Nel 1997 l’Unesco, nel classificare i sistemi educativi, ha definito Bisogno Educativo Speciale (da ora in poi BES) una condizione che: «[…] si estende al di là di quelli che sono inclusi nelle categorie di disabilità, per coprire quegli alunni che vanno male a scuola (failing) per una varietà di ragioni che sono note nel loro impedire un progresso ottimale». Alla luce di questo concetto, i sistemi educativi sono chiamati ad individuare le difficoltà dei loro allievi con una sensibilità che va al di là del tradizionale accertamento della disabilità (certificazione), per aprire il campo alla valutazione di qualsiasi problematica di funzionamento, specie nel campo delle attività di apprendimento. Insomma, per l’UNESCO i BES sono una categoria più ampia di quella della disabilità, richiedendo all’istituzione scolastica e formativa un’attenzione più ampia di quella riconducibile all’istituto della certificazione della disabilità. Il concetto fa la sua prima apparizione in Italia con l’Accordo Stato Regioni del 20 marzo 2008, che afferma che a scuola ci sono due prospettive di individuazione della disabilità della persona:
- la persona la cui disabilità è riconosciuta dalla nascita o dai primi mesi di vita (mediante il classificatore ICD dell’OMS);
- persona che manifesta Bisogni Educativi Speciali durante il percorso di istruzione.
In questo provvedimento, dunque, i Bisogni Educativi Speciali sembrano inclusi nella condizione di disabilità, differenziandosi soltanto per il periodo nel quale essi vengono intercettati, ma non per la tipologia di interventi educativi di cui hanno diritto: infatti, il provvedimento predispone per entrambi un cammino verso la certificazione. È con la Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012, avente ad oggetto “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”, che i due concetti (Disabilità e Bisogni Educativi Speciali) si differenziano in modo più netto, se non nella loro definizione (che conserva ancora ampi margini di sovrapposizione), certamente negli interventi cui il riconoscimento da luogo. La Direttiva, in linea con UNESCO, afferma che: «[…] l’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, e/o disturbi evolutivi specifici disturbi specifici di apprendimento, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse. L’area dello svantaggio scolastico, continua la Direttiva, “viene indicata come area dei Bisogni Educativi Speciali (in altri paesi europei: Special Educational Needs)”. In essa sono comprese tre grandi sottocategorie:
- la disabilità;
- i disturbi evolutivi specifici;
- lo svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale.
È da notare che in prima istanza la Direttiva, in linea con UNESCO, include nei BES l’area della disabilità, facendone un unico contenitore, seppur articolato in sottocategorie. È soltanto nelle conseguenze “operative” che i due concetti (BES e disabilità) finiscono per divaricarsi:
- la disabilità, intesa come conseguenza di una menomazione certificabile, ha diritto a tutte le misure previste dalla Legge n. 104 del 1992, tra le quali l’attribuzione dell’insegnante di sostegno (o di altre risorse aggiuntive, riconosciute anche alle scuole paritarie seppure in misura decisamente inferiore);
- i Bisogni Educativi Speciali, in quanto non certificabili, ovvero non conseguenza di una menomazione, hanno diritto ad un Piano Personalizzato senza attribuzione di risorse aggiuntive.
Nonostante la sovrapposizione iniziale, nella Direttive, e in tutti i successivi provvedimenti, risulta dunque estremamente chiara l’eterogeneità dei due concetti, fondata, seppure sottotraccia, nel ragionamento causale:
- la disabilità risponde alla vecchia logica del classificatore ICIDH, secondo la quale la disabilità insorge “come conseguenza diretta di una menomazione o come reazione del soggetto, specialmente da un punto di vista psicologico, a una menomazione”;
- i BES sono problematiche del funzionamento umano, misurabili col sistema ICF, particolarmente nel dominio dell’apprendimento (d1); i BES certamente necessitano di un’attenzione educativa speciale, ma la loro origine non risiede in alcuna patologia, venendo ricondotti, in modo piuttosto vago, a difficoltà evolutive e/o a svantaggi socio-economici.
Mentre il sistema scolastico italiano rimane dunque ancorato alla logica clinica della certificazione, sui BES si apre lo spazio (limitato) di una più ampia attenzione, facilitata dall’introduzione del classificatore ICF. Afferma la Direttiva: «Fondandosi sul profilo di funzionamento e sull’analisi del contesto, il modello ICF consente di individuare i Bisogni Educativi Speciali (BES) dell’alunno prescindendo da preclusive tipizzazioni». Per proseguire nel ragionamento, è bene citare anche la successiva Circolare Ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013, promulgata per sopperire ai numerosi punti oscuri della precedente Direttiva. In essa, per analogia a quanto previsto dalla Legge n. 170 dell’8 ottobre 2010 (Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico) si indica nel Piano Didattico Personalizzato, senza risorse aggiuntive, lo strumento con il quale l’istituzione scolastica e formativa deve far fronte alla problematica dei BES. Il PDP è: «[…] lo strumento in cui si potranno, ad esempio, includere progettazioni didattico-educative calibrate sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita (di cui moltissimi alunni con BES, privi di qualsivoglia certificazione diagnostica, abbisognano), strumenti programmatici utili in maggior misura rispetto a compensazioni o dispense, a carattere squisitamente didattico- strumentale». Insomma, per i BES il sistema della personalizzazione consiste in una revisione degli obiettivi attesi (rispetto agli standard) e nell’utilizzo di strumenti compensativi e dispensativi. Per concludere, rimandando per questo alla lettura della voce “Disabilità”, è bene tenere presente che la definizione italiana di BES presenta diverse criticità, sia nella concettualizzazione che nelle conseguenze per il sistema educativo. Infatti, per l’OMS la disabilità non è più soltanto la conseguenza di una menomazione, ma serve come termine ombrello anche per limitazioni dell’attività o restrizioni della partecipazione. Più ancora, l’OMS, adottando il paradigma bio-psico-sociale, assume una posizione neutrale rispetto all’eziologia, che finisce per indicare la sostanziale omogeneità dei due concetti (BES e disabilità). Alla luce di questo orizzonte, sarebbe più corretto affermare che i BES sono quella particolare forma di disabilità che si manifesta nel contesto scolastico e formativo.
Bibliografia
Oms - Icidh, Classificazione internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli svantaggi esistenziali, Centro lombardo per l’educazione sanitaria, Milano, 1980.
Oms - Icf: Classificazione internazionale del funzionamento e delle disabilità, Erickson, Trento, 2001.
Oms - Icd-10: International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems, 2012.
Unesco, International Standard Classification of Education (ISCED), 29° sessione, Parigi, 1997.
Autore
Roberto Franchini Docente presso il Dipartimento di Pedagogia - Scienze dell’Educazione e della Formazione dell’Università del Sacro Cuore di Brescia.
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