1° seminario
Roma-Sassone 6-8 novembre 2009
Educare ed evangelizzarenei contesti della Scuola e dellaFormazione Professionale
La pubblicazione raccoglie il programma e gli interventi del seminario “Educareed evangelizzare nei contesti della Scuola e della Formazione Professionale”svolto a Roma-Sassone (6-8 novembre 2009).
Tipolitografia Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma
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Finito di stampare: ottobre 2011
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Sommario
Presentazione del seminarioEducare ed evangelizzare nei contesti della Scuola e della FP salesiana(Don Mario Tonini)................................................................................................ 5
Programmazione dei tre seminari .............................................................................. 9
1° SEMINARIO:Educare ed evangelizzare nei contesti della Scuola e della Formazione Professionale
Programma delle giornate................................................................................... 11
1° GIORNATAVenerdì 6 novembre 2009
1ª Relazione: L’urgenza di evangelizzare nei contesti della Scuola e dellaFormazione Professionale salesiana (Don Pier Fausto Frisoli)...................... 171° Panel: Itinerari di educazione alla fede elaborati ed in atto– Scuola: Itinerari di educazione alla fede in atto (Don Enrico Stasi) ...... 29– CFP: L’educazione alla fede nei CFP (Don Mariano Diotto) ................ 33
2° GIORNATASabato 7 novembre 2009
2ª Relazione: La mente, il cuore e le mani del catechista. Il ruolo del coordinatore pastorale (catechista) all’interno della comunità educativopastorale (Don Rossano Sala) .......................................................................... 532° Panel: IRC e formazione religiosa nei CFP– Scuola: L’IRC nella scuola salesiana (Don Antonio Mariano)............... 67– CFP: IRC e formazione religiosa nel CFP (Piero Quinci) ..................... 753° Panel: Proposte esplicitamente educative ed evangelizzatrici– Scuola: Evangelizzare nella scuola. (Don Pasquale D’Angelo e coll.).. 89– CFP: Educare ed evangelizzare nei contesti della Scuola e della Formazione Professionale (Don Giorgio Zazza) .................................... 95
4° Panel: Valenza educativa delle discipline scolastiche e della cultura del lavoro– Scuola: valenza educativa delle discipline scolastiche(Don Leonardo Mancini) ........................................................................ 101– CFP: Educare ed evangelizzare attraverso la Formazione Professionale e il lavoro (Cristina Ballario) ................................................................. 107
3° GIORNATADomenica 8 novembre 2009
Conclusioni: L’urgenza di evangelizzare nella scuola e nella Formazione Professionale (Don Pier Fausto Frisoli).......................................................... 113
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Il “benvenuto” e il “grazie” a tutti voi che avete accettato l’invito per questoseminario. L’idea del seminario è contenuta nel Progetto di Animazione e Governo delRettor Maggiore e del suo Consiglio per il sessennio 2008-2014; detto in altreparole, questa iniziativa è stata progettata dalla Congregazione Salesiana.Nel presentare questo progetto, il Rettor Maggiore scrive: “… oggi, più cheieri, l’evangelizzazione, l’educazione, la formazione, il governo richiedono unamentalità progettuale, per superare il rischio non immaginario della frammenta-zione della nostra attività, e chiarezza di progetto per definire bene le aree da pri-vilegiare, il traguardo da raggiungere, i processi da attivare e gli interventi da at-tuare” (Atti del Consiglio Generale, n. 402, p. 10). Le “priorità” della Congregazione per il sessennio 2008-2014 sono state indi-cate dal Capitolo Generale 26°: 1. Ritorno a don Bosco per ripartire da lui; 2. Urgenza di evangelizzare e di convocare; 3. Semplicità di vita e nuove frontiere. Questo seminario è uno degli interventi programmati per la Regione SalesianaItalia e Medio Oriente e si colloca all’interno della priorità: “Urgenza di evange-lizzare e di convocare”. Nel testo citato, alla sezione “Applicazione del progetto nelle singole Re-gioni” si legge ancora: Il CNOS/Scuola e il CNOS-FAP nazionali promuovono un incontro residen-ziale per i coordinatori pastorali (catechisti) delle scuole e dei Centri di Forma-zione Professionale, con cadenza biennale.Gli obiettivi che si prefiggono sono: a) permettere lo scambio delle esperienze; b) consolidare – nel mutuo confronto – gli itinerari di educazione alla fede in atto;c) assicurare la formazione per il compito affidato.
Presentazione del seminarioEducare ed evangelizzare nei contestidella FP salesianaDon Mario Tonini1
1 Presidente Nazionale CNOS/Scuola e CNOS-FAP.
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A tal fine ci si potrà avvalere del contributo del Servizio nazionale di Pasto-rale giovanile. Durante l’anno, sono previste forme di accompagnamento e di co-municazione stabili.
Ho voluto intenzionalmente riportare alcuni passaggi del Progetto di Anima-zione e Governo del Rettor Maggiore e del suo Consiglio per il sessennio 2008-2014 per affermare che l’impostazione dei tre seminari programmati – questo è ilprimo, gli altri due si svolgeranno dal 4 al 6 novembre 2011 (tema: necessità diconvocare nei contesti della Scuola e della FP salesiana) e dall’8 al 10 novembre2013 (tema: Le nuove frontiere nei contesti della Scuola e della FP salesiana) – ègià tracciata. Oggi non incontrerete illustri relatori esterni o esperti della materia individuatifuori dal mondo salesiano, ma, salesiani impegnati nell’educazione e nell’evange-lizzazione con ruoli diversi. Negli obiettivi suddetti, ciascuno potrà ritrovare i principali aspetti fondativi eorganizzativi di questo seminario. Infatti – vi abbiamo invitati a portare la documentazione che viene prodotta nelle Ispet-torie e nelle case per “permettere lo scambio delle esperienze”; – abbiamo centrato il seminario, oltre che su due relazioni fondative, su nume-rosi “panel” (che nel linguaggio tecnico vuol dire “riunione di esperti che esa-minano un problema specifico) per “consolidare – nel mutuo confronto – gliitinerari di educazione alla fede in atto; – abbiamo previsto tempi di confronto tra ispettorie e tempi assembleari per pro-gettare la formazione necessaria per svolgere il compito affidato. In sintesi, questo primo seminario intende – mettere a fuoco gli elementi fondativi della evangelizzazione e dell’educazioneda realizzare nel mondo della Scuola e della Formazione Professionale sale-siana; – leggere le esperienze in atto per evidenziarne punti di forza e criticità; – progettare il cammino di questo sessennio per superare o contrastare l’even-tuale “frammentazione” denunciata dal Capitolo Generale e potenziare la ne-cessaria “mentalità progettuale” nel campo dell’evangelizzazione e dell’edu-cazione. Prima di concludere, vorrei richiamare ancora la vostra attenzione su unaspetto. Il tema di questo seminario si declina bene con un’altra priorità, indicata dallaCongregazione, per i salesiani d’Europa: la scelta prioritaria – da parte della Con-gregazione – della presenza salesiana nella Scuola e nella Formazione Profes-sionale in Europa. L’Associazione CNOS/Scuola e la Federazione CNOS-FAP non potevano non
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dare rilievo a questa ulteriore priorità: per questo, hanno programmato un incontrocon il Rettor Maggiore, il 20 aprile 2010, organizzandolo in una specifica giornatadi studio. Dal programma, ormai quasi definito e messo in cartella, i partecipanti po-tranno notare come la Congregazione Salesiana, attraverso l’intervento del RettorMaggiore e della Chiesa in Italia, attraverso l’intervento di s.e. mons. MarianoCrociata, Segretario generale della CEI, si pronunceranno sull’impegno educativoa favore dei giovani, avendone tutti rilevato lo stato di emergenza. Noi confidiamo che, al di là degli sviluppi che il “Progetto” potrà avere nelleIspettorie Salesiane in Europa, anche con questa iniziativa, per la quale caldeg-giamo la partecipazione, la Federazione CNOS-FAP e l’AssociazioneCNOS/Scuola possano offrire il proprio contributo nell’individuare aspetti specificidella natura, degli obiettivi e delle strategie della presenza salesiana in Italia nel si-stema della Scuola e della Formazione Professionale, per continuare il progettoeducativo di don Bosco a favore dei giovani, specialmente i più poveri, nelle rispet-tive comunità salesiane. Penso, a questo punto, di aver motivato il seminario e illustrato l’organizza-zione. Rinnovo il “benvenuto” e il “grazie” ai partecipanti e a coloro che si sono im-pegnati anche nell’organizzazione e nell’accoglienza, con la guida di don GennaroComite. A tutti dico “grazie” per la partecipazione e “auguri” di un buon lavoro.
Don Mario Tonini
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Regione Italia e Medio Oriente - Ispettorie della Regione - CNOS/Scuola e CNOS-FAP
organizzano il seminarioEDUCARE ED EVANGELIZZARE NEI CONTESTI DELLA SCUOLA E DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALERoma – Sassone 6-8 novembre 2009
Dalle indicazioni del progetto di animazione e governo del Rettor Maggiore e delsuo Consiglio per il sessennio 2008-2014:
il CNOS/Scuola e il CNOS-FAP nazionali promuovono un incontro residenziale peri coordinatori pastorali (catechisti) delle scuole e dei Centri di Formazione Profes-sionale, con cadenza biennale.Gli obiettivi che si prefiggono sono:– permettere lo scambio delle esperienze;– consolidare – nel mutuo confronto – gli itinerari di educazione alla fede in atto;– assicurare la formazione per il compito affidato.
PROGRAMMAZIONE DEI TRE SEMINARI
1° SeminarioEducare ed evangelizzare nei contesti della Scuola e della FP salesiana6-8 novembre 2009 – Roma-Sassone
2° SeminarioLa necessità di convocare nei contesti della Scuola e della FP salesiana4-6 novembre 2011 – Roma-Pisana
3° SeminarioLe nuove frontiere nei contesti della Scuola e della FP salesiana8-10 novembre 2013 – Roma-Pisana
Programmazione dei tre seminari
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PROGRAMMA DELLE GIORNATE
• Venerdì 6 novembre 2009
ore 15,00 Accoglienza
ore 15,30 Presentazione del seminario
ore 15,45 1° Relazione: L’urgenza di evangelizzare nei contesti della Scuola e della Formazione Professionale Salesiana (Don Pier Fausto Frisoli)Dialogo in assemblea
ore 18,00 1° Panel:Itinerari di educazione alla fede elaborati ed in atto(Scuola: Don Enrico Stasi - CFP: Don Mariano Diotto)Dialogo in assembleaVespri
ore 20,00 CenaApertura e visita agli stand ispettoriali allestiti
• Sabato 7 novembre 2009
ore 07,30 Santa Messa
1° seminarioEducare ed evangelizzare nei contestidella FP salesiana
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ore 09,00 2° Relazione:La mente, il cuore e le mani del catechista. Il ruolo del coordinatore pastorale (catechista) all’interno della comunità educativo pastorale (Don Rossano Sala)Dialogo in assembleaCoffee break
ore 11,30 2° Panel:IRC e formazione religiosa nel CFP(Scuola: Don Anotonio Mariano - CFP: Piero Quinci)Dialogo in assemblea
ore 13,00 Pranzo
ore 15,30 3° Panel:Proposte esplicitamente educative ed evangelizzatrici(Scuola: Don Pasquale D’Angelo - CFP: Don Giorgio Zazza)Dialogo in assembleaCoffee break
ore 18,00 4° Panel:Valenza educativa delle discipline scolastiche e della cultura del lavoro(Scuola: Don Leonardo Mancini - CFP: Cristina Ballario)
• Domenica 8 novembre 2009
ore 07,30 Santa Messa
ore 09,00 Incontro per Ispettorie:Quali strategie per promuovere l’urgenza di evangelizzare nelle Scuole e nei CFP dell’IspettoriaLavori di gruppo (i gruppi sono coordinati dai Delegati ispettoriali della PG)Coffee break
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ore 11,00 Incontro in Assemblea:Quali strategie per mantenere i contatti tra i catechisti delle Scuole e CFP della Regione Italia e Medio Oriente. Capitalizzare le esperienze, scambiare materiali, attivare sinergieDialogo in assembleaConclusioni: L’urgenza di evangelizzare nella scuola e nella Formazione Professionale (Don Pier Fausto Frisoli)
ore 13,00 Pranzo
ore 14,00 Partenze
1a Relazione: L’urgenza di evangelizzare neicontesti della Scuola e dellaFormazione Professionale salesiana(don Pier Fausto Frisoli)
1° Panel: Itinerari di educazione alla fedeelaborati ed in atto• Scuola: Itinerari di educazione allafede in atto(don Enrico Stasi)• CFP: L’educazione alla fede nei CFP(don Mariano Diotto)
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INTRODUZIONE
Ringrazio di cuore l’Ispettore delegato CISI, don Eugenio Riva, il Presidentedel CNOS/Scuola e del CNOS-FAP, don Mario Tonini ed i membri del Comitatoesecutivo nazionale per questo invito. La preparazione del presente contributo miha fatto ripensare agli anni di impegno personale nella scuola ed ai numerosi con-tatti con il mondo della Formazione Professionale; ma è stata anche un’occasionepreziosa per prendere nuovamente tra le mani i preziosi contributi elaborati daglianni ’80 in avanti dal CNOS/Scuola in Italia e dal Dicastero per la Pastorale giova-nile. Il pensiero grato va a don Bruno Bordignon, don Pierino De Giorgi, donGiorgio Rossi e molti altri confratelli dell’Università Pontificia Salesiana, per ilprimo ambito, e agli indimenticabili don Juan Vecchi, don Antonio Domenech, peril secondo.Il mio, dunque, è un lavoro di sintesi, perché gli elementi fondamentali dellaquestione sono stati già posti. Basti pensare alla sintesi contenuta nel Quadro di ri-ferimento fondamentale elaborato dal Dicastero per la Pastorale giovanile. Eppureci rendiamo conto che occorre riprendere, chiarire, approfondire e soprattutto con-venire e provare. La relazione è articolata sulle singole parti del titolo nella prima sezione, edoffre – nella seconda – un contributo a carattere operativo.
PARTE PRIMAL’URGENZA, L’EVANGELIZZAZIONE, IL CONTESTO
1.1. Perché è urgente evangelizzare?L’emergenza è una situazione di crisi grave, che rischia di produrre danni vi-stosi ed irreversibili e che richiede un intervento urgente ed adeguato. Che cosarende oggi l’educazione un’emergenza?
L’urgenza di evangelizzare nel contestodella Scuola e della Formazione ProfessionaleDon Pier Fausto Frisoli1
1 Consigliere Regionale: Italia, Medio Oriente, Albania.
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a) Il malessere dei giovani“I giovani, anche se non sempre ne sono consci, stanno male. E non per le so-lite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante,il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pen-sieri, cancella prospettive ed orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passionirendendole esangui” (Galimberti, 11).La fenomenologia di tale malessere nel mondo occidentale è fin troppo nota:dal disinteresse per la scuola all’analfabetismo emotivo, dalla pubblicizzazione del-l’intimità alla seduzione della droga, dai gesti estremi quali omicidi e suicidi aigesti insensati, dalla violenza cieca alla ricerca delle esperienze estreme, dalla in-genua convinzione della reversibilità di ogni scelta (e dunque della onnipotenzadell’io) alla soggettivizzazione del bene e del male.b) Il malessere degli educatoriEducare non è mai stato facile, ma sono troppi e troppo evidenti i segnali di in-successo dell’azione educativa. La famiglia, la scuola ed ogni altra istituzione chesi prefigge scopi educativi sono in difficoltà nel trasmettere i valori-base dell’esi-stenza e di un retto comportamento alle nuove generazioni . “Si diffonde facilmentetra i genitori come tra gli insegnanti, la tentazione di rinunciare al proprio compito,e prima ancora il rischio di non comprendere più quale sia il proprio ruolo e la pro-pria missione” (Benedetto XVI, CEI).c) La radice del malessereLe difficoltà crescenti nell’azione educativa non si spiegano, però, soltanto conle responsabilità soggettive degli adulti o dei giovani, che pur esistono e non de-vono essere nascoste. C’è qualcosa di più profondo e nascosto. Seguiamo l’acuta analisi di Benedetto XVI: “Possiamo aggiungere che si trattadi un’emergenza inevitabile: in una società e in una cultura che troppo spesso fannodel relativismo il proprio credo – il relativismo è diventato una sorta di dogma – inuna simile società viene a mancare la luce della verità, anzi si considera pericolosoparlare di verità, lo si considera ‘autoritario’, e si finisce per dubitare della bontàdella vita – è bene essere uomo? È bene vivere? – e della validità dei rapporti edegli impegni che costituiscono la vita. Come sarebbe possibile, allora, proporre aipiù giovani e trasmettere di generazione in generazione qualcosa di valido e dicerto, delle regole di vita, un autentico significato e convincenti obiettivi per l’u-mana esistenza, sia come persone sia come comunità?” (Benedetto XVI, DiocesiRoma). Siamo di fronte, dunque, non soltanto alla constatazione della scarsa pra-tica religiosa dei giovani, ma ad una formidabile sfida culturale nella quale la man-canza di riferimenti sembra essere l’unica certezza.
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1.2. EvangelizzareQueste fondamentali ragioni esterne richiedono una coraggiosa ed inevitabileverifica interna. Riusciamo ad evangelizzare nella scuola e nella Formazione Pro-fessionale? Abbiamo dei criteri per individuarne la riuscita? Comprendo che non èfacile dare una risposta, ma cerchiamo almeno di cogliere il senso della domanda.In genere le risposte si concentrano sul versante della proposta (l’output), sul se-gnale di uscita, sulle iniziative e proposte che noi facciamo. Siamo meno portati avalutare la riuscita (l’outcome), gli effetti. È vero che “educare è seminare” e che itempi della crescita non sono preordinabili, meno ancora lo sono quelli della matu-razione della fede. È però indispensabile accordarci su dove vogliamo arrivare, sudove punta il nostro sforzo, su cosa intendiamo propriamente per “evangelizzare”.Proviamo ad individuare la meta finale che può segnare l’orientamento del cam-mino, a cui non possiamo rinunciare, anche se non tutti la raggiungeranno duranteil tempo scolastico e ad opera solo della comunità educativa. Sono i parametri sucui misurare la formazione del “buon cristiano”.a) Accogliere la propria vitaSembra il dato più scontato ed ovvio, eppure quanto problematico per molti,riconoscere che la propria vita è un dono, che essa ha inestimabile valore, che diessa ciascuno è responsabile, che non può essere buttata via con superficialitàperché è l’unica che abbiamo, che il tempo della sua costruzione non è indefinito.Ritengo questo il “principio e fondamento” su cui poggia tutta la pedagogia di DonBosco: “Hai un’anima sola: salvata questa è salvato tutto; persa questa è persotutto”.b) Conoscere ed accogliere Gesù come SignoreNon basta sentire la storia di Gesù o essere istruiti nella sua dottrina. Il desi-derio confuso, ma insopprimibile, di felicità che si manifesta nel cuore di ogniuomo e del giovane in particolare, incontra tanti “signori”. È una sete. “Se tu cono-scessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: ‘Dammi da bere’!” (Gv. 4, 10). Gio-vanni Paolo II, definendo Don Bosco “maestro di spiritualità giovanile” colse per-fettamente il cuore della sua pedagogia della fede: “Il suo particolare segreto fuquello di non deludere le aspirazioni profonde dei giovani (bisogno di vita, diamore, di espansione, di gioia, di libertà, di futuro) e insieme di portarli gradual-mente e realisticamente a sperimentare che solo nella ‘vita di grazia’, cioè nell’a-micizia con Cristo, si attuano gli ideali più autentici” (Iuvenum Patris, 16). Il verboadoperato dal Papa “sperimentare” è decisivo.c) Appartenere alla ChiesaL’incontro con Gesù Cristo è quasi impossibile o risulta fugace, se non si mettein contatto con la Chiesa nelle sue dimensioni di mistero, comunione e missione ese non si aiuta a maturare un’appartenenza ad essa. La memoria, la parola, i gesti di
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salvezza di Gesù si trovano in maniera imperfetta, ma autentica e organica nella co-munità ecclesiale. Essa è la madre della nostra fede. Non è un punto facile e scon-tato in un tempo di appartenenze fugaci, funzionali e selettive. La privatizzazionedella religiosità ha offuscato il carattere indispensabile della comunità. I pregiudizidiffusi, l’amplificazione delle colpe storiche generano sospetto e distanza.d) Partecipare alla costruzione della storiaÈ l’elemento di verifica più stringente del “buon cristiano”: che diventi un “cit-tadino”, ovvero un membro attivo della città, ed un cittadino “onesto”, portatore diun forte interesse per il bene comune. Costruttore di una città, di una economia, diuna politica, di uno sviluppo “umani”, cioè a servizio dell’uomo. “La carità dà verasostanza alla relazione personale con Dio e con il prossimo; è il principio non solodelle micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche dellemacro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici” (Caritas in Veritate, 2).
Ciascuno di questi aspetti suppone predisposizioni da creare, esperienze, con-vinzioni da far maturare, abitudini da consolidare. Sono 4 ingressi da cui accedere,più che tappe su un continuum lineare segnato da un prima e un dopo. Sono ele-menti inseparabili del volto del cristiano, fortemente interdipendenti l’uno dal-l’altro, tutti necessari per l’educazione della fede germinale, posta come “piccoloseme” nel cuore di tanti giovani che non hanno mai assunto la consapevolezza ditale dono ricevuto: “Se tu conoscessi il dono di Dio!” (Gv 4,10).
1.3. Il contesto della Scuola e della Formazione ProfessionaleÈ evidente che il contesto in cui si compie l’evangelizzazione è diverso daquello di un oratorio, di una parrocchia, di un gruppo di impegno ecclesiale. Sonodiversi i destinatari, gli strumenti, i contenuti, i tempi, le modalità. La situazione èoggettivamente molto più complessa. La domanda delle famiglie che bussano alleporte dei nostri istituti non sembra essere orientata in modo massiccio ed esplicitoverso una richiesta di un’evangelizzazione dei loro figli. Nella medesima classe o laboratorio si trovano giovani molto diversi, indiffe-renti o estranei al mondo religioso, nei quali il problema della fede e del senso dellavita sembrano irrilevanti e per i quali lo stesso linguaggio religioso appare slegatodalla realtà; giovani disponibili a un ascolto e a una esperienza, ma non preoccupatidi una conoscenza organica del mistero cristiano e meno ancora di una coerenza divita con gli insegnamenti evangelici; giovani di una certa pratica religiosa per iquali la fede non va oltre il privato; giovani motivati e disponibili che potremmo ri-schiare di livellarli verso il basso con offerte inferiori al loro desiderio e capacità;ed infine giovani “singolari”, particolarmente ricchi spiritualmente. La segmenta-zione potrebbe essere ancora più precisa, ma dietro ciascuno di questi gruppi è fa-cile individuare l’influsso decisivo del contesto familiare, le esperienze pregressedi contatto con le comunità di credenti, la situazione personale di vita.
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Non trovo pagina più lucida per descrivere la peculiarità di tale contesto diquella scritta da Don Vecchi, in un suo intervento del 1983 dal titolo “Scuola sale-siana ambiente di evangelizzazione”. Cito quasi integralmente. “I temi cruciali della scuola cattolica sono essenzialmente tre: il primo è laCULTURA. La scuola cattolica si presenta in effetti come luogo di crescita umanamediante l’assimilazione sistematica e critica della cultura (cfr. SC 26).Il secondo tema di crocevia è la EVANGELIZZAZIONE. Cosciente del fattoche l’uomo storico è quello salvato da Cristo, la scuola cattolica tende a formare ilcristiano nelle virtù che lo configurano a Cristo suo modello e gli permettono di col-laborare finalmente alla edificazione del regno di Dio.Il terzo è la PROFESSIONALITÀ, cioè la capacità pedagogica, il livello di ri-flessione e di efficienza nella elaborazione di un sapere e nell’arte educativa. Si af-ferma di fatti che se non è scuola, cioè luogo e ambiente specializzato in educazione,non può essere neanche cattolica (cfr. SC 3 e 25). Queste tre istanze e le conse-guenze che da esse derivano si richiamano e si implicano mutuamente.Non si può parlare del valore educativo della scuola senza porre sul tappeto icontenuti culturali che si offrono e il metodo didattico che si usa, e neanche se non sipone sulla bilancia la visione di fede a cui si ispira e la carica evangelica dei valoriche propone.D’altra parte, non si può approfondire il problema della cultura nella scuolacattolica, senza riferirci costantemente alla sua evangelizzazione e senza chiamare incausa la capacità professionale degli educatori, mediatori della duplice sintesi tracultura e vangelo, fede e vita.Infine, l’evangelizzazione e l’azione pastorale nella scuola con i suoi itinerari epossibilità, comporta l’analisi della cultura che si imparte e la qualità educativa dellepersone, dell’ambiente e dei programmi. Collocare elementi religiosi, lezioni di reli-gione e preghiere del mattino, in scuole in cui la cultura che si offre rimane impre-gnata (in forme se si vuole subconscie e implicite), di tendenze al possesso, di sti-moli alla sistemazione individuale, di apologia di coloro che si impongono con laforza, di mancanza di senso etico, è come buttare acqua benedetta su un arsenale otracciare un segno di croce su un night.In tal maniera i tre aspetti (cultura, capacità educativa, evangelizzazione), seb-bene formalmente diversi, si fondono ed esigono di essere trattati come unità, senzadivisioni, senza confusioni, senza giustapposizioni”.Come realizzare, coniugare assieme questi tre aspetti non è compito facile néscontato. Appare subito evidente l’inefficacia della soluzione che demanda il com-pito dell’evangelizzazione nella scuola e nella Formazione Professionale a una per-sona incaricata di ciò (il catechista), a materie, attività, tempi curriculari od extra-curricolari, obbligatorie od opzionali. Non è infrequente che, posta la domanda sucome una scuola od un CFP sta evangelizzando, ci si senta rispondere con unelenco più o meno lungo di attività: il “buon giorno”, ritiri periodici, esercizi spiri-tuali, gruppi pomeridiani di impegno, campi estivi, ora di religione, incontri di pre-ghiera, cenacoli della Parola, pellegrinaggi, ecc.Questo è certamente valido, ma ritengo che una scuola ed un centro di Forma-
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zione Professionale siano luogo di evangelizzazione per la loro stessa natura e nelpieno rispetto delle loro finalità. Si evangelizza nella scuola, a partire dalla scuola,(nel rispetto del suo ambiente specifico di comunità educativa, del sapere formaliz-zato in discipline, delle metodologie didattiche sue proprie) e non accanto allascuola o al CFP, in tempi successivi alla scuola, o con metodologie ed obiettivi di-versi da quelli di una scuola o di un CFP.A me sembra che la scuola ed il centro di Formazione Professionale salesianopossano evangelizzare percorrendo tre vie complementari e fortemente interdipen-denti: la cura dell’ambiente, la valorizzazione della cultura, le proposte esplicite dieducazione della fede. Passiamo dunque alla parte propositiva.
PARTE SECONDACOME EVANGELIZZARE NELLA SCUOLA E NELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE
2.1. Intro-ducere ovvero la rilevanza dell’AMBIENTEa) La vita degli adulti e la qualità delle relazioni nella Comunità EducativaFranco Giulio Brambilla osserva acutamente che il primo momento della tra-smissione della fede è sempre un momento iniziatico, attraverso il quale si vienecondotti dentro, intro-dotti alla vita cristiana «attraverso la vita e l’esperienza diuna comunità credente, le figure che la popolano, i gesti che scandiscono i suoiritmi, le avventure che essa mette in campo, i sogni che coltiva, l’immagine cheproduce, lo splendore della vita cristiana che ciascuno di noi rappresenta. Il mo-mento “iniziatico” della fede è la prima e fondamentale forma della trasmissione eil clima spirituale, nel quale un ragazzo, un adolescente e un giovane cresce respi-rando la visione cristiana, come ‘sguardo sulla vita’, ‘forma dell’esistenza’» (F.BRAMBILLA, Il ritorno dell’educare tra Vangelo e cultura, in Quaderni Fidae,Roma, 2008, pp. 47-61, ivi p. 49).Non è indifferente, anzi è decisiva, la vita e la fede degli adulti (docenti, reli-giosi, personale non docente) con i quali un ragazzo o giovane entra a contatto, var-cando la soglia della scuola o del centro di Formazione Professionale. Essi sonouna comunità credente, anzi sempre più spesso l’unica comunità credente con cui ilgiovane viene in contatto dopo gli anni della fanciullezza. Altrettanto decisiva è la qualità delle relazioni. Una scuola e un CFP sono unarete fitta di relazioni: religiosi-religiosi, religiosi-laici, personale direttivo-docenti,docenti-docenti, personale non docente-docenti, docenti-allievi, allievi-allievi, do-centi-famiglie, ecc. È evidente che tali relazioni possono essere ispirate alla acco-glienza reciproca, al rispetto, all’ascolto, alla sintonia, alla collaborazione, al sensodi responsabilità e, dunque, evangeliche, o tendersi, raffreddarsi, rompersi, in unareciproca estraneità e divenire, dunque, antievangeliche, a dispetto dell’intitola-zione della scuola e della abbondanza di simboli religiosi in essa presenti.
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Il “contesto vitale” costituisce, dunque, da se stesso, una proclamazione o unasmentita dei valori cristiani dichiarati o celebrati. La crisi dell’oratorio di Valdocco,segnalata nella famosa lettera-sogno di Don Bosco nel maggio 1884, era fonda-mentalmente crisi degli educatori e delle relazioni. La strada della costruzione di una comunità educativa vera e non solo dichia-rata resta una via obbligata. “Essa coinvolge – cito dalle nostre Costituzioni – inclima di famiglia, giovani e adulti, genitori ed educatori, fino a poter diventareun’esperienza di Chiesa, rivelatrice del disegno di Dio”. Un insieme di significaticondivisi e di obiettivi comuni ed il coinvolgimento attivo di tutti i protagonisti delprocesso educativo (religiosi, laici, genitori, allievi) è già un ambiente fecondo dievangelizzazione, buona notizia vissuta.Ci sono indicatori che possono permettere di valutare il buon funzionamento diuna comunità educativa? Mi sembra possano essere tre: la partecipazione, la pre-senza di un nucleo animatore, la formazione continua. Il livello di partecipazione diuna comunità si misura dalla estensione, vale a dire quanti partecipano; dalla pro-fondità, cioè a quali questioni si partecipa, dallo stile aperto all’accoglienza di tuttele istanze e proposte ma sostanzialmente convergente, dalla accessibilità delle rela-zioni che permettano l’incontro delle persone e lo scambio delle idee.La presenza del nucleo animatore fa riferimento ad un nucleo che non è unvertice che emana ordini, ma un centro propulsore di energia e di sensibilità, cheprovoca la riflessione, rafforza il senso della identità salesiana nella comunità edu-cativa, testimonia una storia.La formazione continua garantisce la capacità di saper leggere le sfide educa-tive e culturali, di elaborare proposte. Dal punto di vista cristiano, la formazionepermanente tende a portare a maturazione la fede degli educatori, in modo chenella sintesi che essi presentano, i giovani vedano, se non un modello, almeno unsegno di orientamento.Alla domanda su come una comunità educativa pastorale salesiana può edu-care i giovani alla fede, viene in mente una prima indicazione: rendendosi consape-vole di quello che è e cercando di diventarlo sempre di più.La comunità educativa-pastorale diventa, dunque, un vero “soggetto eccle-siale”, certamente diverso da quello di una comunità parrocchiale o di un movi-mento ecclesiale. La differenza non consiste soltanto nel lavoro professionale checompie, ma nella modalità singolare con cui evangelizza. Essa si configura sempredi più come comunità “missionaria”. Collocata in uno degli aeropaghi moderni, ri-sulta quasi una frontiera “ad gentes”. Secondo i casi “deve ricominciare dal fonda-mento, dare risposte alle domande che salgono dallo spirito inquieto e critico deigiovani, abbattere il muro dell’indifferenza, integrare quello che i giovani hannogià assimilato: aiutare quelli già educati a raggiungere una via migliore e dare lorouna scienza alleata della sapienza cristiana” (La dimensione religiosa dell’educa-zione nella Scuola Cattolica, n. 23).
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b) Un ambiente “bello”“Mettiti immediatamente a far loro un’istruzione sulla bruttezza del peccato esulla preziosità della virtù”. Se il male è intrinsecamente brutto ed abbrutisce, lavirtù è anzitutto “bella”. L’ambiente è educativo e, come tale, apre alla dimensionedella fede, se è “bello”in senso pieno, cioè ricco, propositivo, costruttivo, gioioso.Le persone, gli spazi, le iniziative, le proposte, gli ambienti devono essere “belli”per poter parlare della Bellezza.Don Bosco non ha mai concepito in termini antagonistici la serietà dell’am-biente, il senso del dovere, il rispetto delle regole e la gioia, l’allegria, la sponta-neità. Li vede anzi, interdipendenti: “Si dia ampia libertà di saltare, correre, schia-mazzare a piacimento. La ginnastica, la musica, la declamazione, il teatrino, le pas-seggiate sono mezzi efficacissimi per ottenere la disciplina e giovare alla moralitàed alla sanità”. In tre righe c’è una piccola “summa” della sua visione di crescitaintegrale del ragazzo. Nella Lettera da Roma, egli descrive un ambiente “bello” «Era una scena tuttavita, tutta moto, tutta allegria … Si cantava, si rideva da tutte le parti … Si vedevache tra i giovani e i Superiori regnava la più grande cordialità e confidenza». Non sono poche le notazioni sugli effetti di tale clima nell’apertura del cuorealla fede. “Quante conversioni non cagionarono alcune sue parole fatte risuonareall’improvviso all’orecchio di un giovane, mentre si divertiva. Chi sa di essereamato, ama, e chi è amato ottiene tutto, specialmente dai giovani”. Ecco l’ambienteeducativo ideale per Don Bosco: pieno di vita, di relazioni cordiali, di proposte sumisura dei giovani, di intensa promozione del loro protagonismo. Ambienti freddi,ordinati ma formali, nei quali i giovani sono utenti di un servizio scolastico o pro-fessionale e non sono conosciuti al di là del loro rendimento; dove gli educatorisono professionisti competenti, ma distanti dalla vita degli allievi; e dove i giovaninon hanno spazi e modi per esprimere se stessi e sentirsi di casa: in tali ambienticredo sia difficile che si possa attuare una vera ed efficace evangelizzazione.Ho indicato, dunque, due modalità, attraverso le quali l’ambiente della scuolae della Formazione Professionale diventa luogo naturale di evangelizzazione, parladi Dio perché “intro-duce” in una comunità che permette di fare esperienza diChiesa, poiché fa sentire chiunque accolto ed amato. Prescindere da esse, ritenereche l’ambiente sia ininfluente, mi sembra ponga la premessa per rendere settoriale,parziale e forse insignificante una proposta di fede, anche se ben confezionata.
2.2. E-ducere, ovvero la valorizzazione della CULTURANel campo scolastico la e-ducazione non comporta solo il momento pedago-gico, cioè “condurre fuori, partire dalle domande, dai desideri, dagli affetti, e anchedagli sbagli che l’adolescente giovane porta dentro”. Essa comporta anche la capa-cità di trarre fuori dall’esperienza umana, codificata nel sapere e nella cultura dellavoro, e dal lavoro, significati e orientamenti per la vita dei giovani.
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Le discipline scolastiche non sono la traduzione in sessantaquattresimo dellacorrispondente scienza universitaria. Né il lavoro è apprendistato di abilità manuali.Esse non sono orientate al progresso della scienza e della tecnica, ma alla promo-zione della crescita di una persona che è il giovane.Propriamente non si entra in classe per svolgere dei programmi o insegnareuna materia, ma per incontrare dei giovani a partire dai significati vitali di una di-sciplina.A questo riguardo, l’apporto della scuola e della Formazione Professionale,con i loro specifici processi e contenuti è decisivo. Prima di procedere in questa di-rezione, ritengo occorra sgombrare coraggiosamente il campo da due visioni ser-peggianti qua e là, da cui liberarsi senza rimpianti.La prima è l’ipertrofia della valutazione ed in particolare della valutazione fi-nale che orienta gli obiettivi – di fatto – sul successo personale. La seconda visione distorta è quella della parcellizzazione del sapere con laconseguente perdita della visione d’insieme e di un obiettivo comune alto. Le disci-pline si chiudono in se stesse, si solidificano, diventano “materie”, monadi, cia-scuna con i suoi obiettivi, o meglio, con i suoi “programmi”, simili a spartiti. Sonoconsapevole di calcare un po’ la mano e che non dappertutto è più così, eppure talevisione è difesa in modo formidabile dalla struttura ferrea dell’orario settimanaledelle lezioni e dalla scansione oraria delle materie.C’è molto da fare per innovare strutture e prassi acquisite e liberare energie.L’autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, di sperimentazione e sviluppo nonsolo è concessa, ma raccomandata e promossa, ancor più in una scuola paritaria, acui è riconosciuta a pieno titolo l’elaborazione di un proprio progetto educativo.Fatte queste precisazioni necessarie, torniamo a riflettere sulla cultura che unascuola o un centro di Formazione Professionale trasmettono. Essa non può essere lasomma dei “programmi” delle singole discipline, un esito non progettato e non pre-visto, lasciato alla sintesi personale dell’allievo. Richiede, invece, uno sforzo inten-zionale e collegiale, che si concentri attorno ad una visione condivisa dell’uomo,del mondo e di Dio. È questa la forza e la ragione stessa dell’esistenza di unascuola di tendenza – quali sono la scuola o il CFP salesiano – nella quale i docenti,le famiglie, gli allievi, almeno complessivamente, sono orientati verso i valori co-muni a cui essa si ispira. Le conseguenze sono molteplici. Ne indico solo alcune,quali la scelta attenta dei libri di testo, la selezione dei contenuti essenziali finaliz-zati in modo esplicito alla formazione, l’intenso lavoro interdisciplinare su obiettivicomuni, la valorizzazione della ricerca, l’opzione per metodologie didattiche coo-perative piuttosto che competitive ed individualistiche, una coraggiosa revisionedegli strumenti e dei criteri di valutazione.Le discipline ed il sapere che esse trasmettono non sono mai neutre, “che sivoglia o no, che ci piaccia o meno, ciò significa sempre trasmettere anche un’inter-pretazione del mondo e di sé” (Brambilla, 56). La pretesa “avalutativa” del saperescientifico “che può essere acquisito e trasmesso senza riferimento alle questioni
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ultime, al senso etico e religioso della vita” è illusoria. “Il sapere scientifico, siaquello delle scienze naturali, sia quello delle scienze storiche, è concepito come unsapere dei fatti, a prescindere dai significati, e soprattutto dagli apprezzamenti divalore, che vengono confinati nell’ambito della coscienza privata. Certamente il sa-pere scientifico così inteso ha una sua relativa pertinenza come sapere ‘positivo’.Ma questo sapere non produce consapevolezza di sé, se non nella crescita di unacoscienza, non solo di una scienza, di un sapere che non solo informa, ma ancheforma, di un sapere non solo strumentale, ma che concorre alla crescita dell’identitàpersonale” (Brambilla, ibid.).Alla luce di queste considerazioni, ci siamo accorti come la scuola possiedeuno strumento formidabile suo proprio di evangelizzazione, quell’immenso patri-monio di cultura, esperienza, significati che l’umanità ha elaborato lungo i secolinelle diverse espressioni della sua creatività (letteratura, arte, scienza, tecnica, filo-sofia, ecc.). Esse possono ridursi a “materia” o divenire strumenti di una “sin-fonia”, restare chiuse in se stesse, o rimandare le une alle altre ed ultimamenteaprirsi al mistero ed ai significati profondi dell’esistenza.In questo quadro, l’insegnamento della Religione, lungi dall’essere una ma-teria tra le altre, diventa davvero la “cabina di regia” da cui elaborare progetti disintesi tra cultura-fede-vita.
2.3. Tra-ducere, ovvero l’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE e lePROPOSTE ESPLICITE di educazione alla fede.
Il terzo aspetto della trasmissione della fede può essere individuato nel tra-du-cere, cioè nel “trasmettere l’esperienza cristiana con i suoi codici, i suoi simboli, igesti costitutivi, le sue figure” (F. BRAMBILLA, cit., p. 51).L’insegnamento della religione, in quanto obbligatorio, viene impartito ad unuditorio pluralistico, rimane incorporato nel piano didattico ed è impostato secondole esigenze scolastiche, vale a dire con una sistematicità oggettiva ed organicità.Risponde più al modello di una “materia” che a quello catecumenale di iniziazionecristiana.La sua finalità è aprire alla comprensione dell’esperienza storica del Cristiane-simo, esperienza che ha lasciato un’orma profonda nel mondo occidentale. Non èorientata principalmente a fare tutti gli uditori cristiani, ma a far conoscere ciò incui credono e sperano i cristiani. In maniera più ampia, l’insegnamento della reli-gione orienta l’attenzione dei giovani verso le dimensioni fondamentali dell’esi-stenza umana, che si trovano nel cuore di ogni religione.In un contesto ampio costituito dall’ambiente, da una proposta culturale origi-nale ed alternativa, hanno la loro giusta collocazione le proposte esplicite di educa-zione alla fede, ampie, graduali, molteplici. Entro tale contesto ambientale e cultu-rale, l’evangelizzazione non risulta qualcosa di giustapposto, di “extra-scolastico”,di “esoterico”. In altre parole, fedeli ad una corretta visione dell’antropologia cri-
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stiana, l’evangelizzazione non viene intesa come sovrapposizione ad un umanoprecostituito, ma come condizione dell’umano, vero, pieno ed autentico.Esse fanno parte a pieno titolo del compito di tra-ducere “l’esperienza cri-stiana con i suoi codici, i suoi simboli, i gesti costitutivi, le sue figure”. L’ambienteche un giovane trova entrando in una scuola o centro di Formazione Professionalee la cultura che in essi si elabora sono molto più ampie rispetto alle proposte espli-cite di educazione della fede e le sostengono, divenendo condizioni decisive per lacredibilità e la coerenza di esse.Mi piace pensare ai “buon giorno”, alla preghiera del mattino, come al mo-mento sapienziale quotidiano, che offre la chiave di lettura della giornata e dell’at-tività culturale e formativa. Penso ai ritiri periodici, agli esercizi spirituali, alle ce-lebrazioni eucaristiche come ai momenti privilegiati di celebrazione della vita e diconfronto tra appassionata ricerca di senso degli uomini e l’auto-rivelazione di Dio.Vedo il Sacramento del perdono, il colloquio personale con l’educatore, la di-rezione spirituale con intensi momenti pedagogici di ripresa della fiducia in sestesso e di discernimento. Immagino le attività di volontariato, e nei gruppi d’im-pegno come ad un tirocinio in cui il giovane inizia a restituire quanto ha ricevuto esi abilita ad apprendere dalla vita. La frequenza ad una scuola cattolica diventa cosìnon un privilegio, ma una responsabilità.Le proposte esplicite di educazione alla fede le vedo dunque non come mo-menti isolati (extra-didattici), ma come momenti sapienziali, in un continuum coe-rente con la didattica, i contenuti culturali, le relazioni, in forte rapporto di interdi-pendenza e di arricchimento reciproco.La strutturazione di esse può essere a cerchi concentrici verso una maggiorecoinvolgimento ed approfondimento per tutti, per gruppi, per singoli. L’esperienzadella Compagnia dell’Immacolata mi sembra uno splendido esempio di integra-zione tra singoli giovani di eccezionale valore spirituale, gruppo più ampio di im-pegno, lievitazione evangelica della massa.
ConclusioneAl termine di questo appassionato, lungo percorso di riflessione, con l’intentodi dare alla scuola ed alla Formazione Professionale il compito alto non solo dellaeducazione, ma anche quello di “strumento della presenza e dell’azione” del Si-gnore, mi rendo conto che molto rimane ancora da dire. Per esempio, circa la rile-vanza dell’apporto dei genitori, l’inserimento nella Chiesa locale e nel territorio, laproposta di catechesi specifica, il rapporto con i non cristiani, l’orientamento voca-zionale, ed altri temi ancora. La proposta elaborata ha valore di sintesi che apra lariflessione più che chiuderla e susciti arricchimenti ed integrazioni. Avrebbe cosìraggiunto pienamente il suo obiettivo.
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La considerazione di fondo: la consapevolezza che il nostro “agire” pastoralenon è tanto questione di contenuti da trasmettere o cose da fare, ma una testimo-nianza da offrire, non tanto un lavoro quanto una relazione personale; non que-stione di tecnica quanto di qualità di vita personale e comunitaria alla luce del Van-gelo e del carisma di don Bosco. La nostra scuola è cattolica non per l’utenza, maper gli insegnanti, per la proposta antropologica/formativa.La metodologia: l’azione comunitaria. Le cosiddette “attività di animazione”sono solo la punta di un iceberg, la cui base è data dal nostro modo di fare scuola,dalla relazione interpersonale tra gli insegnanti e gli allievi, dalla comunione chec’è tra noi, dalla concordanza sulle scelte educative/pastorali e in ultima istanzadalla testimonianza di una comunità educante. Ogni attività o esperienza per portarfrutto deve essere preparata con cura e rivisitata e interiorizzata con attenzione,per questo è bene che le attività formative propriamente dette siano accompagnatedal coordinatore. Le attività di animazione: – Esercizi spirituali di due giorni (o ritiri di un giorno per il Biennio); – proposta sacramentaria nella quale si colga l’unità tra riconciliazione ed euca-restia da vivere in un clima di raccoglimento (per classi dove è possibile 6-7vv. l’anno) e secondo lo stile salesiano (offrire l’opportunità nella massima li-bertà); – testimonianze significative o tematiche che vanno preparate e interiorizzate. Il buon giorno: è un momento fondamentale e caratterizzante. È un tempo incui soprattutto il coordinatore può parlare alla classe e mettersi in gioco come perso-na e come credente, non solo come docente. È il coordinatore che deve fare da sin-tesi del cammino e riprendere il tema proposto nel mese e/o nell’incontro formativo. Per la preghiera: nel Biennio verrà utilizzato un semplice sussidio con le pre-ghiere tradizionali, in modo tale che i ragazzi possano impararle; nel Triennio le se-zioni avranno a disposizione dei libretti. Utilizzare il Vangelo (così la strenna: “portiamo il Vangelo ai giovani”).
1 Direttore Istituto Salesiano Valsalice di Torino.
Itinerari di educazione alla fede in attoDon Enrico Stasi1
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In teatro: martedì le prime, mercoledì le seconde, giovedì le terze, 1° venerdìle quarte e il 2° le quinte.La cura delle celebrazioni: nel silenzio, nella partecipazione e nel canto. Nell’articolazione del percorso con il termine evangelizzazione si vuole indi-care la proposta di vivere l’esistenza umana così come l’ha vissuta Gesù e si pro-pone di soffermarsi sugli ambiti scelti dal convegno ecclesiale di Verona (cittadi-nanza, tradizione, festa-lavoro, affetti e fragilità).
BIENNIO
PRIME: LE FONDAMENTA
FORMAZIONE RELIGIOSA: Sacramento della ConfessioneTEMA TRASVERSALE 09-10 interdisciplinare: Il Razzismo
Settembre-Ottobre: “Nella casa di don Bosco”– Inserimento nell’ambiente educativo del Liceo. – Proposta delle attività extracurricolari in modo speciale l’MGS (1 ora).– Preparazione alla festa del “Primino” (confessioni e canto).– Festa dell’Accoglienza e del Primino.
Novembre-Dicembre: “Vogliamo vedere Gesù - Accoglienza dell’altro e dell’Altro”– Tema del razzismo e utilizzo dei beni (mattinata al San Luigi - ripresa meseaprile)– Preparazione al Natale: confessioni e Messa
Gennaio: “La santità consiste nello stare molto allegri”– Divertimento (2 ore: Gigi Cotichella e ripresa in classe) / Festa don Bosco
Febbraio: “Beati i puri di cuore” (ambito affetti)– Educazione affettiva (2 ore: Gigi Cotichella e ripresa in classe) / Le Ceneri
Marzo: Preparazione alla Pasqua e all’ostensione della Sindone (Passio hominis Passio Christi)
Aprile: Un anno con … nella casa di don Bosco. Ritiro spirituale al Colledon Bosco
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SECONDE: APERTURA AL SERVIZIO
FORMAZIONE RELIGIOSA: La preghiera - La figura di Gesù
Settembre-Ottobre (Ambito della cittadinanza e tradizione)– Confessioni e Messa d’inizio anno– Visita al Sermig
Avvento (ambito degli affetti)– Ritiro (educazione all’amore)
Gennaio: Festa di don Bosco (ambito della festa) - Attività di prevenzionefumo e alcool
Febbraio-Marzo (ambito della fragilità)– Ritiro spirituale - Ostensione Sindone– Visita al Cottolengo
TRIENNIO
FORMAZIONE RELIGIOSA: L’Eucarestia - La Chiesa
Settembre: Accoglienza e cura dello stile educativo giusto (ambito tradi-zione/lavoro)– Rispetto e interiorizzazione delle regole e dello stile “Valsalice”– Messe o eventuali pellegrinaggi di inizio anno (per sezioni)
Ottobre-Novembre: Evangelizzare il sociale (ambito della cittadinanza)– Incontri possibili per fasce di età o per sezione: Sr. Teresa (Vincenzianeterzo anno); assessore Borgione e mediatore culturale; on. Savino Pezzotta(sindacalista) e prof. Bortolami (preside facoltà di Economia) sull’Enciclicasociale del Papa (5 anno);– Esercizi spirituali
Dicembre: Vogliamo vedere Gesù– Testimonianza di un incontro speciale con Gesù
Gennaio: “Farò a metà con te”, evangelizzazione e carisma salesiano (ambito tradizione)– Presentazione figura di don Rua e 150° della Congregazione – Giornata vocazionale salesiana/sacerdotale con i diaconi – Festa di don Bosco
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Febbraio: Evangelizzazione degli affetti (ambito affetti)– Educazione all’amore e vocazione matrimoniale - testimonianze– Esercizi spirituali/Le ceneri
Marzo: Evangelizzazione del tempo libero (ambito festa)– La cultura dello sballo e il senso del divertimento
Aprile: “Passio hominis Passio Christi” (ambito della fragilità)– La Sindone: presentazione e visita– Testimonianza dei genitori di una santa: Chiara Badano (III)
STRUMENTI– Monte ore: 30-35 ore curricolari.– Buon giorno: 10 minuti quotidiani (Lettera del Direttore, incontro in Teatrocon il Direttore per annata, Vangelo della Domenica, Coordinatore, Varie).– Due ore di Religione.
GRUPPI FORMATIVI E DI VOLONTARIATO
MGS prime: formazione del gruppo e di appartenenza ad un movimento piùgrande.MGS seconde e terze: tematiche e volontariato di gruppo, giornata comuni-taria.MGS quarte e quinte cammino di fede, settimana di comunità, Gruppi Ri-cerca ispettoriali, direzione spirituale.Seconde: avvio al volontariato (gruppi classi - qualche volta in un anno -Sermig).Terze: attività extracurricolari - In gruppo (Oratori, Cottolengo, Pensionato).Quarte-Quinte: singoli (Oratori, Pensionato, Case Famiglia).Estate: oratori (Mondo I e V) - Summer Camp a Valsalice - Lourdes (dal 4°anno).
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«L’esperienza quotidiana ci dice che educare alla fede non è un’impresa fa-cile. Oggi, in realtà, ogni opera di educazione sembra diventare sempre più arduae precaria. Si parla perciò di una grande “emergenza educativa”, della crescentedifficoltà che s’incontra nel trasmettere alle nuove generazioni i valori-base dell’e-sistenza e di un retto comportamento, difficoltà che coinvolge sia la scuola sia lafamiglia e si può dire ogni altro organismo che si prefigga scopi educativi. Pos-siamo aggiungere che si tratta di un’emergenza inevitabile: in una società e in unacultura che troppo spesso fanno del relativismo il proprio credo – il relativismo èdiventato una sorta di dogma – in una simile società viene a mancare la luce dellaverità, anzi si considera pericoloso parlare di verità, lo si considera “autoritario”,e si finisce per dubitare della bontà della vita – è bene essere uomo? È bene vi-vere? – e della validità dei rapporti e degli impegni che costituiscono la vita .[...]L’educatore autentico prende sul serio la curiosità intellettuale che esiste giànei fanciulli e con il passare degli anni assume forme più consapevoli. Sollecitato espesso confuso dalla molteplicità di informazioni e dal contrasto delle idee e delleinterpretazioni che gli vengono continuamente proposte, il giovane di oggi con-serva tuttavia dentro di sé un grande bisogno di verità: è aperto quindi a GesùCristo che, come ci ricorda Tertulliano (De virginibus velandis, I,1), “ha affermatodi essere la verità, non la consuetudine”. È nostro compito cercare di risponderealla domanda di verità ponendo senza timori la proposta della fede a confrontocon la ragione del nostro tempo. Aiuteremo così i giovani ad allargare gli orizzontidella loro intelligenza, aprendosi al mistero di Dio, nel quale si trova il senso e ladirezione dell’esistenza, e superando i condizionamenti di una razionalità che sifida soltanto di ciò che può essere oggetto di esperimento e di calcolo. È quindimolto importante sviluppare quella che abbiamo chiamato “pastorale dell’intelli-genza”. [...]Il lavoro educativo passa attraverso la libertà, ma ha anche bisogno di autore-volezza. Perciò, specialmente quando si tratta di educare alla fede, è centrale la fi-
1 Istituto Salesiano San Zeno (VR) - Istituto Salesiano San Marco Mestre (VE).
L’educazione alla fede nei CFPDon Mariano Diotto1
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gura del testimone e il ruolo della testimonianza. Il testimone di Cristo non tra-smette semplicemente informazioni, ma è coinvolto personalmente con la veritàche propone e attraverso la coerenza della propria vita diventa attendibile punto diriferimento. Egli non rimanda però a se stesso, ma a Qualcuno che è infinitamentepiù grande di lui, di cui si è fidato ed ha sperimentato l’affidabile bontà. L’auten-tico educatore cristiano è dunque un testimone che trova il proprio modello inGesù Cristo, il testimone del Padre che non diceva nulla da se stesso, ma parlavacosì come il Padre gli aveva insegnato. [...]Nell’educazione alla fede un compito molto importante è affidato alla scuolacattolica. Anche le scuole statali, secondo forme e modi diversi, possono essere so-stenute nel loro compito educativo. La sana laicità della scuola, come delle altreistituzioni dello Stato, non implica infatti una chiusura alla Trascendenza e unafalsa neutralità rispetto a quei valori morali che sono alla base di un’autentica for-mazione della persona.»
Papa Benedetto XVIConvegno: “Gesù è il Signore. Educare alla fede, alla sequela, alla testimonianza”Roma 11-15 giugno 2007
La Conferenza Episcopale Italiana ha affermato nel documento “Educare i gio-vani alla fede” che «il cammino della fede si identifica con quello della vita»2. Lafede non nasce per generazione spontanea o come semplice dono dall’alto. Pur re-stando un «dono» di Dio, essa viene in qualche modo trasmessa con la vita fisica edovrebbe crescere con essa e in essa.
1. Come inserire quindi una valida proposta di fede all’interno di un cam-mino educativo?
«L’educazione è un processo umano globale e primordiale, nel quale entranoin gioco e sono determinanti soprattutto le strutture portanti, potremmo dire i fon-damentali, dell’esistenza dell’uomo e della donna: quindi la relazionalità e special-mente il bisogno di amore, la conoscenza con l’attitudine a capire e a valutare, la li-bertà, che richiede anch’essa di essere fatta crescere ed educata, in rapporto co-stante con la credibilità e l’autorevolezza di coloro che hanno il compito di edu-care» (Camillo Ruini)3.
2 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare i giovani alla fede, Elledici, Leumann, Torino1999, 8. 3 COMITATO PER IL PROGETTO CULTURALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, La sfida edu-cativa, Laterza, Roma-Bari 2009, X.
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Se il significato originale ed etimologico della parola educazione viene dal la-tino e-ducere, che significa letteralmente condurre fuori, quindi liberare, far venirealla luce qualcosa che è nascosto, non dovrebbe esserci antitesi tra il cammino cheporta il giovane ad una consapevolezza di sé a livello umano e la conoscenza, pro-fonda e soprattutto vissuta, della fede nel riconoscersi Figlio di Dio. Infatti en-trambi i cammini possono affiancarsi, sovrapporsi, o meglio, integrarsi armonica-mente.Forse come prima istanza dovremmo liberarci noi stessi dai condizionamentiche imputano alla società solo connotazioni negative riguardo ai valori, ai principie ai desideri.Già nel 1975 il papa Paolo VI affermava nell’esortazione apostolica Evangeliinuntiandi: «Le Chiese particolari profondamente amalgamate non solo con le per-sone, ma anche con le aspirazioni, le ricchezze e i limiti, i modi di pregare, diamare, di considerare la vita e il mondo, che contrassegnano un determinato ambitoumano, hanno il compito di assimilare l’essenziale del messaggio evangelico, ditrasfonderlo, senza la minima alterazione della sua verità fondamentale, nel lin-guaggio compreso da questi uomini e quindi di annunziarlo nel medesimo lin-guaggio»4.Si può così dedurre, come anche diceva don Bosco, che è necessario “amare lecose che amano i giovani” e quindi parlare la loro lingua per portarli al nostro lin-guaggio, che dovrebbe essere quello di una fede incarnata che ha come fine quellodi renderli “onesti cittadini e buoni cristiani”.Nel caso dei giovani che arrivano a scegliere i nostri Centri di FormazioneProfessionale il problema della comprensione del linguaggio e nel linguaggio è si-curamente un fattore decisivo e discriminante nel cammino da intraprendere.Tutti gli animatori pastorali avranno sicuramente fatto esperienza di questa dif-ficoltà perché il mondo esterno si evolve velocemente e muta anche improvvisa-mente.
2. Quali linguaggi usare?
Credo che tre tipi di linguaggio sono ancora “di nostra proprietà” e li sappiamousare bene perché li abbiamo appresi grazie alla nostra formazione di salesiani: lin-guaggio iconico, linguaggio musicale, linguaggio teatrale-filmico-televisivo.Su questi tre è necessario, a mio parere, fondare il cammino che affianchi l’e-ducazione alla vita e l’educazione alla fede, perché questi tre linguaggi partonodalle esperienze di vita, ma sono anche presenti nella fede. Il linguaggio iconico èpresente in tutte le culture e oggi, anche grazie alle sollecitazioni derivanti dai mass
4 PAOLO VI, Evangelii nuntiandi. Esortazione apostolica sull’impegno di annunziare il Vangelo,Elledici, Leumann, Torino 2003, 63.
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media e dalla pubblicità in particolar modo, è nelle mani dei nostri giovani (nonsempre sanno decodificarlo, ma sicuramente ne conoscono i ritmi e le caratteri-stiche). Il linguaggio musicale è anche questo di proprietà degli adolescenti (seb-bene a livelli e comprensioni differenti) ma è anche molto biblico (si pensi aisalmi). E infine il linguaggio teatrale-filmico-televisivo ha una fondamentale im-portanza nella vita dei nostri ragazzi, perché è in grado di influenzarne le idee, lescelte e le abitudini, ma allo stesso tempo è anche molto biblico (si pensi al ritmonarrativo e figurativo delle parabole presenti nei Vangeli e nei racconti autobiogra-fici contenuti nelle lettere di San Paolo).Oltre a questi tre linguaggi è necessaria una “pedagogia delle occasioni”,perché questi linguaggi di vita possano trasformarsi in linguaggi di fede.Per don Bosco le occasioni concrete d’incontro determinavano la possibilitàeducativa. Si trattava di cogliere il momento dell’incontro come occasione diascolto e capacità di proposta, di fare dell’occasione d’incontro un’occasione for-mativa. Per questo il valore del cortile, il senso della festa, il significato dellascuola, la forza emancipatrice del laboratorio. L’educazione passava attraverso gliambienti, dove si creava familiarità e collaborazione.Lo stesso sistema preventivo si fonda sulla familiarità, come atmosfera di co-involgimento e di fiducia responsabilizzante.
3. Come e con chi strutturare un cammino di fede?
Alla luce di quanto esposto assieme ad alcuni docenti, abbiamo elaborato unprogetto che tenesse conto di quanto presentato finora e che comprendesse i luoghie i posti, dove si possano intessere rapporti con i nostri giovani.Il primo elemento da sottolineare è che l’animatore pastorale non è solo a por-tare avanti il cammino di fede, ma si avvale della collaborazione dei docenti piùsensibili o di quelli scelti per il coordinamento delle singole classi (Équipe per laPastorale Giovanile e l’Evangelizzazione). L’animatore pastorale, insieme all’É-quipe per la Pastorale Giovanile e l’Evangelizzazione, ha quindi il compito di ani-mare l’azione evangelizzatrice, curando la sua profonda integrazione nel processoformativo ed educativo.«Ne deriva così un compito primario per i formatori di un CFP salesiano che èquello di elaborare, assieme agli allievi, una cultura ispirata dalla fede e dai valorievangelici che sia un’alternativa alla cultura ambientale, caratterizzata dal secola-rismo, relativismo, soggettivismo, consumismo»5.
5 P.F. FRISOLI, Identità e missione della scuola salesiana, Giornata della Scuola INE, 5 set-tembre 2007.
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4. L’ambiente educativo come luogo di evangelizzazione
«Ci proponiamo di dare vita ad un ambiente comunitario formativo permeatodello spirito evangelico di amore fraterno e libertà, in cui, prima ancora di avernechiara nozione, il giovane possa fare esperienza della propria dignità, e rendersi in-terlocutore cosciente di Dio, perché ne percepisce la presenza e l’azione attraversola testimonianza e i segni cristiani»6.
5. La struttura educativo-pastorale del CFP
La proposta educativo pastorale viene tradotta in alcune esperienze ed attivitàtipiche della tradizione salesiana:
1. il buon giorno;2. i ritiri spirituali (allievi e insegnanti);3. la preghiera, l’eucaristia e le confessioni;4. i momenti di aggregazione (feste di inizio e fine anno, le castagnate…);5. le feste salesiane;6. le ore di scuola dedicate all’etica.
Tutti questi momenti hanno una scansione ben precisa e dei temi fondamentali,in cui si esplicitano i valori (vedi allegati).
6 DICASTERO PER LA PASTORALE GIOVANILE SALESIANA, La pastorale giovanile salesiana.Quadro di riferimento fondamentale, 1998, 81.
A SCUOLA CON CLASSE
PERCHÉ STUDIAMO ALTRE RELIGIONI?
LA NASCITA DELLE RELIGIONI
L’UOMO E LA LIBERTÀ
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A tempo!In classeA casaDavanti a un foglio biancoTest - Hai allergia per la scuola?Pronto - dizionarioI consigli di Francesco AlberoniI verbi migliori per iniziare la scuolaCamminando (Massimo Di Cataldo)Alcune tecniche …Mi interrogo …
I cinque motivi fondanti
Che cosa intendiamo per religione
La mia religione (Antonello Venditti)Mi interrogo …Il fenomeno religiosoLa religione è la storiaL’ambiente di nascitaPerché le religioni sono tante e diverse?Come nascono le religioni
Alleanza e fedeL’alleanza (Carmen Consoli)Mi interrogo …Che cos’è la libertà?Le diverse libertàTest - Quanto ami la tua libertà?La storia della libertàApprofondisco …Liberi (Lucio Dalla)Il cammino della libertà …Mi interrogo …
Allegato APROGETTO FUTURO 11
Indice del I volume
1 M. DIOTTO, Progetto futuro 1, Mestre (VE) 2009.
Si parteConsigli praticiCome destreggiarsi
TecnicheLe teorieAria nuova
Suggerimenti
Spiegazione Tema attualeCultura attualeSocietà interraziale interreligiosa Motivo ecclesiologicoPurificare l’immagine di DioDefinizionePraticaVisione di vita TeologiaSpiritualità
Definizione tradizionaleDefinizione attualeDefinizione storicaLo sviluppo di riti, culti e dottrineRivelazioneI soggettiIl sacroLa fedeL’alleanza
DefinizioneCostituzione degli Stati UnitiQuale libertà
Il camminoAforismi
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L’ORIGINE DELLA RELIGIONE
DOV’È IL TUO DIO?
L’ISLAMISMO: I FONDAMENTI
L’ISLAMISMO: DALLA STORIA AD OGGI
DON BOSCO, IL PRETE DEI GIOVANI
LO SPIRITO DI SQUADRA
Gli studi inizialiLe esperienze primordialiApprofondisco …Mi interrogo …L’argomento di discussione: DioPenna in mano …Dio c’è (Mia Martini)Oggi un Dio non ho (Raf)Mi interrogo …Penna in mano …
Il significato di IslamMaometto
La rivelazione dell’arcangelo Gabriele
L’Egira
Testi sacri
L’Islam e la società
I cinque pilastri
Islam e Cristianesimo
La KaabaLa moscheaMi interrogo …Penna in mano …All’inizioIl sogno dei nove anniL’infanziaDiventa “Don Bosco”Ho imparato a sognare (Negrita)Per approfondire …Mi interrogo …Coach CarterLe recensioniApprofondimentiCome si catturano le scimmiePenna in mano …
Le 5 tappe dello sviluppo della religioneLa nuova visioneAforismi
Tante idee
La partenzaSottomissioneIl fondatore e il profeta Il primo cambiamentoLe esperienze misticheI due raccontiLa fuga a MedinaLa profezia dopo MaomettoLa diffusione dell’Islam nel primo secolodopo MaomettoIl libro per eccellenzaLa struttura del CoranoI detti e i fatti di MaomettoL’Islam è tutto per un mussulmanoI doveri fondamentaliLa professione di fedeLa preghiera canonicaL’elemosina legaleIl digiuno del RamadanPellegrinaggio alla MeccaGesù e Maria nell’IslamL’opinione della Chiesa cattolicaLa famosa Pietra NeraL’oltraggio e la rinascitaIl luogo di culto
La nascitaIl sogno rivelatoreUna vita esemplareL’ordinazione sacerdotale
Aforismi
Musica e sportAforismiUn raccontoCommento
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IL RAZZISMO
LA GLOBALIZZAZIONE
IL BUDDISMO: TRA RELIGIONE E FILOSOFIA DI VITA
IL BUDDISMO OGGI
Gli stranieri nel mondoLa paura di andare a Ninive, città dei lontaniIl rifiuto del diversoGli ultimi (Mariella Nava)Andare a Ninive, la città dei lontaniNinive sarà salva
La paura fa stranieri
Gli altri siamo noi (Umberto Tozzi e Marco Masini)Uccidetemi qui, uccidetemi subito!Cose che ho visto (Eros Ramazzotti)Mi interrogo …Agli iniziTante globalizzazioniI vantaggi della globalizzazioneI pericoli della globalizzazioneLa globalizzazione culturaleLa globalizzazione etico-religiosaLa globalizzazione socialeI no globalPer approfondire …Mi interrogo …La storiaLa nascita del Buddismo
La vita di Siddaharta Gautama
Le quattro nobili veritàTesti buddistiUna terapia contro l’angosciaLa caducità dell’esistenzaLa meditazione più che la preghieraIl NirvanaL’Illuminazione
Il Tibet
Il Dalai Lama: Tenzin Gyatso
La storia che si ripeteGli italiani nel mondoLa paura dell’altroL’immigrato
E i cristiani?I santiL’immigrazione oggiLa qualità della futura convivenza nellenostre societàLa pauraI rischi della pauraL’identità nazionale
Un racconto realeLa sconfitta e la delusione
DefinizioneAlcune diversificazioniI proI controEgemonia culturaleLe religioniIl villaggio globaleElementi nuovi segni dei nostri tempiAforismi
Luogo e data di nascitaReligione senza DioIl profeta Siddaharta GautamaL’IlluminatoLa profeziaI 4 segniL’aspetto dogmaticoI canoniLa sfida del BuddismoPace e serenitàPurificazione e liberazione dello spiritoIl distacco dalle cose terreneLa meta di un buddistaIl centro del BuddismoLe persecuzioniLa rivolta contro la CinaLa guida spirituale
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LA REINCARNAZIONE
LE PAROLE E SILENZIO
IL MESSAGGIO DELL’INDUISMO
LES CHORISTES
Sognare tante vieDa Beckenbauer a BaggioI rischi dell’“acclimatazione europea”Oriente e occidente: due culture diversissime
La cultura orientale
La cultura occidentale
Pessimismo orientale e ottimismo occidentale?Il successo odierno della reincarnazioneMi interrogo …Il mondo che ci circonda
Il silenzio che ci circonda
Per approfondire …Aeroplanitaliani (Zitti Zitti)Mi interrogo …Penna in mano …Quattromila anni di storiaLa trappola delle apparenze illusorie
Chi è Dio? Risposta difficile
Credenze di base e culto
Il ciclo della vitaLe scritture sacreI quattro stadi della vitaI quattro scopi della vitaAum: il suono primordiale
Un grande profeta: Gandhi
Les choristes
Recensione
Penna in mano …
Religione o business?In ItaliaIl SamsaraL’elemento umano e l’elemento religiosoDue culture a confrontoL’uomo è parte del tuttoDio e il mondoIl tempo e la storiaL’uomo è all’apice della creazioneDio e il mondoIl tempo e la storiaReincarnazione positiva: una contraddizioneUna nuova risposta al male
Una sera qualunqueLa voce del silenzioIl silenzio è incontro con l’altroIl silenzio è ascoltoEducarsi al silenzioIl silenzio della naturaIl silenzio dell’animaConclusioneAforismi
Un mosaico di religioniLa liberazione dal ciclo delle mortiUna religione politeistaUn’unica realtà divinaIl BrahmanCredenze diverseIl KarmaI cammini spiritualiIl SamsaraI VedaI SmritiDescrizioneL’esistenzaDescrizioneIl simbolo sacroLa sua storiaLe campagne di disobbedienzaLa grande anima
Musica veicolo universale di emozioniMusica rimedio alla delinquenzaL’amore come metodo educativo
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GIOVANNINO DIVENTA DON BOSCO
CRISTIANESIMO: IL FIGLIO DI DIO SI È FATTO UOMO
LA DIFFUSIONE DEL CRISTIANESIMO
GLI HARE KRISHNA: IL BEL PRNCIPE AZZURRO
I TESTIMONI DI GEOVA ATTENDONO ARMAGHEDON
Ragazzi in prigione
Il problema dei soldi
Martellare una suola e maneggiare la lesinaParola d’ordine: “subito”Non è mai stato subito (Biagio Antonacci)“Io non ho fatto niente”Messaggio di Don BoscoPer approfondire …Mi interrogo …Le originiChiamare Dio: Padre Nostro
Chi è Gesù
Il libro sacro del Cristianesimo: la Bibbia
Nasce la Chiesa
I primi secoli
Incontri e scontri: i barbariIl Cristianesimo e l’IslamDall’Europa all’Asia e alle AmericheSuccessi e insuccessiL’ora dell’Africa
La divisione fra Oriente e Occidente
Il principe KrishnaLa fondazione degli Hare KrishnaGli impegni morali degli Hare KrishnaUna storia …A due a due, in nero, gentiliSalvezza solo per 144.000 “unti”La grande strage di ArmaghedonI locali di cultoLe controversieIn Italia
Dall’esperienza di Don Bosco in carcereDon Bosco e gli immigratiI problemi finanziariIl primo contratto di apprendistato inItaliaI laboratori sono gli attuali CFPDon Bosco e la sua attenzione alla realtà
L’espansione dell’opera salesianaIl sistema preventivoAttualità di Don Bosco
Una storia di duemila anniDio PadreGesù figlio di DioI miracoli e le guarigioniI tre anni di apostolatoIl tradimento di GiudaLa resurrezioneAntico TestamentoIl Nuovo TestamentoLa diffusione del CristianesimoLa Pentecoste e lo Spirito SantoLa diffusione del CristianesimoCristianesimo diventa religione di statoAttacchi dal nordCristianesimo cede il posto all’IslamLe crociateLe colonie e la religione
Le divisioni interne alla ChiesaIl grande scismaNascono i protestantiKrishna e l’InduismoLa nascita recenteI sette obiettiviUna testimonianzaI numeriL’origine di un nomeUna salvezza per pochiLa fine del mondoLe sale del regnoLa grande discussioneUna setta?La legge italiana
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IL SINCRETISMO
LA NEW AGE
ANCORATI ALL’ASSOLUTO
L’ATEISMO E L’AGNOSTICISMO
Una nuova spiritualitàLa religione fai-da-tePerché le fortune del sincretismoQuando le antiche divinità siedono accanto alle nuoveLa società si destruttura e si disgregaMi interrogo …I nomadi dell’acquarioTendenza della cultura contemporaneaUna reincarnazione vista come promozioneIl “Cristo cosmico”Una visione che seduce e affascinaUna coscienza integrale cosmicaUna mistica monisticaUna spiritualità senza trascendenzaCrolla la filosofia della New Age, ma …La Next AgeI grandi interrogativiSmarriti di fronte a un futuro enigmaticoLa ricerca dell’ultimoDecifrare gli orizzonti ultimi e impegnarsi per l’uomoLa religione grande assistente sociale?Il fondo incomunicabile di ogni religioneMi interrogo …“L’uomo è il Dio dell’uomo”Il fascino del vuotoCosa significa ateismo e agnosticismo?L’ateismoL’agnosticismo
I motivi di una nuova religiositàUn mix di religioni a proprio usoL’unione di diverse spiritualitàI motivi di un successoNuovi dei e divinitàIl mix di tante scienzeConseguenze
NascitaI motivi di una nuova religiositàSincretismo a tutto campoDefinizioneFascino del nuovoCaratteristicheUna nuova coscienzaL’io unito al mondoAncoraggio alla terraLa crisiIl futuro della New AgeLa nascita in GiapponeOriente mistico e occidente laicoIl problema dell’uomoL’ultima realtàI grandi interrogativiL’aspetto sociale della religioneIl profondo della religione
L’uomo al centro dell’universoTante verità e tante fedo
Due mondi a confronto
DefinizioneConclusione
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A SCUOLA CON CLASSE
L’UOMO CERCATORE DI DIO
VOGLIO UN DIO
A tempo!In classeA casaDavanti a un foglio biancoPronto - dizionarioI consigli di Francesco AlberoniTest - Hai allergia per la scuola?ProfiliScansaTiepidiFlautiPrima di partire per un lungo viaggio (Irene Grandi)Alcuni spunti di riflessioneMi interrogo …I verbi migliori per iniziare la scuolaAlcune tecniche
La religione nel mondo d’oggi
Cambio destinazione (Dari)Impossibile non cambiare (Silvia Salemi)Mi interrogo …Penna in mano …Joan of Arcadia
La storia
One of us (Joan Osborne)I dieci comandamenti della sceneggiaturaPenna in mano …Voglio un Dio (Petra Magone)Mi interrogo …
Allegato BPROGETTO FUTURO 11
Indice del II volume
1 M. DIOTTO, Progetto futuro 2, Mestre (VE) 2009.
Si parteNon dimenticareCome destreggiarsiI numeriLe teorie
Soluzioni
Aria nuovaSuggerimentiDue mondi a confrontoLa nuova mentalitàLa morte di Dio?Il ritorno alla fede
La partenzaLa tramaIl punto chiaveIl libero arbitrio
Cosa può fare Dio
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I MAESTRI DEL SOSPETTO
SCIENZA E FEDE COME SI CONCILIANO?
I SOGNI DI DON BOSCO
Ludwig Feuerbach (1804-1872)
Karl Marx (1818-1883)Dio è morto (Fiorella Mannoia)Sigmund Freud (1856-1939)Ringrazio Dio (Paola Turci)
Friedrich Nietzsche (1844-1900)
Mi interrogo …Fede e scienza lungo la storia della Chiesa
Il dialogo tra fede e scienza
L’autonomia della scienzaLe scoperte scientifiche e le verità di fedePerdonami (Enrico Boccadoro)Il contributo positivo della scienzaIl contributo della fede alla scienzaQuali priorità deve seguire la scienza?I principi morali della scienzaI principi morali sono un freno per la scienza?Penna in mano …
Ricordando la vita di Don Bosco
Mi interrogo …Il sogno delle due colonnePenna in mano …Bambini (Paola Turci)Il sogno missionario di Don BoscoMi interrogo …Liberi di sognare (Gianluca Grignani)I have a dream …
La religione come proiezione deldesiderio umanoLa religione come evasione dalla vita ecome oppio dei popoli
La religione come illusione
La religione come negazione della libertàIl superuomoLa religione è stanza dei bambini
Dialogo per la crescita dell’uomoDialogo nella distinzioneDue ordini di conoscenza distintiEntrambe a servizio dell’uomoLeggi e valori propriUnione nella veritàL’aspetto morale
Elementi a favore della scienzaRapporto fede e scienzaGli obblighi della scienza nei confrontidell’uomoL’etica della scienzaConclusione
L’infanziaIn seminarioL’oratorioAmorevolezzaLe missioniLa stampaFonda i salesiani
Eucarestia e devozione a Maria
La conversione
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IL SATANISMO
L’ESOTERISMO
DENTRO E FUORI
“E il numero della bestia era 666” (Apocalisse 13,17)“terrorizzare i piccoli”Le radici nella “controcultura californiana”Satanismo e droga: un cocktail micidialeSatanismo “adulto” e satanismo “giovanile”Ma Satana esiste sì o no?
La componente sessualeMetafora di una modernità brutaleTorino, città satanica?Mi interrogo …
Il boom dell’esoterismo
Un alleato per vincere i problemi
Un giovane in crisi
La dittatura del denaro
Il rock satanico uccide la speranza
Mi interrogo …
La corporeità
Il mondo è fuori (Velvet)Le difficoltà
In ascolto del corpo - dentro
La cura educativaMi interrogo …Siamo tutti là fuori (Dolcenera)Penna in mano …
Partiamo da due fatti di cronacaSatanismo e pedofilia
Satanismo maschera altri problemi?La chiesa di SatanaIl satanismo acidoQuanti sono i satanisti?L’interrogativo fondamentaleIl satanismo e il sessoIl satanismo è una devianza giovanileIl futuroIl satanismo è pericolosoSfatiamo alcuni luoghi comuni
DefinizioneGli iniziatiL’esoterismo cresce nei giovani soliIl satanismo è un’espressione di esoterismoIl maestro e i guerrieri del diavoloL’equivoco di partenzaTelevisione, musica, film, videogiochiL’esoterismo agisce sulla sensibilitàdella personaPartiamo da un fatto realmente accadutoComprendere qual è il vero problemaIl pessimismoL’esoterismo fa guadagnare moltoI soldi diventano DioPer completare l’analisiMusica satanica e affari miliardariIn conclusione
L’universo del mio corpo tra interno edesternoOltre la sensorialità
Tradurre i pensieri in paroleEducarsi all’ascolto di se stessiNon bisogna avere pauraOltre l’immagine esteticaCome riuscire a conoscere il propriocorpo
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ALLA RICERCA DELLA FELICITÀ
L’IMMIGRAZIONE
COME VIVERE LA SESSUALITÀ
DUE ADOLESCENTI AL BIVIO
LA NASCITA DELLA VITA
Il segreto della felicitàLa libertà nei documentiChe rumore fa la felicità (Negrita)Alcuni spunti dalla canzoneMi interrogo …Chi sono gli emigratiDalle origini ad oggiDove vanno … e vengonoPer approfondire …Mi interrogo …Clandestino (Fiorella Mannoia - Manu Chao)Qual è l’importanza umana della sessualità?Come la fede considera la sessualità?Finalità dell’atto sessualeL’atto sessuale nella concezione religiosaMi interrogo …Juno
Recensione
ApprofondimentiDiario sconcertanteSenza figlio non c’è futuroMi interrogo …Dall’avvocato a 15 anni: “Vogliono farmi abortire”Che cos’è l’embrione?
La scienza e l’embrione umano
Le caratteristiche dell’embrione secondo la scienzaL’embrione e la fede cristianaLa Chiesa e la soppressione dell’embrioneLa Chiesa e la ricerca scientifica
La legge italiana
Mi interrogo …
Partiamo da un raccontoDichiarazione d’Indipendenza AmericanaCostituzione Italiana
DefinizioneLa storiaI motiviI flussi migratoriAforismi
La sessualità nella personaL’uomo e la donnaLa sessualità legata all’amoreIndividualismo come principio moraleFine unitivo e fine procreativoLa sessualità è legata al matrimonio
Opinioni a confrontoLe figure genitorialiIl tema dell’abortoAforismiUn racconto toccanteGli effetti sulla donnaUn dolore che dura tutta una vita
Un fatto di cronacaIl divieto in famigliaI diritti della donna
Gli studi geneticiL’embrione è una personaL’embrione è unico e irripetibileLa distinzione dalla madreElementi unici dell’embrione
Rispetto fin dal concepimentoIl punto di partenzaIl mito del progressoI dati della legge 194I soggetti e le modalitàI casi particolariL’obiezione di coscienza
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LA LIBERTÀ SIAMO NOI
L’EUTANASIA
I DIRITTI DELL’UOMO
L’UOMO OFF - LIMITS
I SOGNI DI DON BOSCO E IL PROGETTO DI DIO
La libertà e i suoi legami
Per approfondireLiberi (Novecento)Partiamo dalle parole della canzoneLibertà è accettare la richiestaHeaven out of hell (Elisa)Mi interrogo …Che cosa significa eutanasia?La valutazione morale dell’eutanasia
Morire con dignità
Il ruolo delle leggi dello StatoContro la cultura della morte
La concezione cristiana del soffrire-morire
Mi interrogo …Cosa sono i diritti dell’uomoI principali dirittiStoria dei diritti dell’uomoI siti internetWith my own two hands (Ben Harper)I diritti calpestatiPer approfondire …Mi interrogo …Living Darfur (Mattafix)Penna in mano …
La parola all’esperto
Mi interrogo …Costruire (Niccolò Fabi)Il secondo sogno missionario di Don BoscoVivi per miracolo (Gemelli Diversi)
Due profezie di Don Bosco contro i Savoia
La libertà non è solo quella personaleLa libertà è una relazioneLa libertà è legata alla maturitàAforismi
La libertà è una costruzione a più maniLa libertà è responsabilità
DefinizioneIl valore della vita e i diritti connessiEgoismo e individualismoDiritto di morireFuga di fronte alla morteLa legislazioneConseguenzeProposteLa vita come dono di DioSignificato della sofferenzaLa morte è entrare in comunione con Dio
DefinizioneIl contenutoLe legislazioniDa visitare
Contro chi vengono violatiAforismi
Partiamo dalla cronacaQuali sono i limiti?L’emozione al di sopra di tuttoPer colpa di chi?Aspetto della famigliaTutto e subitoSostenere i giovaniLe cause del problema
La diffusione dei salesiani nel mondoIl significato del secondo sogno o DonBosco
La soppressione degli ordini religiosiGli avvisi di Don BoscoLa profezia si avvera
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L’ONDA
LA FORZA DELL’AMORE
LA PENA DI MORTE
LE MINORANZE
IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE
L’onda
La recensione
Cos’è l’autocraziaPenna in mano …Che cosa la gente pensa circa l’amore?
Eros, philia, agape. Le manifestazioni dell’amore
Mi interrogo …L’amore conta (Ligabue)L’amore si può comandare?L’amore per DioLa fede diminuisce la capacità di amare?Tutto l’universo obbedisce all’amore (Franco Battiato - Carmen Consoli)Origine storicaLa pena di morte negli Stati UnitiLa pena di morte in ItaliaL’opinione pubblicaMotivazioni favorevoliMotivazioni contrarieLa Chiesa Cattolica parla della pena di morteIl senso della penaMi interrogo …Chi sono le minoranzeI casi clamorosi nel mondoLa situazione in Italia e nel mondoPer approfondire …Heal the world (Michael Jackson)I diritti delle minoranzeMi interrogo …Un mercato alternativoLe regole del commercio equo e solidaleLa storia del commercio equo e solidaleI dati economiciPer approfondire …Siti Internet interessantiMi interrogo …
L’uomo vuole sopraffare gli altri uominiIl fatto realmente accadutoIl libro e il filmLa società odierna non è ancora liberaLa dittatura torna nei momenti di crisiDefinizione
Alcune definizioni di amoreAi giorni nostriL’erosLa philiaL’agapeL’amore è una realtà unicaL’amore è sempre in crescita
L’amore deve essere libero
Fede e amore
DefinizioneLe molte contraddizioni
Pareri discordantiI proI controIl bene comuneLa legittima difesa
La definizioneAi giorni nostriI numeri e i luoghiAlcuni esempi clamorosiAforismi
La legislazione
DefinizioneLo statuto del commercioDove nasceI numeriIn ItaliaAforismiDa visitare
2a Relazione: La mente, il cuore e le mani delcatechista. Il ruolo del coordinatorepastorale (catechista) all’internodella comunità educativo pastorale(don Rossano Sala)
2° Panel: IRC e formazione religiosa nel CFP• Scuola: L’IRC nella Scuola salesiana(don Antonio Mariano)• CFP: IRC e Formazione Religiosa nel CFP(Piero Quinci)
3° Panel: Proposte esplicitamente educativeed evangelizzatrici• Scuola: Evangelizzare nella scuola.(don Pasquale D’Angelo e collaboratori)• CFP: Educare ed evangelizzare neicontesti della Scuola e dellaFormazione Professionale(don Giorgio Zazza)
4° Panel: Valenza educativa delle disciplinescolastiche e della cultura del lavoro• Scuola: Valenza educativa dellediscipline scolastiche(don Leonardo Mancini)• CFP: Educare ed evangelizzareattraverso la FormazioneProfessionale e il lavoro. (Cristina Ballario)
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«Come Don Bosco, siamo chiamati tutti e in ogni occasione ad essere educatori alla fede.La nostra scienza più eminente è quindi conoscere Gesù Cristoe la gioia più profonda è rivelare a tutti le insondabili ricchezze del suo mistero.Camminiamo con i giovani per condurli alla persona del Signore risorto affinché,scoprendo in Lui e nel suo Vangelo il senso supremo della loro esistenza,crescano come uomini nuovi»(COSTITUZIONI SALESIANE, Articolo 34)
Il punto fermo
La necessità assoluta di pensare insieme secondo il Vangelo
Un saluto cordiale a tutti e a ciascuno.All’interno del progetto di questi tre giorni, che hanno il compito di mettere atema l’educazione e l’evangelizzazione nella Scuola e nella Formazione Professio-nale, per rispondere alle esigenze poste dal CG 26 per tutti i salesiani, le comunità,le Ispettorie, per le Regioni e per la Congregazione intera, mi è stato affidato un in-tervento che ritengo delicato e strategico sul ruolo del Coordinatore Pastorale al-l’interno della Comunità Educativo Pastorale.Non è facile. Per tanti motivi. Prima di tutto perché l’ultima volta che si è pen-sato e parlato di questo a livello ufficiale e decisivo in Congregazione è stato nelCG 23 («Educare i giovani alla fede»), dove si è messo a tema appunto il compitoeducativo e di evangelizzazione proprio della nostra Congregazione. Poi i laici (CG24), la comunità salesiana (CG 25) e infine, nel CG 26, alcuni temi trasversali (ri-
1 Direttore e preside dell’Istituto Salesiano Don Bosco di Brescia.
La mente, il cuore e le mani del catechistaIl ruolo del coordinatore pastoraleall’interno della comunità educativo pastoraleDon Rossano Sala1
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torno a don Bosco, urgenza di evangelizzare, necessità di convocare, povertà evan-gelica, nuove frontiere) di cui non si è arrivati in profondità in nessuno di essi, pro-prio perché ciascuno di questi temi avrebbe con tranquillità riempito un CapitoloGenerale. Sono temi seriamente enunciati, ma non ancora svolti e quindi incapacidi essere degli strumenti consistenti per guidare il nostro futuro a lungo termine. Ameno che essi vengano ampliati, continuati, approfonditi.La prima cosa che voglio affermare con assoluta convinzione personale è chesiamo realmente in debito di pensiero e di riflessione vera, sistematica, approfon-dita, meditata. Proprio sulle cose che ci stanno più a cuore. E ne stiamo pagando leconseguenze su tutti i fronti. Abbiamo avuto dei modelli educativi che sono duratigenerazioni e generazioni, ma adesso sappiamo solo che i paradigmi vigenti nonsono più vincenti. Non abbiamo un nuovo archetipo formativo che possa garantireefficacia di fronte alla sfida educativa odierna. Ciò è sotto gli occhi di tutti: societàcivile, Chiesa e Congregazione. Il disagio si è cristallizzato nell’espressione “emer-genza educativa”.In questo tempo ogni Ispettoria italiana ha fatto un po’ quel che credeva oppor-tuno, secondo la libertà dei Figli di Dio, che rimane sempre sacrosanta, purché nonci allontani dalla carità e dal servizio per il bene di tutti e di ciascuno (cfr. Gal5,13). Forse siamo qui perché non abbiamo risposte chiare ed evidenti per il futuro,ma ci accorgiamo che è forte la necessità di pensare insieme secondo il Vangelo.Forse il progetto Europa, tanto desiderato da papa Benedetto XVI per noi salesianial CG 26, vuole prima di tutto indicarci questa direzione, quella del pensare in ma-niera forte e profonda.Rafforzo la mia impressione. Dall’esperienza di chi ha partecipato al CG 26 èemerso abbastanza chiaramente che tante difficoltà che stiamo vivendo concreta-mente come società, come Chiesa e come Congregazione sono il frutto di una fra-gilità, una disarticolazione e una frammentazione della riflessione di questi ultimidecenni. Soprattutto nell’ambito dell’educazione e dell’evangelizzazione, della Pa-storale Giovanile, il nostro ambito specifico e singolare.Rem tene verba sequentur, dicevano i nostri antichi padri, cioè se si possiede lares, poi in automatico le parole, i metodi, le azioni verranno certamente. Il pro-blema è appunto che la solida res non la teniamo più, perché il postmoderno l’haframmentata, liquefatta, resa inconsistente, volatile, virtuale…È il “cibo” di cui si nutrono i nostri giovani, ma anche l’aria che respiriamonoi. Propriamente siamo circondati anche noi, come Congregazione e come Chiesa,dalla seduzione postmoderna, caratterizzata da una ricerca immediata del risultatopositivo, da un primato del singolo e dei suoi diritti/desideri rispetto a quelli dell’i-stituzione di appartenenza, da una fatica di riconoscere e ricercare il quadro di in-sieme dell’epoca in cui viviamo e quindi dall’incapacità di avere uno sguardo sinte-tico e integrato della realtà, in una parola di avere una visione unitaria della res. Ilpostmoderno è tempo dei ruoli non supportati da identità, tempo di liquidità e nondi solidità, della mancanza di prospettiva sul lungo termine…
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Tante incertezze e sfide sono davanti a noi in questo tempo: alcune di largaportata (pensate al Progetto Europa, all’emergenza educativa, al destino dellaScuola Cattolica in Italia e della Formazione Professionale consegnata alle Re-gioni…) e alcune di casa nostra (la consistenza sempre più debole delle nostre co-munità salesiane, l’inserimento di tanti laici corresponsabili, la questione della ge-stione delle opere complesse, il ripensamento dei ruoli di responsabilità, la forma-zione dei giovani confratelli…). Senza contare la fatica di stare con i giovani pro-ponendo loro il Vangelo in modo credibile e appassionato, che a volte rimane unodei nostri ultimi pensieri, tanto siamo oberati dalle altre sfide gestionali e di purasopravvivenza che ci circondano e rischiano di privarci di tante energie positive,soffocando i nostri desideri più autentici.In questo contesto ci domandiamo del ruolo, ma io dico soprattutto dell’iden-tità (una parola chiaramente un po’ scomoda all’interno del postmoderno, doveognuno ha il proprio ruolo intercambiabile ma nessuno deve avere un’identità pre-cisa e definitiva, che non si possa barattare…) del salesiano (o del laico) chiamatoa svolgere il ruolo di Coordinatore Pastorale (Catechista? Coordinatore della For-mazione? Animatore Pastorale?). Vedete che già le parole indicano l’indetermina-tezza e l’incertezza dell’insieme, cioè di un quadro di riferimento non ancorachiaro, di un compito ancora da cogliere nel tutto dell’azione educativa salesianaper l’oggi e per il domani.Di fronte a queste premesse ha senso parlare di un’esperienza più che di unmodello. Un’esperienza con cui confrontarsi per arrivare insieme ad un nuovo para-digma che possa servire per noi e per coloro che verranno dopo di noi. È, infatti,inutile che ci nascondiamo dietro ad un dito: tra soli dieci anni la Congregazione inItalia assumerà un volto che non ha mai avuto prima, che necessita di un modellodi gestione e di una dinamica di comunione, condivisione e corresponsabilità chevogliono prima di tutto una vera e propria conversione di tanti nostri modi di pen-sare ed agire. Per meno di questo penso che non andremo molto lontano.Quindi, per cominciare, è bene tenere a mente il vero punto fermo di questamia relazione: non quello che vi comunicherò sulla mia esperienza personale(come consacrato salesiano, Catechista e incaricato vocazionale, Preside e Diret-tore, delegato al CG 26) di questi dieci anni di attività nel mondo della scuola (essasarà passibile di un apprezzamento critico, nel migliore dei casi!), ma la necessitàassoluta di pensare insieme secondo il Vangelo al futuro della nostra Congrega-zione. La mia esperienza comunicata con semplicità deve darvi veramente da pen-sare, non banalmente da copiare o ripetere!Tutto all’interno del Progetto Europa. Esso è stato desiderato da Papa Bene-detto XVI e richiesto dal CG 26 come un vero e proprio “laboratorio guida”, comeun “centro di ricerca”, come un “centro di sperimentazione” per il bene dell’Eu-ropa e di tutta la Congregazione e perché no, anche per il bene della santa Chiesa diDio, che guarda ai Salesiani di don Bosco come agli uomini mandati nel nome delSignore in prima linea nella battaglia educativa.
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Una sfida molto determinante, impegnativa e decisiva, perché «questo progettoesigerà ovviamente un cambiamento strutturale nelle comunità del Vecchio Conti-nente. “Vino nuovo in otri nuovi”. Non quindi un’opera di semplice “manteni-mento di strutture”, ma un progetto nuovo per esprimere una presenza nuova, ac-canto ai giovani d’oggi» (DON P. CHÁVEZ, Discorso di chiusura del CG26).Sapienti, in questa direzione, sono coloro che riconoscono la fine di un para-digma. Indubbiamente uno degli assiomi più segretamente o apertamente operantidella vita religiosa salesiana nel Vecchio Continente è “Si è sempre fatto così”, pre-supponendo evidentemente che la strategia migliore sia quella di continuare a farecosì. Ora, in un tempo come il nostro, che è soprattutto un cantiere aperto ed unvero e proprio laboratorio per tentare di giungere ad una nuova sintesi e ad unnuovo modello di riferimento, vivere di questo principio è tra le cose peggiori chepossa capitare non solo per sé, ma più di tutto quando si riceve la responsabilità diguidare e far camminare una realtà in evidente cambiamento.
All’interno della comunità educativo pastorale
Le scelte strategiche di gestione per un’opera scolastica salesiana
La linea di azione n. 17 del CG 26 recita così: «Rivedere il modello di gestionedelle opere per una presenza educativa ed evangelizzatrice più efficace». È l’ul-tima, ma a dire il vero, non proprio l’ultima!I numeri 100, 103 e 113 del CG 26 approfondiscono questo aspetto così deli-cato e importante, soprattutto in Italia e soprattutto nel mondo della scuola. Si dice,tra le altre cose, che «talvolta si riscontra un modello organizzativo che non ha sa-puto rinnovarsi secondo l’esigenza dei tempi», e ciò si manifesta «nell’imposta-zione rigida delle attività, nell’insufficiente attenzione ai ritmi di vita dei giovani,nella lentezza a ricollocare o riqualificare presenze ed opere, nella difficoltà a cor-responsabilizzare i laici nei ruoli decisionali». Tanto che «spesso abbiamo adottatola strategia di ampliamento delle opere, portandole a dimensioni difficili da ge-stire». Nelle linee di azione si chiede alle Ispettorie di aiutare le comunità salesiane«a discernere quale sia la sua responsabilità principale nell’animazione dell’opera»e a ripensare «la distribuzione delle responsabilità nelle singole comunità». Perchénon si tratta di consegnare delle opere ai laici, ma di pensare un modello gestionaleimprontato sulla corresponsabilità, che evita di metterci di fronte alla tragica alter-nativa: “o noi o loro!”Per la mia esperienza di questi ultimi anni, questa linea di azione è in realtà laprima. È certamente la condizione di possibilità di tante delle altre sedici del CG 26.Come Direttore il mio chiodo fisso è stato questo: quali scelte strutturali e ge-stionali rendono possibile ad ogni salesiano una presenza educativa ed evangelizza-trice più efficace? Quali ruoli per i (pochi) salesiani e per i (tanti) laici? In quali
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ruoli questi salesiani saranno più e meglio salesiani? In che modo i giovani pos-sono essere attirati vocazionalmente da una testimonianza credibile dai pochi sale-siani con cui fanno esperienza?Badate bene a ciò che afferma il CG 26: il modello gestionale è al servizio del-l’educazione e dell’evangelizzazione e non viceversa! Noi cambiamo il modello ge-stionale per essere fedeli alla nostra vocazione salesiana oggi! Il modello gestio-nale è uno strumento in vista dell’educazione e dell’evangelizzazione, che è lafonte e il culmine della nostra vocazione! Rimaniamo invariabilmente conquistatidal Signore e dalla vocazione che ci ha donato, non da un modello gestionale, fosseanche il migliore, che rischia sempre di diventare un idolo …Da qui ne sono nate alcune scelte precise e meditate. Concrete e progettuali.Maturate nel tempo, nel dialogo, nel confronto, nel discernimento come metodo dilavoro.Andiamo sul concreto. La comunità di cui sono Direttore è composta da sediciconfratelli, di cui un Direttore, tre catechisti nella scuola, un Parroco, un incaricatodi oratorio e poi confratelli anziani o ammalati, un tirocinante. Sul campo educa-tivo diretto fondamentalmente ci sono i sei membri del Consiglio della Casa. Trenella scuola, due in Parrocchia, più il Direttore.La casa non è immensa, ma è certamente complessa: tre settori scolastici(scuola media, ITI per elettronica e telecomunicazioni e Liceo Scientifico, CFPelettro e meccanico), Parrocchia e oratorio (5500 abitanti), convitto universitario.Una realtà come tante altre nell’Italia salesiana. Parliamo evidentemente dellascuola: tre settori, seicento ragazzi. Tre salesiani a tempo pieno.Quali scelte strategiche di insieme si sono operate in questi anni?Prima, quella dell’economia. La presenza dell’economo è garantita da un con-fratello coadiutore, che però segue solo l’andamento ordinario della comunità sale-siana e svolge l’incarico di catechista del CFP. L’amministrazione dell’opera è vis-suta nella corresponsabilità pratica con un laico, cooperatore salesiano, competente,capace, anche deciso quando serve. Senza questa opzione, a detta dell’Ispettore, unsettore mancherebbe del catechista. Allora la prima scelta concreta: l’amministra-zione dell’opera vissuta nella corresponsabilità con i laici. Con il laico di riferi-mento il Direttore convoca un “direttivo dell’economia” settimanale, con la pre-senza dell’Economo e del Vicario della casa. Questo permette di pensare, proporre,progettare e decidere insieme, lasciando l’azione pratica a chi deve operare con glistrumenti adeguati e garantendo al Consiglio della Casa sempre l’ultima parola inogni cosa.Poi i singoli settori: il Direttore come Preside unico delle medie e delle supe-riori, la presenza di due vice-Presidi laici, il Direttore del CFP laico. Sei consiglierilaici sui tre settori.La forma ordinaria di governo dell’attività scolastica è per noi quella dei “Di-rettivi settimanali”, su cui spendo una parola: fuori dall’orario scolastico, dopo lostudio del pomeriggio circa un’ora insieme di verifica, revisione, formazione, deci-
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sione, programmazione spicciola oppure anche di prospettiva. Tutte le settimane,con fedeltà. Lo sento come il mio primo impegno di Direttore dell’Opera: con-durre, animare, gestire, accompagnare la comunione carismatica, la condivisioneprogettuale e la corresponsabilità reale nel quotidiano, attraverso delle forme che laaffermino concretamente, sul campo. Nei Direttivi vige il principio dei vasi comu-nicanti: chi è più debole non è mancante e chi ha di più non è arrogante. Li ab-biamo chiamati “Direttivi” proprio perché hanno riferimento immediato, sia nomi-nale che reale, al ruolo del Direttore, che li convoca e li presiede in ogni settore,Parrocchia compresa. Essi sono decisionali nel loro ambito proprio. In assenza delDirettore li presiede chi lo rappresenta più direttamente.Vedete che in questo modello gestionale della scuola emerge la figura di uncatechista sostanzialmente liberato da compiti gestionali diretti, ma potenzial-mente incisivo rispetto ai suoi collaboratori e all’insieme dell’andamento della ge-stione dell’insieme. I salesiani ancora in campo sono tutti messi nella condizione dipoter esercitare il ruolo educativo e evangelizzatore in maniera piena e totale.Avere la corresponsabilità di laici che condividono il carisma e lo vivono da educa-tori secondo il nostro stile è per noi decisivo, perché permette al salesiano di esseresul campo da salesiano a trazione diretta e integrale, secondo l’articolo 34 delle no-stre Costituzioni. Cioè come professionista del carisma: educatore ed evangelizza-tore, non gestore.Anche i nomi li abbiamo modificati, soprattutto in ordine al messaggio educa-tivo che abbiamo desiderato comunicare ai genitori e ai ragazzi: la scelta è stataquella di mettere sullo stesso piano, come i due fuochi di un’ellisse, il catechista eil vice-Preside. Il primo lo abbiamo chiamato “Coordinatore della formazione” e ilsecondo “Coordinatore della didattica”. Poi rimane il Consigliere come referentediretto della disciplina. Il messaggio è chiaro: ci teniamo alla formazione tantoquanto alla didattica, oppure, detto in altro modo, il catechista non è il subalterno dichi ha la delega del ‘potere’, ovvero del Preside o del vice-Preside. Si agisce, in-vece, da Coordinatori in ambito didattico e formativo: entrambi non sono dei pleni-potenziari nel loro ambito proprio, ma hanno appunto il compito di coordinare tuttele forze nelle loro rispettive direzioni di marcia.Un’ultima parola va poi all’offerta formativa, in cui deve emergere questoequilibrio e integrazione tra il didattico e il formativo, caratteristica del nostro stileeducativo: lo studio del mattino, la ricreazione, le attività di studio e formazionedel pomeriggio, oltre al tempo dedicato alla scuola, devono rendere conto della no-stra idea forte e trainante di educazione integrata e integrale, ovvero autenticamentesalesiana.Risulta evidente che la piattaforma di un modello di questo genere è ciò che ilCG 24 chiama la «Spiritualità della relazione» (nn. 91-93). In quei bellissimi nu-meri, si dice, tra le altre cose, che «il primo dono che don Bosco fa ai suoi è quellodi una relazione umana serena e accogliente», tanto che «la qualità dell’incontroeducativo sta in cima ai suoi pensieri». Proprio oggi dove «si lamenta una diffusa
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assenza di relazione e la solitudine fa più paura della morte […] la relazione sta alcuore di ogni approccio educativo, di ogni sfondo di collaborazione, della serenitàfamiliare come dell’efficacia di una comunità educativa pastorale». Tante voltequesto stile lo impariamo tanto dall’ascolto «dei laici e dei giovani»!Sono un Direttore “scadente”, ovvero al sesto anno. Cosa farei se rimanessi lìdove sono? Certamente, dopo la possibile consegna della Presidenza ad un laico,che chiude il cerchio sul modello gestionale in quanto rende il Direttore libero dioccuparsi del suo ruolo proprio a tempo pieno, il passaggio successivo e necessarioa tutto questo sarebbe quello di pensare ad una più chiara, diretta, strutturata e pro-grammata “corresponsabilità nell’evangelizzazione” tra salesiani e laici. Infatti,quella che finora è stata realizzata nella casa di Brescia è, a mio parere, una posi-tiva esperienza di “corresponsabilità nella gestione” tra salesiani e laici, resa possi-bile dalla condivisione di un progetto e dalla comunione attraverso il carisma con-segnatoci da don Bosco. Ora, invece, in realtà scolastiche con un gran numero digiovani abbiamo necessità di laici che operino direttamente nell’ambito di evange-lizzazione, con una formazione adeguata e una motivazione carismatica forte. Ab-biamo già laici così, pronti a fare questo salto di qualità: alcuni lo stanno già fa-cendo e qualcuno lo ha già fatto.Ma con questo non abbiamo ancora detto nulla su ciò che conta, abbiamo solocreato dei varchi e delle possibilità. Nel senso che il modello gestionale è una con-dizione di possibilità, non ancora la positiva realizzazione del compito di un cate-chista salesiano.Abbiamo, per utilizzare una metafora, un ottimo tornio a controllo numerico,perfettamente funzionante e all’avanguardia. Adesso dobbiamo parlare dell’uten-sile, che è quello strumento che va direttamente ad incidere sul metallo da lavorare.Il lavoro finito dipende tanto dalla qualità del tornio quanto da quella dell’u-tensile. Con una piccola differenza: che un buon utensile può lavorare bene anchecon un tornio non proprio dei migliori, ma un cattivo utensile montato su un tornioperfetto non incide …
La mente, il cuore, le mani del catechista
Ovvero, l’identità carismatica salesiana del Coordinatore Pastorale
Durante il CG 26 il nostro Rettor Maggiore, in un suo intervento libero, cidisse appassionatamente che noi capitolari potevamo preparare un documento spet-tacolare, ma che questo sarebbe stato inutile senza la rivisitazione e la conversionedel nostro cuore e del cuore di ogni confratello. Affermava che “la soluzione” nonpoteva che essere la persona del salesiano: la sua vita con Dio e la sua passione peri giovani. La missione, aggiungeva, non è fare delle cose, ma avere una mente, uncuore e delle mani pastorali, cioè identificate con Gesù buon pastore.
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Mi piace pensare che ognuno di noi è salesiano perché ha la mente, il cuore edelle mani pastorali. In particolare lo è il catechista, in quanto punta di diamante diuna struttura scolastica al servizio dell’educazione e dell’evangelizzazione e dinient’altro.Incominciamo dalla mente del catechista. Penso alla figura del Catechistacome di un uomo preparato ad affrontare le sfide culturali del mondo odierno.Penso ad un consacrato formato in maniera integrale ed integrata, un uomo che si èformato nella preghiera, nello studio, nel confronto. Come dice il testo autorevoledel CG 23 ai numeri 267-273, la scuola è e resta prima di tutto uno strumento cul-turale di formazione delle giovani generazioni, un momento sistematico di educa-zione alla fede, inserendo il giovane in una visione cattolica del mondo e della vita.Cioè non è prima di tutto occasione per un’animazione oratoriana o per attività al-ternative più o meno impegnative e gradevoli al di fuori o in parallelo rispetto altempo scolastico. La scuola salesiana è anche questo, ma rimane prima di tuttoscuola, ovvero un itinerario per imparare l’arduo e splendido mestiere della vita.Siamo in mezzo a tanti insegnanti laici laureati, abilitati, intelligenti, capaci. Avolte si ha l’impressione di una certa leggerezza culturale nel confronto con loro.Quasi come dire: “alla scuola ci pensano loro, io, invece, come catechista animo iragazzi, faccio fare esperienze, organizzo tutto ciò che è extrascolastico”. Può es-sere questa una scappatoia ad un’impreparazione di fondo e al timore di fronte alconfronto che ci vede in difficoltà.D’altra parte la fatica di arrivare ad una preparazione culturale, capace di strut-turare un cammino di fede in dialogo con il tempo presente e di affrontare le sfideposte dalla postmodernità, non si improvvisa. Eppure questi insegnanti molte volteguardano a noi assetati di una parola culturalmente significativa e credibile, ingrado di illuminare anche la loro vita dal punto di vista cattolico.Ci vuole quella che chiamerei una vera e propria “autorevolezza culturale”,fatta di esperienza maturata sul campo e da preparazione che non solo non si im-provvisa, ma che va continuamente aggiornata. Penso, oltre che agli insegnanti, aigenitori dei nostri ragazzi: a volte sono persone semplici, di umili condizioni, checi affidano con spontaneità naturale i loro figli, sapendo di metterli in ottime mani;ma talvolta, davanti alla nostra platea alla consegna delle pagelle o agli incontri diinizio anno, ci troviamo davanti a professionisti, direttori di banca, medici, psico-logi, insegnanti, presidi, dirigenti di azienda, che prendono appunti e pesano le no-stre parole ad una ad una. Che dire a volte di qualche intervento affettivo e senti-mentale, senza alcuna autorevolezza, che fa arricciare il naso a persone che hannoscelto il nostro ambiente educativo perché lo considerano adeguato ai loro desideri.Penso infine ai giovani che ci osservano. Hanno bisogno di cibo solido e con-sistente in questa fluidità mediatica appariscente e vuota. Anche se non lo diconoapertamente, lo cercano e lo desiderano più di qualunque altra cosa, che, nei con-fronti della sublimità di Cristo, non può che essere, nel migliore dei casi, spazza-tura (cfr. Fil 3,8). Loro hanno tutto il diritto di sentirsi annunciare Gesù Cristo oggi
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(cfr. CG 26, n. 24). Se è vero che «la nostra scienza più eminente è quindi cono-scere Gesù Cristo e la gioia più profonda è rivelare a tutti le insondabili ricchezzedel suo mistero» (art. 34 delle nostre Costituzioni), la mente del catechista devefare delle scelte ben precise. Penso, prima che ad esperienze straordinarie o forti,alla qualità delle ore di religione, dove il dialogo tra affidamento credente e ragionepensante si fa stretto e appassionante, tra la scienza moderna e i canoni ecclesialidella fede vengono spinti ad ardui confronti, tra le schegge di apertura interrogantedel postmoderno e la fatica evangelica della confidenza con Dio si possono incon-trare.Qui un catechista culturalmente preparato ha molto da mostrare, dare e dire aisuoi ragazzi, ma anche ai suoi insegnanti, al suo collegio docenti, ai genitori che in-contra. Una catechista con una mente in ordine alla missione che gli è donata daDio è una figura certamente credibile e avvincente, anche affascinante. Degna didialogo, di confronto, di apprezzamento critico, anche quando le posizioni di fondosi fanno distanti.Poi parliamo del cuore del catechista. Dove passa l’educazione, che è appuntocosa di cuore. È il nostro specifico salesiano, ciò che fa la differenza e che rendevisibile la differenza.Bisogna amare i propri giovani, specialmente i più poveri e i più abbandonati.Il primo modo di avere a cuore i propri ragazzi è essere in mezzo a loro. Sitratta dell’assistenza salesiana: io sto presso, io ci sono sempre, io non li abban-dono mai i miei ragazzi, perché mi sono stati affidati. Non è per me una fatica, maun dono stare con loro, un qualcosa che desidero con tutte le mie forze e di cuisono grato e riconoscente.Dice un autore che credere etimologicamente deriva da cor-do, cioè “dare ilproprio cuore” (cfr. R. VODERHOLZER, Teologia fondamentale, Eupress 2002, pag.60). Ecco, in questo senso, noi crediamo nei giovani in quanto gli consegniamo ilnostro cuore, ciò che di più importante ed intimo ci è stato donato.L’ultima strenna del nostro Rettor Maggiore parla proprio di questo: siamo di-scepoli autentici e quindi apostoli appassionati, capaci, come don Bosco e donRua, di perdere la propria vita per loro, di appassionare altri a questa missione, dicreare un vasto movimento.Uno dei migliori testi che rileggo sempre volentieri sul tema tanto carismaticodel cuore è la prima parte della lettera di indizione del CG 24 («Da mihi animas,cetera tolle». Identità carismatica e passione apostolica. Ripartire da don Boscoper risvegliare il cuore di ogni salesiano, ACG 394). Dice don Pascual: «È datempo che ho maturato la convinzione che la Congregazione oggi ha bisogno di ri-svegliare il cuore di ogni confratello con la passione del “Da mihi animas”» (p. 6).Nelle visite d’insieme «ricorrente e sentito emergeva il bisogno di infiammare digioia ed entusiasmo il cuore dei confratelli nel vivere la vita salesiana e nel realiz-zare la missione giovanile» (p. 8), tanto che, si ripete, «l’obiettivo fondamentale delCapitolo Generale XXVI è quello di rafforzare la nostra identità carismatica con il
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ritorno a don Bosco, risvegliando il cuore di ogni confratello con la passione del“Da mihi animas, cetera tolle”» (p. 8).Effettivamente «facciamo fatica a raggiungere il cuore dei giovani, per i qualidovremmo essere segni di speranza» (p. 10). Ma proprio in questa fatica si mani-festa la nostra identità più profonda, perché «il vero salesiano non diserta il campogiovanile. Salesiano è colui che dei giovani ha una conoscenza vitale: il suo cuorepulsa laddove pulsa quello dei giovani. Il salesiano vive per loro, esiste per i loroproblemi. Essi sono il senso della sua vita: il suo lavoro, studio, affettività, tempolibero sono per loro. Salesiano è chi dei giovani ha una conoscenza esistenziale, maanche teorica, che gli permetta di scoprire i loro bisogni, così da creare una pasto-rale giovanile adeguata ai tempi» (p. 11).Il cuore pensa sempre al meglio per il proprio amato. Ecco la fantasia della ca-rità che si anima in tante forme di evangelizzazione e sa mettere al centro la vitadei giovani: la cura dei momenti di preghiera, l’educazione ai sacramenti, le attivitàmissionarie e caritative, l’attenzione alla vocazione di tutti e di ciascuno, la parteci-pazione alle iniziative ispettoriali e della Chiesa, gli esercizi spirituali. Tenendopresente che la nostra è spiritualità del quotidiano: confessioni a scadenza, buon-giorno di qualità, cura dei tempi forti con iniziative forti. Cercando un equilibriodinamico tra attività ordinarie e straordinarie, tenendo la temperatura spirituale deltutto e dei singoli sempre costante.Avere a cuore i giovani, in sostanza, significa aiutarli a credere in Colui chesolo è buono e degno di fede, perché è con il cuore che si crede (Cfr. Rm 10,10), esolo chi ha un cuore può credere. Averli a cuore significa aiutarli a consegnare illoro cuore al Signore. Nel tempo moderno si rifiuta la fede, perché si rifiutano leragioni del cuore. La mente è troppo poco per la fede, è necessario il cuore, cheunisce la mente e le mani a Dio.Proprio la cura e la custodia degli affetti è il luogo specifico della confidenzacon i nostri ragazzi. Essi sono oggi deregolamentati con tutte le conseguenze ne-faste che sono sotto i nostri occhi. Il dialogo spirituale, la direzione spirituale e laconfessione sono gli strumenti ordinari di formazione del cuore e della coscienzacredente ed ecclesiale dei ragazzi che ci sono affidati.È possibile trovare anche catechisti che hanno il cuore altrove rispetto a dovesono, che non credono nei giovani, ovvero che si tengono per sé il loro cuore o loimpegnano altrove; che pensano di esercitare il loro ministero sacerdotale al difuori dal loro essere catechisti; che pensano che ciò che conti di più sia il potereche si detiene e che si deve cercare ad ogni costo; che fanno i mestieranti, ma inrealtà il loro cuore è in altro luogo, magari pulsa in luoghi virtuale, nella relazionea distanza, non nella vita reale e nei giovani e nella comunità che realmente l’obbe-dienza gli affida; che riconoscono la stima umana e sociale del loro ruolo più che ladinamica salesiana necessaria.In questo tempo di ruoli e non di identità rischiamo di essere dei salesiani de-salesianizzati: così come esiste oggi il caffè decaffeinato e la birra analcolica o il
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desiderio della linea perfetta senza rinunciare a nessun cibo, ci può essere un sale-siano de-salesalesianizzato. È un po’ l’idea di accedere alla realtà salesiana senzapagarne i prezzi, senza un coinvolgimento personale, senza alcun legame defini-tivo. Questa è una logica chiaramente postmoderna, l’atteggiamento ultimo del-l’uomo edonista, che non rinuncia a nulla, purché sia privato della sostanza attivache lo rende pericoloso o impegnativo, cioè frutto di una fatica, di un sacrificio.A volte, nel cuore della vita salesiana, non solo del catechista, questa tenta-zione può essere molto forte: una vita completamente donata, ma tanto tempo dedi-cato a sé e alle proprie esigenze e capricci; amore per i giovani, ma senza alcun co-involgimento vitale; affidamento a Dio, ma tanto spazio per la propria realizza-zione; obbedienza religiosa, ma con l’ultima parola propria che non vuole veniremeno; povertà evangelica, senza che però ci manchi nulla di essenziale (e anche disuperfluo!); castità, ma senza la corrispondente sobrietà e temperanza; apparte-nenza ad un’Ispettoria o alla stessa Congregazione, ma senza la necessaria condivi-sione dei progetti unitari di sviluppo e delle iniziative comuni; in sintesi, la mis-sione salesiana vissuta senza coinvolgimento reale e definitivo del cuore.Vedete come nell’ideologia dominante del postmoderno il grande fraintendi-mento risulta essere che tutto appare ammissibile in una sintesi componibile e inte-grabile: perfino le esigenze della vita salesiana si potrebbero tenere insieme ad unmancato coinvolgimento del cuore!Le mani del catechista, infine. Andiamo al concreto, all’ordine della missione.Le mani vengono per ultime, il fare delle cose non è assolutamente la cosa piùimportante, è un esito coerente. Il nostro Rettor Maggiore lo ripete in tante occa-sioni: «più che delle nostre presenze, opere e strutture, la Chiesa ha bisogno dellanostra presenza, della nostra vita consacrata, della radicalità della sequela diCristo» (ACG 394, p. 23). Di una mente e di un cuore consacrati a Dio per il benedei giovani, che è il canone oggettivo della vita consacrata salesiana.Una volta che abbiamo una mente e un cuore simili alla mente e al cuore delBuon Pastore, le nostre mani agiscono di conseguenza, per cui non mi protraggo alungo su quest’ultimo punto, anche se è il più visibile ed il più efficace. Comunquel’ho già detto in precedenza, rem tene verba sequentur, se c’è la cosa (la mente esoprattutto il cuore), le parole, le azioni e le scelte concrete verranno da sé.In questi tre giorni vi sono presentati, nei quattro Panel previsti (itinerari dieducazione alla fede elaborati ed in atto; insegnamento delle materie religiose nellascuola; proposte esplicitamente educative ed evangelizzatrici; la valenza educativaed evangelizzatrice delle discipline scolastiche) modalità concrete ed esperienze inatto sulle ‘mani del catechista’ con cui confrontarsi.Mi limito, in questa direzione, ad affermare con forza e convinzione che il ca-techista deve scegliere, tra il grande ventaglio di possibilità che gli sono offerte, ilmeglio per i suoi ragazzi in ordine all’educazione e all’evangelizzazione. Deve cioèfare ordine nella missione affidatagli, perché, come afferma l’apostolo «“Tutto è le-cito!”. Ma non tutto è utile! “Tutto è lecito!”. Ma non tutto edifica» (1 Cor 10,23).
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Tante iniziative messe in campo non è detto che siano fruttuose in ordine all’utilitàdei ragazzi e soprattutto alla loro edificazione cristiana. Molte volte il catechista siferma al “Tutto è lecito!”, pensando che qualsiasi proposta, pensiero, progetto, iti-nerario sia automaticamente edificante, solo per il fatto che lui è il catechista,quindi il depositario del carisma.Ritengo che la dedizione disordinata sia uno dei pericoli del nostro tempo dideregulation, che si fa sentire anche in Congregazione. La retta intenzione e labontà di fondo di tanti confratelli, la sincera dedizione alla causa dei giovani e delregno dei cieli, possono infatti anche essere disordinati, ovvero confusi, superfi-ciali, leggeri. In questo caso il bene non è fatto bene, quindi non edifica, perchépuntato sull’autorealizzazione e separato dalla propria Comunità, Ispettoria, Con-gregazione e quindi anche dalla Chiesa. Troppe volte con tante buone intenzionipersonali si sono realizzati frutti cattivi, perché contrari alla condivisione, alla cor-responsabilità ed alla comunione di intenti, che è la base che accomuna tutti imembri della Congregazione.Il catechista, invece, che è uomo concreto, consapevole della sua finitezza edel suo tempo limitato, deve saper mettere ordine nella propria missione: saprà cheè assolutamente necessario che sia sempre in mezzo ai suoi giovani, in ogni occa-sione che gli è data; saprà che il tempo dedicato alla vita virtuale è sottratto ai gio-vani ai quali è mandato; che la dinamica gestionale di alcune cose andrà affidata ailaici competenti; che il tempo della cura della sua vita spirituale in buona relazionecon Dio non è sottratto ai giovani, ma crea le condizioni per un incontro di qualitàcon loro; che il suo primo ministero è quello di accompagnamento spirituale deigiovani; saprà dire dei no che lo aiutano a crescere nel servizio a ciò che conta perla vita piena dei giovani che gli sono affidati; saprà che il confronto e il discerni-mento comunitario è indispensabile; saprà individuare quali scelte per i fine setti-mana e per l’estate proporre ai suoi giovani in merito alla loro crescita; saprà chel’agire in comunione vale di più di tante doti personali; saprà, in conclusione, qualisono le priorità di cui si deve occupare per il bene integrale, quindi evangelico, deigiovani che gli sono affidati.Avete colto come nel mio incedere il catechista sia la professionalità carisma-tica salesiana allo stato puro. Questa figura porta in sé l’identità e la singolaritàpropria del carisma salesiano nel mondo della scuola e della Formazione Profes-sionale..Per questo posso rinunciare alle mani di un Preside salesiano, perfino alle manidell’Economo salesiano, ma personalmente non rinuncerei mai alle mani del Cate-chista salesiano, perché esse sono legate in presa diretta alla mente e al cuore delcarisma. Per meno di questo viene meno la consistenza non solo quantitativa, masoprattutto qualitativa della comunità salesiana intesa come nucleo animatore.Cosa fa allora il catechista, in sintesi? Il consacrato salesiano in mezzo ai gio-vani, come educatore alla fede, portatore dello specifico che la vita consacrata gliconsegna ogni giorno. Essere consacrati significa essere ‘di Dio’, appartenere a Lui
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solo. Questa è la nostra identità e che il catechista, nel suo compito specifico, èchiamato a vivere e testimoniare in mezzo ai giovani.
Conclusione
La qualità carismatica del salesiano, unica speranza per il futuro
Concludo. Siamo partiti dalla consegna capitolare di pensare insieme secondoil Vangelo per prospettare una presenza salesiana credibile ed efficiente per il fu-turo, che in sintesi è il “Progetto Europa”; siamo passati attraverso la necessità digenerare un modello gestionale capace di rendere possibile una presenza educativaed evangelizzatrice più efficace; infine abbiamo tratteggiato un canovaccio dellamente, del cuore e delle mani del catechista.Nel tempo postmoderno dei ruoli, siamo chiamati a riappropriarci della nostraidentità carismatica, che ci deriva dalla nostra oggettiva e irrinunciabile consacra-zione religiosa.Per dirla in una battuta, ci auguriamo e ci impegniamo per avere salesiani chevogliano fare sempre più e sempre meglio i salesiani in mezzo ai giovani. Lagrande sfida sta, infatti, in due direzioni.Da una parte percepisco la dinamica della formazione iniziale dei nostri gio-vani salesiani, che devono prepararsi in maniera adeguata alle sfide concrete che liaspettano. Il tirocinio rimane tappa centrale per un confronto reale e fecondo, maanche le altre tappe formative devono essere improntate nella giusta prospettiva.Bruciare le tappe formative può essere molto pericoloso: soprattutto se alcunescelte vengono operate per motivi di urgenza e di emergenza, le conseguenze pos-sono essere molto gravi. Lo stesso può valere per i preti del quinquennio.Dall’altra parte, avverto l’urgenza della formazione permanente, in merito so-prattutto alla figura del salesiano sacerdote: egli deve riscoprire e vivere semprepiù e sempre meglio la sua identità singolare di consacrato salesiano, che caratte-rizza intimamente la sua modalità di essere presbitero. Il coadiutore salesiano daquesto punto di vista ha una chiara e lineare identificazione con il proprio carisma.Il CG 26 afferma che in alcuni casi nel presbitero salesiano «si riscontra un generi-cismo pastorale e un’assunzione parziale dell’identità carismatica» (n. 59) e nellelinee di azione si chiede alla comunità che «accompagni i confratelli ordinati adimprontare il loro ministero al carisma educativo, privilegiando gli impegni pasto-rali direttamente finalizzati ai giovani» (n. 76).Quindi la battaglia della nostra presenza in Italia e in Europa si gioca, a miomodesto parere, in maniera prioritaria sul campo del nostro singolare carisma, donoricevuto per il bene dei giovani. È proprio qui che devono emergere «azioni effet-tive di cambiamento delle strutture di vita comunitaria e di esercizio della mis-sione: modelli alternativi di opere, revisione dei ruoli dei salesiani nell’esercizio
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della missione, gestione delle opere complesse. Queste attuazioni debbono essereguidate da decisioni di governo coraggiose che rendano credibili le nostre convin-zioni» (ACG 394, p. 44). Una vera conversione del pensiero che porti a scelte digoverno. Aggiungo anche: chiusura di opere aperte ex abundantia cordis, neltempo delle vacche grasse, ma oggi non più specifiche e rispondenti al nostro ca-risma, ritornando ad una vera e propria sobrietà ed essenzialità istituzionale.Pensiero e governo, capaci di ritrovarsi insieme per progettare il futuro. Unpensiero senza governo è sterile, perché non ha attuazione pratica e non ha verificadi fattibilità; parimenti un governo senza pensiero è emergenziale e non proget-tuale. La separazione troppe volte operante tra governo e pensiero nuoce ad en-trambi e non produce una realtà efficace e ordinata alla verità che dobbiamo testi-moniare a livello personale ed istituzionale.Abbiamo bisogno, come ai tempi della gloriosa epoca dei padri della Chiesa,di avere un’unità vitale tra pastori e dottori, tra autorità e riflessione, tra governo epensiero. Questa è una formula di santità valida ancor oggi e che è necessario recu-perare in tutta la sua integralità.Mutatis mutandis, per il catechista si tratta di integrare mente e cuore, l’esseredottore autorevole e pastore appassionato e credibile, capace di testimoniare perso-nalmente, comunitariamente e istituzionalmente l’amore che lo abita e che lo haconquistato. È la sua formula di santità!Il nostro Rettor Maggiore, sulla scorta di papa Giovanni Paolo II, ha affermatonella sua prima lettera ai confratelli, dal titolo tanto profetico quanto programma-tico «Cari salesiani, siate santi!» (ACG 379), che la santità è «dono di Dio e ur-genza apostolica» (p. 4).Ecco il punto chiave: l’urgenza della nostra santità salesiana personale, co-munitaria ed istituzionale viene prima e, per così dire, fonda e rende possibile l’ur-genza di evangelizzare nello stile di don Bosco!
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L’esperienza
Chi vi parla ha una triplice esperienza di insegnamento di IRC nella scuola:• docente alla Scuola Media (ora SS I grado), avendo come libro di testo “La ra-dice di Jesse” (ed. SEI);• docente al triennio del Liceo Scientifico (tecnologico e di ordinamento),avendo come libro di testo “La parola Chiave” (EDB) per un anno, sostituitopoi da dispense curate dalla scuola;• docente al biennio del Liceo Classico e Scientifico, avendo come libro di testo“Scuola di religione” di don Luigi Giussani (ed. SEI).Ho incontrato ragazzi molto diversi, per età, esperienza, cultura, provenienzasociale; ho sperimentato approcci didattici diversificati, che si adattassero agli stu-denti che avevo davanti; ho utilizzato (talora mio malgrado) strumenti didattici dis-parati.Anche l’organizzazione didattica della disciplina è stata tra le più varie: tal-volta ho tenuto un insegnamento di 2 h. settimanali, talora insegnavo un’ora sola(l’altra era tenuta da un collega laico); ora sono titolare dell’intera cattedra, ma pe-riodicamente il consigliere laico tiene dei brevi moduli (3 h.), durante le mie ore, suargomenti di carattere formativo (la motivazione allo studio; la gestione dei con-flitti; l’educazione relazionale e affettiva…).Con la presente relazione voglio anzitutto soffermarmi sullo status epistemolo-gico della disciplina, per poi accennare ad alcune questioni specifiche e, quindi, de-lineare la figura del docente di IRC.
La questione di fondo: lo status epistemologico della disciplina
L’esperienza mi ha aiutato a comprendere che la priorità per il docente di IRCsta nel chiarire, anzitutto a se stesso, lo status epistemologico della propria disci-plina; per usare parole più semplici, deve aver definito quali sono i “confini” – e
1 Professore presso l’Istituto Salesiano Sant’Ambrogio di Milano.
L’IRC nella scuola salesianaDon Antonio Mariano1
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quindi gli aspetti pertinenti – della materia che insegna. Ciò va esplicitato, poiché ilnon averlo chiaro genera tutte quelle curiose esperienze di didattica di IRC che ri-troviamo nella scuola italiana (e – ahimè – talora anche in quella salesiana): ora deiproblemi di attualità, ora dei film, ora dei dibattiti stile “Amici” di Maria De Filippi(“Cosa pensate dei DICO?” Ed ogni studente dice la sua opinione…).La normativa stessa (Dpr 14/12/1985, modificato il 13/06/1990) contiene unpassaggio che è chiarificatore, ma che, al contempo, non è esente da problemi:“l’insegnamento della religione cattolica è impartito, nel rispetto della libertà di co-scienza degli alunni, secondo programmi che devono essere conformi alla Dottrinadella Chiesa e collocarsi nel quadro delle finalità della scuola”.Nel rispetto della libertà di coscienza: ciò è valido nella scuola statale, doveuno studente può finanche scegliere di non avvalersi dell’insegnamento di IRC, malo è anche nella Scuola salesiana, dove non tutti i giovani che la frequentano condi-vidono l’esperienza della fede. Il docente deve pertanto proporre loro, durante l’at-tività didattica, una serie di contenuti che gli permettano di comprendere il cristia-nesimo, di esser sollecitati dalla proposta cristiana, ma che al contempo abbiano laforma della proposta di ricerca, non della catechesi mistagogica (che invece è l’an-nuncio rivolto propriamente alla comunità che ha già fatto la sua scelta di fede)2.Programmi conformi alla dottrina della Chiesa: la normativa ci ricorda che ladisciplina chiamata IRC non è una generica presentazione del fenomeno religioso odella storia del cristianesimo; il suo oggetto è il cristianesimo cattolico, poiché que-sta è l’esperienza religiosa che ha costruito la nostra tradizione e che esige di esserecompresa per non essere estranei alla cultura cui apparteniamo. Non si tratta di co-struire una “religione civile”, ma di riconoscere – anche da parte di chi non crede –ciò verso cui siamo debitori. Pertanto il docente di IRC deve avere una formazioneteologica solida, che gli permetta di distinguere ciò che è proprio della Tradizionedella Chiesa da ciò che costituisce certamente un patrimonio della comunità creden-te, ma che non è sostanziale. Le verità fondamentali della fede vanno enucleate equindi organizzate e presentate su un percorso che copra l’intero ciclo (3 o 5 anni).Nel quadro delle finalità della scuola: il testo della normativa è chiaro suquesto punto. La finalità della scuola pubblica – statale e non statale – non è maiconfessionale. Pertanto l’approccio con cui il docente di IRC deve presentare i con-tenuti della fede cattolica agli studenti non è – come già detto – quello kerigmatico(proprio della predicazione) o catechistico (proprio dei gruppi parrocchiali), bensìculturale e interdisciplinare. Lo studente, guidato dal proprio insegnante, viene aconoscere le verità della proposta cristiana, che sono anzitutto una provocazioneper la sua libertà, ma anche una chiave di lettura ineludibile per comprendere la sua
2 In questo senso è opportuno fare in modo che i momenti celebrativi (Celebrazione penitenziale;Eucarestia, Ritiro), che normalmente si vivono nella Scuola Cattolica, non si svolgano esclusivamentenelle ore di IRC. Si tratta di momenti comunitari, proposti a tutti, che si inseriscono nell’attività for-mativa della scuola; non sono una forma dell’attività didattica di IRC. È una piccola attenzione, cheperò aiuta ad evitare pericolosi fraintendimenti.
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cultura. Per chi ignora il cristianesimo cattolico Dante, Giotto, Manzoni, Michelan-gelo, Ungaretti, Bernini sono “muti”!Ora, le indicazioni che ci fornisce la normativa invitano il docente a trovare undelicato equilibrio (in questo senso non sono – come si è detto sopra – esenti daproblemi):• per rispettare la libertà di coscienza degli allievi occorre essere equidistanti daldogmatismo (che rende impossibile la fatica della ricerca) e dal debolismo(che rende irrilevante la fatica appena citata);• per seguire programmi conformi alla dottrina della Chiesa occorre essere equi-distanti dal fondamentalismo (che nega la mediazione della storia) e dal relati-vismo (che annulla la possibilità di conoscere la verità dell’evento cristiano);• per rispettare le finalità della scuola occorre essere equidistanti tanto da un’im-postazione catechistica (del tutto estranea alla scuola stessa) quanto da un ap-proccio storicista, che riduce l’evento cristiano ad un fenomeno storico/cultu-rale fra i tanti.
Alcune questioni: la valutazione, la scelta dei libri di testo e la metodologia di-dattica
Insegnare IRC è difficile e faticoso, molto di più che insegnare latino o ita-liano. Mi pare che “i punti sensibili” siano tre.
La scelta dei libri di testoL’editoria scolastica in questo ambito ha un’offerta più che decorosa per la SSI grado, mentre per la Secondaria di II grado è quasi impossibile trovare un ma-nuale scolastico che soddisfi le esigenze della nostra proposta didattica, che gene-ralmente è articolata su due ore settimanali e prevede – o almeno dovrebbe – unatrattazione sistematica delle verità della fede, culturalmente articolata e significa-tiva3 per gli studenti. Qualche collega risolve il problema facendo adottare il testodella Sacra Scrittura o del CCC; si tratta tuttavia di scelte discutibili che travisano ilsenso della disciplina ed anche le indicazioni della normativa. Finora la soluzionemigliore mi è parsa quella di preparare, in forma di dispensa, dei testi adatti alleproprie classi: questi debbono avere la forma del “quaderno di lavoro”, in cui lostudente trova la trattazione sistematica, i testi biblici e magisteriali, la presenta-zione dei documenti culturali, gli esercizi, lo spazio per gli appunti personali. Sitratta di un impegno improbo, che occupa al docente diversi mesi, ma che permettedi fornire agli studenti uno strumento di lavoro completo e di avere tra le mani un
3 Significativa è quella presentazione delle verità della fede che ha la forma di un appello alla li-bertà e che la muove su piste di ricerca inesplorate.
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sussidio che aiuta il lavoro dell’insegnante (mentre certi manuali lo rendono ancorpiù faticoso).
La metodologia didatticaIl particolare status della disciplina IRC rende necessaria un’accurata rifles-sione metodologica. Mi pare che lavorare per UA (Unità di Apprendimento) sia lavia più proficua. Una volta individuate le tematiche della fede da trattare in classe,l’insegnante può costruire per ciascuna di esse un percorso che permetta agli allievidi cogliere l’originalità della proposta cristiana, la sua rilevanza culturale, i suoi ag-ganci con l’oggi; l’utilizzo poi dei vari linguaggi comunicativi (musicali, iconici,filmici) permette allo studente di cogliere la complessità del tema in esame. Il do-cente deve anche aver chiaro dove vuol “approdare”, cioè deve sapere quali sono leconoscenze, competenze ed abilità che devono essere raggiunte dagli allievi al ter-mine dell’UA.
La questione della valutazioneIRC, come ogni disciplina scolastica, richiede un momento valutativo al termi-ne dell’UA; al contrario, insegnare IRC, senza verificare il processo di apprendi-mento e lo studio domestico degli allievi, attraverso interrogazioni e test scritti, si-gnifica squalificare il nostro lavoro di docenti (o trasformare l’IRC in un’ora digruppo formativo in stile oratorio; ma questo è estraneo alla scuola). Il problema èparticolarmente delicato, poiché valutare una prova scritta della nostra disciplinanon è equivalente a valutarne una di matematica o di diritto. È, per certi versi, piùsimile alla correzione di un elaborato di italiano, poiché accanto alle conoscenzemnemonicamente apprese, l’allievo deve saper mostrare le connessioni filosofichee culturali del tema di vita cristiana in oggetto, indicando la rilevanza antropologicadi alcuni problemi e il loro significato per l’oggi. Si tratta di abilità complesse, cherichiedono un lavoro didattico accurato e un percorso valutativo articolato.
La figura del docente di IRC
La figura del docente di IRC nella scuola salesiana è assai delicata e va “di-fesa” da ogni interpretazione “minimalista” (“Tanto la sua materia non fa media”) eda ogni travisamento (“È il prete che aiuta i ragazzi”).In primo luogo mi preme sottolineare che l’insegnamento di IRC è uno speci-fico del salesiano animatore della scuola (catechista) e degli altri salesiani, che con-dividono con lui l’impegno della formazione dei giovani; in tanti nostri contesti ab-biamo affidato a laici l’insegnamento di questa disciplina, ma, a mio avviso, è beneche il Salesiano presbitero svolga questo ruolo di annuncio della fede e di media-zione con la cultura. Il rischio è grosso: o ci trasformiamo in gestori delle opere,
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impegnati ad organizzare attività, o diventiamo i “cappellani” della scuola, che“cristianizzano” l’ambiente con il pensiero del buon giorno, le preghiere, i Sacra-menti e le attività di volontariato (quando ci sono). Qualora le esigenze contingentici spingessero ad assumere dei docenti laici che ci affianchino in questo compitoecclesiale4, la scelta del personale deve essere fatta con estrema attenzione e oc-corre curarne la formazione e verificarne l’operato.L’insegnate di IRC deve essere capace, in primo luogo, di porsi con autorevo-lezza davanti alla classe: i ragazzi danno importanza alla disciplina nella misura incui chi è in cattedra mostra di essere preparato, sa gestite il gruppo classe, proponeagli studenti dei contenuti che possano interessare la loro vita. Andare in aula senzaun’accurata preparazione e senza aver riflettuto sulla mediazione didattica adatta aigiovani che si ha davanti, genera senza dubbio il fallimento del processo di appren-dimento.In secondo luogo il salesiano insegnante di IRC deve “conquistarsi” l’autore-volezza presso i colleghi laici che insegnano le altre discipline previste dal curri-culum. Tale autorevolezza non ci viene automaticamente dal nostro essere presbi-teri o dall’eventuale posizione di responsabilità che ricopriamo nella scuola; nem-meno ci viene dal fatto che siamo impegnati nel seguire i ragazzi nella loro crescitae nelle loro problematiche. L’autorevolezza ci viene dalla nostra competenza sulle“cose della scuola”, dalla nostra preparazione e dalla nostra capacità di “mediare”con la cultura. È pertanto necessario che curiamo – attraverso un costante aggiorna-mento – la nostra formazione teologica e la nostra competenza culturale. All’in-terno della scuola ci dobbiamo muovere secondo le logiche della scuola, così comeall’interno di una comunità parrocchiale e oratoriana ci dobbiamo muovere se-condo la logica propria di quelle esperienze ecclesiali.A mio avviso, poi, è cosa assai opportuna che il salesiano docente di IRC abbiauna solida preparazione anche in discipline non ecclesiastiche (cioè abbia unalaurea civile) e, se ne avesse la possibilità e ne possedesse i titoli necessari, insegniqualche ora la materia di cui è specialista (matematica, fisica, italiano, latino,…).Questa scelta gli permetterebbe di acquisire autorevolezza presso i colleghi e le fa-miglie, facilitandogli il lavoro di mediazione interdisciplinare.
Approfondimento: le aperture interdisciplinari
Una via proficua per l’insegnamento dell’IRC è la costruzione di percorsi in-terdisciplinari, che permettano ai ragazzi di cogliere i nessi esistenti tra l’eventocristiano e la nostra cultura.
4 Occorre ricordare che l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole è una vera e propriamissio ecclesiale, tanto che i docenti debbono avere il mandato dell’Ordinario del luogo per potersvolgere questo compito.
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In allegato vi ho riportato il percorso che avevo costruito a Sesto San Giovanniper il triennio del liceo scientifico; si tratta di 9 quaderni di lavoro (3 per anno sco-lastico) che presentano un tema di vita cristiana sviluppato in chiave interdiscipli-nare con letteratura italiana (che pure insegnavo in una classe) e con l’ausilio anchedi altri documenti filmici o iconografici.Il punto di partenza era sempre la provocazione antropologica, il punto di ar-rivo la presentazione della novità cristiana rispetto a quel problema; al centro c’è lamediazione che ci fornisce un testo od un autore della nostra letteratura.Una simile impostazione richiede certamente molto studio, molto lavoro eduno stretto dialogo con i colleghi della disciplina diversa da IRC, sia per stendere ilprogetto sia per decidere dei momenti valutativi comuni (si tratta, infatti, di UA in-terdisciplinari, non pluridisciplinari). Tale impostazione di lavoro si è rivelata assaiproficua per gli studenti non solo del Liceo, ma anche dell’istituto tecnico (inquesto modo lavorava anche il collega e confratello che era catechista in quel set-tore) e mi pare sia la via di futuro per la nostra disciplina.
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5 Per la lettura del testo ci si può avvalere dell’audiolibro “Questo matrimonio non s’ha da fare”(Vita e pensiero 2005).6 Cfr. nota 4.7 La tragedia può esser fatta vedere alla classe proiettandone la versione in DVD (Fabbri 2009).8 Per l’ascolto del testo, ci si può avvalere della lettura curata da Vittorio Gassman, disponibilein DVD (Fondazione Vittorio Gassman 2005).9 Può essere anche utile proporre la visione integrale della versione filmica (“Pinocchio” di Ro-berto Benigni, 2002).
AllegatoINSEGNARE LETTERATURA ITALIANA E IRCQuaderni di lavoro per l’insegnamentodi IRC al triennio del liceo
3.1
3.2
3.3
4.1
4.2
TitoloCRISTOSÌ ME TRÂ TUTTO,TANTO È BELLO!Fede e ragione
MADRE DE’SANTIIl mistero della Chiesa
IL PANE DEL PERDONOLa dinamica dei Sacramenti
PADRE MIO,CHÉ NON M’AIUTI?Il tragico ovvero lastoria dell’uomo comeesito del drammadella libertà
C’ERA UNA VOLTAUN PEZZO DI LEGNOTemi di protologiacristiana ovvero l’uomocreato come figlioma segnato dal peccato
DestinatariStudenti IIIliceo
Studenti IIIliceo
Studenti IIIliceo
Studenti IVliceo
Studenti IVliceo
Temi di vita cristiana trattati* La fede come incontro con Cristo* Modelli teorici dell’incontro tra fedee ragione* Le aporie della ragione non credente
* La Chiesa come mistero* La Chiesa come popolo di Dio* Le componenti della Chiesa* Principio maschile/paterno e prin-cipio femminile/materno* Il ruolo della Vergine Maria
* Struttura sacramentale della vita cri-stiana* Trattazione sistematica del settenariosacramentale* L’antropologia teologica: concettifondamentali* La struttura drammatica e parados-sale della libertà* La struttura tragica della storia* La pretesa cristiana: la Pasqua diCristo come risposta affidabile al pa-radosso della libertà* La protologia cristiana: concetti chiave* L’uomo creato come figlio* La struttura simbolica dell’uomo* I caratteri della condizione viatrice:storia, libertà e sofferenza* Il contesto transumano: angeli e de-moni* Il peccato originale* Approfondimento: creazione ed evo-luzionismo
Documenti collegati- Lettura antologica dal Laudario diJacopone da Todi- Visione e commento del ciclo figura-to della “Stanza della Segnatura” diRaffaello- Lettura semicursiva e commento diZibaldone 165-172- Lettura e commento dell’inno “Pen-tecoste” di A. Manzoni- Ripresa e rilettura in chiave autobio-grafica (la conversione ed il ritornoalla Chiesa) di alcuni passi dai capp.20-23 de “I Promessi sposi” di A.Manzoni5- Lettura semicursiva dei capp. 4 e 26de “I Promessi Sposi” di A. Man-zoni6
- Lettura semicursiva dell’ “Antigone”di Sofocle7- Lettura semicursiva e commento deiCanti 32 e 33 dell’Inferno dantesco8- Lettura semicursiva ed esegesi di Mt26,1-28,10
- Lettura antologica da “Pinocchio” diCollodi9- Visone (carptim) di “Sleepers” diBarry Levinson (1996)
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10 Cfr. nota 4.11 Per la trattazione di questo aspetto, ci si è avvalsi della collaborazione di una biologa del Mo-vimento per la vita, la quale ha tenuto una lezione di 2h a ciascuna classe.12 Anche per questi testi è disponibile l’audiolibro con la lettura curata dall’autrice stessa (BUR2008).
4.3
5.1
5.2
5.3
TitoloALL’OMBRA DE’CIPRESSIE DENTRO L’URNEChiamatiad una speranzapiù grande
GERTRUDE EL’INNOMINATOCoscienza, libertàe legge
SEI INCOMINCIATO PERCASO O PER SBAGLIO…Il dono della vita
AGOSTINO E RICCETTOSessualità e problema di senso
DestinatariStudenti IVliceo
Studenti Vliceo
Studenti Vliceo
Studenti Vliceo
Temi di vita cristiana trattati* La fenomenologia dell’esistenza se-gnata dalla morte* L’escatologia cristiana: concetti fon-damentali* La Risurrezione* La Gloria del Paradiso* La Parusia e la palingenesi* La possibilità della dannazione* Il Purgatorio* La legge morale e la legge positiva* La libertà * La coscienza morale: i suoi carattericostitutivi e la sua struttura essenzial-mente filiale* Introduzione all’etica della vita fi-sica* Alcune questioni particolari: omi-cidio; suicidio e condotte suicidarie;pena di morte, guerra e legittima di-fesa; etica medica, eutanasia e acca-nimento terapeutico.* Approfondimento: l’aborto in chiavefenomenologica, scientifica11 ed etica* L’esperienza dell’identità sessuata:analisi fenomenologica* I fondamenti della visione cristianadella sessualità* Temi particolari: rapporti prematri-moniali, convivenza more uxorio, di-vorziati risposati.* Approfondimento: la questione del-l’omosessualità
Documenti collegati- Visione e commento de “La stanzadel figlio” di N. Moretti (2001)- Lettura semicursiva e commento de“I Sepolcri” di U. Foscolo
- I Promessi Sposi: lettura semicursivadei capp. 9-10- I Promessi Sposi: lettura semicursivadei capp. 21-2210
- Lettura e commento esegetico diGen 1,26-32 e Dt 12,23-25- Lettura antologica12 di alcuni passi di“Lettera ad un bambino mai nato” diO. Fallaci.
- Lettura e commento esegetico diGen 1,27-28; 2,18-25;3,1-24- Lettura semicursiva di “Agostino” diA. Moravia.- Lettura antologica dai capp. 2 e 7 di“Ragazzi di vita” di P. Pasolini- Visione e commento di “Crocifisson° 2” di W. Congdom- Lettura e commento dell’articolo“Riconoscere le convivenze?Le scorciatoie delle provocazioni” diF. D’Agostino (Osservatore Ro-mano, 14/01/06)
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Premessa: collocazione della dimensione religiosa nella legislazione
La formazione religiosa nella legge 845/78: La Repubblica promuove la FP per: – rendere effettivo il diritto al lavoro e alla libera scelta – favorire la crescita della personalità dei lavoratori – garantire l’acquisizione di una cultura professionaleLa “religione” entra come “dimensione etica della persona” nell’area cultu-rale, parte integrante, questa, della più ampia proposta della cultura professionaleper cogliere le ragioni profonde ed il significato plenario dell’attività lavorativa,della vita professionale, della formazione ad essa connessa.La formazione religiosa nella legge 53/03: – Favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana …– Promuovere il conseguimento di una formazione spirituale e morale,anche ispirata ai principi della Costituzione …– Promuovere lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla co-munitàNel PECUP (Profilo educativo, culturale, professionale dell’alunno), allegatoalla legge 53/03 sono indicati i seguenti obiettivi: – Cogliere la dimensione morale di ogni scelta …– Ricercare un significato alla propria vita …– Elaborare,esprimere e sostenere un progetto di vita …– Riconoscere in tratti e dimensioni specifiche della cultura le radici giudaiche-cristiane e l’identità spirituale e materiale dell’Italia e dell’Europa …Alla luce della legislazione vigente, la Federazione CNOS-FAP ha elaboratouno specifico progetto sull’educazione religiosa per i giovani che frequentano ipercorsi dell’Istruzione e Formazione Professionale.
1 Formatore - CFP Catania Barriera.
IRC e Formazione Religiosa nel CFPP. Quinci1
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Il progetto, elaborato in più anni, comprende:1. Un sussidio per il Formatore: RUTA G. (a cura di), Etica della persona e dellavoro, Tipografia Pio XI, 20042. Una Linea Guida per il formatore: Vivere …. Linee guida per i formatori dicultura etica e religiosa nei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale,2007. 3. Un sussidio per gli allievi organizzato in tre volumi (2008):- Vol. 1°: VIVERE IN… L’identità- Vol. 2°: VIVERE CON… La relazione- Vol. 3°: VIVERE PER… Il progettoAppare utile socializzare le principali caratteristiche dell’intero progetto.
L’esperienza «formativa» dei CFP
Nel solco della storia della Formazione Professionale in Italia2 e della tradi-zione salesiana in questo campo così delicato ed importante3, nell’attuale conside-razione del mondo del lavoro e delle nuove prospettive educative e formative4, laFP, pur mantenendo l’impegno specifico della preparazione professionale, non puònon caratterizzarsi come un processo debitamente articolato, sistematico e flessi-bile, atto a promuovere l’uomo “integralmente”, nella sua dimensione etico-socialee politica con una sensibilità e apertura ai valori collegati al trascendente. In
2 Cfr. L. CHIZZA - N. TANINI, La formazione professionale in Italia, Buffetti Editore, Roma 2004;F. HAZON, Storia della formazione tecnica e professionale in Italia, Armando, Roma 1991.3 Nell’insorgente exploit della rivoluzione industriale, le Costituzioni della Società di S. Fran-cesco di Sales del 1874 (Testi critici a cura di F. MOTTO, LAS, Roma 1982, p. 75) riportavano all’art.4 nella parte riguardante lo scopo della Società salesiana: “Avvenendo spesso che si incontrino gio-vani talmente abbandonati, che per loro riesce inutile ogni cura, se non sono ricoverati, perciò perquanto è possibile si apriranno case, nelle quali coi mezzi, che la divina Provvidenza ci porrà tra lemani, verrà loro somministrato ricovero, vitto e vestito; e mentre si istruiranno nella verità della catto-lica Fede, saranno eziandio avviati a qualche arte o mestiere”. Prima dell’istituzione di tali centri diaccoglienza, di educazione integrale e di avviamento al lavoro, non vanno dimenticati nell’opera edu-cativa di Don Bosco i primi contratti di lavoro, stipulati per sua mediazione tra i datori di lavoro e isuoi ragazzi: cfr. il testo del contratto tra Don Bosco e il falegname Giuseppe Bartolino per garantiregli elementari diritti al giovane Giuseppe Odasso, risalente all’8 febbraio 1852 e conservato in Con-tratti - Archivio storico salesiano, Casa Generalizia SDB, Roma. Cfr. la breve e intesa relazione di P.CHAVEZ, La formazione professionale dei salesiani nel mondo: un successo educativo, in Atti del Con-vegno: “Formazione professionale: per dare a tutti un futuro” (Arese - Milano, 27 ottobre 2006) alle-gato a “Rassegna CNOS” 23 (2007) 2, pp. 13-18. Inoltre A. DOMENECH, La formazione professionalenel carisma e nella missione salesiana, in “Rassegna CNOS” 19 (2003) 2, pp. 19-25. 4 Cfr. i contributi contenuti in L. VAN LOOY - G. MALIZIA (edd.), Formazione professionale sale-siana. Memoria e attualità per un confronto, LAS, Roma 1997; ID. (edd.), Formazione professionalesalesiana. Proposte in una prospettiva multidisciplinare, LAS, Roma 1998. Di particolare importanzail percorso riflessivo offerto puntualmente, in questi ultimi anni, dalla rivista “Rassegna CNOS” diRoma.
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quest’alveo la FP si innesta nel dinamismo congiunto della professionalità lavora-tiva e della cultura umanistica, non autoescludendosi dalle innovazioni tecnolo-giche e dal ricco patrimonio culturale della Nazione, dell’Europa e del Mondo.Così: “(…) la Federazione CNOS/FAP intende educare all’esercizio di una profes-sionalità matura attraverso la proposta di una cultura:– che è professionale, in quanto è centrata sulla condizione produttiva in cui isoggetti in formazione vivono e hanno da esercitare la loro capacità di lavoro;– che è umanistica, in quanto inquadra la professionalità in una concezione glo-bale dell’uomo radicalmente capace di costruire una storia a misura d’uomo euna convivenza sociale a servizio di una vita personale e comunitaria, civile eumanamente degna;– che è integrale, in quanto la professionalità e il lavoro ottengono la loro pienasignificatività nella dimensione etica e religiosa della vita, che in particolaremotivano la ricerca e la solidarietà di tutti verso il bene comune e verso unastoricità culturale aperta e stimolata dalla trascendenza»5.Le istituzioni educative e formative che si pongono al servizio dell’uomo edella società, in una cultura non più “trasmissiva” ma “ermeneutica”, sono chia-mate ad “offrire simultaneamente le mappe di un mondo complesso in perennecambiamento e la bussola che consenta agli individui di trovarvi la propriarotta”6.
La dimensione Etico-Religiosa nell’Area Storico-Socio-Economica
Questa presenza è motivata principalmente dal fatto che l’esclusione della reli-gione cattolica e delle sue implicanze etiche dagli elementi storico-culturali che ca-ratterizzano l’identità italiana, comporterebbe ipso facto non solo un marginale im-poverimento, ma una mutilazione irrimediabile. Il patrimonio nazionale, nei suoivalori fondamentali e nelle molteplici manifestazioni letterarie, pittoriche, scul-toree, architettoniche, musicali, sarebbe destinato all’incomprensibilità senza il ri-ferimento alla dimensione religiosa della vita e alla forma “storica” della religionecattolica. La dimensione etico-religiosa, inoltre, costituisce per i soggetti un fattoredi integrazione personale e di un’armonica identità e contribuisce, secondo il suo
5 CNOS-FAP, Proposta formativa, Roma 1989, pp. 27-28, n. 5.1. L’Organizzazione Mondialedella Sanità nelle sue recenti Dichiarazioni (Jakarta 21-25 luglio 1997; Bangkok 11 agosto 2005) haaffermato che la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale, sociale. Si tratta di uno statodi sostanziale equilibrio dell’individuo dentro il suo ambiente vitale, di una dinamica armonia tra levarie sfere emotiva, fisica, psichica, relazionale, sociale e spirituale proprie della persona umana. Cfr.www.retehphitalia.it (13 novembre 2007).6 J. DELORS (ed.), Nell’educazione un tesoro, p. 79.
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“specifico”, a perseguire le finalità della FP. La CER (Cultura Etico-Religiosa)offre, così, un apporto singolare ed insostituibile7.La CER, all’interno del quadro formativo, coglie gli aspetti concreti della “re-ligiosità” e della “religione”8 (in particolare cristiano-cattolica) che caratterizzanola cultura italiana nel confronto aperto alle dimensioni europea e mondiale9.In Italia la legittimazione dell’IRC si staglia in un regime giuridico di Concor-dato tra Santa Sede e Stato Italiano (18.02.1984). L’art. 9 comma 2 afferma la con-notazione culturale dell’IRC nella scuola italiana:«La Repubblica Italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e te-nendo conto che i principi del Cattolicesimo fanno parte del patrimonio storicodel popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità dellascuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non univer-sitarie d’ogni ordine e grado».Lo “specifico” della CER nel CFP consiste in un approccio culturalmente qua-lificato e scientificamente condotto della tradizione cristiano-cattolica in se stessa,in rapporto alle altre confessioni o religioni e alle diverse visioni dell’uomo, dellavita e del mondo. Di conseguenza, l’intenzionalità formativa propria della CER, inquanto disciplina professionale, non mira tanto a sviluppare la religiosità nel sog-getto, obiettivo che rientra nel progetto globale e che è perseguibile attraverso mo-dalità educative particolari, quanto ad un approccio ottimamente “distanziato” perconoscere e apprezzare la sfera religiosa, i suoi valori e le sue molteplici manifesta-zioni. Essa: «è vista e voluta come parte integrante della formazione professionale, inquanto aiuta a cogliere le ragioni profonde e il significato plenario dell’attività la-vorativa, della vita professionale e della formazione ad esse, nell’insieme della vitaprofessionale e comunitaria. (…) Più specificatamente, almeno a livello intuitivo,si cerca di riferire e di connettere tale dimensione religiosa nell’orizzonte di una
7 Cfr. M. TONINI, Educazione religiosa e insegnamento della Religione Cattolica nel sistema diIstruzione e formazione professionale, in “Rassegna CNOS” 19 (2003) 3, pp. 40-57.8 Per “religiosità” si intende la dimensione “soggettiva” dell’uomo che percepisce il senso delsuo limite e del trascendente; per “religione” invece la dimensione “oggettiva”, cioè il sistema di cre-denze e di pratiche che stanno alla base di una istituzione religiosa. La “fede”, nella accezione cri-stiana, è chiamata di Dio alla comunione con sé e degli uomini tra di loro e risposta personale del-l’uomo alla sua iniziativa. La distinzione tra “religiosità” e “religione” è di carattere teorico; nellarealtà non è così netta, perché i livelli si intersecano di fatto: cfr. L. PRENNA, L’uomo religioso, in Z.TRENTI - F. PAJER - L. PRENNA - G. MORANTE - L. GALLO (edd.), Religio. Enciclopedia tematica del-l’educazione religiosa, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1998, pp. 83-110.9 Il percorso sperimentale di istruzione e formazione professionale rimanda a due documenti im-portanti: a) la definizione degli standard formativi minimi relativi alle competenze di base, sancitinella conferenza Stato-Regioni del 15 gennaio 2004; b) i saperi e le competenze per l’assolvimentodell’obbligo di istruzione esplicitati nel decreto del 22 agosto 2007, n. 139. Il CNOS-FAP, durante lasperimentazione ha valutato e valuta tuttora idonea la collocazione della CER all’interno dell’areastorica e sociale.
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cultura delle professionalità e del lavoro, con il fine di stimolare la ricerca dei si-gnificati ultimi per tali dimensioni umane e civili»10.Tutto questo comporta lo sviluppo negli allievi delle seguenti competenze:• la lettura e l’interpretazione degli elementi religiosi della cultura,• l’apprezzamento dei valori del cristianesimo, con particolare riferimento al la-voro e alla professione.
La CULTURA «RELIGIOSA»
Il CFP intende essenzialmente trasmettere e promuovere la “cultura” sottol’angolatura della professione e del lavoro; la CER, all’interno del quadro forma-tivo e della CG, offre un articolato approccio alla “religiosità” e alla “religione”come essenziali indicatori culturali.
La Cultura Etica e Religiosa nel CFP (CER)In ordine alla maturazione del soggetto, la CER offre stimoli per risve-gliare gli interrogativi profondi dell’esistenza umana, per dilatare la visionedella realtà che lo circonda e per approfondire la lettura della storia umana comeambito in cui ogni uomo sperimenta la sua libertà, la reciprocità con gli altri uo-mini, la responsabilità comune di costruire un mondo più umano e la posizione daassumere nei confronti del Trascendente. In ordine all’oggetto proprio della disciplina, la CER consta di un’indagineculturalmente fondata dell’esperienza storica del cristianesimo, secondo latradizione cattolica; nel nostro contesto territoriale nazionale essa è la “forma reli-giosa” più importante, oltre che la più diffusa, segnata da una particolare conce-zione di Dio, dalla mediazione “unica” del Cristo e dal contesto ecclesiale che lacaratterizza. A tale scopo non può essere eluso il contatto diretto con le fonti dellafede cattolica (bibbia, documenti ecclesiali, scritti vari ...) e le molteplici testimo-nianze culturali che la caratterizzano, perché gli allievi abbiano un approccio glo-bale all’evento cristiano: alle sue origini, agli avvenimenti principali che hanno se-
10 C. NANNI, La pedagogia della formazione professionale salesiana, in L. VAN LOOY - G. MA-LIZIA (edd.), Formazione professionale salesiana, pp. 164-165.
DEFINIZIONE CULTURASistema organico e com-plesso che forma l’identità diun popolo, di una società, diun gruppo consistente di per-sone.
CULTURA RELIGIOSASistema organico e complesso che forma l’iden-tità di un popolo, di una società, di un gruppoconsistente di persone, segnata da un fondamen-tale rapporto con il Trascendente, originandonuovi significati e modifiche culturali.
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gnato la sua storia e alla sua attuale configurazione carismatica e istituzionale, almessaggio e alla dottrina, al culto e agli orientamenti etici, al linguaggio e alle rela-zioni con il mondo, alla speranza di cui il cristianesimo è portatore.In ordine all’ambiente CFP, la CER, facendo uso degli strumenti propri dellaFormazione Professionale, contribuisce all’opera culturale d’analisi, di ricogni-zione critica e di interpretazione, di promozione di capacità progettative chedevono contraddistinguere l’apprendimento specifico e diversificato da altre espe-rienze di educazione dell’uomo (come quella “scolastica” e la formazione “perma-nente”).
Le grandi aree tematicheNella strutturazione dei contenuti della CER si è cercato di offrire una pro-posta unitaria e differenziata, che potesse garantire concretamente l’apertura, l’o-rientamento e la flessibilità. La suddivisione tematica in quattro aree, di cui tre “in verticale” ed auto-nome (identità - relazionalità - progettualità) e una quarta “trasversale” e cor-relata alle precedenti (responsabilità), non solo permette una scansione tempo-rale triennale (un’area per ogni anno), ma anche può offrire materiali per una pro-posta adeguatamente articolata per un secondo livello di FP. La scansione tripartitao quadripartita non è rigida, ma può garantire una buona flessibilità didattica (ades. spigolando i nuclei tematici che interessano o privilegiando le UA “obbliganti”e tralasciando quelle “opzionali” d’amplificazione contenutistica). È possibileanche combinare insieme le UA per ottenere moduli ad hoc in vista di particolarifinalizzazioni didattiche. Ad es. l’abbinamento delle prime UA delle tre aree puòoffrire un pacchetto di carattere antropologico di base, intersecando la ricerca d’i-dentità, la sfera relazionale e la progettazione di sé in un unico movimento forma-tivo. Si lascia all’insegnante e al team dei docenti-formatori la possibilità di asso-ciare le UA offerte.
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PRIMAAREA: IDENTITÀ
La prima area è imperniata attorno al concetto di «identità», che indical’«individualità» e la «distintività» di un soggetto. Più di tutti gli altri esseri, l’iden-tità dell’uomo sottolinea la sua dignità e il suo valore per ciò che è, nella sua uni-cità e irripetibilità.La FP raggiunge il suo scopo formativo quando valorizza e riconosce l’identitàdi ciascun allievo e lo aiuta a prendere consapevolezza di quello che è, nella reali-stica ma fiduciosa conoscenza delle proprie risorse e dei propri limiti. In questasofferta ma appassionata ricerca della propria identità, gli allievi sono invitati ad in-dividuare i valori della dignità dell’uomo, che non può essere ridotto ad uno stru-mento, ma costituisce un fine e s’impone per se stesso al rispetto e alla considera-zione più piena da parte di tutti. Sono inoltre stimolati a scoprire l’identità diDio e la funzione umanizzante della religiosità e della religione, l’identità di GesùCristo come specifico della fede cristiana. Nella costruzione della propria identità e nello sviluppo della propria persona-lità, la dimensione religiosa non è alienante e la singolarità cristiana nella dinamicadell’incarnazione, del Dio fatto uomo, non rende menomato e non mortifical’uomo, ma n’esalta la dignità, elevandolo al massimo delle sue potenzialità. Gli interrogativi di fondo di quest’area sono: chi sono io? Chi è l’uomo?Chi è Dio? Chi è Gesù Cristo?
Le UA sono:■ Vivere è esserci...Io chi sono? Chi è l’uomo? Quali sono le dimensioni che lo caratterizzano?Quando un uomo può dirsi maturo? Come può un giovane prendere in mano lapropria esistenza e il proprio processo di crescita?■ L’uomo “cercatore di Dio”Chi è Dio? La religiosità dell’uomo e le religioni dei popoli sono supersti-zione, alienazione, oblio della ragione e allucinazioni collettive? Oppurefanno parte integrante della vita umana e possono aiutare a realizzarla piena-mente?■ Chi sei tu, Gesù di Nazareth?Chi è veramente Gesù Cristo? Qual è il suo messaggio? Quale il suo stile di vita?Quali sono gli effetti sulla storia del Paese e sul destino dell’umanità? Il Cristoha qualcosa di significativo e di attuale da comunicare agli uomini di oggi?■ La pasqua di GesùQuali sono le ragioni addotte dai cristiani per credere nella risurrezione diGesù Cristo? Qual è il suo significato fondamentale? ■ Evangelizzare: portare una lieta notiziaIl movimento evangelizzatore continua fino ad oggi? Come? E con quali mo-dalità? Quali le figure più rappresentative di quest’opera di evangelizzazione?
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SECONDAAREA: RELAZIONALITÀ
La seconda area è incentrata attorno al concetto di “relazionalità”, che in-dica il rapporto di ogni “individualità” con l’“alterità”, il rapporto tra persone invista di uno scambio e di comunicazione, l’“essere con” gli altri.La FP raggiunge il suo scopo formativo quando promuove negli allievi atteg-giamenti e comportamenti relazionali e sociali positivi, quando stimola a vederenella “diversità” non tanto un limite quanto una risorsa. Il rapporto con le altrereligioni non va vissuto come attacco alla propria identità e integralità, ma comeoccasione di confronto e di arricchimento vicendevole. Il dialogo interreligioso èconsapevolezza di identità e di alterità, senza confusione e sincretismi. I valoridella fraternità e della solidarietà vengono appresi in tutta la loro portata, coglien-done l’urgenza per il mondo di oggi e il collegamento fortemente propositivo con ilmessaggio di Gesù Cristo e con la sua volontà di radunare in comunità non solo isuoi discepoli, ma invitando tutti indistintamente al banchetto della vita.Gli interrogativi di fondo sono: chi siamo noi? Chi è la comunità umana?Chi sono le grandi religioni? Chi è la Chiesa? Quali sono i segni di appartenenzaalla comunità cristiana e alla società civile?
Le UA sono:■ Vivere è entrare in relazione...Con quali positività e pregiudizi, atteggiamenti e comportamenti ci si accostaagli altri? ■ Cristianesimo e religioni a confrontoNel territorio in cui si vive, coesistono diverse tradizioni religiose, alcune piùradicate nella storia del paese, altre più recenti. Forme d’intolleranza, mutuaignoranza, forme di conoscenza e di dialogo sono all’ordine del giorno. Conquali prospettive?■ La Chiesa “convocata”, “popolo in cammino”Qual è il vero volto della Chiesa secondo il pensiero di Gesù Cristo e secondoquanto esprime di se stessa? ■ C’è una pasqua per la ChiesaNell’Eucaristia scaturiscono i valori della solidarietà e della trasformazionedel mondo. Quale è il livello di coerenza e di creatività di fronte alle urgenzedella vita?■ In un mondo di segniTra azione sacramentale liturgica e attività lavorativa ci possono essere unaprofonda simbiosi e richiami continui. Quali? A quali condizioni è possibilerealizzare tale unione?
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TERZAAREA: PROGETTUALITÀ
La terza area è imperniata attorno al concetto di “progettualità”, che con-nota l’essere umano come libertà d’autodeterminarsi, di operare delle scelte e diprogettare il futuro personale e, in maggior o minor misura (secondo il ruolo so-ciale), quello degli altri e, in definitiva, del mondo. La FP raggiunge il suo scopo formativo quando promuove negli allievi capa-cità d’orientamento e di progettazione, quando aiuta a vedere oltre l’immediato enello stesso tempo di non fuggire dalle sfide del presente, quando forma alla valo-rizzazione fedele e creativa delle risorse disponibili. Il cristianesimo non restringela visuale e non mortifica la prospettiva del futuro, ma alimenta la tensione verso ilvero progresso dell’umanità, anticipato da Cristo nella pasqua e continuato dall’im-pegno tante volte nascosto dei cristiani, che con la propria attività hanno contri-buito, insieme a tanti uomini di buona volontà, al progresso del pianeta. Gli interrogativi di fondo sono: verso dove vado? Quali sono le possibiliscelte di vita? Ho un progetto per il mio futuro? Qual è lo stile di vita del cri-stiano? Quale è il ruolo del cristiano nella società e nel mondo?
Le UA sono:■ Vivere è progettarsi...Il lavoro e la professione in che senso assumono un ruolo d’indicatore nel pro-getto di sé, a partire dal presente e guardando in avanti?■ Tante vie per realizzare la vitaNon è sempre facile discernere quale strada imbroccare. Talvolta alcune pro-poste immediate ed allettanti («tutto e subito») vengono preferite ad altre cheesigono tempo e fatica. Come districarsi in questi casi e quali criteri di sceltaoperare? ■ Il manifesto della vita felice L’attività lavorativa e tecnico-professionale come può concretizzare l’ideale divita evangelica?■ La “novità cristiana” e la passione per questo mondo Qual è il modo migliore per occupare il proprio posto nel mondo, offrendo ilproprio contributo per la città degli uomini, senza perdere l’orientamentoverso «i nuovi cieli e la nuova terra»?■ La Dottrina Sociale della Chiesa: una proposta per tuttiLa «dottrina sociale» orienta la vita e l’azione sui vari campi, che toccano ladignità umana, la convivenza degli uomini e il progresso dei popoli? Quali in-terrogativi affiorano? Quali possibilità per dibattere su di essi?
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QUARTAAREA «TRASVERSALE»: RESPONSABILITÀ
Questa quarta area “trasversale” è centrata sulla “responsabilità” e puòcostituire il trait d’union tra le prime tre, specificando ulteriormente il percorsodella CER.Gli interrogativi pervasivi per quest’area sono: quale impegno di risposta(= responsabilità») viene richiesto a livello personale, sociale e progettuale ai cri-stiani e agli «uomini di buona volontà»? Quale scarto sussiste nel mondo del la-voro tra situazione culturale reale e idealità dell’etica professionale?In quest’area non si danno contenuti in più, bensì accentuazioni e approfondi-menti. Gli insegnanti potranno selezionare dalle prime tre aree tutti quei contenutiche riterranno opportuni per sviluppare e personalizzare il percorso. Il principio diresponsabilità, infatti, si raccorda a quelli d’identità, relazionalità e progettualità edin qualche modo riesce ad unificarli.
La scelta metodologicaLa scansione metodologica delle UA segue il metodo CREA11, per conformarel’insegnamento della CER ad altri ambiti disciplinari e formativo-professionali.Le unità di apprendimento sono elaborate tenendo presenti i quattro criteri me-todologici di base12:1. l’approccio preferenziale verte sulle esperienze, più che sui contenuti; que-st’ultimi vengono recuperati lungo il percorso e compresi non a prescindere,ma all’interno delle esperienze medesime;2. l’innesco e l’iter metodologico mira a coinvolgere i soggetti abilitandoli gra-dualmente alla soluzione dei problemi;3. ponendo gli allievi al centro del processo didattico-formativo, si fa leva sullasperimentazione di capacità cognitive e abilità professionali;4. l’obiettivo non verte sull’acquisizione di contenuti, bensì sulle prestazioni esull’acquisizione di competenze.I quattro momenti che si snodano in tale processo fanno sì che gli allievi svi-luppino un apprendimento “esperienziale” più significativo e più produttivo13. Queste fasi successive sono rese graficamente nel sussidio per gli allievi con isei pezzi fondamentali del gioco degli scacchi.
11 Cfr. CNOS-FAP NAZIONALE (ed.), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA).Progetto e guida alla compilazione dei sussidi, CNOS-FAP, Roma 2006; D. NICOLI (ed.), Linee guidaper la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale,CNOS-FAP e CIOFS/FP, Roma 2004.12 Cfr. CNOS-FAP NAZIONALE (ed.), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA),p. 18.13 Cfr. CNOS-FAP NAZIONALE (ed.), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA),p. 38 ss. Il metodo CREA s’ispira al modello di Kolb e Fry.
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Momenti del procedimento CREA
Esperienza: il punto di partenza non è un’idea,un contenuto astratto, un tema, bensì un’espe-rienza che viene proposta alla considerazione de-gli allievi. Può essere più o meno vicina alla lorovita, ma deve comunque stimolare la loro mo-tivazione e coinvolgerli più che sia possibile.
Riflessione: in base all’esperienza il formato-re/insegnante guida i giovani alla riflessione sul-la realtà esperienziale tramite modalità di ricerca,di problematizzazione e di autoesplorazione.
Spiegazione: a partire dalla riflessione sull’e-sperienza, il formatore/insegnante spiega i con-tenuti e i concetti, cercando di gettare un pon-te tra l’esperienza iniziale e i vari significati invista di esperienze più profonde.
Sperimentazione: dopo la spiegazione vieneproposta una nuova esperienza collegata e ana-loga alla prima, in modo da rinforzare il processotramite un movimento di ripensamento e rie-spressione per una migliore personalizzazionedel processo.Verifica: esaminando il percorso e in particola-re il risultato della sperimentazione (d) gli al-lievi con l’aiuto del formatore/insegnante com-piono una verifica dell’UA, misurandosi nontanto sui contenuti, quanto sulle competenzeacquisite.Contenuto: non è tanto un dato da conoscere,memorizzare ed apprendere, bensì l’esperienzanel suo vertice e in pienezza, nella sua poten-zialità massima che può essere valorizzata o spre-cata, o semplicemente rimossa: è il punto di con-vergenza, il senso complessivo della vita anchese colto in un particolare aspetto o momento. Ilcontenuto è centrale, a confluenza del circuitodei cinque movimenti.
Richiamo grafico degli scacchi
Pedina: sebbene a prima vista insignificante, ha,nella sua provvisorietà e limitatezza, un propriomovimento, un proprio raggio d’azione e una suadeterminatezza in gioco. Può indicare ogniframmento di vita che va comunque salvato, manello stesso tempo investito per un risultato piùgrande e per esperienze più intense.Torre: è il segno che rinvia ad un luogo eleva-to dove la sentinella veglia, osserva, vigila at-tentamente. È il luogo della riflessione in cui nontutto è visibile, ma da dove è possibile scorge-re l’orizzonte e in esso la realtà.Cavallo: rimanda a un intervento puntuale suquanto osservato prima, una specie di incursioneper l’approfondimento. È il modo di accostarela realtà prima esperimentata e su cui si è ri-flettuto, al fine di spingersi verso ulteriori con-quiste.Alfiere: il movimento trasversale sulla scacchierapermette di spaziare e di sperimentare quanto pri-ma è stato vissuto, riflettuto e spiegato. Comein un palio o un rodeo, permette di ripercorre-re l’esperienza e misurarsi sui risultati e gli obiet-tivi proposti.Regina: è il pezzo più importante sia per mo-vimento, sia per possibilità, ma anche il più pre-cario. Avere la regina sulla scacchiera o non aver-la non è la stessa cosa. Indica il processo di uncontinuo collaudo e la possibilità di recupero nelprocesso formativo.Re: tutti i pezzi sulla scacchiera sono in funzionedi esso; l’intera partita ha come scopo la salva-guardia dallo “scacco al re” e dallo “scacco mat-to”. In realtà si tratta del pezzo determinante, acui vale la pena sacrificare qualche pedina perraggiungere il risultato finale. Non si tratta diqualcosa, ma di qualcuno: in fondo è la perso-na che mette in moto tutte le sue risorse ed ener-gie per risultare “vincente”.
I cinque momenti del metodo CREA sono così esplicitati nei testi di CR:
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Il contesto educativo
Durante tutto l’anno gli allievi possono partecipare a momenti educativi discoperta/riscoperta e crescita della fede.
La comunità educativa – La formazione religiosa non può essere relegata solo al formatore. – La formazione religiosa deve essere condivisa da tutta la comunità educativa. – L’accoglienza quotidiana del giovane: il “buon giorno”. – L’esperienza del tempo cristiano attraverso la partecipazione ai “tempi litur-gici” e alle feste.– Il recupero della crescita cristiana: i sacramenti. – La proposta dell’esperienza della “vita di gruppo”. – La proposta della “continuità”: l’ex-allievo.
Esempi di socializzazione– Passeggiata autunnale (delle castagne).– Le feste salesiane e il contesto Diocesano. – Le attività sportive. – Esercizi spirituali.
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La formazione religiosa fa riferimento:– a un formatore e al collegio formatori nel loro insieme, – a due interventi complementari: Il percorso di CER e il contributo dell’am-biente educativo del C.F.P. per l’educazione alla fede, – ad interventi coordinati con l’ufficio di pastorale sociale e del lavoro dellaDiocesi (incontri con gli allievi delle prime annualità e terze annualità; in-contri con gli operatori sulla Dottrina Sociale della Chiesa).
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• Lo scopo di questo breve intervento è quello di condividere un’esperienza dievangelizzazione all’interno del complesso ambito della scuola;• L’opera di Caserta presenta una sezione di liceo classico e tre di scientifico perun totale di circa 600 alunni; • Divideremo l’intervento in due sezioni: • Nella prima parte saranno presentati i principi ispiratori che sono alla basedi ogni attività della scuola; • Nella seconda parte saranno presentate alcune attività che si svolgono nelnostro plesso scolastico.
I PRINCIPI ISPIRATORI• L’intera opera di evangelizzazione, all’interno della nostra scuola, ruota in-torno a tre movimenti racchiusi in altrettante parole-chiavi: annuncio, forma-zione e servizio; • Queste parole diventano realtà attraverso delle proposte concrete, che convo-cano gli alunni in tre dimensioni di annuncio organizzate in cerchi concentrici:Attività di annuncio a largo raggio – Gruppi e attività di formazione –Animazione;• Alla radice di tali movimenti, vi sono dei principi teologici, pastorali e pedago-gici che vado ad elencare: • Annuncio del Cristianesimo come religione che promuove la realtà di unavita piena e abbondante; • Annuncio del Cristianesimo come esperienza vitale e non come realtàdogmatica o esclusivamente intellettuale; • Cristianesimo come incontro con Cristo nella Chiesa; • Creazione di un contesto ambientale/logistico della scuola che favoriscal’annuncio cristiano;
1 Preside scuole Secondarie di II grado dell’Istituto Salesiano Sacro Cuore di Maria di Caserta.
Evangelizzare nella ScuolaDon Pasquale D’Angelo1 e collaboratori
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• Cooperazione con i laici a diversi livelli che diventa visibile nella presenzadell’Equipe Pastorale, formata da salesiani e laici2 (insegnanti e alunni),come cuore da cui prendono vita tutte le attività; • Coinvolgimento e formazione, da parte dell’Equipe Pastorale, del Col-legio dei docenti e degli alunni;• L’animazione come servizio, missione e annuncio esplicito dell’esperienzacristiana; • L’animazione come metodo di lavoro.
LE ATTIVITÀ• In modo concreto, l’evangelizzazione prende corpo nei tre centri concentricidetti all’inizio; • Ne specifico i contenuti e le attività:
■ Attività di annuncio a largo raggio• Buon giorno
■ Si propone di essere uno “slogan” dall’efficacia mediatica diretta e alargo raggio.
■ Si propone di tenere vive le linee guida del cammino etico-spirituale,mensile e annuale, della scuola.
■ Si propone di essere un momento di riflessione e di preghiera.
■ Si tratta di un’attività quotidiana animata dai docenti o dagli stessialunni.
■ Conosce la duplice forma del buon giorno comunitario (a gruppi diclassi) e buon giorno in classe (per tutte le altre classi).
■ Altre attività a largo raggio sono: • L’insegnamento della religione• Valorizzazione delle discipline come luogo di evangelizzazione (es. filo-sofia, italiano, storia, ecc…)• I ritiri di classe (Avvento e Quaresima) • Sante messe (in modo particolare Don Bosco e Maria Ausiliatrice)• Giornate di spiritualità • Week-end di spiritualità per animatori e preanimatori • Pellegrinaggi
2 L’Equipe Pastorale è composta da diversi docenti, di cui molti sono cooperatori e molti pro-vengono dall’esperienza oratoriana.
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■ Gruppi e attività di formazione• I Gruppi Formativi si prefiggono l’obiettivo di offrire al/la ragazzo/a, at-traverso un cammino di gruppo, la possibilità di crescere nella dimensioneumana e cristiana; • In concreto, i Gruppi sono organizzati in quattro attività:
■ movimento kerigma
■ savio club
■ gruppo solidarietà
■ gruppo cresima
■ Il “Movimento Kerigma” vuole essere una proposta a largo raggio. Esso èstrutturato in due grandi tronconi: biennio e triennio. Il Movimento (in partico-lar modo il biennio) è animato dal Gruppo Animatori. Questo vede impegnatialunni/e dal terzo al quinto anno che mostrano particolare sensibilità e disponi-bilità al servizio. Essi frequentano, nel corso dell’anno scolastico, la Scuola diAnimazione. Questa consiste in una serie d’incontri di studio (cadenza mensile)che intendono formare i giovani allo stile dell’animazione salesiana. Obiettivo formativo: Favorire nei giovani l’accoglienza gioiosa dell’annunciocristiano e l’assimilazione, nello stile salesiano, dei valori che gli sono propri.
■ Il Savio Club è una proposta a largo raggio, ma che s’inserisce a pieno titoloanche fra le attività di animazione. Alla base c’è l’interazione fra la Scuola Su-periore e la Scuola Media. Gli alunni, dal primo al quinto anno, s’impegnanoad animare e a diffondere la santità salesiana tra i compagni più piccoli attra-verso la figura di san Domenico Savio. Obiettivo generale: Il ragazzo, che vive il tempo della sua crescita, sviluppaautentici rapporti di amicizia, definisce e rafforza la propria identità, imparaad esprimere la propria appartenenza alla Chiesa, mentre scopre il significatodella “santità” nelle cose della vita quotidiana.
■ Il Gruppo solidarietà, come il Savio Club, è una proposta a largo raggio, ma s’inserisce a pieno titolo anche fra le attività di animazione. Si pone l’obiettivo di sensibilizzare gli alunni alla realtà della missione, intesa come at-tenzione alla mondialità, ai più poveri e disagiati. Tale sensibilizzazione siconcretizza attraverso un cammino di formazione ed attività concrete di bene-ficienza. Obiettivo Generale: Sollecitati dalle profonde emergenze sociali e culturali,nella certezza che un mondo diverso è possibile, viviamo l’incontro con Cristocrescendo nella comunione e nel servizio agli altri.
■ Il Gruppo Cresima si concretizza nel cammino di preparazione al sacramentodella Cresima.
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Ai Gruppi Formativi sono legate attività esterne come Esercizi Spirituali,Campi-Scuola, Giugno Ragazzi, Estate Ragazzi.
■ L’animazione • Al cuore di tutte le attività c’è lo stile dell’animazione, intesa come evangeliz-zazione che avviene attraverso il servizio concreto; • Vi sono due livelli di animazione: • A) L’Equipe Pastorale, composta da salesiani e laici. Essa è il motore por-tante da cui prendono vita tutte le attività;
■ Ad essa è legata la Consulta, ossia la partecipazione di giovani impegnatinell’animazione ad alcuni incontri dell’Equipe; • B) I Gruppi d’animazione
■ Gruppo Animatori “Michele Rua” Coinvolge alunni del quarto e quinto anno che animano in modo partico-lare il Movimento Kerigma ed il Savio Club.
■ Gruppo Preanimatori: “Domenico Savio”Coinvolge alunni del secondo e terzo anno che si preparano a diventareanimatori. La preparazione degli animatori avviene attraverso la Scuola di Anima-zione.
■ La Scuola di animazione consiste in una serie d’incontri (cadenza men-sile) che intendono formare un gruppo di allievi/e allo stile dell’anima-zione salesiana.
■ Obiettivo: Formare allievi/e che, nello spirito di Don Bosco, intendonoincontrare Cristo attraverso il servizio ai più piccoli.
■ Scuola di animazione di primo livello (preanimatori) I destinatari sono allievi/e del secondo e terzo anno. Il loro è un cam-mino quasi esclusivamente fatto di formazione. Non sono chiamati all’a-nimazione diretta dei gruppi, ma si preparano ad essa. Tuttavia, è pre-visto per loro un tirocinio bimensile che li vede affiancati agli animatoridi gruppo. Scopo del tirocinio non è quello di supportare gli animatori,bensì quello d’imparare l’animazione sul campo. Tale tirocinio, in ac-cordo con l’incaricato di settore, è possibile svolgerlo anche in oratorio.Inoltre i preanimatori, come animati, vivono all’interno del MovimentoKerigma un cammino di gruppo con gli altri coetanei.
■ Scuola di animazione di secondo livello (animatori) I destinatari sono allievi/e del quarto e quinto anno. Il loro camminocomprende la formazione e l’animazione diretta di gruppi.
■ Il programma degli incontri e i docentiOgni incontro prevede due ore di lezione. I docenti sono stati scelti uti-lizzando due criteri:
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- Conoscenza e testimonianza del carisma salesiano e del vivere cri-stiano; - Esperienze pastorali significative all’interno della scuola e/o dell’ora-torio. Alcuni dei docenti sono anche cooperatori salesiani e/o ex-allievi.
Per attingere a materiali e ad ulteriori informazioni basta connettersi con il no-stro portale: www.salesianicaserta.it (link liceo).
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Cosa abbiamo tenuto in considerazione nel realizzare questo tipo di propostaeducativa
1. Quanto richiesto in “La Pastorale Giovanile Salesiana. Quadro di riferi-mento fondamentale”, con particolare attenzione ai punti sotto indicati2;2. la proposta fatta dal testo “Itinerari di educazione alla Fede. Una propostapedagogico pastorale”, (ELLE DI CI, 2005);3. il “Progetto Educativo Nazionale”. Il progetto educativo nazionale dellaScuola e della Formazione Professionale dei Salesiani di don Bosco e delle Fi-glie di Maria Ausiliatrice in Italia;4. il Progetto Educativo del Centro di Formazione Professionale “Pio XI”(2003);5. la tradizione e l’esperienza vissuta in questi ultimi dieci anni (1997-2007), bre-vemente riassunti in “Analisi della situazione” della “Relazione di fine anno2008”, presentata e condivisa con il collegio formatori;
1 Animatore del CFP Pio XI - Roma.2 “Sviluppare un itinerario sistematico di educazione alla fede secondo i valori della Spiritua-lità Giovanile Salesiana, verso una opzione di vita nella Chiesa secondo questi grandi aspetti dellamaturazione cristiana:✓ la crescita umana…;✓ l’incontro con Gesù Cristo…;✓ l’inserimento progressivo nella comunità dei credenti …;✓ l’impegno e la vocazione … (p. 38).Centri che offrono un’educazione efficiente e qualificata. Offrono una proposta educativa-culturale di qualità,– privilegiando l’aspetto educativo su quello meramente di istruzione;– con una attenzione continua e critica ai fenomeni della cultura e della comunicazione sociale;– con una impostazione pedagogico-metodologica processuale, che favorisca l’interazione educa-tiva superando impostazioni didattiche ripetitive;– dove i giovani sono il centro e le loro domande un punto di riferimento; li orientano e accompa-gnano verso il loro progetto di vita;– offrendo una visione umana ed evangelica del lavoro con una qualificazione professionale e diidentità Salesiana in continuo aggiornamento” (p. 75).
Educare ed evangelizzarenei contesti della Formazione ProfessionaleDon Giorgio Zazza1
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6. le osservazioni emerse in sede di verifica dell’anno formativo 2007-2008, incui il collegio formatori avanzava le seguenti richieste:– Maggior coinvolgimento di tutti i formatori nelle diverse attività di anima-zione extra didattiche, facendo attenzione a non gravare eccessivamente suitempi liberi degli stessi;– Una maggiore integrazione tra attività didattica ed extra didattica;7. osservazioni emerse nella verifica dell’anno formativo 2008-2009.
Progetto di animazione 2009-2010
Una meta generale che ci siamo proposti in questi ultimi due anni è quella diproporre un’offerta formativa integrale con il più largo coinvolgimento sia dei for-matori sia dei ragazzi, nel rispetto dei tempi di crescita e dei diversi cammini com-piuti da ciascuno. In questo modo il cammino formativo proposto ai ragazzi ha ri-chiesto un cammino formativo anche per i formatori.Le mete e gli obiettivi proposti ai ragazzi sono propri per ogni corso; essi ven-gono raggiunti con itinerari e con temi differenti, a seconda che si tratti del primocorso rispetto al secondo e terzo.
PRIMI ANNILa relazione con gli altri (Area dell’appartenenza ecclesiale e dell’incontrocon Cristo).Meta di fine anno: il ragazzo scopre che nelle relazioni con gli altri si identi-fica meglio; accoglie l’altro come una persona portatrice di valori, imparando adaccoglierla nella sua diversità, lasciandosi coinvolgere in relazioni nuove e piùprofonde.
1° Obiettivo intermedio: Il ragazzo impara a cogliere la diversità che lo contraddi-stingue come elemento di ricchezza per se e per gli altri.2° Obiettivo intermedio: Il ragazzo impara a valorizzare le proprie capacità e li-miti, in relazione alle capacità e limiti degli altri.3° Obiettivo intermedio: Il ragazzo investe affettivamente nel rapporto con gli altrielementi del gruppo
SECONDI ANNILa conoscenza di se (Area della maturità umana e dell’Incontro con Cristo)Meta di fine anno: Il ragazzo impara a conoscersi e ad accettarsi nelle suecapacità e nelle sue difficoltà/limiti, contento di scoprirsi fatto per cose grandi edella verità che lo caratterizza.
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1° Obiettivo intermedio: Il ragazzo impara a dare un nome alle sue capacità, po-tenzialità, talenti, e prova ad identificare quelle in cui siriconosce maggiormente e che gli danno maggiore soddi-sfazione.2° Obiettivo intermedio: Il ragazzo impara a dare un nome alle sue emozioni, sen-sazioni e prova a cercare/individuare delle modalità fun-zionali per poterle gestire.3° Obiettivo intermedio: Il ragazzo impara ad identificare e riconoscere i propri li-miti e ad accoglierli, scoprendoli come essenziali per lapropria identità
TERZI ANNIIo e il mio futuro (mondo del lavoro) (Area della vita come vocazione e del-l’incontro con Cristo)Meta di fine anno: Il ragazzo prova a scoprire come poter investire la propriapersona in vista della realizzazione di un progetto “sogno” che lo aiuta a com-piersi nel suo essere persona.
1° Obiettivo intermedio: Il ragazzo si confronta con diverse proposte/esperienze di ser-vizio e di impiego, cercando di cogliere lo stile/atteggiamentocon il quale viverle in maniera piena e realizzante.2° Obiettivo intermedio: Il ragazzo impara che il suo realizzarsi come persona im-pegnata nel mondo aiuta altri a realizzarsi nel loro esserepersona.3° Obiettivo intermedio: Il ragazzo sceglie un’attività concreta di servizio in cuimettersi per un po’ di tempo a servizio degli altri.
L’itinerario proposto agli allievi del centro si suddivide in tre aspetti:
a. Percorso proposto a tutti gli allievi del corso
Questo è a sua volta suddiviso in due settori: un percorso a partecipazione li-bera, comune a tutti gli allievi del centro, e un percorso obbligatorio, specificoper tutti gli allievi dei singoli corsi.Il percorso a libera partecipazione prevede:✓ Week-end inizio anno fatto per corso; ✓ Celebrazione eucaristica, curata in maniera particolare in occasione dellacommemorazione dei defunti e del mercoledì delle ceneri, per tutti i corsiinsieme; ✓ Castagnata per tutti i corsi insieme; ✓ Festa di Don Bosco per tutti i corsi, insieme al liceo;
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✓ Festa di Maria Ausiliatrice per tutti i corsi, insieme al liceo; ✓ Festa di Fine anno per tutti i corsi.
b. Attività extradidattiche su iscrizione (Destinatari: tutte le classi)
Queste attività integrano il cammino educativo proposto; a partecipazione li-bera, cambiano a seconda della disponibilità dei formatori e dei volontari. Que-st’anno sono: ✓ Teatro✓ Tornei interni e/o intercentro✓ Cammino di gruppo, anche per i sacramenti✓ Studio pomeridiano✓ Cineforum
c. Attività extradidattiche su convocazione
✓ Esercizi spirituali d’incentro ✓ Week-end animatori✓ Esperienza Alto Adige.
Primo CorsoLe mete e gli obiettivi del primo corso sono quelli riportati sopra.
ITINERARIOIl percorso obbligatorio per il primo corso prevede:✓ Un momento di riflessione sul senso della vita, nel mese di Novembre, fattoper classe;✓ due momenti (ritiri) da curare in maniera particolare nel periodo dell’Av-vento e nel periodo della Quaresima.
Secondo e Terzo CorsoLe mete e gli obiettivi del secondo e terzo corso sono quelli riportati sopra edeclinati sulla persona di don Bosco3. In particolare:“Mettendosi a confronto con la figura di Giovanni Bosco i ragazzi:secondo corso✓ conoscono un modello di vita cristiana realizzato; ✓ confrontandosi con il cammino di crescita del giovane Giovanni, in cui larealizzazione personale (compiersi del sogno dei nove anni, il cammino di
3 Le figure di riferimento sono don Bosco e San Francesco, ad anni alterni.
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crescita personale, lo sviluppo dei suoi talenti) si intreccia con la vita deglialtri (sia con e grazie ai suoi educatori-formatori, sia con e grazie ai giovaniverso e dai quali si riconosce chiamato), scoprono che questo è possibileanche per loro, investendoci a livello affettivo e progettuale;terzo corso✓ conoscono un modello di vita cristiana realizzato; ✓ confrontandosi con Giovanni Bosco, imparano ad investire le loro capacitàin una prospettiva di lavoro e di futuro”.
ITINERARIO1. IL PERCORSO OBBLIGATORIO è pensato e strutturato in maniera interdisciplinare,intorno alla figura di un santo (quest’anno intorno alla figura di don Bosco). Esso è comune nelle modalità per gli allievi del secondo e terzo corso; è diffe-rente nei contenuti e nei lavori da svolgere.Esso è articolato in due momenti:a. Primo momento: Didattico-culturale.All’interno della propria materia ogni formatore, trattando ciò che è pro-prio del programma lo farà cercando di sottolineare tutti quei riferimenti,rimandi e agganci con l’esperienza fatta da don Bosco nella sua vita.Ad esempio: Cultura: lettura ed analisi di un testo che narra la vita delsanto torinese …Arte: l’architettura della città di Torino di origini romane; Ju-varra, Palazzo reale, Superga … Grafica: creazione di un personaggio …Etica: contratto di lavoro; impegno del mondo cristiano nelsociale …Storia: La rivoluzione industriale …A fine anno gli allievi dei singoli corsi saranno chiamati a realizzare un la-voro in ambito della grafica e dell’informatica, preventivamente concordatecon i formatori responsabili.b. Secondo momento: Esperienziale.Tutto dovrebbe poter convergere ad una uscita di 4-5 giorni a Torino, nei qua-li oltre a vedere ciò che si è studiato ed approfondito durante l’anno, si fa unaesperienza di gruppo, di fraternità, di vita di famiglia nello stile salesiano.
Altri temi e opportunità-strumenti da poter sfruttare anche in altre discipline:La filmografia e Don Bosco: Don Bosco (Insinna)...Teatro: Scusi lei ci crede ai miracoli?; C’è da noncrederci; ...Visita a Roma dei posti frequentati dal santo.
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a. Premesse: questo intervento…
➢ Non ha minimamente la pretesa di risolvere il problema esposto nel titolo;➢ Racconta un’esperienza precisa, vissuta nella Scuola di Frascati - Villa Sora;➢ Insiste su una problematica molto attuale, che spero abbia già trovato forme direalizzazione particolarmente efficaci in altre opere o in questo stesso convegno;➢ Potrebbe intitolarsi più opportunamente Valenza educativo-pastorale delle di-scipline scolastiche, perché questo è l’ambito nel quale si è mossa la rifles-sione e l’esperienza che racconto.
b. Entriamo nel merito: la situazione
Una delle difficoltà segnalate spesso nelle nostre scuole è la seguente: nono-stante i numerosi sforzi e la buona volontà di salesiani e docenti laici, non è pernulla scontato che gli obiettivi pastorali della scuola – espressi in modo più direttoin iniziative quali il buon giorno, le giornate di fraternità, gli esercizi spirituali, leattività di gruppo o di volontariato – si incontrino ed armonizzino con gli obiettividella didattica strettamente detta.Capita altresì che le due proposte (didattica e attività complementari/di anima-zione) camminino su binari paralleli, o, peggio, entrino in conflitto. E non soloperché il professore di turno dice che il pomeriggio è fatto per studiare e non perperdere tempo a svolgere attività di volontariato, ma perché a fronte di uno che(durante gli esercizi spirituali o il buon giorno) ti parla del Dio di Gesù Cristo odella necessità di maturare nella dimensione oblativa dell’esistenza, un altro in aulamagari smonta quanto proposto perché invita gli alunni a farsi gli affari propri nellavita, a dubitare di qualsiasi proposta che sappia di trascendente, o semplicementeignora la predicazione appassionata del catechista di turno. Può capitare d’altraparte anche il contrario: e cioè che il catechista dimentichi l’importanza della di-mensione culturale e professionale in cui lo studente deve crescere e faccia passare
1 Direttore Opera Salesiana di Frascati (RM).
Valenza educativa delle discipline scolasticheDon Leonardo Mancini1
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l’idea che ciò che conta nella vita è solo la religione unita all’amorevolezza, mentrela ragione può anche attendere… Filosofia e storia, italiano e latino, scienze e ma-tematica così rischiano di procedere senza incontrarsi mai e sposarsi con la cosid-detta evangelizzazione esplicita o con quelle iniziative che completano necessaria-mente il progetto di educazione integrale che ogni nostra scuola dichiara di avere.Naturalmente è presente contemporaneamente pure il rischio opposto, e cioè che ilVangelo non incontri una cultura in cui potersi incarnare…Esiste anche – mi pare – una più o meno evidente contraddizione: mentre noiin ogni scuola riteniamo di avere a cuore il percorso educativo – pastorale oltre aquello educativo – culturale, quello che conduce al buon cristiano insieme a quelloche conduce all’onesto cittadino, di fatto procediamo così: siamo molto attenti averificare, giustamente, il livello raggiunto da un alunno in matematica o in ita-liano, ma molto meno – o per niente – sembra interessarci il livello raggiunto dairagazzi in apertura alla trascendenza, capacità di dono e servizio, attenzione agli ul-timi… Sarà perché questi sono aspetti più difficili da valutare e trovare gli indica-tori adatti è davvero proibitivo? È possibile. Spero che il motivo non sia un altro: ecioè che questi aspetti della maturazione non vengano ritenuti centrali nella nostramissione di educatori-pastori.Per che cosa un salesiano impegnato nella scuola dovrebbe essere soddisfatto efelice? Perché i suoi allievi prendono cento all’esame di Stato e si avviano a brucia-re le tappe del successo in università e nella vita, o perché riescono ad incontrare edapprezzare, attraverso quanto proponiamo loro, nella didattica come nell’extradidat-tico, un modello di vita alternativo, quello del Vangelo, integrando nella propria esi-stenza una visione del mondo e della storia ispirata all’umanesimo cristiano? E i duemotivi di gioia sono in conflitto tra loro oppure possono andare a braccetto?Che fare per risolvere il dilemma? Individuare docenti adatti, dirà qualcuno,che assommino in sé professionalità e vicinanza al PEPS. Docenti che si sentanocorresponsabili dell’educazione integrale e perciò non siano solo preoccupati diportare a termine il programma o di trasmettere i contenuti della propria disciplina,ma sentano forte la responsabilità e la gioia di far crescere giovani maturi umana-mente e cristianamente. Si tratterà anche di scegliere bene i testi scolastici, assu-mere metodologie didattiche adeguate, verificare le opzioni contenutistiche dell’in-segnante nei programmi delle discipline. Osservazioni assolutamente pertinenti.Ma forse questo, ammesso che lo si faccia, da solo non basta ancora per assicurareun progetto che garantisca l’educazione integrale dei ragazzi. Almeno a noi sembrache le cose stiano così.
c. L’obiettivo: discipline scolastiche con valenza educativa (e pastorale)
Abbiamo dunque avvertito la necessità di una progettazione didattica cheavesse obiettivi comuni a quella che chiamiamo animazione. Abbiamo sentito più
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fortemente l’esigenza di superare la schizofrenia o la contrapposizione tra cultura,fede e vita, nelle persone dei ragazzi, ma anche nel nostro modo di lavorare (e forsedi vivere!); esigenza ancora più viva perché ci troviamo in un momento storico nelquale si tende a spedire la fede nel privato ed allargare la frattura tra questa e la cul-tura.
d. Il cammino percorso per provare a raggiungere l’obiettivo
d.1. Il gruppo di lavoro cultura-fede-vita (cfv)Così durante l’anno scolastico 2006-2007 nella scuola media e superiore diVilla Sora ci siamo domandati quale poteva essere il modo più efficace per far sìche la cosiddetta “animazione”, con tutte le attività ad essa connesse, potesse armo-nizzarsi meglio con le discipline scolastiche e viceversa.Per cui abbiamo costruito un gruppo di lavoro formato da tre salesiani (diret-tore, preside, animatore del triennio), due docenti laici (una delle medie – anchemamma di due allievi – e uno delle superiori), due ex-allievi universitari e anima-tori. Questo gruppo ha trovato un po’ di bibliografia, studiato il problema, ha dis-cusso per circa sei mesi e poi è giunto a proporre prima dei questionari sul tema dafar compilare a studenti, ex-allievi, genitori, docenti e personale ATA, poi a delleconclusioni provvisorie operative (nel luglio 2007) secondo le quali si è scelto diipotizzare e sperimentare un percorso interdisciplinare:
➢ In I media, I e III superiore;➢ Coordinato possibilmente dal docente di IRC, che potrebbe:• collegare l’argomento al tema degli esercizi spirituali;• offrire una sorta di disponibilità per il 20% del suo orario, al fine di realiz-zare collegamenti e compresenze con le altre discipline.➢ Con tematica decisa dal consiglio di classe (o proposta per anno: per es. edu-cazione all’amore, formazione della coscienza, educazione socio-politica,ecc.).➢ Da elaborare seguendo una traccia metodologica comune a tutti.➢ Che abbia anche carattere esperienziale.➢ Che entri nel percorso scolastico con una sua valutazione (profilo che si arric-chisce, credito che si arrotonda per eccesso…).➢ Che parta dalla domanda: a quale atteggiamento – stile di vita vogliamo edu-care? Si tratta, allora, di abilitare ad atteggiamenti (realtà interiorizzate, ha-bitus virtuosi stabili, distinti dai comportamenti esteriori che ne sono espres-sione) che dispongono i giovani a rispondere al vangelo favorevolmente, chesiano strutture portanti della personalità e che aprano alla trascendenza e aglialtri valori evangelici, caratteristici di una spiritualità giovanile.
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d.2. Il percorso interdisciplinare proposto ai cdcLa proposta di luglio viene effettivamente presentata a settembre 2007 nel Col-legio Docenti attraverso la scheda riportata in parte qui sotto, che avvia una speri-mentazione su quello che viene definito un “Percorso interdisciplinare attento alrapporto cultura-fede-vita”:
➢ Consegna durante i cdc delle schede degli itinerari di educazione alla fede peri preadolescenti (medie) e adolescenti (superiori), dove viene suggerito unmovimento ed un atteggiamento dal gruppo di lavoro cfv:• I media: dalla scoperta dell’Altro, alla necessità della gratitudine per il mi-stero della vita/capacità di invocare, di lodare, di gioire, di ringraziare;• I superiore: dal riconoscimento del mistero profondo della vita alla sua ac-coglienza e all’invocazione della “Vita”/capacità di percepirsi come mi-stero e di guardare oltre l’orizzonte umano;• III superiore: dalla visione positiva di sé al voler progettare la propria vitasecondo lo stile evangelico/capacità di vedere nel dono della vita, secondol’esempio di Gesù, la via alla vera libertà e alla realizzazione piena di sé;➢ Ogni cdc sceglie un movimento/atteggiamento (anche diverso da quello indicatodal gruppo di lavoro cfv) a cui educare attraverso il percorso interdisciplinare;➢ A partire dal movimento/atteggiamento scelto, i docenti delle diverse disci-pline individuano nella propria UdA i contenuti che possano avere attinenzacon esso e essere spunto per svilupparlo adeguatamente. Segnalano il periododell’anno nel quale pensano di trattare tale contenuto;➢ Il singolo docente individua, inoltre, le metodologie didattiche e/o extradidat-tiche che ritiene più adatte a trattare il movimento/atteggiamento in questione;➢ Il cdc, infine, sceglie la modalità più adatta per tirare le somme del lavorosvolto e valutarlo. Alcuni dei Consigli di Classe si mettono con impegno a scegliere l’atteggia-mento che ritengono più adatto; forse perché la proposta è un po’ farraginosa, forseperché era bene farla partire a giugno e non a settembre, forse perché progettarequalcosa di nuovo è sempre faticoso…l’esperimento fallisce, nel senso che la mag-gior parte dei consigli di classe si arenano.
d.3. L’Equipe di animazione della Scuola SuperioreDecidiamo di lasciar riposare il tema degli atteggiamenti interiori e cerchiamoun’altra strada per avvicinare i docenti (almeno alcuni) e le discipline scolastichealla dimensione educativo – pastorale. In sede di progettazione dell’anno 2008 –2009 ipotizziamo e variamo effettivamente una Equipe di animazione (per la solaScuola Superiore) composta da 4 Sdb e 5 docenti laici con un incarico di fascia chesi mantiene attenta alla situazione dei ragazzi; progetta obiettivi e strategie educa-tivo – pastorali, coordinando l’esecuzione della proposta conseguente; collabora
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nella redazione del PSP di fascia; si incontra periodicamente con il Consiglio diPresidenza e con i coordinatori di classe.Questo è il secondo anno di sperimentazione dell’Equipe. Certamente la presenzadi 5 docenti laici, che condividono con i salesiani – a livello non solo di esecuzionema di progettazione – gli obiettivi della scuola, permette di creare mentalità, oltre acostituire un aiuto concreto nelle iniziative. Il contatto diretto abbastanza frequentedell’equipe con i docenti coordinatori di classe permette inoltre di collegare più fa-cilmente l’aspetto strettamente educativo-didattico con quello educativo-pastorale.
d.4. L’itinerario ciclicoNel 2009-2010 inoltre si è scelto di proporre un itinerario ciclico quinquen-nale, dove si alternino i seguenti temi: L’altro da te, Il totalmente Altro, La respon-sabilità, Una città non basta, La bellezza. I titoli hanno l’intento di riscrivere in lin-guaggio “scolastico” le quattro aree degli itinerari (il tema della bellezza è di sin-tesi). Si sceglie di dare ogni anno un’accentuazione particolare ad uno di essi intutte le classi. Scegliendo un tema annuale per tutti, si perde un po’ la dimensionedell’itinerario graduale, ma si acquista in termini di semplicità, perché si offre unaproposta comune a tutti i docenti e a tutti gli alunni.
e. Conclusione. Valenza educativa delle discipline scolastiche
Qualcuno si domanderà: pensate che questa sia la soluzione al problema enun-ciato all’inizio?Il percorso che abbiamo avviato è un percorso di ricerca, che anche altri stannoconducendo altrove, aperto ad ulteriori apporti e riflessioni. Sappiamo di non averraggiunto una risposta definitiva alla domanda su come rendere le discipline scola-stiche non solo educative, ma anche attente alla dimensione pastorale, cioè capacidi favorire l’apertura alla trascendenza nel cuore degli allievi. Rimane ancora, a mioparere, la necessità di armonizzare in modo più progettuale gli obiettivi educativo –culturali con gli obiettivi educativo – pastorali, gli OSA o OA con gli obiettivi di at-teggiamento degli itinerari di educazione alla fede, l’onesto cittadino con il buoncristiano. E questo anche perché non è per niente scontato che una simile sintesi siapresente nel docente, né che sia sempre chiaro in lui l’intento educativo della disci-plina scolastica. Sappiamo bene che non dobbiamo domandarci soltanto “a qualematematica educhiamo”, ma “a quale uomo educhiamo attraverso la matematica”.Il sogno nel cassetto, forse “passione inutile” o progetto ingenuo e irrealizza-bile, è quello di una scuola dove si arrivi a progettare insieme il percorso di crescitadel buon cristiano con la stessa dovizia e preoccupazione con cui si progettano iprocessi di insegnamento ed apprendimento, i percorsi che permettono la riuscita diuno studente, che educano l’onesto cittadino.Rimaniamo aperti a tutte le riflessioni sul tema.
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Premessa
L’emergenza educativa dei giovani è un tema che sta a cuore a molti; il SantoPadre ha più volte sottolineato che il primo capitale da salvaguardare e valorizzareè la persona nella sua integrità (Benedetto XVI, Caritas in Veritate, §25). La preoccupazione educativa è parte integrante dell’identità di formatori/edu-catori salesiani. Si tratta di un tema che ci è caro da sempre, da ripensare a misuradell’oggi. Sulle indicazioni di Don Bosco Padre, Maestro e Amico, i formatori/edu-catori devono avere la consapevolezza che “un’azione educativa ha efficacia solose è intimamente animata da una volontà di amore. L’educazione ha bisogno anzi-tutto di quella vicinanza e di quella fiducia che nascono dall’amore” e “ogni veroeducatore sa che, per educare, deve donare qualcosa di se stesso e che soltanto cosìpuò aiutare i suoi allievi a superare egoismi e a diventare a loro volta capaci di au-tentico amore”.I formatori/educatori salesiani devono offrire a ogni allievo/a una proposta for-mativa organica in cui la fede parla alla vita e viceversa. Tutto ciò che si svolgenell’ordinario nell’ambito delle attività d’aula, della ricreazione, dell’attività di la-boratorio, dell’esperienza di stage/tirocinio in azienda, diventa straordinarioquando i formatori/educatori, attraverso il loro prezioso lavoro, prendono “gratuita-mente” a cuore la vita dei giovani, cercando di offrire un luogo formativo acco-gliente e familiare. La scelta educativa della “formazione salesiana”, proprioperché vuole rispondere alle sfide del tempo presente e proprio per lo stretto le-game che ha con il territorio in cui è posta, non può essere disincarnata, ma è at-tenta alla realtà e soprattutto alla vita delle persone. Non va, infatti, mai dimenti-cato che al “cuore” del servizio educativo occorre sempre porre la persona e,dunque, la Formazione Professionale salesiana non può risolversi in semplici atti-vità d’aula e/o di laboratorio, o meglio esaurirsi nello sviluppo di “tecniche mera-mente professionali”, ma si caratterizza per la particolare attenzione alla personanella sua globalità, per l’azione costante volta a renderla protagonista del proprio
1 Formatore - CFP di Fossano.
Educare ed evangelizzare attraversola Formazione Professionale e il lavoroCristina Ballario1
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progetto di vita, per il valore attribuito al lavoro come strumento per la sua realiz-zazione e del progresso della società.In altre parole, la Formazione Professionale salesiana si differenzia da altrerealtà formative, proprio perché non è passiva o limitata a constatare le attitudinidella persona, ma è attiva, perché finalizzata a fornire nuove capacità che la rende-ranno in grado di prendere decisioni utili a sé e agli altri nel corso della vita.La Formazione Professionale salesiana è orientativa, perché consiste in un pro-cesso educativo continuo, volto a far progredire l’individuo verso i traguardi della“maturità vocazionale”; si pone come aiuto per affrontare compiutamente tutte lescelte della vita, non solo scolastiche e professionali, ma anche sociali e vocazio-nali; non consiste solo nell’attività di formazione, ma in una visione più ampia checomprenda anche azioni volte alla maturazione integrale della persona in un con-testo sociale evolutivo.Il rapporto che si instaura tra allievo/a e formatore/educatore è inteso comeuna “relazione d’aiuto”, finalizzata alla consapevolezza di sé e alla presa di deci-sione in ambito formativo e professionale. L’attività formativa deve insistere quindinel “porre al centro” la persona e nel valorizzare le sue potenzialità e la sua capa-cità di autorealizzazione e, in tale ottica, favorire la sua emancipazione mediantel’acquisizione di abilità stabili di gestione dei compiti evolutivi. Spesso, però, i giovani hanno necessità di un sostegno nel definire il proprioprogetto futuro, per chiarire e comprendere meglio la realtà che li circonda e comele loro capacità e potenzialità si inseriscono in tale realtà. Tale azione di “supportoalla transizione” promuove la consapevolezza e l’assunzione di responsabilità daparte del giovane e l’acquisizione di precise competenze, che potranno essergli utilinell’intero arco formativo/lavorativo (a prescindere, quindi, dalla contingente sceltascolastica).
Evangelizzare nella Formazione Professionale
La riflessione che voglio proporre a voi tutti è la consapevolezza che non è as-solutamente scontato che nei nostri ambienti formativi vi sia un’attenzione educa-tiva e una condivisione di una proposta specifica di evangelizzazione per i giovanida parte di tutti gli operatori. La prima sfida è, quindi, quella di evangelizzare i for-matori/educatori che incontrano quotidianamente i nostri giovani. La responsabilitàeducativa è una responsabilità che appartiene a ciascuno di noi, tutti gli adultihanno una funzione educativa nei confronti dei giovani, ma i formatori/educatori,che operano nella Formazione Professionale salesiana, hanno una responsabilitàpiù grande: quella di essere testimoni del Vangelo e di far conoscere Gesù.Come possiamo far conoscere Gesù ai nostri giovani? Prima di tutto dando ilbuon esempio: i nostri giovani ci osservano, osservano il nostro stile di vita. Noiabbiamo il dovere di domandarci se il nostro modo di agire è vicino allo stile di
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Gesù o è lontano mille miglia. Le realtà dei centri di Formazione Professionale sa-lesiana a livello nazionale sono caratterizzate da notevoli differenze. Tali differenzeriguardano il territorio, sono di tipo strutturale, organizzative e possono riguardare idestinatari coinvolti: adolescenti, giovani e adulti. È molto diverso un centro di for-mazione collocato in un contesto metropolitano da un centro collocato in provincia;ci sono centri inseriti in contesti parrocchiali, dove è normale l’esistenza di strut-ture adeguate per l’incontro, l’aggregazione e l’evangelizzazione dei giovani e altriche hanno semplicemente le strutture per l’attività di formazione. Tali differenzecomportano la necessità di avere e condividere almeno un Progetto EducativoEvangelizzante Comune. Per noi il punto di riferimento è la fede in Gesù Cristo.Non esiste alcun progetto educativo, se non si accompagnano i giovani a porsi delledomande profonde sul senso della vita. Questa è la premessa per coinvolgere neipercorsi educativi anche chi non è dichiaratamente cristiano. Il primo passaggio èfar conoscere la figura di Gesù Cristo in maniera più vicina all’esperienza di vitadei giovani, per poi arrivare a far conoscere e vivere il significato di un rapportopersonale con il Signore nella preghiera e nei sacramenti. Ogni momento può es-sere un tempo per evangelizzare: il tempo passato in aula, in laboratorio, in cortile,ecc.. È necessario, però, che nei nostri ambienti si riscopra anche il valore dellapreghiera e della riflessione. Occorre avere il coraggio di proporre iniziative che ri-prendano la dimensione spirituale, dimensione che in alcune realtà non è più pre-sente. Non è pensabile che in una realtà salesiana i formatori/educatori non abbianoil desiderio e il coraggio di proporre ad esempio l’animazione mattutina in classe: ilbuon giorno di don Bosco, riscoprire momenti di riflessione personale come la con-fessione e la messa o momenti di gruppo, come l’accoglienza e i ritiri spirituali, …La Formazione Professionale salesiana non è solo il luogo in cui si impara un “me-stiere”, ma soprattutto è un ambiente in cui si educa al lavoro e alla vita secondo lostile di Gesù Cristo. Se perdiamo di vista questo caratteristica, i nostri centri diventano agenzie diFormazione Professionale come tante altre che di salesiano hanno ben poco!
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Conclusioni: L’urgenza di evangelizzare nellaScuola e nella FormazioneProfessionale salesiana(don Pier Fausto Frisoli)
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Ringrazio di cuore gli organizzatori di questo Seminario che si chiude con deirisultati molto positivi. Li desumo dalla qualità degli interventi, dal numero dei par-tecipanti – 130 – e dalle prospettive che esso apre. Riflettendo sui due contributiche hanno fatto da sfondo e sulle esperienze presentate, vi suggerisco di porvi unadomanda ed un invito. La domanda è: “Ci convincono?”. Non basta l’ascolto, mal’adesione motivata ad un modello. L’invito è: “Proviamo!”. Solo provando speri-menterete le molteplici potenzialità di evangelizzazione nel contesto della scuola edella Formazione Professionale, le svilupperete ed arricchirete.Il Seminario che stiamo concludendo è il primo di 3 Seminari che la RegioneItalia e Medio Oriente ha programmato, in attuazione del Capitolo Generale 26°, ecome tale, è stato inserito nella programmazione del sessennio del Consiglio gene-rale. Dopo questo sulla “Urgenza di evangelizzare nella scuola e nella FormazioneProfessionale”, se ne terrà un secondo nel 2011 su “La necessità di convocare” edun terzo nel 2013 su “Le nuove frontiere”. Un Capitolo Generale non è un libretto da accantonare dopo averlo sfogliatovelocemente. Esso è un evento dello Spirito, una “profezia” per la Congregazionenel presente momento storico. Quanto hanno deliberato 233 confratelli da ogniparte del mondo, riuniti per due mesi, assieme al successore di Don Bosco e con ilsigillo del successore di Pietro, il Papa, (attraverso i due messaggi rivolti ai Capito-lari) è con evidenza espressione di un discernimento nello Spirito e, dunque, è ciòche lo Spirito intende dire alle nostre comunità salesiane. È sempre possibile tra-scurare, accantonare, ma in tal modo si “spegne lo Spirito” e si “disprezzano le pro-fezie”.Il Seminario ha messo chiaramente in luce l’attenzione che la Congregazionesta rivolgendo in Italia al campo apostolico della scuola e della Formazione Profes-sionale, perché ad esso sta inviando le sue forze più giovani. Questo non è un datotrascurabile, dopo che – negli anni ’70 ed ’80 – si guardava con diffidenza alla si-gnificatività salesiana della scuola. Ad essa si preferivano altri campi di azione, ri-tenuti (come si diceva allora) “più pastorali”.
1 Consigliere Regionale: Italia, Medio Oriente, Albania.
ConclusioniL’urgenza di evangelizzare nella Scuolae nella Formazione ProfessionaleDon Pier Fausto Frisoli1
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Ritengo che il presente Seminario sia stato un evento di cui si avvertiva il bi-sogno. Credo sia la prima volta (a mia memoria) che si incontrano assieme i coor-dinatori pastorali delle scuole e dei Centri di Formazione Professionale. Sembra-vano due mondi che non era possibile far incontrare. Sembrava inevitabile proce-dere in modo parallelo ed ignorarsi. Invece abbiamo constatato che è stato moltoproficuo incontrarsi.È stato, inoltre, decisivo che fossimo presenti da tutte le sette Ispettorie dellaRegione. È vero che in diverse Ispettorie si tengono regolari incontri dei coordina-tori pastorali, ma l’insieme conferma e rafforza tutti. “Vivere e lavorare insieme”vale anche per i Salesiani di una medesima Regione. Sono particolarmente con-tento della presenza dei confratelli del Medio Oriente. Tutti ci sentiamo più arric-chiti, quando cresce la comunione tra noi e si “allarga lo spazio della tenda”. È risultato, inoltre, molto positivo che siano stati presenti tutti i Delegati ispet-toriali della pastorale giovanile. Anche questo fatto costituisce un indubbio passoin avanti, rispetto ad anni in cui la pastorale giovanile sembrava occuparsi princi-palmente degli eventi ispettoriali del Movimento Giovanile Salesiano (Feste, Con-vegni, campi scuola, ecc.) e degli oratori, restando ad essa estraneo tutto l’ambientedella scuola e della Formazione Professionale. Era, evidentemente, una valutazionenon equilibrata della missione salesiana.Permettete, ora, che esprima una mia impressione. Sono state presentate 8esperienze sugli itinerari di educazione della fede, sull’insegnamento della Reli-gione, sulla valenza educativa delle discipline e del lavoro, sulle proposte esplicitedi educazione della fede. Ho ascoltato con attenzione gli interventi in assemblea.Le une e gli altri mi sembra facciano trasparire che l’area attualmente più ricca è laterza (in riferimento alla mia relazione): quella del “tra-ducere”, cioè relativa alleproposte esplicite di educazione della fede. Sono state descritte esperienze molte-plici, ricche, interessanti, in genere a cerchi concentrici: per la massa, per gruppi diimpegno, per singoli. Circa l’insegnamento della Religione, sono emerse consi-stenti perplessità sui libri di testo in uso. L’abitudine a ricorrere a materiali elabo-rati in proprio da ciascun docente può indebolire l’organicità e la completezza di unprogramma pluriennale.Circa la prima area (l’“intro-ducere”), relativa alla comunità educativa, misembra che la situazione sia più variegata. Accanto ad esperienze molto ricche dicoinvolgimento dei docenti laici e dei giovani, ve ne sono altre in cui il coordina-tore pastorale può far conto solo sulle sue forze ed arriva dove può. Le formule pergarantire il coinvolgimento della comunità educativa e, in essa, di un nucleo anima-tore possono essere diverse. Ricordo come il Quadro di riferimento fondamentalericonosce che la Comunità educativo pastorale di una scuola o CFP può articolarsiin diversi organismi. Difatti, in questo Seminario, abbiamo colto diverse modalitàorganizzative interne nelle diverse scuole. Nello stesso tempo, parlando del coordi-natore pastorale, il quadro di riferimento afferma che egli anima l’azione evange-lizzatrice, insieme ad una equipe. Non credo si debbano contrapporre gli uni al-
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l’altra, ma comporre. Abbiamo riconosciuto, dalla presentazione di alcune espe-rienze, che dove il salesiano coordinatore pastorale può contare su una equipe, simoltiplicano le idee, le proposte, le risorse, salvaguardando in tal modo l’identitàdel salesiano stesso.L’area che attualmente mi sembra più debole, e sulla quale dovremo concen-trare l’attenzione in futuro, è la seconda, quella della valorizzazione della cultura,l’area cioè (a ben guardare) più tipica di una scuola e di un Centro di FormazioneProfessionale. Considerando che una percentuale elevatissima e maggioritaria delladocenza è svolta da laici, riconosciamo che la formazione ricevuta nelle universitàstatali non li ha abilitati a tale compito: quello cioè di valorizzare in chiave educa-tiva le discipline. Questo compito non chiede di sopraelevare alcunché sulla disci-plina (aggiungendo significati e finalità ad essa estranei), ma di scavare dentro diessa, per farne emergere tutta la carica educativa. Per questo, al riguardo, abbiamoparlato di “e-ducere”. Si può fare storia, biologia, letteratura in molti modi. Si puòinsegnare fisica al modo di Margherita Hack o di Enrico Medi. Siamo al cuoredella visione che Don Bosco aveva della scuola e dell’insegnamento.Mi viene opportuno citare, a questo punto, un testo poco conosciuto di DonFrancesco Cerruti, che riporta la seguente preziosissima testimonianza:
“Quale l’origine funesta di questo malore tanto più grave, quanto meno cono-sciuto e poco generalmente avvertito? E poiché l’illustre Michel accennava a ra-gioni più o meno secondarie, no, riprese Don Bosco, no, mio buon avvocato, nonson desse le cause di tutto questo male che deploriamo. La causa è una sola, essasta tutta nell’educazione pagana che si dà generalmente nelle scuole. Quest’educa-zione formata tutta su classici pagani, imbevuta di massime e sentenze esclusiva-mente pagane, impartita con metodo pagano, non formerà mai e poi mai, ai giorninostri, segnatamente in cui la scuola è tutto, dei veri cristiani.Ho combattuto tutta la mia vita, seguitò Don Bosco con accento di energia e didolore, contro questa perversa educazione, che guasta la mente ed il cuore dellagioventù ne’ suoi più begli anni; fu sempre il mio ideale riformarla su basi sincera-mente cristiane. A questo fine intrapresi la stampa riveduta e corretta dei classici la-tini profani che più corrono per le scuole; a questo fine incomincia la pubblicazionedei classici latini cristiani, che dovessero con la santità delle loro dottrine e dei loroesempi, resa più vaga da una forma elegante e robusta ad un tempo, completarequel che manca nei primi, che sono il prodotto della sola ragione, render vani pos-sibilmente gli effetti distruttori del naturalismo pagano e riporre nell’antico dovutoonore quanto anche nelle lettere produsse di grande il Cristianesimo.Questo, in una parola, è lo scopo a cui ho costantemente mirato in tutti queimolti avvertimenti educativi e didattici, che diedi a voce e per iscritto a’ Direttori,maestri e assistenti della Pia Società Salesiana.Ed ora vecchio e cadente, me ne muoio col dolore, rassegnato sì, ma pursempre dolore, di non essere stato abbastanza compreso, di non vedere pienamente
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avviata quell’opera di riforma nell’educazione e nell’insegnamento, a cui ho con-sacrato tutte le mie forze e senza cui non potremo giammai, lo ripeto, avere unagioventù studiosa schiettamente ed interamente cattolica” (F. CERRUTI, Le idee diDon Bosco sull’educazione e sull’insegnamento, San Benigno Canavese 1886, pp.10-11).
Queste parole così accorate non hanno bisogno di commento. Egli concepivala sua opera come una formidabile riforma educativa, a partire dalla riforma del-l’insegnamento; e questa sarebbe stata possibile ripensando i contenuti e il metodo,dando vita – insomma – ad un vero progetto culturale alternativo.Come vedete, siamo arrivati, al cuore del tema oggetto del Seminario. Non fa-remo mai evangelizzazione nella scuola e nella Formazione Professionale, se non apartire dai contenuti propri di una scuola o di un CFP, e non accanto ad essi.Comprendete le conseguenze di tale grande obiettivo. Esso comporta una at-tenta selezione dei docenti, una valutazione dei testi e dei metodi, l’attenzione aicriteri in base ai quali ogni docente opera le scelte contenutistiche ed alla “curva-tura” esplicitamente educativa che egli dà alla sua programmazione didattica; com-porta delle verifiche che valutino la coerenza dell’insieme dei processi in atto inuna scuola o Centro di Formazione Professionale con la visione dell’educazione in-tegrale dei giovani, propria di un’Opera salesiana.Questo compito richiede, più profondamente, un incessante lavoro di forma-zione dei docenti, di ripensamento delle discipline, di elaborazione di unità didat-tiche, di scambio tra colleghi della medesima area disciplinare in sede locale edispettoriale. È un campo di lavoro amplissimo ed appassionante. A tal fine, sugge-risco di garantire tempi di formazione dei docenti, mirati ed adeguati, lungo l’anno,perché questo è l’investimento più proficuo per l’efficacia educativa ed evangeliz-zatrice delle nostre opere.Ecco, cari confratelli e docenti presenti, quanto mi sembra sia emerso dal no-stro Seminario. Esso non si chiude, come un evento compiuto, ma ci lascia molticompiti da svolgere. Vi ringrazio di cuore della vostra partecipazione attenta e co-struttiva. Vi auguro di porre mano al più presto a questa impresa educativa ed aquesto appassionante compito di animazione pastorale della scuola, che è evange-lizzare.