CSSC: XVI Rapporto

Descrizione breve: 
Il Centro Studi per la Scuola Cattolica (CSSC) ha voluto dedicare nel 2014 il suo sedicesimo Rapporto al tema dell’orientamento, che costituisce un fattore decisivo del progetto educativo di ogni scuola cattolica.
Data: 
1 Dicembre 2014
CSSC: XVI Rapporto
Pubblicato: 
1
Argomento: 

Treellle - Scuole pubbliche o solo statali? Per il pluralismo dell'offerta. Francia, Olanda, Inghilterra, USA e il caso Italia.

Descrizione breve: 
Quaderno n.10: tratta un tema molto controverso sul piano politico. Non siamo in presenza di una querelle solo italiana: con toni diversi, il nodo è stato già affrontato in altri paesi di grande tradizione educativa, ciascuno dei quali ha individuato una propria via per gestirlo.
Allegato: 
Data: 
25 Giugno 2014
Treellle - Scuole pubbliche o solo statali? Per il pluralismo dell'offerta. Francia, Olanda, Inghilterra, USA e il caso Italia.
Argomento: 

CSSC: "XII Rapporto: A dieci anni dalla legge sulla parità"

Descrizione breve: 
A dieci anni dalla Legge 62/200 un bilancio sulla parità scolastica in Italia che ripercorre le tappe compiute e prospetta la strada ancora da fare.
Allegato: 
Data: 
18 Novembre 2010
CSSC 2010/00_Crociata_Intervento.pdf CSSC 2010/01_Mailizia_Presentazione_Rapporto_Slide.pdf LUCI e OMBRE di una SITUAZIONE - . - CALO QUANTITATIVO e SVILUPPO QUALITATIVO (a cura di Guglielmo Malizia) 1. TENDENZE a LIVELLO QUANTITATIVO 1.1. di lungo periodo (anni ‘70/inizi 2000) a. Percentuale bassa sul totale: 10% circa b. Tendenza al calo nel tempo 1. TENDENZE a LIVELLO QUANTITATIVO 1.2. Di medio periodo (1997-98/2007-08) a. Fism: crescita bambini b. Fidae c. Confap - Calo consistente di istituti e scuole - Calo totale alunni - Calo studenti secondaria 2° grado - Crescita alunni primaria e sec 1° grado - Calo consistente cfp - Crescita allievi 1. TENDENZE a LIVELLO QUANTITATIVO 1.3. Di breve termine (2009-10) a. Il sistema di scuole paritarie b. Le scuole cattoliche paritarie - Squilibrato verso le scuole infanzia - Non sono le scuole dei preti - Dimensioni piuttosto ridotte - Divario con lo stato su categorie particolari di alunni: in diminuzione - Rapporto alunni/docente: 9,9, ma con forti oscillazioni - Appartenenza a una rete quasi per natura 2. LABORATORIO di RIFORME 2.1. Anticipazione delle riforme con numerose sperimentazioni a. Centralità della persona 2.2. Fism b. Educazione a una nuova cittadinanza c. Dimensione comunitaria del progetto d. Apertura al territorio e alla comunità ecclesiale e. Sussidiarietà 2. LABORATORIO di RIFORME 2.3. Fidae a. Pedagogia del progetto 2.4. Confap b. Dimensione comunitaria della scuola c. Contributi alla legge sulla parità a. Contributi alle leggi di riforma b. Il nuovo modello polifunzionale di cfp c. Elaborazione di un quadro di riferimento pedagogico-didattico avanzato CSSC 2010/02_Malizia_Presentazione_Rapporto_Testo.pdf Centro Studi Scuola Cattolica (CSSC) A DIECI ANNI DALLA LEGGE SULLA PARITÀ XII Rapporto sulla Scuola Cattolica Editrice La Scuola – Brescia Luci e Ombre di una Situazione: Calo Quantitativo e Sviluppo Qualitativo Questo intervento intende completare la relazione di base di S.E. Mons. Crociata che ha pre- sentato in maniera sintetica i fondamentali problemi delle scuole cattoliche paritarie. Questo inter- vento vuole essere complementare al primo, approfondendo due aspetti che sono stati appena tocca- ti nella relazione precedente per ovvie ragioni di tempo e che tuttavia sono rilevanti anche per il contrasto tra essi esistenti: la qualità dell’educazione delle scuole cattoliche non trova conforto nel- la consistenza quantitativa delle medesime 1. Tendenze evolutive a livello quantitativo delle scuole cattoliche paritarie In occasione del primo decennale della legge di parità il XII Rapporto ha inteso offrire un quadro aggiornato e il più possibile completo delle scuole cattoliche paritarie, cioè delle scuole cat- toliche e di ispirazione cristiana che siano anche dotate del riconoscimento di parità. La distinzione tra queste due tipologie di scuola discende dal diritto canonico, in base al quale può essere definita scuola cattolica solo «quella che l’autorità ecclesiastica competente o una persona giuridica eccle- siastica pubblica dirige, oppure quella che l’autorità ecclesiastica riconosce come tale con un docu- mento scritto» (CJC, can. 803, §1). Accanto alle scuole che rispondono a questo requisito si collo- cano le cosiddette scuole di ispirazione cristiana, che dichiarano con maggiore o minore chiarezza nel loro progetto educativo il riferimento ai principi della fede cattolica pur non essendo gestite da un soggetto ecclesiastico e quindi non risultando formalmente scuole cattoliche. Nell’uso corrente si tende a non distinguere queste due categorie di scuole, assimilandole tutte sotto la denominazione sintetica, anche se non del tutto precisa, di scuole cattoliche. Lo stesso Centro Studi per la Scuola Cattolica adotta nella sua denominazione il significato più generico, occupandosi tanto delle scuole formalmente cattoliche quanto delle scuole di ispirazione cristiana (nonché dei centri di formazione professionale di ispirazione cristiana). Per amore di chiarezza è sembrato utile fare questa precisa- zione, che nel prosieguo consentirà di fare qualche interessante distinzione. 1.1. Le tendenze di lungo periodo Tenuto conto del quadro istituzionale in cui si colloca la scuola non statale in Italia, già deli- neato da S.E. mons. Crociata, non c'è da meravigliarsi che la sua consistenza quantitativa sia abba- stanza limitata e che tale settore del sistema educativo si caratterizzi nel lungo periodo per una ten- denza al calo. Dopo una crescita relativa nella decade '70, la scuola non statale ha registrato tra l'ini- zio degli anni '80 e la fine dei '90 (1981-82/1997-98) un andamento degli iscritti fondamentalmente stabile nelle elementari (dal 7,7% al 7.8%) e in leggera crescita nella scuola media (dal 4,6% al 6%), mentre ha accusato una flessione nella materna e nella secondaria superiore (dal 57,7% al 42,4% e dall'11,3% all'8,7%). Il dato più significativo sul piano quantitativo della situazione di pari- tà solo formale in cui si è trovata la scuola non statale nel nostro paese è rappresentato da quel 13,8% a cui ammontava globalmente nel 1997-98 la percentuale degli alunni che la frequentava ri- spetto al totale degli iscritti al nostro sistema di istruzione. 2 L’approvazione della legge sulla parità nel 2000 non sembra aver modificato questo trend. Infatti, è rimasta sempre bassa la percentuale degli alunni che frequentano le scuole paritarie sul to- tale degli allievi del sistema scolastico: appena il 10,6% secondo le ultime stime attendibili che, è vero, diviene nelle scuole dell'infanzia il 35,4%, ma negli altri livelli non arriva al 6% (5,8% nelle elementari, 5,2% nelle superiori e, nel caso delle medie, raggiunge solo il 3,4%). È facile spiegare questa dinamica con il fatto che, nonostante i modesti miglioramenti delle sovvenzioni statali negli ultimi anni, la realizzazione del diritto alla scelta della scuola da frequentare continua ad essere tutt'altro che soddisfacente. 1.2. Le tendenze di medio termine Fin dall’inizio della sua attività il CSSC ha curato una propria raccolta di dati sulle scuole cattoliche, che nel corso degli anni è riuscita a raggiungere la quasi totalità di quelle appartenenti all’ordine primario e secondario di 1° e 2° grado (tutte associate nella Fidae) e una quota crescente ma non completa di scuole dell’infanzia di ispirazione cristiana (aderenti alla Fism), come pure la maggior parte dei centri di formazione professionale di ispirazione cristiana aderenti alla Confap. La rilevazione ha rappresentato negli anni uno sforzo organizzativo non indifferente per il CSSC, cui si è potuto far fronte grazie alla fattiva collaborazione delle citate Federazioni (Fism, Fidae, Confap), alle quali va un doveroso ringraziamento. Le rilevazioni hanno coperto quasi tutti gli anni dal 1997-98 al 2007-08 e sono state puntualmente pubblicate. Tav. 1 - Evoluzione alunni Fism e Fidae e allievi Confap: totali, per livello, per sesso e per circoscrizione geografica (1997-98/2007-08; in VA, % e Ind.) 1997-98 2007-08 VA % Ind. VA % Ind. FISM: Totale Nord Centro Sud *262.099 *191.679 *29.167 *41.253 100.0 73.1 11.1 15.7 100.0 100.0 100.0 100.0 **314.327 **231.625 **40.559 **42.143 100.0 73.7 12.9 13.4 119.9 120.8 139.1 102.2 FIDAE: Totale M F Nord Centro Sud Elementari Medie Superiori 282.082 135.110 146.972 142.128 63.522 76.432 141.543 58.886 81.653 100.0 48.4 51.6 51.4 22.0 26.6 50.2 20.9 28.9 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 268.008 136.117 131.891 150.639 56.445 60.924 142.684 60.176 65.148 100.0 50.8 49.2 56.2 21.1 22.7 53.2 22.5 24.3 95.0 100.7 89.7 106.0 88.9 79.7 100.8 102.2 79.8 CONFAP: Totale M F Nord Centro Sud 51.834 31.830 20.004 38.980 3.790 9.064 100.0 61.4 38.6 75.2 7.3 17.5 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 69.027 43.368 25.659 59.005 3.935 6.087 100.0 62.8 37.2 85.5 5.7 8.8 133.2 136.2 128.3 151.4 103.8 67.2 Legenda: VA= Valori assoluti Ind.= Numeri Indici * Il dato è del 1999-00 e si riferisce al 50.8% delle scuole dell’infanzia della Fism ** Il dato del 2007-08 si riferisce al 63.8% delle scuole dell’infanzia della Fism Fonte: CSSC 2007 e 2008 Relativamente alla Fism, soprattutto per via del gran numero di scuole distribuite capillar- mente su tutto il territorio nazionale, la nostra rilevazione non è riuscita a raggiungere la totalità del- 3 le scuole dell’infanzia, ma nel corso degli anni ha registrato le dinamiche del settore sulla base di informazioni provenienti inizialmente da poco più della metà delle scuole e alla fine da circa i due terzi, con una significativa crescita dei bambini frequentanti queste scuole. Le scuole primarie e secondarie associate nella Fidae, vedono più della metà degli alunni frequentare la scuola primaria ed il resto ripartito quasi equamente tra secondarie di primo e secon- do grado. Un effettivo sostegno pubblico è tanto più urgente perché nel decennio documentato il to- tale degli iscritti alle scuole Fidae è diminuito di 14.074 alunni pari al 5% che, però, si concentra soprattutto nella secondaria di 2° grado (cfr. Tav. 1); inoltre, scende in maniera consistente il nume- ro delle scuole (-410, pari al 15,4%). Per quanto riguarda i Centri di Formazione Professionale della Confap, il confronto è possi- bile solo tra il 2000 e il 2008 e si registra una diminuzione di 61 CFP che passano da 257 a 196 (- 23.7% in percentuale): come si sa, il calo è avvenuto soprattutto al Meridione e per ragioni princi- palmente di carattere politico. Per contro, nel periodo tra il 1997-98 e il 2007-08 va segnalato un aumento degli allievi di un terzo (+33.2%) (cfr. Tav. 1). Nell’insieme del sistema delle scuole cattoliche si può segnalare infine la dinamica che ca- ratterizza la presenza di allievi di alcune categorie particolari. La presenza di disabili è in lenta ma progressiva crescita soprattutto in valori assoluti. Gli alunni con cittadinanza non italiana sono u- gualmente una categoria in aumento, con una prevedibile maggiore concentrazione nelle scuole dell’infanzia, primarie e nei CFP. Lo stesso andamento, anche se in misura meno accentuata, si ri- scontra a proposito degli alunni appartenenti a religioni diverse dalla cattolica. 1.3. Le tendenze di breve termine: il sistema delle scuole cattoliche nell’anno scolastico 2009-10 Con l’anno scolastico 2009-10 sono cambiate le modalità di indagine in quanto si è potuto far ricorso ai dati raccolti dal Servizio statistico del Ministero dell’Istruzione grazie alla specifica convenzione sottoscritta il 30 luglio 2009 dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricer- ca on. Mariastella Gelmini e dal Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana S.E. mons. Mariano Crociata. Nel primo anno di attuazione di questa collaborazione interistituzionale si è partiti utilizzando il questionario comunemente sottoposto dal Miur a tutte le scuole paritarie per le cosiddette rilevazioni integrative, che raccolgono – come per le scuole statali – una quantità di dati strutturali e organizzativi relativi alle risorse e ai servizi offerti dalle scuole. Tav. 2 – Composizione del sistema delle scuole paritarie (a.s. 2009-10) Scuole paritarie Infanzia Primaria Sec. I grado Sec. II grado Totale VA % VA % VA % VA % VA % Scuole cattoliche *4.200 42.7 *1.027 68.0 *513 77.4 *501 29.4 *6.241 45.5 Sc. di ispirazione cristiana *2.492 25.3 *104 6.9 *64 9.6 *88 5.2 *2.748 20.0 Sc. catt. e di ispir. cristiana 6.692 68.0 1.131 74.9 577 87.0 589 34.6 8.989 65.5 Altre scuole 3.147 32.0 379 25.1 86 13.0 1.116 65.4 4.728 34.5 Totale 9.839 71.7 1.510 11.0 663 4.8 1.705 12.5 13.717 100.0 Legenda: VA= Valori assoluti * Fermo restando il totale, la distinzione tra scuole cattoliche e di ispirazione cristiana è una stima. Fonte: elaborazione CSSC su dati Miur Dai dati emerge che il sistema complessivo delle scuole paritarie è decisamente squilibrato verso il basso, con la scuola dell’infanzia che incide per oltre il 70%, mentre negli ordini successivi di scuola si nota la scarsissima incidenza della secondaria di 1° grado (meno del 5%) (cfr. Tav. 2). Quanto alla varietà degli enti gestori, più di un terzo del totale è un gestore laico (ente locale o pri- 4 vato), mentre le scuole cattoliche e di ispirazione cristiana costituiscono intorno ai due terzi, con una loro presenza ancora forte nel primo ciclo di istruzione e nelle scuole dell’infanzia. Si può infi- ne osservare come tra le scuole secondarie di 2° grado i gestori laici prevalgano di gran lunga (quasi due terzi) su quelli di matrice cattolica, evidenziando la diversa dinamica di questo livello scolasti- co, dove il ricorso alla scuola paritaria può essere dettato dalla ricerca di un rimedio agli insuccessi incontrati nella scuola statale. Si sfata così il pregiudizio che le scuole non statali siano le "scuole dei preti", dato che una parte consistente di esse è costituita da scuole degli Enti locali o di gestori privati non religiosi. Tentiamo ora di dare uno sguardo d’insieme al mondo delle scuole cattoliche quale si pre- senta nell’anno scolastico 2009-10 alla luce dei principali indicatori presenti nei questionari che so- no stati somministrati. La tav. 3 ci offre anzitutto un quadro sinottico della rilevazione per quanto riguarda i principali parametri strutturali delle scuole. Tav. 3 – Principali parametri delle scuole statali e cattoliche paritarie (a. s. 2009-10) Parametri Infanzia Primaria Sec. I grado Sec. II grado Totale Cattol. Statali Cattol. Statali Cattol. Statali Cattol. Statali Cattol. Statali Scuole 6.692 13.607 1.131 15.941 577 7.151 589 5.203 8.989 41.902 Classi o sezioni 19.016 42.686 7.421 135.411 3.118 77.425 3.390 115.189 32.945 370.711 Alunni 446.300 1.007.108 153.589 2.578.650 64.948 1.670.117 63.293 2.548.836 728.130 7.804.711 Alunni/scuola 66,7 74,0 135,8 161,8 112,6 233,5 107,4 489,9 81,0 186,3 Alunni/classe 23,5 23,6 20,7 19,0 20,8 21,6 18,7 22,1 22,1 21,0 Classi/scuola 2,8 3,1 6,6 8,5 5,4 10,8 5,7 22,1 3,7 8,8 Fonte: elaborazione CSSC su dati Miur Non è facile né del tutto corretto porre sullo stesso piano scuole strutturalmente diverse co- me quelle dell’infanzia e quelle primarie o secondarie, ma una rapida panoramica mostra alcuni tratti caratteristici comuni. Ad esempio, le scuole cattoliche paritarie hanno in genere dimensioni piuttosto ridotte: meno di 70 bambini nelle scuole dell’infanzia, poco al di sopra del centinaio di a- lunni altrove. Anche sul piano organizzativo interno, vediamo che le scuole dell’infanzia non arri- vano in media a tre sezioni, le scuole primarie hanno di rado più di un corso, mentre le secondarie di 1° e 2° grado non arrivano di solito a due corsi completi. Dimensioni del genere dovrebbero esse- re quanto meno garanzia di un’attenzione educativa specifica per ciascun alunno, ma per altri versi possono essere anche motivo di faticosa sopravvivenza. Ben altri sono i parametri delle scuole sta- tali (fatta eccezione almeno in parte per le scuole dell’infanzia), ma le dimensioni delle singole clas- si o sezioni sono sostanzialmente comparabili con quelle della scuola statale, che oscilla tra i 23,6 bambini per sezione di scuola dell’infanzia e i 19 alunni per classe di scuola primaria. Uno sguardo su alcune categorie particolari di alunni ci mostra invece una certa distanza ri- spetto alla scuola statale, ma si tratta di un divario che si va rapidamente colmando. La Tav. 4 foca- lizza l’attenzione su due sole categorie e sintetizza la presenza di alunni disabili e di alunni stranieri (più propriamente, alunni con cittadinanza non italiana). Tav. 4 – Alunni disabili e stranieri (anno scolastico 2009-10; valori assoluti e %) Alunni Infanzia Primaria Sec. I grado Sec. II grado Totale VA % VA % VA % VA % VA. % Alunni disabili 2.669 0.6 1.809 1.2 1.099 1.7 474 0.7 6.051 0.8 Alunni stranieri 26.262 5.9 3.685 2.4 1.238 1.9 826 1.3 32.011 4.4 Legenda: VA= Valori assoluti Fonte: elaborazione CSSC su dati Miur La presenza di alunni disabili costituisce da sempre un nodo problematico per le scuole non statali, che sostengono con fatica i costi degli insegnanti di sostegno pur dovendo accogliere anche questo genere di alunni, come impone la legislazione sulla parità e la scelta di servizio ai più deboli che è propria delle scuole cattoliche. Nelle scuole statali sono invece presenti complessivamente 170.478 alunni disabili, pari al 2,2% del totale, ovviamente con ampie oscillazioni tra un ordine e 5 l’altro di scuola, ma – come hanno dimostrato le nostre ricerche sugli anni precedenti – negli ultimi anni il numero di disabili che frequentano le scuole cattoliche paritarie va sistematicamente cre- scendo. Analogo discorso può essere fatto per gli alunni con cittadinanza non italiana. Qui non c’è la possibilità di operare un confronto compiuto con la scuola statale per la mancanza di un dato ag- giornato, ma il Miur parla di un 7% di alunni stranieri nel 2008-09 sul totale degli iscritti alla stata- le, ovviamente con ampie oscillazioni tra ordini e gradi di scuola. Sotto questo aspetto la scuola cat- tolica paritaria si trova a due terzi del livello della scuola statale ed è pienamente coinvolta nelle di- namiche migratorie, che hanno avuto un incremento rapidissimo nel breve volgere di qualche anno e solo ultimamente sembrano aver attenuato il loro flusso. Per quanto riguarda il personale, la scuola cattolica paritaria impiega complessivamente 73.447 docenti, distribuiti proporzionalmente al numero degli alunni e quindi con netta preponde- ranza della scuola dell’infanzia. Il dato complessivo può risentire del fatto che alcuni istituti vedono la presenza di più ordini o gradi di scuola e quindi potrebbero impiegare lo stesso insegnante due volte (soprattutto nei due gradi della secondaria), ma si tratta di casi limitati. La Tav. 5 riassume i dati relativi alle principali tipologie di insegnanti. Tav. 5 – Gli insegnanti nella scuola cattolica paritaria (a. s. 2009-10) Insegnanti Infanzia Primaria Sec. I grado Sec. II grado Totale - a tempo indeterminato 20.615 12.584 5.108 7.312 45.619 - a tempo determinato 6.416 8.329 2.157 2.637 19.539 - a titolo gratuito 3.846 2.614 807 1.022 8.289 Totale 30.877 23.527 8.072 10.971 73.447 - di cui insegnanti di sostegno 1.398 3.844 542 214 5.998 Fonte: elaborazione CSSC su dati Miur Il rapporto alunni/docente è di conseguenza pari a 9,9 sul totale (contro 11,1 nel totale delle scuole statali), ma con forti oscillazioni tra livelli scolastici che invece la scuola statale non presen- ta: si va da 5,8 alunni per docente nella secondaria di secondo grado (rispetto a 11,4 della statale) a 6,5 nella primaria (10,9 nella statale corrispondente), a 8,1 nella secondaria di primo grado (10,7 nella statale) e a 14,4 nella scuola dell’infanzia (11,9 nella statale). Va però notato che la quota non irrilevante di insegnanti impiegati a tempo parziale influenza in vario modo il risultato: si tratta di oltre la metà nelle secondarie di I e II grado, del 12% nelle scuole primarie e del 25% nelle scuole dell’infanzia. Per il personale non docente non si può fornire un dato complessivo in quanto, come hanno mostrato le rilevazioni autonome condotte in passato dal CSSC, una parte di tale personale svolge più mansioni e quindi potrebbe essere conteggiato due volte. Inoltre, la presenza di più livelli di scuola nello stesso istituto può facilmente far utilizzare lo stesso personale sui diversi ordini e gradi di scuola. La Tav. 6 riporta perciò solo le principali mansioni in cui è impiegato detto personale. Tav. 6 – Il personale non docente nella scuola cattolica paritaria (a. s. 2009-10) Personale non docente Infanzia Primaria Sec. I grado Sec. II grado Addetti all’amministrazione 5.233 1.809 1.213 1.432 Addetti alla cucina 7.512 1.630 894 734 Addetti alla vigilanza/pulizia 10.921 3.396 1.593 1.670 Fonte: elaborazione CSSC su dati Miur Tra gli aspetti comuni che sono stati indagati presso tutte le scuole, infine, c’è l’adesione a reti di scuole, che costituisce uno dei motivi caratteristici della scuola dell’autonomia. Come mostra la Tav. 7, la cultura di rete non sembrerebbe essere molto diffusa: più di due terzi delle scuole pri- marie e secondarie non partecipano a reti di scuole e solo le scuole dell’infanzia vi partecipano con più di metà delle scuole. Alla diversa sensibilità della scuola dell’infanzia contribuisce senz’altro la particolare organizzazione a rete della stessa Fism, che associa le diverse scuole cattoliche paritarie 6 e quindi diffonde in esse il suo modello organizzativo. In ogni caso, gran parte delle scuole cattoli- che appartengono quasi per loro natura ad una rete in quanto espressione di una medesima congre- gazione religiosa o in quanto associate da tempo in specifiche federazioni per cui vanno ridimensio- nate alla luce di questa considerazione le dichiarazioni apparentemente contraddittorie rese dalle scuole circa una loro limitata partecipazione a reti di scuole. Tav. 7 – Partecipazione a reti di scuole (a. s. 2009-10; in %) L’Istituto fa parte di una rete di scuole? Infanzia Primaria Sec. I grado Sec. II grado No 46.5 71.8 69.5 70.5 Sì,di sole scuole non statali 46.6 21.8 21.7 15.4 Sì, di scuole statali e non statali 6.9 6.5 8.8 13.9 Fonte: elaborazione CSSC su dati Miur 2. La scuola cattolica come laboratorio delle riforme La scuola cattolica in Italia si è sempre misurata con gli scenari sociali e culturali di ciascuna fase storica. Stimolata dai nuovi orizzonti delineati dall’approvazione della Costituzione repubbli- cana, poi dalla diffusione della cultura del personalismo e quindi, su scala ancora più vasta, dal Concilio Vaticano II, la scuola cattolica italiana ha ripensato e rafforzato nella seconda metà del XX secolo la sua azione educativa, mettendosi in ascolto dei bisogni formativi emergenti, intensifi- cando il dialogo con la cultura contemporanea, aprendosi alla collaborazione con le istituzioni della comunità ecclesiale e della società civile, potenziando la dimensione comunitaria e rinnovando la propria azione pastorale in campo educativo. In particolare, essa si è qualificata come laboratorio di ricerca e di riforme, avviando a partire dal D.P.R. n. 419/74 numerose sperimentazioni che hanno dato un apporto significativo al cambiamento didattico, pedagogico e talora istituzionale del nostro sistema educativo, in un certo senso anticipando nella decade ’90 il periodo delle riforme con la predisposizione dei progetti educativi di istituto, dei profili degli alunni, della costruzione delle uni- tà formative e con indagini e sperimentazioni sulla qualità dell’offerta formativa e la certificazione delle competenze, coniando ed elaborando parole e concetti nuovi e rilevanti quali scuola della per- sona e delle persone, centralità della persona e della scuola, educazione personalizzata, correspon- sabilità e reciprocità educativa, solidarietà e alleanza per l’educazione, sussidiarietà, interculturalità e convivialità delle differenze. Nell’ultimo decennio questo sviluppo è avvenuto anche ad opera del contributo offerto dal Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica e dal Centro Studi per la Scuola Cattolica. Entrando di più nello specifico, va anzitutto osservato che nella prassi quotidiana delle scuo- le dell’infanzia della Fism è facile identificare una serie di fermenti che stanno anche caratterizzan- do l’attuale stagione delle riforme. In particolare, esse sono state sempre in prima linea nel procla- mare la centralità della persona, cercando di approfondire l’affermazione non solo sul piano di prin- cipio, ma anche a livello di sua traduzione pratica. Un’altra direzione importante è quella dell’educazione a una nuova cittadinanza che mira a formare alla convivenza attraverso la valoriz- zazione delle diverse identità e radici culturali di ogni studente entro il quadro, ovviamente, della tradizione nazionale e dando vita così a una vera scuola dell’inclusione, aperta a tutti, secondo l’insegnamento di Gesù, con speciale attenzione alle persone più povere e disagiate. Una dimensio- ne essenziale del progetto Fism è anche quella comunitaria, che per le scuole cattoliche non è solo un concetto sociologico, ma soprattutto possiede un fondamento teologico; ed è superfluo dire che questa prospettiva comunitaria è sempre di più sottolineata nei progetti di riforma del nostro siste- ma. L’apertura al territorio e in particolare alla comunità ecclesiale di appartenenza è un nota essen- ziale fin dalle origini, perché le scuole dell’infanzia di ispirazione cristiana nascono capillarmente inserite nel tessuto sociale; sul territorio esse sono anche coordinate, messe in rete, intendendo que- sta espressione non solo in senso funzionale, ma come un modo originale di concepire l’agire edu- cativo nel senso di convenire insieme per fare comunione. Un’altra istanza emergente è senz’altro 7 quella della sussidiarietà e la Fism con le sue strutture ha da sempre offerto un esempio concreto della necessità del passaggio da una scuola gestita preminentemente dallo Stato a una che sia una espressione della domanda sociale. Quanto alle scuole della Fidae, ci limitiamo anche qui a sottolineare alcuni aspetti del qua- dro generale delineato sopra che hanno trovato un particolare rilievo nella Federazione. Ci riferiamo in primo luogo alla pedagogia del progetto, in quanto particolarmente attenta e approfondita è stata la riflessione e l’esperienza pratica accumulata riguardo al progetto educativo di istituto. Questo, e- laborato con la collaborazione di tutte le componenti della comunità scolastica, intende delineare l’identità della scuola con speciale riguardo all’ispirazione cristiana, indica le finalità e gli obiettivi da raggiungere all’interno di un contesto educativo e sociale adeguatamente analizzato, determina i programmi da insegnare e le strategie didattiche da utilizzare, struttura l’organizzazione interna e le fasi degli interventi e prevede le modalità della verifica e della valutazione; al progetto educativo di istituto si accompagna il piano dell’offerta formativa che contiene il programma effettivo annuale dal punto di vista curricolare, metodologico e organizzativo. Un altro aspetto centrale del laborato- rio Fidae è dato dalla dimensione comunitaria della scuola che significa profonda disponibilità da parte di tutti gli attori scolastici all’ascolto reciproco, al dialogo, alla partecipazione, all’esercizio di una leadership condivisa. In terzo luogo va sottolineato l’apporto decisivo della Federazione all’elaborazione della legge sulla parità, anche se non ascoltato su aspetti essenziali. Molte proposte di Confap e di Forma in tema di Formazione Professionale Iniziale (FPI) si trovano recepite nei testi legislativi della recente stagione delle riforme. In particolare si tratta della opportunità offerta ai giovani di scegliere la FPI all’età di 14 anni, dell’accoglimento del principio della diversificazione e dell’ampliamento dell’offerta formativa, incominciando dall’assunzione della FPI come sottosistema dell’intera offerta del secondo ciclo, della valorizzazione degli organi- smi della società civile secondo il principio della sussidiarietà orizzontale, coinvolgendo gli Enti della FP nello svolgimento delle attività di FPI ed evitando ogni forma di centralismo a livello an- che regionale. Tuttavia, rimangono altre proposte che non sono state attuate e che meritano di esser- lo ai fini di accrescere il successo formativo dei giovani; esse riguardano il superamento della pre- carietà finanziaria dei percorsi di FPI, una più equilibrata diffusione geografica della offerta forma- tiva in modo da promuoverne la presenza al Centro e al Sud, l’accreditamento dei CFP e dei forma- tori così da garantire un personale definito e specifico per la FPI. Da ultimo va sottolineato che il successo dei percorsi triennali di FPI, testimoniato dalla cre- scita imponente degli iscritti, dalla riduzione dei tassi di dispersione rispetto alla offerta scolastica e dai risultati delle ricerche condotte sulle relative sperimentazioni, viene generalmente attribuito a due tipi di innovazioni, una di carattere organizzativo e l’altra più di natura pedagogico-didattica. Anzitutto, è il modello di CFP che è cambiato, passando da una focalizzazione su due sole funzioni, quella del direttore e quella del formatore, a una impostazione di tipo polifunzionale in grado di fornire non solo prestazioni formative, ma anche diversi servizi a monte e a valle di queste. Sull’altro piano, la FPI possiede ormai un quadro di riferimento avanzato che è contenuto nella Li- nea Guida per i percorsi di istruzione e di formazione professionale. Questa delinea «un preciso modello di competenza e di cultura del lavoro, suggerisce percorsi scanditi da “situazioni di ap- prendimento”, consegna al formatore una definizione rigorosa di traguardi formativi, elabora un preciso iter valutativo del percorso e dell’offerta, suggerisce una modalità di formazione dei forma- tori. […] Essa [la proposta] è basata sul concetto di “formazione efficace” ed è centrata sui principi del coinvolgimento degli allievi, della personalizzazione, del compito reale, della comunità di ap- prendimento, del coinvolgimento della società civile». Insomma, la scuola cattolica non si trova passivamente al rimorchio del modello statale di scuola, pur rispettandone – nel contesto della parità – le norme generali, ma ambisce ad una attiva funzione trainante per l’intero sistema scuola. E vorrebbe che – proprio nello spirito della parità – questa condizione le fosse riconosciuta. Non certo per rivendicare un’egemonia, ma per aspirare – con spirito di servizio e collaborazione – almeno ad una effettiva parità. CSSC 2010\03_Macrì_Intervento.pdf Decennale della Legge 62/2000 Presentazione XII Rapporto sulla scuola cattolica (18 novembre 2010) Dieci anni orsono veniva approvata la legge 10 marzo 2000, n. 62, intesa a dare attuazione – dopo oltre mezzo secolo – al dettato costituzionale sulla parità scolastica. 1. Affermato che la legge 62/2000, nonostante sia il risultato di una mediazione e di un compromesso politico, ha segnato comunque una svolta positiva rispetto al passato in quanto ha “formalizzato” la piena legittimità della scuola paritaria, l’ha riconosciuta come soggetto “costitutivo” dell’unico sistema nazionale di istruzione ed educazione; 2. affermato che la scuola paritaria risponde ad una domanda di maggiore libertà di scelta educativa; ad una più puntuale diffusione e capillarizzazione dell’offerta formativa su tutto il territorio, comprese le aree più periferiche e marginali; 3. affermato che la presenza della scuola paritaria è un elemento di forte dinamismo dell’intero sistema nazionale di istruzione e formazione in quanto l’inevitabile raffronto-confronto che si viene a porre con la scuola statale stimola entrambe a perseguire più alti standard di qualità 4. affermato che, a parità di servizi, i suoi costi di gestione sono larghissimamente inferiori a quelli della scuola statale e che, quindi, se lo Stato procedesse ad un suo effettivo finanziamento avrebbe un margine di risparmio considerevole e assai interessante soprattutto in questo momento di difficoltà del suo bilancio • diventa incomprensibile il suo finanziamento, posizionato su livelli irrisori, in particolarissimo modo per le scuole secondarie di primo e secondo grado, e comunque sottoposto ogni anno, a partire dal 2002, a tentativi di fortissimi tagli; • diventano incomprensibili i fortissimi ritardi praticati per l’erogazione dei contributi alle scuole che ne hanno diritto • diventano incomprensibili le mille e mille difficoltà, discriminazioni, imposizioni che vengono poste di giorno in giorno dalle diverse amministrazioni pubbliche, non ultima della lista l’Agenzia delle Entrate. La scuola paritaria è una grande risorsa culturale, pedagogica, economica per il Paese. Una politica lungimirante e al di sopra degli schemi ideologici e delle contrapposizioni di schieramento dovrebbe, nell’interesse del bene comune, trovare una soluzione equa e solidale a questa questione che si trascina da troppi decenni; così pure una stampa veramente “laica”, “libera” e al servizio della “verità” dei fatti dovrebbe smettere di riproporre vecchi luoghi comuni contrapponendo la scuola paritaria con quella statale, identificando la scuola paritaria con i diplomifici, ed invece dovrebbe iniziare ad affermare, scavalcando il pretestuoso e fuorviante discorso delle etichette di statale o paritario, la necessità per il nostro Paese, di una scuola di qualità, perché, in un mondo globalizzato, competitivo, “liquido”, solo una scuola di qualità può garantire il futuro dei giovani. La parità scolastica è una sfida culturale e politica di grande rilevanza per tutti e non solo per coloro che la frequentano; l’augurio è che il Parlamento, il Governo, le Istituzioni centrali e periferiche, la Chiesa, la stessa opinione pubblica raccolgano questa sfida e le diano una soluzione giusta nell’interesse del bene comune. Il suo misconoscimento e un misconoscimento della civiltà giuridica di cui l’Italia è stata nei secoli un’antesignana. Francesco Macrì Presidente Fidae CSSC 2010/04_Silvano_Intervento.pdf Desidero innanzitutto esprimere un ringraziamento, a nome di tutta la CdO Opere Educative, per l’invito a partecipare a questo importante evento di riflessione e dibattito sui dieci anni della legge di parità scolastica. Come sapete, la FOE (oggi CdO Opere Educative), è una associazione relativamente giovane, essendosi costituita nel 1996 per iniziativa di un piccolo gruppo di gestori di scuole non statali, desiderosi di mettere in comune le proprie esperienze, domande, difficoltà e speranze; all’origine della FOE (userò questa sigla per brevità) c’è dunque il desiderio, da parte di alcune persone, di aiutarsi a sostenere le proprie opere e a far crescere per tutti la possibilità di una reale libertà di scelta educativa, pur in presenza di un contesto certamente avverso alla presenza cristiana nella società e, in modo particolare, alla presenza di opere educative nate dalla tradizione cattolica, che invece è da sempre attenta alle esigenze educative delle famiglie e delle nuove generazioni. La FOE associa scuole di ispirazione cristiana-cattolica, come pure –sebbene in minor misura- scuole di origine laica o di altre confessioni religiose (es. quella ebraica di Milano); ha avuto sin dall’inizio e continua ad avere (ed è per questo motivo che ho voluto richiamare le origini del nostro esistere) una peculiarità che credo la caratterizzi fortemente (senza nulla togliere alle altre….) nel panorama delle associazioni di scuole non statali: la dimensione della RETE. Prima ancora di essere una realtà di rappresentanza di categoria o una sigla di natura quasi sindacale, infatti, la FOE si è caratterizzata sin dall’inizio come una amicizia operativa tra gestori di scuole non statali, mirando innanzitutto a favorire e sostenere la crescita di ogni singolo ente attraverso il rapporto, lo scambio, il confronto con le altre realtà associate. Una collaborazione che si è realizzata e si realizza tuttora attraverso numerose e sistematiche iniziative “formali” di formazione, confronto e aggiornamento (organizzate centralmente dalla direzione FOE oppure localmente dalle scuole), come pure attraverso un quotidiano e informale contatto fra i diversi istituti, dai livelli più “bassi” (contatti fra le segreterie) sino a quelli più “alti” (contatti fra dirigenti, gestori e membri dei cda). Questo aspetto, fra i tanti che potrei citare, è sicuramente quello che maggiormente qualifica e caratterizza la nostra azione a favore di una piena libertà di scelta educativa nel nostro paese. Abbiamo verificato, infatti, che prima ancora di una serrata battaglia politica –che pure (ahimè) continua ad essere necessaria-, di una tutela “sindacale” degli enti associati, o di “semplice” rappresentanza istituzionale per ribadire a chi di dovere la necessità di giungere ad una effettiva libertà di scelta educativa, ciò che conta e vale è innanzitutto una presenza efficace e persuasiva delle nostre scuole sul territorio: una presenza che sia espressione di una cultura improntata alla libertà e al rispetto dell’uomo, e che a sua volta genera cultura, aprendosi al territorio e agendo su di esso. Una presenza, tra l’altro, che è paradigmatica di ciò che è e potrebbe essere la vera autonomia delle istituzioni scolastiche, anche e soprattutto di quelle statali, se la morsa dello statalismo centralista si allentasse per tutto il nostro sistema nazionale di istruzione. Quante nostre scuole, aiutate dal cammino comune fatto in questi anni e crescendo dunque in consapevolezza, qualità formativa e gestionale, capacità di fare cultura e di esprimere una autentica cultura cristiana (in senso non confessionale, cioè di valorizzazione della persona e della sua ragione), stanno testimoniando che la parità scolastica è conveniente per tutti! E quante persone -dal semplice cittadino sino al parlamentare-, incontrandole, si sono rese conto che gli slogan ideologici che ancora avversano la cosiddetta “scuola privata” sono ormai dei residuati bellici del passato, che nulla hanno a che fare con la realtà e che non sono più utili a nessuno. Dobbiamo e vogliamo lavorare perché queste esperienze si diffondano e si consolidino, essendo la strada maestra per un sostanziale cambio di mentalità nella nostra società al riguardo della scuola paritaria e per una effettiva crescita di tutto il sistema nazionale di istruzione. E’ vero, è una strada che porta frutti lentamente; ma la battaglia per la libertà di educazione è innanzitutto una battaglia culturale, legata ad una mentalità stratificatasi negli ultimi secoli, ed è noto che le battaglie culturali hanno tempi lunghi, perché la mentalità non cambia dall’oggi al domani… Sappiamo bene che nel dibattito in corso sulla parità, infatti, si ha ancora l'impressione che per molti questa riguardi solo le scuole cattoliche, o i genitori che vi mandano i figli (che sono una minoranza all'interno del nostro sistema formativo) e che dunque la parità sia, in realtà, una benevola concessione fatta alla Chiesa Cattolica in quanto (ex) religione della maggioranza degli italiani o, comunque, religione storica del nostro paese…. Sappiamo bene, al contrario, che la libertà di educazione non è una prerogativa né di una maggioranza, né di una minoranza – già in questo senso sarebbe quantomeno un diritto rispettabile, dato che in un regime democratico le minoranze vanno tutelate – ma è una libertà fondamentale della persona. La libertà di educazione, tra cui la libertà di scelta della scuola da frequentare, si fonda sul diritto di ogni persona ad educarsi e ad essere educata secondo le proprie convinzioni e sul corrispondente diritto dei genitori di decidere dell'educazione e del tipo d'istruzione da dare ai propri figli. E’ un diritto riconosciuto dalla nostra Costituzione, che implica anche il diritto dei privati di istituire e di gestire una scuola e i conseguenti obblighi per lo Stato: consentire la compresenza di scuole statali e non statali; riconoscere la parità alle scuole non statali che garantiscono il conseguimento di determinati obiettivi didattici e gestionali; assicurare loro, soprattutto, una reale parità finanziaria alle stesse condizioni delle scuole statali. A 10 anni dalla legge di parità siamo ancora lontani dal conseguimento di questi obiettivi; la legge 62/2000, tuttavia, pur con tutti i suoi limiti che ben conosciamo, ha posto le premesse perché su questi temi si possa lavorare con una sponda di natura giuridica; e questo non è poco. In questi anni, la FOE si è spesa costantemente –anche collaborando alla stesura di norme a favore della parità- perché la parità possa essere sempre più effettiva e completa. Dobbiamo continuare a lavorare, ognuno con la propria identità e specificità, perché la libertà di scelta educativa sia finalmente riconosciuta e resa pienamente possibile. Dobbiamo anche, però, continuare a lavorare insieme: la collaborazione di questi ultimi anni ha reso evidente a tutti noi, credo, che la nostra presenza può essere più efficace e incisiva sia sotto il profilo politico che della visibilità pubblica. Come ci hanno insegnato le nostre scuole, tra l’altro, il lavoro in rete è occasione di crescita umana e professionale, e valido strumento per approfondire la coscienza del proprio compito. L’incontro di oggi credo che sia una significativa ulteriore documentazione del fatto che siamo incamminati insieme proprio su questa strada; è per questo che concludo ringraziando nuovamente per l’opportunità che ci è stata offerta. CSSC 2010/05_Lucente_Intervento_Slide.pdf Fare cultura in un contesto di fede A dieci anni dalla legge sulla parità Il nostro compito restituire fiducia e speranza ai giovani 05/12/2011 1 don Antonio Teodoro Lucente CONFAP NAZIONALE Alcuni orizzonti comuni • Parlare di parità e dignità scolastica e formativa significa innanzitutto parlare di rispetto e dignità della Persona, di sacralità della Vita (Evangelum vitae n. 34). • La formazione professionale ha pari dignità rispetto alle altre istituzioni educative, insieme alle quali contribuisce alla formazione della Persona. 05/12/2011 2 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP • Noi cattolici abbiamo capito l’importanza di impegnarci a favore del mondo del lavoro: ricordiamo l’impegno di santi maestri quali don Gnocchi, don Bosco, san Murialdo, don Orione etc. • E grazie a queste figure del mondo della Chiesa che sorgono “Le Scuole dei Mestieri”, avventura che seguita nei CFP/CSF e attraverso l’impegno di ciascuno di noi qui presenti, attenti a leggere e ri-leggere i segni dei tempi, per mettere in grado giovani ed adulti di avvicinarsi ed inserirsi nel mondo del lavoro che corre con ritmi esponenziali, offrendo nuove conoscenze, competenze e metodologie didattiche 05/12/2011 3 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP l’educazione al Valore e all’Amore per il Lavoro • ci impegna e ci distingue da tutte le altre istanze formative, • istanze formative con le quali entriamo in sinergia per favorire il dialogo portando, ciascuna, proprie pecularietà ( Reference Point italiano per la qualità nell’istruzione e formazione professionale, 2009). 05/12/2011 4 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP Rivendichiamo la storia e la professionalità circa • l’attenzione ai giovani poveri, “spazzacamini”, alle fasce giovanili a rischio di emarginazione personale e sociale; • Iniziative atte a rispondere positivamente alle nuove sfide derivanti dalla presenza dei figli di immigrati, ormai presenti sia nelle istituzioni scolastiche che formative ai diversi gradi e livelli; 05/12/2011 5 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP Rivendichiamo l’orientamento attraverso il quale si sostiene il progetto di Vita della persona • il metodo laboratoriale; • lo stage,“imparare ad imparare” ,“spirito di iniziativa e imprenditorialità”, competenze chiave di cittadinanza che si acquisiscono in contesti lavorativi • le figure strategiche quali: tutor,progettisti, valutatori, orientatori • Da notare: “Gli istituti di istruzione secondaria superiore attivano ogni opportuno collegamento con il mondo del lavoro e dell’impresa ivi compresi il volontariato e il privato sociale con la formazione professionale, con l’università e la ricerca e con gli enti locali”(art.13 della l.40/2007); 05/12/2011 6 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP Siamo strategici • Siamo una istituzione la cui presenza in progetti o nuovi soggetti, è fondamentale : • IFTS, • programmi europei, • e non ultimo la presenza come soggetto fondatore delle “Fondazioni di partecipazione” dei nuovi Istituti Tecnici Superiori (ITS).. 05/12/2011 7 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP Considerazione generale • Dobbiamo essere uniti e forti insieme anche alle nostre famiglie: • nel sostenere la libertà di scelta culturale; • nell’essere propositivi sui tavoli istituzionali; • nel rivendicare il nostro servizio a favore dei giovani e mondo del lavoro; • nel proporre manifestazioni pubbliche di carattere sociale sia singolarmente che in rete tra di noi. 05/12/2011 8 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP Alcune considerazioni • La sfida a cui siamo chiamati non è solamente di tipo sociale, etico, religioso, economico, culturale, ma , prima di tutto, progettuale “quello di Dio”. • Non possiamo non partecipare al dibattito pubblico sul futuro dei giovani e della persona, nella speranza di pervenire a soluzioni quanto più condivise anche con gli attori istituzionali, politici e sociali 05/12/2011 9 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP • Siamo ad chiamati a partecipare alla realizzazione della società della «Vita Buona» che è possibile se la dimensione personale e la dimensione sociale sono simultaneamente perseguite in modo da non trascurare i diversi aspetti costitutivi della esperienza dell’uomo: la fede, la salute, il lavoro, gli affetti e il riposo. 05/12/2011 10 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP • Siamo chiamati alla realizzazione della “vita buona” attraverso il fare che conservi, però, un carattere universale, ma che ovviamente deve saper coniugare la caratteristica della universalità con quella della personalizzazione e anche della selezione dell’intervento, perché i bisogni non si presentano in modo uguale in tutte le persone 05/12/2011 11 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP • La sfida così definita si realizza non solo attraverso gli specifici impegni dedicati ai giovani ma soprattutto riconoscendo, in sussidiarietà, il valore di tutte le azioni, le funzioni e risorse professionali che sono presenti nelle nostre realtà CFP/CSF e Scuole. 05/12/2011 12 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP Fonte: elaborazioni Isfol su dati MIUR, dati regionali, dati Istat Stato formativo dei giovani tra 14 e 17 anni (a.s.f. 2008-09) V.A. % Iscritti nei licei 735.683 31,6 Iscritti negli Istituti Tecnici 645.466 27,7 Iscritti negli Istituti Professionali 382.069 16,4 Iscritti nell’Istruzione magistrale (a) 169.920 7,3 Iscritti nell’Istruzione Artistica (b) 71.713 3,1 Iscritti alla secondaria di I grado 93.129 4,0 Iscritti alle agenzie formative 95.816 4,1 In formazione in apprendistato 6.649 0,3 Fuori di percorsi 125.853 5,4 Totale popolazione 14-17enne 2.326.298 100,0 05/12/2011 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP 13 FP in progress 05/12/2011 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP 14 1819 25.347 72.034 96.580 117.481 130.431 150.489 0 20.000 40.000 60.000 80.000 100.000 120.000 140.000 160.000 20 02 /3 20 03 /4 20 04 /5 20 05 /6 20 06 /7 20 07 /8 20 08 /0 9 I percorsi di IFP: la partecipazione (a.s.f. 2008-09) N. Allievi 150.489 Di cui iscritti ai CFP 95.816 Di cui iscritti a scuola 54.673 Corsi 7.642 IV anno Allievi 2.372 Corsi 143 N. Allievi 150.489 05/12/2011 15 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP Alcune considerazioni circa i dati • Inclusione formativa ed occupazionale come strumento per l’inclusione sociale • Qualificazione ed inserimento professionale dei giovani a rischio • Esperienza lavorativa quale volano per la rimotivazione (lavoro per progetti, spendibilità delle competenze acquisite) • La qualità dei formatori quale snodo fondamentale per il buon esito dei percorsi formativi dei giovani a rischio • Il legame con il mercato del lavoro accresce la motivazione e favorisce l’inserimento lavorativo 05/12/2011 16 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP • Laboratorialità • Va sviluppata sia nella IFP che nei diversi percorsi della secondaria superiore • Richiede significativi investimenti finanziari • Orientamento ed azioni di recupero • Orientamento preventivo nella secondaria di primo grado • Misure di supporto quali accompagnamento e tutorato • Ruolo dei CPI 05/12/2011 17 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP Trinomio indispensabile • “Occupazione, occupabilita’, cittadinanza attiva” •Questo è il trinomio intorno al quale ruota “l’albero motore” dell’integrazione dei giovani a rischio • Si tratta di qualificare i giovani a rischio (e non) offrendo loro la possibilità di inserirsi rapidamente nel mondo del lavoro e d’altra parte, sviluppando la loro capacità di inserirsi successivamente in contesti lavorativi differenti 05/12/2011 18 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP Aspetti caratterizzanti i percorsi di IFP • canale per l’assolvimento del DD e il raggiungimento del successo formativo • progressivo incremento degli iscritti • contenuto tasso di abbandono • crescente interesse delle aziende a reclutare giovani qualificati • caratterizzazione del bacino d’utenza 05/12/2011 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP 19 • canale d’elezione per l’utenza straniera e strumento d’integrazione sociale • lunga esperienza didattico-educativa nell’area del disagio • maggiore flessibilità per rispondere a bisogni differenziati 05/12/2011 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP 20 Criticità e problemi aperti • Risorse finanziarie non consolidate • Diversa valenza che le strategie regionali attribuiscono alla IFP • Disomogeneità territoriale della qualità della formazione • Necessità di sviluppare ed aggiornare le competenze dei formatori e degli operatori • Sviluppare azioni di supporto al successo formativo (accompagnamento e tutorato) 05/12/2011 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP 21 conclusioni • Noi siamo un sistema articolato e complesso chiamato ad interrogarsi continuamente su: • obiettivi di fondo e orientamento strategico • elementi di identità • caratteri distintivi • valore aggiunto 05/12/2011 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP 22 Creare valore aggiunto • nella azione sociale e nella prestazione dei servizi, ovvero: • trasferire visione oltre che competenze specialistiche • rendere visibile la nostra l’identità • conoscere le risorse e i bisogni anche prima che esprimano domanda esprimere e costruire processi di sviluppo umano • • garantire qualità oltre che efficienza 05/12/2011 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP 23 L’identità si produce • nel sistema di valori affermato a livello associativo • nell’adesione ad una visione e ad una missione definite e condivise • nel costante riferimento a visione e missione nelle attività operative 05/12/2011 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP 24 • Solo i figlioli degli altri qualche volta paiono cretini. I nostri no. Standogli accanto ci si accorge che non sono. E neppure svogliati. O per lo meno sentiamo che sarà un momento, che gli passerà, che ci deve essere un rimedio. Allora è più onesto dire che tutti i ragazzi nascono eguali e se in seguito non lo sono più è colpa nostra e dobbiamo rimediare. (op. cit., p. 61) 05/12/2011 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP 25 CSSC 2010/06_Tettamanti_Testo.pdf 1 Intervento al Convegno del C.S.S.C. Centro Studi Scuola Cattolica Roma – 18 novembre 2010 A DIECI ANNI DALLA LEGGE SULLA PARITA’ L’incompiutezza della Legge 62/2000 di Giancarlo Tettamanti A dieci anni dell’approvazione da parte del Parlamento Italiano della Legge n. 62/2000, concernente “Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione” (Legge pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2000), doveroso sembra procedere ad una analisi riflessiva. Con questa Legge si era inteso concretizzare ciò che la Costituzione Italiana, alcune norme della Corte Costituzionale, la stessa legge sull’autonomia e l’ordinamento giuridico internazionale ebbero più volte a sollecitare. Con la Legge, veniva affermato che “il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. La Repubblica individua come obiettivo prioritario l’espansione dell’offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall’infanzia lungo tutto l’arco della vita” (art. 1). Nelle successive articolazioni, venivano elencate le condizioni richieste per addivenire al riconoscimento da parte delle scuole della loro funzione pubblica, e quindi del loro inserimento nel “Sistema nazionale di istruzione”. Sono tuttora in vigore le proposizioni ideali e le norme giuridiche, ma l’inserimento, a tutt’oggi, risulta incompleto poiché, nello stesso sistema nazionale di istruzione, la scuola “paritaria” resta economicamente, e anche giuridicamente, discriminata. Il riconoscimento legislativo della funzione pubblica svolta dalle scuole non statali, ha certamente avuto uno sviluppo concreto: sembrava, pertanto, a portata di mano il superamento culturale ed operativo di unilaterali discriminazioni. Ma non è stato e non è cosi! Resta indispensabile, nell’attuale contesto di crisi valoriale e di identità della società civile, progredire sempre più lungo questo percorso innovativo, ipotizzato dalla legge, perché è dalla famiglia, e con essa dalla scuola, che parte la possibilità di risposta a questa crisi educativa, a questa emergenza educativa che attanaglia la nostra comunità. Permane l’urgenza di incentivare ogni sforzo a sostegno della famiglia affinché possa esercitare il proprio diritto/dovere educativo e formativo nei confronti dei figli, sostenuta in questo dalla scuola che, della famiglia, è istituzione sussidiaria e complementare. Quindi va riconosciuta compiutamente una scuola e, perciò, un sistema nazionale di istruzione, che siano concretamente al servizio del diritto della persona all’istruzione e alla formazione, e a sostegno della famiglia nel conseguimento del compito educativo suo proprio. Questo il criterio sulla base del quale valutare e sostenere “la scuola”, coordinandola e sostenendola tutta nel rispetto del pluralismo scolastico istituzionale. Criterio che sembra non essere acquisito a livello governativo e parlamentare. Criterio che richiede precise norme nazionali che diano concreta attuazione ad alcuni principi costituzionali: • la parità tra cittadini, indipendentemente dal tipo di scuola prescelta per i figli; • la libertà concreta di educazione come diritto e dovere della famiglia; • la “parità” come un diritto che riguarda la persona e per essa la sua famiglia che ha l’obbligo di mantenerla, educarla e istruirla, anche se nata fuori dal matrimonio (un diritto non riconducibile e non condizionabile dal “senza oneri per lo Stato”, bensì rapportabile al dovere-diritto dei genitori di educare e istruire i figli); • un effettivo e generalizzato sostegno pubblico alle funzioni educative della famiglia, in condizioni di tendenziale parità, quali che siano le legittime scelte educative; 2 • una reale libertà di insegnamento, che implica la libertà della scelta del tipo di scuola in cui insegnare e soprattutto in cui imparare, senza che la scelta di un tipo o di un altro tipo di scuola abbia effetti penalizzanti; • una concreta valorizzazione ed attuazione sia del principio di sussidiarietà, tanto verticale che orizzontale, sia dell’autonomia sostanziale e funzionale delle istituzioni scolastiche tutte. Non ci sembra che, nel nostro sistema nazionale di istruzione, questi principi costituzionali siano rispettati. E’ vero, si è fatta una legge sulla parità, ma questa legge è orientata esclusivamente a dettare le norme giuridiche condizionanti l’operato delle scuole non statali paritarie. Totalmente ignorate sono le condizioni di sostegno economico. Ci si è totalmente dimenticati di articolare norme che “consentano” un corretto esercizio della parità. Quella parità che riguarda la concreta possibilità di esercitare il diritto di scelta della scuola; il diritto di scelta dei fini, dei tempi e dei mezzi cui orientare la propria formazione ed il proprio apprendimento; il diritto di insegnare negli ambiti ritenuti più gratificanti nei riguardi del proprio impegno professionale. La Repubblica italiana ha dato vita ad uno statalismo ormai stantio che non ha uguale in tutto il mondo occidentale. Solo alla scuola statale sono riservati i fondi pubblici: fondi che sono pur reperiti attraverso l’imposizione fiscale, che colpisce tutti i cittadini, compresi quelli che scelgono strutture educative paritarie. I cittadini, le famiglie che preferiscono ricorrere a strutture scolastiche ed educative non statali devono sostenere in proprio i costi, dopo avere peraltro contribuito a pagare, a beneficio altrui, i costi della scuola statale. Queste famiglie, questi cittadini, pagano quindi per un servizio che non intendono usare e pagano ancora per poter usare il servizio che hanno scelto, visto che – nonostante la legge paritaria – la scuola paritaria deve reggersi sui contributi di chi la frequenta. E’ un’ingiustizia sociale e fiscale, perché questo doppio pagamento non è certamente correlato a una diversa capacità contributiva. Ma è soprattutto una ingiustizia politica e morale, perché consente libertà di scelte educative solo a chi abbia quella disponibilità economica, pur minima, che permetta di sostenere il concreto diritto alla libertà di educazione. Oggi in Italia la libertà educativa è considerata un lusso; è fiscalmente colpita come un consumo di lusso; è stigmatizzata come una scelta antisociale. A dimostrazione di questa ingiusta situazione sta, tra le altre, l’azione dell’Agenzia delle Entrate che, ai fini degli accertamenti fiscali sintetici, pone sotto controllo le scuole cosiddette private e le famiglie che osano attuare tali scelte “considerabili di lusso effettuate da soggetti operanti nelle rispettive circoscrizioni” (porti turistici, circoli esclusivi, scuole private, wellness center, tour operator, e così via). Questa situazione in campo educativo risulta rovinosa: a) per il pluralismo culturale: si persegue nell’affermare una “cultura di Stato” che, sotto il pretesto della “laicità”, emargina tutti i valori forti, sostituendoli con una genericità ispirata di volta in volta ai più vacui luoghi comuni della cultura dominante, assecondando anche l’affermarsi di quel relativismo teso ad annullare l’identità e la storia stessa che hanno caratterizzato e caratterizzano la convivenza nel nostro Paese; b) per il pluralismo delle istituzioni culturali: le istituzioni non statali paritarie vengono progressivamente disincentivate e soffocate (vedi le dimenticanze e le riduzioni economiche delle varie finanziarie); da un lato, infatti, la pressione fiscale crescente, usata irrazionalmente non per sostenere i servizi indispensabili ma per accontentare clientele e conservare sprechi, lascia sempre meno risorse a disposizione delle famiglie (il gioco delle tre scimmiette messo in atto nelle ultime finanziarie – compresa quella per il 2010 - dimostra la presenza di un disegno antifamiliare che colpisce tutti i cittadini che si sentono, così, presi in giro), e dall’altro, non si interviene al doveroso sostegno delle strutture educative paritarie; c) per la libertà di insegnamento: il soffocamento delle istituzioni non statali paritarie obbliga di fatto gli insegnanti all’impiego nella cosiddetta scuola “pubblica statale”; non solo, ma i docenti di scuola non statale paritaria sono continuamente discriminati rispetto ai loro colleghi della scuola statale, sia per quanto riguarda le opportunità di aggiornamento professionale, sia per quanto concerne le opportunità di ordine strumentale; 3 d) per la qualità dell’insegnamento: nessun monopolio – quel monopolio che persiste e che trova resistenze nel tentativo di modificarne la struttura – si preoccupa della qualità del prodotto che fornisce, anzi, i monopoli pubblici – come e peggio di quelli privati – cessano rapidamente di essere al servizio dei cittadini, per passare a servizio di sé stessi; e) per i costi e l’efficienza dell’insegnamento: mancando la concorrenza tra istituzioni scolastiche, non solo peggiora la qualità del servizio – riconosciuta dall’OCSE di livello molto basso – ma viene meno ogni termine di paragone circa l’economicità e l’efficienza del servizio stesso. A distanza di dieci anni, siamo ancora qui a discutere su un autentico sistema integrato e su una legge paritaria incompleta, e per tale ragione vessatoria nei riguardi di quella libertà di istruzione e di educazione che è fattore prioritario nella costruzione di una società giusta e democratica. Ci si domanda come abbiano potuto e ancor oggi possano i governi ed i parlamenti, che si sono succeduti in questi dieci anni (ma anche lungo gli oltre sessant’anni dalla promulgazione della Costituzione), non capire queste gravi anomalie del sistema, e come restino oscurati da una miopia e da una indifferenza culturale ed operativa incapace di affrontare il problema e di superare ignobili steccati che relegano la scuola ad espressione governativa, insensibili all’emergere nella società di fatti nuovi in grado di sconfiggere l’ideologia statalista dominante e quindi in grado di essere risposta vera ai bisogni emergenti nella società civile. In quest’ottica si pone il problema della “gratuità” della scuola. Il dibattito sulla scuola continua intenso sui contenuti ancora da definire, sull’applicazione ancora incerta dell’autonomia, sulla normativa ancora inesistente degli organi collegiali, e – via via – su quanto il pacchetto delle riforme attivate ed in divenire possono incidere sulla realizzazione di un sistema scolastico adatto e rispondente alle esigenze culturali, educative e formative delle nuove generazioni. La gratuità é aspetto importantissimo che non può essere ignorato, anche perché costituisce norma costituzionale. E’ aspetto che riguarda sia la scuola statale, sia la scuola “paritaria”, e ciò proprio in virtù dell’inserimento della scuola non statale paritaria – riconosciuta “scuola avente funzione pubblica” dalla Legge 62/2000 – nel sistema scolastico nazionale. La gratuità é un diritto per tutti: nasconderlo non significa affatto eliminarlo. La “gratuità della scuola” deve essere attuata sia per gli alunni della scuola statale che per gli alunni della scuola paritaria. Essa é infatti assicurata dall’art. 34 della Costituzione, senza eccezione alcuna: “La scuola – tutta La scuola – é aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, é obbligatoria e gratuita”. Obbligo, e conseguente gratuità, ampliato dalla Legge 53/2003: “E’ assicurato a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età; l’attuazione di tale diritto si realizza nel sistema di istruzione e in quello di istruzione e formazione professionale” (...). Nel nostro Paese, lo Stato provvede direttamente al sostegno del costo della scuola statale, che così si vede riconoscere la gratuità, mentre nessuna modalità certa di spesa é prevista per rendere gratuita la scuola non statale paritaria. Il “diritto alla gratuità” é un diritto soggettivo spettante ad alunni/studenti e ai loro genitori: al principio costituzionale di “uguaglianza sostanziale”, consegue il diritto che vengano rimossi gli ostacoli di ordine economico che impediscono di fatto la libertà di scelta (art. 3 Cost.). Tale “gratuità” deve necessariamente essere estesa a tutti sino a 18 anni, proprio in virtù dell’obbligo formativo normativamente imposto. Infatti, sempre la Legge 53/2003 – tuttora in vigore – esplicita che “la fruizione dell’offerta di istruzione e formazione costituisce un dovere legislativamente sanzionato; nei termini anzidetti di diritto all’istruzione e formazione e di correlativo dovere viene ridefinito ed ampliato l’ obbligo scolastico di cui all’art.34 della Costituzione, nonché l’obbligo formativo introdotto dall’art. 68 della Legge 144/1999 e successive modificazioni”. Pertanto deve essere inserita nel bilancio dello Stato la previsione di spesa relativa agli allievi tutti sia di scuola statale che di scuola non statale paritaria. Tale previsione costituisce un impegno di spesa dello Stato nei confronti del cittadino e perciò dei genitori che iscrivono i figli alla scuola dell’obbligo. E’ un impegno al quale lo Stato non può sottrarsi. Il problema cruciale della “gratuità” – come ricordato dalla Presidente nazionale dell’Asgesc, Maria Grazia Colombo - é evidentissimo corollario della “obbligatorietà”: nell’anno 2010 nessuno può pensare seriamente ad un “obbligo scolastico e formativo imposto dallo Stato” con l’onere al cittadino 4 di pagarsi le spese relative. Si tratterebbe di un assurdo incomprensibile, lesivo della libertà delle persone, le quali – paradossalmente – hanno anche il diritto all’ignoranza. La “gratuità” é quindi conseguente alla “obbligatorietà”. Ecco perché riteniamo fortemente incompiute le norme costituzionali e monco il dibattito in corso: con il prolungamento dell’ “obbligo scolastico e formativo” anche questo problema va affrontato e risolto. Credo, tuttavia, che i dibattiti sul problema “scuola”, e sulla efficienza ed efficacia del “sistema nazionale di istruzione”, restino modalità astratte che, alla fine, non portano a soluzioni qualificanti. Credo anche che, a partire dalla disponibilità, assunta oggi qui, di guardare al problema della “libertà di educazione, di apprendimento e di insegnamento”, si possa – si debba – non fermarsi alla dialettica verbale, ma, insieme tutti, concretizzare una azione comune negli ambiti che possono – se non ancora uscurati da un laicismo stantìo e superato dai tempi – indirizzare, direi costringere, a riconoscere che “la scuola non si fonda sullo Stato, ma sulla libertà”. Quella piena libertà che deve essere riconosciuta all’intero sistema nazionale di istruzione, e che sola è in grado di rivalutare la funzione della scuola, di rimotivare l’impegno degli alunni, di stimolare la preparazione dei docenti e di attivare la responsabilità educativa dei genitori e delle famiglie. Da qui, a mio parere, la necessità e l’urgenza di una azione comune che, facendo tesoro del complesso delle norme nazionali ed internazionali, alcune ricordate anche dal segretario della C.E.I., S.E. Mons. Mariano Crociata, porti a concretizzare un “Ricorso alla Corte Costituzionale” in Italia, e una “Denuncia al Parlamento Europeo, o meglio, alla Corte di Giustizia della Comunità Europea”. Visti i lunghi anni di attesa e le molteplici “mendicanze” alle quali sono stati – e sono – costrette le famiglie e le stesse scuole per addivenire ad una autentica libertà di educazione, di insegnamento e di apprendimento, credo sia giunto il momento di passare dalle parole ai fatti. Non va dimenticato che c’è nella considerazione politica una concezione ottusamente miope, e cioè che alla persona e al nucleo familiare non spetti alcuna decisione in ordine alla scuola: vige la presuntuosa concezione secondo cui non sono le famiglie a dover scegliere la scuola a cui iscrivere i propri figli, ma è lo Stato che offre per tutti un servizio scolastico direttamente gestito in forma monopolistica. Il mortificare la libertà di scelta educativa significa tradire il dovere di valorizzare tutte le espressioni della società civile nell’ambito di una sana democrazia sostanziale e solidale, e significa tradire la vera funzione dello Stato che è quella di rispettare, coordinare e sostenere, con vero spirito sussidiario, le iniziative e le scelte dei reali detentori del diritto: le singole persone, i cittadini e le relative famiglie. E’ questa una situazione che va corretta. Soprattutto non prestando il fianco ad interpretazioni che possono risultare controproducenti. Il continuare a dire che lo Stato, con le scuole paritarie, “risparmia”, a mio parere, è un modo sibillino e controproducente di porre la questione, soprattutto nell’attuale momento di grave recessione economica. La realtà è ben diversa: lo Stato è inadempiente! Ed è su questa ingiustificata inadempienza che, credo, occorra far leva: lo Stato non assolve le obbligazioni cui è tenuto; non rispetta le norme costituzionali e le stesse leggi da lui stesso sottoscritte! L’obiettivo é quello di una autentica “libertà” che non può essere mortificata da condizionamenti culturali, sociali ed economici, e nemmeno può essere concepita o intesa come un qualcosa di diverso e di astratto rispetto ad una concreta libertà ideologica, programmatica, strutturale, gestionale, organizzativa, e perciò in un quadro di totale indipendenza dallo Stato. Quindi, non soltanto una ipotetica libertà, ma una libertà che coinvolge interamente e compiutamente i diritti delle persone e l’identità della scuola, i suoi programmi, la sua struttura gestionale ed organizzativa, e il diritto irrinunciabile ad una scelta educativa e formativa legittima e responsabile. La scuola deve essere scuola di libertà: dalla libertà della cultura e della scuola e dalla loro possibilità di organizzarsi e pensarsi le forze della società italiana, dipendono il valore e l’autorevolezza delle istituzioni. CSSC: "XII Rapporto: A dieci anni dalla legge sulla parità"
Argomento: 

CSSC: "La scuola della persona"

Descrizione breve: 
Giunto al compimento del suo primo decennio di attività e nell’intento di dare sistematicità alla propria proposta, il CSSC ha dedicato l’ XI Rapporto annuale al soggetto fondamentale dell’azione educativa della scuola cattolica: la persona.
Data: 
14 Novembre 2009
Centro Studi per la Scuola Cattolica (CSSC) Via Aurelia 468 - 00165 Roma Tel. 0666398450 – Fax 0666398451 e-mail: csscuola@chiesacattolica.it t sito web www.scuolacattolica.it Presentazione a cura di G. Malizia del volume CSSC-CENTRO STUDI PER LA SCUOLA CATTOLICA LA SCUOLA DELLA PERSONA Scuola cattolica in Italia Undicesimo Rapporto Editrice La Scuola – Brescia – 2009 Compiuto il suo primo decennio di attività e mosso dall’intento di dare sistematicità alla propria proposta, il CSSC ha inteso dedicare il suo XI Rapporto annuale al protagonista dell’azione educativa della scuola cattolica: la persona. Dopo avere indagato i soggetti – genitori, insegnanti, dirigenti, studenti – e dopo aver riflettuto sulle caratteristiche della comunità educante in cui queste componenti si incontrano, si è avvertita la necessità di passare dai contenuti ai processi, dai soggetti alle relazioni, avviando una riflessione sulla strategia pedagogica fondamentale sottesa al progetto educativo di ogni scuola cattolica. Le ricerche degli ultimi anni hanno unanimemente documentato come la centralità della persona sia il principio ricorrente in tutti i progetti educativi di scuola cattolica e sia al tempo stesso anche il valore più riconosciuto, praticato e perseguito nell’azione educativa quotidiana da parte di tutti coloro che vivono nella scuola. Si è quindi ritenuto di soffermare l’attenzione sulla pedagogia della persona quale teoria educativa propria delle scuole cattoliche. Focalizzerò questa presentazione sulla terza parte del rapporto, quella più propositiva che si incentra sulle ipotesi di intervento più importanti che il volume ha suggerito. A ciò farò precedere una sintesi quasi telegrafica dei risultati della ricerca empirica condotta su istituzioni formative par- ticolarmente significative 1. I RISULTATI DELLA RICERCA QUALITATIVA: UNA SINTESI A sostegno della riflessione teorica è stata condotta una ricerca qualitativa, nella forma di osservazione partecipata in alcune scuole che in qualche modo potevano risultare esemplificative dell’attenzione educativa alla persona. Sono state individuate cinque istituzioni corrispondenti ai di- versi ordini e gradi di scuola con l’aggiunta della formazione professionale. Anche se non c’era al- cuna esigenza di rappresentatività, le scuole sono state variamente distribuite sul territorio naziona- le. Le scuole osservate non vengono proposte come esemplari di una pedagogia della persona ma semplicemente come esemplificative di ciò che è possibile fare nelle diverse condizioni strutturali e operative. Pur nella varietà delle situazioni, emergono con una certa chiarezza alcune costanti che sem- brano essere espressione di una specifica attenzione alla centralità dell’alunno. In primo luogo si avverte ovunque un’intenzionalità educativa rivolta alla totalità della persona, nell’insieme delle sue dimensioni cognitive, affettive, spirituali e sociali, superando una finalizzazione limitatamente sco- lasticistica. In secondo luogo emerge ovunque la consapevole ricerca di relazioni efficaci e signifi- cative tra l’alunno e i docenti o la scuola in genere, nella consapevolezza che anche il rendimento scolastico è facilitato da un clima positivo, realizzabile solo attraverso la capacità di parlare al cuore 2 di ognuno. In terzo luogo è fondamentale la costituzione di un contesto comunitario in cui le perso- ne siano riconosciute e valorizzate in quanto tali e non per il ruolo che hanno all’interno della strut- tura (alunni, insegnanti, genitori, operatori scolastici, ecc.). È inoltre determinante il ruolo della fa- miglia, da coinvolgere e corresponsabilizzare al massimo, reagendo al naturale affievolimento della sua presenza in coincidenza con la crescita del figlio-alunno. In questa logica di relazionalità comu- nitaria diviene centrale anche la persona del docente, con la sua umanità non meno che con la sua professionalità, capace di evolversi grazie ad un costante processo di formazione. In sintesi, si tratta di indicazioni che ci confortano circa la presenza di una pedagogia della persona nelle scuole catto- liche. 2. PROPOSTE DI LINEE DI AZIONE L’ottica principalmente descrittiva e interpretativa che ha caratterizzato le prime due parti del rapporto ha permesso sia di richiamare sul piano storico e teorico la visione tradizionale e attua- le della persona e i principi fondamentali della pedagogia che ad essa si ispira, sia di presentare sin- teticamente alcuni dei contesti in cui tale pedagogia si realizza concretamente. In questa maniera si sono messe a punto le condizioni per avanzare proposte di intervento che possano aiutare le scuole cattoliche ad essere sempre di più scuole della persona. 2.1. Principi di una pedagogia della persona Utilizzando la classica formula di Boezio, ripresa in forma sintetica e sistematica da G. Ber- tagna, si può dire che realizzare una pedagogia della persona significa educare la persona secondo tre dimensioni e cioè come “sostanza”, “individuale”, “di natura razionale”. Riguardo al primo a- spetto, possiamo prendere le mosse dall’affermazione che la persona è un essere in sé non riducibile ad oggetto da nessuno, almeno in modo assoluto e definitivo, in quanto soggetto capace radicalmen- te di interiorità, autonomia, libertà, responsabilità e autotrascendenza. In questo senso, la persona è sostanza, un in sé che si trova sempre oltre il punto in cui siamo per noi e per gli altri, e che comun- que rappresenta la base essenziale che assicura la nostra unità. Sappiamo che la cultura prevalente nella nostra società ha degradato l’essere di noi stessi (del sé) e delle cose a pura immanenza, a ciò che si sente e si tocca, mentre l’oltre si identifica unicamente con l’esperienza successiva e mai con la esistenza di un Altro che trascende l’esperienza. In questo contesto, educare la persona come sostanza vuol dire abilitare i giovani a percor- rere quell’iter che li porti a riconoscere una presenza irriducibile all’esperienza fisica e corporea, ad andare oltre il relativo per attingere l’assoluto e a trattare ciascuna persona mai come mezzo ma sempre come fine. Il secondo passo consiste nell’educare la persona come sostanza individuale. Questa dimen- sione sta ad indicare non solo la natura unificante della sostanza, ma anche il fondamento della li- bertà della persona, la sua unicità e irripetibilità e il dinamismo interno che la porta intera al com- pimento. Il fatto che la persona è un essere in sé implica come corollario la pari dignità di tutti gli uomini e donne. Questo però non significa una grigia uniformità di volti tra le persone perché cia- scuno di loro è capace di libertà e di responsabilità. Le conseguenze che discendono sul piano educativo dalla natura individuale della persona sono di estrema rilevanza. Anzitutto in negativo: non si educa creando dei cloni o comunque igno- rando le diversità e cercando di portare tutti a una media statistica che sarebbe uniforme in tutti. In positivo, l’eguaglianza delle opportunità formative non significa eguaglianza di trattamento, ma e- guale possibilità di essere trattati in maniera diversa per poter realizzare le proprie capacità. In questo ambito educare la persona vuol dire operare affinché nessuno debba rinunciare alla propria unicità per imposizione esterna, ma anzi venga assicurato che ogni uomo e ogni donna diventi sem- pre più se stesso, possa contare sulle risorse necessarie per farlo, e realizzi di conseguenza al mas- 3 simo le proprie potenzialità specifiche in quanto il raggiungimento di questa meta è garanzia di cre- scita della libertà, della novità e del cambiamento. La terza ed ultima dimensione è data dall’educare la persona come sostanza individuale di natura razionale. È il fatto di essere razionale che consente alla persona di essere ciò che è. Infatti, si può dire che l’uomo vive e agisce umanamente se esercita riflessivamente e intenzionalmente la sua razionalità; inoltre, è la ragione che consente alla persona di riportare a unità le relazioni in cui è inserita. Sul piano educativo va sottolineato che gli uomini e le donne crescono come persone «quan- to più e meglio teorizzano e praticano il loro essere in ogni senso, in ogni circostanza e ad ogni li- vello “relazionali” (razionali); inoltre, quanto più “dicono” le ragioni di questo attributo, argomen- tandole e scegliendole con la critica (il perché); e, infine, quanto più, dicendole in modo critico rie- scono a ricondurre a unità di senso l’intero della loro vita e della loro esperienza, non lasciando fuo- ri di essa schegge impazzite e ir-razionali»1. Pertanto non si può considerare colto chi avesse imma- gazzinato una quantità anche grande di concetti, ma non fosse capace di collegarli tra loro e con al- tri saperi. 2.3. Verso una educazione personalizzata Un primo passo in questa direzione può consistere nel facilitare alla persona il compito di situarsi in un orizzonte di senso in modo da poter soddisfare le domande che insorgono sul dono dell’esistenza e sulla natura dialogica e relazionale dell’essere umano. Risposte molto significative a questi interrogativi possono venire dalla tradizione filosofica che si ispira al cristianesimo e dalla stessa riflessione teologica riguardante la dottrina trinitaria per cui ogni Persona divina è pienezza di essere e al tempo stesso unità. Indubbiamente si tratta di concetti che richiedono grande attenzione nella trasposizione al livello umano con un ricorso corretto ai principi dell’analogia. In questa otti- ca, la conoscenza della persona non può essere compito solo della ragione, ma richiede l’apporto delle inclinazioni affettive, delle disposizioni della volontà e più specificamente del ricorso all’intuizione e della valorizzazione dell’ordine del cuore. Come ha ricordato anche Benedetto XVI nel suo discorso al Convegno ecclesiale di Verona (19 ottobre 2006), «la persona umana non è, d’altra parte, soltanto ragione e intelligenza, che pur ne sono elementi costitutivi. Porta dentro di sé, iscritto nel più profondo del suo essere, il bisogno di amore, di essere amata e di amare a sua volta». È per questo che nell’educazione della persona «occorre preoccuparsi della formazione della sua in- telligenza, senza trascurare quella della sua libertà e capacità di amare». Si diceva sopra che è necessario educare i giovani a saper distinguere tra il valore della per- sona in sé, che va considerata come fine, e quello delle cose, che invece vanno collocate tra le cate- gorie dei mezzi, anche se sempre più condizionanti nella nostra civiltà malata di economicismo e di tecnologismo: da questo punto di vista è soprattutto importante rispettare il primato del fine (la per- sona) sui mezzi (le cose). Ciò si può anche esprimere più semplicemente dicendo che va operato un deciso e netto ritorno al fondamento, cioè all’Essere, al Vero, al Buono e al Bello. È un orientamen- to che potrebbe essere interpretato anche come un ritorno a un passato ormai scomparso, se si pen- sasse di poter ignorare il fatto che sono proprio la mancanza di senso e la rinuncia a ricercare la ve- rità che costituiscono i fattori più importanti del disagio esistenziale dei giovani. Passando dal lato degli educatori, un primo richiamo riguarda il fondamento stesso di ogni intervento in questo ambito: la convinzione che il giovane possiede in partenza tutte le potenzialità per maturare nella persona che è chiamato ad essere. In altre parole il ruolo centrale dell’educatore consiste nello stimolare e attivare quelle risorse che sono già presenti nei giovani. Nello svolgere tale compito egli deve acquisire una coscienza adeguata dei tanti condizionamenti positivi e negati- vi, interni ed esterni non solo alla persona da educare, ma anche allo stesso soggetto che è impegna- to ad educarlo: questi non dovrebbe mai smettere di continuare a maturare e a formarsi. Proprio di 1 Cfr. Cap. 10. 4 fronte al ventaglio vastissimo di potenzialità degli educandi, l’educatore dovrà offrire a questi ultimi il massimo di strategie in modo da venire incontro alle differenti esigenze dei soggetti. Quanto agli ambiti di impegno, un primo da mettere in evidenza è quello della trasmissione delle conoscenze e delle competenze perché è centrale in riferimento alla istituzione educativa di cui ci occupiamo, cioè la scuola. La persona umana, in quanto “canna pensante”, è sollecitata dalla sua natura più profonda a porsi domande sul significato della vita e della morte: si tratta però di in- terrogativi che la cultura attuale, che si concentra sul qui ed ora, tende in qualche modo a rimuove- re. A questo punto entra in gioco il compito dell’educatore che dovrà risvegliare nei giovani l’interesse per tali questioni affinché ci sia posto nella loro educazione per tutti i percorsi conosciti- vi, evitando di escluderne alcuni. La funzione appena evocata non si deve fermare al momento dell’aggiornamento delle informazioni, ma deve estendersi all’apprendimento di competenze criti- che in modo da far acquisire la padronanza di settori chiave nella costruzione della cultura persona- le. Sempre sulla stessa linea, un altro ambito centrale per lo sviluppo della persona è costituito dalla comunicazione e dalla apertura relazionale. Qui l’ostacolo maggiore è rappresentato da forme di individualismo radicale che portano a un ripiegamento su se stessi e alla chiusura nella difesa del proprio “particolare”. Al contrario, l’apertura all’altro è principio costitutivo della persona e a que- sto fine l’educatore potrà e dovrà avvalersi dei numerosi strumenti comunicativi propri dell’era del- le nuove tecnologie dell’informazione per sviluppare tale dimensione essenziale della educazione dell’essere umano. Se la scuola cattolica è anzitutto scuola, queste indicazioni valgono per i processi educativi e didattici che hanno luogo al suo interno. Comunque, c’è una identità cattolica che non è una carat- teristica semplicemente accidentale, ma è dimensione essenziale che fornisce il senso ultimo al fun- zionamento e alla vita di tale istituzione. In questo contesto va affermata anzitutto la priorità della costruzione della persona “dal di dentro” che significa muoversi nel quadro di un progetto educati- vo mirato esplicitamente alla promozione della persona. La funzione della scuola di fornire una preparazione critica e sistematica, motivata e giusti- ficata della ragione attraverso l’apprendimento di conoscenze, abilità e competenze, va attuata nella scuola cattolica con una specificità particolare che comporta un vero salto di qualità: essa va messa in stretto collegamento con l’interazione dinamica tra ragione e fede. Pertanto, non basta la raziona- lità teoretica insita nelle materie scolastiche, ma questa, in quanto razionalità immanente, va corre- lata con la ragionevolezza trascendente della fede in modo da riuscire a dare una base razionale alla nostra esistenza umana nella duplice dimensione del tempo e dell’eternità. Da questo punto di vista la scuola cattolica si può trasformare nel laboratorio sperimentale di una cultura degna non solo umanamente, ma anche di fronte a Dio. In tale impegno di far interagire dinamicamente ragione e fede non ci si può limitare a occuparsi del polo generalmente trascurato, cioè la fede, ma bisogna trovare un giusto equilibrio tra i due, e a questo scopo può aiutare un atteggiamento che trova le scuole cattoliche in difficoltà, quello di collegarsi con l’elaborazione educativo-culturale che si rea- lizza nelle scuole statali e nelle non statali laiche. Come già si è messo in evidenza, non ci si può fermare al livello della ragione, ma bisogna coinvolgere anche l’ordine del cuore. L’identità cattolica dovrà essere capace di articolare pensiero e affetti, desiderio ed azione, sogni e realtà. Non è pensabile che tale identità possa essere rigida- mente definita, ma si dovrà educare la persona ad essere capace di autotrascendenza non solo per prendere distanza da sé, ma anche per incontrare l’Altro con la “a” maiuscola. Mentre questa aper- tura dovrebbe consentire al giovane di arrivare a un buon concetto di sé perché si scopre amato da Dio, essa sarà anche paradigmatica per stabilire un rapporto con gli esseri umani colti nella loro i- dentità di fini, cioè di persone alla pari, degne di essere amate come se stessi. Questa uscita dalle proprie chiusure interne richiede contemporaneamente di umanizzare il mondo degli impulsi incon- sci, delle aspirazioni e dei desideri insoliti, quello che è stato chiamato lo straniero che è in noi. L’educazione della persona nella scuola cattolica non può essere immaginata senza una con- siderazione prioritaria della dimensione etica e religiosa. Rinviamo in proposito ad alcune conclu- 5 sioni già elaborate in occasione del nostro IX Rapporto dedicato agli studenti di scuola cattolica. Richiamammo in quella sede la necessità di formare all’eccellenza nelle virtù umane e in quelle teo- logali, puntando, nel rispetto delle finalità scolastiche, da un lato a rafforzare il legame tra cultura e vita attraverso la qualità delle relazioni personali e la testimonianza vitale di ogni componente della comunità educante, e dall’altro a realizzare anche l’integrazione tra vita e fede, innescando una di- namica che vada «dal minimo etico (= evitare il male), all’umanamente concretamente possibile (= ciò che di buono e bello si può fare concretamente, per ora), all’umanamente degno (= ciò che è va- lido in sé e per sé, oltre l’utile e il conveniente) e stimolando persino al “mistico”, cioè alla dedizio- ne senza misura, oltre ogni moda o orizzonte culturale e sociale “troppo umani”»2. In questo contesto ci si può chiedere se possiamo valutare le persone. La valutazione si rife- risce sempre alla persona dello studente, però questa affermazione va capita bene. «Occorre sempre tenere presente che valutiamo in realtà solo ciò che vediamo attorno a noi: i comportamenti (non la condotta), i risultati in un compito in classe (non la comprensione di una materia), i miglioramenti nel rendimento (non l’impegno o la motivazione), le performance (non le competenze). È quindi au- spicabile riconoscere sempre il dato e l’indicatore, la valutazione diretta e quella prodotta per infe- renza, e soprattutto spostare le espressioni valutative da connotazioni personali (“sei bravo, non hai capito, non ti impegni”) ad apprezzamenti sulla produzione (“questo compito è migliorabile, ci sono tanti errori” etc.) nel pieno rispetto di un soggetto che esibisce delle produzioni materiali all’interno di un processo di apprendimento, di crescita culturale e psicologica mai terminato, sempre in progress. Nel rispetto della persona, appunto»3. Inoltre, la valutazione dovrà essere sempre formati- va cioè inserita in tutto il processo di insegnamento-apprendimento e mirata ad aiutare l’alunno a capire la sua situazione, i progressi compiuti, le carenze esistenti e ad elaborare le strategie di inter- vento per il futuro. Da ultimo, occorre che essa sia focalizzata sull’essenziale, si impegni a progetta- re il percorso successivo e punti a cambiare le pratiche delle procedure di valutazione e dei suoi at- tori, in particolare ad attivare gli studenti affinché assumano in prima persona la responsabilità del loro apprendimento. 2.4. Persona e comunità educante Una pedagogia della persona non può realizzarsi in maniera soddisfacente in una scuola che sia solo o prevalentemente organizzazione, ma richiede come condizione adeguata per la sua attua- zione che venga attivata in una comunità morale4. Le organizzazioni sono aggregazioni di persone che rispondono soprattutto a criteri di razionalità strumentale, preoccupata fondamentalmente di as- sicurare l’efficienza dei mezzi rispetto ai fini. Esse si collocano all’interno di un modello funziona- lista o utilitarista di natura neo-liberale, correlato strettamente con le logiche economiche e le esi- genze del sistema produttivo, che vedono nel capitale umano la risorsa più importante per vincere la competizione nel mondo globalizzato e che ritengono compito fondamentale della scuola e della formazione nell’attuale società della conoscenza la preparazione dell’uomo flessibile e del lavorato- re competente. Il passaggio da organizzazione a comunità comporta una serie di spostamenti importanti di accento: dalla finalizzazione esclusiva ad obiettivi misurabili all’allargamento dell’orizzonte sino a comprendere mete di natura etica; dal primato del principio dell’efficienza a quello di una proposta anche valorialmente significativa; dalla considerazione dei soggetti della scuola come partecipanti neutri al riconoscimento della loro qualità di cooperatori in un’opera comune. Diversa, infatti, è la logica della comunità morale in cui i membri condividono un insieme organico di valori da perse- guire per cui i rapporti tra i soggetti non costituiscono soltanto delle condizioni strumentali al rag- giungimento di specifici obiettivi, ma presentano anche una natura chiaramente morale. La proposta 2 CSSC-CENTRO STUDI PER LA SCUOLA CATTOLICA, In ascolto degli studenti. Scuola cattolica in Italia. Nono rapporto, La Scuola, Brescia 2007, p. 374. 3 Cfr. cap. 14. 4 Cfr. cap. 13. 6 educativa condivisa costituisce il quadro di riferimento degli interventi, il motore delle attività è la leadership autorevole del dirigente, la partecipazione effettiva di tutti alla pari assicura l’adesione fattiva di tutte le componenti. In altre parole, esistono le condizioni perché la pedagogia della per- sona possa trovare un’attuazione adeguata. Infatti, solo un contesto autenticamente comunitario consente di porre al primo posto le persone rispetto alle norme, ai processi, alle pratiche metodolo- giche e agli interessi di parte. Su un piano più teorico va poi ricordato che l’educazione è opera comune, presuppone un accordo di base sulle finalità, i contenuti, le metodologie da parte di tutte le componenti della scuo- la. Una formazione efficace esige la costruzione di una comunità che sia allo stesso tempo soggetto e ambiente di educazione. Le ragioni della scelta del modello comunitario poggiano anche sulle caratteristiche della si- tuazione in cui la scuola attualmente opera. Anzitutto, esso permette ad ogni scuola di edificarsi sul- le esigenze formative dei suoi membri: in sostanza è possibile predisporre una programmazione cor- rispondente alle varie situazioni e la responsabilità individuale e collettiva viene riconosciuta in tut- ta la sua potenzialità attraverso l’attribuzione di ambiti rilevanti di azione. Esso assicura la conver- genza sostanziale sugli orientamenti e le scelte educative, nonostante le differenziazioni che può in- generare il pluralismo culturale e formativo, in quanto attraverso l’instaurazione di rapporti ispirati alla collaborazione promuove la partecipazione effettiva di tutti alla costruzione della comunità stessa, alla definizione dei ruoli e al raggiungimento dei fini. Da ultimo, una comunità educante a- perta e sensibile nelle sue articolazioni può realizzare una buona interazione con il territorio, anche in vista dell’acquisizione di una consapevolezza dei cambiamenti strutturali, sociali e culturali in at- to nel contesto produttivo di riferimento. Nella scuola cattolica l’identità e l’azione educativa comunitaria trovano un ulteriore riferi- mento fondativo e prospettico nella concezione cristiana della vita. La base è costituita anzitutto dal mistero trinitario del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, dalla dimensione comunitaria e relazio- nale che li unisce, dalla natura di un Dio che si manifesta come amore, paternità amorosa, dedica- zione cristica e vivificazione dello Spirito, e dalla visione di una Chiesa, Corpo di Cristo e comu- nione che si estende in senso orizzontale e verticale. 2.5. La qualità delle relazioni nella pedagogia della persona Il compito educativo non è proprio solo dell’educatore, ma è funzione anche dei rapporti che si instaurano tra le diverse componenti della scuola e persino con l’ambiente esterno5. La scuola è impegnata a valorizzare gli apporti di diversi soggetti e ambienti e deve realizzare anche un’azione di mediazione tra i vari contributi perché tutti convergano nel perseguimento della meta fondamen- tale della maturazione dei propri allievi; nella scuola cattolica lo scenario si allarga fino a compren- dere diversi doni e ministeri. Va precisato che la relazionalità educativa non dipende solo dalla pre- senza di rapporti operativi efficienti, ma richiede soprattutto legami di reciprocità profonda, dispo- nibilità verso gli altri, fiducia e coinvolgimento affettivo. Tenuto conto del tema che stiamo trattando, il tipo di relazioni da evocare è principalmente quello che si instaura tra docenti e allievi. Esso deve anzitutto esprimere attenzione, rispetto e pre- mura da parte degli insegnanti nei confronti delle esigenze formative reali dei giovani, che essi sono chiamati a sostenere nella loro maturazione con interventi che tengano conto dei bisogni di ciascu- no, dei diversi gruppi e di tutta la classe. I docenti devono stimolare gli allievi a prendere parte atti- va alla propria crescita, a divenire coscienti delle proprie risorse e delle proprie carenze, a prendere decisioni consapevoli e libere, ad assumersi la responsabilità del proprio operato, a ricercare il senso della vita. Essi dovranno inoltre dimostrare quell’autorevolezza che proviene, oltre che dalla profes- sionalità, anche dalla coerenza con i propri ideali e dalla capacità di un amore autentico nei confron- 5 Cfr. CSSC-CENTRO STUDI PER LA SCUOLA CATTOLICA, La comunità educante di scuola cattolica. Scuola cattolica in Italia. Decimo Rapporto, La Scuola, Brescia 2008. 7 ti degli allievi. Questa relazione non è monodirezionale dai docenti agli studenti, ma bidirezionale nel senso che nell’esercizio del suo compito educativo l’insegnante viene anche lui educato dai pro- pri alunni che lo aiutano a maturare personalmente, culturalmente e professionalmente in interazio- ne con le domande degli studenti, le loro aspirazioni, la fiducia che ripongono in lui. Nella società attuale il relativismo etico, determinando la caduta di certezze assiologiche e valoriali, minaccia la qualità della relazione educativa. «È necessario dunque che si recuperi l’idea forte intorno alla necessità da parte di chi ha la responsabilità dell’educare, di formulare progetti educativi chiaramente orientati verso una precisa finalità, nella graduale presa di coscienza da parte di chi educa e di chi si educa che il fine non è il prodotto dell’azione formativa ma il “disvelarsi progressivo” della verità di ogni singola persona, motivata dall’intenzione di dirigersi verso uno scopo alla luce di una direttività che non si appaga delle mete parziali, a breve termine, ma le tra- scende in una prospettiva più ampia. Anche la libertà della persona è pienamente valorizzata solo dall’accettazione della verità, mentre in un mondo senza Verità la persona perde la sua consistenza e si espone alla violenza delle passioni e dei condizionamenti»6. A sua volta la relazione didattica, per poter essere di qualità, deve caratterizzarsi come co- municazione di un modo di essere e di vivere, capace di contagiare gli altri per far sprigionare in ognuno una forza vitale in grado di attivare processi cognitivi e scelte pratiche. Pertanto, la relazio- ne didattica non può essere affidata esclusivamente alle metodologie e alle tecnologie, anche le più sofisticate, ma deve sempre assumere le caratteristiche di un rapporto personalizzato e personaliz- zante nel rispetto della identità specifica di ognuno, di una intenzionalità pienamente educativa e di una comunicazione che fa appello alla più profonda spiritualità ed interiorità. 6 Cfr. cap. 15. CSSC: "La scuola della persona"
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CSSC: "X Rapporto: Costruire la comunità educante. Scuola cattolica in italia"

Descrizione breve: 
Il CSSC, Centro Studi Scuola Cattolica, propone, attraverso due fasi, un nuovo studio approfondito sulla SCUOLA CATTOLICA e sulla FORMAZIONE PROFESSIONALE DI ISPIRAZIONE CRISTIANA.
Allegato: 
Data: 
4 Dicembre 2008
CSSC 2/b_10 rapporto.pdf CSSC 2/c_intervista.pdf CSSC: "X Rapporto: Costruire la comunità educante. Scuola cattolica in italia"
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CSSC : “Oltre l’emergenza educativa. La scuola cattolica al servizio dei giovani”

Descrizione breve: 
Il CSSC, Centro Studi Scuola Cattolica, propone, attraverso due fasi, un nuovo studio approfondito sulla SCUOLA CATTOLICA e sulla FORMAZIONE PROFESSIONALE DI ISPIRAZIONE CRISTIANA.
Allegato: 
Data: 
25 Settembre 2008
CSSC 1/a_10 anni di ricerche.pdf Centro Studi per la Scuola Cattolica (CSSC) Circonvallazione Aurelia 50 - 00165 Roma Tel. 0666398450 – Fax 0666398451 e-mail: csscuola@chiesacattolica.it sito: http://www.scuolacattolica.it Decennale del CSSC (1998-2008) “Oltre l’emergenza educativa La scuola cattolica al servizio dei giovani” (Rocca di Papa – 25 settembre 2008) DOPO DIECI ANNI QUALE FUTURO PER IL CENTRO STUDI PER LA SCUOLA CATTOLICA (bozza di comunicazione) Guglielmo Malizia Presentare qualcosa è sempre un problema ed espone a un rischio, non solo per lo spessore della realtà da presentare, ma soprattutto per il timore di non saper attingere alla "verità" di ciò che si presenta; pertanto, è necessario da subito precisare l’intenzione perseguita con questa comunicazione. Le finalità dell’intervento, come anche della giornata, non vogliono essere esclusivamente celebrative. Anche se ricorderò l'evoluzione di un decennio e richiamerò le iniziative più significative del CSSC in questo primo periodo di vita, l'obiettivo prioritario è sempre quello di prospettare linee di futuro. Ma non si può progettare un'azione se non prendendo le mosse da una conoscenza adeguata della situazione in cui si vuole agire e quindi sulla base di un'analisi dei condizionamenti del passato e delle forze operanti nel presente. Questa comunicazione si muove perciò tra passato, presente e avvenire, sviluppando il discorso principalmente in due direzioni: da un lato l’evoluzione del CSSC e dall'altro una sua valutazione in prospettiva di futuro. 1. L’evoluzione del CSSC Il CSSC assieme al Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica (CNSC) rende visibile il passo più espressivo compiuto dalla comunità cristiana in direzione di un "sistema integrato di scuola cattolica e di formazione professionale" e di una sua "specificità culturale". Esso giunge al termine di un lungo iter che aveva trovato il suo punto culminante nel Convegno Nazionale organizzato nel 1991 dalla Conferenza Episcopale sul tema "La presenza della Scuola Cattolica in Italia". 2 L'incontro aveva tra l'altro indicato tre orientamenti operativi generali: 1) realizzare, a livello sia diocesano che nazionale, forme di raccordo significative ed efficaci per ovviare alla debolezza della struttura organizzativa della scuola cattolica frammentata in Associazioni prive di poteri reali all'interno e nei rapporti con l'autorità ecclesiastica e civile; 2) dar vita a un Osservatorio, che si ponesse come autorevole luogo di discussione, di riflessione e di proposta operativa; 3) agire con ogni sollecitudine ed energia in vista della concreta promozione in sede legislativa ed amministrativa dell'eguaglianza e della parità della scuola cattolica. Ci soffermiamo solo sul secondo orientamento perché è il più rilevante per il nostro discorso: infatti, l'Osservatorio è il seme dal quale è fruttificato il CSSC. Esso doveva costituire un organo di studio e di proposta sul piano culturale che veniva ad affiancare l'organismo più politico di coordinamento del sistema educativo della scuola cattolica, quello cioè che avrebbe dovuto assicurare forme di raccordo significativo, ossia il CNSC. In altre parole il compito dell'Osservatorio consisteva nell'elaborazione pedagogica e didattica e nell'approfondimento teologico-spirituale. Lo Statuto del Centro Studi fu approvato con deliberazione del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana il 25 settembre 1996. L’anno successivo venne siglata la Convenzione triennale tra la CEI e l'Università Pontificia Salesiana chiamata a concretizzare la progettazione e a supportare sul piano scientifico e operativo l’azione del Centro Studi. Questa è stata rinnovata per due volte; nel 2007 l'UPS e la sua Facoltà di Scienze dell'Educazione hanno fatto notare alla CEI che la fase della costituzione e del consolidamento del CSSC a direzione salesiana era giunta a conclusione e che era tempo che si addivenisse ad una nuova formula operativa più pluralistica. La CEI si è trovata d'accordo con questa valutazione per cui non si è rinnovata la convenzione triennale, ma si è comunque affidato al Direttore del momento l'incarico di rimanere alla guida del CSSC per un altro triennio al fine di avviare la transizione richiesta. La necessità di una struttura a servizio specifico del momento culturale della scuola cattolica si veniva a presentare come una esigenza primaria nella ristrutturazione complessiva dei relativi organismi e doveva manifestare tramite la CEI l'interessamento che tutta la Chiesa italiana intendeva avere per le sue scuole. In tal senso, il CSSC è l'espressione della responsabilità che i Vescovi italiani assumono nei confronti di tutta la scuola cattolica in Italia. Va sottolineato che il termine scuola viene inteso dallo Statuto nell'accezione più ampia: esso cioè è comprensivo anche della «scuola materna autonoma di ispirazione cristiana e dei centri di formazione professionale [CFP] di ispirazione cristiana». Coerentemente a questa impostazione, lo Statuto all’art. 3 affida al CSSC il perseguimento di finalità impegnative attraverso strategie di elevato spessore scientifico. Lo scopo è di offrire alla comunità ecclesiale, a livello scientifico e operativo, un approfondimento dei problemi relativi alla presenza e all'azione della scuola cattolica in Italia in rapporto alla sua identità e al progetto educativo, alla consapevolezza ecclesiale, alle strutture e ai servizi e al suo cammino verso le garanzie civili, giuridiche e politiche. «Per l'attuazione di tale scopo, il Centro Studi per la Scuola Cattolica 3 a. svolge attività di studio, ricerca, sperimentazione e valutazione nei diversi settori scientifici e operativi; b. effettua, in qualità di Osservatorio, un monitoraggio costante e tempestivo sulla situazione della Scuola Cattolica in Italia, sulle opportunità che si presentano e sulle priorità che si impongono, e cura l'informazione e la documentazione attinente, a livello sia nazionale sia comparativo; c. presta, nel proprio ambito di competenza, consulenza specializzata di livello universitario alle scuole cattoliche e ai centri di formazione professionale di ispirazione cristiana; d. in particolare, redige un rapporto periodico sullo stato della Scuola Cattolica e dei centri di formazione professionale di ispirazione cristiana». Nel perseguimento delle mete appena descritte il CSSC svolge un ruolo sussidiario di promozione, coordinamento e verifica. Pertanto, non si sostituisce agli organismi esistenti, ma collabora con gli stessi per il potenziamento della scuola cattolica. Sul piano operativo il CSSC deve adottare un approccio progettuale. Ogni anno gli si richiede di preparare un piano di studi e di ricerche e il relativo bilancio. Nella predisposizione di tale documento intervengono secondo le loro competenze specifiche i due organismi principali del CSSC: il Comitato Tecnico Scientifico è chiamato a svolgere una funzione di elaborazione, mentre la deliberazione spetta al Consiglio di Amministrazione. Nella pratica la procedura si è semplificata e si è concentrata intorno a due punti di riferimento, il direttore del CSSC con il gruppo dei ricercatori che prepara i progetti e il Comitato Tecnico Scientifico che offre un parere esperto. Nell'approccio progettuale una fase essenziale è quella della valutazione. Anche in questo caso, per snellire la procedura, la pratica ha condotto a concentrarsi sul giudizio del Comitato Tecnico Scientifico. Quanto all'impostazione organizzativa, all'origine la CEI si è affidata alla Facoltà di Scienze dell'Educazione dell'Università Pontificia Salesiana di Roma, alle sue provate competenze accademiche, alla sua esperienza e al suo patrimonio culturale, come punto di aggregazione di altre potenzialità e garantendosi una funzione di supervisione e di controllo. Si tratta in sostanza di un Centro Studi della CEI e a gestione CEI, con autonomia di ricerca assicurata soprattutto dalla presenza dell'Università Salesiana nei primi anni e poi dagli studiosi che fanno parte del Comitato Tecnico Scientifico. La formula organizzativa ha dato buoni risultato nella fase costituente. Ora però è necessario arrivare a un'impostazione che ponga in gioco l'apporto di più istituzioni di ricerca del mondo cattolico, sia per emancipare il CSSC da una tutela di cui non ha più bisogno, sia per assicurargli un'identità condivisa dal maggior numero possibile di espressioni della cultura cattolica. 2. Una valutazione in prospettiva di futuro A dieci anni dall’inizio della sua attività, il bilancio del lavoro del CSSC è da ritenersi positivo. A questo risultato hanno contribuito innanzitutto il personale del 4 CSSC, il suo Comitato Tecnico-Scientifico e quanti hanno collaborato alle sue attività sotto la guida della direzione scientifica e organizzativa garantita dall’Università Pontificia Salesiana e dalla sua Facoltà di Scienze dell’Educazione. Il Centro Studi ha operato per il bene comune di tutta la scuola cattolica italiana considerata nel suo complesso e questo risultato non sarebbe stato possibile senza il contributo e il sostegno della CEI, del Consiglio Permanente, della Commissione Episcopale per l’Educazione, la Scuola e l’Università e dei Direttori dell’Ufficio Nazionale. Indispensabile è stata anche la cooperazione offerta dalle Federazioni/Associazioni di scuola cattolica e dal Ministero per la Pubblica Istruzione. A tutti esprimo la mia più viva gratitudine e riconoscenza: credo tuttavia che devo un grazie particolare ai miei collaboratori più stretti, Mons. Bruno Stenco, Paola Fabriani, Sergio Cicatelli, Carlo Fedeli e Vittorio Pieroni, e ai membri del Comitato Tecnico-Scientifico, nel quale si sono avvicendati nel tempo Cesare Bissoli, Michele Colasanto, Felice Crema, Pierino De Giorgi, Maria Luisa De Natale, Carmela Di Agresti, Gianfranco Garancini, Sira Serenella Macchietti, Gesuino Monni, Agostino Montan, S.E. Mons. Luigi Negri, Dario Nicoli, Cesare Scurati, Zelindo Trenti, Giuseppe Zanniello ed i compianti Giorgio Bocca e Giuseppe Gioia. Più in particolare, il CSSC ha saputo offrire, mediante indagini scientificamente condotte, una descrizione esaustiva della realtà, dell'azione e dell’evoluzione della scuola cattolica. Alla correttezza dell’analisi dei dati, il Centro Studi ha sempre abbinato l’offerta di conseguenti e motivate interpretazioni circa i punti di forza e di debolezza esistenti senza trascurare di formulare propri giudizi e anche proposte di soluzione. Il CSSC ha realizzato un monitoraggio costante e in genere tempestivo sulla situazione della scuola cattolica in Italia e ne ha dato una puntuale documentazione anche mediante la pubblicazione, riconosciuta e apprezzata, di un Rapporto annuale. Il CSSC ha seguito con attenzione le vicende della parità e delle riforme in Italia. Tuttavia, in questi due campi ha lasciato al CNSC e alle Federazioni/Associazioni di scuola cattolica di occupare il centro della scena, riservando per sé solo un compito di consulenza e di studio. Il lavoro del CSSC è stato in generale gradito e apprezzato, nonostante qualche resistenza da parte di alcune strutture preesistenti di scuola cattolica ma, accertato ormai che il CSSC non può né intende sostituirsi ad esse, ci si augura per il futuro una sempre maggiore e più efficace collaborazione. Un impegno particolare, che rappresenta in un certo senso la punta di diamante della capacità progettuale e propositiva del CSSC, è stato dedicato alla definizione della qualità non solo sul piano teorico, ma anche su quello operativo, cercando di radicare nella prassi delle scuole cattoliche una cultura di base adeguata. Se un rilievo può essere mosso in questo campo, esso riguarda i limiti incontrati nel tradurre i risultati della ricerca in indicazioni operative immediatamente fruibili da parte degli operatori sul campo. Per la realizzazione dei suoi molteplici e complessi compiti, soprattutto nel campo della ricerca e del monitoraggio della qualità, il CSSC avrebbe oggi bisogno di maggiori risorse sia finanziarie, sia di personale. In particolare, la gran parte del 5 personale del CSSC lavora a tempo parziale e spesso con contemporanei impegni gravosi; al contrario il CSSC avrebbe bisogno di dedicazione totale o almeno di più persone in grado di potergli riservare un tempo parziale reale. Per il futuro, gli ambiti di impegno del CSSC sembrano essere i seguenti.  La diffusione della cultura della qualità costituisce un impegno prioritario del CSSC: l’obiettivo è quello di sostenere l’azione costante di miglioramento dell’offerta della scuola cattolica dal punto di vista dell’efficacia dei servizi e dell’organizzazione, ma soprattutto in ordine alla sua identità culturale e pedagogica in piena fedeltà alla sua ispirazione e missione ecclesiale  I Rapporti finora pubblicati sono stati dedicati all’esame e alla promozione dei soggetti componenti la comunità educativa scolastica e formativa. Lo sforzo dovrà ora essere orientato a nuovi campi di ricerca con particolare riferimento agli aspetti collegati all’identità e al fondamento pedagogico dell’offerta formativa in relazione al contesto culturale e sociale.  Il monitoraggio e la raccolta dati sulla situazione quantitativa e qualitativa della scuola cattolica rappresenta un servizio da proseguire e sviluppare attraverso il potenziamento dell’Osservatorio. Nel pieno rispetto della originalità e ricchezza delle diverse realtà, occorre che la rilevazione sui fondamentali indicatori della vita delle scuole diventi patrimonio comune e sia offerto alla comunità cristiana e anche alla società civile. Per questo occorre un’anagrafe completa ed esaustiva che consenta effettivi riscontri da offrire all’opinione pubblica e un’azione coerente da concertare con le agenzie predisposte a questo scopo (Ministero, Invalsi, ecc.)  La formazione del personale docente e direttivo è di importanza strategica per l’avvenire della scuola cattolica. In collaborazione con le Federazioni/Associazioni di scuola cattolica, il Centro Studi attiverà un’azione di supporto e di approfondimento. La stessa attenzione va rivolta, in sinergia con le iniziative delle rispettive associazioni, ai percorsi di formazione dei genitori e degli studenti  Un altro campo di lavoro del CSSC riguarda la diffusione della cultura della parità e il contributo a superare i tanti ostacoli che impediscono all’opinione pubblica di apprezzare il significato e il valore della libertà di educazione  Nel rispetto delle reciproche competenze, il rapporto di cooperazione del Centro Studi con le Federazioni/Associazioni di scuola cattolica è indispensabile ed esistono le condizioni per una fruttuosa collaborazione. In sintesi, questi sei ambiti possono sicuramente offrire materia per assicurare ancora altri decenni di vita e di lavoro al CSSC e consentirgli di realizzare al meglio il suo servizio alla crescita e alla vitalità delle scuole cattoliche italiane. CSSC 1/c_intervista.pdf CSSC : “Oltre l’emergenza educativa. La scuola cattolica al servizio dei giovani”
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CSSC: IX Rapporto sulla Scuola Cattolica “In ascolto degli studenti”

Descrizione breve: 
Il patto educativo tra scuola, famiglia e istituzioni deve essere garantito sotto tutti gli aspetti, garantendo autentica libertà di scelta, senza condizionamenti o aggravi.
Allegato: 
Data: 
15 Dicembre 2007
CSSC 2007/rapporto cssc n9 schede.pdf CSSC 2007/rapporto cssc n9 sintesi.pdf
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