dall’OCF, organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei Consulenti finanziari. Il consulente finanziario Persona fisica (dipendente, agente o mandatario) che esercita fuori sede l’attività di consulenza. È collegato ad una banca, una Società di Intermediazione Mobiliare (SIM) o una Società di Gestione del Risparmio (SGR). Per diventare consulenti bisogna aver maturato una significativa esperienza di settore, o aver superato un test di ammissione che abbraccia molti campi di pertinenza (Diritto del mercato finanziario, Diritto previdenziale e assicurativo, Diritto privato e commerciale, Diritto tributario, Matematica ed economia finanziaria). Bisogna inoltre avere i requisiti specifici stabiliti con Regolamento ministeriale (requisiti patrimoniali, di onorabilità, di indipendenza ed incompatibilità). Al 31 dicembre 2022 il numero di consulenti iscritti era di poco più di 51.000, di cui attivi con mandato il 67%, concentrati soprattutto al nord (60%) e di età media 52 anni. Non deve sorprendere che il numero di consulenti nel tempo sia diminuito e che la distribuzione per fasce di età sia sbilanciata nel segmento demografico oltre i 50 anni. La consulenza sta diventando un lavoro sempre più complesso, che necessita di organizzazione e massa critica per giustificare gli sforzi, non può essere svolta come attività accessoria, e inoltre l’esperienza gioca un ruolo fondamentale. La concentrazione al nord si giustifica per due fattori: la maggiore abitudine all’interlocutore finanziario e la maggiore concentrazione di patrimoni elevati. Ogni anno l’organismo di vigilanza effettua una costante attività di monitoraggio, vigilanza, raccomandazione e sanzione a tutela del cliente. Il rapporto tra consulente e cliente La tipica famiglia italiana ha un elevato stock di risparmio accumulato, oltre otto volte il reddito prodotto annualmente in media. Circa il 40% di questo stock è detenuto stabilmente in attivi finanziari, dal conto corrente all’investimento in fondi. Ha un bisogno quindi naturale di consulenza, se non altro per supportare la gestione degli attivi esistenti. 125 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine Il fai da te non è possibile, se non a prezzo di rischi elevati e inefficienze importanti. In primo luogo, per l’accesso alle informazioni. A meno che non si lavori in una impresa finanziaria o che ne ha caratteristiche simili, l’accesso quotidiano alle informazioni e agli strumenti di analisi adatti è materia di specialisti. Per la comprensione. Purtroppo, esiste un linguaggio tecnico spesso per addetti ai lavori che nasconde rischi, costi e meccanismi di funzionamento. Per quanto possiamo avere dimestichezza con l’economia, dobbiamo immaginarla come una materia i cui concetti sono alla nostra portata solo se tradotti in un linguaggio comprensibile per la nostra esperienza e dizionario interpretativo. Il fai da te della comprensione può portarci a difetti di interpretazione, come un neofita che utilizza internet per farsi da solo la diagnosi medica. Avere un supporto può rivelarsi molto utile. Per la scelta del percorso migliore. Investire ha le sue ritualità, burocrazie e costi di apprendimento. Un buon consulente riesce a semplificare non banalizzando l’accesso al prodotto. Per evitare alcuni errori di percezione e comportamento altrimenti inevitabili e focalizzarci su obiettivi, opportunità e rischi. Per chi ha voglia di approfondire questa parte del rapporto è studiata molto bene dalla nuova branca della finanza che prende il nome di finanza comportamentale. Questa ci spiega che spesso nei nostri comportamenti abbiamo dei riflessi tutt’altro che razionali, che derivano da esperienza storica, modalità di funzionamento del nostro cervello e della sfera emotiva. Eccessiva sicurezza, effetto imitazione (desiderio di emulare chi ci racconta di guadagni o successi), esperienze passate, ci condizionano. La finanza comportamentale è una disciplina che studia il comportamento degli investitori e il modo in cui le emozioni, i pregiudizi cognitivi e i meccanismi psicologici influiscono sulle decisioni finanziarie. Diversamente dalla teoria economica classica, che presume che gli investitori siano razionali e prendano decisioni ottimali basate solo su informazioni oggettive, la finanza comportamentale riconosce che gli esseri umani spesso agiscono in maniera irrazionale, influenzati da fattori emotivi, sociali e cognitivi. Principali errori di giudizio nella finanza comportamentale 1. Overconfidence (eccesso di fiducia): Molti investitori sopravvalutano le proprie capacità di analisi e previsione dei mercati, portando a scelte troppo rischiose. Ad esempio, chi crede di essere sempre in grado di “battere il mercato” potrebbe ignorare segnali oggettivi di pericolo, sovrainvestendo in titoli rischiosi. 2. Effetto ancoraggio: Questo fenomeno si verifica quando gli investitori si focalizzano su un punto di riferimento iniziale, anche se non più rilevante, per prendere decisioni. Ad esempio, un investitore potrebbe fissarsi su un determinato prezzo di un’azione e aspettare che torni a quel livello prima di venderla, anche se il contesto di mercato è cambiato. 3. Loss aversion (avversione alla perdita): Secondo gli studi di Daniel Kahneman e Amos Tversky (teoria del prospetto), le persone tendono a temere le perdite più di quanto apprezzino guadagni di pari valore. Questo può portare a comportamenti conservativi o, al contrario, a rischi eccessivi per cercare di recuperare una perdita. 4. Herd behavior (comportamento da gregge): L’effetto “gregge” si verifica quando gli investitori seguono la massa senza fare un’analisi indipendente. Questo può generare bolle speculative o panico sui mercati. Un esempio classico è la bolla delle dot-com degli anni 2000, quando molti investitori compravano azioni di aziende tecnologiche solo perché “tutti” lo facevano. 5. Home bias (pregiudizio domestico): Gli investitori tendono a preferire asset nazionali o locali rispetto a quelli internazionali, anche quando il mercato globale offre opportunità migliori. Questo può portare a una mancanza di diversificazione del portafoglio e a un rischio maggiore. 6. Recency bias (bias temporale): Questo errore porta gli investitori a dare troppo peso agli eventi recenti e a ignorare quelli del passato. Ad esempio, dopo un periodo di forte crescita del mercato, gli investitori potrebbero credere che la crescita continuerà all’infinito, sottovalutando il rischio di una correzione. 7. Illusione di controllo: Spesso gli investitori credono di avere un controllo maggiore sugli eventi finanziari di quanto effettivamente abbiano. Questo può portarli a investire in settori o strumenti che percepiscono come familiari, aumentando inconsapevolmente il rischio. 126 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Esempi pratici di comportamenti spiegati dalla finanza comportamentale • Bolla immobiliare del 2008: Il mercato immobiliare statunitense ha subito una bolla dovuta in parte al comportamento irrazionale degli investitori, che continuavano a investire in immobili nonostante segnali di debolezza. L’effetto gregge e l’overconfidence hanno giocato un ruolo cruciale nel creare e gonfiare questa bolla. • Effetto dot-com: Alla fine degli anni ‘90, molte aziende tecnologiche hanno visto una crescita esponenziale nel valore delle loro azioni, nonostante molte di esse non avessero solidi modelli di business. Gli investitori, influenzati da una euforia irrazionale e dal comportamento da gregge, continuarono a comprare, contribuendo alla creazione di una bolla che è poi scoppiata nel 2000. Riferimenti teorici: La teoria della finanza comportamentale si basa molto sugli studi di Daniel Kahneman, che ha vinto il Premio Nobel per l’Economia nel 2002 per i suoi contributi alla comprensione dei giudizi e delle decisioni umane, e di Amos Tversky, il coautore della “teoria del prospetto”. Altri contributi importanti provengono da Richard Thaler, premiato con il Nobel nel 2017, che ha esplorato il concetto di “nudge” (spinta gentile) per aiutare gli individui a prendere decisioni migliori. In sintesi, la finanza comportamentale aiuta a spiegare perché gli investitori spesso prendono decisioni che non sono ottimali e come questi errori di giudizio possano influenzare non solo i singoli portafogli, ma anche interi mercati finanziari. Qualche esempio di “saggezza popolare” Il mattone non tradisce mai... Gran parte degli italiani è sovraesposta all’investimento immobiliare, e spesso ne ha una percezione positiva nonostante per gran parte degli anni 2000 vi sia stato uno stabile trend ribassista e il peso degli oneri fiscali e dei costi di manutenzione e gestione sia cresciuto notevolmente nel tempo L’investimento azionario va bene ma solo in modo speculativo e quando le cose vanno bene. È esattamente l’opposto: andrebbe comprato quando c’è crisi e in generale pagano la detenzione a lungo termine e l’accumulo graduale. L’evidenza empirica è data dall’andamento dei principali indici azionari nel tempo. Basti pensare all’indice per eccellenza, ovvero lo S&P500, che rappresenta l’andamento dei principali titoli azionari USA. 127 Capitolo VII: Gli investimenti a medio/lungo termine Con le obbligazioni guadagno meno ma non perdo mai il capitale. Il BTP emesso nel 2021 e scadenza 2037 ha perso in termini di valore oltre il 30% nel 2022 in coincidenza con aumento dell’inflazione e rialzo dei tassi delle banche centrali. Se si teme che l’inflazione continui a salire e le prospettive dei tassi d’interesse rimangano negative, vendere il BTP potrebbe evitare ulteriori perdite. Tuttavia, questo comporterebbe la cristallizzazione della perdita subita. Se si aspetta e si sceglie di detenere il BTP fino alla scadenza, c’è il rischio che l’inflazione continui a erodere il potere d’acquisto dei flussi di cassa ricevuti (cedole e capitale a scadenza). Questo significa che, anche se il valore nominale del capitale viene restituito alla scadenza, in termini reali il potere d’acquisto sarà ridotto rispetto al momento dell’emissione. Faccio da solo perché sono capace di gestire le mie emozioni. Nella realtà l’avversione al rischio nelle fasi di discesa e l’emotività nelle fasi espansive influenza sistematicamente il comportamento. Proviamo a rappresentare il comportamento medio dei clienti privati di fronte ai mercati finanziari durante diverse fasi economiche, come espansione e crisi, con diverse emozioni e azioni che accompagnano. L’adeguatezza della consulenza Il consulente finanziario in estrema sintesi consiglierà dei comportamenti di acquisto o di vendita di prodotti specifici. La normativa impone che tale consiglio sia preventivamente sottoposto dall’intermediario ad un controllo interno di adeguatezza, controllo effettuato sulla base delle informazioni disponibili in relazione agli strumenti utilizzati e alle caratteristiche del cliente. L’investimento consigliato deve infatti essere “adeguato” rispetto alle esigenze, agli obiettivi, alla tolleranza al rischio e alla situazione finanziaria complessiva dell’investitore. Gli elementi chiave che vengono valutati sono quindi: • Obiettivi di investimento: ad esempio, generare reddito, crescita del capitale, protezione del patrimonio, ecc. • Orizzonte temporale: per quanto tempo il cliente intende mantenere l’investimento. • Propensione al rischio: il livello di rischio che l’investitore è disposto a sopportare, che può variare da conservativo a dinamico. • Situazione finanziaria attuale: reddito, liquidità disponibile, patrimonio complessivo. L’intermediario ha dunque la responsabilità legale di consigliare solo strumenti finanziari che siano adatti a un profilo specifico e, se il consiglio non è adeguato, può essere ritenuto responsabile per eventuali perdite subite dal cliente. 129 I fondi comuni di investimento sono strumenti finanziari che permettono ai risparmiatori di investire collettivamente, mettendo insieme i capitali di più persone per formare un unico patrimonio gestito da professionisti, ovvero le Società di Gestione del Risparmio (SGR). Il patrimonio viene poi investito in diversi titoli finanziari (azioni, obbligazioni, ecc.), seguendo una politica d’investimento predefinita. Tali strumenti sono regolati dal TUF (Testo Unico della Finanza) e da nomative europee come la direttiva UCITS.58 Secondo Assogestioni, al 2023 il patrimonio gestito dai fondi comuni in Italia superava i 2.300 miliardi di euro, evidenziando la crescente popolarità di questi strumenti tra i risparmiatori. Struttura e funzionamento dei Fondi Comuni 1. Quote e patrimonio separato: Il patrimonio del fondo è suddiviso in “quote”, che rappresentano la parte di proprietà di ciascun investitore. Il fondo comune è un “patrimonio separato” rispetto a quello della SGR, cioè, in caso di fallimento della società di gestione, il patrimonio dei fondi resta protetto e separato, e non può essere usato per risarcire i creditori della SGR. 2. Ruolo delle SGR: Le SGR gestiscono il fondo secondo le regole stabilite dal regolamento e descritte nel prospetto informativo, che fornisce ai partecipanti tutte le informazioni necessarie, come i costi e gli obiettivi d’investimento. Questo include le norme di gestione che devono rispettare specifici criteri di diversificazione per ridurre i rischi. 3. Banche depositarie: Le banche depositarie custodiscono i titoli e le risorse liquide del fondo. Oltre a ciò, hanno un ruolo di controllo, verificando che le operazioni compiute siano conformi alle norme e agli obiettivi del fondo. 4. Vigilanza e regolamentazione: La Consob e la Banca d’Italia sono gli organi di vigilanza. La Consob supervisiona le SGR e i soggetti che collocano i fondi, mentre la Banca d’Italia si occupa dell’autorizzazione delle SGR e approva i regolamenti di gestione. 5. Il prospetto informativo è un documento fondamentale per garantire la trasparenza e fornire informazioni essenziali agli investitori. Esso contiene dettagli completi su come funziona un fondo, i rischi associati, i costi e le modalità di investimento, tra altri elementi rilevanti. Vediamo i principali aspetti del prospetto informativo nei fondi comuni aperti. Il prospetto informativo deve essere aggiornato periodicamente e disponibile per gli investitori in forma gratuita, in linea con le direttive europee, come la UCITS IV (Organismi di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari). Le autorità di vigilanza, come CONSOB in Italia, regolamentano l’emissione e l’aggiornamento di questo documento.59 CAPITOLO VIII: Gli strumenti di investimento collettivo: Fondi comuni e SICAV 58 Fondi comuni sono regolamentati dal Testo Unico della Finanza (TUF) (D.Lgs. 58/1998) e da normative europee, come la direttiva UCITS (Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities), che garantisce la protezione degli investitori e regola la trasparenza e la gestione dei fondi in tutta l’Unione Europea. 59 1. Struttura del Prospetto Informativo Il prospetto informativo si compone di tre parti principali: a. Documento Contenente le Informazioni Chiave per gli Investitori (KIID) 130 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Codice ISIN e valutazioni indipendenti Ogni fondo comune è identificato con un codice ISIN (International Securities Identification Number), che consente di tracciare gli strumenti finanziari a livello internazionale. Questo codice, che segue lo standard ISO 6166, facilita la negoziazione e la compravendita delle quote su mercati regolamentati. Per supportare i risparmiatori nella scelta dei fondi, agenzie come ad esempio Morningstar e FIDA offrono rating che analizzano la performance, i costi, la solidità e la gestione dei fondi. I rating attribuiti variano da 1 a 5 stelle (o coroncine), dove un punteggio più alto indica una migliore performance e affidabilità rispetto ai concorrenti. Struttura di mercato e evoluzione della distribuzione Il mercato italiano dei fondi comuni è fortemente concentrato. Le principali società che dominano il settore sono il Gruppo Generali e il Gruppo Intesa, che controllano oltre il 50% del mercato. Questi grandi operatori gestiscono una vasta gamma di fondi, coprendo vari settori e tipologie di investimento, da quelli più conservativi a quelli più dinamici. Un altro aspetto interessante dei fondi comuni è la loro distribuzione. Questa avviene sempre più tramite la figura dei consulenti finanziari, i quali rappresentano oggi oltre il 30% del canale di distribuzione. Il loro ruolo è cruciale nel supportare i risparmiatori nella scelta del fondo più adatto in base a obiettivi di investimento e profilo di rischio. Sono 11,1 milioni gli italiani che sottoscrivono fondi comuni di investimento, per un valore totale investito che ha raggiunto quota 546 mld euro. Il dato censito dall’Osservatorio di Assogestioni rapportato all’intera popolazione del Paese implica un tasso di partecipazione del 18,8%, il che significa che quasi 1 italiano su 5 affida almeno parte dei propri risparmi a questa tipologia di strumento. Il valore medio dell’investimento è di 49.000 euro. Un importo che però varia a seconda del tipo di prodotto scelto: più basso per i sottoscrittori di fondi italiani (30.000 euro), più elevato per i sottoscrittori di fondi esteri. Tra questi, il valore dell’investimento medio in fondi cross border si attesta a 55.000 euro. Cifre che però necessitano di una attenta lettura. Le commissioni Le commissioni nei fondi comuni d’investimento aperti rappresentano i costi che gli investitori devono sostenere per partecipare al fondo. Queste commissioni coprono vari servizi, come la gestione del fondo, la – Obiettivo e Politica di Investimento: Illustra la strategia d’investimento del fondo, gli strumenti finanziari utilizzati, e gli eventuali limiti in cui si muove. – Profilo di Rischio e Rendimento: Viene assegnato un indicatore sintetico di rischio su una scala da 1 (basso rischio e basso rendimento) a 7 (alto rischio e potenzialmente alto rendimento). – Costi: Sono riportati i costi una tantum (commissioni di ingresso o uscita) e i costi correnti (spese di gestione, costi di performance, etc.). – Risultati Storici: Se disponibili, sono presentati i rendimenti storici passati, confrontati con eventuali benchmark. b. Prospetto Completo – Regolamento del Fondo: Include norme dettagliate relative alla gestione del fondo, come la politica di distribuzione dei dividendi, eventuali restrizioni all’investimento e la politica di investimento. – Rischi Specifici: Specifica i rischi principali che possono influenzare l’andamento del fondo (rischio di mercato, di credito, di liquidità, etc.). – Modalità di Sottoscrizione e Rimborso: Descrive come e quando è possibile investire o richiedere il rimborso delle quote del fondo. – Costi Addizionali: Dettaglia ulteriori commissioni o spese, come le commissioni di performance e le spese operative del fondo. c. Relazione Annuale e Semestrale – Andamento del Fondo: Un’analisi dettagliata della performance del fondo nell’ultimo periodo, comparata a eventuali indici di riferimento (benchmark). – Composizione del Portafoglio: Elenco degli strumenti finanziari detenuti dal fondo. – Variazione delle Quote: Informazioni sull’andamento delle quote del fondo durante il periodo. 131 Capitolo VII: Gli strumenti di investimento collettivo: Fondi comuni e SICAV distribuzione e altre spese operative. Le principali tipologie di commissioni che possono essere applicate a un fondo comune sono: 1. Commissioni di Sottoscrizione (o di ingresso) – Cosa sono: È una commissione pagata quando l’investitore acquista le quote del fondo. – Importo: Generalmente varia tra lo 0% e il 5% dell’importo investito. – Caratteristiche: Non tutti i fondi applicano questa commissione, e in alcuni casi può essere negoziabile con il collocatore (banche, consulenti finanziari, etc.). 2. Commissioni di Rimborso (o di uscita) – Cosa sono: È una commissione applicata quando l’investitore decide di ritirare il proprio capitale dal fondo. – Importo: Tipicamente variabile dallo 0% al 5% del capitale rimborsato. – Caratteristiche: Alcuni fondi applicano questa commissione solo se il rimborso avviene entro un certo periodo di tempo (ad esempio, entro i primi 12 mesi dall’investimento). 3. Commissioni di Gestione – Cosa sono: È il costo annuale che l’investitore paga per il servizio di gestione attiva o passiva del fondo. Copre il compenso per il gestore e il team che amministrano il portafoglio del fondo. – Importo: Di solito varia dallo 0,5% al 2,5% annuo del patrimonio investito nel fondo. – Caratteristiche: Questa commissione viene addebitata quotidianamente e sottratta dal valore delle quote del fondo; quindi, non è visibile direttamente come costo separato ma influisce sul rendimento netto. 4. Commissioni di Performance – Cosa sono: È una commissione aggiuntiva applicata quando il fondo raggiunge o supera un certo livello di rendimento, spesso in relazione a un benchmark di riferimento. – Importo: Può variare notevolmente, ma solitamente è compresa tra il 5% e il 20% del rendimento che eccede il benchmark. – Caratteristiche: Viene applicata solo nei casi in cui il fondo batte il suo benchmark o un rendimento prefissato, quindi non è sempre presente. 5. Spese Correnti – Cosa sono: Includono una serie di costi operativi sostenuti dal fondo, come spese amministrative, di custodia, legali e di revisione contabile. – Importo: Solitamente si aggirano intorno allo 0,1%-0,4% annuo. – Caratteristiche: Come per le commissioni di gestione, queste spese vengono dedotte automaticamente dal patrimonio del fondo e si riflettono nel valore delle quote. 6. Commissioni di Switch (cambio di fondo) – Cosa sono: È una commissione che si applica quando un investitore decide di trasferire il proprio investimento da un fondo a un altro all’interno della stessa società di gestione. – Importo: Generalmente oscilla dallo 0% al 2% dell’importo trasferito. – Caratteristiche: Non è applicata da tutti i fondi e può essere assente se lo switch avviene tra fondi all’interno dello stesso gruppo. 7. Commissioni di Consulenza – Cosa sono: In alcuni casi, soprattutto in modelli di consulenza a pagamento (ad esempio con consulenti finanziari indipendenti), all’investitore può essere addebitata una commissione per i servizi di consulenza finanziaria associata all’investimento in fondi. 132 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA – Importo: Solitamente una percentuale fissa o variabile, concordata tra consulente e cliente. – Caratteristiche: Questi costi possono essere trasparenti o incorporati nelle commissioni del fondo. 8. Commissioni di Amministrazione – Cosa sono: Sono spese collegate alle attività operative e amministrative del fondo, come la tenuta dei registri e la distribuzione delle quote. – Importo: Una piccola percentuale del patrimonio gestito, solitamente inclusa nelle spese correnti. Come Monitorare le Commissioni Per conoscere tutte le commissioni applicate a un fondo, è fondamentale consultare il KIID (Key Investor Information Document) o il prospetto informativo. Questo documento contiene un riepilogo delle commissioni, insieme a dettagli sui costi correnti e le eventuali commissioni di performance. Fondi comuni aperti e Sicav: il meccanismo di sottoscrizione/rimborso Un fondo comune di investimento aperto è uno strumento finanziario che consente ai clienti di investire e disinvestire in modo flessibile. I fondi aperti consentono infatti di acquistare nuove quote del fondo in qualsiasi momento. Non ci sono limiti di tempo prestabiliti. L’investitore può entrare quando lo desidera, a seconda della disponibilità di capitale o delle condizioni di mercato. Al tempo stesso può vendere le quote e ottenere il capitale in qualsiasi momento. Per consentire le operazioni di sottoscrizione e rimborso, per il fondo viene calcolato ogni giorno il NAV (Net asset Value), ovvero il valore delle quote del fondo al netto delle spese di gestione. NAV = (Totale Attivo – Totale Passivo) / numero delle quote in circolazione. Se dovrò disinvestire riceverò quindi il NAV del giorno moltiplicato per il numero di quote che disinvesto. Se dovrò invece investire, verserò l’importo desiderato e riceverò un numero di quote pari al totale investito/NAV. Attivi e passivi del fondo sono valutati sulla base dei prezzi di mercato di chiusura dei titoli in portafoglio. Per questo motivo il NAV varia ogni giorno in modo più o meno significativo a seconda del mercato e degli strumenti oggetto di investimento. Una modalità di investimento simile a quella del fondo comune è quella dell’investimento nelle SICAV, acronimo per Società di Investimento a Capitale Variabile. La peculiarità delle SICAV, che rappresenta anche la differenza rispetto ai fondi comuni, è che l’investitore diventa azionista della società e, quindi, acquisisce una serie di diritti patrimoniali (diritto agli utili e al rimborso del capitale a seguito della richiesta di riscatto) e amministrativi. Analogamente ai fondi comuni, il capitale di una SICAV non è fisso, ma varia in funzione delle nuove sottoscrizioni e delle richieste di rimborso. Le SICAV sono organismi di tipo “aperto”: un investitore può sempre sottoscrivere nuove azioni e chiedere il rimborso delle stesse. 133 Fondi chiusi I fondi chiusi sono strumenti di investimento collettivo caratterizzati da un numero fisso di quote e un diritto di rimborso limitato a scadenze predefinite o alla fine della vita del fondo. Questa struttura permette agli investitori di immettere capitale in progetti di lungo termine, senza la necessità di liquidare il fondo per soddisfare richieste di rimborso. Le quote possono essere scambiate sul mercato secondario, ma il patrimonio del fondo rimane stabile, in quanto le compravendite non influenzano gli asset gestiti. In Italia, i fondi chiusi sono regolamentati principalmente dal Testo Unico della Finanza (D.Lgs. 58/1998), che stabilisce i requisiti di funzionamento, i vincoli di investimento, e la protezione degli investitori. La vigilanza è affidata alla Banca d’Italia e alla Consob, che supervisionano le attività delle società di gestione del risparmio (SGR) che amministrano i fondi. Caratteristiche principali • Numero fisso di quote: A differenza dei fondi aperti, in cui è possibile richiedere il rimborso delle quote in qualsiasi momento, nei fondi chiusi le quote non possono essere rimborsate fino alla scadenza o a date predeterminate. • Orizzonte di lungo periodo: Solitamente i fondi chiusi hanno una durata di 10-15 anni, permettendo agli investitori di impegnare il capitale su investimenti a lungo termine. • Investimenti tipici: Sono spesso utilizzati per operazioni di private equity, venture capital o investimenti immobiliari. Ad esempio, i fondi di private equity investono in aziende in fase di espansione o ristrutturazione, mentre i fondi di venture capital si concentrano su start-up e imprese innovative. Aggiornamenti recenti Nel 2023, i fondi chiusi in Italia hanno visto una crescente partecipazione nel settore immobiliare, specialmente con l’aumento della domanda di investimenti in centri commerciali e immobili destinati ad attività logistiche. Alcuni fondi chiusi, come quelli specializzati in green building e sostenibilità ambientale, sono diventati sempre più rilevanti grazie anche alle normative europee sui green bonds e alla crescente attenzione verso le tematiche ESG (Environmental, Social, Governance). Secondo i dati dell’Associazione Italiana del Risparmio Gestito (Assogestioni), il patrimonio complessivo dei fondi chiusi in Italia ha raggiunto circa 80 miliardi di euro a metà del 2023, con un incremento del 15% rispetto all’anno precedente. Questa crescita è stata spinta sia dall’aumento degli investimenti in settori innovativi come il digitale e le energie rinnovabili, sia dall’interesse crescente verso gli strumenti di private equity. Fondo Immobiliare Una delle forme più utilizzate è il fondo immobiliare chiuso, che raccoglie capitali da investitori per acquistare, gestire e rivendere immobili. I fondi immobiliari possono focalizzarsi su differenti segmenti, come residenziale, commerciale o logistica. L’Italia ha visto un aumento dell’interesse per i fondi immobiliari specializzati in logistica urbana e riqualificazione di aree dismesse, grazie anche agli incentivi governativi volti a favorire la rigenerazione urbana. Gli ETF Gli ETF (Exchange Traded Funds) sono strumenti finanziari che combinano le caratteristiche dei fondi di investimento con la negoziabilità delle azioni. Si tratta di fondi o SICAV (Società di Investimento a Capitale Variabile) che vengono scambiati in borsa e che hanno come principale obiettivo quello di replicare fedelmente Capitolo VII: Gli strumenti di investimento collettivo: Fondi comuni e SICAV 134 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA l’andamento di un indice di riferimento, sia esso azionario, obbligazionario o basato su materie prime. Un esempio classico è un ETF che segue l’indice S&P 500, replicandone la performance. Caratteristiche principali degli ETF: 1. Basse commissioni di gestione: Gli ETF sono noti per avere costi ridotti rispetto ai fondi comuni di investimento, poiché l’obiettivo è semplicemente replicare un indice piuttosto che attuare una gestione attiva. 2. Negoziazione in borsa: Gli ETF vengono scambiati sui mercati regolamentati come azioni, il che significa che gli investitori possono acquistarli e venderli durante l’orario di negoziazione. 3. Trasparenza: Ogni giorno viene pubblicato il valore patrimoniale netto dell’ETF e la composizione del portafoglio, permettendo agli investitori di sapere esattamente in cosa stanno investendo. 4. Diversificazione: Un ETF replica un indice composto da più titoli, quindi anche con un singolo investimento si ottiene una buona diversificazione. 5. Flessibilità: Gli ETF offrono accesso a una vasta gamma di mercati, settori e strategie di investimento, dai mercati emergenti agli indici di titoli obbligazionari, fino agli indici settoriali. Distinzione tra ETF fisici e sintetici: • ETF fisici: Questi ETF investono direttamente nei titoli che compongono l’indice di riferimento, come ad esempio azioni o obbligazioni. Il rischio di credito è legato alle società in cui l’ETF investe. • ETF sintetici: Non investono direttamente nei titoli dell’indice, ma utilizzano strumenti derivati, come swap o altre forme di contratti finanziari, per replicare l’andamento dell’indice. Il rischio principale in questi casi è legato alla solvibilità del fornitore degli strumenti di replica, ossia la controparte con cui il fondo stipula questi contratti. Mercato italiano: ETFplus In Italia, la negoziazione degli ETF avviene sul mercato ETFplus, gestito da Borsa Italiana. Crescita degli ETF Negli ultimi anni, gli ETF hanno visto una crescita esponenziale, soprattutto grazie alla loro flessibilità e trasparenza e ai costi contenuti. Nel contesto europeo e italiano, il totale del patrimonio gestito dagli ETF è aumentato di 12 volte negli ultimi 15 anni, confermando l’interesse crescente sia di investitori istituzionali che di piccoli risparmiatori. Regolamentazione Gli ETF sono soggetti alla normativa europea stabilita dalla UCITS Directive (Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities), che stabilisce i requisiti per la trasparenza, la gestione del rischio e la protezione degli investitori. In sintesi, gli ETF rappresentano uno strumento versatile e conveniente per investire in un’ampia gamma di mercati, combinando efficienza di costi e trasparenza, anche se è importante essere consapevoli dei rischi, in particolare nel caso di ETF sintetici. 135 Capitolo VII: Gli strumenti di investimento collettivo: Fondi comuni e SICAV L’industria del risparmio gestito: le principali ragioni del successo degli organismi di investimento collettivo L’industria del risparmio gestito ha conosciuto un’enorme espansione a partire dagli anni ‘80, soprattutto in Europa e in Italia. Nel 2023 il patrimonio gestito in Italia ha superato i 2.200 miliardi di euro, di cui 1.192 miliardi investiti in gestioni collettive, inclusi fondi comuni, SICAV e fondi chiusi. Questa crescita si deve a diversi fattori che rendono lo strumento del risparmio gestito particolarmente interessante per investitori sia grandi che piccoli. Ragioni principali del successo del risparmio gestito 1. Diversificazione. La diversificazione è uno dei principali vantaggi degli strumenti di risparm io gestito. Sottoscrivendo quote di un fondo o di una SICAV, l’investitore accede a un portafoglio diversificato composto da diversi titoli, riducendo il rischio legato all’andamento di singoli strumenti finanziari. 2. Gestione dei tagli. I fondi comuni consentono anche a piccoli investitori di accedere a mercati che richiederebbero capitali molto maggiori se l’investimento fosse fatto individualmente. Ad esempio, un singolo investitore con 10.000 euro può acquistare quote di un fondo che diversifica il suo portafoglio in settori specifici, come materie prime o obbligazioni internazionali. 3. Gestione della liquidità. I fondi e le SICAV offrono maggiore liquidità, permettendo agli investitori di riscattare le proprie quote in tempi brevi, in base al regolamento del fondo, senza dover vendere direttamente i singoli titoli. Se l’importo è piccolo il fondo spesso non ha neanche bisogno di vendere specifici titoli per creare la liquidità, perché attinge direttamente dalla quota di liquidità complessiva in portafoglio, o compensa l’uscita con entrate di nuovi sottoscrittori. 4. Riduzione dei costi. Anche i costi di gestione sono più accessibili rispetto a quelli che un singolo investitore affronterebbe operando direttamente sui mercati. Ad esempio, in un fondo azionario, il costo di gestione può variare dall’1,5% al 2,5% all’anno, 136 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA traducendosi in 150-250 euro per ogni 10.000 euro investiti. Senza un fondo, ottenere una gestione professionale sarebbe molto più costoso. 5. Accesso a competenze professionali. Molti mercati richiedono competenze specialistiche o l’accesso a operatori qualificati. Grazie ai fondi comuni, anche i piccoli investitori possono beneficiare della gestione professionale di portafogli specializzati, cosa che sarebbe difficile o impossibile per chi investe individualmente. Il cumulo di capitali e bisogni di sottoscrittori diversi permette di avere accesso a costi assoluti molto contenuti. Le macrocategorie Assogestioni I fondi comuni di investimento sono strumenti ormai ampiamente utilizzati, e la vasta gamma di fondi disponibili oggi rende fondamentale una corretta classificazione per permettere confronti appropriati. L’associazione di categoria Assogestioni ha creato una serie di raggruppamenti per classificare i fondi in base a specifiche caratteristiche, come la componente azionaria, la durata delle obbligazioni, la specializzazione geografica o settoriale, e il livello di libertà nella gestione del portafoglio. Le categorie principali dei fondi 1. Fondi monetari o di liquidità: sono considerati tra i prodotti a rischio più basso, investendo in strumenti del mercato monetario come titoli di Stato a breve termine o strumenti a breve scadenza di alta qualità. Le oscillazioni di prezzo di questi fondi sono minime. Vengono classificati anche in base alla valuta degli strumenti sottostanti. 2. Fondi obbligazionari: devono investire almeno il 70% del patrimonio in obbligazioni. Si dividono in fondi obbligazionari governativi (che investono in titoli di Stato) e fondi corporate (che investono in obbligazioni emesse da imprese). Anche in questo caso la valuta gioca un ruolo importante nella classificazione. 3. Fondi bilanciati: investono sia in azioni che in obbligazioni, bilanciando il rischio in base alla percentuale di azioni nel portafoglio. Ci sono: – Bilanciati puri: la percentuale di azioni oscilla tra il 30% e il 70%. – Bilanciati azionari: la quota di azioni è tra il 50% e il 90%. – Bilanciati obbligazionari: la quota di azioni è tra il 10% e il 50%. 4. Fondi azionari: investono almeno il 70% del patrimonio in azioni. Questi fondi possono essere specializzati su una singola area geografica o su un settore specifico (ad esempio, un fondo che investe solo in azioni italiane o in azioni tecnologiche), oppure possono essere globali, cioè investire in azioni di tutto il mondo. 5. Fondi flessibili: offrono maggiore autonomia ai gestori nella gestione degli investimenti, non imponendo rigidi vincoli sulle percentuali di allocazione tra azioni, obbligazioni o liquidità. Distribuzione del risparmio in fondi Assogestioni pubblica mensilmente dati sull’andamento dei fondi, ripartito per singole categorie. Ad esempio secondo i dati di aprile 2023, il risparmio gestito in fondi aperti si è distribuito principalmente in fondi obbligazionari e azionari, che insieme rappresentano una fetta importante del mercato. I fondi bilanciati e flessibili, caratterizzati da maggiore libertà gestionale, rappresentano invece circa il 30% del totale. 137 Capitolo VII: Gli strumenti di investimento collettivo: Fondi comuni e SICAV I fondi hedge Gli hedge fund, o fondi speculativi, sono veicoli di investimento creati per generare rendimenti superiori a quelli degli indici di riferimento, spesso indipendentemente dalle condizioni generali del mercato. La loro caratteristica principale è l’uso di strategie altamente speculative, che includono l’impiego di derivati, leverage (leva finanziaria) e posizioni sia lunghe che corte. Quest’ultima strategia, detta “vendita allo scoperto”, consiste nel vendere titoli non posseduti con l’obiettivo di riacquistarli a un prezzo inferiore, guadagnando dalla differenza. Gli hedge fund cercano di produrre un rendimento assoluto positivo, anche quando i mercati scendono, e ad amplificare i guadagni attraverso strumenti avanzati e strategie che possono comportare un elevato rischio. Trattandosi di fondi ad alto rischio e complessità, sono rivolti principalmente a investitori istituzionali e professionali, e non sono generalmente accessibili ai piccoli risparmiatori. La mancanza di correlazione diretta con gli indici li rende potenzialmente interessanti in contesti di mercato difficili, ma aumenta la volatilità del loro rendimento, col rischio di possibili perdite significative in periodi di crisi. Gli hedge fund si sono diffusi notevolmente dagli anni ‘90, con la globalizzazione dei mercati e l’innovazione finanziaria, anche se restano soggetti a normative specifiche per contenere i rischi sistemici che potrebbero derivare dal loro utilizzo eccessivo di leva finanziaria. Un esempio recente di hedge fund che ha subito pesanti perdite a causa della leva è stato il caso di Archegos Capital nel 2021, che ha causato enormi perdite ad alcune delle più grandi banche mondiali. Rischi e strategie Gli hedge fund utilizzano strategie sofisticate e aggressive per ottenere rendimenti. Tra le più comuni ci sono: • Leverage (leva finanziaria): permette di amplificare i guadagni (o le perdite) prendendo in prestito denaro per aumentare la dimensione delle operazioni. • Short Selling: consiste nel vendere allo scoperto un’attività sperando che il prezzo diminuisca, per poi riacquistarla a un prezzo inferiore. • Derivati: strumenti come opzioni e futures, utilizzati per speculare o coprire posizioni. Un esempio recente di strategia con un impatto significativo si è verificato durante la pandemia, quando hedge fund con esposizioni a posizioni corte hanno capitalizzato il crollo del mercato azionario globale, generando rendimenti positivi in un periodo di crisi finanziaria. Normativa e regolamentazione Gli hedge fund sono regolamentati in modo diverso rispetto ai fondi comuni. In Europa, la direttiva AIFMD (Alternative Investment Fund Managers Directive) stabilisce le regole per la gestione dei fondi alternativi, inclusi gli hedge fund, per aumentare la trasparenza e la protezione degli investitori. La direttiva impone limiti sull’uso della leva finanziaria, richiede un’informativa dettagliata sulle strategie adottate e aumenta i requisiti di governance per i gestori. Negli Stati Uniti la regolamentazione degli hedge fund ricade sotto la Securities and Exchange Commission (SEC), che richiede la registrazione dei gestori di hedge fund con asset superiori a 150 milioni di dollari attraverso il Dodd-Frank Act. La normativa post-crisi finanziaria ha introdotto requisiti di trasparenza più severi, specialmente per quanto riguarda la leva finanziaria e le posizioni di rischio. 138 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA La tassazione dei fondi comuni Fino al 30 giugno 2011, i fondi comuni di investimento italiani erano soggetti a un’imposta sostitutiva del 12,5% sul risultato di gestione, ossia sui guadagni realizzati dal fondo stesso durante il periodo di investimento. Questa imposta era applicata direttamente sul fondo e non sui singoli investitori. In altre parole, il fondo versava l’imposta indipendentemente dal fatto che gli investitori avessero realizzato un guadagno personale o avessero riscattato le proprie quote. Dal 1° luglio 2011, con una modifica normativa significativa, il regime fiscale è cambiato. La tassazione è passata in capo ai singoli investitori al momento della percezione dei proventi. Questo significa che i partecipanti ai fondi comuni devono pagare le tasse sugli utili solo quando decidono di liquidare le proprie quote e realizzano effettivamente un guadagno. La base imponibile è costituita dal guadagno realizzato, ossia la differenza tra il valore di acquisto delle quote e il valore di riscatto al momento della vendita. La tassazione sugli utili realizzati sui fondi comuni dipende dal contenuto degli investimenti (con aliquota pari al 26% degli utili per la gran parte degli strumenti, e del 12,5% per i proventi derivanti da titoli di Stato italiani o di Paesi appartenenti alla cosiddetta “white list”). Questo sistema ha introdotto una maggiore equità, in quanto gli investitori pagano le tasse solo quando realizzano effettivamente un guadagno, permettendo anche una maggiore trasparenza fiscale e una gestione più flessibile dei propri investimenti. Il LIE Nel corso della propria vita un fondo potrebbe cambiare anche significativamente la composizione degli investimenti. Per il risparmiatore sarebbe impossibile conoscere o calcolare l’aliquota esatta. Per questo il legislatore ha posto in capo all’intermediario finanziario l’onere di calcolare il LIE, livello impositivo equalizzato, da applicare al singolo contribuente. Considerazioni finali L’importanza dei fondi comuni risiede nella loro capacità di offrire una gestione professionale, diversificazione del rischio, e accesso a mercati globali anche con capitali ridotti. Tuttavia, è essenziale comprendere i costi associati e la politica d’investimento del fondo scelto, come descritto nel prospetto informativo, e valutare attentamente se il fondo si adatta al proprio profilo di rischio e ai propri obiettivi finanziari. 139 Previdenza: cos’è e quale rapporto ha con risparmio, mercati finanziari e denaro Quando siamo in età lavorativa generiamo reddito per coprire le nostre necessità attuali e future, oltre che quelle dei nostri cari. Una parte di questo reddito è destinata al pagamento di imposte e tasse, che permettono allo Stato e agli enti amministrativi di operare, un’altra parte è destinata a soddisfare le nostre piccole e grandi esigenze (dal cibo alla salute, alla casa, alla salute per citare qualche esempio). Una parte infine viene accantonata. Il risparmio infatti ci consente di affrontare spese future, previste o impreviste, ed è la chiave per gestire con serenità quei momenti della vita in cui non saremo più in grado di produrre reddito a causa di malattia, infortunio, disoccupazione o anzianità. Assorbiti dalle urgenze e dalle difficoltà quotidiane potremmo trascurare questa necessità, ritrovandoci poi fragili al momento del bisogno. In parte è lo Stato stesso che ci costringe quindi a risparmiare per il futuro, imponendoci contributi che serviranno a finanziare il sistema pensionistico, incentivando forme private di accantonamento e facendosi carico di organizzare mercati, strumenti e tutele. Con il termine previdenza sociale si intende in particolare l’insieme delle attività pubbliche destinate a garantire una protezione economica e sociale ai lavoratori e alle loro famiglie nei momenti di fragilità e uscita dal mondo del lavoro. In Italia il principio alla base del concetto di previdenza viene enunciato addirittura nella Carta Costituzionale.60 La previdenza si basa su due pilastri fondamentali: la contribuzione obbligatoria e la solidarietà intergenerazionale, ossia il principio per cui i lavoratori attivi contribuiscono al sostentamento di chi è già in pensione, con la speranza che, un giorno, le generazioni future facciano lo stesso per loro. Il sistema pensionistico italiano e la riforma Brodolini del 1969 In Italia, le prime forme di tutela sociale hanno riguardato l’invalidità e la vecchiaia dei lavoratori e sono state introdotte nell’ordinamento dopo l’Unità d’Italia, con l’affermarsi della rivoluzione industriale. Con lo sviluppo economico e le conquiste sociali, il sistema di previdenza pubblica si è arricchito man mano di nuovi contenuti. In linea generale, il finanziamento delle prestazioni pensionistiche può avvenire secondo due modelli: il sistema a capitalizzazione e quello a ripartizione. Nel primo caso i contributi versati dai lavoratori vengono accantonati allo scopo di costituire un ammontare sufficiente all’erogazione di una rendita vitalizia al termine CAPITOLO IX: La previdenza 60 L’art. 38, co. 2, della Carta costituzionale sancisce il principio secondo cui i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. 140 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA dell’attività lavorativa. Questa rendita prende il nome di pensione. Nel sistema a ripartizione, invece, i contributi versati dalla popolazione attiva servono a finanziare le prestazioni pensionistiche, attuando così un trasferimento di risorse tra generazioni differenti. È evidente però come questo sistema ponga potenzialmente problemi di equilibrio e sostenibilità. Mentre fino al 1952 il sistema italiano utilizzava il modello a capitalizzazione, con la legge del 4.4.1952, n. 218 si assiste ad un primo passaggio dal metodo a capitalizzazione a quello a ripartizione. Ma la riforma che apporterà i cambiamenti più rilevanti e, come vedremo in seguito, porrà le premesse della fragilità dell’intero sistema pensionistico italiano, è la riforma Brodolini del 196961. Nata in un momento di particolare turbolenza, sulla spinta di forti rivendicazioni sociali, introduce infatti, nell’ambito del metodo a ripartizione, un principio eccessivamente generoso di calcolo della pensione. Si tratta del cosiddetto metodo retributivo, che lega la pensione alle ultime prestazioni salariali. In pratica, la pensione dovrà essere proporzionale agli ultimi anni di stipendio del lavoratore, generalmente prendendo come riferimento i 5 o 10 anni finali di carriera. Lo scopo di questo metodo è quello di garantire ai lavoratori una pensione che rifletta meglio il tenore di vita mantenuto prima del pensionamento. Con la riforma Brodolini verranno inoltre varati provvedimenti che allargheranno la platea dei pensionati e creeranno meccanismi di aumento automatico degli importi delle pensioni: 1. Introduzione della pensione sociale per i cittadini con più di 65 anni e con reddito minimo. 2. Pensione di anzianità per i lavoratori con almeno 35 anni di contribuzione, anche se non hanno ancora raggiunto l’età pensionabile. 3. Perequazione automatica delle pensioni, che garantisce la rivalutazione delle stesse in base all’inflazione. È di fatto la riforma del benessere e della fiducia nel futuro e nello Stato. La popolazione attiva si fa carico delle prestazioni pensionistiche di chi ha lasciato il lavoro, e lo Stato si fa garante del sistema, sopperendo con imposte o debito alla eventuale insufficienza di risorse. È nato il Welfare pubblico italiano, un sistema articolato e generoso di tutele che assicura risorse a una platea sempre più ampia di pensionati. Il numero di pensioni erogate dall’INPS aumenta considerevolmente, passando da circa 5 milioni di pensioni nel 1969 a oltre 8 milioni alla fine degli anni Settanta. La crisi degli anni Ottanta e il fattore demografico Negli anni Ottanta il sistema entra in crisi in Italia come in molti altri paesi. Le generose promesse del boom economico diventano insostenibili, anche a causa del cambiamento demografico, che vede una riduzione della natalità e un aumento dell’aspettativa di vita. Questo porta a un maggiore squilibrio tra contributi versati e pensioni erogate, costringendo lo Stato a intervenire con imposte e debito pubblico. Dal 1970 in poi, grazie al progresso della medicina, alla migliore igiene e alimentazione, al benessere economico, alla prevenzione e alle innovazioni tecnologiche, l’età media della popolazione mondiale aumenta significativamente. Per il sistema pensionistico l’impatto è duplice: aumenta il numero di anni per i quali bisogna assicurare il pagamento delle pensioni, e aumenta il numero di pensionati rispetto a quello dei lavoratori attivi. 61 Legge del 30.4.1969, n.153. 141 Capitolo IX: La previdenza La crescita del numero di anziani nel mondo é esponenziale. Secondo le stime più recenti tale numero è destinato a superare i due miliardi, con una forte concentrazione nei paesi sviluppati. In Italia la struttura demografica si è trasformata in modo ancora più profondo che nel resto del mondo. Nel 1950 per ogni 100 abitanti solo 14 erano di età superiore ai 65 anni. Nel 2020 l’età media è salita a 45,7 anni e entro il 2050 salirà oltre i 50 anni, con gli anziani che rappresenteranno quasi il 70% della popolazione. Il rapporto tra giovani e anziani sarà di 1 a 3. Secondo i dati ISTAT62 il Paese vive un ricambio naturale negativo dal 2007, con un numero di nascite inferiore ai decessi. Da un lato si è assistito ad un aumento importante dell’aspettativa di vita, dall’altro ad una riduzione significativa delle nuove nascite. La natalità è diminuita significativamente per tanti fattori sia culturali che economici, in corrispondenza con il passaggio da una economia di tipo agricolo ad una di tipo industriale, cittadina e di servizi. Con modelli familiari in evoluzione, e la scomparsa dei nuclei familiari ampi, i nuovi nati sono ogni anno meno della metà di quanto avveniva durante il boom economico. La conseguenza è evidente: riduzione netta della popolazione e dell’incidenza della fascia giovane nell’albero demografico. La crisi degli anni Ottanta e il fattore finanziario Il sistema previdenziale italiano è entrato in crisi anche per fattori domestici di disciplina finanziaria: la mancata accumulazione delle risorse necessarie per finanziare il sistema previdenziale e la creazione di aspettative eccessive di prestazioni. Il sistema pensionistico viene utilizzato come ammortizzatore sociale e strumento di redistribuzione. Pensioni troppo generose, pensioni assistenziali, provvedimenti clientelari a pioggia aumentano anno per anno entità e numero di prestazioni non coperte a sufficienza da contributi. Lo Stato è continuamente chiamato a intervenire con risorse aggiuntive. Un esempio particolarmente eclatante di provvedimento redistributivo verso specifiche categorie di lavoratori pubblici è quello delle cosiddette baby pensioni. Con il provvedimento varato nel 1973, si consentiva infatti ad alcuni dipendenti pubblici di lasciare anticipatamente il lavoro se in possesso di questi determinati requisiti: 62 Report Istat pubblicato il 22 maggio 2023. 142 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA • 14 anni 6 mesi e 1 giorno di contributi per le donne sposate con figli; • 20 anni di contributi per gli statali; • 25 anni di contributi per i dipendenti degli enti locali. È evidente il dislivello tra contributi versati dai singoli pensionati e prestazioni erogate a carico degli altri contribuenti. Gli effetti persistono anche attualmente. Nonostante l’abolizione nel 2005 con la riforma Dini, l’INPS tutt’oggi eroga 185 mila baby-pensioni per una spesa annuale di 2,9 miliardi. Lo squilibrio sarebbe stato sostenibile se i conti pubblici fossero rimasti sempre in ordine. Dal 1970 in poi invece il debito pubblico esplode, aumentando dal 40% circa del prodotto interno lordo, a oltre il 100%. Di qui la necessità di riforme, in momenti drammatici per il nostro paese. La necessità di riforme Il primo passo é la riforma Amato. Il governo Amato é chiamato a risanare i conti pubblici in un periodo complesso di sfiducia e crisi finanziaria con alti tassi di interesse, fughe di capitali e una drammatica svalutazione della lira italiana.63 Vengono varati provvedimenti strutturali che cominciano a rivedere sostanzialmente il sistema di previdenze per aumentarne la sostenibilità. Le principali misure della riforma Amato del 1992 sono tese a: 1. Stabilizzare il rapporto spesa previdenziale/prodotto interno lordo 2. Innalzare l’età pensionabile (da 55 a 60 per le donne, da 60 a 65 per gli uomini) 3. Interrompere i meccanismi di indicizzazione delle pensioni all’inflazione 4. Innalzare il numero minimo di anni di contribuzione necessari per la pensione di vecchiaia (da 15 a 20 anni) È solo l’inizio. Da quel momento in poi quasi tutti i governi dovranno occuparsi del problema pensionistico con successivi aggiustamenti. Particolare rilievo avranno la Riforma Dini e la Riforma Fornero, entrambe maturate in periodi di particolare stress finanziario. Con le riforme il sistema cambia pelle. Da retributivo diventa contributivo e da pubblico diventa misto, con incentivazione e crescita della componente volontaria e privatistica64. Inoltre sia per le donne che per gli uomini l’accesso alla pensione si sposta in avanti nel tempo. Il sistema misto pubblico-privato e la concezione dei tre pilastri Il sistema pensionistico pubblico è entrato in crisi globalmente. Le proiezioni in tutti i principali paesi sviluppati indicano un gap pensionistico (ovvero una differenza tra risorse dedicate e prestazioni promesse) molto elevato, di gran lunga superiore ai debiti pubblici attuali per i quali già l’allarme è elevato. La mancata 63 In pochi mesi, il cambio contro il dollaro passa dai 1.078 lire di fine agosto ai 1.583 della primavera ‘93. Contro il marco, la lira passa da 760 a 1.000, perdendo fino al 24%. Il governo Amato I rimane in carica dal 28 giugno 1992 al 29 aprile 1993, poco più di dieci mesi. Fra i provvedimenti principali per il pareggio di bilancio si ricordano una manovra finanziaria da 93.000 miliardi di lire, la più importante dal dopoguerra, e il prelievo forzoso retroattivo del 6; dai conti correnti delle banche italiane, nella notte di venerdì 10 luglio 1992, legittimato con decreto d’urgenza pubblicato alla mezzanotte tra il 10 e l’11 luglio. 64 Il d.lgs. 21.4.1993, n. 124, introduce la prima disciplina organica della previdenza complementare configurando un sistema volto ad affiancare alla previdenza pubblica di primo pilastro forme di assicurazione a capitalizzazione di tipo privatistico. 143 Capitolo IX: La previdenza delivery di queste promesse potrebbe essere causa di profonde crisi sociali e instabilità finanziarie globali. Per questo dal 1994 la Banca Mondiale ha cominciato a sensibilizzare i governi perché rivedano i modelli di previdenza, adottando sistemi sostenibili, e ha introdotto il concetto dei Tre pilastri pensionistici che prevedono di fatto la coesistenza di responsabilità pubblica e privata. Nel modello della Banca Mondiale il sistema pubblico dovrebbe servire essenzialmente a ridurre le situazioni di povertà tra gli anziani, garantendo rendite tali da consentire il minimo vitale in età non lavorativa mediante un sistema coercitivo di imposizione di contributi, simile ai sistemi attualmente in vigore. Al tempo stesso dovrebbe svilupparsi un sistema complementare, in parte obbligatorio, collettivo e contrattuale (fondi pensione aziendali o settoriali), in parte volontario e individuale (fondi di previdenza individuali). L’Italia si è avviata nello stesso percorso, con la sola differenza che la parte legata alla contrattazione collettiva aziendale ha carattere volontario e non obbligatorio come suggerito dalla Banca Mondiale. La previdenza obbligatoria statale La riforma Dini del 2005 ha distinto 2 categorie di lavoratori: i dipendenti (che versano contributi all’INPS) e i liberi professionisti (assicurati presso le Casse, che versano i contributi alle rispettive Casse). L’INPS è di gran lunga il protagonista istituzionale della previdenza obbligatoria. Fondato nel 1933, l’INPS gestisce la maggior parte delle pensioni e delle prestazioni assistenziali e previdenziali del Paese, coprendo lavoratori dipendenti, autonomi e altre categorie, inclusi disoccupati e pensionati. Nel 2011, l’INPS ha inglobato altri due enti previdenziali importanti, l’INPDAP (che gestiva le pensioni dei dipendenti pubblici) e l’ENPALS (per i lavoratori dello spettacolo), diventando l’unico ente di previdenza sociale pubblico per i dipendenti in Italia. Nel 2022 ha erogato pensioni per 231 miliardi di euro, di cui 206,6 miliardi per fini previdenziali e 24,42 miliardi per fini assistenziali. Le pensioni sono state 17.718.685, di cui il 77,2% di natura previdenziale (vecchiaia, invalidità e superstiti) con importi medi mensili che vanno dagli 800 ai 1200 euro. Le casse di previdenza hanno un ambito di applicazione più limitato ma sono comunque una realtà importante del sistema di tutela sociale. Sono attualmente una ventina, ciascuna riferita ad una particolare professione, e regolata nella forma attuale con due decreti legislativi della fine degli anni Novanta (DLgs 509 e 103). 144 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Professione e ambito di riferimento Denominazione della Cassa Fonte normativa Architetti e ingegneri Inarcassa DLGS 509/1994 Attuari, agronomi e forestali, chimici, geologi. EPAP-Cassa pluricategoriale DLGS 103/1996 Biologi ENPAB DLGS 103/1996 Consulenti del lavoro ENPACL DLGS 509/1994 Giornalisti INPGI DLGS 509/1994 Farmacisti ENPAF DLGS 509/1994 Commercialisti CNPADC DLGS 509/1994 Ragioneri e Periti commerciali CNPR DLGS 509/1994 Notai Cassa Notariato DLGS 509/1994 Avvocati Cassa Forense DLGS 509/1994 Medici e odontoiatri ENPAM DLGS 509/1994 Psicologi ENPAP DLGS 103/1996 Infermieri ENPAPI DLGS 103/1996 Veterinari ENPAV DLGS 509/1994 Geometri Cassa Geometri DLGS 509/1994 Periti Industriali EPPI DLGS 103/1996 Agenti e Rappresentanti di Commercio Enasarco65 DLGS 509/1994 Impiegati dell’agricoltura (gestione ordinaria) ENPAIA66 DLGS 509/1994 Periti agrari e agrotecnici (gestione separata) ENPAIA DLGS 103/1996 Opera nazionale assistenza orfani sanitari italiani ONAOSI DLGS 509/1994 Alla fine del 2022 gli iscritti alle Casse erano poco meno di 1.7 milioni. Le Casse con maggior numero di iscritti e più ricche in termini di attivi e prestazioni sono ENPAM, Cassa Forense, Inarcassa, CNPADC ed Enasarco. Ogni Cassa di previdenza ha un sistema di contributi obbligatori diversi, ed è sottoposta a vigilanza. Pur nell’autonomia delle scelte e nel carattere privatistico dell’organizzazione, prevale la funzione e l’interesse pubblico. La vigilanza tende a verificare che siano costantemente salvaguardati principi di prudenza sia nella gestione dei contributi che nella patrimonializzazione complessiva in relazione alle promesse di previdenza. Insufficienza del sistema previdenziale obbligatorio Con le regole attuali, per un lavoratore con una retribuzione bassa, la pensione potrebbe essere insufficiente a garantire un tenore di vita dignitoso. L’aumento dell’età pensionabile (collegato all’aspettativa di vita) impone di lavorare più a lungo, ma per chi ha iniziato tardi o con contratti precari, questo potrebbe non essere sufficiente a garantire una pensione adeguata. Alcuni punti chiave da considerare: • Bassa retribuzione, bassa pensione: Più basso è il reddito durante la carriera, minori saranno i contributi versati e, di conseguenza, minore sarà la pensione futura. Questo è particolarmente preoccupante per chi ha carriere precarie o periodi di disoccupazione. • Discontinuità lavorativa: Periodi di disoccupazione o lavoro part-time riducono notevolmente il montante contributivo, abbassando la pensione futura. • Stipendi annuali medi non sufficienti soprattutto nelle prime fasi lavorative. Lo stipendio medio della fascia giovanile soprattutto nelle aree più svantaggiate non consente un risparmio pensionistico adeguato con le regole della previdenza attuale. 65 L’Enasarco gestisce una previdenza del tutto sui generis in quanto è integrativa dell’assicurazione obbligatoria INPS, ma è comunque anch’essa obbligatoria. 66 Questa forma gestisce il TFR e forme aggiuntive di previdenza per questi lavoratori. 145 Capitolo IX: La previdenza Esempio di pensione futura con retribuzione bassa Come funziona il meccanismo pensionistico attuale? A titolo di mero esempio, immaginiamo il caso di un giovane che inizia a lavorare a 25 anni con uno stipendio lordo annuo di 15.000 euro. Come lavoratore dipendente, il giovane versa contributi previdenziali in base all’aliquota contributiva del 33%. Ipotesi di base • Età di inizio lavoro: 25 anni • Età pensionabile: 67 anni (secondo le attuali normative) • Reddito lordo annuo iniziale: 15.000 euro • Aliquota contributiva: 33% • Tasso di rivalutazione del PIL: 1,5% (rivalutazione media dei contributi nel sistema contributivo) • Carriera regolare: senza interruzioni, con un incremento salariale annuo del 1% Calcolo del montante contributivo e trasformazione in pensione Per ogni anno di lavoro, il lavoratore versa il 33% del suo stipendio lordo in contributi. Per esempio, con un salario di 15.000 euro, i contributi annui saranno: Montante contributivo annuo=15.000×33%=4.950 euro I contributi versati saranno rivalutati ogni anno in base alla crescita del PIL, ipotizzata a un tasso medio dell’1,5%. Immaginiamo che la carriera del lavoratore duri 42 anni (da 25 a 67 anni), e che il suo stipendio cresca moderatamente fino a 20.000 euro annui alla fine della carriera. Al momento del pensionamento, il montante contributivo totale accumulato sarà di circa 210.000 euro. Al momento del pensionamento, il montante contributivo totale sarà convertito in pensione annua usando il coefficiente di trasformazione. Per chi va in pensione a 67 anni, il coefficiente di trasformazione attuale è intorno al 5,575%. La pensione annua sarà quindi: Pensione annua=210.000×5,575%=11.707 La pensione annua di 11.707 euro equivale a circa 975 euro al mese lordi, ovvero circa il 58% dell’ultimo reddito. Questo valore può variare a seconda di eventuali periodi di disoccupazione o in caso di carriere discontinue. Conclusione In questo esempio, un lavoratore con una retribuzione annua di partenza di 15.000 euro, e una crescita bassa del reddito nel tempo deve aspettarsi una pensione non sufficiente a mantenere un tenore di vita adeguato. Se c’è discontinuità nel tempo (periodi di assenza dal mondo del lavoro) la situazione peggiora significativamente. Con pensioni pubbliche che potrebbero rappresentare solo il 50-60% dell’ultimo stipendio, diventa sempre più cruciale integrare il sistema pubblico con forme di previdenza complementare, come fondi pensione. La previdenza professionale contrattualistica La normativa prevede anche una forma di previdenza complementare di tipo contrattuale, realizzata attraverso contratti collettivi nazionali o accordi volontari. A tale forma previdenziale i singoli lavoratori possono scegliere se aderire o meno. Vengono istituiti fondi aperti o negoziali, gestiti da operatori professionali e sottoposti a vigilanza, che raccolgono contributi mensili per erogare, alla fine del rapporto di lavoro, delle risorse sotto forma di capitale o 146 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA rendita, finalizzati al mantenimento del tenore di vita. La partecipazione a questi fondi è volontaria ma, per incentivarne la diffusione, è stata introdotta la adesione tacita: se il lavoratore non manifesta espressamente la sua volontà, viene iscritto automaticamente. I lavoratori che aderiscono possono anche destinare il loro Trattamento di Fine Rapporto (TFR) ai fondi. In molti casi l’accordo contrattuale prevede una partecipazione del datore di lavoro con versamenti integrativi mensili. La maggior parte dei Fondi pensione negoziali è stata istituita a seguito di: 1. contratti collettivi anche aziendali stipulati dai rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori 2. accordi tra soci lavoratori di cooperative 3. accordi tra lavoratori autonomi e liberi professionisti promossi da sindacati e associazioni di categorie. Anche le Regioni con legge regionale possono istituire un Fondo pensione negoziale. A fine 2021 oltre tre milioni di italiani risultavano iscritti a queste forme di previdenza complementare. Le risorse accumulate nel tempo vengono investite secondo il profilo di rischio scelto dal lavoratore, che può spaziare tra opzioni più conservative e altre più aggressive. Pur essendo fondi soggetti a controllo e regole prudenziali (definite principalmente dal decreto legislativo n. 252/2005 e monitorate dalla COVIP, la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione), i rendimenti dipendono dal mercato finanziario e dal profilo scelto. Negli ultimi dieci anni i rendimenti medi si sono aggirati attorno al 2% annuo. La disciplina che regola il settore è stata introdotta con il decreto legislativo n. 124 del 1993, successivamente modificato dal decreto legislativo n. 252 del 2005. Alcuni esempi di fondi negoziali preesistenti a questa normativa sono stati mantenuti e regolamentati sotto la dicitura di Fondi negoziali preesistenti, e continuano a operare con regole adeguate alle nuove normative. I piani individuali Un’ulteriore opzione prevista dal sistema previdenziale italiano è l’adesione volontaria e individuale a schemi pensionistici, che possono essere gestiti tramite strumenti assicurativi (PIP) o fondi comuni (FIP). Queste opzioni rientrano nell’ambito della previdenza complementare, disciplinata dal decreto legislativo n. 252 del 5 dicembre 2005, che regola le forme pensionistiche complementari, e sono parte del cosiddetto terzo pilastro del sistema previdenziale italiano. I Fondi Integrativi Pensionistici Aperti (FIP) sono fondi comuni di investimento, gestiti da enti quali banche, imprese assicurative, SIM (Società di Intermediazione Mobiliare) o SGR (Società di Gestione del Risparmio). I Piani Individuali Pensionistici (PIP), invece, sono gestiti esclusivamente da imprese assicurative e rientrano nella categoria dei contratti assicurativi. L’adesione è aperta a tutti, indipendentemente dallo status lavorativo, sia che si tratti di lavoratori dipendenti, autonomi o liberi professionisti. La contribuzione periodica è volontaria e flessibile: può essere aumentata o ridotta nel tempo, e le somme 147 Capitolo IX: La previdenza versate sono deducibili dal reddito fino a un limite annuale di 5.164,57 euro, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo n. 252/2005. I fondi vengono gestiti da operatori professionali, le cui attività sono sottoposte alla vigilanza della COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione), l’organo che supervisiona la previdenza complementare in Italia. Data la loro finalità previdenziale, questi strumenti sono particolarmente protetti e sottoposti a norme di sicurezza stringenti. In fase di adesione, il sottoscrittore sceglie il profilo di investimento più adatto alle proprie esigenze e obiettivi. È possibile modificare il profilo nel tempo, cambiando strumento o gestore senza subire penalizzazioni. L’iscritto può richiedere un ritiro parziale delle somme accumulate prima del pensionamento solo con tempi e motivazioni espressamente previsti dalla normativa. In termini generali, alla fine del piano pensionistico, la somma maturata sarà erogata fino al 50% in forma di capitale, mentre il restante sarà convertito in rendita vitalizia67 La posizione individuale è alimentata esclusivamente dai versamenti dell’aderente, il quale può scegliere liberamente l’importo e la periodicità dei versamenti. I lavoratori dipendenti del settore privato possono anche decidere di destinare il loro Trattamento di Fine Rapporto (TFR) al fondo. I dipendenti pubblici, invece, non possono conferire il TFR, ma possono contribuire con versamenti individuali. Non vi è un obbligo per il datore di lavoro di contribuire al piano previdenziale del dipendente, ma può scegliere di farlo volontariamente. Nel 2023 i dati forniti dalla COVIP indicano oltre 5 milioni di iscritti ai fondi e alle polizze integrative. Nel complesso, i rapporti del secondo e terzo pilastro previdenziale in Italia hanno superato i 10,4 milioni di iscritti, con un patrimonio gestito complessivo che ha raggiunto i 230 miliardi di euro. Questa crescita riflette l’importanza crescente di strumenti integrativi per far fronte alle sfide demografiche e ai cambiamenti del mercato del lavoro. 67 Sono previste eccezioni ad esempio se gli importi sono particolarmente bassi. Si veda nello specifico i singoli casi previsti dal decreto legislativo n. 252/2005. 149 Lo Stato interviene nell’economia, nel credito, nelle assicurazioni e negli scambi finanziari in molti modi. Attraverso leggi di vario rango e decreti definisce il quadro di riferimento e le principali regole di funzionamento: prodotti e soggetti autorizzati, regole generali di contrattazione, regolamento delle controversie, vigilanza, tutele e responsabilità. Sono stati varati testi legislativi ad hoc (le cosiddette leggi quadro o testi unici), continuamente aggiornati e rivisti per tener conto dell’evoluzione istituzionale, delle innovazioni di prodotto e di processo, e degli accordi internazionali. Per il circuito del credito, ad esempio, la normativa di riferimento si poggia sul Testo Unico delle Leggi Bancarie e Creditizie (noto come Testo Unico Bancario o TUB), varato nel 1993 con decreto legislativo e rivisto annualmente. Per mercati e intermediari finanziari faremo invece riferimento al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria introdotto con legge 6 febbraio 1996 (noto come Testo Unico Finanziario o TUF). Per le attività assicurative il legislatore ha varato il cosiddetto Codice delle Assicurazioni. Lo Stato agisce anche direttamente avvalendosi di istituti pubblici o di aziende private a controllo pubblico. Cassa Depositi e Prestiti, ad esempio, è una società per azioni a controllo pubblico, il cui azionista di maggioranza è il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Raccoglie risorse finanziarie dai risparmiatori postali e dal mercato per sostenere enti pubblici, imprese e infrastrutture, generando impatto sul territorio. L’Inail è l’ente pubblico che gestisce le assicurazioni, le prestazioni e le attività di ricerca e tecnologia per la salute e la sicurezza sul lavoro in Italia. L’Istituto per il Credito Sportivo è una banca pubblica italiana con gestione autonoma. Dal 1957 ha finanziato la gran parte degli impianti sportivi italiani, mentre dal 2005 ha ampliato la sua sfera d’azione, iniziando a operare anche nel settore dei beni e delle attività culturali. Attraverso norme fiscali e di incentivo, lo Stato utilizza i mercati finanziari per redistribuire ricchezza nel Paese e incentivare una forma o l’altra di investimento. Infine, si pone come arbitro e vigilante del corretto ed efficace funzionamento dei mercati e degli operatori autorizzati, mediante l’intervento dell’amministrazione pubblica nelle sue varie forme e di enti vigilanti e regolatori di settore. Questi ultimi sono diventati sempre più protagonisti ed indipendenti dal potere esecutivo. Con la crescita del processo di integrazione europea attraverso l’Unione Monetaria, Bancaria e dei sistemi dei Pagamenti, le autorità di vigilanza sono state attratte in una dimensione sovranazionale, indipendente e autonoma dai poteri nazionali. Banca d’Italia e Consob Banca d’Italia L’organo di vigilanza nazionale deputato specificamente al controllo del circuito del credito in Italia è la Banca d’Italia. Istituita nel 1893 a seguito della fusione di quattro istituti bancari, in risposta alla crisi della Banca Romana, la Banca d’Italia ha assunto inizialmente il ruolo di “banca delle banche” con il privilegio di emissione della moneta. Nel 1936, con l’emanazione della legge bancaria (Regio Decreto-Legge 12 marzo CAPITOLO X: Gli organi di controllo e vigilanza 150 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA 1936, n. 375), la Banca d’Italia è diventata un istituto di diritto pubblico, assumendo un ruolo centrale nella vigilanza e nel controllo del sistema bancario italiano. A partire dagli anni Ottanta, l’istituto ha progressivamente acquisito maggiore indipendenza, fino a divenire parte del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC), organismo sovranazionale che coordina le politiche monetarie nell’Unione Europea. Le tappe principali dell’evoluzione della Banca d’Italia in questo processo di indipendenza possono essere così riassunte: 1. Luglio 1981 – Il “divorzio” tra il Tesoro e la Banca d’Italia: Questa riforma storica ha sancito la fine dell’obbligo per la Banca d’Italia di acquistare i titoli di Stato non collocati dal governo sul mercato. Questo evento ha rappresentato un primo passo importante verso l’indipendenza dell’istituto, favorendo il controllo autonomo della politica monetaria e limitando l’intervento diretto nel finanziamento del debito pubblico. 2. 1992 – Autonomia nella determinazione del tasso di sconto: Il tasso di sconto, ovvero il tasso con cui la Banca d’Italia prestava denaro alle banche, è diventato una competenza esclusiva del Governatore della Banca d’Italia. Questa decisione ha rafforzato l’autonomia operativa dell’istituto nella gestione delle politiche monetarie, allineandosi a standard internazionali. 3. 1998 – Integrazione nel Sistema Europeo delle Banche Centrali: Con l’entrata in vigore della legge n. 43 del 17 febbraio 1998, la Banca d’Italia è stata definitivamente sottratta alla gestione diretta del governo italiano, diventando parte integrante del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC) e adottando l’euro come moneta unica dal 2002. Questo passaggio ha sancito l’appartenenza dell’istituto a un quadro sovranazionale, rafforzando ulteriormente la sua indipendenza dal potere politico nazionale. Compiti della Banca d’Italia La Banca d’Italia svolge una vasta gamma di funzioni, tra cui spicca il ruolo di vigilanza sul sistema creditizio e finanziario. Questo compito è essenziale per garantire la stabilità del sistema bancario e per proteggere i risparmiatori. Le attività di vigilanza includono: • Controllo prudenziale sugli intermediari finanziari (banche, SIM, SGR, etc.), per verificare che operino nel rispetto delle norme e siano solidi finanziariamente. • Regolamentazione e monitoraggio delle attività delle banche e degli altri intermediari finanziari per prevenire crisi sistemiche. • Intervento correttivo in caso di irregolarità o violazioni della normativa bancaria. L’attività di vigilanza della Banca d’Italia si esercita in collaborazione con altre autorità europee, come la Banca Centrale Europea (BCE), nel quadro della supervisione macroprudenziale del sistema bancario dell’Unione Europea. Consob Nel 1974 viene istituita la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (nota con l’acronimo CONSOB), un’autorità amministrativa indipendente dotata di autonoma personalità giuridica e piena autonomia. La CONSOB ha come obiettivo principale la tutela degli investitori, l’efficienza, la trasparenza e lo sviluppo del mercato mobiliare italiano. La sua istituzione avvenne con la legge n. 216 del 7 giugno 1974, in risposta all’esigenza di creare un’autorità di vigilanza altamente competente e indipendente dal potere esecutivo. Prima della creazione della CONSOB, la vigilanza sul mercato borsistico e mobiliare era affidata al Ministero del Tesoro, un organo parte del potere esecutivo e quindi non completamente indipendente. La CONSOB è nata con l’obiettivo di fornire un’autorità dotata di competenza tecnica, alta specializzazione e capacità di reagire prontamente alle dinamiche del mercato. 151 Capitolo X: Gli organi di controllo e vigilanza Ad oggi, la CONSOB svolge una vasta gamma di compiti fondamentali per il funzionamento e la regolamentazione dei mercati finanziari italiani. Tra le sue principali attività ci sono: • Regolamentazione della prestazione dei servizi di investimento, degli obblighi informativi delle società quotate e delle offerte al pubblico di prodotti finanziari. Le norme su questi aspetti sono disciplinate dal Testo Unico della Finanza (TUF), introdotto con il decreto legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998. • Autorizzazione della pubblicazione dei prospetti informativi relativi alle offerte pubbliche di vendita (OPV) e ai documenti d’offerta concernenti le offerte pubbliche di acquisto (OPA). La CONSOB, inoltre, autorizza l’esercizio dei mercati regolamentati e la gestione degli albi di settore per intermediari e società. • Vigilanza sulle società di gestione dei mercati e sul corretto svolgimento delle negoziazioni, garantendo la trasparenza e l’ordine nelle operazioni di borsa. Vigila anche sul comportamento degli intermediari finanziari per assicurarsi che rispettino le norme di trasparenza e correttezza. • Sanzioni: la CONSOB ha il potere di sanzionare direttamente i soggetti vigilati, incluse le società quotate e gli intermediari finanziari, in caso di violazione delle normative in materia di trasparenza e informazione. • Controllo delle informazioni che le società quotate e chi promuove offerte pubbliche di strumenti finanziari devono fornire al mercato, così come la verifica della correttezza dei documenti contabili delle società quotate. Questo include il monitoraggio costante delle comunicazioni finanziarie e l’applicazione di sanzioni in caso di inadempienze. • Accertamento di eventuali andamenti anomali nelle contrattazioni di titoli quotati. La CONSOB può compiere accertamenti in caso di sospetti di violazioni legate a manipolazioni del mercato, abuso di informazioni privilegiate (insider trading) o aggiotaggio. Le norme che disciplinano queste fattispecie si trovano nel Titolo I-bis del Testo Unico della Finanza, che contiene disposizioni specifiche in materia di abusi di mercato. La CONSOB rappresenta quindi un baluardo fondamentale per la tutela del risparmio e per il buon funzionamento dei mercati finanziari italiani, agendo in stretta collaborazione con altre autorità di vigilanza a livello europeo, come l’ESMA (Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati), nell’ambito del Sistema Europeo di Vigilanza Finanziaria. Gli altri organi di vigilanza Per il mercato assicurativo l’IVASS, Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni, è un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico che opera per garantire l’adeguata protezione degli assicurati perseguendo la sana e prudente gestione delle imprese di assicurazione e riassicurazione e la loro trasparenza e correttezza nei confronti della clientela. L’Istituto persegue altresì la stabilità del sistema e dei mercati finanziari. La COVIP, Commissione di vigilanza sui fondi pensione, è stata istituita nel 1993 (Decreto lgs. 124/1993), quale Autorità preposta alla vigilanza delle forme pensionistiche complementari. Nel 2011 sono stati attribuiti alla COVIP anche compiti di controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio degli Enti di previdenza. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in acronimo AGCM), nota anche come Antitrust, è un’autorità amministrativa indipendente italiana, istituita dalla Legge 10 ottobre 1990, n. 287. Ha funzione di tutela della concorrenza e del mercato. Tra le funzioni svolte, l’Autorità ha compiti di vigilanza contro gli abusi di posizione dominante, di contrasto di intese e/o cartelli che possono risultare lesivi o restrittivi per la concorrenza, di controllo delle operazioni di concentrazioni. Ha infine l’obiettivo di tutelare il consumatore, in materia di pratiche commerciali scorrette, clausole vessatorie e pubblicità ingannevole. L’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF) è stata istituita presso la Banca d’Italia dal d.lgs. n. 231/2007, in conformità di regole e criteri internazionali che prevedono la presenza in ciascuno Stato di una Financial Intelligence Unit (FIU), dotata di piena autonomia operativa e gestionale, con funzioni di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. La UIF è l’autorità incaricata di acquisire i flussi 152 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA finanziari e le informazioni riguardanti ipotesi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo principalmente attraverso le segnalazioni di operazioni sospette trasmesse da intermediari finanziari, professionisti e altri operatori; di queste effettua l’analisi finanziaria e valuta la rilevanza ai fini della trasmissione agli organi investigativi e della collaborazione con l’autorità giudiziaria, per l’eventuale sviluppo dell’azione di repressione. La dimensione internazionale e comunitaria Con la globalizzazione e l’apertura delle frontiere si è manifestata l’esigenza di stabilire controlli e garanzie uniformi per facilitare il riconoscimento reciproco e la fiducia negli scambi commerciali e finanziari. Questo è particolarmente evidente nel sistema bancario, in cui le banche scambiano tra di loro enormi capitali in tempi brevissimi, partecipano a mercati mobiliari comuni e contribuiscono al sistema dei pagamenti internazionali. In altre parole, le banche sono parte di un mercato finanziario globale. In questo contesto, la crisi di una banca o di un intero paese può avere un effetto di contagio su altre istituzioni finanziarie o su interi sistemi economici, spesso in tempi molto rapidi. Per prevenire tali rischi, i principali paesi sviluppati hanno stabilito regole comuni a cui tutte le istituzioni finanziarie devono aderire per partecipare agli scambi globali. Tra questi accordi internazionali, i Trattati di Basilea (I, II e III) hanno fissato un sistema di requisiti patrimoniali minimi, controlli prudenziali e trasparenza informativa, elementi fondamentali per garantire la sicurezza e la stabilità dell’attività bancaria a livello globale. • Basilea I (1988): ha introdotto per la prima volta il concetto di requisiti patrimoniali minimi per le banche, stabilendo che queste devono detenere un livello minimo di capitale in base al rischio dei loro attivi. • Basilea II (2004): ha ampliato il quadro di Basilea I, introducendo un approccio più sofisticato per la valutazione dei rischi, richiedendo alle banche di detenere capitale in relazione a una più ampia gamma di rischi, come il rischio di mercato e il rischio operativo. Inoltre, ha promosso una maggiore trasparenza e informazione per consentire al mercato di valutare correttamente la solidità delle banche. • Basilea III (2010): in risposta alla crisi finanziaria globale del 2008, ha rafforzato ulteriormente i requisiti patrimoniali, introducendo nuove misure di liquidità e leva finanziaria per ridurre i rischi sistemici. Tra queste, il Capital Conservation Buffer e il Liquidity Coverage Ratio (LCR) sono diventati centrali per garantire che le banche siano in grado di affrontare periodi di stress finanziario. Le normative nazionali degli stati membri, inclusa l’Italia, e l’attività degli organi di vigilanza, come la Banca d’Italia e la CONSOB, sono state adattate per conformarsi a queste direttive sempre più stringenti, garantendo che le banche italiane operino in linea con gli standard internazionali di sicurezza e solidità. In Italia, la dimensione sovranazionale si è fatta sempre più pervasiva negli ultimi vent’anni, in particolare con la creazione dell’Unione Economica e Monetaria (UEM) e l’adozione dell’euro, seguita dall’introduzione dell’Unione Bancaria Europea. Quest’ultima si basa su tre pilastri: 1. Meccanismo di Vigilanza Unico (Single Supervisory Mechanism, SSM): sotto la supervisione della Banca Centrale Europea (BCE), in collaborazione con le autorità nazionali, assicura un controllo uniforme delle principali banche dell’area euro. 2. Meccanismo di Risoluzione Unico (Single Resolution Mechanism, SRM): è il sistema che gestisce le crisi bancarie in modo coordinato, minimizzando l’impatto sui contribuenti e sull’economia reale. 3. Schema Europeo di Garanzia dei Depositi (Deposit Guarantee Scheme): pur non ancora attuato pienamente, mira a garantire la protezione dei depositanti fino a un importo di 100.000 euro per depositante, in caso di fallimento di una banca. A questi pilastri si aggiunge l’integrazione dei mercati dei capitali, promossa attraverso l’Unione dei Mercati dei Capitali (Capital Markets Union, CMU), che mira a creare un mercato unico dei capitali nell’UE per facilitare l’accesso ai finanziamenti, soprattutto per le piccole e medie imprese. Questi sviluppi hanno contribuito a creare un quadro normativo e di vigilanza più robusto e integrato, garantendo una maggiore stabilità del sistema finanziario italiano ed europeo. L’Unione Monetaria Europea ha introdotto una moneta unica, l’euro, per tutti i paesi aderenti all’area euro, affiancata da un unico ente vigilante e regolatore: la Banca Centrale Europea (BCE). La BCE svolge un Capitolo X: Gli organi di controllo e vigilanza ruolo cruciale non solo nella gestione della politica monetaria, ma anche nella supervisione bancaria all’interno dell’Unione Bancaria, che garantisce regole comuni per l’autorizzazione, il funzionamento e la vigilanza di tutti gli istituti bancari europei. Il varo dell’Unione Bancaria ha stabilito una cornice normativa comune per tutte le banche dell’area euro. Questo significa che oggi entrare in una filiale di una banca spagnola non è molto diverso dall’entrare in una banca tedesca o italiana: le regole, i processi di autorizzazione e le pratiche di vigilanza sono armonizzate a livello europeo. Le banche, infatti, sono soggette agli stessi standard in termini di stabilità, trasparenza e solidità, con l’obiettivo di creare un mercato bancario più sicuro e uniforme. Un’altra rivoluzione importante riguarda il sistema dei pagamenti. Attualmente, nell’Unione Europea esistono regole comuni per la trasmissione degli ordini di pagamento e un unico sistema di compensazione. Questo sistema garantisce tempi, modalità e costi uniformi per i pagamenti e i trasferimenti di fondi tra banche europee, sia che si tratti di un trasferimento tra due città italiane come Roma e Latina, sia tra Roma e Madrid. Questo è possibile grazie all’introduzione del sistema SEPA (Single Euro Payments Area), che permette bonifici e addebiti diretti in euro a condizioni standardizzate in tutti i paesi partecipanti. Legislazione comunitaria L’integrazione dei mercati finanziari nell’UE è rafforzata da una legislazione comunitaria sempre più pervasiva. Un esempio significativo è l’entrata in vigore, il 3 gennaio 2018, della direttiva MiFID II (2014/65/EU) e del regolamento MiFIR (Regolamento EU n. 600/2014), che regolamentano i mercati finanziari e gli strumenti di investimento. Queste normative europee mirano a migliorare la trasparenza e la protezione degli investitori, introducendo regole comuni per i mercati e per gli intermediari finanziari. In tema di pagamenti, il Regolamento (UE) n. 260/2012 ha stabilito i requisiti tecnici e commerciali per l’esecuzione dei bonifici e degli addebiti diretti in euro, promuovendo l’integrazione dei sistemi di pagamento a livello comunitario e riducendo i costi per i consumatori. Sistema Europeo di Vigilanza Finanziaria (SEVIF) Il crescente ruolo dell’Unione Europea nei mercati finanziari ha portato alla creazione di organismi di vigilanza sovranazionali, che operano autonomamente dalle autorità nazionali. Il Sistema Europeo di Vigilanza Finanziaria (SEVIF) si compone di tre autorità europee di vigilanza, del Comitato Europeo per il Rischio Sistemico (CERS) e delle autorità nazionali competenti dei vari Stati membri. Le tre principali autorità europee di vigilanza sono: 1. Autorità Bancaria Europea (ABE): Il compito dell’ABE è quello di garantire la stabilità finanziaria nell’UE e di preservare l’integrità, l’efficienza e il regolare funzionamento del settore bancario. La sua attività include la definizione di standard comuni e l’effettuazione di stress test per le banche europee. 2. Autorità Europea delle Assicurazioni e delle Pensioni Aziendali e Professionali (EIOPA): Questa autorità è responsabile della 153 154 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA vigilanza e della regolamentazione del settore assicurativo e pensionistico aziendale in Europa. L’obiettivo principale è garantire una maggiore protezione per i consumatori nel campo delle assicurazioni e delle pensioni. 3. Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati (ESMA): La ESMA vigila sui mercati finanziari europei con l’obiettivo di proteggere gli investitori e promuovere mercati finanziari stabili e ordinati. Essa ha il compito di regolare i mercati degli strumenti finanziari, monitorare le pratiche di mercato e vigilare sulla trasparenza delle operazioni finanziarie. Impatto delle autorità europee nella vita quotidiana L’operato di queste autorità sovranazionali è molto più presente nella nostra vita di quanto immaginiamo. Ad esempio, ogni volta che si entra in una banca nell’area UE, prima di avviare un rapporto finanziario, è necessario compilare un questionario di profilatura. Questo questionario, obbligatorio per tutte le banche europee, serve a valutare le conoscenze, gli obiettivi e le necessità finanziarie del cliente, in modo che la banca possa proporre prodotti finanziari adeguati al profilo del cliente. Tale pratica è una diretta conseguenza della direttiva MiFID II, che impone a tutte le banche europee di garantire la massima trasparenza e protezione per gli investitori. In conclusione, l’integrazione europea nei mercati finanziari e la creazione di organismi di vigilanza sovranazionali hanno profondamente trasformato il sistema bancario e finanziario europeo, garantendo standard comuni e una maggiore protezione per i consumatori in tutta l’Unione. La vigilanza Le autorità di vigilanza, sia europee che nazionali, sono responsabili di una vasta gamma di compiti cruciali. Il loro obiettivo primario è verificare che la struttura e l’organizzazione degli operatori finanziari siano coerenti con il mercato in cui operano. Per esempio, un’azienda di piccole dimensioni, con una struttura leggera e pochi dipendenti, non potrebbe operare nel settore dell’intermediazione finanziaria e creditizia in modo efficiente e trasparente. Il primo passo della vigilanza è rappresentato dall’autorizzazione all’esercizio dell’attività. Le autorità preposte (nel caso delle banche, la Banca Centrale Europea (BCE) e la Banca d’Italia) devono valutare l’idoneità organizzativa, strutturale e professionale dell’istituto richiedente. Questa autorizzazione è un passaggio fondamentale in settori sensibili come quello finanziario, e senza di essa non è possibile operare. Le banche, gli intermediari finanziari e gli istituti di pagamento devono sottoporsi a un iter autorizzativo rigoroso, al termine del quale vengono iscritti in albi speciali e sottoposti a vigilanza continua. Elementi valutati nella vigilanza autorizzativa Gli elementi valutati per l’autorizzazione comprendono: • Assetto proprietario: Chi detiene il controllo dell’istituto deve essere adeguato e trasparente. • Governance: Il modello di gestione deve essere idoneo e in linea con le migliori pratiche. • Programma di attività: Devono essere chiaramente definiti gli obiettivi e le modalità operative. • Requisiti prudenziali: La presenza di un capitale proprio, adeguato ai rischi dell’attività svolta, è fondamentale. Le regole prudenziali, che definiscono i requisiti di capitale minimo, cambiano nel tempo e variano a seconda delle dimensioni e delle attività dell’istituto. 155 Capitolo X: Gli organi di controllo e vigilanza Tipologie di vigilanza L’autorizzazione all’avvio dell’attività rappresenta solo il primo passaggio. La vigilanza continua si articola in varie forme e copre diverse fasi della vita delle imprese che operano sui mercati finanziari. Nel linguaggio tecnico delle autorità di vigilanza, si parla di: 1. Vigilanza strutturale 2. Vigilanza prudenziale 3. Vigilanza informativa 4. Vigilanza protettiva 5. Vigilanza risolutiva Vigilanza prudenziale La vigilanza prudenziale comprende tutte quelle attività volte a prevenire situazioni di crisi o di inaffidabilità degli operatori finanziari. Un elemento chiave di questa vigilanza è l’adeguatezza del capitale rispetto ai rischi assunti. Le banche, infatti, svolgono un’attività intrinsecamente rischiosa, poiché utilizzano sia fondi propri che fondi di terzi (raccolti attraverso depositi, obbligazioni, prestiti interbancari, ecc.) per investire o concedere credito. È essenziale che tali rischi siano gestiti in modo tale da non compromettere la sicurezza dei depositanti o l’affidabilità delle attività di intermediazione. Le autorità di vigilanza, come la Banca Centrale Europea (BCE) e le autorità nazionali (ad esempio, la Banca d’Italia in Italia), monitorano costantemente il livello di capitale primario di classe 1 (CET1), che abbiamo visto in precedenza e che rappresenta la capacità di una banca di assorbire perdite senza compromettere la propria solidità finanziaria. La BCE richiede alle banche europee di mantenere un CET1 ratio minimo dell’8%, mentre in Italia, il minimo è fissato al 10,5%, in conformità con le normative più stringenti stabilite dalle autorità nazionali per rafforzare la stabilità del sistema bancario. Alla fine del 2022, il CET1 ratio medio delle banche europee era superiore al 15%, segnalando una maggiore patrimonializzazione rispetto ad altre regioni del mondo e dimostrando un consolidamento delle riserve di capitale da parte degli istituti bancari. Questo miglioramento del CET1 ratio riflette l’adozione di requisiti più severi introdotti dal quadro normativo di Basilea III, che ha ulteriormente rafforzato i requisiti di capitale e di liquidità per le banche, con l’obiettivo di ridurre i rischi sistemici nel settore finanziario globale. Le banche italiane, in particolare, hanno visto un incremento significativo del loro livello di patrimonializzazione, migliorando la loro capacità di fronteggiare eventuali perdite e di mantenere la stabilità del sistema bancario nel lungo termine. Vigilanza informativa, protettiva e risolutiva Le autorità di vigilanza hanno anche il compito di garantire che tutti gli operatori e i clienti del mercato abbiano accesso a informazioni adeguate. Questo è fondamentale per assicurare che le decisioni finanziarie siano prese in modo consapevole, evitando asimmetrie informative. Dal 1° gennaio 2018, nell’Unione Europea è obbligatorio fornire ai clienti documenti contenenti le informazioni chiave (Key Information Document, KID) sui prodotti di investimento preassemblati (PRIIP), come stabilito dal Regolamento (UE) n. 1286/2014. Questi documenti sintetici permettono agli investitori al dettaglio di comprendere meglio i rischi e le caratteristiche dei prodotti finanziari. Infine, in situazioni di grave difficoltà 156 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA finanziaria, le banche possono essere sottoposte a una procedura di risoluzione, attivata dagli organismi di vigilanza per proteggere la stabilità del mercato e limitare gli impatti negativi sui correntisti e sui contribuenti, come previsto dalla Direttiva 2014/59/UE (BRRD). Questa direttiva europea stabilisce un quadro comune per la gestione delle crisi bancarie, garantendo che le banche possano essere salvaguardate o liquidate in modo ordinato, senza compromettere la stabilità finanziaria. La procedura prevede in particolare una scala di azioni preventive a seconda del grado di debolezza finanziaria dell’istituto. 157 Nelle lezioni precedenti abbiamo parlato del denaro, dei prodotti finanziari e della loro circolazione. In questa lezione ci soffermiamo sulla rendicontazione finanziaria e contabile, ovvero un sistema organizzato di scritture ed elaborazioni che ci consente di catturare ed esporre in modo chiaro la situazione economica e finanziaria. Quanto più è complessa e articolata l’attività, quanto maggiori sono le esigenze di informazione e analisi, tanto più il sistema di rendicontazione diventa formale, complesso e analitico. Il Sistema informativo contabile di una grande azienda può diventare un vero e proprio ginepraio di scritture, documenti, principi, analisi. Ma andiamo con ordine. Quali sono le informazioni che cerchiamo di catturare con il sistema contabile? Non tutte, ma solo quelle che hanno un impatto economico e finanziario. Le altre informazioni, sebbene rilevanti per l’azienda, potranno essere oggetto di report separati, come il bilancio sociale, ma non fanno parte del sistema contabile tradizionale. Questi report possono comunque assorbire alcuni dati contabili o fornire una spiegazione aggiuntiva dei risultati economici. L’aspetto finanziario che ci interessa può essere immediato (ad esempio, un’uscita di cassa), oppure differito nel tempo (ad esempio, l’assunzione di un debito, che implica un pagamento futuro, o il riconoscimento di un credito, che rappresenta un incasso futuro). Da un punto di vista economico, siamo interessati a capire se il movimento finanziario (cassa, debiti o crediti) abbia un impatto positivo o negativo sul capitale dell’azienda. Parliamo di costo quando l’uscita immediata o differita di cassa comporta una riduzione del capitale (ad esempio, il pagamento della bolletta della luce). Al contrario, parliamo di ricavo quando l’entrata immediata o differita di cassa porta a un aumento del capitale disponibile (ad esempio, l’emissione di una fattura per un servizio di consulenza fornito = si crea un credito che sarà incassato in futuro). Un’azienda ben gestita avrà ricavi superiori ai costi. Convenzionalmente, si prende in esame un periodo di tempo di un anno per valutare l’effetto complessivo sul capitale in termini di utile o perdita (da cui deriva la nozione di utile o perdita di esercizio). Alcuni costi, tuttavia, sono legati all’acquisizione di beni che avranno un impatto pluriennale sull’azienda. Pensiamo, ad esempio, all’acquisto di una casa o di un capannone. In questi casi, tali beni vengono iscritti tra i conti patrimoniali e attribuiti al bilancio anno per anno, in base alla quota di competenza. Se ipotizziamo che il capannone possa essere utilizzato per venti anni, il suo costo sarà suddiviso in modo proporzionale su questo periodo. Al termine del primo anno, solo un ventesimo del costo totale sarà registrato CAPITOLO XI: La rendicontazione finanziaria e contabile 158 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA come costo di competenza dell’anno, mentre il resto sarà iscritto come patrimonio. Questo processo è noto come ammortamento, e consente di ripartire il costo di un bene durevole su più anni, riflettendo il suo utilizzo graduale nel tempo. Attività economica e movimenti finanziari Ad ogni attività economica (sia essa un costo o un ricavo) corrisponde un movimento finanziario, che può essere immediato o differito nel tempo, e viceversa. Per comprendere meglio questo concetto, esaminiamo il ciclo economico di un’impresa attraverso alcuni esempi pratici. Immaginiamo di avviare un’attività imprenditoriale con un capitale iniziale di 2000 euro, depositato in banca. Questo è il nostro capitale iniziale. Iniziamo a produrre, utilizzando questi fondi per acquistare merci e pagare il lavoro necessario a creare un nuovo prodotto da vendere. Se tutto si fermasse a questo punto, l’unica operazione che dovremmo registrare sarebbe una diminuzione del capitale di 2000 euro (un costo), suddiviso tra 1000 euro per il pagamento delle merci e 1000 euro per il lavoro. Il movimento finanziario associato a queste operazioni è la riduzione del conto bancario di 2000 euro. Tuttavia, l’obiettivo di un’impresa non è semplicemente spendere il capitale, ma creare valore. Infatti, riusciamo a vendere il prodotto che abbiamo realizzato ad un prezzo maggiorato, ad esempio 3000 euro. Da un punto di vista finanziario possiamo semplicemente emettere fattura e aspettare il pagamento. In questo caso avremo la apertura di un credito, un evento finanziario differito. Oppure possiamo essere pagati direttamente con bonifico o contanti. In questo caso l’evento finanziario è immediato. Ipotizziamo che il paga159 Capitolo XI: La rendicontazione finanziaria e contabile mento sia immediato. Il ciclo economico produce un ricavo di 3000 euro, che aumenta il nostro capitale. Il movimento finanziario associato sarà un incremento del conto bancario per il pagamento ricevuto. A questo punto, abbiamo generato un utile di 1000 euro (3000 euro di ricavi meno 2000 euro di costi), che rappresenta l’incremento del nostro capitale iniziale grazie all’attività produttiva e di vendita. Questo semplice esempio dimostra il legame tra le operazioni economiche e i movimenti finanziari: ogni costo o ricavo ha un corrispondente effetto sui flussi finanziari dell’impresa. In fase di registrazione contabile, sarà fondamentale tenere traccia di queste transazioni per avere una visione chiara della situazione economica e finanziaria dell’impresa. Il mio sistema contabile deve essere in grado di darmi, alla fine del ciclo di lavorazione, tutte e due le informazioni. L’importanza delle informazioni Con la gestione sistematica delle informazioni possiamo avere il polso economico e finanziario dell’azienda. Questo ci consente di rispondere con certezza a domande fondamentali come: “Quanto abbiamo in cassa?”, “Quanto abbiamo speso?”, “Quanto è costato il lavoro?”, “Abbiamo debiti?”, “Stiamo davvero guadagnando con questa attività?”. È un po’ come guidare un’auto con un buon navigatore, gli specchietti in ordine e un parabrezza limpido. Senza un corretto sistema contabile, mancherebbero uno o più di questi strumenti, rendendo la gestione aziendale inefficiente e pericolosa. Chi è interessato ad avere informazioni affidabili e ben organizzate? In primo luogo, gli utenti interni e, in particolare, gli organi decisori: il direttore amministrativo, l’amministratore delegato, il responsabile degli acquisti e l’assemblea degli azionisti. Nel caso di enti non profit, anche il superiore e l’economo di una congregazione. Questi soggetti hanno bisogno di informazioni finanziarie per diversi motivi, ad esempio: • l’uso delle risorse e monitorare il raggiungimento degli obiettivi. • Conoscere in ogni momento la situazione economica e finanziaria dell’azienda. • Prendere decisioni finanziarie, economiche e amministrative basate su dati affidabili. • Decidere i premi e le remunerazioni per chi apporta lavoro o capitale all’impresa. Ma le informazioni finanziarie non servono solo all’interno dell’azienda. Sono necessarie anche per tutti coloro che entrano in contatto con essa, sebbene con diversi gradi di dettaglio e precisione, a seconda del tipo di relazione. Ad esempio: • Creditori e fornitori: È essenziale per loro sapere se siamo finanziariamente solidi e se l’andamento dell’azienda prevede miglioramenti o peggioramenti del nostro merito creditizio. • Investitori: Per chi investe o intende investire nel capitale proprio dell’azienda, è rilevante conoscere la capacità dell’impresa di generare utili. • Dipendenti: La forza lavoro ha interesse a conoscere la stabilità dell’impresa, poiché un’attività in perdita costante potrebbe portare a licenziamenti o chiusure. • Comunità locale: In generale, la comunità può voler conoscere il lavoro svolto dall’impresa e il suo impatto sul territorio. 160 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Un altro aspetto cruciale è il sistema fiscale. La contabilità permette di determinare con precisione le imposte dovute e garantisce che l’amministrazione tributaria possa verificare la correttezza degli obblighi fiscali. Le autorità fiscali, infatti, possono accedere a contabilità, libri, documenti giustificativi e programmi contabili per le loro verifiche. Quale sistema contabile utilizzare? La scelta del sistema contabile dipende da fattori interni ed esterni: • Internamente, una contabilità molto analitica può essere utile, ma richiede tempo e risorse. Informazioni in tempo reale e dettagliate sono ideali, ma quanto più complesso è il sistema, tanto maggiori saranno i costi e il tempo richiesto per la loro gestione. • Esternamente, ogni paese ha le sue leggi e le sue regole minime di contabilità. In generale, quanto più rilevante è la dimensione economica dell’azienda, tanto più sarà necessario adottare un sistema contabile strutturato. Per le imprese più grandi o che operano in settori regolamentati, i requisiti di trasparenza e controllo sono più elevati. Ad esempio, le società quotate devono seguire obblighi più stringenti rispetto alle piccole imprese. Le normative italiane in materia di contabilità sono delineate principalmente da: • Codice civile (articoli 2214-2220 e 2423-2447). • Leggi speciali per le società quotate (D.Lgs. 58/1998) o per settori specifici (assicurativi, bancari, ecc.). • Normativa fiscale (Testo Unico, Legge IVA, ecc.). • Principi contabili nazionali, elaborati dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC). • Principi contabili internazionali (IAS/IFRS). Per gli enti non commerciali (come gli enti ecclesiastici), il Codice civile non impone obblighi contabili espliciti, se non quando svolgono attività commerciale abituale. In questo caso, è necessario adottare una contabilità separata per l’attività istituzionale e commerciale. Nel diritto canonico, ad esempio, le parrocchie e le persone giuridiche pubbliche devono mantenere una contabilità delle entrate e delle uscite, e redigere un bilancio preventivo e un rendiconto annuale. Nuovi obblighi per il Terzo Settore Il Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117) ha definito le regole per gli enti non profit. Gli enti non commerciali con entrate inferiori a 220.000 euro possono tenere un rendiconto di cassa, mentre quelli con entrate superiori devono redigere un bilancio d’esercizio, composto da stato patrimoniale, rendiconto gestionale e relazione di missione. Informativa nei mercati regolamentati Le società quotate in borsa devono mettere a disposizione una relazione finanziaria annuale che includa: • Il progetto di bilancio d’esercizio. • Il bilancio consolidato. • La relazione sulla gestione. • Le attestazioni degli amministratori e del dirigente preposto. Infine, dal 2022, l’ESMA ha stabilito che le società quotate devono redigere i bilanci in formato elettronico secondo l’European Single Electronic Format (ESEF), per uniformare la comunicazione finanziaria a livello europeo. Il bilancio sociale Il bilancio sociale è un documento che introduce elementi non esclusivamente finanziari ed economici, offrendo una visione più completa delle attività di un’organizzazione, con particolare attenzione agli impatti Capitolo XI: La rendicontazione finanziaria e contabile sociali, ambientali ed etici. Attualmente, questo documento è obbligatorio per gli enti di interesse pubblico, come le grandi società quotate, secondo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di rendicontazione non finanziaria. A partire dal 2024, in base alla nuova Direttiva Europea sulla rendicontazione di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive - CSRD), la redazione del bilancio di sostenibilità diventerà obbligatoria per tutte le aziende con più di 250 dipendenti, un fatturato superiore ai 40 milioni di euro e un bilancio annuo di almeno 20 milioni di euro. Questa direttiva si inserisce in un quadro di maggiore attenzione alla trasparenza e alla responsabilità aziendale verso i temi ambientali, sociali e di governance (ESG). Nel 2022, circa 300 aziende italiane erano soggette agli obblighi di rendicontazione non finanziaria, principalmente società quotate e di interesse pubblico. Dal 2024, si stima che il numero di aziende coinvolte aumenterà a circa 6.000, con un impatto significativo non solo sulle grandi aziende, ma anche sulle imprese medie e su tutta la filiera produttiva, poiché molte aziende più piccole dovranno adeguarsi agli standard richiesti dai loro clienti più grandi. Cosa deve contenere un bilancio sociale? Il bilancio sociale deve riportare, nel modo più analitico possibile, tutte le attività svolte dall’organizzazione nell’ottica della sostenibilità, con particolare attenzione ai benefici per i vari stakeholders (dipendenti, clienti, comunità locali, fornitori, ecc.). Non si tratta solo di dati economici e finanziari, ma di una valutazione complessiva dell’impatto delle attività aziendali, inclusi aspetti legati all’ambiente, alle pari opportunità, alle condizioni di lavoro e al coinvolgimento sociale. Per gli Enti del Terzo Settore, obbligati alla redazione del bilancio sociale, è necessario seguire le linee guida adottate con il decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, aggiornate con il decreto ministeriale del 4 luglio 2019. Queste linee guida stabiliscono i criteri e i contenuti minimi che devono essere inclusi nel bilancio sociale, tra cui: • Obiettivi e attività svolte. • Risultati ottenuti in termini sociali, ambientali ed economici. • Struttura organizzativa e modalità di gestione. • Rendicontazione delle risorse finanziarie e il loro impiego. Per gli enti non obbligati, è comunque possibile adottare il bilancio sociale come strumento di trasparenza. In questo caso, devono specificare che il documento è stato predisposto ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo n. 117/2017 (Codice del Terzo Settore). I metodi contabili e le voci dello stato patrimoniale Il metodo contabile più semplice e diffuso tra le piccole comunità è la tenuta di un diario di cassa. Si tratta di un vero e proprio diario in cui vengono annotate, in modo ordinato per data, tutte le entrate e le uscite, con una relativa descrizione e il calcolo progressivo del saldo disponibile. Questo sistema fornisce alcune informazioni utili, come il totale delle entrate e delle uscite e l’evoluzione dei saldi liquidi disponibili. Tuttavia, possiamo davvero parlare di un sistema contabile completo? Abbiamo abbastanza informazioni per gestire un’attività più complessa? Ovviamente no. Il diario di cassa funziona bene solo per piccole comunità o per attività semplici, in cui la gestione finanziaria non 161 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA richiede un monitoraggio dettagliato di molte voci. In questo metodo sfuggono molte informazioni cruciali: non abbiamo una visione completa e accurata di tutti i ricavi e costi, dei movimenti finanziari più complessi, o del patrimonio (sia attivo che passivo) e della sua evoluzione nel tempo. Per una gestione finanziaria efficiente in una normale attività, è necessario introdurre un sistema più articolato, che permetta di ottenere informazioni puntuali e precise. È indispensabile adottare un sistema di conti per ciascuna voce finanziaria ed economica di interesse, alimentato da ogni operazione che l’azienda compie, in modo da avere una visione chiara e aggiornata della situazione patrimoniale e finanziaria in ogni momento. Solo così possiamo disporre di una contabilità completa, che ci permetta di prendere decisioni informate e consapevoli. Il piano contabile di una impresa è l’elenco dei conti economici e finanziari che sono utilizzati da una azienda Quali conti vanno aperti nella nostra contabilità? Per individuarli partiamo dalla fotografia di una attività commerciale, che riceve fondi e li utilizza per l’attività. L’azienda può essere in sostanza raffigurata in base a fonti e impieghi del capitale. Partiamo dalle voci dell’attivo, cioè dagli impieghi. La prima categoria riguarda gli impieghi liquidabili entro l’anno (altrimenti noto come capitale circolante) che includono i contanti, i depositi bancari, i crediti esigibili a breve termine e le merci vendibili. Queste voci possono essere dettagliate ulteriormente in sottoconti e, se necessario, raggruppate per semplificare la consultazione. Ad esempio: • Banca A: 1.000 euro • Banca B: 2.000 euro • Banca C: 1.000 euro In questo modo, possiamo avere un conto complessivo delle banche pari a 4.000 euro. Successivamente, troviamo l’attivo immobilizzato, che rappresenta le componenti del patrimonio che contribuiscono alla produzione dell’utile d’impresa per un periodo superiore all’anno. Questi beni durevoli comprendono elementi come immobili, macchinari, attrezzature e brevetti, che partecipano alla generazione di reddito in un orizzonte temporale più lungo rispetto ai beni liquidabili nel breve termine. L’attivo immobilizzato è fondamentale per la continuità operativa dell’impresa, poiché rappresenta gli strumenti e le risorse che consentono all’azienda di produrre e generare utili nel corso di più esercizi. infine, abbiamo il Passivo, ovvero i conti che descrivono come finanziamo l’attività. Questi includono i Debiti, 162 163 Capitolo XI: La rendicontazione finanziaria e contabile ossia risorse che dovremo restituire, spesso con l’aggiunta di interessi, e il Capitale, cioè le risorse che restano nell’azienda per generare utili nel tempo. Il criterio di ordinamento delle passività nel bilancio è basato sull’esigibilità del creditore, ovvero il momento in cui l’impresa è tenuta a restituire i debiti o a soddisfare gli obblighi verso i creditori. Le passività vengono generalmente ordinate come segue: Passività a breve termine (o correnti): Debiti che devono essere pagati entro 12 mesi, come i debiti verso fornitori o le obbligazioni a breve termine. Passività a lungo termine: Debiti con scadenza oltre i 12 mesi, come mutui, finanziamenti o obbligazioni a lungo termine. Un sistema contabile efficace deve aggiornare costantemente i saldi di ciascuno di questi conti. In questo modo, possiamo avere una visione sempre precisa della situazione finanziaria dell’azienda. Grazie a queste informazioni aggiornate, è possibile redigere lo Stato patrimoniale, che offre una rappresentazione completa dell’azienda dal punto di vista patrimoniale, mostrando in modo chiaro da dove provengono le risorse e come vengono impiegate. Lo Stato patrimoniale, infatti, riassume sia l’attivo (gli impieghi, ovvero le voci principali di utilizzo delle risorse) che il passivo (le fonti di finanziamento, ossia come queste risorse sono state ottenute), fornendo una fotografia della solidità finanziaria dell’azienda. Per completezza vedremo più tardi le voci economiche. Nel frattempo, vale la pena ricordare che la pratica contabile ha elaborato dei principi base contabili, tra cui: 1. L’Unità monetaria. Si registrano solo gli eventi che possono essere espressi in unità monetaria. Tutto riporta alla divisa di riferimento. 2. La valutazione in attività. Le valutazioni sono fatte considerando l’impresa come ‘funzionante’ (altrimenti si parla di bilancio di liquidazione). 3. Ciclo di esercizio. Di solito un anno solare. Può essere anche un periodo diverso, se richiesto (legge, valutazione interna..., ecc.). 4. Competenza. Ricavi e costi devono essere contabilizzati nel periodo in cui vengono effettivamente conseguiti o sostenuti, anche se il pagamento o l’incasso avviene in un momento successivo o precedente. 5. Uniformità formale. I criteri contabili, le modalità di registrazione e i conti utilizzati devono rimanere gli stessi in ogni esercizio contabile, per garantire la comparabilità tra i bilanci di anni diversi. Questo consente agli utenti del bilancio, come azionisti e analisti, di confrontare correttamente i dati finanziari nel tempo, avendo la sicurezza che le variazioni nei risultati siano dovute a cambiamenti reali nelle attività dell’azienda e non a modifiche nelle modalità di contabilizzazione.68 6. Esposizione sintetica. Grazie alla contabilità possiamo giungere a una fotografia patrimoniale e ad una valutazione degli avvenimenti economici nell’anno (bilancio). 68 Se si rende necessario cambiare i criteri contabili o le modalità di rilevazione, l’azienda deve motivare e spiegare tali cambiamenti, illustrandone gli effetti e fornendo le relative informazioni nei documenti contabili. Questo avviene solitamente attraverso note esplicative nel bilancio o nella relazione di gestione, così da mantenere la trasparenza verso gli utenti del bilancio. 164 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA La potenza informativa del sistema contabile Lo Stato patrimoniale è una vera e propria fotografia dell’impresa in un determinato momento. Mi piace soffermarmi su questo concetto prima di parlare di conti economici, perché un buon sistema di gestione contabile ci offre una miniera di informazioni preziose sulla nostra azienda. Il confronto tra le singole voci dello Stato patrimoniale ci permette di ottenere dati importanti sulla solidità dell’impresa e sulla sua flessibilità finanziaria. Questi dati ci aiutano a capire quanto l’azienda sia in grado di affrontare eventi negativi, come il rialzo dei tassi di interesse o una minore disponibilità di credito. Ecco qualche esempio tra i più semplici: • Livello di indebitamento: confrontando i debiti a breve e lungo termine, possiamo capire quanto l’azienda dipenda dal credito e quali siano i suoi impegni finanziari futuri. • Liquidità disponibile: osservando i conti bancari e i crediti esigibili a breve, possiamo valutare quanta liquidità sia immediatamente disponibile per affrontare le spese correnti. • Solidità patrimoniale: analizzando la quota di capitale proprio rispetto ai debiti, possiamo misurare quanto l’azienda sia protetta da eventuali crisi finanziarie. Le informazioni contenute nello Stato patrimoniale sono relative a un momento preciso. Tuttavia, se conserviamo e confrontiamo le “fotografie” di ogni anno, possiamo analizzare l’evoluzione della struttura della nostra impresa nel tempo. Questo ci consente di rispondere a domande fondamentali, come: • Facciamo più o meno affidamento sul credito? • Stiamo riducendo la rigidità della nostra struttura finanziaria? • La nostra capacità di adattarci a momenti difficili sta migliorando o peggiorando? L’analisi degli indici contabili derivati dallo Stato patrimoniale (come l’indice di liquidità, l’indice di indebitamento o il rapporto tra attivo e passivo) ci aiuta a rispondere a queste domande e a pianificare strategie più solide e flessibili per il futuro. Ecco nel grafico un elenco di informazioni ricavabili dagli indici dello stato patrimoniale. Capitolo XI: La rendicontazione finanziaria e contabile Esempio di Calcolo degli Indici di Struttura: Gli indici di struttura aiutano a valutare la solidità finanziaria di un’azienda. Ecco alcuni esempi comuni: 1. Indice di Indipendenza Finanziaria = (Patrimonio Netto / Totale Attivo) x 100 – Esempio: Se il Patrimonio Netto è 100.000 € e il Totale Attivo è 250.000 €: (100.000/250.000)×100=40% L’azienda finanzia il 40% delle sue attività con mezzi propri. 2. Indice di Copertura delle Immobilizzazioni = (Patrimonio Netto / Immobilizzazioni) x 100 – Esempio: Se il Patrimonio Netto è 100.000 € e le Immobilizzazioni sono 80.000 €: (100.000/80.000)×100=125% Il patrimonio netto copre il 125% delle immobilizzazioni. 3. Indice di Struttura del Capitale = (Passività Correnti / Capitale Totale) x 100 – Esempio: Se le Passività Correnti sono 60.000 € e il Capitale Totale è 150.000 €: (60.000/150.000)×100=40% Il 40% del capitale totale è finanziato da passività correnti. I conti economici I conti economici ci aiutano a spiegare come e perché aumenta o diminuisce il capitale dell’impresa (utile o perdita) con l’attività svolta. Attraverso i conti economici, vengono presentati: • Ricavi: Gli introiti derivanti dall’attività operativa. • Costi: Le spese sostenute per la produzione di beni o servizi. • Margini e utili: La differenza tra ricavi e costi, che determina l’utile o la perdita dell’azienda. Il Conto Economico complessivo dell’azienda è in sostanza la raffigurazione dell’evoluzione del capitale nel corso di un esercizio. A titolo di esempio immaginiamo un’azienda che ha avuto costi per 92.000 euro e ricavi per 114.000 euro. Il conto economico complessivo (fatto dei singoli conti economici di costi e ricavi) potrebbe presentarsi in questo modo: 165 166 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Sappiamo dal documento che l’attività genera valore (utile di esercizio 22.000 euro). Analizzando costi e ricavi, si può notare che la maggior parte dell’attività è legata all’intermediazione di beni, mentre le consulenze pesano per poco più del 10% dei ricavi. Inoltre, la remunerazione del lavoro dipendente incide relativamente poco, con 25.000 euro su un totale di 92.000 euro di ricavi. Potrei continuare con altri dettagli, ma ciò che mi preme sottolineare è che questo documento, se affidabile e ben alimentato, rappresenta una fonte preziosa di informazioni. Il piano dei conti economici, come sempre, dipende dagli obiettivi informativi che ci siamo posti. In generale, costi e ricavi vengono suddivisi in base alla loro natura e al carattere ordinario o straordinario delle operazioni. Un esempio tipico di piano dei conti avrebbe le seguenti voci: • Costo delle merci • Costo del personale • Ammortamenti (uso di beni pluriennali nell’anno) • Costi finanziari • Costi non tipici • Oneri straordinari • Ricavi da fatturato • Ricavi finanziari • Ricavi non tipici • Ricavi straordinari Quando abbiamo a disposizione i dati di ogni singolo conto, possiamo riclassificarli in base a diverse esigenze informative, per ottenere una visione più chiara di alcuni aspetti della performance aziendale. Uno degli schemi più utilizzati è il conto economico a valore aggiunto. Cos’è il Conto Economico a Valore Aggiunto? È uno schema che riclassifica le voci di costo e ricavo per mettere in evidenza come l’azienda ha creato valore a partire dai fattori produttivi. In particolare, si pone l’accento sul valore aggiunto, cioè la differenza tra i ricavi di vendita e il costo dei beni e servizi acquisiti da terzi. È un indicatore molto utile per valutare il contributo effettivo dell’impresa nella trasformazione delle materie prime in prodotti finiti o servizi vendibili. Questo schema è particolarmente utile per: • Valutare la capacità dell’azienda di generare valore a partire dai fattori produttivi interni. • Analizzare l’efficienza della gestione operativa. • Comprendere la distribuzione del valore tra i vari stakeholder, come dipendenti, Stato e azionisti. La riclassificazione del conto economico permette dunque di ottenere una lettura più strategica dell’andamento aziendale, utile per scopi diversi rispetto allo schema classico, che si concentra principalmente sui ricavi e sui costi totali. Nel caso in oggetto, sappiamo che la trasformazione e vendita delle merci ha generato un valore ag167 Capitolo XI: La rendicontazione finanziaria e contabile giunto di 60.000 euro. Di questo valore, una parte è stata destinata al pagamento del personale, mentre un’altra parte ha coperto i costi pluriennali, come l’ammortamento dell’immobile. Inoltre, con i ricavi netti accessori, il risultato complessivo ante oneri finanziari – comunemente chiamato EBIT (Earnings Before Interest and Tax) – è stato di 22.000 euro. Una volta sottratti gli oneri finanziari e pagate le imposte, si arriva al risultato netto per l’azionista, ovvero 10.000 euro. Il Conto Economico e lo Stato Patrimoniale rappresentano due aspetti diversi, ma complementari, della nostra azienda. Il Conto Economico descrive i costi e i ricavi dell’anno, fornendo il risultato complessivo dell’esercizio (utile o perdita). Lo Stato Patrimoniale, invece, offre una fotografia della struttura aziendale alla fine dell’anno, mostrando il totale degli impieghi (attività) e delle fonti (passività e capitale). Il raccordo tra i due documenti è dato dal risultato di esercizio. Se l’azienda ha generato un utile, questo andrà ad aumentare il capitale e, di conseguenza, la solidità dell’impresa. Se, al contrario, l’esercizio ha registrato una perdita, il capitale si ridurrà, incidendo negativamente sulla struttura finanziaria. Come per le voci dello Stato Patrimoniale, anche nel caso del Conto Economico, le informazioni non si fermano alle singole voci, ma possono essere arricchite attraverso il confronto tra le diverse voci di conto economico. È inoltre possibile confrontare le voci del Conto Economico con quelle dello Stato Patrimoniale, permettendo così di approfondire l’analisi della gestione aziendale e delle sue relazioni tra redditività e struttura patrimoniale. Questo approccio consente di ottenere una visione più dettagliata del funzionamento dell’impresa e di valutare con maggiore precisione la sua efficienza operativa e stabilità finanziaria. Vediamo qualche esempio. La nostra azienda, nel caso appena visto, ha generato 10,000 euro di utile. Se l’azionista vuole conoscere il rendimento ottenuto dall’investimento, ovvero quale percentuale di profitto è stata generata rispetto al capitale investito, dovremo rapportare l’utile netto generato dall’impresa al capitale proprio utilizzato. Se ipotizziamo un capitale di 1.000.000 di euro, il rendimento del capitale (ROE = return on equity) sarà pari all’1%. È un rendimento basso o alto? Per valutarlo dovremmo confrontarlo con quello di investimenti simili per rischiosità (ad esempio imprese che svolgono la stessa attività). La redditività di un’azienda può dipendere sia dalla capacità di generare reddito con l’attività principale, sia da proventi straordinari o dal costo dell’utilizzo di capitali terzi. Alcuni di questi fattori potrebbero essere contingenti: ad esempio, il costo del debito potrebbe variare nel tempo, così come la scelta di ricorrere o meno a capitali di terzi per finanziare l’attività. Per questo motivo, si utilizza spesso un indicatore di redditività specifica, che tiene conto del risultato operativo dell’azienda, al netto delle componenti straordinarie e dei costi finanziari. Un parametro molto usato a tal fine è il rapporto tra il reddito operativo (EBIT) e il totale degli investimenti, noto come ROI (ROI = Return on investments). Questo rapporto fornisce una misura della redditività operativa dell’azienda, indipendentemente dall’eventuale presenza di proventi straordinari o dal peso dei costi finanziari legati all’utilizzo di capitale di terzi. 168 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Il ROI è dunque del 2,2%, il che significa che per ogni 100 euro investiti l’azienda genera 2,2 euro di ritorno operativo. Confrontando l’EBIT con il totale degli investimenti, possiamo ottenere un quadro più chiaro di quanto l’azienda sia in grado di generare utili dalla sua attività principale, senza l’influenza di fattori temporanei o esterni, come fluttuazioni nei costi del debito o guadagni straordinari. Questo approccio consente di valutare con maggiore precisione l’efficienza operativa e la capacità dell’impresa di generare reddito in modo sostenibile nel lungo termine. Di solito si confronta con lo stesso indicatore medio per le imprese dello stesso settore, per capire se la nostra impresa ha un vantaggio competitivo rispetto alle altre. La partita doppia Come si alimentano praticamente i singoli conti individuati nel piano contabile? Il sistema tuttora utilizzato internazionalmente è quello della partita doppia, inventato oltre cinquecento anni fa da un monaco, Fra Luca Pacioli. Nel 1494, Pacioli pubblicò a Venezia un’enciclopedia dal titolo Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalita, il primo libro dedicato ai metodi contabili. Fu una vera e propria rivoluzione per il mondo mercantile dell’epoca, che si sviluppò rapidamente in un sistema contabile universale. All’interno della Summa, c’è un capitolo intitolato “Tractatus de computis et scripturis”, nel quale viene introdotto il concetto di partita doppia. Questo metodo prevede che ogni transazione economica debba essere registrata sia per gli aspetti patrimoniali/finanziari (ovvero la provenienza e destinazione dei fondi), sia per gli aspetti economici (ovvero come influisce sui costi e ricavi). L’idea originaria di Pacioli era semplice, ma rivoluzionaria: per ogni movimento contabile c’è una corrispondente scrittura in due conti distinti. Ad esempio, se acquistiamo merci, registriamo sia la diminuzione di liquidità (aspetto finanziario), sia l’aumento delle merci in magazzino (aspetto patrimoniale). Allo stesso modo, quando vendiamo un bene, registriamo l’entrata di denaro e la diminuzione delle merci. Il principio della partita doppia è alla base della contabilità moderna e la sua applicazione continua a essere fondamentale per la gestione delle imprese di ogni dimensione. Si parte dalla registrazione nel libro giornale (che può essere sia cartaceo che informatico), una sorta di diario in cui vengono annotati, seguendo il metodo della partita doppia, gli eventi economici in ordine cronologico. Nel libro giornale si indicano la data, la causale dell’operazione e i conti coinvolti, sia quelli finanziari che quelli economici. Successivamente, nel libro mastro dell’azienda vengono trascritte tutte le operazioni registrate nel libro giornale, ma organizzandole per conto. Questo permette di avere sempre una visione chiara e aggiornata del saldo di ciascun conto. I singoli conti nel libro mastro sono strutturati in due sezioni: dare e avere (termini 169 Capitolo XI: La rendicontazione finanziaria e contabile usati per abitudine storica), dove vengono indicati il saldo iniziale, gli aumenti o diminuzioni delle voci in questione e il saldo finale. Questo sistema consente di monitorare in tempo reale la situazione di ogni conto, permettendo all’azienda di avere sotto controllo il proprio stato finanziario e patrimoniale in ogni momento. In sostanza, il libro giornale fornisce la registrazione cronologica degli eventi, mentre il libro mastro organizza questi eventi in modo che ogni conto sia aggiornato e consultabile facilmente. Se si tratta di conti finanziari (attivo e passivo), l’aumento dell’attivo verrà indicato a sinistra, mentre l’aumento del passivo sarà indicato a destra. Se si tratta di conti economici (ricavi e costi), l’aumento dei costi verrà indicato a sinistra, mentre l’aumento dei ricavi sarà indicato a destra. In questo modo le operazioni possono essere descritte per gli aspetti finanziari/patrimoniali e per gli aspetti economici in modo speculare. Come esempio di applicazione, immaginiamo che l’azienda acquisti merci per 1.000 euro pagandole in parte in contanti (600 euro) e il resto a credito (400 euro). Nel libro giornale, questa operazione sarà registrata così: Data: 01/09/2024 Causale: Acquisto merci Dare: Merci (aumento dell’attivo) 1.000 euro Avere: Cassa (diminuzione di liquidità) 600 euro Avere: Debiti verso fornitori (passivo) 400 euro Successivamente, nel libro mastro, le operazioni del libro giornale vengono organizzate per conto, in modo da tenere traccia del saldo di ciascun conto. Ecco come sarebbe la trascrizione di questa operazione nel libro mastro: • Conto Merci (sezione Dare): – +1.000 euro (acquisto merci) – Saldo finale = 1.000 euro 170 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA • Conto Cassa (sezione Avere): – -600 euro (pagamento in contanti) – Saldo finale = saldo iniziale - 600 euro • Conto Debiti verso fornitori (sezione Avere): – +400 euro (debito verso fornitore) – Saldo finale = saldo iniziale + 400 euro In questo modo, possiamo vedere in tempo reale come ogni singolo conto si aggiorna, tenendo traccia dei movimenti di liquidità, dei debiti e dell’attivo in merci. Il libro giornale fornisce una visione cronologica degli eventi, mentre il libro mastro organizza le informazioni per conto, aggiornando saldi e movimenti. Qualche altro esempio di applicazione Vediamo due casi opposti: compro merci con cassa per 1.000 euro (esce cassa per un costo merci di 1.000 euro) o vendo merci incassando cassa per 1.000 euro (entra cassa per un ricavo merci di 1.000 euro). Qualche esempio di applicazione ad una microazienda. Pensiamo ad una operazione di acquisto merci mediante denaro bancario. Ad inizio anno abbiamo 2.000 euro in banca. Ne spendiamo 1.000. Cosa accade patrimonialmente e finanziariamente? 171 Capitolo XI: La rendicontazione finanziaria e contabile La annotazione corrispondente nel libro giornale sarà invece: Se questa fosse l’unica operazione che facciamo nell’anno, la rappresentazione finale sarebbe la seguente: Le permutazioni finanziarie sono quelle operazioni che non comportano variazioni economiche ossia non influiscono sulla formazione del reddito e sulla determinazione del patrimonio netto. Semplicemente mutano la struttura finanziaria (debiti e crediti). Esempio: paghiamo un debito utilizzando i contanti che abbiamo in cassa Non aumenta o diminuisce il nostro capitale netto ma cambia il modo con cui è investito. Nel libro giornale vale comunque sempre il principio della partita doppia, ovvero totale dare uguale a totale avere sui conti. 172 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Le scritture di assestamento, l’inventario e il budget A fine anno si effettuano le scritture di assestamento, il cui obiettivo è quello di rettificare i conti per tener conto di eventi non ancora registrati ma che sono di competenza dell’anno, oppure di aggiornare i valori in seguito a processi di inventario. Esistono diverse forme di assestamento, a seconda della natura della rettifica: 1. Rettifiche di competenza: Quando alcuni costi o ricavi non sono stati registrati durante l’anno ma appartengono a quell’esercizio, vanno contabilizzati per rispettare il principio di competenza. Ad esempio, se a dicembre è stato ricevuto un servizio, ma la fattura arriverà solo a gennaio dell’anno successivo, il costo deve comunque essere registrato nell’anno in cui il servizio è stato ricevuto. 2. Rettifiche inventariali: Queste riguardano le discrepanze tra i dati contabili e le consistenze reali rilevate tramite l’inventario. L’inventario descrittivo (ad esempio, di cassa) viene eseguito periodicamente per verificare le partite presenti in contabilità e rettificarle se necessario. Supponiamo, ad esempio, che nel nostro conto cassa risultino 2.000 euro, ma dopo una verifica delle consistenze fisiche a fine anno, si scopre che ci sono solo 1.900 euro o, al contrario, 2.100 euro. In tal caso, dobbiamo effettuare una rettifica per correggere il dato contabile. Ecco come potrebbe apparire la scrittura di assestamento in caso di differenza negativa: • Data: 31/12/2024 • Causale: Rettifica di cassa • Dare: Perdite su differenze inventariali (100 euro) • Avere: Cassa (100 euro) Se, invece, la differenza fosse positiva, registreremmo un incremento della disponibilità di cassa. 1. Ratei e risconti: Queste scritture servono a distribuire correttamente costi o ricavi tra più esercizi. Ad esempio, se l’azienda paga in anticipo l’affitto per il primo trimestre dell’anno successivo, la parte di affitto relativa ai mesi successivi deve essere contabilizzata come risconto attivo nell’anno corrente. Infine, abbiamo il bilancio di previsione, un documento contabile che viene redatto in modo programmatico e proiettato verso l’esercizio o gli esercizi futuri. Questo bilancio ipotetico permette di stimare i futuri ricavi, costi, investimenti e finanziamenti, e di pianificare le strategie aziendali per affrontare al meglio l’andamento del mercato e le esigenze dell’impresa. L’obiettivo principale del bilancio di previsione è quindi fornire una guida per la gestione delle risorse economiche, assicurando che l’azienda o l’ente possa raggiungere i propri obiettivi senza incorrere in squilibri finanziari. Vantaggi del Bilancio di Previsione • Pianificazione strategica: consente di stabilire obiettivi economici e di impostare strategie per raggiungerli. • Controllo di gestione: permette di confrontare i dati previsionali con quelli consuntivi per identificare eventuali scostamenti e adottare misure correttive. • Gestione del rischio: aiuta a identificare potenziali rischi finanziari e a preparare piani di emergenza. Nel settore pubblico, il bilancio di previsione assume una particolare rilevanza, poiché è un documento formale che deve essere approvato dalle autorità competenti. Esso stabilisce il limite massimo di spesa per l’anno e la destinazione delle risorse pubbliche, garantendo trasparenza e responsabilità nell’uso dei fondi. 173 L’approccio classico della teoria finanziaria si basa sull’assunto che gli investitori agiscano in modo strettamente egoistico, focalizzandosi esclusivamente sul profitto finanziario atteso e sul rischio associato. Le domande principali che un investitore si pone sono: “Quanto guadagnerò se tutto va come previsto?” e “Quanto rischio di perdere se le cose vanno male?”. L’obiettivo dell’investitore è raggiungere questi risultati nel modo più efficiente possibile, anche se non esistono certezze. Per definizione, investire comporta il rischio di non recuperare il capitale e il rendimento promessi, di riceverli in ritardo o solo parzialmente, o, nel caso di investimenti azionari, di dover affrontare perdite invece di guadagni. Il rischio, dunque, è inevitabile, ma ciò che motiva l’investitore è unicamente il rendimento. In questo contesto, l’obiettivo principale degli operatori finanziari è individuare e proporre soluzioni di investimento che massimizzino il reddito atteso per un dato livello di rischio, o viceversa, minimizzino il rischio per un obiettivo di rendimento specifico. Di norma, a un rischio maggiore corrisponde un rendimento atteso inferiore e, allo stesso modo, a un rendimento maggiore si associa un rischio inferiore. Una delle scoperte più rilevanti nella finanza moderna è la teoria della diversificazione, sviluppata da Harry Markowitz negli anni ‘50 e formalizzata nella sua “Teoria del Portafoglio”. Secondo questa teoria, combinando diverse attività finanziarie in un portafoglio, è possibile ridurre il rischio complessivo senza sacrificare il rendimento atteso. In pratica, l’obiettivo non è investire in singoli titoli, ma in panieri di titoli o attività finanziarie con rendimenti e rischi non perfettamente correlati. Ad esempio, un portafoglio che combina azioni e obbligazioni potrebbe offrire un profilo rischio-rendimento più favorevole rispetto all’investimento in un solo tipo di attività. Mentre le azioni tendono a essere più volatili ma con un potenziale di rendimento più elevato, le obbligazioni offrono stabilità e una protezione contro le fluttuazioni del mercato azionario. La diversificazione aiuta quindi a mitigare le perdite in periodi di crisi di mercato, migliorando il rendimento complessivo del portafoglio a parità di rischio.69 CAPITOLO XII: Cenni sulla dimensione etica negli investimenti 69 Markowitz, H. (1952). “Portfolio Selection”. The Journal of Finance, 7(1), 77-91. In questo articolo, Harry Markowitz introduce la “Teoria del Portafoglio”, dimostrando come la diversificazione possa ridurre il rischio complessivo di un portafoglio. Più tardi, nel 1959, ha ampliato questo lavoro nel libro: Markowitz, H. M. (1959). Portfolio Selection: Efficient Diversification of Investments. Wiley. Questi testi sono fondamentali per comprendere i principi della diversificazione e il concetto di portafogli efficienti. 174 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA La comunicazione finanziaria, la reportistica e la modellistica sono state sviluppate per rendicontare il rischio, il rendimento e le aspettative relative. Alla base di questo sistema vi era una forte convinzione individualistica: perseguendo il proprio benessere personale, si stimolerebbe l’intero sistema a migliorare. Un esempio classico è quello del panettiere, che si sveglia presto ogni mattina non per fini altruistici, ma per un interesse individuale: produrre e vendere pane per ottenere un profitto. Tuttavia, questa spinta individualistica genera un effetto positivo per la collettività, poiché assicura la disponibilità di un bene primario come il pane. Senza la leva del profitto, probabilmente il panettiere non si alzerebbe ogni mattina per svolgere il proprio lavoro.70 In questo contesto, il compito delle istituzioni è creare le migliori condizioni competitive possibili, mentre quello degli individui è cercare di massimizzare i propri rendimenti. Il capitale fluirà naturalmente verso gli impieghi più efficienti e produttivi, portando beneficio all’intero sistema. Sebbene l’approccio classico del libero mercato teorizzato da Adam Smith abbia dominato per secoli, le crisi degli ultimi anni – come quella finanziaria del 2008 o la crisi climatica – hanno dimostrato le fragilità e le insostenibilità di un sistema economico guidato esclusivamente dal profitto e dall’interesse individuale. Oggi è chiaro che ogni azione economica ha delle conseguenze, e che le scelte dei consumatori e degli investitori non sono affatto neutre. Attraverso le nostre scelte di consumo e di investimento, possiamo influenzare il sistema economico in modo diretto. Ad esempio, molti investitori oggi scelgono di privilegiare investimenti in aziende che rispettano criteri ambientali, sociali e di governance (ESG). Questo tipo di investimenti non solo tiene conto del rendimento finanziario, ma considera anche l’impatto sociale e ambientale delle attività aziendali. Le cosiddette “imprese sostenibili” vengono preferite rispetto a quelle che, pur offrendo un rendimento simile, operano in settori o con pratiche considerate dannose per la società o per l’ambiente. 70 L’esempio del panettiere è un classico della teoria economica ed è stato utilizzato da Adam Smith, uno dei padri fondatori dell’economia moderna, nella sua opera più celebre, La ricchezza delle nazioni (1776). Smith lo usò per illustrare il concetto di “mano invisibile”, che spiega come l’interesse personale possa, indirettamente, favorire il bene comune. Nella sua formulazione, Smith spiega che il panettiere non produce pane per altruismo, ma per soddisfare il proprio interesse economico. Tuttavia, attraverso la ricerca del proprio profitto, contribuisce anche a soddisfare i bisogni della società. L’idea è che, in un mercato competitivo, il perseguimento del proprio interesse personale guidi le risorse verso usi più efficienti, beneficiando tutti. Ecco una citazione dal testo: “Non ci aspettiamo il nostro pranzo dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio, ma dalla considerazione del loro interesse personale.” — Adam Smith, La ricchezza delle nazioni (1776). Questo esempio è diventato un simbolo della teoria del libero mercato e dell’economia capitalistica. 175 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Questo approccio riflette una visione più ampia e integrata della finanza, che riconosce la necessità di un equilibrio tra profitto e responsabilità sociale. Ogni investimento può avere un impatto: sostenere imprese virtuose, che promuovono la sostenibilità e il rispetto dell’etica, può contribuire a costruire un sistema economico più equo e resiliente. In sostanza, il modello puramente mercantile sta evolvendo verso una maggiore consapevolezza e responsabilità, dove gli attori economici, compresi gli investitori, hanno il potere di contribuire al cambiamento positivo. Già nell’antichità, molte culture e religioni avevano stabilito direttive riguardanti le pratiche finanziarie, sottolineando l’importanza di una condotta giusta e morale in materia di denaro e investimenti. Nel Medioevo, ad esempio, la Chiesa Cattolica ebbe un ruolo determinante nella proibizione dell’usura, per prevenire l’ingiusta accumulazione di ricchezza a spese dei meno abbienti. Questo divieto rifletteva valori morali che consideravano il denaro non come un fine, ma come un mezzo. La Shari’ah, la legge islamica, proibisce la “riba”, ovvero il pagamento o la riscossione di interessi. Inoltre, gli investimenti in settori “haram” (proibiti), come l’alcol, il gioco d’azzardo o l’industria del maiale, sono rigorosamente evitati per garantire che le attività finanziarie siano in linea con i precetti religiosi e morali. Tuttavia, questi esempi rappresentano casi isolati rispetto allo sviluppo impetuoso della finanza e del capitalismo, che per lungo tempo ha ignorato le istanze di sostenibilità e etica. Negli ultimi anni, è emersa una nuova consapevolezza, stimolata dalle crisi sociali e ambientali globali. Uno dei primi episodi emblematici di questo cambiamento è stato il movimento di disinvestimento legato all’apartheid negli anni ‘80. Di fronte alle discriminazioni e all’oppressione perpetrate dal regime sudafricano nei confronti della popolazione nera, una vasta coalizione di attivisti, università, enti religiosi e altre organizzazioni avviò una campagna globale. Questa campagna esortava gli investitori a ritirare i loro capitali dalle aziende che mantenevano legami commerciali o finanziari con il regime dell’apartheid. L’obiettivo era duplice: da un lato, colpire economicamente un regime oppressivo, e dall’altro, sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sulla questione. Gradualmente, nel corso del secolo scorso, alcuni investitori hanno cominciato a porsi domande più ampie rispetto al semplice dare/avere finanziario. Il sistema finanziario ha quindi iniziato ad adattarsi, proponendo i primi prodotti basati su criteri non esclusivamente finanziari, meglio noti come prodotti SRI (Socially Responsible Investment) o investimenti socialmente responsabili. Oggi, il dibattito si concentra soprattutto sui criteri ESG, acronimo di Environment, Social, and Governance (Ambiente, Sociale e Gestione responsabile), che sono diventati un riferimento chiave per orientare gli investimenti verso una maggiore sostenibilità economica e sociale. Il tema è stato declinato man mano in modo sempre più puntuale e dettagliato, grazie anche alla crescente disponibilità di dati non finanziari raccolti, organizzati e messi a disposizione da aziende di informazione economica. 176 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Quali sono gli approcci principali utilizzati per gli investimenti con criteri etici? Ormai la casistica è piuttosto ampia. In letteratura si possono trovare ormai molte definizioni. In modo esemplificativo possiamo identificare almeno quattro approcci di finanza etica: • Negative Screening o Esclusione • Positive Screening o Inclusione • Engagement o Politiche attive • Community Investments o Investimenti di impatto L’approccio di Negative Screening o Esclusione è uno dei primi ad essere stato applicato per la maggiore semplicità di approccio. L’universo dei possibili investimenti viene ridotto escludendo quei settori e quelle aziende che svolgono attività in contrasto con quanto desiderato. Le esclusioni più comuni sono i settori del gioco, degli armamenti, del tabacco, della pornografia e dell’uso di materie prime fossili. Nell’approccio di positive screening vengono favoriti sistematicamente alcuni settori o aziende con comportamenti virtuosi. I criteri di inclusione basati sul rispetto di politiche ambientali selezionano imprese che contribuiscono allo sviluppo sostenibile dell’ambiente e che quindi, ad esempio, utilizzano fonti di energia rinnovabili, tutelano l’ambiente attuando misure preventive sulle immissioni inquinanti e adottano pratiche coerenti nella scelta dei processi produttivi e della qualità dei prodotti. Nell’approccio chiamato di Engagement vengono utilizzate le partecipazioni azionarie o il finanziamento come leva per spingere il management delle imprese verso comportamenti virtuosi. Una prima azione di engagement nel 1971 quando, durante l’assemblea degli azionisti della GM, la ICCR (Interfaith Center on Corporate Responsibility) presentò una mozione, chiedendo che la multinazionale si ritirasse dal Sudafrica. I community investments sono investimenti ad impatto, che mirano ad ottenere un obiettivo particolare di inclusione sociale e sostenibilità. Un esempio è il microcredito. Il microcredito: un potente strumento di inclusione finanziaria Il microcredito è una forma di finanziamento che mira a fornire piccoli prestiti a persone o microimprese che, per vari motivi, non hanno accesso ai tradizionali canali bancari. Il microcredito è emerso come uno strumento potente di inclusione finanziaria, particolarmente nei paesi in via di sviluppo, dove l’accesso al credito per le fasce più vulnerabili della popolazione è spesso limitato. Questo sistema finanziario innovativo ha l’obiettivo di sostenere le attività imprenditoriali, soprattutto quelle di piccole dimensioni, favorendo la creazione di opportunità economiche per individui che, altrimenti, non potrebbero accedere a prestiti. Nonostante il microcredito possa sembrare una forma di finanziamento modesta, ha dimostrato un impatto significativo nello sviluppo economico di molte comunità. Le origini del microcredito Il microcredito si è sviluppato negli anni ‘70 grazie all’economista bengalese Muhammad Yunus, che nel 1976 fondò la Grameen Bank in Bangladesh. Yunus notò che molti poveri avevano bisogno di piccoli prestiti per avviare o sostenere piccole attività, ma le banche tradizionali non erano disposte a concedere loro finanziamenti a causa della mancanza di garanzie e della percezione di alto rischio. Il successo della Grameen Bank dimostrò che anche i poveri, se supportati, potevano essere affidabili e 177 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA restituire i prestiti. Questo modello ha ispirato la nascita di numerose istituzioni di microfinanza in tutto il mondo, diventando una delle forme più efficaci di intervento per la riduzione della povertà. Per il suo contributo, Yunus e la Grameen Bank vinsero il Premio Nobel per la Pace nel 2006. Il funzionamento del microcredito Il microcredito si distingue dalle tradizionali forme di credito bancario per la sua flessibilità e per i suoi importi ridotti. I prestiti concessi attraverso il microcredito possono variare da poche decine a qualche migliaio di euro, e sono generalmente destinati a sostenere piccoli progetti imprenditoriali come l’avvio di un’attività commerciale, agricola o artigianale. Caratteristica distintiva del microcredito è che non richiede garanzie tradizionali come beni immobili o redditi elevati. Invece, fa leva sulla fiducia e spesso utilizza metodi collettivi di garanzia: i membri di una comunità o di un gruppo si impegnano reciprocamente a restituire i prestiti, creando così un meccanismo di controllo e solidarietà interna. L’impatto sociale del microcredito Oltre agli aspetti economici, il microcredito ha un impatto sociale importante. Favorisce ad esempio l’empowerment delle donne, poiché una larga percentuale di prestiti è concessa a donne imprenditrici, specialmente in contesti rurali o in aree con elevata disparità di genere. Aumentando le loro opportunità economiche, il microcredito ha contribuito a migliorare le condizioni di vita delle famiglie e delle comunità. Il microcredito aiuta anche a creare sostenibilità economica a lungo termine. Mentre un singolo prestito può sembrare di piccole dimensioni, l’effetto cumulativo può essere straordinario, permettendo alle persone di uscire dalla povertà e costruire attività stabili che generano reddito per anni. Il microcredito oggi Il microcredito continua a essere uno strumento centrale per l’inclusione finanziaria, non solo nei paesi in via di sviluppo, ma anche in molti paesi sviluppati, dove viene utilizzato per sostenere microimprese e start-up che non hanno accesso ai tradizionali circuiti bancari. Oggi, grazie all’evoluzione della tecnologia e all’uso di piattaforme digitali, il microcredito si è espanso ulteriormente, permettendo a sempre più persone di accedere a risorse finanziarie per realizzare i propri progetti. I nuovi approcci non solo spingono il singolo investimento verso impieghi positivi, ma creano effetti di imitazione ed economie ambientali. Le imprese sono invogliate ad adottare comportamenti che le includano nelle scelte degli investitori e sono penalizzate per attività o comportamenti non virtuosi. L’adozione di criteri etici negli investimenti solleva naturalmente interrogativi sull’impatto che tali scelte hanno su rendimento e rischio monetario attesi. Secondo la teoria finanziaria tradizionale, il rischio per classi omogenee di attivo (ad esempio, monetario, obbligazionario, azionario) dovrebbe aumentare in quanto la selezione di titoli in base a criteri etici riduce le opportunità di diversificazione. Limitare l’universo di investimento significa, in teoria, restringere le possibilità di ottenere rendimenti più elevati e proteggersi da perdite attraverso una diversificazione ampia. Inoltre, questo approccio potrebbe comportare la necessità di orizzonti temporali più lunghi per bilanciare rischio e rendimento. Tuttavia, le evidenze empiriche raccolte negli ultimi anni hanno contraddetto in parte queste previsioni. In diversi studi, si è osservato che i rendimenti ottenuti dagli investimenti che seguono criteri di sostenibilità o responsabilità sociale non sono necessariamente inferiori a quelli ottenuti tramite investimenti tradizionali. Anzi, in alcuni casi, sono stati addirittura migliori. Un aspetto interessante riguarda il comportamento degli investimenti sostenibili durante periodi di crisi finanziaria o di elevata incertezza economica, come durante la pandemia di COVID-19. In questi contesti, gli investimenti che rispettano criteri etici, soprattutto quelli legati alla sostenibilità ambientale e sociale, hanno dimostrato una minore rischiosità rispetto ad altri tipi di investimenti. Questa maggiore resilienza può essere attribuita al fatto che le aziende con alti standard ambientali, sociali e di governance (ESG) tendono 178 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA a essere meglio gestite, più trasparenti e più preparate ad affrontare shock economici e cambiamenti regolamentari. In conclusione, mentre la teoria tradizionale suggerisce che l’adozione di criteri etici possa aumentare il rischio e ridurre i rendimenti potenziali, la pratica e le ricerche recenti dimostrano che gli investimenti sostenibili possono offrire buoni rendimenti senza compromettere il profilo di rischio. Inoltre, in periodi di crisi, questi investimenti sembrano addirittura proteggere meglio il capitale, confermando che sostenibilità e performance finanziaria possono andare di pari passo. Lo sviluppo del mercato degli investimenti con criteri etici Negli ultimi anni, il mercato degli investimenti che adottano criteri di sostenibilità o responsabilità sociale ha vissuto un vero e proprio boom. Questo fenomeno è stato guidato sia dalle richieste dei consumatori che dalle istituzioni internazionali, con l’obiettivo di favorire un’economia più rispettosa dell’ambiente e delle persone. Tra il 2000 e il 2020, le masse di denaro investite in prodotti finanziari sostenibili sono aumentate di sei volte. Secondo Bloomberg Intelligence, gli asset gestiti secondo criteri ESG potrebbero superare i 50 trilioni di dollari, rappresentando oltre un terzo dei 140,5 trilioni di dollari previsti di asset globali in gestione. Questo sviluppo è guidato dall’aumento della domanda da parte degli investitori e dalla crescente regolamentazione, che spinge le aziende a conformarsi a standard ambientali, sociali e di governance più rigorosi. La prevalenza dei fondi ESG in Europa In Europa, la crescita degli investimenti sostenibili è stata particolarmente accelerata dalle direttive dell’Unione Europea, che hanno imposto nuovi obblighi di trasparenza e integrazione dei criteri ESG. Oggi, la maggior parte dei fondi comuni disponibili sul mercato europeo segue principi di sostenibilità. Entro il primo trimestre del 2023, i fondi legati alla sostenibilità hanno accumulato circa 7 trilioni di euro, con la maggior parte dei capitali investiti in strategie ESG o con focus sulla sostenibilità. Questo corrisponde a circa il 60% degli asset gestiti in Europa, una delle regioni leader a livello globale nel campo degli investimenti sostenibili. Inoltre, l’Europa ha visto un forte aumento delle emissioni di obbligazioni ESG, che hanno raggiunto 156 miliardi di euro solo nel primo trimestre del 2023.71 72 Rapporto dell’AFME (Association for Financial Markets in Europe) per il primo trimestre del 2023. 179 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Strumenti di mercato e indici di sostenibilità Per sostenere e monitorare gli investimenti sostenibili, sono stati sviluppati strumenti di mercato ad hoc, come gli indici ESG. Questi indici misurano la performance delle aziende che adottano standard elevati di sostenibilità. Tra i principali indici troviamo il FTSE4Good e il Dow Jones Sustainability Index. Questi strumenti hanno reso più facile per gli investitori confrontare le aziende in base ai loro criteri di sostenibilità, contribuendo alla diffusione di pratiche più responsabili. In parallelo, è cresciuto il numero di agenzie di rating ESG, specializzate nella valutazione delle performance ambientali, sociali e di governance delle aziende. Attualmente, esistono più di 50 società che offrono servizi di rating ESG, tra cui MSCI ESG, Morningstar Sustainalytics, ISS, S&P, Moody’s/VE e Refinitiv. Queste agenzie forniscono valutazioni che aiutano gli investitori a comprendere meglio l’esposizione al rischio di sostenibilità di un’azienda e le sue strategie di gestione. Un aspetto chiave di questi rating ESG è che non vengono pagati dalle aziende valutate, il che riduce il rischio di conflitto di interessi e garantisce una maggiore obiettività nelle valutazioni. Vediamo a riguardo qualche esempio: 1. Morningstar Sustainalytics valuta l’esposizione al rischio di sostenibilità, offrendo un rating numerico che esprime quanto una società sia in grado di gestire i rischi legati all’ESG. Il rating ESG di Morningstar per le imprese è un sistema sviluppato in collaborazione con Sustainalytics, una delle principali società di ricerca ESG. Questo sistema valuta le aziende in base alla loro gestione dei rischi ambientali, sociali e di governance. L’obiettivo è fornire una misura chiara e comprensibile delle prestazioni ESG delle imprese, aiutando gli investitori a capire come un’azienda gestisce le sue responsabilità e rischi in questi ambiti. Il rating ESG di Morningstar è suddiviso in due componenti principali: Esposizione al rischio ESG: Misura la vulnerabilità dell’azienda a fattori ESG rilevanti per il suo settore. Ad esempio, un’azienda operante nel settore petrolifero avrà una maggiore esposizione al rischio ambientale rispetto a una del settore tecnologico. Gestione dei rischi ESG: Valuta la capacità dell’azienda di gestire e mitigare i rischi ESG attraverso politiche, pratiche e strategie specifiche. L’indice finale di rischio ESG combina queste due componenti, producendo un punteggio che rappresenta il rischio non gestito. Questo punteggio è espresso in termini numerici e categorizzato in cinque livelli: Rischio Negligible (trascurabile): Indica che l’azienda ha un’esposizione molto bassa ai rischi ESG e gestisce efficacemente quelli presenti. Rischio Basso: Indica che l’azienda ha una buona gestione dei rischi ESG, con solo pochi punti di debolezza. Rischio Medio: L’azienda gestisce una parte dei rischi ESG, ma vi sono aree in cui la vulnerabilità rimane. Rischio Alto: Indica che l’azienda è esposta a significativi rischi ESG e non ha adottato misure adeguate per mitigare queste vulnerabilità. Rischio Grave (severe): L’azienda ha un’esposizione molto alta ai rischi ESG e non dimostra di avere strategie efficaci per gestirli. Impatto per gli investitori Il rating ESG di Morningstar per le imprese è uno strumento prezioso per gli investitori che desiderano: – Identificare aziende responsabili che gestiscono in modo efficace i rischi legati all’ambiente, al sociale e alla governance. – Mitigare i rischi di investimento in settori vulnerabili a normative più severe o a cambiamenti climatici e sociali. – Allineare i propri investimenti a obiettivi di sostenibilità senza compromettere il rendimento. In sintesi, il rating ESG di Morningstar aiuta a fornire una panoramica completa della gestione dei rischi ESG delle aziende, migliorando la trasparenza e l’affidabilità per gli investitori che cercano di combinare rendimento finanziario e responsabilità etica. 180 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Misure di valutazione di sostenibilità degli strumenti di risparmio gestito Nel modello di Morningstar i fondi comuni di investimento sono valutati su una scala da 1 a 5 globi, in cui un numero maggiore di globi rappresenta una migliore gestione dei rischi ESG e una maggiore attenzione ai criteri ambientali, sociali e di governance. 1 globo: Indica che il fondo ha una bassa performance ESG rispetto ai suoi pari. Questo significa che il fondo investe principalmente in aziende con una gestione insufficiente dei rischi ESG o che operano in settori più esposti a problematiche ambientali o sociali. 2 globi: Rappresentano una performance ESG sotto la media, con una gestione dei rischi ESG che presenta alcune criticità rispetto agli standard del settore. 3 globi: Indicano una media performance ESG. Il fondo gestisce i rischi ESG in linea con la media del mercato. 4 globi: Segnalano una buona performance ESG, con una gestione dei rischi superiori alla media e un’attenzione particolare alle questioni ambientali e sociali. 5 globi: Sono attribuiti a fondi che dimostrano una eccellente gestione dei rischi ESG, investendo in aziende che sono leader nella sostenibilità e nella gestione responsabile dei rischi. Vantaggi per gli investitori Facilità di confronto: Gli investitori possono facilmente confrontare i fondi ESG e scegliere quelli che rispettano i propri valori etici. Semplicità: La scala di 5 globi semplifica la comprensione delle performance ESG, fornendo una visione immediata del livello di sostenibilità del fondo. Trasparenza: Aiuta gli investitori a vedere chiaramente come i gestori dei fondi stanno incorporando i criteri ESG nelle loro decisioni di investimento. L’approccio di MSCI ESG adotta un metodo di valutazione relativo per classificare le aziende in base alla loro performance di sostenibilità. Questo sistema suddivide le aziende in diverse categorie, da laggard (ritardatari) a leader, fornendo un confronto tra le aziende operanti nello stesso settore. La performance di sostenibilità di un’azienda non è valutata solo in modo assoluto, ma è anche messa in relazione con le altre aziende nello stesso settore. Ciò è particolarmente utile perché i rischi e le opportunità ESG possono variare notevolmente da un settore all’altro. Ad esempio: • Un’azienda energetica verrà valutata in relazione ad altre aziende dello stesso settore, dove i fattori ambientali come le emissioni di carbonio sono critici. • Un’azienda del settore tecnologico potrebbe essere valutata in base a come gestisce aspetti come la privacy dei dati e la sicurezza informatica. Ecco una panoramica del sistema di classificazione MSCI ESG • Leader (AAA, AA): – Queste aziende sono considerate tra le migliori in termini di sostenibilità, con strategie avanzate per gestire rischi e opportunità ESG (Environmental, Social, Governance). I leader superano significativa181 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA mente le loro controparti del settore nell’implementazione di pratiche sostenibili e nella gestione dei rischi legati alla sostenibilità. • Average (A, BBB, BB): – Queste aziende sono nella media rispetto alle controparti del settore in termini di gestione delle problematiche ESG. Potrebbero avere politiche e pratiche accettabili, ma non eccellono né si distinguono per l’approccio alla sostenibilità. • Laggard (B, CCC): – Le aziende classificate come laggard sono in ritardo rispetto alle loro controparti, con una gestione inadeguata o debole dei rischi e delle opportunità legate alla sostenibilità. Queste aziende sono spesso più esposte a rischi ambientali, sociali e di governance che potrebbero compromettere il loro rendimento a lungo termine. La spinta delle istituzioni internazionali Le istituzioni internazionali hanno giocato un ruolo cruciale nel promuovere gli investimenti sostenibili. Un momento decisivo è stato il Rapporto Brundtland del 1987, che ha introdotto il concetto di sviluppo sostenibile, definito come “lo sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”. Da allora, sono stati compiuti numerosi passi avanti: • 1992: Nasce lo United Nations Environment Programme Finance Initiative (UNEP FI), una partnership tra l’ONU e il settore finanziario per mobilitare capitali privati a sostegno dello sviluppo sostenibile. • 1999: Viene lanciato il Global Compact delle Nazioni Unite, un patto che incoraggia le aziende ad adottare pratiche di responsabilità sociale e a pubblicare i risultati ottenuti in questo ambito. Oggi, oltre 13.000 aziende e altre organizzazioni di più di 170 paesi fanno parte del Global Compact, che si basa su dieci principi chiave legati ai diritti umani, al lavoro, all’ambiente e alla lotta alla corruzione. Il Patto è stato annunciato dal Segretario Generale della Nazioni Unite, Kofi Annan, durante un discorso tenuto al Forum economico mondiale (World Economic Forum in inglese) il 31 gennaio 1999, mentre il lancio ufficiale del Patto si è tenuto presso la Sede della Nazioni Unite a New York il 26 luglio 2000. Rappresenta la principale iniziativa al mondo avente ad oggetto la responsabilità sociale d’impresa, con 13.000 partecipanti aziendali e altri soggetti interessati in oltre 170 paesi, e con due obiettivi principali: “integrare i dieci principi all’interno delle attività commerciali in giro per il mondo” e “catalizzare le azioni a supporto dei più ampi obiettivi delle Nazioni Unite”, come gli Obiettivi di sviluppo del Millennio e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Nel 2006, 2012 e 2019 vengono sanciti principi di indirizzo verso la sostenibilità economica nei settori sensibili. CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA IL PRI è un’iniziativa ufficialmente supportata dalle Nazioni Unite, in partnership con il Global Compact e l’Unep FI. Chi aderisce lo fa in modo del tutto volontario. L’unico obbligo che viene richiesto è di pubblicare un report annuale sulle proprie politiche di investimento responsabile. Regolamentazione e normative recenti Negli ultimi anni, l’Europa ha intensificato gli sforzi per promuovere la finanza sostenibile. Una tappa fondamentale è stata l’adozione del Regolamento UE 2019/2088 sulla disclosure della sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (SFDR). Questo regolamento impone a gestori di fondi, banche e consulenti finanziari di essere trasparenti sulle modalità con cui integrano i fattori ESG nei loro processi di investimento. • Prodotti Articolo 8: Sono quei prodotti finanziari che promuovono caratteristiche ambientali o sociali, a condizione che le aziende investite rispettino prassi di buona governance. • Prodotti Articolo 9: Si riferiscono a quei fondi che hanno come obiettivo esplicito l’investimento sostenibile, perseguendo non solo un ritorno finanziario, ma anche un impatto positivo in termini ambientali o sociali. L’informativa deve essere pubblicata sul sito della società e nella documentazione precontrattuale. Queste normative rappresentano un cambiamento epocale nel mercato europeo degli investimenti e obbligano tutti i partecipanti ai mercati finanziari a fornire una rendicontazione dettagliata sugli impatti di sostenibilità. L’Accordo di Parigi e l’Agenda 2030 Il 2015 è stato un anno decisivo per lo sviluppo della finanza sostenibile, con due importanti accordi internazionali: 1. L’Accordo di Parigi: Per la prima volta, i governi di tutto il mondo hanno concordato di mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali, impegnandosi a ridurre le emissioni di gas serra. L’accordo è entrato in vigore nel novembre 2016. 1. L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile: Sottoscritta da 193 Paesi membri dell’ONU, l’Agenda 2030 definisce 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) che mirano a porre fine alla povertà, proteggere il pianeta e garantire la prosperità per tutti entro il 2030. L’Italia ha adottato la propria Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS) nel dicembre 2017, integrando gli SDGs nelle politiche nazionali. 182 183 CORSO DI EDUCAZIONE FINANZIARIA Prospettive future Guardando al futuro, il settore degli investimenti sostenibili è destinato a crescere ulteriormente. L’adesione di normative sempre più stringenti, come il Green DeaEuropeo, e la crescente domanda da parte degli investitori istituzionale e privati, suggeriscono che gli investimenti ESG diveneranno la norma piuttosto che l’eccezione. Si prevede che, entro il 2025, la finanza sostenibile diventerà una parte integrante della gestione patrimoniale e della consulenza finanziaria, contribuendo a creare un’economia globale più equa e sostenibile. Lucio Lamberti, docente universitario, consulente ed economista, Wealth Advisor presso il gruppo Fideuram, membro di comitati economici di enti ed istituzioni benefiche. Si è laureato a Pisa alla Scuola Superiore Sant’Anna ed ha circa quarant’anni di esperienza nei mercati finanziari. Ha ricoperto posizioni di responsabilità come dirigente finanziario in importanti istituti bancari sia in Italia che all’estero. Con esperienze significative in Lussemburgo, Londra e Città del Vaticano. È coinvolto in temi di sostenibilità e finanza etica, ricoprendo incarichi di consulenza per enti religiosi e società del terzo settore. Iscritto all’albo dei giornalisti. Da oltre vent’anni insegna in corsi di formazione per gli economi promossi con il patrocinio dell’Università Pontificia Lateranense.

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