Istituto G. Toniolo: Rapporto Giovani 2022

Descrizione breve: 
Per i giovani italiani il 2022 è l’anno da cui inizia il futuro. Si apre, infatti, un tempo nuovo in cui possono essere protagonisti: è questa la loro grande attesa e la lente attraverso la quale guardano il Paese che fino ad ora li ha oggettivamente trascurati.
Data: 
10 Giugno 2022
Pubblicato: 
1
Argomento: 

Rapporto Giovani 2018

Descrizione breve: 
L’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, ente fondatore dell’Università Cattolica, a partire dal 2012, ogni anno realizza il Rapporto Giovani, la più estesa ricerca disponibile nel nostro Paese sull’universo giovanile, fornendo dati comparabili a livello internazionale.
Data: 
19 Aprile 2018
Pubblicato: 
1
Argomento: 

Indagine conoscitiva sulla condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza in Italia - sintesi Eurispes

Descrizione breve: 
Curata da Eurispes e Telefono azzurro è stata presentata a Roma mercoledì 16 gennaio 2013 una Indagine conoscitiva sulla condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza in Italia. Una rappresentazione con la quale ogni progetto educativo e ogni curricolo scolastico dovrebbero misurarsi.
Data: 
16 Gennaio 2013
EURISPES - Sintesi Indagine conoscitiva sulla condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia 2012 presentata a Roma il 16 gennaio 2013 IDENTIKIT DEL BAMBINO LA CRISI ECONOMICA NELL’ESPERIENZA DEI BAMBINI La crisi economica interessa tre famiglie su dieci. Infatti il 28,7% dei bambini tra i 7 e gli 11 anni vive in un contesto familiare interessato dalla crisi economica, mentre il 61,1% dichiara che la propria famiglia non è stata colpita dalla crisi. Si tratta sicuramente di un dato al ribasso, influenzato sia dalla capacità di captare le problematiche e le preoccupazioni dei genitori, sia dalla volontà di questi ultimi di non coinvolgere i piccoli. A conferma di ciò l'alto tasso di non risposta (10,2%), come pure quello indicato tra gli stessi bambini più grandi di età tra i 10 e gli 11 anni (40,8%, contro il 28,2% di quelli tra i 7 e i 9 anni). Sono i bambini che vivono nel Sud Italia (38,9%) e nelle Isole (28,7%) ad avvertire una maggiore difficoltà economica delle famiglie; per contro, al Centro (70,6%), nel Nord-Ovest (67,3%) e nel Nord-Est (54,1%) affermano più spesso di non essere stati colpiti della crisi. Come cambia la condizione lavorativa dei genitori. Il 2012 evidenzia segnali di maggiore difficoltà e di fragilità delle famiglie. Secondo la rilevazione del 2010, la situazione lavorativa dei genitori era cambiata solo in pochi casi, dal momento che quasi la maggioranza assoluta dei piccoli aveva riferito che i genitori non avevano perso il lavoro o ridotto le ore lavorative (rispettivamente l’85,6% e il 75,5%), mentre quest'anno il dato è in calo (rispettivamente 74,8% e 70%). In particolare, il 21,9% dei bambini riferisce che la situazione lavorativa dei genitori è cambiata a causa della crisi (contro il 61,9% di quanti non hanno rilevato alcun cambiamento). Nel 10,6% dei casi uno o entrambi i genitori hanno perso il lavoro; il 6,4% si trova in cassa integrazione; l'8% si è dovuto trasferire in un'altra città per lavorare, il 10,6% ha ridotto l'orario di lavoro. Come cambiano i consumi in tempo di crisi. Più di un bambino su cinque riferisce la difficoltà della propria famiglia ad arrivare alla fine del mese (22,2%). Per il 38,2% dei bambini la famiglia ha prestato negli ultimi tempi maggiore attenzione alle spese come l’acquisto di articoli di abbigliamento, calzature e prodotti alimentari; per il 38% ai costi del tempo libero, alle cene fuori casa o ad altre iniziative ritenute non indispensabili; la crisi induce quasi due famiglie su dieci a rinunciare alle vacanze (18,8%). Infine, la riduzione della paghetta settimanale ha coinvolto il 13,1% dei bambini. È in particolare il Sud Italia a soffrire maggiormente per la crisi: i bambini dichiarano di avere difficoltà di risorse economiche nel 31,7% dei casi, seguiti da quelli delle Isole nel 29,3%. Si rileva, di conseguenza, una maggiore attenzione prestata da parte delle famiglie delle Isole maggiori (ben il 54,3%) e delle regioni del Sud (48,3%) nell’acquisto di prodotti alimentari e di articoli di abbigliamento, così come nelle spese per il tempo libero (il 48,6% delle famiglie del Sud e il 48,3% di quelle delle Isole). MEDIA I tempi di esposizione e fruizione. La Tv è il media più usato dai bambini: il 41% ha il permesso di guardarla fino ad un’ora al giorno, il 34% da una a due ore al giorno e una relativa minoranza, il 12,6%, a trascorrere invece gran parte del pomeriggio, dalle 2 alle 4 ore in media, davanti allo schermo televisivo. Sommando quest'ultimo dato con quello dell'esposizione a più di 4 ore si arriva al 21,3% di bimbi che sono davanti alla Tv per un tempo decisamente prolungato. Al secondo posto tra gli strumenti tecnologici usati dai piccoli c'è il computer: nel 44% dei casi fino ad un’ora al giorno, il 20,3% da una a due ore; l’11,8% (rispettivamente il 6,4% e il 5,4%) passa dalle due alle quattro ore e più di quattro ore al giorno davanti al pc. La navigazione Internet impegna il 35,4% dei bambini fino ad un’ora al giorno, dalle 2 alle 4 ore (6,6%) e oltre le 4 ore al giorno (5,1%), mentre quasi un terzo degli intervistati (il 29,8%) non utilizza mai la connessione. L’utilizzo del lettore Dvd si divide equamente tra quanti hanno risposto “mai” (33,3%) e quanti hanno risposto “fino ad un’ora al giorno” (35,3%), seguiti dal 17,5% di coloro che ne fruiscono da 1 a 2 ore, mentre l'8% lo usa da 2 a 4 ore (5,2%) e oltre 4 ore (2,8%). La console per videogiochi (Playstation, PSP, Xbox, Wii) è utilizzata quotidianamente dal 33,2% dei bambini per un massimo di un’ora al giorno, non ne dispone invece il 27,5% dei bambini, mentre il 19,3% ha il permesso di utilizzarla fino a due ore al giorno, seguito dall’8,5% e dal 6,8% che ne abusa (nel complesso il 15,3%), dedicando alla passione per i videogames rispettivamente dalle due alle quattro ore e oltre le quattro ore quotidiane. Nella classifica delle ore destinate giornalmente all’uso delle tecnologie, il cellulare occupa la sesta posizione: il 35,3% vi dedica fino ad un’ora al giorno, il 42% non lo utilizza affatto, il 5,2% lo utilizza per più di quattro ore al giorno e il 3,8% da due a quattro ore e il 5,2% per più di 4 ore. Tra i mezzi meno utilizzati compaiono: il lettore MP3 o iPod (per niente utilizzato dal 47,5% del campione e fino ad un’ora al giorno dal 31%), la console multiplayer per videogiochi, che richiede una modalità di gioco online che si avvale dunque dell’utilizzo della connessione alla rete Internet (massimo un’ora per il 21,3% dei bambini e mai utilizzato nel 54% dei casi), l’iPad o il tablet (per nulla usato dal 65,2% dei bimbi ma usato dal 14,4% fino ad un’ora al giorno). In coda alla classifica la radio (il 66,3% dei bambini non la ascolta, mentre il 22,8% lo fa per un’ora al giorno) e l’E-book (il 79,8% non lo utilizza, verosimilmente perché non ne è ancora in possesso, mentre l’8,1% dichiara di farlo fino ad un’ora al giorno). L'indagine registra una maggiore libertà nell’utilizzo delle tecnologie al crescere dell’età. La Tv viene guardata un’ora al giorno dal 42,9% dei bambini di età compresa tra i 7 e i 9 anni contro il 39% di quanti hanno tra i 10 e gli 11 anni, questi ultimi invece la guardano maggiormente da una a due ore al giorno rispetto ai più piccoli (37,5% vs 30,7%). Allo stesso modo, utilizza il cellulare fino ad un’ora al giorno il 42,7% dei bambini tra i 10 e gli 11 anni contro il 28,6% dei più piccoli, che dichiarano di non utilizzare mai il telefonino nella misura del 53,9% contro il 29% dei più grandi. Tendenza che ritroviamo se ad essere prese in considerazione sono le console per videogiochi e quelle multiplayer: nel primo caso alla domanda “quanto tempo mediamente al giorno la utilizzi?” ha risposto “mai” il 32,1% dei più piccoli contro il 22,1% dei più grandi e nel secondo caso a rispondere “mai” è stato il 56,6% dei bambini dai 7 ai 9 anni contro il 51,3% di quelli che hanno 10 e 11 anni. Playstation, PSP, Xbox, Wii e console multiplayer impegnano i bambini dai 7 ai 9 anni fino ad un’ora al giorno nella misura del 30,9% (contro il 36% dei più grandi) e da una a due ore al giorno nella misura del 15,4% (contro il 23,5%); mentre le console multiplayer vedono allo stesso modo impegnato il 17,1% dei più piccoli contro il 25,6% dei più grandi fino ad un’ora al giorno e il 6,6% dei primi e l’11,3% dei secondi da una a due ore al giorno. L’utilizzo del computer fa registrare una differenza maggiore tra le due classi di età se ad essere presa in considerazione è la risposta “da una a due ore al giorno” (16,1% vs 24,6%), mentre per quanto riguarda l’utilizzo di Internet risponde di utilizzare la connessione fino ad un’ora al giorno il 30,8% dei più piccoli contro il 40,2% dei più grandi e da una a due ore al giorno il 10,7% di quanti hanno un’età compresa tra 7 e 9 anni contro il 21,9% dei bambini di 10 e 11 anni. La “scatola magica”. Per i bambini la televisione non è un mezzo superato e destinato a scomparire (66,1%) e i canali digitali offrono un’ampia gamma di programmi tra cui poter scegliere (il 37,3% ha risposto di condividere “abbastanza” quest’affermazione e il 40,7% “molto”). Il 39,8% invece ritiene che la Tv non sia fatta per un pubblico di giovani. Infine, il campione si divide tra quanti affermano che la Tv è il mezzo che fa più compagnia (46,4%) e quanti invece sostengono che essa possa rappresentare un potenziale mezzo di isolamento (49,3%). Il canale televisivo preferito. I bambini amano Boing (21,2%). A seguire, con uno stacco di più di sei punti percentuale (14,7%), troviamo Italia 1 e in terza posizione si fa largo K2 (10,6%), mentre tutti gli altri programmi vengono seguiti in misura inferiore al 10%: 7,2% Dmax, 6,9% Real Time, 6,6% Nickelodeon, 5,1% Cartoonito, 4,5% Rai Yo Yo, 3,7% MTV, 2,5% Canale 5, 2,2% Raiuno, 1,1% Raidue, 0,8% Rete 4, 0,5% La7 e 0,4% Raitre. I primi tre canali televisivi (Rete 4, Canale 5 e La7) non incontrano il gusto degli spettatori più piccoli (7-9 anni) che invece preferiscono guardare, rispetto ai bambini appartenenti alla fascia di età immediatamente superiore (10-11 anni), i programmi in onda su Boing (+10,3%), Cartoonito (+8,1%), Rai Yo Yo (+6,5%) e K2 (+3,1%). Coloro che invece hanno 10 e 11 anni seguono di più la programmazione su Real Time (+4%), MTV (+3,1%) e DMax (+1,6%). TELEFONINO Il 62% dei bambini ha a disposizione un telefonino proprio, contro il 35,4% che ne è sprovvisto. Ad un netto distacco, si collocano, con il 15%, coloro che dichiarano di averne ricevuto uno all’età di 9 anni, seguiti dal 12,7% di coloro che lo hanno avuto a 8 anni e dall’11,1% di quanti lo hanno avuto a 10 anni: sommando queste percentuali al 5,6% di bambini che ne hanno avuto uno tutto loro ad 11 anni, emerge che il 44,4% dei bambini acquisisce un cellulare tra i 9 e gli 11 anni. Il 17,6% ha un cellulare prima dei sette anni: meno di 1 bambino su 10 (l’8,6%) possiede un telefono cellulare ricevuto prima dei 7 anni, mentre il 9% lo ha ottenuto al compimento del settimo anno di età. Si registra infine un forte distacco (+35,6%) tra i bambini di 7, 8 e 9 anni che hanno dichiarato di non essere ancora in possesso di un cellulare tutto loro (52,5%) e i bambini dell’età di 10 e 11 anni (16,9%). Tra i più piccoli, il 14,3% dichiara di averlo avuto a 8 anni, il 9,3% di averlo ricevuto prima dei 7 anni, un altro 9,3% a 9 anni e il 9,1% all’età di 7 anni. Invece, i bambini appartenenti alla seconda fascia di età (10-11 anni) hanno avuto il loro primo telefonino a 9 anni e a 10 anni (21,5% in entrambi i casi), seguiti da coloro che lo hanno ottenuto a 8 anni (11,5%), a 11 (9,4%) e a 7 anni (9%). Qual è l’utilizzo che i bambini fanno del cellulare? Le due funzioni maggiormente utilizzate risultano essere i giochi (21,2%) e le telefonate (20,5%), seguite dall’invio di messaggi di testo o mms (18,3%) e dall’ascolto di musica (17,5%); quelle meno utilizzate sono invece le applicazioni (2,5%), la navigazione su Internet (5,8%), e la possibilità di scattare e guardare foto e video (6,4%). Le bambine amano scambiarsi sms ed mms (25,5% contro l’11,3% dei bambini che sono soliti farlo), ascoltare la musica (19,3% vs 15,7%), scattare foto e girare video (7% vs 5,8%); mentre i maschi più spesso usano il cellulare per giocare (27,7% contro il 14,6%) e navigare su Internet (7,7% contro il 3,9% ). A differenza dei giochi, apprezzati e utilizzati da circa un terzo (32,7%) dei bambini tra i 7 e i 9 anni, contro il 14% dei bambini di età subito superiore (10 e 11 anni), le principali funzioni offerte dai cellulari vengono sfruttate maggiormente al crescere dell’età. Le telefonate, la messaggistica e la navigazione passano infatti dalla classe 7-9 anni a quella 10-11 anni rispettivamente dal 15,1% al 24,1%, dal 9,2% al 24,4% e dall’appena 1,5% all’8,5%. Datemi un'app. Più della metà dei bambini che hanno un cellulare o utilizzano quelli reperibili in casa appartenenti ai genitori o ai fratelli maggiori adora giocare (50,9%), un terzo di esso (32,4%) è solito collegarsi a YouTube, circa un quarto (il 25,3%) utilizza iTunes o applicazioni simili per ascoltare musica, il 22,5% per navigare tra le pagine del web, mentre il 20,3% utilizza principalmente Instagram o altre applicazioni per le foto. Al di sotto della soglia del 20% appuriamo infine che il 15,8% dei bambini utilizza iMovie o altre applicazioni inerenti i video, il 9,8% utilizza WhatsApp, per scambiare gratuitamente messaggi di testo o foto attraverso il collegamento ad Internet e il 9,4% frequenta i Social Network. Tra i 7 e i 9 anni l’uso delle applicazioni scaricabili sul telefonino è meno frequente rispetto ai 10-11enni che più spesso (+25,3%) vanno su YouTube (utilizzato abbastanza/molto dal 38,6% dei più grandi contro il 23,9% dei più piccoli), giocano a Angry Birds, Fruit ninja, ecc. (57% vs 42,4%), si collegano ad Internet (26,9% vs 15,6%; +11,3%), usano Instagram o altre applicazioni per le foto (24,4% vs 14,6%; +9,8%), WhatsApp (13,1% vs 5,1%; 8%), i Social Network (12% vs 5,5%; +6,5%), iTunes o altre applicazioni per ascoltare musica (31,8% vs 16,3%; +15,5%) e iMovie o altre applicazioni per i video (17,9% vs 12,7%; +5,2%). INTERNET Il lato oscuro della Rete. Un numero elevato di bambini è esposto a contenuti potenzialmente in grado di turbarli e certamente non adatti alla loro età. Più di un bambino su 4 (25,9%) ammette di essersi imbattuto in pagine Internet contenenti immagini di violenza, il 16% dei bambini ha trovato in Rete immagini di nudo, il 13% siti che esaltano la magrezza, il 12,2% siti con contenuti razzisti. Per chiunque navighi, la violenza e i contenuti inappropriati sono comunque l’insidia nella quale è più facile imbattersi. I siti di informazione, così come quelli esplicitamente ludici, contengono spesso, senza filtri né particolari avvertenze, foto, immagini e addirittura video violenti, che risultano facilmente accessibili, anche solo per caso, a tutti i bambini che navigano abitualmente senza la supervisione degli adulti. Sono i maschi, più delle femmine, ad incontrare, durante la navigazione, immagini decisamente violente: il 32,7% contro un più contenuto 19% delle bambine. Ciò dipende probabilmente dal fatto che i maschi sono i maggiori fruitori di quei videogiochi che tanto spesso si basano proprio sulla violenza stessa e che sono i più venduti, i cosiddetti “sparatutto”. Sono invece più numerose le bambine che si sono imbattute in siti con contenuti razzisti (14,5% contro il 10%) o che hanno visitato siti che esaltano la magrezza (14% contro 11,9%). Internet e privacy. Più di un bambino su 10 riferisce di aver trovato online sue foto private (12,4%) o sue foto che lo mettevano in imbarazzo (10,8%); l’8,3% ha visto pubblicati in Rete video privati, il 7,1% rivelazioni su propri fatti personali, il 6,7% video in cui egli stesso era presente che lo hanno imbarazzato. I dati confermano che la diffusione di materiale privato costituisce ormai un rischio diffuso persino tra i bambini, che per la loro giovane età dovrebbero avere meno dimestichezza con la pubblicazione di foto e video in Rete e l’utilizzo dei Social Network. Quando si chiede ai bambini di parlare delle esperienze degli altri, il 7,8% ammette che un proprio amico/a si è trovato in pericolo per aver inviato via Internet le proprie password, il 6,8% per aver inviato il numero del proprio cellulare, il 6,4% il proprio indirizzo di casa, il 5,1% una foto di una persona nuda, il 4,2% il numero di carta di credito, il 2,5% la foto di se stesso nudo. ADULTI E TECNOLOGIE Mondi distanti? I bambini ritengono che i propri amici, nonostante la giovane età, sappiano utilizzare Internet più dei propri genitori e dei propri insegnanti. Per il 70,4% dei piccoli infatti i propri amici sanno utilizzare Internet (39,9% “bene”, 30,5% “abbastanza” bene), una percentuale che scende al 67,5% quando invece si tratta dei genitori (30,6% “bene”, 30,5% “abbastanza” ) e al 66% per gli insegnanti (35,8% “abbastanza” e 30,2% “molto”). I nonni invece sono giudicati privi delle competenze indispensabili per utilizzare la Rete: solo il 4,8% ritiene che sappiano navigare molto bene, il 6,1% abbastanza bene, mentre per ben il 61,6% non sono per niente in grado di farlo o lo sanno fare poco (15,5%). Soprattutto i bambini del Sud giudicano inferiori le competenze informatiche dei propri insegnanti e dei propri nonni giudicandoli “per niente” capaci rispettivamente nel 9,1% e nel 72,4% dei casi. Al contrario, i bambini meridionali – ma anche quelli delle Isole che fanno registrare il giudizio più negativo nei confronti dei propri genitori (12,9%) – attribuiscono più spesso degli altri ottime capacità di navigazione ai propri amici (per il 45,1% di quelli del Sud e per il 46,5% di quelli delle Isole gli amici sanno utilizzare Internet molto bene). L’incrocio dei dati conferma quindi la percezione del persistere di un certo ritardo del Mezzogiorno nella diffusione della Rete e nell’acquisizione delle competenze necessarie ad utilizzarla da parte degli adulti. Controllo “a singhiozzo”. La maggioranza dei bambini (63,6%) non possiede un pc proprio ed utilizza quello a cui accedono anche i propri genitori. Solo un terzo dei genitori, però, conosce le password da loro utilizzate in Rete (34,8%); un quarto (24,5%) può accedere alla posta elettronica dei figli. Il 21,9% dei genitori può accedere al profilo Facebook dei bambini. Quanto al cellulare, un genitore su tre conosce il codice pin del cellulare dei propri figli (36,1%), mentre il 15% sa sempre dove sono grazie ad un’applicazione presente nel cellulare. Sono quindi abbastanza frequenti ma non ancora la maggioranza le famiglie in cui i genitori hanno modo di controllare direttamente il telefonino e l’utilizzo di Internet e pc da parte dei bambini. Nella maggior parte dei casi, infatti, i 7-11enni usano il cellulare, navigano e comunicano online (tramite posta o Social Network) senza che madri o padri possano controllare direttamente. Sono state oggetto d’indagine anche le forme di controllo esercitate da parte dei genitori sulle attività dei figli, in modo più nascosto ma invadente. Al 22,3% dei bambini è capitato di accorgersi che un genitore si trovava alle sue spalle mentre usava il pc, il 20,4% ha notato che i propri messaggi sul cellulare erano stati letti ed il 20,2% che le proprie telefonate erano state ascoltate. Il 16,8% dei bambini riferisce di essersi accorto che i suoi genitori erano entrati nel suo profilo su un Social Network (Facebook, Twitter), per il 13,6% si trattava invece del controllo delle proprie chat e per il 10,4% della posta elettronica. Forse troppo liberi di scegliere. A quasi la metà dei bambini intervistati (49,4%) capita di scegliere cosa vedere in Internet e su che siti navigare parlandone prima con i propri genitori, ma solo nel 14,4% dei casi ciò avviene sempre (9,2% invece spesso); nella maggioranza dei casi la scelta condivisa riguarda episodi sporadici (qualche volta 13,7% e raramente 12,1%). Il 37,7% del campione, al contrario, non parla mai prima con i genitori di cosa vedere navigando in Rete. Solo un bambino su 10 (11,4%) riferisce che i propri genitori hanno messo dei controlli/blocchi al computer per impedirgli di avere accesso a siti non adatti alla sua età. Se il 45,1% risponde negativamente, occorre però osservare che un consistente 43,5% non è in grado di esprimersi, segno che moltissimi bambini non sono a conoscenza dell’esistenza di questo tipo di blocchi o ignorano se i propri genitori li abbiano adottati. GIOCO D’AZZARDO Se l’82,9% dei bambini cui è stato sottoposto il questionario dichiara di non aver “mai” giocato online a soldi, la percentuale scende al 74,1% per il gioco a soldi non online: un bambino su quattro risulta coinvolto all’interno di un fenomeno la cui portata e rilevanza non devono essere assolutamente sottovalutate. Gioca spesso a soldi online l’1,4% dei bambini del campione, lo fa qualche volta il 3% e raramente il 3,6%. I giochi che prevedono denaro non online fanno registrare percentuali maggiori (5,1% spesso, 3,8% qualche volta e 6,4% raramente). Riguardo al gioco d’azzardo non online, al Sud (con il 7%) si colloca la più alta percentuale di bambini che dichiara di giocare “spesso” (rispetto al 2,6% di quelli del Centro). Sono, invece, i bambini che risiedono nell’area geografica del Nord-Est quelli che più frequentemente affermano di giocare “qualche volta” non online a soldi (nel 6,1% dei casi). Interessante anche il dato relativo alle due diverse classi di età prese in considerazione (dai 7 ai 9 anni di età e dai 10 agli 11), dove la percentuale di quanti dichiarano di non aver “mai” giocato non online a soldi scende dal 77,5% dei più piccoli al 71% dei più grandi. Per quanto riguarda invece il gioco d’azzardo online, i bambini che dichiarano di non giocare “mai” a soldi sono più numerosi al Sud (86,1%) che al Nord-Est (79%). Per quanto riguarda invece il luogo in cui si gioca più frequentemente, dopo Internet (41%) prevale nettamente la Sala giochi (13,8%); a questo proposito appare interessante notare come dall’incrocio dei dati in base al genere risulta chiaramente che essa viene frequentata molto di più dai maschi (17,3%) che dalle femmine (9,7%). Il gioco prediletto dai bambini è il Gratta e vinci, cui dichiara di aver giocato il 33,7%, mentre l’11,4% e l’11,1% ha invece giocato rispettivamente alle Lotterie ed al Bingo. Meritevoli di menzione sono inoltre i dati relativi alle diverse aree geografiche di provenienza del campione analizzato, che denotano da un lato un’estrema eterogeneità (e quindi complessità) del fenomeno in esame, ma dall’altro una maggiore propensione al gioco da parte dei bambini del Nord- Est rispetto a quelli delle altre zone del Paese. Risulta essere estremamente rilevante il fatto che in quattro dei cinque giochi presi in esame per i quali è necessario l’utilizzo di soldi, il Nord-Est prevale, spesso nettamente, rispetto alle altre zone del Paese; nel caso del Gratta e vinci, ad esempio, ben il 44,1% dei bambini del Nord-Est dichiara di avervi giocato (rispetto al 13,2% delle Isole), così come il 22% ammette di aver giocato al Bingo (rispetto al 2,6% delle Isole) ed il 16,6% al Videopoker (rispetto al 2,6% delle Isole). Infine, per quanto riguarda il Videopoker e le Slot machines, che sono senza dubbio i giochi d’azzardo che destano la maggior preoccupazione, le percentuali di bambini che dichiarano di aver giocato a questi due pericolosi giochi d’azzardo non sono affatto trascurabili (rispettivamente il 7,8% ed il 6,9%), tanto più se si considera che, ammette di non avervi mai giocato, ma che tuttavia vorrebbe farlo, un numero quasi doppio di bambini (rispettivamente il 13,3% ed il 13,5%). Interrogati sui motivi che li hanno spinti a giocare d’azzardo, i bambini hanno fornito le seguenti risposte: il 18,9% lo ha fatto per puro divertimento, l’11,1% per l’emozione che suscita il gioco o perché lo ha visto fare ad amici e/o parenti, mentre il 9% sostiene di averlo fatto per vincere soldi e/o premi. Tra questi ultimi prevalgono i maschi: l’11,7% rispetto al 5,8%, mentre le bambine si sentono spinte a giocare dalla voglia di emulare comportamenti di familiari e/o amici (il 14,9% rispetto al 7,8%).Da non sottovalutare nelle motivazioni anche quelle di chi si è avvicinato al gioco dopo aver sentito una pubblicità (6,6%) o per combattere la noia (5,7%) oppure ancora per non dover pensare ai propri problemi (2,1%). Il 69,4% dei bambini ha dichiarato di non conoscere nessuno che gioca d’azzardo (anche online) sebbene il 21% di loro ha vicino qualcuno che gioca; la prima categoria di persone che sono loro invece note in quanto giocatori è quella degli “amici” (7,1%), seguita da quella degli “altri” soggetti (4,6%), poi dai “padri” (4%) e da nonni e zii (2,6%). SCUOLA E NUOVI MEDIA La maggior parte delle scuole interessate dall’indagine di Eurispes e Telefono Azzurro sono fornite di personal computer e di laboratori informatici (l’88,9%). Ciò che sorprende è che solo il 71,1% dei computer scolastici sono collegati ad Internet. Il 77,2% delle scuole ha un sito web nel quale raccogliere le informazioni relative alle attività scolastiche ed extrascolastiche. L’assenza di collegamento ad Internet ha evidentemente consentito solo al 26% delle scuole di sviluppare un blog dell’istituto scolastico e al 13,1% un forum di discussione su tematiche che interessano gli studenti. L’81,5% delle scuole ha una LIM (lavagna interattiva multimediale), mentre ne è sprovvisto solo il 14,4%. L’84,5% di scuole è sprovvisto di tablet e il 30,7% edita il classico giornalino in forma cartacea, contro il 57,9% che non lo ha. A scapito della funzione fondamentale che potrebbe essere svolta dall’impiego delle tecnologie associato ad un percorso guidato dagli insegnanti che ne esplichino le potenzialità e le modalità di utilizzo, solo il 33,2% delle scuole organizza, secondo i bambini, dei corsi per consentire un uso consapevole di Internet, mentre il 55,3% delle scuole non si attiva in tal senso. Solo il 3,9% degli studenti ha usato quasi ogni giorno Internet a scuola, mentre il 56,4% non l’ha mai utilizzato e il 34,8% l’ha utilizzato solo qualche volta. Una sorte migliore non l’ha ricevuta neanche la LIM, poiché il 53,8% degli studenti non l’ha mai usata, mentre solo il 10,5% l’ha utilizzata ogni giorno e il 28,8% solo qualche volta. La scarsa presenza di tablet a scuola giustifica il dato relativo al limitato utilizzo dello stesso: infatti, l’86,6% degli studenti non l’ha mai usato a scuola, mentre soltanto il 4% l’ha usato solo qualche volta. Solo il 23,7% dei bambini ha affrontato in classe il tema della sicurezza in Internet, mentre il 65,3% non l’ha mai discusso in aula. Sulla contaminazione, infine, tra il metodo tradizionale e quello delle nuove tecnologie, si rileva ancora una forma di arretratezza delle nostre scuole, poiché l’84,4% degli Istituti frequentati dai bambini del campione non ha mai preparato materiali da mettere in un blog/forum della scuola. Risulta scarsa anche l’attenzione verso gli E-book: solo l’1,7% dei bambini ha prodotto materiali per un libro digitale quasi ogni giorno, mentre invece l’80,6% non ha mai svolto tale attività e il 6,5% solo qualche volta. Una mappa “tecnologica” del Paese poco equa. Le scuole del Nord-Ovest detengono il primato per quanto riguarda i laboratori informatici con il 96,4% delle strutture che ne sono fornite, cui segue il Sud con il 95,6%, il Centro che si attesta sull’89,2% e il Nord-Est con l’84,5%. Le Isole, invece, sono quelle che risentono di un’arretratezza maggiore poiché solo il 58,6% delle scuole ha laboratori informatici. Le zone più penalizzate dall’assenza di un collegamento Internet sono quelle delle Isole, dove solo il 31,9% gode di una connessione, mentre nel Nord-Ovest la percentuale raggiunge il 90,3%. Il Sud, in controtendenza, supera il Nord-Est poiché, rispettivamente il 72,5% e il 71,3% dei computer sono collegati ad Internet. Le LIM sono presenti in maniera quasi del tutto uniforme nell’intera Penisola con una percentuale identica nel Sud e nel Nord-Ovest (88,3%), cui seguono di misura il Nord-Est e le Isole con percentuali che si attestano rispettivamente all’87,8 e all’83,6%. La zona d’Italia che, invece, ha investito meno, rispetto alle altre aree geografiche, nel fornire alle strutture scolastiche le lavagne interattive è il Centro, che mostra una percentuale notevolmente inferiore a quelle registrate altrove (52,8%). Le risposte dei bambini indicano le scuole del Nord-Est come quelle più fornite di tablet (17,1%); seguono il Sud e le Isole (6,9%), mentre il Nord-Ovest con il 5,2% e il Centro con il 5,6% si attestano come ultimi in questo ambito. Le scuole del Sud e quelle del Nord-Ovest hanno un proprio sito in egual misura (84,7%), come riprova anche del fatto che proprio in queste zone ci sono gli Istituti maggiormente collegati ad Internet. Al Centro il 76,9% delle scuole ha un proprio sito, mentre il Nord-Est con il 68,5% e le Isole con il 51,3% si attestano come le zone geografiche meno fornite di questo complemento. I dati che emergono in merito all’utilizzo della strumentazione informatica non sono affatto confortanti. Internet viene utilizzato mensilmente in modo discontinuo ed incostante soprattutto nelle Isole (mai nel 73,3%, qualche volta nel 2,6% e quasi ogni giorno solo nel 2,6% dei casi), ma anche in buona parte della Penisola. Spicca il Centro, che evidenzia un uso positivo di Internet nel corso del mese, seppure solo “qualche volta” (49,7%). Una situazione non migliore si registra nell’utilizzo della LIM, soprattutto al Centro, dove l’87,2% degli Istituti non la utilizza, seguito, in questo “primato negativo”, dalle Isole con il 58,6%. Il Nord-Est, invece, fa un uso sporadico della stessa, solo per il 43,6%. Uno scarso utilizzo dei tablet in classe si osserva in tutte le zone d’Italia, dove si registrano percentuali bassissime sia relativamente all’utilizzo degli stessi con frequenza quotidiana, sia sporadicamente. La creazione di coscienze consapevoli non solo delle potenzialità, ma anche delle insidie che un uso indiscriminato del mezzo informatico può generare viene quasi totalmente disatteso da parte delle Istituzioni scolastiche. Al Centro, l’81% degli intervistati non ha mai assistito ad una lezione in classe su queste delicate tematiche; su percentuali non troppo distanti si attestano le altre zone d’Italia, come il Nord-Ovest (66,5%) e il Nord-Est (63,5%). L’arretratezza nell’utilizzo di materiale da destinare al web è trasversalmente riscontrabile in ogni parte d’Italia, con un gravissimo ritardo soprattutto nelle zone centrali: infatti, il 91,8% delle scuole del Centro non ha mai preparato materiali da inserire in blog o forum del sito scolastico, ma non si discostano di molto da tale dato neppure le altre realtà territoriali come il Sud, dove si registra una percentuale dell’86,1%, oppure il Nord-Ovest, dove la stessa raggiunge l’83,9%. Infine, solo l’8,8% degli intervistati del Nord-Est ha prodotto “solo qualche volta” testi per E- book; seguono gli studenti del Sud (8,3%), quelli del Nord-Ovest (6,5%) e quelli del Centro (4,6%). SENSAZIONI L’età della spensieratezza si presenta generalmente caratterizzata da moltissimi momenti di serenità e pensieri positivi: infatti si dichiara spesso divertito il 65,5% dei bambini e il 64,8% felice. Di contro occorre rilevare che sentimenti opposti e negativi coinvolgono comunque una larga parte dei bambini. Il 24,7% infatti dichiara di vivere stati di depressione qualche volta (19,1%) o spesso (5,6%); se a questi si aggiungono i bambini che sentono un senso di depressione anche se solo raramente (17,7%) emerge un disagio che tocca il 42,4% dei bambini, 4 su 10. Allo stesso tempo, a non sentirsi mai felice è il 2,9% dei bambini, il 13,8% dice di esserlo qualche volta e il 6,9% raramente (23,6% in totale). Solo il 24,8% dei bambini riferisce di non vivere stati d’ansia, mentre il 12,2% dice di viverli spesso e il 24,4% qualche volta: l’ansia coinvolge anche il restante 25% dei bambini sebbene raramente. Il 31,8% dei piccoli non si sente mai solo, ma un bambino su dieci si sente “spesso” solo, seguito dal 21,8% cui capita di vivere “qualche volta” questa sensazione e dal 24,2% che soffre di solitudine, ma raramente. I bambini si sentono in imbarazzo spesso (7,2%) e qualche volta (18%) nel 25,2%, molti dichiarano di esserlo raramente 24,9%, mentre il 35,1% non lo è mai. La noia è un sentimento abbastanza comune tra i bambini tanto che solo 1 su 5 non l’ha mai provata (20,7%), contro l’11,9% che riferisce di provarla spesso e chi invece si annoia qualche volta (28%) o raramente (26%). La rabbia è molto diffusa: la prova infatti qualche volta (35,4%) o spesso (16,4%) complessivamente il 51,8% dei bambini seguiti da quanti sono arrabbiati solo raramente (21,9%). Allo stesso tempo i sentimenti di paura non colgono mai solo il 32,5% dei bambini, mentre sono una costante per il 7,7% che li prova spesso, seguiti da chi ha paura qualche volta (18,8% ) o raramente (27,3%). Coloro che hanno 10 e 11 anni si arrabbiano e si annoiano più facilmente dei più piccoli, vivendo più frequentemente anche stati di ansia (se si sommano “qualche volta” o “spesso” è ansioso il 44,4% dei bambini di 10-11 anni contro il 29,8% dei più piccoli) e di solitudine (se si sommano “qualche volta” o “spesso” si sente solo il 33,2% dei bambini di 10 e 11 anni contro 31,6% dei più piccoli). IDENTIKIT DELL’ADOLESCENTE LA CRISI ECONOMICA NELL’ESPERIENZA DEGLI ADOLESCENTI La famiglia di 1 adolescente italiano su 2 è stata colpita dalla crisi. Nel 2010 più di un adolescente su quattro riteneva che la crisi economica avesse colpito la propria famiglia (29%), oggi ben la metà dei ragazzi (50,1%) si dice consapevole della difficile situazione economica che vive in prima persona nella propria famiglia. È opinione condivisa dal 55,6% dei ragazzi del Nord-Ovest e dal 55,5% delle Isole, seguiti dal 52,6% di coloro che vivono nel Nord-Est, dal 46,1% degli adolescenti del Centro e dal 44,7% del Sud Italia. I ragazzi mostrano una certa sensibilità nell’osservare che questa è una problematica condivisa dalla nostra società, visibile in particolar modo agli occhi di coloro che hanno 15-18 anni: l’80,6% rispetto al 65,1% dei più piccoli (12-15 anni). Sebbene nel 64,9% la situazione professionale dei genitori complessivamente appaia invariata, in quasi una famiglia su tre (30,9%) la crisi economica ha costretto a dei cambiamenti nella condizione lavorativa. Una condizione gradualmente peggiorata rispetto alla rilevazione del 2010, quando la situazione occupazionale era rimasta la stessa nel 74,5% dei casi, laddove solo il 18,9% degli adolescenti riferiva cambiamenti nella situazione lavorativa dei genitori. I genitori non hanno perso il lavoro secondo l’82,7% dei ragazzi (il 12,2% afferma il contrario, quindi 1 genitore su 10 ha perso il lavoro), non sono stati collocati in cassa integrazione per l’84,6% (ma è stato così per il 9,8%) e non si sono dovuti trasferire in un’altra città per questioni occupazionali (nel 87,4% dei casi contro il 6,2%). Il 78,8% dei genitori non ha dovuto ridurre l’orario di lavoro (contro il 15,4%). Il Nord-Ovest condivide con il Sud e le Isole il problema della perdita del lavoro (rispettivamente nel 15%, nel 13,5% e nel 13,3% dei casi); situazione peraltro simile rispetto alla collocazione dei genitori in cassa integrazione (13,1% Nord- Ovest, 12,1% Isole e 9,9% Sud). Se sono maggiormente i ragazzi intervistati presso le regioni del Nord a riferire la necessità dei genitori di ridurre l’orario di lavoro (il 21% nel Nord-Ovest e il 16,6% nel Nord-Est), è ancora una volta nel Sud Italia che emerge il bisogno di emigrare per cercare una condizione professionale migliore (7,5%). In questo scenario, la situazione lavorativa sembra essere cambiata principalmente al Nord-Ovest (36%) e al Nord-Est (34%), seguiti dal Sud (29,8%), dalle Isole (27,6%) e dal Centro Italia (25,7%). Misure di emergenza per affrontare la crisi. La larga maggioranza degli adolescenti, il 59,2%, riferisce che la propria famiglia ha dovuto prestare negli ultimi mesi maggiore attenzione alle spese tagliando quelle extra come le cene fuori e i divertimenti. Moltissime famiglie (48,4%) hanno effettuato addirittura tagli sui beni alimentari e sul vestiario oppure hanno deciso di rinunciare alle vacanze (23,9%). Il ricorso a prestiti ha invece interessato il 9,1% delle famiglie dei ragazzi e solo nel 4,4% dei casi un affitto/mutuo troppo elevato ha costretto ad un cambio di abitazione. Nel 26,1% dei casi gli adolescenti segnalano una situazione economica così grave che la propria famiglia ha difficoltà ad arrivare alla fine del mese. Nonostante le difficoltà, i genitori cercano di dare il meglio ai propri figli e di non far pesare sulle loro esigenze le difficoltà economiche, infatti solo in 2 casi su 10 i ragazzi hanno visto ridotta la propria paghetta. L’esigenza di uniformarsi ad uno stile di vita più sobrio è sentito in particolar modo dalle famiglie dei ragazzi più grandi: secondo i 16-18enni in famiglia si presta maggior cura alle spese per i prodotti alimentari o di abbigliamento (nel 56,4% contro il 43,7% dei più piccoli) e a quelle non strettamente necessarie (il 69,7% contro il 52,4%); allo stesso tempo sono coloro che affermano di aver rinunciato alle vacanze (31,5% contro il 18,9%) e che dichiarano le maggiori difficoltà familiari ad arrivare alla fine del mese (il 32,7% dei ragazzi di 16-18 anni vs 21,7% di coloro che anno 12-15 anni). Sono, inoltre, i più grandi ad aver visto ridurre la paghetta: il 23,8% rispetto al 16,3%. La maggior parte dei ragazzi è consapevole della crisi e decide di aiutare i genitori. Gli adolescenti si dimostrano particolarmente responsabili quando riferiscono di aver adottato una maggiore accortezza nelle proprie spese. In particole il 63,7% ha deciso di spendere meno nell’acquisto di nuove tecnologie, di risparmiare sui soldi spesi con il cellulare (53,9%), per i vestiti (57,8%) e per le uscite. Alcuni invece hanno deciso di fare a meno della paghetta (33,7%). La “mappa” delle inquietudini degli adolescenti. Solo il 30,1% dei ragazzi non si sente affatto preoccupato per le difficoltà economiche incontrate dalla propria famiglia. Un ragazzo su 10 ha spesso questa preoccupazione (11,2%), al 26% succede qualche volta di sentirla e al 29,7% raramente. Il 30,5% dei ragazzi si dice spesso (10,2%) e a volte (20,3%) preso dalla preoccupazione per i problemi di lavoro dei propri genitori; un sentimento che, anche se raramente, interessa anche un altro 26,9% degli adolescenti. La paura di non trovare lavoro da adulti è largamente diffusa, tanto che solo il 18,2% degli adolescenti dice di non averla; si tratta di un timore che prende spesso (28%) e qualche volta (31,7%) ben il 59,7% dei giovani e raramente il 19%. Probabilmente consci che, nel contesto attuale, non sarà un’istruzione più elevata a cambiare le difficoltà occupazionali che incontreranno, più della metà degli adolescenti (54,9%) non si sentono preoccupati dalla possibilità di non potersi in futuro permettere di andare all’Università; d’altra parte, questo è un timore spesso (9,1%), a volte (12%) e di rado (20,8%) avvertito dal 41,9% dei giovani. MEDIA, TELEFONINI E INTERNET Completamente immersi nelle tecnologie. Hanno una mano sul mouse e davanti agli occhi lo schermo di un pc, con l’altra mano scrivono messaggi sullo smartphone, un auricolare porta ad un orecchio la musica e con l’altro orecchio ascoltano la Tv sintonizzata sul canale preferito. È così che i giovani si muovono nei meandri della più moderna tecnologia, dando vita ad una generazione “multitasking”. Conducono una vita che non potrebbe essere pensata né vissuta senza quegli strumenti, sempre più evoluti, che permeano tutti gli aspetti più importanti della loro vita, dallo studio al divertimento, dalle necessità comunicative al bisogno di socializzazione. I giovani vivono completamente immersi nella tecnologia, ognuno con le proprie preferenze ed in base al livello di alfabetizzazione tecnica acquisita, ma tutti in simbiosi con strumenti di comunicazione, apparecchi informatici e tecnologie digitali all’avanguardia. Fruizioni tecnologiche: mai senza il cellulare, pc, Intenet e Tv. Il 26,3% dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni guarda la Tv fino ad un’ora al giorno, il 41,2% da una a due ore al giorno, ben il 21,7% dalle due alle quattro ore e il 6,6% oltre le quattro ore; solo il 4% non la guarda mai. Sono pochissimi coloro i quali non trascorrono neanche cinque minuti al giorno davanti ad un pc (5,9%), mentre il 27,1% dei ragazzi lo fa fino ad un’ora al giorno, il 33,5% da una a due ore, il 20% da 2 a 4 ore e il 13% dalle 4 ore in su. Allo stesso modo, Internet non è usato solo dal 4,3% dei ragazzi, mentre un 23,4% naviga per un’ora al giorno, un 32,2% da una a due ore al giorno, un 22,8% da due a quattro ore e il 16,2% oltre le quattro ore. La fruizione massiva di pc e Internet è superiore anche a quella della Tv. Il cellulare viene utilizzato fino ad un’ora al giorno dal 21,9% dei ragazzi, da una a due ore al giorno dal 14,7%, da due a quattro ore dal 14,5% e mai dal 7,2%. Il 40,5% degli adolescenti invece usa il cellulare oltre le quattro ore giornaliere. Il 65,5% dei ragazzi non ascolta mai la radio, mentre a farlo fino ad un’ora al giorno è il 24. Il lettore b conosce un utilizzo pari ad un’ora al giorno nel 26,3% dei casi e da 1 a 2 ore al giorno dal 19% dei ragazzi, contro un 48,1% che dichiara di non farne uso. Nonostante il 41,4% dichiari di non utilizzare Playstation, PSP, Xbox e Wii, la maggior parte degli adolescenti (57,1%) si trovano a passare il tempo con la console dividendosi tra il 26,1% che ne fa un uso moderato (fino ad un’ora al giorno), il 17,5% che la usa da 1 a 2 ore, il 7,8% da 2 a 4 ore, mentre il 5,7% fa parte dei gioco-dipendenti (oltre le 4 ore). Per quanto riguarda le console muliplayer, il 19,5% dei ragazzi interagisce con i videogames fino ad un’ora al giorno, il 9,2% da 1 a 2 ore, mentre il 61,4% non ne fa uso, perché probabilmente non ne è in possesso. Il lettore Mp3 o iPod viene utilizzato mediamente fino ad un’ora al giorno nel 38,1% dei casi, da 1 a 2 ore nel 22,6%, il 22,7% dichiara di non utilizzarlo e sotto la soglia dei dieci punti percentuale troviamo un 8,7% di ragazzi che lo ascoltano da due a quattro ore al giorno e un 6,7% che lo fa oltre le quattro ore giornaliere. Infine, l’iPad/tablet e l’E-book non fanno registrare ancora un utilizzo diffuso: è infatti rispettivamente il 73% e l’87,9% a dichiarare di non utilizzarli mai contro un 12,3% e 6% che li usano fino ad un’ora al giorno. Se i ragazzi tra i 12 e i 15 anni usano il cellulare fino ad un’ora al giorno (nella misura del 27,1% contro il 13,1% dei ragazzi di età compresa tra i 16 e i 18 anni), il tempo di fruizione aumenta con il crescere dell’età: usano infatti il telefonino da due a quattro ore al giorno il 13,5% dei più piccoli e il 16,1% dei più grandi, mentre oltre le 4 ore al dì il 32,2% dei 12-15enni contro il 54,4% dei 16-18enni. L’uso dei videogiochi resta legato ad una fascia di pubblico più piccola: la console tradizionale viene infatti utilizzata dai 12-15enni nella misura del 29,9% (contro il 20,6% dei più grandi) fino ad un’ora al giorno e la console multiplayer dal 24% dei più piccoli contro il 13,1% dei ragazzi di età compresa tra i 16 e i 18 anni. Il computer e Internet fanno registrare come differenza il tempo di fruizione: è il 17,5% dei più piccoli e il 24,3% dei più grandi ad utilizzare il pc da due a quattro ore al giorno e il 19,2% e il 28,8% ad usare Internet da due a quattro ore al giorno, mentre la situazione si ribalta se ad essere preso in esame è un tempo più ridotto (fino ad un’ora al giorno), che vede come fruitori il 28,5% dei 12-15enni contro il 24% dei 16-18enni nel caso del pc e il 26,1% contro il 18,6% per quanto riguarda Internet. Come cambia il modo di fruire dei contenuti televisivi. Preferisce guardare in tempo reale i programmi in Tv il 68,7% degli adolescenti (il 28,5% lo fa abitualmente e il 40,2% abbastanza spesso). La visione in diretta di un programma televisivo attraverso il sito Internet del canale, che concerne dunque una sostituzione del contenitore (dalla televisione a pc, cellulare o tablet) è preferita da una piccola parte dei ragazzi (l’1,8% dichiara di farlo “molto” e il 7,1% “abbastanza”), contro una più ampia percentuale di quanti non lo fanno mai o soltanto qualche volta (88,9%). Sono invece un po’ di più i ragazzi che guardano un programma tramite connessione al sito del canale televisivo scaricandolo e utilizzando tempi diversi, passando dalla visione in diretta a quella in differita, adattando la visione ai propri impegni ed orari, ribaltando dunque il principio stesso di palinsesto. È il 3,7% a preferire questa modalità di visione e l’11,3% a gradirla “abbastanza”, contro un ben più alto 83% di coloro che non hanno modificato troppo le vecchie abitudini ( “per niente” il 58,5 e “poco” il 24,5%). Infine, troviamo che inizia a diffondersi un nuovo modo di fruire dei contenuti dalla Tv: piuttosto che seguire interamente un programma dall’inizio alla fine c’è chi preferisce, per mancanza di interesse o di tempo, selezionare ad esempio da YouTube o siti simili pezzi di programma ritenuti di maggior interesse rispetto alla sua interezza: lo fa spesso il 6,1% dei ragazzi, abbastanza il 16,7%, poco il 37,6%. Il futuro della Tv. Per l’80,8% degli adolescenti la Tv offre un’ampia gamma di canali che trasmettono programmi adatti ad una pluralità di pubblico, grazie all’introduzione del digitale terrestre (è poco d’accordo con questa affermazione il 14,1% e non lo è affatto solo il 4,7% dei ragazzi). Alla quasi unanimità (93,2%) i ragazzi sostengono che la televisione non ha i giorni contati e non è un “mezzo superato” destinato a scomparire (risponde “abbastanza” il 4,9% e “molto” solo l’1,5%). Inoltre il 72,8% sostiene che il pubblico a cui si rivolge la televisione non è soltanto o in larga parte costituito dal mondo adulto e dai più anziani (seppure risponda “abbastanza” il 21,9% dei ragazzi) e il 64,2% non ritiene che i giovani preferiscano guardare la Tv via Internet (tuttavia risponde “abbastanza” il 25,9%). Il 45,3% dei ragazzi ritiene infine che la televisione sia lo strumento tecnologico che fa più compagnia contro il 53,2% che afferma l’opposto e il 48,5% ritiene che ad essere degni di interesse siano soltanto i programmi messi in onda dalle televisioni a pagamento (contro il 50,9% che si esprime in maniera opposta). Cellulare: la differenza la fanno funzioni e applicazioni. Solo l’1,2% degli adolescenti italiani non ha un cellulare. La metà del campione (il 49,9%) preferisce lo scambio di notizie e informazioni attraverso la messaggistica di testo e immagini (sms ed mms) piuttosto che tramite le telefonate, utilizzate principalmente dal 23,2% dei ragazzi. L’8,8% dei giovani si collega ad Internet tramite cellulare, il 7,6% ascolta la musica, il 3,4% scarica ed utilizza le applicazioni, il 3,1% gioca e il 2,2% maneggia foto e video. Le ragazze prediligono l’utilizzo di sms ed mms per tenersi in contatto (60% vs 38,6%), i ragazzi preferiscono invece le telefonate (27,9% contro il 19%), la navigazione su Internet (10,7% vs 7,1%), l’ascolto di musica (8,2% vs 7,1%), l’uso di applicazioni (5,1% vs 1,7%) e giochi (4,9% vs 1,5%). Tra i ragazzi più grandi (16-18enni) messaggia il 61,5%, mentre i 12-15 lo fanno nel 42,5% dei casi, privilegiando invece l’uso delle telefonate (26,9% contro il 17,1%). Le applicazioni per cellulari maggiormente usate dai ragazzi (accorpando le risposte “molto” e “abbastanza” sull’utilizzo) sono: il collegamento a Internet (54%), l’uso dei Social Network quali Facebook e Twitter (50,8%), la visione di filmati su YouTube (49%), l’utilizzo di giochi quali Angry Birds e Fruit ninja (44,8%). Seguono iTunes o altre applicazioni per ascoltare musica (26,8%), Instagram o altre applicazioni per le foto (21,8%), Live Score o altre applicazioni con aggiornamenti sui risultati sportivi (18,8%), preferite largamente dal pubblico maschile. Chiudono la classifica l’utilizzo di mappe o del navigatore (13,8%), di Skype (10,8%) e di iMovie o altre applicazioni per i video (10,4%). Fear of missing out. Quale sarebbe la paura più grande dei ragazzi se gli fosse preclusa di collegarsi ad Internet? Il 55,7% avrebbe paura di non venire a sapere le cose, di non venire a conoscenza o non essere aggiornato su eventi e appuntamenti, il 50,2% di essere tagliato fuori da ciò che quotidianamente accade nel mondo, il 46,5% di perdersi qualcosa di divertente, il 38,4% di non avere più la possibilità di conoscere nuove persone, il 31,9% di perdersi qualcosa di più interessante della vita normale, il 22% di restare fuori dalla propria cerchia di amicizie, che molto si nutre e si cementa nel web e sui Social Network, il 17,2% di perdere l’opportunità di trovare un partner. A rischio dipendenza da Internet. Alla domanda “ti capita, quando sei connesso a Internet, di non riuscire a staccarti, anche se ti sei riproposto di farlo?” quasi metà degli adolescenti (47%) risponde “qualche volta”, al 14,5% accade spesso e al 7,2% sempre. Solo il 30,3% dei ragazzi non mai messo in atto comportamenti di dipendenza, anche se con diverse gradazioni, dalla Rete. Navigare in mare di rischi. Un terzo dei ragazzi (33,9%) ha navigato in siti di immagini pornografiche e che esaltano un corpo palestrato (32%); il 19,3% ha visitato siti che incitano alla violenza, all’odio contro gli stranieri (13,1%) e a commettere un reato (12,1%); hanno inoltre navigato all’interno dei siti che esaltano l’anoressia (9,9%) o il suicidio (4,9%), con consigli annessi. Mentre il mondo adulto combatte per affermare e far valere sempre più il proprio diritto alla riservatezza, tra i giovani sembra imperversare il pubblico dominio delle informazioni di carattere privato e personale. Alla domanda “ti è mai capitato di trovare online…” i ragazzi hanno risposto: foto o video imbarazzanti che ritraggono i coetanei (40,1%), loro foto che per quanto non imbarazzanti non avevano ricevuto una preventiva autorizzazione ad essere messe online (32,2%), pettegolezzi o falsità sul proprio conto (23,6%), foto o video imbarazzanti che ritraggono altri adulti di loro conoscenza (20,8%), foto personali che hanno creato loro imbarazzo (20,5%), foto o video imbarazzanti riguardanti i loro insegnanti (17,5%), frasi che rivelano loro fatti personali (16,8%), video non imbarazzanti, ma che non avevano autorizzato a mettere online (16,6%) e video spiacevoli in cui erano presenti (11,1%). ADULTI E TECNOLOGIE Divari digitali, generazionali. Ai propri amici gli adolescenti attribuiscono capacità di navigare molto buone (76,3%; nel 19,5% dei casi abbastanza buone), ai nonni decisamente scarse (per il 79,6% non sanno navigare per niente, per il 14,6% poco). Gli insegnanti vengono giudicati abbastanza competenti dal 50,2%, molto competenti solo dal 7%, poco dal 34,9%, per niente dal 7,3%. I genitori, considerati leggermente meno competenti degli insegnanti, per la maggioranza dei ragazzi sanno utilizzare Internet abbastanza (39,3%) o molto bene (13,7%); tuttavia per il 35% sanno usarlo poco e per l’11,5% per niente. L’opinione degli adolescenti conferma il quadro più prevedibile: giovanissimi che dimostrano grande dimestichezza con Internet, adulti in fase di avvicinamento ed apprendimento, divisi tra chi ha colmato il divario di conoscenze e chi è rimasto parzialmente “fuori”, anziani nella larghissima maggioranza dei casi fermi all’analfabetismo informatico. Adulti e modalità di controllo. A ben il 46,8% degli adolescenti è capitato di accorgersi che i genitori erano alle loro spalle mentre utilizzava il pc, il 31,8% si è accorto che avevano letto i messaggi sul loro telefono, il 25,2% che avevano ascoltato le loro telefonate. Altri si sono accorti che i genitori erano entrati nel loro profilo Facebook/Twitter (19,6%), avevano letto le loro chat (15,4%), avevano letto la loro posta elettronica (15,3%). I ragazzi più grandi (16-18 anni) dichiarano più spesso rispetto a quelli più piccoli (12-15 anni) di essersi accorti che i genitori stavano alle loro spalle mentre usavano il computer (53,8% contro 42,2%) e avevano ascoltato le loro telefonate (31,5% contro 21,4%). I genitori sembrano adottare strumenti di controllo più semplici ed alla loro portata (guardare lo schermo del pc, ascoltare le telefonate, ma anche leggere gli sms); è sicuramente meno facile accedere alla posta elettronica dei figli o entrare nei loro profili sui Social Network. I rischi a cui ci si espone maggiormente. Gli adolescenti riferiscono che ai propri amici è capitato di esporsi a rischi per aver inviato via Internet le proprie password (16,9%); al secondo posto si colloca chi ha inviato il proprio numero di cellulare (11,8%). Il 7,5% delle situazioni spiacevoli sperimentate indirettamente dai ragazzi riguarda l’invio online di foto di persone nude, il 6,9% di foto di se stesso nudo, il 5,2% del proprio indirizzo di casa, il 2,9% del numero di carta di credito. SCUOLA E TECNOLOGIE Il ritardo nella dotazione e nell’uso della tecnologia. Nelle scuole degli adolescenti intervistati vi è una diffusissima presenza di laboratori informatici (94,6%) e di un sito Internet dell’Istituto (94,3%). Risultano molto diffuse anche le LIM (Lavagne Interattive Multimediali), presenti nell'81,2% dei casi e nel 79,8% delle scuole tutti i computer sono connessi alla Rete. Sono stati rilevati d’altronde aspetti meno incoraggianti: meno di un terzo dei ragazzi (30,6%) riferisce che nella sua scuola si organizzano corsi per utilizzare Internet in modo consapevole. Nel 29,8% dei casi la scuola possiede un Blog, nel 28,6% un giornalino scolastico, nel 21,4% un forum; la presenza dei tablet è ancora irrisoria (3,3%). In tutte le aree del territorio, la presenza dei laboratori informatici e di siti Internet dell'istituto supera il 90% dei casi. D'altra parte, se si considera il collegamento ad Internet di tutti i pc della scuola, il Sud si dimostra in ritardo (71,4%), soprattutto rispetto al Centro (88,1%), al Nord-Est (85%) ed alle Isole (84,5%), mentre il Nord-Ovest si colloca in posizione intermedia (76,6%). Per quanto concerne la presenza delle LIM, le scuole del Sud (72,6%) e del Centro (71,7%) risultano meno attrezzate rispetto a quelle del Nord-Ovest (86,4%) e delle Isole (86,8%), ma soprattutto rispetto a quelle del Nord-Est (96,4%). L'organizzazione di corsi scolastici per l'utilizzo consapevole di Internet è frequente soprattutto al Centro (43,6%) e meno frequente della media al Nord-Ovest (18,5%) e nelle Isole (19%). I giornalini scolastici sono particolarmente diffusi negli Istituti scolastici del Centro (addirittura nel 64,6%); meno della media nelle Isole (13,8%), al Nord-Ovest (15%), al Sud (18,3%). I Blog scolastici hanno scarsa diffusione al Nord-Est (17,4%); sono invece più comuni nelle scuole del Sud (35,6%), nel Nord-Ovest (32,7%) ed al Centro (31,3%). Lo stesso si riscontra per i forum della scuola (solo 8,9% al Nord-Est), che vedono invece la loro massima diffusione al Centro (28,9%). La presenza di tablet è estremamente rara in tutte le scuole. Quasi la metà degli adolescenti intervistati dichiara di non aver mai utilizzato nell'ultimo mese Internet con gli insegnanti (46,2%), e solo il 10% del totale dichiara di averlo utilizzato quasi ogni giorno. Percentuali simili si registrano per l'utilizzo delle LIM: il 46% non le ha mai usate nell'ultimo mese, il 17,6% dichiara di averle usate quasi ogni giorno. Il 72% del campione riferisce che i propri insegnanti non hanno mai parlato in classe, nell'ultimo mese, di temi riguardanti la sicurezza in Internet; uno su 4 (25,7%) lo ha fatto solo qualche volta. Il 92,3% dei ragazzi afferma di non essersi mai applicato con i propri insegnanti al lavoro di preparazione di materiali da mettere sui blog/forum. Altrettanto raro risulta essere il lavoro di elaborazione di testi per un e-book: ben il 93,1% non lo ha mai svolto in classe nell'ultimo mese; il 4,5% solo qualche volta. SEXTING Oltre 1 adolescente su 4 (25,9%) afferma di aver ricevuto sms/mms/video a sfondo sessuale; al 73,7%, al contrario, non è mai capitato. I dati confermano che tra i giovanissimi l’esperienza del sexting non rappresenta un’eccezione, ma è invece piuttosto comune. Il fenomeno ha subito un aumento sorprendente: gli adolescenti dai 12 ai 18 anni che dicono di aver ricevuto sms, mms, video di natura sessuale sono passati dal 10,2% al 25,9%. Questo forte incremento è stato inoltre senza dubbio favorito dall’ulteriore diffusione degli smartphone, che rendono la produzione e l’invio di foto e video ancora più semplici ed immediati rispetto ai telefonini tradizionali. Oltre un terzo dei maschi (33,8%) ha ricevuto contenuti sessuali via telefonino, a fronte del 18,8% delle coetanee. All’aumentare dell’età cresce anche la percentuale di ragazzi che hanno sperimentato il sexting come destinatari: dal 22,5% dei 12-15enni si passa al 30,3% dei 16-18enni, quasi un ragazzo su 3. Ad inviare i messaggi amici, partner e sconosciuti. La quota più alta degli adolescenti che riferisce di aver ricevuto messaggi, foto o video con contenuto sessuale indica come mittente un amico o un’amica (38,6%). Seguono un 27,1% che ha ricevuto questi messaggi dal proprio partner, un 22,7% che li ha ricevuti da una persona estranea, il 9,9%, infine, cita un conoscente. I ragazzi riferiscono di essere stati coinvolti nel sexting soprattutto da amiche/amici (44%); il 24,6% da parte della partner, il 19% da una persona estranea, il 10,7% da un/una conoscente. Per le ragazze prevalgono invece i messaggi di contenuto sessuale mandati dal partner (30,9%), ma le risposte si dividono equamente tra partner, amici (30,2%) ed estranei (28,4%). Le reazioni dei ragazzi: tra divertimento e indifferenza. Le reazioni degli adolescenti intervistati alla ricezione di invio o filmati a sfondo pornografico (sexting) sono prevalentemente positive. Il 30,1% dice che gli ha fatto piacere, il 29,1% che lo ha divertito. Le reazioni negative ammontano complessivamente al 23,1%, quindi poco meno di un caso su 4: il 10,7% si è sentito infastidito, il 6,6% imbarazzato, il 2,9% spaventato ed il 2,9% angosciato. Il 16% è invece rimasto indifferente. Il 12,3% degli adolescenti ammette di aver inviato sms/mms/video a sfondo sessuale. Pur riguardando più di un ragazzo su 10, si tratta di una percentuale significativamente più bassa rispetto a quella di coloro che affermano di essere stati oggetto di sexting (un adolescente su 4). È perciò ragionevole ipotizzare che il valore sia sottostimato a causa del pudore e della reticenza a rivelare comportamenti di natura privata e spesso socialmente disapprovati. Nel 2011 solo il 6,7% dei ragazzi ammetteva di aver inviato messaggi con contenuto sessuale tramite telefonino. In un anno la quota è dunque raddoppiata. Il 41,9% di chi ha messo in pratica il sexting riferisce di averlo fatto perché non vede cosa ci sia di male in questa azione. Più della restante metà del campione si divide su risposte eterogenee: il 16,1% dice di averlo fatto con il proprio partner, di cui si fida, l’11,1% dice di averlo fatto per fare uno scherzo, l’8,3% per emulazione rispetto ai propri amici, il 4,6% per provocare/mettere in imbarazzo. Solo l’1,8% rivela intenzioni più malevole, dicendo che voleva che la persona in foto o nel video fosse presa in giro da tutti, mentre pochissimi hanno cercato di far colpo in questo modo su una persona (0,9%). Un preoccupante 2,3% ammette di averlo fatto in cambio di soldi o di una ricarica telefonica, lo 0,9% perché sotto minaccia. GIOCO D’AZZARDO Tra due modalità possibili di gioco a soldi il canale online coinvolge il 12% dei ragazzi (il 2,5% gioca spesso, il 3,4% qualche volta, il 6,1% raramente). Un notevole incremento si ha nella modalità non online con il 27% (il 4,6% gioca spesso, il 10,4% qualche volta, il 12,% raramente). L’universo maschile è maggiormente a rischio. Non giocano mai online a soldi l’80,6% dei maschi rispetto al 93,5% delle femmine; a sottolineare che si tratti di un’abitudine prevalentemente maschile è infine il dato che evidenzia come non giochino mai a soldi in modalità non online solo il 60,1% dei maschi (inoltre va notato che il 7,6% vi gioca spesso e il 15,1% lo fa qualche volta) a fronte dell’82,7% delle femmine. Dove giocano gli adolescenti, a che cosa e perché. Internet raccoglie un cospicuo 39,9% delle preferenze, a conferma di come sia il mezzo/luogo con cui i giovani sanno destreggiarsi meglio, seguito dalle sale giochi (17,8%) e dai tabacchi (14,4%). Non superano la soglia del 10% le edicole, il Bingo e i bar/ristorante. I 12-15enni optano per giocare più frequentemente online (lo fa il 44% rispetto al 35,8% dei 16-18enni) e nelle edicole (lo fa il 6,5% vs il 2,7% dei 16-18enni); i tabacchi sono invece più frequentati da 16-18enni (il 18,7% vs il 10,9% dei 12-15enni), così come il bar/ristorante, preferito dal doppio dei ragazzi più grandi. L’ambito delle scommesse sportive è quello che stimola i ragazzi a giocare più spesso per soldi online, interessando 1 intervistato su 5 (il 20,2%); tale dato diventa ancora più pregnante se sommato all’occorrenza qualche volta (13,3%) e raramente (11,1%), toccando così il 44,6%, ovvero sfiorando la percentuale di coloro che dichiarano di non averci mai giocato (il 46,4%). Situazione analoga per il mondo del “Gratta e vinci”, laddove il 49,6% dichiara di avervi giocato (spesso l’8,2%, qualche volta il 19,1%, raramente il 22,3%), superando in questo caso la percentuale di coloro che rispondono “mai”, il 41,6%. Gettonato anche il Pocker (Texas Hold’em, ecc.) al quale i ragazzi hanno giocato nel 32,3% dei casi (spesso 11,7%, qualche volta 9,5% e raramente 11,1%). Seguono con il 29,7% Totocalcio, Tris e Ippica (spesso 11,9%, qualche volta 7,7% e raramente 10,1%); con il 27,6% gli skill games (spesso 7,4%, qualche volta 6,9% e raramente 13,3%); con il 25,4% le Lotterie (spesso 5,3%, qualche volta 5,8% e raramente 14,3%); con il 21,5% le Slot machine (spesso 5,3%, qualche volta 6,6% e raramente 9,3%). Il 31,6% gioca “per puro divertimento” e il 23,9%, è spinto a giocare dalla possibilità di vincere premi o denaro; seguono l’aver sentito la pubblicità (il 10,1%), l’emulazione di amici o parenti (l’8,2%). In molti non hanno saputo o hanno preferito non rispondere (12,8%). Uno degli episodi che capita più di frequente ai ragazzi è quello di perdere molti soldi giocando: capita infatti al 24,9% (spesso al 3,7%, qualche volta al 5,8%, raramente al 15,4%). Sente di frequente l’esigenza di giocare il 25,2% (spesso al 5%, qualche volta all’8%, raramente al 12%), sintomo di un’allarmante tensione compulsiva nei confronti del gioco d’azzardo da parte degli adolescenti. Il 16,4% dei ragazzi tende a giocare tutti i soldi che ha a disposizione (spesso il 4%, qualche volta il 4,5%, raramente il 7,9%); il 15,1% ha l’abitudine di sottrarre soldi in casa o dove capita (lo fa spesso 2,9%, qualche volta il 5%, raramente il 7,2%). Infine, la pratica di chiedere soldi in prestito ad amici o parenti è perseguita dal 13,7% dei giovani (il 3,4% lo fa spesso, il 3,7% qualche volta e il 6,6% raramente). VIOLENZA In questo lavoro si è voluta indagare per la prima volta la dating violence, ovvero la presenza di violenza fisica o psicologica all’interno dei rapporti di coppia vissuti dagli adolescenti. Dai dati emerge come sia estremamente diffuso rapportarsi con il proprio ragazzo/ragazza urlando: ne è vittima infatti quasi un terzo degli intervistati, ovvero il 29,1%; segue l’insulto, che registra il 20,9%. Tra le opzioni inerenti le varie forme di minaccia, quella subita più spesso è l’essere lasciati dal proprio ragazzo/ragazza nel caso non si faccia ciò che viene detto (8,7%). Dai dati emerge come le violenze verbali prevalgano su quelle fisiche: il 5,4% degli adolescenti dichiara che il proprio partner ha minacciato di picchiarlo. Alla domanda “Ti è mai capitato che una tua amica/amico stesse con un ragazzo/ragazza che…” spiccano le risposte affermative alle seguenti eventualità in ordine di frequenza: urlasse con lei/lui (il 40,4%), la/lo insultava (il 34,5%); la/lo minacciava di lasciarla/lo se non avesse fatto quello che diceva (con il 20,8%); la/lo picchiava e la/lo minacciava rispettivamente con il 14,7% e il 13,5%. Il 6,2% dei ragazzi riferisce che l’amico/l’amica erano minacciati dal partner con la pubblicazione di foto o video privati online. Ai ragazzi di 16-18 anni accade con maggiore frequenza di essere testimoni di situazioni di violenza in coppie di amici, mediamente al 50% in più rispetto ai 12-15enni. ALCOLISMO Il 64% ragazzi di 12-18 anni raggiunti dall’indagine dichiara di bere alcolici. Si tratta quasi di un’abitudine per il 10,6% e per il 2,5% che ne fa un uso quotidiano, mentre sceglie qualche volta questo genere di bibite il 50,9%. Solo il 35,2% dei ragazzi afferma di non essere interessato all'alcol. Se quasi la metà dei ragazzi tra i 12 e i 15 anni a dichiara di non bere mai alcolici, solo il 14,2 % dei più grandi condivide tale affermazione. Infatti, affermano di bere spesso alcolici il 16,7% dei 16-18enni contro il 6,8% dei più piccoli, e sono ben il 65% dei primi contro il 41,8% dei secondi coloro che dichiarano di farne uso alcune volte. Il consumo di alcolici sembra avere inizio soprattutto nel periodo della scuola media: è così per il 65,7% dei ragazzi più giovani e per il 44,1% dei più grandi. Questi ultimi – ben il 46,2% – dichiarano, inoltre, di aver bevuto alcolici la prima volta dopo i 15 anni. Allo stesso tempo si deve sottolineare anche che il 21,1% dei protagonisti della ricerca aveva meno di 11 anni quando hanno bevuto la prima bevanda alcolica. La birra è la bevanda preferita dai ragazzi che dichiarano di farne un consumo abituale (spesso nel 21,1% dei casi e qualche volta nel 34,2% contro il 13,1% e il 34,3% delle compagne), mentre sembra essere una scelta piuttosto femminile quella di bere cocktail o gli aperitivi alcolici (spesso nel 17,3% e qualche volta nel 39,3% contro, rispettivamente, il 12,9% e il 28,2% dei compagni). I superalcolici sono richiesti abitualmente dall'11,7% dei maschi e dall'11,2% delle femmine, ai quali si aggiunge ad ogni modo un consumo occasionale del 25% delle ragazze e del 19,2% dei ragazzi. Gli shottini attraggono spesso il 12,5% dei maschi e il 10,2% delle ragazze e che viene acquistata qualche volta rispettivamente nel 17% e nel 20,2% dei casi. Il vino, infine non sembra riscuotere particolare successo tra gli adolescenti che affermano di scegliere questa bibita spesso nel 7,2% dei ragazzi e nel 4,6% delle ragazze e, qualche volta, dal 22,9% e dal 20%. La classifica dei consumi di alcol tra i giovanissimi è la seguente: i ragazzi di 16-18 anni apprezzano in particolar modo i cocktail e gli aperitivi alcolici, raggiungendo quasi il 60% del campione (spesso il 18,4% e qualche volta il 42,2%), e sembrano riservare un buon interesse per la birra, da quanto dichiarato dal 58,9% dei casi (rispettivamente 20,5% e 38,4%). Inoltre, i superalcolici sono apprezzati dal 46,4% (31,6% e 14,8%), seguono gli shottini (41,3%) e un po' meno il vino (31,7%). Invece, i più giovani prediligono la birra nel 42,4% dei casi, amano i cocktail e gli aperitivi alcolici nel 36,3% dei ragazzi intervistati, scelgono il vino nel 22,2%, i superalcolici nel 19,2% e gli shottini nel 17,4%. Più della metà dei 12-15enni dichiara di bere alcolici durante le feste (59,7%), quasi un quinto degli stessi (il 18,8%) quando è in compagnia degli amici e l’8,2% per assecondare semplicemente il desiderio di un momento della giornata. Con l’aumentare dell’età si riduce il numero delle risposte a favore di un consumo in occasione di eventi particolari (43,4%) ed è invece in crescita l'uso di alcol in compagnia degli amici (ben il 28,6%) e quando semplicemente se ne ha voglia (secondo il 15,2% dei ragazzi). FUGA DA CASA Il desiderio di allontanarsi da casa è diffuso tra gli adolescenti: ci ha pensato ben il 41,8% dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni. Resta comunque maggioritaria la quota di quanti invece non ne hanno mai sentito il bisogno (56,6%). In molti casi, invece, quella che inizialmente era solo un’idea si è tradotta nella realtà in una fuga dalla propria casa: quasi il 30% degli adolescenti ha vissuto questa esperienza. Analizzando le risposte ottenute nell’indagine del 2011 emerge un preoccupante aumento di questo disagio tra gli adolescenti: se nel 2011 solo il 9,6% ha ammesso di essere scappato di casa, contro il 72,4% che non lo ha mai fatto e il 16,7% che ne ha avuto la tentazione, nel 2012 il dato risulta essere triplicato e, allo stesso tempo, è in diminuzione la quota di quanti affermano di non avere mai vissuto questa esperienza (66,3%). Tra le motivazioni, il rapporto con i genitori sembra essere determinante: più di un quarto degli adolescenti (26,7%) ha deciso di scappare da casa perché non riesce ad andare d’accordo con i propri genitori, il 9,1% perché sente che essi limitano troppo la propria libertà; sono in molti (4,5%) a sentirsi incompresi all’interno della propria famiglia. La casa non è un posto piacevole dove stare per chi sente litigare spesso i genitori (5,3%) o non è riuscito ad instaurare un rapporto sereno con il nuovo compagno/a della madre o del padre (3,7%). Tra le spinte motivazionali extra familiari alla fuga da casa, rilevanti il desiderio di poter stare con il proprio ragazzo/a (5,8%), la situazione scolastica di quanti si trovano male all'interno della propria scuola o non hanno un buon rendimento (3,7%), ma anche le difficoltà di quei ragazzi che si trovano ad essere vittime di episodi di bullismo (l'1,2% tra quanti fuggono di casa). Sommando le diverse risposte che gli stessi ragazzi hanno fornito, emerge chiaramente che la fuga da casa nel 23,9% dei casi è durata più di un giorno e, in particolare, per quasi un adolescente su dieci (9,1%) più di una settimana, mentre per il 7% di qualche giorno e per il 7,8% di una notte. Nella maggior parte dei casi, comunque, l’allontanamento è durato per qualche ora (47,3%) o per una giornata intera (16,9%). Sono stati gli stessi ragazzi a prendere la decisione di tornare a casa dopo esserne fuggiti (67,2%). Nel 18,6% dei casi il rientro a casa non è stato invece determinato da una scelta volontaria ma dall’intervento della famiglia (8,1%), delle Forze dell’ordine (4,5%), di un amico (3,2%) o del proprio ragazzo/a (2,8%). L’1,2% degli adolescenti ha invece sentito il bisogno di contattare una linea telefonica di aiuto, come quella messa a disposizione da Telefono Azzurro, per affrontare la situazione di disagio che stavano vivendo. SENSAZIONI I ragazzi dai 12 ai 18 anni appaiono prevalentemente felici (lo sono spesso nel 66,6% contro il 2,2% che non lo è mai ) e divertiti (67,6% contro il 2%). È tuttavia da considerare che questi sentimenti sono oscurati in parte dalla noia che coinvolge qualche volta il 40,4% dei giovani (raramente il 30,8%) e spesso il 19,5%. Tra le emozioni più diffuse compare l’ansia: la prova qualche volta il 34,2%, raramente il 31,1% e, tuttavia, spesso il 17,4%. Sebbene dichiari di non soffrire di solitudine (mai nel 32,4%), una quota rilevante, quasi un ragazzo su tre, ne soffre qualche volta o spesso (30%). Lo stesso vale per i sentimenti di depressione, rara o del tutto assente rispettivamente nel 36,9% e nel 31,4% degli adolescenti, ma comunque presente qualche volta o spesso nel 30,8% dei casi. La rabbia è un sentimento che prende i ragazzi spesso (22,5%), qualche volta (50,3%) e raramente (21%), solo il 5% non la prova mai. A non provare mai imbarazzo è il 16,4% degli adolescenti, contro quanti riferiscono di provarlo spesso (8,4%), qualche volta (33,3%) e di rado (40,8%). Come affrontano i ragazzi gli stati d’animo negativi? Quando si sentono depressi, si rivolgono più facilmente ad un amico (spesso per il 29,3% dei 16-18enni e il 21,6% dei 12-15enni). I più piccoli sembrano scegliere più facilmente un adulto di cui fidarsi per cercare conforto (spesso il 12,7% contro l’11,8% dei più grandi). Non stupisce che i ragazzi più grandi scelgano maggiormente di parlare dei loro momenti di depressione con un amico tramite Social Network (raramente nel 19% dei casi contro il 15,1%, qualche volta il 17,6% contro il 12,7% e spesso il 6,8% vs 7,4%). Fonte: www.eurispes.eu Per informazioni: ufficiostampa@eurispes.eu NOTE METODOLOGICHE L’indagine campionaria è stata realizzata su un campione probabilistico a grappoli tenendo conto delle seguenti variabili: sesso, età, area geografica, tipologia di scuola e di istituto, classe frequentata. Il questionario infanzia è stato somministrato a soggetti appartenenti alla fascia di età dai 7 agli 11 anni, frequentanti la seconda, terza, quarta e quinta classe della scuola primaria e la prima classe della scuola secondaria di primo grado. Il questionario adolescenza, finalizzato a delineare l’Identikit dell’adolescente, è stato somministrato a ragazzi di età compresa tra i 12 ed i 18 anni, frequentanti la seconda e la terza classe della scuola secondaria di primo grado o una delle cinque classi della scuola secondaria di secondo grado. La rilevazione sul campo ha coinvolto 23 scuole di ogni ordine e grado. Sono stati compilati ed analizzati 1.100 questionari per l’infanzia e 1.523 per l’adolescenza. La rilevazione è stata realizzata tramite la somministrazione di un questionario semistrutturato ad alternative fisse predeterminate, composto da domande a risposta chiusa. Indagine conoscitiva sulla condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza in Italia - sintesi Eurispes
Argomento: 

EURISPES: Sintesi Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia

Descrizione breve: 
Indagine conoscitiva del 2010 dedicata ai temi dell'infanzia e dell'adoloscenza.
Data: 
16 Dicembre 2010
Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi INDAGINE CONOSCITIVA SULLA CONDIZIONE DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA IN ITALIA SINTESI Per acquisire l'Indagine in versione integrale invia una richiesta isituto@eurispes.it     PRESENTAZIONE NOTE METODOLOGICHE IDENTIKIT DEL BAMBINO   - La percezione della crisi economica - il clima familiare: maggiore litigiosità - La paghetta: quanti soldi e come vengono spesi? - Con chi vivono i bambini - Dialogo in famiglia: i bambini parlano poco di emozioni e paure - Le paure dei bambini: deludere ai genitori - Divieti, obbedienza e litigi - I genitori ideali? I propri. Ma anche la coppia Totti-Blasi 1 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi - Domina la tv, in crescita l’uso dei telefonini - Il boom delle consolle - Un uso solitario delle tecnologie - Che cosa fanno su internet: esplodono YouTube e Social network - Videogiochi: cosa orienta l’acquisto - Aumentano i bambini che possiedono il cellulare - 2 bambini su 3 lo usano per fare foto e filmati - Il piacere di leggere - Stranieri in classe, fenomeno in crescita - Sentimenti positivi verso i bambini stranieri - A scuola oltre 1 bambino su 3 vittima di bullismo - Le mille facce del bullismo e le differenze di genere - Più del 10% sostiene il bullo in maniera indiretta - Chi non sa difendersi è la vittima principale del bullo - Quasi la metà dei bambini “costretta” alla dieta - L’eccessivo consumo di dolci, sanck, merendine   IDENTIKIT DELL’ADOLESCENTE   - Adolescenti più consapevoli della crisi rispetto ai bambini - Meno soldi per le spese quotidiane e il tempo libero - Il clima familiare: in aumento le liti con i genitori - La paghetta non risente della crisi 2 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi - I maschi spendono soprattutto nelle uscite con gli amici, le femmine nello shopping. Ma solo 1 adolescente su 10 è attento a risparmiare. - Resiste la famiglia tradizionale - Dialogo in famiglia: scuola e amici gli argomenti principali - Paure, sesso e sentimenti per  molti sono un tabù - La paura principale: non essere all’altezza delle aspettative - Il conflitto con i genitori: disobbedisce il 24,2% dei ragazzi - È lo studio il principale argomento di discussione - Fughe da casa: ci pensa 1 adolescente su 3 - La tv ha ceduto il passo al pc - Un quarto degli adolescenti usa il cellulare per più di 4 ore al giorno - Il boom della consolle - Oltre 7 ragazzi su 10 navigano da soli - Il 14,8% dei ragazzi cerca o scarica materiale vietato - Si innamora su internet il 17,3% degli adolescenti - Il rischio legato alla finzione preoccupa la metà dei ragazzi - 1 adolescente su 10 ritiene accettabile che un coetaneo si spogli in internet - Musica e film sempre più scaricati dal web - Videogiochi: avventura e sport vincono sugli “sparatutto” - 1 adolescente su 3 non ama leggere - Una passione nata dall’interesse personale - Classi sempre più multietniche, soprattutto nel Nord-Ovest - Curiosità e simpatia i sentimenti prevalenti verso lo straniero in classe - Bullismo. Un fenomeno pervasivo e articolato - Danni e furti subiti dal 26% dei ragazzi, offese e provocazioni da oltre il 25% - Rabbia, empatia con la vittima, disapprovazione sono i sentimenti più comuni - Le vittime del bullo. Chi non sa difendersi, gli stranieri e chi ha difetti fisici - Il bullismo passa anche dal cellulare - Sul web la diffusione di informazioni false colpisce il 7,4% dei ragazzi - Ricorre al bisturi per ragioni estetiche  il 5,3% degli adolescenti - Quasi il 28% dichiara di bere superalcolici - Il 17,6% giudica positivo o accettabile ubriacarsi - Una dieta abbastanza equilibrata - Il 16% delle ragazze è a dieta perché si sente grasso - Mangiare fuori: al primo posto la pizzeria, al secondo il fast-food   Presentazione 3 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi BAMBINI E ADOLESCENTI DISORIENTATI E SEMPRE PIÙ SOLI NELLA SOCIETÀ DELLE CRISI   Cosa significa essere bambini e adolescenti ai nostri giorni? I cambiamenti intervenuti a modificare i modelli sociali, la cultura e l’economia negli ultimi anni, soprattutto in relazione alla massiva presenza di nuovi strumenti tecnologici e di comunicazione, hanno in buona parte ridefinito i concetti dell’infanzia e dell’adolescenza. I mutamenti nelle strutture familiari, i rapidi avanzamenti tecnologici, la grave instabilità economica hanno influito profondamente sul modo in cui i bambini e gli adolescenti vivono, sulle sfide che si trovano ad affrontare, sul modo in cui sono accuditi, educati, aiutati a crescere, sulla speranza con cui possono guardare al futuro. Nelle nostra società non si fa che parlare di bambini e adolescenti, dei loro diritti, della necessità di promuovere la loro partecipazione attiva alle scelte che li riguardano, anche di tipo politico e amministrativo. Tuttavia nessuna azione o iniziativa concreta e di qualità sembra seguire al dibattito, che si è fatto ormai sterile e ripetitivo. Quando si concede realmente ai bambini il diritto di parola e contemporaneamente si riconosce loro il fondamentale diritto all’ascolto, il quadro che emerge costringe gli adulti - amministratori tra i primi - ad una seria riflessione sulle proprie responsabilità. In un certo senso, potremmo dire che le parole dei bambini mettono nell’angolo gli adulti. Svelando che il re è nudo. Non si tratta, banalmente, di individuare dei responsabili o di suscitare sensi di colpa: è sotto gli occhi di tutti come gli stessi adulti siano affannati, disorientati, in crisi – non solo nel proprio ruolo genitoriale – di fronte ad un contesto sociale che con i suoi mutamenti li costringe a riformulare aspettative, a riadattare stili di vita, a ricostruire il proprio avvenire in termini personali e professionali. Non è un caso che nella maggior parte delle famiglie italiane la scelta della genitorialità avvenga sempre più tardi, sia spesso limitata ad un solo figlio e, in molti casi, prevalga la rinuncia, per quanto sofferta. La scelta di un figlio all’interno di contesti familiari sempre più parcellizzati, in reti sociali sempre meno supportive, scoraggia i più, in quanto difficilmente sostenibile. La sfida è invece quella di rispondere concretamente ai bisogni dei bambini e degli adolescenti, con un impegno che non può essere, ovviamente, demandato a singoli - non importa se individui o istituzioni - ma congiunto e composto di un piano integrato di azioni a più livelli: 4 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi istituzioni ed enti locali ma anche comunità, scuole e famiglie. Le famiglie non possono occuparsi dei figli se non adeguatamente sostenute da politiche che realmente favoriscano il progetto genitoriale, dalla scuola, e dalle altre istituzioni educative. Con rammarico constatiamo come le risposte ai bisogni dei bambini e degli adolescenti continuino ad essere frammentate e poco incisive: non ci riferiamo solo a cyberbullismo, rischi di Internet o pedofilia. Parliamo di questioni più ampie, che rischiano di compromettere le fondamenta del benessere dei bambini e degli adolescenti: la promozione delle competenze genitoriali ed il sostegno alla genitorialità, il contrasto all’isolamento dei nuclei familiari più problematici, lo sviluppo di un chiaro progetto educativo nelle scuole, la facilitazione dell’integrazione dei bambini stranieri, la riduzione dei fattori di rischio ambientali, dei traumi e delle altre condizioni che possono accrescere i livelli di disadattamento e malessere dei bambini e degli adolescenti. Si ripete da anni che i bambini sono il nostro futuro, quando è evidente che le logiche che muovono le singole Amministrazioni sono a breve termine. Ciò è ancor più vero in una società quale quella odierna che stenta ad intravvedere e progettare un domani possibile. Coerentemente con lo scenario appena tratteggiato, nell’indagine realizzata quest’anno – grazie al prezioso contributo offerto dalle scuole che vi hanno preso parte su tutto il territorio nazionale e da 3.100 studenti, dai 7 ai 19 anni di età, delle scuole primarie e secondarie – si è dato ampio spazio al tema della famiglia con uno sguardo alla crisi che la attraversa e ai fattori che incidono sulla possibilità di svolgere la sua funzione educativa. In questo senso, abbiamo ritenuto importante guardare alla crisi economica -  e ai suoi inevitabili strascichi nonostante i segnali di ripresa - con gli occhi dei figli, cercando di capire se e in che modo questa abbia influito su ruoli e compiti genitoriali, rendendoli più gravosi di quanto fossero fino a qualche anno fa, e sul generale clima familiare. Un adolescente su quattro del campione intervistato dichiara che la propria famiglia è stata colpita dalla crisi economica. Quando poi si chiede ai ragazzi di illustrare la condizione di amici, parenti o conoscenti, il dato si fa ancora più drammatico: la maggioranza assoluta, infatti, corrispondente al 52,3% degli adolescenti, dichiara di conoscere altre famiglie che hanno 5 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi risentito dalla congiuntura economica negativa. Quali, allora, gli effetti della crisi economica sul benessere di adulti e bambini? Gli adolescenti dichiarano che le famiglie devono stare più attente per arrivare a fine mese, che hanno ridimensionato le spese per cibo e vestiti. Quasi metà del campione dichiara che la sua famiglia è stata più attenta alle spese extra. Ancora, un adolescente su quattro dichiara che i propri genitori nell’ultimo periodo sono diventati più nervosi. E, dato ancora più interessante, oltre la metà del campione ammette di essere più nervoso che in passato, mentre circa un adolescente su tre litiga più spesso con i propri genitori. Il nervosismo e la conflittualità all’interno del contesto familiare non aiutano i bambini a crescere sereni. Bambini sempre più soli? I rapporti con i genitori sembrano caratterizzarsi per una marcata ambivalenza. Da un lato cresce la solitudine, il dialogo si riduce spesso ad un’occasione mancata e la condivisione di pensieri, emozioni, interessi e attività divengono sporadici quando non inesistenti. I bambini, ad esempio, riferiscono di raccontare ai genitori episodi relativi alla vita scolastica (72,2%), ma di rado parlano delle proprie paure (35,2%) o  aspirazioni (38,2%). Gli adolescenti, invece, nel 46,5% dei casi hanno un dialogo assente (5,1%) o assai sporadico (41,4%) con i genitori. Pochissimi parlano apertamente con gli adulti di paure (27%), questioni sentimentali (12,8%) o sessualità (8,9%). Se nel caso del periodo adolescenziale il silenzio è riconducibile ad momento di crescita nel quale il rapporto con gli adulti si modifica e nasce il bisogno di creare le basi per la propria individualità, per i bambini questo dato induce a riflettere sulle difficoltà incontrate dai genitori nell’avvicinarsi al mondo dei ragazzi, nel comprenderne il linguaggio, o anche solo nel ritagliarsi spazi di incontro e condivisione. Eppure, e qui emerge l’ambivalenza, i bambini e gli adolescenti temono più di ogni altra cosa - più delle catastrofi naturali, più della paura di ritrovarsi in condizioni di indigenza, di non trovare in futuro un lavoro oppure l’amore - di deludere i genitori. A fronte di evidenti difficoltà nell’individuazione di momenti di dialogo, se si sposta l’attenzione sulle questioni materiali, come gli acquisti o il ruolo svolto dagli oggetti all’interno delle relazioni familiari, il modello sembra essere sempre più “bimbocentrico”. Il genitore, per quanto limitate siano le risorse economiche, sembra preoccuparsi soprattutto della rispondenza tra desideri materiali dei figli e soddisfazione degli stessi, in una tendenza all’accumulo di oggetti e di beni con i quali riempire lo spazio fisico e mentale dei bambini e degli adolescenti. Questo tentativo degli adulti di rispondere, sempre e comunque, alle richieste dei figli, di fatto, 6 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi alimenta la presenza sui mercati di prodotti sempre più a misura dei baby e young consumer. Non sorprende, allora, constatare che attorno ai desideri dei bambini e degli adolescenti si muova un giro d’affari fiorente che, rispetto ad altri settori, non conosce crisi: l’infanzia e l’adolescenza si sono trasformate in un vero e proprio business. Come accennato, i mercati, soprattutto quello delle nuove tecnologie, individuano oggi non solo negli adolescenti ma anche nei bambini un target specifico di grande interesse e dalle potenzialità ancora non del tutto sfruttate. Alcune compagnie telefoniche hanno lanciato sul mercato modelli di telefonino semplificati per i bambini. La moltiplicazione dei canali televisivi ha comportato anche un’offerta inedita di canali tematici rivolti all’infanzia e all’adolescenza. È in costante aumento l’offerta di videogiochi, in particolare quelli online; e aumentano i portali web dedicati a queste due fasce d’età. Chi è bambino oggi guarda con familiarità a new media e moderne tecnologie, ne apprende rapidamente e con facilità l’utilizzo: del resto, pc e  Internet sono sempre più presenti nelle case delle famiglie, i cellulari sono oggetti di uso quotidiano, i canali digitali e quelli satellitari hanno già raggiunto una diffusione capillare, i lettori Mp3 hanno praticamente soppiantato i vecchi cd e la lettura digitale si sta rapidamente diffondendo accanto a quella di libri, riviste e giornali. Quasi tre bambini su quattro giocano abitualmente con le consolle per videogiochi, sempre più sofisticate e con un’offerta multiprodotto. Se nel 2009, il 41,1% dei bambini di 7-11 anni non giocava con le consolle, ad un anno di distanza la quota è scesa al 25,8%. I “nativi digitali” sono quindi naturalmente votati a condividere la quotidianità con le tecnologie e rappresentano un target da conquistare e fidelizzare per chi pianifica le strategie di marketing. Accanto alla diffusione delle nuove tecnologie, del cosiddetto hardware, sia crescono l’attenzione e l’interesse per le modalità di socializzazione che esse supportano. È il caso del social networking e, più in particolare, del fenomeno Facebook. La rilevazione di quest’anno ci indica che l’84% dei ragazzi dai 12 ai 19 anni ha un profilo su Facebook, nel 2009 erano il 71,1%. In generale, i social network attraggono anche i bambini dai 7 agli 11 anni, che navigando su Internet li usano nel 42% dei casi. E’ di grande attualità studiare come le nuove tecnologie stiano profondamente modificando il modo in cui bambini e adolescenti pensano, apprendono, parlano ed esprimono le proprie emozioni. Cambiano le modalità comunicative e il linguaggio: stringato, essenziale, impoverito e sgrammaticato nei cellulari, in Internet si caratterizza per una scarsa focalizzazione su 7 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi emozioni, sentimenti e aspetti morali, che pure sono indispensabili per lo sviluppo della pro-socialità. Mutano le modalità di apprendimento, sempre più multitasking. Aumentano le possibilità di esplorare il mondo ed ampliare le proprie conoscenze. Se il 17% dei bambini fino a 11 anni  - che nel 40% dei casi naviga da solo in Internet - dichiara di preferire in Youtube filmati con scene forti, è inevitabile domandarsi che posto occuperanno e come verranno gestiti “mentalmente” dal bambino gli script di azione appresi nei videogiochi e su Internet che non sono codificabili nella vita reale (come war games e combattimenti). E’ sorprendente come i genitori sembrino invece ignorare completamente questi effetti a breve e a lungo termine, adottando comportamenti di acquisto dei videogiochi centrati sulla preferenza del figlio (come dichiarato dal 29% dei bambini). Restando al mondo degli adulti, ci si chiede anche se e in che modo la scuola si stia preparando per affrontare questi importanti cambiamenti nelle strutture cognitive e nelle modalità di apprendimento. Il discorso sui pericoli di Internet continua ad essere centrato su pedopornografia e rischi di adescamento, mentre si sottovalutano le questioni relative alla salute mentale, allo sviluppo cognitivo, emozionale e relazionale, dimenticando quanto questi aspetti siano strettamente correlati con lo sviluppo fisico. Una delle conseguenze dirette di queste difficoltà emozionali, relazionali e dello sviluppo morale è il fenomeno del cyberbullismo, che sta iniziando a dare, nel mondo virtuale, segnali di sostanziale pervasività, proprio come accade nell’approccio face-to-face dei più giovani con gli episodi e le azioni di bullismo. Seguendo il trend delle indagini degli scorsi anni, nel 2010 è stato rilevato un aumento in termini quantitativi del bullismo: il 25,3% degli adolescenti italiani è stato più volte vittima di provocazioni e prese in giro da parte di uno o più compagni. Una percentuale pressoché analoga afferma di essere stata offesa ripetutamente e senza motivo (25,2%). Ad essa si aggiungono quanti sono venuti a conoscenza dell’esistenza di informazioni false diffuse sul proprio conto (23,5%). Nel 10,9% dei casi, si sono verificate anche situazioni di esclusione e isolamento all’interno del gruppo di riferimento. La vittima ideale per il bullo, secondo il parere degli adolescenti, è principalmente un soggetto debole che non ha sviluppato meccanismi di auto-protezione tali da permettergli di reagire al sopruso subìto (52,2%). Coerentemente con i dati internazionali, la nostra indagine indica che nell’ultimo anno sono stati principalmente i bambini ad essere più volte oggetto di offese immotivate da parte di uno o più 8 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi compagni di scuola (27,8%) o di provocazioni e prese in giro (27,4%). Due bambini su dieci hanno dovuto sopportare la diffusione di informazioni false sul proprio conto (15,2%). Nella lista di soprusi che spesso i bambini mettono in atto tra loro compaiono, con un valore pari al 16,8%, le azioni volte a provocare danni ad oggetti e le minacce (11,4%). Infine, tra i comportamenti prepotenti permangono le percosse (7,8%), i furti di merendine (9%) e di denaro (4,9%). Il trend in crescita riguarda soprattutto le prepotenze subite dai ragazzi per via telematica: al 18,1% di essi è capitato almeno una volta di scoprire, navigando in Rete, la presenza di informazioni false diffuse sul proprio conto, al 7,8% di messaggi, foto o video offensivi o minacciosi e il 5,5% è stato invece escluso intenzionalmente da gruppi on line. Da ultimo, è interessante porre l’attenzione su un aspetto che rappresenta ormai una realtà del nostro Paese: la crescente presenza di immigrati ha come naturale conseguenza la multietnicità della scuola, confermata quest’anno anche dal consistente numero di ragazzi che hanno compagni di nazionalità diversa dalla propria (46%). La maggior parte dei giovani stranieri che vive in Italia deve convivere con le tante difficoltà generate dall’avere nome, colore della pelle, religione o tradizioni familiari differenti da quelle della maggioranza della popolazione. Deve combattere contro i pregiudizi e l’ignoranza e convivere con una cultura di origine e una circostante che, a volte, non riescono a trovare un punto di incontro. Sono, dunque, i ragazzi italiani e stranieri che sperimentano in prima persona i limiti e le carenze di una società solo demograficamente multiculturale. I ritardi del Paese su questo delicato tema rischiano di diventare emergenza soprattutto tra le mura scolastiche. Se non si sapranno valorizzare le differenze culturali, amalgamandole e facendole convivere armoniosamente, difficilmente potrà esistere una società realmente multiculturale, in cui le diversità sono una ricchezza e non causa di divisioni e dissidi. Questi sono solo alcuni degli spunti che emergono dal lavoro di quest’anno e che ci indicano comunque come siamo arrivati ad un punto di rottura. Il rischio che intravvediamo è che la mancanza di una coerente politica educativa nel presente comporti nel lungo periodo costi ben più rilevanti in termini di disadattamento, difficoltà emotive e relazionali, antisocialità, problemi 9 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi nell’inserimento lavorativo e produttività. A 150 dall’Unità d’Italia, nella riflessione su come uscire dalla delicata fase economica e sociale che interessa il nostro Paese, recuperando identità e senso del futuro, è indispensabile includere i bambini e gli adolescenti. Il benessere delle nuove generazioni passa da un ripensamento delle azioni a beneficio delle famiglie e delle comunità, e da una ri-valorizzazione delle relazioni a livello sociale che sole possono supportare lo sviluppo morale, la visione del futuro e il benessere.     Ernesto Caffo                                                                                         Gian Maria Fara   NOTE METODOLOGICHE     L’indagine campionaria è stata realizzata su un campione probabilistico a grappoli tenendo conto delle seguenti variabili: sesso, età, area geografica, tipologia di scuola e di istituto, classe frequentata. 10 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi Sono stati predisposti e somministrati due modelli di questionario, uno destinato all’infanzia, l’altro all’adolescenza. Il questionario infanzia è stato costruito con l’obiettivo di analizzare opinioni e comportamenti dei bambini ed è stato somministrato a soggetti appartenenti alla fascia di età dai 7 agli 11 anni, frequentanti la terza, quarta e quinta classe della scuola primaria e la prima classe della scuola secondaria di primo grado. Il questionario adolescenza, finalizzato a delineare l’identikit dell’adolescente, è stato somministrato a ragazzi di età compresa tra i 12 ed i 19 anni, frequentanti la seconda e la terza classe della scuola secondaria di primo grado o una delle cinque classi della scuola secondaria di secondo grado. La rilevazione sul campo ha coinvolto 39 scuole di ogni ordine e grado. Sono stati compilati ed analizzati 1.503 questionari per l’infanzia e 1.594 per l’adolescenza. L’età media dei bambini intervistati nella sezione infanzia è di 9,28 anni con una deviazione standard pari a 1,195, mentre il valore medio relativo all’età degli adolescenti è pari a 14,41 anni con una deviazione standard di 2,144. La rilevazione è stata realizzata tramite la somministrazione di un questionario semistrutturato ad alternative fisse predeterminate, composto da domande a risposta chiusa. La modalità delle domande chiuse o ad alternativa fissa predeterminata ha consentito di ottenere, oltre ad un elevato tasso di risposta al questionario, una più efficace standardizzazione ed una maggiore facilità di codifica e di analisi delle risposte fornite dagli intervistati. Il questionario si sviluppa analizzando una serie di aree tematiche: famiglia e rapporto con i genitori (presenza nella vita dei figli, percezione dei figli rispetto a capacità di comprensione, paure, confronti e conflitti, litigi in famiglia, crisi economica e occupazionale); media, Tv e 11 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi Internet (rapporto con il medium televisivo, frequenza e modalità di utilizzo di Internet, conoscenze nate in Rete e rischi ad esse connessi, videogiochi, social network); telefonino (gestione delle nuove forme di comunicazione tramite telefonino, videofonini e filmati on line); tempo libero, consumi e alimentazione (abitudini di spesa, frequenza di lettura, genere letterario preferito, abitudini alimentari); bullismo (diffusione delle diverse forme di bullismo, atteggiamento nei confronti dei bulli); scuola (rapporto con compagni stranieri). Solo per gli adolescenti sono state inoltre previste sezioni sui seguenti temi: cyber bullismo (strumento utilizzato); comportamenti (piercing e chirurgia estetica, consumo di droghe, opinione sul vizio del fumo, dell’alcol e sul consumo di droghe leggere).     IDENTIKIT DEL  BAMBINO (7-11 anni)   LA PERCEZIONE DELLA CRISI ECONOMICA. La lettura trasversale delle domande poste ai bambini di età compresa tra i 7 e gli 11 anni in merito alla situazione economico-lavorativa dei propri genitori, evidenzia dei risultati che confermano le crescenti difficoltà cui un numero sempre maggiore di famiglie italiane deve far fronte nell’attuale contesto di crisi.  In particolare il 16,7% dei bambini intervistati pensa che la propria famiglia abbia avuto negli ultimi mesi difficoltà economiche e il 19,8% difficoltà ad arrivare alla fine del mese; ben il 29,6% pensa che la propria famiglia abbia dovuto fare maggiore attenzione alle spese sostenute per l’acquisto di beni alimentari e vestiario e il 29,3% valuta che siano cambiate anche le abitudini della famiglia nel tempo libero (cene fuori, divertimento, etc.). La paghetta, inoltre, è stata ridotta nell’11,6% dei casi mentre il 14,6% dichiara che la famiglia abbia dovuto rinunciare, negli ultimi mesi, alle vacanze. Dalle risposte dei bambini emerge inoltre che nell’ultimo periodo uno o entrambi i genitori hanno diminuito le ore di lavoro (17%), cambiato attività (12,4%), trovato lavoro in un’altra città (8,7%) e, nel 6,3% dei casi, perso l’occupazione. 12 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi IL CLIMA FAMILIARE: MAGGIORE LITIGIOSITA’. Riguardo alla percezione che i bambini hanno del rapporto tra i genitori e, più in generale, del clima familiare, emerge che il 18% ha rilevato un peggioramento nel rapporto tra i genitori e una maggiore litigiosità tra loro : 1 bambino su 4, infatti, riferisce che nell’ultimo periodo i genitori hanno litigato più spesso di prima e che hanno manifestato anche un maggiore nervosismo nel 16,5% dei casi; per il 22,6% del campione intervistato, inoltre, il clima in famiglia nell’ultimo periodo è peggiorato, mentre la percentuale dei bambini che dichiarano di essere diventati più nervosi è pari al 21,8% . LA PAGHETTA: QUANTI SOLDI E COME VENGONO SPESI? In un contesto che vede sempre più spesso il bambino come diretto destinatario di attività di marketing, campagne pubblicitarie e beni di consumo (baby-consumatore) si osserva il diffondersi, anche tra i più piccoli, di una forma, seppur minima, di indipendenza economica. Lo strumento principale attraverso cui quest’ultima viene a manifestarsi è quello della paghetta, di cui è destinatario il 68,2% dei bambini intervistati di età compresa tra i 7 e gli 11 anni, a fronte del 30,9% che dichiara di non avere a disposizione soldi.Relativamente all’importo della paghetta, la maggioranza assoluta dei bambini intervistati (37%) riceve settimanalmente meno di 10 euro, contro il 9,9% che riceve tra 11 e 25 euro, il 7,1% che riceve tra 26 e 50 euro e il 14,2% che dispone di oltre 50 euro. Le scelte di consumo dei bambini che ricevono una paghetta settimanale sono prevalentemente indirizzate all’acquisto di videogiochi, giocattoli e ricariche telefoniche (rispettivamente 16,4% e 13,7%), snack e altri alimenti (12,4%); alla lettura (il 13% acquista prevalentemente libri, il 7% fumetti e riviste). CON CHI VIVONO I BAMBINI. Il fatto che oggi ci si trovi di fronte ad una crescente variabilità di forme familiari, in cui sembra venir meno una rappresentazione canonica di famiglia, non indica che essa stia scomparendo, ma semplicemente che siamo di fronte ad un processo socio-culturale di differenziazione di tale istituzione, la cui funzione resta comunque basilare in 13 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi quanto prima struttura affettiva, sociale e culturale. In particolare, rappresenta un punto di riferimento rassicurante, un valore condiviso, un momento di ritrovo e un luogo di protezione. Proprio in virtù della centralità che tale istituzione ricopre all’interno della nostra società, Telefono Azzurro ed Eurispes hanno cercato di indagare il contesto familiare in cui vivono i bambini di oggi.Dai risultati del sondaggio è emerso che, nonostante negli ultimi anni accanto al modello familiare tradizionale si siano formati nuclei familiari “atipici ”, i bambini intervistati dichiarano di vivere nell’88,6% dei casi con entrambi i genitori. Vive solo con la mamma il 7,5% e con il papà appena l’1,1%, mentre l’1,6% vive o con un genitore e il suo/la sua nuovo/a compagno/a . DIALOGO IN FAMIGLIA: I BAMBINI PARLANO POCO DI EMOZIONI E PAURE. In generale, i bambini intervistati hanno un buon rapporto con i loro genitori, tanto da renderli partecipi di fatti ed avvenimenti che riguardano la loro vita quotidiana. Infatti , i bambini dichiarano di parlare di sé ai propri genitori qualche volta (35,3%), sempre (30,8%) e spesso (29,4%) , preferisce, al contrario, non confidarsi con mamma e papà solo il 3,7% dei piccoli intervistati. Quali sono gli argomenti di cui i bambini discutono maggiormente con i propri genitori? Prevalentemente di scuola (72,2%), di quello che succede loro durante il giorno (62,8%), degli amici (54,4%), dei problemi (53,2%). I bambini hanno, invece, più remore a parlare liberamente di sensazioni profonde che appartengono alla sfera privata . Infatti, confidano i propri desideri o lo fanno solo in parte rispettivamente il 38,2% ed il 30,2% degli intervistati. Decide, invece, di custodirli segretamente il 23% del campione. Tra le sensazioni più intime vi sono, poi, le paure che creano panico e angoscia e che sono svelate totalmente o in parte rispettivamente dal 35,2% e dal 24,4% dei più piccoli. Tra loro si rintraccia, infine, una significativa percentuale di chi sceglie di non parlare delle proprie paure con i genitori (27,1%) . LE PAURE DEI BAMBINI: DELUDERE I GENITORI. Di che cosa hanno paura i bambini? Le risposte si rivelano articolate quando è in discussione il timore di essere separati dai propri genitori (mai 42,3%, raramente 14,6%, qualche volta 16,2% e spesso 21%), di 14 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi rimanere da solo (mai 40,5%, raramente 17%, qualche volta 25,2% e spesso 12,5%), di assistere a calamità naturali (mai 39,9%, raramente 14,8%, qualche volta 15,8% e spesso 20,4%). Lo stesso vale quando si prefigura la possibilità di essere avvicinati da estranei (mai 39%, raramente 19,1%, qualche volta 19,2% e spesso 14,6%), di essere rapiti (mai 37,1%, raramente 15,3%, qualche volta 16,2% e spesso 24,8%) o perdersi (mai 31,5%, raramente 23%, qualche volta 21,2% e spesso 17,2%). Deludere gli amici è, invece, una paura che ha raramente il 20,1%, qualche volta il 18,6% e spesso il 15,5% del campione. Infine, è decisamente importante sottolineare come i genitori abbiano un ruolo fondamentale nella vita degli intervistati, tanto che questi ultimi tendono a porsi il problema di tradire le loro aspettative (mai 29,5%, raramente 20,3%, qualche volta 22,5% e spesso 19,3%), così come è evidente quanto i più piccoli siano condizionati da una società che li spinge sempre e comunque ad apparire incutendo, di conseguenza, in loro il timore di fare brutte figure (mai 25,1%, raramente 23,5%, qualche volta 24,5% e spesso 18,2%). DIVIETI, OBBEDIENZA E LITIGI. Più della metà dei bambini intervistati dichiara di fare, almeno “qualche volta”, qualcosa che è stato proibito dai genitori (53,2%) e quasi 1 bambino su 10 (8,6%) ammette addirittura di farlo “spesso” , a fronte del 32,6% che afferma di non farlo mai. Pur non essendo d’accordo con le regole o i divieti imposti dai genitori, il 42,3% dei bambini afferma , tuttavia, di obbedire senza obiezioni mentre il 39% si rende conto che i genitori hanno ragione solo dopo aver ricevuto una spiegazione circa le motivazioni della regola o del divieto. La causa principale che fa nascere discussioni fra genitori e figli è quella relativa allo studio (29,8%). E, se quasi il 18% dei bambini dichiara di non discutere con i propri genitori, l’11,4%, al contrario, ammette la propria responsabilità, dichiarando di rispo ndere in maniera sgarbata , tanto da provocare una discussione. 15 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi A detta della gran parte dei bambini intervistati, la reazione che con più frequenza i genitori hanno quando si arrabbiano con loro è quella, forse più immediata, di sgridarli e alzare il tono della voce (44,9%). Il 19,8%, invece, riceve una punizione, mentre al 16% viene proibito l’utilizzo di Tv/videogiochi/pc/cellulare, etc. Un’altra metodologia educativa applicata di frequente è la “punizione” che, secondo quanto riportato dai bambini intervistati, viene adottata nel 20% dei casi. I GENITORI IDEALI? I PROPRI. MA ANCHE LA COPPIA TOTTI-BLASI... La coppia ideale, soprattutto agli occhi dei più piccoli, è sempre quella di “mamma e papà” e, difficilmente, i bambini tra i 7 e gli 11 anni sono disposti a sostituirla con un’altra, magari “più ricca e famosa”. 7 bambini su 10 (73,1%), infatti, non sembrano riuscire ad immaginare dei genitori diversi dai propri . C’è, tuttavia, una piccola minoranza di bambini che vorrebbe una mamma e un papà somiglianti a personaggi famosi.   Francesco Totti e Ilary Blasi, rappresentano la coppia di genitori ideale per il 10,8% dei piccoli intervistati. Brad Pitt e Angelina Jolie superano (5,1%), anche se di un solo punto percentuale, i genitori dei Cesaroni che raccolgono il 4,1% dei consensi. DOMINA LA TV, IN CRESCITA L’USO DEI TELEFONINI. Il media tuttora più popolare presso i bambini rimane la televisione: solo il 4,8% del campione, infatti, afferma di non utilizzarla mai. Il consumo televisivo risulta nella maggioranza dei casi moderato: il 37,1% vede la tv fino ad un’ora al giorno, il 30,8% da 1 a 2 ore. I bambini forti consumatori sono una minoranza, che non va però trascurata: più di un bambino su 10 (il 12,6%) trascorre più di 4 ore al giorno davanti alla Tv . Al secondo posto, per diffusione tra i bambini, si colloca il computer . L’uso giornaliero del pc risulta di durata contenuta: il 41,3% lo utilizza al massimo per un’ora al giorno, mentre il 17,4% da 1 a 2 ore. La maggioranza dei bambini si collega ad Internet (59,7%), mentre un terzo ne rimane escluso (33,1%). Anche in questo caso prevale un consumo contenuto: il 31,9% lo usa fino ad un’ora al giorno, il 13% da 1 a 2 ore, ma un 6,9% dei giovanissimi naviga per oltre 4 ore al giorno . IL BOOM DELLE CONSOLLE. Quasi tre bambini su quattro giocano abitualmente con le 16 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi consolle per videogiochi (Playstation/PSP/Xbox/Wii), divenute da tempo una sorta di must per i ragazzi e sempre più ricche e diverse. Il 30,7% le utilizza fino ad un’ora al giorno, il 19% da 1 a 2 ore, ma 1 bambino su 10 addirittura più di 4 ore al giorno . Nel 2009 il 41,1% dei bambini di 7-11 anni non giocava con le consolle, ad un anno di distanza la quota è scesa al 25,8%, segno di un vero e proprio boom. UN USO SOLITARIO DELLE TECNOLOGIE. I bambini utilizzano le apparecchiature elettroniche prevalentemente da soli . Per quanto riguarda la Tv, la metà del campione la guarda solitamente da solo, quasi un terzo (31,8%) con i genitori ed il 12% con gli amici.  Un terzo degli intervistati guarda i dvd da solo, il 23,6% con i genitori ed il 19% con gli amici. La consolle per i videogiochi viene utilizzata prevalentemente dai bambini da soli (39,9%). Per quanto riguarda Internet, solo il 14,4% del campione riferisce di navigare con i genitori : il 40,4% naviga da solo e l’11,7% con gli amici. Ciò significa che i bambini sono generalmente privi di controllo da parte degli adulti anche quando usano mezzi di comunicazione potenzialmente insidiosi per i più piccoli. CHE COSA FANNO SU INTERNET: ESPLODONO YOUTUBE E SOCIAL NETWORK. Le attività legate all’utilizzo di Internet più diffuse tra i bambini risultano essere: guardare filmati su YouTube (lo fa il 67,8% di chi naviga), giocare con i videogiochi (64,6%), cercare informazioni interessanti (61,7%), scaricare musica/film/giochi/video (58,7%). Se queste attività sono diffuse tra la maggioranza dei piccoli navigatori, risulta non trascurabile anche la quota di chi cerca materiale utile per lo studio (46,6%), chatta (42,2%), utilizza Social Network (42,1%). Quasi un terzo usa la posta elettronica (32,2%) ed il 27,6% partecipa a giochi di ruolo online. Si segnala in particolare la diffusione ormai capillare, anche tra i più giovani, di YouTube, dei Social Network, nonché l’abitudine dilagante, fin dall’infanzia, di scaricare materiali da Internet – spesso in modo illegale. In aumento la quota di bambini che guarda filmati da YouTube (a riprova della crescita travolgente del sito) – erano 54,7% nel 2009, percentuale salita al 67,8% nel 2010 – e che usano la posta elettronica (27,8% nel 2009 e 32,2% nel 2010).  La rilevazione inerente i gusti e le preferenze dei bambini nella scelta di generi di video guardati su YouTube ha mostrato una significativa propensione del campione intervistato al genere musicale, scelto nel 62,9% dei casi. I filmati divertenti/curiosi ed i pezzi di programmi televisivi preferiti, vengono guardati rispettivamente dal 57,8% e dal 57,5% del campione. I video con scene forti (incidenti, violenza, sesso, ecc.) registrano la percentuale più bassa di risposte affermative ( 17,1% ), benché si tratti di una percentuale da non sottovalutare considerando il contenuto ed il genere 17 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi dei video stessi. VIDEOGIOCHI: COSA ORIENTA L’ACQUISTO? Nel 29% dei casi (la percentuale più alta di risposte affermative) i bambini hanno dichiarato che quando viene comprato loro un videogioco , questo è scelto perché piace . Il secondo fattore di scelta nell’acquisto (23,5% dei casi) risulta essere quello dell’attenzione, da parte dei genitori, al fatto che il videogioco sia adatto all’età del bambino. Il 13% dei bambini intervistati afferma di acquistare videogiochi da solo , il 10,6% riconduce l’acquisto di un videogioco da parte dei genitori al fatto che il prezzo sia basso e solo il 6,7% dei bambini ha attribuito al valore educativo del videogioco il motivo di scelta. I bambini ai quali non vengono comprati videogiochi sono il 9,6% del campione e quelli che identificano altre ragioni di acquisto e di scelta sono il 4,9%.   AUMENTANO I BAMBINI CHE POSSIEDONO IL CELLULARE. Le indagini effettuate negli ultimi anni da Telefono Azzurro ed Eurispes hanno messo in luce come il telefono cellulare abbia avuto un progressivo incremento di diffusione. Se nel 2009 la percentuale di bambini in possesso di un telefono cellulare si attestava al 53,7%, i l 2010 fa registrare un ulteriore incremento della percentuale dei bambini che possiede un telefono cellulare: complessivamente il 62,4%, contro il 33,2% che non ne dispone ancora. Nello specifico il 34,5% dichiara di possedere un cellulare semplice, il 18,6% un smart-phone o un video-telefonino, il 9,3% di averne più di uno . 2 BAMBINI SU 3 LO USANO PER FARE FOTO E FILMATI. L’attrattiva maggiore dei cellulari, specie negli ultimi anni, è data dal fatto che le funzionalità messe a disposizione degli utenti sono tante e tali da consentire una scelta sempre maggiore di possibilità comunicative. Dai risultati dell’indagine emerge tuttavia che il telefonino viene utilizzato soprattutto per assolvere alla sua funzione basilare : il 76,2% dei bambini utilizza il telefonino per chiamare ed essere chiamato dai genitori. Si può inoltre constatare che il telefonino è sicuramente percepito dai più piccoli come uno strumento di 18 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi comunicazione che permette di relazionarsi in breve tempo e in modo diretto con i propri amici (66,3%). La tendenza viene confermata anche dall’uso frequente che i bambini fanno degli sms (54,7%). Probabilmente a causa del loro costo maggiore rispetto agli sms, risulta molto meno diffuso lo scambio degli mms (28,3%).Si registra, rispetto alle rilevazioni degli altri anni, un aumento considerevole dei bambini che utilizzano il telefonino per la navigazione su Internet : 23,1% rispetto all’8,5% del 2007, al 12,8% del 2008 e al 20,3% dello scorso anno. Molto diffuso l’uso del telefono per fare fotografie o filmati (66,1%) o per giocare (59%). In quest’ultimo caso si registra una flessione rispetto ai risultati dell’indagine condotta lo scorso anno, da cui risultava che la percentuale dei bambini che utilizzava il cellulare per giocare era pari al 69,9%. IL PIACERE DI LEGGERE. I dati emersi dal sondaggio condotto da Telefono Azzurro ed Eurispes dimostrano come la maggioranza dei bambini legge a prescindere dai doveri scolastici . Solamente il 13,5% degli intervistati, infatti, dichiara di non leggere alcun libro in un anno oltre a quelli indicati a scuola, mentre il 36,6% ne legge tra 1 e 3, il 19,5% tra 4 e 10, il 7,7% tra 11 e 15, e circa un quinto degli intervistati (20,9%) ha indicato di leggerne più di 15 . Le ragioni prevalenti degli intervistati sul perché piace loro leggere sono il divertimento (24,2%), il poter viaggiare con la fantasia (23,6%) e il poter imparare cose nuove (20,2%). Il 10,2%, invece, lo considera un buon modo per passare il tempo e il 6%, infine, trova nella lettura la possibilità di vivere nuove emozioni . Solo il 14,2% dei bambini dichiara di non trovare piacere nella lettura.   STRANIERI IN CLASSE, FENOMENO IN CRESCITA. La necessità di affrontare in modo adeguato la questione è comprovata dai dati che emergono dal sondaggio. Il 43,6% dei bambini, infatti, afferma di avere tra i compagni di classe tra 1 e 3 bambini stranieri , a fronte del 39,4% che non ne ha nessuno, dell’8,7% che condivide il proprio percorso 19 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi formativo con un numero di bambini non italiani compreso tra 4 e 7, e del 2,2% che afferma di avere da 8 a 10 compagni di classe di altra nazionalità. Relativamente alla distribuzione geografica, gli intervistati residenti al Sud e nelle Isole sono quelli che nella maggioranza dei casi non hanno compagni di classe stranieri (rispettivamente 68,4% e 51,3%), mentre sono i loro coetanei del Nord-Est (56,3%) e del Centro (55,2%) a indicare in percentuale maggiore di condividere l’aula con bambini stranieri (da 1 a 3), dati di poco superiore a quanto rilevato a Nord-Ovest (48,2%), ma sensibilmente più alti rispetto alle regioni meridionali (25,5%) e insulari (32,3%). SENTIMENTI POSITIVI VERSO I BAMBINI STRANIERI. Molti bambini, dunque, si trovano a trascorrere un parte consistente della propria giornata in un contesto multiculturale e tra di loro prevalgono sentimenti positivi (76,4%) nei confronti dei compagni di nazionalità diversa. Il 34,2%, infatti, prova curiosità, il 28,8% simpatia, il 7,1% fiducia e il 6,3% interesse. Il 7,8% dei bambini intervistati, invece, dichiara di provare indifferenza . Una minoranza, infine, prova sentimenti negativi (9,2%) per i compagni di nazionalità diversa: il 3,2% è diffidente, il 2,2% ha paura, l’1,9% prova pietà (un sentimento che comunque pone chi lo prova in una posizione di presunta superiorità) e l’1,9% arriva a provare odio e disprezzo A SCUOLA OLTRE 1 BAMBINO SU 3 VITTIMA DI BULLISMO. Il bullismo, com’è noto, è un fenomeno che si manifesta prevalentemente all’interno dell’ambito scolastico. È qui, infatti, che bambini e ragazzi più prepotenti possono facilmente individuare i soggetti sui quali riversare le proprie azioni. I dati testimoniano infatti che nelle scuole italiane una percentuale consistente di bambini ha assistito in prima persona a episodi di questo genere (39,1%). LE MILLE FACCE DEL BULLISMO E LE DIFFERENZE DI GENERE Dai risultati dell’indagine svolta, risulta che la maggior parte dei bambini, nell’ultimo anno, è stata oggetto di offese immotivate da parte di uno o più compagni di scuola (27,8%) o, nel 27,4% dei casi, di provocazioni e prese in giro. Particolarmente elevata è, inoltre, la percentuale di quanti hanno dovuto sopportare la diffusione di informazioni false sul proprio conto (20,4%) e l’ esclusione dal gruppo dei pari (15,2%). Nella lista di soprusi che spesso i bambini mettono in atto tra loro compaiono, con un valore pari al 16,8%, le azioni volte a provocare danni ad oggetti 20 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi e le minacce (11,4%), oltre che le percosse (7,8%). Infine, tra i comportamenti prepotenti si dimostrano ancora in auge i furti di merendine (9%) e di denaro (4,9%). La ripartizione del dato in funzione del genere di appartenenza mette in evidenza che le bambine subiscono, più frequentemente dei compagni dell’altro sesso, offese immotivate (30,4% vs 25,1%). Sensibile è anche la differenza percentuale che esiste tra i due sessi per quanto riguarda la diffusione di notizie diffamanti o di cattiverie . Ad esserne maggiormente vittima sono le bambine (22% contro il 18,6% dei compagni), che vengono anche più frequentemente escluse dal gruppo di appartenenza (17,3% vs 13,1%). I bambini , invece, sembrano subire più spesso delle compagne il danneggiamento di oggetti (18,9% vs 14,8%) e le minacce da parte dei più prepotenti (12,2% vs 10,6%). PIU’ DEL 10% SOSTIENE IL BULLO IN MANIERA DIRETTA O INDIRETTA. Di fronte alle sopraffazioni perpetrate da compagni più prepotenti ai danni dei più deboli, il 30,3% ha avvertito dentro di sé un forte senso di rabbia , dettato probabilmente dalla voglia quasi inconsapevole di voler difendere il compagno vittima dei soprusi. Per contro, in molti dichiarano di aver avuto paura (25,7%) Particolarmente alta è anche la percentuale di coloro che hanno manifestato un sentimento di pena per colui che era oggetto delle prepotenze (19,7%) . Da non sottovalutare il dato per cui più del 10% del campione, assistendo a situazioni di bullismo, prova emozioni che portano a sostenere il bullo in maniera più o meno diretta: dall’indifferenza (3,4%) al divertimento (3,1%), fino a sentimenti di ammirazione e invidia per colui che gioca la parte del più forte (rispettivamente l’1,7% e il 2,7%). 21 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi CHI NON SA DIFENDERSI E’ LA VITTIMA PRINCIPALE DEL BULLO. Ai bambini è stato chiesto, infine, di indicare in base alla loro esperienza e alle loro opinioni personali, verso quali soggetti i bulli indirizzano più frequentemente le prepotenze. È dunque emerso che è altamente probabile che a diventare vittima di episodi di bullismo siano quei bambini che non sono in grado di difendersi (30,4%) . Inoltre, per il 13,4% del campione, andare bene a scuola è un motivo valido per attirare le attenzioni dei compagni più aggressivi. Talvolta, secondo l’opinione rilevata tra i piccoli, anche avere un difetto fisico , più o meno grave, può far diventare un bambino un soggetto “debole” (6,7%) . Allo stesso modo, essere stranieri può influire sulle mire di arroganza e prevaricazione che muovono il comportamento del bullo (6,3%) . Agli occhi di una parte più esigua del campione, seguire o meno la moda nel vestire può essere un altro dei motivi per cui uno o più compagni più forti decidono di infierire sulle vittime prescelte (4,6%) , così come per il 3,2% degli intervistati i bulli se la prendono con chi ha delle ambiguità di comportamento legate all’ identità sessuale . QUASI LA META’ DEI BAMBINI “COSTRETTI” ALLA DIETA. Un dato allarmante, relativamente alle abitudini alimentari dei bambini italiani, è quello che rileva che quasi la metà segue, perché costretto da motivi di salute, o per auto-imposizione, un particolare regime alimentare. Se il 53,9% dei bambini intervistati afferma, infatti, di non seguire una particolare dieta alimentare , il 15,3% degli stessi dichiara, al contrario, di dover seguire un particolare regime alimentare, su parere del medico, a causa di motivi di sovrappeso . La medesima cosa avviene per il 7,3% dei bambini intervistati, ma per opposti motivi, legati all’ eccessiva magrezza . Il 22 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi 7,9% dichiara di seguire una dieta particolare per motivi legati all’auto-percezione , in quanto si considera troppo grasso , mentre il 7,6% segue ugualmente un regime dietetico particolare, ma perché, al contrario, crede di essere troppo magro . Il problema delle allergie o delle intolleranze alimentari obbliga, invece, a diete particolari quattro bambini su cento tra quelli intervistati. L’ECCESSIVO CONSUMO DI DOLCI, SNACK E MERENDINE. Accanto ad un regime alimentare che prevede tutti i cibi tipici della dieta mediterranea, quali pasta, verdure, formaggio, carne e frutta , i bambini di oggi consumano con frequenza elevata cibi poco sani quali snack, merendine o dolciumi .I dolci sono un alimento presente una o due volte la settimana nella dieta alimentare dei bambini intervistati nel 33,3% dei casi, “spesso” nelle abitudini del 32,9% del campione considerato, tutti i giorni nell’alimentazione del 15,6% dei bambini e “mai” nel 10% dei casi. Gli snack e le merendine rappresentano un alimento pienamente integrato nelle abitudini alimentari dei bambini italiani: il 28,7% dei bambini li mangia infatti una o due volte a settimana, il 27,5% spesso, il 21% tutti i giorni, mentre il 15,4% non ne consuma mai. IDENTIKIT DELL’ADOLESCENTE (12-19 anni) ADOLESCENTI PIU’ CONSAPEVOLI DELLA CRISI RISPETTO AI BAMBINI. I risultati dell’indagine evidenziano, anzitutto, che più di un adolescente su quattro ritiene che la propria famiglia sia stata colpita in una certa misura dalla crisi economica (29% del totale). Una risposta che può essere inficiata da vari fattori, come ad esempio la 23 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi desiderabilità sociale o la difficoltà ad ammettere che la propria famiglia sta vivendo una situazione problematica. Una risposta più oggettiva si ha probabilmente quando la domanda è riferita alle famiglie di parenti, amici e conoscenti: in questo caso infatti la percentuale di chi afferma di conoscere  altre famiglie colpite dalla crisi sale al 52,3% . In particolare, il 18,9% degli adolescenti, quasi uno su cinque, ritiene che la situazione lavorativa sia cambiata. Il 7,5% dichiara la perdita del lavoro da parte di uno o entrambi i genitori; il 7% che uno o entrambi i genitori si trovano in cassa integrazione e l’8,3% che uno o entrambi i genitori hanno dovuto trovare lavoro in un’altra città. MENO SOLDI PER LE SPESE QUOTIDIANE E IL TEMPO LIBERO. I risultati dell’indagine evidenziano una più diffusa percezione degli effetti della crisi tra gli adolescenti rispetto ai bambini (cfr. Identikit del bambino): circa un adolescente su tre (33,2% del totale) ritiene che la propria famiglia si sia mostrata, negli ultimi mesi, più attenta alle spese per cibo e vestiario . La stessa percentuale sale al 45,7% del totale (poco meno di un adolescente su due) per quel che riguarda la maggiore attenzione per spese extra relative al tempo libero (cene fuori, divertimenti, etc.); il 16,2% degli adolescenti ha riscontrato difficoltà della famiglia ad arrivare alla fine del mese e il 19,9% ritiene che la propria famiglia abbia avuto, negli ultimi mesi, difficoltà economiche ; il 17,1% degli adolescenti ritiene che la crisi abbia indotto la propria famiglia a rinunciare alle vacanze. IL CLIMA FAMILIARE: IN AUMENTO LE LITI CON I GENITORI. Un ulteriore aspetto analizzato nell’indagine campionaria riguarda gli eventuali cambiamenti recentemente riscontrati dagli adolescenti nei rapporti interpersonali all’interno della famiglia. Un adolescente su quattro circa dichiara un maggior nervosismo dei genitori nell’ultimo periodo (25,3% del totale, contro il 69,8% che non ritiene vi siano stati cambiamenti). Risultano inoltre in aumento sia i litigi tra i genitori (13,5%), sia quelli tra genitori e figli (28,7% del totale), dichiarati da più di un adolescente su quattro. Parallelamente ad un peggioramento dei rapporti intrafamiliari, si rileva anche un maggior nervosismo degli intervistati stessi, riscontrato nel 39,6% del campione . LA PAGHETTA NON RISENTE DELLA CRISI. I risultati evidenziano come la quasi totalità 24 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi degli intervistati ( 83,2% del totale, 4 adolescenti su 5) dispone settimanalmente di soldi , contro il 15,1% che non ha nulla a disposizione. È interessante rilevare come la maggioranza assoluta degli intervistati che dichiarano di possedere dei soldi esprimono un giudizio positivo sull’adeguatezza di quanto ricevono settimanalmente rispetto alle loro esigenze (per il 56,3% sono quanto serve). Il 27,9% ritiene che i soldi a disposizione siano più di quanto effettivamente gli occorra ; solo una minoranza ritiene che siano inadeguati alle proprie esigenze di consumo (per il 14,6% sono meno di quel che occorre). Poco più di un adolescente su dieci, tra chi possiede settimanalmente dei soldi, ha dichiarato di guadagnarli con piccoli lavoretti (13,3% del totale). I MASCHI SPENDONO SOPRATTUTTO NELLE USCITE CON GLI AMICI, LE FEMMINE NELLO SHOPPING. MA SOLO 1 ADOLESCENTE SU 10 È? ATTENTO A RISPARMIARE. Le preferenze degli intervistati in merito alle scelte di consumo dei soldi disponibili ogni settimana, rilevano una netta propensione degli adolescenti verso tutto ciò che ha attinenza con la socialità, la comunicazione e la moda . Infatti, la maggioranza assoluta di chi riceve dei soldi settimanalmente li destina prioritariamente alle uscite con gli amici (41,1%) , all’acquisto di prodotti di abbigliamento e accessori (10,7%) e di ricariche telefoniche (10,6%) . Meno diffuse sono le preferenze espresse relativamente ad altri prodotti di consumo, quali generi alimentari e videogiochi (privilegiati, rispettivamente, dal 5,9% e dal 4% di chi riceve settimanalmente dei soldi), mentre circa un adolescente su dieci mostra un’attitudine al risparmio (il 13,9% di chi riceve settimanalmente dei soldi li mette prevalentemente da parte). Come nell’infanzia, anche nell’adolescenza le preferenze di consumo dei soldi disponibili settimanalmente si differenziano notevolmente in funzione del sesso. In particolare i maschi privilegiano maggiormente le spese destinate alle uscite con gli amici (43,8% contro il 38,8% delle femmine), all’acquisto di videogiochi (8,2% contro lo 0,4% delle femmine), di fumetti e riviste (2% contro l’1,3% delle femmine). Le femmine privilegiano maggiormente le spese per l’acquisto di abbigliamento e accessori (16% contro il 4,4% dei maschi), di ricariche telefoniche (12,7% contro l’8,1% dei maschi), sigarette (4,4% contro il 3% dei maschi), 25 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi libri (2,1% contro l’1,4% dei maschi). RESISTE LA FAMIGLIA TRADIZIONALE.. In una società atomizzata, mutevole, plurale e, spesso, percepita come precaria, la ricerca di stabilità e di certezze nella vita di un adolescente è inevitabilmente legata alle mura domestiche. I dati emersi mostrano che, nonostante l’aumento dei divorzi nel nostro Paese, l’85% degli adolescenti vive con entrambi i genitori , mentre il 9,8% solo con la mamma (cui nella maggior parte dei casi di separazione viene dato l’affidamento), l’1,1% con il papà e l’ 1% con nonni o altri familiari . È interessante il dato secondo cui il 2,4% vive con un genitore e l’attuale compagno/a , una tipologia di famiglia allargata che va sempre più diffondendosi. Solo lo 0,3%, infine, è affidato ad un istituto o comunità. DIALOGO IN FAMIGLIA: SCUOLA E AMICI GLI ARGOMENTI PRINCIPALI. Solo il 5,1% dei ragazzi dichiara di non parlare mai con i genitori delle cose che lo riguardano, a fronte del 18,3% che lo fa sempre e del 34,8% che lo fa spesso. La quota maggiore, tuttavia, è costituita da chi lo fa solo qualche volta (41,4%) . Il principale argomento di conversazione di adolescenti e genitori è la scuola (ne parla sempre il 75% del campione e il 22% almeno in parte). Altro oggetto di discussione ampiamente diffuso sono gli avvenimenti che riguardano la vita del ragazzo/a (il 41%, sempre e il 44,9% almeno in parte, a fronte del 12,7% che non lo fa mai). Gli amici sono tema di confronto per l’85,5% degli intervistati (il 45,2% abitualmente e il 40,3% di farlo in parte). Un altro campo di discussione è quello dei desideri dei ragazzi, che li esprimono nel 39,6% dei casi e, almeno in parte, nel 41,4%. Circa 3/4 del campione si confronta con i genitori per ciò che concerne i propri problemi (il 34,1% risponde sì e il 42,7% in parte). 26 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi PAURE, SESSO E SENTIMENTI PER MOLTI SONO UN TABU’. Minore è il dialogo familiare su quelle che sono le paure dei ragazzi : solo il 27% ammette di parlarne e il 36,3% di farlo in parte, a fronte del 34,6% che non lo fa per nulla. Per ciò che concerne più prettamente la vita privata , il confronto con i genitori è diffuso solo tra una minoranza dei ragazzi. Infatti, solamente il 12,8% degli adolescenti parla abitualmente di questioni sentimentali ; il 30,2% ha indicato di farlo in parte, mentre il 54,6% di non farlo . Se, dunque, la vita sentimentale dei ragazzi rimane fuori dalle mura domestiche , il vero e proprio tabù rimane la sessualità, tema affrontato solo nell’8,9% dei casi e in parte dal 21,4% del campione. La maggioranza degli adolescenti (66,7%), quindi, non parla con i propri genitori di questo argomento così “delicato” . LA PAURA PRINCIPALE: NON ESSERE ALL’ALTEZZA DELLE ASPETTATIVE. La domanda seguente ha voluto indagare quali siano oggi le principali paure degli adolescenti. I dati mostrano che la maggioranza degli intervistati teme di non risultare conforme alle aspettative di altri , un primato figlio della società dell’apparenza ormai consolidatasi. Tra i ragazzi, infatti, al 56,6% è capitato di aver paura di deludere i genitori (qualche volta 34,1% o spesso 22,4%), al 52,4% di fare brutta figura (qualche volta 31,9% o spesso 20,5%) e al 45,3% di deludere gli amici (qualche volta 28,8% o spesso 16,5%). La crisi economica e sociale che sta colpendo dal 2008 il Paese, invece, è percepita con preoccupazione dal 36,5% dei ragazzi, che ammette di aver paura di non trovare un lavoro (il 23,8% qualche volta e il 12,7% spesso). Le catastrofi naturali che si sono avute in Italia negli ultimi anni sono percepite dal 29,6% degli adolescenti come una paura reale. Il 19,3% degli intervistati, infatti, ammette di averle temute qualche volta e il 10,3% di temerle spesso. Un’ulteriore paura con cui convive circa un quarto degli intervistati è relativa alla sfera affettiva e, più genericamente, sociale:  la paura di rimanere solo colpisce qualche volta o spesso il 29,4% dei ragazzi. Ci sono poi la paura di non trovare un/a fidanzato/a (27,1%) e di essere separato dai genitori (25,1%). Da non trascurare la maggiore paura, tra le femmine 27 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi , di essere avvicinati da estranei (33,4% a fronte del 15,3% dei maschi). IL CONFLITTO CON I GENITORI: DISOBBEDISCE IL 24,2% DEI RAGAZZI. Il conflitto genitori-figli diventa palese nel momento in cui si verifica una divergenza di opinioni. Le cause delle divergenze possono essere molteplici e, spesso, un dissidio contingente può nascondere o far nascere incomprensioni più profonde. Ma qual è la reazione dei ragazzi agli “scontri” con i genitori? In un terzo dei casi (34,3%) gli adolescenti affermano che in caso di disaccordo i genitori spiegano i motivi della decisione fino a far comprendere al figlio le loro ragioni. C’è però un 24,2% che disobbedisce facendo ugualmente ciò che vuole : il 13,4% dopo essersi mostrato accondiscendente e il 10,8% sfidando apertamente l’autorità genitoriale, esprimendo la propria contrarietà al divieto posto. Il 20,1% del campione si limita a fare ciò che gli viene detto, senza chiedere e ricevere alcuna spiegazione, mentre il 16,4% del campione invece afferma di riuscire a convincere i genitori di aver ragione. È LO STUDIO IL PRINCIPALE ARGOMENTO DI DISCUSSIONE. Il principale argomento di discussione e scontro tra genitori e figli è lo studio (32,3%), mentre le altre cause di confronto maggiormente frequenti sono più legate alla sfera prettamente educativa: il 18,1% degli adolescenti discute con i genitori quando risponde male , il 12,4% per gli orari di rientro e uscita e il 10,7% perché non fa ciò che gli viene detto di fare . È più frequente che siano le femmine a rispondere male (23,1% rispetto al 12,2% dei ragazzi) e ad avere momenti di confronto sugli orari (14,8% vs 9,6%), dato probabilmente dovuto alla maggiore libertà concessa ai maschi ritenuti, forse, meno soggetti a pericoli di sorta. FUGHE DA CASA: CI PENSA 1 ADOLESCENTE SU 3. Durante l’adolescenza, periodo di 28 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi ribellione e ricerca (a volte anche ostentata) di autonomia e indipendenza, possono verificarsi fughe da casa, gesto estremo di un ragazzo deciso a ribellarsi all’autorità paterna e materna e a rivendicare l’essere adulto. Dal sondaggio emerge che circa un terzo degli intervistati ha preso in considerazione l’eventualità di scappare di casa (33,1%). La propensione a scappare di casa è maggiore tra le femmine , che ammettono di aver pensato ad una simile eventualità nel 37,9% dei casi, a fronte del 27,5% dei maschi. LA TV HA CEDUTO IL PASSO AL PC. Gli strumenti tecnologici di più largo utilizzo fra gli adolescenti risultano essere il computer (lo usa il 92,8% del campione) e la televisione (92,7%). Il pc eguaglia dunque, per diffusione, la popolarissima e sempre accessibile Tv, a riprova della quasi totale alfabetizzazione informatica delle nuove generazioni. Il pc supera la Tv anche per intensità dei consumi: il 12,5% lo usa per oltre 4 ore al giorno , a fronte dell’8,1% dei forti consumatori televisivi. La maggior parte degli adolescenti, comunque, guarda la televisione ed usa il computer con moderazione, fino a 2 ore al giorno. Al terzo posto, fra le tecnologie più diffuse tra i ragazzi, si colloca poi Internet, usato da quasi il 90% del campione. Oltre un terzo degli adolescenti naviga più di 2 ore al giorno, il 13% più di 4 ore . UN QUARTO DEGLI ADOLESCENTI USA IL CELLULARE PER PIU’ DI 4 ORE AL GIORNO. L’85% dei ragazzi usa il telefonino, sebbene resista un 14,2% che ancora non lo possiede. Da sottolineare che un quarto degli adolescenti (24,5%) utilizza il cellulare per oltre 4 ore al giorno. È dunque questo lo strumento tecnologico che si presta al consumo più intenso da parte dei 12-19enni . Molto diffuso è anche il lettore Mp3/iPod (70,6%), ma caratterizzato da consumi più contenuti (il 38,1% lo usa al massimo per un’ora al giorno). La maggioranza del campione utilizza il lettore dvd (59,2%) e le consolle per videogiochi (Playstation/PSP/Xbox/Wii) (56,2%), per intervalli di tempo medio-brevi. I dati indicano, in modo abbastanza sorprendente, che ben il 60,7% degli adolescenti non ascolta mai la radio, evidenziando che, almeno per i giovanissimi, questo storico e suggestivo mezzo di comunicazione è stato oggi messo in secondo piano da tecnologie più moderne, senza dubbio da lettori Mp3 e iPod, ma anche da Internet IL BOOM DELLA CONSOLLE. Sebbene siano meno diffuse che fra i bambini, le consolle per 29 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi videogiochi hanno comunque fatto segnare nell’ultimo anno un vero boom fra gli adolescenti: nel 2009 non le usava il 68,9% del campione, quest’anno solo il 42,8%, segno del fatto che l’offerta nel settore è stata particolarmente ricca e capace di intercettare i teen agers. OLTRE 7 RAGAZZI SU 10 NAVIGANO DA SOLI. La maggior parte dei ragazzi tendono ad utilizzare da soli quasi tutte le apparecchiature tecnologiche. In particolare, usa Internet da solo il 72,7% del campione , mentre il 13,5% naviga con gli amici. Appena il 4,5% lo fa con i genitori . Anche nel caso della Tv prevalgono gli spettatori solitari (46,6%), ma risulta significativa la quota di chi la guarda con i genitori (38,5%). Tale percentuale risulta elevata soprattutto al Sud. Per quanto riguarda invece il lettore dvd e le consolle per videogiochi , tra gli adolescenti prevale l’abitudine di utilizzarle in compagnia degli amici (rispettivamente il 30,9% ed il 33,4%). Si tratta infatti di strumenti che si prestano maggiormente ad un utilizzo collettivo: guardare film o giocare con la consolle insieme agli amici rappresentano occasioni non solo di intrattenimento ma anche di socialità. I ragazzi, più ancora dei bambini, godono quindi di larga autonomia nell’utilizzo delle tecnologie, dal cellulare alla Rete, con tutte le sue potenziali insidie. IL 14,8% DEI RAGAZZI CERCA O SCARICA MATERIALE VIETATO. Gli adolescenti utilizzano Internet soprattutto per cercare informazioni di loro interesse (lo fa l’83,1% dei navigatori), guardare filmati su YouTube (81,3%), chattare (78,1%), utilizzare Social Network (78%), scaricare musica/film/giochi/video (75,3%), cercare materiale utile per lo studio (72,9%). La netta maggioranza usa anche la posta elettronica (59,4%) e quasi la metà gioca con i videogiochi (49%). Molto meno comuni, tra i ragazzi, le altre applicazioni della Rete: il 29,4% legge un Blog, il 19,9% partecipa a giochi di ruolo, il 19,8% fa acquisti online, il 15,4% 30 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi legge/scrive su un forum, il 14,8% cerca/scarica materiali proibiti/vietati . I dati descrivono un utilizzo di Internet da parte dei teen agers legato soprattutto all’evasione e allo svago, ma anche alla socialità, senza però dimenticare la Rete come fondamentale fonte di ogni tipo di informazioni, anche quelle utili allo studio. SI INNAMORA SU INTERNET IL 17,3% DEGLI ADOLESCENTI. Chiedendo agli adolescenti intervistati se è mai capitato loro di conoscere una persona su Internet e di innamorarsene , è emersa una notevole maggioranza (l’80,3% del campione) di coloro i quali non hanno mai avuto un’esperienza di questo tipo, vissuta invece dal 17,3% degli adolescenti intervistati, con una maggioranza dei maschi (20,8%) rispetto alle femmine (14,3%). Notevoli le differenze per area geografica: gli intervistati che hanno conosciuto una persona su Internet e se ne sono innamorati sono, infatti, l’8,4% al Nord-Est ed il 23% al Sud; tra questi due “estremi” si collocano il 16,7% degli intervistati del Nord-Ovest che hanno vissuto tale esperienza, il 17,4% del Centro ed il 20,2% delle Isole. Il 58,5% degli intervistati si esprime in maniera positiva rispetto all’utilizzo di Internet per incontri sentimentali : il 31,2% del campione elogia la facilità con la quale è possibile conoscere persone sul web, per il 15,3% è positivo il fatto di poter essere più disinibiti e svincolati da giudizi esterni e per il 12% è importante l’opportunità di decidere quanto e come esporsi. È comunque alta la percentuale di coloro – il 37,8% del campione – che ha mostrato un giudizio tendenzialmente critico, non identificando in tale ambito alcun aspetto positivo e segnalando, pertanto, una tendenza piuttosto marcata alla prudenza nell’utilizzo di Internet sotto tale aspetto. IL RISCHIO LEGATO ALLA FINZIONE PREOCCUPA LA META’ DEI RAGAZZI. Gli adolescenti si confermano critici anche nelle risposte riguardanti gli aspetti negativi legati all’uso di Internet in amore; soltanto il 4,3% degli intervistati non ne rintraccia alcuno, mentre ben il 92,3% ne identifica diversi. I pareri negativi a riguardo derivano, soprattutto, dal rischio costituito dalla possibilità di finzione che caratterizza gli incontri sul web (nel 51,9% dei casi) ed in secondo luogo dalla difficoltà a fidarsi di chi non si conosce faccia-a-faccia (per il 16,9%) . Il 9,9% degli intervistati sostiene che la conoscenza virtuale di una persona non possa essere profonda, il 7,3% teme una forte delusione al momento dell’incontro faccia-a-faccia, il 6,3% è scoraggiato dalla freddezza e dalla scarsa emotività trasmessa dagli incontri su Internet. Ma come si fa a capire se ci si può fidare di una persona che si conosce in Rete? Intervistati su tale quesito, il 39,8% di essi sostiene che non si possa avere fiducia e che sia meglio essere prudenti ed il 38,6% afferma che si capisce che ci si può fidare di una persona solo se la si incontra dal vivo . Tra coloro i quali si dimostrano maggiormente possibilisti a riguardo, il 10,9% sostiene che sia 31 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi possibile capire se ci si può fidare facendo alcune domande e solo il 7,7% si affida, in tal senso, al proprio istinto. 1 ADOLESCENTE SU 10 RITIENE ACCETTABILE CHE UN COETANEO SI SPOGLI IN INTERNET. In relazione ai comportamenti degli adolescenti nel loro utilizzo di Internet, è interessante comprendere quali siano gli orientamenti di valore e i giudizi nei confronti di atteggiamenti e comportamenti messi in atto on line dai coetanei. Nei confronti di c oetanei che su Internet si spogliano , sebbene il giudizio sia prevalentemente negativo (74,5%), fa riflettere il fatto che un adolescente su dieci (9,8%) lo ritenga accettabile . Altri comportamenti largamente reputati in modo negativo sono la diffusione di informazioni non vere (negativo per il 69% dei casi) e la falsificazione dell’identità (64,3%). I comportamenti che, invece, registrano il maggior numero di giudizi positivi sono lo scaricare musica senza pagare (azione valutata positivamente dal 20,6% degli intervistati e accettabile da un altro 20.9%) e il mettere on line le fotografie dei propri amici (giudicato positivamente dal 19,6% e accettabile dal 21,5%). Infine, gli adolescenti intervistati esprimono la propria indifferenza per i comportamenti di coetanei che sono sempre su Internet (40,7%) o nei riguardi di quelli che lasciano il proprio indirizzo o il numero del proprio cellulare su Internet (38,7%). Ciò mostra come spesso i ragazzi non siano completamente consapevoli dei pericoli della Rete e non colgano, in particolare, i rischi legati allo sviluppo di una dipendenza da Internet e alla divulgazione dei dati personali. MUSICA E FILM SEMPRE PIU’ SCARICATI DAL WEB. L’acquisizione attraverso Internet è senz’altro il sentiero ormai spianato per quanto riguarda la musica : gli adolescenti intervistati la scaricano dal web nel 68,2% dei casi (la percentuale sale al 76,5% per i 16-19enni). Per quanto concerne i film , li scarica da Internet il 44,3% dei ragazzi 32 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi (51,8% dei 16-19enni), mentre i videogiochi sono scaricati dal 30,3% (33,9% dei 16-19enni). VIDEOGIOCHI: L’AVVENTURA E IL GENERE SPORT VINCONO RISPETTO AGLI “SPARATUTTO”. Per quanto riguarda la scelta dei videogiochi, emerge una propensione verso il genere d’avventura (23,8% del campione), cui seguono il genere sportivo (21,4%), i videogiochi di guerra/sparatutto (17%) e quelli di strategia (8,3%). Dunque, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare da numerosi studi, articoli e ricerche sulla violenza giovanile rafforzata dall’utilizzo di videogiochi di natura violenta, i videogiochi di quest’ultimo genere (giochi di guerra e “sparatutto”) sono utilizzati in misura inferiore di 6,8 punti percentuali rispetto a quelli di avventura. Sorprendentemente, inoltre, risulta di discrete dimensioni la parte del campione che ha dichiarato di non preferire alcun videogioco (15,6% dei casi). Infine, il 12,6% degli intervistati predilige videogiochi di altro genere. 1 ADOLESCENTE SU 3 NON AMA LEGGERE. Secondo i risultati del sondaggio i ragazzi si mostrano nel complesso dei discreti lettori: il 38% afferma di leggere da uno a tre libri l’anno, il 22,5% arriva ad un numero che oscilla fra i 4 ed i 10 e l’8,1% supera i 20 libri in un anno. L’8,3% legge mediamente dagli 11 ai 20 libri all’anno. Ben il 22,7% dei giovani afferma, invece, di concentrarsi esclusivamente sui testi scolastici , escludendo dalle proprie letture tutti gli altri libri: percentuale più alta tra i maschi (27%) che tra le femmine (19%), che si dimostrano maggiormente appassionate alla lettura. Nonostante gli adolescenti intervistati si siano mostrati discreti lettori, dall’indagine emerge che a quasi un adolescente su tre (29,2%) la lettura non piace . UNA PASSIONE NATA DALL’INTERESSE PERSONALE. Per il 60% degli adolescenti intervistati, la voglia di leggere deriva da una 33 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi forte curiosità personale . La motivazione alla lettura, pertanto, nasce interiormente in maniera del tutto autonoma e solo in pochi casi viene trasmessa da altri: dalla famiglia (6,5%), dagli insegnanti (3,7%) o dagli amici (3,4%). Per un consistente numero di ragazzi, uno dei fattori che incuriosiscono maggiormente è la visione di un film che è stato tratto da un libro (11,7%) e che fa “venir voglia di leggere” quasi quanto la “presenza di libri in casa” (8,8%). Infine, per il 4,1% dei ragazzi il desiderio alla lettura matura grazie a suggerimenti “pescati” nella Rete. CLASSI SEMPRE PIU’ MULTIETNICHE, SOPRATTUTTO NEL NORD-OVEST. La crescente presenza di immigrati ha come naturale conseguenza la multietnicità della scuola. Il 46% degli adolescenti, infatti, dichiara di dividere le mura scolastiche con compagni stranieri : il 31,1% con un numero compreso tra 1 e 3, l’11,9% tra 4 e 7, l’1,9% tra 8 e 10, e, infine, una piccola percentuale (1,1%) con più di 10 alunni di origine non italiana. L’analisi per area geografica pone in evidenza una disparità territoriale nella presenza di alunni di origine straniera nelle scuole. Gli adolescenti residenti nel Nord-Ovest, infatti, dichiarano che ci sono studenti non italiani nella loro classe nell’81,8% dei casi, seguiti dagli abitanti del Nord-Est (50,1%) e delle Isole (38,4%). Al Centro e al Sud, le percentuali sono inferiori, rispettivamente il 31,8% e il 25,1%. CURIOSITA’ E SIMPATIA I SENTIMENTI PREVALENTI VERSO LO STRANIERO IN CLASSE. MA IL 2,3% PROVA ODIO E DISPREZZO. Che cosa provano gli adolescenti nei confronti dei loro compagni di classe di origine straniera? Quanto sono influenzati dalle cronache quotidiane e dagli allarmi sociali? Il 30,7% dichiara di provare curiosità , un sentimento indice di apertura verso mondi sconosciuti, fatti di tradizioni, pratiche e culture differenti da quelle note. Altro impulso positivo lo sente il 19,9% che è mosso da simpatia e il 12,4% da interesse a conoscere persone estranee alla cultura maggioritaria e dominante. Il 23,2% , invece, si dice indifferente , mentre il 2,3% arriva a esprimere 34 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi odio e disprezzo . Una percentuale simile a chi, al contrario, prova incondizionata fiducia (2,4%) . UN FENOMENO PERVASIVO E ARTICOLATO. A partire dagli anni Novanta, il bullismo ha cominciato ad essere considerato, anche nel nostro Paese, una delle forme attraverso le quali si esprime il disagio giovanile. Alle forme dirette (prevaricazione fisica e verbale verso la vittima) e indirette (più subdole e sottili, attuate con l’esclusione di alcuni soggetti dal gruppo dei pari, nella manipolazione dei rapporti di amicizia, nelle calunnie e nella diffusione di notizie false sul conto di soggetti più deboli) se n’è aggiunta recentemente una terza – il cyberbullismo – che si avvale del fascino esercitato dalle nuove tecnologie sui giovani per raggiungere lo scopo di perseguitare le vittime. Prese in giro, offese, umiliazioni, minacce, esclusioni e diffusione di pettegolezzi non avvengono più solo faccia a faccia, ma accadono sempre più spesso nella realtà virtuale del cyberspazio. Considerando la sostanziale pervasività del fenomeno, Telefono Azzurro ed Eurispes hanno collaborato, negli anni, al fine di indagare queste particolari manifestazioni di disagio giovanile, fornendo una base di ricerca quali-quantitativa, che fosse la più completa possibile, a coloro che si interessano direttamente di tali problematiche. DANNI E FURTI SUBITI DAL 26% DEI RAGAZZI, OFFESE E PROVOCAZIONI DA OLTRE IL 25%. Da quanto rilevato attraverso l’elaborazione dei dati, si nota che il 25,3% degli adolescenti italiani è stato più volte vittima di provocazioni e prese in giro da parte di uno o più compagni (in particolare i 12-15enni con il 29,7%, rispetto al 19,8% dei 16-19enni). Una percentuale pressoché analoga ( 25,2% ) afferma di essere stata offesa ripetutamente e senza motivo (in particolare il 28,9% degli 11-15enni e il 20,5% dei 16-19enni). Ad essa si aggiungono quanti sono venuti a conoscenza dell’esistenza di informazioni false diffuse sul proprio conto ( 23,5% ). Nel 10,9% dei casi si sono verificate anche situazioni di esclusione e isolamento all’interno del gruppo di riferimento. Particolarmente elevata (26%) appare, nel complesso, la 35 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi frequenza con la quale molti dei ragazzi intervistati hanno dichiarato di aver subìto danni ad oggetti personali (12,5%) e furti (13,5% di cui: 9,5% di cibo/oggetti; 4% di denaro). Infine, il 12% ha affermato di essere stato minacciato (7%) e picchiato (5%) da qualche compagno più prepotente. Come per i bambini, anche per gli adolescenti la scuola resta lo scenario dove spesso e volentieri il bullo agisce ai danni dei compagni più deboli : il 43% del campione sostiene di essere stato testimone diretto di fenomeni di questo tipo all’interno degli istituti scolastici (in particolare i 12-15enni, con il 50,9%, rispetto al 33,1% dei 16-19enni). RABBIA, EMPATIA CON LA VITTIMA, DISAPPROVAZIONE SONO I SENTIMENTI PIU’ COMUNI. Dall’analisi dei dati rilevati si evidenzia che, nella maggior parte dei casi (32,5%), i ragazzi provano un forte senso di rabbia nei confronti di chi prevarica fisicamente o psicologicamente un compagno. Una percentuale particolarmente elevata dimostra che, tra gli adolescenti, è molto alto il grado di empatia che essi riescono a stabilire in circostanze di questo tipo: il 26,8% degli intervistati, infatti, afferma di provare pena per la vittima o di disapprovare completamente il comportamento del bullo (16,4%). La paura è un altro dei sentimenti che dominano l’animo dei ragazzi, così come si può osservare dal 12,4% del campione che ha indicato questo item di risposta. Tale reazione può talvolta spingere alcuni soggetti a orientarsi verso un atteggiamento di indifferenza (9,6%), per evitare un coinvolgimento diretto in situazioni spiacevoli nelle quali è difficile prendere posizione. Sentimento in particolare prevalente tra i maschi (13,9%) rispetto alle femmine (5,7%). Non superano l’1,5% tutte quelle risposte emozionali volte a incoraggiare le prepotenze messe in atto: solo l’1,1% si diverte nell’assistere allo “spettacolo” e lo 0,3% prova ammirazione (0,1%) e invidia (0,2%) per il bullo . Eppure, quando si chiede di riferire il comportamento dei compagni, la percentuale di quanti si divertono sale al 15,2% e di quanti restano indifferenti al 15,6% : un dato che lascia riflettere. LE VITTIME DEL BULLO: CHI NON SA DIFENDERSI, GLI STRANIERI E CHI HA DIFETTI FISICI. La vittima ideale per il bullo, secondo il parere degli adolescenti italiani, è principalmente un soggetto debole che non ha sviluppato meccanismi di auto protezione tali da permettergli di reagire all’abuso subìto ( 52,2%). A tale punto di vista fanno seguito percentuali meno marcate di ragazzi per i quali le prepotenze toccano 36 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi maggiormente i com pagni stranieri ( 6,5% ), quelli che presentano qualche difetto fisico evidente ( 5,5% ), nonché quanti si distinguono per il buon rendimento scolastico ( 5,1% ). Anche un atteggiamento più effeminato da parte di un ragazzo o il modo di fare tendenzialmente mascolino di una adolescente può essere un pretesto valido per il bullo per scaricare la propria violenza ( 4,8% ). IL BULLISMO PASSA ANCHE DAL CELLULARE. Gli studi condotti da Telefono Azzurro ed Eurispes evidenziano la tendenza da parte di alcuni adolescenti del nostro Paese a perpetrare attraverso l’uso sbagliato del telefonino o di Internet veri e propri atti di violenza psicologica nei confronti di soggetti “deboli”. I dati rilevati a riguardo mostrano che il 4,3% del campione ha utilizzato spesso (1,8%) o qualche volta (2,5%) il cellulare o il web per escludere una persona da gruppi della realtà virtuale o, nel 4% dei casi, per diffondere massivamente informazioni false e cattiverie ai danni di qualche compagno (qualche volta: 2,4%; spesso: 1,6%). Si ferma al 3%, invece, la percentuale di coloro ai quali è capitato di inviare sms, foto o video offensivi. Coloro che svolgono un ruolo da protagonista attivo nella scena del cyberbullismo dichiarano, con una frequenza pari al 39,4%, di prediligere il cellulare come strumento di diffusione di contenuti che possono ledere la dignità di un compagno , ferire la sua personalità e distruggere la considerazione che gli altri hanno di lui. Si tratta infatti di un mezzo di comunicazione con una copertura capillare tra le nuove generazioni, il che assicura la pervasività del messaggio diffuso. Non va però trascurato il 14,3% che sceglie i Social Network per compiere prepotenze che, sebbene abbiano inizio in un contesto virtuale, hanno ricadute importanti nella vita reale dell’adolescente che ne è vittima. Su livelli analoghi si collocano le chat , scelte dal 10,6% del campione dei cyberbulli. Giochi di ruolo (4%) e spamming via e-mail (4%) sono le armi di cui si serve complessivamente l’8% dei prepotenti che agiscono nell’ombra del cyberspazio. 37 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi SUL WEB  LA DIFFUSIONE DI INFORMAZIONI FALSE COLPISCE IL 7,4% DEI RAGAZZI. Come evidenziato dall’elaborazione delle risposte fornite dai ragazzi, al 7,4% del campione è capitato di scoprire, navigando in Rete, la presenza di informazioni false diffuse sul proprio conto (qualche volta: 5,5%, spesso: 1,9%). A tale percentuale si aggiungono quanti hanno ricevuto messaggi o altri contenuti mediali (video, foto, ecc.) a carattere offensivo o di minaccia (3,2%, di cui: qualche volta 2,4% e spesso 0,8%). Infine, il 2,4% degli adolescenti ha subìto l’esclusione intenzionale all’interno di gruppo sorto su Internet. RICORRE AL BISTURI PER RAGIONI ESTETICHE IL 5,3% DEGLI ADOLESCENTI. Nella società del narcisismo, della ricerca della visibilità, del potere dell’immagine, i giovani, di fatto, sono i soggetti che con più facilità finiscono per sottostare all’obbligo di essere belli, addirittura modificando il loro corpo con interventi di chirurgia estetica. Secondo l’indagine condotta da Telefono Azzurro ed Eurispes, si è sottoposto ad un intervento di chirurgia estetica il 5,3% degli adolescenti , percentuale minoritaria ma non insignificante se si considera che gli intervistati hanno un’età compresa fra i 12 ed i 19 anni. Per quanto riguarda invece gli altri interventi di manipolazione del proprio corpo più in voga tra i giovani, i dati indicano che il 15,5% è ricorso al piercing ed il 6,5% al tatuaggio . Il piercing risulta quindi più apprezzato, forse anche perché non necessariamente permanente. Il piercing risulta più diffuso tra le femmine che tra i maschi (19,9% vs 10,4%). Il tatuaggio, invece, risulta leggermente più frequente tra gli intervistati di sesso maschile (7% vs 6%), mentre quasi identica è la quota di ragazze e ragazzi che per correggere difetti fisici sceglie di sottoporsi ad interventi di chirurgia estetica, a testimonianza di quanto oggi l’attenzione all’estetica sia prerogativa di entrambi i sessi (5,5% vs 5%). QUASI IL 28% DICHIARA DI BERE SUPERALCOLICI. L’adolescenza è l’età dell’attrazione nei confronti dei pericoli e di ciò che è oggetto di divieto. Da qui la frequente attrazione per l’alcol, le sostanze stupefacenti ed il fumo: comportamenti “da grandi”, che gli adulti “proibiscono” e definiscono dannosi. Dall’indagine emerge che gli intervistati dichiarano di stare a debita distanza da sostanze pericolose come droghe, alcol e psicofarmaci, mostrando così un comportamento responsabile. La larghissima maggioranza degli adolescenti afferma di non aver mai fatto uso di eroina (94,9%), di lsd/ allucinogeni e ecstasy/acidi (in entrambi i casi 94,5%), di psicofarmaci (92,6%), di cocaina (92,2%), di hashish/marijuana (86,6%). Quasi la metà del campione non beve mai vino e birra, ma non va sottovalutato che oltre un terzo (36,8%) lo fa occasionalmente, e ben l’11,7% lo fa spesso. È importante poi sottolineare l’esistenza di una discreta percentuale di ragazzi intervistati a cui capita di bere 38 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi superalcolici (occasionalmente il 21% e spesso il 7,8%), spinti forse, visto la loro giovane età, dalla curiosità di assaporare il gusto del “proibito” che spesso cela, tuttavia, pericoli da non sottovalutare. Per quanto concerne gli psicofarmaci, il 92,6% degli adolescenti non li usa mai, il 2,3% occasionalmente, l’1,6% spesso. Va tuttavia sottolineato che gli intervistati hanno maggiore facilità a dichiarare che gli altri – piuttosto che loro stessi – adottano tali tipi di comportamenti . Se, ad esempio, gli adolescenti dichiarano di fare uso di droghe leggere occasionalmente o spesso nel 10,3% dei casi, la percentuale di amici che fa uso di tali hashish/marijuana sale al 33,4% . Allo stesso modo, se il 5,9% dei ragazzi dichiara di fare uso occasionalmente o spesso di eroina/cocaina, ben l’11,1% dichiara di avere amici che fanno uso di droghe pesanti e il 9,2% che assumono pasticche : dati senza dubbio preoccupanti. IL 17,6% GIUDICA POSITIVO O ACCETTABILE UBRIACARSI. Come giudicano gli adolescenti una serie di comportamenti che possono rivelarsi dannosi per la salute? Sebbene l’indagine mostri che la larga maggioranza del campione considera negativo fare uso di droghe leggere (73,2%) e pesanti (87,3%) o assumere ecstasy/acidi (87%) e psicofarmaci (79,2%), non va sottovalutato che viene ritenuto accettabile o addirittura positivo: fumare da più di un adolescente su cinque (21,9%); ubriacarsi dal 17,6%; fare uso di droghe leggere dal 9,9%; fare uso di droghe pesanti dal 4,2%; assumere extasy/acidi dal 4,4%; ma anche sottoporsi a doping per migliorare le prestazioni sportive (5,6%). UNA DIETA ABBASTANZA EQUILIBRATA. Dall’indagine effettuata emerge che l’alimentazione dei ragazzi dai 12 ai 19 anni appare, nel complesso, piuttosto equilibrata. La pasta o il riso rappresentano il pasto principale , tanto da essere mangiati “tutti i giorni” dal 42,7% dei ragazzi e “spesso” dal 34,4%. Insieme ai carboidrati (pasta e riso) anche la frutta viene assunta “tutti i giorni” e “spesso” rispettivamente dal 42,4% e dal 29,8% dei giovani intervistati. La carne non fa parte dell’alimentazione quotidiana (il 16,2% dichiara di mangiarla “tutti i giorni”) ma viene, comunque, mangiata “spesso” (56,2%) o “una/due volte la settimana” (23,7%). Il pesce, invece, viene inserito nella 39 / 40 Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2010) - Sintesi dieta dei 12-19enni “una/due volte la settimana” (57,5%) e “spesso” solo nel 22,6% dei casi. La verdura, come la frutta alimento portatore per eccellenza di vitamine e sali minerali, è assunta tutti i giorni solo dal 29,1% degli intervistati, mentre il 35,4% la consuma spesso e il 20,6% almeno una o due volte a settimana. Il formaggio, invece, è consumato con frequenza dal 53,1% (il 17,3% lo fa quotidianamente e 35,8% spesso), mentre il 45% solo saltuariamente o mai (rispettivamente il 29,9% e il 15,1%). Circa la metà degli intervistati (52,3%), inoltre, assume frequentemente dolci (il 19,2% quotidianamente e il 33,1% spesso), mentre il 38% occasionalmente durante la settimana e il 7,6% mai. Gli snack, infine, fanno parte della dieta abituale degli adolescenti nel 58,9% dei casi , a fronte del 27,7% che li consuma solo una o due volte a settimana e dell’11,2% che non li mangia mai. IL 16% DELLE RAGAZZE È A DIETA PERCHE’ SI SENTE GRASSO. Il 73% dei ragazzi dichiara si non seguire una particolare alimentazione, mentre un adolescente su 10 ammette di mangiare secondo una dieta particolare perché si considera grasso. Un dato che sale al 16% tra le ragazze (mentre i maschi si fermano al 4,7%). Il 5,5% degli adolescenti è costretto ad un’alimentazione particolare perché secondo il parere dei genitori o del medico ha necessità di dimagrire, mentre il 4,8% segue una alimentazione particolare con l’obiettivo di ingrassare. Solo il 3% circa degli adolescenti dichiara di seguire una dieta particolare a causa di problemi di salute effettivi (allergie, intolleranze, etc.). MANGIARE FUORI: AL PRIMO POSTO LA PIZZERIA, AL SECONDO IL FAST-FOOD. Durante l’adolescenza i ragazzi cominciano ad avere una vita sociale articolata, fatta non più solo di ciò che è predisposto dai genitori, ma anche di uscite serali con gli amici (sempre più frequentemente con l’innalzarsi dell’età). È, dunque, interessante indagare quali siano le abitudini alimentari degli adolescenti fuori dalle mura domestiche. I dati emersi dal sondaggio mostrano come i ragazzi prediligano uno dei luoghi di ristorazione tipici della cucina nazionale: il 56,4% degli intervistati, infatti, mangia spesso (49,7%) o sempre (6,7%) in pizzeria , e il 37,6% vi si reca almeno qualche volta. Seconda mèta più frequentata è il fast food , di cui sono pochi i clienti assidui (il 9% ci va spesso o sempre), ma numerosi quelli occasionali (56,9%). Tra i cibi “etnici” il più consumato risulta essere il Kebab , con il 9,8% degli adolescenti che lo mangia spesso o sempre e il 34,3% che lo fa qualche volta, mentre meno successo hanno i ristoranti cinesi e la cucina giapponese (scelti, in entrambi i casi, dal 4,8% che ci va assiduamente e dal 21% e 10,8% che ci va solo qualche volta). 40 / 40 EURISPES: Sintesi Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia
Argomento: 

EURISPES e TELEFONO AZZURRO: 10° Rapporto sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia

Descrizione breve: 
Il Rapporto si pone come un valido strumento di conoscenza delle principali trasformazioni, delle linee di tendenza, delle potenzialità e dei rischi che caratterizzano l’età evolutiva nel nostro Paese.
Allegato: 
Data: 
17 Novembre 2009
Eurispes 2009/00_Comunicato_Stampa.pdf 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza COMUNICATO STAMPA GENERAZIONE PROVVISORIA: IL DIRITTO DI IMMAGINARE IL FUTURO SUPERANDO LE INCERTEZZE DEL PRESENTE L’Eurispes e il Telefono Azzurro presentano il 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza . Dal 2000, attraverso le dieci edizioni pubblicate con cadenza annuale, il Rapporto si pone come un valido strumento di conoscenza delle principali trasformazioni, delle linee di tendenza, delle potenzialità e dei rischi che caratterizzano l’età evolutiva nel nostro Paese. La presentazione dei risultati del Rapporto rappresenta la prima di una serie di iniziative, organizzate dall’Eurispes e dal Telefono Azzurro in occasione del ventennale della Convezione ONU sui diritti dell’infanzia , volte non solo a stimolare la riflessione sui diritti dei bambini e degli adolescenti e sullo stato di attuazione di questa importante Convenzione, ma anche a promuovere una sempre maggiore diffusione della cultura dei diritti all’interno della nostra società. Le 40 schede che compongono il Rapporto approfondiscono macro-tematiche che vanno 1 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza dall’abuso e disagio alla salute, dall’utilizzo dei nuovi media ai principali cambiamenti intervenuti a modificare taluni comportamenti delle agenzie di senso e di orientamento come la famiglia e la scuola, ma anche i luoghi della cultura e della fruizione del tempo libero. Le due grandi indagini svolte all’interno del mondo scolastico hanno interessato circa 2.500 bambini e ragazzi in 33 scuole di ogni ordine e grado. L’Identikit del bambino è stato tracciato attraverso un questionario somministrato a bambini con un’età compresa tra i 7 e gli 11 anni, frequentanti la terza, quarta e quinta classe della scuola primaria e la prima classe della scuola secondaria di primo grado. L’ Identikit dell’adolescente, invece, ha raccolto gli orientamenti dei ragazzi dai 12 ai 19 anni, frequentanti la seconda e la terza classe della scuola secondaria di primo grado o una delle cinque classi della scuola secondaria di II grado. I questionari analizzati sono stati 1.090 per quanto riguarda l’infanzia e 1.373 per l’adolescenza. «Saranno gli uomini del domani – dichiara il Prof. Gian Maria Fara, Presidente dell’Eurispes –, eppure i bambini e gli adolescenti di oggi appartengono sempre più ad una “generazione provvisoria”, che se da una parte sente l’instabilità del presente “velocizzato” dall’avvento e dalla diffusione delle nuove tecnologie tanto da poter parlare di un “presente già futuro”, dall’altra si trova spesso priva di punti di riferimento e di modelli che ne orientino la crescita e ne sviluppino le potenzialità. I contorni del futuro per i giovani sono resi ancora più incerti e sfocati dalla crisi dei valori del mondo adulto, in una situazione di mutamenti radicali del mondo del lavoro e nell’incertezza dell’economia globalizzata. Quando si parla di futuro negato – prosegue il Presidente dell’Eurispes – non ci si riferisce solamente a quei minori che subiscono abusi, che incappano nella devianza o a quelli costretti a vivere in condizioni di estrema povertà. E’ sotto gli occhi di tutti come, anche per quei ragazzi che si trovano inseriti in contesti fortunatamente meno problematici, che offrono loro opportunità, mezzi, e perfino, in molti casi, una abbondante dose di superfluo, si può parlare, in questi anni, di un vero e proprio spreco di potenzialità. Lo testimonia, nel modo più evidente, la diffusione di comportamenti di devianza “borghese”, o devianza “normalizzata”. Le moderne tecnologie dovrebbero facilitare la libera espressione di sé e della propria creatività, non ingabbiarla nella routine e nell’autoreferenzialità improduttiva. Dovrebbero 2 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza favorire l’incontro – un incontro aperto e sincero –, non la chiusura quando non un confronto vuoto e mascherato, con il mondo esterno. Le tecnologie multimediali potrebbero costituire, anche per i ragazzi, un’enorme risorsa, da sfruttare al meglio. Ma non sempre accade. Aggrappati tenacemente alla preponderanza dei messaggi veicolati dai mezzi di comunicazione e dalla pubblicità, essi troppo spesso si adeguano al modello che fa della perfezione dell’immagine un bene da raggiungere a tutti i costi. I ragazzi italiani non aspirano quasi mai a diventare eroi, ma al massimo a diventare famosi. Nello stesso tempo desta preoccupazione il progressivo allontanamento dei giovani dalla politica prima ancora che ne conoscano le dinamiche più complesse, prima che abbiano tempo di elaborare uno spirito di partecipazione civile ed orientamenti definiti. Questo senso generale di sfiducia ed estraneità nei confronti dei rappresentanti delle Istituzioni e della politica stessa, che talvolta sfocia chiaramente in disprezzo, blocca in anticipo nei ragazzi ogni desiderio di partecipare attivamente alla vita sociale, e di divenire quindi protagonisti ed attori di una parte del loro futuro. Occorre, quindi, – conclude il Prof. Fara – che gli adulti, la società, la politica, le Istituzioni prendano maggiore coscienza della necessità di offrire la pluralità di elementi necessaria affinché i giovani possano riappropriarsi del futuro e dell’idea che ce ne sia uno possibile, migliore, nel quale proiettarsi esprimendo pienamente la loro identità e sfruttando le innumerevoli potenzialità che hanno, come mai è accaduto per le precedenti generazioni, a disposizione». «Per molto tempo, l’assenza di informazioni e conoscenze – dichiara il Prof. Ernesto Caffo, Presidente di Telefono Azzurro – ha giustificato la mancanza o l’inadeguatezza di interventi a sostegno dei più giovani. In questi dieci anni Telefono Azzurro ed Eurispes hanno studiato l’infanzia e l’adolescenza con il preciso obiettivo di cogliere i fenomeni emergenti, seguirne la crescita e l’evoluzione, porre l’attenzione sulle questioni irrisolte, suggerendo percorsi di intervento e sollecitando risposte concrete. I dati che abbiamo raccolto ci hanno aiutato ad evidenziare nuove problematiche quali la pedopornografia online, lo sfruttamento sessuale, l’integrazione dei minori immigrati, il bullismo e il cyberbullismo. Oggi sappiamo – prosegue il Prof. Ernesto Caffo – che i bambini e gli adolescenti, la 3 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza cosiddetta “generazione tecnologica”, vivono un momento storico di particolare complessità che, accanto alle infinite possibilità offerte dalle nuove tecnologie, presenta le sfide della multiculturalità, delle strutture familiari in rapido mutamento, della crisi economica. Inevitabilmente, le trasformazioni sociali e familiari hanno un impatto sul loro benessere e sulla loro possibilità di sognare il futuro: è come se davanti all’incertezza del futuro e alla crisi dei modelli del passato, ormai inadeguati e superati, i bambini e gli adolescenti fossero intrappolati nel presente, oltre che soli nell’individuazione di nuovi modelli e nella risposta alle difficoltà quotidiane. Appaiono abituati a cavarsela in autonomia, senza l’ausilio degli adulti: di fronte al bullismo, non solo dichiarano di non chiedere aiuto agli insegnanti e ai genitori, ma portano alla luce una realtà nella quale anche il sostegno tra coetanei sembra essere estremamente raro. Lo dimostrano anche i dati della nostra indagine che evidenziano come quasi il 7% degli adolescenti dichiari di uscire portando un coltello o un altro oggetto con cui difendersi e come il 37% conosca almeno un ragazzo che ha questa abitudine. In occasione del ventesimo anniversario della Convenzione Onu sui Diritti del Fanciullo, dunque, constatiamo che sono ancora troppe le violazioni dei diritti dei bambini e degli adolescenti. Rivelando una notevole sensibilità e capacità di lettura della realtà, gli adolescenti che abbiamo intervistato ne sono pienamente consapevoli: ritengono infatti che siano ancora poco rispettati il diritto a non essere trattati male per via del colore della pelle (53%), il diritto ad essere protetti dai maltrattamenti (49%), il diritto al rispetto delle proprie opinioni (47%). Le problematiche evidenziate in questo Rapporto – conclude Presidente di Telefono Azzurro – individuano le priorità di intervento e mostrano la necessità di una immediata razionalizzazione e riallocazione delle risorse destinate ai progetti per bambini e adolescenti. Telefono Azzurro in questo senso, continuerà a mettere a disposizione la propria esperienza e le conoscenze acquisite, contribuendo con il proprio impegno quotidiano a promuovere il rispetto dei loro diritti». 4 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza I BAMBINI Le aspettative e i progetti futuri Le speranze dei genitori: formazione scolastica e sicurezza lavorativa. Interrogati su ciò che credono i genitori vorrebbero per la vita futura dei figli, il 93,8% dei bambini ha risposto che i genitori vorrebbero che andassero bene a scuola, l’88,1% pensa che i genitori sperano che i loro figli riescano a realizzarsi nella vita, trovando un lavoro che sia piacevole e soddisfacente, l’84% ritiene che i genitori sperano che si laureino, l’80,4% che si sposino e il 79,4% che abbiano dei figli; il 77,8% che trovino un lavoro stabile, solo il 14,3% che facciano la loro stessa professione. La famiglia… può attendere. Interrogati su ciò che desiderano per il proprio futuro, il 75,3% dei bambini ha espresso l’auspicio di “andare bene a scuola”, il 75,2% ha risposto di desiderare di raggiungere la laurea, il 66% ha dichiarato di voler trovare un lavoro stabile, il 70,2% desidera svolgere un lavoro che gli piaccia ed il 65,3% vorrebbe sposarsi; solo il 32,6% desidera fare la stessa professione dei propri genitori. Sposarsi o avere dei figli raccolgono più delle altre risposte un’alta percentuale di “ancora non lo so” (rispettivamente 16,6% e 21,9%). Di contro, solo il 6,9%dei bambini non ha desiderio di laurearsi, il 13,9% non pensa ad un lavoro stabile per il futuro né ad una professione che gli piaccia (15,6%) tanto meno uguale a quella dei genitori 45,9%.L’11% non desidera poi per il proprio futuro il matrimonio o figli (10,8%). Nonostante le aspirazioni espresse in campo formativo/lavorativo il 45,4% dei bambini ritiene che sia “molto difficile” laurearsi, mentre il 40,8% pensa sia “abbastanza difficile”; trovare un lavoro stabile appare una mèta “abbastanza difficile” per il 45,9%, mentre il 28,1% ritiene che 5 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza sia “molto difficile”. Il 45,2%, inoltre, crede che sia “molto difficile” trovare un lavoro che piaccia loro e che li soddisfi, mentre il 27,9% pensa sia “abbastanza difficile”, il 12,4% che sia “poco difficile” e solo l’8,7% che non lo sia “per niente”. La netta maggioranza dei bambini pensa che sia “molto difficile” (30,3%) e “abbastanza difficile” (30,5%) sposarsi, così come avere dei figli (“molto difficile” per il 32,8% e “abbastanza difficile” per il 31,7% dei bambini), mentre il 18,2% ritiene sia “poco difficile” sposarsi e nella stessa percentuale “poco difficile” avere dei figli, e, rispettivamente, il 15,1% e l’11,7% che non sia “per niente difficile” riuscire a sposarsi e avere una famiglia. Chi sarò da grande? Presso i bambini spopolano, come modelli di riferimento, Valentino Rossi (16%) e Belen Rodriguez (8,2%). È importante notare, però, che il 25,4% dei bambini ha indicato altre opzioni di risposta alternative, in cui sono stati indicati soprattutto personaggi televisivi di alcuni programmi molto in voga in questo momento presso i giovani. Il 27,1% ha dichiarato, invece, di non voler assomigliare a nessuno. Il 6% dei bambini desidererebbe essere, da grande, come l’autrice di Harry Potter (K. K. Rowling), il 4,3% vorrebbe assomigliare a Paris Hilton, il 4,1% a Fiorello, il 3,3% a Barack Obama; all’1,9% degli intervistati piacerebbe diventare come Luciana Littizzetto, all’1,2% come Fabrizio Corona, e solo all’1,1% come Rita Levi Montalcini. Lo 0,4% dei bambini desidererebbe essere come Roberto Saviano. Tra coloro che hanno utilizzato l’opzione “altro”, specificando poi il personaggio preferito, il 31% dei bambini ha indicato i personaggi Michelle Hunzicker e Mike Bongiorno, il 25,4% l’attrice Brenda Asnicar, protagonista di un telefilm intitolato Il mondo di Patty , il 12,7% a Vanessa Hudgens del programma “High School Musical” e l’8,5% a Miley Cyrus di “Hanna Montana”. Il 28,8% dei maschietti vorrebbe assomigliare a Valentino Rossi, il quale gode però anche di un 3,4% dei favori delle bambine; queste preferirebbero invece, per la maggior parte, assomigliare a Belen Rodriguez. Le bambine, inoltre, affermano in misura maggiore (32,3%) rispetto ai bambini (21,7%) di non voler assomigliare a nessuno. Il bullismo. Più di un quarto dei bambini ha subito più volte nell’ultimo anno offese immotivate (27,2%) o provocazioni e prese in giro (28,1%). Inferiori sono le percentuali di chi è stato oggetto di percosse (10,3%), minacce (10,1%) e furto di cibo di oggetti (9,4%). Preoccupante il numero di bambini su cui sono state diffuse informazioni false o cattive (21,9%), quello di chi è 6 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza escluso o isolato dal gruppo (17,4%) e ha subìto danneggiamento di oggetti (15,5). Molto bassa la quota di vittime di furto in denaro (3,4%). A subire danneggiamento di oggetti e percosse sono in misura maggiore i maschi (rispettivamente 17,8% e 12,4%) rispetto alle femmine (13,2% e 8,2%) che, invece, subiscono con più frequenza l’esclusione dal gruppo (20,9% a fronte del 13,9% dei bambini). L’identikit del bullo. Alla richiesta di indicare chi sia stato il responsabile dei comportamenti subiti, il 45,1% dei bambini dichiara di non essere stato vittima di simili atti, mentre il 42,4% indica le caratteristiche dell’autore . Nel 25,4% dei casi si tratta di un coetaneo, in misura considerevolmente maggiore di un maschio (17,7%) rispetto alle femmine (7,7%). Più raro è il caso in cui sono ragazzi più grandi a compiere la prevaricazione (5,8% tra maschi e femmine) e minimo quello in cui siano bambini più piccoli (2%). Nel 9,2%, invece, l’episodio di bullismo è messo in atto da un gruppo, con una lieve prevalenza dei gruppi misti (3,5%) su quelli composti solo da maschi (2,9%) o femmine (2,8%). Un dato significativo, infine, è il 9% degli intervistati che, pur essendo stati vittima di comportamenti violenti, preferisce non indicarne il responsabile. Esiste una sorta di corrispondenza di genere tra vittima e bullo, principalmente per le bambine: tra coetanei, la percentuale di bambine vittime di tali atti da parte di altre bambine è pari al 13,8%, a fronte dell’1,5% dei maschi vittime di coetanee; infine, il 4% delle bambine (a fronte dell’1,7% dei maschi) è vittima di un gruppo di femmine. I maschi, invece, pur compiendo principalmente questi comportamenti verso bambini (coetanei, 23,6%; più grandi, 6,3%; in gruppo, 3,2%), agiscono con una percentuale consistente anche contro bambine, siano coetanee (12%) o più piccole (2,9%), e nei casi in cui agiscono in gruppo (2,7%). È di poco più elevato il numero di maschi che dichiara di non essere mai stato vittima dei comportamenti indicati (46,4% contro il 43,9% delle femmine), mentre tra queste ultime è più alta la percentuale di chi preferisce non indicare l’autore di tali atti (il 10,2% contro il 7,8%). L’idea più diffusa tra i bambini è che il “bullo” sia un soggetto con problemi di rendimento scolastico (20,8%), il 14,9% attribuisce, invece, al bullo una forte carica impulsiva, che lo spinge ad avere comportamenti aggressivi e il 14,1% crede sia la forza fisica la sua caratteristica preponderante. Per il 9,1% una forte sicurezza in se stessi spinge certe persone a prevaricare gli altri, mentre il 6,8% lo immagina come un soggetto isolato ed escluso dal resto dei compagni. Ben il 21,6% dei bambini non riesce, in realtà, ad identificare una caratteristica precisa che qualifichi il bullo come tale o che comunque ne indirizzi gli atteggiamenti e comportamenti. ...E come fermarlo? Il 36,2% dei bambini ritiene che il miglior metodo per fermare il bullismo 7 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza sia quello di chiedere aiuto agli adulti). Il 20,7% crede che la cosa più saggia da fare sia quella di parlare con il “bullo” e convincerlo, dialogando, a non tenere più comportamenti aggressivi nei confronti del compagno. Il 15,1% pensa sia necessario fermare il bullo punendolo. Nel 9,4% dei casi i bambini ritengono invece che sia utile “fare cordone” intorno alla vittima, proteggendola ed evitando le situazioni di possibile rischio date dagli incontri, e conseguenti prevaricazioni, con il bullo, o intervenendo in sua difesa nel momento delle aggressioni. Molti infine non hanno saputo dare indicazioni in questo senso (14,8%). Le reazioni di fronte ad atti di bullismo. Un quarto degli intervistati si rivolge a una persona adulta per ricevere aiuto: il 16,6% ad un insegnante o dirigente scolastico, il 9,1% a un genitore e il 5,6% ha chiesto aiuto ad altri compagni; dai dati si può evincere che la maggior parte degli episodi di bullismo avviene all’interno della scuola. La percentuale di chi non reagisce in alcun modo (14,4%) è di poco superiore all’allarmante 10,3% che risponde di essere venuto alle mani con l’autore degli atti di bullismo. Un dato ancora più significativo se sommato al 2,1% dei bambini che hanno reagito mettendosi a loro volta “a fare il bullo”.L’11,5% ha intimato al bullo di smetterla, il 5,5% è fuggito e il 2,9% ha avuto una reazione di pianto. Infine, il 15,7% dei bambini non risponde al quesito, pur essendo stato vittima di comportamenti di bullismo. Il ruolo degli “spettatori”. È stato chiesto ai bambini se sono stati testimoni di episodi di atti di bullismo all’interno della propria scuola. La percentuale di spettatori (32,1%) è, prevedibilmente, superiore a quella di chi ne è stato vittima, a fronte del 66,7% che afferma di non aver assistito ad azioni di prevaricazione. L’assistere a episodi di bullismo attiva generalmente un sentimento di rabbia (31,2%), seguito dalla pena per la vittima (28,6%) e dalla paura (22,8%). A provare, invece, divertimento, ammirazione e, perfino, invidia per il bullo è un numero esiguo di bambini (rispettivamente il 3%, lo 0,2% e l’1,1%), che in ogni caso sommati al numero di quanti provano indifferenza (3,2%) raccolgono complessivamente un atteggiamento negativo messo in atto dal 7,5% dei piccoli. Infine, disapprovazione e impotenza sono sentiti rispettivamente dal 4,1% e dal 3,4% di chi assiste ad episodi di questo tipo. Un dato importante emerge quando ai bambini vengono chieste indicazioni sui comportamenti dei compagni e non sui propri . Infatti potrebbero essere più propensi a dire la verità e, quindi, le risposte al quesito possono essere maggiormente utili a comprendere la sociologia del fenomeno. I dati mostrano, infatti, come sia considerevolmente maggiore la percentuale dei bambini che sostiene che i compagni si divertano (13%) ad assistere a tali episodi, rispetto al 3%, indicato per se stessi. L’atteggiamento più diffuso, tuttavia, è quello di aiutare la vittima (19%), seguito di stretta misura dal 18,8% che prova paura. Il 14% sostiene che i compagni chiedono aiuto ad un adulto e un preoccupante 11,1% che rimangono indifferenti. Non manca comunque chi disapprova, ma 8 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza non interviene (5,4%), si allontana per non essere preso di mira (4,5%) o addirittura da man forte ai bulli (1,7%). Infine, l’11,9% preferisce non fornire alcuna risposta in proposito. La vittima è sempre il più debole. Secondo i bambini chi è incapace di difendersi o di reagire (38,4%) è più esposto al rischio di atti di bullismo; il 27,2% piccoli non saprebbe invece definire, facendolo rientrare in una categoria delineata, il soggetto-tipo, potenziale vittima degli attacchi del “bullo”. Per il 13,2% è il cosiddetto “secchione” ad essere vittima delle angherie dei prepotenti. Gli stranieri rappresentano un bersaglio per il 6,7% dei bambini, mentre il 5,6% del campione pensa che chi abbia un difetto fisico sia facile vittima di prese in giro, offese, provocazioni o percosse. Solo nel 2,8% dei casi si ritiene, infine, che chi non veste alla moda possa incappare nel pericolo di essere preso di mira. Bambini e nuove tecnologie: un uso abbastanza moderato. La televisione è amatissima dai bambini: solo il 4% non ne fruisce mai, contro il 25,3% rilevato per il Pc, il 26,7% per il lettore dvd, il 41,1% per la playstation/Psp, il 42,9% per Internet, il 50% per il lettore Mp3 ed il 55,1% per il cellulare. È proprio il telefonino, quindi, lo strumento tecnologico utilizzato dalla quota meno consistente di bambini; un dato che riflette la minore necessità dei più piccoli per un telefono portatile e la scelta di molti genitori di posticiparne l’acquisto per i figli. Per tutte le apparecchiature considerate, i tempi di utilizzo risultano abbastanza contenuti – prevale l’uso fino ad un’ora al giorno –, ad eccezione della televisione, che oltre un bambino su cinque vede per almeno 2 ore al giorno. La televisione è anche il mezzo per il quale si registra la percentuale più elevata di forti consumatori (l’8,1% la guarda per più di 4 ore al giorno) e, complessivamente, il 44,7% la guarda da 1 a 2 ore (31,2%) e da 2 a 4 ore (13,5%); ne fruisce solo per un’ora il 37,4% dei piccoli. Al secondo posto si colloca la playstation: il 12,9% dei bimbi la usa per almeno 2 ore al giorno (il 4,6% addirittura più di 4 ore). L’utilizzo delle apparecchiature tecnologiche cresce all’aumentare dell’età: fra i 10-11enni è quindi più diffuso che fra i bambini di 7-9 anni l’utilizzo del cellulare (il 48,3% dei primi non lo usa mai, contro il 61,1% dei secondi), del lettore Mp3 (non lo usa 54,9% dei più piccoli contro il 44,4% dei più grandi) e, seppur con lieve scarto, del computer (25,9% e 24,7%) e di Internet (43,9% e 41,8%). I programmi preferiti dai bambini: non solo cartoni. Il programma Tv più amato in assoluto dai bambini fra i 7 e gli 11 anni sono I 9 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza Cesaroni (17,7%). A breve distanza, al secondo posto nelle preferenze si collocano I Simpson (15,3%). Seguono Paperissima (9,6%), Amici (9,3%), Dragonball (8,3%) e la recente novità Il mondo di Patty (7,9%),. Il programma Zelig raccoglie il 3,3% dell’apprezzamento dei bambini, seguono il Grande Fratello (2,9%), Quark (2,8%), X-factor (2,7%), Striscia la notizia (2,1%), C’è posta per te (1,5%) e Affari tuoi (1,4%). I cartoni animati conservano quindi uno spazio importante nell’offerta televisiva rivolta ai bambini, ma non esclusivo, dal momento che solo i più riusciti, divenuti ormai “classici”, possono competere con i programmi generalisti. La Tv che non ci piace. I bambini considerano fastidioso vedere in Tv soprattutto le scene di sesso e/o nudo presenti in film e telefilm (62,5). Al secondo posto vengono citate le immagini di guerra e/o morte nei telegiornali (60,7%), seguite dalle scene di violenza in film/telefilm (57%) e dalla volgarità e le parolacce (56,4%). Molti sono infastiditi anche dai programmi Tv in cui le persone parlano di fatti intimi e privati (52,9%). La percentuale meno elevata si ottiene per i litigi in Tv (42,8%), unico caso in cui prevalgono i bambini non infastiditi. È abbastanza sorprendente notare che i bambini provano maggiore fastidio davanti alle scene di sesso e nudo nei film e nei telefilm piuttosto che davanti alla violenza, sia quella nella finzione, sia quella reale dei telegiornali. La rappresentazione del mondo attraverso i Tg. Sono le immagini di violenza che danno maggiore fastidio ai bambini all’interno del telegiornale (19,1%), seguite dalle immagini di guerra (17,8%), dalle immagini di persone povere (13,3%) e dalle immagini dei paesi colpiti da 10 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza disastri naturali (terremoti, tsunami, 11,9%). Gli intervistati citano spesso anche le immagini volgari che si riferiscono al sesso (8,3%), quelle di bambini che soffrono (8,1%) e di incidenti stradali (6,3%). Sono invece una minoranza i bambini che trovano fastidioso vedere i politici nei Tg (2,5%), le persone che piangono (2%) o i personaggi famosi (0,9%). Il 4,4% riferisce di non considerare disturbante alcun contenuto dei Tg. Bambini e pc. Ai bambini che utilizzano il computer è stato chiesto quali, fra le sue applicazioni, sono in grado di utilizzare: il 87,3% sa giocare con il Pc. Risulta d’altra parte elevata la percentuale di bambini in grado di scrivere un testo con il computer (75,4%) o di stampare (62,7%), e la maggioranza si dice capace di cercare informazioni in Rete (59,8%). Più limitato il numero di piccoli capaci di inviare una e-mail (37,9%) e di trasferire le foto dalla macchina digitale al Pc (35,7%). Le bambine dimostrano di possedere competenze lievemente maggiori rispetto ai maschi. Il divario più significativo riguarda la comunicazione on line e la scrittura: il 40,3% è capace di inviare e-mail, contro il 35,4% dei maschi; il 77,3% sa scrivere un testo sul computer (contro il 73,5%). A quale età si entra in Rete e come si usa. La metà del campione dei bambini che navigano in Rete ha iniziato ad usare Internet tra i 6 e gli 8 anni (50,7%), mentre il 47,7% tra i 9 e gli 11 anni. L’utilizzo di Internet più diffuso fra i bambini riguarda la ricerca di informazioni interessanti (69,3%) ed il gioco con i video giochi (68,3%). La maggioranza dei bambini, inoltre, scarica musica/film/giochi/video dal Web (55,9%) e guarda filmati su You Tube (54,7%). Quasi la metà del campione (49%) cerca in Rete materiale per lo studio ed un significativo 42,1% comunica tramite chat. Sono invece una minoranza i bambini che in Rete partecipano a giochi di ruolo (28,7%), comunicano tramite la posta elettronica (27,8%), leggono un Blog (22,4%), leggono e scrivono su forum (20,8%), fanno acquisti on line (15,9%). I rischi della Rete per i più piccoli. Ai piccoli internauti è capitato nel 17% dei casi che, chattando o dialogando su forum e gruppi virtuali di vario genere, qualcuno chiedesse loro informazioni personali (nome, cognome e indirizzo, ecc.). A tale percentuale si aggiunge quella di coloro che affermano di aver ricevuto una richiesta di appuntamento nella vita reale da qualcuno incontrato solo in chat (8%). Il 7%, inoltre, dichiara di aver ricevuto messaggi volgari e di essersi ritrovato ad interagire con persone che fingevano di essere altre (6,4%). Non vanno 11 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza trascurati i dati relativi a quanti hanno ceduto alla tentazione di accedere ai contenuti di siti vietati ai minori (13,2%) o di siti a pagamento (12,3%). Visitando pagine web di questo genere, la probabilità di imbattersi in immagini che possono mettere a disagio o turbare la sensibilità dei piccoli utenti cresce considerevolmente, così come si può constatare dalla percentuale rilevata per questo item di risposta (12,7%). Molestie in Rete: le reazioni dei bambini. Può accadere che attraverso chat, social network o i blog passino forme di molestie che possono infastidire e preoccupare chi le subisce. La maggior parte dei bambini (33,1%) affronta apertamente il “molestatore” intimandogli di non dargli più fastidio. Un altro metodo largamente utilizzato è quello di evitare di rispondere ai messaggi della persona che infastidisce (18%) o, in casi estremi, si cerca di tenersi lontano dai luoghi (virtuali) in cui è possibile incontrare colui che infastidisce (11,8%). Il 6,4% dei più spavaldi, invece, ritiene che non sia necessario intervenire in nessun modo perché la protezione data dallo strumento utilizzato (il Pc) è tale da non correre rischi particolari. A tale posizione fa eco quella del 2% che, incuriosito, continua a comunicare con chi lo molesta. Elevata la percentuale di coloro che hanno specificato di comportarsi in modi diversi da quelli indicati dalle risposte suggerite (13,7%). Nello specifico, il 18,9% di coloro che hanno risposto “altro” afferma che si rivolgerebbe ai genitori o ad un adulto per cercare una soluzione al problema. Bambini e cellulare. Ben il 53,7% dei piccoli possiede un telefonino, con una prevalenza di apparecchi tradizionali e, quindi, tecnologicamente meno avanzati (40,3%). Bassa invece la quota di coloro i quali hanno un video-telefonino (5,4%), uno smart-phone (1,8%), o telefonino Umts (1,6%). Il 4,6% dei piccoli ha con sé addirittura più di un cellulare. Rimane, tuttavia, consistente la percentuale di bambini (41,5%) per i quali i genitori non hanno ancora ravvisato la necessità di comprarne uno. In contatto costante con mamma e papà. L’88,2% dei piccoli usa il cellulare soprattutto per chiamare ed essere chiamato da mamma e papà. Il 72,6% lo utilizza, invece, per fotografare momenti e oggetti degni di essere immortalati, mentre il 69,6% lo adopera per tenersi in contatto con i propri amici. Dire tutto in 160 caratteri ad un costo minimo di circa 10 centesimi è probabilmente l’unica regola che un ragazzo non si sognerebbe mai di infrangere (67,2%). Trascorrere il proprio tempo libero in compagnia dei tanti giochi messi a disposizione dai telefonini di nuova generazione è invece l’opzione scelta nel 69,9% dei casi, mentre le utilizza per fare filmati, il 59,6% dei bambini. Il telefonino è usato poi per fare i cosiddetti “squillini” (52,8%). I bambini sembrano invece essere poco attratti dalla pratica di inviare/ricevere mms (36%) e scaricare loghi e/o suonerie (32,8%). Meno diffuse risultano essere applicazioni come la visione di film/telefilm sul telefonino (22%) e la navigazione in Rete (20,3%). 12 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza Chiamare o essere chiamati dai propri amici (73,5% vs 65,2%), inviare/ricevere Sms (69,2% vs 64,9%), “squillare” (56,6% vs 48,3%), giocare (70,3% vs 69,5%) e fare foto (73,2% vs 71,9%), rappresentano le funzionalità più apprezzate soprattutto dalle bambine. Queste ultime, al contrario, usano meno gli mms (64,3% vs 60,2%), navigare su Internet (80,8% vs 70,5%), scaricare loghi e/o suonerie (64,9% vs 60,2%) e vedere programmi televisivi o film (78,6% vs 68,2%). I piccoli maschi invece hanno una maggiore tendenza ad utilizzare il cellulare per chiamare o essere chiamati dai propri genitori (88,9% vs 87,6%) o per fare filmati (60,4% vs 58,9%). Buone abitudini a scuola: senza cellulare. La maggioranza dei bambini dichiara di non portare il telefonino a scuola (68,2%) o di tenerlo sempre spento durante le ore di lezione (13%). Lo accende solo fuori dall’orario scolastico il 3,9% del campione, mentre “trasgredisce” le regole del buon comportamento chi lo tiene accesso senza suoneria (1,6%), o lo utilizza anche quando la maestra spiega (0,7%). Per rilassarsi nel tempo libero? Tv e nuove tecnologie. La maggior parte dei piccoli, il 69,3%, ama rilassarsi guardando la televisione (abbastanza: 33,5%; molto: 35,8%). A tale valore si associa la percentuale pari al 53,3% di coloro che passano il tempo giocando con i videogiochi (53,3%) o utilizzando il computer e Internet (42,5%). Particolarmente elevata appare, inoltre, la percentuale di quanti occupano le ore di libertà praticando uno sport (62,2% di cui abbastanza: 24,3%; molto: 37,9%). Ma le ore libere dagli impegni giornalieri si passano anche ascoltando musica (47,3%), leggendo libri (44,4%) o fumetti (30,2%). L’arte del disegno o della pittura affascina il 32,4% dei bambini che dichiara di prediligere questa attività durante il tempo libero abbastanza, nel 19,3% dei casi, o molto, nel restante 13,1%. Suonare uno strumento musicale costituisce, per il 20,4% dei bambini, un’occasione per esprimere la propria creatività nelle ore libere della giornata (abbastanza: 11,4%; molto: 9,4%). Meno diffusa appare la tendenza di trascorrere il tempo libero scrivendo un diario (19,2%) o esprimendo se stessi in un racconto o in una poesia (15,6%). Infine, solo il 12,4% del campione preferisce spendere 13 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza parte del proprio tempo mettendolo a disposizione di persone più svantaggiate. Nuove opportunità del mondo globalizzato: viaggiare. La maggior parte dei bambini (86,7%) si sposta più o meno frequentemente dal proprio luogo di origine per visitare posti diversi. Ben il 35,8% dei bambini viaggia anche più di cinque volte nel corso di un anno e una percentuale di poco inferiore sostiene di avere l’opportunità di farlo tra le 3 e le 4 volte (33,5%). Sono in pochi a viaggiare solo una o due volte nell’arco di dodici mesi (17,4%) e quanti, invece, non lo fanno mai (6,1%). La maggior parte dei viaggi avviene sul territorio nazionale: il 57,5% dei bambini infatti non è mai stato all’estero, contro il 42,5% di coloro che hanno avuto questa opportunità. La conoscenza delle lingue: un ottimo biglietto da visita. Il 47% dei bambini ha abbastanza (37,9%) o molta (9,1%) dimestichezza con la lingua inglese. Cala considerevolmente, invece, il dato relativo alla conoscenza dello spagnolo (10%) e del francese (9,1%) che generalmente vengono studiate e approfondite negli anni di studio successivi. Il tedesco infine è la lingua con cui hanno meno confidenza (4,4%). Cinema: una vera passione. Il 64% dei bambini frequenta spesso (28%) o qualche volta (36%) le sale cinematografiche e non disdegna di andare a curiosare tra i corridoi di una mostra o di un museo (33,6%). Diffusa è anche l’abitudine di assistere a spettacoli sportivi (33,5%) o a piéce teatrali (32,3%). Un successo più contenuto riscuotono le escursioni presso siti archeologici: solo il 19,6% dei bambini, infatti, dichiara di averne visitato uno nell’ultimo anno. L’ambito musicale raccoglie un’affluenza nel complesso pari al 31,3%: il 16,2% dei bambini afferma di aver assistito spesso (7,3%) o qualche volta (8,9%) ad un concerto di musica leggera, il 15,1% di essere stato spettatore di un concerto di musica classica e il 9,9% ha frequentato discoteche nel corso dell’ultimo anno. Piccoli, ma credenti. Nonostante la giovane età dei piccoli sembra emergere una chiarezza nella percezione di se stessi come credenti. Il 79,6% ha risposto “sì, sono credente”, solo il 4,7% ha risposto di non essere credente, mentre arriva al 15,7% la percentuale di quanti non hanno saputo (11,7%) o voluto fornire una risposta (4%). Le bambine dichiarano di essere credenti in misura maggiore (80,6%) rispetto ai maschi (78,7%). Una maggiore percezione del concetto di fede e probabilmente l’avvio dei bimbi più grandi, tra i 10-11 anni di età, ai sacramenti attraverso il catechismo o altre pratiche religiose, giustifica probabilmente lo scostamento percentuale, rispetto alla fascia d’età 7-9 anni, di quanti si 14 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza ritengono credenti. Infatti, l’83,8% dei primi dichiarano di essere credenti, mentre sentono di esserlo solo il 76% dei più piccoli di 7-9 anni, una tendenza che trova conferma nel fatto che sono soprattutto i più piccoli a non essere sicuri su che cosa rispondere alla domanda (14,6% v s 8,5%). L’Eurispes ha evidenziato, grazie alle indagini condotte all’interno dei diversi Rapporti Italia e nelle ricerche prodotte negli anni sulla fede cattolica e le religioni, come nel nostro Paese sia diffusa la consapevolezza di essere credenti, ma di non essere allo stesso tempo praticanti. Proprio come accade per gli adulti, anche per i bambini che, comunque, hanno per la maggior parte risposto di essere credenti (79,6%), non si riscontra un’equivalenza nella frequentazione del luogo di culto di riferimento . Sono il 32% coloro i quali si recano nel luogo di culto tutte le settimane. La maggior parte dei bambini ci va “qualche volta” (quasi il 45%). Il 18% non lo frequenta mai. Le motivazioni per le quali i bambini partecipano attivamente al proprio credo religioso sono orientate verso una percezione positiva e di condivisione: il 29,4% dei bambini va nel luogo di culto perché li fa stare bene, mentre il 40,4% “per pregare e osservare il mio credo”. In modo parallelo il 5,4% dei bambini si reca per prendere parte a un rito religioso. Non manca chi si reca in un luogo di culto perché si usa così (4,9%), per far contenti i genitori (3,8%) o soltanto perché ci vanno gli amici (2,1%). Le abitudini alimentari. Ben l’82,6% (di cui abbastanza 32,9% e molto 49,7%) dei bambini riconosce la necessità di condurre una dieta equilibrata, contro il 14,8% (di cui per niente 5% e poco 9,8%) di coloro i quali non risultano essere dello stesso avviso. I bambini nel complesso mostrano di condurre un’alimentazione equilibrata poiché il 32% di essi dichiara di fare normalmente i 4 pasti al giorno suggeriti dagli esperti del settore. Di poco si discosta la quota di intervistati che ammette di farne 3 (31,9%), mentre si dimezza la percentuale di coloro i quali mangiano solo 2 volte al giorno (16,6%). Fare spuntini è un’abitudine sempre più diffusa, infatti, ben il 56,7% dei bambini dichiara di fare un break qualche volta, seguito da chi lo fa spesso (16%) e sempre (6,3%). Non si concede nemmeno un piccolo sfizio culinario fuori dai principali pasti della giornata solo il 18,1% dei bambini. Il 23,1% dei piccoli sceglie merendine e dolci per soddisfare voglie dell’ultimo minuto. Scende al 18,4% la percentuale di quanti preferiscono fare uno spuntino salutare mangiando della frutta. Cibi notoriamente più grassi come pizze, gelati e panini rappresentano la scelta prediletta rispettivamente dal 14,2%, dall’11,9% e dal 10,4% dei piccoli. C’è poi un 6,5% ed un 5% che predilige rispettivamente la freschezza di uno yogurt e la gustosità delle patatine fritte. 15 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza Infine, è da rilevare un 5,8% di bambini che preferisce fare un break con succhi di frutta o bevande dissetanti o con snack appetitosi. I bambini si recano nei fast food raramente (50,7%) o mai (28,9%). Non è da sottovalutare, tuttavia, una discreta percentuale di giovanissimi che frequenta il fast food circa una volta a settimana (9,4%), varie volte a settimana (4,8%) o addirittura tutti i giorni (3,5%), facendo registrare una percentuale complessiva di frequentatori abituali del 17,7%. Qual è il grado di conoscenza della Convenzione Internazionale dei Diritti del Fanciullo? Sono più della metà (57,8%) i bambini che hanno risposto di non conoscere la Convenzione Internazionale dei Diritti del Fanciullo. La maggior parte di coloro che ne ha sentito parlare (38,6%) ha ricevuto le informazioni in merito dalla scuola (27,7%), dalla televisione o dai giornali (5,4%), nelle conversazioni in famiglia (4,3%). Interrogati su quanto alcuni diritti siano maggiormente rispettati, i bambini hanno fornito le seguenti risposte: il diritto alla vita (il 46,1% dei bambini ritiene che sia molto rispettato), il diritto ad avere una famiglia (lo ritiene molto rispettato il 52,7%), il diritto allo studio (è molto rispettato secondo il 40,1%). Se si accorpano tutte le risposte che indicano la percezione da parte dei bambini dell’esistenza di un rispetto dei diritti sopraelencati, la percentuale aumenta ulteriormente. Tra coloro che hanno risposto “abbastanza” e “molto” sul rispetto del diritto alla vita si registra una percentuale del 73,7%; il 76,1% risponde positivamente riguardo al rispetto del diritto ad avere una famiglia; infine, il 64,7% dei bambini si è dichiarato abbastanza e molto d’accordo in corrispondenza del diritto allo studio. Un po’ più bassi i risultati relativi al rispetto dei diritti ad essere protetti dai maltrattamenti (il 53,8% ha risposto abbastanza - molto), al rispetto del diritto al riposo e allo svago (55,1%), alla considerazione del diritto al rispetto delle proprie opinioni (52,8%) ed alla considerazione del diritto a non essere trattati male per via del colore della pelle (47,2%). GLI ADOLESCENTI 16 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza Le aspettative per il futuro. Secondo il 96,1% degli adolescenti, tra i 12 e i 19 anni, i genitori desiderano che i propri figli trovino un lavoro che piaccia loro e il 95,9% pensa che i genitori si augurano che trovino un lavoro stabile. L’84,6% ritiene che i genitori sognino una laurea nel futuro dei propri figli. Nell’opinione dei ragazzi non è importante, per i propri genitori, che nel percorso professionale i loro figli decidano di seguire le orme di famiglia (92,5%). Rispetto ai “traguardi” nella vita privata l’88,7% dei ragazzi pensa che i genitori vogliano che i figli si sposino e il 90,8% che i loro genitori desiderino diventare nonni. Ma che cosa desiderano invece i ragazzi per il loro futuro? Il desiderio più grande è quello di trovare un lavoro soddisfacente (96,6%) e stabile (94%). Solo il 54,9% esprime il desiderio di laurearsi, e vi è una buona percentuale di indecisi, al riguardo (28,6%). La maggior parte non desidera fare la stessa professione dei genitori (79,9%) e il 13,6% dichiara di non saperlo ancora. Sposarsi rappresenta un traguardo importante per il 68,7% dei ragazzi italiani, il 22,4% dichiara di non aver ancora deciso e il 71,9% desidera avere dei figli, contro il 21,2% degli indecisi e il 4,6% che sono sicuri di valerne. Una strada in salita. Il 33,6% degli adolescenti ritiene “molto difficile” laurearsi e il 58,7% pensa che lo sia “abbastanza”. Solo il 6,3% ritiene sia “poco difficile” e un esiguo 0,9% che non lo sia “per niente”. Il 49,4% dei ragazzi pensa che sia “molto difficile” trovare un lavoro stabile e il 44,1% che lo sia “abbastanza”. Allo stesso modo, il 44,1% dei ragazzi ritiene che sia “abbastanza difficile” trovare un lavoro soddisfacente, e il 42,9% pensa invece che sia “molto difficile”. Per il 39,3% dei ragazzi è “poco difficile” riuscire a fare la stessa professione svolta dai loro genitori, per il 30,3% lo è “abbastanza”, mentre non è “per niente” difficile per il 21,2%. Arrivare al matrimonio è “abbastanza difficile” per il 40,8% degli adolescenti, ma il 35,8% pensa che sia “poco difficile” e il 12,6% che non lo sia “per niente”. Il 37,8% dei ragazzi pensa invece che sia “poco difficile” avere dei figli, il 33,9% che lo sia “abbastanza”, il 17,6% che non lo sia “per niente” e solo il 9,9% immagina sia “molto difficile”. Indipendenti, prima di tutto. Il desiderio più grande, tra i giovani, è quello di soddisfare il bisogno di indipendenza, tanto che il 63% di loro ha dichiarato di voler andare a vivere per 17 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza conto proprio, una volta terminato il ciclo di studi o aver trovato un lavoro. Il 30,7% ha invece risposto di voler continuare a vivere con i propri genitori fino al momento in cui riusciranno a formarsi una famiglia propria e solo il 2,4% pensa di voler rimanere in famiglia il più a lungo possibile. Senza idoli o fan di se stessi?Per la maggior parte (38,8%) gli adolescenti dichiarano di non voler assomigliare a nessuno in particolare. Tuttavia, tra i personaggi proposti, l’8,4% vorrebbe assomigliare a Barack Obama, il 5,3% a Valentino Rossi, il 4,9% a Belen Rodriguez, il 3,8% alla scrittrice K.K.Rowling, il 3,7% a Luciana Littizzetto, il 3,4% a Paris Hilton, il 3,2% al premio Nobel Rita Levi Montalcini; il 3% vorrebbe assomigliare allo showman Fiorello; il 2% a Fabrizio Corona e solo l’1,9% a Roberto Saviano. Nella voce “altro” (19,4%) i ragazzi hanno specificato a chi vorrebbero assomigliare da grandi: tra le varie risposte il 15,3% è rappresentato da “me stesso”, mentre nell’indicare personaggi noti il maggior numero delle preferenze è andato a Michelle Hunziker, Miley Cyrus, Beyoncè e Alessandra Amoruso, Cristiano Ronaldo e Alessandro Del Piero. Il 41,9% delle adolescenti dichiara di non voler assomigliare a nessuno, a fronte del 32,4% dei maschi che rispondono nella stessa maniera. Valentino Rossi (13,6%) e Barack Obama (9,8%) sono i personaggi che riscuotono il maggior numero di consensi tra i ragazzi. Tra le ragazze è proprio Obama il personaggio che rappresenta un modello ideale di riferimento (7,8%), seguito dalla showgirl Belen Rodriguez (6,6%). Abitudini e norma: civili…ma non troppo. Il 78,2% dei ragazzi non ha l’abitudine di prendere i mezzi pubblici senza aver comperato e obliterato il biglietto. D’altra parte, solo il 64,6% utilizza le cinture di sicurezza in macchina. L’uso del casco quando si va in motorino è pressoché diffuso (88,9%). L’82,8% non ha l’abitudine di comprare merce contraffatta, eppure scaricare illegalmente musica, giochi e film da siti Internet è un’abitudine per il 59,4%. Il 65,3% dei giovani non getta carta e rifiuti fuori dagli appositi contenitori, ma rimane un 33,4% che dichiara, invece, di farlo. I cosiddetti “writers rappresentano solo l’11,5%, mentre l’86,8% non è solito avere comportamenti di questo tipo. Giovani e già disincantanti. I ragazzi italiani rivelano una certa disillusione riguardo alla necessità di osservare la legge, alla convinzione che le Istituzioni e le Forze dell’ordine siano al servizio dei cittadini, alla possibilità di riuscire a sconfiggere le organizzazioni criminali e all’equità della legge. Il 37,6% è “molto d’accordo” sul fatto che la l egge vada rispettata sempre e comunque ; la maggior parte dei ragazzi si dice, invece, “abbastanza” (49,6%) o “poco” d’accordo (10,5%). Solo il 10,4% si dichiara “molto d’accordo” sul fatto che lo Stato italiano tuteli i cittadini, il 36,9% 18 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza dice di essere “abbastanza d’accordo” e ben il 40,3% “poco d’accordo”, seguito da quanti non lo sono “per niente” (11,4%). La certezza di una possibile vittoria della lotta alla criminalità organizzata non è molto condivisa (18,4%), anche se il 36,1% dei giovani ritiene che sia una cosa “abbastanza” possibile. Ha poca speranza che questo avvenga il 34,5% dei ragazzi e non ne ha alcuna il 9,8%. L’8,3% degli adolescenti crede fermamente nel fatto che le Forze dell’ordine tutelino i cittadini, il 42% ci crede “abbastanza” e il 40,1% ci crede, invece, “poco”, mentre l’8,6% “per niente”. Per quanto riguarda l’idea che i ragazzi hanno della mafia e l’ipotesi per cui anch’essa abbia un “codice morale” in base al quale agisce, ben il 41,7% non condivide “per niente” questa opinione, il 21% la condivide “poco”, il 22,4% “abbastanza”, mentre il 12,5% si trova “molto d’accordo” sul punto. Meno della metà dei ragazzi italiani crede pienamente che la legge sia uguale per tutti (40,3%), ben il 22,6% non ci crede “per niente”, il 19,3% ci crede “poco” e il 17,3% “abbastanza”. I rischi dell’adolescenza. Per i ragazzi tra i problemi che possono interessare l’età adolescenziale, i più gravi sono l’ alcolismo e il consumo di droga, fenomeni ritenuti “molto diffusi”, rispettivamente, per il 50,1% e il 44,3% e “abbastanza diffusi”, rispettivamente per il 38,9% e il 42,3%. Il bullismo secondo gli adolescenti è “molto diffuso” nel 33,9% dei casi e “abbastanza” nel 54% dei casi. Lo stesso si può dire per la criminalità che viene considerata “molto diffusa” presso i giovani dal 29,4% e “abbastanza diffusa” dal 46%. Il problema del razzismo viene considerato “molto diffuso” dal 29,4% degli intervistati e “abbastanza diffuso” dal 44,1%. Le violenze in famiglia vengono considerate “abbastanza diffuse” nel 44,1% dei casi, “poco diffuse” nel 38,2% dei casi e “molto diffuse” nell’11,2% dei casi. La quasi totalità dei ragazzi (93,4%) dichiara di non avere l’abitudine di uscire portando con sé un coltello o altri oggetti con cui attaccare o difendersi, eppure il 37,9% conosce almeno una persona che ha l’abitudine di farlo. Il 6,1% ha dichiarato di conoscere addirittura più di una persona. Adolescenti e bullismo. Nell’ultimo anno, il 19,8% dei ragazzi ammette di essere stato vittima in più occasioni di provocazioni e prese in giro, il 18,9% è stato oggetto di offese immotivate. Al 12,6% sono stati sottratti cibo o oggetti (8,5%) e denaro (4,1%), mentre l’8,7% ha visto i propri beni danneggiati. Il 6,5% è stato escluso o isolato dal gruppo con continuità, mentre complessivamente il 7,4% è stato vittima di minacce (5%) e percosse (2,4%). L’atto di bullismo 19 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza più diffuso è la diffusione di informazioni false o cattive sul conto della vittima (27,9%). La diffusione di informazioni false o cattive sul proprio contro riguarda il 33,3% dei ragazzi tra i 12 e 15 anni, a fronte del 24,3% dei più grandi. Una differenza percentuale simile (+10,1%) si riscontra per quanto concerne le offese immotivate ripetute, cui sono oggetto il 25% di chi ha tra i 12 e i 15 anni e il 14,9% di chi è tra i 16 e i 19. Provocazioni e prese in giro continue colpiscono il 24,7% dei primi e il 16,6% dei secondi. Un quarto dei ragazzi ritiene che i bulli siano “ansiosi/insicuri” (25,6%), mentre il 18%, al contrario, li considera “sicuri di sé”. Il 12,5% crede siano “impulsivi” e il 10,3% “fisicamente forti”. Per l’11,2% i “prevaricatori” si trovano tra quelli che “vanno male a scuola”, e per il 3,4% sono quelli isolati all’interno della classe. Il 10% non sa individuare una caratteristica principale e l’8,7% indica l’opzione “altro”, facendola coincidere prevalentemente con la presenza di problemi personali o familiari. Le vittime. Sono i ragazzi in età compresa tra i 12 e i 15 anni ad essere vittima in percentuale maggiore di episodi di bullismo: nel 22,9% dei casi di un coetaneo (il 13% di un ragazzo e il 9,9% di una ragazza), a fronte del 15,7% (il 9,3% di un maschio e il 6,4% di una femmina) di quelli compresi tra i 16 e i 19 anni. Una tendenza simile si riscontra tra chi è vittima di un/a ragazzo/a più grande (complessivamente il 9,2% e 5,3%), contrariamente a quanto avviene con la percentuale di chi è invece oggetto delle “attenzioni” di gruppi di femmine. In questo caso i più grandi sono il 4% rispetto al 2% dei più piccoli. Complessivamente i 16-19enni di non essere vittime di questi comportamenti sono il 67,4%, a fronte del 56,3% di chi ha tra i 12 e i 15 anni. L’atteggiamento più diffuso è quello di dire al bullo di smetterla (22%), seguito da chi non reagisce (19,8%). Il 22,6% chiede aiuto ad altri: il 9,2% si rivolge a un genitore, il 7,5% a un compagno e il 5,9% a un insegnante o al dirigente scolastico. Reagisce invece in modo violento il 16,9% dei giovani: il 12,8% dichiara di essere venuto alle mani e il 4,1% di essersi messo a fare il bullo a sua volta, a scapito, probabilmente, di altri compagni. Il 2,6%, infine, ha reagito fuggendo, l’1,6% mettendosi a piangere. Il bullo se la prende soprattutto con chi non sa difendersi (63,6%), con chi è di nazionalità straniera (8,2%), con chi ha un difetto fisico (5%), con chi va molto bene a scuola (4,4%), ma anche con chi non veste alla moda (1,8%). Molti ragazzi, infine, non hanno saputo individuare una caratteristica prevalente per le vittime (8,2%) o ne indicano altre (8,2%) che in gran parte sono riconducibili alla categoria di chi non sa difendersi perché più debole. 20 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza Prevaricazione: le conseguenze psicologiche. Un terzo degli adolescenti (33,9%) ha provato rabbia dopo aver subito un atto di bullismo, mentre poco più di un quarto (26,3%) si è sentito solo. Il 22,1% ha invece perso stima di sé, seguito dal 22% che ha iniziato a provare stati di ansia. Infine, il 21,3% ha perso la voglia di andare a scuola e il 17,8% ha cominciato a sentirsi depresso. Ma non ci sono solo vittime dirette: il 42,1% degli adolescenti ha assistito ad episodi avvenuti della propria scuola, a fronte del 57,1% che non vi ha assistito. Quasi la metà degli “spettatori” avversa simili azioni e, trovandovisi di fronte, prova rabbia (36%) e disapprovazione (13,5%). Molti invece reagiscono in modo “passivo”, provando pena per la vittima (24,1%) e paura (7%), altri addirittura restano indifferenti (7,2%). Ma quali sono, secondo i ragazzi, le reazioni dei loro coetanei? Un preoccupante 21,1% pensa che i compagni a scuola si divertono assistendo alla prevaricazione messa in atto dal bullo, il 20,3% che disapprovano senza intervenire e il 19,5% che rimangono indifferenti. I comportamenti più diffusi, quindi, sembrano essere quelli da bullo “gregario” e da spettatore “passivo”, mentre solo il 10,3% riferisce di compagni che aiutano la vittima e il 4,2% di compagni che chiedono l’intervento di un adulto. Non mancano comunque atteggiamenti timorosi, quali lo spavento (7,4%) e l’allontanarsi per non essere presi di mira (9,9%). Fermare il bullismo. Ma come? Il 26,9% dei ragazzi pensa che la strategia migliore per fermare il bullo sia “agire in gruppo sostenendo la vittima”. Il 22,2% ritiene invece si debba punire il bullo, a fronte del 12,5% che ritiene prioritario instaurare un dialogo per convincerlo a non ripetere il suo gesto. Il 13,2% ravvede la necessità dell’intervento di un adulto, mentre l’8,5% inviterebbe la vittima a reagire. L’11%, infine, non sa indicare uno dei provvedimenti proposti come risolutivi. Il cyberbullismo. Il 3,2% degli ragazzi ha inviato o diffuso messaggi offensivi e minacciosi tramite supporto tecnologico (l’1,2% spesso, e il 2% qualche volta); il 4% ha utilizzato il cellulare o Internet per divulgare informazioni false sul conto di un’altra persona (lo 0,6% di frequente e il 3,4% di tanto in tanto); e, infine, il 7,5% ha intenzionalmente escluso qualcuno da gruppi on line (il 2,3% spesso, il 5,2% qualche volta). I cyber bulli sarebbero quindi pochi anche se non è da trascurare la percentuale di quanti, seppur “raramente”, ammettono di inviare materiale offensivo o minaccioso (5,7%), di diffondere informazioni false su altri (10,7%)e di escludere qualcuno da gruppi online (9%). Lo strumento privilegiato dal cyberbullo è il cellulare (46,1%), seguito dalla chat (24,3%). Il 6,1% sceglie l’instant messaging, mentre il 5,2% preferisce i blogs, il 4,6% le e-mail, il 4,1% i giochi di ruolo on line e, infine, il 3,8% il forum. Per quanto riguarda le vittime di cyberbullismo 21 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza , il 5,6% ha ricevuto messaggi, foto o video offensivi o minacciosi spesso (1,3%) o qualche volta (4,3%) e il 4,8% ne ha ricevuti seppur raramente. Percentuali maggiori di ragazzi, invece, dicono di aver trovato informazioni false sul proprio conto: al 2,3% è capitato di frequente, al 10,3% di tanto in tanto e al 14,3% occasionalmente. L’1,2%, infine, è stato spesso escluso intenzionalmente da gruppi on line, sorte condivisa con l’1,5% che l’ha subìta qualche volta e con il 2,5% cui è successo di rado. Prendendo in considerazione gli episodi di cyberbullismo segnalati dai ragazzi (21,3%) emerge che nel 6% dei casi a prendere di mira usando le nuove tecnologie sono persone poco conosciute dalla vittima o di cui si ignora l’identità (5,8%). Il 4,1% ammette che a compiere prepotenze nei suoi confronti è stato un amico o un compagno di scuola (3,2%). Infine, le vittime bullismo e cyberbullismo rivelano l’accaduto soprattutto ai coetanei (29,2%). Molti comunque preferiscono la protezione dei genitori (20,1%) o dei fratelli (6,7%), solo il 2,7% degli insegnanti. Il 22,3% invece non ne fa parola con nessuno. L’uso dei nuovi media. L’apparecchiatura maggiormente diffusa tra gli adolescenti rimane la televisione (solo il 3,1% non la guarda mai). Al secondo ed al terzo posto, a breve distanza, si posizionano però il pc (non lo usa il 6,5%) ed il cellulare (non lo usa il 6,8%). Anche Internet è largamente diffuso (non lo usa il 10,6%), seguito dal lettore Mp3 (ne fa a meno il 19,8%). Il dvd e la playstation/PSP non è utilizzato dal 42,7% e dal 68,9% dei ragazzi. I tempi di utilizzo fanno registrare il primato del telefonino: il 39,8% lo usa per oltre 4 ore al giorno e complessivamente il 25,5% da 1 a 2 ore (12,8%) e da 2 a 4 ore (12,7%). Segue Internet: 42,9% di forti consumatori (19,7% più di 4 ore; 23,2% 2-4 ore) e 27,8% di consumatori medi (1-2 ore). Al terzo posto il pc (17,6% più di 4 ore; 24,1% 2-4 ore; 31,8% 1-2 ore). Le ragazze usano più a lungo il cellulare (il 45% più di 4 ore al giorno, contro il 28,8% dei ragazzi), e l’Mp3 (9,2% vs 1,1%), mentre nell’80% dei casi non giocano mai alla playstation (vs 46%). I programmi preferiti. Il programma preferito è il cartoon americano “politicamente scorretto” I Simpson (18,1%). Grande successo riscuotono anche Amici (12,6%) I Cesaroni (12,4%). Seguono Zelig (6,5%), Le iene 22 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza (6%), Uomini e donne (5,7%) e Striscia la notizia (5%). Sorprende invece il contenuto riscontro ottenuto dal Grande Fratello (2,6%) e da X-factor (3,7%). Che cosa non piace della Tv?...Ben poco. Sono le persone che parlano di fatti intimi e privati nei programmi Tv l’aspetto più disturbante delle trasmissioni televisive secondo gli adolescenti (51,3%), a seguire i litigi nei programmi (46%) e le immagini di guerra e/o morte nei telegiornali (46%). Il 44,5% non sopporta la volgarità e le parolacce in Tv. Pochi sono infastiditi da scene di violenza in film/telefilm (29,2%) e da scene di sesso e/o nudo in film/telefilm (26,9%). I 12-15 anni risultano turbati dai contenuti televisivi più spesso rispetto a quelli più grandi. Ciò avviene soprattutto per le scene di sesso e/o nudo (37,3% vs 20%), ma anche per le scene di violenza in film/telefilm (33,8% vs 26,2%) e le immagini di guerra e/o morte nei telegiornali (50,8% vs 42,9%). Fra tutte le immagini e le notizie, spesso tragiche, inquietanti e sconvolgenti, trasmesse dai telegiornali, quel che i ragazzi riferiscono di trovare più fastidioso in assoluto sono i politici, citati nel 18,3% dei casi. Seguono, nella stessa percentuale, le immagini di violenza e le immagini di bambini che soffrono (12,6%), ma anche i personaggi famosi (8,8%) e le immagini di guerra (8,5%). Colpiscono anche le immagini di persone povere (7,3%), quelle volgari che si riferiscono al sesso o dei paesi colpiti da disastri naturali (entrambe 7%) e quelle di incidenti stradali (6,4%). I più giovani si dicono più turbati nel vedere bambini che soffrono (15% vs 11%), mentre con la crescita nei ragazzi aumenta l’insofferenza nei confronti dei politici (19,6% vs 16,3%). Il pc soprattutto per scrivere e cercare informazioni on line. Tutte le competenze relative all’utilizzo del computer risultano largamente diffuse tra gli adolescenti: al primo posto la scrittura di testi sul Pc (98%), seguita dalla ricerca di informazioni su Internet (97,5%), giocare (97,2%) e stampare (96,9%). Il 90,5% dei ragazzi sa anche trasferire foto dalla macchina digitale al Pc e l’88,9% sa inviare e-mail. 23 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza Ormai quasi 9 adolescenti su 10 utilizzano Internet, i dati indicano una diffusione molto eterogenea delle diverse applicazioni della Rete fra i ragazzi. La ricerca di informazioni è la forma più comune di utilizzo di Internet (93,4%). Estremamente diffuse risultano anche l’abitudine di guardare filmati su You Tube (85,8%) e quella di cercare materiale per lo studio (83,2%), seguite da quella di comunicare via chat (79,9%) e di scaricare musica/film/giochi/video (76,1%). La maggioranza degli adolescenti comunica tramite posta elettronica (58,3%). Il 46,8 legge un Blog, il 45,5% gioca con videogiochi on line. Ancora in pochi leggono e scrivono su un forum di loro interesse (24,9%), partecipano a giochi di ruolo (21,4%) e fanno acquisti on line (20,9%). Situazioni di rischio in Rete. A quasi la metà degli adolescenti (47%) è capitato che qualcuno in Rete chiedesse loro nome, cognome e indirizzo. Il 41,4% è entrato in un sito dove c’era scritto “accesso vietato ai minorenni”. Il 39,8% si è sentito chiedere almeno una volta un incontro dal vivo da uno sconosciuto in Rete. Il 29,9% si è invece accorto di comunicare con una persona che fingeva di essere un’altra; il 24,9% ha visto immagini che lo hanno messo a disagio o turbato, il 20,7% ha ricevuto messaggi volgari o offensivi. Sono invece pochi i ragazzi entrati in siti a pagamento (8,7%). La netta maggioranza dei ragazzi manifesta un atteggiamento di chiusura nei confronti di chi li infastidisce in Rete: nel 31,6% dei casi se questa persona li cerca ancora non le rispondono; il 24,7% dei ragazzi dicono al molestatore che non deve più dar loro fastidio; il 24,1% per troncare ogni contatto con questa persona evita la chat/ forum/ sito dove l’ha incontrata. Solo una minoranza esprime un atteggiamento meno accorto: il 4,3% pensa che non gli possa succedere niente, l’1,7% è incuriosito e continua a comunicare. Il 26,1% dei ragazzi ritiene che le storie d’amore nate su Internet siano rischiose perché si possono fare brutti incontri. Il 25,3% pensa che il modo più naturale di innamorarsi è conoscersi di persona; il 23% sottolinea che la conoscenza on line può essere ingannevole. Solo una minoranza di adolescenti pensa che Internet sia un modo come un altro per conoscersi e innamorarsi (13%), che permetta di conoscersi in modo più profondo dialogando senza essere influenzati dall’aspetto fisico (4%) o che permetta di conoscere con facilità un numero maggiore di persone tra cui scegliere (2%). 24 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza Mai senza cellulare. Solo l’1,7% degli adolescenti non possiede un cellulare tutto suo, nel 2008 erano il 3,8%. Nel complesso 97,7% ha un modello base (59,5%), un telefonino Umts (13,8%), un video-telefonino (10,3%), un telefonino smart-phone (2,6%) o possiede più di un tipo di telefonino (11,5%, 1 un ragazzo su 10). Fra i ragazzi sono lievemente più numerosi che fra le ragazze i possessori di un telefonino smart-phone (4,7% contro 1,6%) e di un video-telefonino (11,8% contro 9,6%), mentre fra le ragazze è più alta la percentuale di chi ha più di un tipo di telefonino (12,3% contro 9,8%). La quasi totalità degli adolescenti usa il telefonino per inviare/ricevere sms (97,5%), chiamare/essere chiamati dagli amici (95,9%), chiamare/essere chiamati dai genitori (94,6%). Ben il 90,4% usa il cellulare anche per fare fotografie, mentre un cospicuo 86,1% fa e riceve squilli e l’81% gira filmati col cellulare. La maggioranza dei ragazzi invia e riceve mms (65%). Si riduce al 46% la quota dei giovanissimi che giocano con il cellulare, mentre rimangono una minoranza quelli che lo usano per navigare in Internet (20,7%) e sono ancor meno quelli che scaricano loghi e suonerie (8,9%) o guardano programmi televisivi/film (6,1%). Rispetto al 2008 è cresciuta notevolmente la percentuale di ragazzi che navigano in Rete col telefonino (dall’8,2% al 20,7%). Social network. Il 71,1% degli adolescenti intervistati possiede un profilo su Facebook. Percentuali di gran lunga più ridotte di giovani utenti della Rete si radunano attorno a My Space (17,1%) e Habbo (10,4%). La realtà parallela che è possibile vivere in Second Life affascina solo il 2,6% dei ragazzi e il 2,5% fa parte di coloro che amano “cinguettare” su Twitter. Fare comunità…a distanza. Il 28,7% degli adolescenti ritiene che i social network siano utili strumenti per rimanere in contatto con gli amici di sempre e con quelli che si trovano lontano o non si frequentano da molto tempo (23,6%). Fare nuove conoscenze rappresenta il motivo principale per cui il 14,9% dei ragazzi ha deciso di affacciarsi al mondo delle reti sociali sul web. Alcuni social dispongono di particolari applicazioni (giochi, gruppi, test) che rappresentano, per il 10,4% dei ragazzi una possibile alternativa per riempire il tempo libero. Ridotta, invece, appare la parte di campione che sfrutta questi mezzi di comunicazione per rintracciare notizie su eventi o argomenti di proprio interesse (2,8%). Le opinioni negative sull’argomento coinvolgono solo il 13% degli adolescenti che, nell’8% dei casi, considerano i social solo una perdita di tempo e, per il 5%, sono convinti che usarli possa mettere a rischio la riservatezza personale. Il 30,8% dei ragazzi fuma, ma la maggior parte di loro si dichiara non fumatore (69,8%). Ad avere questa abitudine sono prevalentemente le ragazze (31,6%), parallelamente, i ragazzi tendono ad evitare tale comportamento (70,8%). Al Nord-Est è più facile che i ragazzi 25 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza accendano una sigaretta (42,7%), ma si riscontrano percentuali abbastanza consistenti anche nelle Isole (39,5%) e nel Centro (32%). Al crescere dell’età dei ragazzi aumenta anche la propensione a fumare: lo fa il 39,3% dei 16-19enni, contro il 17,9% dei più piccoli. La maggior parte del campione, il 40%, fuma una sigaretta ogni tanto. Inoltre, esiste un’elevata percentuale di ragazzi che ammette di fumare meno di dieci sigarette al giorno (31,9%). Inferiore appare la percentuale di coloro che hanno l’abitudine di fumare tra le dieci e le 15 sigarette nell’arco di una giornata (16,8%). I valori continuano a scendere ulteriormente man mano che aumenta la quantità nicotina assunta: appena il 6,9% consuma quasi un pacchetto al giorno e solo il 2,6% si spinge oltre tale livello. Moltissimi (67,4%) hanno acceso la prima sigaretta spinti dalla curiosità di provare la sensazione di aspirarne una boccata. Gli altri perché il gesto di tenere tra le dita la sigaretta dava loro la sensazione di essere più grandi (10,9%), per emulazione degli atteggiamenti osservati in famiglia (7,8%) o nel gruppo dei pari (3,8%). Nel 6,6% dei casi, poi, i ragazzi affermano che hanno assunto l’abitudine di fumare perché è un gesto che rilassa e ammazza la noia (1,4%). Non solo sigarette… Il 20,8% dei ragazzi ha ammesso di aver fumato cannabis o marijuana, contro un’ampia fascia di ragazzi che non ha mai avuto esperienze di questo tipo (79,2%). In particolare, il 25,7% dei ragazzi ha fatto uso di marijuana o hashish contro il 18,5 delle coetanee del sesso opposto. La maggior parte (46,2%) dei ragazzi che hanno ammesso di fumare canne potrebbe essere definito un fumatore occasionale, dal momento che dichiara di consumare marijuana circa una o due volte l’anno. A tale percentuale si affianca quella di coloro che lo fanno una volta al mese (21,7%). Più assiduo nel consumo di cannabis è il 12,2% dei ragazzi che afferma di fumarne una a settimana. Gli abitué del consumo di cannabis sono il 10,8% e ne fanno uso più volte al giorno. Scende, invece, la percentuale di coloro che fumano canne una volta al giorno (4,2%). L’abitudine all’uso di sostanze stupefacenti appare maggiormente evidente nei ragazzi che hanno un’età compresa tra i 12 e i 15 anni. Nel complesso (42,8% dei casi), infatti, essi dichiarano di fumare canne con una frequenza che varia da una volta a settimana (14,3%) a una (6,1%) o più volte al giorno (22,4%). Secondo le opinioni raccolte, non esiste un luogo in particolare dove più frequentemente i ragazzi si ritrovano per fumare canne. Il 40,6%, infatti, dice di consumarle ovunque gli capiti. 26 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza Per il 20,3%, invece, il luogo migliore è la strada o i giardini pubblici. Una percentuale pari al 18,9%, poi, lo fa spesso in casa di amici. Altri luoghi, come la discoteca (5,6%) o la scuola (4,5%), non sono considerati dagli adolescenti il posto migliore per “rilassarsi” aspirando un po’ di marijuana o di hashish. L’1% lo fa tranquillamente in casa propria. Per approfondire ulteriormente il discorso sulla diffusione delle droghe leggere, è sembrato opportuno chiedere pione di esprimere un’opinione personale sull’argomento. La maggior parte degli adolescenti (36%) non è attratto da questo tipo di esperienza che, nel 27,3% dei casi, viene considerata un comportamento sbagliato e pericoloso. Non manca comunque chi ritiene che fumare canne senza esagerare non procuri alcun danno (19,7%) e chi sostiene I ragazzi ad ogni modo hanno una buona conoscenza riguardo alle conseguenze che l’uso di cannabis può comportare: l’84,5% afferma che uno dei rischi più probabili è rappresentato dai danni neurologici, l’83,4 che canne possa compromettere la capacità di mantenere alta l’attenzione mentre si guida, l’81,8% ritiene che ci siano effetti dannosi sulla capacità della memoria e di concentrazione (81,6%). Buona parte dei ragazzi, inoltre, ritiene che le canne possano essere considerate a tutti gli effetti delle sostanze psicotrope che producono dipendenza (74,7%) e siano capaci di rendere il carattere più irritabile (66,2%). Su valori percentuali tendenzialmente più contenuti si trova l’opinione di coloro che ritengono che fumare canne aiuti a rilassarsi (37,4%) e alleggerisca lo stress di situazioni complicate (28,4%). Il 28% è dell’idea che fare uso di cannabis conferisca a chi adotta tale pratica un atteggiamento “da grande” e che, in alcuni casi, rappresenti un modo per socializzare all’interno del gruppo dei pari (18,8%). Quali sono gli hobby preferiti dagli adolescenti di oggi? I ragazzi amano dedicarsi all’ascolto della musica (87%, di cui abbastanza 39,7% e molto 47,3%) e passano il proprio tempo libero davanti allo schermo di un pc: chattare, aggiornare il proprio profilo su Facebook e scaricare contenuti digitali, sono solo alcune delle innumerevoli opportunità messe a disposizione oggi dalla Rete Internet (77,9%, di cui abbastanza 42,2% e molto 35,7%). Preferisce la Tv,il 66,5% (di cui abbastanza 45,8% e molto 20,7%), mentre adorano il movimento il 56,9% (di cui abbastanza 28,2% e molto 28,7%) degli adolescenti, che occupano il proprio tempo libero praticando sport. Al contrario, sono poco inclini a trasferire su un foglio le loro riflessioni o emozioni: non scrivono poesie/racconti e non affidano i propri segreti ad un diario rispettivamente il 90,8% (per niente 78,3% e poco 12,5%) e l’86,8% (per niente 66,9% e poco 19,9%) dei giovani. Sono “per niente” 71,8% o “poco” 16,3% propensi a dedicare agli altri il proprio tempo libero svolgendo attività di volontariato e sono, inoltre, restii alla lettura di fumetti (87,5%, di cui per niente 66,3% e poco 21,2%) e di libri (59,8%, di cui per niente 29,4% 27 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza e poco 30,4%). Anche l’arte è un hobby poco diffuso: l’86,2% (per niente 59,6% e poco 26,6%) non disegna o dipinge e l’84,1% non suona uno strumento musicale (per niente 66,5% e poco 17,6%). Infine, preferisce non consumare davanti a videogiochi le ore dedicate al divertimento e al relax il 70,8% del campione (per niente 41,6% e poco 29,2%). Viaggiare in mondo globalizzato e conoscere altre lingue. Ben il 57,5% degli adolescenti viaggia in un anno circa 1-2 volte. C’è, poi, un 19,4% del campione che si sposta 3-4 volte l’anno o chi, addirittura, ha la fortuna di farlo per più di 5 volte (9,3%). Solo il 12,1% non ha l’abitudine di viaggiare. Il 70,9% dei ragazzi ha avuto la possibilità di andare all’estero contro il 27,6% di coloro i quali non hanno ancora fatto questa esperienza. Gli adolescenti hanno una buona conoscenza dell’inglese (74%, di cui abbastanza 63,9% e molto 10,1%), mentre conoscono poco il francese (58,5%, di cui per niente 24,3% e poco 34,2%), lo spagnolo (78,8% di cui per niente 53,5% e poco 25,3%) e il tedesco (81,2% di cui per niente 67,% e poco 14,1%). Le attività svolte nel tempo libero. La passione per il cinema è comune tra i ragazzi che hanno frequentato nel corso dell’ultimo anno le sale cinematografiche per assistere alla proiezione di un film nel 66,8% dei casi (spesso 22,4% e qualche volta 44,4%). Il 39,7% di essi dichiara di aver assistito nel corso dell’ultimo anno a spettacoli sportivi. Abbastanza consistente è il numero di coloro i quali sono andati in discoteca spesso (16,3%), qualche volta (23,7%) o raramente (18,9%). C’è, poi, un 22,8% di giovani (spesso 2,7%% e qualche volta 20,1%) che ha impiegato una parte del proprio tempo libero nel visitare musei o mostre, mentre ha riscosso poco seguito la partecipazione ad altre attività culturali. Infatti, una quota consistente di adolescenti ammette di non aver mai assistito a concerti di musica classica (83,8%) o leggera (73,5%). Infine non è una prerogativa dei più giovani assistere a spettacoli teatrali (60%) o visitare siti archeologici di grande rilievo storico e culturale (75,2%), probabilmente perché attività giudicate poco stimolanti e interessanti. Il senso della religione. I dati raccolti evidenziano che nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza vi è una diminuzione percentuale nella definizione di se stessi come credenti. I credenti più piccoli (7-11 anni) sono il 79,6% mentre la percentuale dei più grandi (12-19 anni) arriva al 65,3%. Si tratta quindi di uno scarto del 14,3%. 28 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza I non credenti sono il 15,6%. Una discreta quota (19,1%) di giovani ha risposto di non sapere se sono o non sono credenti. Il 72% dei 12-15enni dichiarano di essere credenti mentre sono il 60,9% i 16-19enni che dichiarano lo stesso. Questi ultimi si definiscono non credenti nel 19% dei casi contro il 10,1% dei più piccoli. La partecipazione assidua alle funzioni religiose riguarda una piccola minoranza: va tutte le settimane solamente il 14,4%. La maggior parte dei giovani frequenta i luoghi di culto “qualche volta” (49,7%). Non li frequenta mai il 35,7%. Il 33,1% dei ragazzi va in chiesa o nel luogo di culto per pregare o osservare il proprio credo. Il 23,2% lo frequenta perché gli piace e li fa stare bene. Più del 22% frequenta le funzioni religiose non tanto per profonda convinzione ma perché sono indotti da un comportamento più “sociale” che religioso. Rispondono infatti “per far contenti i miei genitori” il 12,7%, “perché si usa così” l’8,4%, “perché ci vanno i miei amici” l’1,5%. Amore, amicizia e libertà i valori più importanti. Amore/amicizia (31,7%), libertà (28,1%), onestà (11%) e rispetto degli altri (10,1%) sono i valori più importanti secondo gli adolescenti. Ma anche generosità (5%) e cultura (4,9%). Divertimento, bellezza, ricchezza e successo rappresentano complessivamente una esigua percentuale del 5,9%. Genitori pronti a fare sacrifici per i figli: i loro desideri prima di tutto. Dall’indagine è emerso che la volontà dei ragazzi influisce su decisioni familiari di vario genere, tanto che i genitori tendono ad assecondare i “desideri” dei loro figli. Ciò avviene, in particolare, quando si tratta di fare acquisti di tipo alimentare (68,5%: abbastanza 47,3% e molto 21,2%), ma anche quando si tratta di acquistare dispositivi tecnologici di ultima generazione (65,7%: abbastanza 49,5% e molto 16,2%). Nella maggioranza dei casi gli adulti tengono conto della volontà dei figli anche quando si tratta di scegliere il posto in cui andare in vacanza (61,8%, di cui abbastanza 43,6% e molto 18,2%) o i programmi televisivi da vedere quando si è insieme a tavola (55,1%, di cui abbastanza 37,7% e molto 17,4%). Al contrario, i genitori non sono per nulla influenzabili quando si tratta di decidere se acquistare o meno un mezzo di trasporto (52,8%, di cui per niente 16,2% e poco 36,6%). Quando si deve prendere una decisione importante per il futuro ci si mette a tavolino con i propri genitori e si decide insieme sul da farsi (72%). Vi è, poi, un 10,5% di ragazzi che preferisce prendere da solo una decisione importante, mentre nel 10,6% dei casi sono i genitori a scegliere della vita dei loro figli. Prendono le redini del comando il padre o la madre 29 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza rispettivamente nel 3,3% e nel 2,5% dei casi. I genitori del terzo millennio risultano essere particolarmente permissivi e capaci di lasciare i propri figli liberi di vivere le loro esperienze: i giovani hanno la libertà di scegliere gli amici con i quali passare il proprio tempo libero e trascorrere momenti condivisi (91,6%, di cui abbastanza 27,7% e molto 63,9%). Hanno, poi, libertà di scelta sull’abbigliamento (91,1%: abbastanza 27,2% e molto 63,9%) e la possibilità di decidere autonomamente su cosa fare “da grandi” (88%: abbastanza 40,9% e molto 47,1%) o il partner con il quale avere le prime esperienze sentimentali importanti (82,1%, di cui abbastanza 29,1% e molto 53%). I genitori sono, poi, rispettosi delle idee politiche dei loro figli (77,9%, di cui abbastanza 27,1% e molto 50,8%) e lasciano anche che essi scelgano gli orari di rientro, confidando nel loro buon senso (62%, di cui abbastanza 44,4% e molto 17,6%). Al contrario, gli adolescenti dichiarano di avere scarsa voce in capitolo quando si tratta di prendere decisioni sulle scelte scolastiche (84,9%, di cui per niente 48,1% e poco 36,8%), Infine, la risposta è negativa quando si chiede ai genitori di andare in vacanza da soli (58,3%, di cui per niente 29,2% e poco 29,1%). Ma come litigano i genitori degli adolescenti? I giovani ammettono che nella maggioranza dei casi i genitori discutono con un tono di voce piuttosto elevato (55%). Il 12,6% afferma, invece, che i propri genitori sono rimasti a lungo offesi e imbronciati, creando in casa una clima teso e carico di ansia. Vi è chi dichiara di aver assistito a litigi in cui sono volate parole pesanti (4,4%) o addirittura in cui si è venuti alle mani (2%). La conversazione rimane piuttosto equilibrata, discutendo con calma e cercando di trovare insieme un compromesso nel 21,2%dei casi. Nel vedere i genitori litigare i ragazzi si sentono tristi (30%). Il 18,9% reagisce invece con l’indifferenza, mentre si è sentito inerme e arrabbiato rispettivamente il 17,8% ed il 14,2% degli adolescenti. Le urla e gli insulti hanno, invece, generato timore nel 6% degli adolescenti, ma c’è anche chi si è sentito in colpa per questa situazione (4,1%). Infine, è da rilevare un 2,8% di giovani che hanno provato solitudine. La Convenzione Internazionale dei Diritti del Fanciullo. Quasi la metà dei ragazzi non ha mai sentito parlare della Convenzione Internazionale dei Diritti del Fanciullo (43,3%), mentre il 55,3% ne ha sentito parlare a scuola (29,6%), in televisione o sui giornali (9,8%), in famiglia (2,1%) o in altro àmbito (13,8%). Il giudizio degli adolescenti sul rispetto dei principali diritti sanciti nella Convenzione Onu è, 30 / 31 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza complessivamente, positivo, tranne che per ciò che concerne il diritto ad essere protetti dai maltrattamenti e il diritto a non essere trattati male per via del colore della pelle. A questi due items, rispettivamente, il 49% e il 62,7% dei ragazzi risponde “poco” o “per niente”, a fronte del 45,8% e 41,3% che indica invece “abbastanza” o “molto”. La maggior parte degli adolescenti, quindi, ritiene che il razzismo rappresenti la forma più diffusa di violazione dei diritti dell’infanzia. Gli adolescenti credono che i diritti maggiormente rispettati siano: il diritto alla vita (il 63,7% indica “molto” o “abbastanza” e il 31,9% “poco” o “per niente”); il diritto ad avere una famiglia (il 63,2% risponde “molto” o “abbastanza” e il 32,2% “poco” o “per niente”) e il diritto allo studio (il 61% sceglie “molto” o “abbastanza” e il 34,3% “poco” o “per niente”). I ragazzi ritengono, rispettivamente, che nel 52,1% e nel 47,2% dei casi il diritto al riposo e allo svago e il diritto al rispetto delle proprie opinioni siano “molto” o “abbastanza” rispettate, a fronte del 42,7% e 46,8% che ha invece indicato “poco” o “per niente”. All’aumentare dell’età cresce la convinzione, fra i ragazzi, che il rispetto dei diritti sanciti dalla Convenzione Onu sull’Infanzia diminuisca: quasi un terzo degli adolescenti tra i 16 e 19 anni ritiene che il diritto alla vita (31,2%), il diritto ad avere una famiglia (33,5%) e il diritto allo studio (31,2%) siano “poco” rispettati, a fronte del 21,8% , del 21,4% e del 26,5% dei ragazzi che rientrano nella classe di età di 12-15 anni che condividono la medesima opinione. Quasi la metà dei ragazzi tra i 16 e i 19 anni, invece, crede che siano “poco” rispettati il diritto ad essere protetti dai maltrattamenti (42,5%), al rispetto delle proprie opinioni (43,1%) e a non essere trattati male per il colore della pelle (43,2%), a fronte del, rispettivamente, 35,6%, 32%, e 35,1% dei ragazzi tra i 12 e 15 anni che hanno espresso lo stesso parere. Roma, 17 novembre 2009 Per leggere e scaricare la sintesi del Rapporto clicca qui 31 / 31 Eurispes 2009/01_Sintesi.pdf 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza Per acquistare il volume 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza invia una richiesta a istituto@eurispes.it Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. L’Eurispes e il Telefono Azzurro presentano il 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza (2009). Dal 2000, attraverso le dieci edizioni pubblicate con cadenza annuale, il Rapporto si pone come un valido strumento di conoscenza delle principali trasformazioni, delle linee di tendenza, delle potenzialità e dei rischi che caratterizzano l’età evolutiva nel nostro Paese. La presentazione dei risultati del Rapporto rappresenta la prima di una serie di iniziative, organizzate dall’Eurispes e dal Telefono Azzurro in occasione del ventennale della Convezione ONU sui diritti dell’infanzia , volte non solo a stimolare la riflessione sui diritti dei bambini e degli adolescenti e sullo stato di attuazione di questa importante Convenzione, ma anche a promuovere una sempre maggiore diffusione della cultura dei diritti all’interno della nostra società. Le 40 schede che compongono il Rapporto approfondiscono macro-tematiche che vanno dall’abuso e disagio alla salute, dall’utilizzo dei nuovi media ai principali cambiamenti intervenuti a modificare taluni comportamenti delle agenzie di senso e di orientamento come la famiglia e la scuola, ma anche i luoghi della cultura e della fruizione del tempo libero. Le due grandi indagini svolte all’interno del mondo scolastico hanno interessato circa 2.500 bambini e ragazzi in 33 scuole di ogni ordine e grado. L’Identikit del bambino è stato tracciato attraverso un questionario somministrato a bambini con un’età compresa tra i 7 e gli 11 anni, frequentanti la terza, quarta e quinta classe della scuola primaria e la prima classe della scuola secondaria di primo grado. L’ Identikit dell’adolescente, invece, ha raccolto gli orientamenti dei ragazzi dai 12 ai 19 anni, frequentanti la seconda e la terza classe della scuola secondaria di primo grado o una delle cinque classi della scuola secondaria di II grado. I questionari analizzati sono stati 1.090 per quanto riguarda l’infanzia e 1.373 per l’adolescenza. 1 / 1 EURISPES e TELEFONO AZZURRO: 10° Rapporto sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia
Argomento: 

EURISPES e TELEFONO AZZURRO: 4° Rapporto sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia

Descrizione breve: 
Il 4° rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2007-2008) approfondisce le conidIzioni dei MINORI italiani.
Data: 
26 Maggio 2008
EURISPES E TELEFONO AZZURRO/a_4 rapporto.pdf 4° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia 2007-2008 Idirittidell’infanziaedell’adolescenzainItalia 4° pp ACP Agedo onlus AGESCI Ai.bi Alisei ONG ANFAA ANFFAS onlus Arché Arciragazzi nazionale Ass. Alama Ass. Amani Ass. Antigone onlus Ass. Bambinisenzasbarre Ass. Comunità nuova onlus Ass. Geordie onlus Ass. On the Road onlus Ass. Ora d’aria onlus Ass. Passo Dopo Passo... insieme onlus Ass. Saveria Antiochia onlus Ass. Stak onlus Ass. Valeria onlus Batya CAM Camera Minorile di Milano Camina Caritas italiana CbM Centro Studi Hansel e Gretel Centro Studi Minori e Media CESVI CIAI onlus CIES CISMAI Cittadinanzattiva onlus CNCA CND CODICI Comitato Italiano UNICEF onlus Cooperativa Sociale Pralipé onlus Coordinamento Genitori Democratici onlus CRAS CSEN CTM Lecce onlus Dedalus Cooperativa sociale ECPAT Italia onlus FEDERASMA onlus FIDAPA Fondazione ABIO Italia onlus Fondazione Federico Ozanam - Vincenzo De Paoli Fondazione Terre des Hommes Italia onlus IBFAN Italia Il corpo va in città INMP IPDM IRES IRFMN ITALIANATs La Gabbianella LLL Italia onlus L’abilità associazione onlus L’Altro diritto onlus LIBERA MAMI M.A. MANI TESE MDC Junior O.V.C.I. La nostra Famiglia ONG MAIS Opera Nomadi Milano onlus Save the Children Italia SIMM UISP VIS Il Rapporto è stato realizzato con il coordinamento di Save the Children Italia e curato da Arianna Saulini e Viviana Valastro Con il contributo di Yasmin Abo Loha (Ecpat Italia), Silvia Aimone (Batya), Benedetta Ammassari (Aibi), Antonello Angeli (CISMAI), Laura Anzideo (Ass. Geordie), Laura Baldassarre (UNICEF Italia), Anna Baldoni (CAMINA), Rosy Battaglia (MDC Junior), Chiara Belluzzi (CAM), Ursula Benetti (CAM), Ines Biemmi (Save the Children Italia), Adriana Bizzarri (Cittadinanzattiva), Daniela Bonardo (IRES), Maurizio Bonati (IRFMN), Antonio Borgogni (UI- SP), Laura Borghetto (L’abilità onlus), Luisella Bosisio Fazzi (CND), Claudia Busiello (Save the Children Italia), Laura Calvanelli (Caritas Italiana), Caro- la Carazzone (VIS), Daniela Carboni (Amnesty International Italia), Elise Chapin (MAMI), Chiara Curto (UNICEF Italia), Giusy D’Alconzo (Amnesty In- ternational Italia), Jennifer Dal Pian (UNICEF Italia), Nunzia De Capite (Cari- tas Italiana), Maria Grazia Del Buttero (Camera Minorile Milano), Manuela De Marco (Caritas Italiana), Cristiana De Paoli (Save the Children Italia), Salvatore Fachile (Cooperativa Dedalus), Oliviero Forti (Caritas Italiana), Luisa Francioli (CAM), Sandra Frateiacci (CnAMC-Federasma), Michele Gangemi (ACP), Jole Garuti (Ass. Saveria Antiochia), Salvatore Geraci (SIMM), Federica Giannotta (Terre des Hommes Italia), Michele Imperiali (Anffas), Antonella Inverno (Save the Children Italia), Veronica Lattuada (CIAI), Monica Lazillotto (Ass. Geordie), Filomena Liberati (IPDM), Roberta Luberti (CISMAI), Fanny Marchese (CISMAI), Grazia Masi (Agedo), Manue- la Mercante (UNICEF Italia), Giovanni Minuto (Batya), Lucia Moreschi (MDC Junior), Aldo Morrone (INMP), Alessandra Naldi (Ass. Bambinisenza- sbarre), Fosca Nomis (Save the Children Italia), Lara Olivetti (Save the Children Italia), Isabella Orfano (Ass. On the Road), Maurizio Pagani (Ope- ra Nomadi), AnnaMaria Paracchini (Ass. Valeria onlus), Gabriella Patrizia- no (UNICEF Italia), Isabella Poli (Centro Studi Minori e Media), Yuri Perti- chini (Arciragazzi), Stefano Piziali (CESVI), Emma Pizzini (INMP), Caterina Pozzi (CNCA), Julia Prestia (Coop. Pralipé), Marina Raymondi (CIAI), Lucia Re (L’altro diritto onlus), Beatrice Roselletti (Cras onlus), Lia Sacerdote (Ass. Bambinisenzasbarre), Mirella Savegnago (Arché), Debora Sanguina- to (VIS), Giuliana Savy (Comunità Nuova), Francesca Silva (CIAI), Regina Sironi (ABIO), Gabriella Somenzi (Ass. Valeria onlus), Leonardo Speri (UNI- CEF Italia), Anna Teselli (IRES), Luigi Toma (INMP), Frida Tonizzo (ANFAA). Il Gruppo CRC ringrazia Giuliana Filippazzi, Angela Oriti per Medici senza Frontiere Italia, Amnesty International - sezione italiana, Giorgio Beretta per la Rete Italiana Disarmo, Sara Farnetti, il Garante Regionale Infanzia e adolescenza delle Marche, il Pubblico Tutore dei minori della Regione Ve- neto ed il Garante Regionale per l’Infanzia e l’adolescenza del Lazio per la loro disponibilità e collaborazione. La stampa della pubblicazione è stata realizzata grazie al contributo di Save the Children Italia, Terre des Hommes Italia, Caritas italiana, Fonda- zione ABIO, Anffas, UISP, Batya, Centro Studi Hansel e Gretel, Cittadinan- zattiva, CNCA, Federasma onlus, ACP, Agedo, AGESCI, Arché, Ass. Bambi- nisenzasbarre, Ass. On the Road, Ass. Passo Dopo Passo... insieme on- lus, Ass. SAO, Ass. Stak, Ass. Valeria, CAM, Camera Minorile Milano, Ca- mina, CbM, CESVI, CIAI, CISMAI, CND, Comitato italiano UNICEF, FIDAPA, IBFAN, Il corpo va in città, INMP, Intervita, IPDM, L’Abilità onlus, L’Altro di- ritto, SIMM, VIS, Arciragazzi. Il disegno in copertina è stato realizzato all’interno del laboratorio per bambini “Il giraffario”, nell’ambito del festival Segni d’infanzia 2006 (Mantova) Gruppo CRC c/o Save the Children Italia via Volturno 58, 00184 Roma e-mail arianna@savethechildren.it Chiuso in tipografia il 30 aprile 2008 i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 2 4orapportodiaggiornamento2007-2008 Parole chiave Bambino/a Il termine utilizzato nel testo per indicare le persone fino ai diciotto anni di età non è univoco. Questo è dovuto alla difficoltà di rintracciare nella lingua italiana una parola di uso comune che comprenda le varie fasce di età in cui si suddivide tale periodo. Infatti, con la parola bambino ci si riferisce abitualmente a bambini fino a 10/12 anni di età, con il termine ragazzo si definiscono gli adolescenti. Entrambi i termini vengono di solito usati al maschile come falso neutro per indicare sia maschi che femmine. Molto diffusa è poi la parola minori, che fa ri- ferimento alla minore età, ma che rimanda all’idea di «meno», secondo una visuale piuttosto adultocentrica, co- sì come il termine minorenni, utilizzato soprattutto in contesti giuridici. Un'altra espressione usata è infanzia e adolescenza, ma essa non viene utilizzata dagli stessi bambini e ragazzi per autodefinirsi. Infine il termine fan- ciullo, prescelto nella traduzione ufficiale della CRC, appare arcaico oltre che inappropriato. Nel testo pertanto si utilizzano tutti i diversi termini sopramenzionati a seconda dei vari contesti, consapevoli dei limiti linguistici in essi racchiusi. Diversamente dal precedente Rapporto si è ritenuto opportuno non includere tra le parole chiave la definizione di minori appartenenti ai gruppi più vulnerabili per mettere in evidenza il fatto che sono, innanzitutto, bambini/e. Pedo-pornografia «Per pornografia rappresentante bambini si intende qualsiasi rappresentazione, con qualsiasi mezzo, di un bambino dedito ad attività sessuali esplicite, concrete o simulate o qualsiasi rappresentazione degli organi ses- suali di un bambino a fini soprattutto sessuali », art. 2, lett. c) del Protocollo Opzionale alla Convenzione sui di- ritti dell’infanzia e dell’adolescenza sulla vendita di bambini, la prostituzione dei bambini, e la pornografia rap- presentanti bambini. Turismo sessuale Si intende il viaggiare finalizzato a ottenere da minori del luogo di destinazione prestazioni sessuali a pagamen- a danno di minori to (in natura e/o in denaro). Tratta «Tratta di persone indica il reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere persone, tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento frode o inganno, abu- so di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di denaro o vantaggi per otte- nere il consenso di una persona che ha l’autorità su un’altra persona a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il la- voro forzato o prestazioni forzate, schiavitù pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi». Protocol- lo Opzionale di Palermo, art. 1 comma 3, lett. a). Glossario Centro nazionale È stato istituito con Legge 451/1997 ed afferisce alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento delle di documentazione Politiche per la Famiglia in concerto con il Ministero della Solidarietà Sociale. Il Centro ha il compito di raccoglie- e analisi per l’infanzia re e rendere pubblica la normativa, i dati, le ricerche, nonché di analizzare le condizioni di vita dell’infanzia e e l’adolescenza (CNDA) dell’adolescenza in Italia. La documentazione è disponibile sul sito www.minori.it È stata istituita con Legge 451/1997, ha compiti di indirizzo e di controllo sull'attuazione degli accordi interna- zionali e della legislazione relativi ai diritti ed allo sviluppo dei soggetti in età evolutiva. Riferisce alle Camere, con cadenza almeno annuale, i risultati della propria attività e formula osservazioni e proposte sugli effetti, sui limiti e sull'eventuale necessità' di adeguamento della legislazione vigente, in particolare per assicurarne la ri- spondenza alla normativa dell'Unione europea ed in riferimento ai diritti previsti dalla CRC. www.parlamento.it Rappresenta l' Autorità Centrale Italiana per l’applicazione della Convenzione de L'Aja e garantisce che le ado- zioni di bambini stranieri avvengano nel rispetto dei principi stabiliti dalla Convenzione de L’Aja del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale. www.commissioneadozione.it È stato istituito con DM 519/1978 e riordinato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’ 11 mag- gio 2007. Si occupa del coordinamento dell' attività governativa in materia di promozione e tutela dei diritti del- l'uomo. L’attività del Comitato consiste nella preparazione, attuata mediante la raccolta di informazioni presso i vari ministeri, dei rapporti periodici sulle misure adottate a livello nazionale in applicazione delle convenzioni internazionali di cui l’Italia è parte, tra cui anche la CRC. Commissione parlamentare per l’infanzia Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI) Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CIDU) Comitato Minori È un organo interministeriale istituito con Dlgs. del 25 luglio 1998. Il Comitato opera al fine prioritario di tutelare Stranieri i diritti dei minori stranieri non accompagnati e dei minori accolti (cd. soggiorni solidaristici), in conformità alle previsioni della CRC. Comitato ONU Verifica i progressi compiuti dagli Stati che hanno ratificato la CRC nell’attuazione dei diritti in essa sanciti, sui diritti dell’infanzia attraverso la presentazione e relativa discussione a Ginevra di Rapporti periodici da parte dei governi. e dell’adolescenza Per maggiori informazioni www.ohchr.org/english/bodies/crc/ CRC Acronimo di Convention on the Rights of the Child la cui traduzione ufficiale in italiano è «Convenzione sui di- ritti del fanciullo», ma nel testo si preferisce utilizzare la denominazione di uso corrente «Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza». Gruppo CRC Il Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Gruppo CRC) è un network di associazioni italiane che opera al fine di garantire un sistema di monitoraggio indipendente sull’attuazione del- la CRC e delle Osservazioni finali del Comitato ONU in Italia. Osservatorio nazionale È stato istituito con Legge 451/1997, ed è un organismo di coordinamento fra Amministrazioni Centrali, Regio- ni, Enti Locali, Associazioni, Ordini professionali e Organizzazioni non governative che si occupano di infanzia. Ogni due anni predispone il Piano Nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva (Piano Nazionale Infanzia), ha inoltre il compito, ogni 5 anni, di redigere lo schema del rapporto del Governo all’ONU sull’applicazione della CRC. Osservazioni Documento pubblico con cui il Comitato ONU rende noto il proprio parere sullo stato di attuazione della CRC Conclusive nel Paese oggetto di considerazione, sottolineando i progressi compiuti, evidenziando i punti critici ed esortan- do il Governo, attraverso le Raccomandazioni, ad intervenire ove necessario. Piano Nazionale di È previsto dalla Legge 451/1997, con l’obiettivo di conferire priorità ai programmi riferiti ai minori e di rafforzare azione e di interventi la cooperazione per lo sviluppo dell’infanzia nel mondo. Il Piano individua, altresì, le modalità di finanziamento per la tutela dei diritti e degli interventi da esso previsti nonché le forme di potenziamento e di coordinamento delle azioni svolte dalle lo sviluppo dei soggetti pubbliche amministrazioni, dalle regioni e dagli Enti Locali. Il Piano Nazionale, viene predisposto ogni due anni in età evolutiva (Piano dall’Osservatorio, sentita la Commissione parlamentare per l’infanzia, ed approvato dal Consiglio dei Ministri. Nazionale Infanzia) Rapporto Rapporto preparato dalle ONG per il Comitato ONU, in cui si prendono in considerazione le questioni affrontate Supplementare nel Rapporto governativo, secondo le linee guida dettate dal Comitato ONU. Nota metodologica Nel dividere gli argomenti all’interno dei vari capitoli il Gruppo CRC ha osservato la suddivisione in raggruppamenti tematici degli articoli della CRC suggerita dal Comitato ONU nelle «Linee Guida per la redazione dei Rapporti Periodici». Il Comitato ONU ha infatti raggruppato i 41 articoli contenuti nella I° parte della CRC, in cui sono sanciti i diritti, in 8 gruppi tematici. Nel presente Rapporto è stata sviluppata un’analisi rispetto alle tematiche contenute nel raggruppamento «Misure generali di attuazione» (capitolo I), «Misure Generali della CRC» (capitolo II), «Diritti civili e libertà» (capitolo III), «Ambiente familiare e misure alternative» (capitolo IV), «Salute ed assistenza» (capitolo V), «Educazione, gioco e tempo libero» (capitolo VI), «Misure speciali per la tutela dei minori» (capitolo VII). L’intento del Gruppo CRC, co- me anticipato anche nei precedenti rapporti, è quello di ampliare annualmente l’area di monitoraggio del Rapporto di aggiornamento, in modo da poter approfondire tutti gli 8 raggruppamenti nel prossimo Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite previsto per il 2008- 2009. In tal senso si evidenzia che il Rapporto 2008, presenta un capitolo nuovo rispetto al 2007: il III relativo a Diritti civili e libertà. Le Osservazioni Conclusive indirizzate dal Comitato ONU al Governo italiano nel 2003 in merito all’attuazione della Convenzione (CRC/C/15/Add. 198) e le più recenti Osservazioni del giugno 2006 in merito all’attuazione dei Protocolli Opzionali alla CRC (CRC/C/OPSC/ITA/CO/1 e CRC/C/OPAC/ITA/CO/1), sono un utile strumento di lavoro per l’opera di monitoraggio intrapresa dal Gruppo CRC, in quanto indicano la direzione che il Governo dovrebbe intraprendere per uniformare la politica e la legislazione interna sull’infan- zia e l’adolescenza agli standard richiesti dalla CRC. Per questo motivo all’inizio di ogni paragrafo sono riportate le raccomandazioni rela- tive allo specifico della tematica trattata. Ai fini dell’aggiornamento del presente Rapporto il Gruppo CRC ha inviato tramite il CIDU richiesta di informazioni al Ministero degli Affari Esteri, al Dipartimento per le Politiche della Famiglia, al Ministero della Giustizia, al Ministero dell’Interno, al Ministero della Salute, al Mi- nistero della Solidarietà Sociale. In riscontro a tale richiesta è pervenuta una comunicazione solo da parte della DGCS (MAE), del Diparti- mento per le Politiche della Famiglia, del Ministero della Salute e del Comitato Minori Stranieri (Ministero della Solidarietà Sociale). 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 3 4orapportodiaggiornamento2007-2008 4 i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a n Premessa 6 n CAPITOLO I. MISURE GENERALI DI ATTUAZIONE DELLA CRC IN ITALIA n 1. La legislazione Italiana 7 a) La procedura minorile civile e penale b) Le politiche per l’infanzia e l’adolescenza n 2. Le risorse destinate all’infanzia e all’adolescenza 15 a) In Italia b) L’impegno per l’infanzia e l’adolescenza nella cooperazione internazionale n 3. Coordinamento a livello istituzionale e tra istituzioni e ONG 21 n 4. Piano Nazionale Infanzia 25 n 5. Il Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza 26 n 6. Raccolta dati 29 n CAPITOLO II. PRINCIPI GENERALI DELLA CRC n 1. Il principio di non discriminazione (art. 2 CRC) 33 n 2. La partecipazione dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze (art. 12 comma 1 CRC) 37 n 3. L’ascolto del minore in ambito giudiziario (art. 12 comma 2 CRC) 44 n CAPITOLO III. DIRITTI CIVILI E LIBERTÀ n 1. Minori, media e nuovi media in Italia 47 n 2. Tortura 51 n CAPITOLO IV. AMBIENTE FAMILIARE E MISURE ALTERNATIVE n 1. Separazione dai genitori: diritti dei bambini e degli adolescenti con genitori detenuti in carcere 52 n 2. Ricongiungimento familiare: le famiglie islamiche in Italia e la Kafala 55 n 3. Minori privi di un ambiente familiare 57 a) Affidamenti familiari b) Le comunità di accoglienza per i minori n 4. Il panorama dell’ adozione nazionale e internazionale in Italia 64 n CAPITOLO V. SALUTE E ASSISTENZA n 1. Salute e servizi sanitari 70 a) Nascere e crescere in Italia b) Le coperture vaccinali c) I diritti dei bambini in ospedale d) Alimentazione nella prima infanzia e) Bambini e adolescenti, salute e disabilità f) Accesso ai servizi sanitari per minori stranieri n 2. Sicurezza sociale e servizi di assistenza all’infanzia: servizi per l’infanzia (nidi) 84 n 3. Standard di vita: la condizione dei bambini e degli adolescenti poveri in Italia 87 indice 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 5 n CAPITOLO VI. EDUCAZIONE, GIOCO E ATTIVITÀ CULTURALI n 1. Istruzione 91 a) Il diritto all’istruzione per i bambini e gli adolescenti con disabilità b) Il diritto all’istruzione per i minori stranieri c) Il diritto all’ istruzione per i minori adottati d) Somministrazione dei farmaci a scuola e assistenza sanitaria scolastica e) La dispersione scolastico formativa f) Il diritto alla sicurezza negli ambienti scolastici n 2. Finalità educative: l’educazioni ai diritti umani 105 n 3. Gioco, attività ricreative e culturali 106 a) Il diritto al gioco b) Sport e minori n CAPITOLO VII. MISURE SPECIALI PER LA TUTELA DEI MINORI Minori in situazione di emergenza n 1. Minori stranieri 111 a) I minori stranieri non accompagnati b) Minori richiedenti asilo e accoglienza in frontiera c) L’accoglienza temporanea di minori stranieri nell’ambito dei cosiddetti programmi solidaristici n 2. Minori nei conflitti armati: l’attuazione in Italia del Protocollo Opzionale alla CRC concernente il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati 121 Minori coinvolti nel sistema della giustizia minorile n 1. Minori in stato di detenzione e sottoposti a misure alternative 123 Minori in situazione di sfruttamento n 1. Sfruttamento economico: il lavoro minorile in Italia 127 n 2. Sfruttamento e abuso sessuale 130 a) Il fenomeno del turismo sessuale b) La pedo-pornografia c) La prostituzione minorile d) Abuso e maltrattamento intra-familiare ed extra-familiare di minori n 3. Rapimento, vendita e tratta di minori: la tratta di minori 141 Minori di minoranze etniche n 1. I minori rom, sinti e camminanti 144 n Siti web delle associazioni del Gruppo CRC 148 4orapportodiaggiornamento2007-2008 Il Gruppo CRC nel 2001 ha elaborato e presentato al Comitato ONU il Rapporto Supple-mentare sull’attuazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC)in Italia. A seguito di tale lavoro il Gruppo CRC ha assunto l’impegno di proseguire nell’o- pera di monitoraggio dell’attuazione della CRC e delle raccomandazioni rivolte all’Italia nelle Os- servazioni Conclusive del Comitato ONU, non solo in vista del prossimo appuntamento a Ginevra, ma anche al fine di garantire un sistema di monitoraggio permanente, indipendente e condiviso tra le associazioni che lavorano per la promozione e la tutela dei diritti dell’infanzia in Italia. Nell’ambito del processo di monitoraggio intrapreso il Gruppo CRC ha così deciso di predi- sporre annualmente un rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della CRC in Italia, focalizza- to su tematiche ritenute prioritarie, cercando di ampliare ogni anno il proprio angolo di osserva- zione, e garantendo al contempo un aggiornamento puntuale sulle questioni già affrontate. Il Rapporto CRC rappresenta dunque il punto di caduta del monitoraggio compiuto dal Gruppo CRC, ma non vuole essere solo un momento di denuncia sulle carenze del nostro sistema, ma an- che un’occasione per consolidare il confronto avviato in questi anni con le istituzioni che in Italia sono responsabili delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza, e dunque dell’implementazione dei diritti garantiti dalla Convenzione. Il presente è il quarto rapporto di aggiornamento, pubblicato come i precedenti il 27 maggio anniversario della ratifica della CRC in Italia, a testimonianza non solo della costanza e dell’impe- gno delle associazioni coinvolte nel monitorare e tenere alta l’attenzione sui diritti dell’infanzia in tutti questi anni, ma anche della crescita e del rafforzamento del Gruppo CRC. Il 4°Rapporto CRC offre infatti un aggiornamento rispetto alle questioni già trattate nei prece- denti Rapporti, sviluppando ulteriori approfondimenti, ed arricchisce l’analisi con l’inserimento di nuove tematiche grazie al contributo attivo di un numero sempre maggiore di associazioni. L’obiettivo è quello di ampliare il proprio ambito di osservazione fino a coprire tutti gli otto rag- gruppamenti in cui il Comitato ONU ha suddiviso gli articoli della CRC, corrispondenti ai capitoli del Rapporto, nel prossimo Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite previsto per il 2009, anno in cui si celebrerà anche il 20° anniversario della Convezione ONU. Il 4° Rapporto fornisce un quadro aggiornato dell’attuazione e delle violazioni dei diritti dei bambini/e e degli adolescenti presenti in Italia, su cui le associazioni del Gruppo CRC invitano a riflettere il nuovo Governo, con l’auspicio che tale lavoro e le raccomandazioni formulate possano costituire un utile strumento di lavoro per coloro che nella nuova legislatura saranno responsabi- li delle politiche dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. Il 2008 rappresenta inoltre un momento importante di questo percorso in quanto ad ottobre 2008 è calendarizzato il prossimo Rapporto periodico del Governo italiano al Comitato ONU, e l’Italia sarà chiamata a render conto di quanto fatto in questi anni per migliorare i diritti dell’in- fanzia e per attuare le Osservazioni Conclusive del Comitato ONU relative allo stato di attuazione della CRC in Italia, del gennaio 2003, e dei due Protocolli Opzionali alla CRC, del giugno 2006. Al rapporto governativo italiano farà seguito il Rapporto Supplementare del Gruppo CRC. L’auspicio è quello di poter in tal modo sollecitare e contribuire allo sviluppo di politiche, prassi e riforme legislative che portino ad un reale miglioramento della condizione di tutti i minori presenti in Italia. Arianna Saulini Coordinatrice Gruppo CRC 6 4orapportodiaggiornamento2007-2008 Premessa i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za L’art. 4 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) richiede agli Stati parte di impe- gnarsi ad adottare tutti i provvedimenti legislativi, ammi- nistrativi e di altro tipo necessari per attuare i diritti rico- nosciuti nella Convenzione. Il monitoraggio, compiuto dal Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Comitato ONU) per veri- ficare l’attuazione della CRC in relazione a tale parte, si concentra sulla verifica della conformità della legislazio- ne nazionale ai principi della CRC, sul sistema di raccolta dati, sulle risorse stanziate per l’infanzia e l’adolescenza, compresa la cooperazione internazionale, sul coordina- mento a livello istituzionale, sul Piano Nazionale Infan- zia, sull’esistenza di strutture di controllo indipendenti e sulla formazione e divulgazione della CRC. Il Gruppo CRC ha pertanto ritenuto opportuno seguire ta- le impostazione per monitorare l’attuazione delle misure generali in Italia, anche alla luce delle ultime Osservazio- ni Conclusive rivolte dal Comitato ONU all’Italia sia nel gennaio 20031, in relazione all’attuazione della Conven- zione, che nel giugno 20062, in relazione all’attuazione dei Protocolli Opzionali alla CRC. In merito alla divulga- zione di tali Osservazioni Conclusive si evidenzia come non risulta che tali documenti siano stati pubblicati su al- cun sito internet ministeriale. 1. LA LEGISLAZIONE ITALIANA a) La procedura minorile civile e penale Il 3° Rapporto CRC3 si concludeva con le medesime racco- mandazioni contenute nel precedente Rapporto4: l’attuazione della Legge 149/20015 con la realizzazione di una difesa d’ufficio del minore, la costituzione di un unico organo specializzato in materia minorile e l’elaborazione di un ordinamento penitenziario minorile. Il 1° luglio 2007, dopo sei anni di proroghe6, la Legge 149/2001 è entrata finalmente in vigore anche nella parte relativa alle norme procedurali che introducono cambia- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 7Capitolo I. Misure GeneraLi Di attuazione DeLLa CRC in ItaLia 52. Il Comitato ONU raccomanda che l’Italia, nel riformare il sistema della giustizia minorile, integri appieno le disposizioni ed i principi della Convenzio- ne, in particolare gli artt. 37, 40 e 39, e altri rilevanti parametri internazionali in questa area, come ad esempio le Regole minime delle Nazioni Unite per l’amministrazione della giustizia minorile (Regole di Pechino), le Linee guida delle Nazioni Unite per la prevenzione della delinquenza minorile (Linee guida di Riyadh), le Regole delle Nazioni Unite per la pro- tezione dei giovani privati della libertà e le Linee gui- da di Vienna per i bambini coinvolti nel sistema giu- diziario penale. (CRC/C/15/Add. 198, 31 gennaio 2003, Osservazioni Conclusive indirizzate all’Italia dal Comitato ONU, punto 52)* 1 CRC/C/15/Add. 198, 31 gennaio 2003, Osservazioni Conclusive indiriz- zate all’Italia dal Comitato ONU documento disponibile sul sito ufficiale delle Nazioni Unite www.unhchr.ch/tbs/doc.nsf (in inglese). La versione italiana tradotta a cura di UNICEF Italia è disponibile sul sito www.unicef.it/flex/FixedPages/IT/Pubblicazioni.php/L/IT/Item/39/frmI DCategoria/-/frmIDArgomento/ 2 CRC/C/OPAC/ITA/CO/1, 23 giugno 2006, Osservazioni Conclusive in merito all’attuazione in Italia del Protocollo Opzionale alla CRC concer- nente il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati; CRC/C/OPSC/ITA/CO/1, 21 giugno 2006, Osservazioni Conclusive in me- rito all’attuazione in Italia del Protocollo Opzionale alla CRC sulla vendita di bambini. Entrambi i documenti sono disponibili sul sito www.unhchr.ch/tbs/doc.nsf (in inglese). * La traduzione in italiano delle Osservazioni Conclusive utilizzata nel Rapporto è tratta da Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adole- scenza - Osservazioni Conclusive 2003, a cura di UNICEF Italia. 33° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infan- zia e dell’adolescenza in Italia, 2006-2007, di seguito 3° Rapporto CRC 2007, pag. 10. 4 2° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, 2005-2006, di seguito 2° Rapporto CRC 2006, pag. 10. 5 Legge 149/2001«Modifiche alla Legge 4 maggio 1983 n. 184 recante Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori, nonché al Titolo VIII del Libro I del Codice Civile». 6 Nello stesso numero della Gazzetta Ufficiale in cui la Legge 149/2001 veniva pubblicata il legislatore disponeva un primo rinvio, cui ne seguivano altri cinque e precisamente Legge 240/2001 (rinvio al 30 giugno 2002); Legge 175/2002 (rinvio al 30 giugno 2003); Legge 2000/2003 (rinvio al 30 giugno) 2004); Legge 188/2004 (rinvio al 30 giugno 2005); Legge 168/2005 (rinvio al 30 giugno 2006); Legge 228/2006 (rinvio al 30 giugno 2007). Le numerose proroghe tro- vavano giustificazione nella necessità di attuare una regolamentazione della di- fesa d’ufficio in ambito minorile e nella opportunità di riorganizzare il processo civile minorile, così come stabilito nella Relazione del Ministero della Giustizia sull’amministrazione della Giustizia per l’anno 2006. menti sostanziali del rito del procedimento minorile e del procedimento di adottabilità, garantendo la difesa tecnica del minore. La legge di riforma è infatti volta da un lato ad introdurre una difesa tecnica del minore nelle procedure di adottabilità e de potestate e dall’altro a garantire comun- que il contraddittorio e il diritto alla difesa anche per i geni- tori del minore. Le norme entrate in vigore stabiliscono che «il procedimento di adottabilità deve svolgersi sin dall’ini- zio con l’assistenza del legale del minore e dei genitori o degli altri parenti»7 e che prima della dichiarazione della eventuale adottabilità vada sentito il minore che abbia compiuto i dodici anni, nonché «anche il minore di età infe- riore, in considerazione della sua capacità di discernimen- to»8. Del nuovo procedimento si apprezza in particolare lo snellimento della procedura per la dichiarazione definitiva dell’adottabilità. Avverso la sentenza di adottabilità le parti possono proporre impugnazione avanti la Corte d’Appello, Sezione Minorenni9. Tuttavia, occorre rilevare che l’entrata in vigore della Legge 149/2001 nel luglio 2007 senza l’emanazione delle norme relative alla difesa d’ufficio ed un riassetto del processo civile minorile ha, nei fatti, reso la normativa difficilmente applicabile e fonte di nuovi pro- blemi ed incertezze applicative. Sia l’Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia (AIMMF)10 sia l’Unione delle Camere Minorili11, sia la dottrina che si è occupata dell’argomento12 hanno evidenziato le difficoltà interpretative che, inevitabilmente, hanno causato il nasce- re di prassi differenti tra i vari Tribunali e anche all’interno del medesimo Tribunale. I problemi maggiori riguardano il rapporto tra avvocato del minore o curatore del minore e minore, la mancata individuazione di criteri di nomina e di qualificazione dei difensori del minore e l’assenza di un re- lativo albo, la retribuzione degli stessi, a differenza di quan- to avviene nei procedimenti penali dove esiste un quadro normativo di riferimento13. Risulta pertanto particolarmente urgente un intervento legislativo volto a garantire un’effica- ce applicazione della Legge 149/2001 che attualmente ap- pare fonte di incertezze interpretative e conseguentemente non garantisce un’efficace tutela del minore, facendo venir meno uno degli scopi per cui era stata emanata. Rispetto all’auspicata costituzione di un organo unico spe- cializzato in materia minorile14 si segnala che anche que- st’anno non è stato presentato alcun disegno di legge che ne preveda l’istituzione e non è ancora iniziato l’esame dei progetti di legge giacenti e già assegnati alla Commissione Giustizia15 che prevedono la formazione di sezioni specializzate all’interno dei singoli Tribunali ordinari. La questione di un organo unico specializzato è rilevante anche con riferimento all’applicazione della Legge 54/2006 «Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affido condiviso». Il problema della competenza tra Tribunale Or- dinario e Tribunale per i Minorenni riguardo all’affidamen- to e al mantenimento dei figli naturali è stata almeno tem- poraneamente superata dall’Ordinanza della Corte di Cas- sazione 8362/2007 del 22 marzo 200716 con cui è stato sta- bilito che la competenza in tema di affidamento e di mante- nimento dei figli naturali spetta al Tribunale per i Minorenni, mentre le medesime decisioni riferite ai figli legittimi sono prese dal Tribunale Ordinario. La situazione, a prima vista priva di problemi, presenta, in realtà, ancora molte difficoltà che rendono la tutela del figlio naturale meno certa e di fa- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 8 4orapportodiaggiornamento2007-2008 7 Art. 8 ultimo comma Legge 149/2001; l’art. 10 comma 2 stabilisce che «all’atto dell’apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significa- tivi con il minore. Con lo stesso atto il Presidente del Tribunale per i Mi- norenni li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio per il caso in cui essi non vi provvedano». 8 Art. 16 Legge 149/2001. 9 Art. 17 Legge149/2001. Fino al luglio 2007 l’adottabilità veniva pronun- ciata con decreto (anziché con sentenza) contro cui poteva essere propo- sta opposizione avanti allo stesso Tribunale per i Minorenni che aveva dichiarato l’adottabilità con un conseguente allungamento dei tempi ne- cessari a pervenire ad una decisione definitiva; all’opposizione avanti al Tribunale per i Minorenni poteva infatti seguire il giudizio in Appello e poi quello in Cassazione. La Corte d’Appello ora deve depositare la sen- tenza entro 15 giorni dalla pronuncia e i ricorsi (anche in Cassazione) de- vono essere discussi entro 60 giorni dal deposito degli atti. 10 Gruppo di lavoro AIMMF sulla Legge 149/2001 in www.minoriefamiglia.it. Il Consiglio Direttivo dell’Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia a seguito delle difficoltà interpretative ed operative insorte a partire dal 1° luglio 2007 con «l’inattesa entrata in vigore della parte processuale della legge 149/2001 senza che prima fossero state predisposte le necessarie norme di attua- zione», ha istituito un gruppo di lavoro che ha individuato possibili buo- ne prassi applicative della nuova disciplina relativamente ai procedimen- ti di adottabilità e di controllo sulla potestà disponibili sul sito www.minoriefamiglia.it/stampa.asp?id=776 11 Comunicato Unione Nazionale Camere Minorili in www.minoriefamiglia.it 12 Domanico M.G. Senza norme processuali sulla difesa tecnica in affan- no avvocati e giudici in Famiglia e Minori 8/2007 pag. 9; Dosi G. Una svolta nei giudizi de protestate e di adattabilità: in vigore, dopo anni di proroghe, l’obbligo di un difensore per genitori e minore in Famiglia e Diritto 10/2007, pag. 951; Turri G.C. Ascolto, rappresentanza, difesa del minore in giudizio in quanto parte in www.minoriefamiglia.it; Pricoco M.F. La difesa tecnica nei giudizi minorili alla luce dell’entrata in vigore delle norme processuali della Legge 149/01 in www.minoriefamiglia.it 13 Altri rilevanti problemi sono da segnalare relativamente alla nomina d’ufficio dell’avvocato dei genitori. 14 Cfr. 3° Rapporto CRC 2007, pag. 8. 15 C. 77 assegnato il 13 giugno 2006; S. 155 assegnato il 9 giugno 2006; S. 683 assegnato il 24 luglio 2006. 16 Ordinanza 8362/2007; Ordinanza 19406/2007; Ordinanza 19909/2007 in www.minoriefamiglia.it cile accesso rispetto a quella del figlio nato all’interno di un’unione matrimoniale. Esiste infatti un problema di man- canza di norme processuali che regolamentino in maniera uniforme i procedimenti relativi ad affidamento, modalità di visita e mantenimento dei figli naturali, con conseguente difformità di prassi applicative tra i vari Tribunali17; un pro- blema logistico di difficile accesso per le famiglie di fatto al giudice competente in quanto, come è noto, l’ambito di competenza dei Tribunali per i Minorenni è molto vasto; un problema relativo alle famiglie di fatto in cui vi siano figli minorenni e figli maggiorenni economicamente non auto- sufficienti per le quali appare necessario adire il Tribunale per i Minorenni relativamente ai figli minori e il Tribunale Ordinario per ottenere un contributo al mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti18. I Tribunali Ordinari continuano poi a mantenere la competen- za in tema di figli naturali quando la decisione chiesta al giu- dice riguarda esclusivamente il problema del mantenimento, senza investire le questioni relative all’affidamento dei figli e alle modalità di visita con il genitore non convivente. Resta sempre pertanto attuale la raccomandazione di una riforma legislativa che istituisca un Tribunale unico compe- tente a decidere in tema di figli naturali e legittimi e, in ge- nerale, relativamente a tutte vicende relative della famiglia, così come auspicato da molti operatori giuridici. Per quel che concerne le differenze ancora esistenti tra figli legittimi e naturali, quali quelle in materia di successione e di rapporti che intercorrono tra il figlio naturale e la famiglia legittima del genitore19 si segnala come non ci sia stato al- cun intervento legislativo volto alla totale equiparazione di figli legittimi e naturali. Infatti il disegno di legge C. 2514 «Delega al Governo per la revisione della normativa in mate- ria di filiazione» non ha concluso il suo iter parlamentare20. Relativamente all’ascolto del minore, disciplinato dalla Legge 54/2006 con il nuovo art. 155 sexies c.c., va eviden- ziato come, anche in questo settore, le prassi siano diffe- renti tra i vari Tribunali e come siano state elaborati proto- colli volti all’unificazione delle modalità di ascolto dei mino- ri21. La legge lascia spazio alle più varie interpretazioni e i protocolli, pur certamente meritevoli, si teme possano por- tare a soluzioni condivise solo in ambito strettamente loca- le: a titolo puramente esemplificativo si sottolinea come mentre l’Osservatorio di Milano prevede all’art. 5 del Proto- collo che l’audizione potrà svolgersi solo alla presenza del giudice, dell’eventuale ausiliario e del difensore o curatore del minore, il Protocollo di Roma all’art. 5 stabilisce invece il diritto dei difensori delle parti di partecipare all’udienza di audizione del minore, pur senza interferire nello svolgimen- to dell’audizione. Anche in questo campo si auspica un’o- pera di coordinamento dei Tribunali per i Minorenni e dei Tribunali Ordinari a livello nazionale in modo da avere una prassi uniforme. Appare anche necessaria un’attività di for- mazione specifica per i magistrati che ascolteranno i minori22. Nell’ambito della procedura minorile penale pur non essen- do stato ancora creato l’ordinamento penitenziario minori- le merita di essere segnalata un’importante novità rispetto al 3° Rapporto CRC. Infatti accogliendo la raccomandazione contenuta nel 3° Rapporto CRC, il Dipartimento per la Giustizia Minorile ha creato al suo interno un gruppo di lavoro che ha provveduto a redigere due interessanti progetti di legge23: il primo rela- tivo all’elaborazione del tanto atteso ordinamento peniten- ziario per i detenuti minorenni, il secondo avente per ogget- to la riorganizzazione degli uffici periferici e centrali del Di- partimento per la Giustizia Minorile al fine di adeguare strutture e personale alla nuova legislazione penitenziaria. I due progetti di legge sono stati depositati in data 15 gen- naio 2008 presso la Segreteria del Gabinetto del Ministro 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 9 17 Il procedimento avanti al Tribunale per i Minorenni è infatti un procedi- mento di volontaria giurisdizione con rito camerale, pur riconoscendo il tentativo di vari Tribunali, unitamente ad associazioni di avvocati, di sta- bilire prassi condivise a tutela delle garanzie processuali. 18 Il Tribunale di Siena, con ordinanza dell’11 gennaio 2008 ha sollevato la questione di costituzionalità dell’art. 4 comma 2 Legge 54/2006 relati- vamente all’interpretazione data dalla Cassazione. 19 L’art. 537 c.c. stabilisce che pur essendo la quota riservata ai figli natu- rali e legittimi la medesima questi ultimi hanno diritto di commutare in denaro o in altri beni la quota dei figli naturali che non vi si oppongano e che, in caso di opposizione, la decisione spetta al giudice. L’art. 252 c.c. stabilisce che l’eventuale inserimento del figlio naturale nella famiglia le- gittima di uno dei genitori necessita del consenso del coniuge. 20 Il disegno di legge è stato approvato dal Consiglio dei Ministri del 16 marzo 2007, presentato alla Camera il 12 aprile 2007, assegnato alla Commissione Giustizia il 24 aprile 2007, che ha concluso l’esame in com- missione il 20 dicembre 2007. Al momento della stesura del presente Rapporto è all’esame del Parlamento. Cfr. www.giustizia.it/newsonline/data/multimedia/2333.pdf 21 Si veda in proposito il Protocollo sull’interpretazione e applicazione della Legge 54/2006 in tema di ascolto del minore redatto dall’Osserva- torio per la giustizia civile di Milano, Gruppo famiglia e Minori in www.giustizia.it/newsonline/data/multimedia/2333.pdf e il Protocollo per l’audizione del minore redatto dalla Commissione Famiglia e Minori del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma www.cameraminorile.com 22 Per maggiore approfondimenti si veda oltre capitolo II, paragrafo «L’ascolto del minore in ambito giudiziario». 23 Si tratta della proposta di legge del Ministero della Giustizia - Diparti- mento per la Giustizia Minorile - Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari che introduce «Norme sull’ordinamento peni- tenziario minorile e sull’esecuzione dei provvedimenti limitativi della li- bertà destinati ai minorenni autori di reato» (Protocollo n. 1238/1 del 15 gennaio 2008) reperibile in www.giustiziaminorile.it della Giustizia per il relativo iter di competenza istituziona- le, che si auspica sia avviato con la nuova legislatura24. In prima battuta e in attesa del confronto con l’approfondimento dottrinale è possibile affermare che il progetto di legge relativo all’ordinamento penitenziario mi- norile costituisce un apprezzabile sforzo finalizzato a col- mare la gravissima lacuna più volte stigmatizzata dai com- mentatori più attenti25, in quanto mentre il nostro ordina- mento si è dotato di una legge sul processo penale minorile26, manca la corrispondente e specifica legge sull’e- secuzione delle pene per i minorenni, in grado di assicurare il godimento di quei diritti di cui i minorenni sono titolari in base alle convenzioni internazionali sottoscritte e ratificate dal nostro Paese27. Il progetto di legge tiene conto anche delle modifiche sociali e culturali avvenute negli ultimi anni, con particolare riferimento ai minori stranieri appartenenti a varie etnie e ai reati commessi da gruppi di cui fanno parte minorenni e giovani adulti28. Tuttavia in attesa e fino all’entrata in vigore dell’ordinamen- to penitenziario minorile si continueranno ad applicare ai minorenni le norme di trattamento previste per gli adulti, con conseguenze anche molto gravi che rendono veramen- te indifferibile l’approvazione di una normativa ad hoc so- prattutto dopo l’entrata in vigore della Legge 251/2005, co- me evidenziato nel 3° Rapporto CRC. La Legge 251/200529, nota come «ex Cirielli», infatti ha in- trodotto anche per i condannati minorenni in virtù dell’effet- to estensivo sopra indicato severi limiti alla concessione di permessi premio, o di misure alternative alla detenzione (quali ad esempio la semilibertà o l’affidamento in prova al servizio sociale) quando sia stata applicata dal giudice di merito la recidiva reiterata prevista dall’art. 99 comma 4 c.p.30 Tale regime di aumenti obbligatori, che l’interpretazione giurisprudenziale ha provveduto a mitiga- re31, non sembra abbia avuto effetti particolarmente intensi in ambito minorile in quanto per la sussistenza della recidi- va occorre che l’autore già all’epoca di commissione del fat- to-reato sia stato in precedenza condannato con sentenza definitiva, circostanza questa non frequentissima per un mi- norenne32. Sarebbero pertanto necessari, come già avvenuto in passa- to e fino all’approvazione dell’ordinamento penitenziario, ulteriori interventi correttivi della Corte Costituzionale al fi- ne di ammorbidire rigide e automatiche preclusioni alla concessione di misure premiali o alternative alla detenzione nei confronti dei condannati minorenni, proprio per rendere l’esecuzione della pena conforme al dettato costituzionale di protezione della personalità del minore33. Passando ora all’esame delle più significative disposizioni del già menzionato progetto di legge relativo all’ordinamen- to penitenziario minorile occorre considerare che, in virtù del recepimento dei principi contenuti nelle convenzioni in- ternazionali, l’art. 3 regolamenta l’intervento del mediatore linguistico-culturale in modo da favorire i processi di inte- grazione socio-culturale nei confronti di minorenni stranieri o appartenenti a minoranze etniche consentendo così una seria prevenzione del rischio di devianza. Si prevede inoltre che ogni minorenne possa usufruire di un trattamento edu- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 10 4orapportodiaggiornamento2007-2008 24 Per iniziare l’auspicato iter parlamentare e non vanificare l’importante lavoro svolto all’interno del Dipartimento per la Giustizia Minorile è ne- cessario che vengano tradotte in un disegno di legge. A tal fine il Mini- stro della Giustizia dovrebbe portarlo all’attenzione del Consiglio dei Mi- nistri perché eserciti il suo potere di iniziativa legislativa; in alternativa potrebbe essere un parlamentare a “fare proprio” il testo delle due pro- poste di legge e presentarle in Parlamento. 25 Cfr. Occhiogrosso F. Giustizia e territorio: il ruolo del Tribunale per i Mi- norenni reperibile in www.sicurezzasud.it; in www.minoriefamiglia.it; Cfr. Covelli M. Manuale di legislazione penale minorile Satura Editrice, 2006. 26 DPR 448/1988 «Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni». 27 Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, New York, 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991 n. 176; Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei minori, Strasburgo, 25 gennaio 1996, ratificata con legge 20 marzo 2003 n. 77. Inoltre si ricordano le Regole minime delle Nazioni Unite relative all’amministrazione della giustizia minorile o «Regole di Pechino» del 1985, adottate dall’Assemblea Gene- rale nella sua risoluzione 40/33 New York del 29 novembre 1985. 28 Cfr. art. 3 del citato progetto di legge in materia di criteri cui deve esse- re orientata l’esecuzione delle pene nei confronti di minorenni italiani e stranieri; Cfr. l’art. 28 dello stesso progetto che riconosce la possibilità ai giovani adulti che abbiano compiuto i 18 ma non superato i 25 anni e che abbiano commesso il reato da minorenni di scontare la pena in Istituti penitenziari autonomi o in Sezioni degli Istituti per i Minorenni ove ven- gono sperimentate nuove modalità di trattamento con riguardo ai reati commessi da bande giovanili, criminalità organizzata o di tipo mafioso. Lo scopo della costituzione dell’Istituto Penale per giovani adulti è quel- lo di evitare il trasferimento del giovane nella struttura per adulti con i conseguenti pericoli di contaminazione con l’ambiente criminale e di conferma dell’identità deviante. 29 Legge 251/2005 «Modifiche al Codice Penale e alla legge 26 luglio 1975 n. 354 in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di pre- scrizione». 30 Si ha la recidiva reiterata quando il recidivo commette un altro delitto non colposo, con aumenti fino a due terzi della pena. 31 Come sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 192 del 5 - 14 giugno 2007, in Guida al Diritto 26/2007. 32 In questo senso Micela F. L’impatto della Legge ex – Cirielli sul diritto minorile in www.minoriefamiglia.it 33 Si veda ad esempio la sentenza della Corte Costituzionale n. 436 del 22 novembre – 1 dicembre 1999 che ha censurato l’art. 58 quater comma 2 e 3 dell’ordinamento penitenziario (divieto di concessione di permessi premio per tre anni in caso di revoca della misura alternativa alla deten- zione) nella parte in cui si riferisce ai minorenni per contrasto con gli artt. 27 e 31 della Costituzione; cfr. inoltre la sentenza della Corte Costituzio- nale n. 450 del 16-30 dicembre 1998 che ha dichiarato l’illegittimità costi- tuzionale nei soli riguardi dei condannati minorenni della norma che su- bordina la concessione di permessi premio in caso di condannati per i reati indicati nell’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario all’avvenuta espiazione di almeno metà della pena e comunque di non oltre 10 anni. cativo personalizzato e della presenza in carcere di un ope- ratore socio-educativo di riferimento. Di grandissimo rilievo appare inoltre l’introduzione, nell’art. 23, del progetto della «liberazione anticipata per positivo svolgimento di attività riparatorie». Si tratta della media- zione penitenziaria, nuova misura che si ispira a modelli stranieri da tempo sperimentati34, che ha lo scopo di favori- re la pacificazione tra condannato e vittima o la riparazione del danno materiale o nella vita di relazione subito dalla vit- tima. In sintonia con il già rodato istituto della «messa alla prova» relativo al processo penale minorile, nella fase del- l’esecuzione della pena nei confronti del minorenne il Tribu- nale di Sorveglianza può ordinare la liberazione anticipata, decidendo la riduzione della pena di 60 giorni per ogni sei mesi di pena scontata, qualora sia stata realizzata un’atti- vità di mediazione-riparazione ed essa abbia avuto esito positivo. Tale attività di mediazione-riparazione viene attua- ta sulla base di un progetto frutto di un accordo tra il con- dannato e i servizi sociali che vigilano e seguono lo svolgi- mento del percorso di mediazione. Si deve comunque riba- dire, come già auspicato nel 3° Rapporto CRC, l’urgenza di un intervento normativo che regolamenti la materia della mediazione penale con riferimento alla figura del mediatore e possa finalmente consentire di uniformare le differenti prassi praticate nei diversi Tribunali, in violazione del princi- pio di non discriminazione di cui all’art. 2 CRC35. Nell’ambito del procedimento minorile civile e penale è, pe- raltro, necessario fare una riflessione sulla possibilità per enti, associazioni e comitati, il cui fine statutario sia la tute- la degli interessi diffusi dei minori, di poter partecipare al giudizio rappresentando quegli interessi collettivi oggetto riconosciuto della loro attività. L’ordinamento riconosce, per ora esplicitamente solo in ambito penale ed ammini- strativo, agli enti promotori di interessi collettivi, universal- mente riconosciuti e pacificamente condivisi, una posizione processuale autonoma rispetto alla parte lesa nell’ambito di procedimenti in corso36. Si rileva tuttavia come, anche in ambito civile, numerosi siano i casi in cui vengono cagiona- ti, con comportamenti illegittimi, danni notevoli nei confron- ti dei soggetti più deboli, svantaggiati, privi di tutela ade- guata, quali i minori. I diritti dei minori possono legittima- mente qualificarsi non solo come interessi diffusi, ovvero interessi aventi valore a livello ultraindividuale, ma addirit- tura come interessi collettivi. In tale ottica, l’associazione o l’ente che si fa portatore degli interessi diffusi collegati ai diritti dei minori, potrebbe essere chiamata a partecipare ai procedimenti in cui è coinvolto un minore e come tale esse- re legittimata ad assumere un ruolo attivo e propulsivo ac- canto allo stesso, per un rafforzamento della sua tutela37. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Genova ha ri- conosciuto la legittimazione ad agire ad Enti Autorizzati che abbiano come loro scopo statutario la tutela dei minori in stato di abbandono38, prendendo parte attiva al procedi- mento in corso39. Sulla scorta di questa decisione, alcune associazioni ritengono opportuno e necessario prevedere anche nei giudizi civili che hanno ad oggetto l’interesse del minore, la possibilità di legittimare all’azione quelle asso- ciazioni che operano a tutela dei minori, proprio al fine di tutelare sia il diritto soggettivo che si sostiene essere stato violato, sia degli interessi “diffusi” ad esso collegati, così 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 11 34 Cfr. Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Minorile, Relazione sull’ordinamento penitenziario minorile, in www.segreteria.direzioneminori.dgm.giustizia.it 35 Allo scopo di assicurare l’adozione di modelli uniformi di giustizia ripa- rativa in linea con le Raccomandazioni delle Nazioni Unite ( dichiarazione di Vienna del 2000 – X Congresso delle Nazioni Unite sulla prevenzione del Crimine) e del Consiglio d’Europa ( n. 19/99 ) è stata istituita con de- creto del Capo Dipartimento in data 26 febbraio 2002 presso il Diparti- mento dell’Amministrazione Penitenziaria la Commissione di studio Me- diazione penale e giustizia riparativa composta tra gli altri dalla Dott.ssa Maria Pia Giuffrida e dal Prof. Adolfo Ceretti il cui piano di studio e di ri- cerca è reperibile in www.giustizia.it 36 Sono stati, innanzitutto, estesi gli stessi diritti e le facoltà riconosciute alla persona offesa dal reato anche agli enti e associazioni senza scopo di lucro alle quali «sono state riconosciute, in forza di legge, finalità di tu- tela degli interessi lesi dal reato» (art. 91 c.p.p). Conseguenza procedura- le di ciò è la capacità per enti, associazioni, comitati, di intervenire o di costituirsi parte civile in un procedimento penale in corso, accanto alla persona offesa dal reato e/o alla parte civile, qualora tali organizzazioni abbiano subito, a causa del fatto lesivo, un danno ad un interesse pro- prio, sempre che quell’interesse coincida con il diritto soggettivo che l’associazione ha assunto, indicandolo espressamente nel proprio statu- to, quale ragione della propria esistenza ed attività, quale interesse as- soluto ed essenziale della propria missione. È una novità importante che dal punto di vista processuale si realizza con un ampliamento della legit- timazione attiva, ma che dal punto di vista extra giuridico comporta una decisa presa d’atto della valenza sociale di soggetti in massima parte ap- partenenti al Terzo Settore. L’affiancarsi alle parti processuali è inoltre la dimostrazione di solidarietà, di condivisione, di non abbandono verso le vittime dirette di tali atti. Di recente, anche in ambito amministrativo sono stati valorizzati enti che tutelano interessi diffusi, in particolare in relazione alla salvaguardia de- gli interessi diffusi in materia ambientale. 37 Tratto da Amici dei Bambini Il manifesto politico di Amici dei Bambini contro l’emergenza abbandono agosto 2008, pag. 44. 38 Cfr. decisione della Corte d’Appello di Genova del 28 settembre 2006 Cron. n. 141/06 emessa nella procedura n. 449/2006 relativa al caso del- la bambina Bielorussa “Maria”, disponibile sul sito www.studiolegalerossi.it/db/bielorussa.doc 39 Si ritiene che, sulla scia di questa innovativa sentenza, il legislatore potrebbe attivarsi per regolamentare l’istituto dell’intervento di terzi por- tatori di interessi diffusi, prevedendolo ex lege. Una legge in tal senso, infatti, secondo alcune associazioni si rivelerebbe utile e necessaria non solo per superare le problematiche ancora aperte relative alla tutela pro- cessuale dei minori, ma anche per dare rilevanza ed attribuire una legitti- ma posizione processuale agli enti che operano principalmente in mate- ria di tutela dei minori. Alcune associazioni invece rilevano come il mino- re sia già nei fatti tutelato, grazie all’entrata in vigore della Legge 149/2001 dalla presenza in giudizio di avvocato del minore e curatore e temono un eccessivo carico nei procedimenti, con conseguente rischio di un appesantimento e conseguenti rallentamenti. come già avvenuto in altri ambiti (quali ad esempio la tutela dei diritti dell’ambiente e quella dei consumatori)40. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 12 4orapportodiaggiornamento2007-2008 40 Tratto da Amici dei Bambini Il manifesto politico di Amici dei Bambini contro l’emergenza abbandono, cit., pag. 45. Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Parlamento, al fine di consentire un’efficace tutela del minore in ambito giudiziario, di provvedere alla riforma della normativa relativa alla difesa d’ufficio in modo tale da consentire un’effettiva applicazione della Legge 149/2001 nella parte che prevede la difesa tecnica del mi- nore nelle procedure di adottabilità e de potestate; 2. Al Parlamento di procedere alla riforma del sistema della giustizia minorile prevedendo competenze esclusive in capo ad un unico organo effettivamente specializzato; 3. Al Ministro della Giustizia di riprendere le proposte di legge depositate il 15 gennaio 2008 agli atti del Gabinetto del Ministro della Giustizia, affinché il Consiglio dei Mini- stri possa procedere senza esitazione alla formulazione di un disegno di legge di riforma dell'ordinamento peni- tenziario minorile. Il tutore legale volontario nell’esperienza del Pubblico Tutore dei minori del Veneto: una risorsa per il minore e per la rete di tutela Quando un minore è privo dei genitori (orfano, figlio di ignoti, minore dichiarato adottabile) o quando i genitori non possono esercitare la potestà per decisione dell’auto- rità giudiziaria o perché lontani (minori stranieri non ac- compagnati), la legge prevede che venga nominato un tutore che lo rappresenti legalmente. Nella maggior parte dei casi la tutela viene attribuita a componenti della “fa- miglia allargata” (nonni, zii, etc.). Ma vi sono casi in cui questa soluzione non può trovare attuazione, diventando inevitabile la scelta di un estraneo. Il Pubblico Tutore dei Minori del Veneto ha promosso e realizzato un Progetto regionale per il reperimento, la formazione e il sostegno di persone disponibili ad eserci- tare questa funzione di rappresentanza legale del minore di età, una forma di volontariato di alto profilo sul piano delle competenze e accreditato presso le istituzioni. Il Progetto è, innanzitutto, un’occasione di sensibilizzazio- ne sociale e di diffusione di una cultura attenta ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e di una sensibilità nuova e diffusa, concretamente tutelante. Il tutore legale, nell’interpretazione sottesa all’esperienza veneta, rappresenta la chiave di volta per la trasformazio- ne del rappresentante legale del minore da comparsa bu- rocratica a soggetto fondamentale del percorso di prote- zione e tutela del minore in difficoltà, riacquistando la centralità che il codice civile gli riconosce. Il tutore vo- lontario è una risorsa principalmente per il minore che viene affiancato da una presenza “amicale” costante, vigi- le e discreta, che lo accompagna non come professionista del sociale o della giustizia, ma semplicemente come per- sona. La gratuità dell’azione del volontario è elemento che influenza la relazione tra il tutore e il minore, poiché la disponibilità e l’attenzione del tutore sono di per sé elementi qualificanti. Al tutore compete la rappresentanza del minore che non si riduce alla dimensione strettamente legale, poiché lo stesso codice attribuisce al tutore un compito di cura, da svolgere di concerto con gli altri soggetti coinvolti nel percorso di tutela. Al tutore, spetta anche il ruolo di por- tavoce dell’opinione del minore e di rappresentante del suo interesse, come specificato anche dalla Convenzione di Strasburgo del 1996 con riferimento alla figura del rappresentante. Infine, il tutore accompagna il minore nell’esercizio dei diritti che la legge gli riconosce. Questo affiancamento, che non deve diventare sovrapposizione, è significativo tanto nel percorso amministrativo di pro- tezione, quanto nell’eventuale processo minorile. In que- st’ultimo caso, la rappresentanza dell’interesse del minore - parte processuale - viene assicurata dal fatto che al tuto- re viene nominato d’ufficio un avvocato. Ciò che qualifica maggiormente il Progetto del Pubblico Tutore e ha permesso il conseguimento dei risultati ma- turati sono le scelte strategiche e di implementazione che lo contraddistinguono. Il Progetto è nato e, soprattutto, è stato sviluppato in un contesto di collaborazione interi- stituzionale: l’intesa con l’Assessorato e la Direzione re- gionale ai servizi sociali per una regia regionale, la con- creta collaborazione con le Aziende sociosanitarie e le Conferenze dei Sindaci per un’implementazione a livello territoriale (azioni condivise e realizzate sul territorio, non calate dall’altro e centralizzate), l’accordo con il Tri- bunale per i Minorenni di Venezia ed i Giudici tutelari per garantire l’effettivo utilizzo dei volontari. Sul piano più strettamente operativo, la realizzazione delle diverse azioni di “reclutamento”, formazione, e monitoraggio dei volontari/tutori passa attraverso l’imprescindibile colla- borazione di una rete di professionisti indicati dalle ULSS e dalle Conferenze dei Sindaci di tutta la Regione, che seguono periodicamente una formazione specifica per svolgere poi il ruolo di referenti territoriali del Pro- getto. Per mantenere la rete di alleanze (che garantisce la legittimazione dei tutori volontari nella rete di tutela), la rete dei referenti (che consente l’implementazione terri- toriale del Progetto) e, soprattutto, la rete dei volontari, è necessaria una continua azione di sensibilizzazione, for- mazione, dialogo e confronto. Al 31 dicembre 2007 sono stati realizzati 26 corsi di for- mazione territoriale per tutori, di cui 5 aventi un focus specifico sui minori stranieri non accompagnati. Tra i vo- lontari formati e disponibili per fare i tutori (in totale 523) 275 sono già stati nominati tutori e di questi il 42% ha assunto più di una tutela. L’investimento continuo nelle persone e nella loro moti- vazione è l’impegno principale che l’Ufficio del Pubblico Tutore deve affrontare, ma rappresenta la forza e la ga- ranzia di riuscita del Progetto. A cura di Lucio Strumendo, Pubblico Tutore dei minori Regione Veneto b) Le politiche per l’infanzia e l’adolescenza Il nuovo contesto definito dalla Legge 328/200041 e dalla riforma del Titolo V della Costituzione42, continua a ripro- porre le stesse questioni problematiche evidenziate nel 3° Rapporto CRC in materia di politiche sociali per l’infanzia e l’adolescenza. Nonostante la Legge 328/2000 abbia recepito il principio di promozione dei diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza enunciato dalla Legge 285/1997, la riforma del Titolo V, con il riconoscimento della competenza esclu- siva delle Regioni in materia di politica sociale, ha determi- nato il superamento di fatto della Legge 285/1997, e del relativo Fondo Nazionale Infanzia, poiché solo alcune città c.d. riservatarie43 continuano ad essere destinatarie dirette di fondi vincolati per la realizzazione di progetti a favore dell’infanzia e l’adolescenza44. Tra le questioni ancora aperte si trova, in primo luogo, il pro- cesso di decentramento nell’ambito delle politiche sociali e i suoi effetti sulla parità di godimento dei diritti e delle oppor- tunità da parte di tutti i bambini e le bambine. La riforma costi- tuzionale, infatti, ha demandato alle Regioni la declinazione e l’implementazione dei principi introdotti dalla Legge 285/1997. La scelta dell’introduzione del principio di promo- zione dei diritti e delle pari opportunità dell’infanzia e dell’ado- lescenza nelle priorità di politica sociale regionale è rimessa dunque alla Regioni, scelta che di fatto subisce il condiziona- mento delle problematiche sociali complessive della Regione e delle risorse regionali disponibili per lo stesso settore sociale. Alcune Regioni, come già accennato nel 3° Rapporto CRC, han- no dedicato una particolare attenzione, nei propri piani sociali, alle tematiche relative alla tutela dei diritti dell’infanzia e del- l’adolescenza adottando, in alcuni casi, la logica promozionale propria della Legge 285/1997. Tra queste Regioni si evidenzia l’esperienza della Regione Marche45, che nel nuovo Piano So- ciale 2008–201046 ha inserito un’analisi dettagliata e aggiorna- ta delle condizioni e dei bisogni dell’infanzia e dell’adolescen- za del territorio regionale, e della Regione Abruzzo che ha in- serito la tutela dei minori appartenenti ai gruppi più vulnerabili tra gli obiettivi essenziali del Piano Sociale Regionale 2007–2009, nonché la promozione di azioni positive per l’attuazione dei diritti definiti dalla Convenzione tra gli obiettivi complementari47. L’attuazione di politiche sociali regionali nel settore dell’infan- zia e dell’adolescenza se da un lato risponde alle esigenze di adeguamento alle condizioni e ai bisogni territoriali, dall’altro rischia di accentuare le disparità nel godimento di diritti e op- portunità e ciò in contrasto con il principio di non discrimina- zione e le raccomandazioni espresse dal Comitato ONU. È per- tanto importante ricordare che la responsabilità diretta di adempiere agli obblighi stabiliti dalla CRC è propria del Gover- no di uno Stato parte e non subisce alcuna limitazione in un Stato decentrato48. Lo Stato parte deve garantire che le au- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 13 41 Legge 328/2000 «Legge quadro per la realizzazione del sistema inte- grato di interventi e servizi sociali». 42 Legge costituzionale 3/2001 «Modifiche al Titolo V della seconda par- te della Costituzione». 43 Le c.d. città riservatarie ex art. 2 Legge 285/1997 sono: Venezia, Mila- no, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Brindisi, Taran- to, Reggio Calabria, Catania, Palermo e Cagliari. 44 Vedi oltre paragrafo «Le risorse destinate all’infanzia e all’adolescenza in Italia». 45 La Regione Marche già nel 2003 aveva adottato la Legge regionale per l’infanzia e l’adolescenza (l.r. 9/2003 «Disciplina per la realizzazione e gestione dei servizi per l’infanzia, per l'adolescenza e per il sostegno alle funzioni genitoriali e alle famiglie») e nel 2004 un Piano di azione per l’infanzia e l’adolescenza (DGR 643/2004 «Sviluppo programmatico e or- ganizzativo per le politiche dell’infanzia, adolescenza e genitorialità»). 46 Regione Marche – Proposta di atto amministrativo n. 81/2008, «Piano sociale 2008 – 2010 – Partecipazione, tutela dei diritti, programmazione locale», gennaio 2008 . 47 Regione Abruzzo, Assessorato alle Politiche Sociali e Cultura, Abruzzo Sociale, «Uguaglianza, solidità, innovazione: per i diritti sociali. Piano so- ciale regionale 2007 – 2009». 48 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Commento Generale n. 5 Misure generali di attuazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia, 2003; traduzione italiana, non ufficiale a cura di UNICEF Ita- lia, disponibile sul sito www.unicef.it 3. Il Comitato ONU accoglie favorevolmente: (d) l’adozione della Legge 285/1997 contenente provve- dimenti per la promozione dei diritti e delle oppor- tunità per l’infanzia e l’adolescenza, che ha istituito un Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. 21. Ai sensi dell’art. 2 e di altri articoli correlati della Convenzione e in linea con le proprie precedenti racco- mandazioni (ibid. parr. 17 e 18), il Comitato ONU rac- comanda che l’Italia: (c) valuti con regolarità e attenzione le disparità esistenti nel godimento dei diritti da parte dei bambini e prenda, sulla base della valutazione compiuta, i prov- vedimenti necessari a prevenire ed eliminare la discri- minazione attraverso misure efficaci; d) assicuri che il processo di decentramento favorisca l’eliminazione delle disparità fra bambini dovute alla ricchezza delle Regioni di provenienza; (e) continui a dare priorità, a destinare risorse mirate e servizi sociali ai bambini appartenenti ai gruppi so- ciali più vulnerabili. (CRC/C/15/Add.198, punto 3 lett. d, punto 21, lett. c, d, e) torità locali abbiano a disposizione le risorse necessarie per adempiere all’attuazione della Convenzione ed ha la re- sponsabilità di garantire un uniforme godimento da parte di tutti i bambini e le bambine sul territorio nazionale, con par- ticolare attenzione a coloro che appartengono ai gruppi più vulnerabili. Al fine di garantire uniformità sull’intero territorio nazionale lo Stato dovrebbe innanzitutto definire al più presto i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LIVEAS). In proposito occorre ricordare che la definizione dei LIVEAS nazionali, pur essendo stata prevista quale priorità del «Rapporto nazio- nale sulle strategie per la protezione sociale e l’inclusione sociale 2006 – 2008» (NAP Inclusione)49, non è stata ancora portata a termine e viene di nuovo rinviata all’anno 200850. A 7 anni dall’entrata in vigore della Legge 328/2000 i LI- VEAS dunque non stati ancora definiti51. Inoltre, contestualmente alla definizione dei LIVEAS dovreb- bero essere previsti e adottati adeguati strumenti di monito- raggio diretti a verificarne l’attuazione e il recepimento a li- vello regionale. Si rileva infatti la mancanza di un meccani- smo diretto a individuare con regolarità le priorità regionali delle politiche sociali in ambito di tutela e promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Il meccanismo di monitoraggio per lo stato di attuazione della Legge 285/1997 ad esempio, prevedeva a livello nazionale e preve- de tuttora per le città riservatarie, un’analisi per tipologia di intervento dei progetti realizzati, evidenziandone la logica promozionale o di contrasto alla povertà e alla violenza52. Il Regolamento di riordino dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza53 dispone che le Regioni in accordo con le amministrazioni provinciali e le Province Autonome di Trento e Bolzano, adottino idonee misure di coordinamento degli interventi locali di raccolta e di elaborazione di tutti i dati relativi alla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza e li comunichino entro il 30 aprile di ogni anno54. La Regione Emilia Romagna, ad esempio, ha già adottato un meccani- smo di monitoraggio e di valutazione della programmazione sociale dell’area infanzia e adolescenza, il cui impianto me- todologico è stato definito sulla base delle precedenti espe- rienze di valutazione condotte per le due triennalità della Legge 285/1997 ed i cui risultati sono stati inseriti in un rap- porto pubblicato nel dicembre del 200755. Sarebbe auspica- bile che, come previsto dal citato Regolamento, dal prossi- mo aprile siano disponibili i dati relativi alla condizione del- l’infanzia e dell’adolescenza in tutte le Regioni italiane. Si evidenzia che come ribadito dal Comitato ONU56: «[...] il decentramento del potere, attraverso la devoluzione e la de- lega del Governo, non riduce in alcun modo la responsabi- lità diretta del Governo dello Stato parte di adempiere ai propri obblighi verso tutti i bambini entro la propria giurisdi- zione, indipendentemente dalla struttura dello Stato» e «[...] lo Stato che ratifica [...] la Convenzione rimane responsabile di garantire la totale attuazione della Convenzione nei terri- tori entro la propria giurisdizione. In qualsiasi processo di devoluzione, gli Stati parti devono garantire che le autorità locali abbiano le risorse finanziarie, umane e di altro tipo ne- cessarie per adempiere efficacemente alle responsabilità di attuazione della Convenzione [...]». Per quanto riguarda le priorità politiche relative all’infan- zia e all’adolescenza a livello nazionale, nel 3° Rapporto CRC era stato segnalato che erano state definite nel citato «Rapporto nazionale sulle strategie per la protezione socia- le e l’inclusione sociale 2006 – 2008» (NAP Inclusione)57. La loro attuazione è stata oggetto dei lavori del Ministro delle Politiche per la Famiglia e del Ministero della Solidarietà So- ciale. Quest’ultimo in particolare ha riservato parte del Fon- do per l’inclusione sociale degli immigrati e delle loro fami- glie a progetti diretti alla tutela e alla promozione dei diritti dei minori immigrati e dei minori rom58, mentre il Ministro delle Politiche per la Famiglia ha attuato alcune delle inizia- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 14 4orapportodiaggiornamento2007-2008 49 A cura del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, del Ministe- ro della Solidarietà Sociale e del Ministero della Salute, novembre 2006. 50 A cura del Ministero della Solidarietà Sociale Avvio del processo di programmazione strategica per l’anno 2008 – Individuazione delle prio- rità politiche. 51 Al riguardo si richiama quanto affermato dal Ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero il 3 aprile 2007, nel corso dell’audizione con la Commissione parlamentare per l’infanzia in merito all’indagine conosciti- va condotta da quest’ultima in materia di strumenti di coordinamento istituzionale delle politiche dell’infanzia e dell’adolescenza: «[…] siamo in una condizione per cui, a seconda delle Regioni, si hanno un diverso livello dei servizi e un diverso tipo di trasferimento. Inoltre è difficilissimo effettuare un monitoraggio della spesa sociale perchè bisognerebbe avere un apparato di controllo che non c'è e quindi nei fatti controllore e controllato sono la stessa figura. [...] la destinazione d'uso era una forma politica di indirizzo […] la strada che abbiamo davanti penso che sia quel- la della fissazione dei livelli di assistenza perchè non ne vedo altre[(...]». Il testo integrale è disponibile sul sito www.parlamento.it/Bicamerali/ infanzia/2830/2895/3334/paginabicamerali.htm 52 Ciampa A., Ciccotti E. I progetti nel 2004. Lo stato di attuazione della Legge 285/1997 Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Firenze, ottobre 2006. 53 DPR 103/2007, G.U. serie generale n. 169 del 23 luglio 2007. 54 Art. 1 comma 4 DPR 103/2007. 55 Regione Emilia Romagna, Assessorato alla Promozione delle politiche sociali e di quelle educative per l´infanzia e l´adolescenza, Istituto per la Ricerca Sociale, Il monitoraggio e la valutazione delle politiche dell’area infanzia e adolescenza in Emilia Romagna. Piani e progetti zonali e pro- grammi provinciali di «Accoglienza e tutela» Bologna, dicembre 2007. 56 Cfr. Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Commen- to Generale n. 5 Misure generali di attuazione della Convenzione sui di- ritti dell’infanzia cit., punti n. 40 e 41. 57 A cura del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, del Ministe- ro della Solidarietà Sociale e del Ministero della Salute, novembre 2006. Cfr. 3° Rapporto CRC 2007, pag. 11. 58 Si veda oltre capitolo VI, paragrafo «Il diritto all’istruzione per i minori stranieri». tive previste dirette a garantire a tutti i bambini pari oppor- tunità a prescindere dal loro ambiente sociale attraverso azioni volte al sostegno delle famiglie59. Rispetto a questi interventi attuati dal Ministro delle Politiche per la Famiglia si sottolinea in positivo l’aver definito delle priorità valide per l’intero territorio nazionale, ma si rileva la centralità del nucleo familiare rispetto ad una prospettiva bambinocentri- ca che dovrebbe caratterizzare tutti gli interventi diretti alla tutela e alla promozione dei diritti dei minori. 2. LE RISORSE DESTINATE ALL’INFANZIA E ALL’ADOLESCENZA L’allocazione di adeguate risorse all’infanzia e all’adole- scenza, anche nell’ambito della cooperazione internaziona- le, riveste un’importanza enorme nel garantire ai bambini e agli adolescenti l’effettiva attuazione di tutti i diritti ricono- sciuti dalla CRC. Il 21 settembre 2007, l’annuale giornata di confronto (Day of General Discussion) organizzata dal Comi- tato ONU, per approfondire uno dei diritti della Convenzio- ne, è stata dedicata proprio all’art. 4 CRC che espressamen- te prevede che nel caso di diritti economici, sociali e cultu- rali gli Stati adottano tutti i provvedimenti necessari per at- tuare i diritti riconosciuti nella CRC al massimo consentito dalle risorse disponibili60. a) In Italia Contrariamente a quanto raccomandato dal Comitato ONU61, il Governo italiano non indica la quota di bilancio na- zionale destinata per le politiche a favore dell’infanzia e del- l’adolescenza62, di conseguenza, monitorare le risorse allo- cate per i minori in Italia continua ad essere particolarmen- te complesso, così come riuscire a comprendere se l’ammontare di tale stanziamento corrisponda alla massima misura possibile delle risorse disponibili, in conformità con quanto stabilito dall’art. 4 CRC. Nel 3° Rapporto CRC63 era stato evidenziato la mancanza di chiarezza rispetto alla situazione e definizione monetaria del Fondo Nazionale per l’Infanzia64 dal momento che nella Legge Finanziaria 2007 si stabiliva che fosse determinato annualmente, ma non se ne trovava traccia nei capitoli di spesa, se non per le quote destinate alle città riservatarie65. La Legge Finanziaria 2008 ha in effetti chiarito che la dota- zione del Fondo Nazionale Infanzia è determinata annual- mente, ma «limitatamente alle risorse destinate ai Comuni 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 15 9. Il Comitato ONU raccomanda che l’Italia continui ad incrementare, nella massima misura possibile, le risorse stanziate per i bambini e le loro famiglie e ad effettuare un’analisi di tutti i bilanci totali e settoriali dello Stato parte e delle Regioni, in modo da analizzare la quota spe- sa per l’infanzia, identificare le priorità e allocare le risorse «al massimo livello consentito dalle risorse disponibili». Inoltre, il Comitato raccomanda che l’Italia applichi que- sto principio alle attività svolte dalla Cooperazione inter- nazionale allo sviluppo del Ministero degli Affari Esteri. (CRC/C/15/Add. 198, punto 9) 59 In particolare, con la Legge Finanziaria 2007, sono state incrementate le misure di sostegno al reddito in favore delle famiglie con figli con red- diti medio bassi, sono stati aumentati gli assegni familiari sia per i dipen- denti che per i parasubordinati mentre è stata introdotta una detrazione fiscale a favore delle famiglie con almeno quattro figli a carico. È stata poi promossa, in sede di Conferenza Unificata, un’intesa diretta alla rior- ganizzazione dei consultori familiari per la loro trasformazione in “Centri per la famiglia” con l’obiettivo di svilupparne le funzioni sociali promuo- vendo il loro ruolo di sostegno alle esigenze dell’intero nucleo familiare. Sono stati introdotti congedi per i genitori adottivi equiparando il tratta- mento di questi ultimi a quello dei genitori naturali. La Legge Finanziaria 2008 ha inoltre stabilito un aumento degli assegni per i nuclei monopa- rentali (art. 1 comma 200 Legge 244/2007 «Disposizioni per la formazio- ne del bilancio annuale e pluriennale dello Stato»). Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Ministero della Solidarietà Sociale di provvedere, nel corso del 2008, alla definizione dei LIVEAS garantendo, tramite gli stessi, il godimento uniforme sull’interno terri- torio nazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e l’attuazione di una logica promozionale, ponendo parti- colare attenzione ai bambini e alle bambine appartenenti ai gruppi più vulnerabili; 2. Alla Conferenza Stato Regioni di promuovere un mecca- nismo di monitoraggio regolare delle priorità delle politi- che sociali regionali per l’infanzia e l’adolescenza al fine di evitare che il decentramento dia luogo ad una disparità tra le Regioni nel godimento dei diritti da parte dei bambi- ni e degli adolescenti. 60 «Resources for Rights of the Child - Responsibility of States. Invest- ments for the Implementation of Economic, Social and Cultural Rights of Children and International Cooperation» Ginevra 21 settembre 2007, conclusioni disponibili sul sito www.crin.org/resources/find.asp 61 Comitato ONU, Commento Generale n. 5, punto 51; raccomandazioni conclusive del Day of General Discussion 2007 disponibili sul sito www2.ohchr.org/english/bodies/crc/discussion.htm, pagg. 7 e ss. 62 Il Dipartimento per le Politiche della Famiglia ha allegato alla comuni- cazione inviata al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presente Rapporto una tabella relativa alla stima dell’incidenza percentuale della spesa sociale a favore di famiglie e bambini dalla quale risulta che, sulla base dei dati forniti da Eurostat, nel 2004 tale percentuale si attestava intorno al 4,3%. 63 3° Rapporto CRC 2007, pag. 13. 64 Istituito nel 1997, art. 1 Legge 285/1997. Con l’entrata in vigore della Legge 328/2000 i fondi per l’infanzia sono confluiti nel Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (art. 20 comma 8 Legge 328/2000), quindi un Fon- do indistinto, ovvero senza quote dedicate all’infanzia e all’adolescenza. Soltanto le 15 città riservatarie, individuate dall’art. 2 Legge 285/1997, hanno mantenuto fondi espressamente dedicati all’infanzia. 65 Le c.d. città riservatarie ex art. 2 Legge 285/1997 sono: Venezia, Mila- no, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Brindisi, Taran- to, Reggio Calabria, Catania, Palermo e Cagliari. di cui al comma 2, secondo periodo, dello stesso articolo 1»66, ovvero ai Comuni delle città riservatarie. Nello specifi- co la Legge Finanziaria 200867 ha stabilito che vengano as- segnati al Ministero della Solidarietà Sociale € 43.905.000 da destinare ai Comuni delle città riservatarie a favore del- l’infanzia e dell’adolescenza, predeterminando così le som- me impegnate per le città riservatarie, che sono però dimi- nuite rispetto al 2007 in cui ammontava ad € 44.466.940. La Legge Finanziaria ha previsto per il 2008 € 1.582.815.000 per il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali gestito dal Ministero della Solidarietà Sociale, da ripartire fra le Re- gioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano per il 200868, con un leggero aumento rispetto all’anno prece- dente. Infatti tale fondo nel 2007 ammontava a complessivi € 1.564.917.148 ed era stato successivamente ripartito69 in risorse indistinte destinate a Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano70 per € 745.000.000, € 44.466.940 di cui sopra per le città riservatarie71, mentre i restanti € 732.000.000 sono stati destinati all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per il finanziamento degli inter- venti costituenti diritti soggettivi (quali assegni di mater- nità; assegni ai nuclei familiari; agevolazioni ai genitori di persone con handicap grave; indennità a favore dei lavora- tori affetti da talassemia major) ed € 43.450.208 al Mini- stero della Solidarietà Sociale per la copertura degli oneri di funzionamento finalizzati al raggiungimento degli obiettivi istituzionali. La Legge Finanziaria 2008 ha aumentato di € 50.000.000 l’ammontare del Fondo per l’inclusione sociale degli immi- grati72, nell’ambito del quale nel 200773 sono state indivi- duate specifiche risorse a favore dell’infanzia e dell’adole- scenza74, in particolare a favore dei gruppi più vulnerabili, come minori stranieri, rom, sinti e camminanti, non accom- pagnati e seconde generazioni, per complessivi € 13.500.00075. Tuttavia, il 7 marzo 2008 la Corte Costituzio- nale ha dichiarato tale Fondo incostituzionale, dal momento che concerne materie, quali i servizi sociali e l’istruzione, di competenza regionale e non esclusiva statale76. In proposito si rileva anche il fatto che la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità ha destinato parte dello stanziamento di € 1.000.00077, finalizzato alla copertura finanziaria di iniziati- ve e attività intraprese nel 2007-Anno europeo delle Pari Opportunità per tutti, al fine di contrastare la discrimina- zione e per promuovere i diritti dei minori di strada, stra- nieri e rom78. A livello nazionale, ulteriori risorse a favore dell’infanzia e dell’adolescenza sono state allocate tramite il Fondo per le i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 16 4orapportodiaggiornamento2007-2008 66 Art. 2 comma 470 Legge 244/2007, disponibile sul sito del Governo www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/finanziaria_2008/07244l.pdf 67 Tabella C, stanziamenti autorizzati in relazione a disposizioni di legge la cui quantificazione annua è demandata alla Legge Finanziaria, allegata alla Legge Finanziaria 2008, pag. 273. 68 Nel 2009: complessivamente € 1.335.595; € 43.898 per le città rileva- tarie a favore dell’infanzia e dell’adolescenza; per Fondo indistinto € 1.291.697. Nel 2010 complessivamente € 1.324.308; per le città rileva- tarie a favore di politiche per l’infanzia e l’adolescenza € 43.509; per Fon- do indistinto € 1.280.799. 69 Con decreto di riparto del Ministro della Solidarietà Sociale di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze registrato dalla Corte dei Con- ti il 27 luglio 2007 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 213 del 13 settembre 2007. 70 Così ripartite: Abruzzo € 18.261.223,16 (2,45%); Basilicata € 9.166.764,39 (1,23%); Calabria € 30.636.728,35 (4,11%); Campania € 74.372.707,01 (9,98%); Emilia Romagna € 52.550.809,84 (7,05%); Friuli Ven. Giulia € 16.341.204,79 (2,19%); Lazio € 64.073.157,57 (8,60%); Liguria € 22.492.995,27 (3,02%); Lombardia € 1 05.415.354,09 (14,15%); Mar- che € 19. 931.865,38 (2,68%); Molise € 5.942.600,74 (0,80%); P.A. di Bolzano € 6.136.153,42 (0,82%); P.A. di Trento € 6.289.128,85 (0,84%); Piemonte € 53.499.645,13 (7,18%); Puglia € 51.977.995,10 (6,98%); Sar- degna € 22.055.022,47 (2,96%); Sicilia € 68.431.516,63 (9,19%); Tosca- na € 48.831.737,60 (6,55%); Umbria € 12.230.745,35 (1,64%); Valle d’Aosta € 2.150.166,59 (0,29%); Veneto € 54.212.478,25 (7,28%). 71 Così suddivise Venezia € 844.067; Milano € 4.398.455; Torino € 3.121.291; Genova € 2.131.404; Bologna € 1.036.835; Firenze € 1.328.456; Roma € 9.650.449; Napoli € 7.238.648; Bari € 1.930.891; Brindisi € 959.388; Taranto € 1.501.912; Reggio Calabria € 1.745.163; Catania € 2.386.538; Palermo € 5.014.249; Cagliari € 1.179.194. 72 Art. 2 comma 536 Legge Finanziaria 2008. 73 Istituito con Legge Finanziaria 2007, per il quale erano stati stanziati € 50.000.000 per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 (art. 1 comma 1267). 74 Direttiva del 9 agosto 2007 Ferrero-Pollastrini (Ministero della Solida- rietà Sociale e Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità) per l’individuazione degli obiettivi generali, delle priorità finanziabili e delle li- nee guida generali in ordine alle modalità di utilizzo del Fondo per l’inclusione Sociale degli Immigrati di cui alla Legge Finanziaria del 207, commi 1267 e 1268. 75 Così ripartiti: a) € 2.000.000 per accoglienza alunni stranieri, facilitare i percorsi di inserimento ed orientamento scolastico degli alunni stranieri e facilitare il rapporto tra le famiglie e le istituzioni scolastiche assegnati ad enti ed associazioni iscritte alla prima sezione del registro solidarietà so- ciale, di cui ¤1.000.000 per interventi a favore di comunità prive di territo- rio, Rom, Sinti e Camminanti, in particolare in aree metropolitane, Roma, Bologna, Napoli, Firenze, Milano; b) € 10.000.000 per la tutela dei minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio italiano assegnati all’As- sociazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) in particolare per il censimen- to e il monitoraggio delle presenze di minori stranieri non accompagnati al fine di costruire una banca dati sul percorso dei minori; per l’assistenza e la tutela dei msna con ausilio personale specializzato, compresi mediatori culturali; per programmi di istruzione, formazione professionale, percorsi inserimento lavorativo (ad aprile 2008, il relativo bando è stato pubblicato sul sito dell’ANCI www.anci.it); c) € 1.500.000 destinati alla valorizzazione delle seconde generazioni mediante programmi di sostegno alla produzio- ne culturale, affiancamento nel percorso scolastico, creazioni di momenti di dialogo interculturale. 76 Corte Costituzionale, sentenza 50/2008. 77 Art. 1 comma 196, Legge Finanziaria 2007. 78 Azione n. 3 del Piano Nazionale per l’Anno Europeo 2007 che prevedeva l’elaborazione di un modello di intervento per il recupero e la inclusione dei minori di strada sfruttati e/o coinvolti in attività illegali, sulla base di best practices nazionali ed europee; la sperimentazione del modello a li- vello locale e su aree pilota. Report conclusivo a cura di Save the Children Italia, Codici e Università di Torino La strada dei diritti disponibile sul sito www.savethechildren.it/2003/index.asp?area=pubblicazioni&n_pag=1&a nno=2007 Politiche della Famiglia gestito dall’omonimo Ministro a cui sono stati destinati complessivi € 220.000.000 nel 200779 ed € 190.000.000 nel 200880. Sia nel 2007 che nel 2008 la somma più ingente di tale Fondo, pari a € 97.000.000, è stata destinata alla realizzazione prima e al proseguimento poi della riorganizzazione dei consultori fa- miliari, della qualificazione del lavoro delle assistenti fami- liari, della sperimentazione di iniziative di abbattimento dei costi dei servizi per le famiglie con numero di figli pari o su- periore a quattro. Con il medesimo Fondo sono stati inoltre finanziati interventi relativi a compiti ed attività di compe- tenza statale, di seguito riportati. Innanzitutto, sia nel 2007 che nel 2008, sono state allocate importanti risorse81 per iniziative di conciliazione del tempo di vita e di lavoro. Ri- spetto a quanto evidenziato nel 3° Rapporto CRC82, nell’am- bito del Fondo per le Politiche della Famiglia è stato possibi- le individuare anche l’ammontare destinato all’Osservato- rio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e al Centro na- zionale di documentazione e analisi per l ’infanzia e l’adolescenza, pari a € 1.500.000 per il 200883. Si eviden- zia che tale importo corrisponde alla metà di quanto desti- nato all’Osservatorio nazionale sulla Famiglia84 e la dispa- rità è ancora più evidente se si considera che sono espres- samente allocati ulteriori € 10.000.000 per l’elaborazione del Piano Nazionale per la Famiglia85, mentre non vi sono ri- sorse ad hoc per l’elaborazione del Piano Nazionale Infan- zia. In materia di contrasto alla pedofilia sono messi a di- sposizione dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e alla pornografia minorile ben € 6.000.00086. Le risorse destinate al sostegno delle adozioni internazionali ed al pieno funzionamento della Commissione per le Adozioni In- ternazionali (CAI) anche nel 2008 ammontano a € 14.500.00087, mentre per quanto riguarda le risorse alloca- te in tale settore nel 2007 si segnala che, a fine anno, ad in- tegrazione delle risorse inizialmente previste88, sono stati destinati ulteriori € 2.000.000, per complessivi € 16.500.000, a favore dell’erogazione di un bonus forfetario di € 1.200,00 in favore di ciascuna coppia che alla data del 31 dicembre 2007 avesse in corso una procedura di adozio- ne internazionale o che nell’anno 2007 abbia concluso l’adozione89. Infine, si segnala che le risorse stanziate a favore del Piano straordinario per lo sviluppo del sistema integrato dei ser- vizi socio educativi90 sono in progressivo aumento: al mo- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 17 79 Art. 1 decreto del Ministro delle Politiche per la Famiglia Ripartizione degli stanziamenti del Fondo delle politiche per la Famiglia ai sensi dell’art. 1 comma 1252 della Legge 27 dicembre 2006 n. 296, 2 luglio 2007, disponibile on line www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/fondo_politiche_famiglia/ decreto_fondo_famiglie.pdf 80 Art. 1 decreto del Ministro per le Politiche della Famiglia, Ripartizione del Fondo delle politiche per la famiglia per l’anno 2008, 22 gennaio 2008 di- sponibile on line www.politichefamiglia.it/media/30838/dm%20riparto% 20fondo%2022%2001%2008.pdf 81 Pari a € 40.000.000 nel 2007 (art. 1 comma 1 lett. f, decreto del 2 luglio 2007, cit.) ed € 20.000.000 nel 2008 (art. 1 comma 1 lett. f, decreto del 22 gennaio 2008, cit.). A fine 2007 la parte non utilizzata delle risorse allocate per il 2007, pari ad € 22.000.000, sono state destinate ad integrazione del «Fondo per piano servizi socio-educativi» (cfr. art. 1, decreto di nuova ri- partizione del Fondo per le Politiche per la Famiglia, 19 dicembre 2007, www.politichefamiglia.it/media/19226/nuovo%20decreto%20di%20ripar to%20fondo.pdf). 82 3° Rapporto CRC 2007, pag. 14. 83 Art. 1 comma 1 lett. b, decreto del 22 gennaio 2008, cit. Nel 2007 le risor- se disponibili per il funzionamento dell’Osservatorio nazionale infanzia e del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza erano indistinte e comprese nel complessivo ammontare di € 2.500.000, comprendente la somma necessaria al funzionamento del- l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia (art. 1 comma 1 lett. b, decreto del 2 luglio 2007, cit.). Nella comunicazione inviata dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presen- te Rapporto, viene precisato che «per il biennio 2007-2008 per finanziare le attività per lo svolgimento delle funzioni del Centro nazionale di documen- tazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, è stata impegnata una som- ma pari a € 1.850.000 […] A tali risorse vanno sommate quelle a carico del Ministero della Solidarietà Sociale». 84 Istituito con decreto n. 242 del 30 Ottobre 2007, Regolamento recante «Istituzione e funzionamento dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia». (G.U. n. 298 del 24 dicembre 2007). Maggiori informazioni e testo del de- creto sono disponibili sul sito www.osservatorionazionalefamiglie.it 85 Sono stati destinati € 3.000.000 per il finanziamento dell’Osservatorio nazionale sulla Famiglia sia nel 2007 (art. 1 comma 1 lett. a, decreto del 2 luglio 2007, cit.) che nel 2008 (art. 1 comma 1 lett. a, decreto del 22 gen- naio 2008, cit.) ed € 10.000.000 nel 2007 per l’organizzazione della Confe- renza Nazionale della Famiglia finalizzata all’elaborazione del Piano nazio- nale per la Famiglia (art. 1 comma 1 lett. d, decreto del 2 luglio 2007, cit.), per la cui realizzazione è stato resa disponibile la medesima somma nel 2008 (art. 1 comma 1 lett. d, decreto del 22 gennaio 2008, cit.). 86 Art. 1 comma 1 lett. g, decreto del 22 gennaio 2008, cit. Nel Bilancio di previsione del 2007 erano complessivamente € 2.750.000 ripartite tra at- tività generiche e funzionamento dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia. 87 Art. 1 comma 1 lett. c, decreto del 22 gennaio 2008, cit. 88 Nel 3° Rapporto CRC 2007, con riferimento al bilancio di previsione per l’anno 2007, si rilevava che erano stati stanziati € 4.271.800 per spese per l’esecuzione della Convenzione de L’Aja e per spese in tema di adozione di minori stranieri; € 10.000.000 per il Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali; parte delle risorse del Fondo per le Politiche per la Famiglia avrebbero dovuto essere utilizzate per sostenere le adozioni internazionali e per il pieno funzionamento della Commissione per le Adozioni Internazio- nali (CAI). Nella comunicazione inviata dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presente Rap- porto, si evidenzia «all’esecuzione della Convenzione de L’Aja sono stati spesi € 3.711.252,96 su un ammontare complessivo di € 5.271.254,22. Le risorse del Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali sono sta- te utilizzate all’inizio del 2008». 89 Decreto del Ministro per le Politiche della Famiglia per l’istituzione di un bonus forfetario a favore delle coppie adottive, 21 dicembre 2007, disponi- bile su www.politichefamiglia.it/media/19271/decreto%20ministro% 20bonus.pdf 90 Da € 100.000.000 per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 a € 100.000.000 per l’anno 2007, € 170.000.000 per l’anno 2008 e € 100.000.000 per l'anno 2009. Art 2 comma 257 Legge 244/2007. Per l’organizzazione e il funzionamento di servizi socio-educativi per la prima infanzia destinati ai minori di età fino a 36 mesi, presso enti e reparti del Ministero della Difesa, è istituito un fondo con una dotazione di € 3.000.000 per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010. Art 2 comma 257 Legge 244/2007. mento della stesura del presente Rapporto risultano essere stati impegnati a tal fine € 774.000.00091. Persistono comunque difficoltà ad individuare l’esatta ren- dicontazione delle risorse già allocate nei suddetti settori negli anni precedenti. La Legge Finanziaria 2008 ha previsto ulteriori stanziamenti a favore dell’infanzia e dell’adolescenza, ripartiti tra diversi Ministeri. Ad esempio, per quanto riguarda i fondi di com- petenza del Ministero della Salute92, si segnala che sono stati stanziati € 70.000.00093 per la rapida esecuzione del- la vaccinazione gratuita alle ragazze dagli 11 ai 12 anni con- tro il Papilloma Virus (HPV) responsabile del cancro della cervice uterina94. Sono stati inoltre destinati complessivi € 10.000.00095 per la ristrutturazione edilizia e l’ammodernamento tecnologico nelle diagnosi neonatali. La Legge Finanziaria 2008 ha infine previsto un singolare finanziamento per iniziative volte alla tutela dei minori, «ivi compreso il sostegno all’attività» di un ente morale96. Oc- corre segnalare che tale somma era stata inizialmente indi- viduata a copertura di alcuni emendamenti proposti dalla Commissione parlamentare per l’infanzia, tra i quali l’importante istituzione del Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza97, per il quale invece non è stato più previ- sto nessuno stanziamento. A livello regionale, come già evidenziato nel 3° Rapporto CRC, si segnala la mancanza di una raccolta dati sistematica sulla quota di bilancio destinata a politiche per l’infanzia e l’adolescenza da parte delle singole Regioni. Tuttavia, le Re- gioni e le Province Autonome sono tenute a comunicare al Ministero della Solidarietà Sociale tutti i dati necessari al mo- nitoraggio dei flussi finanziari e, nello specifico, gli interventi, i trasferimenti effettuati e i progetti finanziati con le risorse del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali98. Sarebbe op- portuno che tali dati fossero resi pubblici e disaggregati, in modo tale che diventi possibile individuare la quota allocata a favore dell’infanzia e dell’adolescenza a livello regionale. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 18 4orapportodiaggiornamento2007-2008 91 Riguardo al finanziamento di tale Piano, nella comunicazione inviata dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’ag- giornamento del presente Rapporto si sottolinea che per il triennio 2007- 2009 con la Legge Finanziaria 2007 sono stati stanziati a favore del c.d. Piano nidi da parte dello Stato € 340.000.000 (di € 140.000.000 impe- gnati nel 2007 con decreto del Ministro per le Politiche della Famiglia del 28 settembre 2007, ¤40.000.000 dal Fondo per le Politiche per la Famiglia ed € 100.000.000 con Fondo per piano servizi socio-educativi, cfr. www.politichefamiglia.it/media/18879/dm_20070928_nidi.pdf), a cui so- no stati aggiunti € 50.000.000 (di cui: € 25.000.000 sono stati allocati con Decreto Legge 159/2007, convertito dalla Legge 222/2007 ed impe- gnati dal Ministro per le Politiche della Famiglia a favore delle Regioni con decreto del 7 dicembre 2007, www.politichefamiglia.it/media/22255/ dm_servizi_socioeducativi.pdf ; € 25.000.000 afferenti al Fondo per le Po- litiche per la Famiglia e riallocati dall’omonimo Ministero con decreto del 19 dicembre 2007, cit.), oltre a € 67.000.000 derivanti dalla confisca stabi- lita in occasione del patteggiamento della sanzione applicata alla Banca Popolare Italiana di Gianpiero Fiorani; a tale finanziamento statale, pari a complessivi € 457.000.000, si sommano € 282.000.000 di finanziamento regionale (di cui: € 264.000.000 stanziati con Legge Finanziaria 2007 per il triennio 2007-2009 a carico delle Regioni e delle Autonomie Locali e € 18.000.000 di cofinanziamento regionale sulla base dell’intesa concordata in sede di Conferenza Unificata del 14 febbraio 2008). Infine, per finanziare le 1.362 “sezioni primavera” (servizio educativo sperimentale rivolto ai bambini dai 2 ai 3 anni) nell’anno scolastico 2007-2008 è stato destinato un contributo statale di € 29.783.656 (messi a disposizione per € 10.000.000 dal Ministero della Pubblica Istruzione, € 10.000.000 dal Mini- stro per le Politiche della Famiglia ed € 9.783.656 dal Ministero della Soli- darietà Sociale) oltre a € 5.000.000 con l’impiego di un fondo straordina- rio del Ministero della Pubblica Istruzione, per complessivi € 35.000.000. 92 Nella comunicazione inviata dal Ministero della Salute al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presente Rapporto si legge che «per quanto ri- guarda le risorse destinate complessivamente nel 2007 per l’infanzia e l’adolescenza (0-18 anni), non risultano allocazioni specifiche in tal senso». 93 Art. 2 comma 372 Legge Finanziaria 2008. 94 Si veda anche oltre capitolo V, paragrafo «Le coperture vaccinali». 95 Così ripartiti: € 7.000.000 per l’esecuzione di un programma plurienna- le di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, destinati al potenziamento e alla creazione di unità di terapia intensiva neonatale (TIN); € 3.000.000 per l’esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, destinati all’acquisto di nuove metodiche analitiche, basate sulla spettrometria di “massa tandem”, per effettuare screening neonatali allargati, per patolo- gie metaboliche ereditarie, per la cui terapia esistono evidenze scientifiche efficaci. Art. 2 comma 280 Legge 244/2007. Alla luce di tali considerazioni il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Governo in concertazione con la Conferenza Unifica- ta di introdurre un sistema di monitoraggio per analizza- re annualmente la quota di risorse che l’Italia destina complessivamente e in modo analitico all’infanzia e al- l’adolescenza (tenendo presente le risorse stanziate dai diversi Ministeri competenti, dalle Regioni e dagli Enti Locali), come già raccomandato nel 2006 e nel 2007; 2. A ciascun Ministero di attuare e diffondere, rendendolo accessibile sul proprio sito internet, un sistema di rendi- contazione sociale, in modo che sia evidente se e come sono state utilizzate annualmente le risorse allocate con la Legge Finanziaria; 3. Al Ministero della Solidarietà Sociale di richiedere alle Regioni e alle Province Autonome, nell’ambito del moni- toraggio dei flussi finanziari e nello specifico degli inter- venti, dei trasferimenti effettuati e dei progetti finanziati con le risorse del Fondo Nazionale per le Politiche Socia- li, dati disaggregati che consentano di individuare la quota allocata a favore dell’infanzia e dell’adolescenza a livello regionale. 96 «S.O.S. - Il Telefono Azzurro Onlus». Art. 2 comma 464 Legge Finanziaria 2008, come modificato dal Decreto Legge 248/2007, c.d. Decreto Millepro- proghe 2008, art. 11 bis. L’art. 2 comma 464 inizialmente prevedeva che per l’anno 2008 fosse autorizzata la spesa di € 1,5 milioni al fine di «soste- nere e potenziare le attività di ascolto, consulenza e assistenza promosse dall’ente morale S.O.S. – Il Telefono Azzurro ONLUS a tutela dei minori in situazioni di disagio, abuso o maltrattamento». 97 Cancrini L. Infanzia: molte parole, pochi fondi L’Unità, 16 dicembre 2007, pag. 26. 98 Art. 3 decreto di riparto, cit. b) L’impegno per l’infanzia e l’adolescenza nella cooperazione internazionale La cooperazione italiana continua purtroppo a risentire di una crisi che, da anni, trova conferma nelle poche risorse dedicate all’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS). Nonostante i progressi compiuti dal Governo nel corso della XV legisla- tura, l’Italia, infatti, non sembra purtroppo essere ancora in grado di mantenere gli impegni assunti in materia di Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS), che vorrebbero un investi- mento dello 0,7% del Prodotto Interno Lordo (PIL) entro il 2015. Secondo le stime OCSE-DAC l’Italia, pur in ripresa ri- spetto al passato, è davanti soltanto alla Grecia con lo 0,20% del PIL, pari a 3 miliardi 641 milioni di dollari, desti- nato all’APS99. Dunque non è stato raggiunto nemmeno il traguardo intermedio dello 0,33% del PIL in favore dell’APS previsto per il 2006100. Un segnale positivo, va peraltro, riconosciuto nel versa- mento anticipato della quota annuale di 130 milioni di euro al Fondo Globale per la Lotta all’AIDS, Tubercolosi e Ma- laria101, accogliendo le istanze della società civile, che di- mostra la volontà del Governo di colmare i debiti accumu- lati in passato. Occorre in ogni caso segnalare che resta ancora consistente l’importo arretrato da saldare, pari a 260 milioni di euro, dal momento che il Ministero dell’Eco- nomia e delle Finanze non ha ancora provveduto all’effetti- va erogazione102. La Legge Finanziaria prevede per il 2008 un aumento pari a 100 milioni di euro dei fondi destinati all’APS gestito dal Ministero degli Affari Esteri (MAE), che passano così a 742 milioni di euro. Tuttavia le somme destinate all’APS, in tale documento, non sono riunite sotto un unico capitolo di spesa, ma sono invece ripartite tra il MAE per un terzo e il Ministero dell’Economia e delle Finanze per due terzi103. Questo è un problema più volte evidenziato, sia da orga- nizzazioni impegnate nel mondo della cooperazione allo sviluppo, sia da esponenti del mondo politico, i quali, tutti, indicano nella Istituzione di un Fondo Unico, una coerente soluzione104, peraltro, già prevista all’interno della propo- sta di riforma della cooperazione ferma in Senato al mo- mento della stesura del presente rapporto105. Nonostante, come anticipato nel 3° Rapporto CRC, il Consi- glio dei Ministri avesse proposto ad aprile 2007106 un dise- gno di legge dal quale partire, non si è trovato in Parla- mento quel consenso necessario a garantire un iter di ap- provazione rapido che permettesse di chiudere il 2007 con una riforma della cooperazione107. Si segnala invece che con delibera del 9 ottobre 2006, il MAE ha semplificato le procedure per la presentazione dei 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 19 99 Fonte: OCSE-DAC, 4 aprile 2008 (dati riferiti al 2006). www.oecd.org 100 Al fine di conseguire il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e, in particolare, la destinazione dello 0,7% del PIL per l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo entro il 2015, i Paesi Europei si sono posti quale obiettivo intermedio in occasione del Consiglio Europeo di Lisbona nel 2002 il raggiungimento dello 0,33% PIL entro il 2006. In proposito si ve- da anche: La cooperazione italiana e gli Obiettivi del Millennio. Una sfida per l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo, Documento conclusivo della missione affidata dalla Vice Ministra Patrizia Sentinelli, Sintesi del dibattito e dei contributi del Gruppo di lavoro sugli Obiettivi del Millennio coordinato da Savino Pezzotta, aprile 2007. 8. Il Comitato ONU accoglie favorevolmente l’adozione delle Linee guida della Cooperazione italia- na sull’infanzia e l’adolescenza, che forniscono una vi- sione dello sviluppo delle generazioni più giovani co- me area d’investimento. Tuttavia, il Comitato conti- nua a manifestare preoccupazione per il fatto che la Convenzione non sia applicata, come recita l’art. 4 della Convenzione, «al massimo livello consentito dalle risorse disponibili». 9. Il Comitato ONU raccomanda che l’Italia continui ad incrementare, nella massima misura possibile, le ri- sorse stanziate per i bambini e le loro famiglie e ad ef- fettuare un’analisi di tutti i bilanci totali e settoriali dello Stato parte e delle Regioni, in modo da analizza- re la quota spesa per l’infanzia, identificare le priorità e allocare le risorse «al massimo livello consentito dal- le risorse disponibili». Inoltre, il Comitato raccoman- da che l’Italia applichi questo principio alle attività svolte dalla Cooperazione internazionale allo sviluppo del Ministero degli Affari Esteri. (CRC/C/15/Add. 198, punti 8 e 9) 101 www.theglobalfund.org/it 102 Informazione stampa della Vice Ministra Sentinelli Avviare le riforme e migliorare gli strumenti giugno 2007, pag. 5. 103 Tabella C, stanziamenti autorizzati in relazione a disposizioni di legge la cui quantificazione annua è demandata alla Legge Finanziaria, allegata alla Legge Finanziaria 2008, pagg. 240, 241, 254. 104 In tal senso CINI Position paper sugli elementi chiave del Disegno di Legge Delega per la riforma della cooperazione italiana. Ed ancora dal si- to del Ministero degli Affari Esteri le Riflessioni dell’On. Patrizia Sentinelli sulla Finanziaria 2008 www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/ italiano/Speciali/forum2007/finanziaria.htm 105 La discussione del disegno di legge S 1537 «Disegno di legge delega per la riforma della cooperazione italiana» è stata limitata ad una sola Commissione parlamentare, la Commissione Esteri del Senato, nella quale le prime proposte di riforma sono state depositate, senza mai ap- prodare all’altro ramo del Parlamento. 106 Disegno di legge delega per la riforma della cooperazione italiana S 1537 approvato dal Consiglio dei Ministri nell’aprile 2007. 107 In data 26 febbraio 2007 la Commissione Esteri del Senato ha licen- ziato il testo di riforma dopo averlo ulteriormente limato e discusso, sen- za però permettere alle ONG di partecipare alle audizioni conclusive. progetti promossi dalle Organizzazioni Non Governative108, sistema tradizionalmente molto burocratico e lento nella valutazione ed approvazione dei progetti109 e sarà quindi importante monitorarne l’attuazione. In attesa di un’auspicata riforma, pertanto, ci si limita ad analizzare i dati trasmessi dal MAE ed inerenti all’impegno della cooperazione verso l’infanzia ed i giovani, i quali forni- scono un quadro chiaro delle priorità riconosciute per l’anno 2007. A tal proposito si precisa che, le risorse stan- ziate nel 2007 per progetti in favore dei minori sono state inferiori, benché di poco, rispetto a quelle del 2006. Infatti analizzando i dati trasmessi dalla Direzione Generale Coo- perazione allo Sviluppo (DGCS) del MAE110, si rileva che le risorse stanziate nel 2007 sono state € 17.849.369, ossia inferiori di € 506.948,54 rispetto al 2006. In merito alla de- stinazione di tali fondi per area geografica, si rileva un sen- sibile spostamento delle risorse allocate dall’Africa al Me- dio Oriente, per il quale quest’anno sono stati spesi € 5.523.564 a fronte di soli € 1.348.694 investiti per il conti- nente africano. Ciò che invece trova conferma ancora una volta è la tendenza del Governo a privilegiare quali desti- natari dei fondi le Organizzazione Internazionali Intergo- vernative111 cui è andato ben il 41% delle risorse, a scapito delle Organizzazioni Non Governative che di conseguenza faticano ad assumere un ruolo di primo piano nel quadro della cooperazione allo sviluppo. Infine in merito alle te- matiche riconosciute prioritarie, rispetto al 2006, si rileva una novità: tratta, sfruttamento sessuale e lavoro minorile, che erano al primo posto per investimenti con € 5.456.679,86 stanziati nel 2006, si sono invece ridotti a € 4.528.225112 nel 2007. Gli investimenti maggiori sono invece andati ai progetti di natura sociale per i quali nel 2007 sono stati destinati € 5.867.023. Anche nell’ambito della cooperazione decentrata la man- canza di una precisa scelta politica da parte delle Regioni a favore dell’infanzia e dell’adolescenza, ha portato a far re- gistrare una diminuzione delle risorse stanziate nel 2007 per progetti di cooperazione realizzati dalle Regioni in tale settore nei Paesi in via di sviluppo: secondo le risposte ad un questionario rivolte alle Regioni solo 9 Regioni, anziché 15 come nel 2006, hanno dichiarato di realizzarne113. Per assicurare un impegno costante, alcune associazioni114 hanno proposto che, anche a livello regionale, vengano adottate delle Linee guida per la cooperazione decentrata per i diritti dei bambini e degli adolescenti115. Al di là del mero profilo quantitativo, peraltro, pare oppor- tuno richiamare nuovamente l’attenzione sul concetto di qualità degli interventi, principio fondamentale richiamato dalla stessa CRC, rispetto al quale non si è avuta conferma da parte del MAE dell’esistenza e conseguente adozione di strumenti di valutazione ex ante così come ex post. Sareb- be invece auspicabile il ricorso ad indicatori chiari e misu- rabili, che garantiscano la qualità e l’impatto positivo degli interventi finanziati, analizzando in particolare il relativo beneficio finale sui minori che ne sono destinatari. Da quanto comunicato dal MAE116 pare, infatti, che al di là del- le Linee guida sui minori, che peraltro per loro natura han- no una funzione di indirizzo, non siano stati adottati altri meccanismi di valutazione che contemplino gli strumenti sopra indicati117. Un intervento di cooperazione destinato al miglioramento delle condizioni di vita di bambini do- vrebbe avere, come sancito anche dalla CRC, un “approc- cio” basato sui diritti e non sui bisogni. Tale principio, ben- ché contenuto anche nelle Linee guida sopra citate, trova difficilmente applicazione o per lo meno è difficilmente ve- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 20 4orapportodiaggiornamento2007-2008 108 Delibera sulle procedure per la valutazione, la gestione ed il moni- toraggio dei progetti promossi da ONG (9 ottobre 2006) che mira a semplificare le procedure in vigore, con l’obiettivo minimo di dimezza- re i tempi tra la presentazione di un progetto ONG e la sua approva- zione. Per la prima volta sono fissati tempi certi (165 giorni) per l’approvazione dei progetti da parte degli Uffici (compresi gli Uffici di cooperazione all’estero). Sono state adottate semplificazioni dei for- mati dei progetti, ridotti i passaggi tra gli Uffici e adottati indicatori fi- nanziari più flessibili per una gestione più adeguata ai contesti. Tratto da Sentinelli P. Avviare le riforme e migliorare gli strumenti. At- tività e risultati del primo anno di Governo disponibile sul sito www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/italiano/Pubblicazioni /pdf/Attivita_risultati_2006-07.pdf 109 Nella prassi l’attesa per la valutazione ed approvazione di un pro- getto da parte del MAE ha una durata media di 15 -36 mesi. La Vice Ministra Sentinelli, in un comunicato del giugno 2007, ha confermato che la durata media era di due anni. Cfr. Sentinelli P. Avviare le rifor- me e migliorare gli strumenti. Attività e risultati del primo anno di Go- verno cit. 110 I dati sono stati forniti dall’Unità Tecnica Centrale (UTC) del Mini- stero degli Affari Esteri. 111 Per conoscere l’elenco delle Organizzazioni a cui si fa riferimento si ve- da www.esteri.it/MAE/IT/Politica_Estera/Organizzazioni_Internazionali/ 112 L’ammontare degli altri finanziamenti per tematica sono: diritti dei mi- nori: € 1.606.686; educazione: € 788.898; educazione–formazione: € 77.306; formazione: € 75.851; sanità: € 1.602.323; socio–economica: € 773.179; socio–educativa: € 513.000; vittime violenza € 2.016.878. 113 Coordinamento PIDIDA Rapporto 2007. Diritti dell’infanzia e dell’ado- lescenza: l’analisi delle politiche regionali. La parola alle Regioni luglio 2007. 114 Coordinamento PIDIDA. 115 Coordinamento PIDIDA Verso delle Linee Guida regionali sulla coope- razione decentrata per l’infanzia e l’adolescenza disponibili sul sito www.infanziaediritti.it 116 Comunicazione del febbraio 2008, UTC MAE. 117 Tale approccio è richiamato dalle Nazioni Unite; per un’esposizione sintetica si veda: OHCHR Frequently asked questions on a human rights based approach to development cooperation United Nations, New York and Geneva, 2006; CRIN Rights based programming in www.crin.org/hrbap/. Infine, Save the Children Child programming – How to apply rights based approaches to programming, 2005. rificabile, in assenza di uno strumento di valutazione che ne garantisca l’applicazione. Infine, sempre in merito alla qualità degli interventi, si sottolinea che un’attenzione par- ticolare ai diritti dell’infanzia dovrebbe essere trasversale in tutti i progetti al di là che siano o meno destinati specifi- catamente ai minori (mainstreaming). Tra le problematiche che maggiormente affliggono l’infanzia nel mondo emerge lo sfruttamento del lavoro minorile. Anche se la nostra cooperazione cerca già di af- frontare il problema, sarebbe necessaria un’attenzione maggiore, che possa tradursi nell’aumento delle risorse in favore di progetti che mirino alla prevenzione dello sfrutta- mento ed al recupero dei minori che ne sono vittima. Dai dati resi noti dal MAE non è stato possibile comparare le ri- sorse messe a disposizione a tal fine nel 2006 con quelle del 2007, poiché il “lavoro minorile” nel 2006 era compre- so in un capitolo comprendente altre categorie118 di pro- getti. Si evidenzia che un forte stimolo ad un’azione orga- nica viene anche dalla Risoluzione approvata dal Parla- mento Europeo il 16 gennaio 2008: «Verso una strategia dell’Unione Europea sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adole- scenza»119 che condanna tutte le forme di sfruttamento del lavoro minorile, e non solo le peggiori, indicando l’educazione come via di uscita120. 3. COORDINAMENTO A LIVELLO ISTITU- ZIONALE E TRA ISTITUZIONI E ONG In materia di coordinamento tra le istituzioni, sia a livello centrale sia locale, la XV Legislatura si è contraddistinta per la sovrapposizione di più Ministeri, Organismi, Enti121 non solo in merito alla programmazione, bensì anche relativa- mente all’attuazione ed al monitoraggio delle azioni relative 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 21 Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Parlamento di riprendere ed approvare entro il 2008 il disegno di legge delega per la riforma del sistema del- la cooperazione italiana; 2. Al Parlamento di prevedere all’interno della prossima Legge Finanziaria un Fondo Unico per l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo, in cui siano fatte convergere tutte le risor- se ad esso dedicate, e che preveda una quota di risorse da stanziare specificatamente in favore del finanziamen- to di progetti per l’infanzia e l’adolescenza; 3. Al Ministero degli Affari Esteri, DGCS, di adottare per la valutazione dei progetti destinati all’infanzia strumenti chiari di valutazione ex ante e ex post, che permettano di garantire l’efficacia degli interventi stessi ed il positi- vo impatto sui minori cui si riferiscono. 118 Nel 2006 gli investimenti per progetti contro lo sfruttamento del lavo- ro minorile erano riuniti insieme a tratta e sfruttamento sessuale. 119 Si vedano gli artt. 120 - 122 della risoluzione, consultabile per intero sul sito www.europarl.europa.eu 120 Nella risoluzione si auspica un maggior impegno della Commissione Europea per includere il tema nelle discussioni in corso nell’ambito della riforma degli accordi commerciali (come gli EPA, in discussione con i Go- verni Africani). Assai innovative le raccomandazioni sul tema della Re- sponsabilità sociale delle imprese affinché si assicuri il monitoraggio del- le filiere produttive; ciò può avere effetti positivi, non solo sulla elimina- zione dello sfruttamento del lavoro minorile dai prodotti venduti nella UE, ma anche da tutti gli altri prodotti e servizi usati nei Paesi in cui è più alto il numero di bambini ed adolescenti sfruttati. 10. Il Comitato ONU accoglie favorevolmente l’istituzione di un Osservatorio nazionale sull’infanzia e l’adolescenza (Legge 451/97) con il compito di coordi- nare le politiche e i programmi sull’infanzia a livello na- zionale, regionale e locale. Il Comitato prende atto, inoltre, che questo Osservatorio nazionale sia incaricato, ogni due anni, di tracciare una bozza del Piano naziona- le di azione per l’infanzia e l’adolescenza al fine di stabi- lire le priorità e coordinare tutte le azioni riguardanti l’infanzia. Inoltre, il Comitato prende atto degli incon- tri regolari della Conferenza Stato-Regioni, finalizzati a coordinare le attività tra lo Stato e le Regioni e a moni- torare l’attuazione delle politiche in ambito regionale e nazionale. Il Comitato rileva con preoccupazione che questo coordinamento non è sufficiente e che alcune questioni specifiche sono coordinate al di fuori dell’Os- servatorio nazionale. Il Comitato esprime, inoltre, preoccupazione per la mancanza di un coordinamento strutturato con le ONG. (CRC/C/15/Add.198, punto 10) 8. Il Comitato ONU invita l’Italia a migliorare il coordinamento, a livello sia centrale che locale, in tut- ti i settori interessati dal Protocollo Opzionale […] (CRC/C/OPSC/ITA/CO/1, punto 8)* * Traduzione in italiano delle Osservazioni Conclusive del Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza indirizzate all’Italia in merito al- l’attuazione dei due Protocolli Opzionali alla CRC, giugno 2006, a cura del Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CIDU), pubblicata da UNICEF Italia. 121 Il Ministero della Solidarietà Sociale, il Ministro per le Politiche della Famiglia, il Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive, il Di- partimento per i Diritti e le Pari opportunità, il Ministero del Lavoro e del- la Previdenza Sociale, il Ministero dell’Interno, il Ministero degli Affari Esteri, il Ministero della Giustizia, il Ministero della Pubblica Istruzione, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero della Salute, l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, l’Osservatorio Na- zionale sulla Famiglia, il Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CI- DU), il Comitato interministeriale di coordinamento per la lotta alla pedo- filia (CICLOPE), la Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI), l’Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi ad essa con- nessi, la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro fa- miglie, i diversi Comitati/Tavoli interministeriali e non su tematiche spe- cifiche, come il contrasto allo sfruttamento del lavoro minorile o la tratta degli esseri umani. alla promozione e alla tutela dei diritti dell’infanzia e del- l’adolescenza. Pur trattandosi, evidentemente, di temati- che trasversali, il moltiplicarsi dei luoghi in cui il coordina- mento sui suddetti temi dovrebbe essere garantito ed i ri- tardi nella nomina e nella convocazione delle strutture di coordinamento già previste per legge, hanno provocato indubbiamente numerose difficoltà, lentezza e burocratiz- zazione nell’adozione e nella realizzazione dei programmi inerenti l’infanzia e l’adolescenza; a ciò si aggiunge la convocazione sporadica di alcuni organismi122. Da questo punto di vista merita ricordare che analoga frammentazio- ne si può riscontrare anche a livello regionale e locale, ove si ripropongono esigenze di coordinamento per ottimizza- re le risorse e le politiche per l’infanzia123. Il Regolamento di riordino, con relativo Decreto124, e la conseguente riconvocazione125 del nuovo Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, che, grazie alla sua composizione variegata126 risulta essere il luogo più adatto ad assicurare una azione di coordinamento struttu- rata ed efficace, è stato indubbiamente un importante passo compiuto dal Governo nella XV Legislatura. All’in- terno dell’Osservatorio vi sono rappresentanti della Con- ferenza Stato-Regioni che possono garantire un raccordo tra l’Osservatorio e la Conferenza. Tra i componenti del- l’Osservatorio sono stati nominati sei rappresentanti indi- cati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni, tre rap- presentanti dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italia- ni (ANCI), un rappresentante dell’Unione Province Italiane e un rappresentante dell’Unione Nazionale delle Comunità Montane127. È previsto che le amministrazioni centrali del- lo Stato, le Regioni e gli Enti Locali si coordinino con l’Osservatorio ai fini dell’elaborazione del Piano Nazionale Infanzia affinché venga adottata ogni misura volta a quali- ficare l’impegno finanziario per perseguire le priorità e le azioni previste dal Piano stesso128. La periodicità con cui l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza si è riunito dallo scorso autunno fino al momento della stesu- ra del presente Rapporto129, costituisce una premessa ot- timale per i compiti che l’Osservatorio è chiamato a svol- gere, il più importante dei quali consiste nella stesura del nuovo «Piano Nazionale di azione e di interventi per la tu- tela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evoluti- va»130 (cd. Piano Nazionale Infanzia), così come previsto dalla Legge istitutiva 451/1997131 e dal sopra citato Rego- lamento di riordino132. Si sottolinea anche l’attenzione re- centemente rivolta dall’Osservatorio al diritto all’ascolto dei minori133 ed alle esperienze di partecipazione134 speri- mentate in Italia da singole associazioni e/o da coordina- menti di associazioni135. Relativamente ad altri luoghi deputati al coordinamento di attività specifiche si cita: il Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CIDU), il Comitato Interministeriale di Coor- dinamento per la lotta alla pedofilia (CICLOPE), l’Osservatorio nazionale sulla Famiglia136, il Tavolo inter- ministeriale in materia di contrasto allo sfruttamento del lavoro minorile137, il Tavolo interministeriale sulla respon- sabilità sociale delle imprese138, il Comitato sulla tratta i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 22 4orapportodiaggiornamento2007-2008 122 Ad esempio CICLOPE si è riunito in seduta plenaria solo una volta nel 2007, il Comitato di coordinamento delle azioni di Governo contro la tratta degli esseri umani presso il Dipartimento per i Diritti e le Pari Op- portunità nel 2007 si è riunito solo in data 18 aprile 2007. 123 Cfr. al riguardo con quanto dichiarato dalle Regioni e raccolto nel Rapporto «I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: l’analisi delle politi- che regionali. La parola alle Regioni» a cura del Coordinamento PIDIDA, 2007, pagg.73 e ss. 124 Si veda DPR 103/2007 «Regolamento di riordino dell’Osservatorio nazionale infanzia e del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza». 125 L’Osservatorio è stato ricostituito e riconvocato per la prima volta, nella XV Legislatura, il 31 Ottobre 2007. 126 Si veda art. 2 del DPR 103/ 2007. L’Osservatorio è organismo di coor- dinamento fra l’amministrazione centrale, le Regioni, gli Enti Locali, le as- sociazioni, gli Ordini professionali e le Organizzazioni Non Governative. 127 Art. 2 comma 1 lett. d) – g) DPR 103/2007. 128 Art. 1 comma 3 DPR 103/2007, cit. 129 Per conoscere lo sviluppo delle attività dell’Osservatorio si veda www.solidarietsociale.gov.it/solidarietasociale/ms/osservatori/osserva torioinfanziaeadolescenza 130 L’ultimo Piano Nazionale Infanzia copriva il biennio 2002- 2004. L’attuale Osservatorio al momento della stesura del presente Rapporto sta lavorando ad un nuovo Piano Nazionale Infanzia. 131 Art. 2 Legge 451/1997 «Istituzione della Commissione parlamentare per l’infanzia e dell’Osservatorio Nazionale per l’Infanzia». 132 Cfr. art. 1, comma 2 del DPR 103/2007. Si veda oltre paragrafo «Piano Nazionale infanzia». 133 Nel 2006 il Ministero della Solidarietà Sociale e la Commissione parla- mentare per l’infanzia hanno avviato un percorso con il Coordinamento PIDIDA per il coinvolgimento di bambini e ragazzi nella definizione del nuovo Piano Nazionale Infanzia. 134 Si veda oltre capitolo II, paragrafo «La partecipazione dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze». 135 Il Gruppo di lavoro sulla partecipazione dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, ha espresso la volontà di approfondire la propria conoscenza delle esperienza partecipative dei ragazzi italiani, auspicando una audizione con i ragazzi del Coordinamento PIDIDA che avevano partecipato al «Forum dei bambini e dei ragazzi» tenutosi a Fi- renze nel 2006 e organizzato dal Coordinamento PIDIDA - Gruppo di la- voro sulla partecipazione dei ragazzi e delle ragazze e dall’Istituto degli Innocenti. 136 L’Osservatorio è stato istituito con regolamento del Ministro per le Politiche della Famiglia del 30 ottobre 2007 n. 242; il suo compito preci- puo è di elaborare il Piano Nazionale della Famiglia. 137 Riconvocato nel settembre 2007 dal Ministero della Solidarietà Socia- le e dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, il Tavolo ha lavo- rato all’aggiornamento della «Carta degli impegni per promuovere i dirit- ti dell’infanzia e dell’adolescenza ed eliminare lo sfruttamento del lavoro minorile» adottata nel 1998. 138 Convocato per la prima volta il 24 luglio 2007 dal Ministero della Soli- darietà Sociale con lo scopo di sviluppare il programma nazionale per la responsabilità sociale e di impresa, nonché di preparare una Conferenza nazionale multistakeholder. degli esseri umani139, l’Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi ad essa connessi140, la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie141. In generale, in merito al metodo di lavoro dei suddetti Tavoli/Comitati, si sottolinea l’apertura, riscontra- ta durante la XV Legislatura, verso le associazioni del Terzo Settore che, a diverso titolo, si occupano di promuovere e tutelare i diritti umani e, nello specifico, quelli dell’infanzia e dell’adolescenza; apertura che si è manifestata sia attra- verso l’inclusione delle associazioni nella composizione dei Tavoli/Comitati, sia attraverso la loro audizio- ne/consultazione su tematiche specifiche142. Pur non essendo un vero e proprio luogo di coordinamento, non bisogna dimenticare il ruolo di impulso svolto dalla Commissione parlamentare per l’infanzia143 durante la XV Legislatura. La Commissione si è riunita con regolarità nel corso di tutta la Legislatura, ha organizzato diversi seminari di approfondimento/tavole rotonde, anche in collaborazio- ne con le associazioni del Terzo Settore144, che ha coinvolto nelle sue attività, ha portato avanti nel corso del 2007 due indagini conoscitive145, di cui una particolarmente rilevante rispetto alla tematica in trattazione, in quanto avente per oggetto gli strumenti di coordinamento istituzionale delle politiche dell’infanzia e dell’adolescenza. Si evidenzia inol- tre l’interesse della Commissione parlamentare per l’infanzia per il lavoro di monitoraggio svolto dal Gruppo CRC, che si è concretizzato nell’audizione di una delegazio- ne del Gruppo CRC in occasione della pubblicazione del 3° Rapporto CRC e relativa conferenza stampa nel corso della quale la Presidente ha ribadito il proprio impegno a farsi ca- rico di alcune delle questioni sollevate in tale sede146. An- che la Commissione ha riconosciuto l’importanza del diritto all’ascolto dei minori ed ha avviato una collaborazione in tal senso con le associazioni che hanno sperimentato significa- tive esperienze di partecipazione dei ragazzi147, con l’obiettivo di siglare con esse un protocollo per istituziona- lizzare un ascolto autentico e strutturato dei ragazzi/e nel corso dei propri lavori. La caduta del Governo ha interrotto i lavori della Commissione, ma l’auspicio è che con l’insediarsi del nuovo Parlamento si provveda senza indugi alla convocazione della nuova Commissione parlamentare per l’infanzia in modo da poter garantire una continuità del- la stessa ed il riavvio dei lavori148. Per quanto riguarda il CIDU, il Gruppo CRC ha apprezzato l’impegno assunto e rispettato di tradurre in italiano e di- stribuire le Osservazioni Conclusive indirizzate all’Italia nel 2006 dal Comitato ONU sui diritti dell’infanzia sullo stato di attuazione dei due Protocolli Opzionali alla CRC149. Il con- fronto avviato con il Gruppo CRC nel 2006 è proseguito an- che nel 2007 con la presentazione ai componenti del CIDU dei contenuti del 3° Rapporto CRC150 e con l’impegno di ga- rantire continuità al percorso avviato, anche in vista della presentazione del prossimo Rapporto governativo al Comi- tato ONU, calendarizzato per ottobre 2008. 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 23 139 Istituito presso Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità presso (DPO) della Presidenza del Consiglio dei Ministri tramite DM del 21 mar- zo 2007 e registrato il 5 luglio 2007. Presso lo stesso Dipartimento risul- ta operativo sullo stesso tema anche la Commissione interministeriale per il sostegno alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento, isti- tuita con decreto del 30 ottobre 2007. 140 Istituito con decreto del 18 gennaio 2007 presso il Ministero dell’In- terno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza. 141 Costituita il 14 marzo 2000 con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, è stata riconvocata il 27 febbraio 2007 presso il Ministero della Solidarietà Sociale. 142 Ad esempio, sono stati chiamati a far parte del Tavolo Interministeria- le di contrasto allo sfruttamento del lavoro minorile il Coordinamento PI- DIDA, Italianats, Manitese, Save the Children Italia. 143 La Commissione parlamentare per l’infanzia è composta da un nume- ro pari di deputati e senatori; ha compiti di indirizzo e di controllo sull'at- tuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e riferisce alle Camere almeno una volta l’anno sui risultati della propria attività formulando osservazioni e pro- poste sulla vigente legislazione, con particolare attenzione all'adegua- mento alla normativa comunitaria e internazionale. La Commissione esprime un parere sul Piano di azione per la tutela dei diritti e dello svi- luppo dei soggetti in età evolutiva, predisposto dall’Osservatorio nazio- nale per l’infanzia e l’adolescenza. 144 Si veda, Seminario di studio del 25 giugno 2007 Verso un Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, organizzato in collaborazione con l’UNICEF Italia; il Seminario del 29 ottobre 2007 La violenza sui bambini e sulle bambine in collaborazione con Save the Children Italia e la pre- senza dell'esperto indipendente delle Nazioni Unite che ha curato lo Stu- dio globale sulla violenza sui bambini, Paulo Sérgio Pinheiro; i seminari del 16 luglio e 8 ottobre 2007, Adozione e affidamento: proposte a con- fronto, nonché il ciclo di seminari Bambini, adolescenti e media avviato il 3 dicembre 2007 con il Seminario Bambini e adolescenti sulla carta stampata e proseguito il 29 gennaio 2008 con Bambini, Adolescenti e va- lore del libro. Atti disponibili sul sito www.parlamento.it/bicamerali/infanzia/2830/ 2900/sommariobicamerali.htm 145 Indagine conoscitiva in materia di adozione, affidamento familiare e sostegno a distanza; indagine conoscitiva in materia di strumenti di coor- dinamento istituzionale delle politiche dell’infanzia e dell’adolescenza. 146 Il resoconto stenografico dell’audizione è disponibile al link www.parlamento.it/documenti/repository/adolescenza-008d.PDF 147 Associazioni del Gruppo di lavoro sulla partecipazione dei ragazzi e delle ragazze del Coordinamento PIDIDA. 148 Si ricorda che la Commissione parlamentare per l’infanzia della XV le- gislatura si è insediata ufficialmente il 25 ottobre 2006 con l’elezione della Presidente, dei due Vice Presidenti e dei due Segretari. 149 Le Osservazioni Conclusive del 2006 sono state tradotte in collabora- zione con UNICEF Italia e sono disponibili sul sito www.unicef.it/flex/ FixedPages/IT/Pubblicazioni.php/L/IT. Si segnala però che esse non so- no disponibili sul sito web del Ministero degli Affari Esteri, sede del CIDU. 150 Il 25 giugno 2007 una delegazione del Gruppo CRC ha incontrato i componenti del CIDU per illustrare loro i contenuti del 3° Rapporto CRC. Una delegazione del Gruppo CRC è stata anche invitata, in data 4 feb- braio 2008, ad un incontro per la Preparazione della discussione del XIV-XV Rapporto periodico dell’Italia sull’attuazione della Convenzione ONU sull’eliminazione della discriminazione razziale (Ginevra, 20-21 febbraio 2008). Rispetto a CICLOPE, invece, si evidenzia come, pur essen- do l’organo formalmente attivo e pur essendo stata nomi- nata nel 2005 la Consulta delle associazioni, esso risulta non essersi più riunito in sede plenaria dal febbraio 2007, e le associazioni della Consulta mai convocate. Si ricorda poi che con la Legge 38/2006 sono stati creati due nuovi organismi. Il Centro nazionale per il contrasto della pedo-pornografia sulla rete Internet istituito presso il Ministero dell’Interno, la cui struttura è stata inaugurata nel febbraio 2008. Non è stata invece formalizzata la costi- tuzione dell’altro organismo previsto dalla Legge 38/2006, l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pe- do-pornografia minorile, insediato presso il Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consi- glio dei Ministri, nonostante esso sia stato disciplinato in modo organico con Regolamento del Ministro per le Politi- che della Famiglia151 entrato in vigore il 5 gennaio 2008. L’Osservatorio dovrebbe predisporre un Piano nazionale di prevenzione e contrasto dell’abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori, che costituisce parte integrante del Piano Nazionale Infanzia. Infine, per quanto concerne il coordinamento tra Stato centrale e Regioni, si segnala, la mancata definizione da parte dello Stato dei livelli essenziali delle prestazioni con- cernenti i diritti civili e sociali (LIVEAS)152, in violazione del principio di non discriminazione in quanto si rischia di at- tuare i diritti in maniera difforme a seconda della Regione in cui vivono i minori153, nonché la mancata valorizzazione del potenziale ruolo che sia la Conferenza Stato-Regioni sia la Conferenza delle Regioni e Province Autonome po- trebbero assumere nell’attuazione delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza. Sarebbe pertanto auspicabile che la Conferenza Stato-Regioni istituisse al suo interno un gruppo di lavoro/comitato con funzioni di raccordo rispet- to alla programmazione e all’attuazione delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza154. Nel rapporto tra Stato e Re- gioni, infatti, la riforma del Titolo V, parte II della Costitu- zione, e la conseguente potestà legislativa esclusiva delle Regioni in materie come le politiche sociali, ha rappresen- tato un elemento di attrito con il Governo centrale. Infine, si segnala positivamente che il Regolamento di rior- dino dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza ha previsto155 che le Regioni, in accordo con le Province Autonome di Trento e Bolzano, adottino idonee misure di coordinamento degli interventi locali di raccolta e di elaborazione di tutti i dati relativi alle condizioni dell’in- fanzia e dell’adolescenza in ambito regionale e in particola- re i dati relativi a: a) la condizione sociale, economica, sa- nitaria e psicologica dell’infanzia e dell’adolescenza; b) le risorse finanziarie e la loro destinazione per aree di inter- vento nel settore; c) la mappa dei servizi territoriali e le ri- sorse attivate dai privati. È inoltre disposto che tali dati vengano acquisiti entro il 30 aprile di ogni anno. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 24 4orapportodiaggiornamento2007-2008 Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Governo di individuare un unico Ente cui ricondurre il coordinamento delle politiche relative ai diritti dell’in- fanzia e dell’adolescenza, evitando che le relative azio- ni di programmazione, attuazione, monitoraggio, siano affidate a più Enti/Ministeri senza che sia garantito tra essi un effettivo raccordo, ed assicurare le risorse eco- nomiche ed umane necessarie, la pubblicità dei lavori e dei documenti prodotti, prevedendo l’apertura verso le associazioni in veste di membri permanenti e/o con ruolo consultivo; 2. Al Ministero della Solidarietà Sociale di assicurare, anche attraverso adeguato risorse economiche, la con- tinuità del lavoro e la riunione periodica dei diversi gruppi di lavoro del neo convocato Osservatorio nazio- nale per l’infanzia e l’adolescenza, prevedendo i neces- sari meccanismi di raccordo con il livello regionale e il coinvolgimento strutturato dei ragazzi/e nei lavori del- l’Osservatorio; 3. Al Parlamento di individuare gli strumenti legislativi con cui armonizzare le diverse normative che si sono succedute negli ultimi anni e che hanno modificato l’ordinamento giuridico (Legge 451/1997 e Legge Costi- tuzionale 3/2001 di riforma del Titolo V, parte II della Costituzione), in modo da garantire l’effettiva attuazio- ne della CRC, ai sensi dell’art. 117 comma 1 della Costi- tuzione. 151 DM 240/2007. 152 La definizione dei LIVEAS è prevista dall’art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione (modificato con Legge Cost. 3/2001) e introdotta in se- guito all’entrata in vigore della Legge 328/2000 «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali». 153 Cfr. UNICEF Italia Follow up del documento Un impegno per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza Roma, marzo 2008, disponibile on-line www.unicef.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4329 154 Facoltà prevista dall’art. 7 comma 2 Dlgs. 281/1997 «Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rap- porti tra lo Stato le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle Re- gioni, delle province e dei Comuni, con la Conferenza Stato – Città ed au- tonomie locali». 155 Art. 1 comma 4 DPR 103/2007. 4. PIANO NAZIONALE INFANZIA Nonostante al momento della stesura del presente Rap- porto non sia ancora stato elaborato e approvato un Piano Nazionale Infanzia, nel corso del 2007 ci sono state impor- tanti novità che si ritiene opportuno evidenziare. Innanzitutto, è stato ricostituito e riorganizzato l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, l’organo incaricato di predisporre ogni due anni il Piano Nazionale. Nel Regolamento che ne ha disciplinato la rior- ganizzazione e il funzionamento156 sono contenute impor- tanti indicazioni non solo rispetto ai contenuti che dovrà avere tale Piano, ma anche relativamente alle modalità con cui dovrà essere elaborato. In particolare, si evidenzia che, come auspicato nel 3° Rapporto CRC, il Piano dovrà indivi- duare «le modalità di finanziamento degli interventi da es- so previsti, nonché le forme di potenziamento e di coordi- namento delle azioni svolte dalle pubbliche amministrazio- ni, dalle Regioni e dagli Enti Locali». Inoltre, in fase di ela- borazione del Piano le amministrazioni centrali, le Regioni e gli Enti Locali dovranno coordinarsi con l’Osservatorio «af- finché venga adottata ogni misura volta a qualificare l’impegno finanziario per perseguire le priorità e le azioni previste dal Piano stesso» e ai fini dell’adozione del Piano è richiesto il parere della Conferenza Unificata. Tali previsioni risultano essere fondamentali nell’ottica di riuscire a garan- tire un efficace raccordo tra politiche locali e nazionali. Infatti, in seguito alla modifica del Titolo V, parte II della Costituzione157 e del conseguente trasferimento di compe- tenze dallo Stato centrale alle Regioni in molte materie tra cui le politiche sociali, comprese le stesse politiche per l’infanzia. Si era sollevata la questione del se e quale valo- re avesse per le Regioni il suddetto Piano Nazionale Infan- zia, considerato che lo strumento del Piano Nazionale In- fanzia era stato introdotto dalla Legge 451/1997, antece- dente la citata riforma della Costituzione, e mai modificata. Inoltre anteriormente alla riforma della Costituzione, era stata varata anche la Legge 328/2000, la quale andava ad “assorbire” la Legge 285/1997 che, fino a quel momento, costituiva il principale strumento attuativo del Piano Nazio- nale stesso e prevedeva un Fondo vincolato (cd. Fondo Na- zionale Infanzia) per la promozione dei diritti e delle oppor- tunità dell’infanzia e dell’adolescenza, mentre la Legge 328/2000 ha istituito un unico Fondo Nazionale per le Poli- tiche Sociali158, in cui non sono previste quote vincolate per l’infanzia e l’adolescenza, se non per le 15 città riserva- tarie ex Legge 285/1997159. In questo contesto risulta dunque necessario, un interven- to di armonizzazione del dettato della Legge 451/1997 con quanto previsto dalla Legge 328/2000 e dalla successiva riforma della Costituzione, prevedendo ad esempio un meccanismo che permetta di integrare le previsioni del fu- turo Piano Nazionale Infanzia nei Piani regionali, anche at- traverso un effettivo processo di coordinamento in sede di Conferenza Stato-Regioni in modo da armonizzare lo stru- mento di pianificazione nazionale con quelli regionali. Per quanto riguarda l’elaborazione del Piano Nazionale In- fanzia si segnala che il 31 ottobre 2007, in occasione della prima riunione dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, il Comitato tecnico-scientifico del Centro na- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 25 156 DPR 103/2007 «Regolamento recante riordino dell’Osservatorio na- zionale per l’infanzia e l’adolescenza e del Centro nazionale documenta- zione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza». 157 Cfr. Legge Cost. 3/2001. 158 Art. 2 Legge 328/2000. 159 Art. 2 Legge 285/1997. 12. Il Comitato ONU prende atto che il nuovo Piano d’azione per l’infanzia sta per essere discusso dal Parla- mento e che lo Stato parte prende in considerazione la possibilità di elaborare un ulteriore piano per l’attuazione di A World Fit for Children (un mondo a misura di bambino) il documento finale della Sessione Speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dedicata all’infanzia (UNGASS). Il Comitato esprime preoccupazione per le possibili discrepanze tra i due summenzionati piani. 13. Il Comitato raccomanda che l’Italia: (a) solleciti l’analisi del Piano nazionale d’azione al fine della sua adozione; (b) garantisca l’armonizzazione tra il Piano nazionale d’azione e il piano per l’attuazione del documento finale dell’UNGASS; (c) controlli in modo efficace, valuti i progressi rag- giunti e verifichi l’impatto sui bambini delle politi- che adottate. (CRC/C/15/Add. 198, punti 12 e 13) 10. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di rafforza- re il suo impegno per finalizzare, adottare ed attuare, in consultazione e cooperazione con i principali attori in- teressati, inclusa la società civile, un piano nazionale d’azione per l’infanzia, predisponendo una specifica al- locazione di risorse e un adeguato meccanismo di moni- toraggio per la sua piena attuazione. (CRC/C/OPSC/ITA/CO/1, punto 10) zionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza ha proposto uno Schema di Piano di Azione per l’infanzia e l’adolescenza160, in cui sono illustrate le ca- ratteristiche che il nuovo Piano dovrebbe presentare. Tra queste si ritiene importante evidenziare la previsione di un sistema di monitoraggio del benessere dell’infanzia e del- l’adolescenza, che si potrebbe attuare anche attraverso la realizzazione di una mappa dei servizi e degli interventi ef- fettuati a livello nazionale. Nello schema risulta essere valo- rizzata la partecipazione dei bambini e degli adolescenti e viene presa in debita considerazione anche la dimensione di genere. Tra le aree tematiche considerate prioritarie si ri- levano il contrasto alla povertà, inteso in senso ampio, ov- vero comprensivo delle azioni di prevenzione della disper- sione scolastica e dello sfruttamento del lavoro minorile, nonché l’attenzione per i minori appartenenti ai gruppi più vulnerabili (minori stranieri, accompagnati e non, richieden- ti asilo, rom, sinti e camminanti), tutte ampliamente trattate nel presente e nei precedenti Rapporti CRC. Infine, secondo il cronogramma presentato, il Piano avrebbe dovuto essere predisposto entro la fine del mese di maggio 2008, adotta- to a giugno e iniziato ad essere attuato a luglio. 5. IL GARANTE NAZIONALE PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA Nonostante le innumerevoli sollecitazioni che ormai da anni sono rivolte in tal senso, da più parti162, all’Italia, in merito alla necessità che essa si doti al più presto di un’Istituzione nazionale indipendente per la promozione e la tutela dei di- ritti dell’infanzia e dell’adolescenza, nemmeno nel corso della XV Legislatura il Parlamento italiano è giunto all’ap- provazione del disegno di legge sulla creazione del Ga- rante per l’infanzia e l’adolescenza. Resta ancora disatteso perciò, non solo il dettato costituzionale163, ma anche le di- sposizioni contenute in numerosi documenti nazionali, eu- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 26 4orapportodiaggiornamento2007-2008 160 Disponibile sul sito dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza www.solidarietasociale.gov.it/NR/rdonlyres/FE602B64-49C7-45E0- 9B6E-A6ED271D31A6/0/TelaioPianoazione31ottobre2007pdf.pdf 161 La traduzione di tale documento a cura di UNICEF Italia è disponibile su www.unicef.it/flex/FixedPages/IT/Pubblicazioni.php/L/IT/Item/53/ frmIDCategoria/5/frmIDArgomento/ 162 Cfr. Osservazioni Conclusive indirizzate all’Italia dal Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel 2003, punti 14 e 15 e nel 2006, punto 17; Osservazioni Conclusive indirizzate all’Italia dal Comitato ONU sull’eliminazione della discriminazione razziale nel 2008, punto 13; Os- servazioni conclusive indirizzate all’Italia dal Comitato ONU contro la tor- tura nel 2007, punto 8. Anche l’UNICEF Italia, il Coordinamento PIDIDA, l’Accademia Nazionale dei Lincei, il Gruppo CRC, i Garanti regionali per i diritti dell’infanzia del Veneto,del Friuli Venezia Giulia e delle Marche hanno a più riprese organizzato incontri e presentato proposte per solle- citare l’approvazione dei disegni di legge per l’istituzione del Garante na- zionale per l’infanzia e l’adolescenza. 163 Cfr. art. 31 comma 2 Cost. Il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Governo di adottare quanto prima il Piano Nazionale Infanzia, secondo le indicazioni contenute nel DPR 103/2007. di parte di un’istituzione nazionale indipendente per i diritti umani (Cfr.: Commenti Generali n. 2 del Co- mitato sul ruolo delle istituzioni indipendenti per i di- ritti umani) e in conformità con quanto stabilito dai Principi di Parigi relativi allo status delle istituzioni na- zionali per la promozione e protezione dei diritti uma- ni (Risoluzione dell’Assemblea Generale 48/134) per monitorare e valutare i progressi nell’attuazione della Convenzione. La struttura dovrebbe essere accessibile ai bambini, dotata del potere di ricevere ed effettuare accertamenti sui ricorsi relativi a violazioni dei diritti del bambino con la dovuta sensibilità, e dotata dei mezzi necessari per la loro efficace attuazione. Il Co- mitato, inoltre, raccomanda lo sviluppo di appropriati raccordi tra le istituzioni nazionali e regionali. (CRC/C/15/Add. 198, punti 14 e 15) 17. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di com- pletare l’impegno per istituzione nazionale indipen- dente competente per promozione diritti infanzia e che tale istituzione nazionale sarà facilmente accessi- bile ed attivabile per tutti i minori. Il Comitato ri- chiama l’attenzione dell’Italia sul Commento Genera- le n. 2 (CRC/GC/2002/2161) sul ruolo delle istituzio- ni nazionali indipendenti per i diritti umani, per la protezione e promozione dei diritti dell’infanzia. (CRC/C/OPSC/ITA/CO/1, punto 17) 14. Il Comitato ONU prende nota dell’istituzione di Uffici del difensore pubblico dell’infanzia in quattro Regioni e degli sforzi compiuti affinché venga istitui- to un difensore per l’infanzia a livello nazionale (tra cui i disegni di legge pendenti in Parlamento), ma ve- de con preoccupazione la mancanza di un meccani- smo centrale indipendente per il controllo dell’appli- cazione della Convenzione, incaricato di ricevere e in- dirizzare i ricorsi individuali di bambini ai livelli re- gionali e nazionali. 15. Il Comitato ONU raccomanda che l’Italia com- pleti i suoi sforzi per istituire un ombudsman naziona- le indipendente per l’infanzia, se possibile, in qualità ropei ed internazionali164 e nei due principali trattati dedicati ai diritti dell’infanzia ratificati dal nostro Paese e, quindi, a tut- ti gli effetti, leggi dello Stato: la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (artt. 4 e 18)165 e la Convenzio- ne Europea di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori (art. 12)166. Come già avvenuto nelle precedenti Legislature, anche duran- te la XV Legislatura sono proliferati i disegni di legge in mate- ria167, sia alla Camera che al Senato, per la totalità dei quali però la discussione in aula non è mai iniziata, essendosi il loro iter arrestato ancor prima, in seno alle commissioni parlamen- tari competenti. In alcuni casi, peraltro, i suddetti disegni di legge non sono stati nemmeno assegnati alle commissioni competenti o l’esame in seno ad esse non è mai iniziato. Si ricorda come l’istituzione del Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza fosse uno dei punti chiave del pro- gramma del Governo, al momento delle elezioni politiche del 2006168. La stessa Commissione parlamentare per l’infanzia, nella persona della Presidente, ha più volte ribadito pubblica- mente169 la necessità di raggiungere l’obiettivo dell’approva- zione del disegno di legge istitutivo del Garante entro il termi- ne della Legislatura, sottolineando che se ciò non fosse avve- nuto, la responsabilità sarebbe stata attribuita ad una vera e propria mancanza di volontà in tal senso da parte delle forze politiche che siedono in Parlamento170. Recentemente anche il Ministro della Solidarietà Sociale ha denunciato la mancanza di volontà e la conseguente dovuta assunzione di responsabi- lità, da parte del Parlamento, relativamente alla mancata ap- provazione del disegno di legge in materia171. Destino identico ha incontrato il disegno di legge che prevede- va la creazione di una Istituzione nazionale indipendente per i diritti umani 172, la cui mancata approvazione è stata recente- mente ricordata all’Italia sia dal Comitato ONU contro la tortu- ra173, sia dal Comitato ONU sull’eliminazione della discrimina- zione razziale174. Il Governo italiano si era, peraltro, solenne- mente impegnato in questo senso di fronte all’Assemblea Ge- nerale delle Nazioni Unite al momento di candidarsi a membro del nuovo Consiglio ONU per i diritti umani175. Più attiva la situazione sul fronte regionale: nel corso del 2007 altre due Regioni, il Lazio ed il Molise, hanno formalmente no- minato un Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, mentre la Provincia Autonoma di Trento ne ha approvato la leg- ge istitutiva176. Al momento della stesura del presente Rappor- to, dunque, un Garante per l’infanzia e dell’adolescenza è stato nominato nelle Marche, nel Friuli Venezia Giulia, in Veneto, in Lazio, in Molise. A livello regionale persiste però la disomoge- neità tra le leggi istitutive del Garante, nonostante le istanza portate avanti dalle associazioni che lavorano su questo tema in merito all’esigenza di uniformità177, sia in merito alla struttu- ra ed alla composizione, sia in merito ai compiti. Si segnale al- tresì l’approvazione, sporadica, di Garanti dei diritti dell’infan- zia e dell’adolescenza a livello provinciale178. 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 27 164 Cfr. con quanto previsto ne: il Piano Nazionale Infanzia 2002-2004; il documento dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia del 2004 «Documen- to finale del Gruppo di lavoro dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia sul- l’istituzione del Garante per l’infanzia»; il documento internazionale «Un mondo a misura di bambino» del 2002, punto 31/b; i Principi di Parigi (Ri- soluzione Assemblea Generale ONU 48/134 del 1993); il Commento Gene- rale n. 2 del 2002 del Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adole- scenza sul tema delle Istituzioni nazionali indipendenti per i diritti umani in materia di promozione e protezione dei diritti dell’infanzia, le Linee Guida della Rete Europea dei Garanti per l’Infanzia e l’Adolescenza (ENOC). 165 Ratificata con Legge176/1991. 166 Ratificata con Legge 77/2003. 167 Si vedano i disegni di legge della XV Legislatura: C. 305, C. 697, C. 1436, C. 1557, C. 1580, C. 2992, S. 192, S. 660, S. 1280, S. 1304, S.1380, S. 1754, S. 1838. 168 Cfr. «Per il bene dell’Italia», Programma di Governo 2006-2011, pagg.73-74, disponibile sul sito www.unioneweb.it/wp-con- tent/uploads/documents/programma_def_unione.pdf 169 In occasione del Seminario di studio del 25 giugno 2007 Verso un Ga- rante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza organizzato dalla Commis- sione parlamentare per l’infanzia e da UNICEF Italia, i membri della Com- missione si erano impegnati a far pressione affinché entro la fine della XV Legislatura venisse approvato il ddl istitutivo del Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. 170 Nell’articolo intitolato «Infanzia, la lunga strada per il Garante» pubbli- cato sul quotidiano l’Unità il 7 agosto 2007 Anna Serafini, parlando del di- segno di legge da lei stessa presentato in materia, aveva dichiarato «[..] per il ruolo di cui sono investita [Presidente della Commissione parlamen- tare per l’infanzia] , posso dichiarare che, se verranno frapposti ostacoli immotivati [all’approvazione della figura del Garante] li renderò noti pub- blicamente perché non sono più giustificabili ulteriori perdite di tempo». 171 Dichiarazione resa dal Ministro Paolo Ferrero lo scorso 5 Marzo 2008, in occasione della sua partecipazione al convegno della Sinistra- L’Arcobaleno sull’Infanzia negata e ripresa dall’Agenzia ANSA: «Non esse- re riusciti a presentare una legge sul Garante per l’infanzia e l’adolescenza in questa legislatura è “scandaloso” […]. In questo caso si è trattato di ignavia più che di impossibilità, perché non c'era contrasto po- litico a riguardo». 172 Nell’aprile 2007 la Camera aveva approvato il disegno di legge C. 626 «Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la prote- zione dei diritti umani e la tutela dei diritti delle persone detenute o pri- vate della libertà personale», ma il testo, al termine della XV Legislatura, attendeva ancora di essere discusso nell’altro ramo del Parlamento ( con numerazione S. 1463). 173 Si vedano: Osservazioni Conclusive indirizzate all’Italia dal Comitato ONU contro la tortura nel 2007, punto 8 e Osservazioni Conclusive indi- rizzate all’Italia dal Comitato ONU sull’eliminazione della discriminazione razziale nel 2008, punto 13. Traduzione a cura del Comitato per la Pro- mozione e Protezione dei Diritti Umani. 174 Cfr. Osservazioni Conclusive indirizzate all’Italia dal Comitato ONU sull’eliminazione della discriminazione razziale, 72esima Sessione, 18 Febbraio – 7 Marzo 2008, punto 13. 175 Documento A/61/863 disponibile on-line www.un.org/ga/61/elect/hrc/ 176 Si veda legge provinciale 10/2007 della Provincia Autonoma di Trento. 177 UNICEF Italia ha elaborato, con il coinvolgimento dei tre Garanti regio- nali per l’infanzia allora esistenti in Friuli Venezia Giulia, Marche e Vene- to, un documento che vuole essere un modello di disegno di legge uniforme sull’istituzione del Garante per l’infanzia e l’adolescenza a livel- lo regionale, disponibile su www.unicef.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/972 . 178 Ad esempio, la Provincia di Foggia; per maggiori informazioni si veda www.dirittominorile.it/news/news.asp?id=718 i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 28 4orapportodiaggiornamento2007-2008 Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto e della conseguente situazione di stallo che da anni si pro- trae su questo tema, il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Parlamento, di approvare la legge istitutiva del Ga- rante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, con carat- teristiche di autonomia e indipendenza, conformemente all’attuazione del Commento Generale n. 2 del Comitato ONU e a quanto previsto dagli strumenti internazionali ratificati nel nostro Paese e da quelli europei cui l’Italia è vincolata a dare immediata applicazione; 2. Ai Consigli Regionali, che non hanno ancora legiferato in materia, di adottare leggi istitutive del Garante regio- nale uniformi, prevedendo e assicurando un adeguato coordinamento con la futura figura del Garante naziona- le; agli organi regionali che in base alle leggi regionali istitutive del Garante devono procedere alla nomina, di provvedervi senza indugio; 3. Alla Conferenza Stato-Regioni, di organizzare quanto prima un momento di incontro tra lo Stato, le Regioni, le Istituzioni, il Terzo Settore, i ragazzi stessi, per fare il punto sull’evoluzione delle varie normative sul Garante e raccogliere, comparare e monitorare le nascenti leggi a livello regionale sulla tematica. La recente nomina del Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Lazio Il Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Lazio è stato istituito con la Legge Regionale 38/2002. Negli ultimi mesi del 2007 il Garante ha iniziato ad operare individuando le seguenti priorità d’intervento: a) vigilare sull’applicazione nel territorio regionale del- la Convenzione dei diritti del fanciullo e delle altre convenzioni internazionali, per diffondere i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, promuovere pro- grammi di sensibilizzazione e di formazione, attiva- re analisi e studi, nonché monitorare provvedimenti legislativi e deliberativi promulgati dalle varie am- ministrazioni locali sul tema; b) entrare nel merito delle politiche d’intervento degli Enti Locali e della Regione sia per orientare e verifi- care le risorse destinate ai servizi per l’infanzia e per l’adolescenza, sia per promuovere l’adozione di ade- guati standard di intervento a favore dei minori; c) promuovere e animare una rete regionale composta dai principali stakeholders e attori sociali coinvolti nella tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, al fine di garantire la realizzazione di azioni di sistema in gra- do di avere un impatto concreto e misurabile sul territorio e rispondente ai bisogni effettivi del target dei minori. d) dare voce alle diverse istanze di cui si compone l’universo dell’infanzia e dell’adolescenza nel Lazio, anche attraverso il coinvolgimento diretto dei mi- nori in forme di partecipazione che consentano loro di incidere realmente nelle dinamiche e nei processi decisionali che li riguardano. e) adottare delle strategie di comunicazione che gioca- no su due tavoli che necessariamente devono incro- ciarsi: da un lato il contatto diretto con il target, an- che attraverso la predisposizione di una piattaforma web accessibile e focus consultivi, dall’altro l’advocacy sui temi dell’infanzia in seno alle istitu- zioni, alle agenzie di socializzazione primarie e ai va- ri livelli della società. Nella consapevolezza che nella complessa realtà laziale la tutela dei diritti dei minori passi attraverso una forte convergenza delle politiche pubbliche sul tema, il Ga- rante sta puntando alla ricognizione delle best practices e dei modelli socio educativi locali per far sì che il tes- suto metropolitano non orienti in modo assoluto le di- rettrici regionali di sviluppo. Partire dalle diseguaglian- ze e dalle differenti aree problematiche per arrivare a promuovere la qualità delle azioni sul territorio e far sì che il tema dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza non ricada soltanto nel quadro delle emergenze sociali, ma nella “normalità” dell’intervento pubblico. Promuovere diritti piuttosto che limitarsi a denunciare le violazioni degli stessi: valorizzare la qualità degli in- terventi per incidere in modo profondo sulla realtà lo- cale e per contestualizzare la dimensione dell’infanzia e dell’adolescenza in un sistema di valori legati agli stili di vita quotidiani, piuttosto che come problema da af- frontare solo in situazioni estreme di disagio. La realizzazione di queste priorità passa per l’adozione di un metodo di lavoro costante e ‘sotto traccia’, per far parlare le migliaia di bambini e ragazzi del Lazio ponendosi innanzitutto in loro ascolto e cedendo la ri- balta alla rappresentazione della loro età e dei loro in- teressi più vivi. A cura di Francesco Alvaro, Garante per l’infanzia del Lazio 6. RACCOLTA DATI I bambini e gli adolescenti residenti in Italia al primo gennaio 2007 erano 10.089.141, di cui 666.393 di origine straniera179. La maggioranza sono di sesso maschile180 e sono residenti nel Nord Italia181. Come già evidenziato nel 2°Rapporto CRC182, e nel 3°Rap- porto CRC183 si rileva una carenza del sistema italiano di raccolta dati sui minori in diversi contesti, e spesso proprio in relazione ai gruppi di minori particolarmente vulnerabili (es. rom, vittime di tratta, vittime di abuso, minori fuori dal- la famiglia, minori adottabili). Come già sottolineato, pur ri- conoscendo la difficoltà di monitoraggio e raccolta dati re- lativamente a fenomeni complessi e mutabili (ad esempio, la tratta o la prostituzione), si continua a denunciare una carenza dati anche relativamente a situazioni ben precise, in cui spesso esiste un’espressa previsione di legge per l’istituzione e l’aggiornamento di banche dati mai attivate (ad esempio, la banca dati per minori dichiarati adottabili). In particolare, nel presente Rapporto emergono alcune cri- ticità di seguito evidenziate e riassunte. La mancanza di dati costituisce un impedimento al pieno conseguimento del diritto alla famiglia per i bambini e gli adolescenti in stato di abbandono e per la predisposizione di una programmazione mirata degli interventi a loro rivol- ti. Al momento della stesura del presente rapporto non è ancora stata realizzata la banca dati nazionale dei minori dichiarati adottabili e dei coniugi aspiranti all’adozione nazionale e internazionale, pur essendo prevista dall’art. 40 Legge 149/2001 e disposto che dovesse essere realizza- ta entro 180 giorni dall’emanazione della stessa Legge. Per quanto riguarda l’adozione nazionale, non sono disponibi- li dati aggiornati e dai dati più recenti disponibili relativi al 2005184, emerge che a fronte dell’apertura di 2.752 proce- dimenti di accertamento sullo stato di adottabilità sono stati dichiarati adottabili 1.168 minori e sono stati pronun- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 29 16. Il Comitato ONU apprezza gli sforzi fatti per mi- gliorare la raccolta di dati, in particolar modo attra- verso l’istituzione del Centro nazionale di documen- tazione ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza. Tutta- via, il Comitato continua a rilevare la carenza di dati in alcune aree previste dalla Convenzione. Il Comita- to è altresì preoccupato per il fatto che i dati vengano ancora raccolti sulla base di un approccio incentrato sulla famiglia piuttosto che sulla base di un approccio che prenda in considerazione il bambino come singo- lo individuo. Il Comitato esprime, inoltre, preoccupa- zione per la mancanza di coerenza tra i diversi enti in- caricati della raccolta dati e tra le varie Regioni. 17. In linea con le precedenti raccomandazioni, il Co- mitato reitera la raccomandazione che l’Italia: (a)rafforzi il proprio meccanismo per la raccolta e l’analisi sistematica dei dati disaggregati su tutti gli individui al di sotto dei 18 anni, per tutte le aree previste dalla Convenzione, con particolare atten- zione ai gruppi maggiormente vulnerabili, tra cui i bambini disabili, i bambini rom, i bambini appar- tenenti a famiglie di immigrati, i bambini non ac- compagnati, i bambini vittime di violenza e i bam- bini appartenenti a nuclei familiari economica- mente e socialmente svantaggiati; (b)utilizzi questi indicatori e dati in modo efficace per la formulazione e valutazione delle politiche e dei programmi per l’applicazione e il monitoraggio della Convenzione; (c)assicuri coerenza nel processo di raccolta dati da parte delle varie istituzioni, a livello nazionale e re- gionale (CRC/C/15/Add. 198, punti 16 e 17) 13. Apprezzando l’istituzione di un Osservatorio sul fenomeno e sulle politiche di prevenzione e di repres- sione del 2003, il Comitato ONU nota con preoccu- pazione l’assenza di un sistema centralizzato per la raccolta e l’analisi dei dati principali, come rilevato dall’Italia. 14. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di raffor- zare il suo impegno nella raccolta sistematica di dati quantitativi e qualitativi in tutti i settori interessati dal Protocollo facoltativo. Tali dati dovranno essere utilizzati per stimare i progressi e pianificare i pro- grammi e le politiche atte ad attuare ulteriormente il Protocollo facoltativo. (CRC/C/OPSC/ITA/CO/1, punti 13 e 14) 179 Fonte: ISTAT, http://demo.istat.it/strasa2007/index.html 180 I bambini e gli adolescenti di sesso maschile residenti in Italia ri- sultano essere 5.186.523, di cui 346.997 di origine straniera, mentre le bambine e le adolescenti 4.901.618, di cui 319.296 di origine stra- niera. Fonte: ISTAT, cit. 181 Risultano essere 4.251.827 i residenti al Nord (di cui 2.454.141 in Italia Nord-occidentale e 1.797.686 in Italia Nord –orientale), 1.834.012 i residenti al Centro e 4.002.302 i residenti al Sud e nelle Isole (e in particolare, 2.751.434 nel meridione e 1.250.868 in Italia in- sulare). Sono residenti al Nord anche la maggioranza dei minori di ori- gine straniera: 444.218 (di cui 252.321 in Italia Nord-occidentale), ri- spetto a 156.493 residenti al Centro e 66.582 in Italia meridionale e nelle Isole (e in particolare, 45.941 in Italia meridionale). 182 2° Rapporto CRC, 2006, pagg. 23-24. 183 3° Rapporto CRC, 2007, pagg. 24-25. 184 La Famiglia in Italia dossier statistico a cura del Dipartimento per le Politiche della Famiglia e dell’ISTAT, disponibile sul sito www.istat.it ciati 947 decreti di affidamento preadottivo e 1.150 adozio- ni nazionali. Rispetto alle adozioni internazionali, grazie al rapporto pubblicato semestralmente dalla Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI) è invece disponibile il numero dei minori stranieri adottati nel 2007, pari a 3.420 bambini/e, ovvero il 7,3% in più rispetto al 2006185. Rispet- to ai dati sui coniugi aspiranti all’adozione nazionale e in- ternazionale, che risalgono al 2005, si rileva che hanno adottato il 7,7% delle coppie che hanno presentato do- manda di adozione nazionale e il 37% di quelle che hanno ottenuto l’idoneità all’adozione internazionale186. Si segnala la mancanza di dati aggiornati anche per quan- to riguarda l’affidamento familiare. I minori in affidamento familiare al 31 dicembre 2005, secondo quanto riportato nella comunicazione ricevuta dal Dipartimento per le Politi- che per la Famiglia erano 13.159, di cui 1.664 di cittadinanza straniera187. Tuttavia tali dati non comprendono quelli della Regione Sicilia, quelli dell’Emilia Romagna risalgono al 31 dicembre 2003, mentre quelli del Lazio, oltre a riferirsi al 31 dicembre 2003, non comprendono quelli relativi agli affida- menti giudiziari del Comune di Roma. Non sono infine di- saggregati in affidamenti a terzi e affidamenti ai parenti. Infine, secondo i dati più recenti sempre risalenti al 2005, sarebbero 11.543 i minori presenti nelle 2.226 strutture residenziali socio-assistenziali operanti al 31 dicembre 2005. Tuttavia, «il dato specifico sui minori è da ritenersi sottostimato perché non tiene conto dei minori accolti nei Servizi siciliani, dato estremamente importante se si consi- dera che la sola Sicilia ha 216 Servizi residenziali che accol- gono minori, pari a circa il 10% del totale nazionale»188. Non si conosce neanche l’esatto numero di bambini e ra- gazzi che sono separati da uno o da entrambi i genitori in quanto detenuti189, dato che l’amministrazione penitenzia- ria non registra in maniera sistematica se un detenuto ha figli. Si stima che in Italia siano circa 70-75.000190. Certo è invece che a fine 2007 erano ancora 70 i bambini detenuti insieme alle loro madri erano ancora 70191. Per quanto riguarda il diritto alla salute, si ritiene opportu- no evidenziare nuovamente che non esistono dati certi sul numero dei bambini e bambine in età 0-5 le cui patologie si connotano, a fronte degli accertamenti in itinere, in di- sabilità. Infatti le statistiche ufficiali ignorano questa fa- scia d’età e prendono in considerazione i bambini e gli adolescenti con disabilità solo a partire dai 6 anni, cioè da quando l’ingresso a scuola fa emergere la condizione psi- co-fisica (con comprovate certificazioni). Per quanto concerne i nidi , dal Rapporto emerge l’incompletezza delle informazioni disponibili, soprattutto di natura quantitativa, sui, come evidenziato dal fatto che l’ISTAT non rileva dati sugli asili-nido dal 1992192. Dati più aggiornati sono forniti da un’indagine censuaria sui nidi e sui servizi integrativi rivolti ai bambini 0-3 anni effettuata dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza nel 2000, che né ha fotografato stato e funzionamento193. Rispetto al diritto all’educazione, si segnala che nell’anno scolastico 2007/2008 erano iscritti 7.742.294 alunni. An- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 30 4orapportodiaggiornamento2007-2008 185 Si veda, Commissione per le Adozioni Internazionali Rapporto Statistico sui fascicoli dal 16.11.2000 al 31.12.2007 www.commissioneadozioni.it 186 La Famiglia in Italia dossier statistico a cura del Dipartimento per le Poli- tiche della Famiglia e dell’ISTAT, cit. 187 Dati forniti dalle Regioni e dalle Province Autonome, elaborati dal Cen- tro nazionale documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza e co- municati dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia al Gruppo CRC ai fini della stesura del presente Rapporto. 188 Belotti Valerio, Coordinatore del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, nella pubblicazione Affetti speciali di- stribuita al Convegno nazionale Affido: legami per crescere del 21-22 feb- braio 2008. 189 Nelle statistiche ufficiali del Dipartimento dell’Amministrazione Peniten- ziaria del Ministero della Giustizia (disponibili anche sul sito www.giustizia.it), viene sempre riportata anche una tabella relativa al nu- mero di figli della popolazione detenuta in Italia (a fine 2007 il dato ufficia- le era di 16.834 persone detenute con figli), ma in nota alla tabella viene ri- portata la seguente frase: «L’indagine è limitata ai soli soggetti di cui è no- to lo stato di paternità/maternità. Sono quindi esclusi non solo coloro che non hanno figli ma anche gli individui per i quali il dato non è disponibile». 190 La stima esatta per l’Italia era di 73.490 detenuti con figli entrati in car- cere nel 2005. Fonte: studio Eurochips e Centro studi sulle carceri, 2005, in Bambinisenzasbarre Figli di genitori detenuti, prospettive europee di buone pratiche Milano, 2007. 191 Disponibili sul sito www.giustizia.it, sezione Pianeta carcere, Statistiche. 192 L’ISTAT ha rilevato alcuni dati sui nidi nella Seconda Indagine censua- ria sugli interventi ed i servizi sociali dei Comuni realizzata nel 2004 (e preceduta nel 2003 dalla Prima Indagine censuaria). Si tratta di un focus sulla spesa sostenuta dai Comuni su vari servizi/interventi suddivisi per aree di utenza. Tra questi figurano i nidi la cui gestione risulta una delle principali voci di spesa per l’assistenza sociale erogata a livello locale ai cittadini: infatti, il peso degli asili nido è circa del 16% sulla spesa sociale impegnata complessivamente dai comuni e dalle associazioni ed è circa del 40% sulle risorse destinate alla tutela dei minori e al supporto della famiglia nella crescita dei figli. In ogni caso se si considerano gli utenti de- gli asili nido in rapporto ai bambini da zero a due anni residenti in Italia nel 2004, si evidenzia una capacità ricettiva ancora molto limitata: in me- dia hanno beneficiato del servizio pubblico 897 bambini su 10.000, con forti disparità territoriali. Tale analisi verrà confermata nel corso di questo paragrafo, in cui si utilizzeranno dati ed elaborazioni disponibili in modo specifico sui soli nidi. 193 Al di là della citata indagine del Centro nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, è disponibile anche uno studio recente realizzato dal CNEL e dall’ISTAT sulla maternità e la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, da cui è possibile risalire in modo indiretto alla fruibilità da parte delle famiglie dei servizi per l’infanzia ed alle diffi- coltà ancora diffuse. Da segnalare, infine, i dati ISTAT provenienti dal censimento, che forniscono il numero dei bambini tra 0 e 5 anni che ri- sultano frequentare la scuola. A differenza, però delle altre rilevazioni, queste ultime riguardano non i servizi, ma gli individui; e quindi sono di difficile comparazione con le mappature più recenti centrate sulle prestazioni fornite. nualmente vengono aggiornati i dati sulla presenza di bambini, bambine e adolescenti sia con disabilità194 sia di origine straniera195 iscritti a scuola. Nel rapporto del Mini- stero della Pubblica Istruzione, relativo all’anno scolastico 2007/2008, non sono però disponibili, contrariamente al- l’anno precedente, i dati riferiti al confronto tra alunne straniere e popolazione femminile residente per età corri- spondente e per nazionalità, che permetterebbe di leggere la scolarizzazione femminile secondo i criteri dell’età e del- la nazionalità di provenienza. Per quanto riguarda poi la presenza di bambini, bambine e adolescenti rom nelle scuole si lamenta la mancanza di dati a livello nazionale, dato che i dati pubblicati dal Ministero della Pubblica Istru- zione non tengono conto dell’appartenenza alla minoranza rom, e non sono dunque disaggregati in tal senso. Alcuni dati sono stati raccolti e presentati dal Comitato Intermini- steriale per i Diritti Umani196 in vista dell’incontro con il Co- mitato ONU sull’eliminazione della discriminazione razzia- le, secondo cui sarebbero iscritti nella scuola dell’infanzia 2.103 i bambini Rom, di cui circa la metà (1.033 pari al 49%) bambine197. Infine non esiste ancora un’anagrafe nazionale degli studenti, prevista dal Decreto Legislativo 76/2005, e non è stata ancora attuata in tutte le Regioni un’anagrafe regionale. Sono invece disponibili i dati relativi al risultato conseguito al termine dell’anno scolastico 2006/2007 198. Le rilevazioni ISTAT rivelano poi che sono circa 900.000 i giovani che abbandonano prematuramente gli studi, ovvero il 20,6% della popolazione tra i 18 e i 24 anni, con un’incidenza nella componente maschile maggio- re di quella femminile (rispettivamente il 23,9% e il 17,1%)199. Da un’indagine ISTAT, relativa al 2006, si evidenzia che pratica sport il 22,5% dei bambini tra i 3 e i 5 anni, il 59,5% tra i 6 e i 10 anni, il 65% dei ragazzi tra gli 11 e 14 anni e il 61,9% tra i 14 e i 17 anni200. Complessivamente sono circa 3 milioni i giovani tra i 6 e i 18 anni che praticano sport. Come criticità si osserva però che secondo alcuni studi la percentuale di giovani tra i 14 e i 19 anni che assumano so- stanze dopanti oscillerebbe tra l’ 1% e il 3%201, mentre il 15% farebbe uso di integratori. In sport come il ciclismo è opinione assodata tra gli studiosi che almeno il 50% dei giovani assuma sostanze dopanti o faccia uso di pratiche illecite202. Per quanto concerne i minori e le nuovi media, secondo i dati ISTAT, rilevati nel febbraio 2007, in Italia i beni tec- nologici più diffusi sono la televisione, presente nel 95,9% delle famiglie e il cellulare (85,5%). In particolare, le famiglie italiane con almeno un minorenne che pos- siedono il personal computer e l’accesso ad Internet so- no rispettivamente il 71,2% e il 55,7% dei casi. Sono que- ste famiglie ad avere il più alto tasso di possesso di con- nessione a banda larga (34%), mentre per loro il telefono cellulare ha raggiunto i livelli di diffusione della televi- sione (97,9%). L’11,2% dei bambini di 8 anni possiede già un telefonino, tra gli 8 e i 13 anni lo possiede il 50%, ma ben il 46,6% dichiara di averlo ed usarlo per essere sem- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 31 199 Seppur in calo negli ultimi anni (22,9% nel 2004 e 22,4% nel 2005), il tasso di ragazzi tra i 18 e i 24 anni in possesso della sola licenza media e definitivamente fuori dai circuiti formativi registrato in Italia è superiore a quello medio europeo pari al 14,9% e ancora molto lontano dall’obiet- tivo fissato a Lisbona nel 2000. Analizzando il dato a livello territoriale si osservano importanti differenze: nella Provincia Autonoma di Bolzano si registra l’incidenza più bassa (10,5%) seguita dalla Regione Lazio (12,3%); al contrario i tassi più alti si registrano in Sardegna (28,3%) e in Sicilia (28,1%). L’indice si traduce con la quota di 18-24enni che hanno conseguito un titolo di studio al massimo ISCED 2 (scuola se- condaria di primo grado) e che non partecipano ad attività di educa- zione o formazione sul totale della popolazione 18-24enne. Fonti: i) ISTAT Rapporto Annuale 2006; ii) ISTAT Indicatori di contesto chiave e variabili di rottura gennaio 2008. Si veda oltre capitolo VI, paragrafo «La dispersione scolastico formativa». 200 ISTAT La pratica sportiva in Italia-Anno 2006 Famiglia e Società. 201 Lucidi F., Zelli A., Mallia L., Grano C., Russo P.M., Violani C. The so- cial cognitive mechanism regulating adolescents’ use of doping sub- stances, Journal of Sports Sciences, 2008; 26 (5): 447-456. Tale ricer- ca è stata effettuata anche nell’ambito del progetto «Primaedoping» di UISP disponibile sul sito www.asinochidoping.it/primaedoping 202 Salizzoni, F. Generazione EPO: altri 4 giovani pizzicati dalla FCI,. www.sportpro-archivio.it/doping/2003/06. 194 Nell’anno scolastico 2007/2008 erano 161.686. Nell’anno scolastico 2005/2006 erano 178.220, ovvero il 6% in più dell’anno precedente e il 54% in più rispetto all’anno scolastico 1995/1996. Si veda oltre capitolo VI, paragrafo «Il diritto all’istruzione per i minori on disabilità». 195 Erano 501.194 gli alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scola- stico 2006/2007, il 18,1% in più rispetto all’anno precedente. Si veda ol- tre capitolo VI, paragrafo «Il diritto all’istruzione per i minori stranieri». 196 Nell’ambito delle risposte scritte (written replies) che l’Italia ha dovuto fornire ai quesiti (list of issues) rivolti da parte del Comitato ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale sulla base del Rapporto gover- nativo presentato nel 2005. Documenti disponibili sul sito www.ohchr.org 197 Nella scuola primaria sarebbero 6.474 e le bambine rappresentano il 48%, nelle scuole secondarie di I grado i ragazzi Rom sono 3.036 di cui 45% è rappresentato da ragazze. Infine nelle scuole secondarie di II grado sono 219 i ragazzi Rom iscritti e di questi il 50,2% è rappresentato da ragazze. Si veda oltre capitolo VI, paragrafo «Il diritto all’istruzione per i minori stranieri». 198 Si rileva che nell’anno 2006/2007 gli alunni stranieri promossi sono stati il 96,4% nella scuola primaria e il 90,5% nella scuola secondaria di I grado. Il tasso di promozione è inferiore rispetto a quello degli alunni ita- liani rispettivamente pari al 99,9% e al 97,3% con una differenza del 3,6% nella scuola primaria e del 6,8% nella scuola secondaria di I livello. Ma è nella scuola secondaria di II livello che la differenza dei tassi di pro- mozione tra alunni stranieri e alunni italiani aumenta considerevolmente fino a raggiungere il 14,4%: gli alunni stranieri promossi sono il 72,% ri- spetto all’86,4% degli alunni con cittadinanza italiana. Il tasso di insuc- cesso scolastico degli alunni stranieri, complessivamente pari al 28%, è così distribuito: negli istituti professionali il 32,1% degli alunni con citta- dinanza non italiana non viene ammesso all’anno successivo; ciò accade per il 28,4% negli istituti tecnici, per il 25,5 % negli istituti d’arte e nei li- cei artistici e, infine, per il 19,7% nei licei classici, scientifici e magistrali. pre rintracciabile dai genitori, tra 14 e i 19 anni il 90%203. Per quanto concerne i videogiochi, secondo la rielaborazione di dati ISTAT di una recente ricerca204, il 65,2% dei bambini e il 38,7% delle bambine tra i 6 e i 10 anni gioca abitualmente ai videogiochi o a computer, connessi e non alla rete205. Come già anticipato per quanto concerne i bambini e gli adolescenti particolarmente vulnerabili si denota infine una carenza di dati relativi a numerosi dei fenomeni presi in considerazione nel presente Rapporto. Per quanto riguarda i minori in situazione di sfruttamento si segnala che anche nel 2007 non è stata fatta nessuna rile- vazione sul lavoro minorile per cui continua a mancare una rappresentazione quantitativa attendibile del fenomeno del lavoro minorile in Italia. Si ricorda infatti che le ricerche ef- fettuate hanno condotto a stime del fenomeno molto diffe- renti, avendo utilizzato criteri di ricerca differenti, ed hanno posto in luce la difficoltà di pervenire ad un inquadramento concettuale condiviso. Si ribadisce poi la necessità di adottare un sistema naziona- le di monitoraggio delle situazioni di grave disagio, maltrat- tamento e abuso sessuale che giungono all’attenzione dei servizi. Un efficiente sistema di monitoraggio permetterebbe infatti non solo di stimare l’incidenza del fenomeno, ma an- che di verificarne i costi sociali e di qualificare le politiche so- ciali e dei servizi a livello locale. Sarebbe pertanto indispen- sabile che l’amministrazione centrale trovasse un raccordo con le Regioni per favorire la creazione o il potenziamento dei sistemi di rilevazione regionali e la loro integrazione sul- la base di una set minimo e condiviso di variabili. Invece per quanto riguarda i minori stranieri si segnala che il Comitato Minori Stranieri raccoglie ed ha fornito i dati di- saggregati richiesti, ai fine della stesura del presente Rap- porto, sui minori stranieri non accompagnati (MSNA)206 e sui soggiorni solidaristici207. Tuttavia si segnala che il Co- mitato non raccoglie più dati sui minori rumeni e bulgari che dal 1° gennaio 2007 sono cittadini comunitari, e pertan- to i dati a disposizione sono parziali. In positivo invece si evidenzia che il Ministero dell’Interno abbia a gennaio 2007, per la prima volta, pubblicato i dati relativi agli sbar- chi di minori stranieri sulle coste meridionali italiane. Si sottolinea però la necessità di un sistema dettagliato ed in- tegrato di raccolta dati sui minori stranieri non accompa- gnati richiedenti asilo. Sono infine disponibili i dati sui minori presenti negli Istituti Penali Minorili che al 30 giugno 2007 erano 393, secondo i dati forniti dal Servizio Statistico del Dipartimento Giustizia Minorile208 di cui 195 italiani (191 maschi, 4 femmine), 198 stranieri (162 maschi, 36 femmine)209. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 32 4orapportodiaggiornamento2007-2008 203 ISTAT Indagine Multiscopo Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione: disponibilità nelle famiglie e utilizzo degli individui - Anno 2007 gennaio 2008. Seguono il videoregistratore (62%), il letto- re DVD (56,7%), il personal computer (47,8%) e l’accesso ad Internet (38,8%). Tra i beni tecnologici presenti nelle famiglie hanno un certo rilievo anche l’antenna parabolica (28,6%), la videocamera (26,1%), il decoder digitale terrestre (19,3%) e la consolle per videogiochi (17,5%). 204 Movimento Difesa del Cittadino Dipartimento Junior Baby Consu- mers e Nuove Tecnologie. II rapporto sui consumi dei minori Milano, settembre 2007, pag. 13. 205 Centro Studi Minori e Media Minori in videogioco Firenze, marzo 2006 www.minorimedia.it/minoriinvideogioco.pdf 206 Al 31 dicembre 2007 i minori stranieri non accompagnati erano 7.548. Si veda oltre capitolo VII, paragrafo «I minori stranieri non ac- compagnati». 207 Si veda oltre capitolo VII, paragrafo «L’accoglienza temporanea di minori stranieri nell’ambito dei cosiddetti programmi solidaristici». 208 Dati disponibili sul sito www.giustiziaminorile.it/statistica/2007/ IPM_1SEM2007.pdf 209 I detenuti minorenni per le seguenti categorie di reato: contro la persona 62 soggetti (33 italiani maschi, 29 stranieri maschi), contro il patrimonio 256 soggetti (123 italiani 119 maschi e 4 femmine, 133 stranieri 100 maschi e 33 femmine), altri reati (stupefacenti, armi, as- sociazione per delinquere, di stampo mafioso) 75 soggetti (39 italiani maschi, 39 stranieri 36 maschi e 3 femmine). Si veda oltre capitolo VII, «minori coinvolti nel sistema della giustizia minorile». Il Gruppo CRC raccomanda pertanto: 1. All ’Osservator io naz ional e per l ’ infanz ia e l’adolescenza di inserire nel prossimo Piano Nazionale Infanzia la previsione di un sistema di rilevazione e rac- colta dati adeguato, che tenga conto anche e soprattut- to dei minori appartenenti ai gruppi più vulnerabili, ga- rantendo un maggior raccordo e uniformità tra gli Enti e i rispettivi sistemi informativi. Il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha individuato quattro principi generali, trasversali a tutti i dirit- ti espressi dalla CRC, utili anche al fine di fornire un orienta- mento ai governi per la sua attuazione. Si tratta del principio di non discriminazione (art. 2 CRC) che stabilisce che tutti i diritti sanciti dalla CRC si applicano a tutti i bambine, bambi- ni, ragazze e ragazzi, senza alcuna distinzione; il principio del superiore interesse del minore (art. 3 CRC) che stabilisce che, in tutte le decisioni relative ai minori, il superiore inte- resse del minore deve avere una considerazione preminen- te; il diritto alla vita, alla sopravvivenza, allo sviluppo (art. 6 CRC) in cui si va oltre il basilare diritto alla vita garantendo anche la sopravvivenza e lo sviluppo; e il principio di parte- cipazione e rispetto per l’opinione del minore (art. 12 CRC), che sancisce il diritto di bambine, bambini, ragazze e ragaz- zi, di essere ascoltati e che la loro opinione sia presa in debi- ta considerazione. Nel presente Rapporto, il Gruppo CRC in- tende monitorare l’applicazione di tali principi nell’ordina- mento italiano, andando a verificare come è evoluta la situa- zione rispetto alla partecipazione e all’ascolto dei minori in ambito giudiziario, ed introducendo un apposito paragrafo riguardo al principio di non discriminazione. 1. IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMI- NAZIONE (ART. 2 CRC) Il Gruppo CRC ha deciso di inserire nel presente Rapporto un’analisi dell’attuazione in Italia di uno dei principi fonda- mentali della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: il principio di non discriminazione. Secondo il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’ado- lescenza: «l’attuazione dell’art. 2 deve essere integrata con l’attuazione di tutti gli altri articoli, assicurando che tutti i diritti sanciti siano realizzati per tutti i bambini e gli adolescenti senza discriminazione di alcun tipo»210. Tale principio è valido per tutti i bambini e gli adolescenti pre- senti sul territorio italiano, compresi dunque i visitatori, i rifugiati, gli immigrati regolari e quelli presenti illegalmen- te. Per l’attuazione di tale principio, sempre secondo il Co- mitato ONU, è «necessario un ruolo attivo dello Stato nel prevenire la discriminazione, con misure di attuazione co- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 33 210 UNICEF Implementation Handbook on the Convention on the Ri- ghts of the Child 2002, pag. 22. Capitolo II. PrinciPi GeneraLi DeLLa CRC 20. Il Comitato prende atto dell’istituzione, in Italia, di svariati Osservatori sulla discriminazione, così co- me di provvedimenti sulla discriminazione contenuti nel testo della legge 40/98 (Regolamenti di immigra- zione e regole sulla condizione degli stranieri). Non- dimeno il Comitato esprime preoccupazione per il ve- rificarsi di episodi di razzismo contro minoranze; l’utilizzo di un linguaggio violento e aggressivo in interventi pubblici; le disparità nel go- dimento di diritti economici e sociali, in particolare nei settori della salute, dell’assistenza sociale, dell’i- struzione e delle condizioni abitative sperimentate da bambini poveri, rom, stranieri, minori non accompa- gnati e disabili. 21. Ai sensi dell’art. 2 e di altri articoli correlati della Convenzione e in linea con le proprie precedenti rac- comandazioni (ibid. parr. 17 e 18), il Comitato racco- manda che l’Italia: (a)prenda tutte le misure appropriate, come campa- gne educative rivolte all’opinione pubblica per pre- venire e combattere atteggiamenti sociali negativi e promuovere l’applicazione delle raccomandazioni del Comitato sull’eliminazione della discriminazio- ne razziale (A/56/18, par. 298/320); (b)aumenti i propri sforzi per incriminare e applicare appropriate misure penali nei confronti di ogni at- to di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza; (c)valuti con regolarità e attenzione le disparità esi- stenti nel godimento dei diritti da parte dei bambi- ni e prenda, sulla base della valutazione compiuta, i provvedimenti necessari a prevenire ed eliminare la discriminazione attraverso misure efficaci; (d)assicuri che il processo di decentramento favorisca l’eliminazione delle disparità fra bambini dovute alla ricchezza delle Regioni di provenienza; (e)continui a dare priorità, a destinare risorse mirate e servizi sociali ai bambini appartenenti ai gruppi so- ciali più vulnerabili; (f ) studi puntualmente la situazione di bambini stra- nieri detenuti, assicuri loro il pieno godimento dei diritti senza discriminazione, soprattutto in merito all’istruzione, e garantisca il loro diritto all’integra- zione nella società. (CRC/C/15/Add. 198, punti 20 e 21) me la legislazione, il monitoraggio, crescita della consa- pevolezza, campagne informative, realizzate attraverso una valutazione delle misure adottate per ridurre la di- sparità»211. Questo appello a monitorare la concreta effi- cacia delle misure adottate è un richiamo costante rivolto dal Comitato ONU agli Stati parte. Il principio di non di- scriminazione è un principio trasversale, che dovrebbe essere tenuto in considerazione e applicato in tutti gli ambiti di vita dei minori: spetta in primo luogo allo Stato, come recita la Costituzione, alle istituzioni competenti, sia a livello centrale che locale, garantire l’applicazione di questo principio e la rimozione degli ostacoli che ne im- pediscono la piena realizzazione, mettendo altresì a di- sposizione delle vittime di discriminazioni gli strumenti adatti a far valere in giudizio il proprio diritto. I bambini e gli adolescenti sono tra i soggetti maggiormente vulnera- bili alle discriminazioni, spesso non sono nemmeno a co- noscenza dei propri diritti in merito, e la situazione non è favorita anche a causa della mancanza di un Garante na- zionale per l’infanzia e l’adolescenza. Particolarmente a rischio di discriminazione sono i bambini/e e ragazzi/e che si trovano in situazioni di svantaggio o bisogno o semplicemente le minoranze: i minori stranieri, specie se non accompagnati, richiedenti asilo o rifugiati; i bambini disabili e/o ospedalizzati; i bambini che appartengono a famiglie in situazioni di disagio economico; i bambini nati al di fuori del matrimonio, i minori appartenenti a mino- ranze etniche, linguistiche, religiose; i minori rom, sinti e camminanti; i bambini senza una famiglia; i minorenni negli istituti penali; senza dimenticare le disuguaglianze di genere che ancora in qualche ambito si registrano an- che in Italia. Nelle Osservazioni Conclusive del Comitato ONU all’Italia del 2003 viene fornita una panoramica dei principali osta- coli da rimuovere anche se si sottolinea la difficoltà nel- l’andare oltre l’analisi della legislazione e delle politiche, dato che sono le procedure che, spesso, su questo argo- mento fanno la differenza. La situazione dell’Italia è stata messa in luce sia nel resoconto della missione intrapresa nel 2006 nel nostro Paese da parte dello Special Rappor- teur delle Nazioni Unite in materia di razzismo, discrimi- nazione razziale, xenofobia e intolleranza212, sia dall’ulti- mo Rapporto della Commissione del Consiglio d’Europa contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI) sull’Italia (2006), che dal Rapporto-ombra 2006 del Network Europeo con- tro il Razzismo (ENAR). Sono invece del marzo 2008 le Raccomandazioni e le Osservazioni rivolte all’Italia dal Comitato ONU sull’eliminazione della discriminazione razziale (CERD)213, e si evidenzia che lo stesso Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha richie- sto all’Italia di prestare particolare attenzione a questo documento, per quanto concerne, in particolare la situa- zione dei bambini e degli adolescenti. In diversi capitoli del presente Rapporto sono evidenziate situazioni di discriminazione nei confronti dei bambini e degli adolescenti, in vari contesti, ma è stato ritenuto op- portuno affrontare e riprendere in un unico paragrafo i ri- lievi formulati sull’applicazione del principio di non discri- minazione dal Comitato ONU, rinviando ai singoli para- grafi per gli approfondimenti. Discriminazione dei minori stranieri nell’accesso ai servizi sanitari Il Gruppo CRC evidenzia che l’esperienza migratoria può essere un fattore di rischio per la salute del minore quan- do non è supportata da idonee politiche di sostegno, in- clusione e inserimento sociale. In particolare il diritto alla salute, benché principio costituzionalmente garantito per tutti, fatica ad affermarsi, in particolare nei confronti di alcuni gruppi di minori particolarmente vulnerabili, quali i minori neo-comunitari, i figli di migranti irregolari, non- ché i minori stranieri non accompagnati. Per quanto concerne i minori comunitari, il Ministero del- la Salute il 19 febbraio 2008 ha emanato una Circolare214 per fare chiarezza sulla situazione, anche se permangono perplessità e preoccupazioni; in risposta alla suddetta Circolare del Ministero solo le Regioni Marche, Piemonte e Lazio hanno adottato delle circolari, mentre sarebbe au- spicabile che tutte le Regioni possano recepire in modo chiaro le indicazioni fornite dal Ministero della Salute. Rispetto ai minori figli di migranti irregolari va ricordato che rimane attualmente precluso l’accesso sia al pediatra di libera scelta, sia al pediatra di consultorio (le cui man- sioni non prevedono l’erogazione dell’assistenza sanita- ria di base ai minori STP). Per quanto concerne i minori stranieri non accompagnati residenti presso strutture di accoglienza del territorio, si segnala che accedono spesso all’assistenza sanitaria con le forme previste per gli stranieri irregolari in quanto le 4orapportodiaggiornamento2007-2008 34 213 Comitato ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale, Conclusioni e raccomandazioni 2008, Traduzione italiana a cura del Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani, www.comitatodirittiumani.org. 214 Precisazioni sull’assistenza sanitaria ai cittadini comunitari e appli- cazione della comunicazione del Ministero della Salute del 19 febbraio 2008.Documento consultabile sul sito www.regione.lazio.it/web2/contents/sanita/argomento.php?vms=24 211 Ibidem pag. 21. 212 Doudou Diène, A/HRC/4/19/Add.4, 15 febbraio 2007. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a ASL rifiutano l’iscrizione al SSN in mancanza del permes- so di soggiorno per minore età. Tale prassi appare illegit- tima in quanto è opportuno garantire l’iscrizione fin dal collocamento presso il centro di accoglienza, anche pre- cedentemente all’apertura della tutela legale, e sarebbe pertanto necessario specificare tale circostanza con ap- posita Circolare del Ministero della Salute. Discriminazione di bambini e adolescenti con disabilità Al momento della stesura del presente Rapporto, l’Italia non ha ancora ratificato la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità215, che appare di particolare importanza proprio alla luce delle discriminazioni nell’ac- cesso ai diritti che subiscono i bambini e gli adolescenti con disabilità che vivono in Italia. L’integrazione e l’inclusione scolastica sono due impor- tanti obiettivi per ben 161.686 bambini, bambine e adole- scenti iscritti a scuola nell’anno scolastico 2007/2008. L’istruzione dei bambini e degli adolescenti con disabilità dovrebbe avere come obiettivo l’educazione inclusiva ed essere quindi finalizzata a favorire «lo sviluppo della per- sonalità del bambino e dell’adolescente nonché lo svilup- po delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisi- che, in tutta la loro potenzialità»216. Si rileva invece la mancanza di una connessione tra famiglia, scuola e servi- zi del territorio, tra le attività scolastiche, quelle extrasco- lastiche e del tempo libero, nell’ottica dell’obiettivo co- mune di garantire una buona qualità della vita adulta, quale elemento di riferimento per orientare l’insegnamento a un’integrazione sociale più ampia. Per quanto riguarda gli insegnanti di sostegno si rileva che negli ultimi anni, numerosi ricorsi sono stati presen- tati contro il Ministero della Pubblica Istruzione, a difesa del diritto all’educazione di alunni con grave disabilità in- seriti nella scuola, circa la mancanza o l’inadeguatezza del sostegno217. Nelle decisioni emesse dai Tribunali Or- dinari è stato rilevato che tale situazione comporta un’in- giustificata compromissione di un diritto fondamentale della persona all’educazione, all’inserimento scolastico ed allo sviluppo della persona e non possa essere giusti- ficata dalla mancanza di risorse finanziarie adeguate. Relativamente alla realizzazione del diritto alla salute si segnala la necessità di una più puntuale disponibilità di dati fin dalla nascita che consenta di realizzare attività adeguate di programmazione e si propone un approccio alla tematica che preveda una «presa in carico precoce, complessiva e duratura per tutto l’arco della vita». Discriminazione di bambini e adolescenti poveri La povertà è la principale causa di discriminazione che af- fligge i bambini e gli adolescenti. Il Comitato ONU chiede agli Stati di fornire indicazioni sulle misure adottate per fare in modo che i bambini, in particolare gli appartenenti ai gruppi più svantaggiati, siano protetti contro gli effetti avversi delle politiche economiche, compresa la riduzio- ne nei budget destinati al settore sociale. La povertà minorile presenta una pluralità di dimensioni e di caratteri che concorrono a determinare e a misurare il benessere individuale: l’accesso alle cure sanitarie e al sistema scolastico, la partecipazione alla vita comunita- ria, la presenza di legami affettivi, godere di condizioni abitative adeguate218. Di conseguenza è necessario un approccio complesso nello studio della povertà e nella scelta di politiche pubbliche di contrasto e di inclusione sociale. Si richiede un’azione che tenga conto della com- plessità del fenomeno e che sappia combinare tra loro misure per l’occupazione, sostegno al reddito, disponibi- lità dei servizi219. Adozione di misure efficaci per prevenire ed eliminare le disparità su base regionale Questa raccomandazione del Comitato ONU risulta del tutto attualmente ignorata alla luce della mancata defini- zione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LI- VEAS) che dovrebbero individuare ed assicurare il rispet- to di determinati livelli di diritti civili e sociali, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, senza alcuna di- scriminazione220. La situazione è molto differenziata tra le varie Regioni Ita- liane, a partire ad esempio dalla presenza o meno di Ga- ranti regionali per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 35 215 La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, adotta- ta durante la sessantunesima Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con Risoluzione A/RES/61/106 il 13 dicembre 2006, è entrata in vigore il 3 maggio 2008. Il 30 marzo 2007 l’Italia ha firmato la Convenzione e il 28 dicembre 2007 il Consiglio dei Ministri ha ap- provato il disegno di legge di ratifica. 216 Si veda artt. 28 e 29 CRC e Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Commento Generale n. 1 Le finalità dell’educazione 2001; traduzione italiana non ufficiale a cura di UNICEF Italia, disponi- bile sul sito www.unicef.it 217 I ricorsi sono stati presentati per lo più dai genitori e in un caso dal Sindacato Nazionale dei Lavoratori Scolastici (Snals). Autism – Europe Il diritto all’educazione dei minori con disabilità grave in Italia - L’analisi della giurisprudenza italiana Rapporto Bruxelles 2006. 218 Cfr. Sen A.K. La Disuguaglianza, un riesame critico Ed. Il Mulino, 2000 pagg. 146-158 e Baldini M., Bosi P. e Silvestri P. La Ricchezza dell’Equità Ed. Il Mulino, 2004, pagg. 5-25. 219 Si veda oltre capitolo V, paragrafo «La condizione dei bambini e de- gli adolescenti poveri in Italia». 220 Si veda infra capitolo I, paragrafo «Le politiche sociali per l’infanzia e l’adolescenza». di Osservatori regionali per l’infanzia e l’adolescenza, di un’anagrafe per i minorenni fuori dalla famiglia. Discriminazione dei minorenni detenuti Alcuni gruppi di minori sono sistematicamente discrimi- nati: gli stranieri, i rom, i minori residenti nel Sud Italia. La detenzione negli Istituti Penali Minorili è infatti di fatto riservata a questi minori e ad alcuni minori italiani prove- nienti da famiglie con difficoltà economiche e con un bas- so livello di istruzione e di inserimento sociale, mentre per tutti gli altri minori la riforma del processo penale mi- norile consente solitamente di evitare la carcerazione. La discriminazione è un dato strutturale, legato alla margin- alità sociale e all’incapacità del sistema penale e peniten- ziario minorile a trattare equamente le suddette cate- gorie di minori. Discriminazione di bambini e adolescenti appartenenti a minoranze L’accesso ai diritti da parte dei bambini e degli adole- scenti rom, sinti e camminanti risulta negato su tutto il territorio nazionale221, soprattutto per quanto concerne il diritto alla salute e all’istruzione. Per questo si richiede che una particolare attenzione venga loro accordata nel prossimo Piano Nazionale Infanzia, e che venga promos- so lo scambio tra buone prassi tra amministrazioni locali. Si rileva ancora l’assenza di una strategia politica e di coordinamento a livello nazionale volta a predisporre mi- sure di intervento idonee e azioni di lungo periodo. Discriminazione di genere Pur non essendo presente nelle indicazioni del Comitato ONU, si ritiene utile ricordare quanto raccomandato nel 2005 al nostro Paese dal Comitato ONU per l’eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW), che ha apprezzato la creazione del Di- partimento per i Diritti e le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma ha evidenziato la necessità di un particolare meccanismo che monitori l’avanzamento delle donne, piuttosto che un Dipartimen- to che si occupa anche di altri tipi di discriminazione222. Discriminazione per orientamento sessuale La discriminazione per orientamento sessuale non viene espressamente menzionata nella CRC, tuttavia viene con- siderata in più recenti trattati internazionali firmati dall’I- talia, anzitutto nella Carta dei diritti fondamentali dell’U- nione Europea del 18 dicembre 2000 (la cosiddetta Carta di Nizza)223. In Italia attualmente non esistono ricerche ufficiali e dati statistici su cui fare riferimento; però una consolidata lette- ratura scientifica illustra in psicologia e sociologia come la negazione di un’eguaglianza sostanziale produca una di- scriminazione di fatto basata su una “censura preventiva” rispetto ai caratteri specifici della propria identità per questi adolescenti che, ancor più faticosamente dei loro coetanei, stanno maturando la loro personalità umana. Con un’alta incidenza percentuale essi vengono colpiti da “minority stress”, nome che la psichiatria e psicologia dà al disagio psichico che deriva dalla discriminazione e dalla stigmatiz- zazione sociale di una minoranza e che può condurre a comportamenti auto-lesivi e suicidari. Anche l’Organizzazione Mondiale per la Sanità-OMS nel World Report of Violence and Health scrive che sino al 30% dei suicidi adolescenziali è riferibile all’orientamento ses- suale, segnato durante la crescita da un clima discriminato- rio ed omofobo. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 36 4orapportodiaggiornamento2007-2008 221 Si veda oltre capitolo VII, paragrafo «I minori rom, sinti e cammi- nanti». 222 Osservazioni conclusive indirizzate all’Italia dal Comitato ONU per l’eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne nella trentaduesima Sessione, gennaio 2005, CEDAW/C/ITA/CC/4-5 dispo- nibile su www.un.org/womenwatch/daw/cedaw/cedaw32/conclude- comments/Italy/CEDAW-CC-ITA-0523853E.pdf 223 Dopo aver proclamato all’art. 1 che «la dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata», all’art. 21, non discriminazio- ne, vieta qualsiasi forma di discriminazione e aggiunge nell’elenco particolareggiato di cause su cui essa si può fondare, anche “le ten- denze sessuali”. Si ricorda inoltre la Risoluzione del Parlamento Euro- peo P6_TA(2006)00 18, che parifica l’omofobia alle altre forme di in- tolleranza. Il Gruppo CRC pertanto raccomanda: 1. Ai Ministeri competenti di stanziare adeguate risorse economiche per garantire che il principio di non discri- minazione venga attuato, in particolare per l’integrazione di bambini e adolescenti appartenenti ai gruppi più vulnerabili: esempio, rom, sinti, camminanti, appartenenti a minoranze etniche-linguistiche-religiose, di origine straniera, bambini disabili e/o ospedalizzati, bambini appartenenti a famiglie in condizione di po- vertà, i minorenni negli Istituti Penali. 2. LA PARTECIPAZIONE DEI BAMBINI E DELLE BAMBINE, DEI RAGAZZI E DELLE RAGAZZE (ART. 12 COMMA 1 CRC) La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adole- scenza (CRC) rappresenta il primo strumento giuridico a ri- conoscere esplicitamente il diritto dei bambini e dei ragazzi a partecipare attivamente nei processi decisionali che li ri- guardano. L’art. 12 CRC insiste sull’esigenza di ascoltare le opinioni di bambini e bambine, ragazzi e ragazze («bambini e ragazzi») e che di queste si tenga conto nel decidere sulle questioni che li riguardano, tenendo conto della loro età e grado di maturità. Occorre, quindi, tener conto del contesto sociale, del tipo di decisione, dell’esperienza personale, del grado di sostegno offerto dagli adulti, che rappresentano fattori che possono influire sulle capacità dei bambini e dei ragazzi di comprendere ciò che li riguarda224. L’ascolto delle loro opinioni implica, nel lungo termine, cambiamenti nelle strutture politiche, sociali, istituzionali e culturali225. Negli ultimi anni la promozione della partecipazione dell’in- fanzia e dell’adolescenza ha avuto, in Italia, una crescita si- gnificativa, grazie soprattutto all’impulso dato da iniziative e documenti promossi ed elaborati a livello europeo226 ed internazionale227. Tuttavia c’è da rilevare che, in Italia, il tema della partecipa- zione non è ancora entrato a pieno titolo nell’assetto istitu- zionale e sociale: le iniziative di partecipazione con i bambi- ni e i ragazzi in Italia si svolgono prevalentemente a livello locale e in maniera non continuativa, grazie alla sensibilità alla tematica da parte di alcuni amministratori locali, alla presenza di Organizzazioni Non Governative e associazioni attive in questo campo e/o scuole coinvolte in processi par- tecipativi. Al di là di quello che alla fine degli anni ’90 era stato sviluppato grazie all’art. 7 Legge 285/1997228, si rileva che oggi i processi in atto sono ancora frammentari e di- scontinui, pur evidenziando una molteplicità e una ricchez- za di contenuti e approcci. Non sono presenti nemmeno si- stemi di monitoraggio ufficiali e formali legati nello specifi- co alle iniziative di attuazione dell’art. 12 CRC229. L’obiettivo di questo paragrafo è un’analisi dei principali contesti in cui si esplicita la partecipazione attiva dei bambi- ni e dei ragazzi in Italia, al fine di individuare buone prassi. a) La consultazione dei bambini e dei ragazzi La consultazione è un procedimento tramite il quale gli adulti intendono raccogliere il punto di vista dei bambini e dei ragazzi, al fine di avere informazioni sulla loro vita, sul- le loro esperienze, sulle loro preoccupazioni e le loro prio- rità. Il punto fondamentale del processo consultivo è che implica il riconoscimento della validità dell’esperienza in- fantile e giovanile e della necessità di tenerne conto nelle sedi decisionali. I processi consultivi possono avvenire a qualsiasi livello, da quello locale a quello internazionale, e costituiscono una metodologia per raccogliere le opinioni di bambini di qualunque età, inclusi i bambini più piccoli. La consultazione di bambini e ragazzi da parte delle istitu- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 37 224 Cfr, Lansdown G. Promuovere la partecipazione dei ragazzi per costrui- re la democrazia UNICEF Centro di Ricerca Innocenti, Firenze, 2001, pag. 3. 225 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, raccomanda- zioni finali a seguito del Day of General Discussion settembre 2006. Tra- duzione non ufficiale a cura di UNICEF Italia. 226 A livello europeo, si citano: Commissione Europea Libro Bianco dedicato alla Gioventù 2002; Council of Europe Recommendation No. R (98) of the Committee of Ministers to Member States on Children’s Participation in Fa- mily and Social Life, 18 settembre 1998; Council Resolution of 25 November 2003 on common objectives for participation by and information for young people, 2003/C295/04; Decision N. 1719/2006/EC of the European Parlia- ment and of the Council of 15 November 2006, establishing the “youth in Action” programme for the period 2007 to 2013; Communication for the Commission to the European Parliament, the Council, the European Econo- mic and Social Committee and the Committee of the Regions – Promoting young people’s full participation in education, employment and society. 227 Tra le iniziative più importanti a livello internazionale si citano: Ses- sione Speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dedicata al- l’Infanzia, New York, 2002; Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’a- dolescenza, Day of General Discussion, Speak, Participate and Decide. The Child’s Right to be Heard Ginevra, 15 settembre 2006; Sessione Spe- ciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dedicata all’Infanzia a cinque anni dall’adozione del documento Un Mondo a Misura di Bambi- no (UNGASS+5), New York, 11-12 Dicembre 2007. 228 «Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza», art. 7. (Azioni positive per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell’adolescenza) «1. Le finalità dei progetti di cui al- l'articolo 3, comma 1, lettera d), possono essere perseguite, in particola- re, attraverso: [..] c) misure volte a promuovere la partecipazione dei bambini e degli adolescenti alla vita della comunità locale, anche ammi- nistrativa». 229 Maurizio R. Il protagonismo e la partecipazione dei bambini e degli adolescenti percorso di lettura estratto da Rassegna bibliografica infan- zia e adolescenza A. 3, nn. 1-2 (gennaio-giugno 2002), pagg. 5-30, perio- dico trimestrale edito dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Istituto degli Innocenti. 26. Il Comitato ONU raccomanda che: (b)particolare attenzione venga assicurata al diritto di ogni bambino di partecipare alle decisioni che lo riguardano all’interno della famiglia, della scuola, di altre istituzioni ed enti, della società nel suo in- sieme, prestando un’attenzione particolare ai grup- pi vulnerabili; (c) venga rafforzata l’azione generale di sensibilizza- zione, e in particolare nell’istruzione e nella forma- zione dei professionisti relativamente all’attuazione di questo principio. (CRC/C/15/Add. 198, punto 26) zioni italiane, a livello locale e nazionale, su tutte le deci- sioni da prendere che riguardano la loro vita è però una procedura ancora poco praticata. All’interno di questi processi è essenziale che bambini, ra- gazzi e adulti siano consapevoli del contesto in cui si trova- no ad esprimere le proprie idee e preferenze e che conosca- no bene l’oggetto e i confini della consultazione. Gli adulti, se promuovono un processo di consultazione, devono esplicitare tali obiettivi e confini e rendere chiaro in che mo- do e in quali tempi le opinioni dei bambini e dei ragazzi ver- ranno recepite e sviluppate nelle politiche e nelle azioni. Merita di essere menzionato in tal senso il processo di con- sultazione realizzato dal Coordinamento PIDIDA – Per i Di- ritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza230 realizzato nel 2007, che ha elaborato un questionario, differenziato per fasce di età231, per il monitoraggio degli impegni assunti dai Gover- ni durante la Sessione Speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sull’Infanzia (UNGASS) del 2002 nel do- cumento «Un Mondo a Misura di Bambino», di cui è stato celebrato, l’11 dicembre 2007, il quinto anniversario a New York232. L’evento è stato preceduto dal Children’s Forum al quale hanno preso parte bambini e ragazzi233, provenienti da ogni parte del mondo. La delegazione governativa ita- liana ha visto la partecipazione di due ragazze e due ac- compagnatori provenienti dal percorso del PIDIDA234. Tale progetto pilota235 presenta alcuni elementi che ne defini- scono le caratteristiche peculiari: la consultazione ha utiliz- zato una metodologia d’indagine realizzata in partnership in primis, con i bambini e i ragazzi che al termine del que- stionario sono stati chiamati a valutare gli strumenti opera- tivi utilizzati236; la somministrazione va oltre la logica dell’e- vento di New York e fa parte di un processo di partecipazione più ampio che vedrà, nelle fasi successive di sviluppo del progetto, un coinvolgimento crescente dei bambini e dei ra- gazzi237. Si ritiene che l’esperienza e le opzioni metodologi- che utilizzate possano essere un esempio di buona prassi per le istituzioni nazionali, che desiderano ascoltare il punto di vi- sta dei bambini e dei ragazzi sulle questioni che li riguarda- no. Per questo il Coordinamento PIDIDA sta facendo pressio- ne nei confronti dei Ministeri competenti, dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e della Commissione parlamentare per l’infanzia affinché i bambini ed i ragazzi possano continuare il percorso avviato e continuino quindi ad essere consultati non soltanto nella fase iniziale, ma an- che nel processo di definizione e monitoraggio del Piano. In occasione di appuntamenti internazionali che prevedono la partecipazione dei ragazzi si sottolinea però l’importanza di avviare il percorso ed essere supportati, anche in termini lo- gistici, dalle istituzioni competenti in tempi congrui con le esi- genze dei ragazzi in modo da garantire una loro effettiva par- tecipazione. Si rivela infine la necessità che ogni volta che gli adulti realizzano un processo consultivo, come raccomanda- to dagli stessi bambini e ragazzi al termine del questionario, le aspettative non vengano disattese e gli adulti siano pronti non solo ad ascoltarli, ma a prendere seriamente in conside- razione le loro opinioni e a dare seguito alle questioni solle- vate, laddove possibile, con provvedimenti reali. A livello europeo è da citare la consultazione di bambini e ragazzi voluta dal Parlamento Europeo chiamato a dare la sua opinione sulla Comunicazione del 4 luglio 2006 della Commissione Europea «Verso una strategia dell’Unione Eu- ropea sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza», basata sulla CRC. Il Parlamento Europeo ha infatti organizzato una consultazione di bambini e ragazzi in tutta Europa attraver- so un questionario da compilare e una versione child friendly della Comunicazione tradotti nella maggior parte delle lingue dell’Unione Europea238. I risultati del questio- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 38 4orapportodiaggiornamento2007-2008 230 Il PIDIDA è un libero tavolo di confronto e coordinamento aperto a tut- te le associazioni, ONG, e in generale le realtà del Terzo Settore che ope- rano per la promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia e nel mondo. Per ulteriori informazioni si veda il sito internet: www.infanziaediritti.it 231 Fasce d’età: 10-12; 13-17. Per spiegare che cosa è accaduto nel 2002 e aiutare i bambini ed i ragazzi a rispondere al questionario, il Gruppo Par- tecipazione ha preparato una Guida in linguaggio adeguato alla loro età (10-12; 13-17 anni), tutti i documenti sono rinvenibili sul sito del PIDIDA. 232 Per approfondimenti su UNGASS + 5 World fit for children plus 5: www.unicef.org/worldfitforchildren/index.html e www.unicef.it/flex/cm/ pages/ServeBLOB.php/L/IT/ IDPagina/4065 233 I bambini e i ragazzi hanno partecipato in qualità di membri delle de- legazioni governative, rappresentanti dei Network di Organizzazioni Non Governative o delle associazioni dei bambini e dei ragazzi. 234 La partecipazione delle ragazze alla delegazione governativa è stata sviluppata negli ultimi giorni utili con le Istituzioni competenti, non rispet- tando i tempi necessari per la preparazione e la formazione sui temi og- getto dell’evento, indicati dagli Standard Internazionali. Sul punto si veda: Minimum Standards for Consulting with Children Pubblicato a Bangkok nel 2007 dall’Inter-Agency Working Group on Children’s Participation (IAWGCP), composto da ECPAT International, Knowing Children, Plan Inter- national, Save the Children Alliance, UNICEF EAPRO e World Vision. 235 Il progetto pilota ha visto la somministrazione del questionario in cin- que regioni (Lazio, Lombardia, Veneto, Campania e Puglia). 236 I bambini e i ragazzi hanno evidenziato sia gli elementi positivi che le criticità degli strumenti utilizzati. Nelle valutazioni dei questionari e delle guide hanno sottolineato l’interesse per le tematiche affrontate e hanno suggerito integrazioni e modifiche perché guide e questionari rispondes- sero ai loro interessi e a un linguaggio, realmente, a misura di bambino e ragazzo. Il Gruppo partirà dalle loro osservazioni e valutazioni per elabo- rare i futuri strumenti di lavoro con i bambini e i ragazzi. 237 Il Gruppo di lavoro sulla partecipazione del PIDIDA ha presentato nel 2007 al Ministero della Solidarietà Sociale il progetto L’Italia che vivia- mo, L’Italia che vogliamo. Scopo del Progetto è quello di creare uno spa- zio perenne e strutturato di ascolto e partecipazione dei bambini e degli adolescenti sulle questioni che li riguardano. 238 La consultazione dei bambini e ragazzi è stata realizzata anche grazie alla collaborazione delle Save the Children a livello Europeo, coordinate dall’Ufficio di Bruxelles. nario239, di cui esiste anche la traduzione in italiano della sintesi versione child friendly240, sono stati recepiti dal Par- lamento Europeo attraverso la Risoluzione del 16 gennaio 2008241. In questo modo è stato garantito a bambini e ragaz- zi europei quell’ascolto su questioni che li riguardano che la CRC riconosce loro come diritto fondamentale. Tuttavia, an- che in questo caso, al fine di garantire una partecipazione da parte dei ragazzi agli appuntamenti europei, si rileva la necessità di organizzare tali eventi in tempi congrui e con modalità tali da consentire una loro effettiva partecipazione. È auspicabile che questa buona pratica delle istituzioni eu- ropee possa essere da esempio per i Paesi membri dell’U- nione Europea, ed in particolare per l’Italia, che dovrebbero utilizzare questo modello di partecipazione quando sono chiamati a prendere decisioni che riguardano la vita di bam- bini e ragazzi. A livello internazionale, è da citare il Junior 8 Summit, la consultazione che vede protagonisti ragazzi e ragazze, dai 13 ai 17 anni, provenienti dai Paesi membri del G8 e dai Pae- si in via di sviluppo, chiamati a discutere, dibattere in rap- porto alle tematiche in agenda al vertice del G8242. Per l’Italia, i partecipanti alle edizioni del Summit sono selezio- nati attraverso il Concorso J8243 e le associazioni studente- sche che aderiscono al Forum delle Associazioni Studente- sche promosso dal Ministero della Pubblica Istruzione, pro- cesso che garantisce l’eterogeneità e la rappresentatività dei partecipanti. L’iniziativa dimostra come ragazzi e ragazze provenienti da Paesi e culture diverse, senza una lingua co- mune, possono cooperare tra loro e lavorare insieme244 per un obiettivo comune. Confrontandosi, imparano a conoscere modelli d’infanzia e d’adolescenza diversi e a familiarizzare con la dimensione di interdipendenza che esiste tra le loro vite e quelle dei bambini e dei ragazzi nelle diverse aree geografiche. Allo stesso tempo, condividendo i loro vissuti, diventano consapevoli che altri possono avere gli stessi pensieri, gli stessi desideri ma anche gli stessi problemi. Al termine di ogni Summit, i giovani delegati presentano, ai Leader del G8, un documento, non solo analizzando le pro- blematiche con cui si confrontano ogni giorno e individuan- do le priorità, ma proponendo loro stessi possibili soluzioni. b) Consigli dei bambini e dei ragazzi I Consigli dei bambini e dei ragazzi sono una modalità di partecipazione alla vita della comunità. Questi progetti permettono a bambini e ragazzi di collaborare con gli adul- ti entrando nel merito di alcune questioni che li riguardano direttamente, in quanto abitanti di una città, di un paese o di un quartiere; dialogando con i coetanei e con altri citta- dini, con i tecnici e gli amministratori pubblici, per racco- gliere informazioni e pareri, per confrontarsi e fornire sug- gerimenti o fare richieste che rispecchino il punto di vista di bambini e ragazzi. Educazione, diritti, democrazia sono le parole chiave di queste esperienze, che in Italia sono na- te alla fine degli anni novanta con varie denominazioni: Consigli comunali dei ragazzi, Consigli municipali dei ra- gazzi, Consiglio dei bambini e delle bambine, Consulta dei ragazzi e dei giovani o altro ancora. Nel giugno 2007 la città di Reggio Emilia ha accolto oltre cinquanta Consigli provenienti da tutta Italia che hanno lavorato per tre giorni sul tema della rappresentanza e sulle diverse modalità di lavoro dei Consigli245. Queste esperienze246, talvolta molto 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 39 239 Si veda www.savethechildren.net/alliance/where_we_work/europubs/ You_could_always_begin_by_listening_to_us_FINAL_2007.pdf 240 Curata da Save the Children e disponibile sul sito www.sc-formazio- ne.it in Archivio Generale, Documenti, Bambini adolescenti e diritti, Legi- slazione e rapporti, numero 12. www.savethechildren.net/alliance/where_we_work/europubs/participa tion/consultation/You_Could_Always_begin_by_listening_to_us_Child_ Friendly.pdf 241 Disponibile sul sito www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef =-//EP//NONSGML+REPORT+A6-2007-520+0+DOC+WORD +V0//IT&language=IT 242 La consultazione è realizzata grazie ad UNICEF. Precedenti Summit sono stati organizzati a Dunblane, in Scozia, nel 2005 (C8), a San Pietro- burgo, in Russia, nel 2006 e a Wismar, in Germania, nel 2007. Nel 2008 il J8 avrà luogo in Giappone. 243 Un Concorso internazionale in cui i partecipanti sono invitati a presen- tare un comunicato sui temi in agenda del Summit. Per informazioni: www.j8summit.com. 244 Il ragazzi e le ragazze che hanno partecipato alle precedenti edizioni continuano ad essere coinvolti nel processo nei modi e nei tempi definiti con loro definiti (ad esempio, vengono coinvolti nelle giurie di selezione dei nuovi candidati, nella loro formazione e nelle attività di sensibilizzazione). 245 Si veda www.buoniconsiglireggio.blogspot.com/. Si può inoltre ri- chiedere al Comune di Reggio Emilia, Ufficio Reggio città educativa, il DVD di documentazione della tre giorni. 246 Questi progetti quando funzionano, pongono attenzione alla cura delle relazioni che i bambini e i ragazzi intrecciano tra di loro, in fami- glia, con gli adulti fuori e dentro le istituzioni e si fondano sull’idea di una figura adulta capace di ascolto e di porsi in relazione con autorevo- lezza, evitando collusive modalità giovanilistiche. Si fondano anche sul- l’idea che gli adulti dei diversi enti coinvolti dialoghino costantemente tra loro e siano interlocutori credibili per i bambini e i ragazzi. L’ambiente e la città, la vita quotidiana, i luoghi di incontro dei bambini e dei ragazzi, le occasioni di svago e divertimento, la relazione fra giova- ni e adulti (gli amici, il tempo libero, la famiglia, la scuola, gli altri abi- tanti, il comune), i rapporti con i coetanei sono alcune tipologie di temi di cui i bambini e i ragazzi di un Consiglio si occupano, con l’intenzione di promuovere cambiamenti che migliorino la loro vita e quella della lo- ro comunità e del territorio. I bambini e i ragazzi che entrano a far parte di un Consiglio vengono scelti dai compagni che accolgono la loro disponibilità votandoli con modalità differenti: estraendo il loro nome a sorte fra coloro che si sono dichiarati interessati; votando un progetto proposto da un gruppo di ra- gazzi, oppure adottando qualche altro sistema. Ogni consigliere si assu- me l’impegno di portare in Consiglio riflessioni, idee, dubbi, domande e proposte espresse dalla classe o dall’intero gruppo di riferimento. Quando le cose funzionano correttamente, i ragazzi che partecipano ai la- vori di un Consiglio, in primo luogo, giocano, imparano a stare insieme, perché ogni Consiglio nasce come insieme di persone che condividono esperienze e, pian piano, imparano a conoscersi e diventano infine un diverse fra loro per impianto organizzativo, condividono, quando funzionano correttamente, alcuni elementi: ∏ l’impegno degli adulti all’ascolto attivo e alla ricerca di forme e modi idonei per rispettare i diritti dell’infanzia; ∏ l’adozione di metodologie partecipative, miranti a pro- muovere clima cooperativo fra i bambini e i ragazzi e collaborazione fra questi e gli adulti247; ∏ un’intenzione formativa di educazione alla cittadinan- za e alla democrazia attraverso l’apprendimento espe- rienziale248. È indispensabile però un intervento istituzionale di raccordo di queste esperienze e degli enti che le promuovono, attra- verso, ad esempio, la creazione di un organismo interistitu- zionale ad hoc, che preveda anche la partecipazione di as- sociazioni ed Organizzazioni Non Governative. Tale ente do- vrebbe proporre un esame critico delle esperienze dei Con- sigli in Italia in modo da fornire indicazioni utili agli enti che promuovono e coordinano i Consigli dei ragazzi o che inten- dono avviarli e desiderano comprendere come garantirne la sostenibilità nel tempo, ponendo particolare attenzione alla coerenza organizzativa e metodologica con le finalità e gli obiettivi di promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adole- scenza. Infatti non sono state effettuate ricerche ufficiali in Italia sui Consigli dei ragazzi e non è presente un’anagrafe dei Consigli, né un coordinamento nazionale249. Le Univer- sità si interessano al fenomeno in modo marginale: pochi docenti sono a conoscenza di cosa siano effettivamente i Consigli e se ne occupano prevalentemente analizzandoli come casi studio e intervenendo come consulenti in singole realtà250. Negli ultimi cinque anni il numero dei Consigli è aumentato251 progressivamente e nessuna delle strutture regionali o nazionali esistenti appare oggi attrezzata per un lavoro capillare di coordinamento e di sostegno a queste esperienze. Eppure il coordinamento, il sostegno formativo e pedagogico per gli adulti coinvolti, l’incontro e il confronto tra bambini, ragazzi e adulti, la documentazione e la diffu- sione dei risultati dei progetti sono necessari per garantire il buon funzionamento e la sostenibilità nel tempo di que- ste esperienze. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 40 4orapportodiaggiornamento2007-2008 gruppo di lavoro. Insieme agli adulti che li coadiuvano (facilitatori), porta- no avanti quell’attività di indagine ed esplorazione che li aiuta a riflettere sulla realtà, per meglio comprenderla, partendo in primis da se stessi, dalla vita quotidiana, dal territorio conosciuto (cortili, strade di percorren- za quotidiana, parchi e altri luoghi di incontro) e dai problemi a loro vicini, per poi allargarsi progressivamente all’ambiente urbano più ampio e a te- matiche più complesse (ma ciò dipende dall’età dei consiglieri); realizza- no indagini, studiano e approfondiscono i nodi e le questioni che incon- trano sul loro cammino, individuano risorse, riconoscono problemi e si adoperano per comprenderne le cause e immaginare soluzioni. Anche dialogando con i loro compagni di scuola, coi quali tengono un costante collegamento, circa l’andamento dei lavori e sui temi aperti. 247 Metodologie tipiche dell’animazione socioculturale, adottando le qua- li gli adulti che assumono il compito di coordinare il gruppo dei bambini e dei ragazzi non si presentano come depositari di un sapere già predefini- to che vogliono trasmettere, ma come guide in un percorso, durante il quale il gruppo dei partecipanti è invitato a fare esperienze che conduco- no a scoperte, a incontrare problemi che suscitano dubbi e domande, a costruire insieme le risposte possibili. 248 Per favorire forme di apprendimento esperienziale occorre ripensare i contesti formativi non come luoghi di apprendimento individualistico di conoscenze già strutturate per saper proporre luoghi di esperienza dove si impara facendo con gli altri (comunità di pratiche), realizzando quelli che J. Lave ed E. Wenger definiscono contesti di “apprendistato periferico legittimato”. Tratto da Baruzzi V., Baldoni A. (a cura di) Le parole chiave della cittadinanza democratica Franco Angeli, Milano, 2007. 249 Anche l’indagine che periodicamente l’Associazione Democrazia in er- ba realizza non ci consente di conoscere il numero effettivo di queste esperienze, né i progetti realizzati, né le modalità di lavoro e di relazione in atto tra adulti e ragazzi. L’Associazione Camina ha svolto una ricerca qualitativa sui Consigli dei ragazzi in Provincia di Bologna documentata nel libro di Baldoni A., Baruzzi V. (a cura di) Imparare la democrazia Ca- rocci, Roma, 2007. 250 Ad esempio docenti di discipline pedagogiche, di sociologia dell’edu- cazione o di psicologia di comunità dell’Università di Padova, di Verona e di Bologna, di Modena. 251 Per esempio in Emilia Romagna da 55 Consigli presenti nel 2003 se- condo le rilevazioni dell’Associazione Camina si stima che attualmente siano almeno 80 i Consigli attivi. Consigli comunali dei ragazzi: l’esperienza del Garante regionale infanzia Marche Con il fine di promuovere lo sviluppo del bambino at- traverso varie forme di istruzione ed in base all’art. 13 CRC che evidenzia come «il fanciullo ha diritto alla li- bertà di espressione è [...] di ricerca [.. .] e di diffondere idee di ogni genere» e secondo l’art. 29 CRC che fa rife- rimento alla necessità che «l’educazione del fanciullo tenda a promuovere lo sviluppo della sua personalità e dei suoi talenti[...] in tutto l’arco delle sue potenzialità», il Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Marche, presta particolare attenzione alle forme di par- tecipazione organizzata, atte a concretizzare il diritto di parola, di espressione, di opinione dei più giovani. Un’innovativa modalità di partecipazione giovanile, che favorisce momenti di espressione e di confronto per i giovani, è costituita dai Consigli Comunali per i ragazzi, caratterizzati da attività organizzate sia a livello di quar- tiere, che in ambito comunale, oltre che attraverso le Consulte giovanili e le Circoscrizioni. I Consigli Comunali per ragazzi hanno quindi come scopo principale il recupero del senso di appartenenza, agevolando l’integrazione sociale dei fanciulli anche al di fuori del nucleo familiare, attraverso la promozione e lo sviluppo di attività di gruppo in grado di far percepire al singolo d’essere parte della comunità in cui vive. Tale forma di partecipazione, non deve presentarsi come una semplice imitazione delle azioni degli adulti ma de- ve attuarsi all’interno di un meccanismo che sia legato all’espressione diretta delle proprie esigenze e le Consul- te degli studenti sono organismi istituzionali composti dai membri di tutte le scuole del territorio. c) La partecipazione a scuola La CRC nell’imporre ai governi di rispettare e promuovere i diritti di bambini e ragazzi ad essere ascoltati, indica a tut- ti gli ambiti della società, ed in primo luogo alla scuola, di favorire lo sviluppo di processi democratici di partecipa- zione attiva. L’introduzione di processi democratici nella scuola produce effetti benefici di riflesso sull’intera so- cietà. In una scuola democratica c’è rispetto reciproco e partecipazione degli studenti in tutti gli aspetti della vita scolastica. L’esperienza insegna che le scuole che coinvol- gono gli studenti e introducono strutture più democrati- che risultano essere più “armoniose”, avere migliori rap- porti tra studenti e adulti e un ambiente più favorevole al- l’apprendimento252. Le novità introdotte nella scuola italiana dal Ministro della Pubblica Istruzione nel 2007 con «Le Indicazioni per il Cur- ricolo per la scuola dell ’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione» e con l’innalzamento dell’obbligo a 16 anni sono state accolte dalle componenti scolastiche e sociali con interesse, anche se rischiano di venire vanificate se non supportate idoneamente nella prossima legislatura. Nell’attuale normativa «lo studente è posto al centro del- l’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, spirituali e religiosi»253 ed i progetti educativi e didattici predisposti dai docenti, devo- no di conseguenza tener conto di tutte queste dimensioni. Per quanto riguarda la partecipazione degli studenti e delle studentesse alla vita della scuola, anche se si conti- nua a procedere a livello ministeriale senza consultare i ra- gazzi e le ragazze, nelle “indicazioni” sopra citate per la prima volta viene riconosciuto che la loro partecipazione è fondamentale per l’instaurarsi di un buon clima e di un contesto democratico254. Le Indicazioni del Ministro sem- brano dunque finalmente muoversi nell’ottica della CRC, in particolare per quanto riguarda l’attuazione del diritto di partecipazione. Sarebbe però auspicabile lo sviluppo di percorsi educativi e formativi intenzionalmente centrati sulla partecipazione attiva in cui lo studente è portato gra- dualmente ad assumere responsabilità e compiti attraver- so momenti di riflessione, scelte e valutazioni condivise. Particolarmente rilevanti ai fini del diritto di bambini e ra- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 41 252 Lansdown G. Promoting Children’s Participation in democratic Deci- sion-Making UNICEF Centro di Ricerca Innocenti. 253 Ministero della Pubblica Istruzione Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione Roma, settembre 2007. 254 «[…] La scuola si deve costruire come luogo accogliente, coinvolgen- do in questo compito gli studenti stessi. Sono infatti, importanti le condi- zioni che favoriscono lo star bene a scuola, al fine di ottenere la parteci- pazione più ampia dei bambini e degli adolescenti a un progetto educati- vo condiviso[…]». Ministero della Pubblica Istruzione Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione Ro- ma, settembre 2007, pag. 18; «[…] Agire in modo autonomo e responsa- bile: sapersi inserire in modo attivo e consapevole nella vita sociale e far valere al suo interno i propri diritti e bisogni riconoscendo al contempo quelli altrui, le opportunità comuni, i limiti, le regole, le responsabi- lità[…]» Ministero della Pubblica Istruzione Il nuovo obbligo di istruzione: cosa cambia nella scuola? Allegato 2 -Competenze chiave di cittadinanza Roma, settembre 2007, pag. 31; « […] Il concetto di pace all’interno della comunità scolastica può contribuire a mutare la dimensione organizzati- va e relazionale all’interno della scuola e anche a favorire il protagoni- smo giovanile, non più inteso come preconcetto contraltare del “prota- gonismo degli adulti” ma in chiave di una rinnovata e consapevole parte- cipazione alla comunità scolastica e civile[…]» Ministero della Pubblica Istruzione. Dipartimento per l’Istruzione – Direzione Generale per lo Stu- dente Programma nazionale «La Pace si fa a Scuola», Giornata Nazionale della Pace a Scuola, Assisi 4 ottobre 2007 pag. 7. Con l’interesse di venire a conoscenza delle attività svol- te dalle Consulte giovanili, il Garante per l’infanzia e l’adolescenza ha provveduto ad un monitoraggio dei Consigli Comunali presenti nella Regione. Questa ricer- ca ha sollecitato l’attivazione di Consigli comunali nei Comuni che ne erano sprovvisti e ha motivato quei Co- muni che, seppur provvisti di organi consultivi dedicati ai giovani, non avevano alcuna iniziativa in corso. Ad oggi sono attivi, nella Regione Marche, una qua- rantina di Consigli comunali dei ragazzi. Nel novembre 2005, in ricorrenza della Giornata mon- diale per l’infanzia e l’adolescenza, è stata organizzata a Macerata, con l’idea di dare un carattere itinerante all’e- vento, la seconda Assemblea della Consulta Provinciale dei ragazzi in cui è stato approvato il Regolamento per l’Assemblea Regionale, composta dai Consigli comunali dei ragazzi, CMR, delle Circoscrizioni e della Consulte provinciali delle Marche, al fine di «promuovere il dirit- to di partecipazione, favorire l’incontro e lo scambio di opinioni tra i giovani del territorio, accrescere il senso di appartenenza alla comunità e la coscienza della solida- rietà sociale ed affermare il diritto all’ascolto attraverso l’esercizio di proposte, osservazioni ed azioni» (art. 1). L’assemblea regionale è presieduta dal Garante e orga- nizzata attraverso l’istituzione di Commissioni temati- che e territoriali (art. 5). L’effettiva partecipazione dei bambini e dei ragazzi alla vita di comunità deve poggiare sulla consapevolezza del- le potenzialità di espressione dei giovani, considerati ca- paci di apportare cambiamenti nell’ottica di una vita so- ciale condivisa, che valorizzi i tempi e i luoghi per stare insieme e che abbatta le barriere dell’esclusione sociale. Perché i ragazzi possano capire che il loro è un ruolo se- rio e riconosciuto, è di grande importanza che le loro proposte vengano adeguatamente prese in considerazio- ne, ogni volta che sia possibile. A cura di Mery Mengarelli, Garante Regionale Infanzia delle Marche i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 42 4orapportodiaggiornamento2007-2008 gazzi ad essere seriamente ascoltati, sono quei percorsi e attività didattiche che prevedono la possibilità per gli stu- denti, dopo aver approfondito una tematica o problematica, di elaborare proposte da sottoporre a coloro che sono re- sponsabili della relativa attuazione (duty bearers255), e cioè genitori, dirigenti scolastici, assessori comunali, provinciali, regionali. Si cita come buona prassi il Forum dei Ragazzi e delle Ragazze256 che andrebbe maggiormente diffusa per- ché può innescare quel circolo virtuoso tra partecipazione dei titolari di diritti, cioè gli studenti, e la responsabilizza- zione di coloro che sono chiamati a darvi attuazione capace di favorire l’effettivo esercizio dei propri diritti da parte di bambini e ragazzi. Le metodologie utilizzate per favorire questa relazione si- stemica rivestono una grande importanza. In un approccio metodologico di questo tipo gli studenti non sono recipienti passivi e gli adulti gli esperti, ma di volta in volta, a seconda della padronanza dei diversi linguaggi, possono essere gli studenti stessi gli esperti. Ai docenti spetta quindi il ruolo importante di “facilitatori” e “supervisori” attenti alla regia di un processo pedagogico e didattico che genera compe- tenze e autostima. Questo coinvolgimento oltre che su tematiche, quindi più le- gato alle materie e al curricolo, può realizzarsi anche a livello di gover nance della scuola. La partecipazione alla gestione della scuola rafforza la consapevolezza e comprensione del- la democrazia nel bambino e nel ragazzo, fornisce opportu- nità per costruire un’esperienza dei processi democratici e lo incoraggia a dare valore e importanza a tali processi. Le scuole che coinvolgono gli studenti nei processi decisionali sanno che formeranno futuri cittadini competenti257. Per questa ragione anche le assemblee e le associazioni dei ge- nitori dovrebbero favorire la partecipazione degli studenti al- la vita della scuola prevedendo momenti di autoaggiorna- mento sulle problematiche connesse alla crescita autonoma e responsabile dei propri figli come futuri cittadini. Per quanto riguarda le Consulte Provinciali degli Studenti, il prolungamento della loro durata in carica da uno a due anni, potrebbe rappresentare un miglioramento dal punto di vista della loro operatività che negli anni addietro ha sof- ferto in molti casi di mancanza di risultati qualitativi signifi- cativi proprio per la brevità della permanenza in carica258. Il Ministero della Pubblica Istruzione dovrebbe, attraverso i docenti referenti per le Consulte, favorire la costituzione di commissioni che propongano attività e percorsi di sensibi- lizzazione su tematiche connesse alla promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza all’interno delle scuole di appartenenza. d) La ricerca come modalità di partecipazione di bambini e bambine, ragazzi e ragazze Il punto di vista di bambini e ragazzi è un valore aggiunto a qualsiasi analisi, ricerca o studio si voglia intraprendere su aspetti che riguardano la loro vita e quindi il rispetto e la promozione dei loro diritti. La ricerca che “utilizzi” al massimo le abilità e le competenze dei bambini e dei ra- gazzi coinvolti e li tratti con rispetto può fornire loro op- portunità che portano miglioramenti significativi al loro benessere, cioè maggiori possibilità di acquisire nuove conoscenze, sviluppare nuove abilità, costruire nuove amicizie e una più ampia rete di supporto. È da sottolinea- re inoltre come bambini e ragazzi siano più vulnerabili al- l’abuso nelle situazioni in cui hanno scarse opportunità di essere ascoltati e come invece la partecipazione alla ricer- ca insegni loro ad avere accesso alle informazioni e que- sto può essere di estrema importanza per la loro sopravvi- venza259. Qualsiasi ricerca non può prescindere da coloro che vivono quella determinata realtà oggetto dello studio, e ciò è valido per qualsiasi gruppo sociale, di qualsiasi fa- scia d’età, compresi dunque i bambini e i ragazzi. Non si può prescindere dai bambini e ragazzi se si vogliono otte- nere informazioni su di loro. Bisognerebbe lavorare con loro in qualità di persone informate e di ricercatori. Per esempio nell’affrontare lo studio della problematica dei bambini di strada, dei bambini soldato, dei bambini sepa- rati dai genitori come risultato dell’HIV/AIDS e della guer- ra, o dei bambini e ragazzi lavoratori, un approccio di que- sto tipo sarebbe auspicabile. Mentre a livello internazionale esistono e si stanno svi- 255 Letteralmente “portatori di doveri”. 256 AA. VV. Forum dei Ragazzi e delle Ragazze Save the Children Italia, 2007. 257 Si cita come esempio di buona pratica la SMS Rinascita-Livi di Milano dove da anni è in atto un’esperienza di governance attraverso il Consi- glio dei delegati degli studenti eletti dalle Assemblee di classe su base paritaria maschi e femmine. I delegati eletti si riuniscono ogni settimana in orario scolastico, in concomitanza dei laboratori di attività sociali, per discutere e decidere di importanti eventi all’interno della scuola come l’organizzazione della giornata del 20 Novembre, la Giornata della Me- moria, la Giornata della Pace, la Giornata Aperta. Ogni mese e mezzo i delegati riferiscono alle Assemblee di classe e concordano con i compa- gni cosa fare e come muoversi. Il ruolo dei docenti coordinatori è di facili- tare il processo e di riportare le decisioni prese dai ragazzi alla Commis- sione Scuola Comunità composta da insegnanti e genitori. La commis- sione a sua volta facilita la programmazione e l’organizzazione degli eventi così come i ragazzi li hanno pensati e decisi. 258 Modifica del comma 1 art. 6 DPR 567/1996. 259 Save the Children So you Want to Involve Children in Research? Sup- porting children’s meaningful and ethical participation in work around violence against children: A toolkit produced by Save the Children for the UN study 2003. luppando esperienze significative di ricerche su situazioni che riguardano bambini e ragazzi condotte insieme a loro, con la loro partecipazione attiva in qualità di ricercatori, in Italia fino ad oggi tale metodologia e approccio non è sta- to ancora potenziato. Merita menzione la ricerca260 con- dotta nel 2007261 sullo sfruttamento economico dei minori migranti, in particolare per la parte di ricerca partecipata, o peer research, cioè la ricerca tra pari nella quale sono stati coinvolti come ricercatori i ragazzi e le ragazze che vi- vono in prima persona l’esperienza del lavoro minorile262. Come si evince dalla ricerca, il punto di vista dei bambini e dei ragazzi è stato utile per approfondire, con un’ottica di- versa, tematiche spesso stigmatizzate (quali ad esempio la mendicità) e ha generato conoscenze importanti. Ma soprattutto la potenzialità di questo approccio è che ha favorito nei ragazzi e nelle ragazze coinvolti un processo di empowerment e di sostegno all’autostima, alla fiducia nelle proprie capacità e alla valorizzazione del proprio sa- pere, in un’ottica di scambio propositivo e progettuale con gli adulti. Come detto da alcuni di loro, tutto questo ha permesso di leggere in modo diverso la società in cui vi- viamo e di acquisire conoscenze utili per il proprio futuro. In questa prospettiva gli istituti di ricerca e le istituzioni che si occupano di diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dovrebbero promuovere la partecipazione attiva di bam- bini e ragazzi nella ricerca (secondaria e primaria) su aspetti e problematiche che li riguardano per migliorarne la qualità e favorire l’empowerment dei bambini e dei ra- gazzi ricercatori. 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 43 264 Progetto del PIDIDA. 265 Solo in un caso, presso la città di Palermo, con gestione da parte dei ragazzi, successivamente all’avvio del progetto, dalla fase di program- mazione a quella di valutazione e rendicontazione. 266 Consultazione, collaborazione su progetti definiti da adulti, child led organisation, UNCRC; General Comment art. 12, 3rd Draft, 2007. 260 Ires, Save the Children Italia Minori al Lavoro. Il caso dei minori mi- granti, Ediesse 2007. 261 AA. VV. Ragazzi ricercatori. Una ricerca partecipata sul lavoro dei mi- nori migranti Save the Children Italia, 2007, disponibile sul sito www.savethechildren.it 262 Il rapporto che accompagna la pubblicazione, documenta il percorso di partecipazione, formazione ed empowerment del gruppo di minori stranieri lavoratori che hanno condotto in prima persona l’indagine. 263 Tutte le esperienze sono consultabili sul sito del Segretariato www.childoneurope.org/ Child On Europe – Towards a culture of child partic- ipation Nel 2007 è stata realizzata da ChildOnEurope, coordi- namento degli Osservatori Europei per l’Infanzia l’Adolescenza, una raccolta di esperienze europee di partecipazione con bambini e ragazzi relativamente agli ambiti della famiglia, della scuola e della comunità locale. Le esperienze raccolte sono state presentate e di- scusse nel Convegno Europeo di Firenze del 31 gen- naio 2008. Le iniziative italiane presentate sono state 19263, con le seguenti caratteristiche principali:  Tipologia. Modelli e approcci proposti sono diversi: ad esempio attività espressive a scuola, processi di partecipazione diffusa territoriale, realizzati anche con gli strumenti dell’e-government; progettazione di spazi verdi, Consigli Comunali dei Ragazzi, valu- tazione delle politiche minorili realizzate con i bam- bini e i ragazzi stessi; Centri di Aggregazione Giova- nile (C.A.G.) e attività laboratoriali con strumenti teatrali e/o artistici presso le scuole.  Soggetti gestori e/o proponenti. Molti processi sono attuati da ONG a livello locale, in connessione con gli Enti Locali (EELL) o le scuole: un progetto264 di livello nazionale in rapporto con i Ministeri; due casi con il coinvolgimento di Assemblee Legislative Regionali (Emilia Romagna e Marche); due progetti avviati e sostenuti dai Garanti Regionali (Friuli Ve- nezia Giulia e Marche); in alcuni progetti l’azione è partita direttamente da EELL, singoli e/o consorzia- ti e/o attraverso esternalizzazione di servizi con ONG. Non vi sono progetti avviati direttamente da gruppi di bambini e ragazzi, per quanto alcune ini- ziative vedono significativi gradi di gestione diretta da parte loro265.  Destinatari. Generalmente ragazzi pre o adolescenti contattati tramite scuole; in alcuni casi ragazzi con- tattati in gruppi informali e/o in C.A.G.  Caratteristiche delle iniziative di partecipazione. Ri- spetto alla classificazione proposta dal General Com- ment del Comitato ONU sull’art. 12266 le iniziative sono in maggioranza riferite a processi consultivi e di collaborazione pur con metodologie gestionali, con facilitatori e con utilizzo di “linguaggi” e “pro- cedure” adeguate all’età e alla tipologia dei minori cui si rivolgono. Si rileva l’assenza di esperienze di child led organisation, palesata anche dall’assenza al Convegno di ragazzi e ragazze italiani. Nel corso del Convegno, è stato rilevato, soprattutto dai rappresentanti dei progetti italiani convenuti, che si assiste ad una resistenza, prima di tutto culturale, a considerare la partecipazione come un processo da per- seguire con mezzi “non solo straordinari”, ed il rischio che tali processi vengano avocati solo a settori e/o ge- stori “specializzati” e non sviluppati nella normalità della gestione amministrativa e politica. 3. L’ASCOLTO DEL MINORE IN AMBITO GIUDIZIARIO (ART. 12 COMMA 2 CRC) Il 3° Rapporto CRC aveva sottolineato come la legislazione vigente in Italia avesse sempre ritenuto l’ascolto nel mino- re nei procedimenti civili un adempimento quasi residuale riservato a pochi procedimenti giudiziari. In questo senso la Legge 77/2003 di ratifica della Convenzione Europea di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori del 1996 ave- va limitato grandemente l’applicazione della Convenzione stessa, relegando l’obbligo di ascolto del minore a ipotesi assolutamente poco rilevanti e di scarsa applicazione267. La Legge 54/2006 «Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli» ha finalmen- te previsto l’ascolto dei minori nell’ambito dei procedi- menti di separazione, esteso anche ai procedimenti per scioglimento, cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di geni- tori non coniugati. L’art. 155 sexies c.c. infatti prevede che il giudice «dispone l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici ed anche di età inferiore ove capa- ce di discernimento». Dall’entrata in vigore della Legge 54/2006 si è registrato il tentativo di giungere ad una pras- si uniforme nei vari Tribunali e alla stesura di protocolli fra magistrati ed avvocati per la definizione di linee comuni. Così, ad esempio, nel 2007 è stato firmato il Protocollo fra i giudici del Tribunale Ordinario di Milano e del Tribunale per i Minorenni da un lato e dalle più importanti associa- zioni di avvocati della famiglia, che viene oggi rispettato da- gli organi giudiziari di Milano268. Punti salienti e determi- nanti di tale protocollo sono la non obbligatorietà dell’audi- zione, lasciata alla discrezionalità del giudice, che deve va- lutare la necessità o l’opportunità dell’audizione stessa, e la non presenza dei genitori e degli avvocati all’udienza stessa. Tale indicazioni tuttavia non sono condivise da tutti gli Uffici Giudiziari, e così ad esempio nel Foro di Roma269, avvocati e magistrati della famiglia hanno sottoscritto un protocollo diverso, in cui viene fermamente sostenuta la ne- cessità della presenza degli avvocati all’ascolto del minore. Anche il problema della verbalizzazione di quanto dichiara- to dal minore viene diversamente risolto nei vari ambiti giu- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 44 4orapportodiaggiornamento2007-2008 267 Una sollecitazione ad estendere il campo di applicazione della sud- detta Convenzione è stata data con la «Petizione per una più estesa ap- plicazione della Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori nell’ordinamento giuridico italiano», UNICEF Italia, su www.unicef.it 268 Protocollo sull’interpretazione e applicazione della Legge 54/2006 in tema di ascolto del minore redatto dall’Osservatorio per la giustizia civile di Milano - Gruppo famiglia e Minori in www.giustizia.it/newsonline/data/multimedia/2333.pdf 269 Protocollo per l’audizione del minore redatto dalla Commissione Fa- miglia e Minori del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma www.cameraminorile.com/PROTOCOLLO%20SU%20AUDIZIONE%20DE L%20MINORE.DOC In seguito a queste riflessioni il Gruppo CRC racco- manda: 1. Ai Ministeri competenti di promuovere a tutti i livelli, isti- tuzionali e non, l’ascolto e il coinvolgimento dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze nel processo di definizione delle politiche che li riguardano, in partico- lare, riprendendo il percorso interrotto di coinvolgimento dei bambini e dei ragazzi nella scrittura e monitoraggio del Piano Nazionale Infanzia con particolare attenzione ai bambini e ragazzi appartenenti ai gruppi vulnerabili; 2. All’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza di sviluppare Linee guida sulla partecipazione efficace e autentica, condivise da Istituzioni e associazioni, che de- finiscano i tempi e i modi del coinvolgimento dei bambini e dei ragazzi, in linea con gli standard individuati a livello internazionale; 3. Al Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione per lo Studente e Direzione Personale della Scuola di impe- gnarsi a favorire la sperimentazione delle Indicazioni per il Curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione e del Nuovo Obbligo di Istruzione in un’ottica di diritti dell’infanzia e dell’adolescenza anche attraverso protocolli d’intesa firmati a livello locale; di istituire una Commissione ad hoc che rediga, anche con la partecipa- zione di studenti e studentesse, le Linee guida per la par- tecipazione a scuola da utilizzare a livello nazionale e che diffonda le buone pratiche esistenti; 4. Alla Conferenza Stato Regioni di istituire un coordina- mento nazionale di supporto per gli Enti Locali che ab- biano in atto o intendano promuovere Consigli dei ragazzi e altre forme di rappresentanza di bambini e ragazzi, che proponga un esame critico delle esperienze dei Consigli in Italia in modo da fornire indicazioni utili, ponendo par- ticolare attenzione alla coerenza organizzativa e metodo- logica con le finalità e gli obiettivi di promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Il Comitato ONU raccomanda che: (a) la legislazione che disciplina la procedura nei tribu- nali e nei procedimenti amministrativi assicuri che un bambino capace di formarsi le proprie opinioni abbia il diritto di farlo, e che a esse venga data la dovuta considerazione; (c)venga rafforzata l’azione generale di sensibilizzazio- ne, e in particolare nell’istruzione e nella formazio- ne dei professionisti relativamente all’attuazione di questo principio. (CRC/C/15/Add. 198, punto26) diziari, in quanto alcuni verbalizzano puntualmente le di- chiarazioni del minore, facendo firmare poi in calce il relati- vo verbale, altri si limitano a sintetizzare quanto detto dal minore. Manca quindi tuttora una prassi condivisa e soprattutto manca ancora una linea precisa sul punto fondamentale: se la mancata audizione del minore in ambito giudiziario com- porti o meno la nullità dell’intero procedimento, come alcu- ni sostengono, o se invece come convenuto da alcuni proto- colli, tale incombente sia lasciato alla discrezionalità del giudice, che deve motivare le ragioni del suo comportamen- to. Sono quindi ancora pienamente valide le raccomanda- zioni già formulate nel 3° Rapporto CRC relative alla neces- sità di un autorevole intervento interpretativo, quanto me- no per quanto riguarda l’obbligatorietà o meno dell’audizio- ne, e la definizione di una prassi comune a tutti gli interven- ti giudiziari, sia presso i Tribunali Ordinari, sia presso i Tri- bunali per i Minorenni. Si segnala a tale proposito che nel dicembre 2007, il Gruppo CRC ha organizzato una giornata di confronto su questo specifico270, che ha visto una nume- rosa partecipazione di professionisti, ed a cui però non ha partecipato nessun rappresentante del Ministero della Giu- stizia, come invece auspicato. Il 1° luglio 2007 sono entrate in vigore le norme processuali previste nella Legge 149/2001, di anno in anno rinviate, in vista di una globale riforma del procedimento minorile da un lato e dalle norme relative alla difesa d’ufficio. Tali rifor- me non sono state nel frattempo emanate, e la situazione che si è venuta a creare è di difficile soluzione e lascia spa- zio a diverse interpretazioni. Le modifiche processuali intro- dotte di grande rilevanza, cambiano sostanzialmente il pro- cedimento sia nei giudizi cosiddetti de potestate sia nel procedimento adottivo, introducendo elementi di grande novità, ma lasciando tuttavia grandi problemi interpretativi. Nel procedimento di adozione per quanto riguarda l’ascolto del minore viene mantenuto l’obbligo di sentire il minore che ha compiuto dodici anni o un’età inferiore in quanto capace di discernimento, come era già previsto nel- la normativa dell’adozione già in vigore. Viene invece intro- dotta l’obbligatorietà che il minore sia assisto legalmente fin dall’inizio del procedimento da un proprio difensore, di- verso da quello dei genitori, o degli altri parenti che abbia- no con il minore rapporti significativi, e che pure devono es- sere rappresentati fin dall’inizio da un proprio difensore. L’ipotesi sostenuta da una parte della magistratura, in atte- sa di giungere a prassi condivise, riguarda la nomina al mi- nore di un curatore speciale e di un difensore d’ufficio, figu- re che possono coincidere nel caso in cui il curatore sia un avvocato. In questo caso, data la struttura del procedimen- to come contenzioso in contraddittorio, è chiaro che il mino- re viene ad avere da subito la figura di parte nel procedi- mento, parte difesa fin dall’inizio. Anche nei procedimenti di cui agli artt. 330-336 c.c. viene introdotta l’assistenza legale in quanto si prevede che in ta- li procedimenti «i genitori ed i minori sono assistiti da un di- fensore, anche a spese dello Stato, nei casi previsti dalla legge». In tali procedimenti, che pure hanno un forte impat- to sulla vita dei minori non ne viene esplicitamente discipli- nato l’ascolto, anche se da più parti si sostiene il diritto del minore ad essere ascoltato ed il conseguente obbligo del giudice di ascoltarlo. Secondo le proposta dell’Associazione Italiana Magistrati per i Minorenni e la Famiglia271 è neces- sario nominare da subito un curatore speciale al minore, che deciderà se intervenire nel procedimento, con la neces- saria assistenza del difensore, nel caso non possa esso stesso stare in giudizio personalmente. Secondo l’impostazione espressa nel predetto protocollo anche in questo caso il minore deve essere ritenuto parte del proce- dimento in senso formale. Seguendo tali linee interpretative, si assiste ad una forma- lizzazione del procedimento e ad un sostanziale cambia- mento recettivo delle novità ed apertura culturale intro- dotta dalla CRC, che ha previsto espressamente il diritto del minore di essere ascoltato in ogni procedura giudizia- ria che lo riguarda. Tuttavia si evidenzia come l’informazione che attiene al procedimento, e l’accoglimento dei desideri e della volontà del minore ven- gano delegati al legale che assiste il minore nel procedi- mento, senza tuttavia che sia previsto per tale nuovo e di- verso ruolo della difesa una specifica preparazione, una apposita formazione e l’iscrizione in un albo separato che dia garanzie di idonea preparazione. Sarebbe invece au- spicabile, in linea con la CRC e come raccomandato dal Comitato ONU all’Italia, prevedere un’apposita formazio- ne per i professionisti. Tali considerazioni valgono anche per quanto riguarda l’ascolto del minore nel procedimento penale. La situazio- ne che era stata evidenziata nel 3° Rapporto CRC è rima- sta immutata, in quanto nessuna delle raccomandazioni in esso contenute è stata accolta. Infatti, così come già evi- denziato, le procedure relative all’ascolto del minore vit- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 45 270 Il diritto all’ascolto del minore in ambito giudiziario: normativa e pras- si a confronto organizzata dal Gruppo CRC in collaborazione con Istituto degli Innocenti, 17 dicembre 2007, Firenze. 271 Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia, proposta per prassi condivise, procedimento di adottabilità e procedi- menti ex art. 336 c.c. in www.minoriefamiglia.it tima di abuso sessuale non hanno ancora raggiunto livelli di omogeneità e di uniformità rispetto alla normativa vi- gente in materia di tutela dei diritti del minore. Tale circo- stanza è confermata da una ricerca sull’audizione protet- ta in incidente probatorio svolta nel 2007272, in cui si evi- denzia che si è ancora lontani dall’aver acquisito in manie- ra sistematica ed omogenea modalità di audizione ade- guate alle esigenze di tutela, sostegno e rispetto del mi- nore. È inoltre emerso che in sede di incidente probatorio solo il 38% dei minori usufruisce dell’assistenza affettiva e psicologica prevista dall’art. 609 decies c.p.. L’articolo, evidentemente, viene spesso e volentieri disatteso, non essendo prevista alcuna misura vincolante per il magistra- to che procede senza applicarlo nei suoi vari aspetti. Spesso il minore arriva all’audizione “impreparato”: nella metà dei casi fa conoscenza col suo intervistatore, l’ausiliario del giudice, e riceve informazioni sull’audizione il giorno stesso dell’intervista, pochi minuti prima che ab- bia inizio. Tale tempo appare chiaramente insufficiente per creare quel rapporto di fiducia indispensabile per met- tere a proprio agio il minore e consentire al suo intervista- tore di acquisire gli elementi conoscitivi sul suo codice lin- guistico, sulla comprensione dei concetti, sull’accesso alla memoria autobiografica, sulla capacità di attribuire signi- ficati, di riconoscere i sentimenti, di distinguere il vero dal falso. Circa il luogo dove si svolge l’audizione, risulta inve- ce in massima parte acquisita la predisposizione di un am- biente adeguato all’audizione in forma protetta: le audi- zioni si svolgono in massima parte in luoghi progettati ed attrezzati per i minori all’interno del Tribunale stesso o presso altre strutture. L’attrezzatura per la videoregistra- zione è presente nella totalità dei casi, col vantaggio di non dover sottoporre il teste a successive audizioni dopo la testimonianza. Ma a parte l’aspetto legato ai luoghi in cui vengono raccolte le testimonianze, nel complesso i ri- sultati della ricerca ci portano ad affermare che per il mino- re presunta vittima di abuso sessuale che giunge all’inci- dente probatorio, alle conseguenze cliniche del trauma su- bito ed agli sconvolgimenti familiari che spesso si accom- pagnano a tali vicende, si vanno ad aggiungere una serie di elementi pregiudizievoli legati alla scarsa, tardiva o manca- ta attivazione degli interventi di assistenza, di tutela e di cura in parte già previsti dal nostro ordinamento273. È poi da sottolineare che il Ministero della Giustizia - Di- partimento per la Giustizia Minorile ha sottoscritto a gen- naio 2008 con un ente morale274 un protocollo d’intesa al fine di assicurare la piena attuazione del diritto all’ascolto riconosciuto dalla CRC, attraverso la diffusione e la promo- zione di politiche culturali dei minori sopratutto in situazio- ni di disagio, che devono essere affrontate nella misura più ampia possibile attraverso l’ascolto e la valutazione delle esigenze del minorenne coinvolto come autore o come vit- tima nel circuito penale. È pertanto prevista un’attività di promozione volta all’accoglienza ed al sostegno psicologi- co, alla costruzione di procedimenti multidisciplinari ed in- fine alla formazione ed alla sensibilizzazione per gli ope- ratori coinvolti. Tale protocollo potrebbe tendere verso la direzione di colmare, almeno in parte, le lacune operative sopra evidenziate, e sarà dunque interessante monitorar- ne l’applicazione nel corso del 2008. Rimane tuttavia assolutamente necessario, sia per quan- to riguarda l’ascolto del minore in ambito civile che in ambito penale, che l’operatore o il legale che entra in contatto con il minore, che ha il compito di informarlo dei suoi diritti, di prospettargli le soluzioni possibili, di acco- glierlo e di ascoltarlo ed infine di rappresentarlo di fronte al giudice, sia preparato a tale difficile attività ed adegua- tamente formato. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 46 4orapportodiaggiornamento2007-2008 273 Miragoli S. Il coinvolgimento del minore vittima di abuso sessuale al- l’interno del sistema giudiziario: conseguenze psicologiche in Maltratta- mento ed abuso all’infanzia 3/8, 2006, pagg. 57-73. 274 Protocollo sottoscritto in Roma l’11 gennaio 2008 fra il Ministero della Giustizia, Dipartimento per la Giustizia Minorile, Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari e l’ente morale «S.O.S – Il Te- lefono Azzurro Onlus». Il testo è disponibile sul sito www.giustizia.it 272 Gossetti C. Ritraumatizzazione e audizione protetta nell’abuso sessua- le sui minori Università Pontificia Salesiana a.a. 2006/2007. La ricerca è stata effettuata con la collaborazione del CISMAI intervistando, tramite un questionario, 37 ausiliari del giudice in merito all’incidente probatorio condotto più di recente. Tra gli ausiliari intervistati, una quota consisten- te, pari al 78%, afferma che il minore ha mostrato un disagio clinicamente significativo durante l’audizione e che l’81% è stato sottoposto a reiterate escussioni aumentando notevolmente la loro condizione di disagio. Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Ministero della Giustizia l’adozione di Linee guida per l’ascolto del minore nei procedimenti di separazione e divorzio in modo da favorire lo sviluppo di una prassi omogenea su tutto il territorio nazionale; 2. Al Ministero della Giustizia di garantire l’effettiva appli- cazione di quanto previsto dall’art. 609 decies c.p. in te- ma di assistenza affettiva e psicologica al minore vitti- ma di reato coinvolto nei procedimenti penali, e la previ- sione di sanzioni processuali in caso di non applicazione di tale norma in modo da garantire un applicazione uniforme su tutto il territorio; 3. Al Ministero della Giustizia la creazione di un apposito albo di legali specializzati e formati alla assistenza ed alla difesa dei minori nei procedimenti giudiziari che li riguardano. Sotto tale raggruppamento il Comitato ONU comprende il diritto al nome e nazionalità (art. 7 CRC); il diritto alla conservazione della propria identità (art. 8 CRC); i diritti alla libertà di espressione (art. 13 CRC), pensiero coscien- za e religione (art. 14 CRC), associazione (art. 15 CRC); il diritto alla protezione della privacy (art. 16 CRC); il diritto all’accesso ad un’informazione appropriata (art. 17 CRC); il diritto a non essere sottoposto a tortura o trattamenti o punizioni crudeli, inumane e degradanti (art. 37 lett. a). CRC). In questo nuovo capitolo del Rapporto CRC viene iniziata un’analisi rispetto ai minori e i media sia in termi- ni di tutela che di sensibilizzazione ad un utilizzo sicuro e responsabile dei nuovi media, nonché una breve nota ri- spetto al reato di tortura alla luce della raccomandazione del Comitato ONU all’Italia. 1. MINORI, MEDIA E NUOVI MEDIA IN ITALIA Come già evidenziato nel 3°Rapporto CRC275, in Italia sus- sistono alcune criticità relativamente all’uso delle nuove tecnologie da parte dei minori e al sempre più evidente divario di conoscenze e capacità di utilizzo delle stesse tra genitori e figli, dovuto anche a fattori di tipo genera- zionale, culturale ed economico. Secondo i dati ISTAT, rilevati nel febbraio 2007, in Italia i beni tecnologici più diffusi sono la televisione, presente nel 95,9% delle famiglie e il cellulare (85,5%)276. In parti- colare, le famiglie italiane con almeno un minorenne che possiedono il per sonal comput er e l’accesso ad Inter- net sono rispettivamente il 71,2% e il 55,7% dei casi. So- no queste famiglie ad avere il più alto tasso di possesso di connessione a banda larga (34%), mentre per loro il telefono cellulare ha raggiunto i livelli di diffusione del- la televisione (97,9%). Nel corso del 2007 sono state realizzate approfondite in- dagini, elaborate da diverse associazioni attive nel moni- toraggio dei fenomeni socio-culturali, sull’utilizzo del te- lefono cellulare da parte dei più giovani. Secondo i dati forniti in una di esse277, ad esempio, si evidenzia che l’11,2% dei bambini di 8 anni possiede già un telefonino, tra gli 8 e i 13 anni lo possiede il 50%, ma ben il 46,6% di- chiara di averlo ed usarlo per essere sempre rintracciabi- le dai genitori, tra 14 e i 19 anni il 90% . Tali dati sembre- rebbero confermati da un’altra ricerca, condotta sempre nel 2007278, secondo cui quasi la metà dei genitori affer- ma di aver permesso al figlio di avere un cellulare per mo- tivi di sicurezza e quasi un altro 30% per poter comunica- re con lui in qualsiasi momento, mentre solo un 2,7% di- chiara che la ragione principale dell’acquisto è dovuta al fatto che lo avessero tutti i coetanei del ragazzo. Il “con- trollo parentale” sembrerebbe essere, dunque, la motiva- zione principale dell’uso, sottovalutando forse il fatto che, nella maggior parte dei casi, lo stesso genitore igno- ra i pericoli in cui può incorrere il minore. È, inoltre, diffusa una scarsa conoscenza sui possibili ri- schi che le radiazioni emesse dal cellulare potrebbero causare al corpo umano come evidenziato da diversi stu- di europei ed internazionali279 e si segnala che, in attesa di ulteriori valutazioni scientifiche sul lungo periodo, in Italia c’è una scarsa applicazione del “principio di precau- zione”280. Occorre ricordare a tal proposito che il 2 gennaio 2008 il Ministero della Salute francese ha emanato una no- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 47 275 Si veda 3° Rapporto CRC 2007, capitolo V, paragrafo «Nuove tutele e promozione del consumo critico relativamente a nuove e vecchie tecnologie». 276 ISTAT, Indagine Multiscopo Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione: disponibilità nelle famiglie e utilizzo degli individui - Anno 2007 16 gennaio 2008. Seguono il videoregistratore (62%), il let- tore DVD (56,7%), il personal computer (47,8%) e l’accesso ad Internet (38,8%). Tra i beni tecnologici presenti nelle famiglie hanno un certo ri- lievo anche l’antenna parabolica (28,6%), la videocamera (26,1%), il de- coder digitale terrestre (19,3%) e la consolle per videogiochi (17,5%). 277 Movimento Difesa del Cittadino Dipartimento Junior Baby Consu- mers e Nuove Tecnologie. II rapporto sui consumi dei minori Milano, settembre 2007. 278 Centro Studi Minori e Media Minori e Telefonia Mobile. Indagine conoscitiva sull’uso del cellulare da parte dei bambini e dei ragazzi Fi- renze, dicembre 2007. 279 Si veda la ricerca del Dott. Fejes Imre del Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia dell’Università di Szeged in Ungheria del giugno 2004 su www.timesonline.co.uk/tol/news/uk/article450764.ece; studio degli svedesi Lennart Hardell dell’Università di Orebro e Kjell Hansson Mild dell’Umea University del 2007 www.corriere.it/salute/07_ottobre_08/marchetti_tumori_rischi.shtm; si veda anche www.independent.co.uk/life-style/health-and-wellbe- ing/health-news/public-health-the-hidden-menace-of-mobile-phones- 396225.html; infine il rapporto dell’Università di Albany, New York, sempre dello scorso anno BioInitiative Report: A Rationale for a Bio- logically-based Public Exposure Standard for Electromagnetic Fields (ELF and RF), 31 agosto 2007, Albany (USA) pubblicato su www.bioinitiative.org/report/index.htm. Si segnala per completezza che sulla questione si era espresso anche l’OMS, promemoria 193, re- visione del 2002 dichiarando che non ci sono evidenze di danni alla salute causati da cellulari www.who.int/peh-emf/en 280 Si veda http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l32042.ht i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia Capitolo III. Diritti CIVILI E LIBERTÀ ta281 per limitare fortemente l’uso dei cellulari nei bambini, proprio in virtù del fatto che, in piena fase dello sviluppo psicofisico, potrebbero essere più sensibili ad eventuali danni per l’esposizione alle radiofrequenze dei cellulari. In- tanto, come emerge dalle ricerche effettuate su ragazzi ita- liani282, solo il 36,3% dei minori intervistati pensa che l’uso del cellulare potrebbe danneggiare la salute, solo l’11,8% dei bambini spegne il cellulare quando dorme e ben il 76,6% lo tiene in tasca283. In merito all’impegno dei gestori di telefonia mobile, che han- no sottoscritto il Codice di condotta per l’offerta di servizi a sovrapprezzo e la tutela dei minori del 16 febbraio 2005, si ri- leva che il Codice non prevede un organo di controllo autono- mo con poteri sanzionatori in caso di violazione e che all’orga- nismo di garanzia indicato dal Codice spetta solo un compito di revisione e di aggiornamento del Codice stesso. Del resto, sempre secondo i dati raccolti nel 2007, il 23% dei genitori di- chiara di non aver ricevuto mai o solo qualche volta la richie- sta di esibire la carta di identità al momento dell’acquisto del cellulare e se la maggior parte dei genitori dice di sapere che i servizi a sovrapprezzo e quelli a contenuto sensibile possono essere bloccati, solo il 43% ha usato questa opportunità284. Problemi ascrivibili non solo alla responsabilità degli operato- ri di telefonia mobile, ma anche dei rivenditori che non forni- scono alla clientela al momento dell’acquisto «informazioni complete, chiare, tempestive, trasparenti e di facile accesso sui servizi offerti», diversamente da quanto espressamente indicato dal Codice di condotta285. Per quanto riguarda i servi- zi a sovrapprezzo ed a contenuto sensibile, cioè erotico ses- suale, il Codice di condotta prevede due possibilità: «l’apertura dell’accesso ai servizi a sovrapprezzo previa espressa richiesta dei genitori e dei tutori» o «l’inibizione alla fruizione dei servizi in modalità permanente almeno per i con- tenuti sensibili su espressa richiesta dei genitori e tutori»286. Gli operatori di telefonia mobile hanno adottato la seconda opzione e quindi su ogni nuovo cellulare e relativa sim card i servizi a sovrapprezzo ed a contenuto sensibile sono già attivi ed il genitore, deve provvedere da sé a disattivarli. Per quanto riguarda Internet l’avvento del web 2.0, attraver- so il quale sono gli stessi utenti della rete a creare e produr- ne contenuti condivisi potenzialmente con tutti gli altri uten- ti, pone nuovi interrogativi in termini di sicurezza per gli utenti più piccoli poiché sono tra i principali fruitori e produt- tori di tali contenuti. Tali strumenti offrono ai giovani la pos- sibilità di sperimentare forme di partecipazione e di libertà di espressione che difficilmente il mondo adulto garantisce lo- ro negli spazi reali del vivere quotidiano. Il fenomeno è già oggetto di riflessioni psicologiche e sociologiche ma sareb- be auspicabile uno studio ed un’analisi al fine di elaborare misure efficaci per ridurre l’esposizione al rischio o l’impatto negativo che potrebbe determinare. L’enorme successo che i siti di Social Network (SN) hanno ri- scontrato nel mondo, ed oggi anche nel nostro Paese, è te- stimonianza di come le modalità di interazione che questi strumenti consentono, consenta di soddisfare bisogni di co- municazione e di espressione importanti, soprattutto tra i più giovani. Come emerso dai dati relativi ad una recente ri- cerca commissionata alla DOXA sull’utilizzo dei Social Network287 da parte degli adolescenti italiani, età 13-17 anni, si evidenziano alcune tendenze di comportamento, in linea con quanto emerge da analoghe ricerche effettuate in altri paesi, quali una scarsa attenzione ai propri dati personali e la propensione ad incontrare non accompagnati offline per- sone conosciute in rete, che pongono in essere la necessità di capire meglio queste dinamiche, e di un aggiornamento delle indicazioni di sicurezza e tutela. Per quanto concerne i videogiochi, secondo la rielaborazio- ne di dati ISTAT di una recente ricerca288, il 65,2% dei bam- bini e il 38,7% delle bambine tra i 6 e i 10 anni gioca abitual- mente ai videogiochi o a computer, connessi e non alla rete. Numerose ricerche attestano però i rischi dell’uso smodato delle nuove tecnologie, che potrebbe creare delle vere e pro- prie dipendenze289. Del resto la consapevolezza di tale peri- colo è percepita dagli stessi interessati, secondo quanto i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 48 4orapportodiaggiornamento2007-2008 281 Disponibile sul sito www.sante-jeunesse-sports.gouv.fr/actualite-presse/presse- sante/communiques/telephones-mobiles-sante-securite.html 282 Movimento Difesa del Cittadino Dipartimento Junior Baby Consu- mers e Nuove Tecnologie. II rapporto sui consumi dei minori cit. 283 Movimento Difesa del Cittadino Dipartimento Junior Baby Consu- mers e Nuove Tecnologie. II rapporto sui consumi dei minori cit. 284 Centro Studi Minori e Media Minori e Telefonia Mobile – Indagine conoscitiva sull’uso del cellulare da parte dei bambini e dei ragazzi cit. 285 Art. 4 comma 1 Codice di condotta per l’offerta di servizi a sovrap- prezzo e la tutela dei minori, febbraio 2005. 286 Art. 5 comma 4 Codice di condotta per l’offerta di servizi a sovrap- prezzo e la tutela dei minori, cit. 287 Save the Children Italia Profili da sballo. Gli adolescenti italiani e i so- cial network. L’uso di Community, Instant Messaging e Social Network, Indagine presso gli adolescenti di 13-17 anni febbraio 2008, disponibile sul sito www.savethechildren.it/2003/index.asp?area=pubblicazioni&n_ pag=1&anno=2008 288 Movimento Difesa del Cittadino Dipartimento Junior Baby Consumers e Nuove Tecnologie – II rapporto sui consumi dei minori cit., pag. 13. 289 Tra le più recenti ricerche si segnala lo studio italiano realizzato nel 2007, dall’equipe di esperti di psicopatologie legate all’uso di Internet guidata dal Prof. Daniele La Barbera, Responsabile della sezione di Psi- chiatria del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche (DiNeC) dell’Univer- sità di Palermo, che mostra dati preoccupanti: l’uso smodato di cellulari, internet, videogiochi, porta nel 22% degli adolescenti italiani, la nascita di una nuova patologia, definita “tecno dipendenza”. Si sviluppa attra- verso ore e ore passate davanti a pc, telefonini, videogiochi e nei casi più gravi diventa accostabile al gioco d’azzardo. AA.VV. Adolescenti e uso delle nuove tecnologie, una ricerca esplorativa Giornale Italiano di Psico- patologia, Abstract Book 2008, 14 (suppl. al n. 1): 245, Pacini, Roma. emerso da un’altra recente ricerca del 2006, su circa 2000 studenti delle scuole medie e superiori di 19 città ita- liane290. Nel 2003, per cercare di tutelare i minori dall’eccesso di violenza nei videogiochi, l’Interactive Software Federation of Europe (ISFE) con il sostegno della Commissione Euro- pea ha realizzato il sistema PEGI, classificazione in base al- l’età ed al contenuto per i videogiochi, ideato per garantire che i minori non facciano uso di giochi non adatti alla loro età. Il sistema è supportato dai principali produttori di con- solle così come dagli editori di videogiochi di tutta Europa. In Italia sono state realizzate campagne informative per aiutare i genitori nella comprensione del sistema291. Nono- stante ciò, la percezione è che i bambini tendano a sceglie- re giochi destinati ad età superiore alla loro ed i genitori a sottovalutare la classificazione, ignorando la qualità del prodotto destinato ai propri figli. Tale sensazione sarebbe supportata anche da quanto rilevato dal Consiglio Nazio- nale degli Utenti, in seno all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, nel gennaio 2007, secondo cui le case pro- duttrici mettono ugualmente in commercio videogiochi ri- volti a minori, ma ideati e destinati anche ad un’utenza adulta, spesso dal contenuto violento o comunque ecces- sivamente invasivi per un bambino. Per il Consiglio Nazio- nale degli Utenti, l’attuale sistema PEGI si rivela, quindi, in- sufficiente, soprattutto perché non prevede sanzioni reali, e realmente dissuasive, nei confronti dei produttori che im- mettono sul mercato videogiochi con l’indicazione di fasce di età non corrispondenti al vero292. Si segnala infine che il 6 agosto 2007293, il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, di concerto con il Ministro delle Comunicazioni, il Ministro della Solidarietà Sociale, il Mini- stro per le Politiche della Famiglia , il Ministro per le Politi- che Giovanili e le Attività Sportive, il Ministro della Giusti- zia e il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha presenta- to il disegno di legge «Norme a tutela dei minori nella vi- sione di film e di videogiochi», al momento della stesura del presente Rapporto, però, fermo all’esame del Comitato ristretto nominato dalla VII Commissione Cultura, Scienze ed Istruzione della Camera dei Deputati294 Per quanto concerne la tutela dei minori e la TV è da se- gnalare l’attività del Comitato di applicazione del Codice di Autoregolamentazione TV e Minori295, che è stato ridenom- inato Comitato di applicazione del Codice Media e Mi- nori296. Nel corso del 2007 il suddetto Comitato ha esami- nato 339 casi, ha adottato 37 risoluzioni (di cui 5 comuni a più emittenti) e 36 raccomandazioni, oltre a 5 documenti di indirizzo relativi a rappresentazione della violenza , reality show, privacy dei minori e rappresentazione della figura femminile297. Delle 42 sanzioni stabilite, 10 sono state in- dirizzate alla RAI (di cui 2 in fascia protetta, 5 per causa violenza e 2 telegiornali a causa di immagini esplicite), 10 a Mediaset (di cui 3 in fascia protetta, 3 a causa di violenza, 4 telegiornali causa immagini esplicite), 2 a La7, 12 alle TV satellitari e 8 alle emittenti locali298. I programmi più sanzionati risultano in ordine decrescente: film e telefilm, informazione, talk show, pubblicità, intrattenimento. Da sottolineare come, nel 2007, per la prima volta, appaiono, tra le emittenti oggetto di risoluzione, quelle satellitari. Nel complesso, il Comitato ha registrato un aumento della vio- lenza in TV, sia nella cronaca nera anche fuori dei notiziari, che nei film, telefilm e nella fiction. Migliorato invece il sistema di avvertenze rivolto alle famiglie sull’idoneità o meno dei programmi in relazione ai minori: tra l’altro obblighi più precisi sono contenuti nel nuovo contratto di servizio della RAI. Tutte le risoluzioni del Comitato sono state trasmesse per l’eventuale seguito di competenza all’Autorità per le Ga- ranzie nelle Comunicazioni (AGCOM), ed infatti, risultano 52 i provvedimenti conclusi dall’AGCOM con 37 ordinan- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 49 290 Centro Studi Minori e Media Minori in videogioco Firenze, marzo 2006. www.minorimedia.it/minoriinvideogioco.pdf . Mettendo in relazione il tempo che gli intervistati trascorrono davanti ai videogiochi con la percezione del rischio di dipendenza, si riscontra una prevedibile pro- porzionalità diretta che aumenta secondo le ore di gioco. Si può riscontrare infatti che chi gioca meno di un’ora al giorno, per il 59%, crede che la dipendenza si possa manifestare già dopo due ore al giorno, e addirittura il 61,5 % di chi gioca sempre meno di un’ora crede che la dipendenza si manifesti dopo sei ore al giorno. Si può, quindi, concludere che coloro che si dedicano per più tempo ai video- giochi sono portati a considerare in maniera meno rilevante il rischio. 291 Ad esempio, si segnala nel dicembre 2007 la campagna «Videogio- chi? Vai sul sicuro, scegli il PEGI! », realizzata da AESVI con il patroci- nio del Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive, con l’obiettivo di informare le famiglie sull’importanza di controllare la classificazione del videogioco prima dell’acquisto e aiutarle a com- prendere meglio il significato dei simboli e la loro posizione. 292 Si veda www.agcom.it/cnu/comunicati/160107.htm 293 Cfr. www.comunicazioni.it/news/pagina277.html 294 Si veda www.camera.it/_dati/lavori/bollet/frsmcdin_wai.asp? percboll=/_dati/lavori/bollet/200712/1213/html/07/&pagpro= 36n2&all=off&commis=07, dove è possibile evincere l’ iter del disegno di legge, fermo all’esame della VII Commissione perma- nente (Cultura, scienza e istruzione) al 13 dicembre 2007. 295 Il Codice di Autoregolamentazione TV e Minori è stato emanato il 29 novembre 2002 dal Ministero delle Comunicazioni e sottoscritto dai rappresentanti delle principali emittenti televisive, sia pubbliche che private, e dalle associazioni che raggruppano centinaia di emit- tenti televisive minori operanti in Italia. È disponibile sul sito www.comunicazioni.it/tutela_minori/ 296 Ai sensi dell’art. 6 DPR 72/2007. 297 Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione Tv e Minori: Elementi di consuntivo 2007, Roma, 19 febbraio 2008. 298 Si veda www.helpconsumatori.it/news.php?id=17279 ze/ingiunzioni comminate nel medesimo periodo299. Le or- dinanze prevedono di norma il pagamento di un ammenda che va da un minimo di € 25.000 ad un massimo di € 350.000 e l’emittente sanzionata ha tempo 60 giorni per fa- re ricorso contro il provvedimento. Tuttavia non è dato sa- pere il numero di ricorsi presentati ed il loro esito. Nel presentare il Consuntivo 2007 il Comitato ha ricordato la nuova Direttiva UE300 in materia di servizi di media audio- visivi che deve essere attuata dal Governo entro il dicembre 2009 ed ha auspicato l’introduzione di una nuova normati- va che sia in grado di predisporre una tutela più ampia dei minori rispetto all’utilizzo degli strumenti tecnologici vecchi e nuovi ed alla convergenza dei media. È d’obbligo segnalare anche l’operato dell’Istituto dell’Au- todisciplina Pubblicitaria (IAP), che da oltre 40 anni moni- tora e valuta la correttezza dei messaggi pubblicitari alla lu- ce del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Com- merciale. Il Codice è vincolante per tutti gli operatori, dai me- dia alle agenzie pubblicitarie, dal momento che il rispetto delle sue norme è prevista in una clausola inserita in tutti i contratti di settore, rendendolo così obbligatorio anche a co- loro che non sono associati allo IAP. All’interno del Codice, l’art. 11 disciplina la comunicazione rivolta ai bambini o che comunque ne utilizza l’immagine301. Negli ultimi 5 anni i casi valutati sono stati 171 e nel 2007 sono stati 7 quelli riguar- danti i minori302. Data l’estrema rapidità delle sue procedu- re, la giurisprudenza autodisciplinare è diventata un punto di riferimento per quella ordinaria, che ha ufficialmente rico- nosciuto le sue decisioni come validi parametri di valutazio- ne del principio della correttezza professionale in campo pubblicitario303. Infine si sottolinea, come già anticipato nel 3° Rapporto CRC, che il Ministro delle Comunicazioni si è fatto promotore della stesura di un nuovo Codice di autoregolamentazione Media e Minori che raccoglie in un Codice Unico la disciplina relati- va a tutti i media: TV, Videogiochi, Internet e Cellulari. Sono stati convocati tavoli di consultazione con gli operatori di settore, le associazioni dei genitori, dei consumatori e con le associazioni a tutela dei minori. Il Ministro delle Comunica- zioni il 25 gennaio 2008 ha annunciato che il testo del nuovo codice è concluso nella sua prima fase di elaborazione tecni- ca e sarebbe quindi dovuto passare al vaglio del Parlamento304. L’iter per la sua approvazione è stato inter- rotto a seguito della crisi di Governo ed il testo del Codice non è stato, al momento della stesura del presente Rappor- to, reso pubblico. Sarebbe auspicabile l’approvazione di tale Codice da parte del nuovo parlamento in tempi brevi e so- prattutto l’attribuzione all’organismo di controllo di poteri sanzionatori nei confronti di tutti media oggetto del nuovo codice, così come richiesto da Consiglio Nazionale degli Utenti, nel contributo dato all’elaborazione del codice e di un nuovo sistema di tutela305. Si prende atto, anche del lavoro svolto dal Ministero delle Comunicazioni e dal Ministero della Pubblica Istruzione nella promozione di iniziative a carattere sperimentale di forma- zione e campagne di sensibilizzazione306 per un uso consa- pevole delle nuove tecnologie destinate alle famiglie ed ai minori, e per l’adozione di alcune direttive in materia307. Di- rettive, queste ultime, che introducono il pat t o social e di cor r esponsabil it à, che vede già coinvolte attivamente an- che le famiglie, cui all’inizio dell’anno scolastico viene chiesto di sottoscrivere un vero e proprio decalogo, conte- nente una «definizione condivisa di diritti e doveri tra famiglie e scuola»308. Occorre, tuttavia, rilevare che, per quanto necessarie, simili i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 50 4orapportodiaggiornamento2007-2008 304 Intervento al convegno organizzato dal Consiglio nazionale degli utenti presso l’Authority Telecomunicazioni, www.helpconsumatori.it/ news.php?id=16904 305 www.agcom.it/cnu/delibere/015_070507.doc 306 Ad esempio, si veda Campagna di sensibilizzazione per un corretto uso delle nuove tecnologie da parte dei minori, promossa dal Ministero delle Comunicazioni e dal Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri Il miglior modo per aiutare tuo figlio a non fare un uso sbagliato delle tecnologie, è conoscerle rivolta ai genitori con figli di età compresa tra i 9 e i 14 anni, a cui si aggiunge il si- to Ti6connesso che offre spunti di riflessione e informazioni necessarie ad una navigazione sicura a tutti i ragazzi ed agli adulti coinvolti nella lo- ro tutela (genitori ed insegnanti) www.tiseiconnesso.it/pag_video.php; Progetto Teleduchiamoci del Ministero della Pubblica Istruzione, in colla- borazione con l’Università La Sapienza di Roma, AGCOM, Comitato per il Codice TV e Minori, Rai, Cnu , Uffici Scolastici Regionali ed Associazioni Genitori, che ha coinvolto nel 2007 genitori e studenti di diverse regioni italiane per un’attività di formazione relativa alla comunicazione televisi- va, nei suoi diversi linguaggi e strumenti mediali www.pubblica.istruzione.it/dg_studente/news/allegati/teleduchiamoci.pdf 307 Si veda la Direttiva n. 16 del 5 febbraio 2007 del Ministero della Pub- blica Istruzione per contrastare il cyber bullismo e la relativa compagna di informazione e sensibilizzazione Smonta il bullo con osservatori per- manenti, un numero verde e un apposito sito internet www.pubblica.istruzione.it/ministro/comunicati/2007/050207.shtml e www.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/dir16_07.shtml; e la Diretti- va n. 104 del 30 Novembre 2007 che prevede sanzioni per chi diffonde dati personali altrui non autorizzati in ambito scolastico www.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/allegati/dir104_07.pdf 308 www.pubblica.istruzione.it/ministro/comunicati/2007/280507.shtml 299 Si veda www.agcom.it/rel_07/07_Relaz_part02.pdf , Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Relazione annuale sull’attività svolta e sui programmi di lavoro Roma, 24 luglio 2007, cap. 2.11 «La tutela dei minori», pag. 84. 300 Direttiva 2007/65/CE Servizi di media audiovisivi senza frontiere 11 dicembre 2007, disponibile sul sito www.europarl.europa.eu/ 301 Cfr. www.iap.it/it/codice.htm 302 Per le recenti decisioni del Giurì e del Comitato di Controllo si veda www.iap.it/it/indingiu.htm. Si tenga presente, però, che ricerche rela- tive a decisioni emesse su temi specifici e/o in annualità differenti, possono essere effettuate solo dalla Segreteria IAP, su specifica richi- esta, come è stato per il caso qui riportato dei dati relativi alle pro- nunce ex art.11. 303 Sentenza della Corte di Cassazione n. 1259 del 15 febbraio1999. iniziative, alcune delle quali per ora a livello solo sperimenta- le, non bastano a colmare un vuoto, non solo legislativo, ma anche socio-educativo e di conoscenza. Collegare i fenomeni di bullismo, peraltro già diffusi da tempo309, all’uso improprio del cellulare non significa, ovviamente, “demonizzarlo”, ma prendere atto del fatto che in Italia manca un’educazione al- l’uso responsabile del mezzo tecnologico, non solo per gli studenti, ma anche per gli stessi genitori ed insegnanti. Inoltre, gravi lacune permangono, da parte dei media, pro- prio sulla tutela della privacy dei minori, anche alla luce della nuova Carta di Treviso310, storico documento di auto- regolamentazione stilato, nella sua prima versione, nel 1990, che impegna i media ed i giornalisti italiani a norme di comportamento, nei confronti dei bambini, deontologica- mente corrette. L’Autorità del Garante per la protezione dei dati personali, già nel 2006, aveva dato formalmente atto dell’aggiornamento della Carta di Treviso311 volto ad adeguare, in base all’esperienza acquisita, le cautele relati- ve alla tutela dei minori. Tuttavia, la medesima autorità continua ad emettere richiami, si veda ad esempio il prov- vedimento del 19 settembre 2007312 indirizzato ai giornali- sti, atto a ribadire l’esigenza di reali tutele relativamente al- la privacy dei minori, nel campo dell’informazione. 2. TORTURA Per quanto concerne l’introduzione del reato di tortura nel Co- dice penale313, non vi sono purtroppo novità sostanziali rispet- to al 3° Rapporto CRC. Anche la XV Legislatura si è infatti chiu- sa senza l’approvazione definitiva di un testo che dia attuazio- ne alle reiterate raccomandazioni rivolte dalle Nazioni Unite all’Italia: alle osservazioni del Comitato ONU sui diritti dell’in- fanzia e dell’adolescenza del 2003314 si sono infatti sommate ancora una volta quelle espresse nel 2007 dal Comitato ONU contro la tortura, in occasione dell’esame del quarto rapporto periodico governativo italiano315. La prima raccomandazione posta dal Comitato ONU contro la tortura al Governo italiano è infatti l’introduzione del reato di tortura nella legislazione na- zionale, con una definizione coerente con quella dell’art. 1 del- la Convenzione ONU contro la tortura316 (CAT) e con pene ade- guate, come indicato dall’art. 4 della medesima Convenzione. L’Italia, inoltre, non ha ancora ratificato il Protocollo Opzionale alla CAT317 ed il Governo non ha presentato il disegno di legge di ratifica, nonostante l’impegno assunto davanti alle Nazioni Unite in occasione della propria candidatura, e successiva ele- zione, a membro del Consiglio sui diritti umani nel 2007318. Il Protocollo Opzionale prevede un sistema di prevenzione della tortura basato su visite condotte da organismi indipendenti nazionali e internazionali in luoghi in cui vi siano persone, compresi minori, private della libertà personale. 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 51 309 Si veda Gruppo CRC I Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite, 2001, pag. 36. 310 Cfr. www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/carta_treviso/index.html 311 Si veda la deliberazione del Garante del 26 ottobre 2006 in www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1420915 312 Si veda www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1451588 , se- condo il quale non basta solo non indicare le generalità del minore, ma anche ogni riferimento indiretto che lo possa rendere identificabile. 313 Il reato di tortura è stato invece introdotto nel Codice penale militare di guerra, Legge 6/2002, che applica a tutti i «corpi di spedizione all’estero per operazioni militare armate», anche «in tempo di pace». 314 CRC/C/15/Add. 198, 31 gennaio 2003, Osservazioni Conclusive indirizza- te all’Italia dal Comitato ONU, punti 31 e 32. 315 CAT/C/ITA/CO/4, 18 maggio 2007, disponibili sul sito www2.ohchr.org/english/bodies/cat/cats38.htm. 316 Ibidem Principali elementi di preoccupazione e raccomandazioni, punto 5. 317 Firmato dall’Italia nell’agosto 2003 318 A/61/863, 17 aprile 2007, pag. 6, disponibile on-line www.reformtheun. org/index.php?module=uploads&func=download&fileId=2282 Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Governo, al Ministero della Pubblica Istruzione e al Ministero delle Comunicazioni ed alle Istituzioni Locali e Scolastiche, di continuare ed implementare programmi di sensibilizzazione ad un utilizzo sicuro e responsabile dei Nuovi Media attraverso canali di comunicazione efficaci, veloci ed accessibili alla generalità degli utenti; 2. Al Governo, al Ministero della Pubblica Istruzione, al Mi- nistero delle Comunicazioni, al Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive ed alle Istituzioni Locali di promuovere dei progetti finalizzati al raggiungimento di una presa di coscienza critica da parte dei minori, introdu- cendo, ad esempio, la media education come materia di studio obbligatoria, nel curriculum scolastico della scuola primaria e secondaria di I grado. Tali progetti, dovrebbero essere rivolti anche a bambini in età pre-scolare, accom- pagnati da specifici corsi di aggiornamento atti ad arricchi- re le competenze dei docenti; 3. Al Governo ed al Parlamento l’approvazione entro il 2008 del Codice Unico Minori e Media, dotandolo di effettivi ed idonei strumenti di monitoraggio e sanzionatori. In linea con le sue precedenti raccomandazioni (ibid. par. 20) il Comitato ONU raccomanda che l’Italia: (a) recepisca nel diritto penale il crimine della tortura o di al- tri trattamenti o punizioni crudeli, inumani e degradanti (CRC/C/15/Add. 198, punto 32) Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Parlamento di legiferare al fine di introdurre il reato di tortura nel Codice penale italiano, in attuazione delle rei- terate richieste in tal senso da parte delle Nazioni Unite; 2. Al Governo e al Parlamento di ratificare il Protocollo Op- zionale alla Convenzione ONU contro la tortura, coerente- mente con gli impegni presi anche in qualità di membri del Consiglio delle Nazioni Unite sui Diritti Umani. Capitolo IV. Ambiente familiare e MISURE alternative All’interno del raggruppamento l’ambiente familiare e le misure ad esso alternative, previsto dalle Linee Guida del Comitato ONU, vengono considerate le seguenti questio- ni: il ruolo e la responsabilità dei genitori (art. 5 e art. 18 comma 1 e 2 CRC), la separazione dai genitori (art. 9 CRC) il ricongiungimento familiare (art. 10 CRC), la sottrazione internazionale di minori (art. 11 CRC), il mantenimento del minore (art. 27 comma 4 CRC), minori privi di un ambiente familiare (art. 20 CRC), l’adozione (art. 21 CRC) la verifica periodica del collocamento (art. 25 CRC), l’abuso e mal- trattamento all’interno dell’ambito familiare (art. 19 CRC) e le misure riabilitative (art. 39 CRC). Nel preambolo della CRC si afferma che «la famiglia, unità fondamentale della società e ambiente naturale per la crescita ed il benessere di tutti i suoi membri e in parti- colare dei fanciulli, deve ricevere la protezione e l’assistenza di cui necessita per poter svolgere integral- mente il suo ruolo all’interno nella collettività». Tale prin- cipio è ulteriormente ribadito negli articoli 7, 9 e 20 CRC. I principi della CRC, ed in particolare il diritto del minore a vivere e crescere in famiglia, hanno trovato riconoscimen- to in Italia con la Legge 149/2001 che sancisce «il diritto del minore ad una famiglia». A livello europeo si segnala la Risoluzione approvata dal Parlamento Europeo il 16 gennaio 2008, «Verso una stra- tegia dell’Unione Europea sui Diritti dell’Infanzia e dell’A- dolescenza», in cui si afferma che «l ’ambient e f amil iar e rappresenta il contesto propizio alla protezione dei diritti dei minori, garantendone un sano sviluppo della persona- lità, allo sviluppo delle loro capacità, all’acquisizione delle conoscenze necessarie all’esercizio dei loro diritti e all’ap- prendimento dei loro doveri e che di conseguenza dev’es- sere compiuto ogni sforzo possibile per sostenere le fami- glie tramite politiche pubbliche adeguate, ma che, in as- senza di tale contesto, tutti i minori compresi gli orfani, i senzatetto e i profughi, dovrebbero, conformemente alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, poter godere di una pr ot ezione sost it ut iva che assicuri la loro crescita senza discriminazioni di sorta» e al punto 111 si precisa che «l ’adozione possa avvenire nel Paese di origine del bambino oppure trovando una famiglia attra- verso l’adozione internazionale, conformemente alla legi- slazione nazionale e alle convenzioni internazionali, e che la sistemazione in istituto debba essere usata solo come soluzione temporanea; potrebbe essere presa in conside- razione una soluzione alternativa di accoglienza in fami- glia quale l ’af f ido f amil iar e; esorta vivamente gli Stati membri e la Commissione, in cooperazione con la Confe- renza de L’Aja, il Consiglio d’Europa, e le organizzazioni per i bambini, a elaborare un quadro che permetta di ga- rantire la trasparenza e un controllo efficace dello svilup- po di tali bambini e a coordinare le loro azioni, in modo da impedire il traffico di minori; sollecita, a tale proposito, gli Stati membri a prestare speciale attenzione ai bambini con esigenze particolari, ad esempio i bambini che richie- dono cure mediche o i bambini disabili». 1. SEPARAZIONE DAI GENITORI: DIRITTI DEI BAMBINI E DEGLI ADO- LESCENTI CON GENITORI DETENUTI IN CARCERE Il rispetto di alcuni dei diritti fondamentali sanciti dalla CRC, e in primis del diritto del minore «di intrattenere re- golarmente rapporti personali e contatti diretti con en- trambi i genitori, a meno che ciò non sia contrario all’inte- resse preminente del fanciullo» (art. 9 CRC), risulta parti- colarmente delicato e difficile nel caso dei minori figli di genitori detenuti. Spesso, infatti, la tutela di tali diritti può essere fortemente ostacolata dalle esigenze imposte dalla condizione di detenzione del genitore. Ovviamente individuare e sottolineare le specificità dei fi- gli di genitori detenuti in questa sede non deve indurre a un’ulteriore discriminazione e stigmatizzazione di questo gruppo di minori, ma solo alla presa di coscienza che loro malgrado essi costituiscono un’entità sociale con esigen- ze e problemi specifici legati alla condizione del loro geni- tore. Anche in seguito all’arresto di uno o di entrambi i genitori, il mantenimento della relazione familiare (ove ovviamente non vi siano impedimenti giudiziari e ciò non contrasti con la tutela dell’incolumità e degli interessi del minore) va assunta come un diritto fondamentale del mi- nore, a cui va garantita la continuità di un legame affetti- vo, e come un dovere/diritto del genitore di assumersi la responsabilità e continuità del proprio ruolo. Anche in se- guito all’arresto evidenzi una situazione di precarietà fa- miliare, in ottemperanza a quanto previsto dalla legisla- zione italiana in materia di finalità della pena e di tratta- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 52 4orapportodiaggiornamento2007-2008 mento penitenziario, occorre operare affinché la deten- zione costituisca per il genitore detenuto un’occasione per recuperare l’identità genitoriale persa o da ricostrui- re. Invece di fatto per molti genitori la carcerazione deter- mina una “sparizione”. La sanzione penale, allontanando una (o entrambe) le fi- gure di riferimento, provoca un grave trauma nell’ambito familiare, in particolare al figlio, che subisce la detenzio- ne del genitore come perdita della risorsa affettiva più importante e della principale risorsa psicologica che, se mancante, può compromettere il suo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale319. Inoltre l’arresto fa spesso venir me- no anche la principale fonte di reddito per la famiglia, rendendo precaria la situazione del minore anche dal punto di vista economico e sociale320. Studi internazionali hanno mostrato che le conseguenze della detenzione sui bambini possono persistere e mani- festarsi anche in età adulta321. Un figlio di genitore dete- nuto, una volta diventato adulto, ha infatti maggiori pro- babilità di trovarsi in conflitto con la legge322. Secondo al- cune stime, il 30% dei figli di genitori detenuti è destina- to a ripetere l’esperienza detentiva del genitore, in man- canza di un intervento di accompagnamento adeguato323. Sarebbe quindi opportuno predisporre un monitoraggio costante della quantità di minori interessati da questa si- tuazione e delle effettive conseguenze che essa provoca sulla loro vita, nonché predisporre anche nel nostro Pae- se ricerche di lungo periodo su come agiscono sui bambi- ni i meccanismi della detenzione per prevedere interventi a loro sostegno324. In Italia invece ci sono pochi dati sulla situazione dei dete- nuti in quanto genitori. L’amministrazione penitenziaria non registra in maniera sistematica se un detenuto ha figli, e pertanto il quadro della situazione familiare che ne risulta è incompleto e non consente di conoscere l’esatto numero di bambini e ragazzi che vivono questa esperienza325. Tutta- via, dai numeri di cui si dispone, si rileva che in un anno più di 700.000 bambini dell’Unione Europea e circa 70/75.000 in Italia sono separati da un genitore detenuto, e a volte da entrambi326. Questi bambini e ragazzi costituiscono un gruppo poco identificato come portatore di bisogni e di di- ritti, ma “fortemente a rischio” come già descritto. Un inter- vento di sostegno e accompagnamento della relazione ge- nitoriale si configura quindi come una necessaria e auspica- bile azione di prevenzione sociale. Sul versante della tutela dei legami familiari delle persone detenute, le Regole Penitenziarie Europee327 stabiliscono che il trattamento penitenziario deve essere orientato a conservare e rinforzare i legami dei detenuti con i membri della loro famiglia e con il mondo esterno nell’interesse degli uni e degli altri328 e che le modalità di effettuazione dei colloqui devono permettere ai detenuti di mantenere e sviluppare la relazione familiare nel modo più normale possibile329. Anche in Italia sono state emanate una serie di norme a tu- tela della dignità della persona detenuta e quindi, diretta- mente o indirettamente, a sostegno della genitorialità, an- che grazie all’attenzione al valore preventivo di un’azione a tutela della relazione familiare330. Riguardo alle relazioni familiari, l’ordinamento ha accolto il principio che il tratta- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 53 319 Bouregba A. I legami familiari alla prova del carcere Bambinisenza- sbarre, Milano, 2005. 320 Caritas Ambrosiana Indagine sulle condizioni sociali, economiche e abitative delle persone detenute a Milano e delle loro famiglie Rapporto di ricerca a cura di Andrea Molteni e Alessandra Naldi, Milano, maggio 2007. 321 Murray J.F., Farrington D. Parental Imprisonment effects on boys’an- tisocial behavviour and delinquency through the life.course in Journal of Child Psycology and Psychiatry, 46 (12) 2005. 322 Barral W. Enfants de droits. La révolution des petits pas, Lierre et Coudrier, Association La Harpe-Enfants de droits Parigi, 1990. 323 Studio Eurochips e Centro studi sulle carceri, Parigi, novembre 2005, in Bambinisenzasbarre Figli di genitori detenuti, prospettive europee di buone pratiche Milano, 2007. 324 Rufo M. Liens familiaux et détention. Le jeune enfant vivant auprès de sa mère incarcérée in Transitions 39, 1995, pagg. 127-136. 325 Nelle statistiche ufficiali del Dipartimento dell’Amministrazione Pen- itenziaria del Ministero della Giustizia (disponibili anche sul sito www.giustizia.it), viene sempre riportata anche una tabella relativa al numero di figli della popolazione detenuta in Italia (a fine 2007 il dato ufficiale era di 16.834 persone detenute con figli), ma in nota alla tabel- la viene riportata la seguente frase: «L’indagine è limitata ai soli soggetti di cui è noto lo stato di paternità/maternità. Sono quindi es- clusi non solo coloro che non hanno figli ma anche gli individui per i quali il dato non è disponibile». 326 La stima esatta per l’Italia era di 73.490 detenuti con figli entrati in carcere nel 2005. Fonte: Studio Eurochips e Centro studi sulle carceri, 2005, cit. 327 Con le «Regole minime standard per il trattamento dei detenuti» (Risoluzione (73) 5 del 19 gennaio 1973) e successivamente con le Re- gole Penitenziarie Europee (Raccomandazione R (87) 3 del 12 febbraio 1987, riproposta e aggiornata nella Raccomandazione R(2006)2 dell’11 gennaio 2006), il Consiglio d’Europa ha emanato una serie di indicazioni agli Stati aderenti allo scopo di «stabilire un insieme di re- gole minime che insistano sugli aspetti dell’amministrazione peniten- ziaria che risultano essenziali per assicurare condizioni umane di de- tenzione e un trattamento positivo nel quadro di un sistema moderno e progressista» (dal preambolo alla R (87) 3). 328 R (87) 3, regola 65. 329 R (2006) 2, regola 24.4. 330 È un percorso iniziato nel 1975 con la riforma dell’ordinamento pe- nitenziario (Legge 354/1975), che ha allineato il trattamento dei dete- nuti nelle carceri italiane ai principi di tutela della persona nelle situa- zioni di privazione della libertà personale, adeguandosi pienamente alle regole dell’ONU e del Consiglio d’Europa, e che ha sancito defini- tivamente il passaggio da un sistema repressivo, ispirato al principio retributivo, ad un sistema basato sul principio della finalità rieducati- va e risocializzante della pena (già previsto dall’art. 27 Cost.). i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia mento penitenziario «debba agevolare gli opportuni contatti con il mondo esterno e i rapporti con la famiglia»331, preve- dendo in tal senso anche la possibilità del lavoro all’esterno del carcere e rientro la sera332. Un ulteriore passo in avanti verso la tutela delle relazioni familiari è stato compiuto con l’introduzione delle misure alternative alla detenzione, con la Legge Gozzini333, e successivamente con la Legge Simeo- ne-Saraceni334. Il legislatore italiano si è poi soffermato so- prattutto sulla tutela della relazione genitoriale quando la detenzione interessi la madre (o il padre in caso di assenza o impossibilità della figura materna). La sopra citata Legge Simeone-Saraceni del 1998 ha introdotto anche la possibi- lità di accedere alla detenzione domiciliare per motivi di sa- lute o di famiglia a favore delle donne incinte o madri di pro- le di età inferiore ai 10 anni o del padre in caso di impossibi- lità della madre (art. 10). Il Regolamento di esecuzione del- l’ordinamento penitenziario335, del 2000, ha stabilito, tra l’altro, le caratteristiche minime a cui si devono uniformare gli asili nido operativi nelle carceri o nelle sezioni femminili per consentire alle madri detenute di tenere con sé i figli fi- no a 3 anni d’età. Ma il passaggio fondamentale di questo percorso è stato l’introduzione della Legge Finocchiaro (2001)336 che ha introdotto la «detenzione domiciliare spe- ciale» per madri di figli al di sotto dei 10 anni di età anche per pene superiori ai 4 anni, purché non sussista la possibi- lità di commissione di ulteriori reati ed abbiano scontato un terzo di pena. La Legge Finocchiaro ha inoltre previsto l’estensione dell’art. 21 dell’ordinamento penitenziario, che permette l’uscita dal carcere per recarsi a lavorare durante il giorno e il ritorno in carcere la sera, aggiungendo un tempo in più per l’assistenza all’esterno dei figli minori, ed in man- canza di un lavoro consentendo l’utilizzo di questa possibi- lità anche solo per l’accudimento dei figli. Quello della continuità della relazione con la madre sotto- posta a misure penali rappresenta un nodo critico. I bambi- ni residenti negli istituti penali con la madre detenuta, ol- tre a vivere in un ambiente non adeguato alla necessità di un regolare sviluppo psicofisico337, al compimento del terzo anno di età non possono più vivere in carcere e quindi ven- gono allontanati dalla madre a meno che essa non abbia i requisiti di legge per usufruire della detenzione domiciliare prevista dalla Legge Finocchiaro. Le difficoltà di attuazione di tale legge, soprattutto nel caso di donne straniere o rom che non dispongono di un alloggio presso cui usufruire del- la detenzione domiciliare, e le limitazioni imposte dai requi- siti richiesti (non essere in attesa di giudizio e avere già scontato un terzo della pena) fanno già emergere la neces- sità di un suo perfezionamento338. Il problema resta comun- que attuale, se si considera che, come riportato dai dati mi- nisteriali sulle presenze negli istituti penitenziari339, a fine 2007 i bambini detenuti insieme alle loro madri erano an- cora 70. A questo proposito uno sforzo positivo, in un’ottica di riduzione del danno, va riconosciuto alla Provincia di Mi- lano che in collaborazione con il Comune, la Regione Lom- bardia e il Ministero della Giustizia e il Ministero della Pub- blica Istruzione, il 2 aprile 2007 ha aperto la prima struttura per la custodia, che ha ospitato 37 mamme e 38 bambini. Un altro punto cruciale, che non è stato finora adeguata- mente recepito né a livello normativo, né nelle politiche e nelle prassi degli operatori, è l’attenzione alle conseguenze che le modalità di arresto, di custodia e di controllo del ge- nitore detenuto possono avere sui figli. Una condizione di grave trauma per il bambino può essere rappresentata, ad esempio, dall’aver assistito all’arresto del genitore. Assume grande importanza in questo senso la sensibilizzazione de- gli agenti di polizia, ed in particolare di polizia penitenzia- ria, e sarebbero pertanto auspicabili dei programmi di for- mazione per sviluppare la loro consapevolezza circa i biso- gni dei figli di detenuti. Particolare riguardo deve essere inoltre riservato al delicato tema del colloquio con il genito- re in carcere, tenuto conto che è spesso l’unico strumento di mantenimento della relazione e del legame affettivo. È dunque necessario porre attenzione alle modalità in cui si effettuano i colloqui, che devono tener conto della presenza e garantire la tutela dei bambini, ed in particolare: i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 54 4orapportodiaggiornamento2007-2008 331 Art. 15 Legge 354/1975 «Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà». 332 Art. 21 bis Legge 354/1975. 333 Legge 663/1986, che ha consentito, tra l’altro, di accedere alle mi- sure alternative anche alle persone ancora in stato di libertà evitando così l’interruzione del rapporto genitoriale. 334 Legge 165/1998 «Modifiche all’art. 656 c.p.p. ed alla Legge 354/1975 e successive modificazioni». 335 DPR 230/2000 «Regolamento recante norme sull’ordinamento pe- nitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà». 336 Legge 40/2001 «Misure alternative alla detenzione a tutela del rapporto tra detenute e figli minori». 337 Biondi G. Lo sviluppo del bambino in carcere Franco Angeli, Milano 1994. 338 La Legge Finocchiaro è già stata oggetto di diverse proposte di inte- grazione e modifica, ma a tutt’oggi l’iter legislativo non si è ancora con- cluso. Nel corso della XV legislatura, la Commissione Giustizia della Ca- mera ha approvato il disegno di legge C. 528 «Disposizioni per la tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori» che prevede la realizza- zione di case-famiglia protette per tutti quei casi in cui non siano pos- sibili misure di sospensione o comunque alternative alla carcerazione, soprattutto per le madri in attesa di giudizio. Viene inoltre prevista un’ulteriore ipotesi di permesso che autorizza la detenuta ad accompa- gnare il figlio all’ospedale in caso di ricovero del bambino al Pronto Soccorso e di soggiornare presso la struttura ospedaliera per tutto il periodo della degenza. Il 3 aprile 2007 la Commissione Giustizia della Camera ha deliberato di riferire favorevolmente sul testo del progetto di legge, chiedendo di essere autorizzata a riferire oralmente. Al mo- mento della stesura del presente Rapporto, l’iter legislativo è fermo. 339 Disponibili sul sito www.giustizia.it, sezione Pianeta carcere, Statistiche. ∏ il carcere dovrebbe prevedere spazi e modalità a misura di bambino (ad esempio, alloggi di visita, spazi gioco) che consentano libertà di movimento e di contatto fisico tra genitore detenuto e figli. Tali spazi dovrebbero esse- re accessibili a tutta la popolazione detenuta, indipen- dentemente dalla condizione giuridica e da eventuali va- lutazioni di ordine premiale; ∏ gli operatori del carcere dovrebbero mantenere un com- portamento adeguato nei confronti dei minori e tenere in considerazione la loro presenza anche nel modo in cui si rivolgono al genitore detenuto; ∏ è importante rispettare il ruolo di genitore della persona detenuta, trovando modi che lo tutelino pur nel rispetto delle regole e della sicurezza; ∏ è importante prendere in considerazione il punto di vista del bambino e le sue necessità anche quando ci siano delle restrizioni speciali; ∏ nella organizzazione della vita carceraria occorre tenere in debito conto le esigenze dei figli delle persone dete- nute (ad esempio, provvedere a orari di visita flessibili per i colloqui e per le telefonate a casa). Infine, considerato che buona parte degli interventi del Ter- zo Settore in questo ambito dipendono da finanziamenti di fondazioni o da contributi liberali, si avverte l’esigenza di una politica di sostegno ai progetti e alle buone prassi spe- rimentate dal Terzo Settore che possono trasformarsi in servizi regolarmente finanziati dai Ministeri interessati (Mi- nistero della Giustizia, Ministero della Salute e Ministero della Solidarietà Sociale) e dagli Enti Locali preposti340. 2. RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE: LE FAMIGLIE ISLAMICHE IN ITALIA E LA KAFALA Al fine di procedere ad un corretto approccio alla temati- ca in esame, è imprescindibile fare riferimento ai fonda- menti culturali e religiosi che sono alla base delle forme di protezione rivolte all’infanzia nelle società islamiche. Come noto, l’Islam è una religione che regola tutti gli aspetti della vita del credente, compresi il matrimonio, la filiazione e la successione341. Sebbene l’adozione legitti- mante (tabanni) fosse perfettamente conosciuta ed am- messa in epoca preislamica, questo istituto fu successi- vamente vietato. La ratio di tale divieto, attualmente sus- sistente, risiede nella concezione islamica della famiglia come istituzione di origine divina, tale da non consentire all’uomo di determinare la cessazione dei legami di san- gue e di costituire artificialmente rapporti di parentela non originati dalla procreazione biologica. I musulmani hanno comunque continuato a garantire protezione ai bambini abbandonati grazie alla kaf al a che prevede, in- fatti, che chiunque, per mezzo di una dichiarazione solen- ne da rendersi dinanzi ad un giudice o ad un notaio, può rendersi kafil, assumendo l’impegno di provvedere alle esigenze di vita di un makfoul, un minore abbandonato, fino al raggiungimento della maggiore età, con l’obbligo di accudirlo con le stesse modalità di un padre. In conse- guenza a tale promessa, il kafil è personalmente obbliga- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 55 340 Esempi di buone prassi sono presenti a Milano nel carcere di Bolla- te e San Vittore (area di attesa destinata ai bambini prima dei colloqui con il genitore e spazio giochi per il colloquio, gestite rispettivamente dall’associazione Bambinisenzasbarre e Telefono Azzurro), intervento presso il nido del carcere di Rebibbia a Roma (associazione A Roma Insieme), ma anche servizi di accompagnamento psicopedagogico specializzato per il mantenimento della relazione genitoriale destina- to ai genitori detenuti in carcere e alle famiglie all’esterno (Centro per la genitorialità di Bambinisenzasbarre, Milano). 341 Le istituzioni giuridiche hanno, infatti, una valenza fortemente reli- giosa: si tratta di “obblighi giuridico-religiosi”, in quanto realizzati nella cornice coranica. Ai cambiamenti in atto all’interno della famiglia musulmana è dedicata un’intera opera, di Fernea Warnock E. (a cura di) Women and the Family in the Middle east. New Voices of Change Univesity of Texas Press, Austin, 1985. Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Parlamento di giungere al più presto ad una adegua- ta riforma della normativa in tema di detenute madri, ispirata alla necessità di evitare l’interruzione del rap- porto madre/figlio (o padre/figlio, qualora la figura ma- terna non sia disponibile) e al contempo al principio che i bambini non debbano essere sottoposti a limitazioni della libertà personale per effetto della situazione pena- le del genitore; 2. Al Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Ammi- nistrazione Penitenziaria di monitorare in maniera più adeguata la situazione familiare delle persone detenute e di svolgere indagini per conoscere il numero di minori che hanno uno o entrambi i genitori in carcere, mettere in luce i servizi attivati e programmare concretamente adeguate politiche di sostegno; 3. Al Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Ammi- nistrazione Penitenziaria e a tutti i Provveditorati re- g ional i di adeguare le strutture detentive e l’organizzazione interna agli istituti in base a quanto previsto dal Regolamento di esecuzione dell’ordinamen- to penitenziario, Legge 230/2000, in particolare per quanto riguarda gli artt. 37 (colloqui) e 39 (corrispon- denza telefonica) e di destinare attenzione e risorse ad un’adeguata formazione del personale addetto ai collo- qui al rispetto dei diritti dei figli delle persone detenute. to nei confronti del minore a provvedere alle sue esigen- ze ed alle sue necessità, ma non sorge alcun vincolo di fi- liazione, né vengono meno i rapporti giuridici eventual- mente esistenti con la famiglia d’origine342. Si rileva che la CRC all’art. 20 riconosce espressamente la kafala quale misura di protezione dell’infanzia sostituti- va della famiglia343, accanto ad affidamento familiare, adozione, o in caso di necessità, istituti per l’infanzia. Per quanto concerne il contesto italiano data la presenza di numerose famiglie islamiche si pone la questione di ri- conoscere gli effetti della kafala ai fini di attuare il ricon- giungimento familiare del makf oul al kaf il 344, cioè di bambini dati in kafala e rimasti nei Paesi islamici, da par- te di cittadini stranieri residenti in Italia o divenuti cittadi- ni italiani. Tale questione è stata affrontata in Italia più volte in sede giurisdizionale345, trovando diverse rispo- ste. Il tema del ricongiungimento familiare dei minori dati in kafala ai loro kafil stranieri residenti in Italia è di gran- de rilevanza per la sua portata attuale e futura. Perché il nostro Paese si trasformi da mera terra di immigrazione in terra di accoglienza e di interculturalità, occorre tener conto anche dei bambini orfani o comunque privi di una famiglia che tramite la kafala si sono legati ad una fami- glia islamica. Premesso che la residenza nel territorio italiano comporta la soggezione dello straniero alla legge italiana, si eviden- zia la giurisprudenza che ha valutato la questione del ri- conoscimento della kafala e dei suoi effetti nell’ordina- mento italiano. L’Avvocatura di Stato, con parere n. 7032 espresso il 19 gennaio 2006, ha ritenuto l’istituto in ogget- to contrario all’ordine pubblico. Il parere affronta la que- stione del riconoscimento, ai fini del ricongiungimento fa- miliare, del provvedimento di kafala in Italia, rispetto alle coppie straniere ivi residenti, rapportandola direttamente agli istituti dell’adozione, dell’affidamento familiare e del- la sottoposizione a tutela. Non essendo la kafala ricondu- cibile a nessuna delle suddette tre fattispecie, conclude l’Avvocatura dello Stato, il suo riconoscimento sarebbe in grado di compromettere l’ordine pubblico. Tuttavia, alcu- ni tribunali, anche recentemente, hanno affermato che la kafala non può però essere paragonata sic et simpliciter ai concetti di adozione, affidamento o sottoposizione del mi- nore a tutela, ma è necessaria una valutazione di più am- pio respiro, di modo che istituti di diritto straniero, ancor- ché diversi da quelli nazionali, possano comunque venire in rilievo nel nostro Paese, purché produttivi di effetti so- stanzialmente omologhi a quelli interni, come previsto dalle norme sul riconoscimento automatico dei provvedi- menti di questo tipo e dalla giurisprudenza in materia di ricongiungimento familiare346. Del resto, è la stessa giuri- sprudenza della Corte Costituzionale italiana347 che stabi- lisce la necessità di fare emergere dal tenore letterale del- la normativa i valori e le finalità cui essa s’ispira. È altresì da considerare che la verifica della sostanziale corrispon- denza degli effetti della kafala agli istituti sopra conside- rati dovrebbe essere effettuata alla luce dell’ordinamento i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 56 4orapportodiaggiornamento2007-2008 342 Va comunque rilevato che anche fra le legislazioni dei vari Stati in merito alla kafala ci sono alcune sostanziali differenze: in Algeria, ad esempio, ai sensi della Legge 84/1984, e successivi decreti (n. 92-24 del 13 gennaio 1992, n. 71-157 del 3 gennaio 1992 e n. 71-157 del 3 giugno 1971), il minore, se figlio di padre sconosciuto, può assumere il nome della famiglia kafil previa semplice domanda del suo tutore. In Marocco, la kafala è disciplinata dal dahir 10/9/1993 n. 1.93.165 – così come modificato da nuove normative del 2003 e 2004 – il quale prevede lo svolgimento di due inchieste, sull’idoneità del kafil e sullo stato di abbandono del makfoul. Ad esito positivo delle inchieste, il Governatore della Prefettura può acconsentire alla kafala, che viene resa esecutiva – verificato il rispetto dei requisiti di legge – dal Tri- bunale di prima istanza. In ultimo si segnala che in alcune zone, ad es- empio nei territori soggetti all’Autorità Palestinese, non esistono forme di tutela dei minori orfani o in stato di abbandono e che gli stes- si hanno, come unica possibilità di sopravvivenza, l’accoglienza negli orfanotrofi gestiti da religiosi. 343 L’art. 20 comma 3 CRC, con riferimento al diritto di protezione del fanciullo da parte degli Stati firmatari, stabilisce che «tale protezione sostitutiva può in particolare concretizzarsi per mezzo di sistemazione in una famiglia, della kafalah di diritto islamico, dell’adozione o, in ca- so di necessità, del collocamento in un adeguato Istituto per l’infanzia. Nell’effettuare una selezione tra queste soluzioni, si terrà debitamente conto della necessità di una certa continuità nell’educa- zione del fanciullo, nonché della sua origine etnica, religiosa,culturale e linguistica». 344 La legge italiana sull’immigrazione già riconosce la rilevanza dei legami familiari fondati sull’affidamento e la tutela, parificando la po- sizione dei figli a quella dei minori affidati o in tutela, ai fini del ricon- giungimento familiare (art. 29 comma 2 T.U. 286/1998). Nel caso di cittadini italiani o comunitari il ricongiungimento è un di- ritto riconosciuto nei confronti di una più ampia cerchia di familiari che comprende, oltre al coniuge e ai figli, anche «ogni altro familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, non definito all’articolo 2, comma 1, lettera b), se è a carico o convive, nel Paese di provenienza, con il cittadino dell’Unione titolare del diritto di soggiorno a titolo principale o se gravi motivi di salute impongono che il cittadino dell’Unione lo assista personalmente» (art. 2 comma 1 lett. b Dlgs. 30/2007.). Per- tanto, attualmente, i cittadini di uno Stato Membro dell’Unione Euro- pea o italiani (art. 28 T.U. 286/1998) possono ricongiungersi con i mi- nori che rientrano in questa definizione ampia di familiare, dimostran- do che sono a loro carico. Il riconoscimento del makfoul come familia- re, in base a queste norme, sarebbe condizionato al fatto che la kafala sia sorta nello stato di origine, prima che il kafil si trasferisse in Italia o in altro stato dell’UE, come previsto dalla direttiva del Consiglio 2004/38 CE sullo status dei cittadini UE e dei familiari. 345 Ad esempio, il Tribunale di Firenze, con decreto del 9 novembre 2006, (in Diritto, Immigrazione e cittadinanza n. 1/2007, pag. 169), ha assimilato la kafala ad un rapporto di parentela ai fini del ricongiungi- mento ordinando al Ministero degli Affari Esteri e al Consolato Gene- rale d’Italia a Casablanca il rilascio del visto per il ricongiungimento familiare del minore; Corte d’Appello di Firenze, 2 febbraio 2007, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza n. 4/2007, pag. 139. 346 Art. 66 Legge 218/1995. 347 Corte Cost. n. 28 del 12 gennaio 1995; Corte Cost. n. 203 del 17 giu- gno 1997; Corte Cost. n. 376 del 12 luglio 2000. straniero, ex art. 15 Legge 218/1995348. Come sopra evidenziato, l’istituto islamico della kafala deve essere considerato una peculiare misura di protezione del minore abbandonato, tale da fare sorgere in capo al bambi- no il diritto ad essere mantenuto, assistito, educato ed istruito: pertanto, essa «non è irrilevante per l’ordinamento italiano, che, lungi dal considerarla tamquam non esset, le accorda invece la capacità di produrre di per se stessa effetti giuridici»349. Data la qualificazione giuridica della kafala da parte dell’ordinamento di provenienza si rileva la possibilità di un automatico riconoscimento nell’ordinamento italiano grazie all’applicazione erga omnes, ex art. 42 Legge 218/1995, della Convenzione de L’Aja del 1961, che prevede che le misure di protezione dei minori sono adottate dalle autorità competenti dei singoli Stati secondo la propria legi- slazione interna, che ne disciplina le condizioni, la modifica e la cessazione350. Il riconoscimento della kafala nell’ordinamento interno ai fi- ni del ricongiungimento familiare comporterebbe la possibi- lità per i titolari del provvedimento di vivere insieme al loro makfoul sul territorio italiano e, quindi, di realizzare il diritto del bambino straniero abbandonato a vivere in una famiglia351. Il tema del ricongiungimento familiare dei minori stranieri al loro kafil residenti in Italia è particolarmente delicato e sa- rebbe pertanto auspicabile un confronto giuridico sul tema. 3. MINORI PRIVI DI UN AMBIENTE FAMILIARE La Legge 149/2001 individua i presupposti per l’attuazione del diritto di ogni bambino ad una famiglia, prioritariamente alla propria, e assegna allo Stato, alle Regioni e agli Enti Lo- cali il compito di sostenere i nuclei familiari in difficoltà, al fine di prevenire l’abbandono e di consentire al bambino di essere educato nella propria famiglia. In particolare, la Leg- ge vieta che le condizioni di indigenza dei genitori possano 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 57 Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. All’Osservatorio Nazionale Infanzia e al Centro naziona- l e di documentaz ione e anal is i per l ’ infanz ia e l’adolescenza di prevedere un momento di confronto sulla questione del ricongiungimento familiare in Italia del makfoul al kafil. 348 La Legge 218/1995 disciplina, infatti, il diritto internazionale privato del nostro ordinamento. Si rileva, peraltro, che, secondo il recente orien- tamento della Corte di Cassazione (Cass. Civ. n. 7472/2008): «Atteso, in definitiva, che - fuori dai casi (per cui restano margini di dubbio) in cui la kafala abbia base esclusivamente negoziale, in assenza di controllo alcu- no della autorità sull’idoneità dell’affidatario e l’effettività delle esigenze dell’affidamento (quale invece previsto dallo Stato del Marocco) - tra la kafala islamica e il modello dell’affidamento nazionale prevalgono, sulle differenze, i punti in comune, non avendo entrambi tali istituti, a differen- za dell’adozione, effetti legittimanti, e non incidendo, sia l’uno che l’altro, sullo stato civile del minore; ed essendo anzi la kafala, più dell’affidamen- to, vicina all’adozione, in quanto, mentre l’affidamento ha natura essen- zialmente provvisoria, la kafala (ancorché ne sia ammessa la revoca) si prolunga tendenzialmente fino alla maggiore età dell’affidato». 349 Sentenza Tribunale di Biella, 26 aprile 2007. 350 L’art. 65 Legge 218/1995 prevede, del resto, che i provvedimenti stra- nieri relativi all’esistenza di rapporti di famiglia, quando siano pronunciati dalle Autorità dello Stato la cui legge è richiamata o che producono effetti nell’ordinamento di quello Stato, anche se pronunciati da Autorità di altro stato, hanno effetto in Italia. Il limite al riconoscimento della fattispecie nell’ordinamento italiano è la non contrarietà all’ordine pubblico. 351 «Può accadere che prima dell’ingresso in Italia il bambino sia affidato dall’autorità giudiziaria o amministrativa del suo Stato ad una famiglia con un provvedimento di affidamento o di kafala. Questo provvedimento dovrebbe essere riconosciuto automaticamente in Italia dagli organi della pubblica amministrazione (artt. 66 e 67 Legge 31 maggio 1995 n. 218 rela- tivi al riconoscimento di provvedimenti stranieri di giurisdizione volonta- ria) senza che il giudice minorile italiano sottoponga a una nuova valuta- zione la sussistenza dei requisiti; d’altronde sarebbe abnorme che - al di fuori di condizioni di incapacità degli affidatari che impongano successivi provvedimenti di urgenza di protezione - una pubblica autorità italiana possa considerare come inesistente e mettere nel nulla un provvedimen- to di affidamento che un altro Stato fa di un suo cittadino minore ad una famiglia dello stesso Stato. Ciò premesso si pone la questione se, poiché un bambino si trova comunque in Italia affidato a persone diverse dai suoi genitori, non si debba introdurre la previsione di qualche forma di vi- gilanza sociale o di verifica giudiziaria sullo svolgimento dell’affidamen- to». Intervento del Prof. Piercarlo Pazè, già Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Torino, al Seminario di Studio orga- nizzato dalla Commissione parlamentare per l’ infanzia Adozione, affida- mento, accoglienza dei minori in strutture, soggiorni solidaristici e coope- razione internazionale, Proposte a confronto 16 luglio - 8 ottobre 2007. 34. Ai sensi dell’art. 20 della Convenzione, il Comita- to ONU raccomanda che l’Italia: (a)prenda tutte le misure necessarie per assicurare l’applicazione della Legge 184/1983; (b)come misura preventiva, migliori l’assistenza sociale e il sostegno alle famiglie in modo da aiutarle ad adempiere il compito crescere i bambini, attraverso l’educazione dei genitori, la creazione di consultori e l’utilizzo di programmi comunitari; (c)adotti misure efficaci per attuare soluzioni alternati- ve all’istituzionalizzazione, come l’affidamento, l’affido in case famiglia altri sistemi di assistenza fa- miliare, e collochi i bambini in istituto solo come soluzione estrema; (d)assicuri regolari ispezioni degli istituti da parte di soggetti indipendenti; (e)stabilisca meccanismi efficaci per ricevere e inoltrare ricorsi parte di bambini assistiti, per monitorare i parametri di assistenza e, ai sensi dell’art. 25 della Convenzione, stabilisca revisioni periodiche e rego- lari dei collocamenti in istituto. (CRC/C/15/Add.198,punto 34) costituire ostacolo, anche indirettamente, all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. Il bambino «tempo- raneamente privo di un ambiente familiare idoneo» è affi- dato ad una famiglia, o a una persona singola; è “consenti- to” l’inserimento in una comunità di tipo familiare «ove non sia possibile l’affidamento o in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato». a) Affidamenti familiari L’affidamento familiare, in base alla Legge 149/2001, deve essere realizzato nei confronti dei minori nei casi in cui non sia praticabile, anche temporaneamente, un supporto alla famiglia d’origine tale da consentirvi la permanenza del mi- nore352 e non sussistano le condizioni per la dichiarazione dello stato di adottabilità. L’affido familiare è preso in con- siderazione come soluzione alternativa di accoglienza in famiglia anche dalla risoluzione approvata dal Parlamento Europeo il 16 gennaio 2008353. Non ci sono dati aggiornati sui minori affidati, ed il coordi- natore scientifico del Centro Nazionale di documentazione ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza ha così esposto la situazione354: «L’ultimo riferimento ufficiale relativo al nu- mero di minori in affidamento familiare in Italia risaliva al lontano 1999, anno in cui il Centro Nazionale realizzava uno specifico censimento in materia, dal quale risultavano 10.200 affidamenti familiari residenziali in corso al 30 giu- gno dello stesso anno. Al 31 dicembr e 2005, a più di cin- que anni di distanza dalla prima ricerca e dopo numerose campagne di sensibilizzazione sull’affidamento familiare realizzate sia a livello nazionale che locale, ma soprattutto dopo l’entrata in vigore della Legge 149/2001, il numero degli affidamenti familiari di minorenni è salito a 12.551, con un incremento nel periodo considerato del 23%. In realtà tale numero risulta sottostimato, mancando alla rile- vazione, in quanto non fornito, il dato della Sicilia che por- terebbe, tenuto conto della rilevazione del 1999, il numero degli affidamenti in corso decisamente oltre le 13mila unità. Rapportando gli oltre 13mila affidamenti familiari ac- certati alla popolazione residente di riferimento si ottiene una media di circa 14 minori in affidamento ogni 10mila mi- nori residenti, incidenza che varia sensibilmente da Regio- ne a Regione. Relativamente alle caratteristiche di questi bambini e ragazzi, sebbene non tutte le amministrazioni regionali abbiano fornito il dato, si segnalano i seguenti due elementi di interesse suggeriti dai dati: - forte incremento della componente straniera che ha con- tribuito sensibilmente all’aumento del numero degli affida- menti familiari – tra il 1999 e il 2005 a fronte di una crescita del 20% del fenomeno complessivo, la componente stra- niera cresce del 400%; - aumento degli affidamenti intrafamiliari che passano da meno della metà nei casi in corso nel 1999 al 55% degli af- fidamenti in corso nel 2005; un fenomeno, questo, in stret- ta relazione con la crescita degli affidamenti di tipo con- sensuale. Si tratta di dati incompleti, che non consentono di entrare nel merito della diffusione e delle caratteristiche degli affi- damenti. Un approfondimento specifico richiederebbero gli affidamenti a parenti (intrafamiliari), su cui purtroppo non ci sono specifici ricerche o studi, ma che rappresentan- do il 55% degli affidamenti in corso rappresentano un im- portante intervento nei confronti dei minori con gravi diffi- coltà familiari»355. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 58 4orapportodiaggiornamento2007-2008 352 La Legge 149/2001 (con cui è stata modificata la Legge 184/1983) ha affermato il diritto del minore «ad essere educato nell’ambito della propria famiglia» precisando anche che «le con- dizioni di indigenza dei genitori non possono essere di ostacolo all’esercizio di tale diritto» e che «a tal fine a favore della famiglia di origine sono disposti interventi di sostegno e di aiuto». Come già sottolineato, però, nel 3° Rapporto CRC nel paragrafo «La Leg- ge 149/2001: il superamento del ricovero in istituto entro il 2006», pag. 38 ss, il diritto del minore «a vivere, crescere ed esse- re educato nell’ambito di una famiglia» non è un diritto esigibile. 353 Risoluzione del Parlamento Europeo approvata il 16 gennaio 2008 «Verso una strategia dell’Unione Europea sui Diritti dell’In- fanzia e dell’Adolescenza» n. 2007/2093, punto 111. 354 Belotti Valerio, coordinatore scientifico del Centro nazionale di documentazione ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza, in- serto Affetti speciali distribuito ai partecipanti al Convegno Affi- do: legami per crescere. Realtà, esperienze e scenari futuri orga- nizzato dalla Regione Piemonte il 21 e 22 febbraio 2008. Si se- gnala che nella comunicazione inviata dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presente Rapporto vengono riportati i dati forniti dalle Regio- ni e dalle Province autonome ed elaborati sempre dal Centro na- zionale in base a cui i minori in affidamento familiare al 31 di- cembre 2005 erano 13.159, di cui 1664 di cittadinanza straniera. Va rilevato però che questi dati non comprendono quelli della Si- cilia, che quelli forniti dall’Emilia Romagna risalgono al 31 dicem- bre 2003 (erano 1.246), e che quelli del Lazio non comprendono quelli relativi agli affidamenti giudiziari del Comune di Roma e ri- salgono al 31 dicembre 2003 (erano 918). Non sono infine riparti- ti gli affidamenti a terzi da quelli a parenti. 355 Devono essere comunque attentamente valutate le possibi- li conseguenze di questi affidi: come rilevano Cirillo S. e Cipol- lini M.V. L’assistente sociale ruba i bambini?: «Bisogna tenere conto del fatto che i loro genitori naturali solitamente non go- dono dei comuni rapporti di solidarietà con le famiglie di origi- ne, a loro volta inaffidabili, indifferenti o disastrate. Inoltre la disponibilità della famiglia estesa ad occuparsi del bambino maschera non di rado una grave ostilità nei confronti del geni- tore irresponsabile: tale disponibilità infatti si traduce in “ap- propriazione” del bambino, non in aiuto ma contro il genitore in difficoltà.[…] Tipici sono i casi dei figli di genitori tossicodi- pendenti affidati ai nonni, in cui non è rara la scomparsa per fuga o la morte per overdose del genitore, una volta che questi prende coscienza che la propria famiglia non intende aiutarlo occupandosi del suo bambino, bensì sostituirlo[…]». Le moltissime esperienze finora realizzate dimostrano che l’affidamento familiare è possibile e praticabile: se gli affidi sono ben seguiti diventano i migliori e più effi- caci propagatori della cultura dell’accoglienza. Gli affi- datari sono dei volontari che hanno un ruolo importante nel progetto di affidamento, sono soggetti attivi che de- vono essere preparati, valutati e supportati nello svolgi- mento dell’affido, ma anche ascoltati dagli operatori e dai giudici minorili prima di prendere decisioni significa- tive sul bambino o sul ragazzo loro affidato perché è con loro che vive. Lo scarso sviluppo degli affidamenti nel nostro Paese non è imputabile tanto allo scarso numero di affidatari, quanto alla latitanza di Regioni ed Enti Lo- cali che assolvono spesso in maniera inadeguata a pre- cise competenze istituzionali loro attribuite dalla Legge 149/2001. È quindi necessario, come già raccomandato nel 3° Rapporto CRC, che le Regioni approvino norme che rendano esigibili gli interventi atti ad assicurare il di- ritto di ogni minore a crescere in una famiglia e che gli stessi enti gestori degli interventi assistenziali (ad esem- pio, Comuni, consorzi di Comuni) predispongano gli atti deliberativi indispensabili per concretizzare tali diritti, assicurando la necessaria copertura finanziaria e defi- nendo le modalità operative riguardanti, ad esempio, le diverse tipologie di affidamento familiare (considerando anche le positive esperienze avviate, in un’ottica preven- tiva, come gli affidi “diurni”356, o affiancamenti da parte di una famiglia ad un’altra famiglia357). Inoltre dovrebbe- ro essere assicurate un’adeguata disponibilità in termini numerici, la formazione e fidelizzazione del personale socio-assistenziale e sanitario, definendo anche le loro modalità di collaborazione, ad esempio attraverso la sti- pula di protocolli operativi358. Utili indicazioni in merito sono contenute nel documento del dicembre 2007 «Pro- poste di linee guida per l’affidamento familiare» del Coordinamento Nazionale Servizi Affido «derivate dall’e- sperienza consolidata dei Servizi e dal confronto con le Associazioni»359. Per un buon esito ed un corretta diffusione dell’affido si suggerisce poi l’adozione di alcuni aspetti procedurali essenziali: ∏ la tempestiva valutazione della situazione familiare e personale del bambino e una previsione realistica dei possibili sviluppi della stessa, al fine di attivare al più presto gli interventi idonei (diagnosi e prognosi delle situazioni); ∏ un ricorso all’affido nelle situazioni in cui in fase di valutazione sia stata riscontrata una, almeno parziale, recuperabilità dei genitori di origine e sia possibile at- tivare un percorso di sostegno al loro cambiamento; ∏ lo sviluppo degli affidamenti consensuali, realizzati d’intesa con la famiglia d’origine, per invertire la si- tuazione attuale che vede predominanti gli affidamen- ti giudiziari360; ∏ un impegno prioritario, in un’ottica preventiva, nei confronti dei bambini più piccoli, a partire da quelli della fascia di età 0-6 anni, che non possono e non debbono essere ricoverati in strutture comunitarie in quanto maggiormente risentono delle conseguenze- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 59 356 L’affidamento diurno consiste nel seguire un minore, che ha la famiglia in temporanea difficoltà, in alcuni momenti del- la giornata o della settimana. L’obiettivo dell’affidamento diurno è quello di utilizzare le risorse della zona di residenza del minore; riguarda momenti determinati della giornata ed è legato ad un progetto evolutivo del ragazzo, ad esempio fin quando il genitore cambia lavoro o il ragazzo conclude un ci- clo di studi. 357 Al riguardo si segnala Ganio Mego G. Dare una famiglia ad un’altra famiglia in Prospettive Assistenziali n. 160, 2007. 358 Si suggerisce ad esempio la stipula di protocolli operativi e “mirati” fra gli enti gestori degli interventi assistenziali e le Aziende Sanitarie Locali per stabilire le reciproche competen- ze ed i relativi ambiti di intervento. 359 Il Coordinamento Nazionale Servizi Affidi (CNSA) è un or- ganismo che offre occasioni di confronto sull’affido familiare a livello nazionale ai responsabili e agli operatori dei Servizi So- cio-Sanitari. Vi aderiscono 60 enti pubblici, di 17 Regioni ital- iane. Attraverso gruppi di lavoro si approfondiscono tematiche emergenti, con la conseguente elaborazione di documenti, condivisi anche, dal 2001 attraverso due incontri l’anno, con le Associazioni del Terzo Settore che si occupano di affido, mag- giormente presenti sul territorio nazionale. I documenti del CN- SA si trovano,alla voce affido, sul sito della segreteria pro-tem- pore del Coordinamento: www.comune.genova.it 360 Gli affidi giudiziari erano il 72,9 % al 31 dicembre 1998 sec- ondo quanto emerso dalla ricerca realizzata dal Centro nazionale di documentazione e analisi precedentemente citata. Al riguardo, al Convegno nazionale Affido:legami per crescere cit., Luigi Fadiga, già Presidente del Tribunale per i Minorenni e della sez. per i minorenni della Corte d’Appello di Roma, ha sottolineato tra le cattive prassi degli affidi «la schiacciante preponderanza degli affidamenti giudiziari rispetto a quelli consensuali, e cioè a quelli prettamente assistenziali. […]. La più recente ricerca della Regione Toscana […]risalente al 2005, conferma tale dato e mostra che – pur in presenza di un quadro normativo e organizzativo regionale molto ben configurato ed efficiente – gli affidamenti consensuali sono, sul totale degli af- fidamenti, appena il 19,8% per i minori italiani e il 26,3% per i minori stranieri. Il dato permette due considerazioni: che nella maggior parte dei casi i servizi propongono l’affidamento nei confronti di nuclei familiari con i quali non hanno saputo costruire una relazione di fiducia (e da qui il rifiuto di consen- so); e che la situazione della famiglia d’origine viene a conoscenza dei servizi quando è già fortemente compromessa (e da qui l’esigenza di allontanamento del minore). Ciò è sin- tomatico di una generale carenza di interventi preventivi di aiuto e sostegno alla famiglia». negative derivanti dalla carenza di cure familiari nei primi anni di vita361; ∏ l’elaborazione di uno specifico progetto che deve es- sere proposto dagli operatori del Servizio Locale, che realizza l’affidamento, ai diversi protagonisti al fine di renderlo per quanto possibile condiviso, attivando in tutte le fasi l’ascolto reale del minore, in considera- zione dell’età e dello sviluppo, affinché sia garantita la sua partecipazione al proprio progetto di vita; ∏ il sostegno degli affidatari e del minore affidato; ∏ il sostegno alla famiglia d’origine, fondamentale per la riuscita del progetto, sia durante l’affidamento mi- rando al massimo recupero possibile delle capacità genitoriali ed allo sviluppo delle relazioni affettive fra loro, sia dopo la conclusione dell’affidamento. Per raggiungere questi obiettivi è fondamentale un mag- gior riconoscimento e valorizzazione da parte delle Isti- tuzioni, del ruolo dell’associazionismo tra famiglie che accolgono, per migliorare l’integrazione degli interventi e l’approccio di rete all’affidamento familiare362. Per quanto riguarda la durata degli affidamenti va preci- sato che, un affidamento non può essere giudicato riu- scito o meno solo in base alla sua durata e al rientro del bambino nella sua famiglia d’origine. L’attuale disciplina legislativa non pregiudica la possibilità di disporre affi- damenti anche a lungo termine. La durata di due anni è stata prevista dal legislatore per gli affidamenti consen- suali, realizzati dal servizio locale, nell’esclusivo interes- se del minore, d’intesa con la famiglia d’origine o col tu- tore dei minori, che possono essere però prorogati dal Tribunale per i Minorenni, come di fatto già avviene in di- verse giurisdizioni363. Inoltre qualora il minore affidato sia successivamente di- chiarato adottabile, il Tribunale per i Minorenni dovreb- be valutare il suo superiore interesse, prendendo in con- siderazione l’eventuale adozione da parte degli affidata- ri, se idonei e disponibili. In caso di impossibilità dovreb- be essere assicurato un passaggio graduale alla famiglia adottiva valutando, caso per caso, l’opportunità del mantenimento dei rapporti del minore con gli affidatari. È necessario, inoltre, che venga assicurato in tutte le fasi dell’affidamento familiare l’ascolto del minore, come previsto dalla Legge 149/2001, tenendo in grande consi- derazione i legami affettivi e amicali costruiti nel periodo di affidamento, che devono essere salvaguardati anche dopo la conclusione degli affidamenti. Infine, dal confronto delle esperienze emergono alcune ri- chieste nei confronti dei giudici minorili, sostenute da di- verse associazioni di affidatari. Nello specifico si auspica che i giudici: ∏ sentano gli affidatari prima di prendere nuovi provve- dimenti sui minori da loro accolti, in tempi compatibili con l’urgenza e la gravità delle questioni, soprattutto nei casi in cui la loro valutazione della situazione del minore affidato sia divergente rispetto a quella dei servizi socio assistenziali; ∏ sollecitino la piena osservanza da parte dei servizi competenti di quanto stabilito dall’art. 4 comma 2 Leg- ge 149/2001, che prevede l’obbligo da parte loro non solo di riferire senza indugio al Tribunale per i Mino- renni ogni evento di particolare rilevanza ma anche di presentare una relazione semestrale sull’andamento dell’affidamento; ∏ indichino nel provvedimento di affidamento che, a i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 60 4orapportodiaggiornamento2007-2008 361 Si veda in proposito il documento del CNSA Riflessioni sul- l’affidamento familiare di bambini piccolissimi 2003. 362 Così sono stati riassunti da Stefano Ricci, Sociologo, nell’in- tervento introduttivo al gruppo di lavoro sull’affido della ses- sione La Famiglia che accoglie in Conferenza Nazionale della Famiglia, Firenze 24-26 maggio 2007: «riconoscimento e sostegno delle reti familiari, formali e informali, che possono nascere e crescere sia nella prospettiva di un “vicinato sociale” fatto di reciprocità solidale, che in quella di un “self help” rispettoso e aperto, o di un “volontariato familiare” ac- cogliente e produttivo proprio perché fatto “insieme”; Impeg- no verso le associazioni di famiglie affidatarie, interlocutrici delle istituzioni e dei servizi pubblici per la promozione e la tutela del diritto dei minori – compresi quelli portatori di handi- cap o malati – a crescere in una famiglia; soggetti che pos- sono garantire le azioni di sostegno (formazione di base e ag- giornamento permanente delle famiglie accoglienti, supporto alla progettazione educativa, azioni di auto-mutuo aiuto, affi- ancamento nel rapporto con l’Ente Locale, sostegno al rappor- to con la famiglia d’origine, accompagnamento nel distacco e nel rientro del minore); promozione dell’associazionismo fa- miliare, non nella logica del “sindacato” della famiglia, ma come opportunità di approfondimento e consapevolezza di cosa significhi essere famiglia oggi e come sostegno reciproco tra soggetti dinamici sul territorio». 363 Si segnala che il Tribunale per i Minorenni del Piemonte e Valle d’Aosta nella lettera inviata alla Regione Piemonte il 19 febbraio 2007 ha precisato «pare utile ricordare ai Servizi So- ciali della Regione, affinché i cittadini interessati all’esperienza dell’affidamento familiare siano informati in modo il più possi- bile completo, che, fermo restando l’impegno per il supera- mento, attraverso ogni forma di sostegno, delle condizioni di disagio della famiglia di origine del minore che hanno reso ne- cessaria la misura di cui trattasi, allo scopo di favorire il rientro del figlio minore, l’affidamento familiare, come stabilito dal- l’art. 4, commi 5 e 6 Legge 184/1983, modif. Legge 149/2001, può essere prorogato dal Tribunale per i Minorenni, dopo il pe- riodo iniziale sopra indicato, nei casi in cui le difficoltà della fa- miglia di origine non siano venute meno. Infatti, in queste si- tuazioni, il Tribunale può adottare “ulteriori provvedimenti nel- l’ interesse del minore”, tra i quali rientra certamente l’affidamento familiare» in Prospettive Assistenziali n.158/2007, Notiziario Anfaa. conclusione dello stesso, vengano individuate, caso per caso, modalità di passaggio e di mantenimento dei rapporti fra il minore e la famiglia che lo ha accolto, sia quando rientra nella sua famiglia d’origine, sia quando viene inserito in un’altra famiglia affidataria o adottiva o in una comunità. Si ritiene infatti, anche in base a recenti esperienze negative, che vada salvaguardata la continuità dei rapporti affettivi del minore e che deb- bano essere evitate interruzioni traumatiche. b) Le comunità di accoglienza per i minori La citata Legge 149/2001 prevedeva che il ricovero in isti- tuto fosse superato entro il 31 dicembre 2006 mediante l’affidamento a una famiglia e, ove ciò non fosse possibi- le, «mediante inserimento in una comunità di tipo fami- liare caratterizzata da organizzazioni e rapporti interper- sonali analoghi a quelli di una famiglia» (art. 2 comma 4), precisando quindi che «l e Regioni, nell’ambito delle pro- prie competenze e sulla base dei criteri stabiliti dalla Con- ferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, def iniscono gl i st andar d minimi dei ser vizi e del l ’assist enza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare e dagli istituti e verificano periodicamente il rispetto degli stessi». I criteri deliberati dalla suddetta Conferenza364 si limitano a prevedere due diverse tipologie di comunità: le comunità di tipo familiare, inserite nelle normali case di abitazione con un numero di utenti che non può essere superiore a sei e le strutture a carattere comunitario con un massimo di dieci posti letto più due per le eventuali emergenze. Non è stata data però alcuna indicazione sul fatto che queste strutture non devono essere accorpate nello stesso stabile, e solo pochissime Regioni hanno esplicitato che non devono essere più di due nello stesso edificio, si vedano ad esempio le delibere regionali del Piemonte e dell’Emilia Romagna. Già nel 2° Rapporto CRC, relativo agli anni 2005/2006, il Gruppo CRC ha denunciato che «l a cl assif icazione del - l e st r ut t ur e di accogl ienza per minori evidenzia anco- ra una notevole eterogeneità di sistemi, denominazioni e definizioni espressi a livello regionale e locale». Nel 3° Rapporto CRC, si precisava di evitare l’accorpamento del- le strutture, per prevenire il rischio di avere «le conversio- ni di istituti in micro realtà di accoglienza contigue». La Legge 149/2001 impegna Stato, Regioni e Comuni a garantire ai bambini e ragazzi il diritto alla famiglia e co- munque ad un’accoglienza “di tipo familiare” «caratte- rizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia» (art. 2 comma 4) cioè personalizzata, affettivamente ricca, tutelante e, ove oc- corra, riparativa dei danni derivanti da esperienze trau- matiche o deprivanti. Per “dare senso” all’obiettivo di «comunità di tipo fami- liare» accanto ai requisiti strutturali connessi a quelli previsti per la “civile abitazione”, è fondamentale che vengano esplicitati indicatori verificabili di qualità quali: ∏ esistenza effettiva di processi di vita comunitaria e di rapporti significativi tra adulti e minori e all’interno del gruppo dei pari; ∏ effettiva sussistenza dei rapporti quotidiani di scambio positivo con il territorio e di costruzione della rete rela- zionale nel contesto sociale o di cura e mantenimento di quella del contesto di provenienza del minore; ∏ formulazione ed effettiva realizzazione di Progetti Edu- cativi Individualizzati (P.E.I.) finalizzati o al rientro nel- la famiglia d’origine o all’affidamento familiare o all’a- dozione, secondo le situazioni; ∏ identificazione, caso per caso, di adeguate forme di coinvolgimento della famiglia d’origine nell’intervento educativo365; ∏ formazione di base, permanente e obbligatoria per gli operatori e per la famiglia/adulti responsabili delle co- munità familiari; 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 61 Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Alle Regioni e agli Enti Locali, nell’ambito delle rispettive competenze ed in attuazione di quanto previsto dalla Legge 149/2001, di promuovere effettivamente gli affidi familiari stanziando finanziamenti adeguati e destinando il personale socio-assistenziale e sanitario necessario; 2. Alle Autorità Giudiziarie minorili (Tribunali per i Minoren- ni, Giudici Tutelari) l’attuazione tempestiva di tutte le competenze loro attribuite dalla normativa vigente in ma- teria di affidi e cioè: priorità dell’affidamento rispetto al- l’inserimento in comunità per i minori che non possono restare nella loro famiglia e non sono adottabili; verifica, tramite le relazioni semestrali inviate dai Servizi , dell’an- damento dell’affidamento e dell’evoluzione delle condi- zioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza. 364 Gli stessi previsti dal DM 308/2001, emanato in attuazione della Legge 328/2000. 365 Infatti «l’essere ospite in comunità di un minore ha a che fa- re sostanzialmente proprio con la sua condizione di “figlio”, e quindi “fare i conti” con le relazioni tra lui e i suoi famigliari do- vrebbe costituire il cardine dell’accoglimento in comunità». Cfr. Angeli A., Gallello S. Comunità e familiari di minori allontanati in Prospettive sociali e sanitarie 12/2004, pag. 4. ∏ percorsi di supervisione per gli operatori da parte di fi- gure professionali specializzate; ∏ dotazione organica delle equipe educative adeguata alla situazione di lavoro al fine di favorire forme di compresenza, condivisione della responsabilità tra gli operatori, e prevenire il turn over; ∏ esistenza di positivi e corretti rapporti di collaborazio- ne con la rete dei Servizi, con l’Ente Locale competen- te e con le Autorità Giudiziarie. Incrementare il processo di de-istituzionalizzazione del minore significa operare per favorire un approccio inclusi- vo e globale ai minori fuori dalla famiglia nell’ambito del sistema integrato dei servizi e degli interventi per l’infanzia e per l’adolescenza366. Inoltre è di primaria importanza garantire a tutti i minori allontanati dalla propria famiglia ed inseriti in comunità livelli essenziali delle prestazioni sociali (LIVEAS) omo- genei in tutto il territorio nazionale. Ciò diventa tanto più importante alla luce dell’evoluzione normativa inter- venuta negli ultimi anni367, ed in considerazione del rapi- do mutamento dei bisogni della popolazione in età evolu- tiva, che ha visto progressivamente emergere numerose questioni in relazione alla condizione di minori stranieri, minori appartenenti a nuclei monogenitoriali in difficoltà, minori che hanno subito violenze, bambini e adolescenti con disturbi psicologici, minori disabili, ragazzi autori di reato368, adolescenti prossimi alla maggiore età e giovani adulti presenti nelle strutture di accoglienza che devono essere accompagnati all’autonomia, anziché dimessi au- tomaticamente al compimento del 18° anno di età, come frequentemente succede. Diventa quindi fondamentale ot- timizzare, con un intervento su più livelli del sistema inte- grato per l’accoglienza, l’impiego delle risorse economiche ed umane che costituiscono parte preponderante dell’im- pegno degli Enti Locali verso i minori in difficoltà. Un’azio- ne importante in tal senso ha visto coinvolta la Regione Emilia Romagna che ha cercato di rispondere in maniera precisa e complessa alla definizione di tipologie di acco- glienza diversificate a seconda dei bisogni del bambino o ragazzo accolto, sia in ambito familiare che comunitario369. Lo sforzo è stato quello di indirizzare l’evoluzione delle co- munità esistenti perché siano in grado di differenziarsi in modo da fare fronte ai diversi bisogni, e di sperimentare anche nuove risposte di accoglienza. È importante delineare le caratteristiche di quella che a tutti gli effetti viene definita comunità familiare all’inter- no delle delibere regionali in cui vengono definite le di- verse tipologie di comunità, come ad esempio la citata delibera della Giunta regionale Emilia Romagna 846/2007. Tale comunità è caratterizzata dalla conviven- za continuativa e stabile di almeno due adulti, preferibil- mente una coppia con figli o un uomo ed una donna, ade- guatamente preparati, che offrono agli ospiti un rapporto di tipo genitoriale sereno, rassicurante e personalizzato e un ambiente familiare sostitutivo. La comunità familiare si caratterizza per la contemporanea coesistenza dei ca- ratteri della famiglia e di quelli della comunità e per offri- re ai bambini e ragazzi accolti la possibilità di un ambien- te di vita affettivamente più personalizzato. Si segnala poi l’esperienza già consolidata in alcune Re- gioni di comunità di accoglienza specificatamente attrez- zate per il trattamento della crisi correlata ad esperienze traumatiche familiari ed extrafamiliari, in letteratura indi- cate anche come comunità tutelari, per quanto ancora manchi un riconoscimento diffuso, sia a livello nazionale che regionale. Si tratta di comunità che centrano il loro intervento sulla valutazione della recuperabilità dei geni- tori, in sinergia con i servizi competenti, e sulla “ripara- zione” dei danni psicologici del minore legati ai traumi subiti (ad esempio, gravi maltrattamenti, abusi sessuali, i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 62 4orapportodiaggiornamento2007-2008 366 Tratto da Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglien- za Responsabilità comuni, Chiudere gli istituti per minori non basta Comunità edizioni. 367 Si pensi, per fare solo qualche esempio, alla Legge Cost. 3/2001, di riforma del Titolo V della Costituzione; alla Legge 328/2000, in materia di servizi sociali; alla Legge 149/2001, che ha profondamente modificato il sistema degli affidamenti e delle adozioni. 368 Si tratta di dare piena attuazione al disposto dell’art. 10 Dlgs. 272/1989, che stabilisce: che «per l’attuazione del Decre- to del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988 n. 448, i centri per la giustizia minorile stipulano convenzioni con comu- nità pubbliche e private, associazioni e cooperative che opera- no in campo adolescenziale e che siano riconosciute o autoriz- zate dalla Regione competente per territorio. Possono altresì organizzare proprie comunità, anche in gestione mista con Enti Locali». La stessa norma stabilisce altresì che «l’organizzazione e la gestione delle comunità deve rispondere ai seguenti criteri: a) organizzazione di tipo familiare, che pre- veda anche la presenza di minorenni non sottoposti a procedi- mento penale e capienza non superiore alle dieci unità, tale da garantire, anche attraverso progetti personalizzati, una condu- zione e un clima educativamente significativi; b) utilizzazione di operatori professionali delle diverse discipline; c) collabora- zione di tutte le istituzioni interessate e utilizzazione delle ri- sorse del territorio». 369 DGR 846/2007 «Direttiva in materia di affidamento familia- re ed accoglienza in comunità di bambini e ragazzi» definisce le seguenti tipologie: tipologie consolidate: comunità familia- re; comunità socio-educativa; comunità di pronta accoglienza; comunità casa-famiglia multiutenza; nuove tipologie: comu- nità semiresidenziale socio-educativa; comunità semiresiden- ziale e comunità residenziale educativo-psicologica; residenze di transizione: comunità socio-educativa ad alta autonomia e convitto giovanile; strutture residenziali per adulti che accolgo- no anche minori: casa/comunità per gestanti e per madre con bambino; casa rifugio per donne maltrattate con figli. violenze assistite), ponendosi come risorsa a disposizio- ne dei servizi sociosanitari territoriali con cui lavorano370. L’allontanamento del minore dai genitori è una delle mi- sure di protezione che il Tribunale per i Minorenni può scegliere nei casi in cui il rischio che il minore corre è estremamente serio e imminente371. Tale scelta di prote- zione deve essere accompagnata da un lavoro con la fa- miglia di origine del minore, portato avanti dai servizi so- ciali competenti in sinergia con la comunità, che abbia come focus la valutazione della recuperabilità delle com- petenze genitoriali372. In tale fase valutativa, è necessario tutelare il diritto del figlio a preservare, quando risponde al suo superiore interesse, il suo rapporto con i genitori. È inoltre opportuno che il lavoro valutativo inizi in conco- mitanza con l’allontanamento del minore, da un lato per utilizzare la rottura delle dinamiche inadeguate conse- guente al dispositivo dell’autorità giudiziaria, dall’altro per non creare un danno al minore facendo in modo che i tempi di collocamento siano contenuti. Si segnala inoltre che sempre più spesso dal Tribunale per i Minorenni viene richiesto il collocamento di madri insieme ai figli minori. Non si tratta solo di donne mal- trattate, che si trovano a vivere condizioni di rischio per la loro incolumità, ma anche situazioni di pericolo per i bambini, i quali vengono collocati in comunità insieme al- la madri proprio per salvaguardare il mantenimento della figura di riferimento. Anche per queste comunità è impor- tante che le Regioni definiscano i requisiti strutturali e funzionali, per le quali non esistono indicazioni a livello nazionale. I minori presenti nelle 2.226 strutture residenziali socio- assistenziali operanti al 31 dicembre 2005, secondo i dati più recenti, erano ancora 11.543, ma «il dato specifico sui minori è da ritenersi sottostimato perché non tiene conto dei minori accolti nei Servizi siciliani, dato estremamente importante se si considera che la sola Sicilia ha 216 Servi- zi residenziali che accolgono minori, pari a circa il 10% del totale nazionale» 373. Si evidenzia che in base alla Legge 149/2001, gli istituti di assistenza pubblici e privati e le comunità di tipo familia- re devono trasmettere semestralmente al Procuratore della Repubblica del luogo ove hanno sede «l’elenco di tutti i minori collocati presso di loro con l’indicazione specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso» (art. 9 comma 2). Inoltre, la stessa Legge prevede che lo stesso Procuratore «ogni sei mesi effettua o dispone ispezioni negli istituti di assi- stenza pubblici o privati» e «può procedere a ispezioni straordinarie in ogni tempo» (art. 9 comma 3). Si segnala invece che molte Procure continuano a disattendere le competenze loro attribuite, da cui dipende il futuro delle migliaia di minori ancora ricoverati, ai quali viene negato il diritto a crescere in una famiglia374. Infine è importante sottolineare come la rilevanza socio- sanitaria dei servizi rivolti ai minori richieda una stretta collaborazione e un lavoro congiunto anche tra i Comuni e i Distretti delle Aziende USL. L’integrazione socio-sani- taria è la condizione che favorisce il miglioramento dei li- velli di efficacia degli interventi di accoglienza e tutela dei minori, anche in considerazione dei minori con disabilità 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 63 370 Queste comunità vengono di volta in volta definite in maniera diversa. Solo per fare alcuni esempi: comunità per le emergenze e le crisi (Piano straordinario per la chiusura degli istituti entro il 31 dicembre 2006, Osservatorio Nazionale In- fanzia); Struttura per il Trattamento dei Minori Abusati – STMA Linee Guida regionali in materia di maltrattamento e abuso dei minori, Regione Abruzzo; comunità residenziale educativo-psi- cologica Direttiva in materia di affidamento familiare ed ac- coglienza in comunità di bambini e ragazzi, Regione Emilia Ro- magna; comunità terapeutiche o socio-riabilitative in Piemonte. Per il modello teorico di riferimento si vedano, in particolare, il documento CISMAI Requisiti di qualità dei centri residenziali che accolgono minori vittime di maltrattamento e abuso e l’articolo di Quarello Il modello tutelare nelle comunità per minori in Prospettive Sociali e Sanitarie, 6/2006. 371 CISMAI Requisiti minimi dei Servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia. 372 CISMAI Linee guida per la valutazione clinica e l’attivazione del recupero della genitorialità nel percorso psico sociale di tu- tela dei minori. 373 Belotti Valerio, Coordinatore del Centro nazionale di docu- mentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, nella pub- blicazione Affetti speciali distribuita al Convegno nazionale Af- fido: legami per crescere del 21-22 febbraio 2008. Dalla comu- nicazione inviata dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presente Rapporto si rileva che al 31 dicembre 2005 vi erano 2.226 strutture residenziali che accoglievano complessivamente 12.513 minori, di cui 1.146 stranieri. Tuttavia, tali dati, oltre a non essere aggiornati, non sono né omogenei né completi. I dati relativi alla Regione Lazio sono riferiti al 30 novembre 2006, quelli della Regione Puglia al 31 dicembre 2006 e quelli della Regione Sicilia al 31 dicembre 2003 e non comprendono gli istituti per minori; inoltre, è sottostimato sia il numero com- plessivo dei minori accolti, in quanto non comprende (in quan- to non disponibile) i minori in Sicilia, sia il numero dei minori stranieri, in quanto reso disponibile soltanto da parte di al- cune Regioni e Province autonome (Piemonte, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Umbria e Basilicata; la Prov. Aut. di Trento ha indicato solo il numero dei minori stranieri non accompagnati e la Campania non ha incluso nel conteggio i minori stranieri presenti negli istituti). Nella medesima comu- nicazione si rileva che dei 20 istituti per minori attivi al 31 maggio 2005 (di cui 12 in Sicilia, 5 in Calabria, 2 in Puglia e 1 in Basilicata), 6 (3 in Sicilia e 3 in Calabria) sono stati trasformati, pertanto al 31 gennaio 2008 risultano essere ancora attivi 14 istituti per minori, in cui sono accolti complessivamente 48 mi- nori (17 in Sicilia, 14 in Puglia, 10 in Basilicata e 7 in Calabria) di cui 35 di sesso femminile. 374 Si veda Prospettive assistenziali n. 157/2007. accolti in comunità e dell’aumento progressivo di ragazzi con disturbi di tipo psicologico375. 4. IL PANORAMA DELL’ADOZIONE NAZIONALE E INTERNAZIONALE IN ITALIA Non sono disponibili dati nazionali aggiornati relativi ai minori nell’adozione nazionale376. In particolare non ci sono dati che possano aiutare a delineare le caratteristi- che del bambino adottabile in Italia, in base ad una realtà che è indubbiamente cambiata nel corso di questi ultimi 40 anni. Oltre ai neonati non riconosciuti alla nascita377, ancora oggi presenti in numero significativo, i minori adottabili oggi sono sovente bambini che hanno vissuto delle esperienze infantili fortemente traumatiche (ad esempio, gravi trascuratezze, maltrattamenti) o bambini disabili o affetti da gravi malattie 378. Dai dati sull’adozione nazionale più recenti379 emerge che nel 2005, a fronte dell’apertura di 2.752 procedimen- ti di accertamento sullo stato di adottabilità sono stati di- chiarati adottabili 1.168 minori e sono stati pronunciati 947 decreti di affidamento preadottivo e 1.150 adozioni nazionali. In Italia, dunque nella grande maggioranza dei casi, i bambini adottabili trovano una famiglia adottiva. Fanno eccezione i casi di minori con problematiche parti- colarmente gravi e gli ultradodicenni, per i quali è neces- sario un maggiore impegno delle istituzioni e anche di tutta la comunità civile. Si segnala che nell’ambito dei la- vori dell’Osservatorio nazionale per l’ infanzia e l’adolescenza sono stati recentemente forniti alcuni dati relativi ai minori dichiarati adottabili e tuttora non adotta- ti380. Per un monitoraggio aggiornato e puntuale dei mi- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 64 4orapportodiaggiornamento2007-2008 375 «Occorrerebbe, prima di decidere il destino di genitori e fi- gli, poter capire approfonditamente e far capire agli adulti vio- lenti e ai bambini vittime, cosa sia avvenuto nelle loro esisten- ze. Se le politiche sociali non saranno in grado di favorire il perseguimento di questi obiettivi, se chi decide sulla spesa pubblica continuerà a scindere e separare artificialmente – su queste tematiche – ciò che è sociale da ciò che è sanitario, sarà molto difficile fare in modo che l’intervento di allontanamento del bambino trovi un luogo per poter essere capito, spiegato e assumere il vero significato protettivo che racchiude» Di Blasio P. Introduzione in Cirillo Cattivi Genitori Cortina 2005. Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Alla Conferenza Stato Regioni di ridefinire gli standard mi- nimi per le comunità, a cui le singole normative regionali devono far riferimento, in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, garantendo anche un effettivo moni- toraggio circa l’esistenza ed il mantenimento degli stan- dard richiesti e prevedendo atti formali di chiusura laddo- ve ciò non si verifichi; 2. Al Ministero della Solidarietà Sociale di concerto con la Conferenza Stato Regioni di effettuare un serio monito- raggio dei minori fuori dalla famiglia attraverso la defini- zione e la costruzione di «banche dati» affidabili e costrui- te su criteri omogenei e condivisi da Stato-Regioni. Un ruolo importante per la definizione dei criteri di monito- raggio può essere giocato dallo stesso Osservatorio nazio- nale per l’infanzia e l’adolescenza in accordo con il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza; 3. Alle Procure della Repubblica per i Minorenni il monito- raggio costante circa la situazione dei minori in comunità, in attuazione di quanto previsto dall’art. 9 comma 2 Legge 149/2001, al fine di rendere esigibile al minore il diritto al- la famiglia. 36. Ai sensi dell’art. 21 della Convenzione, il Comitato raccomanda che l’Italia prenda tutte le misure necessa- rie per: (a) armonizzare le procedure e i costi delle adozioni in- ternazionali tra i vari enti autorizzati all’interno dello Stato parte; (b)concludere accordi bilaterali con i paesi (da cui pro- vengono i bambini da adottare) che non hanno rati- ficato la summenzionata Convenzione dell’Aja. (CRC/C/15/Add.198, punto 36) 376 In Italia, in base alla Legge 184/1983 lo stato di adottabilità (e la successiva adozione) viene dichiarato dal Tribunale per i Mino- renni nei confronti del minori «privi di assistenza morale e mate- riale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi», pur- ché la mancanza di assistenza non sia dovuta a «causa di forza maggiore di carattere transitorio». Possono presentare domanda di adozione i coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, non separati neppure di fatto, con o senza figli, e quelli che hanno convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio. La differenza di età fra adottanti ed adottato non deve essere in- feriori a 18 anni e superiore a 45 (sono previste anche deroghe). Con la pronuncia dell’adozione, dopo un anno di affidamento preadottivo, l’adottato diventa figlio legittimo degli adottanti. 377 Si veda al riguardo anche 3° Rapporto CRC 2007, pagg.42-43. 378 Malacrea M. Esperienze traumatiche infantili e adozione in Mi- nori Giustizia, F. Angeli 2/2007, pagg. 185-195. 379 La Famiglia in Italia dossier statistico a cura del Dipartimento per le Politiche della Famiglia e dell’ISTAT, disponibile sul sito www.istat.it 380 Nella lettera inviata il 17 marzo 2008 al Presidente dell’Osser- vatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, Francesco Oc- chiogrosso, il Capo del Dipartimento per la Giustizia Minorile presso il Ministero della Giustizia, Carmela Cavallo, ha segnalato che, dai dati forniti dai Tribunali per i Minorenni, sono 191 i minori adottabili non adottati ed «il mancato affidamento a scopo di adozione è dovuto, in primo luogo, alle condizioni sanitarie gravi o gravissime del minore […] e, in secondo luogo, all’età ado- lescenziale». Il Gruppo CRC non ha invece ricevuto nessuna co- municazione da parte del Dipartimento per la Giustizia Minorile a fronte della richiesta di informazioni e dati ai fini dell’aggiorna- mento del presente Rapporto inviata per il tramite del CIDU. nori dichiarati adottabili e non adottati è necessario che entri in funzione la banca dati dei minori dichiarati adot- tabili e degli aspiranti genitori adottivi381 il cui avvio operativo, previsto per dicembre 2001, avrebbe oggi con- sentito non solo di avere dati aggiornati su minori e cop- pie, ma soprattutto avrebbe garantito la messa in rete di queste informazioni tra tutti i Tribunali per i Minorenni italiani per una risposta più immediata e puntuale ai bi- sogni dei minori adottabili. La situazione appare diversa sul fronte dell’adozione in- ternazionale grazie al rapporto pubblicato semestral- mente dalla Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI), che garantisce un monitoraggio periodico . Dall’ul- timo rapporto382, aggiornato al 31 dicembre 2007, si evin- ce che nel 2007 sono state 2.684 le coppie italiane ad aver adottato 3.420 minori stranieri, dato sensibilmente in crescita rispetto allo scorso anno. Per quanto la mag- gior parte delle adozioni riguardi l’inserimento in famiglia di un unico figlio, sono numerosi i casi di adozione di fra- telli, in maggioranza coppie383. Le adozioni di fratrie sono sempre di più una realtà e, a differenza che in passato, sono le stesse autorità centrali dei Paesi di origine dei bambini a segnalare gruppi di fratelli per l’inserimento nello stesso nucleo familiare, al fine di mantenere la ric- chezza di un legame affettivo e di un percorso di vita con- diviso, anche se non è sempre facile trovare una famiglia che li accolga tutti insieme. I bambini adottati in Italia ar- rivano, in proporzione paritetica, sia dai Paesi ratificanti la Convenzione de L’Aja sia da quelli non ratificanti. Pro- vengono prevalentemente dalla Federazione Russa, dalla Colombia dall’Ucraina e dal Brasile, ma sono in crescita le adozioni da Vietnam e Cambogia da dove arrivano bambi- ni molto piccoli. La maggior parte (42%) dei minori arriva- ti nel 2007, invece, sono già in età scolare, nella fascia 5- 9 anni, mentre il 39,7% sono bambini tra 1 anno e i 4 an- ni, il 9,8% sono neonati e l’8,3% sono bambini che all’ar- rivo in famiglia hanno un’età che supera i 10 anni. Inoltre il 40% dei bambini sono stati dichiarati adottabili nel loro Paese di origine in seguito a perdita delle potestà dei ge- nitori e quindi in seguito ad accertamento di situazioni di grave incapacità e negligenza genitoriale. Solo per il 15% dei bambini vi è stata una rinuncia alla nascita mentre so- no molto pochi i casi di bambini dichiarati adottabili per- chè rimasti orfani. Da questi numeri è possibile quindi ri- levare che il bambino che arriva in Italia attraverso l’adozione internazionale è, nella maggior parte dei casi, un bambino già in età scolare, e che ha vissuto situazioni familiari pregresse di notevole complessità. Anche per l’adozione internazionale, così come per la nazionale, è possibile affermare che i bambini adottabili trovano facil- mente in Italia una famiglia adottiva. Fanno però eccezio- ne i casi di minori grandi, dagli 8 anni in su, le fratrie nu- merose e i bambini con gravi problemi di salute. Alla luce della situazione appena descritta è auspicabile, come già rilevato nel 3° Rapporto CRC, che i percorsi pre- paratori relativi all’adozione nazionale e internazionale siano incrementati ed il più possibile unificati, nel rispet- to delle rispettive specificità. Sarebbe anche urgente l’introduzione di idonee misure per favorire e supportare le adozioni di minori ultradodicenni o con disabilità ac- certata, di cui all’art. 6 comma 8 Legge 149/2001, attra- verso provvedimenti mirati da parte di Regioni e Enti Lo- cali diretti al sostegno dei minori e delle famiglie adottive di minori sia italiani che stranieri. Inoltre si ritiene neces- sario un rafforzamento dei servizi di post-adozione anche successivi al primo anno, per prevenire eventuali falli- menti adottivi384. Come già sottolineato nel 3° Rapporto CRC, il numero delle coppie che presentano al Tribunale per i Minorenni disponibilità all’adozione è di gran lunga superiore al nu- mero di bambini adottabili, sia attraverso la nazionale che l’internazione. A ciò si aggiunga che molto spesso le aspettative delle coppie adottanti si discostano dalla realtà del bambino adottabile. Secondo i dati riportati nel dossier statistico «La Famiglia in Italia»385, nel 2005 sono state presentate 14.792 domande di adozione nazionale legittimante e 7.882 dichiarazioni di disponibilità all’ado- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 65 381 Prevista dall’art. 40 Legge 149/2001 e le cui norme di attua- zione e di organizzazione sono state adottate con successivo regolamento del Ministero della Giustizia con decreto 91/2004 disponibile sul sito www.giustizia.it 382 Si veda Rapporto statistico sui fascicoli dal 16 novembre 2000 al 31 dicembre 2007, disponibile sul sito www.commissioneadozioni.it 383 Nel 2007 si sono registrate anche 14 adozioni di 3 fratelli, 3 adozioni di 4 fratelli e 1 adozione di 5 fratelli. 384 Nella ricerca Percorsi problematici dell’adozione internaziona- le pubblicata dall’Istituto degli Innocenti nel dicembre 2003 all’in- terno della Collana della CAI, emerge che il numero delle “restitu- zioni” appare piuttosto modesto, attestandosi al di sotto del 2%. Emerge inoltre che il numero dei minori “restituiti” nell’ambito dell’adozione internazionale è più o meno pari, anzi di poco infe- riore, a quello dei minori restituiti provenienti da adozione nazio- nale. Nella relazione del 2006 dei Ministri del Welfare e della Giustizia sullo stato di attuazione della Legge 149/2001, veniva stimato che circa il 3% dei minori adottati sul territorio nazionale andasse incontro ad un fallimento adottivo, con conseguente ritorno in una struttura di accoglienza. La percentuale veniva stimata intor- no all’1,7% per quanto riguarda l’adozione internazionale. La relazione è disponibile sul sito www.minori.it/pubblicazioni/quaderni/index_quaderni.htm 385 La Famiglia in Italia dossier statistico a cura del Dipartimento per le Politiche della Famiglia e dell’ISTAT, cit. zione internazionale. Sono stati emessi 6.243 decreti di ido- neità all’adozione internazionale386. Come già evidenziato, nello stesso anno sono state concesse 1.150 adozioni nazionali legittimanti e 2.304 adozioni di minori stranieri. Questo significa che , sempre nel 2005, hanno adottato il 7,7% delle coppie che hanno presentato domanda di adozione nazionale e il 37% di quelle che hanno ottenuto l’idoneità all’adozione internazionale. Un’altra ricerca meno recente387, pubblicata nel 2005 e rela- tiva all’anno 2003, è utile per rappresentare il divario esi- stente tra le aspettative delle coppie adottanti e la realtà del bambino adottabile. La maggioranza delle coppie italiane che presentano domanda di adozione, l’84%, vorrebbe adottare minori di età inferiore ai 5 anni. Sono poche le cop- pie che adotterebbero un bambino con disabilità (l’11,5%) e ancora meno (il 4,7%) quelle disponibili ad accogliere un minore con più di 12 anni di età. Il numero di coppie in attesa aumenta ogni anno388 tanto che gli Enti Autorizzati sono in difficoltà nel gestire l’alto nu- mero delle coppie e le lunghe attese cosi che alcuni Enti hanno deciso di chiudere temporaneamente all’accoglienza di nuovi incarichi, a meno che non si tratti di disponibilità al- l’accoglienza di minori di “difficile adozione”. Nel corso della XV legislatura sono stati presentati da parte di parlamentari, sia della maggioranza che dell’opposizione, numerosi disegni e proposte di legge di modifica dell’attua- le normativa in materia di adozione, che, stante la situazio- ne appena descritta, sono fonte di criticità. Nello specifico ci si riferisce alle proposte per l’estensione della possibilità di adozione ai single e alle coppie conviventi389; per l’abbattimento della differenza massima di età fra adottanti e adottati390; per l’istituzione degli affidamenti familiari “in- ternazionali”, trasformabili in adozione391. Le criticità di tale proposte derivano in primo luogo dal fatto che il numero delle domande di adozione è già di gran lunga superiore a quello dei minori adottabili. Si noti poi che dalla «Relazione sullo stato di attuazione della Legge 149/2001» del 2005392 è emerso che alcuni tribunali393 hanno lamentato il fatto che l’innalzamento a 45 anni della differenza massima di età fra adottanti e adottato, ulteriormente derogabile in particolari situazioni, ha «diminuito la disponibilità delle coppie “an- ziane” ad adottare bambini più grandi o con particolari pa- tologie». Si segnala invece che nessuna proposta di legge è stata pre- sentata al fine di garantire il sostegno, anche economico, a supporto dell’adozione di bambini disabili e ultradodicenni (dando così applicazione all’art. 6 comma 8 Legge 149/2001)394 e per sostenere l’accoglienza di fratrie nume- rose e l’adozione di bambini grandi, con storie difficili, pre- vedendo un effettivo impegno e una reale collaborazione tra tutti i soggetti istituzionali preposti all’informazione, valuta- zione, accompagnamento, e sostegno nell’adozione. In que- sto lavoro di collaborazione sarebbe importante sostenere il ruolo strategico già assegnato per legge alle Regioni che hanno il compito di destinare risorse umane ed economiche alla realizzazione del procedimento adottivo anche relati- vo all’adozione nazionale, unificando il più possibile il percorso delle due adozioni, aumentando i servizi e le strutture nel sostegno post-adottivo. A giugno 2007 è stato emanato il nuovo regolamento della Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI), autorità centrale italiana395. Tra gli elementi di novità, pe- raltro anche auspicati nel 3° Rapporto CRC, un rafforza- mento del ruolo politico della CAI con l’attribuzione del ruolo di Presidente al Ministro per le Politiche della Fami- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 66 4orapportodiaggiornamento2007-2008 386 La percentuale è molto alta, circa l’80% dei decreti pronunciati sono favorevoli. 387 ISTAT Le coppie che chiedono l’adozione di un bambino, anno 2003 febbraio 2005 disponibile su www.istat.it 388 La domanda di adozione nazionale ha validità 3 anni e il de- creto di idoneità all’adozione internazionale è sempre valido se la coppia conferisce, entro un anno, incarico all’Ente Autorizzato. 389 C. 1491, C.2219, S. 276. 390 C. 237. 391 S. 190, C. 911. I testi dei citati disegni e proposte di legge sono disponibili sul sito www.senato.it 392 Relazione sullo stato di attuazione della Legge 149/2001, pub- blicata a settembre 2006, dall’Istituto degli Innocenti di Firenze, Ministero della Solidarietà Sociale e Centro nazionale di docu- mentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Quaderno 39 Ogni bambino ha diritto a una famiglia,disponibile sul sito www.minori.it/pubblicazioni/quaderni/quaderno_39.htm 393 Bologna, Caltanisetta, Catania, L’Aquila, Milano, Palermo, Po- tenza, Salerno, Torino e Trieste. 394 Solo la Regione Piemonte ha approvato la Deliberazione del- la Giunta regionale 11035/2003 «Approvazione linee d’indirizzo per lo sviluppo di una rete di servizi che garantisca livelli ade- guati di intervento in materia di affidamenti familiari e di adozio- ni difficili di minori, in attuazione della Legge 149/2001 diritto del minore ad una famiglia (modifica Legge 184/83)», in cui ha previsto quanto segue: «gli Enti Gestori delle funzioni socio-assi- stenziali corrispondono ai genitori di minori italiani e stranieri adottati superiori a dodici anni e a quelli con handicap accertato un contributo economico, indipendentemente dal loro reddito, pari al rimborso spese corrisposto agli affidatari fino al raggiun- gimento della maggiore età dell’adottato. Nei medesimi casi, re- sta salva la facoltà per gli Enti gestori delle funzioni socio-assi- stenziali di attivare, ai sensi dell’art.6, comma 8 Legge184/1983 e s.m., ulteriori interventi volti al sostegno della formazione e dell’inserimento sociale dei minori, nell’ambito dei progetti edu- cativi dei minori stessi. Nel caso di minori adottati in condizioni particolari (gravi patologie, abusi, violenze subite), gli Enti Ge- stori possono prevedere l’estensione delle provvidenze di cui sopra anche al di fuori delle fattispecie individuate e regolamen- tate dall’Amministrazione Regionale, nell’ambito dello specifico progetto d’intervento dei suddetti minori». 395 «Regolamento riguardante il riordino della Commissione per le adozioni internazionali» DPR 108/2007. glia (art. 3) e l’introduzione della figura del Vice- Presi- dente con un ruolo più tecnico e operativo (art. 4). Invece il Ministero degli Affari Esteri (MAE) rimane presente nel- la CAI con un solo rappresentante e quindi rimane disat- tesa la raccomandazione di prevedere un ruolo più incisi- vo ed un maggior coinvolgimento del MAE all’interno del- la CAI. Ciò avrebbe favorito un maggior coordinamento, sia relativamente agli interventi di adozioni internaziona- li, sia per quanto concerne gli interventi di prevenzione dell’abbandono in base al principio di sussidiarietà del- l’adozione internazionale396. In tal senso si segnala che la CAI397, per il 2007/2008, ha stanziato ¤1.000.000 per i progetti di sussidiarietà dell’adozione, oltre alle Intese Istituzionali di Programma che finanziano attività di pre- venzione dell’abbandono e di sussidiarietà dell’adozione internazionale in Brasile, Vietnam e Etiopia398. In relazio- ne alle risorse destinate all’esecuzione della Convenzione de L’Aja, il Dipartimento per le Politiche della Famiglia ha reso noto399 che sono stati spesi € 3.711.252,96 su un ammontare complessivo di € 5.271.254,22 , di cui però si attende l’effettiva allocazione e rendicontazione400. Sempre relativamente al nuovo Regolamento CAI, si se- gnala poi l’introduzione di un maggior potere di controllo della CAI sull’operatività degli Enti Autorizzati attraverso potere di revoca dell’autorizzazione concessa nei casi di gravi inadempienze, insufficienze o violazione delle nor- me vigenti o nei casi in cui i risultati conseguiti attestino la scarsa efficacia dell’azione dell’Ente401. Inoltre sono previste verifiche periodiche sulla permanenza dei requi- siti di idoneità degli Enti Autorizzati e sulla correttezza, trasparenza ed efficienza della loro azione con particolare riguardo alla proporzione tra gli incarichi accettati e quel- li espletati. Le verifiche sono effettuate a campione in modo che tutti gli Enti siano controllati nell’arco di un biennio o sulla base di segnalazioni che la Commissione ritenga rilevanti. A tal fine la Commissione può disporre l’invio in missione all’estero di componenti o di personale della segreteria tecnica, presso le sedi operative (art. 15), anche se in questo senso sarebbe stato meglio prevedere un lavoro di rete con il MAE. Viene infine ribadito il com- pito essenziale della CAI nel favorire stipule di accordi bi- laterali, nell’appoggiare e risolvere rapporti internazionali e nel garantire sul territorio italiano un ridimensionamen- to del numero degli Enti italiani Autorizzati ed una mag- giore omogeneità di procedure e costi. i. Le cosiddette adozione mite e adozione aperta Resta sempre aperto e acceso il dibattito sulla cosiddetta adozione mite, spesso utilizzata con poca chiarezza per riferirsi a situazioni e problemi differenti. Il termine ado- zione mite nasce nel giugno 2003 come semplice prassi giudiziaria del Tribunale per i Minorenni di Bari, di cui il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) ha preso at- to402, fondata sul parziale insuccesso della legislazione in tema di affidamento familiare e sull’esigenza di dare maggiore impulso al processo di deistituzionalizzazione dei minori403. I sostenitori dell’adozione mite fondano le proprie consi- derazione da un lato sulla constatazione che il numero dei bambini dichiarati adottabili e poi adottati è andato notevolmente diminuendo negli ultimi anni, mentre è ri- masto alto quello delle domande di adozione, dall’altro sulla considerazione che «da un’indagine effettuata dal Centro nazionale di documentazione ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza, da cui risulta che, dei 10.200 bambini affidati in affidamento familiare in Italia alla data del 30 giugno 1999, solo il 42 % è rientrato in famiglia, mentre ben il 58 % non vi è tornato. Una larga parte di bambini, quindi, resta presso la famiglia affidataria e per lo più l’affidamento familiare temporaneo si trasforma in un affidamento senza termine (cd. affidamenti sine die) 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 67 396 In Italia, la Legge 476/1998 di ratifica della Convenzione de L’Aja, diversamente da tutte le corrispondenti leggi straniere, ha dato applicazione al principio di sussidiarietà obbligando gli Enti Autorizzati all’adozione internazionale a realizzare progetti di so- lidarietà e di prevenzione dell’abbandono nei Paesi in cui vengo- no realizzate le adozioni , progetti che sono sostenuti anche gra- zie alle risorse stanziate dalla CAI per i progetti di sussidiarietà. 397 Bando n. 9 del 20 dicembre 2006 e delibera CAI n. 11/2007/SG/ del 12 settembre 2007 riguardante l’approvazione dei progetti di sussidiarietà ammessi a finanziamento ai sensi del bando n. 9/2006 del 20 dicembre 2006. 398 Ad esempio, per l’Intesa Istituzionale Etiopia sono stati stan- ziati €500.000. 399 Comunicazione inviata dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del Rapporto. 400 Nel 3° Rapporto CRC 2007, con riferimento al bilancio di previ- sione per l’anno 2007, si rilevava che erano stati stanziati €4.271.800 per spese per l’esecuzione della Convenzione de L’Aja e per spese in tema di adozione di minori stranieri. Per un maggior approfondimento si veda infra capitolo I, paragrafo «Le risorse per l’infanzia e l’adolescenza in Italia». 401 Art. 6 lettera c. Inoltre l’art. 16 introduce anche diverse azioni di carattere sanzionatorio che la CAI può mettere in campo nei confronti degli Enti Autorizzati. 402 Comunicazione del 23 maggio 2006 del CSM, riportata nell’ar- ticolo di Francesco Santanera L’adozione mite un iniziativa allar- mante e illegittima, non autorizzata dal Consiglio Superiore della Magistratura in Prospettive assistenziali n. 154/2 - 2006, pag. 34. 403 Occhiogrosso F. L’adozione mite due anni dopo disponibile sul sito www.cameraminorilemilano.it; Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni per la Famiglia Giustizia Mite e adozio- ne mite in Minori Giustizia n. 2/2006. grazie a provvedimenti giudiziari di proroga […] In sostanza questa forma di adozione si rivolge a alle zone grigie del- l’abbandono dei minorenni, a quelle situazioni cioè che ini- zialmente risultate di semiabbandono o di difficoltà tempo- ranea tale da condurre all’affidamento familiare (perché per lo più manca una capacità educativa dei genitori di origine, ma esiste un legame affettivo che non consente l’interruzione totale dei rapporti), si siano poi evolute in senso negativo per effetto del mancato rientro del bambino nella famiglia di origine, anche se gli incontri e le visite con tale famiglia continuano»404. Si sostiene dunque che questi bambini, che si trovano in uno stato di “semiabbandono permanente”405, da una parte hanno diritto a mantenere i rapporti con i genitori biologici presenti, ma incapaci di ac- cudirli, dall’altro hanno la necessità di rendere stabile, an- che formalmente, il vincolo che li lega alla famiglia che li ac- coglie, per evitare di trovarsi in uno stato di nuovo abban- dono al raggiungimento del diciottesimo anno di età. Così il Tribunale per i Minorenni di Bari, seguito poi da altri Tribu- nali406, ha iniziato ad applicare l’art. 44 lettera d) della Leg- ge 184/1983, per far fronte a queste situazioni. Le critiche all’adozione mite407, sottolineano anzitutto che in base alla Legge 184/1983 se un minore è «privo di assi- stenza morale e materiale da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi» deve essere dichiarato adottabile ed adottato con l’adozione legittimante e non ricorrendo al- l’art. 44, lettera d) che prevede l’adozione in casi particolari nei confronti dei minori solo «quando vi sia la constata im- possibilità di affidamento preadottivo». Poiché l’affidamento preadottivo può essere disposto dai Tribunali per i Minorenni solamente per i minori dichiarati adottabili, la pronuncia dell’adozione mite, nei riguardi dei minori non dichiarati adottabili, costituisce una forzatura della stessa legge in quanto priva definitivamente dei figli i nuclei fami- liari che si trovano solo in gravi difficoltà. Va anche segnala- to che la Legge 184/1983 ha previsto ai congiunti del mino- re, di cui viene aperta la procedura di adottabilità, di ricor- rere presso il Tribunale per i Minorenni, la Corte d’Appello e la Corte di Cassazione. Queste garanzie non sono invece previste nella procedura relativa all’adozione mite. In se- condo luogo non è neppure opportuno ricorrere all’adozio- ne mite per regolarizzare gli affidamenti a lungo termine, in quanto la famiglia di origine non deve essere esautorata del suo ruolo genitoriale, anche se per svolgerlo deve contare sull’aiuto degli affidatari e del sostengo degli operatori dei servizi socio-assistenziali e sanitari: la tutela del minore, della sua famiglia d’origine e degli affidatari, passa anche attraverso questo indispensabile ruolo delle istituzioni pe- raltro previsto dalla stessa Legge 184/1983 che, pur consi- derando l’affidamento familiare un intervento tendenzial- mente temporaneo, non esclude la possibilità di affidamen- ti a lungo termine408. Si segnala che in seguito a questo dibattito alcuni disegni di legge hanno proposto di regolamentare l’adozione mite o aperta409 e si evidenzia che data la delicatezza della ma- teria sarebbe opportuno un confronto serio e approfondito. ii. l’adozione europea e l’adozione internazionale in Europa Il dibattito avviato sul progetto di adozione europea, già se- gnalato nel 3° Rapporto CRC, sembra attualmente sospeso. L’unico riferimento all’adozione europea viene dalla già ci- tata Risoluzione del Parlamento Europeo del 16 gennaio 2008410 dove si auspica l’introduzione del nuovo istituto giuridico. Se attuata si creerebbe la necessità di prevedere i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 68 4orapportodiaggiornamento2007-2008 404 Ibidem. 405 Lenti L. L’adozione mite è ora di cambiamenti? in Minori e giustizia 2007. 406 Tribunale per i Minorenni di Brescia e, in alcune rare pronun- ce, Tribunale per i Minorenni di Milano. 407 Si vedano al riguardo gli articoli di Santanera F. in Prospettive Assistenziali n. 154; Fadiga L. Adozione aperta: si o no? in Semi- nario della Commissione parlamentare per l’infanzia Adozione e affidamento, proposte a confronto Roma, 16 luglio 2007. 408 Si veda Fadiga L. Affidamento fra norma e prassi relazione al convegno Affido:legami per crescere Torino, 21-22 febbraio 2008, disponibile sul sito dell’Associazione Italiana dei Magis- trati per i Minorenni e per la Famiglia (www.minoriefamiglia.it), a questo proposito ha precisato «L’ampiezza delle zone grigie è anche in funzione della debolezza tecnica dei servizi locali e del- la poca chiarezza del progetto; dell’insufficiente o mancato mon- itoraggio da parte dei servizi stessi nel corso dell’affidamento; dell’inerzia degli organi giudiziari cui spetta attivarsi a tutela dei diritti del minore (Giudice Tutelare e Pubblico Ministero mino- rile); dell’incapacità di molti giudici di prendere o di confermare decisioni difficili, ma talora necessarie per il bene del minore: è in funzione, insomma, del cattivo funzionamento del meccanis- mo globalmente considerato, che sforna un prodotto difettoso e troppo spesso di pessima qualità. E da qui nascono distorsioni e proposte di accattivanti rimedi talora verniciati di modernità, come ad esempio la cosiddetta adozione mite: che sostanzial- mente ripropone la vecchia adozione ordinaria, non legittimante e revocabile, subordinata a un periodo di prova, una prova costruita sulle spalle del minore e della sua famiglia di origine». 409 Disegno di legge S. 1007 settembre 2006 Sen. Burani Procac- cini. Già nel marzo 2006 era stato presentato il disegno di legge Finocchiaro-Turco «Modifiche alla legge 184/1983 in materia di adozione aperta o adozione mite» 410 Art.109: auspica di verificare la possibilità di concepire uno strumento comunitario in materia di adozioni, elaborato confor- memente alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infan- zia e ad altre norme internazionali applicabili, che migliori la qua- lità dell’assistenza nei servizi di informazione, la preparazione per l’adozione internazionale, il trattamento delle procedure di richie- sta di adozione internazionale e i servizi post-adozione, tenendo presente che tutte le convenzioni internazionali relative alla prote- zione dei diritti del fanciullo riconoscono ai bambini abbandonati od orfani il diritto ad avere una famiglia e a essere protetti; regole uniformi e omogenee in tutti i Paesi europei sul rila- scio dell’idoneità all’adozione, l’istituzione di una banca da- ti europea dei minori adottabili e delle coppie adottanti; un Albo europeo degli Enti Autorizzati, un’Autorità Centrale Eu- ropea con il compito di predisporre e vigilare sugli strumen- ti di attuazione e l’applicazione del principio di gratuità del- l’adozione. In Europa si sta anche molto discutendo circa l’opportunità di prevedere regole meno severe per l’adozione internazio- nale411, ovvero di riformare il testo della Convenzione di Strasburgo del 1967 nel senso di affermare “il diritto” all’a- dozione ai single e alle coppie di fatto e di prevedere la pos- sibilità anche per le coppie omosessuali412 . L’Italia, attra- verso il Ministro per le Politiche della Famiglia, ha già pre- sentato una nota tecnico giuridica413 al Consiglio d’Europa per esporre i suoi rilievi critici e per ribadire la validità di una legislazione che pone al centro il diritto del bambino e non il diritto degli adulti ad avere dei figli. 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 69 411 Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 24 gennaio 2008, disponibile sul sito www.coe.int 412 Si vedano le interviste al Vice-segretario Generale del Consi- glio d’Europa Mrs. Maud de Boer Buquicchio in La Gazzetta del Mezzogiorno del 24 febbraio 2008 e su Vita del 7 marzo 2008. Si veda anche www.coe.int e www.politichefamiglia.it 413 Il 26 febbraio 2008 l’Italia ha presentato al Consiglio d’Europa una nota che dovrebbe esser stata discussa in pre- consiglio il 12 marzo 2008. La nuova Convenzione europea do- vrebbe poi essere adottata dal Comitato dei Ministri nella se- duta del 5-6 maggio 2008. A quel punto ogni Paese membro potrà decidere se ratificarla, dando così il proprio consenso ad essere vincolato dal trattato stesso e ad uniformarvi la propria legislazione. Alla ratifica ogni Paese può formulare fino a due riserve su punti specifici del testo. La riserva dura 5 anni ed è rinnovabile. Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Dipartimento per le Politiche della Famiglia, alle Re- gioni e agli Enti Locali il sostegno delle adozioni difficili di minori italiani e stranieri, di cui all’art. 6 comma 8 Legge 149/2001, attraverso provvedimenti mirati che rendano esigibile il diritto a tale sostegno , a livello so- ciale ed economico; 2. Al Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giu- stizia Minorile l’avvio dell’operatività della banca dati dei minori adottabili e dei genitori in attesa di adozione, ex. art. 40 Legge 149/2001, al fine di avere un costante monitoraggio dei minori adottabili e la messa in rete di informazioni tra i Tribunali per i Minorenni italiani; 3. Alla Commissione per le Adozioni Internazionali un po- tenziamento delle azioni di verifica e di controllo sull’o- peratività degli Enti Autorizzati in Italia e all’estero an- che con un maggior coinvolgimento operativo del Mini- stero degli Affari Esteri. All’interno di tale raggruppamento le Linee Guida svilup- pate dal Comitato ONU suggeriscono di considerare la si- tuazione dei bambini e adolescenti con disabilità (art. 23 CRC), l’attuazione dell’art. 24 CRC, che riconosce il diritto di godere del miglior stato di salute possibile, e dell’art. 27 CRC che riconosce il diritto di ogni bambino e adole- scente ad un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale. 1. SALUTE E SERVIZI SANITARI a) Nascere e crescere in Italia Nel presente paragrafo sono state accorpate e sintetizza- te alcune questioni evidenziate nel 3° Rapporto CRC (nel- lo specifico natalità, mortalità infantile, uso degli psico- farmaci per bambini e adolescenti, disagio legato alle ma- lattie croniche, HIV/AIDS in età pediatrica), in considera- zione del fatto che non si dispone di dati aggiornati o no- vità rispetto a quanto già scritto lo scorso anno. La Relazione sullo stato sanitario del Paese 2005-2006414 ha confermato quanto riportato nel 3° Rapporto CRC415: la salute nell’età evolutiva è da considerarsi complessi- vamente buona e considerevolmente migliorata nel corso degli ultimi decenni, ma è caratterizzata da continue e consistenti disuguaglianze territoriali. Sia i determinanti distali della salute (reddito, capitale sociale, istruzione), che quelli prossimali (comportamenti e abitudini di vita), si distribuiscono diversamente nelle Regioni italiane: maggiore incidenza al Sud che al Nord di quelli che in- fluenzano in modo negativo lo stato di salute della popo- lazione, in particolare delle fasce più deboli416. Il tasso di mortalità infantile nel primo anno di vita, che rappresenta uno degli indicatori più utilizzati per misura- re lo stato di salute e il benessere di un Paese, è sceso da 8 morti per 1.000 nati nel 1990 a 4 morti ogni 1.000 nati nel 2006417. Ma a livello territoriale la mortalità infantile nel Sud (5,3) è più elevata rispetto al Nord (3,3). Oltre i tre quarti dei decessi sono associati al sottopeso (peso alla nascita inferiore a 2500 g) come possibile concausa e l’incidenza varia ampiamente tra le Regioni dal Nord al Sud, indicando la necessità di interventi mirati a ridurre i fattori di rischio oltre alla qualità dell’assistenza in gravi- danza418. Il ricorso al parto cesareo non solo continua ad essere il più elevato a livello europeo, ma in continuo aumento, in particolare in alcune Regioni meridionali quali la Campa- nia (oltre il 60% dei parti), la Sicilia (52,3%) e la Basilica- ta (50,4%), mentre il parametro di riferimento di appro- priatezza clinica, individuato sulla base delle esperienze internazionali e riconosciuto dal Decreto Ministeriale del 12 dicembre 2001419 è di 15-20%. I bambini e gli adolescenti italiani maschi si ammalano e muoiono maggiormente delle loro coetanee. Le patologie gravi più frequenti sono le condizioni morbose di origine perinatale e le malformazioni congenite nel corso del pri- mo anno di vita, mentre nelle età successive sono i trau- matismi e i tumori. Ogni anno nascono circa 5.000 bambi- ni che vivranno affetti da una malattia cronica (asma, diabete, fibrosi cistica, etc.), circa la metà dei quali vivrà con una disabilità permanente. Sono, quindi, circa 60.000 i bambini (con meno di 14 anni) che necessitano di assistenza adeguata, appropriata e continua su tutto il territorio nazionale: una finalità dunque ancora da perse- guire e che è importante ribadire ancora420. Dei 57.731 casi nazionali di AIDS, 762 (pari all’1,3%) sono bambini (di età inferiore ai 13 anni)421. L’infezione da HIV di minori, come già evidenziato nel 3° Rapporto CRC, si manifesta, frequentemente, in famiglie multiproblemati- che, con carenze economiche, sociali, culturali o di recen- te immigrazione, spesso irregolare. I minori adolescenti orfani a causa dell’HIV, a loro volta sieropositivi, sono spesso accolti da parenti (in genere nonni e zii) che mo- 70 4orapportodiaggiornamento2007-2008 414 Ministero della Salute Relazione sullo stato sanitario del Paese 2005-2006 gennaio 2008, www.ministerosalute.it/pubblicazioni/ppRisultatiRSSP.jsp 415 3° Rapporto CRC 2007, pagg. 45-65. 416 Padovani G. Il diritto negato Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2008. 417 UNICEF Nascere e crescere sani. La condizione dell’infanzia e del mondo 2008. 418 Campi R, Bonati M. Nascere e crescere oggi in Italia Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2005; Cirillo B, Bonati M, Campi R, De Campora E, Siani P. Disuguguaglianze nella salute nell’infanzia e nell’adolescenza Phoebus Edizioni, Napoli 2007. 419 DM 12 dicembre 2001 «Sistema di garanzie per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria» pubblicato nella G.U. n. 34 del 9 feb- braio 2002, S.O. disponibile sul sito www.unich.it/offerta/perfez2004/eosst/modulo3_bellentani1.pdf 420 ApeC L’assistenza ai bambini con malattie croniche Quaderni ACP 2002;1 pagg. 56-58. 421 Fonte: Istituto Superiore di Sanità, www.iss.it/emol/aids/index.php Capitolo V. Salute e Assistenza i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a strano difficoltà a sostenere la propria funzione educativa. Per quanto riguarda l’utilizzo degli psicofarmaci per i bambini e gli adolescenti, nel 2007 non ci sono stati cambiamenti rispetto a quanto segnalato gli anni prece- denti. Gli antidepressivi sono prescritti ad almeno due bambini o adolescenti (di età compresa tra i 10 ed i 17 an- ni) ogni mille e in particolare alle ragazze422. Molto meno gli altri psicofarmaci. Nella seconda metà del 2007 si è at- tivato il Registro Nazionale della sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD)423, di cui è affetto circa l’1% dei bambini in età scolare. b) Le coperture vaccinali Come evidenziato nel 3° Rapporto CRC, le vaccinazioni proteggono l’individuo da malattie infettive, inducendo una risposta immunitaria simile a quella provocata dal- l’infezione naturale, senza che si abbiano però i sintomi della malattia. Per le infezioni che si trasmettono da per- sona a persona, inoltre, rendere immuni con le vaccina- zioni proporzioni elevate della popolazione garantisce la riduzione, o addirittura l’eliminazione, del rischio di tra- smissione del singolo microrganismo, proteggendo quin- di anche chi non fosse vaccinato. L’efficacia di molte delle attuali vaccinazioni è ben dimostrata ed ha storici risulta- ti: il vaiolo è stato debellato grazie alla vaccinazione, ana- logo traguardo si sta perseguendo per la poliomielite (già eradicata dal continente europeo dal 2002). In Italia, malattie per le quali sono state condotte vacci- nazioni di massa sono pressoché eliminate (Difterite, Po- liomielite) o ridotte ad incidenza molto bassa (Tetano, Epatite B, Hemophilus Influenzae tipo b); mentre per ma- lattie che fino a pochi anni fa colpivano tutti i bambini, e per questo eufemisticamente chiamate “malattie dell’in- fanzia”, si è pervenuti ad una veloce e costante diminu- zione dell’incidenza correlata all’aumento della copertura vaccinale (pertosse, morbillo, rosolia, parotite). Queste vaccinazioni, insieme alla vaccinazione anti-influenzale per persone a rischio, sono incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e offerte attivamente in tutto il Paese. Negli ultimi anni sono stati registrati vaccini che hanno dimostrato di avere un’elevata efficacia sul campo nel prevenire malattie infettive con grave decorso clinico (meningiti ed altre infezioni invasive da meningococco C e da pneumococco), o malattie che, pur decorrendo nella maggior parte dei casi senza complicanze, hanno una ele- vata incidenza (varicella). Si segnala che le quattro vacci- nazioni contro il meningococco C, lo pneumococco, la va- ricella e il Papilloma Virus sono state inserite nel calenda- rio vaccinale e nei LEA, come previsto dal nuovo Piano Nazionale Vaccinazioni 2008-2010424. Tuttavia ancora ampio è il divario tra le varie regioni ri- spetto al tasso di copertura per molte vaccinazioni, in particolare quella contro il morbillo, la rosolia e la paroti- te. Inoltre in molte Regioni è ancora inefficiente il sistema di monitoraggio della copertura, di offerta attiva e di con- trollo degli effetti collaterali da vaccino. Infine, la registrazione dei primi vaccini contro l’infezione da Papilloma Virus, responsabile di oltre i due terzi dei casi di carcinoma della cervice, ha portato alla program- mazione di una campagna nazionale di vaccinazione di massa per le ragazze durante il 12° anno di vita425 a parti- re dal 2008. 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 71 422 Banca dati ARNO Pediatria, Cineca Bologna, Istituto Mario Ne- gri di Milano, 2008. 423 Fonte: Istituto Superiore di Sanità, www.iss.it/adhd/ 424 Ministero della Salute, Piano Nazionale Vaccinazioni (PNV) 2008-2010. 425 Ministero della Salute, www.ministerosalute.it/speciali/ piSpecialiNuova.jsp?id=75. Si veda infra capitolo I, paragrafo «Le risorse destinate all’infanzia e all’adolescenza» in cui si specifi- ca che sono stati stanziati ¤70.000.000 per la rapida ese- cuzione della vaccinazione gratuita alle ragazze dagli 11 ai 12 anni contro il Papilloma Virus (HPV). Nel mese di marzo 2007, il Ministero della Salute ha avviato la campagna di sensibiliz- zazione dell’offerta del vaccino attiva e gratuita rivolta alle ragazze dagli 11 ai 12 anni in modo uniforme in tutto il territorio italiano finalizzata ad una progressiva immunizzazione della popolazione giovane adulta esposta al rischio di infezione. L’Italia è il primo Paese europeo a pianificare una strategia di vaccinazione pubblica contro il Papilloma Virus (HPV). Cfr. www.ministerosalute.it/speciali/piSpecialiNuova.jsp?id=75 Il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Ministero della Salute, al Ministero della Solida- rietà Sociale e alle Regioni, nell’ambito delle rispettive competenze, di attivare programmi di intervento (anche educativi, informativi e di aggiornamento) atti a ridurre l’enorme disuguaglianza tra e all’interno delle Regioni nelle cure della popolazione minorile; 2. Al Ministero della Salute e alle Regioni, nell’ambito delle rispettive competenze, di aggiornare il monitorag- gio delle condizioni croniche e di disabilità , transitorie e permanenti, che affliggono la popolazione pediatrica e di attivare interventi appropriati e efficienti su tutto il territorio atti a rispondere ai bisogni assistenziali anco- ra inevasi; 3. Al Ministero della Salute e alle Regioni, nell’ambito delle rispettive competenze, di promuovere indagini co- noscitive sulla condizione sociale ed educativa dei mi- nori affetti da HIV a livello nazionale atte a formulare in- terventi assistenziali appropriati ed efficienti. c) I diritti dei bambini in ospedale I dati aggiornati al 2005 rispetto ai tassi di ospedalizzazione426 ed alla mobilità ospedaliera427, due im- portanti indicatori per valutare l’equità dell’assistenza ospedaliera pediatrica e per documentare le differenze ter- ritoriali nell’accesso alle cure, confermano quanto eviden- ziato in proposito nel 3° Rapporto CRC, ovvero che in tutte le Regioni l’ospedalizzazione maggiore si registra nel corso del primo anno di vita e che le Regioni del Nord, in partico- lare la Liguria, hanno una forte attrazione di utenza428. Come evidenziato nel 3° Rapporto CRC429 l’esperienza del- l’ospedalizzazione può essere un’esperienza difficile per i bambini, oltre che per le loro famiglie: il distacco dall’am- biente familiare, le cure mediche talvolta dolorose e/o inva- sive, la mancanza di preparazione al ricovero sono fattori che concorrono alla determinazione di un vero e proprio trauma, che subisce il bambino con tutta la sua famiglia. Tuttavia, è stato riscontrato che è possibile prevenire il trauma da ricovero, innanzitutto mediante un’adeguata informazione rivolta ai bambini rispetto alla realtà ospeda- liera, anche nelle scuole materne e primarie430, nonché at- traverso l’utilizzo dello strumento del gioco in fase di adat- tamento e di preparazione dei bambini che stanno per af- frontare un ricovero. A questo scopo diverse sono le iniziati- ve condotte da associazioni che da anni lavorano con e per i bambini in ospedale431. Sarebbe pertanto importante e au- spicabile che il Ministero della Salute promuovesse una campagna di sensibilizzazione negli ospedali volta a sup- portare tali iniziative. Occorre infatti considerare che i bambini hanno il diritto di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione, nonché di avere accesso a tali servizi. In cosa concretamente consista in particolare il diritto al miglior trattamento medico possibile è stato ap- profondito e specificato a partire dal 1988, anno in cui alcu- ne associazioni impegnate per il benessere dei bambini in ospedale hanno riassunto in dieci punti, c.d. Carta di EACH432, i diritti dei bambini in ospedale. Successivamente i diritti enunciati nella Carta di EACH sono stati adattati alla situazione italiana ed estesi alle proble- matiche adolescenziali433, nonché ampliati, fino a conside- rare i “doveri” del personale e della struttura ospedaliera434. Attualmente diverse sono le strutture sani- tarie che basano il proprio operato su questi principi435. Tra le buone prassi a livello regionale si segnala che il Ve- neto ha adottato il progetto «I diritti dei bambini in ospeda- le» nel 2003 con l’intento di conoscere la situazione e l’ ap- plicazione dei diritti dell’infanzia e dell’ adolescenza in tutti gli ospedali del Veneto e di promuoverne la diffusione, atti- vando una riflessione su tutto il territorio regionale tra i soggetti interessati nell’implementazione della Carta dei Di- ritti dei Minori in tutto l’ambiente ospedaliero. In Friuli Ve- nezia Giulia la Giunta Regionale ha formalmente recepi- to436 la «Carta dei Diritti del Bambino in Ospedale», e la re- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 72 4orapportodiaggiornamento2007-2008 426 Per tassi di ospedalizzazione si intendono il numero di ricoveri, le cause di ospedalizzazione, disaggregati per età, sesso e Regione. 427 Per mobilità ospedaliera si intende la tendenza della popola- zione ad usufruire delle prestazioni di ricovero in una Regione di- versa da quella di residenza. 428 Ministero della Salute Rapporto annuale sulla attività di ricove- ro ospedaliero. Anno 2005www.ministerosalute.it/programmazio- ne/sdo/sezDocumenti.jsp?id=148&label=osp 429 3° Rapporto CRC 2007, pag. 47. 430 Ne è un esempio il progetto «Conoscere per non avere paura», che consiste nell’introduzione dell’argomento malattia/ospedale nel programma curriculare di educazione alla salute da parte degli stessi insegnanti, previamente preparati. È stato già realizzato in scuole materne ed elementari a Roma, Teramo, Lodi, Milano, Vario d’Adda, Torino, Firenze, Vicenza. 431 Per favorire una migliore informazione circa il mondo dell’o- spedale Fondazione ABIO, ad esempio, distribuisce periodica- mente a tutti i bambini ricoverati nei reparti in cui operano i vo- lontari ABIO il volume Che ci faccio in Ospedale di Roberto Lucani, Giunti edizioni, uno strumento di informazione e di gioco circa il mondo dell’ospedale. 432 EACH è acronimo di European Association for Children in Hos- pital. 433 A cura di Fondazione ABIO, in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria (SIP); il testo della Carta dei Diritti dei Bambi- ni e degli Adolescenti in Ospedale è disponibile sul sito www.abio.org 434 Carta dei Diritti del Bambino in Ospedale, a cura dell’Associa- zione Ospedali Pediatrici Italiani, disponibile sul sito www.aopi.it/cartadiritti.html 435 Tra questi si annoverano: IRCSS Burlo Garofolo, Trieste; Ospe- dale pediatrico Gaslini, Genova; Ospedale dei Bambini, Brescia; Ospedale pediatrico Bambin Gesù, Roma; Ospedale Meyer, Firen- ze; Azienda Ospedaliera Universitaria, Modena; Asl 4, Prato; Azienda Ospedaliera Universitaria, Siena. 436 Delibera n. 1240 del 4 maggio 1998, www.burlo.trieste.it Il Gruppo CRC pertanto raccomanda: 1. Al Ministero della Salute e alle Regioni, nell’ambito delle rispettive competenze, di intraprendere idonee ini- ziative (informative, educative e organizzative) volte al miglioramento delle coperture vaccinali per quelle vac- cinazioni (in particolare il morbillo) che non hanno rag- giunto il tasso necessario e atteso su tutto il territorio nazionale in modo omogeneo; 2. Al Ministero della Salute e alle Regioni, nell’ambito delle rispettive competenze, di promuovere e coordina- re una rete di sorveglianza attiva (locale e nazionale, tramite un’anagrafe aggiornata e accurata delle malattie infettive, delle vaccinazioni effettuate e delle reazioni avverse) per disporre di dati esaustivi sulle malattie in- fettive prevenibili con vaccino, sull’efficacia delle politi- che vaccinali e sugli effetti collaterali da vaccino. lativa delibera costituisce Atto di Indirizzo per tutte le Azien- de Sanitarie della Regione, indicante standard di qualità e criteri di valutazione. Si auspica quindi che il Ministero della Salute sostenga e promuova l’adozione e l’attuazione di questi principi437 presso le strutture ospedaliere pediatriche affinché venga rispettato il diritto dei bambini e degli adolescenti non solo alle cure migliori, ma anche al soddisfacimento dei loro bi- sogni affettivi ed emotivi. Al fine di dare concreta attuazione ai principi contenuti nella Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in Ospedale, e in particolare all’art. 6438, si ritiene fondamen- tale che il personale medico e paramedico delle strutture ospedaliere pediatriche riceva un’adeguata formazione sui diritti dei bambini in ospedale, che tenga in debita conside- razione anche la specifica condizione degli adolescenti e dei bambini di origine straniera. In proposito, si evidenzia l’importanza, altresì, della presenza di mediatori culturali nelle strutture ospedaliere. Sarebbe infine importante promuovere un’indagine presso i reparti pediatrici al fine di rilevare se e come i principi affer- mati nella Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in Ospedale vengono applicati. d)Alimentazione nella prima infanzia i. La promozione dell’allattamento materno Secondo i dati più recenti, l’81,1% di donne italiane ha al- lattato al seno il proprio bambino e la durata media dell’al- lattamento al seno è di 7,3 mesi; il livello di diffusione del- l’allattamento esclusivo o predominante raggiunge il 71,2% tra le donne più istruite contro il 53,2% tra le donne con la sola licenza elementare439. In tema di promozione e tutela dell’allattamento al seno, come ricordato nel 3° Rapporto CRC, a livello europeo, due Direttive hanno apportato delle modifiche significative: la Direttiva 2006/141/CE che introduce criteri più ristrettivi nella pubblicità e nei materiali informativi, senza però rece- pire pienamente i dettami del Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno e le successive pertinenti Risoluzioni dell’Assemblea Mondiale della Sanità (AMS), e la direttiva 2006/125/CE sugli ali- menti a base di cereali e gli altri alimenti destinati a lattanti e bambini, che però continua a permetterne la commercia- lizzazione a partire dai 4 mesi d’età. La direttiva 2006/141/CE non è inclusa «tra quelle per la cui implemen- tazione la legge comunitaria ha conferito al Governo appo- sita delega», essendo stata inserita nell’elenco delle diret- tive da attuarsi in via amministrativa, come può rilevarsi dalla relazione allegata al disegno di Legge comunitaria per il 2007440. Il 12 novembre 2007 il Ministero della Salute ha decretato l’attuazione della direttiva 2006/141/CE nella parte che modifica la direttiva 1999/21/CE sugli alimenti dietetici destinati a fini medici speciali441. Da segnalare inoltre, come grazie al progetto dello European Network 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 73 437 Si segnala in proposito che il Ministero della Salute, insieme al Ministero della Solidarietà Sociale e al Ministro per le Politiche della Famiglia, ha dato il patrocinio alla nuova Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in Ospedale promossa da Fondazio- ne ABIO e SIP, nei confronti della quale anche la Commissione parlamentare per l’infanzia ha espresso il suo apprezzamento. 438 Art. 6 Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in Ospe- dale «I bambini e gli adolescenti hanno diritto ad avere a loro di- sposizione figure specializzate (pediatri, infermieri pediatrici, psi- cologi, mediatori culturali, assistenti sociali, volontari) in grado di creare una rete assistenziale che risponda alle necessità fisiche, emotive e psichiche loro e della loro famiglia». 439 ISTAT Gravidanza, parto, allattamento al seno diffuso il 5 giu- gno 2006 (periodo di riferimento 2004-2005), disponibile in sintesi sul sito www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20060605_00/ 440 Sen. Tiziana Valpiana, Interrogazione a risposta scritta del 15 maggio 2007 e relativa risposta scritta del Sottosegretario alla Salute del 15 novembre 2007 consultabile sul sito http://banchedati.camera.it 441 In G.U. n. 38 del 14 febbraio 2008. Il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Ministero della Salute di aggiornare annualmente e rendere pubbliche le statistiche sull’assistenza ospeda- liera pediatrica; 2. Al Ministero della Salute di avviare o almeno promuove- re un’indagine presso tutti i reparti pediatrici italiani al fi- ne di rilevare se e come i principi affermati nella Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in Ospedale vengo- no applicati e conseguentemente, sulla base dei risultati ottenuti, emanare una Circolare in cui, precisando il ne- cessario rispetto della Carta, si chiariscano le modalità di promozione dei diritti dei bambini in ospedale; 3. Al Ministero della Salute, al fine di dare piena attuazione all’art. 6 della Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adole- scenti in Ospedale, di prevedere per il personale medico e paramedico delle strutture pediatriche la frequenza ob- bligatoria e certificata di corsi di formazione sui diritti dei bambini in ospedale, che affrontino anche le questioni connesse all’adolescenza, alle differenze culturali e reli- giose proprie delle etnie presenti nel nostro Paese, non- ché nelle Scuole di Specializzazione in Pediatria program- mi di formazione specifici in “comunicazione” per svilup- pare la capacità di comunicare in modo adeguato alle condizioni (età, cultura, tradizioni, ecc.) del paziente mi- nore e della sua famiglia. for Public Health Nutrition: Networking, Monitoring, Inter- vention and Training (EUNUTET)442 finanziato dalla Com- missione Europea nel 2002, siano disponibili, grazie al contributo di ricercatori ed esperti di salute pubblica, del- le raccomandazioni standard sull’alimentazione dei lat- tanti e dei bambini fino a tre anni. La pubblicazione della versione revisionata del Blueprint europeo del 2006 con- ferma quanto affermato nella precedente versione e aiu- terà i Paesi a continuare a promuovere, proteggere e so- stenere l’allattamento al seno in maniera efficace443. Per quanto concerne il livello nazionale, come già evi- denziato nel 3° Rapporto CRC, la promozione dell’allatta- mento al seno è stata inserita nel Piano Sanitario Nazio- nale 2006-2008. Nel «Piano per la promozione e la tutela della salute del l e donne e dei bambini» presentato i l 7 marzo 2007444 il Ministero della Salute si era impegnato a pro- muovere varie iniziative a favore della protezione, alla promozione ed al sostegno dell’allattamento al seno, di cui si segnalano di seguito i recenti sviluppi: ∏ il programma «Guadagnare salute, rendere facili le scelte salutari», finalizzato a favorire un cambiamento negli stili di vita della popolazione e che mette l’allattamento al seno al primo posto tra i comporta- menti salutari, è stato approvato dal Governo il 4 mag- gio 2007 in accordo con le Regioni e le Province Auto- nome ed avviato445; ∏ la Campagna nazionale di comunicazione «Genitori più»446 è stata attivata ed è attualmente sostenuta in 12 Regioni447; ∏ il progetto «Promozione e la valutazione di qualità di modelli operativi del percorso nascita», che compren- de la realizzazione di azioni volte a proteggere, pro- muovere e sostenere l’allattamento al seno, è stato avviato nel 2007 e finanziato con 2 milioni di euro448. Si segnalano inoltre due importanti azioni compiute nel 2007. Il 6 giugno 2007 è stata istituita la Commissione per la Salute delle Donne presso il Ministero della Salu- te, che tra i gruppi di lavoro istituiti al suo interno ne pre- vede uno dedicato al “percorso nascita”: periodo precon- cezionale, gravidanza, parto, puerperio. L’8 marzo 2008 ha presentato il primo Rapporto annuale449. Il 2 ottobre 2007 la Commissione parlamentare per l’infanzia ha ap- provato all’unanimità una Risoluzione in materia di pro- mozione dell’allattamento materno450. Invece il disegno di legge «per la promozione e la tutela della salute dei diritti delle partorienti e dei nati» pre- sentato dal Governo nel 2006 e che pone la promozione della salute materno-infantile, anche dell’allattamento al seno, come obiettivo prioritario a livello nazionale, è an- cora all’esame della Commissione Affari Sociali della Ca- mera dei Deputati451. Si segnala ancora positivamente che il 20 dicembre 2007 il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano hanno approvato per la prima volta le «Linee di indirizzo nazionali sulla protezione, la promozione il so- stegno dell’allattamento al seno»452, in cui si riconosce l’importanza dell’allattamento al seno come modo di ali- mentazione naturale nella prima infanzia e si raccomanda l’allattamento al seno esclusivo per sei mesi e continuato ben oltre il primo anno di vita ed in ogni caso finché ma- dre e bambino lo desiderino. Tra gli indicatori di valuta- zione viene inoltre inserita l’adesione agli standard OMS/UNICEF e il numero di strutture riconosciute «Ospe- dali Amici dei Bambini». Vi è inoltre contenuto l’impegno del Ministero all’istituzione di un Comitato Nazionale Multisettoriale per l’allattamento. Si ricorda, in proposito, che la nomina di un coordinatore nazionale per 4orapportodiaggiornamento2007-2008 74 448 Realizzato dal Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie in collaborazione con il Centro Nazionale di Epidemiolo- gia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto Superiore di Sanità, cfr. www.ccm-network.it/?q=node/75 449 Cfr. Ministero della Salute La salute delle donne in Italia 2008. 450 Si veda www.parlamento.it/documenti/repository/commissioni/ bicamerali/infanzia/24-bis-n2.PDF 451 C. 1923, presentato il 10 novembre 2006, ha ottenuto parere favorevole in sede consultiva da parte della Commissione Affa- ri Costituzionali, Commissione Lavoro Pubblico e Privato, Com- missione per le Questioni Regionali. 452 Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Re- gioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, Accordo, ai sensi dell’art. 4 Decreto Legislativo 281/1997 tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano su «Linee di indirizzo nazionali sulla protezione, la promozione ed il sostegno dell’allattamento al seno», Deliberazione del 20 dicembre 2007, G.U. n. 32 del 7 febbraio 2008. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 442 Cfr. http://ec.europa.eu/health/ph_projects/2002/promotion/ promotion_2002_18_en.htm 443 Commissione Europea, Directorate Public Health and Risk As- sessment Protezione, promozione e sostegno dell’allattamento al seno in Europa: un Programma d’Azione Luxembourg. Cfr. www.burlo.trieste.it/old_site/Burlo%20English%20version/ Activities/research_develop.htm 444 Ministero della Salute Verso un Piano di azioni per la promozio- ne e la tutela della salute delle donne e dei bambini presentato nel- l’ambito del Convegno nazionale Alla salute delle donne 7 marzo 2007, Napoli e disponibile sul sito www.ministerosalute.it/imgs/C_17_pubblicazioni_610_allegato.pdf 445 Cfr. www.ministerosalute.it/stiliVita/stiliVita.jsp 446 Pone l’allattamento esclusivo al seno nei primi sei mesi tra le 7 semplici azioni che si sono dimostrate essere particolar- mente efficaci per la prevenzione dei rischi alla salute dei bam- bini, www.genitoripiu.it 447 Oltre che in Veneto, prima Regione ad avviarla in via speri- mentale, è stata estesa in Abruzzo, Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sarde- gna, Umbria e Val d’Aosta. l’allattamento al seno, l’istituzione di un comitato multi- settoriale, l’applicazione da parte di ogni servizio ospe- daliero dei «Dieci passi per allattare al seno con succes- so» dell’OMS/UNICEF, sono tra gli impegni sottoscritti anche dal nostro Paese nel 1990 con la Dichiarazione de- gli Innocenti e non ancora attuati, come già rilevato nel 3° Rapporto CRC. Particolare attenzione all’introduzione di alimenti com- plementari appropriati e nei tempi corretti, è inoltre con- tenuta nel programma «Comunità Amica dei bambini per l’allattamento materno»453, presentato ufficialmente a Milano l’8 ottobre 2007, che prevede tra l’altro di «pro- muovere l’allattamento al seno esclusivo fino ai 6 mesi compiuti, l’introduzione di adeguati alimenti complemen- tari oltre i 6 mesi e l’allattamento materno prolungato». A livello regionale, si segnala la continuità delle attività svolte quali la creazione di un gruppo di lavoro interre- gionale degli assessorati competenti in materia e la sigla di Protocolli d’intesa di alcune Regioni per la promozione dell’allattamento al seno nel proprio territorio454, oltre al- l’attivazione di un Tavolo interregionale sulle tematiche materno-infantili455. Per quanto concerne l’iniziativa in- ternazionale «Ospedali amici dei bambini», i punti nasci- ta che hanno ricevuto la certificazione OMS/UNICEF di «Ospedali Amici dei Bambini» sono diventati 16, e sta au- mentando, come già rilevato, l’attenzione posta a questa certificazione a livello nazionale così come regionale. In- teresse che inizia a manifestarsi anche per una prima sperimentazione del programma «Comunità Amica dei bambini per l’allattamento materno»456. Da segnalare ri- spetto alla Regione Toscana la partecipazione al progetto europeo per la sperimentazione del Blueprint, progetto che si conclude a fine aprile 2008 e che ha portato alla nomina di nuovi ospedali “Amici dei Bambini”, e un moni- toraggio del rispetto del Codice in Toscana. ii. I diritti di bambini e adolescenti ad un’alimentazione sana ed i rischi dell’alimentazione industriale Nel 2008, nell’ambito del programma «Guadagnare salu- te, rendere facili le scelte salutari»457 il Ministero della Salute ha dimostrato il suo impegno nella promozione di un’alimentazione sana con diverse iniziative. Sono stati si- glati Protocolli di intesa per favorire l’attività fisica anche a scuola, per contrastare l’obesità infantile e i disordini ali- mentari in età evolutiva e per promuovere un’alimentazio- ne corretta ed equilibrata soprattutto di bambini e adole- scenti458. Il Ministero della Salute ha inoltre avviato, in col- laborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione, una sperimentazione per la diffusione del consumo di frutta e verdure tra i giovani, che prevede tra le prime azioni l’installazione in alcune scuole superiori di distributori au- tomatici di merende a base di frutta459. Tuttavia, si ritiene necessaria una maggiore e più diffusa 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 75 453 Promosso da UNICEF Italia, www.unicef.it 454 Protocollo di intesa tra le Regioni e UNICEF Italia in Abruzzo, Toscana, Valle D’Aosta, Veneto. 455 Nell’ambito di questo Tavolo tecnico, attivato il 26 settem- bre 2007, sono dibattute le tematiche sino ad oggi trattate dal- la Commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni, quali l’allattamento al seno, l’ ipotiroidismo e la SIDS. Cfr. www.ministerosalute.it/saluteDonna/saluteDonna.jsp 456 Promosso da UNICEF Italia. 457 Questo programma rappresenta il primo atto di coordinamento delle azioni e delle campagne di comunicazione tra tutti i livelli isti- tuzionali, il mondo della scuola, dei produttori e dei consumatori per promuovere comportamenti salutari, al fine di favorire un cam- biamento negli stili di vita della popolazione, www.ministerosalute.it/stiliVita/stiliVita.jsp 458 Il Protocollo di Intesa Ministero della Salute-Enti di promozione sportiva (Centro Sportivo italiano, Unione italiana Sport per tutti, Unione Sportiva delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) del 22 gennaio 2008, www.ministerosalute.it/imgs/C_17_normati- va_1484_allegato.pdf; il Protocollo di Intesa Ministero della Salute- Società Villa Luisa e ASL Lecce del 5 marzo 2008 www.ministerosalute.it/imgs/C_17_normativa_1605_allegato.pdf; il Protocollo di Intesa Ministero della Salute-Ministero delle Politi- che Agricole, Alimentari e Forestali, del 12 marzo 2008 www.ministerosalute.it/imgs/C_17_normativa_1586_allegato.pdf 459 Frutta Snack, progetto pilota di educazione al gusto, alla salute, al benessere promosso dal Ministero della Pubblica Istruzione - Direzione Generale per lo Studente e dal Ministero della Salute - Dipartimento Prevenzione e Comunicazione, Cen- trale Sperimentazioni e Servizi Agro-Ambientali, www.benesserestudente.it/news/leggi_area.asp?ART_ID=219 4&Pagina2=&categorie=75 Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Alle Regioni e alle Province Autonome la piena attuazione delle «Linee di indirizzo nazionali sulla protezione, la pro- mozione il sostegno dell’allattamento al seno»; 2. Al Parlamento e ai Consigli regionali, nell’ambito delle ri- spettive competenze, il completo adeguamento della legi- slazione nazionale e dei provvedimenti regionali ai requi- siti del Codice Internazionale OMS/UNICEF e successive pertinenti Risoluzioni dell’AMS, come avviato in Toscana con la Delibera Regionale n. 1095 del 04/11/2004, con par- ticolare riguardo all’attuazione del Codice nel sistema sa- nitario pubblico; 3. Al Ministero della Salute l’attuazione di un serio monito- raggio dei tassi di allattamento (secondo le definizioni OMS) già a partire dai Certificati Di Assistenza al Parto (CE- DAP), come espressamente previsto dalle Linee di indiriz- zo nazionali, e dell’attuazione di quanto previsto dal Piano Sanitario Nazionale. informazione rispetto alla potenziale dannosità di alcuni prodotti di cui bambini e adolescenti fanno largo consumo. Evidenze scientifiche hanno dimostrato460 la stretta rela- zione tra consumo di bibite analcoliche, sia zuccherate che dietetiche edulcorate, e sindrome metabolica. Il sapore dolce dei dolcificanti artificiali aumenterebbe il desiderio di zuccheri innescando un riflesso condizionato che porta al- l’assunzione di cibi zuccherini. Molte di queste bibite, inol- tre, sono ricche in fosfati, come l’acido ortofosforico, in grado di provocare una perdita renale di calcio. Se questo avviene in organismi in accrescimento, come sono bambi- ni e adolescenti, in cui deve essere raggiunto il picco massimo di densità minerale ossea, il consumo di queste bevande deve essere considerato un fattore di rischio modificabile per osteoporosi. I prodotti da forno, come merendine e biscotti, che ripor- tano tra gli ingredienti oli vegetali non meglio specificati, parzialmente idrogenati o idrogenati, margarine conten- gono grassi idrogenati, detti anche trans, di cui è stata di- mostrata la tossicità. La dose giornaliera accettabile di tali grassi è pari a zero461. Gli effetti biologici di questi composti coinvolgono prevalentemente il metabolismo degli acidi grassi essenziali omega-3462. Riducendone la sintesi, gli acidi grassi trans463 interferiscono con il cor- retto sviluppo del sistema immunitario, la vitalità neuro- nale e la neurotramissione464; inoltre, aumentano la ri- sposta insulinica ad un carico glicemico e modificano co- stituzione e numero degli adipociti. Certe modalità di preparazione degli alimenti, inoltre, sono potenzialmente tossiche, come la cottura prolungata di ve- getali e cereali, che si arricchisce di acrilamide465, sostanza altamente tossica, nonché la frittura con oli vegetali diversi dall’olio extravergine di oliva466, durante la quale si svilup- pa l’acroleina sostanza pericolosa per le mucose, l’apparato respiratorio e il fegato e altamente pro-infiam- matoria467. In Italia gli edulcoranti artificiali, i c.d. dolcifi- canti, potenzialmente cancerogeni468, sono consentiti sia a scopo farmaceutico, che in alimenti e bibite dietetiche, an- che se ne viene sconsigliato l’uso ai bambini e alle donne in gravidanza. Per risultare tossiche, queste sostanze de- vono essere utilizzate in una dose superiore a quella consi- derata ingeribile con l’assunzione del singolo prodotto469. e) Bambini e adolescenti, salute e disabilità i. Disabilità e salute Alla base delle politiche a favore di tutti i bambini e le bambine e degli adolescenti con disabilità (e della disabi- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 76 4orapportodiaggiornamento2007-2008 460 Ravi Dhingra MD, Lisa Sullivan PhD, Paul F. Jacques PhD, Thomas J. Wang MD, Caroline S. Fox MD, James B. Meigs MD, MPH, Ralph B. D’Agostino PhD, J. Michael Gaziano MD, MPH, and Ramachandran S. Vasan MD, Soft Drink Consumption and Risk of Developing Cardiometabolic Risk Factors and the Meta- bolic Syndrome in Middle-Aged Adults in the Community, 23 luglio 2007. 461 L’Institute Of Medicine (IOM) of the National Academies of Sciences, Engineering, Medicine and Research Council. Una re- cente decisione del Dipartimento della Salute della città di New York, da luglio 2008, ha stabilito la progressiva elimina- zione degli acidi grassi trans in frittura e un loro impiego limita- to nelle preparazioni proposte nei ristoranti della città. 462 Kris-Etherton PM. et al. Fish consumption, fish oil, Omega- 3-fatty acids, and cardiovascular disease 2002; 106:2747-57. 463 Thies F. et al. Association of n-3 polinsatured fatty acids stability of atherosclerotic plaques: a randomised controlled trial Lancet 2003; 361: 477-85. Kris-Etherton PM. et al. Fish consumption, fish oil, Omega-3-fatty acids, and cardiovascular disease 2002; 106:2747-57. 464 Sébédio J.L. e Christie W.W. Trans Fatty Acid in Human Nu- trition The oily press, 1998. 465 HEATOX project completed – brings new pieces to the Acry- lamide Puzzle, 2007. 466 Dalla Circolare Ministero della Salute n. 1 dell’11 gennaio 1991. I grassi trans si formano durante la frittura a partire dai grassi polinsaturi di cui sono ricchi alcuni oli di semi. L’olio di oliva è per costituito da acidi grassi monoinsaturi, in particolare l’acido ole- ico, grassi più stabili durante la cottura rispetto a quelli polinsat- uri, che tendono a formare perossidi e radicali liberi e di cui sono particolarmente ricchi gli oli di semi. 467 S.Kim, G.P Pfeifer, A. Besaratinia Lack of mutagenicity of acrolein-induced DNA adducts in mouse and human cells Cancer Res. 2007; 67(24) :11640-7; Agency for Toxic Substances and Dis- ease Registry (ATSDR) Toxicological Profile for Acrolein Public Health Service, U.S. Department of Health and Human Services, Atlanta, GA. 1990. 468 Potenzialmente cancerogeni sulle cavie, come dimostrato in diverse ricerche, Life-Span Exposure to Low Doses of Aspartame Beginning during Prenatal Life Increases Cancer Effects in Rats Environmental Health Perspectives, 2007;115(9); Prima Di- mostrazione Sperimentale degli Effetti Cancerogeni Multipotenti dell’Aspartame Somministrato nel Cibo a Ratti Sprague-Dawley, Environmental Health Perspectives 2006;114:379-385. Fondazio- ne Europea Ramazzini. 469 Eppure, ad un bambino del peso di 25 kg è sufficiente mezzo litro di bevanda analcolica light, corrispondente a tre bicchieri per raggiungere il 70% della dose massima consentita, a cui vanno aggiunti gli edulcoranti contenuti in sciroppi e antibiotici, cereali, dolciumi, caramelle, yogurt e conserve. Una sperimentazione in- glese che ha coinvolto più di 1800 bambini, ha dimostrato inequi- vocabilmente che esiste una relazione tra iperattività infantile e l’uso di additivi alimentari nei prodotti industriali. Il Gruppo CRC pertanto raccomanda: 1. Al Ministero della Salute di continuare a realizzare e so- stenere iniziative, quali Protocolli di Intesa e campagne di sensibilizzazione, volte a promuovere il diritto di bambini e adolescenti ad un’alimentazione sana poten- ziando l’informazione rispetto ai rischi collegati all’ali- mentazione industriale. lità in genere) vi è la necessità del cambio di paradigma culturale di riferimento non più riferito al modello “risar- citorio del danno” ma al “al diritto all’inclusione sociale”. Si vuole rimarcare con questo la volontà di non voler più affrontare la questione dei diritti dei bambini e adole- scenti con disabilità in termini di categoria, ma di “bambi- ni e adolescenti” in rapporto alla condizione di salute e disabilità nella logica richiamata dall’ultima definizione dell’OMS di salute e disabilità (Classificazione Interna- zionale del Funzionamento, della Disabilità e della Sa- lute, ICF470). Si ritiene che il cambiamento culturale sia importante innanzitutto per sottolineare che i diritti dei bambini e degli adolescenti con disabilità sono parte in- tegrante dei diritti umani e rinforzare il principio di “supe- riore interesse del bambino” affermato dall’art. 3 CRC. Anche i programmi per la cura, tutela e promozione del- la salute dei bambini e degli adolescenti con disabilità richiedono un cambiamento di paradigma nell’approccio generale delle politiche dei servizi di presa in carico, che deve essere complessiva e deve svilupparsi per tutto l’arco della vita. In quest’ottica è necessario che ogni in- tervento sia: personalizzato, ogni bambino e adolescente ha una sua storia, ogni famiglia ha caratteristiche diver- se, i contesti sociali sono diversi, ogni percorso assisten- ziale in ambito sanitario o socio-sanitario deve essere modulato sul bambino/adolescente e sul suo percorso di vita; multidiscipliare, multispecialistico e multisettoriale l’intervento sanitario deve essere legato all’inclusione scolastica, ad attività extrascolastiche ad esempio del tempo libero, dello sport, e deve essere fortemente radi- cato sul territorio; integrato, la parola chiave è “rete” ed è quindi essenziale il raccordo ed il coordinamento tra i vari settori sanitari coinvolti così come l’integrazione tra gli interventi sanitari e quelli scolastici, educativi e socia- li, tra servizi pubblici e privati, le famiglie e le loro asso- ciazioni; partecipato tra gli operatori sanitari, i familiari e, quando possibile, con i bambini, le bambine, i ragazzi e le ragazze, per la definizione delle priorità e degli obiettivi assistenziali significativi nel tempo. È necessario poi supportare da subito le famiglie in un percorso di informazione e formazione sulle tutele e sul- l’accesso ai servizi. Nell’ottica di promuovere un concetto più generale di salute del bambino e dell’adolescente con disabilità va inoltre sottolineato che occorre uscire dalla logica della riabilitazione in senso stretto e proporre in- terventi centrati sull’abilitazione del bambino e dell’ado- lescente con interventi educativi mirati non più e non so- lo al ripristino delle funzioni, ma anche allo sviluppo di abilità sociali e di autonomia. È fondamentale orientare lo sforzo di tutti nella direzione inclusiva delle politiche a favore dei bambini e degli adolescenti indipendentemente dai loro bisogni indivi- duali. Visto che la disabilità è la risultante del rapporto tra ambiente e condizione di salute471 non è più ripropo- nibile il “modello del deficit” e del relativo impianto “ri- sarcitorio” che contribuisce a mettere in evidenza i limiti di un bambino e non le capacità. A questo proposito si ri- corda anche quanto espresso dal Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza472: «la barriera non è la disabilità stessa, ma una combinazione di barriere socia- li, culturali, fisiche che i bambini e gli adolescenti con di- sabilità incontrano nella loro vita quotidiana. La strategia per promuovere i loro diritti è adottare le azioni necessa- rie per rimuovere queste barriere». Quindi, per perseguire realmente i diritti di eguaglianza, non discriminazione e pari opportunità in età evolutiva, è necessario che le poli- tiche si interroghino sulla possibilità di orientare i modelli di interventi, dall’accertamento in poi, da quello stretta- mente medico a quello di tipo bio-psicosociale in cui la centralità è il bambino nel suo insieme in rapporto all’am- biente e non la patologia. Alla luce di queste considera- zioni, si evidenzia la necessità di aggiornare/migliorare le norme ad iniziare dalla Legge 104/1992 in relazione alla definizione OMS di salute e disabilità e ai relativi stru- menti (ICF) e alla luce di quanto espresso nella nuova Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, di abbandonare la superata definizione di disabilità pro- posta dall’OMS nel 1980 (con la Classificazione delle Me- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 77 470 L’OMS con l’International Classification of Functioning, Dis- ability and Health (ICF) (www.who.int/classifications/icf/site/icftemplate.cfm) pro- pone un modello universale di salute e disabilità, con ricadute di grande portata sulla pratica medica e sulle politiche sociali e sanitarie internazionali. Molto spesso si ritiene erroneamente che l’ICF riguardi soltanto le persone con disabilità, ma in re- altà esso riguarda tutti gli individui: qualunque persona, in qualunque momento della vita, può avere una condizione di salute che in un ambiente sfavorevole diventa disabilità. Tutti gli stati di salute e quelli a essa correlati, possono trovare una loro descrizione nell’ICF. Si evidenzia che è stata nel frattempo pubblicata una versione della Check-list dell’ICF tarata per i bambini (inclusi quelli della fascia 0-5 anni) e gli adolescenti denominata, per l’appunto, International Classification of func- tioning, Disability and Health for Children and Youth (ICF – CY). Tale Classificazione (ICF-CY) è una versione derivata della Clas- sificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF, OMS, 2001) designata per la registrazione delle caratteristiche del bambino in crescita e della influenza del contesto ambientale che lo circonda. 471 Definizione di salute e disabilità, OMS 2001. 472 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Commento Generale n. 9 I diritti dei bambini e degli adolescen- ti con disabilità, 2006. nomazioni, delle Disabilità e degli Handicap) a favore del- la Classificazione del Funzionamento della Disabilità e del- la Salute (ICF/ICF-CY). Si ritiene di dover riproporre tra le priorità di questo para- grafo le questioni relative alla raccolta dati e registrazione dei bambini fino a 5 anni d’età, la diagnosi, presa in carico precoce e accesso ai servizi e il supporto alle famiglie vi- sto che nulla è mutato rispetto al quadro complessivo e alle raccomandazioni riportate nel 3° Rapporto CRC. Per quanto concerne le stime dei bambini con disabilità il modello di classificazione della disabilità introdotto con l’ICF e la recente Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità473 sottolineano la necessità di creare nuovi modelli statistici sulla disabilità474. L’ICF-CY permette una raccolta di dati più appropriata e corretta, consente una va- lutazione dell’appropriatezza e dell’efficacia dei servizi, apre nuovi campi alla ricerca sia clinica che bio-psicosocia- le. La disponibilità di informazioni statistiche rappresenta un presupposto fondamentale per la corretta attuazione delle norme, per lo sviluppo di politiche basate sul rispetto dei diritti umani e per l’assegnazione di risorse adeguate. A fronte di questo però, in Italia, la raccolta di dati e di stati- stiche sulla condizione delle persone con disabilità, nello specifico, dei bambini e degli adolescenti, è ancora insoddi- sfacente. In particolare, nel nostro Paese emerge il gravoso problema della mancanza di una stima attendibile sul nu- mero di bambini e bambine in età 0-5 le cui patologie si connotano, a fronte degli accertamenti in itinere, in disabi- lità. Sollecitato da più parti e in più occasioni ad oggi non si osservano iniziative volte a colmare questa grave lacuna, confermata anche dal Ministero della Salute nella comuni- cazione inviata al Gruppo CRC475, in cui peraltro si aggiunge che per quanto riguarda il numero di registrazioni di disabi- lità alla nascita effettuate nel 2007, dal Piano Sanitario Na- zionale 2006-2008 risulta che la prematurità e le malforma- zioni congenite incidono per il 30% sulla mortalità infantile. Si sottolinea inoltre, come riportato nel 3° Rapporto CRC, la mancanza di dati certi sui bambini e adolescenti stranieri con disabilità e informazioni sulle possibilità di accesso delle famiglie alla rete dei servizi e alle strutture di supporto esistenti sul territorio. Si sottolinea quindi l’urgenza di ela- borare ricerche innovative in ambito statistico in vista dello sviluppo di sistemi di monitoraggio nazionali e internazion- ali previsti dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità ex art. 33 «Applicazione a livello nazionale e monitoraggio» ed ex art. 34 «Comitato sui diritti delle per- sone con disabilità», che rappresentano un elemento stra- tegico della nuova Convenzione, insieme al Protocollo Op- zionale. È necessario, altresì, sottolineare l’importanza di una collaborazione stretta tra i ricercatori, le famiglie e i bambini e gli adolescenti, dove possibile, per poter indiriz- zare la ricerca verso le priorità più rilevanti. Un approccio basato sui diritti, associa alla realizzazione di ciascun diritto del bambino e dell’adolescente con di- sabilità una responsabilità comune differenziata476 a cari- co dei molteplici soggetti, istituzionali e non istituzionali, che obbliga a lavorare in rete, in modo integrato477. I bambini affetti da gravi patologie che si andranno conno- tare come disabilità (e non come malattie per definizione “reversibili”) necessitano di cure e di tutele a carattere complessivo da svilupparsi particolarmente nell’arco di tutta l’età evolutiva e successivamente per tutta la vita. L’accesso ai servizi di diagnosi e cura se avviene tardiva- mente, secondo le indicazioni ormai consolidate dalla let- teratura internazionale, può determinare il mancato mi- glioramento del quadro clinico-funzionale favorito dalla plasticità tipica della struttura cerebrale della prima in- fanzia. L’accesso alla diagnosi precoce e certa e ai pro- grammi tempestivi di abilitazione possono cambiare la storia del bambino e della sua famiglia. È necessario, al- tresì, stabilire dei legami tra i servizi d’intervento preco- ce, con gli istituti pre-scolastici e scolastici per facilitare la transizione del bambino478. Va inoltre sottolineato che queste prestazioni dovrebbero essere efficienti e sempli- ci, evitando lunghe attese e burocrazie479. In Italia, si rile- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 78 4orapportodiaggiornamento2007-2008 473 Il 13 dicembre 2006 durante la sessantunesima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione A/RES/61/106 è stata adottata la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. La Convenzione è il primo trattato sui diritti umani del Terzo Millennio, il primo a fare esplicito riferi- mento ai bambini e agli adolescenti dopo la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia. La Convenzione e il suo Protocollo Opzio- nale sono stati aperti alla firma il 30 marzo 2007. 474 Si veda nello specifico art. 31 «Statistiche e raccolta dati». 475 «Per quanto riguarda il numero di minori con disabilità ac- certata nella fascia di età 0-5, il Ministero non è in possesso di statistiche su base nazionale». Comunicazione del Ministero della Salute inviata al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presente Rapporto. 476 Il concetto è di Antonio Papisca. 477 Carazzone C. Il bambino disabile come persona soggetto di diritti: cambiare prospettiva in AA.VV. Nascere bene per crescere meglio. Esperienze e percorsi della disabilità Fondazione Paideia, Cepim Torino, 2006, pag. 30. 478 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Com- mento Generale n. 9 I diritti dei bambini e degli adolescenti con disabilità punto 56 «Diagnosi Precoce», 2006. 479 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Com- mento Generale n. 9 I diritti dei bambini e degli adolescenti con disabilità punto 57 «Diagnosi Precoce», 2006. va la mancanza di un modello d’intervento valido su tutto il territorio e ancora più grave il ritardo dei servizi di presa in carico precoce, che rimangono, come rilevato nel 3° Rap- porto CRC, tardivi e frammentati, con conseguenze dirette sull’elaborazione di politiche sanitarie e socio-sanitarie effi- caci. L’organizzazione dei servizi risulta ancora carente e in troppe realtà ancora lasciato all’improvvisazione o all’impe- gno oneroso dei genitori. Si sottolinea, quindi, la necessità che siano garantiti i raccordi ed il coordinamento tra i vari settori sanitari coinvolti e gli interventi scolastici e sociali, nonché la distribuzione uniforme a livello territoriale degli interventi di base per poter rispondere ai bisogni di tutti i bambini secondo il principio di pari opportunità. I genitori hanno diritto ad essere informati e formati sullo stato di salute del proprio figlio/a al fine di poter partecipa- re attivamente ed in modo sereno e consapevole a tutte le decisioni che riguardano il proprio figlio/a e promuovere le adeguate tutele giuridiche. Dal momento e dal modo in cui viene comunicata la diagnosi dipende spesso la reazione dei familiari e la loro capacità di adoperarsi da subito come risorsa. L’adeguatezza delle modalità informativa, messa in atto da professionisti ed operatori socio-sanitari diretta- mente coinvolti nell’assistenza del bambino e della famiglia, fornisce sostanza al raggiungimento dell’obiettivo “formati- vo” che è il fine ultimo del processo, senza il quale non è possibile ipotizzare la costruzione di reti tra medici, bambini e adolescenti e loro familiari. Alla luce delle considerazioni svolte, è auspicabile che siano organizzati specifici percorsi di informazione-formazione, nonché che sia offerta, a livello locale, l’opportunità per i genitori di accedere a gruppi di auto-aiuto e ad occasioni di incontro volti ad aumentare le risorse e le competenze personali (empowerment). Il bambino e la famiglia hanno diritto a un’assistenza di buona qualità che si realizza attraverso: un’efficiente orga- nizzazione generale che deve prevedere in un dipartimento di pediatria, un centro/sportello480 a cui la famiglia possa ri- volgersi; efficaci linee guida realizzate il più possibile a livel- lo locale; Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), proposti da specialisti sulla base di Linee guida condivise e mediati con gli amministratori socio-sanitari; un Piano Assistenziale In- dividualizzato (PAI)481 efficace ed efficiente, costruito per quel bambino e per quella famiglia482. Elementi essenziali per la buona assistenza sono altresì: un’indispensabile fi- gura di riferimento presso il territorio in cui vive il bambino che assicuri l’integrazione e il coordinamento dei vari servi- zi e delle varie figure professionali coinvolte,483 e la parteci- pazione attiva delle associazione di famiglie che svolgono un ruolo preziosissimo. I servizi territoriali hanno inoltre la responsabilità di “educare l’ambiente” all’accoglienza del bambino e di supportare la sua qualità di vita e quella sua famiglia, nonché di garantire che le attività siano organizza- te secondo i tempi e modi idonei a ottenere la collaborazio- ne dei bambini e degli adolescenti. Risulta quindi necessa- rio, alla luce delle considerazioni svolte, rendere visibili e accessibili i servizi di presa in carico e garantire un suppor- to adeguato alle famiglie con interventi che tengano sem- pre conto delle specifiche caratteristiche della famiglia, alla luce del doppio ruolo “i genitori” e di “veri e propri esperti” quando si tende al miglioramento della qualità di vita del proprio figlio/a. 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 79 480 Con competenze almeno di psicologia, assistenza sociale e lo- gistica. 481 Ogni PAI dovrebbe prevedere: soluzioni pratiche per affronta- re le problematicità della vita quotidiana, un curriculum scolasti- co appropriato, un tempo di gioco, sport, attività del tempo libero con i coetanei, il potenziamento delle abilità del bambino e dell’a- dolescente e della sua autonomia personale e l’identificazione delle capacità lavorative ed avviamento al lavoro. 482 Senza dimenticare che un bambino con disabilità è prima di tutto un bambino a cui vanno assicurate gli stessi interventi di medicina preventiva e attenzioni di tutti gli altri bambini (all’allat- tamento materno, vaccinazioni, prevenzione degli incidenti do- mestici, etc.). 483 Il pediatra, il neuropsichiatra infantile, gli operatori della ria- bilitazione, gli psicologi che seguono la famiglia e il bambi- no/adolescente, gli assistenti sociale e i pedagogisti, etc. Alla luce di tali considerazioni il Gruppo CRC racco- manda: 1. Al Governo, alle Regioni, agli Enti Locali e all’ISTAT, nel- l’ambito delle rispettive competenze nella programmazio- ne degli interventi di adottare metodologie e strumenti efficaci e condivisi per acquisire precise e aggiornate informazioni sulle diverse tipologie di disabilità ed anche sulle variabili socio-demografiche a queste associate; 2. Al Ministero della Salute di attuare nuove politiche in campo sanitario e sociale che garantiscano il diritto alla diagnosi certa e precoce nell’ambito del processo di pre- sa in carico globale e continuativa che si sviluppi per tut- to l’arco della vita, ad esempio, inserendo la «certezza diagnosi precoce» tra i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA); 3. Alle Regioni di dotarsi di un punto di riferimento per i ser- vizi e le famiglie, ad esempio tramite apposito sito inter- net o numero verde interattivo. ii. Malattie genetiche e disabilità complessa Le malattie genetiche e le disabilità ad alta complessità assistenziale o più brevemente “complesse” in età evolu- tiva rappresentano un’area clinica variegata, caratterizzata dalla presenza di problemi di salute e/o deficit funzionali multipli che richiedono un’assistenza multi-specialistica e multidisciplinare fortemente integrata tra strutture ospeda- liere o universitarie di riferimento e strutture specialistiche sanitarie e sociali territoriali. Buona parte delle patologie che determinano una disabilità complessa sono su base genetica e/o sono malattie rare e possono presentare, stabilmente o a seconda delle fasi evolutive, la preminenza di problematiche pediatriche, neu- ropsichiatriche infantili o riabilitative. Nella maggior parte dei casi, si tratta di patologie ad elevato impatto sanitario e sociale sia nell’immediato che per il futuro, con una quota significativa di utenti ad elevata dipendenza. Gli esempi più significativi e più noti di malattie genetiche e/o disabilità “complesse” sono: sindrome di Down, sin- drome di Prader-Willi, sindrome di Williams, acondroplasia e simili displasie scheletriche, neurofibromatosi, paralisi cerebrali infantili, malattie metaboliche, numerosissime sindromi associate a deficit multipli dello sviluppo con dia- gnosi geneticamente ben definita o no. Quasi tutte queste condizioni fanno parte del più ampio capitolo delle malat- tie rare. In Italia i bambini e i ragazzi di 0-17 anni che presentano oggi una malattia genetica e/o disabilità complessa sono circa 50.000484. Emerge dunque la necessità da un lato di individuare centri per gli screening neonatali, la diagnosi, la cura e la gestio- ne delle patologie di base e di quelle intercorrenti, e dall’al- tro di garantire su tutto il territorio nazionale un’appropria- ta assistenza basata sul coordinamento e l’integrazione tra servizi e professionalità distinte. Si evidenzia poi che ogni anno nascono in Italia circa 400 neonati con difetti del tubo neurale una malformazione al- tamente invalidante485. La regolare supplementazione di acido folico iniziata prima del concepimento riduce il ri- schio di difetti del tubo neurale del 50-70%. Tale supple- mentazione potrebbe anche ridurre il rischio di altri difetti congeniti nel loro insieme (riduzione stimabile intorno al 10-20%) tra cui alcuni relativamente comuni come le car- diopatie congenite e labio-palatoschisi. Per ottenere questi benefici, oltre ad una alimentazione corretta ed equilibrata ricca in frutta, verdura è necessaria una supplementazione giornaliera iniziata almeno un mese prima del concepimen- to di almeno 0,4 mg e proseguita per tutto il primo trime- stre di gravidanza. Da alcuni anni si è attivato il Network Italiano Promozione Acido Folico per la Prevenzione Prima- ria dei Difetti Congeniti, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità. Il Network ha stilato raccomandazioni e attivato studi locali volti alla presentazione auspicando l’inizio di un Programma Strategico Nazionale486. L’incidenza dell’autismo è in crescita, ed in Italia sono auti- stici fra i 6 e i 10 bambini su 10mila. Un problema che se considerato all’interno dei disturbi psichiatrici in età evolu- tiva, indica che il 3% dei soggetti fra i 3 e i 18 anni che sof- frono di problemi mentali, è affetto da autismo. Come per la gran parte dei disturbi mentali, l’autismo infantile ha una eziopatogenesi complessa e multifattoriale in cui s’intersecano, in modo ancora non del tutto chiaro, fattori d’ordine biologico (genetici, biochimici, neuroendocrini, etc.), psicologico e ambientale487. Si tratta di un fenomeno che incide in maniera significativa anche sui costi di assi- stenza. Per questo motivo è importante che il Ministero del- la Salute e le Amministrazioni Regionali, per quanto di loro competenza, attivino iniziative, come ad esempio la costi- tuzione di un «Forum Nazionale Autismo», che monitorino e diano risposte alla diffusione dell’autismo e delle cause, ai problemi relativi alla presa in carico, all’assetto dei servi- zi, all’efficacia dei trattamenti, alla formazione degli opera- tori, alla necessità di ricerca. Come riportato in dettaglio nel 3° Rapporto CRC488, tra le iniziative che potrebbero essere attivate il registro rappresenta uno strumento unico a livel- lo internazionale per impostare e garantire ai bambini, ed alle loro famiglie, un percorso diagnostico e terapeutico ba- sato sulle attuali evidenze scientifiche che prevedono un approccio multimodale e non esclusivamente farmacologi- co. Si segnala positivamente che per la prima volta a livello nazionale è stato istituito, su indicazione del Ministero del- la Salute, il Tavolo di lavoro sulle problematiche dell’auti- smo489 composto dalle associazioni maggiormente rappre- sentative nel territorio, da esperti, tecnici, dalle Regioni, dell’Istituto Superiore di Sanità, delle società scientifiche e delle associazioni professionali della riabilitazione. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 80 4orapportodiaggiornamento2007-2008 484 Si veda www.aidel22.it/docs/opuscolo.pdf 485 Istituto Superiore di Sanità www.iss.it/cnnr/acid/index.php 486 Secondo la comunicazione inviata dal Ministero della Salute al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presente Rapporto «non risulta essere stato approntato un Piano Nazionale Strategi- co per il diritto alla salute in età evolutiva, né risultano iniziative ministeriali in tal senso». 487 I dati citati sono tratti da Eurispes, Telefono Azzurro Genetica dei Disturbi Mentali in Età Evolutiva in 7° Rapporto sulla Con- dizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza 2006, scheda 20, pag. 38. 488 3° Rapporto CRC 2007, pag. 50. 489 Ministero della Salute Tavolo Nazionale di lavoro sull’autismo relazione finale 2008. f) Accesso ai servizi sanitari per minori stranieri Come già sottolineato nel 3° Rapporto CRC490 l’esperienza migratoria può essere un fattore di rischio per la salute del minore quando non è supportata con politiche di sostegno, inclusione e inserimento degli adulti e della famiglia. Si ri- badisce pertanto la necessità di rafforzare il coordinamento tra i vari Ministeri che si occupano d’immigrazione e di svi- luppare una politica concertativa fra i diversi livelli territo- riali491 e tra tutti gli attori realmente impegnati in questo ambito. Sulla base di quanto stabilito nella proposta di «Documento programmatico relativo alla politica dell’immi- grazione e degli stranieri nel territorio dello Stato 2007- 2009»492 si ritiene che andrebbe meglio valorizzato e soste- nuto dalle politiche nazionali sia il ruolo decisivo che l’ordinamento affida alle Regioni per le politiche d’integrazione, sia l’ammontare delle risorse operative per la promozione dei sistemi di osservazione territoriale, della programmazione e della progettazione delle politiche locali, della collaborazione interistituzionale, della concertazione sociale, della partecipazione democratica e della sussidia- rietà sociale. Innanzitutto si rileva che non tutti i minori stranieri presenti sul territorio italiano hanno lo stesso livello di conoscenza dei servizi socio-sanitari ed anche l’utilizzo che ne fanno è diversificato. Ciò dipende sia da variabili culturali, relazio- nali, fattori sociali-demografici ed economici (ad esempio, età, sesso, scolarizzazione, inserimento lavorativo), sia dal- l’incapacità del sistema socio-sanitario di considerare la complessità sociale della salute dei minori stranieri. La promozione attiva dei servizi sanitari all’interno delle comunità di migranti risulta quindi essenziale, in particola- re, rispetto all’accesso ai servizi rivolti agli stranieri senza permesso di soggiorno493. Al fine di promuovere e facilitare l’accesso ai servizi di assistenza sanitaria, con particolare ri- ferimento a quelli rivolti ai migranti irregolari, sarebbe op- portuno prevedere il coinvolgimento dei servizi sociali del territorio494. Le attività di informazione e promozione della salute sul territorio dovrebbero inoltre essere accompagna- te da servizi di mediazione culturale all’interno degli ambu- latori dedicati, con l’obiettivo di diminuire la distanza fra servizi sanitari e popolazione migrante e cercare di tener in considerazione i fattori socio-economici e culturali che pos- sono influire sul percorso di cura dei pazienti stranieri. A causa della mancanza di “offerta attiva” da parte dei servi- zi, mirata proprio ai gruppi più a rischio, quali i minori stra- nieri, le famiglie di origine straniera, anche a parità di condi- zioni economiche e sociali con le famiglie italiane, spesso subiscono trattamenti discriminatori sul piano dell’assi- stenza e della possibilità di usufruire dei servizi. Un’altra questione rilevante è l’ampl iament o dell’offerta dei servizi pubblici sanitari. Ci sono infatti ancora vaste aree di bisogni non soddisfatti, in particolare in ambito di salute materno-infantile495, rispetto all’interruzione volon- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 81 490 3° Rapporto CRC 2007, pagg. 59-61. 491 Un ruolo importante è quello svolto dalle Regioni che con la riforma del Titolo V della Costituzione hanno competenza sulle politiche sociali e l’attività sanitaria. 492 Documento programmatico relativo alla politica d’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato per gli anni 2007-2009, a norma dell’art. 3 comma 1 T.U. 286/1998 co- sì come modificato dalla Legge 189/2002. 493 La diffusione corretta di informazioni circa il diritto alla salute è infatti prioritaria rispetto ad una popolazione che, a causa della pro- pria condizione giuridica, spesso teme il confronto con le istituzioni e versa, in molti casi, in condizioni di esclusione e vulnerabilità. 494 Ad esempio il decreto 4 luglio 2003 della Regione Sicilia prevede la predisposizione di «servizi di accoglienza attiva» per i cittadini extra-comunitari. Tale indicazione può essere promossa anche a livello delle altre Regioni per facilitare l’integrazione tra i diversi ambiti (sanitario e sociale) a garanzia dell’accesso alle cure mediche per la popolazione immigrata. 495 Si ricorda come la salute materno-infantile rappresenti una componente fondamentale della salute pubblica delle popolazioni umane. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito uno specifico progetto su questa tematica e all’interno del Ninth General Programme of Work per il periodo 1996-2000 ha indicato dieci obiettivi da raggiungere, di cui 7 sono strettamente connessi alla salute riproduttiva. Il 24 aprile 2000 è stato approvato in Italia il Progetto Obiettivo Materno Infantile come previsto dal Piano Sa- nitario Nazionale per il triennio 1998-2000. Per un approfondimen- to delle tematiche inerenti la salute delle donne e la salute mater- no-infantile si può consultare il sito del Ministero della Salute che dedica ampio spazio al tema della Salute delle donne al seguente link www.ministerosalute.it/saluteDonna/saluteDonna.jsp Il Gruppo CRC raccomanda pertanto: 1. Al Ministero della Salute al Ministero della Solidarietà Sociale e alle Regioni, nell’ambito delle rispettive com- petenze, di promuovere interventi assistenziali multidi- sciplinari, precoci e appropriati per i bambini e adole- scenti con disabilità e/o malattie genetiche complesse; 2. Al Ministero della Salute di intraprendere una campa- gna di sensibilizzazione nazionale, sistematica e conti- nua nel tempo, per la prevenzione dei difetti congeniti. 40. Il Comitato raccomanda che l’Italia adotti misure efficaci per facilitare a tutti i bambini l’accesso ai ser- vizi sanitari e per incoraggiare i genitori a rivolgersi ai servizi sanitari a disposizione dei bambini. (CRC/C/15/Add.198, punto 40) taria di gravidanza (IVG), al percorso nascita, alla contracce- zione, all’allattamento al seno, nonché alla mortalità peri- natale e infantile496. Per quanto riguarda poi la qual ità dell’offerta di tali servi- zi, si pone fortemente la necessità di intervenire al fine di semplificare le procedure burocratiche che ne rendono spesso difficile l’accesso. In tal senso è apprezzabile il dise- gno di legge «Interventi per la qualità e la sicurezza del Ser- vizio sanitario nazionale. Deleghe al Governo in materia di assistenza primaria e di emergenza sanitaria territoriale, riorganizzazione degli enti vigilati, farmacie, riordino della normativa di settore» proposto dal Ministro della Salute e approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 novembre 2007497. Inoltre si esprime apprezzamento per l’istituzione e l’operato della Commissione ministeriale «Salute della Po- polazione Immigrata»498, con ruolo consultivo per il Mini- stro della Salute. Tale Commissione ha infatti affermato che il benessere psico-fisico del minore e dell’adolescente, non- ché la tutela della salute della persona straniera a prescin- dere dalla sua condizione giuridica, sono tra i principi ai quali dovrebbe ispirarsi ogni intervento in tema di salute degli stranieri. Al suo interno è stato istituito un apposito gruppo di lavoro, dedicato alla Salute delle donne e dei mi- nori che ha individuato tra le aree di criticità la salute ses- suale e riproduttiva, il percorso nascita, l’interruzione vo- lontaria di gravidanza, la salute nelle situazioni di maggiore vulnerabilità (ad esempio, la salute dei minori), nonché sta- bilito delle linee di intervento, quali la modifica della norma- tiva dell’immigrazione in generale e in particolare riferita al- l’ambito sanitario, l’informazione, il potenziamento e la rior- ganizzazione dei servizi. A livello operativo, nazionale, regionale e locale, per la tute- la del diritto alla salute dei minori si riaffermano le priorità già evidenziate nel 3° Rapporto CRC: formazione del perso- nale, valutazione dei bisogni socio-assistenziali dei minori stranieri e delle loro famiglie, lettura della domanda di assi- stenza, organizzazione dei servizi, flessibilità dell’offerta, la- voro multidisciplinare, lavoro di rete499. Si ritiene poi opportuno segnalare che il diritto alla salute, benché principio costituzionalmente garantito per tutti, fati- ca ad affermarsi in particolare nei confronti dei minori neo- comunitari, dei figli di migranti irregolari, nonché dei minori stranieri non accompagnati. Per quanto riguarda l’accesso ai sevizi sanitari da parte dei minori neo-comunitari, si evidenzia che, a causa delle trop- pe contraddizioni e lacune contenute nella Circolare del 3 agosto 2007500, il 19 febbraio 2008, il Ministero della Salute ha emanato un’altra Circolare501 in cui ha precisato che an- che i cittadini comunitari non assicurati hanno diritto alle «prestazioni indifferibili ed urgenti», tra cui le prestazioni sanitarie relative alla tutela della salute dei minori, alla tu- tela della maternità, all’interruzione volontaria di gravidan- za. Inoltre, devono essere attivate, nei confronti di queste persone, anche per motivi di sanità pubblica nazionale, le campagne di vaccinazione, gli interventi di profilassi inter- nazionale e la profilassi, diagnosi e cura delle malattie infet- tive, ai sensi della vigente normativa nazionale502. Tuttavia persistono perplessità e preoccupazione, giacché questo provvedimento arriva, ancora una volta503, con almeno un anno e mezzo di ritardo rispetto alla segnalazione della pro- blematica ed alla previsione dei suoi potenziali effetti ed a oltre 6 mesi di distanza dalla prima Circolare Ministeriale. Si sottolinea, unendosi alle osservazioni già fatte da esperti504, che nella Circolare non si cita, ad esempio, la possibilità d’iscrizione volontaria al Sistema Sanitario Na- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 82 4orapportodiaggiornamento2007-2008 496 A questo riguardo si fa riferimento agli Obiettivi di Salute del Servizio Sanitario Nazionale, come declinati nel capitolo 5 del Piano Sanitario Nazionale per il triennio 2006-2008. Il documento è reperibile sul sito del Ministero della Salute, www.ministerosalute.it/dettaglio/phPrimoPiano.jsp?id=316 497 Con questo disegno di legge, tra l’altro, s’istituisce un sistema di valutazione delle cure a livello regionale, che prevede anche una maggiore partecipazione dei cittadini nei meccanismi di valu- tazione dei servizi loro prestati, www.ministerosalute.it/imgs/C_17_primopianoNuovo_3_docum enti_itemDocumenti_0_fileDocumento.pdf 498 La Commissione, insediatasi il 12 dicembre 2006, ha lavorato sia in plenaria sia in gruppi tematici Cfr. www.ministerosalute.it/saluteDonna/paginaInternaMenuSa- luteDonna.jsp?id=754&menu=azioni. 499 Documento finale del Gruppo Salute e Immigrazione dell’Or- ganismo Nazionale di Coordinamento per le politiche di integra- zione sociale degli Stranieri – CNEL, in Agenzia Sanitaria Italiana (ASI), n. 13, 29 marzo 2001: 30-46 www.portalecnel.it/portale/documenti.nsf/0/C1256BB30040CD D7C125730600567AC6/$FILE/Immigrazione%20e%20accesso% 20ai%20servizi%20sanitari%20nazionali.pdf; Bruni A., Fasol R., Gherardi S. Accesso ai servizi sanitari traiettorie, differenze, disu- guaglianze Carocci Faber 2007. 500 I documenti sono consultabili sul sito www.ministerosalute.it/assistenzaSanitaria/paginaInternaMenu AssistenzaSanitaria.jsp?id=903&menu=stranieri 501 Precisazioni sull’assistenza sanitaria ai cittadini comunitari e applicazione della comunicazione del Ministero della Salute del 19 febbraio 2008. Documento consultabile sul sito www.regione.lazio.it/web2/ contents/sanita/argomento.php?vms=24. 502 Ministero della Salute, nota Prot. DG RUERI/II/3152/P/I.3.b/1 del 19 febbraio 2008, disponibile sul sito www.ministerosalute.it/ imgs/C_17_normativa_1554_allegato.pdf 503 Era già accaduto con la Circolare del Ministero dell’Interno sul- la proroga del codice STP (Straniero Temporaneamente Presen- te) per il 2007 a favore di quei neocomunitari che già ne erano in possesso prima dell’ingresso nell’UE della Romania e della Bulgaria. 504 Medici Senza Frontiere, Save the Children Italia, Società Ita- liana Medicina delle Migrazioni. zionale (SSN), al posto della copertura assicurativa, per coloro che hanno diritto a chiedere l’iscrizione anagrafica per motivi di studio o dichiarando il possesso di adegua- te risorse economiche, rispetto ai cittadini comunitari che non sono nelle condizioni per richiedere l’iscrizione al SSN, ma si trovano comunque stabilmente sul territorio (per periodi superiori a tre mesi). La Circolare stabilisce unicamente l’accesso alle prestazioni «urgenti e indifferi- bili» e non invece alle prestazioni «urgenti, essenziali, an- corché continuative» già garantite in favore degli stranieri privi di permesso di soggiorno. Tale previsione rappresen- ta una chiara violazione di quanto previsto dall’art. 1 T.U. 286/1998 (estensione ai cittadini comunitari delle norme più favorevoli applicabili ai cittadini extracomunitari). Infi- ne non si indica in che modo (amministrativamente) gesti- re «una contabilità separata, da cui risulti l’identità del cit- tadino comunitario e le prestazioni ricevute» con il rischio che ogni realtà territoriale si organizzi in modo estrema- mente difforme o non si organizzi per niente. La Regione Marche e la Regione Piemonte505 a gennaio 2008 e la Regione Lazio506 a marzo 2008 hanno disposto misure necessarie ad incentivare, da un lato, percorsi di “regolarizzazione” del soggiorno di lungo periodo dei cit- tadini comunitari e quindi l’iscrizione al SSN e, dall’altro, l’erogazione delle cure urgenti, essenziali e continuative ai pazienti che non risultano in grado di soddisfare tali condizioni. L’intervento di queste Regioni risponde a quanto previsto dalla Circolare del 19 febbraio 2008 che specifica che le competenze in materia sanitaria sono di spettanza regionale. Si auspica pertanto che tutte le Re- gioni possano recepire in modo chiaro le indicazioni for- nite dal Ministero della Salute507. Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria ai minori figli di migranti irregolari e ai minori non accompagnati a queste criticità vanno aggiunti dei problemi specifici. Rispetto ai minori figli di migranti irregolari, infatti, va ri- cordato che rimane attualmente precluso l’accesso sia al pediatra di libera scelta, sia al pediatra di consultorio, le cui mansioni non sempre prevedono l’erogazione dell’as- sistenza sanitaria di base ai minori STP (Straniero Tempo- raneamente Presente). Tale problema potrebbe essere ri- solto o stabilendo il diritto all’iscrizione al SSN, o quanto- meno l’iscrizione al pediatra di libera scelta/medico di medicina generale, per tutti i minori presenti sul territorio (come proposto negli anni da diverse associazioni e enti di tutela) o “ampliando” le mansioni dei pediatri di con- sultorio cui i minori possono essere inviati dall’ambulato- rio STP. Queste ipotesi presentano evidentemente varie difficoltà sul piano burocratico organizzativo, ma è asso- lutamente prioritario individuare una soluzione che ga- rantisca pienamente il diritto alla salute dei minori e pa- rità di condizioni rispetto ai minori italiani. Per quanto concerne invece i minori stranieri non accom- pagnati residenti presso strutture di accoglienza del terri- torio, questi accedono spesso all’assistenza sanitaria con le forme previste per gli stranieri irregolari in quanto le ASL rifiutano l’iscrizione al SSN in mancanza del permes- so di soggiorno per minore età. Tale prassi appare illegit- tima in quanto è opportuno garantire l’iscrizione fin dal collocamento presso il centro di accoglienza, anche pre- cedentemente all’apertura della tutela legale. È pertanto necessario specificare tale circostanza con apposita Cir- colare del Ministero della Salute. Infine, si riafferma l’assenza di politiche sanitarie specifi- camente dedicate agli svantaggi di salute per i minori ap- partenenti alle famiglie di origine straniera più povere, nonché la distribuzione geografica disomogenea delle politiche sociali locali rivolte al sostegno economico e so- ciale delle famiglie in povertà. Si ritiene fondamentale e prioritario cercare di contrastare precocemente tutti i fat- tori di rischio che la povertà produce nei primi anni di vi- ta, con attività di educazione alla salute, di diagnosi pre- coce, di accompagnamento all’uso corretto dei servizi sa- nitari e della prevenzione e con un sostegno alle famiglie, insieme con le altre risorse di assistenza messe a disposi- zione da parte della società508. 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 83 505 Regione Piemonte «Assistenza sanitaria a cittadini neo co- munitari rumeni e bulgari - Disposizioni» Circolare dell’Asses- sorato tutela della salute e sanità del 9 gennaio 2008 (cod. A1275). Regione Marche «Applicazione della comunicazione del Ministero della Salute del 3 agosto 2007 (informativa alle Regioni avente ad oggetto diritto di soggiorno per i cittadini comunitari - direttiva 38/2004 e Dlgs. 3 febbraio 2007)», Circo- lare del 4 gennaio 2008 (cod. A1276). 506 Con una Circolare del 13 marzo 2008, la Regione Lazio forni- sce precisazioni sulle modalità di erogazione delle prestazioni sanitarie verso i cittadini comunitari e recependo le indicazioni del Ministero della Salute, estende ai cittadini UE la possibilità di beneficiare dell’assistenza medica pur se privi di qualsiasi copertura sanitaria, grazie al rilascio del tesserino ENI. 507 In fase di chiusura del presente Rapporto è pervenuta noti- zia di iniziative che rendono operativo in forma inclusiva, quan- to indicato dalla citata Circolare del Ministero della Salute an- che in altre Regioni, ad esempio in Campania (Prot. 2008.0283612 del 2 aprile 2008). 508 Si veda oltre paragrafo «La condizione dei bambini e degli adolescenti poveri». 2. SICUREZZA SOCIALE E SERVIZI DI ASSISTENZA ALL’INFANZIA: I SERVIZI PER L’INFANZIA (NIDI) La XV Legislatura è stata caratterizzata da una rinnovata at- tenzione per le politiche familiari che si è tradotta anche in un aumento delle risorse destinate allo sviluppo dei servizi di assistenza all’infanzia al fine di ridurre lo squilibrio tra il Nord e il Sud del Paese, nonché di raggiungere gli Obiettivi di Lisbona509. Secondo gli obiettivi previsti dalla Strategia di Lisbona ogni Paese dell’Unione Europea dovrebbe rag- giungere entro il 2010 la quota del 33% di posti disponibili per 100 bambini in età 0-3 anni. L’Italia parte da una situa- zione molto distante da tale obiettivo: ad oggi si registra una copertura di tali servizi che copre appena il 10% ed è pertanto altamente probabile che non riuscirà a raggiunge- re l’obiettivo del 33% previsto dall’Agenda di Lisbona. La normativa che regola il funzionamento dei nidi è la Leg- ge 1044/1971. Tale Legge nelle sue linee generali, affidava ai Comuni la gestione dei nidi e stabiliva lo sviluppo di que- sta tipologia di intervento a livello territoriale individuando, tra l’altro, l’apertura di 3.800 nidi pubblici510. Ad oggi, dalle informazioni istituzionali disponibili511, risulta che sono operativi di fatto 2.400 nidi pubblici, cui si affiancano circa 600 nidi privati, per una cifra complessiva di 3.008 servizi forniti, ovvero un numero ancora al di sotto dell’obiettivo posto in sede normativa nel 1971. D’altra parte, occorre evi- denziare come dagli anni ’90 si sia accelerata la crescita di questa tipologia di interventi, passando da 2.180 servizi at- tivi ai circa 3.000 di oggi, con un aumento dell’incidenza del numero di posti nido sulla popolazione in età che passa dal 5,8% al 7,4%. Si tratta, evidentemente, di una progressione sui tempi lun- ghi e non ancora del tutto compiuta, che evidenzia come l’attuale sistema dei servizi per l’infanzia non risulti ancora in grado di garantire una copertura nazionale abbastanza omogenea e completa rispetto ad un fabbisogno, che, come è noto, dal punto di vista demografico dagli anni ’70 ad oggi non è apparso di tipo incrementale512, ma che, d’altra parte, si è ampliato dietro la spinta dei cambiamenti familiari e del i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 84 4orapportodiaggiornamento2007-2008 509 Per approfondimento si veda capitolo I, paragrafo «Le risorse per l’infanzia e l’adolescenza in Italia», in cui sono riportati anche i dati contenuti nella comunicazione inviata dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamen- to del presente Rapporto rispetto alle risorse stanziate con la Legge Finanziaria 2007 a favore del Piano straordinario per lo sviluppo del sistema integrato dei servizi socio educativi per il tri- ennio 2007-2009. 510 Tale legge istitutiva mantiene il nido nella sua tradizionale ac- cezione di struttura vincolata ad una comunità locale, preveden- do la gestione e il controllo da parte dei Comuni, ma il suo decen- tramento è concepito anche in funzione della partecipazione or- ganica nella gestione del servizio da parte delle famiglie. 511 Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza Indagine sui nidi d’infanzia e sui servizi educativi 0- 3 anni integrativi al nido al 30 settembre 2000 Quaderno n. 21, 2004. Dai dati forniti in questo lavoro sono state realizzate le principali elaborazioni Ires utilizzate in questo paragrafo. Il Cen- tro ha presentato nel 2006 un ulteriore Quaderno sul tema dal ti- tolo I nidi e gli altri servizi educativi integrativi della prima infan- zia Quaderno n. 36, che contiene una rassegna normativa al 2005 ed una riproposizione dei dati rilevati attraverso l’indagine cen- suaria del 2004. 512 Dal punto di vista demografico, viene confermato il fenomeno dell’invecchiamento demografico della popolazione italiana, alla luce di una crescita della popolazione infantile sempre più mode- sta negli anni: nel 1971 i bambini tra 0-6 anni rappresentavano circa il 10% della popolazione complessiva, nel 2001 circa il 5%, con alcune differenze territoriali. Al Sud si registra la presenza più numerosa di bambini tra 0-6 anni rispetto al Centro e al Nord sia in valori assoluti, che in percentuale rispetto alla popolazione over 65 (5,2% al Sud rispetto al 4,2% del Centro e al 4,3% al Nord), anche se nell’ultimo censimento si è segnalata un incre- mento della popolazione infantile al Nord e al Centro. Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Ministero della Salute di migliorare la conoscenza della tipologia e della specificità dei bisogni di salute dei minori immigrati e dei relativi strumenti di rilevazione, con partico- lare riguardo alla salute materno-infantile, attraverso l’individuazione di nuove modalità operative in grado di soddisfare la domanda emergente e sommersa di salute dei minori immigrati e delle loro famiglie ed attuare un’a- deguata risposta da parte del SSN; 2. Al Ministero della Salute, Commissione ministeriale «Salu- te della Popolazione Immigrata», di realizzare, da un lato, reti di comunicazione efficaci tra le parti interessate (Ospe- dali, ASL, IRCCS, Medici di Medicina Generale, Pronto Soc- corsi, Consultori familiari e pediatrici) sia per verificare che l’allocazione delle risorse e i servizi disponibili per i minori stranieri corrispondano realmente ai loro bisogni e priorità, che per contribuire alla promozione dell’assistenza sanita- ria di base e per valutare qualità e costi; dall’altro pianifica- re interventi di prevenzione, diagnosi precoce e terapia dei disturbi in età infantile e adolescenziale attivando stretti collegamenti funzionali tra strutture a carattere sanitario (dipartimento materno-infantile, pediatria di base), e altri servizi sociali e istituzioni a carattere educativo, scolastico e giudiziario; 3. Alle Regioni di deliberare, prendendo ad esempio le Regio- ni Piemonte, Marche e Lazio, in favore dell’accesso dei mi- nori comunitari al Sistema Sanitario Nazionale adeguando l’offerta di assistenza pubblica in modo da renderla visibi- le, facilmente accessibile, attivamente disponibile e in sin- tonia con i bisogni di questi gruppi di minori in conformità a quanto previsto dal Testo Unico sull’immigrazione che ha sancito il diritto alle cure urgenti ed essenziali e alla conti- nuità della cura anche per i minori immigrati irregolari. mercato del lavoro, avvenuti con lo sviluppo dell’occupazio- ne femminile. Uno sviluppo che, come è altrettanto noto, ri- sulta in Italia particolarmente basso rispetto alla media degli altri Paesi europei e che probabilmente è stato condizionato anche da questa crescita rallentata di servizi di sostegno alle famiglie e alle donne per i bambini 0-3 anni. Ricostruendo, infatti, le fonti ad oggi utilizzabili a livello na- zionale, si può verificare la ben nota frammentarietà ed in- completezza delle informazioni, soprattutto di natura quan- titativa, sui servizi per l’infanzia, così come evidenziato an- che dalle attività datate realizzate dall’ISTAT, che non rileva dati sugli asili-nido dal 1992513. Di fatto la fonte istituziona- le da cui è possibile ricavare dati recenti ed attendibili è il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza – Istituto degli Innocenti, che nel 2000 ha rea- lizzato un’indagine censuaria sui nidi e sui servizi integrativi rivolti ai bambini 0-3 anni, fotografandone stato e funziona- mento. Si tratta di un lavoro puntuale, a cui occorrerebbe af- fiancare un monitoraggio continuo, di non facile realizzazio- ne, dal momento che la fruibilità dei dati in modo costante nel tempo risente, tra l’altro, delle caratteristiche dei flussi informativi disponibili514. La territorializzazione dei servizi per l’infanzia, infatti, perseguita dagli anni ’70 in sede nor- mativa ed operativa, avrebbe richiesto e richiederebbe una capacità locale dei diversi territori di rilevare dati e trasfor- marli in contenuti informativi e quindi in conoscenza sociale disponibile. Come è noto, però, tranne alcune eccezioni515, risulta diffusa una notevole discrezionalità nelle attività lo- cali di raccolta e sistematizzazione dell’informazione socia- le, spesso riconducibile a modalità occasionali ed eteroge- nee di rilevazione516. Anche a fronte di un’oggettiva difficoltà nell’attuare proce- dure in grado di produrre pacchetti informativi omogenei e confrontabili, vista la frammentarietà dei “luoghi istituzio- nali” di origine di tali informazioni, le limitate attività dei si- stemi di rilevazione nazionale nella raccolta di dati sociali, e nello specifico di quelli sui servizi per l’infanzia, hanno im- pedito di disporre di una panoramica “a tutto tondo” sulle caratteristiche quali-quantitative dei servizi per l’infanzia. Ad oggi si può disporre di una mappatura dei nidi d’infanzia soltanto a livello delle Regioni. Del tutto assenti risultano dati maggiormente territorializzati, anche se, co- me è già stato rilevato, una gran parte dei servizi viene ero- gata proprio dai Comuni. Attraverso tale mappatura si è re- gistrato in modo evidente un sostanziale squilibrio territo- riale dell’offerta: ad una generale copertura garantita al Centro-Nord, con alcune eccezioni, corrisponde un’assenza significativa di servizi al Sud. Spiccano in positivo Regioni come la Lombardia, l’Emilia Romagna, Veneto e Toscana, in negativo Regioni quali il Molise, la Basilicata e la Calabria. In generale, poi, sono i servizi pubblici a pesare maggior- mente rispetto all’offerta privata. Dagli inizi del ’90 ad oggi a crescere significativamente è stata l’offerta al Centro-Nord, a fronte di Regioni del Sud in cui l’aumento non è stato registrato, come ad esempio in Puglia, oppure pur essendoci stato non sembra in grado di incidere significativamente su situazioni segnate da ritardi storici. La misura di questa spaccatura geografica tra Nord- Centro da una parte e Sud dall’altra è data anche dal con- fronto dei valori percentuali di ricettività regionale dei solo asili-nido pubblici con la media nazionale517. Se si tenta di misurare sotto forma di stime la domanda insoddisfatta di servizi per l’infanzia, risulta che un bam- bino su 4 non trova posto nei nidi pubblici: a fronte di 100 bambini in età, la domanda espressa ma inevasa, risulta 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 85 513 L’ISTAT ha rilevato alcuni dati sui nidi nella Seconda Indagine censuaria sugli interventi ed i servizi sociali dei Comuni realizzata nel 2004 (e preceduta nel 2003 dalla Prima Indagine censuaria). Si tratta di un focus sulla spesa sostenuta dai Comuni su vari servi- zi/interventi suddivisi per aree di utenza. Tra questi figurano i nidi la cui gestione risulta una delle principali voci di spesa per l’assistenza sociale erogata a livello locale ai cittadini: infatti, il pe- so degli asili nido è circa del 16% sulla spesa sociale impegnata complessivamente dai Comuni e dalle associazioni ed è circa del 40% sulle risorse destinate alla tutela dei minori e al supporto della famiglia nella crescita dei figli. In ogni caso se si considerano gli utenti degli asili nido in rapporto ai bambini da zero a due anni resi- denti in Italia nel 2004, si evidenzia una capacità ricettiva ancora molto limitata: in media hanno beneficiato del servizio pubblico 897 bambini su 10.000, con forti disparità territoriali. Tale analisi verrà confermata nel corso di questo paragrafo, in cui si utilizzeran- no dati ed elaborazioni disponibili in modo specifico sui soli nidi. 514 Al di là della citata indagine del Centro nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, è disponibile anche uno studio recente realizzato dal CNEL e dall’ISTAT sulla maternità e la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, da cui è possibile risalire in modo in- diretto alla fruibilità da parte delle famiglie dei servizi per l’infanzia ed alle difficoltà ancora diffuse. Da segnalare, infine, i dati ISTAT provenienti dal censimento, che forniscono il numero dei bambini tra 0 e 5 anni che risultano frequentare la scuola. A differenza, però delle altre rilevazioni, queste ultime riguardano non i servizi, ma gli individui; e quindi sono di difficile comparazione con le mappature più recenti centrate sulle prestazioni fornite. 515 Ad esempio, il Sistema informativo sociale della Regione Emilia Romagna. 516 Sono, insomma, gli stessi Enti Locali a rappresentare fonti non in grado ancora di produrre flussi informativi sufficientemente sta- bili nel tempo e nei contenuti rilevati, in generale sulle tematiche sociale ed in particolare su quelle relative ai servizi per l’infanzia. 517 Solamente dieci delle Regioni appartenenti al Centro-Nord pos- siedono un’incidenza intorno al 10% (ad eccezione del Lazio con il 7,5%, comunque al di sopra della media nazionale); le Regioni del Sud, insieme al Friuli Venezia Giulia e al Veneto, al contrario, con- tano una ricettività media pari all’1,7% (con punte del 4,4% in Ba- silicata e del 3,8% in Abruzzo); le Isole registrano valori più alti, di circa il 4,7% in Sicilia e il 5,7% in Sardegna. stimabile intorno alle 3-4 richieste su 10, sempre con maggiori difficoltà al Mezzogiorno. Nelle Isole e, ancora di più, nel Sud del Paese, infatti il numero medio di posti- nido disponibili ogni 100 bambini in età si mostra inferio- re alla media nazionale. Sebbene in queste due aree la domanda insoddisfatta di nidi pubblici risulti inferiore al- le altre direttrici geografiche e alla stessa media naziona- le, appare evidente una carenza strutturale a cui la popo- lazione di riferimento si è, per così dire, “abituata”. Per questo motivo, le famiglie che fanno richiesta di accesso ad un nido d’infanzia pubblico del Sud sono mediamente il 2,8% della popolazione residente, contro il 16,6% del Nord-ovest o il 13,8% del Centro. Ed è per questo motivo che, se si considerano solamente le domande esplicite, l’incidenza delle richieste non soddisfatte sembra minore al Mezzogiorno. In generale, dunque, questo gap tra copertura recettiva e propensione della domanda sembra sensibile, in modo direttamente proporzionale, alla capacità territoriale di ri- spondere alle necessità: maggiore è tale capacità, mag- giore risulta la richiesta, ovvero, con uno slogan, “l’offerta chiama altra offerta”. E, quindi, è l’offerta a sol- lecitare l’espressione della domanda. A fronte di questa carenza di offerta, le famiglie nel no- stro Paese ricorrono di frequente alle reti di aiuto infor- male ed alla solidarietà intergenerazionale518 e questo nonostante, le donne tendano ad esprimere atteggiamen- ti positivi nei confronti dei servizi per l’infanzia, privile- giando le strutture pubbliche nel 74% dei casi519. Oltre a questa analisi di tipo quantitativo dell’offerta for- nita e della sua capacità recettiva, si possono anche far emergere alcune componenti qualitative dei servizi per i bambini 0-3 anni, particolarmente interessanti nel confi- gurare le dinamiche di risposta alle esigenze reali delle famiglie. Tre sono gli aspetti principali riscontrabili. Un primo elemento riguarda il funzionamento quotidiano dei servizi ed, in particolare, le settimane di apertura rispet- to all’anno scolastico e gli orari giornalieri. Il 64% dei nidi pubblici e privati risulta chiuso per circa 2/3 mesi all’anno, lasciando scoperte le famiglie in particolare nel periodo estivo520. Una differenza tra i nidi pubblici e quelli privati si riscontra, invece, nell’orario giornaliero521. A fronte di una maggiore rigidità nel funzionamento da parte dei nidi pub- blici, in quelli privati si sono registrate più diffusamente for- me di flessibilità finalizzate a rispondere alle esigenze delle famiglie di poter disporre di servizi di care. D’altra parte, questa stessa istanza di adattabilità è stata perseguita dal pubblico attraverso la progettazione ed implementazione di interventi educativi, per l’appunto, integrativi, attraverso i fondi disposti dalla Legge 285/1997. Un secondo aspetto riguarda le liste d’attesa al servizio, come segnale della capacità reale di accoglienza da parte dei nidi d’infanzia522. Mediamente, un bambino su 4 risulta in lista d’attesa con picchi in Friuli Venezia Giulia, Lombar- dia, Veneto, Liguria, Lazio e Campania. A differenza di quan- to rilevato in precedenza, sebbene la distribuzione si confi- guri prevalentemente in modo disomogeneo, lo sbilancia- mento questa volta avviene verso il Nord e il Centro. Il Sud registra in tutte le regioni, ad eccezione della Campania, va- lori superiori al 70%. Sembrerebbe dunque che sia diffusa una forte accoglienza della domanda espressa e segnalata nelle liste d’attesa. In realtà, la singolarità dei dati è imputa- bile alle caratteristiche della domanda, non dell’offerta. La maggiore accoglienza dei servizi 0-3 anni del Mezzogiorno nasconde in realtà una forte domanda inespressa, come evidenziato in precedenza523. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 86 4orapportodiaggiornamento2007-2008 518 Su dieci bambini soltanto due infatti frequentano un asilo nido pubblico o privato e nella maggioranza dei casi le madri che lavorano affidano i propri figli ai nonni (circa 6 bambini su 10). Ancora una volta, una domanda sociale, non sufficiente- mente soddisfatta dall’assetto attuale del nostro sistema di welfare, si rivolge e viene accolta da quelle reti informali di so- stegno familiare che di fatto rappresentano storicamente uno dei punti di riferimento ‘suppletivi’ alla carenza di intervento pubblico. Fonte: CNEL-ISTAT Maternità e partecipazione delle donne al mercato del lavoro: tra vincoli e strategie di concilia- zione dattiloscritto, 2003. 519 D’altra parte, a conferma dell’analisi fin qui condotta, le moti- vazioni più frequenti che inducono le donne a rinunciare a rivol- gersi ai nidi pubblici sono: la mancanza di posti per il 22%; la ca- renza di strutture nel Comune di residenza per il 21% ; la retta troppo cara per il 19%; gli orari non adeguati per il 7,4% dei casi. Fonte: CNEL-ISTAT Maternità e partecipazione delle donne al mercato del lavoro: tra vincoli e strategie di conciliazione cit. 520 Osservando il calendario dei nidi d’infanzia, ricorre mediamen- te un’apertura annua che va oltre i 10 mesi, ovvero circa 40 setti- mane; inoltre focalizzando l’attenzione solo sulle settimane di apertura del servizio pubblico, si rileva che quasi il 60% dei nidi è aperto dalle 40 alle 44 settimane e circa il 29% fino a 48 settima- ne; infatti, la media complessiva si aggira intorno alle 43 settima- ne. Le differenze regionali appaiono ridotte. 521 In media questi ultimi risultano aperti per circa 10 ore gior- naliere, di contro all’offerta pubblica che si aggira intorno a poco più 8 ore al giorno. Nel dettaglio, circa il 36% dei nidi privati sono aperti dalle 11 alle 12 ore al giorno; un altro terzo tra le 9-10 ore; più di un quinto degli istituti, invece, resta aperto dalle 7 alle 8 ore al giorno. 522 Si tratta, in effetti, di liste complesse con procedure molto lun- ghe, dovute non soltanto all’asimmetria tra domanda e offerta già messa in evidenza, ma anche alle metodiche utilizzate, ponderate secondo molteplici variabili, quali ad esempio il luogo di residen- za, il grado di disagio familiare, sociale e sanitario, la condizione lavorativa e così via. 523 Rapportando il numero degli iscritti al totale, emerge infatti una quota pari al 59,1% di bambini accolti al Nord (57.208 bambini 0-3 anni); un quarto dei bambini accolti appartiene al Centro; infine, solo il 16% dei bambini iscritti risulta residente al Sud del Paese. Infine un terzo aspetto analizzato riguarda le tariffe. Ben consapevoli della variabilità cui sono soggette524 occorre comunque evidenziare come in particolare le tariffe dei nidi privati risultino spesso troppo elevate se rapportate al reddito familiare. A titolo esemplificativo, basti consi- derare che la spesa diretta media annua sostenuta dalle famiglie per l’iscrizione dei figli ai nidi d’infanzia è pari a € 869: più del doppio della spesa diretta sostenuta per l’iscrizione alla scuola d’infanzia; più di quattro volte quella per la scuola elementare; quasi otto volte la spesa diretta per la frequenza della scuola media inferiore525. 3. STANDARD DI VITA: LA CONDIZIO- NE DEI BAMBINI E DEGLI ADOLE- SCENTI POVERI IN ITALIA L’attenzione verso la condizione di povertà dei minori è cresciuta a mano a mano che il processo europeo di in- clusione sociale si è sviluppato, a tal punto che oggi questa risulta essere una sfida da vincere in molti dei Paesi dell’Unione. Sebbene la responsabilità primaria delle politiche antipovertà rimanga ai governi nazionali, la Comunità Europea ha rafforzato i suoi interventi e i suoi inviti a prendere le necessarie misure per dare a tut- ti i minori uguali opportunità indipendentemente dal lo- ro background sociale526. Occorre innanzitutto ricordare, come ampiamente evi- denziato nel 3° Rapporto CRC527, che la povertà e in par- ticolare quella minorile non è legata solo alle risorse di- sponibili, ma presenta una pluralità di dimensioni e di caratteri che concorrono a determinare e a misurare il benessere individuale: l’accesso alle cure sanitarie e al sistema scolastico, la partecipazione alla vita comunita- ria, la presenza di legami affettivi, godere di condizioni abitative adeguate528. Anche se è innegabile che esista una forte connessione tra la dimensione monetaria dei redditi familiari e la misura del benessere minorile, so- prattutto nei Paesi dove la protezione sociale e le politi- che di Welfare State sono meno applicate e le situazioni di disagio non sono misurate e monitorate. Tuttavia in- centrare l’analisi della povertà esclusivamente sui reddi- ti o i consumi significa perdere alcuni aspetti cruciali del- la deprivazione, mentre stabilire le relazioni tra livelli economici e le suddette dimensioni consente di avere un’idea della quotidianità vissuta dai minori. Bambini e adolescenti non sono percettori di redditi di- retti, ma sono fruitori di risorse che vengono ripartite au- tonomamente dalle famiglie e in maniera non controlla- bile, sono rilevati come consumatori e soprattutto indivi- dui con determinati bisogni, con capacità e possibilità tutte da giocare e sviluppare. Nel caso dei minori, una mancanza di adeguate risorse economiche ha conse- guenze multidimensionali ben più gravi che negli adulti: una dieta peggiore, una maggiore esposizione ai rischi sanitari, soluzioni abitative precarie e non riscaldate, un alto tasso di incidenti, maggior rischio di abusi, di episo- di di bullismo, di abbandono scolastico con conseguenti fughe dalla famiglia, poco sviluppo delle proprie poten- zialità e forti probabilità di carriere lavorative a basso sa- lario, ovvero di arrivare nell’età adulta a infoltire le file dei working poor 529. Di conseguenza è necessario un approccio complesso nello studio della povertà e nella scelta di politiche pubbliche di contrasto e di inclusione sociale. Nel 2007 la Commissione Europea e gli Stati membri hanno eletto la povertà minorile come una tematica prio- ritaria del Metodo Aperto di Coordinamento sulla prote- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 87 524 Dal momento che dipendono da quote fissate di volta in volta dai vari Comuni sulla base del reddito familiare e patri- moniale, e quindi della difficoltà di ottenere dati sufficiente- mente comparabili. 525 La spesa sostenuta per l’iscrizione alla scuola di infanzia è pari a €409 e quella per l’iscrizione alla scuola elementare pa- ri a €213. Cfr. ISTAT La prima indagine sulle spese sostenute dalle famiglie per l’istruzione e la formazione 2002. 526 Consiglio Europeo, marzo 2006. 527 3° Rapporto CRC 2007, pag. 62. 528 Cfr. Sen A.K. La Disuguaglianza, un riesame critico Ed. Il Mulino, 2000 pagg. 146-158 e Baldini M., Bosi P. e Silvestri P. La Ricchezza dell’Equità Ed. Il Mulino, 2004, pagg. 5-25. 529 Cfr. Frazer H. e Marlier E. Syntesys report Tackling child poverty and promoting the social inclusion of children in the Eu in Peer Review and assessment in social inclusion settem- bre 2007, pag. 35. Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Parlamento di approvare un’innovativa proposta legi- slativa finalizzata a trasformare i nidi da servizi a do- manda individuale a servizi per tutti, garantendo un’e- stensione universalistica in un’ottica di equità sociale basata su standard omogenei trans ed inter regionali; 2. All’ISTAT e al Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza di allargare e svi- luppare la base conoscitiva disponibile sui servizi 0-3 anni, in particolare attraverso la messa a disposizione di dati disaggregati per comuni, per target e relativi alla domanda ed alla spesa, nonché al funzionamento gene- rale di tali servizi. zione e inclusione sociale530. Nell’Europa a 27 Paesi i minori di 18 anni sono 97,5 milio- ni e di questi 19 milioni sono a rischio di povertà531, con una condizione peggiore rispetto alla povertà media del- l’intera popolazione. In Italia è esposto a rischio di de- privazione il 24% dei minori, quasi uno su quattro532. Ta- le percentuale sale al 35% se si considerano i minori che vivono in famiglie numerose e raggiunge il 40% nel caso di minori che vivono in famiglie monoparentali. I minori a rischio non sono tanto figli di genitori disoccupati, ma si trovano spesso in famiglie con entrambi i coniugi lavora- tori ma i cui bassi livelli di reddito non riescono ad essere una garanzia di benessere. Tra le famiglie monoreddito l’esposizione a rischio di povertà per i figli è del 30%, mentre avere due genitori che lavorano riduce il rischio al 7%, con poche differenze se uno dei due è un lavoratore part-time533. La struttura familiare e la solidarietà inter- generazionale (dei parenti e dei nonni) negli Stati del sud d’Europa, e dunque anche in Italia, continua a giocare un ruolo fondamentale nel ridurre i rischi di povertà per i mi- nori più vulnerabili. La famiglia multi generazionale allar- gata, con i suoi trasferimenti in beni e servizi, ammortizza e compensa534 il non sempre efficace e pronto intervento statale a supporto dei genitori che vivono in situazioni vulnerabili535. Dunque la famiglia allargata risulta davve- ro oberata nell’ammortizzare le difficoltà economiche, or- ganizzative e di cura. La preoccupazione è che i mutati orizzonti del mercato del lavoro e quella dei redditi ad es- sa connessa stiano già indebolendo questa rete di prote- zione informale e che nel contempo non ci sia la costru- zione di un adeguato sistema pubblico di protezione536. Avere figli risulta essere un lusso, anziché un investi- mento anche pubblico, e dunque non meraviglia che il nostro tasso di natalità sia tra i più bassi al mondo. Altro indicatore rilevante che mitiga la povertà minorile è l’occupazione femminile. La propensione al lavoro delle donne nel nostro Paese è sotto la media europea e si at- testa al 60%, che scende al 53% in caso siano madri, con variazioni che vanno dal 53% per quelle con un figlio, 50% per quelle con 2 figli ed arrivando al 34% per quelle con 3 o più figli537. Nell’ambito degli interventi governativi in tema di contra- sto alla povertà minorile538 si rileva che esiste una corre- l az ione forte tra i l r ischio di povertà minori l e e l’investimento percentuale in spesa sociale. Facendo ri- ferimento al Prodotto Interno Lordo, escludendo le pen- sioni, la media europea di investimento sociale si attesta intorno al 14% ed ad essa corrisponde un 19% di rischio di povertà minorile; nel nostro Paese dove si investe me- no del 10% il rischio di povertà minorile balza al 24%539. L’Italia rientra dunque nel gruppo dei Paesi europei in cui si rileva una bassa efficienza di spesa sociale (non dedicata alle pensioni) e alti tassi di povertà minorile. I dati forniti a livello Europeo possono essere integrati da quelli che si ricavano in maniera indiretta dalle ricerche sul reddito e sui consumi in Italia. La situazione minorile si può rilevare soltanto in maniera indiretta, analizzando la condizione della famiglie italia- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 88 4orapportodiaggiornamento2007-2008 530 Tale metodo che istituisce la modalità di confronto e di scambio di informazioni e di esperienze in tema di esclusione sociale e invita a creare e definire un set di indicatori concorda- ti su scala europea, obiettivo non facile vista la mancanza di dati comparabili. Ulteriori informazioni http://europa.eu/scadplus/glossary/open_method_coordinati on_it.htm 531 L’indicatore rischio di povertà nell’ambito EU viene definito come : a) l’attestarsi al 60% del livello reddito medio nazionale; b) il reddito è la risultante della somma dei guadagni di tutti i membri della famiglia , trasferimenti sociali individuali o comuni- tari, redditi da capitali; c) il reddito è reso equivalente sulla base di scala OECD per tenere conto dei differenti bisogni tra adulti e minori, ampiezza composizione che riflettono gli standard di vita; d) le percentuali di rischio di povertà nazionali analizzati congiun- tamente con la soglia di povertà relativa espressa dai livelli di po- tere di acquisto del reddito mediano di ogni Paese equivalenti tra le differenti monete. Cfr http://ec.europa.eu/employment_social/spsi/common_indi- cator_en.htm 532 Tale percentuale di rischio è del 5% superiore alla media dell’intera popolazione italiana. Cfr. Social protection commit- tee Child poverty and Well being in the Eu gennaio 2008 pagg. 13-15. 533 Cfr. Commissione Europea Joint report on social Protection and social inclusion COM 2008 42 final pagg. 8-14. 534 Così i pensionati supportano con un entrata regolare, i red- diti informali o precari e discontinui di figli e nipoti, ma con il cambio generazionale questo elemento di tenuta e coesione familiare verrà a mancare. Cfr. Giunta G. «L’Italia a metà: pro- spettive per il Sud» in Caritas Italiana Atti XXXI° Convegno na- zionale delle Caritas Diocesane 25-28 giugno 2007 Montecatini (PT), pagg 191-192. 535 Cfr. Commissione Europea Joint report on social Protection and social inclusion cit. pagg. 17-19. 536 Cfr. UNICEF Centro di Ricerca Innocenti Prospettiva sulla po- vertà infantile, un quadro comparativo sul benessere dei bam- bini nei paesi ricchi Report Card n. 6, 2005 pag. 26. 537 Cfr. Commissione Europea Joint report on social Protection and social inclusion cit. pag. 31. 538 Ovvero quel complesso gruppo di meccanismi volto a soste- nere i livelli di vita delle famiglie e provvedere, attraverso poli- tiche redistributive con mezzi diversi, a garantire un livello di reddito minimo per coloro che sono disoccupati, o attraverso il sostegno al reddito di coloro che hanno figli indipendentemen- te dal fatto che siano impiegati o no. 539 Cfr. Social protection committee Child poverty and Well be- ing in the Eu cit. pagg. 36-37. 540 Che va dal 5,2% del Nord (era il 4,5%), al 6,9 % del Centro (era il 6%) al 22,6% del Sud (era il 24%). Agli antipodi si trova la Regione Emilia Romagna con 3,9% (era 2,5%) e la Sicilia con il 28,9% (era il 30,8%). Cfr. ISTAT La povertà relativa in Italia nel 2006 ottobre 2007. ne. In base ai dati ISTAT presentati a ottobre 2007, nel 2006 nel nostro Paese le persone stimate in situazione di povertà relativa erano 2 milioni 623mila, ovvero in media l’11,1% delle famiglie residenti (percentuale invariata ri- spetto al 2005), per un totale di 7 milioni 537mila indi- genti, il 12,9% dell’intera popolazione. Questo dato scomposto evidenzia ancora una volta il consueto divario geografico, anche se con una leggera riduzione del range540. Nel Mezzogiorno, la quota delle famiglie povere è cinque volte superiore di quella osservata nel resto del Paese. Le famiglie con 5 o più componenti e quelle con 3 o più figli, soprattutto se minorenni costituiscono il 65% delle famiglie povere. Nel Centro Nord dove meno del 7% si trova in condizioni di povertà, vive circa il 35% delle fa- miglie povere nonostante vi risieda ben il 68% del totale delle famiglie. Nel 2006 la linea di povertà relativa541 risulta essere €970,34542, per due persone, più o meno costante ri- spetto agli anni precedenti anni. Gli interventi della Finanziaria 2008, non sono andati nel- la direzione di aumentare sensibilmente la spesa sociale a supporto dei minori e delle loro famiglie543. Sono state infatti adottate misure importanti che però non riguarda- no la totalità della popolazione, visto che una fetta indefi- nita e non misurata, sfugge alle stime di povertà relativa e ai livelli di consumi, perché in povertà assoluta mentre risulterebbe più bisognosa di spesa pubblica ad hoc per recuperare il divario con gli altri. I forti indigenti e gli inca- pienti risultano essere i grandi esclusi e benché sia stata introdotta per la prima volta un bonus una tantum di €150 ad ogni capofamiglia con un reddito inferiore a €50.000 è noto che questa misura di compensazione544, è insufficiente545. Ad ottobre 2007 il Ministro della Solidarietà Sociale ha istituito la Commissione di indagine sull’esclusione so- ciale, prevista dalla Legge 328/2000. La Commissione ha il compito di effettuare ricerche in materia di povertà, for- mulare proposte per sradicarne le cause e diffondere ini- ziative e ricerche in ambito europeo, nonché presentare annualmente una relazione al Governo, sulla base della quale il Governo dovrebbe riferire in Parlamento, entro il 30 giugno, sull’andamento del fenomeno dell’esclusione sociale546. Si rileva che continua a mancare una politica di sostegno al reddito per i poveri. Sarebbe importante introdurre an- che nel nostro Paese sia una misura di reddito minimo analoga a ciò che già esiste nella maggioranza dei Paesi europei, sia forme di credito di imposta (come il work tax credit inglese o il prime pour l’emploi francese) per chi, anche lavorando ha un reddito insufficiente547. Sarebbe opportuno dunque inaugurare una nuova fase di speri- mentazione nazionale del Reddito Minimo di Inserimen- to (RMI)548. Questa misura di contrasto alla povertà è stata introdotta infatti a partire dal gennaio 1999 con un progetto pilota in due fasi che prima ha coinvolto un nu- mero limitato di Comuni beneficiari, poi esteso a 309549. Anche in occasione della Conferenza Nazionale della Fa- miglia è stato proposto il rilancio del Reddito Minimo di 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 89 541 La definizione di povertà relativa viene formulata a partire dagli anni ’60 del secolo scorso e si basa sull’idea che sia im- possibile stabilire in modo assoluto la povertà secondo criteri universali e dunque dalla necessità di valutare in base alle con- dizioni di vita medie che caratterizzano uno specifico contesto. Essere povero non significa tanto avere un tenore di vita infe- riore al minimo assoluto, ma disporre di meno risorse rispetto alla media della popolazione a cui si appartiene. Questo com- porta non poter partecipare agli stili di vita, alle abitudini, alle attività socialmente approvate e incoraggiate da una certa so- cietà. Per individuare la soglia di povertà relativa si fa riferi- mento al reddito e alla sua distribuzione individuando un valo- re che rappresenta la media dei distributori dei redditi. In Italia l’ISTAT fa riferimento alla spesa per consumi delle famiglie e non ai redditi perchè le informazioni su questi non sono molto attendibili. Una famiglia di due persone, secondo questa defi- nizione di povertà relativa, è considerata povera se la sua spe- sa per consumi è inferiore alla spesa media pro capite naziona- le. Con le scale di equivalenza si corregge a seconda del nume- ro dei componenti cercando di tener conto dell’economia di scale che in famiglia si può realizzare. 542 €34 in più rispetto a quella del 2005, ma rivalutando que- sta cifra in base all’indice dei prezzi al consumo significa €14 in più dell’anno precedente. 543 Si veda infra capitolo I, paragrafo «Le risorse destinate al- l’infanzia in Italia». 544 Perché come gli altri contribuenti non potranno usufruire di detrazioni di imposta. 545 Il provvedimento applicato è riduttivo rispetto alla proposta originaria che invece assegnava €150 ad ogni membro della fa- miglia incapiente e non solo al capofamiglia ed è frutto dell’«emendamento Ripamonti». 546 Ministero della Solidarietà Sociale, newsletter 6/2007 del 18 ottobre 2007 disponibile sul sito www.solidarietasociale.gov.it/NR/rdonlyres/F92426C3-A9ED- 43C0-A397-4AC0638163A0/0/20071018_6.pdf 547 Cfr. Saraceno C. I poveri fuori dall’agenda su www.lavoce.info/articoli/pagina1000129.html 548 Proposto per la prima volta in Italia nel 1995 a seguito di uno studio della «Commissione di indagine sulla povertà e l’emarginazione». Secondo la Commissione, pur esistendo misu- re locali di sostegno al reddito, mancava uno strumento non ca- tegoriale, non frammentato, certo e che non consentisse troppi margini di discrezionalità. La compresenza di sistemi locali di as- sistenza economica portava in sé elementi di disuguaglianza a parità di bisogno. Il sistema di welfare italiano era quindi privo di una misura trasparente e omogenea nei criteri di accesso e di erogazione, nei diritti e nei doveri. 549 La prima fase 1999-2000 vedeva coinvolti infatti 39 Comuni dei quali 5 a Nord, 10 al Centro e 24 nel Sud e Isole, il Comune più ampio coinvolto nel suo insieme è stato Napoli, nella secon- da fase 2001-2004 si è provveduto all’estensione con i program- mi d’area a 309 comuni. Inserimento e la sua messa a regime a livello nazionale superando i limiti che hanno caratterizzato la sperimenta- zione di qualche anno fa, e comunque evitando che que- sto provvedimento si riduca ad un mero trasferimento monetario in cui l’aspetto dell’inserimento sociale sia se- condario, come pure il concreto utilizzo dell’ Indice Socio Economico Equivalente (ISEE), che misura il benessere di un individuo equivalente come strumento volto a consen- tire la maggiore concentrazione di risorse su situazioni di effettivo bisogno550. Gli Stati membri dell’Unione che hanno ottenuto i migliori risultati nella riduzione dei rischi di povertà minorile pro- pongono una combinazione equilibrata di prestazioni uni- versalistiche e prestazioni mirate. I sistemi di tassazione e servizi ridistribuiscono il reddito verso le famiglie con modalità diverse prendendo in consi- derazione la composizione della famiglia (detrazioni d’imposta o quozienti familiari), l’accesso ai servizi gratui- ti per l’educazione, la salute, la cura dei figli come gli asili nidi e le integrazioni del reddito (assegni familiari, inden- nità di disoccupazione, assistenza sociale, le pensioni d’invalidità, contributi alloggio). Le prime due modalità creano un ambiente favorevole allo sviluppo della famiglia in genere, senza effetti discriminanti ed evitando ogni stigmatizzazione; le ultime si rendono indispensabili per incentivare la partecipazione al mondo del lavoro per i soggetti più vulnerabili (spesso le madri), ad entrare o rientrare nel mercato e a rimanervi grazie a corsi profes- sionalizzanti che sostengano gli avanzamenti professiona- li e dunque l’accesso a posti qualitativamente meglio re- munerati551. Una politica pubblica a sostegno dei minori e delle loro fa- miglie, che riconosca a quest’ultime il ruolo fondamentale per la società di promuovere uno sviluppo equilibrato dei suoi membri, va distinta da una politica di riequilibrio con- tro la povertà. La politica fiscale riveste un’assoluta centralità nelle que- stioni fin qui presentate. Infatti la scelta di tassare il reddi- to individuale o quello familiare ha inevitabile ripercussio- ni sui comportamenti e sulle scelte individuali nell’ambito della partecipazione al mercato del lavoro, delle scelte di procreazione e degli effetti redistributivi sui redditi. Dal 1976 vige in Italia un sistema fiscale basato sulla tas- sazione del reddito individuale che tiene conto della pre- senza di familiari a carico mediante un sistema di detra- zioni dell’imponibile. Periodicamente si riapre il dibattito sui vantaggi della tas- sazione del reddito familiare e in modo particolare dell’a- dozione del sistema di tassazione basato sul quoziente familiare, da tempo utilizzato in Francia552, per la deter- minazione delle imposte553. Pur non entrando nel merito della questione, si ritiene opportuno sottolineare che qualunque ipotesi di riforma fiscale in Italia dovrebbe te- ner conto del basso tasso di fecondità che si registra nel nostro Paese, nonché dell’altrettanto basso tasso di par- tecipazione al mercato del lavoro soprattutto delle donne decisamente inferiore alla media europea554. Il quoziente familiare infatti, tenendo in maggior conto la numerosità del nucleo familiare rispetto alla tassazione individuale, potrebbe rappresentare nel contesto italiano il limite, non trascurabile, di scoraggiare l’occupazione femminile. Infatti sul secondo reddito familiare, tradizionalmente quello della donna, sommandosi a quello del coniuge vie- ne applicata un’aliquota maggiore rispetto a quella con sistema di tassazione individuale555. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 90 4orapportodiaggiornamento2007-2008 550 Conferenza Nazionale della Famiglia, Firenze, 24-26 maggio 2007. In particolare, Gruppo «Famiglia e povertà» in Sessione «Famiglia e risorse economiche», www.conferenzanazionalesullafamiglia.it/pdf/rapporteur/Fam iglia%20e%20risorse%20economiche,%20Rapporteur%20Cla udio%20De%20Vincenti.pdf. 551 Cfr. Commissione Europea Joint report on social Protection and social inclusion cit. pagg. 20-24. 552 Una prassi ben accolta dall’universalità dei cittadini e che ha garantito la crescita del tasso di natalità. 553 A sostegno del quoziente familiare Cfr. Campiglio L. Più equità per la famiglia del XXI secolo in Vita e pensiero 2007 pagg 5-7 e Campiglio L. Quali strade percorrere per una politica per la famiglia? 9 maggio 2007, Bergamo. 554 Cfr. Rapallini C. Il quoziente familiare: valutazione di un’ipo- tesi di riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche in Società Italiana di Economia Pubblica Working paper n. 475, www.unipv.it/websiep/wp/475.pdf 555 Sulle controindicazioni nell’adozione del quoziente familia- re Cfr. Gori C. Il quoziente spiazza il lavoro femminile in Il So- le24 ore del 18 marzo 2008 e Rapallini C. Tre riflessioni sul quo- ziente familiare www.neodemos.it/index.php?file=onenews&form_id_notizia= 101&form_search_key=quoziente%20familiare Il Gruppo CRC raccomanda: 1. Alla neo-costituita Commissione di indagine sull’esclu- sione sociale presso il Ministero della Solidarietà Socia- le, in coordinamento con l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e la Commissione parlamentare per l’infanzia, di svolgere una ricerca ad hoc con indicatori multidimensionali sulla povertà minorile e sull’incapienza; 2. Al Governo di adottare investimenti adeguati e sinergici con gli Enti Locali per provvedere ad un migliore supporto dei redditi familiari, dell’attività di cura e per facilitare l’integrazione del mercato del lavoro specialmente per i secondi redditi familiari e per i soggetti deboli come le madri. Le Linee Guida del Comitato ONU stabiliscono che il moni- toraggio dell’attuazione degli articoli 28 (istruzione), 29 (fi- nalità educative) e 31 (gioco, attività ricreative e culturali) della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adole- scenza (CRC) si realizzi nell’ambito di tale raggruppamento. Nel presente capitolo, è stata esaminata ed aggiornata la si- tuazione rispetto all’attuazione del diritto all’istruzione per i minori appartenenti a gruppi particolarmente vulnerabili, quali bambini e adolescenti di origine straniera, minori rom, minori che arrivano in Italia con l’adozione internazionale, bambini e adolescenti con disabilità. Inoltre, anche in consi- derazione della recente entrata in vigore della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, un’attenzione particolare è stata dedicata al diritto al gioco per i bambini con disabilità. Il monitoraggio dell’attuazione dell’art. 31 CRC ha riguardato anche l’ambito dello sport. 1. ISTRUZIONE a) Il diritto all’istruzione per i bambini e gli adolescenti con disabilità Nell’anno scolastico 2005/2006, i bambini, le bambine e gli adolescenti con disabilità iscritti a scuola erano 178.220: il 6% in più dell’anno precedente e il 54% in più rispetto al- l’anno scolastico 1995/1996556. Nell’anno scolastico 2007/2008 erano 161.686557. Come tutti i bambini e gli ado- lescenti anche i bambini e gli adolescenti con disabilità han- no diritto all’istruzione e devono godere di questo diritto senza discriminazione alcuna, così come affermato nella Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (art. 23), nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità558 e nella Costituzione (art. 34), come ribadito in numerose occasioni a livello internazionale559, nonché 4orapportodiaggiornamento2007-2008 91 556 Ministero della Pubblica Istruzione La scuola in cifre, giugno 2007. 557 Ministero della Pubblica Istruzione I numeri della scuola set- tembre 2007, disponibile sul sitowww.pubblicaistruzione.it/ news/2007/allegati/numeri_scuola200708.pdf. 558 Preambolo lettera r); art. 7 comma 1; art. 24. Traduzione italia- na ufficiale a cura del Ministero della Solidarietà Sociale , pubbli- cata e disponibile sul sito www.welfare.gov.it. La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità è entrata in vigore il 3 maggio 2008 grazie al raggiungimento del numero di 20 ratifiche. L’Italia ha firmato la Convenzione il giorno di apertura, il 30 marzo 2007; il 28 dicembre 2007 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge di ratifica, ma al momento della stesura del pre- sente Rapporto il procedimento di ratifica non è ancora stato con- cluso. Per ulteriori informazioni sullo stato di ratifica: www.un.org/disabilities. 559 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Com- mento Generale n. 9 Rights of children with disabilities par. h) Education and Leisure, 2006; traduzione italiana a cura di UNICEF Italia I diritti dei bambini e degli adolescenti con disabilità par. H) Educazione e tempo libero, (in corso di pubblicazione al momento della stesura del presente rapporto). Si veda inoltre la Dichiarazio- ne del Millennio delle Nazioni Unite (A/RES/55/2) e in particolare l’Obiettivo di Sviluppo del Millennio n. 2 che si riferisce all’istruzio- ne primaria universale. I Governi si sono impegnati a garantire, en- tro il 2015, che «i bambini, in ogni luogo, devono poter completa- re il ciclo scolastico primario e i bambini e le bambine devono po- ter avere uguale accesso a tutti i livelli d’istruzione». Tra gli altri impegni internazionali che avvallano l’educazione inclusiva il Co- mitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza fa riferimen- to, inoltre, alla Dichiarazione di Salamanca e al Quadro d’azione sui Bisogni Speciali Educativi adottati alla Conferenza Mondiale sui Bisogni speciali educativi: Accesso e Qualità, Salamanca, Spa- gna, 7-10 Giugno 1994 (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, Scienza e Cultura e il Ministero dell’Istruzione e del- la Scienza della Spagna) e al Quadro d’Azione di Dakar, Educazio- ne per tutti: raggiungere i nostri impegni collettivi, adottata al Fo- rum Mondiale sull’Istruzione, Dakar, Senegal, 26-28 Aprile 2000. i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia Capitolo VI. Educazione, gioco E ATTIVITÀ culturali 43. Il Comitato ONU accoglie favorevolmente l’adozione della Legge 9/1999 che estende la durata del- l’istruzione obbligatoria da 8 a 10 anni, e di diversi pro- grammi destinati a migliorare la formazione degli inse- gnanti, ma mostra preoccupazione per l’alto tasso di ab- bandono scolastico nella scuola secondaria; per i risultati disomogenei ottenuti nel rendimento scolastico dei bam- bini causati dalla differente provenienza socio-economica e culturale, o di altri fattori come il genere (è più alto il numero delle ragazze, piuttosto che dei ragazzi, che rag- giungono la laurea), la disabilità, l’origine etnica. Inoltre, il Comitato manifesta preoccupazione per l’incremento del bullismo nelle scuole e per la mancanza di attenzione prestata alle opinioni dei bambini in ambito scolastico. 44. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di: (a) intensificare gli sforzi per contenere il tasso di ab- bandono scolastico nell’istruzione secondaria; (b) adottare tutte le misure necessarie per eliminare le disparità nel rendimento scolastico tra maschi e femmine, tra bambini provenienti da ambienti so- ciali, economici e culturali diversi e per garantire a tutti i bambini un’istruzione di qualità; (c) adottare misure atte a creare meccanismi e strutture adeguati, con la partecipazione dei bambini, per la prevenzione del bullismo e delle altre forme di vio- lenza nelle scuole e per coinvolgere i bambini nello sviluppo e nell’attuazione di queste misure. (CRC/C/15/Add. 198, punti 43 e 44) come recentemente ricordato anche da parte del Parla- mento Europeo nel fissare le basi per una strategia co- mune per la tutela dei diritti dell’infanzia560. Pertanto l’integrazione e l’inclusione dei bambini e degli adole- scenti con disabilità rappresentano due importanti obiet- tivi, anche in ambito scolastico. In proposito è opportuno precisare che integrazione si- gnifica creare, intorno al bambino e all’adolescente con disabilità, una rete di relazioni che lo renda protagonista del percorso di crescita. Non rappresenta un fatto fisico, come l’inserimento, ma è un fatto di comunicazione, di legami, di conoscenza, di rapporti. La classe non è sem- plicemente un luogo di divulgazione e trasmissione di una serie di abilità e competenze, ma deve configurarsi come la possibilità di vivere in un contesto di vita nel quale si impara ad essere cittadini del e nel mondo561. Nella prassi, invece, come già rilevato nel 3° Rapporto CRC, molto spesso i bambini e gli adolescenti con disabi- lità vengono isolati dai compagni. Questo accade in conseguenza del fatto che i programmi personalizzati e i sussidi tecnologici anche avanzati, a cui hanno diritto i bambini e gli adolescenti con bisogni educativi speciali, diventano nella prassi “interventi indi- viduali”, al di fuori della logica dell’integrazione e del- l’inclusione. Al fine di garantire il diritto all’istruzione nel rispetto delle differenti esigenze dei singoli studenti, ivi compresi quelli con disabilità, è necessario creare spazi personali o di gruppo adeguati a tali esigenze, in modo da consentire agli studenti stessi di innescare dinamiche di solidarietà e cooperative learning, piuttosto che di competitività tra pari, come invece avviene normalmente nelle classi562. Differenziare le proposte pedagogiche a seconda della personalità stessa del bambino e dell’ado- lescente è indispensabile563. Gli interventi didattici in classe, in piccoli gruppi e personali, non dovrebbero ten- dere a “normalizzare” lo studente con disabilità, quanto piuttosto a garantire il doveroso rispetto dei reciproci di- ritti da parte di tutti gli studenti. In questa prospettiva si evidenzia la necessità che tutti gli insegnanti lavorino in collaborazione tra loro, stimolando modalità cooperative tra gli alunni, favorendo la produzione di materiali didat- tici semplificati, utilizzando strumenti e modalità comu- nicative che siano vicine agli stili di apprendimento di tutti gli alunni. Inoltre, considerato che ogni bambino e adolescente con disabilità ha il diritto di essere supportato nell’elaborare una propria ipotesi di vita, a perseguirla, avendo a dispo- sizione tutti i mezzi e le opportunità che la società gli of- fre, l ’ istruzione dovrebbe avere come obiettivo l’educazione inclusiva564 ed essere quindi finalizzata a favorire «lo sviluppo della personalità del bambino e del- l’adolescente nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzia- lità»565. In questa prospettiva, ogni ordine di scuola rap- presenta un’offerta educativo-didattica volta a sollecitare lo studente con disabilità a impossessarsi di competenze utili alla vita autonoma, all’inserimento sociale e, in un futuro prossimo, anche lavorativo e familiare. Nel momento in cui le relazioni instaurate all’interno del- la scuola sono positive e profonde, vengono facilmente portate dai bambini all’esterno della scuola stessa, rag- giungendo in questo modo le famiglie e il contesto extra- scolastico566. Si rileva in proposito la mancanza di una i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 92 4orapportodiaggiornamento2007-2008 560 Il Parlamento Europeo ha adottato il 16 gennaio 2008 con 630 voti a favore, 26 contro e 62 astenuti, la risoluzione n. 2007/2093 relativa al tema «Verso una strategia dell’Unione Europea sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza». Seguendo le raccomandazioni espresse dal rapporto presenta- to dall’On. Roberta Angelilli (UEN, IT), il Parlamento europeo ha accolto l’iniziativa della Commissione Europea che afferma la volontà molto ferma di riconoscere che il bambino ha la stes- sa rilevanza di un soggetto adulto relativamente ai diritti fon- damentali che derivano dalle Convenzioni internazionali e che, in virtù di questo, deve godere di tutti i diritti previsti dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza www.europarl.europa.eu. 561 «Quando la gravità della disabilità non è un ostacolo insor- montabile, si tratta di offrire la possibilità a tutti di scegliere l’esistenza che preferiscono, tramite un accompagnamento adeguato tale da garantire una buona qualità di vita, ovvero il dominio delle proprie azioni e del proprio futuro, la partecipa- zione alla rete sociale e la percezione positiva di sé e dell’im- magine riflessa dagli altri. In termini di autonomia, la qualità della vita non è una condizione fissa, ma un processo a cui ognuno lavora attivamente in collaborazione con gli altri» in Gardou C. Diversità, vulnerabilità e handicap. Per una nuova cultura della disabilità Erickson, Trento, 2006, pag. 44. 562 Dall’esperienza dell’Associazione Valeria Onlus, al contatto con varie realtà ottima è stata la sperimentazione nelle scuole in cui alcune ore della giornata la classe si divideva per varie mate- rie, in modo che ciascun alunno frequentasse corsi differenti di cui uno si può definire classe di sostegno. 563 Far acquisire ad un alunno con disabilità risultati positivi e spendibili nel contesto “classe” gli consente di produrre un giudi- zio di capacità sul proprio operato che inevitabilmente carica di valore l’autostima. 564 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Com- mento Generale n. 9 I diritti dei bambini e degli adolescenti con disabilità, Educazione Inclusiva, cit. 565 Si veda artt. 28 e 29 CRC e Comitato ONU sui diritti dell’infan- zia e dell’adolescenza, Commento Generale n. 1 Le finalità dell’e- ducazione, 2001; traduzione italiana non ufficiale a cura di UNI- CEF Italia e disponibili sul sito www.unicef.it. 566 Cavenaghi S. Un’esperienza di supporto emotiva all’integra- zione scolastica in Atti del Convegno nazionale I diritti dei bambi- ni e degli adolescenti con disabilità organizzato da UNICEF Italia il 5 Febbraio 2008, in collaborazione con la Provincia di Milano, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Gli atti del Convegno, al momento della stesura del presente Rapporto, sono in corso di pubblicazione e il sito www.unicef.it connessione costante e vicendevole tra famiglia, scuola e servizi del territorio567, tra le attività scolastiche e quel- le extrascolastiche e del tempo libero, ovvero di un conte- sto “di rete” nel quale competenze, capacità e professio- nalità diverse si completino vicendevolmente nell’ottica di un obiettivo comune568: garantire una buona qualità della vita adulta al fine di orientare l’insegnamento verso un’integrazione sociale più ampia. Stabilire una connes- sione costante e vicendevole tra famiglia e scuola è im- portante al fine di garantire il diritto fondamentale all’i- struzione del bambino e dell’adolescente con disabilità. Da un lato la famiglia deve poter scegliere la scuola più adeguata alle caratteristiche della disabilità del proprio figlio/a, dall’altro la scuola, deve saper offrire un partico- lare programma per le diverse determinate esigenze. In particolare, come già affermato nel 3° Rapporto CRC, occorre rafforzare il ruolo e la compartecipazione delle fa- miglie e di tutto il personale insegnante nella formulazio- ne del Profilo Dinamico Funzionale (PDF) e del Piano Edu- cativo Individualizzato (PEI). Ogni azione nei confronti dei bambini e degli adolescenti con disabilità non deve esse- re una scelta di un singolo insegnante curricolare o del- l’insegnante di sostegno569, ma dell’intero corpo docen- te. In questo modo si evita il rischio di qualificare la situa- zione della disabilità come statica e definitiva, come voce di spesa tanto nel Piano Offerta Formativa (POF) di ogni istituto che nel bilancio dello Stato. La necessità di una maggiore collaborazione tra famiglie e insegnanti acquista rilevanza anche in considerazione della discontinuità e dello scarso numero degli operatori sanitari, sociali ed educativi570 che dovrebbero rilevare la diagnosi funzionale della disabilità571 ed in mancanza della quale le famiglie non sempre sono in grado di prov- vedere al soddisfacimento delle esigenze scolastiche connesse alla disabilità del proprio figlio/a. Gli insegnan- ti, in quanto incaricati di pubblico servizio572, dovrebbero attivarsi affinché siano predisposti strumenti e program- mi adeguati alle esigenze manifestate dagli studenti, esclusivamente in relazione all’esercizio e al godimento del diritto all’istruzione di tali bambini e adolescenti, sup- portando o anche sostituendosi ai genitori o esercenti la potestà genitoriale nella rilevazione di tali esigenze e nel- la predisposizione di strumenti e programmi idonei573. Negli ultimi anni, a tutela del diritto all’istruzione degli studenti con grave disabilità, sono stati presentati ricorsi contro il Ministero della Pubblica Istruzione, dettati dalla mancanza o inadeguatezza del sostegno574. Nelle deci- sioni emesse dai Tribunali Ordinari è stato rilevato che ta- le situazione comporta un’ingiustificata compromissione di un diritto fondamentale della persona all’educazione, all’inserimento scolastico ed allo sviluppo della persona e non possa essere giustificata dalla mancanza di risorse finanziarie adeguate. Pertanto, di notevole importanza è la disposizione contenuta nella Legge Finanziaria 2008, che prevede la stabilizzazione (ovvero l’assunzione) in tre anni del 70% degli attuali insegnanti di sostegno. Tutta- via, le modalità previste per tali assunzioni non risolvono 4orapportodiaggiornamento2007-2008 93 567 Il tema è stato discusso e approfondito all’interno del Con- vegno nazionale I diritti dei bambini e degli adolescenti con di- sabilità, Workshop Diritto all’Educazione Inclusiva organizzato da UNICEF Italia. Per maggiori approfondimenti si vedano gli Atti del Convegno, cit. 568 «In particolare si tratta di costruire un tessuto connettivo che tenga insieme il diritto all’integrazione che si realizza nelle singole unità scolastiche, con le politiche di sostegno alla scuola da parte del sistema amministrativo e tecnico regionale e nazionale» in Nocera S. Handicap e risorse per l’integrazione. Le risorse degli Enti Locali, Relazione presentata al Convegno organizzato dal Comitato genitori per l’integrazione scolastica Torino, 10 aprile 1999. 569 Anche la segnalazione circa la rilevazione di un disagio di uno studente che non trova soluzione nella sua famiglia, deve essere formulata dal collegio docenti, in modo da non esporre il singolo insegnante pur assolvendo l’obbligo ex art. 362 c.p. «Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servi- zio» (L’incaricato di un pubblico servizio, che omette o ritarda di denunciare all’Autorità indicata nell’articolo precedente un reato del quale abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa del suo servizio, è punito con la multa fino a lire duecentomila. Ta- le disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile a querela della persona offesa ne si applica ai responsabili delle comunità terapeutiche socio- riabilitative per fatti commessi da persone tossicodipendenti affidate per l’esecuzione del pro- gramma definito da un servizio pubblico) ed ex art. 27 comma 1 Cost. (La responsabilità penale è personale). i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 570 Facenti parte dell’equipe collegiale istituita con DPCM 185/2006 che determina nuovi criteri di certificazione. 571 Art. 12 comma 5 Legge 104/1992. 572 Incaricato di pubblico servizio definizione ex art. 358 c.p. «Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servi- zio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico ser- vizio. Per pubblico servizio deve intendersi un’attività discipli- nata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratteriz- zata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale». 573 Sul ruolo giuridico degli insegnanti si veda: Baracchini A., Fenaroli L. La legalità un modello vincente (in corso di pubbli- cazione al momento della stesura del presente Rapporto). In proposito si segnala la rilevanza del DPCM 185/2006 che di- spone che soltanto i genitori o i tutori possono richiedere per iscritto la valutazione della equipe collegiale ai fini della certifi- cazione. Tale Decreto, al momento della stesura del presente Rapporto, non risulta attuato a livello nazionale, ma soltanto in alcune Regioni, tra le quali la Lombardia. 574 I ricorsi sono stati presentati per lo più dai genitori e in un caso dal Sindacato nazionale dei lavoratori scolastici (Snals). Il diritto all’educazione dei minori con disabilità grave in Italia. L’analisi della giurisprudenza italiana Autism – Europe rappor- to Bruxelles 2006. l’annoso ed irrisolto problema della continuità didattica, che troverebbe soluzione solo con un radicale aumento dei posti organici di sostegno575. In materia di sostegno si se- gnala inoltre che è in corso di definizione un atto di intesa Stato-Regioni e Autonomie Locali per la messa a punto di un modello di valutazione e sostegno per l’integrazione scolastica per gli alunni con disabilità, che prevede l’utilizzazione delle classificazioni internazionali dell’Orga- nizzazione Mondiale della Sanità-OMS (IC D 10 e IC F)576. Infine, si evidenzia la necessità che la scuola abbia a di- sposizione uno spazio adeguato, dove bambini e adole- scenti con disabilità abbiano la possibilità di esprimersi, fare nuove conquiste e possano essere sollecitati a di- ventare persone “attive”, in grado di prendere coscienza delle proprie abilità attraverso il proprio diretto coinvolgi- mento nelle scelte fondamentali di vita. Affinché ogni bambino e adolescente possa partecipare pienamente al- la costruzione del suo percorso educativo è indispensabi- le innanzitutto che la scuola provveda all’eliminazione delle barriere architettoniche577. b) Il diritto all’istruzione per i minori stranieri I dati disponibili relativi alle iscrizioni all’anno scolastico 2006/2007 hanno confermato un incremento percentuale del 18,1% delle presenze nelle scuole degli studenti con cittadinanza non italiana rispetto all’anno precedente578. Infatti, nell’anno scolastico 2005/2006 gli studenti con cittadinanza non italiana erano 424.683, mentre nell’an- no scolastico 2006/2007 risultavano essere 501.445. L’incidenza sulla popolazione scolastica in quest’ultimo periodo di riferimento è dunque aumentata, passando dal 4,8% al 5,6%. Da una prima analisi dei dati messi a disposizione annualmente da parte del Ministero della Pubblica Istruzione, uno dei principali aspetti rilevanti ri- guarda il Paese di provenienza degli studenti stranieri. Gli studenti con cittadinanza non europea erano il 51,6% nel- l’anno scolastico 2005/2006 ed il 50,5% nell’anno scola- stico 2006/2007. Tale inversione di tendenza è dovuta al- l’ingresso nell’Unione Europea di nuovi Paesi, in partico- lare della Romania, da cui provengono 68.565 studenti. La Romania rappresenta il secondo Paese di origine degli studenti con cittadinanza non italiana (con il 13,7%), do- po l’Albania (con il 15,6%) e prima del Marocco (13,6%) e della Cina, (4,9%). L’analisi mostra un andamento decre- scente per le provenienze dagli Stati africani, dall’Ameri- ca, dall’Asia e dall’Oceania579. Con riferimento all’ordine e al grado di istruzione, si evidenzia che l’incidenza degli studenti stranieri, complessivamente pari al 5,6%, si di- stribuisce in maniera disomogenea passando dal 6,8% nella scuola primaria al 6,5% nella scuola secondaria di I grado fino al 3,8% nella scuola secondaria di II grado. L’analisi di genere di tali dati, rispetto ai i singoli Paesi di provenienza e relativamente all’anno scolastico 2006/2007 nelle scuole di ogni ordine e grado, permette di evidenziare che le studentesse rappresentano il 47,1% del totale degli studenti provenienti dall’Albania, il 50% degli studenti di origine rumena, il 45,7% degli studenti provenienti dal Marocco ed il 45,5% degli studenti di ori- gine cinese580. Nel 3° Rapporto CRC, era stato possibile evidenziare un «fenomeno di scolarizzazione straniera femminile inferiore di 2 – 3 punti in percentuale alla po- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 94 4orapportodiaggiornamento2007-2008 578 Alunni con cittadinanza non italiana. Sono considerati alunni con cittadinanza non italiana gli studenti, anche se nati in Italia, iscritti alle scuole di ogni ordine e grado, con entrambi i genitori di nazionalità non italiana. La legislazione scolastica italiana propo- ne una distinzione tra minori figli di cittadini comunitari, che sono iscritti di norma alla classe della scuola d’obbligo successiva per numero di anni e di studio a quella frequentata con esito positivo nel Paese di provenienza, e gli alunni extracomunitari. Da Alunni con Cittadinanza non Italiana – anno scolastico 2006/2007, Mini- stero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale per gli Studi e la Programmazione e per i Sistemi Informativi, marzo 2008. 579 Ibidem. 580 Sono complessivamente 78.183 gli studenti di origine albane- se, 68.565 quelli di origine rumena, 67.961 provenienti dal Maroc- co e 24.446 i cinesi. 575 Si veda Nocera S. L’integrazione nella Legge Finanziaria per il 2008 n. 244/07 Leggi Finanziarie (N) - Insegnanti di sostegno scheda n. 242, www.aipd.it/sportelloinformativo/scuola 576 Comunicazione inviata dal Ministero della Salute al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presente Rapporto. 577 Si veda oltre paragrafo «Il diritto alla sicurezza negli am- bienti scolastici». Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Parlamento di completare il procedimento di ratifica della Convenzione ONU sui diritti delle persone con di- sabilità e di adottare ogni adeguato provvedimento al fi- ne di renderla effettiva, in particolare nella parte relativa al diritto all’istruzione (art. 24); 2. Al Ministero della Pubblica Istruzione di predisporre, in tutte le scuole, corsi sulla responsabilità civile e penale degli insegnanti quali incaricati di pubblico servizio e sulle strategie didattiche personalizzate per gli alunni con bisogni educativi speciali a carico; 3. Agli Uffici Scolastici di incentivare e rendere obbligato- ria la collaborazione tra scuole e servizi sociali territoria- li e con le famiglie dei minori attraverso accordi e proto- colli multidisciplinari. polazione residente per età»581. Dal momento che nel rapporto del Ministero della Pubblica Istruzione relativo all’anno scolastico 2007/2008 non sono disponibili dati relativi alla popolazione femminile disaggregati per età e nazionalità di provenienza, nel presente Rapporto non è possibile comparare il numero delle studentesse di origi- ne straniera con la popolazione femminile residente per età corrispondente e per nazionalità. Per quanto riguarda poi la presenza di bambini, bambine e adolescenti rom nelle scuole, in base ai dati presentati dal Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CIDU) al Co- mitato ONU per l’eliminazione della discriminazione razzia- le582, i bambini rom iscritti nella scuola dell’infanzia risulte- rebbero essere 2.103, di cui circa la metà (1.033, pari al 49%) bambine; 6.474, di cui il 48% bambine nella scuola primaria; 3.036, di cui il 45% sono ragazze nelle scuole se- condarie di I grado e 219, di cui 50,2% è rappresentato da ragazze, nelle scuole secondarie di II grado583. Al fine di comprendere l’incidenza di tali dati sarebbe interessante disporre dei dati relativi al totale dei minori rom della stes- sa età presenti in Italia584, mentre per comprendere se il di- ritto all’istruzione dei bambini e degli adolescenti rom è ef- fettivamente garantito sarebbe necessario disporre non solo dei dati relativi all’iscrizione scolastica, ma anche alla frequenza e al tasso di abbandono. Rispetto a quanto evidenziato nel 3° Rapporto CRC si se- gnala che persistono criticità legate a due questioni parti- colarmente rilevanti: gli esiti scolastici585 e la concentra- zione in alcune città e in alcune scuole di studenti e stu- dentesse di origine straniera. Con riferimento al risultato conseguito al termine dell’anno scolastico, si rileva che nell’anno 2006/2007 gli studenti stranieri promossi sono stati il 96,4% nella scuola primaria e il 90,5% nella scuola secondaria di I grado. Il tasso di promozione è inferiore ri- spetto a quello degli studenti italiani, rispettivamente pari al 99,9% e al 97,3%, con una differenza del 3,6% nella scuola primaria e del 6,8% nella scuola secondaria di I li- vello. Ma è nella scuola secondaria di II livello che la diffe- renza dei tassi di promozione tra studenti stranieri e stu- denti italiani aumenta considerevolmente fino a raggiunge- re il 14,4%: gli studenti stranieri promossi sono il 72,% ri- spetto all’86,4% degli studenti italiani. Il tasso di insucces- so scolastico degli studenti stranieri, complessivamente pari al 28%, è così distribuito: negli istituti professionali il 32,1% degli studenti con cittadinanza non italiana non vie- ne ammesso all’anno successivo; ciò accade per il 28,4% negli istituti tecnici, per il 25,5 % negli istituti d’arte e nei licei artistici e, infine, per il 19,7% nei licei classici, scientifi- ci e magistrali. Il tasso più elevato di insuccesso scolastico per gli studenti con cittadinanza non italiana si registra quindi negli istituti professionali e tecnici. Con riferimento alla concentrazione degli studenti in al- cune città e in alcune tipologie di istituto permangono le questioni evidenziate nel 3° Rapporto CRC. Il maggior nu- mero di studenti stranieri si concentra nella Regione Lom- bardia: il 24,2% del totale degli studenti con cittadinanza non italiana. Dall’analisi della distribuzione territoriale emerge che l’incidenza degli studenti con cittadinanza non italiana sul totale degli studenti iscritti è pari al 10,7% in Emilia Romagna, al 10,1% in Umbria, al 9,2% in Lombardia e al 6% in Veneto, Marche, Piemonte, Toscana e Lazio. L’analisi della distribuzione per tipologia di scuo- la secondaria di II grado evidenzia, inoltre, la concentra- zione degli studenti con cittadinanza non italiana negli istituti professionali (7,5%), negli istituti tecnici (4,1%), negli istituti d’arte e licei artistici (2,9%) e infine nei licei classici, scientifici, linguistici e magistrali (1,7%)586. Per quanto concerne le politiche relative alla presenza nelle scuole di studenti con cittadinanza non italiana si segnala che nell’ambito delle iniziative di preparazione al 2008, Anno europeo del dialogo interculturale587, l’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli studenti 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 95 581 Ministero della Pubblica Istruzione Alunni con cittadinanza non italiana – anno scolastico 2005/2006 in cui si riportavano i dati ISTAT a gennaio 2005. 582 Nell’ambito delle risposte scritte (written replies) che l’Italia ha dovuto fornire ai quesiti (list of issues) rivolti da parte del Comitato ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale sulla base del Rapporto governativo presentato nel 2005. Do- cumenti disponibili sul sito www.ohchr.org 583 Cfr. Risposte scritte - Written replies inviate dal CIDU al Co- mitato ONU sull’eliminazione della discriminazione razziale (CERD), nell’ambito dell’esame dell’attuazione in Italia della Convenzione sull’eliminazione della discriminazione razziale, a cui ha partecipato anche una delegazione del Gruppo CRC (20- 21 febbraio 2008), disponibili in inglese sul sito www2.ohchr.org/english/bodies/cerd/cerds72.htm. 584 Si veda oltre capitolo VII, paragrafo «Minori di minoranze etniche: i minori rom, sinti e camminanti». 585 Per esito si intende il risultato finale conseguito dagli alunni al termine dell’anno scolastico; è positivo se lo studente viene ammesso alla classe successiva, negativo se non viene am- messo. Da Alunni con Cittadinanza non Italiana – anno scola- stico 2006/2007 Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale per gli Studi e la Programmazione e per i Sistemi Informativi, Marzo 2008. 586 Ministero della Pubblica Istruzione - Direzione Generale per gli Studi e la Programmazione e per i Sistemi Informativi Alunni con Cittadinanza non Italiana – anno scolastico 2006/2007 marzo 2008. 587 2008 Anno Europeo per il dialogo interculturale, cfr. http://ec.europa.eu/news/culture/070827_1_it.htm stranieri e l’educazione interculturale588 ha pubblicato «La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri»589. In tale documen- to si ribadisce l’esigenza della promozione del dialogo e del confronto che comporta nella pratica scolastica quoti- diana sia l’adozione di strategie di integrazione degli stu- denti provenienti da altri Paesi e, quando ciò sia necessa- rio, misure di carattere speciale dirette all’esito positivo del percorso, sia e soprattutto la scelta dell’intercultura come «paradigma dell’identità stessa della scuola, occa- sione di apertura a tutte le differenze (di provenienza, di genere, di livello sociale, di storia scolastica). Tale model- lo è noto e diffuso come la via italiana per la scuola inter- culturale»590. Nel corso del 2007 è stato anche approvato il finanzia- mento di progetti diretti a promuovere l’integrazione e il dialogo interculturale. In particolare, al fine di diffondere sull’intero territorio pratiche di integrazione scolastica, la Legge Finanziaria 2007 aveva istituito, presso il Ministero della Solidarietà Sociale, un Fondo per l’inclusione socia- le degli immigrati e dei loro familiari con una dotazione di 50 milioni di euro nel triennio 2007 – 2009591. Il piano operativo ha previsto un’area di intervento relativa all’ac- coglienza degli alunni stranieri e degli alunni appartenen- ti alle comunità rom, sinti e camminanti per facilitare i percorsi di inserimento e orientamento scolastico degli alunni e di agevolare il rapporto tra le famiglie e le istitu- zioni. Il Ministero della Solidarietà Sociale ha approvato il finanziamento di progetti relativi all’accoglienza degli alunni appartenenti alle comunità rom, sinti e camminan- ti per un totale di € 941.551,93592. Nel mese di marzo 2008, tuttavia, tale Fondo è stato dichiarato incostituzio- nale e, al momento della stesura del presente Rapporto, non risulta chiaro quali saranno le conseguenze di tale pronuncia593. Nonostante l’intensità delle iniziative che ha caratterizza- to la XV legislatura, le questioni connesse all’integrazione e alla “via italiana per la scuola interculturale” sono anco- ra al centro del dibattito. Da una ricerca pubblicata nel febbraio 2008 emerge che, nonostante il Ministero della Pubblica Istruzione abbia promosso programmi di forma- zione dei dirigenti scolastici, persiste una scarsa prepara- zione ad affrontare il rapporto con le diverse culture che gli insegnanti lamentano per l’assenza di momenti di for- mazione e confronto594. In particolare la ricerca mette in evidenza e critica la mancanza di criteri condivisi che re- golino la presenza e l’inserimento nelle classi degli alunni di origine straniera con il risultato di un’estrema diversifi- cazione delle situazioni tra i territori e anche all’interno di uno stesso territorio. Inoltre la stessa “via italiana all’in- tegrazione” continua ad essere oggetto di confronto co- me dimostra il dibattito parlamentare sul sistema di ac- cesso degli studenti stranieri alla scuola dell’obbligo, sui principi e le modalità di inserimento dei minori stranieri, sull’introduzione di test e specifiche prove di valutazione per l’inserimento nonché sull’istituzione di classi di inse- rimento temporaneo che consentano agli studenti che non superano le prove e i test di frequentare corsi prepa- ratori e propedeutici all’ingresso nelle classi permanen- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 96 4orapportodiaggiornamento2007-2008 588 L’Osservatorio per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale è stato istituito nel dicembre 2006 ed è composto da un comitato scientifico di cui fanno parte esperti del mondo accademico, culturale e sociale, una consulta alla quale partecipano i principali istituti di ricerca, associazioni ed enti che lavorano nel campo dell’integrazione degli alunni stra- nieri e, infine, un comitato tecnico di cui fanno parte gli Uffici del Ministero. L’Osservatorio è stato istituito con decreto ministeriale nel dicembre 2006. Si veda www.pubblica.istruzione.it/dgstudente/intercultura/ intercultura.shtml 589 Ministero della Pubblica Istruzione - Direzione Generale per gli Studi e la Programmazione e per i Sistemi Informativi La via italia- na per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stra- nieri ottobre 2007. 590 La scuola italiana sceglie di adottare la prospettiva intercultu- rale ovvero la via del dialogo e di confronto tra culture per tutti gli alunni e a tutti i livelli: insegnamento, curricoli, didattica, di- scipline, relazioni, vita della classe. Scegliere l’ottica intercul- turale significa non limitarsi a mere strategie di integrazione degli alunni immigrati, né a misure compensatorie di carattere speciale. Si tratta invece di assumere la diversità come para- digma dell’identità stessa della scuola nel pluralismo, come occasione per aprire l’intero sistema a tutte le differenze. Trat- to da Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri cit. 591 Art. 1 comma 1267 Legge 296/2006. 592 Ministro della Solidarietà Sociale di concerto con il Ministro per i Diritti e le Pari Opportunità, direttiva del 19 dicembre 2007 recante la riattribuzione delle risorse finanziarie del Fon- do per l’inclusione sociale degli immigrati di cui all’art. 1 com- ma 1267-1268 Legge Finanziaria 2007 (approvata dalla Corte dei Conti il 14 gennaio 2008). 593 Sentenza della Corte Costituzionale 50/2008, depositata il 7 marzo 2008. Secondo tale pronuncia, il Fondo riguarda i ser- vizi sociali e l’istruzione piuttosto che politiche legate all’immi- grazione; pertanto l’incostituzionalità deriverebbe dal fatto che tali materie non rientrano nella competenza esclusiva dello Stato, ma in quella delle Regioni. Si veda infra capitolo I, para- grafo «Le risorse destinate all’infanzia e all’adolescenza in Ita- lia». 594 Censis Immigrati a scuola 2007. Il 75,9% degli insegnanti intervistati ha dichiarato di avere una scarsa preparazione ri- spetto a culture diverse. Il principale problema segnalato dai docenti relativo all’inserimento scolastico di alunni stranieri è la carenza del supporto dei mediatori (83,5%). L’indagine è consultabile previa iscrizione sul sito www.censis.it ti595. Si osserva infine che, come in passato, manca un’at- tenzione dedicata ai bambini e gli adolescenti con disa- bilità di origine straniera596. c) Il diritto all’istruzione per i minori adottati Il Gruppo CRC ha monitorato l’attuazione del diritto all’i- struzione dei minori adottati a scuola già nel 1° Rapporto CRC597. Nel corso di questi ultimi anni, parallelamente alla crescita del numero di adozioni internazionali, è aumenta- to il numero di studenti adottati presenti nelle scuole ita- liane598 ed i minori che arrivano in Italia a scopo di adozio- ne sono di età sempre più elevata599, alcuni quindi già in età scolare. Di conseguenza la scuola diventa attore di fon- damentale importanza nel loro percorso di inserimento. Da un lato infatti l’ingresso a scuola si arricchisce di comples- sità per i minori adottati, che portano con sé esperienze particolarmente dolorose e storie difficili, dall’altro la scuo- la si trova spesso impreparata ad affrontare il mondo del- l’adozione. L’attenzione da parte degli insegnanti per le peculiarità dei minori adottati, quando si rileva, si ferma al momento dell’inserimento, perdendo così l’occasione di essere un fattore costante. Gli insegnanti risultano poco disponi- bili600 ad affrontare il tema dell’adozione o ad utilizzare la storia personale del minore adottato, in alcuni casi poiché si sentono impreparati ad affrontare il tema, in altri in quanto lo sottovalutano. Risulta pertanto evidente la ne- cessità di predisporre momenti formativi e di approfondi- mento dedicati agli insegnanti al fine di fornire loro stru- menti adeguati ad affrontare il tema dell’adozione. Per questo motivo è fondamentale «sviluppare maggiore si- nergia e integrazione tra le scuole e gli Enti, che seguono l’adozione, e i servizi sociali degli Enti Locali, ponendo al centro la responsabilità e la partecipazione della famiglia adottante»601 ed è quindi auspicabile da parte delle Regio- ni la predisposizione all’interno dei protocolli regionali che regolano la materia adottiva in ambito locale, l’inserimento di una sezione dedicata alla scuola nei per- corsi di post adozione. Si segnala infine la scarsità di rife- rimenti all’adozione nei libri di testo scolastici della scuola primaria. Questo aspetto assume rilevanza sotto due punti di vista: da un lato lo studente adottato non tro- va nei libri utilizzati a scuola alcun riferimento rispetto alla propria realtà; in secondo luogo gli insegnanti non hanno l’opportunità di usufruire di uno strumento come il testo didattico per affrontare l’argomento. 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 97 595 Camera dei Deputati, Seduta n. 183 del 4 luglio 2007 Mozio- ni sulla riorganizzazione del sistema scolastico italiano in rela- zione al fenomeno dell’immigrazione disponibile sul sito www.camera.it 596 Sidoli R. La famiglia straniera con un figlio disabile: strate- gie inclusive a scuola in Cairo M. Pedagogia e didattica specia- le per educatori e insegnanti nella scuola Vita e Pensiero, Mila- no, 2006, pagg. 81-101. L’inclusione scolastica del bambino/adolescente disabile di origine straniera merita e chiede, alla luce della situazione ita- liana, una riflessione specifica. Quanto avviene nel nostro Pae- se, a favore di bambini e adolescenti con disabilità, provenienti da ambienti culturalmente diversi, è generalmente opera della sensibilità e dell’impegno di insegnanti, educatori, operatori delle strutture sanitarie e riabilitative, volontari dei servizi del- l’extrascuola, più che di una pianificazione consapevole del- l’Amministrazione scolastica e dei servizi del territorio. Si ren- de necessario per l’integrazione e l’inclusione di un bambi- no/adolescente con disabilità di origine straniera: conoscere la cultura di appartenenza e il contesto di vita attraverso le lenti del dialogo interculturale, sollecitando la comprensione delle differenze, ma anche e soprattutto delle somiglianze; una dia- gnosi chiara sulla tipologia di difficoltà, che definisca, una li- nea di demarcazione fra natura-incidenza del disturbo e le complicazioni secondarie dovute alla diversità culturale e lin- guistica; la presenza di mediatori culturali; come per il bambi- no e adolescente con disabilità di origine italiana è necessaria la collaborazione con i servizi del territorio con un approccio globale al bambino e all’adolescente e la condivisione, tra tutti i soggetti, del progetto educativo. 597 1° Rapporto CRC, 2005, pag. 13. Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Ministero della Pubblica Istruzione di monitorare la scolarizzazione dei minori stranieri e dei minori rom, in particolare della componente femminile e con riferimen- to alla presenza della popolazione per fasce d’età; 2. Al Ministero della Pubblica Istruzione di continuare a promuovere programmi e misure di sostegno, anche ex- trascolastiche dirette a garantire un’effettiva scolarizza- zione dei minori stranieri e dei minori rom, in particolare della componente femminile; 3. Al Ministero della Pubblica Istruzione di promuovere l’adozione di indicatori di integrazione che tengano con- to non soltanto dei risultati scolastici e della competen- za linguistica ma anche delle relazioni in classe (benes- sere/disagio). 598 Rapporto della Commissione per le Adozioni Internazionali, febbraio 2008. 599 I minori adottati in Italia attraverso l’adozione internaziona- le a partire dal giugno 2000 fino a giugno 2007 sono 16.604. Il 35% dei minori, al momento dell’ingresso in Italia, si collocava nella fascia di età tra i 5 e i 9 anni. La provenienza del 90% dei minori adottati con adozione internazionale si concentra in 15 Paesi, per i quali l’età media risulta essere 5 anni, con un mini- mo di 1 anno e 6 mesi fino a un massimo di oltre 11 anni. Fonte: Rapporto statistico CAI, giugno 2007. 600 Chistolini M. Scuola e Adozione. Linee guida e strumenti per operatori, insegnanti, genitori Ed. Franco Angeli, 2006; Guerrieri O. Oggi a scuola è arrivato un nuovo amico Ed. Ar- mando, 2003. 601 Circolare USR Emilia Romagna 6 febbraio 2007: Azione di accoglienza scolastica per alunni e alunne adottati, Percorsi di post adozione. d) Somministrazione dei farmaci a scuola e assistenza sanitaria scolastica Nel mese di marzo 2008 il Ministero della Salute ha invia- to alla Camera e al Senato602 la Relazione sullo stato sa- nitario del Paese relativa agli anni 2005-2006 dalla quale emerge che le allergie continuano ad occupare il terzo posto come causa di malattia cronica603. I dati relativi al- la prevalenza e all’incidenza di queste patologie in età pediatrica si riferiscono agli studi condotti dallo studio SIDRIA604 e già riportati nel 3° Rapporto CRC. Nel corso del Convegno «Terza Giornata del Bambino Al- lergico» tenutosi a Roma nel mese di febbraio 2008 è sta- to sottolineato inoltre come in Italia si è passati da un 10% della popolazione che nel 1950 soffriva di una mani- festazione allergica alla frequenza attuale di oltre il 30% comprensivo di bambini e ragazzi605. È evidente che la promozione di iniziative, anche di tipo legislativo, atte a garantire nell’ambiente scolastico un’assistenza qualifi- cata per la presa in carico e, in caso di necessità, per la somministrazione dei farmaci per questa fascia di popo- lazione pediatrica, alla quale si aggiungono i tanti bambi- ni affetti da altre malattie croniche e/o rare, debba essere messa nell’agenda politica delle istituzioni scolastiche e sanitarie. Ancora oggi si segnala, come già evidenziato nel 3° Rap- porto CRC606, che la tutela di questo diritto viene disatte- sa e moltissime famiglie si trovano a dover affrontare estenuanti battaglie, per veder garantito il diritto a far frequentare la scuola ai loro figli senza che questo com- porti rischi per la loro salute. In Italia, le professionalità sanitarie continuano a non es- sere previste nell’organico del personale scolastico a dif- ferenza di quanto avviene negli Stati Uniti607 e in alcuni Paesi europei. Nel 2002, a tutela del diritto allo studio e alla salute, il Tribunale del Lavoro di Roma ha emesso una sentenza storica608 in quanto per la prima volta in Italia è stato assegnato ad un alunno affetto da una grave sindrome allergica un infermiere con compiti di assisten- za sanitaria per la somministrazione dei farmaci in caso di necessità, presente nella scuola per tutto l’orario di frequenza scolastica del bambino (comprese le uscite di studio). A seguito di ulteriori sentenze emesse in altre Regioni italiane609, nel novembre del 2005 anche il Mini- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 98 4orapportodiaggiornamento2007-2008 602 Come previsto dal Decreto Legislativo 229/1999. 603 Fonte dati: ISTAT, condizioni di salute e ricorso ai servizi sa- nitari, periodo di riferimento anno 2005, www.istat.it 604 SIDRIA fase 1 (anni 1994/1995) e fase 2 (2002), Studi Italia- ni sui Disturbi Respiratori e l’Ambiente, progetto italiano realiz- zato nell’ambito del progetto mondiale ISAAC. 605 Cavagni G., Frateiacci S., Reali L., Ugazio A.G. Terza Giorna- ta del Bambino Allergico, Conoscere, Ascoltare, Assistere il bambino allergico e la sua famiglia Roma 8-9 Febbraio2008; Prevalence of Asthma and Allergies Among Children and Adole- scents in Italy: 1994-2002, Pediatrics 2006; Sampson HA. Food allergy. Part I: Immunopathogenesis and clinical disorders in J Allergy Clin Immunol 1999. 606 3° Rapporto CRC 2007, pag. 71. 607 Il ruolo dell’assistente sanitario scolastica nel fornire servizi sanitari scolastici. Howard L. Taras, MD, Chairperson,Barbara L. Frankowski, MD, MPH, Jane W. McGrath, MD, Cynthia Mears, DO Robert D. Murray, MD, Thomas L. Young, MD Pediatrics 2001, Vol 13 n. 6. 608 Ordinanza cautelare del Tribunale del Lavoro di Roma sen- tenza 2779 /2002 e successiva sentenza definitiva: dispositivo n. 809 del 15 gennaio 2004. L’ordinanza cautelare confermata dalla successiva sentenza definitiva afferma due principi im- portanti: 1. La Asl non deve realizzare solo prevenzione sanita- ria “collettiva”, ma anche “individuale”, infatti «in particolare l’art. 2 della L. 833/78 stabilisce che il conseguimento delle fi- nalità di tutela del diritto individuale e dell’interesse collettivo alla salute è assicurato anche mediante la prevenzione delle malattie in ogni ambito e la promozione della salute nell’età evolutiva, garantendo l’attuazione dei servizi medico-scolastici negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola materna, e favorendo con ogni mezzo l’integrazione dei soggetti handicappati»; 2. gli alunni con disabilità hanno diritto, anche se in condizione di salute precaria, alla frequenza delle scuole comuni che non può esse- re sostituita dal ricovero presso scuole operanti in day hospital. Afferma infatti il Tribunale: «a fronte dei precisi obbli- ghi di integrazione dei minori portatori di handicap nelle classi comuni delle scuole sanciti dalla legge, il diritto all’istruzione del minore ed inserimento nella scuola ordinaria può essere at- tuato solo garantendo la presenza di personale sanitario in grado di riconoscere e di intervenire tempestivamente nell’e- ventualità di reazioni allergiche a carico del minore, la cui in- sorgenza e gravità è, come comprovato dalla documentazione sanitaria in atti, del tutto improvvisa ed imprevedibile». 609 Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Sezione Lavoro R.G. n. 12287/04. R. Ord. n. 846/04; Tribunale di Ancona, Sezione I, R.G. n. 100196/05. Alla luce di tali considerazioni il Gruppo CRC racco- manda: 1. Alle Regioni di prevedere all’interno dei protocolli regionali in materia di adozione una sezione dedicata alla scuola; 2. Al Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione Gene- rale per il Personale della Scuola di realizzare percorsi di formazione per gli insegnanti per dar loro strumenti idonei per trattare il tema dell’adozione, in collaborazione con le famiglie e con le realtà che sul territorio si occupano di adozione; 3. Al Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione Gene- rale per gli Ordinamenti Scolastici di sollecitare gli editori ad inserire nei testi scolastici il tema dell’adozione in modo che gli insegnanti abbiano uno strumento a disposizione per affrontare l’argomento e gli alunni adottati ritrovino nei testi scolastici riferimenti alla propria realtà. stero della Pubblica Istruzione e il Ministero della Salute hanno recepito l’importanza e la necessità di professio- nalità sanitarie nell’organico scolastico come si evince dall’emanazione congiunta delle raccomandazioni conte- nute nelle «Linee guida per la somministrazione dei far- maci durante l’orario scolastico»610. Grazie all’impegno e all’operato delle associazioni611 in questi anni, nel mese di novembre del 2007, è stato raggiunto un primo obietti- vo molto importante: nella Regione Lazio è stata presen- tata una proposta di legge regionale per l’«Istituzione di Presidi Sanitari Scolastici e norme per la prevenzione ed il controllo delle malattie allergiche e dell’asma bron- chiale»612 che prevede la presenza nella scuola, durante tutto l’orario scolastico, di personale sanitario qualificato in grado di intervenire immediatamente per la sommini- strazione dei farmaci salvavita per i bambini affetti da malattie allergiche ed asma, per i bambini affetti da ma- lattie croniche e/o rare e per l’assistenza a tutta la popo- lazione scolastica per il primo soccorso in caso di emer- genza e/o infortunio. Tale proposta di legge mira a risol- vere i problemi organizzativi, gestionali, legali ed etici connessi alla necessità di tutelare la salute degli alunni affetti da malattie croniche e rare e più in generale di tut- te le persone che studiano e lavorano nella scuola. Al personale del Presidio Sanitario Scolastico infatti si rico- nosce un importante ruolo di riferimento e di collegamen- to tra tutti gli attori coinvolti nel programma di tutela del- lo studente che necessita di assistenza sanitaria durante l’orario scolastico in quanto, oltre alla “presa in carico” degli studenti ha in carico anche la gestione dei collega- menti con le unità di emergenza urgenza (118) e provve- de, quando necessario, alle richieste di intervento di tale servizio. Egli inoltre assolve alla funzione di referente tra la famiglia, la scuola, la ASL e, ove presente, il diparti- mento della medicina preventiva scolastica; collabora inoltre con il personale scolastico nell’ideazione e realiz- zazione dei programmi di educazione alla salute, con le strutture socio/sanitarie territoriali e regionali di riferi- mento per il controllo del rispetto delle diete prescritte in caso di allergie alimentari o di altre problematiche legate all’alimentazione e, quando a ciò preposto, partecipa alla rilevazione di dati epidemiologici e di screening. La pre- senza del personale sanitario qualificato potrà altresì fa- cilitare il superamento delle difficoltà di accesso al servi- zio sanitario delle famiglie disagiate e degli immigrati al- leggerendo il peso ad esse causato dalla malattia e ulte- riormente gravato dalla difficoltà di integrazione nel tes- suto sociale e dalla loro situazione di disagio economico. Al momento della stesura del presente Rapporto la pro- posta di legge regionale è all’esame della Commissione Sanità della Regione Lazio. Si segnala che nelle more del- l’approvazione della proposta, con l’obiettivo di rispon- dere alle esigenze degli alunni di una scuola elementare affetti da gravi forme allergiche a rischio di anafilassi, il XIII Municipio di Roma (Ostia) ha recepito le indicazioni in essa contenute ed ha istituito nel mese di febbraio 2008 il primo Presidio Sanitario Scolastico. Un ulteriore progresso nella tutela della salute di tutti gli studenti e del personale che opera nella scuola è rappre- sentato dall’insediamento nel mese di settembre 2007, presso il Ministero della Salute, di un gruppo di lavoro con il compito di aggiornare ed integrare i contenuti del documento emanato nel 2001 «Linee Guida per la preven- zione ambientale dei fattori di rischio indoor per allergia e asma. Programma specifico di prevenzione ambientale nelle scuole» alla luce delle nuove conoscenze in materia. I risultati del lavoro di aggiornamento dovrebbero essere resi noti nel corso del primo semestre del 2008613. 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 99 610 Ministero della Pubblica Istruzione, Nota n. 2312 del 25 no- vembre 2005. 611 Federazione delle Associazioni dei pazienti allergici e asma- tici e dalle Associazioni regionali ad essa aderenti www.federasma.org 612 Regione Lazio Legislatura VIII - Consiglio Regionale del La- zio, proposta di legge n. 342 del 15 novembre 2007, Istituzione di Presidi Sanitari Scolastici e norme per la prevenzione ed il controllo delle malattie allergiche e dell’asma bronchiale. 613 «Linee guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati» G.U. n. 276 del 27 novembre 2001, supple- mento ordinario n. 252 Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bol- zano che indicano i criteri e le modalità di controllo dell’aria in- door relativamente al rischio allergologico negli ambienti do- mestici e pubblici con una proposta di programma specifico per le scuole. 614 Legge 104/1992 «Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione e i diritti delle persone handicappate». Pertanto alla luce di tali considerazioni il Gruppo CRC raccomanda: 1. Alla Regione Lazio di approvare quanto prima la proposta di legge e di proseguire, nelle more dell’approvazione della legge, alla istituzione dei presidi sanitari scolastici in quelle scuole dove sono presenti alunni a rischio di gravi danni alla salute garantendo loro l’assistenza sani- taria per la somministrazione dei farmaci e il primo soc- corso nel rispetto della Legge 328/2000 e della Legge 104/1992614; nonché alle altre Regioni italiane di legifera- re in merito riprendendo la proposta di legge presentata nella Regione Lazio; e) La dispersione scolastico formativa Rispetto a quanto evidenziato nel 3° Rapporto CRC, la no- vità più rilevante attuata a partire dall’anno scolastico in corso al momento della stesura del presente Rapporto, è senz’altro l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 an- ni, previsto dalla Legge Finanziaria 2007616 e regolamenta- to con Decreto 139/2007617. La decisione di impartire l’istruzione obbligatoria per almeno 10 anni ha come scopo quello di indirizzare i ragazzi verso il conseguimento di un titolo di studio di scuola superiore o di una qualifica pro- fessionale di durata almeno triennale618 e si colloca all’in- terno della più ampia cornice europea che prevede di in- centivare l’impegno di ciascun Governo nel campo dell’i- struzione e della formazione iniziale affinché tutti i giovani abbiano accesso agli strumenti per sviluppare una crescita personale e professionale. L’innalzamento dell’obbligo scolastico, secondo il Ministero della Pubblica Istruzione (MPI), è un primo passo verso la trasformazione dell’istru- zione obbligatoria in un sistema maggiormente fondato sulla trasmissione dei saperi e delle competenze619. In particolare, il documento tecnico allegato al Decreto 139/2007 fa riferimento allo sviluppo e all’aggiornamento delle “competenze chiave” contenute nella Raccomanda- zione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 di- cembre 2006620. Il Decreto 139/2007 contiene inoltre indi- cazioni per le istituzioni scolastiche riguardo all’orienta- mento dei giovani e delle loro famiglie, la formazione dei docenti, il sostegno, il monitoraggio e la certificazione dei percorsi sperimentali relativi ai saperi e alle competenze che si devono maturare nel percorso dell’obbligo. Le no- vità introdotte esprimono un approccio culturale che pun- ta a diffondere atteggiamenti positivi verso l’apprendimento: stimolando la curiosità, la motivazione e l’attitudine alla collaborazione degli allievi si può forse evitare la disaffezione che talvolta i ragazzi maturano nei confronti della scuola e che, combinata con altri fattori so- ciali e personali, porta ad un allontanamento definitivo dal percorso di formazione scolastica. Dal momento che l’anno scolastico 2007/2008 costituisce il primo anno di attivazione di questi percorsi, nonché del- l’innalzamento dell’obbligo scolastico621, il loro reale impat- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 100 4orapportodiaggiornamento2007-2008 615 Dlgs. 626/1992 «Legge quadro sulla sicurezza sui luoghi di lavoro». 616 Art. 1 comma 622, 623 e 624 Legge 296/ 2006. 617 Decreto Ministeriale 139/2007, Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione. 618 Fino al compimento del 18° anno di età inoltre vi è il dirit- to/dovere alla formazione di cui al Decreto 76/2005. 619 Ministero della Pubblica Istruzione Il nuovo obbligo di istruzio- ne: cosa cambia nella scuola. Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica Firenze, 2007. 620 Tali competenze sono: comunicazione nella madre lingua, co- municazione nelle lingue straniere, competenza matematica, com- petenza di base in scienza e tecnologia, competenza digitale, im- parare ad imparare, competenze sociali e civiche, spirito di iniziati- va ed imprenditorialità, consapevolezza ed espressione culturale. Cfr. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/oj/2006/l_394/ l_39420061230it00100018.pdf. Affinché gli studenti siano in grado di sviluppare tali competenze, il MPI propone di strutturare i per- corsi di apprendimento negli anni dell’obbligo scolastico attorno a quattro assi culturali: l’asse dei linguaggi, l’asse matematico, l’asse scientifico-tecnologico e l’asse storico-sociale. 621 La sperimentazione sarà fatta negli anni scolastici 2007/2008 e 2008/2009 in vista della sua messa regime nel quadro della piena attuazione dei nuovi ordinamenti del primo e del secondo ciclo di istruzione e formazione a partire dall’anno scolastico 2009/2010. 2. Al Ministero della Salute e al Ministero della Pubblica Istruzione, nell’ambito delle rispettive competenze, di at- tivare una sorveglianza epidemiologica per raccogliere dati, a partire dagli asili nido, circa le necessità di assi- stenza sanitaria della popolazione scolastica e le espe- rienze in atto in varie realtà italiane; valutare l’efficacia dei corsi attualmente in vigore per il primo soccorso nelle scuole in attuazione della Legge 626/1994615 e successivi decreti attuativi, nonché quello dei corsi specifici, dove realizzati, per la formazione del personale scolastico vo- lontario alla somministrazione dei farmaci a scuola, al fi- ne di verificare la capacità di intervento in emergenza realmente maturata dal personale volontario scolastico; 3. Al Governo, al Ministero della Pubblica Istruzione e alle Amministrazioni regionali e locali nell’ambito delle ri- spettive competenze, di adottare le «Linee guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confi- nati» e rispettare le indicazioni e le modalità di controllo della qualità dell’aria indoor relativamente al rischio aller- gologico negli ambienti scolastici tenendo conto degli ag- giornamenti che saranno indicati dal gruppo di lavoro isti- tuito presso il Ministero della Salute. 44. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di: (a) intensificare gli sforzi per contenere il tasso di ab- bandono scolastico nell’istruzione secondaria; (b)adottare tutte le misure necessarie per eliminare le disparità nel rendimento scolastico tra maschi e femmine, tra bambini provenienti da ambienti so- ciali, economici e culturali diversi per garantire a tutti i bambini un’istruzione di qualità. […] (CRC/C/15/Add.198, punto 44 lett. a, b) to potrà essere valutato solo a partire dai prossimi anni622. Sebbene l’attenzione al tema della dispersione scolastico formativa sia molto viva, non è stato ancora realizzato un si- stema informatico sistematizzato e condiviso che permetta di quantificare con esattezza l’ampiezza del fenomeno. Nel corso degli ultimi anni il MPI ha costituito un’anagrafe na- zionale degli studenti623, strumento che potenzialmente permette di monitorare l’incidenza dei ragazzi che escono dal circuito dell’istruzione, ma che al momento della stesu- ra del presente Rapporto non è ancora stato integrato con i dati delle scuole non statali e tanto meno raccordato con le anagrafi regionali e territoriali (laddove presenti624) relative ai ragazzi che frequentano corsi di formazione o lavorano in apprendistato. Attualmente, quindi, l’anagrafe nazionale fornisce solo fotografie statiche degli iscritti nelle diverse scuole pubbliche di ogni ordine e grado, mentre in prospet- tiva, se messo in rete, potrà consentire di monitorare il per- corso formativo di ogni singolo allievo e di elaborare il fasci- colo elettronico dell’alunno. Per tracciare i contorni del fenomeno dispersione è possibi- le, però, utilizzare dati aggiornati, provenienti da fonti diver- se, che fanno riferimento ad indicatori condivisi a livello na- zionale ed internazionale. ∏ I dati ISTAT625 Secondo le rilevazioni ISTAT gli early school leavers sono circa 900mila. In altri termini i giovani che abbandonano prematuramente gli studi sono il 20,6% della popolazione tra i 18 e i 24 anni, con un’incidenza nella componente ma- schile maggiore di quella femminile (rispettivamente il 23,9% e il 17,1%). Seppur in calo negli ultimi anni (22,9% nel 2004 e 22,4% nel 2005), il tasso di ragazzi tra i 18 e i 24 anni in possesso della sola licenza media e definitivamente fuori dai circuiti formativi registrato in Italia è superiore a quello medio europeo pari al 14,9% e ancora molto lontano dall’obiettivo fissato a Lisbona nel 2000. Analizzando il da- to a livello territoriale si osservano importanti differenze: nella Provincia Autonoma di Bolzano si registra l’incidenza più bassa (10,5%) seguita dalla Regione Lazio (12,3%); al contrario i tassi più alti si registrano in Sardegna (28,3%) e in Sicilia (28,1%). L’ISTAT rileva, inoltre, che la frequenza della dispersione scolastica è influenzata, oltre che dalle ca- ratteristiche dell’offerta formativa, da fattori legati all’am- biente sociale ed economico di appartenenza del giovane. In particolare, rispetto alle caratteristiche socioculturali del- la famiglia di origine, si evidenziano incidenze maggiori di abbandoni precoci laddove il livello di istruzione o quello professionale del capofamiglia sono più bassi: circa l’87% dei giovani usciti dalla scuola prematuramente proviene da famiglie dove la persona di riferimento ha al più la licenza media; tra i “dispersi” si rileva una maggiore incidenza di capofamiglia che esercitano la professione di operaio (36%); il 26,8% dei giovani usciti dalla scuola prematura- mente ha almeno un familiare disoccupato (di contro il 15% di coloro che non abbandonano gli studi). ∏ I dati PISA-OCSE626 L’ultima indagine PISA-OCSE del 2006 non dà segnali posi- tivi sulla qualità degli apprendimenti degli studenti italiani: aumenta la quota di coloro che dimostrano scarse competenze in lettura627, 26,4% (23,9% nel 2003 e 18,9% nel 2000), mentre diminuisce la quota di studenti con ele- vate competenze (22,7% contro il 24,8% nel 2000). Analo- go l’andamento dei dati rilevati rispetto alle competenze matematica628: crescono quelli con scarse competenze in matematica (32,8% nel 2006 di contro il 31,9% nel 2003) e si riduce la percentuale di studenti con elevate competenze (19,6% nel 2006 di contro il 20,5% nel 2003). 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 101 622 Il Ministero della Pubblica Istruzione si avvarrà dell’assistenza dell’Agenzia per lo sviluppo dell’autonomia scolastica e dell’Isti- tuto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istru- zione e formazione – Invalsi, per monitorare e valutare i risultati della sperimentazione. 623 L’anagrafe degli studenti fa parte del SIDI – Sistema infor- mativo nazionale. 624 Ad esempio: Regioni Emilia Romagna, Toscana, Trentino Al- to Adige, Marche; le Province di Roma, Torino, Reggio Emilia; il Comune di Genova. 625 L’indicatore che viene utilizzato per dar conto del fenomeno della dispersione in ambito europeo è calcolato ricorrendo alla rilevazione sulle forze lavoro dell’ISTAT. L’indice si traduce con la quota di 18-24enni che hanno conseguito un titolo di studio al massimo ISCED 2 (scuola secondaria di primo grado) e che non partecipano ad attività di educazione o formazione sul to- tale della popolazione 18-24enne. Fonti: i) ISTAT Rapporto An- nuale 2006; ii) ISTAT Indicatori di contesto chiave e variabili di rottura gennaio 2008. 626 Il progetto Programme for Internazionali Student Assessment (PISA) promosso e sviluppato dall’OCSE valuta la capacità dei quindicenni europei di utilizzare conoscenze ed abilità, apprese durante l’esperienza scolastica e di vita, per risolvere problemi e compiti che vanno oltre la scuola. I dati sono disponibili sul sito: www.pisa.oecd.org 627 PISA definisce la competenza di letteratura (Reading Literacy) come la comprensione e l’utilizzazione di testi scritti e la riflessio- ne su di essi al fine di raggiungere i propri obiettivi, sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità e svolgere un ruolo attivo nella società. Le prestazioni degli studenti rilevate da PISA vengono ri- portate su una scala complessiva di reading literacy suddivisa in 5 livelli. 628 PISA definisce le competenze in matematica (Mathematical Li- teracy) come la capacità dell’individuo nel capire il ruolo della matematica nel mondo, di formulare giudizi matematici fondati e di utilizzare la matematica nella vita presente e futura, quale cit- tadino attivo, impegnato e razionale. Le prestazioni degli studenti rilevate da PISA vengono riportate su una scala complessiva di mathematical literacy suddivisa in 5 livelli. ∏ I dati del Ministero della Pubblica Istruzione629 Sebbene il tasso di scolarità della fascia 6-18 anni nell’anno scolastico 2006/2007 sia salito al 96,2%, i dati sugli esiti degli scrutini e degli esami di Stato delle scuole secondarie di I e di II grado, pubblicati nell’ultima rilevazione statistica del MPI, riportano un aumento delle bocciature nell’ultimo anno: nella scuola secondaria di I grado i ragazzi non am- messi alla classe successiva sono pari al 3% (+0,7% rispet- to all’anno scolastico precedente). In particolare sono au- mentati i bocciati al termine del primo ciclo di istruzione, che percentualmente sono passati dall’0,3% al 2,1%630; nella scuola secondaria di II grado i non ammessi alla classe successiva rappresentano il 13,7% con un aumento rispetto all’anno precedente dello 0,6%. Gli studenti dei licei classici e linguistici presentano il più basso tasso di bocciatura (ri- spettivamente il 5,7% e il 6,1%), mentre le percentuali più alte si concentrano negli istituti professionali (21,5%) e nei tecnici (17,1%). Al termine del secondo ciclo, il tasso di di- ploma si attesta al 97,3%, risultato superiore a quello del- l’anno precedente (96,6%). Tuttavia, occorre rilevare che il MPI ha modificato la normativa relativa all’ammissione al- l’esame di Stato631 per cui alla percentuale di esaminati non diplomati si deve aggiungere anche la percentuale di stu- denti che non sono stati ammessi all’esame, pari al 4% dei frequentanti. Dal punto di vista territoriale, la più alta incidenza di non ammessi si registra nelle Isole: 5,3% nelle scuole seconda- rie di I grado e 21,2% nelle scuole secondarie di II grado. La dispersione, intesa come scarso o mancato rendimento, può essere misurata oltre che dai tassi di bocciatura anche dalla percentuale di studenti promossi con uno o più debiti formativi. La presenza maggiore di studenti con debito si ri- leva negli istituti professionali e tecnici dove rispettivamen- te il 41,1% e il 39,5% si aggiungono alla quota già consi- stente dei non ammessi. A prescindere dalla tipologia di scuola frequentata, le materie nelle quali si registra il mag- gior tasso di debiti formativi sono la matematica e le lingue straniere. Per concludere questa rassegna di dati, si rileva come in tutti i tipi di scuola e nei diversi gradi i risultati delle ragazze siano nettamente superiori rispetto a quelli dei ra- gazzi: il 21% delle ragazze raggiunge risultati brillanti con punteggi superiori a 91% a fronte di un 12,3% dei maschi; l’80% delle ragazze si diploma entro i 19 anni di contro il 69% dei ragazzi. Sebbene negli ultimi anni il trend degli abbandoni scolastici sia in calo, la qualità degli apprendimenti risulta ancora scarsa ed i segnali di dispersione differita (come ad esem- pio le bocciature e le interruzioni del percorso scolastico) sono sempre più frequenti. In attesa di rilevare l’impatto dei cambiamenti didattici introdotti dal Ministero della Pubbli- ca Istruzione, è necessario ricordare che negli ultimi anni le associazioni del Terzo Settore hanno collaborato con le scuole progettando e realizzando attività di contrasto alla dispersione scolastica basate su una filosofia orientata alla partecipazione e alla responsabilizzazione dei giovani. Soli- tamente affrontando il tema della dispersione scolastica ci si focalizza in primis sugli aspetti didattici senza dar troppa rilevanza a quelli sociali e relazionali del fenomeno, tanto è vero che i “rimedi” studiati e proposti vanno principalmente nella prima direzione. Il sostegno didattico e la relazione di aiuto con un adulto di riferimento (ad esempio, docente o altra figura) sono azioni importanti, ma non sufficienti, che possono essere affiancate alla socializzazione con i pari e alla realizzazione di attività che permettano ai ragazzi di ac- quisire abilità personali legate alla socializzazione e volte al raggiungimento di competenze adattive per affrontare au- tonomamente i momenti di passaggio (a volte faticosi) delle varie fasi dell’età evolutiva. Così come dimostrano alcune ricerche sulla dispersione scolastica632, promuovendo la socializzazione e il contatto tra ragazzi con difficoltà e ra- gazzi che non ne presentano, si contrasta in modo più effi- cace e radicale il fenomeno della dispersione633. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 102 4orapportodiaggiornamento2007-2008 629 Ministero della Pubblica Istruzione Notiziario sulla scuola primaria e secondaria di I e II g rado. Anno scolastico 2006/2007; Ministero della Pubblica Istruzione Rilevazione su- gli scrutini ed esami di Stato conclusivi del I e II ciclo. Anno scolastico 2006/2007. 630 Il Decreto Legislativo 59/2004, e la successiva Circolare Mi- nisteriale n. 28 del 15 marzo 2007, ha previsto, per gli esami di Stato conclusivi del primo ciclo di istruzione a partire dall’a.s. 2006/2007, l’ammissione a sostenere l’esame di tutti i fre- quentati il terzo anno, indipendentemente dalla valutazione degli apprendimenti, con l’unica condizione del raggiungimen- to di almeno tre quarti dell’orario annuale. Il cambiamento nor- mativo ha prodotto un aumento dei ragazzi non licenziati, che fino all’anno precedente venivano classificati in parte come non ammessi all’esame. 631 La Legge 1/2007, modificando la Legge 425/1997, ha ripri- stinato il giudizio di ammissione all’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione. 632 Durlak J. A. Successful prevention programs for children and adolescents Plenum Press, New York, 1998. 633 Come buona prassi si segnala l’esperienza dell’associazione Passo dopo passo…insieme, nel Comune di Milano rispetto alla presenza pomeridiana di ragazzi delle scuole medie, anche con difficoltà di apprendimento; caratterizzano l’intervento elementi educativi quali: un ambiente variegato dal punto di vista delle esperienze scolastiche e personali; la costruzione di costruzione di una fitta rete di relazioni con tutti i soggetti che ruotano intor- no al ragazzo, famiglia, scuola, agenzie di riabilitazione, servizio sociale, oratori; la centralità del minore nelle scelte sulle attività da svolgere; l’ottica promozionale e non preventiva. Maggiori informazioni sul sito www.passodopopassoinsiemeonlus.org f) Il diritto alla sicurezza negli ambienti scolastici Rispetto a quanto evidenziato nel 3° Rapporto CRC634, si segnala che persistono notevoli criticità per quanto ri- guarda la sicurezza di bambini e adolescenti nelle scuole. Sulla base dei dati ufficiali in materia di certificazioni de- gli edifici scolastici635, due scuole su cinque sono prive della certificazione di agibilità statica. Il quadro diventa più preoccupante per quanto riguarda la certificazione di agibilità igienico-sanitaria che le ASL dovrebbero rilascia- re: ne sono sprovvisti sei edifici su sette. Quasi due terzi degli edifici non sono in possesso del visto di conformità dei Vigili del Fuoco. La sicurezza tende a decrescere spo- standosi da Nord a Sud. Secondo l’indagine condotta da un’associazioni italiana636 nel 2007 su un campione si- gnificativo di edifici scolastici è aumentata la percentuale delle scuole che non hanno le necessarie certificazioni: il 41% delle scuole monitorate non ha il certificato di agibi- lità statica, il 43% di quello igienico-sanitario, il 52% quello di prevenzione incendi637. L’Anagrafe dell’Edilizia scolastica, avviata circa 3 anni fa dal Ministero della Pub- blica Istruzione, non ancora completata, dovrebbe fornire un quadro aggiornato della situazione e si auspica possa mostrare significativi miglioramenti rispetto agli aspetti descritti. La percentuale delle scuole costruite in zone sismiche ed esposte al rischio sismico, risulta essere molto elevata se si considera che il 40% del territorio italiano è sismico e che più della metà degli edifici scolastici sono stati co- struiti prima del 1974638, anno in cui fu emanata la legge che prevede particolari prescrizioni per la costruzione di scuole in zone sismiche639. Si segnala positivamente che il Governo640, le Regioni e gli Enti Locali hanno recepito l’urgenza di intervenire prioritariamente sulle scuole si- tuate in zone ad elevato rischio sismico e, nell’agosto del 2007, sono stati erogati alle Regioni per la sicurezza an- tisismica 215 milioni di euro per circa 700 interventi641; la seconda tranche, da 295 milioni di euro, verrà stanziata solo a seguito della presentazione dei progetti di inter- vento da parte degli Enti Locali interessati (Comuni e Province). Un fenomeno in preoccupante diffusione, principalmente negli edifici scolastici costruiti negli anni ’40 - ’70, è quel- lo dello sfondellamento dei solai642, con conseguente crollo di intonaco: una scuola su quattro risulta essere interessata da questo fenomeno, diffuso in tutti gli am- bienti dell’edificio scolastico643 e in particolare nelle mense644. Per quanto riguarda la presenza di barriere architettoni- che, la situazione è decisamente migliorata rispetto al- l’ingresso degli edifici scolastici, mentre permane grave in tutti gli altri ambienti scolastici. In particolare, tra i ser- vizi didattici hanno barriere architettoniche le biblioteche nel 30% dei casi monitorati, le mense (25%), i servizi igie- nici (21%), le palestre (19%), i cortili (14%) e le aule com- puter (8%). Tale situazione preoccupa in modo particola- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 103 634 3° Rapporto CRC 2007, pagg. 76-78. 635 Tuttoscuola 1° Rapporto sulla qualità nella scuola, 2007. I dati risalgono al 2004. 636 Cittadinanzattiva V Rapporto nazionale su sicurezza, qualità e comfort a scuola 2007 www.cittadinanzattiva.it 637 Nel 2006, il 32% non aveva il certificato di agibilità statica 32%, il 29% quello igienico sanitario ed il 25% quello di pre- venzione incendi. Cittadinanzattiva IV Rapporto nazionale sulla sicurezza degli edifici scolastici 2006. Il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Ministero della Pubblica Istruzione di implementare il sistema informatico relativo all’anagrafe nazionale de- gli studenti, e di procedere al suo raccordo con quelle realizzate a livello locale; 2. Alle Regioni di costituire o, se già vi hanno provveduto, di potenziare le anagrafi locali; 3. A ciascuna Regione di individuare a livello regionale co- me buone pratiche di contrasto alla dispersione scola- stica i progetti che investono sugli aspetti sociali e rela- zionali, al fine di promuoverli e sostenerli. 638 Legambiente Ecosistemascuola 2007. Elaborazione dati forni- ti dai Comuni italiani. 639 Legge 62/1974 «Provvedimenti per le costruzioni con partico- lari prescrizioni per le zone sismiche». 640 Si segnala anche che nell’ambito delle risorse a disposizione del Ministero della Pubblica Istruzione €20.000.000 sono stati allocati per l’adeguamento strutturale e antisismico di edifici del sistema scolastico. 641 Delibera del Comitato Interministeriale per la Programmazio- ne Economica (CIPE) 143/2006 del 17 novembre 2006 Program- ma delle opere strategiche. Piano straordinario di messa in sicu- rezza degli edifici scolastici in G.U. n. 83 del 10 aprile 2007. 642 Consistente nel distacco e la successiva caduta delle cartelle inferiori dei blocchi di alleggerimento inseriti nei solai composti in cemento armato e laterizio. Questo fenomeno può essere do- vuto a varie cause tra cui impercettibili assestamenti degli edifi- ci, errata esecuzione delle opere, qualità scadente dei materiali, ossidazione dei ferri dei travetti, differenti dilatazioni termiche dei materiali, eccessivo carico delle solette, trascurata manuten- zione e infiltrazioni di acqua, modifiche alle strutture dell’edifi- cio. Fonte: www.sicurtecto.it 643 Cittadinanzattiva V Rapporto nazionale su sicurezza, qualità e comfort a scuola 2007, cit. 644 Rispetto alla condizione delle mense si segnala che nell’11% delle scuole monitorate si utilizzano come mensa locali impropri, inadeguati e non sicuri, in cui, oltre ai crolli di intonaco, è stata rilevata la presenza di fili elettrici scoperti nel 30% dei casi, pavi- mentazione irregolare nel 35%, nonché imbrattamenti, assenza di porte antipanico. re, se si considera che il numero degli alunni con disabi- lità è invece in aumento645. Ambiente Crolli di intonaco Crolli di intonaco rilevati nel 2007 rilevati nel 2006 Corridoi 5% 20% Segreteria 26% 11% Sala professori 21% 14% Servizi igienici 3% 6% Mensa 27% 23% Palestre 12% 15% Biblioteche 17% 8% Aule 3% 5% Occorre inoltre rilevare che oltre alle barriere architettoni- che esistono altre situazioni, meno evidenti ma pericolose per la salute quali radon, amianto, sostanze chimiche uti- lizzate per arredi e materiali edili, pollini e inquinanti deri- vati dal traffico urbano ed industriale o anche la presenza di allergeni di animali domestici, di funghi e muffe, sostan- ze implicate nell’induzione delle allergie e delle malattie respiratorie646. In merito alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, si segnalano alcuni miglioramenti dovuti all’applicazione del- la Legge 626/1994647. Persistono tuttavia situazioni di quo- tidiano pericolo, soprattutto per gli studenti più giovani, ri- spetto alle quali la vigilanza non è sufficiente e l’informazione è scarsa. Ad esempio, nel già citato rapporto del 2007 è stato rilevato che solo nel 45% dei casi i cancelli delle scuole restano chiusi durante l’orario scolastico, le re- cinzioni sono in cattive condizioni, gli spigoli non protetti e gli armadietti non ancorati al muro648. Anche gli incidenti a scuola sono in aumento, così come era stato denunciato due anni fa e come mostrano chiara- mente i dati dell’INAIL, che si fondano sulle denunce pre- sentate dalle scuole, ai quali, pertanto, vanno aggiunti tutti quegli incidenti di diversa entità che non vengono denun- ciati. Nelle scuole monitorate sono stati segnalati 780 inci- denti, di cui ben 631, ovvero il 92%, sono occorsi a studenti. Le cause sono, nel 50% dei casi, accidentali, seguono le ca- dute durante le attività sportive 38% e un 5% è causato da cattive condizioni degli arredi o da uso improprio delle at- trezzature649. Gli ambienti scolastici più pericolosi, in cui il rischio di incidenti è maggiore, sono le mense. Nell’11% del- le scuole monitorate si utilizzano come mensa locali impro- pri, inadeguati e non sicuri, in cui, oltre ai crolli di intonaco, è stata rilevata la presenza di fili elettrici scoperti nel 30% dei casi, pavimentazione irregolare nel 35%, nonché im- brattamenti, assenza di porte antipanico. Tuttavia, è opportuno anche segnalare in positivo l’accresciuta l’attenzione da parte degli operatori della scuola agli aspetti legati alla prevenzione e all’adozione di comportamenti corretti da tenere rispetto alle diverse situa- zioni di emergenza. Ne sono un esempio la crescente diffu- sione ed il sempre maggior consenso che hanno iniziative quali la «Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole»651 ed il «Premio delle Buone Pratiche di Educazione alla Sicu- rezza e alla Salute»652, giunti rispettivamente alla quinta e seconda edizione. Ciò dimostra come da parte delle scuole ci sia un intenso lavoro, portato avanti in collaborazione con i diversi soggetti presenti sul territorio: associazioni, i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 104 4orapportodiaggiornamento2007-2008 645 Nell’anno scolastico 2005/2006 gli alunni con disabilità erano 178.220, il 6% in più dell’anno precedente e il 54% in più rispetto all’anno scolastico 1995/1996. Fonte: Ministero della Pubblica Istruzione La scuola in cifre giugno 2007. Rispetto al diritto all’i- struzione dei bambini con disabilità, si veda infra paragrafo «Il di- ritto all’istruzione per i bambini e gli adolescenti con disabilità». 646 Secondo uno studio del 2002, un bambino su quattro pre- senta sintomi allergici, mentre uno su dieci è affetto da asma bronchiale. Studio SIDRIA 2. 647 Il Dlgs. 626/1994 fissa i limiti minimi di sicurezza e detta le regole per una organizzazione della sicurezza negli ambienti di lavoro. Il suo campo di applicazione è stato esteso anche agli ambienti scolastici con apposito DM 328/1998. 648 Cittadinanzattiva V rapporto nazionale su sicurezza, qualità e comfort a scuola 2007. 649 Cittadinanzattiva III e IV Rapporto nazionale sulla sicurezza nelle scuole 2005-2006. 650 Cittadinanzattiva V rapporto nazionale su sicurezza, qualità e comfort a scuola cit. 651 La «Quinta Giornata della Sicurezza nelle Scuole» (23-24 novembre 2007) ha ottenuto il patrocinio del Ministero della Pubblica Istruzione, del Ministero della Salute, del Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Dipartimento della Protezione Ci- vile, del Ministero della Politiche Agricole Alimentari e Forestali e l’Alto patronato della Presidenza della Repubblica. Ha coin- volto oltre 10.387 scuole (un quarto delle scuole italiane) che hanno realizzato per l’occasione prove di evacuazione, attività di addestramento, incontri con esperti su varie tipologie di ri- schi, incontri assembleari con genitori, cittadini comuni. Cfr. Cittadinanzattiva, www.cittadinanzattiva.it 652 Al «Premio delle Buone Pratiche di Educazione alla Sicurez- za e alla Salute» istituito nell’ambito della Campagna naziona- le Impararesicuri promossa da Cittadinanzattiva (www.cittadinanzattiva.it) hanno concorso 280 progetti riguar- danti la sicurezza e la salute a scuola e, in particolare i seguen- ti ambiti: la sicurezza a scuola intesa come sicurezza struttura- le, l’ educazione ai comportamenti corretti da tenere in caso di emergenza (calamità naturali, incendio, etc.); l’educazione al benessere intesa come educazione ad una alimentazione cor- retta, ad attività motorie e sportive adeguate, all’assunzione di stili di vita sani; la sicurezza a scuola e dintorni intesa come si- curezza e qualità dell’ambiente, sicurezza degli alunni dentro e fuori della scuola, prevenzione del bullismo e del vandalismo, prevenzione circa l’uso di droghe e alcol, utilizzo improprio delle nuove tecnologie, etc.). Enti Locali, forze dello Stato, ma anche soggetti privati, che ci sia una volontà determinata a fare dell’educazione alla si- curezza ed alla salute uno dei temi portanti degli interventi previsti nel Piano Offerta Formativa (POF) e una delle occa- sioni principali di educazione alla cittadinanza attiva dei più giovani, che ci sia una faccia pulita della scuola italiana, po- co conosciuta ai più e ignorata dai media. 2. FINALITÀ EDUCATIVE: L’EDUCAZIONE AI DIRITTI UMANI Troppo spesso i Paesi a democrazia “consolidata”, e l’Italia tra questi, adottano politiche contraddittorie in materia di diritti umani653 usando parametri diversi (i co- siddetti double standard) verso i Paesi Terzi e in ambito interno. L’educazione ai e per i diritti umani in Italia ne è un chiaro esempio. Nonostante le raccomandazioni rice- vute e gli impegni assunti a livello internazionale il nostro Paese continua a risultare inadempiente654. In Italia infat- ti l’educazione ai e per i diritti umani è rimessa alla sen- sibilità del singolo insegnante, non essendo materia ob- bligatoria nella preparazione dei docenti né materia di studio nella scuola dell’obbligo né in quella secondaria. L’educazione ai diritti umani non è una disciplina obbliga- toria nemmeno nelle scuole militari, nonostante l’elevato valore formativo che avrebbe in tali contesti, considerata la funzione che gli studenti potrebbero essere chiamati a svolgere; l’offerta formativa di tali istituti è infatti confor- me ai programmi del Ministero della Pubblica Istruzione per le scuole superiori655. In mancanza di un piano nazionale integrato predisposto del Ministero della Pubblica Istruzione il rischio di fram- mentazione e disomogeneità sul territorio nazionale è molto alto. Purtroppo neppure in materia di educazione alla legalità vi è un’indicazione e programmazione ministeriale e soltanto alcune Regioni656 hanno emanato leggi che favoriscono la realizzazione di progetti di Educazione alla legalità nelle scuole. Nella maggioranza delle Regioni italiane la realizza- zione di obiettivi di educazione alla legalità è quindi lasciata alla discrezionalità dei singoli dirigenti scolastici e docenti e all’impegno delle associazioni di volontariato. E ciò nono- stante l’educazione alla legalità in un Paese come l’Italia, in cui sono presenti associazioni criminali di stampo mafioso, è indispensabile come parte integrante dell’educazione ai diritti umani al fine contrastare la diffusione di una menta- lità e di una pseudocultura che considerano l’interesse indi- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 105 Il Gruppo CRC raccomanda: 1. A tutti gli Enti Pubblici territoriali (Stato, Regioni e Provin- ce Autonome, Province e Comuni) nell’ambito delle rispet- tive competenze di proseguire con investimenti economici significativi e di lungo periodo per garantire interventi di manutenzione ordinaria, oltre che per la messa in sicurez- za degli edifici scolastici a partire da quelli situati in zone ad elevata sismicità, nonché di investire nella realizzazio- ne di campagne di informazione e formazione, promosse anche dalle organizzazioni civiche, volte allo sviluppo della cultura della sicurezza per tutti i soggetti della scuola con particolare riferimento agli studenti e alle loro famiglie; 2. Al Ministero della Pubblica Istruzione di completare entro il 2008 l’Anagrafe dell’edilizia scolastica, ai Comuni e alle Province di favorire la diffusione delle informazioni attra- verso incontri pubblici, utilizzo dei media sullo stato degli edifici scolastici e per mettere a punto programmi di con- trollo dei rischi e delle emergenze condivisi; 3. Alle Amministrazioni Locali di provvedere all’abbattimen- to sia delle barriere architettoniche presenti negli edifici scolastici sia di quelle barriere meno visibili, ma altrettan- to pericolose per la salute dei bambini e degli adolescenti, quali allergeni e sostanze chimiche, attraverso misure di bonifica ambientale. 19. Il Comitato ONU raccomanda che l’Italia: (a) […] (b)sviluppi di programmi sistematici e continui di for- mazione sui diritti umani, compresi i diritti dell’in- fanzia, rivolti a tutti i gruppi professionali che lavora- no per e con i bambini. 44. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di: (a) […] (b) adottare tutte le misure necessarie per eliminare le disparità nel rendimento scolastico tra maschi e fem- mine, tra bambini provenienti da ambienti sociali, economici e culturali diversi e per garantire a tutti i bambini un’istruzione di qualità; (CRC/C/15/Add. 198, punto 19 lett. b, punto 44 lett. b) 653 Si veda a riguardo Hammanberg T., Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa No place for complacency about Human Rights Bruxelles, 24 ottobre 2007. 654 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Commento Generale n. 1 Le finalità dell’educazione 2001 (CRC/GC/2001/1), la Risoluzione 59/113 (Programma Mondiale per l’Educazione ai Diritti Umani) adottata dall’Assemblea Ge- nerale il 10 dicembre del 2004 e le raccomandazioni specifiche al Governo italiano da parte del Comitato ONU sui diritti dell’in- fanzia e dell’adolescenza nel 2003 (CRC/C/15/ Add 198, punto 19 lett. b) e del Comitato ONU sui diritti economici, sociali e culturali nel 2004 (CESCR, 26 novembre 2004 n. 31). 655 Cfr. 2° Rapporto CRC 2006, pag. 53; 3° Rapporto CRC 2007, pag. 95. 656 Sicilia e Campania già negli anni ’80 e di recente anche al- cune regioni del Centro Nord quali Liguria, Toscana, Piemonte. viduale prioritario rispetto al benessere della collettività e ri- tengono la corruzione e l’omertà comportamenti tollerabili. La particolare situazione politica del nostro Paese657 non ha peraltro favorito la prosecuzione dei lavori di integrazione delle indicazioni nazionali ad opera della Commissione Mi- nisteriale di revisione presso il Ministero della Pubblica Istruzione, sia per ciò che attiene l’istruzione primaria che secondaria di primo e secondo grado. La nuova Direzione Generale del Ministero della Pubblica Istruzione avrà anche il compito dell’organizzazione e della realizzazione di corsi di formazione e aggiornamento per il personale scolastico. A maggior ragione oggi che l’Italia è componente del Consi- glio di Sicurezza delle Nazioni Unite e, da giugno 2007 e per i seguenti 3 anni, membro del nuovo Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, ciò risulta particolarmente grave. Inoltre il 2008, oltre che l’anno europeo del Dialogo Inter- culturale, è il sessantesimo anniversario non solo della Co- stituzione italiana, ma anche della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Per celebrare tale anniversario, a febbraio 2008 il Parlamento ha approvato lo stanziamento di un mi- lione di euro658. L’auspicio è che proprio il 2008 non si limiti a mere celebrazioni retoriche, ma che, anche grazie a que- sta disposizione, possa diventare il propulsore di una gran- de azione educativa e formativa per i diritti umani che pro- segua permanentemente negli anni a venire in modo inte- grato e trasparente. 3. GIOCO, ATTIVITÀ RICREATIVE E CULTURALI Nel 3° Rapporto CRC il diritto alla fruizione e partecipazio- ne di bambini, bambine e adolescenti alle attività sporti- ve era stato preso in considerazione nell’ambito della trattazione del diritto al gioco659. Si è ritenuto opportuno dedicare a questa tematica un paragrafo ad hoc, anche in considerazione del fatto che nella Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC), pur non ci- tandosi espressamente il diritto a praticare attività sporti- va, è possibile desumerlo sulla base di un’interpretazione estensiva ed incrociata di alcuni articoli della CRC660. a) Il diritto al gioco Si rileva innanzitutto che per quanto concerne l’attuazione del diritto al gioco nel 2007 non vi sono state significative variazioni rispetto a quanto evidenziato nel 3° Rapporto CRC. Il Movimento e il Premio delle «Città Sostenibili Ami- che delle Bambine e dei Bambini» non è stato riattivato a li- vello nazionale, come invece auspicato661. Sono invece pro- seguite le iniziative legate al gioco e in generale al tema delle città sostenibili già segnalate nel 3° Rapporto CRC: la campagna annuale di ricerca «Ecosistema Bambino», che ha raggiunto la sua X edizione662, la campagna dei «9 passi per le città amiche dei bambini»663, nonché il monitoraggio i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 106 4orapportodiaggiornamento2007-2008 657 La chiusura anticipata della XV Legislatura ha impedito il proseguimento dei lavori avviati dal Ministero della Pubblica Istruzione fino all’elezione del prossimo Governo. 658 Art. 49 bis Legge 31/2008 «Conversione in Legge con modi- ficazione del Decreto Legge 248/2007 recante proroga di ter- mini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria». 659 Cfr. 3° Rapporto CRC 2007, pag. 81. 660 In particolare: art. 3 (superiore interesse del minore); art. 12 (libertà di espressione e diritto ad essere ascoltato), art. 19 (dirit- to alla protezione da ogni forma di violenza), art. 29 (diritto all’e- ducazione), nonché art. 31 (diritto al gioco), art. 32 (diritto a non essere sfruttato in ambito economico), art. 37 (diritto a non esse- re privato della libertà e a non subire torture). 661 Le Città Sostenibili dei Bambini e delle Bambine, www.cittasostenibili.minori.it 662 Si tratta di una ricerca sulle politiche di partecipazione per l’infanzia degli Enti Locali, promossa da Legambiente, nell’ambito della quale viene affrontato il diritto al gioco. Il 4 gennaio 2008, in occasione della celebrazione del decennale della campagna, è stata individuata la città più attenta alla partecipazione dei bam- bini: Torino per il 2007 e Modena nell’arco dei 10 anni. Cfr.www.legambiente.eu/documenti/2008/0102_ecosistema_ba mbino_2008 663 Nell’ambito di tale campagna, il 10 luglio 2007 è stato realiz- zato il convegno Città amiche dei bambini e delle bambine in Ita- lia e in Europa organizzato da Regione Lazio, ANCI Lazio e UNICEF Italia, www.unicef.it Pertanto, il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Ministero della Pubblica Istruzione l’inserimento del- l’educazione ai diritti umani nelle indicazioni nazionali per i Piani di Offerta Formativa delle scuole di ogni ordine e grado, nonché quale materia integrante e trasversale a tutte le discipline scolastiche nella formazione e nell’ag- giornamento degli insegnanti della scuola materna, pri- maria e secondaria; 2. Al Ministero della Pubblica Istruzione di elaborare indi- catori specifici di monitoraggio dell’educazione ai diritti umani nella scuola primaria e secondaria italiana in grado di individuare: il numero dei moduli di diritti umani incor- porati nei curricula di qualunque materia negli ultimi 5 anni; il numero dei moduli di diritti umani incorporati nei testi didattici negli ultimi 5 anni; la percentuale di attività formative per i docenti dedicate ai diritti umani; 3. Al Governo l’immediata istituzione del Comitato che avrà il compito di coordinare le iniziative promosse dalla legge per il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti umani affinché possano avere un profondo impatto educativo e non meramente celebrativo. sull’attuazione del diritto al gioco promosso da una delle associazioni del Gruppo CRC664. Il 26 maggio 2007 è stata celebrata la giornata mondiale del gioco con varie attività ludiche realizzate in diverse città italiane665, nonché ricordata nell’ambito della Prima Confe- renza Nazionale della Famiglia666 con spazi dedicati ai bam- bini per “giocare e imparare con l’arte”667 mentre per pro- muovere il tema della mobilità sostenibile è stata realizzata una iniziativa ad hoc668. Anche in considerazione dell’entrata in vigore della Conven- zione ONU sui diritti delle persone con disabilità669, nel pre- sente Rapporto si ritiene opportuno rivolgere una particola- re attenzione al diritto al gioco per i bambini con disabilità. L’art. 23 CRC, che sancisce il diritto del bambino con disabi- lità «ad avere una vita piena e decente», non può prescin- dere dalla partecipazione al gioco e alle attività ricreative da parte dei bambini e delle bambine con disabilità. L’art. 30 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabi- lità ribadisce il diritto al gioco per il bambino con disabilità con grande chiarezza: «nell’ottica di permettere alle perso- ne con disabilità di partecipare su base di eguaglianza con gli altri alle attività ricreazionali, del tempo libero e sporti- ve, gli Stati Parte prenderanno misure appropriate per: […] (d) Assicurare che i bambini con disabilità abbiano pari ac- cesso alla partecipazione ad attività ludiche, ricreazionali, di tempo libero e sportive, comprese queste stesse attività qualora si svolgessero in ambiente scolastico»670. Tale diritto è parte integrante di una visione più completa della salute del bambino con disabilità che deriva dall’im- postazione ormai unanimemente riconosciuta dettata dal- l’OMS671. Infatti, anche nella nuova versione della Classifi- cazione Internazionale del Funzionamento della disabilità e della salute (ICF) per misurare la salute dei bambini e degli adolescenti con disabilità672 uno dei parametri tenuti in considerazione per la valutazione delle performance è il gioco. Giochi e giocattoli, dunque, devono essere “facilita- tori” ovvero fattori di riduzione della disabilità. Tuttavia, ad oggi, giocare non è un diritto esigibile per il bambino con di- sabilità e questo ha conseguenze importanti sul suo svilup- po emotivo e sulle sue opportunità di inclusione sociale. Mancano campagne di sensibilizzazione al diritto al gioco del bambino con disabilità rivolte ai genitori, agli ammini- stratori e agli operatori, sono pochissime sul territorio le lu- doteche per bambini con bisogni speciali ed è ancora scar- sa la creatività di designer e aziende che favoriscano la pro- duzione di giochi per tutti. In tema di accessibilità e di universal design si segnala che si stanno compiendo tentativi di costruire parchi gioco ac- cessibili in cui la fruibilità del gioco sia garantita ai bambini con disabilità non solo motorie ma anche intellettive e sen- soriali673. La sfida è quella di progettare luoghi di aggrega- zione per tutti i bambini dove il diritto al gioco sia garantito e, contemporaneamente, si crei un aumento di consapevo- lezza sociale della disabilità vissuta senza discriminazione. Il tema riguarda i parchi gioco, ma anche i giardini scolasti- ci, dove spesso le barriere architettoniche e il degrado limi- tano quotidianamente per gli studenti con disabilità occa- sioni di socializzazione e di ricreazione674. 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 107 664 Arciragazzi Vietato vietare il gioco www.vietatovietareilgioco.it 665 Ad esempio, Torino, Pesaro, Pavia, Verona, Cfr. GioNa, Asso- ciazione Nazionale città in gioco, www.ludens.it 666 Firenze, 24-25-26 maggio 2007, www.conferenzanazionalesul- lafamiglia.it 667 Laboratori a cura della Bottega dei Ragazzi, www.istitutodeglinnocenti.it/mudi/bottega.htm 668 Camina Campagna Nazionale per città sicure e strade a misura di persona, Viva la via http://vivilavia.camina.it 669 La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità è entrata in vigore il 3 maggio 2008. Il documento secondo il Se- gretario Generarle Ban Ki-moon «sarà un potente strumento per sradicare gli ostacoli affrontati dalle persone disabili come la di- scriminazione, l’isolamento dalla società, la emarginazione eco- nomica, la mancanza di opportunità di partecipazione sociale». L’Italia ha firmato la Convenzione il 30 Marzo 2007 ed avviato, ma non ancora concluso al momento della stesura del presente Rapporto, il procedimento di ratifica. Traduzione italiana ufficia- le a cura del Ministero della Solidarietà Sociale, pubblicata e di- sponibile sul sito www.welfare.gov.it. Per ulteriori informazioni sullo stato di ratifica: www.un.org/disabilities 670 Art. 30 comma 5 lettera d) Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. 671 Si veda infra capitolo V, paragrafo «Salute, diritti e disabilità». 672 Organizzazione Mondiale della Sanità, ICF-CY Classificazione In- ternazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute - ver- sione per bambini e adolescenti, Erickson, Gardolo (Trento), 2007. 673 Si veda la progettazione di prototipi di giochi accessibili per il Parco dei diritti dei bambini, realizzato da Fondazione Catella a Milano con la supervisione di L’abilità onlus, www.labilita.org prototipi che verranno realizzati nel 2009 e che è auspicabile che diventino adattabili e modulabili anche ad altre realtà del territorio. 674 Sull’importanza del giardino scolastico come luogo di atti- vità inclusive si veda Pollicino verde, un giardino scolastico per tutti i bambini L’abilità, 2004. Il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza di realizzare un’approfondita ricerca nazionale sul gioco e la dimensione ludica delle città e del tempo dei bambini e dei ragazzi, adottando in- dicatori più puntuali di quelli utilizzati nella recente ricer- ca ISTAT (ad esempio la checklist relativa all’art. 31 CRC, indicatori del premio delle città amiche delle bambine e dei bambini, set di in-dicatori specializzati sul gioco e la città) che tengano conto anche dei progetti pilota avviati da diverse organizzazioni; b) Sport e minori A livello internazionale è stata posta l’attenzione sul rap- porto tra bambini, adolescenti e sport in occasione dell’An- no Internazionale dello Sport (2005)675 e dell’Anno Euro- peo dello Sport (2004)676, celebrazione quest’ultima che ha avuto seguito nella recente pubblicazione del Libro Bianco sullo Sport da parte della Commissione Europea677. In Italia, l’ambiente sportivo è il secondo luogo aggregati- vo per bambini e adolescenti dopo la scuola. Da un’indagi- ne ISTAT del 2006, si rileva che pratica sport il 22,5% dei bambini tra i 3 e i 5 anni, il 59,5% tra i 6 e i 10 anni, il 65% dei ragazzi tra gli 11 e 14 anni e il 61,9% tra i 14 e i 17 an- ni678. Complessivamente sono circa 3 milioni i giovani tra i 6 e i 18 anni che praticano sport. Tuttavia, si rileva una scarsa cultura sportiva. Ne è un esempio la tardiva nascita, rispetto agli altri Paesi europei, delle Facoltà di Scienze Motorie responsabili dello svilup- po di una cultura della corporeità legata al movimento e al- lo sport679. A causa di tale grave lacuna formativa persiste una scarsa elaborazione culturale nella trasposizione tra l’idealità sportiva legata allo sport-spettacolo e l’approccio educativo dello sport di base, nonché una scarsa profes- sionalità dei dirigenti e una insufficiente formazione dei tecnici educatori680. Le logiche puramente economiche del- lo sport spettacolo vengono applicate anche a livello dello sport praticato dai ragazzi/e; cresce quindi la preoccupa- zione, da parte di quanti si interessano a questo tema, ri- spetto al coinvolgimento dei bambini e degli adolescenti nelle distorsioni dovute alla prevalenza degli aspetti eco- nomici nel sistema sportivo. Questo accade soprattutto nelle discipline in cui l’età delle massime prestazioni sono particolarmente precoci (ad esempio, ginnastiche, nuoto) o in quelle in cui più espliciti sono i fattori economici (ad esempio, calcio e tennis), a volte anche con il coinvolgi- mento dei genitori681. Se da un lato lo sport diviene sempre più importante come luogo di espressione corporea e di incontro per molti ragaz- zi/e682, il fatto che venga ascritto ad un sistema basato sul profitto, determina una serie di conseguenze negative, che rappresentano una violazione dei diritti di bambini e adole- scenti. Oltre ad innescarsi pericolosi meccanismi di selezio- ne683, i ragazzi e le ragazze che praticano sport a livello ago- nistico, non possono cambiare liberamente squadra. Ci so- no infatti Federazioni del CONI che legittimano il tessera- mento come vincolo: un atleta, anche minorenne, tesserato con una determinata società non ha la possibilità di cambia- re la sua appartenenza se non previa accettazione da parte della precedente. Questa “accettazione” da parte della so- cietà sportiva è legata al rimborso da parte della nuova so- cietà di un “premio di preparazione”, stabilito da precise ta- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 108 4orapportodiaggiornamento2007-2008 680 Si veda in tal senso l’audizione parlamentare di Luigi Agnolin, Presidente del settore scolastico della Federazione Italiana Gioco Calcio, del 2 agosto 2006 nell’ambito dell’indagine conoscitiva «sulle recenti vicende relative al calci professionistico con parti- colare riferimento al sistema delle regole e dei controlli», www.camera.it/_dati 681 Berizzi P. I genitori denunciano: chieste decine di migliaia di euro per un posto del figlio in squadra. I casi di due ragazzi di 15 e 17 anni. Baby-calcio, s’allarga il caso tangenti in La Repub- blica del 14 ottobre 2004; Lettera al giornale Tennis e bimbi ostaggio in La Repubblica ed. Emilia Romagna del 15 marzo 2007. 682 A causa della sempre minore autonomia che viene loro con- cessa, nonché della carenza di attività motorie spontanee e di occasioni di aggregazioni informale tramite il gioco. 683 Sulla base delle nostre osservazioni e con riferimento ad un’opinione condivisa tra coloro che si occupano di sport dal punto di vista educativo, si rileva che un sempre più ristretto gruppo di ragazzi e ragazze che si ipotizza possano raggiunge- re risultati, spesso temporanei, sono soggetti ad allenamenti quantomeno alienanti e sovente oggetto di pratiche violente o semplicemente illecite; la grande maggioranza dei praticanti diviene oggetto di (pseudo) didattiche selettive e spesso inap- propriate alle età. Gli appartenenti a questo secondo, numero- so gruppo frequentemente abbandonano la pratica sportiva portando il nostro Paese tra i primi in Europa nella classifica del burn-out e delle scelte orientate alla sedentarietà. Fonte: UISP. Rispetto alle distorsioni legate alle selezioni e ai metodi con cui vengono svolte si veda Marrese E. Se cominciano da piccoli in Il Venerdì di Repubblica del 22 novembre 2007. 2. Al Ministero dell’Ambiente di rinnovare il percorso legato al Premio delle Città Sostenibili Amiche delle Bambine e dei Bambini, aggiornandolo dopo un decennio di espe- rienze anche alla luce delle elaborazioni nazionali e inter- nazionali sul tema delle Città Amiche dei Bambini e delle Bambine; 3. Alle Amministrazioni Locali di garantire l’accessibilità e la fruibilità dei parchi gioco e dei giardini scolastici a tutte le diverse disabilità, utilizzando linee guida dello univer- sal design e di promuovere ludoteche e spazi gioco che garantiscano i bisogni e le necessità di tutti i bambini. 675 International Year of Sport and Physical Education, 2005, www.un.org/sport/2005 676 Anno Europeo dello Sport, 2004. Per maggiori informazioni: http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l35008.htm 677 Commissione Europea Libro Bianco sullo Sport 11 luglio 2007, disponibile sul sito http://ec.europa.eu/index_en.html 678 ISTAT, La pratica sportiva in Italia-Anno 2006 Famiglia e So- cietà. 679 Corsi di Laurea e Facoltà di Scienze Motorie sono state isti- tuite nel 1999 presso le Università di Bari, Bologna, Cagliari, Cassino, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, L’Aquila, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Roma (Tor Vergata), Torino, Urbino, Verona. belle. Il minore non ha pertanto la possibilità di svincolarsi dalla società presso la quale è iscritto, se non previo paga- mento, e non è nemmeno in possesso della propria tessera federale. Il tesseramento federale, pur avendo registrato ne- gli ultimi anni modifiche a favore della tutela dei minori, pre- senta ancora dei grossi limiti. Ci sono federazioni684 che pre- vedono infatti il tesseramento annuale fino al 14° anno d’età raggiunto il quale il regime di tesseramento prevede dei tempi di vincolo di non meno di cinque anni685. Tali disposi- zioni sono lesive dei diritti dei minori perché determinano un regime di esclusività e l’impossibilità di poter praticare sport e di associarsi secondo modalità e tempi personali. Inoltre, alla base delle pratiche sportive si è affermata la considerazione del corpo come strumento di lavoro, “labo- ratorio vivente” di sperimentazioni tese al miglioramento della prestazione686. Strettamente connesso all’oggettiva- zione del corpo è il ricorso al doping, ovvero all’uso di so- stanze che consentono di ottenere prestazioni migliori ri- spetto a quelle che si otterrebbero con il semplice allena- mento fisico687. Da recenti studi compiuti su tale fenomeno emerge che la percentuale di giovani tra i 14 e i 19 anni che assumano sostanze dopanti oscillano tra l’ 1% e il 3%688, mentre il 15% fa uso di integratori. Il rapporto tra uso di in- tegratori e predisposizione all’assunzione di sostanze do- panti pare essere evidente689. Altri studi690 stimano che la percentuale presunta di utilizzatori di integratori tra gli sportivi tra gli 11 e i 19 anni sia dell’11%. In sport come il ci- clismo è opinione assodata tra gli studiosi che almeno il 50% dei giovani assuma sostanze dopanti o faccia uso di pratiche illecite691. Anche in questi casi accade che i genitori assumono un ruolo sconcertante essendo tra coloro che chiedono di somministrare sostanze ai figli692. In occasione di un sondaggio svolto nel 2003 con il patrocinio del Mini- stero della Pubblica Istruzione su 13 mila ragazzi tra i 13 e i 18 anni, 10.000 hanno dichiarato di praticare almeno un ti- po di sport e, di questi il 7% ha ammesso di assumere so- stanze dopanti693. Un’altra questione merita, infine, di essere affrontata in quanto violazione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in ambito sportivo: la discriminazione che subiscono i ra- gazzi che non sono cittadini italiani nell’accesso alla pratica sportiva694. Le limitazioni al tesseramento imposte dalla FIGC ai calciatori con età inferiore ai 18 anni e provenienti da Paesi Terzi sono in contrasto con gli artt. 2 e 31 CRC695. Come è emerso da recenti fatti di cronaca696, anche altri 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 109 684 Ad esempio, Regolamento Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC), artt. 32, 32 bis, 32ter, 33, 39, 40, 40 bis, disponibile sul sito www.figc.it/Assets/contentresources_2/ContenutoGenerico/74.$ plit/C_2_ContenutoGenerico_3817_lstSezioni_numSezione1_lstCa pitoli_numCapitolo0_upfFileUpload_it.pdf 685 Ad esempio, la Federazione Italiana Atletica Leggera (FIDAL) ha migliorato di recente tali norme prevedendo per i giovani fino al 18 anno d’età un tesseramento annuale. Cfr. Regolamento organico Federazione Italiana di Atletica Leggera, artt. 11-13 (www.fidal.it/files/R_ORGANICO06_agg_2007.pdf). In alcune di esse però (FIPAV) esiste ancora il così dettò “vincolo”, cioè il divie- to per il minore di potersi tesserare per un’altra società apparte- nente alla stessa federazione; tale divieto può avere durata plu- riennale e è applicabile anche nel caso in cui il minore non rinnovi il tesseramento con la società di prima appartenenza. Cfr. Regola- mento Federazione Italiana Pallavolo, affiliazioni e tesseramenti, artt. 31-35 (www.fipav.mo.it/documenti/reg_afftess.pdf). 686 Chiusano M. Diete, fatiche e nessuna vacanza: il prezzo per di- ventare un fenomeno in La Repubblica del 22 ottobre 2006. 687 Milanese F. Mi fa star bene, mi tranquillizza, mi fa stare in com- pagnia… in Cattarinussi B. (a cura di), Adolescenti a Rischio. Stili di vita e comportamenti in Friuli Venezia Giulia Ed. Forum, Udine, 2004. 688 Lucidi F., Zelli A., Mallia L., Grano C., Russo P.M., Violani C. The social cognitive mechanism regulatingadolescents’ use of doping substances, Journal of Sports Sciences, 2008; 26 (5), pagg. 447- 456. Tale ricerca è stata effettuata anche nell’ambito del progetto «Primaedoping» di UISP disponibile sul sito www.asinochidoping.it/primaedoping 689 Intervista a Sandro Donati La Gazzetta del Mezzogiorno del 11 ottobre 2004. 690 Venturi R. Piccoli dopati crescono in l’Espresso 2 dicembre 2004. 691 Salizzoni F. Generazione EPO: altri 4 giovani pizzicati dalla FCI www.sportpro-archivio.it/doping/2003/06. 692 Cappa M. primario di Endocrinologia all’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma in Venturi R. Tanti genitori di figli adole- scenti mi hanno chiesto un ‘aiutino’ per farli crescere di più. Ma il problema è proprio questo: il concetto dell’aiutino è l’anticamera del doping, art. cit. 693 Sintesi del sondaggio disponibile sul sito www.scopertadelcorpoumano.it 694 Commissione Europea Libro Bianco sullo Sport paragrafo 4.5: «lo sfruttamento dei giovani giocatori è un fenomeno costante, e il problema più serio riguarda i bambini che non vengono selezionati per le gare e sono abbandonati in un Paese straniero, e che così sci- volano spesso in una posizione irregolare che ne favorisce l’ulteriore sfruttamento. Sebbene nella maggior parte dei casi questo fenome- no non rientri nella definizione legale della tratta di esseri umani, si tratta comunque di un fenomeno inaccettabile alla luce dei valori fondamentali riconosciuti dall’UE e dai suoi Stati membri […]». 695 Bellomo A. Giovanni Albanese Sport Magazine rivista digitale di marketing e management sportivo www.consulenzasportiva.it, 7 luglio 2006. «Le disposizioni più criticabili riguardano il tesseramen- to di extracomunitari con lo status di “giovani di serie” (calciatori che, dopo il compimento del 14° anno di età, vengono tesserati da un affiliato appartenente ad una delle due leghe professionistiche). Il Comunicato Ufficiale n. 7/2006 consente il tesseramento senza alcuna limitazione numerica di extracomunitari come giovani di se- rie a condizione che a) siano legalmente residenti in Italia da alme- no un anno in quanto trasferiti al seguito della famiglia e per ragioni non legate all’attività sportiva, e b) siano stati tesserati per una so- cietà dilettantistica o che svolga attività di settore per l’attività gio- vanile e scolastica per almeno una stagione sportiva. […] In concre- to, l’applicazione di tali disposizioni […] ha avuto varie volte seguito di fronte all’Autorità giudiziaria statale. Le limitazioni al tesseramen- to applicate a minori extracomunitari già presenti sul territorio ita- liano consisterebbero in disposizioni discriminatorie ai sensi del T.U. 286/1998, poiché in contrasto con i diritti del fanciullo». 696 Lamri T. Sport e barriere in Internazionale 11-17 gennaio 2008, racconta la storia di Aymen, un ragazzo che non può giocare a pallanuoto in serie C perché non cittadino italiano. regolamenti federali prevedono limitazioni all’accesso alla pratica da parte dei minori stranieri697. Tra le azioni positive volte a contrastare i fenomeni de- scritti si segnalano le azioni di sensibilizzazione svolte dal CONI698, le campagne e i progetti degli enti di promozione sportiva699, nonchè le positive e quotidiane buone prati- che svolte da molte società sportive700. Nel 2007 il Mini- stero della Pubblica Istruzione ha promosso il Concorso Nazionale «Fairplay scuola e sport 2007/2008»701, per la promozione dei comportamenti corretti. Il Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione hanno finanziato progetti specifici relativi all’attività motoria scolastica sot- tolineandone la necessità di qualificazione, nonché gli aspetti educativi (benessere, fair play, valore sociale), ed extrascolastica702. È stata anche presentata una proposta di legge per la tutela dei minori nella pratica sportiva703. Nel 2007 l’Italia ha ratificato la Convenzione internaziona- le contro il doping nello Sport704 e il Ministero della Salu- te, l’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con Enti di Promozione Sportiva hanno promosso campagne di informazione sul doping nelle scuole. Infine, si esprime preoccupazione per la diffusione a livel- lo europeo di fenomeni di difficile indagine e rispetto ai quali non vi sono, a nostra conoscenza, dirette evidenze a livello nazionale: lo sfruttamento e l’abbandono di minori provenienti da Paesi Terzi705, nonché la violenza nei con- fronti di giovani atleti. Riguardo a quest’ultimo aspetto, si segnala che l’8 febbraio 2007 il Comitato Internazionale Olimpico706 ha adottato un Protocollo contro gli abusi ses- suali nello sport, soprattutto a livello agonistico707. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 110 4orapportodiaggiornamento2007-2008 697 Art. 82 punto 2 Regolamento Federazione Italiana Tennis (FIT); art. 11 punto 2 Regolamento Federazione Italiana Nuoto (FIN). 698 Sul sito del CONI, nella sezione Etica e promozione dello sport, alla voce Antidoping, sono indicate strutture,norme, strumenti internazionali di contrasto al fenomeno. Cfr. www.coni.it/index.php?id=34 699 Ad esempio, i progetti «Diamoci una mossa», il «Progetto Ul- trà», i «Mondiali antirazzisti», il già citato «Asinochidoping» della UISP (www.uisp.it); i progetti UISP e CSI (www.csi-net.it) negli Istituti Penali Minorili. 700 Si ritiene importante ricordare il valore positivo della proposta e le buone pratiche di molte tra le circa 70.000 Società Sportive Italiane, ma senza fare espressa e specifica menzione di una in particolare di esse per non sminuire il valore delle altre. 701 Indetto dal Ministero della Pubblica Istruzione - Direzione Ge- nerale per lo Studente ed inserito in un percorso educativo-for- mativo volto alla realizzazione di progetti che educhino ad un tifo sportivamente corretto. Per maggiori informazioni: www.benesserestudente.it 702 Come il Programma Nazionale «Scuole aperte». Criteri e para- metri organizzativi disponibili sul sito (www.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/prot4026_07) e il Piano per il «Ben…essere dello studente» (www.vivitibene.it). 703 Camera dei Deputati, proposta di legge 3261 del 20 novembre 2007. La proposta prevede una carta di garanzia che impegna le società sportive firmatarie a rispettare principi basilari quali la partecipazione dei bambini alle gare secondo il principio del “nessuno escluso”, senza discriminazioni; il rifiuto dell’impiego di sostanze dopanti; il contrasto a qualsiasi forma di violenza fisi- ca e verbale nella pratica sportiva. Per vigilare sull’applicazione di questi principi, la proposta di legge prevede la nascita di un Co- mitato nazionale di controllo e coordinamento dello sport dei mi- nori, che verificherà l’applicazione da parte delle Regioni. Queste a loro volta istituiranno un albo delle federazioni, degli enti e del- le società che avranno sottoscritto la carta di garanzia. 704 Legge 230/2007 «Ratifica ed esecuzione della Convenzione In- ternazionale contro il doping nello sport, con allegati, adottata a Parigi nella XXIII Conferenza generale UNESCO il 19 ottobre 2005». 705 Mc Dougall D. Piccoli schiavi in nome del calcio in Panorama del 6 marzo 2008. 706 Consensus Statement Sexual harassment and abuse in sport IOC Medical Commission Expert Panel, 2007,disponibile sul sito http://multimedia.olympic.org/pdf/en_report_1125.pdf 707 Audisio E. in la Repubblica del 28 febbraio 2007. Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Alla Conferenza dei Presidi delle Facoltà e dei Corsi di Laurea in Scienze motorie, al CONI e alle Federazioni affi- liate, nonché agli Enti di Promozione Sportiva, di garanti- re lo sviluppo, la qualificazione ed il miglioramento del li- vello della formazione dei dirigenti e degli educatori spor- tivi, volta soprattutto all’approfondimento degli aspetti educativi e sociali della pratica sportiva, al fine di contra- stare, anche con la collaborazione delle famiglie, moltepli- ci fenomeni tra i quali il drop-out, il tesseramento come vincolo e la compravendita, le violenze e gli abusi, il do- ping, lo sfruttamento, la discriminazione nell’accesso alle attività sportive; 2. Al Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sporti- ve, al Ministero della Solidarietà Sociale, al Ministero della Salute, al Ministero della Pubblica Istruzione di provvedere entro la fine del 2008 all’istituzione e alla no- mina in concertazione tra loro di un Osservatorio naziona- le sullo Sport e i Minori dotato di adeguati strumenti di monitoraggio e di indagine che realizzi un’indagine nazio- nale sulla “adultizzazione” delle pratiche motorie dei mi- nori di 14 anni, sui fenomeni della specializzazione preco- ce e della selezione, sulle cause dell’abbandono della pra- tica sportiva, sull’uso delle sostanze illecite, sulla normati- va riguardante il tesseramento dei minori, nonché che for- nisca periodicamente dati e analisi ad un auspicato Comi- tato di controllo nazionale con potere di interlocuzione con i più alti livelli decisionali; 3. Al Parlamento e ai Consigli Regionali, Provinciali e Co- munali, nell’ambito delle rispettive competenze, di adope- rarsi perché si abbia al più presto un adeguamento della normativa con riferimento alle raccomandazioni contenute nel Libro Bianco sullo Sport presentato dalla Commissione Europea l’11 luglio 2007. La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adole- scenza (CRC) prevede una tutela particolare a favore di al- cuni gruppi di bambini e adolescenti in considerazione del- la loro maggiore vulnerabilità. Si tratta dei minori in situa- zione di emergenza, come i minori rifugiati (art. 22 CRC) e i minori nei conflitti armati (artt. 38 e 39 CRC); dei minori in situazione di sfruttamento economico, compreso il lavoro minorile (art. 32 CRC), abuso e sfruttamento sessuale (art. 34 CRC), vittime di tratta (art. 35 CRC) o di altre forme di sfruttamento (art. 36 CRC); infine dei bambini e adolescenti di minoranze etniche o popolazioni indigene (art. 30 CRC). MINORI IN SITUAZIONE DI EMERGENZA 1. MINORI STRANIERI Nei seguenti paragrafi si intende focalizzare il monitorag- gio sui bambini e adolescenti stranieri, che si trovano sul territorio italiano, con o senza la propria famiglia, in una situazione di particolare vulnerabilità. a) I Minori stranieri non accompagnati Per i minori stranieri non accompagnati (MSNA), così come per la generalità degli immigrati oggi presenti in Italia, non è possibile fare un censimento accurato708. I dati a disposi- zione continuano ad essere parziali e, soprattutto dal 1° gennaio 2007 i minori rumeni e bulgari, in quanto divenuti comunitari, non vengono più registrati dal Comitato Minori Stranieri, né da alcun altro organo centrale. I dati forniti dal Comitato Minori Stranieri (CMS) costituiscono dunque una fotografia parziale in quanto individuano esclusivamente quei minori entrati in contatto con le istituzioni volontaria- mente o quelli intercettati dalle forze dell’ordine. Anche in Europa si riscontrano difficoltà nel rilevare l’effettiva pre- senza di minori stranieri non accompagnati, ma sembrereb- be che l’Italia sia uno dei Paesi più coinvolti709. Al 31 dicembre 2007, i minori stranieri non accompagnati censiti dal Comitato Minori Stranieri erano in totale 7.548, di cui oltre il 74,6% sprovvisto di documenti710. Dalla ripar- tizione per nazionalità emerge che le prime tre nazionalità registrate costituiscono oltre il 50% delle segnalazioni: Ma- rocco (19,8%), Albania (17,2%), Palestina (14%), Egitto (10,7%, in crescita rispetto al passato), Afghanistan (7,1%)711, Iraq (6%), Serbia e Montenegro (3,2%). Con riferimento alle aree di arrivo nel 2007 sono aumentate le segnalazioni dalla Sicilia, ben 2.599 minori pari al 34,4% del totale nazionale, seguita da Lombardia (14,3%), Emilia Romagna (8,5%), Piemonte (8,2%)712. Quanto alla tipologia 4orapportodiaggiornamento2007-2008 111 708 Come ricordato dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) nel suo ultimo rapporto «l’effettiva presenza dei minori stra- nieri sul territorio è di difficile definizione numerica, poiché riguar- da soggetti per la maggior parte irregolari o clandestini, che ha for- te mobilità sul territorio ed incerta titolarità giuridica». ANCI Minori stranieri non accompagnati. Rapporto 2005/2006 Ed. ANCI Servizi. 709 A tal proposito, un recente studio, ha tracciato alcune linee di tendenza che si registrano nel vecchio continente dove si osser- va una diversa dinamica tra Nord e Sud. Mentre nei Paesi setten- trionali ed occidentali i minori stranieri non accompagnati sono per lo più rappresentati da richiedenti asilo, nell’Europa meridio- nale, come Italia, Portogallo e Spagna, la maggioranza è rappre- sentata da minori senza uno status di residenza regolare. Cam- pani G. e Salimbeni O. La fortezza e i ragazzini. La situazione dei minori stranieri in Europa Ed. Franco Angeli, 2007. 710 I dati relativi agli ultimi 5 anni mostrano un andamento varia- bile che ha visto un picco nel 2002 con oltre 9.000 segnalazioni, stabilizzatosi intorno alle 7.000 unità negli anni successivi. 711 Dall’esperienza delle Caritas diocesane sul territorio, i minori provenienti dall’Afghanistan sembrano in larga parte in transito, diretti verso il Nord Europa e, nella loro permanenza in Italia, si stabiliscono generalmente a Roma e Milano. 712 Si segnala però che le statistiche risentono della capacità del territorio in cui insistono di rintracciarli e opportunamente segna- larli ad esempio attraverso un servizio a loro destinato i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia Capitolo VII. Misure speciali PER LA TUTELA DEI minori 46. In accordo con i principi e le disposizioni della Convenzione, soprattutto gli artt. 2, 3, 22 e 37, e con il rispetto dei bambini, richiedenti o meno asilo, il Comitato raccomanda che l’Italia: (a) incrementi gli sforzi per creare sufficienti centri spe- ciali di accoglienza per minori non accompagnati, con particolare attenzione per quelli che sono stati vittime di traffico e/o sfruttamento sessuale; (b) assicuri che la permanenza in questi centri sia più breve possibile e che l’accesso all’istruzione e alla sa- nità siano garantiti durante e dopo la permanenza nei centri di accoglienza; (c) adotti, il prima possibile, una procedura armonizzata nell’interesse superiore del bambino per trattare con minori non accompagnati in tutto lo Stato parte; (d) assicuri che sia previsto il rimpatrio assistito quando ciò è nel superiore interesse del bambino, e che sia garantita a questi stessi bambini l’assistenza per tutto il periodo successivo. (CRC/C/15/Add.198, punto 46) dell’alloggio, il 77,5% dei MSNA censiti dal CMS viene ospita- to in strutture, il 18,2% trova una sistemazione presso privati; mentre il 4,4% rimane senza fissa dimora. Relativamente alla ripartizione di genere, i dati evidenziano come solo 8 MSNA ogni 100 sia di sesso femminile e la classe d’età più rappresentata continua ad essere quella dei 16- 17enni che costituiscono insieme il 75,5% del totale (i 17enni da soli rappresentano il 50,1%), i 15enni sono il 12,3%, una percentuale analoga a quella della fascia molto giovane, com- presa fra i 7 e i 14 anni, pari all’11,4%%. I minori stranieri non accompagnati713 godono di una tutela giuridica che ne vieta l’espulsione e il trattenimento nei centri di permanenza o d’identificazione e, di converso, prevede il ri- lascio di un permesso di minore età nei casi in cui il CMS valuti di non rimpatriare il giovane. Tuttavia l’applicazione pratica delle norme che rilevano in queste ipotesi è stata spesso con- traddittoria e confusa, determinata anche dall’intervento di più autorità, giudiziarie e amministrative, sulle stesse questio- ni. Si rileva invece che per i MSNA non è previsto né il divieto di respingimento in frontiera né adeguate garanzie di prote- zione nel caso in cui destinatario di un provvedimento di re- spingimento. Per quanto riguarda l’accertamento dell’ età, si segnala in po- sitivo che, come raccomandato nel 3° Rapporto CRC, è inter- venuta una Circolare del Ministero dell’Interno, la n. 9 del lu- glio 2007, che afferma la presunzione della minore età fin quando non siano disponibili i risultati della perizia e nel caso in cui all’esito della perizia permangano dubbi. La Circolare af- ferma poi la necessità di fare ricorso a tutti gli accertamenti, comunque individuati dalla legislazione in materia, per deter- minare la minore età, facendo ricorso, in via prioritaria, a strut- ture sanitarie pubbliche dotate di reparti pediatrici. Sarebbe però auspicabile l’adozione di un protocollo che stabilisca procedure uniformi a livello nazionale. Le diverse incongruità o lacune riscontrate nell’applicazione pratica della normativa dedicata ai MSNA sono state sottolineate in più contesti dagli enti e dalle associazioni impegnate sul tema714, e nonostante la disponibilità delle istituzioni competenti nel corso della XV legislatura ad incontrare le Organizzazioni Non Governative e ad ascoltare le preoccupazioni e raccomandazioni di queste ultime, le stesse istituzioni non hanno adottato alcuna riforma normativa. Il disegno di legge delega per la riforma del T.U. sull’immigrazione, a firma del Ministro dell’Interno e del Mini- stro della Solidarietà Sociale715, in cui erano presenti diverse disposizioni volte a tentare il superamento delle difficoltà e in- congruità riscontrate e a «favorire l’inserimento civile e sociale dei minori stranieri, compresi quelli affidati e sottoposti a tute- la» (cfr. punto h) del disegno di legge) è stato presentato dal Governo alla Camera dei Deputati il 30 luglio 2007 e non è an- dato oltre l’avvio dei lavori in I Commissione Affari Costituzio- nali, dove è stato esaminato per l’ultima volta nella seduta del 6 novembre 2007716. Sarebbe pertanto auspicabile che il nuo- vo Governo provvedesse in tempi brevi all’attesa riforma del T.U., riprendendo tutte le disposizione inserite nel disegno di legge citato più favorevoli alla tutela dei minori717. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 112 4orapportodiaggiornamento2007-2008 713 L’art. 1 DPCM 535/99 definisce minore presente non accompa- gnato colui che «non avente cittadinanza italiana o di altri Stati del- l’Unione Europea, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rap- presentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano». 714 Tra cui Amnesty International - Sezione Italiana Non più invisi- bili, in attesa di buone leggi. Un bilancio di 16 mesi di attività del- la Sezione Italiana di Amnesty International per i minori migranti detenuti all’arrivo via mare, 19 giugno 2007, disponibile sul sito www.amnesty.it 715 C. 2976, c.d. disegno di legge Amato-Ferrero. 716 Si veda iter parlamentare disponibile on-line www.camera.it/_dati/lavori/schedela/trovaschedacamera_wai.as p?PDL=2976 717 Si segnalano in particolare le seguenti disposizioni previste nel di- segno di legge delega: 1) il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiari allo straniero che, al compimento della maggiore età, risulti a carico di uno o entrambi i genitori o rimanga a carico di colui che era affidatario o tutore, tenuto conto del reddito degli stessi; 2) la conversione, al compimento della maggiore età, del permesso di soggiorno, rilasciato al minore straniero non accompagnato, in altre tipologie di permesso di soggiorno, compresa quella per accesso al lavoro, a condizione che ne sussistano i presupposti e che il minore straniero abbia partecipato ad un progetto di accoglienza e tutela ge- stito da un ente pubblico o privato in possesso di determinati requisi- ti, con modalità idonee a valutarne l’inserimento sociale e civile da parte del Consiglio territoriale dell’immigrazione presso la Prefettura- Ufficio territoriale del Governo secondo gli indirizzi generali formulati dal Comitato minori di cui al punto 5, cui vengono comunicati i relati- vi elementi informativi; 3) il rilascio del permesso per protezione so- ciale anche allo straniero che, avendo commesso reati durante la mi- nore età, abbia concluso positivamente un percorso di reinserimento sociale, nelle forme e nei modi previsti dal codice penale e dalle nor- me sul processo minorile; 4) l’istituzione presso il Ministero della So- lidarietà Sociale di un «Fondo nazionale di accoglienza e tutela a fa- vore dei minori stranieri non accompagnati» per il finanziamento, an- che parziale, dei progetti di cui al numero 2; 5) la riorganizzazione e la revisione della composizione e delle procedure del Comitato Mino- ri Stranieri istituito presso il Ministero della Solidarietà Sociale, an- che con la previsione di una funzione consultiva dei Consigli territo- riali per l’immigrazione presso le Prefetture-Uffici territoriali del Go- verno in ordine allo svolgimento delle attività di competenza del Co- mitato stesso e di una funzione consultiva del Comitato in ordine al- l’utilizzo del fondo di cui al punto 4; 6) la ridefinizione e l’estensione delle procedure di rimpatrio volontario assistito anche ai minori stra- nieri che, al raggiungimento della maggiore età, non possiedano i re- quisiti per la conversione del permesso di soggiorno per minore età, con la previsione di un titolo di priorità per l’iscrizione nelle liste di la- voratori stranieri suddivise per nazionalità di cui alla lettera a) punto 4; 7) la previsione che, in caso d’incertezza sulla minore età dello straniero, siano disposti gli opportuni accertamenti medico-sanitari e, ove tali accertamenti non consentano l’esatta determinazione del- l’età si applicano comunque le disposizioni relative ai minori; 8) la previsione della convalida da parte del Tribunale per i Minorenni del rimpatrio del minore ultraquattordicenne disposto senza il suo con- senso o del minore infraquattordicenne. Si segnala però in positivo l’emanazione di singoli atti am- ministrativi, quali la già ricordata Circolare del Ministero dell’Interno del 9 luglio 2007 sull’accertamento dell’età e quella del 18 luglio 2007 sui minori comunitari non accom- pagnati718. Nel 3° Rapporto CRC si segnalava che «molte questure non rilasciano alcun per messo di soggior no al l a mag- gior e et à ai msna che non rispondono ai requisiti intro- dotti dalla Legge Bossi-Fini (ovvero esser entrati in Italia prima del compimento dei 15 anni e aver seguito un pro- getto di integrazione per 2 anni)719, anche se sono affida- ti o sottoposti a tutela. Questa interpretazione restrittiva della legge è illegittima in quanto contraria alle sentenze della Corte Costituzionale del 2003 e del Consiglio di Sta- to del 2005 che hanno affermato molto chiaramente che a un minore affidato o in tutela può essere rilasciato un permesso di soggiorno anche se non ha i requisiti dei 3 anni di permanenza e 2 anni di prog etto di inte- grazione»720. Si segnala che la recente Circolare del 28 marzo 2008 del Ministero dell’Interno è intervenuta per «garantire una più omogenea applicazione dei principi di legge che disciplinano la materia». La Circolare chiarisce in via definitiva la parificazione, ai fini del permesso di soggiorno rilasciabile al minore e al suo successivo rinno- vo/conversione, dello status giuridico dei minori sottopo- sti a tutela e di quelli affidati, stante «l’identità dei fini perseguiti dagli istituti dell’affidamento e della tutela». Inoltre ribadisce che la situazione dei minori affidati o sottoposti a tutela non «deve essere confusa con la ulte- riore e distinta fattispecie contenuta nei commi 1 bis e 1 ter dell’art. 32 T.U.», ossia quella relativa ai minori stra- nieri non accompagnati presenti sul territorio da almeno tre anni e inseriti in un progetto di integrazione sociale e civile frequentato per non meno di due anni. Pertanto, in linea con quanto già affermato dal Consiglio di Stato con le sentenze 1681/2005 e 564/2006, al raggiungimento della maggiore età, al minore affidato o sotto tutela po- trà essere rilasciato un permesso di soggiorno «indipen- dentemente dalla durata della sua presenza sul territorio nazionale, dalla frequentazione di un progetto di integra- zione o dal provvedimento del Comitato minori stranieri di non luogo a procedere al rimpatrio» e, viceversa, al mi- nore straniero non accompagnato presente da almeno tre anni e inserito in un progetto almeno biennale, al rag- giungimento della maggiore età “potrà essere rilasciato un permesso di soggiorno a prescindere dalla sottoposi- zione del minore ad un provvedimento di affidamento o tutela»721. Infine si rileva che la Legge Finanziaria 2008 ha aumen- tato l’ammontare del Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati, nell’ambito del quale nel 2007 sono state indi- viduate specifiche risorse anche a favore dei MSNA722, assegnate dal Ministero della Solidarietà Sociale all’ANCI723. Tuttavia, il 7 marzo 2008 la Corte Costituzio- nale ha dichiarato tale Fondo incostituzionale, dal mo- mento che concerne materie, quali i servizi sociali e l’istruzione, di competenza regionale e non esclusiva sta- tale. La Corte ha però precisato che è necessario garanti- re la continuità delle erogazioni, con conseguente salvez- za degli eventuali procedimenti di spesa in corso724. i. Minori non accompagnati cittadini dell’UE Il 6 febbraio 2007 è stato emanato il Decreto Legislativo 30/2007 in attuazione della Direttiva 2004/38/CE725, per regolamentare «il diritto dei cittadini dell’Unione Europea 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 113 718 Si segnala anche la Circolare del Ministero dell’Interno del 7 dicembre 2006 sui minori non accompagnati richiedenti asilo. 719 art. 32 comma 1 bis e ter T.U. 286/1998. 720 La sentenza della Corte Costituzionale 198/2003 e la sen- tenza del Consiglio di Stato 1681/2005 affermano che i requisi- ti stabiliti dal primo comma dell’art. 32 T.U. 286/1998 (affida- mento o tutela) e i requisiti stabiliti dai commi 1-bis e ter dello stesso articolo (ingresso da almeno 3 anni e partecipazione a un progetto di integrazione per almeno 2 anni) sono alternativi e non concorrenti. 721 La Circolare considera anche il caso in cui il minore titolare di un permesso per motivi familiari ex art. 32 comma 1, al raggiun- gimento della maggiore età non sia in grado di soddisfare i re- quisiti prescritti per il tipo di permesso richiesto. In tale ipotesi, la Circolare chiarisce che al minore possa essere rinnovato il pro- prio titolo per la stessa durata di quello del genitore «purché quest’ultimo soddisfi le condizioni di alloggio e di reddito richie- ste per il ricongiungimento familiare dall’art. 29 comma 3 T.U. Tale possibilità discende dalla disposizione dell’art. 30 comma 3 T.U., in cui si stabilisce che il permesso di soggiorno per motivi familiari abbia «la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungi- mento ai sensi dell’art. 29 ed è rinnovabile con quest’ultimo». 722 Si veda anche infra capitolo I, paragrafo «Le risorse per l’infanzia e l’adolescenza in Italia». 723 Nel merito del bando predisposto dall’ANCI l’avviso pubbli- co a presentare proposte per il finanziamento di progetti di pronta accoglienza per minori stranieri non accompagnati Fi- nanziato dal Ministero della Solidarietà Sociale con il «Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati - 2007» è stato pubbli- cato sul sito dell’ANCI, si veda www.anci.it/index.cfm?layout=sezione&IdSez=10321. Il bando rivolto ai singoli Comuni, Comunità montane, Unioni e Consorzi di Comuni che prestano servizi finalizzati all’accoglienza di mi- nori stranieri non accompagnati da almeno tre anni, permet- terà di attivare un sistema diffuso sull’intero territorio nazionale di presa in carico e integrazione dei minori con parti- colare riferimento alla pronta accoglienza. 724 Si veda Corte Costituzionale sentenza 50/2008. 725 Decreto Legislativo 30/2007, di attuazione della Direttiva 2004/38/CE. e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamen- te» nel territorio italiano. Queste norme sono state modi- ficate dal Decreto Legislativo 32/2008, entrato in vigore il 2 marzo 2008, che ha aumentato le formalità relative al soggiorno in Italia dei cittadini UE e ha introdotto alcune restrizioni, oltre ad ampliare e facilitare i casi di allonta- namento. L’adozione definitiva di queste modifiche, le quali incidono sulla situazione dei minori comunitari, sia inseriti in nuclei familiari sia non accompagnati, costitui- sce l’esito finale dell’emanazione consecutiva di più atti normativi nel corso del 2007: il Decreto Legge 181/2007, adottato da un Consiglio dei Ministri straordinario/ riuni- tosi il 31 ottobre 2007 a seguito di un omicidio avvenuto a Roma di cui risultava accusato un cittadino rumeno726, non convertito in legge e quindi decaduto; il successivo Decreto Legge 249 del 29 dicembre 2007, solo parzial- mente diverso dal primo. Tali decreti sono stati oggetto di critiche da parte di alcune ONG e organismi intergover- nativi727 e tra i motivi della preoccupazione vi era la forte indeterminatezza dei nuovi motivi di espulsione dei citta- dini comunitari in particolare dei motivi di «ordine pubbli- co» e dei «motivi imperativi di pubblica sicurezza», la- sciati scarsamente definiti nella norma e quindi fonte di un’eccessiva discrezionalità in capo alle autorità chiama- te ad adottare i singoli provvedimenti. I contenuti del secondo Decreto Legge, anch’esso non convertito, sono infine confluiti nel citato Decreto 32/2008 il quale prevede in positivo, diversamente dal testo originario, la convalida giudiziaria da parte del giu- dice ordinario per i provvedimenti di espulsione728. Re- stano invece non strettamente ancorati a parametri legali i presupposti dell’espulsione, con un conseguente ecces- sivo spazio lasciato all’interpretazione dell’autorità am- ministrativa. La legislazione ricordata ha un forte impatto sui minori comunitari, anche in termini di tutela dei diritti sanciti dalla Convenzione. Le norme citate sono applicabili ai nu- clei familiari con minori e, a differenza che per i minori ex- tracomunitari, non sono esplicitamente previste delle ga- ranzie. Inoltre i minori accompagnati, in particolare di et- nia rom, hanno risentito del clima di discriminazione e delle politiche dell’esclusione prodotti dai decreti729. Per i minori non accompagnati destano invece preoccupazio- ne alcune previsioni normative specifiche. Una questione attiene al soddisfacimento del requisito delle risorse eco- nomiche sufficienti ai fini dell’iscrizione anagrafica, ne- cessaria per i comunitari che intendono soggiornare sul territorio per un periodo superiore a tre mesi. Tale requi- sito è di per sé non dimostrabile da parte di un MSNA. Su questo aspetto è intervenuta la Circolare del Ministero dell’Interno n. 39 del 18 luglio 2007, con cui è stato chia- rito che per i minori comunitari non accompagnati si pro- cede all’iscrizione anagrafica sulla base della decisione dell’autorità giudiziaria minorile che ne dispone l’affidamento o la tutela. Un grave profilo discriminatorio si rinviene infine in mate- ria di allontanamento dei minori comunitari. Per i minori stranieri non accompagnati è infatti vietata l’espulsione, se non per motivi di ordine pubblico, nel qual caso è di- sposta dal Tribunale per i Minorenni. Per i minori comuni- tari invece i decreti sopra ricordati hanno previsto l’ipotesi di allontanamento del minore per motivi «impe- rativi di pubblica sicurezza» (che, come ricordato, non so- no definiti dalla norma in maniera precisa) e in questi casi i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 114 4orapportodiaggiornamento2007-2008 726 Dalla comunicazione ufficiale del Governo relativa al Decre- to Legge 181/2007: «Dopo i gravi episodi di cronaca avvenuti a Roma, il Governo nel Consiglio dei Ministri straordinario del 31 ottobre 2007 ha trasformato in un Decreto-Legge le misure di espulsione dei cittadini comunitari e le conseguenti competen- ze dei Prefetti, contenute nel disegno di legge in materia di si- curezza urbana». 727Si veda il comunicato stampa emesso il 7 novembre 2007 dalla Sezione Italiana di Amnesty International, la quale «si è detta sorpresa per il modo affrettato e reattivo con cui sono stati adottati provvedimenti di portata generale che modifica- no le norme relative alla permanenza sul territorio italiano e al- le espulsioni dei cittadini dell’Unione Europea» e con l’occasione «ha sottolineato la necessità che i rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali, gli esponenti politici e gli operatori dei mezzi di informazione adottino un atteggiamento responsabile e obiettivo che stigmatizzi le responsabilità indi- viduali e prevenga gli attacchi xenofobi». www.amnesty.it/pressroom/comunicati/CS127-2007.html. Il Presidente dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha richiamato le istituzioni italiane a far sì che all’ar- resto di un cittadino rumeno sospettato di un omicidio non se- guisse una “caccia alle streghe” (“witch-hunt”) dei rumeni. Il comunicato (n. 747 del 7 novembre 2007) è disponibile sul sito www.coe.int/T/DC/Press/WCD/AllPR_en.asp# 728 Sono invece di competenza del TAR di Roma i provvedimenti di espulsione emessi ai sensi dell’art. 20 comma 1 e 2 e per moti- vi di ordine pubblico (art. 22 comma 1). 729 Si veda ad esempio l’articolo di Nando Sigona, Ricercatore presso il Refugee Studies Centre, Università di Oxford, che trae spunto dai risultati di una ricerca in via di pubblicazione condotta dall’associazione OsservAzione per l’OSCE tra novembre 2007 e dicembre 2007: «Molte persone hanno deciso di abbandonare le città dove vivevano per tornare in Romania o per spostarsi in lu- oghi meno pericolosi. I bambini rom hanno risentito particolar- mente di queste migrazioni forzate, essendo costretti ad abban- donare la scuola e i luoghi conosciuti. Costretti alla macchia con i loro genitori da iniziative politiche che forse producono vantaggi elettorali nel breve periodo, ma che sul lungo termine creano crit- icità, riducono la fiducia nelle istituzioni di quelli che sarebbero nuovi cittadini e minano ogni tentativo, pur piccolo, di inte- grazione che si era avviato». Articolo disponibile sul sito www.osservazione.org/emergenzaromromeni.htm l’espulsione, così come per gli adulti, è disposta dal Mini- stero dell’Interno, senza che siano previste speciali ga- ranzia a tutela dell’interesse del minore. b) Minori richiedenti asilo e accoglienza in frontiera L’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951730 definisce rifugiato chiunque si trovi fuori del proprio Paese di origi- ne e non possa o non voglia ritornarvi a causa di un fon- dato timore di persecuzione per le sue opinioni politiche, per la sua nazionalità, per la sua razza, per la sua religione o per la sua appartenenza ad un determinato gruppo so- ciale, persecuzione contro la quale il suo Governo non può o non vuole fornirgli un’adeguata protezione. La Costitu- zione731 prevede che chiunque ha il diritto di cercare ed ottenere protezione in Italia se nel suo Paese non può go- dere delle libertà fondamentali assicurate dalla Carta co- stituzionale, disponendo in materia una riserva di legge. Nel corso del 2007 si sono registrati dei progressi nella produzione legislativa in materia di asilo, soprattutto gra- zie all’adozione di due Decreti Leg is l at ivi (Dlgs. 251/2007 e Dlgs. 25/2008), derivanti dall’obbligo dell’I- talia di recepire le Direttive dell’Unione Europea in mate- ria di qualifica di rifugiato e di procedure ai fini del rico- noscimento della protezione internazionale732. Entrambi i decreti hanno apportato degli elementi migliorativi ri- spetto alle Direttive europee, avvalendosi il Governo del- la facoltà di disporre norme più favorevoli, tra cui, a livel- lo generale, spicca l’introduzione dell’effetto sospensivo del ricorso avverso il diniego dello status di rifugiato. In- fatti la possibilità di permanere nel territorio durante il periodo del ricorso è un importante strumento di tutela da un rinvio forzato nel Paese di origine delle persone a rischio di persecuzione la cui domanda di asilo sia stata erroneamente rifiutata in prima istanza. Sono inoltre ap- prezzabili la previsione del diritto al ricongiungimento fa- miliare anche per il minore beneficiario della protezione sussidiaria ai sensi dell’art. 29 bis T.U. 286/1998 in mate- ria di immigrazione733, la previsione della nomina del tu- tore entro 48 ore dalla segnalazione734 e le disposizioni riguardanti il rilascio del titolo di viaggio735, sebbene le associazioni di settore chiedano che tale disposizione venga accompagnata da chiare norme regolamentari at- tuative, al fine di evitare il perdurare della eccessiva di- screzionalità amministrativa in materia. L’Italia però è ancora sprovvista di una legge organica in 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 115 730 Convenzione relativa allo status di rifugiati, Ginevra, 18 lu- glio 1951. 731 Art. 10 comma 3 Cost. 732 Rispettivamente il 19 febbraio 2008 e il 2 marzo 2008, sono entrati in vigore i Decreti Legislativi: Dlgs. 251/2007 «in tema di attribuzione della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale e sul contenuto minimo della protezione riconosciuta» di recepimento della Direttiva 2004/83/CE del Consiglio del 29 aprile 2004, disponibile sul sito www.governo.it/Governo/Provvedimenti/dettaglio.asp?d=371 98; Dlgs. 25/2008 «in tema di procedure ai fini del riconosci- mento e della revoca della protezione internazionale» di re- cepimento della Direttiva 2001/55/CE del Consiglio del 20 luglio 2001, disponibile sul sito www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/testi/08025dl.htm 733 Art. 22 Dlgs. 251/2007. 734 Art. 26 Dlgs. 25/2008. 735 Art. 24 Dlgs. 251/2007. Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Ministero della Solidarietà Sociale il miglioramento del sistema di raccolta dei dati sui MSNA a livello nazio- nale (in termini di completezza, disaggregazione, aggior- namento e accessibilità) e la formazione degli operatori che a vario titolo lavorano con MSNA; 2. Al Ministero della Salute di concerto con il Ministero dell’Interno la predisposizione di una procedura unifor- me sul territorio nazionale per l’identificazione dei minori non accompagnati e la determinazione dell’età rispettosa della dignità ed integrità dei minori, la quale consti di me- todi di indagine diversificati e tra loro combinabili e la cessazione dell’utilizzo della radiografia del polso; 3. Al Ministero dell’Interno l’adozione di norme che vietino il respingimento dei minori non accompagnati o in subor- dine la disposizione di procedure per il respingimento che prevedano adeguate garanzie di protezione del minore. 20. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di prestare attenzione alla condizione di vulnerabilità dei minori richiedenti asilo, rifugiati, e migranti in Italia, coinvolti in conflitti armati, rafforzando i suoi sforzi per: (a) identificare questi minori nella primissima fase; (b) fornire loro un assistenza multidisciplinare cultu- ralmente valida per il loro recupero fisico e psico- logico e la loro reintegrazione sociale; (c) raccogliere sistematicamente dati sui minori rifu- giati, richiedenti asilo e migranti sotto la propria giurisdizione, che possano essere coinvolti nelle ostilità in patria; (d) formare regolarmente le autorità che lavorano per e con i minori richiedenti asilo, rifugiati e migranti, che possano essere coinvolti nelle ostilità in patria. (CRC/C/OPAC/ITA/CO/1, punto 20) materia di asilo e, nonostante fossero pendenti diversi di- segni di legge in materia nel corso della XV Legislatura, que- sta si è chiusa senza aver dotato l’Italia di tale normativa. Persistono quindi delle lacune e delle criticità, che non sono state risolte dall’adozione dei menzionati decreti di attua- zione delle Direttive europee, criticità che investono anche i minori. Il citato Decreto Legislativo 251/2007 in materia di qualifica di rifugiato, ad esempio, non prevede, in violazione dell’art. 3 CRC e dell’art. 28 T.U. 286/1998 in materia di immigrazio- ne, che la valutazione rispetto al riconoscimento dello sta- tus di rifugiato o di protezione internazionale nei confronti di un minore debba prevedere come considerazione premi- nente il superiore interesse del minore, il quale invece è preso in considerazione solo rispetto alla decisione in meri- to all’accoglienza e all’eventuale rintraccio dei familiari. Tra le principali questioni ancora irrisolte vi è inoltre la pre- visione dei Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CA- RA), di cui all’art. 21 Dlgs. 25/2008, la cui natura, anche giu- ridica, appare ambigua. Le associazioni ne denunciano in- fatti la somiglianza ai centri di identificazione, il cui caratte- re detentivo dovrebbe invece, secondo le dichiarazioni del Governo, essere “superato”. A tale proposito il fatto, in sé positivo, che sia vietato il trattenimento presso questi centri dei minori non accompagnati736 giustifica il timore delle as- sociazioni rispetto alla possibile natura detentiva di tali strutture. Desta inoltre preoccupazione il fatto che non sia- no invece previste limitazioni per il trattenimento dei nuclei familiari con minori, in apparente contrasto con l’art. 37 CRC, il quale prevede che la detenzione dei minori sia posta in essere solo come ultima risorsa e vieta la detenzione ille- gittima ed arbitraria. Al momento della stesura del presente Rapporto, è in discussione il regolamento di attuazione del Dlgs. 25/2008, in cui verranno meglio specificate le caratte- ristiche e le modalità di gestione dei CARA. Per quanto riguarda l’accoglienza in frontiera, nel corso del 2007 si segnalano alcuni miglioramenti rispetto ai minori giunti in Italia via mare737, ed in particolare rispetto alla di- vulgazione dei dati relativi agli arrivi dei minori presso la frontiera marittima. All’inizio del 2007, per la prima volta, il Ministero dell’Interno ha reso noti i dati rispetto agli arrivi dei minori via mare negli anni precedenti, che hanno mo- strato l’alta percentuale di minori (oltre il 7%) tra i migranti e i richiedenti asilo giunti in Italia via mare nel 2005 e 2006738. Questa percentuale risulta ulteriormente aumenta- ta (10,6 %) nei dati pubblicati dal medesimo Ministero relati- vamente al 2007739. Si segnala inoltre l’abbreviarsi dei tem- pi di permanenza di migranti e richiedenti asilo a Lampedu- sa e il progressivo superamento, nei confronti dei minori non accompagnati, della prassi di far seguire un ulteriore perio- do di detenzione in altro centro (generalmente del Sud Ita- lia) a quello applicato a Lampedusa: l’insieme dei due ele- menti ha prodotto una drastica riduzione dei tempi di deten- zione dei minori non accompagnati dopo l’arrivo740. Le pras- si tuttora applicate però non impediscono che un numero non quantificabile di minori, accompagnati o meno, venga ancora trattenuto presso i centri di identificazione, di perma- nenza temporanea o di “accoglienza”. Ciò è dovuto soprat- tutto alla mancata applicazione del principio del beneficio del dubbio, ossia l’applicazione delle norme relative ai mino- ri in tutti i casi in cui la maggiore età non sia determinata o determinabile con certezza, nella fase dell’identificazione successiva all’arrivo via mare o nel momento del primo con- tatto con le autorità di pubblica sicurezza. Rispetto a questo tema è apparso come un importante passo in avanti l’emanazione nel luglio 2007, da parte del Ministro dell’In- terno, della Circolare741 che indica alle Questure e agli altri organi competenti di presumere la minore età ogni qual vol- ta, dopo gli accertamenti medici tesi a determinare l’età, permanga un dubbio rispetto alla minore età dell’interessa- to. La Circolare richiede inoltre che sino a quando «non sia- no disponibili i risultati degli accertamenti in argomento, al- l’immigrato dovranno essere comunque applicate le disposi- zioni relative alla protezione dei minori». Nonostante queste indicazioni, la prassi risulta ancora disomogenea, anche a causa del margine di flessibilità dei risultati degli esami me- dici effettuati, che generalmente presentano tutti un range di errore che può variare da +/- 2 anni a +/- 1 anno742 a se- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 116 4orapportodiaggiornamento2007-2008 736 Art. 26 Dlgs. 25/2008. 737 Amnesty International - Sezione Italiana Non più invisibili, in attesa di buone leggi. Un bilancio di 16 mesi di attività della Se- zione Italiana di Amnesty International per i minori migranti dete- nuti all’arrivo via mare 19 giugno 2007, disponibile sul sito www.amnesty.it 738 I dati relativi all’accoglienza in frontiera nel 2007 e in partico- lare agli arrivi via mare nel 2005 e nel 2006 sono stati resi noti con comunicato stampa del Ministero dell’Interno del 29 dicem- bre 2007, consultabile sul sito www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala _stampa/notizie/immigrazione/notizia_23488.html 739 Si veda comunicato del Ministero dell’Interno del 29 dicem- bre 2007 alla pagina www.interno.it/mininterno/export/sites/ default/it/sezioni/sala_stampa/comunicati/0865_2007_12_29_ libia_meno_sbarchi.html_89209861.html 740 Amnesty International – Sezione Italiana Non più invisibili, in attesa di buone leggi. Un bilancio di 16 mesi di attività della Se- zione Italiana di Amnesty International per i minori migranti de- tenuti all’arrivo via mare cit. 741 Circolare del Ministero dell’Interno, Prot. 17272/7 «Identifica- zione di migranti minorenni», disponibile on-line www.serviziocentrale.it/pdf/Circolari/minori11lug2007.pdf 742 Tale dato emerge dalle perizie medico-legali effettuate su ri- chiesta di alcune Organizzazioni Non Governative. conda del metodo utilizzato. Permane inoltre il problema della mancanza di una procedura unica sul territorio nazio- nale rispetto alla fase dell’accertamento dell’età, il che com- porta un’eccessiva discrezionalità amministrativa in materia. Tali criticità non vengono risolte con le nuove disposizio- ni in materia di cui all’art. 19 Dlgs. 25/2008, sebbene le previsioni in questione siano apprezzabili in particolare laddove richiedono il consenso informato del minore e di- spongono che in casi di rifiuto da parte dello stesso di sottoporsi agli esami, tale rifiuto non possa essere moti- vo di impedimento all’accoglimento della domanda di protezione internazionale. Peraltro, nonostante il Dlgs. 187/2000 stabilisca il princi- pio di giustificazione per l’esposizione medica alle radia- zioni, secondo il quale l’esposizione alle radiazioni di persone nell’ambito di procedure medico legali se non comportano un beneficio diretto per la salute della perso- na devono essere giustificate in modo particolare743, con- tinuano a pervenire segnalazioni alle Organizzazioni Non Governative che la lastra al polso sia ancora diffusamente utilizzata quale unico metodo per accertare l’età. Secon- do quanto risulta ad alcune Organizzazioni Non Governa- tive744, anche laddove vengono utilizzati altri metodi (esame della dentatura, visita pediatrica, esame dei geni- tali, etc.), questi non sono mai combinati tra loro, ma si sceglie di adottarne uno solo, spesso in funzione della di- sponibilità del Pronto Soccorso dove viene condotto il presunto minore. I minori soli, una volta identificati come tali, vengono ge- neralmente trasferiti in strutture di accoglienza dedicate. Il Dlgs. 140/2005, in materia di accoglienza dei richie- denti asilo, prevede che l’accoglienza dei minori non ac- compagnati sia effettuata ad opera dell’ente locale. La Di- rettiva del Ministero dell’Interno e della Giustizia entrata in vigore il 9 marzo 2007 prevede che i minori non accom- pagnati richiedenti asilo vengano inseriti nel Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, che tuttavia nel 2007 disponeva di soli 350 posti destinati in generale alle categorie vulnerabili, tra cui i minori non accompa- gnati. La situazione che desta particolare preoccupazione è quella della Sicilia dove dall’inizio del 2007 al 14 mag- gio dello stesso anno sono arrivati 445 minori745. In man- canza di posti dedicati nel Sistema di Protezione i minori vengono accolti nelle strutture del territorio rivolte all’in- fanzia in generale, che a volte sembrano non assicurare adeguati standard di qualità. È indicativa in tal senso la notizia riportata da un’agenzia di stampa relativa ad un’indagine che ha condotto all’arresto di tre persone ad Agrigento accusate di contattare i minori stranieri accolti presso una comunità con l’aiuto degli operatori di que- st’ultima, e di promettere loro la fuga per ricongiungersi con i propri parenti nel Nord Italia al fine di sequestrarli per chiedere un riscatto746. È essenziale ricordare che tra i minori non accompagnati che arrivano in Sicilia vi sono anche minori che provengono da Paesi in situazione di conflitto e/o sono stati arruolati o hanno subito il rischio di essere arruolati come bambini soldato, per i quali il Co- mitato ONU raccomanda di prestare particolare attenzio- ne, attuando un complessivo sistema di sostegno e assi- stenza psicologica attento all’età e adeguato alle diffe- renze di genere. I dati ufficiali delle domande di asilo in Italia non sono disaggregati per età, ma il Comune di Roma ha recente- mente reso pubblici i dati relativi ai minori intervistati presso la Commissione territoriale di Roma: «La Commis- sione territoriale di Roma sul riconoscimento dello sta- tus di rifugiato tra gennaio e dicembre 2007, ha esamina- to 63 domande d’asilo provenienti da minori stranieri non accompagnati, riconoscendo in 57 casi lo status di rifu- giato e in 6 la protezione umanitaria. Nella maggioranza assoluta delle audizioni si trattava di minori provenienti dall’Afganistan (46), seguiti dall’Eritrea (3), Iran, Iraq, Russia, Sierra Leone, Somalia, Turchia (1)»747. Destano infine interesse i dati forniti dal Comitato Minori Stranieri, che al 31 dicembre 2007, tra gli altri, ha censito su 5.631 minori non identificati748, 1.056 minori che si so- no dichiarati palestinesi, 427 iracheni, 234 eritrei, 111 so- mali. Quasi la metà dei minori non identificati sono pre- senti in Sicilia (45,7%). Sarebbe estremamente utile sa- pere quanti di loro, provenienti in generale da territori che giustificherebbero una richiesta individuale di prote- zione internazionale, hanno chiesto ed ottenuto il ricono- scimento dello status di rifugiato ovvero della protezione sussidiaria. 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 117 743 Art. 4 Dlgs. 187/2000, www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/ testi/00187dl.htm. 744 Save the Children Italia, Progetto «Orizzonti a Colori». 745 Polchi V. Sbarchi, boom di minorenni in La Repubblica, 6 luglio 2007. 746 Lancio Prima, agenzia di stampa nazionale, del 29 gennaio 2008. 747 Programma Integra «Minori stranieri non accompagnati: giovanissimi in cerca di futuro», www.programmaintegra.it 748 Per «minori non identificati» si intendono quelli sprovvisti di un valido documento di riconoscimento. c) L’accoglienza temporanea di minori stranieri nell’ambito dei cosiddetti “programmi solidaristici” Il fenomeno dei minori stranieri temporaneamente accolti in Italia è ancora particolarmente diffuso nel nostro Paese. Dai dati forniti dal Comitato Minori Stranieri emerge che sono entrati in Italia nell’ambito di programmi solidaristici 29.041 minori nel corso del 2006 e 31.735 minori nel 2007, di cui la gran parte proveniente dalla Repubblica di Belarus (21.181), ma in percentuali significative anche da altri Pae- si: 8.224 minori pari al 25,91% dall’Ucraina, 1.148 pari al 3,62% dalla Federazione Russa, 826 pari al 2,60% dalla Bosnia Erzegovina. I minori maggiormente beneficiari dei programmi solidaristici sono i minori aventi un’età compre- sa tra gli 8 e i 13 anni, circa il 70% del totale (di cui il 22.40% nella fascia 8-9 anni, il 24.27% nella fascia 10-11, e il 21.69% nella fascia 12-13). Il 90,70% dei minori sono stati accolti in famiglie, mentre solo il restante 9,30% in istituti. Alcuni noti fatti di cronaca avevano portato nel 2006 sotto la luce dei riflettori ed a conoscenza dell’opinione pubblica un fenomeno già noto agli addetti ai lavori, che ne avevano denunciato le criticità749. Infatti i programmi solidaristici, anche se mossi dall’intento di tutelare i diritti del minore ac- colto, presentano una serie di aspetti problematici che ri- schiano di procurargli un grave danno. Tali aspetti, che il Gruppo CRC aveva già evidenziato nei precedenti Rapporti, continuano ad essere immutati. In primo luogo non c’è un’effettiva valutazione di idoneità delle persone ospitanti, con evidenti rischi per il buon esito del soggiorno; inoltre, non esiste alcun albo od elenco delle associazioni impegnate in questo settore, né quindi criteri condivisi sulla base del quale valutare la loro idoneità ed il loro operato750. Un’altro aspetto molto discusso, che non può essere trascu- rato, è che i minori stranieri accolti sono minori provenienti da istituti, come previsto espressamente anche dall’ultimo protocollo sottoscritto dal Governo italiano e la Repubblica di Belarus il 10 maggio 2007751. Tale situazione ha delle ri- cadute psicologiche sui minori negative. Si consideri infatti che il minore istituzionalizzato vive una condizione psicolo- gica del tutto particolare: il minore trova nell’istituto un ac- cudimento prevalentemente fisico che non consente lo svi- lupparsi di relazioni significative tali da porsi come efficace- mente sostitutive e riparative rispetto a quelle genitoriali. Al bambino continua a mancare, nel corso del tempo, la so- stanza principale che alimenta il suo benessere psicologico e la costruzione di una identità propria e cioè il legame af- fettivo con figure genitoriali stabili752. È chiaro che, per que- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 118 4orapportodiaggiornamento2007-2008 749 Si veda ad esempio la lettera indirizzata al Comitato Minori Stranieri il 16 ottobre 2006 dall’Associazione Amici dei Bambini (Ai.Bi.), consultabile sul sito www.amicideibambini.it 750 Nel corso del suo intervento nell’ambito del seminario organiz- zato dalla Commissione parlamentare per l’infanzia il Presidente del Comitato Minori Stranieri, Dott. Silveri, ha anticipato che «il Comitato inoltre ha deciso di presentare una bozza di albo delle associazioni che decidono di presentare domanda di ospitalità: è un tema che va affrontato con estrema cautela perché bisogna dare margini di garanzie a tutti, non bisogna operare in modo es- clusivo, cioè privilegiando alcuni rispetto ad altri. L’albo ci perme- tterebbe di avere continuamente sotto controllo, di monitorare, l’attività delle associazioni che il Comitato coinvolge direttamente in ogni questione, tanto più che all’interno del Comitato c’è anche un rappresentante delle associazioni. Nella riforma del disegno di legge delega sull’immigrazione si parla anche del Comitato minori che avrà una riorganizzazione, prevedendo tra le altre cose, anche la presenza, ad esempio, di soggetti attualmente esclusi, come per esempio le Regioni». 751 Art. 5 dell’Accordo tra Governo Rep. Italiana e Governo Rep. Bela- rus sulle condizioni di risanamento e a titolo gratuito nella Rep. Ita- liana di cittadini minorenni delle Rep. Belarus del 10 maggio 2007. 752 In merito agli effetti psicologici dell’istituzionalizzazione in- fantile si veda Ammaniti Nicolais Gli effetti dell’abbandono sul- lo sviluppo psicologico e neurologico in Rapporto sull’emer- genza abbandono 2007 Ed. Ancora, 2007, pagg. 117-126. Alla luce di queste considerazioni il Gruppo CRC esprime la propria preoccupazione e raccomanda: 1. Al Parlamento l’adozione di una legge organica in mate- ria di asilo che: stabilisca norme sul riconoscimento del- lo status di rifugiato nel pieno rispetto delle Convenzio- ne Internazionali, e delle Linee Guida dell’Alto Commis- sariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) del 1997 in materia di minori non accompagnati, preveda una formazione specifica dei componenti delle Commis- sioni Territoriali su metodi di intervista dei minorenni, forme di persecuzione specificamente rivolte ai minori, preveda un sistema dettagliato ed integrato di raccolta dati sui minori non accompagnati richiedenti asilo; 2. Al Ministero dell’Interno la revisione del sistema di trat- tenimento sistematico ai soli fini dell’identificazione dei nuclei familiari con minori all’arrivo via mare: le autorità competenti dovrebbero garantire che in tutti i casi in cui il miglior modo per garantire l’interesse superiore del minore sia l’alloggio dell’intero nucleo presso centri di accoglienza aperti, questo sia realizzato senza indugio; 3. Al Ministero dell’Interno e al Ministero della Solida- rietà Sociale, in merito all’accoglienza, lo sviluppo di un sistema di monitoraggio delle case di accoglienza dedi- cate ai minori stranieri non accompagnati e ai minori ri- chiedenti asilo e rifugiati che si riferisca a standard mi- nimi di qualità, quali la presenza di mediatori culturali e di operatori legali specializzati nel diritto minorile e del- l’immigrazione e asilo; la previsione di misure speciali per l’accoglienza di minori richiedenti asilo e rifugiati vittime di tortura e/o di un conflitto armato, che garanti- scano sostegno ed assistenza psicologica adeguate al- l’età e che tengano conto delle differenze di genere. sti bambini, un soggiorno in Italia presso una famiglia acco- gliente non rappresenta solo un momento di svago e diver- timento (oltre che un’occasione per trascorrere del tempo in un ambiente salubre), ma può essere vista anche come un’opportunità di trovare finalmente un famiglia. Il minore si affeziona, infatti, con estrema facilità alla famiglia ospi- tante e tende a strutturare con essa dei legami affettivi mol- to stretti, sui quali crede di poter finalmente contare. Per i minori che si trovano in stato di abbandono o addirittura già dichiarati adottabili sarebbe dunque opportuno prevedere e sollecitare altri tipo di intervento nel rispetto del loro su- periore interesse e del loro diritto ad una famiglia. La normativa che regolamenta il fenomeno è quella prevista nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 535/1999 che ha istituito il Comitato Minori Stranieri. Tale Decreto affida al Comitato il compito di dettare «le regole e le modalità per l’ingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato dei minori stranieri in età superiore a sei anni, che en- trano in Italia nell’ambito di programmi solidaristici di acco- glienza temporanea promossi da enti, associazioni o fami- glie italiane, nonché per l’affidamento temporaneo e per il rimpatrio dei medesimi». In applicazione a tale principio il Comitato, nella seduta del 14 marzo 2005, ha rielaborato le Linee Guida, che avrebbero dovuto stabilire «i criteri di va- lutazione e le modalità delle richieste per l’ingresso e il sog- giorno in Italia dei minori stranieri accolti nell’ambito dei programmi solidaristici di accoglienza temporanea». In realtà, le Linee Guida si limitano ad affermare che «il pro- gramma è valutato prioritariamente in base a tre criteri: va- lidità dell’iniziativa, affidabilità degli enti e delle associazio- ni, affidabilità del referente estero dell’iniziativa». Proprio la genericità delle Linee Guida, quindi, ha consentito che mi- nori in stato di adottabilità venissero ospitati dalle stesse famiglie, fino a 90 giorni l’anno, per svariati anni, con la conseguenza di creare aspettative, illusioni, traumi al mo- mento del distacco e del rientro nel Paese di origine. Sareb- be quindi auspicabile una revisione delle Linee Guida adot- tate dal Comitato Minori Stranieri in maniera da garantire un’effettiva tutela per i minori stranieri che arrivano in Italia nell’ambito di tali programmi, applicabili a tutti i minori coinvolti indipendentemente dal Paese di provenienza753. Si rileva, inoltre, la particolare situazione della Bielorussia con la quale sono stati stipulati dei protocolli ad hoc da par- te del Governo italiano. Infatti nel corso del 2007, come anti- cipato nel 3° Rapporto CRC, una delegazione governativa italiana ha firmato a Minsk un accordo con la Bielorussia, aggiornando il precedente Protocollo del 2005, in materia di adozioni internazionali di minori bielorussi da parte di citta- dini italiani754. Tale accordo, volto anche a sanare i casi pen- denti, è stato in realtà criticato da alcune associazioni755, perchè sembrerebbe andare oltre tale considerazione crean- do di fatto il rischio di un percorso parallelo a quello dell’a- dozione internazionale756. Successivamente, nel maggio 2007, è stato sottoscritto il già citato Accordo sui programmi solidaristici, che in primo luogo stabilisce espressamente che tutti i minori orfani e quelli i cui genitori hanno perso la potestà genitoriale che facciano ingresso in Italia nell’ambi- to dei soggiorni solidaristici non possano essere considerati in stato di abbandono e, quindi, adottabili. In secondo luogo vi è l’espressa previsione dell’informazione e formazione delle famiglie da parte delle associazioni (art. 3) e l’impegno 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 119 753 Si sottolinea come l’Associazione Amici dei Bambini (Ai.Bi.) ha presentato un ricorso al TAR del Lazio contro il Comitato Mi- nori Stranieri per l’annullamento delle Linee Guida emesse dal- lo stesso Comitato nella parte in cui non prevedono l’esclusione dei minori abbandonati o adottabili dai programmi solidaristici (la procedura è ancora in corso, al momento della stesura del presente Rapporto). 754 Protocollo recante integrazioni e modifiche al protocollo di collaborazione, marzo 2007, Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica di Belarus e Commissine per le Adozioni Inter- nazionali e Direttore Generale per gli italiani all’estero e la politi- ca migratoria presso il Ministero degli Affari Esteri. 755 L’Anfaa, ad esempio, ha espresso il proprio profondo dissenso in merito al «Protocollo recante integrazioni e modifiche al Proto- collo di collaborazione tra il Ministero dell’Istruzione della Repub- blica di Belarus e la Commissione per le Adozioni Internazionali» che prevede al punto 1.9 bis «Gli aspiranti all’adozione che inten- dono adottare il minore ospitato durante i soggiorni di risana- mento, presentano, attraverso gli Enti Autorizzati, all’organo di tu- tela e curatela del luogo di residenza (domicilio) del minore la do- manda per l’inserimento del minore stesso nell’elenco dei minori nei confronti dei quali è possibile effettuare l’adozione internazio- nale. Nel caso dell’avvenuto inserimento del minore nell’elenco dei minori, nei confronti dei quali è possibile effettuare l’adozione internazionale, il Centro informa gli aspiranti all’adozione attraver- so l’Ente Autorizzato» in Prospettive assistenziali n. 159, 2007. 756 In merito va segnalato che il magistrato Giulia De Marco, nella sua relazione in apertura della Sessione «La famiglia che accoglie» in occasione della Conferenza Nazionale della Famiglia (Firenze, 24-26 maggio 2007), ha sottolineato «il peri- colo sottolineato anche da emeriti osservatori stranieri (…) che attraverso i soggiorni climatici si crei un canale parallelo di adozioni internazionali. Infatti, poiché molti minori sono in condizione di abbandono, istituzionalizzati da anni, si crea un’aspettativa alla loro adozione da parte delle famiglie che li ospitano e che sovente sono prive dei requisiti richiesti dalla Convenzione de L’Aja e dalla nostra legge nazionale. Più volte la magistratura si è trovata di fronte a richieste di adozione di bambini che non erano stati dichiarati adottabili dal Paese di origine da parte di famiglie italiane che, pur non essendo in possesso del decreto di idoneità, ritenevano di aver maturato il diritto di adottarli per il solo fatto di averli ripetutamente os- pitati nel corso degli anni. Richiesta che si scontra con il diritto privato internazionale, con la legge interna del Paese di orig- ine del bambino, con la legge italiana sull’adozione, con la Convenzione de L’Aja ma che ha trovato sovente nell’opinione pubblica e nei mass media un appoggio basato più sul senti- mentalismo che non sul doveroso rispetto delle regole che i Paesi si danno». da parte italiana di vigilare affinché le associazioni svolgano informazione anche in merito alle specificità dei soggiorni ri- spetto alle procedure di adozione internazionale (art. 7). L’accordo invece non fa chiarezza rispetto alle finalità di tali programmi, perché se da un lato si esplicita che la finalità è quella del risanamento, dall’altro si precisa che con risana- mento (art. 2) ai fini del presente accordo «si intende l’insieme delle attività di assistenza gratuita nella Repubbli- ca Italiana finalizzate alla profilassi, al ristabilimento e al mi- glioramento delle condizioni di salute dei minorenni cittadi- ni della Repubblica di Belarus, provenienti da istituti e da fa- miglie, che hanno sofferto delle conseguenze dell’incidente occorso alla centrale nucleare di Chernobyl, nonché di quelli che vivono in sfavorevoli condizioni sociali o di salute»757. Pertanto si estende espressamente la partecipazione a tali programmi ai minori che si trovano in condizioni sociali sfa- vorevoli, a prescindere dalle condizioni di salute. Si segnala che di fatto, nell’ultimo anno, si è assistito ad una progressiva limitazione delle adozioni internazionali dalla Bielorussia758, ed al ripristino invece dei programmi solidaristici che erano stati interrotti per alcuni mesi, fino al raggiungimento dell’accordo con la Bielorussia. La gra- vità della situazione ha trovato ulteriore conferma nell’in- contro tenutosi a Minsk il 22 gennaio 2008, tra i rappre- sentanti della Commissione per le Adozioni Internazionali con il Governo Bielorusso, il quale ha espresso chiaramen- te la propria volontà di considerare chiuse le adozioni in- ternazionali759. Infine si segnala che la Commissione parlamentare per l’infanzia ha dedicato un seminario al tema dei soggiorni solidaristici, ad ottobre 2007, in cui istituzioni, esperti ed associazioni hanno avuto la possibilità di un confronto760. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 120 4orapportodiaggiornamento2007-2008 757 Anche nella premessa del documento si precisa che tra le considerazioni che sottostanno all’accordo vi è anche il «fine di creare ulteriori possibilità e fornire garanzie per la protezione so- ciale dei minorenni cittadini della Repubblica di Belarus residen- ti nelle aree della contaminazione radioattiva, nonché per quelli che vivono in condizioni sociali sfavorevoli». 758 Come esplicitato dalla CAI nella comunicazione del 24 gen- naio 2008, www.commissioneadozioni.it/contents/ArchivioNotizie.aspx. Inoltre nella comunicazione inviata dal Dipartimento per le Politi- che della Famiglia al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presente Rapporto si specifica che il «fenomeno adottivo dalla Bielorussia è fortemente calato dopo il 2004, ed i bambini entra- ti in Italia a scopo adottivo sono stati infatti: 147 nel 2001, 185 nel 2002, 254 nel 2003, 226 nel 2004, 0 nel 2005, 34 nel 2006, 12 nel 2007». 759 Il Governo italiano ha evidenziato l’arbitraria interpre- tazione del Protocollo da parte della Bielorussia, in contrasto alla Convenzione de L’Aja, rimarcando la possibilità di con- seguenze sul piano dei rapporti bilaterali, in particolare rispet- to alla cooperazione umanitaria. Ibidem. Per queste ragioni il Gruppo CRC reitera le raccomanda- zioni già formulate nel 3° Rapporto: 1. Al Ministero degli Affari Esteri in collaborazione con la Commissione per le Adozioni Internazionali uno specifico impegno per sostenere iniziative in alternativa al soggiorno in Italia, nei luoghi e comunità da cui provengono i minori, dirette a promuovere il loro diritto a crescere in famiglia, anzitutto quella d’origine e quando questo non sia possibi- le, in un’altra famiglia, adottiva o affidataria, secondo le si- tuazioni; 2. Al Ministero della Solidarietà Sociale e al Comitato Minori Stranieri la revisione delle Linee Guida del Comitato e dei criteri con cui vengono realizzati i soggiorni solidaristici, che includa anche la valutazione preventiva dell’idoneità delle persone che accolgono i minori e l’istituzione di un apposito albo delle associazioni autorizzate; 3. Al Comitato Minori Stranieri in collaborazione con il Mini- stero degli Affari Esteri di promuovere e sostenere nei Paesi d’origine, a partire dal 2008, una valutazione ex post dell’impatto del soggiorno sui minori, ricadute psicologi- che e sociali, anche al fine di conoscere i rischi connessi e migliorare il sistema. 760 Commissione parlamentare per l’infanzia Seminario di Studio Adozione e affidamento Proposte a confronto 8 ottobre 2007, Tavola rotonda sull’affidamento familiare e sull’accoglienza dei minori in strutture. Gli atti del seminario sono disponibili sul sito www.parlamento.it/Bicamerali/infanzia/2830/2900/4209/pag inabicamerali.htm. Si cita l’intervento di Piercarlo Pazè, già Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minoren- ni di Torino, che ha espresso le seguenti osservazioni: «occorre ripensare l’età, con un monitoraggio attento dei casi, ed in lin- ea di massima, dovrebbero in futuro essere ammessi solo mi- nori che abbiano compiuto almeno i dieci anni. Ai fini di im- pedire ogni possibile abuso appare inoltre indispensabile: at- tribuire nel corso dei soggiorni l’incarico del sostegno e della vigilanza ai Servizi dell’ente locale, come per ogni affidamento familiare; responsabilizzare gli Stati di origine sulla scelta dei bambini da inviare; prevedere che le associazioni che organiz- zano e gestiscono i soggiorni non abbiano fini di lucro. Destano invece perplessità per i pesi che caricherebbero, ve- nendo a burocratizzare un fenomeno molto spontaneo e, per questo, vivo, e per la palese inutilità - stante la durata breve e la natura particolare dei soggiorni solidaristici - alcune pro- poste che prevedono la creazione di un albo (l’ennesimo) delle associazioni autorizzate all’organizzazione e alla gestione, l’obbligo di comunicazioni di ogni arrivo di un minore alla gius- tizia minorile (che non può avere un compito di polizia e non è in condizione di gestire tali comunicazioni), una certificazione preventiva della idoneità delle famiglie accoglienti da parte della giustizia minorile mentre ciò è compito dei Servizi, una definizione legislativa rigorosa dei requisiti delle famiglie che invece deve essere valutata in concreto dai Servizi. È impor- tante soprattutto spostare gli affidamenti solidali dalla attuale zona franca nell’area ordinaria di vigilanza e sostegno dei Servizi del territorio». 2. MINORI NEI CONFLITTI ARMATI: L’ATTUAZIONE IN ITALIA DEL PROTOCOLLO OPZIONALE ALLA CRC CONCERNENTE IL COINVOLGIMENTO DEI BAMBINI NEI CONFLITTI ARMATI Il 2 giugno 2006 il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha reso note le Osservazioni Conclusive761 relative all’esame del primo Rapporto go- vernativo sottoposto dall’Italia riguardo al Protocollo Op- zionale alla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’a- dolescenza relativo al coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati762. Le suddette Osservazioni sono state tradotte e pubblicate in Italiano nel corso del 2007. Il presente paragrafo è volto ad aggiornare la situazione rispetto alle raccomandazioni e quanto emerso dall’in- contro tra la delegazione governativa italiana e il Comita- to ONU nel 2006, a cui in veste di osservatore, ha assisti- to anche una delegazione del Gruppo CRC. Durante la XV Legislatura è stato manifestato un com- plessivo disinteresse del Governo rispetto alle raccoman- dazioni rivolte dal Comitato ONU nel giugno 2006. Infatti, per quanto riguarda le modifiche legislative raccomanda- te, si rileva che non solo non è stata emanata una legge che contenesse una definizione più esaustiva del concet- to di «partecipazione diretta» delle persone di età inferio- re ai 18 anni ad un conflitto armato e delle attività corre- late, ma non è stato presentato nemmeno un disegno di legge a tal proposito763. E ciò nonostante per definire il testo del disegno di legge sarebbe stato sufficiente ri- prendere l’interpretazione del concetto di «partecipazio- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 121 761 Comitato sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, quaran- taduesima sessione, Consideration of Reports submitted by States parties under article 8 of the Optional Protocol to the Con- vention on the Rights of the Child on the Involvement of Children in Armed Conflict, Annotated concluding observations: Italy. CRC/C/OPAC/ITA/1, 2 giugno 2006. 762 Il rapporto governativo era stato presentato dall’Italia nel 2004, ed è disponibile sul sito www.unhchr.ch/tbs/doc.nsf. Il Gruppo CRC ha poi presentato il proprio Rapporto Supplemen- tare nel giugno 2005 disponibile sul sito www.crin.org 763 Come evidenziato dalla Coalizione italiana della campagna «Stop all’uso dei bambini soldato!», un chiarimento legislativo in tal senso risulta essere particolarmente urgente e neces- sario anche alla luce di recenti dichiarazioni rese da esponenti politici (si veda dichiarazione del Gen. Del Vecchio del 2 aprile 2008) con le quali si propone di consentire l’arruolamento volontario nell’esercito da parte di ragazzi di 16 anni, che «potrebbero collaborare attivamente offrendo un contributo importante». Cfr. comunicato stampa del 2 aprile 2008, disponibile sul sito www.bambinisoldato.it/IMG/pdf/coaliz_bb_soldato_nota_del _vecchio.pdf 11. Il Comitato ONU raccomanda all’Italia di inserire nella sua legislazione una definizione del concetto di “partecipazione diretta” delle persone di età inferiore ai 18 anni ad un conflitto armato, e delle attività correla- te, che dovrebbero essere in linea con l’interpretazione ampia del concetto stesso fornita nel Rapporto dello Stato Parte. 13. Il Comitato rileva che la Dichiarazione presentata dall’Italia all’atto della ratifica del Protocollo stabilisce quale età minima per l’arruolamento volontario i 17 anni. 14. Il Comitato raccomanda all’Italia di considerare la possibilità di aumentare l’età minima per l’arruolamento volontario ai 18 anni. 15. Il Comitato invita l’Italia a fornire, nel prossimo Rapporto, ulteriori informazioni circa: (a) lo status dei minori che frequentano le scuole milita- ri, in particolare se essi sono da considerarsi studen- ti di una scuola militare o già reclute militari; (b) le misure prese per assicurare che l’arruolamento vo- lontario nelle forze armate nazionali per le persone di età inferiore ai 18 anni sia “realmente volontario” in conformità al principio enunciato dall’art. 3, pa- ragrafo 3, del Protocollo; (c) dati disaggregati sulle persone al di sotto dei 18 an- ni, frequentanti le scuole militari,per età, regione, area rurale/urbana, condizione sociale; (d) la conformità dei curricula, nelle scuole militari, agli articoli 28 e 29 della CRC, come anche al Com- mento Generale n.1 sulle finalità dell’istruzione; 17. esprime apprezzamento per la Legge 185/1990, che ha introdotto una nuova regolamentazione sull’esporta- zione di armi da guerra, ma è preoccupato per la man- canza di una disposizione che vieti la vendita di armi leggere per i Paesi in cui le perone al di sotto dei 18 an- ni partecipano direttamente alle ostilità; 18. Il Comitato raccomanda all’Italia di revisionare la legislazione al fine di proibire il commercio di armi leg- gere con quei Paesi in cui le persone al di sotto dei 18 anni partecipano alle ostilità come membri sia delle forze armate che dei gruppi armati, distinti dalle forze armate dello Stato. A tal proposito, il Comitato racco- manda all’Italia di indicare, nel prossimo Rapporto, co- me la Legge 185/1990 abbia operato quantitativamen- te nell’ostacolare il tale commercio. Il Comitato racco- manda inoltre di inserire nel Codice penale disposizio- ni che qualifichino quale fattispecie di reato il commer- cio di armi leggere con i Paesi in cui le persone al di sotto dei 18 anni partecipano direttamente alle ostilità. (CRC/C/OPAC/CO/ITA/1, 23 giugno 2006) ne diretta» fornita nel Rapporto governativo presentato dal- l’Italia al Comitato ONU nel 2004764. Non è neppure stata ritirata la Dichiarazione, resa nel mag- gio 2002 in occasione della ratifica del Protocollo in cui è in- dicata l’età minima dei 17 anni per il reclutamento volonta- rio, adottando così una coerente posizione a livello interna- zionale, dato che a livello nazionale l’Italia già si conforma alle disposizioni del Protocollo Opzionale, attraverso la Leg- ge 226/2004. Per quanto riguarda il ruolo delle quattro scuole militari esistenti in Italia765, si segnala che «dal punto di vista mili- tare gli Allievi, al 16° anno, contraggono arruolamento e prestano giuramento diventando militari a tutti gli effet- ti»766, nonostante il Ministero della Difesa asserisca che ta- le ferma «è esclusivamente finalizzata al compimento del corso di studi prescelto» e non verrebbe quindi modificata l’età minima dell’arruolo767. I curricula di tali scuole inoltre, continuano a non comprendere corsi sui diritti umani, diritti dei minori e diritto internazionale umanitario768, nemmeno in ambito extra-curricolare769. Rispetto all’esportazione di armi, come evidenziato nel 3° Rapporto CRC, il contesto legislativo italiano continua ad essere caratterizzato da una preoccupante disomogeneità delle norme che regolano i trasferimenti di armi da guerra e delle piccole armi ad uso civile770. Il commercio delle armi leggere e di piccolo calibro (fucili, pistole, munizioni ed esplosivi ), le più diffuse nei conflitti in cui sono utilizzati bambini come soldati771, non rientra nell’ambito della disci- plina della Legge 185/1990, che contiene severe disposizio- ni procedurali per l’esportazione, l’importazione ed il tran- sito di armi ad uso bellico verso Paesi terzi772, ma è regola- mentato dalla Legge 110/1975 che, al contrario, non preve- de limiti alle esportazioni sulla base dello standard dei di- ritti umani del Paese importatore e del coinvolgimento del Paese stesso in una guerra intra-statale o inter-statale773. È quindi ammesso e possibile che l’Italia venda armi legge- re a soggetti privati o a Governi di Paesi in cui persone con meno di 18 anni partecipano alle ostilità come parte di eserciti o di gruppi armati. Nel gennaio 2008, il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha reso pubblico il Rapporto Annuale 2007774, destinato al- l’attenzione del Consiglio di Sicurezza, in cui si conferma il reclutamento e l’utilizzo di bambini soldato in diversi paesi già segnalati nel 2006, tra cui: Burundi775, Ciad, Colom- bia776, Repubblica Democratica del Congo, Nepal, Filippine, Uganda e Afghanistan. Da un’analisi dei dati disponibili si rileva che, tra il 2002 e il 2007, l’Italia ha autorizzato l’esportazione di armi leggere e di piccolo calibro verso soggetti privati o statali delle Filippi- ne per €7.169.863, in Afghanistan per €3.189.346777, e in Colombia per €1.027.196778, nonché verso soggetti privatii D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 122 4orapportodiaggiornamento2007-2008 764 Si veda anche il 1° Rapporto CRC 2005, pag. 45. 765 Teuliè a Milano, Nunziatella a Napoli e Scuola Navale Militare Francesco Morosini di Venezia; il 15 maggio 2006 con D.M. n. 212 è stata istituita anche la scuola militare aeronautica Giulio Douhet con base a Firenze, aperta agli studenti il 13 novembre 2006, il primo giuramento si è svolto il 12 maggio 2007. 766 Sito della Scuola Militare di Milano, www.esercito.difesa.it/siti_scuole/Milano/pagina_scuola.htm. 767 Cfr. 2° Rapporto CRC 2006, pag. 53. 768 Si veda infra capitolo VI, paragrafo «L’educazione ai diritti umani». 769 Al di fuori dei monti ore convenzionali nelle scuole militari viene svolta attività educativa articolata sulla base dell’orario giornaliero definito dal Comando della Scuola secondo le diretti- ve dei Comandi Superiori. Ad esempio, presso la Scuola militare di Firenze tra le attività integrative sono previste: Lezioni di edu- cazione stradale e di pronto soccorso, Corso di educazione civica ed elementi di diritto, Educazione alla salute, Educazione ali- mentare, Educazione ambientale, Etica ed educazione alla convi- venza civile. Cfr. Programma di Offerta Formativa, 2007-2008 di- sponibile sul sito www.aeronautica.difesa.it/SitoAM/Default.asp?idente=3009 770 Cfr. 3° Rapporto CRC 2007, pagg. 95 ss. 771 Ruaudel H. Proliferation of light weapons and the impact on child soldiers in the DRC Coalizione Internazionale Stop the Use of Child Soldiers, newsletter n. 15, gennaio 2007. 772 Il Ministero degli Affari Esteri ha il compito di rilasciare o ne- gare le autorizzazioni all’esportazione di tali armi ed è previsto il divieto di concedere tale autorizzazione se è ragionevolmente possibile ipotizzare che il loro utilizzo costituisca una minaccia alla protezione dei diritti umani, al mantenimento della pace e della si- curezza regionali, allo sviluppo sostenibile dei paesi verso i quali le armi sono dirette. Dal 1993, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) stila una “lista nera” di Paesi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, verso i quali l’esportazione di armi ad uso bellico è proibita. Cfr. 3° Rapporto CRC 2007, pag. 96. 773 La normativa di riferimento è l’art. 28 comma 2 Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS), risalente al 1931. Si noti la differenza con le sanzioni previste dalla Legge 185/1990, che in base all’art. 25, punisce le esportazioni senza autorizza- zione di armi da guerra con la reclusione da tre a dodici anni o la multa da cinque a 500 milioni di lire, a meno che il fatto costitui- sca più grave reato. In entrambi i casi, poiché le leggi di riferi- mento sono precedenti all’introduzione della moneta unica eu- ropea, le sanzioni pecuniarie sono espresse in Lire. 774 Children and armed conflict. Report of the Secretary General A/62/609-S/2007/757, 21 dicembre 2007 disponibile sul sito www.un.org/children/conflict 775 Si veda anche Special Representative on children and armed conflict Burundi Conclusions; Human Rights Watch A long way from home giugno 2006. 776 Si veda anche Coalizione Internazionale Stop the use of child soldiers, Armed conflict in Colombia Report, Frontiers: childhood at a borderline, febbraio 2007 disponibile sul sito www.child-sol- diers.org 777 Si veda anche Amnesty International Vertice Nato: Amnesty International Italia e Rete italiana per il disarmo scrivono a Prodi sulle esportazioni di armi verso l’Afghanistan CS 46/2008: 03/04/2008, disponibile su www.amnesty.it/pressroom/comunicati/CS46-2008.html 778 Elaborazione di Giorgio Beretta sui dati ISTAT (valori in euro costanti sul coefficiente ISTAT 2006). Si veda anche www. archiviodisarmo.it e www.disarmo.org o statali, nella Repubblica Democratica del Congo per €179.582, in Nepal per €18.321, in Uganda per €10.088, in Burundi per €9.017, e in Ciad per €1.756779. Inoltre, nonostante gli elevati standard sui diritti umani con- templati dalla Legge 185/1990, non sempre le autorizzazio- ni all’esportazione di armi hanno effettivamente evitato che queste finissero a Governi di Paesi in cui i bambini vengono utilizzati come soldati780. L’Italia, tra il 2002 e il 2006, ha in- fatti venduto armi alle forze armate delle Filippine per 1,6 milioni di euro e della Colombia per 2,3 milioni di euro. E tutto ciò in aperto e palese contrasto con gli impegni as- sunti a livello internazionale: alla Conferenza di Parigi (5-7 febbraio 2007) è intervenuto il Sottosegretario agli Affari Esteri Franco Danieli affermando l’impegno italiano nel rein- serimento sociale dei bambini che sono stati soldati781; in occasione della candidatura italiana a componente del nuo- vo Consiglio delle Nazioni Unite sui Diritti Umani per il trien- nio 2007-2010, il Governo italiano si è impegnato a tutelare i diritti dell’infanzia, specialmente dei minori coinvolti nei conflitti armati782; a settembre 2007 il Ministero degli Affari Esteri ha presentato uno speciale «Minori soldato una sfida ancora aperta» in cui si evidenziava il ruolo dell’Italia nel contrastare l’utilizzo dei bambini soldato783. Alla luce di quanto esposto, l’auspicio è che ci sia una maggiore coerenza tra il ruolo e gli impegni assunti dallo Stato italiano a livello internazionale e la normativa e la prassi nazionale. MINORI COINVOLTI NEL SISTEMA DELLA GIUSTIZIA MINORILE 1. MINORI IN STATO DI DETENZIONE E SOTTOPOSTI A MISURE ALTERNATIVE Come evidenziato nel 3° Rapporto CRC, alcune prescrizioni della CRC, delle Regole di Pechino sull’amministrazione della giustizia minorile e della Convenzione Europea di 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 123 779 Elaborazione di Giorgio Beretta sui dati della Presidenza del Consiglio dei Ministri: Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, nonché dell’esportazione del transi- to dei prodotti ad alta tecnologia (valori in euro costanti sul coef- ficiente ISTAT 2006). Si veda anche www. archiviodisarmo.it e www.disarmo.org 780 Sodano M. Le armi italiane fanno boom. L’export a più 61% nel 2006 La Stampa, 14 agosto 2007. 781 Conferenza di Parigi Free Children from war 5-7 febbraio 2007. 72 Assemblea Generale delle Nazioni Unite, A/61/863, 17 aprile 2007. 783 Disponibile sul sito www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/italiano/Specia li/MinoriSoldato/IntroMinoriSoldato.htm Il Gruppo CRC pertanto raccomanda: 1. Al Governo di ritirare la dichiarazione in cui è indicata l’età minima dei 17 anni per il reclutamento volontario resa al momento della ratifica del Protocollo Opzionale sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati; 2. Al Governo di impegnarsi a livello internazionale perché si arrivi alla definizione di un Trattato internazionale sul commercio di armi e a livello nazionale perché sia ga- rantita una maggiore coerenza tra gli impegni assunti in ambito di politica estera per contrastare l’utilizzo di bambini soldato e favorire il loro reinserimento sociale e la pratica relativa alla vendita di armi a Paesi in cui bam- bini, bambine e adolescenti sono utilizzati come soldati; 3. Al Parlamento di legiferare al fine di: dare una definizio- ne più esaustiva del concetto di «partecipazione diret- ta» delle persone di età inferiore ai 18 anni ad un conflit- to armato e delle attività correlate; rendere più rigorosa e vincolante la normativa in materia di esportazioni e transazioni di armamenti (Legge 185/1990), prestando particolare attenzione all’esclusione di esportazioni ver- so Paesi che reclutano e utilizzano bambini soldato; mi- gliorare la normativa sulle esportazioni di «armi ad uso civile» del 1975. 52. Il Comitato ONU raccomanda che l’Italia, nel riformare il sistema della giustizia minorile, integri ap- pieno le disposizioni ed i principi della Convenzione, in particolare gli artt. 37, 40 e 39, e altri rilevanti parame- tri internazionali in questa area, come ad esempio le Re- gole minime delle Nazioni Unite per l’amministrazione della giustizia minorile (Regole di Pechino), le Linee guida delle Nazioni Unite per la prevenzione della de- linquenza minorile (Linee guida di Riyadh), le Regole delle Nazioni Unite per la protezione dei giovani privati della libertà e le Linee guida di Vienna per i bambini coinvolti nel sistema giudiziario penale. 53. In particolare, il Comitato raccomanda che l’Italia: (a) prenda tutte le misure necessarie, incluse campagne di sensibilizzazione e formazione adeguata del perso- nale coinvolto, per prevenire ed eliminare la discri- minazione nei confronti dei bambini stranieri e rom; (b) permetta visite periodiche ai Centri di accoglienza e agli Istituti penali minorili da parte di soggetti indi- pendenti e imparziali e assicuri che ogni minore pri- vato della propria libertà possa inoltrare i suoi ricorsi attraverso una procedura indipendente, accessibile e adeguata; (c) provveda a formare sui diritti dell’infanzia coloro che devono amministrare la giustizia minorile. (CRC/C/15/Add.198, punto 53) Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori sono disatte- se dal sistema italiano della giustizia minorile784. Inoltre anche laddove la legislazione appare adeguata785, vi è spesso una discrasia tra dettato normativo e applicazione. In Italia le risorse destinate ai minori detenuti sono ancora scarse786 e non è stato ancora adottato un ordinamento penitenziario minorile. Tuttavia si segnala che a gennaio 2008 il Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giu- stizia Minorile ha predisposto un progetto di legge sull’or- dinamento penitenziario minorile 787, in ottemperanza alle norme e agli standard internazionali, oltre che ai numerosi richiami del Comitato ONU, del Consiglio d’Europa788 e del- la Corte Costituzionale789. Il progetto prevede alcune im- portanti innovazioni legislative790, tende a migliorare e ge- neralizzare le buone prassi in atto in Italia e dispone un au- mento dell’organico destinato al settore. Sebbene si possa ritenere auspicabile un’enunciazione più esplicita dei diritti dei minori che entrano in relazione con il sistema della giu- stizia penale, nonché una scelta più decisa in favore dell’a- pertura degli Istituti Penali Minorili (IPM) verso l’esterno791, la proposta in questione rappresenta un importante passo in avanti e sarebbe pertanto auspicabile che il suo iter pro- seguisse con il nuovo Governo. Cosi come sarebbe auspicabile anche la costituzione di un efficace Osservatorio istituzionale in grado di raccogliere e interpretare in modo sistematico i dati relativi ai minori che entrano in relazione con la giustizia minorile792 e l’inaugurazione di una politica onnicomprensiva nel campo della giustizia minorile, come sollecitato dal Comitato ONU nel General Comment n. 10793. Una simile politica dovrebbe ispirarsi ai principi espressi negli artt. 2, 3, 6 e 12 CRC, oltre che negli artt. 37 e 40 che riguardano direttamente la giusti- zia e la detenzione minorile. Secondo tali principi, ogni per- sona minore di 18 anni deve essere trattata in modo equo, rispettoso della propria dignità e delle capacità fisiche e mentali proprie dell’età. In considerazione del superiore in- teresse del minore, la misura della deprivazione totale o parziale delle libertà di un minore deve essere adottata solo come provvedimento di ultima risorsa, per il periodo più breve possibile, e senza porre in essere trattamenti discrim- inatori. Qualsiasi provvedimento adottato deve garantire il reinserimento del minore nella società. Si pone invece in chiaro contrasto con questi principi l’eccessivo ricorso alla detenzione cautelare in carcere, dato stigmatizzato dal Comitato ONU con riferimento a mol- ti Stati che hanno ratificato la CRC794. In Italia, su 393 mino- ri presenti negli IPM a giugno 2007, 341 erano detenuti in misura cautelare e 52 in espiazione pena795. La tendenza a ricorrere alla detenzione cautelare in carcere è tipica del si- stema penitenziario italiano, ma per i minori è persino più forte che per gli adulti796. La detenzione preventiva è una pena scontata anticipatamente che spesso si rivela più lun- ga di quella che viene poi inflitta con la sentenza di condan- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 124 4orapportodiaggiornamento2007-2008 784 Si tratta in particolare degli artt. 2, 3, 6, 12, 37, 40 CRC; de- gli artt. 1, 10 Regole di Pechino; degli artt. 3-6 Convenzione Eu- ropea di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori (1996) 785 È il caso, ad esempio, delle previsioni introdotte dalla rifor- ma del processo minorile del 1988. 786 Dalle informazioni contenute nella Relazione redatta dal Di- partimento per la Giustizia Minorile in apertura dell’anno giudi- ziario 2008, che si riferiscono alla situazione finanziaria nel 2006 e 2007, si rileva che: «Il Dipartimento per la Giustizia Mi- norile ha la necessità di uno stanziamento annuale “ordinario” non inferiore a €190.000.000; attualmente gli viene assegnato un budget di €165.966.000. Il Dipartimento, dopo aver operato negli ultimi anni un’attenta rivisitazione delle attività, adottan- do tutti gli accorgimenti utili ad un reale contenimento delle spese, aveva raggiunto già nel 2002 un livello di spesa non ul- teriormente comprimibile. L’esercizio finanziario 2006 si è chiu- so con “spese insolute” principalmente sui capitoli di funziona- mento e di interventi per un importo pari a €11.673.777. È pre- sumibile che anche il 2007, nonostante l’inversione di tendenza sulle riduzioni, si chiuderà con situazioni debitorie», cfr. www.giustizia.it/uffici/inaug_ag/ag2008/ag2008_mg_dgm.ht m. Eppure, in ottemperanza all’art. 4 CRC, nel Documento del- l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite Sessione Speciale Un mondo a misura di bambino del 2002, gli Stati hanno riafferma- to l’impegno a mobilitare e allocare risorse nuove e aggiuntive sia a livello nazionale che internazionale e a mettere al primo posto i bambini e gli adolescenti nelle allocazioni budgetarie, secondo quanto stabilito dalla Convenzione (cfr. Comitato ONU Day of General Discussion on Resources For The Rights of the Child, Responsibility of States 21 settembre 2007). Si segnala infine che il Ministero della Giustizia disporrà di €130.000.000 per interventi di edilizia Giudiziaria Penitenziaria Minorile, Ta- bella C, stanziamenti autorizzati in relazione a disposizioni di legge la cui quantificazione annua è demandata alla Legge Fi- nanziaria, allegata alla Legge Finanziaria 2008, pag. 292. 787 Si tratta della proposta di legge «Norme sull’ordinamento penitenziario minorile e sull’esecuzione dei provvedimenti li- mitativi della libertà destinati ai minorenni autori di reato», il cui testo è disponibile su richiesta segreteria.direzioneminori.dgm@giustizia.it 788 Comitato dei Ministri, REC (2003) 20, II, 5. 789 Corte Costituzionale, sentenze 125/1992, 109/1997, 403/1997,450/1998, 436/1999. 790 Si veda infra capitolo I, paragrafo «La procedura minorile ci- vile e penale». 791 Eliminando, ad esempio, alcune restrizioni in tema di colloqui con i familiari. 792 Importante sarebbe, ad esempio, la piena attuazione e l’uniformazione del sistema di rilevazione dei dati nei diversi IPM. 793 Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Com- mento Generale n. 10 I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in materia di giustizia minorile 2007; traduzione italiana, non uffi- ciale a cura di UNICEF Italia, disponibile sul sito www.unicef.it. 794Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Com- mento Generale n. 10, cit. 795 Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Minori- le, Servizio statistico, 2007. 796 Il 58% dei detenuti adulti è costituito da non definitivi. Dati ri- feriti al 31 dicembre 2007. Fonte: Ministero della Giustizia, www.giustizia.it/statistiche/statistiche_dap/det/detg51_pos_gi ur.htm na, nel caso in cui vi sia una condanna, e la sua diffusione è in contrasto con il principio rieducativo della pena. Ad essere violato è anche il principio di non discrimi- nazione797, poiché alcune categorie di minori sono sistema- ticamente discriminate: gli stranieri, i rom, i minori residenti nel Sud Italia. La detenzione negli IPM è di fatto riservata a questi minori e ad alcuni minori italiani provenienti da fami- glie con difficoltà economiche e con un basso livello di istru- zione e di inserimento sociale, mentre per tutti gli altri mi- nori la riforma del processo penale minorile consente solita- mente di evitare la carcerazione. La discriminazione è un dato strutturale, legato alla marginalità sociale e all’incapa- cità del sistema penale e penitenziario minorile a trattare equamente le suddette categorie di minori798. I minori stranieri detenuti in Italia al giugno 2007 erano 198, mentre gli italiani erano 195799, con un rapporto fra ita- liani e stranieri parzialmente riequilibrato rispetto all’anno precedente, quando gli stranieri erano 194 e gli italiani 149800. La sovrarappresentazione degli stranieri fra i minori detenuti è comunque ancora rilevante e prescinde dal tasso di devianza dei minori stranieri, poiché le denunce a loro ca- rico sono poco più di un quarto del totale801, mentre essi sono più della metà dei detenuti. La discriminazione ai dan- ni dei minori stranieri avviene fin dal loro ingresso nel siste- ma penale e permane nelle fasi successive. I minori stranie- ri accusati di reato vengono arrestati e destinati ai Centri di Prima Accoglienza (CPA) più frequentemente degli italiani, così come vengono poi più spesso inviati alle strutture de- tentive. I minori stranieri sono inoltre condannati più spes- so802. Mentre per gli italiani sono generalmente adottate soluzioni alternative alla carcerazione, per gli stranieri è molto frequente l’adozione della custodia cautelare in car- cere803. Infine, i minori italiani usufruiscono di una gamma di possibilità di uscita dagli IPM o dalle comunità (prescri- zioni, permanenza in casa, etc.), mentre gli stranieri escono dalla detenzione o dal collocamento in comunità soprattut- to per revoca o fine dei termini di custodia cautelare804. La devianza dei minori stranieri è collegata alla capacità di accoglienza del territorio e alla situazione dei paesi di origine805, ma anche all’inadeguatezza delle strutture della giustizia minorile. Nel 2006 gli stranieri erano solo il 16% dei minori ammessi alla prova, un dato persino infe- riore di un punto percentuale a quello dell’anno prece- dente806. L’elemento di maggiore criticità per quanto ri- guarda questi minori è l’intreccio tra i loro percorsi penali e la loro condizione di minori stranieri non accompagnati, la carenza di prospettive legali di permanenza sul territo- rio italiano che vanifica la possibilità di un loro reinseri- mento sociale. Anche il «programma di assistenza e integrazione socia- le» previsto dal Testo Unico (T.U.) sull’immigrazione 286/1998, e la possibilità di ottenere un permesso di sog- giorno per motivi umanitari, ex art. 18 comma 6, sono scarsamente attuati nei confronti dei minori. L’impossibilità di ottenere un permesso di soggiorno al- l’uscita dagli IPM o dalle comunità rende inutile il proces- so “rieducativi” e lo svolgimento di tirocini e programmi di inserimento lavorativo. Un’applicazione diffusa ed estensiva dell’art 18 comma 6 T.U. 286/1998 potrebbe ri- mediare in parte a questo problema. Per quanto riguarda i rom, appare persino difficile identi- ficare i meccanismi discriminatori che agiscono nei loro confronti, poiché essi sono ora classificati come italiani, ora come stranieri a seconda della nazionalità. Si nasconde così il dato della loro sovrarappresentazione negli IPM. È lecito però ipotizzare che fra i minori stranieri provenienti dai Balcani e dalla Romania e fra i minori ita- liani detenuti nel Nord e nel Centro Italia la presenza di rom e di sinti sia molto rilevante. È rom, ad esempio, la maggioranza delle ragazze detenute807. Le minorenni ita- liane collocate nei Centri di Prima Accoglienza del Servi- zio della Giustizia Minorile nei primi sei mesi del 2007 so- no state il 3,2% sul totale dei minori italiani (ogni 100 mi- nori italiani, solo 3 sono femmine): le minorenni rom, e si evidenzia che il dato non comprende le rom di nazionalità rumena che rientrano tra i “minori rumeni”, sono il 45,7% 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 125 805 I principali paesi di provenienza dei minori detenuti sono la Romania, la Serbia e il Marocco. La presenza di minori rumeni è aumentata negli ultimi anni, mentre quella di minori albanesi va progressivamente diminuendo. Fonte: Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Minorile, Servizio statistico, cit. 806 Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Mi- norile La sospensione del processo e messa alla prova (art. 28, D.P.R. 448/88). Analisi statistica disponibile sul sito www.giustiziaminorile.it/Statistica/Analisi/Messa_alla_prova2 006.pdf . Non si dispone ancora dei dati del 2007. 807 Cfr. Calcagno G. Il trattamento penale dei minori nomadi e dei minori extracomunitari in Minori e giustizia 3/1999, pagg. 94-103. 797 Contemplato dall’art. 2 CRC. 798 Il problema è stato messo in evidenza dal Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel citato Commento Generale n. 10. 799 Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Mino- rile, Servizio statistico, 2007. 800 Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Mino- rile, Servizio statistico, 2006. 801 Belotti V. Doppia pena, reati e criminalizzazione in Belotti V., Maurizio R., Moro A.C. Minori stranieri in carcere Ed. Gueri e as- sociati, Milano, 2006. 802 Come risulta anche dalla ricerca Minori stranieri e giustizia minorile in Italia curata dal Ministero della Giustizia- Dipartimen- to per la Giustizia Minorile, 2008). 803 Ibidem. 804 Campus A. Minori stranieri soli tra politiche di accoglienza e politi- che di controllo. Un’analisi territoriale Officina edizioni, Roma, 2004. sul totale dei minori “nomadi” accolti nel CPA penale (ogni 100 minori rom 46 sono femmine)808. Nei loro confronti non sono messe in atto specifiche poli- tiche volte a contrastare la discriminazione di cui sono vittime. Tale discriminazione è evidente anche per quanto riguarda l’accesso alla messa alla prova809. E questo in contrasto con le raccomandazioni di organi internaziona- li, quali la Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza che, nella sua Raccomandazione di politica generale n. 3 del 6 marzo 1998, già invitava gli Stati mem- bri del Consiglio d’Europa a: «mettere in atto e sostenere delle formazioni specifiche per le persone che interven- gono a tutti i livelli dell’amministrazione della giustizia, allo scopo di promuovere la sensibilizzazione culturale e la consapevolezza dei pregiudizi» nei confronti dei rom. Essa suggeriva anche di intervenire a monte sui processi di criminalizzazione, invitando gli Stati a «incoraggiare lo sviluppo di disposizioni appropriate per un dialogo tra la polizia, le autorità locali e le comunità rom»810. Infine, il sistema penale e penitenziario minorile agisce in modo discriminatorio nei confronti dei giovani residenti nel Sud Italia, per i quali, una volta entrati nel circuito penale, ricorrono raramente le condizioni previste dalla legge per attuare un percorso rieducativo e un controllo penale che non passino attraverso la carcerazione. Spes- so la famiglia e il territorio non offrono garanzie sufficien- ti perché il legame con la criminalità organizzata possa essere reciso. Tuttavia, la detenzione in carcere, invece che promuovere l’allontanamento del minore dalla crimi- nalità, rischia di favorirne la socializzazione con altri mi- nori coinvolti nelle attività criminali811. La mancanza di risorse, il difficile collegamento fra il si- stema penitenziario e il sistema scolastico e della forma- zione professionale, l’inadeguatezza dei servizi sociali spesso contribuiscono a trasformare la detenzione negli IPM in una prima tappa verso il carcere degli adulti. An- che il sistema delle comunità è poco idoneo, poiché sono poche e spesso non sono adeguatamente organizzate, non rispondendo alle specifiche esigenze (culturali, lin- guistiche, sociali, amministrative) dei minori stranieri. In- sufficienti sul piano quantitativo e qualitativo sono in particolare le comunità di recupero per tossicodipendenti e le comunità per minori con problemi psichiatrici. Come già evidenziato nei precedenti Rapporti CRC, a fron- te dei citati problemi si sottolinea il dato positivo della dif- fusione del ricorso alla mediazione penale minorile e ad esperienze di riparazione sociale, sintomo dello sviluppo di una cultura più attenta alle esigenze dei minori. Gli am- biti di applicazione della mediazione penale minorile e della riparazione sociale sono però ancora limitati812. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 126 4orapportodiaggiornamento2007-2008 808 Fonte: Ministero della Giustizia – Dipartimento per la Giustizia Minorile, www.giustiziaminorile.it/statistica/2007/Comunita_1sem2007.pdf 809 Cfr. Mastropasqua I. Una riflessione a partire dai dati in Minori e giustizia 4/2005, pagg. 144-150 e Belotti V. Doppia pena, reati e criminalizzazione in Belotti V., R. Maurizio, A. C. Moro Minori stranieri in carcere cit., pagg. 75-117. 810 Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza, REC (98) 29. 811 Cfr. Cavallo M. Ragazzi senza Mondadori, Milano 2002. Si seg- nala che la citata proposta di legge elaborata dal Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Minorile contiene dispo- sizioni specifiche per i minori coinvolti nelle attività criminali. 812 Anche a tal proposito si segnala il positivo riconoscimento del- la mediazione nella citata proposta di legge elaborata dal Mini- stero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Minorile. 813 Si ritiene che la proposta di legge elaborata dal Ministero del- la Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Minorile sia un im- portante punto di partenza. 814 Ovvero l’inserimento nel bando relativo al fondo di cui al- l’art. 12 Legge 228/2003. 815 Di cui ai primi commi del medesimo articolo. La Circolare dovrebbe anche chiarire che i minori in messa alla prova pos- sono usufruire di tale permesso, al pari dei minori che hanno espiato una pena detentiva. Alla luce di tali osservazioni il Gruppo CRC reitera le raccomandazioni già scritte nel 2007, in particolare: 1. Al Parlamento l’adozione di una legge di ordinamento pe- nitenziario minorile, atta a ripensare la funzione della pe- na con specifico riferimento al minore e finalizzata a ridur- re il ricorso alla carcerazione e a trasformare radicalmente il ruolo e il funzionamento degli Istituti Penali Minorili813; 2. Al Governo e agli Enti Locali l’allocazione di maggiori ri- sorse economiche e di qualificate risorse umane alla giu- stizia penale minorile, ai servizi sociali e alle comunità che si occupano dei minori devianti; 3. Al Governo e agli Enti Locali l’adozione di specifiche poli- cies e programmi di intervento volti a rimediare alla discri- minazione dei minori stranieri, rom e residenti nel Sud Ita- lia. Nello specifico per gli stranieri: lo stanziamento di ap- positi fondi istituzionali per la realizzazione dei programmi di cui all’art. 18 comma 6 T.U. 286/1998814, e l’emanazione di una Circolare che chiarisca la disciplina e ribadisca l’applicabilità a questa fattispecie del sistema operativo di tutela sviluppato per la “protezione sociale” delle vittime di violenza o grave sfruttamento815. Per i rom e i sinti: la predisposizione di formazioni specifiche per le persone che intervengono a tutti i livelli dell’amministrazione della giustizia e del controllo penale, allo scopo di promuovere la sensibilizzazione culturale e la consapevolezza dei pregiudizi nei loro confronti. MINORI IN SITUAZIONE DI SFRUTTAMENTO 1. SFRUTTAMENTO ECONOMICO: IL LAVORO MINORILE IN ITALIA Già nei precedenti Rapporti CRC si era messa in luce la com- plessità del fenomeno del lavoro minorile nei Paesi cosiddet- ti avanzati e quindi anche in Italia, e si era evidenziata la ne- cessità di elaborare sia a livello di analisi che di politiche pubbliche un approccio multidimensionale di intervento, ca- pace di valutare le numerose e spesso assai differenti espe- rienze riconducibili alla categoria del lavoro precoce, ovvero a quell’insieme di attività svolte dai minori di 16 anni e quindi illegali ai sensi della legge nazionale di accesso al lavoro816. Si era inoltre sottolineata l’esigenza di una ricostruzione quali-quantitativa del fenomeno dinamica e costante nel tempo, ovvero di un monitoraggio istituzionale, che risulta ancora assente anche per quest’anno817. Anche per compen- sare questa incompletezza informativa a livello istituzionale, già nei precedenti Rapporti, si sono utilizzati i numerosi stu- di e le varie ricerche compiute in particolare dalle organizza- zioni sindacali e da singoli studiosi sul tema, che hanno con- tribuito, se non ad un’efficace rappresentazione quantitativa del fenomeno, di certo a rimarcare l’esistenza del lavoro pre- coce anche in Italia e ad evidenziarne diverse caratteristiche e significati rispetto ai percorsi di vita, ai rischi di marginaliz- zazione ed esclusione sociale, alle condizioni socio-econo- miche familiari e territoriali818. Tenendo conto di quanto emerso da tali indagini819, si ri- badisce anche nel presente Rapporto che: ∏ il fenomeno è presente e diffuso non solo nelle zone più arretrate del Paese, ma anche in quelle cosiddette avan- zate e le stime disponibili sui minori con meno di 15 an- ni sono molto differenti tra loro820; ∏ è più efficace e maggiormente corrispondente a quanto riscontrato nelle diverse realtà del Paese parlare non tanto di lavoro minorile, quanto al plurale di lavori mi- norili, per la presenza di una molteplicità ed eteroge- neità di profili dei minori coinvolti in tali esperienze; ∏ le esperienze di lavoro sono spesso associate alla fre- quenza scolastica, ma altrettanto frequentemente a di- scapito della qualità del percorso formativo: gli under 15 che lavorano tendono ad avere un rapporto più incostan- te con la scuola, ad accumulare episodi di insuccesso, a non prevedere un progetto di investimento sulla propria istruzione e formazione anche a livello superiore; ∏ i minori lavorano in modo discontinuo nell’arco dell’an- no, ma intensamente in termini di giorni alla settimana e di ore al giorno e prevalentemente nell’ambito del com- mercio. Ad essere più coinvolti sono risultati gli under 15enni maschi, in un’età compresa tra gli 11 ed i 14 anni, che spesso hanno avuto più di un’esperienza di lavoro; ∏ il fenomeno ha dei picchi tra i minori che vivono in fami- glie monogenitoriali o monoreddito e molto numerose. A partire da quanto già messo in luce, in questo Rapporto si approfondiranno due nuovi aspetti: a) i fattori di ri- schio associabili al lavoro precoce, ovvero quell’insieme 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 127 816 Si tratta della Legge 977/1967, che vieta il lavoro dei minori al di sotto dei 15 anni. In questa sede si tiene conto anche dell’in- nalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni previsto nell’ultima norma finanziaria e attivo dall’anno scolastico 2007/2008. Con tale innalzamento si sposta l’età minima di accesso al lavoro dai 15 ai 16 anni. 817 L’unica indagine dell’ISTAT, infatti, risale al 2000 e riguarda in chiave retrospettiva le esperienze di lavoro prima dei 15 anni dei 15-18enni ISTAT Bambini, lavori e lavoretti. Verso un sistema informativo sul lavoro minorile. Primi risultati Roma, 2002. Era dal 1967 che l’ISTAT non si occupava di lavoro minorile. 818 Si veda anche il documento Il lavoro minorile in italia e le pro- blematiche ad esso connesse: una strategia condivisa 2007 e Pri- mo Seminario nazionale sul lavoro minorile Roma 16 aprile 2008, a cura del Coordinamento PIDIDA. Documento e approfondimenti sul Seminario disponibili sul sito www.infanziaediritti.it. 48. Il Comitato ONU raccomanda che l’Italia sviluppi, sulla base del recente studio, una strategia globale con obiettivi specifici e mirati finalizzati alla prevenzione ed eliminazione del lavoro minorile attraverso, tra l’altro, lo sviluppo di attività di sensibilizzazione e l’individuazione dei fattori che lo causano. (CRC/C/15/Add.198, punto 48) 819 In particolare si è fatto riferimento al percorso di analisi condot- to dall’Ires Cgil dalla fine degli anni ’90 ad oggi, che è consultabile nelle seguenti pubblicazioni: Teselli A., Paone G. (a cura di) Indagi- ne conoscitiva sul fenomeno- lavoro minorile in Italia ciclostilato, Roma, 1996; Teselli A., Paone G. (a cura di) Lavoro e lavori minorili in Italia. L’inchiesta Cgil Ediesse, Roma, 2000; Teselli A. Dispersio- ne scolastica e lavoro minorile: percorsi di vita e analisi complesse in Benvenuto G., Sposetti P. (a cura di) Contrastare la dispersione scolastica Anicia, Roma, 2005; Megale A., Teselli A. Lavori minorili in Italia. I casi di Milano, Roma e Napoli Ediesse, Roma, 2005; Me- gale A., Teselli A. Lavori minorili e percorsi a rischio di esclusione sociale. Famiglie, istruzione, diritti Ediesse, Roma, 2006. 820 La questione del dimensionamento del fenomeno è ancora controversa. Le stime sono molteplici. A titolo esemplificativo si citano le più recenti: a) Censis, 1991: 220.000-230.000 tra i 6- 15enni; b) UNICEF, 1993: 200.000-300.000 tra coloro che hanno meno di 14 anni; c) studio di Mattioli, 1996: 900.000 tra coloro con meno di 15 anni; d) Cgil, 2000: 360.000-430.000 tra i 10- 14enni; e) ISTAT, 2002: circa 144.000 tra coloro che hanno meno di 15 anni; f) Ires Cgil, 2005: 460.000-500.000 tra i 10-14enni, compresi i minori immigrati. Da sottolineare, infine, che secondo uno studio ISTAT del 2005 L’istruzione della popolazione al 2001 dati definiti del Censimento, circa il 4% dei minori di età compre- sa tra i 6 ed i 14 anni non sono iscritti ad un corso regolare di studi, ovvero 183.631 minori. di condizioni di base che tendono a far aumentare la pro- babilità che un minore si trovi precocemente inserito nel mondo del lavoro; b) un’ un’analisi qualitativa delle atti- vità lavorative svolte dai minori migranti821. ∏ Le condizioni alla base del lavoro minorile: fattori di rischio e di protezione822 La matrice del rischio-lavoro minorile è composta dalla se- guente combinazione di indicatori. Sesso, età e nazionalità tra gli indicatori socio-anagrafici: le possibilità di sperimentare esperienze di lavoro minori- le sono più alte tra gli under 15 maschi piuttosto che fem- mine ed aumentano al crescere dell’età, ovvero un 14enne ha più probabilità di lavorare precocemente di un 11enne. Inoltre i minori stranieri sono più a rischio di quelli italiani. Famiglie monogenitore e numero dei componenti del nu- cleo tra gli indicatori sulle condizioni socio-economiche delle famiglie: hanno maggiori probabilità di essere inseri- ti precocemente nel mercato del lavoro gli under 15 che vi- vono in famiglie monogenitore e/o con più di un fratello o sorella. Un fattore protettivo, invece, è risultato avere una madre con un titolo di studio elevato: in questo caso, in- fatti, diminuiscono le possibilità di fare esperienze di lavo- ro minorile. Tasso di disoccupazione tra gli indicatori socio-economici territoriali: considerando alcune macro-caratteristiche so- cio-economiche dei territori di appartenenza, crescono proporzionalmente le possibilità di lavoro minorile per gli under 15 nel caso in cui risulti elevato il tasso di disoccu- pazione della popolazione adulta in generale (e non in modo specifico delle donne); viceversa tali probabilità tendono a ridursi in quei territori con una ricchezza medio- alta, calcolata in particolare sulla base del Prodotto Inter- no Lordo pro capite. Riepilogando, tra i più esposti al lavoro minorile risultano: i minori maschi, in un età compresa tra gli 11 ed i 14 anni, di nazionalità straniera, che vivono in una famiglia mono- genitoriale o con in un nucleo con più minori, e risiedono in un territorio con un alto tasso di disoccupazione823. Inoltre, è emerso che il tratto principale e più frequente che caratterizza il profilo dei minori che lavorano precocemente è quello dell’intensità dell’esperienza: quando un minore è coinvolto in un’attività di lavoro precoce, la sua non è un’e- sperienza residuale, ma spesso coinvolgente, e ciò vale an- cor di più, come vedremo, per i minori migranti824. ∏ I lavori dei minori migranti I lavori precoci dei minori migranti, rispetto a quelli dei mi- nori italiani, tendono ad assumere la forma di esperienze “forti” nei contenuti, nelle modalità di svolgimento (conti- nuità invece che stagionalità, numero di ore al giorno, inter- ferenza con la frequenza scolastica, etc.), nei significati che vengono loro attribuiti dai minori stessi, e quindi risultereb- bero maggiormente esposti a rischi di marginalità ed esclu- sione. Si è inoltre verificato quanto l’appartenenza etnica e comunitaria non sia una variabile neutra, anzi tenda a far variare le esperienze di lavoro precoce a seconda dei valori culturali, economici e socio-familiari di riferimento.i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 128 4orapportodiaggiornamento2007-2008 821 Per approfondimenti ulteriori, cfr. Ires Cgil, Save the Chil- dren Italia Minori al lavoro. Il caso dei minori migranti, Ediesse, Roma, 2007. 822 È stata realizzata un’analisi di secondo livello, in cui le informazioni rilevate nell’ultima indagine realizzata dall’Ires nel 2005 in 9 grandi città italiane ed i relativi indicatori su più di 2.000 minori con meno di 15 anni sono stati messi a sistema all’interno di un modello di analisi, di tipo logistico-lineare, fi- nalizzato ad individuare i fattori di rischio e gli elementi protet- tivi alla base del fenomeno. In tal modo è stata identificata una matrice degli indicatori più significativi, in chiave sia previsio- nale sia descrittiva, che tendono a caratterizzare il lavoro mi- norile in Italia. Per approfondimenti ulteriori: Ires, Save the Children Minori al lavoro. Il caso dei minori migranti, cit. 823 Alcune di queste condizioni sono state riscontrate anche con- siderando un secondo gruppo di indicatori di sistema – quelli uti- lizzati nelle Report Card UNICEF Centro di Ricerca Innocenti per lo studio sulle condizioni di vita dei minori nei Paesi avanzati. Anche in questo caso, infatti, è emerso come ad incidere sul benessere materiale e quindi sul rischio di povertà infantile ci siano fattori quali il fatto di vivere in una famiglia monoparentale o in famiglie con un solo reddito o ancora in territori con alte percentuali di famiglie con redditi inferiori al 50% della mediana nazionale. Dal- l’analisi incrociata di quanto emerso, si evidenzia quindi una cor- rispondenza, seppure parziale, tra le condizioni alla base del la- voro minorile e quelle che individuano condizioni di vita per i mi- nori riconducibili, anche nei Paesi avanzati, a forme di povertà in- fantile. In tal senso, allora, la diffusione del lavoro precoce in uno di tali Paesi potrebbe rappresentare anche una misura del grado di incidenza della povertà infantile a livello nazionale; non sarebbe un caso, quindi, che l’Italia risulti non solo uno dei Paesi avanzati con il più alto tasso di minori in condizioni di povertà (quasi il 17%), ma anche quello (stando su tale aspetto ad un confronto approssimativo in quanto sono ancora assenti mirate indagini comparative a riguardo) in cui più diffuso sarebbe il la- voro precoce degli under15. Cfr. UNICEF Centro di Ricerca Inno- centi Povertà dei bambini nei paesi ricchi Report card n. 6, Firen- ze, 2005; UNICEF Centro di Ricerca Innocenti Un quadro compara- tivo sul benessere dei bambini nei paesi ricchi Report card n. 7, Firenze, 2007. 824 Quattro, infatti appaiono i descrittori che maggiormente inci- dono sulla fisionomia del fenomeno: a) una frequenza settimana- le costante: tendenzialmente chi lavora lo fa in modo costante nell’arco della settimana, ovvero più o meno tutti i giorni o più di una volta a settimana; b) un impegno orario giornaliero intenso: analogamente il numero delle ore di lavoro è risultato elevato tra molti dei minori che lavorano; c) una paga regolare: ad un’attività costante ed intensa corrisponde nella maggior parte dei casi una regolarità nelle paghe ricevute; d) più livelli di esperienza: spesso chi è coinvolto in un’attività di lavoro pre- coce ha già avuto più di un’esperienza. In sintesi, tali sono i principali elementi emersi dall’analisi condotta nel corso dello scorso anno825. Tra i minori nella fascia di età tra gli 11 e i 14 anni, ben il 25,5% di quelli stranieri ha avuto un’esperienza lavorativa, di contro al 20,9% dei minori italiani. Le esperienze di lavoro dei mi- nori migranti inoltre si realizzano spesso all’interno del gruppo familiare: quasi tutti i minori cinesi (90%) collabo- rano con la famiglia, mentre nel gruppo dei minori stranie- ri di diverse nazionalità la quota di coloro che aiutano i genitori è del 56%, a cui si deve aggiungere un 9% che ha dichiarato di lavorare in casa svolgendo attività di aiuto familiare, per un totale pari al 65%. Al contrario, tra i mi- nori italiani si registra la quota più alta di lavoro presso terzi, segno probabilmente di un maggior legame con il tessuto socio-economico e con il mercato del lavoro loca- le. La famiglia spesso rappresenta anche il principale ca- nale d’accesso al mondo del lavoro per i minori stranieri, mantenendo un’influenza nell’orientamento al lavoro pre- coce che assume talvolta, ed in ogni caso più spesso che per quelli italiani, la forma di una collaborazione finalizza- ta al sostegno economico familiare nel suo complesso, sia esso di supporto alla micro-impresa familiare o di più ge- nerale integrazione del reddito dei genitori. Esiste poi una forte diversità anche tra i luoghi di lavoro dei minori stranieri rispetto a quelli degli italiani: tra i pri- mi, 1 su 3 lavora in strada come venditore ambulante o in alcuni casi svolgendo attività di accattonaggio, mentre i secondi dichiarano di lavorare prevalentemente in am- bienti “più protetti” quali negozi, bar, ristoranti (40%), con un residuale 12% che lavora in strada. Peculiare il ca- so dei minori cinesi, il 61% dei quali lavorano prevalente- mente in laboratori artigianali tessili o di pelletteria nelle diverse città italiane e che risultano esposti a condizioni di lavoro a rischio sia per l’utilizzo di macchinari pericolo- si che per i ritmi di lavoro intenso. Una differenza di fondo tra minori italiani e stranieri che la- vorano emerge anche in relazione all’entità dell’impegno e alla periodicità del lavoro svolto: il 59% dei cinesi, così co- me il 42% degli altri minori stranieri lavora tutto l’anno, mentre la maggior parte di quelli italiani lo fa più saltuaria- mente, con un 42% che dichiara di farlo quando capita e un altro 33% solo in alcuni periodi, soprattutto d’estate. Circa il 20% dei minori italiani che lavorano non riceve alcun com- penso per la propria attività, percentuale che sale ad un ter- zo per i minori stranieri. In ogni caso la mancata retribuzione è quasi sempre legata al supporto che i minori forniscono al- la micro-impresa familiare o comunque alle attività lavorati- ve svolte per e con i genitori ed evidentemente percepite co- me una corresponsabilizzazione dei minori al miglioramento dello status socio-economico familiare. Tra i minori stranieri che lavorano, i minori cinesi il più delle volte, continuano ad andare a scuola, mentre per altri grup- pi si nota una maggiore tendenza ad assentarsi da scuola a lungo o addirittura ad interrompere la frequenza. Ciò avvie- ne probabilmente perché le stesse famiglie dei minori cinesi cercano di garantire ai ragazzi una frequenza più o meno co- stante della scuola, affinché possano imparare sempre di più e fungere da mediatori linguistici e culturali, aspetto va- lido soprattutto per i minori cinesi. Una frequenza costante, in ogni caso, non assicura una tenuta della qualità del per- corso formativo, così come evidenziato dagli stessi minori che riconoscono non solo un peggioramento del loro rendi- mento quando vengono coinvolti in esperienze di lavoro precoce, ma anche una più generale percezione di “fatica” nel conciliare i due tipi di esperienze; e in questo caso si evi- denzia una maggiore difficoltà dei minori stranieri rispetto a quelli italiani. Alla luce di tali considerazioni alcuni primi passi per la rea- lizzazione di una strategia finalizzata alla prevenzione e al- l’eliminazione del lavoro minorile a livello nazionale sono stati compiuti di recente ed includono: ∏ la ri-attivazione presso il Ministero della Solidarietà So- ciale del Tavolo di coordinamento fra Governo e parti so- ciali per l’elaborazione di politiche di contrasto del feno- meno, indirizzate innanzitutto ad un aggiornamento del- la Carta di impegni contro lo sfruttamento del lavoro minorile826, sottoscritta dalle istituzioni e dalle parti 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 129 825 L’analisi è stata condotta attraverso una comparazione incro- ciata dei percorsi lavorativi dei minori stranieri con quelli, da una parte, dei minori di nazionalità cinese, che a nostro avviso costi- tuiscono un gruppo molto omogeneo al suo interno e viceversa eterogeneo rispetto alle altre comunità etniche e va trattato quin- di separatamente, e dall’altra con quelli dei minori italiani. 826 La nuova Carta è stata rivisitata principalmente intorno ai se- guenti punti: (i) mettere a punto strumenti efficaci di contrasto al fenomeno, ad esempio tramite il lavoro specifico delle Prefetture o attraverso il potenziamento della rete degli Ispettori del Lavoro ed il fattivo intervento degli organi di pubblica sicurezza in inter- venti specificatamente rivolti alla lotta al lavoro irregolare ed al- l’emersione del lavoro sommerso in raccordo con la cabina di re- gia sul lavoro sommerso; (ii) attivare in modo integrato le ammi- nistrazioni centrali, gli Enti Locali e le organizzazioni della società civile nella realizzazione di azioni contro lo sfruttamento del lavo- ro minorile; (iii) considerare prioritario per la lotta allo sfrutta- mento del lavoro minorile la dimensione familiare, soprattutto sulla base di efficaci politiche attive di sostegno alle famiglie fina- lizzate a ridurre le situazioni di povertà; (iv) definire un efficiente sistema informativo sul lavoro minorile che consenta di avere un quadro univoco e attendibile del fenomeno, sia dal punto di vista quantitativo sia dal punto di vista qualitativo; (v) rafforzare il ruo- lo della scuola e promuovere iniziative di contrasto alla dispersio- ne scolastica, anche attraverso l’integrazione e il coordinamento fra scuola e servizi territoriali, soprattutto nelle zone a rischio, e tramite la realizzazione di un’anagrafe scolastica. sociali già nel 1998. Si sottolinea in particolare in posi- tivo, come raccomandato nel 3° Rapporto CRC, l’apertura di tale Tavolo nel 2007 anche alle associa- zione del Terzo Settore; ∏ l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni previ- sto nella Legge Finanziaria dall’anno scolastico 2007/2008 con l’istituzione di un biennio unitario e il conseguente innalzamento dell’età per l’accesso al la- voro dai 15 ai 16 anni; ∏ un maggior riconoscimento nella contrattazione tra le parti sociali dei codici di condotta sul lavoro minorile. Si tratta, però, dell’avvio di politiche di intervento, il cui sviluppo e i cui esiti sono attualmente incerti (ad esem- pio, non si conosce l’esito della sottoscrizione della nuo- va Carta di impegni che era previsto per gli inizi del 2008; né risulta ancora chiaro il percorso di entrata a regime dell’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni) e di- penderanno fortemente dalle scelte del nuovo Governo. 2. SFRUTTAMENTO E ABUSO SESSUALE a) Il fenomeno del turismo sessuale Anche nel corso del 2007 si segnala che l’Italia continua ad essere tra i Paesi i cui turisti827 giunti nei luoghi di destina- zione828 optano per prestazioni sessuali a pagamento, in natura e/o denaro, con minorenni. Stime ufficiali in merito continuano a non esistere, e le informazioni, per la gran parte frammentarie e carenti continuano a giungere da par- te di Organizzazioni Non Governative e operatori locali. A questo malcostume, si è aggiunto anche quello di ripro- durre materiali audiovisivi delle proprie prestazioni e di di- vulgarli attraverso la rete internet, nella gran parte dei casi, a pagamento. Inoltre si segnala anche la presenza di coloro che si improvvisano organizzatori di viaggi, che mettendo a disposizione dei potenziali clienti dei veri e propri cataloghi di minori. Nel corso del 2007 e nei primi mesi del 2008, si sono regi- strati casi di condanne e denuncia, grazie all’applicazione della Legge italiana in materia di sfruttamento sessuale dei minori a fini commerciali829. Nello specifico è stata emessa una sentenza di condanna e c’è stato più di un arresto per turismo sessuale e per organizzazione di viaggi finalizzati allo sfruttamento sessuale di minori830. Si è trattato di se- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 130 4orapportodiaggiornamento2007-2008 827 Dalla ricerca condotta dall’Università di Parma ed ECPAT sul Turismo Sessuale nel 2002, risulta che solo nel 3% dei casi si tratta di pedofili, mentre la maggioranza è composta da uomini che solo quando si presenta l’occasione abusano di bambini. 828 Le destinazioni preferite dagli italiani che praticano turismo sessuale sembrerebbero essere il Kenya, la Repubblica Domeni- cana e la Colombia. Si veda sito www.ecpat.it 829 Legge 38/2006 «Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedo-pornografia anche a mezzo Internet». 830 8 marzo 2007: condanna del Tribunale di Milano per G.S., con l’accusa di aver commesso reati sessuali su minori commessi al- l’estero; 19 settembre 2007 Trento: arresto di F.D.B. per produzio- ne, scambio e detenzione di materiali pedopornografici e per aver commesso reati sessuali su minori all’estero; 12 febbraio 2008: «Operazione Thai» della Procura di Siracusa, contro la pedofilia on-line e turismo sessuale: gli investigatori del Nucleo Investigati- vo Telematico (NIT) di Siracusa hanno fermato all’aeroporto di Fiu- micino un docente universitario italiano di 55 anni, appena sceso da un aereo proveniente da Bangkok. Al professore sono stati se- questrati video pedo-pornografici girati in Thailandia di cui lui stesso era protagonista. Sono stati effettuati 4 arresti per reati di divulgazione di materiale pedo-pornografico in associazione per delinquere e gli indagati sono 110; 29 febbraio 2008: Sinahoukvil- le (Cambogia) arresto di F.C. il cui procedimento giudiziario è in corso al momento della stesura del presente Rapporto. Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Ministero della Solidarietà Sociale e al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale di garantire il funzionamento costante e mantenere l’apertura alle or- ganizzazioni della società civile del riavviato Tavolo di coordinamento, integrando il lavoro con gli altri tavoli di concertazione, e soprattutto verificare che le politiche e gli interventi promossi in tale sede vengano effettiva- mente posti in essere; 2. Al Ministero della Solidarietà Sociale e al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale di concludere nel cor- so del 2008 l’aggiornamento e la sottoscrizione della nuova Carta di impegni contro lo sfruttamento del lavoro minorile, comprensiva di un Piano d’Azione contro le for- me peggiori di lavoro minorile secondo quanto previsto dalla Convenzione ILO n. 182, prevedendo strumenti ido- nei a garantirne un monitoraggio e la piena attuazione; 3. Al Ministero della Solidarietà Sociale di incaricare l’ISTAT di intraprendere nel corso del 2008 un monito- raggio del lavoro minorile, sia a livello nazionale che lo- cale, attraverso l’implementazione di rilevazioni ed ana- lisi quali-quantitative. 27. Il Comitato raccomanda allo Stato parte di pren- dere le misure necessarie, inclusa una informazione pubblica a lungo termine e campagne di sensibilizza- zione, in collaborazione con gli operatori turistici e la società civile, sul crescente fenomeno del turismo ses- suale al fine di ridurre ed eliminare la domanda. (CRC/OPSC/ITA/CO/1, punto 27) gnali forti, di monito, prova del fatto che coloro che com- mettono tali crimini sono perseguibili e possono essere rintracciati e punti per i reati commessi. L’Italia resta l’unico Paese in cui chi organizza viaggi ha l’obbligo, per legge831, di inserire nei propri materiali infor- mativi comunicazioni in merito al turismo sessuale a danno di minori. In base alla legge gli operatori turistici sono dun- que obbligati ad evidenziare in tutti i loro cataloghi e pub- blicazioni un avviso sull’illegalità in tutto il mondo dello sfruttamento sessuale di bambini832. Da parte del Governo però non è stata patrocinata alcuna attività di sensibilizzazione e informazione diretta all’opi- nione pubblica nel corso del 2007. Le uniche attività che si riscontrano sul territorio nazionale sono state intraprese da associazioni di volontariato e Organizzazioni Non Go- vernative, senza alcun finanziamento pubblico833. La cam- pagna informativa italiana «Stop sexual tourism» 834 bene- ficia invece del sostegno di diversi Enti Locali e nel 2007 ha visto la Regione Veneto protagonista di una simbolica ini- ziativa di sensibilizzazione835. Si segnala infine che è stato riconfermato l’impegno della Cooperazione italiana per finanziare progetti volti a frenare l’offerta nei cosiddetti Paesi di destinazione836. b) La pedo-pornografia Come già evidenziato nei precedenti Rapporti CRC la pe- do-pornografia on line, continua ad essere un fenomeno in continua espansione, nonostante l’acquisita consape- volezza e l’impegno per il contrasto delle istituzioni e delle forze di polizia, sia a livello nazionale che internazionale. La pedo-pornografia on line è un fenomeno di natura crimi- nale che si avvale e si alimenta delle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. Come sintetizzato recentemente dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni, in occasione dell’inaugurazione del Centro nazionale per il contrasto della pedo-pornografia sulla rete internet837, diversi sono gli strumenti informatici utilizzati da adulti potenziali abu- santi al fine di reperire e scambiare materiale pedoporno- grafico o per entrare in contatto con minori: siti internet creati appositamente, nei quali vengono pubblicizzati pro- dotti a contenuto pedopornografico (ad esempio, VHS, DVD, CD); chat, newsgroup, mailing lists «utilizzati, per creare comunità di pedofili – ormai organizzati in veri e propri network internazionali - dove viene scambiato mate- riale prevalentemente di natura domestica, ossia realizzato e diffuso dagli stessi pedofili»; servizi peer to peer (P2P)838 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 131 831 Legge 38/2006, cit. 832 Ad esempio il tour operator Mappamondo include nelle condi- zioni generali di vendita questa norma: «Informativa ai sensi della legge: Comunicazione obbligatoria ai sensi dell’art.16 della Legge 269/1998 – La legge italiana punisce con la pena della reclusione i reati inerenti alla prostituzione e alla pornografia minorile, anche se gli stessi sono commessi all’estero». 833 Campagna di sensibilizzazione Vite invisibili contro il turismo sessuale a danno di minori della Organizzazione Non Governativa Intervita Onlus, www.intervita.it/ita/index.php?mod=viteInvisibili 834 3° Rapporto CRC 2007, pag. 104. 835 A marzo 2007, per alcuni giorni, il personale degli aeroporti ve- neti, in servizio presso i banchi di partenza dei voli diretti verso i Paesi che sono meta del fenomeno del “turismo sessuale”, ha in- dossato una maglietta con logo e slogan di «Stop Sexual Tourism»; si è trattato di una delle iniziative di sensibilizzazione messe in atto dalla Regione Veneto in occasione dell’Anno Europeo delle Pari Op- portunità per tutti nell’ambito di un progetto specifico proposto dall’amministrazione provinciale di Rovigo a sostegno della campa- gna nazionale contro lo sfruttamento a fini sessuali di minori e ado- lescenti nei paesi poveri, soprattutto in Brasile. La Provincia di Ro- vigo ha recentemente presentato la pubblicazione «Per i diritti del- le bambine adolescenti contro il turismo sessuale». 836 La Cooperazione Italiana allo Sviluppo ha rifinanziato nel 2008 il «Programma Repubblica Dominicana» per la prevenzio- ne e l’eliminazione delle forme peggiori di sfruttamento dei mi- nori e del turismo sessuale in danno dei minori (Programma UNICEF in collaborazione con ECPAT Italia Onlus). Il Gruppo CRC reitera pertanto le seguenti raccoman- dazioni: 1. Al Ministero dello Sviluppo Economico un impegno in termini di allocazioni finanziarie per realizzare nel corso del 2008 sul territorio nazionale campagne di informazio- ne e sensibilizzazione a lungo termine dell’opinione pub- blica e delle giovani generazioni contro il turismo sessua- le attraverso programmi e azioni di formazione rivolti ai professionisti del settore; 2. Al Ministero degli Affari Esteri e Ministero della Giusti- zia di adoperarsi per garantire una maggiore cooperazio- ne tra l’Italia e i principali Paesi di destinazione, attraver- so la stipula di protocolli d’intesa che facilitino l’attività investigativa e dunque l’applicazione del principio di ex- traterritorialità, previsto dalla Legge 269/1998; 3. Al Ministero degli Affari Esteri di dedicare maggiore at- tenzione il prossimo anno a progetti di cooperazione di prevenzione a favore di bambini a rischio di sfruttamento sessuale e progetti di recupero per i minori che né sono vittime. 837 Documento distribuito dalla Polizia Postale e delle Comunica- zioni, in occasione dell’inaugurazione del Centro nazionale per il contrasto della pedo-pornografia sulla rete internet, Roma 1 feb- braio 2008. 838 Rete informatica organizzata con nodi equivalenti in grado di fungere sia da client che da server verso altri nodi della rete. e File Transfer Protocol (FTP)839 che consentono di scambia- re files di ingenti dimensioni, come filmati o consistenti quantità di immagini. Anche le modalità sono diverse: attra- verso i siti web, gli utenti possono scaricare (download) dietro pagamento, materiale di natura pedopornografica (ad esempio, foto, video) oppure possono scambiarsi mate- riale utilizzando canali riservati attraverso le chat o il file sharing, dopo essersi riconosciuti attraverso l’utilizzo di lin- guaggi allusivi e convenzionali. Come evidenziato negli due precedenti Rapporti CRC, la dif- fusione e lo scambio di materiale pedopornografico, avvie- ne anche attraverso i cellulari. L’avvento dei cel l ul ar i di nuova generazione, infatti, consente, la trasmissione di im- magini e video attraverso gli MMS (Multimedia Messaging Service). I cellulari, vengono utilizzati inoltre, da potenziali abusanti, per adescare i minori, chiedendo immagini degli stessi, magari in cambio di ricariche telefoniche840. La Legge 38/2006, entrata in vigore il 6 febbraio 2006, ha fornito alcune misure per contrastare il fenomeno delle pe- do-pornografia on line e la sua diffusione. Ad oltre 2 anni dall’entrata in vigore della Legge si è provato a monitorarne l’applicazione in particolare attraverso l’analisi dell’operati- vità degli istituti introdotti. Il Centro per il contrasto della pedo-pornografia sulla rete Internet, previsto dalla Legge 38/2006, è stato formalmen- te inaugurato il 1 febbraio 2008. Il Centro raccoglie tutte le segnalazioni, provenienti da utenti singoli o da organizza- zioni, riguardanti la presenza di materiale pedo-pornografi- co in rete (siti, pagine web, spazi liberi su portali, etc.), o episodi di utilizzo della rete al fine di diffondere e distribuire materiale pedo-pornografico (chat, newsgroup, e-mail inde- siderate (spamming), programmi di file sharing, etc. I siti contenenti materiale pedopornografico, identificati at- traverso le segnalazioni, entrano a far parte di una “lista ne- ra” (bl ack l ist ). La black list viene continuamente aggior- nata e trasmessa ai Providers Italiani, i quali attraverso si- stemi di filtraggio appositi, hanno l’obbligo di impedire ai loro utenti l’accesso ai siti segnalati. A gennaio 2007, come scritto nel 3° Rapporto CRC, un de- creto interministeriale, frutto del lavoro svolto da un gruppo istituito presso il Ministero delle Comunicazioni, e compo- sto da esperti del predetto dicastero, della Polizia Postale e delle Comunicazioni e da rappresentanti degli operatori dei servizi di telecomunicazione, ha definito le caratteristiche tecniche dei filtri idonei al blocco degli accessi. Ad aprile 2007, è entrato in vigore il «Decreto Gentiloni»841, che sancisce l’obbligo per gli Internet Service Provider, di bloccare l’accesso, attraverso i propri server, verso i siti se- gnalati dal Centro, e quindi presenti nella black list entro 6 ore dalla segnalazione. Dal 1 Febbraio 2008, dopo alcuni mesi di test e di monitoraggio del funzionamento del siste- ma, il servizio è attivo e definitivamente operativo. Sempre in base a quanto sancito dalla Legge 38/2006, il Centro interviene anche sui sistemi di pagamento on line. Infatti, il Centro dovrebbe segnalare agli uffici competenti della Banca d’Italia, i rapporti bancari e finanziari connessi alla commercializzazione di materiale pedo-pornografico, in modo da bloccare i pagamenti destinati a quanti rendono disponibile il materiale illegale sui siti e colpire di conse- guenza gli enormi interessi economici sottesi al commercio di materiale pedopornografico. Già menzionato nel 3° Rap- porto CRC, tale sistema è ancora in fase di definizione, e dunque non operativo. Per quello che concerne l’identificazione delle vittime, evi- denziata come una priorità nel 3° Rapporto CRC, si segnala che il Centro si è dotato di sistemi informatici idonei alla ca- talogazione ed analisi delle immagine pedopornografiche, al fine di identificarne i minori presenti. Ad oggi non esisto- no dati ufficiali, si auspica che la nuova struttura possa dare maggiori indicazioni in merito, nel futuro. Infine per quanto concerne l’attività di monitoraggio del fe- nomeno svolta dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni nel corso del 2007, si riportano i dati relativi all’attività del- l’ultimo anno: i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 132 4orapportodiaggiornamento2007-2008 839 Protocollo di servizio della rete Internet atto a fornire elemen- ti fondamentali per la condivisione di file tra host. 840 Si veda, ad esempio, il caso riportato nel 2° Rapporto CRC, pag. 58, relativo all’indagine avviata dalla Polizia Postale nel 2005. 841 Ministero delle Comunicazioni, Decreto 8 gennaio 2007 Re- quisiti tecnici degli strumenti di filtraggio che i fornitori di con- nettività alla rete Internet devono utilizzare, al fine di impedire, con le modalità previste dalle leggi vigenti, l’accesso ai siti se- gnalati dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornogra- fia in G.U. n. 23 del 29 gennaio 2007. 842 Fonte: Comunicazione del Servizio della Polizia Postale e delle Co- municazioni, marzo 2006. Si veda 2° Rapporto CRC 2006, pag. 58. 843 Fonte: Comunicazione del Servizio della Polizia Postale e del- le Comunicazioni, marzo 2007. ATTIVITÀ FORZE DELL’ORDINE ANNO 2007 Anno 2005842 Anno 2006843 Anno 2007 Siti web monitorati 59.044 38.372 22.445 Siti web a contenuto pedopornografico attestati in Italia 1 2 10 Indagati sottoposti a provvedimenti restrittivi 21 18 33 Persone denunciate in stato di libertà 471 370 352 Per quanto concerne l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, previsto anch’es- so dalla Legge 38/2006, istituito presso la Presidenza del Consiglio di Ministri e che dalla XV legislatura opera pres- so il Dipartimento per le Politiche della Famiglia, si se- g nal a l ’adoz ione del reg ol amento con Decreto 240/2007844, entrato in vigore il 5 gennaio 2008. Nel regolamento si specifica che l’Osservatorio ha il com- pito di acquisire e monitorare i dati e le informazioni rela- tive alle attività svolte da tutte le pubbliche amministra- zioni, per la prevenzione e la repressione dell’abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori845. Interessante anche notare che l’Osservatorio dovrebbe redigere una relazione tecnico-scientifica annuale consuntiva delle at- tività svolte, anche ai fini della predisposizione della rela- zione che il Presidente del Consiglio dei Ministri presenta annualmente al Parlamento, ai sensi dell’art. 17 comma 1 Legge 269/1998. Tale relazione verrà svolta una volta in- sediatosi l’Osservatorio846. Invece la relazione sullo stato di attuazione della Legge 269/1998 è in corso di comple- tamento al momento della stesura del presente Rappor- to, e se ne auspica la diffusione tra gli operatori e la pub- blicazione sul sito del Ministero competente. L’Osservatorio dovrebbe anche predisporre il Piano na- zionale di prevenzione e contrasto dell’abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori, che sottopone all’ap- provazione del Comitato Interministeriale per la lotta alla pedofilia (CICLOPE). Il Piano costituisce parte integrante del Piano Nazionale Infanzia, predisposto dall’Osservato- rio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. In merito alla banca dati per raccogliere, con l’apporto delle informazioni fornite dalle amministrazioni847, tutte le informazioni utili per il monitoraggio del fenomeno, si ricorda che nel primo anno della sua creazione (2006), l’Osservatorio ha lavorato alla predisposizione della scheda di rilevazione e la predisposizione dei contatti con gli altri Ministeri, mentre, rispetto al secondo anno di atti- vità (2007), si segnala che il 21 dicembre 2007 i Ministri per le Politiche della Famiglia, dell’Interno, della Giustizia e per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Ammini- strazione hanno firmato due protocolli d’intesa con i qua- li viene sancito l’impegno comune in questo esercizio, e viene specificata una metodologia di sviluppo della ban- ca dati848. L’attività ricognitiva è gestita dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia in collaborazione con il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, a cui il Ministero ha commis- sionato uno studio di fattibilità del progetto da realizzarsi in cinque mesi. La composizione dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile non è ancora nota, in quanto, al momento della stesura del presente Rappor- to, le nomine sono ancora in corso di perfezionamento849. L’attività dell’Osservatorio è fondamentale al fine di poter avere dati aggiornati e complessivi circa i reati di natura pedofila, realizzati anche utilizzando le nuove tecnologie, nel nostro Paese. Tali informazioni sono infatti fonda- mentali al fine della conoscenza e comprensione del fe- nomeno, non solo in termini quantitativi, ma anche in ter- mini qualitativi, e conseguentemente per l’adozione di misure idonee di intervento e prevenzione. Si auspica pertanto una piena operatività dell’Osservatorio nel cor- so del 2008, e l’adempimento dei compiti prescritti dal regolamento. Per quanto concerne i fondi destinati all’Osservatorio che ammontavano a € 1.500.000 per il 2006, e € 750.000 per il 2007850 si rileva che il Decreto Ministeriale del 22 gennaio 2008 di Ripartizione del Fondo delle Politiche per la Famiglia per l’anno 2008 prevede € 6.000.000 per «le risorse destinate a finanziare iniziative di caratte- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 133 844 Regolamento recante «Attuazione dell’articolo 17 comma 1 bis, della Legge 3 agosto 1998, n. 269, in materia di coordina- mento delle azioni di tutela dei minori dallo sfruttamento ses- suale e dall’abuso e istituzione dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile», pubblicato in G.U. n. 296 del 21 dicembre 2007. 845 Art. 2 del sopracitato Regolamento. 846 Fonte: Comunicazione del Dipartimento per le Politiche della Famiglia inviata al Gruppo CRC ai fini dell’aggiornamento del presente Rapporto. 847 Ministero dell’Interno, Ministero della Giustizia, Ministero della Solidarietà Sociale, Ministero dell’Istruzione, Ministero della Salute, Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità, Re- lazione della Dott.ssa Cinzia Grassi al seminario ChildOnEuro- pe Review on national system of Statistics and registration on child abuse Firenze, 18 Gennaio 2007. 848 Le amministrazioni coinvolte si impegnano a far partecipare propri qualificai rappresentanti ad un gruppo tecnico coordinato dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia d’intesa con l’Osservatorio. Il Gruppo tecnico si è riunito per la prima volta l’11 marzo 2008 e si è stabilita la costituzione di due sottogruppi di la- voro che si occupano dell’analisi delle banche dati del Ministero dell’Interno e del Ministero della Giustizia. Fonte: Comunicazione del Dipartimento per le Politiche della Famiglia al Gruppo CRC, cit. 849 Fonte: Comunicazione del Dipartimento per le Politiche della Famiglia, cit. Secondo quanto stabilito dal Regolamento l’Osservatorio è presieduto dal Capo del Dipartimento per le Politi- che della Famiglia e composto da sei componenti, designati dal Ministro per le Politiche della Famiglia, di cui uno con funzioni di coordinatore tecnico scientifico, tre i componenti designati dalla Polizia di Stato, dall’Arma dei Carabinieri e dalla Guardia di Finan- za ed infine tre i componenti designati dalle associazioni nazionali maggiormente rappresentative nel settore della lotta al fenomeno dell’abuso e dello sfruttamento sessuale a danno dei minori. 850 Tali somme sono previste dalla stessa Legge 38/2006, e sem- brerebbero essere state confermate dal Bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri 2007, capitolo di spesa 832. re informativo ed educativo volte alla prevenzione di ogni forma di abuso sessuale nei confronti dei minori promosse dall’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della por- nografia minorile e al sostegno delle attività dello stesso». Su richiesta di informazioni in merito a tali fondi da parte del Gruppo CRC il Dipartimento per le Politiche della Fami- glia ha comunicato che «in ragione dei tempi necessari alla ricostituzione ed alla disciplina dell’organismo, le somme stanziate saranno utilizzate nel corso del 2008». In merito al Comitato Interministeriale di coordinamento per la lotta alla pedofilia (CICLOPE), si sottolinea ancora una volta che la consulta delle associazioni, formalmente istituita nel 2005 non è mai stata operativa, e che nel corso del 2007 si è svolta una sola riunione plenaria in data 21 febbraio 2007851. Infine si segnala a livello europeo che il Consiglio d’Europa il 12 luglio 2007 ha approvato la Convenzione sul la protezione di bambini e adolescenti contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale852. Ad ottobre 2007, è stata aperta alle firme degli Stati Membri, durante la 28esima Conferenza del Consiglio dei Ministri di Giustizia853 L’Italia ha apposto la sua firma il 7 novembre 2007. La Convenzione non è ancora in vigore, poiché occorre la ratifica di almeno cinque Stati. L’obiettivo del Trattato è duplice, consiste nel tutelare maggiormente le vittime e nel perseguire con più efficacia gli autori delle violenze854. Il testo della Convenzione prevede poi per la prima volta all’interno di una Convenzione internazionale il fenomeno dell’adescamento del minore anche attraverso i mezzi di telecomunicazione, più comunemente conosciuto come “grooming”. Infine, l’art. 30 par. 5 della Convenzione, sancisce la necessità per gli Stati Parte di dotarsi di misure politiche e legislative al fine dell’identificazione dei minori abusati sessualmente per la produzione di materiale pedo-pornografico. c) La prostituzione minorile La prostituzione minorile in Italia è un fenomeno sociale composito che riguarda minori maschi e femmine sia di na- zionalità italiana che straniera. Rispetto al passato, tale fe- nomeno sembra destare maggiore attenzione tra opinione pubblica, media e policy makers, sebbene l’approccio adot- tato sia soprattutto di tipo sensazionalistico e scarsamente mirato all’adozione di politiche e pratiche rispondenti ai bi- sogni dei minori coinvolti. Vige ancora una confusione gene- ralizzata tra forme distinte, sebbene a volte parzialmente contigue, di abuso e sfruttamento sessuale perpetrate da adulti su minori855; confusione che non favorisce un corretto approccio alle questioni riguardanti il fenomeno. Le poche conoscenze finora acquisite sulla prostituzione mi- norile nel nostro Paese derivano generalmente dagli studi sul fenomeno di tratta ai fini di prostituzione forzata856, che prendono in esame soprattutto i percorsi migratori e di sfruttamento di minori e donne straniere. In base alle stime i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 134 4orapportodiaggiornamento2007-2008 851 Si veda anche infra capitolo I, paragrafo «Coordinamento a li- vello istituzionale e tra istituzioni e ONG». 852 Testo disponibile (in inglese) sul sito www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/infanzia_convenzione _coe/Convention_Protection_children.pdf 853 Il 25-26 ottobre 2007 a Lanzarote. Per maggiori informazioni e per conoscere lo status della ratifica cfr. http://conventions.coe.int/Treaty/Commun/QueVoulezVous.asp ?NT=201&CM=8&DF=4/10/2008&CL=ENG 854 Il testo della Convenzione prevede al proprio interno misure di prevenzione e di sostegno alle vittime, anche in fase procedurale. In particolare merita menzione il riferimento a procedure di sele- zione, reclutamento e formazione degli operatori che lavorano quotidianamente a contatto con i bambini; nonché azioni di sen- sibilizzazione degli stessi bambini riguardo ai rischi possibili a cui possono andare incontro nella loro vita quotidiana. Si specificano quali sono le ipotesi di reato in cui il bambino/a diventa vittima di un delitto sessuale: tra le altre prostituzione, pedopornografia sia nel caso della produzione, possesso e distribuzione. 855 Prina F. La prostituzione minorile in Istituto degli Innocenti- Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza Uscire dal silenzio. Lo stato di attuazione della legge 269/98 Questioni e documenti, n. 27, gennaio 2003, pagg. 17-47. Tale studio, che continua ad essere l’unico di rilievo in ma- teria di prostituzione minorile, ha contributo inoltre a chiarire le categorie concettuali utilizzate nell’affrontare le questioni relative alla prostituzione e alla tratta di minori, in particolare fornendo definizioni puntuali di sfruttamento di minore, sfruttamento ses- suale di minore e lavoro sessuale. 856 Si veda oltre paragrafo «Rapimento, vendita e tratta di minori: la tratta di minori». Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Centro per il contrasto della pedo-pornografia sulla rete Internet l’avvio delle attività finalizzate all’identifi- cazione delle vittime di pedo-pornografia; 2. All’Osservatorio per il contrasto alla pedofilia e delle pornografia minorile, di provvedere quanto prima alla nomina dei suoi componenti e di garantire la piena ope- ratività nel corso 2008, in particolare in merito alla rac- colta sistematica dei dati relativi ai reati di natura pedo- fila, al fine di avviare analisi specifiche del fenomeno e conseguentemente adottare misure idonee di contrasto e di prevenzione al fenomeno e di supporto alle vittime ed agli abusanti (anche minorenni); 3. Al Ministero delle Comunicazioni ed al Ministero della Pubblica Istruzione l’adozione di misure efficaci di sen- sibilizzazione, destinate sia ai ragazzi per un utilizzo re- sponsabile delle nuove tecnologie, che ai genitori e ai docenti, al fine di fornire strumenti idonei ad educare ad un utilizzo responsabile delle tecnologie, e a relazionar- si con tematiche sensibili quali la sessualità, l’affettività, la pedo-pornografia e l’abuso sui minori. effettuate da ricerche recenti857, le minorenni straniere rap- presentano circa il 7% di coloro che si prostituiscono in strada. Tale percentuale è stimata essere attorno al 10-12% in alcune zone italiane858. Nel corso degli ultimi anni, è sta- ta registrata una progressiva diminuzione dell’età media delle persone che si prostituiscono, così come rilevato dagli stessi operatori ed operatrici sociali e messo in evidenza dai dati relativi ai progetti di assistenza ed integrazione so- ciale (in ottemperanza all’art. 18 T.U. 286/1998) rivolti a vit- time di tratta (nella quasi totalità dei casi a scopo di sfrutta- mento sessuale). Indicare però dati statistici esaustivi non è possibile a causa della mancanza di un dispositivo naziona- le di analisi e di monitoraggio costante, dal punto di vista quantitativo e qualitativo, del fenomeno della prostituzione minorile nelle sue numerose espressioni. In Italia, la prostituzione minorile femminile straniera coin- volge minori provenienti soprattutto dalla Romania, dall’Al- bania, dalla Moldova e dalla Nigeria, molte delle quali sono vittime di tratta. Il sistema di reclutamento, di viaggio, di as- soggettamento e di sfruttamento risulta essere molto simile a quello utilizzato per le donne adulte dello stesso gruppo nazionale. Nel caso delle minori, però, il livello di assogget- tamento e di sfruttamento può essere più grave ed intenso proprio a causa della loro giovane età e dello scarso capitale sociale e culturale a disposizione che può impedire loro di ri- bellarsi e di riconoscersi come vittime di un grave reato. Le minori si prostituiscono sia in luoghi al chiuso (soprattutto negli appartamenti ed alberghi859), che in molte strade italia- ne. Dalle ricerche effettuate860 appare chiaro che le organiz- zazioni criminali gestiscono questo specifico settore di sfrut- tamento molto redditizio utilizzando modalità organizzative e gestionali finalizzate a massimizzare i profitti e ridurre al minimo i potenziali rischi. L’alta mobilità, un articolato sup- porto logistico-organizzativo e un controllo particolarmente severo sono le tecniche adottate per evitare di essere inter- cettate dalle forze di polizia. Per sfuggire alle sanzioni pena- li, gli sfruttatori, oltre ad obbligarle a dichiarare sempre la maggiore età, tendono a spostare ripetutamente le minori sia all’interno della stessa città che in altre aree geografiche italiane861. Oramai comprovata da tempo862 è l’esistenza della prostitu- zione minorile straniera maschile, rivolta ad uomini, eserci- tata da adolescenti o neomaggiorenni provenienti soprattut- to dall’Europa dell’Est, in particolare dalla Romania e dalla Moldova, di origine rom o non, e in misura inferiore dal Ma- ghreb; sono stati inoltre registrati anche casi di coinvolgi- mento di bambini di 8-9 anni, principalmente di origine ru- mena e rom. Secondo un recente studio, si tratta di un feno- meno in espansione863. I principali luoghi di incontro con i potenziali clienti sono le aree di città di medie e grandi di- mensioni in prossimità delle stazioni ferroviarie, i parchi pubblici, gli internet café, i cinema porno, centro massaggi, saune, abitazioni di clienti abituali. I ragazzi generalmente si prostituiscono in maniera autonoma e sembrano non avere legami con le organizzazioni criminali che gestiscono la trat- ta e lo sfruttamento sessuale di minori femmine. I minori stranieri si prostituiscono per vari motivi: per mancanza di prospettive lavorative alternative che permettano di soste- nere economicamente se stessi e la famiglia; per integrare quanto guadagnano attraverso altre occupazioni (ad esem- pio, lavaggio vetri, accattonaggio, ambulantato, attività ille- gali); per potersi comprare beni di consumo; per testare o affermare la propria identità (omo)sessuale. Sebbene gene- ralmente si dichiarino estranei a forme prostitutive coerciti- ve, alcuni minori possono cadere vittima di circuiti di sfrut- tamento gestiti da propri pari o da adulti. Inoltre, vi sono ca- si di adolescenti trafficati e sfruttati per compiere attività il- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 135 857 Carchedi F., Tola V. (a cura di) All’aperto e al chiuso. Prostituzione e trat- ta: i nuovi dati del fenomeno, i servizi sociali, le normative di riferimento Ediesse, Roma, 2008. 858 In particolare: Veneto, Emilia Romagna, Lazio e Piemonte. Cfr. Carchedi F., Tola V. (a cura di), cit. 859 Più raramente le minorenni vengono impiegate nei night club in quanto vengono considerati luoghi più rischiosi dal punto di vista dei controlli delle forze dell’ordine e delle severe pene per chi impiega e sfrutta minorenni. 860 Cfr. Save the Children Italia Development of a Child Rights Methodology to Identify and Support Child Victims of Trafficking. Full Report of Research Findings, EDIThink, Roma, 2007; Save the Children Italia Protocollo di iden- tificazione e supporto dei minori vittime di tratta e di sfruttamento, EDIThink, Roma, 2007; Ferraris V. Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie illegali e nella prostituzioneEd E. Bedin; DonadelC.La tratta di persone a scopo di sfrutta- mento sessuale in strada e negli ambienti al chiuso in Carchedi F., Orfano I. (a cura di) La tratta di persone in Italia. Vol. 1. Evoluzione del fenomeno ed ambiti di sfruttamento, FrancoAngeli, Milano, 2007, pubblicazione realizza- ta nell’ambito del Progetto «Osservatorio Tratta»; Azienda Ussl 16 di Pado- va Progetto sperimentale di ricerca. Margini minori: conoscere, coinvolge- re, agire. Primi esiti conoscitivi, Padova, 2007; Casa dei diritti sociali, Fonda- zione Romena per i Bambini, la Comunità e la Famiglia, Terre des Hommes Aumento della prostituzione minorile rumena a Roma Fondazione Terre des Homes, Bucarest, 2005; Carchedi F. (a cura di) Prostituzione migrante e donne trafficate. Il caso delle donne albanesi, moldave e rumene, Franco Angeli, Milano, 2004; Carchedi F. (a cura di)Piccoli schiavi senza frontiere. Il traffico dei minori stranieri in ItaliaEdiesse, Roma, 2004. 861 Per un’analisi sulla mobilità territoriale, cfr. Carchedi F., Fri- sanco F. La tratta di donne adulte e bambine. Uno sguardo d’insieme in Carchedi F. (a cura di) Piccoli schiavi senza frontie- re, cit. pagg. 106-111. 862 Oltre agli studi citati, cfr. inoltre: Ferraris V. Prostituzione maschile in Italia: minori e giovani adulti in AA.VV., Kinda. Ricerca sulla prostituzione maschile dei giovani stranieri Ires- Cgil, Torino, 2004; Pini A. La prostituzione maschile in Associ- azione On the Road (a cura di), Porneia Voci e sguardi sulle prostituzioni, Il Poligrafo, Padova, 2003. 863 Save the Children Italia Development of a Child Rights Methodology to Identify and Support Child Victims of Traffick- ing. Full Report of Research Findings cit., pag. 28. legali che, giudicati inadeguati a tale scopo, vengono in seguito costretti a prostituirsi. Anche se scarsi sono gli approfondimenti in materia, si se- gnala l’esistenza di alcuni casi di transessuali minorenni stranieri (brasiliani) che sono stati obbligati ad assumere farmaci o a sottoporsi a trattamenti estetici per poi essere sfruttati nel mercato del sesso a pagamento864. La prostituzione minorile italiana riguarda principalmente due target group distinti: bambine/i e ragazze/i apparte- nenti a famiglie multiproblematiche con condizioni sociali, economiche e culturali fortemente disagiate che utilizzano la prostituzione (in forme coatte o in parte autonome) qua- le strategia di sopravvivenza per sé e per il proprio nucleo familiare; ragazzi e ragazze che occasionalmente e autono- mamente si prostituiscono per soddisfare bisogni non pri- mari (acquisto di beni di consumo alla moda o sostanze psicotrope)865. Molteplici, quindi, sono le modalità di sfruttamento della prostituzione minorile in Italia che «in un continuum molto articolato866» vanno dalla riduzione in schiavitù a forme autonome o concordate di esercizio della prostituzione. In questo ambito la discriminante più significativa è l’età: più i minori sono giovani e più il loro grado di sottomissione e di sfruttamento da parte degli adulti si aggrava. Ancora insoddisfacenti, in termini di efficacia e metodolo- gie utilizzate, appaiono gli interventi attuati per affrontare il fenomeno da parte degli organi competenti. Ciò è princi- palmente il risultato di quattro fattori: la scarsa conoscen- za del fenomeno; la mancanza di competenze adeguate da parte delle forze dell’ordine, della magistratura, dei servizi pubblici e, in parte, dei servizi sociali privati; il non utilizzo di strumenti specifici di identificazione di minori dediti alla prostituzione o appartenenti a gruppi a rischio di sfrutta- mento sessuale; l’assenza di politiche preventive e di assi- stenza adeguate. Tuttavia, in alcuni territori del Paese, esi- stono pratiche di lavoro sociale867 che potrebbero fungere da riferimento per chi si appresta a lavorare in questo spe- cifico ambito di assistenza o che è istituzionalmente prepo- sto a fornire supporto alle/ai minori o a contrastare la pro- stituzione minorile. In conclusione, si evidenzia che nel gennaio 2007, il Mini- stro dell’Interno ha istituito l’Osservatorio sulla prostitu- zione e sui fenomeni delittuosi ad essa connessi avente il «compito di studiare le misure già esistenti, anche quelle di assistenza e tutela delle vittime e di formulare, a riguardo, pareri e proposte per favorirne il miglioramento»868. Rispet- to alla prostituzione minorile, l’Osservatorio ha proposto la realizzazione di una campagna informativa diffusa sul feno- meno della prostituzione minorile e sul reato con cui è san- zionata; uno specifico impegno delle forze di polizia per la prevenzione e il contrasto del fenomeno. In considerazione del fatto che i minori stranieri non accompagnati possono correre il rischio di essere coinvolti in forme di sfruttamento sessuale o lavorativo, è stato inoltre deciso di realizzare un Sistema nazionale di accoglienza che uniformi e rafforzi tut- ti gli interventi locali. È stato quindi evidenziato che per per- seguire il superiore interesse del/la minore è necessario: monitorare costantemente la sua presenza per tutto il tem- po che rimane sul territorio italiano, attuando una “tutela condivisa” tra tutti i soggetti che, a vario titolo, lo/la incon- trano; controllare l’adeguatezza della formazione e la qua- lità del lavoro degli operatori; verificare la gestione, il fun- zionamento e l’idoneità delle strutture di accoglienza e dei progetti adottati869. Si auspica pertanto che tali impegni, enunciati nella relazione dell’Osservatorio, vengano posti in essere nel corso della prossima legislatura. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 136 4orapportodiaggiornamento2007-2008 864 Orfano I. Il profilo delle utenze afferenti al Servizio Roxanne in Carchedi F., Tola V. (a cura di) All’aperto e al chiuso. Prosti- tuzione e tratta: i nuovi dati del fenomeno, i servizi sociali, le normative di riferimento Ediesse, Roma, 2008, pagg. 268 ss.. 865 Prina F. op. cit. 866 Ibidem. 867 Si citano, ad esempio, le unità di strada e gli sportelli infor- mativi presenti in molte città italiane. 868 Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi ad essa connessi Relazione sulle attività svolte. I ° semestre 2007 Ministero dell’Interno, Roma, 2007, pag. 6. Tale organismo ha coinvolto rappresentanti del Dipartimento di Pubblica Sicurez- za, del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione e del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, dei Ministeri degli Affari Esteri, della Solidarietà Sociale, della Giustizia e dei Diritti e delle Pari Opportunità e rappresentanti di Enti Locali e di Or- ganizzazioni Non Governative che forniscono assistenza e tute- la alle vittime di sfruttamento sessuale. 869 Ibidem pag. 85. Il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Governo, attraverso i vari Ministeri competenti (Interno, Giustizia, Salute, Solidarietà Sociale, Fami- glia, Istruzione) e le autorità locali di sviluppare ed implementare una strategia articolata di prevenzio- ne della prostituzione minorile italiana e straniera, attraverso politiche ed interventi che tengano in de- bita considerazione le situazioni di disagio, di margi- nalità e di devianza e i complessi fattori di rischio che possono portare i/le minori a prostituirsi. A tal fine è altresì necessaria, da parte dei Ministeri so- praccitati, l’erogazione regolare e continua di modu- d) Abuso e maltrattamento intrafamiliare ed extrafamiliare di minori Dal punto di vista legislativo il tema dell’abuso e del mal- trattamento all’infanzia necessita ancora di un’armonizza- zione fra le norme del diritto penale e civile, previste dal no- stro ordinamento, e le indicazioni che delle principali con- venzioni internazionali in materia. Ad esempio la recente Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione di bambini e adolescenti contro lo sfruttamento e l’abuso ses- suale, adottata dal Consiglio dei Ministri d’Europa il 12 lu- glio 2007, firmata dall’Italia il 7 novembre 2007 ma non an- cora ratificata, si propone di prevenire e combattere gli abu- si, di proteggere i diritti dei bambini vittime e di promuove- re la cooperazione nazionale ed internazionale in questo campo, sottolineando la necessità di perfezionare ulterior- mente il nostro sistema di tutela dei minori vittime di abusi. Per quanto riguarda il panorama legislativo nazionale, nel corso della XV legislatura si sono susseguite differenti pro- poste di legge che avevano ad oggetto la tematica dell’abu- so e del maltrattamento all’infanzia. In particolare, si evi- denzia, con un certo rammarico, la mancata approvazione del disegno di legge C. 2169 proposto dal Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità congiuntamente al Ministero della Giustizia e al Dipartimento per le Politiche della Fami- glia in materia di «Misure di sensibilizzazione e prevenzione , nonché repressione dei delitti contro la persona e nell’am- bito della famiglia, per l’orientamento sessuale, l’identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione»870, che con- teneva importanti innovazioni, quali ad esempio: l’introduzione di una nuova fattispecie di reato quale la vio- lenza assistita, la modifica dei tempi di prescrizione per i reati di abuso sessuale sui minori, l’estensione della possi- bilità di ricorrere all’incidente probatorio anche in casi di- versi dal solo ed esclusivo reato di natura sessuale. A livello regionale si sottolinea che negli ultimi 10 anni, molte Regioni si sono dotate di Linee guida sull’abuso al- l’infanzia871. Tali iniziative, anche se nate in modo scollega- to tra loro, in tempi diversi e con diverse caratteristiche, ri- 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 137 li formativi al proprio personale affinché apprenda le necessarie tecniche di identificazione di minori che si prostituiscono o di gruppi sociali a rischio; 2. Al Governo (attraverso i Ministeri competenti: Inter- no, Giustizia, Difesa, Salute, Solidarietà Sociale, Fa- miglia, Istruzione) di promuovere l’implementazione a livello locale di protocolli di intesa tra forze dell’or- dine, magistratura, servizi pubblici e privati, per l’adozione di procedure standardizzate di raccordo operativo per fornire supporto e tutela ai/alle minori che si prostituiscono; 3. Alla Commissione interministeriale per il sostegno alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento di promuovere continue attività di ricerca e di ricer- ca-azione sul complesso fenomeno della prostitu- zione minorile italiana e straniera al fine di acquisire informazioni costantemente aggiornate per poter migliorare le prassi di intervento, ma anche le norme e le politiche di settore. 38. Ai sensi dell’art. 19 della Convenzione, il Comitato raccomanda che l’Italia: (a) intraprenda studi sulla violenza, i maltrattamenti e gli abusi, incluso l’abuso sessuale, subiti dai bambi- ni, soprattutto quelli appartenenti a gruppi vulnera- bili, perpetrati in particolar modo all’interno delle famiglie e nelle scuole, in modo da valutare la diffu- sione, il fine e la natura di queste pratiche; (b) sviluppi campagne di sensibilizzazione con il coin- volgimento dei bambini, in modo da prevenire e combattere l’abuso sull’infanzia; (c) modifichi la sua legislazione riguardo al limite di età vigente per una speciale protezione contro tutte le for- me di violenza perpetrate nei confronti dei bambini; (d) valuti il lavoro svolto dalle strutture esistenti e prov- veda alla formazione del personale coinvolto in que- sto tipo di casi; (e) indaghi in maniera efficace sui casi di violenza do- mestica, maltrattamento e abuso sui bambini, in- cluso l’abuso sessuale all’interno della famiglia, at- traverso indagini e procedure giudiziarie a misura di bambino, in modo da assicurare una migliore pro- tezione alle giovani vittime, incluso il loro diritto al- la privacy. (CRC/C/15/Add.198, punto 38) 870 Disegno di legge C. 2169 presentato alla Camera il 25 gennaio 2007, conclusione anomala per stralcio il 17 ottobre 2007. Disegno di legge C. 2169 bis «Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell’ ambito della famiglia»: presentato alla Camera il 17 ottobre 2007, assegnato (non ancora iniziato l’esame). Disegno di legge C. 2169 ter «Misure di repressione degli atti persecutori e delle condotte motivate da odio o discriminazione fondati sull’ orientamento sessuale o sull’i- dentità di genere»: presentato alla Camera il 15 gennaio 2008, in stato di relazione al momento della stesura del presente Rapporto. 871 Ad esempio Piemonte (DGR n. 95-25280 del 5 settembre 1998), Lombardia (DGR n. 7/20100 del 23 dicembre 2004), Vene- to (DGR n. 4031 del 30 dicembre 2002), Emilia Romagna (DGR n. 1294 del 1999), Campania (DGR n. 1164 del 16 settembre 2005), Abruzzo (www.nonprofitonline.it), Liguria (DGR n. 1079 del 1 otto- bre 2004). spondono comunque ad esigenze analoghe: identificare evenienze sempre più emergenti e diffuse; aggiornare gli operatori psicosociosanitari; riorganizzare i Servizi; ripro- grammare l’investimento di risorse pubbliche; dare indica- zioni specie rispetto alla gestione dei casi più complessi, come quelli di abuso sessuale, e all’interazione tra opera- tori socio-sanitari e operatori giudiziari. Purtroppo però l’attuazione di tali Linee guida appare estremamente diso- mogenea a seconda dei contesti territoriali. Per promuo- verne l’efficacia sarebbe invece auspicabile un analisi e una valutazione delle Linee guida finora adottate e il loro stato di attuazione nei diversi contesti locali, per ricavarne esempi di buone prassi da diffondere uniformemente su tutto il territorio nazionale. I finanziamenti per gli interventi di prevenzione, cura e as- sistenza socio-educativa a favore dei bambini e degli ado- lescenti vittime di maltrattamenti e violenze sessuali e del- le loro famiglie e per la valutazione e il trattamento degli autori, in particolare se minorenni, sono ripartiti tra siste- ma sanitario e sistema sociale. Lo schema di riferimento ri- mane ancora oggi quello esemplificato nel Decreto del Pre- sidente del Consiglio dei Ministri «Atto di indirizzo e coor- dinamento sull’integrazione socio-sanitaria, a norma del- l’art. 2, comma 1, lettera n) della Legge 419/1998». Sul versante sociale si evidenzia che non sono stati ancora definiti i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LIVEAS), richiesti dalla Legge 328/2000, volti a garantire la defini- zione di un livello minimo essenziale di prestazioni su tutto il territorio. Tale mancanza aggrava la situazione di diso- mogeneità nella diffusione dei servizi di assistenza e trat- tamento sul territorio nazionale. Sul versante sanitario, l’esistenza di una chiara definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)872, tra cui rientrano i compiti di trattamento a favore dei minori abusati e delle loro famiglie, non si è tradotta in impegni reali atti a garan- tire che tali servizi siano erogati ai cittadini in modo suffi- cientemente uniforme su tutto il territorio nazionale. La programmazione regionale in ambito sociale e sanitario e la programmazione territoriale sociosanitaria, che pren- de forma nei piani di zona, sono gli strumenti principali at- traverso i quali si definiscono le priorità e si orientano le ri- sorse. In tali contesti le politiche per l’infanzia e l’adolescenza in genere si trovano oggi a concorrere con al- tri importanti gruppi, in primo luogo gli anziani. La situazione non registra particolari cambiamenti rispetto alle analisi condotte gli scorsi anni, eccetto la creazione del Fondo per le Politiche della Famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha previsto, a seguito dell’in- tesa stipulata il 20 settembre 2007 in Conferenza Unificata Stato, Regioni ed Enti Locali, uno stanziamento straordina- rio di risorse per il rilancio dei consultori familiari, azione dalla quale potrebbe derivare uno sviluppo anche dei servizi di assistenza a sostegno delle vittime di violenze familiari. Tale area di intervento prevede degli accordi stipulati tra il Ministro per le Politiche della Famiglia e le Regioni, anche se non tutte le Regioni hanno ancora sottoscritto gli accordi per ricevere i finanziamenti. Sarà pertanto necessaria un’attenta verifica per monitorare come sono state utilizzate tali risor- se. Si segnala che al 12 gennaio 2008 le intese sottoscritte con la Provincia Autonoma di Trento e le Regioni Liguria, Sardegna, Sicilia, Lazio, Toscana e Veneto avevano mobilita- to oltre 20 milioni di euro, di cui 15 milioni a carico del Fondo nazionale delle Politiche per la Famiglia (75% del finanzia- mento) e 5 milioni messi a disposizione dalle Regioni. Si evidenzia anche che la Legge Finanziaria 2008 ha previ- sto 1,5 milioni di euro per il finanziamento, «da parte del Mi- nistero della Solidarietà Sociale, di iniziative volte alla tute- la dei minori, anche disabili, in situazioni di disagio, abuso o maltrattamento, ivi compreso il sostegno all’attività» di uno specifico ente morale873, di cui sarà importante monito- rare l’effettiva erogazione ed i criteri di distribuzione. Inoltre dal 1 gennaio 2007 è stato avviato il nuovo Servizio telefonico connesso con il codice di pubblica sicurezza 114874, per il quale è previsto un contributo annuo di € 1.200.000,00, la cui vigilanza sulla qualità del servizio e sul- l’utilizzo del contributo è affidata al Ministero delle Comuni- cazioni, al Ministro per le Politiche della Famiglia, al Mini- stero della Solidarietà Sociale e al Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità875. Sull’attività di tale servizio non so- no disponibili dei dati ufficiali che sarebbero invece molto utili per avere anche un primo inquadramento del fenome- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 138 4orapportodiaggiornamento2007-2008 872 Il 23 febbraio 2002 è entrato in vigore il Decreto del Presiden- te del Consiglio dei Ministri che ha definito i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) vale a dire le prestazioni e i servizi che il SSN è tenuto a fornire a tutti i cittadini gratuitamente o dietro pagamen- to di un ticket. 873 Ente Morale SOS – Il Telefono Azzurro Onlus. Cfr. Legge Fi- nanziaria 2008 art. 2 comma 464, come modificato dal Decreto Legge 248/2007, c.d. Decreto Milleproproghe 2008, art. 11 bis. 874 Il 7 novembre 2003 è stata stipulata tra il Ministero delle Co- municazioni e il Gestore Telefono Azzurro la «Convenzione per l’affidamento della gestione del servizio di emergenza 114» fina- lizzato a fornire, sul territorio nazionale, assistenza psicologica in caso di segnalazione di situazioni di emergenza nocive per lo svi- luppo psico-fisico di bambini ed adolescenti, nonché ad attivare la rete di collegamenti di volta in volta necessari con le compe- tenti strutture territoriali sanitarie, sociali e di sicurezza. L’art. 9 della Convenzione dispone, che questo Ministero eroghi al Gestore, a parziale copertura degli oneri di gestione, un contri- buto annuo pari a € 1.200.00,00. 875 Fonte:www.comunicazioni.it/ no della violenza ai minori e dell’efficacia degli interventi, quali quelli del servizio 114. Tali dati dovrebbe essere facil- mente accessibili e messi a disposizione degli operatori e dei cittadini interessati. È utile infine ricordare che nel 2007 il Dipartimento per i Di- ritti e le Pari Opportunità ha lanciato il primo avviso per il fi- nanziamento di progetti finalizzati a rafforzare le azioni di prevenzione e contrasto della violenza di genere. I fondi messi a disposizione di Enti Locali, associazioni ed enti , so- no stati € 2.150.000 a valere sul «Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere», istituito presso la Presi- denza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità, ai sensi dell’art. 1 comma 1261 Legge 296/2006. Tra gli obiettivi rientrano anche interventi di pro- tezione per i minori: si raccomandava infatti di dedicare una forte attenzione anche alle forme di violenza all’infanzia, in particolare agli abusi sessuali sui minori. Per quanto riguarda la progettazione regionale, essa nel suo complesso si basa piuttosto sulle evidenze emergenti, mentre manca un’attenzione a destinare finanziamenti, non solo al mantenimento dei servizi esistenti, ma anche a pro- muovere iniziative innovative, come i centri di secondo li- vello, in grado di fornire le risorse professionali specialisti- che indispensabili per garantire la presa in carico non solo diagnostica ma anche terapeutica dei bambini maltrattati e abusati. Inoltre va tenuto presente che la cura psicologica deve essere pensata e attuata anche per il genitore non abusante/maltrattante e, qualora risulti possibile dopo at- tenta valutazione diagnostica e prognostica, per il genitore maltrattante od abusante, in modo da poter restituire al mi- nore, laddove possibile le proprie risorse familiari. In generale si assiste ad una sottovalutazione dei costi ne- cessari per organizzare un sistema in grado di lavorare in modo adeguato al fine di restituire ad un bambino maltratta- to o abusato il diritto alla salute psico-fisica, sancito dalla Costituzione e dalla CRC. Tra questi costi è da porre in primo piano la specializzazione degli operatori che si occupano delle varie fasi di presa in carico dei minori maltrattati e delle loro famiglie, che richiede una competenza specifica consi- derando che spesso ci si trova ad operare in contesti familia- ri violenti in cui c’è la negazione di tutte le difficoltà esistenti. i. Il minore vittima di maltrattamenti ed abusi ed il suo coinvolgimento nei percorsi giudiziari Come già evidenziato nei precedenti Rapporti CRC, i minori vittime di maltrattamenti ed abusi possono essere coinvol- ti in differenti percorsi giudiziari che hanno obbiettivi, fina- lità e procedure completamente differenti fra loro. Nella gestione di questi percorsi si continua a rilevare una carenza ed una disomogeneità sul territorio nazionale del- l’applicazione delle disposizioni di protezione del minore predisposte dall’ordinamento nazionale ed internazionale, la cui applicazione è ancora oggi troppo spesso legata alla discrezionalità dei singoli magistrati o alle prassi dei singo- li Tribunali sia che questi operino in sede civile che in sede penale. Il coinvolgimento di un minore nel percorso giudiziario, se non realizzato in modo congruo può dare luogo a forme di vittimizzazione secondaria. Pertanto si ritiene opportuno e necessario ribadire alcune considerazioni anche nel pre- sente Rapporto di aggiornamento. In particolare appare critico l’ascolto del minore vittima di abuso nell’ambito del procedimento giudiziario penale che lo vede vittima, ma spesso anche unico testimone. Nono- stante la normativa abbia cercato di predisporre idonee ga- ranzie di tutela del minore proprio per evitare una sua “ri- vittimizzazione” durante il procedimento penale, nella prassi tale tutela è ancora oggi spesso disattesa876. Si evidenzia poi che, nonostante la Legge 77/2003, di rati- fica ed esecuzione della Convenzione Europea di Strasbur- go sull’esercizio dei diritti dei minori877, preveda la figura del rappresentante del minore, non è stato ancora definito il profilo di tale figura. Così come la nomina del curatore speciale nell’ambito del procedimento penale, ex art. 77 c.p.p., prevista qualora vi sia un conflitto di interesse fra il minore vittima e i genitori o comunque di fronte all’incapacità o disinteresse da parte di questi ultimi, è sporadica e non applicata in tutti i casi ove sarebbe necessaria. Tale nomina peraltro difficilmente avviene fin dalle prime fasi del procedimento, fasi che si ri- velano essere fondanti per tutto il procedimento. Si ricorda inoltre che la costituzione di parte civile, con la conseguen- te possibilità di richiedere un risarcimento del danno, è possibile solo attraverso un legale della parte lesa, che deve essere nominato o dagli esercenti la potestà o dal curatore speciale del minore. I bambini vittime di traumi quali l’abuso sessuale, il mal- trattamento fisico, la violenza assistita hanno diritto, ol- tre che ad interventi di tipo protettivo, anche a tempestivi e idonei percorsi di sostegno e terapeutici. Si verifica, in particolare nei casi di abuso sessuale, che tali percorsi vengano considerati come condizioni pregiudizievoli in vista della raccolta della testimonianza in sede penale e 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 139 876 Per un maggior approfondimento si veda capitolo II, para- grafo «L’ascolto del minore in ambito giudiziario». 877 Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, Strasburgo,1996. pertanto si verifichino omissioni o gravi ritardi nella pre- stazione delle cure necessarie alle piccole vittime. Peraltro l’Associazione Italiana dei Magistrati per i Mino- renni e per la Famiglia (AIMMF) in un comunicato stampa diffuso l’8 marzo 2008878 ribadisce che gli interventi di cura della vittima non possono essere subordinati ai tem- pi ed alle esigenze del processo penale in quanto deve prevalere il «superiore interesse del minore». Si segnala anche la necessità di introdurre validi criteri per la scelta dei consulenti tecnici e dei periti, previsti ad esempio ex art. 196 c.p.p., che includano una formazione e competenze specifiche, nonché una comprovata conoscen- za dei diritti dell’infanzia, fondamentali per lo svolgimento delle funzioni che sono chiamati a svolgere. A fronte di una sempre maggiore predisposizione da parte dei giudici nel ricorrere a consulenti tecnici o periti, non si è ancora prov- veduto infatti a disciplinare questa attività. Non vi sono re- gole per lo svolgimento delle consulenze: allo stesso que- sito si può rispondere utilizzando strumenti diagnostici dif- ferenti e le risposte fornite spesso non sono supportate da riferimenti scientifici. Infine si evidenzia la necessità di pre- vedere l’obbligo dei consulenti di confrontarsi con i servizi interessati già attivi sul caso, a volte anche da molti anni, servizi che potrebbero essere in possesso di elementi im- portanti. Infine si segnala che i tempi previsti per l’esecuzione di una consulenza tecnica sono spesso allun- gati da richieste di proroga, che conseguentemente priva- no il bambino di un supporto terapeutico per tempi intolle- rabili, in base al pregiudizio secondo il quale il bambino cu- rato potrebbe essere suggestionato. ii. Il sostegno e la cura del minore vittima di maltrattamenti ed abusi La cura del bambino vittima delle diverse forme di maltrat- tamento deve prevedere una sinergia tra l’attivazione di contesti protettivi ed educativi (collocamento in comunità, affido familiare, sostegni educativi domiciliari, adozione, etc.), in grado di svolgere nel quotidiano funzioni di ripara- zione dei danni riportati dal minore, e l’attivazione di conte- sti più strettamente terapeutici finalizzati all’elaborazione dei traumi subiti. È necessaria la valutazione delle competenze genitoriali e della eventuale recuperabilità dei genitori. Per quello che ri- guarda il genitore non abusante/maltrattante vanno messi in atto interventi di valutazione, sostegno e riparazione, con particolare attenzione alla cura della relazione con il bambi- no, sempre danneggiata nelle situazioni di abu- so/maltrattamento messo in atto dal partner. Gli interventi a favore dei genitori non vanno però assolutamente trascu- rati neanche nei casi di abusi extrafamiliari. I percorsi di cura devono necessariamente coinvolgere equipe multiprofessionali con un alto livello di specializza- zione in relazione alla specificità delle situazioni. Si evidenziano nella prassi ancora grossi limiti nella realiz- zazione di percorsi valutativi sia dei minori vittime che del- la propria famiglia d’origine, in quanto: ∏ i percorsi valutativi sono spesso affidati a servizi non specializzati in tema di maltrattamento ed abuso, che non lavorano in rete con gli altri operatori, che non arri- vano a formulazioni diagnostiche e prognostiche, che operano con una dilatazione dei tempi incongrua rispet- to alle esigenze dei bambini; ∏ mancano ancora delle Linee guida che orientino tutti gli operatori coinvolti nei percorsi di cura nonostante la let- teratura nazionale879 indichi per la valutazione delle competenze genitoriali criteri tali da consentire una pre- visione della potenzialità di recupero della famiglia; ∏ viene dedicata scarsa attenzione, in sede valutativa pri- ma ed in sede terapeutica poi, agli adolescenti autori di reati sessuali, mentre tali interventi costituiscono l’unica strada percorribile al fine di tentare di prevenire le recidi- ve, tenendo anche conto del fatto che i comportamenti abusanti iniziano molto spesso nell’adolescenza; ∏ vi è carenza di un’adeguata progettazione e accompa- gnamento delle famiglie affidatarie e adottive di bambini maltrattati ed abusati, spesso lasciate sole a gestire rela- zioni complicate con bambini traumatizzati e, nel caso delle famiglie affidatarie, anche con le famiglie di origine; ∏ gli operatori sono spesso costretti a lavorare da soli e sull’onda dell’emergenza, mentre andrebbe garantito, a chi lavora su questa casistica, formazione, supervisione e consulenza legale; ∏ i bambini e le famiglie sono costretti a ripetuti passaggi di prese in carico da un operatore all’altro a causa del turn over dovuto alle assunzioni temporanee e precarie; ∏ è del tutto sottovalutato a livello istituzionale l’alto ri- schio del burn-out degli operatori anche a causa degli “attacchi” da parte dei maltrattanti/abusanti, dei loro avvocati difensori e dei mass-media. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 140 4orapportodiaggiornamento2007-2008 878 Comunicato stampa diffuso in data 8 marzo 2008 e disponi- bile sul sito www.aimmf.it 879 Malacrea M., Lorenzini S. Bambini abusati. Linee Guida nel dibattito internazionale Cortina, 2002, Carini A., Pedrocco Bian- cardi M, Soavi G. L’abuso sessuale intrafamiliare. Manuale di In- tervento Cortina, 2001; Cirillo S. Cattivi genitori Cortina, 2005; Ghezzi D., Vadilonga F. La tutela del minore, protezione dei bam- bini e funzione genitoriale Cortina, 1996. iii. Abusi di gruppo e nelle scuole Si ritiene importante prestare particolare attenzione all’in- sorgere di comportamenti abusivi che si possono verifi- care all’interno di alcune istituzioni da parte di singoli o di gruppi di persone rivolti a più bambini a loro affidati. Inve- ce, con particolare riferimento a questa tipologia di abusi, si osserva una tendenza negazionista diffusa, forse legata alla troppa vicinanza con gli ambiti del quotidiano e della normalità: in questi casi si registra più che in altre situa- zioni, il bisogno da parte della collettività di dirsi che non è possibile che succedano fatti di una tale gravità. Proprio per questo motivo, spesso bambini che rivelano tali forme di abuso vengono immediatamente etichettati come «soggetti con fantasie psicotiche». Gli stessi operatori psicosociali in Italia conoscono anco- ra poco questo tipo di abusi, che necessitano invece di grande attenzione. Cospicua letteratura internazionale ha studiato questa casistica, mentre in Italia non vi è stato uno studio sul fenomeno né conseguentemente sulle strategie per affrontarlo adeguatamente. Spesso in queste situazioni l’intervento giudiziario si pre- senta estremamente complesso, sia per la difficoltà a condurre le indagini sia a causa dei processi mediatici che si scatenano mettendo in difficoltà la magistratura, gli operatori e soprattutto le piccole vittime. Solo cominciando a riconoscere l’esistenza di tali fenomeni potremo iniziare ad affrontarli: sarebbe quindi utile ed au- spicabile cominciare a raccogliere dati sul numero dei casi conoscenza registrati in Italia e parallelamente intraprende- re uno studio sulle ricerca condotte in tale settore. 3. RAPIMENTO, VENDITA E TRATTA DI MINORI: LA TRATTA DI MINORI La tratta di minori in Italia è un fenomeno che coinvolge bambini e adolescenti di ambo i sessi provenienti da aree geografiche diverse, a cui sembrano corrispondere ambiti di sfruttamento distinti (prostituzione, accattonaggio conto terzi, attività illegali), sebbene in alcuni casi complementa- ri. Anche i luoghi di destinazione sono differenti e possono mutare in base a cambiamenti di natura organizzativa dei soggetti e delle reti criminali coinvolte o quale reazione al- le azioni di contrasto attivate dalle forze dell’ordine italia- ne o, ancora, ai trend stabiliti dalla cd. “clientela” , soprat- tutto nel caso della prostituzione. Si registra inoltre l’innescarsi di forme di sfruttamento o di riduzione in schiavitù a seguito di un percorso migratorio irregolare e a causa della condizione di forte vulnerabilità in cui i minori vengono a trovarsi una volta giunti a destinazione. Pur trattandosi di un fenomeno in costante trasformazione e, per sua natura nascosto, è possibile affermare che nel corso dell’ultimo biennio sono state acquisite e/o ap- profondite, grazie ad alcune ricerche880 finanziate princi- palmente attraverso programmi comunitari, conoscenze si- gnificative sui percorsi di tratta (reclutamento, viaggio ver- so il Paese di destinazione, modalità di assoggettamento e 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 141 880 Carchedi F., Orfano I. (a cura di) La tratta di persone in Ita- lia. Vol. 1. Evoluzione del fenomeno ed ambiti di sfruttamento FrancoAngeli, Milano, 2007; tale volume, realizzato nell’ambito del progetto comunitario Equal «Osservatorio Tratta», racco- glie una serie di ricerche che hanno preso in esame varie forme di tratta (a scopo di: sfruttamento sessuale in strada e negli ambienti al chiuso; grave sfruttamento lavorativo; accattonag- gio; economie illegali; espianto di organi; adozioni internazio- nali illegali) così come si manifestano nel nostro Paese; Save the Children Italia, L’identificazione dei minori vittime di tratta e sfruttamento. Rapporto di ricerca, Roma, 2007: tale studio, curato da Salvatore Fachile, è stato realizzato nell’ambito del progetto Agis Development of a Child Rights Methodology to Identify and Support Child Victims of Trafficking finanziato dal- la Commissione Europea (JlS/2005/Agis/045). Alla luce di tali considerazioni il Gruppo CRC racco- manda: 1. Al Ministero degli Affari Esteri di avviare celermente il pro- cesso di ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione di bambini e adolescenti contro lo sfrutta- mento e l’abuso sessuale, firmata dall’Italia il 7 novembre 2007, ma non ancora ratificata; 2. Al Ministero della Solidarietà Sociale in raccordo con la Conferenza Stato Regioni di realizzare un sistema naziona- le di monitoraggio dei bambini seguiti dai servizi sociali e sociosanitari territoriali per situazioni di disagio, trascura- tezza, maltrattamento e abusi, allo scopo di arrivare a dati di incidenza significativi e comparabili in linea con quanto già previsto dalla Legge 38/2006 che istituisce una banca data per i minori vittime di reati di natura sessuale; 3. Al Governo di inserire gli interventi di rilevazione precoce della violenza intra ed extra familiare ai danni di minori, l’assistenza socio educativa e gli interventi di reinserimen- to sociale, tra i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LI- VEAS), di cui si auspica una rapida definizione. Il Comitato ONU vede con preoccupazione l’elevato numero di bambini vittime di tratta sessuale in Italia. Il Comitato raccomanda che l’Italia:si impegni per prevenire e combattere la tratta di minori per scopi sessuali, in conformità con la Dichiarazione e l’Agenda per le azioni, e l’Impegno globale adottato ai Congressi mondiali contro lo sfruttamento sessuale del 1996 e 2001. (CRC/C/15/Add. 198, 31 gennaio 2003, punti 49 e 50) sfruttamento) che hanno permesso di tracciare anche i profili dei/delle minori che più frequentemente vengono trafficati/e e sfruttati/e nel nostro Paese. Gli studi hanno confermato le conoscenze oramai note sul- lo sfruttamento sessuale di adolescenti femmine prevalen- temente di origine nigeriana ed est europea (in particolare provenienti dalla Romania, Moldova, Bulgaria, Repubblica Ceca, Albania) ed evidenziato, da un lato, il costante au- mento881 delle minorenni tra i sedici e i diciotto anni, in particolare rumene. Inoltre hanno messo in luce l’affacciarci sul mercato di bambini, sia maschi che femmi- ne, di origine rom sfruttati da membri della propria famiglia e, in misura molto minore, di giovani originarie del Came- run trafficate e sfruttate dalla criminalità nigeriana882. Par- ticolarmente a rischio di tratta e sfruttamento sessuale ri- sultano essere gli adolescenti maschi, generalmente rume- ni e moldovi, che si prostituiscono autonomamente ma che in alcuni casi possono entrare in un circuito di sfruttamen- to gestito da propri pari o da adulti883. L’accattonaggio conto terzi884 è praticato soprattutto da minori rumeni rom e, in misura residuale, da minori di altri paesi dell’Europa sud-orientale. È confermata la tendenza a trafficare minori con problemi fisici in quanto l’esposizione delle loro disabilità (a volte aggravate dagli stessi sfruttatori885) sembra garantire una maggiore fonte di reddito. In diversi casi, tali minori esercitano anche la prostituzione quale fonte complementare di guadagno. Per alcuni l’accattonaggio può successivamente diventare «una mansione saltuaria, [che] si diversifica o [che] viene abbandonata in favore di altre azioni illegali, quali: furti, borseggi e spaccio di sostanze stupefacenti»886. La tratta di minori a scopo di sfruttamento in attività ille- gali sembra invece coinvolgere prevalentemente bambini e adolescenti di ambo i sessi rumeni, rom e non, e adole- scenti moldovi in attività contro il patrimonio (ad esempio furti e borseggi), e nordafricani, senegalesi e del Gabon (maschi) nello spaccio di sostanze stupefacenti, da cui un numero sempre più significativo diventa dipendente887. Le forme di tratta che seguitano ad essere scarsamente conosciute sono quelle a scopo di lavoro forzato e di adozioni internazionali illegali888. Le poche informazioni finora raccolte sono prevalentemente di natura giudizia- ria, le quali evidenziano l’esistenza di alcuni gruppi parti- colarmente a rischio. Per il lavoro forzato gli adolescenti a rischio sono soprattutto quelli originari dall’India, dal Bangladesh, dall’Africa del Nord e sub-sahariana che la- vorano nel settore dell’agricoltura e della pastorizia. Ad essere coinvolti in casi di adozioni internazionali illegali risultano essere in particolar modo le gestanti e i neonati provenienti dalla Bulgaria e dalla Romania889. La tratta a scopo di espianto di organi continua ad essere il feno- meno meno conosciuto, sebbene a livello internazionale le conoscenze in materia continuino, anche se faticosa- mente, ad aumentare890. In Italia, una recente ricerca891 ha permesso di fare chiarezza rispetto ai termini del fe- nomeno che, tuttavia, non riesce ad essere indagato a causa della scarsità di informazioni disponibili. Considerato tale quadro conoscitivo è possibile afferma- re che la tratta di minori in Italia è «una realtà composi- ta dove convivono la tratta dall’estero, la tratta interna, lo sfruttamento più o meno intenso e i percorsi irregolari autonomi di successo» che possono presentare «signifi- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 142 4orapportodiaggiornamento2007-2008 881 Carchedi F., Tola V. (a cura di) All’aperto e al chiuso. Prostitu- zione e tratta: i nuovi dati del fenomeno, i servizi sociali, le nor- mative di riferimento Ediesse, Roma, 2008, pag. 99. 882 Save the Children Italia Italy in Final Report. Development of a Child Rights Methodology to Identify and Support Child Vic- tims of Trafficking, Edithink, Roma, 2007, pag. 25. 883 Ibidem, pagg. 28-29. 884 È infatti importante sottolineare che esistono differenze so- stanziali tra minori che mendicano per conto terzi e quelli che sono dediti all’accattonaggio per conto della propria famiglia. Mentre per i primi, nella maggior parte dei casi, si configura il reato di tratta o di riduzione in schiavitù, per i secondi invece si è in presenza di strategie di sopravvivenza, sostenute anche da consuetudini culturali che richiedono anche ai minori di contri- buire alla sussistenza della propria famiglia. 885 Save the Children Italia L’identificazione dei minori vittime di tratta e sfruttamento. Rapporto di ricerca Roma, 2007. 886Ferraris V. Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stra- nieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie illegali e nella prostituzione in Carchedi F., Orfano I. (a cura di), cit., pag. 219. Va inoltre rilevato che, a volte, il passaggio da un’attività all’altra di- pende anche dall’età del minore e dalle strategie di raggiro della legge (ad esempio, sfruttando la non imputabilità di reato per i mi- nori di 14 anni) utilizzate dai singoli o dalle reti criminali. 887 Ibidem pagg. 249. 888 Si segnalano due recenti ricerche sul fenomeno: il Rapporto Adoption in Europe: at what cost? sulla responsabilità dei Paesi europei nell’adozione internazionale, presentato a Bruxelles il 26 Febbraio 2008 da Terre des Hommes ai rappresentanti di alcune Autorità Centrali europee e ai membri del Parlamento Europeo (disponibile sul sito www.tdh-childprotection.org; www.terredeshommes.org; ww.tdh.ch) e il Rapporto Vermot – Mangold sulle adozioni internazionali illegali di neonati presen- tato il 7 dicembre 2007 all’Assemblea del Parlamento Europeo (Doc. 11461 su www.coe.int) . 889 Si veda, ad esempio, la recente operazione di polizia «Ladri di bambini» che ha portato alla scoperta di casi di tratta a scopo di adozione internazionale illegale in Campania (marzo 2008). 890 Significative in questo senso sono state le informazioni e le relative analisi presentate nel Seminario Trafficking in persons for the removal of organs and body parts svoltosi nell’ambito della Conferenza The Vienna Forum to Fight Human Trafficking organizzata dalla Global Initiative to Fight Human Trafficking (UN.Gift) delle Nazioni Unite (Vienna, 13-15 febbraio 2008). Il background paper elaborato per l’occasione, può essere scari- cato dal seguente sito: www.ungift.org 891 Alteri G. Il commercio dei corpi: la tratta a scopo di espianto di organi in Carchedi F., Orfano I. (a cura di), cit., pagg. 278-294. cative interrelazioni» e che sono finalizzati allo svolgi- mento di attività che si situano lungo un continuum, do- ve la coesistenza di più attività e il passaggio tra forme di sfruttamento diverse sono usuali 892. Quantificare tale realtà eterogenea continua ad essere un compito pressoché impossibile perché in Italia è an- cora assente un sistema centralizzato permanente di rac- colta dati ed informazioni sui diversificati fenomeni di tratta893e i metodi per l’elaborazione di stime non sono ancora considerati sufficientemente attendibili894. Gli unici dati statistici disponibili (sebbene parziali perché riguardanti soprattutto la tratta a scopo di sfruttamento sessuale) sono perciò quelli elaborati dal Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità sulle persone (adulte e minori) trafficate prese in carico dai programmi di assi- stenza e integrazione sociale e sui permessi di soggiorno concessi per motivi umanitari (in base all’art. 18 del T.U. 286/1998): dal 2000 al 2006 i minori inseriti in tali pro- grammi sono stati 748895. Sebbene la normativa italiana contro la tratta896 sia in li- nea con il Protocollo di Palermo e quella sulla tutela delle persone trafficate897 venga considerata un modello da adottare da più parti, la loro applicazione continua a non essere omogenea sul territorio nazionale. A dispetto del chiaro dettato normativo che non prevede l’obbligatorietà di sporgere denuncia formale da parte delle vittime e le numerose Circolari898 rilasciate dal Mi- nistero dell’Interno in materia, diverse Questure conti- nuano arbitrariamente ad adottare interpretazioni restrit- tive della norma899. La diffusa rete dei progetti ex art. 13 Legge 228/2003 e art. 18 T.U. 286/1998 di assistenza e di tutela presenti in Italia e finanziati dal Governo offre un’articolata serie di servizi alle (potenziali) vittime di tratta che, tuttavia, in molti casi, necessitano ancora di migliorare o di imple- mentare misure specifiche per persone trafficate (minori e adulte) in settori di sfruttamento diversi da quello ses- suale. In particolare, continua a persistere la necessità di migliorare il sistema di aggancio e di assistenza dei mino- ri vittime di tratta o potenzialmente tali, sia nei luoghi di arrivo che di insediamento, nonché di accoglienza o di re- clusione900. Gli interventi devono tenere conto dei biso- gni specifici, anche in relazione al genere di appartenen- za e all’età, dei minori, per elaborare politiche e strategie di intervento901 diversificate e più adeguate902. L’identificazione e il conseguente supporto delle vittime di tratta e dei minori a rischio di tratta sono questioni di fondamentale importanza che le agenzie italiane prepo- ste alla tutela delle persone trafficate e al contrasto del fenomeno dovrebbero tenere in debita considerazione, migliorando le proprie conoscenze ed adottando proce- dure standardizzate e strumenti specifici, come ad esem- pio linee guida e protocolli, che includano indicatori di tratta e sfruttamento, principi e regole di coordinamento e principi etici e metodologici per condurre il colloquio 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 143 892 Ferraris V. op. cit., pag. 274. 893 Nel febbraio 2008 il Dipartimento per i Diritti e le Pari Op- portunità ha annunciato l’intenzione di avviare a breve un Os- servatorio sul fenomeno della tratta di esseri umani, istituito con decreto del Ministro per i Diritti e le Pari Opportunità del 21 marzo 2007. 894 Altri fattori contribuiscono a rendere difficoltosa la raccolta di dati attendibili sulla tratta, tra cui: la natura complessa ed invisibile del fenomeno; la paura delle persone trafficate di sganciarsi dal circuito di sfruttamento e la loro incapacità di ri- conoscersi come vittime; la mancanza di procedure di identifi- cazione standardizzate e aggiornate da parte delle agenzie preposte alla tutela e all’assistenza delle (potenziali) vittime (forze dell’ordine, Enti Locali, ONG, sindacati, ispettorati del la- voro, etc.). 895 I dati sono tratti dal documento Dati e riflessioni sui proget- ti di protezione sociale ex art. 18 dal 2000 al 2006 elaborato dalla segreteria tecnica per l’attuazione dell’art. 18 T.U. sull’im- migrazione del Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, Roma, marzo 2007. 896 Legge 228/2003 «Misure contro la tratta di persone» pub- blicata nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 23 agosto 2003. 897 Art. 13 Legge 228/2003 e art. 18 T.U. 286/1998. 898 Ad esempio, n. 11050 del 28 maggio 2007 in cui il Ministero dell’Interno ribadisce che deve essere applicato anche il per- corso sociale. 899 Per un’analisi dettagliata sul tema, cfr. Nicodemi F. L’applicazione dell’art. 18 T.U. Imm. e delle norme ad esso col- legate: criticità e prospettive in Fachile S., Nicodemi F., Conti Nibali M., Alteri G. La tratta di persone in Italia. Vol. 2. Le nor- me di tutela delle vittime e di contrasto alla criminalità Fran- coAngeli, Milano, 2007, pagg. 53-125. 900 Come ricorda Ferraris V.: «[…] diversi minori coinvolti nelle attività illegali hanno avuto esperienze di detenzione e proprio il carcere può rappresentare un luogo importante di identifica- zione delle vittime di tratta e di grave sfruttamento. A questo proposito una corretta informazione sulle possibilità di utilizzo della previsione dell’art. 18 comma 6 del Testo Unico sull’immi- grazione potrebbe rappresentare un punto di svolta nelle poli- tiche di intervento verso i minori coinvolti in attività illegali. […] Si tratta di un istituto a cui possono accedere tutte le persone straniere e comunitarie che scontano una pena per aver com- messo un reato durante la minore età, anche se nel frattempo sono divenute maggiorenni. Prevede la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno avente la stessa natura e le stesse prerogative di quello di cui all’art. 18 T.U. Immigrazione», in op. cit., pag. 275. 901 Per una disamina delle politiche e delle strategie attuate in Italia nel cd. settore anti-tratta, cfr. Prina F. La tratta di persone in Italia. Vol. 3. Il sistema degli interventi a favore delle vittime Franco Angeli, Milano, 2007. 902 Ferraris V. Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie illegali e nella prostituzione in Carchedi F., Orfano I. (a cura di) op. cit. pag. 219. con le potenziali vittime903. Per poter quindi fornire ade- guata protezione alle vittime e per prevenire l’invischiamento in circuiti di tratta di minori che vivono in situazioni di vulnerabilità, è necessario che tali agenzie sviluppino un sistema di referral a tutti i livelli: locale, na- zionale e transazionale. Infine, va evidenziata una tendenza registrata da più parti relativamente alla difficoltà delle vittime di percepirsi come tali quale conseguenza delle strategie di assogget- tamento utilizzate dagli sfruttatori904 o di condizionamen- ti derivanti da codici culturali diversi905 da quelli esistenti nel nostro Paese. Tale difficoltà deve essere presa in esa- me e valutata con attenzione per poter avvicinare e sup- portare in modo adeguato le vittime. Per concludere, si sottolinea che nel 2007 è stato riattivato il Comitato di Coordinamento delle azioni di Governo con- tro la tratta di esseri umani che si propone di definire le strategie di intervento in favore delle vittime, raccogliere dati e informazioni sulle varie forme di tratta, contribuire alla sensibilizzazione dei mass media e opinione pubblica sul fenomeno e di definire modalità di intervento nei paesi di origine delle vittime. Un compito fondamentale che si è attribuito il Comitato consiste nella stesura del Piano Na- zionale d’Azione contro la tratta. Al momento della stesura del presente Rapporto, essendo i lavori appena avviati, non è possibile esprimere un parere o e avanzare racco- mandazioni in merito. Sarebbe comunque auspicabile l’adozione di Piano Nazionale che stabilisca chiaramente: le attività da svolgere; i responsabili per ciascuna attività; la tempistica da rispettare; le risorse umane e finanziarie da impiegare; gli indicatori di monitoraggio e di valutazio- ne da utilizzare. Tale Piano inoltre dovrebbe tenere in debi- to conto la posizione specifica, i diritti e i bisogni dei minori per ciascuna attività prevista. MINORI DI MINORANZE ETNICHE 1. I MINORI ROM, SINTI E CAMMINANTI i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 144 4orapportodiaggiornamento2007-2008 903 Strumenti utili in questo senso sono la metodologia e gli stru- menti elaborati da Save the Children Italia in Metodologia per la identificazione e il supporto dei minori vittime tratta. Final Report op. cit. e Protocollo di identificazione e supporto dei minori vitti- me di tratta e di sfruttamento Edithink, Roma, 2007. Entrambe le pubblicazioni sono disponibili sul sito di Save the Children Italia www.savethechildren.it/2003/index.asp?area=pubblicazioni& n_pag=1&anno=2007 904 Si pensi alle minori che si prostituiscono con cui gli sfrutta- tori intrecciano una relazione amorosa perlopiù finalizzata al reclutamento e allo sfruttamento sessuale della presunta “fi- danzata”. Tra le strategie di assoggettamento utilizzate dagli sfruttatori vi sono anche la concessione di margini di libertà di movimento, la consegna di una parte dei profitti, l’accompagnamento in luoghi di divertimento (ad esempio, di- scoteche, cinema, etc.). 905 Ad esempio, i minori che considerano un loro dovere prov- vedere al sostentamento della propria famiglia e affidarsi al trafficante/sfruttatore. 906 Diverse iniziative di formazione, anche congiunta, sono già state realizzate occasionalmente in Italia (generalmente nell’ambito di progetti comunitari o finanziate da fondazioni e organizzazioni straniere o internazionali), a cui hanno partecipato rappresentanti delle forze dell’ordine, della magistratura, dei servizi di assistenza del pubblico e del privato sociale. Si ricordano, tra gli altri, i moduli formativi realizzati dal Progetto «Prevention of Trafficking» di EC- PAT-Europe Law Enforcement e quelli del Progetto «Anti-Trafficking Training for Frontline Law Enforcement Officers» promossi dall’In- ternational Centre for Migration Policy Development in collabo- razione con l’Associazione On the Road. 907 Sebbene i luoghi di origine delle (potenziali) vittime di tratta possono cambiare, nel breve e medio periodo si consiglia di con- centrare le azioni di sensibilizzazione nelle città e nelle regioni di provenienza individuate dalle ricerche già citate: le città del Nord- est confinanti con la Moldova (Bacau, Iasi, Târgu Frumos, Suceava e Galati), del Sud (Drobeta-Turnu Severin, Craiova, Calarasi) e dalle zone periferiche di Bucarest per quanto riguarda i minori rumeni, di origine rom e non; Casablanca, Khouribga e Beni Mellal per i minori marocchini. Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità di im- plementare quanto prima un Piano Nazionale anti-trat- ta, che comprenda un sistema di referral locale, nazio- nale e transnazionale, per dare una risposta olistica ed integrata alla tratta, in linea con gli strumenti comunitari e internazionali; 2. Al Governo di richiedere ai Ministeri dell’Interno, della Giustizia, del Lavoro, della Salute, al Comando Generale dei Carabinieri, al Comando Generale della Guardia di Finanza di includere nei propri piani formativi e di ag- giornamento del personale la tratta di persone quale materia ordinaria di studio che preveda l’acquisizione di conoscenze e competenze specifiche, anche grazie al coinvolgimento di personale di enti pubblici e privati che lavorano a diretto contatto con vittime di tratta906; 3. Al Ministero degli Affari Esteri di investire maggiormen- te nella prevenzione della tratta tramite la cooperazione allo sviluppo, attivando azioni mirate di informazione e di sensibilizzazione rivolte alle famiglie e ai minori dei principali paesi di origine, tenendo in considerazione i risultati degli studi effettuati sulla tratta in Italia907 e coinvolgendo le locali autorità e la società civile. 55. Il Comitato raccomanda che lo Stato parte sviluppi, in cooperazione con le associazioni e/o ONG rom, poli- tiche attive e programmi globali per prevenire l’esclusione sociale e la discriminazione tali da consenti- re ai bambini rom il pieno godimento dei loro diritti, incluso l’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria. (CRC/C/15/Add.198, punto 55) Per quanto riguarda i minori rom, sinti e camminanti l’attuazione della CRC in Italia appare sempre più comples- sa e legata a molteplici fattori che, interagendo tra loro, provocano sinergie quasi sempre negative. In primo luogo, come sottolineato nel 3° Rapporto CRC, la situazione politica, sociale ed economica di forte destabi- lizzazione dei Paesi di area balcanica ha provocato e conti- nua a provocare “diaspore” delle comunità nei Paesi del- l’Unione Europea. A questo si aggiunge la mancanza di una concertazione e una condivisione di strategie a livello dei Paesi comunitari che accompagni con azioni positive l’inclusione sociale delle popolazioni rom e sinti e cammi- nanti soprattutto là dove vi sia una maggiore concentrazio- ne dei flussi migratori. Per quanto riguarda l’Italia rimane ancora purtroppo inva- riata l’assenza di una strategia politica e di un coordina- mento a livello nazionale che predispongano misure di in- tervento e azioni complessive di medio e lungo periodo909. La mancanza o l’incertezza di dati attendibili a livello nazio- nale riguardo a specifici aspetti, come ad esempio la scola- rizzazione o la fruizione dei servizi sanitari, evidenziano la scarsa volontà da parte delle Istituzioni di rappresentare i problemi, conoscerli e valutarli in modo coerente ed effica- ce, delegando totalmente al livello locale l’onere degli in- terventi che appaiono, generalmente, di carattere repressi- vo o assistenzialistico. Infine, si ritiene necessario sottolineare che questo proces- so culturale dovrebbe veder partecipi del cambiamento sia le Istituzioni, con l’obiettivo prioritario di superare le condi- zioni di forte marginalità sociali, sia le comunità dei rom, sinti e camminanti che soffrono di tale esclusione, ma le cui caratteristiche culturali, per motivi complessi e multi- fattoriali, non sempre favoriscono la piena attuazione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Per quanto riguarda le principali questioni aperte è parti- colarmente preoccupante la situazione denunciata da di- versi operatori di quei rom che vivono in Italia da diversi decenni909 e sono privi di documenti di identità, in partico- lare quelli provenienti da Paesi della Ex – Jugoslavia per- ché, pur essendo nati e cresciuti sul territorio italiano da due/tre generazioni, non hanno ancora cittadinanza italia- na o il riconoscimento dello status di apolidia. Il limbo isti- tuzionale in cui si trovano a vivere questi bambini e adole- scenti ha una serie di ripercussioni negative, quali ad esempio la difficoltà di accesso ai più elementari servizi di base come quello sanitario, scolastico, formativo e di av- viamento al lavoro. Per ciò che riguarda la situazione abitativa, da ciò che ri- sulta dal Censimento della Provincia di Milano910 riguardo alla presenza di rom e sinti, sono più di 60 gli insediamenti sul territorio, di cui solo 16 risultano essere regolari. I mi- nori sono il 31% del totale911. La salute è strettamente lega- ta alla condizione abitativa: gli insediamenti abusivi rendo- no i bambini particolarmente vulnerabili per la mancanza di servizi essenziali (ad esempio, acqua, luce, riscaldamen- to) e perché spesso questa condizione di “invisibilità” li esclude dalla possibilità di accedere alle cure sanitarie pubbliche. Da uno studio del 2005912 sulla condizione di salute di bambini dagli 0 ai 5 anni che vivevano in campi rom, si evince che: la percentuale di nati sottopeso è del doppio rispetto a quella dei bambini italiani; il rischio di diarrea aumenta tanti più anni i bambini vivono nel campo; la prevalenza di asma nei bambini è ben più alta rispetto a quella rilevata a livello nazionale. Il diritto alla salute è un’altra questione centrale. Nono- stante siano stati messi in atto numerosi interventi di pre- venzione e promozione della salute, i rom, sinti e cammi- nanti rimangono tuttora una popolazione svantaggiata nel campo del diritto alla salute, intesa non soltanto come as- senza di malattia ma come stato di benessere fisico, psi- chico e sociale. I principali fattori di rischio per questa po- polazione sono rappresentati da condizioni igienico-abita- tive degradate, alto tasso di tabagismo, alcolismo e tossi- codipendenza, decisamente in aumento nell’ultimo decen- nio, assenza di nozioni di Medicina Preventiva, difficile ac- cesso alle strutture sanitarie. L’insieme di tali fattori condi- ziona sia l’aspettativa di vita, che risulta nettamente infe- riore rispetto alla popolazione italiana, sia la qualità della vita. Tra le aree critiche della salute dei minori rom partico- lare importanza rivestono le problematiche pediatriche ed in particolare la mortalità e la morbilità perinatale e neona- tale. Tali problematiche non possono essere scisse dalla 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 145 908 Tutto ciò si accompagna alla percezione di un forte ritardo; si veda anche intervento On. Marcella Lucidi, Conferenza euro- pea sulle popolazioni rom, Roma 23 gennaio 2008: «può servi- re tempo, ma molto tempo è già passato e l’inerzia non è un fattore neutro nelle dinamiche sociali». 909 Si segnala invece che i sinti, camminanti hanno acquisito la cittadinanza italiana da diverso tempo. 910 Provincia di Milano Censimento popolazioni Rom e Sinti - Osservatorio per le Politiche Sociali, 2006 www.provincia.milano.it/export/sites/default/affari_sociali/Al legati/censimento_pop_rom_sinti.pdf. I dati disponibili per la città di Roma risalgono al 2001: sono stati censiti 6500 rom e sinti in 25 campi (più o meno attrezzati). 911 Il dato sui minori fa riferimento alla popolazione rom e sinti della Provincia di Milano da cui si esclude il Comune di Milano. 912 Monasta L. Roma macedoni e kosovari che vivono in campi nomadi in Italia. Stato di salute e condizioni di vita per bambi- ni da zero a cinque anni di età Universidad Autonoma de Guer- rero, Acapulco, ottobre 2005. tematica della salute materno-infantile. Le fasi della vita sociale sono anticipate; le donne rom giungono in genere al matrimonio all’età di 16-18 anni e quindi la prima gravi- danza si ha anche al di sotto dei 18 anni913. Il matrimonio precoce è infatti una di quelle “usanze” della cultura rom e sinta, che non tiene in debita considerazione la “minor età”, e pertanto sarebbe importante promuovere la forma- zione professionale a favore dei giovani e delle giovani. Inoltre la tendenza delle donne rom, sinti e camminanti a considerare la gravidanza come un evento fisiologico e quindi da non “medicalizzare” da un lato, e la grave caren- za di conoscenze sulla possibilità di diagnosi prenatale dall’altro, determinano un minore accesso ai servizi pre- posti con conseguente ridotta sorveglianza perinatale e maggiore frequenza di complicanze o intervento tardivo. Per ciò che riguarda la presenza di rom, sinti e cammi- nanti nelle scuole italiane non sono disponibili dati a li- vello nazionale: negli ultimi anni, il Ministero della Pubbli- ca Istruzione ha pubblicato dati sugli alunni con cittadi- nanza non italiana, ma questi non tengono conto dell’ap- partenenza alla minoranza rom. Come già ricordato nel 3° Rapporto CRC, nel 2005 è stato siglato un protocollo di in- tesa tra un’associazione nazionale rom e il MIUR che pre- vedeva un monitoraggio a livello nazionale delle presenza di minori rom e sinti nelle scuole dell’obbligo, la formazio- ne e l’inserimento di mediatori culturali rom attraverso la stipula di accordi con le Sovrintendenza regionali, gli Uffici Scolastici provinciali e gli Enti Locali, nonché corsi di for- mazione per gli insegnanti. Il suddetto Protocollo d’Intesa è rimasto in gran parte inattuato per l’assenza di investi- menti che realizzassero le azioni indicate914. Per quello che concerne la presenza dei mediatori cultu- rali, si sottolinea come, nella maggior parte delle scuole italiane siano completamente assenti interventi di media- zione interculturale rivolti ai bambini e alle bambine rom, sinti e camminanti. La situazione può cambiare da scuola a scuola grazie all’autonomia degli istituti, in base alla quale ci sono iniziative positive riconducibili ad una parti- colare attenzione dei singoli insegnanti e dirigenti scola- stici, mentre pochi sono gli interventi di tipo strutturale915. Ad esempio, si segnala che a Milano dieci mediatrici cul- turali rom in servizio nelle scuole da oltre dieci anni, che avevano seguito uno specifico percorso triennale di for- mazione con l’Università Milano Bicocca, sono state as- sunte dal Comune di Milano. A Roma il progetto volto a fa- vorire il processo di scolarizzazione dei minori rom, sinti e camminanti916 è entrato a far parte delle attività del Dipar- timento XI del Comune di Roma alle Politiche Educative e Scolastiche. Il progetto consiste in un lavoro di iscrizione, accompagnamento scolastico e mediazione tra famiglie e scuole coinvolte e viene portato avanti negli insediamenti riconosciuti dal Comune di Roma coinvolgendo più di 2000 tra bambini e adolescenti917. Sono inoltre stati atti- vati altri progetti satellite che riguardano attività di dopo- scuola e pre-alfabetizzazione. A Pescara, luogo di forte presenza di rom abruzzesi e meta di nuovi flussi migratori di rom rumeni, negli ultimi tre anni il Comune ha viceversa escluso i progetti che prevedevano la mediazione cultura- le nelle scuole a favore degli alunni di etnia rom abruzze- se, mentre si è ovviato alla mediazione degli alunni di et- nia rom straniera integrandoli nel progetto di mediazione linguistico-culturale a favore delle bambine e dei bambini stranieri nelle scuole dell’obbligo.918. Tale decisione è sta- ta rimarcata nell’assenza di una politica d’integrazione nel Piano di Zona dei Servizi Sociali 2007 – 2009 del Comune di Pescara che non prevede alcun progetto di mediazione culturale (né per i minori stranieri né per quelli apparte- nenti a minoranze etniche). Come registrato in diverse realtà territoriali, il mediatore rischia in questo modo di essere chiamato solo per casi particolarmente spinosi, trasformandosi in insegnante di sostegno e annullando la sua valenza di ponte tra culture che interagisce tra alunno, scuola, famiglia e comunità. Infine, non essendo i rom, i sinti e i camminanti ricono- sciuti come minoranza storico linguistica secondo la Leg- ge 482/1999, non possono essere allocati fondi ministe- riali per l’insegnamento della lingua romanì. Appare evidente la necessità, in determinati contesti, di trovare misure che superino l’assistenzialismo e che ren- dano partecipi, oltre agli stessi minori, i genitori, permet- i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 146 4orapportodiaggiornamento2007-2008 913 Morrone A., Spinelli A., Geraci S., Toma L., Andreozzi S. (a cura di) Immigrati e zingari: salute e disuguaglianze Rapporti ISTISAN 03/4, Roma, 2003. 914 Si veda IX edizione Seminario nazionale I rom, i sinti e le metropoli promosso dall’Opera Nomadi, Roma 10-11 febbraio 2007. 915 Le dieci mediatrici culturali rom erano in servizio nelle scuole da oltre dieci anni con l’Opera Nomadi, ed avevano seguito un per- corso di formazione con l’Università Milano Bicocca – Dipartimen- to di Scienze della Formazione e l’Ufficio Scolastico Provinciale. 916 Delibera della Giunta comunale - finanziamento parziale Regio- ne Lazio Diritto allo Studio, Legge 29/1992, in corso dal 1993. 917 Per l’anno scolastico 2003/2004, i minori coinvolti erano 2157, di cui 266 iscritti alla scuola dell’infanzia. Cfr. www.cittaeducativa.roma.it/progetti_dipartimento_22.php 918 Si veda www.comune.pescara.it/internet/index.php?codice=342. Questa situazione ha, da un lato, peggiorato la condizione dei bambini e delle bambine rom che, negli ultimi anni, avevano seguito percorsi positivi in ambito didattico, seguendo anche progetti di scolarizzazione d’istruzione paternale in collabora- zione con i mediatori culturali rom della Cooperativa Officina di Pescara. tendo loro di prendersi cura dei propri figli, e quindi creando anche le condizioni affinchè ci siano risorse ma- teriali per poterlo fare, e di assumersi le conseguenti re- sponsabilità. Si evidenzia che nelle recenti Conclusioni e raccomanda- zioni del Comitato ONU per l’eliminazione della discrimi- nazione razziale viene nuovamente raccomandato all’Ita- lia di «[…] rafforzare i propri sforzi a sostegno dell’inclusio- ne nel sistema scolastico di tutti i minorenni rom e di lavo- rare sulle cause che incidono sulle possibilità di abbando- no, incluso i matrimonio in età precoce, in particolare delle ragazze rom e a tal fine cooperare attivamente con i geni- tori rom, le associazioni e le comunità locali. Raccomanda inoltre che operi per migliorare il dialogo e la comunicazio- ne fra il personale docente e i minorenni rom, le comunità rom, le comunità rom ed i genitori, compreso l’impiego più frequente di assistenti scolastici scelti tra i rom»919. Per quanto concerne la presenza di minori rom nelle strutture della giustizia penale minorile, come sopra af- fermato920, è innegabile una loro sovra rappresentazione all’interno degli Istituti Penali Minorili, soprattutto per la ragazze. Ad essere violato in questo caso è proprio il prin- cipio di non discriminazione, non avendo di fatto i minori rom le stesse possibilità dei minori italiani di accesso alle misure alternative. Un ulteriore elemento di criticità è la mancanza di conoscenze adeguate da parte degli operato- ri dei servizi sociali che si dimostrano incapaci di adattare interventi specifici per questi minori. Per la fascia d’età compresa entro i 14 anni, negli ultimi anni si è evidenziata infine la casistica di rom coinvolti in attività quali furti in appartamento e borseggi, soprattutto nelle aree metropolitane e nei Comuni di medie dimensioni: ad esempio a Roma e Milano921 sono state diverse le operazio- ni della Polizia che hanno visto come protagonisti minori rom, principalmente appartenenti a gruppi romeni, costretti a borseggiare turisti e passanti nelle zone di maggior affol- lamento. Si tratta in questo caso di pre-adolescenti che, partendo in gruppo dai vari campi la mattina presto, rag- giungono i luoghi centrali delle città, la maggior parte delle volte in completa autonomia (o affidati ad un ragazzo più grande ma sempre minorenne), per tale finalità922. La vul- nerabilità di questi bambini/e raggiunge livelli importanti e non è inusuale che diventino, a causa della solitudine e del- la condizione quotidiana di vita di strada, vittime di adesca- menti di pedofili o che semplicemente “scelgano” di au- mentare i loro profitti, prostituendosi923. Sono inoltre emerse anche specifiche situazioni di sfrutta- mento a carattere sessuale, prevalentemente femminile. Il processo per il riconoscimento e l’attuazione del diritto dei minori alla tutela da ogni forma di sfruttamento, com- preso quello lavorativo, ed il pieno riconoscimento di diritti quali quello all’istruzione, alla salute, al riposo e al tempo libero non può prescindere dal coinvolgimento della fami- glia e della comunità di origine, di cui si dovrebbe tener conto nella pianificazione degli interventi. Molti bambini e adolescenti imparano dal loro contesto familiare o comuni- tario che l’elemosina, la criminalità, per arrivare in casi estremi alla prostituzione, sono strumenti per il sostegno dell’economia familiare. La stessa percezione dell’adole- scenza è differente, poiché mentre per i paesi occidentali è un processo di emancipazione dalla famiglia, nella cultura rom, rappresenta la fase in cui il bambino si trasforma in uomo e deve contribuite a sostenere il nucleo familiare. 4orapportodiaggiornamento2007-2008 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia 147 919 Comitato ONU sull’eliminazione della discriminazione razziale Conclusioni e raccomandazioni rivolte all’Italia marzo 2008, Tra- duzione a cura del Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani. 920 Si veda infra paragrafo «Minori in stato di detenzione e sotto- posti a misure alternative». 921 Milano, 11 dicembre 2007: l’operazione ha portato alla luce lo sfruttamento di 34 minori rom dagli 8 ai 13; cfr: www.poliziadistato.it sezione: archivio notizie. 922 Sul totale dei 264 interventi sui minori fatti nel 2007 dal Centro di Contrasto alla Mendicità Infantile del Comune di Roma, nel 44% dei casi si è trattato di furti e borseggi, principalmente commessi da mi- nori infra-quattordicenni quindi non imputabili (in alcuni casi recidivi). Alto è anche il numero di interventi su minori in stato di abbandono (21%) e di minori in stato di mendicità (17%); di particolare gravità so- no i casi di sfruttamento, maltrattamenti e abusi (in tutto 10 minori). 923 Roma, «operazione Fiori nel Fango 1 (aprile 2006) » e «operazione Fiori nel Fango 2 (novembre 2007) »: le operazioni condotte dalla Squadra Mobile di Roma hanno portato alla luce situazioni di sfrutta- mento sessuale, prostituzione e pedofilia su una trentina di minori. Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Parlamento la modifica della Legge 482/1999, al fine di riconoscere i rom, sinti e camminanti come minoranza lin- guistica nazionale, come recentemente ribadito dal Comi- tato ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale; 2. Al Ministero della Solidarietà Sociale di includere all’inter- no dell’imminente Piano Nazionale d’Azione e di interventi per i soggetti in età evolutiva una parte espressamente dedicata alla promozione ed attuazione dei diritti dei bam- bini e degli adolescenti rom, sinti e camminanti, con ade- guate risorse finanziarie e garanzie di monitoraggio sul- l’attuazione; 3. Alla Conferenza Stato Regioni di promuovere la creazione di un luogo permanente di scambio di buone prassi realiz- zate a livello locale, coinvolgendo istituzioni e associazio- ni, e garantendo la presenza di associazioni rom, sinti e camminanti. i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 148 4orapportodiaggiornamento2007-2008 ACP – Associazione Culturale Pediatri www.acp.it AGEDO onlus - Associazioni Genitori di Omosessuali www.agedo.org AGESCI - Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani www.agesci.org Ai.Bi - Associazione Amici dei Bambini www.amicideibambini.it Alisei – www.alisei.org Amnesty International - Sezione italiana www.amnesty.it ANFAA - Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie www.anfaa.it ANFFAS onlus - Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale www.anffas.net. Arché www.arche.it Arciragazzi www.arciragazzi.it. Associazione Alama www.alamaonlus.org Associazione Amani www.ctm-lecce.it/amani/index.html Associazione Antigone onlus www.associazioneantigone.it Associazione Bambinisenzasbarre www.bambinisenzasbarre.org Associazione Comunità Nuova www.comunitanuova.it Associazione On the Road www.ontheroadonlus.it Associazione Ora d’Aria onlus - www.oradaria.info Associazione Passo dopo passo … insieme onlus www.passodopopassoinsiemeonlus.org Associazione Saveria Antiochia Omicron Onlus www.omicronweb.it Associazione Stak Andrea de Gasperi Onlus www.associazionestak.org Associazione Valeria Onlus www.associazionevaleria.com Batya Associazione per l’accoglienza, l’affidamento e l’adozione www.batya.it CAM - Centro Ausiliario per i problemi Minorili www.cam-minori.org Camera Minorile di Milano www.cameraminorilemilano.it Associazione Camina per città amiche dell’infanzia e dell’adolescenza sostenibili e partecipate www.camina.it Caritas Italiana www.caritasitaliana.it CbM - Centro per il Bambino Maltrattato e la cura della crisi familiare www.cbm-milano.it Centro Studi Hansel e Gretel www.cshg.it Centro Studi Minori e Media www.minorimedia.it Cesvi www.cesvi.org CIAI - Centro Italiano Aiuti all’Infanzia www.ciai.it CIES - Centro Informazione e Educazione allo Sviluppo www.cies.it CISMAI - Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia www.cismai.org Cittadinanzattiva www.cittadinanzattiva.it CNCA - Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza www.cnca.it CND- Consiglio Nazionale sulla Disabilità www.cnditalia.it CODICI – www.codiciricerche.it Comitato italiano per l’UNICEF Onlus www.unicef.it Cooperativa Sociale Pralipé Onlus www.pralipe.it Coordinamento Genitori Democratici www.genitoridemocratici.it Cras Onlus www.crasitalia.it CSEN – Centro Sportivo Educativo Nazionale www.csen.it CTM Lecce Onlus www.ctm-lecce.it Dedalus cooperativa sociale www.coopdedalus.it Siti web delle associazioni del Gruppo CRC 4orapportodiaggiornamento2007-2008 149 i Diritti De LL’in Fa n zia e De LL’a Do Le sce n za in Ita Lia ECPAT Italia www.ecpat.it FEDERASMA onlus www.federasma.org FIDAPA - Federazione Italiana Donne Arti Professione Affari - www.fidapa.it Fondazione ABIO Italia Onlus – Associazione per il Bambino In Ospedale www.abio.org Fondazione Ozanam S. Vincenzo www.fondazioneozanam.org IBFAN Italia - gruppo della Rete Internazionale di Azione per l’Alimentazione Infantile- www.ibfanitalia.org Il corpo va in città www.ilcorpovaincitta.it INMP - Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà www.inmp.it IPDM - Istituto per la Prevenzione del Disagio Minorile www.soschild.org IRES www.ires.it IRFMN - Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri www.marionegri.it ITALIANATs www.italianats.org La Gabbianella Coordinamento per il Sostengo a distanza www.lagabbianella.it LLL – La Leche League Italia onlus www.lllitalia.org L’Abilità Associazione Onlus www.labilita.org L’altro diritto Onlus www.altrodiritto.unifi.it . LIBERA Associazioni, nomi e numeri contro le mafie www.libera.it MAMI – Movimento Allattamento Materno Italiano www.mami.org M.A. - Mandibole Allenate Gruppo di famiglie adottive del Triveneto www.mandiboleallenate.org. MANI TESE www.manitese.it MDC Junior - Movimento Difesa del Cittadino Junior www.mdcjunior.it ONG M.A.I.S. Movimento per l’Autosviluppo, l’Interscambio e la Solidarietà www.mais.to.it Opera Nomadi Milano www.operanomadimilano.org O.V.C.I. la Nostra Famiglia www.ovci.org Save the Children Italia www.savethechildren.it SIMM - Società Italiana di Medicina delle Migrazioni www.simmweb.it Terre des Hommes Italia www.tdhitaly.org UISP - Unione Italiana Sport Per tutti - www.uisp.it VIS – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo www.volint.it i D ir it ti D e LL ’i n Fa n zi a e D e LL ’a D o Le sc e n za i n I ta Li a 150 4orapportodiaggiornamento2007-2008 Pubblicazioni del Gruppo di Lavoro per la CRC ∏ I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, la prospettiva del Terzo settore. Rapporto Supplementare alle Na- zioni Unite del Gruppo CRC, novembre 2001 ∏ The Rights of Children in Italy, perspectives in the third sector – Supplementary Report to the United Nations, Octo- ber 2002, disponibile su www.crin.org ∏ Monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, Guida pratica per il Terzo setto- re, dicembre 2004 ∏ I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, 1° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, anno 2004-2005, maggio 2005, disponibile su www.crin.org ∏ Supplementary Report on the implementation of the Optional Protocols on the CRC in Italy, May 2005, disponibile su www.crin.org ∏ I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, 2° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, anno 2005-2006, maggio 2006, disponibile su www.crin.org ∏ I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, 3° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, anno 2006-2007, maggio 2007, disponibile su www.crin.org Note 151 Note 152 Il Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti dell’in-fanzia e dell’adolescenza (Gruppo CRC) è un networkaperto ai soggetti del Terzo Settore che da tempo si oc- cupano attivamente della promozione e tutela dei diritti dell'in- fanzia e dell'adolescenza in Italia. Il Gruppo CRC si è costituito nel dicembre 2000 con l’obiettivo prioritario di preparare un rapporto sulla condizione dell’infanzia in Italia, supplementare a quello presentato dal Governo italiano, da sottoporre al Comitato ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adole- scenza presso l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazio- ni Unite. Il Rapporto Supplementare «I diritti dell’infanzia e dell’a- dolescenza in Italia - la prospettiva del terzo settore» è stato pub- blicato a novembre 2001 ed è stato discusso a Ginevra nell’otto- bre 2002 nel corso della pre-sessione con il Comitato ONU. Il Gruppo CRC, presentando il Rapporto Supplementare, ha assunto l’impegno di proseguire nell’opera di monitoraggio della CRC e delle Osservazioni Conclusive, non solo in vista del pros- simo Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite previsto per il 2009, ma anche al fine di garantire un sistema di monitoraggio permanente, indipendente e condiviso con le associazioni che lavorano per i diritti dell’infanzia in Italia. EURISPES E TELEFONO AZZURRO/b_comunicato stampa.pdf COMUNICATO STAMPA I TECNOAGER: GIOVANI ALLA RICERCA DI UN EQUILIBRIO TRA NUOVE POSSIBILITÀ E LA RUMOROSA SOLITUDNE DELLA RETE L'Eurispes e i l Telefono Azzurro presentano i l 9° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza. E un Rapporto, quello realizzato dall'Eurispes e dal Telefono Azzurro, che si pone come un valido strumento di conoscenza delle principali trasformazioni, delle linee di tendenza, delle potenzialità e dei rischi che caratterizzano l'età evolutiva nel nostro Paese. Un'indagine utile per conoscere più da vicino gli adulti di domani e per sostenerli in una quotidianità a volte troppo frammentata e multiforme. Le 40 schede che compongono il Rapporto approfondiscono macro-tematiche che vanno dall'abuso al disagio, dalla salute ai principali cambiamenti intervenuti a modificare taluni comportamenti delle agenzie di senso e di orientamento come la famiglia e la scuola, ma anche i luoghi della cultura e della fruizione del tempo libero. Le due grandi indagini svolte all'interno del mondo scolastico hanno interessato circa 6.000 bambini e ragazzi in 41 scuole di ogni ordine e grado. L'Identikit del bambino è stato tracciato attraverso un questionario somministrato a bambini con un'età compresa tra i 7 e gli 11 anni, frequentanti la terza, quarta e quinta classe della scuola primaria e la prima classe della scuola secondaria di I grado. L'Identikit dell'adolescente, invece, ha raccolto gli orientamenti dei ragazzi dai 12 ai 19 anni, frequentanti la seconda e la terza classe della scuola secondaria di I grado o una delle cinque classi della scuola secondaria di II grado. I questionari analizzati sono stati 2.812 per quanto riguarda l'infanzia e 2.991 per l'adolescenza. «Se negli anni Sessanta e Settanta — dichiara il Prof. Gian Maria Fara, Presidente dell'Eurispes — si è assistito ad una rivoluzione di pensiero e di costume, oggi ci troviamo di fronte ad una rivoluzione "liquida" degli strumenti e dei modi di comunicare. E come tutti i cambiamenti si vivono, ma non li si comprende completamente nel viverli. Occorre fermarsi e osservare, guardarsi magari indietro, estraniarsi dai fatti e intraprendere percorsi conoscitivi scientifici. Ed è proprio lo spirito critico — e quanto più possibile scevro da influenze esterne — del ricercatore che muove e anima il nostro impegno. Le caratteristiche della Rete sono contraddittorie. Se da un lato è lo spazio dello scambio, della conoscenza, dell'incontro, dall'altro rischia di essere un luogo di solitudine, di persone che sole stanno davanti al proprio pc o al display del telefonino. La si potrebbe definire una forma di "socializzazione solitaria". Consapevoli del fatto che i propri genitori non capiscono bene o non conoscono affatto l'utilizzo di Internet, i giovani trovano in esso uno spazio "a prova di adulto". Ciò fa sì che l'utilizzo delle tecnologie tracci, all'interno delle mura domestiche, una sorta di "zona franca" il cui accesso ai genitori è spesso precluso. D'altra parte, è anche vero che i nuovi media e la Rete hanno creato e continuano a forgiare una nuova leva di cittadini. Se Internet è il luogo della comunicazione globale e democratica è pure vero che i più giovani trovano altre modalità rispetto al passato di rappresentarsi, di confrontarsi, di esprimere le proprie opinioni e la propria personalità. Divenuti diffidenti nei confronti dei mezzi di comunicazione tradizionali, o meglio nei confronti dei contenuti da essi proposti, si allontanano da un certo tipo di informazione eterodiretta e vanno a formare, all'interno di quella che è ormai una opinione pubblica reticolare, una estensione parallela. Un gruppo di pressione nella nuova agorà virtuale che segna il passaggio dalla piazza alla Rete, che si fa portatore, attraverso il confronto, delle istanze e dei cambiamenti propri di una delle età più creative, sofferte e partecipate della vita. Quello che occorre riattivare — conclude il Presidente dell'Eurispes — sono i comportamenti fuori dal coro, intesi come la capacità di elevarsi da una certa propensione all'omologazione. E necessario che siano gli adulti, intesi in una concezione più ampia come le Istituzioni, la politica, il corpo sociale ad appropriarsi di nuove conoscenze e dotarsi degli strumenti più adatti per aprire il dialogo con le nuove generazioni». «Una prima chiave di lettura utile da cui partire — dichiara il Prof. Ernesto Caffo, Presidente di Telefono Azzurro — è la percezione che di questo mondo in movimento hanno i bambini. Dobbiamo considerare che questa generazione di bambini non percepisce la maggior parte dei cambiamenti come novità, avendo imparato a conviverci fin dalla nascita: parliamo di bambini abituati a viaggiare, ad andare sulla Rete, a comunicare in modo nuovo, a incontrare anche a scuola persone provenienti da altri Paesi. Sono invece gli adulti ad essere spesso inadeguati al cambiamento e impreparati di fronte alle mutazioni in atto. I bambini invece avrebbero bisogno di adulti mediatori, soprattutto a fronte di ciò che non possono comprendere fino in fondo e soprattutto a fronte delle emergenze che possono destabilizzare o mettere in pericolo la loro infanzia. Non sorprende allora che da questo Rapporto emergano paure dei bambini e degli adolescenti come quella di essere UR1SPES I ST I TU TO DI STU DI P O L I T I C I E C O N O M I C I E S O C I A L I Rapiti, violentati, di essere avvicinati da persone sconosciute, o quelle di eventi traumatici come gli attentati terroristici. A fronte di ciò – Prosegue il Prof. Caffo – i bambini percepiscono gli adulti come non aggiornati, disinformati o peggio ancora ―disinformatizzati‖, e per questo motivo non sempre capaci di aiutarli a far fronte ai nuovi rischi, far i quali quelli presenti si internet: cyberdroghe, i blog e i forum che propagandano anoressia e bulimia o i contenitori dove ―reclamizzare‖ i propria at ti di bullismo. Da dove ripartire allora? Chi come Telefono Azzurro, è abituato al l’ascolto dei bambini e degli adolescenti, sa che bisogna ripartire proprio da qui. Saper ascoltare, anche perché è questo un altro particolare che emerge dal Rapporto) bambini e adolescenti di oggi hanno punti di vista, competenze relazionali e risorse che vanno conosciute, valorizzate e di cui va fatta maggiore "pubblicità": sono curiosi e desiderosi di partecipare attivamente alle decisioni che li riguardano e che ad esempio coinvolgono la comunità in cui vivono. Il quadro che emerge ci dice soprattutto una cosa: se la priorità degli adulti in genere deve esser quella di riprendersi il proprio ruolo educativo, la priorità delle Istituzioni deve essere parimenti quella di dar vita a vere politiche dell'infanzia che facciano del bambino un soggetto di diritti». I BAMBINI Un pc per tutti. Il 73,4% dei bambini ha un computer. Il 60,6% ha, in casa, una console portatile/videogioco, il 58,6% dispone di un telefono cellulare, il 56,3% utilizza, oltre al pc, anche il collegamento ad Internet, il 56,2% ha un lettore di musica Mp3 e solo il 25,3% possiede un televisore al plasma con maxischermo, contro un 64,2% che continua a guardare i programmi televisivi attraverso un apparecchio tradizionale. Qual è il medium più utilizzato? La televisione suscita ancora un forte fascino: il 10,9% la guarda per più di quattro ore al giorno, il 31,9% fino ad un'ora, il 31,5% da una a due ore, il 13,7% da due a quattro ore e, significativamente, solamente il 4,7% afferrma di non guardarla. A seguire, e in stretta connessione con l'uso della Tv, il lettore Dvd viene utilizzato fino ad un'ora dal 33,3% dei bambini, da una a due ore dal 26,5% di essi, mentre il 19,8% dichiara di non utilizzarlo. Il 21,1% dei piccoli non impiega il proprio tempo libero davanti ai videogiochi, contro il 32,4% che vi trascorre massimo un'ora e il 19% da una a due ore. Il computer viene utilizzato quotidianamente dal 38,4% dei bambini per circa un'ora, dal 16,7% fino a due ore al giorno e si attesta al 22,9% la quota di piccoli che non ne fanno uso. Il 39,1% non utilizza lettori di musica Mp3, contro il 9,3% che li ascolta da una a due ore al giorno. Una percentuale ancora più elevata di bambini, pari al 45,3%, rivela di non navigare in Internet, contro il 22,1% che lo fa al massimo per un'ora al giorno e il 10,7% che visita la Rete da una a due ore al giorno, mentre il 5,5% dei piccoli la utilizza fra le due e le quattro ore e il 5,4% per più di quattro ore al giorno. Infine, il 46,3% dichiara di non utilizzare affatto il cellulare o il video telefonino, probabilmente perché non è stata raggiunta ancora un'età tale da giustificare un uso massiccio del telefono cellulare. Esso viene adoperato, invece, fino ad un'ora dal 28,3% dei piccoli e dal 7,7% per un massimo di due ore. L'età per imparare a navigare. Il 47,5% dei bambini ha imparato a navigare tra i 9 e gli 11 anni, mentre è pari a 38,5% la percentuale di quanti hanno mosso i primi passi nella Rete ancora più precocemente, tra i 6 e gli 8 anni. Si naviga in Rete soprattutto per ricercare informazioni (58,7%), giocare (56,5%), scaricare musica (49,2%), ricercare materiale per lo studio (45,5°/0), fruire di filmati su YouTube (44,6%), comunicare attraverso chat (33,1%), partecipare a giochi di ruolo (24,1%), leggere blog (22,2%), partecipare a forum di personale interesse (18,9%) e acquistare prodotti on-line (11,1%). I padri: i più alfabetizzati e competenti sull'uso di Internet. I più alfabetizzati risultano essere i padri (36%), seguiti da insegnanti (32,9%), fratelli maggiori (27,9%), amici (21,2%), madri (15,5%), fratelli minori (7,2%) e nonni (5,5%). A portata di cellulare. Il 57,5% dei bambini possiede un cellulare, contro il 36,6% che non ne dispone ancora. Il 40% dichiara di possedere un cellulare, il 7,1% un video-telefonino, il 5,9% di averne più di uno, il 3,1% un cellulare Umts e 1'1,4% uno smart-phone. Tra gli 8 e i 9 anni il primo telefonino. Avere un telefonino è normale già nell'età compresa tra gli 8 e i 9 anni (34,9%), seguita da quella subito superiore, tra i 10 e gli 11 anni (23,3%). D'altra parte, il 17,6% dei bambini dichiara di aver ricevuto il cellulare in un'età compresa tra i 6 e i 7 anni, mentre il 10,1% ha avuto il cellulare prima dei 6 anni. Perché i bambini usano il cellulare? Soprattutto per chiamare i genitori (73,7%), ma anche per scattare fotografie (61,3%), chiamare gli amici ed inviare sms (58,6%), giocare (56%), per girare filmati (49,5%), per fare squilli (44,9%), per inviare mms (33,2%), per scaricare loghi e suonerie (26,3%), per guardare programmi televisivi (16,5%) e per navigare in Rete (12,8%). I videogiochi pericolosi: sempre più spesso tra le mani dei maschietti: la percentuale di quanti confessano di aver giocato con videogiochi inadatti (47,6%) supera di 0,6 punti percentuali quella relativa al gruppo di bambini che, invece sostengono il contrario (47%). Inoltre sono, soprattutto, i maschi ad affermare di aver trascorso il proprio tempo con videogiochi non adatti alla loro età (64,2% dei maschi vs il 31% delle femmine). I piccoli sono consapevoli del fatto che i videogiochi violenti non sono adatti per loro (38,5), il 22,4%, invece, li reputa divertenti. Un bambino su cinque (20,9%) afferma che giocare con i videogiochi violenti porta a comportarsi in modo violento. Segue il gruppo di quanti sostengono che i videogiochi violenti servono per scaricare la rabbia (8,5%) me tre il 4,8% ritiene che facciano provare un senso di forza e potenza. Quanto infastidiscono le scene violente trasmesse dai media? Il 59,8% è poco (20,6%) o per nulla (39,2%) turbato se vede immagini di zombie e mostri sullo schermo (contro il 32,3°/0 che si dice, invece, abbastanza o molto infastidito). Il 53,8% dei bambini si dice poco (17,4%) o per nulla (36,4%) spaventato da immagini di guerra (contro il 38,3% che si dice, invece, molto e abbastanza turbato). Inoltre, il 49,7% del campione dice di mostrare poco (17,2%) o nessun (32,5%) fastidio nei confronti di immagini di sangue e ferite (contro il 42,6% che sostiene il contrario). Il 47,9% dei bambini invece mostra poco (15,1%) o per nulla (32,8%) fastidio se sullo schermo vede persone che litigano in maniera accesa (contro il 42,9% che si dice molto o abbastanza infastidito); il 47,8% dei bambini è poco (16,9%) o per nulla (30,9%) infastidito da scene di violenza (contro il 45,2% che afferma il contrario); il 46,6% è poco (14,6%) o per nulla (32%) turbato se assiste a volgarità e parolacce (contro il 44,3% che sostiene il contrario); il 46,5°/() mostra poco (13,3%) o per nulla (33,2%) fastidio se vede sullo schermo immagini di sesso (contro il 45,3% che si dice molto o abbastanza turbato). Le scene di morte sono quelle che fanno più paura. Il 46,8% dei piccoli si dice molto (31,9%) e abbastanza (14,9%) infastidito da questo tipo di scene contro il 45,3°/() di quanti, invece, si dichiarano poco (15,8%) o per null a (29,5%) turbati. Cosa è il bullismo per i bambini? Per il 59,9°/0 dei bambini il bullismo è una prepotenza contro un compagno più debole che si ripete spesso; per il 17,7% si tratta di un'azione che va contro la legge. In pochi manifestano una posizione più "indulgente": per il 7,3% si tratta di un gioco tra compagni, per il 6% di un litigio o una presa in giro. Gli atti di bullismo più diffusi: i brutti scherzi. Oltre un quarto dei piccoli è stato ripetutamente vittima di brutti scherzi (27,8%), seguono le provocazioni e le prese in giro (26,6%) e le offese immotivate (25,6%). Il 17,6% è stato invece continuamente escluso ed isolato dal gruppo. Nel 13,5% dei casi i bambini riferiscono di aver subìto furti di oggetti o cibo (13,5%), percosse (11,5%), minacce (11,1%), ma anche furti di denaro (4,7%). Sono soprattutto i maschi ad aver subìto ripetutamente minacce (15,4°/0 contro 7%), percosse (14,8% contro 8,2%), provocazioni e/o prese in giro (29,5% contro 23,8%), brutti scherzi (29,9% contro 25,9%), offese immotivate (27,4% contro 23,8%), furti di oggetti/cibo (14,8% contro 12,30o). Le bambine invece si trovano con più frequenza a dover subire l'esclusione e isolamento dal gruppo (20,2% vs 14,9%). Il bullo è tra i coetanei. Fra i bambini che sono stati vittima di atti di bullismo la percentuale più elevata riferisce di essere stata presa di mira da un bambino della sua età (17,8%); in altri casi è responsabile un ragazzo più grande (9,7%), un gruppo di maschi (6,2%), una coetanea (5,3%), un gruppo misto (4,5%). Come reagisce la vittima di fronte al bullo. Sono in molti a non reagire (16,3%). D'altra parte, il 13,2% dei bambini ha avvertito un insegnante o il Dirigente scolastico, 1'11,7% ha detto al bullo di smetterla, il 9,8% è addirittura venuto alle mani, l'8,4`)/0 ha avvertito i suoi genitori, il 7,5% ha chiesto l'aiuto di altri compagni, il 5,9% è fuggito, il 3,6% si è messo a piangere. Circa un bambino vittima di bullismo su quattro dichiara quindi di aver adottato un atteggiamento passivo di fronte agli atti di prepotenza; un bambino su cinque ha invece reagito attivamente da solo, a parole o con uno scontro fisico. La maggior parte (29,1%) ha però preferito chiedere un aiuto esterno ai propri coetanei o, più spesso, ad un adulto, in ambito scolastico o famigliare. Le maggiori differenze tra bambini e bambine si riscontrano nel fatto che, prevedibilmente, i maschi vengono alle mani con il bullo più spesso rispetto alle femmine (14,1°A) contro 5,5%), mentre le femmine avvertono i loro genitori con maggior frequenza (11,1% contro il 5,7% dei maschi). Che cosa prova un bambino di fronte ad un episodio di bullismo? La rabbia è il sentimento che più comunemente i giovanissimi (31%) avvertono quando si trovano a dover affrontare una situazione di prepotenza ai da nni di propri coetanei. Molti bambini affermano, inoltre, di provare pena per la vittima (28,8%) e paura (18,1%). Sostengono di provare divertimento e invidia per il bullo, invece, rispettivamente il 2,2% e l'1,9`)/0 dei bambini interpellati. Come si comporta chi assiste ad episodi di bullismo? Il 17,7% dei bambini afferma che, innanzi ad azioni di prepotenza, i propri compagni di scuola si spaventano mentre nel 16,5% dei casi il comportamento adottato è quello di chiedere aiuto ai più grandi. Il 15,2% dei bambini dichiara che tra compagni si manifesta spesso un atteggiamento di disapprovazione che li spinge ad aiutare la vittima. All'incirca un bambino su dieci (9,5%) sostiene, al contrario, che i propri compagni si divertono innanzi a scene di bullismo, il 5,1% che vige l'indifferenza mentre il 4% sostiene che i compagni disapprovano il gesto ma non agiscono per contrastarlo. Solo il 2,4% confessa che i propri compagni reagiscono dando man forte al bullo. Che cosa si può fare per fermare il bullismo? I bambini ritengono che la soluzione al fenomeno sia quella di appellarsi al mondo degli adulti (32,1%). Un bambino su cinque circa (21,5%), invece, pensa che parlare con il bullo per convincerlo a non agire più con prepotenza sia l’unico modo per arginare il fenomeno. Segue il gruppo dei minori a favore di una punizione per il bullo (17,7%) e di quanti credono sia necessario agire in gruppo per sostenere la vittima ogni qualvolta si verifichino episodi di prepotenza gratuita (10,6%). Solo il 3,3% pensa che il fenomeno possa essere fermato convincendo la vittima a reagire. A scuola si verificano episodi di bullismo? I bambini a cui è capitato di assistere ad episodi di bullismo a scuola sono meno di un terzo del totale (30%); il 66,3% dichiara invece di non aver mai assistito a questi episodi. In quale modo intervengono gli insegnanti? Quando si trovano di fronte ad episodi di bullismo, generalmente gli insegnanti intervengono rimproverando i responsabili (26,1%), prendendo provvedimenti disciplinari (19,6%), parlandone con i genitori (16,6%). Nel 9,2% dei casi i docenti espongono il problema al Dirigente scolastico. Comunque, il 6,3% dei bambini afferma che gli insegnanti non si accorgono di nulla, il 2,8% riferisce invece che non intervengono. Le campagne antibullismo a scuola. Più della metà dei minori (56,2%) riferisce che a scuola gli insegnanti hanno parlato di bullismo. Significativa, d'altra parte, la percentuale dei casi in cui l'argomento non è stato affrontato (39,9%). I bambini che riferiscono di aver sentito parlare di bullismo dai loro insegnanti a scuola sono decisamente numerosi al Sud (72,3%) ed al Centro (64,8%). Ti capita di aver paura di... La paura di essere rapito si attesta in cima alla classifica con il 22,6%. Il 16,3% dei bambini ha poi paura di essere avvicinato da persone sconosciute, il 16,2% di essere coinvolto in attentati terroristici, il 13,9% di perdersi, il 13,5% di assistere a scene violente, il 12,6% di rimanere solo in casa e di essere picchiato da altri bambini/ragazzi. Quanti bambini si sono sentiti in pericolo? Nonostante più della metà dei piccoli (56,7%) sostenga di non essersi mai sentito in pericolo, il 38,3% di essi confessa di essere stato protagonista di una situazione in cui si è sentito messo a rischio o ha dovuto fronteggiare una situazione di emergenza. Il 39,2% dei bambini non si è sentito al sicuro andando in giro per la città, il 23,8% restando a casa, il 14,5% non sa o preferisce non rispondere, il 10,1% a scuola, il 7,6% ha risposto "altro" (in vacanza, al mare, al supermercato) e il 4,8% si è sentito in pericolo navigando in Internet. I genitori: i principali punti di riferimento nelle situazioni di emergenza. Il 42% dei bambini ha risposto di essersi rivolto ai genitori o comunque ad una figura adulta degna di fiducia, il 14°/0 ha conservato il segreto, decidendo di non parlarne con nessuno, il 9,5% ha preferito contare sulle proprie forze, difendendosi da solo, il 6,9% ha confidato l'accaduto ad un amico e una minoranza (il 3,2%) ha chiamato un numero di emergenza. Come si comportano i bambini se uno sconosciuto in macchina offre loro un passaggio. Il 49,8% non accetterebbe e andrebbe via, il 22,7% aumenterebbe il passo, ignorando lo sconosciuto, il 16% direbbe all'uomo di aspettare e andrebbe a chiamare un genitore, il 5,9% non sa come si comporterebbe in una situazione simile o preferisce non rispondere al quesito, il 2,9% accetterebbe il passaggio e salirebbe in macchina. I bambini stranieri nelle classi italiane. La percentuale di classi nelle quali è iscritto almeno un bambino straniero si avvicina molto al 62% (61,6°/0), superando di oltre 26 punti percentuali la frequenza rilevata per le classi nelle quali non è presente alcun bambino di nazionalità diversa da quella italiana (35,6%). Nel 25,8% dei casi si tratta di realtà scolastiche che ospitano quattro (4,6%) o più (21,2%) bambini di diversa nazionalità per classe. I valori calano lievemente per le aule in cui a seguire le lezioni vi sono da uno a tre alunni provenienti da altri paesi (uno: 19,1%; due: 12,6%; tre: 4,1%). Nel Nord-Ovest e nelle Isole la presenza più consistente. Sono più di quattro i bambini di nazionalità straniera nelle aule scolastiche nel Nord-Ovest (42,7%) e nelle Isole (34,6%), seguite dalle regioni del Nord-Est (21,9%). Nel Centro Italia, invece, è particolarmente elevata la percentuale di aule nelle quali non vi è alcun bambino proveniente da altri paesi europei o extra-europei (51,2°/0). Si discostano, con il 5,3% in meno, le regioni del Sud e le Isole, entrambe con una percentuale pari al 45,9%. Il livello di integrazione dei compagni stranieri. Il 66% delle volte i bambini di nazionalità diversa da quella italiana, dopo aver superato l'iniziale e fisiologico periodo di adattamento, si sentono perfettamente a loro agio in classe. A tale dato, va aggiunta la percentuale del 12,5% dei casi in cui il bambino non avverte affatto i problemi legati all'integrazione e, fin dal primo momento, non incontra alcun ostacolo nel relazionarsi con gli altri compagni. Percentuali decisamente meno elevate caratterizzano, invece, situazioni in cui i bambini stranieri faticano ad integrarsi con i compagni (8,3%) o, viste le difficoltà incontrate, decidono di abbandonare la scuola (1,4%). Tra alunni italiani e stranieri l'amicizia è il legame prevalente. La maggioranza ha dichiarato di aver instaurato un rapporto di amicizia (54,8%) e di provare simpatia (12,6%) o interesse (2,5%). Ma ci sono anche casi in cui il processo di integrazione si scontra con sentimenti meno cosmopoliti: il 3,4% dei bambini intervistati si dimostra indifferente nei confronti dei compagni stranieri, oppure prova fastidio (1,3%), paura o antipatia (1%). Inoltre, il 17% del campione varia il suo comportamento e la natura dei sentimenti in funzione dei diversi casi particolari. La scuola come laboratorio di integrazione. Nel 52,6% dei casi la scuola organizza iniziative che facilitano l'accoglienza e l'inserimento dei bambini provenienti da altri paesi e solo nel 10,9% delle volte si è constatata una carenza di questo tipo. Appare, poi, particolarmente elevata la percentuale dei piccoli intervistati che dichiara di non sapere se all’interno della scuola vengono portati avanti progetti in tal senso (30,7%), a cui si può aggiungere il 5,8% di coloro che ha espresso alcuna opinione in proposito. Uomo e donna nei ruoli paritari? Secondo il 60,4% dei bambini tra i 7 e gli 11 anni, uomo e donna dovrebbero collaborare nello svolgimento dei compiti all’interno della famiglia. Percentuali più irrisorie, indicano, invece, che le attività domestiche e le responsabilità familiari dovrebbero essere parzialmente (10,2%) o completamente distinte (6,4%). La carriera è donna? Il 56,4% dei bambini ritiene che fare carriera sia importante tanto per l'uomo quanto per la donna. Quasi il 70% (67,2%) del campione ritiene che non vi debbano essere differenze tra i sessi nella scelta delle attività lavorative, poiché la donna può essere brava quanto un uomo in ogni ambito. In funzione di questo, il 57% afferma, inoltre, che le posizioni di potere in ambito aziendale o politico possano essere ricoperte da entrambi i sessi. Ma il 61,6% si dichiara molto (31%) o abbastanza (30,6%) d'accordo sul fatto che spetti alla donna il compito di curare la casa e che la sua piena realizzazione sia nell'ambito familiare (68,9%); così come il 51,2% crede che la donna dovrebbe pensare di abbandonare il suo lavoro nel momento in cui la coppia decide di mettere al mondo dei figli. Quanto è insolito l'uomo -casalingo o la donna -militare? Per la maggior parte dei bambini non vi è niente di strano nel fatto che un uomo si cimenti con attività casalinghe come cucinare (75,3%) o fare le pulizie (59,7%). Allo stesso modo, non è affatto curioso che una donna si arruoli nell'esercito (55,2%) o che aspiri a salire al Quirinale (67%). Inoltre il 50,6% dei bambini afferma di non trovare strano che un uomo studi danza, così come che una donna giochi a calcio (68,9%). I bambini sono soddisfatti della città in cui vivono? I bambini si trovano bene nelle città in cui vivono (96,2%), ma, allo stesso tempo, riconoscono l'esistenza di problematiche che non rendono ottimali le condizioni di vita all'interno dei contesti urbani. Infatti, essi rivelano che nelle loro città c'è traffico (abbastanza 32,5%, molto 26,1%) e inquinamento (abbastanza 29,3%, molto 26,8°/0). Il mondo dei grandi attraverso gli occhi dei bambini. I piccoli hanno una buona considerazione degli altri. In particolare, credono che il loro parere venga preso in considerazione (abbastanza 38,9% e molto 16,9%) e che gli abitanti siano solidali tra loro (abbastanza 43,3% e molto 27,20/o). Infatti, secondo quanto affermato dalla maggioranza dei piccoli, le persone non vivono isolate (per niente 53,6% e poco 29,5%) e non ci sono soggetti pericolosi (per niente 21,1°/0 e poco 33%). Inoltre, essi dichiarano che nelle loro città ci sono spazi in cui muoversi liberamente anche senza il controllo di adulti (abbastanza 32,5% e molto 16,7%). Che cosa manca nella città a misura di bambino? I bambini sono soddisfatti della presenza, nelle loro città, di spazi verdi (abbastanza 36% e molto 24,9%), di parchi giochi (abbastanza 36,5% e molto 21,8%), di attrezzature sportive (abbastanza 38,3% e molto 30,5%) e di iniziative culturali (abbastanza 34,1% e molto 21%). Al contrario, essi dichiarano di non avere a disposizione biblioteche (51,6%, di cui per niente 19,4% e poche 32,2%) in cui poter leggere e arricchirsi culturalmente e spazi in cui sono presenti postazioni Internet disponibili a tutti (58,1%, di cui per niente 27,7% e poco 30,4%). I bambini: cittadini attivi per un futuro sostenibile ed equo. Ben il 62,2% vorrebbe partecipare alle decisioni che riguardano la propria città. Solo una piccola percentuale di giovanissimi non è interessata o crede che sia compito degli adulti proporre soluzioni volte al miglioramento delle condizioni di vita nei contesti urbani (in entrambi i casi il 18,2%). La "città dei bambini" ideale. Avrebbe tanti luoghi in cui giocare e incontrarsi (26,3%) e un ambiente urbano meno inquinato (25,9%). Ci sarebbero maggiori occasioni di sport e divertimento (13,4%), ma anche eventi culturali (11,8%), più parchi e spazi verdi (11,2%) e un numero maggiore di vigili e poliziotti in grado di garantire la sicurezza nelle strade (8,9%). GLI ADOLESCENTI Mai senza pc e cellulare. I telefonini (96,2%) e i computer (93%) risultano essere strumenti indispensabili nella vita quotidiana dei ragazzi. Solo il 3,2% e il 5,4% affermano di non avere rispettivamente il telefonino o il Pc. Così come è oramai diffusa la navigazione sul web: nell'81,9% dei casi, i pc sono collegati ad Internet, mentre 1'85,2% dei ragazzi ascolta musica con il proprio lettore mp3. Non conoscono ancora grande diffusione i televisori al plasma: il 66,5% degli adolescenti non ne possiede ancora uno. Ragazze hi-tech. Il 97,9% delle ragazze possiede un telefonino, contro il 94,2% dei maschi; 1'87,3% possiede un lettore mp3, contro 1'82,6% dei maschi. La differenza si riscontra in modo particolare nell'uso di Internet: 1'84,7% delle femmine afferma di avere il proprio pc connesso alla Rete contro il 78,3% dei ragazzi. Inversione di rotta nel caso delle console portatili e dei videogiochi: ne possiede almeno una il 69,5% dei maschi a fronte del 39% delle ragazze. Internet, Tv, cellulari...una generazione di iperconnessi. Il 31% degli adolescenti utilizza il cellulare fino ad un'ora al giorno, il 15,3% da 1 a 2 ore, 1'11,2% da 2 a 4 ore e addirittura il 30,8% dedica più di 4 ore della propria Giornata all’uso del cellulare. Il 42,4% guarda l aTv da 1 a 2 ore al giorno, il 24,7% la segue mediamene da 2 a 4 al giorno e addirittura il 9% la guarda per più di 4 ore. I ragazzi trascorrono una parte consistente alla propria giornata in Rete: i l 26,5% naviga fino ad un’ora al giorno, il 22,5% da 1 a 2 ore , il 16,5% da 2 a 4 ore ed il 12,9% per più di 4 ore al giorno. I giovani ascoltano poi musica per il proprio lettore mp3 fino ad un’ora al giorno nel 39,2% dei casi; lo stesso tempo viene dedicato al gioco con la console nel 26,1% dei casi. Il 32,2% e il 28,9% preferisce trascorrere rispettivamente fino ad un'ora e tra una e due al giorno guardando un film con il proprio lettore dvd. Ragazzi nelle Rete. Il 33,8% degli adolescenti ha incominciato ad utilizzare Internet tra i 9 e gli 11 anni, 1'8,9% addirittura tra 6 e 8 anni. Il 45,9% afferma invece di aver incominciato a connettersi quando aveva un'età compresa tra 12 e 15 anni. Internet per tutti i gusti. Internet è utilizzato soprattutto per la ricerca di informazioni di proprio interesse (90,5%) e di materiale per lo studio (80%). Diffusi inoltre, il download dal web di musica, film, giochi o video (72,5%) e la fruizione di filmati su You Tube (69%). Diffusa anche la consuetudine di chattare (69,4%). Un adolescente su due (50%) comunica tramite posta elettronica; il 51,9% preferisce la lettura dei blog. Meno frequenti la partecipazione ai giochi di ruolo (16,6%) e la partecipazione ai forum (18,3%). Internet viene poi usato dai ragazzi per giocare con i videogiochi (38,9%) e per fare acquisti on line (21,7/0). Quando il rischio corre sul Web. L'11,5% degli adolescenti è stato molestato o ha dichiarato di aver ricevuto proposte oscene da un coetaneo; nel 7,7/o dei casi l'autore delle molestie era un adulto conosciuto in Rete. L'8% degli adolescenti ha incontrato in chat un adulto che si dichiarava suo coetaneo. Al 18,5% dei giovani è capitato di incontrare dal vivo coetanei conosciuti in Rete, mentre al 3,60/0 è successo di conoscere dal vivo adulti conosciuti su Internet. Frequentare chat e community per conoscere persone è il modo utilizzato dal 42,9% degli adolescenti, contro il 55,2% che non l'ha mai fatto. Ma come reagiscono i ragazzi se qualcuno conosciuto in Rete li infastidisce o li molesta? Il 58,4%, per troncare ogni contatto con il soggetto conosciuto in Rete, evita la chat, il forum o il sito dove l'ha conosciuto (13%) o comunque decide di non rispondere (45,4%). La soluzione adottata dal 19,8% degli adolescenti è quella invece di invitare il "molestatore" a non dare più fastidio. Pochi preferiscono parlarne con un adulto (3,1%) o con un coetaneo (1,9%). Il 2,2% è invece convinto che non possa accadere nulla e continua la conversazione. Mamme e papà promossi in informatica, con riserva. I padri ("abbastanza" e "molto" rispettivamente nel 25% e 17,3% dei casi) risultano, rispetto alle madri ("abbastanza" e "molto" rispettivamente nel 19,7% e 9,2% dei casi), più preparati in tema di computer e Internet. Per questioni generazionali è comprensibile che siano i nonni ("per niente" nell'84,9% dei casi) a non essere pratici di computer e Internet e che invece siano gli amici quelli che ne sanno di questi strumenti tecnologici ("abbastanza" e "molto" rispettivamente nel 38,9% e 46,8% dei casi). Anche il corpo docente risulta preparato "abbastanza" e "molto" nel 48,1% e nel 10,2% dei casi. Sempre raggiungibili. Solo il 3,8% degli adolescenti non è in possesso di un cellulare, il 95,9% ne ha uno. In particolare, il 59,2% ne possiede uno, il 14,5% ha un telefonino Umts, il 12,6% è provvisto di un video-telefonino e il 7,9% dispone di più di un tipo di cellulare. Il 36,9% ha avuto il primo cellulare tra i 10 e gli 11 anni, seguiti da quanti hanno un cellulare dall'età di 12-13 anni (26,9%) e da chi invece ce l'ha da quando di anni ne aveva 8-9 (22%). Il 4,9% dei ragazzi dichiara, inoltre, di aver ricevuto un cellulare tra i 6 e i 7 anni, il 4,4% tra i 14 e i 15 anni, il 3,4% in età prescolare e solo lo 0,2% dopo aver compiuto i 16 anni. Ma a quali usi è destinato un cellulare nelle mani dei ragazzi? Si usa soprattutto per inviare sms (94,9%), chiamare genitori (94,5%) e amici (92,8%). Altri usi comuni interessano le fotografie (86,6%), gli squilli (83,6%), i filmati (73,7%), gli mnis (55,2°/0) e i giochi (46,7/0). Meno frequente l'abitudine di scaricare loghi e suonerie (11,4%), l'uso di Internet (8,2%) e la visione di programmi televisivi (6,8%). Se il 79,3% degli adolescenti non ha mai messo on line un video amatoriale, 1'11,6% ammette di averlo fatto, mentre un 7,3% rientra nella cerchia di quanti non sono avvezzi a questa pratica, ma solamente perché non sono in grado di farlo. Tra quanti hanno risposto positivamente alla domanda circa la pubblicazione di filmati girati con il videofonino, il 43,4% lo ha fatto perché trovava il video bello, il 27,2% per rendere partecipi gli amici di quanto filmato, 1'8,5% per cercare di diventare famoso in Rete, il 3,7% per prendere in giro i ragazzi ripresi nel video e lo 0,7% per spirito di emulazione rispetto alla cerchia di amici. Videogiochi violenti. Che cosa fanno i ragazzi? La percentuale di quanti affermano di non aver giocato con videogiochi non adatti (55,1%) supera di ben 11,3 punti percentuali quella relativa al gruppo di quanti sostengono, al contrario, di averci giocato. La maggior parte dei giovani (34,2%) pensa che i videogiochi violenti non siano adatti ai bambini; segue il gruppo di quanti ritengono che la violenza del videogioco possa indurre effetti negativi sul comportamento (27,8%). Un giovane su 5 circa (20,1%) reputa divertenti i videogiochi violenti. L'11,6% degli adolescenti pensa che il videogioco violento possa servire a fare scaricare la rabbia mentre il 5,5% che induca nel giocatore un senso di forza e potenza. Riguardo ai contenuti dei media, il 79,4% afferma di provare poco (31,5%) o nessun (47,9%) fastidio nei confronti di mostri e zombie (contro il 19,4% che afferma il contrario); il 70,2% è disturbato poco (29,9%) o per nulla (40,3%) da scene di sesso sullo schermo (contro appena il 28,2% che ritiene di 6 a essere turbato da immagini del genere); il 67,3% è turbato poco (30,9%) o per nulla (36,4%) da immagini di persone che litigano in maniera accesa (contro il 21,2% che afferma il contrario); sangue e ferite provocano poco (30,2%) o nessun (35%) fastidio secondo il 65,2% dei ragazzi (contro il 33,2%); volgarità e parolacce inducono disturbo solo il 35,4% degli adolescenti, mentre il restante 62,7% afferma di provocare poco (27,9%) o nessun (34,8%) fastidio innanzi a scene del genere; il 61,2% ha poi affermato di provare poco (29%) o nessun (32,2%) fastidio innanzsi. a 'immagini ai guerra contro il 37,2% che si dice molto o abbastanza turbato. Che cosa pensano gli adolescenti del bullismo? Il bullismo rappresenta una prepotenza che si ripete spesso (82,1%) contro un compagno più debole. Il 10,9% dei ragazzi ritiene che si tratti di un'azione illegale. In pochi minimizzano la gravità di questi comportamenti: i13,7% parla di un litigio o una presa in giro tra compagni, 1'1,9% di un gioco tra compagni. Le forme di prevaricazione sperimentate con maggior frequenza sono le provocazioni e/o prese in giro ripetute (21,6%), le offese immotivate ripetute (17,9%), i brutti scherzi (14,4%). Gli atti di bullismo di cui i ragazzi si dicono più raramente vittime sono le percosse (2,8%) ed i furti di denaro (4%). Chi sono i bulli? Gli adolescenti che riferiscono di aver subìto atti di bullismo indicano come responsabile soprattutto un proprio coetaneo di sesso maschile (11,2%). Il 7,3% parla invece di un ragazzo più grande, il 7% di un gruppo di maschi. Seguono una coetanea di sesso femminile (5,3%) ed un gruppo misto (3,8%). I maschi hanno subìto atti di bullismo soprattutto da parte di un coetaneo maschio (14,9%), di un ragazzo più grande (11,3°A), o di un gruppo di maschi (9%). Le femmine indicano invece quasi con la stessa frequenza un ragazzo della loro età (8,1%) ed una ragazza della loro età (7,6%); segue un gruppo di maschi (5,2%). Quasi un adolescente su quattro, vittima di bullismo, afferma di non aver reagito (24%). Il 17,7% ha detto al bullo di smetterla, il 14,6% è venuto alle mani con il bullo; meno elevata la quota di chi ha avvertito un insegnante o il Dirigente scolastico (7,8%), i propri genitori (6,5%) o ha chiesto l'aiuto di altri compagni (5,8%). Omosessuali, stranieri, disabili e "secchioni": le vittime predilette dei bulli. I ragazzi che non sanno difendersi sono i più esposti agli episodi di bullismo (28,9%). Altri elementi di vulnerabilità vengono individuati dai ragazzi nell'essere omosessuale (18,1%) e nell'appartenere ad un'altra cultura (15,3%), seguono l'essere diversamente abile (8,4%) e l'andare benissimo a scuola (5,7%). Sono invece poco rilevanti, a giudizio degli intervistati, la scarsa avvenenza (2,1%) ed un fisico gracile (2,2%). Secondo il 12,5% nessun ragazzo in particolare sarebbe più a rischio di altri. Oltre un terzo dei ragazzi intervistati (36,9%) afferma di aver assistito ad episodi di bullismo nella propria scuola, il 62,3% dichiara invece il contrario. La più alta percentuale di ragazzi che hanno assistito ad atti di bullismo a scuola si trova nelle Isole: 48,1%, ovvero quasi la metà del campione considerato. Valori più bassi si registrano al Centro (38,7%), al Sud (38,4%) e al Nord-Est (38,1%), mentre al Nord-Ovest i ragazzi testimoni di bullismo scolastico sono meno numerosi (27%). Qual è il comportamento degli insegnanti? La decisione prevalente riguarda i provvedimenti disciplinari, come note o sospensioni (29,8%). Il 18,8% dei docenti rimprovera il responsabile, mentre il 13,9°/0 non si accorge di nulla ed un altro 8,9% non interviene. In altri casi gli insegnanti parlano con i genitori dei bulli (9,5%) o si rivolgono al Dirigente della scuola (8,7%). Le emozioni... La reazione più comune degli adolescenti, quando assistono ad un episodio di bullismo, è la rabbia (40,7%), seguita dalla pena per la vittima (26%). Il 13,3°/0 riferisce di provare disapprovazione, il 6,7% paura, il 5,8% indifferenza. Sono pochissimi i ragazzi che affermano di provare ammirazione (0,1%) o invidia (0,3%) per il bullo, oppure di divertirsi (1,9%). ...e le reazioni dei compagni a episodi di bullismo. Ben il 21,4% degli adolescenti afferma che i propri compagni si divertono, il 15,5% che disapprovano senza intervenire, il 12,1°/0 che rimangono indifferenti, 1'11,4% che disapprovano e aiutano la vittima. Nel 7,7% dei casi i compagni si allontanano per non essere presi di mira, nel 6,8% si spaventano, nel 4,7% chiedono aiuto, nel 2,5°/0 danno man forte ai bulli. Che cosa fare? La strada più efficace per fermare il bullismo è punire i buffi (29,5%); al secondo posto si colloca una soluzione che fa leva sul sostegno offerto dal gruppo alla vittima (22,2%); al terzo la richiesta di aiuto agli adulti (17,6%). Il 13,9% dei ragazzi suggerisce di parlare con il bullo e convincerlo a non farlo più; per il 5,6% occorre invece dire alla vittima che deve reagire. Sms o e-mail offensive o minatorie, creazione di siti Internet sui quali vengono diffuse immagini o filmati compromettenti per la vittima: sono i mezzi utilizzati dai bulli che agiscono attraverso le nuove tecnologie, i cyberbulli. La maggior parte dei ragazzi non ha mai utilizzato Internet o il cellulare per inviare o diffondere messaggi, foto o video offensivi o minacciosi (93,7%), mentre il 5,4% ha dichiarato di averlo fatto raramente (3%), qualche volta (1,7%) o spesso (0,7%). Più diffusa la pratica di diffondere informazioni false su un'altra persona: il 13,2% degli adolescenti ha affermato di compiere raramente (9,6°/0), qualche volta (2,3%) o spesso (1,3%) azioni di questo tipo. Il 10,8% utilizza la Rete per escludere una persona da un gruppo on line. I cyberbulli usano... Il 49,7% preferisce il cellulare, mentre il 40,3% sceglie di sfruttare la Rete. In particolare, il 19% dei cyberbulli agisce sulle chat o attraverso i siti di instant messaging (9,5%); 1'8,2% tramite blog (3,8%), forum (2%) e e-mail (2,4%); il 3,6% fa il prepotente attraverso giochi di ruolo on line. 7 Anonimi …cyberbull. Le vittime del cyberbullismo lamentano di aver ricevuto o di essere venuti a conoscenza dell’esistenza di informazioni false sul proprio conto, trasmesse tramite internet o il cellulare (22,5%); all’8,5% sono stati recapitati messaggi offensivi o minacciosi, mentre il 4,1% afferma di essere stato escluso da gruppi on line. La maggior parte non ha idea di chi possa essere a perpetrare simili azioni nei loro confronti (37,6%). Tali azioni vengono portate avanti più spesso da persone che la vittima conosce poco(19,7%) o,più raramente, da amici e compagni di scuola (11,4%). A chi si chiede aiuto? I ragazzi confidano più spesso l'accaduto ad un coetaneo (25,5%), oppure, cercano l'aiuto dei genitori (21,5%). Molti invece preferiscono non farne parola con nessuno (22,1%). Poca fiducia viene riservata, inoltre, agli insegnati (il 7,2%) e ai fratelli o alle sorelle (5,7%). Chi non beve non si "sballa", non si diverte, è fuori dal coro. Il 51,5% dei giovani dichiara di bere alcolici qualche volta a fronte del 38,8% di coloro i quali non hanno mai bevuto. C'è, poi, chi ammette di "farsi un bicchiere" spesso (7,8%) o quotidianamente (1,3%). Consumare occasionalmente bevande alcoliche è un'abitudine più diffusa tra le ragazze: il 55% di esse dichiara, infatti, di farlo qualche volta a fronte del 47,2% dei ragazzi. Questi ultimi dichiarano invece di assumere alcol spesso (8,3% vs 7,4%) o addirittura tutti i giorni (2,4% vs 0,4%). Bicchierino precoce... La maggior parte degli intervistati dichiara di aver bevuto per la prima volta un bicchiere di birra/vino tra gli 11 e i 14 anni (45,7%), il 24,8% dopo i 15 anni, mentre ha vissuto in tenera età questa esperienza il 17,8% dei giovani. Solo il 5,5%, dichiara di non aver mai bevuto un bicchiere di birra o vino. ...ma soprattutto alle feste. Gli alcolici si bevono prevalentemente in occasioni di feste e ricorrenze (49,6%) o quando si è in compagnia di altre persone (27,9%). Bevono perché ne hanno voglia o durante i pasti rispettivamente il 16,3% e il 3,9% dei giovani. Guida in stato di ebbrezza, no grazie. L'83,1% dei ragazzi sostiene di non essersi mai messo alla guida di un motorino o di un'auto dopo aver bevuto alcolici. E capitato raramente o qualche volta rispettivamente al 6,8% e al 5,2%. Da non sottovalutare il 3,1% di giovani ai quali è capitato spesso di guidare dopo aver consumato bevande alcoliche. Più prudenti le ragazze: l'88,3% non ha mai guidato dopo aver bevuto, contro il 76,6% dei coetanei maschi. In macchina con un ubriaco alla guida... Il 64,4% afferma che non gli è mai capitato a fronte del 16,8% e del 12,2% di chi si è trovato in questa situazione raramente o qualche volta. I maschi dichiarano, con maggior frequenza, di non aver mai accettato un passaggio dal conducente di un veicolo che avesse bevuto alcolici (67,2% vs 62,1). Per contro il 13,5% delle ragazze e il 10,6% dei ragazzi affermano di averlo fatto solo qualche volta, mentre il 4,3% delle prime contro il 3,9% dei secondi dichiara di farlo spesso. L'84,3% degli adolescenti non è mai stato aggredito da un coetaneo, rispetto al 10,5% che ammette di esserlo stato, seppur raramente, e il 3,5% che dichiara di essere stato vittima di aggressioni da parte di altri ragazzi solo qualche volta. Lo stesso si può dire per le aggressioni subite da parte di un familiare: 85,8% è la percentuale di quanti hanno risposto "mai", contro l'8,7% che risponde "raramente" e il 3% "qualche volta". Le aggressioni da parte del partner, di adulti sconosciuti o conosciuti sono ancora più insolite: il 93,3% non è mai stato oggetto di aggressioni da parte di adulti conosciuti; il 92,6% non è mai stato aggredito dal partner e il 92% non ha mai ricevuto attacchi da parte di soggetti sconosciuti. La paura più grande? Essere violentati. La paura più frequente risulta quella di essere vittima di violenze sessuali (17%), seguita dal timore di essere importunati da sconosciuti (11%) e di essere rapiti (9,7%). Le paure più lontane dai ragazzi sono, invece, quella di essere picchiati da altri coetanei (il 62% non l'ha mai provata) e quella di essere coinvolti in attentati terroristici (il 60,6% non l'ha mai provata). Ma tutto sommato vivono tranquilli... La maggioranza degli adolescenti riferisce di non essersi mai sentita in pericolo (51,6%). Il 47,2% dei ragazzi ha però vissuto una situazione di pericolo mentre la percentuale dei bambini non superava il 38,3%. In situazioni di pericolo solo il 29,7% dei ragazzi chiama i genitori o un altro adulto di fiducia. Il 23,1% degli adolescenti parla con un amico. Nel 22,1% dei casi i ragazzi si difendono da soli. Il 17,1% si chiude in se stesso e non ne parla con nessuno. Sporadici sono i casi in cui il soggetto si affida alle autorità competenti chiamando i numeri di emergenza (1,7%). Co.co.co.: convivenza di collaborazione continuativa. Per il 79,4% degli adolescenti, uomo e donna dovrebbero collaborare il più possibile nella gestione della famiglia o mantenere una parziale distinzione dei ruoli (11,1%). Soltanto il 2,6% pensa che i compiti domestici che spettano all'uomo e alla donna debbano rimanere distinti. L'86% delle ragazze ritiene necessario che uomo e donna collaborino, contro il 71,2% dei ragazzi. Adolescenti per le pari opportunità. Il 79% degli adolescenti ritiene che una donna è in grado di svolgere qualsiasi tipo di attività lavorativa ed il 75,9% si dice per niente (56,5%) o poco (19,3%) d'accordo sul fatto che il successo professionale sia importante più per l'uomo che per la donna. Inoltre, il 67,5% è favorevole al fatto che le donne occupino posizioni di rilievo nella politica e nei vertici aziendali. Maternità, poi, non vuol dire rinunciare al proprio posto di lavoro per il 62,2% degli adolescenti che si dichiarano molto (30,8%) o abbastanza (31,4%) d'accordo con tale risposta, sebbene il 64,5% si esprima a favore di una completa realizzazione femminile nell'ambito della famiglia. Alla donna, inoltre, spetta il compito di prendersi cura della casa 8 (47,7%). Le ragazze sentono di poter essere brave a svolgere qualsiasi tipo di mestiere (86,6% Vs 69,7%) e di poter ambire ad occupare posizioni importanti nel mondo della politica e delle aziende (80,1% contro 51,9% del sesso opposto). I ragazzi, invece, vedono l’universo femminile maggiormente proiettato in un’ottica casalinga. Il 55,6% sostiene, così, che la cura della casa è compito che spetta alla donna (contro il 41,2% delle ragazze),la quale si sente realizzata soprattutto nell’ambito della famiglia (69,4%). Uomini ai fornelli e donne Presidenti? Gli adolescenti dicono si. Nel 90,4% dei casi, non è considerato "strano" che un uomo si metta ai fornelli, né che si dedichi alla pulizia della casa (65,1%). Nessuna riserva, poi, per la possibilità che una donna si arruoli nell'esercito o aspiri a ricoprire la carica di Presidente della Repubblica (rispettivamente il 70,3% e il 76,5% degli intervistati). Inoltre, il 59,2% non trova inusuale che un uomo studi danza e 1'80,8% che una donna giochi a calcio. Sono gli adolescenti, più delle ragazze, ad avvertire anomalo il fatto che un uomo studi danza (46,3% v.r 33,9%) o che una donna possa diventare Presidente della Repubblica (28,4% contro il 17,5`)/0 delle adolescenti che condividono la stessa opinione). Buone maniere o discriminazione? L'82,6% dei giovani ritiene che cedere il posto a sedere o il passo ad una donna sia un comportamento cortese da adottare; solo 1'8,4% crede che si tratti di un dovere, mentre, per il 2,4%, è un atteggiamento superato o addirittura una forma di discriminazione indiretta verso le donne (1,5%). Riguardo alla consuetudine che sia l'uomo a pagare il conto al ristorante, 1'81,2% degli adolescenti pensa sia un comportamento gentile da mettere in pratica, oltre che un dovere (13%). Solo per il 2,6% si tratta di un'usanza superata che può costituire, in alcuni casi, un atteggiamento di discriminazione nei confronti delle donne (1,5%). L'omosessualità o eterosessualità: è sempre amore. Per il 35,6% degli adolescenti l'omosessualità non andrebbe criticata, mentre il 24,9% è indifferente rispetto a questo argomento. Un adolescente su 5 (20%) ha affermato di considerarla una forma d'amore come l'eterosessualità. È immorale e contro natura, invece, per l'11,6% e solo 1'1,9% afferma che andrebbe perseguita. Una coppia omosessuale ha diritto a sposarsi con rito civile per il 47,6% dei giovani, d'altra parte, la maggior parte (52,8%) ritiene che per una coppia stabile di omosessuali non sia un diritto adottare un bambino. Come vedono il proprio futuro? Il 56,7% dei giovani nutre abbastanza (43,6%) o molta (13,1%) speranza di trovare un lavoro sicuro ed economicamente soddisfacente (contro il 42,2% che al riguardo ha poche speranze o addirittura nessuna speranza). Il 65,1% è molto (21,4%) o abbastanza (43,7%) convinto che il futuro riservi la possibilità a ciascuno di trovare il lavoro che più piace (contro il 34% che sostiene il contrario). L'82,2% si dice molto (30%) o abbastanza (52,2%) sicuro di vivere in futuro una vita sentimentale felice. Spera di realizzare i propri sogni, infine, oltre la metà dei giovani (66,9%). La speranza di un mondo migliore? Un sogno. Rispetto alla società, il 52,4% degli adolescenti nutre poche (41,7%) o nessuna (10,7%) speranza di vivere in futuro in un mondo migliore e il 68% ritiene che vi siano poche (51,1%) o nessuna (16,9%) possibilità di cambiare la società grazie all'impegno mostrato da ciascuno. Roma, 18 novembre 2008 Susanna Fara (celi. 348.0628901) Grazia Iadarola Ufficio Stampa EURISPES Via Barberini, 11 00187 Roma tel 06 44202211 ufficiostampa@eurispes.it www.eurispes.it EURISPES e TELEFONO AZZURRO: 4° Rapporto sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia
Argomento: 

EURISPES: I giovani nel 7° Rapporto Eurispes. Telefono Azzurro.

Descrizione breve: 
Gli adolescenti moderni sono sostenuti dalle nuove tecnologie e dai nuovi media, e dal processo di integrazione europea; posso più facilmente ampliare le proprie relazioni e amicizie, informarsi, entrare in contatto con organizzazioni di volontariato e movimenti indipendenti. Danno inoltre maggiore peso a problemi immediati (disoccupazione, precariato, inquinamento e tematiche ambientali).
Data: 
15 Novembre 2007
SINTESISINTESI 7° RAPPORTO NAZIONALE SULLA CONDIZIONE DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA Direzione scientifica Ernesto Caffo - Gian Maria Fara Comitato di direzione Italo Saverio Trento - Vittorio Rizzoli - Susy Montante - Barbara Forresi Comitato di coordinamento Nicola Ferrigni - Carla Graziani - Raffaella Saso - Francesca Venuleo Hanno redatto il Rapporto Marta Angelone - Chiara Angioletti - Giovanna Axia - Sara Bianchini - Paola Bisio - Daniela Blasioli - Maurizio Bonati - Giovanni Camerini - Fabia Capello - Francesca Casale - Romano Cataldo Forleo - AnnaPaola Cavalieri - Antonio Clavenna - Vera Cuzzocrea - Caterina D’Ardia - Marisa De Rosa - Marta Di Gennaro - Flavia Di Luzio - Anna Fabrizi - Patrizia Forleo - Francesca Freda - Barbara Ghiringhelli - Valeria Iacch - Francesco Laganà - Bettina Lena - Alessandro Locatelli - Maurizio Lozzi - Fabio Macciardi - Maura Manca - Giulia Marino - Federica Meles - Francesco Meloni - Benedetta Menenti - Laura Michelotto - Francesca Milani - Ughetta Moscardino - Viviana Padelli - Paola Pellegrino - Ilaria Piccioli - Marco Pucci - Antonio Purificato - Manuela Romagnoli - Elisa Rossi - Caterina Sabusco - Anna Schittulli - Sara Scrimin - Nadia Selvaggi - Marco Serra - Francesca Servidio - Luisa Strik Lievers - Stefania Surace - Roberto Tiberi Hanno collaborato : Paola Bianchi - Marianna Carroccia - Irene Delaria - Francesca Fortuna - Gian Luigi Lepri - Edvige Puchala - Aida Sepe 1 Il 7° Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza ancora una volta offre un quadro com- plesso e variegato della realtà dei minori in Italia, ponen- dosi quale strumento di conoscenza dei principali cambia- menti, delle linee di tendenza, delle potenzialità e dei ri- schi che caratterizzano l’età evolutiva nel nostro Paese, an- che alla luce delle sollecitazioni provenienti dal panorama internazionale. Di anno in anno i bambini e gli adole- scenti si trasformano sotto i nostri occhi, sensibili come so- no alle sollecitazioni provenienti dall’ambiente. Se la so- cietà muta - e in questi anni ciò accade in modo rapido e inarrestabile - i bambini e gli adolescenti cambiano e com- paiono nuove forme di disagio e nuove emergenze. Quanto conosciamo i bambini e gli adolescenti di oggi? Non abbastanza. I dati di questo rapporto evidenziano non solo che il mondo adulto e le istituzioni non conoscono adeguatamente i bambini e gli adolescenti, ma anche che le risposte della società al loro disagio non sono sufficienti e che la prevenzione nel nostro Paese è ancora marginale. Resta elevato il numero degli abusi sessuali ai danni di bambini e adolescenti: nel 2005 in Italia sono stati de- nunciati 699 abusi, prevalentemente commessi da perso- ne vicine e note alle vittime. Estremamente diffusa anche la prostituzione minorile femminile, che nel nostro Paese rappresenta ormai un’importante componente del fenome- no prostitutivo e si riscontra soprattutto nei contesti urba- ni e metropolitani. Un fenomeno che riguarda anche i ma- schi, di età compresa tra i 13 e i 17 anni, in particolare ru- meni (spesso di origine rom) e in misura inferiore prove- nienti dal Maghreb, dai Balcani e dall’Albania. Se i minori sfruttati sessualmente nel mondo sono più di tre milioni, l’Italia con i suoi 80mila italiani ogni anno, risulta al primo posto tra i Paesi europei per i viaggi a sfon- do sessuale in Brasile. In tema di sfruttamento, sono decine di migliaia i bambi- ni tra i 7 e i 14 anni che in Italia sono costretti a lavorare: il 50% di questi lavora all’interno delle imprese di fami- glia, il 32% ha un impiego stagionale e il 18% si occupa di attività rischiose. È in crescita, poi, il numero delle denunce a carico di ado- lescenti. Il Rapporto 2005 sullo stato della sicurezza del nostro Paese ci dice che, anche se di poco rispetto al periodo 1997-2001, dal 2001 al 2005 l’incidenza delle denunce riguardanti i minori in rapporto alla totalità dei soggetti denunciati è aumentata, passando dal 2,7% del primo pe- riodo al 3,1% del secondo. Permane, infine, il grave problema della povertà, che con- tinua ad affliggere anche le nazioni europee più avanzate. Recenti stime evidenziano che 17 milioni di bambini eu- ropei sono in stato di povertà e che l’Italia si colloca al se- condo posto: il 16,3% dei bambini nel nostro Paese vive al di sotto della soglia nazionale della povertà e al Sud la per- centuale arriva al 29,1%. Accanto ai problemi dell’abuso, dello sfruttamento sessua- le e lavorativo, della devianza, della povertà, gli ultimi an- ni hanno visto l’affermazione di nuove forme (e fonti) di disagio e di sofferenza: la scomparsa e la sottrazione, le pic- cole e grandi difficoltà di integrazione dei minori stranie- ri, i rischi della Rete e delle nuove tecnologie, anche sotto il profilo della salute mentale. Per questo motivo nel presen- te rapporto è stata assegnata una significativa rilevanza ai temi della sicurezza e della salute, nei bambini italiani e stranieri. Ogni anno, in Italia, le Forze dell’ordine avviano circa tremila ricerche di minori scomparsi. Anche se questa ci- fra, nel giro di un anno, si riduce di oltre l’80%, il feno- meno è socialmente rilevante ed anche difficile da classifi- care. L’analisi dei dati della Direzione centrale della Poli- zia criminale, relativa agli anni dal 2001 al 2006, indi- ca che la fascia più consistente di minori da rintracciare è quella dai 15 ai 18 anni, che per lo più si allontanano vo- lontariamente dal loro domicilio. Ci sono tuttavia rile- vanti differenze tra minori italiani e stranieri: per quanto riguarda questi ultimi si tratta soprattutto di minori di sesso maschile giunti in Italia al seguito di flussi migratori, clandestini e spesso affidati dai Tribunali per i minorenni ad istituti di accoglienza o di assistenza, da cui si allonta- nano volontariamente rendendosi irreperibili. Laddove la scomparsa dei minori non è volontaria - come nel caso de- gli abusi sessuali - la maggior parte degli autori sono in qualche modo conosciuti dai bambini: appartengono alla famiglia, la frequentano o sono presenti in uno dei luoghi frequentati dal bambino (scuola, luoghi del divertimento, luoghi dello sport, etc.). Emerge dunque la necessità di educare i bambini alla si- curezza, ma anche di promuovere il loro benessere e quello dei loro genitori, intervenendo tempestivamente - fin dai primi segnali - in ogni situazione di sofferenza psicopato- logica. Si parla molto di sofferenza mentale dei bambini a livello internazionale, come testimonia l’acceso dibattito degli ultimi mesi intorno al Green Paper, testo della Co- munità Europea che evidenzia le principali linee di indi- PROTAGONISTI DI REALTÀ VIRTUALI, LONTANI DALLA POLITICA rizzo per la prevenzione del disturbo mentale in età evolu- tiva. Le ricerche presenti in questo Rapporto evidenziano la ne- cessità che anche il nostro Paese si impegni nella prevenzio- ne della depressione post partum nelle madri, come pure delle diverse forme di disagio mentale che caratterizzano l’età evolutiva: dai disturbi dell’attenzione al disturbo po- st traumatico da stress, alle nuove recentissime forme di psicopatologia connesse all’utilizzo (e all’abuso) di Inter- net - le Irp, ovvero Internet Related Psychopathologies - che aprono nuovi ed interessanti ambiti di ricerca in relazione alle modificazioni psicologiche, neurocognitive ed affetti- ve prodotte dalle nuove tecnologie sulla prima generazione “figlia della Rete”. Come ogni anno, comunque, la conoscenza dei bambini e degli adolescenti non si esaurisce negli studi e nelle ricerche che li riguardano. Da sempre, infatti, il rapporto intende farsi portavoce della parola dei bambini e degli adolescen- ti: come da tradizione, rinviene il suo presupposto fonda- mentale nell’indagine campionaria realizzata nelle scuole italiane, raccogliendo direttamente dai bambini e dagli adolescenti le chiavi interpretative dei principali fenome- ni e delle tendenze giovanili. L’indagine realizzata su 2.516 giovani (1.242 adolescen- ti appartenenti alla classe di età 12-19 anni e 1.274 bam- bini della fascia 7-11 anni) suggerisce che i bambini e gli adolescenti frequentano sempre più i luoghi in cui possono essere protagonisti e sono sempre più disinteressati ai luo- ghi che non li considerano soggetti attivi. In altre parole, si immergono nell’esplorazione delle nuove tecnologie del- l’informazione e della comunicazione e si allontanano dalla politica. Il telefono cellulare è ormai entrato da tempo nella vita e nell’immaginario degli adolescenti, al punto che solo l’1,3% del campione dichiara di non possedere un cellula- re e che il 10,5% dichiara, invece, di possedere più di un tipo di telefonino. Altrettanto diffusi il computer e Inter- net: il 93% degli adolescenti e l’82% dei bambini inter- vistati utilizza il computer. Sebbene il 49% degli adole- scenti dichiari di non utilizzare Internet tutti i giorni, una percentuale significativa (6%) afferma di trascorrere su Internet più di cinque ore al giorno. Gli adolescenti utilizzano Internet per ricercare informa- zioni di loro interesse (88%) e materiale per lo studio (81%), il che conferma che gli strumenti informatici si stanno affermando in misura crescente come importante strumento di conoscenza; estremamente diffuso anche il download dal web di musica, film, giochi o video (74%). La rilevazione, inoltre, ha evidenziato la diffusione fra i giovani dell’e-commerce, tale che ormai il 24% fa acqui- sti on line. A testimonianza dell’interesse degli adolescenti per le nuo- ve modalità di socializzazione offerte dalla Rete, è estre- mamente diffuso l’utilizzo della posta elettronica (53%) e delle chat (50%) non solo tra gli adolescenti ma perfino tra i bambini di età compresa tra i 7 e gli 11 anni: il 19% di questi ultimi utilizza la posta elettronica e il 16 le chat. In questo senso, Internet sta consolidando sempre più il suo ruolo centrale nella socializzazione dei ragazzi, affian- candosi a pieno titolo alle agenzie tradizionali come la fa- miglia e la scuola: circa un terzo dei ragazzi ha instaurato nuovi rapporti di amicizia tramite Internet (34,2%). Sempre più padroni delle realtà virtuali e delle nuove tec- nologie e sempre più esclusi ed emarginati in ambito poli- tico: non stupisce che gli adolescenti italiani vivano la po- litica con fastidio e disinteresse. I politici sono coloro che suscitano più fastidio nei ragazzi durante i notiziari tele- visivi (24%), tanto da risultare persino più sgraditi delle immagini del dolore, della guerra e della violenza sui bam- bini. La stragrande maggioranza degli adolescenti, il 71% del campione, è poco o per niente interessato alla politica, mentre il 53,7% ammette di capirla poco o per niente: in particolare, più della metà degli adolescenti afferma di comprendere poco o per niente il quadro politico italiano. Il problema riguarda, però, non solo i contenuti, ma anche la comunicazione: più dei due terzi degli intervistati, in- fatti, pensa che i politici siano poco (45%) o per nulla (24%) chiari quando parlano. Di fronte a questi dati, si può ipotizzare che gli adolescen- ti avvertano l’assenza di un messaggio selettivo e differen- ziato, rivolto a loro in maniera esclusiva, una mancata comprensione e rappresentazione da parte della classe po- litica delle loro istanze, dei loro bisogni e dei loro diritti, una scarsa possibilità di partecipare attivamente alla poli- tica del nostro Paese. Al di là di una consueta disaffezione alla politica, sembra emergere qualcosa di più profondamente strutturale, col- legabile sia ai modelli di comunicazione con cui la moder- na élite politica si relaziona ai giovani futuri elettori, sia ai contenuti stessi della professione politica in termini di comprensione dei problemi, ascolto delle istanze prove- nienti dalla società e dai giovani, sollecitazione di aspetta- tive e domande di cambiamento. La politica oggi non è più in grado di proporre progetti, alimentare sogni, indicare prospettive di una società mi- gliore e questa impossibilità della politica di proporsi in termini di progetto e di coinvolgere attivamente è chiara- mente percepita dai giovani. Siamo oggi nel punto di mas- sima distanza rispetto agli anni 60 e 70, quando alla po- litica venivano attribuiti un ruolo salvifico e mitico, non- ché capacità di guarigione dei mali endemici della società. I giovani dunque si raccontano come individui impegna- ti ad esplorare nuovi mondi e nuove realtà - superando barriere linguistiche, comunicative e geografiche - ma an- 2 3 che lontani dalla politica e dalla collettività, tradizional- mente intesa. L’esigenza di un mondo migliore e di una so- cietà più giusta ed equa, che aveva plasmato le esistenze e le idee delle generazioni precedenti, è molto meno avverti- ta dalla attuale componente giovanile: in un certo senso, gli adolescenti sono diventati più conformisti e obbedienti alle regole sociali, non esercitano più la spinta al cambia- mento, forse perché non si sentono protagonisti di cambia- menti sociali. Le giovani generazioni si pongono come obiettivi princi- pali la famiglia e un buon lavoro - due obiettivi “privati” ed individuali - e si dichiarano appagati di ciò che hanno. La maggioranza dei ragazzi intervistati, infatti, si dichia- ra soddisfatta di quello che ha, sia da un punto di vista ma- teriale che affettivo; una percentuale pari al 49% afferma di avere tutto ciò di cui ha bisogno, mentre il 25% ritiene di disporre di più del necessario. La stessa vita quotidiana si caratterizza per la presenza di valori “concreti”: secondo i ragazzi italiani, il successo di un individuo si misura so- prattutto nel grado di ammirazione e rispetto suscitato (25%); a seguire, la possibilità di disporre di tutto ciò che si desidera (19) e al terzo posto «l’avere tanti soldi» (12). Si attestano su percentuali simili la modalità «fare le cose che mi piace fare» (11), la possibilità di avere tanti amici (10), una buona posizione lavorativa (10) e un nucleo fa- miliare sereno (10). E gli adulti? Dall’indagine campionaria emerge che gli adulti troppo spesso non sono in grado di seguire ed accom- pagnare i cambiamenti e le esplorazioni di cui bambini e adolescenti sono protagonisti, sostenendo il rapido ritmo con cui varcano nuove frontiere e si addentrano in nuovi mondi. Piuttosto, la società adulta sembra essere sempre più lontana - per mancanza non solo di tempo, ma anche di conoscenze e di formazione - dal mondo del’'infanzia e dell’adolescenza. Ne è un esempio la difficoltà dei genitori di accompagnare i figli nella scoperta delle nuove tecnologie, che presentano infinite potenzialità ma anche innumerevoli rischi, come testimoniano gli stessi bambini e adolescenti. Il 19% dei ragazzi e il 7% dei bambini dichiarano di utilizzare la Rete per cercare cose proibite. Il 17% dei ragazzi e il 20% dei bambini dichiarano di essere stati infastiditi da un adulto in chat. Il 22% degli adolescenti dichiara di aver incontrato dal vivo e da solo una persona conosciuta tra- mite Internet, definendo l'incontro pericoloso nel 5% dei casi. I ragazzi, però, raramente si confidano su questi aspetti: circa il 30% del campione non ha mai parlato con nessuno di queste esperienze negative vissute in Rete; an- che quando lo fa, raramente si rivolge ad un genitore (13%). A ulteriore conferma della solitudine dei giovani di fronte alle tecnologie - vecchie e nuove - i tre quarti dei ragazzi dichiarano di avere il computer nella propria stan- za (54%) e di navigare da soli (75), prevalentemente il pomeriggio (63) e la sera (29). Lo stesso vale per la televi- sione: il 16% dei bambini tra i 7 e gli 11 anni guarda da solo programmi con il bollino rosso. Le ricerche e i dati presenti in questo Rapporto mostrano che Telefono Azzurro ed Eurispes continuano a credere che la cura dell’infanzia richieda innanzitutto un grande im- pegno sul versante conoscitivo: per poter risolvere un pro- blema è necessario conoscere i bambini, i loro bisogni, le loro difficoltà, gli innumerevoli fattori che incidono sui percorsi di sviluppo. È nell’interesse della comunità - e anche della politica - concedere attenzione e spazi ai bambini e agli adolescenti. Il futuro della nostra società dipende dagli investimenti a lungo termine che saremo in grado di fare per prevenire le difficoltà delle giovani generazioni, per promuoverne la partecipazione attiva e le capacità critiche. Non è più accettabile pensare ai bambini e agli adolescen- ti in modo discontinuo, in occasione dell’ennesima emer- genza che assurge ai clamori delle cronache. Vi sono pro- blemi che attendono risposta da tempo e nuovi problemi (come quello della pedopornografia on line) che sottoli- neano la necessità di riflettere con continuità sull’infan- zia. È indispensabile non solo investire seriamente nella prevenzione dei fattori che possono incidere negativamen- te sul loro sviluppo, ma anche accompagnare bambini e adolescenti nei rapidi cambiamenti della società - di cui sono attenti esploratori e spesso pionieri - offrendo loro gli strumenti cognitivi ed emotivi per capire e per vivere, per difendersi e per decidere. Consegniamo dunque alle istituzioni, agli specialisti del settore, ai genitori, agli educatori questo lavoro, sicuri che possa rappresentare uno strumento utile non solo a scopri- re (e riscoprire) il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, ma anche a promuovere il benessere, la sicurezza e la qua- lità della vita dei bambini e degli adolescenti italiani. Ernesto Caffo presidente Telefono Azzurro Gian Maria Fara presidente Eurispes 4 5 IL FENOMENO IN ITALIA. La raccolta dei dati riferiti all’abu- so sessuale in pregiudizio di minori viene organizzata all’in- terno del data base generale dell’Anticrimine. Tra il 2000 e il 2005, i minori vittime di reati sessuali sono stati 2.891. In 2.406 casi si è trattato di violenza sessuale, in 87 casi di violenza sessuale di gruppo, in 299 casi di atti sessuali con minorenne e in 99 casi di corruzione di minorenne. In par- ticolare, nel 2005 sono stati 699 i bambini e gli adolescen- ti vittime di abuso sessuale, 605 sono state le segnalazioni di reato e 692 le persone denunciate all’autorità giudizia- ria. Rispetto al 2004, si è registrato un aumento delle vitti- me di violenza sessuale di gruppo (da 20 a 28), di quelle re- lative al reato di corruzione di minorenne (da 25 a 31) e di atti sessuali con minorenne (da 74 a 98). In generale, nel quinquennio 2000-2005, i valori più ele- vati si riscontrano costantemente nel Nord Italia. Nel solo 2005 si sono contati a Nord 327 casi di abuso, con in testa tra le regioni la Lombardia (112), l’Emilia Romagna (64) e il Veneto (52); a seguire il Sud e le Isole dove si sono regi- strati 270 casi, concentrati soprattutto in Campania (97); ed infine il Centro 102 casi, di cui 62 in Toscana. Una ten- denza piuttosto stabile in tutti gli anni considerati è la pre- valenza tra le vittime appartenenti alla classe d’età interme- dia 11-14 anni, sebbene il distacco con la classe dei bambi- ni più piccoli sia alquanto marginale. Per quanto riguarda la nazionalità dei bambini e degli adolescenti vittime di rea- ti sessuali si evidenzia un andamento altalenante dei dati relativi ai minori stranieri: partendo infatti dalla percen- tuale più elevata rilevata nell’anno 2002 (13,2%), si regi- stra già una flessione nell’anno successivo (8,6% nel 2003) e quindi un incremento circoscritto nel 2004 (9,4%) e più sostanziale nel 2005 (12,7%). In merito agli abusanti, gli autori presunti o accertati dei reati sessuali sui minori, le segnalazioni di reato, ovvero le comunicazioni trasmesse dagli uffici periferici in merito ai diversi illeciti, si concludono con esito positivo in percen- tuali significativamente elevate. In generale emerge che le indagini si risolvono con l’identificazione e la denuncia dei soggetti presunti responsabili dell’abuso nella quasi totalità dei casi. Prendendo in considerazione il 2004, su 813 per- sone denunciate, il 41,2%, ossia 335 persone, sono state arrestate. Nel 2005 invece sono state 692 le persone de- nunciate, di cui 265, il 38,3%, sono state tratte in arresto. Gli abusanti sono in prevalenza di nazionalità italiana (85,5% nel 2002; 88,6% nel 2003; 88,1% nel 2004; 80% nel 2005). Nonostante questa evidenza, è stato registrato un andamento particolare per quanto riguarda le percen- tuali degli stranieri abusanti negli anni in questione: dal 14,1% registrato nel corso del 2002 assistiamo alla perdita di alcuni punti percentuali negli anni successivi, sino al 19,7% relativo all’ultimo anno esaminato: nel corso del 2005, infatti, su 692 autori di reato complessivamente in- dividuati ben 136 erano di nazionalità straniera. RELAZIONE VITTIMA-AUTORE. Si tratta nella maggior parte dei casi di una relazione intraspecifica che vede sussistere un rapporto di conoscenza tra l’autore e la sua vittima, con un’incidenza percentuale sulla totalità dei casi che va dall’81,9% del 2002, passando per il 90,8% del 2003 e l’82,4% del 2004, fino al 77,7% del 2005. Non si può ignorare il peso percentuale degli abusanti conoscenti che si collocano quasi sempre al primo posto con valori supe- riori al 40%: unica eccezione il 2005 (33,2%) che vede au- mentare, di contro, il valore relativo all’autore extraspecifi- co. Né tanto meno il numero degli abusanti individuati al- l’interno della famiglia che fanno registrare percentuali su- periori al 30% con un picco del 37,3% nel corso del 2005. L’ABUSO SESSUALE: UN FENOMENO ANCORA SOMMERSO.Al di là dei dati statistici, permane comunque la convinzione che in Italia l’abuso sessuale sui minori, proprio per le pe- culiarità di questo reato, sia un fenomeno largamente som- merso ed emerga, e pertanto sia quantificato, solo in parte. Infatti da un lato vi è la convinzione che alcune situazioni di abuso rimangano inespresse, esperienze dimenticate e rimosse che non arrivano alla denuncia; dall’altro, emerge la consapevolezza che l’abuso sessuale non sia riconducibi- le alle sole denunce effettuate, e ne è testimonianza proprio la casistica del Centro nazionale di ascolto di Telefono Az- zurro che attraverso il proprio operato contribuisce a fare emergere una parte di realtà che altrimenti rimarrebbe nel sommerso. Oltre a questo è ragionevole ipotizzare che una capitolo 1 ABUSO, SFRUTTAMENTO E DIRITTI VIOLATI SCHEDA 1. EPIDEMIOLOGIA DELL’ABUSO SESSUALE E MONITORAGGIO DEL FENOMENO IN ITALIA, FRANCIA E INGHILTERRA riduzione delle denunce non corrisponda ad una riduzione del fenomeno, e ciò anche in considerazione del fatto che non esiste necessariamente alcuna corrispondenza crono- logica tra il momento della denuncia e il reato subìto. Una rilevazione esaustiva delle violenze è fortemente ostacolata sia dalla difficoltà, da parte del minore vittima, di chiedere aiuto, sia dall’incapacità delle figure adulte di riferimento di “ascoltare” e cogliere i segnali trasmessi dalle vittime. IL FENOMENO IN FRANCIA. All’interno del diritto naziona- le francese, la lotta contro il maltrattamento dei bambini ha ricevuto nel 1989 un impulso decisivo attraverso la pro- mulgazione della legge n. 89-487 del 10 luglio 1989 relati- va alla prevenzione dei maltrattamenti nei confronti dei minori e alla protezione dell’infanzia. L’articolo 3 della leg- ge, in particolare, ha decretato l’avvio del servizio naziona- le d’accoglienza telefonica per l’infanzia maltrattata, lo Sna- tem - Service National d’Accueil Théléphonique pour l’Enfance Maltraitée, generalmente chiamato «Allô Enfan- ce Maltraitée». Dal marzo 1997, il servizio beneficia di un numero telefonico semplificato a 3 cifre - il 119. Ai sensi dell’articolo 17 della legge del 1989, il ministro della Fami- glia deve presentare ogni tre anni al Parlamento una rela- zione che illustri i risultati delle ricerche condotte sull’in- fanzia maltrattata. È il Gruppo permanente interministe- riale dell’infanzia maltrattata (Gpiem - Groupe Permanent Interministériel pour l’Enfance Maltraitée) che garantisce la redazione di questa relazione. Il Gpiem è composto in particolare dai rappresentanti dei seguenti ministeri: Affari sociali, Interno, Giustizia, Difesa, Istruzione nazionale, Gioventù e sport, Sanità e ministero incaricato delle Co- munità locali. Il monitoraggio dei dati è garantito dall’attività svolta dal- l’Odas - Osservatorio nazionale dell’azione sociale decen- trata, istituito nel 1990, che si occupa di rilevare tutte le se- gnalazioni indirizzate ai consigli generali dei dipartimenti relative a casi di bambini maltrattati e a casi di bambini che vivono una condizione definita a rischio. Il Rapporto Odas 2005 evidenzia dal 1998 al 2004 un aumento costante e consistente di segnalazioni, soprattutto tra il 2003 e il 2004 con un incremento di 6mila bambini. Se l’evoluzione com- plessiva interessa principalmente il numero dei bambini definiti “a rischio”, l’Osservatorio francese invita a non sot- tovalutare la progressione rilevata anche nell’area del mal- trattamento (dal 2003 al 2004 un aumento di mille casi). La rilevazione dell’Odas non è circoscritta al fenomeno del- l’abuso sessuale che rappresenta una tra le fattispecie che concorrono alla definizione dell’infanzia maltrattata, ma se all’interno di questa macro categoria si considerano i dati disaggregati per tipologia di abuso si rileva che nel 2004 i valori più elevati interessano le vittime di abuso fisico (6.600) seguiti da minori vittime di abuso sessuale (5.500). IL RAPPORTO ANNUALE DELL’OND - OBSERVATOIRE NA- TIONAL DE LA DÉLINQUANCE.L’Osservatorio nazionale sul- la delinquenza è un dipartimento dell’Istituto nazionale di alti studi sulla sicurezza. Ogni anno, a partire dal 2005, l’Osservatorio pubblica un Rapporto che propone, tra le altre informazioni, una serie storica dei dati relativi alla vio- lenza sessuale: queste elaborazioni vengono costruite par- tendo dalle informazioni raccolte annualmente dall’État 4001, uno strumento statistico che per esplicita definizio- ne «conta i fatti constatati dai servizi di polizia e dalle unità di gendarmeria». Sono quattro i reati previsti: abuso ses- suale sui minori; molestie sessuali ed altre aggressioni ses- suali contro minori; omicidi commessi contro bambini con meno di 15 anni; violenze, maltrattamenti e abbando- no di bambini. Dalla lettura dei dati (Rapport 2005 e Rap- port 2006) si evince, più in generale, che negli ultimi due anni considerati il numero delle violenze sessuali in Francia è complessivamente diminuito, anche se i fatti constatati nel 2005 hanno subìto un’evoluzione contrastante. Gli abusi sessuali che riguardano gli adulti, infatti, non hanno seguito la tendenza generale poiché tra il 2004 e il 2005 il loro numero è leggermente aumentato (+100 fatti consta- tati, cioè +2,3%), mentre gli abusi in pregiudizio di mino- ri sono diminuiti di circa il 10% in un anno: ciononostan- te rappresentano comunque la categoria più numerosa (5.581 nel 2005 contro 4.412 abusi sessuali sugli adulti). Complessivamente più del 60% delle violenze sessuali ha avuto per vittime bambini e adolescenti, tanto nel 2004 che nel 2005, tuttavia nel corso di un anno il valore si è abbas- sato del 12% circa (da 16.800 a 14.700 fatti rilevati). IL FENOMENO IN INGHILTERRA. L’Inghilterra rappresenta uno dei Paesi europei che dispone di un efficace sistema di monitoraggio e rilevazione del fenomeno; l’utilizzazione di un Registro di protezione del minore (CPR3 - Child Pro- tection Registers), da parte delle autorità locali con respon- sabilità di servizio sociale, permette, infatti, un’efficace ca- talogazione dei dati sul fenomeno nonché un’accurata ana- lisi statistica i cui risultati vengono pubblicati, annualmen- te, dal Department for Education and Skills. Il sistema di tutela dei minori in Inghilterra si è sviluppato negli ultimi trent’anni. L’anno 1989 segna una svolta decisiva grazie al- l’approvazione del Children Act (un compendio di norme giuridiche), che ha subìto nel corso del tempo successivi ag- giornamenti, di cui il primo nel 1991. Ogni autorità locale possiede una Acpc - Area Child Protection Committe che sorveglia localmente il sistema di protezione del minore e dispone di un registro per la protezione del minore, ovvero un elenco dei minori vittime di danni importanti. Il regi- stro è custodito dal Dipartimento dei Servizi sociali e cia- scun registro ha un custode. Vi sono quattro categorie di registrazione: abuso fisico; abuso sessuale; abuso psicologi- 6 7 SCHEDA 2. QUANDO VITTIMA DELL’ABUSO È UN BAMBINO O UN ADOLESCENTE STRANIERO MINORI STRANIERI: IDENTIKIT. Tra il luglio 1999 e il mar- zo 2006 il Centro nazionale di ascolto di Telefono Azzurro ha gestito complessivamente 31.158 casi di bambini e di adolescenti che presentavano problematiche rilevanti. Nel- l’ambito di tali situazioni, il 7,1% dei casi ha riguardato bambini e adolescenti stranieri: per il 53,2% bambine e ra- gazze e per il 46,8% bambini e ragazzi. Nel 42% dei casi si è trattato di bambini tra gli 0 e i 10 anni, mentre nel 38,4% di ragazzi tra gli 11 e i 14 anni e, quindi, di adolescenti (19,6%). In particolare, il 55,3% delle richieste di aiuto è stato indirizzato alla Linea istituzionale e il 44,7 a quella Gratuita. Le chiamate sono pervenute soprattutto dalle re- gioni del Nord Italia (58,3%), seguite da quelle del Centro (24,5). Solo il 13,1% delle richieste d’aiuto è arrivato dal Sud e il 4,1 dalle Isole. Tra le regioni, la Lombardia racco- glie ben il 23,4% delle richieste di aiuto, ovvero più di un quinto del totale; seguono con una certa distanza il Lazio (12,7), l’Emilia Romagna (10) e il Veneto (9,5). Nel Mez- zogiorno, invece, la regione che fa registrare una maggiore percentuale di chiamate è la Campania (4,7), seguita dalla Puglia (4,2) e dalla Sicilia (2,8). Con il 29,3% sul totale del- le chiamate, i problemi relazionali con i genitori rappresen- tano l’elemento più critico. Ma si segnalano anche la tra- scuratezza che si afferma nel 21,5% dei casi, l’abuso fisico con il 19,6, generali difficoltà di natura relazionale (15). Al- tre criticità emerse dall’analisi delle richieste sono: proble- mi causati dalla separazione dei genitori (9,5%), abuso psi- cologico (8,1), sfruttamento del lavoro minorile (7,7), pro- blemi nel rapporto con il gruppo dei pari (7,5), fuga da ca- sa (7), difficoltà scolastiche (5,7), abuso sessuale (3,8). L’ABUSO FISICO.Tra i minori stranieri, le denunce di abuso fisico, il più delle volte, vedono quale abusante uno dei due genitori. Sono per lo più i padri a commettere tale tipo di abuso nei confronti dei figli anche se, nelle situazioni di nu- clei monoparentali in cui il genitore presente è la madre, ta- li atti possono essere agiti dalla madre stessa. In caso di fa- miglie di tradizione gerarchico patriarcale (in particolare Paesi arabo-islamici e Albania), in assenza del padre tale azione “correttiva” o “punitiva” può invece fare parte dei compiti del fratello maggiore, che assume il ruolo di capo famiglia. Le principali cause scatenanti le situazioni di abu- so fisico a danno di un minore straniero sono diverse: tra queste, la messa in atto da parte del figlio di comportamen- co; trascuratezza. Quando un minore è segnalato sul regi- stro, viene delineato uno specifico piano di protezione che prevede il coinvolgimento di un gruppo centrale di opera- tori che ha il compito di supportare e riabilitare il nucleo fa- miliare e seguire la successiva messa in atto del piano di pro- tezione, che viene garantito da uno specifico operatore. In- fine, i risultati raggiunti attraverso l’applicazione del piano di protezione sono oggetto di verifica di un apposito orga- nismo che si riunisce periodicamente: il Collegio per la pro- tezione del minore. Qualora il minore non risulti essere esposto a ipotetico rischio di danno, viene depennato dal registro di protezione, pur continuando comunque ad es- sere considerato un «minore in stato di bisogno». CPR3: RISULTATI PRINCIPALI AL 31 MARZO 2005. Delle complessive 552mila segnalazioni rivolte ai Dipartimenti con responsabilità di Servizio sociale al 31 marzo 2005, il 22% (pari a 121.800) risultano segnalazioni ripetute, ov- vero già effettuate nel corso dell’anno precedente; anche al 31 marzo 2004, a fronte di 572.700 segnalazioni comples- sive, nel 22% dei casi (pari a 127.400) si trattava di segna- lazioni ripetute. L’anno 2005, pertanto, risulta caratteriz- zato da un calo delle segnalazioni, mentre negli anni prece- denti le segnalazioni annue si aggiravano, in media, attor- no alle 570mila. Tra i minori iscritti nel registro al 31 mar- zo 2005, circa 3mila (12%) sono stati presi in carico anche dalle autorità locali; nel 2004 questa situazione ha interes- sato 3.400 bambini (13%), mentre nel 2000 i minori coin- volti risultavano 5.400 (20%). Il 6% dei minori de-regi- strati al 2005, sono rimasti inseriti nelle liste per un perio- do di due anni o più; nell’anno precedente la percentuale si aggirava intorno al 7%, mentre nel 1995 era pari al 17%. Analizzando i dati emerge che i valori più consistenti inte- ressano le seguenti classi di età: 1-4 anni (7.400), 5-9 anni (7.400) e 10-15 anni (7.300). Il numero dei bambini inse- riti nei registri con un’età inferiore a un anno è pari a 3mila (il 12% del totale), mentre sono 490 (il 2%) i ragazzi di 16 anni e oltre. In Inghilterra, nell’arco temporale 2001-2005, i valori di abuso più elevati sono riferiti sempre alla catego- ria della trascuratezza (11.400 casi nel 2005). Nell’ultimo anno in esame, il 2005, l’abuso sessuale presenta il valore più basso (2.400 casi), preceduto da abuso psicologico (5.200) e da abuso fisico (3.900). Tra i minori vittime di abuso sessuale, prevalgono le femmine. Prendendo in con- siderazione l’abuso sessuale in relazione sia al sesso che alla classe di età è possibile osservare un’unica tendenza: sia tra i maschi che tra le femmine la fascia di età più colpita è quel- la compresa tra i 10 e i 15 anni. ti e di “stili” relazionali tipici della cultura occidentale nella relazione genitore-figlio; la presenza nel minore di richieste quali: uscire la sera o frequentare un/a ragazzo/a (per lo più italiano/a o di altra nazionalità rispetto alla sua); l’esistente disparità tra genitori e figli nell’integrazione; lo scarso o in- sufficiente impegno scolastico; la distanza presa dal figlio/a dalla dimensione religiosa familiare; la presenza di even- tuali problemi psico-fisici di uno dei coniugi (depressione, alcolismo) che possono sfociare in episodi di violenza. L’ABUSO SESSUALE. I casi di abuso sessuale registrati in Italia a danno di minori stranieri sono sia intrafamiliari che ex- trafamiliari. Nella maggioranza dei casi, il presunto abu- sante è una persona vicina al nucleo familiare, una persona di cui i genitori si fidano. Qui si inserisce un problema par- ticolarmente presente nelle famiglie immigrate e cioè la mancata custodia dei figli o il loro affidare i figli a persone, magari connazionali, poco conosciute. Per lo più impegna- ti tutto il giorno nel lavoro fuori casa, in assenza della rete familiare e sociale di supporto rimasta nel proprio paese, con la difficoltà di inserire i figli piccoli all’asilo nido e alla scuola materna e a “coprire” il tempo che rimane dal ritor- no a scuola alla sera per i figli più grandi, i bambini vengo- no lasciati soli, oppure vengono affidati a persone disponi- bili ma poco conosciute, o ancora vengono lasciati in am- bienti dove c’è un “giro” di adulti non controllabile. A dif- ferenza delle situazioni di abuso sessuale che vedono come vittima minori italiani, ci si può trovare di fronte a casi in cui l’abusante sia un adulto, per lo più maschio, convinto di essere in una posizione legittimata a commettere tali atti in quanto permessi nel proprio Paese. In tali contesti sia “l’abusante” sia i genitori o gli adulti che hanno la tutela non hanno la consapevolezza dell’accaduto in termini di reato e della sua punibilità, poiché fanno riferimento a tra- dizioni e leggi a cui appartengono (es. rapporti sessuali con ragazze di 13 anni già promesse in matrimonio all’uomo). L’ABUSO PSICOLOGICO. La difficoltà a riconoscere l’abuso psicologico è correlata al fatto che per quasi tutte le culture di origine degli immigrati presenti in Italia, tale forma di abuso non è riconosciuta e pertanto risulta molto difficile averne consapevolezza anche in un contesto, come quello italiano, laddove tali comportamenti sono considerati dan- nosi e condannati. Ne è conferma il fatto che spesso tali at- ti vengono compiuti “alla luce del sole”. Le situazioni di abuso psicologico che riguardano i minori stranieri presen- tano il più delle volte un forte legame con la loro condizio- ne di migranti: violenza domestica, abbandono educativo del figlio/a, oppressione dei figli rispetto ai loro impegni e ai loro doveri di riuscita scolastica e/o lavorativa; minacce al rientro in patria o all’isolamento sociale; insufficiente espressione di affetto, di cure e di custodia, sono situazioni che nascono dalla fatica e dalle sfide che l’evento migrazio- ne pone alla famiglia. Altri comportamenti di abuso psico- logico derivano direttamente dall’appartenenza a tradizio- ni culturali, familiari, religiose che si basano su gerarchie generazionali e di genere che non trovano nel Paese di ac- coglienza alcun tipo di riconoscimento. Gli episodi di vio- lenza domestica vengono segnalati in prevalenza da vicini di casa che non conoscono necessariamente il nucleo ma che sentono urla, pianti, litigi, insulti, rumori. LA TRASCURATEZZA. La migrazione può far venire meno la corrispondenza tra quanto acquisito dai genitori in merito ai bisogni di attenzione e di cura dei figli e quanto invece è la regola e l’aspettativa nel contesto di accoglienza, in meri- to ai comportamenti adeguati di cura e di accudimento. Può pertanto accadere che i genitori si ritrovino inadegua- ti, o vengano giudicati tali, nelle loro capacità genitoriali in un contesto che riconosce e richiede comportamenti di cu- ra, custodia e tutela specifici, magari inesistenti nel model- lo dei genitori. Gli episodi di trascuratezza sono i più vari: genitori che lasciano i figli per molto tempo da soli o che la- sciano piangere i figli per ore; bambini lasciati in condizio- ni igieniche precarie, o non seguiti a livello scolastico o che vengono mandati a scuola anche ammalati; bambini ai quali vengono dati compiti di cura dei fratelli più piccoli o ai quali viene richiesta la collaborazione per l’attività lavo- rativa di famiglia. In generale si riscontra una particolare fragilità legata a problemi di cura, custodia ed accudimen- to dei minori da 0 a 3 anni. Per i più grandi emergono, in- vece, situazioni di sovraccarico di responsabilità e di impe- gni di collaborazione domestica o lavorativa extrascolastica e di abbandono in termini di cura e di attenzione. 8 SCHEDA 3. LA VALUTAZIONE DELLE CAPACITÀ GENITORIALI LA VALUTAZIONE IN AMBITO PSICO-SOCIALE: PRINCÌPI E CRITERI GENERALI. Nell’ambito delle indagini stabilite dal Tribunale civile o dal Tribunale per i minorenni, il neuro- psichiatra infantile, lo psicologo o l’assistente sociale ven- gono a volte chiamati ad intervenire nei confronti di nuclei familiari quasi sempre problematici e a fornire valutazioni psico-sociali e pareri in merito a decisioni molto delicate, inerenti la cosiddetta “genitorialità” e le capacità genitoria- li. Si tratta di valutazioni che possono essere richieste sia dal Tribunale ordinario (o dal Tribunale per i minorenni, qua- 9 lora si tratti di una coppia non sposata), alla luce della ne- cessità di assumere decisioni circa l’affidamento della prole nella causa di separazione tra i genitori, sia dal Tribunale per i minorenni, qualora sussistano elementi di pregiudizio per la salute psico-fisica dei figli in un nucleo familiare che presenti forti indici di rischio. Di queste indagini possono essere incaricati i servizi sociali, all’interno di un’azione di accertamento e/o di vigilanza, o un consulente tecnico. La componente di inevitabile soggettività che questo com- porta determina spesso la assunzione, da parte dell’autorità giudiziaria, di provvedimenti che vengono messi in discus- sione nei successivi gradi di giudizio, anche attraverso il ri- corso a nuove indagini che possono giungere a conclusioni diametralmente opposte rispetto alle precedenti. Il sovvertimento di antecedenti provvedimenti, del tutto routinario nei procedimenti penali e in quelli civili, deter- mina spesso danni molto gravi in ambito minorile, poiché viene ad interessare, anche a distanza di anni, bambini la cui vita è stata radicalmente modificata dai provvedimenti adottati. In questo senso basti ad esempio pensare ai danni che possono caratterizzare lo sviluppo psico-affettivo di un bambino per il quale, a seguito di una prima consulenza tecnica che aveva attestato la totale inidoneità educativa dei genitori, era stato dichiarato in età precocissima lo stato di adottabilità, e che, uno o due anni dopo essere stato inseri- to in un nucleo adottivo, a seguito di una consulenza tecni- ca effettuata presso la Corte d’appello, debba essere riaffi- dato ai genitori naturali, o debba quantomeno riprendere i contatti con gli stessi. In realtà, in questo ambito i criteri di riferimento appaiono necessariamente relativistici, poiché debbono tenere conto sia dell’ampiezza e della sostanziale genericità di nozioni come quella di «abbandono» o di «in- teresse del minore», sia del fatto che l’indagine non deve di- scutere la teorica idoneità educativa di una famiglia, ma de- ve mettere in luce quale sia, in quel momento, l’idoneità specifica che quella singola famiglia può realizzare, sul pia- no delle competenze genitoriali, a favore di quel singolo bambino, in relazione al suo stadio di sviluppo ed alle even- tuali problematiche psico-patologiche che presenta. Il la- voro di osservazione e di valutazione tende spesso a riserva- re la proposta dell’adozione solamente per i casi maggior- mente negativi e ormai ingestibili, mentre si prevede per quelli a minor rischio solo la predisposizione di misure di osservazione e di aiuto. LE CAPACITÀ GENITORIALI E LA LORO VALUTAZIONE IN AM- BITO PSICO-SOCIALE E FORENSE NELLE SITUAZIONI DI RI- SCHIO E DI PREGIUDIZIO. Per quanto riguarda i criteri di valutazione, l’osservazione delle capacità genitoriali richie- de una articolazione preliminare delle specifiche funzioni da prendere in esame. Le funzioni di base consistono nel «prendersi cura» e nella «protezione». Il «prendersi cura» si riferisce al complesso processo di socializzazione, reso pos- sibile, facilitato e promosso dall’insegnamento dei genito- ri. La «protezione» dipende dalla possibilità di assicurare gli appropriati confini di sicurezza tra il bambino e l’ambiente esterno. Le procedure di indagine in questo ambito com- prendono: l’intervista diretta ai genitori; l’intervista e l’a- scolto dei figli e la valutazione dei loro pattern di attacca- mento; la valutazione della interazione genitore-figlio at- traverso la osservazione diretta; l’ascolto di altre persone a contatto con i bambini che possono fornire informazioni e ragguagli: pediatra, insegnanti, educatori. SEPARAZIONE DEI GENITORI E CRITERI DI AFFIDAMENTO E DI CUSTODIA DEI FIGLI. Come sancito dall’art. 155 Codice civile, nei casi in cui tra i coniugi in corso di separazione si determini un contrasto o un conflitto variamente orienta- to circa l’affidamento all’uno o all’altro dei figli e che tale si- tuazione non possa essere altrimenti sanabile, il giudice istruttore può disporre una consulenza tecnica d’ufficio. Nel caso di contesa dei figli, l’interesse del minore implica che il consulente fornisca indicazioni sul regime di miglior affidamento, ma soprattutto lavori sulla contesa per aiuta- re le parti attraverso una mediazione per trovare un accor- do capace di garantire il rapporto con entrambi i genitori da parte del minore, a meno che sussista una particolare ini- doneità di uno di essi. Fino alla metà degli anni 80 era teorizzato l’affidamento dei figli minori al «genitore psicologico», cioè al genitore (soli- tamente la madre) maggiormente vicino dal punto di vista affettivo al bambino in quanto più impegnato nelle cure quotidiane e con cui si instaura in modo più specifico il le- game di attaccamento: al genitore affidatario era dato ogni più ampio potere per regolamentare i rapporti tra il/i fi- glio/i e il genitore non affidatario stabilendo liberamente i tempi e le modalità di incontro tra loro o anche opponen- dosi a tali incontri. Si riteneva infatti che soltanto il «geni- tore psicologico» fosse il «vero genitore» in grado di valuta- re le esigenze del/i proprio/i figlio/i anche con riguardo al- l’altro genitore. Tale prospettiva presupponeva tuttavia la buona fede del genitore affidatario, scevro da sentimenti negativi o di rivalsa nei confronti dell’ex partner e comun- que un rapporto collaborativo tra gli ex coniugi. In Italia, nel 2006 è stata approvata la proposta di legge che prevede la applicazione dell’affidamento condiviso. Si con- figurano quindi importanti cambiamenti nelle pratiche di affidamento dei figli in caso di separazione o divorzio dei genitori; al minore viene riconosciuto il diritto, anche in seguito alla separazione dei genitori, di mantenere un «rap- porto equilibrato e continuativo» con loro, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rap- porti significativi con ascendenti e parenti di ciascun ramo genitoriale. Il giudice, salvo contrario avviso, dispone l’affi- 10 damento ad entrambi i genitori avendo come «esclusivo ri- ferimento» l’interesse morale e materiale dei figli. In casi particolari, il giudice può comunque stabilire un affida- mento esclusivo ad un genitore, ad esempio qualora sussi- stano i presupposti per la violazione dei doveri relativi alla potestà da parte di un genitore, per l’abuso dei poteri ine- renti la potestà con grave pregiudizio del figlio, o per una condotta del genitore comunque pregiudizievole ai figli. Quali le modalità di affidamento più idonee per i figli dei genitori separati? Le modalità con cui il bambino è stato esposto al conflitto genitoriale rappresentano il punto cen- trale della questione. Allorché il bambino si trova ad essere confrontato con liti, contrasti, dissidi, ai timori di abban- dono già vissuti al momento della separazione si aggiungo- no altri timori, che alimentano i primi. A partire da queste dinamiche interne, diversi possono essere i comportamen- ti e le reazioni di adattamento. Facilmente, il bambino si difende attraverso una sorta di «accomodamento adattivo» ai diversi contesti che lo sollecitano in maniera opposta, ge- nerando opposti «conflitti di lealtà». Così, il bambino può divenire, in una sorta di trasformismo difensivo, regressivo quando è con la madre e ipermaturo e reattivo con il padre. In taluni casi, il bambino può accomodarsi in maniera esclusiva ad uno dei due genitori, sino a sviluppare reazioni fobico-repulsive nei confronti dell’altro, sulla base di un’i- dentificazione nelle posizioni e nei desiderata del genitore prescelto (e delle tecniche esplicite od esplicite di persua- sione che quest’ultimo ha posto in atto), identificate e de- scritte come Sindrome di alienazione genitoriale, nella qua- le il genitore “alienato” viene allontanato per evitare, anche attraverso questa via, il conflitto tra i due. DISTURBI MENTALI DEI GENITORI E PROBLEMI DI AFFIDA- MENTO E DI TUTELA. Un problema particolare è costituito da quei casi dove occorra procedere a decisioni inerenti l’af- fidamento dei figli in presenza di un genitore affetto da di- sturbi mentali di entità rilevante. Si tratta di una questione complessa ed ampiamente dibattuta, dove spesso si scon- trano due opposti punti di vista: da un lato, sussiste talvol- ta l’indicazione, sostenuta dagli specialisti che hanno in ca- rico il paziente adulto, di mantenere il contatto tra il geni- tore e i suoi figli, allo scopo di stimolare positivamente le ri- sorse e le necessità affettive del loro paziente. Dall’altro, tut- tavia, risulta maggiormente appropriato un approccio ri- volto a privilegiare l’interesse del minore, ovvero fondato su una fondamentale valutazione: in quale misura il distur- bo mentale del genitore è suscettibile di compromettere, e in quale misura, le funzioni e le capacità genitoriali. SCHEDA 4. NON SOLO SEGNALAZIONE: L’INSEGNANTE E L’ISTITUZIONE SCOLASTICA NELLA PREVENZIONE DEL DISAGIO INFANTILE GLI INSEGNANTI CHIAMATI AD UN NUOVO RUOLO. Bambi- ni e adolescenti trascorrono a scuola gran parte del loro tempo, al suo interno vivono relazioni significative con coe- tanei e adulti, sperimentano abilità sociali, costruiscono la propria identità e la propria autostima. La scuola, dunque, costituisce un osservatorio privilegiato per il monitoraggio del loro benessere. Gli insegnanti sono risorse preziose in quanto hanno modo di osservare i bambini, i loro cambia- menti nel corso della crescita, rilevando eventuali situazio- ni di sofferenza e disagio. Accade spesso che gli insegnanti si trovino a gestire non solo i momenti di crisi legati alla cre- scita, ma anche le difficoltà conseguenti a un ritardo men- tale, l’aggressività che deriva da un disturbo della condotta, o la sofferenza che segue al maltrattamento, alla trascura- tezza, ad abusi sessuali vissuti in famiglia. È dunque evi- dente come non si possa più delegare solo ai cosiddetti esperti la promozione della salute mentale: sicuramente ci si può avvalere della loro consulenza, nella consapevolezza però che l’educazione e la promozione del benessere di un bambino partono dalla famiglia e dalla scuola. Ma a quale nuovo ruolo è chiamata la scuola? Si può affer- mare che la scuola è chiamata ad intervenire nell’ambito della prevenzione, ovvero nella promozione del benessere globale del bambino. Prevenire significa, però, non solo li- mitare i fattori di rischio, ossia quei fattori personali, fami- liari o ambientali che sono in grado di incidere sulla proba- bilità che il bambino sviluppi qualche forma di disagio, ma anche e soprattutto potenziare i cosiddetti fattori protetti- vi, che diminuiscono la probabilità che il benessere di un bambino e la sua crescita siano compromessi. L’educazione alla salute nella scuola italiana è prevista dal T.U. 309/90 del ministero della Salute ed è attualmente inserita nel- l’ambito dell’educazione alla convivenza dalla legge 53/2003. La prevenzione si traduce quindi in diritto alla salute, quale prerogativa irrinunciabile di cui la scuola do- vrebbe farsi carico. In sintesi, la scuola può supportare la sa- lute mentale dei bambini su tre livelli: ambientale, creando un clima scolastico supportivo incentrato su cooperazione, autostima e rispetto per gli altri; di programmazione, inse- rendo progetti su tematiche come la prevenzione dell’abu- so, del bullismo o la risoluzione dei conflitti; individuale, offrendo specifico supporto agli alunni che presentano dif- ficoltà di adattamento o veri e propri disturbi. 11 IL NUOVO RUOLO DEGLI INSEGNANTI: LA PREVENZIONE PRIMARIA DELL’ABUSO SESSUALE. Con il termine «preven- zione primaria» si intendono quelle attività di carattere educativo rivolte all’intera popolazione, finalizzate ad evi- tare l’insorgere di fattori di rischio generici. Le principali aree di intervento devono riguardare: senso di appartenen- za, che rappresenta la base per un adattamento positivo, per la costruzione del sé, dell’autostima e del senso di fiducia negli altri; adattamento al cambiamento, che riguarda il compito di accompagnare i bambini ad adattarsi ai cam- biamenti, anche a quelli che possono risultare stressanti dal punto di vista emotivo; riconoscimento: è importante da- re feed-back positivi per rinforzare comportamenti ade- guati piuttosto che affidarsi al sistema delle punizioni; «fa- re la differenza», dare il proprio originale apporto aumenta l’autostima e rinforza la responsabilità individuale; rag- giungere degli obiettivi: bisogna insegnare ai bambini a de- finire degli obiettivi, a identificare strategie utili per conse- guirli mobilitando le proprie risorse personali, ma anche a comprendere quando hanno bisogno di aiuto, identifican- do figure di riferimento che possono dare loro sostegno. LA PREVENZIONE SECONDARIA: RICONOSCERE I SEGNALI. La prevenzione secondaria è da intendersi come il ricono- scimento precoce di eventuali fattori di rischio e segnali di disagio presenti nel bambino e nell’adolescente. Il primo passo che gli insegnanti possono compiere è quello di im- parare a leggere e a riconoscere tutti quei campanelli d’al- larme che possono precedere o accompagnare una situa- zione di abuso. I segnali comportamentali “aspecifici” non sono riconducibili ad un particolare tipo di abuso, ma pos- sono indicare che il bambino sta vivendo una situazione di disagio o sta attraversando un momento particolarmente difficile. Si parla quindi di cautela interpretativa, ricordan- do che nessun segnale preso isolatamente consente la dia- gnosi, ma ogni campanello d’allarme va letto all’interno del contesto di riferimento (Caffo et al., 2002). LA PREVENZIONETERZIARIA: IL RUOLO DELLA SCUOLA NEL- L’ASCOLTO E NELLA CURA. Per «prevenzione terziaria» si in- tende l’insieme di interventi che hanno come obiettivo quello di ridurre i danni e le conseguenze dopo che un even- to negativo si è già verificato, evitando che questo si ripeta. Intervenire tempestivamente in caso di abusi e maltratta- menti permette di contenere possibili conseguenze di na- tura biologica, fisica, psicologica e relazionale (a breve e a lungo termine) che possono arrivare a compromettere la crescita di un bambino causando difficoltà di diversa natu- ra. Qualora un insegnante sia chiamato ad ascoltare il rac- conto di un abuso subìto da un bambino, è necessario che rispetti il suo punto di vista, i suoi vissuti e i suoi pensieri, evitando di esprimere giudizi che potrebbero inibire il rac- conto. L’insegnante non è tenuto ad avere competenze spe- cifiche per l’ascolto del minore; dovrebbe però essere con- sapevole che con il proprio stile relazionale e con le proprie domande, può facilitare o ostacolare il percorso di “raccol- ta della testimonianza” e di indagine. Meglio allora limitar- si ad ascoltare, offrire il proprio sostegno evitando di in- fluenzare il bambino o di sottoporlo a un “interrogatorio” per raccogliere ulteriori elementi. È necessario che la scuo- la si affianchi e sia coinvolta nei progetti di supporto e di so- stegno predisposti dai servizi, contribuendo a rafforzare e promuovere la ripresa del bambino, prevenendo le conse- guenze negative che un abuso può produrre. UN ESEMPIO DI LAVORO IN RETE: IL PROTOCOLLO DI MO- DENA. Firmato nel 2005, il Protocollo d’intesa per le strategie di intervento e prevenzione sull’abuso e la violenza all’infan- zia e all’adolescenza si basa su di un modello multiagency. Infatti in situazioni di abuso e di maltrattamento il bambi- no è posto al centro di una rete di agenzie che, a fronte del- le rispettive competenze, gestiscono i diversi livelli che un abuso presenta: giuridico, medico, psicologico, educativo. La scuola, secondo il Protocollo, è coinvolta nella preven- zione secondaria e terziaria dell’abuso: deve promuovere momenti di ascolto degli alunni; individuare nell’istituto un referente per l’abuso e il maltrattamento; informare le famiglie sulle situazioni di disagio riscontrate, coinvolgen- dole nella risoluzione dei problemi e favorendo un dialogo con i servizi; chiedere la consulenza dei servizi territoriali sulle modalità da adottare per la gestione delle situazioni di abuso e maltrattamento; partecipare agli incontri con gli operatori dei servizi al fine di condividere informazioni e progettare percorsi; predisporre momenti di formazione dei docenti relativi alle modalità di ascolto del minore, rile- vazione dei segnali di disagio e modalità di segnalazione. SCHEDA 5. RAGAZZI SENZA SCUOLA. I MINORI E LA DISPERSIONE SCOLASTICA IL DROP OUT IN EUROPA. Secondo le stime dell’Unicef, so- no circa 140 milioni i bambini nel mondo che non fre- quentano la scuola (2003). L’impegno all’istruzione uni- versale, preso dai Paesi partecipanti al Vertice mondiale per l’infanzia nel 1990, è stato disatteso dalla maggior parte dei Paesi che lo avevano sottoscritto. Il fenomeno dell’abban- 12 dono scolastico (conosciuto a livello internazionale con il termine drop out) è un problema che riguarda molti Paesi europei. Tanto è vero che nel corso della sessione straordi- naria del Consiglio europeo di Lisbona tenuta nel 2000 so- no state tracciate alcune linee guida per cercare di migliora- re significativamente il sistema di istruzione. All’interno di queste linee guida uno degli obiettivi principali è quello del contrasto della dispersione scolastica. Nelle strategie di Li- sbona è stato fissato il tetto del 10% quale percentuale mas- sima di abbandono scolastico. I progressi manifestati nel- l’ambito della formazione e dell’istruzione dai sistemi eu- ropei sono ancora poco soddisfacenti. A sottolineare alcu- ne inadempienze è il Rapporto annuale 2006 della Com- missione Europea. I tassi di abbandono scolastico in Euro- pa sono relativamente elevati, con forti difformità tra i Pae- si membri. In generale i Paesi del Nord e alcuni nuovi Stati membri dell’Est mostrano una migliore performance nel combattere il fenomeno del drop out. I risultati più soddisfacenti si registrano nei Paesi dell’Est, con percentuali molto inferiori alla media dell’Ue a 25 (4,3%): in Slovenia (4,3), Polonia (5,5), Slovacchia (5,8), Repubblica Ceca (6,4). L’Italia non eccelle (21,9): solo Spa- gna (30,8), Portogallo (38,6) e Malta (44,5), fra i 25 Paesi dell'Europa allargata, presentano percentuali più alte di ab- bandono scolastico rispetto al nostro Paese. Altro allar- mante segnale viene dalla capacità di comprensione dei te- sti scritti: dal rapporto emerge che quasi uno studente eu- ropeo su cinque a 15 anni non è in grado di leggere e capi- re un testo. Il tasso di completamento della scuola superio- re è, nell’Ue 25, pari al 77,3%, inferiore all’obiettivo fissa- to per il 2010 (85%). Anche in questo caso si trovano tre Paesi dell’Est tra quelli con i migliori risultati: Slovacchia (91,5%), Slovenia (90,6) e Repubblica Ceca (90,3). L’Ita- lia si colloca fra i nove Stati membri che sono ancora al di sotto della percentuale richiesta: 72,9%, comunque in au- mento rispetto al 2000, anno in cui la percentuale era del 68,8. Anche il Rapporto Ocse 2006 (dati 2005) evidenzia la criticità della situazione italiana: il 22,2% dei giovani tra i 15 e 19 anni non ha una scolarizzazione secondaria. Il dato è particolarmente allarmante se consideriamo che la nostra è un’economia che dovrebbe puntare principalmente sulla “conoscenza” come fattore competitivo. In questo senso, per raggiungere i livelli di spesa degli Stati Uniti, l’Unione Europea dovrebbe raddoppiare la quantità degli investi- menti per gli studenti dell’istruzione superiore (un aumen- to di circa 10mila euro annui per ogni studente). IL CONTESTO ITALIANO. In Italia quasi uno studente su quattro si perde per strada: lascia gli studi o viene respinto. I dati della Commissione Europea mostrano una situazio- ne preoccupante dal momento che l’Italia si classifica agli ultimi posti per il tasso di conseguimento del diploma di scuola superiore. Secondo quanto evidenziato nell’ultimo Rapporto Unla, al 2001 sono quasi 20 milioni gli italiani che non hanno conseguito l’obbligo, di almeno otto anni di scolarità, previsto dalla Costituzione. L’Italia del Sud ap- pare penalizzata, ma i valori sono molto alti anche nel resto d’Italia. Anche in regioni notoriamente sviluppate i rap- porti percentuali sono decisamente alti: Piemonte, Lom- bardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana evidenziano percentuali preoccupanti e, per certi versi, inattese. L’Italia si posiziona terzultima su 26 Paesi, seguita soltanto dalla Turchia e dalla Grecia. L’Italia è, quindi, ancora cenerentola in Europa in termini di istruzione scolastica. L’abbandono assume proporzioni preoccupanti soprattutto nella fase adolescenziale. Nel- l’ambito dell’istruzione superiore il confronto con gli altri Paesi europei indica che solo il 71% dei ragazzi tra i 15 e 19 anni è iscritto a scuola, contro una media europea dell’81% (anno 2002). Secondo gli ultimi dati forniti dal ministero (riferiti all’anno scolastico 2004/05), su circa 2 milioni di studenti delle prime quattro classi delle superiori la disper- sione interessa 460mila ragazzi, oltre il 23%: di questi 289mila non sono stati promossi e 171mila hanno inter- rotto a metà l’anno scolastico. Alcuni rapporti di questi ul- timi anni (in particolare dell’Ires-Cgil, 2004) evidenziano una forte corrispondenza tra condizione del lavoro minori- le ed alto tasso di abbandono scolastico. Sembra esistere uno stretto legame con il reddito familiare, in particolare nelle regioni meridionali: il 36% dei figli di operai non va oltre la terza media. Redditi bassi e scarsa sensibilizzazione alla cultura sembrano procedere di pari passo. I ragazzi con almeno un genitore laureato e reddito intorno ai 28mila euro concludono gli studi nell’84% dei casi, contro il 5,3% dei minori con genitori senza titolo di studio e stipendi molto bassi. Se si focalizza l’attenzione su quella categoria di popolazione maggiormente emarginata (senza titolo di studio), all’interno del quadro delle arretratezze e degli squilibri educativi del sistema Italia, esistono grandi disu- guaglianze tra le diverse aree geografiche della Penisola. Sei regioni meridionali sono a rischio di una deriva educativa che, se non appropriatamente affrontata, può divenire inarrestabile. Basilicata, Calabria, Molise, Sicilia e Puglia, con percentuali superiori al 10%, mostrano le situazioni più preoccupanti. Il problema non riguarda solo le aree ru- rali ma anche le grandi metropoli, soprattutto del Mezzo- giorno, in cui le periferie sono spesso, per i minori, luogo di degrado e incubatrice per situazioni di abbandono scolasti- co e, spesso, di ingresso verso il mondo dell’illegalità. DISPERSIONE ANCHE AL NORD. Il fenomeno della disper- sione scolastica non riguarda unicamente le regioni del Mezzogiorno, ma per certi versi è trasversale e interessa an- che molte regioni del Nord Italia. La Lombardia, ad esem- pio, una delle regioni più ricche del nostro Paese, si distin- gue in questo senso per un fenomeno del tutto particolare dal momento che la dispersione scolastica va attribuita al benessere economico e alla ricchezza. In questa regione il sistema produttivo è talmente vasto da richiedere figure professionali anche con bassa qualifica. Pertanto l’abban- dono da parte degli studenti del primo anno della scuola secondaria superiore è passato da una percentuale del 3,7% nell’anno scolastico 2001/2002 al 4,5% nel 2003/2004. AZIONI PER CONTRASTARE L’ABBANDONO SCOLASTICO. Dal gennaio 2006 è stata istituita in Emilia Romagna un’a- nagrafe per contrastare la dispersione scolastica. Si tratta di uno strumento informatico in grado di individuare i ragaz- zi tra i 14 e i 17 anni, seguendone i percorsi formativi e in- tervenendo con la famiglia per tentare di riportarli all’in- terno del percorso formativo. Particolarmente interessante è l’esperienza al Gratosoglio (periferia milanese), che ha consentito di recuperare allo studio 40 giovani del quartie- re che avevano abbandonato la scuola. Il progetto prevede l’implementazione di due sottoprogetti, denominati Scuo- la Popolare e Scuola Bottega. Il primo si propone di accom- pagnare i ragazzi a rischio di abbandono scolastico fino al conseguimento della licenza media inferiore; il secondo di avviare i giovani, che hanno conseguito il traguardo della scuola dell’obbligo attraverso l’esperienza della Scuola Po- polare, verso effettivi sbocchi formativi e/o professionali. Il Veneto è una delle regioni che hanno mostrato la migliore performance nel contrastare il fenomeno. Ha saputo, in pochi anni, dimezzare la dispersione scolastica (riducendo a 120mila, nell’anno scolastico 2004/2005, il numero di ragazzi che abbandonano il percorso di studi) e passare ad un tasso di scolarizzazione del 77%, superiore sia alla me- dia italiana (71) che a quella europea (76). Il Comune di Roma ha previsto la costituzione di un Osservatorio cittadi- no sul fenomeno della dispersione scolastica (www.osservato- rio-dispersione scolastica.it) che si inserisce in un più am- pio quadro di interventi che l’assessorato e il dipartimento alle Politiche educative stanno portando avanti dal 2001 con le scuole della capitale. Il Comune ha predisposto in- terventi specifici per ridurre il fenomeno della dispersione, tra cui diverse ricerche mirate a far emergere il fenomeno. Tra le varie iniziative intraprese nel Sud in questi anni, si ci- ta il Progetto drop out, esperienza pilota per la sperimenta- zione di un servizio indirizzato a diffondere la cultura dello studio nei territori di Cagliari, Vibo Valentia e Siracusa. Per sconfiggere la “fuga dalla aule” la Regione Campania ha stanziato 2,5 milioni di euro da destinare a 50 istituti che presentano progetti concreti per l’utilizzo delle scuole nelle ore pomeridiane. Il progetto Scuole aperte è partito nel mag- gio 2006 con l’obiettivo di rafforzare sul territorio la pre- senza delle istituzioni e allontanare i giovani dalla crimina- lità. Nella provincia di Salerno sono stati promossi, a parti- re dall’anno didattico 2004-2005, dei corsi tenuti da socio- logi, psicologi e rappresentanti delle Forze dell’ordine in di- versi istituti scolastici per spiegare l’importanza di conse- guire un titolo di studio, di possedere un bagaglio cultura- le e di evitare i percorsi che conducono alla criminalità. La Regione Puglia ha finanziato, nel 2004, 34 progetti per pre- venire la dispersione e l’abbandono scolastico. Tali proget- ti sono stati presentati dagli enti di formazione con il coin- volgimento degli istituti scolastici e riguardano percorsi formativi sperimentali di istruzione e formazione profes- sionale, rivolti ai ragazzi che hanno conseguito la terza me- dia e non hanno intenzione di continuare gli studi o non hanno concluso il ciclo formativo. La Giunta regionale del- la Sardegna ha approvato, nel 2006, il disegno di legge sul- l’istruzione e la formazione e ha stanziato 5 milioni di euro per le borse di studio destinate agli studenti delle scuole me- die e superiori che vivono in famiglie economicamente svantaggiate. Secondo i dati forniti nel gennaio del 2006 dall’Ufficio scolastico regionale, in Sicilia gli sforzi per in- vertire la tendenza hanno portato, negli ultimi anni, ad un primo incoraggiante cambiamento di un trend che si era mantenuto costantemente negativo. La Sicilia è la regione italiana che ha chiesto il maggior numero di fondi alla Co- munità Europea per contrastare il fenomeno dell’abban- dono scolastico (47 milioni di euro). 13 SCHEDA 6. FUORI DAL MONDO LA POVERTÀ DEI PAESI RICCHI. La situazione in Italia è gra- ve, gravissima nel Mezzogiorno, dove vivono i bambini più poveri d’Europa. Secondo le stime della Banca d’Italia, il 20% dei minorenni italiani vive in condizioni di forte disa- gio economico. I più recenti studi sulla condizione dei bambini e degli adolescenti in Italia e nel mondo eviden- ziano come la crescita dei minori poveri sia un fenomeno che riguarda non solo, come ci si potrebbe aspettare, le eco- nomie meno avanzate, ma anche le ricche democrazie oc- cidentali. Nel corso degli anni 90, in ben 17 dei 24 Paesi Ocse per i quali sono disponibili dati comparabili, la pro- porzione di bambini poveri è cresciuta. Il Paese europeo do- ve si registra il più alto tasso di povertà infantile (16,6%) è proprio l’Italia. Le percentuali superano il 20% negli Stati Uniti e nel Messico, mentre a registrare i livelli più bassi so- no i Paesi nordici. Il Regno Unito, che presenta attualmen- 14 te un tasso del 15,4%, ha ridotto notevolmente la percen- tuale di povertà minorile, mentre la Norvegia è l’unico Pae- se nel quale la povertà infantile può essere descritta come molto bassa e in costante diminuzione. IL REDDITO E LE ALTRE MISURE DELLA POVERTÀ. In Italia, secondo i dati forniti dall’Istat per il 2005, sono 2 milioni 585mila le famiglie che vivono in condizione di povertà re- lativa (l’11,1% delle famiglie residenti). Nel 2005 vi sono stati alcuni lievi segnali di miglioramento rispetto al 2004, anno in cui si è stata registrata un’incidenza dell’11,7% di famiglie povere. Tra il 2003 e il 2004, invece, gli unici se- gnali positivi si registravano al Nord, dove l’incidenza della povertà si riduceva dal 5,5% al 4,7, mentre cresceva al Cen- tro (dal 5,8% al 7,3) e, in misura maggiore, al Sud (dal 21,6% al 25). Nel 2005, invece, la situazione migliora leg- germente in tutte le aree geografiche considerate (4,5% al Nord e 6 al Centro); tuttavia si può parlare di una certa sta- bilità del fenomeno. Inoltre, il Mezzogiorno mantiene ele- vati livelli di povertà (24%), confermando ancora una vol- ta l’esistenza di un notevole divario tra il Nord e il Sud del Paese. L’incidenza della povertà tra le famiglie con minori assume connotazioni sempre più marcate man mano che aumenta il numero dei figli. Nelle regioni meridionali, le famiglie povere raggiungono il 42,7% quando si conside- rano i nuclei con tre o più figli. E le famiglie con figli mino- ri hanno una probabilità più elevata rispetto alle altre, non solo di essere povere, ma anche di rimanere in questa con- dizione. Le famiglie monogenitore risultano particolar- mente svantaggiate (13,4% nel 2005 contro il 12,8 del2004) e fanno registrare livelli di povertà superiori alla media. Molte situazioni reali di bambini che crescono in stato di grave privazione non sono rispecchiate dai parame- tri correnti sulla povertà. Si fatica infatti a cercare un con- senso unanime sulle definizioni e sugli indicatori. La mul- tidimensionalità del fenomeno, poi, rende l’operazione particolarmente complessa. È molto importante, in que- st’ottica, l’approccio adottato dall’Unione Europea. In se- de comunitaria, infatti, la lotta alla povertà si inquadra nel più ampio progetto di eliminare l’esclusione sociale dal ter- ritorio dell’Unione. Un progetto politico importante, an- che solo per il fatto di aver individuato un set di parametri comuni a tutti gli Stati membri per la misurazione del fe- nomeno povertà. Pur non essendo in alcun modo esausti- vo, il reddito rimane uno dei principali indicatori di riferi- mento. Quando parliamo di povertà di reddito, inoltre, è importante precisare che le principali statistiche disponibi- li fanno riferimento alla povertà relativa e non a quella as- soluta. Una definizione di povertà che sia utilizzabile sarà sempre relativa a un tempo e a un luogo. Ne deriva che le soglie della povertà basate sul reddito devono essere stabili- te in relazione ai redditi tipici, e devono essere regolarmen- te aggiornate rispetto, ad esempio, ai livelli di inflazione. Quindi, la povertà è definita in base a un determinato di- vario rispetto al reddito mediano della società (nei Paesi del- l’Unione europea il basso reddito è generalmente definito come inferiore al 60% del reddito mediano). TASSO D’OCCUPAZIONE FEMMINILE COME INDICATORE DELLA POVERTÀ. Poiché la quasi totalità dei monogenitori sono donne, e poiché è molto forte il legame esistente tra povertà e partecipazione al mercato del lavoro, il tasso di occupazione femminile risulta essere un altro importante indicatore connesso alla povertà minorile. Poiché tra i due fenomeni esiste una relazione inversa, l’aumento dell’oc- cupazione delle donne risulta di cruciale importanza al fine di ridurre le probabilità per un bambino di vivere in condi- zioni di povertà. L’occupazione femminile ha subìto, nel quarto trimestre 2005, una riduzione di 0,2 punti percen- tuali rispetto allo stesso periodo del 2004 (con riguardo al- la popolazione di età fra i 15 e i 64 anni). Nel primo trime- stre 2006, l’andamento negativo si conferma solo per le donne che rientrano nella fascia d’età 15-24 anni, con un tasso di occupazione del 20,4% e una riduzione di 0,3 pun- ti percentuali rispetto al primo trimestre 2005. DIFFICOLTÀ DI ACCESSO AI SERVIZI PER L’INFANZIA. Da un’indagine realizzata dall’Istat nel 2002 emerge l’esistenza di una quota ancora elevata di famiglie che si dichiarano in difficoltà nell’accedere ai servizi offerti per l’infanzia (16,4%). Al Nord, in particolare, nonostante l’offerta di asili pubblici e privati sia oggettivamente più elevata rispet- to al resto d’Italia, ci sono ancora molte famiglie in diffi- coltà. Ciò si spiega col fatto che le regioni settentrionali so- no anche quelle in cui si registrano i più alti tassi di parteci- pazione femminile al mercato del lavoro. La domanda del servizio, quindi, è maggiore e non riesce ad essere piena- mente soddisfatta malgrado la presenza di un’offerta com- parativamente più elevata. DISPERSIONE SCOLASTICA.Tra i fattori di rischio povertà si annovera anche il tasso di dispersione scolastica. L’Unione Europea ha dimostrato, nel corso degli ultimi anni, una no- tevole sensibilità rispetto a questa tematica alimentando un vivace dibattito e stanziando cospicui fondi per cercare di raggiungere l’obiettivo di dimezzare entro il 2010 il tasso attuale dell’abbandono scolastico (la media europea si atte- sta intorno al 19%). In Italia, ancora una volta, è confer- mata la più intensa concentrazione di situazioni di disagio nelle regioni del Mezzogiorno. Si segnala comunque un da- to positivo: in tutta la Penisola il tasso di dispersione tende generalmente a diminuire. Nelle scuole elementari, inol- tre, la dispersione scolastica ha raggiunto una soglia defini- bile come “fisiologica”, difficilmente migliorabile, poiché 15 vi sono molti casi di abbandono scolastico dovuta a trasfe- rimenti o ritiri di alunni “nomadi”. DALLA POVERTÀ ALLO SFRUTTAMENTO. La “cultura della povertà” è un vero e proprio ecosistema: un’interazione tra individui, famiglie, servizi pubblici, alloggio, trasporti, op- portunità economiche nonché fattori ambientali quali paura, squallore e violenza. Dalla povertà minorile allo sfruttamento, il passo è breve. In molte famiglie povere si riscontra una propensione favorevole al lavoro precoce dei figli (Ires-Cgil, 2005). Le dimensioni del fenomeno sono impressionanti: i minorenni sfruttati nel nostro Paese sa- rebbero numerosissimi. Si inizia, generalmente, fra gli 11 e i 14 anni a sperimentare collaborazioni occasionali, quasi sempre sotto la spinta della famiglia stessa. Si cominciano a delineare le prime difficoltà nel percorso formativo e si co- mincia a convertire la spinta familiare in motivazione per- sonale alla ricerca di un percorso di autonomia individua- le. Infine, le esperienze lavorative si trasformano in lavori alternativi alla formazione scolastica. SCHEDA 7. LAVORO MINORILE LO SCENARIO INTERNAZIONALE. Il Rapporto dell’Organiz- zazione internazionale del lavoro (2006) registra per la pri- ma volta una netta riduzione del lavoro minorile nel mon- do, specie nelle sue forme peggiori. Tanto che, se l’attuale tendenza continuerà e non verrà meno la mobilitazione mondiale per l’abolizione del lavoro minorile, le forme peg- giori di lavoro minorile potrebbero essere eliminate entro dieci anni. Nonostante questi dati positivi ancora oggi nel mondo un minore su sette è coinvolto in qualche forma di lavoro. Tra il 2000 e il 2004 a livello mondiale, il numero di lavoratori minorenni è sceso dell’11%, da 246 milioni a 218 milioni. La diminuzione più importante si registra nei lavori pericolosi con 126 milioni di lavoratori minorenni nel 2004, invece dei 171 milioni stimati nel 2000, con un calo del 26% nella fascia di età 5-17 anni; per la fascia d’età 5-14 anni, invece, la diminuzione nei lavori pericolosi rag- giunge anche il 33%. Nel mondo circa 7 minori su 10 so- no inseriti nel settore agricolo, il 22% lavora nel settore dei servizi, il 9% nell’industria, le miniere o l’edilizia. Il costo stimato per la definitiva abolizione del lavoro minorile è di 760 miliardi di dollari su un periodo di circa 20 anni. I be- nefici in termini di istruzione e di salute si stimano in oltre 4mila miliardi di dollari. I benefici economici dovrebbero essere almeno sei volte superiori ai costi. IL LAVORO MINORILE IN ITALIA. Le stime più recenti dell’I- stat (2000) parlano di 147.285 ragazzi trai 7 e i 14 anni che svolgono qualche attività lavorativa. Il lavoro minorile non è prerogativa del Sud del Paese e lo sfruttamento non assu- me solo la fisionomia della schiavitù e del lavoro forzato. Bambini e ragazzi italiani, infatti, sono impiegati soprat- tutto presso aziende piccole. Nel Centro-Nord il minore lavora in genere all’interno della microimpresa familiare, mentre nel Sud spesso lavora per terzi. Negli ultimi anni il fenomeno ha coinvolto in maniera crescente bambini e adolescenti stranieri spesso vittime delle forme peggiori di sfruttamento. Il lavoro minorile non proviene più solo da famiglie povere, ma anche da famiglie in condizioni eco- nomicamente più vantaggiose, che scoprono nel lavoro mi- norile un moltiplicatore del tenore di vita familiare, feno- meno che accomuna stranieri e italiani. Ne sono esempio le famiglie benestanti del Nord-Est che inseriscono i mino- ri precocemente nelle imprese familiari già avviate ricono- scendo tale esperienza altamente formativa per il figlio, in termini di strutturazione non solo di un’identità professio- nale, ma anche personale. INFORTUNI SUL LAVORO. Nel 2005 gli infortuni sul lavoro denunciati dalle aziende sono stati 844.852, di questi 8.382 hanno riguardato minori fino a 17 anni. Nella mag- gior parte dei casi si è trattato di maschi (6.538). Dagli infortuni indennizzati a tutto il 30 aprile 2006 risulta che, in questa fascia d’età, sono state registrate 5 morti. L’infor- tunio ha causato una inabilità permanente in 83 casi, men- tre in 3.502 casi una inabilità temporanea. MINORI STRANIERI: UN LAVORO SOMMERSO. L’entità del coinvolgimento dei minori stranieri risulta di difficile quantificazione: infatti, nella maggior parte dei casi si trat- ta di lavori svolti all’interno di un’economia informale o del “sommerso”. Il lavoro dei minori stranieri si diversifiche- rebbe anche tra lavori visibili e invisibili. Tra le molteplici attività visibili rientrano, per esempio, la vendita ambulan- te nelle città o sulle spiagge, la pulizia dei vetri ai semafori, che attirano l’attenzione pubblica e avvicinano queste espe- rienze alla realtà quotidiana di ogni cittadino. Mentre le at- tività meno visibili sono le attività domestiche o i lavori svolti all’interno di laboratori. L'attività lavorativa più dif- fusa tra i minori stranieri di età tra i 7-14 anni è quella del- l’aiuto familiare che consiste in: aiuto ai genitori con il pro- prio lavoro, aiuto nelle faccende domestiche e nella cura dei fratelli minori, mediazione-interpretariato per i genitori ri- spetto alla società italiana (attività che non si limita alla so- la presenza in termini di traduttori ma comporta l’assun- 16 zione di compiti da “adulti” negli impegni sociali). Il lavo- ro all’esterno della famiglia prevale, generalmente, per le età superiori, tra i 15 e i 18 anni. In queste situazioni i mi- nori, sia italiani che stranieri, pur continuando a frequen- tare la scuola dell’obbligo, svolgono attività di supporto al- la gestione di esercizi commerciali, spesso legati alla ristora- zione, o di aiuto a lavori di piccola edilizia o manutenzione. LAVORO MINORILE E FAMIGLIA. Esistono alcune caratteri- stiche familiari legate al lavoro minorile: scarsa occupazio- ne delle donne, famiglie mono-reddito, famiglie monoge- nitoriali, famiglie numerose. Nelle famiglie in cui è basso il livello di istruzione dei genitori si riscontra una propensio- ne favorevole al lavoro precoce dei minori ritenendo che per i loro figli sia meglio lavorare che stare in strada e che il lavoro possa risultare più utile della scuola nell’inserimen- to sociale del proprio figlio. UNA REALTÀ RADICATA ANCHE NEL MONDO “AVANZATO”. Il lavoro minorile si colloca all’interno dell’economia infor- male piuttosto che formale, si presenta nella forma di “la- vori” più che di “lavoro”, sia per le diverse attività che i mi- nori si trovano a dover svolgere, sia per le diverse motiva- zioni che conducono ad un inserimento precoce nel mon- do lavorativo. Da una parte, vi è una situazione lavorativa di vero e proprio sfruttamento, il child labour, caratterizza- to da sforzo e fatica notevoli, mansioni rischiose, impossi- bilità di una normale frequenza scolastica e a basso salario e, dall’altra, un lavoro non necessariamente diseducativo o lesivo dello sviluppo psico-fisico del bambino, il child work. Le numerose forme oggi esistenti di lavoro minorile possono essere suddivise in sei tipologie principali, nessuna delle quali risulta confinata in una sola regione del mondo. Si tratta di: lavoro domestico; lavoro forzato o in condizio- ne di schiavitù; sfruttamento sessuale a fini commerciali; lavoro nelle industrie e nelle piantagioni; lavoro di strada; lavoro in famiglia. È inesatto pensare che il lavoro minorile sia esclusivamente un problema delle aree sottosviluppate e/o in via di sviluppo, che esso rappresenti la conseguenza naturale ed inevitabile della povertà, che la maggior parte dei minori lavori presso aziende che producono beni a bas- so costo destinati all’esportazione, che istruzione e lavoro siano antagonisti. Il lavoro minorile è una realtà presente anche nel mondo “avanzato”. SCHEDA 8. LA LEGGE 38: QUALI PROSPETTIVE E QUALI POSSIBILITÀ La legge 6 febbraio 2006, n. 38, contenente «Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bam- bini e la pedopornografia anche a mezzo Internet», ha mo- dificato notevolmente la disciplina dei delitti contro l’inte- grità psico-fisica dei minori, di cui agli artt. 600 bis e ss. del Codice penale. La quasi totalità delle modifiche proposte alla previgente disciplina va nella direzione di una piena at- tuazione degli atti internazionali ed europei in materia e, comunque, di un inasprimento della normativa introdotta dalla legge 3 agosto 1998, n. 269. I DOCUMENTI INTERNAZIONALI ED EUROPEI. Il documen- to internazionale più importante in materia di pedoporno- grafia su Internet è rappresentato dalla Convention on Cy- bercrime del Consiglio d’Europa, aperta alla firma a Buda- pest il 23 novembre 2001 (ratificata ad oggi da 16 Stati membri del Consiglio d’Europa e dagli Usa). L’art. 9 della Convenzione ricomprende espressamente tra le forme di realizzazione dei reati informatici anche la produzione, l’of- ferta o messa a disposizione, la trasmissione o distribuzione e il procurarsi o il detenere materiale pedopornografico al fine della diffusione. Ma la novità più rilevante riguarda l’assimilazione tra le immagini pornografiche di bambini reali e le rappresentazioni pedopornografiche realistiche, cioè quelle di soggetti virtuali o simili che appaiono mino- ri. Un altro atto fondamentale di diritto internazionale è la Convenzione Onu di Palermo sulla criminalità organizza- ta transnazionale, del 2000, in cui viene affermato che, per contrastare efficacemente la tratta degli esseri umani, in tut- te le legislazioni nazionali devono assumere rilevanza pena- le determinate condotte di tratta e riduzione in schiavitù volte allo sfruttamento delle vittime, tra le quali vengono inseriti lo sfruttamento sessuale, lo sfruttamento della pro- stituzione e la pedopornografia. In ambito europeo, il pun- to di riferimento per la riforma dei reati di pornografia mi- norile è la Decisione quadro n. 2004/68/Gai sul contrasto alla pedopornografia, approvata dal Consiglio dei ministri dell’Ue il 22 dicembre 2003. PROSTITUZIONE MINORILE: LA RIFORMA DELL’ART. 600 BIS DEL CODICE PENALE. La legge 38/06 non modifica la fatti- specie prevista dal 1° comma dell’art. 600 bis del Codice penale, che attribuisce rilevanza penale all’induzione, al fa- voreggiamento e allo sfruttamento della prostituzione mi- norile. Quanto al concetto di induzione, esso richiama i comportamenti di persuasione, determinazione o raffor- zamento della decisione altrui di prostituirsi, mentre nel fa- voreggiamento può ricomprendersi ogni condotta che age- vola la prostituzione del minore; lo sfruttamento consiste, invece, nel trarre utilità dalla prostituzione minorile, essen- 17 do sufficiente un solo impiego del minore in questa atti- vità, tale, per propria natura e per la particolare condizione del soggetto passivo, da pregiudicarne lo sviluppo psico-fi- sico. Con l’intervento riformatore del 2006 ha inoltre as- sunto per la prima volta rilevanza penale il comportamen- to del cliente, ossia di colui che compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i 14 e i 16 anni, in cambio di de- naro o di altra utilità economica. Nella formulazione at- tuale, innanzitutto, la punibilità del cliente viene estesa al- le ipotesi in cui il soggetto che offre atti sessuali in cambio di denaro o di altra utilità economica ha più di 16 anni e meno di 18. Ne consegue il venir meno della precedente la- cuna di tutela sul piano penale per cui il cliente era punito soltanto se la vittima era infrasedicenne. Ora per i casi di vittima di età inferiore ai 16 anni è prevista una nuova ag- gravante ed è radicalmente mutato il regime sanzionatorio. Se prima il cliente dell’infrasedicenne era punito con la re- clusione da 6 mesi a 3 anni o con la multa, oggi con l’ag- gravante la reclusione va dai 2 ai 5 anni. LE MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DELLA PORNOGRAFIA MI- NORILE: ELIMINAZIONE DELLA NOZIONE DI SFRUTTAMEN- TO. Con la novella del 2006 scompare il termine «sfrutta- mento» e la condotta tipizzata è quella di chi realizza esibi- zioni pornografiche o produce materiale pornografico uti- lizzando infradiciottenni oppure induce i medesimi a par- tecipare a esibizioni pornografiche. Per la configurabilità del reato in esame, pertanto, è sufficiente la mera utilizza- zione dei minorenni per realizzare esibizioni pornografiche o produrre materiale pornografico, indipendentemente da qualunque finalità di carattere lucrativo o commerciale. Il legislatore, inoltre, ha previsto al quarto comma la condot- ta di offerta, anche a titolo gratuito, di materiale pornogra- fico, intendendo in tal modo attribuire rilievo penale ad un comportamento prodromico alla concreta cessione di que- sto materiale. Il risultato che ne consegue è quello di un’ul- teriore anticipazione dell’intervento penale in materia. LA NUOVA FATTISPECIE DI DETENZIONE DI MATERIALE POR- NOGRAFICO. Con l’intervento riformatore del 2006, che prevede, anche per il reato di detenzione di materiale por- nografico, l’applicazione congiunta di pena pecuniaria e detentiva, il materiale la cui detenzione è reato non è più quello prodotto attraverso lo sfruttamento sessuale dei mi- nori, quanto quello realizzato utilizzando i minori . LA PEDOPORNOGRAFIA VIRTUALE. La legge 38/06 attribui- sce rilevanza penale alla pornografia virtuale. Il legislatore tenta di fornire una definizione di immagini virtuali, da in- tendersi quali «immagini realizzate con tecniche di elabo- razione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come ve- re situazioni non reali». Saranno, pertanto, ricomprese nel- le immagini virtuali tutte quelle realizzate sovrapponendo ad un corpo adulto che compie atti sessuali il volto di un minore o quei disegni ottenuti mediante l’impiego di mec- canismi informatici tali da rendere non evidente il confine tra realtà e apparenza (es. immagini nei video giochi o nei film di animazione). Non rientreranno nella sfera di appli- cazione della norma quei disegni pornografici prodotti sen- za l’utilizzo di tecniche di elaborazione grafica o che non fanno sembrare vere situazioni non reali. MISURE AMMINISTRATIVE E FINANZIARIE. Con la riforma vengono, innanzitutto, costituiti due organismi, con atti- vità specifica di monitoraggio e contrasto del fenomeno. Si tratta del Centro nazionale per il contrasto della pedopor- nografia sulla rete Internet e dell’Osservatorio per il contra- sto della pedofilia e della pornografia minorile. Istituito presso il ministero dell’Interno, ha «il compito di raccoglie- re tutte le segnalazioni, provenienti anche dagli organi di polizia stranieri e da soggetti pubblici e privati impegnati nella lotta alla pornografia minorile, riguardanti siti che diffondono materiale concernente l’utilizzo sessuale dei minori avvalendosi della rete Internet e di altre reti di co- municazione, nonché i gestori e gli eventuali beneficiari dei relativi pagamenti». Inoltre, provengono al Centro le infor- mazioni trasmesse dall’Ufficio italiano cambi riguardanti operazioni (compiute dai beneficiari) di pagamenti attra- verso moneta elettronica per la commercializzazione di ma- teriale pedopornografico sulla rete. L’Osservatorio, presso la Presidenza del Consiglio dei mi- nistri - Dipartimento per le Pari opportunità, ha invece «il compito di acquisire e monitorare i dati e le informazioni relativi alle attività, svolte da tutte le pubbliche ammini- strazioni, per la prevenzione e la repressione della pedofilia. A tale fine è autorizzata l’istituzione presso l’Osservatorio di una banca dati per raccogliere, con l’apporto dei dati for- niti dalle amministrazioni, tutte le informazioni utili per il monitoraggio del fenomeno». Inoltre, sono previsti obbli- ghi per i fornitori dei servizi resi mediante reti di comuni- cazione elettronica e i fornitori di connettività alla rete In- ternet. I primi, infatti, nel caso in cui ne vengano a cono- scenza, devono segnalare al Centro le imprese o le persone che, a qualunque titolo, diffondono, distribuiscono o fan- no commercio, pure per via telematica, di materiale pedo- pornografico e comunicare tempestivamente ad esso, che ne faccia richiesta, ogni informazione sui contratti con que- ste imprese o persone. I fornitori di connettività ad Inter- net, invece, hanno l’obbligo di utilizzare gli strumenti di filtraggio e le relative soluzioni di tipo tecnologico, rispon- denti ai requisiti previsti da specifico decreto del ministro delle Comunicazioni, allo scopo di impedire l’accesso ai si- ti indicati dal Centro. 18 SCHEDA 9. I PRIMI ANNI DEL SERVIZIO EMERGENZA INFANZIA 114 LA CASISTICA DEL 114. Dal 1° gennaio 2006 (data in cui il servizio è stato esteso a livello nazionale) il 114 ha accolto mediamente 4mila chiamate al giorno, cui hanno fatto ri- scontro complessivamente 1.026 interventi in emergenza. Dall’inizio del servizio al 19 settembre 2006 il 114 Emer- genza Infanzia ha gestito un totale di 1.959 interventi in emergenza. Il 47,6% dei casi gestiti (933) sono pervenuti dal 26 marzo 2003 al 31 dicembre 2005 - periodo in cui il servizio era attivo in sei regioni italiane - mentre il 52,4% (1.026 casi) è stato gestito nei primi nove mesi del 2006, con una media di 114 casi al mese. La media mensile dei casi è, quindi, quadruplicata rispetto al periodo preceden- te. In quali fasce orarie sono pervenuti i casi? Il 114 riceve il maggior numero di telefonate dalle 9 alle 24. Una percen- tuale significativa di richieste di aiuto, però, perviene al di fuori dell'“orario d'ufficio”, ovvero dalle 18 alle 9 del mat- tino: se nel primo periodo (26 marzo 2003-31 dicembre 2005) è stato gestito in questa fascia oraria il 33% dei casi, nel secondo periodo (1° gennaio-19 settembre 2006) la percentuale è salita al 36,3%. A partire dal 1°gennaio 2006, quasi una chiamata su quattro, il 23,4% del totale degli in- terventi, è pervenuta nei fine settimana. Le regioni da cui sono pervenute più richieste di aiuto, nel secondo periodo, sono le sei in cui il 114 era già attivo (Lombardia 17,2%; Lazio 16,7; Piemonte 10,2; Emilia Romagna 8,4; Sicilia 8,1; Veneto 7,6). L’unica eccezione è costituita dalla Campania, di recente apertura, la cui per- centuale di interventi (9,8) è stata fin da subito molto ele- vata, come per le regioni Puglia e Toscana (rispettivamente 5,6 e 5,2%). CARATTERISTICHE DEL CAMPIONE. Emerge una leggera prevalenza di bambini e adolescenti di sesso maschile (50,9% nel primo periodo e 54,7 nel secondo). La classe di età più rappresentata è quella da 0 a 10 anni (62% nel pri- mo periodo e 67,2 nel secondo). Al crescere dell’età del mi- nore, si rileva dunque una diminuzione delle percentuali di richieste di intervento in emergenza. Se nel primo periodo la percentuale di casi relativi a minori stranieri per cui è sta- to richiesto un intervento era circa un quarto del totale (24,9%), da gennaio questa percentuale è aumentata fino a raggiungere circa un terzo del campione totale (27,6). LE PROBLEMATICHE RIFERITE. Nell’analisi della casistica gestita è stata prevista una distinzione tra due macroaree: le emergenze (es. abuso fisico, abuso sessuale, accattonaggio, lavoro minorile, ecc.); le altre problematiche (es. disagio emotivo/psichico, disturbo fisico, difficoltà relazionali, ecc.). La percentuale relativa ai casi di emergenza ha subito un incremento, anche se lieve, nel secondo periodo (54,9% contro 57), laddove è diminuito il numero delle “altre pro- blematiche” (39,5% contro 33,4). Per quanto riguarda la frequenza delle singole tipologie di emergenza, nel 2006 sono stati rilevati valori leggermente più bassi rispetto all’a- buso fisico (6%) e alla trascuratezza (patologia della cura, 6,8), mentre non subiscono cambiamenti significativi le percentuali relative alle altre forme di violenza di cui il bam- bino è vittima diretta (abusi psicologici, 8,4; abusi sessuali, 4) o situazioni di violenza tra adulti di cui bambini e adole- scenti sono testimoni (violenza domestica, 7,5). È evidente come l’estensione a livello nazionale abbia, al contrario, fatto emergere alcune problematiche: in parti- colare, risalta con forza il tema dell’accattonaggio che ca- ratterizza ben il 14,8% degli interventi realizzati. Si regi- stra, inoltre, un incremento nelle segnalazioni di situazioni di emergenze connesse alla scomparsa di minori (3%) e ai comportamenti a rischio/devianti (2,7’). Sia nel primo (58,6%) sia nel secondo periodo (52,3’) di attività del servizio 114, la maggior parte delle situazioni di emergenza sono avvenute in casa, sono cioè di natura in- trafamiliare. Non sorprende quindi che la tipologia del pre- sunto responsabile sia nel 44,3% dei casi la madre e nel 33,4% il padre. Un’elevata percentuale di situazioni si veri- fica però anche per strada (28,3’) e in particolare si tratta di casi di accattonaggio. Il 6,7% delle situazioni segnalate si verifica invece a scuola; questa percentuale potrebbe essere correlata da una parte all’aumento del fenomeno del bulli- smo e dall’altra al fatto che nel 2,9% dei casi è proprio un coetaneo il responsabile della situazione di emergenza. CHI SI RIVOLGE AL 114? È prevalentemente un adulto (96%) a contattare il Servizio: nel 33,3% dei casi chi chia- ma il 114 è la madre o il padre del minore, nel 16,8 è un estraneo e nel 15,9 un vicino di casa. Il servizio telefonico connesso al codice di pubblica emergenza 114, individua- capitolo 2 DEVIANZA, EMERGENZA E DISAGIO 19 to e definito dal decreto interministeriale 14 ottobre 2002, è accessibile da parte di chiunque intenda segnalare situa- zioni di emergenza e disagio, anche derivanti da immagini, messaggi e dialoghi diffusi attraverso mezzi di comunica- zione di massa, che possano nuocere allo sviluppo psico-fi- sico di bambini e adolescenti. Il servizio è accessibile 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno, senza oneri per il chiamante e con addebito della telefonata a carico del servizio univer- sale. È organizzato nella prospettiva di fornire, a chiunque si trovi sul territorio nazionale, assistenza psicologica non- ché consulenza psico-sociale e gli occorrenti collegamenti con le strutture territoriali competenti in ambito sanitario, sociale e di sicurezza (art. 2, decreto 6 agosto 2003). L’operatività del 114 si fonda sulla consapevolezza che la tutela dei bambini e degli adolescenti necessita di interven- ti integrati e di un lavoro sinergico fra i diversi referenti isti- tuzionali, nel rispetto della diversità di ruolo, di funzione e delle metodologie operative. L’efficacia di questi interventi può essere garantita solo se si evitano duplicazioni e so- vrapposizioni, e si riesce a fornire una chiave di lettura esperta dell’emergenza segnalata nonché una gestione in- tegrata del flusso informativo. In questo quadro, sono stati promossi e costruiti dei piani di coordinamento a livello re- gionale di tutti i servizi preposti alla presa in carico del disa- gio e delle emergenze che coinvolgono bambini e adole- scenti italiani e stranieri, con l’obiettivo di creare un effica- ce raccordo delle procedure di intervento e delle politiche necessarie nel superiore interesse dei fanciulli. IL MODELLO DI INTERVENTO DEL 114. Il servizio di rispo- sta telefonica è attualmente gestito da due call center nazio- nali, il primo a Milano e il secondo a Palermo. In ognuno dei call center sono presenti due responsabili di sala opera- tiva, che fungono da supporto agli operatori specializzati e che, oltre a svolgere la funzione di monitoraggio e supervi- sione della gestione dei casi di emergenza, si occupano di garantire un buon livello di comunicazione tra le due cen- trali operative. Nella gestione dei casi è previsto, inoltre, un supporto specifico e specialistico costituito da esperti in va- rie discipline attinenti la cura e la tutela del bambino. Il modello di intervento in emergenza prevede dunque al- cune fasi principali: valutazione della tipologia di emergen- za; valutazione dei fattori di rischio; valutazione dei fattori protettivi, intesi come risorse interne ed esterne al minore; intervento integrato a livello sanitario e/o sociale e/o giuri- dico; follow up dell’intervento effettuato. Nelle procedure operative sono definite le azioni che l’ope- ratore è tenuto a compiere al fine di tutelare un bambino; in particolare, è indicato il percorso attraverso il quale coin- volgere la rete d’intervento per la risoluzione del caso, sia nella fase di emergenza, sia in quella della post emergenza. La creazione, l’implementazione e l’aggiornamento delle procedure operative prevedono un lavoro di approfondi- mento, ricerca e monitoraggio. Le procedure operative vengono aggiornate in base a: specifici accordi/protocolli di intesa tra il 114 e le agenzie delle diverse realtà territoria- li; novità legislative; nuove scoperte scientifiche in relazio- ne alle tipologie di emergenza e di disagio in età infantile/ adolescenziale e all’efficacia degli interventi. Al fine di ope- rare con maggiore tempestività ed efficacia, il Servizio 114 ha anche sviluppato una banca dati elettronica, contenen- te i riferimenti dei principali servizi pubblici, di emergenza e non. In questi tre anni, grazie al lavoro di consulenti, ope- ratori e volontari del servizio civile sono state mappate 14.147 agenzie, con un copertura quasi totale delle realtà sul territorio. Sono inoltre stati mappati: 5.376 Servizi so- ciali comunali; 3.826 agenzie del Servizio sanitario nazio- nale (tra cui 1.756 consultori familiari e 328 servizi ambu- latoriali per l’età evolutiva). LE AGENZIE ATTIVATE DAL 114. Dal 1° gennaio 2006 è sta- to necessario l’intervento delle Forze dell’ordine nel 46,1% dei casi, quindi in misura maggiore che nel primo periodo (35,4). I Servizi sociali del Comune sono stati coinvolti nel 32% delle situazioni segnalate: anche in questo caso si rile- va un aumento rispetto al primo periodo (24,7). È invece diminuito il numero di casi che ha richiesto il coinvolgi- mento delle Asl (da 12,1 al 5% dei casi). L’autorità giudi- ziaria è stata attivata, nel secondo periodo, nell’8,9% dei casi: si è trattato per lo più di segnalazioni alla Procura pres- so il Tribunale per i minorenni (5%). Anche nel secondo periodo, in un’elevata percentuale di casi (58,8) le agenzie del territorio già conoscevano il minore o il suo nucleo fa- miliare. Erano a conoscenza della situazione di disagio pre- valentemente i Servizi sociali del Comune (26,9%), le For- ze dell’ordine (22) e l’autorità giudiziaria (19,7). SCHEDA 10. EMERGENZA E SOCCORSO ALLA POPOLAZIONE: IL RUOLO DELLA PROTEZIONE CIVILE NEL SOSTEGNO A BAMBINI E ADOLESCENTI Il servizio nazionale di Protezione civile rappresenta un si- stema integrato al quale concorrono diversi attori, sia pub- blici sia privati, che agiscono in base al principio di sussi- diarietà, in modo che la responsabilità degli interventi sia affidata, in relazione alla gravità dell’evento e alle capacità locali di farvi fronte, alle istituzioni più vicine alla popola- 20 zione colpita. Nei casi di maggior gravità e/o estensione del- l’emergenza, quando è necessario disporre di poteri e stru- menti straordinari, interviene direttamente il Dipartimen- to di Protezione civile. È coinvolto nel sistema tutta l’orga- nizzazione dello Stato, dal centro alla periferia, dai ministe- ri al più piccolo Comune; la società civile vi partecipa a pie- no titolo, soprattutto attraverso le organizzazioni di volon- tariato. Il Dipartimento della Protezione civile opera anche a livel- lo internazionale. Gli interventi all’estero sono un chiaro segno della solidarietà italiana e della capacità operativa, tecnica ed umana del sistema Italia. In particolare, il Di- partimento della Protezione civile è intervenuto in questi anni in alcune tra le più critiche emergenze internazionali, coordinando aiuti rapidi ed efficienti, ma anche curando la realizzazione di strutture e infrastrutture (case, ponti, scuo- le, ospedali). Dall’intervento a Beslan all’organizzazione del più recente ponte umanitario in Libano, l’attenzione è sempre stata rivolta alle fasce più deboli della popolazione colpita; in particolare i bambini sono stati sempre benefi- ciari diretti e indiretti di interventi rivolti a salvaguardarne e proteggerne l’incolumità psico-fisica. Per ritornare a una condizione di “normalità” ciò che ri- chiede maggior tempo e fatica è l’impegno necessario a rior- ganizzare la rete sociale di una comunità. In questo ambito il Dipartimento della Protezione civile si è spesso adopera- to in una posizione di primo piano per promuovere attività a carattere psico-sociale. Attraverso l’aiuto e il sostegno for- niti, gli adulti possono riacquistare piena fiducia nelle pro- prie competenze di genitori, insegnanti, medici, così da continuare a svolgere un ruolo fondamentale per la cresci- ta del minore. Per questo il Dipartimento interviene, quan- do è possibile, attraverso la formazione di operatori socio- sanitari originari della località colpita, per offrire loro nuo- ve capacità di intervento a sostegno dei giovani. IL TERREMOTO DI BAM. La prima esperienza significativa di coordinamento dei soccorsi in ambito internazionale è stata realizzata nel 2003 nel Sud dell’Iran, quando il 26 di- cembre un terremoto di magnitudo 6,6 ha colpito la pro- vincia di Kerman, radendo al suolo la storica cittadina di Bam. Il Dipartimento della Protezione civile ha predispo- sto in poche ore la partenza di una squadra italiana per ef- fettuare le prime azioni di “search and rescue” sul territorio iraniano. La drammatica situazione della popolazione so- pravvissuta al sisma ha reso immediatamente evidente la necessità di installare un primo presidio medico; 48 ore do- po l’evento è stato allestito un posto medico/chirurgico i cui operatori sanitari si sono trovati a lavorare incessante- mente, soccorrendo le persone che necessitavano di soste- gno e cure mediche. Sono stati inviati sul luogo della trage- dia medicinali, generi alimentari, tende per la predisposi- zione di un ampio campo di accoglienza. Per la popolazio- ne è stato allestito un accampamento di tende, fornito di elettricità e acqua e dotato anche di una tenda adibita a mo- schea per i momenti di preghiera. La missione italiana si è conclusa il 4 gennaio 2004. Dieci giorni che hanno visto operare senza sosta le 57 unità della missione italiana, con cinque voli speciali per il trasporto del personale e del ma- teriale, per un totale di circa 60 tonnellate. L’ATTENTATO TERRORISTICO DI BESLAN. Il 1° settembre 2004 un gruppo di terroristi occupava una scuola nella città di Beslan, Repubblica dell’Ossezia del Nord-Alania, pren- dendo in ostaggio circa 1.200 tra studenti e personale. Il 3 settembre, dopo due giorni di trattative e di assedio delle Forze dell’ordine e dell’esercito governativo, la situazione degenerava provocando un conflitto a fuoco che ha causa- to circa 340 morti, di cui 170 bambini. A seguito dell’ap- pello urgente del governo russo, il Dipartimento della Pro- tezione civile ha disposto, il 4 e il 5 settembre, un primo in- tervento consistente nell’invio dei farmaci e delle attrezza- ture mediche richieste. In Italia, nel frattempo, i gestori del- la telefonia mobile Tim, Vodafone e Wind hanno promos- so una raccolta fondi tramite sms, che in breve tempo ha raccolto circa un milione di euro, subito messi a disposizio- ne del Dipartimento per interventi a favore delle vittime dell’attentato terroristico. Nel mese di ottobre una squadra di specialisti del Dipartimento, composto da medici spe- cializzati in riabilitazione psico-motoria, ingegneri e tecni- ci della logistica, ha raggiunto nuovamente Beslan. Lo sco- po della missione è stato quello di individuare le strutture sanitarie sulle quali intervenire per realizzare uno o più cen- tri per il recupero psico-fisico dei bambini traumatizzati, strutture che mancavano nel territorio oggetto di interven- to. Fino ad oggi (ottobre 2006) sono stati eseguiti i seguen- ti interventi: realizzazione di un laboratorio di diagnostica nell’ospedale di Beslan; realizzazione di un dipartimento per la riabilitazione motoria nell’ospedale di Vladikavkaz, dotato di 30 posti letto, palestre, laboratori e una ludoteca; ristrutturazione del Centro di riabilitazione psicomotoria dell’ospedale pediatrico di Vladikavkaz con 26 posti letto; allestimento di una sala multimediale presso l’università di Vladikavkaz. LO TSUNAMI. L’onda dello tsunami ha colpito un’area co- stiera vastissima. Il paese maggiormente colpito è stato l’In- donesia, con oltre 200mila morti, poi lo Sri Lanka con cir- ca 30mila, quindi l’India con circa 15mila e la Thailandia con 8mila. Si stima che lo tsunami abbia colpito 2 milioni e 540mila persone, mietendo quasi 300mila vittime di cui un terzo bambini. La comunità internazionale si è mobili- tata in una gara di solidarietà che ha visti coinvolti governi, associazioni di volontariato e organizzazioni specializzate nell'intervento di emergenza. In tale contesto un ruolo ri- levante è stato assunto dal governo italiano e in particolare dal Dipartimento della Protezione civile, che ha operato nella fase acuta dell’emergenza alle Maldive, in Sri Lanka e in Thailandia. Nella prima fase il Dipartimento della Protezione civile ha provveduto ad organizzare e coordinare il rimpatrio dei cit- tadini italiani vittime della catastrofe e a fornire assistenza sanitaria in loco. In un secondo momento i nuclei dei Ca- rabinieri del Racis e della Polizia di Stato per diverse setti- mane hanno collaborato con altre équipe internazionali per l’identificazione delle vittime. Una seconda équipe è giunta in Sri Lanka il 27 dicembre e ha avviato interventi sanitari tramite ospedali da campo, a Unawatuna (sud del- l’isola) e a Trincomalee (settore nord-orientale). A partire dalla metà di gennaio l’intervento si è concentrato unica- mente sullo Sri Lanka. Il numero dei trattamenti effettuati dall’inizio delle attività (dal 30 dicembre 2004) ha rag- giunto un totale di 4.716, con una media di 600 visite/gior- no solo nell’ospedale di Trincomalee, realizzate in collabo- razione con i medici locali; la percentuale di pazienti pedia- trici è stata molto alta, pari a quasi il 50% dei casi trattati. Grazie alle donazioni dei cittadini italiani durante i primi giorni dopo l’evento, sono stati raccolti e affidati al Dipar- timento di Protezione civile circa 50 milioni di euro con i quali sono stati effettuati numerosi interventi di ricostru- zione, sia in forma diretta che attraverso ong italiane già operanti sul territorio al momento della catastrofe. EMERGENZA PAKISTAN. L’8 ottobre 2005 una forte scossa di terremoto di magnitudo 7,6 della scala Richter ha colpi- to la regione del Kashmir, al confine tra Pakistan e India. L’epicentro è stato individuato 95 km a nord di Islamabad, più di 73mila sono risultate le vittime in Pakistan, 1.300 in India, oltre 75mila i feriti, quasi 4 milioni gli sfollati, oltre 3,3 milioni i senzatetto. Secondo le stime dell’Unicef il nu- mero di bambini colpiti direttamente o indirettamente dal- le conseguenze del sisma è stato tra 1,6 e 2,2 milioni. Le aree maggiormente colpite sono state localizzate in zone mon- tuose difficilmente raggiungibili. Su iniziativa del governo italiano, il Dipartimento della Protezione civile ha risposto immediatamente coordinan- do gli aiuti dell’intero sistema nazionale. I primi soccorsi sono giunti 48 ore dopo la scossa, inviati dalle strutture di Protezione civile regionali (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Lombardia, Emilia Romagna e Mar- che). Oltre 10mila edifici scolastici sono risultati distrutti e più di 17mila studenti hanno perso la vita sotto il crollo del- le macerie. In particolare il team del Dipartimento ha indi- viduato con le autorità pakistane la città di Mansehra (a nord di Islamabad, con circa 200mila abitanti) come pro- prio centro di attività. In questa località, dove le vittime del terremoto sono state circa 10mila, la necessità di soccorsi sanitari è stata aggravata dalla presenza di migliaia di sfolla- ti che sono giunti dai vicini villaggi montani alla ricerca di cure mediche. La maggior parte dei pazienti curati nelle pri- me tre settimane di attività dell'ospedale ha rivelato patolo- gie connesse al terremoto; gli interventi affrontati hanno riguardato per lo più traumi degli arti inferiori, superiori e del cranio. Il 30% dei pazienti assistiti sono stati bambini con casi frequenti di infezioni delle alte e basse vie respira- torie. La seconda fase dell’attività sanitaria (a partire dalla terza settimana) è stata caratterizzata da patologie collegate indirettamente al terremoto, tipiche di una popolazione che ha perso i propri punti di riferimento sanitari e sociali. Le prestazioni mediche effettuate dall'équipe tra il 17 otto- bre e il 21 novembre 2005 sono state in totale 19.538, tra interventi interni ed esterni all’ospedale, per un numero complessivo di 463 ricoveri. EMERGENZA LIBANO. A dieci giorni dall’inizio del conflit- to, in Libano avevano perso la vita circa 330 persone, in grande maggioranza civili. Il 23 luglio 2006 è stato aperto un corridoio umanitario: il Dipartimento della Protezione civile ha organizzato e coordinato la prima missione a Bei- rut con aiuti destinati alla popolazione civile “non combat- tente”. Di conseguenza è sbarcata nel porto della capitale libanese una nave con circa cento tonnellate di aiuti, che comprendevano una cucina da campo, 2 ambulanze, 19 generatori per la produzione di corrente elettrica, 7 tende pneumatiche, 8 tonnellate di medicinali e 28 tonnellate di generi alimentari. Il successivo 14 agosto, alle ore 7 locali è scattato il cessate-il-fuoco. In Libano sono risultati circa un milione gli sfollati fuggiti dai villaggi e città bombardate, il 45% dei quali rappresentato da bambini e ragazzi. Le per- sone uccise sono state più di un migliaio, mentre i feriti so- no stati quasi 4mila. Anche la popolazione di Israele è stata colpita: 150 le vittime e circa il doppio i feriti. È stata quindi organizzata la seconda missione umanitaria che ha visto coinvolti, oltre al Dipartimento della Protezio- ne civile e alla Direzione generale della Cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari esteri, anche, in manie- ra consistente, gli assessorati alla Protezione civile e alla Sa- nità di 15 Regioni, incluse le Province autonome di Trento e Bolzano. Questa seconda missione, realizzata tra il 16 e il 19 agosto 2006, ha avuto l’obiettivo di raccogliere beni e donazioni rispondenti alle reali necessità delle vittime, ve- rificate con il governo libanese e le organizzazioni interna- zionali attive in loco. Lo sforzo congiunto ha consentito di raccogliere circa 500 tonnellate di beni di primo soccorso: farmaci, generi alimentari, prodotti e viveri per l’infanzia, materiale igienico, tende, letti e coperte, attrezzature di pronto intervento medico, ambulanze e un piccolo ospe- dale da campo offerto dalla Regione Toscana. 21 22 SCHEDA 11. LA VIOLENZA INTRAFAMILIARE: ESITI PSICOPATOLOGICI NEI BAMBINI Esistono diverse modalità con cui si può manifestare la vio- lenza domestica. In Italia, si è registrato un aumento del nu- mero dei maltrattamenti in famiglia, passati da 3.003 casi nel 1999 a 4.669 nel 2002, delle violazioni degli obblighi di assistenza familiare, aumentate nello stesso periodo da 4.877 a 7.462 casi. Nel solo 2002 i casi di abbandono di minori o incapaci sono stati 498, le violenze sessuali 4.519, gli atti sessuali con minorenne 784. In tema di abuso e mal- trattamento è interessante considerare i dati rilevati da Te- lefono Azzurro in più di 19 anni, attraverso l’operato del Centro nazionale di Ascolto telefonico che, grazie alle due linee dedicate, rappresenta un osservatorio privilegiato del mondo infantile e adolescenziale. Nel periodo compreso fra luglio 1999 e maggio 2006 sono stati gestiti, rispetto a problematiche considerate rilevanti, 31.508 casi. Dall’a- nalisi dei dati emerge uno scenario serio e preoccupante, quello relativo alle situazioni legate a vere e proprie forme di abuso in pregiudizio di minore: il 12,8% delle consulen- ze, infatti, è intervenuto su problematiche di abuso fisico, il 9 per situazioni di abuso psicologico, l’8,1 per condizioni di trascuratezza e il 5,5 per abuso di tipo sessuale. LA VIOLENZA RIVOLTA AI MINORI. Quando si parla di vio- lenza domestica si intende quella agita contro i soggetti più deboli (in genere donne e bambini), dentro o fuori le mura di casa, da una persona intima, partner o genitore o da altri membri del gruppo familiare. La violenza familiare si può manifestare con differenti modalità, con lo scopo di procu- rare danno alla vittima. I fattori che rendono tale danno ir- reversibile sono: la sistematicità e l’essere perpetrati per lun- go tempo; la vicinanza del legame tra la vittima e l’aggres- sore; l’isolamento sociale. Tra le varie forme di violenza ri- volta ai minori sono da citare: il maltrattamento fisico e psi- cologico, la violenza assistita, la patologia della sommini- strazione delle cure e l’abuso sessuale. MALTRATTAMENTO FISICO E PSICOLOGICO. Secondo le li- nee guida della Sinpia - Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, il maltrattamento può es- sere suddiviso in: • abuso fisico, quando i genitori o le persone legalmente responsabili del bambino eseguono o permettono che si producano lesioni fisiche, o mettono i bambini in condi- zioni di rischiare lesioni fisiche; • abuso psicologico, che consiste in comportamenti at- tivi od omissivi che vengono agiti individualmente o col- lettivamente da persone che, per particolari caratteristiche (età, cultura, condizione sociale) sono in posizione di pote- re rispetto al bambino. L’abuso psicologico include: gli atti di rifiuto, di terrorismo psicologico, di sfruttamento, di iso- lamento e allontanamento del bambino dal contesto socia- le. Le modalità con cui è possibile maltrattare un minore ed imporgli una qualche forma di violenza psicologica sono molto numerose, tra le quali il ricorso a punizioni eccessi- vamente dure o eccessivamente frequenti; la costrizione a vivere in un contesto di costante osservazione e giudizio; l’impedimento di esprimere determinate emozioni e com- portamenti, come la rabbia ed il pianto; l’esposizione a con- tinue tensioni familiari, caratterizzate da liti verbali e/o fisi- che (non di rado il minore viene investito direttamente o indirettamente del ruolo di pacificatore o risolutore delle liti coniugali). VIOLENZA ASSISTITA. Tra le svariate forme di violenza psi- cologica si annovera anche la “violenza assistita”: quando il minore assiste a scene di violenza fra i genitori, quando è spettatore di aggressioni fisiche o sessuali fra i genitori o fra questi ultimi e un fratello. Il bambino può fare esperienza diretta della violenza intrafamiliare quando avviene nel suo campo percettivo, o indiretta quando è a conoscenza dei conflitti tra i genitori o quando ne percepisce gli effetti. Vi è ancora violenza assistita quando i genitori amplificano i propri stati ansiosi nei figli, esponendoli a situazioni psico- logiche difficili da affrontare, senza curarsi del carico emo- tivo negativo che provocano nei propri bambini. Un particolare aspetto della violenza assistita corrisponde a quelle situazioni, abbastanza frequenti nelle separazioni conflittuali, nelle quali uno od entrambi i genitori espon- gono direttamente o indirettamente il figlio alle reciproche dispute. Nel periodo susseguente la separazione, ha solita- mente parte predominante la ricerca dei due partner di mo- tivi di conferma della propria validità personale, sia nel con- testo sociale e parentale, sia nello stesso ambito delle rela- zioni familiari. In quest’ambito possono essere quindi ac- centuate quelle manovre di “appropriazione” dei figli, at- traverso la seduzione, il ricatto affettivo o la proposta anche implicita di un patto di alleanza reciproca. Nella famiglia che non riesce a mantenersi unita, già molto tempo prima della separazione il figlio si è dovuto adeguare a relazioni fa- miliari caratterizzate da incomprensioni e litigi, che hanno spesso diminuito l’attenzione di ambedue verso di lui e/o condotto ad una sua strumentalizzazione nella controver- sia tra loro. In questa condizione il bambino può aver “im- parato” a vivere accettando quello che gli veniva dato, ma anche sviluppando atteggiamenti attivi, se pur disfunzio- nali per la sua crescita, come la seduzione, la reticenza, la falsa accondiscendenza - a volte anche il ricatto - spesso di- versificati nei confronti dei due genitori. 23 LA PATOLOGIA DELLA SOMMINISTRAZIONE DELLE CURE. Questa tipologia di violenza riguarda quelle condizioni in cui i genitori o le persone legalmente responsabili del bam- bino non provvedono adeguatamente ai suoi bisogni, fisici e psichici, in rapporto al momento evolutivo e all’età. La patologia della somministrazione delle cure comprende pertanto tre categorie cliniche: l’incuria (le cure sono ca- renti); la discuria (le cure vengono fornite ma in modo di- storto); l’ ipercura (le cure sono somministrate in eccesso) che comprende la sindrome di Munchausen per procura (MPS). Si tratta di un disturbo psicopatologico che com- porta un controllo volontario da parte del soggetto che si- mula la malattia, talora con lucida convinzione delirante. Quando queste persone hanno figli, esse possono spostare la loro convinzione di malattia su questi: le storie dei sinto- mi e delle malattie vengono inventate dai genitori (quasi sempre la madre) riferendole ai propri figli, i quali vengono in tal modo sottoposti ad accertamenti clinici inutili e a cu- re inopportune. Forme di abuso simili alla MPS. Le varianti della sindrome sono: • medical shopping per procura: bambini che hanno sof- ferto nei primi anni di vita di una grave malattia e da allora vengono portati dai genitori da un numero spesso elevatis- simo di medici per disturbi di minima entità, in quanto i genitori sembrano percepire lievi patologie come gravi mi- nacce per la vita del bambino. Il disturbo materno è di tipo ansioso-ipocondriaco; accogliendo le ansie e le preoccupa- zioni che la madre proietta sul figlio, è possibile rassicurar- la sullo stato di salute del figlio; • help seeker: il bambino presenta dei sintomi fittizi in- dotti dalla madre, ma la frequenza degli episodi di abuso è bassa e il confronto con il medico spesso la induce a comu- nicare i suoi problemi quali ansia e depressione e ad accet- tare un sostegno psicoterapeutico • abuso chimico/farmacologico: somministrazione di sostanze farmacologiche o chimiche al bambino per deter- minare la sintomatologia e ottenere il ricovero ospedaliero; • sindrome da indennizzo per procura: il bambino pre- senta i sintomi riferiti dai genitori, in situazioni in cui è pre- visto un indennizzo economico. ABUSO SESSUALE.L’abuso sessuale è per la legge una formu- la generica che definisce un comportamento sessuale vio- lento attuato senza il consenso dell’altra persona. Con il ter- mine abuso sessuale all’infanzia si fa comunemente riferi- mento al coinvolgimento in pratiche sessuali di soggetti minori che, per ragioni di immaturità psico-affettiva e per condizioni di dipendenza verso gli adulti, non sono ritenu- ti in grado di poter compiere scelte consapevoli, o di posse- dere un’adeguata consapevolezza del significato e del valo- re delle attività sessuali in cui vengono da altri coinvolti. FATTORI DI RISCHIO CORRELATI ALLA VIOLENZA DOMESTI- CA. In relazione alle caratteristiche individuali, i fattori di rischio che possono favorire la violenza domestica com- prendono la sfera affettiva, un basso livello di autostima, uno scarso controllo degli impulsi e un’eccessiva risposta allo stress. L’uso, l’abuso e la dipendenza da alcool e dalle droghe rappresentano un elemento predisponente la vio- lenza rivolta verso il proprio partner e verso i figli. I fattori ambientali, invece, riguardano il contesto sociale e le carat- teristiche dell’intero sistema familiare. Gli elementi che giocano un ruolo importante sono: la struttura e la dimen- sione della famiglia, le caratteristiche della comunità in cui la famiglia è collocata, quali la povertà e un livello socio- economico basso. Inoltre, possono influire fattori esterni come, per esempio, la disoccupazione di uno o entrambi i genitori o la perdita del lavoro; abitazioni inadeguate e spa- zi ristretti per il numero di persone che vivono all'interno della casa. Da alcuni recenti studi emerge, inoltre, che le fa- miglie che abusano dei loro figli sono spesso caratterizzate da un maggior numero di eventi stressanti, tra cui la morte di un membro della famiglia o di una persona cara. AGGRESSIVITÀ ETERO-DIRETTA. A lungo termine i minori maltrattati e abusati potranno utilizzare la violenza e l’ag- gressività come modalità relazionale ed è possibile che essi sviluppino pattern di attaccamento e modelli operativi in- terni tali da favorire comportamenti che riprodurranno, in età adulta, l’esperienza maltrattante anche nei confronti del proprio partner o dei propri figli. Uno studio condotto da Windom ( 2000) ha dimostrato che il 70% degli individui adulti ha un passato di violenza intrafamiliare. In un altro studio di Windom ( 1989), effettuato tra soggetti arrestati per reati correlati ad episodi di violenza, è emerso che il 21% di loro aveva alle spalle una storia marcata da abusi fisici e sessuali, il 20 da episodi di trascuratezza e il 16 da entram- be le condizioni. La Baldry (2003) ha condotto uno studio su 1.059 giovani romani di età compresa tra gli 8 e i 15 an- ni, mettendo in evidenza la relazione esistente tra il bulli- smo nelle scuole e l’esposizione in età infantile alla violenza domestica. I dati emersi dalla ricerca evidenziano che il 17,4% dei ragazzi ha subìto violenza psicologica o è stato esposto alla violenza fisica tra i genitori. I dati ottenuti dal- le analisi statistiche indicano come il mettere in atto prepo- tenze sia correlato all’essere stato testimone di violenza in- trafamiliare, soprattutto per quello che concerne le forme di bullismo più dirette; infatti, il 60,8% dei bulli ha assisti- to alla violenza tra i genitori, rispetto al 45,7 che ha vissuto in un contesto tranquillo. AGGRESSIVITÀ AUTO-DIRETTA. Attualmente numerose ri- cerche in ambito clinico hanno rivolto l’attenzione verso le condotte autolesionistiche intenzionali; tale fenomeno è 24 in crescente aumento nella popolazione non clinica e tra gli adolescenti, nonostante le indagini epidemiologiche siano attualmente ancora poco numerose. Una percentuale com- presa tra il 50 e il 90% dei soggetti che mettono in atto con- dotte autolesive ha subìto nell’infanzia maltrattamenti di tipo fisico e sessuale. I bambini che hanno subìto abuso fi- niscono per convincersi che esso è una conseguenza di una colpa, che sono stati loro a chiederlo e di conseguenza pos- sono punire il proprio corpo che li ha “traditi” ( Strong, 1998). SCHEDA 12. BAMBINI E TEMPO LIBERO L’ERA DEI “DIVERTIMENTIFICI”. L’elemento che maggior- mente caratterizza il livello di vita dei bambini è l’iperorga- nizzazione del tempo libero. Attraverso questo meccani- smo iperorganizzativo, il tempo istituzionale, dove gli spa- zi e i ruoli sono fissati, sfora nel tempo personale, dove ogni bambino dovrebbe esprimere senza impedimenti la pro- pria soggettività. Siamo nell’epoca in cui tutto è program- mato, organizzato, informatizzato, iperstrutturato, incate- nato. Ai bambini e alle bambine si offrono praticamente ore, giorni, settimane e addirittura mesi ed anni program- mati nei minimi dettagli. I loro iter giornalieri sono prati- camente predefiniti in toto dagli adulti. Non c’è spazio per l’ozio, l’imprevisto, l’auto-organizzazione infantile. Anche gli stessi spazi di gioco sono preorganizzati. Non c’è, da par- te dei bambini e delle bambine, la possibilità di momenti liberi, creativi, autogestiti. FRENESIA ORGANIZZATA: IL TEMPO LIBERO DELL’INFANZIA. I bambini non hanno proprio la possibilità di organizzarsi per conto loro: ogni ora lasciata libera dalla scuola e dai compiti è occupata da una delle molte e possibili attività extrascolastiche. Dall’indagine Doxa Junior, edizione 2004, condotta su un campione statistico di 2.500 ragazzi rappresentativo della popolazione dei minori italiani tra i 5 e i 13 anni, risulta che ogni bambino ha mediamente 4 ore e 37 minuti da destinare al tempo libero. L’attività alla qua- le dedicano più tempo è guardare la tv (29%, pari a circa 1 ora e 20 minuti), seguono il gioco fuori casa (17%, pari a circa 47 minuti) e le uscite (16%, pari a circa 44 minuti). Allo studio è destinato quotidianamente il 15% del tempo libero, circa 41 minuti, mentre al giocare in casa il 12%. Suddividendo quotidianamente l’ammontare delle ore de- dicate all’attività sportiva, essa è praticata per circa 14 mi- nuti al giorno. Il tempo libero dedicato all’uso di videoga- mes e console è il 3%; il rimanente 3% è rivolto equamen- te all’uso del computer, a leggere libri e giornalini. MOLTOTEMPO…POCO LIBERO. Dopo la scuola, in genere, i bambini svolgono una serie di attività che impegnano una buona parte del loro tempo libero; ma gli scopi perseguiti solo a volte sono puramente ludici e più spesso risultano caratterizzati come vere e proprie “costrizioni”, attività per di più frequentemente pilotate dai genitori, assecondate talvolta da proposte extrascolastiche già pre-definite. ANNOIARSI PER ALLENARE LA CREATIVITÀ. I bambini sem- pre più impegnati crescono sempre meno creativi. La con- seguenza non è da poco perché, presi come sono dalle tan- te attività extrascolastiche, i ragazzi di oggi starebbero di- ventando “intolleranti” verso i cosiddetti “tempi morti” della giornata; e non saprebbero più dare spazio alla loro fantasia. L’allarme è stato lanciato da una ricerca inglese, condotta da Teresa Belton dell’East Anglia University, su un campione di 400 temi di fantasia scritti da bambini tra i 10 e gli 11 anni. Secondo questa ricerca, la nemica più te- muta da tutti i genitori, alla prese con figli da impegnare, sarebbe la noia. I ricercatori inglesi confermano invece che ad essa va il merito di far “aguzzare” l’ingegno dei bambini, rendendoli, in questo modo, più creativi e disponibili ad organizzare autonomamente il tempo libero. MA I RAGAZZI ITALIANI, SONO FELICI? Sulla scia di questo interrogativo l’Unicef ha recentemente resi noti i risultati di una ricerca realizzata su bambini e adolescenti dell’Euro- pa e dell’Asia centrale. I risultati rispecchiano le opinioni di oltre 93 milioni di ragazzi, attraverso sondaggi e interviste approfondite condotte in 35 Paesi. Questa ricerca, dal tito- lo Giovani voci, fornisce tra l’altro un inedito ritratto dei punti di vista, degli interessi, delle speranze e dei sogni di bambini e adolescenti. In particolare, analizzando i dati che si riferiscono all’Italia, l’indagine rivela che la maggioranza si sente quasi sempre felice (79%). Ciò che li rende sereni è principalmente il tempo trascorso con amici e familiari. La loro maggiore preoccupazione è naturalmente la scuola, e il 23% vorrebbe migliorare i metodi di insegnamento e il rapporto tra insegnanti e studenti. Per quanto riguarda il rapporto con la famiglia, in generale i bambini e gli adole- scenti italiani vivono in armonia; però, anche in questo ca- so, non mancano dati illuminanti: per esempio, il 25% vor- rebbe essere più considerato nelle decisioni riguardanti il tempo libero. In sostanza, bambini e bambine reclamano maggiori e più qualificati momenti di relazione, nonché maggiore autonomia nell’organizzare e nel gestire più libe- ramente il proprio tempo. 25 SCHEDA 13. LA SECONDA GENERAZIONE: GIOVANI STRANIERI PROTAGONISTI DI NUOVE IDENTITÀ La popolazione straniera residente in Italia al 31 dicembre 2005 è pari a 2.670.514 con un aumento percentuale ri- spetto all’inizio del 2005 dell’11%. Nell’anno scolastico 2005/2006 sono stati 424.683 gli alunni stranieri presenti nelle scuole italiane, con un’incidenza del 4,8% sul totale degli alunni. Per quanto riguarda i Paesi di origine, ai primi posti si trovano Albania (16,3% degli alunni), Marocco (14), Romania (12,4) e Cina (5,2). COSTRUIRE PONTI O ERIGERE MURI? I giovani stranieri si trovano a vivere immersi in continue ambivalenze attraver- sando ogni giorno una pluralità di dimensioni e di riferi- menti culturali. Il discorso del loro benessere/malessere, si concentra molto su quelle che sono le dinamiche identita- rie e di appartenenza che li vede protagonisti nell'essere co- struttori di ponti o di muri. Ponti tra due culture, tra due tradizioni, tra due religioni, oppure barricate difensive o protettive della propria appartenenza reale o immaginaria, in quanto costruita ad hoc per ritrovare saldi ancoraggi identitari e punti di riferimento. Ecco allora il misurarsi con la tradizione, in termini di scel- ta di appartenenza e di identità, nei due fondamentali am- bienti di vita: la famiglia e la società. Ecco che i giovani si incontrano/scontrano con gli adulti e con i coetanei e il rag- giungimento di un equilibrio, cioè quella dimensione che può garantire al ragazzo/a un riconoscimento in famiglia e nella società, non è affatto scontato e soprattutto indolore. Il rapporto con i genitori è un elemento importante per ca- pire la singolarità di questa generazione di giovani figli di migranti, poiché è proprio in famiglia che la gestione plu- rale dei processi di identificazione comincia ad essere mes- sa in atto, ed è sempre in famiglia che questi tentativi pos- sono essere appoggiati o frustrati. Le tradizioni culturali e familiari possono subire interpre- tazioni inedite, in cui i giovani cercano di risolvere le in- compatibilità tra il rispetto di tradizioni antiche e il loro bi- sogno di libertà, un’operazione che per certi versi può esse- re facilitata dal contesto sempre più transnazionale in cui si trovano a vivere. Tutto questo porta a una trasformazione dello scenario delle relazioni familiari che da sempre sono un ambito centrale per la formazione dei processi di identi- ficazione degli adolescenti. Generalmente i giovani cerca- no di recuperare le tradizioni e le appartenenze della cultu- ra di origine reinterpretandole e ricostruendo in esse un senso capace di farli riappropriare delle loro origini, par- tendo però dal contesto in cui vivono ora. LE PROBLEMATICHE LEGATE AL GENERE. Il percepire diver- samente - genitori e figli - non solo la cultura in cui oggi la famiglia è immersa ma anche la cultura di origine, essendo i figli spesso orientati e capaci di una elasticità interpretati- va che non contraddistingue la generazione dei padri, fan- no sì che tra genitori e figli vi sia oltre alla classica distanza generazionale una certa distanza culturale capace di mette- re in crisi i rapporti stessi. Per i figli la negoziazione della li- bertà rimane uno degli aspetti più problematici della con- vivenza con i genitori. L’appartenere o il sentire di apparte- nere alla stessa tradizione culturale non porta infatti neces- sariamente a una condivisione rispetto a ciò che è giusto o sbagliato rispetto al tema della libertà individuale, della li- bertà e uguaglianza di genere, delle regole dell’affettività e della scelta del partner. Tutto questo si evidenzia bene oggi nella vita della seconda generazione che vive in Italia e che sente la necessità di presentare le tradizioni della cultura d’origine attraverso un discorso che le renda utili e compa- tibili con l’autonomia individuale. Le situazioni di conflitto e di tensione sembrano essere maggiormente frequenti tra genitori e figlie, riuscendo me- glio i figli a combinare più facilmente il loro bisogno di li- bertà di adolescenti con il rispetto dei precetti, di volta in volta religiosi, o morali, o con le regole e prescrizioni cultu- rali richieste dai genitori. I rapporti con le figlie adolescen- ti, infatti, sarebbero quelli più a rischio, poiché su di esse si concentrerebbero le maggiori tensioni e i maggiori contra- sti legati alle aspettative sociali e culturali della famiglia, in termini di mantenimento dei ruoli tradizionali. Le princi- pali aree critiche su cui verte il conflitto tra genitori e figli sono: le amicizie; le prime relazioni sentimentali; le diverse concezioni rispetto alle differenza di genere; i gradi di auto- nomia e di libertà che gli uni e gli altri ritengono legittimi avere rispetto all’età; la gestione del tempo extrascolastico; le strategie e i percorsi di inserimento nel nuovo Paese in termini di avvicinamento a valori, comportamenti, prati- che e consumi. LA FUGA DA CASA COME REAZIONE A SOFFERENZE, DISAGI EMOTIVI E ABUSI. Le motivazioni che direttamente spingo- no o indirettamente costringono un minore a fuggire da casa sono generalmente legate a condizioni di disagio so- cio-educativo, a situazioni affettive conflittuali, a condizio- ni familiari conflittuali, a un desiderio di affermazione del- la propria identità. Le fughe da casa da parte di adolescen- ti, pur trattandosi spesso di fughe dimostrative o comun- que temporanee, rappresentano un fenomeno rilevante e in crescita all’interno delle problematicità dell’età evoluti- va. La fuga da casa risulta essere un gesto frequente tra i mi- nori stranieri, generalmente sono adolescenti maschi (per lo più del Nord-Africa) e femmine (in prevalenza dell’Afri- 26 ca subsahariana, del Sud America, della Romania, vi sono però anche casi che riguardano ragazze del Marocco) che utilizzano la fuga come ultimo mezzo a loro disposizione per esprimere una sofferenza, un disagio relazionale vissuto in ambito familiare. Le principali motivazioni riportate dai minori stranieri co- me scatenanti la fuga da casa sono: paura della reazione ge- nitoriale rispetto ad un esito scolastico negativo; ribellione rispetto a differenze educative in riferimento al genere; rea- zione ad atti di abuso fisico (percosse) o psicologico (urla, minacce verbali) perpetrati da uno o entrambi i genitori; imposizione di vincoli e di pratiche legate alla religione e al- la cultura di appartenenza non condivise dai figli; reazioni a proibizioni legate alla frequentazione di giovani fidanza- ti/e italiani/e; reazione alla minaccia di essere riportati nel Paese d’origine rispetto al quale il minore sente un senso di appartenenza inferiore in rapporto a quello sperimentato nei confronti del contesto culturale in cui vive e si è inseri- to. Nella grande maggioranza dei casi i genitori risultano avere scarsa consapevolezza del disagio e della sofferenza che hanno spinto i loro figli alla fuga. In queste situazioni si evidenzia la difficoltà dei genitori a immedesimarsi nei figli in relazione alle loro essere “tra due mondi”. IL GRUPPO DEI PARI. I bambini e i giovani stranieri possono vivere con maggiore difficoltà la relazione con i coetanei, l’inserimento all’interno del gruppo dei pari può essere più complicato a causa di un bagaglio di tradizioni, abitudini, giochi, gesti, espressioni linguistiche diverse. In tali situa- zioni, in cui la difficoltà relazionale si basa su una diversità somatica, etnica, religiosa, culturale, linguistica, ecc., rara- mente i minori riescono a individuare la famiglia e i geni- tori come risorsa, per diverse ragioni. Alcuni ragazzi tendo- no a non coinvolgere le famiglie d’origine per evitare di preoccupare o di far soffrire i genitori, già gravati da un dif- ficile percorso di inserimento nel Paese di accoglienza; o perché sono proprio loro “la diversità” che li separa dai compagni; altri ancora non comunicano ai genitori la si- tuazione per una ragione molto diversa, poiché attribui- scono proprio a loro la colpa delle difficoltà e delle soffe- renze. Vi possano essere un rifiuto e una negazione totale della propria origine o, al contrario, un recupero e una va- lorizzazione della propria appartenenza decidendo però di vivere esclusivamente nell’ambito della comunità di origi- ne. Un’altra decisione “drastica” è quella di fare parte del- l’universo dei “diversi”, decidendo di legarsi esclusivamen- te a ragazzi/e stranieri, non necessariamente della propria origine, dove il legame non è dato dall’appartenere a una determinata cultura ma piuttosto il non appartenere alla cultura di maggioranza. A volte vi è, invece, l’avvicinamen- to a ragazzi italiani o stranieri che condividono l’essere ai margini o l’essere diversi dagli altri: tale vicinanza dà ai ra- gazzi la possibilità di condividere gli stessi vissuti di isola- mento e di sostenersi reciprocamente, aumentando, però, la distanza che li separa dal resto del gruppo, esasperando così la situazione di emarginazione. QUANTI BAMBINI… Due miliardi e 181 milioni (il 36% della popolazione) sono i bambini che popolano il nostro pianeta; ogni anno ne nascono 132 milioni. Su 100 bam- bini, 53 sono nati in Asia e di essi 19 in India e in Cina, 19 in Africa, 9 in America Latina, 7 in Medio Oriente e Nord- Africa, 5 nell’Europa dell’Est, 7 nei Paesi industrializzati. Ed ancora, su 100 bambini nati, 40 non saranno registrati alla nascita, 19 non avranno mai accesso all’acqua potabile, 30 soffriranno di malnutrizione, 20 non saranno mai vac- cinati, 17 non andranno mai a scuola, e 1 bambino su 5 sarà costretto a lavorare (Unicef, 2006). IL TRAFFICO DEI MINORI - VERSO LA PREVENZIONE. Secon- do lo United States Federal Bureau of Investigation, il traf- fico di esseri umani genera un profitto di circa 9,5 miliardi di dollari l’anno. Il numero stimato delle vittime in tutto il mondo va, a seconda delle fonti e delle definizioni, dai 700mila ai quasi tre milioni. La Commissione Europea ri- tiene che 120mila persone vittime della tratta siano intro- dotte illegalmente in Europa occidentale ogni anno, men- tre 170mila sono trafficate dall’ex Unione Sovietica e dal- l’Europa orientale e centrale. Nel nostro Paese si calcolano 2.500 nuove vittime del traf- fico di esseri umani nel 2005. L’Italia, Paese di destinazione e di transito per uomini, donne e bambini comprati e ven- duti a scopo di sfruttamento sessuale e lavorativo, ha una numero di vittime originarie dell’Albania e della Nigeria che è diminuito nel 2005, mentre è aumentato il numero di vittime provenienti dalla Romania, dalla Bulgaria, dal- l’Ucraina e dalla Moldavia. Tra le altre zone di origine delle vittime figurano la Russia, l’Africa orientale e settentriona- le, la Cina e l’America del Sud. SFRUTTAMENTO DEL LAVORO. Il rapporto The end of child labour 2006: within reach (ILO) sostiene che siamo di fron- te ad una considerevole riduzione del lavoro minorile in di- verse parti del mondo.Le stime sono presentate nei termini di tre categorie: bambini economicamente attivi, lavoro SCHEDA 14. LO SFRUTTAMENTO E LA TRATTA DEI MINORI 27 minorile, lavoro minorile pericoloso. Sono circa 317 mi- lioni i bambini economicamente attivi con un’età compre- sa tra 5 e 17 anni nel 2004, di cui 217,7 milioni sono lavo- ratori coinvolti nel lavoro minorile nel mondo. Di questi 126,3 milioni lavorano nelle peggiori forme di lavoro mi- norile. Tra i minori di età compresa tra 5 e 14 anni i bambi- ni economicamente attivi sono circa 191 milioni, 166 mi- lioni i lavoratori minori, e 74 milioni coloro che hanno im- pieghi pericolosi. Il numero di lavoratori minori in ambe- due le classi di età 5-14 e 5-17 scende dell’11% negli ultimi quattro anni (2000-2004). Il calo maggiore riguarda i la- vori minorili pericolosi: il 26% per la classe di età 5-17 e il 33% per la classe di età 5-14. I progressi più evidenti sono stati registrati in America Latina e Caraibi, Paesi che negli ultimi quattro anni hanno ridotto di due terzi il numero di giovani lavoratori (i minori economicamente attivi sono passati da 17,4 a 5,7 milioni). In Brasile sono 2,2 milioni i minori lavoratori che hanno un’età compresa tra 5 e 14 anni (6,8%). Le differenze sono tuttavia importanti tra maschi e femmine. Mentre i maschi sono maggiormente inseriti nel settore agricolo (63,6%), le femmine sono più presenti nei settori dei servizi (43). In diversi paesi dell’America Latina il tempo dedicato ai lavo- ri domestici è molto significativo nell’orario giornaliero dei minori. Con 122,3 milioni di minori in età compresa tra i 5 e i 14 anni, economicamente attivi, l’Asia e il Pacifico rappresen- tano le aree geografiche con il più alto numero di minori la- voratori nel mondo; nonostante la diminuzione registrata nell’arco temporale che va dal 2000 al 2004, la presenza delle varie forme peggiori di sfruttamento minorile (il traf- fico di minori, lo sfruttamento nel commercio sessuale, la schiavitù per debiti, il lavoro minorile domestico, il lavoro minorile pericoloso ed il reclutamento e l’utilizzo di mino- ri per i conflitti armati e il traffico di droga) rende più grave la situazione. L’Africa subsahariana con 49,3 milioni di minori econo- micamente attivi ha la più grande proporzione di minori lavoratori in generale, con 26 minori lavoratori ogni 100; la situazione economica è disastrosa (il 44% dei residenti vive con meno di un euro al giorno). Il lavoro minorile è considerato la norma, e i conflitti armati, che vedono la par- tecipazione dei bambini-soldato, sono ritenuti fonte di so- stentamento. L’Hiv, diffuso in percentuali sconcertanti, ha creato milioni di orfani costretti a lavorare per sopravvive- re, e ha obbligato milioni di altri bambini a lavorare per mantenere i genitori in fin di vita. Solo nello Zambia, uno studio condotto nel 2002 da ricercatori indipendenti, è giunto alla conclusione che l’Aids ha fatto crescere il lavoro minorile del 30%. Il gruppo di regioni che comprende i Paesi industrializzati e i Paesi con economie in transizione, il Medio Oriente e l’Africa del Nord, raggiunge 13,4 milio- ni di minori economicamente attivi. In Italia i minori tra i 7 e i 14 anni che sono sfruttati sul posto di lavoro sono 31.500 (Istat, 2002): di questi, il 50% lavora al’'interno del- le imprese di famiglia, il 32% ha un impiego stagionale e il 18% si occupa di attività più rischiose. ACCATTONAGGIO. È difficile produrre una stima sul nume- ro di minorenni nomadi coinvolti nell’accattonaggio. Se- condo alcuni autori, dei circa 15mila minori rom presenti in Italia gran parte sperimenta (o ha sperimentato in passa- to) questo tipo di attività (Caritas 2003). IL TRAFFICO DEI MINORI MIGRANTI A SCOPO DI SFRUTTA- MENTO SESSUALE. Il fenomeno, che ha visto nei primi anni 90 la presenza prevalente di giovani e giovanissime donne albanesi e nigeriane, è stato successivamente caratterizzato dai flussi provenienti dalla Russia e dall’Ucraina nella se- conda metà degli anni 90, dalla Moldavia negli anni 2000 e 2001, dalla Romania negli ultimi anni. La prostituzione minorile femminile rappresenta una componente impor- tante del fenomeno prostituivo (circa il 10%). La prostitu- zione minorile maschile è un fenomeno diffuso, ma spesso ignorato. Si riscontra soprattutto nelle aree urbane di città grandi e medie. La fascia di età più interessata è quella dai 13 ai 17 anni, e si tratta in particolare di ragazzi rumeni, spesso di origine rom, e in misura minore provenienti dal Maghreb, dai Balcani e dall’Albania. Sono state riscontra- te, inoltre, correlazioni della prostituzione esercitata da mi- nori maschi con attività di accattonaggio e di microcrimi- nalità (Unicef-Caritas, 2006). TURISMO SESSUALE. Sono più di 3 milioni i minori sfrut- tati sessualmente nel mondo. In alcuni Paesi, la prostitu- zione minorile rientra in quell’attività nota come turismo sessuale. L’Italia è al primo posto in Brasile (80mila italiani ogni anno) tra i Paesi europei, nel praticare turismo sessua- le (Segreteria del Turismo del Rio Grande do Norte, 2006). Sono oltre 500mila i minori coinvolti - la maggior parte di sesso femminile - nel turismo sessuale in Brasile, e sono cir- ca 700mila i turisti europei che ogni anno sbarcano nel pae- se (Centro documentazione dell’Eurispes, 2005). Negli ultimi anni le donne italiane rappresentano dal 3 al 5% dei turisti in cerca di sesso ( Eurispes, 2005). Per lo più single e neodivorziate, scelgono mete come Gambia, Sene- gal, Marocco, Kenya, oltre a Cuba e Giamaica. Anche l’età media del turista sessuale, che fino a qualche anno fa si ag- girava attorno ai 40 anni, oggi si sta abbassando molto gra- zie soprattutto ai voli low cost che consentono ai più giova- ni di raggiungere facilmente mete esotiche dove l’offerta è altissima. Il turismo sessuale è un fenomeno che sta assu- mendo caratteristiche e proporzioni che vanno ben oltre le relazioni, seppur a pagamento, tra gli avventurieri occiden- 28 tali e le bellezze del posto. Quello con cui dobbiamo con- frontarci è un vero e proprio sistema di sfruttamento della prostituzione, che spesso ha anche qualche legittimazione para-legale. Un fenomeno che assume connotati ancora più gravi quando le vittime di questa nuova schiavitù sono minori, che spesso sono venduti dalle famiglie più indigen- ti, con il beneplacito delle autorità che chiudono un occhio pur di veder triplicare il numero di turisti che raggiungono il proprio Paese. È il caso della Thailandia, che insieme ad altri Paesi partecipa a un sistema di criminalità organizzata che ha un fatturato di 5 miliardi di dollari l’anno e che coin- volge milioni di donne e bambini in tutto il mondo. E che grazie alle nuove tecnologie alimenta un giro d’affari che va ben oltre il luogo fisico dove la violenza è commessa, ma si riproduce in maniera esponenziale, attraverso siti Internet, filmati, fotografie. In India, grazie alla mancata applicazione della legge che reprime il turismo sessuale, si assiste all’aumento del turi- smo pedofilo. A denunciarlo è un rapporto dell’Istituto di Scienze sociali indiano che rivela che ogni anno sono oltre 44mila le denunce di scomparsa di minori (solo di 11mila si torna ad avere notizie). La città di Goa, che ha avuto un particolare sviluppo dopo la demolizione del quartiere a lu- ci rosse, è un mercato del sesso con minori che rispondono al mito popolare che avere rapporti con “vergini” curereb- be l’Hiv e altre malattie a trasmissione sessuale. Ogni bam- bino (“lamani”) con un’età tra gli 8 e i 12 anni viene acqui- stato dai trafficanti a 30mila rupie (500 euro), e poi viene affittato per mille/duemila dollari al mese. Il mercato della prostituzione in India supera i 370 miliardi di rupie l’anno. IL PARTITO DEI PEDOFILI. Nato recentemente in Olanda, si chiama Nvd - Charity, Freedom and Diversity (Amore del prossimo, libertà e diversità) ed è la prima organizzazio- ne politica con un programma di «liberazione pornopedo- fila» che si presenta sul panorama europeo. Sebbene siano numerose le organizzazioni più o meno note che promuo- vono in varie forme, anche in rete, «il diritto del minore a scegliere la propria sessualità», quella olandese appare co- me la prima organizzazione politica che, stando alle dichia- razioni rilasciate dai suoi leaders, intende fare della rivendi- cazione pedofila un’attività a largo raggio. Il movimento chiede: l’abbassamento della soglia dell’età del consenso (il limite per la liceità dei rapporti sessuali tra adulti e adole- scenti dovrebbe essere abbassato dai 16 anni ai 12 anni), e poi gradualmente l’abolizione; la depenalizzazione per la diffusione e il possesso di materiale pedopornografico; con- sentire la partecipazione dei giovanissimi ai film ad alto contenuto erotico. Il tribunale de L’Aja (luglio 2006) ha respinto il ricorso di alcune associazioni che chiedevano la chiusura immediata del partito Nvd. Secondo la Corte, il partito ha la possibi- lità di esistere in virtù del diritto di parola e di associazione, universalmente riconosciuti e garantiti. PROSTITUZIONE SACRA.Nella regione del lago Volta esisto- no le trokosi, donne, ma più spesso bambine di 4 o 5 anni che vengono portate ai santuari del dio Tro, una delle divi- nità del sistema religioso vudù, per espiare colpe commes- se dalla famiglia, anche in un lontano passato: debiti, omi- cidi, furti, etc. Le trokosi passano tutta la loro vita nei san- tuari, a lavorare i campi dei sacerdoti del dio Tro e quando diventano più grandi ne diventano le concubine. La vita delle trokosi è un’esistenza di stenti: non possono cibarsi di quello che coltivano, vengono picchiate e possono ricon- quistare la libertà solo in tarda età. Si conta che siano circa 10/20mila le trokosi in Ghana, ma ve ne sono anche in To- go e in Benin. In Nepal invece è diffusa la deukis; in questo caso per espiare le colpe dei propri membri, le famiglie ric- che possono comprare le ragazze povere da offrire al tem- pio. Queste ragazze diventano mogli delle divinità o ven- gono avviate alla prostituzione. Secondo le Nazioni Unite, nel 1992 c’erano circa 17mila deukis in Nepal. LA “BANCA DEGLI ORGANI”. Le storie di rapimenti si susse- guono da anni. I trapianti ormai sono sempre più sicuri, grazie anche al farmaco cyclosporina. Il governo cinese dal 1984, immediatamente dopo che la cyclosporina era di- sponibile, ha preparato un documento intitolato Regole concernenti l’utilizzazione del cadavere o degli organi dei con- dannati a morte. Questa legge stabiliva che gli organi dei condannati a morte potevano essere usati per il trapianto se il prigioniero era d’accordo, se la famiglia era d’accordo e se nessuno reclamava il corpo; e il tutto doveva essere condot- to nella totale segretezza; in tal modo non sarebbe stata no- ta né la destinazione dell’organo, né i nomi dei chirurghi che partecipavano all’operazione. Nel 2006 il timore che le condanne capitali venissero eseguite solo quando si mani- festava la richiesta di organi è diventata una realtà. Questa è la denuncia della Bts, la Società britannica per i trapianti. Sui siti web dei centri di trapianto cinese viene garantito il rapido reperimento di organi. «Fornitori di visceri possono essere trovati subito!», questa è la promessa del sito. Il costo per un trapianto di un rene è di 62mila dollari Usa, per uno di cuore 140mila. «La rapidità con cui vengono trovati i do- natori fa pensare che i detenuti siano selezionati per l’ese- cuzione» ( Centro documentazione dell'Eurispes, 2005). Recentemente l’inchiesta Ladri di bambini a Baghdad (set- tembre 2006), per il canale news della Rai, ha portato alla luce il commercio di organi soprattutto nella capitale ira- chena; secondo le ong locali, sono almeno 5 i bambini che spariscono ogni settimana. «A due ragazzi iracheni, di soli 10 e 11 anni, sono stati prelevati i reni. (…) Ad un bambi- no sono stati prelevati gli occhi, (…) per far andare in por- 29 to un’operazione del genere necessariamente vi è coinvolto uno specialista (…)» ( A. Tarik, Indipendent Iraqi Women Organization). Secondo alcuni ricercatori locali, i bambini iracheni sono venduti anche in Europa, in particolare in Olanda e in Gran Bretagna, attraverso i Paesi limitrofi ed esistono organizzazioni internazionali che operano in col- laborazione con basisti locali. MATRIMONIO PRECOCE O FORZATO. “L’acquisto della spo- sa” è una pratica tradizionale in alcuni Paesi. Spesso troppo giovane per opporsi al matrimonio combinato, la ragazza diviene proprietà della famiglia del marito. Se diventa ve- dova, viene ereditata come qualsiasi altra proprietà (“levi- rato”) dal più vicino parente maschio della famiglia ed è co- stretta ad un nuovo matrimonio. BAMBINISOLDATO.Sono almeno 300mila (Ilo, Oim, 2006) i bambini e i ragazzi che combattono nelle tante guerre del mondo. Centinaia di migliaia sono invece quelli che pos- sono essere arruolati in ogni momento negli eserciti regola- ri o nelle file di qualche gruppo armato. La maggior parte di questi soldati bambini ha tra i 15 e i 18 anni, ma nume- rosi sono quelli di età inferiore (10-14 anni). In alcuni casi i ragazzi aderiscono come volontari ai conflitti: la maggior parte lo fa per sopravvivenza. Nella Repubblica democrati- ca del Congo, nel 1997, tra i 4mila e i 5mila adolescenti hanno aderito all'invito di arruolarsi, pubblicizzato attra- verso la radio. La fine della guerra in Afghanistan, Angola e Sierra Leone ha portato alla smobilitazione di 40mila bam- bini, ma oltre 25mila sono stati coinvolti nei conflitti in Costa D’Avorio e Sudan. In Colombia il reclutamento dei minori di 18 anni nell’esercito nazionale è terminato nel 1999 ed è proibito per legge. Ma l’arruolamento da parte dei gruppi armati illegali continua; sono circa 7mila i bam- bini soldato colombiani, la maggior parte ha tra i 15 e i 17 anni. Altri 7mila, invece, fanno parte delle milizie urbane legate ai diversi gruppi e operano in clandestinità. I conflit- ti armati hanno un impatto anche sullo sfruttamento ses- suale dei bambini. Le ragazze non accompagnate sono spes- so catturate da militari che le utilizzano come lavoratrici coatte o come soldati o “mogli”. Le aggressioni sessuali, usa- te come arma di guerra contro donne e bambini, sono sta- te 25mila nel Congo Orientale. Si ritiene che in Sierra Leo- ne circa 10mila ragazze siano state rapite, per lo più in aree rurali, per servire il Fronte Unito Rivoluzionario (Unicef, 2003). In Liberia uno studio recente ha scoperto che bam- bine di soli 10 anni venivano sfruttate sessualmente dai sol- dati nelle basi militari. TRE VULNERABILITÀ: MINORI, MIGRANTI, NON ACCOMPA- GNATI. L'Italia è il Paese europeo che ha il maggior numero di minori non accompagnati: alla fine del 2005 erano 6.500. Un dato che, secondo la denuncia delle associazio- ni, sottostima il reale numero delle presenze, perché la mag- giore rigidità della legge Bossi-Fini induce a permanere in uno stato di clandestinità. La regione con il maggior nu- mero di presenze è la Lombardia (1.347), seguita dal Lazio (913). La maggior parte dei minori (80%) registrati è di ses- so maschile. Quanto all’età, da una rilevazione del 2004 ri- sultava la prevalenza di adolescenti tra i 15 e i 17 anni ri- spetto a quelli della fascia di età tra gli 11 e i 14 anni (circa un quinto). La Romania è il primo Paese di provenienza (37,2%), seguono il Marocco (20,1) e l’Albania (16,8) (Rapporto Unicef-Caritas 2006 ). SCHEDA 15. QUANDO UN MINORE SCOMPARE: PREVENZIONE ED EDUCAZIONE ALLA SICUREZZA LE DIMENSIONI DEL FENOMENO. Dai dati del Department of Justice’s Office of Juvenile Justice and Delinquency Pre- vention degli Stati Uniti emerge che nel solo 1999 è stata segnalata la scomparsa di 797.500 bambini: di questi 203.900 sono stati sottratti da un familiare e 58.200 da un soggetto estraneo alla famiglia; 115 i bambini vittime di ra- pimenti protratti nel tempo, che hanno subito violenze o non sono sopravvissuti. Secondo il Centro europeo per i bambini scomparsi e sfrut- tati a scopo sessuale, nel 2005 sono stati 2.438 i nuovi casi di bambini scomparsi o sfruttati sessualmente; il 7% in più rispetto al 2004. Più della metà dei nuovi casi erano ancora irrisolti al 31 dicembre dello scorso anno. Infatti, il 42,4% dei dossier aperti riguarda bambini scomparsi, ben il 36,4% bambini scappati volontariamente da casa. Nel 12,8% dei casi, poi, i piccoli scomparsi sono rapiti da un familiare, mentre nel 7,1% si tratta di rapimenti a scopo di sfruttamento sessuale. Solo nello 0,9% dei casi a rapire il piccolo è una “terza persona”, estranea all’ambiente dome- stico. MINORI SCOMPARSI IN ITALIA. Ogni anno, in Italia, le For- ze dell’ordine avviano circa 3mila ricerche di minori scom- parsi. Anche se questa cifra, nel giro di un anno, si riduce di oltre l’80%, il fenomeno è socialmente rilevante ed anche difficile da classificare. Un minore, infatti, può “scompari- re” per tutta una serie di motivi: dal rapimento vero e pro- prio (stranger kidnapping/non family abduction), alla sot- trazione attuata da un familiare (parental abduction), alla fuga volontaria (runaway).Così, il concetto di “scomparsa” comprende tutte quelle situazioni in cui si perdono le trac- ce di un minore, indipendentemente dalle cause, volonta- rie o meno, del suo allontanamento. La fascia più consistente di minori da rintracciare è quella dai 15 ai 18 anni, che per lo più si allontanano volontaria- mente dal loro domicilio. Nel 2004 se ne contavano 843 stranieri e 147 italiani; nel 2005 il loro numero è aumenta- to a 957 per i primi e 208 per i secondi. Al 10 aprile 2006 i minori scomparsi sono 292 (203 stranieri, 89 italiani). Ci sono tuttavia rilevanti differenze quantitative e di moti- vazioni della scomparsa tra i minori stranieri e quelli italia- ni. Per quanto riguarda i minori stranieri si tratta soprat- tutto di minori di sesso maschile giunti in Italia al seguito di flussi migratori clandestini e spesso affidati dai Tribuna- li per i minorenni ad istituti di accoglienza o di assistenza, da cui si allontanano volontariamente rendendosi irreperi- bili. Per quel che riguarda i minori italiani, invece, nella maggior parte dei casi si tratta di minori di sesso femmini- le che si allontanano volontariamente dal proprio domici- lio per seri motivi di disadattamento all’ambiente o per gra- vi dissidi con i familiari. Tra gli 11 e i 14 anni i minori scomparsi sono stati 413 nel 2004 (330 stranieri e 83 italiani); 430 nel 2005 (341 stra- nieri e 89 italiani) e 143 al 10 aprile 2006, di cui 114 stra- nieri e 29 italiani. La classe d’età più a rischio, quella fino ai 10 anni, ha fatto registrare la scomparsa nel 2004 di 94 stra- nieri e 61 italiani; nel 2005 178 stranieri e 80 italiani, men- tre al 10 aprile del 2006, 68 stranieri e 26 italiani. Molto spesso però la sottrazione di minori avviene da parte di uno dei coniugi (separato o in via di separazione conflittuale) ai danni del genitore affidatario o si verificano casi in cui en- trambi i genitori si rendono irreperibili con il minore che il Tribunale per i minorenni aveva affidato ad appositi istitu- ti di accoglienza o ad altre famiglie. KIDNAPPINGS: FALSI MITI E LUOGO COMUNE DELLO “STRANGER DANGER”. Quando si pensa al “rapimento di un bambino”, solitamente ci si immagina un soggetto lo- sco che in un luogo isolato della città afferra un bambino e lo porta via. In realtà, questa forma di sottrazione risulta es- sere la meno frequente: la maggior parte delle scomparse, infatti, avvengono ad opera di persone che, in qualche mo- do, sono già conosciute dai bambini. Lo dimostrano i dati diffusi dalla Direzione centrale della Polizia criminale: lo sconosciuto che rapisce un bambino rappresenta solo il 17,5% dei casi (www.bambini scom- parsi.it), ovvero una minima percentuale del fenomeno. La medesima tendenza si riscontra nei dati, relativi al 2005, del Centro europeo per i bambini scomparsi e abusati ses- sualmente secondo i quali solo nello 0,9% dei casi a rapire il bambino è una persona estranea alla famiglia. Anche i da- ti statunitensi confermano questo trend: secondo le analisi del National Incident-Based Reporting System (Federal Bureau of Investigation, 1997), all’interno di un campione di 1.214 minori scomparsi, le sottrazioni da parte di uno dei due genitori (parental abduction) riguardavano il 49% dei casi, quelle ad opera di soggetti non appartenenti alla famiglia ma conosciuti (non family abduction) rappresen- tavano il 27% dei casi, mentre solo nel 24% dei casi i rapi- tori erano sconosciuti (stranger kidnappings). Come nel caso degli abusi sessuali, anche in quello della scomparsa la maggior parte degli autori sono in qualche modo conosciuti dai bambini: appartengono alla famiglia, la frequentano o sono presenti in uno dei luoghi frequenta- ti dal bambino (scuola, luoghi del divertimento, luoghi del- lo sport, etc.). Anche per quanto riguarda i motivi della scomparsa è necessario sgomberare il campo da alcuni luo- ghi comuni. Secondo quanto riferito dalla Polizia criminale, infatti, è da escludere che i bambini italiani siano vittime di organizza- zioni che trafficano organi. Allo stesso modo, sempre la Po- lizia criminale esclude che minorenni italiani siano vittime di tratta, essendo l’Italia solo un Paese di transito. LE LINEE TELEFONICHE: UN AIUTO NELLA PREVENZIONE E NELL’INTERVENTO. Le ricerche di un bambino scomparso prendono il via con l’inserimento del nominativo del mi- nore nello schedario «Fatti e denunce» della Banca dati In- terforze e sono estese a tutti i Paesi aderenti all’accordo di Schengen. Qualora ci siano fondati motivi di ritenere che il minore possa trovarsi in altri Paesi, viene allertata l’Inter- pol. Contemporaneamente sono avvertiti tutti gli uffici delle Forze di polizia territoriali. L’intera procedura è inte- grata dall’attività investigativa, svolta sotto la direzione del- l’autorità giudiziaria. Data l’importanza di questi obiettivi, in molte realtà euro- pee si sono diffuse organizzazioni e helplines. Un numero breve, gratuito, disponibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7 può essere utile per raccogliere le segnalazioni relative alla scom- parsa di un minore e attivare tempestivamente tutti gli at- tori utili alla risoluzione del caso, a cominciare dalle Forze dell’ordine e dall’autorità giudiziaria, per arrivare ai media, ai servizi sul territorio, alle associazioni che operano per la tutela dei diritti dei bambini. Attraverso una linea telefoni- ca, poi, è possibile offrire consulenza legale o psicologica, a seconda del caso, sostenendo le famiglie in difficoltà. Una helpline può anche sollecitare la collaborazione degli orga- ni mediatici (attraverso spot televisivi, on line e su carta stampata) o distribuire volantini con dati e foto del minore scomparso. Al fine di valorizzare il tema dei minori scomparsi e favori- re un maggior coordinamento - e dunque una maggiore 30 31 I minori autori di reato segnalati all’autorità giudiziaria, nell’Italia del 2005, sono più di 20mila, per la maggioran- za maschi ed italiani. Il Rapporto 2005 sullo stato della sicu- rezza del nostro Paese segnala che, anche se di poco, la pre- senza dei minori fra i denunciati totali, in questi ultimi an- ni è in crescita. Infatti, se si confronta l’arco temporale lu- glio 1997-giugno 2001 con il successivo arco temporale lu- glio 2001-giugno 2005, l’incidenza dei minori denunciati in rapporto alla totalità dei soggetti denunciati è aumenta- ta dal 2,7% del primo periodo (82.176 minori) al 3,1% del secondo (84.283 minori). I reati predatori, cioè gli scippi, i borseggi, le rapine, i furti in abitazione o di autovetture e motocicli, che in media co- stituiscono il 43% dei reati totali, hanno registrato un’inci- denza, nel periodo 2001-2005, di autori minorenni del 10,8%, con un aumento del 2% rispetto al quadriennio precedente. In particolare nei due quadrienni considerati risultano in aumento i furti e le rapine, rispettivamente +1,4 e +41,6%. Per ciò che invece riguarda i minori de- nunciati alle Forze dell'ordine per reati connessi all’uso o allo spaccio di droga, questi riguardano il 7% del totale dei denunciati nel quadriennio 2001-2005 per un totale di 6.375 giovani, con una diminuzione dell’8,1% (562 unità) rispetto ai quattro anni precedenti. La percentuale di mi- nori denunciati per reati di estorsione rimane invece stabi- le al 3,5% delle denunce totali. La percentuale dei minori denunciati per omicidio non risulta incidere in maniera consistente sul totale delle denunce: 65 casi su 84.283, ma si segnala una crescita del 3% degli omicidi volontari nel- l’ultimo quadriennio. Un aumento percentuale consistente riguarda invece le de- nunce di minori autori di lesioni dolose. Tra il 2001 e il 2005, questo delitto riguarda il 4,9% del totale delle de- nunce a carico di minorenni, ma la percentuale di aumen- to nei confronti del quadriennio precedente è notevole: il 60,4%, passando quindi da 2.584 a 4.146 minori denun- ciati. LA SITUAZIONE EUROPEA. Nel 2001 nel nostro Paese è sta- to registrato un numero elevato di persone denunciate, ter- za al di sotto di Germania e Francia, seguita da vicino da Finlandia e Regno Unito. Per quel che riguarda i minori de- nunciati, la percentuale di incidenza sul totale, posiziona l’Italia quasi ultima nella graduatoria con una percentuale del 2,5%, seconda solo al Portogallo. I Paesi europei con la più forte incidenza percentuale dei minori sul totale delle denunce sono la Svezia, con un pesantissimo 28%, insie- me al Regno Unito e alla Francia, rispettivamente a quota 24 e 21%, per cui quasi un denunciato ogni quattro risulta essere un minore. L’Italia comunque sta seguendo un trend di crescita, seppur lieve, che vede dei cambiamenti nello specifico ambito della tipologia di crimine, per cui i delitti commessi dai giovani vanno assumendo le caratteristiche dei crimini commessi dagli adulti. INGRESSI NEI CENTRI DI PRIMA ACCOGLIENZA. Negli ulti- mi dieci anni si evidenzia una diminuzione degli ingressi di soggetti minori (-520) con una diminuzione percentuale di ragazzi italiani, dal 46% del 1995 al 42 del 2005, ed un relativo aumento degli stranieri, dal 54% al 58. Analizzan- do gli ultimi due anni, il 2005 vede una diminuzione, per quanto riguarda gli ingressi di minori italiani, del 3% circa rispetto al 2004, mentre la componente degli stranieri ha fatto registrare una riduzione più marcata, intorno al 7. Rispetto al genere, vi è una netta differenza che vede per i minori italiani la quasi totalità dei casi al maschile (95% dei maschi contro il 5 delle femmine), mentre per gli stranieri c’è un distacco minore: 67% maschi e 33% femmine. Nel complesso vi è una netta maggioranza di maschi sulle fem- mine (79% per i primi, 21 per le seconde), con il 91% di straniere sul totale delle femmine minori che hanno fatto ingresso nei Cpa. La variante età vede al 2005 la prevalenza di ingressi a carico di diciassettenni (34%), seguiti dai sedi- cenni (26). Rimane comunque difficile il controllo dell’età dei minori stranieri poiché non possiedono documenti che ne certificano l’età e non sono accompagnati da adulti. Ele- vata è la percentuale delle minori straniere che ha o che di- chiara meno di 14 anni, quindi non imputabili, unico ran- ge di età nel quale prevalgono le femmine (239 contro 142 maschi). Nel 2005, il 93% (3.406 soggetti) dei minori che ha fatto ingresso in un Cpa è stato sottoposto ad arresto; 167 mino- ri sono stati fermati (5%) e 82 accompagnati (2%). È a Ro- ma che si è registrato nel 2005 il maggior numero di in- gressi con il 31% del totale complessivo (1.124 ingressi). Seguono Milano e Napoli con rispettivamente 366 e 363 SCHEDA 16. MINORI AUTORI DI REATO condivisione di pratiche, strategie d’azione e dati - fra i Pae- si dell’Unione europea, la stessa Commissione europea ha accolto positivamente la proposta (avanzata da diverse as- sociazioni tra le quali Telefono Azzurro) di istituire un nu- mero unico di Emergenza infanzia a livello europeo che, al- meno inizialmente, recepirà solo le segnalazioni di casi di bambini scomparsi e vittime di abuso/sfruttamento ses- suale. 32 ingressi e i Centri di prima accoglienza di Torino (249), Fi- renze (223), Catania (199), Genova e Treviso (entrambe 149) e Bologna (118). Il Cpa di Potenza è all’ultimo posto con soli 6 ingressi (di cui 3 ragazzi italiani e 3 stranieri). In particolare, nei Cpa del Sud e delle Isole hanno una netta prevalenza le presenze di minori italiani, mentre al Centro e soprattutto al Nord prevalgono in buona misura gli stra- nieri. I reati commessi dai minori in ingresso ai Centri di Prima Accoglienza sono per la maggior parte reati contro il patrimonio - furto, rapina, estorsione, danneggiamento e ricettazione - (70,6%); in seconda misura vi entrano per violazione della legge sugli stupefacenti (18,7), per reati contro la persona (4) e, in pochi casi, per reati contro la fa- miglia (0,2). Nel 69% dei casi i minori autori di reato che escono dai Cpa dovranno seguire delle misure cautelari. Questa misura vie- ne applicata più per gli italiani che per gli stranieri, rispetti- vamente per l’83% dei primi contro il 60 dei secondi. Al- l’interno delle misure cautelari il metodo più utilizzato è quello della custodia, seguono l’inserimento in comunità e la permanenza a casa. Per gli stranieri viene maggiormente applicata la custodia cautelare (44% dei casi), mentre per i minori del nostro Paese vengono applicate il più delle volte (31%) misure non detentive, come la permanenza a casa. Gli Istituti penali per minori. In Italia, le carceri minorili sono 17 e le più popolate sono quelle di Roma e Milano, seguite da Torino, Nisida (Na), Bologna, Bari e Catania. La presenza media giornaliera dei giovani negli istituti è dimi- nuita nel 2005 del 4% rispetto all’anno precedente. Nel- l’arco di dieci anni (1995-2005) si è verificata una sostan- ziale inversione di tendenza: mentre è nettamente dimi- nuita la presenza media giornaliera dei minori italiani negli Ipm, quella degli stranieri ha registrato un aumento co- stante negli anni. Le ragazze detenute sono l’11% dei dete- nuti complessivi nel 2005, con una presenza media giorna- liera negli istituti di 54,1 giorni, contro i 422,8 giorni dei ragazzi. Inoltre, si registra una diminuzione dei detenuti provenienti da Serbia, Montenegro, Albania e Croazia, mentre aumentano quelli provenienti dalla Romania. La maggior parte dei ragazzi detenuti (il 55%) è in attesa di giudizio, mentre il 32% ha ricevuto una condanna ed è in esecuzione di pena. Il restante 13% è rappresentato da ap- pellanti e ricorrenti. Tra coloro che sono in attesa di giudi- zio, si trova un maggior numero di italiani rispetto agli stra- nieri, con una presenza media giornaliera di 92,3 giorni per i primi e 59,9 per i secondi. Per gli italiani l’età media degli utenti è pari a 17,9 anni, ma occorre considerare che nel 53% dei casi si tratta di “giova- ni adulti”, soggetti, cioè, autori di reato da minorenni, che sconteranno la pena in istituto fino ai 21 anni di età. Per gli stranieri invece l’età media di utenza si abbassa ai 17 anni. I tipi di reato per cui questi minori si trovano nel carcere so- no soprattutto quelli contro il patrimonio. Nel 2005 erano detenuti 57 ragazzi, di cui 40 italiani e 17 stranieri, per rea- ti contro la persona (omicidi, violenze sessuali, tratta di per- sone e prostituzione); 270 per reati contro il patrimonio, di cui 105 italiani e 165 stranieri; 97 per violazione della leg- ge sugli stupefacenti, di cui 58 stranieri e 39 italiani. GLI UFFICI DI SERVIZIO SOCIALE PER I MINORENNI. A diffe- renza delle altre istituzioni, dove la presenza degli immigra- ti e quella degli italiani è abbastanza simile, per gli Ussm si nota una netta prevalenza dell’utenza di minori italiani, sia per coloro che sono segnalati da parte dell’autorità giudi- ziaria, sia per quelli presi in carico dall’ufficio. Nel 2005 i minori italiani segnalati sono il 67%, con una diminuzio- ne del 6% rispetto al 2004, gli stranieri il 19% e i nomadi il 14. Similmente vi è una netta prevalenza dei minori italia- ni presi in carico dall’ufficio, dove il 75% è popolato da ra- gazzi del nostro Paese, il 17 da stranieri e l’8 da nomadi. LE COMUNITÀ. Qui vengono accolti i giovani che hanno in corso un procedimento penale. Gli ingressi in questi ul- timi anni sono cresciuti vistosamente: dagli 834 ragazzi del 1998 (di cui 630 italiani) si è passati ai 1.926 del 2005. La presenza media giornaliera è aumentata dai 173 giorni del 1998 ai 470 giorni del 2005. La classe di età che maggior- mente usufruisce di questa sistemazione sono i ragazzi dai 16 ai 17 anni, con 1.214 collocamenti al 2005. Di questi 653 sono italiani, 488 stranieri e 73 nomadi, con una net- ta prevalenza di maschi. La maggior parte dei minori italia- ni che si trovano in Comunità hanno commesso reati con- tro il patrimonio (663 ragazzi su un totale di 1.335 nel 2005), insieme ai minori stranieri, confermando i trend già individuati dai dati degli altri istituti. Per i reati perpetrati contro la persona sono in comunità 216 ragazzi e 448 per aver violato la legge sugli stupefacenti. È interessante notare che, pur non essendo la Comunità un luogo chiuso e restrittivo, i movimenti di uscita arbitraria sono significativi. Nel 2005, infatti, per ogni 100 colloca- menti sono stati calcolati 35 allontanamenti arbitrari, i quali nella maggior parte dei casi hanno riguardato noma- di e stranieri; allo stesso tempo gli italiani sono coloro che in misura maggiore rientrano spontaneamente. I nomadi e gli stranieri popolano maggiormente le Comu- nità del Centro e del Nord Italia, e i minori italiani per lo più quelle del Sud del nostro Paese. Infatti, nel 2005 sul to- tale di 1.135 ingressi nelle Comunità del Centro e del Nord, 871 sono stati di stranieri e di nomadi, 264 di italia- ni; valori che si ribaltano se si considera la situazione degli ingressi nelle Comunità del Sud Italia e delle Isole: sul tota- le di 791 solo 87 ingressi hanno riguardato stranieri e no- madi. 33 QUALI MINORI E QUALI REATI. All’interno del mondo dei minori autori di reato si muovono differenti realtà: ad esempio, i gruppi di ragazzi organizzati per colpire i propri coetanei con lo scopo di scipparli dei cellulari, ed i capan- nelli di ragazzi che eseguono furti ai turisti nei centri storici delle città, sotto il comando e il controllo di adulti, non so- no evidentemente la stessa cosa. Nel primo caso, infatti, i soggetti sono autori coscienti delle loro azioni, intenziona- ti a compiere un danno a persone o cose, e il fenomeno è definito come bullismo o delle baby-gang. Nel secondo ca- so, invece, sono ragazzi indotti a compiere reato, spesso co- stretti a dover consegnare al proprio capo una somma di denaro o un bottino stabiliti. BULLISMO. Quando le azioni intenzionali di prepotenza e prevaricazione, di vessazioni e di maltrattamenti hanno co- me scenario la scuola, il fenomeno prende il nome di bulli- smo, dall’inglese bullying. L’associazione Telefono Azzurro è stata fra le prime nel nostro Paese ad occuparsi del mondo dell’infanzia e dei minori, e su questo fenomeno in partico- lare ha redatto un quaderno da diffondere nelle scuole al fi- ne di informare i giovani alunni, i loro insegnanti e le fami- glie sul fenomeno del bullismo, per combatterlo e preve- nirlo. Una caratteristica fondamentale del bullismo è il suo inscenarsi durante un lungo spazio di tempo, cioè non es- sere un singolo episodio di violenza, fisica o verbale, ma un’azione che si protrae con frequenza lungo il periodo sco- lastico. Da qui la definizione del bullismo come mobbing in età evolutiva. L’azione di bullismo è intenzionale, cioè messa in atto ap- positamente dal bullo per provocare sofferenza e disagio al- la vittima, la quale non riesce a difendersi e subisce le an- gherie del dominante. In questo rapporto asimmetrico di prevaricazione del forte sul debole si innesca anche il grup- po che spesso fa da spalla al bullo, contribuisce alla forma- zione e al mantenimento dei ruoli delle due figure e spesso partecipa ad azioni di violenza, anche solo con il silenzio. In particolare, il bullismo può essere: • diretto verbale quando consiste nell’insultare e scher- nire le vittime, offenderle con prese in giro umilianti o raz- ziste; • diretto fisico se si passa alle mani, con schiaffi, calci, ti- rate di capelli e graffi, appropriazione o danneggiamento di oggetti • indiretto quando assume modalità meno palesi, agen- do sul piano psicologico e manifestandosi nell’escludere le vittime dal gruppo amicale, isolandole, emarginandole e colpendole nella dignità, ad esempio, mettendo in circolo voci false su di esse. Il primo e il secondo tipo di bullismo, quello delle prepo- tenze dirette, fisiche e verbali, appartiene soprattutto ai ma- schi e si rivolge indifferentemente ai ragazzi o alle ragazze; mentre gli episodi di violenza psicologici, subdoli, meno palesi, propri del bullismo indiretto, sono messi in atto con maggiore frequenza dalle femmine verso le stesse coetanee. BABY-GANG. Quando il bullismo esce dalle pareti scolasti- che e si organizza in bande giovanili dove il bullo diviene un capo, un leader seguito da compagni che lo appoggiano in scorribande di quartiere e vere e proprie azioni crimina- li, si è di fronte a quelle che sono definite la baby-gang, sem- pre più numerose nelle grandi metropoli e nelle loro peri- ferie. I reati sono generalmente lo scippo, la rapina, il con- sumo e lo spaccio di sostanze stupefacenti, atti di pestaggio contro bande rivali per difendere il controllo della propria zona di azione generalmente un quartiere , violenze verso i più deboli e stupri. Il fenomeno si è affermato inizialmente nel Centro-Nord dell’Italia, dove ad essere implicati sono maggiormente ra- gazzi stranieri e nomadi, che compiono per lo più reati co- me il consumo e lo spaccio di droga e furti. Diffusosi poi rapidamente anche nel Meridione, il fenomeno ha coin- volto in larga maggioranza giovani residenti nei quartieri “difficili” dei centri urbani, già sfruttati dalla malavita orga- nizzata locale. In confronto ai compagni delle baby-gang del Nord, i giovani criminali del Sud si macchiano di reati spesso più gravi, fra cui violenze sessuali sulle ragazze di bande rivali e omicidi a scopo di rapina e di estorsione. 34 capitolo 3 LA SALUTE SCHEDA 17. BIOETICA DELL’ASSISTENZA ALLA NASCITA Il comportamento del bambino dipende molto da come viene accolto e “allevato” fino dai primi attimi della sua esi- stenza embrionaria. Gravidanza, parto, post partum e puerperio divengono così un tutto unitario guidato dalla équipe ginecologo-pediatrica durante tutto questo perio- do. Équipe medica unitaria, che si serve di altre figure pro- fessionali: dalla/o psicologa/o alla/o psichiatra, dalla oste- trica all’anestesista per affrontare il problema dal punto di vista bioetica, che considera la persona umana in senso “so- listico”, in cui natura e cultura si fondono. Questo in linea con la prima definizione di “bioetica”, termine usato per la prima volta da Van Resselaur Potter (1970): «Ho scelto la radice “bio” per rappresentare la conoscenza biologica; la scienza del sistema dei viventi (“bios” come “vita” nell’anti- co greco), ed “etica” per rappresentare la conoscenza del “si- stema dei valori umani”». Medici, quotidianamente impegnati ad accogliere la vita nascente e a promuoverne la qualità in questa fase così de- licata, aiutando nello stesso tempo la madre e la coppia a superare i rischi fisici e psichici legati ancor oggi a questo evento, si trovano spesso a dover scegliere, tra diverse possi- bili azioni mediche, quella che, rispetto alle altre, possa pro- durre maggiori conseguenze positive e a dare quindi con- creti giudizi etici. Azioni che dovrebbero anche essere (pro- prio per il “principio di autonomia”) ritenute le più idonee anche dalla gestante, sempre più spesso chiamata a dare un consenso sulle scelte operate dai medici. La tentazione però è che ci si limiti alla pura deontologia, o peggio, non si sviluppi la riflessione etica attraverso conce- zioni antropologiche che tengano conto del valore della persona, limitando tutto ad una visione tecnico-sperimen- tale dell’arte medica. La scelta del ginecologo consiste per- ciò spesso, non solo nel cercare la “soluzione migliore”, ma quella del “minor male”, quella che produca minori danni (secondo il principio della “non maleficenza”). La caratteristica di questa professione è poi tale che decisio- ni di questo genere non sono limitate a rare occasioni, ma presenti nella prassi quotidiana; decisioni che spesso vanno prese in pochi istanti, richiedendo immediate soluzioni. Forse per questa ragione scattano spesso, ed in maniera cre- scente, problematiche legali in sala parto. L’eccessivo ricor- so alla legge ha inoltre determinato l’insorgere di criteri di “medicina difensiva”, che fanno porre al medico non la do- manda «qual è la migliore decisione da assumere secondo la mia scienza e coscienza?», ma piuttosto «qual è la decisio- ne che apparirà migliore a chi giudicherà il mio operato?». La spesa per l’assicurazione contro possibili danni profes- sionali in ostetricia ha, infatti, oggi raggiunto cifre tali da provocare in molti Paesi la caduta delle iscrizioni alla spe- cialità. Il fenomeno è già evidente negli Stati Uniti (per eser- citare la professione di ginecologo a Miami si pagano 147mila dollari all’anno di assicurazione), ma anche in Eu- ropa si assiste oggi ad un allontanamento dei ginecologi dalla sala parto. Si comprende quanto alta sia quindi l’esigenza da parte del- l’ostetricia moderna di approfondire criteri etici generali da applicare alle scelte quotidiane, che non è più possibile basare solo sulle sole proprie “virtù”, ma su “principi” il più universalmente accettabili. In mancanza di criteri univoci, infatti, le scelte etiche sono spesso guidate da valutazioni medico-legali e non dal criterio della responsabilità. La caduta del “paternalismo medico” ha inoltre determina- to in molti ginecologi la convinzione che non sia più loro la responsabilità di dover decidere quale sia “il bene del pa- ziente” (ritenendo che ciò non rientri nelle proprie “virtù” e “funzioni”), fino a non ritenere che sia un ruolo essenzia- le del medico acquisire le competenze necessarie per com- prendere i reali bisogni della gestante. Il rispetto della “au- tonomia” della gestante e la promozione del “protagoni- smo della coppia”, pur essendo principi su cui dovrebbe ba- sarsi una moderna assistenza alla nascita tesa all’“umaniz- zazione” dell’evento parto non escludono il dovere di pren- dere decisioni responsabili “secondo scienza e coscienza” . La persuasione occulta, dettata da “mercato e moda” attra- verso i mass media, che spesso riflettono ideologie e cultu- re dominanti, influenza poi notevolmente sia paziente che medico, il quale deve però avere la capacità di applicare alle proprie scelte rigorosi criteri di una medicina “basata sul- l’evidenza”. Il principio utilitarista che ritiene unico fine del vivere «pro- var piacere ed evitare il dolore», con il conseguente invito a scegliere da parte del medico quella azione «che, rispetto ad altre, produce il maggior numero di conseguenze positive, o meglio, che produce rispetto ad altre la maggior felicità complessiva» ( Sala, 2003), non è forse di difficile applica- zione alle scelte da effettuarsi in sala parto? Anche quando però non vi sia conflittualità fra diverse istanze etiche, esiste il pericolo che il pluralismo culturale porti ad un relativi- 35 smo etico, che neghi l’esistenza di universali valori di riferi- mento. Il riferimento ad un’antropologia basata sul perso- nalismo, che veda l’unità natura-cultura, corpo-spirito, può però essere di grande aiuto nelle scelte di queste figure professionali. Ma non tutti condividono questa istanza. Prendendo in considerazione il discusso problema dell’ec- cessivo ricorso al taglio cesareo, in particolare nel nostro Paese, emerge come vi sia un’indicazione in rapida crescita, quella del cesareo per scelta della paziente. Le ricerche su questo tema si sono moltiplicate, ma soprat- tutto è aumentato in tutto il mondo il ricorso al taglio cesa- reo per esplicita volontà della paziente e senza indicazioni mediche. Ancora una volta una prassi basata su scelte di ti- po utilitaristico, talora guidata dal mercato, supera il rigore scientifico della “evidence based medicine”, dando più spa- zio alla “narrative based medicine”, che cerca di compren- dere in modo empatico i bisogni di salute del singolo pa- ziente, interrogandosi non solo sui fatti fisiologici e patolo- gici della sua esistenza, ma su come la gestante li ha vissuti e li vive. Il punto è che molto spesso il medico, su tale argomento, agisce secondo criteri basati su opinioni personali piuttosto che sull’evidenza scientifica. Un dato su cui riflettere è che nel Regno Unito la maggior parte dei ginecologi sceglie per sé o per la propria compagna il taglio cesareo elettivo, senza altra indicazione (Barret, 2005), mentre per la paziente in- siste nel consigliare il parto per via vaginale, ricorrendo spesso all’uso di ossitocici e di forcipe o vacuum. Al di là quindi delle linee guida, è la scelta etica basata su un colloquio profondo ed esauriente che guida la decisione cli- nica. Questa sarà possibile se gravidanza, parto, post par- tum e puerperio saranno sotto la responsabilità di una stes- sa équipe ostetrica e si cessi presto di “piombare nei centri nascita”, avendo fatto altrove la preparazione alla nascita e alla genitorialità ed essendo state seguite in gravidanza se- condo linee guida diverse da quelle usate dalla équipe che segue il parto. Mai come oggi un’etica basata sulla compe- tenza esige in bioetica non solo una aggiornata conoscenza di tecniche e un rinnovato patrimonio culturale sulla fisio- patologia e sulla clinica, ma anche una capacità pedagogica di organizzare il proprio progetto di educazione perma- nente. Per il docente, o il tutor (mentor) è poi necessaria una specifica competenza per aiutare a “crescere e cambia- re” le persone affidategli. Esiste quindi un “principio di competenza”, che obbliga ciascun medico non solo a cono- scere (saper fare), ma anche a saper imparare ad agire e a sce- gliere quale sia il miglior atto medico. La “bioetica dell’assi- stenza alla nascita” deve affrontare il tema delle strutture operative e della formazione e ruolo del personale. Il medi- co tende a fuggire dal lungo e gravoso impegno di seguire travaglio e parto, in cui ha il difficile compito non solo di fare diagnosi precoce di qualsiasi distocia, ma anche di pre- vedere un aumentato rischio materno o fetale che giustifi- chi un suo pronto intervento. Ne è derivato che l’assistenza a gravidanza, parto e puerperio fisiologico finisce per essere trascurata. Questo è uno dei più gravi problemi della moderna ostetri- cia, soprattutto in Italia. Non è possibile infatti che uno spe- cialista in ostetricia sia incapace di counselling nei corsi di preparazione al parto, ma soprattutto che non sia capace di seguire autonomamente un travaglio e un parto fisiologi- co. Oggi si deve essere medici della persona, profondi co- noscitori della fisiologia e della psicologia umana, atti a pre- venire e “prendersi cura” (to care) oltre che “curare” (to cu- re). Si può discutere fino a che punto il medico debba esse- re il solo “regista” responsabile del parto, oppure “attore” nella sua assistenza. Certamente è responsabile della presa in carico della gestante dalla visita preconfezionale fino al puerperio. Il medico deve preparare la donna al protagoni- smo della coppia, facendo fede al principio dell’autonomia. SCHEDA 18. BAMBINI E ADOLESCENTI IN SITUAZIONI DI DISASTRO: SONO EFFICACI GLI INTERVENTI DI SALUTE MENTALE? LA METODOLOGIA DELLA RICERCA IN SITUAZIONI DI DISA- STRO. La ricerca nell’ambito dei disastri si caratterizza per una prevalenza di studi sui disastri naturali (55%), realizza- ti per lo più negli Stati Uniti (52%), su campioni di sogget- ti adulti (70%), sebbene la maggior parte dei disastri av- vengano proprio nei Paesi in via di sviluppo. I campioni di bambini appaiono sottorappresentati: solo il 18% dei cam- pioni in caso di disastri naturali, l’11% in caso di disastri tecnologici e il 15% degli studi sulla violenza di massa. Per quanto concerne la metodologia della ricerca, solo in uno studio su cinque il campionamento è stato condotto con la tecnica dell’assegnazione casuale: nel 31% dei casi, ovvero la moda, il campionamento è stato di convenienza (conve- nience sample). La numerosità campionaria mostra una notevole variabilità: approssimativamente un campione su tre è composto da meno di 100 soggetti, uno su quattro da più di 400. Gli studi che coinvolgono bambini e adole- scenti, forse perché condotti nelle scuole, presentano gene- ralmente campioni molto numerosi (mille). Il 72% degli studi presenta un disegno cross-sectional, os- sia dispone di un solo assessment successivo al disastro. So- lo nel 28% dei casi sono stati effettuati due o più assessment (longitudinal design) e solo nel 4,4% dei casi sono disponi- bili valutazioni precedenti al disastro (pre-post design): po- chissimi studi longitudinali e pre-post sono stati condotti nei Paesi in via di sviluppo. Gli studi pre-post, rispetto a quelli solo post, sembrano inoltre caratterizzati da una mi- nore severità negli effetti riscontrati sulla popolazione. Nel 61% dei casi, il primo assessment è stato realizzato entro sei mesi dal disastro: il timing di questa prima valutazione, tut- tavia, non sembra influenzare la severità degli effetti osser- vati. Quando si analizzano le conseguenze di un evento trauma- tico su una popolazione è evidente l’interazione di un ele- vato numero di variabili, di ordine biologico, psicologico e ambientale. Soggetti esposti ad un medesimo evento pos- sono rispondere in modi del tutto differenti: se alcuni mo- strano una straordinaria capacità di resistere alle avversità, altri testimoniano come un evento traumatico possa in- fluenzare profondamente la vita di un essere umano, con- dizionandone lo sviluppo, la strutturazione della persona- lità, l’acquisizione delle competenze cognitive ed emozio- nali, il funzionamento relazionale, l’adattamento e la salu- te mentale più generalmente intesi. In alcuni Paesi occidentali, come gli Stati Uniti, vi è un si- gnificativo investimento nella ricerca: non solo è ricono- sciuta la necessità di interventi di salute mentale in contesti caratterizzati da grandi emergenze, ma si promuovono una specifica formazione e uno specifico addestramento su questi aspetti, nella consapevolezza dei molti risvolti etici e metodologici. Purtroppo, non si può dire lo stesso per l’I- talia che, nonostante una diffusa attrazione per il concetto di trauma e per le sue ripercussioni sulla salute mentale de- gli individui, manca ancora di un serio impegno nella ri- cerca e nel confronto a livello internazionale. Negli ultimi anni abbiamo assistito al fiorire di iniziative e congressi, al- la nascita di scuole e corsi di perfezionamento, alla costitu- zione di innumerevoli gruppi e associazioni di psichiatri e psicologi esperti dell'emergenza. Il terremoto che nel 1998 ha colpito le Marche e l’Umbria, l’incidente nell’aeroporto di Linate nel 2001, il terremoto del Molise nel 2002, gli in- terventi realizzati in Italia e all’estero sulle vittime dello tsu- nami nel 2004, testimoniano l’interesse per il tema e per gli interventi in questo settore, ma anche - troppo spesso - il persistere di approcci pionieristici e per lo più privi di un fondamento scientifico. STUDI CONTROLLATI. Uno dei primi studi controllati in quest’ambito è stato realizzato da Galante & Foa ( 1986), in una popolazione di bambini esposti al terremoto che ha colpito il Sud dell’Italia nel 1984. I ricercatori hanno ana- lizzato la sintomatologia presente in 300 vittime del terre- moto, residenti in sei diversi paesi e dimostrato l’efficacia di interventi di gruppo realizzati nelle scuole. Grazie ad un gruppo di controllo composto da bambini che non erano stati sottoposti al trattamento, è stata verificata l’ipotesi che un trattamento cognitivo comportamentale di sette incon- tri mensili fosse efficace nel ridurre le paure nella popola- zione infantile: il paese nel quale venne realizzato il tratta- mento presentò, infatti, significative riduzioni nella sinto- matologia. In un altro studio, Goenjian e collaboratori ( 2005, 1997) hanno valutato l’efficacia di un intervento di psicoterapia focalizzata sul trauma e sul lutto (trauma/grief-focused psy- chotherapy) in un campione di adolescenti che a seguito al terremoto armeno del 1988 avevano sviluppato sintomi di Ptsd e depressione. Diciotto mesi dopo il disastro, 64 prea- dolescenti (età media, 11-12 anni) avevano preso parte al- l’intervento: 35 erano stati sottoposti al trattamento e 29 avevano costituito il gruppo di controllo, non sottoposto al trattamento. Dopo altri 18 mesi (tre anni dopo il disastro) gli adolescenti erano stati rivalutati sulla sintomatologia del Ptsd e della depressione. La psicoterapia focalizzata sul trau- ma e sul lutto includeva: ricostruzione e rielaborazione del- l’evento traumatico, con una particolare attenzione ai sin- tomi di evitamento e maladattivi, conseguenza di distor- sioni e attribuzioni errate; identificazione dei reminders traumatici, promozione nei giovani di capacità di tolleran- za e ricerca di supporto sociale durante e dopo la loro com- parsa; capacità di far fronte allo stress e alle avversità, inco- raggiando l’utilizzo di comportamenti pro-attivi nella ge- stione dei cambiamenti e delle perdite causati dal disastro; gestione del lutto; valutazione dell’impatto evolutivo del disastro e promozione dei normali compiti evolutivi. Un terzo studio controllato è stato realizzato da Laor e col- laboratori (Wolmer et al., 2005; Laor et al., 2002) su un campione di bambini vittime del terremoto in Turchia del 1999, che aveva causato 18mila morti. Tre anni dopo il ter- remoto un gruppo di bambini sopravvissuti ha preso parte ad un programma di intervento realizzato nelle scuole da- gli insegnanti, opportunamente formati da un gruppo di esperti di salute mentale. Dopo l’intervento di Class Reac- tivation Program, la severità della sintomatologia si era si- gnificativamente ridotta, mentre erano aumentate le com- petenze relazionali osservate dagli insegnanti. STUDI CONTROLLATI RANDOMIZZATI.Al momento attuale in letteratura sono presenti solo tre studi randomizzati con- trollati di interventi rivolti a popolazioni di bambini e ado- lescenti esposti a disastri. Nel primo, Chemtob, Nakashima & Hamada ( 1996) due anni dopo l’uragano Iniki hanno analizzato gli effetti di un trattamento psico-sociale sulla sintomatologia post trau- matica in un campione di bambini delle scuole elementari dell’isola di Kauai. Nel secondo studio clinico randomizza- to (Chemtob, Nakashima & Carlson, 2002) sono stati ana- 36 37 SCHEDA 19. DISTURBI DELL’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ IN EPOCA PRECOCE IL DDAI - DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERAT- TIVITÀ. Il Ddai è una condizione che si caratterizza per la presenza di iperattività e/o impulsività e/o persistenti diffi- coltà di attenzione; per poter parlare di Ddai è necessario che i sintomi si manifestino prima dei sette anni di vita e siano presenti in diversi contesti. I sintomi di disattenzio- ne, iperattività e impulsività devono essere presenti da al- meno sei mesi e non devono essere la conseguenza di altri disturbi, quali quelli dell’umore, l’ansia, etc. I bambini con Ddai non sono semplicemente vivaci o po- co interessati alla scuola, ma la sintomatologia influisce in modo importante nella vita quotidiana del bambino, nella possibilità di apprendere e nelle relazioni sociali con coeta- nei e non. I gravi disordini dell’attenzione possono avere conseguenze piuttosto serie per i bambini, le loro famiglie e la società. I bambini potrebbero sviluppare un’autostima limitata, problemi emotivi e sociali e il loro rendimento scolastico potrebbe essere seriamente pregiudicato. Diversi autori sono concordi nell’affermare l’esistenza di una di- stribuzione continuativa del disturbo dalla prima infanzia all’età adulta, anche se il rapporto tra i tre sintomi basilari (inattenzione, impulsività, iperattività) cambia significati- vamente nel tempo e cambia la correlazione con i disturbi associati. I sintomi necessari per formulare una diagnosi di Ddai so- no estremamente aspecifici e comuni a molti disturbi psi- copatologici in età evolutiva e questo è motivo di qualche confusione diagnostica, confusione che porta ad una non sempre facile distinzione tra reale comorbilità (fino al 60% dei casi) e “semplice” sovrapposizione di sintomi. È noto che il Ddai è un disturbo che, generalmente, si manifesta in età evolutiva, ma è meno noto a che età si possa formulare una diagnosi e, soprattutto, quali siano i precursori clinici di questo disturbo. Le influenze genetiche nel Ddai sono considerate forti: vie- ne infatti riportata una ereditarietà tra il 70 e il 90%. Valo- ri così elevati di ereditarietà sono da attribuire alla estrema variabilità di presentazione del disturbo e, di conseguenza, alla forte eterogeneità delle popolazioni esaminate. Allo sta- to attuale delle conoscenze sembrerebbe che la genetica in- fluenzi il tratto e non la malattia. Sono stati ipotizzati più fattori genetici (recettori della dopamina, trasporto mole- colare della dopamina, proteina sinaptica), riscontrati o meno da gruppi di ricerca diversi per forte eterogeneità del- le popolazioni investigate. Fattori prenatali (abuso sostan- ze in gravidanza), neonatali (basso peso, sofferenza fetale) e postnatali (tossici, dietetici, interattivi) sono considerati fattori di rischio determinanti. SINTOMI DI DISATTENZIONE. I bambini possono avere dif- ficoltà nel mantenere l’attenzione nelle attività di gioco o nei compiti, commettendo frequenti errori di distrazione, non prestando attenzione ai particolari o alle spiegazioni. Questi bambini non sembrano ascoltare quando si parla loro direttamente, non portano a termine un compito, hanno difficoltà ad organizzarsi e spesso tendono ad evita- re tutti quei compiti in cui è necessaria una concentrazione prolungata; sono bambini che si distraggono con estrema facilità per la presenza di stimoli esterni, anche di lieve en- tità. SINTOMI DI IMPULSIVITÀ E IPERATTIVITÀ. I sintomi del- l’impulsività si manifestano attraverso una difficoltà ad at- tendere il proprio turno e/o il termine di una domanda pri- ma di rispondere (interrompendo le conversazioni altrui, intromettendosi nei giochi, etc.) e sono frequentemente as- sociati ai sintomi dell’iperattività. Nello specifico, si tratta di bambini che hanno difficoltà a rimanere tranquilli in tut- te quelle situazioni in cui ci si aspetta che rimangano sedu- ti; vengono descritti come in continuo movimento come se fossero guidati da un “motorino” e, anche quando sono fermi, lo sono in modo apparente perché tamburellano con le dita, si muovono in continuazione sulla sedia, toccano tutto quello che hanno di fronte. Infine, hanno difficoltà a giocare in modo tranquillo e preferiscono dedicarsi soprat- tutto ad attività di movimento. INTERVENTO. La sindrome da Deficit di attenzione è una condizione molto complessa e variabile dal punto di vista sintomatologico. Il suo trattamento necessita dell’inter- vento multidisciplinare di specialisti, con la collaborazione tra pediatra, genitori e insegnanti guidati da neuropsichia- lizzati gli effetti dell’Emrd sul Ptsd. Al follow up realizzato l’anno dopo il precedente intervento sulle piccole vittime dell’uragano Iniki (Chemtob et al., 1996), infatti, alcuni bambini presentavano ancora una significativa sintomato- logia clinica. Il terzo studio clinico randomizzato control- lato (Hardin et al., 2002) è stato realizzato dopo l’uragano Hugo che ha colpito il Sud della Carolina. Questa ricerca ha valutato l’efficacia di un intervento psico-sociale di cura a lungo termine finalizzato a ridurre la sintomatologia in un gruppo di adolescenti esposti al disastro. 38 SCHEDA 20. GENETICA DEI DISTURBI MENTALI IN ETÀ EVOLUTIVA tri, psicologi e terapisti della neuropsicomotricità dell’età evolutiva esperti. Allo stato attuale, sono pochi gli studi che hanno affrontato in modo esaustivo il discorso di un inter- vento terapeutico precoce nei bambini con Ddai. Nella maggior parte dei casi, viene proposto un lavoro di tipo psi- co-educativo che deve tenere in dovuta considerazione le caratteristiche neurocognitive e neuropsicologiche del Ddai e dei disturbi dello sviluppo associati. Il bambino si inserisce, dalla nascita ed ancor prima della nascita, in un complesso sistema di interazioni ed equilibri che comprendono le dinamiche familiari, il contesto socia- le e relazionale, gli eventi di vita. Ciascuno di questi fattori può avere un ruolo nel determinare suscettibilità ovvero protezione rispetto allo sviluppo di una psicopatologia. Negli ultimi decenni si è assistito a un importante sviluppo della ricerca nell’ambito del ruolo della genetica in psichia- tria infantile. Quanto ne sta emergendo è un quadro com- plesso, in cui si spazia da patologie a predominante com- ponente genetica ad altre in cui agiscono in modo preva- lente fattori per contrasto definiti “ambientali”. Fra i due estremi, vi è un ampio spettro intermedio di di- sturbi per cui il meccanismo causale si ritiene derivi dall’in- terazione fra geni definiti di “suscettibilità” e l’ambiente. In questi casi, nessun fattore è di per sé sufficiente per deter- minare lo sviluppo della sindrome clinica, la quale emerge invece proprio dall’interazione fra fattori di suscettibilità e di resistenza presenti nel patrimonio genetico come nel- l’ambiente. Si parla in questi casi di patologie “multifatto- riali”. Gli studi recenti hanno dimostrato l’estensione del- l’influenza della genetica sull’intero spettro del comporta- mento umano, e non solo sulla patologia. Effetti genetici importanti sono stati dimostrati ad esempio per alcuni aspetti della personalità, attitudini, valori. Esistono perfi- no differenze nella tendenza all’esposizione al rischio am- bientale. Fra le patologie psichiatriche del bambino e dell’adolescen- te classificate dal DSM IV (1994), alcune riconoscono più consistenti evidenze del ruolo di fattori genetici. Fra queste l’autismo, i disturbi dell’umore (disturbo bipolare più che depressione maggiore), la schizofrenia, il disturbo da defi- cit dell’attenzione-iperattività, il disturbo della condotta e il disturbo oppositivo-provocatorio, il disturbo da abuso di sostanze ed infine il disturbo da tics e la sindrome di Tou- rette. A queste vanno aggiunte tutte quelle patologie gene- tiche (sindromi dismorfiche, malattie degenerative) per cui si riconosce, all’interno di una sintomatologia ampia ed eminentemente organica, anche una componente com- portamentale. LO STATO DELLA RICERCA GENETICA NEL CASO DEI DI- STURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO.L’autismo è classificato come un disturbo pervasivo dello sviluppo, che esordisce entro i 3 anni di età. Clinicamente, è definito dalla presen- za della triade sintomatologica: difficoltà nella sfera sociale, difficoltà nella comunicazione verbale e non verbale e com- portamenti ed interessi ristretti, ripetitivi e stereotipati. Il disturbo è interessante da un prospettiva genetica perché, a differenza di molte patologie complesse, è relativamente raro e si presenta con un alto grado di aggregazione all'in- terno delle famiglie. Pur essendo la prevalenza stimata nella popolazione gene- rale fra lo 0,1 e il 0,3%, si calcola che il rischio di ricorrenza della malattia nei fratelli (che condividono metà del patri- monio genetico) sia molto maggiore, del 4,5%. Se si ana- lizza il rischio di ricorrenza nei gemelli monozigoti, i valori oscillano fra il 60 e il 91%. L’ipotesi che vi possa essere un singolo gene alla base del disturbo (come accade, ad esem- pio, nella fibrosi cistica) non è compatibile con una serie di evidenze. Dati epidemiologici, innanzitutto. Le percentuali di ricor- renza della malattia nelle famiglie non corrispondono a quelle che si osservano nelle patologie trasmesse con un unico gene. Lo stesso dicasi per l’inusuale distribuzione fra i sessi: il rapporto maschi/femmine è di 4 a 1. Secondaria- mente, evidenza importante è rappresentata dalla peculia- re presentazione clinica di questo disturbo. Vi è infatti am- pia variabilità interindividuale nel tipo, intensità e caratte- ristiche dei sintomi presentati. Questa variabilità ha indot- to i ricercatori e i clinici nell’ultimo decennio a parlare, più che di autismo, di disturbi dello spettro autistico, a sottoli- neare l’esistenza di un range sintomatologico. Anche in una stessa famiglia, quando sono presenti più soggetti affetti, è usuale che ciascuno presenti caratteristiche cliniche del di- sturbo peculiari. Non ultimo, nel 20% dei fratelli sani di bambini autistici, sono stati riscontrati tratti “sotto soglia” (ovvero di gravità non sufficiente a porre diagnosi di pato- logia) di difficoltà di comunicazione, relazione o di interes- si peculiari e stereotipati. Non appare possibile che un tratto così variabile sia causa- to da un singolo gene su un modello lineare causa-effetto. L’ipotesi che è stata formulata è quella di un’eziologia com- plessa, che prevede il coinvolgimento di diversi geni, situa- ti su diversi cromosomi, che interagiscono secondo un mo- dello articolato fra loro e con i fattori ambientali. 39 SCHEDA 21. I RISCHI DELLA RETE: RELAZIONE TRA INTERNET E PSICOPATOLOGIA Nel solo 2005 in Giappone si sono registrati 34 casi di sui- cidio collettivo organizzato via Internet, con 91 vittime; nel 2004 erano stati 19 con 55 vittime e il numero si è pratica- mente triplicato dal 2003, anno in cui il fenomeno ha ini- ziato a dilagare. Questi giovani aspiranti suicidi decidono di attuare il loro progetto dopo essersi ritrovati a condivi- dere angosce, paure e il desiderio di morire con i propri coe- tanei su qualche sito che tratta di suicidio e che spesso spin- ge, motiva, rende reale quello che spesso è solo un dispera- to pensiero in cerca di una soluzione. Ma c’è di più: qual- cuno decide di uccidere il proprio sé reale lasciando in vita il sé virtuale, quella parte di sé che solo in Internet ha trova- to un posto per vivere, lontano dalla frustrazione, vicina al- l’onnipotenza. DIPENDENZETECNOLOGICHE.Sono molte le domande che il mondo scientifico si pone rispetto all’uso rivoluzionario della Rete e che soprattutto riguardano i bambini, gli ado- lescenti e i giovani adulti, per i quali tutta da verificare è l’in- fluenza del nuovo mondo telematico sui processi di cresci- ta psicologica, neurocognitiva e relazionale. L’esistenza di patologie legate all’uso di Internet è ormai una realtà in tutto il mondo, si tratta di condizioni psicologiche genericamente indicate con il termine di Internet addic- tion e che includono una grande varietà di usi patologici della Rete a loro volta legati alle caratteristiche di persona- lità e quindi ai canali di soddisfazione e rinforzo che l’uten- te sperimenta. Saranno perciò di volta in volta i Mud, le chat, l’informazione, il gioco d’azzardo, il cybersesso a coin- volgere in modo patologico alcuni utenti potendo condur- re a due fenomeni principali: la dipendenza e la perdita del contatto con la realtà, fino a fenomeni dissociativi più o me- no gravi. Secondo la Canadian Medical Association la Iad è attual- mente considerata una forma di abuso-dipendenza rispet- to ad Internet, reale come l’alcolismo e la tossicodipenden- za e come queste provoca assuefazione, problemi sociali, sintomi astinenziali, isolamento e ritiro, problemi presta- zionali, economici e lavorativi. I soggetti più a rischio sarebbero individui tra i 15 e i 40 an- ni con difficoltà socio-comunicative legate a problemi psi- cologici e psichiatrici, sia familiari che relazionali. In parti- colare sarebbero maggiormente esposte personalità carat- terizzate da tratti ossessivo-compulsivi, tendenti al ritiro so- ciale e con aspetti comportamentali di evitamento. Cantel- mi e Talli (1998) hanno proposto l’individuazione di livel- li progressivi di dipendenza da Internet che segnano anche una sorta di “percorso virtuale” dell’utente verso la Rete-di- pendenza: una fase iniziale caratterizzata da attenzione os- sessiva per la mail-box e polarizzazione ideo-affettiva per i contenuti della Rete; una fase tossicofilica con progressivo incremento della permanenza in Rete e sensazione di ma- lessere quando si è off line, collegamenti in ore notturne con perdita di sonno; e infine una fase tossicomanica carat- terizzata da collegamenti così prolungati da compromette- re la vita personale, sociale e lavorativa. Con il supporto di una casistica clinica è stato possibile distinguere all’interno delle cyber-addiction i seguenti sottogruppi di Internet-di- pendenze: compulsive on line gambling (gioco d’azzardo on line), cybersexual addiction (dipendenza dal sesso virtuale), cyber-relationship addiction (dipendenza da relazioni in Re- te), Mud addiction (dipendenza da giochi di ruolo on line) e Information overload addicion (dipendenza dall’informa- zione eccessiva), osservando che spesso l’utente trova un ti- po di servizio verso il quale sviluppa una modalità compul- siva, ossessiva e dipendente di rapporto, mentre di rado si osserva un rapporto di generico abuso della Rete. SCHEDA 22. DEPRESSIONE POST PARTUM: CAUSE DEL DISTURBO, CONSEGUENZE SULLA RELAZIONE MADRE-BAMBINO, PREVENZIONE MATERNITÀ E FALSI MITI. I dati indicano che circa il 10- 15% di madri si ammala di depressione post partum. Si cre- de comunemente che l’amore materno sia un istinto; che la donna, in quanto femmina, abbia nel proprio patrimonio genetico una predisposizione alla maternità. Se l’amore materno, infatti, fosse realmente un istinto naturale, inna- to e universale, come spiegare tutte quelle forme di trascu- ratezza e rifiuto, che possono caratterizzare la relazione ma- dre-bambino? L’evoluzione del comportamento materno nella storia, di- mostra che la maternità può esprimersi in modi molto di- versi. L’interesse, la dedizione, la tenerezza nei confronti del bambino possono essere carenti o anche del tutto assenti. E non sorprende che molto spesso i sintomi di questa malat- tia - il silenzio, la stanchezza, le lacrime - vengano sottova- lutati, addirittura negati, per paura di mostrarsi inadeguati rispetto al modello di “madre perfetta”. Così, molte situa- zioni a rischio restano nell’ombra e la luce mediatica cade 40 solo su quei casi estremi in cui il disturbo si concretizza nel gesto più drammatico, il figlicidio. UNA MISCELA DI FATTORI. La gravidanza e il post partum rappresentano due periodi in cui si verifica un aumento del- la vulnerabilità femminile all’insorgenza di episodi depres- sivi. All’origine delle depressioni post partum ci sono non solo fattori individuali, sia biologici sia psicologici, ma an- che fattori che coinvolgono il contesto familiare ed am- bientale. Tra i fattori di rischio compaiono la povertà, uno scarso sostegno sociale da parte della famiglia e dei servizi socio-sanitari, elevata conflittualità familiare, scarsa auto- stima, presenza di umore depresso già in gravidanza, e pro- blemi sanitari nel neonato. POST PARTUM BLUES O MATERNITY BLUES. In questi casi la labilità emotiva della donna è particolarmente accentuata, manifestandosi come irritabilità e pianto frequente. Que- sto disturbo, che ha un’incidenza del 50-70%, ha il suo api- ce dal terzo al quinto giorno dopo il parto, solitamente in coincidenza con la montata lattea e può continuare anche per settimane. In certi casi può essere la premessa per una depressione maggiore. In tale stato risulta estremamente faticoso occuparsi del bambino. Sono frequenti ansie ri- spetto al suo stato di salute e, in taluni casi, emerge sponta- neamente nella donna la richiesta di aiuto. DEPRESSIONE NON PSICOTICA POST PARTUM. Riguarda i primi sei mesi dal parto. I fattori di rischio includono pre- gressi episodi depressivi, una storia di sindrome disforica premestruale, una particolare vulnerabilità sul versante so- ciale ed emotivo. Tra i sintomi: sentimenti di inadeguatez- za, d’incompetenza e di disperazione, collera, odio verso se stesse, ipersensibilità, ansia, vergogna, trasandatezza, di- sturbi del sonno e dell’appetito, difficoltà di concentrazio- ne, calo del desiderio e persino pensieri suicidi. DEPRESSIONE PSICOTICA POST PARTUM (PSICOSI PUERPE- RALE). In questo caso possono verificarsi episodi a carattere depressivo o maniacale, stati mentali confusionali segnati da un’alterazione della percezione della realtà con il rischio che i pensieri negativi o il timore di poter danneggiare il bambino possano tradursi in azioni. Questo disturbo può manifestarsi entro tre settimane dal parto. L’ASSISTENZA ALLE NEO MAMME. Un’assistenza continua viene offerta alle donne dalle strutture sanitarie per tutto ciò che riguarda gli aspetti fisici della nascita di un figlio: gravidanza-parto-puerperio. Non sempre però le neo mamme ricevono tutte le informazioni di cui necessitano. Ne è un esempio la sensibilizzazione sul tema dell’allatta- mento, che pur costituendo una condizione importante per la crescita del bambini, continua ad essere oggetto di una diffusa disinformazione. Lo confermano i dati raccolti dall’Istituto superiore della sanità nell’ambito di un’indagine campionaria condotta nel corso del 2001. In particolare, il 33,2% delle mamme intervistate (20,7% al Nord, 40,3 al Centro e 42,6 al Sud), ha riferito di non aver ricevuto informazioni riguardo al- l’allattamento durante la gestazione. La carenza di infor- mazione risulta evidente anche dai dati relativi alla consa- pevolezza dell’opportunità di iniziare l’allattamento al se- no entro la prima ora dal parto. Tale consapevolezza risulta presente nel 77,9% delle intervistate al Nord, nel 57,2 al Centro e solo nel 39,1 delle intervistate nel Meridione. L’in- dagine rivela, inoltre, come l’assistenza ricevuta dalle neo mamme nel punto nascita abbia riguardato prevalente- mente l’aspetto fisico (31,8%). SCHEDA 23. TRAUMA E LUTTI NEI BAMBINI: IL CASO BESLAN Gli eventi drammatici degli ultimi anni hanno fatto entra- re prepotentemente la parola “terrorismo” nel linguaggio comune, portando nazioni e singoli individui a mobilitar- si concretamente per prevenire azioni terroristiche, garan- tire sicurezza e mettere in atto interventi tempestivi per fronteggiare le conseguenze di eventuali attacchi. Questi episodi di violenza di massa colpiscono più o meno diretta- mente anche i bambini, che diventano vittime di maltrat- tamento su scala mondiale. A Beslan in Nord Ossezia (Fe- derazione Russa), nel settembre 2004, un gruppo di 32 ter- roristi (ceceni ed ingusceti) ha fatto irruzione nella scuola numero 1, dove circa 1.300 persone tra bambini e adulti stavano partecipando alla festa di apertura dell’anno scola- stico. Centinaia di bambini sono stati tenuti in ostaggio nella palestra della scuola per 53 ore senza acqua né cibo, circondati da esplosivi. I bambini hanno assistito a feroci pestaggi e all’uccisione di parenti, amici e insegnanti. Se- condo dati ufficiali, sono deceduti 344 civili, di cui 186 bambini, mentre i feriti ammontano a più di 700. La tra- gedia di Beslan può essere considerata una delle peggiori atrocità commesse su una popolazione civile in Europa nel- la storia recente, con un impatto estremamente negativo sulla salute dei bambini, delle famiglie e dell’intera comu- nità. Il gruppo di lavoro del Telefono Azzurro si è avvicina- to alla realtà di Beslan a circa tre mesi dall’attacco terroristi- co e ha sviluppato una ricerca-intervento, tuttora in corso, 41 con l’obiettivo di condurre un’accurata valutazione delle condizioni psicologiche di bambini, famiglie e insegnanti sopravvissuti e di offrire un intervento mirato di supporto psicologico e psico-educativo a breve e a lungo termine. TRAUMA E DPTS. Vivere un evento non solo stressante, ma anche traumatico porta ad uno squilibrio emozionale così forte ed intenso da mettere in difficoltà la persona che lo subisce. Questo può causare lo sviluppo di una serie di spe- cifiche reazioni psicologiche intense di tipo comportamen- tale, emotivo, fisiologico, sociale. Un attacco terroristico rappresenta un evento traumatico vissuto come esperienza diretta così come altri eventi specifici, quali ad esempio i combattimenti in guerra, gli attacchi personali (stupro, violenza, furto, rapina), i rapimenti, l’essere presi in ostag- gio, le torture, l’essere prigionieri di guerra o nei campi di concentramento, le catastrofi naturali o dovute all’uomo, i gravi incidenti d’auto, l’avere ricevuto una diagnosi di ma- lattia potenzialmente mortale, e nello specifico nei bambi- ni il caso della pedofilia, anche senza violenza. Se si fa riferi- mento al disturbo acuto da stress, esso implica lo sviluppo di sintomi ansiosi, di sintomi dissociativi e di altro tipo, che si manifestano entro un mese dall’esposizione ad un even- to traumatico estremo, durano al minimo due giorni e al massimo quattro settimane. Quello che accade è che chi presenta le caratteristiche diagnostiche che vanno a soddi- sfare un disturbo acuto da stress sarà a rischio per lo svilup- po conseguente anche di un Dpts. Il Dpts ha una durata superiore alle quattro settimane e di solito insorge nei pri- mi tre mesi dopo il trauma e viene definito acuto se dura meno di tre mesi, cronico se dura più di tre mesi o ritarda- to se si manifesta almeno sei mesi dopo l’evento. Un altro aspetto importante riguarda la psicobiologia del trauma: infatti si può rilevare che esso è associato ad alterazioni nel- l’attività elettrica cerebrale, alterazioni nel funzionamento e nel volume dell’ippocampo, attivazione anomala dell’a- migdala, iperattivazione del sistema simpatico, aumento del riflesso di startle e alterazione del sonno. LUTTO, PERDITA E DPTS.La durata e l’espressione del lutto normale variano a seconda della cultura. La diagnosi di di- sturbo depressivo maggiore generalmente non viene fatta se i sintomi non persistono per oltre due mesi dopo la per- dita. Il clinico può differenziare il lutto normale da un epi- sodio depressivo maggiore, che prevede svariati sintomi, quali: senso di colpa riguardante cose diverse dalle circo- stanze della morte, pensieri eccessivi riguardo alla propria inutilità, ritardo psicomotorio grave, prolungata e grave compromissione del funzionamento, allucinazioni diverse da esperienze transitorie di sentire la voce o vedere l’imma- gine della persona deceduta. Poiché eventi traumatici, qua- li atti di terrorismo, possono provocare anche la perdita di persone care, diversi studi hanno rilevato la presenza di sin- tomi depressivi e lutto in bambini e adolescenti. Nono- stante siano pochi gli studi che hanno operato una diffe- renziazione tra i sintomi post traumatici e quelli relativi ai processi di elaborazione del lutto, è importante evidenziare che, in questi casi, la depressione si configura come un di- sturbo secondario provocato dalla perdita e va quindi di- stinto dal Dpts. In uno studio sul terremoto in Turchia del 1999, Laor e Wolmer ( 2002) hanno osservato un alto nu- mero di sintomi depressivi e di lutto nei bambini che ave- vano visto persone severamente ferite o morte; tali sintomi erano stati rilevati anche tra i bambini sopravvissuti al ter- remoto in Armenia del 1988 a distanza di 18 mesi dall’e- vento. Secondo Gurwitch et al. ( 2002) lo stress post trau- matico può costituire un fattore di complicazione nel pro- cesso di elaborazione del lutto e interferire sia con gli sforzi del bambino di affrontare la perdita, sia con la sua capacità di tornare alla normalità dopo l’evento traumatico (Castel- li e Sbattella, 2003). FAMIGLIE, BAMBINI ETERRORISMO.Almeno il 28-35% de- gli adulti vittime di terrorismo sviluppa il Dpts e altri sin- tomi psicologici, quali ansia e depressione. Le risposte dei genitori ad atti terroristici hanno un effetto significativo sui livelli di distress dei bambini e sulla loro capacità di far fron- te a questi eventi traumatici. Tra i fattori che influiscono sulla reazione degli adulti ad atti terroristici, il significato di questi eventi per l’individuo gioca un ruolo più importan- te della quantità effettiva di violenza subita. Portnova (2005) ha esaminato 92 bambini e adolescenti tenuti in ostaggio dai terroristi nella scuola n. 1 di Beslan, trovando degli elevati livelli di trauma in questo gruppo di vittime, con segni evidenti di disturbo acuto da stress (Das). Analo- gamente, Scrimin et al. (2006) hanno rilevato un’alta inci- denza del disturbo post traumatico da stress (Dpts) in un gruppo di 22 bambini e dei loro caregiver a tre mesi di di- stanza dall’attacco. IL CASO DI BESLAN: UN MODELLO DI RICERCA-INTERVEN- TO DI TELEFONO AZZURRO. La ricerca-intervento è stata sviluppata in tre fasi: la prima ha coinvolto il gruppo chia- mato ad intervenire, in qualità di psicologi esperti in psico- traumatologia, dall’associazione Aiutateci a salvare i bam- bini onlus, in occasione di un soggiorno riabilitativo di un gruppo di 19 famiglie, coinvolte nell’attacco terroristico, a Trento (novembre 2004-gennaio 2005); la seconda ha pre- visto il lavoro di progettazione della ricerca-intervento in loco, svolta presso il Dipartimento di Psicologia dello svi- luppo e della socializzazione, a Padova (febbraio 2005- aprile 2006); la terza ha infine visto la realizzazione della ri- cerca-intervento nella nuova scuola n. 1, durante la perma- nenza a Beslan, Ossezia del Nord (9-26 maggio 2006). 42 SCHEDA 24. NUOVI FARMACI E LORO UTILIZZO CON PICCOLI PAZIENTI PSICOFARMACI E BAMBINI. È possibile stimare che circa 30mila bambini e adolescenti italiani ricevano prescrizioni di psicofarmaci; 24mila di antidepressivi. Questo dato è ve- rosimilmente sottostimato, poiché non ricomprende i far- maci ansiolitici, oltre a tutti i farmaci prescritti su “ricetta bianca”. La prescrizione di psicofarmaci è aumentata nel corso degli ultimi anni. Considerando gli antidepressivi, la prevalenza più elevata è riportata negli Stati Uniti (24 per mille) e Canada (16), mentre in Europa varia tra il 3,4 del- la Germania e il 5,7 del Regno Unito. In Italia la prevalenza stimata in Lombardia e in un cam- pione di Asl di Veneto, Liguria e Toscana nel 2001 e 2002 è risultata di 2,8 per mille. Nonostante le differenze nei tassi di prevalenza, un aumento nella prescrizione di antidepres- sivi del 150% negli Stati Uniti e del 280% in Italia è stato osservato tra il 1997 e il 2002. Una valutazione del profilo prescrittivo degli psicofarmaci è stata effettuata analizzando i dati raccolti dall’Osservato- rio Arno. Nel corso del 2004 a 4.316 (2,9 per mille) bam- bini e adolescenti sono stati prescritti psicofarmaci (antide- pressivi e/o antipsicotici); la prevalenza di prescrizione nel- le 27 Asl monitorate variava da 0,8 a 6 per mille. Gli anti- depressivi sono stati prescritti al 2,4 per mille dei bambini e gli antipsicotici allo 0,7 per mille. Al 6% dei bambini e ado- lescenti trattati con psicofarmaci sono stati prescritti sia an- tidepressivi che antipsicotici. La prevalenza aumenta con l’età raggiungendo il massimo tra le adolescenti: 8 ragazze su mille tra 14 e 17 anni hanno ricevuto almeno una pre- scrizione di psicofarmaci. Gli Ssri sono risultati la classe di antidepressivi maggiormente impiegata e sono stati pre- scritti al 75% dei pazienti in terapia con questi farmaci; il 16% ha ricevuto triciclici e il 16% antidepressivi atipici. Il 2% ha ricevuto antidepressivi appartenenti a due classi di- verse. Sono stati prescritti un totale di 16 antidepressivi e 20 antipsicotici. Sertralina e paroxetina sono gli antide- pressivi più prescritti (0,5 per mille), seguiti dal citalopram (0,4), mentre tra gli antipsicotici i più prescritti sono il ri- speridone (0,25) e l’olanzapina (0,11). La prevalenza della prescrizione di psicofarmaci, valutata su un campione di 580mila bambini e adolescenti seguiti nell’arco di sei anni, è aumentata nel periodo 1998-2004 raggiungendo il picco nel 2002 (3,1 per mille). L’incremento della prescrizione di antidepressivi è dovuto soprattutto agli Ssri, la cui prevalenza è aumentata di 4,5 volte tra il 2000 e il 2002. Inoltre, stando al profilo pre- scrittivo, il trattamento con antidepressivi appare nella maggior parte dei casi poco appropriato: malgrado la tera- pia necessiti, infatti, di almeno due mesi prima che siano valutabili gli effetti, il 60% dei bambini e adolescenti trat- tati con antidepressivi ha ricevuto una sola prescrizione, quasi che l’uso di questi farmaci sia occasionale, al bisogno, per far fronte ad eventi stressanti acuti. Utilizzando il far- maco come indicatore di bisogno/patologia è, inoltre, pos- sibile stimare la prevalenza di cronicità. A questo riguardo, l’8% dei trattati con psicofarmaci nel 2004 era in terapia da almeno tre anni. In base a questi dati si può stimare che 2 minori per 10mila ricevano un trattamento cronico per di- sagio psichico (con un tasso di 6 per 10mila tra gli adole- scenti), un dato, comunque, verosimilmente sottostimato. Tra i pazienti in terapia cronica, il risperidone è il farmaco più utilizzato: è stato prescritto al 27% dei pazienti “croni- ci”. Il risperidone è un antipsicotico atipico che ha come indicazione terapeutica il trattamento della schizofrenia nei soggetti di età maggiore di 15 anni. All’8% dei bambini mi- nori di 15 anni è stato somministrato almeno una volta un ansiolitico durante l’anno; un bambino su mille assumeva questi farmaci con frequenza giornaliera. Nella fascia d’età 15-24 anni il consumo almeno una volta in un anno di an- siolitici è riportato dal 4% degli intervistati (6% tra le fem- mine) (Istat 2002). Ancora oggi sono pochi i farmaci per cui sono disponibili informazioni sull’uso in pediatria. Solo un terzo dei farma- ci registrati dall’Emea nel periodo 1995-2005 ha indica- zione all’uso nei bambini. 43 LE FAMIGLIE CAMBIANO VOLTO E SI DIVERSIFICANO. In po- co più di trent’anni il numero delle famiglie italiane è pas- sato da 15.981.177 (dati del censimento del 1971) a 19.872.000 del 1988 fino a 22.361.000 del 2003. Secon- do i dati Istat relativi al 2003, la tipologia familiare più dif- fusa in Italia è rappresentata dalle famiglie con un nucleo, pari a 15.957.000 unità (il 71,4% del totale delle famiglie residenti). Le famiglie senza nucleo, invece, ammontano a 6.135.000 (27,4%) e sono quasi tutte costituite da singoli (5.768.000); infine, le famiglie con due o più nuclei sono 269mila (1,2%). Le coppie con figli (pari a 8.947.000, più della metà del totale delle coppie) rappresentano la tipolo- gia di nucleo famigliare quantitativamente più rilevante, anche se in diminuzione. Le coppie senza figli (4.404.000) sono in crescita, soprattutto nell’ultimo decennio, e rap- presentano il 19,7% delle famiglie. Le coppie conviventi sono costantemente in crescita: se nel biennio 1994/1995 la loro incidenza era pari all’1,8%, al censimento del 2001 risultavano essere 510.251, cioè il 3,6% del totale delle coppie, mentre nel biennio 2002-2003 le cosiddette libere unioni risultano ulteriormente aumentate, raggiungendo quota 564.000. Il 46,7% di queste coppie è costituito da almeno un componente reduce da un’esperienza coniuga- le conclusasi con una separazione o con un divorzio. Infi- ne, le famiglie unipersonali e i single: nel 2003 il loro nu- mero è salito a 5.768.000, pari a ben un quarto del nume- ro complessivo delle famiglie italiane (25,8%). Nella quasi totalità dei casi, si tratta di soggetti che non sono in coabi- tazione con altri. Tra gli uomini, soprattutto quelli di età inferiore ai 45 anni, la quota dei singoli è più elevata rispet- to alla quota di donne singole sul totale delle donne. Le donne singole anziane sono la netta maggioranza delle sin- gole. In totale gli anziani costituiscono più della metà di tutti i singoli. STRADA FACENDO, DALLA FAMIGLIA “SINGOLARE”A QUEL- LA “PLURALE”. La famiglia di oggi è connotata da elementi che la rendono molto diversa dalla famiglia tradizionale, in particolare per il passaggio da un modello unico di famiglia a una pluralità di forme e tipologie aggregative. In riferi- mento alle emergenti e nuove tipologie aggregative e di convivenze socio/familiari, sono stati progressivamente elaborati, avvalorati e distinti quattro gruppi/categorie strutturali di base: i gruppi domestici senza struttura, cioè senza chiari rapporti né di sesso né di generazione. In essi vengono comprese sia le convivenze di fratelli e sorelle, sia coloro che vivono da soli; gruppi domestici semplici, com- posti dai genitori con figli, da un solo genitore con figli, da coppie senza figli; gruppi domestici estesi, composti, oltre che dai membri della famiglia semplice, da parenti ascen- denti (nonno/a), discendenti (nipoti) o collaterali (fratel- lo/sorella del marito o della moglie); gruppi domestici mul- tipli, ove sono presenti più nuclei coniugali, più coppie con i loro figli. E così oltre alla famiglia nucleare tradizionale ed alla fami- glia allargata, si parla di famiglie di fatto (fondate su un’u- nione libera), di famiglie monogenitoriali (con un solo ge- nitore - vedovi, separati o divorziati - e da figli conviventi), di famiglie unipersonali o monopersonali (composte da una sola persona), di famiglie ricostituite (quelle che si for- mano fra separati/divorziati e in cui almeno uno dei part- ner proviene da una precedente esperienza di scissione fa- miliare). Queste ultime, per molti aspetti ed assieme alle li- bere convivenze e alle unioni di fatto, sembrano rappresen- tare le nuove e intriganti forme familiari per eccellenza, più diffuse al Nord e al Centro Italia, cioè nelle aree con più al- ti tassi di conflittualità coniugale. LE DIMENSIONI DELLE FAMIGLIE ITALIANE SI RIDUCONO. Esaminando le famiglie per numero di componenti si rile- va che continuano ad aumentare quelle con un solo com- ponente: erano il 19,3% del totale nel 1988, il 21,1% nel biennio 1993-1994, il 21,7% nel 1998 e ben il 25,8% nel 2003. Crescita analoga per le famiglie con due componen- ti: dal 23,6% del 1988 al 26,4% del 2003. In lieve calo le famiglie con tre componenti (dal 23,1% del 1988 al 21,7% del 2003); in calo più significativo quelle con quattro (dal 23,3% del 1988 al 19,6% del 2003), ma anche quelle con cinque o sei e più componenti. SEPARAZIONI E DIVORZI. Nel 2002 le separazioni in Italia sono state 79.642 e i divorzi 41.835, con una variazione positiva rispetto all’anno precedente, rispettivamente, del 4,9% e del 4,4%. Italia in 10 anni i divorzi sono aumenta- ti del 62%. Il 69,5% delle separazioni e il 60,4% dei divor- zi riguardano coppie con figli. capitolo 4 FAMIGLIA SCHEDA 25. LE NUOVE FAMIGLIE: NUCLEI MONOGENITORIALI E COPPIE OMOSESSUALI 44 Dopo una separazione o un divorzio, i dati indicano che sono la minoranza (il 27,9% degli uomini e il 20,3% delle donne) i separati/divorziati che, nel biennio 2001-2002, sono riusciti a “rifarsi una famiglia”. Ai primi capita (più fa- cilmente che alle donne) di portare la prole a far parte del nuovo nucleo familiare (16,6 contro 13,1%); Il ritorno alla famiglia d’origine dopo separazioni e divorzi è di dimensioni assai minori di quanto ci si potrebbe aspet- tare, considerando il costo economico, affettivo e sociale delle rotture matrimoniali: è la scelta del 9,3% degli uomi- ni e del 5,5% delle donne. Altrettanto scarse (ma numeri- camente paritarie tra uomini e donne) sono le aggregazio- ni ad altri tipi di famiglie o ad altri singoli (parenti o amici) che in genere costituiscono sistemazioni informali e il più delle volte provvisorie e transitorie. In sintesi: continuano ad aumentare i single; le dimensioni della famiglia si rim- piccioliscono (quelle numerose sopravvivono più al Sud che al Nord); aumentano le separazioni ed i divorzi; au- mentano i matrimoni civili, le convivenze, le famiglie rico- stituite, i nuclei monogenitoriali (in cui spesso l’adulto è una donna separata o divorziata); sono in costante aumen- to le coppie senza figli. La famiglia, che nell’ultimo trentennio ha attraversato una profonda destrutturazione, sta scontando oggi gli effetti della crisi economica (esplosione del precariato, processi inflazionistici, declino produttivo) che di fatto hanno ral- lentato i processi di disgregazione e di disunità familiare. In particolare, l’impossibilità materiale, per diversi giovani, di abbandonare la famiglia di origine, la difficoltà di alcuni a recidere il legame matrimoniale per via dei costi economi- ci e sociali del divorzio o della separazione, stanno origi- nando un familismo di tipo utilitaristico, ossia un modello relazionale-familiare basato soprattutto sui benefici econo- mici e sociali derivanti dalla coabitazione in qualche modo “forzata”. Percossa dai processi di disgregazione, comincia- ti con l’introduzione del divorzio e con l’ingresso della don- na nel mondo del lavoro, la famiglia resiste come soggetto economico e come aggregazione relazionale perché in gra- do di fornire ai suoi membri un riparo dall’inospitalità del mondo. (Eurispes - Osservatorio sulla Famiglia, Verso un fa- milismo utilitaristico, maggio 2005). MATRIMONI MISTI. Oggi in Italia dieci matrimoni su cen- to sono misti; il numero delle unioni miste è raddoppiato negli ultimi dieci anni (dai 12.329 del 1995 ai 27.216 del 2003). Sono però soprattutto gli uomini italiani a sposare donne di nazionalità straniera, piuttosto che le donne ita- liane a sposare uomini stranieri: 16mila contro 4.295 (ben il quadruplo). LE FAMIGLIE OMOSESSUALI. Per molto tempo, e in una cer- ta misura anche oggi, tutte le forme famigliari considerate “devianti” rispetto alla famiglia tradizionale - le coppie omosessuali, ma anche le famiglie ricostituite e quelle mo- nogenitoriali - sono state ritenute in qualche modo defici- tarie. Nel caso delle coppie omosessuali i pregiudizi si pre- sentano particolarmente difficili da sradicare. Benché lo stereotipo diffuso voglia le persone omosessuali promiscue e i loro legami altamente instabili, sono molte le coppie del- lo stesso sesso che desiderano unioni stabili nel tempo e che rivendicano per esse riconoscimento sociale e diritti equi- valenti a quelli delle coppie eterosessuali. Molte persone omosessuali, inoltre, sentono di non voler rinunciare alla maternità ed alla paternità, e su questo tema si è aperta la parte più accesa del dibattito sociale. I ricercatori dell’University College e della scuola di medi- cina dell’ospedale di Saint George hanno riscontrato che i matrimoni omosessuali determinano un concreto benefi- cio per la salute fisica e il benessere psicologico per le perso- ne che si sposano poiché il riconoscimento sociale tutela dalla discriminazione, garantisce maggiore autostima, dà stabilità alle relazioni e permette di viverle con trasparenza. In Italia il matrimonio è tuttora l’unica forma di conviven- za regolamentata ed è consentito esclusivamente a persone di sesso opposto. Alcune Regioni italiane - Emilia Roma- gna, Toscana, Umbria, Calabria - hanno approvato dal 2004 statuti che aprono alle unioni civili anche omoses- suali. Esistono poi in alcuni Comuni italiani registri ana- grafici delle unioni civili, il cui valore è però soltanto sim- bolico. Diversa la situazione in molti altri Paesi occidenta- li. In Danimarca (dal 1989), Svezia (1994), Olanda (2001), Belgio (2003), Germania (2002), Spagna (2005), Austra- lia e Canada alle coppie omosessuali è permesso di sposar- si. In Francia dal 1999 esistono i Pacs - Patti civili di solida- rietà, in Gran Bretagna dal 2004 le coppie gay hanno gli stessi diritti delle coppie sposate. Le adozioni da parte di coppie omosessuali sono possibili in Danimarca, Svezia, Olanda, Spagna, Inghilterra, Galles, Scozia, Belgio, Israele, in alcune regioni del Canada e dell’Australia, in alcuni de- gli Stati Uniti. In Islanda, Norvegia, Danimarca e Germa- nia è possibile la “stepchild-adoption” (letteralmente “ado- zione del figliastro”), che consente ai partner di una unione civile di adottare i figli naturali (o adottati) che il partner ha avuto da precedente unione. In Irlanda i single, sia omoses- suali che eterosessuali, possono richiedere l’adozione. Secondo gli ultimi dati dell’Istat (2003) le convivenze in Italia sarebbero 564mila, su 22 milioni di famiglie (com- prese le persone sole), di cui 16 milioni di nuclei famigliari (composti da coppie con o senza figli). È però evidente che le statistiche ufficiali non rendono davvero conto del feno- meno, che è in realtà molto più diffuso. Le convivenze so- no sottostimate in quanto spesso non registrate. Sono nu- merose le persone omosessuali, ma anche i single eteroses- suali, che si battono per ottenere il diritto di ricorrere alla 45 SCHEDA 26. FAMIGLIE RICOSTITUITE E NUOVE FORME DI “LIVING ARRANGEMENT” Le trasformazioni delle strutture familiari e sociali hanno scalfito il primato del modello di coppia coniugata con fi- gli, a favore di una crescita esponenziale di nuove forme di living arrangement, come libere convivenze e coppie/unio- ni di fatto (più che raddoppiate in un solo decennio, pas- sando da 227mila nel 1993 a 555mila nel 2003). L’Euri- spes stima che nel 2006 il numero delle coppie di fatto si possa attestare a quasi 700mila, con un incremento per- centuale del 24,3%. Più in generale, in Italia si è verificato un netto calo delle unioni matrimoniali: ben 146.697 in meno in poco più di 40 anni. Inoltre, si è quasi dimezzato il numero di matri- moni per mille abitanti (tasso di nuzialità), che è sceso da 8 a 4,3. Nel nostro Paese ci si sposa meno che nel resto d’Eu- ropa e, infatti, il tasso di nuzialità nostrano è fra i più bassi (4,5), al di sotto della media Ue (4,7) e ben lontano da Pae- si quali Grecia (5,3), Portogallo (5,1) e Spagna (5). Nel 2003 i divorzi e le separazioni sono stati più di 124mi- la. Quasi un matrimonio su due è destinato a “rompersi” nel giro di pochi anni, una media impressionante, che te- stimonia la profonda crisi di questa istituzione. Nel 2001, 12.888 divorziate si sono risposate: il numero delle donne sposate è in crescita dal 1995 e aumenta quasi allo stesso modo anche quello degli uomini risposati, a testimonianza del fatto che molte dopo il divorzio riescono a ricostruirsi una nuova vita familiare. Sempre nel 2003 le famiglie rico- stituite (quelle in cui almeno uno dei partner proviene da un precedente matrimonio) sono state 724mila. LE FAMIGLIE RICOSTITUITE: DALL’ALBERO AL CESPUGLIO. L’espressione “famiglia ricostituita” indica la famiglia che, spezzatasi a seguito di separazione e/o divorzio, si è rifor- mata, ricostituita, dando luogo ad una nuova relazione sen- timentale/affettiva e aggregativa. Ma se si guarda alla ri- composizione della vita affettiva e familiare di una coppia adulta, indipendentemente dall’esistenza dei figli, la defi- nizione può assumere altre valenze: per famiglia ricostitui- ta si può anche intendere una coppia sposata o non sposa- ta, con o senza figli, in cui almeno uno dei due partner pro- viene da un precedente matrimonio o da una precedente unione di fatto.Le nuove famiglie hanno due importanti caratteristiche: sono sparse in più di una casa, hanno alme- no due luoghi fisici che i figli possono sentire come casa; in ognuno di questi “luoghi” affettivi e aggregativi convivono persone diverse. In sostanza, non sarebbe il divorzio a ge- nerare individui “infelici”, ma sarebbero le famiglie infelici a reclamare la possibilità e l’eventualità della separazione e del divorzio. E quindi della “ricostituzione” familiare. FAMIGLIA CON BAMBINI, FIGLI CON PIÙ FAMIGLIE. Dal 1994 al 2003 l’incremento delle separazioni e dei divorzi è stato continuo: da 51.445 separazioni nel 1994 a 81.744 nel 2003, con un aumento del 59% in 10 anni e un incre- mento del 2,6% delle separazioni e del 4,8% dei divorzi ri- spetto al 2002. Questo incremento è coinciso con un au- mento del numero di figli coinvolti/affidati a seguito di se- parazioni e divorzi. Globalmente il numero totale di figli affidati nelle separazioni è di 62.050. I figli affidati a segui- to di scioglimento del matrimonio (rito civile) e per cessa- zione degli effetti civili (rito religioso) sono 20.627. Su un totale di 43.856 divorzi, 8.931 sono procedimenti di scio- glimento del matrimonio (rito civile) e 34.925 sono proce- dimenti di cessazione degli effetti civili (rito religioso). FAMIGLIE RICOSTITUITE E GENITORIALITÀ. Nelle famiglie ricostituite di oggi, dove la struttura è complessa e i confini sono incerti, dove i genitori biologici e gli adulti di riferi- mento “acquisiti” (detti anche “sociali”) hanno, molte vol- te, impegni extradomiciliari, essere genitori è sempre più difficile. Si devono ridefinire i rapporti interpersonali e si deve imparare a dividere tra più persone il ruolo di genito- ri tradizionalmente svolto soltanto dalla madre e dal padre “biologici”. Gli adulti di riferimento coinvolti sono quindi biologici e sociali, perciò il numero può raddoppiare (dop- pi genitori, doppi nonni, ecc.) con una dilatazione signifi- cativa della complessità relazionale (le cosiddette “fratrie”). Ne consegue che agli adulti si richiede, per evitare blocchi evolutivi ai figli, di portare a termine, con sufficiente equi- librio psichico, la rottura del legame precedente, la separa- zione/divorzio, il sapersi relazionare e confrontare con le diverse e nuove figure della famiglia ricostituita: elementi indispensabili per comprendere e gestire le differenze emer- genti, in direzione di una funzione genitoriale allargata e continuativa nel tempo. fecondazione assistita. La fecondazione assistita eterologa per le donne singole è ammessa in Inghilterra (fu il primo Paese, quindici anni fa), Olanda, Belgio, Spagna, Slovenia, Danimarca. Nel giugno del 2006 la Danimarca ha dato il via libera all’inseminazione artificiale gratuita in strutture pubbliche per donne single ed omosessuali, completando la legge sulla fecondazione assistita (anche eterologa) esi- stente dal 1997. 46 VERSO IL 2010: QUANTO È LONTANA LISBONA? Fallito cla- morosamente l’obiettivo intermedio di alzare il tasso di oc- cupazione femminile al 57% entro il 2005, l’Italia, ferma poco sopra il 45%, è insieme alla Grecia il Paese più lonta- no dal traguardo indicato da Lisbona di raggiungere, entro il 2010, un tasso di occupazione femminile del 60%. Con un gender gap per questo indicatore pari a quasi 25 punti percentuali (ma superiore al 30% al Sud e nelle Isole), l’Ita- lia appartiene a quel gruppo di Paesi - come Grecia, Spagna e Lussemburgo - che associano a bassi livelli di occupazio- ne femminile differenziali di genere superiori al 20%. In Italia, il gap di genere nei tassi di occupazione e di attività maschili e femminili è più elevato tra i 35 e i 54 anni, in cor- rispondenza delle classi centrali di età. In particolare, il tas- so di attività femminile, pari al 67,5% tra i 25 e i 34 anni, scende al 66,5 tra i 35 e i 44 anni, per poi crollare letteral- mente (-10,6 punti percentuali) al 55,9 tra i 45 e i 54 anni. Anche il tasso di occupazione femminile subisce, in corri- spondenza di questa classe di età, un forte decremento (- 8,1%), scendendo dal 61 al 52,9%. La partecipazione e la presenza degli uomini al mercato del lavoro mostra un an- damento diverso: tra i 25-34 anni e i 35-44 anni anziché a una contrazione, si assiste a un innalzamento dei tassi di at- tività e di occupazione maschili che salgono, rispettiva- mente, dall’88,3 al 95,3% e dall’80,9 al 91,4%; la diminu- zione avviene solo in corrispondenza della classe 45-54 an- ni ed è comunque notevolmente inferiore a quella femmi- nile. Il tasso di attività scende di 5,4 punti percentuali, dal 95,3 all’89,9%, quello di occupazione del 4,5, dal 91,4 all’86,9%. È dunque nella classi centrali di età, quando più pressante è la necessità di conciliare vita personale e profes- sionale, che il fattore genere appare particolarmente discri- minante nell’accesso e permanenza nel mercato del lavoro. In quella fase - che è anche la fase delle grandi scelte (com- prare casa, fare un figlio, ecc.), e delle maggiori e più nume- rose responsabilità (nei confronti di bambini e genitori e parenti anziani) - la distribuzione storico-culturale tra ge- neri delle funzioni di care-giver e bread-winner, continua a considerare le donne innanzitutto donatrici di cure e a con- cedere loro sempre con riserva lo status, comunque secon- dario, di procuratrici di reddito. Questo status, rendendo le esigenze di conciliazione un problema tutto femminile, si mostra particolarmente discriminante e acuisce i diffe- renziali di genere nel mercato del lavoro. L’IMPATTO DEL GENERE SULLA RELAZIONE ESISTENTE TRA STATO CIVILE, PRESENZA DI FIGLI E TASSI DI ATTIVITÀ. Tra gli uomini esiste una relazione positiva tra lo status di co- niugato/convivente e partecipazione al mercato del lavoro, mentre, al contrario, tra le donne, la presenza di un com- pagno sembra intervenire negativamente, incrementando i rischi di uscita dal mercato del lavoro. Lo stato civile condiziona la partecipazione al mercato del lavoro delle madri. Tra le nubili, infatti, il tasso di attività delle donne tra i 25 e i 44 anni è condizionato negativa- mente dalla presenza di prole solo a partire dal secondo fi- glio; tra le coniugate, diversamente, la partecipazione al mercato del lavoro registra un vero e proprio crollo già con la prima maternità. Tra le coniugate/conviventi il tasso di attività, pari al 78% in assenza di figli, scende al 65,7 in pre- senza di un figlio, per poi crollare al 52,6 in presenza di due figli e al 37,5 tra quante ne hanno almeno tre. Tra le single, diversamente, l’arrivo del primo figlio spinge verso una maggiore partecipazione al mercato del lavoro, che sale an- zi dal 78,1 all’81%; il tasso di attività subisce un forte de- cremento solo con la seconda maternità, ma si mantiene comunque ad un livello sensibilmente più elevato rispetto a quello delle coniugate: 71,8%, vale a dire 19,2 punti per- centuali in più. La presenza di un terzo figlio accentua poi ulteriormente le differenze tra nubili e coniugate: il tasso di attività delle prime subisce infatti sì un forte ulteriore de- cremento (-12%), ma di proporzioni comunque inferiori a quello registrato tra le sposate (15,1%); il 59,8% delle sin- gle, ovvero ben il 22,2% in più rispetto alle coniugate, con- tinua a partecipare al mercato del lavoro. L’OFFERTA DI SERVIZI ALL’INFANZIA. Il Consiglio europeo di Barcellona aveva indicato come traguardo per il 2010 uno sviluppo della rete dei servizi per la prima infanzia tale da soddisfare la domanda per almeno il 33% dei bambini. Da questo punto di vista l’Italia non sembra essere più vici- na a Barcellona che a Lisbona. È quanto emerge dal recen- te rapporto realizzato dall’Istituto degli Innocenti per il mi- nistero del Lavoro. Il numero dei nidi ha registrato un im- portante incremento, passando dai 3.008 del settembre 2000 agli attuali 4.885, ovvero il 62,4% in più. La poten- zialità ricettiva della rete, che ha visto salire i posti disponi- bili dai 118.517 del 2000 agli attuali 163.527, ha così regi- strato un pur timido sviluppo, che ha portato il grado di copertura dell’utenza potenziale (ovvero il milione e 643.826 bambini da 0 ai 2 anni residenti in Italia nel 2004) dal 7,4 al 9,9%. L’incremento non è riuscito a riequilibrare la distribuzione dei nidi d’infanzia sul territorio nazionale. L’aumento ha riguardato in netta prevalenza le strutture di tipo privato, mentre ha interessato in misura decisamente inferiore quelle a titolarità pubblica: i nidi privati sono cre- sciuti, infatti, del 206,3%, passando da 604 a 2.905 unità; quelli pubblici hanno registrato un ben più modesto incre- SCHEDA 27. DIRITTO ALLA MATERNITÀ E AL LAVORO. TRA FORMA E SOSTANZA NELL’ANNO EUROPEO DELLE PARI OPPORTUNITÀ 47 mento (+20,1%), passando da 2.404 a 2.905 unità. Il peso delle strutture private, negli ultimi anni è quasi raddoppia- to, arrivando a rappresentare una quota prossima al 40% dell’offerta. La capacità di rispondere alla domanda poten- ziale di servizi è cresciuta, rispetto al 2000, di 3,7 punti per- centuali al Nord e di 1,4 al Centro; al Sud e nelle Isole il gra- do di copertura di posti nido sulla popolazione 0-2 anni, già nettamente più basso, è ulteriormente diminuito (-0,3), scendendo al 3,5%, contro il 12,1 del Centro e il 13,8 del Nord. In questo senso, il ruolo, del tutto predominante, giocato dal privato nell’aumento delle strutture ricettive nel Meridione - dove la componente privata dell’offerta è cre- sciuta del 341,1% mentre la pubblica di appena il 10,1 - non è riuscito a compensare la carenza cronica di strutture pubbliche. L’indagine Isfol Plus, interrogando 25mila don- ne su tutto il territorio nazionale, ha consentito di misura- re l’impatto della maternità sulla partecipazione femmini- le al mercato del lavoro. L’analisi dei dati mostra come pri- ma della nascita del figlio lavori il 61,4% delle donne, men- tre dopo la maternità appena il 50,4. A fronte, infatti, di un 2,5% di donne non occupate che hanno trovato lavoro do- po la nascita del figlio, ben il 13,5% delle donne che al con- trario risultavano occupate non lavorano più. Più che al Sud, dove è l’inattività a contraddistinguere la (mancata) partecipazione delle donne al mercato del lavoro, quale condizione cronica derivante dalla mancanza di una do- manda sufficiente di forza-lavoro, è al Centro e al Nord che dunque si assiste a fenomeni di discontinuità occupaziona- le e di interruzione di carriera. È qui, dove il mercato occu- pazionale vede una maggiore partecipazione e presenza femminile, che la maternità si configura più spesso come un evento in grado di provocare un’uscita definitiva o tem- poranea dal lavoro: la percentuale di lavoratrici che transi- tano nella condizione di inoccupata dopo la nascita del fi- glio, pari al 9,3% al Sud, sale al 12,9 al Centro e raggiunge il 15,6 al Nord. SCHEDA 28. LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DELL’IMPRESA E LA PROMOZIONE DELLA CONCILIAZIONE IL CONCETTO DI CONCILIAZIONE E LA SUA DECLINAZIONE AL FEMMINILE. Quando si parla di politiche di conciliazio- ne dei tempi, si vuole indicare un complesso di azioni e provvedimenti finalizzati a rendere il più possibile armoni- co ed equilibrato il rapporto tra i tempi della vita familiare e i tempi della vita lavorativa. La nascita e lo sviluppo del concetto di conciliazione hanno a che vedere da un lato con i fenomeni di trasformazione del mercato del lavoro, dal- l’altro con la mutazione della struttura familiare nelle so- cietà industrializzate. Nelle moderne società, il compito delle politiche di conciliazione è pertanto quello di ricon- giungere il bivio “lavoro o famiglia” nella strada del “lavoro e famiglia”. Allo stato attuale delle cose, l’universo femmi- nile rappresenta il principale beneficiario di qualsivoglia politica di conciliazione. Come scrivono Catani e Morini (2002), la contrazione degli ammortizzatori sociali e priva- ti ha contribuito a rendere ancor più problematica la ge- stione del lavoro di cura familiare e domestico: il venir me- no delle reti parentali forti, la mancanza di assunzioni nel terziario pubblico (che, come affermano gli autori, ha rap- presentato per anni «un serbatoio di lavoro meno stressan- te»), i tagli al welfare. Infine, come afferma Piazza ( 2000, 2002), non va dimenticato come oggi - a fronte di una pro- gressiva posticipazione del momento dell’uscita dei figli dal nido domestico - alle madri venga richiesto di fornire un surplus di cura verso i propri figli, anche in termini di mag- giore educazione. A tutto ciò si aggiunge la decisiva que- stione della “complessità” della relazione maternità-lavoro. Inoltre, va segnalata la forte sperequazione tra il numero di congedi di maternità e quelli di paternità (anche in conse- guenza del diverso trattamento retributivo tra i due sessi). UNA BREVE RASSEGNA LEGISLATIVA SULLA CONCILIAZIONE. La legge n. 125 del 1991 «Azioni positive per la realizzazio- ne della parità uomo-donna nel lavoro», oltre a proporre una definizione del concetto di “discriminazione”, intro- duce le “azioni positive” in termini di misure concrete atte ad assicurare alle donne pari opportunità in tutti i campi della loro vita, nonché finalizzate a contrastare tutte le for- me di discriminazione dirette ed indirette di cui sono vitti- me. La legge predispone finanziamenti e rimborsi per aziende, enti e associazioni protagoniste di azioni positive. Con la legge n. 285 del 1997 «Disposizioni per la promo- zione dei diritti e le opportunità per l’infanzia e l’adole- scenza» viene riconosciuto il ruolo centrale della famiglia nella tutela e nello sviluppo dell’infanzia e dell’adolescenza, prevedendo interventi a livello centrale e locale (con la par- tecipazione dei soggetti territoriali), sostenendo finanzia- riamente nuove iniziative e incentivando tipologie innova- tive di servizi. La legge n. 53 del 2000 «Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi del- le città», oltre ad introdurre nuove forme di flessibilità per la donna nella fruizione del periodo di congedo per mater- nità, estende anche ai padri i diritti prima riconosciuti alle sole madri. Diversi sono gli strumenti proposti dalla legge 48 SCHEDA 29. I SERVIZI PER L’INFANZIA: L’ITALIA NEL CONTESTO EUROPEO per favorire la conciliazione lavoro-famiglia (part time re- versibile, telelavoro, lavoro a domicilio, flessibilità di turni e orario, banca delle ore, orario concentrato, etc.). BUONE PRATICHE ITALIANE. Si riportano alcune delle più articolate e originali iniziative di conciliazione realizzate dai soggetti imprenditoriali. GRUPPO BOEHRINGER INGELHEIM. A partire dal biennio 2001/2002 il Gruppo ha attivato una serie di interventi fi- nalizzati alla promozione della conciliazione lavoro-fami- glia: flessibilità nell’orario di entrata e di uscita dal posto di lavoro; attivazione della banca delle ore individuale; part ti- me orizzontale, verticale e misto; il telelavoro e la possibi- lità del telelavoro part time. Nel settembre 2002, poi, l’a- zienda, in collaborazione con il Comune di Milano, ha inaugurato il proprio nido aziendale, in grado di ospitare una trentina di bambini figli di dipendenti e collaboratori; il 15% dei posti a disposizione è riservato ai figli dei resi- denti presenti nelle liste di attesa degli asili nido comunali. IKEA ITALIA. Con il Progetto Maternità l’azienda ha cercato di mantenere uno stretto collegamento con le proprie di- pendenti in congedo di maternità, utilizzando due leve: quella della “informazione” (garantita da un referente, det- to “contatto”, che informa l’interessata dei cambiamenti e delle novità intervenute) e quella della “formazione” (rivol- ta alle neo madri che scelgono di prolungare il congedo per maternità oltre i cinque mesi obbligatori). Una seconda ini- ziativa è il Progetto Telelavoro, finalizzato a consentire ai pro- pri lavoratori la migliore conciliazione lavoro-famiglia. ELECTROLUX ZANUSSI. Con il progetto Rosa al lavoro si è permesso ai propri dipendenti di organizzare liberamente tra loro i turni di lavoro nello stabilimento. Un secondo progetto ha visto la costituzione della banca delle ore, con un monte ore illimitato che permette al lavoratore periodi di astensione anche molto elevati. Infine, il progetto del te- lelavoro è stato realizzato con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo professionale e l’avanzamento di carriera delle ge- stanti e delle neo madri: con questo strumento possono evi- tare di ricorrere alla sospensione del rapporto di lavoro, mantenendo pari opportunità di crescita professionale. COOPTOSCANA LAZIO. Nel 1995 viene avviato il progetto Coop Donna, in base al quale è stato costituito uno sportel- lo aziendale di Maternità e Paternità al lavoro e creata la fi- gura di un tutor con il compito di gestire gli aspetti orga- nizzativi connessi alla maternità/paternità. Una seconda versione dello stesso progetto ha incluso anche la realizza- zione di una banca delle ore, lo sviluppo di un piano di fles- sibilizzazione personalizzata dell’orario di lavoro per le neo madri e l’ampliamento dei servizi alla famiglia (riparazioni, pulizie, manutenzione, baby-sitter, assistenza agli anziani). GRUPPO TELECOM ITALIA. Un primo strumento di conci- liazione adottato dall’azienda è quello del telelavoro, che concede l’opportunità a molti dei suoi dipendenti di svol- gere il proprio compito professionale direttamente da casa. Il progetto Tim Mamma, si basa sulla creazione della banca delle ore dove ogni madre riceve un regolare conto corren- te e un libretto assegni-tempo dove sono messe a disposi- zione 150 ore usufruibili in base alle proprie esigenze; il de- bito ore deve poi essere restituito entro il trimestre di com- petenza mediante prestazioni aggiuntive della durata mas- sima di un’ora e mezza ciascuna. È stata inoltre attivata una newsletter bimestrale che informa le madri sugli adempi- menti amministrativi legati alla maternità. Con il progetto Tim Valore Donna l’azienda si è proposta di inserire nel pro- prio organico 80 donne di oltre 40 anni con contratto di la- voro part time CONSER SCCPA DI PRATO. Ha dato il via alla realizzazione di un modello integrato di asilo nido interaziendale e di ser- vizi all’infanzia (Il Bosco Incantato) destinato a rispondere ai bisogni di un intero distretto industriale. I beneficiari di tale iniziativa, realizzata grazie alla fattiva collaborazione del Comune, saranno imprenditori/trici e lavoratori/trici provenienti dalle province di Prato, Firenze e Pistoia, non- ché i residenti della circoscrizione in cui sorgerà l’impianto. LA PROPOSTA DEL MARCHIO DI QUALITÀ DEL LAVORO FEM- MINILE. Nell’ambito del progetto IQ Donna - Imprese e Qualità del lavoro femminile, finanziato dalla Regione Emi- lia Romagna e promosso da Cofimp, è stata proposta l’in- troduzione di un marchio di qualità che certifichi le impre- se “a misura di donna” o che operino attivamente per la con- ciliazione. Questa formalizzazione consentirebbe ai temi del lavoro femminile e della conciliazione di divenire crite- ri di valutazione nella redazione del giudizio complessivo di qualità dell’azienda e della sua aderenza ai principi della responsabilità sociale d’impresa. IL CONTESTO EUROPEO. Una caratteristica che contraddi- stingue i servizi destinati ai bambini in età prescolare in Eu- ropa è la loro eterogeneità: 136 tipi di servizio differenti, che variano da un numero minimo di 4 in Grecia e un mas- simo di 14 in Gran Bretagna (Eurostat, 2005). Inoltre, in alcuni dei 10 nuovi Stati membri, il sistema di childcare è 49 relativamente immaturo e poco sviluppato sia a livello quantitativo di copertura territoriale, sia a livello qualitati- vo. Il Consiglio Europeo di Barcellona ha precisato che gli obiettivi strategici da raggiungere entro il 2010 riguardano l’offerta di servizi per l’infanzia per il 90% dei bambini dai tre anni fino all’età dell’obbligo scolastico, e per il 33% dei bambini sotto i tre anni. La frequenza degli istituti di istru- zione aumenta con l’età dei bambini: se in molti Paesi si può notare una consistente frequenza già dai 3 o dai 4 anni di età, in quasi tutti gli Stati europei un anno prima dell’i- nizio dell’istruzione primaria si arriva ad una percentuale dell’80%; in generale si assiste in tutta Europa ad una ten- denza all’aumento del numero di bambini di 4 anni iscritti in una struttura prescolare. Il passaggio all’istruzione pri- maria obbligatoria avviene a 6 anni in tutti i Paesi, tranne in Danimarca, Finlandia e Svezia in cui avviene a 7 anni; nei Paesi Bassi e in Irlanda, dove non esiste un livello di edu- cazione preprimario a sé stante e organizzato, l’istruzione primaria inizia a 4 anni, mentre nel Regno Unito l’istruzio- ne primaria comincia a 5 anni. La disponibilità di asili nido incide in modo cruciale sui tassi di occupazione delle don- ne, esiste una relazione diretta tra le due variabili: nei Paesi in cui vi è un tasso di iscrizione basso è presente un basso tasso di occupazione e viceversa. Laddove si registra una spiccata tendenza a sviluppare, ac- canto ad un welfare di matrice assicurativa, un welfare di prossimità orizzontale e locale, in grado di soddisfare le esi- genze di sostegno sociale dei cittadini, si registra anche un incremento della ricchezza complessiva del Paese insieme a quella dell’occupazione. Nello scenario dei Paesi dell’Euro- pa settentrionale, dove questi processi sono reali, si assiste allo sviluppo rilevante dei servizi per la prima infanzia I SERVIZI PER L’INFANZIA. Negli ultimi anni in Italia l’offer- ta di servizi per la prima infanzia è aumentata e diversifica- ta; risulta, tuttavia, ancora assolutamente insufficiente a ri- spondere adeguatamente ai bisogni percepiti ed espressi dalle famiglie. La copertura territoriale è ineguale e la pre- senza di servizi è particolarmente carente nelle città. Ad una generale copertura garantita al Centro-Nord, fa da contra- sto un’assenza significativa di servizi al Sud. Si segnalano in positivo regioni come la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Veneto, la Toscana, in negativo regioni quali il Molise, la Basilicata, la Calabria. LE DIFFERENTITIPOLOGIE.I servizi educativi integrativi so- no quelle tipologie di istituti per l’infanzia che si specializ- zano soprattutto come spazi che funzionano con un orario ridotto, con la possibilità di avere più attività durante l’arco della giornata e non erogano né il servizio di mensa, né vie- ne previsto il momento del riposo. Stando agli ultimi dati disponibili, i servizi integrativi pubblici e privati ammon- tano in totale a 2.500 unità. Le regioni del Centro-Nord sono quelle con più servizi; al contrario, essi sono quasi del tutto assenti nel Mezzogiorno ad esclusione delle Isole do- ve si registra una presenza cospicua. SERVIZI PER L’INFANZIA E IMMIGRAZIONE. Nell’anno scola- stico 2005/2006, sono circa 430mila gli alunni stranieri e rappresentano il 4,8% della popolazione scolastica com- plessiva. Per quel che riguarda la scuola dell’infanzia, la per- centuale di alunni è cresciuta dell’11,6%, passando da 73.106 presenze nel 2004/2005 a 81.577 nell’ultimo an- no scolastico. SERVIZI PER L’INFANZIA E DISABILITÀ. Secondo Informa- scuola, nell’anno scolastico 2004/05 nella scuola dell’infan- zia gli alunni con esigenze educative speciali ammontano a 10.084 unità, pari all’1,04% degli iscritti. Negli ultimi an- ni si è registrato un aumento dei bambini disabili iscritti, la cui incidenza è superiore nelle scuole statali piuttosto che in quelle non statali. Nella stragrande maggioranza delle scuole permangono barriere architettoniche; secondo i da- ti dell’Istituto degli Innocenti relativi al 2000, solo il 24,8% delle scuole ha porte adatte all’accoglienza di minori disa- bili; solo il 23,7% sono dotate di specifici servizi igienici e solo il 22,7% ha ascensori e scale che permettono un acces- so facilitato alla scuola. SCHEDA 30. LA SINDROME DI PETER PAN OVVERO LA PAURA DI CRESCERE LA SINDROME DI PETER PAN. La vita “da giovane” dell’ita- liano si è mediamente allungata. Fino a qualche decennio fa, il passaggio all’età adulta, contraddistinta dall’emanci- pazione dal nucleo familiare d’origine, si verificava appena raggiunta la maggiore età o appena dopo; oggi la perma- nenza degli “adolescenti-cresciuti” o “pre-adulti” si protrae fino ai 35-38 anni. In Italia, i giovani si laureano sempre più tardi, intorno ai 28-29 anni, con una tendenza generalizzata al fuori corso e dopo la laurea più del 50% vorrebbe continuare a formar- si. Questa ansia di formazione che fornisce profili ad alto contenuto di specializzazione sarebbe effetto della sindro- me di Peter Pan. Quasi il 50% dei giovani che vivono in fa- miglia risultano occupati, ma la loro struttura professiona- 50 le ha caratteristiche nuove ed è contraddistinta da contrat- ti a tempo determinato, stages, che conferiscono precarietà e una mancanza di autonomia economica. Anche l’elevato prezzo d'acquisto o d’affitto non facilita, anzi ostacola l’u- scita dalla casa d’origine. LA SITUAZIONE ITALIANA.Negli anni 1993 e 1994 i giovani tra i 18 e i 34 anni che vivevano in famiglia rappresentava- no il 56,5%, nel 1998 la percentuale è salita al 59,1 e si man- tiene pressoché stabile nel 2003 (60,9) ( Indagine Multisco- po sulle famiglie - Istat 2003). La percentuale dei giovani che permangono in famiglia si mantiene pressoché stabile ed elevata negli ultimi dieci anni fino ai 24 anni, mentre si evi- denzia una crescita di oltre dieci punti percentuali nelle fa- sce di età dai 25 ai 34 anni. Dall’analisi della condizione lavorativa dei giovani che vi- vono con i loro genitori emerge che poco meno della metà (46,4%) risulta occupato. In dieci anni (1993-2003) la per- centuale dei giovani occupati aumenta di 4,4 punti per- centuali, mentre la percentuali dei giovani che vivono in fa- miglia e sono in cerca di occupazione diminuisce di cinque punti. Il 60,9% dei giovani italiani vive ancora presso la fa- miglia di origine. Considerando la ripartizione geografica, il Sud e le Isole presentano la percentuale più alta di giova- ni residenti presso la famiglia d’origine (65,8). Nel Mezzo- giorno risulta maggiore rispetto al resto d’Italia la percen- tuale di coloro che sono in cerca di un’occupazione: 26,2 nel Sud e 28,1 nelle Isole. Il Sud in particolare evidenzia la più alta percentuale dei giovani maschi studenti che risie- dono presso la famiglia d’origine, 33, e la più alta percen- tuale, 7, delle giovani femmine casalinghe che vivono con almeno un genitore. LE MOTIVAZIONI. Il 40,6% dei giovani italiani che vive an- cora con i genitori sostiene di star bene e di avere la propria libertà. Maggiormente sono i maschi ad asserire ciò, il 44,3%, contro il 36 delle donne. Il 32,1 motiva la perma- nenza nella famiglia d’origine a causa dello studio, mentre il 24,1 non può andare a vivere fuori dalla famiglia d’origi- ne perché non è in grado di sostenere le spese d’affitto e d’ac- quisto di una casa e solo il 16% permane nella famiglia d’o- rigine per mancanza di un lavoro o di un lavoro stabile. UNO SGUARDO AL FUTURO. Tra i giovani italiani che nel 2003 vivono ancora con i genitori, oltre la metà (il 55,2%) non ha intenzione di uscire dalla famiglia d’origine. Solo l’8,9% asserisce di aver la certezza di rendersi indipendente dal punto di vista abitativo nei prossimi tre anni e il 36 che lo farà probabilmente. Nella classe d’età 18-29 circa un ter- zo dei giovani intervistati ha l’intenzione di uscire dalla fa- miglia di origine, nella classe d’età 30-34 anni più della metà e nella classe successiva, 35-39 anni, circa il 40%. SCHEDA 31. LA NUOVA LEGGE SULL’AFFIDAMENTO CONDIVISO DALL’AFFIDO MONOGENITORIALE A QUELLO CONDIVISO. L’instabilità coniugale è un fenomeno in costante crescita nel nostro Paese e lo dimostrano anche i dati più recenti. Negli ultimi dieci anni il numero di separazioni e divorzi è cresciuto gradualmente. In termini assoluti, le separazioni che erano 51.445 nel 1994 sono diventate 81.744 nel 2003. Allo stesso modo, i divorzi che, partiti dalla cifra di 27.510 nel 1994 hanno toccato nel 2003 la cifra comples- siva di 43.856. Il numero delle separazioni peraltro è quasi il doppio ri- spetto a quello dei divorzi, a dimostrazione del fatto che l’effettiva dissoluzione della coppia coniugale avviene nel momento della separazione e che molte coppie dopo aver ottenuto una regolamentazione giuridica della loro nuova situazione rinunciano, forse anche per gli eccessivi costi che debbono affrontare, ad avviare le successive pratiche per il divorzio. In una simile instabilità spesso sono coinvolti i figli, vittime incolpevoli della crisi tra i propri genitori. La legge 8 feb- braio 2006, n.54, recante «Disposizioni in materia di sepa- razione dei genitori e affidamento condiviso dei figli», ha drasticamente modificato la materia relativa ai provvedi- menti riguardanti i figli in caso di crisi tra i genitori, sfor- zandosi di offrire loro una tutela uniforme a prescindere dalla natura dell’unione dei genitori e dalle sue possibili vi- cende. Il testo legislativo contiene una disciplina unitaria dei provvedimenti destinati a regolamentare i rapporti tra genitori e figli in caso di crisi familiare, senza distinguere tra genitori coniugati e non coniugati, tra separazione, divor- zio e annullamento del matrimonio, sul presupposto della necessità di tutelare l’interesse dei figli a ricevere il minor danno possibile dalla disgregazione del proprio nucleo fa- miliare, utilizzando il medesimo principio, quello dell’e- sclusivo interesse morale e materiale del figlio. Prima della riforma, il modello prevalente di affidamento risultava improntato all’ottica di una delega delle responsa- bilità relative ai figli in toto al genitore affidatario, con com- piti di mero controllo da parte dell’altro genitore. Al geni- tore affidatario spettava il diritto di tenere il figlio con sé, conservando l’esercizio della potestà in via esclusiva; all’al- tro genitore invece spettava soltanto il diritto di vigilare e di controllare l’operato del genitore affidatario nonché di con- 51 cordare le decisioni fondamentali per la vita del figlio. I dati statistici rilevano come la tipologia di affidamento più diffuso nella prassi sia stata, in ogni caso, l’affidamento monogenitoriale. IL NUOVO MODELLO DI AFFIDAMENTO CONDIVISO. Il pro- filo più innovativo della nuova normativa sta nella centra- lità riconosciuta al minore ed alla sua esigenza di continua- re a mantenere immutati i rapporti con i genitori. Sulla scorta degli orientamenti emersi anche in sede internazio- nale, infatti, la nuova normativa ha decisamente valorizza- to il diritto del minore ad un rapporto equilibrato e conti- nuativo con entrambi i genitori, prevedendo un meccani- smo che consenta ad entrambi di partecipare attivamente alla vita del figlio anche dopo la disgregazione del nucleo familiare, abbandonando la tradizionale distinzione di ruo- li tra genitore che si occupa del figlio e genitore “del tempo libero”. In questa prospettiva, la bigenitorialità non diventa solo una legittima rivendicazione del genitore ma un diritto sog- gettivo del minore, da collocare nell’ambito dei diritti del- la personalità. Nel contempo, viene enfatizzata anche l’im- portanza dei legami familiari in senso più ampio, ricono- scendo il diritto del minore di poter continuare a frequen- tare anche i nonni e in generale i parenti dei genitori. Nel programma perseguito dal legislatore, dunque, l’affi- damento condiviso diventa regola generale, mentre l’affi- damento monogenitoriale viene relegato ad ipotesi resi- duale, per i soli casi in cui l’affidamento all’altro genitore sia contrario all’interesse del figlio. Sulla scia di tale princi- pio, il nuovo art. 155 Codice civile stabilisce che i figli ven- gano affidati ad entrambi i genitori che su di essi esercitano la potestà e che le decisioni di maggiore importanza (istru- zione, educazione e salute) vengano prese congiuntamen- te. Per le decisioni di ordinaria amministrazione il giudice può disporre che i genitori esercitino la potestà separata- mente. Sarà il giudice a determinare per i figli «i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore», se- condo una regola necessariamente elastica che, nella pro- spettiva di una serena gestione del rapporto con i figli, vede privilegiare gli accordi dei genitori di cui il giudice è infatti tenuto a prendere atto se non contrari al loro interesse (art. 155, comma 2, Codice civile). L’AUDIZIONE DEL MINORE. La legge riconosce e valorizza il diritto del figlio ad essere ascoltato, prevedendone l’audi- zione obbligatoria se abbia compiuto i 12 anni e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, con ciò recepen- do un principio già ampiamente espresso in numerose con- venzioni internazionali, regolamenti comunitari, nonché, in tempi più recenti, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Carta di Nizza del 2000). Viene in questo modo colmata una lacuna della precedente discipli- na che, solo con riguardo al divorzio, e solo se ritenuto ne- cessario, contemplava la possibilità per il giudice di ascolta- re il figlio prima di decidere dell’affidamento. ACCORDI DEI GENITORI IN MERITO ALL’AFFIDAMENTO E MEDIAZIONE FAMILIARE. Convincente, seppur eccessiva- mente generico, appare anche il riferimento nell’ambito della legge alla mediazione familiare, mediante la previsio- ne della possibilità per il giudice, con il consenso delle par- ti, qualora ne ravvisi l’opportunità, di rinviare l’adozione dei provvedimenti sull’affidamento in attesa che i coniugi stessi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo circa l’affidamento. Nella legge si prevede che il giudice prenda atto, se non con- trari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i ge- nitori. Tuttavia la formulazione della norma non definisce con chiarezza quale sia l’efficacia degli accordi presi dai ge- nitori in merito alle modalità con le quali regolare la gestio- ne dell’affidamento condiviso: se cioè, il giudice debba ne- cessariamente attenervisi, constatata la loro conformità al- l’interesse dei figli, oppure se egli debba considerarli alla stregua di un elemento di valutazione (magari anche im- portante) circa la conformità della decisione da adottare al- l’interesse di quel minore. Nel primo caso, il potere confe- rito al giudice non sarebbe molto diverso da quello che ora gli attribuiscono le norme vigenti (art. 155, comma 7, Co- dice civile art. 6, comma 9, legge 898/1970). In questo modo i genitori vengono coinvolti direttamente nella definizione dei rapporti genitoriali conseguenti alla crisi del matrimonio, assumendo in prima persona una funzione “disciplinare” che altrimenti sarebbe rimessa esclusivamente al giudice. Tuttavia, sussiste il rischio che i genitori deleghino la stipulazione degli accordi agli avvoca- ti, con la conseguenza che il giudice andrebbe ad omologa- re, e dunque ad attribuire efficacia, ad accordi non condivi- si e per ciò stesso meno soddisfacenti e di solito meno ri- spettati. L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO. Quanto al mantenimento dei figli, fatti salvi gli accordi assunti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede in misura proporzionale al proprio reddito; se necessario, nell’ottica di integrare il contributo diretto, il giudice potrà stabilire la corresponsione di un as- segno, la cui entità dovrà determinare valutando una serie di criteri predefiniti che valgono a limitare una sua eccessi- va discrezionalità; si tratta in larga misura di criteri che la prassi giurisprudenziale ha in questi anni utilizzato per de- finire l’entità dell'assegno di mantenimento del figlio, an- che se da taluni si è sottolineato che si tratterebbe di criteri talmente generici che difficilmente saranno in grado di as- solvere all’obiettivo per cui sono stati previsti. Così come prevedeva la disciplina previdente, il giudice, ove le informazioni di carattere economico fornite dai ge- nitori non siano sufficientemente documentate, può di- sporre accertamenti della polizia tributaria. L’importante novità introdotta dalla legge di riforma consiste invece nel fatto che tali indagini possono avere ad oggetto anche beni intestati a soggetti diversi rispetto ai genitori, al fine di ren- dere inefficaci intestazioni fittizie. LA NUOVA DISCIPLINA DELLA CASA FAMILIARE. L’assegna- zione dell’abitazione familiare è legata all’interesse della prole a non subire un forzoso allontanamento dalla propria casa, e che dell’assegnazione il giudice dovrà tener conto ai fini della regolamentazione dei rapporti economici tra i ge- nitori, specie nel caso in cui l’immobile assegnato sia di pro- prietà esclusiva di quello dei due genitori che non lo abita (in altre parole, occorre tener conto che la disponibilità di un immobile rileva per l’assegnatario in termini di manca- ta spesa per la locazione di altro immobile, mentre, per chi subisce il provvedimento, in termini di costo per un nuovo alloggio e in termini di mancato introito per l’impossibilità di trarre dall’immobile un reddito). 52 SCHEDA 32. UNA FAMIGLIA PER OGNI BAMBINO Per calcolare il dato complessivo dei “minori fuori dalla fa- miglia” bisogna aggiungere al totale dei minori accolti in istituto (circa 2.700), la quota di minori accolti nelle co- munità (familiari ed educative) stimabili tra i 15mila e i 20mila (anche in riferimento ai ricoveri “anomali”) e il nu- mero dei minorenni in affidamento familiare pari a circa 10.200, di cui 5.280 in affidamento intra familiare e 4.668 in affidamento etero familiare. Il numero è impressionan- te: sono circa 30mila i minori di cui farsi carico nel nostro Paese entro il 31 dicembre 2006. MINORI IN ISTITUTO. Dai dati emerge come gli istituti per minori ancora in funzione nel nostro Paese ammontino a 215 unità e in totale ospitino 2.633 bambini e adolescenti (dati aggiornati al 30 giugno 2003). Dai 475 istituti per mi- nori registrati dall’Istat al 31 dicembre 1999, si è passati nel- l’anno successivo a 359 unità, con una riduzione di 116 strutture, e dopo tre anni e mezzo, con una ulteriore ridu- zione di altre 144, si scenda fino a quota 215. Relativa- mente ai minori ospiti degli istituti, il trend di diminuzio- ne è anche più marcato: infatti tra il 1999 e il 2000, il nu- mero di minori diminuisce di 3.051 unità ma se si pren- desse a riferimento il periodo 2000-2003 la diminuzione riscontrata sarebbe addirittura di 4.942 unità, che rappre- senta una contrazione, nel triennio considerato, pari a cir- ca due terzi dell’universo analizzato. Tre quarti degli istitu- ti per minori complessivamente censiti si collocano nel Me- ridione. In assoluto, comunque, la regione che presenta il maggior numero di strutture è la Sicilia, con 63 istituti per minori; al contrario, il Friuli Venezia Giulia presenta solo un istituto all’interno del proprio territorio. I minori solitamente non sono allontanati dal loro territo- rio d’origine verso strutture di altre regioni: solo la regione Abruzzo sposta un numero considerevole (sul totale regio- nale) pari a 15 ragazzi nella vicina Umbria. La percentuale dei minori di età compresa tra 0-2 anni accolti dagli istitu- ti è pari a circa il 10% del totale. Tale andamento cresce via via che ci si sposta nelle classi di età maggiore, fino a rag- giungere il picco nella classe 6-8 anni (25,6%); diminuisce nelle classi successive fino a quella di 18 anni (0,3). LE MOTIVAZIONI PER LA QUALE I MINORIVENGONO INSERI- TI IN ISTITUTO. Nel 33% dei casi si tratta di problemi eco- nomici e abitativi della famiglia di origine, seguono i pro- blemi di condotta dei genitori (12% del totale delle moti- vazioni) e le crisi delle relazioni familiari (8,5). Non sono certo da trascurare, sebbene esibiscano incidenze meno ri- levanti, alcune motivazioni “pericolose” quali appunto il maltrattamento e l’incuria (5,1%), la violenza sessuale sul minore (2,5) e lo stato di abbandono (1,8). Le crisi delle re- lazioni familiari unitamente ai problemi relazionali del mi- norenne con la famiglia superano l’8%. MINORI STRANIERI E MINORI DISABILI. I minori stranieri ospiti degli istituti rappresentano il 17,2% del totale e in valore assoluto sono pari a 452; essi sono maggiormente presenti nel Lazio (un bambino su due), Lombardia (il 46,8% del totale regionale) e Umbria (il 31,1% del totale regionale). Per quanto riguarda i disabili si registra un dato assoluto pari a 185 unità, suddivisi principalmente nelle re- gioni della Sicilia con 46 minori (8,4%), Puglia con 29 (7,6) e Veneto con 26 (19). 53 IDENTIKIT DEL PEDOFILO. Non esiste un’età media cui ri- condurre il soggetto pedofilo e non è possibile rintracciare neanche una classe sociale cui un soggetto affetto da tale di- sturbo appartiene. Il sesso del pedofilo è quasi esclusiva- mente rappresentato dal genere maschile, ma non è esclusa la presenza di quello femminile. Il pedofilo è “psicopatolo- gicamente pedofilo”, perché mosso in modo invasivo e in- controllabile dalle sue fantasie, impulsi e desideri a tal pun- to da compromettere una o più aree della sua vita a livello socio-relazionale o professionale. L’attrazione verso le fem- mine è descritta come la più frequente e riguardante per lo più bambine dagli 8 ai 10 anni; quella per i maschi, invece, sembra coinvolgere minori con un’età leggermente più ele- vata. Tra i pedofili è possibile, inoltre, osservare soggetti at- tratti esclusivamente da bambini (tipo esclusivo) e soggetti attratti da bambini e adulti (tipo non esclusivo). IL PROFILO CRIMINOLOGICO. Attraverso l’analisi dei fasci- coli di più di mille soggetti denunciati all’autorità giudizia- ria dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni, emerge che nel 96% dei casi si tratta di maschi, mentre solo nel restan- te 4% di donne; nel 44% dei casi gli indagati hanno un’età che va dai 21 ai 30 anni, nel 27% dai 31 ai 40, nel 14% dai 51 e ai 60 anni. Solo il 3% dei segnalati all’autorità giudi- ziaria ha un’età inferiore ai 20 anni. Per quanto concerne il titolo di studio, al primo posto si colloca la licenza liceale (65%) e a seguire la licenza media (7) e la laurea (5). Nel 67% dei casi i soggetti sono celibi e nel 29 coniugati. Nella maggior parte dei casi (90%) i soggetti erano incensurati, nel 2% erano recidivi e nel 5% avevano precedenti, ma ge- nerici e non legati alla sessualità. Circa il 90% dei soggetti fermati si sarebbe limitato alla scambio di materiale pedo- pornografico, mentre nel 10% dei casi sarebbero stati coin- volti anche minori “dal vivo” ( Strano 2003). I COLLEZIONISTI. I pedofili spesso collezionano pornogra- fia infantile e child erotica. Si possono distinguere quattro tipologie: • closet: coloro che si limitano a fare uso di materiale pe- dofilo in segreto e senza mettere in atto molestie sessuali; • isolated: coloro che fanno uso di materiale pedofilo condiviso solo con le loro vittime; • cottage: coloro che scambiano e condividono il proprio materiale con altri pedofili e abusanti; • commercial: coloro che fanno del denaro lo scopo pri- mario della loro collezione. La pedopornografia on line è un fenomeno vasto e preoc- cupante, la cui diffusione e divulgazione avviene in preva- lenza in alvei e dimensioni “pseudo pubbliche” della Rete nelle quali la relazione pedopornografica tra autore e vitti- ma viene interrotta da una lunga serie di passaggi e rime- scolamenti di materiali di portata tale da non rendere pos- sibile una serie di indagini sulle dinamiche associative di produttori di pedopornografia. IL MODUS OPERANDI DEL PEDOPORNOGRAFO ON LINE.Tra tutti gli utilizzi di Internet le chat line rappresentano il set- tore dove si manifestano i maggiori rischi per i minori. Co- me emerge da una ricerca del 2004 a cura dell’Internatio- nal Crime Analysis Association, il 13% dei bambini tra gli 8 e i 13 anni ha avuto dei contatti in chat con un adulto che intraprende discorsi su tematiche sessuali; il 29,7% di ado- lescenti tra i 14 e i 17 anni ha incontrato contenuti indesi- derati/offensivi; il 51,7% di loro ha incontrato finestre aperte di pubblicità di altri siti. Uno studio avviato nel 2000 è stato svolto attraverso la sperimentazione sul campo: i ri- cercatori entrano nelle chat con l’identità virtuale di bam- bini e partecipano in prima persona all’interazione con il pedofilo. In tutti i casi il pedofilo, prima di rischiare, si ac- certa dello stato di solitudine del bambino al momento del- la conversazione, attraverso domande sulla presenza o me- no di adulti in casa; è ricorrente la richiesta da parte del pe- dofilo di descrizioni fisiche che riguardano soprattutto le componenti genitali e sessuali in genere; laddove il fine è tentare l’adescamento del bambino, è frequente che il pe- dofilo, nel corso di conversazioni apparentemente casuali, raccolga informazioni su gusti, hobbies e interessi del bam- bino, per offrirgli oggetti o situazioni che rappresentano per il bambino una fonte di attrazione (Università Cattoli- ca del Sacro Cuore di Roma). In base alle caratteristiche di personalità e ai livelli di gra- vità, si distingue tra: • pedofili omosessuali, che desiderano avere rapporti con bambini/e dello stesso sesso, con modalità “d’amore” vici- ne a quelle fra madre e figlio; • pedofili compulsivi, che agiscono in modo irrefrenabile capitolo 5 MEDIA E SOCIETÀ SCHEDA 33. PEDOFILIA E PORNOGRAFIA MINORILE: ASPETTI DESCRITTIVI, NESSI E DIFFERENZIAZIONI INTERNET E LE NUOVETECNOLOGIE IN ITALIA.Nel periodo compreso tra ottobre-dicembre 2002 e ottobre-dicembre 2005, in Italia la percentuale delle famiglie con accesso In- ternet da casa è cresciuta di ben 9 punti percentuali passan- do dal 34 (2002) al 43% (2005), ovvero pari a circa 9,2 mi- lioni di famiglie on line e a 27,9 milioni di utenti potenzia- li. Nel corso dell’ultimo trimestre 2005, il 4% dei naviga- tori è rappresentato da bambini tra i 6 e gli 11 anni, mentre i giovani di 12-17 anni costituiscono il 9%. A fine 2005 i bambini che hanno utilizzato Internet sono aumentati sia per quanto riguarda il numero (+14%), sia per quanto in- teressa i consumi: tra ottobre e dicembre 2005 si sono col- legati a Internet in media 12 volte (contro le 8 sessioni del 2004) trascorrendo in Rete 2 ore e mezzo in più rispetto al- l’anno precedente. Sono maggiormente on line da casa gli studenti (18%) che occupano il primo posto, seguono i ra- gazzi con meno di 16 anni (10). Complessivamente il 52,3% dei ragazzi con un’età compresa tra i 14 e i 17 anni dichiara di collegarsi tutti i giorni (12,1) o almeno una vol- ta alla settimana (40,2); il 19,1% lo fa almeno una volta al mese e il 28,5 più raramente ( Nielsen//NetRatings, 2005). A CHI RIVOLGERSI PER AVERE UN AIUTO: LA POLIZIA PO- STALE E IL PROGETTO HOT114. Poiché lo sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione ha sollevato sempre nuove problematiche legate alla sicurezza dei sistemi di co- municazione, la Polizia di Stato ha adeguato le proprie strutture investigative alle mutate esigenze, strutturando nel corso degli anni unità sempre più specializzate per vigi- lare sull’uso distorto delle tecnologie ed impedire che esse divengano veicolo di illegalità. Questo compartimento della Polizia di Stato effettua costanti monitoraggi della re- te Internet per verificare la presenza di siti, messaggi, new- sgroup o conversazioni dai quali si possa presumere la com- missione di un reato. L’avvio delle attività investigative può dunque avvenire per i comportamenti sessuali sui bambini/e in associazione ad un restringimento dello stato di coscienza, al di fuori del quale soffrono per tale comportamento; • pedofili perversi, che non considerano il bambino come soggetto, ma solo un mezzo per soddisfare un comporta- mento sessuale, intriso di ritualità violenta; • pedofili regressivi, che rivolgono il loro interesse sui bambini, perché sono caratterizzati da una personalità im- matura e fissata ad un livello infantile di sviluppo psico-ses- suale; • pedofili fissati, che presentano un arresto temporaneo o permanente dello sviluppo psico-sessuale e fin dall’adole- scenza un atteggiamento di tipo pedofilo. L’interesse ses- suale primario non è mai evoluto oltre lo stadio prepubere; raramente intrattengono relazioni sessuali adulte, sono spesso celibi e tengono a mettere in atto comportamenti sessuali pedofili verso sconosciuti o vicini di casa; • pedofili situazionali, che non presentano una originaria e unica preferenza verso i bambini e sono portati a rivolger- si al mondo infantile nel momento in cui eventi particolar- mente stressanti intervengono nella loro vita. QUALE RAPPORTO TRA FANTASIE, PEDOFILIA E PORNOGRA- FIA?Avere fantasie sessuali pedofile o provare attrazione per i bambini non significa necessariamente che azioni pedofi- le verranno messe in atto. È provato che fantasie pedofile e, ad esempio, eccitazione per materiale pedofilo sono pre- senti anche in parte della popolazione cosiddetta “norma- le”. Come emerge dall’ultimo rapporto Eurispes sulla por- nografia (2005), il mercato del porno complessivamente è in crescita: il valore annuo del fatturato passa da 895 milio- ni di euro nel 2002 a 1.101 milioni di euro nel 2004, ri- scontrando un calo del fatturato solamente per i siti web commerciali (da 224 milioni di euro nel 2002 a 181 milio- ni di euro nel 2004); le aree di affari più forti nel 2004 ri- sultano le televisioni a pagamento, gli home video e i video telefonini satellitari con un fatturato, rispettivamente, di 247, 233 e 140 milioni di euro. In Occidente i sette Paesi leader dell’industria pornografica risultano essere gli Usa, seguiti da Svezia, Germania, Francia, Spagna, Ungheria e Repubblica Ceca. L’Italia, che fino agli anni 90 era tra i pri- mi produttori, attualmente è esclusa dal circolo dei “G7 del porno”: una delle cause di tale esclusione risiede nell’incer- tezza e talvolta inefficacia delle leggi che regolano il settore. L’economia pornografica, infatti, prospera anche in regimi legali proibizionisti, ma per divenire “industria” necessita, paradossalmente, o di assenza di regole o di regole chiare. Il successo di questo mercato oggi è in evidenza per mezzo di Internet, ma vi è sempre stata molta offerta e molta richie- sta, anche prima che esistesse tale mezzo di comunicazio- ne. I fruitori di questo mercato sono ovviamente persone attratte da ciò che viene loro offerto e non è corretto, sul piano logico, asserire che tale attrazione sia determinata dall’offerta, mentre è logicamente desumibile il contrario, cioè che il successo dell’offerta sia determinato dal fatto che esiste in tante persone questa attrazione. 54 SCHEDA 34. IL BAMBINO NAVIGATORE, I SUOI GENITORI E I SUOI INSEGNANTI: IL PROGETTO HOT114 55 propria iniziativa o a partire da segnalazioni di privati citta- dini. Il progetto Hot114 nasce nell’ambito del programma Safer Internet promosso dalla Commissione Europea per favorire l’utilizzo sicuro di Internet e delle nuove tecnolo- gie e in particolare per combattere i contenuti illegali e po- tenzialmente pericolosi per bambini e gli adolescenti. Tale progetto è stato affidato a Telefono Azzurro con il fine di potenziare l’area della sicurezza in Internet in Italia. Il pro- getto, della durata di due anni, è stato avviato ufficialmen- te il 1° aprile 2005, con l’obiettivo di costituire e rendere operativa in Italia una hotline in servizio 24 ore su 24, che permetta a chi naviga in Internet di segnalare contenuti pe- dopornografici o potenzialmente pericolosi per bambini e adolescenti. Il lavoro di Rete dell’Hot114 è potenziato dal- l’appartenenza all’associazione internazionale di hotlines sui Internet Inhope (www.inhope.org), cofinanziata dalla Commissione Europea, che promuove la cooperazione tra oltre 25 hotlines di tutto il mondo. PEDOPORNOGRAFIA ON LINE: DATI. Le azioni di contrasto, effettuate dalla Polizia Postale dall’entrata in vigore della legge 269/98 «Normativa contro lo sfruttamento sessuale dei minori» sino a luglio 2006, hanno portato al monito- raggio di 225.113 siti; 10.393 segnalazioni ad organismi investigativi esteri; 3.134 perquisizioni; 3.365 persone sot- toposte ad indagini; 167 indagati sottoposti a provvedi- menti restrittivi. Per quanto riguarda le segnalazioni inol- trate all’hotline Hot114 in merito a contenuti illeciti (ma- teriale pedopornografico) e pericolosi rinvenuti sulla Rete, nel periodo compreso tra aprile 2005 e settembre 2006 so- no state complessivamente accolte 342 segnalazioni. La percentuale più elevata di segnalazioni (63,5%) ha interes- sato i siti web; rilevanti anche i valori riconducibili alle e- mail (16,7) e al file sharing (11,4). I soggetti segnalanti pre- feriscono nella maggior parte dei casi rimanere anonimi (60,5). In più del 40% dei casi il Paese che ospita i siti web segnalati sono gli Stati Uniti; al secondo posto, ma con va- lori molto più ridimensionati, troviamo l’Italia (11,1). I PERICOLI DELLA RETE PER I BAMBINI E GLI ADOLESCENTI: ADESCAMENTO, SITI ILLEGALI E SITI DANNOSI (RAZZISMO, GUERRA, VIOLENZA). Bambini e adolescenti che navigano in Internet possono trovarsi di fronte a materiali e conte- nuti inadeguati per la loro età (ad esempio, contenuti vio- lenti, con espliciti riferimenti sessuali o che incitano al raz- zismo) o trovarsi ad interagire con soggetti malintenziona- ti che possono ingannarli ed invitarli a comportamenti o azioni pericolose. Secondo quanto documentato dall’espe- rienza investigativa delle Forze dell’ordine specializzate, le chat rappresentano il settore di Internet in cui si riscontra- no i maggiori rischi. All’interno delle chat, infatti, è possi- bile intrattenere comunicazioni estremamente intime, su- perando gap generazionali e culturali. Se il pericolo mag- giore per un bambino o un adolescente può derivare dal- l’incontro diretto con soggetti malintenzionati conosciuti in chat, in questo stesso luogo virtuale il giovane navigato- re può essere vittima di episodi di flaming, una comunica- zione violenta ed offensiva. Si tratta di un comportamento tipico dei giovani e degli adolescenti, che sarebbero più pro- pensi ad accendere “risse digitali”, usando un linguaggio scurrile all’interno di chat, forum, mailing list. La stessa ricerca sui motori di ricerca di cartoni animati, cantanti e attori, può condurre a foto e/o filmati di tipo por- nografico, dal momento che spesso sono mascherati da file con nomi ingannevoli. Internet può veicolare anche conte- nuti pericolosi come l’esaltazione della violenza e della cru- deltà, l’istigazione all’odio e al razzismo, la pubblicità di ta- bacco e alcool, la valorizzazione dell’estrema magrezza e il ricorso a qualsiasi mezzo per raggiungerla, il mito dell’ar- ricchimento facile e il ricorso a comportamenti illegali per ottenere un guadagno immediato. COME AFFRONTARE I PERICOLI DELLA RETE PER UNA NAVI- GAZIONE SICURA. Al fine di garantire che bambini e adole- scenti possano beneficiare delle innumerevoli risorse e po- tenzialità di Internet è necessario provvedere a proteggerli dai contenuti dannosi: Internet deve diventare un luogo in cui, con qualche precauzione, i bambini possono crescere serenamente. Una soluzione tecnica è quella di utilizzare programmi di filtraggio che, attraverso l’adozione di mo- delli di blacklisting (che non consentono di aprire certi siti) oppure di whitelisting (che consentono all’opposto di apri- re solo siti specificati), evitino spiacevoli incontri in Rete. Attraverso l’uso di filtri è possibile anche restringere la na- vigazione solamente a reti private, che contengono solo del- le pagine adatte ai più piccoli e da cui non si può uscire. SCHEDA 35. GENERAZIONE EBAY: IL BOOM DEGLI ACQUISTI ON LINE E-COMMERCE: PICCOLI ACQUIRENTI CRESCONO. Lo svi- luppo dell’e-commerce è senza dubbio legato alla crescita dei fruitori di Internet i quali, avendo acquisito maggiore familiarità con il mezzo, hanno incrementato gli acquisti on line. Il commercio elettronico sembra non conoscere li- miti o confini di tipo anagrafico. Lo confermano i risultati del sondaggio Eurispes-Telefono Azzurro 2006, secondo cui sin da piccolissimi gli internauti utilizzano la Rete per 56 fare acquisti on line. In particolare l’11,4% dei bambini con un’età compresa tra 7 e 11 anni sostiene di aver già fatto compere sul web. E al crescere dell’età aumenta considere- volmente la quota percentuale dei giovani appassionati di e-commerce che raggiunge il 29,1% tra i giovani con un’età compresa tra 16 e 19 anni. Sono i maschi coloro che mag- giormente usano Internet per i loro acquisti on line. Lo te- stimoniano i dati che indicano valori più alti riferiti ai bam- bini (15,1%) e agli adolescenti (34,8) rispetto a quelli che interessano le bambine (6,7) e le adolescenti (18). ACQUISTARE CON UN CLICK. Secondo le più recenti analisi l’e-commerce business to consumer italiano toccherà a fi- ne 2006 i quattro miliardi di euro con un aumento del 45% rispetto al 2005 (Osservatorio B2C). Il commercio elettro- nico si concentra in alcuni settori, e leader indiscusso è il turismo con un fatturato di oltre 1,7 milioni di euro anche se nel 2006 non aumenta la sua quota di mercato che com- plessiva rimane fissa al 43%. Grazie all’ottimo andamento delle vendite su eBay è in co- stante crescita la categoria “altro” che comprende ad esem- pio la prevendita di biglietti, le ricariche telefoniche, il col- lezionismo, preziosi, fiori, ecc. Questo comparto supererà alla fine del 2006 quota 1.200 milioni di euro, facendo re- gistrare un incremento percentuale del 30% rispetto allo scorso anno. In questo settore l’80% circa delle vendite pro- viene proprio dalle vendite consumer to consumer di eBay, il sito più famoso al mondo di aste on line. Ottimi inoltre i profitti realizzati nel settore dell’informatica e dell’elettro- nica che da sempre registrano risultati positivi: +11% di vendite nel 2006, con un giro d’affari che entro la fine del- l’anno supererà i 430 milioni di euro. Confermano quote percentuali pari al 3% i settori dell’editoria, della musica e dell’abbigliamento. Perdono invece peso sul mercato com- plessivo le assicurazioni on line (-3% rispetto al 2005) e il settore di grocery (1% nel 2006 contro il 2 del 2005). La fiducia negli acquisti in Rete è cresciuta anche grazie al- l’adozione di sistemi sicuri e soprattutto in seguito alla dif- fusione delle carte di credito prepagate che, oltre ad elimi- nare il timore di incorrere in possibili truffe, consentono di allargare il target di riferimento permettendo anche ai più giovani di usufruire di un servizio prima imprescindibile dal possesso di un conto corrente bancario. La modalità di pagamento più diffusa per le transazioni on line è la carta di credito (usata nel 70% dei casi), seguita da Paypal (10), dai bonifici (9) e contrassegni (8). Non ancora diffusi i finan- ziamenti (1). eBay è la più grande community al mondo di compravendita on line senza intermediari. Presente in Ita- lia dal 2001, conta oggi 203 milioni di utenti registrati nel mondo di cui 3 milioni italiani. Presente in 33 mercati in- ternazionali, solo nel secondo trimestre del 2006 ha pro- dotto un fatturato di 1,41 miliardi di dollari. Se eBay fosse un Paese, sarebbe la quinta nazione più popolata al mondo dopo Cina, India, Stati Uniti ed Indonesia. In ogni mo- mento ci sono più di 104 milioni di oggetti sul sito in tutto il mondo, con più di 6,5 milioni di nuovi oggetti al giorno. Solo nel secondo trimestre del 2006 ne sono stati messi in vendita 596 milioni in tutto il mondo. Nel secondo trime- stre del 2006 sono stati venduti su scala mondiale oggetti per un totale di 12,9 miliardi di dollari. eBay nasce come si- to di aste ma in realtà esiste un’ampia gamma di servizi: uno di questi è il «compralo subito», che consente ai venditori di proporre i propri oggetti a un prezzo fisso, e agli acqui- renti di non attendere il termine dell’asta. GLI OGGETTI PIÙ RICHIESTI. Primeggiano i telefoni cellu- lari (ricercati tramite alcune parole chiave come Umts o Nokia), le scarpe modello Hogan o Nike, le Vespa e le Bmw. Le categorie merceologiche complessive di eBay Italia sulle quali si effettua compravendita sono più di 3.500 raggrup- pate in 24 metacategorie visibili. Le categorie più visitate sono quelle dei fumetti, della bellezza e salute, dei franco- bolli, tv ed elettronica ma anche quelle dei vini e della ga- stronomia. Non sono mancate operazioni che hanno visto contesi oggetti veramente curiosi come: un allevamento it- tico (venduto per un milione 615mila euro); un call center con 76 postazioni telefoniche ed informatiche (venduto per 500mila euro); quattro sveglie in buono stato ma non funzionanti, vendute per 12 euro; un ago da pagliaio; bi- glietti del tram timbrati... SCHEDA 36. I CANALI TELEVISIVI TEMATICI PER BAMBINI FINO A 2 ANNI 31.500. È questo il numero di spot pubblicitari che media- mente un bambino guarda in un anno attraverso la televi- sione. La media è dunque di quasi 90 commercials al gior- no, un numero superiore, probabilmente, ai gesti di affetto che ogni genitore potrebbe nel corso della sua giornata ma- nifestare al proprio figlio. IL “CLIENTE BAMBINO” OVER 3. Esiste un florido mercato pubblicitario per il “cliente bambino” tanto che, secondo l’International Clearinghouse dell’Unesco, soltanto negli Usa le aziende spendono annualmente 12 miliardi di dol- lari nel marketing dedicato all’infanzia. Il gioco vale la can- dela: infatti i bambini americani riescono ad influenzare gli acquisti dei loro familiari per una cifra che mediamente 57 ogni anno si aggira intorno ai 500 miliardi di dollari. Sul- l’industria rappresentata poi dalle multinazionali bisogna porre particolare attenzione, anche perché essa opera al di fuori di ristrette logiche nazionali, in quanto fortemente interessata ai circa 2,1 miliardi di bambini che vivono oggi sul pianeta e che rappresentano il 36% della popolazione mondiale. IL “CLIENTE BEBÈ” UNDER 3. Realizzati con caratteristiche che determinano un’associazione suono/immagine sicura- mente molto efficace, gli spot televisivi risultano calibrati in modo da riuscire a determinare ed a orientare il 75% del- le scelte dei telespettatori bambini. Per il suo ottimismo, la sua concisione e la sua ripetitività, la pubblicità appare co- me una sorta di “protesi elettronica” dell’occhio - veri e pro- pri occhiali capaci di far vedere “luoghi” lontani, in tempi assolutamente ridotti - creando il codice comunicativo più influente sul comportamento dei bambini. Si tratta di ele- menti fortemente condizionanti che ne hanno consentito l’adozione stilistica da parte di diversi produttori televisivi, i quali, mutuandone le strutture di racconto, hanno inizia- to ad utilizzarli per la realizzazione di programmi dedicati ed addirittura per la creazione di canali televisivi, denomi- nati pre school television, rivolti persino agli under 3. BABY FIRST TV. Partendo dalla consapevolezza che anche i bambini di pochi mesi di vita risultano attratti dalle imma- gini che si muovono sullo schermo, prima ancora di capire che cosa esse rappresentino, è stata inaugurata negli Stati Uniti agli inizi dell’estate la programmazione via cavo di Baby First tv. Questo canale per la nursery dietro il paga- mento di soli 9,99 dollari al mese, propone 24 ore su 24 un palinsesto di ninne nanne, storielline di peluche che gioca- no al trenino, rubriche di cose da mangiare, un abbeceda- rio animato, canzoncine, geometria, uno spazio per colo- rarsi le mani e uno per la ginnastica. La promozione di que- sto canale nelle grandi città si è avvalsa di slogan e spot che ne sostenevano la convenienza soprattutto per il costo del- l’abbonamento nettamente inferiore a quello di un’ora di baby sitter. Secondo uno studio condotto nel 2005 dalla Kaiser Family Foundation i bambini americani sotto i due anni che guardano almeno due ore di televisione o di video al giorno sono il 68% dell’intera popolazione infantile, mentre il 26% ha persino il televisore in camera da letto. TELETUBBIES, LA TV PER CRESCERE. La serie animata dei Teletubbies è nata undici anni fa grazie ad un’idea della Bbc che mise a punto un nuovo programma televisivo studiato su misura per quei bambini che, pur guardando già la tele- visione, non sapevano né leggere né scrivere. In poco tem- po i Teletubbies conquistarono il cuore dei bambini di tut- to il mondo, senza sollevare echi di protesta, ma riuscendo ben presto ad ottenere il gradimento più alto nei palinsesti televisivi, tanto che, ancora oggi, la serie viene trasmessa in 113 Paesi, con versioni locali doppiate in ben 45 lingue. Ma qual è stata la chiave di volta per questa serie? Quali gli elementi secondo i quali questo programma è stato ritenu- to il più esemplare e positivo esempio di pre school televi- sion? La risposta è tutta in una parola: il gioco. Ma la carat- teristica principale dei personaggi di questa fortunata serie televisiva è stata sicuramente quella di aver “inventato” un linguaggio particolare, basato sulle onomatopee, con paro- le pronunciate in maniera distorta o parziale che ha saputo ricalcare esattamente quello dei bambini, secondo lo stesso codice comunicativo condiviso e prezioso per acquisire le abilità linguistiche fondamentali. SCHEDA 37. L’APPARIRE: MANIPOLAZIONE DEL CORPO FRA ARTE, BODY TUNING E CHIRURGIA È l’epoca del body tuning, tendenza che identifica la possi- bilità di modificare - letteralmente: accordare - il proprio corpo in maniera sostanziale, attraverso il ricorso a tatuag- gi, piercing, scarnificazioni, trasformandolo in un vero e proprio strumento/contenitore/oggetto di rappresentazio- ne del sé. Fenomeni quali il tatuaggio e il piercing sono di- ventati, ben accolti da giovani e meno giovani, parte del co- stume contemporaneo suscitando l’interesse di sociologi, antropologi, psicologi e medici. Inoltre, alla possibilità di ornare il corpo, modificandolo, la chirurgia moderna ag- giunge l’opzione di modellare, aumentare, armonizzare, nei limiti consentiti dalla deontologia, addomi e seni, nasi e glutei. Gli adolescenti e i giovani sono i più numerosi nel- l’esercito di persone interessate da questi fenomeni perché costituiscono la porzione sociale più portata all’innovazio- ne, più globalizzata, meno conformista. TATUAGGI E PIERCING COME FENOMENI NEOTRIBALI. Se- condo una ricerca effettuata nel 2003 dalla società HI Eu- rope, una quota pari al 49% dei giovani americani fra i 18 e i 29 anni sono tatuati, in Gran Bretagna nella medesima fa- scia d’età ha fatto la stessa scelta il 21% contro il 16 dei gio- vani italiani. Sono i più giovani e le donne in particolare ad essere maggiormente interessati a questa forma di body art. I significati che i giovani attribuiscono al tatuaggio riguar- dano la sensualità, l’anticonformismo, la capacità di essere 58 più attrattivi nei confronti del prossimo e una spiccata spi- ritualità. PERICOLI CONNESSI ALLE PRATICHE DEL BODY PIERCING E DEL TATTOO. La scelta di “dotare” il proprio corpo di un piercing non è un’opzione priva di rischi anche seri per la salute. Il pericolo principale proveniente da questa pratica è legato al fatto che, nonostante recenti disposizioni legisla- tive, tale attività è spesso praticata in maniera artigianale, in luoghi non conformi al necessario rigore igienico sanitario. I rischi clinici sono molteplici e sono per lo più associati al- l’area del corpo nel quale il piercing è collocato: l’inseri- mento di gioielli, anelli, barrette metalliche nei genitali e nei capezzoli, ad esempio, può mutilarne irrimediabilmen- te la funzionalità e, negli adolescenti, costituire un serio problema per il futuro sviluppo sessuale. Lesioni e tagli del- la cute sono associati a rischi di dolore, sanguinamento, in- fezione e cattiva. Rischio importante associato al body pier- cing è l’infezione da virus a trasmissione ematica quali epa- titi da Hcv, HBSag e il virus dell’Aids. Costituisce una fon- te di pericolo la contaminazione da batteri quali lo Staphy- lococcus spp e gli Streptococcus spp. Anche i tatuaggi tem- poranei non sono scevri da rischi per la salute. È stato regi- strato un aumento sensibile di reazioni allergiche ai tatuag- gi a base di hennè nei bambini e negli adolescenti italiani. L’ADOLESCENTE FRA DISMORFOFOBIA E CHIRURGIA ESTE- TICA. La dismorfofobia è la paura di non essere normali, di non avere un aspetto gradevole o bello. Riguarda soprat- tutto gli adolescenti di entrambi i sessi ed è strettamente le- gata alle trasformazioni dell’età puberale. L’adolescente di- smorfofobico vive il gruppo dei pari come luogo di peren- ne confronto, riferimento della misura del proprio valore sviluppando una profonda dipendenza dai giudizi espressi dai propri coetanei. Un giudizio negativo equivale allo sco- prirsi inadeguati al proprio gruppo. L’inadeguatezza perce- pita riguarda i propri tratti fisici, che allo specchio o nel- l’immaginario dell’adolescente divengono monchi, defor- mi, inadeguati, sovradimensionati e che spesso invece non sono poi così devianti così come il soggetto crede o teme. In Italia, sono oltre 6mila i ragazzi e le ragazze sotto i 18 an- ni che hanno fatto richiesta di iniezioni di botox, collage- ne, peeling chimici e dermoabrasioni, mentre in Europa il dato è almeno dieci volte maggiore. I casi più numerosi ri- guardano il Nord Europa, ma le richieste sono in sensibile aumento anche nell’Europa Mediterranea (EADV 2005). SCHEDA 38. 2005: I GIOVANI E LA CRESCENTE RICHIESTA DI MOBILITÀ: IL FENOMENO DELLE MICROCAR Il numero di giovani conducenti under 20 morti in inci- denti stradali nel solo 2004, è stato pari a 297, di cui la stra- grande maggioranza alla guida di un mezzo a due ruote, mentre il numero di feriti per la stessa tipologia e classe d’età si è attestato su 21.532; a ciò occorre aggiungere come le categorie di veicoli maggiormente coinvolte in incidenti sia a veicoli isolati che tra veicoli - se si eccettuano le autovet- ture private e pubbliche - nello stesso periodo, siano state proprio quelle dei ciclomotori e motocicli, la cui utenza è in buona parte giovanile (Aci-Istat). Ben il 65,7% dei ma- schi e il 46,1 delle femmine tra i 14 e i 19 anni dichiarano di saper guidare un ciclomotore che, in otto casi su dieci, è effettivamente reso disponibile dalla famiglia di origine per l’utilizzo. DA PRODOTTO DI NICCHIA A FENOMENO DELLE STRADE. È sufficiente osservare il traffico nelle grandi città per accor- gersi che a catturare la fantasia degli under 18 non sono più motorini dal design accattivante e dalle prestazioni eccel- lenti, ma minicar, vere e proprie automobiline in miniatu- ra per adolescenti, con il motore di uno scooter. Nonostan- te la loro comparsa sul mercato italiano sia piuttosto recen- te, intorno al 1997, le microcar stanno via via conquistan- do fette sempre più ampie di clientela non solo tra adulti a caccia di un mezzo col quale aggirare i divieti di accesso in zone a traffico limitato, i divieti di parcheggio o in cerca di un mezzo sostitutivo alla macchina dopo il ritiro della pa- tente, ma anche tra i giovanissimi compresi nella fascia 14- 17 anni. I quadricicli leggeri attualmente circolanti in Europa supe- rano le 305mila unità, di cui 49.120 nella sola Italia, prece- duta esclusivamente da Francia e Spagna (rispettivamente con 140mila e 50.676 unità). Le microcar immatricolate nel nostro Paese nel solo 2005 ammontano ad un totale di 4.970, un dato impressionante se si considerano la recente commercializzazione del mezzo, il rapporto tra prezzo e prestazioni e la quasi totale assenza di campagne pubblici- tarie massicce. Il guidatore-tipo di tale veicolo, così come emerge da uno studio condotto dall’Afquad in Francia su 5mila utenti, è nel 59% dei casi un ultracinquantenne e nel 36% dei casi si tratta di soggetti tra i 25 e i 50 anni; solo un esiguo 5% ha un’età compresa tra i 16 e i 25. Il fenomeno sembrerebbe quindi toccare solo marginal- mente gli adolescenti se non si tenesse conto della mancata armonizzazione della legislazione in materia a livello co- munitario. Mentre in Francia, Germania, Austria, Belgio e 59 SCHEDA 39. GIOVANI E IMPEGNO POLITICO Si assiste a un progressivo allontanamento della popolazio- ne giovanile italiana dal mondo della politica. Il rapporto fra nuove generazioni e vita istituzionale è in una crisi che trova negli ultimi anni il suo apice, sintomatologicamente registrata dai livelli di disinteresse, via via crescenti, espressi dai giovani nei confronti del dibattito istituzionale e delle attività politiche. Una ricerca promossa dall’Istituto Iard (2004), avente per oggetto la partecipazione politica dei giovani evidenzia co- me, fra il 1996 e il 2000, vi sia stato un decremento genera- lizzato degli indici di fiducia istituzionale, di civismo e una diminuzione dell’indice di associazionismo, salvo poche e isolate eccezioni. Nel corso del quadriennio considerato, l’indice di “fiducia istituzionale” mostra un decremento in tutte le zone d’Ita- lia, soprattutto nel Nord-Ovest. Nel 1996 era il Nord-Est la zona d’Italia che dichiarava una maggiore fiducia nelle istituzioni; quattro anni più tardi, è il Sud a credere mag- giormente nelle istituzioni al netto tuttavia di una flessione rispetto al dato del primo anno di rilevazione. L’indice di associazionismo appare in forte flessione, tutta- via il dato rappresentato è da leggere tenendo in considera- zione che nel primo periodo considerato lo strumento as- sociativo appariva particolarmente abusato rappresentan- do una forma di aggregazione che spesso rientrava in una logica di elusione/evasione fiscale dissimulando scopi commerciali. L’indice di partecipazione politica dei giova- ni infine soffre anch’esso di una seppur modesta flessione generalizzata. Nel 2000 sono le regioni del Nord-Est quel- le ad esercitare una partecipazione maggiore, mentre è il Centro ad aver registrato una maggior flessione dell’indice. INTRODURRE LE QUOTE ARANCIONE? Il diminuire del nu- mero di giovani fra le fila dei partiti indica una crisi della politica tradizionale e necessariamente una crisi della rap- presentanza per una porzione importante della società. Di questa crisi è sintomo e concausa il modesto numero di gio- vani che abitano le istituzioni: ad esempio nei banchi della Camera dei Deputati siedono solo tre deputati (fra i quali due uomini) che hanno una età fra i 25 e i 29 anni; anche la fascia fra i 30 e i 39 anni è rappresentata esiguamente (63 deputati) rispetto a quelle più anziane. GIOVANI EUROPEI E PARTECIPAZIONE POLITICA. Nuove for- me di partecipazione alla vita pubblica passano attraverso l’adesione a nuovi movimenti sociali su base internaziona- le, attraverso l’adesione a stili di vita alternativi e di com- portamenti dai contenuti altamente ideali. Circa il 35% dei giovani europei riferisce di essere interessato alla politi- ca tradizionale, mentre la quota più elevata appare disinte- ressata. Il 56% dichiara di parlare occasionalmente di poli- tica con i propri amici, solo il 10% lo fa frequentemente. Il 25% intravede nell’attività politica una dimensione im- portante per il proprio destino mentre per il rimanente 75% la politica tradizionale appare un asset distante e inca- pace di influenzare direttamente e positivamente la propria esistenza. LA PARTECIPAZIONE IN ITALIA.Fra i giovani dai 14 ai 17 an- ni solo il 15,1% riferisce di assistere ai dibattiti pubblici fra politici qualche volta a settimana, mentre ben il 48,9% è totalmente disinteressato ad essi. L’interesse per la politica è maggiore nella classe 20-24 anni (19,5%). I media preferiti per informarsi e assistere al pubblico di- battito sono soprattutto la tv, poi i quotidiani e in terzo luo- go, a notevole distanza, la radio.Chi non si informa lo fa so- prattutto perché dichiara che l’argomento non è di suo in- teresse (82% fra i 14-17 anni), in secondo luogo perché gli Portogallo l’età minima prevista per guidare un quadrici- clo leggero è di 16 anni, in Italia questa scende a 14 anni, previo conseguimento di un patentino che accerta esclusi- vamente conoscenze teoriche circa il Codice della strada. IL NUOVO TARGET DELLE MICROCAR: GLI ADOLESCENTI. Da un sondaggio condotto sul sito www.quadricicli.it su un campione di utenti con età inferiore ai 18 anni, emerge come ben il 72,3% degli interpellati sia favorevole all’uti- lizzo del quadriciclo a 14 anni col patentino, e il 21,8% a 16 anni con patente A; solo un esiguo 5,9% ritiene preferi- bile attendere la maggiore età per potersi mettere alla guida di una vera automobile (2) od optare per il tradizionale scooter (3,9). Nonostante molti giovani desiderino potersi mettere alla guida di una microcar, pochi si identificano con i prodotti attualmente in commercio. Il 60% degli in- tervistati auspica una diminuzione del prezzo di tali veico- li, il 19,3 un motore più silenzioso e performante ed un ri- levante 18 un design innovativo e accattivante. La como- dità e la possibilità di utilizzo in qualsiasi condizione clima- tica rendono appetibile questo prodotto (41% del campio- ne); seguono poi considerazioni legate alla sicurezza quali la constatazione che «4 ruote sono meglio di 2» (28) e la ga- ranzia di una maggiore affidabilità (18); infine solo il 13% dei giovani ritiene che le microcar siano convenienti in ter- mini economici. 60 argomenti dibattuti risultano complicati ed ostici; una quota pari al 5,2% dichiara di aver (già) maturato una sfi- ducia nei confronti della politica (Istat 2005). LA DEMOCRAZIA TELEMATICA: SCENARI PROSSIMI VENTU- RI. Lo sviluppo di Internet, la sua diffusione e l’approfon- dimento degli usi non potevano lasciare indifferente la po- litica. L’idea di agorà virtuale accessibile a tutti è compati- bile con la progettazione di sistemi di partecipazione diffu- sa che non hanno precedenti nella storia dell’uomo. E già oggi Internet costituisce un canale privilegiato per cattura- re il consenso, per diffondere notizie o attivare processi di controinformazione che in parte hanno dato un contribu- to alla democratizzazione della comunicazione, per esem- pio, in quei Paesi dove non c’è democrazia reale (seppur con problemi legati alla censura e al controllo come accade in Cina). Forum, blog, siti Internet e portali di informazione contribuiscono a costruire l’opinione di una quota impor- tante di popolazione per lo più giovanile, che ha maggior dimestichezza con la rete. Internet inoltre è diventata l’autostrada privilegiata dove far correre il dissenso: lo usano dai movimenti no global fi- no ai partiti politici più piccoli e con minori risorse econo- miche da poter utilizzare nelle campagne elettorali, SCHEDA 40. BAMBINI E ANIMALI Le case degli italiani sono sempre più popolate dai tradizio- nali animali domestici e di compagnia, ma spesso anche da specie esotiche e lontane. L’Eurispes ha calcolato che sono ormai 45 milioni gli animali che convivono con le famiglie italiane (Rapporto Italia, 2006). Attraverso il rapporto con gli animali il bambino soddisfa il suo bisogno di dare e ri- cevere affetto, sviluppa atteggiamenti di cura e protezione nei riguardi degli individui più deboli ma soprattutto com- prende che esistono esigenze diverse dalle proprie alle qua- li dovrà adattarsi. Oltre a migliorare lo sviluppo cognitivo, sociale e motorio dei bambini, molte ricerche dimostrano come la presenza di un animale migliori la vita dell’uomo anche da un punto di vista psicologico combattendo de- pressione, ansia, aggressività e stress. Il termine Pet therapy (terapia con gli animali) consiste appunto nell’utilizzare un animale domestico per la cura e il benessere dell’uomo. Questa terapia viene utilizzata per intervenire su problemi cognitivi, comportamentali e psico-sociali e si basa sul rap- porto tra uomo e animale mediato dai pet-partners, tecni- ci competenti del comportamento umano ed animale. Molto diffuse sono l’ippoterapia e la delfinoterapia, forme particolari di Pet therapy, la prima usata nel campo del- l’handicap fisico, la seconda per intervenire su disturbi del- la comunicazione, autismo e depressione. LA RICERCA EURISPES E TELEFONO AZZURRO. Dopo l’in- dagine del 2000, Eurispes e Telefono Azzurro sono tornati ad interrogarsi sul tema «bambini e animali» con un sezio- ne dedicata nell’indagine all’interno di questo 7°Rapporto. L’indagine ha coinvolto bambini tra i 7 e gli 11 anni di di- verse scuole elementari e medie dislocate su tutto il territo- rio nazionale. PIÙ DEL 60% DEI BAMBINI HA UN ANIMALE DOMESTICO IN CASA. La distribuzione dei dati per aree geografiche dimo- stra che la presenza di un animale in casa è più diffusa al Centro e al Nord-Est (rispettivamente 64,9 e 62,4%) do- ve, per di più, si trovano molti studenti che vivono con più di un animale (in entrambi i casi, 34,4). Al contrario i ra- gazzi che hanno un solo animale domestico predominano al Nord-Ovest e al Sud (rispettivamente 38,8 e 34,8% con- tro il valore minimo del 28 al Nord-Est). Nelle Isole, infi- ne, si riscontra la percentuale più alta di assenza di animali nelle case (37,4% contro i valori minimi del 26,2 al Sud e 29,5 al Centro). Per il 20,5% dei bambini il proprio animale domestico rap- presenta un amico, per l’11,9 un compagno di giochi e per il 13,3 qualcuno di cui prendersi cura. Solo una minima parte dei piccoli vede nel proprio animale un gioco (1,5) o qualcuno che deve obbedire loro (0,5). QUALI SONO GLI ANIMALI PIÙ PRESENTI NELLE CASE? Co- me era facilmente prevedibile, il cane si conferma leader in- discusso di questa graduatoria conquistando la qualifica di coinquilino nel 42% dei casi. Al secondo posto si colloca il gatto (21,3) seguito da tartarughe e pesci (rispettivamente 11,6 e 10,6). Molto diffusi tra le mura domestiche sono gli uccelli (7,5) e i roditori (il 3,9% dei ragazzi ha un criceto e il 2,6 un coniglio). I LEGAMI TRA BAMBINI E ANIMALI. Il 72,8% dei bambini prova soprattutto affetto e simpatia (15,3) nei confronti de- gli animali; seguono la paura (4) e in minima parte l’indif- ferenza (0,8) e la repulsione (0,4). Le bambine sono porta- te a stabilire legami più stretti con gli animali: infatti indi- cano maggiormente di provare affetto nei loro confronti (78,4% contro il 69,7 dei maschi). I ragazzi, invece, fanno registrare frequenze più alte in corrispondenza della simpa- tia (18,4% contro il 12,4 delle femmine; inoltre, rispetto alle loro coetanee femmine, provano più paura (4,6% con- 61 tro il 3,5 delle femmine) e indifferenza (1,2% contro lo 0,3 delle femmine). Contrariamente a quanto si sarebbe portati a credere, i ra- gazzi dai 10 agli 11 anni manifestano verso il mondo ani- male un coinvolgimento emotivamente più intenso rispet- to ai bambini che hanno un’età compresa tra i 7 e i 9 anni. Per i primi, infatti, a caratterizzare il rapporto con gli ani- mali è l’affetto (77,1% contro il 70,2 della classe d’età tra i 7 e i 9 anni), mentre i più piccoli indicano in misura mag- giore la simpatia seppur con uno scarto di pochi punti per- centuali rispetto ai ragazzi più grandi (16,3% contro il 13,7della classe d’età tra i 10 e 11 anni). Il 78,7% dei bambini non abbandonerebbe mai il proprio animale per andare in vacanza, il 73,4 non indosserebbe una pelliccia o qualsiasi indumento con interno di pellic- cia, il 72,9 non ama la caccia e il 69,7 non assisterebbe mai ad un combattimento tra animali. Il 51,1% dei ragazzi, in- fine, praticherebbe la pesca che viene percepita come meno invasiva rispetto alla caccia molto probabilmente perché non presuppone l’utilizzo di un’arma. Dalle risposte emerge un’estrema sensibilità dei bambini verso i diritti degli animali e un forte senso di rispetto, que- sto anche grazie alla campagna di sensibilizzazione condot- ta dai mass media e dalle scuole. Occorre sottolineare, però, l’alta percentuale di mancate risposte soprattutto in corri- spondenza dell’item «Abbandonare un animale per andare in vacanza» (16,5%). L’età influisce sui comportamenti dei ragazzi nei confronti degli animali: i più grandi indicano con maggior frequenza che non indosserebbero mai una pelliccia (80,2% contro il 69,2 dei ragazzi tra 7 e 9 anni), non assisterebbero mai ad un combattimento tra animali (74,8% contro il 66,5 per la classe 7-9 anni) e non abbandonerebbero mai un animale per andare in vacanza (82% contro il 77,9 dei più piccoli). 62 S.O.S. Telefono Azzurro onlus è nato nel 1987 come pri- ma Linea nazionale di prevenzione dell’abuso all’infanzia. Oggi l’ascolto e la consulenza telefonica rimangono atti- vità centrali, al fianco dei tanti progetti innovativi intrapre- si, anche grazie al forte contributo del volontariato tradi- zionale e del Servizio civile nazionale. CONSULENZA TELEFONICA Due le linee: 1.96.96, per i bambini fino a 14 anni e 199.15.15.15, dedicata ad adolescenti e adulti. Il Call cen- ter è attivo 24 ore su 24 tutti i giorni, per un’attività di ascol- to e di accoglienza delle difficoltà dei bambini e degli ado- lescenti italiani e stranieri per sostenere e offrire un aiuto competente nelle situazioni di disagio, solitudine, difficoltà relazionali, problemi affettivi, maltrattamento e abuso. PROGETTI PER L’INTERVENTO IN EMERGENZA E IL 114 EMERGENZA INFANZIA Relativamente alle situazioni di emergenza che coinvolgo- no i più piccoli, dall’esperienza pluriennale di Telefono Az- zurro sono nati alcuni progetti specifici. Il primo è il Team Emergenza, progettato e realizzato nel 1999 in collabora- zione con il ministero degli Interni e l’università di Yale, ed è costituito da una équipe di psicologi. Il Team garantisce l’intervento sul territorio, 24 ore su 24, in quelle situazioni di crisi che coinvolgono bambini e adolescenti vittime o te- stimoni di eventi traumatici e stressanti: ad esempio nei ca- si di abusi e violenze, atti devianti e autolesivi, eventi cata- strofici. In questi casi l’operatore accoglie le segnalazioni da parte di cittadini, Forze dell’ordine e di Pubblica sicurezza o altre agenzie del territorio; valuta l’emergenza e, a secon- da del caso, attiva immediatamente il percorso dell’inter- vento in rete con le agenzie coinvolte, seguendo anche la successiva presa in carico del caso. In occasione dell’inon- dazione di Quindici e Sarno, in Campania, e del terremo- to in Molise, gli operatori del Team Emergenza sono accor- si per prestare aiuto ai bambini e alle famiglie delle zone col- pite e per ridurre eventuali effetti post traumatici nei mino- ri. Oggi Telefono Azzurro è impegnato, con le altre agenzie che lavorano nell’emergenza, nella costruzione di un mo- dello di intervento congiunto per quegli scenari di rischio (sismico, idrogeologico, industriale, terroristico) e per tut- ti quegli eventi catastrofici in cui la comunità colpita e i suoi bambini abbiano bisogno di sostegno e di aiuto. Le competenze maturate, anche mediante un costante la- voro di ricerca e di scambio a livello internazionale nell’area dell’emergenza, sono poi alla base del modello elaborato per il 114 Emergenza Infanzia, il servizio voluto dai tre mi- nisteri delle Comunicazioni, Lavoro e delle Politiche socia- li e per le Pari opportunità e affidato in gestione a Telefono Azzurro. È un servizio nazionale di emergenza gratuito, at- tivo 24 ore su 24, accessibile da parte di chiunque intenda segnalare situazioni di emergenza e pericolo per l’incolu- mità psico-fisica di bambini e di adolescenti italiani e stra- nieri dove sia necessario un intervento immediato col coin- volgimento di specifici Servizi e istituzioni del territorio. CENTRI TERRITORIALI Sulla base della lunga esperienza nella gestione e nella pre- venzione del disagio, Telefono Azzurro ha attivato dei Cen- tri Territoriali, con l’obiettivo di garantire una presenza e un intervento più capillari per agire in maniera sempre più efficace e puntuale a tutela dei bambini e degli adolescenti italiani e stranieri, tenendo presente le caratteristiche e i bi- sogni specifici del territorio. Gli operatori dei Centri Terri- toriali, presenti a Bologna, Milano, Modena, Palermo, Ro- ma e Treviso gestiscono i casi locali segnalati dal call center e dalle agenzie del territorio, individuando le strategie più adeguate in sinergia con la rete dei servizi. In molti di que- sti Centri sono inoltre presenti Spazi Neutri, dove è possi- bile effettuare audizioni protette, per un ascolto del bambi- no in sede processuale che rispetti i suoi tempi e i suoi biso- gni, senza passare per l’esperienza traumatica di un’aula di tribunale. Ecco perché l’associazione intende potenziare i Centri esistenti e aprirne di nuovi: nei prossimi mesi ne sor- geranno altri nelle città di Padova, Bari, Firenze e Napoli con l’obiettivo nel medio-lungo termine di essere presenti in ogni regione; un passo cui seguirà anche la regionalizza- zione delle linee di ascolto e di consulenza telefonica. CENTRI PER LA PREVENZIONE E GESTIONE DELL’ABUSO E MALTRATTAMENTO TETTO AZZURRO I Centri Tetto Azzurro sono centri per l’accoglienza, la dia- gnosi e la cura di bambini e adolescenti italiani e stranieri vittime di abuso e maltrattamento; strutture che garanti- scono e ascoltano il minore. Questi Centri si trovano a Ro- ma, dove Tetto Azzurro è nato nel 1999 grazie alla collabo- razione con la Provincia, e a Treviso, dove Tetto Azzurro, avente carattere interprovinciale, si è costituito dal 1° no- vembre 2005, quale progetto affidato alla gestione di Te- lefono Azzurro dalla Regione Veneto, nell’ambito di un progetto regionale per la tutela dell’infanzia e dell’adole- scenza da abusi e maltrattamenti. I servizi attivati presso i Centri Tetto Azzurro hanno diversi obiettivi: consulenza psicosociale a privati e servizi per la prevenzione e gestione del fenomeno; diagnosi e trattamento individuale e fami- liare per situazioni di abuso sessuale, maltrattamento fisico e abuso psicologico di soggetti in età evolutiva; ascolto a fi- ni giudiziari; incontri protetti tra bambini e genitori; pron- ta accoglienza residenziale; consulenza legale specialistica TELEFONO AZZURRO per gli operatori, monitoraggio del fenomeno. Agli opera- tori psico-socio-sanitari dei territori di riferimento, i Cen- tri Tetto Azzurro offrono corsi di formazione. VOLONTARIATO Il volontariato di Telefono Azzurro è particolarmente atti- vo nelle carceri e nelle scuole. Per difendere i diritti dell’in- fanzia anche nel contesto carcerario, i volontari, dopo un’a- deguata formazione, creano e gestiscono gli spazi Ludote- ca e i Nidi. I primi, rivolti ai bambini e agli adolescenti in visita al genitore-detenuto, sono ambienti strutturati e at- trezzati per sdrammatizzare almeno in parte l'impatto con la struttura penitenziaria e sostenere la relazione genitori- figli. I Nidi sono invece dedicati ai bambini che fino ai 3 anni possono vivere all’interno del carcere con la mamma detenuta: i volontari aiutano le mamme ad accudirli, gio- cano con loro, li accompagnano all’esterno presso parchi e spazi gioco e agevolano ‘'inserimento in asili nido comuna- li. Coinvolge invece le scuole il progetto Uno a Uno, per sostenere quegli alunni di elementari e medie inferiori che presentano difficoltà di tipo scolastico e relazionale. SETTORE EDUCAZIONE Il rapporto di reciproca collaborazione tra Telefono Azzur- ro e il mondo della scuola è attivo fin dalla nascita dell’asso- ciazione. Tale collaborazione si è evoluta nel tempo e si è ar- ricchita nel corso degli anni. Recentemente Telefono Az- zurro ha creato un’area innovativa, interamente dedicata alle attività educative che comprende sia l’ambito scolasti- co sia quello extrascolastico. Il Settore Educazione di Te- lefono Azzurro si avvale di uno staff dinamico e multidisci- plinare che include psicologi, psichiatri infantili, sociologi, assistenti sociali, pedagogisti, avvocati e altre figure profes- sionali con una significativa esperienza nel mondo dell’in- fanzia. Lo staff si avvale anche della collaborazione di ani- matori, attori e di volontari del Servizio civile nazionale. Ciò permette a Telefono Azzurro di lavorare attivamente sull’intero territorio nazionale. Al momento, gli interventi educativi sono attivi, soprattutto, a Palermo, Roma, Bolo- gna, Treviso e Milano. Telefono Azzurro propone nei suoi percorsi, attività educative, formative e di didattica assistita una metodologia ludico-didattica rivolta ai bambini, agli adolescenti e alle famiglie. Attraverso la didattica assistita, Telefono Azzurro offre un percorso applicativo che preve- de momenti di progettazione, di confronto e di verifica tra docenti ed esperti di Telefono Azzurro supportando gli in- segnanti nella ideazione e preparazione dell’intervento, du- rante lo svolgimento dell’esperienza in classe e al termine . FORMAZIONE Le conoscenze e le competenze sviluppate in tanti anni di attività di Telefono Azzurro nella prevenzione, cura e trat- tamento dell’abuso all’infanzia e all’adolescenza italiana e straniera, anche relativamente a situazioni di emergenza, sono state tradotte in numerosi documenti e opuscoli di- vulgativi, pubblicazioni, moduli di formazione e strumen- ti didattici. In particolare gli operatori di Telefono Azzurro offrono percorsi di formazione specifica agli operatori so- cio-sanitari, alle Forze dell’ordine, a vigili di quartiere e li- beri professionisti, per contribuire alla creazione di reti in- tegrate di servizi. Nell’ambito della formazione specialisti- ca è attiva una collaborazione con l’università degli Studi di Modena e Reggio Emilia per la realizzazione di due master di II livello: Esperto nella valutazione, nella diagnosi e nel- l’intervento in situazioni di abuso all’infanzia e all’adolescen- za ed Esperto in psichiatria e psicologia giuridica. Oggi Telefono Azzurro è un’associazione che lavora con le istituzioni per garantire il rispetto dei diritti dei bambini e degli adolescenti italiani e stranieri affrontando i loro pro- blemi in un’ottica nazionale, europea e internazionale. PER AIUTARE SOS TELEFONO AZZURRO ONLUS BANCA POPOLARE EMILIA ROMAGNA: c/c 73154, ABI 05387, CAB 02400, CIN G CARTA DI CREDITO: Numero Verde 800.410.410 oppure online su www.azzurro.it CONTO CORRENTE POSTALE: n. 550400 SHOPPING SOLIDALE: www.azzurroshopping.it Info: tel. 800.090.335, www.azzurro.it - telefonoazzurro@azzurro.it EURISPES L’Eurispes, Ispes fino al gennaio 1993, è un istituto di stu- di sociali senza fini di lucro e opera dal 1982 nel campo del- la ricerca politica, economica, sociale e della formazione. L’istituto realizza studi e ricerche per conto di imprese, en- ti pubblici e privati, istituzioni nazionali e internazionali. Nello stesso tempo, promuove e finanzia autonomamente indagini su temi di grande interesse sociale, attività cultu- rali, iniziative editoriali, proponendosi come centro auto- nomo di informazione e orientamento dell’opinione pub- blica e delle grandi aree decisionali che operano nel nostro Paese. La scelta operativa dell’Eurispes deriva dalla convin- zione che una adeguata politica di governo della situazione socio-economica pretenda una conoscenza dei fatti sem- pre più aggiornata e integrata. Nel perseguire questi suoi obiettivi, l’Eurispes è particolarmente avvantaggiato dalla propria composizione: al suo interno confluiscono, infatti, più “culture” di diverso orientamento che si ricompongo- no in un’unità omogenea e originale. 63 64 INTRODUZIONE Protagonisti di realtà virtuali, lontani dalla politica 1 CAPITOLO 1 ABUSO, SFRUTTAMENTO E DIRITTI VIOLATI SCHEDA 1. Epidemiologia dell’abuso sessuale e monito- raggio del fenomeno in Italia, Francia e Inghilterra 5 SCHEDA 2. Quando vittima dell’abuso è un bambino o un adolescente straniero 7 SCHEDA 3. La valutazione delle capacità genitoriali 8 SCHEDA 4. Non solo segnalazione: l’insegnante e l’istitu- zione scolastica nella prevenzione del disagio infantile 10 SCHEDA 5. Ragazzi senza scuola. I minori e la dispersione scolastica 11 SCHEDA 6. Fuori dal mondo 13 SCHEDA 7. Lavoro minorile 15 SCHEDA 8. La legge 38: quali prospettive e quali possibilità 16 CAPITOLO 2 DEVIANZA, EMERGENZA E DISAGIO SCHEDA 9. I primi tre anni del Servizio 114 Emergenza infanzia 18 SCHEDA 10. Emergenza e soccorso alla popolazione: il ruolo della Protezione civile nel sostegno ai bambini e agli adolescenti 19 SCHEDA 11. La violenza intrafamiliare: esiti psicopatologici nei bambini 22 SCHEDA 12. Bambini e tempo libero 24 SCHEDA 13. La seconda generazione: giovani stranieri protagonisti di nuove identità 25 SCHEDA 14. Lo sfruttamento e la tratta dei minori 26 SCHEDA 15. Quando un minore scompare: prevenzione ed educazione alla sicurezza 29 SCHEDA 16. Minori autori di reato 31 CAPITOLO 3 SALUTE SCHEDA 17. Bioetica dell’assistenza alla nascita. 34 SCHEDA 18. Bambini e adolescenti in situazioni di disastro: sono efficaci gli interventi di salute mentale? 35 SCHEDA 19. Disturbi dell’attenzione e iperattività in epoca precoce 37 SCHEDA 20. Genetica dei disturbi mentali in età evolutiva 38 SCHEDA 21. I rischi della Rete: relazione tra Internet e psicopatologia 39 SCHEDA 22. Depressione post partum: cause del disturbo, conseguenze sulla relazione madre-bambino, prevenzione 39 SCHEDA 23.Trauma e lutto nei bambini: il caso di Beslan 40 SCHEDA 24. Nuovi farmaci e loro utilizzo con piccoli pazienti 42 CAPITOLO 4 FAMIGLIA SCHEDA 25. Le nuove famiglie: nuclei monogenitoriali e coppie omosessuali 43 SCHEDA 26. Famiglie ricostituite e nuove forme di “living arrangement” 45 SCHEDA 27. Diritto alla maternità e al lavoro. Tra forma e sostanza nell’Anno europeo delle pari opportunità 46 SCHEDA 28. La responsabilità sociale dell’impresa e la promozione della conciliazione 47 SCHEDA 29. I servizi per l’infanzia: l’Italia nel contesto europeo 48 SCHEDA 30. La sindrome di Peter Pan ovvero la paura di crescere 49 SCHEDA 31. La nuova legge sull’affidamento condiviso 50 SCHEDA 32. Una famiglia per ogni bambino 52 CAPITOLO 5 MEDIA E SOCIETÀ SCHEDA 33. Pedofilia e pornografia minorile: aspetti descrittivi, nessi e differenziazioni 53 SCHEDA 34. Il bambino navigatore, i suoi genitori e i suoi insegnanti: il progetto Hot114 54 SCHEDA 35. Generazione eBay: il boom degli acquisti on line 55 SCHEDA 36. I canali televisivi tematici per bambini fino a 2 anni 56 SCHEDA 37. L’apparire: manipolazione del corpo fra arte, body tuning e chirurgia estetica 57 SCHEDA 38. I giovani e la crescente richiesta di mobilità: il fenomeno delle microcar 58 SCHEDA 39. Giovani e impegno politico 59 SCHEDA 40. Bambini e animali 60 CHI È Telefono Azzurro 62 Eurispes 63 INDICE Stampato nel mese di dicembre 2006 Allegato redazionale al numero di VITA di questa settimana Registrazione del Tribunale di Milano n. 397 dell’8 luglio 1994 Direttore editoriale: Riccardo Bonacina Direttore responsabile: Giuseppe Frangi Edizione a cura di Daniela Romanello Progetto grafico di Antonio Mola Ha collaborato Claudio Madella Stampa: Arti Grafiche Fiorin - via del Tecchione, 36 - 20098 Sesto Ulteriano (MI) Poste italiane Spa - sped. abb. post. - D.L.353/03 (conv. L.46/04) Art.1 Comma 1 DCB - Milano ringraziano per la gentile collaborazione prestata ADS (Accertamento Diffusione Stampa), AFQUAD, AIED, Amnesty International, APA, Arma dei Carabinieri, Associazione Cibo e Benessere, Associazione Ex, Associazione Italiana Editori, Audiradio, Auditel, Audiweb, Banca d’Italia, Banca Mondiale, Camera dei Deputati, Caritas, Cassa di Risparmio di Bologna, CED, Centro per la Prevenzione Disturbi Depressivi Ospedale M. Melloni, Centro Nazionale di Documentazione per l’Infanzia e l’Adolescenza, CIA, CIRMES, Cisf, Cisis, CNR, COA, Comitato per il Telefono Azzurro, Comitato per i minori stranieri, Commissione Bicamerale per l’Infanzia, Consiglio d’Europa, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Corte dei Conti, Criminalpol, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Department of Health and Human Services, Dipartimento Giustizia Minorile, Dipartimento per gli Affari Sociali, Dipartimento della Protezione Civile, Direzione Centrale della Polizia Criminale, DNA (Direzione Nazionale Antimafia), Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, Direzione Centrale della Polizia Criminale, E-bay, ECPAT, ENACT (European Network Against Child Trafficking), Espad, Eurisko, Euronet, Eurostat, FAO, Federazione Italiana Medici Pediatri, Federcomin, Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, Food and Drug Administration, Gruppo di Lavoro Nazionale per il Bambino Immigrato, Hi Europe, HRW, IARD, IEA, ILO, IMMS, Inail, Indipendent Human Rights Commission, Inhes, Inps, Interpol, International Center for Missing and Exploited Children, Iom, Ires- Cgil, Isfol Plus, Istat, Istituto Cattaneo, Istituto degli Innocenti di Firenze, Istituto di Fisiologia Clinica, Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali, Istituto Superiore della Sanità, Kaiser Family Foundation Analysis of U.S. Census Bureau Data, Ministero della Comunicazione, Ministero dell’Interno, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Ministero della Giustizia, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Ministero della Salute, Moige, National Institute of Mental Health, NCCP, Nielsen Net//Rating, Ocse, Odas, Oecd, OIM (Organizzazione Internazionale Migrazioni), Oms, Onu, Osservatorio Nazionale per l’Infanzia, Osservatorio B2C Netcomm-School of Management del Politecnico di Milano, Parsec, Polizia di Stato, Polizia Postale, Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Presidenza del Consiglio dei Ministri, RAI, Servizio Civile Centro Studi Telefono Azzurro di Roma, Siae, Sibert, SIMPOC, Sistema Informativo Interforze, SNALS, Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Società Italiana di Pediatria, Ufficio centrale per la Giustizia Minorile, UNAids, Unicef, UnionCamere-ISVA, Università degli Studi di Cassino, UNLA-UCSA, Unodc. TELEFONO AZZURRO E L’EURISPES Giunto alla sua settima edizione, il Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e del- l’adolescenza curato da Telefono Azzurro ed Eurispes propone come di consueto una rico- gnizione dettagliata nell’universo, così tanto eterogeneo ed articolato, dei bambini e degli adolescenti. Varie e complesse le tematiche affrontate anche in questa edizione, a cominciare dai problemi che affliggono l’infanzia e l’ado- lescenza nel nostro Paese; dal fenomeno dei bambini scomparsi, agli abusi e maltrat- tamenti, al lavoro minorile. Quindi gli stili di vita, le tendenze, le nuove modalità di relazionarsi a se stessi e agli altri: tutte questioni che si evolvono molto veloce- mente - di pari passo con i cambiamenti della società - e di cui il rapporto intende farsi portavoce. Tra gli obiettivi prioritari della pubblicazione vi è proprio quello di offrire spunti di rifles- sione, approfondimenti e analisi socio-statis- tiche funzionali all’individuazione degli attuali ambiti problematici così come dei set- tori di crescita e di opportunità, nonché favorire la promozione e un’affermazione sempre più radicata della cultura dell’in- fanzia nel nostro Paese.
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