CSSC 2010/00_Crociata_Intervento.pdf
CSSC 2010/01_Mailizia_Presentazione_Rapporto_Slide.pdf
LUCI e OMBRE
di una
SITUAZIONE
- . -
CALO QUANTITATIVO
e
SVILUPPO QUALITATIVO
(a cura di Guglielmo Malizia)
1. TENDENZE a LIVELLO QUANTITATIVO
1.1. di lungo periodo (anni ‘70/inizi 2000)
a. Percentuale bassa sul totale: 10% circa
b. Tendenza al calo nel tempo
1. TENDENZE a LIVELLO QUANTITATIVO
1.2. Di medio periodo (1997-98/2007-08)
a. Fism: crescita bambini
b. Fidae
c. Confap
- Calo consistente di istituti e scuole
- Calo totale alunni
- Calo studenti secondaria 2° grado
- Crescita alunni primaria e sec 1° grado
- Calo consistente cfp
- Crescita allievi
1. TENDENZE a LIVELLO QUANTITATIVO
1.3. Di breve termine (2009-10)
a. Il sistema di scuole paritarie
b. Le scuole cattoliche paritarie
- Squilibrato verso le scuole infanzia
- Non sono le scuole dei preti
- Dimensioni piuttosto ridotte
- Divario con lo stato su categorie particolari di alunni:
in diminuzione
- Rapporto alunni/docente: 9,9, ma con forti oscillazioni
- Appartenenza a una rete quasi per natura
2. LABORATORIO di RIFORME
2.1. Anticipazione delle riforme con numerose sperimentazioni
a. Centralità della persona
2.2. Fism
b. Educazione a una nuova cittadinanza
c. Dimensione comunitaria del progetto
d. Apertura al territorio e alla comunità ecclesiale
e. Sussidiarietà
2. LABORATORIO di RIFORME
2.3. Fidae
a. Pedagogia del progetto
2.4. Confap
b. Dimensione comunitaria della scuola
c. Contributi alla legge sulla parità
a. Contributi alle leggi di riforma
b. Il nuovo modello polifunzionale di cfp
c. Elaborazione di un quadro di riferimento pedagogico-didattico
avanzato
CSSC 2010/02_Malizia_Presentazione_Rapporto_Testo.pdf
Centro Studi Scuola Cattolica (CSSC)
A DIECI ANNI DALLA LEGGE SULLA PARITÀ
XII Rapporto sulla Scuola Cattolica
Editrice La Scuola – Brescia
Luci e Ombre di una Situazione: Calo Quantitativo e Sviluppo Qualitativo
Questo intervento intende completare la relazione di base di S.E. Mons. Crociata che ha pre-
sentato in maniera sintetica i fondamentali problemi delle scuole cattoliche paritarie. Questo inter-
vento vuole essere complementare al primo, approfondendo due aspetti che sono stati appena tocca-
ti nella relazione precedente per ovvie ragioni di tempo e che tuttavia sono rilevanti anche per il
contrasto tra essi esistenti: la qualità dell’educazione delle scuole cattoliche non trova conforto nel-
la consistenza quantitativa delle medesime
1. Tendenze evolutive a livello quantitativo delle scuole cattoliche paritarie
In occasione del primo decennale della legge di parità il XII Rapporto ha inteso offrire un
quadro aggiornato e il più possibile completo delle scuole cattoliche paritarie, cioè delle scuole cat-
toliche e di ispirazione cristiana che siano anche dotate del riconoscimento di parità. La distinzione
tra queste due tipologie di scuola discende dal diritto canonico, in base al quale può essere definita
scuola cattolica solo «quella che l’autorità ecclesiastica competente o una persona giuridica eccle-
siastica pubblica dirige, oppure quella che l’autorità ecclesiastica riconosce come tale con un docu-
mento scritto» (CJC, can. 803, §1). Accanto alle scuole che rispondono a questo requisito si collo-
cano le cosiddette scuole di ispirazione cristiana, che dichiarano con maggiore o minore chiarezza
nel loro progetto educativo il riferimento ai principi della fede cattolica pur non essendo gestite da
un soggetto ecclesiastico e quindi non risultando formalmente scuole cattoliche. Nell’uso corrente si
tende a non distinguere queste due categorie di scuole, assimilandole tutte sotto la denominazione
sintetica, anche se non del tutto precisa, di scuole cattoliche. Lo stesso Centro Studi per la Scuola
Cattolica adotta nella sua denominazione il significato più generico, occupandosi tanto delle scuole
formalmente cattoliche quanto delle scuole di ispirazione cristiana (nonché dei centri di formazione
professionale di ispirazione cristiana). Per amore di chiarezza è sembrato utile fare questa precisa-
zione, che nel prosieguo consentirà di fare qualche interessante distinzione.
1.1. Le tendenze di lungo periodo
Tenuto conto del quadro istituzionale in cui si colloca la scuola non statale in Italia, già deli-
neato da S.E. mons. Crociata, non c'è da meravigliarsi che la sua consistenza quantitativa sia abba-
stanza limitata e che tale settore del sistema educativo si caratterizzi nel lungo periodo per una ten-
denza al calo. Dopo una crescita relativa nella decade '70, la scuola non statale ha registrato tra l'ini-
zio degli anni '80 e la fine dei '90 (1981-82/1997-98) un andamento degli iscritti fondamentalmente
stabile nelle elementari (dal 7,7% al 7.8%) e in leggera crescita nella scuola media (dal 4,6% al
6%), mentre ha accusato una flessione nella materna e nella secondaria superiore (dal 57,7% al
42,4% e dall'11,3% all'8,7%). Il dato più significativo sul piano quantitativo della situazione di pari-
tà solo formale in cui si è trovata la scuola non statale nel nostro paese è rappresentato da quel
13,8% a cui ammontava globalmente nel 1997-98 la percentuale degli alunni che la frequentava ri-
spetto al totale degli iscritti al nostro sistema di istruzione.
2
L’approvazione della legge sulla parità nel 2000 non sembra aver modificato questo trend.
Infatti, è rimasta sempre bassa la percentuale degli alunni che frequentano le scuole paritarie sul to-
tale degli allievi del sistema scolastico: appena il 10,6% secondo le ultime stime attendibili che, è
vero, diviene nelle scuole dell'infanzia il 35,4%, ma negli altri livelli non arriva al 6% (5,8% nelle
elementari, 5,2% nelle superiori e, nel caso delle medie, raggiunge solo il 3,4%). È facile spiegare
questa dinamica con il fatto che, nonostante i modesti miglioramenti delle sovvenzioni statali negli
ultimi anni, la realizzazione del diritto alla scelta della scuola da frequentare continua ad essere
tutt'altro che soddisfacente.
1.2. Le tendenze di medio termine
Fin dall’inizio della sua attività il CSSC ha curato una propria raccolta di dati sulle scuole
cattoliche, che nel corso degli anni è riuscita a raggiungere la quasi totalità di quelle appartenenti
all’ordine primario e secondario di 1° e 2° grado (tutte associate nella Fidae) e una quota crescente
ma non completa di scuole dell’infanzia di ispirazione cristiana (aderenti alla Fism), come pure la
maggior parte dei centri di formazione professionale di ispirazione cristiana aderenti alla Confap.
La rilevazione ha rappresentato negli anni uno sforzo organizzativo non indifferente per il CSSC,
cui si è potuto far fronte grazie alla fattiva collaborazione delle citate Federazioni (Fism, Fidae,
Confap), alle quali va un doveroso ringraziamento. Le rilevazioni hanno coperto quasi tutti gli anni
dal 1997-98 al 2007-08 e sono state puntualmente pubblicate.
Tav. 1 - Evoluzione alunni Fism e Fidae e allievi Confap:
totali, per livello, per sesso e per circoscrizione geografica
(1997-98/2007-08; in VA, % e Ind.)
1997-98 2007-08
VA % Ind. VA % Ind.
FISM:
Totale
Nord
Centro
Sud
*262.099
*191.679
*29.167
*41.253
100.0
73.1
11.1
15.7
100.0
100.0
100.0
100.0
**314.327
**231.625
**40.559
**42.143
100.0
73.7
12.9
13.4
119.9
120.8
139.1
102.2
FIDAE:
Totale
M
F
Nord
Centro
Sud
Elementari
Medie
Superiori
282.082
135.110
146.972
142.128
63.522
76.432
141.543
58.886
81.653
100.0
48.4
51.6
51.4
22.0
26.6
50.2
20.9
28.9
100.0
100.0
100.0
100.0
100.0
100.0
100.0
100.0
100.0
268.008
136.117
131.891
150.639
56.445
60.924
142.684
60.176
65.148
100.0
50.8
49.2
56.2
21.1
22.7
53.2
22.5
24.3
95.0
100.7
89.7
106.0
88.9
79.7
100.8
102.2
79.8
CONFAP:
Totale
M
F
Nord
Centro
Sud
51.834
31.830
20.004
38.980
3.790
9.064
100.0
61.4
38.6
75.2
7.3
17.5
100.0
100.0
100.0
100.0
100.0
100.0
69.027
43.368
25.659
59.005
3.935
6.087
100.0
62.8
37.2
85.5
5.7
8.8
133.2
136.2
128.3
151.4
103.8
67.2
Legenda: VA= Valori assoluti Ind.= Numeri Indici
* Il dato è del 1999-00 e si riferisce al 50.8% delle scuole dell’infanzia della Fism
** Il dato del 2007-08 si riferisce al 63.8% delle scuole dell’infanzia della Fism
Fonte: CSSC 2007 e 2008
Relativamente alla Fism, soprattutto per via del gran numero di scuole distribuite capillar-
mente su tutto il territorio nazionale, la nostra rilevazione non è riuscita a raggiungere la totalità del-
3
le scuole dell’infanzia, ma nel corso degli anni ha registrato le dinamiche del settore sulla base di
informazioni provenienti inizialmente da poco più della metà delle scuole e alla fine da circa i due
terzi, con una significativa crescita dei bambini frequentanti queste scuole.
Le scuole primarie e secondarie associate nella Fidae, vedono più della metà degli alunni
frequentare la scuola primaria ed il resto ripartito quasi equamente tra secondarie di primo e secon-
do grado. Un effettivo sostegno pubblico è tanto più urgente perché nel decennio documentato il to-
tale degli iscritti alle scuole Fidae è diminuito di 14.074 alunni pari al 5% che, però, si concentra
soprattutto nella secondaria di 2° grado (cfr. Tav. 1); inoltre, scende in maniera consistente il nume-
ro delle scuole (-410, pari al 15,4%).
Per quanto riguarda i Centri di Formazione Professionale della Confap, il confronto è possi-
bile solo tra il 2000 e il 2008 e si registra una diminuzione di 61 CFP che passano da 257 a 196 (-
23.7% in percentuale): come si sa, il calo è avvenuto soprattutto al Meridione e per ragioni princi-
palmente di carattere politico. Per contro, nel periodo tra il 1997-98 e il 2007-08 va segnalato un
aumento degli allievi di un terzo (+33.2%) (cfr. Tav. 1).
Nell’insieme del sistema delle scuole cattoliche si può segnalare infine la dinamica che ca-
ratterizza la presenza di allievi di alcune categorie particolari. La presenza di disabili è in lenta ma
progressiva crescita soprattutto in valori assoluti. Gli alunni con cittadinanza non italiana sono u-
gualmente una categoria in aumento, con una prevedibile maggiore concentrazione nelle scuole
dell’infanzia, primarie e nei CFP. Lo stesso andamento, anche se in misura meno accentuata, si ri-
scontra a proposito degli alunni appartenenti a religioni diverse dalla cattolica.
1.3. Le tendenze di breve termine: il sistema delle scuole cattoliche nell’anno scolastico 2009-10
Con l’anno scolastico 2009-10 sono cambiate le modalità di indagine in quanto si è potuto
far ricorso ai dati raccolti dal Servizio statistico del Ministero dell’Istruzione grazie alla specifica
convenzione sottoscritta il 30 luglio 2009 dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricer-
ca on. Mariastella Gelmini e dal Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana S.E.
mons. Mariano Crociata. Nel primo anno di attuazione di questa collaborazione interistituzionale si
è partiti utilizzando il questionario comunemente sottoposto dal Miur a tutte le scuole paritarie per
le cosiddette rilevazioni integrative, che raccolgono – come per le scuole statali – una quantità di
dati strutturali e organizzativi relativi alle risorse e ai servizi offerti dalle scuole.
Tav. 2 – Composizione del sistema delle scuole paritarie (a.s. 2009-10)
Scuole paritarie Infanzia Primaria Sec. I grado Sec. II grado Totale
VA % VA % VA % VA % VA %
Scuole cattoliche *4.200 42.7 *1.027 68.0 *513 77.4 *501 29.4 *6.241 45.5
Sc. di ispirazione cristiana *2.492 25.3 *104 6.9 *64 9.6 *88 5.2 *2.748 20.0
Sc. catt. e di ispir. cristiana 6.692 68.0 1.131 74.9 577 87.0 589 34.6 8.989 65.5
Altre scuole 3.147 32.0 379 25.1 86 13.0 1.116 65.4 4.728 34.5
Totale 9.839 71.7 1.510 11.0 663 4.8 1.705 12.5 13.717 100.0
Legenda: VA= Valori assoluti
* Fermo restando il totale, la distinzione tra scuole cattoliche e di ispirazione cristiana è una stima.
Fonte: elaborazione CSSC su dati Miur
Dai dati emerge che il sistema complessivo delle scuole paritarie è decisamente squilibrato
verso il basso, con la scuola dell’infanzia che incide per oltre il 70%, mentre negli ordini successivi
di scuola si nota la scarsissima incidenza della secondaria di 1° grado (meno del 5%) (cfr. Tav. 2).
Quanto alla varietà degli enti gestori, più di un terzo del totale è un gestore laico (ente locale o pri-
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vato), mentre le scuole cattoliche e di ispirazione cristiana costituiscono intorno ai due terzi, con
una loro presenza ancora forte nel primo ciclo di istruzione e nelle scuole dell’infanzia. Si può infi-
ne osservare come tra le scuole secondarie di 2° grado i gestori laici prevalgano di gran lunga (quasi
due terzi) su quelli di matrice cattolica, evidenziando la diversa dinamica di questo livello scolasti-
co, dove il ricorso alla scuola paritaria può essere dettato dalla ricerca di un rimedio agli insuccessi
incontrati nella scuola statale. Si sfata così il pregiudizio che le scuole non statali siano le "scuole
dei preti", dato che una parte consistente di esse è costituita da scuole degli Enti locali o di gestori
privati non religiosi.
Tentiamo ora di dare uno sguardo d’insieme al mondo delle scuole cattoliche quale si pre-
senta nell’anno scolastico 2009-10 alla luce dei principali indicatori presenti nei questionari che so-
no stati somministrati. La tav. 3 ci offre anzitutto un quadro sinottico della rilevazione per quanto
riguarda i principali parametri strutturali delle scuole.
Tav. 3 – Principali parametri delle scuole statali e cattoliche paritarie (a. s. 2009-10)
Parametri
Infanzia Primaria Sec. I grado Sec. II grado Totale
Cattol. Statali Cattol. Statali Cattol. Statali Cattol. Statali Cattol. Statali
Scuole 6.692 13.607 1.131 15.941 577 7.151 589 5.203 8.989 41.902
Classi o sezioni 19.016 42.686 7.421 135.411 3.118 77.425 3.390 115.189 32.945 370.711
Alunni 446.300 1.007.108 153.589 2.578.650 64.948 1.670.117 63.293 2.548.836 728.130 7.804.711
Alunni/scuola 66,7 74,0 135,8 161,8 112,6 233,5 107,4 489,9 81,0 186,3
Alunni/classe 23,5 23,6 20,7 19,0 20,8 21,6 18,7 22,1 22,1 21,0
Classi/scuola 2,8 3,1 6,6 8,5 5,4 10,8 5,7 22,1 3,7 8,8
Fonte: elaborazione CSSC su dati Miur
Non è facile né del tutto corretto porre sullo stesso piano scuole strutturalmente diverse co-
me quelle dell’infanzia e quelle primarie o secondarie, ma una rapida panoramica mostra alcuni
tratti caratteristici comuni. Ad esempio, le scuole cattoliche paritarie hanno in genere dimensioni
piuttosto ridotte: meno di 70 bambini nelle scuole dell’infanzia, poco al di sopra del centinaio di a-
lunni altrove. Anche sul piano organizzativo interno, vediamo che le scuole dell’infanzia non arri-
vano in media a tre sezioni, le scuole primarie hanno di rado più di un corso, mentre le secondarie
di 1° e 2° grado non arrivano di solito a due corsi completi. Dimensioni del genere dovrebbero esse-
re quanto meno garanzia di un’attenzione educativa specifica per ciascun alunno, ma per altri versi
possono essere anche motivo di faticosa sopravvivenza. Ben altri sono i parametri delle scuole sta-
tali (fatta eccezione almeno in parte per le scuole dell’infanzia), ma le dimensioni delle singole clas-
si o sezioni sono sostanzialmente comparabili con quelle della scuola statale, che oscilla tra i 23,6
bambini per sezione di scuola dell’infanzia e i 19 alunni per classe di scuola primaria.
Uno sguardo su alcune categorie particolari di alunni ci mostra invece una certa distanza ri-
spetto alla scuola statale, ma si tratta di un divario che si va rapidamente colmando. La Tav. 4 foca-
lizza l’attenzione su due sole categorie e sintetizza la presenza di alunni disabili e di alunni stranieri
(più propriamente, alunni con cittadinanza non italiana).
Tav. 4 – Alunni disabili e stranieri (anno scolastico 2009-10; valori assoluti e %)
Alunni Infanzia Primaria Sec. I grado Sec. II grado Totale
VA % VA % VA % VA % VA. %
Alunni disabili 2.669 0.6 1.809 1.2 1.099 1.7 474 0.7 6.051 0.8
Alunni stranieri 26.262 5.9 3.685 2.4 1.238 1.9 826 1.3 32.011 4.4
Legenda: VA= Valori assoluti
Fonte: elaborazione CSSC su dati Miur
La presenza di alunni disabili costituisce da sempre un nodo problematico per le scuole non
statali, che sostengono con fatica i costi degli insegnanti di sostegno pur dovendo accogliere anche
questo genere di alunni, come impone la legislazione sulla parità e la scelta di servizio ai più deboli
che è propria delle scuole cattoliche. Nelle scuole statali sono invece presenti complessivamente
170.478 alunni disabili, pari al 2,2% del totale, ovviamente con ampie oscillazioni tra un ordine e
5
l’altro di scuola, ma – come hanno dimostrato le nostre ricerche sugli anni precedenti – negli ultimi
anni il numero di disabili che frequentano le scuole cattoliche paritarie va sistematicamente cre-
scendo.
Analogo discorso può essere fatto per gli alunni con cittadinanza non italiana. Qui non c’è
la possibilità di operare un confronto compiuto con la scuola statale per la mancanza di un dato ag-
giornato, ma il Miur parla di un 7% di alunni stranieri nel 2008-09 sul totale degli iscritti alla stata-
le, ovviamente con ampie oscillazioni tra ordini e gradi di scuola. Sotto questo aspetto la scuola cat-
tolica paritaria si trova a due terzi del livello della scuola statale ed è pienamente coinvolta nelle di-
namiche migratorie, che hanno avuto un incremento rapidissimo nel breve volgere di qualche anno
e solo ultimamente sembrano aver attenuato il loro flusso.
Per quanto riguarda il personale, la scuola cattolica paritaria impiega complessivamente
73.447 docenti, distribuiti proporzionalmente al numero degli alunni e quindi con netta preponde-
ranza della scuola dell’infanzia. Il dato complessivo può risentire del fatto che alcuni istituti vedono
la presenza di più ordini o gradi di scuola e quindi potrebbero impiegare lo stesso insegnante due
volte (soprattutto nei due gradi della secondaria), ma si tratta di casi limitati. La Tav. 5 riassume i
dati relativi alle principali tipologie di insegnanti.
Tav. 5 – Gli insegnanti nella scuola cattolica paritaria (a. s. 2009-10)
Insegnanti Infanzia Primaria Sec. I grado Sec. II grado Totale
- a tempo indeterminato 20.615 12.584 5.108 7.312 45.619
- a tempo determinato 6.416 8.329 2.157 2.637 19.539
- a titolo gratuito 3.846 2.614 807 1.022 8.289
Totale 30.877 23.527 8.072 10.971 73.447
- di cui insegnanti di sostegno 1.398 3.844 542 214 5.998
Fonte: elaborazione CSSC su dati Miur
Il rapporto alunni/docente è di conseguenza pari a 9,9 sul totale (contro 11,1 nel totale delle
scuole statali), ma con forti oscillazioni tra livelli scolastici che invece la scuola statale non presen-
ta: si va da 5,8 alunni per docente nella secondaria di secondo grado (rispetto a 11,4 della statale) a
6,5 nella primaria (10,9 nella statale corrispondente), a 8,1 nella secondaria di primo grado (10,7
nella statale) e a 14,4 nella scuola dell’infanzia (11,9 nella statale). Va però notato che la quota non
irrilevante di insegnanti impiegati a tempo parziale influenza in vario modo il risultato: si tratta di
oltre la metà nelle secondarie di I e II grado, del 12% nelle scuole primarie e del 25% nelle scuole
dell’infanzia.
Per il personale non docente non si può fornire un dato complessivo in quanto, come hanno
mostrato le rilevazioni autonome condotte in passato dal CSSC, una parte di tale personale svolge
più mansioni e quindi potrebbe essere conteggiato due volte. Inoltre, la presenza di più livelli di
scuola nello stesso istituto può facilmente far utilizzare lo stesso personale sui diversi ordini e gradi
di scuola. La Tav. 6 riporta perciò solo le principali mansioni in cui è impiegato detto personale.
Tav. 6 – Il personale non docente nella scuola cattolica paritaria (a. s. 2009-10)
Personale non docente Infanzia Primaria Sec. I grado Sec. II grado
Addetti all’amministrazione 5.233 1.809 1.213 1.432
Addetti alla cucina 7.512 1.630 894 734
Addetti alla vigilanza/pulizia 10.921 3.396 1.593 1.670
Fonte: elaborazione CSSC su dati Miur
Tra gli aspetti comuni che sono stati indagati presso tutte le scuole, infine, c’è l’adesione a
reti di scuole, che costituisce uno dei motivi caratteristici della scuola dell’autonomia. Come mostra
la Tav. 7, la cultura di rete non sembrerebbe essere molto diffusa: più di due terzi delle scuole pri-
marie e secondarie non partecipano a reti di scuole e solo le scuole dell’infanzia vi partecipano con
più di metà delle scuole. Alla diversa sensibilità della scuola dell’infanzia contribuisce senz’altro la
particolare organizzazione a rete della stessa Fism, che associa le diverse scuole cattoliche paritarie
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e quindi diffonde in esse il suo modello organizzativo. In ogni caso, gran parte delle scuole cattoli-
che appartengono quasi per loro natura ad una rete in quanto espressione di una medesima congre-
gazione religiosa o in quanto associate da tempo in specifiche federazioni per cui vanno ridimensio-
nate alla luce di questa considerazione le dichiarazioni apparentemente contraddittorie rese dalle
scuole circa una loro limitata partecipazione a reti di scuole.
Tav. 7 – Partecipazione a reti di scuole (a. s. 2009-10; in %)
L’Istituto fa parte di una rete di scuole? Infanzia Primaria Sec. I grado Sec. II grado
No 46.5 71.8 69.5 70.5
Sì,di sole scuole non statali 46.6 21.8 21.7 15.4
Sì, di scuole statali e non statali 6.9 6.5 8.8 13.9
Fonte: elaborazione CSSC su dati Miur
2. La scuola cattolica come laboratorio delle riforme
La scuola cattolica in Italia si è sempre misurata con gli scenari sociali e culturali di ciascuna
fase storica. Stimolata dai nuovi orizzonti delineati dall’approvazione della Costituzione repubbli-
cana, poi dalla diffusione della cultura del personalismo e quindi, su scala ancora più vasta, dal
Concilio Vaticano II, la scuola cattolica italiana ha ripensato e rafforzato nella seconda metà del
XX secolo la sua azione educativa, mettendosi in ascolto dei bisogni formativi emergenti, intensifi-
cando il dialogo con la cultura contemporanea, aprendosi alla collaborazione con le istituzioni della
comunità ecclesiale e della società civile, potenziando la dimensione comunitaria e rinnovando la
propria azione pastorale in campo educativo. In particolare, essa si è qualificata come laboratorio di
ricerca e di riforme, avviando a partire dal D.P.R. n. 419/74 numerose sperimentazioni che hanno
dato un apporto significativo al cambiamento didattico, pedagogico e talora istituzionale del nostro
sistema educativo, in un certo senso anticipando nella decade ’90 il periodo delle riforme con la
predisposizione dei progetti educativi di istituto, dei profili degli alunni, della costruzione delle uni-
tà formative e con indagini e sperimentazioni sulla qualità dell’offerta formativa e la certificazione
delle competenze, coniando ed elaborando parole e concetti nuovi e rilevanti quali scuola della per-
sona e delle persone, centralità della persona e della scuola, educazione personalizzata, correspon-
sabilità e reciprocità educativa, solidarietà e alleanza per l’educazione, sussidiarietà, interculturalità
e convivialità delle differenze. Nell’ultimo decennio questo sviluppo è avvenuto anche ad opera del
contributo offerto dal Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica e dal Centro Studi per la Scuola
Cattolica.
Entrando di più nello specifico, va anzitutto osservato che nella prassi quotidiana delle scuo-
le dell’infanzia della Fism è facile identificare una serie di fermenti che stanno anche caratterizzan-
do l’attuale stagione delle riforme. In particolare, esse sono state sempre in prima linea nel procla-
mare la centralità della persona, cercando di approfondire l’affermazione non solo sul piano di prin-
cipio, ma anche a livello di sua traduzione pratica. Un’altra direzione importante è quella
dell’educazione a una nuova cittadinanza che mira a formare alla convivenza attraverso la valoriz-
zazione delle diverse identità e radici culturali di ogni studente entro il quadro, ovviamente, della
tradizione nazionale e dando vita così a una vera scuola dell’inclusione, aperta a tutti, secondo
l’insegnamento di Gesù, con speciale attenzione alle persone più povere e disagiate. Una dimensio-
ne essenziale del progetto Fism è anche quella comunitaria, che per le scuole cattoliche non è solo
un concetto sociologico, ma soprattutto possiede un fondamento teologico; ed è superfluo dire che
questa prospettiva comunitaria è sempre di più sottolineata nei progetti di riforma del nostro siste-
ma. L’apertura al territorio e in particolare alla comunità ecclesiale di appartenenza è un nota essen-
ziale fin dalle origini, perché le scuole dell’infanzia di ispirazione cristiana nascono capillarmente
inserite nel tessuto sociale; sul territorio esse sono anche coordinate, messe in rete, intendendo que-
sta espressione non solo in senso funzionale, ma come un modo originale di concepire l’agire edu-
cativo nel senso di convenire insieme per fare comunione. Un’altra istanza emergente è senz’altro
7
quella della sussidiarietà e la Fism con le sue strutture ha da sempre offerto un esempio concreto
della necessità del passaggio da una scuola gestita preminentemente dallo Stato a una che sia una
espressione della domanda sociale.
Quanto alle scuole della Fidae, ci limitiamo anche qui a sottolineare alcuni aspetti del qua-
dro generale delineato sopra che hanno trovato un particolare rilievo nella Federazione. Ci riferiamo
in primo luogo alla pedagogia del progetto, in quanto particolarmente attenta e approfondita è stata
la riflessione e l’esperienza pratica accumulata riguardo al progetto educativo di istituto. Questo, e-
laborato con la collaborazione di tutte le componenti della comunità scolastica, intende delineare
l’identità della scuola con speciale riguardo all’ispirazione cristiana, indica le finalità e gli obiettivi
da raggiungere all’interno di un contesto educativo e sociale adeguatamente analizzato, determina i
programmi da insegnare e le strategie didattiche da utilizzare, struttura l’organizzazione interna e le
fasi degli interventi e prevede le modalità della verifica e della valutazione; al progetto educativo di
istituto si accompagna il piano dell’offerta formativa che contiene il programma effettivo annuale
dal punto di vista curricolare, metodologico e organizzativo. Un altro aspetto centrale del laborato-
rio Fidae è dato dalla dimensione comunitaria della scuola che significa profonda disponibilità da
parte di tutti gli attori scolastici all’ascolto reciproco, al dialogo, alla partecipazione, all’esercizio di
una leadership condivisa. In terzo luogo va sottolineato l’apporto decisivo della Federazione
all’elaborazione della legge sulla parità, anche se non ascoltato su aspetti essenziali.
Molte proposte di Confap e di Forma in tema di Formazione Professionale Iniziale (FPI) si
trovano recepite nei testi legislativi della recente stagione delle riforme. In particolare si tratta della
opportunità offerta ai giovani di scegliere la FPI all’età di 14 anni, dell’accoglimento del principio
della diversificazione e dell’ampliamento dell’offerta formativa, incominciando dall’assunzione
della FPI come sottosistema dell’intera offerta del secondo ciclo, della valorizzazione degli organi-
smi della società civile secondo il principio della sussidiarietà orizzontale, coinvolgendo gli Enti
della FP nello svolgimento delle attività di FPI ed evitando ogni forma di centralismo a livello an-
che regionale. Tuttavia, rimangono altre proposte che non sono state attuate e che meritano di esser-
lo ai fini di accrescere il successo formativo dei giovani; esse riguardano il superamento della pre-
carietà finanziaria dei percorsi di FPI, una più equilibrata diffusione geografica della offerta forma-
tiva in modo da promuoverne la presenza al Centro e al Sud, l’accreditamento dei CFP e dei forma-
tori così da garantire un personale definito e specifico per la FPI.
Da ultimo va sottolineato che il successo dei percorsi triennali di FPI, testimoniato dalla cre-
scita imponente degli iscritti, dalla riduzione dei tassi di dispersione rispetto alla offerta scolastica e
dai risultati delle ricerche condotte sulle relative sperimentazioni, viene generalmente attribuito a
due tipi di innovazioni, una di carattere organizzativo e l’altra più di natura pedagogico-didattica.
Anzitutto, è il modello di CFP che è cambiato, passando da una focalizzazione su due sole funzioni,
quella del direttore e quella del formatore, a una impostazione di tipo polifunzionale in grado di
fornire non solo prestazioni formative, ma anche diversi servizi a monte e a valle di queste.
Sull’altro piano, la FPI possiede ormai un quadro di riferimento avanzato che è contenuto nella Li-
nea Guida per i percorsi di istruzione e di formazione professionale. Questa delinea «un preciso
modello di competenza e di cultura del lavoro, suggerisce percorsi scanditi da “situazioni di ap-
prendimento”, consegna al formatore una definizione rigorosa di traguardi formativi, elabora un
preciso iter valutativo del percorso e dell’offerta, suggerisce una modalità di formazione dei forma-
tori. […] Essa [la proposta] è basata sul concetto di “formazione efficace” ed è centrata sui principi
del coinvolgimento degli allievi, della personalizzazione, del compito reale, della comunità di ap-
prendimento, del coinvolgimento della società civile».
Insomma, la scuola cattolica non si trova passivamente al rimorchio del modello statale di
scuola, pur rispettandone – nel contesto della parità – le norme generali, ma ambisce ad una attiva
funzione trainante per l’intero sistema scuola. E vorrebbe che – proprio nello spirito della parità –
questa condizione le fosse riconosciuta. Non certo per rivendicare un’egemonia, ma per aspirare –
con spirito di servizio e collaborazione – almeno ad una effettiva parità.
CSSC 2010\03_Macrì_Intervento.pdf
Decennale della Legge 62/2000
Presentazione XII Rapporto sulla scuola cattolica
(18 novembre 2010)
Dieci anni orsono veniva approvata la legge 10 marzo 2000, n. 62, intesa a dare attuazione – dopo oltre
mezzo secolo – al dettato costituzionale sulla parità scolastica.
1. Affermato che la legge 62/2000, nonostante sia il risultato di una mediazione e di un compromesso
politico, ha segnato comunque una svolta positiva rispetto al passato in quanto ha “formalizzato” la
piena legittimità della scuola paritaria, l’ha riconosciuta come soggetto “costitutivo” dell’unico
sistema nazionale di istruzione ed educazione;
2. affermato che la scuola paritaria risponde ad una domanda di maggiore libertà di scelta educativa;
ad una più puntuale diffusione e capillarizzazione dell’offerta formativa su tutto il territorio,
comprese le aree più periferiche e marginali;
3. affermato che la presenza della scuola paritaria è un elemento di forte dinamismo dell’intero sistema
nazionale di istruzione e formazione in quanto l’inevitabile raffronto-confronto che si viene a porre
con la scuola statale stimola entrambe a perseguire più alti standard di qualità
4. affermato che, a parità di servizi, i suoi costi di gestione sono larghissimamente inferiori a quelli della
scuola statale e che, quindi, se lo Stato procedesse ad un suo effettivo finanziamento avrebbe un
margine di risparmio considerevole e assai interessante soprattutto in questo momento di difficoltà
del suo bilancio
• diventa incomprensibile il suo finanziamento, posizionato su livelli irrisori, in particolarissimo modo
per le scuole secondarie di primo e secondo grado, e comunque sottoposto ogni anno, a partire dal
2002, a tentativi di fortissimi tagli;
• diventano incomprensibili i fortissimi ritardi praticati per l’erogazione dei contributi alle scuole che
ne hanno diritto
• diventano incomprensibili le mille e mille difficoltà, discriminazioni, imposizioni che vengono poste
di giorno in giorno dalle diverse amministrazioni pubbliche, non ultima della lista l’Agenzia delle
Entrate.
La scuola paritaria è una grande risorsa culturale, pedagogica, economica per il Paese. Una politica
lungimirante e al di sopra degli schemi ideologici e delle contrapposizioni di schieramento dovrebbe,
nell’interesse del bene comune, trovare una soluzione equa e solidale a questa questione che si trascina
da troppi decenni; così pure una stampa veramente “laica”, “libera” e al servizio della “verità” dei fatti
dovrebbe smettere di riproporre vecchi luoghi comuni contrapponendo la scuola paritaria con quella
statale, identificando la scuola paritaria con i diplomifici, ed invece dovrebbe iniziare ad affermare,
scavalcando il pretestuoso e fuorviante discorso delle etichette di statale o paritario, la necessità per il
nostro Paese, di una scuola di qualità, perché, in un mondo globalizzato, competitivo, “liquido”, solo una
scuola di qualità può garantire il futuro dei giovani.
La parità scolastica è una sfida culturale e politica di grande rilevanza per tutti e non solo per coloro che
la frequentano; l’augurio è che il Parlamento, il Governo, le Istituzioni centrali e periferiche, la Chiesa, la
stessa opinione pubblica raccolgano questa sfida e le diano una soluzione giusta nell’interesse del bene
comune. Il suo misconoscimento e un misconoscimento della civiltà giuridica di cui l’Italia è stata nei
secoli un’antesignana.
Francesco Macrì
Presidente Fidae
CSSC 2010/04_Silvano_Intervento.pdf
Desidero innanzitutto esprimere un ringraziamento, a nome di tutta la CdO Opere Educative,
per l’invito a partecipare a questo importante evento di riflessione e dibattito sui dieci anni della
legge di parità scolastica.
Come sapete, la FOE (oggi CdO Opere Educative), è una associazione relativamente giovane,
essendosi costituita nel 1996 per iniziativa di un piccolo gruppo di gestori di scuole non statali,
desiderosi di mettere in comune le proprie esperienze, domande, difficoltà e speranze;
all’origine della FOE (userò questa sigla per brevità) c’è dunque il desiderio, da parte di alcune
persone, di aiutarsi a sostenere le proprie opere e a far crescere per tutti la possibilità di una
reale libertà di scelta educativa, pur in presenza di un contesto certamente avverso alla
presenza cristiana nella società e, in modo particolare, alla presenza di opere educative nate
dalla tradizione cattolica, che invece è da sempre attenta alle esigenze educative delle famiglie
e delle nuove generazioni.
La FOE associa scuole di ispirazione cristiana-cattolica, come pure –sebbene in minor misura-
scuole di origine laica o di altre confessioni religiose (es. quella ebraica di Milano); ha avuto
sin dall’inizio e continua ad avere (ed è per questo motivo che ho voluto richiamare le origini
del nostro esistere) una peculiarità che credo la caratterizzi fortemente (senza nulla togliere
alle altre….) nel panorama delle associazioni di scuole non statali: la dimensione della RETE.
Prima ancora di essere una realtà di rappresentanza di categoria o una sigla di natura quasi
sindacale, infatti, la FOE si è caratterizzata sin dall’inizio come una amicizia operativa tra
gestori di scuole non statali, mirando innanzitutto a favorire e sostenere la crescita di ogni
singolo ente attraverso il rapporto, lo scambio, il confronto con le altre realtà associate. Una
collaborazione che si è realizzata e si realizza tuttora attraverso numerose e sistematiche
iniziative “formali” di formazione, confronto e aggiornamento (organizzate centralmente dalla
direzione FOE oppure localmente dalle scuole), come pure attraverso un quotidiano e
informale contatto fra i diversi istituti, dai livelli più “bassi” (contatti fra le segreterie) sino a
quelli più “alti” (contatti fra dirigenti, gestori e membri dei cda).
Questo aspetto, fra i tanti che potrei citare, è sicuramente quello che maggiormente qualifica e
caratterizza la nostra azione a favore di una piena libertà di scelta educativa nel nostro paese.
Abbiamo verificato, infatti, che prima ancora di una serrata battaglia politica –che pure (ahimè)
continua ad essere necessaria-, di una tutela “sindacale” degli enti associati, o di “semplice”
rappresentanza istituzionale per ribadire a chi di dovere la necessità di giungere ad una
effettiva libertà di scelta educativa, ciò che conta e vale è innanzitutto una presenza efficace e
persuasiva delle nostre scuole sul territorio: una presenza che sia espressione di una cultura
improntata alla libertà e al rispetto dell’uomo, e che a sua volta genera cultura, aprendosi al
territorio e agendo su di esso. Una presenza, tra l’altro, che è paradigmatica di ciò che è e
potrebbe essere la vera autonomia delle istituzioni scolastiche, anche e soprattutto di quelle
statali, se la morsa dello statalismo centralista si allentasse per tutto il nostro sistema
nazionale di istruzione.
Quante nostre scuole, aiutate dal cammino comune fatto in questi anni e crescendo dunque in
consapevolezza, qualità formativa e gestionale, capacità di fare cultura e di esprimere una
autentica cultura cristiana (in senso non confessionale, cioè di valorizzazione della persona e
della sua ragione), stanno testimoniando che la parità scolastica è conveniente per tutti!
E quante persone -dal semplice cittadino sino al parlamentare-, incontrandole, si sono rese
conto che gli slogan ideologici che ancora avversano la cosiddetta “scuola privata” sono ormai
dei residuati bellici del passato, che nulla hanno a che fare con la realtà e che non sono più
utili a nessuno. Dobbiamo e vogliamo lavorare perché queste esperienze si diffondano e si
consolidino, essendo la strada maestra per un sostanziale cambio di mentalità nella nostra
società al riguardo della scuola paritaria e per una effettiva crescita di tutto il sistema nazionale
di istruzione.
E’ vero, è una strada che porta frutti lentamente; ma la battaglia per la libertà di educazione è
innanzitutto una battaglia culturale, legata ad una mentalità stratificatasi negli ultimi secoli, ed
è noto che le battaglie culturali hanno tempi lunghi, perché la mentalità non cambia dall’oggi al
domani…
Sappiamo bene che nel dibattito in corso sulla parità, infatti, si ha ancora l'impressione che per
molti questa riguardi solo le scuole cattoliche, o i genitori che vi mandano i figli (che sono una
minoranza all'interno del nostro sistema formativo) e che dunque la parità sia, in realtà, una
benevola concessione fatta alla Chiesa Cattolica in quanto (ex) religione della maggioranza
degli italiani o, comunque, religione storica del nostro paese….
Sappiamo bene, al contrario, che la libertà di educazione non è una prerogativa né di una
maggioranza, né di una minoranza – già in questo senso sarebbe quantomeno un diritto
rispettabile, dato che in un regime democratico le minoranze vanno tutelate – ma è una libertà
fondamentale della persona.
La libertà di educazione, tra cui la libertà di scelta della scuola da frequentare, si fonda sul
diritto di ogni persona ad educarsi e ad essere educata secondo le proprie convinzioni e sul
corrispondente diritto dei genitori di decidere dell'educazione e del tipo d'istruzione da dare ai
propri figli.
E’ un diritto riconosciuto dalla nostra Costituzione, che implica anche il diritto dei privati di
istituire e di gestire una scuola e i conseguenti obblighi per lo Stato: consentire la
compresenza di scuole statali e non statali; riconoscere la parità alle scuole non statali che
garantiscono il conseguimento di determinati obiettivi didattici e gestionali; assicurare loro,
soprattutto, una reale parità finanziaria alle stesse condizioni delle scuole statali.
A 10 anni dalla legge di parità siamo ancora lontani dal conseguimento di questi obiettivi; la
legge 62/2000, tuttavia, pur con tutti i suoi limiti che ben conosciamo, ha posto le premesse
perché su questi temi si possa lavorare con una sponda di natura giuridica; e questo non è
poco.
In questi anni, la FOE si è spesa costantemente –anche collaborando alla stesura di norme a
favore della parità- perché la parità possa essere sempre più effettiva e completa. Dobbiamo
continuare a lavorare, ognuno con la propria identità e specificità, perché la libertà di scelta
educativa sia finalmente riconosciuta e resa pienamente possibile. Dobbiamo anche, però,
continuare a lavorare insieme: la collaborazione di questi ultimi anni ha reso evidente a tutti
noi, credo, che la nostra presenza può essere più efficace e incisiva sia sotto il profilo politico
che della visibilità pubblica. Come ci hanno insegnato le nostre scuole, tra l’altro, il lavoro in
rete è occasione di crescita umana e professionale, e valido strumento per approfondire la
coscienza del proprio compito.
L’incontro di oggi credo che sia una significativa ulteriore documentazione del fatto che siamo
incamminati insieme proprio su questa strada; è per questo che concludo ringraziando
nuovamente per l’opportunità che ci è stata offerta.
CSSC 2010/05_Lucente_Intervento_Slide.pdf
Fare cultura in un contesto di fede
A dieci anni dalla legge sulla parità
Il nostro compito restituire fiducia e
speranza ai giovani
05/12/2011 1 don Antonio Teodoro Lucente CONFAP NAZIONALE
Alcuni orizzonti comuni
• Parlare di parità e dignità scolastica e
formativa significa innanzitutto parlare di
rispetto e dignità della Persona, di sacralità
della Vita (Evangelum vitae n. 34).
• La formazione professionale ha pari dignità
rispetto alle altre istituzioni educative, insieme
alle quali contribuisce alla formazione della
Persona.
05/12/2011 2
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
• Noi cattolici abbiamo capito l’importanza di impegnarci
a favore del mondo del lavoro: ricordiamo l’impegno di
santi maestri quali don Gnocchi, don Bosco, san
Murialdo, don Orione etc.
• E grazie a queste figure del mondo della Chiesa che
sorgono “Le Scuole dei Mestieri”, avventura che
seguita nei CFP/CSF e attraverso l’impegno di ciascuno
di noi qui presenti, attenti a leggere e ri-leggere i
segni dei tempi, per mettere in grado giovani ed adulti
di avvicinarsi ed inserirsi nel mondo del lavoro che
corre con ritmi esponenziali, offrendo nuove
conoscenze, competenze e metodologie didattiche
05/12/2011 3
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
l’educazione al Valore e all’Amore
per il Lavoro
• ci impegna e ci distingue da tutte le altre
istanze formative,
• istanze formative con le quali entriamo in
sinergia per favorire il dialogo portando,
ciascuna, proprie pecularietà ( Reference Point
italiano per la qualità nell’istruzione e
formazione professionale, 2009).
05/12/2011 4
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
Rivendichiamo la storia e la
professionalità circa
• l’attenzione ai giovani poveri, “spazzacamini”,
alle fasce giovanili a rischio di emarginazione
personale e sociale;
• Iniziative atte a rispondere positivamente alle
nuove sfide derivanti dalla presenza dei figli di
immigrati, ormai presenti sia nelle istituzioni
scolastiche che formative ai diversi gradi e
livelli;
05/12/2011 5
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
Rivendichiamo l’orientamento attraverso il
quale si sostiene il progetto di Vita della
persona
• il metodo laboratoriale;
• lo stage,“imparare ad imparare” ,“spirito di iniziativa e
imprenditorialità”, competenze chiave di cittadinanza
che si acquisiscono in contesti lavorativi
• le figure strategiche quali: tutor,progettisti, valutatori,
orientatori
• Da notare: “Gli istituti di istruzione secondaria
superiore attivano ogni opportuno collegamento con il
mondo del lavoro e dell’impresa ivi compresi il
volontariato e il privato sociale con la formazione
professionale, con l’università e la ricerca e con gli enti
locali”(art.13 della l.40/2007);
05/12/2011 6 don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
Siamo strategici
• Siamo una istituzione la cui presenza in
progetti o nuovi soggetti, è fondamentale :
• IFTS,
• programmi europei,
• e non ultimo la presenza come soggetto
fondatore delle “Fondazioni di partecipazione”
dei nuovi Istituti Tecnici Superiori (ITS)..
05/12/2011 7
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
Considerazione generale
• Dobbiamo essere uniti e forti insieme anche
alle nostre famiglie:
• nel sostenere la libertà di scelta culturale;
• nell’essere propositivi sui tavoli istituzionali;
• nel rivendicare il nostro servizio a favore dei
giovani e mondo del lavoro;
• nel proporre manifestazioni pubbliche di
carattere sociale sia singolarmente che in rete
tra di noi.
05/12/2011 8
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
Alcune considerazioni
• La sfida a cui siamo chiamati non è solamente
di tipo sociale, etico, religioso, economico,
culturale, ma , prima di tutto, progettuale
“quello di Dio”.
• Non possiamo non partecipare al dibattito
pubblico sul futuro dei giovani e della persona,
nella speranza di pervenire a soluzioni quanto
più condivise anche con gli attori istituzionali,
politici e sociali
05/12/2011 9
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
• Siamo ad chiamati a partecipare alla
realizzazione della società della «Vita Buona»
che è possibile se la dimensione personale e
la dimensione sociale sono simultaneamente
perseguite in modo da non trascurare i diversi
aspetti costitutivi della esperienza dell’uomo:
la fede, la salute, il lavoro, gli affetti e il riposo.
05/12/2011 10
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
• Siamo chiamati alla realizzazione della “vita
buona” attraverso il fare che conservi, però,
un carattere universale, ma che ovviamente
deve saper coniugare la caratteristica della
universalità con quella della personalizzazione
e anche della selezione dell’intervento, perché
i bisogni non si presentano in modo uguale in
tutte le persone
05/12/2011 11
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
• La sfida così definita si realizza non solo
attraverso gli specifici impegni dedicati ai
giovani ma soprattutto riconoscendo, in
sussidiarietà, il valore di tutte le azioni, le
funzioni e risorse professionali che sono
presenti nelle nostre realtà CFP/CSF e Scuole.
05/12/2011 12
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
Fonte: elaborazioni Isfol su dati MIUR, dati regionali, dati Istat
Stato formativo dei giovani
tra 14 e 17 anni (a.s.f. 2008-09)
V.A. %
Iscritti nei licei 735.683 31,6
Iscritti negli Istituti Tecnici 645.466 27,7
Iscritti negli Istituti Professionali 382.069 16,4
Iscritti nell’Istruzione magistrale (a) 169.920 7,3
Iscritti nell’Istruzione Artistica (b) 71.713 3,1
Iscritti alla secondaria di I grado 93.129 4,0
Iscritti alle agenzie formative 95.816 4,1
In formazione in apprendistato 6.649 0,3
Fuori di percorsi 125.853 5,4
Totale popolazione 14-17enne 2.326.298 100,0
05/12/2011
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
13
FP in progress
05/12/2011
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
14
1819
25.347
72.034
96.580
117.481
130.431
150.489
0
20.000
40.000
60.000
80.000
100.000
120.000
140.000
160.000
20
02
/3
20
03
/4
20
04
/5
20
05
/6
20
06
/7
20
07
/8
20
08
/0
9
I percorsi di IFP: la partecipazione
(a.s.f. 2008-09)
N. Allievi 150.489
Di cui iscritti ai CFP 95.816
Di cui iscritti a scuola 54.673
Corsi 7.642
IV anno
Allievi 2.372
Corsi 143
N. Allievi 150.489
05/12/2011 15
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
Alcune considerazioni circa i dati
• Inclusione formativa ed occupazionale come strumento
per l’inclusione sociale
• Qualificazione ed inserimento professionale dei giovani a
rischio
• Esperienza lavorativa quale volano per la rimotivazione (lavoro
per progetti, spendibilità delle competenze acquisite)
• La qualità dei formatori quale snodo fondamentale per il buon
esito dei percorsi formativi dei giovani a rischio
• Il legame con il mercato del lavoro accresce la motivazione e
favorisce l’inserimento lavorativo
05/12/2011 16
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
• Laboratorialità
• Va sviluppata sia nella IFP che nei diversi percorsi della
secondaria superiore
• Richiede significativi investimenti finanziari
• Orientamento ed azioni di recupero
• Orientamento preventivo nella secondaria di primo
grado
• Misure di supporto quali accompagnamento e tutorato
• Ruolo dei CPI
05/12/2011 17
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
Trinomio indispensabile
• “Occupazione, occupabilita’, cittadinanza attiva”
•Questo è il trinomio intorno al quale ruota
“l’albero motore” dell’integrazione dei giovani a
rischio
• Si tratta di qualificare i giovani a rischio (e non)
offrendo loro la possibilità di inserirsi rapidamente
nel mondo del lavoro e d’altra parte, sviluppando
la loro capacità di inserirsi successivamente in
contesti lavorativi differenti
05/12/2011 18
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
Aspetti caratterizzanti i percorsi di
IFP
• canale per l’assolvimento del DD e il
raggiungimento del successo formativo
• progressivo incremento degli iscritti
• contenuto tasso di abbandono
• crescente interesse delle aziende a reclutare
giovani qualificati
• caratterizzazione del bacino d’utenza
05/12/2011
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
19
• canale d’elezione per l’utenza straniera e
strumento d’integrazione sociale
• lunga esperienza didattico-educativa nell’area
del disagio
• maggiore flessibilità per rispondere a bisogni
differenziati
05/12/2011
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
20
Criticità e problemi aperti
• Risorse finanziarie non consolidate
• Diversa valenza che le strategie regionali
attribuiscono alla IFP
• Disomogeneità territoriale della qualità della
formazione
• Necessità di sviluppare ed aggiornare le
competenze dei formatori e degli operatori
• Sviluppare azioni di supporto al successo
formativo (accompagnamento e tutorato)
05/12/2011 don Antonio Teodoro Lucente CONF NAZIONALEAP 21
conclusioni
• Noi siamo un sistema articolato e complesso
chiamato ad interrogarsi continuamente su:
• obiettivi di fondo e orientamento strategico
• elementi di identità
• caratteri distintivi
• valore aggiunto
05/12/2011
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
22
Creare valore aggiunto
• nella azione sociale e nella prestazione dei
servizi, ovvero:
• trasferire visione oltre che competenze
specialistiche
• rendere visibile la nostra l’identità
• conoscere le risorse e i bisogni anche prima
che esprimano domanda
esprimere e costruire processi di sviluppo
umano •
• garantire qualità oltre che efficienza
05/12/2011
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
23
L’identità si produce
• nel sistema di valori affermato a livello
associativo
• nell’adesione ad una visione e ad una
missione definite e condivise
• nel costante riferimento a visione e missione
nelle attività operative
05/12/2011
don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
24
• Solo i figlioli degli altri qualche volta paiono
cretini. I nostri no. Standogli accanto ci si
accorge che non sono. E neppure svogliati. O
per lo meno sentiamo che sarà un momento,
che gli passerà, che ci deve essere un rimedio.
Allora è più onesto dire che tutti i ragazzi
nascono eguali e se in seguito non lo sono più
è colpa nostra e dobbiamo rimediare. (op. cit.,
p. 61)
05/12/2011 don Antonio Teodoro Lucente CONF
NAZIONALEAP
25
CSSC 2010/06_Tettamanti_Testo.pdf
1
Intervento al Convegno del C.S.S.C.
Centro Studi Scuola Cattolica
Roma – 18 novembre 2010
A DIECI ANNI DALLA LEGGE SULLA PARITA’
L’incompiutezza della Legge 62/2000
di Giancarlo Tettamanti
A dieci anni dell’approvazione da parte del Parlamento Italiano della Legge n. 62/2000, concernente
“Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione” (Legge pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2000), doveroso sembra procedere ad una analisi riflessiva.
Con questa Legge si era inteso concretizzare ciò che la Costituzione Italiana, alcune norme della Corte
Costituzionale, la stessa legge sull’autonomia e l’ordinamento giuridico internazionale ebbero più volte a
sollecitare. Con la Legge, veniva affermato che “il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole
statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. La Repubblica individua come obiettivo
prioritario l’espansione dell’offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di
istruzione dall’infanzia lungo tutto l’arco della vita” (art. 1). Nelle successive articolazioni, venivano
elencate le condizioni richieste per addivenire al riconoscimento da parte delle scuole della loro funzione
pubblica, e quindi del loro inserimento nel “Sistema nazionale di istruzione”. Sono tuttora in vigore le
proposizioni ideali e le norme giuridiche, ma l’inserimento, a tutt’oggi, risulta incompleto poiché, nello
stesso sistema nazionale di istruzione, la scuola “paritaria” resta economicamente, e anche giuridicamente,
discriminata.
Il riconoscimento legislativo della funzione pubblica svolta dalle scuole non statali, ha certamente avuto
uno sviluppo concreto: sembrava, pertanto, a portata di mano il superamento culturale ed operativo di
unilaterali discriminazioni. Ma non è stato e non è cosi! Resta indispensabile, nell’attuale contesto di crisi
valoriale e di identità della società civile, progredire sempre più lungo questo percorso innovativo,
ipotizzato dalla legge, perché è dalla famiglia, e con essa dalla scuola, che parte la possibilità di risposta a
questa crisi educativa, a questa emergenza educativa che attanaglia la nostra comunità.
Permane l’urgenza di incentivare ogni sforzo a sostegno della famiglia affinché possa esercitare il proprio
diritto/dovere educativo e formativo nei confronti dei figli, sostenuta in questo dalla scuola che, della
famiglia, è istituzione sussidiaria e complementare. Quindi va riconosciuta compiutamente una scuola e,
perciò, un sistema nazionale di istruzione, che siano concretamente al servizio del diritto della persona
all’istruzione e alla formazione, e a sostegno della famiglia nel conseguimento del compito educativo suo
proprio. Questo il criterio sulla base del quale valutare e sostenere “la scuola”, coordinandola e
sostenendola tutta nel rispetto del pluralismo scolastico istituzionale.
Criterio che sembra non essere acquisito a livello governativo e parlamentare. Criterio che richiede
precise norme nazionali che diano concreta attuazione ad alcuni principi costituzionali:
• la parità tra cittadini, indipendentemente dal tipo di scuola prescelta per i figli;
• la libertà concreta di educazione come diritto e dovere della famiglia;
• la “parità” come un diritto che riguarda la persona e per essa la sua famiglia che ha l’obbligo di
mantenerla, educarla e istruirla, anche se nata fuori dal matrimonio (un diritto non riconducibile e
non condizionabile dal “senza oneri per lo Stato”, bensì rapportabile al dovere-diritto dei genitori
di educare e istruire i figli);
• un effettivo e generalizzato sostegno pubblico alle funzioni educative della famiglia, in condizioni
di tendenziale parità, quali che siano le legittime scelte educative;
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• una reale libertà di insegnamento, che implica la libertà della scelta del tipo di scuola in cui
insegnare e soprattutto in cui imparare, senza che la scelta di un tipo o di un altro tipo di scuola
abbia effetti penalizzanti;
• una concreta valorizzazione ed attuazione sia del principio di sussidiarietà, tanto verticale che
orizzontale, sia dell’autonomia sostanziale e funzionale delle istituzioni scolastiche tutte.
Non ci sembra che, nel nostro sistema nazionale di istruzione, questi principi costituzionali siano
rispettati.
E’ vero, si è fatta una legge sulla parità, ma questa legge è orientata esclusivamente a dettare le norme
giuridiche condizionanti l’operato delle scuole non statali paritarie. Totalmente ignorate sono le condizioni
di sostegno economico. Ci si è totalmente dimenticati di articolare norme che “consentano” un corretto
esercizio della parità. Quella parità che riguarda la concreta possibilità di esercitare il diritto di scelta della
scuola; il diritto di scelta dei fini, dei tempi e dei mezzi cui orientare la propria formazione ed il proprio
apprendimento; il diritto di insegnare negli ambiti ritenuti più gratificanti nei riguardi del proprio
impegno professionale.
La Repubblica italiana ha dato vita ad uno statalismo ormai stantio che non ha uguale in tutto il mondo
occidentale. Solo alla scuola statale sono riservati i fondi pubblici: fondi che sono pur reperiti attraverso
l’imposizione fiscale, che colpisce tutti i cittadini, compresi quelli che scelgono strutture educative
paritarie. I cittadini, le famiglie che preferiscono ricorrere a strutture scolastiche ed educative non statali
devono sostenere in proprio i costi, dopo avere peraltro contribuito a pagare, a beneficio altrui, i costi della
scuola statale. Queste famiglie, questi cittadini, pagano quindi per un servizio che non intendono usare e
pagano ancora per poter usare il servizio che hanno scelto, visto che – nonostante la legge paritaria – la
scuola paritaria deve reggersi sui contributi di chi la frequenta.
E’ un’ingiustizia sociale e fiscale, perché questo doppio pagamento non è certamente correlato a una
diversa capacità contributiva. Ma è soprattutto una ingiustizia politica e morale, perché consente libertà di
scelte educative solo a chi abbia quella disponibilità economica, pur minima, che permetta di sostenere il
concreto diritto alla libertà di educazione.
Oggi in Italia la libertà educativa è considerata un lusso; è fiscalmente colpita come un consumo di
lusso; è stigmatizzata come una scelta antisociale. A dimostrazione di questa ingiusta situazione sta, tra
le altre, l’azione dell’Agenzia delle Entrate che, ai fini degli accertamenti fiscali sintetici, pone sotto
controllo le scuole cosiddette private e le famiglie che osano attuare tali scelte “considerabili di lusso
effettuate da soggetti operanti nelle rispettive circoscrizioni” (porti turistici, circoli esclusivi, scuole
private, wellness center, tour operator, e così via).
Questa situazione in campo educativo risulta rovinosa:
a) per il pluralismo culturale: si persegue nell’affermare una “cultura di Stato” che, sotto il
pretesto della “laicità”, emargina tutti i valori forti, sostituendoli con una genericità ispirata di volta in
volta ai più vacui luoghi comuni della cultura dominante, assecondando anche l’affermarsi di quel
relativismo teso ad annullare l’identità e la storia stessa che hanno caratterizzato e caratterizzano la
convivenza nel nostro Paese;
b) per il pluralismo delle istituzioni culturali: le istituzioni non statali paritarie vengono
progressivamente disincentivate e soffocate (vedi le dimenticanze e le riduzioni economiche delle varie
finanziarie); da un lato, infatti, la pressione fiscale crescente, usata irrazionalmente non per sostenere i
servizi indispensabili ma per accontentare clientele e conservare sprechi, lascia sempre meno risorse a
disposizione delle famiglie (il gioco delle tre scimmiette messo in atto nelle ultime finanziarie – compresa
quella per il 2010 - dimostra la presenza di un disegno antifamiliare che colpisce tutti i cittadini che si
sentono, così, presi in giro), e dall’altro, non si interviene al doveroso sostegno delle strutture educative
paritarie;
c) per la libertà di insegnamento: il soffocamento delle istituzioni non statali paritarie obbliga di
fatto gli insegnanti all’impiego nella cosiddetta scuola “pubblica statale”; non solo, ma i docenti di scuola
non statale paritaria sono continuamente discriminati rispetto ai loro colleghi della scuola statale, sia per
quanto riguarda le opportunità di aggiornamento professionale, sia per quanto concerne le opportunità di
ordine strumentale;
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d) per la qualità dell’insegnamento: nessun monopolio – quel monopolio che persiste e che
trova resistenze nel tentativo di modificarne la struttura – si preoccupa della qualità del prodotto che
fornisce, anzi, i monopoli pubblici – come e peggio di quelli privati – cessano rapidamente di essere al
servizio dei cittadini, per passare a servizio di sé stessi;
e) per i costi e l’efficienza dell’insegnamento: mancando la concorrenza tra istituzioni
scolastiche, non solo peggiora la qualità del servizio – riconosciuta dall’OCSE di livello molto basso – ma
viene meno ogni termine di paragone circa l’economicità e l’efficienza del servizio stesso.
A distanza di dieci anni, siamo ancora qui a discutere su un autentico sistema integrato e su una
legge paritaria incompleta, e per tale ragione vessatoria nei riguardi di quella libertà di istruzione e
di educazione che è fattore prioritario nella costruzione di una società giusta e democratica.
Ci si domanda come abbiano potuto e ancor oggi possano i governi ed i parlamenti, che si sono succeduti
in questi dieci anni (ma anche lungo gli oltre sessant’anni dalla promulgazione della Costituzione), non
capire queste gravi anomalie del sistema, e come restino oscurati da una miopia e da una indifferenza
culturale ed operativa incapace di affrontare il problema e di superare ignobili steccati che relegano la
scuola ad espressione governativa, insensibili all’emergere nella società di fatti nuovi in grado di
sconfiggere l’ideologia statalista dominante e quindi in grado di essere risposta vera ai bisogni emergenti
nella società civile.
In quest’ottica si pone il problema della “gratuità” della scuola. Il dibattito sulla scuola continua intenso
sui contenuti ancora da definire, sull’applicazione ancora incerta dell’autonomia, sulla normativa ancora
inesistente degli organi collegiali, e – via via – su quanto il pacchetto delle riforme attivate ed in divenire
possono incidere sulla realizzazione di un sistema scolastico adatto e rispondente alle esigenze culturali,
educative e formative delle nuove generazioni. La gratuità é aspetto importantissimo che non può essere
ignorato, anche perché costituisce norma costituzionale. E’ aspetto che riguarda sia la scuola statale, sia la
scuola “paritaria”, e ciò proprio in virtù dell’inserimento della scuola non statale paritaria – riconosciuta
“scuola avente funzione pubblica” dalla Legge 62/2000 – nel sistema scolastico nazionale.
La gratuità é un diritto per tutti: nasconderlo non significa affatto eliminarlo.
La “gratuità della scuola” deve essere attuata sia per gli alunni della scuola statale che per gli alunni della
scuola paritaria. Essa é infatti assicurata dall’art. 34 della Costituzione, senza eccezione alcuna: “La
scuola – tutta La scuola – é aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, é
obbligatoria e gratuita”. Obbligo, e conseguente gratuità, ampliato dalla Legge 53/2003: “E’ assicurato
a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al
conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età; l’attuazione di tale diritto si realizza nel
sistema di istruzione e in quello di istruzione e formazione professionale” (...). Nel nostro Paese, lo Stato
provvede direttamente al sostegno del costo della scuola statale, che così si vede riconoscere la gratuità,
mentre nessuna modalità certa di spesa é prevista per rendere gratuita la scuola non statale paritaria.
Il “diritto alla gratuità” é un diritto soggettivo spettante ad alunni/studenti e ai loro genitori: al principio
costituzionale di “uguaglianza sostanziale”, consegue il diritto che vengano rimossi gli ostacoli di ordine
economico che impediscono di fatto la libertà di scelta (art. 3 Cost.). Tale “gratuità” deve
necessariamente essere estesa a tutti sino a 18 anni, proprio in virtù dell’obbligo formativo
normativamente imposto. Infatti, sempre la Legge 53/2003 – tuttora in vigore – esplicita che “la fruizione
dell’offerta di istruzione e formazione costituisce un dovere legislativamente sanzionato; nei termini
anzidetti di diritto all’istruzione e formazione e di correlativo dovere viene ridefinito ed ampliato l’
obbligo scolastico di cui all’art.34 della Costituzione, nonché l’obbligo formativo introdotto dall’art. 68
della Legge 144/1999 e successive modificazioni”.
Pertanto deve essere inserita nel bilancio dello Stato la previsione di spesa relativa agli allievi tutti sia di
scuola statale che di scuola non statale paritaria. Tale previsione costituisce un impegno di spesa dello
Stato nei confronti del cittadino e perciò dei genitori che iscrivono i figli alla scuola dell’obbligo. E’ un
impegno al quale lo Stato non può sottrarsi.
Il problema cruciale della “gratuità” – come ricordato dalla Presidente nazionale dell’Asgesc, Maria
Grazia Colombo - é evidentissimo corollario della “obbligatorietà”: nell’anno 2010 nessuno può
pensare seriamente ad un “obbligo scolastico e formativo imposto dallo Stato” con l’onere al cittadino
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di pagarsi le spese relative. Si tratterebbe di un assurdo incomprensibile, lesivo della libertà delle
persone, le quali – paradossalmente – hanno anche il diritto all’ignoranza.
La “gratuità” é quindi conseguente alla “obbligatorietà”.
Ecco perché riteniamo fortemente incompiute le norme costituzionali e monco il dibattito in corso: con il
prolungamento dell’ “obbligo scolastico e formativo” anche questo problema va affrontato e risolto.
Credo, tuttavia, che i dibattiti sul problema “scuola”, e sulla efficienza ed efficacia del “sistema nazionale
di istruzione”, restino modalità astratte che, alla fine, non portano a soluzioni qualificanti.
Credo anche che, a partire dalla disponibilità, assunta oggi qui, di guardare al problema della “libertà di
educazione, di apprendimento e di insegnamento”, si possa – si debba – non fermarsi alla dialettica
verbale, ma, insieme tutti, concretizzare una azione comune negli ambiti che possono – se non ancora
uscurati da un laicismo stantìo e superato dai tempi – indirizzare, direi costringere, a riconoscere che “la
scuola non si fonda sullo Stato, ma sulla libertà”. Quella piena libertà che deve essere riconosciuta
all’intero sistema nazionale di istruzione, e che sola è in grado di rivalutare la funzione della scuola, di
rimotivare l’impegno degli alunni, di stimolare la preparazione dei docenti e di attivare la responsabilità
educativa dei genitori e delle famiglie.
Da qui, a mio parere, la necessità e l’urgenza di una azione comune che, facendo tesoro del complesso
delle norme nazionali ed internazionali, alcune ricordate anche dal segretario della C.E.I., S.E. Mons.
Mariano Crociata, porti a concretizzare un “Ricorso alla Corte Costituzionale” in Italia, e una “Denuncia
al Parlamento Europeo, o meglio, alla Corte di Giustizia della Comunità Europea”.
Visti i lunghi anni di attesa e le molteplici “mendicanze” alle quali sono stati – e sono – costrette le
famiglie e le stesse scuole per addivenire ad una autentica libertà di educazione, di insegnamento e di
apprendimento, credo sia giunto il momento di passare dalle parole ai fatti.
Non va dimenticato che c’è nella considerazione politica una concezione ottusamente miope, e cioè che
alla persona e al nucleo familiare non spetti alcuna decisione in ordine alla scuola: vige la presuntuosa
concezione secondo cui non sono le famiglie a dover scegliere la scuola a cui iscrivere i propri figli, ma è
lo Stato che offre per tutti un servizio scolastico direttamente gestito in forma monopolistica. Il
mortificare la libertà di scelta educativa significa tradire il dovere di valorizzare tutte le espressioni della
società civile nell’ambito di una sana democrazia sostanziale e solidale, e significa tradire la vera funzione
dello Stato che è quella di rispettare, coordinare e sostenere, con vero spirito sussidiario, le iniziative e le
scelte dei reali detentori del diritto: le singole persone, i cittadini e le relative famiglie.
E’ questa una situazione che va corretta. Soprattutto non prestando il fianco ad interpretazioni che possono
risultare controproducenti. Il continuare a dire che lo Stato, con le scuole paritarie, “risparmia”, a mio
parere, è un modo sibillino e controproducente di porre la questione, soprattutto nell’attuale momento di
grave recessione economica. La realtà è ben diversa: lo Stato è inadempiente! Ed è su questa
ingiustificata inadempienza che, credo, occorra far leva: lo Stato non assolve le obbligazioni cui è tenuto;
non rispetta le norme costituzionali e le stesse leggi da lui stesso sottoscritte!
L’obiettivo é quello di una autentica “libertà” che non può essere mortificata da condizionamenti culturali,
sociali ed economici, e nemmeno può essere concepita o intesa come un qualcosa di diverso e di astratto
rispetto ad una concreta libertà ideologica, programmatica, strutturale, gestionale, organizzativa, e perciò
in un quadro di totale indipendenza dallo Stato. Quindi, non soltanto una ipotetica libertà, ma una libertà
che coinvolge interamente e compiutamente i diritti delle persone e l’identità della scuola, i suoi
programmi, la sua struttura gestionale ed organizzativa, e il diritto irrinunciabile ad una scelta educativa e
formativa legittima e responsabile. La scuola deve essere scuola di libertà: dalla libertà della cultura e
della scuola e dalla loro possibilità di organizzarsi e pensarsi le forze della società italiana, dipendono il
valore e l’autorevolezza delle istituzioni.
CSSC: "XII Rapporto: A dieci anni dalla legge sulla parità"