EURISPES E TELEFONO AZZURRO/a_4 rapporto.pdf
4° Rapporto
di aggiornamento
sul monitoraggio
della Convenzione
sui diritti dell’infanzia
e dell’adolescenza
in Italia
2007-2008
Idirittidell’infanziaedell’adolescenzainItalia
4°
pp
ACP
Agedo onlus
AGESCI
Ai.bi
Alisei ONG
ANFAA
ANFFAS onlus
Arché
Arciragazzi nazionale
Ass. Alama
Ass. Amani
Ass. Antigone onlus
Ass. Bambinisenzasbarre
Ass. Comunità nuova onlus
Ass. Geordie onlus
Ass. On the Road onlus
Ass. Ora d’aria onlus
Ass. Passo Dopo Passo... insieme onlus
Ass. Saveria Antiochia onlus
Ass. Stak onlus
Ass. Valeria onlus
Batya
CAM
Camera Minorile di Milano
Camina
Caritas italiana
CbM
Centro Studi Hansel e Gretel
Centro Studi Minori e Media
CESVI
CIAI onlus
CIES
CISMAI
Cittadinanzattiva onlus
CNCA
CND
CODICI
Comitato Italiano UNICEF onlus
Cooperativa Sociale Pralipé onlus
Coordinamento Genitori Democratici onlus
CRAS
CSEN
CTM Lecce onlus
Dedalus Cooperativa sociale
ECPAT Italia onlus
FEDERASMA onlus
FIDAPA
Fondazione ABIO Italia onlus
Fondazione Federico Ozanam - Vincenzo De Paoli
Fondazione Terre des Hommes Italia onlus
IBFAN Italia
Il corpo va in città
INMP
IPDM
IRES
IRFMN
ITALIANATs
La Gabbianella
LLL Italia onlus
L’abilità associazione onlus
L’Altro diritto onlus
LIBERA
MAMI
M.A.
MANI TESE
MDC Junior
O.V.C.I. La nostra Famiglia
ONG MAIS
Opera Nomadi Milano onlus
Save the Children Italia
SIMM
UISP
VIS
Il Rapporto è stato realizzato con il coordinamento
di Save the Children Italia e curato da Arianna Saulini
e Viviana Valastro
Con il contributo di Yasmin Abo Loha (Ecpat Italia), Silvia Aimone (Batya),
Benedetta Ammassari (Aibi), Antonello Angeli (CISMAI), Laura Anzideo
(Ass. Geordie), Laura Baldassarre (UNICEF Italia), Anna Baldoni (CAMINA),
Rosy Battaglia (MDC Junior), Chiara Belluzzi (CAM), Ursula Benetti (CAM),
Ines Biemmi (Save the Children Italia), Adriana Bizzarri (Cittadinanzattiva),
Daniela Bonardo (IRES), Maurizio Bonati (IRFMN), Antonio Borgogni (UI-
SP), Laura Borghetto (L’abilità onlus), Luisella Bosisio Fazzi (CND), Claudia
Busiello (Save the Children Italia), Laura Calvanelli (Caritas Italiana), Caro-
la Carazzone (VIS), Daniela Carboni (Amnesty International Italia), Elise
Chapin (MAMI), Chiara Curto (UNICEF Italia), Giusy D’Alconzo (Amnesty In-
ternational Italia), Jennifer Dal Pian (UNICEF Italia), Nunzia De Capite (Cari-
tas Italiana), Maria Grazia Del Buttero (Camera Minorile Milano), Manuela
De Marco (Caritas Italiana), Cristiana De Paoli (Save the Children Italia),
Salvatore Fachile (Cooperativa Dedalus), Oliviero Forti (Caritas Italiana),
Luisa Francioli (CAM), Sandra Frateiacci (CnAMC-Federasma), Michele
Gangemi (ACP), Jole Garuti (Ass. Saveria Antiochia), Salvatore Geraci
(SIMM), Federica Giannotta (Terre des Hommes Italia), Michele Imperiali
(Anffas), Antonella Inverno (Save the Children Italia), Veronica Lattuada
(CIAI), Monica Lazillotto (Ass. Geordie), Filomena Liberati (IPDM), Roberta
Luberti (CISMAI), Fanny Marchese (CISMAI), Grazia Masi (Agedo), Manue-
la Mercante (UNICEF Italia), Giovanni Minuto (Batya), Lucia Moreschi
(MDC Junior), Aldo Morrone (INMP), Alessandra Naldi (Ass. Bambinisenza-
sbarre), Fosca Nomis (Save the Children Italia), Lara Olivetti (Save the
Children Italia), Isabella Orfano (Ass. On the Road), Maurizio Pagani (Ope-
ra Nomadi), AnnaMaria Paracchini (Ass. Valeria onlus), Gabriella Patrizia-
no (UNICEF Italia), Isabella Poli (Centro Studi Minori e Media), Yuri Perti-
chini (Arciragazzi), Stefano Piziali (CESVI), Emma Pizzini (INMP), Caterina
Pozzi (CNCA), Julia Prestia (Coop. Pralipé), Marina Raymondi (CIAI), Lucia
Re (L’altro diritto onlus), Beatrice Roselletti (Cras onlus), Lia Sacerdote
(Ass. Bambinisenzasbarre), Mirella Savegnago (Arché), Debora Sanguina-
to (VIS), Giuliana Savy (Comunità Nuova), Francesca Silva (CIAI), Regina
Sironi (ABIO), Gabriella Somenzi (Ass. Valeria onlus), Leonardo Speri (UNI-
CEF Italia), Anna Teselli (IRES), Luigi Toma (INMP), Frida Tonizzo (ANFAA).
Il Gruppo CRC ringrazia Giuliana Filippazzi, Angela Oriti per Medici senza
Frontiere Italia, Amnesty International - sezione italiana, Giorgio Beretta
per la Rete Italiana Disarmo, Sara Farnetti, il Garante Regionale Infanzia e
adolescenza delle Marche, il Pubblico Tutore dei minori della Regione Ve-
neto ed il Garante Regionale per l’Infanzia e l’adolescenza del Lazio per la
loro disponibilità e collaborazione.
La stampa della pubblicazione è stata realizzata grazie al contributo di
Save the Children Italia, Terre des Hommes Italia, Caritas italiana, Fonda-
zione ABIO, Anffas, UISP, Batya, Centro Studi Hansel e Gretel, Cittadinan-
zattiva, CNCA, Federasma onlus, ACP, Agedo, AGESCI, Arché, Ass. Bambi-
nisenzasbarre, Ass. On the Road, Ass. Passo Dopo Passo... insieme on-
lus, Ass. SAO, Ass. Stak, Ass. Valeria, CAM, Camera Minorile Milano, Ca-
mina, CbM, CESVI, CIAI, CISMAI, CND, Comitato italiano UNICEF, FIDAPA,
IBFAN, Il corpo va in città, INMP, Intervita, IPDM, L’Abilità onlus, L’Altro di-
ritto, SIMM, VIS, Arciragazzi.
Il disegno in copertina è stato realizzato all’interno del laboratorio per
bambini “Il giraffario”, nell’ambito del festival Segni d’infanzia 2006
(Mantova)
Gruppo CRC c/o Save the Children Italia
via Volturno 58, 00184 Roma
e-mail arianna@savethechildren.it
Chiuso in tipografia il 30 aprile 2008
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
2
4orapportodiaggiornamento2007-2008
Parole chiave
Bambino/a Il termine utilizzato nel testo per indicare le persone fino ai diciotto anni di età non è univoco. Questo è dovuto
alla difficoltà di rintracciare nella lingua italiana una parola di uso comune che comprenda le varie fasce di età in
cui si suddivide tale periodo. Infatti, con la parola bambino ci si riferisce abitualmente a bambini fino a 10/12
anni di età, con il termine ragazzo si definiscono gli adolescenti. Entrambi i termini vengono di solito usati al
maschile come falso neutro per indicare sia maschi che femmine. Molto diffusa è poi la parola minori, che fa ri-
ferimento alla minore età, ma che rimanda all’idea di «meno», secondo una visuale piuttosto adultocentrica, co-
sì come il termine minorenni, utilizzato soprattutto in contesti giuridici. Un'altra espressione usata è infanzia e
adolescenza, ma essa non viene utilizzata dagli stessi bambini e ragazzi per autodefinirsi. Infine il termine fan-
ciullo, prescelto nella traduzione ufficiale della CRC, appare arcaico oltre che inappropriato.
Nel testo pertanto si utilizzano tutti i diversi termini sopramenzionati a seconda dei vari contesti, consapevoli
dei limiti linguistici in essi racchiusi.
Diversamente dal precedente Rapporto si è ritenuto opportuno non includere tra le parole chiave la definizione di
minori appartenenti ai gruppi più vulnerabili per mettere in evidenza il fatto che sono, innanzitutto, bambini/e.
Pedo-pornografia «Per pornografia rappresentante bambini si intende qualsiasi rappresentazione, con qualsiasi mezzo, di un
bambino dedito ad attività sessuali esplicite, concrete o simulate o qualsiasi rappresentazione degli organi ses-
suali di un bambino a fini soprattutto sessuali », art. 2, lett. c) del Protocollo Opzionale alla Convenzione sui di-
ritti dell’infanzia e dell’adolescenza sulla vendita di bambini, la prostituzione dei bambini, e la pornografia rap-
presentanti bambini.
Turismo sessuale Si intende il viaggiare finalizzato a ottenere da minori del luogo di destinazione prestazioni sessuali a pagamen-
a danno di minori to (in natura e/o in denaro).
Tratta «Tratta di persone indica il reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere persone, tramite
l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento frode o inganno, abu-
so di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di denaro o vantaggi per otte-
nere il consenso di una persona che ha l’autorità su un’altra persona a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento
comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il la-
voro forzato o prestazioni forzate, schiavitù pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi». Protocol-
lo Opzionale di Palermo, art. 1 comma 3, lett. a).
Glossario
Centro nazionale È stato istituito con Legge 451/1997 ed afferisce alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento delle
di documentazione Politiche per la Famiglia in concerto con il Ministero della Solidarietà Sociale. Il Centro ha il compito di raccoglie-
e analisi per l’infanzia re e rendere pubblica la normativa, i dati, le ricerche, nonché di analizzare le condizioni di vita dell’infanzia e
e l’adolescenza (CNDA) dell’adolescenza in Italia. La documentazione è disponibile sul sito www.minori.it
È stata istituita con Legge 451/1997, ha compiti di indirizzo e di controllo sull'attuazione degli accordi interna-
zionali e della legislazione relativi ai diritti ed allo sviluppo dei soggetti in età evolutiva. Riferisce alle Camere,
con cadenza almeno annuale, i risultati della propria attività e formula osservazioni e proposte sugli effetti, sui
limiti e sull'eventuale necessità' di adeguamento della legislazione vigente, in particolare per assicurarne la ri-
spondenza alla normativa dell'Unione europea ed in riferimento ai diritti previsti dalla CRC. www.parlamento.it
Rappresenta l' Autorità Centrale Italiana per l’applicazione della Convenzione de L'Aja e garantisce che le ado-
zioni di bambini stranieri avvengano nel rispetto dei principi stabiliti dalla Convenzione de L’Aja del 29 maggio
1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale.
www.commissioneadozione.it
È stato istituito con DM 519/1978 e riordinato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’ 11 mag-
gio 2007. Si occupa del coordinamento dell' attività governativa in materia di promozione e tutela dei diritti del-
l'uomo. L’attività del Comitato consiste nella preparazione, attuata mediante la raccolta di informazioni presso i
vari ministeri, dei rapporti periodici sulle misure adottate a livello nazionale in applicazione delle convenzioni
internazionali di cui l’Italia è parte, tra cui anche la CRC.
Commissione
parlamentare
per l’infanzia
Commissione per le
Adozioni
Internazionali (CAI)
Comitato
Interministeriale
per i Diritti Umani
(CIDU)
Comitato Minori È un organo interministeriale istituito con Dlgs. del 25 luglio 1998. Il Comitato opera al fine prioritario di tutelare
Stranieri i diritti dei minori stranieri non accompagnati e dei minori accolti (cd. soggiorni solidaristici), in conformità alle
previsioni della CRC.
Comitato ONU Verifica i progressi compiuti dagli Stati che hanno ratificato la CRC nell’attuazione dei diritti in essa sanciti,
sui diritti dell’infanzia attraverso la presentazione e relativa discussione a Ginevra di Rapporti periodici da parte dei governi.
e dell’adolescenza Per maggiori informazioni www.ohchr.org/english/bodies/crc/
CRC Acronimo di Convention on the Rights of the Child la cui traduzione ufficiale in italiano è «Convenzione sui di-
ritti del fanciullo», ma nel testo si preferisce utilizzare la denominazione di uso corrente «Convenzione sui diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza».
Gruppo CRC Il Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Gruppo CRC) è un network di
associazioni italiane che opera al fine di garantire un sistema di monitoraggio indipendente sull’attuazione del-
la CRC e delle Osservazioni finali del Comitato ONU in Italia.
Osservatorio nazionale È stato istituito con Legge 451/1997, ed è un organismo di coordinamento fra Amministrazioni Centrali, Regio-
ni, Enti Locali, Associazioni, Ordini professionali e Organizzazioni non governative che si occupano di infanzia.
Ogni due anni predispone il Piano Nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei
soggetti in età evolutiva (Piano Nazionale Infanzia), ha inoltre il compito, ogni 5 anni, di redigere lo schema del
rapporto del Governo all’ONU sull’applicazione della CRC.
Osservazioni Documento pubblico con cui il Comitato ONU rende noto il proprio parere sullo stato di attuazione della CRC
Conclusive nel Paese oggetto di considerazione, sottolineando i progressi compiuti, evidenziando i punti critici ed esortan-
do il Governo, attraverso le Raccomandazioni, ad intervenire ove necessario.
Piano Nazionale di È previsto dalla Legge 451/1997, con l’obiettivo di conferire priorità ai programmi riferiti ai minori e di rafforzare
azione e di interventi la cooperazione per lo sviluppo dell’infanzia nel mondo. Il Piano individua, altresì, le modalità di finanziamento
per la tutela dei diritti e degli interventi da esso previsti nonché le forme di potenziamento e di coordinamento delle azioni svolte dalle
lo sviluppo dei soggetti pubbliche amministrazioni, dalle regioni e dagli Enti Locali. Il Piano Nazionale, viene predisposto ogni due anni
in età evolutiva (Piano dall’Osservatorio, sentita la Commissione parlamentare per l’infanzia, ed approvato dal Consiglio dei Ministri.
Nazionale Infanzia)
Rapporto Rapporto preparato dalle ONG per il Comitato ONU, in cui si prendono in considerazione le questioni affrontate
Supplementare nel Rapporto governativo, secondo le linee guida dettate dal Comitato ONU.
Nota metodologica
Nel dividere gli argomenti all’interno dei vari capitoli il Gruppo CRC ha osservato la suddivisione in raggruppamenti tematici degli articoli
della CRC suggerita dal Comitato ONU nelle «Linee Guida per la redazione dei Rapporti Periodici». Il Comitato ONU ha infatti raggruppato
i 41 articoli contenuti nella I° parte della CRC, in cui sono sanciti i diritti, in 8 gruppi tematici. Nel presente Rapporto è stata sviluppata
un’analisi rispetto alle tematiche contenute nel raggruppamento «Misure generali di attuazione» (capitolo I), «Misure Generali della CRC»
(capitolo II), «Diritti civili e libertà» (capitolo III), «Ambiente familiare e misure alternative» (capitolo IV), «Salute ed assistenza» (capitolo
V), «Educazione, gioco e tempo libero» (capitolo VI), «Misure speciali per la tutela dei minori» (capitolo VII). L’intento del Gruppo CRC, co-
me anticipato anche nei precedenti rapporti, è quello di ampliare annualmente l’area di monitoraggio del Rapporto di aggiornamento, in
modo da poter approfondire tutti gli 8 raggruppamenti nel prossimo Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite previsto per il 2008-
2009. In tal senso si evidenzia che il Rapporto 2008, presenta un capitolo nuovo rispetto al 2007: il III relativo a Diritti civili e libertà.
Le Osservazioni Conclusive indirizzate dal Comitato ONU al Governo italiano nel 2003 in merito all’attuazione della Convenzione
(CRC/C/15/Add. 198) e le più recenti Osservazioni del giugno 2006 in merito all’attuazione dei Protocolli Opzionali alla CRC
(CRC/C/OPSC/ITA/CO/1 e CRC/C/OPAC/ITA/CO/1), sono un utile strumento di lavoro per l’opera di monitoraggio intrapresa dal Gruppo
CRC, in quanto indicano la direzione che il Governo dovrebbe intraprendere per uniformare la politica e la legislazione interna sull’infan-
zia e l’adolescenza agli standard richiesti dalla CRC. Per questo motivo all’inizio di ogni paragrafo sono riportate le raccomandazioni rela-
tive allo specifico della tematica trattata.
Ai fini dell’aggiornamento del presente Rapporto il Gruppo CRC ha inviato tramite il CIDU richiesta di informazioni al Ministero degli Affari
Esteri, al Dipartimento per le Politiche della Famiglia, al Ministero della Giustizia, al Ministero dell’Interno, al Ministero della Salute, al Mi-
nistero della Solidarietà Sociale. In riscontro a tale richiesta è pervenuta una comunicazione solo da parte della DGCS (MAE), del Diparti-
mento per le Politiche della Famiglia, del Ministero della Salute e del Comitato Minori Stranieri (Ministero della Solidarietà Sociale).
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
3
4orapportodiaggiornamento2007-2008
4
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a n Premessa 6
n CAPITOLO I. MISURE GENERALI DI ATTUAZIONE DELLA CRC IN ITALIA
n 1. La legislazione Italiana 7
a) La procedura minorile civile e penale
b) Le politiche per l’infanzia e l’adolescenza
n 2. Le risorse destinate all’infanzia e all’adolescenza 15
a) In Italia
b) L’impegno per l’infanzia e l’adolescenza nella cooperazione internazionale
n 3. Coordinamento a livello istituzionale e tra istituzioni e ONG 21
n 4. Piano Nazionale Infanzia 25
n 5. Il Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza 26
n 6. Raccolta dati 29
n CAPITOLO II. PRINCIPI GENERALI DELLA CRC
n 1. Il principio di non discriminazione (art. 2 CRC) 33
n 2. La partecipazione dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze (art. 12 comma 1 CRC) 37
n 3. L’ascolto del minore in ambito giudiziario (art. 12 comma 2 CRC) 44
n CAPITOLO III. DIRITTI CIVILI E LIBERTÀ
n 1. Minori, media e nuovi media in Italia 47
n 2. Tortura 51
n CAPITOLO IV. AMBIENTE FAMILIARE E MISURE ALTERNATIVE
n 1. Separazione dai genitori: diritti dei bambini e degli adolescenti con genitori detenuti in carcere 52
n 2. Ricongiungimento familiare: le famiglie islamiche in Italia e la Kafala 55
n 3. Minori privi di un ambiente familiare 57
a) Affidamenti familiari
b) Le comunità di accoglienza per i minori
n 4. Il panorama dell’ adozione nazionale e internazionale in Italia 64
n CAPITOLO V. SALUTE E ASSISTENZA
n 1. Salute e servizi sanitari 70
a) Nascere e crescere in Italia
b) Le coperture vaccinali
c) I diritti dei bambini in ospedale
d) Alimentazione nella prima infanzia
e) Bambini e adolescenti, salute e disabilità
f) Accesso ai servizi sanitari per minori stranieri
n 2. Sicurezza sociale e servizi di assistenza all’infanzia: servizi per l’infanzia (nidi) 84
n 3. Standard di vita: la condizione dei bambini e degli adolescenti poveri in Italia 87
indice
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
5
n CAPITOLO VI. EDUCAZIONE, GIOCO E ATTIVITÀ CULTURALI
n 1. Istruzione 91
a) Il diritto all’istruzione per i bambini e gli adolescenti con disabilità
b) Il diritto all’istruzione per i minori stranieri
c) Il diritto all’ istruzione per i minori adottati
d) Somministrazione dei farmaci a scuola e assistenza sanitaria scolastica
e) La dispersione scolastico formativa
f) Il diritto alla sicurezza negli ambienti scolastici
n 2. Finalità educative: l’educazioni ai diritti umani 105
n 3. Gioco, attività ricreative e culturali 106
a) Il diritto al gioco
b) Sport e minori
n CAPITOLO VII. MISURE SPECIALI PER LA TUTELA DEI MINORI
Minori in situazione di emergenza
n 1. Minori stranieri 111
a) I minori stranieri non accompagnati
b) Minori richiedenti asilo e accoglienza in frontiera
c) L’accoglienza temporanea di minori stranieri nell’ambito dei cosiddetti programmi solidaristici
n 2. Minori nei conflitti armati: l’attuazione in Italia del Protocollo Opzionale alla CRC concernente il
coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati 121
Minori coinvolti nel sistema della giustizia minorile
n 1. Minori in stato di detenzione e sottoposti a misure alternative 123
Minori in situazione di sfruttamento
n 1. Sfruttamento economico: il lavoro minorile in Italia 127
n 2. Sfruttamento e abuso sessuale 130
a) Il fenomeno del turismo sessuale
b) La pedo-pornografia
c) La prostituzione minorile
d) Abuso e maltrattamento intra-familiare ed extra-familiare di minori
n 3. Rapimento, vendita e tratta di minori: la tratta di minori 141
Minori di minoranze etniche
n 1. I minori rom, sinti e camminanti 144
n Siti web delle associazioni del Gruppo CRC 148
4orapportodiaggiornamento2007-2008
Il Gruppo CRC nel 2001 ha elaborato e presentato al Comitato ONU il Rapporto Supple-mentare sull’attuazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC)in Italia. A seguito di tale lavoro il Gruppo CRC ha assunto l’impegno di proseguire nell’o-
pera di monitoraggio dell’attuazione della CRC e delle raccomandazioni rivolte all’Italia nelle Os-
servazioni Conclusive del Comitato ONU, non solo in vista del prossimo appuntamento a Ginevra,
ma anche al fine di garantire un sistema di monitoraggio permanente, indipendente e condiviso
tra le associazioni che lavorano per la promozione e la tutela dei diritti dell’infanzia in Italia.
Nell’ambito del processo di monitoraggio intrapreso il Gruppo CRC ha così deciso di predi-
sporre annualmente un rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della CRC in Italia, focalizza-
to su tematiche ritenute prioritarie, cercando di ampliare ogni anno il proprio angolo di osserva-
zione, e garantendo al contempo un aggiornamento puntuale sulle questioni già affrontate. Il
Rapporto CRC rappresenta dunque il punto di caduta del monitoraggio compiuto dal Gruppo
CRC, ma non vuole essere solo un momento di denuncia sulle carenze del nostro sistema, ma an-
che un’occasione per consolidare il confronto avviato in questi anni con le istituzioni che in Italia
sono responsabili delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza, e dunque dell’implementazione
dei diritti garantiti dalla Convenzione.
Il presente è il quarto rapporto di aggiornamento, pubblicato come i precedenti il 27 maggio
anniversario della ratifica della CRC in Italia, a testimonianza non solo della costanza e dell’impe-
gno delle associazioni coinvolte nel monitorare e tenere alta l’attenzione sui diritti dell’infanzia in
tutti questi anni, ma anche della crescita e del rafforzamento del Gruppo CRC.
Il 4°Rapporto CRC offre infatti un aggiornamento rispetto alle questioni già trattate nei prece-
denti Rapporti, sviluppando ulteriori approfondimenti, ed arricchisce l’analisi con l’inserimento di
nuove tematiche grazie al contributo attivo di un numero sempre maggiore di associazioni.
L’obiettivo è quello di ampliare il proprio ambito di osservazione fino a coprire tutti gli otto rag-
gruppamenti in cui il Comitato ONU ha suddiviso gli articoli della CRC, corrispondenti ai capitoli
del Rapporto, nel prossimo Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite previsto per il 2009, anno
in cui si celebrerà anche il 20° anniversario della Convezione ONU.
Il 4° Rapporto fornisce un quadro aggiornato dell’attuazione e delle violazioni dei diritti dei
bambini/e e degli adolescenti presenti in Italia, su cui le associazioni del Gruppo CRC invitano a
riflettere il nuovo Governo, con l’auspicio che tale lavoro e le raccomandazioni formulate possano
costituire un utile strumento di lavoro per coloro che nella nuova legislatura saranno responsabi-
li delle politiche dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia.
Il 2008 rappresenta inoltre un momento importante di questo percorso in quanto ad ottobre
2008 è calendarizzato il prossimo Rapporto periodico del Governo italiano al Comitato ONU, e
l’Italia sarà chiamata a render conto di quanto fatto in questi anni per migliorare i diritti dell’in-
fanzia e per attuare le Osservazioni Conclusive del Comitato ONU relative allo stato di attuazione
della CRC in Italia, del gennaio 2003, e dei due Protocolli Opzionali alla CRC, del giugno 2006. Al
rapporto governativo italiano farà seguito il Rapporto Supplementare del Gruppo CRC.
L’auspicio è quello di poter in tal modo sollecitare e contribuire allo sviluppo di politiche,
prassi e riforme legislative che portino ad un reale miglioramento della condizione di tutti i minori
presenti in Italia.
Arianna Saulini
Coordinatrice Gruppo CRC
6
4orapportodiaggiornamento2007-2008
Premessa
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
L’art. 4 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e
dell’adolescenza (CRC) richiede agli Stati parte di impe-
gnarsi ad adottare tutti i provvedimenti legislativi, ammi-
nistrativi e di altro tipo necessari per attuare i diritti rico-
nosciuti nella Convenzione.
Il monitoraggio, compiuto dal Comitato ONU sui diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza (Comitato ONU) per veri-
ficare l’attuazione della CRC in relazione a tale parte, si
concentra sulla verifica della conformità della legislazio-
ne nazionale ai principi della CRC, sul sistema di raccolta
dati, sulle risorse stanziate per l’infanzia e l’adolescenza,
compresa la cooperazione internazionale, sul coordina-
mento a livello istituzionale, sul Piano Nazionale Infan-
zia, sull’esistenza di strutture di controllo indipendenti e
sulla formazione e divulgazione della CRC.
Il Gruppo CRC ha pertanto ritenuto opportuno seguire ta-
le impostazione per monitorare l’attuazione delle misure
generali in Italia, anche alla luce delle ultime Osservazio-
ni Conclusive rivolte dal Comitato ONU all’Italia sia nel
gennaio 20031, in relazione all’attuazione della Conven-
zione, che nel giugno 20062, in relazione all’attuazione
dei Protocolli Opzionali alla CRC. In merito alla divulga-
zione di tali Osservazioni Conclusive si evidenzia come
non risulta che tali documenti siano stati pubblicati su al-
cun sito internet ministeriale.
1. LA LEGISLAZIONE ITALIANA
a) La procedura minorile
civile e penale
Il 3° Rapporto CRC3 si concludeva con le medesime racco-
mandazioni contenute nel precedente Rapporto4:
l’attuazione della Legge 149/20015 con la realizzazione di
una difesa d’ufficio del minore, la costituzione di un unico
organo specializzato in materia minorile e l’elaborazione di
un ordinamento penitenziario minorile.
Il 1° luglio 2007, dopo sei anni di proroghe6, la Legge
149/2001 è entrata finalmente in vigore anche nella parte
relativa alle norme procedurali che introducono cambia-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
7Capitolo I.
Misure GeneraLi Di attuazione DeLLa CRC in ItaLia
52. Il Comitato ONU raccomanda che l’Italia, nel
riformare il sistema della giustizia minorile, integri
appieno le disposizioni ed i principi della Convenzio-
ne, in particolare gli artt. 37, 40 e 39, e altri rilevanti
parametri internazionali in questa area, come ad
esempio le Regole minime delle Nazioni Unite per
l’amministrazione della giustizia minorile (Regole di
Pechino), le Linee guida delle Nazioni Unite per la
prevenzione della delinquenza minorile (Linee guida
di Riyadh), le Regole delle Nazioni Unite per la pro-
tezione dei giovani privati della libertà e le Linee gui-
da di Vienna per i bambini coinvolti nel sistema giu-
diziario penale.
(CRC/C/15/Add. 198, 31 gennaio 2003, Osservazioni
Conclusive indirizzate all’Italia dal Comitato ONU,
punto 52)*
1 CRC/C/15/Add. 198, 31 gennaio 2003, Osservazioni Conclusive indiriz-
zate all’Italia dal Comitato ONU documento disponibile sul sito ufficiale
delle Nazioni Unite www.unhchr.ch/tbs/doc.nsf (in inglese).
La versione italiana tradotta a cura di UNICEF Italia è disponibile sul sito
www.unicef.it/flex/FixedPages/IT/Pubblicazioni.php/L/IT/Item/39/frmI
DCategoria/-/frmIDArgomento/
2 CRC/C/OPAC/ITA/CO/1, 23 giugno 2006, Osservazioni Conclusive in
merito all’attuazione in Italia del Protocollo Opzionale alla CRC concer-
nente il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati;
CRC/C/OPSC/ITA/CO/1, 21 giugno 2006, Osservazioni Conclusive in me-
rito all’attuazione in Italia del Protocollo Opzionale alla CRC sulla vendita
di bambini. Entrambi i documenti sono disponibili sul sito
www.unhchr.ch/tbs/doc.nsf (in inglese).
* La traduzione in italiano delle Osservazioni Conclusive utilizzata nel
Rapporto è tratta da Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adole-
scenza - Osservazioni Conclusive 2003, a cura di UNICEF Italia.
33° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infan-
zia e dell’adolescenza in Italia, 2006-2007, di seguito 3° Rapporto CRC 2007, pag. 10.
4 2° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, 2005-2006, di seguito 2° Rapporto CRC
2006, pag. 10.
5 Legge 149/2001«Modifiche alla Legge 4 maggio 1983 n. 184 recante Disciplina
dell’adozione e dell’affidamento dei minori, nonché al Titolo VIII del Libro I del
Codice Civile».
6 Nello stesso numero della Gazzetta Ufficiale in cui la Legge 149/2001 veniva
pubblicata il legislatore disponeva un primo rinvio, cui ne seguivano altri cinque
e precisamente Legge 240/2001 (rinvio al 30 giugno 2002); Legge 175/2002
(rinvio al 30 giugno 2003); Legge 2000/2003 (rinvio al 30 giugno) 2004); Legge
188/2004 (rinvio al 30 giugno 2005); Legge 168/2005 (rinvio al 30 giugno
2006); Legge 228/2006 (rinvio al 30 giugno 2007). Le numerose proroghe tro-
vavano giustificazione nella necessità di attuare una regolamentazione della di-
fesa d’ufficio in ambito minorile e nella opportunità di riorganizzare il processo
civile minorile, così come stabilito nella Relazione del Ministero della Giustizia
sull’amministrazione della Giustizia per l’anno 2006.
menti sostanziali del rito del procedimento minorile e del
procedimento di adottabilità, garantendo la difesa tecnica
del minore. La legge di riforma è infatti volta da un lato ad
introdurre una difesa tecnica del minore nelle procedure di
adottabilità e de potestate e dall’altro a garantire comun-
que il contraddittorio e il diritto alla difesa anche per i geni-
tori del minore. Le norme entrate in vigore stabiliscono che
«il procedimento di adottabilità deve svolgersi sin dall’ini-
zio con l’assistenza del legale del minore e dei genitori o
degli altri parenti»7 e che prima della dichiarazione della
eventuale adottabilità vada sentito il minore che abbia
compiuto i dodici anni, nonché «anche il minore di età infe-
riore, in considerazione della sua capacità di discernimen-
to»8. Del nuovo procedimento si apprezza in particolare lo
snellimento della procedura per la dichiarazione definitiva
dell’adottabilità. Avverso la sentenza di adottabilità le parti
possono proporre impugnazione avanti la Corte d’Appello,
Sezione Minorenni9. Tuttavia, occorre rilevare che l’entrata
in vigore della Legge 149/2001 nel luglio 2007 senza
l’emanazione delle norme relative alla difesa d’ufficio ed
un riassetto del processo civile minorile ha, nei fatti, reso
la normativa difficilmente applicabile e fonte di nuovi pro-
blemi ed incertezze applicative. Sia l’Associazione Italiana
dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia (AIMMF)10
sia l’Unione delle Camere Minorili11, sia la dottrina che si è
occupata dell’argomento12 hanno evidenziato le difficoltà
interpretative che, inevitabilmente, hanno causato il nasce-
re di prassi differenti tra i vari Tribunali e anche all’interno
del medesimo Tribunale. I problemi maggiori riguardano il
rapporto tra avvocato del minore o curatore del minore e
minore, la mancata individuazione di criteri di nomina e di
qualificazione dei difensori del minore e l’assenza di un re-
lativo albo, la retribuzione degli stessi, a differenza di quan-
to avviene nei procedimenti penali dove esiste un quadro
normativo di riferimento13. Risulta pertanto particolarmente
urgente un intervento legislativo volto a garantire un’effica-
ce applicazione della Legge 149/2001 che attualmente ap-
pare fonte di incertezze interpretative e conseguentemente
non garantisce un’efficace tutela del minore, facendo venir
meno uno degli scopi per cui era stata emanata.
Rispetto all’auspicata costituzione di un organo unico spe-
cializzato in materia minorile14 si segnala che anche que-
st’anno non è stato presentato alcun disegno di legge che
ne preveda l’istituzione e non è ancora iniziato l’esame dei
progetti di legge giacenti e già assegnati alla Commissione
Giustizia15 che prevedono la formazione di sezioni
specializzate all’interno dei singoli Tribunali ordinari.
La questione di un organo unico specializzato è rilevante
anche con riferimento all’applicazione della Legge 54/2006
«Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affido
condiviso». Il problema della competenza tra Tribunale Or-
dinario e Tribunale per i Minorenni riguardo all’affidamen-
to e al mantenimento dei figli naturali è stata almeno tem-
poraneamente superata dall’Ordinanza della Corte di Cas-
sazione 8362/2007 del 22 marzo 200716 con cui è stato sta-
bilito che la competenza in tema di affidamento e di mante-
nimento dei figli naturali spetta al Tribunale per i Minorenni,
mentre le medesime decisioni riferite ai figli legittimi sono
prese dal Tribunale Ordinario. La situazione, a prima vista
priva di problemi, presenta, in realtà, ancora molte difficoltà
che rendono la tutela del figlio naturale meno certa e di fa-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
8
4orapportodiaggiornamento2007-2008
7 Art. 8 ultimo comma Legge 149/2001; l’art. 10 comma 2 stabilisce che
«all’atto dell’apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o, in
mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significa-
tivi con il minore. Con lo stesso atto il Presidente del Tribunale per i Mi-
norenni li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un
difensore di ufficio per il caso in cui essi non vi provvedano».
8 Art. 16 Legge 149/2001.
9 Art. 17 Legge149/2001. Fino al luglio 2007 l’adottabilità veniva pronun-
ciata con decreto (anziché con sentenza) contro cui poteva essere propo-
sta opposizione avanti allo stesso Tribunale per i Minorenni che aveva
dichiarato l’adottabilità con un conseguente allungamento dei tempi ne-
cessari a pervenire ad una decisione definitiva; all’opposizione avanti al
Tribunale per i Minorenni poteva infatti seguire il giudizio in Appello e
poi quello in Cassazione. La Corte d’Appello ora deve depositare la sen-
tenza entro 15 giorni dalla pronuncia e i ricorsi (anche in Cassazione) de-
vono essere discussi entro 60 giorni dal deposito degli atti.
10 Gruppo di lavoro AIMMF sulla Legge 149/2001 in
www.minoriefamiglia.it. Il Consiglio Direttivo dell’Associazione Italiana
dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia a seguito delle difficoltà
interpretative ed operative insorte a partire dal 1° luglio 2007 con
«l’inattesa entrata in vigore della parte processuale della legge 149/2001
senza che prima fossero state predisposte le necessarie norme di attua-
zione», ha istituito un gruppo di lavoro che ha individuato possibili buo-
ne prassi applicative della nuova disciplina relativamente ai procedimen-
ti di adottabilità e di controllo sulla potestà disponibili sul sito
www.minoriefamiglia.it/stampa.asp?id=776
11 Comunicato Unione Nazionale Camere Minorili in
www.minoriefamiglia.it
12 Domanico M.G. Senza norme processuali sulla difesa tecnica in affan-
no avvocati e giudici in Famiglia e Minori 8/2007 pag. 9; Dosi G. Una
svolta nei giudizi de protestate e di adattabilità: in vigore, dopo anni di
proroghe, l’obbligo di un difensore per genitori e minore in Famiglia e
Diritto 10/2007, pag. 951; Turri G.C. Ascolto, rappresentanza, difesa del
minore in giudizio in quanto parte in www.minoriefamiglia.it; Pricoco
M.F. La difesa tecnica nei giudizi minorili alla luce dell’entrata in vigore
delle norme processuali della Legge 149/01 in www.minoriefamiglia.it
13 Altri rilevanti problemi sono da segnalare relativamente alla nomina
d’ufficio dell’avvocato dei genitori.
14 Cfr. 3° Rapporto CRC 2007, pag. 8.
15 C. 77 assegnato il 13 giugno 2006; S. 155 assegnato il 9 giugno 2006;
S. 683 assegnato il 24 luglio 2006.
16 Ordinanza 8362/2007; Ordinanza 19406/2007; Ordinanza
19909/2007 in www.minoriefamiglia.it
cile accesso rispetto a quella del figlio nato all’interno di
un’unione matrimoniale. Esiste infatti un problema di man-
canza di norme processuali che regolamentino in maniera
uniforme i procedimenti relativi ad affidamento, modalità di
visita e mantenimento dei figli naturali, con conseguente
difformità di prassi applicative tra i vari Tribunali17; un pro-
blema logistico di difficile accesso per le famiglie di fatto al
giudice competente in quanto, come è noto, l’ambito di
competenza dei Tribunali per i Minorenni è molto vasto; un
problema relativo alle famiglie di fatto in cui vi siano figli
minorenni e figli maggiorenni economicamente non auto-
sufficienti per le quali appare necessario adire il Tribunale
per i Minorenni relativamente ai figli minori e il Tribunale
Ordinario per ottenere un contributo al mantenimento dei
figli maggiorenni non economicamente autosufficienti18.
I Tribunali Ordinari continuano poi a mantenere la competen-
za in tema di figli naturali quando la decisione chiesta al giu-
dice riguarda esclusivamente il problema del mantenimento,
senza investire le questioni relative all’affidamento dei figli e
alle modalità di visita con il genitore non convivente.
Resta sempre pertanto attuale la raccomandazione di una
riforma legislativa che istituisca un Tribunale unico compe-
tente a decidere in tema di figli naturali e legittimi e, in ge-
nerale, relativamente a tutte vicende relative della famiglia,
così come auspicato da molti operatori giuridici.
Per quel che concerne le differenze ancora esistenti tra figli
legittimi e naturali, quali quelle in materia di successione e
di rapporti che intercorrono tra il figlio naturale e la famiglia
legittima del genitore19 si segnala come non ci sia stato al-
cun intervento legislativo volto alla totale equiparazione di
figli legittimi e naturali. Infatti il disegno di legge C. 2514
«Delega al Governo per la revisione della normativa in mate-
ria di filiazione» non ha concluso il suo iter parlamentare20.
Relativamente all’ascolto del minore, disciplinato dalla
Legge 54/2006 con il nuovo art. 155 sexies c.c., va eviden-
ziato come, anche in questo settore, le prassi siano diffe-
renti tra i vari Tribunali e come siano state elaborati proto-
colli volti all’unificazione delle modalità di ascolto dei mino-
ri21. La legge lascia spazio alle più varie interpretazioni e i
protocolli, pur certamente meritevoli, si teme possano por-
tare a soluzioni condivise solo in ambito strettamente loca-
le: a titolo puramente esemplificativo si sottolinea come
mentre l’Osservatorio di Milano prevede all’art. 5 del Proto-
collo che l’audizione potrà svolgersi solo alla presenza del
giudice, dell’eventuale ausiliario e del difensore o curatore
del minore, il Protocollo di Roma all’art. 5 stabilisce invece
il diritto dei difensori delle parti di partecipare all’udienza di
audizione del minore, pur senza interferire nello svolgimen-
to dell’audizione. Anche in questo campo si auspica un’o-
pera di coordinamento dei Tribunali per i Minorenni e dei
Tribunali Ordinari a livello nazionale in modo da avere una
prassi uniforme. Appare anche necessaria un’attività di for-
mazione specifica per i magistrati che ascolteranno i
minori22.
Nell’ambito della procedura minorile penale pur non essen-
do stato ancora creato l’ordinamento penitenziario minori-
le merita di essere segnalata un’importante novità rispetto
al 3° Rapporto CRC.
Infatti accogliendo la raccomandazione contenuta nel 3°
Rapporto CRC, il Dipartimento per la Giustizia Minorile ha
creato al suo interno un gruppo di lavoro che ha provveduto
a redigere due interessanti progetti di legge23: il primo rela-
tivo all’elaborazione del tanto atteso ordinamento peniten-
ziario per i detenuti minorenni, il secondo avente per ogget-
to la riorganizzazione degli uffici periferici e centrali del Di-
partimento per la Giustizia Minorile al fine di adeguare
strutture e personale alla nuova legislazione penitenziaria. I
due progetti di legge sono stati depositati in data 15 gen-
naio 2008 presso la Segreteria del Gabinetto del Ministro
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
9
17 Il procedimento avanti al Tribunale per i Minorenni è infatti un procedi-
mento di volontaria giurisdizione con rito camerale, pur riconoscendo il
tentativo di vari Tribunali, unitamente ad associazioni di avvocati, di sta-
bilire prassi condivise a tutela delle garanzie processuali.
18 Il Tribunale di Siena, con ordinanza dell’11 gennaio 2008 ha sollevato
la questione di costituzionalità dell’art. 4 comma 2 Legge 54/2006 relati-
vamente all’interpretazione data dalla Cassazione.
19 L’art. 537 c.c. stabilisce che pur essendo la quota riservata ai figli natu-
rali e legittimi la medesima questi ultimi hanno diritto di commutare in
denaro o in altri beni la quota dei figli naturali che non vi si oppongano e
che, in caso di opposizione, la decisione spetta al giudice. L’art. 252 c.c.
stabilisce che l’eventuale inserimento del figlio naturale nella famiglia le-
gittima di uno dei genitori necessita del consenso del coniuge.
20 Il disegno di legge è stato approvato dal Consiglio dei Ministri del 16
marzo 2007, presentato alla Camera il 12 aprile 2007, assegnato alla
Commissione Giustizia il 24 aprile 2007, che ha concluso l’esame in com-
missione il 20 dicembre 2007. Al momento della stesura del presente
Rapporto è all’esame del Parlamento.
Cfr. www.giustizia.it/newsonline/data/multimedia/2333.pdf
21 Si veda in proposito il Protocollo sull’interpretazione e applicazione
della Legge 54/2006 in tema di ascolto del minore redatto dall’Osserva-
torio per la giustizia civile di Milano, Gruppo famiglia e Minori in
www.giustizia.it/newsonline/data/multimedia/2333.pdf e il Protocollo
per l’audizione del minore redatto dalla Commissione Famiglia e Minori
del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma
www.cameraminorile.com
22 Per maggiore approfondimenti si veda oltre capitolo II, paragrafo
«L’ascolto del minore in ambito giudiziario».
23 Si tratta della proposta di legge del Ministero della Giustizia - Diparti-
mento per la Giustizia Minorile - Direzione Generale per l’attuazione dei
provvedimenti giudiziari che introduce «Norme sull’ordinamento peni-
tenziario minorile e sull’esecuzione dei provvedimenti limitativi della li-
bertà destinati ai minorenni autori di reato» (Protocollo n. 1238/1 del 15
gennaio 2008) reperibile in www.giustiziaminorile.it
della Giustizia per il relativo iter di competenza istituziona-
le, che si auspica sia avviato con la nuova legislatura24.
In prima battuta e in attesa del confronto con
l’approfondimento dottrinale è possibile affermare che il
progetto di legge relativo all’ordinamento penitenziario mi-
norile costituisce un apprezzabile sforzo finalizzato a col-
mare la gravissima lacuna più volte stigmatizzata dai com-
mentatori più attenti25, in quanto mentre il nostro ordina-
mento si è dotato di una legge sul processo penale
minorile26, manca la corrispondente e specifica legge sull’e-
secuzione delle pene per i minorenni, in grado di assicurare
il godimento di quei diritti di cui i minorenni sono titolari in
base alle convenzioni internazionali sottoscritte e ratificate
dal nostro Paese27. Il progetto di legge tiene conto anche
delle modifiche sociali e culturali avvenute negli ultimi anni,
con particolare riferimento ai minori stranieri appartenenti a
varie etnie e ai reati commessi da gruppi di cui fanno parte
minorenni e giovani adulti28.
Tuttavia in attesa e fino all’entrata in vigore dell’ordinamen-
to penitenziario minorile si continueranno ad applicare ai
minorenni le norme di trattamento previste per gli adulti,
con conseguenze anche molto gravi che rendono veramen-
te indifferibile l’approvazione di una normativa ad hoc so-
prattutto dopo l’entrata in vigore della Legge 251/2005, co-
me evidenziato nel 3° Rapporto CRC.
La Legge 251/200529, nota come «ex Cirielli», infatti ha in-
trodotto anche per i condannati minorenni in virtù dell’effet-
to estensivo sopra indicato severi limiti alla concessione di
permessi premio, o di misure alternative alla detenzione
(quali ad esempio la semilibertà o l’affidamento in prova al
servizio sociale) quando sia stata applicata dal giudice di
merito la recidiva reiterata prevista dall’art. 99 comma 4
c.p.30 Tale regime di aumenti obbligatori, che
l’interpretazione giurisprudenziale ha provveduto a mitiga-
re31, non sembra abbia avuto effetti particolarmente intensi
in ambito minorile in quanto per la sussistenza della recidi-
va occorre che l’autore già all’epoca di commissione del fat-
to-reato sia stato in precedenza condannato con sentenza
definitiva, circostanza questa non frequentissima per un mi-
norenne32.
Sarebbero pertanto necessari, come già avvenuto in passa-
to e fino all’approvazione dell’ordinamento penitenziario,
ulteriori interventi correttivi della Corte Costituzionale al fi-
ne di ammorbidire rigide e automatiche preclusioni alla
concessione di misure premiali o alternative alla detenzione
nei confronti dei condannati minorenni, proprio per rendere
l’esecuzione della pena conforme al dettato costituzionale
di protezione della personalità del minore33.
Passando ora all’esame delle più significative disposizioni
del già menzionato progetto di legge relativo all’ordinamen-
to penitenziario minorile occorre considerare che, in virtù
del recepimento dei principi contenuti nelle convenzioni in-
ternazionali, l’art. 3 regolamenta l’intervento del mediatore
linguistico-culturale in modo da favorire i processi di inte-
grazione socio-culturale nei confronti di minorenni stranieri
o appartenenti a minoranze etniche consentendo così una
seria prevenzione del rischio di devianza. Si prevede inoltre
che ogni minorenne possa usufruire di un trattamento edu-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
10
4orapportodiaggiornamento2007-2008
24 Per iniziare l’auspicato iter parlamentare e non vanificare l’importante
lavoro svolto all’interno del Dipartimento per la Giustizia Minorile è ne-
cessario che vengano tradotte in un disegno di legge. A tal fine il Mini-
stro della Giustizia dovrebbe portarlo all’attenzione del Consiglio dei Mi-
nistri perché eserciti il suo potere di iniziativa legislativa; in alternativa
potrebbe essere un parlamentare a “fare proprio” il testo delle due pro-
poste di legge e presentarle in Parlamento.
25 Cfr. Occhiogrosso F. Giustizia e territorio: il ruolo del Tribunale per i Mi-
norenni reperibile in www.sicurezzasud.it; in www.minoriefamiglia.it;
Cfr. Covelli M. Manuale di legislazione penale minorile Satura Editrice,
2006.
26 DPR 448/1988 «Approvazione delle disposizioni sul processo penale a
carico di imputati minorenni».
27 Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, New York, 20
novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991 n. 176; Convenzione
Europea sull’esercizio dei diritti dei minori, Strasburgo, 25 gennaio 1996,
ratificata con legge 20 marzo 2003 n. 77. Inoltre si ricordano le Regole
minime delle Nazioni Unite relative all’amministrazione della giustizia
minorile o «Regole di Pechino» del 1985, adottate dall’Assemblea Gene-
rale nella sua risoluzione 40/33 New York del 29 novembre 1985.
28 Cfr. art. 3 del citato progetto di legge in materia di criteri cui deve esse-
re orientata l’esecuzione delle pene nei confronti di minorenni italiani e
stranieri; Cfr. l’art. 28 dello stesso progetto che riconosce la possibilità ai
giovani adulti che abbiano compiuto i 18 ma non superato i 25 anni e che
abbiano commesso il reato da minorenni di scontare la pena in Istituti
penitenziari autonomi o in Sezioni degli Istituti per i Minorenni ove ven-
gono sperimentate nuove modalità di trattamento con riguardo ai reati
commessi da bande giovanili, criminalità organizzata o di tipo mafioso.
Lo scopo della costituzione dell’Istituto Penale per giovani adulti è quel-
lo di evitare il trasferimento del giovane nella struttura per adulti con i
conseguenti pericoli di contaminazione con l’ambiente criminale e di
conferma dell’identità deviante.
29 Legge 251/2005 «Modifiche al Codice Penale e alla legge 26 luglio
1975 n. 354 in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di
comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di pre-
scrizione».
30 Si ha la recidiva reiterata quando il recidivo commette un altro delitto
non colposo, con aumenti fino a due terzi della pena.
31 Come sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 192 del 5 - 14
giugno 2007, in Guida al Diritto 26/2007.
32 In questo senso Micela F. L’impatto della Legge ex – Cirielli sul diritto
minorile in www.minoriefamiglia.it
33 Si veda ad esempio la sentenza della Corte Costituzionale n. 436 del
22 novembre – 1 dicembre 1999 che ha censurato l’art. 58 quater comma
2 e 3 dell’ordinamento penitenziario (divieto di concessione di permessi
premio per tre anni in caso di revoca della misura alternativa alla deten-
zione) nella parte in cui si riferisce ai minorenni per contrasto con gli artt.
27 e 31 della Costituzione; cfr. inoltre la sentenza della Corte Costituzio-
nale n. 450 del 16-30 dicembre 1998 che ha dichiarato l’illegittimità costi-
tuzionale nei soli riguardi dei condannati minorenni della norma che su-
bordina la concessione di permessi premio in caso di condannati per i
reati indicati nell’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario all’avvenuta
espiazione di almeno metà della pena e comunque di non oltre 10 anni.
cativo personalizzato e della presenza in carcere di un ope-
ratore socio-educativo di riferimento.
Di grandissimo rilievo appare inoltre l’introduzione, nell’art.
23, del progetto della «liberazione anticipata per positivo
svolgimento di attività riparatorie». Si tratta della media-
zione penitenziaria, nuova misura che si ispira a modelli
stranieri da tempo sperimentati34, che ha lo scopo di favori-
re la pacificazione tra condannato e vittima o la riparazione
del danno materiale o nella vita di relazione subito dalla vit-
tima. In sintonia con il già rodato istituto della «messa alla
prova» relativo al processo penale minorile, nella fase del-
l’esecuzione della pena nei confronti del minorenne il Tribu-
nale di Sorveglianza può ordinare la liberazione anticipata,
decidendo la riduzione della pena di 60 giorni per ogni sei
mesi di pena scontata, qualora sia stata realizzata un’atti-
vità di mediazione-riparazione ed essa abbia avuto esito
positivo. Tale attività di mediazione-riparazione viene attua-
ta sulla base di un progetto frutto di un accordo tra il con-
dannato e i servizi sociali che vigilano e seguono lo svolgi-
mento del percorso di mediazione. Si deve comunque riba-
dire, come già auspicato nel 3° Rapporto CRC, l’urgenza di
un intervento normativo che regolamenti la materia della
mediazione penale con riferimento alla figura del mediatore
e possa finalmente consentire di uniformare le differenti
prassi praticate nei diversi Tribunali, in violazione del princi-
pio di non discriminazione di cui all’art. 2 CRC35.
Nell’ambito del procedimento minorile civile e penale è, pe-
raltro, necessario fare una riflessione sulla possibilità per
enti, associazioni e comitati, il cui fine statutario sia la tute-
la degli interessi diffusi dei minori, di poter partecipare al
giudizio rappresentando quegli interessi collettivi oggetto
riconosciuto della loro attività. L’ordinamento riconosce,
per ora esplicitamente solo in ambito penale ed ammini-
strativo, agli enti promotori di interessi collettivi, universal-
mente riconosciuti e pacificamente condivisi, una posizione
processuale autonoma rispetto alla parte lesa nell’ambito
di procedimenti in corso36. Si rileva tuttavia come, anche in
ambito civile, numerosi siano i casi in cui vengono cagiona-
ti, con comportamenti illegittimi, danni notevoli nei confron-
ti dei soggetti più deboli, svantaggiati, privi di tutela ade-
guata, quali i minori. I diritti dei minori possono legittima-
mente qualificarsi non solo come interessi diffusi, ovvero
interessi aventi valore a livello ultraindividuale, ma addirit-
tura come interessi collettivi. In tale ottica, l’associazione o
l’ente che si fa portatore degli interessi diffusi collegati ai
diritti dei minori, potrebbe essere chiamata a partecipare ai
procedimenti in cui è coinvolto un minore e come tale esse-
re legittimata ad assumere un ruolo attivo e propulsivo ac-
canto allo stesso, per un rafforzamento della sua tutela37.
Una recente sentenza della Corte d’Appello di Genova ha ri-
conosciuto la legittimazione ad agire ad Enti Autorizzati che
abbiano come loro scopo statutario la tutela dei minori in
stato di abbandono38, prendendo parte attiva al procedi-
mento in corso39. Sulla scorta di questa decisione, alcune
associazioni ritengono opportuno e necessario prevedere
anche nei giudizi civili che hanno ad oggetto l’interesse del
minore, la possibilità di legittimare all’azione quelle asso-
ciazioni che operano a tutela dei minori, proprio al fine di
tutelare sia il diritto soggettivo che si sostiene essere stato
violato, sia degli interessi “diffusi” ad esso collegati, così
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
11
34 Cfr. Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Minorile,
Relazione sull’ordinamento penitenziario minorile, in
www.segreteria.direzioneminori.dgm.giustizia.it
35 Allo scopo di assicurare l’adozione di modelli uniformi di giustizia ripa-
rativa in linea con le Raccomandazioni delle Nazioni Unite ( dichiarazione
di Vienna del 2000 – X Congresso delle Nazioni Unite sulla prevenzione
del Crimine) e del Consiglio d’Europa ( n. 19/99 ) è stata istituita con de-
creto del Capo Dipartimento in data 26 febbraio 2002 presso il Diparti-
mento dell’Amministrazione Penitenziaria la Commissione di studio Me-
diazione penale e giustizia riparativa composta tra gli altri dalla Dott.ssa
Maria Pia Giuffrida e dal Prof. Adolfo Ceretti il cui piano di studio e di ri-
cerca è reperibile in www.giustizia.it
36 Sono stati, innanzitutto, estesi gli stessi diritti e le facoltà riconosciute
alla persona offesa dal reato anche agli enti e associazioni senza scopo
di lucro alle quali «sono state riconosciute, in forza di legge, finalità di tu-
tela degli interessi lesi dal reato» (art. 91 c.p.p). Conseguenza procedura-
le di ciò è la capacità per enti, associazioni, comitati, di intervenire o di
costituirsi parte civile in un procedimento penale in corso, accanto alla
persona offesa dal reato e/o alla parte civile, qualora tali organizzazioni
abbiano subito, a causa del fatto lesivo, un danno ad un interesse pro-
prio, sempre che quell’interesse coincida con il diritto soggettivo che
l’associazione ha assunto, indicandolo espressamente nel proprio statu-
to, quale ragione della propria esistenza ed attività, quale interesse as-
soluto ed essenziale della propria missione. È una novità importante che
dal punto di vista processuale si realizza con un ampliamento della legit-
timazione attiva, ma che dal punto di vista extra giuridico comporta una
decisa presa d’atto della valenza sociale di soggetti in massima parte ap-
partenenti al Terzo Settore. L’affiancarsi alle parti processuali è inoltre la
dimostrazione di solidarietà, di condivisione, di non abbandono verso le
vittime dirette di tali atti.
Di recente, anche in ambito amministrativo sono stati valorizzati enti che
tutelano interessi diffusi, in particolare in relazione alla salvaguardia de-
gli interessi diffusi in materia ambientale.
37 Tratto da Amici dei Bambini Il manifesto politico di Amici dei Bambini
contro l’emergenza abbandono agosto 2008, pag. 44.
38 Cfr. decisione della Corte d’Appello di Genova del 28 settembre 2006
Cron. n. 141/06 emessa nella procedura n. 449/2006 relativa al caso del-
la bambina Bielorussa “Maria”, disponibile sul sito
www.studiolegalerossi.it/db/bielorussa.doc
39 Si ritiene che, sulla scia di questa innovativa sentenza, il legislatore
potrebbe attivarsi per regolamentare l’istituto dell’intervento di terzi por-
tatori di interessi diffusi, prevedendolo ex lege. Una legge in tal senso,
infatti, secondo alcune associazioni si rivelerebbe utile e necessaria non
solo per superare le problematiche ancora aperte relative alla tutela pro-
cessuale dei minori, ma anche per dare rilevanza ed attribuire una legitti-
ma posizione processuale agli enti che operano principalmente in mate-
ria di tutela dei minori. Alcune associazioni invece rilevano come il mino-
re sia già nei fatti tutelato, grazie all’entrata in vigore della Legge
149/2001 dalla presenza in giudizio di avvocato del minore e curatore e
temono un eccessivo carico nei procedimenti, con conseguente rischio di
un appesantimento e conseguenti rallentamenti.
come già avvenuto in altri ambiti (quali ad esempio la tutela
dei diritti dell’ambiente e quella dei consumatori)40.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
12
4orapportodiaggiornamento2007-2008
40 Tratto da Amici dei Bambini Il manifesto politico di Amici dei Bambini
contro l’emergenza abbandono, cit., pag. 45.
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Parlamento, al fine di consentire un’efficace tutela del
minore in ambito giudiziario, di provvedere alla riforma
della normativa relativa alla difesa d’ufficio in modo tale
da consentire un’effettiva applicazione della Legge
149/2001 nella parte che prevede la difesa tecnica del mi-
nore nelle procedure di adottabilità e de potestate;
2. Al Parlamento di procedere alla riforma del sistema della
giustizia minorile prevedendo competenze esclusive in
capo ad un unico organo effettivamente specializzato;
3. Al Ministro della Giustizia di riprendere le proposte di
legge depositate il 15 gennaio 2008 agli atti del Gabinetto
del Ministro della Giustizia, affinché il Consiglio dei Mini-
stri possa procedere senza esitazione alla formulazione
di un disegno di legge di riforma dell'ordinamento peni-
tenziario minorile.
Il tutore legale volontario nell’esperienza del Pubblico
Tutore dei minori del Veneto: una risorsa per il minore
e per la rete di tutela
Quando un minore è privo dei genitori (orfano, figlio di
ignoti, minore dichiarato adottabile) o quando i genitori
non possono esercitare la potestà per decisione dell’auto-
rità giudiziaria o perché lontani (minori stranieri non ac-
compagnati), la legge prevede che venga nominato un
tutore che lo rappresenti legalmente. Nella maggior parte
dei casi la tutela viene attribuita a componenti della “fa-
miglia allargata” (nonni, zii, etc.). Ma vi sono casi in cui
questa soluzione non può trovare attuazione, diventando
inevitabile la scelta di un estraneo.
Il Pubblico Tutore dei Minori del Veneto ha promosso e
realizzato un Progetto regionale per il reperimento, la
formazione e il sostegno di persone disponibili ad eserci-
tare questa funzione di rappresentanza legale del minore
di età, una forma di volontariato di alto profilo sul piano
delle competenze e accreditato presso le istituzioni. Il
Progetto è, innanzitutto, un’occasione di sensibilizzazio-
ne sociale e di diffusione di una cultura attenta ai diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza e di una sensibilità nuova
e diffusa, concretamente tutelante.
Il tutore legale, nell’interpretazione sottesa all’esperienza
veneta, rappresenta la chiave di volta per la trasformazio-
ne del rappresentante legale del minore da comparsa bu-
rocratica a soggetto fondamentale del percorso di prote-
zione e tutela del minore in difficoltà, riacquistando la
centralità che il codice civile gli riconosce. Il tutore vo-
lontario è una risorsa principalmente per il minore che
viene affiancato da una presenza “amicale” costante, vigi-
le e discreta, che lo accompagna non come professionista
del sociale o della giustizia, ma semplicemente come per-
sona. La gratuità dell’azione del volontario è elemento
che influenza la relazione tra il tutore e il minore, poiché
la disponibilità e l’attenzione del tutore sono di per sé
elementi qualificanti.
Al tutore compete la rappresentanza del minore che non
si riduce alla dimensione strettamente legale, poiché lo
stesso codice attribuisce al tutore un compito di cura, da
svolgere di concerto con gli altri soggetti coinvolti nel
percorso di tutela. Al tutore, spetta anche il ruolo di por-
tavoce dell’opinione del minore e di rappresentante del
suo interesse, come specificato anche dalla Convenzione
di Strasburgo del 1996 con riferimento alla figura del
rappresentante. Infine, il tutore accompagna il minore
nell’esercizio dei diritti che la legge gli riconosce. Questo
affiancamento, che non deve diventare sovrapposizione,
è significativo tanto nel percorso amministrativo di pro-
tezione, quanto nell’eventuale processo minorile. In que-
st’ultimo caso, la rappresentanza dell’interesse del minore
- parte processuale - viene assicurata dal fatto che al tuto-
re viene nominato d’ufficio un avvocato.
Ciò che qualifica maggiormente il Progetto del Pubblico
Tutore e ha permesso il conseguimento dei risultati ma-
turati sono le scelte strategiche e di implementazione che
lo contraddistinguono. Il Progetto è nato e, soprattutto,
è stato sviluppato in un contesto di collaborazione interi-
stituzionale: l’intesa con l’Assessorato e la Direzione re-
gionale ai servizi sociali per una regia regionale, la con-
creta collaborazione con le Aziende sociosanitarie e le
Conferenze dei Sindaci per un’implementazione a livello
territoriale (azioni condivise e realizzate sul territorio,
non calate dall’altro e centralizzate), l’accordo con il Tri-
bunale per i Minorenni di Venezia ed i Giudici tutelari
per garantire l’effettivo utilizzo dei volontari. Sul piano
più strettamente operativo, la realizzazione delle diverse
azioni di “reclutamento”, formazione, e monitoraggio dei
volontari/tutori passa attraverso l’imprescindibile colla-
borazione di una rete di professionisti indicati dalle
ULSS e dalle Conferenze dei Sindaci di tutta la Regione,
che seguono periodicamente una formazione specifica
per svolgere poi il ruolo di referenti territoriali del Pro-
getto. Per mantenere la rete di alleanze (che garantisce la
legittimazione dei tutori volontari nella rete di tutela), la
rete dei referenti (che consente l’implementazione terri-
toriale del Progetto) e, soprattutto, la rete dei volontari, è
necessaria una continua azione di sensibilizzazione, for-
mazione, dialogo e confronto.
Al 31 dicembre 2007 sono stati realizzati 26 corsi di for-
mazione territoriale per tutori, di cui 5 aventi un focus
specifico sui minori stranieri non accompagnati. Tra i vo-
lontari formati e disponibili per fare i tutori (in totale
523) 275 sono già stati nominati tutori e di questi il
42% ha assunto più di una tutela.
L’investimento continuo nelle persone e nella loro moti-
vazione è l’impegno principale che l’Ufficio del Pubblico
Tutore deve affrontare, ma rappresenta la forza e la ga-
ranzia di riuscita del Progetto.
A cura di Lucio Strumendo, Pubblico Tutore dei minori
Regione Veneto
b) Le politiche per l’infanzia
e l’adolescenza
Il nuovo contesto definito dalla Legge 328/200041 e dalla
riforma del Titolo V della Costituzione42, continua a ripro-
porre le stesse questioni problematiche evidenziate nel 3°
Rapporto CRC in materia di politiche sociali per l’infanzia e
l’adolescenza.
Nonostante la Legge 328/2000 abbia recepito il principio di
promozione dei diritti e di opportunità per l’infanzia e
l’adolescenza enunciato dalla Legge 285/1997, la riforma
del Titolo V, con il riconoscimento della competenza esclu-
siva delle Regioni in materia di politica sociale, ha determi-
nato il superamento di fatto della Legge 285/1997, e del
relativo Fondo Nazionale Infanzia, poiché solo alcune città
c.d. riservatarie43 continuano ad essere destinatarie dirette
di fondi vincolati per la realizzazione di progetti a favore
dell’infanzia e l’adolescenza44.
Tra le questioni ancora aperte si trova, in primo luogo, il pro-
cesso di decentramento nell’ambito delle politiche sociali e i
suoi effetti sulla parità di godimento dei diritti e delle oppor-
tunità da parte di tutti i bambini e le bambine. La riforma costi-
tuzionale, infatti, ha demandato alle Regioni la declinazione e
l’implementazione dei principi introdotti dalla Legge
285/1997. La scelta dell’introduzione del principio di promo-
zione dei diritti e delle pari opportunità dell’infanzia e dell’ado-
lescenza nelle priorità di politica sociale regionale è rimessa
dunque alla Regioni, scelta che di fatto subisce il condiziona-
mento delle problematiche sociali complessive della Regione e
delle risorse regionali disponibili per lo stesso settore sociale.
Alcune Regioni, come già accennato nel 3° Rapporto CRC, han-
no dedicato una particolare attenzione, nei propri piani sociali,
alle tematiche relative alla tutela dei diritti dell’infanzia e del-
l’adolescenza adottando, in alcuni casi, la logica promozionale
propria della Legge 285/1997. Tra queste Regioni si evidenzia
l’esperienza della Regione Marche45, che nel nuovo Piano So-
ciale 2008–201046 ha inserito un’analisi dettagliata e aggiorna-
ta delle condizioni e dei bisogni dell’infanzia e dell’adolescen-
za del territorio regionale, e della Regione Abruzzo che ha in-
serito la tutela dei minori appartenenti ai gruppi più vulnerabili
tra gli obiettivi essenziali del Piano Sociale Regionale
2007–2009, nonché la promozione di azioni positive per
l’attuazione dei diritti definiti dalla Convenzione tra gli obiettivi
complementari47.
L’attuazione di politiche sociali regionali nel settore dell’infan-
zia e dell’adolescenza se da un lato risponde alle esigenze di
adeguamento alle condizioni e ai bisogni territoriali, dall’altro
rischia di accentuare le disparità nel godimento di diritti e op-
portunità e ciò in contrasto con il principio di non discrimina-
zione e le raccomandazioni espresse dal Comitato ONU. È per-
tanto importante ricordare che la responsabilità diretta di
adempiere agli obblighi stabiliti dalla CRC è propria del Gover-
no di uno Stato parte e non subisce alcuna limitazione in un
Stato decentrato48. Lo Stato parte deve garantire che le au-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
13
41 Legge 328/2000 «Legge quadro per la realizzazione del sistema inte-
grato di interventi e servizi sociali».
42 Legge costituzionale 3/2001 «Modifiche al Titolo V della seconda par-
te della Costituzione».
43 Le c.d. città riservatarie ex art. 2 Legge 285/1997 sono: Venezia, Mila-
no, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Brindisi, Taran-
to, Reggio Calabria, Catania, Palermo e Cagliari.
44 Vedi oltre paragrafo «Le risorse destinate all’infanzia e all’adolescenza
in Italia».
45 La Regione Marche già nel 2003 aveva adottato la Legge regionale per
l’infanzia e l’adolescenza (l.r. 9/2003 «Disciplina per la realizzazione e
gestione dei servizi per l’infanzia, per l'adolescenza e per il sostegno alle
funzioni genitoriali e alle famiglie») e nel 2004 un Piano di azione per
l’infanzia e l’adolescenza (DGR 643/2004 «Sviluppo programmatico e or-
ganizzativo per le politiche dell’infanzia, adolescenza e genitorialità»).
46 Regione Marche – Proposta di atto amministrativo n. 81/2008, «Piano
sociale 2008 – 2010 – Partecipazione, tutela dei diritti, programmazione
locale», gennaio 2008 .
47 Regione Abruzzo, Assessorato alle Politiche Sociali e Cultura, Abruzzo
Sociale, «Uguaglianza, solidità, innovazione: per i diritti sociali. Piano so-
ciale regionale 2007 – 2009».
48 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Commento
Generale n. 5 Misure generali di attuazione della Convenzione sui diritti
dell’infanzia, 2003; traduzione italiana, non ufficiale a cura di UNICEF Ita-
lia, disponibile sul sito www.unicef.it
3. Il Comitato ONU accoglie favorevolmente:
(d) l’adozione della Legge 285/1997 contenente provve-
dimenti per la promozione dei diritti e delle oppor-
tunità per l’infanzia e l’adolescenza, che ha istituito
un Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza.
21. Ai sensi dell’art. 2 e di altri articoli correlati della
Convenzione e in linea con le proprie precedenti racco-
mandazioni (ibid. parr. 17 e 18), il Comitato ONU rac-
comanda che l’Italia:
(c) valuti con regolarità e attenzione le disparità esistenti
nel godimento dei diritti da parte dei bambini e
prenda, sulla base della valutazione compiuta, i prov-
vedimenti necessari a prevenire ed eliminare la discri-
minazione attraverso misure efficaci;
d) assicuri che il processo di decentramento favorisca
l’eliminazione delle disparità fra bambini dovute alla
ricchezza delle Regioni di provenienza;
(e) continui a dare priorità, a destinare risorse mirate e
servizi sociali ai bambini appartenenti ai gruppi so-
ciali più vulnerabili.
(CRC/C/15/Add.198, punto 3 lett. d, punto 21, lett. c,
d, e)
torità locali abbiano a disposizione le risorse necessarie per
adempiere all’attuazione della Convenzione ed ha la re-
sponsabilità di garantire un uniforme godimento da parte di
tutti i bambini e le bambine sul territorio nazionale, con par-
ticolare attenzione a coloro che appartengono ai gruppi più
vulnerabili.
Al fine di garantire uniformità sull’intero territorio nazionale
lo Stato dovrebbe innanzitutto definire al più presto i livelli
essenziali delle prestazioni sociali (LIVEAS). In proposito
occorre ricordare che la definizione dei LIVEAS nazionali, pur
essendo stata prevista quale priorità del «Rapporto nazio-
nale sulle strategie per la protezione sociale e l’inclusione
sociale 2006 – 2008» (NAP Inclusione)49, non è stata ancora
portata a termine e viene di nuovo rinviata all’anno 200850.
A 7 anni dall’entrata in vigore della Legge 328/2000 i LI-
VEAS dunque non stati ancora definiti51.
Inoltre, contestualmente alla definizione dei LIVEAS dovreb-
bero essere previsti e adottati adeguati strumenti di monito-
raggio diretti a verificarne l’attuazione e il recepimento a li-
vello regionale. Si rileva infatti la mancanza di un meccani-
smo diretto a individuare con regolarità le priorità regionali
delle politiche sociali in ambito di tutela e promozione dei
diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Il meccanismo di
monitoraggio per lo stato di attuazione della Legge
285/1997 ad esempio, prevedeva a livello nazionale e preve-
de tuttora per le città riservatarie, un’analisi per tipologia di
intervento dei progetti realizzati, evidenziandone la logica
promozionale o di contrasto alla povertà e alla violenza52. Il
Regolamento di riordino dell’Osservatorio nazionale per
l’infanzia e l’adolescenza53 dispone che le Regioni in accordo
con le amministrazioni provinciali e le Province Autonome di
Trento e Bolzano, adottino idonee misure di coordinamento
degli interventi locali di raccolta e di elaborazione di tutti i
dati relativi alla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza e
li comunichino entro il 30 aprile di ogni anno54. La Regione
Emilia Romagna, ad esempio, ha già adottato un meccani-
smo di monitoraggio e di valutazione della programmazione
sociale dell’area infanzia e adolescenza, il cui impianto me-
todologico è stato definito sulla base delle precedenti espe-
rienze di valutazione condotte per le due triennalità della
Legge 285/1997 ed i cui risultati sono stati inseriti in un rap-
porto pubblicato nel dicembre del 200755. Sarebbe auspica-
bile che, come previsto dal citato Regolamento, dal prossi-
mo aprile siano disponibili i dati relativi alla condizione del-
l’infanzia e dell’adolescenza in tutte le Regioni italiane.
Si evidenzia che come ribadito dal Comitato ONU56: «[...] il
decentramento del potere, attraverso la devoluzione e la de-
lega del Governo, non riduce in alcun modo la responsabi-
lità diretta del Governo dello Stato parte di adempiere ai
propri obblighi verso tutti i bambini entro la propria giurisdi-
zione, indipendentemente dalla struttura dello Stato» e «[...]
lo Stato che ratifica [...] la Convenzione rimane responsabile
di garantire la totale attuazione della Convenzione nei terri-
tori entro la propria giurisdizione. In qualsiasi processo di
devoluzione, gli Stati parti devono garantire che le autorità
locali abbiano le risorse finanziarie, umane e di altro tipo ne-
cessarie per adempiere efficacemente alle responsabilità di
attuazione della Convenzione [...]».
Per quanto riguarda le priorità politiche relative all’infan-
zia e all’adolescenza a livello nazionale, nel 3° Rapporto
CRC era stato segnalato che erano state definite nel citato
«Rapporto nazionale sulle strategie per la protezione socia-
le e l’inclusione sociale 2006 – 2008» (NAP Inclusione)57. La
loro attuazione è stata oggetto dei lavori del Ministro delle
Politiche per la Famiglia e del Ministero della Solidarietà So-
ciale. Quest’ultimo in particolare ha riservato parte del Fon-
do per l’inclusione sociale degli immigrati e delle loro fami-
glie a progetti diretti alla tutela e alla promozione dei diritti
dei minori immigrati e dei minori rom58, mentre il Ministro
delle Politiche per la Famiglia ha attuato alcune delle inizia-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
14
4orapportodiaggiornamento2007-2008
49 A cura del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, del Ministe-
ro della Solidarietà Sociale e del Ministero della Salute, novembre 2006.
50 A cura del Ministero della Solidarietà Sociale Avvio del processo di
programmazione strategica per l’anno 2008 – Individuazione delle prio-
rità politiche.
51 Al riguardo si richiama quanto affermato dal Ministro della Solidarietà
Sociale Paolo Ferrero il 3 aprile 2007, nel corso dell’audizione con la
Commissione parlamentare per l’infanzia in merito all’indagine conosciti-
va condotta da quest’ultima in materia di strumenti di coordinamento
istituzionale delle politiche dell’infanzia e dell’adolescenza: «[…] siamo
in una condizione per cui, a seconda delle Regioni, si hanno un diverso
livello dei servizi e un diverso tipo di trasferimento. Inoltre è difficilissimo
effettuare un monitoraggio della spesa sociale perchè bisognerebbe
avere un apparato di controllo che non c'è e quindi nei fatti controllore e
controllato sono la stessa figura. [...] la destinazione d'uso era una forma
politica di indirizzo […] la strada che abbiamo davanti penso che sia quel-
la della fissazione dei livelli di assistenza perchè non ne vedo altre[(...]».
Il testo integrale è disponibile sul sito www.parlamento.it/Bicamerali/
infanzia/2830/2895/3334/paginabicamerali.htm
52 Ciampa A., Ciccotti E. I progetti nel 2004. Lo stato di attuazione della
Legge 285/1997 Centro nazionale di documentazione e analisi per
l’infanzia e l’adolescenza, Firenze, ottobre 2006.
53 DPR 103/2007, G.U. serie generale n. 169 del 23 luglio 2007.
54 Art. 1 comma 4 DPR 103/2007.
55 Regione Emilia Romagna, Assessorato alla Promozione delle politiche
sociali e di quelle educative per l´infanzia e l´adolescenza, Istituto per la
Ricerca Sociale, Il monitoraggio e la valutazione delle politiche dell’area
infanzia e adolescenza in Emilia Romagna. Piani e progetti zonali e pro-
grammi provinciali di «Accoglienza e tutela» Bologna, dicembre 2007.
56 Cfr. Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Commen-
to Generale n. 5 Misure generali di attuazione della Convenzione sui di-
ritti dell’infanzia cit., punti n. 40 e 41.
57 A cura del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, del Ministe-
ro della Solidarietà Sociale e del Ministero della Salute, novembre 2006.
Cfr. 3° Rapporto CRC 2007, pag. 11.
58 Si veda oltre capitolo VI, paragrafo «Il diritto all’istruzione per i minori
stranieri».
tive previste dirette a garantire a tutti i bambini pari oppor-
tunità a prescindere dal loro ambiente sociale attraverso
azioni volte al sostegno delle famiglie59. Rispetto a questi
interventi attuati dal Ministro delle Politiche per la Famiglia
si sottolinea in positivo l’aver definito delle priorità valide
per l’intero territorio nazionale, ma si rileva la centralità del
nucleo familiare rispetto ad una prospettiva bambinocentri-
ca che dovrebbe caratterizzare tutti gli interventi diretti alla
tutela e alla promozione dei diritti dei minori.
2. LE RISORSE DESTINATE ALL’INFANZIA
E ALL’ADOLESCENZA
L’allocazione di adeguate risorse all’infanzia e all’adole-
scenza, anche nell’ambito della cooperazione internaziona-
le, riveste un’importanza enorme nel garantire ai bambini e
agli adolescenti l’effettiva attuazione di tutti i diritti ricono-
sciuti dalla CRC. Il 21 settembre 2007, l’annuale giornata di
confronto (Day of General Discussion) organizzata dal Comi-
tato ONU, per approfondire uno dei diritti della Convenzio-
ne, è stata dedicata proprio all’art. 4 CRC che espressamen-
te prevede che nel caso di diritti economici, sociali e cultu-
rali gli Stati adottano tutti i provvedimenti necessari per at-
tuare i diritti riconosciuti nella CRC al massimo consentito
dalle risorse disponibili60.
a) In Italia
Contrariamente a quanto raccomandato dal Comitato
ONU61, il Governo italiano non indica la quota di bilancio na-
zionale destinata per le politiche a favore dell’infanzia e del-
l’adolescenza62, di conseguenza, monitorare le risorse allo-
cate per i minori in Italia continua ad essere particolarmen-
te complesso, così come riuscire a comprendere se
l’ammontare di tale stanziamento corrisponda alla massima
misura possibile delle risorse disponibili, in conformità con
quanto stabilito dall’art. 4 CRC.
Nel 3° Rapporto CRC63 era stato evidenziato la mancanza di
chiarezza rispetto alla situazione e definizione monetaria
del Fondo Nazionale per l’Infanzia64 dal momento che nella
Legge Finanziaria 2007 si stabiliva che fosse determinato
annualmente, ma non se ne trovava traccia nei capitoli di
spesa, se non per le quote destinate alle città riservatarie65.
La Legge Finanziaria 2008 ha in effetti chiarito che la dota-
zione del Fondo Nazionale Infanzia è determinata annual-
mente, ma «limitatamente alle risorse destinate ai Comuni
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
15
9. Il Comitato ONU raccomanda che l’Italia continui ad
incrementare, nella massima misura possibile, le risorse
stanziate per i bambini e le loro famiglie e ad effettuare
un’analisi di tutti i bilanci totali e settoriali dello Stato
parte e delle Regioni, in modo da analizzare la quota spe-
sa per l’infanzia, identificare le priorità e allocare le risorse
«al massimo livello consentito dalle risorse disponibili».
Inoltre, il Comitato raccomanda che l’Italia applichi que-
sto principio alle attività svolte dalla Cooperazione inter-
nazionale allo sviluppo del Ministero degli Affari Esteri.
(CRC/C/15/Add. 198, punto 9)
59 In particolare, con la Legge Finanziaria 2007, sono state incrementate
le misure di sostegno al reddito in favore delle famiglie con figli con red-
diti medio bassi, sono stati aumentati gli assegni familiari sia per i dipen-
denti che per i parasubordinati mentre è stata introdotta una detrazione
fiscale a favore delle famiglie con almeno quattro figli a carico. È stata
poi promossa, in sede di Conferenza Unificata, un’intesa diretta alla rior-
ganizzazione dei consultori familiari per la loro trasformazione in “Centri
per la famiglia” con l’obiettivo di svilupparne le funzioni sociali promuo-
vendo il loro ruolo di sostegno alle esigenze dell’intero nucleo familiare.
Sono stati introdotti congedi per i genitori adottivi equiparando il tratta-
mento di questi ultimi a quello dei genitori naturali. La Legge Finanziaria
2008 ha inoltre stabilito un aumento degli assegni per i nuclei monopa-
rentali (art. 1 comma 200 Legge 244/2007 «Disposizioni per la formazio-
ne del bilancio annuale e pluriennale dello Stato»).
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Ministero della Solidarietà Sociale di provvedere, nel
corso del 2008, alla definizione dei LIVEAS garantendo,
tramite gli stessi, il godimento uniforme sull’interno terri-
torio nazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
e l’attuazione di una logica promozionale, ponendo parti-
colare attenzione ai bambini e alle bambine appartenenti
ai gruppi più vulnerabili;
2. Alla Conferenza Stato Regioni di promuovere un mecca-
nismo di monitoraggio regolare delle priorità delle politi-
che sociali regionali per l’infanzia e l’adolescenza al fine
di evitare che il decentramento dia luogo ad una disparità
tra le Regioni nel godimento dei diritti da parte dei bambi-
ni e degli adolescenti.
60 «Resources for Rights of the Child - Responsibility of States. Invest-
ments for the Implementation of Economic, Social and Cultural Rights of
Children and International Cooperation» Ginevra 21 settembre 2007,
conclusioni disponibili sul sito www.crin.org/resources/find.asp
61 Comitato ONU, Commento Generale n. 5, punto 51; raccomandazioni
conclusive del Day of General Discussion 2007 disponibili sul sito
www2.ohchr.org/english/bodies/crc/discussion.htm, pagg. 7 e ss.
62 Il Dipartimento per le Politiche della Famiglia ha allegato alla comuni-
cazione inviata al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presente
Rapporto una tabella relativa alla stima dell’incidenza percentuale della
spesa sociale a favore di famiglie e bambini dalla quale risulta che, sulla
base dei dati forniti da Eurostat, nel 2004 tale percentuale si attestava
intorno al 4,3%.
63 3° Rapporto CRC 2007, pag. 13.
64 Istituito nel 1997, art. 1 Legge 285/1997. Con l’entrata in vigore della
Legge 328/2000 i fondi per l’infanzia sono confluiti nel Fondo Nazionale
per le Politiche Sociali (art. 20 comma 8 Legge 328/2000), quindi un Fon-
do indistinto, ovvero senza quote dedicate all’infanzia e all’adolescenza.
Soltanto le 15 città riservatarie, individuate dall’art. 2 Legge 285/1997,
hanno mantenuto fondi espressamente dedicati all’infanzia.
65 Le c.d. città riservatarie ex art. 2 Legge 285/1997 sono: Venezia, Mila-
no, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Brindisi, Taran-
to, Reggio Calabria, Catania, Palermo e Cagliari.
di cui al comma 2, secondo periodo, dello stesso articolo
1»66, ovvero ai Comuni delle città riservatarie. Nello specifi-
co la Legge Finanziaria 200867 ha stabilito che vengano as-
segnati al Ministero della Solidarietà Sociale € 43.905.000
da destinare ai Comuni delle città riservatarie a favore del-
l’infanzia e dell’adolescenza, predeterminando così le som-
me impegnate per le città riservatarie, che sono però dimi-
nuite rispetto al 2007 in cui ammontava ad € 44.466.940.
La Legge Finanziaria ha previsto per il 2008 € 1.582.815.000
per il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali gestito dal
Ministero della Solidarietà Sociale, da ripartire fra le Re-
gioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano per il
200868, con un leggero aumento rispetto all’anno prece-
dente. Infatti tale fondo nel 2007 ammontava a complessivi
€ 1.564.917.148 ed era stato successivamente ripartito69 in
risorse indistinte destinate a Regioni e Province Autonome
di Trento e Bolzano70 per € 745.000.000, € 44.466.940 di
cui sopra per le città riservatarie71, mentre i restanti €
732.000.000 sono stati destinati all’Istituto Nazionale della
Previdenza Sociale (INPS) per il finanziamento degli inter-
venti costituenti diritti soggettivi (quali assegni di mater-
nità; assegni ai nuclei familiari; agevolazioni ai genitori di
persone con handicap grave; indennità a favore dei lavora-
tori affetti da talassemia major) ed € 43.450.208 al Mini-
stero della Solidarietà Sociale per la copertura degli oneri di
funzionamento finalizzati al raggiungimento degli obiettivi
istituzionali.
La Legge Finanziaria 2008 ha aumentato di € 50.000.000
l’ammontare del Fondo per l’inclusione sociale degli immi-
grati72, nell’ambito del quale nel 200773 sono state indivi-
duate specifiche risorse a favore dell’infanzia e dell’adole-
scenza74, in particolare a favore dei gruppi più vulnerabili,
come minori stranieri, rom, sinti e camminanti, non accom-
pagnati e seconde generazioni, per complessivi €
13.500.00075. Tuttavia, il 7 marzo 2008 la Corte Costituzio-
nale ha dichiarato tale Fondo incostituzionale, dal momento
che concerne materie, quali i servizi sociali e l’istruzione, di
competenza regionale e non esclusiva statale76.
In proposito si rileva anche il fatto che la Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento per i Diritti e le Pari
Opportunità ha destinato parte dello stanziamento di €
1.000.00077, finalizzato alla copertura finanziaria di iniziati-
ve e attività intraprese nel 2007-Anno europeo delle Pari
Opportunità per tutti, al fine di contrastare la discrimina-
zione e per promuovere i diritti dei minori di strada, stra-
nieri e rom78.
A livello nazionale, ulteriori risorse a favore dell’infanzia e
dell’adolescenza sono state allocate tramite il Fondo per le
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
16
4orapportodiaggiornamento2007-2008
66 Art. 2 comma 470 Legge 244/2007, disponibile sul sito del Governo
www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/finanziaria_2008/07244l.pdf
67 Tabella C, stanziamenti autorizzati in relazione a disposizioni di legge la
cui quantificazione annua è demandata alla Legge Finanziaria, allegata alla
Legge Finanziaria 2008, pag. 273.
68 Nel 2009: complessivamente € 1.335.595; € 43.898 per le città rileva-
tarie a favore dell’infanzia e dell’adolescenza; per Fondo indistinto
€ 1.291.697. Nel 2010 complessivamente € 1.324.308; per le città rileva-
tarie a favore di politiche per l’infanzia e l’adolescenza € 43.509; per Fon-
do indistinto € 1.280.799.
69 Con decreto di riparto del Ministro della Solidarietà Sociale di concerto
con il Ministro dell’Economia e delle Finanze registrato dalla Corte dei Con-
ti il 27 luglio 2007 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 213
del 13 settembre 2007.
70 Così ripartite: Abruzzo € 18.261.223,16 (2,45%); Basilicata € 9.166.764,39
(1,23%); Calabria € 30.636.728,35 (4,11%); Campania € 74.372.707,01
(9,98%); Emilia Romagna € 52.550.809,84 (7,05%); Friuli Ven. Giulia
€ 16.341.204,79 (2,19%); Lazio € 64.073.157,57 (8,60%); Liguria
€ 22.492.995,27 (3,02%); Lombardia € 1 05.415.354,09 (14,15%); Mar-
che € 19. 931.865,38 (2,68%); Molise € 5.942.600,74 (0,80%); P.A. di
Bolzano € 6.136.153,42 (0,82%); P.A. di Trento € 6.289.128,85 (0,84%);
Piemonte € 53.499.645,13 (7,18%); Puglia € 51.977.995,10 (6,98%); Sar-
degna € 22.055.022,47 (2,96%); Sicilia € 68.431.516,63 (9,19%); Tosca-
na € 48.831.737,60 (6,55%); Umbria € 12.230.745,35 (1,64%); Valle
d’Aosta € 2.150.166,59 (0,29%); Veneto € 54.212.478,25 (7,28%).
71 Così suddivise Venezia € 844.067; Milano € 4.398.455; Torino
€ 3.121.291; Genova € 2.131.404; Bologna € 1.036.835; Firenze
€ 1.328.456; Roma € 9.650.449; Napoli € 7.238.648; Bari € 1.930.891;
Brindisi € 959.388; Taranto € 1.501.912; Reggio Calabria € 1.745.163;
Catania € 2.386.538; Palermo € 5.014.249; Cagliari € 1.179.194.
72 Art. 2 comma 536 Legge Finanziaria 2008.
73 Istituito con Legge Finanziaria 2007, per il quale erano stati stanziati
€ 50.000.000 per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 (art. 1 comma
1267).
74 Direttiva del 9 agosto 2007 Ferrero-Pollastrini (Ministero della Solida-
rietà Sociale e Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità) per
l’individuazione degli obiettivi generali, delle priorità finanziabili e delle li-
nee guida generali in ordine alle modalità di utilizzo del Fondo per
l’inclusione Sociale degli Immigrati di cui alla Legge Finanziaria del 207,
commi 1267 e 1268.
75 Così ripartiti: a) € 2.000.000 per accoglienza alunni stranieri, facilitare i
percorsi di inserimento ed orientamento scolastico degli alunni stranieri e
facilitare il rapporto tra le famiglie e le istituzioni scolastiche assegnati ad
enti ed associazioni iscritte alla prima sezione del registro solidarietà so-
ciale, di cui ¤1.000.000 per interventi a favore di comunità prive di territo-
rio, Rom, Sinti e Camminanti, in particolare in aree metropolitane, Roma,
Bologna, Napoli, Firenze, Milano; b) € 10.000.000 per la tutela dei minori
stranieri non accompagnati presenti sul territorio italiano assegnati all’As-
sociazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) in particolare per il censimen-
to e il monitoraggio delle presenze di minori stranieri non accompagnati al
fine di costruire una banca dati sul percorso dei minori; per l’assistenza e
la tutela dei msna con ausilio personale specializzato, compresi mediatori
culturali; per programmi di istruzione, formazione professionale, percorsi
inserimento lavorativo (ad aprile 2008, il relativo bando è stato pubblicato
sul sito dell’ANCI www.anci.it); c) € 1.500.000 destinati alla valorizzazione
delle seconde generazioni mediante programmi di sostegno alla produzio-
ne culturale, affiancamento nel percorso scolastico, creazioni di momenti
di dialogo interculturale.
76 Corte Costituzionale, sentenza 50/2008.
77 Art. 1 comma 196, Legge Finanziaria 2007.
78 Azione n. 3 del Piano Nazionale per l’Anno Europeo 2007 che prevedeva
l’elaborazione di un modello di intervento per il recupero e la inclusione
dei minori di strada sfruttati e/o coinvolti in attività illegali, sulla base di
best practices nazionali ed europee; la sperimentazione del modello a li-
vello locale e su aree pilota. Report conclusivo a cura di Save the Children
Italia, Codici e Università di Torino La strada dei diritti disponibile sul sito
www.savethechildren.it/2003/index.asp?area=pubblicazioni&n_pag=1&a
nno=2007
Politiche della Famiglia gestito dall’omonimo Ministro a
cui sono stati destinati complessivi € 220.000.000 nel
200779 ed € 190.000.000 nel 200880. Sia nel 2007 che nel
2008 la somma più ingente di tale Fondo, pari a €
97.000.000, è stata destinata alla realizzazione prima e al
proseguimento poi della riorganizzazione dei consultori fa-
miliari, della qualificazione del lavoro delle assistenti fami-
liari, della sperimentazione di iniziative di abbattimento dei
costi dei servizi per le famiglie con numero di figli pari o su-
periore a quattro. Con il medesimo Fondo sono stati inoltre
finanziati interventi relativi a compiti ed attività di compe-
tenza statale, di seguito riportati. Innanzitutto, sia nel 2007
che nel 2008, sono state allocate importanti risorse81 per
iniziative di conciliazione del tempo di vita e di lavoro. Ri-
spetto a quanto evidenziato nel 3° Rapporto CRC82, nell’am-
bito del Fondo per le Politiche della Famiglia è stato possibi-
le individuare anche l’ammontare destinato all’Osservato-
rio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e al Centro na-
zionale di documentazione e analisi per l ’infanzia e
l’adolescenza, pari a € 1.500.000 per il 200883. Si eviden-
zia che tale importo corrisponde alla metà di quanto desti-
nato all’Osservatorio nazionale sulla Famiglia84 e la dispa-
rità è ancora più evidente se si considera che sono espres-
samente allocati ulteriori € 10.000.000 per l’elaborazione
del Piano Nazionale per la Famiglia85, mentre non vi sono ri-
sorse ad hoc per l’elaborazione del Piano Nazionale Infan-
zia. In materia di contrasto alla pedofilia sono messi a di-
sposizione dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia
e alla pornografia minorile ben € 6.000.00086. Le risorse
destinate al sostegno delle adozioni internazionali ed al
pieno funzionamento della Commissione per le Adozioni In-
ternazionali (CAI) anche nel 2008 ammontano a €
14.500.00087, mentre per quanto riguarda le risorse alloca-
te in tale settore nel 2007 si segnala che, a fine anno, ad in-
tegrazione delle risorse inizialmente previste88, sono stati
destinati ulteriori € 2.000.000, per complessivi €
16.500.000, a favore dell’erogazione di un bonus forfetario
di € 1.200,00 in favore di ciascuna coppia che alla data del
31 dicembre 2007 avesse in corso una procedura di adozio-
ne internazionale o che nell’anno 2007 abbia concluso
l’adozione89.
Infine, si segnala che le risorse stanziate a favore del Piano
straordinario per lo sviluppo del sistema integrato dei ser-
vizi socio educativi90 sono in progressivo aumento: al mo-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
17
79 Art. 1 decreto del Ministro delle Politiche per la Famiglia Ripartizione degli
stanziamenti del Fondo delle politiche per la Famiglia ai sensi dell’art. 1 comma
1252 della Legge 27 dicembre 2006 n. 296, 2 luglio 2007, disponibile on line
www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/fondo_politiche_famiglia/
decreto_fondo_famiglie.pdf
80 Art. 1 decreto del Ministro per le Politiche della Famiglia, Ripartizione del
Fondo delle politiche per la famiglia per l’anno 2008, 22 gennaio 2008 di-
sponibile on line www.politichefamiglia.it/media/30838/dm%20riparto%
20fondo%2022%2001%2008.pdf
81 Pari a € 40.000.000 nel 2007 (art. 1 comma 1 lett. f, decreto del 2 luglio
2007, cit.) ed € 20.000.000 nel 2008 (art. 1 comma 1 lett. f, decreto del 22
gennaio 2008, cit.). A fine 2007 la parte non utilizzata delle risorse allocate
per il 2007, pari ad € 22.000.000, sono state destinate ad integrazione del
«Fondo per piano servizi socio-educativi» (cfr. art. 1, decreto di nuova ri-
partizione del Fondo per le Politiche per la Famiglia, 19 dicembre 2007,
www.politichefamiglia.it/media/19226/nuovo%20decreto%20di%20ripar
to%20fondo.pdf).
82 3° Rapporto CRC 2007, pag. 14.
83 Art. 1 comma 1 lett. b, decreto del 22 gennaio 2008, cit. Nel 2007 le risor-
se disponibili per il funzionamento dell’Osservatorio nazionale infanzia e
del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e
l’adolescenza erano indistinte e comprese nel complessivo ammontare di
€ 2.500.000, comprendente la somma necessaria al funzionamento del-
l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia (art. 1 comma 1 lett. b, decreto
del 2 luglio 2007, cit.). Nella comunicazione inviata dal Dipartimento per le
Politiche della Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presen-
te Rapporto, viene precisato che «per il biennio 2007-2008 per finanziare le
attività per lo svolgimento delle funzioni del Centro nazionale di documen-
tazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, è stata impegnata una som-
ma pari a € 1.850.000 […] A tali risorse vanno sommate quelle a carico del
Ministero della Solidarietà Sociale».
84 Istituito con decreto n. 242 del 30 Ottobre 2007, Regolamento recante
«Istituzione e funzionamento dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia».
(G.U. n. 298 del 24 dicembre 2007). Maggiori informazioni e testo del de-
creto sono disponibili sul sito www.osservatorionazionalefamiglie.it
85 Sono stati destinati € 3.000.000 per il finanziamento dell’Osservatorio
nazionale sulla Famiglia sia nel 2007 (art. 1 comma 1 lett. a, decreto del 2
luglio 2007, cit.) che nel 2008 (art. 1 comma 1 lett. a, decreto del 22 gen-
naio 2008, cit.) ed € 10.000.000 nel 2007 per l’organizzazione della Confe-
renza Nazionale della Famiglia finalizzata all’elaborazione del Piano nazio-
nale per la Famiglia (art. 1 comma 1 lett. d, decreto del 2 luglio 2007, cit.),
per la cui realizzazione è stato resa disponibile la medesima somma nel
2008 (art. 1 comma 1 lett. d, decreto del 22 gennaio 2008, cit.).
86 Art. 1 comma 1 lett. g, decreto del 22 gennaio 2008, cit. Nel Bilancio di
previsione del 2007 erano complessivamente € 2.750.000 ripartite tra at-
tività generiche e funzionamento dell’Osservatorio per il contrasto della
pedofilia.
87 Art. 1 comma 1 lett. c, decreto del 22 gennaio 2008, cit.
88 Nel 3° Rapporto CRC 2007, con riferimento al bilancio di previsione per
l’anno 2007, si rilevava che erano stati stanziati € 4.271.800 per spese per
l’esecuzione della Convenzione de L’Aja e per spese in tema di adozione di
minori stranieri; € 10.000.000 per il Fondo per il sostegno delle adozioni
internazionali; parte delle risorse del Fondo per le Politiche per la Famiglia
avrebbero dovuto essere utilizzate per sostenere le adozioni internazionali
e per il pieno funzionamento della Commissione per le Adozioni Internazio-
nali (CAI). Nella comunicazione inviata dal Dipartimento per le Politiche
della Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presente Rap-
porto, si evidenzia «all’esecuzione della Convenzione de L’Aja sono stati
spesi € 3.711.252,96 su un ammontare complessivo di € 5.271.254,22.
Le risorse del Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali sono sta-
te utilizzate all’inizio del 2008».
89 Decreto del Ministro per le Politiche della Famiglia per l’istituzione di un
bonus forfetario a favore delle coppie adottive, 21 dicembre 2007, disponi-
bile su www.politichefamiglia.it/media/19271/decreto%20ministro%
20bonus.pdf
90 Da € 100.000.000 per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 a €
100.000.000 per l’anno 2007, € 170.000.000 per l’anno 2008 e €
100.000.000 per l'anno 2009. Art 2 comma 257 Legge 244/2007. Per
l’organizzazione e il funzionamento di servizi socio-educativi per la prima
infanzia destinati ai minori di età fino a 36 mesi, presso enti e reparti del
Ministero della Difesa, è istituito un fondo con una dotazione di €
3.000.000 per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010. Art 2 comma 257
Legge 244/2007.
mento della stesura del presente Rapporto risultano essere
stati impegnati a tal fine € 774.000.00091.
Persistono comunque difficoltà ad individuare l’esatta ren-
dicontazione delle risorse già allocate nei suddetti settori
negli anni precedenti.
La Legge Finanziaria 2008 ha previsto ulteriori stanziamenti
a favore dell’infanzia e dell’adolescenza, ripartiti tra diversi
Ministeri. Ad esempio, per quanto riguarda i fondi di com-
petenza del Ministero della Salute92, si segnala che sono
stati stanziati € 70.000.00093 per la rapida esecuzione del-
la vaccinazione gratuita alle ragazze dagli 11 ai 12 anni con-
tro il Papilloma Virus (HPV) responsabile del cancro della
cervice uterina94. Sono stati inoltre destinati complessivi €
10.000.00095 per la ristrutturazione edilizia e
l’ammodernamento tecnologico nelle diagnosi neonatali.
La Legge Finanziaria 2008 ha infine previsto un singolare
finanziamento per iniziative volte alla tutela dei minori, «ivi
compreso il sostegno all’attività» di un ente morale96. Oc-
corre segnalare che tale somma era stata inizialmente indi-
viduata a copertura di alcuni emendamenti proposti dalla
Commissione parlamentare per l’infanzia, tra i quali
l’importante istituzione del Garante nazionale per l’infanzia
e l’adolescenza97, per il quale invece non è stato più previ-
sto nessuno stanziamento.
A livello regionale, come già evidenziato nel 3° Rapporto
CRC, si segnala la mancanza di una raccolta dati sistematica
sulla quota di bilancio destinata a politiche per l’infanzia e
l’adolescenza da parte delle singole Regioni. Tuttavia, le Re-
gioni e le Province Autonome sono tenute a comunicare al
Ministero della Solidarietà Sociale tutti i dati necessari al mo-
nitoraggio dei flussi finanziari e, nello specifico, gli interventi,
i trasferimenti effettuati e i progetti finanziati con le risorse
del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali98. Sarebbe op-
portuno che tali dati fossero resi pubblici e disaggregati, in
modo tale che diventi possibile individuare la quota allocata
a favore dell’infanzia e dell’adolescenza a livello regionale.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
18
4orapportodiaggiornamento2007-2008
91 Riguardo al finanziamento di tale Piano, nella comunicazione inviata dal
Dipartimento per le Politiche della Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’ag-
giornamento del presente Rapporto si sottolinea che per il triennio 2007-
2009 con la Legge Finanziaria 2007 sono stati stanziati a favore del c.d.
Piano nidi da parte dello Stato € 340.000.000 (di € 140.000.000 impe-
gnati nel 2007 con decreto del Ministro per le Politiche della Famiglia del
28 settembre 2007, ¤40.000.000 dal Fondo per le Politiche per la Famiglia
ed € 100.000.000 con Fondo per piano servizi socio-educativi, cfr.
www.politichefamiglia.it/media/18879/dm_20070928_nidi.pdf), a cui so-
no stati aggiunti € 50.000.000 (di cui: € 25.000.000 sono stati allocati
con Decreto Legge 159/2007, convertito dalla Legge 222/2007 ed impe-
gnati dal Ministro per le Politiche della Famiglia a favore delle Regioni con
decreto del 7 dicembre 2007, www.politichefamiglia.it/media/22255/
dm_servizi_socioeducativi.pdf ; € 25.000.000 afferenti al Fondo per le Po-
litiche per la Famiglia e riallocati dall’omonimo Ministero con decreto del
19 dicembre 2007, cit.), oltre a € 67.000.000 derivanti dalla confisca stabi-
lita in occasione del patteggiamento della sanzione applicata alla Banca
Popolare Italiana di Gianpiero Fiorani; a tale finanziamento statale, pari a
complessivi € 457.000.000, si sommano € 282.000.000 di finanziamento
regionale (di cui: € 264.000.000 stanziati con Legge Finanziaria 2007 per
il triennio 2007-2009 a carico delle Regioni e delle Autonomie Locali e €
18.000.000 di cofinanziamento regionale sulla base dell’intesa concordata
in sede di Conferenza Unificata del 14 febbraio 2008). Infine, per finanziare
le 1.362 “sezioni primavera” (servizio educativo sperimentale rivolto ai
bambini dai 2 ai 3 anni) nell’anno scolastico 2007-2008 è stato destinato
un contributo statale di € 29.783.656 (messi a disposizione per €
10.000.000 dal Ministero della Pubblica Istruzione, € 10.000.000 dal Mini-
stro per le Politiche della Famiglia ed € 9.783.656 dal Ministero della Soli-
darietà Sociale) oltre a € 5.000.000 con l’impiego di un fondo straordina-
rio del Ministero della Pubblica Istruzione, per complessivi € 35.000.000.
92 Nella comunicazione inviata dal Ministero della Salute al Gruppo CRC ai
fini dell’aggiornamento del presente Rapporto si legge che «per quanto ri-
guarda le risorse destinate complessivamente nel 2007 per l’infanzia e
l’adolescenza (0-18 anni), non risultano allocazioni specifiche in tal senso».
93 Art. 2 comma 372 Legge Finanziaria 2008.
94 Si veda anche oltre capitolo V, paragrafo «Le coperture vaccinali».
95 Così ripartiti: € 7.000.000 per l’esecuzione di un programma plurienna-
le di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento
tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, destinati al potenziamento
e alla creazione di unità di terapia intensiva neonatale (TIN); € 3.000.000
per l’esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di
ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, destinati
all’acquisto di nuove metodiche analitiche, basate sulla spettrometria di
“massa tandem”, per effettuare screening neonatali allargati, per patolo-
gie metaboliche ereditarie, per la cui terapia esistono evidenze scientifiche
efficaci. Art. 2 comma 280 Legge 244/2007.
Alla luce di tali considerazioni il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Governo in concertazione con la Conferenza Unifica-
ta di introdurre un sistema di monitoraggio per analizza-
re annualmente la quota di risorse che l’Italia destina
complessivamente e in modo analitico all’infanzia e al-
l’adolescenza (tenendo presente le risorse stanziate dai
diversi Ministeri competenti, dalle Regioni e dagli Enti
Locali), come già raccomandato nel 2006 e nel 2007;
2. A ciascun Ministero di attuare e diffondere, rendendolo
accessibile sul proprio sito internet, un sistema di rendi-
contazione sociale, in modo che sia evidente se e come
sono state utilizzate annualmente le risorse allocate con
la Legge Finanziaria;
3. Al Ministero della Solidarietà Sociale di richiedere alle
Regioni e alle Province Autonome, nell’ambito del moni-
toraggio dei flussi finanziari e nello specifico degli inter-
venti, dei trasferimenti effettuati e dei progetti finanziati
con le risorse del Fondo Nazionale per le Politiche Socia-
li, dati disaggregati che consentano di individuare la
quota allocata a favore dell’infanzia e dell’adolescenza
a livello regionale.
96 «S.O.S. - Il Telefono Azzurro Onlus». Art. 2 comma 464 Legge Finanziaria
2008, come modificato dal Decreto Legge 248/2007, c.d. Decreto Millepro-
proghe 2008, art. 11 bis. L’art. 2 comma 464 inizialmente prevedeva che
per l’anno 2008 fosse autorizzata la spesa di € 1,5 milioni al fine di «soste-
nere e potenziare le attività di ascolto, consulenza e assistenza promosse
dall’ente morale S.O.S. – Il Telefono Azzurro ONLUS a tutela dei minori in
situazioni di disagio, abuso o maltrattamento».
97 Cancrini L. Infanzia: molte parole, pochi fondi L’Unità, 16 dicembre 2007,
pag. 26.
98 Art. 3 decreto di riparto, cit.
b) L’impegno per l’infanzia
e l’adolescenza nella cooperazione
internazionale
La cooperazione italiana continua purtroppo a risentire di
una crisi che, da anni, trova conferma nelle poche risorse
dedicate all’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS). Nonostante
i progressi compiuti dal Governo nel corso della XV legisla-
tura, l’Italia, infatti, non sembra purtroppo essere ancora in
grado di mantenere gli impegni assunti in materia di Aiuto
Pubblico allo Sviluppo (APS), che vorrebbero un investi-
mento dello 0,7% del Prodotto Interno Lordo (PIL) entro il
2015. Secondo le stime OCSE-DAC l’Italia, pur in ripresa ri-
spetto al passato, è davanti soltanto alla Grecia con lo
0,20% del PIL, pari a 3 miliardi 641 milioni di dollari, desti-
nato all’APS99. Dunque non è stato raggiunto nemmeno il
traguardo intermedio dello 0,33% del PIL in favore dell’APS
previsto per il 2006100.
Un segnale positivo, va peraltro, riconosciuto nel versa-
mento anticipato della quota annuale di 130 milioni di euro
al Fondo Globale per la Lotta all’AIDS, Tubercolosi e Ma-
laria101, accogliendo le istanze della società civile, che di-
mostra la volontà del Governo di colmare i debiti accumu-
lati in passato. Occorre in ogni caso segnalare che resta
ancora consistente l’importo arretrato da saldare, pari a
260 milioni di euro, dal momento che il Ministero dell’Eco-
nomia e delle Finanze non ha ancora provveduto all’effetti-
va erogazione102.
La Legge Finanziaria prevede per il 2008 un aumento pari
a 100 milioni di euro dei fondi destinati all’APS gestito dal
Ministero degli Affari Esteri (MAE), che passano così a 742
milioni di euro. Tuttavia le somme destinate all’APS, in tale
documento, non sono riunite sotto un unico capitolo di
spesa, ma sono invece ripartite tra il MAE per un terzo e il
Ministero dell’Economia e delle Finanze per due terzi103.
Questo è un problema più volte evidenziato, sia da orga-
nizzazioni impegnate nel mondo della cooperazione allo
sviluppo, sia da esponenti del mondo politico, i quali, tutti,
indicano nella Istituzione di un Fondo Unico, una coerente
soluzione104, peraltro, già prevista all’interno della propo-
sta di riforma della cooperazione ferma in Senato al mo-
mento della stesura del presente rapporto105.
Nonostante, come anticipato nel 3° Rapporto CRC, il Consi-
glio dei Ministri avesse proposto ad aprile 2007106 un dise-
gno di legge dal quale partire, non si è trovato in Parla-
mento quel consenso necessario a garantire un iter di ap-
provazione rapido che permettesse di chiudere il 2007 con
una riforma della cooperazione107.
Si segnala invece che con delibera del 9 ottobre 2006, il
MAE ha semplificato le procedure per la presentazione dei
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
19
99 Fonte: OCSE-DAC, 4 aprile 2008 (dati riferiti al 2006). www.oecd.org
100 Al fine di conseguire il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del
Millennio e, in particolare, la destinazione dello 0,7% del PIL per l’Aiuto
Pubblico allo Sviluppo entro il 2015, i Paesi Europei si sono posti quale
obiettivo intermedio in occasione del Consiglio Europeo di Lisbona nel
2002 il raggiungimento dello 0,33% PIL entro il 2006. In proposito si ve-
da anche: La cooperazione italiana e gli Obiettivi del Millennio. Una sfida
per l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo, Documento conclusivo della missione
affidata dalla Vice Ministra Patrizia Sentinelli, Sintesi del dibattito e dei
contributi del Gruppo di lavoro sugli Obiettivi del Millennio coordinato
da Savino Pezzotta, aprile 2007.
8. Il Comitato ONU accoglie favorevolmente
l’adozione delle Linee guida della Cooperazione italia-
na sull’infanzia e l’adolescenza, che forniscono una vi-
sione dello sviluppo delle generazioni più giovani co-
me area d’investimento. Tuttavia, il Comitato conti-
nua a manifestare preoccupazione per il fatto che la
Convenzione non sia applicata, come recita l’art. 4
della Convenzione, «al massimo livello consentito
dalle risorse disponibili».
9. Il Comitato ONU raccomanda che l’Italia continui
ad incrementare, nella massima misura possibile, le ri-
sorse stanziate per i bambini e le loro famiglie e ad ef-
fettuare un’analisi di tutti i bilanci totali e settoriali
dello Stato parte e delle Regioni, in modo da analizza-
re la quota spesa per l’infanzia, identificare le priorità
e allocare le risorse «al massimo livello consentito dal-
le risorse disponibili». Inoltre, il Comitato raccoman-
da che l’Italia applichi questo principio alle attività
svolte dalla Cooperazione internazionale allo sviluppo
del Ministero degli Affari Esteri.
(CRC/C/15/Add. 198, punti 8 e 9)
101 www.theglobalfund.org/it
102 Informazione stampa della Vice Ministra Sentinelli Avviare le riforme e
migliorare gli strumenti giugno 2007, pag. 5.
103 Tabella C, stanziamenti autorizzati in relazione a disposizioni di legge
la cui quantificazione annua è demandata alla Legge Finanziaria, allegata
alla Legge Finanziaria 2008, pagg. 240, 241, 254.
104 In tal senso CINI Position paper sugli elementi chiave del Disegno di
Legge Delega per la riforma della cooperazione italiana. Ed ancora dal si-
to del Ministero degli Affari Esteri le Riflessioni dell’On. Patrizia Sentinelli
sulla Finanziaria 2008 www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/
italiano/Speciali/forum2007/finanziaria.htm
105 La discussione del disegno di legge S 1537 «Disegno di legge delega
per la riforma della cooperazione italiana» è stata limitata ad una sola
Commissione parlamentare, la Commissione Esteri del Senato, nella
quale le prime proposte di riforma sono state depositate, senza mai ap-
prodare all’altro ramo del Parlamento.
106 Disegno di legge delega per la riforma della cooperazione italiana S
1537 approvato dal Consiglio dei Ministri nell’aprile 2007.
107 In data 26 febbraio 2007 la Commissione Esteri del Senato ha licen-
ziato il testo di riforma dopo averlo ulteriormente limato e discusso, sen-
za però permettere alle ONG di partecipare alle audizioni conclusive.
progetti promossi dalle Organizzazioni Non Governative108,
sistema tradizionalmente molto burocratico e lento nella
valutazione ed approvazione dei progetti109 e sarà quindi
importante monitorarne l’attuazione.
In attesa di un’auspicata riforma, pertanto, ci si limita ad
analizzare i dati trasmessi dal MAE ed inerenti all’impegno
della cooperazione verso l’infanzia ed i giovani, i quali forni-
scono un quadro chiaro delle priorità riconosciute per
l’anno 2007. A tal proposito si precisa che, le risorse stan-
ziate nel 2007 per progetti in favore dei minori sono state
inferiori, benché di poco, rispetto a quelle del 2006. Infatti
analizzando i dati trasmessi dalla Direzione Generale Coo-
perazione allo Sviluppo (DGCS) del MAE110, si rileva che le
risorse stanziate nel 2007 sono state € 17.849.369, ossia
inferiori di € 506.948,54 rispetto al 2006. In merito alla de-
stinazione di tali fondi per area geografica, si rileva un sen-
sibile spostamento delle risorse allocate dall’Africa al Me-
dio Oriente, per il quale quest’anno sono stati spesi €
5.523.564 a fronte di soli € 1.348.694 investiti per il conti-
nente africano. Ciò che invece trova conferma ancora una
volta è la tendenza del Governo a privilegiare quali desti-
natari dei fondi le Organizzazione Internazionali Intergo-
vernative111 cui è andato ben il 41% delle risorse, a scapito
delle Organizzazioni Non Governative che di conseguenza
faticano ad assumere un ruolo di primo piano nel quadro
della cooperazione allo sviluppo. Infine in merito alle te-
matiche riconosciute prioritarie, rispetto al 2006, si rileva
una novità: tratta, sfruttamento sessuale e lavoro minorile,
che erano al primo posto per investimenti con €
5.456.679,86 stanziati nel 2006, si sono invece ridotti a
€ 4.528.225112 nel 2007. Gli investimenti maggiori sono
invece andati ai progetti di natura sociale per i quali nel
2007 sono stati destinati € 5.867.023.
Anche nell’ambito della cooperazione decentrata la man-
canza di una precisa scelta politica da parte delle Regioni a
favore dell’infanzia e dell’adolescenza, ha portato a far re-
gistrare una diminuzione delle risorse stanziate nel 2007
per progetti di cooperazione realizzati dalle Regioni in tale
settore nei Paesi in via di sviluppo: secondo le risposte ad
un questionario rivolte alle Regioni solo 9 Regioni, anziché
15 come nel 2006, hanno dichiarato di realizzarne113. Per
assicurare un impegno costante, alcune associazioni114
hanno proposto che, anche a livello regionale, vengano
adottate delle Linee guida per la cooperazione decentrata
per i diritti dei bambini e degli adolescenti115.
Al di là del mero profilo quantitativo, peraltro, pare oppor-
tuno richiamare nuovamente l’attenzione sul concetto di
qualità degli interventi, principio fondamentale richiamato
dalla stessa CRC, rispetto al quale non si è avuta conferma
da parte del MAE dell’esistenza e conseguente adozione di
strumenti di valutazione ex ante così come ex post. Sareb-
be invece auspicabile il ricorso ad indicatori chiari e misu-
rabili, che garantiscano la qualità e l’impatto positivo degli
interventi finanziati, analizzando in particolare il relativo
beneficio finale sui minori che ne sono destinatari. Da
quanto comunicato dal MAE116 pare, infatti, che al di là del-
le Linee guida sui minori, che peraltro per loro natura han-
no una funzione di indirizzo, non siano stati adottati altri
meccanismi di valutazione che contemplino gli strumenti
sopra indicati117. Un intervento di cooperazione destinato
al miglioramento delle condizioni di vita di bambini do-
vrebbe avere, come sancito anche dalla CRC, un “approc-
cio” basato sui diritti e non sui bisogni. Tale principio, ben-
ché contenuto anche nelle Linee guida sopra citate, trova
difficilmente applicazione o per lo meno è difficilmente ve-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
20
4orapportodiaggiornamento2007-2008
108 Delibera sulle procedure per la valutazione, la gestione ed il moni-
toraggio dei progetti promossi da ONG (9 ottobre 2006) che mira a
semplificare le procedure in vigore, con l’obiettivo minimo di dimezza-
re i tempi tra la presentazione di un progetto ONG e la sua approva-
zione. Per la prima volta sono fissati tempi certi (165 giorni) per
l’approvazione dei progetti da parte degli Uffici (compresi gli Uffici di
cooperazione all’estero). Sono state adottate semplificazioni dei for-
mati dei progetti, ridotti i passaggi tra gli Uffici e adottati indicatori fi-
nanziari più flessibili per una gestione più adeguata ai contesti.
Tratto da Sentinelli P. Avviare le riforme e migliorare gli strumenti. At-
tività e risultati del primo anno di Governo disponibile sul sito
www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/italiano/Pubblicazioni
/pdf/Attivita_risultati_2006-07.pdf
109 Nella prassi l’attesa per la valutazione ed approvazione di un pro-
getto da parte del MAE ha una durata media di 15 -36 mesi. La Vice
Ministra Sentinelli, in un comunicato del giugno 2007, ha confermato
che la durata media era di due anni. Cfr. Sentinelli P. Avviare le rifor-
me e migliorare gli strumenti. Attività e risultati del primo anno di Go-
verno cit.
110 I dati sono stati forniti dall’Unità Tecnica Centrale (UTC) del Mini-
stero degli Affari Esteri.
111 Per conoscere l’elenco delle Organizzazioni a cui si fa riferimento si ve-
da www.esteri.it/MAE/IT/Politica_Estera/Organizzazioni_Internazionali/
112 L’ammontare degli altri finanziamenti per tematica sono: diritti dei mi-
nori: € 1.606.686; educazione: € 788.898; educazione–formazione: €
77.306; formazione: € 75.851; sanità: € 1.602.323; socio–economica:
€ 773.179; socio–educativa: € 513.000; vittime violenza € 2.016.878.
113 Coordinamento PIDIDA Rapporto 2007. Diritti dell’infanzia e dell’ado-
lescenza: l’analisi delle politiche regionali. La parola alle Regioni luglio
2007.
114 Coordinamento PIDIDA.
115 Coordinamento PIDIDA Verso delle Linee Guida regionali sulla coope-
razione decentrata per l’infanzia e l’adolescenza disponibili sul sito
www.infanziaediritti.it
116 Comunicazione del febbraio 2008, UTC MAE.
117 Tale approccio è richiamato dalle Nazioni Unite; per un’esposizione
sintetica si veda: OHCHR Frequently asked questions on a human rights
based approach to development cooperation United Nations, New York
and Geneva, 2006; CRIN Rights based programming in
www.crin.org/hrbap/. Infine, Save the Children Child programming –
How to apply rights based approaches to programming, 2005.
rificabile, in assenza di uno strumento di valutazione che
ne garantisca l’applicazione. Infine, sempre in merito alla
qualità degli interventi, si sottolinea che un’attenzione par-
ticolare ai diritti dell’infanzia dovrebbe essere trasversale
in tutti i progetti al di là che siano o meno destinati specifi-
catamente ai minori (mainstreaming).
Tra le problematiche che maggiormente affliggono
l’infanzia nel mondo emerge lo sfruttamento del lavoro
minorile. Anche se la nostra cooperazione cerca già di af-
frontare il problema, sarebbe necessaria un’attenzione
maggiore, che possa tradursi nell’aumento delle risorse in
favore di progetti che mirino alla prevenzione dello sfrutta-
mento ed al recupero dei minori che ne sono vittima. Dai
dati resi noti dal MAE non è stato possibile comparare le ri-
sorse messe a disposizione a tal fine nel 2006 con quelle
del 2007, poiché il “lavoro minorile” nel 2006 era compre-
so in un capitolo comprendente altre categorie118 di pro-
getti. Si evidenzia che un forte stimolo ad un’azione orga-
nica viene anche dalla Risoluzione approvata dal Parla-
mento Europeo il 16 gennaio 2008: «Verso una strategia
dell’Unione Europea sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adole-
scenza»119 che condanna tutte le forme di sfruttamento del
lavoro minorile, e non solo le peggiori, indicando
l’educazione come via di uscita120.
3. COORDINAMENTO A LIVELLO ISTITU-
ZIONALE E TRA ISTITUZIONI E ONG
In materia di coordinamento tra le istituzioni, sia a livello
centrale sia locale, la XV Legislatura si è contraddistinta per
la sovrapposizione di più Ministeri, Organismi, Enti121 non
solo in merito alla programmazione, bensì anche relativa-
mente all’attuazione ed al monitoraggio delle azioni relative
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
21
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Parlamento di riprendere ed approvare entro il 2008
il disegno di legge delega per la riforma del sistema del-
la cooperazione italiana;
2. Al Parlamento di prevedere all’interno della prossima
Legge Finanziaria un Fondo Unico per l’Aiuto Pubblico
allo Sviluppo, in cui siano fatte convergere tutte le risor-
se ad esso dedicate, e che preveda una quota di risorse
da stanziare specificatamente in favore del finanziamen-
to di progetti per l’infanzia e l’adolescenza;
3. Al Ministero degli Affari Esteri, DGCS, di adottare per la
valutazione dei progetti destinati all’infanzia strumenti
chiari di valutazione ex ante e ex post, che permettano
di garantire l’efficacia degli interventi stessi ed il positi-
vo impatto sui minori cui si riferiscono.
118 Nel 2006 gli investimenti per progetti contro lo sfruttamento del lavo-
ro minorile erano riuniti insieme a tratta e sfruttamento sessuale.
119 Si vedano gli artt. 120 - 122 della risoluzione, consultabile per intero
sul sito www.europarl.europa.eu
120 Nella risoluzione si auspica un maggior impegno della Commissione
Europea per includere il tema nelle discussioni in corso nell’ambito della
riforma degli accordi commerciali (come gli EPA, in discussione con i Go-
verni Africani). Assai innovative le raccomandazioni sul tema della Re-
sponsabilità sociale delle imprese affinché si assicuri il monitoraggio del-
le filiere produttive; ciò può avere effetti positivi, non solo sulla elimina-
zione dello sfruttamento del lavoro minorile dai prodotti venduti nella
UE, ma anche da tutti gli altri prodotti e servizi usati nei Paesi in cui è più
alto il numero di bambini ed adolescenti sfruttati.
10. Il Comitato ONU accoglie favorevolmente
l’istituzione di un Osservatorio nazionale sull’infanzia e
l’adolescenza (Legge 451/97) con il compito di coordi-
nare le politiche e i programmi sull’infanzia a livello na-
zionale, regionale e locale. Il Comitato prende atto,
inoltre, che questo Osservatorio nazionale sia incaricato,
ogni due anni, di tracciare una bozza del Piano naziona-
le di azione per l’infanzia e l’adolescenza al fine di stabi-
lire le priorità e coordinare tutte le azioni riguardanti
l’infanzia. Inoltre, il Comitato prende atto degli incon-
tri regolari della Conferenza Stato-Regioni, finalizzati a
coordinare le attività tra lo Stato e le Regioni e a moni-
torare l’attuazione delle politiche in ambito regionale e
nazionale. Il Comitato rileva con preoccupazione che
questo coordinamento non è sufficiente e che alcune
questioni specifiche sono coordinate al di fuori dell’Os-
servatorio nazionale. Il Comitato esprime, inoltre,
preoccupazione per la mancanza di un coordinamento
strutturato con le ONG.
(CRC/C/15/Add.198, punto 10)
8. Il Comitato ONU invita l’Italia a migliorare il
coordinamento, a livello sia centrale che locale, in tut-
ti i settori interessati dal Protocollo Opzionale […]
(CRC/C/OPSC/ITA/CO/1, punto 8)*
* Traduzione in italiano delle Osservazioni Conclusive del Comitato ONU
sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza indirizzate all’Italia in merito al-
l’attuazione dei due Protocolli Opzionali alla CRC, giugno 2006, a cura
del Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CIDU), pubblicata da
UNICEF Italia.
121 Il Ministero della Solidarietà Sociale, il Ministro per le Politiche della
Famiglia, il Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive, il Di-
partimento per i Diritti e le Pari opportunità, il Ministero del Lavoro e del-
la Previdenza Sociale, il Ministero dell’Interno, il Ministero degli Affari
Esteri, il Ministero della Giustizia, il Ministero della Pubblica Istruzione, il
Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero della Salute,
l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, l’Osservatorio Na-
zionale sulla Famiglia, il Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CI-
DU), il Comitato interministeriale di coordinamento per la lotta alla pedo-
filia (CICLOPE), la Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI),
l’Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi ad essa con-
nessi, la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro fa-
miglie, i diversi Comitati/Tavoli interministeriali e non su tematiche spe-
cifiche, come il contrasto allo sfruttamento del lavoro minorile o la tratta
degli esseri umani.
alla promozione e alla tutela dei diritti dell’infanzia e del-
l’adolescenza. Pur trattandosi, evidentemente, di temati-
che trasversali, il moltiplicarsi dei luoghi in cui il coordina-
mento sui suddetti temi dovrebbe essere garantito ed i ri-
tardi nella nomina e nella convocazione delle strutture di
coordinamento già previste per legge, hanno provocato
indubbiamente numerose difficoltà, lentezza e burocratiz-
zazione nell’adozione e nella realizzazione dei programmi
inerenti l’infanzia e l’adolescenza; a ciò si aggiunge la
convocazione sporadica di alcuni organismi122. Da questo
punto di vista merita ricordare che analoga frammentazio-
ne si può riscontrare anche a livello regionale e locale, ove
si ripropongono esigenze di coordinamento per ottimizza-
re le risorse e le politiche per l’infanzia123.
Il Regolamento di riordino, con relativo Decreto124, e la
conseguente riconvocazione125 del nuovo Osservatorio
nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, che, grazie alla
sua composizione variegata126 risulta essere il luogo più
adatto ad assicurare una azione di coordinamento struttu-
rata ed efficace, è stato indubbiamente un importante
passo compiuto dal Governo nella XV Legislatura. All’in-
terno dell’Osservatorio vi sono rappresentanti della Con-
ferenza Stato-Regioni che possono garantire un raccordo
tra l’Osservatorio e la Conferenza. Tra i componenti del-
l’Osservatorio sono stati nominati sei rappresentanti indi-
cati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni, tre rap-
presentanti dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italia-
ni (ANCI), un rappresentante dell’Unione Province Italiane
e un rappresentante dell’Unione Nazionale delle Comunità
Montane127. È previsto che le amministrazioni centrali del-
lo Stato, le Regioni e gli Enti Locali si coordinino con
l’Osservatorio ai fini dell’elaborazione del Piano Nazionale
Infanzia affinché venga adottata ogni misura volta a quali-
ficare l’impegno finanziario per perseguire le priorità e le
azioni previste dal Piano stesso128. La periodicità con cui
l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza si è
riunito dallo scorso autunno fino al momento della stesu-
ra del presente Rapporto129, costituisce una premessa ot-
timale per i compiti che l’Osservatorio è chiamato a svol-
gere, il più importante dei quali consiste nella stesura del
nuovo «Piano Nazionale di azione e di interventi per la tu-
tela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evoluti-
va»130 (cd. Piano Nazionale Infanzia), così come previsto
dalla Legge istitutiva 451/1997131 e dal sopra citato Rego-
lamento di riordino132. Si sottolinea anche l’attenzione re-
centemente rivolta dall’Osservatorio al diritto all’ascolto
dei minori133 ed alle esperienze di partecipazione134 speri-
mentate in Italia da singole associazioni e/o da coordina-
menti di associazioni135.
Relativamente ad altri luoghi deputati al coordinamento di
attività specifiche si cita: il Comitato Interministeriale per i
Diritti Umani (CIDU), il Comitato Interministeriale di Coor-
dinamento per la lotta alla pedofilia (CICLOPE),
l’Osservatorio nazionale sulla Famiglia136, il Tavolo inter-
ministeriale in materia di contrasto allo sfruttamento del
lavoro minorile137, il Tavolo interministeriale sulla respon-
sabilità sociale delle imprese138, il Comitato sulla tratta
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
22
4orapportodiaggiornamento2007-2008
122 Ad esempio CICLOPE si è riunito in seduta plenaria solo una volta
nel 2007, il Comitato di coordinamento delle azioni di Governo contro la
tratta degli esseri umani presso il Dipartimento per i Diritti e le Pari Op-
portunità nel 2007 si è riunito solo in data 18 aprile 2007.
123 Cfr. al riguardo con quanto dichiarato dalle Regioni e raccolto nel
Rapporto «I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: l’analisi delle politi-
che regionali. La parola alle Regioni» a cura del Coordinamento PIDIDA,
2007, pagg.73 e ss.
124 Si veda DPR 103/2007 «Regolamento di riordino dell’Osservatorio
nazionale infanzia e del Centro nazionale di documentazione e analisi
per l’infanzia e l’adolescenza».
125 L’Osservatorio è stato ricostituito e riconvocato per la prima volta,
nella XV Legislatura, il 31 Ottobre 2007.
126 Si veda art. 2 del DPR 103/ 2007. L’Osservatorio è organismo di coor-
dinamento fra l’amministrazione centrale, le Regioni, gli Enti Locali, le as-
sociazioni, gli Ordini professionali e le Organizzazioni Non Governative.
127 Art. 2 comma 1 lett. d) – g) DPR 103/2007.
128 Art. 1 comma 3 DPR 103/2007, cit.
129 Per conoscere lo sviluppo delle attività dell’Osservatorio si veda
www.solidarietsociale.gov.it/solidarietasociale/ms/osservatori/osserva
torioinfanziaeadolescenza
130 L’ultimo Piano Nazionale Infanzia copriva il biennio 2002- 2004.
L’attuale Osservatorio al momento della stesura del presente Rapporto
sta lavorando ad un nuovo Piano Nazionale Infanzia.
131 Art. 2 Legge 451/1997 «Istituzione della Commissione parlamentare
per l’infanzia e dell’Osservatorio Nazionale per l’Infanzia».
132 Cfr. art. 1, comma 2 del DPR 103/2007. Si veda oltre paragrafo «Piano
Nazionale infanzia».
133 Nel 2006 il Ministero della Solidarietà Sociale e la Commissione parla-
mentare per l’infanzia hanno avviato un percorso con il Coordinamento
PIDIDA per il coinvolgimento di bambini e ragazzi nella definizione del
nuovo Piano Nazionale Infanzia.
134 Si veda oltre capitolo II, paragrafo «La partecipazione dei bambini e
delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze».
135 Il Gruppo di lavoro sulla partecipazione dell’Osservatorio nazionale
per l’infanzia e l’adolescenza, ha espresso la volontà di approfondire la
propria conoscenza delle esperienza partecipative dei ragazzi italiani,
auspicando una audizione con i ragazzi del Coordinamento PIDIDA che
avevano partecipato al «Forum dei bambini e dei ragazzi» tenutosi a Fi-
renze nel 2006 e organizzato dal Coordinamento PIDIDA - Gruppo di la-
voro sulla partecipazione dei ragazzi e delle ragazze e dall’Istituto degli
Innocenti.
136 L’Osservatorio è stato istituito con regolamento del Ministro per le
Politiche della Famiglia del 30 ottobre 2007 n. 242; il suo compito preci-
puo è di elaborare il Piano Nazionale della Famiglia.
137 Riconvocato nel settembre 2007 dal Ministero della Solidarietà Socia-
le e dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, il Tavolo ha lavo-
rato all’aggiornamento della «Carta degli impegni per promuovere i dirit-
ti dell’infanzia e dell’adolescenza ed eliminare lo sfruttamento del lavoro
minorile» adottata nel 1998.
138 Convocato per la prima volta il 24 luglio 2007 dal Ministero della Soli-
darietà Sociale con lo scopo di sviluppare il programma nazionale per la
responsabilità sociale e di impresa, nonché di preparare una Conferenza
nazionale multistakeholder.
degli esseri umani139, l’Osservatorio sulla prostituzione e
sui fenomeni delittuosi ad essa connessi140, la Consulta
per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro
famiglie141. In generale, in merito al metodo di lavoro dei
suddetti Tavoli/Comitati, si sottolinea l’apertura, riscontra-
ta durante la XV Legislatura, verso le associazioni del Terzo
Settore che, a diverso titolo, si occupano di promuovere e
tutelare i diritti umani e, nello specifico, quelli dell’infanzia
e dell’adolescenza; apertura che si è manifestata sia attra-
verso l’inclusione delle associazioni nella composizione dei
Tavoli/Comitati, sia attraverso la loro audizio-
ne/consultazione su tematiche specifiche142.
Pur non essendo un vero e proprio luogo di coordinamento,
non bisogna dimenticare il ruolo di impulso svolto dalla
Commissione parlamentare per l’infanzia143 durante la XV
Legislatura. La Commissione si è riunita con regolarità nel
corso di tutta la Legislatura, ha organizzato diversi seminari
di approfondimento/tavole rotonde, anche in collaborazio-
ne con le associazioni del Terzo Settore144, che ha coinvolto
nelle sue attività, ha portato avanti nel corso del 2007 due
indagini conoscitive145, di cui una particolarmente rilevante
rispetto alla tematica in trattazione, in quanto avente per
oggetto gli strumenti di coordinamento istituzionale delle
politiche dell’infanzia e dell’adolescenza. Si evidenzia inol-
tre l’interesse della Commissione parlamentare per
l’infanzia per il lavoro di monitoraggio svolto dal Gruppo
CRC, che si è concretizzato nell’audizione di una delegazio-
ne del Gruppo CRC in occasione della pubblicazione del 3°
Rapporto CRC e relativa conferenza stampa nel corso della
quale la Presidente ha ribadito il proprio impegno a farsi ca-
rico di alcune delle questioni sollevate in tale sede146. An-
che la Commissione ha riconosciuto l’importanza del diritto
all’ascolto dei minori ed ha avviato una collaborazione in tal
senso con le associazioni che hanno sperimentato significa-
tive esperienze di partecipazione dei ragazzi147, con
l’obiettivo di siglare con esse un protocollo per istituziona-
lizzare un ascolto autentico e strutturato dei ragazzi/e nel
corso dei propri lavori. La caduta del Governo ha interrotto i
lavori della Commissione, ma l’auspicio è che con
l’insediarsi del nuovo Parlamento si provveda senza indugi
alla convocazione della nuova Commissione parlamentare
per l’infanzia in modo da poter garantire una continuità del-
la stessa ed il riavvio dei lavori148.
Per quanto riguarda il CIDU, il Gruppo CRC ha apprezzato
l’impegno assunto e rispettato di tradurre in italiano e di-
stribuire le Osservazioni Conclusive indirizzate all’Italia nel
2006 dal Comitato ONU sui diritti dell’infanzia sullo stato di
attuazione dei due Protocolli Opzionali alla CRC149. Il con-
fronto avviato con il Gruppo CRC nel 2006 è proseguito an-
che nel 2007 con la presentazione ai componenti del CIDU
dei contenuti del 3° Rapporto CRC150 e con l’impegno di ga-
rantire continuità al percorso avviato, anche in vista della
presentazione del prossimo Rapporto governativo al Comi-
tato ONU, calendarizzato per ottobre 2008.
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
23
139 Istituito presso Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità presso
(DPO) della Presidenza del Consiglio dei Ministri tramite DM del 21 mar-
zo 2007 e registrato il 5 luglio 2007. Presso lo stesso Dipartimento risul-
ta operativo sullo stesso tema anche la Commissione interministeriale
per il sostegno alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento, isti-
tuita con decreto del 30 ottobre 2007.
140 Istituito con decreto del 18 gennaio 2007 presso il Ministero dell’In-
terno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza.
141 Costituita il 14 marzo 2000 con Decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri, è stata riconvocata il 27 febbraio 2007 presso il Ministero
della Solidarietà Sociale.
142 Ad esempio, sono stati chiamati a far parte del Tavolo Interministeria-
le di contrasto allo sfruttamento del lavoro minorile il Coordinamento PI-
DIDA, Italianats, Manitese, Save the Children Italia.
143 La Commissione parlamentare per l’infanzia è composta da un nume-
ro pari di deputati e senatori; ha compiti di indirizzo e di controllo sull'at-
tuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi ai diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza e riferisce alle Camere almeno una volta
l’anno sui risultati della propria attività formulando osservazioni e pro-
poste sulla vigente legislazione, con particolare attenzione all'adegua-
mento alla normativa comunitaria e internazionale. La Commissione
esprime un parere sul Piano di azione per la tutela dei diritti e dello svi-
luppo dei soggetti in età evolutiva, predisposto dall’Osservatorio nazio-
nale per l’infanzia e l’adolescenza.
144 Si veda, Seminario di studio del 25 giugno 2007 Verso un Garante dei
diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, organizzato in collaborazione con
l’UNICEF Italia; il Seminario del 29 ottobre 2007 La violenza sui bambini
e sulle bambine in collaborazione con Save the Children Italia e la pre-
senza dell'esperto indipendente delle Nazioni Unite che ha curato lo Stu-
dio globale sulla violenza sui bambini, Paulo Sérgio Pinheiro; i seminari
del 16 luglio e 8 ottobre 2007, Adozione e affidamento: proposte a con-
fronto, nonché il ciclo di seminari Bambini, adolescenti e media avviato il
3 dicembre 2007 con il Seminario Bambini e adolescenti sulla carta
stampata e proseguito il 29 gennaio 2008 con Bambini, Adolescenti e va-
lore del libro.
Atti disponibili sul sito www.parlamento.it/bicamerali/infanzia/2830/
2900/sommariobicamerali.htm
145 Indagine conoscitiva in materia di adozione, affidamento familiare e
sostegno a distanza; indagine conoscitiva in materia di strumenti di coor-
dinamento istituzionale delle politiche dell’infanzia e dell’adolescenza.
146 Il resoconto stenografico dell’audizione è disponibile al link
www.parlamento.it/documenti/repository/adolescenza-008d.PDF
147 Associazioni del Gruppo di lavoro sulla partecipazione dei ragazzi e
delle ragazze del Coordinamento PIDIDA.
148 Si ricorda che la Commissione parlamentare per l’infanzia della XV le-
gislatura si è insediata ufficialmente il 25 ottobre 2006 con l’elezione
della Presidente, dei due Vice Presidenti e dei due Segretari.
149 Le Osservazioni Conclusive del 2006 sono state tradotte in collabora-
zione con UNICEF Italia e sono disponibili sul sito www.unicef.it/flex/
FixedPages/IT/Pubblicazioni.php/L/IT. Si segnala però che esse non so-
no disponibili sul sito web del Ministero degli Affari Esteri, sede del CIDU.
150 Il 25 giugno 2007 una delegazione del Gruppo CRC ha incontrato i
componenti del CIDU per illustrare loro i contenuti del 3° Rapporto CRC.
Una delegazione del Gruppo CRC è stata anche invitata, in data 4 feb-
braio 2008, ad un incontro per la Preparazione della discussione del
XIV-XV Rapporto periodico dell’Italia sull’attuazione della Convenzione
ONU sull’eliminazione della discriminazione razziale (Ginevra, 20-21
febbraio 2008).
Rispetto a CICLOPE, invece, si evidenzia come, pur essen-
do l’organo formalmente attivo e pur essendo stata nomi-
nata nel 2005 la Consulta delle associazioni, esso risulta
non essersi più riunito in sede plenaria dal febbraio 2007,
e le associazioni della Consulta mai convocate.
Si ricorda poi che con la Legge 38/2006 sono stati creati
due nuovi organismi. Il Centro nazionale per il contrasto
della pedo-pornografia sulla rete Internet istituito presso
il Ministero dell’Interno, la cui struttura è stata inaugurata
nel febbraio 2008. Non è stata invece formalizzata la costi-
tuzione dell’altro organismo previsto dalla Legge 38/2006,
l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pe-
do-pornografia minorile, insediato presso il Dipartimento
per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consi-
glio dei Ministri, nonostante esso sia stato disciplinato in
modo organico con Regolamento del Ministro per le Politi-
che della Famiglia151 entrato in vigore il 5 gennaio 2008.
L’Osservatorio dovrebbe predisporre un Piano nazionale di
prevenzione e contrasto dell’abuso e dello sfruttamento
sessuale dei minori, che costituisce parte integrante del
Piano Nazionale Infanzia.
Infine, per quanto concerne il coordinamento tra Stato
centrale e Regioni, si segnala, la mancata definizione da
parte dello Stato dei livelli essenziali delle prestazioni con-
cernenti i diritti civili e sociali (LIVEAS)152, in violazione del
principio di non discriminazione in quanto si rischia di at-
tuare i diritti in maniera difforme a seconda della Regione
in cui vivono i minori153, nonché la mancata valorizzazione
del potenziale ruolo che sia la Conferenza Stato-Regioni
sia la Conferenza delle Regioni e Province Autonome po-
trebbero assumere nell’attuazione delle politiche per
l’infanzia e l’adolescenza. Sarebbe pertanto auspicabile
che la Conferenza Stato-Regioni istituisse al suo interno un
gruppo di lavoro/comitato con funzioni di raccordo rispet-
to alla programmazione e all’attuazione delle politiche per
l’infanzia e l’adolescenza154. Nel rapporto tra Stato e Re-
gioni, infatti, la riforma del Titolo V, parte II della Costitu-
zione, e la conseguente potestà legislativa esclusiva delle
Regioni in materie come le politiche sociali, ha rappresen-
tato un elemento di attrito con il Governo centrale.
Infine, si segnala positivamente che il Regolamento di rior-
dino dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e
l’adolescenza ha previsto155 che le Regioni, in accordo con
le Province Autonome di Trento e Bolzano, adottino idonee
misure di coordinamento degli interventi locali di raccolta e
di elaborazione di tutti i dati relativi alle condizioni dell’in-
fanzia e dell’adolescenza in ambito regionale e in particola-
re i dati relativi a: a) la condizione sociale, economica, sa-
nitaria e psicologica dell’infanzia e dell’adolescenza; b) le
risorse finanziarie e la loro destinazione per aree di inter-
vento nel settore; c) la mappa dei servizi territoriali e le ri-
sorse attivate dai privati. È inoltre disposto che tali dati
vengano acquisiti entro il 30 aprile di ogni anno.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
24
4orapportodiaggiornamento2007-2008
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Governo di individuare un unico Ente cui ricondurre il
coordinamento delle politiche relative ai diritti dell’in-
fanzia e dell’adolescenza, evitando che le relative azio-
ni di programmazione, attuazione, monitoraggio, siano
affidate a più Enti/Ministeri senza che sia garantito tra
essi un effettivo raccordo, ed assicurare le risorse eco-
nomiche ed umane necessarie, la pubblicità dei lavori e
dei documenti prodotti, prevedendo l’apertura verso le
associazioni in veste di membri permanenti e/o con
ruolo consultivo;
2. Al Ministero della Solidarietà Sociale di assicurare,
anche attraverso adeguato risorse economiche, la con-
tinuità del lavoro e la riunione periodica dei diversi
gruppi di lavoro del neo convocato Osservatorio nazio-
nale per l’infanzia e l’adolescenza, prevedendo i neces-
sari meccanismi di raccordo con il livello regionale e il
coinvolgimento strutturato dei ragazzi/e nei lavori del-
l’Osservatorio;
3. Al Parlamento di individuare gli strumenti legislativi
con cui armonizzare le diverse normative che si sono
succedute negli ultimi anni e che hanno modificato
l’ordinamento giuridico (Legge 451/1997 e Legge Costi-
tuzionale 3/2001 di riforma del Titolo V, parte II della
Costituzione), in modo da garantire l’effettiva attuazio-
ne della CRC, ai sensi dell’art. 117 comma 1 della Costi-
tuzione.
151 DM 240/2007.
152 La definizione dei LIVEAS è prevista dall’art. 117, comma 2, lettera m)
della Costituzione (modificato con Legge Cost. 3/2001) e introdotta in se-
guito all’entrata in vigore della Legge 328/2000 «Legge quadro per la
realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali».
153 Cfr. UNICEF Italia Follow up del documento Un impegno per i diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza Roma, marzo 2008, disponibile on-line
www.unicef.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4329
154 Facoltà prevista dall’art. 7 comma 2 Dlgs. 281/1997 «Definizione ed
ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rap-
porti tra lo Stato le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano
ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle Re-
gioni, delle province e dei Comuni, con la Conferenza Stato – Città ed au-
tonomie locali». 155 Art. 1 comma 4 DPR 103/2007.
4. PIANO NAZIONALE INFANZIA
Nonostante al momento della stesura del presente Rap-
porto non sia ancora stato elaborato e approvato un Piano
Nazionale Infanzia, nel corso del 2007 ci sono state impor-
tanti novità che si ritiene opportuno evidenziare.
Innanzitutto, è stato ricostituito e riorganizzato
l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza,
l’organo incaricato di predisporre ogni due anni il Piano
Nazionale. Nel Regolamento che ne ha disciplinato la rior-
ganizzazione e il funzionamento156 sono contenute impor-
tanti indicazioni non solo rispetto ai contenuti che dovrà
avere tale Piano, ma anche relativamente alle modalità con
cui dovrà essere elaborato. In particolare, si evidenzia che,
come auspicato nel 3° Rapporto CRC, il Piano dovrà indivi-
duare «le modalità di finanziamento degli interventi da es-
so previsti, nonché le forme di potenziamento e di coordi-
namento delle azioni svolte dalle pubbliche amministrazio-
ni, dalle Regioni e dagli Enti Locali». Inoltre, in fase di ela-
borazione del Piano le amministrazioni centrali, le Regioni e
gli Enti Locali dovranno coordinarsi con l’Osservatorio «af-
finché venga adottata ogni misura volta a qualificare
l’impegno finanziario per perseguire le priorità e le azioni
previste dal Piano stesso» e ai fini dell’adozione del Piano è
richiesto il parere della Conferenza Unificata. Tali previsioni
risultano essere fondamentali nell’ottica di riuscire a garan-
tire un efficace raccordo tra politiche locali e nazionali.
Infatti, in seguito alla modifica del Titolo V, parte II della
Costituzione157 e del conseguente trasferimento di compe-
tenze dallo Stato centrale alle Regioni in molte materie tra
cui le politiche sociali, comprese le stesse politiche per
l’infanzia. Si era sollevata la questione del se e quale valo-
re avesse per le Regioni il suddetto Piano Nazionale Infan-
zia, considerato che lo strumento del Piano Nazionale In-
fanzia era stato introdotto dalla Legge 451/1997, antece-
dente la citata riforma della Costituzione, e mai modificata.
Inoltre anteriormente alla riforma della Costituzione, era
stata varata anche la Legge 328/2000, la quale andava ad
“assorbire” la Legge 285/1997 che, fino a quel momento,
costituiva il principale strumento attuativo del Piano Nazio-
nale stesso e prevedeva un Fondo vincolato (cd. Fondo Na-
zionale Infanzia) per la promozione dei diritti e delle oppor-
tunità dell’infanzia e dell’adolescenza, mentre la Legge
328/2000 ha istituito un unico Fondo Nazionale per le Poli-
tiche Sociali158, in cui non sono previste quote vincolate
per l’infanzia e l’adolescenza, se non per le 15 città riserva-
tarie ex Legge 285/1997159.
In questo contesto risulta dunque necessario, un interven-
to di armonizzazione del dettato della Legge 451/1997 con
quanto previsto dalla Legge 328/2000 e dalla successiva
riforma della Costituzione, prevedendo ad esempio un
meccanismo che permetta di integrare le previsioni del fu-
turo Piano Nazionale Infanzia nei Piani regionali, anche at-
traverso un effettivo processo di coordinamento in sede di
Conferenza Stato-Regioni in modo da armonizzare lo stru-
mento di pianificazione nazionale con quelli regionali.
Per quanto riguarda l’elaborazione del Piano Nazionale In-
fanzia si segnala che il 31 ottobre 2007, in occasione della
prima riunione dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e
l’adolescenza, il Comitato tecnico-scientifico del Centro na-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
25
156 DPR 103/2007 «Regolamento recante riordino dell’Osservatorio na-
zionale per l’infanzia e l’adolescenza e del Centro nazionale documenta-
zione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza».
157 Cfr. Legge Cost. 3/2001.
158 Art. 2 Legge 328/2000.
159 Art. 2 Legge 285/1997.
12. Il Comitato ONU prende atto che il nuovo Piano
d’azione per l’infanzia sta per essere discusso dal Parla-
mento e che lo Stato parte prende in considerazione la
possibilità di elaborare un ulteriore piano per
l’attuazione di A World Fit for Children (un mondo a
misura di bambino) il documento finale della Sessione
Speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
dedicata all’infanzia (UNGASS). Il Comitato esprime
preoccupazione per le possibili discrepanze tra i due
summenzionati piani.
13. Il Comitato raccomanda che l’Italia:
(a) solleciti l’analisi del Piano nazionale d’azione al fine
della sua adozione;
(b) garantisca l’armonizzazione tra il Piano nazionale
d’azione e il piano per l’attuazione del documento
finale dell’UNGASS;
(c) controlli in modo efficace, valuti i progressi rag-
giunti e verifichi l’impatto sui bambini delle politi-
che adottate.
(CRC/C/15/Add. 198, punti 12 e 13)
10. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di rafforza-
re il suo impegno per finalizzare, adottare ed attuare, in
consultazione e cooperazione con i principali attori in-
teressati, inclusa la società civile, un piano nazionale
d’azione per l’infanzia, predisponendo una specifica al-
locazione di risorse e un adeguato meccanismo di moni-
toraggio per la sua piena attuazione.
(CRC/C/OPSC/ITA/CO/1, punto 10)
zionale di documentazione e analisi per l’infanzia e
l’adolescenza ha proposto uno Schema di Piano di Azione
per l’infanzia e l’adolescenza160, in cui sono illustrate le ca-
ratteristiche che il nuovo Piano dovrebbe presentare. Tra
queste si ritiene importante evidenziare la previsione di un
sistema di monitoraggio del benessere dell’infanzia e del-
l’adolescenza, che si potrebbe attuare anche attraverso la
realizzazione di una mappa dei servizi e degli interventi ef-
fettuati a livello nazionale. Nello schema risulta essere valo-
rizzata la partecipazione dei bambini e degli adolescenti e
viene presa in debita considerazione anche la dimensione
di genere. Tra le aree tematiche considerate prioritarie si ri-
levano il contrasto alla povertà, inteso in senso ampio, ov-
vero comprensivo delle azioni di prevenzione della disper-
sione scolastica e dello sfruttamento del lavoro minorile,
nonché l’attenzione per i minori appartenenti ai gruppi più
vulnerabili (minori stranieri, accompagnati e non, richieden-
ti asilo, rom, sinti e camminanti), tutte ampliamente trattate
nel presente e nei precedenti Rapporti CRC. Infine, secondo
il cronogramma presentato, il Piano avrebbe dovuto essere
predisposto entro la fine del mese di maggio 2008, adotta-
to a giugno e iniziato ad essere attuato a luglio.
5. IL GARANTE NAZIONALE
PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA
Nonostante le innumerevoli sollecitazioni che ormai da anni
sono rivolte in tal senso, da più parti162, all’Italia, in merito
alla necessità che essa si doti al più presto di un’Istituzione
nazionale indipendente per la promozione e la tutela dei di-
ritti dell’infanzia e dell’adolescenza, nemmeno nel corso
della XV Legislatura il Parlamento italiano è giunto all’ap-
provazione del disegno di legge sulla creazione del Ga-
rante per l’infanzia e l’adolescenza. Resta ancora disatteso
perciò, non solo il dettato costituzionale163, ma anche le di-
sposizioni contenute in numerosi documenti nazionali, eu-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
26
4orapportodiaggiornamento2007-2008
160 Disponibile sul sito dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e
l’adolescenza
www.solidarietasociale.gov.it/NR/rdonlyres/FE602B64-49C7-45E0-
9B6E-A6ED271D31A6/0/TelaioPianoazione31ottobre2007pdf.pdf
161 La traduzione di tale documento a cura di UNICEF Italia è disponibile
su www.unicef.it/flex/FixedPages/IT/Pubblicazioni.php/L/IT/Item/53/
frmIDCategoria/5/frmIDArgomento/
162 Cfr. Osservazioni Conclusive indirizzate all’Italia dal Comitato ONU sui
diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel 2003, punti 14 e 15 e nel 2006,
punto 17; Osservazioni Conclusive indirizzate all’Italia dal Comitato ONU
sull’eliminazione della discriminazione razziale nel 2008, punto 13; Os-
servazioni conclusive indirizzate all’Italia dal Comitato ONU contro la tor-
tura nel 2007, punto 8. Anche l’UNICEF Italia, il Coordinamento PIDIDA,
l’Accademia Nazionale dei Lincei, il Gruppo CRC, i Garanti regionali per i
diritti dell’infanzia del Veneto,del Friuli Venezia Giulia e delle Marche
hanno a più riprese organizzato incontri e presentato proposte per solle-
citare l’approvazione dei disegni di legge per l’istituzione del Garante na-
zionale per l’infanzia e l’adolescenza.
163 Cfr. art. 31 comma 2 Cost.
Il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Governo di adottare quanto prima il Piano Nazionale
Infanzia, secondo le indicazioni contenute nel DPR
103/2007.
di parte di un’istituzione nazionale indipendente per i
diritti umani (Cfr.: Commenti Generali n. 2 del Co-
mitato sul ruolo delle istituzioni indipendenti per i di-
ritti umani) e in conformità con quanto stabilito dai
Principi di Parigi relativi allo status delle istituzioni na-
zionali per la promozione e protezione dei diritti uma-
ni (Risoluzione dell’Assemblea Generale 48/134) per
monitorare e valutare i progressi nell’attuazione della
Convenzione. La struttura dovrebbe essere accessibile
ai bambini, dotata del potere di ricevere ed effettuare
accertamenti sui ricorsi relativi a violazioni dei diritti
del bambino con la dovuta sensibilità, e dotata dei
mezzi necessari per la loro efficace attuazione. Il Co-
mitato, inoltre, raccomanda lo sviluppo di appropriati
raccordi tra le istituzioni nazionali e regionali.
(CRC/C/15/Add. 198, punti 14 e 15)
17. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di com-
pletare l’impegno per istituzione nazionale indipen-
dente competente per promozione diritti infanzia e
che tale istituzione nazionale sarà facilmente accessi-
bile ed attivabile per tutti i minori. Il Comitato ri-
chiama l’attenzione dell’Italia sul Commento Genera-
le n. 2 (CRC/GC/2002/2161) sul ruolo delle istituzio-
ni nazionali indipendenti per i diritti umani, per la
protezione e promozione dei diritti dell’infanzia.
(CRC/C/OPSC/ITA/CO/1, punto 17)
14. Il Comitato ONU prende nota dell’istituzione di
Uffici del difensore pubblico dell’infanzia in quattro
Regioni e degli sforzi compiuti affinché venga istitui-
to un difensore per l’infanzia a livello nazionale (tra
cui i disegni di legge pendenti in Parlamento), ma ve-
de con preoccupazione la mancanza di un meccani-
smo centrale indipendente per il controllo dell’appli-
cazione della Convenzione, incaricato di ricevere e in-
dirizzare i ricorsi individuali di bambini ai livelli re-
gionali e nazionali.
15. Il Comitato ONU raccomanda che l’Italia com-
pleti i suoi sforzi per istituire un ombudsman naziona-
le indipendente per l’infanzia, se possibile, in qualità
ropei ed internazionali164 e nei due principali trattati dedicati
ai diritti dell’infanzia ratificati dal nostro Paese e, quindi, a tut-
ti gli effetti, leggi dello Stato: la Convenzione ONU sui diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza (artt. 4 e 18)165 e la Convenzio-
ne Europea di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori
(art. 12)166.
Come già avvenuto nelle precedenti Legislature, anche duran-
te la XV Legislatura sono proliferati i disegni di legge in mate-
ria167, sia alla Camera che al Senato, per la totalità dei quali
però la discussione in aula non è mai iniziata, essendosi il loro
iter arrestato ancor prima, in seno alle commissioni parlamen-
tari competenti. In alcuni casi, peraltro, i suddetti disegni di
legge non sono stati nemmeno assegnati alle commissioni
competenti o l’esame in seno ad esse non è mai iniziato.
Si ricorda come l’istituzione del Garante nazionale per
l’infanzia e l’adolescenza fosse uno dei punti chiave del pro-
gramma del Governo, al momento delle elezioni politiche del
2006168. La stessa Commissione parlamentare per l’infanzia,
nella persona della Presidente, ha più volte ribadito pubblica-
mente169 la necessità di raggiungere l’obiettivo dell’approva-
zione del disegno di legge istitutivo del Garante entro il termi-
ne della Legislatura, sottolineando che se ciò non fosse avve-
nuto, la responsabilità sarebbe stata attribuita ad una vera e
propria mancanza di volontà in tal senso da parte delle forze
politiche che siedono in Parlamento170. Recentemente anche il
Ministro della Solidarietà Sociale ha denunciato la mancanza
di volontà e la conseguente dovuta assunzione di responsabi-
lità, da parte del Parlamento, relativamente alla mancata ap-
provazione del disegno di legge in materia171.
Destino identico ha incontrato il disegno di legge che prevede-
va la creazione di una Istituzione nazionale indipendente per
i diritti umani 172, la cui mancata approvazione è stata recente-
mente ricordata all’Italia sia dal Comitato ONU contro la tortu-
ra173, sia dal Comitato ONU sull’eliminazione della discrimina-
zione razziale174. Il Governo italiano si era, peraltro, solenne-
mente impegnato in questo senso di fronte all’Assemblea Ge-
nerale delle Nazioni Unite al momento di candidarsi a membro
del nuovo Consiglio ONU per i diritti umani175.
Più attiva la situazione sul fronte regionale: nel corso del 2007
altre due Regioni, il Lazio ed il Molise, hanno formalmente no-
minato un Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza,
mentre la Provincia Autonoma di Trento ne ha approvato la leg-
ge istitutiva176. Al momento della stesura del presente Rappor-
to, dunque, un Garante per l’infanzia e dell’adolescenza è stato
nominato nelle Marche, nel Friuli Venezia Giulia, in Veneto, in
Lazio, in Molise. A livello regionale persiste però la disomoge-
neità tra le leggi istitutive del Garante, nonostante le istanza
portate avanti dalle associazioni che lavorano su questo tema
in merito all’esigenza di uniformità177, sia in merito alla struttu-
ra ed alla composizione, sia in merito ai compiti. Si segnale al-
tresì l’approvazione, sporadica, di Garanti dei diritti dell’infan-
zia e dell’adolescenza a livello provinciale178.
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
27
164 Cfr. con quanto previsto ne: il Piano Nazionale Infanzia 2002-2004; il
documento dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia del 2004 «Documen-
to finale del Gruppo di lavoro dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia sul-
l’istituzione del Garante per l’infanzia»; il documento internazionale «Un
mondo a misura di bambino» del 2002, punto 31/b; i Principi di Parigi (Ri-
soluzione Assemblea Generale ONU 48/134 del 1993); il Commento Gene-
rale n. 2 del 2002 del Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adole-
scenza sul tema delle Istituzioni nazionali indipendenti per i diritti umani in
materia di promozione e protezione dei diritti dell’infanzia, le Linee Guida
della Rete Europea dei Garanti per l’Infanzia e l’Adolescenza (ENOC).
165 Ratificata con Legge176/1991.
166 Ratificata con Legge 77/2003.
167 Si vedano i disegni di legge della XV Legislatura: C. 305, C. 697, C.
1436, C. 1557, C. 1580, C. 2992, S. 192, S. 660, S. 1280, S. 1304, S.1380, S.
1754, S. 1838.
168 Cfr. «Per il bene dell’Italia», Programma di Governo 2006-2011,
pagg.73-74, disponibile sul sito www.unioneweb.it/wp-con-
tent/uploads/documents/programma_def_unione.pdf
169 In occasione del Seminario di studio del 25 giugno 2007 Verso un Ga-
rante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza organizzato dalla Commis-
sione parlamentare per l’infanzia e da UNICEF Italia, i membri della Com-
missione si erano impegnati a far pressione affinché entro la fine della XV
Legislatura venisse approvato il ddl istitutivo del Garante nazionale per
l’infanzia e l’adolescenza.
170 Nell’articolo intitolato «Infanzia, la lunga strada per il Garante» pubbli-
cato sul quotidiano l’Unità il 7 agosto 2007 Anna Serafini, parlando del di-
segno di legge da lei stessa presentato in materia, aveva dichiarato «[..]
per il ruolo di cui sono investita [Presidente della Commissione parlamen-
tare per l’infanzia] , posso dichiarare che, se verranno frapposti ostacoli
immotivati [all’approvazione della figura del Garante] li renderò noti pub-
blicamente perché non sono più giustificabili ulteriori perdite di tempo».
171 Dichiarazione resa dal Ministro Paolo Ferrero lo scorso 5 Marzo 2008,
in occasione della sua partecipazione al convegno della Sinistra-
L’Arcobaleno sull’Infanzia negata e ripresa dall’Agenzia ANSA: «Non esse-
re riusciti a presentare una legge sul Garante per l’infanzia e
l’adolescenza in questa legislatura è “scandaloso” […]. In questo caso si è
trattato di ignavia più che di impossibilità, perché non c'era contrasto po-
litico a riguardo».
172 Nell’aprile 2007 la Camera aveva approvato il disegno di legge C. 626
«Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la prote-
zione dei diritti umani e la tutela dei diritti delle persone detenute o pri-
vate della libertà personale», ma il testo, al termine della XV Legislatura,
attendeva ancora di essere discusso nell’altro ramo del Parlamento ( con
numerazione S. 1463).
173 Si vedano: Osservazioni Conclusive indirizzate all’Italia dal Comitato
ONU contro la tortura nel 2007, punto 8 e Osservazioni Conclusive indi-
rizzate all’Italia dal Comitato ONU sull’eliminazione della discriminazione
razziale nel 2008, punto 13. Traduzione a cura del Comitato per la Pro-
mozione e Protezione dei Diritti Umani.
174 Cfr. Osservazioni Conclusive indirizzate all’Italia dal Comitato ONU
sull’eliminazione della discriminazione razziale, 72esima Sessione, 18
Febbraio – 7 Marzo 2008, punto 13.
175 Documento A/61/863 disponibile on-line www.un.org/ga/61/elect/hrc/
176 Si veda legge provinciale 10/2007 della Provincia Autonoma di Trento.
177 UNICEF Italia ha elaborato, con il coinvolgimento dei tre Garanti regio-
nali per l’infanzia allora esistenti in Friuli Venezia Giulia, Marche e Vene-
to, un documento che vuole essere un modello di disegno di legge
uniforme sull’istituzione del Garante per l’infanzia e l’adolescenza a livel-
lo regionale, disponibile su
www.unicef.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/972 .
178 Ad esempio, la Provincia di Foggia; per maggiori informazioni si veda
www.dirittominorile.it/news/news.asp?id=718
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
28
4orapportodiaggiornamento2007-2008
Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto e della
conseguente situazione di stallo che da anni si pro-
trae su questo tema, il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Parlamento, di approvare la legge istitutiva del Ga-
rante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, con carat-
teristiche di autonomia e indipendenza, conformemente
all’attuazione del Commento Generale n. 2 del Comitato
ONU e a quanto previsto dagli strumenti internazionali
ratificati nel nostro Paese e da quelli europei cui l’Italia
è vincolata a dare immediata applicazione;
2. Ai Consigli Regionali, che non hanno ancora legiferato
in materia, di adottare leggi istitutive del Garante regio-
nale uniformi, prevedendo e assicurando un adeguato
coordinamento con la futura figura del Garante naziona-
le; agli organi regionali che in base alle leggi regionali
istitutive del Garante devono procedere alla nomina, di
provvedervi senza indugio;
3. Alla Conferenza Stato-Regioni, di organizzare quanto
prima un momento di incontro tra lo Stato, le Regioni, le
Istituzioni, il Terzo Settore, i ragazzi stessi, per fare il
punto sull’evoluzione delle varie normative sul Garante
e raccogliere, comparare e monitorare le nascenti leggi
a livello regionale sulla tematica.
La recente nomina del Garante per l’infanzia e
l’adolescenza della Regione Lazio
Il Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione
Lazio è stato istituito con la Legge Regionale 38/2002.
Negli ultimi mesi del 2007 il Garante ha iniziato ad
operare individuando le seguenti priorità d’intervento:
a) vigilare sull’applicazione nel territorio regionale del-
la Convenzione dei diritti del fanciullo e delle altre
convenzioni internazionali, per diffondere i diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza, promuovere pro-
grammi di sensibilizzazione e di formazione, attiva-
re analisi e studi, nonché monitorare provvedimenti
legislativi e deliberativi promulgati dalle varie am-
ministrazioni locali sul tema;
b) entrare nel merito delle politiche d’intervento degli
Enti Locali e della Regione sia per orientare e verifi-
care le risorse destinate ai servizi per l’infanzia e per
l’adolescenza, sia per promuovere l’adozione di ade-
guati standard di intervento a favore dei minori;
c) promuovere e animare una rete regionale composta
dai principali stakeholders e attori sociali coinvolti
nella tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, al fine di
garantire la realizzazione di azioni di sistema in gra-
do di avere un impatto concreto e misurabile sul
territorio e rispondente ai bisogni effettivi del target
dei minori.
d) dare voce alle diverse istanze di cui si compone
l’universo dell’infanzia e dell’adolescenza nel Lazio,
anche attraverso il coinvolgimento diretto dei mi-
nori in forme di partecipazione che consentano loro
di incidere realmente nelle dinamiche e nei processi
decisionali che li riguardano.
e) adottare delle strategie di comunicazione che gioca-
no su due tavoli che necessariamente devono incro-
ciarsi: da un lato il contatto diretto con il target, an-
che attraverso la predisposizione di una piattaforma
web accessibile e focus consultivi, dall’altro
l’advocacy sui temi dell’infanzia in seno alle istitu-
zioni, alle agenzie di socializzazione primarie e ai va-
ri livelli della società.
Nella consapevolezza che nella complessa realtà laziale
la tutela dei diritti dei minori passi attraverso una forte
convergenza delle politiche pubbliche sul tema, il Ga-
rante sta puntando alla ricognizione delle best practices
e dei modelli socio educativi locali per far sì che il tes-
suto metropolitano non orienti in modo assoluto le di-
rettrici regionali di sviluppo. Partire dalle diseguaglian-
ze e dalle differenti aree problematiche per arrivare a
promuovere la qualità delle azioni sul territorio e far sì
che il tema dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
non ricada soltanto nel quadro delle emergenze sociali,
ma nella “normalità” dell’intervento pubblico.
Promuovere diritti piuttosto che limitarsi a denunciare
le violazioni degli stessi: valorizzare la qualità degli in-
terventi per incidere in modo profondo sulla realtà lo-
cale e per contestualizzare la dimensione dell’infanzia e
dell’adolescenza in un sistema di valori legati agli stili
di vita quotidiani, piuttosto che come problema da af-
frontare solo in situazioni estreme di disagio.
La realizzazione di queste priorità passa per l’adozione
di un metodo di lavoro costante e ‘sotto traccia’, per
far parlare le migliaia di bambini e ragazzi del Lazio
ponendosi innanzitutto in loro ascolto e cedendo la ri-
balta alla rappresentazione della loro età e dei loro in-
teressi più vivi.
A cura di Francesco Alvaro,
Garante per l’infanzia del Lazio
6. RACCOLTA DATI I bambini e gli adolescenti residenti in Italia al primo
gennaio 2007 erano 10.089.141, di cui 666.393 di origine
straniera179. La maggioranza sono di sesso maschile180 e
sono residenti nel Nord Italia181.
Come già evidenziato nel 2°Rapporto CRC182, e nel 3°Rap-
porto CRC183 si rileva una carenza del sistema italiano di
raccolta dati sui minori in diversi contesti, e spesso proprio
in relazione ai gruppi di minori particolarmente vulnerabili
(es. rom, vittime di tratta, vittime di abuso, minori fuori dal-
la famiglia, minori adottabili). Come già sottolineato, pur ri-
conoscendo la difficoltà di monitoraggio e raccolta dati re-
lativamente a fenomeni complessi e mutabili (ad esempio,
la tratta o la prostituzione), si continua a denunciare una
carenza dati anche relativamente a situazioni ben precise,
in cui spesso esiste un’espressa previsione di legge per
l’istituzione e l’aggiornamento di banche dati mai attivate
(ad esempio, la banca dati per minori dichiarati adottabili).
In particolare, nel presente Rapporto emergono alcune cri-
ticità di seguito evidenziate e riassunte.
La mancanza di dati costituisce un impedimento al pieno
conseguimento del diritto alla famiglia per i bambini e gli
adolescenti in stato di abbandono e per la predisposizione
di una programmazione mirata degli interventi a loro rivol-
ti. Al momento della stesura del presente rapporto non è
ancora stata realizzata la banca dati nazionale dei minori
dichiarati adottabili e dei coniugi aspiranti all’adozione
nazionale e internazionale, pur essendo prevista dall’art.
40 Legge 149/2001 e disposto che dovesse essere realizza-
ta entro 180 giorni dall’emanazione della stessa Legge. Per
quanto riguarda l’adozione nazionale, non sono disponibi-
li dati aggiornati e dai dati più recenti disponibili relativi al
2005184, emerge che a fronte dell’apertura di 2.752 proce-
dimenti di accertamento sullo stato di adottabilità sono
stati dichiarati adottabili 1.168 minori e sono stati pronun-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
29
16. Il Comitato ONU apprezza gli sforzi fatti per mi-
gliorare la raccolta di dati, in particolar modo attra-
verso l’istituzione del Centro nazionale di documen-
tazione ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza. Tutta-
via, il Comitato continua a rilevare la carenza di dati
in alcune aree previste dalla Convenzione. Il Comita-
to è altresì preoccupato per il fatto che i dati vengano
ancora raccolti sulla base di un approccio incentrato
sulla famiglia piuttosto che sulla base di un approccio
che prenda in considerazione il bambino come singo-
lo individuo. Il Comitato esprime, inoltre, preoccupa-
zione per la mancanza di coerenza tra i diversi enti in-
caricati della raccolta dati e tra le varie Regioni.
17. In linea con le precedenti raccomandazioni, il Co-
mitato reitera la raccomandazione che l’Italia:
(a)rafforzi il proprio meccanismo per la raccolta e
l’analisi sistematica dei dati disaggregati su tutti gli
individui al di sotto dei 18 anni, per tutte le aree
previste dalla Convenzione, con particolare atten-
zione ai gruppi maggiormente vulnerabili, tra cui i
bambini disabili, i bambini rom, i bambini appar-
tenenti a famiglie di immigrati, i bambini non ac-
compagnati, i bambini vittime di violenza e i bam-
bini appartenenti a nuclei familiari economica-
mente e socialmente svantaggiati;
(b)utilizzi questi indicatori e dati in modo efficace per
la formulazione e valutazione delle politiche e dei
programmi per l’applicazione e il monitoraggio
della Convenzione;
(c)assicuri coerenza nel processo di raccolta dati da
parte delle varie istituzioni, a livello nazionale e re-
gionale
(CRC/C/15/Add. 198, punti 16 e 17)
13. Apprezzando l’istituzione di un Osservatorio sul
fenomeno e sulle politiche di prevenzione e di repres-
sione del 2003, il Comitato ONU nota con preoccu-
pazione l’assenza di un sistema centralizzato per la
raccolta e l’analisi dei dati principali, come rilevato
dall’Italia.
14. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di raffor-
zare il suo impegno nella raccolta sistematica di dati
quantitativi e qualitativi in tutti i settori interessati
dal Protocollo facoltativo. Tali dati dovranno essere
utilizzati per stimare i progressi e pianificare i pro-
grammi e le politiche atte ad attuare ulteriormente il
Protocollo facoltativo.
(CRC/C/OPSC/ITA/CO/1, punti 13 e 14)
179 Fonte: ISTAT, http://demo.istat.it/strasa2007/index.html
180 I bambini e gli adolescenti di sesso maschile residenti in Italia ri-
sultano essere 5.186.523, di cui 346.997 di origine straniera, mentre
le bambine e le adolescenti 4.901.618, di cui 319.296 di origine stra-
niera. Fonte: ISTAT, cit.
181 Risultano essere 4.251.827 i residenti al Nord (di cui 2.454.141 in
Italia Nord-occidentale e 1.797.686 in Italia Nord –orientale),
1.834.012 i residenti al Centro e 4.002.302 i residenti al Sud e nelle
Isole (e in particolare, 2.751.434 nel meridione e 1.250.868 in Italia in-
sulare). Sono residenti al Nord anche la maggioranza dei minori di ori-
gine straniera: 444.218 (di cui 252.321 in Italia Nord-occidentale), ri-
spetto a 156.493 residenti al Centro e 66.582 in Italia meridionale e
nelle Isole (e in particolare, 45.941 in Italia meridionale).
182 2° Rapporto CRC, 2006, pagg. 23-24.
183 3° Rapporto CRC, 2007, pagg. 24-25.
184 La Famiglia in Italia dossier statistico a cura del Dipartimento per le
Politiche della Famiglia e dell’ISTAT, disponibile sul sito www.istat.it
ciati 947 decreti di affidamento preadottivo e 1.150 adozio-
ni nazionali. Rispetto alle adozioni internazionali, grazie al
rapporto pubblicato semestralmente dalla Commissione
per le Adozioni Internazionali (CAI) è invece disponibile il
numero dei minori stranieri adottati nel 2007, pari a 3.420
bambini/e, ovvero il 7,3% in più rispetto al 2006185. Rispet-
to ai dati sui coniugi aspiranti all’adozione nazionale e in-
ternazionale, che risalgono al 2005, si rileva che hanno
adottato il 7,7% delle coppie che hanno presentato do-
manda di adozione nazionale e il 37% di quelle che hanno
ottenuto l’idoneità all’adozione internazionale186.
Si segnala la mancanza di dati aggiornati anche per quan-
to riguarda l’affidamento familiare. I minori in affidamento
familiare al 31 dicembre 2005, secondo quanto riportato
nella comunicazione ricevuta dal Dipartimento per le Politi-
che per la Famiglia erano 13.159, di cui 1.664 di cittadinanza
straniera187. Tuttavia tali dati non comprendono quelli della
Regione Sicilia, quelli dell’Emilia Romagna risalgono al 31
dicembre 2003, mentre quelli del Lazio, oltre a riferirsi al 31
dicembre 2003, non comprendono quelli relativi agli affida-
menti giudiziari del Comune di Roma. Non sono infine di-
saggregati in affidamenti a terzi e affidamenti ai parenti.
Infine, secondo i dati più recenti sempre risalenti al 2005,
sarebbero 11.543 i minori presenti nelle 2.226 strutture
residenziali socio-assistenziali operanti al 31 dicembre
2005. Tuttavia, «il dato specifico sui minori è da ritenersi
sottostimato perché non tiene conto dei minori accolti nei
Servizi siciliani, dato estremamente importante se si consi-
dera che la sola Sicilia ha 216 Servizi residenziali che accol-
gono minori, pari a circa il 10% del totale nazionale»188.
Non si conosce neanche l’esatto numero di bambini e ra-
gazzi che sono separati da uno o da entrambi i genitori in
quanto detenuti189, dato che l’amministrazione penitenzia-
ria non registra in maniera sistematica se un detenuto ha
figli. Si stima che in Italia siano circa 70-75.000190. Certo è
invece che a fine 2007 erano ancora 70 i bambini detenuti
insieme alle loro madri erano ancora 70191.
Per quanto riguarda il diritto alla salute, si ritiene opportu-
no evidenziare nuovamente che non esistono dati certi sul
numero dei bambini e bambine in età 0-5 le cui patologie
si connotano, a fronte degli accertamenti in itinere, in di-
sabilità. Infatti le statistiche ufficiali ignorano questa fa-
scia d’età e prendono in considerazione i bambini e gli
adolescenti con disabilità solo a partire dai 6 anni, cioè da
quando l’ingresso a scuola fa emergere la condizione psi-
co-fisica (con comprovate certificazioni).
Per quanto concerne i nidi , dal Rapporto emerge
l’incompletezza delle informazioni disponibili, soprattutto
di natura quantitativa, sui, come evidenziato dal fatto che
l’ISTAT non rileva dati sugli asili-nido dal 1992192. Dati più
aggiornati sono forniti da un’indagine censuaria sui nidi e
sui servizi integrativi rivolti ai bambini 0-3 anni effettuata
dal Centro nazionale di documentazione e analisi per
l’infanzia e l’adolescenza nel 2000, che né ha fotografato
stato e funzionamento193.
Rispetto al diritto all’educazione, si segnala che nell’anno
scolastico 2007/2008 erano iscritti 7.742.294 alunni. An-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
30
4orapportodiaggiornamento2007-2008
185 Si veda, Commissione per le Adozioni Internazionali Rapporto Statistico
sui fascicoli dal 16.11.2000 al 31.12.2007
www.commissioneadozioni.it
186 La Famiglia in Italia dossier statistico a cura del Dipartimento per le Poli-
tiche della Famiglia e dell’ISTAT, cit.
187 Dati forniti dalle Regioni e dalle Province Autonome, elaborati dal Cen-
tro nazionale documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza e co-
municati dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia al Gruppo CRC ai
fini della stesura del presente Rapporto.
188 Belotti Valerio, Coordinatore del Centro nazionale di documentazione e
analisi per l’infanzia e l’adolescenza, nella pubblicazione Affetti speciali di-
stribuita al Convegno nazionale Affido: legami per crescere del 21-22 feb-
braio 2008.
189 Nelle statistiche ufficiali del Dipartimento dell’Amministrazione Peniten-
ziaria del Ministero della Giustizia (disponibili anche sul sito
www.giustizia.it), viene sempre riportata anche una tabella relativa al nu-
mero di figli della popolazione detenuta in Italia (a fine 2007 il dato ufficia-
le era di 16.834 persone detenute con figli), ma in nota alla tabella viene ri-
portata la seguente frase: «L’indagine è limitata ai soli soggetti di cui è no-
to lo stato di paternità/maternità. Sono quindi esclusi non solo coloro che
non hanno figli ma anche gli individui per i quali il dato non è disponibile».
190 La stima esatta per l’Italia era di 73.490 detenuti con figli entrati in car-
cere nel 2005. Fonte: studio Eurochips e Centro studi sulle carceri, 2005,
in Bambinisenzasbarre Figli di genitori detenuti, prospettive europee di
buone pratiche Milano, 2007.
191 Disponibili sul sito www.giustizia.it, sezione Pianeta carcere, Statistiche.
192 L’ISTAT ha rilevato alcuni dati sui nidi nella Seconda Indagine censua-
ria sugli interventi ed i servizi sociali dei Comuni realizzata nel 2004 (e
preceduta nel 2003 dalla Prima Indagine censuaria). Si tratta di un focus
sulla spesa sostenuta dai Comuni su vari servizi/interventi suddivisi per
aree di utenza. Tra questi figurano i nidi la cui gestione risulta una delle
principali voci di spesa per l’assistenza sociale erogata a livello locale ai
cittadini: infatti, il peso degli asili nido è circa del 16% sulla spesa sociale
impegnata complessivamente dai comuni e dalle associazioni ed è circa
del 40% sulle risorse destinate alla tutela dei minori e al supporto della
famiglia nella crescita dei figli. In ogni caso se si considerano gli utenti de-
gli asili nido in rapporto ai bambini da zero a due anni residenti in Italia
nel 2004, si evidenzia una capacità ricettiva ancora molto limitata: in me-
dia hanno beneficiato del servizio pubblico 897 bambini su 10.000, con
forti disparità territoriali. Tale analisi verrà confermata nel corso di questo
paragrafo, in cui si utilizzeranno dati ed elaborazioni disponibili in modo
specifico sui soli nidi.
193 Al di là della citata indagine del Centro nazionale per l’infanzia e
l’adolescenza, è disponibile anche uno studio recente realizzato dal
CNEL e dall’ISTAT sulla maternità e la partecipazione delle donne al
mercato del lavoro, da cui è possibile risalire in modo indiretto alla
fruibilità da parte delle famiglie dei servizi per l’infanzia ed alle diffi-
coltà ancora diffuse. Da segnalare, infine, i dati ISTAT provenienti dal
censimento, che forniscono il numero dei bambini tra 0 e 5 anni che ri-
sultano frequentare la scuola. A differenza, però delle altre rilevazioni,
queste ultime riguardano non i servizi, ma gli individui; e quindi sono
di difficile comparazione con le mappature più recenti centrate sulle
prestazioni fornite.
nualmente vengono aggiornati i dati sulla presenza di
bambini, bambine e adolescenti sia con disabilità194 sia di
origine straniera195 iscritti a scuola. Nel rapporto del Mini-
stero della Pubblica Istruzione, relativo all’anno scolastico
2007/2008, non sono però disponibili, contrariamente al-
l’anno precedente, i dati riferiti al confronto tra alunne
straniere e popolazione femminile residente per età corri-
spondente e per nazionalità, che permetterebbe di leggere
la scolarizzazione femminile secondo i criteri dell’età e del-
la nazionalità di provenienza. Per quanto riguarda poi la
presenza di bambini, bambine e adolescenti rom nelle
scuole si lamenta la mancanza di dati a livello nazionale,
dato che i dati pubblicati dal Ministero della Pubblica Istru-
zione non tengono conto dell’appartenenza alla minoranza
rom, e non sono dunque disaggregati in tal senso. Alcuni
dati sono stati raccolti e presentati dal Comitato Intermini-
steriale per i Diritti Umani196 in vista dell’incontro con il Co-
mitato ONU sull’eliminazione della discriminazione razzia-
le, secondo cui sarebbero iscritti nella scuola dell’infanzia
2.103 i bambini Rom, di cui circa la metà (1.033 pari al
49%) bambine197. Infine non esiste ancora un’anagrafe
nazionale degli studenti, prevista dal Decreto Legislativo
76/2005, e non è stata ancora attuata in tutte le Regioni
un’anagrafe regionale. Sono invece disponibili i dati relativi
al risultato conseguito al termine dell’anno scolastico
2006/2007 198. Le rilevazioni ISTAT rivelano poi che sono
circa 900.000 i giovani che abbandonano prematuramente
gli studi, ovvero il 20,6% della popolazione tra i 18 e i 24
anni, con un’incidenza nella componente maschile maggio-
re di quella femminile (rispettivamente il 23,9% e il
17,1%)199.
Da un’indagine ISTAT, relativa al 2006, si evidenzia che
pratica sport il 22,5% dei bambini tra i 3 e i 5 anni, il 59,5%
tra i 6 e i 10 anni, il 65% dei ragazzi tra gli 11 e 14 anni e il
61,9% tra i 14 e i 17 anni200. Complessivamente sono circa
3 milioni i giovani tra i 6 e i 18 anni che praticano sport.
Come criticità si osserva però che secondo alcuni studi la
percentuale di giovani tra i 14 e i 19 anni che assumano so-
stanze dopanti oscillerebbe tra l’ 1% e il 3%201, mentre il
15% farebbe uso di integratori. In sport come il ciclismo è
opinione assodata tra gli studiosi che almeno il 50% dei
giovani assuma sostanze dopanti o faccia uso di pratiche
illecite202.
Per quanto concerne i minori e le nuovi media, secondo i
dati ISTAT, rilevati nel febbraio 2007, in Italia i beni tec-
nologici più diffusi sono la televisione, presente nel
95,9% delle famiglie e il cellulare (85,5%). In particolare,
le famiglie italiane con almeno un minorenne che pos-
siedono il personal computer e l’accesso ad Internet so-
no rispettivamente il 71,2% e il 55,7% dei casi. Sono que-
ste famiglie ad avere il più alto tasso di possesso di con-
nessione a banda larga (34%), mentre per loro il telefono
cellulare ha raggiunto i livelli di diffusione della televi-
sione (97,9%). L’11,2% dei bambini di 8 anni possiede già
un telefonino, tra gli 8 e i 13 anni lo possiede il 50%, ma
ben il 46,6% dichiara di averlo ed usarlo per essere sem-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
31
199 Seppur in calo negli ultimi anni (22,9% nel 2004 e 22,4% nel 2005), il
tasso di ragazzi tra i 18 e i 24 anni in possesso della sola licenza media e
definitivamente fuori dai circuiti formativi registrato in Italia è superiore
a quello medio europeo pari al 14,9% e ancora molto lontano dall’obiet-
tivo fissato a Lisbona nel 2000. Analizzando il dato a livello territoriale si
osservano importanti differenze: nella Provincia Autonoma di Bolzano
si registra l’incidenza più bassa (10,5%) seguita dalla Regione Lazio
(12,3%); al contrario i tassi più alti si registrano in Sardegna (28,3%) e
in Sicilia (28,1%). L’indice si traduce con la quota di 18-24enni che
hanno conseguito un titolo di studio al massimo ISCED 2 (scuola se-
condaria di primo grado) e che non partecipano ad attività di educa-
zione o formazione sul totale della popolazione 18-24enne. Fonti: i)
ISTAT Rapporto Annuale 2006; ii) ISTAT Indicatori di contesto chiave e
variabili di rottura gennaio 2008. Si veda oltre capitolo VI, paragrafo
«La dispersione scolastico formativa».
200 ISTAT La pratica sportiva in Italia-Anno 2006 Famiglia e Società.
201 Lucidi F., Zelli A., Mallia L., Grano C., Russo P.M., Violani C. The so-
cial cognitive mechanism regulating adolescents’ use of doping sub-
stances, Journal of Sports Sciences, 2008; 26 (5): 447-456. Tale ricer-
ca è stata effettuata anche nell’ambito del progetto «Primaedoping»
di UISP disponibile sul sito www.asinochidoping.it/primaedoping
202 Salizzoni, F. Generazione EPO: altri 4 giovani pizzicati dalla FCI,.
www.sportpro-archivio.it/doping/2003/06.
194 Nell’anno scolastico 2007/2008 erano 161.686. Nell’anno scolastico
2005/2006 erano 178.220, ovvero il 6% in più dell’anno precedente e il
54% in più rispetto all’anno scolastico 1995/1996. Si veda oltre capitolo
VI, paragrafo «Il diritto all’istruzione per i minori on disabilità».
195 Erano 501.194 gli alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scola-
stico 2006/2007, il 18,1% in più rispetto all’anno precedente. Si veda ol-
tre capitolo VI, paragrafo «Il diritto all’istruzione per i minori stranieri».
196 Nell’ambito delle risposte scritte (written replies) che l’Italia ha dovuto
fornire ai quesiti (list of issues) rivolti da parte del Comitato ONU per
l’eliminazione della discriminazione razziale sulla base del Rapporto gover-
nativo presentato nel 2005. Documenti disponibili sul sito www.ohchr.org
197 Nella scuola primaria sarebbero 6.474 e le bambine rappresentano il
48%, nelle scuole secondarie di I grado i ragazzi Rom sono 3.036 di cui 45%
è rappresentato da ragazze. Infine nelle scuole secondarie di II grado sono
219 i ragazzi Rom iscritti e di questi il 50,2% è rappresentato da ragazze. Si
veda oltre capitolo VI, paragrafo «Il diritto all’istruzione per i minori stranieri».
198 Si rileva che nell’anno 2006/2007 gli alunni stranieri promossi sono
stati il 96,4% nella scuola primaria e il 90,5% nella scuola secondaria di I
grado. Il tasso di promozione è inferiore rispetto a quello degli alunni ita-
liani rispettivamente pari al 99,9% e al 97,3% con una differenza del
3,6% nella scuola primaria e del 6,8% nella scuola secondaria di I livello.
Ma è nella scuola secondaria di II livello che la differenza dei tassi di pro-
mozione tra alunni stranieri e alunni italiani aumenta considerevolmente
fino a raggiungere il 14,4%: gli alunni stranieri promossi sono il 72,% ri-
spetto all’86,4% degli alunni con cittadinanza italiana. Il tasso di insuc-
cesso scolastico degli alunni stranieri, complessivamente pari al 28%, è
così distribuito: negli istituti professionali il 32,1% degli alunni con citta-
dinanza non italiana non viene ammesso all’anno successivo; ciò accade
per il 28,4% negli istituti tecnici, per il 25,5 % negli istituti d’arte e nei li-
cei artistici e, infine, per il 19,7% nei licei classici, scientifici e magistrali.
pre rintracciabile dai genitori, tra 14 e i 19 anni il 90%203. Per
quanto concerne i videogiochi, secondo la rielaborazione di
dati ISTAT di una recente ricerca204, il 65,2% dei bambini e il
38,7% delle bambine tra i 6 e i 10 anni gioca abitualmente
ai videogiochi o a computer, connessi e non alla rete205.
Come già anticipato per quanto concerne i bambini e gli
adolescenti particolarmente vulnerabili si denota infine
una carenza di dati relativi a numerosi dei fenomeni presi in
considerazione nel presente Rapporto.
Per quanto riguarda i minori in situazione di sfruttamento si
segnala che anche nel 2007 non è stata fatta nessuna rile-
vazione sul lavoro minorile per cui continua a mancare una
rappresentazione quantitativa attendibile del fenomeno del
lavoro minorile in Italia. Si ricorda infatti che le ricerche ef-
fettuate hanno condotto a stime del fenomeno molto diffe-
renti, avendo utilizzato criteri di ricerca differenti, ed hanno
posto in luce la difficoltà di pervenire ad un inquadramento
concettuale condiviso.
Si ribadisce poi la necessità di adottare un sistema naziona-
le di monitoraggio delle situazioni di grave disagio, maltrat-
tamento e abuso sessuale che giungono all’attenzione dei
servizi. Un efficiente sistema di monitoraggio permetterebbe
infatti non solo di stimare l’incidenza del fenomeno, ma an-
che di verificarne i costi sociali e di qualificare le politiche so-
ciali e dei servizi a livello locale. Sarebbe pertanto indispen-
sabile che l’amministrazione centrale trovasse un raccordo
con le Regioni per favorire la creazione o il potenziamento
dei sistemi di rilevazione regionali e la loro integrazione sul-
la base di una set minimo e condiviso di variabili.
Invece per quanto riguarda i minori stranieri si segnala che
il Comitato Minori Stranieri raccoglie ed ha fornito i dati di-
saggregati richiesti, ai fine della stesura del presente Rap-
porto, sui minori stranieri non accompagnati (MSNA)206 e
sui soggiorni solidaristici207. Tuttavia si segnala che il Co-
mitato non raccoglie più dati sui minori rumeni e bulgari
che dal 1° gennaio 2007 sono cittadini comunitari, e pertan-
to i dati a disposizione sono parziali. In positivo invece si
evidenzia che il Ministero dell’Interno abbia a gennaio
2007, per la prima volta, pubblicato i dati relativi agli sbar-
chi di minori stranieri sulle coste meridionali italiane. Si
sottolinea però la necessità di un sistema dettagliato ed in-
tegrato di raccolta dati sui minori stranieri non accompa-
gnati richiedenti asilo.
Sono infine disponibili i dati sui minori presenti negli Istituti
Penali Minorili che al 30 giugno 2007 erano 393, secondo i
dati forniti dal Servizio Statistico del Dipartimento Giustizia
Minorile208 di cui 195 italiani (191 maschi, 4 femmine), 198
stranieri (162 maschi, 36 femmine)209.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
32
4orapportodiaggiornamento2007-2008
203 ISTAT Indagine Multiscopo Le tecnologie dell’informazione e della
comunicazione: disponibilità nelle famiglie e utilizzo degli individui -
Anno 2007 gennaio 2008. Seguono il videoregistratore (62%), il letto-
re DVD (56,7%), il personal computer (47,8%) e l’accesso ad Internet
(38,8%). Tra i beni tecnologici presenti nelle famiglie hanno un certo
rilievo anche l’antenna parabolica (28,6%), la videocamera (26,1%), il
decoder digitale terrestre (19,3%) e la consolle per videogiochi
(17,5%).
204 Movimento Difesa del Cittadino Dipartimento Junior Baby Consu-
mers e Nuove Tecnologie. II rapporto sui consumi dei minori Milano,
settembre 2007, pag. 13.
205 Centro Studi Minori e Media Minori in videogioco Firenze, marzo
2006 www.minorimedia.it/minoriinvideogioco.pdf
206 Al 31 dicembre 2007 i minori stranieri non accompagnati erano
7.548. Si veda oltre capitolo VII, paragrafo «I minori stranieri non ac-
compagnati».
207 Si veda oltre capitolo VII, paragrafo «L’accoglienza temporanea di
minori stranieri nell’ambito dei cosiddetti programmi solidaristici».
208 Dati disponibili sul sito www.giustiziaminorile.it/statistica/2007/
IPM_1SEM2007.pdf
209 I detenuti minorenni per le seguenti categorie di reato: contro la
persona 62 soggetti (33 italiani maschi, 29 stranieri maschi), contro il
patrimonio 256 soggetti (123 italiani 119 maschi e 4 femmine, 133
stranieri 100 maschi e 33 femmine), altri reati (stupefacenti, armi, as-
sociazione per delinquere, di stampo mafioso) 75 soggetti (39 italiani
maschi, 39 stranieri 36 maschi e 3 femmine). Si veda oltre capitolo VII,
«minori coinvolti nel sistema della giustizia minorile».
Il Gruppo CRC raccomanda pertanto:
1. All ’Osservator io naz ional e per l ’ infanz ia e
l’adolescenza di inserire nel prossimo Piano Nazionale
Infanzia la previsione di un sistema di rilevazione e rac-
colta dati adeguato, che tenga conto anche e soprattut-
to dei minori appartenenti ai gruppi più vulnerabili, ga-
rantendo un maggior raccordo e uniformità tra gli Enti e
i rispettivi sistemi informativi.
Il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha
individuato quattro principi generali, trasversali a tutti i dirit-
ti espressi dalla CRC, utili anche al fine di fornire un orienta-
mento ai governi per la sua attuazione. Si tratta del principio
di non discriminazione (art. 2 CRC) che stabilisce che tutti i
diritti sanciti dalla CRC si applicano a tutti i bambine, bambi-
ni, ragazze e ragazzi, senza alcuna distinzione; il principio
del superiore interesse del minore (art. 3 CRC) che stabilisce
che, in tutte le decisioni relative ai minori, il superiore inte-
resse del minore deve avere una considerazione preminen-
te; il diritto alla vita, alla sopravvivenza, allo sviluppo (art. 6
CRC) in cui si va oltre il basilare diritto alla vita garantendo
anche la sopravvivenza e lo sviluppo; e il principio di parte-
cipazione e rispetto per l’opinione del minore (art. 12 CRC),
che sancisce il diritto di bambine, bambini, ragazze e ragaz-
zi, di essere ascoltati e che la loro opinione sia presa in debi-
ta considerazione. Nel presente Rapporto, il Gruppo CRC in-
tende monitorare l’applicazione di tali principi nell’ordina-
mento italiano, andando a verificare come è evoluta la situa-
zione rispetto alla partecipazione e all’ascolto dei minori in
ambito giudiziario, ed introducendo un apposito paragrafo
riguardo al principio di non discriminazione.
1. IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMI-
NAZIONE (ART. 2 CRC)
Il Gruppo CRC ha deciso di inserire nel presente Rapporto
un’analisi dell’attuazione in Italia di uno dei principi fonda-
mentali della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e
dell’adolescenza: il principio di non discriminazione.
Secondo il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’ado-
lescenza: «l’attuazione dell’art. 2 deve essere integrata
con l’attuazione di tutti gli altri articoli, assicurando che
tutti i diritti sanciti siano realizzati per tutti i bambini e gli
adolescenti senza discriminazione di alcun tipo»210. Tale
principio è valido per tutti i bambini e gli adolescenti pre-
senti sul territorio italiano, compresi dunque i visitatori, i
rifugiati, gli immigrati regolari e quelli presenti illegalmen-
te. Per l’attuazione di tale principio, sempre secondo il Co-
mitato ONU, è «necessario un ruolo attivo dello Stato nel
prevenire la discriminazione, con misure di attuazione co-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
33
210 UNICEF Implementation Handbook on the Convention on the Ri-
ghts of the Child 2002, pag. 22.
Capitolo II.
PrinciPi GeneraLi DeLLa CRC
20. Il Comitato prende atto dell’istituzione, in Italia,
di svariati Osservatori sulla discriminazione, così co-
me di provvedimenti sulla discriminazione contenuti
nel testo della legge 40/98 (Regolamenti di immigra-
zione e regole sulla condizione degli stranieri). Non-
dimeno il Comitato esprime preoccupazione per il ve-
rificarsi di episodi di razzismo
contro minoranze; l’utilizzo di un linguaggio violento
e aggressivo in interventi pubblici; le disparità nel go-
dimento di diritti economici e sociali, in particolare
nei settori della salute, dell’assistenza sociale, dell’i-
struzione e delle condizioni abitative sperimentate da
bambini poveri, rom, stranieri, minori non accompa-
gnati e disabili.
21. Ai sensi dell’art. 2 e di altri articoli correlati della
Convenzione e in linea con le proprie precedenti rac-
comandazioni (ibid. parr. 17 e 18), il Comitato racco-
manda che l’Italia:
(a)prenda tutte le misure appropriate, come campa-
gne educative rivolte all’opinione pubblica per pre-
venire e combattere atteggiamenti sociali negativi e
promuovere l’applicazione delle raccomandazioni
del Comitato sull’eliminazione della discriminazio-
ne razziale (A/56/18, par. 298/320);
(b)aumenti i propri sforzi per incriminare e applicare
appropriate misure penali nei confronti di ogni at-
to di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia
e intolleranza;
(c)valuti con regolarità e attenzione le disparità esi-
stenti nel godimento dei diritti da parte dei bambi-
ni e prenda, sulla base della valutazione compiuta,
i provvedimenti necessari a prevenire ed eliminare
la discriminazione attraverso misure efficaci;
(d)assicuri che il processo di decentramento favorisca
l’eliminazione delle disparità fra bambini dovute
alla ricchezza delle Regioni di provenienza;
(e)continui a dare priorità, a destinare risorse mirate e
servizi sociali ai bambini appartenenti ai gruppi so-
ciali più vulnerabili;
(f ) studi puntualmente la situazione di bambini stra-
nieri detenuti, assicuri loro il pieno godimento dei
diritti senza discriminazione, soprattutto in merito
all’istruzione, e garantisca il loro diritto all’integra-
zione nella società.
(CRC/C/15/Add. 198, punti 20 e 21)
me la legislazione, il monitoraggio, crescita della consa-
pevolezza, campagne informative, realizzate attraverso
una valutazione delle misure adottate per ridurre la di-
sparità»211. Questo appello a monitorare la concreta effi-
cacia delle misure adottate è un richiamo costante rivolto
dal Comitato ONU agli Stati parte. Il principio di non di-
scriminazione è un principio trasversale, che dovrebbe
essere tenuto in considerazione e applicato in tutti gli
ambiti di vita dei minori: spetta in primo luogo allo Stato,
come recita la Costituzione, alle istituzioni competenti,
sia a livello centrale che locale, garantire l’applicazione di
questo principio e la rimozione degli ostacoli che ne im-
pediscono la piena realizzazione, mettendo altresì a di-
sposizione delle vittime di discriminazioni gli strumenti
adatti a far valere in giudizio il proprio diritto. I bambini e
gli adolescenti sono tra i soggetti maggiormente vulnera-
bili alle discriminazioni, spesso non sono nemmeno a co-
noscenza dei propri diritti in merito, e la situazione non è
favorita anche a causa della mancanza di un Garante na-
zionale per l’infanzia e l’adolescenza. Particolarmente a
rischio di discriminazione sono i bambini/e e ragazzi/e
che si trovano in situazioni di svantaggio o bisogno o
semplicemente le minoranze: i minori stranieri, specie se
non accompagnati, richiedenti asilo o rifugiati; i bambini
disabili e/o ospedalizzati; i bambini che appartengono a
famiglie in situazioni di disagio economico; i bambini nati
al di fuori del matrimonio, i minori appartenenti a mino-
ranze etniche, linguistiche, religiose; i minori rom, sinti e
camminanti; i bambini senza una famiglia; i minorenni
negli istituti penali; senza dimenticare le disuguaglianze
di genere che ancora in qualche ambito si registrano an-
che in Italia.
Nelle Osservazioni Conclusive del Comitato ONU all’Italia
del 2003 viene fornita una panoramica dei principali osta-
coli da rimuovere anche se si sottolinea la difficoltà nel-
l’andare oltre l’analisi della legislazione e delle politiche,
dato che sono le procedure che, spesso, su questo argo-
mento fanno la differenza. La situazione dell’Italia è stata
messa in luce sia nel resoconto della missione intrapresa
nel 2006 nel nostro Paese da parte dello Special Rappor-
teur delle Nazioni Unite in materia di razzismo, discrimi-
nazione razziale, xenofobia e intolleranza212, sia dall’ulti-
mo Rapporto della Commissione del Consiglio d’Europa
contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI) sull’Italia (2006),
che dal Rapporto-ombra 2006 del Network Europeo con-
tro il Razzismo (ENAR). Sono invece del marzo 2008 le
Raccomandazioni e le Osservazioni rivolte all’Italia dal
Comitato ONU sull’eliminazione della discriminazione
razziale (CERD)213, e si evidenzia che lo stesso Comitato
ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha richie-
sto all’Italia di prestare particolare attenzione a questo
documento, per quanto concerne, in particolare la situa-
zione dei bambini e degli adolescenti.
In diversi capitoli del presente Rapporto sono evidenziate
situazioni di discriminazione nei confronti dei bambini e
degli adolescenti, in vari contesti, ma è stato ritenuto op-
portuno affrontare e riprendere in un unico paragrafo i ri-
lievi formulati sull’applicazione del principio di non discri-
minazione dal Comitato ONU, rinviando ai singoli para-
grafi per gli approfondimenti.
Discriminazione dei minori stranieri nell’accesso ai
servizi sanitari
Il Gruppo CRC evidenzia che l’esperienza migratoria può
essere un fattore di rischio per la salute del minore quan-
do non è supportata da idonee politiche di sostegno, in-
clusione e inserimento sociale. In particolare il diritto alla
salute, benché principio costituzionalmente garantito per
tutti, fatica ad affermarsi, in particolare nei confronti di
alcuni gruppi di minori particolarmente vulnerabili, quali i
minori neo-comunitari, i figli di migranti irregolari, non-
ché i minori stranieri non accompagnati.
Per quanto concerne i minori comunitari, il Ministero del-
la Salute il 19 febbraio 2008 ha emanato una Circolare214
per fare chiarezza sulla situazione, anche se permangono
perplessità e preoccupazioni; in risposta alla suddetta
Circolare del Ministero solo le Regioni Marche, Piemonte
e Lazio hanno adottato delle circolari, mentre sarebbe au-
spicabile che tutte le Regioni possano recepire in modo
chiaro le indicazioni fornite dal Ministero della Salute.
Rispetto ai minori figli di migranti irregolari va ricordato
che rimane attualmente precluso l’accesso sia al pediatra
di libera scelta, sia al pediatra di consultorio (le cui man-
sioni non prevedono l’erogazione dell’assistenza sanita-
ria di base ai minori STP).
Per quanto concerne i minori stranieri non accompagnati
residenti presso strutture di accoglienza del territorio, si
segnala che accedono spesso all’assistenza sanitaria con
le forme previste per gli stranieri irregolari in quanto le
4orapportodiaggiornamento2007-2008
34
213 Comitato ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale,
Conclusioni e raccomandazioni 2008, Traduzione italiana a cura del
Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani,
www.comitatodirittiumani.org.
214 Precisazioni sull’assistenza sanitaria ai cittadini comunitari e appli-
cazione della comunicazione del Ministero della Salute del 19 febbraio
2008.Documento consultabile sul sito
www.regione.lazio.it/web2/contents/sanita/argomento.php?vms=24
211 Ibidem pag. 21.
212 Doudou Diène, A/HRC/4/19/Add.4, 15 febbraio 2007.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
ASL rifiutano l’iscrizione al SSN in mancanza del permes-
so di soggiorno per minore età. Tale prassi appare illegit-
tima in quanto è opportuno garantire l’iscrizione fin dal
collocamento presso il centro di accoglienza, anche pre-
cedentemente all’apertura della tutela legale, e sarebbe
pertanto necessario specificare tale circostanza con ap-
posita Circolare del Ministero della Salute.
Discriminazione di bambini e adolescenti con disabilità
Al momento della stesura del presente Rapporto, l’Italia
non ha ancora ratificato la Convenzione ONU sui diritti
delle persone con disabilità215, che appare di particolare
importanza proprio alla luce delle discriminazioni nell’ac-
cesso ai diritti che subiscono i bambini e gli adolescenti
con disabilità che vivono in Italia.
L’integrazione e l’inclusione scolastica sono due impor-
tanti obiettivi per ben 161.686 bambini, bambine e adole-
scenti iscritti a scuola nell’anno scolastico 2007/2008.
L’istruzione dei bambini e degli adolescenti con disabilità
dovrebbe avere come obiettivo l’educazione inclusiva ed
essere quindi finalizzata a favorire «lo sviluppo della per-
sonalità del bambino e dell’adolescente nonché lo svilup-
po delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisi-
che, in tutta la loro potenzialità»216. Si rileva invece la
mancanza di una connessione tra famiglia, scuola e servi-
zi del territorio, tra le attività scolastiche, quelle extrasco-
lastiche e del tempo libero, nell’ottica dell’obiettivo co-
mune di garantire una buona qualità della vita adulta,
quale elemento di riferimento per orientare
l’insegnamento a un’integrazione sociale più ampia.
Per quanto riguarda gli insegnanti di sostegno si rileva
che negli ultimi anni, numerosi ricorsi sono stati presen-
tati contro il Ministero della Pubblica Istruzione, a difesa
del diritto all’educazione di alunni con grave disabilità in-
seriti nella scuola, circa la mancanza o l’inadeguatezza
del sostegno217. Nelle decisioni emesse dai Tribunali Or-
dinari è stato rilevato che tale situazione comporta un’in-
giustificata compromissione di un diritto fondamentale
della persona all’educazione, all’inserimento scolastico
ed allo sviluppo della persona e non possa essere giusti-
ficata dalla mancanza di risorse finanziarie adeguate.
Relativamente alla realizzazione del diritto alla salute si
segnala la necessità di una più puntuale disponibilità di
dati fin dalla nascita che consenta di realizzare attività
adeguate di programmazione e si propone un approccio
alla tematica che preveda una «presa in carico precoce,
complessiva e duratura per tutto l’arco della vita».
Discriminazione di bambini e adolescenti poveri
La povertà è la principale causa di discriminazione che af-
fligge i bambini e gli adolescenti. Il Comitato ONU chiede
agli Stati di fornire indicazioni sulle misure adottate per
fare in modo che i bambini, in particolare gli appartenenti
ai gruppi più svantaggiati, siano protetti contro gli effetti
avversi delle politiche economiche, compresa la riduzio-
ne nei budget destinati al settore sociale.
La povertà minorile presenta una pluralità di dimensioni
e di caratteri che concorrono a determinare e a misurare
il benessere individuale: l’accesso alle cure sanitarie e al
sistema scolastico, la partecipazione alla vita comunita-
ria, la presenza di legami affettivi, godere di condizioni
abitative adeguate218. Di conseguenza è necessario un
approccio complesso nello studio della povertà e nella
scelta di politiche pubbliche di contrasto e di inclusione
sociale. Si richiede un’azione che tenga conto della com-
plessità del fenomeno e che sappia combinare tra loro
misure per l’occupazione, sostegno al reddito, disponibi-
lità dei servizi219.
Adozione di misure efficaci per prevenire ed
eliminare le disparità su base regionale
Questa raccomandazione del Comitato ONU risulta del
tutto attualmente ignorata alla luce della mancata defini-
zione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LI-
VEAS) che dovrebbero individuare ed assicurare il rispet-
to di determinati livelli di diritti civili e sociali, in modo
uniforme su tutto il territorio nazionale, senza alcuna di-
scriminazione220.
La situazione è molto differenziata tra le varie Regioni Ita-
liane, a partire ad esempio dalla presenza o meno di Ga-
ranti regionali per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza,
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
35
215 La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, adotta-
ta durante la sessantunesima Sessione dell’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite con Risoluzione A/RES/61/106 il 13 dicembre 2006, è
entrata in vigore il 3 maggio 2008. Il 30 marzo 2007 l’Italia ha firmato
la Convenzione e il 28 dicembre 2007 il Consiglio dei Ministri ha ap-
provato il disegno di legge di ratifica.
216 Si veda artt. 28 e 29 CRC e Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e
dell’adolescenza, Commento Generale n. 1 Le finalità dell’educazione
2001; traduzione italiana non ufficiale a cura di UNICEF Italia, disponi-
bile sul sito www.unicef.it
217 I ricorsi sono stati presentati per lo più dai genitori e in un caso dal
Sindacato Nazionale dei Lavoratori Scolastici (Snals). Autism – Europe
Il diritto all’educazione dei minori con disabilità grave in Italia -
L’analisi della giurisprudenza italiana Rapporto Bruxelles 2006.
218 Cfr. Sen A.K. La Disuguaglianza, un riesame critico Ed. Il Mulino,
2000 pagg. 146-158 e Baldini M., Bosi P. e Silvestri P. La Ricchezza
dell’Equità Ed. Il Mulino, 2004, pagg. 5-25.
219 Si veda oltre capitolo V, paragrafo «La condizione dei bambini e de-
gli adolescenti poveri in Italia».
220 Si veda infra capitolo I, paragrafo «Le politiche sociali per l’infanzia
e l’adolescenza».
di Osservatori regionali per l’infanzia e l’adolescenza, di
un’anagrafe per i minorenni fuori dalla famiglia.
Discriminazione dei minorenni detenuti
Alcuni gruppi di minori sono sistematicamente discrimi-
nati: gli stranieri, i rom, i minori residenti nel Sud Italia.
La detenzione negli Istituti Penali Minorili è infatti di fatto
riservata a questi minori e ad alcuni minori italiani prove-
nienti da famiglie con difficoltà economiche e con un bas-
so livello di istruzione e di inserimento sociale, mentre
per tutti gli altri minori la riforma del processo penale mi-
norile consente solitamente di evitare la carcerazione. La
discriminazione è un dato strutturale, legato alla margin-
alità sociale e all’incapacità del sistema penale e peniten-
ziario minorile a trattare equamente le suddette cate-
gorie di minori.
Discriminazione di bambini e adolescenti
appartenenti a minoranze
L’accesso ai diritti da parte dei bambini e degli adole-
scenti rom, sinti e camminanti risulta negato su tutto il
territorio nazionale221, soprattutto per quanto concerne il
diritto alla salute e all’istruzione. Per questo si richiede
che una particolare attenzione venga loro accordata nel
prossimo Piano Nazionale Infanzia, e che venga promos-
so lo scambio tra buone prassi tra amministrazioni locali.
Si rileva ancora l’assenza di una strategia politica e di
coordinamento a livello nazionale volta a predisporre mi-
sure di intervento idonee e azioni di lungo periodo.
Discriminazione di genere
Pur non essendo presente nelle indicazioni del Comitato
ONU, si ritiene utile ricordare quanto raccomandato nel
2005 al nostro Paese dal Comitato ONU per
l’eliminazione della discriminazione nei confronti delle
donne (CEDAW), che ha apprezzato la creazione del Di-
partimento per i Diritti e le Pari Opportunità presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma ha evidenziato
la necessità di un particolare meccanismo che monitori
l’avanzamento delle donne, piuttosto che un Dipartimen-
to che si occupa anche di altri tipi di discriminazione222.
Discriminazione per orientamento sessuale
La discriminazione per orientamento sessuale non viene
espressamente menzionata nella CRC, tuttavia viene con-
siderata in più recenti trattati internazionali firmati dall’I-
talia, anzitutto nella Carta dei diritti fondamentali dell’U-
nione Europea del 18 dicembre 2000 (la cosiddetta Carta
di Nizza)223.
In Italia attualmente non esistono ricerche ufficiali e dati
statistici su cui fare riferimento; però una consolidata lette-
ratura scientifica illustra in psicologia e sociologia come la
negazione di un’eguaglianza sostanziale produca una di-
scriminazione di fatto basata su una “censura preventiva”
rispetto ai caratteri specifici della propria identità per questi
adolescenti che, ancor più faticosamente dei loro coetanei,
stanno maturando la loro personalità umana. Con un’alta
incidenza percentuale essi vengono colpiti da “minority
stress”, nome che la psichiatria e psicologia dà al disagio
psichico che deriva dalla discriminazione e dalla stigmatiz-
zazione sociale di una minoranza e che può condurre a
comportamenti auto-lesivi e suicidari.
Anche l’Organizzazione Mondiale per la Sanità-OMS nel
World Report of Violence and Health scrive che sino al 30%
dei suicidi adolescenziali è riferibile all’orientamento ses-
suale, segnato durante la crescita da un clima discriminato-
rio ed omofobo.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
36
4orapportodiaggiornamento2007-2008
221 Si veda oltre capitolo VII, paragrafo «I minori rom, sinti e cammi-
nanti».
222 Osservazioni conclusive indirizzate all’Italia dal Comitato ONU per
l’eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne nella
trentaduesima Sessione, gennaio 2005, CEDAW/C/ITA/CC/4-5 dispo-
nibile su www.un.org/womenwatch/daw/cedaw/cedaw32/conclude-
comments/Italy/CEDAW-CC-ITA-0523853E.pdf
223 Dopo aver proclamato all’art. 1 che «la dignità umana è inviolabile.
Essa deve essere rispettata e tutelata», all’art. 21, non discriminazio-
ne, vieta qualsiasi forma di discriminazione e aggiunge nell’elenco
particolareggiato di cause su cui essa si può fondare, anche “le ten-
denze sessuali”. Si ricorda inoltre la Risoluzione del Parlamento Euro-
peo P6_TA(2006)00 18, che parifica l’omofobia alle altre forme di in-
tolleranza.
Il Gruppo CRC pertanto raccomanda:
1. Ai Ministeri competenti di stanziare adeguate risorse
economiche per garantire che il principio di non discri-
minazione venga attuato, in particolare per
l’integrazione di bambini e adolescenti appartenenti ai
gruppi più vulnerabili: esempio, rom, sinti, camminanti,
appartenenti a minoranze etniche-linguistiche-religiose,
di origine straniera, bambini disabili e/o ospedalizzati,
bambini appartenenti a famiglie in condizione di po-
vertà, i minorenni negli Istituti Penali.
2. LA PARTECIPAZIONE DEI BAMBINI
E DELLE BAMBINE, DEI RAGAZZI
E DELLE RAGAZZE (ART. 12
COMMA 1 CRC)
La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adole-
scenza (CRC) rappresenta il primo strumento giuridico a ri-
conoscere esplicitamente il diritto dei bambini e dei ragazzi
a partecipare attivamente nei processi decisionali che li ri-
guardano. L’art. 12 CRC insiste sull’esigenza di ascoltare le
opinioni di bambini e bambine, ragazzi e ragazze («bambini
e ragazzi») e che di queste si tenga conto nel decidere sulle
questioni che li riguardano, tenendo conto della loro età e
grado di maturità. Occorre, quindi, tener conto del contesto
sociale, del tipo di decisione, dell’esperienza personale, del
grado di sostegno offerto dagli adulti, che rappresentano
fattori che possono influire sulle capacità dei bambini e dei
ragazzi di comprendere ciò che li riguarda224. L’ascolto delle
loro opinioni implica, nel lungo termine, cambiamenti nelle
strutture politiche, sociali, istituzionali e culturali225.
Negli ultimi anni la promozione della partecipazione dell’in-
fanzia e dell’adolescenza ha avuto, in Italia, una crescita si-
gnificativa, grazie soprattutto all’impulso dato da iniziative
e documenti promossi ed elaborati a livello europeo226 ed
internazionale227.
Tuttavia c’è da rilevare che, in Italia, il tema della partecipa-
zione non è ancora entrato a pieno titolo nell’assetto istitu-
zionale e sociale: le iniziative di partecipazione con i bambi-
ni e i ragazzi in Italia si svolgono prevalentemente a livello
locale e in maniera non continuativa, grazie alla sensibilità
alla tematica da parte di alcuni amministratori locali, alla
presenza di Organizzazioni Non Governative e associazioni
attive in questo campo e/o scuole coinvolte in processi par-
tecipativi. Al di là di quello che alla fine degli anni ’90 era
stato sviluppato grazie all’art. 7 Legge 285/1997228, si rileva
che oggi i processi in atto sono ancora frammentari e di-
scontinui, pur evidenziando una molteplicità e una ricchez-
za di contenuti e approcci. Non sono presenti nemmeno si-
stemi di monitoraggio ufficiali e formali legati nello specifi-
co alle iniziative di attuazione dell’art. 12 CRC229.
L’obiettivo di questo paragrafo è un’analisi dei principali
contesti in cui si esplicita la partecipazione attiva dei bambi-
ni e dei ragazzi in Italia, al fine di individuare buone prassi.
a) La consultazione dei bambini e dei
ragazzi
La consultazione è un procedimento tramite il quale gli
adulti intendono raccogliere il punto di vista dei bambini e
dei ragazzi, al fine di avere informazioni sulla loro vita, sul-
le loro esperienze, sulle loro preoccupazioni e le loro prio-
rità. Il punto fondamentale del processo consultivo è che
implica il riconoscimento della validità dell’esperienza in-
fantile e giovanile e della necessità di tenerne conto nelle
sedi decisionali. I processi consultivi possono avvenire a
qualsiasi livello, da quello locale a quello internazionale, e
costituiscono una metodologia per raccogliere le opinioni
di bambini di qualunque età, inclusi i bambini più piccoli.
La consultazione di bambini e ragazzi da parte delle istitu-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
37
224 Cfr, Lansdown G. Promuovere la partecipazione dei ragazzi per costrui-
re la democrazia UNICEF Centro di Ricerca Innocenti, Firenze, 2001, pag. 3.
225 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, raccomanda-
zioni finali a seguito del Day of General Discussion settembre 2006. Tra-
duzione non ufficiale a cura di UNICEF Italia.
226 A livello europeo, si citano: Commissione Europea Libro Bianco dedicato
alla Gioventù 2002; Council of Europe Recommendation No. R (98) of the
Committee of Ministers to Member States on Children’s Participation in Fa-
mily and Social Life, 18 settembre 1998; Council Resolution of 25 November
2003 on common objectives for participation by and information for young
people, 2003/C295/04; Decision N. 1719/2006/EC of the European Parlia-
ment and of the Council of 15 November 2006, establishing the “youth in
Action” programme for the period 2007 to 2013; Communication for the
Commission to the European Parliament, the Council, the European Econo-
mic and Social Committee and the Committee of the Regions – Promoting
young people’s full participation in education, employment and society.
227 Tra le iniziative più importanti a livello internazionale si citano: Ses-
sione Speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dedicata al-
l’Infanzia, New York, 2002; Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’a-
dolescenza, Day of General Discussion, Speak, Participate and Decide.
The Child’s Right to be Heard Ginevra, 15 settembre 2006; Sessione Spe-
ciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dedicata all’Infanzia a
cinque anni dall’adozione del documento Un Mondo a Misura di Bambi-
no (UNGASS+5), New York, 11-12 Dicembre 2007.
228 «Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per
l’infanzia e l’adolescenza», art. 7. (Azioni positive per la promozione dei
diritti dell'infanzia e dell’adolescenza) «1. Le finalità dei progetti di cui al-
l'articolo 3, comma 1, lettera d), possono essere perseguite, in particola-
re, attraverso: [..] c) misure volte a promuovere la partecipazione dei
bambini e degli adolescenti alla vita della comunità locale, anche ammi-
nistrativa».
229 Maurizio R. Il protagonismo e la partecipazione dei bambini e degli
adolescenti percorso di lettura estratto da Rassegna bibliografica infan-
zia e adolescenza A. 3, nn. 1-2 (gennaio-giugno 2002), pagg. 5-30, perio-
dico trimestrale edito dal Centro nazionale di documentazione e analisi
per l’infanzia e l’adolescenza, Istituto degli Innocenti.
26. Il Comitato ONU raccomanda che:
(b)particolare attenzione venga assicurata al diritto di
ogni bambino di partecipare alle decisioni che lo
riguardano all’interno della famiglia, della scuola,
di altre istituzioni ed enti, della società nel suo in-
sieme, prestando un’attenzione particolare ai grup-
pi vulnerabili;
(c) venga rafforzata l’azione generale di sensibilizza-
zione, e in particolare nell’istruzione e nella forma-
zione dei professionisti relativamente all’attuazione
di questo principio.
(CRC/C/15/Add. 198, punto 26)
zioni italiane, a livello locale e nazionale, su tutte le deci-
sioni da prendere che riguardano la loro vita è però una
procedura ancora poco praticata.
All’interno di questi processi è essenziale che bambini, ra-
gazzi e adulti siano consapevoli del contesto in cui si trova-
no ad esprimere le proprie idee e preferenze e che conosca-
no bene l’oggetto e i confini della consultazione. Gli adulti,
se promuovono un processo di consultazione, devono
esplicitare tali obiettivi e confini e rendere chiaro in che mo-
do e in quali tempi le opinioni dei bambini e dei ragazzi ver-
ranno recepite e sviluppate nelle politiche e nelle azioni.
Merita di essere menzionato in tal senso il processo di con-
sultazione realizzato dal Coordinamento PIDIDA – Per i Di-
ritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza230 realizzato nel 2007,
che ha elaborato un questionario, differenziato per fasce di
età231, per il monitoraggio degli impegni assunti dai Gover-
ni durante la Sessione Speciale dell’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite sull’Infanzia (UNGASS) del 2002 nel do-
cumento «Un Mondo a Misura di Bambino», di cui è stato
celebrato, l’11 dicembre 2007, il quinto anniversario a New
York232. L’evento è stato preceduto dal Children’s Forum al
quale hanno preso parte bambini e ragazzi233, provenienti
da ogni parte del mondo. La delegazione governativa ita-
liana ha visto la partecipazione di due ragazze e due ac-
compagnatori provenienti dal percorso del PIDIDA234. Tale
progetto pilota235 presenta alcuni elementi che ne defini-
scono le caratteristiche peculiari: la consultazione ha utiliz-
zato una metodologia d’indagine realizzata in partnership
in primis, con i bambini e i ragazzi che al termine del que-
stionario sono stati chiamati a valutare gli strumenti opera-
tivi utilizzati236; la somministrazione va oltre la logica dell’e-
vento di New York e fa parte di un processo di partecipazione
più ampio che vedrà, nelle fasi successive di sviluppo del
progetto, un coinvolgimento crescente dei bambini e dei ra-
gazzi237. Si ritiene che l’esperienza e le opzioni metodologi-
che utilizzate possano essere un esempio di buona prassi per
le istituzioni nazionali, che desiderano ascoltare il punto di vi-
sta dei bambini e dei ragazzi sulle questioni che li riguarda-
no. Per questo il Coordinamento PIDIDA sta facendo pressio-
ne nei confronti dei Ministeri competenti, dell’Osservatorio
nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e della Commissione
parlamentare per l’infanzia affinché i bambini ed i ragazzi
possano continuare il percorso avviato e continuino quindi
ad essere consultati non soltanto nella fase iniziale, ma an-
che nel processo di definizione e monitoraggio del Piano. In
occasione di appuntamenti internazionali che prevedono la
partecipazione dei ragazzi si sottolinea però l’importanza di
avviare il percorso ed essere supportati, anche in termini lo-
gistici, dalle istituzioni competenti in tempi congrui con le esi-
genze dei ragazzi in modo da garantire una loro effettiva par-
tecipazione. Si rivela infine la necessità che ogni volta che gli
adulti realizzano un processo consultivo, come raccomanda-
to dagli stessi bambini e ragazzi al termine del questionario,
le aspettative non vengano disattese e gli adulti siano pronti
non solo ad ascoltarli, ma a prendere seriamente in conside-
razione le loro opinioni e a dare seguito alle questioni solle-
vate, laddove possibile, con provvedimenti reali.
A livello europeo è da citare la consultazione di bambini e
ragazzi voluta dal Parlamento Europeo chiamato a dare la
sua opinione sulla Comunicazione del 4 luglio 2006 della
Commissione Europea «Verso una strategia dell’Unione Eu-
ropea sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza», basata
sulla CRC. Il Parlamento Europeo ha infatti organizzato una
consultazione di bambini e ragazzi in tutta Europa attraver-
so un questionario da compilare e una versione child
friendly della Comunicazione tradotti nella maggior parte
delle lingue dell’Unione Europea238. I risultati del questio-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
38
4orapportodiaggiornamento2007-2008
230 Il PIDIDA è un libero tavolo di confronto e coordinamento aperto a tut-
te le associazioni, ONG, e in generale le realtà del Terzo Settore che ope-
rano per la promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
in Italia e nel mondo. Per ulteriori informazioni si veda il sito internet:
www.infanziaediritti.it
231 Fasce d’età: 10-12; 13-17. Per spiegare che cosa è accaduto nel 2002 e
aiutare i bambini ed i ragazzi a rispondere al questionario, il Gruppo Par-
tecipazione ha preparato una Guida in linguaggio adeguato alla loro età
(10-12; 13-17 anni), tutti i documenti sono rinvenibili sul sito del PIDIDA.
232 Per approfondimenti su UNGASS + 5 World fit for children plus 5:
www.unicef.org/worldfitforchildren/index.html e www.unicef.it/flex/cm/
pages/ServeBLOB.php/L/IT/ IDPagina/4065
233 I bambini e i ragazzi hanno partecipato in qualità di membri delle de-
legazioni governative, rappresentanti dei Network di Organizzazioni Non
Governative o delle associazioni dei bambini e dei ragazzi.
234 La partecipazione delle ragazze alla delegazione governativa è stata
sviluppata negli ultimi giorni utili con le Istituzioni competenti, non rispet-
tando i tempi necessari per la preparazione e la formazione sui temi og-
getto dell’evento, indicati dagli Standard Internazionali. Sul punto si veda:
Minimum Standards for Consulting with Children Pubblicato a Bangkok
nel 2007 dall’Inter-Agency Working Group on Children’s Participation
(IAWGCP), composto da ECPAT International, Knowing Children, Plan Inter-
national, Save the Children Alliance, UNICEF EAPRO e World Vision.
235 Il progetto pilota ha visto la somministrazione del questionario in cin-
que regioni (Lazio, Lombardia, Veneto, Campania e Puglia).
236 I bambini e i ragazzi hanno evidenziato sia gli elementi positivi che le
criticità degli strumenti utilizzati. Nelle valutazioni dei questionari e delle
guide hanno sottolineato l’interesse per le tematiche affrontate e hanno
suggerito integrazioni e modifiche perché guide e questionari rispondes-
sero ai loro interessi e a un linguaggio, realmente, a misura di bambino e
ragazzo. Il Gruppo partirà dalle loro osservazioni e valutazioni per elabo-
rare i futuri strumenti di lavoro con i bambini e i ragazzi.
237 Il Gruppo di lavoro sulla partecipazione del PIDIDA ha presentato nel
2007 al Ministero della Solidarietà Sociale il progetto L’Italia che vivia-
mo, L’Italia che vogliamo. Scopo del Progetto è quello di creare uno spa-
zio perenne e strutturato di ascolto e partecipazione dei bambini e degli
adolescenti sulle questioni che li riguardano.
238 La consultazione dei bambini e ragazzi è stata realizzata anche grazie
alla collaborazione delle Save the Children a livello Europeo, coordinate
dall’Ufficio di Bruxelles.
nario239, di cui esiste anche la traduzione in italiano della
sintesi versione child friendly240, sono stati recepiti dal Par-
lamento Europeo attraverso la Risoluzione del 16 gennaio
2008241. In questo modo è stato garantito a bambini e ragaz-
zi europei quell’ascolto su questioni che li riguardano che la
CRC riconosce loro come diritto fondamentale. Tuttavia, an-
che in questo caso, al fine di garantire una partecipazione
da parte dei ragazzi agli appuntamenti europei, si rileva la
necessità di organizzare tali eventi in tempi congrui e con
modalità tali da consentire una loro effettiva partecipazione.
È auspicabile che questa buona pratica delle istituzioni eu-
ropee possa essere da esempio per i Paesi membri dell’U-
nione Europea, ed in particolare per l’Italia, che dovrebbero
utilizzare questo modello di partecipazione quando sono
chiamati a prendere decisioni che riguardano la vita di bam-
bini e ragazzi.
A livello internazionale, è da citare il Junior 8 Summit, la
consultazione che vede protagonisti ragazzi e ragazze, dai
13 ai 17 anni, provenienti dai Paesi membri del G8 e dai Pae-
si in via di sviluppo, chiamati a discutere, dibattere in rap-
porto alle tematiche in agenda al vertice del G8242. Per
l’Italia, i partecipanti alle edizioni del Summit sono selezio-
nati attraverso il Concorso J8243 e le associazioni studente-
sche che aderiscono al Forum delle Associazioni Studente-
sche promosso dal Ministero della Pubblica Istruzione, pro-
cesso che garantisce l’eterogeneità e la rappresentatività
dei partecipanti. L’iniziativa dimostra come ragazzi e ragazze
provenienti da Paesi e culture diverse, senza una lingua co-
mune, possono cooperare tra loro e lavorare insieme244 per
un obiettivo comune. Confrontandosi, imparano a conoscere
modelli d’infanzia e d’adolescenza diversi e a familiarizzare
con la dimensione di interdipendenza che esiste tra le loro
vite e quelle dei bambini e dei ragazzi nelle diverse aree
geografiche. Allo stesso tempo, condividendo i loro vissuti,
diventano consapevoli che altri possono avere gli stessi
pensieri, gli stessi desideri ma anche gli stessi problemi. Al
termine di ogni Summit, i giovani delegati presentano, ai
Leader del G8, un documento, non solo analizzando le pro-
blematiche con cui si confrontano ogni giorno e individuan-
do le priorità, ma proponendo loro stessi possibili soluzioni.
b) Consigli dei bambini e dei ragazzi
I Consigli dei bambini e dei ragazzi sono una modalità di
partecipazione alla vita della comunità. Questi progetti
permettono a bambini e ragazzi di collaborare con gli adul-
ti entrando nel merito di alcune questioni che li riguardano
direttamente, in quanto abitanti di una città, di un paese o
di un quartiere; dialogando con i coetanei e con altri citta-
dini, con i tecnici e gli amministratori pubblici, per racco-
gliere informazioni e pareri, per confrontarsi e fornire sug-
gerimenti o fare richieste che rispecchino il punto di vista
di bambini e ragazzi. Educazione, diritti, democrazia sono
le parole chiave di queste esperienze, che in Italia sono na-
te alla fine degli anni novanta con varie denominazioni:
Consigli comunali dei ragazzi, Consigli municipali dei ra-
gazzi, Consiglio dei bambini e delle bambine, Consulta dei
ragazzi e dei giovani o altro ancora. Nel giugno 2007 la
città di Reggio Emilia ha accolto oltre cinquanta Consigli
provenienti da tutta Italia che hanno lavorato per tre giorni
sul tema della rappresentanza e sulle diverse modalità di
lavoro dei Consigli245. Queste esperienze246, talvolta molto
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
39
239 Si veda www.savethechildren.net/alliance/where_we_work/europubs/
You_could_always_begin_by_listening_to_us_FINAL_2007.pdf
240 Curata da Save the Children e disponibile sul sito www.sc-formazio-
ne.it in Archivio Generale, Documenti, Bambini adolescenti e diritti, Legi-
slazione e rapporti, numero 12.
www.savethechildren.net/alliance/where_we_work/europubs/participa
tion/consultation/You_Could_Always_begin_by_listening_to_us_Child_
Friendly.pdf
241 Disponibile sul sito www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef
=-//EP//NONSGML+REPORT+A6-2007-520+0+DOC+WORD
+V0//IT&language=IT
242 La consultazione è realizzata grazie ad UNICEF. Precedenti Summit
sono stati organizzati a Dunblane, in Scozia, nel 2005 (C8), a San Pietro-
burgo, in Russia, nel 2006 e a Wismar, in Germania, nel 2007. Nel 2008 il
J8 avrà luogo in Giappone.
243 Un Concorso internazionale in cui i partecipanti sono invitati a presen-
tare un comunicato sui temi in agenda del Summit. Per informazioni:
www.j8summit.com.
244 Il ragazzi e le ragazze che hanno partecipato alle precedenti edizioni
continuano ad essere coinvolti nel processo nei modi e nei tempi definiti
con loro definiti (ad esempio, vengono coinvolti nelle giurie di selezione dei
nuovi candidati, nella loro formazione e nelle attività di sensibilizzazione).
245 Si veda www.buoniconsiglireggio.blogspot.com/. Si può inoltre ri-
chiedere al Comune di Reggio Emilia, Ufficio Reggio città educativa, il
DVD di documentazione della tre giorni.
246 Questi progetti quando funzionano, pongono attenzione alla cura
delle relazioni che i bambini e i ragazzi intrecciano tra di loro, in fami-
glia, con gli adulti fuori e dentro le istituzioni e si fondano sull’idea di
una figura adulta capace di ascolto e di porsi in relazione con autorevo-
lezza, evitando collusive modalità giovanilistiche. Si fondano anche sul-
l’idea che gli adulti dei diversi enti coinvolti dialoghino costantemente
tra loro e siano interlocutori credibili per i bambini e i ragazzi.
L’ambiente e la città, la vita quotidiana, i luoghi di incontro dei bambini
e dei ragazzi, le occasioni di svago e divertimento, la relazione fra giova-
ni e adulti (gli amici, il tempo libero, la famiglia, la scuola, gli altri abi-
tanti, il comune), i rapporti con i coetanei sono alcune tipologie di temi
di cui i bambini e i ragazzi di un Consiglio si occupano, con l’intenzione
di promuovere cambiamenti che migliorino la loro vita e quella della lo-
ro comunità e del territorio.
I bambini e i ragazzi che entrano a far parte di un Consiglio vengono
scelti dai compagni che accolgono la loro disponibilità votandoli con
modalità differenti: estraendo il loro nome a sorte fra coloro che si sono
dichiarati interessati; votando un progetto proposto da un gruppo di ra-
gazzi, oppure adottando qualche altro sistema. Ogni consigliere si assu-
me l’impegno di portare in Consiglio riflessioni, idee, dubbi, domande e
proposte espresse dalla classe o dall’intero gruppo di riferimento.
Quando le cose funzionano correttamente, i ragazzi che partecipano ai la-
vori di un Consiglio, in primo luogo, giocano, imparano a stare insieme,
perché ogni Consiglio nasce come insieme di persone che condividono
esperienze e, pian piano, imparano a conoscersi e diventano infine un
diverse fra loro per impianto organizzativo, condividono,
quando funzionano correttamente, alcuni elementi:
∏ l’impegno degli adulti all’ascolto attivo e alla ricerca di
forme e modi idonei per rispettare i diritti dell’infanzia;
∏ l’adozione di metodologie partecipative, miranti a pro-
muovere clima cooperativo fra i bambini e i ragazzi e
collaborazione fra questi e gli adulti247;
∏ un’intenzione formativa di educazione alla cittadinan-
za e alla democrazia attraverso l’apprendimento espe-
rienziale248.
È indispensabile però un intervento istituzionale di raccordo
di queste esperienze e degli enti che le promuovono, attra-
verso, ad esempio, la creazione di un organismo interistitu-
zionale ad hoc, che preveda anche la partecipazione di as-
sociazioni ed Organizzazioni Non Governative. Tale ente do-
vrebbe proporre un esame critico delle esperienze dei Con-
sigli in Italia in modo da fornire indicazioni utili agli enti che
promuovono e coordinano i Consigli dei ragazzi o che inten-
dono avviarli e desiderano comprendere come garantirne la
sostenibilità nel tempo, ponendo particolare attenzione alla
coerenza organizzativa e metodologica con le finalità e gli
obiettivi di promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adole-
scenza. Infatti non sono state effettuate ricerche ufficiali in
Italia sui Consigli dei ragazzi e non è presente un’anagrafe
dei Consigli, né un coordinamento nazionale249. Le Univer-
sità si interessano al fenomeno in modo marginale: pochi
docenti sono a conoscenza di cosa siano effettivamente i
Consigli e se ne occupano prevalentemente analizzandoli
come casi studio e intervenendo come consulenti in singole
realtà250. Negli ultimi cinque anni il numero dei Consigli è
aumentato251 progressivamente e nessuna delle strutture
regionali o nazionali esistenti appare oggi attrezzata per un
lavoro capillare di coordinamento e di sostegno a queste
esperienze. Eppure il coordinamento, il sostegno formativo
e pedagogico per gli adulti coinvolti, l’incontro e il confronto
tra bambini, ragazzi e adulti, la documentazione e la diffu-
sione dei risultati dei progetti sono necessari per garantire
il buon funzionamento e la sostenibilità nel tempo di que-
ste esperienze.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
40
4orapportodiaggiornamento2007-2008
gruppo di lavoro. Insieme agli adulti che li coadiuvano (facilitatori), porta-
no avanti quell’attività di indagine ed esplorazione che li aiuta a riflettere
sulla realtà, per meglio comprenderla, partendo in primis da se stessi,
dalla vita quotidiana, dal territorio conosciuto (cortili, strade di percorren-
za quotidiana, parchi e altri luoghi di incontro) e dai problemi a loro vicini,
per poi allargarsi progressivamente all’ambiente urbano più ampio e a te-
matiche più complesse (ma ciò dipende dall’età dei consiglieri); realizza-
no indagini, studiano e approfondiscono i nodi e le questioni che incon-
trano sul loro cammino, individuano risorse, riconoscono problemi e si
adoperano per comprenderne le cause e immaginare soluzioni. Anche
dialogando con i loro compagni di scuola, coi quali tengono un costante
collegamento, circa l’andamento dei lavori e sui temi aperti.
247 Metodologie tipiche dell’animazione socioculturale, adottando le qua-
li gli adulti che assumono il compito di coordinare il gruppo dei bambini e
dei ragazzi non si presentano come depositari di un sapere già predefini-
to che vogliono trasmettere, ma come guide in un percorso, durante il
quale il gruppo dei partecipanti è invitato a fare esperienze che conduco-
no a scoperte, a incontrare problemi che suscitano dubbi e domande, a
costruire insieme le risposte possibili.
248 Per favorire forme di apprendimento esperienziale occorre ripensare i
contesti formativi non come luoghi di apprendimento individualistico di
conoscenze già strutturate per saper proporre luoghi di esperienza dove
si impara facendo con gli altri (comunità di pratiche), realizzando quelli
che J. Lave ed E. Wenger definiscono contesti di “apprendistato periferico
legittimato”. Tratto da Baruzzi V., Baldoni A. (a cura di) Le parole chiave
della cittadinanza democratica Franco Angeli, Milano, 2007.
249 Anche l’indagine che periodicamente l’Associazione Democrazia in er-
ba realizza non ci consente di conoscere il numero effettivo di queste
esperienze, né i progetti realizzati, né le modalità di lavoro e di relazione
in atto tra adulti e ragazzi. L’Associazione Camina ha svolto una ricerca
qualitativa sui Consigli dei ragazzi in Provincia di Bologna documentata
nel libro di Baldoni A., Baruzzi V. (a cura di) Imparare la democrazia Ca-
rocci, Roma, 2007.
250 Ad esempio docenti di discipline pedagogiche, di sociologia dell’edu-
cazione o di psicologia di comunità dell’Università di Padova, di Verona e
di Bologna, di Modena.
251 Per esempio in Emilia Romagna da 55 Consigli presenti nel 2003 se-
condo le rilevazioni dell’Associazione Camina si stima che attualmente
siano almeno 80 i Consigli attivi.
Consigli comunali dei ragazzi: l’esperienza del Garante
regionale infanzia Marche
Con il fine di promuovere lo sviluppo del bambino at-
traverso varie forme di istruzione ed in base all’art. 13
CRC che evidenzia come «il fanciullo ha diritto alla li-
bertà di espressione è [...] di ricerca [.. .] e di diffondere
idee di ogni genere» e secondo l’art. 29 CRC che fa rife-
rimento alla necessità che «l’educazione del fanciullo
tenda a promuovere lo sviluppo della sua personalità e
dei suoi talenti[...] in tutto l’arco delle sue potenzialità»,
il Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione
Marche, presta particolare attenzione alle forme di par-
tecipazione organizzata, atte a concretizzare il diritto di
parola, di espressione, di opinione dei più giovani.
Un’innovativa modalità di partecipazione giovanile, che
favorisce momenti di espressione e di confronto per i
giovani, è costituita dai Consigli Comunali per i ragazzi,
caratterizzati da attività organizzate sia a livello di quar-
tiere, che in ambito comunale, oltre che attraverso le
Consulte giovanili e le Circoscrizioni.
I Consigli Comunali per ragazzi hanno quindi come
scopo principale il recupero del senso di appartenenza,
agevolando l’integrazione sociale dei fanciulli anche al di
fuori del nucleo familiare, attraverso la promozione e lo
sviluppo di attività di gruppo in grado di far percepire al
singolo d’essere parte della comunità in cui vive.
Tale forma di partecipazione, non deve presentarsi come
una semplice imitazione delle azioni degli adulti ma de-
ve attuarsi all’interno di un meccanismo che sia legato
all’espressione diretta delle proprie esigenze e le Consul-
te degli studenti sono organismi istituzionali composti
dai membri di tutte le scuole del territorio.
c) La partecipazione a scuola
La CRC nell’imporre ai governi di rispettare e promuovere i
diritti di bambini e ragazzi ad essere ascoltati, indica a tut-
ti gli ambiti della società, ed in primo luogo alla scuola, di
favorire lo sviluppo di processi democratici di partecipa-
zione attiva. L’introduzione di processi democratici nella
scuola produce effetti benefici di riflesso sull’intera so-
cietà. In una scuola democratica c’è rispetto reciproco e
partecipazione degli studenti in tutti gli aspetti della vita
scolastica. L’esperienza insegna che le scuole che coinvol-
gono gli studenti e introducono strutture più democrati-
che risultano essere più “armoniose”, avere migliori rap-
porti tra studenti e adulti e un ambiente più favorevole al-
l’apprendimento252.
Le novità introdotte nella scuola italiana dal Ministro della
Pubblica Istruzione nel 2007 con «Le Indicazioni per il Cur-
ricolo per la scuola dell ’infanzia e per il primo ciclo
d’istruzione» e con l’innalzamento dell’obbligo a 16 anni
sono state accolte dalle componenti scolastiche e sociali
con interesse, anche se rischiano di venire vanificate se
non supportate idoneamente nella prossima legislatura.
Nell’attuale normativa «lo studente è posto al centro del-
l’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi,
relazionali, corporei, estetici, spirituali e religiosi»253 ed i
progetti educativi e didattici predisposti dai docenti, devo-
no di conseguenza tener conto di tutte queste dimensioni.
Per quanto riguarda la partecipazione degli studenti e
delle studentesse alla vita della scuola, anche se si conti-
nua a procedere a livello ministeriale senza consultare i ra-
gazzi e le ragazze, nelle “indicazioni” sopra citate per la
prima volta viene riconosciuto che la loro partecipazione è
fondamentale per l’instaurarsi di un buon clima e di un
contesto democratico254. Le Indicazioni del Ministro sem-
brano dunque finalmente muoversi nell’ottica della CRC, in
particolare per quanto riguarda l’attuazione del diritto di
partecipazione. Sarebbe però auspicabile lo sviluppo di
percorsi educativi e formativi intenzionalmente centrati
sulla partecipazione attiva in cui lo studente è portato gra-
dualmente ad assumere responsabilità e compiti attraver-
so momenti di riflessione, scelte e valutazioni condivise.
Particolarmente rilevanti ai fini del diritto di bambini e ra-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
41
252 Lansdown G. Promoting Children’s Participation in democratic Deci-
sion-Making UNICEF Centro di Ricerca Innocenti.
253 Ministero della Pubblica Istruzione Indicazioni per il curricolo per la
scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione Roma, settembre
2007.
254 «[…] La scuola si deve costruire come luogo accogliente, coinvolgen-
do in questo compito gli studenti stessi. Sono infatti, importanti le condi-
zioni che favoriscono lo star bene a scuola, al fine di ottenere la parteci-
pazione più ampia dei bambini e degli adolescenti a un progetto educati-
vo condiviso[…]». Ministero della Pubblica Istruzione Indicazioni per il
curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione Ro-
ma, settembre 2007, pag. 18; «[…] Agire in modo autonomo e responsa-
bile: sapersi inserire in modo attivo e consapevole nella vita sociale e far
valere al suo interno i propri diritti e bisogni riconoscendo al contempo
quelli altrui, le opportunità comuni, i limiti, le regole, le responsabi-
lità[…]» Ministero della Pubblica Istruzione Il nuovo obbligo di istruzione:
cosa cambia nella scuola? Allegato 2 -Competenze chiave di cittadinanza
Roma, settembre 2007, pag. 31; « […] Il concetto di pace all’interno della
comunità scolastica può contribuire a mutare la dimensione organizzati-
va e relazionale all’interno della scuola e anche a favorire il protagoni-
smo giovanile, non più inteso come preconcetto contraltare del “prota-
gonismo degli adulti” ma in chiave di una rinnovata e consapevole parte-
cipazione alla comunità scolastica e civile[…]» Ministero della Pubblica
Istruzione. Dipartimento per l’Istruzione – Direzione Generale per lo Stu-
dente Programma nazionale «La Pace si fa a Scuola», Giornata Nazionale
della Pace a Scuola, Assisi 4 ottobre 2007 pag. 7.
Con l’interesse di venire a conoscenza delle attività svol-
te dalle Consulte giovanili, il Garante per l’infanzia e
l’adolescenza ha provveduto ad un monitoraggio dei
Consigli Comunali presenti nella Regione. Questa ricer-
ca ha sollecitato l’attivazione di Consigli comunali nei
Comuni che ne erano sprovvisti e ha motivato quei Co-
muni che, seppur provvisti di organi consultivi dedicati
ai giovani, non avevano alcuna iniziativa in corso.
Ad oggi sono attivi, nella Regione Marche, una qua-
rantina di Consigli comunali dei ragazzi.
Nel novembre 2005, in ricorrenza della Giornata mon-
diale per l’infanzia e l’adolescenza, è stata organizzata a
Macerata, con l’idea di dare un carattere itinerante all’e-
vento, la seconda Assemblea della Consulta Provinciale
dei ragazzi in cui è stato approvato il Regolamento per
l’Assemblea Regionale, composta dai Consigli comunali
dei ragazzi, CMR, delle Circoscrizioni e della Consulte
provinciali delle Marche, al fine di «promuovere il dirit-
to di partecipazione, favorire l’incontro e lo scambio di
opinioni tra i giovani del territorio, accrescere il senso di
appartenenza alla comunità e la coscienza della solida-
rietà sociale ed affermare il diritto all’ascolto attraverso
l’esercizio di proposte, osservazioni ed azioni» (art. 1).
L’assemblea regionale è presieduta dal Garante e orga-
nizzata attraverso l’istituzione di Commissioni temati-
che e territoriali (art. 5).
L’effettiva partecipazione dei bambini e dei ragazzi alla
vita di comunità deve poggiare sulla consapevolezza del-
le potenzialità di espressione dei giovani, considerati ca-
paci di apportare cambiamenti nell’ottica di una vita so-
ciale condivisa, che valorizzi i tempi e i luoghi per stare
insieme e che abbatta le barriere dell’esclusione sociale.
Perché i ragazzi possano capire che il loro è un ruolo se-
rio e riconosciuto, è di grande importanza che le loro
proposte vengano adeguatamente prese in considerazio-
ne, ogni volta che sia possibile.
A cura di Mery Mengarelli,
Garante Regionale Infanzia delle Marche
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
42
4orapportodiaggiornamento2007-2008
gazzi ad essere seriamente ascoltati, sono quei percorsi e
attività didattiche che prevedono la possibilità per gli stu-
denti, dopo aver approfondito una tematica o problematica,
di elaborare proposte da sottoporre a coloro che sono re-
sponsabili della relativa attuazione (duty bearers255), e cioè
genitori, dirigenti scolastici, assessori comunali, provinciali,
regionali. Si cita come buona prassi il Forum dei Ragazzi e
delle Ragazze256 che andrebbe maggiormente diffusa per-
ché può innescare quel circolo virtuoso tra partecipazione
dei titolari di diritti, cioè gli studenti, e la responsabilizza-
zione di coloro che sono chiamati a darvi attuazione capace
di favorire l’effettivo esercizio dei propri diritti da parte di
bambini e ragazzi.
Le metodologie utilizzate per favorire questa relazione si-
stemica rivestono una grande importanza. In un approccio
metodologico di questo tipo gli studenti non sono recipienti
passivi e gli adulti gli esperti, ma di volta in volta, a seconda
della padronanza dei diversi linguaggi, possono essere gli
studenti stessi gli esperti. Ai docenti spetta quindi il ruolo
importante di “facilitatori” e “supervisori” attenti alla regia
di un processo pedagogico e didattico che genera compe-
tenze e autostima.
Questo coinvolgimento oltre che su tematiche, quindi più le-
gato alle materie e al curricolo, può realizzarsi anche a livello
di gover nance della scuola. La partecipazione alla gestione
della scuola rafforza la consapevolezza e comprensione del-
la democrazia nel bambino e nel ragazzo, fornisce opportu-
nità per costruire un’esperienza dei processi democratici e lo
incoraggia a dare valore e importanza a tali processi. Le
scuole che coinvolgono gli studenti nei processi decisionali
sanno che formeranno futuri cittadini competenti257. Per
questa ragione anche le assemblee e le associazioni dei ge-
nitori dovrebbero favorire la partecipazione degli studenti al-
la vita della scuola prevedendo momenti di autoaggiorna-
mento sulle problematiche connesse alla crescita autonoma
e responsabile dei propri figli come futuri cittadini.
Per quanto riguarda le Consulte Provinciali degli Studenti,
il prolungamento della loro durata in carica da uno a due
anni, potrebbe rappresentare un miglioramento dal punto
di vista della loro operatività che negli anni addietro ha sof-
ferto in molti casi di mancanza di risultati qualitativi signifi-
cativi proprio per la brevità della permanenza in carica258. Il
Ministero della Pubblica Istruzione dovrebbe, attraverso i
docenti referenti per le Consulte, favorire la costituzione di
commissioni che propongano attività e percorsi di sensibi-
lizzazione su tematiche connesse alla promozione e tutela
dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza all’interno delle
scuole di appartenenza.
d) La ricerca come modalità di
partecipazione di bambini e
bambine, ragazzi e ragazze
Il punto di vista di bambini e ragazzi è un valore aggiunto
a qualsiasi analisi, ricerca o studio si voglia intraprendere
su aspetti che riguardano la loro vita e quindi il rispetto e
la promozione dei loro diritti. La ricerca che “utilizzi” al
massimo le abilità e le competenze dei bambini e dei ra-
gazzi coinvolti e li tratti con rispetto può fornire loro op-
portunità che portano miglioramenti significativi al loro
benessere, cioè maggiori possibilità di acquisire nuove
conoscenze, sviluppare nuove abilità, costruire nuove
amicizie e una più ampia rete di supporto. È da sottolinea-
re inoltre come bambini e ragazzi siano più vulnerabili al-
l’abuso nelle situazioni in cui hanno scarse opportunità di
essere ascoltati e come invece la partecipazione alla ricer-
ca insegni loro ad avere accesso alle informazioni e que-
sto può essere di estrema importanza per la loro sopravvi-
venza259. Qualsiasi ricerca non può prescindere da coloro
che vivono quella determinata realtà oggetto dello studio,
e ciò è valido per qualsiasi gruppo sociale, di qualsiasi fa-
scia d’età, compresi dunque i bambini e i ragazzi. Non si
può prescindere dai bambini e ragazzi se si vogliono otte-
nere informazioni su di loro. Bisognerebbe lavorare con
loro in qualità di persone informate e di ricercatori. Per
esempio nell’affrontare lo studio della problematica dei
bambini di strada, dei bambini soldato, dei bambini sepa-
rati dai genitori come risultato dell’HIV/AIDS e della guer-
ra, o dei bambini e ragazzi lavoratori, un approccio di que-
sto tipo sarebbe auspicabile.
Mentre a livello internazionale esistono e si stanno svi-
255 Letteralmente “portatori di doveri”.
256 AA. VV. Forum dei Ragazzi e delle Ragazze Save the Children Italia,
2007.
257 Si cita come esempio di buona pratica la SMS Rinascita-Livi di Milano
dove da anni è in atto un’esperienza di governance attraverso il Consi-
glio dei delegati degli studenti eletti dalle Assemblee di classe su base
paritaria maschi e femmine. I delegati eletti si riuniscono ogni settimana
in orario scolastico, in concomitanza dei laboratori di attività sociali, per
discutere e decidere di importanti eventi all’interno della scuola come
l’organizzazione della giornata del 20 Novembre, la Giornata della Me-
moria, la Giornata della Pace, la Giornata Aperta. Ogni mese e mezzo i
delegati riferiscono alle Assemblee di classe e concordano con i compa-
gni cosa fare e come muoversi. Il ruolo dei docenti coordinatori è di facili-
tare il processo e di riportare le decisioni prese dai ragazzi alla Commis-
sione Scuola Comunità composta da insegnanti e genitori. La commis-
sione a sua volta facilita la programmazione e l’organizzazione degli
eventi così come i ragazzi li hanno pensati e decisi.
258 Modifica del comma 1 art. 6 DPR 567/1996.
259 Save the Children So you Want to Involve Children in Research? Sup-
porting children’s meaningful and ethical participation in work around
violence against children: A toolkit produced by Save the Children for the
UN study 2003.
luppando esperienze significative di ricerche su situazioni
che riguardano bambini e ragazzi condotte insieme a loro,
con la loro partecipazione attiva in qualità di ricercatori, in
Italia fino ad oggi tale metodologia e approccio non è sta-
to ancora potenziato. Merita menzione la ricerca260 con-
dotta nel 2007261 sullo sfruttamento economico dei minori
migranti, in particolare per la parte di ricerca partecipata,
o peer research, cioè la ricerca tra pari nella quale sono
stati coinvolti come ricercatori i ragazzi e le ragazze che vi-
vono in prima persona l’esperienza del lavoro minorile262.
Come si evince dalla ricerca, il punto di vista dei bambini e
dei ragazzi è stato utile per approfondire, con un’ottica di-
versa, tematiche spesso stigmatizzate (quali ad esempio
la mendicità) e ha generato conoscenze importanti. Ma
soprattutto la potenzialità di questo approccio è che ha
favorito nei ragazzi e nelle ragazze coinvolti un processo
di empowerment e di sostegno all’autostima, alla fiducia
nelle proprie capacità e alla valorizzazione del proprio sa-
pere, in un’ottica di scambio propositivo e progettuale con
gli adulti. Come detto da alcuni di loro, tutto questo ha
permesso di leggere in modo diverso la società in cui vi-
viamo e di acquisire conoscenze utili per il proprio futuro.
In questa prospettiva gli istituti di ricerca e le istituzioni
che si occupano di diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
dovrebbero promuovere la partecipazione attiva di bam-
bini e ragazzi nella ricerca (secondaria e primaria) su
aspetti e problematiche che li riguardano per migliorarne
la qualità e favorire l’empowerment dei bambini e dei ra-
gazzi ricercatori.
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
43
264 Progetto del PIDIDA.
265 Solo in un caso, presso la città di Palermo, con gestione da parte dei
ragazzi, successivamente all’avvio del progetto, dalla fase di program-
mazione a quella di valutazione e rendicontazione.
266 Consultazione, collaborazione su progetti definiti da adulti, child led
organisation, UNCRC; General Comment art. 12, 3rd Draft, 2007.
260 Ires, Save the Children Italia Minori al Lavoro. Il caso dei minori mi-
granti, Ediesse 2007.
261 AA. VV. Ragazzi ricercatori. Una ricerca partecipata sul lavoro dei mi-
nori migranti Save the Children Italia, 2007, disponibile sul sito
www.savethechildren.it
262 Il rapporto che accompagna la pubblicazione, documenta il percorso
di partecipazione, formazione ed empowerment del gruppo di minori
stranieri lavoratori che hanno condotto in prima persona l’indagine.
263 Tutte le esperienze sono consultabili sul sito del Segretariato
www.childoneurope.org/
Child On Europe – Towards a culture of child partic-
ipation
Nel 2007 è stata realizzata da ChildOnEurope, coordi-
namento degli Osservatori Europei per l’Infanzia
l’Adolescenza, una raccolta di esperienze europee di
partecipazione con bambini e ragazzi relativamente
agli ambiti della famiglia, della scuola e della comunità
locale. Le esperienze raccolte sono state presentate e di-
scusse nel Convegno Europeo di Firenze del 31 gen-
naio 2008.
Le iniziative italiane presentate sono state 19263, con le
seguenti caratteristiche principali:
Tipologia. Modelli e approcci proposti sono diversi:
ad esempio attività espressive a scuola, processi di
partecipazione diffusa territoriale, realizzati anche
con gli strumenti dell’e-government; progettazione
di spazi verdi, Consigli Comunali dei Ragazzi, valu-
tazione delle politiche minorili realizzate con i bam-
bini e i ragazzi stessi; Centri di Aggregazione Giova-
nile (C.A.G.) e attività laboratoriali con strumenti
teatrali e/o artistici presso le scuole.
Soggetti gestori e/o proponenti. Molti processi sono
attuati da ONG a livello locale, in connessione con
gli Enti Locali (EELL) o le scuole: un progetto264 di
livello nazionale in rapporto con i Ministeri; due
casi con il coinvolgimento di Assemblee Legislative
Regionali (Emilia Romagna e Marche); due progetti
avviati e sostenuti dai Garanti Regionali (Friuli Ve-
nezia Giulia e Marche); in alcuni progetti l’azione è
partita direttamente da EELL, singoli e/o consorzia-
ti e/o attraverso esternalizzazione di servizi con
ONG. Non vi sono progetti avviati direttamente da
gruppi di bambini e ragazzi, per quanto alcune ini-
ziative vedono significativi gradi di gestione diretta
da parte loro265.
Destinatari. Generalmente ragazzi pre o adolescenti
contattati tramite scuole; in alcuni casi ragazzi con-
tattati in gruppi informali e/o in C.A.G.
Caratteristiche delle iniziative di partecipazione. Ri-
spetto alla classificazione proposta dal General Com-
ment del Comitato ONU sull’art. 12266 le iniziative
sono in maggioranza riferite a processi consultivi e
di collaborazione pur con metodologie gestionali,
con facilitatori e con utilizzo di “linguaggi” e “pro-
cedure” adeguate all’età e alla tipologia dei minori
cui si rivolgono. Si rileva l’assenza di esperienze di
child led organisation, palesata anche dall’assenza al
Convegno di ragazzi e ragazze italiani.
Nel corso del Convegno, è stato rilevato, soprattutto
dai rappresentanti dei progetti italiani convenuti, che
si assiste ad una resistenza, prima di tutto culturale, a
considerare la partecipazione come un processo da per-
seguire con mezzi “non solo straordinari”, ed il rischio
che tali processi vengano avocati solo a settori e/o ge-
stori “specializzati” e non sviluppati nella normalità
della gestione amministrativa e politica.
3. L’ASCOLTO DEL MINORE
IN AMBITO GIUDIZIARIO
(ART. 12 COMMA 2 CRC)
Il 3° Rapporto CRC aveva sottolineato come la legislazione
vigente in Italia avesse sempre ritenuto l’ascolto nel mino-
re nei procedimenti civili un adempimento quasi residuale
riservato a pochi procedimenti giudiziari. In questo senso
la Legge 77/2003 di ratifica della Convenzione Europea di
Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori del 1996 ave-
va limitato grandemente l’applicazione della Convenzione
stessa, relegando l’obbligo di ascolto del minore a ipotesi
assolutamente poco rilevanti e di scarsa applicazione267.
La Legge 54/2006 «Disposizioni in materia di separazione
dei genitori e affidamento condiviso dei figli» ha finalmen-
te previsto l’ascolto dei minori nell’ambito dei procedi-
menti di separazione, esteso anche ai procedimenti per
scioglimento, cessazione degli effetti civili o di nullità del
matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di geni-
tori non coniugati. L’art. 155 sexies c.c. infatti prevede che
il giudice «dispone l’audizione del figlio minore che abbia
compiuto gli anni dodici ed anche di età inferiore ove capa-
ce di discernimento». Dall’entrata in vigore della Legge
54/2006 si è registrato il tentativo di giungere ad una pras-
si uniforme nei vari Tribunali e alla stesura di protocolli fra
magistrati ed avvocati per la definizione di linee comuni.
Così, ad esempio, nel 2007 è stato firmato il Protocollo fra i
giudici del Tribunale Ordinario di Milano e del Tribunale
per i Minorenni da un lato e dalle più importanti associa-
zioni di avvocati della famiglia, che viene oggi rispettato da-
gli organi giudiziari di Milano268. Punti salienti e determi-
nanti di tale protocollo sono la non obbligatorietà dell’audi-
zione, lasciata alla discrezionalità del giudice, che deve va-
lutare la necessità o l’opportunità dell’audizione stessa, e
la non presenza dei genitori e degli avvocati all’udienza
stessa. Tale indicazioni tuttavia non sono condivise da tutti
gli Uffici Giudiziari, e così ad esempio nel Foro di Roma269,
avvocati e magistrati della famiglia hanno sottoscritto un
protocollo diverso, in cui viene fermamente sostenuta la ne-
cessità della presenza degli avvocati all’ascolto del minore.
Anche il problema della verbalizzazione di quanto dichiara-
to dal minore viene diversamente risolto nei vari ambiti giu-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
44
4orapportodiaggiornamento2007-2008
267 Una sollecitazione ad estendere il campo di applicazione della sud-
detta Convenzione è stata data con la «Petizione per una più estesa ap-
plicazione della Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei
minori nell’ordinamento giuridico italiano», UNICEF Italia, su
www.unicef.it
268 Protocollo sull’interpretazione e applicazione della Legge 54/2006 in
tema di ascolto del minore redatto dall’Osservatorio per la giustizia civile
di Milano - Gruppo famiglia e Minori
in www.giustizia.it/newsonline/data/multimedia/2333.pdf
269 Protocollo per l’audizione del minore redatto dalla Commissione Fa-
miglia e Minori del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma
www.cameraminorile.com/PROTOCOLLO%20SU%20AUDIZIONE%20DE
L%20MINORE.DOC
In seguito a queste riflessioni il Gruppo CRC racco-
manda:
1. Ai Ministeri competenti di promuovere a tutti i livelli, isti-
tuzionali e non, l’ascolto e il coinvolgimento dei bambini
e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze nel processo
di definizione delle politiche che li riguardano, in partico-
lare, riprendendo il percorso interrotto di coinvolgimento
dei bambini e dei ragazzi nella scrittura e monitoraggio
del Piano Nazionale Infanzia con particolare attenzione ai
bambini e ragazzi appartenenti ai gruppi vulnerabili;
2. All’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza
di sviluppare Linee guida sulla partecipazione efficace e
autentica, condivise da Istituzioni e associazioni, che de-
finiscano i tempi e i modi del coinvolgimento dei bambini
e dei ragazzi, in linea con gli standard individuati a livello
internazionale;
3. Al Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione per lo
Studente e Direzione Personale della Scuola di impe-
gnarsi a favorire la sperimentazione delle Indicazioni per
il Curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo
d’istruzione e del Nuovo Obbligo di Istruzione in un’ottica
di diritti dell’infanzia e dell’adolescenza anche attraverso
protocolli d’intesa firmati a livello locale; di istituire una
Commissione ad hoc che rediga, anche con la partecipa-
zione di studenti e studentesse, le Linee guida per la par-
tecipazione a scuola da utilizzare a livello nazionale e che
diffonda le buone pratiche esistenti;
4. Alla Conferenza Stato Regioni di istituire un coordina-
mento nazionale di supporto per gli Enti Locali che ab-
biano in atto o intendano promuovere Consigli dei ragazzi
e altre forme di rappresentanza di bambini e ragazzi, che
proponga un esame critico delle esperienze dei Consigli
in Italia in modo da fornire indicazioni utili, ponendo par-
ticolare attenzione alla coerenza organizzativa e metodo-
logica con le finalità e gli obiettivi di promozione dei diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza.
Il Comitato ONU raccomanda che:
(a) la legislazione che disciplina la procedura nei tribu-
nali e nei procedimenti amministrativi assicuri che
un bambino capace di formarsi le proprie opinioni
abbia il diritto di farlo, e che a esse venga data la
dovuta considerazione;
(c)venga rafforzata l’azione generale di sensibilizzazio-
ne, e in particolare nell’istruzione e nella formazio-
ne dei professionisti relativamente all’attuazione di
questo principio.
(CRC/C/15/Add. 198, punto26)
diziari, in quanto alcuni verbalizzano puntualmente le di-
chiarazioni del minore, facendo firmare poi in calce il relati-
vo verbale, altri si limitano a sintetizzare quanto detto dal
minore.
Manca quindi tuttora una prassi condivisa e soprattutto
manca ancora una linea precisa sul punto fondamentale: se
la mancata audizione del minore in ambito giudiziario com-
porti o meno la nullità dell’intero procedimento, come alcu-
ni sostengono, o se invece come convenuto da alcuni proto-
colli, tale incombente sia lasciato alla discrezionalità del
giudice, che deve motivare le ragioni del suo comportamen-
to. Sono quindi ancora pienamente valide le raccomanda-
zioni già formulate nel 3° Rapporto CRC relative alla neces-
sità di un autorevole intervento interpretativo, quanto me-
no per quanto riguarda l’obbligatorietà o meno dell’audizio-
ne, e la definizione di una prassi comune a tutti gli interven-
ti giudiziari, sia presso i Tribunali Ordinari, sia presso i Tri-
bunali per i Minorenni. Si segnala a tale proposito che nel
dicembre 2007, il Gruppo CRC ha organizzato una giornata
di confronto su questo specifico270, che ha visto una nume-
rosa partecipazione di professionisti, ed a cui però non ha
partecipato nessun rappresentante del Ministero della Giu-
stizia, come invece auspicato.
Il 1° luglio 2007 sono entrate in vigore le norme processuali
previste nella Legge 149/2001, di anno in anno rinviate, in
vista di una globale riforma del procedimento minorile da
un lato e dalle norme relative alla difesa d’ufficio. Tali rifor-
me non sono state nel frattempo emanate, e la situazione
che si è venuta a creare è di difficile soluzione e lascia spa-
zio a diverse interpretazioni. Le modifiche processuali intro-
dotte di grande rilevanza, cambiano sostanzialmente il pro-
cedimento sia nei giudizi cosiddetti de potestate sia nel
procedimento adottivo, introducendo elementi di grande
novità, ma lasciando tuttavia grandi problemi interpretativi.
Nel procedimento di adozione per quanto riguarda
l’ascolto del minore viene mantenuto l’obbligo di sentire il
minore che ha compiuto dodici anni o un’età inferiore in
quanto capace di discernimento, come era già previsto nel-
la normativa dell’adozione già in vigore. Viene invece intro-
dotta l’obbligatorietà che il minore sia assisto legalmente
fin dall’inizio del procedimento da un proprio difensore, di-
verso da quello dei genitori, o degli altri parenti che abbia-
no con il minore rapporti significativi, e che pure devono es-
sere rappresentati fin dall’inizio da un proprio difensore.
L’ipotesi sostenuta da una parte della magistratura, in atte-
sa di giungere a prassi condivise, riguarda la nomina al mi-
nore di un curatore speciale e di un difensore d’ufficio, figu-
re che possono coincidere nel caso in cui il curatore sia un
avvocato. In questo caso, data la struttura del procedimen-
to come contenzioso in contraddittorio, è chiaro che il mino-
re viene ad avere da subito la figura di parte nel procedi-
mento, parte difesa fin dall’inizio.
Anche nei procedimenti di cui agli artt. 330-336 c.c. viene
introdotta l’assistenza legale in quanto si prevede che in ta-
li procedimenti «i genitori ed i minori sono assistiti da un di-
fensore, anche a spese dello Stato, nei casi previsti dalla
legge». In tali procedimenti, che pure hanno un forte impat-
to sulla vita dei minori non ne viene esplicitamente discipli-
nato l’ascolto, anche se da più parti si sostiene il diritto del
minore ad essere ascoltato ed il conseguente obbligo del
giudice di ascoltarlo. Secondo le proposta dell’Associazione
Italiana Magistrati per i Minorenni e la Famiglia271 è neces-
sario nominare da subito un curatore speciale al minore,
che deciderà se intervenire nel procedimento, con la neces-
saria assistenza del difensore, nel caso non possa esso
stesso stare in giudizio personalmente. Secondo
l’impostazione espressa nel predetto protocollo anche in
questo caso il minore deve essere ritenuto parte del proce-
dimento in senso formale.
Seguendo tali linee interpretative, si assiste ad una forma-
lizzazione del procedimento e ad un sostanziale cambia-
mento recettivo delle novità ed apertura culturale intro-
dotta dalla CRC, che ha previsto espressamente il diritto
del minore di essere ascoltato in ogni procedura giudizia-
ria che lo riguarda. Tuttavia si evidenzia come
l’informazione che attiene al procedimento, e
l’accoglimento dei desideri e della volontà del minore ven-
gano delegati al legale che assiste il minore nel procedi-
mento, senza tuttavia che sia previsto per tale nuovo e di-
verso ruolo della difesa una specifica preparazione, una
apposita formazione e l’iscrizione in un albo separato che
dia garanzie di idonea preparazione. Sarebbe invece au-
spicabile, in linea con la CRC e come raccomandato dal
Comitato ONU all’Italia, prevedere un’apposita formazio-
ne per i professionisti.
Tali considerazioni valgono anche per quanto riguarda
l’ascolto del minore nel procedimento penale. La situazio-
ne che era stata evidenziata nel 3° Rapporto CRC è rima-
sta immutata, in quanto nessuna delle raccomandazioni in
esso contenute è stata accolta. Infatti, così come già evi-
denziato, le procedure relative all’ascolto del minore vit-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
45
270 Il diritto all’ascolto del minore in ambito giudiziario: normativa e pras-
si a confronto organizzata dal Gruppo CRC in collaborazione con Istituto
degli Innocenti, 17 dicembre 2007, Firenze.
271 Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia,
proposta per prassi condivise, procedimento di adottabilità e procedi-
menti ex art. 336 c.c. in www.minoriefamiglia.it
tima di abuso sessuale non hanno ancora raggiunto livelli
di omogeneità e di uniformità rispetto alla normativa vi-
gente in materia di tutela dei diritti del minore. Tale circo-
stanza è confermata da una ricerca sull’audizione protet-
ta in incidente probatorio svolta nel 2007272, in cui si evi-
denzia che si è ancora lontani dall’aver acquisito in manie-
ra sistematica ed omogenea modalità di audizione ade-
guate alle esigenze di tutela, sostegno e rispetto del mi-
nore. È inoltre emerso che in sede di incidente probatorio
solo il 38% dei minori usufruisce dell’assistenza affettiva
e psicologica prevista dall’art. 609 decies c.p.. L’articolo,
evidentemente, viene spesso e volentieri disatteso, non
essendo prevista alcuna misura vincolante per il magistra-
to che procede senza applicarlo nei suoi vari aspetti.
Spesso il minore arriva all’audizione “impreparato”: nella
metà dei casi fa conoscenza col suo intervistatore,
l’ausiliario del giudice, e riceve informazioni sull’audizione
il giorno stesso dell’intervista, pochi minuti prima che ab-
bia inizio. Tale tempo appare chiaramente insufficiente
per creare quel rapporto di fiducia indispensabile per met-
tere a proprio agio il minore e consentire al suo intervista-
tore di acquisire gli elementi conoscitivi sul suo codice lin-
guistico, sulla comprensione dei concetti, sull’accesso alla
memoria autobiografica, sulla capacità di attribuire signi-
ficati, di riconoscere i sentimenti, di distinguere il vero dal
falso. Circa il luogo dove si svolge l’audizione, risulta inve-
ce in massima parte acquisita la predisposizione di un am-
biente adeguato all’audizione in forma protetta: le audi-
zioni si svolgono in massima parte in luoghi progettati ed
attrezzati per i minori all’interno del Tribunale stesso o
presso altre strutture. L’attrezzatura per la videoregistra-
zione è presente nella totalità dei casi, col vantaggio di
non dover sottoporre il teste a successive audizioni dopo
la testimonianza. Ma a parte l’aspetto legato ai luoghi in
cui vengono raccolte le testimonianze, nel complesso i ri-
sultati della ricerca ci portano ad affermare che per il mino-
re presunta vittima di abuso sessuale che giunge all’inci-
dente probatorio, alle conseguenze cliniche del trauma su-
bito ed agli sconvolgimenti familiari che spesso si accom-
pagnano a tali vicende, si vanno ad aggiungere una serie di
elementi pregiudizievoli legati alla scarsa, tardiva o manca-
ta attivazione degli interventi di assistenza, di tutela e di
cura in parte già previsti dal nostro ordinamento273.
È poi da sottolineare che il Ministero della Giustizia - Di-
partimento per la Giustizia Minorile ha sottoscritto a gen-
naio 2008 con un ente morale274 un protocollo d’intesa al
fine di assicurare la piena attuazione del diritto all’ascolto
riconosciuto dalla CRC, attraverso la diffusione e la promo-
zione di politiche culturali dei minori sopratutto in situazio-
ni di disagio, che devono essere affrontate nella misura più
ampia possibile attraverso l’ascolto e la valutazione delle
esigenze del minorenne coinvolto come autore o come vit-
tima nel circuito penale. È pertanto prevista un’attività di
promozione volta all’accoglienza ed al sostegno psicologi-
co, alla costruzione di procedimenti multidisciplinari ed in-
fine alla formazione ed alla sensibilizzazione per gli ope-
ratori coinvolti. Tale protocollo potrebbe tendere verso la
direzione di colmare, almeno in parte, le lacune operative
sopra evidenziate, e sarà dunque interessante monitorar-
ne l’applicazione nel corso del 2008.
Rimane tuttavia assolutamente necessario, sia per quan-
to riguarda l’ascolto del minore in ambito civile che in
ambito penale, che l’operatore o il legale che entra in
contatto con il minore, che ha il compito di informarlo dei
suoi diritti, di prospettargli le soluzioni possibili, di acco-
glierlo e di ascoltarlo ed infine di rappresentarlo di fronte
al giudice, sia preparato a tale difficile attività ed adegua-
tamente formato.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
46
4orapportodiaggiornamento2007-2008
273 Miragoli S. Il coinvolgimento del minore vittima di abuso sessuale al-
l’interno del sistema giudiziario: conseguenze psicologiche in Maltratta-
mento ed abuso all’infanzia 3/8, 2006, pagg. 57-73.
274 Protocollo sottoscritto in Roma l’11 gennaio 2008 fra il Ministero della
Giustizia, Dipartimento per la Giustizia Minorile, Direzione Generale per
l’attuazione dei provvedimenti giudiziari e l’ente morale «S.O.S – Il Te-
lefono Azzurro Onlus». Il testo è disponibile sul sito www.giustizia.it
272 Gossetti C. Ritraumatizzazione e audizione protetta nell’abuso sessua-
le sui minori Università Pontificia Salesiana a.a. 2006/2007. La ricerca è
stata effettuata con la collaborazione del CISMAI intervistando, tramite un
questionario, 37 ausiliari del giudice in merito all’incidente probatorio
condotto più di recente. Tra gli ausiliari intervistati, una quota consisten-
te, pari al 78%, afferma che il minore ha mostrato un disagio clinicamente
significativo durante l’audizione e che l’81% è stato sottoposto a reiterate
escussioni aumentando notevolmente la loro condizione di disagio.
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Ministero della Giustizia l’adozione di Linee guida
per l’ascolto del minore nei procedimenti di separazione
e divorzio in modo da favorire lo sviluppo di una prassi
omogenea su tutto il territorio nazionale;
2. Al Ministero della Giustizia di garantire l’effettiva appli-
cazione di quanto previsto dall’art. 609 decies c.p. in te-
ma di assistenza affettiva e psicologica al minore vitti-
ma di reato coinvolto nei procedimenti penali, e la previ-
sione di sanzioni processuali in caso di non applicazione
di tale norma in modo da garantire un applicazione
uniforme su tutto il territorio;
3. Al Ministero della Giustizia la creazione di un apposito
albo di legali specializzati e formati alla assistenza ed
alla difesa dei minori nei procedimenti giudiziari che li
riguardano.
Sotto tale raggruppamento il Comitato ONU comprende il
diritto al nome e nazionalità (art. 7 CRC); il diritto alla
conservazione della propria identità (art. 8 CRC); i diritti
alla libertà di espressione (art. 13 CRC), pensiero coscien-
za e religione (art. 14 CRC), associazione (art. 15 CRC); il
diritto alla protezione della privacy (art. 16 CRC); il diritto
all’accesso ad un’informazione appropriata (art. 17 CRC);
il diritto a non essere sottoposto a tortura o trattamenti o
punizioni crudeli, inumane e degradanti (art. 37 lett. a).
CRC). In questo nuovo capitolo del Rapporto CRC viene
iniziata un’analisi rispetto ai minori e i media sia in termi-
ni di tutela che di sensibilizzazione ad un utilizzo sicuro e
responsabile dei nuovi media, nonché una breve nota ri-
spetto al reato di tortura alla luce della raccomandazione
del Comitato ONU all’Italia.
1. MINORI, MEDIA E NUOVI MEDIA IN
ITALIA
Come già evidenziato nel 3°Rapporto CRC275, in Italia sus-
sistono alcune criticità relativamente all’uso delle nuove
tecnologie da parte dei minori e al sempre più evidente
divario di conoscenze e capacità di utilizzo delle stesse
tra genitori e figli, dovuto anche a fattori di tipo genera-
zionale, culturale ed economico.
Secondo i dati ISTAT, rilevati nel febbraio 2007, in Italia i
beni tecnologici più diffusi sono la televisione, presente
nel 95,9% delle famiglie e il cellulare (85,5%)276. In parti-
colare, le famiglie italiane con almeno un minorenne che
possiedono il per sonal comput er e l’accesso ad Inter-
net sono rispettivamente il 71,2% e il 55,7% dei casi. So-
no queste famiglie ad avere il più alto tasso di possesso
di connessione a banda larga (34%), mentre per loro il
telefono cellulare ha raggiunto i livelli di diffusione del-
la televisione (97,9%).
Nel corso del 2007 sono state realizzate approfondite in-
dagini, elaborate da diverse associazioni attive nel moni-
toraggio dei fenomeni socio-culturali, sull’utilizzo del te-
lefono cellulare da parte dei più giovani. Secondo i dati
forniti in una di esse277, ad esempio, si evidenzia che
l’11,2% dei bambini di 8 anni possiede già un telefonino,
tra gli 8 e i 13 anni lo possiede il 50%, ma ben il 46,6% di-
chiara di averlo ed usarlo per essere sempre rintracciabi-
le dai genitori, tra 14 e i 19 anni il 90% . Tali dati sembre-
rebbero confermati da un’altra ricerca, condotta sempre
nel 2007278, secondo cui quasi la metà dei genitori affer-
ma di aver permesso al figlio di avere un cellulare per mo-
tivi di sicurezza e quasi un altro 30% per poter comunica-
re con lui in qualsiasi momento, mentre solo un 2,7% di-
chiara che la ragione principale dell’acquisto è dovuta al
fatto che lo avessero tutti i coetanei del ragazzo. Il “con-
trollo parentale” sembrerebbe essere, dunque, la motiva-
zione principale dell’uso, sottovalutando forse il fatto
che, nella maggior parte dei casi, lo stesso genitore igno-
ra i pericoli in cui può incorrere il minore.
È, inoltre, diffusa una scarsa conoscenza sui possibili ri-
schi che le radiazioni emesse dal cellulare potrebbero
causare al corpo umano come evidenziato da diversi stu-
di europei ed internazionali279 e si segnala che, in attesa
di ulteriori valutazioni scientifiche sul lungo periodo, in
Italia c’è una scarsa applicazione del “principio di precau-
zione”280. Occorre ricordare a tal proposito che il 2 gennaio
2008 il Ministero della Salute francese ha emanato una no-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
47
275 Si veda 3° Rapporto CRC 2007, capitolo V, paragrafo «Nuove tutele
e promozione del consumo critico relativamente a nuove e vecchie
tecnologie».
276 ISTAT, Indagine Multiscopo Le tecnologie dell’informazione e della
comunicazione: disponibilità nelle famiglie e utilizzo degli individui -
Anno 2007 16 gennaio 2008. Seguono il videoregistratore (62%), il let-
tore DVD (56,7%), il personal computer (47,8%) e l’accesso ad Internet
(38,8%). Tra i beni tecnologici presenti nelle famiglie hanno un certo ri-
lievo anche l’antenna parabolica (28,6%), la videocamera (26,1%), il de-
coder digitale terrestre (19,3%) e la consolle per videogiochi (17,5%).
277 Movimento Difesa del Cittadino Dipartimento Junior Baby Consu-
mers e Nuove Tecnologie. II rapporto sui consumi dei minori Milano,
settembre 2007.
278 Centro Studi Minori e Media Minori e Telefonia Mobile. Indagine
conoscitiva sull’uso del cellulare da parte dei bambini e dei ragazzi Fi-
renze, dicembre 2007.
279 Si veda la ricerca del Dott. Fejes Imre del Dipartimento di Ostetricia
e Ginecologia dell’Università di Szeged in Ungheria del giugno 2004
su www.timesonline.co.uk/tol/news/uk/article450764.ece; studio
degli svedesi Lennart Hardell dell’Università di Orebro e Kjell Hansson
Mild dell’Umea University del 2007
www.corriere.it/salute/07_ottobre_08/marchetti_tumori_rischi.shtm;
si veda anche www.independent.co.uk/life-style/health-and-wellbe-
ing/health-news/public-health-the-hidden-menace-of-mobile-phones-
396225.html; infine il rapporto dell’Università di Albany, New York,
sempre dello scorso anno BioInitiative Report: A Rationale for a Bio-
logically-based Public Exposure Standard for Electromagnetic Fields
(ELF and RF), 31 agosto 2007, Albany (USA) pubblicato su
www.bioinitiative.org/report/index.htm. Si segnala per completezza
che sulla questione si era espresso anche l’OMS, promemoria 193, re-
visione del 2002 dichiarando che non ci sono evidenze di danni alla
salute causati da cellulari www.who.int/peh-emf/en
280 Si veda http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l32042.ht
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
Capitolo III.
Diritti CIVILI E LIBERTÀ
ta281 per limitare fortemente l’uso dei cellulari nei bambini,
proprio in virtù del fatto che, in piena fase dello sviluppo
psicofisico, potrebbero essere più sensibili ad eventuali
danni per l’esposizione alle radiofrequenze dei cellulari. In-
tanto, come emerge dalle ricerche effettuate su ragazzi ita-
liani282, solo il 36,3% dei minori intervistati pensa che l’uso
del cellulare potrebbe danneggiare la salute, solo l’11,8%
dei bambini spegne il cellulare quando dorme e ben il
76,6% lo tiene in tasca283.
In merito all’impegno dei gestori di telefonia mobile, che han-
no sottoscritto il Codice di condotta per l’offerta di servizi a
sovrapprezzo e la tutela dei minori del 16 febbraio 2005, si ri-
leva che il Codice non prevede un organo di controllo autono-
mo con poteri sanzionatori in caso di violazione e che all’orga-
nismo di garanzia indicato dal Codice spetta solo un compito
di revisione e di aggiornamento del Codice stesso. Del resto,
sempre secondo i dati raccolti nel 2007, il 23% dei genitori di-
chiara di non aver ricevuto mai o solo qualche volta la richie-
sta di esibire la carta di identità al momento dell’acquisto del
cellulare e se la maggior parte dei genitori dice di sapere che i
servizi a sovrapprezzo e quelli a contenuto sensibile possono
essere bloccati, solo il 43% ha usato questa opportunità284.
Problemi ascrivibili non solo alla responsabilità degli operato-
ri di telefonia mobile, ma anche dei rivenditori che non forni-
scono alla clientela al momento dell’acquisto «informazioni
complete, chiare, tempestive, trasparenti e di facile accesso
sui servizi offerti», diversamente da quanto espressamente
indicato dal Codice di condotta285. Per quanto riguarda i servi-
zi a sovrapprezzo ed a contenuto sensibile, cioè erotico ses-
suale, il Codice di condotta prevede due possibilità:
«l’apertura dell’accesso ai servizi a sovrapprezzo previa
espressa richiesta dei genitori e dei tutori» o «l’inibizione alla
fruizione dei servizi in modalità permanente almeno per i con-
tenuti sensibili su espressa richiesta dei genitori e tutori»286.
Gli operatori di telefonia mobile hanno adottato la seconda
opzione e quindi su ogni nuovo cellulare e relativa sim card i
servizi a sovrapprezzo ed a contenuto sensibile sono già attivi
ed il genitore, deve provvedere da sé a disattivarli.
Per quanto riguarda Internet l’avvento del web 2.0, attraver-
so il quale sono gli stessi utenti della rete a creare e produr-
ne contenuti condivisi potenzialmente con tutti gli altri uten-
ti, pone nuovi interrogativi in termini di sicurezza per gli
utenti più piccoli poiché sono tra i principali fruitori e produt-
tori di tali contenuti. Tali strumenti offrono ai giovani la pos-
sibilità di sperimentare forme di partecipazione e di libertà di
espressione che difficilmente il mondo adulto garantisce lo-
ro negli spazi reali del vivere quotidiano. Il fenomeno è già
oggetto di riflessioni psicologiche e sociologiche ma sareb-
be auspicabile uno studio ed un’analisi al fine di elaborare
misure efficaci per ridurre l’esposizione al rischio o l’impatto
negativo che potrebbe determinare.
L’enorme successo che i siti di Social Network (SN) hanno ri-
scontrato nel mondo, ed oggi anche nel nostro Paese, è te-
stimonianza di come le modalità di interazione che questi
strumenti consentono, consenta di soddisfare bisogni di co-
municazione e di espressione importanti, soprattutto tra i
più giovani. Come emerso dai dati relativi ad una recente ri-
cerca commissionata alla DOXA sull’utilizzo dei Social
Network287 da parte degli adolescenti italiani, età 13-17 anni,
si evidenziano alcune tendenze di comportamento, in linea
con quanto emerge da analoghe ricerche effettuate in altri
paesi, quali una scarsa attenzione ai propri dati personali e
la propensione ad incontrare non accompagnati offline per-
sone conosciute in rete, che pongono in essere la necessità
di capire meglio queste dinamiche, e di un aggiornamento
delle indicazioni di sicurezza e tutela.
Per quanto concerne i videogiochi, secondo la rielaborazio-
ne di dati ISTAT di una recente ricerca288, il 65,2% dei bam-
bini e il 38,7% delle bambine tra i 6 e i 10 anni gioca abitual-
mente ai videogiochi o a computer, connessi e non alla rete.
Numerose ricerche attestano però i rischi dell’uso smodato
delle nuove tecnologie, che potrebbe creare delle vere e pro-
prie dipendenze289. Del resto la consapevolezza di tale peri-
colo è percepita dagli stessi interessati, secondo quanto
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
48
4orapportodiaggiornamento2007-2008
281 Disponibile sul sito
www.sante-jeunesse-sports.gouv.fr/actualite-presse/presse-
sante/communiques/telephones-mobiles-sante-securite.html
282 Movimento Difesa del Cittadino Dipartimento Junior Baby Consu-
mers e Nuove Tecnologie. II rapporto sui consumi dei minori cit.
283 Movimento Difesa del Cittadino Dipartimento Junior Baby Consu-
mers e Nuove Tecnologie. II rapporto sui consumi dei minori cit.
284 Centro Studi Minori e Media Minori e Telefonia Mobile – Indagine
conoscitiva sull’uso del cellulare da parte dei bambini e dei ragazzi cit.
285 Art. 4 comma 1 Codice di condotta per l’offerta di servizi a sovrap-
prezzo e la tutela dei minori, febbraio 2005.
286 Art. 5 comma 4 Codice di condotta per l’offerta di servizi a sovrap-
prezzo e la tutela dei minori, cit.
287 Save the Children Italia Profili da sballo. Gli adolescenti italiani e i so-
cial network. L’uso di Community, Instant Messaging e Social Network,
Indagine presso gli adolescenti di 13-17 anni febbraio 2008, disponibile
sul sito www.savethechildren.it/2003/index.asp?area=pubblicazioni&n_
pag=1&anno=2008
288 Movimento Difesa del Cittadino Dipartimento Junior Baby Consumers
e Nuove Tecnologie – II rapporto sui consumi dei minori cit., pag. 13.
289 Tra le più recenti ricerche si segnala lo studio italiano realizzato nel
2007, dall’equipe di esperti di psicopatologie legate all’uso di Internet
guidata dal Prof. Daniele La Barbera, Responsabile della sezione di Psi-
chiatria del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche (DiNeC) dell’Univer-
sità di Palermo, che mostra dati preoccupanti: l’uso smodato di cellulari,
internet, videogiochi, porta nel 22% degli adolescenti italiani, la nascita
di una nuova patologia, definita “tecno dipendenza”. Si sviluppa attra-
verso ore e ore passate davanti a pc, telefonini, videogiochi e nei casi più
gravi diventa accostabile al gioco d’azzardo. AA.VV. Adolescenti e uso
delle nuove tecnologie, una ricerca esplorativa Giornale Italiano di Psico-
patologia, Abstract Book 2008, 14 (suppl. al n. 1): 245, Pacini, Roma.
emerso da un’altra recente ricerca del 2006, su circa 2000
studenti delle scuole medie e superiori di 19 città ita-
liane290.
Nel 2003, per cercare di tutelare i minori dall’eccesso di
violenza nei videogiochi, l’Interactive Software Federation
of Europe (ISFE) con il sostegno della Commissione Euro-
pea ha realizzato il sistema PEGI, classificazione in base al-
l’età ed al contenuto per i videogiochi, ideato per garantire
che i minori non facciano uso di giochi non adatti alla loro
età. Il sistema è supportato dai principali produttori di con-
solle così come dagli editori di videogiochi di tutta Europa.
In Italia sono state realizzate campagne informative per
aiutare i genitori nella comprensione del sistema291. Nono-
stante ciò, la percezione è che i bambini tendano a sceglie-
re giochi destinati ad età superiore alla loro ed i genitori a
sottovalutare la classificazione, ignorando la qualità del
prodotto destinato ai propri figli. Tale sensazione sarebbe
supportata anche da quanto rilevato dal Consiglio Nazio-
nale degli Utenti, in seno all’Autorità per le Garanzie nelle
Comunicazioni, nel gennaio 2007, secondo cui le case pro-
duttrici mettono ugualmente in commercio videogiochi ri-
volti a minori, ma ideati e destinati anche ad un’utenza
adulta, spesso dal contenuto violento o comunque ecces-
sivamente invasivi per un bambino. Per il Consiglio Nazio-
nale degli Utenti, l’attuale sistema PEGI si rivela, quindi, in-
sufficiente, soprattutto perché non prevede sanzioni reali,
e realmente dissuasive, nei confronti dei produttori che im-
mettono sul mercato videogiochi con l’indicazione di fasce
di età non corrispondenti al vero292.
Si segnala infine che il 6 agosto 2007293, il Ministro per i
Beni e le Attività Culturali, di concerto con il Ministro delle
Comunicazioni, il Ministro della Solidarietà Sociale, il Mini-
stro per le Politiche della Famiglia , il Ministro per le Politi-
che Giovanili e le Attività Sportive, il Ministro della Giusti-
zia e il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha presenta-
to il disegno di legge «Norme a tutela dei minori nella vi-
sione di film e di videogiochi», al momento della stesura
del presente Rapporto, però, fermo all’esame del Comitato
ristretto nominato dalla VII Commissione Cultura, Scienze
ed Istruzione della Camera dei Deputati294
Per quanto concerne la tutela dei minori e la TV è da se-
gnalare l’attività del Comitato di applicazione del Codice di
Autoregolamentazione TV e Minori295, che è stato ridenom-
inato Comitato di applicazione del Codice Media e Mi-
nori296. Nel corso del 2007 il suddetto Comitato ha esami-
nato 339 casi, ha adottato 37 risoluzioni (di cui 5 comuni a
più emittenti) e 36 raccomandazioni, oltre a 5 documenti di
indirizzo relativi a rappresentazione della violenza , reality
show, privacy dei minori e rappresentazione della figura
femminile297. Delle 42 sanzioni stabilite, 10 sono state in-
dirizzate alla RAI (di cui 2 in fascia protetta, 5 per causa
violenza e 2 telegiornali a causa di immagini esplicite), 10 a
Mediaset (di cui 3 in fascia protetta, 3 a causa di violenza,
4 telegiornali causa immagini esplicite), 2 a La7, 12 alle TV
satellitari e 8 alle emittenti locali298. I programmi più
sanzionati risultano in ordine decrescente: film e telefilm,
informazione, talk show, pubblicità, intrattenimento. Da
sottolineare come, nel 2007, per la prima volta, appaiono,
tra le emittenti oggetto di risoluzione, quelle satellitari. Nel
complesso, il Comitato ha registrato un aumento della vio-
lenza in TV, sia nella cronaca nera anche fuori dei notiziari,
che nei film, telefilm e nella fiction.
Migliorato invece il sistema di avvertenze rivolto alle
famiglie sull’idoneità o meno dei programmi in relazione ai
minori: tra l’altro obblighi più precisi sono contenuti nel
nuovo contratto di servizio della RAI.
Tutte le risoluzioni del Comitato sono state trasmesse per
l’eventuale seguito di competenza all’Autorità per le Ga-
ranzie nelle Comunicazioni (AGCOM), ed infatti, risultano
52 i provvedimenti conclusi dall’AGCOM con 37 ordinan-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
49
290 Centro Studi Minori e Media Minori in videogioco Firenze, marzo
2006.
www.minorimedia.it/minoriinvideogioco.pdf . Mettendo in relazione il
tempo che gli intervistati trascorrono davanti ai videogiochi con la
percezione del rischio di dipendenza, si riscontra una prevedibile pro-
porzionalità diretta che aumenta secondo le ore di gioco. Si può
riscontrare infatti che chi gioca meno di un’ora al giorno, per il 59%,
crede che la dipendenza si possa manifestare già dopo due ore al
giorno, e addirittura il 61,5 % di chi gioca sempre meno di un’ora
crede che la dipendenza si manifesti dopo sei ore al giorno. Si può,
quindi, concludere che coloro che si dedicano per più tempo ai video-
giochi sono portati a considerare in maniera meno rilevante il rischio.
291 Ad esempio, si segnala nel dicembre 2007 la campagna «Videogio-
chi? Vai sul sicuro, scegli il PEGI! », realizzata da AESVI con il patroci-
nio del Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive, con
l’obiettivo di informare le famiglie sull’importanza di controllare la
classificazione del videogioco prima dell’acquisto e aiutarle a com-
prendere meglio il significato dei simboli e la loro posizione.
292 Si veda www.agcom.it/cnu/comunicati/160107.htm
293 Cfr. www.comunicazioni.it/news/pagina277.html
294 Si veda www.camera.it/_dati/lavori/bollet/frsmcdin_wai.asp?
percboll=/_dati/lavori/bollet/200712/1213/html/07/&pagpro=
36n2&all=off&commis=07, dove è possibile evincere l’ iter
del disegno di legge, fermo all’esame della VII Commissione perma-
nente (Cultura, scienza e istruzione) al 13 dicembre 2007.
295 Il Codice di Autoregolamentazione TV e Minori è stato emanato il
29 novembre 2002 dal Ministero delle Comunicazioni e sottoscritto
dai rappresentanti delle principali emittenti televisive, sia pubbliche
che private, e dalle associazioni che raggruppano centinaia di emit-
tenti televisive minori operanti in Italia. È disponibile sul sito
www.comunicazioni.it/tutela_minori/
296 Ai sensi dell’art. 6 DPR 72/2007.
297 Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione Tv e
Minori: Elementi di consuntivo 2007, Roma, 19 febbraio 2008.
298 Si veda www.helpconsumatori.it/news.php?id=17279
ze/ingiunzioni comminate nel medesimo periodo299. Le or-
dinanze prevedono di norma il pagamento di un ammenda
che va da un minimo di € 25.000 ad un massimo di €
350.000 e l’emittente sanzionata ha tempo 60 giorni per fa-
re ricorso contro il provvedimento. Tuttavia non è dato sa-
pere il numero di ricorsi presentati ed il loro esito.
Nel presentare il Consuntivo 2007 il Comitato ha ricordato
la nuova Direttiva UE300 in materia di servizi di media audio-
visivi che deve essere attuata dal Governo entro il dicembre
2009 ed ha auspicato l’introduzione di una nuova normati-
va che sia in grado di predisporre una tutela più ampia dei
minori rispetto all’utilizzo degli strumenti tecnologici vecchi
e nuovi ed alla convergenza dei media.
È d’obbligo segnalare anche l’operato dell’Istituto dell’Au-
todisciplina Pubblicitaria (IAP), che da oltre 40 anni moni-
tora e valuta la correttezza dei messaggi pubblicitari alla lu-
ce del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Com-
merciale. Il Codice è vincolante per tutti gli operatori, dai me-
dia alle agenzie pubblicitarie, dal momento che il rispetto
delle sue norme è prevista in una clausola inserita in tutti i
contratti di settore, rendendolo così obbligatorio anche a co-
loro che non sono associati allo IAP. All’interno del Codice,
l’art. 11 disciplina la comunicazione rivolta ai bambini o che
comunque ne utilizza l’immagine301. Negli ultimi 5 anni i casi
valutati sono stati 171 e nel 2007 sono stati 7 quelli riguar-
danti i minori302. Data l’estrema rapidità delle sue procedu-
re, la giurisprudenza autodisciplinare è diventata un punto
di riferimento per quella ordinaria, che ha ufficialmente rico-
nosciuto le sue decisioni come validi parametri di valutazio-
ne del principio della correttezza professionale in campo
pubblicitario303.
Infine si sottolinea, come già anticipato nel 3° Rapporto CRC,
che il Ministro delle Comunicazioni si è fatto promotore della
stesura di un nuovo Codice di autoregolamentazione Media
e Minori che raccoglie in un Codice Unico la disciplina relati-
va a tutti i media: TV, Videogiochi, Internet e Cellulari. Sono
stati convocati tavoli di consultazione con gli operatori di
settore, le associazioni dei genitori, dei consumatori e con le
associazioni a tutela dei minori. Il Ministro delle Comunica-
zioni il 25 gennaio 2008 ha annunciato che il testo del nuovo
codice è concluso nella sua prima fase di elaborazione tecni-
ca e sarebbe quindi dovuto passare al vaglio del
Parlamento304. L’iter per la sua approvazione è stato inter-
rotto a seguito della crisi di Governo ed il testo del Codice
non è stato, al momento della stesura del presente Rappor-
to, reso pubblico. Sarebbe auspicabile l’approvazione di tale
Codice da parte del nuovo parlamento in tempi brevi e so-
prattutto l’attribuzione all’organismo di controllo di poteri
sanzionatori nei confronti di tutti media oggetto del nuovo
codice, così come richiesto da Consiglio Nazionale degli
Utenti, nel contributo dato all’elaborazione del codice e di
un nuovo sistema di tutela305.
Si prende atto, anche del lavoro svolto dal Ministero delle
Comunicazioni e dal Ministero della Pubblica Istruzione nella
promozione di iniziative a carattere sperimentale di forma-
zione e campagne di sensibilizzazione306 per un uso consa-
pevole delle nuove tecnologie destinate alle famiglie ed ai
minori, e per l’adozione di alcune direttive in materia307. Di-
rettive, queste ultime, che introducono il pat t o social e di
cor r esponsabil it à, che vede già coinvolte attivamente an-
che le famiglie, cui all’inizio dell’anno scolastico viene
chiesto di sottoscrivere un vero e proprio decalogo, conte-
nente una «definizione condivisa di diritti e doveri tra
famiglie e scuola»308.
Occorre, tuttavia, rilevare che, per quanto necessarie, simili
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
50
4orapportodiaggiornamento2007-2008
304 Intervento al convegno organizzato dal Consiglio nazionale degli
utenti presso l’Authority Telecomunicazioni, www.helpconsumatori.it/
news.php?id=16904
305 www.agcom.it/cnu/delibere/015_070507.doc
306 Ad esempio, si veda Campagna di sensibilizzazione per un corretto
uso delle nuove tecnologie da parte dei minori, promossa dal Ministero
delle Comunicazioni e dal Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria
della Presidenza del Consiglio dei Ministri Il miglior modo per aiutare tuo
figlio a non fare un uso sbagliato delle tecnologie, è conoscerle rivolta ai
genitori con figli di età compresa tra i 9 e i 14 anni, a cui si aggiunge il si-
to Ti6connesso che offre spunti di riflessione e informazioni necessarie
ad una navigazione sicura a tutti i ragazzi ed agli adulti coinvolti nella lo-
ro tutela (genitori ed insegnanti) www.tiseiconnesso.it/pag_video.php;
Progetto Teleduchiamoci del Ministero della Pubblica Istruzione, in colla-
borazione con l’Università La Sapienza di Roma, AGCOM, Comitato per il
Codice TV e Minori, Rai, Cnu , Uffici Scolastici Regionali ed Associazioni
Genitori, che ha coinvolto nel 2007 genitori e studenti di diverse regioni
italiane per un’attività di formazione relativa alla comunicazione televisi-
va, nei suoi diversi linguaggi e strumenti mediali
www.pubblica.istruzione.it/dg_studente/news/allegati/teleduchiamoci.pdf
307 Si veda la Direttiva n. 16 del 5 febbraio 2007 del Ministero della Pub-
blica Istruzione per contrastare il cyber bullismo e la relativa compagna
di informazione e sensibilizzazione Smonta il bullo con osservatori per-
manenti, un numero verde e un apposito sito internet
www.pubblica.istruzione.it/ministro/comunicati/2007/050207.shtml e
www.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/dir16_07.shtml; e la Diretti-
va n. 104 del 30 Novembre 2007 che prevede sanzioni per chi diffonde
dati personali altrui non autorizzati in ambito scolastico
www.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/allegati/dir104_07.pdf
308 www.pubblica.istruzione.it/ministro/comunicati/2007/280507.shtml
299 Si veda www.agcom.it/rel_07/07_Relaz_part02.pdf , Autorità per
le Garanzie nelle Comunicazioni
Relazione annuale sull’attività svolta e sui programmi di lavoro Roma,
24 luglio 2007, cap. 2.11 «La tutela dei minori», pag. 84.
300 Direttiva 2007/65/CE Servizi di media audiovisivi senza frontiere
11 dicembre 2007, disponibile sul sito www.europarl.europa.eu/
301 Cfr. www.iap.it/it/codice.htm
302 Per le recenti decisioni del Giurì e del Comitato di Controllo si veda
www.iap.it/it/indingiu.htm. Si tenga presente, però, che ricerche rela-
tive a decisioni emesse su temi specifici e/o in annualità differenti,
possono essere effettuate solo dalla Segreteria IAP, su specifica richi-
esta, come è stato per il caso qui riportato dei dati relativi alle pro-
nunce ex art.11.
303 Sentenza della Corte di Cassazione n. 1259 del 15 febbraio1999.
iniziative, alcune delle quali per ora a livello solo sperimenta-
le, non bastano a colmare un vuoto, non solo legislativo, ma
anche socio-educativo e di conoscenza. Collegare i fenomeni
di bullismo, peraltro già diffusi da tempo309, all’uso improprio
del cellulare non significa, ovviamente, “demonizzarlo”, ma
prendere atto del fatto che in Italia manca un’educazione al-
l’uso responsabile del mezzo tecnologico, non solo per gli
studenti, ma anche per gli stessi genitori ed insegnanti.
Inoltre, gravi lacune permangono, da parte dei media, pro-
prio sulla tutela della privacy dei minori, anche alla luce
della nuova Carta di Treviso310, storico documento di auto-
regolamentazione stilato, nella sua prima versione, nel
1990, che impegna i media ed i giornalisti italiani a norme di
comportamento, nei confronti dei bambini, deontologica-
mente corrette. L’Autorità del Garante per la protezione
dei dati personali, già nel 2006, aveva dato formalmente
atto dell’aggiornamento della Carta di Treviso311 volto ad
adeguare, in base all’esperienza acquisita, le cautele relati-
ve alla tutela dei minori. Tuttavia, la medesima autorità
continua ad emettere richiami, si veda ad esempio il prov-
vedimento del 19 settembre 2007312 indirizzato ai giornali-
sti, atto a ribadire l’esigenza di reali tutele relativamente al-
la privacy dei minori, nel campo dell’informazione.
2. TORTURA
Per quanto concerne l’introduzione del reato di tortura nel Co-
dice penale313, non vi sono purtroppo novità sostanziali rispet-
to al 3° Rapporto CRC. Anche la XV Legislatura si è infatti chiu-
sa senza l’approvazione definitiva di un testo che dia attuazio-
ne alle reiterate raccomandazioni rivolte dalle Nazioni Unite
all’Italia: alle osservazioni del Comitato ONU sui diritti dell’in-
fanzia e dell’adolescenza del 2003314 si sono infatti sommate
ancora una volta quelle espresse nel 2007 dal Comitato ONU
contro la tortura, in occasione dell’esame del quarto rapporto
periodico governativo italiano315. La prima raccomandazione
posta dal Comitato ONU contro la tortura al Governo italiano è
infatti l’introduzione del reato di tortura nella legislazione na-
zionale, con una definizione coerente con quella dell’art. 1 del-
la Convenzione ONU contro la tortura316 (CAT) e con pene ade-
guate, come indicato dall’art. 4 della medesima Convenzione.
L’Italia, inoltre, non ha ancora ratificato il Protocollo Opzionale
alla CAT317 ed il Governo non ha presentato il disegno di legge
di ratifica, nonostante l’impegno assunto davanti alle Nazioni
Unite in occasione della propria candidatura, e successiva ele-
zione, a membro del Consiglio sui diritti umani nel 2007318. Il
Protocollo Opzionale prevede un sistema di prevenzione della
tortura basato su visite condotte da organismi indipendenti
nazionali e internazionali in luoghi in cui vi siano persone,
compresi minori, private della libertà personale.
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
51
309 Si veda Gruppo CRC I Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia,
Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite, 2001, pag. 36.
310 Cfr. www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/carta_treviso/index.html
311 Si veda la deliberazione del Garante del 26 ottobre 2006 in
www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1420915
312 Si veda www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1451588 , se-
condo il quale non basta solo non indicare le generalità del minore, ma
anche ogni riferimento indiretto che lo possa rendere identificabile.
313 Il reato di tortura è stato invece introdotto nel Codice penale militare di
guerra, Legge 6/2002, che applica a tutti i «corpi di spedizione all’estero
per operazioni militare armate», anche «in tempo di pace».
314 CRC/C/15/Add. 198, 31 gennaio 2003, Osservazioni Conclusive indirizza-
te all’Italia dal Comitato ONU, punti 31 e 32.
315 CAT/C/ITA/CO/4, 18 maggio 2007, disponibili sul sito
www2.ohchr.org/english/bodies/cat/cats38.htm.
316 Ibidem Principali elementi di preoccupazione e raccomandazioni, punto 5.
317 Firmato dall’Italia nell’agosto 2003
318 A/61/863, 17 aprile 2007, pag. 6, disponibile on-line www.reformtheun.
org/index.php?module=uploads&func=download&fileId=2282
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Governo, al Ministero della Pubblica Istruzione e al
Ministero delle Comunicazioni ed alle Istituzioni Locali e
Scolastiche, di continuare ed implementare programmi di
sensibilizzazione ad un utilizzo sicuro e responsabile dei
Nuovi Media attraverso canali di comunicazione efficaci,
veloci ed accessibili alla generalità degli utenti;
2. Al Governo, al Ministero della Pubblica Istruzione, al Mi-
nistero delle Comunicazioni, al Ministero per le Politiche
Giovanili e le Attività Sportive ed alle Istituzioni Locali di
promuovere dei progetti finalizzati al raggiungimento di
una presa di coscienza critica da parte dei minori, introdu-
cendo, ad esempio, la media education come materia di
studio obbligatoria, nel curriculum scolastico della scuola
primaria e secondaria di I grado. Tali progetti, dovrebbero
essere rivolti anche a bambini in età pre-scolare, accom-
pagnati da specifici corsi di aggiornamento atti ad arricchi-
re le competenze dei docenti;
3. Al Governo ed al Parlamento l’approvazione entro il 2008
del Codice Unico Minori e Media, dotandolo di effettivi ed
idonei strumenti di monitoraggio e sanzionatori.
In linea con le sue precedenti raccomandazioni (ibid. par.
20) il Comitato ONU raccomanda che l’Italia:
(a) recepisca nel diritto penale il crimine della tortura o di al-
tri trattamenti o punizioni crudeli, inumani e degradanti
(CRC/C/15/Add. 198, punto 32)
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Parlamento di legiferare al fine di introdurre il reato di
tortura nel Codice penale italiano, in attuazione delle rei-
terate richieste in tal senso da parte delle Nazioni Unite;
2. Al Governo e al Parlamento di ratificare il Protocollo Op-
zionale alla Convenzione ONU contro la tortura, coerente-
mente con gli impegni presi anche in qualità di membri del
Consiglio delle Nazioni Unite sui Diritti Umani.
Capitolo IV.
Ambiente familiare e MISURE alternative
All’interno del raggruppamento l’ambiente familiare e le
misure ad esso alternative, previsto dalle Linee Guida del
Comitato ONU, vengono considerate le seguenti questio-
ni: il ruolo e la responsabilità dei genitori (art. 5 e art. 18
comma 1 e 2 CRC), la separazione dai genitori (art. 9 CRC)
il ricongiungimento familiare (art. 10 CRC), la sottrazione
internazionale di minori (art. 11 CRC), il mantenimento del
minore (art. 27 comma 4 CRC), minori privi di un ambiente
familiare (art. 20 CRC), l’adozione (art. 21 CRC) la verifica
periodica del collocamento (art. 25 CRC), l’abuso e mal-
trattamento all’interno dell’ambito familiare (art. 19 CRC)
e le misure riabilitative (art. 39 CRC).
Nel preambolo della CRC si afferma che «la famiglia,
unità fondamentale della società e ambiente naturale per
la crescita ed il benessere di tutti i suoi membri e in parti-
colare dei fanciulli, deve ricevere la protezione e
l’assistenza di cui necessita per poter svolgere integral-
mente il suo ruolo all’interno nella collettività». Tale prin-
cipio è ulteriormente ribadito negli articoli 7, 9 e 20 CRC. I
principi della CRC, ed in particolare il diritto del minore a
vivere e crescere in famiglia, hanno trovato riconoscimen-
to in Italia con la Legge 149/2001 che sancisce «il diritto
del minore ad una famiglia».
A livello europeo si segnala la Risoluzione approvata dal
Parlamento Europeo il 16 gennaio 2008, «Verso una stra-
tegia dell’Unione Europea sui Diritti dell’Infanzia e dell’A-
dolescenza», in cui si afferma che «l ’ambient e f amil iar e
rappresenta il contesto propizio alla protezione dei diritti
dei minori, garantendone un sano sviluppo della persona-
lità, allo sviluppo delle loro capacità, all’acquisizione delle
conoscenze necessarie all’esercizio dei loro diritti e all’ap-
prendimento dei loro doveri e che di conseguenza dev’es-
sere compiuto ogni sforzo possibile per sostenere le fami-
glie tramite politiche pubbliche adeguate, ma che, in as-
senza di tale contesto, tutti i minori compresi gli orfani, i
senzatetto e i profughi, dovrebbero, conformemente alla
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia,
poter godere di una pr ot ezione sost it ut iva che assicuri
la loro crescita senza discriminazioni di sorta» e al punto
111 si precisa che «l ’adozione possa avvenire nel Paese di
origine del bambino oppure trovando una famiglia attra-
verso l’adozione internazionale, conformemente alla legi-
slazione nazionale e alle convenzioni internazionali, e che
la sistemazione in istituto debba essere usata solo come
soluzione temporanea; potrebbe essere presa in conside-
razione una soluzione alternativa di accoglienza in fami-
glia quale l ’af f ido f amil iar e; esorta vivamente gli Stati
membri e la Commissione, in cooperazione con la Confe-
renza de L’Aja, il Consiglio d’Europa, e le organizzazioni
per i bambini, a elaborare un quadro che permetta di ga-
rantire la trasparenza e un controllo efficace dello svilup-
po di tali bambini e a coordinare le loro azioni, in modo da
impedire il traffico di minori; sollecita, a tale proposito, gli
Stati membri a prestare speciale attenzione ai bambini
con esigenze particolari, ad esempio i bambini che richie-
dono cure mediche o i bambini disabili».
1. SEPARAZIONE DAI GENITORI:
DIRITTI DEI BAMBINI E DEGLI ADO-
LESCENTI CON GENITORI DETENUTI
IN CARCERE
Il rispetto di alcuni dei diritti fondamentali sanciti dalla
CRC, e in primis del diritto del minore «di intrattenere re-
golarmente rapporti personali e contatti diretti con en-
trambi i genitori, a meno che ciò non sia contrario all’inte-
resse preminente del fanciullo» (art. 9 CRC), risulta parti-
colarmente delicato e difficile nel caso dei minori figli di
genitori detenuti. Spesso, infatti, la tutela di tali diritti
può essere fortemente ostacolata dalle esigenze imposte
dalla condizione di detenzione del genitore.
Ovviamente individuare e sottolineare le specificità dei fi-
gli di genitori detenuti in questa sede non deve indurre a
un’ulteriore discriminazione e stigmatizzazione di questo
gruppo di minori, ma solo alla presa di coscienza che loro
malgrado essi costituiscono un’entità sociale con esigen-
ze e problemi specifici legati alla condizione del loro geni-
tore. Anche in seguito all’arresto di uno o di entrambi i
genitori, il mantenimento della relazione familiare (ove
ovviamente non vi siano impedimenti giudiziari e ciò non
contrasti con la tutela dell’incolumità e degli interessi del
minore) va assunta come un diritto fondamentale del mi-
nore, a cui va garantita la continuità di un legame affetti-
vo, e come un dovere/diritto del genitore di assumersi la
responsabilità e continuità del proprio ruolo. Anche in se-
guito all’arresto evidenzi una situazione di precarietà fa-
miliare, in ottemperanza a quanto previsto dalla legisla-
zione italiana in materia di finalità della pena e di tratta-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
52
4orapportodiaggiornamento2007-2008
mento penitenziario, occorre operare affinché la deten-
zione costituisca per il genitore detenuto un’occasione
per recuperare l’identità genitoriale persa o da ricostrui-
re. Invece di fatto per molti genitori la carcerazione deter-
mina una “sparizione”.
La sanzione penale, allontanando una (o entrambe) le fi-
gure di riferimento, provoca un grave trauma nell’ambito
familiare, in particolare al figlio, che subisce la detenzio-
ne del genitore come perdita della risorsa affettiva più
importante e della principale risorsa psicologica che, se
mancante, può compromettere il suo sviluppo affettivo,
cognitivo e sociale319. Inoltre l’arresto fa spesso venir me-
no anche la principale fonte di reddito per la famiglia,
rendendo precaria la situazione del minore anche dal
punto di vista economico e sociale320.
Studi internazionali hanno mostrato che le conseguenze
della detenzione sui bambini possono persistere e mani-
festarsi anche in età adulta321. Un figlio di genitore dete-
nuto, una volta diventato adulto, ha infatti maggiori pro-
babilità di trovarsi in conflitto con la legge322. Secondo al-
cune stime, il 30% dei figli di genitori detenuti è destina-
to a ripetere l’esperienza detentiva del genitore, in man-
canza di un intervento di accompagnamento adeguato323.
Sarebbe quindi opportuno predisporre un monitoraggio
costante della quantità di minori interessati da questa si-
tuazione e delle effettive conseguenze che essa provoca
sulla loro vita, nonché predisporre anche nel nostro Pae-
se ricerche di lungo periodo su come agiscono sui bambi-
ni i meccanismi della detenzione per prevedere interventi
a loro sostegno324.
In Italia invece ci sono pochi dati sulla situazione dei dete-
nuti in quanto genitori. L’amministrazione penitenziaria non
registra in maniera sistematica se un detenuto ha figli, e
pertanto il quadro della situazione familiare che ne risulta è
incompleto e non consente di conoscere l’esatto numero di
bambini e ragazzi che vivono questa esperienza325. Tutta-
via, dai numeri di cui si dispone, si rileva che in un anno più
di 700.000 bambini dell’Unione Europea e circa 70/75.000
in Italia sono separati da un genitore detenuto, e a volte da
entrambi326. Questi bambini e ragazzi costituiscono un
gruppo poco identificato come portatore di bisogni e di di-
ritti, ma “fortemente a rischio” come già descritto. Un inter-
vento di sostegno e accompagnamento della relazione ge-
nitoriale si configura quindi come una necessaria e auspica-
bile azione di prevenzione sociale.
Sul versante della tutela dei legami familiari delle persone
detenute, le Regole Penitenziarie Europee327 stabiliscono
che il trattamento penitenziario deve essere orientato a
conservare e rinforzare i legami dei detenuti con i membri
della loro famiglia e con il mondo esterno nell’interesse
degli uni e degli altri328 e che le modalità di effettuazione
dei colloqui devono permettere ai detenuti di mantenere e
sviluppare la relazione familiare nel modo più normale
possibile329.
Anche in Italia sono state emanate una serie di norme a tu-
tela della dignità della persona detenuta e quindi, diretta-
mente o indirettamente, a sostegno della genitorialità, an-
che grazie all’attenzione al valore preventivo di un’azione a
tutela della relazione familiare330. Riguardo alle relazioni
familiari, l’ordinamento ha accolto il principio che il tratta-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
53
319 Bouregba A. I legami familiari alla prova del carcere Bambinisenza-
sbarre, Milano, 2005.
320 Caritas Ambrosiana Indagine sulle condizioni sociali, economiche e
abitative delle persone detenute a Milano e delle loro famiglie Rapporto
di ricerca a cura di Andrea Molteni e Alessandra Naldi, Milano, maggio
2007.
321 Murray J.F., Farrington D. Parental Imprisonment effects on boys’an-
tisocial behavviour and delinquency through the life.course in Journal of
Child Psycology and Psychiatry, 46 (12) 2005.
322 Barral W. Enfants de droits. La révolution des petits pas, Lierre et
Coudrier, Association La Harpe-Enfants de droits Parigi, 1990.
323 Studio Eurochips e Centro studi sulle carceri, Parigi, novembre 2005,
in Bambinisenzasbarre Figli di genitori detenuti, prospettive europee di
buone pratiche Milano, 2007.
324 Rufo M. Liens familiaux et détention. Le jeune enfant vivant auprès
de sa mère incarcérée in Transitions 39, 1995, pagg. 127-136.
325 Nelle statistiche ufficiali del Dipartimento dell’Amministrazione Pen-
itenziaria del Ministero della Giustizia (disponibili anche sul sito
www.giustizia.it), viene sempre riportata anche una tabella relativa al
numero di figli della popolazione detenuta in Italia (a fine 2007 il dato
ufficiale era di 16.834 persone detenute con figli), ma in nota alla tabel-
la viene riportata la seguente frase: «L’indagine è limitata ai soli
soggetti di cui è noto lo stato di paternità/maternità. Sono quindi es-
clusi non solo coloro che non hanno figli ma anche gli individui per i
quali il dato non è disponibile».
326 La stima esatta per l’Italia era di 73.490 detenuti con figli entrati in
carcere nel 2005. Fonte: Studio Eurochips e Centro studi sulle carceri,
2005, cit.
327 Con le «Regole minime standard per il trattamento dei detenuti»
(Risoluzione (73) 5 del 19 gennaio 1973) e successivamente con le Re-
gole Penitenziarie Europee (Raccomandazione R (87) 3 del 12 febbraio
1987, riproposta e aggiornata nella Raccomandazione R(2006)2
dell’11 gennaio 2006), il Consiglio d’Europa ha emanato una serie di
indicazioni agli Stati aderenti allo scopo di «stabilire un insieme di re-
gole minime che insistano sugli aspetti dell’amministrazione peniten-
ziaria che risultano essenziali per assicurare condizioni umane di de-
tenzione e un trattamento positivo nel quadro di un sistema moderno
e progressista» (dal preambolo alla R (87) 3).
328 R (87) 3, regola 65.
329 R (2006) 2, regola 24.4.
330 È un percorso iniziato nel 1975 con la riforma dell’ordinamento pe-
nitenziario (Legge 354/1975), che ha allineato il trattamento dei dete-
nuti nelle carceri italiane ai principi di tutela della persona nelle situa-
zioni di privazione della libertà personale, adeguandosi pienamente
alle regole dell’ONU e del Consiglio d’Europa, e che ha sancito defini-
tivamente il passaggio da un sistema repressivo, ispirato al principio
retributivo, ad un sistema basato sul principio della finalità rieducati-
va e risocializzante della pena (già previsto dall’art. 27 Cost.).
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
mento penitenziario «debba agevolare gli opportuni contatti
con il mondo esterno e i rapporti con la famiglia»331, preve-
dendo in tal senso anche la possibilità del lavoro all’esterno
del carcere e rientro la sera332. Un ulteriore passo in avanti
verso la tutela delle relazioni familiari è stato compiuto con
l’introduzione delle misure alternative alla detenzione, con
la Legge Gozzini333, e successivamente con la Legge Simeo-
ne-Saraceni334. Il legislatore italiano si è poi soffermato so-
prattutto sulla tutela della relazione genitoriale quando la
detenzione interessi la madre (o il padre in caso di assenza
o impossibilità della figura materna). La sopra citata Legge
Simeone-Saraceni del 1998 ha introdotto anche la possibi-
lità di accedere alla detenzione domiciliare per motivi di sa-
lute o di famiglia a favore delle donne incinte o madri di pro-
le di età inferiore ai 10 anni o del padre in caso di impossibi-
lità della madre (art. 10). Il Regolamento di esecuzione del-
l’ordinamento penitenziario335, del 2000, ha stabilito, tra
l’altro, le caratteristiche minime a cui si devono uniformare
gli asili nido operativi nelle carceri o nelle sezioni femminili
per consentire alle madri detenute di tenere con sé i figli fi-
no a 3 anni d’età. Ma il passaggio fondamentale di questo
percorso è stato l’introduzione della Legge Finocchiaro
(2001)336 che ha introdotto la «detenzione domiciliare spe-
ciale» per madri di figli al di sotto dei 10 anni di età anche
per pene superiori ai 4 anni, purché non sussista la possibi-
lità di commissione di ulteriori reati ed abbiano scontato un
terzo di pena. La Legge Finocchiaro ha inoltre previsto
l’estensione dell’art. 21 dell’ordinamento penitenziario, che
permette l’uscita dal carcere per recarsi a lavorare durante il
giorno e il ritorno in carcere la sera, aggiungendo un tempo
in più per l’assistenza all’esterno dei figli minori, ed in man-
canza di un lavoro consentendo l’utilizzo di questa possibi-
lità anche solo per l’accudimento dei figli.
Quello della continuità della relazione con la madre sotto-
posta a misure penali rappresenta un nodo critico. I bambi-
ni residenti negli istituti penali con la madre detenuta, ol-
tre a vivere in un ambiente non adeguato alla necessità di
un regolare sviluppo psicofisico337, al compimento del terzo
anno di età non possono più vivere in carcere e quindi ven-
gono allontanati dalla madre a meno che essa non abbia i
requisiti di legge per usufruire della detenzione domiciliare
prevista dalla Legge Finocchiaro. Le difficoltà di attuazione
di tale legge, soprattutto nel caso di donne straniere o rom
che non dispongono di un alloggio presso cui usufruire del-
la detenzione domiciliare, e le limitazioni imposte dai requi-
siti richiesti (non essere in attesa di giudizio e avere già
scontato un terzo della pena) fanno già emergere la neces-
sità di un suo perfezionamento338. Il problema resta comun-
que attuale, se si considera che, come riportato dai dati mi-
nisteriali sulle presenze negli istituti penitenziari339, a fine
2007 i bambini detenuti insieme alle loro madri erano an-
cora 70. A questo proposito uno sforzo positivo, in un’ottica
di riduzione del danno, va riconosciuto alla Provincia di Mi-
lano che in collaborazione con il Comune, la Regione Lom-
bardia e il Ministero della Giustizia e il Ministero della Pub-
blica Istruzione, il 2 aprile 2007 ha aperto la prima struttura
per la custodia, che ha ospitato 37 mamme e 38 bambini.
Un altro punto cruciale, che non è stato finora adeguata-
mente recepito né a livello normativo, né nelle politiche e
nelle prassi degli operatori, è l’attenzione alle conseguenze
che le modalità di arresto, di custodia e di controllo del ge-
nitore detenuto possono avere sui figli. Una condizione di
grave trauma per il bambino può essere rappresentata, ad
esempio, dall’aver assistito all’arresto del genitore. Assume
grande importanza in questo senso la sensibilizzazione de-
gli agenti di polizia, ed in particolare di polizia penitenzia-
ria, e sarebbero pertanto auspicabili dei programmi di for-
mazione per sviluppare la loro consapevolezza circa i biso-
gni dei figli di detenuti. Particolare riguardo deve essere
inoltre riservato al delicato tema del colloquio con il genito-
re in carcere, tenuto conto che è spesso l’unico strumento
di mantenimento della relazione e del legame affettivo. È
dunque necessario porre attenzione alle modalità in cui si
effettuano i colloqui, che devono tener conto della presenza
e garantire la tutela dei bambini, ed in particolare:
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
54
4orapportodiaggiornamento2007-2008
331 Art. 15 Legge 354/1975 «Norme sull’ordinamento penitenziario e
sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà».
332 Art. 21 bis Legge 354/1975.
333 Legge 663/1986, che ha consentito, tra l’altro, di accedere alle mi-
sure alternative anche alle persone ancora in stato di libertà evitando
così l’interruzione del rapporto genitoriale.
334 Legge 165/1998 «Modifiche all’art. 656 c.p.p. ed alla Legge
354/1975 e successive modificazioni».
335 DPR 230/2000 «Regolamento recante norme sull’ordinamento pe-
nitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà».
336 Legge 40/2001 «Misure alternative alla detenzione a tutela del
rapporto tra detenute e figli minori».
337 Biondi G. Lo sviluppo del bambino in carcere Franco Angeli, Milano
1994.
338 La Legge Finocchiaro è già stata oggetto di diverse proposte di inte-
grazione e modifica, ma a tutt’oggi l’iter legislativo non si è ancora con-
cluso. Nel corso della XV legislatura, la Commissione Giustizia della Ca-
mera ha approvato il disegno di legge C. 528 «Disposizioni per la tutela
del rapporto tra detenute madri e figli minori» che prevede la realizza-
zione di case-famiglia protette per tutti quei casi in cui non siano pos-
sibili misure di sospensione o comunque alternative alla carcerazione,
soprattutto per le madri in attesa di giudizio. Viene inoltre prevista
un’ulteriore ipotesi di permesso che autorizza la detenuta ad accompa-
gnare il figlio all’ospedale in caso di ricovero del bambino al Pronto
Soccorso e di soggiornare presso la struttura ospedaliera per tutto il
periodo della degenza. Il 3 aprile 2007 la Commissione Giustizia della
Camera ha deliberato di riferire favorevolmente sul testo del progetto
di legge, chiedendo di essere autorizzata a riferire oralmente. Al mo-
mento della stesura del presente Rapporto, l’iter legislativo è fermo.
339 Disponibili sul sito www.giustizia.it, sezione Pianeta carcere, Statistiche.
∏ il carcere dovrebbe prevedere spazi e modalità a misura
di bambino (ad esempio, alloggi di visita, spazi gioco)
che consentano libertà di movimento e di contatto fisico
tra genitore detenuto e figli. Tali spazi dovrebbero esse-
re accessibili a tutta la popolazione detenuta, indipen-
dentemente dalla condizione giuridica e da eventuali va-
lutazioni di ordine premiale;
∏ gli operatori del carcere dovrebbero mantenere un com-
portamento adeguato nei confronti dei minori e tenere in
considerazione la loro presenza anche nel modo in cui si
rivolgono al genitore detenuto;
∏ è importante rispettare il ruolo di genitore della persona
detenuta, trovando modi che lo tutelino pur nel rispetto
delle regole e della sicurezza;
∏ è importante prendere in considerazione il punto di vista
del bambino e le sue necessità anche quando ci siano
delle restrizioni speciali;
∏ nella organizzazione della vita carceraria occorre tenere
in debito conto le esigenze dei figli delle persone dete-
nute (ad esempio, provvedere a orari di visita flessibili
per i colloqui e per le telefonate a casa).
Infine, considerato che buona parte degli interventi del Ter-
zo Settore in questo ambito dipendono da finanziamenti di
fondazioni o da contributi liberali, si avverte l’esigenza di
una politica di sostegno ai progetti e alle buone prassi spe-
rimentate dal Terzo Settore che possono trasformarsi in
servizi regolarmente finanziati dai Ministeri interessati (Mi-
nistero della Giustizia, Ministero della Salute e Ministero
della Solidarietà Sociale) e dagli Enti Locali preposti340.
2. RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE:
LE FAMIGLIE ISLAMICHE IN ITALIA E
LA KAFALA
Al fine di procedere ad un corretto approccio alla temati-
ca in esame, è imprescindibile fare riferimento ai fonda-
menti culturali e religiosi che sono alla base delle forme
di protezione rivolte all’infanzia nelle società islamiche.
Come noto, l’Islam è una religione che regola tutti gli
aspetti della vita del credente, compresi il matrimonio, la
filiazione e la successione341. Sebbene l’adozione legitti-
mante (tabanni) fosse perfettamente conosciuta ed am-
messa in epoca preislamica, questo istituto fu successi-
vamente vietato. La ratio di tale divieto, attualmente sus-
sistente, risiede nella concezione islamica della famiglia
come istituzione di origine divina, tale da non consentire
all’uomo di determinare la cessazione dei legami di san-
gue e di costituire artificialmente rapporti di parentela
non originati dalla procreazione biologica. I musulmani
hanno comunque continuato a garantire protezione ai
bambini abbandonati grazie alla kaf al a che prevede, in-
fatti, che chiunque, per mezzo di una dichiarazione solen-
ne da rendersi dinanzi ad un giudice o ad un notaio, può
rendersi kafil, assumendo l’impegno di provvedere alle
esigenze di vita di un makfoul, un minore abbandonato,
fino al raggiungimento della maggiore età, con l’obbligo
di accudirlo con le stesse modalità di un padre. In conse-
guenza a tale promessa, il kafil è personalmente obbliga-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
55
340 Esempi di buone prassi sono presenti a Milano nel carcere di Bolla-
te e San Vittore (area di attesa destinata ai bambini prima dei colloqui
con il genitore e spazio giochi per il colloquio, gestite rispettivamente
dall’associazione Bambinisenzasbarre e Telefono Azzurro), intervento
presso il nido del carcere di Rebibbia a Roma (associazione A Roma
Insieme), ma anche servizi di accompagnamento psicopedagogico
specializzato per il mantenimento della relazione genitoriale destina-
to ai genitori detenuti in carcere e alle famiglie all’esterno (Centro per
la genitorialità di Bambinisenzasbarre, Milano).
341 Le istituzioni giuridiche hanno, infatti, una valenza fortemente reli-
giosa: si tratta di “obblighi giuridico-religiosi”, in quanto realizzati
nella cornice coranica. Ai cambiamenti in atto all’interno della famiglia
musulmana è dedicata un’intera opera, di Fernea Warnock E. (a cura
di) Women and the Family in the Middle east. New Voices of Change
Univesity of Texas Press, Austin, 1985.
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Parlamento di giungere al più presto ad una adegua-
ta riforma della normativa in tema di detenute madri,
ispirata alla necessità di evitare l’interruzione del rap-
porto madre/figlio (o padre/figlio, qualora la figura ma-
terna non sia disponibile) e al contempo al principio che
i bambini non debbano essere sottoposti a limitazioni
della libertà personale per effetto della situazione pena-
le del genitore;
2. Al Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Ammi-
nistrazione Penitenziaria di monitorare in maniera più
adeguata la situazione familiare delle persone detenute
e di svolgere indagini per conoscere il numero di minori
che hanno uno o entrambi i genitori in carcere, mettere
in luce i servizi attivati e programmare concretamente
adeguate politiche di sostegno;
3. Al Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Ammi-
nistrazione Penitenziaria e a tutti i Provveditorati re-
g ional i di adeguare le strutture detentive e
l’organizzazione interna agli istituti in base a quanto
previsto dal Regolamento di esecuzione dell’ordinamen-
to penitenziario, Legge 230/2000, in particolare per
quanto riguarda gli artt. 37 (colloqui) e 39 (corrispon-
denza telefonica) e di destinare attenzione e risorse ad
un’adeguata formazione del personale addetto ai collo-
qui al rispetto dei diritti dei figli delle persone detenute.
to nei confronti del minore a provvedere alle sue esigen-
ze ed alle sue necessità, ma non sorge alcun vincolo di fi-
liazione, né vengono meno i rapporti giuridici eventual-
mente esistenti con la famiglia d’origine342.
Si rileva che la CRC all’art. 20 riconosce espressamente la
kafala quale misura di protezione dell’infanzia sostituti-
va della famiglia343, accanto ad affidamento familiare,
adozione, o in caso di necessità, istituti per l’infanzia.
Per quanto concerne il contesto italiano data la presenza
di numerose famiglie islamiche si pone la questione di ri-
conoscere gli effetti della kafala ai fini di attuare il ricon-
giungimento familiare del makf oul al kaf il 344, cioè di
bambini dati in kafala e rimasti nei Paesi islamici, da par-
te di cittadini stranieri residenti in Italia o divenuti cittadi-
ni italiani. Tale questione è stata affrontata in Italia più
volte in sede giurisdizionale345, trovando diverse rispo-
ste. Il tema del ricongiungimento familiare dei minori dati
in kafala ai loro kafil stranieri residenti in Italia è di gran-
de rilevanza per la sua portata attuale e futura. Perché il
nostro Paese si trasformi da mera terra di immigrazione
in terra di accoglienza e di interculturalità, occorre tener
conto anche dei bambini orfani o comunque privi di una
famiglia che tramite la kafala si sono legati ad una fami-
glia islamica.
Premesso che la residenza nel territorio italiano comporta
la soggezione dello straniero alla legge italiana, si eviden-
zia la giurisprudenza che ha valutato la questione del ri-
conoscimento della kafala e dei suoi effetti nell’ordina-
mento italiano. L’Avvocatura di Stato, con parere n. 7032
espresso il 19 gennaio 2006, ha ritenuto l’istituto in ogget-
to contrario all’ordine pubblico. Il parere affronta la que-
stione del riconoscimento, ai fini del ricongiungimento fa-
miliare, del provvedimento di kafala in Italia, rispetto alle
coppie straniere ivi residenti, rapportandola direttamente
agli istituti dell’adozione, dell’affidamento familiare e del-
la sottoposizione a tutela. Non essendo la kafala ricondu-
cibile a nessuna delle suddette tre fattispecie, conclude
l’Avvocatura dello Stato, il suo riconoscimento sarebbe in
grado di compromettere l’ordine pubblico. Tuttavia, alcu-
ni tribunali, anche recentemente, hanno affermato che la
kafala non può però essere paragonata sic et simpliciter ai
concetti di adozione, affidamento o sottoposizione del mi-
nore a tutela, ma è necessaria una valutazione di più am-
pio respiro, di modo che istituti di diritto straniero, ancor-
ché diversi da quelli nazionali, possano comunque venire
in rilievo nel nostro Paese, purché produttivi di effetti so-
stanzialmente omologhi a quelli interni, come previsto
dalle norme sul riconoscimento automatico dei provvedi-
menti di questo tipo e dalla giurisprudenza in materia di
ricongiungimento familiare346. Del resto, è la stessa giuri-
sprudenza della Corte Costituzionale italiana347 che stabi-
lisce la necessità di fare emergere dal tenore letterale del-
la normativa i valori e le finalità cui essa s’ispira. È altresì
da considerare che la verifica della sostanziale corrispon-
denza degli effetti della kafala agli istituti sopra conside-
rati dovrebbe essere effettuata alla luce dell’ordinamento
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
56
4orapportodiaggiornamento2007-2008
342 Va comunque rilevato che anche fra le legislazioni dei vari Stati in
merito alla kafala ci sono alcune sostanziali differenze: in Algeria, ad
esempio, ai sensi della Legge 84/1984, e successivi decreti (n. 92-24
del 13 gennaio 1992, n. 71-157 del 3 gennaio 1992 e n. 71-157 del 3
giugno 1971), il minore, se figlio di padre sconosciuto, può assumere il
nome della famiglia kafil previa semplice domanda del suo tutore. In
Marocco, la kafala è disciplinata dal dahir 10/9/1993 n. 1.93.165 – così
come modificato da nuove normative del 2003 e 2004 – il quale
prevede lo svolgimento di due inchieste, sull’idoneità del kafil e sullo
stato di abbandono del makfoul. Ad esito positivo delle inchieste, il
Governatore della Prefettura può acconsentire alla kafala, che viene
resa esecutiva – verificato il rispetto dei requisiti di legge – dal Tri-
bunale di prima istanza. In ultimo si segnala che in alcune zone, ad es-
empio nei territori soggetti all’Autorità Palestinese, non esistono
forme di tutela dei minori orfani o in stato di abbandono e che gli stes-
si hanno, come unica possibilità di sopravvivenza, l’accoglienza negli
orfanotrofi gestiti da religiosi.
343 L’art. 20 comma 3 CRC, con riferimento al diritto di protezione del
fanciullo da parte degli Stati firmatari, stabilisce che «tale protezione
sostitutiva può in particolare concretizzarsi per mezzo di sistemazione
in una famiglia, della kafalah di diritto islamico, dell’adozione o, in ca-
so di necessità, del collocamento in un adeguato Istituto per
l’infanzia. Nell’effettuare una selezione tra queste soluzioni, si terrà
debitamente conto della necessità di una certa continuità nell’educa-
zione del fanciullo, nonché della sua origine etnica, religiosa,culturale
e linguistica».
344 La legge italiana sull’immigrazione già riconosce la rilevanza dei
legami familiari fondati sull’affidamento e la tutela, parificando la po-
sizione dei figli a quella dei minori affidati o in tutela, ai fini del ricon-
giungimento familiare (art. 29 comma 2 T.U. 286/1998).
Nel caso di cittadini italiani o comunitari il ricongiungimento è un di-
ritto riconosciuto nei confronti di una più ampia cerchia di familiari
che comprende, oltre al coniuge e ai figli, anche «ogni altro familiare,
qualunque sia la sua cittadinanza, non definito all’articolo 2, comma
1, lettera b), se è a carico o convive, nel Paese di provenienza, con il
cittadino dell’Unione titolare del diritto di soggiorno a titolo principale
o se gravi motivi di salute impongono che il cittadino dell’Unione lo
assista personalmente» (art. 2 comma 1 lett. b Dlgs. 30/2007.). Per-
tanto, attualmente, i cittadini di uno Stato Membro dell’Unione Euro-
pea o italiani (art. 28 T.U. 286/1998) possono ricongiungersi con i mi-
nori che rientrano in questa definizione ampia di familiare, dimostran-
do che sono a loro carico. Il riconoscimento del makfoul come familia-
re, in base a queste norme, sarebbe condizionato al fatto che la kafala
sia sorta nello stato di origine, prima che il kafil si trasferisse in Italia
o in altro stato dell’UE, come previsto dalla direttiva del Consiglio
2004/38 CE sullo status dei cittadini UE e dei familiari.
345 Ad esempio, il Tribunale di Firenze, con decreto del 9 novembre
2006, (in Diritto, Immigrazione e cittadinanza n. 1/2007, pag. 169), ha
assimilato la kafala ad un rapporto di parentela ai fini del ricongiungi-
mento ordinando al Ministero degli Affari Esteri e al Consolato Gene-
rale d’Italia a Casablanca il rilascio del visto per il ricongiungimento
familiare del minore; Corte d’Appello di Firenze, 2 febbraio 2007, in
Diritto Immigrazione e Cittadinanza n. 4/2007, pag. 139.
346 Art. 66 Legge 218/1995.
347 Corte Cost. n. 28 del 12 gennaio 1995; Corte Cost. n. 203 del 17 giu-
gno 1997; Corte Cost. n. 376 del 12 luglio 2000.
straniero, ex art. 15 Legge 218/1995348.
Come sopra evidenziato, l’istituto islamico della kafala deve
essere considerato una peculiare misura di protezione del
minore abbandonato, tale da fare sorgere in capo al bambi-
no il diritto ad essere mantenuto, assistito, educato ed
istruito: pertanto, essa «non è irrilevante per l’ordinamento
italiano, che, lungi dal considerarla tamquam non esset, le
accorda invece la capacità di produrre di per se stessa effetti
giuridici»349. Data la qualificazione giuridica della kafala da
parte dell’ordinamento di provenienza si rileva la possibilità
di un automatico riconoscimento nell’ordinamento italiano
grazie all’applicazione erga omnes, ex art. 42 Legge
218/1995, della Convenzione de L’Aja del 1961, che prevede
che le misure di protezione dei minori sono adottate dalle
autorità competenti dei singoli Stati secondo la propria legi-
slazione interna, che ne disciplina le condizioni, la modifica
e la cessazione350.
Il riconoscimento della kafala nell’ordinamento interno ai fi-
ni del ricongiungimento familiare comporterebbe la possibi-
lità per i titolari del provvedimento di vivere insieme al loro
makfoul sul territorio italiano e, quindi, di realizzare il diritto
del bambino straniero abbandonato a vivere in una
famiglia351.
Il tema del ricongiungimento familiare dei minori stranieri al
loro kafil residenti in Italia è particolarmente delicato e sa-
rebbe pertanto auspicabile un confronto giuridico sul tema.
3. MINORI PRIVI DI UN AMBIENTE
FAMILIARE
La Legge 149/2001 individua i presupposti per l’attuazione
del diritto di ogni bambino ad una famiglia, prioritariamente
alla propria, e assegna allo Stato, alle Regioni e agli Enti Lo-
cali il compito di sostenere i nuclei familiari in difficoltà, al
fine di prevenire l’abbandono e di consentire al bambino di
essere educato nella propria famiglia. In particolare, la Leg-
ge vieta che le condizioni di indigenza dei genitori possano
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
57
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. All’Osservatorio Nazionale Infanzia e al Centro naziona-
l e di documentaz ione e anal is i per l ’ infanz ia e
l’adolescenza di prevedere un momento di confronto sulla
questione del ricongiungimento familiare in Italia del
makfoul al kafil.
348 La Legge 218/1995 disciplina, infatti, il diritto internazionale privato
del nostro ordinamento. Si rileva, peraltro, che, secondo il recente orien-
tamento della Corte di Cassazione (Cass. Civ. n. 7472/2008): «Atteso, in
definitiva, che - fuori dai casi (per cui restano margini di dubbio) in cui la
kafala abbia base esclusivamente negoziale, in assenza di controllo alcu-
no della autorità sull’idoneità dell’affidatario e l’effettività delle esigenze
dell’affidamento (quale invece previsto dallo Stato del Marocco) - tra la
kafala islamica e il modello dell’affidamento nazionale prevalgono, sulle
differenze, i punti in comune, non avendo entrambi tali istituti, a differen-
za dell’adozione, effetti legittimanti, e non incidendo, sia l’uno che l’altro,
sullo stato civile del minore; ed essendo anzi la kafala, più dell’affidamen-
to, vicina all’adozione, in quanto, mentre l’affidamento ha natura essen-
zialmente provvisoria, la kafala (ancorché ne sia ammessa la revoca) si
prolunga tendenzialmente fino alla maggiore età dell’affidato».
349 Sentenza Tribunale di Biella, 26 aprile 2007.
350 L’art. 65 Legge 218/1995 prevede, del resto, che i provvedimenti stra-
nieri relativi all’esistenza di rapporti di famiglia, quando siano pronunciati
dalle Autorità dello Stato la cui legge è richiamata o che producono effetti
nell’ordinamento di quello Stato, anche se pronunciati da Autorità di altro
stato, hanno effetto in Italia. Il limite al riconoscimento della fattispecie
nell’ordinamento italiano è la non contrarietà all’ordine pubblico.
351 «Può accadere che prima dell’ingresso in Italia il bambino sia affidato
dall’autorità giudiziaria o amministrativa del suo Stato ad una famiglia
con un provvedimento di affidamento o di kafala. Questo provvedimento
dovrebbe essere riconosciuto automaticamente in Italia dagli organi della
pubblica amministrazione (artt. 66 e 67 Legge 31 maggio 1995 n. 218 rela-
tivi al riconoscimento di provvedimenti stranieri di giurisdizione volonta-
ria) senza che il giudice minorile italiano sottoponga a una nuova valuta-
zione la sussistenza dei requisiti; d’altronde sarebbe abnorme che - al di
fuori di condizioni di incapacità degli affidatari che impongano successivi
provvedimenti di urgenza di protezione - una pubblica autorità italiana
possa considerare come inesistente e mettere nel nulla un provvedimen-
to di affidamento che un altro Stato fa di un suo cittadino minore ad una
famiglia dello stesso Stato. Ciò premesso si pone la questione se, poiché
un bambino si trova comunque in Italia affidato a persone diverse dai
suoi genitori, non si debba introdurre la previsione di qualche forma di vi-
gilanza sociale o di verifica giudiziaria sullo svolgimento dell’affidamen-
to». Intervento del Prof. Piercarlo Pazè, già Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale per i Minorenni di Torino, al Seminario di Studio orga-
nizzato dalla Commissione parlamentare per l’ infanzia Adozione, affida-
mento, accoglienza dei minori in strutture, soggiorni solidaristici e coope-
razione internazionale, Proposte a confronto 16 luglio - 8 ottobre 2007.
34. Ai sensi dell’art. 20 della Convenzione, il Comita-
to ONU raccomanda che l’Italia:
(a)prenda tutte le misure necessarie per assicurare
l’applicazione della Legge 184/1983;
(b)come misura preventiva, migliori l’assistenza sociale
e il sostegno alle famiglie in modo da aiutarle ad
adempiere il compito crescere i bambini, attraverso
l’educazione dei genitori, la creazione di consultori
e l’utilizzo di programmi comunitari;
(c)adotti misure efficaci per attuare soluzioni alternati-
ve all’istituzionalizzazione, come l’affidamento,
l’affido in case famiglia altri sistemi di assistenza fa-
miliare, e collochi i bambini in istituto solo come
soluzione estrema;
(d)assicuri regolari ispezioni degli istituti da parte di
soggetti indipendenti;
(e)stabilisca meccanismi efficaci per ricevere e inoltrare
ricorsi parte di bambini assistiti, per monitorare i
parametri di assistenza e, ai sensi dell’art. 25 della
Convenzione, stabilisca revisioni periodiche e rego-
lari dei collocamenti in istituto.
(CRC/C/15/Add.198,punto 34)
costituire ostacolo, anche indirettamente, all’esercizio del
diritto del minore alla propria famiglia. Il bambino «tempo-
raneamente privo di un ambiente familiare idoneo» è affi-
dato ad una famiglia, o a una persona singola; è “consenti-
to” l’inserimento in una comunità di tipo familiare «ove non
sia possibile l’affidamento o in mancanza, in un istituto di
assistenza pubblico o privato».
a) Affidamenti familiari
L’affidamento familiare, in base alla Legge 149/2001, deve
essere realizzato nei confronti dei minori nei casi in cui non
sia praticabile, anche temporaneamente, un supporto alla
famiglia d’origine tale da consentirvi la permanenza del mi-
nore352 e non sussistano le condizioni per la dichiarazione
dello stato di adottabilità. L’affido familiare è preso in con-
siderazione come soluzione alternativa di accoglienza in
famiglia anche dalla risoluzione approvata dal Parlamento
Europeo il 16 gennaio 2008353.
Non ci sono dati aggiornati sui minori affidati, ed il coordi-
natore scientifico del Centro Nazionale di documentazione
ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza ha così esposto la
situazione354: «L’ultimo riferimento ufficiale relativo al nu-
mero di minori in affidamento familiare in Italia risaliva al
lontano 1999, anno in cui il Centro Nazionale realizzava
uno specifico censimento in materia, dal quale risultavano
10.200 affidamenti familiari residenziali in corso al 30 giu-
gno dello stesso anno. Al 31 dicembr e 2005, a più di cin-
que anni di distanza dalla prima ricerca e dopo numerose
campagne di sensibilizzazione sull’affidamento familiare
realizzate sia a livello nazionale che locale, ma soprattutto
dopo l’entrata in vigore della Legge 149/2001, il numero
degli affidamenti familiari di minorenni è salito a 12.551,
con un incremento nel periodo considerato del 23%. In
realtà tale numero risulta sottostimato, mancando alla rile-
vazione, in quanto non fornito, il dato della Sicilia che por-
terebbe, tenuto conto della rilevazione del 1999, il numero
degli affidamenti in corso decisamente oltre le 13mila
unità. Rapportando gli oltre 13mila affidamenti familiari ac-
certati alla popolazione residente di riferimento si ottiene
una media di circa 14 minori in affidamento ogni 10mila mi-
nori residenti, incidenza che varia sensibilmente da Regio-
ne a Regione. Relativamente alle caratteristiche di questi
bambini e ragazzi, sebbene non tutte le amministrazioni
regionali abbiano fornito il dato, si segnalano i seguenti
due elementi di interesse suggeriti dai dati:
- forte incremento della componente straniera che ha con-
tribuito sensibilmente all’aumento del numero degli affida-
menti familiari – tra il 1999 e il 2005 a fronte di una crescita
del 20% del fenomeno complessivo, la componente stra-
niera cresce del 400%;
- aumento degli affidamenti intrafamiliari che passano da
meno della metà nei casi in corso nel 1999 al 55% degli af-
fidamenti in corso nel 2005; un fenomeno, questo, in stret-
ta relazione con la crescita degli affidamenti di tipo con-
sensuale.
Si tratta di dati incompleti, che non consentono di entrare
nel merito della diffusione e delle caratteristiche degli affi-
damenti. Un approfondimento specifico richiederebbero
gli affidamenti a parenti (intrafamiliari), su cui purtroppo
non ci sono specifici ricerche o studi, ma che rappresentan-
do il 55% degli affidamenti in corso rappresentano un im-
portante intervento nei confronti dei minori con gravi diffi-
coltà familiari»355.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
58
4orapportodiaggiornamento2007-2008
352 La Legge 149/2001 (con cui è stata modificata la Legge
184/1983) ha affermato il diritto del minore «ad essere educato
nell’ambito della propria famiglia» precisando anche che «le con-
dizioni di indigenza dei genitori non possono essere di ostacolo
all’esercizio di tale diritto» e che «a tal fine a favore della famiglia
di origine sono disposti interventi di sostegno e di aiuto». Come
già sottolineato, però, nel 3° Rapporto CRC nel paragrafo «La Leg-
ge 149/2001: il superamento del ricovero in istituto entro il
2006», pag. 38 ss, il diritto del minore «a vivere, crescere ed esse-
re educato nell’ambito di una famiglia» non è un diritto esigibile.
353 Risoluzione del Parlamento Europeo approvata il 16 gennaio
2008 «Verso una strategia dell’Unione Europea sui Diritti dell’In-
fanzia e dell’Adolescenza» n. 2007/2093, punto 111.
354 Belotti Valerio, coordinatore scientifico del Centro nazionale
di documentazione ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza, in-
serto Affetti speciali distribuito ai partecipanti al Convegno Affi-
do: legami per crescere. Realtà, esperienze e scenari futuri orga-
nizzato dalla Regione Piemonte il 21 e 22 febbraio 2008. Si se-
gnala che nella comunicazione inviata dal Dipartimento per le
Politiche della Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento
del presente Rapporto vengono riportati i dati forniti dalle Regio-
ni e dalle Province autonome ed elaborati sempre dal Centro na-
zionale in base a cui i minori in affidamento familiare al 31 di-
cembre 2005 erano 13.159, di cui 1664 di cittadinanza straniera.
Va rilevato però che questi dati non comprendono quelli della Si-
cilia, che quelli forniti dall’Emilia Romagna risalgono al 31 dicem-
bre 2003 (erano 1.246), e che quelli del Lazio non comprendono
quelli relativi agli affidamenti giudiziari del Comune di Roma e ri-
salgono al 31 dicembre 2003 (erano 918). Non sono infine riparti-
ti gli affidamenti a terzi da quelli a parenti.
355 Devono essere comunque attentamente valutate le possibi-
li conseguenze di questi affidi: come rilevano Cirillo S. e Cipol-
lini M.V. L’assistente sociale ruba i bambini?: «Bisogna tenere
conto del fatto che i loro genitori naturali solitamente non go-
dono dei comuni rapporti di solidarietà con le famiglie di origi-
ne, a loro volta inaffidabili, indifferenti o disastrate. Inoltre la
disponibilità della famiglia estesa ad occuparsi del bambino
maschera non di rado una grave ostilità nei confronti del geni-
tore irresponsabile: tale disponibilità infatti si traduce in “ap-
propriazione” del bambino, non in aiuto ma contro il genitore
in difficoltà.[…] Tipici sono i casi dei figli di genitori tossicodi-
pendenti affidati ai nonni, in cui non è rara la scomparsa per
fuga o la morte per overdose del genitore, una volta che questi
prende coscienza che la propria famiglia non intende aiutarlo
occupandosi del suo bambino, bensì sostituirlo[…]».
Le moltissime esperienze finora realizzate dimostrano
che l’affidamento familiare è possibile e praticabile: se
gli affidi sono ben seguiti diventano i migliori e più effi-
caci propagatori della cultura dell’accoglienza. Gli affi-
datari sono dei volontari che hanno un ruolo importante
nel progetto di affidamento, sono soggetti attivi che de-
vono essere preparati, valutati e supportati nello svolgi-
mento dell’affido, ma anche ascoltati dagli operatori e
dai giudici minorili prima di prendere decisioni significa-
tive sul bambino o sul ragazzo loro affidato perché è con
loro che vive. Lo scarso sviluppo degli affidamenti nel
nostro Paese non è imputabile tanto allo scarso numero
di affidatari, quanto alla latitanza di Regioni ed Enti Lo-
cali che assolvono spesso in maniera inadeguata a pre-
cise competenze istituzionali loro attribuite dalla Legge
149/2001. È quindi necessario, come già raccomandato
nel 3° Rapporto CRC, che le Regioni approvino norme
che rendano esigibili gli interventi atti ad assicurare il di-
ritto di ogni minore a crescere in una famiglia e che gli
stessi enti gestori degli interventi assistenziali (ad esem-
pio, Comuni, consorzi di Comuni) predispongano gli atti
deliberativi indispensabili per concretizzare tali diritti,
assicurando la necessaria copertura finanziaria e defi-
nendo le modalità operative riguardanti, ad esempio, le
diverse tipologie di affidamento familiare (considerando
anche le positive esperienze avviate, in un’ottica preven-
tiva, come gli affidi “diurni”356, o affiancamenti da parte
di una famiglia ad un’altra famiglia357). Inoltre dovrebbe-
ro essere assicurate un’adeguata disponibilità in termini
numerici, la formazione e fidelizzazione del personale
socio-assistenziale e sanitario, definendo anche le loro
modalità di collaborazione, ad esempio attraverso la sti-
pula di protocolli operativi358. Utili indicazioni in merito
sono contenute nel documento del dicembre 2007 «Pro-
poste di linee guida per l’affidamento familiare» del
Coordinamento Nazionale Servizi Affido «derivate dall’e-
sperienza consolidata dei Servizi e dal confronto con le
Associazioni»359.
Per un buon esito ed un corretta diffusione dell’affido si
suggerisce poi l’adozione di alcuni aspetti procedurali
essenziali:
∏ la tempestiva valutazione della situazione familiare e
personale del bambino e una previsione realistica dei
possibili sviluppi della stessa, al fine di attivare al più
presto gli interventi idonei (diagnosi e prognosi delle
situazioni);
∏ un ricorso all’affido nelle situazioni in cui in fase di
valutazione sia stata riscontrata una, almeno parziale,
recuperabilità dei genitori di origine e sia possibile at-
tivare un percorso di sostegno al loro cambiamento;
∏ lo sviluppo degli affidamenti consensuali, realizzati
d’intesa con la famiglia d’origine, per invertire la si-
tuazione attuale che vede predominanti gli affidamen-
ti giudiziari360;
∏ un impegno prioritario, in un’ottica preventiva, nei
confronti dei bambini più piccoli, a partire da quelli
della fascia di età 0-6 anni, che non possono e non
debbono essere ricoverati in strutture comunitarie in
quanto maggiormente risentono delle conseguenze-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
59
356 L’affidamento diurno consiste nel seguire un minore, che
ha la famiglia in temporanea difficoltà, in alcuni momenti del-
la giornata o della settimana. L’obiettivo dell’affidamento
diurno è quello di utilizzare le risorse della zona di residenza
del minore; riguarda momenti determinati della giornata ed è
legato ad un progetto evolutivo del ragazzo, ad esempio fin
quando il genitore cambia lavoro o il ragazzo conclude un ci-
clo di studi.
357 Al riguardo si segnala Ganio Mego G. Dare una famiglia ad
un’altra famiglia in Prospettive Assistenziali n. 160, 2007.
358 Si suggerisce ad esempio la stipula di protocolli operativi
e “mirati” fra gli enti gestori degli interventi assistenziali e le
Aziende Sanitarie Locali per stabilire le reciproche competen-
ze ed i relativi ambiti di intervento.
359 Il Coordinamento Nazionale Servizi Affidi (CNSA) è un or-
ganismo che offre occasioni di confronto sull’affido familiare a
livello nazionale ai responsabili e agli operatori dei Servizi So-
cio-Sanitari. Vi aderiscono 60 enti pubblici, di 17 Regioni ital-
iane. Attraverso gruppi di lavoro si approfondiscono tematiche
emergenti, con la conseguente elaborazione di documenti,
condivisi anche, dal 2001 attraverso due incontri l’anno, con le
Associazioni del Terzo Settore che si occupano di affido, mag-
giormente presenti sul territorio nazionale. I documenti del CN-
SA si trovano,alla voce affido, sul sito della segreteria pro-tem-
pore del Coordinamento: www.comune.genova.it
360 Gli affidi giudiziari erano il 72,9 % al 31 dicembre 1998 sec-
ondo quanto emerso dalla ricerca realizzata dal Centro
nazionale di documentazione e analisi precedentemente citata.
Al riguardo, al Convegno nazionale Affido:legami per crescere
cit., Luigi Fadiga, già Presidente del Tribunale per i Minorenni e
della sez. per i minorenni della Corte d’Appello di Roma, ha
sottolineato tra le cattive prassi degli affidi «la schiacciante
preponderanza degli affidamenti giudiziari rispetto a quelli
consensuali, e cioè a quelli prettamente assistenziali. […]. La
più recente ricerca della Regione Toscana […]risalente al 2005,
conferma tale dato e mostra che – pur in presenza di un quadro
normativo e organizzativo regionale molto ben configurato ed
efficiente – gli affidamenti consensuali sono, sul totale degli af-
fidamenti, appena il 19,8% per i minori italiani e il 26,3% per i
minori stranieri. Il dato permette due considerazioni: che nella
maggior parte dei casi i servizi propongono l’affidamento nei
confronti di nuclei familiari con i quali non hanno saputo
costruire una relazione di fiducia (e da qui il rifiuto di consen-
so); e che la situazione della famiglia d’origine viene a
conoscenza dei servizi quando è già fortemente compromessa
(e da qui l’esigenza di allontanamento del minore). Ciò è sin-
tomatico di una generale carenza di interventi preventivi di
aiuto e sostegno alla famiglia».
negative derivanti dalla carenza di cure familiari nei
primi anni di vita361;
∏ l’elaborazione di uno specifico progetto che deve es-
sere proposto dagli operatori del Servizio Locale, che
realizza l’affidamento, ai diversi protagonisti al fine di
renderlo per quanto possibile condiviso, attivando in
tutte le fasi l’ascolto reale del minore, in considera-
zione dell’età e dello sviluppo, affinché sia garantita
la sua partecipazione al proprio progetto di vita;
∏ il sostegno degli affidatari e del minore affidato;
∏ il sostegno alla famiglia d’origine, fondamentale per
la riuscita del progetto, sia durante l’affidamento mi-
rando al massimo recupero possibile delle capacità
genitoriali ed allo sviluppo delle relazioni affettive fra
loro, sia dopo la conclusione dell’affidamento.
Per raggiungere questi obiettivi è fondamentale un mag-
gior riconoscimento e valorizzazione da parte delle Isti-
tuzioni, del ruolo dell’associazionismo tra famiglie che
accolgono, per migliorare l’integrazione degli interventi
e l’approccio di rete all’affidamento familiare362.
Per quanto riguarda la durata degli affidamenti va preci-
sato che, un affidamento non può essere giudicato riu-
scito o meno solo in base alla sua durata e al rientro del
bambino nella sua famiglia d’origine. L’attuale disciplina
legislativa non pregiudica la possibilità di disporre affi-
damenti anche a lungo termine. La durata di due anni è
stata prevista dal legislatore per gli affidamenti consen-
suali, realizzati dal servizio locale, nell’esclusivo interes-
se del minore, d’intesa con la famiglia d’origine o col tu-
tore dei minori, che possono essere però prorogati dal
Tribunale per i Minorenni, come di fatto già avviene in di-
verse giurisdizioni363.
Inoltre qualora il minore affidato sia successivamente di-
chiarato adottabile, il Tribunale per i Minorenni dovreb-
be valutare il suo superiore interesse, prendendo in con-
siderazione l’eventuale adozione da parte degli affidata-
ri, se idonei e disponibili. In caso di impossibilità dovreb-
be essere assicurato un passaggio graduale alla famiglia
adottiva valutando, caso per caso, l’opportunità del
mantenimento dei rapporti del minore con gli affidatari.
È necessario, inoltre, che venga assicurato in tutte le fasi
dell’affidamento familiare l’ascolto del minore, come
previsto dalla Legge 149/2001, tenendo in grande consi-
derazione i legami affettivi e amicali costruiti nel periodo
di affidamento, che devono essere salvaguardati anche
dopo la conclusione degli affidamenti.
Infine, dal confronto delle esperienze emergono alcune ri-
chieste nei confronti dei giudici minorili, sostenute da di-
verse associazioni di affidatari. Nello specifico si auspica
che i giudici:
∏ sentano gli affidatari prima di prendere nuovi provve-
dimenti sui minori da loro accolti, in tempi compatibili
con l’urgenza e la gravità delle questioni, soprattutto
nei casi in cui la loro valutazione della situazione del
minore affidato sia divergente rispetto a quella dei
servizi socio assistenziali;
∏ sollecitino la piena osservanza da parte dei servizi
competenti di quanto stabilito dall’art. 4 comma 2 Leg-
ge 149/2001, che prevede l’obbligo da parte loro non
solo di riferire senza indugio al Tribunale per i Mino-
renni ogni evento di particolare rilevanza ma anche di
presentare una relazione semestrale sull’andamento
dell’affidamento;
∏ indichino nel provvedimento di affidamento che, a
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
60
4orapportodiaggiornamento2007-2008
361 Si veda in proposito il documento del CNSA Riflessioni sul-
l’affidamento familiare di bambini piccolissimi 2003.
362 Così sono stati riassunti da Stefano Ricci, Sociologo, nell’in-
tervento introduttivo al gruppo di lavoro sull’affido della ses-
sione La Famiglia che accoglie in Conferenza Nazionale della
Famiglia, Firenze 24-26 maggio 2007: «riconoscimento e
sostegno delle reti familiari, formali e informali, che possono
nascere e crescere sia nella prospettiva di un “vicinato sociale”
fatto di reciprocità solidale, che in quella di un “self help”
rispettoso e aperto, o di un “volontariato familiare” ac-
cogliente e produttivo proprio perché fatto “insieme”; Impeg-
no verso le associazioni di famiglie affidatarie, interlocutrici
delle istituzioni e dei servizi pubblici per la promozione e la
tutela del diritto dei minori – compresi quelli portatori di handi-
cap o malati – a crescere in una famiglia; soggetti che pos-
sono garantire le azioni di sostegno (formazione di base e ag-
giornamento permanente delle famiglie accoglienti, supporto
alla progettazione educativa, azioni di auto-mutuo aiuto, affi-
ancamento nel rapporto con l’Ente Locale, sostegno al rappor-
to con la famiglia d’origine, accompagnamento nel distacco e
nel rientro del minore); promozione dell’associazionismo fa-
miliare, non nella logica del “sindacato” della famiglia, ma
come opportunità di approfondimento e consapevolezza di
cosa significhi essere famiglia oggi e come sostegno reciproco
tra soggetti dinamici sul territorio».
363 Si segnala che il Tribunale per i Minorenni del Piemonte e
Valle d’Aosta nella lettera inviata alla Regione Piemonte il 19
febbraio 2007 ha precisato «pare utile ricordare ai Servizi So-
ciali della Regione, affinché i cittadini interessati all’esperienza
dell’affidamento familiare siano informati in modo il più possi-
bile completo, che, fermo restando l’impegno per il supera-
mento, attraverso ogni forma di sostegno, delle condizioni di
disagio della famiglia di origine del minore che hanno reso ne-
cessaria la misura di cui trattasi, allo scopo di favorire il rientro
del figlio minore, l’affidamento familiare, come stabilito dal-
l’art. 4, commi 5 e 6 Legge 184/1983, modif. Legge 149/2001,
può essere prorogato dal Tribunale per i Minorenni, dopo il pe-
riodo iniziale sopra indicato, nei casi in cui le difficoltà della fa-
miglia di origine non siano venute meno. Infatti, in queste si-
tuazioni, il Tribunale può adottare “ulteriori provvedimenti nel-
l’ interesse del minore”, tra i quali rientra certamente
l’affidamento familiare» in Prospettive Assistenziali
n.158/2007, Notiziario Anfaa.
conclusione dello stesso, vengano individuate, caso
per caso, modalità di passaggio e di mantenimento dei
rapporti fra il minore e la famiglia che lo ha accolto, sia
quando rientra nella sua famiglia d’origine, sia quando
viene inserito in un’altra famiglia affidataria o adottiva
o in una comunità. Si ritiene infatti, anche in base a
recenti esperienze negative, che vada salvaguardata la
continuità dei rapporti affettivi del minore e che deb-
bano essere evitate interruzioni traumatiche.
b) Le comunità di accoglienza per i
minori
La citata Legge 149/2001 prevedeva che il ricovero in isti-
tuto fosse superato entro il 31 dicembre 2006 mediante
l’affidamento a una famiglia e, ove ciò non fosse possibi-
le, «mediante inserimento in una comunità di tipo fami-
liare caratterizzata da organizzazioni e rapporti interper-
sonali analoghi a quelli di una famiglia» (art. 2 comma 4),
precisando quindi che «l e Regioni, nell’ambito delle pro-
prie competenze e sulla base dei criteri stabiliti dalla Con-
ferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni
e le Province Autonome di Trento e Bolzano, def iniscono
gl i st andar d minimi dei ser vizi e del l ’assist enza che
devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare e
dagli istituti e verificano periodicamente il rispetto degli
stessi». I criteri deliberati dalla suddetta Conferenza364 si
limitano a prevedere due diverse tipologie di comunità:
le comunità di tipo familiare, inserite nelle normali case
di abitazione con un numero di utenti che non può essere
superiore a sei e le strutture a carattere comunitario con
un massimo di dieci posti letto più due per le eventuali
emergenze. Non è stata data però alcuna indicazione sul
fatto che queste strutture non devono essere accorpate
nello stesso stabile, e solo pochissime Regioni hanno
esplicitato che non devono essere più di due nello stesso
edificio, si vedano ad esempio le delibere regionali del
Piemonte e dell’Emilia Romagna.
Già nel 2° Rapporto CRC, relativo agli anni 2005/2006, il
Gruppo CRC ha denunciato che «l a cl assif icazione del -
l e st r ut t ur e di accogl ienza per minori evidenzia anco-
ra una notevole eterogeneità di sistemi, denominazioni e
definizioni espressi a livello regionale e locale». Nel 3°
Rapporto CRC, si precisava di evitare l’accorpamento del-
le strutture, per prevenire il rischio di avere «le conversio-
ni di istituti in micro realtà di accoglienza contigue».
La Legge 149/2001 impegna Stato, Regioni e Comuni a
garantire ai bambini e ragazzi il diritto alla famiglia e co-
munque ad un’accoglienza “di tipo familiare” «caratte-
rizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali
analoghi a quelli di una famiglia» (art. 2 comma 4) cioè
personalizzata, affettivamente ricca, tutelante e, ove oc-
corra, riparativa dei danni derivanti da esperienze trau-
matiche o deprivanti.
Per “dare senso” all’obiettivo di «comunità di tipo fami-
liare» accanto ai requisiti strutturali connessi a quelli
previsti per la “civile abitazione”, è fondamentale che
vengano esplicitati indicatori verificabili di qualità quali:
∏ esistenza effettiva di processi di vita comunitaria e di
rapporti significativi tra adulti e minori e all’interno del
gruppo dei pari;
∏ effettiva sussistenza dei rapporti quotidiani di scambio
positivo con il territorio e di costruzione della rete rela-
zionale nel contesto sociale o di cura e mantenimento di
quella del contesto di provenienza del minore;
∏ formulazione ed effettiva realizzazione di Progetti Edu-
cativi Individualizzati (P.E.I.) finalizzati o al rientro nel-
la famiglia d’origine o all’affidamento familiare o all’a-
dozione, secondo le situazioni;
∏ identificazione, caso per caso, di adeguate forme di
coinvolgimento della famiglia d’origine nell’intervento
educativo365;
∏ formazione di base, permanente e obbligatoria per gli
operatori e per la famiglia/adulti responsabili delle co-
munità familiari;
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
61
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Alle Regioni e agli Enti Locali, nell’ambito delle rispettive
competenze ed in attuazione di quanto previsto dalla
Legge 149/2001, di promuovere effettivamente gli affidi
familiari stanziando finanziamenti adeguati e destinando
il personale socio-assistenziale e sanitario necessario;
2. Alle Autorità Giudiziarie minorili (Tribunali per i Minoren-
ni, Giudici Tutelari) l’attuazione tempestiva di tutte le
competenze loro attribuite dalla normativa vigente in ma-
teria di affidi e cioè: priorità dell’affidamento rispetto al-
l’inserimento in comunità per i minori che non possono
restare nella loro famiglia e non sono adottabili; verifica,
tramite le relazioni semestrali inviate dai Servizi , dell’an-
damento dell’affidamento e dell’evoluzione delle condi-
zioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza.
364 Gli stessi previsti dal DM 308/2001, emanato in attuazione
della Legge 328/2000.
365 Infatti «l’essere ospite in comunità di un minore ha a che fa-
re sostanzialmente proprio con la sua condizione di “figlio”, e
quindi “fare i conti” con le relazioni tra lui e i suoi famigliari do-
vrebbe costituire il cardine dell’accoglimento in comunità». Cfr.
Angeli A., Gallello S. Comunità e familiari di minori allontanati
in Prospettive sociali e sanitarie 12/2004, pag. 4.
∏ percorsi di supervisione per gli operatori da parte di fi-
gure professionali specializzate;
∏ dotazione organica delle equipe educative adeguata
alla situazione di lavoro al fine di favorire forme di
compresenza, condivisione della responsabilità tra gli
operatori, e prevenire il turn over;
∏ esistenza di positivi e corretti rapporti di collaborazio-
ne con la rete dei Servizi, con l’Ente Locale competen-
te e con le Autorità Giudiziarie.
Incrementare il processo di de-istituzionalizzazione del
minore significa operare per favorire un approccio inclusi-
vo e globale ai minori fuori dalla famiglia nell’ambito del
sistema integrato dei servizi e degli interventi per
l’infanzia e per l’adolescenza366.
Inoltre è di primaria importanza garantire a tutti i minori
allontanati dalla propria famiglia ed inseriti in comunità
livelli essenziali delle prestazioni sociali (LIVEAS) omo-
genei in tutto il territorio nazionale. Ciò diventa tanto
più importante alla luce dell’evoluzione normativa inter-
venuta negli ultimi anni367, ed in considerazione del rapi-
do mutamento dei bisogni della popolazione in età evolu-
tiva, che ha visto progressivamente emergere numerose
questioni in relazione alla condizione di minori stranieri,
minori appartenenti a nuclei monogenitoriali in difficoltà,
minori che hanno subito violenze, bambini e adolescenti
con disturbi psicologici, minori disabili, ragazzi autori di
reato368, adolescenti prossimi alla maggiore età e giovani
adulti presenti nelle strutture di accoglienza che devono
essere accompagnati all’autonomia, anziché dimessi au-
tomaticamente al compimento del 18° anno di età, come
frequentemente succede. Diventa quindi fondamentale ot-
timizzare, con un intervento su più livelli del sistema inte-
grato per l’accoglienza, l’impiego delle risorse economiche
ed umane che costituiscono parte preponderante dell’im-
pegno degli Enti Locali verso i minori in difficoltà. Un’azio-
ne importante in tal senso ha visto coinvolta la Regione
Emilia Romagna che ha cercato di rispondere in maniera
precisa e complessa alla definizione di tipologie di acco-
glienza diversificate a seconda dei bisogni del bambino o
ragazzo accolto, sia in ambito familiare che comunitario369.
Lo sforzo è stato quello di indirizzare l’evoluzione delle co-
munità esistenti perché siano in grado di differenziarsi in
modo da fare fronte ai diversi bisogni, e di sperimentare
anche nuove risposte di accoglienza.
È importante delineare le caratteristiche di quella che a
tutti gli effetti viene definita comunità familiare all’inter-
no delle delibere regionali in cui vengono definite le di-
verse tipologie di comunità, come ad esempio la citata
delibera della Giunta regionale Emilia Romagna
846/2007. Tale comunità è caratterizzata dalla conviven-
za continuativa e stabile di almeno due adulti, preferibil-
mente una coppia con figli o un uomo ed una donna, ade-
guatamente preparati, che offrono agli ospiti un rapporto
di tipo genitoriale sereno, rassicurante e personalizzato e
un ambiente familiare sostitutivo. La comunità familiare
si caratterizza per la contemporanea coesistenza dei ca-
ratteri della famiglia e di quelli della comunità e per offri-
re ai bambini e ragazzi accolti la possibilità di un ambien-
te di vita affettivamente più personalizzato.
Si segnala poi l’esperienza già consolidata in alcune Re-
gioni di comunità di accoglienza specificatamente attrez-
zate per il trattamento della crisi correlata ad esperienze
traumatiche familiari ed extrafamiliari, in letteratura indi-
cate anche come comunità tutelari, per quanto ancora
manchi un riconoscimento diffuso, sia a livello nazionale
che regionale. Si tratta di comunità che centrano il loro
intervento sulla valutazione della recuperabilità dei geni-
tori, in sinergia con i servizi competenti, e sulla “ripara-
zione” dei danni psicologici del minore legati ai traumi
subiti (ad esempio, gravi maltrattamenti, abusi sessuali,
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
62
4orapportodiaggiornamento2007-2008
366 Tratto da Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglien-
za Responsabilità comuni, Chiudere gli istituti per minori non
basta Comunità edizioni.
367 Si pensi, per fare solo qualche esempio, alla Legge Cost.
3/2001, di riforma del Titolo V della Costituzione; alla Legge
328/2000, in materia di servizi sociali; alla Legge 149/2001,
che ha profondamente modificato il sistema degli affidamenti e
delle adozioni.
368 Si tratta di dare piena attuazione al disposto dell’art. 10
Dlgs. 272/1989, che stabilisce: che «per l’attuazione del Decre-
to del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988 n. 448, i
centri per la giustizia minorile stipulano convenzioni con comu-
nità pubbliche e private, associazioni e cooperative che opera-
no in campo adolescenziale e che siano riconosciute o autoriz-
zate dalla Regione competente per territorio. Possono altresì
organizzare proprie comunità, anche in gestione mista con Enti
Locali». La stessa norma stabilisce altresì che
«l’organizzazione e la gestione delle comunità deve rispondere
ai seguenti criteri: a) organizzazione di tipo familiare, che pre-
veda anche la presenza di minorenni non sottoposti a procedi-
mento penale e capienza non superiore alle dieci unità, tale da
garantire, anche attraverso progetti personalizzati, una condu-
zione e un clima educativamente significativi; b) utilizzazione
di operatori professionali delle diverse discipline; c) collabora-
zione di tutte le istituzioni interessate e utilizzazione delle ri-
sorse del territorio».
369 DGR 846/2007 «Direttiva in materia di affidamento familia-
re ed accoglienza in comunità di bambini e ragazzi» definisce
le seguenti tipologie: tipologie consolidate: comunità familia-
re; comunità socio-educativa; comunità di pronta accoglienza;
comunità casa-famiglia multiutenza; nuove tipologie: comu-
nità semiresidenziale socio-educativa; comunità semiresiden-
ziale e comunità residenziale educativo-psicologica; residenze
di transizione: comunità socio-educativa ad alta autonomia e
convitto giovanile; strutture residenziali per adulti che accolgo-
no anche minori: casa/comunità per gestanti e per madre con
bambino; casa rifugio per donne maltrattate con figli.
violenze assistite), ponendosi come risorsa a disposizio-
ne dei servizi sociosanitari territoriali con cui lavorano370.
L’allontanamento del minore dai genitori è una delle mi-
sure di protezione che il Tribunale per i Minorenni può
scegliere nei casi in cui il rischio che il minore corre è
estremamente serio e imminente371. Tale scelta di prote-
zione deve essere accompagnata da un lavoro con la fa-
miglia di origine del minore, portato avanti dai servizi so-
ciali competenti in sinergia con la comunità, che abbia
come focus la valutazione della recuperabilità delle com-
petenze genitoriali372. In tale fase valutativa, è necessario
tutelare il diritto del figlio a preservare, quando risponde
al suo superiore interesse, il suo rapporto con i genitori.
È inoltre opportuno che il lavoro valutativo inizi in conco-
mitanza con l’allontanamento del minore, da un lato per
utilizzare la rottura delle dinamiche inadeguate conse-
guente al dispositivo dell’autorità giudiziaria, dall’altro
per non creare un danno al minore facendo in modo che i
tempi di collocamento siano contenuti.
Si segnala inoltre che sempre più spesso dal Tribunale
per i Minorenni viene richiesto il collocamento di madri
insieme ai figli minori. Non si tratta solo di donne mal-
trattate, che si trovano a vivere condizioni di rischio per
la loro incolumità, ma anche situazioni di pericolo per i
bambini, i quali vengono collocati in comunità insieme al-
la madri proprio per salvaguardare il mantenimento della
figura di riferimento. Anche per queste comunità è impor-
tante che le Regioni definiscano i requisiti strutturali e
funzionali, per le quali non esistono indicazioni a livello
nazionale.
I minori presenti nelle 2.226 strutture residenziali socio-
assistenziali operanti al 31 dicembre 2005, secondo i dati
più recenti, erano ancora 11.543, ma «il dato specifico sui
minori è da ritenersi sottostimato perché non tiene conto
dei minori accolti nei Servizi siciliani, dato estremamente
importante se si considera che la sola Sicilia ha 216 Servi-
zi residenziali che accolgono minori, pari a circa il 10%
del totale nazionale» 373.
Si evidenzia che in base alla Legge 149/2001, gli istituti di
assistenza pubblici e privati e le comunità di tipo familia-
re devono trasmettere semestralmente al Procuratore
della Repubblica del luogo ove hanno sede «l’elenco di
tutti i minori collocati presso di loro con l’indicazione
specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza
dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni
psicofisiche del minore stesso» (art. 9 comma 2). Inoltre,
la stessa Legge prevede che lo stesso Procuratore «ogni
sei mesi effettua o dispone ispezioni negli istituti di assi-
stenza pubblici o privati» e «può procedere a ispezioni
straordinarie in ogni tempo» (art. 9 comma 3). Si segnala
invece che molte Procure continuano a disattendere le
competenze loro attribuite, da cui dipende il futuro delle
migliaia di minori ancora ricoverati, ai quali viene negato
il diritto a crescere in una famiglia374.
Infine è importante sottolineare come la rilevanza socio-
sanitaria dei servizi rivolti ai minori richieda una stretta
collaborazione e un lavoro congiunto anche tra i Comuni
e i Distretti delle Aziende USL. L’integrazione socio-sani-
taria è la condizione che favorisce il miglioramento dei li-
velli di efficacia degli interventi di accoglienza e tutela dei
minori, anche in considerazione dei minori con disabilità
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
63
370 Queste comunità vengono di volta in volta definite in
maniera diversa. Solo per fare alcuni esempi: comunità per le
emergenze e le crisi (Piano straordinario per la chiusura degli
istituti entro il 31 dicembre 2006, Osservatorio Nazionale In-
fanzia); Struttura per il Trattamento dei Minori Abusati – STMA
Linee Guida regionali in materia di maltrattamento e abuso dei
minori, Regione Abruzzo; comunità residenziale educativo-psi-
cologica Direttiva in materia di affidamento familiare ed ac-
coglienza in comunità di bambini e ragazzi, Regione Emilia Ro-
magna; comunità terapeutiche o socio-riabilitative in
Piemonte. Per il modello teorico di riferimento si vedano, in
particolare, il documento CISMAI Requisiti di qualità dei centri
residenziali che accolgono minori vittime di maltrattamento e
abuso e l’articolo di Quarello Il modello tutelare nelle comunità
per minori in Prospettive Sociali e Sanitarie, 6/2006.
371 CISMAI Requisiti minimi dei Servizi contro il maltrattamento
e l’abuso all’infanzia.
372 CISMAI Linee guida per la valutazione clinica e l’attivazione
del recupero della genitorialità nel percorso psico sociale di tu-
tela dei minori.
373 Belotti Valerio, Coordinatore del Centro nazionale di docu-
mentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, nella pub-
blicazione Affetti speciali distribuita al Convegno nazionale Af-
fido: legami per crescere del 21-22 febbraio 2008. Dalla comu-
nicazione inviata dal Dipartimento per le Politiche della
Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presente
Rapporto si rileva che al 31 dicembre 2005 vi erano 2.226
strutture residenziali che accoglievano complessivamente
12.513 minori, di cui 1.146 stranieri. Tuttavia, tali dati, oltre a
non essere aggiornati, non sono né omogenei né completi. I
dati relativi alla Regione Lazio sono riferiti al 30 novembre
2006, quelli della Regione Puglia al 31 dicembre 2006 e quelli
della Regione Sicilia al 31 dicembre 2003 e non comprendono
gli istituti per minori; inoltre, è sottostimato sia il numero com-
plessivo dei minori accolti, in quanto non comprende (in quan-
to non disponibile) i minori in Sicilia, sia il numero dei minori
stranieri, in quanto reso disponibile soltanto da parte di al-
cune Regioni e Province autonome (Piemonte, Valle d’Aosta,
Friuli Venezia Giulia, Toscana, Umbria e Basilicata; la Prov.
Aut. di Trento ha indicato solo il numero dei minori stranieri
non accompagnati e la Campania non ha incluso nel conteggio
i minori stranieri presenti negli istituti). Nella medesima comu-
nicazione si rileva che dei 20 istituti per minori attivi al 31
maggio 2005 (di cui 12 in Sicilia, 5 in Calabria, 2 in Puglia e 1 in
Basilicata), 6 (3 in Sicilia e 3 in Calabria) sono stati trasformati,
pertanto al 31 gennaio 2008 risultano essere ancora attivi 14
istituti per minori, in cui sono accolti complessivamente 48 mi-
nori (17 in Sicilia, 14 in Puglia, 10 in Basilicata e 7 in Calabria)
di cui 35 di sesso femminile.
374 Si veda Prospettive assistenziali n. 157/2007.
accolti in comunità e dell’aumento progressivo di ragazzi
con disturbi di tipo psicologico375.
4. IL PANORAMA DELL’ADOZIONE
NAZIONALE E INTERNAZIONALE IN
ITALIA
Non sono disponibili dati nazionali aggiornati relativi ai
minori nell’adozione nazionale376. In particolare non ci
sono dati che possano aiutare a delineare le caratteristi-
che del bambino adottabile in Italia, in base ad una realtà
che è indubbiamente cambiata nel corso di questi ultimi
40 anni. Oltre ai neonati non riconosciuti alla nascita377,
ancora oggi presenti in numero significativo, i minori
adottabili oggi sono sovente bambini che hanno vissuto
delle esperienze infantili fortemente traumatiche (ad
esempio, gravi trascuratezze, maltrattamenti) o bambini
disabili o affetti da gravi malattie 378.
Dai dati sull’adozione nazionale più recenti379 emerge
che nel 2005, a fronte dell’apertura di 2.752 procedimen-
ti di accertamento sullo stato di adottabilità sono stati di-
chiarati adottabili 1.168 minori e sono stati pronunciati
947 decreti di affidamento preadottivo e 1.150 adozioni
nazionali. In Italia, dunque nella grande maggioranza dei
casi, i bambini adottabili trovano una famiglia adottiva.
Fanno eccezione i casi di minori con problematiche parti-
colarmente gravi e gli ultradodicenni, per i quali è neces-
sario un maggiore impegno delle istituzioni e anche di
tutta la comunità civile. Si segnala che nell’ambito dei la-
vori dell’Osservatorio nazionale per l’ infanzia e
l’adolescenza sono stati recentemente forniti alcuni dati
relativi ai minori dichiarati adottabili e tuttora non adotta-
ti380. Per un monitoraggio aggiornato e puntuale dei mi-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
64
4orapportodiaggiornamento2007-2008
375 «Occorrerebbe, prima di decidere il destino di genitori e fi-
gli, poter capire approfonditamente e far capire agli adulti vio-
lenti e ai bambini vittime, cosa sia avvenuto nelle loro esisten-
ze. Se le politiche sociali non saranno in grado di favorire il
perseguimento di questi obiettivi, se chi decide sulla spesa
pubblica continuerà a scindere e separare artificialmente – su
queste tematiche – ciò che è sociale da ciò che è sanitario, sarà
molto difficile fare in modo che l’intervento di allontanamento
del bambino trovi un luogo per poter essere capito, spiegato e
assumere il vero significato protettivo che racchiude» Di Blasio
P. Introduzione in Cirillo Cattivi Genitori Cortina 2005.
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Alla Conferenza Stato Regioni di ridefinire gli standard mi-
nimi per le comunità, a cui le singole normative regionali
devono far riferimento, in maniera omogenea su tutto il
territorio nazionale, garantendo anche un effettivo moni-
toraggio circa l’esistenza ed il mantenimento degli stan-
dard richiesti e prevedendo atti formali di chiusura laddo-
ve ciò non si verifichi;
2. Al Ministero della Solidarietà Sociale di concerto con la
Conferenza Stato Regioni di effettuare un serio monito-
raggio dei minori fuori dalla famiglia attraverso la defini-
zione e la costruzione di «banche dati» affidabili e costrui-
te su criteri omogenei e condivisi da Stato-Regioni. Un
ruolo importante per la definizione dei criteri di monito-
raggio può essere giocato dallo stesso Osservatorio nazio-
nale per l’infanzia e l’adolescenza in accordo con il Centro
nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e
l’adolescenza;
3. Alle Procure della Repubblica per i Minorenni il monito-
raggio costante circa la situazione dei minori in comunità,
in attuazione di quanto previsto dall’art. 9 comma 2 Legge
149/2001, al fine di rendere esigibile al minore il diritto al-
la famiglia.
36. Ai sensi dell’art. 21 della Convenzione, il Comitato
raccomanda che l’Italia prenda tutte le misure necessa-
rie per:
(a) armonizzare le procedure e i costi delle adozioni in-
ternazionali tra i vari enti autorizzati all’interno dello
Stato parte;
(b)concludere accordi bilaterali con i paesi (da cui pro-
vengono i bambini da adottare) che non hanno rati-
ficato la summenzionata Convenzione dell’Aja.
(CRC/C/15/Add.198, punto 36)
376 In Italia, in base alla Legge 184/1983 lo stato di adottabilità (e
la successiva adozione) viene dichiarato dal Tribunale per i Mino-
renni nei confronti del minori «privi di assistenza morale e mate-
riale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi», pur-
ché la mancanza di assistenza non sia dovuta a «causa di forza
maggiore di carattere transitorio». Possono presentare domanda
di adozione i coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, non
separati neppure di fatto, con o senza figli, e quelli che hanno
convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio.
La differenza di età fra adottanti ed adottato non deve essere in-
feriori a 18 anni e superiore a 45 (sono previste anche deroghe).
Con la pronuncia dell’adozione, dopo un anno di affidamento
preadottivo, l’adottato diventa figlio legittimo degli adottanti.
377 Si veda al riguardo anche 3° Rapporto CRC 2007, pagg.42-43.
378 Malacrea M. Esperienze traumatiche infantili e adozione in Mi-
nori Giustizia, F. Angeli 2/2007, pagg. 185-195.
379 La Famiglia in Italia dossier statistico a cura del Dipartimento
per le Politiche della Famiglia e dell’ISTAT, disponibile sul sito
www.istat.it
380 Nella lettera inviata il 17 marzo 2008 al Presidente dell’Osser-
vatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, Francesco Oc-
chiogrosso, il Capo del Dipartimento per la Giustizia Minorile
presso il Ministero della Giustizia, Carmela Cavallo, ha segnalato
che, dai dati forniti dai Tribunali per i Minorenni, sono 191 i minori
adottabili non adottati ed «il mancato affidamento a scopo di
adozione è dovuto, in primo luogo, alle condizioni sanitarie gravi
o gravissime del minore […] e, in secondo luogo, all’età ado-
lescenziale». Il Gruppo CRC non ha invece ricevuto nessuna co-
municazione da parte del Dipartimento per la Giustizia Minorile a
fronte della richiesta di informazioni e dati ai fini dell’aggiorna-
mento del presente Rapporto inviata per il tramite del CIDU.
nori dichiarati adottabili e non adottati è necessario che
entri in funzione la banca dati dei minori dichiarati adot-
tabili e degli aspiranti genitori adottivi381 il cui avvio
operativo, previsto per dicembre 2001, avrebbe oggi con-
sentito non solo di avere dati aggiornati su minori e cop-
pie, ma soprattutto avrebbe garantito la messa in rete di
queste informazioni tra tutti i Tribunali per i Minorenni
italiani per una risposta più immediata e puntuale ai bi-
sogni dei minori adottabili.
La situazione appare diversa sul fronte dell’adozione in-
ternazionale grazie al rapporto pubblicato semestral-
mente dalla Commissione per le Adozioni Internazionali
(CAI), che garantisce un monitoraggio periodico . Dall’ul-
timo rapporto382, aggiornato al 31 dicembre 2007, si evin-
ce che nel 2007 sono state 2.684 le coppie italiane ad
aver adottato 3.420 minori stranieri, dato sensibilmente
in crescita rispetto allo scorso anno. Per quanto la mag-
gior parte delle adozioni riguardi l’inserimento in famiglia
di un unico figlio, sono numerosi i casi di adozione di fra-
telli, in maggioranza coppie383. Le adozioni di fratrie sono
sempre di più una realtà e, a differenza che in passato,
sono le stesse autorità centrali dei Paesi di origine dei
bambini a segnalare gruppi di fratelli per l’inserimento
nello stesso nucleo familiare, al fine di mantenere la ric-
chezza di un legame affettivo e di un percorso di vita con-
diviso, anche se non è sempre facile trovare una famiglia
che li accolga tutti insieme. I bambini adottati in Italia ar-
rivano, in proporzione paritetica, sia dai Paesi ratificanti
la Convenzione de L’Aja sia da quelli non ratificanti. Pro-
vengono prevalentemente dalla Federazione Russa, dalla
Colombia dall’Ucraina e dal Brasile, ma sono in crescita le
adozioni da Vietnam e Cambogia da dove arrivano bambi-
ni molto piccoli. La maggior parte (42%) dei minori arriva-
ti nel 2007, invece, sono già in età scolare, nella fascia 5-
9 anni, mentre il 39,7% sono bambini tra 1 anno e i 4 an-
ni, il 9,8% sono neonati e l’8,3% sono bambini che all’ar-
rivo in famiglia hanno un’età che supera i 10 anni. Inoltre
il 40% dei bambini sono stati dichiarati adottabili nel loro
Paese di origine in seguito a perdita delle potestà dei ge-
nitori e quindi in seguito ad accertamento di situazioni di
grave incapacità e negligenza genitoriale. Solo per il 15%
dei bambini vi è stata una rinuncia alla nascita mentre so-
no molto pochi i casi di bambini dichiarati adottabili per-
chè rimasti orfani. Da questi numeri è possibile quindi ri-
levare che il bambino che arriva in Italia attraverso
l’adozione internazionale è, nella maggior parte dei casi,
un bambino già in età scolare, e che ha vissuto situazioni
familiari pregresse di notevole complessità. Anche per
l’adozione internazionale, così come per la nazionale, è
possibile affermare che i bambini adottabili trovano facil-
mente in Italia una famiglia adottiva. Fanno però eccezio-
ne i casi di minori grandi, dagli 8 anni in su, le fratrie nu-
merose e i bambini con gravi problemi di salute.
Alla luce della situazione appena descritta è auspicabile,
come già rilevato nel 3° Rapporto CRC, che i percorsi pre-
paratori relativi all’adozione nazionale e internazionale
siano incrementati ed il più possibile unificati, nel rispet-
to delle rispettive specificità. Sarebbe anche urgente
l’introduzione di idonee misure per favorire e supportare
le adozioni di minori ultradodicenni o con disabilità ac-
certata, di cui all’art. 6 comma 8 Legge 149/2001, attra-
verso provvedimenti mirati da parte di Regioni e Enti Lo-
cali diretti al sostegno dei minori e delle famiglie adottive
di minori sia italiani che stranieri. Inoltre si ritiene neces-
sario un rafforzamento dei servizi di post-adozione anche
successivi al primo anno, per prevenire eventuali falli-
menti adottivi384.
Come già sottolineato nel 3° Rapporto CRC, il numero
delle coppie che presentano al Tribunale per i Minorenni
disponibilità all’adozione è di gran lunga superiore al nu-
mero di bambini adottabili, sia attraverso la nazionale
che l’internazione. A ciò si aggiunga che molto spesso le
aspettative delle coppie adottanti si discostano dalla
realtà del bambino adottabile. Secondo i dati riportati nel
dossier statistico «La Famiglia in Italia»385, nel 2005 sono
state presentate 14.792 domande di adozione nazionale
legittimante e 7.882 dichiarazioni di disponibilità all’ado-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
65
381 Prevista dall’art. 40 Legge 149/2001 e le cui norme di attua-
zione e di organizzazione sono state adottate con successivo
regolamento del Ministero della Giustizia con decreto 91/2004
disponibile sul sito www.giustizia.it
382 Si veda Rapporto statistico sui fascicoli dal 16 novembre
2000 al 31 dicembre 2007,
disponibile sul sito www.commissioneadozioni.it
383 Nel 2007 si sono registrate anche 14 adozioni di 3 fratelli, 3
adozioni di 4 fratelli e 1 adozione di 5 fratelli.
384 Nella ricerca Percorsi problematici dell’adozione internaziona-
le pubblicata dall’Istituto degli Innocenti nel dicembre 2003 all’in-
terno della Collana della CAI, emerge che il numero delle “restitu-
zioni” appare piuttosto modesto, attestandosi al di sotto del 2%.
Emerge inoltre che il numero dei minori “restituiti” nell’ambito
dell’adozione internazionale è più o meno pari, anzi di poco infe-
riore, a quello dei minori restituiti provenienti da adozione nazio-
nale.
Nella relazione del 2006 dei Ministri del Welfare e della Giustizia
sullo stato di attuazione della Legge 149/2001, veniva stimato
che circa il 3% dei minori adottati sul territorio nazionale andasse
incontro ad un fallimento adottivo, con conseguente ritorno in
una struttura di accoglienza. La percentuale veniva stimata intor-
no all’1,7% per quanto riguarda l’adozione internazionale.
La relazione è disponibile sul sito
www.minori.it/pubblicazioni/quaderni/index_quaderni.htm
385 La Famiglia in Italia dossier statistico a cura del Dipartimento
per le Politiche della Famiglia e dell’ISTAT, cit.
zione internazionale. Sono stati emessi 6.243 decreti di ido-
neità all’adozione internazionale386. Come già evidenziato,
nello stesso anno sono state concesse 1.150 adozioni
nazionali legittimanti e 2.304 adozioni di minori stranieri.
Questo significa che , sempre nel 2005, hanno adottato il
7,7% delle coppie che hanno presentato domanda di
adozione nazionale e il 37% di quelle che hanno ottenuto
l’idoneità all’adozione internazionale.
Un’altra ricerca meno recente387, pubblicata nel 2005 e rela-
tiva all’anno 2003, è utile per rappresentare il divario esi-
stente tra le aspettative delle coppie adottanti e la realtà del
bambino adottabile. La maggioranza delle coppie italiane
che presentano domanda di adozione, l’84%, vorrebbe
adottare minori di età inferiore ai 5 anni. Sono poche le cop-
pie che adotterebbero un bambino con disabilità (l’11,5%) e
ancora meno (il 4,7%) quelle disponibili ad accogliere un
minore con più di 12 anni di età.
Il numero di coppie in attesa aumenta ogni anno388 tanto
che gli Enti Autorizzati sono in difficoltà nel gestire l’alto nu-
mero delle coppie e le lunghe attese cosi che alcuni Enti
hanno deciso di chiudere temporaneamente all’accoglienza
di nuovi incarichi, a meno che non si tratti di disponibilità al-
l’accoglienza di minori di “difficile adozione”.
Nel corso della XV legislatura sono stati presentati da parte
di parlamentari, sia della maggioranza che dell’opposizione,
numerosi disegni e proposte di legge di modifica dell’attua-
le normativa in materia di adozione, che, stante la situazio-
ne appena descritta, sono fonte di criticità. Nello specifico ci
si riferisce alle proposte per l’estensione della possibilità di
adozione ai single e alle coppie conviventi389; per
l’abbattimento della differenza massima di età fra adottanti
e adottati390; per l’istituzione degli affidamenti familiari “in-
ternazionali”, trasformabili in adozione391. Le criticità di tale
proposte derivano in primo luogo dal fatto che il numero
delle domande di adozione è già di gran lunga superiore a
quello dei minori adottabili. Si noti poi che dalla «Relazione
sullo stato di attuazione della Legge 149/2001» del 2005392
è emerso che alcuni tribunali393 hanno lamentato il fatto che
l’innalzamento a 45 anni della differenza massima di età fra
adottanti e adottato, ulteriormente derogabile in particolari
situazioni, ha «diminuito la disponibilità delle coppie “an-
ziane” ad adottare bambini più grandi o con particolari pa-
tologie».
Si segnala invece che nessuna proposta di legge è stata pre-
sentata al fine di garantire il sostegno, anche economico, a
supporto dell’adozione di bambini disabili e ultradodicenni
(dando così applicazione all’art. 6 comma 8 Legge
149/2001)394 e per sostenere l’accoglienza di fratrie nume-
rose e l’adozione di bambini grandi, con storie difficili, pre-
vedendo un effettivo impegno e una reale collaborazione tra
tutti i soggetti istituzionali preposti all’informazione, valuta-
zione, accompagnamento, e sostegno nell’adozione. In que-
sto lavoro di collaborazione sarebbe importante sostenere il
ruolo strategico già assegnato per legge alle Regioni che
hanno il compito di destinare risorse umane ed economiche
alla realizzazione del procedimento adottivo anche relati-
vo all’adozione nazionale, unificando il più possibile il
percorso delle due adozioni, aumentando i servizi e le
strutture nel sostegno post-adottivo.
A giugno 2007 è stato emanato il nuovo regolamento
della Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI),
autorità centrale italiana395. Tra gli elementi di novità, pe-
raltro anche auspicati nel 3° Rapporto CRC, un rafforza-
mento del ruolo politico della CAI con l’attribuzione del
ruolo di Presidente al Ministro per le Politiche della Fami-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
66
4orapportodiaggiornamento2007-2008
386 La percentuale è molto alta, circa l’80% dei decreti pronunciati
sono favorevoli.
387 ISTAT Le coppie che chiedono l’adozione di un bambino, anno
2003 febbraio 2005 disponibile su www.istat.it
388 La domanda di adozione nazionale ha validità 3 anni e il de-
creto di idoneità all’adozione internazionale è sempre valido se la
coppia conferisce, entro un anno, incarico all’Ente Autorizzato.
389 C. 1491, C.2219, S. 276.
390 C. 237.
391 S. 190, C. 911. I testi dei citati disegni e proposte di legge sono
disponibili sul sito www.senato.it
392 Relazione sullo stato di attuazione della Legge 149/2001, pub-
blicata a settembre 2006, dall’Istituto degli Innocenti di Firenze,
Ministero della Solidarietà Sociale e Centro nazionale di docu-
mentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Quaderno 39
Ogni bambino ha diritto a una famiglia,disponibile sul sito
www.minori.it/pubblicazioni/quaderni/quaderno_39.htm
393 Bologna, Caltanisetta, Catania, L’Aquila, Milano, Palermo, Po-
tenza, Salerno, Torino e Trieste.
394 Solo la Regione Piemonte ha approvato la Deliberazione del-
la Giunta regionale 11035/2003 «Approvazione linee d’indirizzo
per lo sviluppo di una rete di servizi che garantisca livelli ade-
guati di intervento in materia di affidamenti familiari e di adozio-
ni difficili di minori, in attuazione della Legge 149/2001 diritto
del minore ad una famiglia (modifica Legge 184/83)», in cui ha
previsto quanto segue: «gli Enti Gestori delle funzioni socio-assi-
stenziali corrispondono ai genitori di minori italiani e stranieri
adottati superiori a dodici anni e a quelli con handicap accertato
un contributo economico, indipendentemente dal loro reddito,
pari al rimborso spese corrisposto agli affidatari fino al raggiun-
gimento della maggiore età dell’adottato. Nei medesimi casi, re-
sta salva la facoltà per gli Enti gestori delle funzioni socio-assi-
stenziali di attivare, ai sensi dell’art.6, comma 8 Legge184/1983
e s.m., ulteriori interventi volti al sostegno della formazione e
dell’inserimento sociale dei minori, nell’ambito dei progetti edu-
cativi dei minori stessi. Nel caso di minori adottati in condizioni
particolari (gravi patologie, abusi, violenze subite), gli Enti Ge-
stori possono prevedere l’estensione delle provvidenze di cui
sopra anche al di fuori delle fattispecie individuate e regolamen-
tate dall’Amministrazione Regionale, nell’ambito dello specifico
progetto d’intervento dei suddetti minori».
395 «Regolamento riguardante il riordino della Commissione per
le adozioni internazionali» DPR 108/2007.
glia (art. 3) e l’introduzione della figura del Vice- Presi-
dente con un ruolo più tecnico e operativo (art. 4). Invece
il Ministero degli Affari Esteri (MAE) rimane presente nel-
la CAI con un solo rappresentante e quindi rimane disat-
tesa la raccomandazione di prevedere un ruolo più incisi-
vo ed un maggior coinvolgimento del MAE all’interno del-
la CAI. Ciò avrebbe favorito un maggior coordinamento,
sia relativamente agli interventi di adozioni internaziona-
li, sia per quanto concerne gli interventi di prevenzione
dell’abbandono in base al principio di sussidiarietà del-
l’adozione internazionale396. In tal senso si segnala che la
CAI397, per il 2007/2008, ha stanziato ¤1.000.000 per i
progetti di sussidiarietà dell’adozione, oltre alle Intese
Istituzionali di Programma che finanziano attività di pre-
venzione dell’abbandono e di sussidiarietà dell’adozione
internazionale in Brasile, Vietnam e Etiopia398. In relazio-
ne alle risorse destinate all’esecuzione della Convenzione
de L’Aja, il Dipartimento per le Politiche della Famiglia ha
reso noto399 che sono stati spesi € 3.711.252,96 su un
ammontare complessivo di € 5.271.254,22 , di cui però
si attende l’effettiva allocazione e rendicontazione400.
Sempre relativamente al nuovo Regolamento CAI, si se-
gnala poi l’introduzione di un maggior potere di controllo
della CAI sull’operatività degli Enti Autorizzati attraverso
potere di revoca dell’autorizzazione concessa nei casi di
gravi inadempienze, insufficienze o violazione delle nor-
me vigenti o nei casi in cui i risultati conseguiti attestino
la scarsa efficacia dell’azione dell’Ente401. Inoltre sono
previste verifiche periodiche sulla permanenza dei requi-
siti di idoneità degli Enti Autorizzati e sulla correttezza,
trasparenza ed efficienza della loro azione con particolare
riguardo alla proporzione tra gli incarichi accettati e quel-
li espletati. Le verifiche sono effettuate a campione in
modo che tutti gli Enti siano controllati nell’arco di un
biennio o sulla base di segnalazioni che la Commissione
ritenga rilevanti. A tal fine la Commissione può disporre
l’invio in missione all’estero di componenti o di personale
della segreteria tecnica, presso le sedi operative (art. 15),
anche se in questo senso sarebbe stato meglio prevedere
un lavoro di rete con il MAE. Viene infine ribadito il com-
pito essenziale della CAI nel favorire stipule di accordi bi-
laterali, nell’appoggiare e risolvere rapporti internazionali
e nel garantire sul territorio italiano un ridimensionamen-
to del numero degli Enti italiani Autorizzati ed una mag-
giore omogeneità di procedure e costi.
i. Le cosiddette adozione mite e adozione
aperta
Resta sempre aperto e acceso il dibattito sulla cosiddetta
adozione mite, spesso utilizzata con poca chiarezza per
riferirsi a situazioni e problemi differenti. Il termine ado-
zione mite nasce nel giugno 2003 come semplice prassi
giudiziaria del Tribunale per i Minorenni di Bari, di cui il
Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) ha preso at-
to402, fondata sul parziale insuccesso della legislazione in
tema di affidamento familiare e sull’esigenza di dare
maggiore impulso al processo di deistituzionalizzazione
dei minori403.
I sostenitori dell’adozione mite fondano le proprie consi-
derazione da un lato sulla constatazione che il numero
dei bambini dichiarati adottabili e poi adottati è andato
notevolmente diminuendo negli ultimi anni, mentre è ri-
masto alto quello delle domande di adozione, dall’altro
sulla considerazione che «da un’indagine effettuata dal
Centro nazionale di documentazione ed analisi per
l’infanzia e l’adolescenza, da cui risulta che, dei 10.200
bambini affidati in affidamento familiare in Italia alla data
del 30 giugno 1999, solo il 42 % è rientrato in famiglia,
mentre ben il 58 % non vi è tornato. Una larga parte di
bambini, quindi, resta presso la famiglia affidataria e per
lo più l’affidamento familiare temporaneo si trasforma in
un affidamento senza termine (cd. affidamenti sine die)
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
67
396 In Italia, la Legge 476/1998 di ratifica della Convenzione de
L’Aja, diversamente da tutte le corrispondenti leggi straniere, ha
dato applicazione al principio di sussidiarietà obbligando gli Enti
Autorizzati all’adozione internazionale a realizzare progetti di so-
lidarietà e di prevenzione dell’abbandono nei Paesi in cui vengo-
no realizzate le adozioni , progetti che sono sostenuti anche gra-
zie alle risorse stanziate dalla CAI per i progetti di sussidiarietà.
397 Bando n. 9 del 20 dicembre 2006 e delibera CAI n.
11/2007/SG/ del 12 settembre 2007 riguardante l’approvazione
dei progetti di sussidiarietà ammessi a finanziamento ai sensi del
bando n. 9/2006 del 20 dicembre 2006.
398 Ad esempio, per l’Intesa Istituzionale Etiopia sono stati stan-
ziati €500.000.
399 Comunicazione inviata dal Dipartimento per le Politiche della
Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del Rapporto.
400 Nel 3° Rapporto CRC 2007, con riferimento al bilancio di previ-
sione per l’anno 2007, si rilevava che erano stati stanziati
€4.271.800 per spese per l’esecuzione della Convenzione de
L’Aja e per spese in tema di adozione di minori stranieri. Per un
maggior approfondimento si veda infra capitolo I, paragrafo «Le
risorse per l’infanzia e l’adolescenza in Italia».
401 Art. 6 lettera c. Inoltre l’art. 16 introduce anche diverse azioni
di carattere sanzionatorio che la CAI può mettere in campo nei
confronti degli Enti Autorizzati.
402 Comunicazione del 23 maggio 2006 del CSM, riportata nell’ar-
ticolo di Francesco Santanera L’adozione mite un iniziativa allar-
mante e illegittima, non autorizzata dal Consiglio Superiore della
Magistratura in Prospettive assistenziali n. 154/2 - 2006, pag. 34.
403 Occhiogrosso F. L’adozione mite due anni dopo disponibile
sul sito www.cameraminorilemilano.it; Associazione Italiana dei
Magistrati per i Minorenni per la Famiglia Giustizia Mite e adozio-
ne mite in Minori Giustizia n. 2/2006.
grazie a provvedimenti giudiziari di proroga […] In sostanza
questa forma di adozione si rivolge a alle zone grigie del-
l’abbandono dei minorenni, a quelle situazioni cioè che ini-
zialmente risultate di semiabbandono o di difficoltà tempo-
ranea tale da condurre all’affidamento familiare (perché per
lo più manca una capacità educativa dei genitori di origine,
ma esiste un legame affettivo che non consente
l’interruzione totale dei rapporti), si siano poi evolute in
senso negativo per effetto del mancato rientro del bambino
nella famiglia di origine, anche se gli incontri e le visite con
tale famiglia continuano»404. Si sostiene dunque che questi
bambini, che si trovano in uno stato di “semiabbandono
permanente”405, da una parte hanno diritto a mantenere i
rapporti con i genitori biologici presenti, ma incapaci di ac-
cudirli, dall’altro hanno la necessità di rendere stabile, an-
che formalmente, il vincolo che li lega alla famiglia che li ac-
coglie, per evitare di trovarsi in uno stato di nuovo abban-
dono al raggiungimento del diciottesimo anno di età. Così il
Tribunale per i Minorenni di Bari, seguito poi da altri Tribu-
nali406, ha iniziato ad applicare l’art. 44 lettera d) della Leg-
ge 184/1983, per far fronte a queste situazioni.
Le critiche all’adozione mite407, sottolineano anzitutto che
in base alla Legge 184/1983 se un minore è «privo di assi-
stenza morale e materiale da parte dei genitori e dei parenti
tenuti a provvedervi» deve essere dichiarato adottabile ed
adottato con l’adozione legittimante e non ricorrendo al-
l’art. 44, lettera d) che prevede l’adozione in casi particolari
nei confronti dei minori solo «quando vi sia la constata im-
possibilità di affidamento preadottivo». Poiché
l’affidamento preadottivo può essere disposto dai Tribunali
per i Minorenni solamente per i minori dichiarati adottabili,
la pronuncia dell’adozione mite, nei riguardi dei minori non
dichiarati adottabili, costituisce una forzatura della stessa
legge in quanto priva definitivamente dei figli i nuclei fami-
liari che si trovano solo in gravi difficoltà. Va anche segnala-
to che la Legge 184/1983 ha previsto ai congiunti del mino-
re, di cui viene aperta la procedura di adottabilità, di ricor-
rere presso il Tribunale per i Minorenni, la Corte d’Appello e
la Corte di Cassazione. Queste garanzie non sono invece
previste nella procedura relativa all’adozione mite. In se-
condo luogo non è neppure opportuno ricorrere all’adozio-
ne mite per regolarizzare gli affidamenti a lungo termine, in
quanto la famiglia di origine non deve essere esautorata del
suo ruolo genitoriale, anche se per svolgerlo deve contare
sull’aiuto degli affidatari e del sostengo degli operatori dei
servizi socio-assistenziali e sanitari: la tutela del minore,
della sua famiglia d’origine e degli affidatari, passa anche
attraverso questo indispensabile ruolo delle istituzioni pe-
raltro previsto dalla stessa Legge 184/1983 che, pur consi-
derando l’affidamento familiare un intervento tendenzial-
mente temporaneo, non esclude la possibilità di affidamen-
ti a lungo termine408.
Si segnala che in seguito a questo dibattito alcuni disegni
di legge hanno proposto di regolamentare l’adozione mite
o aperta409 e si evidenzia che data la delicatezza della ma-
teria sarebbe opportuno un confronto serio e approfondito.
ii. l’adozione europea e
l’adozione internazionale in Europa
Il dibattito avviato sul progetto di adozione europea, già se-
gnalato nel 3° Rapporto CRC, sembra attualmente sospeso.
L’unico riferimento all’adozione europea viene dalla già ci-
tata Risoluzione del Parlamento Europeo del 16 gennaio
2008410 dove si auspica l’introduzione del nuovo istituto
giuridico. Se attuata si creerebbe la necessità di prevedere
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
68
4orapportodiaggiornamento2007-2008
404 Ibidem.
405 Lenti L. L’adozione mite è ora di cambiamenti? in Minori e
giustizia 2007.
406 Tribunale per i Minorenni di Brescia e, in alcune rare pronun-
ce, Tribunale per i Minorenni di Milano.
407 Si vedano al riguardo gli articoli di Santanera F. in Prospettive
Assistenziali n. 154; Fadiga L. Adozione aperta: si o no? in Semi-
nario della Commissione parlamentare per l’infanzia Adozione e
affidamento, proposte a confronto Roma, 16 luglio 2007.
408 Si veda Fadiga L. Affidamento fra norma e prassi relazione al
convegno Affido:legami per crescere Torino, 21-22 febbraio
2008, disponibile sul sito dell’Associazione Italiana dei Magis-
trati per i Minorenni e per la Famiglia (www.minoriefamiglia.it), a
questo proposito ha precisato «L’ampiezza delle zone grigie è
anche in funzione della debolezza tecnica dei servizi locali e del-
la poca chiarezza del progetto; dell’insufficiente o mancato mon-
itoraggio da parte dei servizi stessi nel corso dell’affidamento;
dell’inerzia degli organi giudiziari cui spetta attivarsi a tutela dei
diritti del minore (Giudice Tutelare e Pubblico Ministero mino-
rile); dell’incapacità di molti giudici di prendere o di confermare
decisioni difficili, ma talora necessarie per il bene del minore: è
in funzione, insomma, del cattivo funzionamento del meccanis-
mo globalmente considerato, che sforna un prodotto difettoso e
troppo spesso di pessima qualità. E da qui nascono distorsioni e
proposte di accattivanti rimedi talora verniciati di modernità,
come ad esempio la cosiddetta adozione mite: che sostanzial-
mente ripropone la vecchia adozione ordinaria, non legittimante
e revocabile, subordinata a un periodo di prova, una prova
costruita sulle spalle del minore e della sua famiglia di origine».
409 Disegno di legge S. 1007 settembre 2006 Sen. Burani Procac-
cini. Già nel marzo 2006 era stato presentato il disegno di legge
Finocchiaro-Turco «Modifiche alla legge 184/1983 in materia di
adozione aperta o adozione mite»
410 Art.109: auspica di verificare la possibilità di concepire uno
strumento comunitario in materia di adozioni, elaborato confor-
memente alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infan-
zia e ad altre norme internazionali applicabili, che migliori la qua-
lità dell’assistenza nei servizi di informazione, la preparazione per
l’adozione internazionale, il trattamento delle procedure di richie-
sta di adozione internazionale e i servizi post-adozione, tenendo
presente che tutte le convenzioni internazionali relative alla prote-
zione dei diritti del fanciullo riconoscono ai bambini abbandonati
od orfani il diritto ad avere una famiglia e a essere protetti;
regole uniformi e omogenee in tutti i Paesi europei sul rila-
scio dell’idoneità all’adozione, l’istituzione di una banca da-
ti europea dei minori adottabili e delle coppie adottanti; un
Albo europeo degli Enti Autorizzati, un’Autorità Centrale Eu-
ropea con il compito di predisporre e vigilare sugli strumen-
ti di attuazione e l’applicazione del principio di gratuità del-
l’adozione.
In Europa si sta anche molto discutendo circa l’opportunità
di prevedere regole meno severe per l’adozione internazio-
nale411, ovvero di riformare il testo della Convenzione di
Strasburgo del 1967 nel senso di affermare “il diritto” all’a-
dozione ai single e alle coppie di fatto e di prevedere la pos-
sibilità anche per le coppie omosessuali412 . L’Italia, attra-
verso il Ministro per le Politiche della Famiglia, ha già pre-
sentato una nota tecnico giuridica413 al Consiglio d’Europa
per esporre i suoi rilievi critici e per ribadire la validità di
una legislazione che pone al centro il diritto del bambino e
non il diritto degli adulti ad avere dei figli.
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
69
411 Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 24 gennaio
2008, disponibile sul sito www.coe.int
412 Si vedano le interviste al Vice-segretario Generale del Consi-
glio d’Europa Mrs. Maud de Boer Buquicchio in La Gazzetta del
Mezzogiorno del 24 febbraio 2008 e su Vita del 7 marzo 2008.
Si veda anche www.coe.int e www.politichefamiglia.it
413 Il 26 febbraio 2008 l’Italia ha presentato al Consiglio
d’Europa una nota che dovrebbe esser stata discussa in pre-
consiglio il 12 marzo 2008. La nuova Convenzione europea do-
vrebbe poi essere adottata dal Comitato dei Ministri nella se-
duta del 5-6 maggio 2008. A quel punto ogni Paese membro
potrà decidere se ratificarla, dando così il proprio consenso ad
essere vincolato dal trattato stesso e ad uniformarvi la propria
legislazione. Alla ratifica ogni Paese può formulare fino a due
riserve su punti specifici del testo. La riserva dura 5 anni ed è
rinnovabile.
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Dipartimento per le Politiche della Famiglia, alle Re-
gioni e agli Enti Locali il sostegno delle adozioni difficili
di minori italiani e stranieri, di cui all’art. 6 comma 8
Legge 149/2001, attraverso provvedimenti mirati che
rendano esigibile il diritto a tale sostegno , a livello so-
ciale ed economico;
2. Al Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giu-
stizia Minorile l’avvio dell’operatività della banca dati
dei minori adottabili e dei genitori in attesa di adozione,
ex. art. 40 Legge 149/2001, al fine di avere un costante
monitoraggio dei minori adottabili e la messa in rete di
informazioni tra i Tribunali per i Minorenni italiani;
3. Alla Commissione per le Adozioni Internazionali un po-
tenziamento delle azioni di verifica e di controllo sull’o-
peratività degli Enti Autorizzati in Italia e all’estero an-
che con un maggior coinvolgimento operativo del Mini-
stero degli Affari Esteri.
All’interno di tale raggruppamento le Linee Guida svilup-
pate dal Comitato ONU suggeriscono di considerare la si-
tuazione dei bambini e adolescenti con disabilità (art. 23
CRC), l’attuazione dell’art. 24 CRC, che riconosce il diritto
di godere del miglior stato di salute possibile, e dell’art.
27 CRC che riconosce il diritto di ogni bambino e adole-
scente ad un livello di vita sufficiente per consentire il
suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale.
1. SALUTE E SERVIZI SANITARI
a) Nascere e crescere in Italia
Nel presente paragrafo sono state accorpate e sintetizza-
te alcune questioni evidenziate nel 3° Rapporto CRC (nel-
lo specifico natalità, mortalità infantile, uso degli psico-
farmaci per bambini e adolescenti, disagio legato alle ma-
lattie croniche, HIV/AIDS in età pediatrica), in considera-
zione del fatto che non si dispone di dati aggiornati o no-
vità rispetto a quanto già scritto lo scorso anno.
La Relazione sullo stato sanitario del Paese 2005-2006414
ha confermato quanto riportato nel 3° Rapporto CRC415:
la salute nell’età evolutiva è da considerarsi complessi-
vamente buona e considerevolmente migliorata nel corso
degli ultimi decenni, ma è caratterizzata da continue e
consistenti disuguaglianze territoriali. Sia i determinanti
distali della salute (reddito, capitale sociale, istruzione),
che quelli prossimali (comportamenti e abitudini di vita),
si distribuiscono diversamente nelle Regioni italiane:
maggiore incidenza al Sud che al Nord di quelli che in-
fluenzano in modo negativo lo stato di salute della popo-
lazione, in particolare delle fasce più deboli416.
Il tasso di mortalità infantile nel primo anno di vita, che
rappresenta uno degli indicatori più utilizzati per misura-
re lo stato di salute e il benessere di un Paese, è sceso da
8 morti per 1.000 nati nel 1990 a 4 morti ogni 1.000 nati
nel 2006417. Ma a livello territoriale la mortalità infantile
nel Sud (5,3) è più elevata rispetto al Nord (3,3). Oltre i
tre quarti dei decessi sono associati al sottopeso (peso
alla nascita inferiore a 2500 g) come possibile concausa e
l’incidenza varia ampiamente tra le Regioni dal Nord al
Sud, indicando la necessità di interventi mirati a ridurre i
fattori di rischio oltre alla qualità dell’assistenza in gravi-
danza418.
Il ricorso al parto cesareo non solo continua ad essere il
più elevato a livello europeo, ma in continuo aumento, in
particolare in alcune Regioni meridionali quali la Campa-
nia (oltre il 60% dei parti), la Sicilia (52,3%) e la Basilica-
ta (50,4%), mentre il parametro di riferimento di appro-
priatezza clinica, individuato sulla base delle esperienze
internazionali e riconosciuto dal Decreto Ministeriale del
12 dicembre 2001419 è di 15-20%.
I bambini e gli adolescenti italiani maschi si ammalano e
muoiono maggiormente delle loro coetanee. Le patologie
gravi più frequenti sono le condizioni morbose di origine
perinatale e le malformazioni congenite nel corso del pri-
mo anno di vita, mentre nelle età successive sono i trau-
matismi e i tumori. Ogni anno nascono circa 5.000 bambi-
ni che vivranno affetti da una malattia cronica (asma,
diabete, fibrosi cistica, etc.), circa la metà dei quali vivrà
con una disabilità permanente. Sono, quindi, circa
60.000 i bambini (con meno di 14 anni) che necessitano
di assistenza adeguata, appropriata e continua su tutto il
territorio nazionale: una finalità dunque ancora da perse-
guire e che è importante ribadire ancora420.
Dei 57.731 casi nazionali di AIDS, 762 (pari all’1,3%) sono
bambini (di età inferiore ai 13 anni)421. L’infezione da HIV
di minori, come già evidenziato nel 3° Rapporto CRC, si
manifesta, frequentemente, in famiglie multiproblemati-
che, con carenze economiche, sociali, culturali o di recen-
te immigrazione, spesso irregolare. I minori adolescenti
orfani a causa dell’HIV, a loro volta sieropositivi, sono
spesso accolti da parenti (in genere nonni e zii) che mo-
70
4orapportodiaggiornamento2007-2008
414 Ministero della Salute Relazione sullo stato sanitario del
Paese 2005-2006 gennaio 2008,
www.ministerosalute.it/pubblicazioni/ppRisultatiRSSP.jsp
415 3° Rapporto CRC 2007, pagg. 45-65.
416 Padovani G. Il diritto negato Il Pensiero Scientifico Editore,
Roma, 2008.
417 UNICEF Nascere e crescere sani. La condizione dell’infanzia
e del mondo 2008.
418 Campi R, Bonati M. Nascere e crescere oggi in Italia Il Pensiero
Scientifico Editore, Roma, 2005; Cirillo B, Bonati M, Campi R, De
Campora E, Siani P. Disuguguaglianze nella salute nell’infanzia e
nell’adolescenza Phoebus Edizioni, Napoli 2007.
419 DM 12 dicembre 2001 «Sistema di garanzie per il monitoraggio
dell’assistenza sanitaria» pubblicato nella G.U. n. 34 del 9 feb-
braio 2002, S.O. disponibile sul sito
www.unich.it/offerta/perfez2004/eosst/modulo3_bellentani1.pdf
420 ApeC L’assistenza ai bambini con malattie croniche Quaderni
ACP 2002;1 pagg. 56-58.
421 Fonte: Istituto Superiore di Sanità, www.iss.it/emol/aids/index.php
Capitolo V.
Salute e Assistenza
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
strano difficoltà a sostenere la propria funzione educativa.
Per quanto riguarda l’utilizzo degli psicofarmaci per i
bambini e gli adolescenti, nel 2007 non ci sono stati
cambiamenti rispetto a quanto segnalato gli anni prece-
denti. Gli antidepressivi sono prescritti ad almeno due
bambini o adolescenti (di età compresa tra i 10 ed i 17 an-
ni) ogni mille e in particolare alle ragazze422. Molto meno
gli altri psicofarmaci. Nella seconda metà del 2007 si è at-
tivato il Registro Nazionale della sindrome da deficit di
attenzione e iperattività (ADHD)423, di cui è affetto circa
l’1% dei bambini in età scolare.
b) Le coperture vaccinali
Come evidenziato nel 3° Rapporto CRC, le vaccinazioni
proteggono l’individuo da malattie infettive, inducendo
una risposta immunitaria simile a quella provocata dal-
l’infezione naturale, senza che si abbiano però i sintomi
della malattia. Per le infezioni che si trasmettono da per-
sona a persona, inoltre, rendere immuni con le vaccina-
zioni proporzioni elevate della popolazione garantisce la
riduzione, o addirittura l’eliminazione, del rischio di tra-
smissione del singolo microrganismo, proteggendo quin-
di anche chi non fosse vaccinato. L’efficacia di molte delle
attuali vaccinazioni è ben dimostrata ed ha storici risulta-
ti: il vaiolo è stato debellato grazie alla vaccinazione, ana-
logo traguardo si sta perseguendo per la poliomielite (già
eradicata dal continente europeo dal 2002).
In Italia, malattie per le quali sono state condotte vacci-
nazioni di massa sono pressoché eliminate (Difterite, Po-
liomielite) o ridotte ad incidenza molto bassa (Tetano,
Epatite B, Hemophilus Influenzae tipo b); mentre per ma-
lattie che fino a pochi anni fa colpivano tutti i bambini, e
per questo eufemisticamente chiamate “malattie dell’in-
fanzia”, si è pervenuti ad una veloce e costante diminu-
zione dell’incidenza correlata all’aumento della copertura
vaccinale (pertosse, morbillo, rosolia, parotite). Queste
vaccinazioni, insieme alla vaccinazione anti-influenzale
per persone a rischio, sono incluse nei Livelli Essenziali di
Assistenza (LEA) e offerte attivamente in tutto il Paese.
Negli ultimi anni sono stati registrati vaccini che hanno
dimostrato di avere un’elevata efficacia sul campo nel
prevenire malattie infettive con grave decorso clinico
(meningiti ed altre infezioni invasive da meningococco C
e da pneumococco), o malattie che, pur decorrendo nella
maggior parte dei casi senza complicanze, hanno una ele-
vata incidenza (varicella). Si segnala che le quattro vacci-
nazioni contro il meningococco C, lo pneumococco, la va-
ricella e il Papilloma Virus sono state inserite nel calenda-
rio vaccinale e nei LEA, come previsto dal nuovo Piano
Nazionale Vaccinazioni 2008-2010424.
Tuttavia ancora ampio è il divario tra le varie regioni ri-
spetto al tasso di copertura per molte vaccinazioni, in
particolare quella contro il morbillo, la rosolia e la paroti-
te. Inoltre in molte Regioni è ancora inefficiente il sistema
di monitoraggio della copertura, di offerta attiva e di con-
trollo degli effetti collaterali da vaccino.
Infine, la registrazione dei primi vaccini contro l’infezione
da Papilloma Virus, responsabile di oltre i due terzi dei
casi di carcinoma della cervice, ha portato alla program-
mazione di una campagna nazionale di vaccinazione di
massa per le ragazze durante il 12° anno di vita425 a parti-
re dal 2008.
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
71
422 Banca dati ARNO Pediatria, Cineca Bologna, Istituto Mario Ne-
gri di Milano, 2008.
423 Fonte: Istituto Superiore di Sanità, www.iss.it/adhd/
424 Ministero della Salute, Piano Nazionale Vaccinazioni (PNV)
2008-2010.
425 Ministero della Salute, www.ministerosalute.it/speciali/
piSpecialiNuova.jsp?id=75. Si veda infra capitolo I, paragrafo «Le
risorse destinate all’infanzia e all’adolescenza» in cui si specifi-
ca che sono stati stanziati ¤70.000.000 per la rapida ese-
cuzione della vaccinazione gratuita alle ragazze dagli 11 ai 12
anni contro il Papilloma Virus (HPV). Nel mese di marzo 2007, il
Ministero della Salute ha avviato la campagna di sensibiliz-
zazione dell’offerta del vaccino attiva e gratuita rivolta alle
ragazze dagli 11 ai 12 anni in modo uniforme in tutto il territorio
italiano finalizzata ad una progressiva immunizzazione della
popolazione giovane adulta esposta al rischio di infezione.
L’Italia è il primo Paese europeo a pianificare una strategia di
vaccinazione pubblica contro il Papilloma Virus (HPV).
Cfr. www.ministerosalute.it/speciali/piSpecialiNuova.jsp?id=75
Il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Ministero della Salute, al Ministero della Solida-
rietà Sociale e alle Regioni, nell’ambito delle rispettive
competenze, di attivare programmi di intervento (anche
educativi, informativi e di aggiornamento) atti a ridurre
l’enorme disuguaglianza tra e all’interno delle Regioni
nelle cure della popolazione minorile;
2. Al Ministero della Salute e alle Regioni, nell’ambito
delle rispettive competenze, di aggiornare il monitorag-
gio delle condizioni croniche e di disabilità , transitorie e
permanenti, che affliggono la popolazione pediatrica e
di attivare interventi appropriati e efficienti su tutto il
territorio atti a rispondere ai bisogni assistenziali anco-
ra inevasi;
3. Al Ministero della Salute e alle Regioni, nell’ambito
delle rispettive competenze, di promuovere indagini co-
noscitive sulla condizione sociale ed educativa dei mi-
nori affetti da HIV a livello nazionale atte a formulare in-
terventi assistenziali appropriati ed efficienti.
c) I diritti dei bambini in ospedale
I dati aggiornati al 2005 rispetto ai tassi di
ospedalizzazione426 ed alla mobilità ospedaliera427, due im-
portanti indicatori per valutare l’equità dell’assistenza
ospedaliera pediatrica e per documentare le differenze ter-
ritoriali nell’accesso alle cure, confermano quanto eviden-
ziato in proposito nel 3° Rapporto CRC, ovvero che in tutte
le Regioni l’ospedalizzazione maggiore si registra nel corso
del primo anno di vita e che le Regioni del Nord, in partico-
lare la Liguria, hanno una forte attrazione di utenza428.
Come evidenziato nel 3° Rapporto CRC429 l’esperienza del-
l’ospedalizzazione può essere un’esperienza difficile per i
bambini, oltre che per le loro famiglie: il distacco dall’am-
biente familiare, le cure mediche talvolta dolorose e/o inva-
sive, la mancanza di preparazione al ricovero sono fattori
che concorrono alla determinazione di un vero e proprio
trauma, che subisce il bambino con tutta la sua famiglia.
Tuttavia, è stato riscontrato che è possibile prevenire il
trauma da ricovero, innanzitutto mediante un’adeguata
informazione rivolta ai bambini rispetto alla realtà ospeda-
liera, anche nelle scuole materne e primarie430, nonché at-
traverso l’utilizzo dello strumento del gioco in fase di adat-
tamento e di preparazione dei bambini che stanno per af-
frontare un ricovero. A questo scopo diverse sono le iniziati-
ve condotte da associazioni che da anni lavorano con e per i
bambini in ospedale431. Sarebbe pertanto importante e au-
spicabile che il Ministero della Salute promuovesse una
campagna di sensibilizzazione negli ospedali volta a sup-
portare tali iniziative.
Occorre infatti considerare che i bambini hanno il diritto di
godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare
di servizi medici e di riabilitazione, nonché di avere accesso
a tali servizi. In cosa concretamente consista in particolare il
diritto al miglior trattamento medico possibile è stato ap-
profondito e specificato a partire dal 1988, anno in cui alcu-
ne associazioni impegnate per il benessere dei bambini in
ospedale hanno riassunto in dieci punti, c.d. Carta di
EACH432, i diritti dei bambini in ospedale.
Successivamente i diritti enunciati nella Carta di EACH sono
stati adattati alla situazione italiana ed estesi alle proble-
matiche adolescenziali433, nonché ampliati, fino a conside-
rare i “doveri” del personale e della struttura
ospedaliera434. Attualmente diverse sono le strutture sani-
tarie che basano il proprio operato su questi principi435.
Tra le buone prassi a livello regionale si segnala che il Ve-
neto ha adottato il progetto «I diritti dei bambini in ospeda-
le» nel 2003 con l’intento di conoscere la situazione e l’ ap-
plicazione dei diritti dell’infanzia e dell’ adolescenza in tutti
gli ospedali del Veneto e di promuoverne la diffusione, atti-
vando una riflessione su tutto il territorio regionale tra i
soggetti interessati nell’implementazione della Carta dei Di-
ritti dei Minori in tutto l’ambiente ospedaliero. In Friuli Ve-
nezia Giulia la Giunta Regionale ha formalmente recepi-
to436 la «Carta dei Diritti del Bambino in Ospedale», e la re-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
72
4orapportodiaggiornamento2007-2008
426 Per tassi di ospedalizzazione si intendono il numero di ricoveri,
le cause di ospedalizzazione, disaggregati per età, sesso e Regione.
427 Per mobilità ospedaliera si intende la tendenza della popola-
zione ad usufruire delle prestazioni di ricovero in una Regione di-
versa da quella di residenza.
428 Ministero della Salute Rapporto annuale sulla attività di ricove-
ro ospedaliero. Anno 2005www.ministerosalute.it/programmazio-
ne/sdo/sezDocumenti.jsp?id=148&label=osp
429 3° Rapporto CRC 2007, pag. 47.
430 Ne è un esempio il progetto «Conoscere per non avere paura»,
che consiste nell’introduzione dell’argomento malattia/ospedale
nel programma curriculare di educazione alla salute da parte degli
stessi insegnanti, previamente preparati. È stato già realizzato in
scuole materne ed elementari a Roma, Teramo, Lodi, Milano,
Vario d’Adda, Torino, Firenze, Vicenza.
431 Per favorire una migliore informazione circa il mondo dell’o-
spedale Fondazione ABIO, ad esempio, distribuisce periodica-
mente a tutti i bambini ricoverati nei reparti in cui operano i vo-
lontari ABIO il volume Che ci faccio in Ospedale di Roberto Lucani,
Giunti edizioni, uno strumento di informazione e di gioco circa il
mondo dell’ospedale.
432 EACH è acronimo di European Association for Children in Hos-
pital.
433 A cura di Fondazione ABIO, in collaborazione con la Società
Italiana di Pediatria (SIP); il testo della Carta dei Diritti dei Bambi-
ni e degli Adolescenti in Ospedale è disponibile sul sito
www.abio.org
434 Carta dei Diritti del Bambino in Ospedale, a cura dell’Associa-
zione Ospedali Pediatrici Italiani, disponibile sul sito
www.aopi.it/cartadiritti.html
435 Tra questi si annoverano: IRCSS Burlo Garofolo, Trieste; Ospe-
dale pediatrico Gaslini, Genova; Ospedale dei Bambini, Brescia;
Ospedale pediatrico Bambin Gesù, Roma; Ospedale Meyer, Firen-
ze; Azienda Ospedaliera Universitaria, Modena; Asl 4, Prato;
Azienda Ospedaliera Universitaria, Siena.
436 Delibera n. 1240 del 4 maggio 1998, www.burlo.trieste.it
Il Gruppo CRC pertanto raccomanda:
1. Al Ministero della Salute e alle Regioni, nell’ambito
delle rispettive competenze, di intraprendere idonee ini-
ziative (informative, educative e organizzative) volte al
miglioramento delle coperture vaccinali per quelle vac-
cinazioni (in particolare il morbillo) che non hanno rag-
giunto il tasso necessario e atteso su tutto il territorio
nazionale in modo omogeneo;
2. Al Ministero della Salute e alle Regioni, nell’ambito
delle rispettive competenze, di promuovere e coordina-
re una rete di sorveglianza attiva (locale e nazionale,
tramite un’anagrafe aggiornata e accurata delle malattie
infettive, delle vaccinazioni effettuate e delle reazioni
avverse) per disporre di dati esaustivi sulle malattie in-
fettive prevenibili con vaccino, sull’efficacia delle politi-
che vaccinali e sugli effetti collaterali da vaccino.
lativa delibera costituisce Atto di Indirizzo per tutte le Azien-
de Sanitarie della Regione, indicante standard di qualità e
criteri di valutazione.
Si auspica quindi che il Ministero della Salute sostenga e
promuova l’adozione e l’attuazione di questi principi437
presso le strutture ospedaliere pediatriche affinché venga
rispettato il diritto dei bambini e degli adolescenti non solo
alle cure migliori, ma anche al soddisfacimento dei loro bi-
sogni affettivi ed emotivi.
Al fine di dare concreta attuazione ai principi contenuti nella
Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in
Ospedale, e in particolare all’art. 6438, si ritiene fondamen-
tale che il personale medico e paramedico delle strutture
ospedaliere pediatriche riceva un’adeguata formazione sui
diritti dei bambini in ospedale, che tenga in debita conside-
razione anche la specifica condizione degli adolescenti e
dei bambini di origine straniera. In proposito, si evidenzia
l’importanza, altresì, della presenza di mediatori culturali
nelle strutture ospedaliere.
Sarebbe infine importante promuovere un’indagine presso i
reparti pediatrici al fine di rilevare se e come i principi affer-
mati nella Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in
Ospedale vengono applicati.
d)Alimentazione nella prima infanzia
i. La promozione dell’allattamento materno
Secondo i dati più recenti, l’81,1% di donne italiane ha al-
lattato al seno il proprio bambino e la durata media dell’al-
lattamento al seno è di 7,3 mesi; il livello di diffusione del-
l’allattamento esclusivo o predominante raggiunge il
71,2% tra le donne più istruite contro il 53,2% tra le donne
con la sola licenza elementare439.
In tema di promozione e tutela dell’allattamento al seno,
come ricordato nel 3° Rapporto CRC, a livello europeo, due
Direttive hanno apportato delle modifiche significative: la
Direttiva 2006/141/CE che introduce criteri più ristrettivi
nella pubblicità e nei materiali informativi, senza però rece-
pire pienamente i dettami del Codice Internazionale sulla
Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno e le
successive pertinenti Risoluzioni dell’Assemblea Mondiale
della Sanità (AMS), e la direttiva 2006/125/CE sugli ali-
menti a base di cereali e gli altri alimenti destinati a lattanti
e bambini, che però continua a permetterne la commercia-
lizzazione a partire dai 4 mesi d’età. La direttiva
2006/141/CE non è inclusa «tra quelle per la cui implemen-
tazione la legge comunitaria ha conferito al Governo appo-
sita delega», essendo stata inserita nell’elenco delle diret-
tive da attuarsi in via amministrativa, come può rilevarsi
dalla relazione allegata al disegno di Legge comunitaria
per il 2007440. Il 12 novembre 2007 il Ministero della Salute
ha decretato l’attuazione della direttiva 2006/141/CE nella
parte che modifica la direttiva 1999/21/CE sugli alimenti
dietetici destinati a fini medici speciali441. Da segnalare
inoltre, come grazie al progetto dello European Network
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
73
437 Si segnala in proposito che il Ministero della Salute, insieme
al Ministero della Solidarietà Sociale e al Ministro per le Politiche
della Famiglia, ha dato il patrocinio alla nuova Carta dei Diritti dei
Bambini e degli Adolescenti in Ospedale promossa da Fondazio-
ne ABIO e SIP, nei confronti della quale anche la Commissione
parlamentare per l’infanzia ha espresso il suo apprezzamento.
438 Art. 6 Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in Ospe-
dale «I bambini e gli adolescenti hanno diritto ad avere a loro di-
sposizione figure specializzate (pediatri, infermieri pediatrici, psi-
cologi, mediatori culturali, assistenti sociali, volontari) in grado di
creare una rete assistenziale che risponda alle necessità fisiche,
emotive e psichiche loro e della loro famiglia».
439 ISTAT Gravidanza, parto, allattamento al seno diffuso il 5 giu-
gno 2006 (periodo di riferimento 2004-2005),
disponibile in sintesi sul sito
www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20060605_00/
440 Sen. Tiziana Valpiana, Interrogazione a risposta scritta del 15
maggio 2007 e relativa risposta scritta del Sottosegretario alla
Salute del 15 novembre 2007
consultabile sul sito http://banchedati.camera.it
441 In G.U. n. 38 del 14 febbraio 2008.
Il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Ministero della Salute di aggiornare annualmente e
rendere pubbliche le statistiche sull’assistenza ospeda-
liera pediatrica;
2. Al Ministero della Salute di avviare o almeno promuove-
re un’indagine presso tutti i reparti pediatrici italiani al fi-
ne di rilevare se e come i principi affermati nella Carta dei
Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in Ospedale vengo-
no applicati e conseguentemente, sulla base dei risultati
ottenuti, emanare una Circolare in cui, precisando il ne-
cessario rispetto della Carta, si chiariscano le modalità di
promozione dei diritti dei bambini in ospedale;
3. Al Ministero della Salute, al fine di dare piena attuazione
all’art. 6 della Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adole-
scenti in Ospedale, di prevedere per il personale medico
e paramedico delle strutture pediatriche la frequenza ob-
bligatoria e certificata di corsi di formazione sui diritti dei
bambini in ospedale, che affrontino anche le questioni
connesse all’adolescenza, alle differenze culturali e reli-
giose proprie delle etnie presenti nel nostro Paese, non-
ché nelle Scuole di Specializzazione in Pediatria program-
mi di formazione specifici in “comunicazione” per svilup-
pare la capacità di comunicare in modo adeguato alle
condizioni (età, cultura, tradizioni, ecc.) del paziente mi-
nore e della sua famiglia.
for Public Health Nutrition: Networking, Monitoring, Inter-
vention and Training (EUNUTET)442 finanziato dalla Com-
missione Europea nel 2002, siano disponibili, grazie al
contributo di ricercatori ed esperti di salute pubblica, del-
le raccomandazioni standard sull’alimentazione dei lat-
tanti e dei bambini fino a tre anni. La pubblicazione della
versione revisionata del Blueprint europeo del 2006 con-
ferma quanto affermato nella precedente versione e aiu-
terà i Paesi a continuare a promuovere, proteggere e so-
stenere l’allattamento al seno in maniera efficace443.
Per quanto concerne il livello nazionale, come già evi-
denziato nel 3° Rapporto CRC, la promozione dell’allatta-
mento al seno è stata inserita nel Piano Sanitario Nazio-
nale 2006-2008.
Nel «Piano per la promozione e la tutela della salute
del l e donne e dei bambini» presentato i l 7 marzo
2007444 il Ministero della Salute si era impegnato a pro-
muovere varie iniziative a favore della protezione, alla
promozione ed al sostegno dell’allattamento al seno, di
cui si segnalano di seguito i recenti sviluppi:
∏ il programma «Guadagnare salute, rendere facili le
scelte salutari», finalizzato a favorire un cambiamento
negli stili di vita della popolazione e che mette
l’allattamento al seno al primo posto tra i comporta-
menti salutari, è stato approvato dal Governo il 4 mag-
gio 2007 in accordo con le Regioni e le Province Auto-
nome ed avviato445;
∏ la Campagna nazionale di comunicazione «Genitori
più»446 è stata attivata ed è attualmente sostenuta in
12 Regioni447;
∏ il progetto «Promozione e la valutazione di qualità di
modelli operativi del percorso nascita», che compren-
de la realizzazione di azioni volte a proteggere, pro-
muovere e sostenere l’allattamento al seno, è stato
avviato nel 2007 e finanziato con 2 milioni di euro448.
Si segnalano inoltre due importanti azioni compiute nel
2007. Il 6 giugno 2007 è stata istituita la Commissione
per la Salute delle Donne presso il Ministero della Salu-
te, che tra i gruppi di lavoro istituiti al suo interno ne pre-
vede uno dedicato al “percorso nascita”: periodo precon-
cezionale, gravidanza, parto, puerperio. L’8 marzo 2008
ha presentato il primo Rapporto annuale449. Il 2 ottobre
2007 la Commissione parlamentare per l’infanzia ha ap-
provato all’unanimità una Risoluzione in materia di pro-
mozione dell’allattamento materno450.
Invece il disegno di legge «per la promozione e la tutela
della salute dei diritti delle partorienti e dei nati» pre-
sentato dal Governo nel 2006 e che pone la promozione
della salute materno-infantile, anche dell’allattamento al
seno, come obiettivo prioritario a livello nazionale, è an-
cora all’esame della Commissione Affari Sociali della Ca-
mera dei Deputati451.
Si segnala ancora positivamente che il 20 dicembre 2007
il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e
Bolzano hanno approvato per la prima volta le «Linee di
indirizzo nazionali sulla protezione, la promozione il so-
stegno dell’allattamento al seno»452, in cui si riconosce
l’importanza dell’allattamento al seno come modo di ali-
mentazione naturale nella prima infanzia e si raccomanda
l’allattamento al seno esclusivo per sei mesi e continuato
ben oltre il primo anno di vita ed in ogni caso finché ma-
dre e bambino lo desiderino. Tra gli indicatori di valuta-
zione viene inoltre inserita l’adesione agli standard
OMS/UNICEF e il numero di strutture riconosciute «Ospe-
dali Amici dei Bambini». Vi è inoltre contenuto l’impegno
del Ministero all’istituzione di un Comitato Nazionale
Multisettoriale per l’allattamento. Si ricorda, in proposito,
che la nomina di un coordinatore nazionale per
4orapportodiaggiornamento2007-2008
74
448 Realizzato dal Centro per la prevenzione e il controllo delle
malattie in collaborazione con il Centro Nazionale di Epidemiolo-
gia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto Superiore
di Sanità, cfr. www.ccm-network.it/?q=node/75
449 Cfr. Ministero della Salute La salute delle donne in Italia 2008.
450 Si veda www.parlamento.it/documenti/repository/commissioni/
bicamerali/infanzia/24-bis-n2.PDF
451 C. 1923, presentato il 10 novembre 2006, ha ottenuto parere
favorevole in sede consultiva da parte della Commissione Affa-
ri Costituzionali, Commissione Lavoro Pubblico e Privato, Com-
missione per le Questioni Regionali.
452 Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Re-
gioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, Accordo, ai
sensi dell’art. 4 Decreto Legislativo 281/1997 tra il Governo, le
Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano su «Linee
di indirizzo nazionali sulla protezione, la promozione ed il
sostegno dell’allattamento al seno», Deliberazione del 20
dicembre 2007, G.U. n. 32 del 7 febbraio 2008.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
442 Cfr. http://ec.europa.eu/health/ph_projects/2002/promotion/
promotion_2002_18_en.htm
443 Commissione Europea, Directorate Public Health and Risk As-
sessment Protezione, promozione e sostegno dell’allattamento al
seno in Europa: un Programma d’Azione Luxembourg.
Cfr. www.burlo.trieste.it/old_site/Burlo%20English%20version/
Activities/research_develop.htm
444 Ministero della Salute Verso un Piano di azioni per la promozio-
ne e la tutela della salute delle donne e dei bambini presentato nel-
l’ambito del Convegno nazionale Alla salute delle donne 7 marzo
2007, Napoli e disponibile sul sito
www.ministerosalute.it/imgs/C_17_pubblicazioni_610_allegato.pdf
445 Cfr. www.ministerosalute.it/stiliVita/stiliVita.jsp
446 Pone l’allattamento esclusivo al seno nei primi sei mesi tra
le 7 semplici azioni che si sono dimostrate essere particolar-
mente efficaci per la prevenzione dei rischi alla salute dei bam-
bini, www.genitoripiu.it
447 Oltre che in Veneto, prima Regione ad avviarla in via speri-
mentale, è stata estesa in Abruzzo, Calabria, Emilia Romagna,
Friuli Venezia Giulia, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sarde-
gna, Umbria e Val d’Aosta.
l’allattamento al seno, l’istituzione di un comitato multi-
settoriale, l’applicazione da parte di ogni servizio ospe-
daliero dei «Dieci passi per allattare al seno con succes-
so» dell’OMS/UNICEF, sono tra gli impegni sottoscritti
anche dal nostro Paese nel 1990 con la Dichiarazione de-
gli Innocenti e non ancora attuati, come già rilevato nel 3°
Rapporto CRC.
Particolare attenzione all’introduzione di alimenti com-
plementari appropriati e nei tempi corretti, è inoltre con-
tenuta nel programma «Comunità Amica dei bambini per
l’allattamento materno»453, presentato ufficialmente a
Milano l’8 ottobre 2007, che prevede tra l’altro di «pro-
muovere l’allattamento al seno esclusivo fino ai 6 mesi
compiuti, l’introduzione di adeguati alimenti complemen-
tari oltre i 6 mesi e l’allattamento materno prolungato».
A livello regionale, si segnala la continuità delle attività
svolte quali la creazione di un gruppo di lavoro interre-
gionale degli assessorati competenti in materia e la sigla
di Protocolli d’intesa di alcune Regioni per la promozione
dell’allattamento al seno nel proprio territorio454, oltre al-
l’attivazione di un Tavolo interregionale sulle tematiche
materno-infantili455. Per quanto concerne l’iniziativa in-
ternazionale «Ospedali amici dei bambini», i punti nasci-
ta che hanno ricevuto la certificazione OMS/UNICEF di
«Ospedali Amici dei Bambini» sono diventati 16, e sta au-
mentando, come già rilevato, l’attenzione posta a questa
certificazione a livello nazionale così come regionale. In-
teresse che inizia a manifestarsi anche per una prima
sperimentazione del programma «Comunità Amica dei
bambini per l’allattamento materno»456. Da segnalare ri-
spetto alla Regione Toscana la partecipazione al progetto
europeo per la sperimentazione del Blueprint, progetto
che si conclude a fine aprile 2008 e che ha portato alla
nomina di nuovi ospedali “Amici dei Bambini”, e un moni-
toraggio del rispetto del Codice in Toscana.
ii. I diritti di bambini e adolescenti ad
un’alimentazione sana ed i rischi
dell’alimentazione industriale
Nel 2008, nell’ambito del programma «Guadagnare salu-
te, rendere facili le scelte salutari»457 il Ministero della
Salute ha dimostrato il suo impegno nella promozione di
un’alimentazione sana con diverse iniziative. Sono stati si-
glati Protocolli di intesa per favorire l’attività fisica anche a
scuola, per contrastare l’obesità infantile e i disordini ali-
mentari in età evolutiva e per promuovere un’alimentazio-
ne corretta ed equilibrata soprattutto di bambini e adole-
scenti458. Il Ministero della Salute ha inoltre avviato, in col-
laborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione, una
sperimentazione per la diffusione del consumo di frutta e
verdure tra i giovani, che prevede tra le prime azioni
l’installazione in alcune scuole superiori di distributori au-
tomatici di merende a base di frutta459.
Tuttavia, si ritiene necessaria una maggiore e più diffusa
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
75
453 Promosso da UNICEF Italia, www.unicef.it
454 Protocollo di intesa tra le Regioni e UNICEF Italia in Abruzzo,
Toscana, Valle D’Aosta, Veneto.
455 Nell’ambito di questo Tavolo tecnico, attivato il 26 settem-
bre 2007, sono dibattute le tematiche sino ad oggi trattate dal-
la Commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni, quali
l’allattamento al seno, l’ ipotiroidismo e la SIDS. Cfr.
www.ministerosalute.it/saluteDonna/saluteDonna.jsp
456 Promosso da UNICEF Italia.
457 Questo programma rappresenta il primo atto di coordinamento
delle azioni e delle campagne di comunicazione tra tutti i livelli isti-
tuzionali, il mondo della scuola, dei produttori e dei consumatori
per promuovere comportamenti salutari, al fine di favorire un cam-
biamento negli stili di vita della popolazione,
www.ministerosalute.it/stiliVita/stiliVita.jsp
458 Il Protocollo di Intesa Ministero della Salute-Enti di promozione
sportiva (Centro Sportivo italiano, Unione italiana Sport per tutti,
Unione Sportiva delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) del
22 gennaio 2008, www.ministerosalute.it/imgs/C_17_normati-
va_1484_allegato.pdf; il Protocollo di Intesa Ministero della Salute-
Società Villa Luisa e ASL Lecce del 5 marzo 2008
www.ministerosalute.it/imgs/C_17_normativa_1605_allegato.pdf;
il Protocollo di Intesa Ministero della Salute-Ministero delle Politi-
che Agricole, Alimentari e Forestali, del 12 marzo 2008
www.ministerosalute.it/imgs/C_17_normativa_1586_allegato.pdf
459 Frutta Snack, progetto pilota di educazione al gusto, alla
salute, al benessere promosso dal Ministero della Pubblica
Istruzione - Direzione Generale per lo Studente e dal Ministero
della Salute - Dipartimento Prevenzione e Comunicazione, Cen-
trale Sperimentazioni e Servizi Agro-Ambientali,
www.benesserestudente.it/news/leggi_area.asp?ART_ID=219
4&Pagina2=&categorie=75
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Alle Regioni e alle Province Autonome la piena attuazione
delle «Linee di indirizzo nazionali sulla protezione, la pro-
mozione il sostegno dell’allattamento al seno»;
2. Al Parlamento e ai Consigli regionali, nell’ambito delle ri-
spettive competenze, il completo adeguamento della legi-
slazione nazionale e dei provvedimenti regionali ai requi-
siti del Codice Internazionale OMS/UNICEF e successive
pertinenti Risoluzioni dell’AMS, come avviato in Toscana
con la Delibera Regionale n. 1095 del 04/11/2004, con par-
ticolare riguardo all’attuazione del Codice nel sistema sa-
nitario pubblico;
3. Al Ministero della Salute l’attuazione di un serio monito-
raggio dei tassi di allattamento (secondo le definizioni
OMS) già a partire dai Certificati Di Assistenza al Parto (CE-
DAP), come espressamente previsto dalle Linee di indiriz-
zo nazionali, e dell’attuazione di quanto previsto dal Piano
Sanitario Nazionale.
informazione rispetto alla potenziale dannosità di alcuni
prodotti di cui bambini e adolescenti fanno largo consumo.
Evidenze scientifiche hanno dimostrato460 la stretta rela-
zione tra consumo di bibite analcoliche, sia zuccherate
che dietetiche edulcorate, e sindrome metabolica. Il sapore
dolce dei dolcificanti artificiali aumenterebbe il desiderio di
zuccheri innescando un riflesso condizionato che porta al-
l’assunzione di cibi zuccherini. Molte di queste bibite, inol-
tre, sono ricche in fosfati, come l’acido ortofosforico, in
grado di provocare una perdita renale di calcio. Se questo
avviene in organismi in accrescimento, come sono bambi-
ni e adolescenti, in cui deve essere raggiunto il picco
massimo di densità minerale ossea, il consumo di queste
bevande deve essere considerato un fattore di rischio
modificabile per osteoporosi.
I prodotti da forno, come merendine e biscotti, che ripor-
tano tra gli ingredienti oli vegetali non meglio specificati,
parzialmente idrogenati o idrogenati, margarine conten-
gono grassi idrogenati, detti anche trans, di cui è stata di-
mostrata la tossicità. La dose giornaliera accettabile di
tali grassi è pari a zero461. Gli effetti biologici di questi
composti coinvolgono prevalentemente il metabolismo
degli acidi grassi essenziali omega-3462. Riducendone la
sintesi, gli acidi grassi trans463 interferiscono con il cor-
retto sviluppo del sistema immunitario, la vitalità neuro-
nale e la neurotramissione464; inoltre, aumentano la ri-
sposta insulinica ad un carico glicemico e modificano co-
stituzione e numero degli adipociti.
Certe modalità di preparazione degli alimenti, inoltre, sono
potenzialmente tossiche, come la cottura prolungata di ve-
getali e cereali, che si arricchisce di acrilamide465, sostanza
altamente tossica, nonché la frittura con oli vegetali diversi
dall’olio extravergine di oliva466, durante la quale si svilup-
pa l’acroleina sostanza pericolosa per le mucose,
l’apparato respiratorio e il fegato e altamente pro-infiam-
matoria467. In Italia gli edulcoranti artificiali, i c.d. dolcifi-
canti, potenzialmente cancerogeni468, sono consentiti sia a
scopo farmaceutico, che in alimenti e bibite dietetiche, an-
che se ne viene sconsigliato l’uso ai bambini e alle donne
in gravidanza. Per risultare tossiche, queste sostanze de-
vono essere utilizzate in una dose superiore a quella consi-
derata ingeribile con l’assunzione del singolo prodotto469.
e) Bambini e adolescenti, salute e
disabilità
i. Disabilità e salute
Alla base delle politiche a favore di tutti i bambini e le
bambine e degli adolescenti con disabilità (e della disabi-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
76
4orapportodiaggiornamento2007-2008
460 Ravi Dhingra MD, Lisa Sullivan PhD, Paul F. Jacques PhD,
Thomas J. Wang MD, Caroline S. Fox MD, James B. Meigs MD,
MPH, Ralph B. D’Agostino PhD, J. Michael Gaziano MD, MPH,
and Ramachandran S. Vasan MD, Soft Drink Consumption and
Risk of Developing Cardiometabolic Risk Factors and the Meta-
bolic Syndrome in Middle-Aged Adults in the Community, 23
luglio 2007.
461 L’Institute Of Medicine (IOM) of the National Academies of
Sciences, Engineering, Medicine and Research Council. Una re-
cente decisione del Dipartimento della Salute della città di
New York, da luglio 2008, ha stabilito la progressiva elimina-
zione degli acidi grassi trans in frittura e un loro impiego limita-
to nelle preparazioni proposte nei ristoranti della città.
462 Kris-Etherton PM. et al. Fish consumption, fish oil, Omega-
3-fatty acids, and cardiovascular disease 2002; 106:2747-57.
463 Thies F. et al. Association of n-3 polinsatured fatty acids
stability of atherosclerotic plaques: a randomised controlled
trial Lancet 2003; 361: 477-85. Kris-Etherton PM. et al. Fish
consumption, fish oil, Omega-3-fatty acids, and cardiovascular
disease 2002; 106:2747-57.
464 Sébédio J.L. e Christie W.W. Trans Fatty Acid in Human Nu-
trition The oily press, 1998.
465 HEATOX project completed – brings new pieces to the Acry-
lamide Puzzle, 2007.
466 Dalla Circolare Ministero della Salute n. 1 dell’11 gennaio 1991.
I grassi trans si formano durante la frittura a partire dai grassi
polinsaturi di cui sono ricchi alcuni oli di semi. L’olio di oliva è per
costituito da acidi grassi monoinsaturi, in particolare l’acido ole-
ico, grassi più stabili durante la cottura rispetto a quelli polinsat-
uri, che tendono a formare perossidi e radicali liberi e di cui sono
particolarmente ricchi gli oli di semi.
467 S.Kim, G.P Pfeifer, A. Besaratinia Lack of mutagenicity of
acrolein-induced DNA adducts in mouse and human cells Cancer
Res. 2007; 67(24) :11640-7; Agency for Toxic Substances and Dis-
ease Registry (ATSDR) Toxicological Profile for Acrolein Public
Health Service, U.S. Department of Health and Human Services,
Atlanta, GA. 1990.
468 Potenzialmente cancerogeni sulle cavie, come dimostrato in
diverse ricerche, Life-Span Exposure to Low Doses of Aspartame
Beginning during Prenatal Life Increases Cancer Effects in Rats
Environmental Health Perspectives, 2007;115(9); Prima Di-
mostrazione Sperimentale degli Effetti Cancerogeni Multipotenti
dell’Aspartame Somministrato nel Cibo a Ratti Sprague-Dawley,
Environmental Health Perspectives 2006;114:379-385. Fondazio-
ne Europea Ramazzini.
469 Eppure, ad un bambino del peso di 25 kg è sufficiente mezzo
litro di bevanda analcolica light, corrispondente a tre bicchieri per
raggiungere il 70% della dose massima consentita, a cui vanno
aggiunti gli edulcoranti contenuti in sciroppi e antibiotici, cereali,
dolciumi, caramelle, yogurt e conserve. Una sperimentazione in-
glese che ha coinvolto più di 1800 bambini, ha dimostrato inequi-
vocabilmente che esiste una relazione tra iperattività infantile e
l’uso di additivi alimentari nei prodotti industriali.
Il Gruppo CRC pertanto raccomanda:
1. Al Ministero della Salute di continuare a realizzare e so-
stenere iniziative, quali Protocolli di Intesa e campagne
di sensibilizzazione, volte a promuovere il diritto di
bambini e adolescenti ad un’alimentazione sana poten-
ziando l’informazione rispetto ai rischi collegati all’ali-
mentazione industriale.
lità in genere) vi è la necessità del cambio di paradigma
culturale di riferimento non più riferito al modello “risar-
citorio del danno” ma al “al diritto all’inclusione sociale”.
Si vuole rimarcare con questo la volontà di non voler più
affrontare la questione dei diritti dei bambini e adole-
scenti con disabilità in termini di categoria, ma di “bambi-
ni e adolescenti” in rapporto alla condizione di salute e
disabilità nella logica richiamata dall’ultima definizione
dell’OMS di salute e disabilità (Classificazione Interna-
zionale del Funzionamento, della Disabilità e della Sa-
lute, ICF470). Si ritiene che il cambiamento culturale sia
importante innanzitutto per sottolineare che i diritti dei
bambini e degli adolescenti con disabilità sono parte in-
tegrante dei diritti umani e rinforzare il principio di “supe-
riore interesse del bambino” affermato dall’art. 3 CRC.
Anche i programmi per la cura, tutela e promozione del-
la salute dei bambini e degli adolescenti con disabilità
richiedono un cambiamento di paradigma nell’approccio
generale delle politiche dei servizi di presa in carico, che
deve essere complessiva e deve svilupparsi per tutto
l’arco della vita. In quest’ottica è necessario che ogni in-
tervento sia: personalizzato, ogni bambino e adolescente
ha una sua storia, ogni famiglia ha caratteristiche diver-
se, i contesti sociali sono diversi, ogni percorso assisten-
ziale in ambito sanitario o socio-sanitario deve essere
modulato sul bambino/adolescente e sul suo percorso di
vita; multidiscipliare, multispecialistico e multisettoriale
l’intervento sanitario deve essere legato all’inclusione
scolastica, ad attività extrascolastiche ad esempio del
tempo libero, dello sport, e deve essere fortemente radi-
cato sul territorio; integrato, la parola chiave è “rete” ed
è quindi essenziale il raccordo ed il coordinamento tra i
vari settori sanitari coinvolti così come l’integrazione tra
gli interventi sanitari e quelli scolastici, educativi e socia-
li, tra servizi pubblici e privati, le famiglie e le loro asso-
ciazioni; partecipato tra gli operatori sanitari, i familiari e,
quando possibile, con i bambini, le bambine, i ragazzi e le
ragazze, per la definizione delle priorità e degli obiettivi
assistenziali significativi nel tempo.
È necessario poi supportare da subito le famiglie in un
percorso di informazione e formazione sulle tutele e sul-
l’accesso ai servizi. Nell’ottica di promuovere un concetto
più generale di salute del bambino e dell’adolescente con
disabilità va inoltre sottolineato che occorre uscire dalla
logica della riabilitazione in senso stretto e proporre in-
terventi centrati sull’abilitazione del bambino e dell’ado-
lescente con interventi educativi mirati non più e non so-
lo al ripristino delle funzioni, ma anche allo sviluppo di
abilità sociali e di autonomia.
È fondamentale orientare lo sforzo di tutti nella direzione
inclusiva delle politiche a favore dei bambini e degli
adolescenti indipendentemente dai loro bisogni indivi-
duali. Visto che la disabilità è la risultante del rapporto
tra ambiente e condizione di salute471 non è più ripropo-
nibile il “modello del deficit” e del relativo impianto “ri-
sarcitorio” che contribuisce a mettere in evidenza i limiti
di un bambino e non le capacità. A questo proposito si ri-
corda anche quanto espresso dal Comitato ONU sui diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza472: «la barriera non è la
disabilità stessa, ma una combinazione di barriere socia-
li, culturali, fisiche che i bambini e gli adolescenti con di-
sabilità incontrano nella loro vita quotidiana. La strategia
per promuovere i loro diritti è adottare le azioni necessa-
rie per rimuovere queste barriere». Quindi, per perseguire
realmente i diritti di eguaglianza, non discriminazione e
pari opportunità in età evolutiva, è necessario che le poli-
tiche si interroghino sulla possibilità di orientare i modelli
di interventi, dall’accertamento in poi, da quello stretta-
mente medico a quello di tipo bio-psicosociale in cui la
centralità è il bambino nel suo insieme in rapporto all’am-
biente e non la patologia. Alla luce di queste considera-
zioni, si evidenzia la necessità di aggiornare/migliorare le
norme ad iniziare dalla Legge 104/1992 in relazione alla
definizione OMS di salute e disabilità e ai relativi stru-
menti (ICF) e alla luce di quanto espresso nella nuova
Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità,
di abbandonare la superata definizione di disabilità pro-
posta dall’OMS nel 1980 (con la Classificazione delle Me-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
77
470 L’OMS con l’International Classification of Functioning, Dis-
ability and Health (ICF)
(www.who.int/classifications/icf/site/icftemplate.cfm) pro-
pone un modello universale di salute e disabilità, con ricadute
di grande portata sulla pratica medica e sulle politiche sociali e
sanitarie internazionali. Molto spesso si ritiene erroneamente
che l’ICF riguardi soltanto le persone con disabilità, ma in re-
altà esso riguarda tutti gli individui: qualunque persona, in
qualunque momento della vita, può avere una condizione di
salute che in un ambiente sfavorevole diventa disabilità. Tutti
gli stati di salute e quelli a essa correlati, possono trovare una
loro descrizione nell’ICF. Si evidenzia che è stata nel frattempo
pubblicata una versione della Check-list dell’ICF tarata per i
bambini (inclusi quelli della fascia 0-5 anni) e gli adolescenti
denominata, per l’appunto, International Classification of func-
tioning, Disability and Health for Children and Youth (ICF – CY).
Tale Classificazione (ICF-CY) è una versione derivata della Clas-
sificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e
della Salute (ICF, OMS, 2001) designata per la registrazione
delle caratteristiche del bambino in crescita e della influenza
del contesto ambientale che lo circonda.
471 Definizione di salute e disabilità, OMS 2001.
472 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza,
Commento Generale n. 9 I diritti dei bambini e degli adolescen-
ti con disabilità, 2006.
nomazioni, delle Disabilità e degli Handicap) a favore del-
la Classificazione del Funzionamento della Disabilità e del-
la Salute (ICF/ICF-CY).
Si ritiene di dover riproporre tra le priorità di questo para-
grafo le questioni relative alla raccolta dati e registrazione
dei bambini fino a 5 anni d’età, la diagnosi, presa in carico
precoce e accesso ai servizi e il supporto alle famiglie vi-
sto che nulla è mutato rispetto al quadro complessivo e
alle raccomandazioni riportate nel 3° Rapporto CRC.
Per quanto concerne le stime dei bambini con disabilità il
modello di classificazione della disabilità introdotto con
l’ICF e la recente Convenzione ONU sui diritti delle persone
con disabilità473 sottolineano la necessità di creare nuovi
modelli statistici sulla disabilità474. L’ICF-CY permette una
raccolta di dati più appropriata e corretta, consente una va-
lutazione dell’appropriatezza e dell’efficacia dei servizi,
apre nuovi campi alla ricerca sia clinica che bio-psicosocia-
le. La disponibilità di informazioni statistiche rappresenta
un presupposto fondamentale per la corretta attuazione
delle norme, per lo sviluppo di politiche basate sul rispetto
dei diritti umani e per l’assegnazione di risorse adeguate. A
fronte di questo però, in Italia, la raccolta di dati e di stati-
stiche sulla condizione delle persone con disabilità, nello
specifico, dei bambini e degli adolescenti, è ancora insoddi-
sfacente. In particolare, nel nostro Paese emerge il gravoso
problema della mancanza di una stima attendibile sul nu-
mero di bambini e bambine in età 0-5 le cui patologie si
connotano, a fronte degli accertamenti in itinere, in disabi-
lità. Sollecitato da più parti e in più occasioni ad oggi non si
osservano iniziative volte a colmare questa grave lacuna,
confermata anche dal Ministero della Salute nella comuni-
cazione inviata al Gruppo CRC475, in cui peraltro si aggiunge
che per quanto riguarda il numero di registrazioni di disabi-
lità alla nascita effettuate nel 2007, dal Piano Sanitario Na-
zionale 2006-2008 risulta che la prematurità e le malforma-
zioni congenite incidono per il 30% sulla mortalità infantile.
Si sottolinea inoltre, come riportato nel 3° Rapporto CRC, la
mancanza di dati certi sui bambini e adolescenti stranieri
con disabilità e informazioni sulle possibilità di accesso
delle famiglie alla rete dei servizi e alle strutture di supporto
esistenti sul territorio. Si sottolinea quindi l’urgenza di ela-
borare ricerche innovative in ambito statistico in vista dello
sviluppo di sistemi di monitoraggio nazionali e internazion-
ali previsti dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone
con disabilità ex art. 33 «Applicazione a livello nazionale e
monitoraggio» ed ex art. 34 «Comitato sui diritti delle per-
sone con disabilità», che rappresentano un elemento stra-
tegico della nuova Convenzione, insieme al Protocollo Op-
zionale. È necessario, altresì, sottolineare l’importanza di
una collaborazione stretta tra i ricercatori, le famiglie e i
bambini e gli adolescenti, dove possibile, per poter indiriz-
zare la ricerca verso le priorità più rilevanti.
Un approccio basato sui diritti, associa alla realizzazione
di ciascun diritto del bambino e dell’adolescente con di-
sabilità una responsabilità comune differenziata476 a cari-
co dei molteplici soggetti, istituzionali e non istituzionali,
che obbliga a lavorare in rete, in modo integrato477. I
bambini affetti da gravi patologie che si andranno conno-
tare come disabilità (e non come malattie per definizione
“reversibili”) necessitano di cure e di tutele a carattere
complessivo da svilupparsi particolarmente nell’arco di
tutta l’età evolutiva e successivamente per tutta la vita.
L’accesso ai servizi di diagnosi e cura se avviene tardiva-
mente, secondo le indicazioni ormai consolidate dalla let-
teratura internazionale, può determinare il mancato mi-
glioramento del quadro clinico-funzionale favorito dalla
plasticità tipica della struttura cerebrale della prima in-
fanzia. L’accesso alla diagnosi precoce e certa e ai pro-
grammi tempestivi di abilitazione possono cambiare la
storia del bambino e della sua famiglia. È necessario, al-
tresì, stabilire dei legami tra i servizi d’intervento preco-
ce, con gli istituti pre-scolastici e scolastici per facilitare
la transizione del bambino478. Va inoltre sottolineato che
queste prestazioni dovrebbero essere efficienti e sempli-
ci, evitando lunghe attese e burocrazie479. In Italia, si rile-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
78
4orapportodiaggiornamento2007-2008
473 Il 13 dicembre 2006 durante la sessantunesima sessione
dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione
A/RES/61/106 è stata adottata la Convenzione sui diritti delle
persone con disabilità. La Convenzione è il primo trattato sui
diritti umani del Terzo Millennio, il primo a fare esplicito riferi-
mento ai bambini e agli adolescenti dopo la Convenzione sui
Diritti dell’Infanzia. La Convenzione e il suo Protocollo Opzio-
nale sono stati aperti alla firma il 30 marzo 2007.
474 Si veda nello specifico art. 31 «Statistiche e raccolta dati».
475 «Per quanto riguarda il numero di minori con disabilità ac-
certata nella fascia di età 0-5, il Ministero non è in possesso di
statistiche su base nazionale». Comunicazione del Ministero
della Salute inviata al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento
del presente Rapporto.
476 Il concetto è di Antonio Papisca.
477 Carazzone C. Il bambino disabile come persona soggetto di
diritti: cambiare prospettiva in AA.VV. Nascere bene per crescere
meglio. Esperienze e percorsi della disabilità Fondazione Paideia,
Cepim Torino, 2006, pag. 30.
478 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Com-
mento Generale n. 9 I diritti dei bambini e degli adolescenti con
disabilità punto 56 «Diagnosi Precoce», 2006.
479 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Com-
mento Generale n. 9 I diritti dei bambini e degli adolescenti con
disabilità punto 57 «Diagnosi Precoce», 2006.
va la mancanza di un modello d’intervento valido su tutto
il territorio e ancora più grave il ritardo dei servizi di presa in
carico precoce, che rimangono, come rilevato nel 3° Rap-
porto CRC, tardivi e frammentati, con conseguenze dirette
sull’elaborazione di politiche sanitarie e socio-sanitarie effi-
caci. L’organizzazione dei servizi risulta ancora carente e in
troppe realtà ancora lasciato all’improvvisazione o all’impe-
gno oneroso dei genitori. Si sottolinea, quindi, la necessità
che siano garantiti i raccordi ed il coordinamento tra i vari
settori sanitari coinvolti e gli interventi scolastici e sociali,
nonché la distribuzione uniforme a livello territoriale degli
interventi di base per poter rispondere ai bisogni di tutti i
bambini secondo il principio di pari opportunità.
I genitori hanno diritto ad essere informati e formati sullo
stato di salute del proprio figlio/a al fine di poter partecipa-
re attivamente ed in modo sereno e consapevole a tutte le
decisioni che riguardano il proprio figlio/a e promuovere le
adeguate tutele giuridiche. Dal momento e dal modo in cui
viene comunicata la diagnosi dipende spesso la reazione
dei familiari e la loro capacità di adoperarsi da subito come
risorsa. L’adeguatezza delle modalità informativa, messa in
atto da professionisti ed operatori socio-sanitari diretta-
mente coinvolti nell’assistenza del bambino e della famiglia,
fornisce sostanza al raggiungimento dell’obiettivo “formati-
vo” che è il fine ultimo del processo, senza il quale non è
possibile ipotizzare la costruzione di reti tra medici, bambini
e adolescenti e loro familiari. Alla luce delle considerazioni
svolte, è auspicabile che siano organizzati specifici percorsi
di informazione-formazione, nonché che sia offerta, a livello
locale, l’opportunità per i genitori di accedere a gruppi di
auto-aiuto e ad occasioni di incontro volti ad aumentare le
risorse e le competenze personali (empowerment).
Il bambino e la famiglia hanno diritto a un’assistenza di
buona qualità che si realizza attraverso: un’efficiente orga-
nizzazione generale che deve prevedere in un dipartimento
di pediatria, un centro/sportello480 a cui la famiglia possa ri-
volgersi; efficaci linee guida realizzate il più possibile a livel-
lo locale; Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), proposti da
specialisti sulla base di Linee guida condivise e mediati con
gli amministratori socio-sanitari; un Piano Assistenziale In-
dividualizzato (PAI)481 efficace ed efficiente, costruito per
quel bambino e per quella famiglia482. Elementi essenziali
per la buona assistenza sono altresì: un’indispensabile fi-
gura di riferimento presso il territorio in cui vive il bambino
che assicuri l’integrazione e il coordinamento dei vari servi-
zi e delle varie figure professionali coinvolte,483 e la parteci-
pazione attiva delle associazione di famiglie che svolgono
un ruolo preziosissimo. I servizi territoriali hanno inoltre la
responsabilità di “educare l’ambiente” all’accoglienza del
bambino e di supportare la sua qualità di vita e quella sua
famiglia, nonché di garantire che le attività siano organizza-
te secondo i tempi e modi idonei a ottenere la collaborazio-
ne dei bambini e degli adolescenti. Risulta quindi necessa-
rio, alla luce delle considerazioni svolte, rendere visibili e
accessibili i servizi di presa in carico e garantire un suppor-
to adeguato alle famiglie con interventi che tengano sem-
pre conto delle specifiche caratteristiche della famiglia, alla
luce del doppio ruolo “i genitori” e di “veri e propri esperti”
quando si tende al miglioramento della qualità di vita del
proprio figlio/a.
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
79
480 Con competenze almeno di psicologia, assistenza sociale e lo-
gistica.
481 Ogni PAI dovrebbe prevedere: soluzioni pratiche per affronta-
re le problematicità della vita quotidiana, un curriculum scolasti-
co appropriato, un tempo di gioco, sport, attività del tempo libero
con i coetanei, il potenziamento delle abilità del bambino e dell’a-
dolescente e della sua autonomia personale e l’identificazione
delle capacità lavorative ed avviamento al lavoro.
482 Senza dimenticare che un bambino con disabilità è prima di
tutto un bambino a cui vanno assicurate gli stessi interventi di
medicina preventiva e attenzioni di tutti gli altri bambini (all’allat-
tamento materno, vaccinazioni, prevenzione degli incidenti do-
mestici, etc.).
483 Il pediatra, il neuropsichiatra infantile, gli operatori della ria-
bilitazione, gli psicologi che seguono la famiglia e il bambi-
no/adolescente, gli assistenti sociale e i pedagogisti, etc.
Alla luce di tali considerazioni il Gruppo CRC racco-
manda:
1. Al Governo, alle Regioni, agli Enti Locali e all’ISTAT, nel-
l’ambito delle rispettive competenze nella programmazio-
ne degli interventi di adottare metodologie e strumenti
efficaci e condivisi per acquisire precise e aggiornate
informazioni sulle diverse tipologie di disabilità ed anche
sulle variabili socio-demografiche a queste associate;
2. Al Ministero della Salute di attuare nuove politiche in
campo sanitario e sociale che garantiscano il diritto alla
diagnosi certa e precoce nell’ambito del processo di pre-
sa in carico globale e continuativa che si sviluppi per tut-
to l’arco della vita, ad esempio, inserendo la «certezza
diagnosi precoce» tra i Livelli Essenziali di Assistenza
(LEA);
3. Alle Regioni di dotarsi di un punto di riferimento per i ser-
vizi e le famiglie, ad esempio tramite apposito sito inter-
net o numero verde interattivo.
ii. Malattie genetiche e disabilità complessa
Le malattie genetiche e le disabilità ad alta complessità
assistenziale o più brevemente “complesse” in età evolu-
tiva rappresentano un’area clinica variegata, caratterizzata
dalla presenza di problemi di salute e/o deficit funzionali
multipli che richiedono un’assistenza multi-specialistica e
multidisciplinare fortemente integrata tra strutture ospeda-
liere o universitarie di riferimento e strutture specialistiche
sanitarie e sociali territoriali.
Buona parte delle patologie che determinano una disabilità
complessa sono su base genetica e/o sono malattie rare e
possono presentare, stabilmente o a seconda delle fasi
evolutive, la preminenza di problematiche pediatriche, neu-
ropsichiatriche infantili o riabilitative. Nella maggior parte
dei casi, si tratta di patologie ad elevato impatto sanitario e
sociale sia nell’immediato che per il futuro, con una quota
significativa di utenti ad elevata dipendenza.
Gli esempi più significativi e più noti di malattie genetiche
e/o disabilità “complesse” sono: sindrome di Down, sin-
drome di Prader-Willi, sindrome di Williams, acondroplasia
e simili displasie scheletriche, neurofibromatosi, paralisi
cerebrali infantili, malattie metaboliche, numerosissime
sindromi associate a deficit multipli dello sviluppo con dia-
gnosi geneticamente ben definita o no. Quasi tutte queste
condizioni fanno parte del più ampio capitolo delle malat-
tie rare.
In Italia i bambini e i ragazzi di 0-17 anni che presentano
oggi una malattia genetica e/o disabilità complessa sono
circa 50.000484.
Emerge dunque la necessità da un lato di individuare centri
per gli screening neonatali, la diagnosi, la cura e la gestio-
ne delle patologie di base e di quelle intercorrenti, e dall’al-
tro di garantire su tutto il territorio nazionale un’appropria-
ta assistenza basata sul coordinamento e l’integrazione tra
servizi e professionalità distinte.
Si evidenzia poi che ogni anno nascono in Italia circa 400
neonati con difetti del tubo neurale una malformazione al-
tamente invalidante485. La regolare supplementazione di
acido folico iniziata prima del concepimento riduce il ri-
schio di difetti del tubo neurale del 50-70%. Tale supple-
mentazione potrebbe anche ridurre il rischio di altri difetti
congeniti nel loro insieme (riduzione stimabile intorno al
10-20%) tra cui alcuni relativamente comuni come le car-
diopatie congenite e labio-palatoschisi. Per ottenere questi
benefici, oltre ad una alimentazione corretta ed equilibrata
ricca in frutta, verdura è necessaria una supplementazione
giornaliera iniziata almeno un mese prima del concepimen-
to di almeno 0,4 mg e proseguita per tutto il primo trime-
stre di gravidanza. Da alcuni anni si è attivato il Network
Italiano Promozione Acido Folico per la Prevenzione Prima-
ria dei Difetti Congeniti, coordinato dall’Istituto Superiore
di Sanità. Il Network ha stilato raccomandazioni e attivato
studi locali volti alla presentazione auspicando l’inizio di un
Programma Strategico Nazionale486.
L’incidenza dell’autismo è in crescita, ed in Italia sono auti-
stici fra i 6 e i 10 bambini su 10mila. Un problema che se
considerato all’interno dei disturbi psichiatrici in età evolu-
tiva, indica che il 3% dei soggetti fra i 3 e i 18 anni che sof-
frono di problemi mentali, è affetto da autismo. Come per
la gran parte dei disturbi mentali, l’autismo infantile ha una
eziopatogenesi complessa e multifattoriale in cui
s’intersecano, in modo ancora non del tutto chiaro, fattori
d’ordine biologico (genetici, biochimici, neuroendocrini,
etc.), psicologico e ambientale487. Si tratta di un fenomeno
che incide in maniera significativa anche sui costi di assi-
stenza. Per questo motivo è importante che il Ministero del-
la Salute e le Amministrazioni Regionali, per quanto di loro
competenza, attivino iniziative, come ad esempio la costi-
tuzione di un «Forum Nazionale Autismo», che monitorino
e diano risposte alla diffusione dell’autismo e delle cause,
ai problemi relativi alla presa in carico, all’assetto dei servi-
zi, all’efficacia dei trattamenti, alla formazione degli opera-
tori, alla necessità di ricerca. Come riportato in dettaglio nel
3° Rapporto CRC488, tra le iniziative che potrebbero essere
attivate il registro rappresenta uno strumento unico a livel-
lo internazionale per impostare e garantire ai bambini, ed
alle loro famiglie, un percorso diagnostico e terapeutico ba-
sato sulle attuali evidenze scientifiche che prevedono un
approccio multimodale e non esclusivamente farmacologi-
co. Si segnala positivamente che per la prima volta a livello
nazionale è stato istituito, su indicazione del Ministero del-
la Salute, il Tavolo di lavoro sulle problematiche dell’auti-
smo489 composto dalle associazioni maggiormente rappre-
sentative nel territorio, da esperti, tecnici, dalle Regioni,
dell’Istituto Superiore di Sanità, delle società scientifiche e
delle associazioni professionali della riabilitazione.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
80
4orapportodiaggiornamento2007-2008
484 Si veda www.aidel22.it/docs/opuscolo.pdf
485 Istituto Superiore di Sanità www.iss.it/cnnr/acid/index.php
486 Secondo la comunicazione inviata dal Ministero della Salute al
Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presente Rapporto
«non risulta essere stato approntato un Piano Nazionale Strategi-
co per il diritto alla salute in età evolutiva, né risultano iniziative
ministeriali in tal senso».
487 I dati citati sono tratti da Eurispes, Telefono Azzurro Genetica
dei Disturbi Mentali in Età Evolutiva in 7° Rapporto sulla Con-
dizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza 2006, scheda 20, pag. 38.
488 3° Rapporto CRC 2007, pag. 50.
489 Ministero della Salute Tavolo Nazionale di lavoro sull’autismo
relazione finale 2008.
f) Accesso ai servizi sanitari per
minori stranieri
Come già sottolineato nel 3° Rapporto CRC490 l’esperienza
migratoria può essere un fattore di rischio per la salute del
minore quando non è supportata con politiche di sostegno,
inclusione e inserimento degli adulti e della famiglia. Si ri-
badisce pertanto la necessità di rafforzare il coordinamento
tra i vari Ministeri che si occupano d’immigrazione e di svi-
luppare una politica concertativa fra i diversi livelli territo-
riali491 e tra tutti gli attori realmente impegnati in questo
ambito. Sulla base di quanto stabilito nella proposta di
«Documento programmatico relativo alla politica dell’immi-
grazione e degli stranieri nel territorio dello Stato 2007-
2009»492 si ritiene che andrebbe meglio valorizzato e soste-
nuto dalle politiche nazionali sia il ruolo decisivo che
l’ordinamento affida alle Regioni per le politiche
d’integrazione, sia l’ammontare delle risorse operative per
la promozione dei sistemi di osservazione territoriale, della
programmazione e della progettazione delle politiche locali,
della collaborazione interistituzionale, della concertazione
sociale, della partecipazione democratica e della sussidia-
rietà sociale.
Innanzitutto si rileva che non tutti i minori stranieri presenti
sul territorio italiano hanno lo stesso livello di conoscenza
dei servizi socio-sanitari ed anche l’utilizzo che ne fanno è
diversificato. Ciò dipende sia da variabili culturali, relazio-
nali, fattori sociali-demografici ed economici (ad esempio,
età, sesso, scolarizzazione, inserimento lavorativo), sia dal-
l’incapacità del sistema socio-sanitario di considerare la
complessità sociale della salute dei minori stranieri.
La promozione attiva dei servizi sanitari all’interno delle
comunità di migranti risulta quindi essenziale, in particola-
re, rispetto all’accesso ai servizi rivolti agli stranieri senza
permesso di soggiorno493. Al fine di promuovere e facilitare
l’accesso ai servizi di assistenza sanitaria, con particolare ri-
ferimento a quelli rivolti ai migranti irregolari, sarebbe op-
portuno prevedere il coinvolgimento dei servizi sociali del
territorio494. Le attività di informazione e promozione della
salute sul territorio dovrebbero inoltre essere accompagna-
te da servizi di mediazione culturale all’interno degli ambu-
latori dedicati, con l’obiettivo di diminuire la distanza fra
servizi sanitari e popolazione migrante e cercare di tener in
considerazione i fattori socio-economici e culturali che pos-
sono influire sul percorso di cura dei pazienti stranieri. A
causa della mancanza di “offerta attiva” da parte dei servi-
zi, mirata proprio ai gruppi più a rischio, quali i minori stra-
nieri, le famiglie di origine straniera, anche a parità di condi-
zioni economiche e sociali con le famiglie italiane, spesso
subiscono trattamenti discriminatori sul piano dell’assi-
stenza e della possibilità di usufruire dei servizi.
Un’altra questione rilevante è l’ampl iament o dell’offerta
dei servizi pubblici sanitari. Ci sono infatti ancora vaste
aree di bisogni non soddisfatti, in particolare in ambito di
salute materno-infantile495, rispetto all’interruzione volon-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
81
490 3° Rapporto CRC 2007, pagg. 59-61.
491 Un ruolo importante è quello svolto dalle Regioni che con la
riforma del Titolo V della Costituzione hanno competenza sulle
politiche sociali e l’attività sanitaria.
492 Documento programmatico relativo alla politica
d’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato per gli
anni 2007-2009, a norma dell’art. 3 comma 1 T.U. 286/1998 co-
sì come modificato dalla Legge 189/2002.
493 La diffusione corretta di informazioni circa il diritto alla salute è
infatti prioritaria rispetto ad una popolazione che, a causa della pro-
pria condizione giuridica, spesso teme il confronto con le istituzioni
e versa, in molti casi, in condizioni di esclusione e vulnerabilità.
494 Ad esempio il decreto 4 luglio 2003 della Regione Sicilia
prevede la predisposizione di «servizi di accoglienza attiva» per i
cittadini extra-comunitari. Tale indicazione può essere promossa
anche a livello delle altre Regioni per facilitare l’integrazione tra i
diversi ambiti (sanitario e sociale) a garanzia dell’accesso alle
cure mediche per la popolazione immigrata.
495 Si ricorda come la salute materno-infantile rappresenti una
componente fondamentale della salute pubblica delle popolazioni
umane. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito
uno specifico progetto su questa tematica e all’interno del Ninth
General Programme of Work per il periodo 1996-2000 ha indicato
dieci obiettivi da raggiungere, di cui 7 sono strettamente connessi
alla salute riproduttiva. Il 24 aprile 2000 è stato approvato in Italia
il Progetto Obiettivo Materno Infantile come previsto dal Piano Sa-
nitario Nazionale per il triennio 1998-2000. Per un approfondimen-
to delle tematiche inerenti la salute delle donne e la salute mater-
no-infantile si può consultare il sito del Ministero della Salute che
dedica ampio spazio al tema della Salute delle donne al seguente
link www.ministerosalute.it/saluteDonna/saluteDonna.jsp
Il Gruppo CRC raccomanda pertanto:
1. Al Ministero della Salute al Ministero della Solidarietà
Sociale e alle Regioni, nell’ambito delle rispettive com-
petenze, di promuovere interventi assistenziali multidi-
sciplinari, precoci e appropriati per i bambini e adole-
scenti con disabilità e/o malattie genetiche complesse;
2. Al Ministero della Salute di intraprendere una campa-
gna di sensibilizzazione nazionale, sistematica e conti-
nua nel tempo, per la prevenzione dei difetti congeniti.
40. Il Comitato raccomanda che l’Italia adotti misure
efficaci per facilitare a tutti i bambini l’accesso ai ser-
vizi sanitari e per incoraggiare i genitori a rivolgersi ai
servizi sanitari a disposizione dei bambini.
(CRC/C/15/Add.198, punto 40)
taria di gravidanza (IVG), al percorso nascita, alla contracce-
zione, all’allattamento al seno, nonché alla mortalità peri-
natale e infantile496.
Per quanto riguarda poi la qual ità dell’offerta di tali servi-
zi, si pone fortemente la necessità di intervenire al fine di
semplificare le procedure burocratiche che ne rendono
spesso difficile l’accesso. In tal senso è apprezzabile il dise-
gno di legge «Interventi per la qualità e la sicurezza del Ser-
vizio sanitario nazionale. Deleghe al Governo in materia di
assistenza primaria e di emergenza sanitaria territoriale,
riorganizzazione degli enti vigilati, farmacie, riordino della
normativa di settore» proposto dal Ministro della Salute e
approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 novembre 2007497.
Inoltre si esprime apprezzamento per l’istituzione e
l’operato della Commissione ministeriale «Salute della Po-
polazione Immigrata»498, con ruolo consultivo per il Mini-
stro della Salute. Tale Commissione ha infatti affermato che
il benessere psico-fisico del minore e dell’adolescente, non-
ché la tutela della salute della persona straniera a prescin-
dere dalla sua condizione giuridica, sono tra i principi ai
quali dovrebbe ispirarsi ogni intervento in tema di salute
degli stranieri. Al suo interno è stato istituito un apposito
gruppo di lavoro, dedicato alla Salute delle donne e dei mi-
nori che ha individuato tra le aree di criticità la salute ses-
suale e riproduttiva, il percorso nascita, l’interruzione vo-
lontaria di gravidanza, la salute nelle situazioni di maggiore
vulnerabilità (ad esempio, la salute dei minori), nonché sta-
bilito delle linee di intervento, quali la modifica della norma-
tiva dell’immigrazione in generale e in particolare riferita al-
l’ambito sanitario, l’informazione, il potenziamento e la rior-
ganizzazione dei servizi.
A livello operativo, nazionale, regionale e locale, per la tute-
la del diritto alla salute dei minori si riaffermano le priorità
già evidenziate nel 3° Rapporto CRC: formazione del perso-
nale, valutazione dei bisogni socio-assistenziali dei minori
stranieri e delle loro famiglie, lettura della domanda di assi-
stenza, organizzazione dei servizi, flessibilità dell’offerta, la-
voro multidisciplinare, lavoro di rete499.
Si ritiene poi opportuno segnalare che il diritto alla salute,
benché principio costituzionalmente garantito per tutti, fati-
ca ad affermarsi in particolare nei confronti dei minori neo-
comunitari, dei figli di migranti irregolari, nonché dei minori
stranieri non accompagnati.
Per quanto riguarda l’accesso ai sevizi sanitari da parte dei
minori neo-comunitari, si evidenzia che, a causa delle trop-
pe contraddizioni e lacune contenute nella Circolare del 3
agosto 2007500, il 19 febbraio 2008, il Ministero della Salute
ha emanato un’altra Circolare501 in cui ha precisato che an-
che i cittadini comunitari non assicurati hanno diritto alle
«prestazioni indifferibili ed urgenti», tra cui le prestazioni
sanitarie relative alla tutela della salute dei minori, alla tu-
tela della maternità, all’interruzione volontaria di gravidan-
za. Inoltre, devono essere attivate, nei confronti di queste
persone, anche per motivi di sanità pubblica nazionale, le
campagne di vaccinazione, gli interventi di profilassi inter-
nazionale e la profilassi, diagnosi e cura delle malattie infet-
tive, ai sensi della vigente normativa nazionale502. Tuttavia
persistono perplessità e preoccupazione, giacché questo
provvedimento arriva, ancora una volta503, con almeno un
anno e mezzo di ritardo rispetto alla segnalazione della pro-
blematica ed alla previsione dei suoi potenziali effetti ed a
oltre 6 mesi di distanza dalla prima Circolare Ministeriale. Si
sottolinea, unendosi alle osservazioni già fatte da
esperti504, che nella Circolare non si cita, ad esempio, la
possibilità d’iscrizione volontaria al Sistema Sanitario Na-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
82
4orapportodiaggiornamento2007-2008
496 A questo riguardo si fa riferimento agli Obiettivi di Salute del
Servizio Sanitario Nazionale, come declinati nel capitolo 5 del
Piano Sanitario Nazionale per il triennio 2006-2008. Il documento
è reperibile sul sito del Ministero della Salute,
www.ministerosalute.it/dettaglio/phPrimoPiano.jsp?id=316
497 Con questo disegno di legge, tra l’altro, s’istituisce un sistema
di valutazione delle cure a livello regionale, che prevede anche
una maggiore partecipazione dei cittadini nei meccanismi di valu-
tazione dei servizi loro prestati,
www.ministerosalute.it/imgs/C_17_primopianoNuovo_3_docum
enti_itemDocumenti_0_fileDocumento.pdf
498 La Commissione, insediatasi il 12 dicembre 2006, ha lavorato
sia in plenaria sia in gruppi tematici
Cfr. www.ministerosalute.it/saluteDonna/paginaInternaMenuSa-
luteDonna.jsp?id=754&menu=azioni.
499 Documento finale del Gruppo Salute e Immigrazione dell’Or-
ganismo Nazionale di Coordinamento per le politiche di integra-
zione sociale degli Stranieri – CNEL, in Agenzia Sanitaria Italiana
(ASI), n. 13, 29 marzo 2001: 30-46
www.portalecnel.it/portale/documenti.nsf/0/C1256BB30040CD
D7C125730600567AC6/$FILE/Immigrazione%20e%20accesso%
20ai%20servizi%20sanitari%20nazionali.pdf; Bruni A., Fasol R.,
Gherardi S. Accesso ai servizi sanitari traiettorie, differenze, disu-
guaglianze Carocci Faber 2007.
500 I documenti sono consultabili sul sito
www.ministerosalute.it/assistenzaSanitaria/paginaInternaMenu
AssistenzaSanitaria.jsp?id=903&menu=stranieri
501 Precisazioni sull’assistenza sanitaria ai cittadini comunitari e
applicazione della comunicazione del Ministero della Salute del
19 febbraio 2008.
Documento consultabile sul sito www.regione.lazio.it/web2/
contents/sanita/argomento.php?vms=24.
502 Ministero della Salute, nota Prot. DG RUERI/II/3152/P/I.3.b/1
del 19 febbraio 2008, disponibile sul sito
www.ministerosalute.it/
imgs/C_17_normativa_1554_allegato.pdf
503 Era già accaduto con la Circolare del Ministero dell’Interno sul-
la proroga del codice STP (Straniero Temporaneamente Presen-
te) per il 2007 a favore di quei neocomunitari che già ne erano
in possesso prima dell’ingresso nell’UE della Romania e della
Bulgaria.
504 Medici Senza Frontiere, Save the Children Italia, Società Ita-
liana Medicina delle Migrazioni.
zionale (SSN), al posto della copertura assicurativa, per
coloro che hanno diritto a chiedere l’iscrizione anagrafica
per motivi di studio o dichiarando il possesso di adegua-
te risorse economiche, rispetto ai cittadini comunitari che
non sono nelle condizioni per richiedere l’iscrizione al
SSN, ma si trovano comunque stabilmente sul territorio
(per periodi superiori a tre mesi). La Circolare stabilisce
unicamente l’accesso alle prestazioni «urgenti e indifferi-
bili» e non invece alle prestazioni «urgenti, essenziali, an-
corché continuative» già garantite in favore degli stranieri
privi di permesso di soggiorno. Tale previsione rappresen-
ta una chiara violazione di quanto previsto dall’art. 1 T.U.
286/1998 (estensione ai cittadini comunitari delle norme
più favorevoli applicabili ai cittadini extracomunitari). Infi-
ne non si indica in che modo (amministrativamente) gesti-
re «una contabilità separata, da cui risulti l’identità del cit-
tadino comunitario e le prestazioni ricevute» con il rischio
che ogni realtà territoriale si organizzi in modo estrema-
mente difforme o non si organizzi per niente.
La Regione Marche e la Regione Piemonte505 a gennaio
2008 e la Regione Lazio506 a marzo 2008 hanno disposto
misure necessarie ad incentivare, da un lato, percorsi di
“regolarizzazione” del soggiorno di lungo periodo dei cit-
tadini comunitari e quindi l’iscrizione al SSN e, dall’altro,
l’erogazione delle cure urgenti, essenziali e continuative
ai pazienti che non risultano in grado di soddisfare tali
condizioni. L’intervento di queste Regioni risponde a
quanto previsto dalla Circolare del 19 febbraio 2008 che
specifica che le competenze in materia sanitaria sono di
spettanza regionale. Si auspica pertanto che tutte le Re-
gioni possano recepire in modo chiaro le indicazioni for-
nite dal Ministero della Salute507.
Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria ai minori figli
di migranti irregolari e ai minori non accompagnati a
queste criticità vanno aggiunti dei problemi specifici.
Rispetto ai minori figli di migranti irregolari, infatti, va ri-
cordato che rimane attualmente precluso l’accesso sia al
pediatra di libera scelta, sia al pediatra di consultorio, le
cui mansioni non sempre prevedono l’erogazione dell’as-
sistenza sanitaria di base ai minori STP (Straniero Tempo-
raneamente Presente). Tale problema potrebbe essere ri-
solto o stabilendo il diritto all’iscrizione al SSN, o quanto-
meno l’iscrizione al pediatra di libera scelta/medico di
medicina generale, per tutti i minori presenti sul territorio
(come proposto negli anni da diverse associazioni e enti
di tutela) o “ampliando” le mansioni dei pediatri di con-
sultorio cui i minori possono essere inviati dall’ambulato-
rio STP. Queste ipotesi presentano evidentemente varie
difficoltà sul piano burocratico organizzativo, ma è asso-
lutamente prioritario individuare una soluzione che ga-
rantisca pienamente il diritto alla salute dei minori e pa-
rità di condizioni rispetto ai minori italiani.
Per quanto concerne invece i minori stranieri non accom-
pagnati residenti presso strutture di accoglienza del terri-
torio, questi accedono spesso all’assistenza sanitaria con
le forme previste per gli stranieri irregolari in quanto le
ASL rifiutano l’iscrizione al SSN in mancanza del permes-
so di soggiorno per minore età. Tale prassi appare illegit-
tima in quanto è opportuno garantire l’iscrizione fin dal
collocamento presso il centro di accoglienza, anche pre-
cedentemente all’apertura della tutela legale. È pertanto
necessario specificare tale circostanza con apposita Cir-
colare del Ministero della Salute.
Infine, si riafferma l’assenza di politiche sanitarie specifi-
camente dedicate agli svantaggi di salute per i minori ap-
partenenti alle famiglie di origine straniera più povere,
nonché la distribuzione geografica disomogenea delle
politiche sociali locali rivolte al sostegno economico e so-
ciale delle famiglie in povertà. Si ritiene fondamentale e
prioritario cercare di contrastare precocemente tutti i fat-
tori di rischio che la povertà produce nei primi anni di vi-
ta, con attività di educazione alla salute, di diagnosi pre-
coce, di accompagnamento all’uso corretto dei servizi sa-
nitari e della prevenzione e con un sostegno alle famiglie,
insieme con le altre risorse di assistenza messe a disposi-
zione da parte della società508.
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
83
505 Regione Piemonte «Assistenza sanitaria a cittadini neo co-
munitari rumeni e bulgari - Disposizioni» Circolare dell’Asses-
sorato tutela della salute e sanità del 9 gennaio 2008 (cod.
A1275). Regione Marche «Applicazione della comunicazione
del Ministero della Salute del 3 agosto 2007 (informativa alle
Regioni avente ad oggetto diritto di soggiorno per i cittadini
comunitari - direttiva 38/2004 e Dlgs. 3 febbraio 2007)», Circo-
lare del 4 gennaio 2008 (cod. A1276).
506 Con una Circolare del 13 marzo 2008, la Regione Lazio forni-
sce precisazioni sulle modalità di erogazione delle prestazioni
sanitarie verso i cittadini comunitari e recependo le indicazioni
del Ministero della Salute, estende ai cittadini UE la possibilità
di beneficiare dell’assistenza medica pur se privi di qualsiasi
copertura sanitaria, grazie al rilascio del tesserino ENI.
507 In fase di chiusura del presente Rapporto è pervenuta noti-
zia di iniziative che rendono operativo in forma inclusiva, quan-
to indicato dalla citata Circolare del Ministero della Salute an-
che in altre Regioni, ad esempio in Campania (Prot.
2008.0283612 del 2 aprile 2008).
508 Si veda oltre paragrafo «La condizione dei bambini e degli
adolescenti poveri».
2. SICUREZZA SOCIALE E SERVIZI DI
ASSISTENZA ALL’INFANZIA:
I SERVIZI PER L’INFANZIA (NIDI)
La XV Legislatura è stata caratterizzata da una rinnovata at-
tenzione per le politiche familiari che si è tradotta anche in
un aumento delle risorse destinate allo sviluppo dei servizi
di assistenza all’infanzia al fine di ridurre lo squilibrio tra il
Nord e il Sud del Paese, nonché di raggiungere gli Obiettivi
di Lisbona509. Secondo gli obiettivi previsti dalla Strategia
di Lisbona ogni Paese dell’Unione Europea dovrebbe rag-
giungere entro il 2010 la quota del 33% di posti disponibili
per 100 bambini in età 0-3 anni. L’Italia parte da una situa-
zione molto distante da tale obiettivo: ad oggi si registra
una copertura di tali servizi che copre appena il 10% ed è
pertanto altamente probabile che non riuscirà a raggiunge-
re l’obiettivo del 33% previsto dall’Agenda di Lisbona.
La normativa che regola il funzionamento dei nidi è la Leg-
ge 1044/1971. Tale Legge nelle sue linee generali, affidava
ai Comuni la gestione dei nidi e stabiliva lo sviluppo di que-
sta tipologia di intervento a livello territoriale individuando,
tra l’altro, l’apertura di 3.800 nidi pubblici510. Ad oggi, dalle
informazioni istituzionali disponibili511, risulta che sono
operativi di fatto 2.400 nidi pubblici, cui si affiancano circa
600 nidi privati, per una cifra complessiva di 3.008 servizi
forniti, ovvero un numero ancora al di sotto dell’obiettivo
posto in sede normativa nel 1971. D’altra parte, occorre evi-
denziare come dagli anni ’90 si sia accelerata la crescita di
questa tipologia di interventi, passando da 2.180 servizi at-
tivi ai circa 3.000 di oggi, con un aumento dell’incidenza del
numero di posti nido sulla popolazione in età che passa dal
5,8% al 7,4%.
Si tratta, evidentemente, di una progressione sui tempi lun-
ghi e non ancora del tutto compiuta, che evidenzia come
l’attuale sistema dei servizi per l’infanzia non risulti ancora
in grado di garantire una copertura nazionale abbastanza
omogenea e completa rispetto ad un fabbisogno, che, come
è noto, dal punto di vista demografico dagli anni ’70 ad oggi
non è apparso di tipo incrementale512, ma che, d’altra parte,
si è ampliato dietro la spinta dei cambiamenti familiari e del
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
84
4orapportodiaggiornamento2007-2008
509 Per approfondimento si veda capitolo I, paragrafo «Le risorse
per l’infanzia e l’adolescenza in Italia», in cui sono riportati anche
i dati contenuti nella comunicazione inviata dal Dipartimento per
le Politiche della Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamen-
to del presente Rapporto rispetto alle risorse stanziate con la
Legge Finanziaria 2007 a favore del Piano straordinario per lo
sviluppo del sistema integrato dei servizi socio educativi per il tri-
ennio 2007-2009.
510 Tale legge istitutiva mantiene il nido nella sua tradizionale ac-
cezione di struttura vincolata ad una comunità locale, preveden-
do la gestione e il controllo da parte dei Comuni, ma il suo decen-
tramento è concepito anche in funzione della partecipazione or-
ganica nella gestione del servizio da parte delle famiglie.
511 Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e
l’adolescenza Indagine sui nidi d’infanzia e sui servizi educativi 0-
3 anni integrativi al nido al 30 settembre 2000 Quaderno n. 21,
2004. Dai dati forniti in questo lavoro sono state realizzate le
principali elaborazioni Ires utilizzate in questo paragrafo. Il Cen-
tro ha presentato nel 2006 un ulteriore Quaderno sul tema dal ti-
tolo I nidi e gli altri servizi educativi integrativi della prima infan-
zia Quaderno n. 36, che contiene una rassegna normativa al 2005
ed una riproposizione dei dati rilevati attraverso l’indagine cen-
suaria del 2004.
512 Dal punto di vista demografico, viene confermato il fenomeno
dell’invecchiamento demografico della popolazione italiana, alla
luce di una crescita della popolazione infantile sempre più mode-
sta negli anni: nel 1971 i bambini tra 0-6 anni rappresentavano
circa il 10% della popolazione complessiva, nel 2001 circa il 5%,
con alcune differenze territoriali. Al Sud si registra la presenza più
numerosa di bambini tra 0-6 anni rispetto al Centro e al Nord sia
in valori assoluti, che in percentuale rispetto alla popolazione
over 65 (5,2% al Sud rispetto al 4,2% del Centro e al 4,3% al
Nord), anche se nell’ultimo censimento si è segnalata un incre-
mento della popolazione infantile al Nord e al Centro.
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Ministero della Salute di migliorare la conoscenza della
tipologia e della specificità dei bisogni di salute dei minori
immigrati e dei relativi strumenti di rilevazione, con partico-
lare riguardo alla salute materno-infantile, attraverso
l’individuazione di nuove modalità operative in grado di
soddisfare la domanda emergente e sommersa di salute
dei minori immigrati e delle loro famiglie ed attuare un’a-
deguata risposta da parte del SSN;
2. Al Ministero della Salute, Commissione ministeriale «Salu-
te della Popolazione Immigrata», di realizzare, da un lato,
reti di comunicazione efficaci tra le parti interessate (Ospe-
dali, ASL, IRCCS, Medici di Medicina Generale, Pronto Soc-
corsi, Consultori familiari e pediatrici) sia per verificare che
l’allocazione delle risorse e i servizi disponibili per i minori
stranieri corrispondano realmente ai loro bisogni e priorità,
che per contribuire alla promozione dell’assistenza sanita-
ria di base e per valutare qualità e costi; dall’altro pianifica-
re interventi di prevenzione, diagnosi precoce e terapia dei
disturbi in età infantile e adolescenziale attivando stretti
collegamenti funzionali tra strutture a carattere sanitario
(dipartimento materno-infantile, pediatria di base), e altri
servizi sociali e istituzioni a carattere educativo, scolastico
e giudiziario;
3. Alle Regioni di deliberare, prendendo ad esempio le Regio-
ni Piemonte, Marche e Lazio, in favore dell’accesso dei mi-
nori comunitari al Sistema Sanitario Nazionale adeguando
l’offerta di assistenza pubblica in modo da renderla visibi-
le, facilmente accessibile, attivamente disponibile e in sin-
tonia con i bisogni di questi gruppi di minori in conformità
a quanto previsto dal Testo Unico sull’immigrazione che ha
sancito il diritto alle cure urgenti ed essenziali e alla conti-
nuità della cura anche per i minori immigrati irregolari.
mercato del lavoro, avvenuti con lo sviluppo dell’occupazio-
ne femminile. Uno sviluppo che, come è altrettanto noto, ri-
sulta in Italia particolarmente basso rispetto alla media degli
altri Paesi europei e che probabilmente è stato condizionato
anche da questa crescita rallentata di servizi di sostegno alle
famiglie e alle donne per i bambini 0-3 anni.
Ricostruendo, infatti, le fonti ad oggi utilizzabili a livello na-
zionale, si può verificare la ben nota frammentarietà ed in-
completezza delle informazioni, soprattutto di natura quan-
titativa, sui servizi per l’infanzia, così come evidenziato an-
che dalle attività datate realizzate dall’ISTAT, che non rileva
dati sugli asili-nido dal 1992513. Di fatto la fonte istituziona-
le da cui è possibile ricavare dati recenti ed attendibili è il
Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e
l’adolescenza – Istituto degli Innocenti, che nel 2000 ha rea-
lizzato un’indagine censuaria sui nidi e sui servizi integrativi
rivolti ai bambini 0-3 anni, fotografandone stato e funziona-
mento. Si tratta di un lavoro puntuale, a cui occorrerebbe af-
fiancare un monitoraggio continuo, di non facile realizzazio-
ne, dal momento che la fruibilità dei dati in modo costante
nel tempo risente, tra l’altro, delle caratteristiche dei flussi
informativi disponibili514. La territorializzazione dei servizi
per l’infanzia, infatti, perseguita dagli anni ’70 in sede nor-
mativa ed operativa, avrebbe richiesto e richiederebbe una
capacità locale dei diversi territori di rilevare dati e trasfor-
marli in contenuti informativi e quindi in conoscenza sociale
disponibile. Come è noto, però, tranne alcune eccezioni515,
risulta diffusa una notevole discrezionalità nelle attività lo-
cali di raccolta e sistematizzazione dell’informazione socia-
le, spesso riconducibile a modalità occasionali ed eteroge-
nee di rilevazione516.
Anche a fronte di un’oggettiva difficoltà nell’attuare proce-
dure in grado di produrre pacchetti informativi omogenei e
confrontabili, vista la frammentarietà dei “luoghi istituzio-
nali” di origine di tali informazioni, le limitate attività dei si-
stemi di rilevazione nazionale nella raccolta di dati sociali, e
nello specifico di quelli sui servizi per l’infanzia, hanno im-
pedito di disporre di una panoramica “a tutto tondo” sulle
caratteristiche quali-quantitative dei servizi per l’infanzia.
Ad oggi si può disporre di una mappatura dei nidi
d’infanzia soltanto a livello delle Regioni. Del tutto assenti
risultano dati maggiormente territorializzati, anche se, co-
me è già stato rilevato, una gran parte dei servizi viene ero-
gata proprio dai Comuni. Attraverso tale mappatura si è re-
gistrato in modo evidente un sostanziale squilibrio territo-
riale dell’offerta: ad una generale copertura garantita al
Centro-Nord, con alcune eccezioni, corrisponde un’assenza
significativa di servizi al Sud. Spiccano in positivo Regioni
come la Lombardia, l’Emilia Romagna, Veneto e Toscana, in
negativo Regioni quali il Molise, la Basilicata e la Calabria.
In generale, poi, sono i servizi pubblici a pesare maggior-
mente rispetto all’offerta privata.
Dagli inizi del ’90 ad oggi a crescere significativamente è
stata l’offerta al Centro-Nord, a fronte di Regioni del Sud in
cui l’aumento non è stato registrato, come ad esempio in
Puglia, oppure pur essendoci stato non sembra in grado di
incidere significativamente su situazioni segnate da ritardi
storici. La misura di questa spaccatura geografica tra Nord-
Centro da una parte e Sud dall’altra è data anche dal con-
fronto dei valori percentuali di ricettività regionale dei solo
asili-nido pubblici con la media nazionale517.
Se si tenta di misurare sotto forma di stime la domanda
insoddisfatta di servizi per l’infanzia, risulta che un bam-
bino su 4 non trova posto nei nidi pubblici: a fronte di 100
bambini in età, la domanda espressa ma inevasa, risulta
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
85
513 L’ISTAT ha rilevato alcuni dati sui nidi nella Seconda Indagine
censuaria sugli interventi ed i servizi sociali dei Comuni realizzata
nel 2004 (e preceduta nel 2003 dalla Prima Indagine censuaria). Si
tratta di un focus sulla spesa sostenuta dai Comuni su vari servi-
zi/interventi suddivisi per aree di utenza. Tra questi figurano i nidi
la cui gestione risulta una delle principali voci di spesa per
l’assistenza sociale erogata a livello locale ai cittadini: infatti, il pe-
so degli asili nido è circa del 16% sulla spesa sociale impegnata
complessivamente dai Comuni e dalle associazioni ed è circa del
40% sulle risorse destinate alla tutela dei minori e al supporto della
famiglia nella crescita dei figli. In ogni caso se si considerano gli
utenti degli asili nido in rapporto ai bambini da zero a due anni resi-
denti in Italia nel 2004, si evidenzia una capacità ricettiva ancora
molto limitata: in media hanno beneficiato del servizio pubblico
897 bambini su 10.000, con forti disparità territoriali. Tale analisi
verrà confermata nel corso di questo paragrafo, in cui si utilizzeran-
no dati ed elaborazioni disponibili in modo specifico sui soli nidi.
514 Al di là della citata indagine del Centro nazionale per l’infanzia
e l’adolescenza, è disponibile anche uno studio recente realizzato
dal CNEL e dall’ISTAT sulla maternità e la partecipazione delle
donne al mercato del lavoro, da cui è possibile risalire in modo in-
diretto alla fruibilità da parte delle famiglie dei servizi per l’infanzia
ed alle difficoltà ancora diffuse. Da segnalare, infine, i dati ISTAT
provenienti dal censimento, che forniscono il numero dei bambini
tra 0 e 5 anni che risultano frequentare la scuola. A differenza,
però delle altre rilevazioni, queste ultime riguardano non i servizi,
ma gli individui; e quindi sono di difficile comparazione con le
mappature più recenti centrate sulle prestazioni fornite.
515 Ad esempio, il Sistema informativo sociale della Regione Emilia
Romagna.
516 Sono, insomma, gli stessi Enti Locali a rappresentare fonti non
in grado ancora di produrre flussi informativi sufficientemente sta-
bili nel tempo e nei contenuti rilevati, in generale sulle tematiche
sociale ed in particolare su quelle relative ai servizi per l’infanzia.
517 Solamente dieci delle Regioni appartenenti al Centro-Nord pos-
siedono un’incidenza intorno al 10% (ad eccezione del Lazio con il
7,5%, comunque al di sopra della media nazionale); le Regioni del
Sud, insieme al Friuli Venezia Giulia e al Veneto, al contrario, con-
tano una ricettività media pari all’1,7% (con punte del 4,4% in Ba-
silicata e del 3,8% in Abruzzo); le Isole registrano valori più alti, di
circa il 4,7% in Sicilia e il 5,7% in Sardegna.
stimabile intorno alle 3-4 richieste su 10, sempre con
maggiori difficoltà al Mezzogiorno. Nelle Isole e, ancora
di più, nel Sud del Paese, infatti il numero medio di posti-
nido disponibili ogni 100 bambini in età si mostra inferio-
re alla media nazionale. Sebbene in queste due aree la
domanda insoddisfatta di nidi pubblici risulti inferiore al-
le altre direttrici geografiche e alla stessa media naziona-
le, appare evidente una carenza strutturale a cui la popo-
lazione di riferimento si è, per così dire, “abituata”. Per
questo motivo, le famiglie che fanno richiesta di accesso
ad un nido d’infanzia pubblico del Sud sono mediamente
il 2,8% della popolazione residente, contro il 16,6% del
Nord-ovest o il 13,8% del Centro. Ed è per questo motivo
che, se si considerano solamente le domande esplicite,
l’incidenza delle richieste non soddisfatte sembra minore
al Mezzogiorno.
In generale, dunque, questo gap tra copertura recettiva e
propensione della domanda sembra sensibile, in modo
direttamente proporzionale, alla capacità territoriale di ri-
spondere alle necessità: maggiore è tale capacità, mag-
giore risulta la richiesta, ovvero, con uno slogan,
“l’offerta chiama altra offerta”. E, quindi, è l’offerta a sol-
lecitare l’espressione della domanda.
A fronte di questa carenza di offerta, le famiglie nel no-
stro Paese ricorrono di frequente alle reti di aiuto infor-
male ed alla solidarietà intergenerazionale518 e questo
nonostante, le donne tendano ad esprimere atteggiamen-
ti positivi nei confronti dei servizi per l’infanzia, privile-
giando le strutture pubbliche nel 74% dei casi519.
Oltre a questa analisi di tipo quantitativo dell’offerta for-
nita e della sua capacità recettiva, si possono anche far
emergere alcune componenti qualitative dei servizi per i
bambini 0-3 anni, particolarmente interessanti nel confi-
gurare le dinamiche di risposta alle esigenze reali delle
famiglie. Tre sono gli aspetti principali riscontrabili.
Un primo elemento riguarda il funzionamento quotidiano
dei servizi ed, in particolare, le settimane di apertura rispet-
to all’anno scolastico e gli orari giornalieri. Il 64% dei nidi
pubblici e privati risulta chiuso per circa 2/3 mesi all’anno,
lasciando scoperte le famiglie in particolare nel periodo
estivo520. Una differenza tra i nidi pubblici e quelli privati si
riscontra, invece, nell’orario giornaliero521. A fronte di una
maggiore rigidità nel funzionamento da parte dei nidi pub-
blici, in quelli privati si sono registrate più diffusamente for-
me di flessibilità finalizzate a rispondere alle esigenze delle
famiglie di poter disporre di servizi di care. D’altra parte,
questa stessa istanza di adattabilità è stata perseguita dal
pubblico attraverso la progettazione ed implementazione di
interventi educativi, per l’appunto, integrativi, attraverso i
fondi disposti dalla Legge 285/1997.
Un secondo aspetto riguarda le liste d’attesa al servizio,
come segnale della capacità reale di accoglienza da parte
dei nidi d’infanzia522. Mediamente, un bambino su 4 risulta
in lista d’attesa con picchi in Friuli Venezia Giulia, Lombar-
dia, Veneto, Liguria, Lazio e Campania. A differenza di quan-
to rilevato in precedenza, sebbene la distribuzione si confi-
guri prevalentemente in modo disomogeneo, lo sbilancia-
mento questa volta avviene verso il Nord e il Centro. Il Sud
registra in tutte le regioni, ad eccezione della Campania, va-
lori superiori al 70%. Sembrerebbe dunque che sia diffusa
una forte accoglienza della domanda espressa e segnalata
nelle liste d’attesa. In realtà, la singolarità dei dati è imputa-
bile alle caratteristiche della domanda, non dell’offerta. La
maggiore accoglienza dei servizi 0-3 anni del Mezzogiorno
nasconde in realtà una forte domanda inespressa, come
evidenziato in precedenza523.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
86
4orapportodiaggiornamento2007-2008
518 Su dieci bambini soltanto due infatti frequentano un asilo
nido pubblico o privato e nella maggioranza dei casi le madri
che lavorano affidano i propri figli ai nonni (circa 6 bambini su
10). Ancora una volta, una domanda sociale, non sufficiente-
mente soddisfatta dall’assetto attuale del nostro sistema di
welfare, si rivolge e viene accolta da quelle reti informali di so-
stegno familiare che di fatto rappresentano storicamente uno
dei punti di riferimento ‘suppletivi’ alla carenza di intervento
pubblico. Fonte: CNEL-ISTAT Maternità e partecipazione delle
donne al mercato del lavoro: tra vincoli e strategie di concilia-
zione dattiloscritto, 2003.
519 D’altra parte, a conferma dell’analisi fin qui condotta, le moti-
vazioni più frequenti che inducono le donne a rinunciare a rivol-
gersi ai nidi pubblici sono: la mancanza di posti per il 22%; la ca-
renza di strutture nel Comune di residenza per il 21% ; la retta
troppo cara per il 19%; gli orari non adeguati per il 7,4% dei casi.
Fonte: CNEL-ISTAT Maternità e partecipazione delle donne al
mercato del lavoro: tra vincoli e strategie di conciliazione cit.
520 Osservando il calendario dei nidi d’infanzia, ricorre mediamen-
te un’apertura annua che va oltre i 10 mesi, ovvero circa 40 setti-
mane; inoltre focalizzando l’attenzione solo sulle settimane di
apertura del servizio pubblico, si rileva che quasi il 60% dei nidi è
aperto dalle 40 alle 44 settimane e circa il 29% fino a 48 settima-
ne; infatti, la media complessiva si aggira intorno alle 43 settima-
ne. Le differenze regionali appaiono ridotte.
521 In media questi ultimi risultano aperti per circa 10 ore gior-
naliere, di contro all’offerta pubblica che si aggira intorno a poco
più 8 ore al giorno. Nel dettaglio, circa il 36% dei nidi privati sono
aperti dalle 11 alle 12 ore al giorno; un altro terzo tra le 9-10 ore;
più di un quinto degli istituti, invece, resta aperto dalle 7 alle 8
ore al giorno.
522 Si tratta, in effetti, di liste complesse con procedure molto lun-
ghe, dovute non soltanto all’asimmetria tra domanda e offerta già
messa in evidenza, ma anche alle metodiche utilizzate, ponderate
secondo molteplici variabili, quali ad esempio il luogo di residen-
za, il grado di disagio familiare, sociale e sanitario, la condizione
lavorativa e così via.
523 Rapportando il numero degli iscritti al totale, emerge infatti una
quota pari al 59,1% di bambini accolti al Nord (57.208 bambini 0-3
anni); un quarto dei bambini accolti appartiene al Centro; infine,
solo il 16% dei bambini iscritti risulta residente al Sud del Paese.
Infine un terzo aspetto analizzato riguarda le tariffe. Ben
consapevoli della variabilità cui sono soggette524 occorre
comunque evidenziare come in particolare le tariffe dei
nidi privati risultino spesso troppo elevate se rapportate
al reddito familiare. A titolo esemplificativo, basti consi-
derare che la spesa diretta media annua sostenuta dalle
famiglie per l’iscrizione dei figli ai nidi d’infanzia è pari a
€ 869: più del doppio della spesa diretta sostenuta per
l’iscrizione alla scuola d’infanzia; più di quattro volte
quella per la scuola elementare; quasi otto volte la spesa
diretta per la frequenza della scuola media inferiore525.
3. STANDARD DI VITA: LA CONDIZIO-
NE DEI BAMBINI E DEGLI ADOLE-
SCENTI POVERI IN ITALIA
L’attenzione verso la condizione di povertà dei minori è
cresciuta a mano a mano che il processo europeo di in-
clusione sociale si è sviluppato, a tal punto che oggi
questa risulta essere una sfida da vincere in molti dei
Paesi dell’Unione. Sebbene la responsabilità primaria
delle politiche antipovertà rimanga ai governi nazionali,
la Comunità Europea ha rafforzato i suoi interventi e i
suoi inviti a prendere le necessarie misure per dare a tut-
ti i minori uguali opportunità indipendentemente dal lo-
ro background sociale526.
Occorre innanzitutto ricordare, come ampiamente evi-
denziato nel 3° Rapporto CRC527, che la povertà e in par-
ticolare quella minorile non è legata solo alle risorse di-
sponibili, ma presenta una pluralità di dimensioni e di
caratteri che concorrono a determinare e a misurare il
benessere individuale: l’accesso alle cure sanitarie e al
sistema scolastico, la partecipazione alla vita comunita-
ria, la presenza di legami affettivi, godere di condizioni
abitative adeguate528. Anche se è innegabile che esista
una forte connessione tra la dimensione monetaria dei
redditi familiari e la misura del benessere minorile, so-
prattutto nei Paesi dove la protezione sociale e le politi-
che di Welfare State sono meno applicate e le situazioni
di disagio non sono misurate e monitorate. Tuttavia in-
centrare l’analisi della povertà esclusivamente sui reddi-
ti o i consumi significa perdere alcuni aspetti cruciali del-
la deprivazione, mentre stabilire le relazioni tra livelli
economici e le suddette dimensioni consente di avere
un’idea della quotidianità vissuta dai minori.
Bambini e adolescenti non sono percettori di redditi di-
retti, ma sono fruitori di risorse che vengono ripartite au-
tonomamente dalle famiglie e in maniera non controlla-
bile, sono rilevati come consumatori e soprattutto indivi-
dui con determinati bisogni, con capacità e possibilità
tutte da giocare e sviluppare. Nel caso dei minori, una
mancanza di adeguate risorse economiche ha conse-
guenze multidimensionali ben più gravi che negli adulti:
una dieta peggiore, una maggiore esposizione ai rischi
sanitari, soluzioni abitative precarie e non riscaldate, un
alto tasso di incidenti, maggior rischio di abusi, di episo-
di di bullismo, di abbandono scolastico con conseguenti
fughe dalla famiglia, poco sviluppo delle proprie poten-
zialità e forti probabilità di carriere lavorative a basso sa-
lario, ovvero di arrivare nell’età adulta a infoltire le file
dei working poor 529. Di conseguenza è necessario un
approccio complesso nello studio della povertà e nella
scelta di politiche pubbliche di contrasto e di inclusione
sociale.
Nel 2007 la Commissione Europea e gli Stati membri
hanno eletto la povertà minorile come una tematica prio-
ritaria del Metodo Aperto di Coordinamento sulla prote-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
87
524 Dal momento che dipendono da quote fissate di volta in
volta dai vari Comuni sulla base del reddito familiare e patri-
moniale, e quindi della difficoltà di ottenere dati sufficiente-
mente comparabili.
525 La spesa sostenuta per l’iscrizione alla scuola di infanzia è
pari a €409 e quella per l’iscrizione alla scuola elementare pa-
ri a €213. Cfr. ISTAT La prima indagine sulle spese sostenute
dalle famiglie per l’istruzione e la formazione 2002.
526 Consiglio Europeo, marzo 2006.
527 3° Rapporto CRC 2007, pag. 62.
528 Cfr. Sen A.K. La Disuguaglianza, un riesame critico Ed. Il
Mulino, 2000 pagg. 146-158 e Baldini M., Bosi P. e Silvestri P.
La Ricchezza dell’Equità Ed. Il Mulino, 2004, pagg. 5-25.
529 Cfr. Frazer H. e Marlier E. Syntesys report Tackling child
poverty and promoting the social inclusion of children in the
Eu in Peer Review and assessment in social inclusion settem-
bre 2007, pag. 35.
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Parlamento di approvare un’innovativa proposta legi-
slativa finalizzata a trasformare i nidi da servizi a do-
manda individuale a servizi per tutti, garantendo un’e-
stensione universalistica in un’ottica di equità sociale
basata su standard omogenei trans ed inter regionali;
2. All’ISTAT e al Centro nazionale di documentazione e
analisi per l’infanzia e l’adolescenza di allargare e svi-
luppare la base conoscitiva disponibile sui servizi 0-3
anni, in particolare attraverso la messa a disposizione di
dati disaggregati per comuni, per target e relativi alla
domanda ed alla spesa, nonché al funzionamento gene-
rale di tali servizi.
zione e inclusione sociale530.
Nell’Europa a 27 Paesi i minori di 18 anni sono 97,5 milio-
ni e di questi 19 milioni sono a rischio di povertà531, con
una condizione peggiore rispetto alla povertà media del-
l’intera popolazione. In Italia è esposto a rischio di de-
privazione il 24% dei minori, quasi uno su quattro532. Ta-
le percentuale sale al 35% se si considerano i minori che
vivono in famiglie numerose e raggiunge il 40% nel caso
di minori che vivono in famiglie monoparentali. I minori a
rischio non sono tanto figli di genitori disoccupati, ma si
trovano spesso in famiglie con entrambi i coniugi lavora-
tori ma i cui bassi livelli di reddito non riescono ad essere
una garanzia di benessere. Tra le famiglie monoreddito
l’esposizione a rischio di povertà per i figli è del 30%,
mentre avere due genitori che lavorano riduce il rischio al
7%, con poche differenze se uno dei due è un lavoratore
part-time533. La struttura familiare e la solidarietà inter-
generazionale (dei parenti e dei nonni) negli Stati del sud
d’Europa, e dunque anche in Italia, continua a giocare un
ruolo fondamentale nel ridurre i rischi di povertà per i mi-
nori più vulnerabili. La famiglia multi generazionale allar-
gata, con i suoi trasferimenti in beni e servizi, ammortizza
e compensa534 il non sempre efficace e pronto intervento
statale a supporto dei genitori che vivono in situazioni
vulnerabili535. Dunque la famiglia allargata risulta davve-
ro oberata nell’ammortizzare le difficoltà economiche, or-
ganizzative e di cura. La preoccupazione è che i mutati
orizzonti del mercato del lavoro e quella dei redditi ad es-
sa connessa stiano già indebolendo questa rete di prote-
zione informale e che nel contempo non ci sia la costru-
zione di un adeguato sistema pubblico di protezione536.
Avere figli risulta essere un lusso, anziché un investi-
mento anche pubblico, e dunque non meraviglia che il
nostro tasso di natalità sia tra i più bassi al mondo.
Altro indicatore rilevante che mitiga la povertà minorile è
l’occupazione femminile. La propensione al lavoro delle
donne nel nostro Paese è sotto la media europea e si at-
testa al 60%, che scende al 53% in caso siano madri, con
variazioni che vanno dal 53% per quelle con un figlio,
50% per quelle con 2 figli ed arrivando al 34% per quelle
con 3 o più figli537.
Nell’ambito degli interventi governativi in tema di contra-
sto alla povertà minorile538 si rileva che esiste una corre-
l az ione forte tra i l r ischio di povertà minori l e e
l’investimento percentuale in spesa sociale. Facendo ri-
ferimento al Prodotto Interno Lordo, escludendo le pen-
sioni, la media europea di investimento sociale si attesta
intorno al 14% ed ad essa corrisponde un 19% di rischio
di povertà minorile; nel nostro Paese dove si investe me-
no del 10% il rischio di povertà minorile balza al 24%539.
L’Italia rientra dunque nel gruppo dei Paesi europei in
cui si rileva una bassa efficienza di spesa sociale (non
dedicata alle pensioni) e alti tassi di povertà minorile. I
dati forniti a livello Europeo possono essere integrati da
quelli che si ricavano in maniera indiretta dalle ricerche
sul reddito e sui consumi in Italia.
La situazione minorile si può rilevare soltanto in maniera
indiretta, analizzando la condizione della famiglie italia-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
88
4orapportodiaggiornamento2007-2008
530 Tale metodo che istituisce la modalità di confronto e di
scambio di informazioni e di esperienze in tema di esclusione
sociale e invita a creare e definire un set di indicatori concorda-
ti su scala europea, obiettivo non facile vista la mancanza di
dati comparabili. Ulteriori informazioni
http://europa.eu/scadplus/glossary/open_method_coordinati
on_it.htm
531 L’indicatore rischio di povertà nell’ambito EU viene definito
come : a) l’attestarsi al 60% del livello reddito medio nazionale;
b) il reddito è la risultante della somma dei guadagni di tutti i
membri della famiglia , trasferimenti sociali individuali o comuni-
tari, redditi da capitali; c) il reddito è reso equivalente sulla base
di scala OECD per tenere conto dei differenti bisogni tra adulti e
minori, ampiezza composizione che riflettono gli standard di vita;
d) le percentuali di rischio di povertà nazionali analizzati congiun-
tamente con la soglia di povertà relativa espressa dai livelli di po-
tere di acquisto del reddito mediano di ogni Paese equivalenti tra
le differenti monete.
Cfr http://ec.europa.eu/employment_social/spsi/common_indi-
cator_en.htm
532 Tale percentuale di rischio è del 5% superiore alla media
dell’intera popolazione italiana. Cfr. Social protection commit-
tee Child poverty and Well being in the Eu gennaio 2008 pagg.
13-15.
533 Cfr. Commissione Europea Joint report on social Protection
and social inclusion COM 2008 42 final pagg. 8-14.
534 Così i pensionati supportano con un entrata regolare, i red-
diti informali o precari e discontinui di figli e nipoti, ma con il
cambio generazionale questo elemento di tenuta e coesione
familiare verrà a mancare. Cfr. Giunta G. «L’Italia a metà: pro-
spettive per il Sud» in Caritas Italiana Atti XXXI° Convegno na-
zionale delle Caritas Diocesane 25-28 giugno 2007 Montecatini
(PT), pagg 191-192.
535 Cfr. Commissione Europea Joint report on social Protection
and social inclusion cit. pagg. 17-19.
536 Cfr. UNICEF Centro di Ricerca Innocenti Prospettiva sulla po-
vertà infantile, un quadro comparativo sul benessere dei bam-
bini nei paesi ricchi Report Card n. 6, 2005 pag. 26.
537 Cfr. Commissione Europea Joint report on social Protection
and social inclusion cit. pag. 31.
538 Ovvero quel complesso gruppo di meccanismi volto a soste-
nere i livelli di vita delle famiglie e provvedere, attraverso poli-
tiche redistributive con mezzi diversi, a garantire un livello di
reddito minimo per coloro che sono disoccupati, o attraverso il
sostegno al reddito di coloro che hanno figli indipendentemen-
te dal fatto che siano impiegati o no.
539 Cfr. Social protection committee Child poverty and Well be-
ing in the Eu cit. pagg. 36-37.
540 Che va dal 5,2% del Nord (era il 4,5%), al 6,9 % del Centro
(era il 6%) al 22,6% del Sud (era il 24%). Agli antipodi si trova
la Regione Emilia Romagna con 3,9% (era 2,5%) e la Sicilia con
il 28,9% (era il 30,8%). Cfr. ISTAT La povertà relativa in Italia
nel 2006 ottobre 2007.
ne. In base ai dati ISTAT presentati a ottobre 2007, nel
2006 nel nostro Paese le persone stimate in situazione di
povertà relativa erano 2 milioni 623mila, ovvero in media
l’11,1% delle famiglie residenti (percentuale invariata ri-
spetto al 2005), per un totale di 7 milioni 537mila indi-
genti, il 12,9% dell’intera popolazione. Questo dato
scomposto evidenzia ancora una volta il consueto divario
geografico, anche se con una leggera riduzione del
range540. Nel Mezzogiorno, la quota delle famiglie povere
è cinque volte superiore di quella osservata nel resto del
Paese. Le famiglie con 5 o più componenti e quelle con 3
o più figli, soprattutto se minorenni costituiscono il 65%
delle famiglie povere. Nel Centro Nord dove meno del 7%
si trova in condizioni di povertà, vive circa il 35% delle fa-
miglie povere nonostante vi risieda ben il 68% del totale
delle famiglie.
Nel 2006 la linea di povertà relativa541 risulta essere
€970,34542, per due persone, più o meno costante ri-
spetto agli anni precedenti anni.
Gli interventi della Finanziaria 2008, non sono andati nel-
la direzione di aumentare sensibilmente la spesa sociale
a supporto dei minori e delle loro famiglie543. Sono state
infatti adottate misure importanti che però non riguarda-
no la totalità della popolazione, visto che una fetta indefi-
nita e non misurata, sfugge alle stime di povertà relativa
e ai livelli di consumi, perché in povertà assoluta mentre
risulterebbe più bisognosa di spesa pubblica ad hoc per
recuperare il divario con gli altri. I forti indigenti e gli inca-
pienti risultano essere i grandi esclusi e benché sia stata
introdotta per la prima volta un bonus una tantum di
€150 ad ogni capofamiglia con un reddito inferiore a
€50.000 è noto che questa misura di compensazione544,
è insufficiente545.
Ad ottobre 2007 il Ministro della Solidarietà Sociale ha
istituito la Commissione di indagine sull’esclusione so-
ciale, prevista dalla Legge 328/2000. La Commissione ha
il compito di effettuare ricerche in materia di povertà, for-
mulare proposte per sradicarne le cause e diffondere ini-
ziative e ricerche in ambito europeo, nonché presentare
annualmente una relazione al Governo, sulla base della
quale il Governo dovrebbe riferire in Parlamento, entro il
30 giugno, sull’andamento del fenomeno dell’esclusione
sociale546.
Si rileva che continua a mancare una politica di sostegno
al reddito per i poveri. Sarebbe importante introdurre an-
che nel nostro Paese sia una misura di reddito minimo
analoga a ciò che già esiste nella maggioranza dei Paesi
europei, sia forme di credito di imposta (come il work tax
credit inglese o il prime pour l’emploi francese) per chi,
anche lavorando ha un reddito insufficiente547. Sarebbe
opportuno dunque inaugurare una nuova fase di speri-
mentazione nazionale del Reddito Minimo di Inserimen-
to (RMI)548. Questa misura di contrasto alla povertà è
stata introdotta infatti a partire dal gennaio 1999 con un
progetto pilota in due fasi che prima ha coinvolto un nu-
mero limitato di Comuni beneficiari, poi esteso a 309549.
Anche in occasione della Conferenza Nazionale della Fa-
miglia è stato proposto il rilancio del Reddito Minimo di
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
89
541 La definizione di povertà relativa viene formulata a partire
dagli anni ’60 del secolo scorso e si basa sull’idea che sia im-
possibile stabilire in modo assoluto la povertà secondo criteri
universali e dunque dalla necessità di valutare in base alle con-
dizioni di vita medie che caratterizzano uno specifico contesto.
Essere povero non significa tanto avere un tenore di vita infe-
riore al minimo assoluto, ma disporre di meno risorse rispetto
alla media della popolazione a cui si appartiene. Questo com-
porta non poter partecipare agli stili di vita, alle abitudini, alle
attività socialmente approvate e incoraggiate da una certa so-
cietà. Per individuare la soglia di povertà relativa si fa riferi-
mento al reddito e alla sua distribuzione individuando un valo-
re che rappresenta la media dei distributori dei redditi. In Italia
l’ISTAT fa riferimento alla spesa per consumi delle famiglie e
non ai redditi perchè le informazioni su questi non sono molto
attendibili. Una famiglia di due persone, secondo questa defi-
nizione di povertà relativa, è considerata povera se la sua spe-
sa per consumi è inferiore alla spesa media pro capite naziona-
le. Con le scale di equivalenza si corregge a seconda del nume-
ro dei componenti cercando di tener conto dell’economia di
scale che in famiglia si può realizzare.
542
€34 in più rispetto a quella del 2005, ma rivalutando que-
sta cifra in base all’indice dei prezzi al consumo significa €14
in più dell’anno precedente.
543 Si veda infra capitolo I, paragrafo «Le risorse destinate al-
l’infanzia in Italia».
544 Perché come gli altri contribuenti non potranno usufruire di
detrazioni di imposta.
545 Il provvedimento applicato è riduttivo rispetto alla proposta
originaria che invece assegnava €150 ad ogni membro della fa-
miglia incapiente e non solo al capofamiglia ed è frutto
dell’«emendamento Ripamonti».
546 Ministero della Solidarietà Sociale, newsletter 6/2007 del 18
ottobre 2007 disponibile sul sito
www.solidarietasociale.gov.it/NR/rdonlyres/F92426C3-A9ED-
43C0-A397-4AC0638163A0/0/20071018_6.pdf
547 Cfr. Saraceno C. I poveri fuori dall’agenda su
www.lavoce.info/articoli/pagina1000129.html
548 Proposto per la prima volta in Italia nel 1995 a seguito di uno
studio della «Commissione di indagine sulla povertà e
l’emarginazione». Secondo la Commissione, pur esistendo misu-
re locali di sostegno al reddito, mancava uno strumento non ca-
tegoriale, non frammentato, certo e che non consentisse troppi
margini di discrezionalità. La compresenza di sistemi locali di as-
sistenza economica portava in sé elementi di disuguaglianza a
parità di bisogno. Il sistema di welfare italiano era quindi privo di
una misura trasparente e omogenea nei criteri di accesso e di
erogazione, nei diritti e nei doveri.
549 La prima fase 1999-2000 vedeva coinvolti infatti 39 Comuni
dei quali 5 a Nord, 10 al Centro e 24 nel Sud e Isole, il Comune
più ampio coinvolto nel suo insieme è stato Napoli, nella secon-
da fase 2001-2004 si è provveduto all’estensione con i program-
mi d’area a 309 comuni.
Inserimento e la sua messa a regime a livello nazionale
superando i limiti che hanno caratterizzato la sperimenta-
zione di qualche anno fa, e comunque evitando che que-
sto provvedimento si riduca ad un mero trasferimento
monetario in cui l’aspetto dell’inserimento sociale sia se-
condario, come pure il concreto utilizzo dell’ Indice Socio
Economico Equivalente (ISEE), che misura il benessere di
un individuo equivalente come strumento volto a consen-
tire la maggiore concentrazione di risorse su situazioni di
effettivo bisogno550.
Gli Stati membri dell’Unione che hanno ottenuto i migliori
risultati nella riduzione dei rischi di povertà minorile pro-
pongono una combinazione equilibrata di prestazioni uni-
versalistiche e prestazioni mirate.
I sistemi di tassazione e servizi ridistribuiscono il reddito
verso le famiglie con modalità diverse prendendo in consi-
derazione la composizione della famiglia (detrazioni
d’imposta o quozienti familiari), l’accesso ai servizi gratui-
ti per l’educazione, la salute, la cura dei figli come gli asili
nidi e le integrazioni del reddito (assegni familiari, inden-
nità di disoccupazione, assistenza sociale, le pensioni
d’invalidità, contributi alloggio). Le prime due modalità
creano un ambiente favorevole allo sviluppo della famiglia
in genere, senza effetti discriminanti ed evitando ogni
stigmatizzazione; le ultime si rendono indispensabili per
incentivare la partecipazione al mondo del lavoro per i
soggetti più vulnerabili (spesso le madri), ad entrare o
rientrare nel mercato e a rimanervi grazie a corsi profes-
sionalizzanti che sostengano gli avanzamenti professiona-
li e dunque l’accesso a posti qualitativamente meglio re-
munerati551.
Una politica pubblica a sostegno dei minori e delle loro fa-
miglie, che riconosca a quest’ultime il ruolo fondamentale
per la società di promuovere uno sviluppo equilibrato dei
suoi membri, va distinta da una politica di riequilibrio con-
tro la povertà.
La politica fiscale riveste un’assoluta centralità nelle que-
stioni fin qui presentate. Infatti la scelta di tassare il reddi-
to individuale o quello familiare ha inevitabile ripercussio-
ni sui comportamenti e sulle scelte individuali nell’ambito
della partecipazione al mercato del lavoro, delle scelte di
procreazione e degli effetti redistributivi sui redditi.
Dal 1976 vige in Italia un sistema fiscale basato sulla tas-
sazione del reddito individuale che tiene conto della pre-
senza di familiari a carico mediante un sistema di detra-
zioni dell’imponibile.
Periodicamente si riapre il dibattito sui vantaggi della tas-
sazione del reddito familiare e in modo particolare dell’a-
dozione del sistema di tassazione basato sul quoziente
familiare, da tempo utilizzato in Francia552, per la deter-
minazione delle imposte553. Pur non entrando nel merito
della questione, si ritiene opportuno sottolineare che
qualunque ipotesi di riforma fiscale in Italia dovrebbe te-
ner conto del basso tasso di fecondità che si registra nel
nostro Paese, nonché dell’altrettanto basso tasso di par-
tecipazione al mercato del lavoro soprattutto delle donne
decisamente inferiore alla media europea554. Il quoziente
familiare infatti, tenendo in maggior conto la numerosità
del nucleo familiare rispetto alla tassazione individuale,
potrebbe rappresentare nel contesto italiano il limite,
non trascurabile, di scoraggiare l’occupazione femminile.
Infatti sul secondo reddito familiare, tradizionalmente
quello della donna, sommandosi a quello del coniuge vie-
ne applicata un’aliquota maggiore rispetto a quella con
sistema di tassazione individuale555.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
90
4orapportodiaggiornamento2007-2008
550 Conferenza Nazionale della Famiglia, Firenze, 24-26 maggio
2007. In particolare, Gruppo «Famiglia e povertà» in Sessione
«Famiglia e risorse economiche»,
www.conferenzanazionalesullafamiglia.it/pdf/rapporteur/Fam
iglia%20e%20risorse%20economiche,%20Rapporteur%20Cla
udio%20De%20Vincenti.pdf.
551 Cfr. Commissione Europea Joint report on social Protection
and social inclusion cit. pagg. 20-24.
552 Una prassi ben accolta dall’universalità dei cittadini e che
ha garantito la crescita del tasso di natalità.
553 A sostegno del quoziente familiare Cfr. Campiglio L. Più
equità per la famiglia del XXI secolo in Vita e pensiero 2007
pagg 5-7 e Campiglio L. Quali strade percorrere per una politica
per la famiglia? 9 maggio 2007, Bergamo.
554 Cfr. Rapallini C. Il quoziente familiare: valutazione di un’ipo-
tesi di riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche in
Società Italiana di Economia Pubblica Working paper n. 475,
www.unipv.it/websiep/wp/475.pdf
555 Sulle controindicazioni nell’adozione del quoziente familia-
re Cfr. Gori C. Il quoziente spiazza il lavoro femminile in Il So-
le24 ore del 18 marzo 2008 e Rapallini C. Tre riflessioni sul quo-
ziente familiare
www.neodemos.it/index.php?file=onenews&form_id_notizia=
101&form_search_key=quoziente%20familiare
Il Gruppo CRC raccomanda:
1. Alla neo-costituita Commissione di indagine sull’esclu-
sione sociale presso il Ministero della Solidarietà Socia-
le, in coordinamento con l’Osservatorio nazionale per
l’infanzia e l’adolescenza e la Commissione parlamentare
per l’infanzia, di svolgere una ricerca ad hoc con indicatori
multidimensionali sulla povertà minorile e sull’incapienza;
2. Al Governo di adottare investimenti adeguati e sinergici
con gli Enti Locali per provvedere ad un migliore supporto
dei redditi familiari, dell’attività di cura e per facilitare
l’integrazione del mercato del lavoro specialmente per i
secondi redditi familiari e per i soggetti deboli come le
madri.
Le Linee Guida del Comitato ONU stabiliscono che il moni-
toraggio dell’attuazione degli articoli 28 (istruzione), 29 (fi-
nalità educative) e 31 (gioco, attività ricreative e culturali)
della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adole-
scenza (CRC) si realizzi nell’ambito di tale raggruppamento.
Nel presente capitolo, è stata esaminata ed aggiornata la si-
tuazione rispetto all’attuazione del diritto all’istruzione per i
minori appartenenti a gruppi particolarmente vulnerabili,
quali bambini e adolescenti di origine straniera, minori rom,
minori che arrivano in Italia con l’adozione internazionale,
bambini e adolescenti con disabilità. Inoltre, anche in consi-
derazione della recente entrata in vigore della Convenzione
ONU sui diritti delle persone con disabilità, un’attenzione
particolare è stata dedicata al diritto al gioco per i bambini
con disabilità. Il monitoraggio dell’attuazione dell’art. 31
CRC ha riguardato anche l’ambito dello sport.
1. ISTRUZIONE
a) Il diritto all’istruzione per i
bambini e gli adolescenti con
disabilità
Nell’anno scolastico 2005/2006, i bambini, le bambine e gli
adolescenti con disabilità iscritti a scuola erano 178.220: il
6% in più dell’anno precedente e il 54% in più rispetto al-
l’anno scolastico 1995/1996556. Nell’anno scolastico
2007/2008 erano 161.686557. Come tutti i bambini e gli ado-
lescenti anche i bambini e gli adolescenti con disabilità han-
no diritto all’istruzione e devono godere di questo diritto
senza discriminazione alcuna, così come affermato nella
Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
(art. 23), nella Convenzione ONU sui diritti delle persone
con disabilità558 e nella Costituzione (art. 34), come ribadito
in numerose occasioni a livello internazionale559, nonché
4orapportodiaggiornamento2007-2008
91
556 Ministero della Pubblica Istruzione La scuola in cifre, giugno
2007.
557 Ministero della Pubblica Istruzione I numeri della scuola set-
tembre 2007, disponibile sul sitowww.pubblicaistruzione.it/
news/2007/allegati/numeri_scuola200708.pdf.
558 Preambolo lettera r); art. 7 comma 1; art. 24. Traduzione italia-
na ufficiale a cura del Ministero della Solidarietà Sociale , pubbli-
cata e disponibile sul sito www.welfare.gov.it. La Convenzione
ONU sui diritti delle persone con disabilità è entrata in vigore il 3
maggio 2008 grazie al raggiungimento del numero di 20 ratifiche.
L’Italia ha firmato la Convenzione il giorno di apertura, il 30 marzo
2007; il 28 dicembre 2007 il Consiglio dei Ministri ha approvato il
disegno di legge di ratifica, ma al momento della stesura del pre-
sente Rapporto il procedimento di ratifica non è ancora stato con-
cluso. Per ulteriori informazioni sullo stato di ratifica:
www.un.org/disabilities.
559 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Com-
mento Generale n. 9 Rights of children with disabilities par. h)
Education and Leisure, 2006; traduzione italiana a cura di UNICEF
Italia I diritti dei bambini e degli adolescenti con disabilità par. H)
Educazione e tempo libero, (in corso di pubblicazione al momento
della stesura del presente rapporto). Si veda inoltre la Dichiarazio-
ne del Millennio delle Nazioni Unite (A/RES/55/2) e in particolare
l’Obiettivo di Sviluppo del Millennio n. 2 che si riferisce all’istruzio-
ne primaria universale. I Governi si sono impegnati a garantire, en-
tro il 2015, che «i bambini, in ogni luogo, devono poter completa-
re il ciclo scolastico primario e i bambini e le bambine devono po-
ter avere uguale accesso a tutti i livelli d’istruzione». Tra gli altri
impegni internazionali che avvallano l’educazione inclusiva il Co-
mitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza fa riferimen-
to, inoltre, alla Dichiarazione di Salamanca e al Quadro d’azione
sui Bisogni Speciali Educativi adottati alla Conferenza Mondiale
sui Bisogni speciali educativi: Accesso e Qualità, Salamanca, Spa-
gna, 7-10 Giugno 1994 (Organizzazione delle Nazioni Unite per
l’Educazione, Scienza e Cultura e il Ministero dell’Istruzione e del-
la Scienza della Spagna) e al Quadro d’Azione di Dakar, Educazio-
ne per tutti: raggiungere i nostri impegni collettivi, adottata al Fo-
rum Mondiale sull’Istruzione, Dakar, Senegal, 26-28 Aprile 2000.
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
Capitolo VI.
Educazione, gioco E ATTIVITÀ culturali
43. Il Comitato ONU accoglie favorevolmente
l’adozione della Legge 9/1999 che estende la durata del-
l’istruzione obbligatoria da 8 a 10 anni, e di diversi pro-
grammi destinati a migliorare la formazione degli inse-
gnanti, ma mostra preoccupazione per l’alto tasso di ab-
bandono scolastico nella scuola secondaria; per i risultati
disomogenei ottenuti nel rendimento scolastico dei bam-
bini causati dalla differente provenienza socio-economica
e culturale, o di altri fattori come il genere (è più alto il
numero delle ragazze, piuttosto che dei ragazzi, che rag-
giungono la laurea), la disabilità, l’origine etnica. Inoltre,
il Comitato manifesta preoccupazione per l’incremento
del bullismo nelle scuole e per la mancanza di attenzione
prestata alle opinioni dei bambini in ambito scolastico.
44. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di:
(a) intensificare gli sforzi per contenere il tasso di ab-
bandono scolastico nell’istruzione secondaria;
(b) adottare tutte le misure necessarie per eliminare le
disparità nel rendimento scolastico tra maschi e
femmine, tra bambini provenienti da ambienti so-
ciali, economici e culturali diversi e per garantire a
tutti i bambini un’istruzione di qualità;
(c) adottare misure atte a creare meccanismi e strutture
adeguati, con la partecipazione dei bambini, per la
prevenzione del bullismo e delle altre forme di vio-
lenza nelle scuole e per coinvolgere i bambini nello
sviluppo e nell’attuazione di queste misure.
(CRC/C/15/Add. 198, punti 43 e 44)
come recentemente ricordato anche da parte del Parla-
mento Europeo nel fissare le basi per una strategia co-
mune per la tutela dei diritti dell’infanzia560. Pertanto
l’integrazione e l’inclusione dei bambini e degli adole-
scenti con disabilità rappresentano due importanti obiet-
tivi, anche in ambito scolastico.
In proposito è opportuno precisare che integrazione si-
gnifica creare, intorno al bambino e all’adolescente con
disabilità, una rete di relazioni che lo renda protagonista
del percorso di crescita. Non rappresenta un fatto fisico,
come l’inserimento, ma è un fatto di comunicazione, di
legami, di conoscenza, di rapporti. La classe non è sem-
plicemente un luogo di divulgazione e trasmissione di
una serie di abilità e competenze, ma deve configurarsi
come la possibilità di vivere in un contesto di vita nel
quale si impara ad essere cittadini del e nel mondo561.
Nella prassi, invece, come già rilevato nel 3° Rapporto
CRC, molto spesso i bambini e gli adolescenti con disabi-
lità vengono isolati dai compagni.
Questo accade in conseguenza del fatto che i programmi
personalizzati e i sussidi tecnologici anche avanzati, a
cui hanno diritto i bambini e gli adolescenti con bisogni
educativi speciali, diventano nella prassi “interventi indi-
viduali”, al di fuori della logica dell’integrazione e del-
l’inclusione. Al fine di garantire il diritto all’istruzione nel
rispetto delle differenti esigenze dei singoli studenti, ivi
compresi quelli con disabilità, è necessario creare spazi
personali o di gruppo adeguati a tali esigenze, in modo
da consentire agli studenti stessi di innescare dinamiche
di solidarietà e cooperative learning, piuttosto che di
competitività tra pari, come invece avviene normalmente
nelle classi562. Differenziare le proposte pedagogiche a
seconda della personalità stessa del bambino e dell’ado-
lescente è indispensabile563. Gli interventi didattici in
classe, in piccoli gruppi e personali, non dovrebbero ten-
dere a “normalizzare” lo studente con disabilità, quanto
piuttosto a garantire il doveroso rispetto dei reciproci di-
ritti da parte di tutti gli studenti. In questa prospettiva si
evidenzia la necessità che tutti gli insegnanti lavorino in
collaborazione tra loro, stimolando modalità cooperative
tra gli alunni, favorendo la produzione di materiali didat-
tici semplificati, utilizzando strumenti e modalità comu-
nicative che siano vicine agli stili di apprendimento di
tutti gli alunni.
Inoltre, considerato che ogni bambino e adolescente con
disabilità ha il diritto di essere supportato nell’elaborare
una propria ipotesi di vita, a perseguirla, avendo a dispo-
sizione tutti i mezzi e le opportunità che la società gli of-
fre, l ’ istruzione dovrebbe avere come obiettivo
l’educazione inclusiva564 ed essere quindi finalizzata a
favorire «lo sviluppo della personalità del bambino e del-
l’adolescente nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle
sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzia-
lità»565. In questa prospettiva, ogni ordine di scuola rap-
presenta un’offerta educativo-didattica volta a sollecitare
lo studente con disabilità a impossessarsi di competenze
utili alla vita autonoma, all’inserimento sociale e, in un
futuro prossimo, anche lavorativo e familiare.
Nel momento in cui le relazioni instaurate all’interno del-
la scuola sono positive e profonde, vengono facilmente
portate dai bambini all’esterno della scuola stessa, rag-
giungendo in questo modo le famiglie e il contesto extra-
scolastico566. Si rileva in proposito la mancanza di una
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
92
4orapportodiaggiornamento2007-2008
560 Il Parlamento Europeo ha adottato il 16 gennaio 2008 con
630 voti a favore, 26 contro e 62 astenuti, la risoluzione n.
2007/2093 relativa al tema «Verso una strategia dell’Unione
Europea sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza».
Seguendo le raccomandazioni espresse dal rapporto presenta-
to dall’On. Roberta Angelilli (UEN, IT), il Parlamento europeo
ha accolto l’iniziativa della Commissione Europea che afferma
la volontà molto ferma di riconoscere che il bambino ha la stes-
sa rilevanza di un soggetto adulto relativamente ai diritti fon-
damentali che derivano dalle Convenzioni internazionali e che,
in virtù di questo, deve godere di tutti i diritti previsti dalla
Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
www.europarl.europa.eu.
561 «Quando la gravità della disabilità non è un ostacolo insor-
montabile, si tratta di offrire la possibilità a tutti di scegliere
l’esistenza che preferiscono, tramite un accompagnamento
adeguato tale da garantire una buona qualità di vita, ovvero il
dominio delle proprie azioni e del proprio futuro, la partecipa-
zione alla rete sociale e la percezione positiva di sé e dell’im-
magine riflessa dagli altri. In termini di autonomia, la qualità
della vita non è una condizione fissa, ma un processo a cui
ognuno lavora attivamente in collaborazione con gli altri» in
Gardou C. Diversità, vulnerabilità e handicap. Per una nuova
cultura della disabilità Erickson, Trento, 2006, pag. 44.
562 Dall’esperienza dell’Associazione Valeria Onlus, al contatto
con varie realtà ottima è stata la sperimentazione nelle scuole in
cui alcune ore della giornata la classe si divideva per varie mate-
rie, in modo che ciascun alunno frequentasse corsi differenti di
cui uno si può definire classe di sostegno.
563 Far acquisire ad un alunno con disabilità risultati positivi e
spendibili nel contesto “classe” gli consente di produrre un giudi-
zio di capacità sul proprio operato che inevitabilmente carica di
valore l’autostima.
564 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Com-
mento Generale n. 9 I diritti dei bambini e degli adolescenti con
disabilità, Educazione Inclusiva, cit.
565 Si veda artt. 28 e 29 CRC e Comitato ONU sui diritti dell’infan-
zia e dell’adolescenza, Commento Generale n. 1 Le finalità dell’e-
ducazione, 2001; traduzione italiana non ufficiale a cura di UNI-
CEF Italia e disponibili sul sito www.unicef.it.
566 Cavenaghi S. Un’esperienza di supporto emotiva all’integra-
zione scolastica in Atti del Convegno nazionale I diritti dei bambi-
ni e degli adolescenti con disabilità organizzato da UNICEF Italia il
5 Febbraio 2008, in collaborazione con la Provincia di Milano,
presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Gli atti del
Convegno, al momento della stesura del presente Rapporto, sono
in corso di pubblicazione e il sito www.unicef.it
connessione costante e vicendevole tra famiglia, scuola
e servizi del territorio567, tra le attività scolastiche e quel-
le extrascolastiche e del tempo libero, ovvero di un conte-
sto “di rete” nel quale competenze, capacità e professio-
nalità diverse si completino vicendevolmente nell’ottica
di un obiettivo comune568: garantire una buona qualità
della vita adulta al fine di orientare l’insegnamento verso
un’integrazione sociale più ampia. Stabilire una connes-
sione costante e vicendevole tra famiglia e scuola è im-
portante al fine di garantire il diritto fondamentale all’i-
struzione del bambino e dell’adolescente con disabilità.
Da un lato la famiglia deve poter scegliere la scuola più
adeguata alle caratteristiche della disabilità del proprio
figlio/a, dall’altro la scuola, deve saper offrire un partico-
lare programma per le diverse determinate esigenze.
In particolare, come già affermato nel 3° Rapporto CRC,
occorre rafforzare il ruolo e la compartecipazione delle fa-
miglie e di tutto il personale insegnante nella formulazio-
ne del Profilo Dinamico Funzionale (PDF) e del Piano Edu-
cativo Individualizzato (PEI). Ogni azione nei confronti dei
bambini e degli adolescenti con disabilità non deve esse-
re una scelta di un singolo insegnante curricolare o del-
l’insegnante di sostegno569, ma dell’intero corpo docen-
te. In questo modo si evita il rischio di qualificare la situa-
zione della disabilità come statica e definitiva, come voce
di spesa tanto nel Piano Offerta Formativa (POF) di ogni
istituto che nel bilancio dello Stato.
La necessità di una maggiore collaborazione tra famiglie
e insegnanti acquista rilevanza anche in considerazione
della discontinuità e dello scarso numero degli operatori
sanitari, sociali ed educativi570 che dovrebbero rilevare la
diagnosi funzionale della disabilità571 ed in mancanza
della quale le famiglie non sempre sono in grado di prov-
vedere al soddisfacimento delle esigenze scolastiche
connesse alla disabilità del proprio figlio/a. Gli insegnan-
ti, in quanto incaricati di pubblico servizio572, dovrebbero
attivarsi affinché siano predisposti strumenti e program-
mi adeguati alle esigenze manifestate dagli studenti,
esclusivamente in relazione all’esercizio e al godimento
del diritto all’istruzione di tali bambini e adolescenti, sup-
portando o anche sostituendosi ai genitori o esercenti la
potestà genitoriale nella rilevazione di tali esigenze e nel-
la predisposizione di strumenti e programmi idonei573.
Negli ultimi anni, a tutela del diritto all’istruzione degli
studenti con grave disabilità, sono stati presentati ricorsi
contro il Ministero della Pubblica Istruzione, dettati dalla
mancanza o inadeguatezza del sostegno574. Nelle deci-
sioni emesse dai Tribunali Ordinari è stato rilevato che ta-
le situazione comporta un’ingiustificata compromissione
di un diritto fondamentale della persona all’educazione,
all’inserimento scolastico ed allo sviluppo della persona
e non possa essere giustificata dalla mancanza di risorse
finanziarie adeguate. Pertanto, di notevole importanza è
la disposizione contenuta nella Legge Finanziaria 2008,
che prevede la stabilizzazione (ovvero l’assunzione) in tre
anni del 70% degli attuali insegnanti di sostegno. Tutta-
via, le modalità previste per tali assunzioni non risolvono
4orapportodiaggiornamento2007-2008
93
567 Il tema è stato discusso e approfondito all’interno del Con-
vegno nazionale I diritti dei bambini e degli adolescenti con di-
sabilità, Workshop Diritto all’Educazione Inclusiva organizzato
da UNICEF Italia. Per maggiori approfondimenti si vedano gli
Atti del Convegno, cit.
568 «In particolare si tratta di costruire un tessuto connettivo
che tenga insieme il diritto all’integrazione che si realizza nelle
singole unità scolastiche, con le politiche di sostegno alla
scuola da parte del sistema amministrativo e tecnico regionale
e nazionale» in Nocera S. Handicap e risorse per l’integrazione.
Le risorse degli Enti Locali, Relazione presentata al Convegno
organizzato dal Comitato genitori per l’integrazione scolastica
Torino, 10 aprile 1999.
569 Anche la segnalazione circa la rilevazione di un disagio di
uno studente che non trova soluzione nella sua famiglia, deve
essere formulata dal collegio docenti, in modo da non esporre
il singolo insegnante pur assolvendo l’obbligo ex art. 362 c.p.
«Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servi-
zio» (L’incaricato di un pubblico servizio, che omette o ritarda
di denunciare all’Autorità indicata nell’articolo precedente un
reato del quale abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa del
suo servizio, è punito con la multa fino a lire duecentomila. Ta-
le disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile a
querela della persona offesa ne si applica ai responsabili delle
comunità terapeutiche socio- riabilitative per fatti commessi da
persone tossicodipendenti affidate per l’esecuzione del pro-
gramma definito da un servizio pubblico) ed ex art. 27 comma
1 Cost. (La responsabilità penale è personale).
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
570 Facenti parte dell’equipe collegiale istituita con DPCM
185/2006 che determina nuovi criteri di certificazione.
571 Art. 12 comma 5 Legge 104/1992.
572 Incaricato di pubblico servizio definizione ex art. 358 c.p.
«Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio Agli
effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servi-
zio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico ser-
vizio. Per pubblico servizio deve intendersi un’attività discipli-
nata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratteriz-
zata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con
esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e
della prestazione di opera meramente materiale».
573 Sul ruolo giuridico degli insegnanti si veda: Baracchini A.,
Fenaroli L. La legalità un modello vincente (in corso di pubbli-
cazione al momento della stesura del presente Rapporto). In
proposito si segnala la rilevanza del DPCM 185/2006 che di-
spone che soltanto i genitori o i tutori possono richiedere per
iscritto la valutazione della equipe collegiale ai fini della certifi-
cazione. Tale Decreto, al momento della stesura del presente
Rapporto, non risulta attuato a livello nazionale, ma soltanto in
alcune Regioni, tra le quali la Lombardia.
574 I ricorsi sono stati presentati per lo più dai genitori e in un
caso dal Sindacato nazionale dei lavoratori scolastici (Snals). Il
diritto all’educazione dei minori con disabilità grave in Italia.
L’analisi della giurisprudenza italiana Autism – Europe rappor-
to Bruxelles 2006.
l’annoso ed irrisolto problema della continuità didattica,
che troverebbe soluzione solo con un radicale aumento dei
posti organici di sostegno575. In materia di sostegno si se-
gnala inoltre che è in corso di definizione un atto di intesa
Stato-Regioni e Autonomie Locali per la messa a punto di
un modello di valutazione e sostegno per l’integrazione
scolastica per gli alunni con disabilità, che prevede
l’utilizzazione delle classificazioni internazionali dell’Orga-
nizzazione Mondiale della Sanità-OMS (IC D 10 e IC F)576.
Infine, si evidenzia la necessità che la scuola abbia a di-
sposizione uno spazio adeguato, dove bambini e adole-
scenti con disabilità abbiano la possibilità di esprimersi,
fare nuove conquiste e possano essere sollecitati a di-
ventare persone “attive”, in grado di prendere coscienza
delle proprie abilità attraverso il proprio diretto coinvolgi-
mento nelle scelte fondamentali di vita. Affinché ogni
bambino e adolescente possa partecipare pienamente al-
la costruzione del suo percorso educativo è indispensabi-
le innanzitutto che la scuola provveda all’eliminazione
delle barriere architettoniche577.
b) Il diritto all’istruzione per i minori
stranieri
I dati disponibili relativi alle iscrizioni all’anno scolastico
2006/2007 hanno confermato un incremento percentuale
del 18,1% delle presenze nelle scuole degli studenti con
cittadinanza non italiana rispetto all’anno precedente578.
Infatti, nell’anno scolastico 2005/2006 gli studenti con
cittadinanza non italiana erano 424.683, mentre nell’an-
no scolastico 2006/2007 risultavano essere 501.445.
L’incidenza sulla popolazione scolastica in quest’ultimo
periodo di riferimento è dunque aumentata, passando
dal 4,8% al 5,6%. Da una prima analisi dei dati messi a
disposizione annualmente da parte del Ministero della
Pubblica Istruzione, uno dei principali aspetti rilevanti ri-
guarda il Paese di provenienza degli studenti stranieri. Gli
studenti con cittadinanza non europea erano il 51,6% nel-
l’anno scolastico 2005/2006 ed il 50,5% nell’anno scola-
stico 2006/2007. Tale inversione di tendenza è dovuta al-
l’ingresso nell’Unione Europea di nuovi Paesi, in partico-
lare della Romania, da cui provengono 68.565 studenti.
La Romania rappresenta il secondo Paese di origine degli
studenti con cittadinanza non italiana (con il 13,7%), do-
po l’Albania (con il 15,6%) e prima del Marocco (13,6%) e
della Cina, (4,9%). L’analisi mostra un andamento decre-
scente per le provenienze dagli Stati africani, dall’Ameri-
ca, dall’Asia e dall’Oceania579. Con riferimento all’ordine
e al grado di istruzione, si evidenzia che l’incidenza degli
studenti stranieri, complessivamente pari al 5,6%, si di-
stribuisce in maniera disomogenea passando dal 6,8%
nella scuola primaria al 6,5% nella scuola secondaria di I
grado fino al 3,8% nella scuola secondaria di II grado.
L’analisi di genere di tali dati, rispetto ai i singoli Paesi di
provenienza e relativamente all’anno scolastico
2006/2007 nelle scuole di ogni ordine e grado, permette
di evidenziare che le studentesse rappresentano il 47,1%
del totale degli studenti provenienti dall’Albania, il 50%
degli studenti di origine rumena, il 45,7% degli studenti
provenienti dal Marocco ed il 45,5% degli studenti di ori-
gine cinese580. Nel 3° Rapporto CRC, era stato possibile
evidenziare un «fenomeno di scolarizzazione straniera
femminile inferiore di 2 – 3 punti in percentuale alla po-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
94
4orapportodiaggiornamento2007-2008
578 Alunni con cittadinanza non italiana. Sono considerati alunni
con cittadinanza non italiana gli studenti, anche se nati in Italia,
iscritti alle scuole di ogni ordine e grado, con entrambi i genitori di
nazionalità non italiana. La legislazione scolastica italiana propo-
ne una distinzione tra minori figli di cittadini comunitari, che sono
iscritti di norma alla classe della scuola d’obbligo successiva per
numero di anni e di studio a quella frequentata con esito positivo
nel Paese di provenienza, e gli alunni extracomunitari. Da Alunni
con Cittadinanza non Italiana – anno scolastico 2006/2007, Mini-
stero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale per gli Studi e
la Programmazione e per i Sistemi Informativi, marzo 2008.
579 Ibidem.
580 Sono complessivamente 78.183 gli studenti di origine albane-
se, 68.565 quelli di origine rumena, 67.961 provenienti dal Maroc-
co e 24.446 i cinesi.
575 Si veda Nocera S. L’integrazione nella Legge Finanziaria per
il 2008 n. 244/07 Leggi Finanziarie (N) - Insegnanti di sostegno
scheda n. 242, www.aipd.it/sportelloinformativo/scuola
576 Comunicazione inviata dal Ministero della Salute al Gruppo
CRC ai fini dell’aggiornamento del presente Rapporto.
577 Si veda oltre paragrafo «Il diritto alla sicurezza negli am-
bienti scolastici».
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Parlamento di completare il procedimento di ratifica
della Convenzione ONU sui diritti delle persone con di-
sabilità e di adottare ogni adeguato provvedimento al fi-
ne di renderla effettiva, in particolare nella parte relativa
al diritto all’istruzione (art. 24);
2. Al Ministero della Pubblica Istruzione di predisporre, in
tutte le scuole, corsi sulla responsabilità civile e penale
degli insegnanti quali incaricati di pubblico servizio e
sulle strategie didattiche personalizzate per gli alunni
con bisogni educativi speciali a carico;
3. Agli Uffici Scolastici di incentivare e rendere obbligato-
ria la collaborazione tra scuole e servizi sociali territoria-
li e con le famiglie dei minori attraverso accordi e proto-
colli multidisciplinari.
polazione residente per età»581. Dal momento che nel
rapporto del Ministero della Pubblica Istruzione relativo
all’anno scolastico 2007/2008 non sono disponibili dati
relativi alla popolazione femminile disaggregati per età e
nazionalità di provenienza, nel presente Rapporto non è
possibile comparare il numero delle studentesse di origi-
ne straniera con la popolazione femminile residente per
età corrispondente e per nazionalità.
Per quanto riguarda poi la presenza di bambini, bambine e
adolescenti rom nelle scuole, in base ai dati presentati dal
Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CIDU) al Co-
mitato ONU per l’eliminazione della discriminazione razzia-
le582, i bambini rom iscritti nella scuola dell’infanzia risulte-
rebbero essere 2.103, di cui circa la metà (1.033, pari al
49%) bambine; 6.474, di cui il 48% bambine nella scuola
primaria; 3.036, di cui il 45% sono ragazze nelle scuole se-
condarie di I grado e 219, di cui 50,2% è rappresentato da
ragazze, nelle scuole secondarie di II grado583. Al fine di
comprendere l’incidenza di tali dati sarebbe interessante
disporre dei dati relativi al totale dei minori rom della stes-
sa età presenti in Italia584, mentre per comprendere se il di-
ritto all’istruzione dei bambini e degli adolescenti rom è ef-
fettivamente garantito sarebbe necessario disporre non
solo dei dati relativi all’iscrizione scolastica, ma anche alla
frequenza e al tasso di abbandono.
Rispetto a quanto evidenziato nel 3° Rapporto CRC si se-
gnala che persistono criticità legate a due questioni parti-
colarmente rilevanti: gli esiti scolastici585 e la concentra-
zione in alcune città e in alcune scuole di studenti e stu-
dentesse di origine straniera. Con riferimento al risultato
conseguito al termine dell’anno scolastico, si rileva che
nell’anno 2006/2007 gli studenti stranieri promossi sono
stati il 96,4% nella scuola primaria e il 90,5% nella scuola
secondaria di I grado. Il tasso di promozione è inferiore ri-
spetto a quello degli studenti italiani, rispettivamente pari
al 99,9% e al 97,3%, con una differenza del 3,6% nella
scuola primaria e del 6,8% nella scuola secondaria di I li-
vello. Ma è nella scuola secondaria di II livello che la diffe-
renza dei tassi di promozione tra studenti stranieri e stu-
denti italiani aumenta considerevolmente fino a raggiunge-
re il 14,4%: gli studenti stranieri promossi sono il 72,% ri-
spetto all’86,4% degli studenti italiani. Il tasso di insucces-
so scolastico degli studenti stranieri, complessivamente
pari al 28%, è così distribuito: negli istituti professionali il
32,1% degli studenti con cittadinanza non italiana non vie-
ne ammesso all’anno successivo; ciò accade per il 28,4%
negli istituti tecnici, per il 25,5 % negli istituti d’arte e nei
licei artistici e, infine, per il 19,7% nei licei classici, scientifi-
ci e magistrali. Il tasso più elevato di insuccesso scolastico
per gli studenti con cittadinanza non italiana si registra
quindi negli istituti professionali e tecnici.
Con riferimento alla concentrazione degli studenti in al-
cune città e in alcune tipologie di istituto permangono le
questioni evidenziate nel 3° Rapporto CRC. Il maggior nu-
mero di studenti stranieri si concentra nella Regione Lom-
bardia: il 24,2% del totale degli studenti con cittadinanza
non italiana. Dall’analisi della distribuzione territoriale
emerge che l’incidenza degli studenti con cittadinanza
non italiana sul totale degli studenti iscritti è pari al
10,7% in Emilia Romagna, al 10,1% in Umbria, al 9,2% in
Lombardia e al 6% in Veneto, Marche, Piemonte, Toscana
e Lazio. L’analisi della distribuzione per tipologia di scuo-
la secondaria di II grado evidenzia, inoltre, la concentra-
zione degli studenti con cittadinanza non italiana negli
istituti professionali (7,5%), negli istituti tecnici (4,1%),
negli istituti d’arte e licei artistici (2,9%) e infine nei licei
classici, scientifici, linguistici e magistrali (1,7%)586.
Per quanto concerne le politiche relative alla presenza
nelle scuole di studenti con cittadinanza non italiana si
segnala che nell’ambito delle iniziative di preparazione
al 2008, Anno europeo del dialogo interculturale587,
l’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli studenti
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
95
581 Ministero della Pubblica Istruzione Alunni con cittadinanza non
italiana – anno scolastico 2005/2006 in cui si riportavano i dati
ISTAT a gennaio 2005.
582 Nell’ambito delle risposte scritte (written replies) che l’Italia
ha dovuto fornire ai quesiti (list of issues) rivolti da parte del
Comitato ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale
sulla base del Rapporto governativo presentato nel 2005. Do-
cumenti disponibili sul sito www.ohchr.org
583 Cfr. Risposte scritte - Written replies inviate dal CIDU al Co-
mitato ONU sull’eliminazione della discriminazione razziale
(CERD), nell’ambito dell’esame dell’attuazione in Italia della
Convenzione sull’eliminazione della discriminazione razziale, a
cui ha partecipato anche una delegazione del Gruppo CRC (20-
21 febbraio 2008), disponibili in inglese sul sito
www2.ohchr.org/english/bodies/cerd/cerds72.htm.
584 Si veda oltre capitolo VII, paragrafo «Minori di minoranze
etniche: i minori rom, sinti e camminanti».
585 Per esito si intende il risultato finale conseguito dagli alunni
al termine dell’anno scolastico; è positivo se lo studente viene
ammesso alla classe successiva, negativo se non viene am-
messo. Da Alunni con Cittadinanza non Italiana – anno scola-
stico 2006/2007 Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione
Generale per gli Studi e la Programmazione e per i Sistemi
Informativi, Marzo 2008.
586 Ministero della Pubblica Istruzione - Direzione Generale per
gli Studi e la Programmazione e per i Sistemi Informativi Alunni
con Cittadinanza non Italiana – anno scolastico 2006/2007 marzo
2008.
587 2008 Anno Europeo per il dialogo interculturale, cfr.
http://ec.europa.eu/news/culture/070827_1_it.htm
stranieri e l’educazione interculturale588 ha pubblicato
«La via italiana per la scuola interculturale e
l’integrazione degli alunni stranieri»589. In tale documen-
to si ribadisce l’esigenza della promozione del dialogo e
del confronto che comporta nella pratica scolastica quoti-
diana sia l’adozione di strategie di integrazione degli stu-
denti provenienti da altri Paesi e, quando ciò sia necessa-
rio, misure di carattere speciale dirette all’esito positivo
del percorso, sia e soprattutto la scelta dell’intercultura
come «paradigma dell’identità stessa della scuola, occa-
sione di apertura a tutte le differenze (di provenienza, di
genere, di livello sociale, di storia scolastica). Tale model-
lo è noto e diffuso come la via italiana per la scuola inter-
culturale»590.
Nel corso del 2007 è stato anche approvato il finanzia-
mento di progetti diretti a promuovere l’integrazione e il
dialogo interculturale. In particolare, al fine di diffondere
sull’intero territorio pratiche di integrazione scolastica, la
Legge Finanziaria 2007 aveva istituito, presso il Ministero
della Solidarietà Sociale, un Fondo per l’inclusione socia-
le degli immigrati e dei loro familiari con una dotazione di
50 milioni di euro nel triennio 2007 – 2009591. Il piano
operativo ha previsto un’area di intervento relativa all’ac-
coglienza degli alunni stranieri e degli alunni appartenen-
ti alle comunità rom, sinti e camminanti per facilitare i
percorsi di inserimento e orientamento scolastico degli
alunni e di agevolare il rapporto tra le famiglie e le istitu-
zioni. Il Ministero della Solidarietà Sociale ha approvato il
finanziamento di progetti relativi all’accoglienza degli
alunni appartenenti alle comunità rom, sinti e camminan-
ti per un totale di € 941.551,93592. Nel mese di marzo
2008, tuttavia, tale Fondo è stato dichiarato incostituzio-
nale e, al momento della stesura del presente Rapporto,
non risulta chiaro quali saranno le conseguenze di tale
pronuncia593.
Nonostante l’intensità delle iniziative che ha caratterizza-
to la XV legislatura, le questioni connesse all’integrazione
e alla “via italiana per la scuola interculturale” sono anco-
ra al centro del dibattito. Da una ricerca pubblicata nel
febbraio 2008 emerge che, nonostante il Ministero della
Pubblica Istruzione abbia promosso programmi di forma-
zione dei dirigenti scolastici, persiste una scarsa prepara-
zione ad affrontare il rapporto con le diverse culture che
gli insegnanti lamentano per l’assenza di momenti di for-
mazione e confronto594. In particolare la ricerca mette in
evidenza e critica la mancanza di criteri condivisi che re-
golino la presenza e l’inserimento nelle classi degli alunni
di origine straniera con il risultato di un’estrema diversifi-
cazione delle situazioni tra i territori e anche all’interno di
uno stesso territorio. Inoltre la stessa “via italiana all’in-
tegrazione” continua ad essere oggetto di confronto co-
me dimostra il dibattito parlamentare sul sistema di ac-
cesso degli studenti stranieri alla scuola dell’obbligo, sui
principi e le modalità di inserimento dei minori stranieri,
sull’introduzione di test e specifiche prove di valutazione
per l’inserimento nonché sull’istituzione di classi di inse-
rimento temporaneo che consentano agli studenti che
non superano le prove e i test di frequentare corsi prepa-
ratori e propedeutici all’ingresso nelle classi permanen-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
96
4orapportodiaggiornamento2007-2008
588 L’Osservatorio per l’integrazione degli alunni stranieri e
l’educazione interculturale è stato istituito nel dicembre 2006 ed
è composto da un comitato scientifico di cui fanno parte esperti
del mondo accademico, culturale e sociale, una consulta alla
quale partecipano i principali istituti di ricerca, associazioni ed
enti che lavorano nel campo dell’integrazione degli alunni stra-
nieri e, infine, un comitato tecnico di cui fanno parte gli Uffici del
Ministero. L’Osservatorio è stato istituito con decreto ministeriale
nel dicembre 2006.
Si veda www.pubblica.istruzione.it/dgstudente/intercultura/
intercultura.shtml
589 Ministero della Pubblica Istruzione - Direzione Generale per gli
Studi e la Programmazione e per i Sistemi Informativi La via italia-
na per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stra-
nieri ottobre 2007.
590 La scuola italiana sceglie di adottare la prospettiva intercultu-
rale ovvero la via del dialogo e di confronto tra culture per tutti
gli alunni e a tutti i livelli: insegnamento, curricoli, didattica, di-
scipline, relazioni, vita della classe. Scegliere l’ottica intercul-
turale significa non limitarsi a mere strategie di integrazione
degli alunni immigrati, né a misure compensatorie di carattere
speciale. Si tratta invece di assumere la diversità come para-
digma dell’identità stessa della scuola nel pluralismo, come
occasione per aprire l’intero sistema a tutte le differenze. Trat-
to da Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni
stranieri e l’educazione interculturale La via italiana per la
scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri cit.
591 Art. 1 comma 1267 Legge 296/2006.
592 Ministro della Solidarietà Sociale di concerto con il Ministro
per i Diritti e le Pari Opportunità, direttiva del 19 dicembre
2007 recante la riattribuzione delle risorse finanziarie del Fon-
do per l’inclusione sociale degli immigrati di cui all’art. 1 com-
ma 1267-1268 Legge Finanziaria 2007 (approvata dalla Corte
dei Conti il 14 gennaio 2008).
593 Sentenza della Corte Costituzionale 50/2008, depositata il
7 marzo 2008. Secondo tale pronuncia, il Fondo riguarda i ser-
vizi sociali e l’istruzione piuttosto che politiche legate all’immi-
grazione; pertanto l’incostituzionalità deriverebbe dal fatto che
tali materie non rientrano nella competenza esclusiva dello
Stato, ma in quella delle Regioni. Si veda infra capitolo I, para-
grafo «Le risorse destinate all’infanzia e all’adolescenza in Ita-
lia».
594 Censis Immigrati a scuola 2007. Il 75,9% degli insegnanti
intervistati ha dichiarato di avere una scarsa preparazione ri-
spetto a culture diverse. Il principale problema segnalato dai
docenti relativo all’inserimento scolastico di alunni stranieri è
la carenza del supporto dei mediatori (83,5%).
L’indagine è consultabile previa iscrizione sul sito
www.censis.it
ti595. Si osserva infine che, come in passato, manca un’at-
tenzione dedicata ai bambini e gli adolescenti con disa-
bilità di origine straniera596.
c) Il diritto all’istruzione per i minori
adottati
Il Gruppo CRC ha monitorato l’attuazione del diritto all’i-
struzione dei minori adottati a scuola già nel 1° Rapporto
CRC597. Nel corso di questi ultimi anni, parallelamente alla
crescita del numero di adozioni internazionali, è aumenta-
to il numero di studenti adottati presenti nelle scuole ita-
liane598 ed i minori che arrivano in Italia a scopo di adozio-
ne sono di età sempre più elevata599, alcuni quindi già in
età scolare. Di conseguenza la scuola diventa attore di fon-
damentale importanza nel loro percorso di inserimento. Da
un lato infatti l’ingresso a scuola si arricchisce di comples-
sità per i minori adottati, che portano con sé esperienze
particolarmente dolorose e storie difficili, dall’altro la scuo-
la si trova spesso impreparata ad affrontare il mondo del-
l’adozione.
L’attenzione da parte degli insegnanti per le peculiarità
dei minori adottati, quando si rileva, si ferma al momento
dell’inserimento, perdendo così l’occasione di essere un
fattore costante. Gli insegnanti risultano poco disponi-
bili600 ad affrontare il tema dell’adozione o ad utilizzare la
storia personale del minore adottato, in alcuni casi poiché
si sentono impreparati ad affrontare il tema, in altri in
quanto lo sottovalutano. Risulta pertanto evidente la ne-
cessità di predisporre momenti formativi e di approfondi-
mento dedicati agli insegnanti al fine di fornire loro stru-
menti adeguati ad affrontare il tema dell’adozione. Per
questo motivo è fondamentale «sviluppare maggiore si-
nergia e integrazione tra le scuole e gli Enti, che seguono
l’adozione, e i servizi sociali degli Enti Locali, ponendo al
centro la responsabilità e la partecipazione della famiglia
adottante»601 ed è quindi auspicabile da parte delle Regio-
ni la predisposizione all’interno dei protocolli regionali che
regolano la materia adottiva in ambito locale,
l’inserimento di una sezione dedicata alla scuola nei per-
corsi di post adozione. Si segnala infine la scarsità di rife-
rimenti all’adozione nei libri di testo scolastici della
scuola primaria. Questo aspetto assume rilevanza sotto
due punti di vista: da un lato lo studente adottato non tro-
va nei libri utilizzati a scuola alcun riferimento rispetto alla
propria realtà; in secondo luogo gli insegnanti non hanno
l’opportunità di usufruire di uno strumento come il testo
didattico per affrontare l’argomento.
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
97
595 Camera dei Deputati, Seduta n. 183 del 4 luglio 2007 Mozio-
ni sulla riorganizzazione del sistema scolastico italiano in rela-
zione al fenomeno dell’immigrazione disponibile sul sito
www.camera.it
596 Sidoli R. La famiglia straniera con un figlio disabile: strate-
gie inclusive a scuola in Cairo M. Pedagogia e didattica specia-
le per educatori e insegnanti nella scuola Vita e Pensiero, Mila-
no, 2006, pagg. 81-101.
L’inclusione scolastica del bambino/adolescente disabile di
origine straniera merita e chiede, alla luce della situazione ita-
liana, una riflessione specifica. Quanto avviene nel nostro Pae-
se, a favore di bambini e adolescenti con disabilità, provenienti
da ambienti culturalmente diversi, è generalmente opera della
sensibilità e dell’impegno di insegnanti, educatori, operatori
delle strutture sanitarie e riabilitative, volontari dei servizi del-
l’extrascuola, più che di una pianificazione consapevole del-
l’Amministrazione scolastica e dei servizi del territorio. Si ren-
de necessario per l’integrazione e l’inclusione di un bambi-
no/adolescente con disabilità di origine straniera: conoscere la
cultura di appartenenza e il contesto di vita attraverso le lenti
del dialogo interculturale, sollecitando la comprensione delle
differenze, ma anche e soprattutto delle somiglianze; una dia-
gnosi chiara sulla tipologia di difficoltà, che definisca, una li-
nea di demarcazione fra natura-incidenza del disturbo e le
complicazioni secondarie dovute alla diversità culturale e lin-
guistica; la presenza di mediatori culturali; come per il bambi-
no e adolescente con disabilità di origine italiana è necessaria
la collaborazione con i servizi del territorio con un approccio
globale al bambino e all’adolescente e la condivisione, tra tutti
i soggetti, del progetto educativo.
597 1° Rapporto CRC, 2005, pag. 13.
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Ministero della Pubblica Istruzione di monitorare la
scolarizzazione dei minori stranieri e dei minori rom, in
particolare della componente femminile e con riferimen-
to alla presenza della popolazione per fasce d’età;
2. Al Ministero della Pubblica Istruzione di continuare a
promuovere programmi e misure di sostegno, anche ex-
trascolastiche dirette a garantire un’effettiva scolarizza-
zione dei minori stranieri e dei minori rom, in particolare
della componente femminile;
3. Al Ministero della Pubblica Istruzione di promuovere
l’adozione di indicatori di integrazione che tengano con-
to non soltanto dei risultati scolastici e della competen-
za linguistica ma anche delle relazioni in classe (benes-
sere/disagio).
598 Rapporto della Commissione per le Adozioni Internazionali,
febbraio 2008.
599 I minori adottati in Italia attraverso l’adozione internaziona-
le a partire dal giugno 2000 fino a giugno 2007 sono 16.604. Il
35% dei minori, al momento dell’ingresso in Italia, si collocava
nella fascia di età tra i 5 e i 9 anni. La provenienza del 90% dei
minori adottati con adozione internazionale si concentra in 15
Paesi, per i quali l’età media risulta essere 5 anni, con un mini-
mo di 1 anno e 6 mesi fino a un massimo di oltre 11 anni. Fonte:
Rapporto statistico CAI, giugno 2007.
600 Chistolini M. Scuola e Adozione. Linee guida e strumenti
per operatori, insegnanti, genitori Ed. Franco Angeli, 2006;
Guerrieri O. Oggi a scuola è arrivato un nuovo amico Ed. Ar-
mando, 2003.
601 Circolare USR Emilia Romagna 6 febbraio 2007: Azione di
accoglienza scolastica per alunni e alunne adottati, Percorsi di
post adozione.
d) Somministrazione dei farmaci a
scuola e assistenza sanitaria
scolastica
Nel mese di marzo 2008 il Ministero della Salute ha invia-
to alla Camera e al Senato602 la Relazione sullo stato sa-
nitario del Paese relativa agli anni 2005-2006 dalla quale
emerge che le allergie continuano ad occupare il terzo
posto come causa di malattia cronica603. I dati relativi al-
la prevalenza e all’incidenza di queste patologie in età
pediatrica si riferiscono agli studi condotti dallo studio
SIDRIA604 e già riportati nel 3° Rapporto CRC.
Nel corso del Convegno «Terza Giornata del Bambino Al-
lergico» tenutosi a Roma nel mese di febbraio 2008 è sta-
to sottolineato inoltre come in Italia si è passati da un
10% della popolazione che nel 1950 soffriva di una mani-
festazione allergica alla frequenza attuale di oltre il 30%
comprensivo di bambini e ragazzi605. È evidente che la
promozione di iniziative, anche di tipo legislativo, atte a
garantire nell’ambiente scolastico un’assistenza qualifi-
cata per la presa in carico e, in caso di necessità, per la
somministrazione dei farmaci per questa fascia di popo-
lazione pediatrica, alla quale si aggiungono i tanti bambi-
ni affetti da altre malattie croniche e/o rare, debba essere
messa nell’agenda politica delle istituzioni scolastiche e
sanitarie.
Ancora oggi si segnala, come già evidenziato nel 3° Rap-
porto CRC606, che la tutela di questo diritto viene disatte-
sa e moltissime famiglie si trovano a dover affrontare
estenuanti battaglie, per veder garantito il diritto a far
frequentare la scuola ai loro figli senza che questo com-
porti rischi per la loro salute.
In Italia, le professionalità sanitarie continuano a non es-
sere previste nell’organico del personale scolastico a dif-
ferenza di quanto avviene negli Stati Uniti607 e in alcuni
Paesi europei. Nel 2002, a tutela del diritto allo studio e
alla salute, il Tribunale del Lavoro di Roma ha emesso
una sentenza storica608 in quanto per la prima volta in
Italia è stato assegnato ad un alunno affetto da una grave
sindrome allergica un infermiere con compiti di assisten-
za sanitaria per la somministrazione dei farmaci in caso
di necessità, presente nella scuola per tutto l’orario di
frequenza scolastica del bambino (comprese le uscite di
studio). A seguito di ulteriori sentenze emesse in altre
Regioni italiane609, nel novembre del 2005 anche il Mini-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
98
4orapportodiaggiornamento2007-2008
602 Come previsto dal Decreto Legislativo 229/1999.
603 Fonte dati: ISTAT, condizioni di salute e ricorso ai servizi sa-
nitari, periodo di riferimento anno 2005, www.istat.it
604 SIDRIA fase 1 (anni 1994/1995) e fase 2 (2002), Studi Italia-
ni sui Disturbi Respiratori e l’Ambiente, progetto italiano realiz-
zato nell’ambito del progetto mondiale ISAAC.
605 Cavagni G., Frateiacci S., Reali L., Ugazio A.G. Terza Giorna-
ta del Bambino Allergico, Conoscere, Ascoltare, Assistere il
bambino allergico e la sua famiglia Roma 8-9 Febbraio2008;
Prevalence of Asthma and Allergies Among Children and Adole-
scents in Italy: 1994-2002, Pediatrics 2006; Sampson HA. Food
allergy. Part I: Immunopathogenesis and clinical disorders in J
Allergy Clin Immunol 1999.
606 3° Rapporto CRC 2007, pag. 71.
607 Il ruolo dell’assistente sanitario scolastica nel fornire servizi
sanitari scolastici. Howard L. Taras, MD, Chairperson,Barbara
L. Frankowski, MD, MPH, Jane W. McGrath, MD, Cynthia Mears,
DO Robert D. Murray, MD, Thomas L. Young, MD Pediatrics
2001, Vol 13 n. 6.
608 Ordinanza cautelare del Tribunale del Lavoro di Roma sen-
tenza 2779 /2002 e successiva sentenza definitiva: dispositivo
n. 809 del 15 gennaio 2004. L’ordinanza cautelare confermata
dalla successiva sentenza definitiva afferma due principi im-
portanti: 1. La Asl non deve realizzare solo prevenzione sanita-
ria “collettiva”, ma anche “individuale”, infatti «in particolare
l’art. 2 della L. 833/78 stabilisce che il conseguimento delle fi-
nalità di tutela del diritto individuale e dell’interesse collettivo
alla salute è assicurato anche mediante la prevenzione delle
malattie in ogni ambito e la promozione della salute nell’età
evolutiva, garantendo l’attuazione dei servizi medico-scolastici
negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e
grado, a partire dalla scuola materna, e favorendo con ogni
mezzo l’integrazione dei soggetti handicappati»; 2. gli alunni
con disabilità hanno diritto, anche se in condizione di salute
precaria, alla frequenza delle scuole comuni che non può esse-
re sostituita dal ricovero presso scuole operanti in day
hospital. Afferma infatti il Tribunale: «a fronte dei precisi obbli-
ghi di integrazione dei minori portatori di handicap nelle classi
comuni delle scuole sanciti dalla legge, il diritto all’istruzione
del minore ed inserimento nella scuola ordinaria può essere at-
tuato solo garantendo la presenza di personale sanitario in
grado di riconoscere e di intervenire tempestivamente nell’e-
ventualità di reazioni allergiche a carico del minore, la cui in-
sorgenza e gravità è, come comprovato dalla documentazione
sanitaria in atti, del tutto improvvisa ed imprevedibile».
609 Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Sezione Lavoro R.G.
n. 12287/04. R. Ord. n. 846/04; Tribunale di Ancona, Sezione
I, R.G. n. 100196/05.
Alla luce di tali considerazioni il Gruppo CRC racco-
manda:
1. Alle Regioni di prevedere all’interno dei protocolli regionali
in materia di adozione una sezione dedicata alla scuola;
2. Al Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione Gene-
rale per il Personale della Scuola di realizzare percorsi di
formazione per gli insegnanti per dar loro strumenti idonei
per trattare il tema dell’adozione, in collaborazione con le
famiglie e con le realtà che sul territorio si occupano di
adozione;
3. Al Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione Gene-
rale per gli Ordinamenti Scolastici di sollecitare gli editori
ad inserire nei testi scolastici il tema dell’adozione in modo
che gli insegnanti abbiano uno strumento a disposizione
per affrontare l’argomento e gli alunni adottati ritrovino nei
testi scolastici riferimenti alla propria realtà.
stero della Pubblica Istruzione e il Ministero della Salute
hanno recepito l’importanza e la necessità di professio-
nalità sanitarie nell’organico scolastico come si evince
dall’emanazione congiunta delle raccomandazioni conte-
nute nelle «Linee guida per la somministrazione dei far-
maci durante l’orario scolastico»610. Grazie all’impegno e
all’operato delle associazioni611 in questi anni, nel mese
di novembre del 2007, è stato raggiunto un primo obietti-
vo molto importante: nella Regione Lazio è stata presen-
tata una proposta di legge regionale per l’«Istituzione di
Presidi Sanitari Scolastici e norme per la prevenzione ed
il controllo delle malattie allergiche e dell’asma bron-
chiale»612 che prevede la presenza nella scuola, durante
tutto l’orario scolastico, di personale sanitario qualificato
in grado di intervenire immediatamente per la sommini-
strazione dei farmaci salvavita per i bambini affetti da
malattie allergiche ed asma, per i bambini affetti da ma-
lattie croniche e/o rare e per l’assistenza a tutta la popo-
lazione scolastica per il primo soccorso in caso di emer-
genza e/o infortunio. Tale proposta di legge mira a risol-
vere i problemi organizzativi, gestionali, legali ed etici
connessi alla necessità di tutelare la salute degli alunni
affetti da malattie croniche e rare e più in generale di tut-
te le persone che studiano e lavorano nella scuola. Al
personale del Presidio Sanitario Scolastico infatti si rico-
nosce un importante ruolo di riferimento e di collegamen-
to tra tutti gli attori coinvolti nel programma di tutela del-
lo studente che necessita di assistenza sanitaria durante
l’orario scolastico in quanto, oltre alla “presa in carico”
degli studenti ha in carico anche la gestione dei collega-
menti con le unità di emergenza urgenza (118) e provve-
de, quando necessario, alle richieste di intervento di tale
servizio. Egli inoltre assolve alla funzione di referente tra
la famiglia, la scuola, la ASL e, ove presente, il diparti-
mento della medicina preventiva scolastica; collabora
inoltre con il personale scolastico nell’ideazione e realiz-
zazione dei programmi di educazione alla salute, con le
strutture socio/sanitarie territoriali e regionali di riferi-
mento per il controllo del rispetto delle diete prescritte in
caso di allergie alimentari o di altre problematiche legate
all’alimentazione e, quando a ciò preposto, partecipa alla
rilevazione di dati epidemiologici e di screening. La pre-
senza del personale sanitario qualificato potrà altresì fa-
cilitare il superamento delle difficoltà di accesso al servi-
zio sanitario delle famiglie disagiate e degli immigrati al-
leggerendo il peso ad esse causato dalla malattia e ulte-
riormente gravato dalla difficoltà di integrazione nel tes-
suto sociale e dalla loro situazione di disagio economico.
Al momento della stesura del presente Rapporto la pro-
posta di legge regionale è all’esame della Commissione
Sanità della Regione Lazio. Si segnala che nelle more del-
l’approvazione della proposta, con l’obiettivo di rispon-
dere alle esigenze degli alunni di una scuola elementare
affetti da gravi forme allergiche a rischio di anafilassi, il
XIII Municipio di Roma (Ostia) ha recepito le indicazioni in
essa contenute ed ha istituito nel mese di febbraio 2008
il primo Presidio Sanitario Scolastico.
Un ulteriore progresso nella tutela della salute di tutti gli
studenti e del personale che opera nella scuola è rappre-
sentato dall’insediamento nel mese di settembre 2007,
presso il Ministero della Salute, di un gruppo di lavoro
con il compito di aggiornare ed integrare i contenuti del
documento emanato nel 2001 «Linee Guida per la preven-
zione ambientale dei fattori di rischio indoor per allergia
e asma. Programma specifico di prevenzione ambientale
nelle scuole» alla luce delle nuove conoscenze in materia.
I risultati del lavoro di aggiornamento dovrebbero essere
resi noti nel corso del primo semestre del 2008613.
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
99
610 Ministero della Pubblica Istruzione, Nota n. 2312 del 25 no-
vembre 2005.
611 Federazione delle Associazioni dei pazienti allergici e asma-
tici e dalle Associazioni regionali ad essa aderenti
www.federasma.org
612 Regione Lazio Legislatura VIII - Consiglio Regionale del La-
zio, proposta di legge n. 342 del 15 novembre 2007, Istituzione
di Presidi Sanitari Scolastici e norme per la prevenzione ed il
controllo delle malattie allergiche e dell’asma bronchiale.
613 «Linee guida per la tutela e la promozione della salute negli
ambienti confinati» G.U. n. 276 del 27 novembre 2001, supple-
mento ordinario n. 252 Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bol-
zano che indicano i criteri e le modalità di controllo dell’aria in-
door relativamente al rischio allergologico negli ambienti do-
mestici e pubblici con una proposta di programma specifico
per le scuole.
614 Legge 104/1992 «Legge quadro per l’assistenza,
l’integrazione e i diritti delle persone handicappate».
Pertanto alla luce di tali considerazioni il Gruppo
CRC raccomanda:
1. Alla Regione Lazio di approvare quanto prima la proposta
di legge e di proseguire, nelle more dell’approvazione
della legge, alla istituzione dei presidi sanitari scolastici
in quelle scuole dove sono presenti alunni a rischio di
gravi danni alla salute garantendo loro l’assistenza sani-
taria per la somministrazione dei farmaci e il primo soc-
corso nel rispetto della Legge 328/2000 e della Legge
104/1992614; nonché alle altre Regioni italiane di legifera-
re in merito riprendendo la proposta di legge presentata
nella Regione Lazio;
e) La dispersione scolastico formativa
Rispetto a quanto evidenziato nel 3° Rapporto CRC, la no-
vità più rilevante attuata a partire dall’anno scolastico in
corso al momento della stesura del presente Rapporto, è
senz’altro l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 an-
ni, previsto dalla Legge Finanziaria 2007616 e regolamenta-
to con Decreto 139/2007617. La decisione di impartire
l’istruzione obbligatoria per almeno 10 anni ha come scopo
quello di indirizzare i ragazzi verso il conseguimento di un
titolo di studio di scuola superiore o di una qualifica pro-
fessionale di durata almeno triennale618 e si colloca all’in-
terno della più ampia cornice europea che prevede di in-
centivare l’impegno di ciascun Governo nel campo dell’i-
struzione e della formazione iniziale affinché tutti i giovani
abbiano accesso agli strumenti per sviluppare una crescita
personale e professionale. L’innalzamento dell’obbligo
scolastico, secondo il Ministero della Pubblica Istruzione
(MPI), è un primo passo verso la trasformazione dell’istru-
zione obbligatoria in un sistema maggiormente fondato
sulla trasmissione dei saperi e delle competenze619. In
particolare, il documento tecnico allegato al Decreto
139/2007 fa riferimento allo sviluppo e all’aggiornamento
delle “competenze chiave” contenute nella Raccomanda-
zione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 di-
cembre 2006620. Il Decreto 139/2007 contiene inoltre indi-
cazioni per le istituzioni scolastiche riguardo all’orienta-
mento dei giovani e delle loro famiglie, la formazione dei
docenti, il sostegno, il monitoraggio e la certificazione dei
percorsi sperimentali relativi ai saperi e alle competenze
che si devono maturare nel percorso dell’obbligo. Le no-
vità introdotte esprimono un approccio culturale che pun-
ta a diffondere atteggiamenti positivi verso
l’apprendimento: stimolando la curiosità, la motivazione e
l’attitudine alla collaborazione degli allievi si può forse
evitare la disaffezione che talvolta i ragazzi maturano nei
confronti della scuola e che, combinata con altri fattori so-
ciali e personali, porta ad un allontanamento definitivo
dal percorso di formazione scolastica.
Dal momento che l’anno scolastico 2007/2008 costituisce
il primo anno di attivazione di questi percorsi, nonché del-
l’innalzamento dell’obbligo scolastico621, il loro reale impat-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
100
4orapportodiaggiornamento2007-2008
615 Dlgs. 626/1992 «Legge quadro sulla sicurezza sui luoghi di
lavoro».
616 Art. 1 comma 622, 623 e 624 Legge 296/ 2006.
617 Decreto Ministeriale 139/2007, Regolamento recante norme
in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione.
618 Fino al compimento del 18° anno di età inoltre vi è il dirit-
to/dovere alla formazione di cui al Decreto 76/2005.
619 Ministero della Pubblica Istruzione Il nuovo obbligo di istruzio-
ne: cosa cambia nella scuola. Agenzia nazionale per lo sviluppo
dell’autonomia scolastica Firenze, 2007.
620 Tali competenze sono: comunicazione nella madre lingua, co-
municazione nelle lingue straniere, competenza matematica, com-
petenza di base in scienza e tecnologia, competenza digitale, im-
parare ad imparare, competenze sociali e civiche, spirito di iniziati-
va ed imprenditorialità, consapevolezza ed espressione culturale.
Cfr. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/oj/2006/l_394/
l_39420061230it00100018.pdf. Affinché gli studenti siano in grado
di sviluppare tali competenze, il MPI propone di strutturare i per-
corsi di apprendimento negli anni dell’obbligo scolastico attorno a
quattro assi culturali: l’asse dei linguaggi, l’asse matematico,
l’asse scientifico-tecnologico e l’asse storico-sociale.
621 La sperimentazione sarà fatta negli anni scolastici 2007/2008
e 2008/2009 in vista della sua messa regime nel quadro della
piena attuazione dei nuovi ordinamenti del primo e del secondo
ciclo di istruzione e formazione a partire dall’anno scolastico
2009/2010.
2. Al Ministero della Salute e al Ministero della Pubblica
Istruzione, nell’ambito delle rispettive competenze, di at-
tivare una sorveglianza epidemiologica per raccogliere
dati, a partire dagli asili nido, circa le necessità di assi-
stenza sanitaria della popolazione scolastica e le espe-
rienze in atto in varie realtà italiane; valutare l’efficacia
dei corsi attualmente in vigore per il primo soccorso nelle
scuole in attuazione della Legge 626/1994615 e successivi
decreti attuativi, nonché quello dei corsi specifici, dove
realizzati, per la formazione del personale scolastico vo-
lontario alla somministrazione dei farmaci a scuola, al fi-
ne di verificare la capacità di intervento in emergenza
realmente maturata dal personale volontario scolastico;
3. Al Governo, al Ministero della Pubblica Istruzione e alle
Amministrazioni regionali e locali nell’ambito delle ri-
spettive competenze, di adottare le «Linee guida per la
tutela e la promozione della salute negli ambienti confi-
nati» e rispettare le indicazioni e le modalità di controllo
della qualità dell’aria indoor relativamente al rischio aller-
gologico negli ambienti scolastici tenendo conto degli ag-
giornamenti che saranno indicati dal gruppo di lavoro isti-
tuito presso il Ministero della Salute.
44. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di:
(a) intensificare gli sforzi per contenere il tasso di ab-
bandono scolastico nell’istruzione secondaria;
(b)adottare tutte le misure necessarie per eliminare le
disparità nel rendimento scolastico tra maschi e
femmine, tra bambini provenienti da ambienti so-
ciali, economici e culturali diversi per garantire a
tutti i bambini un’istruzione di qualità.
[…]
(CRC/C/15/Add.198, punto 44 lett. a, b)
to potrà essere valutato solo a partire dai prossimi anni622.
Sebbene l’attenzione al tema della dispersione scolastico
formativa sia molto viva, non è stato ancora realizzato un si-
stema informatico sistematizzato e condiviso che permetta
di quantificare con esattezza l’ampiezza del fenomeno. Nel
corso degli ultimi anni il MPI ha costituito un’anagrafe na-
zionale degli studenti623, strumento che potenzialmente
permette di monitorare l’incidenza dei ragazzi che escono
dal circuito dell’istruzione, ma che al momento della stesu-
ra del presente Rapporto non è ancora stato integrato con i
dati delle scuole non statali e tanto meno raccordato con le
anagrafi regionali e territoriali (laddove presenti624) relative
ai ragazzi che frequentano corsi di formazione o lavorano in
apprendistato. Attualmente, quindi, l’anagrafe nazionale
fornisce solo fotografie statiche degli iscritti nelle diverse
scuole pubbliche di ogni ordine e grado, mentre in prospet-
tiva, se messo in rete, potrà consentire di monitorare il per-
corso formativo di ogni singolo allievo e di elaborare il fasci-
colo elettronico dell’alunno.
Per tracciare i contorni del fenomeno dispersione è possibi-
le, però, utilizzare dati aggiornati, provenienti da fonti diver-
se, che fanno riferimento ad indicatori condivisi a livello na-
zionale ed internazionale.
∏ I dati ISTAT625
Secondo le rilevazioni ISTAT gli early school leavers sono
circa 900mila. In altri termini i giovani che abbandonano
prematuramente gli studi sono il 20,6% della popolazione
tra i 18 e i 24 anni, con un’incidenza nella componente ma-
schile maggiore di quella femminile (rispettivamente il
23,9% e il 17,1%). Seppur in calo negli ultimi anni (22,9%
nel 2004 e 22,4% nel 2005), il tasso di ragazzi tra i 18 e i 24
anni in possesso della sola licenza media e definitivamente
fuori dai circuiti formativi registrato in Italia è superiore a
quello medio europeo pari al 14,9% e ancora molto lontano
dall’obiettivo fissato a Lisbona nel 2000. Analizzando il da-
to a livello territoriale si osservano importanti differenze:
nella Provincia Autonoma di Bolzano si registra l’incidenza
più bassa (10,5%) seguita dalla Regione Lazio (12,3%); al
contrario i tassi più alti si registrano in Sardegna (28,3%) e
in Sicilia (28,1%). L’ISTAT rileva, inoltre, che la frequenza
della dispersione scolastica è influenzata, oltre che dalle ca-
ratteristiche dell’offerta formativa, da fattori legati all’am-
biente sociale ed economico di appartenenza del giovane.
In particolare, rispetto alle caratteristiche socioculturali del-
la famiglia di origine, si evidenziano incidenze maggiori di
abbandoni precoci laddove il livello di istruzione o quello
professionale del capofamiglia sono più bassi: circa l’87%
dei giovani usciti dalla scuola prematuramente proviene da
famiglie dove la persona di riferimento ha al più la licenza
media; tra i “dispersi” si rileva una maggiore incidenza di
capofamiglia che esercitano la professione di operaio
(36%); il 26,8% dei giovani usciti dalla scuola prematura-
mente ha almeno un familiare disoccupato (di contro il 15%
di coloro che non abbandonano gli studi).
∏ I dati PISA-OCSE626
L’ultima indagine PISA-OCSE del 2006 non dà segnali posi-
tivi sulla qualità degli apprendimenti degli studenti
italiani: aumenta la quota di coloro che dimostrano scarse
competenze in lettura627, 26,4% (23,9% nel 2003 e 18,9%
nel 2000), mentre diminuisce la quota di studenti con ele-
vate competenze (22,7% contro il 24,8% nel 2000). Analo-
go l’andamento dei dati rilevati rispetto alle competenze
matematica628: crescono quelli con scarse competenze in
matematica (32,8% nel 2006 di contro il 31,9% nel 2003) e
si riduce la percentuale di studenti con elevate competenze
(19,6% nel 2006 di contro il 20,5% nel 2003).
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
101
622 Il Ministero della Pubblica Istruzione si avvarrà dell’assistenza
dell’Agenzia per lo sviluppo dell’autonomia scolastica e dell’Isti-
tuto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istru-
zione e formazione – Invalsi, per monitorare e valutare i risultati
della sperimentazione.
623 L’anagrafe degli studenti fa parte del SIDI – Sistema infor-
mativo nazionale.
624 Ad esempio: Regioni Emilia Romagna, Toscana, Trentino Al-
to Adige, Marche; le Province di Roma, Torino, Reggio Emilia; il
Comune di Genova.
625 L’indicatore che viene utilizzato per dar conto del fenomeno
della dispersione in ambito europeo è calcolato ricorrendo alla
rilevazione sulle forze lavoro dell’ISTAT. L’indice si traduce con
la quota di 18-24enni che hanno conseguito un titolo di studio
al massimo ISCED 2 (scuola secondaria di primo grado) e che
non partecipano ad attività di educazione o formazione sul to-
tale della popolazione 18-24enne. Fonti: i) ISTAT Rapporto An-
nuale 2006; ii) ISTAT Indicatori di contesto chiave e variabili di
rottura gennaio 2008.
626 Il progetto Programme for Internazionali Student Assessment
(PISA) promosso e sviluppato dall’OCSE valuta la capacità dei
quindicenni europei di utilizzare conoscenze ed abilità, apprese
durante l’esperienza scolastica e di vita, per risolvere problemi e
compiti che vanno oltre la scuola. I dati sono disponibili sul sito:
www.pisa.oecd.org
627 PISA definisce la competenza di letteratura (Reading Literacy)
come la comprensione e l’utilizzazione di testi scritti e la riflessio-
ne su di essi al fine di raggiungere i propri obiettivi, sviluppare le
proprie conoscenze e potenzialità e svolgere un ruolo attivo nella
società. Le prestazioni degli studenti rilevate da PISA vengono ri-
portate su una scala complessiva di reading literacy suddivisa in
5 livelli.
628 PISA definisce le competenze in matematica (Mathematical Li-
teracy) come la capacità dell’individuo nel capire il ruolo della
matematica nel mondo, di formulare giudizi matematici fondati e
di utilizzare la matematica nella vita presente e futura, quale cit-
tadino attivo, impegnato e razionale. Le prestazioni degli studenti
rilevate da PISA vengono riportate su una scala complessiva di
mathematical literacy suddivisa in 5 livelli.
∏ I dati del Ministero della Pubblica Istruzione629
Sebbene il tasso di scolarità della fascia 6-18 anni nell’anno
scolastico 2006/2007 sia salito al 96,2%, i dati sugli esiti
degli scrutini e degli esami di Stato delle scuole secondarie
di I e di II grado, pubblicati nell’ultima rilevazione statistica
del MPI, riportano un aumento delle bocciature nell’ultimo
anno: nella scuola secondaria di I grado i ragazzi non am-
messi alla classe successiva sono pari al 3% (+0,7% rispet-
to all’anno scolastico precedente). In particolare sono au-
mentati i bocciati al termine del primo ciclo di istruzione,
che percentualmente sono passati dall’0,3% al 2,1%630;
nella scuola secondaria di II grado i non ammessi alla classe
successiva rappresentano il 13,7% con un aumento rispetto
all’anno precedente dello 0,6%. Gli studenti dei licei classici
e linguistici presentano il più basso tasso di bocciatura (ri-
spettivamente il 5,7% e il 6,1%), mentre le percentuali più
alte si concentrano negli istituti professionali (21,5%) e nei
tecnici (17,1%). Al termine del secondo ciclo, il tasso di di-
ploma si attesta al 97,3%, risultato superiore a quello del-
l’anno precedente (96,6%). Tuttavia, occorre rilevare che il
MPI ha modificato la normativa relativa all’ammissione al-
l’esame di Stato631 per cui alla percentuale di esaminati non
diplomati si deve aggiungere anche la percentuale di stu-
denti che non sono stati ammessi all’esame, pari al 4% dei
frequentanti.
Dal punto di vista territoriale, la più alta incidenza di non
ammessi si registra nelle Isole: 5,3% nelle scuole seconda-
rie di I grado e 21,2% nelle scuole secondarie di II grado.
La dispersione, intesa come scarso o mancato rendimento,
può essere misurata oltre che dai tassi di bocciatura anche
dalla percentuale di studenti promossi con uno o più debiti
formativi. La presenza maggiore di studenti con debito si ri-
leva negli istituti professionali e tecnici dove rispettivamen-
te il 41,1% e il 39,5% si aggiungono alla quota già consi-
stente dei non ammessi. A prescindere dalla tipologia di
scuola frequentata, le materie nelle quali si registra il mag-
gior tasso di debiti formativi sono la matematica e le lingue
straniere. Per concludere questa rassegna di dati, si rileva
come in tutti i tipi di scuola e nei diversi gradi i risultati delle
ragazze siano nettamente superiori rispetto a quelli dei ra-
gazzi: il 21% delle ragazze raggiunge risultati brillanti con
punteggi superiori a 91% a fronte di un 12,3% dei maschi;
l’80% delle ragazze si diploma entro i 19 anni di contro il
69% dei ragazzi.
Sebbene negli ultimi anni il trend degli abbandoni scolastici
sia in calo, la qualità degli apprendimenti risulta ancora
scarsa ed i segnali di dispersione differita (come ad esem-
pio le bocciature e le interruzioni del percorso scolastico)
sono sempre più frequenti. In attesa di rilevare l’impatto dei
cambiamenti didattici introdotti dal Ministero della Pubbli-
ca Istruzione, è necessario ricordare che negli ultimi anni le
associazioni del Terzo Settore hanno collaborato con le
scuole progettando e realizzando attività di contrasto alla
dispersione scolastica basate su una filosofia orientata alla
partecipazione e alla responsabilizzazione dei giovani. Soli-
tamente affrontando il tema della dispersione scolastica ci
si focalizza in primis sugli aspetti didattici senza dar troppa
rilevanza a quelli sociali e relazionali del fenomeno, tanto è
vero che i “rimedi” studiati e proposti vanno principalmente
nella prima direzione. Il sostegno didattico e la relazione di
aiuto con un adulto di riferimento (ad esempio, docente o
altra figura) sono azioni importanti, ma non sufficienti, che
possono essere affiancate alla socializzazione con i pari e
alla realizzazione di attività che permettano ai ragazzi di ac-
quisire abilità personali legate alla socializzazione e volte al
raggiungimento di competenze adattive per affrontare au-
tonomamente i momenti di passaggio (a volte faticosi) delle
varie fasi dell’età evolutiva. Così come dimostrano alcune
ricerche sulla dispersione scolastica632, promuovendo la
socializzazione e il contatto tra ragazzi con difficoltà e ra-
gazzi che non ne presentano, si contrasta in modo più effi-
cace e radicale il fenomeno della dispersione633.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
102
4orapportodiaggiornamento2007-2008
629 Ministero della Pubblica Istruzione Notiziario sulla scuola
primaria e secondaria di I e II g rado. Anno scolastico
2006/2007; Ministero della Pubblica Istruzione Rilevazione su-
gli scrutini ed esami di Stato conclusivi del I e II ciclo. Anno
scolastico 2006/2007.
630 Il Decreto Legislativo 59/2004, e la successiva Circolare Mi-
nisteriale n. 28 del 15 marzo 2007, ha previsto, per gli esami di
Stato conclusivi del primo ciclo di istruzione a partire dall’a.s.
2006/2007, l’ammissione a sostenere l’esame di tutti i fre-
quentati il terzo anno, indipendentemente dalla valutazione
degli apprendimenti, con l’unica condizione del raggiungimen-
to di almeno tre quarti dell’orario annuale. Il cambiamento nor-
mativo ha prodotto un aumento dei ragazzi non licenziati, che
fino all’anno precedente venivano classificati in parte come
non ammessi all’esame.
631 La Legge 1/2007, modificando la Legge 425/1997, ha ripri-
stinato il giudizio di ammissione all’esame di Stato conclusivo
del secondo ciclo di istruzione.
632 Durlak J. A. Successful prevention programs for children and
adolescents Plenum Press, New York, 1998.
633 Come buona prassi si segnala l’esperienza dell’associazione
Passo dopo passo…insieme, nel Comune di Milano rispetto alla
presenza pomeridiana di ragazzi delle scuole medie, anche con
difficoltà di apprendimento; caratterizzano l’intervento elementi
educativi quali: un ambiente variegato dal punto di vista delle
esperienze scolastiche e personali; la costruzione di costruzione
di una fitta rete di relazioni con tutti i soggetti che ruotano intor-
no al ragazzo, famiglia, scuola, agenzie di riabilitazione, servizio
sociale, oratori; la centralità del minore nelle scelte sulle attività
da svolgere; l’ottica promozionale e non preventiva. Maggiori
informazioni sul sito www.passodopopassoinsiemeonlus.org
f) Il diritto alla sicurezza negli
ambienti scolastici
Rispetto a quanto evidenziato nel 3° Rapporto CRC634, si
segnala che persistono notevoli criticità per quanto ri-
guarda la sicurezza di bambini e adolescenti nelle scuole.
Sulla base dei dati ufficiali in materia di certificazioni de-
gli edifici scolastici635, due scuole su cinque sono prive
della certificazione di agibilità statica. Il quadro diventa
più preoccupante per quanto riguarda la certificazione di
agibilità igienico-sanitaria che le ASL dovrebbero rilascia-
re: ne sono sprovvisti sei edifici su sette. Quasi due terzi
degli edifici non sono in possesso del visto di conformità
dei Vigili del Fuoco. La sicurezza tende a decrescere spo-
standosi da Nord a Sud. Secondo l’indagine condotta da
un’associazioni italiana636 nel 2007 su un campione si-
gnificativo di edifici scolastici è aumentata la percentuale
delle scuole che non hanno le necessarie certificazioni: il
41% delle scuole monitorate non ha il certificato di agibi-
lità statica, il 43% di quello igienico-sanitario, il 52%
quello di prevenzione incendi637. L’Anagrafe dell’Edilizia
scolastica, avviata circa 3 anni fa dal Ministero della Pub-
blica Istruzione, non ancora completata, dovrebbe fornire
un quadro aggiornato della situazione e si auspica possa
mostrare significativi miglioramenti rispetto agli aspetti
descritti.
La percentuale delle scuole costruite in zone sismiche ed
esposte al rischio sismico, risulta essere molto elevata
se si considera che il 40% del territorio italiano è sismico
e che più della metà degli edifici scolastici sono stati co-
struiti prima del 1974638, anno in cui fu emanata la legge
che prevede particolari prescrizioni per la costruzione di
scuole in zone sismiche639. Si segnala positivamente che
il Governo640, le Regioni e gli Enti Locali hanno recepito
l’urgenza di intervenire prioritariamente sulle scuole si-
tuate in zone ad elevato rischio sismico e, nell’agosto del
2007, sono stati erogati alle Regioni per la sicurezza an-
tisismica 215 milioni di euro per circa 700 interventi641; la
seconda tranche, da 295 milioni di euro, verrà stanziata
solo a seguito della presentazione dei progetti di inter-
vento da parte degli Enti Locali interessati (Comuni e
Province).
Un fenomeno in preoccupante diffusione, principalmente
negli edifici scolastici costruiti negli anni ’40 - ’70, è quel-
lo dello sfondellamento dei solai642, con conseguente
crollo di intonaco: una scuola su quattro risulta essere
interessata da questo fenomeno, diffuso in tutti gli am-
bienti dell’edificio scolastico643 e in particolare nelle
mense644.
Per quanto riguarda la presenza di barriere architettoni-
che, la situazione è decisamente migliorata rispetto al-
l’ingresso degli edifici scolastici, mentre permane grave
in tutti gli altri ambienti scolastici. In particolare, tra i ser-
vizi didattici hanno barriere architettoniche le biblioteche
nel 30% dei casi monitorati, le mense (25%), i servizi igie-
nici (21%), le palestre (19%), i cortili (14%) e le aule com-
puter (8%). Tale situazione preoccupa in modo particola-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
103
634 3° Rapporto CRC 2007, pagg. 76-78.
635 Tuttoscuola 1° Rapporto sulla qualità nella scuola, 2007. I
dati risalgono al 2004.
636 Cittadinanzattiva V Rapporto nazionale su sicurezza, qualità
e comfort a scuola 2007 www.cittadinanzattiva.it
637 Nel 2006, il 32% non aveva il certificato di agibilità statica
32%, il 29% quello igienico sanitario ed il 25% quello di pre-
venzione incendi. Cittadinanzattiva IV Rapporto nazionale sulla
sicurezza degli edifici scolastici 2006.
Il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Ministero della Pubblica Istruzione di implementare
il sistema informatico relativo all’anagrafe nazionale de-
gli studenti, e di procedere al suo raccordo con quelle
realizzate a livello locale;
2. Alle Regioni di costituire o, se già vi hanno provveduto,
di potenziare le anagrafi locali;
3. A ciascuna Regione di individuare a livello regionale co-
me buone pratiche di contrasto alla dispersione scola-
stica i progetti che investono sugli aspetti sociali e rela-
zionali, al fine di promuoverli e sostenerli.
638 Legambiente Ecosistemascuola 2007. Elaborazione dati forni-
ti dai Comuni italiani.
639 Legge 62/1974 «Provvedimenti per le costruzioni con partico-
lari prescrizioni per le zone sismiche».
640 Si segnala anche che nell’ambito delle risorse a disposizione
del Ministero della Pubblica Istruzione €20.000.000 sono stati
allocati per l’adeguamento strutturale e antisismico di edifici del
sistema scolastico.
641 Delibera del Comitato Interministeriale per la Programmazio-
ne Economica (CIPE) 143/2006 del 17 novembre 2006 Program-
ma delle opere strategiche. Piano straordinario di messa in sicu-
rezza degli edifici scolastici in G.U. n. 83 del 10 aprile 2007.
642 Consistente nel distacco e la successiva caduta delle cartelle
inferiori dei blocchi di alleggerimento inseriti nei solai composti
in cemento armato e laterizio. Questo fenomeno può essere do-
vuto a varie cause tra cui impercettibili assestamenti degli edifi-
ci, errata esecuzione delle opere, qualità scadente dei materiali,
ossidazione dei ferri dei travetti, differenti dilatazioni termiche
dei materiali, eccessivo carico delle solette, trascurata manuten-
zione e infiltrazioni di acqua, modifiche alle strutture dell’edifi-
cio. Fonte: www.sicurtecto.it
643 Cittadinanzattiva V Rapporto nazionale su sicurezza, qualità e
comfort a scuola 2007, cit.
644 Rispetto alla condizione delle mense si segnala che nell’11%
delle scuole monitorate si utilizzano come mensa locali impropri,
inadeguati e non sicuri, in cui, oltre ai crolli di intonaco, è stata
rilevata la presenza di fili elettrici scoperti nel 30% dei casi, pavi-
mentazione irregolare nel 35%, nonché imbrattamenti, assenza
di porte antipanico.
re, se si considera che il numero degli alunni con disabi-
lità è invece in aumento645.
Ambiente Crolli di intonaco Crolli di intonaco
rilevati nel 2007 rilevati nel 2006
Corridoi 5% 20%
Segreteria 26% 11%
Sala professori 21% 14%
Servizi igienici 3% 6%
Mensa 27% 23%
Palestre 12% 15%
Biblioteche 17% 8%
Aule 3% 5%
Occorre inoltre rilevare che oltre alle barriere architettoni-
che esistono altre situazioni, meno evidenti ma pericolose
per la salute quali radon, amianto, sostanze chimiche uti-
lizzate per arredi e materiali edili, pollini e inquinanti deri-
vati dal traffico urbano ed industriale o anche la presenza
di allergeni di animali domestici, di funghi e muffe, sostan-
ze implicate nell’induzione delle allergie e delle malattie
respiratorie646.
In merito alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, si
segnalano alcuni miglioramenti dovuti all’applicazione del-
la Legge 626/1994647. Persistono tuttavia situazioni di quo-
tidiano pericolo, soprattutto per gli studenti più giovani, ri-
spetto alle quali la vigilanza non è sufficiente e
l’informazione è scarsa. Ad esempio, nel già citato rapporto
del 2007 è stato rilevato che solo nel 45% dei casi i cancelli
delle scuole restano chiusi durante l’orario scolastico, le re-
cinzioni sono in cattive condizioni, gli spigoli non protetti e
gli armadietti non ancorati al muro648.
Anche gli incidenti a scuola sono in aumento, così come
era stato denunciato due anni fa e come mostrano chiara-
mente i dati dell’INAIL, che si fondano sulle denunce pre-
sentate dalle scuole, ai quali, pertanto, vanno aggiunti tutti
quegli incidenti di diversa entità che non vengono denun-
ciati. Nelle scuole monitorate sono stati segnalati 780 inci-
denti, di cui ben 631, ovvero il 92%, sono occorsi a studenti.
Le cause sono, nel 50% dei casi, accidentali, seguono le ca-
dute durante le attività sportive 38% e un 5% è causato da
cattive condizioni degli arredi o da uso improprio delle at-
trezzature649. Gli ambienti scolastici più pericolosi, in cui il
rischio di incidenti è maggiore, sono le mense. Nell’11% del-
le scuole monitorate si utilizzano come mensa locali impro-
pri, inadeguati e non sicuri, in cui, oltre ai crolli di intonaco,
è stata rilevata la presenza di fili elettrici scoperti nel 30%
dei casi, pavimentazione irregolare nel 35%, nonché im-
brattamenti, assenza di porte antipanico.
Tuttavia, è opportuno anche segnalare in positivo
l’accresciuta l’attenzione da parte degli operatori della
scuola agli aspetti legati alla prevenzione e all’adozione di
comportamenti corretti da tenere rispetto alle diverse situa-
zioni di emergenza. Ne sono un esempio la crescente diffu-
sione ed il sempre maggior consenso che hanno iniziative
quali la «Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole»651
ed il «Premio delle Buone Pratiche di Educazione alla Sicu-
rezza e alla Salute»652, giunti rispettivamente alla quinta e
seconda edizione. Ciò dimostra come da parte delle scuole
ci sia un intenso lavoro, portato avanti in collaborazione
con i diversi soggetti presenti sul territorio: associazioni,
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
104
4orapportodiaggiornamento2007-2008
645 Nell’anno scolastico 2005/2006 gli alunni con disabilità erano
178.220, il 6% in più dell’anno precedente e il 54% in più rispetto
all’anno scolastico 1995/1996. Fonte: Ministero della Pubblica
Istruzione La scuola in cifre giugno 2007. Rispetto al diritto all’i-
struzione dei bambini con disabilità, si veda infra paragrafo «Il di-
ritto all’istruzione per i bambini e gli adolescenti con disabilità».
646 Secondo uno studio del 2002, un bambino su quattro pre-
senta sintomi allergici, mentre uno su dieci è affetto da asma
bronchiale. Studio SIDRIA 2.
647 Il Dlgs. 626/1994 fissa i limiti minimi di sicurezza e detta le
regole per una organizzazione della sicurezza negli ambienti di
lavoro. Il suo campo di applicazione è stato esteso anche agli
ambienti scolastici con apposito DM 328/1998.
648 Cittadinanzattiva V rapporto nazionale su sicurezza, qualità
e comfort a scuola 2007.
649 Cittadinanzattiva III e IV Rapporto nazionale sulla sicurezza
nelle scuole 2005-2006.
650 Cittadinanzattiva V rapporto nazionale su sicurezza, qualità
e comfort a scuola cit.
651 La «Quinta Giornata della Sicurezza nelle Scuole» (23-24
novembre 2007) ha ottenuto il patrocinio del Ministero della
Pubblica Istruzione, del Ministero della Salute, del Ministero
per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive, della Presidenza
del Consiglio dei Ministri, del Dipartimento della Protezione Ci-
vile, del Ministero della Politiche Agricole Alimentari e Forestali
e l’Alto patronato della Presidenza della Repubblica. Ha coin-
volto oltre 10.387 scuole (un quarto delle scuole italiane) che
hanno realizzato per l’occasione prove di evacuazione, attività
di addestramento, incontri con esperti su varie tipologie di ri-
schi, incontri assembleari con genitori, cittadini comuni. Cfr.
Cittadinanzattiva, www.cittadinanzattiva.it
652 Al «Premio delle Buone Pratiche di Educazione alla Sicurez-
za e alla Salute» istituito nell’ambito della Campagna naziona-
le Impararesicuri promossa da Cittadinanzattiva
(www.cittadinanzattiva.it) hanno concorso 280 progetti riguar-
danti la sicurezza e la salute a scuola e, in particolare i seguen-
ti ambiti: la sicurezza a scuola intesa come sicurezza struttura-
le, l’ educazione ai comportamenti corretti da tenere in caso di
emergenza (calamità naturali, incendio, etc.); l’educazione al
benessere intesa come educazione ad una alimentazione cor-
retta, ad attività motorie e sportive adeguate, all’assunzione di
stili di vita sani; la sicurezza a scuola e dintorni intesa come si-
curezza e qualità dell’ambiente, sicurezza degli alunni dentro e
fuori della scuola, prevenzione del bullismo e del vandalismo,
prevenzione circa l’uso di droghe e alcol, utilizzo improprio
delle nuove tecnologie, etc.).
Enti Locali, forze dello Stato, ma anche soggetti privati, che
ci sia una volontà determinata a fare dell’educazione alla si-
curezza ed alla salute uno dei temi portanti degli interventi
previsti nel Piano Offerta Formativa (POF) e una delle occa-
sioni principali di educazione alla cittadinanza attiva dei più
giovani, che ci sia una faccia pulita della scuola italiana, po-
co conosciuta ai più e ignorata dai media.
2. FINALITÀ EDUCATIVE:
L’EDUCAZIONE AI DIRITTI UMANI
Troppo spesso i Paesi a democrazia “consolidata”, e
l’Italia tra questi, adottano politiche contraddittorie in
materia di diritti umani653 usando parametri diversi (i co-
siddetti double standard) verso i Paesi Terzi e in ambito
interno. L’educazione ai e per i diritti umani in Italia ne è
un chiaro esempio. Nonostante le raccomandazioni rice-
vute e gli impegni assunti a livello internazionale il nostro
Paese continua a risultare inadempiente654. In Italia infat-
ti l’educazione ai e per i diritti umani è rimessa alla sen-
sibilità del singolo insegnante, non essendo materia ob-
bligatoria nella preparazione dei docenti né materia di
studio nella scuola dell’obbligo né in quella secondaria.
L’educazione ai diritti umani non è una disciplina obbliga-
toria nemmeno nelle scuole militari, nonostante l’elevato
valore formativo che avrebbe in tali contesti, considerata
la funzione che gli studenti potrebbero essere chiamati a
svolgere; l’offerta formativa di tali istituti è infatti confor-
me ai programmi del Ministero della Pubblica Istruzione
per le scuole superiori655.
In mancanza di un piano nazionale integrato predisposto
del Ministero della Pubblica Istruzione il rischio di fram-
mentazione e disomogeneità sul territorio nazionale è
molto alto.
Purtroppo neppure in materia di educazione alla legalità vi
è un’indicazione e programmazione ministeriale e soltanto
alcune Regioni656 hanno emanato leggi che favoriscono la
realizzazione di progetti di Educazione alla legalità nelle
scuole. Nella maggioranza delle Regioni italiane la realizza-
zione di obiettivi di educazione alla legalità è quindi lasciata
alla discrezionalità dei singoli dirigenti scolastici e docenti e
all’impegno delle associazioni di volontariato. E ciò nono-
stante l’educazione alla legalità in un Paese come l’Italia, in
cui sono presenti associazioni criminali di stampo mafioso,
è indispensabile come parte integrante dell’educazione ai
diritti umani al fine contrastare la diffusione di una menta-
lità e di una pseudocultura che considerano l’interesse indi-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
105
Il Gruppo CRC raccomanda:
1. A tutti gli Enti Pubblici territoriali (Stato, Regioni e Provin-
ce Autonome, Province e Comuni) nell’ambito delle rispet-
tive competenze di proseguire con investimenti economici
significativi e di lungo periodo per garantire interventi di
manutenzione ordinaria, oltre che per la messa in sicurez-
za degli edifici scolastici a partire da quelli situati in zone
ad elevata sismicità, nonché di investire nella realizzazio-
ne di campagne di informazione e formazione, promosse
anche dalle organizzazioni civiche, volte allo sviluppo della
cultura della sicurezza per tutti i soggetti della scuola con
particolare riferimento agli studenti e alle loro famiglie;
2. Al Ministero della Pubblica Istruzione di completare entro
il 2008 l’Anagrafe dell’edilizia scolastica, ai Comuni e alle
Province di favorire la diffusione delle informazioni attra-
verso incontri pubblici, utilizzo dei media sullo stato degli
edifici scolastici e per mettere a punto programmi di con-
trollo dei rischi e delle emergenze condivisi;
3. Alle Amministrazioni Locali di provvedere all’abbattimen-
to sia delle barriere architettoniche presenti negli edifici
scolastici sia di quelle barriere meno visibili, ma altrettan-
to pericolose per la salute dei bambini e degli adolescenti,
quali allergeni e sostanze chimiche, attraverso misure di
bonifica ambientale.
19. Il Comitato ONU raccomanda che l’Italia:
(a) […]
(b)sviluppi di programmi sistematici e continui di for-
mazione sui diritti umani, compresi i diritti dell’in-
fanzia, rivolti a tutti i gruppi professionali che lavora-
no per e con i bambini.
44. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di:
(a) […]
(b) adottare tutte le misure necessarie per eliminare le
disparità nel rendimento scolastico tra maschi e fem-
mine, tra bambini provenienti da ambienti sociali,
economici e culturali diversi e per garantire a tutti i
bambini un’istruzione di qualità;
(CRC/C/15/Add. 198, punto 19 lett. b, punto 44 lett. b)
653 Si veda a riguardo Hammanberg T., Commissario per i diritti
umani del Consiglio d’Europa No place for complacency about
Human Rights Bruxelles, 24 ottobre 2007.
654 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza,
Commento Generale n. 1 Le finalità dell’educazione 2001
(CRC/GC/2001/1), la Risoluzione 59/113 (Programma Mondiale
per l’Educazione ai Diritti Umani) adottata dall’Assemblea Ge-
nerale il 10 dicembre del 2004 e le raccomandazioni specifiche
al Governo italiano da parte del Comitato ONU sui diritti dell’in-
fanzia e dell’adolescenza nel 2003 (CRC/C/15/ Add 198, punto
19 lett. b) e del Comitato ONU sui diritti economici, sociali e
culturali nel 2004 (CESCR, 26 novembre 2004 n. 31).
655 Cfr. 2° Rapporto CRC 2006, pag. 53; 3° Rapporto CRC 2007,
pag. 95.
656 Sicilia e Campania già negli anni ’80 e di recente anche al-
cune regioni del Centro Nord quali Liguria, Toscana, Piemonte.
viduale prioritario rispetto al benessere della collettività e ri-
tengono la corruzione e l’omertà comportamenti tollerabili.
La particolare situazione politica del nostro Paese657 non ha
peraltro favorito la prosecuzione dei lavori di integrazione
delle indicazioni nazionali ad opera della Commissione Mi-
nisteriale di revisione presso il Ministero della Pubblica
Istruzione, sia per ciò che attiene l’istruzione primaria che
secondaria di primo e secondo grado. La nuova Direzione
Generale del Ministero della Pubblica Istruzione avrà anche
il compito dell’organizzazione e della realizzazione di corsi
di formazione e aggiornamento per il personale scolastico.
A maggior ragione oggi che l’Italia è componente del Consi-
glio di Sicurezza delle Nazioni Unite e, da giugno 2007 e per
i seguenti 3 anni, membro del nuovo Consiglio delle Nazioni
Unite per i diritti umani, ciò risulta particolarmente grave.
Inoltre il 2008, oltre che l’anno europeo del Dialogo Inter-
culturale, è il sessantesimo anniversario non solo della Co-
stituzione italiana, ma anche della Dichiarazione Universale
dei Diritti Umani. Per celebrare tale anniversario, a febbraio
2008 il Parlamento ha approvato lo stanziamento di un mi-
lione di euro658. L’auspicio è che proprio il 2008 non si limiti
a mere celebrazioni retoriche, ma che, anche grazie a que-
sta disposizione, possa diventare il propulsore di una gran-
de azione educativa e formativa per i diritti umani che pro-
segua permanentemente negli anni a venire in modo inte-
grato e trasparente.
3. GIOCO, ATTIVITÀ RICREATIVE E
CULTURALI
Nel 3° Rapporto CRC il diritto alla fruizione e partecipazio-
ne di bambini, bambine e adolescenti alle attività sporti-
ve era stato preso in considerazione nell’ambito della
trattazione del diritto al gioco659. Si è ritenuto opportuno
dedicare a questa tematica un paragrafo ad hoc, anche in
considerazione del fatto che nella Convenzione ONU sui
diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC), pur non ci-
tandosi espressamente il diritto a praticare attività sporti-
va, è possibile desumerlo sulla base di un’interpretazione
estensiva ed incrociata di alcuni articoli della CRC660.
a) Il diritto al gioco
Si rileva innanzitutto che per quanto concerne l’attuazione
del diritto al gioco nel 2007 non vi sono state significative
variazioni rispetto a quanto evidenziato nel 3° Rapporto
CRC. Il Movimento e il Premio delle «Città Sostenibili Ami-
che delle Bambine e dei Bambini» non è stato riattivato a li-
vello nazionale, come invece auspicato661. Sono invece pro-
seguite le iniziative legate al gioco e in generale al tema
delle città sostenibili già segnalate nel 3° Rapporto CRC: la
campagna annuale di ricerca «Ecosistema Bambino», che
ha raggiunto la sua X edizione662, la campagna dei «9 passi
per le città amiche dei bambini»663, nonché il monitoraggio
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
106
4orapportodiaggiornamento2007-2008
657 La chiusura anticipata della XV Legislatura ha impedito il
proseguimento dei lavori avviati dal Ministero della Pubblica
Istruzione fino all’elezione del prossimo Governo.
658 Art. 49 bis Legge 31/2008 «Conversione in Legge con modi-
ficazione del Decreto Legge 248/2007 recante proroga di ter-
mini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in
materia finanziaria».
659 Cfr. 3° Rapporto CRC 2007, pag. 81.
660 In particolare: art. 3 (superiore interesse del minore); art. 12
(libertà di espressione e diritto ad essere ascoltato), art. 19 (dirit-
to alla protezione da ogni forma di violenza), art. 29 (diritto all’e-
ducazione), nonché art. 31 (diritto al gioco), art. 32 (diritto a non
essere sfruttato in ambito economico), art. 37 (diritto a non esse-
re privato della libertà e a non subire torture).
661 Le Città Sostenibili dei Bambini e delle Bambine,
www.cittasostenibili.minori.it
662 Si tratta di una ricerca sulle politiche di partecipazione per
l’infanzia degli Enti Locali, promossa da Legambiente, nell’ambito
della quale viene affrontato il diritto al gioco. Il 4 gennaio 2008, in
occasione della celebrazione del decennale della campagna, è
stata individuata la città più attenta alla partecipazione dei bam-
bini: Torino per il 2007 e Modena nell’arco dei 10 anni.
Cfr.www.legambiente.eu/documenti/2008/0102_ecosistema_ba
mbino_2008
663 Nell’ambito di tale campagna, il 10 luglio 2007 è stato realiz-
zato il convegno Città amiche dei bambini e delle bambine in Ita-
lia e in Europa organizzato da Regione Lazio, ANCI Lazio e UNICEF
Italia, www.unicef.it
Pertanto, il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Ministero della Pubblica Istruzione l’inserimento del-
l’educazione ai diritti umani nelle indicazioni nazionali
per i Piani di Offerta Formativa delle scuole di ogni ordine
e grado, nonché quale materia integrante e trasversale a
tutte le discipline scolastiche nella formazione e nell’ag-
giornamento degli insegnanti della scuola materna, pri-
maria e secondaria;
2. Al Ministero della Pubblica Istruzione di elaborare indi-
catori specifici di monitoraggio dell’educazione ai diritti
umani nella scuola primaria e secondaria italiana in grado
di individuare: il numero dei moduli di diritti umani incor-
porati nei curricula di qualunque materia negli ultimi 5
anni; il numero dei moduli di diritti umani incorporati nei
testi didattici negli ultimi 5 anni; la percentuale di attività
formative per i docenti dedicate ai diritti umani;
3. Al Governo l’immediata istituzione del Comitato che avrà
il compito di coordinare le iniziative promosse dalla legge
per il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei
diritti umani affinché possano avere un profondo impatto
educativo e non meramente celebrativo.
sull’attuazione del diritto al gioco promosso da una delle
associazioni del Gruppo CRC664.
Il 26 maggio 2007 è stata celebrata la giornata mondiale
del gioco con varie attività ludiche realizzate in diverse città
italiane665, nonché ricordata nell’ambito della Prima Confe-
renza Nazionale della Famiglia666 con spazi dedicati ai bam-
bini per “giocare e imparare con l’arte”667 mentre per pro-
muovere il tema della mobilità sostenibile è stata realizzata
una iniziativa ad hoc668.
Anche in considerazione dell’entrata in vigore della Conven-
zione ONU sui diritti delle persone con disabilità669, nel pre-
sente Rapporto si ritiene opportuno rivolgere una particola-
re attenzione al diritto al gioco per i bambini con disabilità.
L’art. 23 CRC, che sancisce il diritto del bambino con disabi-
lità «ad avere una vita piena e decente», non può prescin-
dere dalla partecipazione al gioco e alle attività ricreative da
parte dei bambini e delle bambine con disabilità. L’art. 30
della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabi-
lità ribadisce il diritto al gioco per il bambino con disabilità
con grande chiarezza: «nell’ottica di permettere alle perso-
ne con disabilità di partecipare su base di eguaglianza con
gli altri alle attività ricreazionali, del tempo libero e sporti-
ve, gli Stati Parte prenderanno misure appropriate per: […]
(d) Assicurare che i bambini con disabilità abbiano pari ac-
cesso alla partecipazione ad attività ludiche, ricreazionali,
di tempo libero e sportive, comprese queste stesse attività
qualora si svolgessero in ambiente scolastico»670.
Tale diritto è parte integrante di una visione più completa
della salute del bambino con disabilità che deriva dall’im-
postazione ormai unanimemente riconosciuta dettata dal-
l’OMS671. Infatti, anche nella nuova versione della Classifi-
cazione Internazionale del Funzionamento della disabilità e
della salute (ICF) per misurare la salute dei bambini e degli
adolescenti con disabilità672 uno dei parametri tenuti in
considerazione per la valutazione delle performance è il
gioco. Giochi e giocattoli, dunque, devono essere “facilita-
tori” ovvero fattori di riduzione della disabilità. Tuttavia, ad
oggi, giocare non è un diritto esigibile per il bambino con di-
sabilità e questo ha conseguenze importanti sul suo svilup-
po emotivo e sulle sue opportunità di inclusione sociale.
Mancano campagne di sensibilizzazione al diritto al gioco
del bambino con disabilità rivolte ai genitori, agli ammini-
stratori e agli operatori, sono pochissime sul territorio le lu-
doteche per bambini con bisogni speciali ed è ancora scar-
sa la creatività di designer e aziende che favoriscano la pro-
duzione di giochi per tutti.
In tema di accessibilità e di universal design si segnala che
si stanno compiendo tentativi di costruire parchi gioco ac-
cessibili in cui la fruibilità del gioco sia garantita ai bambini
con disabilità non solo motorie ma anche intellettive e sen-
soriali673. La sfida è quella di progettare luoghi di aggrega-
zione per tutti i bambini dove il diritto al gioco sia garantito
e, contemporaneamente, si crei un aumento di consapevo-
lezza sociale della disabilità vissuta senza discriminazione.
Il tema riguarda i parchi gioco, ma anche i giardini scolasti-
ci, dove spesso le barriere architettoniche e il degrado limi-
tano quotidianamente per gli studenti con disabilità occa-
sioni di socializzazione e di ricreazione674.
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
107
664 Arciragazzi Vietato vietare il gioco www.vietatovietareilgioco.it
665 Ad esempio, Torino, Pesaro, Pavia, Verona, Cfr. GioNa, Asso-
ciazione Nazionale città in gioco, www.ludens.it
666 Firenze, 24-25-26 maggio 2007, www.conferenzanazionalesul-
lafamiglia.it
667 Laboratori a cura della Bottega dei Ragazzi,
www.istitutodeglinnocenti.it/mudi/bottega.htm
668 Camina Campagna Nazionale per città sicure e strade a misura
di persona, Viva la via http://vivilavia.camina.it
669 La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità è
entrata in vigore il 3 maggio 2008. Il documento secondo il Se-
gretario Generarle Ban Ki-moon «sarà un potente strumento per
sradicare gli ostacoli affrontati dalle persone disabili come la di-
scriminazione, l’isolamento dalla società, la emarginazione eco-
nomica, la mancanza di opportunità di partecipazione sociale».
L’Italia ha firmato la Convenzione il 30 Marzo 2007 ed avviato,
ma non ancora concluso al momento della stesura del presente
Rapporto, il procedimento di ratifica. Traduzione italiana ufficia-
le a cura del Ministero della Solidarietà Sociale, pubblicata e di-
sponibile sul sito www.welfare.gov.it. Per ulteriori informazioni
sullo stato di ratifica: www.un.org/disabilities
670 Art. 30 comma 5 lettera d) Convenzione ONU sui diritti delle
persone con disabilità.
671 Si veda infra capitolo V, paragrafo «Salute, diritti e disabilità».
672 Organizzazione Mondiale della Sanità, ICF-CY Classificazione In-
ternazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute - ver-
sione per bambini e adolescenti, Erickson, Gardolo (Trento), 2007.
673 Si veda la progettazione di prototipi di giochi accessibili per il
Parco dei diritti dei bambini, realizzato da Fondazione Catella a
Milano con la supervisione di L’abilità onlus, www.labilita.org
prototipi che verranno realizzati nel 2009 e che è auspicabile
che diventino adattabili e modulabili anche ad altre realtà del
territorio.
674 Sull’importanza del giardino scolastico come luogo di atti-
vità inclusive si veda Pollicino verde, un giardino scolastico per
tutti i bambini L’abilità, 2004.
Il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Centro nazionale di documentazione e analisi per
l’infanzia e l’adolescenza di realizzare un’approfondita
ricerca nazionale sul gioco e la dimensione ludica delle
città e del tempo dei bambini e dei ragazzi, adottando in-
dicatori più puntuali di quelli utilizzati nella recente ricer-
ca ISTAT (ad esempio la checklist relativa all’art. 31 CRC,
indicatori del premio delle città amiche delle bambine e
dei bambini, set di in-dicatori specializzati sul gioco e la
città) che tengano conto anche dei progetti pilota avviati
da diverse organizzazioni;
b) Sport e minori
A livello internazionale è stata posta l’attenzione sul rap-
porto tra bambini, adolescenti e sport in occasione dell’An-
no Internazionale dello Sport (2005)675 e dell’Anno Euro-
peo dello Sport (2004)676, celebrazione quest’ultima che
ha avuto seguito nella recente pubblicazione del Libro
Bianco sullo Sport da parte della Commissione Europea677.
In Italia, l’ambiente sportivo è il secondo luogo aggregati-
vo per bambini e adolescenti dopo la scuola. Da un’indagi-
ne ISTAT del 2006, si rileva che pratica sport il 22,5% dei
bambini tra i 3 e i 5 anni, il 59,5% tra i 6 e i 10 anni, il 65%
dei ragazzi tra gli 11 e 14 anni e il 61,9% tra i 14 e i 17 an-
ni678. Complessivamente sono circa 3 milioni i giovani tra i
6 e i 18 anni che praticano sport.
Tuttavia, si rileva una scarsa cultura sportiva. Ne è un
esempio la tardiva nascita, rispetto agli altri Paesi europei,
delle Facoltà di Scienze Motorie responsabili dello svilup-
po di una cultura della corporeità legata al movimento e al-
lo sport679. A causa di tale grave lacuna formativa persiste
una scarsa elaborazione culturale nella trasposizione tra
l’idealità sportiva legata allo sport-spettacolo e l’approccio
educativo dello sport di base, nonché una scarsa profes-
sionalità dei dirigenti e una insufficiente formazione dei
tecnici educatori680. Le logiche puramente economiche del-
lo sport spettacolo vengono applicate anche a livello dello
sport praticato dai ragazzi/e; cresce quindi la preoccupa-
zione, da parte di quanti si interessano a questo tema, ri-
spetto al coinvolgimento dei bambini e degli adolescenti
nelle distorsioni dovute alla prevalenza degli aspetti eco-
nomici nel sistema sportivo. Questo accade soprattutto
nelle discipline in cui l’età delle massime prestazioni sono
particolarmente precoci (ad esempio, ginnastiche, nuoto) o
in quelle in cui più espliciti sono i fattori economici (ad
esempio, calcio e tennis), a volte anche con il coinvolgi-
mento dei genitori681.
Se da un lato lo sport diviene sempre più importante come
luogo di espressione corporea e di incontro per molti ragaz-
zi/e682, il fatto che venga ascritto ad un sistema basato sul
profitto, determina una serie di conseguenze negative, che
rappresentano una violazione dei diritti di bambini e adole-
scenti. Oltre ad innescarsi pericolosi meccanismi di selezio-
ne683, i ragazzi e le ragazze che praticano sport a livello ago-
nistico, non possono cambiare liberamente squadra. Ci so-
no infatti Federazioni del CONI che legittimano il tessera-
mento come vincolo: un atleta, anche minorenne, tesserato
con una determinata società non ha la possibilità di cambia-
re la sua appartenenza se non previa accettazione da parte
della precedente. Questa “accettazione” da parte della so-
cietà sportiva è legata al rimborso da parte della nuova so-
cietà di un “premio di preparazione”, stabilito da precise ta-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
108
4orapportodiaggiornamento2007-2008
680 Si veda in tal senso l’audizione parlamentare di Luigi Agnolin,
Presidente del settore scolastico della Federazione Italiana Gioco
Calcio, del 2 agosto 2006 nell’ambito dell’indagine conoscitiva
«sulle recenti vicende relative al calci professionistico con parti-
colare riferimento al sistema delle regole e dei controlli»,
www.camera.it/_dati
681 Berizzi P. I genitori denunciano: chieste decine di migliaia di
euro per un posto del figlio in squadra. I casi di due ragazzi di
15 e 17 anni. Baby-calcio, s’allarga il caso tangenti in La Repub-
blica del 14 ottobre 2004; Lettera al giornale Tennis e bimbi
ostaggio in La Repubblica ed. Emilia Romagna del 15 marzo
2007.
682 A causa della sempre minore autonomia che viene loro con-
cessa, nonché della carenza di attività motorie spontanee e di
occasioni di aggregazioni informale tramite il gioco.
683 Sulla base delle nostre osservazioni e con riferimento ad
un’opinione condivisa tra coloro che si occupano di sport dal
punto di vista educativo, si rileva che un sempre più ristretto
gruppo di ragazzi e ragazze che si ipotizza possano raggiunge-
re risultati, spesso temporanei, sono soggetti ad allenamenti
quantomeno alienanti e sovente oggetto di pratiche violente o
semplicemente illecite; la grande maggioranza dei praticanti
diviene oggetto di (pseudo) didattiche selettive e spesso inap-
propriate alle età. Gli appartenenti a questo secondo, numero-
so gruppo frequentemente abbandonano la pratica sportiva
portando il nostro Paese tra i primi in Europa nella classifica
del burn-out e delle scelte orientate alla sedentarietà. Fonte:
UISP. Rispetto alle distorsioni legate alle selezioni e ai metodi
con cui vengono svolte si veda Marrese E. Se cominciano da
piccoli in Il Venerdì di Repubblica del 22 novembre 2007.
2. Al Ministero dell’Ambiente di rinnovare il percorso legato
al Premio delle Città Sostenibili Amiche delle Bambine e
dei Bambini, aggiornandolo dopo un decennio di espe-
rienze anche alla luce delle elaborazioni nazionali e inter-
nazionali sul tema delle Città Amiche dei Bambini e delle
Bambine;
3. Alle Amministrazioni Locali di garantire l’accessibilità e la
fruibilità dei parchi gioco e dei giardini scolastici a tutte
le diverse disabilità, utilizzando linee guida dello univer-
sal design e di promuovere ludoteche e spazi gioco che
garantiscano i bisogni e le necessità di tutti i bambini.
675 International Year of Sport and Physical Education, 2005,
www.un.org/sport/2005
676 Anno Europeo dello Sport, 2004. Per maggiori informazioni:
http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l35008.htm
677 Commissione Europea Libro Bianco sullo Sport 11 luglio
2007, disponibile sul sito http://ec.europa.eu/index_en.html
678 ISTAT, La pratica sportiva in Italia-Anno 2006 Famiglia e So-
cietà.
679 Corsi di Laurea e Facoltà di Scienze Motorie sono state isti-
tuite nel 1999 presso le Università di Bari, Bologna, Cagliari,
Cassino, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, L’Aquila, Milano,
Napoli, Palermo, Perugia, Roma (Tor Vergata), Torino, Urbino,
Verona.
belle. Il minore non ha pertanto la possibilità di svincolarsi
dalla società presso la quale è iscritto, se non previo paga-
mento, e non è nemmeno in possesso della propria tessera
federale. Il tesseramento federale, pur avendo registrato ne-
gli ultimi anni modifiche a favore della tutela dei minori, pre-
senta ancora dei grossi limiti. Ci sono federazioni684 che pre-
vedono infatti il tesseramento annuale fino al 14° anno d’età
raggiunto il quale il regime di tesseramento prevede dei
tempi di vincolo di non meno di cinque anni685. Tali disposi-
zioni sono lesive dei diritti dei minori perché determinano
un regime di esclusività e l’impossibilità di poter praticare
sport e di associarsi secondo modalità e tempi personali.
Inoltre, alla base delle pratiche sportive si è affermata la
considerazione del corpo come strumento di lavoro, “labo-
ratorio vivente” di sperimentazioni tese al miglioramento
della prestazione686. Strettamente connesso all’oggettiva-
zione del corpo è il ricorso al doping, ovvero all’uso di so-
stanze che consentono di ottenere prestazioni migliori ri-
spetto a quelle che si otterrebbero con il semplice allena-
mento fisico687. Da recenti studi compiuti su tale fenomeno
emerge che la percentuale di giovani tra i 14 e i 19 anni che
assumano sostanze dopanti oscillano tra l’ 1% e il 3%688,
mentre il 15% fa uso di integratori. Il rapporto tra uso di in-
tegratori e predisposizione all’assunzione di sostanze do-
panti pare essere evidente689. Altri studi690 stimano che la
percentuale presunta di utilizzatori di integratori tra gli
sportivi tra gli 11 e i 19 anni sia dell’11%. In sport come il ci-
clismo è opinione assodata tra gli studiosi che almeno il
50% dei giovani assuma sostanze dopanti o faccia uso di
pratiche illecite691. Anche in questi casi accade che i genitori
assumono un ruolo sconcertante essendo tra coloro che
chiedono di somministrare sostanze ai figli692. In occasione
di un sondaggio svolto nel 2003 con il patrocinio del Mini-
stero della Pubblica Istruzione su 13 mila ragazzi tra i 13 e i
18 anni, 10.000 hanno dichiarato di praticare almeno un ti-
po di sport e, di questi il 7% ha ammesso di assumere so-
stanze dopanti693.
Un’altra questione merita, infine, di essere affrontata in
quanto violazione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
in ambito sportivo: la discriminazione che subiscono i ra-
gazzi che non sono cittadini italiani nell’accesso alla pratica
sportiva694. Le limitazioni al tesseramento imposte dalla
FIGC ai calciatori con età inferiore ai 18 anni e provenienti
da Paesi Terzi sono in contrasto con gli artt. 2 e 31 CRC695.
Come è emerso da recenti fatti di cronaca696, anche altri
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
109
684 Ad esempio, Regolamento Federazione Italiana Gioco Calcio
(FIGC), artt. 32, 32 bis, 32ter, 33, 39, 40, 40 bis, disponibile sul sito
www.figc.it/Assets/contentresources_2/ContenutoGenerico/74.$
plit/C_2_ContenutoGenerico_3817_lstSezioni_numSezione1_lstCa
pitoli_numCapitolo0_upfFileUpload_it.pdf
685 Ad esempio, la Federazione Italiana Atletica Leggera (FIDAL) ha
migliorato di recente tali norme prevedendo per i giovani fino al 18
anno d’età un tesseramento annuale. Cfr. Regolamento organico
Federazione Italiana di Atletica Leggera, artt. 11-13
(www.fidal.it/files/R_ORGANICO06_agg_2007.pdf). In alcune di
esse però (FIPAV) esiste ancora il così dettò “vincolo”, cioè il divie-
to per il minore di potersi tesserare per un’altra società apparte-
nente alla stessa federazione; tale divieto può avere durata plu-
riennale e è applicabile anche nel caso in cui il minore non rinnovi il
tesseramento con la società di prima appartenenza. Cfr. Regola-
mento Federazione Italiana Pallavolo, affiliazioni e tesseramenti,
artt. 31-35 (www.fipav.mo.it/documenti/reg_afftess.pdf).
686 Chiusano M. Diete, fatiche e nessuna vacanza: il prezzo per di-
ventare un fenomeno in La Repubblica del 22 ottobre 2006.
687 Milanese F. Mi fa star bene, mi tranquillizza, mi fa stare in com-
pagnia… in Cattarinussi B. (a cura di), Adolescenti a Rischio. Stili di
vita e comportamenti in Friuli Venezia Giulia Ed. Forum, Udine,
2004.
688 Lucidi F., Zelli A., Mallia L., Grano C., Russo P.M., Violani C. The
social cognitive mechanism regulatingadolescents’ use of doping
substances, Journal of Sports Sciences, 2008; 26 (5), pagg. 447-
456. Tale ricerca è stata effettuata anche nell’ambito del progetto
«Primaedoping» di UISP disponibile sul sito
www.asinochidoping.it/primaedoping
689 Intervista a Sandro Donati La Gazzetta del Mezzogiorno del 11
ottobre 2004.
690 Venturi R. Piccoli dopati crescono in l’Espresso 2 dicembre 2004.
691 Salizzoni F. Generazione EPO: altri 4 giovani pizzicati dalla FCI
www.sportpro-archivio.it/doping/2003/06.
692 Cappa M. primario di Endocrinologia all’ospedale pediatrico
Bambin Gesù di Roma in Venturi R. Tanti genitori di figli adole-
scenti mi hanno chiesto un ‘aiutino’ per farli crescere di più. Ma il
problema è proprio questo: il concetto dell’aiutino è l’anticamera
del doping, art. cit.
693 Sintesi del sondaggio disponibile sul sito
www.scopertadelcorpoumano.it
694 Commissione Europea Libro Bianco sullo Sport paragrafo 4.5:
«lo sfruttamento dei giovani giocatori è un fenomeno costante, e il
problema più serio riguarda i bambini che non vengono selezionati
per le gare e sono abbandonati in un Paese straniero, e che così sci-
volano spesso in una posizione irregolare che ne favorisce l’ulteriore
sfruttamento. Sebbene nella maggior parte dei casi questo fenome-
no non rientri nella definizione legale della tratta di esseri umani, si
tratta comunque di un fenomeno inaccettabile alla luce dei valori
fondamentali riconosciuti dall’UE e dai suoi Stati membri […]».
695 Bellomo A. Giovanni Albanese Sport Magazine rivista digitale di
marketing e management sportivo www.consulenzasportiva.it, 7
luglio 2006. «Le disposizioni più criticabili riguardano il tesseramen-
to di extracomunitari con lo status di “giovani di serie” (calciatori
che, dopo il compimento del 14° anno di età, vengono tesserati da
un affiliato appartenente ad una delle due leghe professionistiche).
Il Comunicato Ufficiale n. 7/2006 consente il tesseramento senza
alcuna limitazione numerica di extracomunitari come giovani di se-
rie a condizione che a) siano legalmente residenti in Italia da alme-
no un anno in quanto trasferiti al seguito della famiglia e per ragioni
non legate all’attività sportiva, e b) siano stati tesserati per una so-
cietà dilettantistica o che svolga attività di settore per l’attività gio-
vanile e scolastica per almeno una stagione sportiva. […] In concre-
to, l’applicazione di tali disposizioni […] ha avuto varie volte seguito
di fronte all’Autorità giudiziaria statale. Le limitazioni al tesseramen-
to applicate a minori extracomunitari già presenti sul territorio ita-
liano consisterebbero in disposizioni discriminatorie ai sensi del
T.U. 286/1998, poiché in contrasto con i diritti del fanciullo».
696 Lamri T. Sport e barriere in Internazionale 11-17 gennaio 2008,
racconta la storia di Aymen, un ragazzo che non può giocare a
pallanuoto in serie C perché non cittadino italiano.
regolamenti federali prevedono limitazioni all’accesso alla
pratica da parte dei minori stranieri697.
Tra le azioni positive volte a contrastare i fenomeni de-
scritti si segnalano le azioni di sensibilizzazione svolte dal
CONI698, le campagne e i progetti degli enti di promozione
sportiva699, nonchè le positive e quotidiane buone prati-
che svolte da molte società sportive700. Nel 2007 il Mini-
stero della Pubblica Istruzione ha promosso il Concorso
Nazionale «Fairplay scuola e sport 2007/2008»701, per la
promozione dei comportamenti corretti. Il Ministero per le
Politiche Giovanili e le Attività Sportive in collaborazione
con il Ministero della Pubblica Istruzione hanno finanziato
progetti specifici relativi all’attività motoria scolastica sot-
tolineandone la necessità di qualificazione, nonché gli
aspetti educativi (benessere, fair play, valore sociale), ed
extrascolastica702. È stata anche presentata una proposta
di legge per la tutela dei minori nella pratica sportiva703.
Nel 2007 l’Italia ha ratificato la Convenzione internaziona-
le contro il doping nello Sport704 e il Ministero della Salu-
te, l’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con Enti
di Promozione Sportiva hanno promosso campagne di
informazione sul doping nelle scuole.
Infine, si esprime preoccupazione per la diffusione a livel-
lo europeo di fenomeni di difficile indagine e rispetto ai
quali non vi sono, a nostra conoscenza, dirette evidenze a
livello nazionale: lo sfruttamento e l’abbandono di minori
provenienti da Paesi Terzi705, nonché la violenza nei con-
fronti di giovani atleti. Riguardo a quest’ultimo aspetto, si
segnala che l’8 febbraio 2007 il Comitato Internazionale
Olimpico706 ha adottato un Protocollo contro gli abusi ses-
suali nello sport, soprattutto a livello agonistico707.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
110
4orapportodiaggiornamento2007-2008
697 Art. 82 punto 2 Regolamento Federazione Italiana Tennis (FIT);
art. 11 punto 2 Regolamento Federazione Italiana Nuoto (FIN).
698 Sul sito del CONI, nella sezione Etica e promozione dello
sport, alla voce Antidoping, sono indicate strutture,norme,
strumenti internazionali di contrasto al fenomeno. Cfr.
www.coni.it/index.php?id=34
699 Ad esempio, i progetti «Diamoci una mossa», il «Progetto Ul-
trà», i «Mondiali antirazzisti», il già citato «Asinochidoping» della
UISP (www.uisp.it); i progetti UISP e CSI (www.csi-net.it) negli
Istituti Penali Minorili.
700 Si ritiene importante ricordare il valore positivo della proposta
e le buone pratiche di molte tra le circa 70.000 Società Sportive
Italiane, ma senza fare espressa e specifica menzione di una in
particolare di esse per non sminuire il valore delle altre.
701 Indetto dal Ministero della Pubblica Istruzione - Direzione Ge-
nerale per lo Studente ed inserito in un percorso educativo-for-
mativo volto alla realizzazione di progetti che educhino ad un tifo
sportivamente corretto. Per maggiori informazioni:
www.benesserestudente.it
702 Come il Programma Nazionale «Scuole aperte». Criteri e para-
metri organizzativi disponibili sul sito
(www.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/prot4026_07) e il
Piano per il «Ben…essere dello studente»
(www.vivitibene.it).
703 Camera dei Deputati, proposta di legge 3261 del 20 novembre
2007. La proposta prevede una carta di garanzia che impegna le
società sportive firmatarie a rispettare principi basilari quali la
partecipazione dei bambini alle gare secondo il principio del
“nessuno escluso”, senza discriminazioni; il rifiuto dell’impiego
di sostanze dopanti; il contrasto a qualsiasi forma di violenza fisi-
ca e verbale nella pratica sportiva. Per vigilare sull’applicazione di
questi principi, la proposta di legge prevede la nascita di un Co-
mitato nazionale di controllo e coordinamento dello sport dei mi-
nori, che verificherà l’applicazione da parte delle Regioni. Queste
a loro volta istituiranno un albo delle federazioni, degli enti e del-
le società che avranno sottoscritto la carta di garanzia.
704 Legge 230/2007 «Ratifica ed esecuzione della Convenzione In-
ternazionale contro il doping nello sport, con allegati, adottata a
Parigi nella XXIII Conferenza generale UNESCO il 19 ottobre 2005».
705 Mc Dougall D. Piccoli schiavi in nome del calcio in Panorama
del 6 marzo 2008.
706 Consensus Statement Sexual harassment and abuse in sport
IOC Medical Commission Expert Panel, 2007,disponibile sul sito
http://multimedia.olympic.org/pdf/en_report_1125.pdf
707 Audisio E. in la Repubblica del 28 febbraio 2007.
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Alla Conferenza dei Presidi delle Facoltà e dei Corsi di
Laurea in Scienze motorie, al CONI e alle Federazioni affi-
liate, nonché agli Enti di Promozione Sportiva, di garanti-
re lo sviluppo, la qualificazione ed il miglioramento del li-
vello della formazione dei dirigenti e degli educatori spor-
tivi, volta soprattutto all’approfondimento degli aspetti
educativi e sociali della pratica sportiva, al fine di contra-
stare, anche con la collaborazione delle famiglie, moltepli-
ci fenomeni tra i quali il drop-out, il tesseramento come
vincolo e la compravendita, le violenze e gli abusi, il do-
ping, lo sfruttamento, la discriminazione nell’accesso alle
attività sportive;
2. Al Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sporti-
ve, al Ministero della Solidarietà Sociale, al Ministero
della Salute, al Ministero della Pubblica Istruzione di
provvedere entro la fine del 2008 all’istituzione e alla no-
mina in concertazione tra loro di un Osservatorio naziona-
le sullo Sport e i Minori dotato di adeguati strumenti di
monitoraggio e di indagine che realizzi un’indagine nazio-
nale sulla “adultizzazione” delle pratiche motorie dei mi-
nori di 14 anni, sui fenomeni della specializzazione preco-
ce e della selezione, sulle cause dell’abbandono della pra-
tica sportiva, sull’uso delle sostanze illecite, sulla normati-
va riguardante il tesseramento dei minori, nonché che for-
nisca periodicamente dati e analisi ad un auspicato Comi-
tato di controllo nazionale con potere di interlocuzione
con i più alti livelli decisionali;
3. Al Parlamento e ai Consigli Regionali, Provinciali e Co-
munali, nell’ambito delle rispettive competenze, di adope-
rarsi perché si abbia al più presto un adeguamento della
normativa con riferimento alle raccomandazioni contenute
nel Libro Bianco sullo Sport presentato dalla Commissione
Europea l’11 luglio 2007.
La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adole-
scenza (CRC) prevede una tutela particolare a favore di al-
cuni gruppi di bambini e adolescenti in considerazione del-
la loro maggiore vulnerabilità. Si tratta dei minori in situa-
zione di emergenza, come i minori rifugiati (art. 22 CRC) e i
minori nei conflitti armati (artt. 38 e 39 CRC); dei minori in
situazione di sfruttamento economico, compreso il lavoro
minorile (art. 32 CRC), abuso e sfruttamento sessuale (art.
34 CRC), vittime di tratta (art. 35 CRC) o di altre forme di
sfruttamento (art. 36 CRC); infine dei bambini e adolescenti
di minoranze etniche o popolazioni indigene (art. 30 CRC).
MINORI IN SITUAZIONE
DI EMERGENZA
1. MINORI STRANIERI
Nei seguenti paragrafi si intende focalizzare il monitorag-
gio sui bambini e adolescenti stranieri, che si trovano sul
territorio italiano, con o senza la propria famiglia, in una
situazione di particolare vulnerabilità.
a) I Minori stranieri non accompagnati
Per i minori stranieri non accompagnati (MSNA), così come
per la generalità degli immigrati oggi presenti in Italia, non
è possibile fare un censimento accurato708. I dati a disposi-
zione continuano ad essere parziali e, soprattutto dal 1°
gennaio 2007 i minori rumeni e bulgari, in quanto divenuti
comunitari, non vengono più registrati dal Comitato Minori
Stranieri, né da alcun altro organo centrale. I dati forniti dal
Comitato Minori Stranieri (CMS) costituiscono dunque una
fotografia parziale in quanto individuano esclusivamente
quei minori entrati in contatto con le istituzioni volontaria-
mente o quelli intercettati dalle forze dell’ordine. Anche in
Europa si riscontrano difficoltà nel rilevare l’effettiva pre-
senza di minori stranieri non accompagnati, ma sembrereb-
be che l’Italia sia uno dei Paesi più coinvolti709.
Al 31 dicembre 2007, i minori stranieri non accompagnati
censiti dal Comitato Minori Stranieri erano in totale 7.548,
di cui oltre il 74,6% sprovvisto di documenti710. Dalla ripar-
tizione per nazionalità emerge che le prime tre nazionalità
registrate costituiscono oltre il 50% delle segnalazioni: Ma-
rocco (19,8%), Albania (17,2%), Palestina (14%), Egitto
(10,7%, in crescita rispetto al passato), Afghanistan
(7,1%)711, Iraq (6%), Serbia e Montenegro (3,2%).
Con riferimento alle aree di arrivo nel 2007 sono aumentate
le segnalazioni dalla Sicilia, ben 2.599 minori pari al 34,4%
del totale nazionale, seguita da Lombardia (14,3%), Emilia
Romagna (8,5%), Piemonte (8,2%)712. Quanto alla tipologia
4orapportodiaggiornamento2007-2008
111
708 Come ricordato dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani
(ANCI) nel suo ultimo rapporto «l’effettiva presenza dei minori stra-
nieri sul territorio è di difficile definizione numerica, poiché riguar-
da soggetti per la maggior parte irregolari o clandestini, che ha for-
te mobilità sul territorio ed incerta titolarità giuridica». ANCI Minori
stranieri non accompagnati. Rapporto 2005/2006 Ed. ANCI Servizi.
709 A tal proposito, un recente studio, ha tracciato alcune linee di
tendenza che si registrano nel vecchio continente dove si osser-
va una diversa dinamica tra Nord e Sud. Mentre nei Paesi setten-
trionali ed occidentali i minori stranieri non accompagnati sono
per lo più rappresentati da richiedenti asilo, nell’Europa meridio-
nale, come Italia, Portogallo e Spagna, la maggioranza è rappre-
sentata da minori senza uno status di residenza regolare. Cam-
pani G. e Salimbeni O. La fortezza e i ragazzini. La situazione dei
minori stranieri in Europa Ed. Franco Angeli, 2007.
710 I dati relativi agli ultimi 5 anni mostrano un andamento varia-
bile che ha visto un picco nel 2002 con oltre 9.000 segnalazioni,
stabilizzatosi intorno alle 7.000 unità negli anni successivi.
711 Dall’esperienza delle Caritas diocesane sul territorio, i minori
provenienti dall’Afghanistan sembrano in larga parte in transito,
diretti verso il Nord Europa e, nella loro permanenza in Italia, si
stabiliscono generalmente a Roma e Milano.
712 Si segnala però che le statistiche risentono della capacità del
territorio in cui insistono di rintracciarli e opportunamente segna-
larli ad esempio attraverso un servizio a loro destinato
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
Capitolo VII.
Misure speciali PER LA TUTELA DEI minori
46. In accordo con i principi e le disposizioni della
Convenzione, soprattutto gli artt. 2, 3, 22 e 37, e con
il rispetto dei bambini, richiedenti o meno asilo, il
Comitato raccomanda che l’Italia:
(a) incrementi gli sforzi per creare sufficienti centri spe-
ciali di accoglienza per minori non accompagnati,
con particolare attenzione per quelli che sono stati
vittime di traffico e/o sfruttamento sessuale;
(b) assicuri che la permanenza in questi centri sia più
breve possibile e che l’accesso all’istruzione e alla sa-
nità siano garantiti durante e dopo la permanenza
nei centri di accoglienza;
(c) adotti, il prima possibile, una procedura armonizzata
nell’interesse superiore del bambino per trattare con
minori non accompagnati in tutto lo Stato parte;
(d) assicuri che sia previsto il rimpatrio assistito quando
ciò è nel superiore interesse del bambino, e che sia
garantita a questi stessi bambini l’assistenza per tutto
il periodo successivo.
(CRC/C/15/Add.198, punto 46)
dell’alloggio, il 77,5% dei MSNA censiti dal CMS viene ospita-
to in strutture, il 18,2% trova una sistemazione presso privati;
mentre il 4,4% rimane senza fissa dimora.
Relativamente alla ripartizione di genere, i dati evidenziano
come solo 8 MSNA ogni 100 sia di sesso femminile e la classe
d’età più rappresentata continua ad essere quella dei 16-
17enni che costituiscono insieme il 75,5% del totale (i 17enni
da soli rappresentano il 50,1%), i 15enni sono il 12,3%, una
percentuale analoga a quella della fascia molto giovane, com-
presa fra i 7 e i 14 anni, pari all’11,4%%.
I minori stranieri non accompagnati713 godono di una tutela
giuridica che ne vieta l’espulsione e il trattenimento nei centri
di permanenza o d’identificazione e, di converso, prevede il ri-
lascio di un permesso di minore età nei casi in cui il CMS valuti
di non rimpatriare il giovane. Tuttavia l’applicazione pratica
delle norme che rilevano in queste ipotesi è stata spesso con-
traddittoria e confusa, determinata anche dall’intervento di
più autorità, giudiziarie e amministrative, sulle stesse questio-
ni. Si rileva invece che per i MSNA non è previsto né il divieto
di respingimento in frontiera né adeguate garanzie di prote-
zione nel caso in cui destinatario di un provvedimento di re-
spingimento.
Per quanto riguarda l’accertamento dell’ età, si segnala in po-
sitivo che, come raccomandato nel 3° Rapporto CRC, è inter-
venuta una Circolare del Ministero dell’Interno, la n. 9 del lu-
glio 2007, che afferma la presunzione della minore età fin
quando non siano disponibili i risultati della perizia e nel caso
in cui all’esito della perizia permangano dubbi. La Circolare af-
ferma poi la necessità di fare ricorso a tutti gli accertamenti,
comunque individuati dalla legislazione in materia, per deter-
minare la minore età, facendo ricorso, in via prioritaria, a strut-
ture sanitarie pubbliche dotate di reparti pediatrici. Sarebbe
però auspicabile l’adozione di un protocollo che stabilisca
procedure uniformi a livello nazionale. Le diverse incongruità
o lacune riscontrate nell’applicazione pratica della normativa
dedicata ai MSNA sono state sottolineate in più contesti dagli
enti e dalle associazioni impegnate sul tema714, e nonostante
la disponibilità delle istituzioni competenti nel corso della XV
legislatura ad incontrare le Organizzazioni Non Governative e
ad ascoltare le preoccupazioni e raccomandazioni di queste
ultime, le stesse istituzioni non hanno adottato alcuna riforma
normativa. Il disegno di legge delega per la riforma del T.U.
sull’immigrazione, a firma del Ministro dell’Interno e del Mini-
stro della Solidarietà Sociale715, in cui erano presenti diverse
disposizioni volte a tentare il superamento delle difficoltà e in-
congruità riscontrate e a «favorire l’inserimento civile e sociale
dei minori stranieri, compresi quelli affidati e sottoposti a tute-
la» (cfr. punto h) del disegno di legge) è stato presentato dal
Governo alla Camera dei Deputati il 30 luglio 2007 e non è an-
dato oltre l’avvio dei lavori in I Commissione Affari Costituzio-
nali, dove è stato esaminato per l’ultima volta nella seduta del
6 novembre 2007716. Sarebbe pertanto auspicabile che il nuo-
vo Governo provvedesse in tempi brevi all’attesa riforma del
T.U., riprendendo tutte le disposizione inserite nel disegno di
legge citato più favorevoli alla tutela dei minori717.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
112
4orapportodiaggiornamento2007-2008
713 L’art. 1 DPCM 535/99 definisce minore presente non accompa-
gnato colui che «non avente cittadinanza italiana o di altri Stati del-
l’Unione Europea, non avendo presentato domanda di asilo, si trova
per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rap-
presentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente
responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano».
714 Tra cui Amnesty International - Sezione Italiana Non più invisi-
bili, in attesa di buone leggi. Un bilancio di 16 mesi di attività del-
la Sezione Italiana di Amnesty International per i minori migranti
detenuti all’arrivo via mare, 19 giugno 2007, disponibile sul sito
www.amnesty.it
715 C. 2976, c.d. disegno di legge Amato-Ferrero.
716 Si veda iter parlamentare disponibile on-line
www.camera.it/_dati/lavori/schedela/trovaschedacamera_wai.as
p?PDL=2976
717 Si segnalano in particolare le seguenti disposizioni previste nel di-
segno di legge delega: 1) il rilascio di un permesso di soggiorno per
motivi familiari allo straniero che, al compimento della maggiore età,
risulti a carico di uno o entrambi i genitori o rimanga a carico di colui
che era affidatario o tutore, tenuto conto del reddito degli stessi; 2) la
conversione, al compimento della maggiore età, del permesso di
soggiorno, rilasciato al minore straniero non accompagnato, in altre
tipologie di permesso di soggiorno, compresa quella per accesso al
lavoro, a condizione che ne sussistano i presupposti e che il minore
straniero abbia partecipato ad un progetto di accoglienza e tutela ge-
stito da un ente pubblico o privato in possesso di determinati requisi-
ti, con modalità idonee a valutarne l’inserimento sociale e civile da
parte del Consiglio territoriale dell’immigrazione presso la Prefettura-
Ufficio territoriale del Governo secondo gli indirizzi generali formulati
dal Comitato minori di cui al punto 5, cui vengono comunicati i relati-
vi elementi informativi; 3) il rilascio del permesso per protezione so-
ciale anche allo straniero che, avendo commesso reati durante la mi-
nore età, abbia concluso positivamente un percorso di reinserimento
sociale, nelle forme e nei modi previsti dal codice penale e dalle nor-
me sul processo minorile; 4) l’istituzione presso il Ministero della So-
lidarietà Sociale di un «Fondo nazionale di accoglienza e tutela a fa-
vore dei minori stranieri non accompagnati» per il finanziamento, an-
che parziale, dei progetti di cui al numero 2; 5) la riorganizzazione e
la revisione della composizione e delle procedure del Comitato Mino-
ri Stranieri istituito presso il Ministero della Solidarietà Sociale, an-
che con la previsione di una funzione consultiva dei Consigli territo-
riali per l’immigrazione presso le Prefetture-Uffici territoriali del Go-
verno in ordine allo svolgimento delle attività di competenza del Co-
mitato stesso e di una funzione consultiva del Comitato in ordine al-
l’utilizzo del fondo di cui al punto 4; 6) la ridefinizione e l’estensione
delle procedure di rimpatrio volontario assistito anche ai minori stra-
nieri che, al raggiungimento della maggiore età, non possiedano i re-
quisiti per la conversione del permesso di soggiorno per minore età,
con la previsione di un titolo di priorità per l’iscrizione nelle liste di la-
voratori stranieri suddivise per nazionalità di cui alla lettera a) punto
4; 7) la previsione che, in caso d’incertezza sulla minore età dello
straniero, siano disposti gli opportuni accertamenti medico-sanitari
e, ove tali accertamenti non consentano l’esatta determinazione del-
l’età si applicano comunque le disposizioni relative ai minori; 8) la
previsione della convalida da parte del Tribunale per i Minorenni del
rimpatrio del minore ultraquattordicenne disposto senza il suo con-
senso o del minore infraquattordicenne.
Si segnala però in positivo l’emanazione di singoli atti am-
ministrativi, quali la già ricordata Circolare del Ministero
dell’Interno del 9 luglio 2007 sull’accertamento dell’età e
quella del 18 luglio 2007 sui minori comunitari non accom-
pagnati718.
Nel 3° Rapporto CRC si segnalava che «molte questure
non rilasciano alcun per messo di soggior no al l a mag-
gior e et à ai msna che non rispondono ai requisiti intro-
dotti dalla Legge Bossi-Fini (ovvero esser entrati in Italia
prima del compimento dei 15 anni e aver seguito un pro-
getto di integrazione per 2 anni)719, anche se sono affida-
ti o sottoposti a tutela. Questa interpretazione restrittiva
della legge è illegittima in quanto contraria alle sentenze
della Corte Costituzionale del 2003 e del Consiglio di Sta-
to del 2005 che hanno affermato molto chiaramente che
a un minore affidato o in tutela può essere rilasciato un
permesso di soggiorno anche se non ha i requisiti dei 3
anni di permanenza e 2 anni di prog etto di inte-
grazione»720. Si segnala che la recente Circolare del 28
marzo 2008 del Ministero dell’Interno è intervenuta per
«garantire una più omogenea applicazione dei principi di
legge che disciplinano la materia». La Circolare chiarisce
in via definitiva la parificazione, ai fini del permesso di
soggiorno rilasciabile al minore e al suo successivo rinno-
vo/conversione, dello status giuridico dei minori sottopo-
sti a tutela e di quelli affidati, stante «l’identità dei fini
perseguiti dagli istituti dell’affidamento e della tutela».
Inoltre ribadisce che la situazione dei minori affidati o
sottoposti a tutela non «deve essere confusa con la ulte-
riore e distinta fattispecie contenuta nei commi 1 bis e 1
ter dell’art. 32 T.U.», ossia quella relativa ai minori stra-
nieri non accompagnati presenti sul territorio da almeno
tre anni e inseriti in un progetto di integrazione sociale e
civile frequentato per non meno di due anni. Pertanto, in
linea con quanto già affermato dal Consiglio di Stato con
le sentenze 1681/2005 e 564/2006, al raggiungimento
della maggiore età, al minore affidato o sotto tutela po-
trà essere rilasciato un permesso di soggiorno «indipen-
dentemente dalla durata della sua presenza sul territorio
nazionale, dalla frequentazione di un progetto di integra-
zione o dal provvedimento del Comitato minori stranieri
di non luogo a procedere al rimpatrio» e, viceversa, al mi-
nore straniero non accompagnato presente da almeno tre
anni e inserito in un progetto almeno biennale, al rag-
giungimento della maggiore età “potrà essere rilasciato
un permesso di soggiorno a prescindere dalla sottoposi-
zione del minore ad un provvedimento di affidamento o
tutela»721.
Infine si rileva che la Legge Finanziaria 2008 ha aumen-
tato l’ammontare del Fondo per l’inclusione sociale degli
immigrati, nell’ambito del quale nel 2007 sono state indi-
viduate specifiche risorse anche a favore dei MSNA722,
assegnate dal Ministero della Solidarietà Sociale
all’ANCI723. Tuttavia, il 7 marzo 2008 la Corte Costituzio-
nale ha dichiarato tale Fondo incostituzionale, dal mo-
mento che concerne materie, quali i servizi sociali e
l’istruzione, di competenza regionale e non esclusiva sta-
tale. La Corte ha però precisato che è necessario garanti-
re la continuità delle erogazioni, con conseguente salvez-
za degli eventuali procedimenti di spesa in corso724.
i. Minori non accompagnati cittadini dell’UE
Il 6 febbraio 2007 è stato emanato il Decreto Legislativo
30/2007 in attuazione della Direttiva 2004/38/CE725, per
regolamentare «il diritto dei cittadini dell’Unione Europea
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
113
718 Si segnala anche la Circolare del Ministero dell’Interno del 7
dicembre 2006 sui minori non accompagnati richiedenti asilo.
719 art. 32 comma 1 bis e ter T.U. 286/1998.
720 La sentenza della Corte Costituzionale 198/2003 e la sen-
tenza del Consiglio di Stato 1681/2005 affermano che i requisi-
ti stabiliti dal primo comma dell’art. 32 T.U. 286/1998 (affida-
mento o tutela) e i requisiti stabiliti dai commi 1-bis e ter dello
stesso articolo (ingresso da almeno 3 anni e partecipazione a
un progetto di integrazione per almeno 2 anni) sono alternativi
e non concorrenti.
721 La Circolare considera anche il caso in cui il minore titolare di
un permesso per motivi familiari ex art. 32 comma 1, al raggiun-
gimento della maggiore età non sia in grado di soddisfare i re-
quisiti prescritti per il tipo di permesso richiesto. In tale ipotesi,
la Circolare chiarisce che al minore possa essere rinnovato il pro-
prio titolo per la stessa durata di quello del genitore «purché
quest’ultimo soddisfi le condizioni di alloggio e di reddito richie-
ste per il ricongiungimento familiare dall’art. 29 comma 3 T.U.
Tale possibilità discende dalla disposizione dell’art. 30 comma 3
T.U., in cui si stabilisce che il permesso di soggiorno per motivi
familiari abbia «la stessa durata del permesso di soggiorno del
familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungi-
mento ai sensi dell’art. 29 ed è rinnovabile con quest’ultimo».
722 Si veda anche infra capitolo I, paragrafo «Le risorse per
l’infanzia e l’adolescenza in Italia».
723 Nel merito del bando predisposto dall’ANCI l’avviso pubbli-
co a presentare proposte per il finanziamento di progetti di
pronta accoglienza per minori stranieri non accompagnati Fi-
nanziato dal Ministero della Solidarietà Sociale con il «Fondo
per l’inclusione sociale degli immigrati - 2007» è stato pubbli-
cato sul sito dell’ANCI, si veda
www.anci.it/index.cfm?layout=sezione&IdSez=10321. Il bando
rivolto ai singoli Comuni, Comunità montane, Unioni e Consorzi
di Comuni che prestano servizi finalizzati all’accoglienza di mi-
nori stranieri non accompagnati da almeno tre anni, permet-
terà di attivare un sistema diffuso sull’intero territorio
nazionale di presa in carico e integrazione dei minori con parti-
colare riferimento alla pronta accoglienza.
724 Si veda Corte Costituzionale sentenza 50/2008.
725 Decreto Legislativo 30/2007, di attuazione della Direttiva
2004/38/CE.
e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamen-
te» nel territorio italiano. Queste norme sono state modi-
ficate dal Decreto Legislativo 32/2008, entrato in vigore il
2 marzo 2008, che ha aumentato le formalità relative al
soggiorno in Italia dei cittadini UE e ha introdotto alcune
restrizioni, oltre ad ampliare e facilitare i casi di allonta-
namento. L’adozione definitiva di queste modifiche, le
quali incidono sulla situazione dei minori comunitari, sia
inseriti in nuclei familiari sia non accompagnati, costitui-
sce l’esito finale dell’emanazione consecutiva di più atti
normativi nel corso del 2007: il Decreto Legge 181/2007,
adottato da un Consiglio dei Ministri straordinario/ riuni-
tosi il 31 ottobre 2007 a seguito di un omicidio avvenuto
a Roma di cui risultava accusato un cittadino rumeno726,
non convertito in legge e quindi decaduto; il successivo
Decreto Legge 249 del 29 dicembre 2007, solo parzial-
mente diverso dal primo. Tali decreti sono stati oggetto
di critiche da parte di alcune ONG e organismi intergover-
nativi727 e tra i motivi della preoccupazione vi era la forte
indeterminatezza dei nuovi motivi di espulsione dei citta-
dini comunitari in particolare dei motivi di «ordine pubbli-
co» e dei «motivi imperativi di pubblica sicurezza», la-
sciati scarsamente definiti nella norma e quindi fonte di
un’eccessiva discrezionalità in capo alle autorità chiama-
te ad adottare i singoli provvedimenti.
I contenuti del secondo Decreto Legge, anch’esso non
convertito, sono infine confluiti nel citato Decreto
32/2008 il quale prevede in positivo, diversamente dal
testo originario, la convalida giudiziaria da parte del giu-
dice ordinario per i provvedimenti di espulsione728. Re-
stano invece non strettamente ancorati a parametri legali
i presupposti dell’espulsione, con un conseguente ecces-
sivo spazio lasciato all’interpretazione dell’autorità am-
ministrativa.
La legislazione ricordata ha un forte impatto sui minori
comunitari, anche in termini di tutela dei diritti sanciti
dalla Convenzione. Le norme citate sono applicabili ai nu-
clei familiari con minori e, a differenza che per i minori ex-
tracomunitari, non sono esplicitamente previste delle ga-
ranzie. Inoltre i minori accompagnati, in particolare di et-
nia rom, hanno risentito del clima di discriminazione e
delle politiche dell’esclusione prodotti dai decreti729. Per
i minori non accompagnati destano invece preoccupazio-
ne alcune previsioni normative specifiche. Una questione
attiene al soddisfacimento del requisito delle risorse eco-
nomiche sufficienti ai fini dell’iscrizione anagrafica, ne-
cessaria per i comunitari che intendono soggiornare sul
territorio per un periodo superiore a tre mesi. Tale requi-
sito è di per sé non dimostrabile da parte di un MSNA. Su
questo aspetto è intervenuta la Circolare del Ministero
dell’Interno n. 39 del 18 luglio 2007, con cui è stato chia-
rito che per i minori comunitari non accompagnati si pro-
cede all’iscrizione anagrafica sulla base della decisione
dell’autorità giudiziaria minorile che ne dispone
l’affidamento o la tutela.
Un grave profilo discriminatorio si rinviene infine in mate-
ria di allontanamento dei minori comunitari. Per i minori
stranieri non accompagnati è infatti vietata l’espulsione,
se non per motivi di ordine pubblico, nel qual caso è di-
sposta dal Tribunale per i Minorenni. Per i minori comuni-
tari invece i decreti sopra ricordati hanno previsto
l’ipotesi di allontanamento del minore per motivi «impe-
rativi di pubblica sicurezza» (che, come ricordato, non so-
no definiti dalla norma in maniera precisa) e in questi casi
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
114
4orapportodiaggiornamento2007-2008
726 Dalla comunicazione ufficiale del Governo relativa al Decre-
to Legge 181/2007: «Dopo i gravi episodi di cronaca avvenuti a
Roma, il Governo nel Consiglio dei Ministri straordinario del 31
ottobre 2007 ha trasformato in un Decreto-Legge le misure di
espulsione dei cittadini comunitari e le conseguenti competen-
ze dei Prefetti, contenute nel disegno di legge in materia di si-
curezza urbana».
727Si veda il comunicato stampa emesso il 7 novembre 2007
dalla Sezione Italiana di Amnesty International, la quale «si è
detta sorpresa per il modo affrettato e reattivo con cui sono
stati adottati provvedimenti di portata generale che modifica-
no le norme relative alla permanenza sul territorio italiano e al-
le espulsioni dei cittadini dell’Unione Europea» e con
l’occasione «ha sottolineato la necessità che i rappresentanti
delle istituzioni locali e nazionali, gli esponenti politici e gli
operatori dei mezzi di informazione adottino un atteggiamento
responsabile e obiettivo che stigmatizzi le responsabilità indi-
viduali e prevenga gli attacchi xenofobi».
www.amnesty.it/pressroom/comunicati/CS127-2007.html. Il
Presidente dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio
d’Europa ha richiamato le istituzioni italiane a far sì che all’ar-
resto di un cittadino rumeno sospettato di un omicidio non se-
guisse una “caccia alle streghe” (“witch-hunt”) dei rumeni. Il
comunicato (n. 747 del 7 novembre 2007) è disponibile sul sito
www.coe.int/T/DC/Press/WCD/AllPR_en.asp#
728 Sono invece di competenza del TAR di Roma i provvedimenti
di espulsione emessi ai sensi dell’art. 20 comma 1 e 2 e per moti-
vi di ordine pubblico (art. 22 comma 1).
729 Si veda ad esempio l’articolo di Nando Sigona, Ricercatore
presso il Refugee Studies Centre, Università di Oxford, che trae
spunto dai risultati di una ricerca in via di pubblicazione condotta
dall’associazione OsservAzione per l’OSCE tra novembre 2007 e
dicembre 2007: «Molte persone hanno deciso di abbandonare le
città dove vivevano per tornare in Romania o per spostarsi in lu-
oghi meno pericolosi. I bambini rom hanno risentito particolar-
mente di queste migrazioni forzate, essendo costretti ad abban-
donare la scuola e i luoghi conosciuti. Costretti alla macchia con i
loro genitori da iniziative politiche che forse producono vantaggi
elettorali nel breve periodo, ma che sul lungo termine creano crit-
icità, riducono la fiducia nelle istituzioni di quelli che sarebbero
nuovi cittadini e minano ogni tentativo, pur piccolo, di inte-
grazione che si era avviato». Articolo disponibile sul sito
www.osservazione.org/emergenzaromromeni.htm
l’espulsione, così come per gli adulti, è disposta dal Mini-
stero dell’Interno, senza che siano previste speciali ga-
ranzia a tutela dell’interesse del minore.
b) Minori richiedenti asilo e
accoglienza in frontiera
L’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951730 definisce
rifugiato chiunque si trovi fuori del proprio Paese di origi-
ne e non possa o non voglia ritornarvi a causa di un fon-
dato timore di persecuzione per le sue opinioni politiche,
per la sua nazionalità, per la sua razza, per la sua religione
o per la sua appartenenza ad un determinato gruppo so-
ciale, persecuzione contro la quale il suo Governo non può
o non vuole fornirgli un’adeguata protezione. La Costitu-
zione731 prevede che chiunque ha il diritto di cercare ed
ottenere protezione in Italia se nel suo Paese non può go-
dere delle libertà fondamentali assicurate dalla Carta co-
stituzionale, disponendo in materia una riserva di legge.
Nel corso del 2007 si sono registrati dei progressi nella
produzione legislativa in materia di asilo, soprattutto gra-
zie all’adozione di due Decreti Leg is l at ivi (Dlgs.
251/2007 e Dlgs. 25/2008), derivanti dall’obbligo dell’I-
talia di recepire le Direttive dell’Unione Europea in mate-
ria di qualifica di rifugiato e di procedure ai fini del rico-
noscimento della protezione internazionale732. Entrambi i
decreti hanno apportato degli elementi migliorativi ri-
spetto alle Direttive europee, avvalendosi il Governo del-
la facoltà di disporre norme più favorevoli, tra cui, a livel-
lo generale, spicca l’introduzione dell’effetto sospensivo
del ricorso avverso il diniego dello status di rifugiato. In-
fatti la possibilità di permanere nel territorio durante il
periodo del ricorso è un importante strumento di tutela
da un rinvio forzato nel Paese di origine delle persone a
rischio di persecuzione la cui domanda di asilo sia stata
erroneamente rifiutata in prima istanza. Sono inoltre ap-
prezzabili la previsione del diritto al ricongiungimento fa-
miliare anche per il minore beneficiario della protezione
sussidiaria ai sensi dell’art. 29 bis T.U. 286/1998 in mate-
ria di immigrazione733, la previsione della nomina del tu-
tore entro 48 ore dalla segnalazione734 e le disposizioni
riguardanti il rilascio del titolo di viaggio735, sebbene le
associazioni di settore chiedano che tale disposizione
venga accompagnata da chiare norme regolamentari at-
tuative, al fine di evitare il perdurare della eccessiva di-
screzionalità amministrativa in materia.
L’Italia però è ancora sprovvista di una legge organica in
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
115
730 Convenzione relativa allo status di rifugiati, Ginevra, 18 lu-
glio 1951.
731 Art. 10 comma 3 Cost.
732 Rispettivamente il 19 febbraio 2008 e il 2 marzo 2008, sono
entrati in vigore i Decreti Legislativi: Dlgs. 251/2007 «in tema di
attribuzione della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti
bisognosa di protezione internazionale e sul contenuto minimo
della protezione riconosciuta» di recepimento della Direttiva
2004/83/CE del Consiglio del 29 aprile 2004, disponibile sul sito
www.governo.it/Governo/Provvedimenti/dettaglio.asp?d=371
98; Dlgs. 25/2008 «in tema di procedure ai fini del riconosci-
mento e della revoca della protezione internazionale» di re-
cepimento della Direttiva 2001/55/CE del Consiglio del 20
luglio 2001, disponibile sul sito
www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/testi/08025dl.htm
733 Art. 22 Dlgs. 251/2007.
734 Art. 26 Dlgs. 25/2008.
735 Art. 24 Dlgs. 251/2007.
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Ministero della Solidarietà Sociale il miglioramento
del sistema di raccolta dei dati sui MSNA a livello nazio-
nale (in termini di completezza, disaggregazione, aggior-
namento e accessibilità) e la formazione degli operatori
che a vario titolo lavorano con MSNA;
2. Al Ministero della Salute di concerto con il Ministero
dell’Interno la predisposizione di una procedura unifor-
me sul territorio nazionale per l’identificazione dei minori
non accompagnati e la determinazione dell’età rispettosa
della dignità ed integrità dei minori, la quale consti di me-
todi di indagine diversificati e tra loro combinabili e la
cessazione dell’utilizzo della radiografia del polso;
3. Al Ministero dell’Interno l’adozione di norme che vietino
il respingimento dei minori non accompagnati o in subor-
dine la disposizione di procedure per il respingimento che
prevedano adeguate garanzie di protezione del minore.
20. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di prestare
attenzione alla condizione di vulnerabilità dei minori
richiedenti asilo, rifugiati, e migranti in Italia, coinvolti
in conflitti armati, rafforzando i suoi sforzi per:
(a) identificare questi minori nella primissima fase;
(b) fornire loro un assistenza multidisciplinare cultu-
ralmente valida per il loro recupero fisico e psico-
logico e la loro reintegrazione sociale;
(c) raccogliere sistematicamente dati sui minori rifu-
giati, richiedenti asilo e migranti sotto la propria
giurisdizione, che possano essere coinvolti nelle
ostilità in patria;
(d) formare regolarmente le autorità che lavorano per e
con i minori richiedenti asilo, rifugiati e migranti,
che possano essere coinvolti nelle ostilità in patria.
(CRC/C/OPAC/ITA/CO/1, punto 20)
materia di asilo e, nonostante fossero pendenti diversi di-
segni di legge in materia nel corso della XV Legislatura, que-
sta si è chiusa senza aver dotato l’Italia di tale normativa.
Persistono quindi delle lacune e delle criticità, che non sono
state risolte dall’adozione dei menzionati decreti di attua-
zione delle Direttive europee, criticità che investono anche i
minori.
Il citato Decreto Legislativo 251/2007 in materia di qualifica
di rifugiato, ad esempio, non prevede, in violazione dell’art.
3 CRC e dell’art. 28 T.U. 286/1998 in materia di immigrazio-
ne, che la valutazione rispetto al riconoscimento dello sta-
tus di rifugiato o di protezione internazionale nei confronti
di un minore debba prevedere come considerazione premi-
nente il superiore interesse del minore, il quale invece è
preso in considerazione solo rispetto alla decisione in meri-
to all’accoglienza e all’eventuale rintraccio dei familiari.
Tra le principali questioni ancora irrisolte vi è inoltre la pre-
visione dei Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CA-
RA), di cui all’art. 21 Dlgs. 25/2008, la cui natura, anche giu-
ridica, appare ambigua. Le associazioni ne denunciano in-
fatti la somiglianza ai centri di identificazione, il cui caratte-
re detentivo dovrebbe invece, secondo le dichiarazioni del
Governo, essere “superato”. A tale proposito il fatto, in sé
positivo, che sia vietato il trattenimento presso questi centri
dei minori non accompagnati736 giustifica il timore delle as-
sociazioni rispetto alla possibile natura detentiva di tali
strutture. Desta inoltre preoccupazione il fatto che non sia-
no invece previste limitazioni per il trattenimento dei nuclei
familiari con minori, in apparente contrasto con l’art. 37
CRC, il quale prevede che la detenzione dei minori sia posta
in essere solo come ultima risorsa e vieta la detenzione ille-
gittima ed arbitraria. Al momento della stesura del presente
Rapporto, è in discussione il regolamento di attuazione del
Dlgs. 25/2008, in cui verranno meglio specificate le caratte-
ristiche e le modalità di gestione dei CARA.
Per quanto riguarda l’accoglienza in frontiera, nel corso del
2007 si segnalano alcuni miglioramenti rispetto ai minori
giunti in Italia via mare737, ed in particolare rispetto alla di-
vulgazione dei dati relativi agli arrivi dei minori presso la
frontiera marittima. All’inizio del 2007, per la prima volta, il
Ministero dell’Interno ha reso noti i dati rispetto agli arrivi
dei minori via mare negli anni precedenti, che hanno mo-
strato l’alta percentuale di minori (oltre il 7%) tra i migranti
e i richiedenti asilo giunti in Italia via mare nel 2005 e
2006738. Questa percentuale risulta ulteriormente aumenta-
ta (10,6 %) nei dati pubblicati dal medesimo Ministero relati-
vamente al 2007739. Si segnala inoltre l’abbreviarsi dei tem-
pi di permanenza di migranti e richiedenti asilo a Lampedu-
sa e il progressivo superamento, nei confronti dei minori non
accompagnati, della prassi di far seguire un ulteriore perio-
do di detenzione in altro centro (generalmente del Sud Ita-
lia) a quello applicato a Lampedusa: l’insieme dei due ele-
menti ha prodotto una drastica riduzione dei tempi di deten-
zione dei minori non accompagnati dopo l’arrivo740. Le pras-
si tuttora applicate però non impediscono che un numero
non quantificabile di minori, accompagnati o meno, venga
ancora trattenuto presso i centri di identificazione, di perma-
nenza temporanea o di “accoglienza”. Ciò è dovuto soprat-
tutto alla mancata applicazione del principio del beneficio
del dubbio, ossia l’applicazione delle norme relative ai mino-
ri in tutti i casi in cui la maggiore età non sia determinata o
determinabile con certezza, nella fase dell’identificazione
successiva all’arrivo via mare o nel momento del primo con-
tatto con le autorità di pubblica sicurezza. Rispetto a questo
tema è apparso come un importante passo in avanti
l’emanazione nel luglio 2007, da parte del Ministro dell’In-
terno, della Circolare741 che indica alle Questure e agli altri
organi competenti di presumere la minore età ogni qual vol-
ta, dopo gli accertamenti medici tesi a determinare l’età,
permanga un dubbio rispetto alla minore età dell’interessa-
to. La Circolare richiede inoltre che sino a quando «non sia-
no disponibili i risultati degli accertamenti in argomento, al-
l’immigrato dovranno essere comunque applicate le disposi-
zioni relative alla protezione dei minori». Nonostante queste
indicazioni, la prassi risulta ancora disomogenea, anche a
causa del margine di flessibilità dei risultati degli esami me-
dici effettuati, che generalmente presentano tutti un range
di errore che può variare da +/- 2 anni a +/- 1 anno742 a se-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
116
4orapportodiaggiornamento2007-2008
736 Art. 26 Dlgs. 25/2008.
737 Amnesty International - Sezione Italiana Non più invisibili, in
attesa di buone leggi. Un bilancio di 16 mesi di attività della Se-
zione Italiana di Amnesty International per i minori migranti dete-
nuti all’arrivo via mare 19 giugno 2007, disponibile sul sito
www.amnesty.it
738 I dati relativi all’accoglienza in frontiera nel 2007 e in partico-
lare agli arrivi via mare nel 2005 e nel 2006 sono stati resi noti
con comunicato stampa del Ministero dell’Interno del 29 dicem-
bre 2007, consultabile sul sito
www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala
_stampa/notizie/immigrazione/notizia_23488.html
739 Si veda comunicato del Ministero dell’Interno del 29 dicem-
bre 2007 alla pagina www.interno.it/mininterno/export/sites/
default/it/sezioni/sala_stampa/comunicati/0865_2007_12_29_
libia_meno_sbarchi.html_89209861.html
740 Amnesty International – Sezione Italiana Non più invisibili, in
attesa di buone leggi. Un bilancio di 16 mesi di attività della Se-
zione Italiana di Amnesty International per i minori migranti de-
tenuti all’arrivo via mare cit.
741 Circolare del Ministero dell’Interno, Prot. 17272/7 «Identifica-
zione di migranti minorenni», disponibile on-line
www.serviziocentrale.it/pdf/Circolari/minori11lug2007.pdf
742 Tale dato emerge dalle perizie medico-legali effettuate su ri-
chiesta di alcune Organizzazioni Non Governative.
conda del metodo utilizzato. Permane inoltre il problema
della mancanza di una procedura unica sul territorio nazio-
nale rispetto alla fase dell’accertamento dell’età, il che com-
porta un’eccessiva discrezionalità amministrativa in materia.
Tali criticità non vengono risolte con le nuove disposizio-
ni in materia di cui all’art. 19 Dlgs. 25/2008, sebbene le
previsioni in questione siano apprezzabili in particolare
laddove richiedono il consenso informato del minore e di-
spongono che in casi di rifiuto da parte dello stesso di
sottoporsi agli esami, tale rifiuto non possa essere moti-
vo di impedimento all’accoglimento della domanda di
protezione internazionale.
Peraltro, nonostante il Dlgs. 187/2000 stabilisca il princi-
pio di giustificazione per l’esposizione medica alle radia-
zioni, secondo il quale l’esposizione alle radiazioni di
persone nell’ambito di procedure medico legali se non
comportano un beneficio diretto per la salute della perso-
na devono essere giustificate in modo particolare743, con-
tinuano a pervenire segnalazioni alle Organizzazioni Non
Governative che la lastra al polso sia ancora diffusamente
utilizzata quale unico metodo per accertare l’età. Secon-
do quanto risulta ad alcune Organizzazioni Non Governa-
tive744, anche laddove vengono utilizzati altri metodi
(esame della dentatura, visita pediatrica, esame dei geni-
tali, etc.), questi non sono mai combinati tra loro, ma si
sceglie di adottarne uno solo, spesso in funzione della di-
sponibilità del Pronto Soccorso dove viene condotto il
presunto minore.
I minori soli, una volta identificati come tali, vengono ge-
neralmente trasferiti in strutture di accoglienza dedicate.
Il Dlgs. 140/2005, in materia di accoglienza dei richie-
denti asilo, prevede che l’accoglienza dei minori non ac-
compagnati sia effettuata ad opera dell’ente locale. La Di-
rettiva del Ministero dell’Interno e della Giustizia entrata
in vigore il 9 marzo 2007 prevede che i minori non accom-
pagnati richiedenti asilo vengano inseriti nel Sistema di
protezione per richiedenti asilo e rifugiati, che tuttavia
nel 2007 disponeva di soli 350 posti destinati in generale
alle categorie vulnerabili, tra cui i minori non accompa-
gnati. La situazione che desta particolare preoccupazione
è quella della Sicilia dove dall’inizio del 2007 al 14 mag-
gio dello stesso anno sono arrivati 445 minori745. In man-
canza di posti dedicati nel Sistema di Protezione i minori
vengono accolti nelle strutture del territorio rivolte all’in-
fanzia in generale, che a volte sembrano non assicurare
adeguati standard di qualità. È indicativa in tal senso la
notizia riportata da un’agenzia di stampa relativa ad
un’indagine che ha condotto all’arresto di tre persone ad
Agrigento accusate di contattare i minori stranieri accolti
presso una comunità con l’aiuto degli operatori di que-
st’ultima, e di promettere loro la fuga per ricongiungersi
con i propri parenti nel Nord Italia al fine di sequestrarli
per chiedere un riscatto746. È essenziale ricordare che tra
i minori non accompagnati che arrivano in Sicilia vi sono
anche minori che provengono da Paesi in situazione di
conflitto e/o sono stati arruolati o hanno subito il rischio
di essere arruolati come bambini soldato, per i quali il Co-
mitato ONU raccomanda di prestare particolare attenzio-
ne, attuando un complessivo sistema di sostegno e assi-
stenza psicologica attento all’età e adeguato alle diffe-
renze di genere.
I dati ufficiali delle domande di asilo in Italia non sono
disaggregati per età, ma il Comune di Roma ha recente-
mente reso pubblici i dati relativi ai minori intervistati
presso la Commissione territoriale di Roma: «La Commis-
sione territoriale di Roma sul riconoscimento dello sta-
tus di rifugiato tra gennaio e dicembre 2007, ha esamina-
to 63 domande d’asilo provenienti da minori stranieri non
accompagnati, riconoscendo in 57 casi lo status di rifu-
giato e in 6 la protezione umanitaria. Nella maggioranza
assoluta delle audizioni si trattava di minori provenienti
dall’Afganistan (46), seguiti dall’Eritrea (3), Iran, Iraq,
Russia, Sierra Leone, Somalia, Turchia (1)»747.
Destano infine interesse i dati forniti dal Comitato Minori
Stranieri, che al 31 dicembre 2007, tra gli altri, ha censito
su 5.631 minori non identificati748, 1.056 minori che si so-
no dichiarati palestinesi, 427 iracheni, 234 eritrei, 111 so-
mali. Quasi la metà dei minori non identificati sono pre-
senti in Sicilia (45,7%). Sarebbe estremamente utile sa-
pere quanti di loro, provenienti in generale da territori
che giustificherebbero una richiesta individuale di prote-
zione internazionale, hanno chiesto ed ottenuto il ricono-
scimento dello status di rifugiato ovvero della protezione
sussidiaria.
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
117
743 Art. 4 Dlgs. 187/2000, www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/
testi/00187dl.htm.
744 Save the Children Italia, Progetto «Orizzonti a Colori».
745 Polchi V. Sbarchi, boom di minorenni in La Repubblica, 6 luglio
2007.
746 Lancio Prima, agenzia di stampa nazionale, del 29 gennaio
2008.
747 Programma Integra «Minori stranieri non accompagnati:
giovanissimi in cerca di futuro», www.programmaintegra.it
748 Per «minori non identificati» si intendono quelli sprovvisti di
un valido documento di riconoscimento.
c) L’accoglienza temporanea di minori
stranieri nell’ambito dei cosiddetti
“programmi solidaristici”
Il fenomeno dei minori stranieri temporaneamente accolti
in Italia è ancora particolarmente diffuso nel nostro Paese.
Dai dati forniti dal Comitato Minori Stranieri emerge che
sono entrati in Italia nell’ambito di programmi solidaristici
29.041 minori nel corso del 2006 e 31.735 minori nel 2007,
di cui la gran parte proveniente dalla Repubblica di Belarus
(21.181), ma in percentuali significative anche da altri Pae-
si: 8.224 minori pari al 25,91% dall’Ucraina, 1.148 pari al
3,62% dalla Federazione Russa, 826 pari al 2,60% dalla
Bosnia Erzegovina. I minori maggiormente beneficiari dei
programmi solidaristici sono i minori aventi un’età compre-
sa tra gli 8 e i 13 anni, circa il 70% del totale (di cui il
22.40% nella fascia 8-9 anni, il 24.27% nella fascia 10-11, e
il 21.69% nella fascia 12-13). Il 90,70% dei minori sono stati
accolti in famiglie, mentre solo il restante 9,30% in istituti.
Alcuni noti fatti di cronaca avevano portato nel 2006 sotto
la luce dei riflettori ed a conoscenza dell’opinione pubblica
un fenomeno già noto agli addetti ai lavori, che ne avevano
denunciato le criticità749. Infatti i programmi solidaristici,
anche se mossi dall’intento di tutelare i diritti del minore ac-
colto, presentano una serie di aspetti problematici che ri-
schiano di procurargli un grave danno. Tali aspetti, che il
Gruppo CRC aveva già evidenziato nei precedenti Rapporti,
continuano ad essere immutati.
In primo luogo non c’è un’effettiva valutazione di idoneità
delle persone ospitanti, con evidenti rischi per il buon esito
del soggiorno; inoltre, non esiste alcun albo od elenco delle
associazioni impegnate in questo settore, né quindi criteri
condivisi sulla base del quale valutare la loro idoneità ed il
loro operato750.
Un’altro aspetto molto discusso, che non può essere trascu-
rato, è che i minori stranieri accolti sono minori provenienti
da istituti, come previsto espressamente anche dall’ultimo
protocollo sottoscritto dal Governo italiano e la Repubblica
di Belarus il 10 maggio 2007751. Tale situazione ha delle ri-
cadute psicologiche sui minori negative. Si consideri infatti
che il minore istituzionalizzato vive una condizione psicolo-
gica del tutto particolare: il minore trova nell’istituto un ac-
cudimento prevalentemente fisico che non consente lo svi-
lupparsi di relazioni significative tali da porsi come efficace-
mente sostitutive e riparative rispetto a quelle genitoriali. Al
bambino continua a mancare, nel corso del tempo, la so-
stanza principale che alimenta il suo benessere psicologico
e la costruzione di una identità propria e cioè il legame af-
fettivo con figure genitoriali stabili752. È chiaro che, per que-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
118
4orapportodiaggiornamento2007-2008
749 Si veda ad esempio la lettera indirizzata al Comitato Minori
Stranieri il 16 ottobre 2006 dall’Associazione Amici dei Bambini
(Ai.Bi.), consultabile sul sito www.amicideibambini.it
750 Nel corso del suo intervento nell’ambito del seminario organiz-
zato dalla Commissione parlamentare per l’infanzia il Presidente
del Comitato Minori Stranieri, Dott. Silveri, ha anticipato che «il
Comitato inoltre ha deciso di presentare una bozza di albo delle
associazioni che decidono di presentare domanda di ospitalità: è
un tema che va affrontato con estrema cautela perché bisogna
dare margini di garanzie a tutti, non bisogna operare in modo es-
clusivo, cioè privilegiando alcuni rispetto ad altri. L’albo ci perme-
tterebbe di avere continuamente sotto controllo, di monitorare,
l’attività delle associazioni che il Comitato coinvolge direttamente
in ogni questione, tanto più che all’interno del Comitato c’è anche
un rappresentante delle associazioni. Nella riforma del disegno di
legge delega sull’immigrazione si parla anche del Comitato minori
che avrà una riorganizzazione, prevedendo tra le altre cose, anche
la presenza, ad esempio, di soggetti attualmente esclusi, come
per esempio le Regioni».
751 Art. 5 dell’Accordo tra Governo Rep. Italiana e Governo Rep. Bela-
rus sulle condizioni di risanamento e a titolo gratuito nella Rep. Ita-
liana di cittadini minorenni delle Rep. Belarus del 10 maggio 2007.
752 In merito agli effetti psicologici dell’istituzionalizzazione in-
fantile si veda Ammaniti Nicolais Gli effetti dell’abbandono sul-
lo sviluppo psicologico e neurologico in Rapporto sull’emer-
genza abbandono 2007 Ed. Ancora, 2007, pagg. 117-126.
Alla luce di queste considerazioni il Gruppo CRC
esprime la propria preoccupazione e raccomanda:
1. Al Parlamento l’adozione di una legge organica in mate-
ria di asilo che: stabilisca norme sul riconoscimento del-
lo status di rifugiato nel pieno rispetto delle Convenzio-
ne Internazionali, e delle Linee Guida dell’Alto Commis-
sariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) del
1997 in materia di minori non accompagnati, preveda
una formazione specifica dei componenti delle Commis-
sioni Territoriali su metodi di intervista dei minorenni,
forme di persecuzione specificamente rivolte ai minori,
preveda un sistema dettagliato ed integrato di raccolta
dati sui minori non accompagnati richiedenti asilo;
2. Al Ministero dell’Interno la revisione del sistema di trat-
tenimento sistematico ai soli fini dell’identificazione dei
nuclei familiari con minori all’arrivo via mare: le autorità
competenti dovrebbero garantire che in tutti i casi in cui
il miglior modo per garantire l’interesse superiore del
minore sia l’alloggio dell’intero nucleo presso centri di
accoglienza aperti, questo sia realizzato senza indugio;
3. Al Ministero dell’Interno e al Ministero della Solida-
rietà Sociale, in merito all’accoglienza, lo sviluppo di un
sistema di monitoraggio delle case di accoglienza dedi-
cate ai minori stranieri non accompagnati e ai minori ri-
chiedenti asilo e rifugiati che si riferisca a standard mi-
nimi di qualità, quali la presenza di mediatori culturali e
di operatori legali specializzati nel diritto minorile e del-
l’immigrazione e asilo; la previsione di misure speciali
per l’accoglienza di minori richiedenti asilo e rifugiati
vittime di tortura e/o di un conflitto armato, che garanti-
scano sostegno ed assistenza psicologica adeguate al-
l’età e che tengano conto delle differenze di genere.
sti bambini, un soggiorno in Italia presso una famiglia acco-
gliente non rappresenta solo un momento di svago e diver-
timento (oltre che un’occasione per trascorrere del tempo in
un ambiente salubre), ma può essere vista anche come
un’opportunità di trovare finalmente un famiglia. Il minore
si affeziona, infatti, con estrema facilità alla famiglia ospi-
tante e tende a strutturare con essa dei legami affettivi mol-
to stretti, sui quali crede di poter finalmente contare. Per i
minori che si trovano in stato di abbandono o addirittura già
dichiarati adottabili sarebbe dunque opportuno prevedere
e sollecitare altri tipo di intervento nel rispetto del loro su-
periore interesse e del loro diritto ad una famiglia.
La normativa che regolamenta il fenomeno è quella prevista
nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
535/1999 che ha istituito il Comitato Minori Stranieri. Tale
Decreto affida al Comitato il compito di dettare «le regole e
le modalità per l’ingresso ed il soggiorno nel territorio dello
Stato dei minori stranieri in età superiore a sei anni, che en-
trano in Italia nell’ambito di programmi solidaristici di acco-
glienza temporanea promossi da enti, associazioni o fami-
glie italiane, nonché per l’affidamento temporaneo e per il
rimpatrio dei medesimi». In applicazione a tale principio il
Comitato, nella seduta del 14 marzo 2005, ha rielaborato le
Linee Guida, che avrebbero dovuto stabilire «i criteri di va-
lutazione e le modalità delle richieste per l’ingresso e il sog-
giorno in Italia dei minori stranieri accolti nell’ambito dei
programmi solidaristici di accoglienza temporanea». In
realtà, le Linee Guida si limitano ad affermare che «il pro-
gramma è valutato prioritariamente in base a tre criteri: va-
lidità dell’iniziativa, affidabilità degli enti e delle associazio-
ni, affidabilità del referente estero dell’iniziativa». Proprio la
genericità delle Linee Guida, quindi, ha consentito che mi-
nori in stato di adottabilità venissero ospitati dalle stesse
famiglie, fino a 90 giorni l’anno, per svariati anni, con la
conseguenza di creare aspettative, illusioni, traumi al mo-
mento del distacco e del rientro nel Paese di origine. Sareb-
be quindi auspicabile una revisione delle Linee Guida adot-
tate dal Comitato Minori Stranieri in maniera da garantire
un’effettiva tutela per i minori stranieri che arrivano in Italia
nell’ambito di tali programmi, applicabili a tutti i minori
coinvolti indipendentemente dal Paese di provenienza753.
Si rileva, inoltre, la particolare situazione della Bielorussia
con la quale sono stati stipulati dei protocolli ad hoc da par-
te del Governo italiano. Infatti nel corso del 2007, come anti-
cipato nel 3° Rapporto CRC, una delegazione governativa
italiana ha firmato a Minsk un accordo con la Bielorussia,
aggiornando il precedente Protocollo del 2005, in materia di
adozioni internazionali di minori bielorussi da parte di citta-
dini italiani754. Tale accordo, volto anche a sanare i casi pen-
denti, è stato in realtà criticato da alcune associazioni755,
perchè sembrerebbe andare oltre tale considerazione crean-
do di fatto il rischio di un percorso parallelo a quello dell’a-
dozione internazionale756. Successivamente, nel maggio
2007, è stato sottoscritto il già citato Accordo sui programmi
solidaristici, che in primo luogo stabilisce espressamente
che tutti i minori orfani e quelli i cui genitori hanno perso la
potestà genitoriale che facciano ingresso in Italia nell’ambi-
to dei soggiorni solidaristici non possano essere considerati
in stato di abbandono e, quindi, adottabili. In secondo luogo
vi è l’espressa previsione dell’informazione e formazione
delle famiglie da parte delle associazioni (art. 3) e l’impegno
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
119
753 Si sottolinea come l’Associazione Amici dei Bambini (Ai.Bi.)
ha presentato un ricorso al TAR del Lazio contro il Comitato Mi-
nori Stranieri per l’annullamento delle Linee Guida emesse dal-
lo stesso Comitato nella parte in cui non prevedono
l’esclusione dei minori abbandonati o adottabili dai programmi
solidaristici (la procedura è ancora in corso, al momento della
stesura del presente Rapporto).
754 Protocollo recante integrazioni e modifiche al protocollo di
collaborazione, marzo 2007, Ministero della Pubblica Istruzione
della Repubblica di Belarus e Commissine per le Adozioni Inter-
nazionali e Direttore Generale per gli italiani all’estero e la politi-
ca migratoria presso il Ministero degli Affari Esteri.
755 L’Anfaa, ad esempio, ha espresso il proprio profondo dissenso
in merito al «Protocollo recante integrazioni e modifiche al Proto-
collo di collaborazione tra il Ministero dell’Istruzione della Repub-
blica di Belarus e la Commissione per le Adozioni Internazionali»
che prevede al punto 1.9 bis «Gli aspiranti all’adozione che inten-
dono adottare il minore ospitato durante i soggiorni di risana-
mento, presentano, attraverso gli Enti Autorizzati, all’organo di tu-
tela e curatela del luogo di residenza (domicilio) del minore la do-
manda per l’inserimento del minore stesso nell’elenco dei minori
nei confronti dei quali è possibile effettuare l’adozione internazio-
nale. Nel caso dell’avvenuto inserimento del minore nell’elenco
dei minori, nei confronti dei quali è possibile effettuare l’adozione
internazionale, il Centro informa gli aspiranti all’adozione attraver-
so l’Ente Autorizzato» in Prospettive assistenziali n. 159, 2007.
756 In merito va segnalato che il magistrato Giulia De Marco,
nella sua relazione in apertura della Sessione «La famiglia che
accoglie» in occasione della Conferenza Nazionale della
Famiglia (Firenze, 24-26 maggio 2007), ha sottolineato «il peri-
colo sottolineato anche da emeriti osservatori stranieri (…) che
attraverso i soggiorni climatici si crei un canale parallelo di
adozioni internazionali. Infatti, poiché molti minori sono in
condizione di abbandono, istituzionalizzati da anni, si crea
un’aspettativa alla loro adozione da parte delle famiglie che li
ospitano e che sovente sono prive dei requisiti richiesti dalla
Convenzione de L’Aja e dalla nostra legge nazionale. Più volte
la magistratura si è trovata di fronte a richieste di adozione di
bambini che non erano stati dichiarati adottabili dal Paese di
origine da parte di famiglie italiane che, pur non essendo in
possesso del decreto di idoneità, ritenevano di aver maturato
il diritto di adottarli per il solo fatto di averli ripetutamente os-
pitati nel corso degli anni. Richiesta che si scontra con il diritto
privato internazionale, con la legge interna del Paese di orig-
ine del bambino, con la legge italiana sull’adozione, con la
Convenzione de L’Aja ma che ha trovato sovente nell’opinione
pubblica e nei mass media un appoggio basato più sul senti-
mentalismo che non sul doveroso rispetto delle regole che i
Paesi si danno».
da parte italiana di vigilare affinché le associazioni svolgano
informazione anche in merito alle specificità dei soggiorni ri-
spetto alle procedure di adozione internazionale (art. 7).
L’accordo invece non fa chiarezza rispetto alle finalità di tali
programmi, perché se da un lato si esplicita che la finalità è
quella del risanamento, dall’altro si precisa che con risana-
mento (art. 2) ai fini del presente accordo «si intende
l’insieme delle attività di assistenza gratuita nella Repubbli-
ca Italiana finalizzate alla profilassi, al ristabilimento e al mi-
glioramento delle condizioni di salute dei minorenni cittadi-
ni della Repubblica di Belarus, provenienti da istituti e da fa-
miglie, che hanno sofferto delle conseguenze dell’incidente
occorso alla centrale nucleare di Chernobyl, nonché di quelli
che vivono in sfavorevoli condizioni sociali o di salute»757.
Pertanto si estende espressamente la partecipazione a tali
programmi ai minori che si trovano in condizioni sociali sfa-
vorevoli, a prescindere dalle condizioni di salute.
Si segnala che di fatto, nell’ultimo anno, si è assistito ad
una progressiva limitazione delle adozioni internazionali
dalla Bielorussia758, ed al ripristino invece dei programmi
solidaristici che erano stati interrotti per alcuni mesi, fino
al raggiungimento dell’accordo con la Bielorussia. La gra-
vità della situazione ha trovato ulteriore conferma nell’in-
contro tenutosi a Minsk il 22 gennaio 2008, tra i rappre-
sentanti della Commissione per le Adozioni Internazionali
con il Governo Bielorusso, il quale ha espresso chiaramen-
te la propria volontà di considerare chiuse le adozioni in-
ternazionali759.
Infine si segnala che la Commissione parlamentare per
l’infanzia ha dedicato un seminario al tema dei soggiorni
solidaristici, ad ottobre 2007, in cui istituzioni, esperti ed
associazioni hanno avuto la possibilità di un confronto760.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
120
4orapportodiaggiornamento2007-2008
757 Anche nella premessa del documento si precisa che tra le
considerazioni che sottostanno all’accordo vi è anche il «fine di
creare ulteriori possibilità e fornire garanzie per la protezione so-
ciale dei minorenni cittadini della Repubblica di Belarus residen-
ti nelle aree della contaminazione radioattiva, nonché per quelli
che vivono in condizioni sociali sfavorevoli».
758 Come esplicitato dalla CAI nella comunicazione del 24 gen-
naio 2008,
www.commissioneadozioni.it/contents/ArchivioNotizie.aspx.
Inoltre nella comunicazione inviata dal Dipartimento per le Politi-
che della Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del
presente Rapporto si specifica che il «fenomeno adottivo dalla
Bielorussia è fortemente calato dopo il 2004, ed i bambini entra-
ti in Italia a scopo adottivo sono stati infatti: 147 nel 2001, 185
nel 2002, 254 nel 2003, 226 nel 2004, 0 nel 2005, 34 nel 2006,
12 nel 2007».
759 Il Governo italiano ha evidenziato l’arbitraria interpre-
tazione del Protocollo da parte della Bielorussia, in contrasto
alla Convenzione de L’Aja, rimarcando la possibilità di con-
seguenze sul piano dei rapporti bilaterali, in particolare rispet-
to alla cooperazione umanitaria. Ibidem.
Per queste ragioni il Gruppo CRC reitera le raccomanda-
zioni già formulate nel 3° Rapporto:
1. Al Ministero degli Affari Esteri in collaborazione con la
Commissione per le Adozioni Internazionali uno specifico
impegno per sostenere iniziative in alternativa al soggiorno
in Italia, nei luoghi e comunità da cui provengono i minori,
dirette a promuovere il loro diritto a crescere in famiglia,
anzitutto quella d’origine e quando questo non sia possibi-
le, in un’altra famiglia, adottiva o affidataria, secondo le si-
tuazioni;
2. Al Ministero della Solidarietà Sociale e al Comitato Minori
Stranieri la revisione delle Linee Guida del Comitato e dei
criteri con cui vengono realizzati i soggiorni solidaristici,
che includa anche la valutazione preventiva dell’idoneità
delle persone che accolgono i minori e l’istituzione di un
apposito albo delle associazioni autorizzate;
3. Al Comitato Minori Stranieri in collaborazione con il Mini-
stero degli Affari Esteri di promuovere e sostenere nei
Paesi d’origine, a partire dal 2008, una valutazione ex post
dell’impatto del soggiorno sui minori, ricadute psicologi-
che e sociali, anche al fine di conoscere i rischi connessi e
migliorare il sistema.
760 Commissione parlamentare per l’infanzia Seminario di Studio
Adozione e affidamento Proposte a confronto 8 ottobre 2007,
Tavola rotonda sull’affidamento familiare e sull’accoglienza dei
minori in strutture. Gli atti del seminario sono disponibili sul sito
www.parlamento.it/Bicamerali/infanzia/2830/2900/4209/pag
inabicamerali.htm. Si cita l’intervento di Piercarlo Pazè, già
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minoren-
ni di Torino, che ha espresso le seguenti osservazioni: «occorre
ripensare l’età, con un monitoraggio attento dei casi, ed in lin-
ea di massima, dovrebbero in futuro essere ammessi solo mi-
nori che abbiano compiuto almeno i dieci anni. Ai fini di im-
pedire ogni possibile abuso appare inoltre indispensabile: at-
tribuire nel corso dei soggiorni l’incarico del sostegno e della
vigilanza ai Servizi dell’ente locale, come per ogni affidamento
familiare; responsabilizzare gli Stati di origine sulla scelta dei
bambini da inviare; prevedere che le associazioni che organiz-
zano e gestiscono i soggiorni non abbiano fini di lucro.
Destano invece perplessità per i pesi che caricherebbero, ve-
nendo a burocratizzare un fenomeno molto spontaneo e, per
questo, vivo, e per la palese inutilità - stante la durata breve e
la natura particolare dei soggiorni solidaristici - alcune pro-
poste che prevedono la creazione di un albo (l’ennesimo) delle
associazioni autorizzate all’organizzazione e alla gestione,
l’obbligo di comunicazioni di ogni arrivo di un minore alla gius-
tizia minorile (che non può avere un compito di polizia e non è
in condizione di gestire tali comunicazioni), una certificazione
preventiva della idoneità delle famiglie accoglienti da parte
della giustizia minorile mentre ciò è compito dei Servizi, una
definizione legislativa rigorosa dei requisiti delle famiglie che
invece deve essere valutata in concreto dai Servizi. È impor-
tante soprattutto spostare gli affidamenti solidali dalla attuale
zona franca nell’area ordinaria di vigilanza e sostegno dei
Servizi del territorio».
2. MINORI NEI CONFLITTI ARMATI:
L’ATTUAZIONE IN ITALIA DEL
PROTOCOLLO OPZIONALE ALLA CRC
CONCERNENTE IL COINVOLGIMENTO
DEI BAMBINI NEI CONFLITTI ARMATI
Il 2 giugno 2006 il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e
dell’adolescenza ha reso note le Osservazioni
Conclusive761 relative all’esame del primo Rapporto go-
vernativo sottoposto dall’Italia riguardo al Protocollo Op-
zionale alla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’a-
dolescenza relativo al coinvolgimento dei bambini nei
conflitti armati762. Le suddette Osservazioni sono state
tradotte e pubblicate in Italiano nel corso del 2007.
Il presente paragrafo è volto ad aggiornare la situazione
rispetto alle raccomandazioni e quanto emerso dall’in-
contro tra la delegazione governativa italiana e il Comita-
to ONU nel 2006, a cui in veste di osservatore, ha assisti-
to anche una delegazione del Gruppo CRC.
Durante la XV Legislatura è stato manifestato un com-
plessivo disinteresse del Governo rispetto alle raccoman-
dazioni rivolte dal Comitato ONU nel giugno 2006. Infatti,
per quanto riguarda le modifiche legislative raccomanda-
te, si rileva che non solo non è stata emanata una legge
che contenesse una definizione più esaustiva del concet-
to di «partecipazione diretta» delle persone di età inferio-
re ai 18 anni ad un conflitto armato e delle attività corre-
late, ma non è stato presentato nemmeno un disegno di
legge a tal proposito763. E ciò nonostante per definire il
testo del disegno di legge sarebbe stato sufficiente ri-
prendere l’interpretazione del concetto di «partecipazio-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
121
761 Comitato sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, quaran-
taduesima sessione, Consideration of Reports submitted by
States parties under article 8 of the Optional Protocol to the Con-
vention on the Rights of the Child on the Involvement of Children
in Armed Conflict, Annotated concluding observations: Italy.
CRC/C/OPAC/ITA/1, 2 giugno 2006.
762 Il rapporto governativo era stato presentato dall’Italia nel
2004, ed è disponibile sul sito www.unhchr.ch/tbs/doc.nsf. Il
Gruppo CRC ha poi presentato il proprio Rapporto Supplemen-
tare nel giugno 2005 disponibile sul sito www.crin.org
763 Come evidenziato dalla Coalizione italiana della campagna
«Stop all’uso dei bambini soldato!», un chiarimento legislativo
in tal senso risulta essere particolarmente urgente e neces-
sario anche alla luce di recenti dichiarazioni rese da esponenti
politici (si veda dichiarazione del Gen. Del Vecchio del 2 aprile
2008) con le quali si propone di consentire l’arruolamento
volontario nell’esercito da parte di ragazzi di 16 anni, che
«potrebbero collaborare attivamente offrendo un contributo
importante». Cfr. comunicato stampa del 2 aprile 2008,
disponibile sul sito
www.bambinisoldato.it/IMG/pdf/coaliz_bb_soldato_nota_del
_vecchio.pdf
11. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di inserire
nella sua legislazione una definizione del concetto di
“partecipazione diretta” delle persone di età inferiore ai
18 anni ad un conflitto armato, e delle attività correla-
te, che dovrebbero essere in linea con l’interpretazione
ampia del concetto stesso fornita nel Rapporto dello
Stato Parte.
13. Il Comitato rileva che la Dichiarazione presentata
dall’Italia all’atto della ratifica del Protocollo stabilisce
quale età minima per l’arruolamento volontario i 17
anni.
14. Il Comitato raccomanda all’Italia di considerare la
possibilità di aumentare l’età minima per
l’arruolamento volontario ai 18 anni.
15. Il Comitato invita l’Italia a fornire, nel prossimo
Rapporto, ulteriori informazioni circa:
(a) lo status dei minori che frequentano le scuole milita-
ri, in particolare se essi sono da considerarsi studen-
ti di una scuola militare o già reclute militari;
(b) le misure prese per assicurare che l’arruolamento vo-
lontario nelle forze armate nazionali per le persone
di età inferiore ai 18 anni sia “realmente volontario”
in conformità al principio enunciato dall’art. 3, pa-
ragrafo 3, del Protocollo;
(c) dati disaggregati sulle persone al di sotto dei 18 an-
ni, frequentanti le scuole militari,per età, regione,
area rurale/urbana, condizione sociale;
(d) la conformità dei curricula, nelle scuole militari, agli
articoli 28 e 29 della CRC, come anche al Com-
mento Generale n.1 sulle finalità dell’istruzione;
17. esprime apprezzamento per la Legge 185/1990, che
ha introdotto una nuova regolamentazione sull’esporta-
zione di armi da guerra, ma è preoccupato per la man-
canza di una disposizione che vieti la vendita di armi
leggere per i Paesi in cui le perone al di sotto dei 18 an-
ni partecipano direttamente alle ostilità;
18. Il Comitato raccomanda all’Italia di revisionare la
legislazione al fine di proibire il commercio di armi leg-
gere con quei Paesi in cui le persone al di sotto dei 18
anni partecipano alle ostilità come membri sia delle
forze armate che dei gruppi armati, distinti dalle forze
armate dello Stato. A tal proposito, il Comitato racco-
manda all’Italia di indicare, nel prossimo Rapporto, co-
me la Legge 185/1990 abbia operato quantitativamen-
te nell’ostacolare il tale commercio. Il Comitato racco-
manda inoltre di inserire nel Codice penale disposizio-
ni che qualifichino quale fattispecie di reato il commer-
cio di armi leggere con i Paesi in cui le persone al di
sotto dei 18 anni partecipano direttamente alle ostilità.
(CRC/C/OPAC/CO/ITA/1, 23 giugno 2006)
ne diretta» fornita nel Rapporto governativo presentato dal-
l’Italia al Comitato ONU nel 2004764.
Non è neppure stata ritirata la Dichiarazione, resa nel mag-
gio 2002 in occasione della ratifica del Protocollo in cui è in-
dicata l’età minima dei 17 anni per il reclutamento volonta-
rio, adottando così una coerente posizione a livello interna-
zionale, dato che a livello nazionale l’Italia già si conforma
alle disposizioni del Protocollo Opzionale, attraverso la Leg-
ge 226/2004.
Per quanto riguarda il ruolo delle quattro scuole militari
esistenti in Italia765, si segnala che «dal punto di vista mili-
tare gli Allievi, al 16° anno, contraggono arruolamento e
prestano giuramento diventando militari a tutti gli effet-
ti»766, nonostante il Ministero della Difesa asserisca che ta-
le ferma «è esclusivamente finalizzata al compimento del
corso di studi prescelto» e non verrebbe quindi modificata
l’età minima dell’arruolo767. I curricula di tali scuole inoltre,
continuano a non comprendere corsi sui diritti umani, diritti
dei minori e diritto internazionale umanitario768, nemmeno
in ambito extra-curricolare769.
Rispetto all’esportazione di armi, come evidenziato nel 3°
Rapporto CRC, il contesto legislativo italiano continua ad
essere caratterizzato da una preoccupante disomogeneità
delle norme che regolano i trasferimenti di armi da guerra e
delle piccole armi ad uso civile770. Il commercio delle armi
leggere e di piccolo calibro (fucili, pistole, munizioni ed
esplosivi ), le più diffuse nei conflitti in cui sono utilizzati
bambini come soldati771, non rientra nell’ambito della disci-
plina della Legge 185/1990, che contiene severe disposizio-
ni procedurali per l’esportazione, l’importazione ed il tran-
sito di armi ad uso bellico verso Paesi terzi772, ma è regola-
mentato dalla Legge 110/1975 che, al contrario, non preve-
de limiti alle esportazioni sulla base dello standard dei di-
ritti umani del Paese importatore e del coinvolgimento del
Paese stesso in una guerra intra-statale o inter-statale773.
È quindi ammesso e possibile che l’Italia venda armi legge-
re a soggetti privati o a Governi di Paesi in cui persone con
meno di 18 anni partecipano alle ostilità come parte di
eserciti o di gruppi armati.
Nel gennaio 2008, il Segretario Generale delle Nazioni Unite
ha reso pubblico il Rapporto Annuale 2007774, destinato al-
l’attenzione del Consiglio di Sicurezza, in cui si conferma il
reclutamento e l’utilizzo di bambini soldato in diversi paesi
già segnalati nel 2006, tra cui: Burundi775, Ciad, Colom-
bia776, Repubblica Democratica del Congo, Nepal, Filippine,
Uganda e Afghanistan.
Da un’analisi dei dati disponibili si rileva che, tra il 2002 e il
2007, l’Italia ha autorizzato l’esportazione di armi leggere e
di piccolo calibro verso soggetti privati o statali delle Filippi-
ne per €7.169.863, in Afghanistan per €3.189.346777, e in
Colombia per €1.027.196778, nonché verso soggetti privatii
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
122
4orapportodiaggiornamento2007-2008
764 Si veda anche il 1° Rapporto CRC 2005, pag. 45.
765 Teuliè a Milano, Nunziatella a Napoli e Scuola Navale Militare
Francesco Morosini di Venezia; il 15 maggio 2006 con D.M. n.
212 è stata istituita anche la scuola militare aeronautica Giulio
Douhet con base a Firenze, aperta agli studenti il 13 novembre
2006, il primo giuramento si è svolto il 12 maggio 2007.
766 Sito della Scuola Militare di Milano,
www.esercito.difesa.it/siti_scuole/Milano/pagina_scuola.htm.
767 Cfr. 2° Rapporto CRC 2006, pag. 53.
768 Si veda infra capitolo VI, paragrafo «L’educazione ai diritti
umani».
769 Al di fuori dei monti ore convenzionali nelle scuole militari
viene svolta attività educativa articolata sulla base dell’orario
giornaliero definito dal Comando della Scuola secondo le diretti-
ve dei Comandi Superiori. Ad esempio, presso la Scuola militare
di Firenze tra le attività integrative sono previste: Lezioni di edu-
cazione stradale e di pronto soccorso, Corso di educazione civica
ed elementi di diritto, Educazione alla salute, Educazione ali-
mentare, Educazione ambientale, Etica ed educazione alla convi-
venza civile. Cfr. Programma di Offerta Formativa, 2007-2008 di-
sponibile sul sito
www.aeronautica.difesa.it/SitoAM/Default.asp?idente=3009
770 Cfr. 3° Rapporto CRC 2007, pagg. 95 ss.
771 Ruaudel H. Proliferation of light weapons and the impact on
child soldiers in the DRC Coalizione Internazionale Stop the
Use of Child Soldiers, newsletter n. 15, gennaio 2007.
772 Il Ministero degli Affari Esteri ha il compito di rilasciare o ne-
gare le autorizzazioni all’esportazione di tali armi ed è previsto il
divieto di concedere tale autorizzazione se è ragionevolmente
possibile ipotizzare che il loro utilizzo costituisca una minaccia alla
protezione dei diritti umani, al mantenimento della pace e della si-
curezza regionali, allo sviluppo sostenibile dei paesi verso i quali
le armi sono dirette. Dal 1993, il Comitato Interministeriale per la
Programmazione Economica (CIPE) stila una “lista nera” di Paesi
responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, verso i quali
l’esportazione di armi ad uso bellico è proibita. Cfr. 3° Rapporto
CRC 2007, pag. 96.
773 La normativa di riferimento è l’art. 28 comma 2 Testo Unico
delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS), risalente al 1931. Si
noti la differenza con le sanzioni previste dalla Legge 185/1990,
che in base all’art. 25, punisce le esportazioni senza autorizza-
zione di armi da guerra con la reclusione da tre a dodici anni o la
multa da cinque a 500 milioni di lire, a meno che il fatto costitui-
sca più grave reato. In entrambi i casi, poiché le leggi di riferi-
mento sono precedenti all’introduzione della moneta unica eu-
ropea, le sanzioni pecuniarie sono espresse in Lire.
774 Children and armed conflict. Report of the Secretary General
A/62/609-S/2007/757, 21 dicembre 2007 disponibile sul sito
www.un.org/children/conflict
775 Si veda anche Special Representative on children and armed
conflict Burundi Conclusions; Human Rights Watch A long way
from home giugno 2006.
776 Si veda anche Coalizione Internazionale Stop the use of child
soldiers, Armed conflict in Colombia Report, Frontiers: childhood
at a borderline, febbraio 2007 disponibile sul sito www.child-sol-
diers.org
777 Si veda anche Amnesty International Vertice Nato: Amnesty
International Italia e Rete italiana per il disarmo scrivono a Prodi
sulle esportazioni di armi verso l’Afghanistan CS 46/2008:
03/04/2008, disponibile su
www.amnesty.it/pressroom/comunicati/CS46-2008.html
778 Elaborazione di Giorgio Beretta sui dati ISTAT (valori in euro
costanti sul coefficiente ISTAT 2006). Si veda anche www.
archiviodisarmo.it e www.disarmo.org
o statali, nella Repubblica Democratica del Congo per
€179.582, in Nepal per €18.321, in Uganda per €10.088,
in Burundi per €9.017, e in Ciad per €1.756779.
Inoltre, nonostante gli elevati standard sui diritti umani con-
templati dalla Legge 185/1990, non sempre le autorizzazio-
ni all’esportazione di armi hanno effettivamente evitato che
queste finissero a Governi di Paesi in cui i bambini vengono
utilizzati come soldati780. L’Italia, tra il 2002 e il 2006, ha in-
fatti venduto armi alle forze armate delle Filippine per 1,6
milioni di euro e della Colombia per 2,3 milioni di euro.
E tutto ciò in aperto e palese contrasto con gli impegni as-
sunti a livello internazionale: alla Conferenza di Parigi (5-7
febbraio 2007) è intervenuto il Sottosegretario agli Affari
Esteri Franco Danieli affermando l’impegno italiano nel rein-
serimento sociale dei bambini che sono stati soldati781; in
occasione della candidatura italiana a componente del nuo-
vo Consiglio delle Nazioni Unite sui Diritti Umani per il trien-
nio 2007-2010, il Governo italiano si è impegnato a tutelare
i diritti dell’infanzia, specialmente dei minori coinvolti nei
conflitti armati782; a settembre 2007 il Ministero degli Affari
Esteri ha presentato uno speciale «Minori soldato una sfida
ancora aperta» in cui si evidenziava il ruolo dell’Italia nel
contrastare l’utilizzo dei bambini soldato783.
Alla luce di quanto esposto, l’auspicio è che ci sia una
maggiore coerenza tra il ruolo e gli impegni assunti dallo
Stato italiano a livello internazionale e la normativa e la
prassi nazionale.
MINORI COINVOLTI NEL SISTEMA
DELLA GIUSTIZIA MINORILE
1. MINORI IN STATO DI DETENZIONE E
SOTTOPOSTI A MISURE ALTERNATIVE
Come evidenziato nel 3° Rapporto CRC, alcune prescrizioni
della CRC, delle Regole di Pechino sull’amministrazione
della giustizia minorile e della Convenzione Europea di
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
123
779 Elaborazione di Giorgio Beretta sui dati della Presidenza del
Consiglio dei Ministri: Relazione sulle operazioni autorizzate e
svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito
dei materiali di armamento, nonché dell’esportazione del transi-
to dei prodotti ad alta tecnologia (valori in euro costanti sul coef-
ficiente ISTAT 2006). Si veda anche www. archiviodisarmo.it e
www.disarmo.org
780 Sodano M. Le armi italiane fanno boom. L’export a più 61%
nel 2006 La Stampa, 14 agosto 2007.
781 Conferenza di Parigi Free Children from war 5-7 febbraio 2007.
72 Assemblea Generale delle Nazioni Unite, A/61/863, 17 aprile
2007.
783 Disponibile sul sito
www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/italiano/Specia
li/MinoriSoldato/IntroMinoriSoldato.htm
Il Gruppo CRC pertanto raccomanda:
1. Al Governo di ritirare la dichiarazione in cui è indicata
l’età minima dei 17 anni per il reclutamento volontario
resa al momento della ratifica del Protocollo Opzionale
sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati;
2. Al Governo di impegnarsi a livello internazionale perché
si arrivi alla definizione di un Trattato internazionale sul
commercio di armi e a livello nazionale perché sia ga-
rantita una maggiore coerenza tra gli impegni assunti in
ambito di politica estera per contrastare l’utilizzo di
bambini soldato e favorire il loro reinserimento sociale e
la pratica relativa alla vendita di armi a Paesi in cui bam-
bini, bambine e adolescenti sono utilizzati come soldati;
3. Al Parlamento di legiferare al fine di: dare una definizio-
ne più esaustiva del concetto di «partecipazione diret-
ta» delle persone di età inferiore ai 18 anni ad un conflit-
to armato e delle attività correlate; rendere più rigorosa
e vincolante la normativa in materia di esportazioni e
transazioni di armamenti (Legge 185/1990), prestando
particolare attenzione all’esclusione di esportazioni ver-
so Paesi che reclutano e utilizzano bambini soldato; mi-
gliorare la normativa sulle esportazioni di «armi ad uso
civile» del 1975.
52. Il Comitato ONU raccomanda che l’Italia, nel
riformare il sistema della giustizia minorile, integri ap-
pieno le disposizioni ed i principi della Convenzione, in
particolare gli artt. 37, 40 e 39, e altri rilevanti parame-
tri internazionali in questa area, come ad esempio le Re-
gole minime delle Nazioni Unite per l’amministrazione
della giustizia minorile (Regole di Pechino), le Linee
guida delle Nazioni Unite per la prevenzione della de-
linquenza minorile (Linee guida di Riyadh), le Regole
delle Nazioni Unite per la protezione dei giovani privati
della libertà e le Linee guida di Vienna per i bambini
coinvolti nel sistema giudiziario penale.
53. In particolare, il Comitato raccomanda che l’Italia:
(a) prenda tutte le misure necessarie, incluse campagne
di sensibilizzazione e formazione adeguata del perso-
nale coinvolto, per prevenire ed eliminare la discri-
minazione nei confronti dei bambini stranieri e rom;
(b) permetta visite periodiche ai Centri di accoglienza e
agli Istituti penali minorili da parte di soggetti indi-
pendenti e imparziali e assicuri che ogni minore pri-
vato della propria libertà possa inoltrare i suoi ricorsi
attraverso una procedura indipendente, accessibile e
adeguata;
(c) provveda a formare sui diritti dell’infanzia coloro che
devono amministrare la giustizia minorile.
(CRC/C/15/Add.198, punto 53)
Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori sono disatte-
se dal sistema italiano della giustizia minorile784. Inoltre
anche laddove la legislazione appare adeguata785, vi è
spesso una discrasia tra dettato normativo e applicazione.
In Italia le risorse destinate ai minori detenuti sono ancora
scarse786 e non è stato ancora adottato un ordinamento
penitenziario minorile. Tuttavia si segnala che a gennaio
2008 il Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giu-
stizia Minorile ha predisposto un progetto di legge sull’or-
dinamento penitenziario minorile 787, in ottemperanza alle
norme e agli standard internazionali, oltre che ai numerosi
richiami del Comitato ONU, del Consiglio d’Europa788 e del-
la Corte Costituzionale789. Il progetto prevede alcune im-
portanti innovazioni legislative790, tende a migliorare e ge-
neralizzare le buone prassi in atto in Italia e dispone un au-
mento dell’organico destinato al settore. Sebbene si possa
ritenere auspicabile un’enunciazione più esplicita dei diritti
dei minori che entrano in relazione con il sistema della giu-
stizia penale, nonché una scelta più decisa in favore dell’a-
pertura degli Istituti Penali Minorili (IPM) verso l’esterno791,
la proposta in questione rappresenta un importante passo
in avanti e sarebbe pertanto auspicabile che il suo iter pro-
seguisse con il nuovo Governo.
Cosi come sarebbe auspicabile anche la costituzione di un
efficace Osservatorio istituzionale in grado di raccogliere e
interpretare in modo sistematico i dati relativi ai minori che
entrano in relazione con la giustizia minorile792 e
l’inaugurazione di una politica onnicomprensiva nel campo
della giustizia minorile, come sollecitato dal Comitato ONU
nel General Comment n. 10793. Una simile politica dovrebbe
ispirarsi ai principi espressi negli artt. 2, 3, 6 e 12 CRC, oltre
che negli artt. 37 e 40 che riguardano direttamente la giusti-
zia e la detenzione minorile. Secondo tali principi, ogni per-
sona minore di 18 anni deve essere trattata in modo equo,
rispettoso della propria dignità e delle capacità fisiche e
mentali proprie dell’età. In considerazione del superiore in-
teresse del minore, la misura della deprivazione totale o
parziale delle libertà di un minore deve essere adottata solo
come provvedimento di ultima risorsa, per il periodo più
breve possibile, e senza porre in essere trattamenti discrim-
inatori. Qualsiasi provvedimento adottato deve garantire il
reinserimento del minore nella società.
Si pone invece in chiaro contrasto con questi principi
l’eccessivo ricorso alla detenzione cautelare in carcere,
dato stigmatizzato dal Comitato ONU con riferimento a mol-
ti Stati che hanno ratificato la CRC794. In Italia, su 393 mino-
ri presenti negli IPM a giugno 2007, 341 erano detenuti in
misura cautelare e 52 in espiazione pena795. La tendenza a
ricorrere alla detenzione cautelare in carcere è tipica del si-
stema penitenziario italiano, ma per i minori è persino più
forte che per gli adulti796. La detenzione preventiva è una
pena scontata anticipatamente che spesso si rivela più lun-
ga di quella che viene poi inflitta con la sentenza di condan-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
124
4orapportodiaggiornamento2007-2008
784 Si tratta in particolare degli artt. 2, 3, 6, 12, 37, 40 CRC; de-
gli artt. 1, 10 Regole di Pechino; degli artt. 3-6 Convenzione Eu-
ropea di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori (1996)
785 È il caso, ad esempio, delle previsioni introdotte dalla rifor-
ma del processo minorile del 1988.
786 Dalle informazioni contenute nella Relazione redatta dal Di-
partimento per la Giustizia Minorile in apertura dell’anno giudi-
ziario 2008, che si riferiscono alla situazione finanziaria nel
2006 e 2007, si rileva che: «Il Dipartimento per la Giustizia Mi-
norile ha la necessità di uno stanziamento annuale “ordinario”
non inferiore a €190.000.000; attualmente gli viene assegnato
un budget di €165.966.000. Il Dipartimento, dopo aver operato
negli ultimi anni un’attenta rivisitazione delle attività, adottan-
do tutti gli accorgimenti utili ad un reale contenimento delle
spese, aveva raggiunto già nel 2002 un livello di spesa non ul-
teriormente comprimibile. L’esercizio finanziario 2006 si è chiu-
so con “spese insolute” principalmente sui capitoli di funziona-
mento e di interventi per un importo pari a €11.673.777. È pre-
sumibile che anche il 2007, nonostante l’inversione di tendenza
sulle riduzioni, si chiuderà con situazioni debitorie», cfr.
www.giustizia.it/uffici/inaug_ag/ag2008/ag2008_mg_dgm.ht
m. Eppure, in ottemperanza all’art. 4 CRC, nel Documento del-
l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite Sessione Speciale Un
mondo a misura di bambino del 2002, gli Stati hanno riafferma-
to l’impegno a mobilitare e allocare risorse nuove e aggiuntive
sia a livello nazionale che internazionale e a mettere al primo
posto i bambini e gli adolescenti nelle allocazioni budgetarie,
secondo quanto stabilito dalla Convenzione (cfr. Comitato ONU
Day of General Discussion on Resources For The Rights of the
Child, Responsibility of States 21 settembre 2007). Si segnala
infine che il Ministero della Giustizia disporrà di €130.000.000
per interventi di edilizia Giudiziaria Penitenziaria Minorile, Ta-
bella C, stanziamenti autorizzati in relazione a disposizioni di
legge la cui quantificazione annua è demandata alla Legge Fi-
nanziaria, allegata alla Legge Finanziaria 2008, pag. 292.
787 Si tratta della proposta di legge «Norme sull’ordinamento
penitenziario minorile e sull’esecuzione dei provvedimenti li-
mitativi della libertà destinati ai minorenni autori di reato», il
cui testo è disponibile su richiesta
segreteria.direzioneminori.dgm@giustizia.it
788 Comitato dei Ministri, REC (2003) 20, II, 5.
789 Corte Costituzionale, sentenze 125/1992, 109/1997,
403/1997,450/1998, 436/1999.
790 Si veda infra capitolo I, paragrafo «La procedura minorile ci-
vile e penale».
791 Eliminando, ad esempio, alcune restrizioni in tema di colloqui
con i familiari.
792 Importante sarebbe, ad esempio, la piena attuazione e
l’uniformazione del sistema di rilevazione dei dati nei diversi IPM.
793 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Com-
mento Generale n. 10 I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in
materia di giustizia minorile 2007; traduzione italiana, non uffi-
ciale a cura di UNICEF Italia, disponibile sul sito www.unicef.it.
794Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Com-
mento Generale n. 10, cit.
795 Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Minori-
le, Servizio statistico, 2007.
796 Il 58% dei detenuti adulti è costituito da non definitivi. Dati ri-
feriti al 31 dicembre 2007. Fonte: Ministero della Giustizia,
www.giustizia.it/statistiche/statistiche_dap/det/detg51_pos_gi
ur.htm
na, nel caso in cui vi sia una condanna, e la sua diffusione è
in contrasto con il principio rieducativo della pena.
Ad essere violato è anche il principio di non discrimi-
nazione797, poiché alcune categorie di minori sono sistema-
ticamente discriminate: gli stranieri, i rom, i minori residenti
nel Sud Italia. La detenzione negli IPM è di fatto riservata a
questi minori e ad alcuni minori italiani provenienti da fami-
glie con difficoltà economiche e con un basso livello di istru-
zione e di inserimento sociale, mentre per tutti gli altri mi-
nori la riforma del processo penale minorile consente solita-
mente di evitare la carcerazione. La discriminazione è un
dato strutturale, legato alla marginalità sociale e all’incapa-
cità del sistema penale e penitenziario minorile a trattare
equamente le suddette categorie di minori798.
I minori stranieri detenuti in Italia al giugno 2007 erano
198, mentre gli italiani erano 195799, con un rapporto fra ita-
liani e stranieri parzialmente riequilibrato rispetto all’anno
precedente, quando gli stranieri erano 194 e gli italiani
149800. La sovrarappresentazione degli stranieri fra i minori
detenuti è comunque ancora rilevante e prescinde dal tasso
di devianza dei minori stranieri, poiché le denunce a loro ca-
rico sono poco più di un quarto del totale801, mentre essi
sono più della metà dei detenuti. La discriminazione ai dan-
ni dei minori stranieri avviene fin dal loro ingresso nel siste-
ma penale e permane nelle fasi successive. I minori stranie-
ri accusati di reato vengono arrestati e destinati ai Centri di
Prima Accoglienza (CPA) più frequentemente degli italiani,
così come vengono poi più spesso inviati alle strutture de-
tentive. I minori stranieri sono inoltre condannati più spes-
so802. Mentre per gli italiani sono generalmente adottate
soluzioni alternative alla carcerazione, per gli stranieri è
molto frequente l’adozione della custodia cautelare in car-
cere803. Infine, i minori italiani usufruiscono di una gamma
di possibilità di uscita dagli IPM o dalle comunità (prescri-
zioni, permanenza in casa, etc.), mentre gli stranieri escono
dalla detenzione o dal collocamento in comunità soprattut-
to per revoca o fine dei termini di custodia cautelare804.
La devianza dei minori stranieri è collegata alla capacità
di accoglienza del territorio e alla situazione dei paesi di
origine805, ma anche all’inadeguatezza delle strutture
della giustizia minorile. Nel 2006 gli stranieri erano solo il
16% dei minori ammessi alla prova, un dato persino infe-
riore di un punto percentuale a quello dell’anno prece-
dente806. L’elemento di maggiore criticità per quanto ri-
guarda questi minori è l’intreccio tra i loro percorsi penali
e la loro condizione di minori stranieri non accompagnati,
la carenza di prospettive legali di permanenza sul territo-
rio italiano che vanifica la possibilità di un loro reinseri-
mento sociale.
Anche il «programma di assistenza e integrazione socia-
le» previsto dal Testo Unico (T.U.) sull’immigrazione
286/1998, e la possibilità di ottenere un permesso di sog-
giorno per motivi umanitari, ex art. 18 comma 6, sono
scarsamente attuati nei confronti dei minori.
L’impossibilità di ottenere un permesso di soggiorno al-
l’uscita dagli IPM o dalle comunità rende inutile il proces-
so “rieducativi” e lo svolgimento di tirocini e programmi
di inserimento lavorativo. Un’applicazione diffusa ed
estensiva dell’art 18 comma 6 T.U. 286/1998 potrebbe ri-
mediare in parte a questo problema.
Per quanto riguarda i rom, appare persino difficile identi-
ficare i meccanismi discriminatori che agiscono nei loro
confronti, poiché essi sono ora classificati come italiani,
ora come stranieri a seconda della nazionalità. Si
nasconde così il dato della loro sovrarappresentazione
negli IPM. È lecito però ipotizzare che fra i minori stranieri
provenienti dai Balcani e dalla Romania e fra i minori ita-
liani detenuti nel Nord e nel Centro Italia la presenza di
rom e di sinti sia molto rilevante. È rom, ad esempio, la
maggioranza delle ragazze detenute807. Le minorenni ita-
liane collocate nei Centri di Prima Accoglienza del Servi-
zio della Giustizia Minorile nei primi sei mesi del 2007 so-
no state il 3,2% sul totale dei minori italiani (ogni 100 mi-
nori italiani, solo 3 sono femmine): le minorenni rom, e si
evidenzia che il dato non comprende le rom di nazionalità
rumena che rientrano tra i “minori rumeni”, sono il 45,7%
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
125
805 I principali paesi di provenienza dei minori detenuti sono la
Romania, la Serbia e il Marocco. La presenza di minori rumeni è
aumentata negli ultimi anni, mentre quella di minori albanesi va
progressivamente diminuendo. Fonte: Ministero della Giustizia -
Dipartimento per la Giustizia Minorile, Servizio statistico, cit.
806 Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Mi-
norile La sospensione del processo e messa alla prova (art. 28,
D.P.R. 448/88). Analisi statistica disponibile sul sito
www.giustiziaminorile.it/Statistica/Analisi/Messa_alla_prova2
006.pdf . Non si dispone ancora dei dati del 2007.
807 Cfr. Calcagno G. Il trattamento penale dei minori nomadi e
dei minori extracomunitari in Minori e giustizia 3/1999, pagg.
94-103.
797 Contemplato dall’art. 2 CRC.
798 Il problema è stato messo in evidenza dal Comitato ONU sui diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza nel citato Commento Generale n. 10.
799 Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Mino-
rile, Servizio statistico, 2007.
800 Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Mino-
rile, Servizio statistico, 2006.
801 Belotti V. Doppia pena, reati e criminalizzazione in Belotti V.,
Maurizio R., Moro A.C. Minori stranieri in carcere Ed. Gueri e as-
sociati, Milano, 2006.
802 Come risulta anche dalla ricerca Minori stranieri e giustizia
minorile in Italia curata dal Ministero della Giustizia- Dipartimen-
to per la Giustizia Minorile, 2008).
803 Ibidem.
804 Campus A. Minori stranieri soli tra politiche di accoglienza e politi-
che di controllo. Un’analisi territoriale Officina edizioni, Roma, 2004.
sul totale dei minori “nomadi” accolti nel CPA penale
(ogni 100 minori rom 46 sono femmine)808.
Nei loro confronti non sono messe in atto specifiche poli-
tiche volte a contrastare la discriminazione di cui sono
vittime. Tale discriminazione è evidente anche per quanto
riguarda l’accesso alla messa alla prova809. E questo in
contrasto con le raccomandazioni di organi internaziona-
li, quali la Commissione Europea contro il Razzismo e
l’Intolleranza che, nella sua Raccomandazione di politica
generale n. 3 del 6 marzo 1998, già invitava gli Stati mem-
bri del Consiglio d’Europa a: «mettere in atto e sostenere
delle formazioni specifiche per le persone che interven-
gono a tutti i livelli dell’amministrazione della giustizia,
allo scopo di promuovere la sensibilizzazione culturale e
la consapevolezza dei pregiudizi» nei confronti dei rom.
Essa suggeriva anche di intervenire a monte sui processi
di criminalizzazione, invitando gli Stati a «incoraggiare lo
sviluppo di disposizioni appropriate per un dialogo tra la
polizia, le autorità locali e le comunità rom»810.
Infine, il sistema penale e penitenziario minorile agisce in
modo discriminatorio nei confronti dei giovani residenti
nel Sud Italia, per i quali, una volta entrati nel circuito
penale, ricorrono raramente le condizioni previste dalla
legge per attuare un percorso rieducativo e un controllo
penale che non passino attraverso la carcerazione. Spes-
so la famiglia e il territorio non offrono garanzie sufficien-
ti perché il legame con la criminalità organizzata possa
essere reciso. Tuttavia, la detenzione in carcere, invece
che promuovere l’allontanamento del minore dalla crimi-
nalità, rischia di favorirne la socializzazione con altri mi-
nori coinvolti nelle attività criminali811.
La mancanza di risorse, il difficile collegamento fra il si-
stema penitenziario e il sistema scolastico e della forma-
zione professionale, l’inadeguatezza dei servizi sociali
spesso contribuiscono a trasformare la detenzione negli
IPM in una prima tappa verso il carcere degli adulti. An-
che il sistema delle comunità è poco idoneo, poiché sono
poche e spesso non sono adeguatamente organizzate,
non rispondendo alle specifiche esigenze (culturali, lin-
guistiche, sociali, amministrative) dei minori stranieri. In-
sufficienti sul piano quantitativo e qualitativo sono in
particolare le comunità di recupero per tossicodipendenti
e le comunità per minori con problemi psichiatrici.
Come già evidenziato nei precedenti Rapporti CRC, a fron-
te dei citati problemi si sottolinea il dato positivo della dif-
fusione del ricorso alla mediazione penale minorile e ad
esperienze di riparazione sociale, sintomo dello sviluppo
di una cultura più attenta alle esigenze dei minori. Gli am-
biti di applicazione della mediazione penale minorile e
della riparazione sociale sono però ancora limitati812.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
126
4orapportodiaggiornamento2007-2008
808 Fonte: Ministero della Giustizia – Dipartimento per la Giustizia
Minorile,
www.giustiziaminorile.it/statistica/2007/Comunita_1sem2007.pdf
809 Cfr. Mastropasqua I. Una riflessione a partire dai dati in Minori
e giustizia 4/2005, pagg. 144-150 e Belotti V. Doppia pena, reati e
criminalizzazione in Belotti V., R. Maurizio, A. C. Moro Minori
stranieri in carcere cit., pagg. 75-117.
810 Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza, REC
(98) 29.
811 Cfr. Cavallo M. Ragazzi senza Mondadori, Milano 2002. Si seg-
nala che la citata proposta di legge elaborata dal Ministero della
Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Minorile contiene dispo-
sizioni specifiche per i minori coinvolti nelle attività criminali.
812 Anche a tal proposito si segnala il positivo riconoscimento del-
la mediazione nella citata proposta di legge elaborata dal Mini-
stero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Minorile.
813 Si ritiene che la proposta di legge elaborata dal Ministero del-
la Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Minorile sia un im-
portante punto di partenza.
814 Ovvero l’inserimento nel bando relativo al fondo di cui al-
l’art. 12 Legge 228/2003.
815 Di cui ai primi commi del medesimo articolo. La Circolare
dovrebbe anche chiarire che i minori in messa alla prova pos-
sono usufruire di tale permesso, al pari dei minori che hanno
espiato una pena detentiva.
Alla luce di tali osservazioni il Gruppo CRC reitera le
raccomandazioni già scritte nel 2007, in particolare:
1. Al Parlamento l’adozione di una legge di ordinamento pe-
nitenziario minorile, atta a ripensare la funzione della pe-
na con specifico riferimento al minore e finalizzata a ridur-
re il ricorso alla carcerazione e a trasformare radicalmente
il ruolo e il funzionamento degli Istituti Penali Minorili813;
2. Al Governo e agli Enti Locali l’allocazione di maggiori ri-
sorse economiche e di qualificate risorse umane alla giu-
stizia penale minorile, ai servizi sociali e alle comunità che
si occupano dei minori devianti;
3. Al Governo e agli Enti Locali l’adozione di specifiche poli-
cies e programmi di intervento volti a rimediare alla discri-
minazione dei minori stranieri, rom e residenti nel Sud Ita-
lia. Nello specifico per gli stranieri: lo stanziamento di ap-
positi fondi istituzionali per la realizzazione dei programmi
di cui all’art. 18 comma 6 T.U. 286/1998814, e l’emanazione
di una Circolare che chiarisca la disciplina e ribadisca
l’applicabilità a questa fattispecie del sistema operativo di
tutela sviluppato per la “protezione sociale” delle vittime
di violenza o grave sfruttamento815. Per i rom e i sinti: la
predisposizione di formazioni specifiche per le persone
che intervengono a tutti i livelli dell’amministrazione della
giustizia e del controllo penale, allo scopo di promuovere
la sensibilizzazione culturale e la consapevolezza dei
pregiudizi nei loro confronti.
MINORI IN SITUAZIONE
DI SFRUTTAMENTO
1. SFRUTTAMENTO ECONOMICO:
IL LAVORO MINORILE IN ITALIA
Già nei precedenti Rapporti CRC si era messa in luce la com-
plessità del fenomeno del lavoro minorile nei Paesi cosiddet-
ti avanzati e quindi anche in Italia, e si era evidenziata la ne-
cessità di elaborare sia a livello di analisi che di politiche
pubbliche un approccio multidimensionale di intervento, ca-
pace di valutare le numerose e spesso assai differenti espe-
rienze riconducibili alla categoria del lavoro precoce, ovvero
a quell’insieme di attività svolte dai minori di 16 anni e quindi
illegali ai sensi della legge nazionale di accesso al lavoro816.
Si era inoltre sottolineata l’esigenza di una ricostruzione
quali-quantitativa del fenomeno dinamica e costante nel
tempo, ovvero di un monitoraggio istituzionale, che risulta
ancora assente anche per quest’anno817. Anche per compen-
sare questa incompletezza informativa a livello istituzionale,
già nei precedenti Rapporti, si sono utilizzati i numerosi stu-
di e le varie ricerche compiute in particolare dalle organizza-
zioni sindacali e da singoli studiosi sul tema, che hanno con-
tribuito, se non ad un’efficace rappresentazione quantitativa
del fenomeno, di certo a rimarcare l’esistenza del lavoro pre-
coce anche in Italia e ad evidenziarne diverse caratteristiche
e significati rispetto ai percorsi di vita, ai rischi di marginaliz-
zazione ed esclusione sociale, alle condizioni socio-econo-
miche familiari e territoriali818.
Tenendo conto di quanto emerso da tali indagini819, si ri-
badisce anche nel presente Rapporto che:
∏ il fenomeno è presente e diffuso non solo nelle zone più
arretrate del Paese, ma anche in quelle cosiddette avan-
zate e le stime disponibili sui minori con meno di 15 an-
ni sono molto differenti tra loro820;
∏ è più efficace e maggiormente corrispondente a quanto
riscontrato nelle diverse realtà del Paese parlare non
tanto di lavoro minorile, quanto al plurale di lavori mi-
norili, per la presenza di una molteplicità ed eteroge-
neità di profili dei minori coinvolti in tali esperienze;
∏ le esperienze di lavoro sono spesso associate alla fre-
quenza scolastica, ma altrettanto frequentemente a di-
scapito della qualità del percorso formativo: gli under 15
che lavorano tendono ad avere un rapporto più incostan-
te con la scuola, ad accumulare episodi di insuccesso, a
non prevedere un progetto di investimento sulla propria
istruzione e formazione anche a livello superiore;
∏ i minori lavorano in modo discontinuo nell’arco dell’an-
no, ma intensamente in termini di giorni alla settimana e
di ore al giorno e prevalentemente nell’ambito del com-
mercio. Ad essere più coinvolti sono risultati gli under
15enni maschi, in un’età compresa tra gli 11 ed i 14 anni,
che spesso hanno avuto più di un’esperienza di lavoro;
∏ il fenomeno ha dei picchi tra i minori che vivono in fami-
glie monogenitoriali o monoreddito e molto numerose.
A partire da quanto già messo in luce, in questo Rapporto
si approfondiranno due nuovi aspetti: a) i fattori di ri-
schio associabili al lavoro precoce, ovvero quell’insieme
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
127
816 Si tratta della Legge 977/1967, che vieta il lavoro dei minori al
di sotto dei 15 anni. In questa sede si tiene conto anche dell’in-
nalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni previsto nell’ultima
norma finanziaria e attivo dall’anno scolastico 2007/2008. Con
tale innalzamento si sposta l’età minima di accesso al lavoro dai
15 ai 16 anni.
817 L’unica indagine dell’ISTAT, infatti, risale al 2000 e riguarda in
chiave retrospettiva le esperienze di lavoro prima dei 15 anni dei
15-18enni ISTAT Bambini, lavori e lavoretti. Verso un sistema
informativo sul lavoro minorile. Primi risultati Roma, 2002. Era
dal 1967 che l’ISTAT non si occupava di lavoro minorile.
818 Si veda anche il documento Il lavoro minorile in italia e le pro-
blematiche ad esso connesse: una strategia condivisa 2007 e Pri-
mo Seminario nazionale sul lavoro minorile Roma 16 aprile 2008,
a cura del Coordinamento PIDIDA. Documento e approfondimenti
sul Seminario disponibili sul sito www.infanziaediritti.it.
48. Il Comitato ONU raccomanda che l’Italia sviluppi,
sulla base del recente studio, una strategia globale con
obiettivi specifici e mirati finalizzati alla prevenzione ed
eliminazione del lavoro minorile attraverso, tra l’altro, lo
sviluppo di attività di sensibilizzazione e l’individuazione
dei fattori che lo causano.
(CRC/C/15/Add.198, punto 48)
819 In particolare si è fatto riferimento al percorso di analisi condot-
to dall’Ires Cgil dalla fine degli anni ’90 ad oggi, che è consultabile
nelle seguenti pubblicazioni: Teselli A., Paone G. (a cura di) Indagi-
ne conoscitiva sul fenomeno- lavoro minorile in Italia ciclostilato,
Roma, 1996; Teselli A., Paone G. (a cura di) Lavoro e lavori minorili
in Italia. L’inchiesta Cgil Ediesse, Roma, 2000; Teselli A. Dispersio-
ne scolastica e lavoro minorile: percorsi di vita e analisi complesse
in Benvenuto G., Sposetti P. (a cura di) Contrastare la dispersione
scolastica Anicia, Roma, 2005; Megale A., Teselli A. Lavori minorili
in Italia. I casi di Milano, Roma e Napoli Ediesse, Roma, 2005; Me-
gale A., Teselli A. Lavori minorili e percorsi a rischio di esclusione
sociale. Famiglie, istruzione, diritti Ediesse, Roma, 2006.
820 La questione del dimensionamento del fenomeno è ancora
controversa. Le stime sono molteplici. A titolo esemplificativo si
citano le più recenti: a) Censis, 1991: 220.000-230.000 tra i 6-
15enni; b) UNICEF, 1993: 200.000-300.000 tra coloro che hanno
meno di 14 anni; c) studio di Mattioli, 1996: 900.000 tra coloro
con meno di 15 anni; d) Cgil, 2000: 360.000-430.000 tra i 10-
14enni; e) ISTAT, 2002: circa 144.000 tra coloro che hanno meno
di 15 anni; f) Ires Cgil, 2005: 460.000-500.000 tra i 10-14enni,
compresi i minori immigrati. Da sottolineare, infine, che secondo
uno studio ISTAT del 2005 L’istruzione della popolazione al 2001
dati definiti del Censimento, circa il 4% dei minori di età compre-
sa tra i 6 ed i 14 anni non sono iscritti ad un corso regolare di
studi, ovvero 183.631 minori.
di condizioni di base che tendono a far aumentare la pro-
babilità che un minore si trovi precocemente inserito nel
mondo del lavoro; b) un’ un’analisi qualitativa delle atti-
vità lavorative svolte dai minori migranti821.
∏ Le condizioni alla base del lavoro minorile:
fattori di rischio e di protezione822
La matrice del rischio-lavoro minorile è composta dalla se-
guente combinazione di indicatori.
Sesso, età e nazionalità tra gli indicatori socio-anagrafici:
le possibilità di sperimentare esperienze di lavoro minori-
le sono più alte tra gli under 15 maschi piuttosto che fem-
mine ed aumentano al crescere dell’età, ovvero un 14enne
ha più probabilità di lavorare precocemente di un 11enne.
Inoltre i minori stranieri sono più a rischio di quelli italiani.
Famiglie monogenitore e numero dei componenti del nu-
cleo tra gli indicatori sulle condizioni socio-economiche
delle famiglie: hanno maggiori probabilità di essere inseri-
ti precocemente nel mercato del lavoro gli under 15 che vi-
vono in famiglie monogenitore e/o con più di un fratello o
sorella. Un fattore protettivo, invece, è risultato avere una
madre con un titolo di studio elevato: in questo caso, in-
fatti, diminuiscono le possibilità di fare esperienze di lavo-
ro minorile.
Tasso di disoccupazione tra gli indicatori socio-economici
territoriali: considerando alcune macro-caratteristiche so-
cio-economiche dei territori di appartenenza, crescono
proporzionalmente le possibilità di lavoro minorile per gli
under 15 nel caso in cui risulti elevato il tasso di disoccu-
pazione della popolazione adulta in generale (e non in
modo specifico delle donne); viceversa tali probabilità
tendono a ridursi in quei territori con una ricchezza medio-
alta, calcolata in particolare sulla base del Prodotto Inter-
no Lordo pro capite.
Riepilogando, tra i più esposti al lavoro minorile risultano:
i minori maschi, in un età compresa tra gli 11 ed i 14 anni,
di nazionalità straniera, che vivono in una famiglia mono-
genitoriale o con in un nucleo con più minori, e risiedono in
un territorio con un alto tasso di disoccupazione823.
Inoltre, è emerso che il tratto principale e più frequente che
caratterizza il profilo dei minori che lavorano precocemente
è quello dell’intensità dell’esperienza: quando un minore è
coinvolto in un’attività di lavoro precoce, la sua non è un’e-
sperienza residuale, ma spesso coinvolgente, e ciò vale an-
cor di più, come vedremo, per i minori migranti824.
∏ I lavori dei minori migranti
I lavori precoci dei minori migranti, rispetto a quelli dei mi-
nori italiani, tendono ad assumere la forma di esperienze
“forti” nei contenuti, nelle modalità di svolgimento (conti-
nuità invece che stagionalità, numero di ore al giorno, inter-
ferenza con la frequenza scolastica, etc.), nei significati che
vengono loro attribuiti dai minori stessi, e quindi risultereb-
bero maggiormente esposti a rischi di marginalità ed esclu-
sione. Si è inoltre verificato quanto l’appartenenza etnica e
comunitaria non sia una variabile neutra, anzi tenda a far
variare le esperienze di lavoro precoce a seconda dei valori
culturali, economici e socio-familiari di riferimento.i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
128
4orapportodiaggiornamento2007-2008
821 Per approfondimenti ulteriori, cfr. Ires Cgil, Save the Chil-
dren Italia Minori al lavoro. Il caso dei minori migranti, Ediesse,
Roma, 2007.
822 È stata realizzata un’analisi di secondo livello, in cui le
informazioni rilevate nell’ultima indagine realizzata dall’Ires
nel 2005 in 9 grandi città italiane ed i relativi indicatori su più
di 2.000 minori con meno di 15 anni sono stati messi a sistema
all’interno di un modello di analisi, di tipo logistico-lineare, fi-
nalizzato ad individuare i fattori di rischio e gli elementi protet-
tivi alla base del fenomeno. In tal modo è stata identificata una
matrice degli indicatori più significativi, in chiave sia previsio-
nale sia descrittiva, che tendono a caratterizzare il lavoro mi-
norile in Italia. Per approfondimenti ulteriori: Ires, Save the
Children Minori al lavoro. Il caso dei minori migranti, cit.
823 Alcune di queste condizioni sono state riscontrate anche con-
siderando un secondo gruppo di indicatori di sistema – quelli uti-
lizzati nelle Report Card UNICEF Centro di Ricerca Innocenti per lo
studio sulle condizioni di vita dei minori nei Paesi avanzati. Anche
in questo caso, infatti, è emerso come ad incidere sul benessere
materiale e quindi sul rischio di povertà infantile ci siano fattori
quali il fatto di vivere in una famiglia monoparentale o in famiglie
con un solo reddito o ancora in territori con alte percentuali di
famiglie con redditi inferiori al 50% della mediana nazionale. Dal-
l’analisi incrociata di quanto emerso, si evidenzia quindi una cor-
rispondenza, seppure parziale, tra le condizioni alla base del la-
voro minorile e quelle che individuano condizioni di vita per i mi-
nori riconducibili, anche nei Paesi avanzati, a forme di povertà in-
fantile. In tal senso, allora, la diffusione del lavoro precoce in uno
di tali Paesi potrebbe rappresentare anche una misura del grado
di incidenza della povertà infantile a livello nazionale; non
sarebbe un caso, quindi, che l’Italia risulti non solo uno dei Paesi
avanzati con il più alto tasso di minori in condizioni di povertà
(quasi il 17%), ma anche quello (stando su tale aspetto ad un
confronto approssimativo in quanto sono ancora assenti mirate
indagini comparative a riguardo) in cui più diffuso sarebbe il la-
voro precoce degli under15. Cfr. UNICEF Centro di Ricerca Inno-
centi Povertà dei bambini nei paesi ricchi Report card n. 6, Firen-
ze, 2005; UNICEF Centro di Ricerca Innocenti Un quadro compara-
tivo sul benessere dei bambini nei paesi ricchi Report card n. 7,
Firenze, 2007.
824 Quattro, infatti appaiono i descrittori che maggiormente inci-
dono sulla fisionomia del fenomeno: a) una frequenza settimana-
le costante: tendenzialmente chi lavora lo fa in modo costante
nell’arco della settimana, ovvero più o meno tutti i giorni o più di
una volta a settimana; b) un impegno orario giornaliero intenso:
analogamente il numero delle ore di lavoro è risultato elevato
tra molti dei minori che lavorano; c) una paga regolare: ad
un’attività costante ed intensa corrisponde nella maggior parte
dei casi una regolarità nelle paghe ricevute; d) più livelli di
esperienza: spesso chi è coinvolto in un’attività di lavoro pre-
coce ha già avuto più di un’esperienza.
In sintesi, tali sono i principali elementi emersi dall’analisi
condotta nel corso dello scorso anno825. Tra i minori nella
fascia di età tra gli 11 e i 14 anni, ben il 25,5% di quelli
stranieri ha avuto un’esperienza lavorativa, di contro al
20,9% dei minori italiani. Le esperienze di lavoro dei mi-
nori migranti inoltre si realizzano spesso all’interno del
gruppo familiare: quasi tutti i minori cinesi (90%) collabo-
rano con la famiglia, mentre nel gruppo dei minori stranie-
ri di diverse nazionalità la quota di coloro che aiutano i
genitori è del 56%, a cui si deve aggiungere un 9% che ha
dichiarato di lavorare in casa svolgendo attività di aiuto
familiare, per un totale pari al 65%. Al contrario, tra i mi-
nori italiani si registra la quota più alta di lavoro presso
terzi, segno probabilmente di un maggior legame con il
tessuto socio-economico e con il mercato del lavoro loca-
le. La famiglia spesso rappresenta anche il principale ca-
nale d’accesso al mondo del lavoro per i minori stranieri,
mantenendo un’influenza nell’orientamento al lavoro pre-
coce che assume talvolta, ed in ogni caso più spesso che
per quelli italiani, la forma di una collaborazione finalizza-
ta al sostegno economico familiare nel suo complesso, sia
esso di supporto alla micro-impresa familiare o di più ge-
nerale integrazione del reddito dei genitori.
Esiste poi una forte diversità anche tra i luoghi di lavoro
dei minori stranieri rispetto a quelli degli italiani: tra i pri-
mi, 1 su 3 lavora in strada come venditore ambulante o in
alcuni casi svolgendo attività di accattonaggio, mentre i
secondi dichiarano di lavorare prevalentemente in am-
bienti “più protetti” quali negozi, bar, ristoranti (40%),
con un residuale 12% che lavora in strada. Peculiare il ca-
so dei minori cinesi, il 61% dei quali lavorano prevalente-
mente in laboratori artigianali tessili o di pelletteria nelle
diverse città italiane e che risultano esposti a condizioni
di lavoro a rischio sia per l’utilizzo di macchinari pericolo-
si che per i ritmi di lavoro intenso.
Una differenza di fondo tra minori italiani e stranieri che la-
vorano emerge anche in relazione all’entità dell’impegno e
alla periodicità del lavoro svolto: il 59% dei cinesi, così co-
me il 42% degli altri minori stranieri lavora tutto l’anno,
mentre la maggior parte di quelli italiani lo fa più saltuaria-
mente, con un 42% che dichiara di farlo quando capita e un
altro 33% solo in alcuni periodi, soprattutto d’estate. Circa il
20% dei minori italiani che lavorano non riceve alcun com-
penso per la propria attività, percentuale che sale ad un ter-
zo per i minori stranieri. In ogni caso la mancata retribuzione
è quasi sempre legata al supporto che i minori forniscono al-
la micro-impresa familiare o comunque alle attività lavorati-
ve svolte per e con i genitori ed evidentemente percepite co-
me una corresponsabilizzazione dei minori al miglioramento
dello status socio-economico familiare.
Tra i minori stranieri che lavorano, i minori cinesi il più delle
volte, continuano ad andare a scuola, mentre per altri grup-
pi si nota una maggiore tendenza ad assentarsi da scuola a
lungo o addirittura ad interrompere la frequenza. Ciò avvie-
ne probabilmente perché le stesse famiglie dei minori cinesi
cercano di garantire ai ragazzi una frequenza più o meno co-
stante della scuola, affinché possano imparare sempre di
più e fungere da mediatori linguistici e culturali, aspetto va-
lido soprattutto per i minori cinesi. Una frequenza costante,
in ogni caso, non assicura una tenuta della qualità del per-
corso formativo, così come evidenziato dagli stessi minori
che riconoscono non solo un peggioramento del loro rendi-
mento quando vengono coinvolti in esperienze di lavoro
precoce, ma anche una più generale percezione di “fatica”
nel conciliare i due tipi di esperienze; e in questo caso si evi-
denzia una maggiore difficoltà dei minori stranieri rispetto a
quelli italiani.
Alla luce di tali considerazioni alcuni primi passi per la rea-
lizzazione di una strategia finalizzata alla prevenzione e al-
l’eliminazione del lavoro minorile a livello nazionale sono
stati compiuti di recente ed includono:
∏ la ri-attivazione presso il Ministero della Solidarietà So-
ciale del Tavolo di coordinamento fra Governo e parti so-
ciali per l’elaborazione di politiche di contrasto del feno-
meno, indirizzate innanzitutto ad un aggiornamento del-
la Carta di impegni contro lo sfruttamento del lavoro
minorile826, sottoscritta dalle istituzioni e dalle parti
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
129
825 L’analisi è stata condotta attraverso una comparazione incro-
ciata dei percorsi lavorativi dei minori stranieri con quelli, da una
parte, dei minori di nazionalità cinese, che a nostro avviso costi-
tuiscono un gruppo molto omogeneo al suo interno e viceversa
eterogeneo rispetto alle altre comunità etniche e va trattato quin-
di separatamente, e dall’altra con quelli dei minori italiani.
826 La nuova Carta è stata rivisitata principalmente intorno ai se-
guenti punti: (i) mettere a punto strumenti efficaci di contrasto al
fenomeno, ad esempio tramite il lavoro specifico delle Prefetture
o attraverso il potenziamento della rete degli Ispettori del Lavoro
ed il fattivo intervento degli organi di pubblica sicurezza in inter-
venti specificatamente rivolti alla lotta al lavoro irregolare ed al-
l’emersione del lavoro sommerso in raccordo con la cabina di re-
gia sul lavoro sommerso; (ii) attivare in modo integrato le ammi-
nistrazioni centrali, gli Enti Locali e le organizzazioni della società
civile nella realizzazione di azioni contro lo sfruttamento del lavo-
ro minorile; (iii) considerare prioritario per la lotta allo sfrutta-
mento del lavoro minorile la dimensione familiare, soprattutto
sulla base di efficaci politiche attive di sostegno alle famiglie fina-
lizzate a ridurre le situazioni di povertà; (iv) definire un efficiente
sistema informativo sul lavoro minorile che consenta di avere un
quadro univoco e attendibile del fenomeno, sia dal punto di vista
quantitativo sia dal punto di vista qualitativo; (v) rafforzare il ruo-
lo della scuola e promuovere iniziative di contrasto alla dispersio-
ne scolastica, anche attraverso l’integrazione e il coordinamento
fra scuola e servizi territoriali, soprattutto nelle zone a rischio, e
tramite la realizzazione di un’anagrafe scolastica.
sociali già nel 1998. Si sottolinea in particolare in posi-
tivo, come raccomandato nel 3° Rapporto CRC,
l’apertura di tale Tavolo nel 2007 anche alle associa-
zione del Terzo Settore;
∏ l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni previ-
sto nella Legge Finanziaria dall’anno scolastico
2007/2008 con l’istituzione di un biennio unitario e il
conseguente innalzamento dell’età per l’accesso al la-
voro dai 15 ai 16 anni;
∏ un maggior riconoscimento nella contrattazione tra le
parti sociali dei codici di condotta sul lavoro minorile.
Si tratta, però, dell’avvio di politiche di intervento, il cui
sviluppo e i cui esiti sono attualmente incerti (ad esem-
pio, non si conosce l’esito della sottoscrizione della nuo-
va Carta di impegni che era previsto per gli inizi del 2008;
né risulta ancora chiaro il percorso di entrata a regime
dell’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni) e di-
penderanno fortemente dalle scelte del nuovo Governo.
2. SFRUTTAMENTO E ABUSO SESSUALE
a) Il fenomeno del turismo sessuale
Anche nel corso del 2007 si segnala che l’Italia continua ad
essere tra i Paesi i cui turisti827 giunti nei luoghi di destina-
zione828 optano per prestazioni sessuali a pagamento, in
natura e/o denaro, con minorenni. Stime ufficiali in merito
continuano a non esistere, e le informazioni, per la gran
parte frammentarie e carenti continuano a giungere da par-
te di Organizzazioni Non Governative e operatori locali.
A questo malcostume, si è aggiunto anche quello di ripro-
durre materiali audiovisivi delle proprie prestazioni e di di-
vulgarli attraverso la rete internet, nella gran parte dei casi,
a pagamento. Inoltre si segnala anche la presenza di coloro
che si improvvisano organizzatori di viaggi, che mettendo a
disposizione dei potenziali clienti dei veri e propri cataloghi
di minori.
Nel corso del 2007 e nei primi mesi del 2008, si sono regi-
strati casi di condanne e denuncia, grazie all’applicazione
della Legge italiana in materia di sfruttamento sessuale dei
minori a fini commerciali829. Nello specifico è stata emessa
una sentenza di condanna e c’è stato più di un arresto per
turismo sessuale e per organizzazione di viaggi finalizzati
allo sfruttamento sessuale di minori830. Si è trattato di se-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
130
4orapportodiaggiornamento2007-2008
827 Dalla ricerca condotta dall’Università di Parma ed ECPAT sul
Turismo Sessuale nel 2002, risulta che solo nel 3% dei casi si
tratta di pedofili, mentre la maggioranza è composta da uomini
che solo quando si presenta l’occasione abusano di bambini.
828 Le destinazioni preferite dagli italiani che praticano turismo
sessuale sembrerebbero essere il Kenya, la Repubblica Domeni-
cana e la Colombia. Si veda sito www.ecpat.it
829 Legge 38/2006 «Disposizioni in materia di lotta contro lo
sfruttamento sessuale dei bambini e la pedo-pornografia anche a
mezzo Internet».
830 8 marzo 2007: condanna del Tribunale di Milano per G.S., con
l’accusa di aver commesso reati sessuali su minori commessi al-
l’estero; 19 settembre 2007 Trento: arresto di F.D.B. per produzio-
ne, scambio e detenzione di materiali pedopornografici e per aver
commesso reati sessuali su minori all’estero; 12 febbraio 2008:
«Operazione Thai» della Procura di Siracusa, contro la pedofilia
on-line e turismo sessuale: gli investigatori del Nucleo Investigati-
vo Telematico (NIT) di Siracusa hanno fermato all’aeroporto di Fiu-
micino un docente universitario italiano di 55 anni, appena sceso
da un aereo proveniente da Bangkok. Al professore sono stati se-
questrati video pedo-pornografici girati in Thailandia di cui lui
stesso era protagonista. Sono stati effettuati 4 arresti per reati di
divulgazione di materiale pedo-pornografico in associazione per
delinquere e gli indagati sono 110; 29 febbraio 2008: Sinahoukvil-
le (Cambogia) arresto di F.C. il cui procedimento giudiziario è in
corso al momento della stesura del presente Rapporto.
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Ministero della Solidarietà Sociale e al Ministero
del Lavoro e della Previdenza Sociale di garantire il
funzionamento costante e mantenere l’apertura alle or-
ganizzazioni della società civile del riavviato Tavolo di
coordinamento, integrando il lavoro con gli altri tavoli di
concertazione, e soprattutto verificare che le politiche e
gli interventi promossi in tale sede vengano effettiva-
mente posti in essere;
2. Al Ministero della Solidarietà Sociale e al Ministero del
Lavoro e della Previdenza Sociale di concludere nel cor-
so del 2008 l’aggiornamento e la sottoscrizione della
nuova Carta di impegni contro lo sfruttamento del lavoro
minorile, comprensiva di un Piano d’Azione contro le for-
me peggiori di lavoro minorile secondo quanto previsto
dalla Convenzione ILO n. 182, prevedendo strumenti ido-
nei a garantirne un monitoraggio e la piena attuazione;
3. Al Ministero della Solidarietà Sociale di incaricare
l’ISTAT di intraprendere nel corso del 2008 un monito-
raggio del lavoro minorile, sia a livello nazionale che lo-
cale, attraverso l’implementazione di rilevazioni ed ana-
lisi quali-quantitative.
27. Il Comitato raccomanda allo Stato parte di pren-
dere le misure necessarie, inclusa una informazione
pubblica a lungo termine e campagne di sensibilizza-
zione, in collaborazione con gli operatori turistici e la
società civile, sul crescente fenomeno del turismo ses-
suale al fine di ridurre ed eliminare la domanda.
(CRC/OPSC/ITA/CO/1, punto 27)
gnali forti, di monito, prova del fatto che coloro che com-
mettono tali crimini sono perseguibili e possono essere
rintracciati e punti per i reati commessi.
L’Italia resta l’unico Paese in cui chi organizza viaggi ha
l’obbligo, per legge831, di inserire nei propri materiali infor-
mativi comunicazioni in merito al turismo sessuale a danno
di minori. In base alla legge gli operatori turistici sono dun-
que obbligati ad evidenziare in tutti i loro cataloghi e pub-
blicazioni un avviso sull’illegalità in tutto il mondo dello
sfruttamento sessuale di bambini832.
Da parte del Governo però non è stata patrocinata alcuna
attività di sensibilizzazione e informazione diretta all’opi-
nione pubblica nel corso del 2007. Le uniche attività che si
riscontrano sul territorio nazionale sono state intraprese
da associazioni di volontariato e Organizzazioni Non Go-
vernative, senza alcun finanziamento pubblico833. La cam-
pagna informativa italiana «Stop sexual tourism» 834 bene-
ficia invece del sostegno di diversi Enti Locali e nel 2007 ha
visto la Regione Veneto protagonista di una simbolica ini-
ziativa di sensibilizzazione835.
Si segnala infine che è stato riconfermato l’impegno della
Cooperazione italiana per finanziare progetti volti a frenare
l’offerta nei cosiddetti Paesi di destinazione836.
b) La pedo-pornografia
Come già evidenziato nei precedenti Rapporti CRC la pe-
do-pornografia on line, continua ad essere un fenomeno
in continua espansione, nonostante l’acquisita consape-
volezza e l’impegno per il contrasto delle istituzioni e delle
forze di polizia, sia a livello nazionale che internazionale.
La pedo-pornografia on line è un fenomeno di natura crimi-
nale che si avvale e si alimenta delle potenzialità offerte
dalle nuove tecnologie. Come sintetizzato recentemente
dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni, in occasione
dell’inaugurazione del Centro nazionale per il contrasto
della pedo-pornografia sulla rete internet837, diversi sono
gli strumenti informatici utilizzati da adulti potenziali abu-
santi al fine di reperire e scambiare materiale pedoporno-
grafico o per entrare in contatto con minori: siti internet
creati appositamente, nei quali vengono pubblicizzati pro-
dotti a contenuto pedopornografico (ad esempio, VHS,
DVD, CD); chat, newsgroup, mailing lists «utilizzati, per
creare comunità di pedofili – ormai organizzati in veri e
propri network internazionali - dove viene scambiato mate-
riale prevalentemente di natura domestica, ossia realizzato
e diffuso dagli stessi pedofili»; servizi peer to peer (P2P)838
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
131
831 Legge 38/2006, cit.
832 Ad esempio il tour operator Mappamondo include nelle condi-
zioni generali di vendita questa norma: «Informativa ai sensi della
legge: Comunicazione obbligatoria ai sensi dell’art.16 della Legge
269/1998 – La legge italiana punisce con la pena della reclusione i
reati inerenti alla prostituzione e alla pornografia minorile, anche
se gli stessi sono commessi all’estero».
833 Campagna di sensibilizzazione Vite invisibili contro il turismo
sessuale a danno di minori della Organizzazione Non Governativa
Intervita Onlus, www.intervita.it/ita/index.php?mod=viteInvisibili
834 3° Rapporto CRC 2007, pag. 104.
835 A marzo 2007, per alcuni giorni, il personale degli aeroporti ve-
neti, in servizio presso i banchi di partenza dei voli diretti verso i
Paesi che sono meta del fenomeno del “turismo sessuale”, ha in-
dossato una maglietta con logo e slogan di «Stop Sexual Tourism»;
si è trattato di una delle iniziative di sensibilizzazione messe in atto
dalla Regione Veneto in occasione dell’Anno Europeo delle Pari Op-
portunità per tutti nell’ambito di un progetto specifico proposto
dall’amministrazione provinciale di Rovigo a sostegno della campa-
gna nazionale contro lo sfruttamento a fini sessuali di minori e ado-
lescenti nei paesi poveri, soprattutto in Brasile. La Provincia di Ro-
vigo ha recentemente presentato la pubblicazione «Per i diritti del-
le bambine adolescenti contro il turismo sessuale».
836 La Cooperazione Italiana allo Sviluppo ha rifinanziato nel
2008 il «Programma Repubblica Dominicana» per la prevenzio-
ne e l’eliminazione delle forme peggiori di sfruttamento dei mi-
nori e del turismo sessuale in danno dei minori (Programma
UNICEF in collaborazione con ECPAT Italia Onlus).
Il Gruppo CRC reitera pertanto le seguenti raccoman-
dazioni:
1. Al Ministero dello Sviluppo Economico un impegno in
termini di allocazioni finanziarie per realizzare nel corso
del 2008 sul territorio nazionale campagne di informazio-
ne e sensibilizzazione a lungo termine dell’opinione pub-
blica e delle giovani generazioni contro il turismo sessua-
le attraverso programmi e azioni di formazione rivolti ai
professionisti del settore;
2. Al Ministero degli Affari Esteri e Ministero della Giusti-
zia di adoperarsi per garantire una maggiore cooperazio-
ne tra l’Italia e i principali Paesi di destinazione, attraver-
so la stipula di protocolli d’intesa che facilitino l’attività
investigativa e dunque l’applicazione del principio di ex-
traterritorialità, previsto dalla Legge 269/1998;
3. Al Ministero degli Affari Esteri di dedicare maggiore at-
tenzione il prossimo anno a progetti di cooperazione di
prevenzione a favore di bambini a rischio di sfruttamento
sessuale e progetti di recupero per i minori che né sono
vittime.
837 Documento distribuito dalla Polizia Postale e delle Comunica-
zioni, in occasione dell’inaugurazione del Centro nazionale per il
contrasto della pedo-pornografia sulla rete internet, Roma 1 feb-
braio 2008.
838 Rete informatica organizzata con nodi equivalenti in grado di
fungere sia da client che da server verso altri nodi della rete.
e File Transfer Protocol (FTP)839 che consentono di scambia-
re files di ingenti dimensioni, come filmati o consistenti
quantità di immagini. Anche le modalità sono diverse: attra-
verso i siti web, gli utenti possono scaricare (download)
dietro pagamento, materiale di natura pedopornografica
(ad esempio, foto, video) oppure possono scambiarsi mate-
riale utilizzando canali riservati attraverso le chat o il file
sharing, dopo essersi riconosciuti attraverso l’utilizzo di lin-
guaggi allusivi e convenzionali.
Come evidenziato negli due precedenti Rapporti CRC, la dif-
fusione e lo scambio di materiale pedopornografico, avvie-
ne anche attraverso i cellulari. L’avvento dei cel l ul ar i di
nuova generazione, infatti, consente, la trasmissione di im-
magini e video attraverso gli MMS (Multimedia Messaging
Service). I cellulari, vengono utilizzati inoltre, da potenziali
abusanti, per adescare i minori, chiedendo immagini degli
stessi, magari in cambio di ricariche telefoniche840.
La Legge 38/2006, entrata in vigore il 6 febbraio 2006, ha
fornito alcune misure per contrastare il fenomeno delle pe-
do-pornografia on line e la sua diffusione. Ad oltre 2 anni
dall’entrata in vigore della Legge si è provato a monitorarne
l’applicazione in particolare attraverso l’analisi dell’operati-
vità degli istituti introdotti.
Il Centro per il contrasto della pedo-pornografia sulla rete
Internet, previsto dalla Legge 38/2006, è stato formalmen-
te inaugurato il 1 febbraio 2008. Il Centro raccoglie tutte le
segnalazioni, provenienti da utenti singoli o da organizza-
zioni, riguardanti la presenza di materiale pedo-pornografi-
co in rete (siti, pagine web, spazi liberi su portali, etc.), o
episodi di utilizzo della rete al fine di diffondere e distribuire
materiale pedo-pornografico (chat, newsgroup, e-mail inde-
siderate (spamming), programmi di file sharing, etc.
I siti contenenti materiale pedopornografico, identificati at-
traverso le segnalazioni, entrano a far parte di una “lista ne-
ra” (bl ack l ist ). La black list viene continuamente aggior-
nata e trasmessa ai Providers Italiani, i quali attraverso si-
stemi di filtraggio appositi, hanno l’obbligo di impedire ai
loro utenti l’accesso ai siti segnalati.
A gennaio 2007, come scritto nel 3° Rapporto CRC, un de-
creto interministeriale, frutto del lavoro svolto da un gruppo
istituito presso il Ministero delle Comunicazioni, e compo-
sto da esperti del predetto dicastero, della Polizia Postale e
delle Comunicazioni e da rappresentanti degli operatori dei
servizi di telecomunicazione, ha definito le caratteristiche
tecniche dei filtri idonei al blocco degli accessi.
Ad aprile 2007, è entrato in vigore il «Decreto Gentiloni»841,
che sancisce l’obbligo per gli Internet Service Provider, di
bloccare l’accesso, attraverso i propri server, verso i siti se-
gnalati dal Centro, e quindi presenti nella black list entro 6
ore dalla segnalazione. Dal 1 Febbraio 2008, dopo alcuni
mesi di test e di monitoraggio del funzionamento del siste-
ma, il servizio è attivo e definitivamente operativo.
Sempre in base a quanto sancito dalla Legge 38/2006, il
Centro interviene anche sui sistemi di pagamento on line.
Infatti, il Centro dovrebbe segnalare agli uffici competenti
della Banca d’Italia, i rapporti bancari e finanziari connessi
alla commercializzazione di materiale pedo-pornografico,
in modo da bloccare i pagamenti destinati a quanti rendono
disponibile il materiale illegale sui siti e colpire di conse-
guenza gli enormi interessi economici sottesi al commercio
di materiale pedopornografico. Già menzionato nel 3° Rap-
porto CRC, tale sistema è ancora in fase di definizione, e
dunque non operativo.
Per quello che concerne l’identificazione delle vittime, evi-
denziata come una priorità nel 3° Rapporto CRC, si segnala
che il Centro si è dotato di sistemi informatici idonei alla ca-
talogazione ed analisi delle immagine pedopornografiche,
al fine di identificarne i minori presenti. Ad oggi non esisto-
no dati ufficiali, si auspica che la nuova struttura possa dare
maggiori indicazioni in merito, nel futuro.
Infine per quanto concerne l’attività di monitoraggio del fe-
nomeno svolta dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni
nel corso del 2007, si riportano i dati relativi all’attività del-
l’ultimo anno:
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
132
4orapportodiaggiornamento2007-2008
839 Protocollo di servizio della rete Internet atto a fornire elemen-
ti fondamentali per la condivisione di file tra host.
840 Si veda, ad esempio, il caso riportato nel 2° Rapporto CRC,
pag. 58, relativo all’indagine avviata dalla Polizia Postale nel
2005.
841 Ministero delle Comunicazioni, Decreto 8 gennaio 2007 Re-
quisiti tecnici degli strumenti di filtraggio che i fornitori di con-
nettività alla rete Internet devono utilizzare, al fine di impedire,
con le modalità previste dalle leggi vigenti, l’accesso ai siti se-
gnalati dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornogra-
fia in G.U. n. 23 del 29 gennaio 2007.
842 Fonte: Comunicazione del Servizio della Polizia Postale e delle Co-
municazioni, marzo 2006. Si veda 2° Rapporto CRC 2006, pag. 58.
843 Fonte: Comunicazione del Servizio della Polizia Postale e del-
le Comunicazioni, marzo 2007.
ATTIVITÀ FORZE DELL’ORDINE ANNO 2007
Anno 2005842 Anno 2006843 Anno 2007
Siti web monitorati 59.044 38.372 22.445
Siti web a contenuto
pedopornografico
attestati in Italia 1 2 10
Indagati sottoposti a
provvedimenti restrittivi 21 18 33
Persone denunciate
in stato di libertà 471 370 352
Per quanto concerne l’Osservatorio per il contrasto della
pedofilia e della pornografia minorile, previsto anch’es-
so dalla Legge 38/2006, istituito presso la Presidenza del
Consiglio di Ministri e che dalla XV legislatura opera pres-
so il Dipartimento per le Politiche della Famiglia, si se-
g nal a l ’adoz ione del reg ol amento con Decreto
240/2007844, entrato in vigore il 5 gennaio 2008.
Nel regolamento si specifica che l’Osservatorio ha il com-
pito di acquisire e monitorare i dati e le informazioni rela-
tive alle attività svolte da tutte le pubbliche amministra-
zioni, per la prevenzione e la repressione dell’abuso e
dello sfruttamento sessuale dei minori845. Interessante
anche notare che l’Osservatorio dovrebbe redigere una
relazione tecnico-scientifica annuale consuntiva delle at-
tività svolte, anche ai fini della predisposizione della rela-
zione che il Presidente del Consiglio dei Ministri presenta
annualmente al Parlamento, ai sensi dell’art. 17 comma 1
Legge 269/1998. Tale relazione verrà svolta una volta in-
sediatosi l’Osservatorio846. Invece la relazione sullo stato
di attuazione della Legge 269/1998 è in corso di comple-
tamento al momento della stesura del presente Rappor-
to, e se ne auspica la diffusione tra gli operatori e la pub-
blicazione sul sito del Ministero competente.
L’Osservatorio dovrebbe anche predisporre il Piano na-
zionale di prevenzione e contrasto dell’abuso e dello
sfruttamento sessuale dei minori, che sottopone all’ap-
provazione del Comitato Interministeriale per la lotta alla
pedofilia (CICLOPE). Il Piano costituisce parte integrante
del Piano Nazionale Infanzia, predisposto dall’Osservato-
rio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza.
In merito alla banca dati per raccogliere, con l’apporto
delle informazioni fornite dalle amministrazioni847, tutte
le informazioni utili per il monitoraggio del fenomeno, si
ricorda che nel primo anno della sua creazione (2006),
l’Osservatorio ha lavorato alla predisposizione della
scheda di rilevazione e la predisposizione dei contatti con
gli altri Ministeri, mentre, rispetto al secondo anno di atti-
vità (2007), si segnala che il 21 dicembre 2007 i Ministri
per le Politiche della Famiglia, dell’Interno, della Giustizia
e per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Ammini-
strazione hanno firmato due protocolli d’intesa con i qua-
li viene sancito l’impegno comune in questo esercizio, e
viene specificata una metodologia di sviluppo della ban-
ca dati848. L’attività ricognitiva è gestita dal Dipartimento
per le Politiche della Famiglia in collaborazione con il
Centro nazionale di documentazione e analisi per
l’infanzia e l’adolescenza, a cui il Ministero ha commis-
sionato uno studio di fattibilità del progetto da realizzarsi
in cinque mesi.
La composizione dell’Osservatorio per il contrasto della
pedofilia e della pornografia minorile non è ancora nota,
in quanto, al momento della stesura del presente Rappor-
to, le nomine sono ancora in corso di perfezionamento849.
L’attività dell’Osservatorio è fondamentale al fine di poter
avere dati aggiornati e complessivi circa i reati di natura
pedofila, realizzati anche utilizzando le nuove tecnologie,
nel nostro Paese. Tali informazioni sono infatti fonda-
mentali al fine della conoscenza e comprensione del fe-
nomeno, non solo in termini quantitativi, ma anche in ter-
mini qualitativi, e conseguentemente per l’adozione di
misure idonee di intervento e prevenzione. Si auspica
pertanto una piena operatività dell’Osservatorio nel cor-
so del 2008, e l’adempimento dei compiti prescritti dal
regolamento.
Per quanto concerne i fondi destinati all’Osservatorio che
ammontavano a € 1.500.000 per il 2006, e € 750.000
per il 2007850 si rileva che il Decreto Ministeriale del 22
gennaio 2008 di Ripartizione del Fondo delle Politiche
per la Famiglia per l’anno 2008 prevede € 6.000.000
per «le risorse destinate a finanziare iniziative di caratte-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
133
844 Regolamento recante «Attuazione dell’articolo 17 comma 1
bis, della Legge 3 agosto 1998, n. 269, in materia di coordina-
mento delle azioni di tutela dei minori dallo sfruttamento ses-
suale e dall’abuso e istituzione dell’Osservatorio per il contrasto
della pedofilia e della pornografia minorile», pubblicato in G.U.
n. 296 del 21 dicembre 2007.
845 Art. 2 del sopracitato Regolamento.
846 Fonte: Comunicazione del Dipartimento per le Politiche della
Famiglia inviata al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del
presente Rapporto.
847 Ministero dell’Interno, Ministero della Giustizia, Ministero
della Solidarietà Sociale, Ministero dell’Istruzione, Ministero
della Salute, Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità, Re-
lazione della Dott.ssa Cinzia Grassi al seminario ChildOnEuro-
pe Review on national system of Statistics and registration on
child abuse Firenze, 18 Gennaio 2007.
848 Le amministrazioni coinvolte si impegnano a far partecipare
propri qualificai rappresentanti ad un gruppo tecnico coordinato
dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia d’intesa con
l’Osservatorio. Il Gruppo tecnico si è riunito per la prima volta l’11
marzo 2008 e si è stabilita la costituzione di due sottogruppi di la-
voro che si occupano dell’analisi delle banche dati del Ministero
dell’Interno e del Ministero della Giustizia. Fonte: Comunicazione
del Dipartimento per le Politiche della Famiglia al Gruppo CRC, cit.
849 Fonte: Comunicazione del Dipartimento per le Politiche della
Famiglia, cit. Secondo quanto stabilito dal Regolamento
l’Osservatorio è presieduto dal Capo del Dipartimento per le Politi-
che della Famiglia e composto da sei componenti, designati dal
Ministro per le Politiche della Famiglia, di cui uno con funzioni di
coordinatore tecnico scientifico, tre i componenti designati dalla
Polizia di Stato, dall’Arma dei Carabinieri e dalla Guardia di Finan-
za ed infine tre i componenti designati dalle associazioni nazionali
maggiormente rappresentative nel settore della lotta al fenomeno
dell’abuso e dello sfruttamento sessuale a danno dei minori.
850 Tali somme sono previste dalla stessa Legge 38/2006, e sem-
brerebbero essere state confermate dal Bilancio di previsione della
Presidenza del Consiglio dei Ministri 2007, capitolo di spesa 832.
re informativo ed educativo volte alla prevenzione di ogni
forma di abuso sessuale nei confronti dei minori promosse
dall’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della por-
nografia minorile e al sostegno delle attività dello stesso».
Su richiesta di informazioni in merito a tali fondi da parte
del Gruppo CRC il Dipartimento per le Politiche della Fami-
glia ha comunicato che «in ragione dei tempi necessari alla
ricostituzione ed alla disciplina dell’organismo, le somme
stanziate saranno utilizzate nel corso del 2008».
In merito al Comitato Interministeriale di coordinamento
per la lotta alla pedofilia (CICLOPE), si sottolinea ancora
una volta che la consulta delle associazioni, formalmente
istituita nel 2005 non è mai stata operativa, e che nel corso
del 2007 si è svolta una sola riunione plenaria in data 21
febbraio 2007851.
Infine si segnala a livello europeo che il Consiglio d’Europa
il 12 luglio 2007 ha approvato la Convenzione sul la
protezione di bambini e adolescenti contro lo sfruttamento
e l’abuso sessuale852. Ad ottobre 2007, è stata aperta alle
firme degli Stati Membri, durante la 28esima Conferenza
del Consiglio dei Ministri di Giustizia853 L’Italia ha apposto
la sua firma il 7 novembre 2007. La Convenzione non è
ancora in vigore, poiché occorre la ratifica di almeno cinque
Stati. L’obiettivo del Trattato è duplice, consiste nel tutelare
maggiormente le vittime e nel perseguire con più efficacia
gli autori delle violenze854. Il testo della Convenzione
prevede poi per la prima volta all’interno di una
Convenzione internazionale il fenomeno dell’adescamento
del minore anche attraverso i mezzi di telecomunicazione,
più comunemente conosciuto come “grooming”. Infine,
l’art. 30 par. 5 della Convenzione, sancisce la necessità per
gli Stati Parte di dotarsi di misure politiche e legislative al
fine dell’identificazione dei minori abusati sessualmente
per la produzione di materiale pedo-pornografico.
c) La prostituzione minorile
La prostituzione minorile in Italia è un fenomeno sociale
composito che riguarda minori maschi e femmine sia di na-
zionalità italiana che straniera. Rispetto al passato, tale fe-
nomeno sembra destare maggiore attenzione tra opinione
pubblica, media e policy makers, sebbene l’approccio adot-
tato sia soprattutto di tipo sensazionalistico e scarsamente
mirato all’adozione di politiche e pratiche rispondenti ai bi-
sogni dei minori coinvolti. Vige ancora una confusione gene-
ralizzata tra forme distinte, sebbene a volte parzialmente
contigue, di abuso e sfruttamento sessuale perpetrate da
adulti su minori855; confusione che non favorisce un corretto
approccio alle questioni riguardanti il fenomeno.
Le poche conoscenze finora acquisite sulla prostituzione mi-
norile nel nostro Paese derivano generalmente dagli studi
sul fenomeno di tratta ai fini di prostituzione forzata856, che
prendono in esame soprattutto i percorsi migratori e di
sfruttamento di minori e donne straniere. In base alle stime
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
134
4orapportodiaggiornamento2007-2008
851 Si veda anche infra capitolo I, paragrafo «Coordinamento a li-
vello istituzionale e tra istituzioni e ONG».
852 Testo disponibile (in inglese) sul sito
www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/infanzia_convenzione
_coe/Convention_Protection_children.pdf
853 Il 25-26 ottobre 2007 a Lanzarote. Per maggiori informazioni e
per conoscere lo status della ratifica cfr.
http://conventions.coe.int/Treaty/Commun/QueVoulezVous.asp
?NT=201&CM=8&DF=4/10/2008&CL=ENG
854 Il testo della Convenzione prevede al proprio interno misure di
prevenzione e di sostegno alle vittime, anche in fase procedurale.
In particolare merita menzione il riferimento a procedure di sele-
zione, reclutamento e formazione degli operatori che lavorano
quotidianamente a contatto con i bambini; nonché azioni di sen-
sibilizzazione degli stessi bambini riguardo ai rischi possibili a cui
possono andare incontro nella loro vita quotidiana. Si specificano
quali sono le ipotesi di reato in cui il bambino/a diventa vittima di
un delitto sessuale: tra le altre prostituzione, pedopornografia sia
nel caso della produzione, possesso e distribuzione.
855 Prina F. La prostituzione minorile in Istituto degli Innocenti-
Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e
l’adolescenza Uscire dal silenzio. Lo stato di attuazione della
legge 269/98 Questioni e documenti, n. 27, gennaio 2003, pagg.
17-47. Tale studio, che continua ad essere l’unico di rilievo in ma-
teria di prostituzione minorile, ha contributo inoltre a chiarire le
categorie concettuali utilizzate nell’affrontare le questioni relative
alla prostituzione e alla tratta di minori, in particolare fornendo
definizioni puntuali di sfruttamento di minore, sfruttamento ses-
suale di minore e lavoro sessuale.
856 Si veda oltre paragrafo «Rapimento, vendita e tratta di minori:
la tratta di minori».
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Centro per il contrasto della pedo-pornografia sulla
rete Internet l’avvio delle attività finalizzate all’identifi-
cazione delle vittime di pedo-pornografia;
2. All’Osservatorio per il contrasto alla pedofilia e delle
pornografia minorile, di provvedere quanto prima alla
nomina dei suoi componenti e di garantire la piena ope-
ratività nel corso 2008, in particolare in merito alla rac-
colta sistematica dei dati relativi ai reati di natura pedo-
fila, al fine di avviare analisi specifiche del fenomeno e
conseguentemente adottare misure idonee di contrasto
e di prevenzione al fenomeno e di supporto alle vittime
ed agli abusanti (anche minorenni);
3. Al Ministero delle Comunicazioni ed al Ministero della
Pubblica Istruzione l’adozione di misure efficaci di sen-
sibilizzazione, destinate sia ai ragazzi per un utilizzo re-
sponsabile delle nuove tecnologie, che ai genitori e ai
docenti, al fine di fornire strumenti idonei ad educare ad
un utilizzo responsabile delle tecnologie, e a relazionar-
si con tematiche sensibili quali la sessualità,
l’affettività, la pedo-pornografia e l’abuso sui minori.
effettuate da ricerche recenti857, le minorenni straniere rap-
presentano circa il 7% di coloro che si prostituiscono in
strada. Tale percentuale è stimata essere attorno al 10-12%
in alcune zone italiane858. Nel corso degli ultimi anni, è sta-
ta registrata una progressiva diminuzione dell’età media
delle persone che si prostituiscono, così come rilevato dagli
stessi operatori ed operatrici sociali e messo in evidenza
dai dati relativi ai progetti di assistenza ed integrazione so-
ciale (in ottemperanza all’art. 18 T.U. 286/1998) rivolti a vit-
time di tratta (nella quasi totalità dei casi a scopo di sfrutta-
mento sessuale). Indicare però dati statistici esaustivi non è
possibile a causa della mancanza di un dispositivo naziona-
le di analisi e di monitoraggio costante, dal punto di vista
quantitativo e qualitativo, del fenomeno della prostituzione
minorile nelle sue numerose espressioni.
In Italia, la prostituzione minorile femminile straniera coin-
volge minori provenienti soprattutto dalla Romania, dall’Al-
bania, dalla Moldova e dalla Nigeria, molte delle quali sono
vittime di tratta. Il sistema di reclutamento, di viaggio, di as-
soggettamento e di sfruttamento risulta essere molto simile
a quello utilizzato per le donne adulte dello stesso gruppo
nazionale. Nel caso delle minori, però, il livello di assogget-
tamento e di sfruttamento può essere più grave ed intenso
proprio a causa della loro giovane età e dello scarso capitale
sociale e culturale a disposizione che può impedire loro di ri-
bellarsi e di riconoscersi come vittime di un grave reato. Le
minori si prostituiscono sia in luoghi al chiuso (soprattutto
negli appartamenti ed alberghi859), che in molte strade italia-
ne. Dalle ricerche effettuate860 appare chiaro che le organiz-
zazioni criminali gestiscono questo specifico settore di sfrut-
tamento molto redditizio utilizzando modalità organizzative
e gestionali finalizzate a massimizzare i profitti e ridurre al
minimo i potenziali rischi. L’alta mobilità, un articolato sup-
porto logistico-organizzativo e un controllo particolarmente
severo sono le tecniche adottate per evitare di essere inter-
cettate dalle forze di polizia. Per sfuggire alle sanzioni pena-
li, gli sfruttatori, oltre ad obbligarle a dichiarare sempre la
maggiore età, tendono a spostare ripetutamente le minori
sia all’interno della stessa città che in altre aree geografiche
italiane861.
Oramai comprovata da tempo862 è l’esistenza della prostitu-
zione minorile straniera maschile, rivolta ad uomini, eserci-
tata da adolescenti o neomaggiorenni provenienti soprattut-
to dall’Europa dell’Est, in particolare dalla Romania e dalla
Moldova, di origine rom o non, e in misura inferiore dal Ma-
ghreb; sono stati inoltre registrati anche casi di coinvolgi-
mento di bambini di 8-9 anni, principalmente di origine ru-
mena e rom. Secondo un recente studio, si tratta di un feno-
meno in espansione863. I principali luoghi di incontro con i
potenziali clienti sono le aree di città di medie e grandi di-
mensioni in prossimità delle stazioni ferroviarie, i parchi
pubblici, gli internet café, i cinema porno, centro massaggi,
saune, abitazioni di clienti abituali. I ragazzi generalmente si
prostituiscono in maniera autonoma e sembrano non avere
legami con le organizzazioni criminali che gestiscono la trat-
ta e lo sfruttamento sessuale di minori femmine. I minori
stranieri si prostituiscono per vari motivi: per mancanza di
prospettive lavorative alternative che permettano di soste-
nere economicamente se stessi e la famiglia; per integrare
quanto guadagnano attraverso altre occupazioni (ad esem-
pio, lavaggio vetri, accattonaggio, ambulantato, attività ille-
gali); per potersi comprare beni di consumo; per testare o
affermare la propria identità (omo)sessuale. Sebbene gene-
ralmente si dichiarino estranei a forme prostitutive coerciti-
ve, alcuni minori possono cadere vittima di circuiti di sfrut-
tamento gestiti da propri pari o da adulti. Inoltre, vi sono ca-
si di adolescenti trafficati e sfruttati per compiere attività il-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
135
857 Carchedi F., Tola V. (a cura di) All’aperto e al chiuso. Prostituzione e trat-
ta: i nuovi dati del fenomeno, i servizi sociali, le normative di riferimento
Ediesse, Roma, 2008.
858 In particolare: Veneto, Emilia Romagna, Lazio e Piemonte. Cfr. Carchedi
F., Tola V. (a cura di), cit.
859 Più raramente le minorenni vengono impiegate nei night club in quanto
vengono considerati luoghi più rischiosi dal punto di vista dei controlli delle
forze dell’ordine e delle severe pene per chi impiega e sfrutta minorenni.
860 Cfr. Save the Children Italia Development of a Child Rights Methodology
to Identify and Support Child Victims of Trafficking. Full Report of Research
Findings, EDIThink, Roma, 2007; Save the Children Italia Protocollo di iden-
tificazione e supporto dei minori vittime di tratta e di sfruttamento,
EDIThink, Roma, 2007; Ferraris V. Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i
minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie illegali e nella
prostituzioneEd E. Bedin; DonadelC.La tratta di persone a scopo di sfrutta-
mento sessuale in strada e negli ambienti al chiuso in Carchedi F., Orfano I.
(a cura di) La tratta di persone in Italia. Vol. 1. Evoluzione del fenomeno ed
ambiti di sfruttamento, FrancoAngeli, Milano, 2007, pubblicazione realizza-
ta nell’ambito del Progetto «Osservatorio Tratta»; Azienda Ussl 16 di Pado-
va Progetto sperimentale di ricerca. Margini minori: conoscere, coinvolge-
re, agire. Primi esiti conoscitivi, Padova, 2007; Casa dei diritti sociali, Fonda-
zione Romena per i Bambini, la Comunità e la Famiglia, Terre des Hommes
Aumento della prostituzione minorile rumena a Roma Fondazione Terre
des Homes, Bucarest, 2005; Carchedi F. (a cura di) Prostituzione migrante
e donne trafficate. Il caso delle donne albanesi, moldave e rumene, Franco
Angeli, Milano, 2004; Carchedi F. (a cura di)Piccoli schiavi senza frontiere. Il
traffico dei minori stranieri in ItaliaEdiesse, Roma, 2004.
861 Per un’analisi sulla mobilità territoriale, cfr. Carchedi F., Fri-
sanco F. La tratta di donne adulte e bambine. Uno sguardo
d’insieme in Carchedi F. (a cura di) Piccoli schiavi senza frontie-
re, cit. pagg. 106-111.
862 Oltre agli studi citati, cfr. inoltre: Ferraris V. Prostituzione
maschile in Italia: minori e giovani adulti in AA.VV., Kinda.
Ricerca sulla prostituzione maschile dei giovani stranieri Ires-
Cgil, Torino, 2004; Pini A. La prostituzione maschile in Associ-
azione On the Road (a cura di), Porneia Voci e sguardi sulle
prostituzioni, Il Poligrafo, Padova, 2003.
863 Save the Children Italia Development of a Child Rights
Methodology to Identify and Support Child Victims of Traffick-
ing. Full Report of Research Findings cit., pag. 28.
legali che, giudicati inadeguati a tale scopo, vengono in
seguito costretti a prostituirsi.
Anche se scarsi sono gli approfondimenti in materia, si se-
gnala l’esistenza di alcuni casi di transessuali minorenni
stranieri (brasiliani) che sono stati obbligati ad assumere
farmaci o a sottoporsi a trattamenti estetici per poi essere
sfruttati nel mercato del sesso a pagamento864.
La prostituzione minorile italiana riguarda principalmente
due target group distinti: bambine/i e ragazze/i apparte-
nenti a famiglie multiproblematiche con condizioni sociali,
economiche e culturali fortemente disagiate che utilizzano
la prostituzione (in forme coatte o in parte autonome) qua-
le strategia di sopravvivenza per sé e per il proprio nucleo
familiare; ragazzi e ragazze che occasionalmente e autono-
mamente si prostituiscono per soddisfare bisogni non pri-
mari (acquisto di beni di consumo alla moda o sostanze
psicotrope)865.
Molteplici, quindi, sono le modalità di sfruttamento della
prostituzione minorile in Italia che «in un continuum molto
articolato866» vanno dalla riduzione in schiavitù a forme
autonome o concordate di esercizio della prostituzione. In
questo ambito la discriminante più significativa è l’età: più
i minori sono giovani e più il loro grado di sottomissione e
di sfruttamento da parte degli adulti si aggrava.
Ancora insoddisfacenti, in termini di efficacia e metodolo-
gie utilizzate, appaiono gli interventi attuati per affrontare
il fenomeno da parte degli organi competenti. Ciò è princi-
palmente il risultato di quattro fattori: la scarsa conoscen-
za del fenomeno; la mancanza di competenze adeguate da
parte delle forze dell’ordine, della magistratura, dei servizi
pubblici e, in parte, dei servizi sociali privati; il non utilizzo
di strumenti specifici di identificazione di minori dediti alla
prostituzione o appartenenti a gruppi a rischio di sfrutta-
mento sessuale; l’assenza di politiche preventive e di assi-
stenza adeguate. Tuttavia, in alcuni territori del Paese, esi-
stono pratiche di lavoro sociale867 che potrebbero fungere
da riferimento per chi si appresta a lavorare in questo spe-
cifico ambito di assistenza o che è istituzionalmente prepo-
sto a fornire supporto alle/ai minori o a contrastare la pro-
stituzione minorile.
In conclusione, si evidenzia che nel gennaio 2007, il Mini-
stro dell’Interno ha istituito l’Osservatorio sulla prostitu-
zione e sui fenomeni delittuosi ad essa connessi avente il
«compito di studiare le misure già esistenti, anche quelle di
assistenza e tutela delle vittime e di formulare, a riguardo,
pareri e proposte per favorirne il miglioramento»868. Rispet-
to alla prostituzione minorile, l’Osservatorio ha proposto la
realizzazione di una campagna informativa diffusa sul feno-
meno della prostituzione minorile e sul reato con cui è san-
zionata; uno specifico impegno delle forze di polizia per la
prevenzione e il contrasto del fenomeno. In considerazione
del fatto che i minori stranieri non accompagnati possono
correre il rischio di essere coinvolti in forme di sfruttamento
sessuale o lavorativo, è stato inoltre deciso di realizzare un
Sistema nazionale di accoglienza che uniformi e rafforzi tut-
ti gli interventi locali. È stato quindi evidenziato che per per-
seguire il superiore interesse del/la minore è necessario:
monitorare costantemente la sua presenza per tutto il tem-
po che rimane sul territorio italiano, attuando una “tutela
condivisa” tra tutti i soggetti che, a vario titolo, lo/la incon-
trano; controllare l’adeguatezza della formazione e la qua-
lità del lavoro degli operatori; verificare la gestione, il fun-
zionamento e l’idoneità delle strutture di accoglienza e dei
progetti adottati869. Si auspica pertanto che tali impegni,
enunciati nella relazione dell’Osservatorio, vengano posti in
essere nel corso della prossima legislatura.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
136
4orapportodiaggiornamento2007-2008
864 Orfano I. Il profilo delle utenze afferenti al Servizio Roxanne
in Carchedi F., Tola V. (a cura di) All’aperto e al chiuso. Prosti-
tuzione e tratta: i nuovi dati del fenomeno, i servizi sociali, le
normative di riferimento Ediesse, Roma, 2008, pagg. 268 ss..
865 Prina F. op. cit.
866 Ibidem.
867 Si citano, ad esempio, le unità di strada e gli sportelli infor-
mativi presenti in molte città italiane.
868 Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi ad
essa connessi Relazione sulle attività svolte. I ° semestre 2007
Ministero dell’Interno, Roma, 2007, pag. 6. Tale organismo ha
coinvolto rappresentanti del Dipartimento di Pubblica Sicurez-
za, del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione e del
Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, dei Ministeri degli
Affari Esteri, della Solidarietà Sociale, della Giustizia e dei Diritti
e delle Pari Opportunità e rappresentanti di Enti Locali e di Or-
ganizzazioni Non Governative che forniscono assistenza e tute-
la alle vittime di sfruttamento sessuale.
869 Ibidem pag. 85.
Il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Governo, attraverso i vari Ministeri competenti
(Interno, Giustizia, Salute, Solidarietà Sociale, Fami-
glia, Istruzione) e le autorità locali di sviluppare ed
implementare una strategia articolata di prevenzio-
ne della prostituzione minorile italiana e straniera,
attraverso politiche ed interventi che tengano in de-
bita considerazione le situazioni di disagio, di margi-
nalità e di devianza e i complessi fattori di rischio
che possono portare i/le minori a prostituirsi. A tal
fine è altresì necessaria, da parte dei Ministeri so-
praccitati, l’erogazione regolare e continua di modu-
d) Abuso e maltrattamento
intrafamiliare ed extrafamiliare
di minori
Dal punto di vista legislativo il tema dell’abuso e del mal-
trattamento all’infanzia necessita ancora di un’armonizza-
zione fra le norme del diritto penale e civile, previste dal no-
stro ordinamento, e le indicazioni che delle principali con-
venzioni internazionali in materia. Ad esempio la recente
Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione di
bambini e adolescenti contro lo sfruttamento e l’abuso ses-
suale, adottata dal Consiglio dei Ministri d’Europa il 12 lu-
glio 2007, firmata dall’Italia il 7 novembre 2007 ma non an-
cora ratificata, si propone di prevenire e combattere gli abu-
si, di proteggere i diritti dei bambini vittime e di promuove-
re la cooperazione nazionale ed internazionale in questo
campo, sottolineando la necessità di perfezionare ulterior-
mente il nostro sistema di tutela dei minori vittime di abusi.
Per quanto riguarda il panorama legislativo nazionale, nel
corso della XV legislatura si sono susseguite differenti pro-
poste di legge che avevano ad oggetto la tematica dell’abu-
so e del maltrattamento all’infanzia. In particolare, si evi-
denzia, con un certo rammarico, la mancata approvazione
del disegno di legge C. 2169 proposto dal Dipartimento per
i Diritti e le Pari Opportunità congiuntamente al Ministero
della Giustizia e al Dipartimento per le Politiche della Fami-
glia in materia di «Misure di sensibilizzazione e prevenzione
, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell’am-
bito della famiglia, per l’orientamento sessuale, l’identità di
genere ed ogni altra causa di discriminazione»870, che con-
teneva importanti innovazioni, quali ad esempio:
l’introduzione di una nuova fattispecie di reato quale la vio-
lenza assistita, la modifica dei tempi di prescrizione per i
reati di abuso sessuale sui minori, l’estensione della possi-
bilità di ricorrere all’incidente probatorio anche in casi di-
versi dal solo ed esclusivo reato di natura sessuale.
A livello regionale si sottolinea che negli ultimi 10 anni,
molte Regioni si sono dotate di Linee guida sull’abuso al-
l’infanzia871. Tali iniziative, anche se nate in modo scollega-
to tra loro, in tempi diversi e con diverse caratteristiche, ri-
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
137
li formativi al proprio personale affinché apprenda le
necessarie tecniche di identificazione di minori che
si prostituiscono o di gruppi sociali a rischio;
2. Al Governo (attraverso i Ministeri competenti: Inter-
no, Giustizia, Difesa, Salute, Solidarietà Sociale, Fa-
miglia, Istruzione) di promuovere l’implementazione
a livello locale di protocolli di intesa tra forze dell’or-
dine, magistratura, servizi pubblici e privati, per
l’adozione di procedure standardizzate di raccordo
operativo per fornire supporto e tutela ai/alle minori
che si prostituiscono;
3. Alla Commissione interministeriale per il sostegno
alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento
di promuovere continue attività di ricerca e di ricer-
ca-azione sul complesso fenomeno della prostitu-
zione minorile italiana e straniera al fine di acquisire
informazioni costantemente aggiornate per poter
migliorare le prassi di intervento, ma anche le norme
e le politiche di settore.
38. Ai sensi dell’art. 19 della Convenzione, il Comitato
raccomanda che l’Italia:
(a) intraprenda studi sulla violenza, i maltrattamenti e
gli abusi, incluso l’abuso sessuale, subiti dai bambi-
ni, soprattutto quelli appartenenti a gruppi vulnera-
bili, perpetrati in particolar modo all’interno delle
famiglie e nelle scuole, in modo da valutare la diffu-
sione, il fine e la natura di queste pratiche;
(b) sviluppi campagne di sensibilizzazione con il coin-
volgimento dei bambini, in modo da prevenire e
combattere l’abuso sull’infanzia;
(c) modifichi la sua legislazione riguardo al limite di età
vigente per una speciale protezione contro tutte le for-
me di violenza perpetrate nei confronti dei bambini;
(d) valuti il lavoro svolto dalle strutture esistenti e prov-
veda alla formazione del personale coinvolto in que-
sto tipo di casi;
(e) indaghi in maniera efficace sui casi di violenza do-
mestica, maltrattamento e abuso sui bambini, in-
cluso l’abuso sessuale all’interno della famiglia, at-
traverso indagini e procedure giudiziarie a misura di
bambino, in modo da assicurare una migliore pro-
tezione alle giovani vittime, incluso il loro diritto al-
la privacy.
(CRC/C/15/Add.198, punto 38)
870 Disegno di legge C. 2169 presentato alla Camera il 25 gennaio
2007, conclusione anomala per stralcio il 17 ottobre 2007. Disegno
di legge C. 2169 bis «Misure di sensibilizzazione e prevenzione,
nonché repressione dei delitti contro la persona e nell’ ambito della
famiglia»: presentato alla Camera il 17 ottobre 2007, assegnato
(non ancora iniziato l’esame). Disegno di legge C. 2169 ter «Misure
di repressione degli atti persecutori e delle condotte motivate da
odio o discriminazione fondati sull’ orientamento sessuale o sull’i-
dentità di genere»: presentato alla Camera il 15 gennaio 2008, in
stato di relazione al momento della stesura del presente Rapporto.
871 Ad esempio Piemonte (DGR n. 95-25280 del 5 settembre
1998), Lombardia (DGR n. 7/20100 del 23 dicembre 2004), Vene-
to (DGR n. 4031 del 30 dicembre 2002), Emilia Romagna (DGR n.
1294 del 1999), Campania (DGR n. 1164 del 16 settembre 2005),
Abruzzo (www.nonprofitonline.it), Liguria (DGR n. 1079 del 1 otto-
bre 2004).
spondono comunque ad esigenze analoghe: identificare
evenienze sempre più emergenti e diffuse; aggiornare gli
operatori psicosociosanitari; riorganizzare i Servizi; ripro-
grammare l’investimento di risorse pubbliche; dare indica-
zioni specie rispetto alla gestione dei casi più complessi,
come quelli di abuso sessuale, e all’interazione tra opera-
tori socio-sanitari e operatori giudiziari. Purtroppo però
l’attuazione di tali Linee guida appare estremamente diso-
mogenea a seconda dei contesti territoriali. Per promuo-
verne l’efficacia sarebbe invece auspicabile un analisi e
una valutazione delle Linee guida finora adottate e il loro
stato di attuazione nei diversi contesti locali, per ricavarne
esempi di buone prassi da diffondere uniformemente su
tutto il territorio nazionale.
I finanziamenti per gli interventi di prevenzione, cura e as-
sistenza socio-educativa a favore dei bambini e degli ado-
lescenti vittime di maltrattamenti e violenze sessuali e del-
le loro famiglie e per la valutazione e il trattamento degli
autori, in particolare se minorenni, sono ripartiti tra siste-
ma sanitario e sistema sociale. Lo schema di riferimento ri-
mane ancora oggi quello esemplificato nel Decreto del Pre-
sidente del Consiglio dei Ministri «Atto di indirizzo e coor-
dinamento sull’integrazione socio-sanitaria, a norma del-
l’art. 2, comma 1, lettera n) della Legge 419/1998».
Sul versante sociale si evidenzia che non sono stati ancora
definiti i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LIVEAS),
richiesti dalla Legge 328/2000, volti a garantire la defini-
zione di un livello minimo essenziale di prestazioni su tutto
il territorio. Tale mancanza aggrava la situazione di diso-
mogeneità nella diffusione dei servizi di assistenza e trat-
tamento sul territorio nazionale.
Sul versante sanitario, l’esistenza di una chiara definizione
dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)872, tra cui rientrano
i compiti di trattamento a favore dei minori abusati e delle
loro famiglie, non si è tradotta in impegni reali atti a garan-
tire che tali servizi siano erogati ai cittadini in modo suffi-
cientemente uniforme su tutto il territorio nazionale.
La programmazione regionale in ambito sociale e sanitario
e la programmazione territoriale sociosanitaria, che pren-
de forma nei piani di zona, sono gli strumenti principali at-
traverso i quali si definiscono le priorità e si orientano le ri-
sorse. In tali contesti le politiche per l’infanzia e
l’adolescenza in genere si trovano oggi a concorrere con al-
tri importanti gruppi, in primo luogo gli anziani.
La situazione non registra particolari cambiamenti rispetto
alle analisi condotte gli scorsi anni, eccetto la creazione del
Fondo per le Politiche della Famiglia presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri, che ha previsto, a seguito dell’in-
tesa stipulata il 20 settembre 2007 in Conferenza Unificata
Stato, Regioni ed Enti Locali, uno stanziamento straordina-
rio di risorse per il rilancio dei consultori familiari, azione
dalla quale potrebbe derivare uno sviluppo anche dei servizi
di assistenza a sostegno delle vittime di violenze familiari.
Tale area di intervento prevede degli accordi stipulati tra il
Ministro per le Politiche della Famiglia e le Regioni, anche se
non tutte le Regioni hanno ancora sottoscritto gli accordi per
ricevere i finanziamenti. Sarà pertanto necessaria un’attenta
verifica per monitorare come sono state utilizzate tali risor-
se. Si segnala che al 12 gennaio 2008 le intese sottoscritte
con la Provincia Autonoma di Trento e le Regioni Liguria,
Sardegna, Sicilia, Lazio, Toscana e Veneto avevano mobilita-
to oltre 20 milioni di euro, di cui 15 milioni a carico del Fondo
nazionale delle Politiche per la Famiglia (75% del finanzia-
mento) e 5 milioni messi a disposizione dalle Regioni.
Si evidenzia anche che la Legge Finanziaria 2008 ha previ-
sto 1,5 milioni di euro per il finanziamento, «da parte del Mi-
nistero della Solidarietà Sociale, di iniziative volte alla tute-
la dei minori, anche disabili, in situazioni di disagio, abuso
o maltrattamento, ivi compreso il sostegno all’attività» di
uno specifico ente morale873, di cui sarà importante monito-
rare l’effettiva erogazione ed i criteri di distribuzione.
Inoltre dal 1 gennaio 2007 è stato avviato il nuovo Servizio
telefonico connesso con il codice di pubblica sicurezza
114874, per il quale è previsto un contributo annuo di €
1.200.000,00, la cui vigilanza sulla qualità del servizio e sul-
l’utilizzo del contributo è affidata al Ministero delle Comuni-
cazioni, al Ministro per le Politiche della Famiglia, al Mini-
stero della Solidarietà Sociale e al Dipartimento per i Diritti
e le Pari Opportunità875. Sull’attività di tale servizio non so-
no disponibili dei dati ufficiali che sarebbero invece molto
utili per avere anche un primo inquadramento del fenome-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
138
4orapportodiaggiornamento2007-2008
872 Il 23 febbraio 2002 è entrato in vigore il Decreto del Presiden-
te del Consiglio dei Ministri che ha definito i Livelli Essenziali di
Assistenza (LEA) vale a dire le prestazioni e i servizi che il SSN è
tenuto a fornire a tutti i cittadini gratuitamente o dietro pagamen-
to di un ticket.
873 Ente Morale SOS – Il Telefono Azzurro Onlus. Cfr. Legge Fi-
nanziaria 2008 art. 2 comma 464, come modificato dal Decreto
Legge 248/2007, c.d. Decreto Milleproproghe 2008, art. 11 bis.
874 Il 7 novembre 2003 è stata stipulata tra il Ministero delle Co-
municazioni e il Gestore Telefono Azzurro la «Convenzione per
l’affidamento della gestione del servizio di emergenza 114» fina-
lizzato a fornire, sul territorio nazionale, assistenza psicologica in
caso di segnalazione di situazioni di emergenza nocive per lo svi-
luppo psico-fisico di bambini ed adolescenti, nonché ad attivare
la rete di collegamenti di volta in volta necessari con le compe-
tenti strutture territoriali sanitarie, sociali e di sicurezza. L’art.
9 della Convenzione dispone, che questo Ministero eroghi al
Gestore, a parziale copertura degli oneri di gestione, un contri-
buto annuo pari a € 1.200.00,00.
875 Fonte:www.comunicazioni.it/
no della violenza ai minori e dell’efficacia degli interventi,
quali quelli del servizio 114. Tali dati dovrebbe essere facil-
mente accessibili e messi a disposizione degli operatori e
dei cittadini interessati.
È utile infine ricordare che nel 2007 il Dipartimento per i Di-
ritti e le Pari Opportunità ha lanciato il primo avviso per il fi-
nanziamento di progetti finalizzati a rafforzare le azioni di
prevenzione e contrasto della violenza di genere. I fondi
messi a disposizione di Enti Locali, associazioni ed enti , so-
no stati € 2.150.000 a valere sul «Fondo nazionale contro
la violenza sessuale e di genere», istituito presso la Presi-
denza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per i Diritti e
le Pari Opportunità, ai sensi dell’art. 1 comma 1261 Legge
296/2006. Tra gli obiettivi rientrano anche interventi di pro-
tezione per i minori: si raccomandava infatti di dedicare una
forte attenzione anche alle forme di violenza all’infanzia, in
particolare agli abusi sessuali sui minori.
Per quanto riguarda la progettazione regionale, essa nel
suo complesso si basa piuttosto sulle evidenze emergenti,
mentre manca un’attenzione a destinare finanziamenti, non
solo al mantenimento dei servizi esistenti, ma anche a pro-
muovere iniziative innovative, come i centri di secondo li-
vello, in grado di fornire le risorse professionali specialisti-
che indispensabili per garantire la presa in carico non solo
diagnostica ma anche terapeutica dei bambini maltrattati e
abusati. Inoltre va tenuto presente che la cura psicologica
deve essere pensata e attuata anche per il genitore non
abusante/maltrattante e, qualora risulti possibile dopo at-
tenta valutazione diagnostica e prognostica, per il genitore
maltrattante od abusante, in modo da poter restituire al mi-
nore, laddove possibile le proprie risorse familiari.
In generale si assiste ad una sottovalutazione dei costi ne-
cessari per organizzare un sistema in grado di lavorare in
modo adeguato al fine di restituire ad un bambino maltratta-
to o abusato il diritto alla salute psico-fisica, sancito dalla
Costituzione e dalla CRC. Tra questi costi è da porre in primo
piano la specializzazione degli operatori che si occupano
delle varie fasi di presa in carico dei minori maltrattati e delle
loro famiglie, che richiede una competenza specifica consi-
derando che spesso ci si trova ad operare in contesti familia-
ri violenti in cui c’è la negazione di tutte le difficoltà esistenti.
i. Il minore vittima di maltrattamenti ed
abusi ed il suo coinvolgimento nei
percorsi giudiziari
Come già evidenziato nei precedenti Rapporti CRC, i minori
vittime di maltrattamenti ed abusi possono essere coinvol-
ti in differenti percorsi giudiziari che hanno obbiettivi, fina-
lità e procedure completamente differenti fra loro.
Nella gestione di questi percorsi si continua a rilevare una
carenza ed una disomogeneità sul territorio nazionale del-
l’applicazione delle disposizioni di protezione del minore
predisposte dall’ordinamento nazionale ed internazionale,
la cui applicazione è ancora oggi troppo spesso legata alla
discrezionalità dei singoli magistrati o alle prassi dei singo-
li Tribunali sia che questi operino in sede civile che in sede
penale.
Il coinvolgimento di un minore nel percorso giudiziario, se
non realizzato in modo congruo può dare luogo a forme di
vittimizzazione secondaria. Pertanto si ritiene opportuno e
necessario ribadire alcune considerazioni anche nel pre-
sente Rapporto di aggiornamento.
In particolare appare critico l’ascolto del minore vittima di
abuso nell’ambito del procedimento giudiziario penale che
lo vede vittima, ma spesso anche unico testimone. Nono-
stante la normativa abbia cercato di predisporre idonee ga-
ranzie di tutela del minore proprio per evitare una sua “ri-
vittimizzazione” durante il procedimento penale, nella
prassi tale tutela è ancora oggi spesso disattesa876.
Si evidenzia poi che, nonostante la Legge 77/2003, di rati-
fica ed esecuzione della Convenzione Europea di Strasbur-
go sull’esercizio dei diritti dei minori877, preveda la figura
del rappresentante del minore, non è stato ancora definito
il profilo di tale figura.
Così come la nomina del curatore speciale nell’ambito del
procedimento penale, ex art. 77 c.p.p., prevista qualora vi
sia un conflitto di interesse fra il minore vittima e i genitori
o comunque di fronte all’incapacità o disinteresse da parte
di questi ultimi, è sporadica e non applicata in tutti i casi
ove sarebbe necessaria. Tale nomina peraltro difficilmente
avviene fin dalle prime fasi del procedimento, fasi che si ri-
velano essere fondanti per tutto il procedimento. Si ricorda
inoltre che la costituzione di parte civile, con la conseguen-
te possibilità di richiedere un risarcimento del danno, è
possibile solo attraverso un legale della parte lesa, che
deve essere nominato o dagli esercenti la potestà o dal
curatore speciale del minore.
I bambini vittime di traumi quali l’abuso sessuale, il mal-
trattamento fisico, la violenza assistita hanno diritto, ol-
tre che ad interventi di tipo protettivo, anche a tempestivi
e idonei percorsi di sostegno e terapeutici. Si verifica, in
particolare nei casi di abuso sessuale, che tali percorsi
vengano considerati come condizioni pregiudizievoli in
vista della raccolta della testimonianza in sede penale e
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
139
876 Per un maggior approfondimento si veda capitolo II, para-
grafo «L’ascolto del minore in ambito giudiziario».
877 Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli,
Strasburgo,1996.
pertanto si verifichino omissioni o gravi ritardi nella pre-
stazione delle cure necessarie alle piccole vittime.
Peraltro l’Associazione Italiana dei Magistrati per i Mino-
renni e per la Famiglia (AIMMF) in un comunicato stampa
diffuso l’8 marzo 2008878 ribadisce che gli interventi di
cura della vittima non possono essere subordinati ai tem-
pi ed alle esigenze del processo penale in quanto deve
prevalere il «superiore interesse del minore».
Si segnala anche la necessità di introdurre validi criteri per
la scelta dei consulenti tecnici e dei periti, previsti ad
esempio ex art. 196 c.p.p., che includano una formazione e
competenze specifiche, nonché una comprovata conoscen-
za dei diritti dell’infanzia, fondamentali per lo svolgimento
delle funzioni che sono chiamati a svolgere. A fronte di una
sempre maggiore predisposizione da parte dei giudici nel
ricorrere a consulenti tecnici o periti, non si è ancora prov-
veduto infatti a disciplinare questa attività. Non vi sono re-
gole per lo svolgimento delle consulenze: allo stesso que-
sito si può rispondere utilizzando strumenti diagnostici dif-
ferenti e le risposte fornite spesso non sono supportate da
riferimenti scientifici. Infine si evidenzia la necessità di pre-
vedere l’obbligo dei consulenti di confrontarsi con i servizi
interessati già attivi sul caso, a volte anche da molti anni,
servizi che potrebbero essere in possesso di elementi im-
portanti. Infine si segnala che i tempi previsti per
l’esecuzione di una consulenza tecnica sono spesso allun-
gati da richieste di proroga, che conseguentemente priva-
no il bambino di un supporto terapeutico per tempi intolle-
rabili, in base al pregiudizio secondo il quale il bambino cu-
rato potrebbe essere suggestionato.
ii. Il sostegno e la cura del minore vittima
di maltrattamenti ed abusi
La cura del bambino vittima delle diverse forme di maltrat-
tamento deve prevedere una sinergia tra l’attivazione di
contesti protettivi ed educativi (collocamento in comunità,
affido familiare, sostegni educativi domiciliari, adozione,
etc.), in grado di svolgere nel quotidiano funzioni di ripara-
zione dei danni riportati dal minore, e l’attivazione di conte-
sti più strettamente terapeutici finalizzati all’elaborazione
dei traumi subiti.
È necessaria la valutazione delle competenze genitoriali e
della eventuale recuperabilità dei genitori. Per quello che ri-
guarda il genitore non abusante/maltrattante vanno messi
in atto interventi di valutazione, sostegno e riparazione, con
particolare attenzione alla cura della relazione con il bambi-
no, sempre danneggiata nelle situazioni di abu-
so/maltrattamento messo in atto dal partner. Gli interventi
a favore dei genitori non vanno però assolutamente trascu-
rati neanche nei casi di abusi extrafamiliari.
I percorsi di cura devono necessariamente coinvolgere
equipe multiprofessionali con un alto livello di specializza-
zione in relazione alla specificità delle situazioni.
Si evidenziano nella prassi ancora grossi limiti nella realiz-
zazione di percorsi valutativi sia dei minori vittime che del-
la propria famiglia d’origine, in quanto:
∏ i percorsi valutativi sono spesso affidati a servizi non
specializzati in tema di maltrattamento ed abuso, che
non lavorano in rete con gli altri operatori, che non arri-
vano a formulazioni diagnostiche e prognostiche, che
operano con una dilatazione dei tempi incongrua rispet-
to alle esigenze dei bambini;
∏ mancano ancora delle Linee guida che orientino tutti gli
operatori coinvolti nei percorsi di cura nonostante la let-
teratura nazionale879 indichi per la valutazione delle
competenze genitoriali criteri tali da consentire una pre-
visione della potenzialità di recupero della famiglia;
∏ viene dedicata scarsa attenzione, in sede valutativa pri-
ma ed in sede terapeutica poi, agli adolescenti autori di
reati sessuali, mentre tali interventi costituiscono l’unica
strada percorribile al fine di tentare di prevenire le recidi-
ve, tenendo anche conto del fatto che i comportamenti
abusanti iniziano molto spesso nell’adolescenza;
∏ vi è carenza di un’adeguata progettazione e accompa-
gnamento delle famiglie affidatarie e adottive di bambini
maltrattati ed abusati, spesso lasciate sole a gestire rela-
zioni complicate con bambini traumatizzati e, nel caso
delle famiglie affidatarie, anche con le famiglie di origine;
∏ gli operatori sono spesso costretti a lavorare da soli e
sull’onda dell’emergenza, mentre andrebbe garantito, a
chi lavora su questa casistica, formazione, supervisione
e consulenza legale;
∏ i bambini e le famiglie sono costretti a ripetuti passaggi
di prese in carico da un operatore all’altro a causa del
turn over dovuto alle assunzioni temporanee e precarie;
∏ è del tutto sottovalutato a livello istituzionale l’alto ri-
schio del burn-out degli operatori anche a causa degli
“attacchi” da parte dei maltrattanti/abusanti, dei loro
avvocati difensori e dei mass-media.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
140
4orapportodiaggiornamento2007-2008
878 Comunicato stampa diffuso in data 8 marzo 2008 e disponi-
bile sul sito www.aimmf.it
879 Malacrea M., Lorenzini S. Bambini abusati. Linee Guida nel
dibattito internazionale Cortina, 2002, Carini A., Pedrocco Bian-
cardi M, Soavi G. L’abuso sessuale intrafamiliare. Manuale di In-
tervento Cortina, 2001; Cirillo S. Cattivi genitori Cortina, 2005;
Ghezzi D., Vadilonga F. La tutela del minore, protezione dei bam-
bini e funzione genitoriale Cortina, 1996.
iii. Abusi di gruppo e nelle scuole
Si ritiene importante prestare particolare attenzione all’in-
sorgere di comportamenti abusivi che si possono verifi-
care all’interno di alcune istituzioni da parte di singoli o di
gruppi di persone rivolti a più bambini a loro affidati. Inve-
ce, con particolare riferimento a questa tipologia di abusi,
si osserva una tendenza negazionista diffusa, forse legata
alla troppa vicinanza con gli ambiti del quotidiano e della
normalità: in questi casi si registra più che in altre situa-
zioni, il bisogno da parte della collettività di dirsi che non
è possibile che succedano fatti di una tale gravità.
Proprio per questo motivo, spesso bambini che rivelano
tali forme di abuso vengono immediatamente etichettati
come «soggetti con fantasie psicotiche».
Gli stessi operatori psicosociali in Italia conoscono anco-
ra poco questo tipo di abusi, che necessitano invece di
grande attenzione. Cospicua letteratura internazionale ha
studiato questa casistica, mentre in Italia non vi è stato
uno studio sul fenomeno né conseguentemente sulle
strategie per affrontarlo adeguatamente.
Spesso in queste situazioni l’intervento giudiziario si pre-
senta estremamente complesso, sia per la difficoltà a
condurre le indagini sia a causa dei processi mediatici
che si scatenano mettendo in difficoltà la magistratura,
gli operatori e soprattutto le piccole vittime.
Solo cominciando a riconoscere l’esistenza di tali fenomeni
potremo iniziare ad affrontarli: sarebbe quindi utile ed au-
spicabile cominciare a raccogliere dati sul numero dei casi
conoscenza registrati in Italia e parallelamente intraprende-
re uno studio sulle ricerca condotte in tale settore.
3. RAPIMENTO, VENDITA E TRATTA
DI MINORI: LA TRATTA DI MINORI
La tratta di minori in Italia è un fenomeno che coinvolge
bambini e adolescenti di ambo i sessi provenienti da aree
geografiche diverse, a cui sembrano corrispondere ambiti
di sfruttamento distinti (prostituzione, accattonaggio conto
terzi, attività illegali), sebbene in alcuni casi complementa-
ri. Anche i luoghi di destinazione sono differenti e possono
mutare in base a cambiamenti di natura organizzativa dei
soggetti e delle reti criminali coinvolte o quale reazione al-
le azioni di contrasto attivate dalle forze dell’ordine italia-
ne o, ancora, ai trend stabiliti dalla cd. “clientela” , soprat-
tutto nel caso della prostituzione. Si registra inoltre
l’innescarsi di forme di sfruttamento o di riduzione in
schiavitù a seguito di un percorso migratorio irregolare e a
causa della condizione di forte vulnerabilità in cui i minori
vengono a trovarsi una volta giunti a destinazione.
Pur trattandosi di un fenomeno in costante trasformazione
e, per sua natura nascosto, è possibile affermare che nel
corso dell’ultimo biennio sono state acquisite e/o ap-
profondite, grazie ad alcune ricerche880 finanziate princi-
palmente attraverso programmi comunitari, conoscenze si-
gnificative sui percorsi di tratta (reclutamento, viaggio ver-
so il Paese di destinazione, modalità di assoggettamento e
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
141
880 Carchedi F., Orfano I. (a cura di) La tratta di persone in Ita-
lia. Vol. 1. Evoluzione del fenomeno ed ambiti di sfruttamento
FrancoAngeli, Milano, 2007; tale volume, realizzato nell’ambito
del progetto comunitario Equal «Osservatorio Tratta», racco-
glie una serie di ricerche che hanno preso in esame varie forme
di tratta (a scopo di: sfruttamento sessuale in strada e negli
ambienti al chiuso; grave sfruttamento lavorativo; accattonag-
gio; economie illegali; espianto di organi; adozioni internazio-
nali illegali) così come si manifestano nel nostro Paese; Save
the Children Italia, L’identificazione dei minori vittime di tratta
e sfruttamento. Rapporto di ricerca, Roma, 2007: tale studio,
curato da Salvatore Fachile, è stato realizzato nell’ambito del
progetto Agis Development of a Child Rights Methodology to
Identify and Support Child Victims of Trafficking finanziato dal-
la Commissione Europea (JlS/2005/Agis/045).
Alla luce di tali considerazioni il Gruppo CRC racco-
manda:
1. Al Ministero degli Affari Esteri di avviare celermente il pro-
cesso di ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa
sulla protezione di bambini e adolescenti contro lo sfrutta-
mento e l’abuso sessuale, firmata dall’Italia il 7 novembre
2007, ma non ancora ratificata;
2. Al Ministero della Solidarietà Sociale in raccordo con la
Conferenza Stato Regioni di realizzare un sistema naziona-
le di monitoraggio dei bambini seguiti dai servizi sociali e
sociosanitari territoriali per situazioni di disagio, trascura-
tezza, maltrattamento e abusi, allo scopo di arrivare a dati
di incidenza significativi e comparabili in linea con quanto
già previsto dalla Legge 38/2006 che istituisce una banca
data per i minori vittime di reati di natura sessuale;
3. Al Governo di inserire gli interventi di rilevazione precoce
della violenza intra ed extra familiare ai danni di minori,
l’assistenza socio educativa e gli interventi di reinserimen-
to sociale, tra i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LI-
VEAS), di cui si auspica una rapida definizione.
Il Comitato ONU vede con preoccupazione l’elevato
numero di bambini vittime di tratta sessuale in Italia.
Il Comitato raccomanda che l’Italia:si impegni per
prevenire e combattere la tratta di minori per scopi
sessuali, in conformità con la Dichiarazione e
l’Agenda per le azioni, e l’Impegno globale adottato ai
Congressi mondiali contro lo sfruttamento sessuale
del 1996 e 2001.
(CRC/C/15/Add. 198, 31 gennaio 2003, punti 49 e 50)
sfruttamento) che hanno permesso di tracciare anche i
profili dei/delle minori che più frequentemente vengono
trafficati/e e sfruttati/e nel nostro Paese.
Gli studi hanno confermato le conoscenze oramai note sul-
lo sfruttamento sessuale di adolescenti femmine prevalen-
temente di origine nigeriana ed est europea (in particolare
provenienti dalla Romania, Moldova, Bulgaria, Repubblica
Ceca, Albania) ed evidenziato, da un lato, il costante au-
mento881 delle minorenni tra i sedici e i diciotto anni, in
particolare rumene. Inoltre hanno messo in luce
l’affacciarci sul mercato di bambini, sia maschi che femmi-
ne, di origine rom sfruttati da membri della propria famiglia
e, in misura molto minore, di giovani originarie del Came-
run trafficate e sfruttate dalla criminalità nigeriana882. Par-
ticolarmente a rischio di tratta e sfruttamento sessuale ri-
sultano essere gli adolescenti maschi, generalmente rume-
ni e moldovi, che si prostituiscono autonomamente ma che
in alcuni casi possono entrare in un circuito di sfruttamen-
to gestito da propri pari o da adulti883.
L’accattonaggio conto terzi884 è praticato soprattutto da
minori rumeni rom e, in misura residuale, da minori di altri
paesi dell’Europa sud-orientale. È confermata la tendenza
a trafficare minori con problemi fisici in quanto
l’esposizione delle loro disabilità (a volte aggravate dagli
stessi sfruttatori885) sembra garantire una maggiore fonte
di reddito. In diversi casi, tali minori esercitano anche la
prostituzione quale fonte complementare di guadagno. Per
alcuni l’accattonaggio può successivamente diventare
«una mansione saltuaria, [che] si diversifica o [che] viene
abbandonata in favore di altre azioni illegali, quali: furti,
borseggi e spaccio di sostanze stupefacenti»886.
La tratta di minori a scopo di sfruttamento in attività ille-
gali sembra invece coinvolgere prevalentemente bambini
e adolescenti di ambo i sessi rumeni, rom e non, e adole-
scenti moldovi in attività contro il patrimonio (ad esempio
furti e borseggi), e nordafricani, senegalesi e del Gabon
(maschi) nello spaccio di sostanze stupefacenti, da cui un
numero sempre più significativo diventa dipendente887.
Le forme di tratta che seguitano ad essere scarsamente
conosciute sono quelle a scopo di lavoro forzato e di
adozioni internazionali illegali888. Le poche informazioni
finora raccolte sono prevalentemente di natura giudizia-
ria, le quali evidenziano l’esistenza di alcuni gruppi parti-
colarmente a rischio. Per il lavoro forzato gli adolescenti
a rischio sono soprattutto quelli originari dall’India, dal
Bangladesh, dall’Africa del Nord e sub-sahariana che la-
vorano nel settore dell’agricoltura e della pastorizia. Ad
essere coinvolti in casi di adozioni internazionali illegali
risultano essere in particolar modo le gestanti e i neonati
provenienti dalla Bulgaria e dalla Romania889. La tratta a
scopo di espianto di organi continua ad essere il feno-
meno meno conosciuto, sebbene a livello internazionale
le conoscenze in materia continuino, anche se faticosa-
mente, ad aumentare890. In Italia, una recente ricerca891
ha permesso di fare chiarezza rispetto ai termini del fe-
nomeno che, tuttavia, non riesce ad essere indagato a
causa della scarsità di informazioni disponibili.
Considerato tale quadro conoscitivo è possibile afferma-
re che la tratta di minori in Italia è «una realtà composi-
ta dove convivono la tratta dall’estero, la tratta interna,
lo sfruttamento più o meno intenso e i percorsi irregolari
autonomi di successo» che possono presentare «signifi-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
142
4orapportodiaggiornamento2007-2008
881 Carchedi F., Tola V. (a cura di) All’aperto e al chiuso. Prostitu-
zione e tratta: i nuovi dati del fenomeno, i servizi sociali, le nor-
mative di riferimento Ediesse, Roma, 2008, pag. 99.
882 Save the Children Italia Italy in Final Report. Development of
a Child Rights Methodology to Identify and Support Child Vic-
tims of Trafficking, Edithink, Roma, 2007, pag. 25.
883 Ibidem, pagg. 28-29.
884 È infatti importante sottolineare che esistono differenze so-
stanziali tra minori che mendicano per conto terzi e quelli che
sono dediti all’accattonaggio per conto della propria famiglia.
Mentre per i primi, nella maggior parte dei casi, si configura il
reato di tratta o di riduzione in schiavitù, per i secondi invece si è
in presenza di strategie di sopravvivenza, sostenute anche da
consuetudini culturali che richiedono anche ai minori di contri-
buire alla sussistenza della propria famiglia.
885 Save the Children Italia L’identificazione dei minori vittime di
tratta e sfruttamento. Rapporto di ricerca Roma, 2007.
886Ferraris V. Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stra-
nieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie illegali e nella
prostituzione in Carchedi F., Orfano I. (a cura di), cit., pag. 219. Va
inoltre rilevato che, a volte, il passaggio da un’attività all’altra di-
pende anche dall’età del minore e dalle strategie di raggiro della
legge (ad esempio, sfruttando la non imputabilità di reato per i mi-
nori di 14 anni) utilizzate dai singoli o dalle reti criminali.
887 Ibidem pagg. 249.
888 Si segnalano due recenti ricerche sul fenomeno: il Rapporto
Adoption in Europe: at what cost? sulla responsabilità dei Paesi
europei nell’adozione internazionale, presentato a Bruxelles il 26
Febbraio 2008 da Terre des Hommes ai rappresentanti di alcune
Autorità Centrali europee e ai membri del Parlamento Europeo
(disponibile sul sito www.tdh-childprotection.org;
www.terredeshommes.org; ww.tdh.ch) e il Rapporto Vermot –
Mangold sulle adozioni internazionali illegali di neonati presen-
tato il 7 dicembre 2007 all’Assemblea del Parlamento Europeo
(Doc. 11461 su www.coe.int) .
889 Si veda, ad esempio, la recente operazione di polizia «Ladri di
bambini» che ha portato alla scoperta di casi di tratta a scopo di
adozione internazionale illegale in Campania (marzo 2008).
890 Significative in questo senso sono state le informazioni e le
relative analisi presentate nel Seminario Trafficking in persons
for the removal of organs and body parts svoltosi nell’ambito
della Conferenza The Vienna Forum to Fight Human Trafficking
organizzata dalla Global Initiative to Fight Human Trafficking
(UN.Gift) delle Nazioni Unite (Vienna, 13-15 febbraio 2008). Il
background paper elaborato per l’occasione, può essere scari-
cato dal seguente sito: www.ungift.org
891 Alteri G. Il commercio dei corpi: la tratta a scopo di espianto di
organi in Carchedi F., Orfano I. (a cura di), cit., pagg. 278-294.
cative interrelazioni» e che sono finalizzati allo svolgi-
mento di attività che si situano lungo un continuum, do-
ve la coesistenza di più attività e il passaggio tra forme di
sfruttamento diverse sono usuali 892.
Quantificare tale realtà eterogenea continua ad essere
un compito pressoché impossibile perché in Italia è an-
cora assente un sistema centralizzato permanente di rac-
colta dati ed informazioni sui diversificati fenomeni di
tratta893e i metodi per l’elaborazione di stime non sono
ancora considerati sufficientemente attendibili894. Gli
unici dati statistici disponibili (sebbene parziali perché
riguardanti soprattutto la tratta a scopo di sfruttamento
sessuale) sono perciò quelli elaborati dal Dipartimento
per i Diritti e le Pari Opportunità sulle persone (adulte e
minori) trafficate prese in carico dai programmi di assi-
stenza e integrazione sociale e sui permessi di soggiorno
concessi per motivi umanitari (in base all’art. 18 del T.U.
286/1998): dal 2000 al 2006 i minori inseriti in tali pro-
grammi sono stati 748895.
Sebbene la normativa italiana contro la tratta896 sia in li-
nea con il Protocollo di Palermo e quella sulla tutela delle
persone trafficate897 venga considerata un modello da
adottare da più parti, la loro applicazione continua a non
essere omogenea sul territorio nazionale. A dispetto del
chiaro dettato normativo che non prevede
l’obbligatorietà di sporgere denuncia formale da parte
delle vittime e le numerose Circolari898 rilasciate dal Mi-
nistero dell’Interno in materia, diverse Questure conti-
nuano arbitrariamente ad adottare interpretazioni restrit-
tive della norma899.
La diffusa rete dei progetti ex art. 13 Legge 228/2003 e
art. 18 T.U. 286/1998 di assistenza e di tutela presenti in
Italia e finanziati dal Governo offre un’articolata serie di
servizi alle (potenziali) vittime di tratta che, tuttavia, in
molti casi, necessitano ancora di migliorare o di imple-
mentare misure specifiche per persone trafficate (minori
e adulte) in settori di sfruttamento diversi da quello ses-
suale. In particolare, continua a persistere la necessità di
migliorare il sistema di aggancio e di assistenza dei mino-
ri vittime di tratta o potenzialmente tali, sia nei luoghi di
arrivo che di insediamento, nonché di accoglienza o di re-
clusione900. Gli interventi devono tenere conto dei biso-
gni specifici, anche in relazione al genere di appartenen-
za e all’età, dei minori, per elaborare politiche e strategie
di intervento901 diversificate e più adeguate902.
L’identificazione e il conseguente supporto delle vittime
di tratta e dei minori a rischio di tratta sono questioni di
fondamentale importanza che le agenzie italiane prepo-
ste alla tutela delle persone trafficate e al contrasto del
fenomeno dovrebbero tenere in debita considerazione,
migliorando le proprie conoscenze ed adottando proce-
dure standardizzate e strumenti specifici, come ad esem-
pio linee guida e protocolli, che includano indicatori di
tratta e sfruttamento, principi e regole di coordinamento
e principi etici e metodologici per condurre il colloquio
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
143
892 Ferraris V. op. cit., pag. 274.
893 Nel febbraio 2008 il Dipartimento per i Diritti e le Pari Op-
portunità ha annunciato l’intenzione di avviare a breve un Os-
servatorio sul fenomeno della tratta di esseri umani, istituito
con decreto del Ministro per i Diritti e le Pari Opportunità del 21
marzo 2007.
894 Altri fattori contribuiscono a rendere difficoltosa la raccolta
di dati attendibili sulla tratta, tra cui: la natura complessa ed
invisibile del fenomeno; la paura delle persone trafficate di
sganciarsi dal circuito di sfruttamento e la loro incapacità di ri-
conoscersi come vittime; la mancanza di procedure di identifi-
cazione standardizzate e aggiornate da parte delle agenzie
preposte alla tutela e all’assistenza delle (potenziali) vittime
(forze dell’ordine, Enti Locali, ONG, sindacati, ispettorati del la-
voro, etc.).
895 I dati sono tratti dal documento Dati e riflessioni sui proget-
ti di protezione sociale ex art. 18 dal 2000 al 2006 elaborato
dalla segreteria tecnica per l’attuazione dell’art. 18 T.U. sull’im-
migrazione del Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità
della Presidenza del Consiglio, Roma, marzo 2007.
896 Legge 228/2003 «Misure contro la tratta di persone» pub-
blicata nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 23 agosto 2003.
897 Art. 13 Legge 228/2003 e art. 18 T.U. 286/1998.
898 Ad esempio, n. 11050 del 28 maggio 2007 in cui il Ministero
dell’Interno ribadisce che deve essere applicato anche il per-
corso sociale.
899 Per un’analisi dettagliata sul tema, cfr. Nicodemi F.
L’applicazione dell’art. 18 T.U. Imm. e delle norme ad esso col-
legate: criticità e prospettive in Fachile S., Nicodemi F., Conti
Nibali M., Alteri G. La tratta di persone in Italia. Vol. 2. Le nor-
me di tutela delle vittime e di contrasto alla criminalità Fran-
coAngeli, Milano, 2007, pagg. 53-125.
900 Come ricorda Ferraris V.: «[…] diversi minori coinvolti nelle
attività illegali hanno avuto esperienze di detenzione e proprio
il carcere può rappresentare un luogo importante di identifica-
zione delle vittime di tratta e di grave sfruttamento. A questo
proposito una corretta informazione sulle possibilità di utilizzo
della previsione dell’art. 18 comma 6 del Testo Unico sull’immi-
grazione potrebbe rappresentare un punto di svolta nelle poli-
tiche di intervento verso i minori coinvolti in attività illegali. […]
Si tratta di un istituto a cui possono accedere tutte le persone
straniere e comunitarie che scontano una pena per aver com-
messo un reato durante la minore età, anche se nel frattempo
sono divenute maggiorenni. Prevede la possibilità di ottenere
un permesso di soggiorno avente la stessa natura e le stesse
prerogative di quello di cui all’art. 18 T.U. Immigrazione», in op.
cit., pag. 275.
901 Per una disamina delle politiche e delle strategie attuate in
Italia nel cd. settore anti-tratta, cfr. Prina F. La tratta di persone
in Italia. Vol. 3. Il sistema degli interventi a favore delle vittime
Franco Angeli, Milano, 2007.
902 Ferraris V. Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori
stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie illegali e
nella prostituzione in Carchedi F., Orfano I. (a cura di) op. cit.
pag. 219.
con le potenziali vittime903. Per poter quindi fornire ade-
guata protezione alle vittime e per prevenire
l’invischiamento in circuiti di tratta di minori che vivono
in situazioni di vulnerabilità, è necessario che tali agenzie
sviluppino un sistema di referral a tutti i livelli: locale, na-
zionale e transazionale.
Infine, va evidenziata una tendenza registrata da più parti
relativamente alla difficoltà delle vittime di percepirsi
come tali quale conseguenza delle strategie di assogget-
tamento utilizzate dagli sfruttatori904 o di condizionamen-
ti derivanti da codici culturali diversi905 da quelli esistenti
nel nostro Paese. Tale difficoltà deve essere presa in esa-
me e valutata con attenzione per poter avvicinare e sup-
portare in modo adeguato le vittime.
Per concludere, si sottolinea che nel 2007 è stato riattivato
il Comitato di Coordinamento delle azioni di Governo con-
tro la tratta di esseri umani che si propone di definire le
strategie di intervento in favore delle vittime, raccogliere
dati e informazioni sulle varie forme di tratta, contribuire
alla sensibilizzazione dei mass media e opinione pubblica
sul fenomeno e di definire modalità di intervento nei paesi
di origine delle vittime. Un compito fondamentale che si è
attribuito il Comitato consiste nella stesura del Piano Na-
zionale d’Azione contro la tratta. Al momento della stesura
del presente Rapporto, essendo i lavori appena avviati,
non è possibile esprimere un parere o e avanzare racco-
mandazioni in merito. Sarebbe comunque auspicabile
l’adozione di Piano Nazionale che stabilisca chiaramente:
le attività da svolgere; i responsabili per ciascuna attività;
la tempistica da rispettare; le risorse umane e finanziarie
da impiegare; gli indicatori di monitoraggio e di valutazio-
ne da utilizzare. Tale Piano inoltre dovrebbe tenere in debi-
to conto la posizione specifica, i diritti e i bisogni dei minori
per ciascuna attività prevista.
MINORI DI MINORANZE ETNICHE
1. I MINORI ROM, SINTI E CAMMINANTI
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
144
4orapportodiaggiornamento2007-2008
903 Strumenti utili in questo senso sono la metodologia e gli stru-
menti elaborati da Save the Children Italia in Metodologia per la
identificazione e il supporto dei minori vittime tratta. Final Report
op. cit. e Protocollo di identificazione e supporto dei minori vitti-
me di tratta e di sfruttamento Edithink, Roma, 2007. Entrambe le
pubblicazioni sono disponibili sul sito di Save the Children Italia
www.savethechildren.it/2003/index.asp?area=pubblicazioni&
n_pag=1&anno=2007
904 Si pensi alle minori che si prostituiscono con cui gli sfrutta-
tori intrecciano una relazione amorosa perlopiù finalizzata al
reclutamento e allo sfruttamento sessuale della presunta “fi-
danzata”. Tra le strategie di assoggettamento utilizzate dagli
sfruttatori vi sono anche la concessione di margini di libertà di
movimento, la consegna di una parte dei profitti,
l’accompagnamento in luoghi di divertimento (ad esempio, di-
scoteche, cinema, etc.).
905 Ad esempio, i minori che considerano un loro dovere prov-
vedere al sostentamento della propria famiglia e affidarsi al
trafficante/sfruttatore.
906 Diverse iniziative di formazione, anche congiunta, sono già state
realizzate occasionalmente in Italia (generalmente nell’ambito di
progetti comunitari o finanziate da fondazioni e organizzazioni
straniere o internazionali), a cui hanno partecipato rappresentanti
delle forze dell’ordine, della magistratura, dei servizi di assistenza
del pubblico e del privato sociale. Si ricordano, tra gli altri, i moduli
formativi realizzati dal Progetto «Prevention of Trafficking» di EC-
PAT-Europe Law Enforcement e quelli del Progetto «Anti-Trafficking
Training for Frontline Law Enforcement Officers» promossi dall’In-
ternational Centre for Migration Policy Development in collabo-
razione con l’Associazione On the Road.
907 Sebbene i luoghi di origine delle (potenziali) vittime di tratta
possono cambiare, nel breve e medio periodo si consiglia di con-
centrare le azioni di sensibilizzazione nelle città e nelle regioni di
provenienza individuate dalle ricerche già citate: le città del Nord-
est confinanti con la Moldova (Bacau, Iasi, Târgu Frumos, Suceava
e Galati), del Sud (Drobeta-Turnu Severin, Craiova, Calarasi) e dalle
zone periferiche di Bucarest per quanto riguarda i minori rumeni, di
origine rom e non; Casablanca, Khouribga e Beni Mellal per i minori
marocchini.
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità di im-
plementare quanto prima un Piano Nazionale anti-trat-
ta, che comprenda un sistema di referral locale, nazio-
nale e transnazionale, per dare una risposta olistica ed
integrata alla tratta, in linea con gli strumenti comunitari
e internazionali;
2. Al Governo di richiedere ai Ministeri dell’Interno, della
Giustizia, del Lavoro, della Salute, al Comando Generale
dei Carabinieri, al Comando Generale della Guardia di
Finanza di includere nei propri piani formativi e di ag-
giornamento del personale la tratta di persone quale
materia ordinaria di studio che preveda l’acquisizione di
conoscenze e competenze specifiche, anche grazie al
coinvolgimento di personale di enti pubblici e privati
che lavorano a diretto contatto con vittime di tratta906;
3. Al Ministero degli Affari Esteri di investire maggiormen-
te nella prevenzione della tratta tramite la cooperazione
allo sviluppo, attivando azioni mirate di informazione e
di sensibilizzazione rivolte alle famiglie e ai minori dei
principali paesi di origine, tenendo in considerazione i
risultati degli studi effettuati sulla tratta in Italia907 e
coinvolgendo le locali autorità e la società civile.
55. Il Comitato raccomanda che lo Stato parte sviluppi,
in cooperazione con le associazioni e/o ONG rom, poli-
tiche attive e programmi globali per prevenire
l’esclusione sociale e la discriminazione tali da consenti-
re ai bambini rom il pieno godimento dei loro diritti,
incluso l’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria.
(CRC/C/15/Add.198, punto 55)
Per quanto riguarda i minori rom, sinti e camminanti
l’attuazione della CRC in Italia appare sempre più comples-
sa e legata a molteplici fattori che, interagendo tra loro,
provocano sinergie quasi sempre negative.
In primo luogo, come sottolineato nel 3° Rapporto CRC, la
situazione politica, sociale ed economica di forte destabi-
lizzazione dei Paesi di area balcanica ha provocato e conti-
nua a provocare “diaspore” delle comunità nei Paesi del-
l’Unione Europea. A questo si aggiunge la mancanza di una
concertazione e una condivisione di strategie a livello dei
Paesi comunitari che accompagni con azioni positive
l’inclusione sociale delle popolazioni rom e sinti e cammi-
nanti soprattutto là dove vi sia una maggiore concentrazio-
ne dei flussi migratori.
Per quanto riguarda l’Italia rimane ancora purtroppo inva-
riata l’assenza di una strategia politica e di un coordina-
mento a livello nazionale che predispongano misure di in-
tervento e azioni complessive di medio e lungo periodo909.
La mancanza o l’incertezza di dati attendibili a livello nazio-
nale riguardo a specifici aspetti, come ad esempio la scola-
rizzazione o la fruizione dei servizi sanitari, evidenziano la
scarsa volontà da parte delle Istituzioni di rappresentare i
problemi, conoscerli e valutarli in modo coerente ed effica-
ce, delegando totalmente al livello locale l’onere degli in-
terventi che appaiono, generalmente, di carattere repressi-
vo o assistenzialistico.
Infine, si ritiene necessario sottolineare che questo proces-
so culturale dovrebbe veder partecipi del cambiamento sia
le Istituzioni, con l’obiettivo prioritario di superare le condi-
zioni di forte marginalità sociali, sia le comunità dei rom,
sinti e camminanti che soffrono di tale esclusione, ma le
cui caratteristiche culturali, per motivi complessi e multi-
fattoriali, non sempre favoriscono la piena attuazione dei
diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Per quanto riguarda le principali questioni aperte è parti-
colarmente preoccupante la situazione denunciata da di-
versi operatori di quei rom che vivono in Italia da diversi
decenni909 e sono privi di documenti di identità, in partico-
lare quelli provenienti da Paesi della Ex – Jugoslavia per-
ché, pur essendo nati e cresciuti sul territorio italiano da
due/tre generazioni, non hanno ancora cittadinanza italia-
na o il riconoscimento dello status di apolidia. Il limbo isti-
tuzionale in cui si trovano a vivere questi bambini e adole-
scenti ha una serie di ripercussioni negative, quali ad
esempio la difficoltà di accesso ai più elementari servizi di
base come quello sanitario, scolastico, formativo e di av-
viamento al lavoro.
Per ciò che riguarda la situazione abitativa, da ciò che ri-
sulta dal Censimento della Provincia di Milano910 riguardo
alla presenza di rom e sinti, sono più di 60 gli insediamenti
sul territorio, di cui solo 16 risultano essere regolari. I mi-
nori sono il 31% del totale911. La salute è strettamente lega-
ta alla condizione abitativa: gli insediamenti abusivi rendo-
no i bambini particolarmente vulnerabili per la mancanza
di servizi essenziali (ad esempio, acqua, luce, riscaldamen-
to) e perché spesso questa condizione di “invisibilità” li
esclude dalla possibilità di accedere alle cure sanitarie
pubbliche. Da uno studio del 2005912 sulla condizione di
salute di bambini dagli 0 ai 5 anni che vivevano in campi
rom, si evince che: la percentuale di nati sottopeso è del
doppio rispetto a quella dei bambini italiani; il rischio di
diarrea aumenta tanti più anni i bambini vivono nel campo;
la prevalenza di asma nei bambini è ben più alta rispetto a
quella rilevata a livello nazionale.
Il diritto alla salute è un’altra questione centrale. Nono-
stante siano stati messi in atto numerosi interventi di pre-
venzione e promozione della salute, i rom, sinti e cammi-
nanti rimangono tuttora una popolazione svantaggiata nel
campo del diritto alla salute, intesa non soltanto come as-
senza di malattia ma come stato di benessere fisico, psi-
chico e sociale. I principali fattori di rischio per questa po-
polazione sono rappresentati da condizioni igienico-abita-
tive degradate, alto tasso di tabagismo, alcolismo e tossi-
codipendenza, decisamente in aumento nell’ultimo decen-
nio, assenza di nozioni di Medicina Preventiva, difficile ac-
cesso alle strutture sanitarie. L’insieme di tali fattori condi-
ziona sia l’aspettativa di vita, che risulta nettamente infe-
riore rispetto alla popolazione italiana, sia la qualità della
vita. Tra le aree critiche della salute dei minori rom partico-
lare importanza rivestono le problematiche pediatriche ed
in particolare la mortalità e la morbilità perinatale e neona-
tale. Tali problematiche non possono essere scisse dalla
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
145
908 Tutto ciò si accompagna alla percezione di un forte ritardo;
si veda anche intervento On. Marcella Lucidi, Conferenza euro-
pea sulle popolazioni rom, Roma 23 gennaio 2008: «può servi-
re tempo, ma molto tempo è già passato e l’inerzia non è un
fattore neutro nelle dinamiche sociali».
909 Si segnala invece che i sinti, camminanti hanno acquisito la
cittadinanza italiana da diverso tempo.
910 Provincia di Milano Censimento popolazioni Rom e Sinti -
Osservatorio per le Politiche Sociali, 2006
www.provincia.milano.it/export/sites/default/affari_sociali/Al
legati/censimento_pop_rom_sinti.pdf. I dati disponibili per la
città di Roma risalgono al 2001: sono stati censiti 6500 rom e
sinti in 25 campi (più o meno attrezzati).
911 Il dato sui minori fa riferimento alla popolazione rom e sinti
della Provincia di Milano da cui si esclude il Comune di Milano.
912 Monasta L. Roma macedoni e kosovari che vivono in campi
nomadi in Italia. Stato di salute e condizioni di vita per bambi-
ni da zero a cinque anni di età Universidad Autonoma de Guer-
rero, Acapulco, ottobre 2005.
tematica della salute materno-infantile. Le fasi della vita
sociale sono anticipate; le donne rom giungono in genere
al matrimonio all’età di 16-18 anni e quindi la prima gravi-
danza si ha anche al di sotto dei 18 anni913. Il matrimonio
precoce è infatti una di quelle “usanze” della cultura rom
e sinta, che non tiene in debita considerazione la “minor
età”, e pertanto sarebbe importante promuovere la forma-
zione professionale a favore dei giovani e delle giovani.
Inoltre la tendenza delle donne rom, sinti e camminanti a
considerare la gravidanza come un evento fisiologico e
quindi da non “medicalizzare” da un lato, e la grave caren-
za di conoscenze sulla possibilità di diagnosi prenatale
dall’altro, determinano un minore accesso ai servizi pre-
posti con conseguente ridotta sorveglianza perinatale e
maggiore frequenza di complicanze o intervento tardivo.
Per ciò che riguarda la presenza di rom, sinti e cammi-
nanti nelle scuole italiane non sono disponibili dati a li-
vello nazionale: negli ultimi anni, il Ministero della Pubbli-
ca Istruzione ha pubblicato dati sugli alunni con cittadi-
nanza non italiana, ma questi non tengono conto dell’ap-
partenenza alla minoranza rom. Come già ricordato nel 3°
Rapporto CRC, nel 2005 è stato siglato un protocollo di in-
tesa tra un’associazione nazionale rom e il MIUR che pre-
vedeva un monitoraggio a livello nazionale delle presenza
di minori rom e sinti nelle scuole dell’obbligo, la formazio-
ne e l’inserimento di mediatori culturali rom attraverso la
stipula di accordi con le Sovrintendenza regionali, gli Uffici
Scolastici provinciali e gli Enti Locali, nonché corsi di for-
mazione per gli insegnanti. Il suddetto Protocollo d’Intesa
è rimasto in gran parte inattuato per l’assenza di investi-
menti che realizzassero le azioni indicate914.
Per quello che concerne la presenza dei mediatori cultu-
rali, si sottolinea come, nella maggior parte delle scuole
italiane siano completamente assenti interventi di media-
zione interculturale rivolti ai bambini e alle bambine rom,
sinti e camminanti. La situazione può cambiare da scuola
a scuola grazie all’autonomia degli istituti, in base alla
quale ci sono iniziative positive riconducibili ad una parti-
colare attenzione dei singoli insegnanti e dirigenti scola-
stici, mentre pochi sono gli interventi di tipo strutturale915.
Ad esempio, si segnala che a Milano dieci mediatrici cul-
turali rom in servizio nelle scuole da oltre dieci anni, che
avevano seguito uno specifico percorso triennale di for-
mazione con l’Università Milano Bicocca, sono state as-
sunte dal Comune di Milano. A Roma il progetto volto a fa-
vorire il processo di scolarizzazione dei minori rom, sinti e
camminanti916 è entrato a far parte delle attività del Dipar-
timento XI del Comune di Roma alle Politiche Educative e
Scolastiche. Il progetto consiste in un lavoro di iscrizione,
accompagnamento scolastico e mediazione tra famiglie e
scuole coinvolte e viene portato avanti negli insediamenti
riconosciuti dal Comune di Roma coinvolgendo più di
2000 tra bambini e adolescenti917. Sono inoltre stati atti-
vati altri progetti satellite che riguardano attività di dopo-
scuola e pre-alfabetizzazione. A Pescara, luogo di forte
presenza di rom abruzzesi e meta di nuovi flussi migratori
di rom rumeni, negli ultimi tre anni il Comune ha viceversa
escluso i progetti che prevedevano la mediazione cultura-
le nelle scuole a favore degli alunni di etnia rom abruzze-
se, mentre si è ovviato alla mediazione degli alunni di et-
nia rom straniera integrandoli nel progetto di mediazione
linguistico-culturale a favore delle bambine e dei bambini
stranieri nelle scuole dell’obbligo.918. Tale decisione è sta-
ta rimarcata nell’assenza di una politica d’integrazione nel
Piano di Zona dei Servizi Sociali 2007 – 2009 del Comune
di Pescara che non prevede alcun progetto di mediazione
culturale (né per i minori stranieri né per quelli apparte-
nenti a minoranze etniche).
Come registrato in diverse realtà territoriali, il mediatore
rischia in questo modo di essere chiamato solo per casi
particolarmente spinosi, trasformandosi in insegnante di
sostegno e annullando la sua valenza di ponte tra culture
che interagisce tra alunno, scuola, famiglia e comunità.
Infine, non essendo i rom, i sinti e i camminanti ricono-
sciuti come minoranza storico linguistica secondo la Leg-
ge 482/1999, non possono essere allocati fondi ministe-
riali per l’insegnamento della lingua romanì.
Appare evidente la necessità, in determinati contesti, di
trovare misure che superino l’assistenzialismo e che ren-
dano partecipi, oltre agli stessi minori, i genitori, permet-
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
146
4orapportodiaggiornamento2007-2008
913 Morrone A., Spinelli A., Geraci S., Toma L., Andreozzi S. (a cura
di) Immigrati e zingari: salute e disuguaglianze Rapporti ISTISAN
03/4, Roma, 2003.
914 Si veda IX edizione Seminario nazionale I rom, i sinti e le
metropoli promosso dall’Opera Nomadi, Roma 10-11 febbraio 2007.
915 Le dieci mediatrici culturali rom erano in servizio nelle scuole
da oltre dieci anni con l’Opera Nomadi, ed avevano seguito un per-
corso di formazione con l’Università Milano Bicocca – Dipartimen-
to di Scienze della Formazione e l’Ufficio Scolastico Provinciale.
916 Delibera della Giunta comunale - finanziamento parziale Regio-
ne Lazio Diritto allo Studio, Legge 29/1992, in corso dal 1993.
917 Per l’anno scolastico 2003/2004, i minori coinvolti erano 2157,
di cui 266 iscritti alla scuola dell’infanzia. Cfr.
www.cittaeducativa.roma.it/progetti_dipartimento_22.php
918 Si veda www.comune.pescara.it/internet/index.php?codice=342.
Questa situazione ha, da un lato, peggiorato la condizione dei
bambini e delle bambine rom che, negli ultimi anni, avevano
seguito percorsi positivi in ambito didattico, seguendo anche
progetti di scolarizzazione d’istruzione paternale in collabora-
zione con i mediatori culturali rom della Cooperativa Officina di
Pescara.
tendo loro di prendersi cura dei propri figli, e quindi
creando anche le condizioni affinchè ci siano risorse ma-
teriali per poterlo fare, e di assumersi le conseguenti re-
sponsabilità.
Si evidenzia che nelle recenti Conclusioni e raccomanda-
zioni del Comitato ONU per l’eliminazione della discrimi-
nazione razziale viene nuovamente raccomandato all’Ita-
lia di «[…] rafforzare i propri sforzi a sostegno dell’inclusio-
ne nel sistema scolastico di tutti i minorenni rom e di lavo-
rare sulle cause che incidono sulle possibilità di abbando-
no, incluso i matrimonio in età precoce, in particolare delle
ragazze rom e a tal fine cooperare attivamente con i geni-
tori rom, le associazioni e le comunità locali. Raccomanda
inoltre che operi per migliorare il dialogo e la comunicazio-
ne fra il personale docente e i minorenni rom, le comunità
rom, le comunità rom ed i genitori, compreso l’impiego più
frequente di assistenti scolastici scelti tra i rom»919.
Per quanto concerne la presenza di minori rom nelle
strutture della giustizia penale minorile, come sopra af-
fermato920, è innegabile una loro sovra rappresentazione
all’interno degli Istituti Penali Minorili, soprattutto per la
ragazze. Ad essere violato in questo caso è proprio il prin-
cipio di non discriminazione, non avendo di fatto i minori
rom le stesse possibilità dei minori italiani di accesso alle
misure alternative. Un ulteriore elemento di criticità è la
mancanza di conoscenze adeguate da parte degli operato-
ri dei servizi sociali che si dimostrano incapaci di adattare
interventi specifici per questi minori.
Per la fascia d’età compresa entro i 14 anni, negli ultimi anni
si è evidenziata infine la casistica di rom coinvolti in attività
quali furti in appartamento e borseggi, soprattutto nelle
aree metropolitane e nei Comuni di medie dimensioni: ad
esempio a Roma e Milano921 sono state diverse le operazio-
ni della Polizia che hanno visto come protagonisti minori
rom, principalmente appartenenti a gruppi romeni, costretti
a borseggiare turisti e passanti nelle zone di maggior affol-
lamento. Si tratta in questo caso di pre-adolescenti che,
partendo in gruppo dai vari campi la mattina presto, rag-
giungono i luoghi centrali delle città, la maggior parte delle
volte in completa autonomia (o affidati ad un ragazzo più
grande ma sempre minorenne), per tale finalità922. La vul-
nerabilità di questi bambini/e raggiunge livelli importanti e
non è inusuale che diventino, a causa della solitudine e del-
la condizione quotidiana di vita di strada, vittime di adesca-
menti di pedofili o che semplicemente “scelgano” di au-
mentare i loro profitti, prostituendosi923.
Sono inoltre emerse anche specifiche situazioni di sfrutta-
mento a carattere sessuale, prevalentemente femminile.
Il processo per il riconoscimento e l’attuazione del diritto
dei minori alla tutela da ogni forma di sfruttamento, com-
preso quello lavorativo, ed il pieno riconoscimento di diritti
quali quello all’istruzione, alla salute, al riposo e al tempo
libero non può prescindere dal coinvolgimento della fami-
glia e della comunità di origine, di cui si dovrebbe tener
conto nella pianificazione degli interventi. Molti bambini e
adolescenti imparano dal loro contesto familiare o comuni-
tario che l’elemosina, la criminalità, per arrivare in casi
estremi alla prostituzione, sono strumenti per il sostegno
dell’economia familiare. La stessa percezione dell’adole-
scenza è differente, poiché mentre per i paesi occidentali è
un processo di emancipazione dalla famiglia, nella cultura
rom, rappresenta la fase in cui il bambino si trasforma in
uomo e deve contribuite a sostenere il nucleo familiare.
4orapportodiaggiornamento2007-2008
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
147
919 Comitato ONU sull’eliminazione della discriminazione razziale
Conclusioni e raccomandazioni rivolte all’Italia marzo 2008, Tra-
duzione a cura del Comitato per la Promozione e Protezione dei
Diritti Umani.
920 Si veda infra paragrafo «Minori in stato di detenzione e sotto-
posti a misure alternative».
921 Milano, 11 dicembre 2007: l’operazione ha portato alla luce lo
sfruttamento di 34 minori rom dagli 8 ai 13; cfr:
www.poliziadistato.it sezione: archivio notizie.
922 Sul totale dei 264 interventi sui minori fatti nel 2007 dal Centro di
Contrasto alla Mendicità Infantile del Comune di Roma, nel 44% dei
casi si è trattato di furti e borseggi, principalmente commessi da mi-
nori infra-quattordicenni quindi non imputabili (in alcuni casi recidivi).
Alto è anche il numero di interventi su minori in stato di abbandono
(21%) e di minori in stato di mendicità (17%); di particolare gravità so-
no i casi di sfruttamento, maltrattamenti e abusi (in tutto 10 minori).
923 Roma, «operazione Fiori nel Fango 1 (aprile 2006) » e «operazione
Fiori nel Fango 2 (novembre 2007) »: le operazioni condotte dalla
Squadra Mobile di Roma hanno portato alla luce situazioni di sfrutta-
mento sessuale, prostituzione e pedofilia su una trentina di minori.
Pertanto il Gruppo CRC raccomanda:
1. Al Parlamento la modifica della Legge 482/1999, al fine di
riconoscere i rom, sinti e camminanti come minoranza lin-
guistica nazionale, come recentemente ribadito dal Comi-
tato ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale;
2. Al Ministero della Solidarietà Sociale di includere all’inter-
no dell’imminente Piano Nazionale d’Azione e di interventi
per i soggetti in età evolutiva una parte espressamente
dedicata alla promozione ed attuazione dei diritti dei bam-
bini e degli adolescenti rom, sinti e camminanti, con ade-
guate risorse finanziarie e garanzie di monitoraggio sul-
l’attuazione;
3. Alla Conferenza Stato Regioni di promuovere la creazione
di un luogo permanente di scambio di buone prassi realiz-
zate a livello locale, coinvolgendo istituzioni e associazio-
ni, e garantendo la presenza di associazioni rom, sinti e
camminanti.
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
148
4orapportodiaggiornamento2007-2008
ACP – Associazione Culturale Pediatri www.acp.it
AGEDO onlus - Associazioni Genitori di Omosessuali www.agedo.org
AGESCI - Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani www.agesci.org
Ai.Bi - Associazione Amici dei Bambini www.amicideibambini.it
Alisei – www.alisei.org
Amnesty International - Sezione italiana www.amnesty.it
ANFAA - Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie www.anfaa.it
ANFFAS onlus - Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale www.anffas.net.
Arché www.arche.it
Arciragazzi www.arciragazzi.it.
Associazione Alama www.alamaonlus.org
Associazione Amani www.ctm-lecce.it/amani/index.html
Associazione Antigone onlus www.associazioneantigone.it
Associazione Bambinisenzasbarre www.bambinisenzasbarre.org
Associazione Comunità Nuova www.comunitanuova.it
Associazione On the Road www.ontheroadonlus.it
Associazione Ora d’Aria onlus - www.oradaria.info
Associazione Passo dopo passo … insieme onlus www.passodopopassoinsiemeonlus.org
Associazione Saveria Antiochia Omicron Onlus www.omicronweb.it
Associazione Stak Andrea de Gasperi Onlus www.associazionestak.org
Associazione Valeria Onlus www.associazionevaleria.com
Batya Associazione per l’accoglienza, l’affidamento e l’adozione www.batya.it
CAM - Centro Ausiliario per i problemi Minorili www.cam-minori.org
Camera Minorile di Milano www.cameraminorilemilano.it
Associazione Camina per città amiche dell’infanzia e dell’adolescenza sostenibili e partecipate www.camina.it
Caritas Italiana www.caritasitaliana.it
CbM - Centro per il Bambino Maltrattato e la cura della crisi familiare www.cbm-milano.it
Centro Studi Hansel e Gretel www.cshg.it
Centro Studi Minori e Media www.minorimedia.it
Cesvi www.cesvi.org
CIAI - Centro Italiano Aiuti all’Infanzia www.ciai.it
CIES - Centro Informazione e Educazione allo Sviluppo www.cies.it
CISMAI - Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia www.cismai.org
Cittadinanzattiva www.cittadinanzattiva.it
CNCA - Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza www.cnca.it
CND- Consiglio Nazionale sulla Disabilità www.cnditalia.it
CODICI – www.codiciricerche.it
Comitato italiano per l’UNICEF Onlus www.unicef.it
Cooperativa Sociale Pralipé Onlus www.pralipe.it
Coordinamento Genitori Democratici www.genitoridemocratici.it
Cras Onlus www.crasitalia.it
CSEN – Centro Sportivo Educativo Nazionale www.csen.it
CTM Lecce Onlus www.ctm-lecce.it
Dedalus cooperativa sociale www.coopdedalus.it
Siti web delle associazioni del Gruppo CRC
4orapportodiaggiornamento2007-2008
149
i Diritti De
LL’in
Fa
n
zia
e
De
LL’a
Do
Le
sce
n
za
in
Ita
Lia
ECPAT Italia www.ecpat.it
FEDERASMA onlus www.federasma.org
FIDAPA - Federazione Italiana Donne Arti Professione Affari - www.fidapa.it
Fondazione ABIO Italia Onlus – Associazione per il Bambino In Ospedale www.abio.org
Fondazione Ozanam S. Vincenzo www.fondazioneozanam.org
IBFAN Italia - gruppo della Rete Internazionale di Azione per l’Alimentazione Infantile- www.ibfanitalia.org
Il corpo va in città www.ilcorpovaincitta.it
INMP - Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della
povertà www.inmp.it
IPDM - Istituto per la Prevenzione del Disagio Minorile www.soschild.org
IRES www.ires.it
IRFMN - Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri www.marionegri.it
ITALIANATs www.italianats.org
La Gabbianella Coordinamento per il Sostengo a distanza www.lagabbianella.it
LLL – La Leche League Italia onlus www.lllitalia.org
L’Abilità Associazione Onlus www.labilita.org
L’altro diritto Onlus www.altrodiritto.unifi.it .
LIBERA Associazioni, nomi e numeri contro le mafie www.libera.it
MAMI – Movimento Allattamento Materno Italiano www.mami.org
M.A. - Mandibole Allenate Gruppo di famiglie adottive del Triveneto www.mandiboleallenate.org.
MANI TESE www.manitese.it
MDC Junior - Movimento Difesa del Cittadino Junior www.mdcjunior.it
ONG M.A.I.S. Movimento per l’Autosviluppo, l’Interscambio e la Solidarietà www.mais.to.it
Opera Nomadi Milano www.operanomadimilano.org
O.V.C.I. la Nostra Famiglia www.ovci.org
Save the Children Italia www.savethechildren.it
SIMM - Società Italiana di Medicina delle Migrazioni www.simmweb.it
Terre des Hommes Italia www.tdhitaly.org
UISP - Unione Italiana Sport Per tutti - www.uisp.it
VIS – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo www.volint.it
i
D
ir
it
ti
D
e
LL
’i
n
Fa
n
zi
a
e
D
e
LL
’a
D
o
Le
sc
e
n
za
i
n
I
ta
Li
a
150
4orapportodiaggiornamento2007-2008
Pubblicazioni del Gruppo di Lavoro per la CRC
∏ I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, la prospettiva del Terzo settore. Rapporto Supplementare alle Na-
zioni Unite del Gruppo CRC, novembre 2001
∏ The Rights of Children in Italy, perspectives in the third sector – Supplementary Report to the United Nations, Octo-
ber 2002, disponibile su www.crin.org
∏ Monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, Guida pratica per il Terzo setto-
re, dicembre 2004
∏ I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, 1° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione
sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, anno 2004-2005, maggio 2005, disponibile su www.crin.org
∏ Supplementary Report on the implementation of the Optional Protocols on the CRC in Italy, May 2005, disponibile
su www.crin.org
∏ I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, 2° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione
sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, anno 2005-2006, maggio 2006, disponibile su www.crin.org
∏ I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, 3° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione
sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, anno 2006-2007, maggio 2007, disponibile su www.crin.org
Note
151
Note
152
Il Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti dell’in-fanzia e dell’adolescenza (Gruppo CRC) è un networkaperto ai soggetti del Terzo Settore che da tempo si oc-
cupano attivamente della promozione e tutela dei diritti dell'in-
fanzia e dell'adolescenza in Italia.
Il Gruppo CRC si è costituito nel dicembre 2000 con l’obiettivo
prioritario di preparare un rapporto sulla condizione dell’infanzia in
Italia, supplementare a quello presentato dal Governo italiano, da
sottoporre al Comitato ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adole-
scenza presso l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazio-
ni Unite. Il Rapporto Supplementare «I diritti dell’infanzia e dell’a-
dolescenza in Italia - la prospettiva del terzo settore» è stato pub-
blicato a novembre 2001 ed è stato discusso a Ginevra nell’otto-
bre 2002 nel corso della pre-sessione con il Comitato ONU.
Il Gruppo CRC, presentando il Rapporto Supplementare, ha
assunto l’impegno di proseguire nell’opera di monitoraggio della
CRC e delle Osservazioni Conclusive, non solo in vista del pros-
simo Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite previsto per il
2009, ma anche al fine di garantire un sistema di monitoraggio
permanente, indipendente e condiviso con le associazioni che
lavorano per i diritti dell’infanzia in Italia.
EURISPES E TELEFONO AZZURRO/b_comunicato stampa.pdf
COMUNICATO STAMPA
I TECNOAGER: GIOVANI ALLA RICERCA DI UN EQUILIBRIO
TRA NUOVE POSSIBILITÀ E LA RUMOROSA SOLITUDNE DELLA RETE
L'Eurispes e i l Telefono Azzurro presentano i l 9° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e
dell'Adolescenza.
E un Rapporto, quello realizzato dall'Eurispes e dal Telefono Azzurro, che si pone come un valido strumento di conoscenza delle
principali trasformazioni, delle linee di tendenza, delle potenzialità e dei rischi che caratterizzano l'età evolutiva nel nostro Paese.
Un'indagine utile per conoscere più da vicino gli adulti di domani e per sostenerli in una quotidianità a volte troppo frammentata e
multiforme.
Le 40 schede che compongono il Rapporto approfondiscono macro-tematiche che vanno dall'abuso al disagio, dalla salute ai principali
cambiamenti intervenuti a modificare taluni comportamenti delle agenzie di senso e di orientamento come la famiglia e la scuola, ma anche i
luoghi della cultura e della fruizione del tempo libero.
Le due grandi indagini svolte all'interno del mondo scolastico hanno interessato circa 6.000 bambini e ragazzi in 41 scuole di ogni ordine e
grado. L'Identikit del bambino è stato tracciato attraverso un questionario somministrato a bambini con un'età compresa tra i 7 e gli 11 anni,
frequentanti la terza, quarta e quinta classe della scuola primaria e la prima classe della scuola secondaria di I grado. L'Identikit dell'adolescente,
invece, ha raccolto gli orientamenti dei ragazzi dai 12 ai 19 anni, frequentanti la seconda e la terza classe della scuola secondaria di I grado
o una delle cinque classi della scuola secondaria di II grado. I questionari analizzati sono stati 2.812 per quanto riguarda l'infanzia e 2.991
per l'adolescenza.
«Se negli anni Sessanta e Settanta — dichiara il Prof. Gian Maria Fara, Presidente dell'Eurispes — si è assistito ad una
rivoluzione di pensiero e di costume, oggi ci troviamo di fronte ad una rivoluzione "liquida" degli strumenti e dei modi di comunicare. E
come tutti i cambiamenti si vivono, ma non li si comprende completamente nel viverli. Occorre fermarsi e osservare, guardarsi magari
indietro, estraniarsi dai fatti e intraprendere percorsi conoscitivi scientifici. Ed è proprio lo spirito critico — e quanto più possibile scevro da
influenze esterne — del ricercatore che muove e anima il nostro impegno.
Le caratteristiche della Rete sono contraddittorie. Se da un lato è lo spazio dello scambio, della conoscenza, dell'incontro, dall'altro
rischia di essere un luogo di solitudine, di persone che sole stanno davanti al proprio pc o al display del telefonino. La si potrebbe definire
una forma di "socializzazione solitaria". Consapevoli del fatto che i propri genitori non capiscono bene o non conoscono affatto l'utilizzo
di Internet, i giovani trovano in esso uno spazio "a prova di adulto". Ciò fa sì che l'utilizzo delle tecnologie tracci, all'interno delle mura
domestiche, una sorta di "zona franca" il cui accesso ai genitori è spesso precluso.
D'altra parte, è anche vero che i nuovi media e la Rete hanno creato e continuano a forgiare una nuova leva di cittadini. Se
Internet è il luogo della comunicazione globale e democratica è pure vero che i più giovani trovano altre modalità rispetto al passato di
rappresentarsi, di confrontarsi, di esprimere le proprie opinioni e la propria personalità. Divenuti diffidenti nei confronti dei mezzi di
comunicazione tradizionali, o meglio nei confronti dei contenuti da essi proposti, si allontanano da un certo tipo di informazione
eterodiretta e vanno a formare, all'interno di quella che è ormai una opinione pubblica reticolare, una estensione parallela. Un gruppo di
pressione nella nuova agorà virtuale che segna il passaggio dalla piazza alla Rete, che si fa portatore, attraverso il confronto, delle istanze e
dei cambiamenti propri di una delle età più creative, sofferte e partecipate della vita.
Quello che occorre riattivare — conclude il Presidente dell'Eurispes — sono i comportamenti fuori dal coro, intesi come la
capacità di elevarsi da una certa propensione all'omologazione. E necessario che siano gli adulti, intesi in una concezione più ampia come le
Istituzioni, la politica, il corpo sociale ad appropriarsi di nuove conoscenze e dotarsi degli strumenti più adatti per aprire il dialogo con le
nuove generazioni».
«Una prima chiave di lettura utile da cui partire — dichiara il Prof. Ernesto Caffo, Presidente di Telefono Azzurro — è
la percezione che di questo mondo in movimento hanno i bambini. Dobbiamo considerare che questa generazione di bambini non
percepisce la maggior parte dei cambiamenti come novità, avendo imparato a conviverci fin dalla nascita: parliamo di bambini
abituati a viaggiare, ad andare sulla Rete, a comunicare in modo nuovo, a incontrare anche a scuola persone provenienti da altri Paesi.
Sono invece gli adulti ad essere spesso inadeguati al cambiamento e impreparati di fronte alle mutazioni in atto.
I bambini invece avrebbero bisogno di adulti mediatori, soprattutto a fronte di ciò che non possono comprendere fino in fondo e
soprattutto a fronte delle emergenze che possono destabilizzare o mettere in pericolo la loro infanzia. Non sorprende allora che da
questo Rapporto emergano paure dei bambini e degli adolescenti come quella di essere
UR1SPES
I ST I TU TO DI STU DI
P O L I T I C I E C O N O M I C I E S O C I A L I
Rapiti, violentati, di essere avvicinati da persone sconosciute, o quelle di eventi traumatici come gli attentati terroristici.
A fronte di ciò – Prosegue il Prof. Caffo – i bambini percepiscono gli adulti come non aggiornati, disinformati o peggio ancora
―disinformatizzati‖, e per questo motivo non sempre capaci di aiutarli a far fronte ai nuovi rischi, far i quali quelli presenti si
internet: cyberdroghe, i blog e i forum che propagandano anoressia e bulimia o i contenitori dove ―reclamizzare‖ i propria at ti di
bullismo. Da dove ripartire allora? Chi come Telefono Azzurro, è abituato al l’ascolto dei bambini e degli adolescenti, sa che bisogna
ripartire proprio da qui. Saper ascoltare, anche perché è questo un altro particolare che emerge dal Rapporto) bambini e adolescenti di
oggi hanno punti di vista, competenze relazionali e risorse che vanno conosciute, valorizzate e di cui va fatta maggiore "pubblicità":
sono curiosi e desiderosi di partecipare attivamente alle decisioni che li riguardano e che ad esempio coinvolgono la comunità in cui
vivono. Il quadro che emerge ci dice soprattutto una cosa: se la priorità degli adulti in genere deve esser quella di riprendersi il proprio
ruolo educativo, la priorità delle Istituzioni deve essere parimenti quella di dar vita a vere politiche dell'infanzia che facciano del
bambino un soggetto di diritti».
I BAMBINI
Un pc per tutti. Il 73,4% dei bambini ha un computer. Il 60,6% ha, in casa, una console portatile/videogioco, il 58,6%
dispone di un telefono cellulare, il 56,3% utilizza, oltre al pc, anche il collegamento ad Internet, il 56,2% ha un lettore di musica
Mp3 e solo il 25,3% possiede un televisore al plasma con maxischermo, contro un 64,2% che continua a guardare i programmi
televisivi attraverso un apparecchio tradizionale.
Qual è il medium più utilizzato? La televisione suscita ancora un forte fascino: il 10,9% la guarda per più di quattro ore al
giorno, il 31,9% fino ad un'ora, il 31,5% da una a due ore, il 13,7% da due a quattro ore e, significativamente, solamente il 4,7%
afferrma di non guardarla.
A seguire, e in stretta connessione con l'uso della Tv, il lettore Dvd viene utilizzato fino ad un'ora dal 33,3% dei bambini, da
una a due ore dal 26,5% di essi, mentre il 19,8% dichiara di non utilizzarlo.
Il 21,1% dei piccoli non impiega il proprio tempo libero davanti ai videogiochi, contro il 32,4% che vi trascorre massimo un'ora
e il 19% da una a due ore.
Il computer viene utilizzato quotidianamente dal 38,4% dei bambini per circa un'ora, dal 16,7% fino a due ore al giorno e si
attesta al 22,9% la quota di piccoli che non ne fanno uso.
Il 39,1% non utilizza lettori di musica Mp3, contro il 9,3% che li ascolta da una a due ore al giorno. Una percentuale ancora più
elevata di bambini, pari al 45,3%, rivela di non navigare in Internet, contro il 22,1% che lo fa al massimo per un'ora al giorno e il 10,7%
che visita la Rete da una a due ore al giorno, mentre il 5,5% dei piccoli la utilizza fra le due e le quattro ore e il 5,4% per più di quattro
ore al giorno.
Infine, il 46,3% dichiara di non utilizzare affatto il cellulare o il video telefonino, probabilmente perché non è stata raggiunta
ancora un'età tale da giustificare un uso massiccio del telefono cellulare. Esso viene adoperato, invece, fino ad un'ora dal 28,3% dei
piccoli e dal 7,7% per un massimo di due ore.
L'età per imparare a navigare. Il 47,5% dei bambini ha imparato a navigare tra i 9 e gli 11 anni, mentre è pari a 38,5% la
percentuale di quanti hanno mosso i primi passi nella Rete ancora più precocemente, tra i 6 e gli 8 anni. Si naviga in Rete
soprattutto per ricercare informazioni (58,7%), giocare (56,5%), scaricare musica (49,2%), ricercare materiale per lo studio
(45,5°/0), fruire di filmati su YouTube (44,6%), comunicare attraverso chat (33,1%), partecipare a giochi di ruolo (24,1%), leggere blog
(22,2%), partecipare a forum di personale interesse (18,9%) e acquistare prodotti on-line (11,1%).
I padri: i più alfabetizzati e competenti sull'uso di Internet. I più alfabetizzati risultano essere i padri (36%), seguiti
da insegnanti (32,9%), fratelli maggiori (27,9%), amici (21,2%), madri (15,5%), fratelli minori (7,2%) e nonni (5,5%).
A portata di cellulare. Il 57,5% dei bambini possiede un cellulare, contro il 36,6% che non ne dispone ancora. Il 40%
dichiara di possedere un cellulare, il 7,1% un video-telefonino, il 5,9% di averne più di uno, il 3,1% un cellulare Umts e 1'1,4%
uno smart-phone.
Tra gli 8 e i 9 anni il primo telefonino. Avere un telefonino è normale già nell'età compresa tra gli 8 e i 9 anni (34,9%),
seguita da quella subito superiore, tra i 10 e gli 11 anni (23,3%). D'altra parte, il 17,6% dei bambini dichiara di aver ricevuto il
cellulare in un'età compresa tra i 6 e i 7 anni, mentre il 10,1% ha avuto il cellulare prima dei 6 anni.
Perché i bambini usano il cellulare? Soprattutto per chiamare i genitori (73,7%), ma anche per scattare fotografie (61,3%),
chiamare gli amici ed inviare sms (58,6%), giocare (56%), per girare filmati (49,5%), per fare squilli (44,9%), per inviare mms (33,2%),
per scaricare loghi e suonerie (26,3%), per guardare programmi televisivi (16,5%) e per navigare in Rete (12,8%).
I videogiochi pericolosi: sempre più spesso tra le mani dei maschietti: la percentuale di quanti
confessano di aver giocato con videogiochi inadatti (47,6%) supera di 0,6 punti percentuali quella relativa al
gruppo di bambini che, invece sostengono il contrario (47%). Inoltre sono, soprattutto, i maschi ad affermare di
aver trascorso il proprio tempo con videogiochi non adatti alla loro età (64,2% dei maschi vs il 31% delle
femmine).
I piccoli sono consapevoli del fatto che i videogiochi violenti non sono adatti per loro (38,5), il 22,4%,
invece, li reputa divertenti. Un bambino su cinque (20,9%) afferma che giocare con i videogiochi violenti porta a
comportarsi in modo violento. Segue il gruppo di quanti sostengono che i videogiochi violenti servono per
scaricare la rabbia (8,5%) me tre il 4,8% ritiene che facciano provare un senso di forza e potenza.
Quanto infastidiscono le scene violente trasmesse dai media? Il 59,8% è poco (20,6%) o per nulla (39,2%)
turbato se vede immagini di zombie e mostri sullo schermo (contro il 32,3°/0 che si dice, invece, abbastanza o molto
infastidito). Il 53,8% dei bambini si dice poco (17,4%) o per nulla (36,4%) spaventato da immagini di guerra (contro il
38,3% che si dice, invece, molto e abbastanza turbato). Inoltre, il 49,7% del campione dice di mostrare poco (17,2%) o
nessun (32,5%) fastidio nei confronti di immagini di sangue e ferite (contro il 42,6% che sostiene il contrario). Il 47,9% dei
bambini invece mostra poco (15,1%) o per nulla (32,8%) fastidio se sullo schermo vede persone che litigano in maniera
accesa (contro il 42,9% che si dice molto o abbastanza infastidito); il 47,8% dei bambini è poco (16,9%) o per nulla
(30,9%) infastidito da
scene di violenza (contro il 45,2% che afferma il contrario); il 46,6% è poco (14,6%) o per nulla (32%) turbato se
assiste a volgarità e parolacce (contro il 44,3% che sostiene il contrario); il 46,5°/() mostra poco (13,3%) o per nulla (33,2%)
fastidio se vede sullo schermo immagini di sesso (contro il 45,3% che si dice molto o abbastanza turbato).
Le scene di morte sono quelle che fanno più paura. Il 46,8% dei piccoli si dice molto (31,9%) e abbastanza
(14,9%) infastidito da questo tipo di scene contro il 45,3°/() di quanti, invece, si dichiarano poco (15,8%) o per null a
(29,5%) turbati.
Cosa è il bullismo per i bambini? Per il 59,9°/0 dei bambini il bullismo è una prepotenza contro un compagno
più debole che si ripete spesso; per il 17,7% si tratta di un'azione che va contro la legge. In pochi manifestano una
posizione più "indulgente": per il 7,3% si tratta di un gioco tra compagni, per il 6% di un litigio o una presa in giro.
Gli atti di bullismo più diffusi: i brutti scherzi. Oltre un quarto dei piccoli è stato ripetutamente vittima di
brutti scherzi (27,8%), seguono le provocazioni e le prese in giro (26,6%) e le offese immotivate (25,6%). Il 17,6% è
stato invece continuamente escluso ed isolato dal gruppo. Nel 13,5% dei casi i bambini riferiscono di aver subìto furti
di oggetti o cibo (13,5%), percosse (11,5%), minacce (11,1%), ma anche furti di denaro (4,7%). Sono soprattutto i
maschi ad aver subìto ripetutamente minacce (15,4°/0 contro 7%), percosse (14,8% contro 8,2%), provocazioni e/o
prese in giro (29,5% contro 23,8%), brutti scherzi (29,9% contro 25,9%), offese immotivate (27,4% contro 23,8%), furti
di oggetti/cibo (14,8% contro 12,30o). Le bambine invece si trovano con più frequenza a dover subire l'esclusione e
isolamento dal gruppo (20,2% vs 14,9%).
Il bullo è tra i coetanei. Fra i bambini che sono stati vittima di atti di bullismo la percentuale più elevata riferisce di
essere stata presa di mira da un bambino della sua età (17,8%); in altri casi è responsabile un ragazzo più grande (9,7%), un
gruppo di maschi (6,2%), una coetanea (5,3%), un gruppo misto (4,5%).
Come reagisce la vittima di fronte al bullo. Sono in molti a non reagire (16,3%). D'altra parte, il 13,2% dei
bambini ha avvertito un insegnante o il Dirigente scolastico, 1'11,7% ha detto al bullo di smetterla, il 9,8% è addirittura
venuto alle mani, l'8,4`)/0 ha avvertito i suoi genitori, il 7,5% ha chiesto l'aiuto di altri compagni, il 5,9% è fuggito, il 3,6% si
è messo a piangere. Circa un bambino vittima di bullismo su quattro dichiara quindi di aver adottato un atteggiamento
passivo di fronte agli atti di prepotenza; un bambino su cinque ha invece reagito attivamente da solo, a parole o con uno
scontro fisico. La maggior parte (29,1%) ha però preferito chiedere un aiuto esterno ai propri coetanei o, più spesso, ad un
adulto, in ambito scolastico o famigliare.
Le maggiori differenze tra bambini e bambine si riscontrano nel fatto che, prevedibilmente, i maschi vengono alle
mani con il bullo più spesso rispetto alle femmine (14,1°A) contro 5,5%), mentre le femmine avvertono i loro genitori con
maggior frequenza (11,1% contro il 5,7% dei maschi).
Che cosa prova un bambino di fronte ad un episodio di bullismo? La rabbia è il sentimento che più
comunemente i giovanissimi (31%) avvertono quando si trovano a dover affrontare una situazione di prepotenza ai da nni
di propri coetanei. Molti bambini affermano, inoltre, di provare pena per la vittima (28,8%) e paura (18,1%). Sostengono
di provare divertimento e invidia per il bullo, invece, rispettivamente il 2,2% e l'1,9`)/0 dei bambini interpellati.
Come si comporta chi assiste ad episodi di bullismo? Il 17,7% dei bambini afferma che, innanzi ad azioni di
prepotenza, i propri compagni di scuola si spaventano mentre nel 16,5% dei casi il comportamento adottato è quello di
chiedere aiuto ai più grandi. Il 15,2% dei bambini dichiara che tra compagni si manifesta spesso un atteggiamento di
disapprovazione che li spinge ad aiutare la vittima. All'incirca un bambino su dieci (9,5%) sostiene, al contrario, che i
propri compagni si divertono innanzi a scene di bullismo, il 5,1% che vige l'indifferenza mentre il 4% sostiene che i
compagni disapprovano il gesto ma non agiscono per contrastarlo. Solo il 2,4% confessa che i propri compagni reagiscono
dando man forte al bullo.
Che cosa si può fare per fermare il bullismo? I bambini ritengono che la soluzione al fenomeno sia quella di
appellarsi al mondo degli adulti (32,1%). Un bambino su cinque circa (21,5%), invece, pensa che parlare con il bullo per
convincerlo a non agire più con prepotenza sia l’unico modo per arginare il fenomeno. Segue il gruppo dei minori a favore
di una punizione per il bullo (17,7%) e di quanti credono sia necessario agire in gruppo per sostenere la vittima ogni
qualvolta si verifichino episodi di prepotenza gratuita (10,6%). Solo il 3,3% pensa che il fenomeno possa essere fermato
convincendo la vittima a reagire.
A scuola si verificano episodi di bullismo? I bambini a cui è capitato di assistere ad episodi di bullismo a scuola
sono meno di un terzo del totale (30%); il 66,3% dichiara invece di non aver mai assistito a questi episodi.
In quale modo intervengono gli insegnanti? Quando si trovano di fronte ad episodi di bullismo, generalmente gli
insegnanti intervengono rimproverando i responsabili (26,1%), prendendo provvedimenti disciplinari (19,6%), parlandone
con i genitori (16,6%). Nel 9,2% dei casi i docenti espongono il problema al Dirigente scolastico. Comunque, il 6,3% dei
bambini afferma che gli insegnanti non si accorgono di nulla, il 2,8% riferisce invece che non intervengono.
Le campagne antibullismo a scuola. Più della metà dei minori (56,2%) riferisce che a scuola gli insegnanti
hanno parlato di bullismo. Significativa, d'altra parte, la percentuale dei casi in cui l'argomento non è stato affrontato
(39,9%). I bambini che riferiscono di aver sentito parlare di bullismo dai loro insegnanti a scuola sono decisamente
numerosi al Sud (72,3%) ed al Centro (64,8%).
Ti capita di aver paura di... La paura di essere rapito si attesta in cima alla classifica con il 22,6%. Il 16,3% dei
bambini ha poi paura di essere avvicinato da persone sconosciute, il 16,2% di essere coinvolto in attentati terroristici, il
13,9% di perdersi, il 13,5% di assistere a scene violente, il 12,6% di rimanere solo in casa e di essere picchiato da altri
bambini/ragazzi.
Quanti bambini si sono sentiti in pericolo? Nonostante più della metà dei piccoli (56,7%) sostenga di non essersi
mai sentito in pericolo, il 38,3% di essi confessa di essere stato protagonista di una situazione in cui si è sentito messo a
rischio o ha dovuto fronteggiare una situazione di emergenza. Il 39,2% dei bambini non si è sentito al sicuro andando in
giro per la città, il 23,8% restando a casa, il 14,5% non sa o preferisce non rispondere, il 10,1% a scuola, il 7,6% ha risposto
"altro" (in vacanza, al mare, al supermercato) e il 4,8% si è sentito in pericolo navigando in Internet.
I genitori: i principali punti di riferimento nelle situazioni di emergenza. Il 42% dei bambini ha risposto di
essersi rivolto ai genitori o comunque ad una figura adulta degna di fiducia, il 14°/0 ha conservato il segreto, decidendo
di non parlarne con nessuno, il 9,5% ha preferito contare sulle proprie forze, difendendosi da solo, il 6,9% ha confidato
l'accaduto ad un amico e una minoranza (il 3,2%) ha chiamato un numero di emergenza.
Come si comportano i bambini se uno sconosciuto in macchina offre loro un passaggio. Il 49,8% non
accetterebbe e andrebbe via, il 22,7% aumenterebbe il passo, ignorando lo sconosciuto, il 16% direbbe all'uomo di
aspettare e andrebbe a chiamare un genitore, il 5,9% non sa come si comporterebbe in una situazione simile o preferisce
non rispondere al quesito, il 2,9% accetterebbe il passaggio e salirebbe in macchina.
I bambini stranieri nelle classi italiane. La percentuale di classi nelle quali è iscritto almeno un bambino straniero
si avvicina molto al 62% (61,6°/0), superando di oltre 26 punti percentuali la frequenza rilevata per le classi nelle quali non è
presente alcun bambino di nazionalità diversa da quella italiana (35,6%). Nel 25,8% dei casi si tratta di realtà scolastiche
che ospitano quattro (4,6%) o più (21,2%) bambini di diversa nazionalità per classe. I valori calano lievemente per le aule
in cui a seguire le lezioni vi sono da uno a tre alunni provenienti da altri paesi (uno: 19,1%; due: 12,6%; tre: 4,1%).
Nel Nord-Ovest e nelle Isole la presenza più consistente. Sono più di quattro i bambini di nazionalità straniera
nelle aule scolastiche nel Nord-Ovest (42,7%) e nelle Isole (34,6%), seguite dalle regioni del Nord-Est (21,9%). Nel Centro
Italia, invece, è particolarmente elevata la percentuale di aule nelle quali non vi è alcun bambino proveniente da altri paesi
europei o extra-europei (51,2°/0). Si discostano, con il 5,3% in meno, le regioni del Sud e le Isole, entrambe con una
percentuale pari al 45,9%.
Il livello di integrazione dei compagni stranieri. Il 66% delle volte i bambini di nazionalità diversa da quella
italiana, dopo aver superato l'iniziale e fisiologico periodo di adattamento, si sentono perfettamente a loro agio in classe.
A tale dato, va aggiunta la percentuale del 12,5% dei casi in cui il bambino non avverte affatto i problemi legati
all'integrazione e, fin dal primo momento, non incontra alcun ostacolo nel relazionarsi con gli altri compagni.
Percentuali decisamente meno elevate caratterizzano, invece, situazioni in cui i bambini stranieri faticano ad integrarsi
con i compagni (8,3%) o, viste le difficoltà incontrate, decidono di abbandonare la scuola (1,4%).
Tra alunni italiani e stranieri l'amicizia è il legame prevalente. La maggioranza ha dichiarato di aver instaurato
un rapporto di amicizia (54,8%) e di provare simpatia (12,6%) o interesse (2,5%). Ma ci sono anche casi in cui il processo
di integrazione si scontra con sentimenti meno cosmopoliti: il 3,4% dei bambini intervistati si dimostra indifferente nei
confronti dei compagni stranieri, oppure prova fastidio (1,3%), paura o antipatia (1%). Inoltre, il 17% del campione varia il
suo comportamento e la natura dei sentimenti in funzione dei diversi casi particolari.
La scuola come laboratorio di integrazione. Nel 52,6% dei casi la scuola organizza iniziative che facilitano
l'accoglienza e l'inserimento dei bambini provenienti da altri paesi e solo nel 10,9% delle volte si è constatata una carenza
di questo tipo. Appare, poi, particolarmente elevata la percentuale dei piccoli intervistati che dichiara di non sapere se
all’interno della scuola vengono portati avanti progetti in tal senso (30,7%), a cui si può aggiungere il 5,8% di coloro
che ha espresso alcuna opinione in proposito.
Uomo e donna nei ruoli paritari? Secondo il 60,4% dei bambini tra i 7 e gli 11 anni, uomo e donna
dovrebbero collaborare nello svolgimento dei compiti all’interno della famiglia. Percentuali più irrisorie, indicano,
invece, che le attività domestiche e le responsabilità familiari dovrebbero essere parzialmente (10,2%) o completamente
distinte (6,4%).
La carriera è donna? Il 56,4% dei bambini ritiene che fare carriera sia importante tanto per l'uomo quanto per la
donna. Quasi il 70% (67,2%) del campione ritiene che non vi debbano essere differenze tra i sessi nella scelta delle
attività lavorative, poiché la donna può essere brava quanto un uomo in ogni ambito. In funzione di questo, il 57%
afferma, inoltre, che le posizioni di potere in ambito aziendale o politico possano essere ricoperte da entrambi i sessi.
Ma il 61,6% si dichiara molto (31%) o abbastanza (30,6%) d'accordo sul fatto che spetti alla donna il compito di curare la
casa e che la sua piena realizzazione sia nell'ambito familiare (68,9%); così come il 51,2% crede che la donna
dovrebbe pensare di abbandonare il suo lavoro nel momento in cui la coppia decide di mettere al mondo dei figli.
Quanto è insolito l'uomo -casalingo o la donna -militare? Per la maggior parte dei bambini non vi è niente di
strano nel fatto che un uomo si cimenti con attività casalinghe come cucinare (75,3%) o fare le pulizie (59,7%). Allo
stesso modo, non è affatto curioso che una donna si arruoli nell'esercito (55,2%) o che aspiri a salire al Quirinale (67%).
Inoltre il 50,6% dei bambini afferma di non trovare strano che un uomo studi danza, così come che una donna giochi a
calcio (68,9%).
I bambini sono soddisfatti della città in cui vivono? I bambini si trovano bene nelle città in cui vivono
(96,2%), ma, allo stesso tempo, riconoscono l'esistenza di problematiche che non rendono ottimali le condizioni di vita
all'interno dei contesti urbani. Infatti, essi rivelano che nelle loro città c'è traffico (abbastanza 32,5%, molto 26,1%) e
inquinamento (abbastanza 29,3%, molto 26,8°/0).
Il mondo dei grandi attraverso gli occhi dei bambini. I piccoli hanno una buona considerazione degli altri. In
particolare, credono che il loro parere venga preso in considerazione (abbastanza 38,9% e molto 16,9%) e che gli
abitanti siano solidali tra loro (abbastanza 43,3% e molto 27,20/o). Infatti, secondo quanto affermato dalla maggioranza
dei piccoli, le persone non vivono isolate (per niente 53,6% e poco 29,5%) e non ci sono soggetti pericolosi (per niente
21,1°/0 e poco 33%). Inoltre, essi dichiarano che nelle loro città ci sono spazi in cui muoversi liberamente anche senza il
controllo di adulti (abbastanza 32,5% e molto 16,7%).
Che cosa manca nella città a misura di bambino? I bambini sono soddisfatti della presenza, nelle loro città, di
spazi verdi (abbastanza 36% e molto 24,9%), di parchi giochi (abbastanza 36,5% e molto 21,8%), di attrezzature
sportive (abbastanza 38,3% e molto 30,5%) e di iniziative culturali (abbastanza 34,1% e molto 21%). Al contrario, essi
dichiarano di non avere a disposizione biblioteche (51,6%, di cui per niente 19,4% e poche 32,2%) in cui poter leggere e
arricchirsi culturalmente e spazi in cui sono presenti postazioni Internet disponibili a tutti (58,1%, di cui per niente
27,7% e poco 30,4%).
I bambini: cittadini attivi per un futuro sostenibile ed equo. Ben il 62,2% vorrebbe partecipare alle decisioni che
riguardano la propria città. Solo una piccola percentuale di giovanissimi non è interessata o crede che sia compito degli
adulti proporre soluzioni volte al miglioramento delle condizioni di vita nei contesti urbani (in entrambi i casi il 18,2%).
La "città dei bambini" ideale. Avrebbe tanti luoghi in cui giocare e incontrarsi (26,3%) e un ambiente urbano
meno inquinato (25,9%). Ci sarebbero maggiori occasioni di sport e divertimento (13,4%), ma anche eventi culturali
(11,8%), più parchi e spazi verdi (11,2%) e un numero maggiore di vigili e poliziotti in grado di garantire la sicurezza nelle
strade (8,9%).
GLI ADOLESCENTI
Mai senza pc e cellulare. I telefonini (96,2%) e i computer (93%) risultano essere strumenti indispensabili nella
vita quotidiana dei ragazzi. Solo il 3,2% e il 5,4% affermano di non avere rispettivamente il telefonino o il Pc. Così
come è oramai diffusa la navigazione sul web: nell'81,9% dei casi, i pc sono collegati ad Internet, mentre 1'85,2% dei
ragazzi ascolta musica con il proprio lettore mp3. Non conoscono ancora grande diffusione i televisori al plasma: il
66,5% degli adolescenti non ne possiede ancora uno.
Ragazze hi-tech. Il 97,9% delle ragazze possiede un telefonino, contro il 94,2% dei maschi; 1'87,3% possiede un
lettore mp3, contro 1'82,6% dei maschi. La differenza si riscontra in modo particolare nell'uso di Internet: 1'84,7% delle
femmine afferma di avere il proprio pc connesso alla Rete contro il 78,3% dei ragazzi. Inversione di rotta nel caso delle
console portatili e dei videogiochi: ne possiede almeno una il 69,5% dei maschi a fronte del 39% delle ragazze.
Internet, Tv, cellulari...una generazione di iperconnessi. Il 31% degli adolescenti utilizza il cellulare fino ad
un'ora al giorno, il 15,3% da 1 a 2 ore, 1'11,2% da 2 a 4 ore e addirittura il 30,8% dedica più di 4 ore della propria
Giornata all’uso del cellulare. Il 42,4% guarda l aTv da 1 a 2 ore al giorno, il 24,7% la segue mediamene da 2 a 4 al giorno
e addirittura il 9% la guarda per più di 4 ore. I ragazzi trascorrono una parte consistente alla propria giornata in Rete: i l
26,5% naviga fino ad un’ora al giorno, il 22,5% da 1 a 2 ore , il 16,5% da 2 a 4 ore ed il 12,9% per più di 4 ore al giorno. I
giovani ascoltano poi musica per il proprio lettore mp3 fino ad un’ora al giorno nel 39,2% dei casi; lo stesso tempo viene
dedicato al gioco con la console nel 26,1% dei casi. Il 32,2% e il 28,9% preferisce trascorrere rispettivamente fino ad
un'ora e tra una e due al giorno guardando un film con il proprio lettore dvd.
Ragazzi nelle Rete. Il 33,8% degli adolescenti ha incominciato ad utilizzare Internet tra i 9 e gli 11 anni, 1'8,9%
addirittura tra 6 e 8 anni. Il 45,9% afferma invece di aver incominciato a connettersi quando aveva un'età compresa tra
12 e 15 anni.
Internet per tutti i gusti. Internet è utilizzato soprattutto per la ricerca di informazioni di proprio interesse
(90,5%) e di materiale per lo studio (80%). Diffusi inoltre, il download dal web di musica, film, giochi o video (72,5%) e
la fruizione di filmati su You Tube (69%). Diffusa anche la consuetudine di chattare (69,4%). Un adolescente su due
(50%) comunica tramite posta elettronica; il 51,9% preferisce la lettura dei blog. Meno frequenti la partecipazione ai
giochi di ruolo (16,6%) e la partecipazione ai forum (18,3%). Internet viene poi usato dai ragazzi per giocare con i
videogiochi (38,9%) e per fare acquisti on line (21,7/0).
Quando il rischio corre sul Web. L'11,5% degli adolescenti è stato molestato o ha dichiarato di aver ricevuto
proposte oscene da un coetaneo; nel 7,7/o dei casi l'autore delle molestie era un adulto conosciuto in Rete. L'8% degli
adolescenti ha incontrato in chat un adulto che si dichiarava suo coetaneo. Al 18,5% dei giovani è capitato di incontrare
dal vivo coetanei conosciuti in Rete, mentre al 3,60/0 è successo di conoscere dal vivo adulti conosciuti su Internet.
Frequentare chat e community per conoscere persone è il modo utilizzato dal 42,9% degli adolescenti, contro il 55,2%
che non l'ha mai fatto.
Ma come reagiscono i ragazzi se qualcuno conosciuto in Rete li infastidisce o li molesta? Il 58,4%, per
troncare ogni contatto con il soggetto conosciuto in Rete, evita la chat, il forum o il sito dove l'ha conosciuto (13%) o
comunque decide di non rispondere (45,4%). La soluzione adottata dal 19,8% degli adolescenti è quella invece di
invitare il "molestatore" a non dare più fastidio. Pochi preferiscono parlarne con un adulto (3,1%) o con un coetaneo
(1,9%). Il 2,2% è invece convinto che non possa accadere nulla e continua la conversazione.
Mamme e papà promossi in informatica, con riserva. I padri ("abbastanza" e "molto" rispettivamente nel
25% e 17,3% dei casi) risultano, rispetto alle madri ("abbastanza" e "molto" rispettivamente nel 19,7% e 9,2% dei casi),
più preparati in tema di computer e Internet. Per questioni generazionali è comprensibile che siano i nonni ("per niente"
nell'84,9% dei casi) a non essere pratici di computer e Internet e che invece siano gli amici quelli che ne sanno di questi
strumenti tecnologici ("abbastanza" e "molto" rispettivamente nel 38,9% e 46,8% dei casi). Anche il corpo docente
risulta preparato "abbastanza" e "molto" nel 48,1% e nel 10,2% dei casi.
Sempre raggiungibili. Solo il 3,8% degli adolescenti non è in possesso di un cellulare, il 95,9% ne ha uno. In
particolare, il 59,2% ne possiede uno, il 14,5% ha un telefonino Umts, il 12,6% è provvisto di un video-telefonino e il
7,9% dispone di più di un tipo di cellulare. Il 36,9% ha avuto il primo cellulare tra i 10 e gli 11 anni, seguiti da quanti
hanno un cellulare dall'età di 12-13 anni (26,9%) e da chi invece ce l'ha da quando di anni ne aveva 8-9 (22%). Il 4,9%
dei ragazzi dichiara, inoltre, di aver ricevuto un cellulare tra i 6 e i 7 anni, il 4,4% tra i 14 e i 15 anni, il 3,4% in età
prescolare e solo lo 0,2% dopo aver compiuto i 16 anni.
Ma a quali usi è destinato un cellulare nelle mani dei ragazzi? Si usa soprattutto per inviare sms (94,9%),
chiamare genitori (94,5%) e amici (92,8%). Altri usi comuni interessano le fotografie (86,6%), gli squilli (83,6%), i
filmati (73,7%), gli mnis (55,2°/0) e i giochi (46,7/0). Meno frequente l'abitudine di scaricare loghi e suonerie (11,4%),
l'uso di Internet (8,2%) e la visione di programmi televisivi (6,8%).
Se il 79,3% degli adolescenti non ha mai messo on line un video amatoriale, 1'11,6% ammette di averlo fatto,
mentre un 7,3% rientra nella cerchia di quanti non sono avvezzi a questa pratica, ma solamente perché non sono in
grado di farlo. Tra quanti hanno risposto positivamente alla domanda circa la pubblicazione di filmati girati con il
videofonino, il 43,4% lo ha fatto perché trovava il video bello, il 27,2% per rendere partecipi gli amici di quanto filmato,
1'8,5% per cercare di diventare famoso in Rete, il 3,7% per prendere in giro i ragazzi ripresi nel video e lo 0,7% per
spirito di emulazione rispetto alla cerchia di amici.
Videogiochi violenti. Che cosa fanno i ragazzi? La percentuale di quanti affermano di non aver giocato con
videogiochi non adatti (55,1%) supera di ben 11,3 punti percentuali quella relativa al gruppo di quanti sostengono, al
contrario, di averci giocato. La maggior parte dei giovani (34,2%) pensa che i videogiochi violenti non siano adatti ai
bambini; segue il gruppo di quanti ritengono che la violenza del videogioco possa indurre effetti negativi sul
comportamento (27,8%). Un giovane su 5 circa (20,1%) reputa divertenti i videogiochi violenti. L'11,6% degli
adolescenti pensa che il videogioco violento possa servire a fare scaricare la rabbia mentre il 5,5% che induca nel
giocatore un senso di forza e potenza. Riguardo ai contenuti dei media, il 79,4% afferma di provare poco (31,5%) o
nessun (47,9%) fastidio nei confronti di mostri e zombie (contro il 19,4% che afferma il contrario); il 70,2% è
disturbato poco (29,9%) o per nulla (40,3%) da scene di sesso sullo schermo (contro appena il 28,2% che ritiene di
6
a
essere turbato da immagini del genere); il 67,3% è turbato poco (30,9%) o per nulla (36,4%) da immagini di persone
che litigano in maniera accesa (contro il 21,2% che afferma il contrario); sangue e ferite provocano poco (30,2%) o
nessun (35%) fastidio secondo il 65,2% dei ragazzi (contro il 33,2%); volgarità e parolacce inducono disturbo solo il
35,4% degli adolescenti, mentre il restante 62,7% afferma di provocare poco (27,9%) o nessun (34,8%) fastidio
innanzi a scene del genere; il 61,2% ha poi affermato di provare poco (29%) o nessun (32,2%) fastidio innanzsi. a
'immagini ai guerra contro il 37,2% che si dice molto o abbastanza turbato.
Che cosa pensano gli adolescenti del bullismo? Il bullismo rappresenta una prepotenza che si ripete spesso
(82,1%) contro un compagno più debole. Il 10,9% dei ragazzi ritiene che si tratti di un'azione illegale. In pochi
minimizzano la gravità di questi comportamenti: i13,7% parla di un litigio o una presa in giro tra compagni, 1'1,9% di un
gioco tra compagni. Le forme di prevaricazione sperimentate con maggior frequenza sono le provocazioni e/o prese in
giro ripetute (21,6%), le offese immotivate ripetute (17,9%), i brutti scherzi (14,4%). Gli atti di bullismo di cui i ragazzi
si dicono più raramente vittime sono le percosse (2,8%) ed i furti di denaro (4%).
Chi sono i bulli? Gli adolescenti che riferiscono di aver subìto atti di bullismo indicano come responsabile
soprattutto un proprio coetaneo di sesso maschile (11,2%). Il 7,3% parla invece di un ragazzo più grande, il 7% di un
gruppo di maschi. Seguono una coetanea di sesso femminile (5,3%) ed un gruppo misto (3,8%). I maschi hanno subìto
atti di bullismo soprattutto da parte di un coetaneo maschio (14,9%), di un ragazzo più grande (11,3°A), o di un gruppo
di maschi (9%). Le femmine indicano invece quasi con la stessa frequenza un ragazzo della loro età (8,1%) ed una
ragazza della loro età (7,6%); segue un gruppo di maschi (5,2%).
Quasi un adolescente su quattro, vittima di bullismo, afferma di non aver reagito (24%). Il 17,7% ha detto al bullo
di smetterla, il 14,6% è venuto alle mani con il bullo; meno elevata la quota di chi ha avvertito un insegnante o il
Dirigente scolastico (7,8%), i propri genitori (6,5%) o ha chiesto l'aiuto di altri compagni (5,8%).
Omosessuali, stranieri, disabili e "secchioni": le vittime predilette dei bulli. I ragazzi che non sanno difendersi
sono i più esposti agli episodi di bullismo (28,9%). Altri elementi di vulnerabilità vengono individuati dai ragazzi nell'essere
omosessuale (18,1%) e nell'appartenere ad un'altra cultura (15,3%), seguono l'essere diversamente abile (8,4%) e l'andare
benissimo a scuola (5,7%). Sono invece poco rilevanti, a giudizio degli intervistati, la scarsa avvenenza (2,1%) ed un fisico
gracile (2,2%). Secondo il 12,5% nessun ragazzo in particolare sarebbe più a rischio di altri.
Oltre un terzo dei ragazzi intervistati (36,9%) afferma di aver assistito ad episodi di bullismo nella propria scuola, il
62,3% dichiara invece il contrario. La più alta percentuale di ragazzi che hanno assistito ad atti di bullismo a scuola si
trova nelle Isole: 48,1%, ovvero quasi la metà del campione considerato. Valori più bassi si registrano al Centro
(38,7%), al Sud (38,4%) e al Nord-Est (38,1%), mentre al Nord-Ovest i ragazzi testimoni di bullismo scolastico sono
meno numerosi (27%).
Qual è il comportamento degli insegnanti? La decisione prevalente riguarda i provvedimenti disciplinari, come
note o sospensioni (29,8%). Il 18,8% dei docenti rimprovera il responsabile, mentre il 13,9°/0 non si accorge di nulla ed
un altro 8,9% non interviene. In altri casi gli insegnanti parlano con i genitori dei bulli (9,5%) o si rivolgono al Dirigente
della scuola (8,7%).
Le emozioni... La reazione più comune degli adolescenti, quando assistono ad un episodio di bullismo, è la rabbia
(40,7%), seguita dalla pena per la vittima (26%). Il 13,3°/0 riferisce di provare disapprovazione, il 6,7% paura, il 5,8%
indifferenza. Sono pochissimi i ragazzi che affermano di provare ammirazione (0,1%) o invidia (0,3%) per il bullo,
oppure di divertirsi (1,9%).
...e le reazioni dei compagni a episodi di bullismo. Ben il 21,4% degli adolescenti afferma che i propri
compagni si divertono, il 15,5% che disapprovano senza intervenire, il 12,1°/0 che rimangono indifferenti, 1'11,4% che
disapprovano e aiutano la vittima. Nel 7,7% dei casi i compagni si allontanano per non essere presi di mira, nel 6,8% si
spaventano, nel 4,7% chiedono aiuto, nel 2,5°/0 danno man forte ai bulli.
Che cosa fare? La strada più efficace per fermare il bullismo è punire i buffi (29,5%); al secondo posto si colloca
una soluzione che fa leva sul sostegno offerto dal gruppo alla vittima (22,2%); al terzo la richiesta di aiuto agli adulti
(17,6%). Il 13,9% dei ragazzi suggerisce di parlare con il bullo e convincerlo a non farlo più; per il 5,6% occorre invece
dire alla vittima che deve reagire.
Sms o e-mail offensive o minatorie, creazione di siti Internet sui quali vengono diffuse immagini o filmati
compromettenti per la vittima: sono i mezzi utilizzati dai bulli che agiscono attraverso le nuove tecnologie, i cyberbulli.
La maggior parte dei ragazzi non ha mai utilizzato Internet o il cellulare per inviare o diffondere messaggi, foto o video
offensivi o minacciosi (93,7%), mentre il 5,4% ha dichiarato di averlo fatto raramente (3%), qualche volta (1,7%) o
spesso (0,7%). Più diffusa la pratica di diffondere informazioni false su un'altra persona: il 13,2% degli adolescenti ha
affermato di compiere raramente (9,6°/0), qualche volta (2,3%) o spesso (1,3%) azioni di questo tipo. Il 10,8% utilizza la
Rete per escludere una persona da un gruppo on line.
I cyberbulli usano... Il 49,7% preferisce il cellulare, mentre il 40,3% sceglie di sfruttare la Rete. In particolare, il
19% dei cyberbulli agisce sulle chat o attraverso i siti di instant messaging (9,5%); 1'8,2% tramite blog (3,8%), forum
(2%) e e-mail (2,4%); il 3,6% fa il prepotente attraverso giochi di ruolo on line.
7
Anonimi …cyberbull. Le vittime del cyberbullismo lamentano di aver ricevuto o di essere venuti a
conoscenza dell’esistenza di informazioni false sul proprio conto, trasmesse tramite internet o il cellulare
(22,5%); all’8,5% sono stati recapitati messaggi offensivi o minacciosi, mentre il 4,1% afferma di essere stato
escluso da gruppi on line. La maggior parte non ha idea di chi possa essere a perpetrare simili azioni nei loro
confronti (37,6%). Tali azioni vengono portate avanti più spesso da persone che la vittima conosce poco(19,7%)
o,più raramente, da amici e compagni di scuola (11,4%).
A chi si chiede aiuto? I ragazzi confidano più spesso l'accaduto ad un coetaneo (25,5%), oppure, cercano l'aiuto
dei genitori (21,5%). Molti invece preferiscono non farne parola con nessuno (22,1%). Poca fiducia viene riservata,
inoltre, agli insegnati (il 7,2%) e ai fratelli o alle sorelle (5,7%).
Chi non beve non si "sballa", non si diverte, è fuori dal coro. Il 51,5% dei giovani dichiara di bere alcolici
qualche volta a fronte del 38,8% di coloro i quali non hanno mai bevuto. C'è, poi, chi ammette di "farsi un bicchiere"
spesso (7,8%) o quotidianamente (1,3%). Consumare occasionalmente bevande alcoliche è un'abitudine più diffusa tra
le ragazze: il 55% di esse dichiara, infatti, di farlo qualche volta a fronte del 47,2% dei ragazzi. Questi ultimi dichiarano
invece di assumere alcol spesso (8,3% vs 7,4%) o addirittura tutti i giorni (2,4% vs 0,4%).
Bicchierino precoce... La maggior parte degli intervistati dichiara di aver bevuto per la prima volta un bicchiere di
birra/vino tra gli 11 e i 14 anni (45,7%), il 24,8% dopo i 15 anni, mentre ha vissuto in tenera età questa esperienza il
17,8% dei giovani. Solo il 5,5%, dichiara di non aver mai bevuto un bicchiere di birra o vino.
...ma soprattutto alle feste. Gli alcolici si bevono prevalentemente in occasioni di feste e ricorrenze (49,6%) o
quando si è in compagnia di altre persone (27,9%). Bevono perché ne hanno voglia o durante i pasti rispettivamente il
16,3% e il 3,9% dei giovani.
Guida in stato di ebbrezza, no grazie. L'83,1% dei ragazzi sostiene di non essersi mai messo alla guida di un
motorino o di un'auto dopo aver bevuto alcolici. E capitato raramente o qualche volta rispettivamente al 6,8% e al
5,2%. Da non sottovalutare il 3,1% di giovani ai quali è capitato spesso di guidare dopo aver consumato bevande
alcoliche. Più prudenti le ragazze: l'88,3% non ha mai guidato dopo aver bevuto, contro il 76,6% dei coetanei maschi.
In macchina con un ubriaco alla guida... Il 64,4% afferma che non gli è mai capitato a fronte del 16,8% e del
12,2% di chi si è trovato in questa situazione raramente o qualche volta. I maschi dichiarano, con maggior frequenza, di
non aver mai accettato un passaggio dal conducente di un veicolo che avesse bevuto alcolici (67,2% vs 62,1). Per contro
il 13,5% delle ragazze e il 10,6% dei ragazzi affermano di averlo fatto solo qualche volta, mentre il 4,3% delle prime
contro il 3,9% dei secondi dichiara di farlo spesso.
L'84,3% degli adolescenti non è mai stato aggredito da un coetaneo, rispetto al 10,5% che ammette di esserlo stato,
seppur raramente, e il 3,5% che dichiara di essere stato vittima di aggressioni da parte di altri ragazzi solo qualche volta.
Lo stesso si può dire per le aggressioni subite da parte di un familiare: 85,8% è la percentuale di quanti hanno risposto
"mai", contro l'8,7% che risponde "raramente" e il 3% "qualche volta". Le aggressioni da parte del partner, di adulti
sconosciuti o conosciuti sono ancora più insolite: il 93,3% non è mai stato oggetto di aggressioni da parte di adulti
conosciuti; il 92,6% non è mai stato aggredito dal partner e il 92% non ha mai ricevuto attacchi da parte di soggetti
sconosciuti.
La paura più grande? Essere violentati. La paura più frequente risulta quella di essere vittima di violenze
sessuali (17%), seguita dal timore di essere importunati da sconosciuti (11%) e di essere rapiti (9,7%). Le paure più
lontane dai ragazzi sono, invece, quella di essere picchiati da altri coetanei (il 62% non l'ha mai provata) e quella di
essere coinvolti in attentati terroristici (il 60,6% non l'ha mai provata).
Ma tutto sommato vivono tranquilli... La maggioranza degli adolescenti riferisce di non essersi mai sentita in
pericolo (51,6%). Il 47,2% dei ragazzi ha però vissuto una situazione di pericolo mentre la percentuale dei bambini non
superava il 38,3%. In situazioni di pericolo solo il 29,7% dei ragazzi chiama i genitori o un altro adulto di fiducia. Il
23,1% degli adolescenti parla con un amico. Nel 22,1% dei casi i ragazzi si difendono da soli. Il 17,1% si chiude in se
stesso e non ne parla con nessuno. Sporadici sono i casi in cui il soggetto si affida alle autorità competenti chiamando i
numeri di emergenza (1,7%).
Co.co.co.: convivenza di collaborazione continuativa. Per il 79,4% degli adolescenti, uomo e donna
dovrebbero collaborare il più possibile nella gestione della famiglia o mantenere una parziale distinzione dei ruoli
(11,1%). Soltanto il 2,6% pensa che i compiti domestici che spettano all'uomo e alla donna debbano rimanere distinti.
L'86% delle ragazze ritiene necessario che uomo e donna collaborino, contro il 71,2% dei ragazzi.
Adolescenti per le pari opportunità. Il 79% degli adolescenti ritiene che una donna è in grado di svolgere
qualsiasi tipo di attività lavorativa ed il 75,9% si dice per niente (56,5%) o poco (19,3%) d'accordo sul fatto che il
successo professionale sia importante più per l'uomo che per la donna. Inoltre, il 67,5% è favorevole al fatto che le
donne occupino posizioni di rilievo nella politica e nei vertici aziendali.
Maternità, poi, non vuol dire rinunciare al proprio posto di lavoro per il 62,2% degli adolescenti che si dichiarano
molto (30,8%) o abbastanza (31,4%) d'accordo con tale risposta, sebbene il 64,5% si esprima a favore di una completa
realizzazione femminile nell'ambito della famiglia. Alla donna, inoltre, spetta il compito di prendersi cura della casa
8
(47,7%). Le ragazze sentono di poter essere brave a svolgere qualsiasi tipo di mestiere (86,6% Vs 69,7%) e di poter ambire ad
occupare posizioni importanti nel mondo della politica e delle aziende (80,1% contro 51,9% del sesso opposto). I ragazzi, invece,
vedono l’universo femminile maggiormente proiettato in un’ottica casalinga. Il 55,6% sostiene, così, che la cura della casa è
compito che spetta alla donna (contro il 41,2% delle ragazze),la quale si sente realizzata soprattutto nell’ambito della famiglia
(69,4%).
Uomini ai fornelli e donne Presidenti? Gli adolescenti dicono si. Nel 90,4% dei casi, non è considerato
"strano" che un uomo si metta ai fornelli, né che si dedichi alla pulizia della casa (65,1%). Nessuna riserva, poi, per la
possibilità che una donna si arruoli nell'esercito o aspiri a ricoprire la carica di Presidente della Repubblica
(rispettivamente il 70,3% e il 76,5% degli intervistati). Inoltre, il 59,2% non trova inusuale che un uomo studi danza e
1'80,8% che una donna giochi a calcio. Sono gli adolescenti, più delle ragazze, ad avvertire anomalo il fatto che un uomo studi
danza (46,3% v.r 33,9%) o che una donna possa diventare Presidente della Repubblica (28,4% contro il 17,5`)/0 delle adolescenti
che condividono la stessa opinione).
Buone maniere o discriminazione? L'82,6% dei giovani ritiene che cedere il posto a sedere o il passo ad una
donna sia un comportamento cortese da adottare; solo 1'8,4% crede che si tratti di un dovere, mentre, per il 2,4%, è un
atteggiamento superato o addirittura una forma di discriminazione indiretta verso le donne (1,5%). Riguardo alla
consuetudine che sia l'uomo a pagare il conto al ristorante, 1'81,2% degli adolescenti pensa sia un comportamento
gentile da mettere in pratica, oltre che un dovere (13%). Solo per il 2,6% si tratta di un'usanza superata che può
costituire, in alcuni casi, un atteggiamento di discriminazione nei confronti delle donne (1,5%).
L'omosessualità o eterosessualità: è sempre amore. Per il 35,6% degli adolescenti l'omosessualità non
andrebbe criticata, mentre il 24,9% è indifferente rispetto a questo argomento. Un adolescente su 5 (20%) ha affermato
di considerarla una forma d'amore come l'eterosessualità. È immorale e contro natura, invece, per l'11,6% e solo 1'1,9%
afferma che andrebbe perseguita. Una coppia omosessuale ha diritto a sposarsi con rito civile per il 47,6% dei giovani,
d'altra parte, la maggior parte (52,8%) ritiene che per una coppia stabile di omosessuali non sia un diritto adottare un
bambino.
Come vedono il proprio futuro? Il 56,7% dei giovani nutre abbastanza (43,6%) o molta (13,1%) speranza di
trovare un lavoro sicuro ed economicamente soddisfacente (contro il 42,2% che al riguardo ha poche speranze o
addirittura nessuna speranza). Il 65,1% è molto (21,4%) o abbastanza (43,7%) convinto che il futuro riservi la possibilità
a ciascuno di trovare il lavoro che più piace (contro il 34% che sostiene il contrario). L'82,2% si dice molto (30%) o
abbastanza (52,2%) sicuro di vivere in futuro una vita sentimentale felice. Spera di realizzare i propri sogni, infine, oltre
la metà dei giovani (66,9%).
La speranza di un mondo migliore? Un sogno. Rispetto alla società, il 52,4% degli adolescenti nutre poche
(41,7%) o nessuna (10,7%) speranza di vivere in futuro in un mondo migliore e il 68% ritiene che vi siano poche
(51,1%) o nessuna (16,9%) possibilità di cambiare la società grazie all'impegno mostrato da ciascuno.
Roma, 18 novembre 2008
Susanna Fara (celi. 348.0628901)
Grazia Iadarola
Ufficio Stampa EURISPES
Via Barberini, 11
00187 Roma
tel 06 44202211
ufficiostampa@eurispes.it
www.eurispes.it
EURISPES e TELEFONO AZZURRO: 4° Rapporto sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia