SVIMEZ: Rapporto SVIMEZ 2007 sull’economia del Mezzogiorno

Descrizione breve: 
Il rapporto fotografa l’andamento della situazione economica del Mezzogiorno, attraverso l’analisi del sistema delle imprese, dell’occupazione e della disoccupazione dei programmi ad oggi adottati. Il rapporto denuncia ancora la piaga della “nuova emigrazione” che comporta ogni anno 290 trasferimenti. Un capitale umano che lascia le proprie terre per studiare e per trovare il lavoro che non c’è.
Data: 
10 Luglio 2007
“RAPPORTO SVIMEZ 2007 SULL’ECONOMIA DEL MEZZOGIORNO” SINTESI Roma, 10 luglio 2007 INDICE p. 1. L’economia (rif. Cap. I parr. 1-2) 1 2. L'agricoltura (rif. Cap. II par. 1) 9 3. L'industria (rif. Cap. II par. 2) 12 4. Il terziario (rif. Cap. II par. 4) 15 5. La popolazione (rif. Cap. III par. 1) 17 6. Forze di lavoro, occupazione e disoccupazione (rif. Cap. III par. 2) 21 7. Le migrazioni e il pendolarismo (rif. Cap. IV parr.1-2) 24 8. La spesa pubblica in conto capitale (rif. Cap. V par. 2) 27 9. Le politiche per l'industria (rif. Cap. VI parr. 4-6) 29 10. Le politiche infrastrutturali (rif. Cap. VII parr. 2-3-4) 35 11. Le politiche del lavoro (rif. Cap. VIII par.1 ) 43 12. Il lavoro sommerso (rif. Cap. VIII par.3 ) 46 13. Crescita economica e divari regionali nella Ue a 25 (rif. Cap. IX par. 2) 49 14. Le condizioni competitive dei territori nell’Europa allargata (rif. Cap. X parr. 1-2) 52 15. La criminalità (rif. Cap. XII par. 1) 56 16. L’attrazione degli investimenti esteri (rif. Cap. XIV parr. 1-2) 60 17. La ripresa dell’industrializzazione (rif. Cap. XV parr. 1-2) 64 18. La logistica: il caso di Gioia Tauro (rif. Cap. XVII) 67 19. La qualità nell’agroalimentare: le produzioni nel Mezzogiorno (rif. Cap. XVIII par. 3) 68 20. Istruzione e rendimento dell’investimento formativo (rif. Cap. XIX parr. 1-7) 70 1 1. L’economia Il PIL Nel 2006 l’economia italiana, dopo una fase di stagnazione che durava ormai da quattro anni - la più lunga dal dopoguerra - ha mostrato forti segni di ripresa. Il PIL è aumentato dell’1,9% (0,1% nel 2005), incremento pari a oltre quattro volte quello medio del precedente triennio 2002-2005 (0,4%) (v. Tab. 1). Il prodotto interno lordo del Mezzogiorno è aumentato ad un tasso dell’1,5%, mezzo punto in meno che nel Centro-Nord (2%), con il maggior incremento dal 2001. Sono quattro anni consecutivi che il Mezzogiorno è cresciuto meno del Centro- Nord. Se si considera il periodo 2003-2006, il PIL è aumentato in quest’ultima macro- area del 3,7% cumulativamente, mentre al Sud la crescita del periodo è stata appena dell’1,4%. Non si era mai registrata un’interruzione così intensa dei processi di convergenza. Non è stato un problema di accumulazione di capitale, in quanto nello stesso quadriennio 2003-2006 gli investimenti fissi lordi sono cresciuti del 7,5%, a fronte di una stagnazione registrata nel resto del Paese. Quello che è mancato è stato da un lato, per la domanda interna, l’apporto dei consumi, il cui tasso di crescita cumulato nello stesso periodo è stato pari al 2,9% (4,2% nel Centro-Nord) e, dall’altro, la capacità dell’economia meridionale di competere con i produttori residenti all’estero o nel resto del Paese, che si è riflessa in un continuo aumento, rispetto al PIL, delle importazioni nette, la cui quota è passata dal 18,7% del 2002 al 23,6% del 2006. L’andamento produttivo Il 2006 è stato un anno di crescita del valore aggiunto per entrambe le macro- aree del Paese, che hanno iniziato a risentire positivamente dell’aumento della domanda internazionale e dello sviluppo dell’economia europea. L’aumento del valore aggiunto, ai prezzi base, è stato nel Mezzogiorno dell’1,1%, con un’inversione rispetto alla flessione registrata l’anno precedente (-0,3%) (v. Tab. 2). Lo sviluppo è stato maggiore nelle regioni del Centro-Nord, con un aumento dell’1,9%, che si confronta con la modesta crescita dello 0,4% del 2005. L’unico settore che nel 2006 ha contribuito negativamente all’aumento del valore aggiunto del Mezzogiorno è stato quello agricolo, che è calato del 4,1%, a fronte del -2,4% nel resto del Paese, dopo una flessione di analoga intensità (-4%) l’anno precedente. La crescita del settore industriale, positiva per entrambe le aree, è stata nel Centro-Nord (2,5%) superiore di circa un punto a quella del Sud (1,5)%, ma il recupero è stato maggiore nell’economia del Mezzogiorno, il cui prodotto industriale era caduto, nell’anno precedente, del -2,5%, a fronte di una flessione del -1% nel resto del Paese. Se però si considera il solo settore manifatturiero le performances delle due macro-aree risultano simili: 3,5% al Sud e 3,7% nel resto del Paese. Una crescita moderata nel Mezzogiorno è segnalata nel 2006 anche per il settore dell’edilizia (1,4%), che prosegue il ciclo positivo sostenuto anche da politiche di aiuto all’attività edile privata e pubblica. La crescita del settore nel Centro-Nord è stata lievemente più ampia (1,7%). Nel 2006 l’andamento produttivo dei settori dei servizi è stato positivo, sia nel Mezzogiorno (1,3%), sia – in misura leggermente maggiore – nel Centro-Nord (1,7%), 2 con un’accelerazione rispetto all’anno precedente (0,5% al Sud, 1,1% nel resto del Paese). Anche in questa fase congiunturale il terziario svolge quindi una funzione moderatamente anticiclica, dando comunque un apporto positivo alla crescita. Fattori congiunturali, quali la ripresa del turismo internazionale, e modifiche strutturali nel modo di produrre e consumare sono alla base del positivo andamento del settore degli alberghi, ristorazione, trasporti e comunicazioni che ha mostrato, al Sud, il maggiore incremento nel 2006 tra i settori dei servizi, pari al 2,5%, due punti percentuali in più rispetto all’anno precedente (0,5%), sebbene con una dinamica lievemente inferiore a quella registrata nel resto del Paese (3%). La ripresa dei consumi delle famiglie ha avuto un effetto positivo sul settore del commercio; la crescita è stata nel Mezzogiorno nel 2006 dell’1,2%, leggermente maggiore che nel 2005 (1%), ma come per l’anno precedente pari a meno della metà di quella del Centro-Nord (2,5%, dopo il 2,4% nel 2005), a causa del sensibile differenziale nella dinamica della spesa privata tra le due aree. Un andamento modestamente positivo è segnalato nel settore del credito e dell’intermediazione finanziaria e immobiliare: 1,1% in entrambe le aree del Paese. Di analoga intensità è stato nel Mezzogiorno l’aumento registrato nel settore composito dei servizi alle imprese e alle famiglie, che ha risentito contemporaneamente della ripresa della produzione manifatturiera ma anche della bassa dinamica dei redditi delle famiglie; nel Centro-Nord la dinamica di questo settore è stata lievemente più elevata (1,3%). Unità di lavoro e produttività L’input di lavoro, misurato nella contabilità nazionale dalle unità standard di lavoro, ha registrato una dinamica positiva in entrambe le ripartizioni, ma con diversa intensità. Nel Mezzogiorno l’input di lavoro è aumentato dell’1,2% (oltre 82 mila unità di lavoro) dopo tre anni consecutivi di flessione, recuperando in un solo anno le unità di lavoro perse dal 2003. Il numero di persone occupate è aumentato di 105 mila unità. La crescita delle unità di lavoro nel Centro-Nord è risultata più elevata: 1,8%, a fronte della stagnazione registrata l’anno precedente. In una prospettiva di medio periodo, l’andamento negativo registrato negli anni 2000-2006 dagli addetti nel Mezzogiorno riflette la dinamica dei processi di razionalizzazione in atto prevalentemente nel settore agricolo, industriale e in quello commerciale, collegati alla riduzione di inefficienze e all’espulsione di operatori marginali dal mercato. In particolare, la nuova regolamentazione sul mercato del lavoro, la moderazione salariale e i flussi migratori hanno spinto le imprese a sostituire lavoro a capitale, riducendo il capital deepening e rallentando la dinamica di accumulazione. Questo può spiegare come il valore aggiunto per occupato del totale economia sia diminuito, tra il 2000 e il 2006, di circa -0,1% in media all’anno, sia nel Mezzogiorno che nel resto del Paese. D’altronde, negli ultimi anni, specie nel Centro-Nord, le imprese hanno iniziato a ristrutturare il proprio modo di produrre. Nel complesso, il 2004 e il 2005 sono stati, a scala nazionale, due anni di crescita della produttività per l’intero sistema (rispettivamente dello 0,6% e 0,4%), anche in una fase ciclica non favorevole. Al contrario, nel 2006, pur in presenza di una congiuntura positiva, la produttività per l’intero sistema non è cresciuta (-0,1%). La presenza di questi processi di ristrutturazione quindi spiega perché la produttività non abbia seguito il tradizionale andamento prociclico, come invece è avvenuto nei cicli congiunturali precedenti. Infatti, nel 2006, la produttività è rimasta stagnante in entrambe le ripartizioni anche in una fase espansiva, con un lieve decremento nel 3 Mezzogiorno (-0,1%) e una lieve variazione positiva nel Centro-Nord (0,1%) (v. Tab. 2). Nel 2006 vi è stato un arresto delle pur assai moderate tendenze in atto dal 2002 ad un recupero del divario di produttività del Mezzogiorno rispetto al resto del Paese. Il livello del prodotto per addetto a prezzi concatenati dell’economia meridionale risultava pari all’80,9% del Centro-Nord nel 2005, mentre è ritornato nel 2006 all’80,7%. Il confronto settoriale mostra come il Mezzogiorno stia recuperando in termini di produttività relativa solo nell’agricoltura, mentre nell’industria in senso stretto e nelle costruzioni il divario con il Nord ha fatto registrare negli ultimi anni un tendenziale allargamento, e nel caso dei servizi, una sostanziale stabilità. Il PIL per abitante Nel 2006 il PIL per abitante del Mezzogiorno è risultato pari a 16.919 euro (Tab. 3). In termini relativi, tale valore equivale al 57,4% del prodotto pro capite del Centro- Nord, pari a 29.459 euro: è dal 2000 che il gap tra le due macro-aree tende a ridursi, anche se il passo del riequilibrio (circa un punto in sei anni) appare estremamente modesto. In termini monetari, d’altronde, la differenza tra i livelli di prodotto medio pro capite tra le due aree rimane ancora superiore ai 12.000 euro, segnalando differenze profonde nella disponibilità di risorse e nella capacità di utilizzare i fattori produttivi e di produrre ricchezza. Consumi e investimenti Nel 2006, la crescita dei consumi finali interni è risultata maggiore nel Centro- Nord (1,4%), con un incremento più che doppio rispetto a quello del Mezzogiorno (0,6%) (Tab. 4). Buona parte della differenza è attribuibile alla spesa delle Amministrazioni pubbliche, che è diminuita in entrambe le ripartizioni, ma dove la flessione nel Centro Nord (-0,1%) è stata molto più modesta di quella del Sud (-0,6%). La dinamica della spesa finale delle famiglie è risultata nel Mezzogiorno (1,2%) meno sostenuta di quella nel resto del Paese (1,8%) . Il positivo andamento che ha caratterizzato gli investimenti nel 2006 è stato lievemente maggiore nel Mezzogiorno (2,5%) rispetto al resto del Paese (2,3%) (Tab. 5). Nel Sud la differenza di dinamica tra la componente delle costruzioni e quella relativa a macchinari e mezzi di trasporto è stata particolarmente netta: la prima è cresciuta nel 2006 dell’1,9%, recuperando rispetto alla stagnazione dell’anno precedente (-0,1%), ma ad un tasso lievemente inferiore a quello medio del periodo 2000-2006 (2%); gli investimenti in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto sono invece aumentati del 3,2%, dopo essere caduti del 4% l’anno precedente. Nel resto del Paese il divario fra le dinamiche delle diverse componenti è meno ampio: gli investimenti in costruzioni sono cresciuti del 2,1%, rispetto allo 0,5% registrato l’anno precedente, mentre quelli in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto sono aumentati del 2,3%, in ripresa rispetto alla lieve flessione del 2005 (-0,2%). Le esportazioni di merci Nel 2006, la dinamica delle esportazioni nelle due ripartizioni è risultata differenziata: le esportazioni del Mezzogiorno sono cresciute del 6,8%, quelle del resto 4 del Paese del 9,8% (v. Tab. 6). Le esportazioni sono aumentate soprattutto verso i paesi extra Ue, con una crescita per il Mezzogiorno (10,5%) inferiore a quella registrata nel Centro-Nord (12,1%). Verso i paesi dell’Ue, dove l’Italia risente maggiormente della perdita di competitività, le esportazioni sono aumentate del 4,3% al Sud, quasi del doppio nel Centro-Nord (8,1%), rimarcando il diverso potenziale competitivo delle due economie, nonché la differente apertura agli scambi internazionali. Le esportazioni hanno presentato nel 2006 una dinamica positiva in tutte le regioni del Mezzogiorno, tranne che in Puglia (-1,6%). Particolarmente positivi sono stati i risultati in Basilicata (55,2%) e in Sardegna (13,9%), specialmente a causa delle vendite di prodotti manufatti (in particolare autoveicoli in Basilicata) e trasformati. Ottimo anche il risultato della Campania (9,9%) che segna una crescita maggiore nei mercati Ue (11,3%) contro l’aumento dell’8% nei paesi extra Ue. Per le altre regioni meridionali i risultati sono positivi ma mostrano una crescita minore. Nel complesso, la quota delle esportazioni del Mezzogiorno sul totale nazionale è risultata nel 2006 pari all’11,1%, con una lieve riduzione rispetto al 2005 (11,6%) e comunque ancora notevolmente inferiore al contributo produttivo dell’area. L’andamento dell’economia nelle regioni Nel 2006 la fase congiunturale positiva si è diffusa alla generalità delle regioni italiane, che hanno tutte presentato risultati di prodotto positivi (v. Tab. 7). Nel Mezzogiorno, la regione più dinamica è stata il Molise, con un incremento del 2,2%, cui seguono, in ordine di intensità, Basilicata e Sardegna con variazioni dell’1,8%. L’espansione del prodotto è stata sostenuta dalla crescita delle esportazioni, in modo particolare in Basilicata e Sardegna. L’Abruzzo (1,6%) ha proseguito la fase di crescita iniziata nel 2005 dopo un biennio di flessione produttiva; la Sicilia si è collocata su un sentiero di sviluppo più lento (1,2%); Campania e Calabria superano la fase di contrazione del 2005 e registrano una crescita dell’1,3%, sostenuta dalla ripresa della domanda estera. La Puglia, dopo un anno di stasi, ha segnato un incremento sostenuto del prodotto (1,7%). Nella media del periodo 2001-2006, l’andamento produttivo è stato positivo per tutte le regioni del Sud, ad eccezione del solo Abruzzo che ha registrato una lieve cedenza (-0,1%). Tutte le regioni del Mezzogiorno hanno presentato nel 2006 livelli di prodotto pro capite nettamente inferiori a quello medio italiano, mentre nel Centro-Nord questo avviene solo per l’Umbria (v. Tab. 8). In particolare, la regione meridionale con le maggiori performances, ovvero l’Abruzzo, ha un reddito pro capite pari solo all’80,6% di quello medio del Paese; quella con le performances peggiori, ovvero la Calabria, non arriva al 64,2%. Campania, Puglia e Sicilia non superano il 70%. 5 Tab. 1. Tassi annui di variazione del PIL e della domanda interna media annua cumu- lata PIL 2,3 0,4 -0,2 0,4 -0,3 1,5 0,7 4,2 Domanda interna 0,9 0,3 1,6 1,3 -0,3 1,4 0,9 5,3 Domanda interna al netto delle scorte e oggetti di valore 1,7 0,1 1,3 1,3 0,1 1,0 0,9 5,7 Consumi finali interni 1,4 0,5 1,1 0,6 0,6 0,6 0,8 4,9 Spese per consumi finali delle famiglie 0,4 -0,3 0,7 0,4 0,3 1,2 0,4 2,7 Spese per consumi finali delle AAPP e delle ISP 3,8 2,6 1,9 1,1 1,3 -0,6 1,7 10,5 Investimenti fissi lordi 3,3 -1,8 2,5 4,6 -2,1 2,5 1,5 9,1 PIL 1,7 0,3 0,1 1,4 0,2 2,0 0,9 5,8 Domanda interna 1,8 1,5 0,3 1,0 0,5 1,8 1,1 7,1 Domanda interna al netto delle scorte e oggetti di valore 1,4 1,6 0,1 1,1 0,6 1,6 1,0 6,5 Consumi finali interni 1,2 0,4 0,9 1,2 0,7 1,4 1,0 6,0 Spese per consumi finali delle famiglie 0,5 0,0 0,6 1,0 0,5 1,8 0,7 4,4 Spese per consumi finali delle AAPP e delle ISP 3,5 2,0 2,1 1,9 1,7 -0,1 1,9 11,7 Investimenti fissi lordi 2,2 6,0 -3,0 0,6 0,1 2,2 1,3 8,3 PIL 1,8 0,3 0,0 1,2 0,1 1,9 0,9 5,4 Domanda interna 1,5 1,2 0,7 1,1 0,2 1,7 1,1 6,6 Domanda interna al netto delle scorte e oggetti di valore 1,5 1,2 0,4 1,2 0,5 1,4 1,0 6,2 Consumi finali interni 1,2 0,5 1,0 1,0 0,7 1,2 0,9 5,7 Spese per consumi finali delle famiglie 0,5 -0,1 0,6 0,8 0,4 1,6 0,6 3,9 Spese per consumi finali delle AAPP e delle ISP 3,6 2,2 2,1 1,6 1,5 -0,3 1,8 11,3 Investimenti fissi lordi 2,5 4,0 -1,7 1,6 -0,5 2,3 1,4 8,5 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT e SVIMEZ. Aggregati 2001 2002 2003 Mezzogiorno Centro-Nord Italia 2001-2006 20062004 2005 Tab. 2. Variazioni % del prodotto, dell'occupazione e della produttività Agricoltura, silvicoltura e pesca -4,0 -4,7 -3,3 -7,4 -0,7 3,0 -0,19 -0,10 Industria -2,5 -1,0 -0,4 -0,7 -2,1 -0,3 -0,53 -0,31 In senso stretto -4,3 -1,4 -3,2 -1,9 -1,2 0,5 -0,60 -0,34 Costruzioni e lavori del Genio civile 1,1 0,6 4,2 3,4 -2,9 -2,7 0,08 0,03 Servizi 0,5 1,1 -0,4 0,8 1,0 0,3 0,40 0,78 - Commercio, riparazioni autoveicoli e di beni personali e della casa 1,0 2,4 -2,7 -0,3 3,8 2,8 0,11 0,31 - Alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni 0,5 1,7 0,4 1,1 0,1 0,5 0,06 0,20 - Intermediazione monetaria e finanziaria; attività immobiliari -0,3 0,1 1,8 1,7 -2,0 -1,5 -0,07 0,03 - Altre attività di servizi 1,0 1,4 -0,5 0,9 1,5 0,5 0,29 0,24 Totale settori extragricoli -0,1 0,5 -0,4 0,4 0,3 0,1 -0,13 0,47 Totale -0,3 0,4 -0,7 0,0 0,4 0,4 -0,31 0,37 Agricoltura, silvicoltura e pesca -4,1 -2,4 1,4 0,0 -5,5 -2,4 -0,18 -0,05 Industria 1,5 2,5 1,0 1,1 0,5 1,4 0,30 0,74 In senso stretto 1,5 2,7 0,7 1,4 0,8 1,3 0,20 0,65 Costruzioni e lavori del Genio civile 1,4 1,7 1,3 0,3 0,1 1,4 0,10 0,09 Servizi 1,3 1,7 1,3 2,2 0,0 -0,5 1,00 1,19 - Commercio, riparazioni autoveicoli e di beni personali e della casa 1,2 2,5 0,5 1,8 0,7 0,8 0,14 0,32 - Alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni 2,5 3,0 1,5 1,7 1,0 1,3 0,30 0,35 - Intermediazione monetaria e finanziaria; attività immobiliari 1,1 1,1 2,2 2,9 -1,1 -1,8 0,24 0,28 - Altre attività di servizi 1,1 1,3 1,2 2,3 -0,1 -1,0 0,32 0,23 Totale settori extragricoli 1,4 1,9 1,2 1,9 0,2 0,1 1,30 1,93 Totale 1,1 1,9 1,2 1,8 -0,1 0,1 1,12 1,88 (a) Valore aggiunto al costo dei fattori al lordo dei servizi bancari imputati. (b) Unità di lavoro. (c) Valore aggiunto per unità di lavoro. (d) Variazioni assolute del valore aggiunto settoriale tra l'anno t e l'anno t-1 in % del valore aggiunto complessivo dell'anno t-1 . Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT e SVIMEZ. Contributo dei settori alla variazione del prodotto complessivo (d) Prodotto (a) Occupazione (b) Produttività (c)Settori di attività Mezzo- giorno Centro- Nord Mezzo- giorno 2005 2006 Mezzo- giorno Centro- Nord Mezzo- giorno Centro- Nord Centro- Nord 6 Tab. 3 . Prodo tto per ab itante de l M ezzogiorno e sue com ponenti (ind ic i: C entro-Nord = 100) 2000 13.962,7 56,3 82,1 82,1 68,6 2001 14.721,8 56,8 81,9 82,1 69,3 2002 15.260,2 57,0 81,5 81,8 69,9 2003 15.626,7 57,1 82,1 82,5 69,6 2004 16.038,8 56,8 82,0 82,6 69,4 2005 16.331,6 57,1 82,3 82,8 69,4 2006 16.919,1 57,4 82,6 82,8 69,5 (a ) C alco la to su va lori a prezzi co rrenti. (b ) C alco la to su va lori concatenati, anno d i rife rim ento 2000. Fonte: Elaborazion i SV IM EZ su dati ISTAT e SVIMEZ. (a) U nità d i lavoro per ab itante Prodo tto per un ità d i lavoro (a) (b) P rodotto per ab itante Anni euro correnti Tab. 4. Tassi annui di variazione % dei consumi finali interni media annua cumu- lata Spese per consumi finali delle famiglie 0,4 -0,3 0,7 0,4 0,3 1,2 0,4 2,7 Alimentari, bevande e tabacco -1,7 0,6 1,3 -0,5 0,7 2,4 0,5 2,8 Vestiario e calzature -0,4 -1,2 -1,5 -2,5 -2,2 0,3 -1,3 -7,4 Abitazioni e spese connesse -0,2 -1,0 1,0 1,5 1,2 -0,8 0,3 1,8 Altri beni e servizi 2,0 -0,1 0,7 0,8 0,1 2,1 0,9 5,8 Spese per consumi finali delle AAPP e delle ISP 3,8 2,6 1,9 1,1 1,3 -0,6 1,7 10,5 Totale 1,4 0,5 1,1 0,6 0,6 0,6 0,8 4,9 Spese per consumi finali delle famiglie 0,5 0,0 0,6 1,0 0,5 1,8 0,7 4,4 Alimentari, bevande e tabacco -0,6 0,1 0,3 0,0 1,6 2,5 0,6 4,0 Vestiario e calzature 0,2 -1,3 -1,5 -2,6 -1,7 1,2 -1,0 -5,7 Abitazioni e spese connesse -0,1 0,4 1,1 1,2 0,7 -0,4 0,5 2,9 Altri beni e servizi 1,3 -0,1 0,8 1,8 0,3 3,0 1,2 7,2 Spese per consumi finali delle AAPP e delle ISP 3,5 2,0 2,1 1,9 1,7 -0,1 1,9 11,7 Totale 1,2 0,4 0,9 1,2 0,7 1,4 1,0 6,0 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT e SVIMEZ. Mezzogiorno Centro-Nord Categorie 20042003 2001-2006 20022001 2005 2006 7 Tab. 5. Tassi di variazione % degli investimenti fissi lordi per branca proprietaria e branca produttrice media annua cumu- lata PER BRANCA PROPRIETARIA Agricoltura, silvicoltura e pesca -9,1 1,4 8,2 4,6 -6,6 -5,7 -1,4 -8,1 Industria -3,1 -5,9 4,6 3,4 -6,1 3,1 -0,8 -4,5 - In senso stretto -4,9 -6,1 1,1 11,3 -6,3 0,3 -0,9 -5,4 - Costruzioni e opere del Genio civile 5,6 -5,2 20,0 -26,0 -4,8 18,4 0,0 0,2 Servizi 7,0 -0,4 1,3 5,0 -0,3 2,9 2,6 16,3 - Commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni 16,1 3,5 0,0 6,2 0,0 5,3 5,1 34,5 - Intermediazione monetaria e finanziaria; attività immobiliari 1,2 -1,4 3,7 6,1 0,2 2,9 2,1 13,2 - Altre attività di servizi 7,7 -3,3 -1,3 1,5 -1,7 -0,3 0,4 2,3 PER BRANCA PRODUTTRICE Costruzioni e lavori del Genio civile 6,1 2,0 -0,2 2,5 -0,1 1,9 2,0 12,6 Macchine, attrezzature, mezzi di trasporto e altri prodotti 0,9 -5,3 5,2 6,7 -4,0 3,2 1,0 6,2 Totale 3,3 -1,8 2,5 4,6 -2,1 2,5 1,5 9,1 PER BRANCA PROPRIETARIA Agricoltura, silvicoltura e pesca 2,2 8,8 1,4 6,1 -8,1 0,3 1,6 10,3 Industria 3,0 3,8 -7,5 -5,1 -1,1 2,5 -0,8 -4,9 - In senso stretto 0,7 3,3 -5,8 -3,8 -0,3 1,6 -0,8 -4,5 - Costruzioni e opere del Genio civile 23,0 7,3 -18,6 -15,8 -8,9 11,0 -1,5 -8,6 Servizi 1,8 7,0 -1,0 3,1 1,1 2,3 2,4 15,0 - Commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni 1,8 10,4 -0,9 6,3 -1,0 3,9 3,4 21,9 - Intermediazione monetaria e finanziaria; attività immobiliari 1,5 5,4 -0,5 0,2 3,5 1,5 1,9 12,0 - Altre attività di servizi 2,5 4,7 -2,1 3,4 0,2 0,7 1,5 9,5 PER BRANCA PRODUTTRICE Costruzioni e lavori del Genio civile 3,3 5,9 2,1 1,1 0,5 2,1 2,5 15,9 Macchine, attrezzature, mezzi di trasporto e altri prodotti 1,5 6,1 -6,7 0,3 -0,2 2,3 0,5 2,9 Totale 2,2 6,0 -3,0 0,6 0,1 2,2 1,3 8,3 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT e SVIMEZ. Mezzogiorno Centro-Nord Branche 2003 2001-2006 20022001 2004 2005 2006 T a b . 6 . E s p o rta zio n i n e l 2 0 0 6 n e lle re g io n i ita lia n e 2 0 0 4 2 0 0 5 2 0 0 6 P ie m o n te 3 4 .6 9 3 ,6 7 ,0 1 1 ,1 8 ,4 6 7 ,1 6 7 ,2 6 6 ,4 V a lle d 'A o s ta 5 8 9 ,0 1 6 ,1 2 3 ,7 1 9 ,4 5 9 ,7 5 6 ,6 5 5 ,0 L o m b a rd ia 9 3 .0 1 9 ,5 7 ,7 1 0 ,9 9 ,0 5 9 ,1 5 8 ,3 5 7 ,7 T re n tin o A lto A d ig e 5 .6 6 8 ,9 6 ,6 1 5 ,0 8 ,9 7 3 ,6 7 2 ,8 7 1 ,3 V e n e to 4 3 .8 2 3 ,7 2 ,7 1 4 ,8 7 ,8 5 8 ,1 5 7 ,9 5 5 ,2 F riu li V e n e z ia G iu lia 1 0 .9 8 1 ,6 1 1 ,9 1 7 ,0 1 3 ,9 6 4 ,4 6 0 ,4 5 9 ,3 L ig u ria 4 .1 7 6 ,5 7 ,5 -9 ,5 -1 ,3 5 2 ,6 4 8 ,2 5 2 ,5 E m ilia R o m a g n a 4 1 .2 6 2 ,2 1 0 ,9 1 0 ,1 1 0 ,5 5 8 ,6 5 6 ,4 5 6 ,6 T o s ca n a 2 4 .4 4 7 ,4 9 ,3 1 4 ,8 1 2 ,0 4 9 ,7 5 0 ,6 4 9 ,4 U m b ria 3 .2 1 3 ,5 1 2 ,3 1 5 ,0 1 3 ,7 5 4 ,3 4 9 ,7 4 9 ,1 M a rc h e 1 1 .5 2 9 ,9 2 5 ,4 1 4 ,4 2 1 ,1 5 9 ,4 6 0 ,8 6 2 ,9 L a z io 1 2 .1 2 6 ,7 3 ,9 1 6 ,9 9 ,5 5 6 ,3 5 6 ,9 5 4 ,0 A b ru zzo 6 .6 5 2 ,5 2 ,2 1 4 ,0 5 ,5 6 9 ,9 7 2 ,4 7 0 ,2 M o lis e 6 1 2 ,0 -1 ,3 3 ,6 0 ,8 6 4 ,4 5 8 ,3 5 7 ,2 C a m p a n ia 8 .3 3 0 ,0 1 1 ,3 8 ,0 9 ,9 5 8 ,2 5 8 ,2 5 8 ,9 P u g lia 6 .6 7 0 ,6 -5 ,3 5 ,6 -1 ,6 6 6 ,6 6 6 ,2 6 3 ,7 B a s ilic a ta 1 .7 0 7 ,4 4 5 ,4 1 0 7 ,4 5 5 ,2 7 9 ,6 8 4 ,1 7 8 ,8 C a la b r ia 3 2 5 ,7 -1 ,7 7 ,7 2 ,2 5 7 ,7 5 8 ,6 5 6 ,4 S ic ilia 7 .4 1 0 ,7 -0 ,7 4 ,2 2 ,0 4 8 ,4 4 5 ,2 4 4 ,0 S a rd e g n a 4 .3 3 9 ,3 5 ,3 2 4 ,9 1 3 ,9 5 6 ,5 5 5 ,8 5 1 ,5 C e n tro -N o rd 2 8 5 .5 3 2 ,6 8 ,1 1 2 ,1 9 ,8 5 9 ,3 5 8 ,6 5 7 ,7 - N o rd -O ve s t 1 3 2 .4 7 8 ,6 7 ,5 1 0 ,0 8 ,5 6 1 ,1 6 0 ,3 5 9 ,8 - N o rd -E s t 1 0 1 .7 3 6 ,5 7 ,1 1 3 ,0 9 ,6 5 9 ,9 5 8 ,4 5 7 ,1 - C e n tro 5 1 .3 1 7 ,6 1 1 ,9 1 5 ,2 1 3 ,4 5 3 ,6 5 4 ,3 5 3 ,5 M e zzo g io rn o 3 6 .0 4 8 ,2 4 ,3 1 0 ,5 6 ,8 6 1 ,3 6 0 ,2 5 8 ,8 Ita lia (a ) 3 2 1 .5 8 0 ,8 7 ,6 1 1 ,9 9 ,4 5 9 ,5 5 8 ,8 5 7 ,8 (a ) E s c lu s e le e s p o r ta z io n i n o n lo c a liz za b ili te rr ito r ia lm e n te . F o n te : E la b o ra z io n i S V IM E Z s u d a ti IS T A T . Q u o ta % d e lle e s p o rta z io n i ve rs o l'U eR e g io n i M ilio n i d i e u ro V a r . % r is p e tto a l 2 0 0 5 U e T o ta leP a e s i e x tra U e 8 T a b . 7 . P ro d o tto in te rn o lo rd o a i p re zz i d i m e rc a to n e lle re g io n i ita lia n e ( ta s s i m e d i a n n u i d i v a r ia z io n e % c a lc o la t i s u v a lo r i c o n c a te n a t i, a n n o d i r ife r im e n to 2 0 0 0 ) P ie m o n te 0 ,6 -0 ,5 0 ,1 1 ,8 -0 ,3 1 ,7 0 ,6 V a lle d 'A o s ta 2 ,2 1 ,3 1 ,5 1 ,3 0 ,1 1 ,8 1 ,3 L o m b a rd ia 2 ,0 0 ,9 0 ,1 0 ,5 0 ,2 2 ,2 1 ,0 T re n t in o A lto A d ig e -0 ,7 -0 ,9 0 ,9 1 ,1 0 ,5 1 ,9 0 ,4 V e n e to 0 ,8 -1 ,2 1 ,4 2 ,3 0 ,5 1 ,8 0 ,9 F r iu l i V e n e z ia G iu lia 3 ,1 -0 ,5 -1 ,9 0 ,1 0 ,4 2 ,2 0 ,5 L ig u r ia 2 ,5 -2 ,1 -0 ,2 0 ,8 0 ,2 2 ,3 0 ,6 E m il ia -R o m a g n a 1 ,3 -0 ,5 -0 ,4 -0 ,3 0 ,6 2 ,6 0 ,5 T o s c a n a 2 ,4 0 ,5 0 ,5 0 ,3 0 ,3 1 ,5 0 ,9 U m b r ia 3 ,0 -1 ,0 -0 ,3 1 ,7 0 ,7 2 ,2 1 ,0 M a rc h e 2 ,4 2 ,1 -0 ,3 1 ,3 0 ,2 2 ,2 1 ,3 L a z io 2 ,0 2 ,7 -0 ,4 4 ,8 -0 ,1 1 ,7 1 ,8 A b ru z z o 1 ,0 0 ,1 -1 ,7 -2 ,5 1 ,2 1 ,6 -0 ,1 M o lis e 1 ,2 0 ,7 -1 ,7 1 ,0 -0 ,1 2 ,2 0 ,5 C a m p a n ia 3 ,3 2 ,0 -0 ,5 0 ,7 -1 ,3 1 ,3 0 ,9 P u g lia 1 ,6 -0 ,5 -1 ,0 1 ,2 0 ,0 1 ,7 0 ,5 B a s i l ic a ta -0 ,3 0 ,7 -1 ,3 1 ,4 0 ,6 1 ,8 0 ,5 C a la b r ia 3 ,0 -0 ,3 1 ,5 1 ,9 -2 ,9 1 ,3 0 ,7 S ic i l ia 2 ,7 0 ,0 -0 ,1 0 ,0 0 ,9 1 ,2 0 ,8 S a rd e g n a 1 ,8 -0 ,4 2 ,9 -0 ,4 0 ,0 1 ,8 1 ,0 C e n tro - N o rd 1 ,7 0 ,3 0 ,1 1 ,4 0 ,2 2 ,0 0 ,9 - N o rd -O v e s t 1 ,7 0 ,3 0 ,1 0 ,8 0 ,1 2 ,1 0 ,8 - N o rd -E s t 1 ,1 -0 ,8 0 ,3 1 ,0 0 ,5 2 ,2 0 ,7 - C e n tro 2 ,2 1 ,7 -0 ,1 2 ,7 0 ,1 1 ,7 1 ,4 M e z z o g io rn o 2 ,3 0 ,4 -0 ,2 0 ,4 -0 ,3 1 ,5 0 ,7 Ita l ia 1 ,8 0 ,3 0 ,0 1 ,2 0 ,1 1 ,9 0 ,9 F o n te : E la b o ra z o n i S V IM E Z s u d a t i IS T A T e S V IM E Z . R e g io n i 2 0 0 5 2 0 0 1 -2 0 0 62 0 0 42 0 0 1 2 0 0 62 0 0 2 2 0 0 3 Tab. 8. Prodotto interno lordo pro capite nelle regioni italiane 2006 (euro) 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Piemonte 27.652,8 111,7 110,6 110,0 110,3 111,1 110,4 110,3 Valle d'Aosta 33.238,8 129,5 128,1 128,8 130,1 132,4 132,7 132,6 Lombardia 32.273,9 131,2 131,3 131,7 131,3 129,7 129,1 128,8 Trentino Alto Adige 31.021,4 130,0 126,3 124,6 124,7 124,9 124,4 123,8 Veneto 28.970,6 118,8 117,5 115,2 116,3 116,9 116,4 115,6 Friuli Venezia Giulia 27.562,5 110,4 111,6 111,2 109,7 108,9 109,3 110,0 Liguria 26.015,0 101,7 103,0 101,3 102,0 102,5 103,2 103,8 Emilia Rom agna 30.401,7 128,4 126,8 125,2 124,0 121,7 121,1 121,3 Toscana 27.218,9 108,8 109,8 109,9 110,2 109,1 109,3 108,6 Umbria 23.576,1 96,1 96,9 94,7 94,0 94,2 93,8 94,1 Marche 25.074,9 99,9 100,4 101,3 100,4 100,2 100,1 100,0 Lazio 30.445,7 115,2 115,4 118,0 117,4 121,5 121,9 121,5 Abruzzo 20.206,6 86,9 86,1 85,4 83,5 80,3 80,9 80,6 Molise 18.355,4 73,2 72,9 72,6 71,6 72,1 72,4 73,2 Campania 16.116,3 63,1 64,1 65,2 64,8 64,8 64,1 64,3 Puglia 16.604,8 66,1 66,2 66,0 65,9 65,7 65,9 66,3 Basilicata 17.725,9 70,1 69,0 69,4 69,0 69,5 70,0 70,7 Calabria 16.087,3 62,2 62,7 62,8 63,7 64,5 63,8 64,2 Sicilia 16.475,1 64,4 64,7 64,7 64,9 64,5 65,6 65,7 Sardegna 19.680,9 75,8 77,0 76,0 78,2 77,6 78,0 78,5 Centro - Nord 29.459,2 118,7 118,4 118,2 118,0 118,0 117,8 117,5 - Nord-Ovest 30.346,5 122,6 122,4 122,3 122,4 121,7 121,2 121,1 - Nord-Est 29.539,0 122,4 121,1 119,4 119,2 118,5 118,1 117,9 - Centro 28.162,9 109,7 110,2 111,4 111,0 112,6 112,8 112,4 Mezzogiorno 16.919,1 66,8 67,2 67,3 67,4 67,1 67,3 67,5 Italia 25.062,6 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 (a) Calcolati su valori a prezzi correnti. Fonte: Elaborazoni SVIMEZ su dati ISTAT e SVIMEZ. Regioni Indici: Italia = 100 (a) 9 2. L’agricoltura Nel 2006 è continuato, a scala nazionale, il trend negativo che – con la sola eccezione del 2004 – ha caratterizzato il settore agricolo nella prima metà del corrente decennio. L’agricoltura – con una diminuzione della produzione e del valore aggiunto rispettivamente del 2,6% e del 3,1% in termini reali – è il solo settore dell’economia a non essere stato interessato dalla generale ripresa che ha portato, lo scorso anno, ad un aumento del PIL nazionale dell’1,9% rispetto al 2005. Essa ha risentito sia del momento di forte ristrutturazione causato dall’introduzione della nuova Politica Agricola Comunitaria (PAC), sia di fattori derivanti da un andamento climatico avverso che ha penalizzato le rese, soprattutto nel comparto delle coltivazioni, determinando un calo della produzione. L’agricoltura meridionale, caratterizzata da diffusi elementi di debolezza strutturali, infrastrutturali ed organizzativi, ha risentito della crisi in misura maggiore (v. Tab. 1). Rispetto al 2005 il settore primario del Mezzogiorno ha registrato, infatti, in termini reali una flessione del 3,2% nella produzione e del 4,1% nel valore aggiunto, andamento decisamente più sfavorevole di quello manifestatosi nel Centro-Nord dove, in termini reali, la produzione è diminuita del 2,3% ed il valore aggiunto solo del 2,4%. Il negativo risultato di valore aggiunto rilevato nel 2006 per il settore primario meridionale nel suo complesso, è la sintesi di andamenti sfavorevoli in tutte le regioni della macro-area. Tra di esse, possono tuttavia rilevarsi due diverse situazioni. In un primo gruppo di regioni, che comprende l’Abruzzo, la Basilicata, la Puglia e la Calabria, si è assistito ad una riduzione sia della produzione che del valore aggiunto; nelle quattro restanti regioni meridionali – Molise, Campania, Sardegna e Sicilia –, invece, la performance negativa è legata esclusivamente all’aumento dei consumi intermedi, essendo la produzione rimasta sostanzialmente sugli stessi livelli dell’anno precedente Il marcato peggioramento di tendenza sperimentato nell’ultimo biennio dal settore primario viene amplificato dalla riduzione del livello degli investimenti fissi lordi. Ciò vale in particolare per l’agricoltura del Mezzogiorno, dove gli investimenti nel 2006 si sono attestati su un livello di 3.343 milioni di euro con una riduzione, rispetto al 2005, del 5,7% in termini reali, che fa seguito al -6,6% del 2005. Nel Centro- Nord, invece, dopo una forte flessione nel 2005 (-8,1%), il 2006 ha fatto registrare una sostanziale stabilità (+0,3% in termini reali). La disparità tra le agricolture delle due macro-aree si sta, dunque, ampliando, e l’agricoltura meridionale sembra perdere terreno rispetto alla possibilità di recuperare il deficit di dotazioni strutturali rispetto al resto del Paese. La riduzione della produzione lorda vendibile agricola rilevata per il 2006 non è dovuta ad una caduta dei prezzi, ma piuttosto ad una riduzione delle quantità prodotte. La tendenza negativa non ha riguardato in maniera omogenea tutti i comparti, ma è stata influenzata in misura prevalente dall’andamento delle colture legnose, il cui valore si è ridotto in termini reali di ben il 5,5%. Più contenuti, dell’ordine del 2%, sono stati i decrementi nel comparto delle colture erbacee e nella produzione zootecnica; al contrario, per le foraggere il valore della produzione è aumentato del 2,3%. Questa dinamica, che si è riflessa in una riduzione del peso delle coltivazioni agricole sul totale della produzione agricola, è il risultato di andamenti molto differenziati tra le regioni. In particolare, vanno sottolineati una forte riduzione del valore delle colture erbacee in 10 Basilicata (-14%) e un calo del valore prodotto delle colture legnose in Puglia (-5%). Nel caso delle foraggere, l’incremento registrato è legato soprattutto all’evoluzione delle produzioni in Sicilia e Sardegna. Il peso del Mezzogiorno sulle importazioni ed esportazioni italiane del settore agricolo è, per il 2006, pari rispettivamente al 17,2% e al 27% (v. Tab. 2). Tali incidenze risultano inferiori a quelle rilevate per l’anno precedente, quando l’import meridionale ha rappresentato il 18% del totale nazionale e l’export ben il 30%. A livello regionale, la Puglia, la Campania e la Sicilia si confermano le aree leader per le esportazioni. Dal lato delle importazioni, invece, alle regioni menzionate vanno aggiunte la Sicilia e l’Abruzzo. La diminuzione del peso del Mezzogiorno va collegato alla diversa dinamica mostrata dalle due ripartizioni in relazione al mercato estero: nel Centro-Nord, il flusso di merci dall’estero è aumentato del 5% e quello verso l’estero dell’8%; nel Mezzogiorno, invece, ad un modesto incremento delle importazioni (+1,0%) ha fatto riscontro un significativo calo (-4,4%) delle esportazioni. Diversificati appaiono gli andamenti a livello regionale. Dal lato delle esportazioni, Puglia (-15,9%), in particolare, Basilicata (-12,3%), Sardegna (-8%) e Molise (-8,1%) hanno ridotto il flusso di prodotti. Al contrario, Abruzzo (+11,5 %), Calabria (+5,9%), Campania (+5,4%) e Sicilia (+4%) hanno fatto registrare un incremento nel commercio con l’estero. Tab. 1. Produzione, consumi intermedi e valore aggiunto dell'agricoltura a prezzi di base dal 2000 al 2006 Aggregati 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 MEZZOGIORNO Produzione 16.153.049 15.744.777 15.088.505 15.284.141 16.671.374 16.186.834 15.664.613 Consumi intermedi 5.370.867 5.440.380 5.104.979 5.204.934 5.239.824 5.150.921 5.102.799 Valore aggiunto 11.506.470 10.856.235 10.545.944 10.673.503 11.983.790 11.500.986 11.024.454 CENTRO-NORD Produzione 28.886.589 28.763.308 28.389.487 26.600.225 29.338.111 28.344.853 27.701.008 Consumi intermedi 11.577.133 11.425.550 11.575.483 11.297.813 11.735.864 11.529.300 11.336.650 Valore aggiunto 18.250.200 18.169.866 17.585.813 16.061.244 18.251.825 17.396.723 16.978.013 ITALIA Produzione 45.039.639 44.508.085 43.478.754 41.893.669 46.016.533 44.538.366 43.365.621 Consumi intermedi 16.948.000 16.865.930 16.679.041 16.502.488 16.974.164 16.678.734 16.438.564 Valore aggiunto 29.756.671 29.026.101 28.131.984 26.758.047 30.258.223 28.920.371 28.012.007 MEZZOGIORNO Produzione -2,5 -4,2 1,3 9,1 -2,9 -3,2 Consumi intermedi 1,3 -6,2 2,0 0,7 -1,7 -0,9 Valore aggiunto -5,7 -2,9 1,2 12,3 -4,0 -4,1 CENTRO-NORD Produzione -0,4 -1,3 -6,3 10,3 -3,4 -2,3 Consumi intermedi -1,3 1,3 -2,4 3,9 -1,8 -1,7 Valore aggiunto -0,4 -3,2 -8,7 13,6 -4,7 -2,4 ITALIA Produzione -1,2 -2,3 -3,6 9,8 -3,2 -2,6 Consumi intermedi -0,5 -1,1 -1,1 2,9 -1,7 -1,4 Valore aggiunto -2,5 -3,1 -4,9 13,1 -4,4 -3,1 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. Valori a prezzi 2000 (migliaia di euro) Variazioni percentuali rispetto all'anno precedente 11 Tab. 2. Scambi con l'estero di prodotti dell'agricoltura per regione (Anno 2006) (milioni (milioni di euro) di euro) Abruzzo 169 1,7 34 0,8 13,5 11,5 Molise 15 0,2 1 0,0 156,5 -8,1 Campania 675 7,0 258 6,0 3,3 5,4 Puglia 414 4,3 449 10,4 0,2 -15,9 Basilicata 27 0,3 17 0,4 -34,2 -12,3 Calabria 98 1,0 70 1,6 -6,1 5,9 Sicilia 176 1,8 332 7,7 3,7 4,0 Sardegna 90 0,9 4 0,1 -20,3 -8,0 Mezzogiorno 1.664 17,2 1.165 27,0 1,0 -4,4 Centro-Nord 8.023 82,8 3.144 73,0 5,0 8,0 Italia 9.687 100,0 4.309 100,0 4,0 4,4 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. Var. % 2006-05 Import ExportRegioni Import % Export % 12 3. L’industria 1. A livello territoriale, nel 2006 l’inversione ciclica del prodotto industriale, approssimata dal valore aggiunto a prezzi costanti, ha interessato entrambe le macro- aree, sebbene con intensità maggiore il Centro-Nord (2,7%) in raffronto a quanto osservato nel Mezzogiorno (1,5%). Va tuttavia rilevato che l’evoluzione congiunturale dell’industria meridionale ha fatto registrare un recupero, rispetto alla performance assai negativa del 2005 (-4,3%), più ampio in confronto al resto del Paese dove la caduta dell’output si era limitata, sempre nel 2005, a poco meno di un punto percentuale e mezzo (v. Tab.1 ). Sebbene il risultato di prodotto conseguito nel 2006 dall’industria delle due macro-aree costituisca una netta inversione rispetto alla sfavorevole tendenza avviatasi dal 2001, il ritardo complessivamente accumulato nell’ultimo quinquennio sia nei confronti dei principali paesi europei (Germania, Francia e Spagna) come verso i nuovi competitors presenti nella stessa Europa a 25 - quali Slovenia, Polonia, Turchia - appare notevole. 2. Nel 2006 le esportazioni manifatturiere, a prezzi correnti, sono aumentate del 6,8% nel Mezzogiorno e del 9,8% nel Centro-Nord. Dal 2004, sono tuttavia emerse, sotto il profilo settoriale, alcune rilevanti differenze territoriali. La principale riguarda il fatto che nel Centro-Nord la ripresa ciclica ha interessato, pur se con intensità differente, praticamente tutti i comparti; nel Mezzogiorno, invece, le branche dell’abbigliamento, delle calzature e prodotti in cuoio, dei mobili, del legno, delle altre industrie manifatturiere – e cioè la parte prevalente del made in Italy – hanno continuato, o iniziato, ad essere caratterizzate da una dinamica negativa (v. Tab. 2). 3. Nel 2006, la produttività del lavoro del settore industriale nel suo complesso, misurata dal valore aggiunto per unità di lavoro, è aumentata di oltre un punto percentuale nel Centro-Nord (1,3%) e dello 0,8% nel Mezzogiorno (v. Tab. 3). Limitatamente al solo comparto manifatturiero, il valore aggiunto per unità di lavoro ha fatto registrare una variazione più sostenuta, pari al +2,6% nel Mezzogiorno ed al +2,2% nel Centro-Nord. Il 2006 è stato l’anno in cui la produttività del lavoro del comparto industriale è tornata ad essere, nel Mezzogiorno, positiva dopo cinque anni (2001-2005) di persistenti variazioni negative. Nell’industria del Centro-Nord il trend declinante si era già interrotto nel 2004. La quota dei profitti lordi sul valore aggiunto dell’industria manifatturiera nel 2006 è diminuita, rispetto all’anno precedente, in entrambe le ripartizioni: dal 26,7% al 25,2% nel Mezzogiorno e dal 30,5% al 29,5% nel Centro-Nord. In termini relativi, la quota dei profitti lordi dell’industria manifatturiera meridionale, posta uguale a 100 quella del Centro-Nord, è risultata, nel 2006, pari a 85,5. 4. Nel 2006, l’inversione ciclica osservata nella dinamica del prodotto si è pienamente riflessa sulla dinamica dell’input di lavoro: le unità di lavoro totali nell’industria meridionale sono aumentate dello 0,7% nel Mezzogiorno e dell’1,4% nel Centro-Nord. 13 Con riferimento al solo comparto manifatturiero, la dinamica occupazionale, nello stesso anno, non si è discostata da quanto appena visto per l’intera industria; con incrementi, rispettivamente, dello 0,9% nel Mezzogiorno e dell’1,5% nel resto del Paese. Tab. 1. Variazioni percentuali rispetto all'anno precedente, variazione media annua e cumulata, del valore aggiunto dell'industria in senso stretto (a) Media Cumu- annua lata Mezzogiorno 0,0 2,3 -4,3 -4,4 -4,3 1,5 -1,6 -9,1 Centro-Nord -0,8 -1,3 -1,9 -0,3 -1,4 2,7 -0,5 -3,0 Italia -0,7 -0,8 -2,3 -0,8 -1,8 2,5 -0,7 -3,9 Mezzogiorno 0,3 0,7 -4,7 -5,1 -5,2 3,5 -1,8 -10,3 Centro-Nord -1,1 -1,6 -2,0 -0,6 -2,1 3,7 -0,6 -3,8 Italia -0,9 -1,3 -2,4 -1,3 -2,5 3,7 -0,8 -4,7 EU 25 0,8 -0,2 0,5 2,3 1,2 3,9 1,4 8,8 Euro zone 1,4 0,0 0,4 1,9 1,2 3,9 1,5 9,1 Germania 1,1 -1,4 0,6 3,4 2,9 5,0 1,9 12,2 Spagna 3,3 0,0 1,4 0,6 0,7 3,1 1,5 9,5 Francia 2,1 0,5 1,8 1,7 2,0 n.d. n.d. n.d. Polonia -0,7 -0,5 7,8 10,5 3,9 7,7 4,7 31,7 Slovenia 4,8 4,7 3,5 3,7 3,2 6,7 4,4 29,7 Finlandia 4,9 3,6 2,6 4,9 3,9 10,8 5,1 34,7 Turchia -7,5 9,4 7,8 9,4 6,5 7,4 5,3 36,4 Fonte: Per l'Italia: ISTAT per gli anni dal 2000al 2006. Per il Mezzogiorno ed il Centro-Nord: ISTAT per il 2000-2003; elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT per il 2004 e il 2005; valutazioni SVIMEZ per il 2006. Per i paesi europei: EUROSTAT. Industria in senso stretto Di cui: manifatturiera Industria in senso stretto 2004 2005 2006 2001-2006Circoscrizioni e Paesi 2001 2002 2002 14 Tab. 2. Esportazioni settoriali (variazioni % calcolate su valori correnti) 2001-03 2003-05 2005-06 2001-03 2003-05 2005-06 Prodotti dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca -15,4 0,5 -4,4 4,7 -0,7 8,0 Estrazione di minerali 101,0 66,7 31,2 8,7 37,0 -4,1 Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco 5,6 1,7 4,4 6,7 12,6 7,6 Industrie tessili 2,2 -6,4 6,0 -12,8 -5,1 1,6 Articoli di abbigliamento 4,9 -1,3 -2,2 -4,6 6,8 7,5 Calzature e prodotti in cuoio -20,1 -18,3 0,0 -11,9 2,4 6,6 Legno e prodotti in legno, esclusi i mobili -10,1 -7,5 -2,0 -12,1 3,6 9,5 Prodotti in carta, stampa, editoria 1,0 18,9 13,8 -1,4 5,6 3,4 Prodotti energetici e raffinati 0,0 75,4 7,3 29,3 101,1 18,8 Prodotti chimici e farmaceutici 1,7 26,7 8,8 1,1 15,0 7,1 Prodotti in gomma e materie plastiche 9,2 9,7 13,9 1,0 14,3 5,9 Vetro, ceramica, materiali non metallici per l'edilizia -2,4 3,8 7,2 -7,6 1,7 6,6 Metallurgia e prodotti in metallo 2,6 59,8 3,5 -0,6 35,9 25,9 Macchine ed apparecchi meccanici, elettrodomestici -18,8 15,4 4,5 -0,5 11,8 11,1 Macchine ed apparecchiature elettriche, elettroniche ed ottiche -21,7 15,9 14,8 -13,2 15,8 7,3 Autoveicoli -10,7 15,5 26,1 5,4 9,6 8,3 Altri mezzi di trasporto -24,9 50,7 -25,3 -8,0 7,6 4,9 Mobili -3,4 -19,6 -15,9 -14,3 1,7 7,1 Altre industrie manifatturiere 51,7 -73,1 -6,0 128,7 -82,2 19,1 Totale -5,5 20,3 6,8 -2,8 10,4 9,8 Totale (esclusi energetici e raffinati) -6,4 11,1 6,6 -2,9 9,9 9,7 Fonte : Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. Settori Mezzogiorno Centro-Nord Tab. 3. Variazioni percentuali rispetto all'anno precedente, variazione media annua e cumulata del valore aggiunto per unità di lavoro dell'industria in senso stretto (a) Anni Mezzo- Centro- Mezzo- Centro- giorno Nord giorno Nord 2001 -0,7 0,0 -0,1 -0,7 -0,3 -0,4 2002 -0,8 -1,4 -1,4 -2,4 -1,7 -1,9 2003 -3,8 -2,0 -2,2 -4,5 -2,2 -2,5 2004 -1,4 0,2 0,2 -2,1 -0,2 -0,4 2005 -1,2 0,5 0,4 -2,1 -0,1 -0,3 2006 0,8 1,3 1,2 2,6 2,2 2,3 2001-2006 - media annua -1,2 -0,2 -0,4 -1,5 -0,4 -0,6 - cumulata -6,8 -1,4 -2,1 -8,9 -2,4 -3,3 (a) Calcolate su valori concatenati, anno di riferimento 2000. Fonte : V. Tab.1. Industria in senso stretto Di cui: manifatturiera Italia Italia 15 4. Il terziario Il settore terziario ha registrato nel 2006 un aumento significativo, pari all’1,6%, superiore di sei decimi di punto percentuale rispetto al valore registrato nel 2005 (1,0%). Nel Mezzogiorno, la crescita del valore aggiunto è stata meno sostenuta e pari all’1,3%, a fronte dell’1,7% nel Centro-Nord (v. Tab. 1). La differenza più consistente tra le due macro-aree si riscontra nel settore del commercio, dove l’aumento del Centro- Nord è risultato più che doppio rispetto a quello registrato nel Sud (rispettivamente 2,5% e 1,2%), a riflesso delle differenze nei livelli di reddito e dei consumi delle famiglie. La crescita del valore aggiunto del terziario registrata nel 2006 è stata, in entrambe le ripartizioni, più sostenuta di quella media del periodo 2001-2006, pari allo 0,8% annuo nel Mezzogiorno e all’1,4% nelle regioni centro-settentrionali. La quota di valore aggiunto del terziario sul prodotto dell’intera economia, è risultata anche nel 2006, come in passato, superiore nel Mezzogiorno rispetto al Centro- Nord (rispettivamente 75,3% e 69,0%). La maggiore incidenza del terziario non riflette certo un avanzamento strutturale delle regioni del Sud, ma dipende piuttosto dalle tuttora assai più ridotte dimensioni del sistema industriale meridionale rispetto all’area forte del Paese. Permangono, dunque, le assai rilevanti differenze strutturali tra le due macro-aree, accentuatesi a seguito della più ampia caduta produttiva sperimentata nel triennio 2002-2005 dall’industria manifatturiera nel Mezzogiorno. Nel 2006 l’occupazione nel settore dei servizi ha segnato una crescita particolarmente intensa (1,9%) e, come nel precedente triennio 2003-2005, con ritmi diseguali tra le due macro-aree del Paese. Nel Mezzogiorno gli occupati terziari hanno segnato un aumento dell’1,3% (quasi un punto percentuale in meno rispetto al 2,2% del Centro-Nord) pari a 58 mila unità di lavoro in più e - dopo il ristagno del biennio 2003- 2004 e una flessione dello 0,4% nel 2005 – si sono riportati su di un livello superiore di appena lo 0,8% (cui corrispondono circa 29 mila unità di lavoro) rispetto al 2002 (v. Tab. 2). Nel Centro-Nord, il numero degli occupati terziari, in costante crescita anche nel precedente triennio, è risultato nel 2006 di circa il 5,7% maggiore rispetto al 2002, con un aumento di oltre 633 mila unità di lavoro. La crescita più sostenuta dell’input di lavoro (1,9%) rispetto a quella del prodotto (1,6%) nel corso del 2006 ha determinato, a livello nazionale, una flessione della produttività terziaria dello 0,3%, che interrompe la fase di sia pur modesta crescita in atto dal 2004. La flessione della produttività ha interessato il solo Centro-Nord (- 0,5%); nel Mezzogiorno, invece, pur in presenza di un minore sviluppo dell’attività del settore, la crescita meno sostenuta dell’occupazione ha dato luogo ad una sostanziale stabilità della produttività terziaria rispetto ai livelli raggiunti l’anno precedente. 16 Tab. 1. Tassi annui di variazione del valore aggiunto ai prezzi base nei servizi e nel totale economia (tassi medi annui di variazione % calcolati su valori concatenati-anno di riferimento 2000) Servizi 2,7 0,3 -0,5 0,2 0,5 1,3 0,8 - Commercio , riparazioni autoveicoli e di beni personali e della casa 2,5 -4,4 -3,8 0,0 1,0 1,2 -0,6 - Alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni 3,3 0,2 -0,8 1,8 0,5 2,5 1,2 - Intermediazione monetaria e finanziaria; attività immob. 2,1 2,7 0,0 -1,7 -0,3 1,1 0,6 - Altre attività di servizi 3,1 0,7 0,7 1,2 1,0 1,1 1,3 Totale settori extragricoli 2,5 0,8 -0,9 -0,4 -0,1 1,4 0,5 Totale economia 2,2 0,6 -0,8 0,2 -0,3 1,1 0,5 Servizi 2,4 1,2 0,6 1,4 1,1 1,7 1,4 - Commercio, riparazioni autoveicoli e di beni personali e della casa 2,0 -1,5 -2,4 4,4 2,4 2,5 1,2 - Alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni 3,9 1,6 0,8 1,8 1,7 3,0 2,1 - Intermediazione monetaria e finanziaria; attività immob. 2,5 2,3 2,0 -0,2 0,1 1,1 1,3 - Altre attività di servizi 1,5 1,2 0,3 1,4 1,4 1,3 1,2 Totale settori extragricoli 1,8 0,6 0,1 0,9 0,5 1,9 1,0 Totale economia 1,7 0,5 -0,1 1,2 0,4 1,9 0,9 Fonte : Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT e SVIMEZ. Centro-Nord Mezzogiorno Settori Media 2000-062001 2002 2003 2004 2005 2006 Tab. 2. Tassi di variazione delle unità di lavoro totali nei servizi e nel totale economia Servizi 2,2 2,1 0,0 0,0 -0,4 1,3 0,9 - Commercio , riparazioni autoveicoli e di beni personali e della casa 1,5 1,6 -1,0 -2,0 -2,7 0,5 -0,4 - Alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni 2,0 4,1 1,7 1,1 0,4 1,5 1,8 - Intermediazione monetaria e finanziaria; attività immob. 4,4 5,5 1,3 0,4 1,8 2,2 2,6 - Altre attività di servizi 1,9 0,5 -0,5 0,3 -0,5 1,2 0,5 Totale settori extragricoli 2,4 2,2 0,2 -0,3 -0,4 1,2 0,9 Totale economia 2,3 1,6 -0,2 -0,4 -0,7 1,2 0,6 Servizi 2,2 1,7 1,5 1,0 0,8 2,2 1,6 - Commercio, riparazioni autoveicoli e di beni personali e della casa 1,7 0,4 2,0 0,2 -0,3 1,8 0,9 - Alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni 1,4 1,6 2,3 0,9 1,1 1,7 1,5 - Intermediazione monetaria e finanziaria; attività immob. 4,2 4,9 2,6 2,0 1,7 2,9 3,1 - Altre attività di servizi 1,8 0,8 0,2 0,9 0,9 2,3 1,1 Totale settori extragricoli 1,6 1,4 1,2 0,7 0,4 1,9 1,2 Totale economia 1,6 1,2 0,9 0,7 0,0 1,8 1,0 Fonte : Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT e SVIMEZ. Mezzogiorno Centro-Nord 2004 2005 2006 Media 2000-06 Settori 2001 2002 2003 17 5. La popolazione 1. Il 2006 ha mostrato un rallentamento del ritmo di incremento della popolazione: nel corso dell’anno la popolazione italiana è infatti aumentata di circa 233 mila unità pari al 4,0 per mille abitanti (v. Tab. 1); nel 2005 l’incremento era stato di 289 mila unità (4,9 per mille), nel 2004, anno di picco, il tasso di accrescimento della popolazione aveva raggiunto il 9,9‰. E’ da attendersi che, svaniti gli effetti della regolarizzazione degli immigrati presenti in Italia e completate del tutto le operazioni di recupero anagrafico dei residenti sfuggiti all’ultima rilevazione censuaria, la tendenza al contenimento della dinamica demografica proseguirà nei prossimi anni. Con riferimento alle due grandi macroaree del Paese, i dati evidenziano come Mezzogiorno e Centro-Nord continuino a far registrare andamenti opposti delle singole poste del bilancio demografico. Il Mezzogiorno nel 2006 ha fatto registrare un calo di circa 12 mila residenti, scendendo sotto i 20,750 milioni di residenti. Dopo una fase di sia pur moderata ripresa, tra il 2003 e il 2005, che aveva invertito il trend negativo dei primi anni del 2000, la popolazione del Sud ha ricominciato a diminuire. Anche nel precedente triennio di crescita demografica, la popolazione meridionale era aumentata a ritmi assai inferiori a quelli del Centro-Nord. Le ragioni di ciò sono imputabili, in primo luogo, alla dinamica migratoria meridionale che continua ad essere negativa, a causa di un saldo migratorio interno che si mantiene stabilmente superiore a quello estero. E in secondo luogo, alla flebile dinamica naturale, condizionata da una decrescente natalità e da una mortalità tendenzialmente stabile. Si consideri che circa il 70% dell’aumento di popolazione (pari a circa 200 mila persone) fatto registrare dalle regioni meridionali tra il 2002 e il 2005 è imputabile a operazioni di rettifica anagrafica, mentre alla dinamica naturale è attribuibile soltanto una piccola parte dell’incremento.Grazie alla positiva dinamica migratoria con l’estero e a un’inversione di tendenza della natalità, di cui è responsabile anche la componente straniera, la popolazione centro-settentrionale tra il 2002 e il 2005 è cresciuta di oltre 1,2 milioni, pari ad un incremento medio annuo di 11,1 abitanti ogni mille residenti. Il contributo netto dei flussi migratori internazionali è stato pari a oltre l’80% dei guadagni di popolazione. Nel 2006, l’incremento è stato di circa 250 mila unità (6,5‰ all’anno), meno consistente dell’anno precedente. Per effetto dei forti incrementi degli ultimi anni, la popolazione centro-settentrionale ha raggiunto a fine 2006 i 38,2 milioni. 2. Nel Mezzogiorno la natalità continua a calare ed è ormai prossima ad eguagliare i livelli medi del Paese nel suo insieme, mentre la mortalità risulta ancora un pò più bassa della media nazionale a causa del minore invecchiamento della popolazione. Nel 2006 il saldo naturale del Meridione è stato positivo e pari all’1‰ grazie ad una natalità leggermente superiore alla mortalità: rispettivamente il 9,7‰ contro l’8,7‰ (v. Tab. 2). Tra le regioni con saldi naturali positivi e superiori alla media meridionale si segnalano soltanto Campania e Puglia, con valori pari, rispettivamente al 2,7‰ e all’1,3‰, mentre Sicilia e Calabria pur esibendo saldi positivi si collocano al di sotto del livello medio del Sud (0,8‰ e 0,3‰). Tutte le altre regioni, invece, evidenziano saldi negativi superiori a quelli medi del Centro-Nord e di molte regioni centro-settentrionali. Nel Centro-Nord la tendenziale ripresa delle nascite ha invertito il trend della natalità in atto fino a metà degli anni ’90. Il processo di recupero ha fatto sì che oggi, in termini assoluti, nascano più bambini al Nord che al Sud e che ciò sia vero anche al netto delle nascite di bambini stranieri. Il tasso generico di natalità (che è dato 18 dal rapporto tra nascite e popolazione residente) segnala per le regioni centro- settentrionali nel loro insieme valori leggermente inferiori alla media nazionale: 9,3‰ nel 2006. Ma ciò è dovuto semplicemente al fatto che la popolazione residente, grazie ai positivi saldi immigratori (interni ed esteri), è aumentata di più delle nascite. La mortalità invece mostra un andamento sostanzialmente stabile e presenta valori di poco superiori alla media nazionale: 9,7‰ contro 9,4‰ nel 2006. Di conseguenza, il saldo naturale del Centro-Nord è risultato ancora negativo nella misura del –0,4‰, anche se con un lieve miglioramento rispetto al 2005. In controtendenza rispetto alla dinamica naturale negativa della ripartizione, TrentinoA.A., Lombardia, Veneto e Lazio continuano a far registrare un saldo naturale positivo, particolarmente significativo nel lombardo-veneto perché qui sono più evidenti che altrove quei cambiamenti di segno della relazione tra sviluppo economico e dinamica della popolazione che vari studi segnalano anche su scala europea. In generale, se fino agli anni ’80 si registrava una chiara relazione inversa tra livello di fecondità e tasso di occupazione femminile, alla fine degli anni ’90 tale relazione risultava capovolta: i livelli di fecondità cominciano a crescere o ad essere meno bassi laddove si osservano tassi di occupazione femminile più alti, tipicamente nelle aree economicamente più sviluppate. 3. Per il 2006 a livello nazionale si stima un saldo migratorio totale con l’estero di circa 230 mila unità pari a un tasso del 3,9‰, in calo rispetto al biennio 2003-2005 che, però, aveva risentito dei provvedimenti di regolarizzazione dei cittadini stranieri (v. Tab. 3). Il Sud conferma la sua tradizionale debolezza che ne fa la principale area di origine dei flussi di mobilità interni di lungo raggio. Nel 2006 la perdita di residenti del Mezzogiorno a favore delle regioni centro-settentrionali è stata di 50 mila unità, pari a un tasso del -2,4 ‰. Circa la metà del saldo migratorio interno è imputabile alla sola Campania (-26,1 mila) che ha evidenziato un tasso doppio rispetto a quello medio meridionale (-4,5‰). Superiori alla media sono risultati anche i tassi di Calabria e Basilicata, pari rispettivamente al –4,1‰ e al –3,5‰. La Puglia ha perso circa 10 mila residenti, facendo segnare un tasso uguale a quello medio ripartizionale (-2,4‰). Ancora una volta Abruzzo e Sardegna sono le due uniche regioni che, in controtendenza, fanno registrare saldi positivi, evidenziando tassi migratori interni netti pari, rispettivamente, al 2,1‰ e allo 0,7‰. Abruzzo e Sardegna poi, insieme al Molise, sono anche le regioni che riescono a esercitare una forza di attrazione relativa sui flussi migratori internazionali di un certo rilievo: rispettivamente 2,9‰, 1,0‰ e 1,4‰. La Calabria, invece, è l’unica regione italiana a evidenziare un tasso migratorio netto con l’estero negativo (-0,5‰). Nel complesso il Mezzogiorno presenta nel 2006 un tasso migratorio netto totale negativo, pari al -1,6‰. Nel Centro-Nord, dove la componente esogena è il fattore determinante della crescita demografica dell’area, sono soprattutto il Nord-Est e il Centro che intercettano in misura maggiore i flussi migratori interni provenienti dalle regioni meridionali. Nel 2006 il saldo migratorio positivo dei comuni dell’Italia centro-nord-orientale è stato pari a 55 mila unità: circa 31 mila nel Nord-Est (pari a un tasso del 2,9‰) e poco più di 24 mila nel Centro (pari a un tasso del 2,1‰), mentre il Nord-Ovest ha evidenziato una minore forza attrattiva acquisendo circa 17 mila residenti in più (pari a un tasso del 1,1‰). Se si considerano i saldi migratori con l’estero, in valori assoluti è il Nord-ovest che attrae e stabilizza più popolazione straniera (+82,2 mila), seguito dal Nord-Est (+67,2 mila) e dal Centro (+61,6 mila), mentre in termini relativi, vale a dire in rapporto alla popolazione residente, è il Nord- Est a intercettare in misura maggiore i flussi migratori internazionali, con un tasso netto superiore alla media centro-settentrionale e pari al 6‰. 19 Tota le d i cu i: stran ie ri (b ) M ezzog iorno 20 .747 20.760 20.748 322 13 -12 C entro-N ord 37 .715 37.992 38.237 2.349 277 246 Ita lia 58 .462 58.752 58.985 2.671 289 233 % sul to ta le de lla popolazione M ezzog iorno 35,5 35,3 35,2 1,6 0,6 -0,6 C entro-N ord 64,5 64,7 64,8 6,2 7,3 6 ,5 Ita lia 100,0 100,0 100,0 4,5 4,9 4 ,0 (a ) S tim a ; (b ) 2005 . Fonte : E laborazion i SV IM EZ su dati ISTAT. Tab . 1 . Am m ontare de lla popolazione ita liana res idente, va riazion i 2004-2006 , d is tribuzione percentua le e tasso d i va riazione m edio annuo , pe r ripartizione R ipartiz ion i Popolazione res idente a fine anno Variazione to ta le 2004 2005 2006 (a ) 2004-05 2005-06 (m ig lia ia d i un ità) D is tribuzione percentua le Variazione m edia annua (per 1 .000 ab.) 2004 2005 2006 (a) 2004 2005 2006 (a) 2004 2005 2006 (a) P iem onte 8,7 8,6 8,7 10,8 11,1 10,7 -2,1 -2,5 -2,0 Valle d'Aosta 9,6 9,4 9,5 9,9 10,6 9,8 -0,3 -1,2 -0,3 Lom bardia 10,0 9,8 10,0 8,9 9,1 8,8 1,1 0,7 1,2 Liguria 7,6 7,5 7,5 12,9 13,3 12,8 -5,3 -5,8 -5,3 Trentino A lto Adige 11,3 10,9 10,7 8,5 8,4 8,3 2,8 2,5 2,4 Veneto 10,1 9,8 9,8 8,9 9,1 8,7 1,2 0,7 1,1 Friuli Venezia G iulia 8,4 8,4 8,5 11,6 11,5 11,2 -3,2 -3,1 -2,7 Em ilia Rom agna 9,3 9,2 9,3 10,9 11,1 10,7 -1,6 -1,9 -1,4 Toscana 8,8 8,7 8,8 10,9 11,3 10,8 -2,1 -2,6 -2,0 Um bria 8,9 9,0 9,0 10,7 11,5 10,9 -1,8 -2,5 -1,9 Marche 8,9 8,8 9,0 10,1 10,2 10,1 -1,2 -1,4 -1,1 Lazio 9,9 9,6 9,5 9,4 9,4 9,0 0,5 0,2 0,5 Abruzzo 8,6 8,6 8,7 10,1 10,4 10,0 -1,5 -1,8 -1,3 Molise 7,9 7,9 8,0 10,7 11,1 11,0 -2,8 -3,2 -3,0 Cam pania 11,3 10,8 10,8 8,0 8,4 8,1 3,3 2,4 2,7 Puglia 10,0 9,5 9,4 7,7 8,2 8,1 2,3 1,3 1,3 Basilicata 8,9 8,2 8,3 9,2 9,6 9,4 -0,3 -1,4 -1,1 Calabria 9,3 9,1 9,1 8,5 9,0 8,8 0,8 0,1 0,3 Sicilia 10,3 10,1 10,0 8,9 9,4 9,2 1,4 0,7 0,8 Sardegna 8,0 8,0 8,0 8,1 8,5 8,3 -0,1 -0,5 -0,3 Mezzogiorno 10,1 9,7 9,7 8,4 8,9 8,7 1,7 1,1 1,0 Centro-Nord 9,5 9,5 9,3 9,9 10,2 9,7 -0,4 -0,7 -0,4 - Nord-Est 9,7 9,5 9,5 9,9 10,0 9,7 -0,2 -0,4 -0,2 - Nord-Ovest 9,4 9,2 9,4 9,8 10,1 9,8 -0,4 -0,9 -0,4 - Centro 9,4 9,2 9,2 10,1 10,3 9,9 -0,7 -1,0 -0,7 Ita lia 9,7 9,5 9,5 9,4 9,7 9,4 0,3 -0,1 0,1 (a) Stim a. Fonte: E laborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. Tab. 2. Nata lità, mortalità e increm ento natura le della popolazione italiana residente, per reg ione. Anni 2004-2006 (valori per m ille abitanti) Regioni Natalità Mortalità Increm ento natura le 20 Tab. 3. Iscrizioni e cancellazioni anagrafiche (a) per trasferimento di residenza interno o estero. Anni 2005 e 2006 2005 2006 2006 2005 2006 2006 2005 2006 2006 2005 2006 2006 Abruzzo 3,3 2,7 2,1 5,5 3,8 2,9 0,3 0,9 0,7 9,0 7,4 5,7 Molise -0,4 -0,3 -0,8 0,7 0,4 1,4 -0,6 0,0 0,0 -0,5 0,2 0,6 Campania -25,2 -26,1 -4,5 12,7 5,2 0,9 0,6 1,2 0,2 -16,8 -19,7 -3,4 Puglia -10,6 -9,8 -2,4 5,7 2,9 0,7 4,9 -1,2 -0,3 2,0 -8,1 -2,0 Basilicata -2,0 -2,1 -3,5 0,7 0,1 0,1 -0,1 -0,1 -0,1 -1,3 -2,1 -3,5 Calabria -8,5 -8,2 -4,1 3,6 -1,0 -0,5 3,4 -0,4 -0,2 -2,0 -9,6 -4,8 Sicilia -9,7 -7,5 -1,5 6,5 1,5 0,3 7,5 0,0 0,0 3,5 -6,0 -1,2 Sardegna 1,0 1,2 0,7 1,8 1,7 1,0 4,3 1,3 0,8 6,8 4,1 2,5 Mezzogiorno -52,2 -50,0 -2,4 37,3 14,5 0,7 20,2 1,7 0,1 0,7 -33,8 -1,6 Centro-Nord 59,7 72,0 1,9 257,5 211,0 5,5 34,3 -21,8 -0,6 307,4 261,2 6,8 - Nord-Est 27,7 30,9 2,8 78,8 67,2 6,0 -5,2 -4,9 -0,4 90,9 93,2 8,4 - Nord-Ovest 14,9 17,0 1,1 104,9 82,2 5,3 28,2 -13,1 -0,8 128,1 86,0 5,6 - Centro 17,1 24,1 2,1 73,8 61,6 5,4 11,3 -3,9 -0,3 88,3 81,9 7,3 Italia 7,5 22,0 0,4 (c) 294,7 225,5 3,8 54,6 -20,1 -0,3 308,1 227,4 3,9 (a) Dati relativi al bilancio anagrafico della popolazione residente. (b) Saldo tra iscrizioni e cancellazioni anagrafiche dovute ad operazioni di rettifica anagrafica. Fonte : Elaborazioni Svimez su dati ISTAT. Tasso migratorio interno (per 1.000 ab.) Saldo migratorio estero (migliaia di unità) Tasso migratorio netto totale (per 1.000 ab.) (c) Il saldo migratorio interno non risulta nullo a causa dallo sfasamento temporale delle registrazioni anagrafiche tra comune di cancellazione e comune di iscrizione. Tasso migratorio con l'estero (per 1.000 ab.) Saldo migratorio per altro motivo (b) (migliaia di unità) Tasso migratorio per altro motivo (b) (per 1.000 ab.) Saldo totale (migliaia di unità) Regioni Saldo migratorio interno (migliaia di unità) 21 6. Forze di lavoro, occupazione e disoccupazione Sono 22.988.000 gli occupati in Italia nel 2006, in crescita dell’1,9% rispetto al 2005 (v. Tab. 1). Tra i 15 e 64 anni il tasso di occupazione ha raggiunto il 58,4%, ed è risultato in crescita in entrambe le macro-aree del Paese: con un aumento dell’1% al Centro-Nord e dello 0,7% al Sud. Nel Mezzogiorno esso però è pari ad appena il 46,6% della popolazione, lontanissimo dai livelli medi europei. In valori assoluti, i nuovi occupati sono 320mila al centro-Nord e 105mila al Sud. In questo modo il Mezzogiorno supera per la prima volta i 6 milioni 500mila unità. La crescita ha riguardato soprattutto i servizi (2,1%), l’agricoltura (4,5%), e in misura minore il credito, turismo e trasporti, mentre l’industria, in crescita soprattutto in Campania, cala dello 0,7%. A livello regionale si segnalano nel 2006 i risultati positivi di Puglia, Molise, Basilicata, Sicilia, con percentuali superiori al 2%. Nel Mezzogiorno crescono soprattutto gli atipici (75mila unità), concentrati in particolare nella componente giovanile, con percentuali superiori di 9 volte ai contratti a tempo indeterminato. In crescita anche il part-time e il lavoro autonomo. Il tasso di disoccupazione al Sud è passato dal 19% del 2000 al 12,3% del 2006 (v. Tab. 2). Nonostante questo forte calo dei disoccupati - tra il 2005 e il 2006, -158mila unità, pari al –14,8%, la dinamica più forte a livello nazionale - non si può dire che la situazione non sia certo migliorata. Anzi: su mezzo milione di disoccupati “scomparsi” solo la metà ha trovato davvero un nuovo impiego, mentre gli altri 250mila hanno smesso di cercarlo. Si segnala a questo proposito il caso limite della Campania, dove nel solo 2006 i disoccupati sono scesi di 47mila unità, a fronte di una crescita di appena 4mila occupati. La fuoriuscita dei disoccupati verso la “non attività” costituisce un forte elemento di criticità nel mercato del lavoro. La carenza di occasioni di impiego ha determinato una ripresa delle migrazioni verso il Centro-Nord. Emerge, inoltre, uno spostamento in avanti, lungo il ciclo di vita, dell’accesso al mondo del lavoro che sembra riflettere per un verso effetti di scoraggiamento dovuti alle difficoltà incontrate dai giovani nell’inserimento occupazionale e per l’altro l’accresciuta propensione a restare nel sistema formativo. Ma ciò che va sottolineato e che potrebbe costituire un elemento nuovo degli ultimi anni è quello della frantumazione delle istituzioni del mercato del lavoro e la conseguente crisi delle Amministrazioni pubbliche preposte all’intermediazione tra domanda e offerta, incapaci di adattarsi alle trasformazioni indotte dal processo di flessibilizzazione della domanda di lavoro. Sul fronte di questa zona grigia di inattivi, va segnalato che sui 2,6 milioni di persone nel 2006 presenti a livello nazionale in questa condizione, 1 milione e 700mila (26,1%) sono nel Mezzogiorno (v. Tab. 3). Interessante notare che molti che non cercano attivamente si dichiarano però disponibili a lavorare, a dimostrazione che opportunità più favorevoli potrebbero incidere decisamente sul fenomeno. 22 Tab. 1. Occupati, disoccupati e forze di lavoro nel 2006 e variazioni medie annue Media 2006 (migliaia di unità) Occupati 6.516 1,6 0,0 1,6 2,4 1,7 -0,4 -0,4 -0,3 1,6 Persone in cerca di occupazione 907 6,1 0,3 -3,5 -7,8 -5,0 -1,7 -8,6 -6,0 -14,9 Forze di lavoro 7.424 2,4 0,0 0,6 0,5 0,5 -0,6 -1,7 -1,2 -0,7 Occupati 16.472 0,8 1,8 1,8 1,6 1,3 2,3 1,2 1,1 2,0 Persone in cerca di occupazione 761 -3,0 -6,9 -11,1 -11,8 -4,2 0,9 2,4 -0,5 -6,9 Forze di lavoro 17.233 0,5 1,1 0,9 0,8 1,0 2,2 1,2 1,0 1,6 Occupati 22.988 1,0 1,2 1,7 1,9 1,4 1,5 0,7 0,7 1,9 Persone in cerca di occupazione 1.668 1,9 -2,8 -6,7 -9,4 -4,7 -0,7 -4,3 -3,7 -11,5 Forze di lavoro 24.657 1,1 0,8 0,8 0,7 0,9 1,3 0,3 0,4 0,9 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. Indagine continua sulle forze di lavoro. Italia 2006 Mezzogiorno Centro-Nord Aggregati 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 23 Tab. 2. Principali indicatori del mercato del lavoro. Media 2005 e media 2006 (valori percentuali) 2005 2006 2005 2006 2005 2006 Piemonte 67,2 67,5 64,0 64,8 4,7 4,1 Valle d'Aosta 68,5 69,1 66,3 67,0 3,2 3,0 Lombardia 68,3 69,1 65,5 66,6 4,1 3,7 Trentino Alto Adige 69,3 69,5 67,1 67,5 3,2 2,8 Veneto 67,4 68,3 64,6 65,5 4,2 4,1 Friuli Venezia Giulia 65,8 67,2 63,1 64,7 4,1 3,5 Liguria 64,8 65,6 61,0 62,4 5,8 4,8 Emilia-Romagna 71,1 71,9 68,4 69,4 3,8 3,4 Toscana 67,3 68,2 63,7 64,8 5,3 4,8 Umbria 65,6 66,3 61,6 62,9 6,1 5,1 Marche 66,7 67,5 63,5 64,4 4,7 4,6 Lazio 63,3 64,2 58,4 59,3 7,7 7,5 Abruzzo 62,2 61,7 57,2 57,6 7,9 6,5 Molise 56,8 58,2 51,1 52,3 10,1 10,0 Campania 51,9 50,7 44,1 44,1 14,9 12,8 Puglia 52,1 52,5 44,4 45,7 14,6 12,8 Basilicata 56,2 56,3 49,2 50,3 12,3 10,5 Calabria 52,1 52,4 44,5 45,6 14,4 12,9 Sicilia 52,7 52,1 44,0 45,0 16,2 13,5 Sardegna 59,2 58,7 51,4 52,3 12,9 10,8 Mezzogiorno 53,6 53,2 45,8 46,6 14,4 12,3 Centro-Nord 66,5 67,2 63,3 64,2 4,8 4,4 - Nord-Ovest 67,6 68,4 64,6 65,7 4,4 3,9 - Nord-Est 68,8 69,6 66,0 67,0 4,0 3,6 - Centro 65,2 66,0 61,0 62,0 6,5 6,1 Italia 62,4 62,7 57,5 58,4 7,8 6,8 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. Indagine continua sulle forze di lavoro. Regioni e circoscrizioni Tasso di attività Tasso di occupazione Tasso di disoccupa- 15-64 15-64 zione Tab. 3. Inattivi per condizione e ripatizione geografica nel 2006 Circoscrizioni Cercano non attivamente ma disponibili Cercano ma non disponibili Non cercano ma disponibili Totale Zona grigia Non cercano e non disponibili Totale Mezzogiorno 13,6 3,0 9,6 26,1 73,9 100,0 Centro-Nord 4,1 2,3 5,0 11,5 88,5 100,0 Totale 8,4 2,6 7,1 18,0 82,0 100,0 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. 24 7. Le migrazioni e il pendolarismo Nel 2004, ultimo anno di disponibilità dei dati, sono stati oltre 120 mila i meridionali che hanno trasferito la loro residenza nel Centro-Nord, a fronte di 60 mila circa che dal Centro-Nord hanno fatto il percorso inverso, con un effetto netto di circa 60 mila unità; gli spostamenti temporanei, quelli cioè che superano il consueto pendolarismo giornaliero ma che non vengono sanciti da cambiamenti di residenza anagrafica, si possono stimare in circa 150 mila unità (v. Fig. 1). Nel complesso, quindi, si sono spostate dal Sud verso il Nord circa 270 mila persone, un dato certamente rilevante se si pensa che nel triennio 1961-63 di massima intensità migratoria si trasferirono dal Sud circa 295 mila persone all’anno. I trasferimenti di residenza Con riferimento agli spostamenti che hanno dato luogo a cambio di residenza, si osserva, dopo la flessione dei primi anni ‘90, una intensificazione, nel medio periodo, delle migrazioni dal Sud al Nord, con un aumento dei flussi da 104 mila unità nel 1995 a 123 mila nel 2004; i flussi opposti hanno invece mostrato un’espansione assai più contenuta, da 57 a 67 mila unità. Anche le prime elaborazioni della SVIMEZ relative al 2005 e al 2006 confermano questo trend che si mantiene su un saldo netto (differenza tra iscrizioni e cancellazioni) di poco inferiore alle 60 mila unità. I flussi migratori dal Mezzogiorno raggiungono il punto massimo nel 2000, anno in cui le cancellazioni sono ammontate a circa 147 mila unità, il valore più alto degli ultimi quindici anni. Nel corso della prima metà degli anni 2000 l’andamento sostanzialmente stagnante dell’economia del Centro-Nord, con il conseguente indebolimento della domanda di lavoro nell’area, ha determinato una attenuazione del flusso dei trasferimenti dalle regioni meridionali a circa 130 mila, sia nel 2001 sia nel 2002, per ridursi ulteriormente a circa 123 mila unità, sia nel 2003 sia nel 2004; dato che dovrebbe confermarsi anche nel successivo biennio 2005-2006. In generale, si può dire che i trasferimenti Nord-Sud risultano sostanzialmente stabili intorno alle 60 mila unità e di fatto poco sensibili all’evoluzione dell’economia. I trasferimenti dal Sud al Nord, invece, risultano assai più sensibili al ciclo economico ed evidenziano, più in generale, oltre che l’aggravamento delle condizioni, soprattutto dei giovani, sul mercato del lavoro meridionale anche una nuova e positiva volontà dei meridionali, soprattutto più scolarizzati, a cercare opportunità di lavoro e di affermazione sociale nelle più ricche regioni del Centro-Nord. Il profilo per età appare fortemente modificato rispetto alle migrazioni degli anni ’50 a vantaggio della fascia di età 25-29 anni, nella quale sono presenti i giovani con maggiore tasso di istruzione, rispetto al passato, quando per effetto di una elevata quota di migranti con età inferiore ai 20 anni – spesso con la sola istruzione obbligatoria – il valore modale era nella classe 20-24 anni. Quasi la metà (49,4%) di coloro che nel 2004 hanno lasciato il Mezzogiorno per una regione del Centro-Nord, aveva un titolo di studio medio-alto: diploma superiore il 36,3% e laurea il 13,1% rispetto a quote nel 2000 pari, rispettivamente, al 35,2% e al 10,7% (Tab. 1). La tendenza ad un incremento della quota di persone con elevato titolo di studio è comune a tutte le regioni meridionali e raggiunge livelli decisamente elevati in Abruzzo (60,6%), Molise (60,3%), Calabria (55,7%) e Basilicata (54,7%). 25 Nel 2004 i flussi migratori verso le regioni del Centro-Nord hanno raggiunto i livelli assoluti più elevati in Campania (38 mila unità), Sicilia (28,6 mila), Puglia (21,5 mila) e Calabria (17,8 mila unità). E’ in quest’ultima regione che in rapporto alla popolazione residente si raggiungono i valori più elevati (8,9 per mille). Il pendolarismo Sud- Nord L’elevata mobilità territoriale che caratterizza il nostro Paese si esprime oltre che nei movimenti migratori interni in consistenti flussi di pendolarismo che stanno assumendo un peso rilevante nel corso degli ultimi anni, grazie anche alla disponibilità di mezzi di trasporto pubblico più veloci e/o più economici rispetto al passato, quali treni Eurostar o linee aeree low cost. Tali flussi nel 2006 hanno coinvolto, nel Mezzogiorno, 151.000 persone, pari al 2,3% degli occupati residenti nell’area. L’incidenza è particolarmente elevata per le regioni più piccole quali il Molise e la Basilicata, dove sfiora il 4%, mentre è più contenuta per le isole. Gli spostamenti dalle regioni meridionali verso quelle del Centro-Nord sono solo in minima parte compensati da movimenti in direzione contraria. Di conseguenza, il numero di persone che lavorano effettivamente nel Mezzogiorno è di 128.000 unità (pari al 2,0%) in meno rispetto a quello degli occupati che vi risiedono. Ad eccezione dell'Abruzzo, dove i movimenti pendolari in ingresso compensano perfettamente quelli in uscita, il saldo tra afflussi e deflussi è negativo in tutte le regioni meridionali ed assume la consistenza più ampia in quelle più popolose, Campania, Puglia e Sicilia. Le regioni meridionali non sono però le sole a presentare un saldo negativo. Per restare alle grandi regioni del Nord, il numero dei residenti che lavora fuori regione, forse sorprendentemente, è superiore a quello dei pendolari che affluiscono da altre aree territoriali anche in Lombardia, nonostante la notevole capacità di attrazione di Milano e della sua provincia, e in Piemonte. I pendolari meridionali sono per lo più giovani: circa il 60% di loro ha meno di 35 anni mentre l’80% ne ha meno di 45. L’incidenza del pendolarismo sul totale degli occupati è particolarmente accentuata per le fasce di età più giovani e decresce rapidamente oltre i 35 anni. Oltre ad una minore propensione a spostarsi da parte di chi ha un’età più elevata, tale risultato riflette la tendenza dei pendolari a legalizzare dopo un certo tempo la situazione di fatto, con il trasferimento della residenza vicino al luogo di lavoro. I pendolari meridionali che lavorano nel Centro-Nord svolgono professioni di livello elevato nel 50% dei casi, mentre un altro 38% svolge mansioni di livello intermedio, caratteristiche che confermano l’incapacità del sistema produttivo meridionale di assorbire l’offerta di lavoro più preparata, con più elevate motivazioni e aspettative. Questo spreco di capitale umano, quindi, si manifesta sia con le migrazioni risultanti dai cambi anagrafici sia con il pendolarismo. 26 Titolo di studio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Mezzogiorno Nessun titolo o licenza elem. 14,5 13,9 16,6 14,3 15,2 15,5 20,8 14,3 16,7 Diploma media inferiore 26,7 27,8 38,4 36,2 31,7 32,7 40,9 44,6 37,4 Diploma media superiore 41,3 37,5 36,3 37,5 37,5 34,6 31,2 33,6 35,2 Laurea 17,5 20,8 8,7 12,0 15,7 17,2 7,1 7,5 10,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Nessun titolo o licenza elem. 13,7 13,7 16,4 15,2 15,5 15,2 19,2 14,5 16,4 Diploma media inferiore 25,7 26,1 35,7 31,9 29,8 29,1 38,2 40,4 34,2 Diploma media superiore 42,1 37,1 36,9 38,4 38,4 34,6 33,8 34,9 36,3 Laurea 18,5 23,2 10,9 14,5 16,3 21,1 8,7 10,2 13,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. Tab. 1. Cancellati dal Mezzogiorno con più di 14 anni, per titolo di studio e regione di origine. Anni 2000-2004 2000 2004 (a) (a) I dati del 2004 relativi al titolo di studio sono dati stimati. Fig.1. Movimenti pendolari in entrata e in uscita dalla regione o macro-area territoriale e relativo saldo (in parentesi) - Anno 2006 (migliaia di unità) Fonte: Elaborazione SVIMEZ su dati ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. 27 8. La spesa pubblica in conto capitale Dai dati desumibili dal Quadro Finanziario Unico presentato nell’ultimo Rapporto del Dipartimento per le Politiche di Sviluppo, emerge come la quota di spesa pubblica in conto capitale effettuata nel Mezzogiorno sul totale nazionale, pur mostrando un modesto recupero nel 2006 (dal 35,9% al 36,3%), sia diminuita, soprattutto se la si confronta con la percentuale del 40,6% registrata nel 2001 (v. Tab. 1). Si tratta di una incidenza della spesa in conto capitale ben lontana dall’obiettivo del 45% indicato nei documenti governativi. Per la spesa aggiuntiva, si rileva che essa è aumentata nel Mezzogiorno passando, in valori 2006, da 9,8 miliardi di euro nel 2005 a 11,4 miliardi nel 2006, mentre si è ridotta nel Centro-Nord. La quota del Mezzogiorno sul totale si è così accresciuta, arrivando all’81%. Va tenuto presente al riguardo che l’indicazione programmatica decisa in sede di Conferenza Stato-Regioni prevede la destinazione delle risorse per l’85% al Mezzogiorno e per il 15% alle aree sottoutilizzate del Centro-Nord: il mancato raggiungimento di tale quota può derivare dal mancato rispetto dell’accordo sulla ripartizione delle risorse o da una minore capacità di spesa nel Mezzogiorno o da entrambe tali cause. La questione della quota destinata al Sud va comunque riferita ad un ammontare di spesa aggiuntiva complessiva, comprensiva delle risorse comunitarie, che non supera l’1% del PIL. Escludendo le risorse europee dei Fondi strutturali, la spesa effettuata a valere su risorse nazionali è stata pari nel 2006 a 8 miliardi di euro a fronte di pagamenti, ad esempio, di parte corrente e in conto capitale del solo Stato per attività ricreative, culturali e di culto pari nel 2005 a 12,4 miliardi di euro. Quanto alla spesa ordinaria, essa è diminuita in valori costanti sia al Nord che al Sud del Paese ma con intensità maggiore nell’area meridionale dove si è localizzato nel 2006 solo il 22,3% della spesa complessiva. Siamo ben lontani sia dalla quota minima da considerare necessaria per far fronte alle esigenze normali dell’area pari a circa il 38,5% (espressa come media tra il peso del Mezzogiorno in termini di popolazione e il suo peso in termini di superficie), sia dall’obiettivo del 30% indicato nei documenti governativi. Con riferimento alla ripartizione della spesa in conto capitale tra spesa per investimenti e spesa per trasferimenti, dai Conti Pubblici Territoriali elaborati dal Dipartimento per le Politiche di Sviluppo si rileva come la spesa per investimenti in infrastrutture materiali e immateriali sia più elevata in pro capite nel Centro-Nord piuttosto che nel Mezzogiorno dove maggiori sono le carenze, che condizionano le possibilità di sviluppo dell’area. In base a questa considerazione il CIPE ha deciso di perseguire, nell’attribuzione delle risorse al Mezzogiorno, un progressivo riequilibrio tra le due componenti di spesa. Gli effetti di tali decisioni sulla ripartizione della spesa complessiva nel Mezzogiorno non sono ancora visibili anche per i tempi di realizzazione più lunghi che caratterizzano le infrastrutture rispetto alla concessione di incentivi. I dati mostrano anzi un peggioramento negli ultimi anni: la quota del Mezzogiorno sul totale è scesa nel 2006 al 31,3% (32% nel 2005), risultando nettamente inferiore al peso demografico dell’area (35,2%) e al livello massimo raggiunto nel 2001 (35,9%) (v. Tab. 2). 28 Tab. 1. Spesa della P.A. in conto capitale complessiva (a) nel periodo 1998-2006, nel Mezzogiorno e nel Centro-Nord (miliardi d i euro 2006) (b) 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Mezzogiorno 11,5 11,6 11,2 8,9 12,9 13,2 11,0 11,6 10,0 Centro-Nord 28,7 30,9 30,2 32,2 35,8 37,4 35,6 35,2 34,8 Italia 40,2 42,5 41,4 41,1 48,7 50,5 46,6 46,8 44,8 - in % del PIL 3,7 3,8 3,5 3,3 3,8 3,8 3,4 3,3 3,0 - Mezzogiorno in % dell'Ita lia 28,7 27,3 27,0 21,7 26,5 26,1 23,7 24,8 22,3 Mezzogiorno 8,3 9,7 10,3 15,2 11,1 10,2 10,7 9,8 11,4 Centro-Nord 2,9 3,1 3,4 3,1 2,1 2,7 2,9 3,0 2,7 Italia 11,2 12,8 13,7 18,3 13,2 12,8 13,6 12,7 14,1 - in % del PIL 1,0 1,1 1,2 1,5 1,0 1,0 1,0 0,9 1,0 - Mezzogiorno in % dell'Ita lia 73,9 75,7 75,2 83,1 84,2 79,2 78,6 76,8 80,9 Mezzogiorno 19,8 21,3 21,5 24,1 24,1 23,3 21,7 21,4 21,4 Centro-Nord 31,6 34,0 33,6 35,2 37,9 40,0 38,5 38,2 37,5 Italia 51,4 55,4 55,1 59,3 61,9 63,4 60,3 59,5 58,9 - in % del PIL 4,7 4,9 4,6 4,8 4,8 4,7 4,3 4,2 4,0 - Mezzogiorno in % dell'Ita lia 38,5 38,5 39,0 40,6 38,9 36,8 36,1 35,9 36,3 (a) Spesa in c/capitale del conto consolidato P.A. dell'Istat (1/3/2007) al netto di eurotassa, cartolarizzazioni, sentenza IVA, debito ex ISPA, ecc.; g li apporti a l capitale di Ferrovie Spa per om ogeneità di confronto sono stati aggiunti anche negli anni precedenti a l 2001. (b) La spesa a prezzi costanti è stata calcolata applicando ai valori correnti il deflatore del PIL. (c) Comprensiva delle erogazioni del FAS e di quelle della programmazione comunitaria e del relativo cofinanziamento nazionale. Fonte : Elaborazioni SVIMEZ su dati DPS - Quadro Finanziario Unico. Spesa ordinaria Spesa per le aree sottoutilizzate (c) Spesa complessiva Tab. 2 . S pesa de lla P .A . in con to cap ita le per inves tim enti e trasfe rim enti (a ) ne l periodo 1999 -2006 , ne l M ezzog io rno e ne l C en tro -N ord (m ilia rd i d i euro 2006 ) (b ) 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 M ezzog iorno 10,0 11,1 12,7 11,6 11,2 12,0 11,8 11,3 C entro -N o rd 21,1 20,7 22,6 23,2 24,4 26,7 25,0 24,9 Ita lia 31 ,0 31,8 35,3 34,9 35,5 38,7 36,7 36,3 - M ezzog iorno in % de ll'Ita lia 32 ,1 34,9 35,9 33,4 31,4 31,1 32,0 31,3 M ezzog iorno 11,1 10,8 11,3 11,8 10,9 9 ,7 9 ,0 9 ,5 C entro -N o rd 12,1 12,7 11,5 12,8 12,2 10,9 11,1 10,6 Ita lia 23 ,3 23,5 22,8 24,6 23,1 20,6 20,1 20,1 - M ezzog iorno in % de ll'Ita lia 47 ,8 45,9 49,4 48,1 47,2 47,1 44,6 47,3 M ezzog iorno 21,1 21,9 23,9 23,5 22,1 21,7 20,7 20,9 C entro -N o rd 33,2 33,4 34,1 36,0 36,6 37,6 36,1 35,5 Ita lia 54 ,3 55,3 58,1 59,4 58,6 59,3 56,8 56,4 - M ezzog iorno in % de ll'Ita lia 38 ,8 39,5 41,2 39,5 37,6 36,7 36,5 37,0 (a ) C om prens iva de lle e rogazion i de l FA S e d i que lle de lla p rog ram m azione com unita ria e de l re la tivo co finanziam en to naziona le . S ono esc luse le voci "P a rtec ipazion i aziona rie e con fe rim enti" e "C oncess ion i d i c red iti ed an tic ipazion i". (b ) La spesa a p rezzi costan ti è s ta ta ca lco la ta app licando a i va lo ri corren ti il de fla to re de l P IL . Fon te : E laborazion i S V IM E Z su da ti D P S - C P T. Spesa per inves tim enti S pesa per tras fe rim enti S pesa com p lessiva 29 9. Le politiche per l’industria Le principali leggi di incentivazione della politica industriale nazionale Con riferimento agli interventi di politica industriale nazionale ed, in particolare, alle misure per la ricerca e l’innovazione, le principali agevolazioni complessivamente concesse nel 2006 per tale finalità sono state pari, a scala nazionale, a circa 800 milioni di euro, in aumento del 20% rispetto al 2005 (v. Tab. 1); tale ammontare è comunque piuttosto contenuto se confrontato all’intensità degli stessi interventi nei primi anni del 2000 (3.200 milioni nel 2002). Storicamente gli incentivi a favore della ricerca e dell’innovazione hanno privilegiato le imprese localizzate nelle regioni centro- settentrionali che, nel 2002, assorbivano quasi l’80% delle agevolazioni: negli anni successivi le somme ad esse destinate hanno subito una riduzione maggiore rispetto a quella subita dalle imprese meridionali, sicché la quota delle imprese del Centro-Nord si è decisamente abbassata (50% nel 2005, 20% nel 2006). Il principale intervento per la ricerca e l’innovazione, il Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca (FAR) è quello che ha mantenuto la maggiore continuità di finanziamenti: nel 2006, a scala nazionale, sono stati concessi incentivi per 500 milioni di euro, un valore prossimo alla media dei precedenti quattro anni. Per quanto riguarda la ripartizione territoriale delle agevolazioni, si è trattato di un anno estremamente favorevole per il Sud, verso cui si è indirizzato oltre il 90% degli impegni (nel periodo 2002-2005 la quota mediamente ripartita al Mezzogiorno era inferiore ai due terzi del totale delle agevolazioni concesse).Gli interventi a valere sul Fondo per l’Innovazione Tecnologica (FIT), che nel 2005 è rimasto sostanzialmente inattivo, hanno beneficiato nel 2006 di appena 115 milioni di euro. Con il progressivo ridimensionamento dei finanziamenti è aumentata la quota affluita al Sud (che è arrivata a circa un terzo del totale nel 2006). Anche gli incentivi concessi in base alla legge 808/1985 per l’ aeronautica sono fortemente diminuiti nel corso degli ultimi anni, pur registrando, nel 2006, un incremento rispetto al dato dell’anno precedente (da 38 a 76 milioni di euro). Come è successo per il FIT, in tale contesto è progressivamente aumentato il peso percentuale delle risorse indirizzate al Mezzogiorno che, nell’ultimo anno, è risultato di poco superiore al 50%. Tale andamento va comunque considerato con cautela per l’impossibilità di ripartire a livello territoriale un ammontare significativo di agevolazioni concesse in base a tale intervento (pari a 740 milioni nel 2005 e a 604 nel 2006). Favorevole al Mezzogiorno è stata anche la ripartizione nel 2006 delle principali agevolazioni per l’accesso al credito e consolidamento bancario (65% delle agevolazioni complessivamente concesse per tale finalità nel Paese) e per la razionalizzazione di settore (100%), anche se con riferimento a importi più contenuti che in passato. Tra le prime, in particolare, rientrano le iniziative ammesse agli interventi del Fondo di garanzia che nel Sud sono state nel 2006 3.238, per un importo garantito di 298 milioni di euro e agevolazioni pari a 6,4 milioni. Gli incentivi concessi nel 2006 in base alla legge 181/1989 per la reindustrializzazione delle aree di crisi, che rappresenta il principale intervento per la razionalizzazione di settore sono stati di circa 51 milioni di lire, tutti destinati al Mezzogiorno. 30 Gli interventi per le aree sottoutilizzate Nel 2006, la complessiva attività d’impegno delle misure d’incentivazione per “l’industria” delle aree sottoutilizzate del Paese è stata caratterizzata da un complessivo rallentamento. L’attuazione delle disposizioni di riforma della legge 488/1992 hanno, infatti, determinato un drastico calo delle agevolazioni concesse e i crediti d’imposta fruiti ai sensi dell’art. 8 della legge 388/2000 dal settore industriale hanno segnato una diminuzione (del 24%) rispetto al 2005. Nel 2006 i contributi in conto capitale concessi nel Paese in base alla nuova legge 488/1992 specificamente destinati al settore “industria” sono stati pari a 167 milioni di euro, con una percentuale di utilizzo delle risorse disponibili per il settore (423 milioni di euro) pari al 39%. L’introduzione del primo indicatore, di ribasso del contributo a fondo perduto in base al quale è favorita l’impresa che chiede minori contributi in conto capitale e maggiori finanziamenti, ha, infatti, portato all’esaurimento delle risorse disponibili per il finanziamento agevolato prima che potessero esaurirsi quelle per i contributi in conto capitale. Non si è potuto pertanto utilizzare circa il 61% delle risorse disponibili. Nel Mezzogiorno, le iniziative agevolate per il bando industria sono state 371, per 2.258,4 milioni di euro di investimenti, pari a circa il 60% di quelli totali dell’area, quota decisamente più bassa del 71% avutosi nel Centro-Nord (v. Tab. 2). Si registra, inoltre, nel Sud come nel Centro-Nord, un drastico calo sia delle iniziative che degli investimenti agevolati, rappresentando entrambi un minimo rispetto a tutti i bandi precedenti. Nel Mezzogiorno, in particolare, le iniziative agevolate sono, infatti, passate da 1.349 dell’ultimo bando generale a favore del settore, avutosi nel 2004, a 371 nel 2006, con una diminuzione del 72,4% (-76% nel Centro-Nord). Gli investimenti agevolati, che da 2.902 milioni di euro nel 2004 passano a 2.258,4 milioni nel 2006, registrano un calo del 22% (a fronte del 48% nel Centro-Nord), meno elevato di quello delle iniziative. Nel Mezzogiorno, i crediti d’imposta fruiti ai sensi dell’art. 8 della legge 388/2000 dalle imprese del settore industriale - che nel 2005 erano stati pari a 387 milioni di euro - sono scesi nel 2006 a 295 milioni (v. Tab. 3). Nel Centro-Nord, invece, l’ammontare dei crediti d’imposta fruiti nel 2006 dall’industria (55 milioni di euro) risulta leggermente superiore a quello avutosi nel 2005 (53 milioni). Nel complessivo periodo 2001-2006 di vigenza dell’intervento, i crediti d’imposta fruiti in Italia dal totale dei settori ammessi è stato di circa 6.085 milioni di euro, di cui 2.767 milioni, pari al 45%, fruiti dall’industria (percentuale analoga in entrambe le macroaree del Paese). Nel 2006 è stato positivo, nel Sud invece, l’andamento delle agevolazioni dei P.I.A. (Pacchetti integrati di agevolazione), e quello degli strumenti in forma negoziale. Sono state, infatti, predisposte la seconda graduatoria del P.I.A. Innovazione e la prima graduatoria del P.I.A. Networking. Con il P.I.A. Innovazione si sono potute agevolare 546 iniziative, per 1.900 milioni di euro di investimenti e 1.513 milioni di euro di contributi in conto capitale e finanziamenti agevolati. Rispetto al 2003, quando con la prima graduatoria sono state agevolate 247 iniziative, per 877 milioni di investimenti, e concesso 710 milioni di contributi in conto capitale e finanziamento agevolato, le iniziative e i relativi investimenti agevolati nel 2006 sono più che raddoppiati. Nel 2006, a seguito del P.I.A. Networking, volto ad agevolare i “sistemi di impresa”, sono stati, inoltre, ammessi a contributo 14 progetti, per 91,8 milioni di investimenti e 60 milioni di agevolazioni concesse. Anche gli strumenti in forma negoziale (contratti di programma, contratti di 31 localizzazione e contratti d’area) hanno sperimentato nel 2006 un positivo andamento, come i contratti di programma che hanno registrato un’attività di impegno in aumento, in continuità con una crescita che ha caratterizzato l’intero periodo di programmazione 2000-2006. Dei 24 contratti approvati in Italia nel 2006, 16, pari al 66,7%, riguardano il settore “industria e servizi” (v. Tab. 4). Essi prevedono 2.922 milioni di euro di investimenti, 801 milioni di onere pubblico e 3.253 nuovi occupati; le quote sui rispettivi totali sono pari nell’ordine all’86,7%, all’80,4% e al 61,6%. Nel Mezzogiorno, i contratti deliberati nel 2006 relativi all’industria e servizi sono stati 9, per 2.282 milioni di euro di investimenti, pari all’86,6% di quelli totali. I contratti di localizzazione stipulati nel 2006 nel Mezzogiorno sono stati 3, rispetto ai 2 degli anni precedenti 2003-2005, per 688 milioni di euro di investimenti, 138 milioni di contributi e 755 nuovi occupati previsti (v. Tab. 5). Nel complesso i contratti di localizzazione stipulati a tutto il 31 dicembre 2006 sono 5. Essi prevedono 765 milioni di euro di investimenti, 171 milioni di agevolazioni e circa 1.190 nuovi occupati. Solo il 15,8% degli investimenti e il 22% dei nuovi occupati previsti si riferiscono all’industria. Le quote prevalenti di investimenti e occupati, rispettivamente l’84,2% e il 78%, sono relative al turismo. Nel 2006, è stato possibile sottoscrivere 6 protocolli aggiuntivi (e un completamento) a contratti d’area già sottoscritti. Essi prevedono 126 iniziative totali (comprensive sia di quelle produttive che di interventi infrastrutturali), 525 milioni di euro di investimenti complessivi, 163,5 milioni di risorse pubbliche impegnate per iniziative produttive e 2.223 nuovi occupati. Nel Mezzogiorno sono stati sottoscritti 3 protocolli e il completamento di Gela, per 399 milioni di euro di investimenti, e 1.705 nuovi addetti, pari a circa il 76% dei rispettivi totali (a fronte di 1 protocollo sottoscritto nel 2005, relativo a 7 iniziative per 43 milioni di euro di investimenti e 207 occupati). Il nuovo mix delle politiche per il Mezzogiorno Le coordinate di un nuovo impegno per il Mezzogiorno potrebbero essere individuate coniugando le misure da attuare in relazione a più azioni di policy, quali quelle derivanti dalle nuove linee della politica industriale nazionale delineate in “Industria 2015” e recepite in gran parte nelle disposizioni della Finanziaria per il 2007, dal rinnovamento degli strumenti della politica regionale e da un rilancio delle politiche di attrazione. Si tratterebbe – si sostiene nel Rapporto SVIMEZ 2007 – di favorire: a) un pieno inserimento della parte più evoluta del tessuto industriale meridionale negli istituendi “Progetti di Innovazione industriale” al fine di rafforzare i poli di sviluppo esistenti e incrementare le economie esterne che essi possono creare a vantaggio di aree più vaste; b) un più intenso accesso alle residue leggi di agevolazione nazionale mirate a obiettivi orizzontali (crescita dimensionale, internazionalizzazione, ricerca e innovazione), anche attraverso l’utilizzo dello strumento “reti d’impresa”; c) la conservazione della legge 488/1992, almeno sino al momento di concreto sviluppo delle linee di azione a) e b); d) il consolidamento di una qualche fiscalità di vantaggio (anche a strati, come l’attuale, purché si tratti di strati cumulabili) in grado di compensare per tempi non brevi le perduranti diseconomie esterne; f) un rilancio delle politiche di attrazione, capace di giocare su una tastiera di strumenti più ampia rispetto alla sola fiscalità di vantaggio e sorretto da tutte le politiche nazionali che contribuiscono a ridurre i costi di transazione, ivi comprese quelle a difesa della legalità e della certezza del diritto. 32 Tab. 1. Le principali leggi di incentivazione della politica industriale nazionale nel 2006 (milioni di euro, s.d.i.) N. ini- Agevo- Investi- N. ini- Agevo- Investi- N. ini- Agevo- Investi- ziative lazioni menti ziative lazioni menti ziative lazioni menti Consolidamento e sviluppo del sistema produttivo 5.427 100,81 749,36 3.334 44,92 635,46 8.761 145,73 1.384,81 1329/1965 "Sabatini" 3.891 37,25 322,75 3.334 44,92 635,46 7.225 82,17 958,20 266/1997 (art.8) Incentivi automatici per l'intero territorio 1.536 63,56 426,61 - - - 1.536 63,56 426,61 Ricerca & sviluppo e innovazione 357 532,00 647,30 283 161,26 198,81 7.450 793,25 1.291,44 46/1982 Fondo per l'innovazione tecnologica (FIT) 156 39,46 43,41 175 75,43 82,97 331 114,89 126,37 808/1985 Imprese aeronautiche n.d. 36,29 55,91 n.d. 40,18 59,93 n.d. 76,47 115,84 140/1997 Incentivi automatici per la ricerca e l'innovazione 29 1,69 3,37 5 0,12 0,13 34 1,81 3,50 D.lgs.297/1999 e D.M. 593/2000 Fondo agevolazioni alla ricerca (FAR) 172 454,57 544,61 103 45,53 55,79 275 500,09 600,40 388/2000 Credito d'imposta commercio elettronico n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. 6.454 87,09 412,00 388/2000 Collegamenti telematico tessile-abbigliamento n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. 356 12,91 33,33 Accesso al credito e consolidamento finanziario 3.242 20,82 300,94 5.365 11,03 478,85 8.607 31,85 779,79 662/1996 Fondo centrale di garanzia 3.238 6,40 297,6 (b) 5.354 2,90 464,8 (b) 8.592 9,30 762,4 (b) 388/2000 (artt. 103 e 106) Venture capital 3 1,42 3,34 10 6,63 14,05 13 8,05 17,39 35/2005 (art.11) Fondo per il salvataggio delle imprese in difficoltà 1 13,00 n.d. 1 1,5 n.d. 2 14,50 Razionalizzazione di settore 5 51,1 82,80 - - - 5 51,1 82,80 181/1989 Reindustrializzazione aree siderurgiche 5 51,1 82,80 - - - 5 51,1 82,80 Totale 9.031 704,73 1.780,39 8.982 217,21 1.313,12 24.823 1.021,93 3.538,85 (a) Al netto delle iniziative non imputabili sotto il profilo territoriale. (b) Importo garantito. Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati Ministero dello Sviluppo Economico e Mediocredito Centrale per il Fondo di garanzia e Sviluppo Italia per la legge 181/1989. Leggi Centro-NordMezzogiorno Italia (a) Tab. 2 D om ande agevo la te da i band i 2006 (a ) e (b ) de lla legge 488/1992 (m ilion i d i euro , s .d .i.) M ezzo - C entro- g io rno N ord N . dom ande 1 .280 398 1 .678 Inves tim enti 3 .765 ,2 1 .326,9 5 .092,1 C on tribu ti in c . cap ita le 352 ,4 46 ,4 398,8 F inanziam ento agevo la to 1 .398 ,1 246,9 1 .645,0 N uovi occupa ti (n .) 11 .232 2 .539 13 .771 N . dom ande 371 191 562 Inves tim enti 2 .258 ,4 943,6 3 .202,0 C on tribu ti in c . cap ita le 139 ,2 27 ,4 166,6 F inanziam ento agevo la to 892 ,1 177,0 1 .069,1 N uovi occupa ti (n .) 2 .455 1 .617 4 .072 N . dom ande 29 ,0 48 ,0 33,5 Inves tim enti 60 ,0 71 ,1 62,9 C on tribu ti in c . cap ita le 39 ,5 59 ,1 41,8 F inanziam ento agevo la to 63 ,8 71 ,7 65,0 N uovi occupa ti (n .) 21 ,9 63 ,7 29,6 (a ) R e la tivi a ll'indus tria , a l tu rism o , a l com m erc io e a ll'a rtig iana to . (b ) D ati p rovvisori. Fonte : E labo razion i S V IM E Z su da ti M in is te ro de llo S viluppo E conom ico . Q uo ta % indus tria su to ta le V oc i Ita lia Tota le D i cu i: indus tria 33 Tab. 3. Crediti d'imposta fruiti ai sensi dell'art. 8 della legge 388/2000 nel periodo 2001-2006, per regione (milioni di euro, s.d.i.) 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2001-06 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2001-06 Piemonte 6,65 25,18 3,88 4,28 9,68 11,04 60,70 4,00 15,23 2,44 3,12 5,64 7,19 37,62 Valle d'Aosta 0,00 0,08 0,05 0,17 0,00 0,00 0,30 0,00 0,08 0,05 0,17 0,00 0,00 0,30 Lombardia 16,22 84,99 35,06 39,13 58,76 35,77 269,93 8,42 35,57 12,34 9,05 29,16 17,49 112,04 Trentino-Alto Adige 0,05 1,05 0,44 0,74 1,11 8,83 12,23 0,04 0,29 0,39 0,64 1,02 8,31 10,69 Veneto 2,55 12,77 3,97 4,12 5,17 5,33 33,92 2,29 7,46 1,85 1,24 2,72 3,27 18,84 Friuli-Venezia Giulia 0,13 0,38 0,17 0,25 0,11 0,06 1,10 0,06 0,18 0,03 0,02 0,01 0,01 0,30 Liguria 2,28 6,39 1,80 1,08 0,77 0,32 12,65 1,98 5,03 0,96 0,41 0,49 0,19 9,06 Emilia-Romagna 2,84 7,83 9,36 13,85 14,20 11,29 59,37 1,68 4,65 1,55 1,81 2,09 5,33 17,10 Toscana 3,44 7,22 1,48 1,80 1,56 1,51 17,01 2,90 4,87 0,58 0,77 0,56 0,40 10,08 Umbria 1,31 1,27 0,43 0,70 0,75 1,33 5,79 1,04 0,85 0,03 0,24 0,41 0,21 2,78 Marche 0,87 4,06 1,40 1,42 2,18 1,57 11,51 0,38 2,40 0,62 1,02 1,61 1,38 7,42 Lazio 8,32 54,45 19,81 20,03 24,45 20,59 147,65 4,09 25,05 9,11 5,29 9,11 11,28 63,94 Centro-Nord 44,64 205,67 77,85 87,58 118,76 97,65 632,15 26,89 101,68 29,94 23,78 52,82 55,07 290,17 Abruzzo 14,35 45,14 22,80 29,24 31,73 25,49 168,74 10,26 28,64 14,43 12,87 18,92 9,88 95,00 Molise 3,72 11,29 3,91 5,04 5,09 3,60 32,66 2,63 7,07 1,76 2,40 2,00 1,36 17,22 Campania 133,20 424,25 170,52 194,97 206,67 167,82 1.297,42 68,28 215,29 88,42 103,82 106,14 77,54 659,49 Puglia 97,29 380,63 162,52 205,38 234,72 161,24 1.241,78 55,91 203,27 79,27 105,12 106,98 68,21 618,77 Basilicata 21,19 68,24 31,70 34,16 35,29 29,78 220,36 12,94 41,28 16,43 17,36 17,68 14,15 119,84 Calabria 86,74 278,31 123,76 146,45 159,30 133,33 927,89 46,45 130,31 53,50 59,53 55,54 46,02 391,35 Sicilia 125,14 372,61 137,06 160,95 178,05 161,48 1.135,28 55,94 148,83 52,41 59,75 63,98 54,55 435,46 Sardegna 43,50 143,45 53,34 57,18 65,28 63,03 425,78 17,14 50,79 16,08 16,47 15,74 23,50 139,71 Mezzogiorno 525,13 1.723,91 705,61 833,36 916,14 745,77 5.449,92 269,56 825,48 322,30 377,31 386,98 295,21 2.476,84 Importi non attribuibili a livello territoriale 1,12 1,02 0,57 0,20 0,40 0,16 3,47 - - - - - - - Italia 570,89 1.930,60 784,02 921,15 1.035,30 843,58 6.085,54 296,45 927,15 352,24 401,09 439,80 350,28 2.767,01 Fonte : Elaborazioni SVIMEZ su dati del Ministero dell'Economia e delle Finanze, Dipartimento per le Politiche Fiscali. Totale Di cui: industriaRegioni Tab. 4. Contratti di programma approvati nel periodo 2000-2006 (a) (milioni di euro, s.d.i.) N. contratti 37 2 1 40 29 2 1 32 78,4 100,0 100,0 80,0 Investimenti 3.194,0 645,0 73,0 3.912,0 2.605,0 645,0 73,0 3.323,0 81,6 100,0 100,0 84,9 Onere pubblico 1.638,0 78,0 27,0 1.743,0 1.335,0 78,0 27,0 1.440,0 81,5 100,0 100,0 82,6 Nuova occup.(n.) 14.445 120 1.673 16.238 11.944 120 1.673 13.737 82,7 100,0 100,0 84,6 N. contratti 12 3 1 16 8 2 1 11 66,7 66,7 100,0 68,8 Investimenti 1.279,0 222,0 1.251,0 2.752,0 568,0 66,0 1.251,0 1.885,0 44,4 29,7 100,0 68,5 Onere pubblico 607,0 76,0 155,0 838,0 290,0 21,0 155,0 466,0 47,8 27,6 100,0 55,6 Nuova occup.(n.) 4.930 508 1.251 6.689 2.434 252 1.251 3.937 49,4 49,6 100,0 58,9 N. contratti 17 3 1 21 10 1 1 12 58,8 33,3 100,0 57,1 Investimenti 1.583,0 222,0 648,0 2.453,0 1.017,0 114,0 648,0 1.779,0 64,2 51,4 100,0 72,5 Onere pubblico 513,0 70,0 82,0 665,0 260,0 39,0 82,0 381,0 50,7 55,7 100,0 57,3 Nuova occup.(n.) 3.956,0 584,0 658,0 5.198,0 2.289,0 160,0 658,0 3.107,0 57,9 27,4 100,0 59,8 N. contratti 15 9 - 24 9 7 - 16 60,0 77,8 - 66,7 Investimenti 2.635,0 733,0 - 3.368,0 2.282,0 640,0 - 2.922,0 86,6 87,3 - 86,8 Onere pubblico 832,0 164,0 - 996,0 664,0 137,0 - 801,0 79,8 83,5 - 80,4 Nuova occup.(n.) 3.966 1.310 - 5.276 2.085 1.168 - 3.253 52,6 89,2 - 61,7 N. contratti 81 17 3 101 56 12 3 71 69,1 70,6 100,0 70,3 Investimenti 8.691,0 1.822,0 1.972,0 12.485,0 6.472,0 1.465,0 1.972,0 9.909,0 74,5 80,4 100,0 79,4 Onere pubblico 3.590,0 388,0 264,0 4.242,0 2.549,0 275,0 264,0 3.088,0 71,0 70,9 100,0 72,8 Nuova occup.(n.) 27.297 2.522 3.582 33.401 18.752 1.700 3.582 24.034 68,7 67,4 100,0 72,0 (a) Al netto delle revoche risultanti al 31 dicembre 2006. (b) L'attribuzione settoriale è stata effettuata comprendendo nell'industria e servizi anche i contratti di programma operanti nell'agroindustria, che prevedono, cioè, investimenti sia nel settore agricolo che in quello industriale. Fonte : Elaborazioni SVIMEZ su dati del "Rapporto annuale del DPS-2006" e delibere CIPE. Voci Centro- Nord Multi- regionale Italia Contratti di programma totali Di cui: contratti di programma per l'industria e servizi (b) Quota % contratti di programma per l'industria e servizi sui contratti di programma totali 2000-2006 Mezzo- giorno Multi- regionale Centro- Nord Italia Mezzo- giorno Centro- Nord Multi- regionale Italia Mezzo- giorno 2000-2003 2004 2005 2006 34 Tab. 5 Contratti di localizzazione stipulati nel periodo 2003-2006 (milioni di euro, s.d.i.) Contratti di Investimenti Contributi Occupati Regione localizzazione previsti richiesti previsti (n.) di localizzazione Donnafugata Golf Resort 45 19 220 Sicilia Vegitalia 32 14 215 Calabria Totale 77 33 435 Denso Thermal System 63 24 - Campania Helesi Italia 26 17 53 Basilicata Atlantica Invest 599 97 702 Sicilia Totale 688 138 755 Totale 765 171 1.190 Di cui: Industria e servizi 121 55 268 Fonte : Elaborazioni SVIMEZ su dati Sviluppo Italia. 2003-2005 2006 35 10. Le politiche infrastrutturali Dotazioni infrastrutturali L’infrastrutturazione stradale del Mezzogiorno si caratterizza per una buona dotazione di strade statali e provinciali e da una carente dotazione di autostrade: 77,7% della media nazionale, a fronte del 115,4% nel Centro-Nord (v. Tab. 1). La dotazione di reti ferroviarie nel Mezzogiorno (elettrificata e non a binario singolo o doppio) è relativamente modesta: l’indice, posto pari a 100 l’Italia, è pari a 64,8, la metà di quello del Centro-Nord (124,3) (v. Tab. 2). Il deficit di dotazione delle linee ferroviarie risulta tanto più grave quanto più elevata è la qualità dell’infrastruttura. Già per le linee elettrificate ad un solo binario la dotazione del Mezzogiorno è pari al 93% della media italiana, a fronte del 104,5% del Centro-Nord. Per le linee a doppio binario elettrificato, ovvero quelle di più elevata qualità e maggiore capacità di servizio, il divario con il resto del Paese si aggrava considerevolmente. L’indice risulta, infatti, pari a 54,2 nel Mezzogiorno contro il 131,6 del Centro-Nord. Nell’ambito delle infrastrutture intermodali, fondamentali per lo sviluppo logistico del Mezzogiorno, la dotazione dei porti è strategica, e può contare su una disponibilità di infrastrutture notevolmente superiore a quella del Centro-Nord, sia nel numero dei porti (190,7 contro 49,6), sia nel numero degli accosti (158,2 contro 67,7) che nella loro superficie (151,0 contro 71,7) (v. Tab. 3). La posizione di preminenza resiste anche quando si prende in esame, tra le infrastrutture centrate sulla capacità di movimentazione, le superfici dei piazzali, la cui dotazione complessiva del Mezzogiorno, si mantiene più elevata che nel Centro-Nord (125,1 contro 86,1). I porti del Mezzogiorno, invece, risultano scarsamente dotati di magazzini, e la distanza con il resto del Paese risulta decisamente elevata (27,5 a fronte di 140,2). La portualità meridionale, pur essendo notevole e diffusa, si basa in larga misura su di un’infrastrutturazione prevalentemente di piccole dimensioni centrata sul cabotaggio interno e fortemente orientata al traffico passeggeri, che non è ancora in grado di sfruttare pienamente le potenzialità del traffico merci; le infrastrutture portuali di più grandi dimensioni sono, invece, orientate prevalentemente al transhipment, cioè alla movimentazione di merci e container provenienti da grandi porti internazionali da trasbordare su navi per il cabotaggio sia interno che mediterraneo. In sostanza, è una dotazione infrastrutturale prevalentemente dedicata al “transito” e meno alla movimentazione e ancor meno alla manipolazione delle merci. Le difficoltà di movimentazione e stoccaggio nei porti del Mezzogiorno potrebbero essere agevolmente compensate da interporti di terra prossimi agli scali marittimi. Ma è proprio questa categoria infrastrutturale maggiormente carente nel Sud. Nel complesso la presenza di infrastrutture intermodali nelle regioni meridionali non supera il 40% del valore medio nazionale. I centri intermodali del Mezzogiorno sono poco diffusi e di ridotte dimensioni; infatti, l’indice complessivo dell’area si riduce drasticamente ad un 9,7 (meno di un decimo della media nazionale) (v. Tab. 4). La “capacità di movimentazione” dei mezzi utilizzati nel trasporto di merci (container, semirimorchi e casse mobili) nel Mezzogiorno è quasi assente con un indice pari a 1 (un centesimo della media nazionale). La disponibilità di binari è comunque molto bassa (29,9%). 36 Quanto agli aeroporti, emerge per il Mezzogiorno un accettabile livello di dotazione (101,6) sia nel numero di impianti (103,5), sia nel numero di piste (101,6). Le dotazioni rilevanti per la capacità di servizio degli aeroporti - come l’area di sedime ed i parcheggi - presentano indici molto bassi, con valori, rispettivamente 74,1% e 57,6% rispetto alla media nazionale (v. Tab. 5). La dotazione di reti idriche di adduzione risulta particolarmente carente nel Mezzogiorno (58,9) rispetto al dato medio del Centro-Nord (141,9) (v. Tab. 6). Nelle reti di distribuzione la sottodotazione del Mezzogiorno risulta più contenuta (72,2). La dotazione di reti fognarie nel Mezzogiorno (99,7) risulta sostanzialmente allineata a quella del resto del Paese (100,2). Nel Sud risultano particolarmente sviluppati solo gli impianti di discarica, con un indice complessivo di infrastrutturazione pari a 116,4 (v. Tab. 7). L’indice sintetico della dotazione di infrastrutture energetiche indica per tutto il Mezzogiorno una valore molto distante (64,3) dalla media nazionale e, a livello regionale, solo la Campania si colloca al disopra di essa. Situazioni particolarmente deficitarie si rilevano in Calabria, Basilicata, Molise e Sardegna (v. Tab. 8). La spesa per gli investimenti infrastrutturali Gli investimenti in opere pubbliche della P.A. sono diminuiti su base annua del 5,3% nel 2005 e dell’1,5% nel 2006. In rapporto al PIL, considerando l’andamento nel periodo 2000-2006, si evidenzia una dinamica stagnante, sostanzialmente oscillante all’interno di un decimo di punto percentuale, con i valori più bassi a inizio (0,94%) e fine (0,93%) periodo ed un picco intermedio (1,06%) nel 2004 (v. Fig. 1). Nel periodo 1998-2005, gli obiettivi di allocazione territoriale della spesa per investimenti pubblici nel Mezzogiorno sono risultati largamente disattesi. Tali obiettivi, introdotti a partire dal 1998, riguardano in particolare la complessiva spesa in conto capitale, rispetto alla quale si è assunta le decisione di assicurare al Mezzogiorno una quota complessiva pari al 45% (v. Fig. 2). Tale quota non è mai stata raggiunta. Anzi, dopo una tendenza iniziale al suo avvicinamento, visto che dal 1998 al 2001 era cresciuta dal 38,5% al 40,6%, negli ultimi cinque anni essa si è ridotta fino al 35,9% del 2005. Un limitato recupero è atteso per il 2006 (36,3%), a partire dal quale il Quadro Finanziario Unico (definito fino al 2015) prevede di riprendere un nuovo percorso di tendenziale avvicinamento all’obiettivo. Anche nel caso della spesa in conto capitale ordinaria, si rileva una sensibile riduzione dal 28,7% del 1998 al 24,8% del 2005. Le previsioni del Quadro Finanziario Unico per il 2006 (22,3%) e almeno fino al 2008 (20,9%) risultano ben al disotto della quota-obiettivo (30%). La Legge Obiettivo e le grandi infrastrutture strategiche La dimensione del programma della Legge Obiettivo risultava già cospicua all’atto della sua approvazione, avvenuta con la delibera CIPE n. 121/2001, con 125,9 miliardi di euro. Successive verifiche e in ultimo quella del 30 settembre 2005 hanno portato la stima dei costi a 267,3 miliardi di euro. Parimenti è cresciuto il numero delle opere, dalle iniziali 117 alle 235 dell’ultima stima, delle quali 129, per 103 miliardi di euro, pari al 39% del totale, localizzate nel Mezzogiorno. Al 30 novembre 2006, il numero di opere approvate risultava pari a 137, per 88,9 miliardi di euro ( v. Tab. 9). Di questi interventi, solo 4 risultano completati, per 495 milioni di euro, cioè lo 0,6% del totale deliberato; 25 progetti, per 13,4 miliardi, 37 risultano in fase di realizzazione e 21, per 29 miliardi, sono stati affidati alla realizzazione. Altri 14 interventi, per 6,5 miliardi di euro, sono risultati in corso di affidamento, ma soprattutto ben 68, per 37,9 miliardi (il 42,7% del totale deliberato) risultano ancora in fase di progettazione e in grandissima parte allo stadio preliminare (47 opere per 30,1 miliardi, cioè un terzo del totale). A fronte degli 88,9 miliardi di euro complessivi di costi stimati, sono risultati realmente disponibili 33,9 miliardi, per cui il fabbisogno è stato quantificato a 56 miliardi, cioè il 63% dell’ammontare deliberato dal CIPE. L’analisi della distribuzione territoriale di tali opere evidenzia innanzitutto una forte concentrazione finanziaria nel Centro-Nord, con 70,9 miliardi di euro, contro 17,4 miliardi del Mezzogiorno; questa sperequazione non si rileva nel numero dei progetti, che sono 63 per il Mezzogiorno e 73 per il Centro-Nord. Ciò evidenzia un differente dimensionamento medio delle opere, che complessivamente risulta di 649 milioni per opera nel Centro-Nord e di appena di 276,8 milioni per il Mezzogiorno. TAB. 1. Dotazione di infrastrutture stradali rispetto al territorio (numeri indici: Italia = 100,0) Regioni Comunali Provinciali Statali Autostradali Indice sintetico (a) Abruzzo 124,0 120,1 140,5 151,6 124,9 Molise 108,0 113,7 138,7 37,8 110,0 Campania 138,4 135,4 126,6 151,0 137,5 Puglia 107,1 115,3 108,9 75,1 107,5 Basilicata 90,3 77,1 131,0 13,6 89,9 Calabria 127,6 113,5 146,5 90,8 125,5 Sicilia 86,5 128,5 99,1 106,8 95,0 Sardegna 75,7 61,0 83,2 0,0 71,9 Mezzogiorno 102,8 106,7 114,0 77,7 103,6 - Sud 117,4 114,1 129,4 93,0 117,1 - Isole 81,3 95,8 91,4 55,1 83,8 Centro-Nord 98,1 95,4 90,3 115,4 97,5 - Nord-Ovest 103,8 98,6 85,5 149,8 102,8 - Nord-Est 89,2 83,1 85,6 107,9 88,4 - Centro 101,8 101,9 100,0 89,2 101,3 Italia 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 (a) Basato sulla ponderazione delle diverse categorie elementari in funzione della loro capacità di servizio. Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati Istat e Ministero Infrastrutture e Trasporti 38 TAB. 2. Dotazione di infrastrutture ferroviarie rispetto al territorio (Numeri indici: Italia = 100,0) Rete FS Regioni Non elettrificata Binario semplice elettrificato Binario doppio elettrificato Totale (a) Rete totale (b) Abruzzo 110,3 144,8 42,6 65,4 78,4 Molise 282,5 77,6 24,7 46,3 61,6 Campania 109,2 109,5 179,6 162,9 171,3 Puglia 71,4 89,1 79,0 80,6 88,1 Basilicata 88,8 111,9 11,7 34,5 38,0 Calabria 161,3 84,8 81,9 85,9 88,4 Sicilia 146,8 154,8 27,5 57,4 60,5 Sardegna 109,0 0,0 3,2 7,2 20,0 Mezzogiorno 122,1 93,4 54,2 64,8 72,3 - Sud 117,8 102,6 80,4 86,4 93,7 - Isole 128,5 79,9 15,7 33,1 40,9 Centro-Nord 84,7 104,5 131,6 124,3 119,1 - Nord-Ovest 104,7 151,9 130,2 133,2 130,5 - Nord-Est 64,1 87,0 117,5 109,2 100,5 - Centro 86,7 76,2 148,0 131,4 127,4 Italia 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 (a) Indice sintetico basato sulla ponderazione delle diverse categorie elementari in funzione della loro capacità di servizio. (b) Indice sintetico comprendente la rete ferroviaria in concessione e gestione commissariale governativa. Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati Istat. TAB. 3. Dotazione di infrastrutture portuali rispetto alla popolazione (numeri indici: Italia = 100,0) Accosti Regioni Porti (n.) (superficie) Piazzali Magazzini Abruzzo 95,8 94,3 98,1 23,1 15,0 Molise 95,7 58,0 90,8 42,1 0,0 Campania 106,9 70,5 72,9 38,2 38,5 Puglia 175,3 146,6 164,8 250,9 25,7 Basilicata 51,6 7,8 2,9 0,0 0,0 Calabria 199,0 153,1 159,8 220,4 5,0 Sicilia 283,1 247,1 179,2 105,3 22,1 Sardegna 374,8 354,9 401,2 205,3 62,7 Mezzogiorno 190,7 158,2 151,0 125,1 27,5 - Sud 136,2 103,5 111,6 122,7 25,3 - Isole 305,8 273,7 234,1 130,0 32,1 Centro-Nord 49,6 67,7 71,7 86,1 140,2 - Nord-Ovest 16,2 41,1 38,6 57,5 54,4 - Nord-Est 42,4 86,6 105,8 179,6 344,6 - Centro 102,4 85,5 83,6 33,6 57,7 Italia 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 (a) Basato sulle superfici di accosti, piazzali e magazzini. Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati Istat. 39 TAB. 4. Dotazione di infrastrutture intermodali rispetto alla popolazione (numeri indici: Italia = 100,0) Centri intermodali Regioni n. Superficie Capacità di movimentazione Disponibilità di binari Abruzzo 47,5 3,1 1,2 11,6 Molise 0,0 0,0 0,0 0,0 Campania 21,0 3,5 1,4 18,0 Puglia 29,7 15,2 1,2 21,8 Basilicata 0,0 0,0 0,0 0,0 Calabria 29,5 7,5 0,6 7,2 Sicilia 60,0 17,0 0,6 50,0 Sardegna 73,1 8,4 0,9 89,5 Mezzogiorno 37,8 9,7 1,0 29,9 - Sud 25,7 7,2 1,1 15,8 - Isole 63,2 14,9 0,7 59,7 Centro-Nord 135,3 151,2 156,1 139,7 - Nord-Ovest 156,8 193,0 359,2 173,3 - Nord-Est 125,1 187,1 19,3 146,2 - Centro 115,6 59,3 10,5 87,6 Italia 100,0 100,0 100,0 100,0 (a) Calcolato sulle superfici, capacità di movimentazione e disponibilità di binari. Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati Istat. TAB. 5. Dotazione di infrastrutture aeroportuali rispetto alla popolazione (numeri indici: Italia = 100,0) Regioni Aeroporti (n.) Piste (n.) Superficie piste (mq) Aree di sedime (mq) Aree di parcheggio (mq) Abruzzo 91,8 73,8 76,0 64,7 38,2 Molise 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 Campania 20,6 16,6 18,5 17,8 21,6 Puglia 117,3 117,8 99,9 112,0 37,4 Basilicata 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 Calabria 178,1 190,8 163,5 145,0 76,7 Sicilia 119,0 133,8 129,1 68,2 69,0 Sardegna 289,2 232,3 222,8 158,2 222,7 Mezzogiorno 103,5 101,6 94,2 74,1 57,6 - Sud 76,2 74,8 66,8 66,3 34,1 - Isole 161,1 158,2 152,3 90,5 107,1 Centro-Nord 98,1 99,1 103,2 114,3 123,4 - Nord Ovest 77,3 80,7 86,4 101,8 155,3 - Nord Est 119,0 104,2 97,2 95,7 87,1 - Centro 106,1 119,3 132,0 149,6 115,1 Italia 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 (a) Calcolato sulle superfici di piste, aree di sedime e di parcheggio. Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati Istat. 40 TAB. 6. Dotazione di reti idriche e fognarie rispetto alla popolazione (numeri indici: Italia = 100,0) Rete idrica Ripartizioni territoriali Adduzione Distribuzione Rete fognaria Indice sintetico Centro-Nord 141,9 128,4 100,2 123,5 Mezzogiorno 58,9 72,2 99,7 76,9 Italia 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Elaborazione SVIMEZ su dati del Comitato per la Vigilanza sull’uso delle risorse idriche. TAB. 7. Dotazione di infrastrutture per il trattamento dei rifiuti rispetto alla popolazione (numeri indici: Italia = 100,0) Regioni Discarica rifiuti Trattamento rifiuti (a) Abruzzo 235,5 92,0 Molise 574,1 91,2 Campania 43,3 47,5 Puglia 60,6 26,0 Basilicata 347,9 61,0 Calabria 113,8 90,1 Sicilia 147,5 17,0 Sardegna 151,2 75,2 Mezzogiorno 116,4 46,1 - Sud 101,2 53,1 - Isole 148,4 31,4 Centro-Nord 90,8 130,1 - Nord-Ovest 80,5 121,0 - Nord-Est 145,5 142,4 - Centro 51,5 130,4 Italia 100,0 100,0 (a) Incenerimento, compostaggio, biostabilizzazione e termovalorizzazione. Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati Istat. TAB. 8. Dotazione di infrastrutture energetiche rispetto al territorio (numeri indici: Italia = 100,0) Trasmissione energia elettrica Regioni Linee a media tensione Linee ad alta tensione Rete trasporto del gas Indice sintetico Abruzzo 76,6 66,0 91,3 78,0 Molise 26,3 30,4 46,8 34,5 Campania 126,9 128,4 94,1 116,5 Puglia 21,4 157,8 59,8 79,7 Basilicata 35,8 60,0 23,5 39,8 Calabria 24,2 76,4 30,7 43,8 Sicilia 152,9 30,1 45,2 76,0 Sardegna 58,6 38,5 0,0 32,4 Mezzogiorno 74,3 74,0 44,6 64,3 - Sud 52,0 101,0 59,1 70,7 - Isole 107,3 34,2 23,3 54,9 Centro-Nord 117,7 118,0 138,2 124,6 - Nord-Ovest 177,5 130,5 173,4 160,5 - Nord-Est 125,8 84,3 147,2 119,1 - Centro 49,8 141,2 93,7 94,9 Italia 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati Istat. 41 FIG. 1. Investimenti fissi lordi e in opere pubbliche della PA in rapporto al PIL (Valori percentuali) (a) Investimenti fissi lordi incluse le dismissioni Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati della Relazione generale sulla situazione economica del paese FIG. 2. Quote-obiettivo di risorse ordinarie e spesa in conto capitale nel Mezzogiorno (milioni di euro) Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati del Rapporto 2006 del DPS 0,00 0,75 1,50 2,25 3,00 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Opere pubbliche Investimenti fissi lordi (a) 15,0 30,0 45,0 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Risorse ordinarie Spesa in c/capitale 42 TAB. 9. Distribuzione territoriale delle opere della legge obiettivo deliberate dal CIPE per stato d'avanzamento (dati al 30 novembre 2006 – valori assoluti) Stato di avanzamento delle opere Mezzogiorno Centro-Nord Non ripartibili Italia Costo (milioni di euro) In progettazione 7.236 30.103 610 37.949 In gara 957 5.531 – 6.488 Affidate 4.842 24.196 – 29.038 In corso 3.972 9.419 – 13.391 Ultimate 208 287 – 495 Avanzamento misto 226 1.332 – 1.558 Totale 17.441 70.868 610 88.919 Numero opere In progettazione 21 46 1 68 In gara 9 5 – 14 Affidate 13 8 – 21 In corso 16 9 – 25 Ultimate 2 2 – 4 Avanzamento misto 2 3 – 5 Totale 63 73 1 137 Valore medio opere In progettazione 344,6 654,4 610,0 558,1 In gara 106,3 1.106,2 – 463,4 Affidate 372,5 3.024,5 – 1.382,8 In corso 248,3 1.046,6 – 535,6 Ultimate 104,0 143,5 – 123,8 Avanzamento misto 113,0 444,0 – 311,6 Totale 276,8 970,8 610,0 649,0 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati della Camera dei Deputati – Servizio Studi (15 marzo 2007). 43 11. Le politiche del lavoro Nel 2005, per il secondo anno consecutivo, le risorse dedicate agli strumenti di sostegno al reddito (politiche passive) superano quelle rivolte alla promozione dell’occupazione (politiche attive). La spesa per le politiche attive del lavoro è stata pari allo 0,47% del PIL, in valori assoluti 6,7 miliardi di euro. Dal 1996 al 2005 il numero di beneficiari di politiche attive del lavoro è aumentato del 41%, soprattutto nel Mezzogiorno, dove si è più che raddoppiato. La crescita è particolarmente accentuata e continua fino al 2001 a livello nazionale mentre nel quadriennio successivo si rileva una tendenziale flessione (-30%). L’analisi a livello territoriale evidenzia nel primo periodo una crescita molto accentuata nel Mezzogiorno dove il numero di beneficiari si quadruplica nel 2001 rispetto al 1996 mentre nel Centro-Nord aumentano del 35% e viceversa, nell’ultimo quadriennio, una contrazione più pronunciata nel Mezzogiorno (-40% contro -19,3% nel Centro-Nord). La riduzione degli ultimi anni riflette la cessata operatività dei principali strumenti ed in particolare la flessione degli incentivi al mantenimento dell’occupazione, in larga parte composti da sgravi contributivi, che fino al 2000 hanno rappresentato una delle voci più rilevanti ed efficaci per poi gradualmente ridursi fino ad azzerarsi nel 2003 nonché il graduale esaurirsi degli effetti degli incentivi per nuove assunzioni specificamente orientati alle regioni dell’obiettivo 1. Una analisi comparativa degli andamenti e dell’incidenza degli strumenti di policy nel mercato del lavoro del Mezzogiorno e del resto del Paese può essere condotta attraverso l’osservazione di alcuni indicatori sintetici riguardanti il rapporto tra i beneficiari delle politiche e la platea dei destinatari. I tassi di copertura delle politiche di incentivo all’assunzione e all’autoimpiego (calcolati rapportando il complesso dei beneficiari allo stock di persone in cerca di lavoro e allo stock delle persone occupate nella media dell’anno precedente) sono in netta crescita fino al 2002 per poi cominciare progressivamente a flettere (v. Tab. 1). In rapporto agli inoccupati il complesso dei beneficiari si attesta nel 2005 al 67,2% in Italia mentre nel Mezzogiorno riguarda il 49% e nel Centro-Nord il 93%. In particolare, nel Mezzogiorno, dopo il forte incremento registrato nel biennio 1998-99 si rileva una tendenziale riduzione del tasso di copertura che testimonia la difficoltà di far fronte con misure di sostegno del reddito essenzialmente connesse allo stato di occupazione ad una disoccupazione, soprattutto giovanile, prevalentemente costituita da persone in cerca di prima occupazione. Tale indicazione è confermata dall’indice relativo alle regioni del Centro-Nord in cui il numero dei beneficiari supera largamente il numero delle persone in cerca di occupazione. Situazione inversa si rileva per l’indice riferito agli occupati che evidenzia gradi di copertura più elevati per il Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord ascrivibili al più basso tasso di occupazione delle regioni meridionali. Anche per le politiche passive è importante considerare gli indici di copertura rispetto alle popolazioni target. L’indice di copertura rispetto alle persone in cerca di occupazione si colloca, a livello nazionale, poco al di sopra del 42% nel 2005 con un trend crescente rispetto al 2000 (31,1%) (v. Tab. 2). L’aumento della copertura riflette sia un incremento del numero dei beneficiari che una sensibile riduzione delle persone in cerca di occupazione. L’analisi territoriale evidenzia un grado di copertura più elevato e fortemente crescente nelle regioni del Centro-Nord (35% nel 2000 e 50% nel 44 2005) e relativamente basso ed in crescita lenta al Sud (28,4% nel 2000 e 36% nel 2005). Se si raffrontano i beneficiari di trattamenti di disoccupazione soltanto alle persone in cerca di lavoro con precedenti esperienze lavorative la copertura cresce mentre si riduce il divario territoriale per il minor peso al Mezzogiorno dei disoccupati già occupati. Nel 2005 l’indicatore si colloca intorno al 50% per il Mezzogiorno ed al 60% per il Centro-Nord. Ciò sembra evidenziare un deficit di copertura connesso alla mancanza dei requisiti contributivi tra le persone in cerca di occupazione. Tab. 1. Indici di copertura delle politiche attive (a) (contratti a causa mista e incentivi all'occupazione). Anni 2002-2005 Mezzo- Centro- Mezzo- Centro- giorno Nord giorno Nord % su persone in cerca di occupazione (b) 63,2 118,4 84,5 61,6 112,5 81,3 % occupati (c) 13,2 6,5 8,5 12,0 5,8 7,7 % su persone in cerca di occupazione (b) 52,9 100,6 71,7 48,8 92,7 67,2 % occupati (c) 10,2 5,1 6,6 8,6 4,8 5,9 (a) Al numeratore sono compresi i partecipanti a tutti gli interventi di politica attiva del lavoro con l'esclusione degli interventi regionali. Il denominatore è rappresentato: b) dalle persone in cerca di occupazione dell'anno precedente; c) dagli occupati dell'anno precedente. Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati Ministero del Lavoro, Rapporto di Monitoraggio 2006, Piano nazionale per l'occupazione 2005, Rapporto DPS 2006. Tab. 2. Indici di copertura delle politiche passive diretti ai disoccupati. Anni dal 2002 al 2005 Mezzo- Centro- Mezzo- Centro- giorno Nord giorno Nord % su persone in cerca di occupazione (a) 30,3 42,0 34,8 31,4 45,6 37,0 % occupati (a) 6,3 2,3 3,5 6,1 2,4 3,5 % su persone in cerca di occupazione (a) 31,3 46,9 38,6 36,3 46,1 42,5 % occupati (a) 6,0 2,4 3,6 6,4 2,4 3,7 (a) Totale delle politiche considerate. Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati Ministero del Lavoro, Rapporto di Monitoraggio 2006, Piano nazionale per l'occupazione 2005, Rapporto DPS 2006. Italia Italia 2002 2003 2004 2005 Italia Italia 2002 2003 2004 2005 45 Fig.1. La distanza dagli obiettivi di Lisbona: Il Tasso di occupazione femminile Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT e EUROSTAT. 46 12. Il lavoro sommerso Secondo le valutazioni della SVIMEZ, nel 2006 in Italia il 12,1% (pari a 3 milioni di unità) delle unità di lavoro totali sarebbe rappresentato da lavoro non regolare. Di queste, circa 1,7 milioni sono localizzate nel Centro-Nord, e corrispondono al 9,3% dell’occupazione totale, e le restanti 1,4 milioni circa nel Mezzogiorno, con un tasso di irregolarità più che doppio, pari al 20,5% (v. Tab. 1). Tra il 2000 e il 2006, l’occupazione irregolare nel Mezzogiorno è cresciuta dell’1,3%, a fronte di una riduzione del 6,7% nel Centro-Nord, a dimostrazione che anche i processi di regolarizzazione della popolazione straniera hanno inciso soprattutto nelle regioni del Nord del Paese. Nell’ultimo biennio 2005-2006 sembra essersi evidenziata nel Mezzogiorno una tendenza all’aggravamento del fenomeno, soprattutto per effetto della fase di profonda difficoltà del mercato del lavoro meridionale che proprio in questa fase ha fatto segnare una riduzione dell’occupazione regolare. Infatti, il tasso di irregolarità al Sud, che dal picco massimo del 21,5% del 2002 era sceso al 19% nel 2003 e 2004, è risalito al 20,2% nel 2005 e al 20,5% nel 2006. In quest’ultimo anno, il numero di lavoratori irregolari è cresciuto ad un tasso più che triplo di quello regolare: 2,7% (+37 mila unità) contro 0,8% (+44 mila unità). Anche nel Centro-Nord, dopo le forti flessioni dei primi anni 2000, esauriti gli effetti della regolarizzazione, l’occupazione irregolare dal 2004 a ripreso a crescere, a tassi simili a quelli dei regolari. A livello settoriale, il lavoro non regolare è prevalentemente impiegato nel settore dei servizi dove si concentrano circa tre quarti dell’irregolarità totale e nel cui ambito, nel 2006, il tasso di irregolarità ha raggiunto, a livello nazionale, il 19% nel commercio e il 10,6% negli altri servizi. Il valore più elevato, e in ulteriore ampliamento, si registra in agricoltura (22,6%), seguito, dopo il commercio, dalle costruzioni (11,4%); molto più contenuta risulta, invece, la quota di irregolarità nell’industria in senso stretto (3,9%). Il tasso di irregolarità risulta più alto nelle regioni meridionali in tutti i settori produttivi. La differenza con il Centro-Nord è particolarmente elevata nelle componenti del settore industriale, sia nell’industria in senso stretto che nelle costruzioni. Nell’industria in senso stretto, anche per effetto della elevata presenza di micro–imprese nell’area meridionale, il divario tra le due aree del Paese è enorme: 13,5% al Sud contro l’1,8% al Nord. Sembra quindi che l’irregolarità lavorativa in questo settore sia un fatto quasi esclusivamente meridionale. Nel settore delle costruzioni, il Mezzogiorno - che presenta un’incidenza sull’occupazione industriale complessiva doppia rispetto al resto del Paese - registra un tasso di irregolarità pari a circa il 22,8%, rispetto al 6,1% al Nord. Nel commercio il Mezzogiorno presenta il tasso di irregolarità più elevato tra tutti i settori, superiore, di poco, anche a quello dell’agricoltura: 26,2%, superiore di 10 punti a quello rilevabile nel resto del Paese (16,4%). In termini dinamici va segnalato il forte incremento fatto registrare tra il 2004 e il 2006 dal tasso di irregolarità del settore agricolo in entrambe le aree del Paese: esso risulta aumentato al Centro-Nord dal 15,6% del 2003 al 20% del 2006 e dal 21,6% al 26% nel Mezzogiorno. L’unico settore dell’economia meridionale che nell’ultimo decennio ha fatto segnare una riduzione della irregolarità è quello delle costruzioni, che comunque rimane un’area di attività in cui il peso del sommerso è particolarmente elevato e riguarda, al Sud, ancora un lavoratore su quattro. Il permanere di un tasso di 47 irregolarità del 16% anche nel settore industriale del Sud è chiara testimonianza delle difficoltà delle piccole imprese meridionali ad allinearsi stabilmente su target di produttività e di redditività compatibili con l’onerosità prevista dai contratti in materia di lavoro e dall’ordinamento fiscale e parafiscale. A livello regionale, la quota più elevata di unità di lavoro irregolari su quelle totali si riscontra in Calabria, dove, nel 2006, circa 3 unità di lavoro su dieci sono irregolari (v. Tab. 2). La Calabria presenta inoltre un tasso di irregolarità in tendenziale crescita negli ultimi quattro anni, con una accelerazione nel corso del 2006, in cui si è registrato un aumento di quasi un punto percentuale. Un tasso superiore alla media del Mezzogiorno si rileva anche in Sicilia (23%), dove, nell’ultimo triennio, si è registrato uno dei maggiori tassi di incremento del fenomeno: dal 20,8% del 2004 al 23% del 2006. Particolarmente elevata rispetto alle altre regioni del Sud risulta la diffusione del sommerso nell’industria siciliana (10 punti in più della media Mezzogiorno). La Campania è l’unica regione del Mezzogiorno che, pur presentando una dimensione piuttosto rilevante del fenomeno del sommerso (21% nel 2006), mostra una pur debole tendenza alla sua riduzione, interrottasi però lo scorso anno. La Puglia è la regione che ha fatto segnare la più significativa riduzione del tasso di irregolarità, passato dal 18,2% del 2000 al 16% nel 2006. Il Molise, invece, appare in controtendenza, con un incremento nell’ultimo triennio di ben due punti percentuali (dal 14% al 16%). Basilicata e Sardegna presentano un livello di irregolarità intorno al 20%, sostanzialmente allineato a quello medio dell’area. In Basilicata, la quota di lavoro irregolare nel settore industriale è particolarmente elevata. La quota meno elevata di lavoro irregolare tra le regioni meridionali, anche se sempre superiore al valore medio italiano, si registra in Abruzzo: 12,4% delle unità totali. 48 Tab. 1. Tassi di irregolarità per settore e per ripartizione geografica dal 2000 al 2006 Anni 2000 25,0 13,5 29,6 26,2 17,4 21,0 2001 24,5 13,1 29,7 26,0 18,2 21,5 2002 25,0 13,2 26,2 26,1 17,3 20,5 2003 21,6 13,2 22,6 25,5 17,3 19,2 2004 23,0 13,0 21,6 25,0 16,8 19,3 2005 25,2 13,2 21,9 25,8 16,7 20,2 2006 26,0 13,5 22,8 26,2 17,1 20,5 2000 17,3 2,6 8,6 17,0 10,3 10,6 2001 17,8 2,8 9,1 17,4 11,0 11,0 2002 17,8 2,2 7,3 16,8 8,6 9,8 2003 15,6 1,7 5,9 15,8 7,2 8,8 2004 17,8 1,7 6,2 16,0 7,7 8,9 2005 19,6 1,8 6,4 16,6 7,9 9,3 2006 20,0 1,8 6,1 16,4 7,8 9,3 2000 20,5 4,6 15,2 19,6 12,5 13,4 2001 20,8 4,6 15,7 19,7 13,2 13,8 2002 21,0 4,2 13,3 19,5 11,2 12,7 2003 18,3 3,8 11,2 18,4 10,2 11,6 2004 19,9 3,8 10,9 18,4 10,4 11,7 2005 22,2 3,9 11,3 19,1 10,5 12,1 2006 22,6 3,9 11,4 19,0 10,6 12,1 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. Italia Altre attività di servizi Totale Mezzogiorno Centro-Nord Agricoltura Industria in senso stretto Costruzioni Comm ercio Tab. 2. Tasso di irregolarità per le regioni del Mezzogiorno dal 2000 al 2006 Anni Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Mezzogiorno 2000 64,5 17,8 394,2 237,4 41,7 162,0 342,6 104,8 1372,9 2001 68,4 19,3 407,6 245,5 38,8 163,5 353,3 115,2 1437,4 2002 68,0 19,4 402,1 242,1 40,1 168,6 342,9 108,8 1392,7 2003 61,2 17,9 385,5 217,6 40,4 162,6 328,5 112,7 1301,8 2004 59,4 16,9 384,4 197,1 37,4 172,1 312,4 121,4 1302,9 2005 62,9 17,5 368,4 198,0 40,1 170,2 342,7 124,0 1354,2 2006 61,5 19,3 379,4 212,1 44,3 176,7 355,3 129,4 1391,0 2000 13,0 15,0 22,8 18,2 19,0 26,5 23,2 18,0 21,0 2001 13,4 16,0 23,0 18,4 18,0 26,0 23,5 19,2 21,5 2002 13,2 16,0 22,0 18,0 18,3 26,2 22,6 18,0 20,5 2003 12,0 15,0 21,0 16,4 18,2 25,0 21,8 18,5 19,2 2004 12,0 14,0 21,0 15,0 17,0 26,0 20,8 20,0 19,3 2005 12,8 14,8 20,5 15,2 18,5 26,2 22,5 20,5 20,2 2006 12,4 16,0 21,0 16,0 20,0 27,0 23,0 21,0 20,5 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. Unità di lavoro irregolari Tasso di irregolarità 49 13. Crescita economica e divari regionali nella Ue a 25 Nel periodo 1995-2004, la presenza di divari regionali misurata tramite il coefficiente di variazione del PIL pro capite (in pari potere d’acquisto) è diminuita nell’Ue a 25 paesi, passando da un indice dello 0,36 del 1995 allo 0,34 del 2004, con una accelerazione dal 2000 (v. Fig. 1). I processi di convergenza sembrano localizzati principalmente tra i paesi nuovi entranti. La variabilità tra i paesi dell’Ue a 15 paesi, infatti, pur essendo inferiore grazie alle minori disuguaglianze regionali in questa area, è rimasta nel periodo 1995-2004 pressoché costante. Il processo di convergenza è dominato dalla riduzione dei divari tra paesi piuttosto che fra quelli tra regioni. La variabilità del PIL pro capite tra paesi dell’Ue a 25, infatti, è diminuita nel periodo (dallo 0,37 del 1995 allo 0,30 del 2004), più di quanto registrato tra le regioni (Fig. 2). Anche in questo caso sono i paesi nuovi entrati che hanno guidato i processi di catching up: il processo di convergenza tra i paesi dell’Ue a 15 è risultato positivo ma debole (dallo 0,17 del 1995 allo 0,15 del 2004), concentrato nella seconda metà degli anni ’90 e trainato principalmente dai paesi beneficiari del Fondo di coesione (Grecia, Spagna, Irlanda e Portogallo). Gli ultimi dieci anni sono stati caratterizzati da un progressivo allargamento dell’Unione a paesi con livelli di reddito meno elevati, e con possibilità di sviluppo superiori e processi di catching up più rapidi. I nuovi Stati membri hanno fatto segnare nell’intero periodo 1995-2004 un tasso di crescita (6,1%) quasi il 50% superiore a quella del resto dell’Europa. Anche all’interno dell’Ue a 15, le regioni più povere, raggruppate nell’obiettivo 1, sono cresciute più della media dell’area: nell’intero periodo l’incremento del PIL pro capite è stato del 4,5% medio annuo, rispetto al 4,1% delle restanti regioni, sebbene inferiore comunque a quello raggiunto dai nuovi Stati membri (v. Tab. 1). Lo sviluppo maggiore delle regioni in obiettivo 1 è un fatto degno di nota: questo potrebbe segnalare come nella precedente fase di programmazione i Fondi strutturali abbiano effettivamente aiutato i processi di recupero. Fa eccezione il Sud dell’Italia. Il risultato fatto segnare dal Mezzogiorno nell’intero decennio è infatti decisamente inferiore a quello delle altre aree obiettivo 1 beneficiarie dei Fondi strutturali: il PIL pro capite dell’area è cresciuto del 2,8% (4,5% le aree obiettivo 1) nel 1995-2004 e appena dello 0,4% (3,8% le aree obiettivo 1) nel 2000-2004. È questo un problema riconducibile sia alle caratteristiche proprie dello sviluppo del Mezzogiorno, sia alla complessiva debolezza della crescita dell’intero Paese relativamente al resto d’Europa. Infatti, se si considerano i divari regionali al netto della crescita nazionale, ovvero prendendo in considerazione solo le differenze tra la crescita del prodotto pro capite regionale e quello nazionale, la crescita relativa delle regioni del Sud è risultata pari allo 0,4% annuo nel periodo 1995-2000 e a 0 nel successivo periodo 2000-2004 (v. Tab. 2). Proprio il dato relativo all’ultimo quadriennio pone in luce come all’interno di un Paese complessivamente a bassa crescita, le aree deboli, pur beneficiando di un consistente afflusso di risorse comunitarie, non abbiamo conseguito quello scarto positivo nel tasso di sviluppo che, invece, si è realizzato nelle altre aree obiettivo 1 (+0,5%). 50 FIG. 1 Processi di convergenza in Europa (coefficiente di variazione del Pil pro capite in PPA tra Regioni) 0,2 0,22 0,24 0,26 0,28 0,3 0,32 0,34 0,36 0,38 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 EU-25 EU-15 FIG. 2. Convergenza in Europa tra paesi (coefficiente di variazione del Pil pro capite in PPA) 0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 0,4 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 EU-25 EU-15 51 Tab. 1. Tassi di crescita (%) medi annui del PIL e del PIL pro capite nelle regioni obiettivo 1 e regioni non obiettivo 1 PIL pro capite PIL Area N. Regioni (Nuts2) 1995-2004 1995-2000 2000-2004 1995-2004 1995-2000 2000-2004 UE 25 254 4,4 5,5 3,0 4,7 5,7 3,5 - Regioni ob. 1 100 5,1 5,8 4,3 5,2 5,8 4,5 - Regioni non ob. 1 154 4,1 5,1 2,9 4,6 5,5 3,5 UE 15 213 4,2 5,3 2,8 4,6 5,6 3,3 - Regioni ob. 1 62 4,5 5,2 3,8 4,8 5,3 4,1 - Regioni non ob. 1 151 4,1 5,1 2,9 4,5 5,5 3,4 - Mezzogiorno 8 2,8 4,8 0,4 2,8 4,6 0,5 Nuovi Stati Membri 41 6,1 6,8 5,3 5,9 6,6 5,2 - Regioni ob. 1 38 6,1 6,8 5,2 5,9 6,6 5,1 - Regioni non ob. 1 3 6,6 6,7 6,6 6,9 7,0 6,8 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati EUROSTAT. TAB. 2. Tassi di crescita medi annui del PIL pro capite al netto della crescita nazionale nelle regioni obiettivo 1 e regioni non obiettivo 1 Area 1995-2004 1995-2000 2000-2004 UE25 - Regioni ob. 1 -0,2 -0,6 0,2 - Regioni non ob. 1 -0,2 -0,2 -0,1 UE 15 - Regioni ob. 1 -0,1 -0,6 0,5 - Regioni non ob. 1 -0,2 -0,2 -0,1 -Mezzogiorno 0,2 0,4 0,0 Nuovi Stati Membri - Regioni ob. 1 -0,4 -0,6 -0,2 - Regioni non ob. 1 1,0 1,2 0,8 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati EUROSTAT 52 14. Le condizioni competitive dei territori nell’Europa allargata L’esigenza di un’accelerazione dei processi innovativi in Italia risulta comunque evidente da un confronto sugli indicatori di competitività. Il Rapporto SVIMEZ 2007, così come l’anno scorso, ha infatti dedicato uno specifico approfondimento proprio alla misurazione della competitività del territorio italiano e delle sue due macro-aree rispetto ai paesi dell’Unione a 27. Nell’analisi condotta dalla SVIMEZ, sono state considerate quattro “dimensioni”, per le quali sono stati utilizzati indicatori pienamente coerenti dal punto di vista statistico, ritenuti in grado di approssimare la competitività del territorio: la dotazione di infrastrutture e reti; la propensione all’innovazione e alla ricerca e sviluppo; la qualità e l’investimento nelle risorse umane e la formazione; la “vitalità economica” del tessuto produttivo. Rispetto all’esercizio svolto nella precedente edizione del Rapporto, oltre ad aggiornare tutti i dati di base, si è proceduto anche a calcolare i medesimi indicatori a due istanti temporali – 2000-2001 e 2005-2006 – al fine di arricchire l’analisi con considerazioni non solo sul livello degli indici sintetici ma anche sulla loro variazione nel tempo. Le elaborazioni di indici sintetici per le quattro suddette “dimensioni” disegnano un quadro di complessiva debolezza del Paese e collocano il Mezzogiorno quasi sempre ai livelli minimi tra i paesi dell’Unione. L’elemento nuovo è costituito da una perdita relativa di competitività dell’intero Paese nel corso degli anni 2000. In particolare, in campo infrastrutturale – dove il Mezzogiorno, pur manifestando un forte divario di dotazione rispetto al Centro-Nord, presentava all’inizio degli anni 2000 un livello superiore a quello delle altre aree deboli dell’Unione – nel corso dell’ultimo sessennio l’area meridionale ha perso quasi completamente tale vantaggio, nei confronti soprattutto di Spagna, Grecia e Irlanda, che nel medesimo periodo hanno investito molto sull’infrastrutturazione del territorio. Le successive tre dimensioni vedono invece l’intera Italia in costante posizione di svantaggio rispetto al resto dell’Europa. Gli indicatori relativi all’innovazione e alla ricerca e sviluppo sono fortemente penalizzanti per la realtà nazionale ed in particolar modo per quella del Mezzogiorno. Le due grandi ripartizioni presentano uno svantaggio di rilievo rispetto agli altri paesi soprattutto in termine di risorse dedicate alla ricerca e sviluppo, sia in termini di spesa in percentuale del PIL che di addetti per 1.000 abitanti. Nel 2005, infatti, la spesa complessiva per ricerca e sviluppo è stata pari ad appena lo 0,8% del PIL nel Sud, inferiore all’insufficiente 1,1% nazionale, e meno della metà della media europea (1,8%). Mentre molti paesi che si collocano al di sotto della media comunitaria hanno recuperato alcune posizioni rispetto a UE a 27, l’Italia, e le sue due macro-aree, hanno ulteriormente perso terreno: il paese perde complessivamente 3,8 punti percentuali nell’indice sintetico, che è il risultato di una perdita più consistente del Centro-Nord (-5,1 punti percentuali) e un po’ più contenuta del Mezzogiorno (-1,3 punti percentuali). Ma la situazione di gran lunga peggiore per il Mezzogiorno si riscontra per il numero di brevetti registrati, che, fatta 100 la media UE a 25, con un indice pari a 9 sono praticamente inesistenti. Anche nel campo delle risorse umane e della formazione l’Italia mostra un gap rilevante rispetto agli altri paesi dell’Unione, e il Mezzogiorno si colloca agli ultimi posti. Pesano in particolare i ritardi in termini di quota di popolazione adulta che partecipa ad attività formative, soprattutto in termini di laureati in materie scientifiche 53 ogni 1.000 abitanti di 20-29 anni. Nel Mezzogiorno ci sono appena 7 laureati in materie scientifiche su 1.000 giovani contro i 10 del resto del Paese, ma soprattutto contro i 13 della media europea e i circa 20 di Regno Unito, Francia e Irlanda. Tali scarsi risultati in termini di istruzione e formazione non trovano riscontro nel dato della spesa pubblica per istruzione, che risulta in Italia sostanzialmente in linea con i valori medi europei. La quarta ed ultima dimensione considerata, quella della vitalità economica del sistema produttivo, vede l’Italia e le sue ripartizioni in posizione di svantaggio rispetto agli altri paesi europei, e soprattutto in arretramento rispetto al periodo precedente. L’Italia, con un indice di 84,6 (85,5 nel periodo precedente), si colloca al 21° posto della graduatoria. Il Centro-Nord, al 16° posto della graduatoria, mostra i più marcati segnali di crisi: 96,3 nel periodo 2000-01 e 94,2 nel periodo 2005-06, con una riduzione quindi di 2,1 punti percentuali. Il Mezzogiorno, invece, con un indice di 54,1, si colloca all’ultimo posto della graduatoria europea, sorpassato dalla Grecia. Gli elementi che contribuiscono ad abbassare l’indice sintetico del Sud sono soprattutto il ridotto volume degli investimenti fissi lordi per abitante e il ridotto grado di internazionalizzazione (bassa quota di export e quasi assenza di investimenti dall’estero). In Italia il flusso annuo di investimenti esteri per abitante è stato, nel periodo 2001-2006, di 305 euro, con livelli di 292 euro nel Centro-Nord e di appena 13 euro nel Mezzogiorno. Nella media della Ue a 27 tale valore sale a 800 euro e raggiunge i 1.500 euro in Irlanda, Olanda e Svezia. Tra i paesi di nuova accessione, gli investimenti esteri per abitante raggiungono in Estonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia i 500 euro. Dalle dimensioni citate, si ricava un Indice di potenzialità competitiva del sistema produttivo che spiega bene, da una parte, l’inadeguatezza del nostro Mezzogiorno rispetto alla sfida dei mercati (fatta 100 la media UE a 27, il nostro Sud raggiunge uno striminzito 65,9; vanno peggio solo i Nuovi Stati membri – con l’eccezione peraltro di Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria – e la Grecia,) e, dall’altra, il grande sforzo che occorre operare per innescare un processo di reale convergenza fra le due macro-aree del Paese (il Centro-Nord infatti si posiziona poco al di sotto della media europea, ma a distanza considerevole dalle regioni del Sud). Il complesso di dati qui sinteticamente evidenziati permette di delineare un quadro di difficoltà strutturale del Mezzogiorno, cui si è accompagnato nell’ultimo quinquennio anche un peggioramento congiunturale dei livelli relativi, in particolare nei confronti delle regioni più deboli dell’Unione. L’analisi degli indicatori utilizzati consente, d’altronde, di individuare anche alcune aree specifiche di debolezza competitiva, e quindi di delineare una sorta di “agenda prioritaria” di intervento: il deficit di dotazione di infrastrutture strategiche, l’insufficiente livello di spesa pubblica per ricerca e sviluppo, la bassa quota di laureati in materie scientifiche, l’insufficiente volume degli investimenti esteri, la scarsa apertura dei mercati, devono diventare target da monitorare al fine di verificare la reale capacità della politica di coesione nazionale di incidere sulle determinanti del ritardo di sviluppo. 54 55 56 15. La criminalità L’andamento della criminalità Nel 2005, ultimo anno per il quale sono disponibili dati ufficiali, a livello nazionale il numero delle denunce è risultato pari ad oltre 2,5 milioni, con un incremento del 6,7% sull’anno precedente; la crescita è stata maggiore nel Centro-Nord (7,5%) rispetto al Mezzogiorno (4,6%) (v. Tab. 1). Minore è la diffusione della delittuosità rilevabile – con riferimento al complesso dei reati e, quindi, prescindendo dalla loro tipologia – per l’area meridionale, dove, nel 2005, si sono contati 35 delitti ogni 1.000 abitanti, contro i 49 nel resto del Paese. Nel 2005, è proseguita la tendenza al calo degli omicidi volontari consumati (circa il 16% in meno rispetto al 2004 in ambedue le ripartizioni), anche se ad essa, limitatamente all’area meridionale, ha fatto riscontro un incremento dei tentativi di omicidio (8,7%, a fronte di una stabilità nel resto del Paese) (v. Tab. 2). In rapporto al numero di abitanti, la frequenza degli omicidi, sia consumati che tentati, è maggiore nel Mezzogiorno. Riguardo alle violenze sessuali, le denunce nel 2005 sono state 4.020, con un aumento del 7,7% rispetto all’anno precedente. Esso è interamente imputabile al Centro-Nord, dove si è registrato un incremento del 10,9% (2.930 casi nell’anno), mentre nel Mezzogiorno si è avuta una leggera flessione (-0,3%). Il reato in oggetto è caratterizzato da una altissima quota di sommerso, che l’ISTAT in una recente indagine quantifica, a seconda della gravità del fatto, da un minimo dell’86% ad un massimo del 97% dei casi. Detta indagine, svolta su un campione di 25 mila donne tra i 16 e i 70 anni, conferma, comunque, per il Mezzogiorno, una minore diffusione delle violenze contro le donne, sia che ci si riferisca all’intero corso della vita delle intervistate, sia con riferimento all’ultimo anno (2006). Per quanto riguarda i furti, reato caratterizzato da una scarsa propensione alla denuncia nel 2005 le denunce sono ammontate a circa un milione e mezzo nel complesso del Paese, di cui 372 mila (un quarto) nel Mezzogiorno, che presenta una incidenza sulla popolazione assai inferiore a quella del Centro-Nord. Variazioni poco significative nel 2005 si sono avute per le rapine (-2,4% nel Mezzogiorno e +1,2% nel Centro-Nord), che costituiscono un tipo di reato nettamente più diffuso nell’area meridionale, dove si concentra oltre il 50% di tutte le rapine commesse nel Paese. Reati in sensibile crescita sono i sequestri a scopo estorsivo, in particolare nel Mezzogiorno, e le truffe e frodi informatiche che sono aumentate di oltre un terzo in ambedue le aree. Scendendo al dettaglio regionale per alcune delle più gravi tipologie di reato, si rileva che in Campania sono stati commessi, nel 2005, 128 omicidi volontari (di cui 88 nella sola provincia di Napoli), pari al 37% di tutti gli omicidi commessi nel Mezzogiorno; rispetto all’anno precedente la regione ha registrato comunque una significativa riduzione (50 in meno) (v. Tab. 3). Le denunce per omicidio risultano numerose anche in Calabria (69; 7 in meno) e Sicilia (70; 5 in meno); nel Centro-Nord il numero di omicidi è elevato soprattutto in Lombardia (65, 26 in meno). Gli omicidi riconducibili alle varie mafie sono stati, nel 2005, 109 in tutto il Paese e, tranne uno avvenuto in Lombardia, sono stati tutti commessi nel Mezzogiorno. I 108 omicidi 57 dovuti alla criminalità organizzata spiegano il 33% del totale degli omicidi volontari consumati nell’area. Nel corso del tempo il numero degli omicidi in oggetto si è fortemente ridimensionato, a dimostrazione di un cambio di strategia operato dalle associazioni criminali: nel 1990 gli omicidi nel Mezzogiorno furono ben 506, scesi poi a 230 nel 1995 e a 141 nel 2000. Per quanto riguarda le rapine, la regione di gran lunga più colpita è la Campania che, con quasi 16 mila denunce (come nel 2004), rappresenta il 66% del totale del Mezzogiorno e il 34% del complesso del Paese. A distanza, seguono la Lombardia (circa 7 mila rapine), il Lazio (poco più di 4 mila) e la Sicilia (circa 3,9 mila). I dati sulle estorsioni mostrano come al Sud il fenomeno tenda a colpire in misura assai elevata la Campania (956 casi), la Puglia (635), la Sicilia (668) e la Calabria (351), cioè le quattro regioni in cui è radicata la presenza della criminalità organizzata; ovunque si è avuto un aumento tra il 2004 e 2005. I condizionamenti da parte della criminalità organizzata A fine 2007 i Comuni colpiti da provvedimento di scioglimento, dall’approvazione della legge 221/1991, sono saliti a quota 171: 75 in Campania, 49 in Sicilia, 37 in Calabria, 7 in Puglia, cui se ne aggiungono altri tre in Basilicata, Lazio e Piemonte. In 24 dei 171 casi la misura è stata reiterata (14 volte in Campania, 7 in Sicilia e 3 in Calabria). Le estorsioni si confermano come il reato tipico della criminalità organizzata e, nonostante la tendenza a fare richieste più sopportabili, il costo del “pizzo” rimane comunque opprimente. Secondo le stime di Confesercenti, in Italia sono circa 160.000 i commercianti taglieggiati. Quasi un terzo di questi sono in Sicilia, dove è coinvolto il 70% delle imprese; quota che sale all’80% a Catania e Palermo. In Calabria le imprese che pagano il pizzo sono 15.000, la metà del totale, con una punta del 70% a Reggio Calabria. A Napoli, nel nord Barese e nel Foggiano il 50%, con punte, nelle periferie e nell’hinterland di queste città, che toccano la quasi totalità delle attività commerciali, della ristorazione, dell’edilizia. Il numero dei commercianti coinvolti in rapporti usurari viene stimato, nel complesso del Paese, in oltre 150.000 unità, di cui almeno 50.000 sono indebitati con associazioni per delinquere di tipo mafioso. In Campania, Lazio e Sicilia si concentra quasi la metà del totale dei commercianti coinvolti in tutto il Paese. In rapporto al numero di attivi, il valore più alto si riscontra in Calabria (30%), seguita da due regioni non caratterizzate da radicamento mafioso; si tratta del Molise (28%) e del Lazio (29%). Tornano ad aumentare le infrazioni accertate dalle Forze dell’ordine riferibili all’intero ciclo illegale del cemento: sono state 7.038 nel corso del 2006, con un incremento di circa l’8% rispetto al 2005; un dato che risente del numero, crescente, di cave e attività estrattive illegali sequestrate. Nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa si riscontra quasi la metà (49%) delle illegalità “cementizie”, con la Campania al primo posto, seguita da Calabria, Sicilia e Puglia. Sono ancora le stesse quattro regioni ad occupare le prime posizioni della classifica dell’abusivismo edilizio costiero in Italia. In questi territori si è consumato quasi il 61% delle violazioni accertate dalle Forze dell’ordine ed è stato effettuato ben il 63% dei sequestri. Il giro d'affari proveniente dall’attività di contraffazione nel nostro Paese è stato valutato tra i 3,5 e i 7 miliardi di euro, di cui il 70% si riferisce al Mezzogiorno. In tale 58 ripartizione, il settore più importante è quello della moda, con un fatturato di 2,55 miliardi di euro, pari a oltre la metà del totale; seguono elettronica (1,05 miliardi), giocattoli (0,49), beni di consumo (0,35), farmaci e cosmetici (0,35). Tab. 1. Delitti denunciati all'Autorità giudiziaria dalle forze dell'ordine nel periodo 1990-2005 Anni 1990 842.694 1.658.946 2.501.640 - - - 1991 905.247 1.742.490 2.647.737 7,4 5,0 5,8 1992 789.322 1.601.217 2.390.539 -12,8 -8,1 -9,7 1993 733.162 1.526.741 2.259.903 -7,1 -4,7 -5,5 1994 742.903 1.430.545 2.173.448 1,3 -6,3 -3,8 1995 742.585 1.524.903 2.267.488 0,0 6,6 4,3 1996 732.076 1.690.915 2.422.991 -1,4 10,9 6,9 1997 742.963 1.697.791 2.440.754 1,5 0,4 0,7 1998 744.474 1.681.274 2.425.748 0,2 -1,0 -0,6 1999 723.163 1.650.803 2.373.966 -2,9 -1,8 -2,1 2000 692.324 1.513.458 2.205.782 -4,3 -8,3 -7,1 2001 655.573 1.508.247 2.163.820 -5,3 -0,3 -1,9 2002 664.902 1.566.648 2.231.550 1,4 3,9 3,1 2003 748.112 1.708.775 2.456.887 12,5 9,1 10,1 2004 (a) 686.203 1.731.513 2.417.716 - - - 2005 (a) 717.536 1.861.588 2.579.124 4,6 7,5 6,7 (a) I dati relativi agli anni 2004 e 2005 non sono omogenei rispetto a quelli degli anni precedenti a causa delle profonde modifiche apportate nel sistema di rilevazione nonché per variazioni nell'universo di rilevazione. Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. Dati assoluti Var. % su anno precedente Mezzo- giorno Centro-Nord Italia Mezzo- giorno Centro- Nord Italia Tab. 2. Delitti denunciati all'autorità giudiziaria dalle forze dell'ordine nel 2005, per ripartizione territoriale Omicidi volontari consumati 346 255 601 1,7 0,7 1,0 -15,6 -16,1 -15,8 Tentati omicidi 765 722 1.487 3,7 1,9 2,5 8,7 0,1 4,4 Lesioni dolose 18.337 38.292 56.629 88,3 100,8 96,4 9,9 9,0 9,3 Violenze sessuali 1.086 2.934 4.020 5,2 7,7 6,8 -0,3 10,9 7,7 Sfruttam. e favoregg. prostituzione 279 1.129 1.408 1,3 3,0 2,4 -5,7 4,7 2,5 Furti 371.683 1.132.029 1.503.712 1.790,4 2.979,7 2.559,4 -0,2 3,5 2,5 Rapine 23.785 22.150 45.935 114,6 58,3 78,2 -2,4 1,2 -0,7 Estorsioni 2.955 2.604 5.559 14,2 6,9 9,5 5,9 -53,7 2,7 Usura 209 184 393 1,0 0,5 0,7 3,5 -6,1 -1,3 Sequestri di persona a scopo estorsivo 180 188 368 0,9 0,5 0,6 252,9 82,5 139,0 Ass. a delinquere (art. 416 C.P.) 653 599 1.252 3,1 1,6 2,1 16,8 -27,9 -9,9 Ass. di tipo mafioso (art. 416bis C.P.) 140 13 153 0,7 .. 0,3 10,2 18,2 10,9 Incendi 6.325 6.221 12.546 30,5 16,4 21,4 -5,5 10,3 1,7 Truffe e frodi informatiche 30.747 59.776 90.523 148,1 157,3 154,1 34,6 37,6 36,5 Ricettazione 12.248 18.547 30.795 59,0 48,8 52,4 -1,4 -3,8 -2,8 Prod., comm., ecc. di stupefacenti 10.218 21.841 32.059 49,2 57,5 54,6 12,8 4,0 6,7 Altri delitti 237.472 554.212 791.684 1.143,9 1.458,8 1.347,5 4,2 11,1 8,5 Totale 717.536 1.861.588 2.579.124 3.456,3 4.900,0 4.389,9 4,6 7,5 6,7 Fonte : Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT e Ministero Interno. ItaliaDelitti Dati assoluti Per 100.000 abitanti Variazioni % 2004-2005 Mezzo- giorno Centro- Nord Italia Mezzo- giorno Centro- Nord Italia Mezzo- giorno Centro- Nord 59 Tab. 3. Delitti denunciati all'autorità giudiziaria dalle forze dell'ordine nel 2005 e variazioni sul 2004, per regione N. Var. % N. Var. % N. Var. % N. Var. % Piemonte 29 -14,7 3.446 -10,7 67 -5,6 374 -4,6 Valle d'Aosta 0 -100,0 24 14,3 1 - 3 -40,0 Lombardia 65 -28,6 6.943 3,1 85 57,4 642 5,6 Trentino A.A. 2 -33,3 149 7,2 8 100,0 52 18,2 Veneto 33 6,5 1.732 -11,8 6 -66,7 232 -3,3 Friuli V.G. 6 -50,0 275 1,1 8 166,7 57 -13,6 Liguria 12 -14,3 873 1,2 22 175,0 93 -19,1 Emilia Romagna 27 -12,9 2.389 1,1 36 111,8 317 10,8 Toscana 25 -13,8 1.537 8,4 35 45,8 303 11,4 Umbria 5 -16,7 291 29,9 2 -84,6 55 -25,7 Marche 5 -16,7 407 6,0 11 10,0 102 -8,1 Lazio 46 7,0 4.084 11,9 28 64,7 374 -8,8 Abruzzo 10 100,0 417 -10,7 9 -10,0 155 23,0 Molise 5 66,7 43 -17,3 2 100,0 36 -5,3 Campania 128 -28,1 15.798 -0,4 67 -23,0 956 5,3 Puglia 35 -27,1 2.353 -13,8 68 78,9 635 2,1 Basilicata 5 -28,6 59 -6,3 3 200,0 56 40,0 Calabria 69 -9,2 768 13,4 30 -18,9 351 15,1 Sicilia 70 7,7 3.883 -3,6 38 22,6 668 6,4 Sardegna 24 -14,3 464 -6,6 12 -14,3 98 -20,3 Centro-Nord 255 -16,1 22.150 1,2 309 29,3 2.604 -0,7 - Nord-Ovest 106 -16,5 11.286 -1,6 175 31,6 1.112 -0,7 - Nord-Est 68 -10,5 4.545 -4,1 58 38,1 658 3,5 - Centro 81 -12,0 6.319 11,3 76 18,8 834 -3,8 Mezzogiorno 346 -15,6 23.785 -2,4 229 4,6 2.955 5,9 Italia 601 -15,8 45.935 -0,7 538 17,5 5.559 2,7 Fonte : Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. EstorsioniRegioni Omicidi volontari Rapine Attentati 60 16. L’attrazione degli investimenti esteri Nel 2005, i flussi di investimenti diretti esteri (IDE) in entrata nel nostro Paese hanno raggiunto i 20 miliardi di dollari, a fronte dei 16,8 dell’anno precedente. Secondo le stime Unctad (United Nations Conference on Trade and Development) anche nel 2006 gli IDE in entrata in Italia hanno segnato un ulteriore, sensibile aumento (di circa il 50% rispetto al 2005). Questa positiva performance non è certo riuscita a compensare il forte gap d’internazionalizzazione che ancora separa l’Italia dai principali paesi avanzati. Negli anni 2000-2005, l’Italia ha ricevuto il 4,2% dei flussi di IDE in entrata nella Ue, cioè meno di un terzo di quelli ricevuti dalle principali economie europee (come Gran Bretagna, Francia o Germania) e poco più della metà di Olanda e Spagna. Il rapporto tra IDE e PIL si attesta, in Italia, all’1,2% a fronte del 4% della media Ue, mentre quello tra IDE e investimenti pone il Paese nettamente al di sotto della media europea e in coda ai principali competitori internazionali. Le regioni del Mezzogiorno hanno ricevuto nel 2006 appena lo 0,66% degli IDE (lordi) in entrata in Italia (v. Tab. 1). Secondo i dati forniti dall’Ufficio Italiano dei Cambi, gli IDE si concentrano, infatti, nel Nord, in cui spicca la performance della Lombardia che, con oltre il 68% degli IDE, si conferma come la regione con maggiore capacità attrattiva del Paese. Seguono il Piemonte con l’11,4% e il Lazio con poco meno dell’8%. Il confronto con i dati relativi al 2005, mostra un consistente incremento dei flussi in entrata nel Paese (25%), dovuta in larga misura all’aumento registrato nelle regioni del Nord del Paese. Nel Mezzogiorno, nel 2006, i maggiori incrementi si sono registrati in Calabria, in cui i flussi sono più che triplicati rispetto a quelli ricevuti nel 2005 (grazie al risultato della provincia di Cosenza), e in Sardegna; queste due regioni, come le altre meridionali, tuttavia, rappresentano una quota marginale (in termini assoluti) del totale dei flussi. È da osservare che, al netto dei disinvestimenti, il Mezzogiorno ha registrato nel 2006 un saldo negativo dei flussi (Tab. 2). Profonde differenze regionali emergono anche dall’analisi delle imprese italiane partecipate dall’estero, pari nel 2005 a 7.181 aziende, con oltre 920 addetti (v. Tabb. 3 e 4). La quasi totalità di queste imprese, (il 94,8%, corrispondente a 6.810 aziende) aveva sede nelle regioni del Centro-Nord. Esse occupavano il 93% degli addetti totali e producevano un fatturato pari al 95% di quello delle imprese italiane partecipate dall’estero (v. Tab. 5). In Lombardia, si concentravano oltre il 50%, delle imprese, e il 46% dell’occupazione e del fatturato. Seguivano il Piemonte con il 9,5% delle imprese, l’Emilia-Romagna e il Veneto, rispettivamente con l’8% e il 6%, mentre tra le regioni del Centro, era nel Lazio che si contava il maggior numero d’imprese e di addetti (540 imprese partecipate per quasi 92.000 addetti). Nel Mezzogiorno avevano sede solo 371 imprese che occupavano 61.663 dipendenti. La regione meridionale con maggior numero d’imprese risultava la Campania (118 imprese), seguita dall’Abruzzo (67) e dalla Sicilia (54). Rispetto al 2001, il numero d’imprese è cresciuto in ambo le ripartizioni territoriali. Nel Centro-Nord la crescita del numero d’imprese si è accompagnata con quella degli addetti (di 8.214 unità); nel Mezzogiorno, invece, all’aumento delle imprese (41 in più nel periodo esaminato), ha corrisposto una contrazione dell’occupazione di quasi 500 addetti. Differenze tra Mezzogiorno e Centro-Nord possono essere rilevate anche sotto il profilo dei settori interessati dalle partecipazioni estere. Mentre nel Centro-Nord è il 61 commercio all’ingrosso ad essere il comparto con il maggior numero d’imprese partecipate (2.663), nel Mezzogiorno è quello manifatturiero il comparto numericamente più importante (184 imprese). In quest’area, gli occupati nell’industria manifatturiera sono poco meno di 49.000, corrispondente al 79% degli addetti alle imprese meridionali con partecipazioni estere. Tab. 1. Investimenti diretti esteri (a) nelle regioni italiane 2005 e 2006 Ass. % Piemonte 18.856.070 17.392.351 -1.463.719 -7,8 11,36 Valle d’Aosta 3.835 1.292 -2.543 -66,3 0,00 Lombardia 84.986.699 104.464.729 19.478.030 22,9 68,21 Trentino Alto Adige 200.837 744.712 543.875 270,8 0,49 Veneto 5.293.644 6.356.404 1.062.760 20,1 4,15 Friuli Venezia Giulia 119.177 182.567 63.390 53,2 0,12 Liguria 619.756 1.074.358 454.602 73,4 0,70 Emilia Romagna 3.004.748 5.735.505 2.730.757 90,9 3,75 Toscana 4.370.503 2.916.814 -1.453.689 -33,3 1,90 Umbria 1.182.322 1.189.123 6.801 0,6 0,78 Marche 62.310 55.632 -6.678 -10,7 0,04 Lazio 7.513.904 12.010.842 4.496.938 59,8 7,84 Abruzzo 71.284 98.161 26.877 37,7 0,06 Molise 180.097 21.313 -158.784 -88,2 0,01 Campania 305.358 245.991 -59.367 -19,4 0,16 Puglia 120.067 247.269 127.202 105,9 0,16 Basilicata 188.778 246.100 57.322 30,4 0,16 Calabria 8.969 29.963 20.994 234,1 0,02 Sicilia 54.542 30.135 -24.407 -44,7 0,02 Sardegna 29.320 97.674 68.354 233,1 0,06 Centro-Nord 126.213.805 152.124.329 25.910.524 20,5 99,34 Mezzogiorno 958.415 1.016.606 58.191 6,1 0,66 Italia 127.172.220 153.140.935 25.968.715 20,4 100,00 Non indicata 7.944.259 7.215.967 - - - (a) Flussi in migliaia di euro. Flussi lordi. Fonte : Elaborazioni SVIMEZ su dati Ufficio Italiano dei Cambi. IDE in % Italia Regioni e circoscrizioni IDE 2005 IDE 2006 Variazione 62 T a b . 2 . In v e s t im e n ti d ire tt i e s te r i e d is in v e s t im e n t i (a ) , 2 0 0 6 P ie m o n te 1 7 .3 9 2 .3 5 1 1 2 .5 6 5 .3 6 8 4 .8 2 6 .9 8 3 V a lle d ’A o s ta 1 .2 9 2 1 6 4 1 .1 2 8 L o m b a rd ia 1 0 4 .4 6 4 .7 2 9 1 0 1 .1 5 7 .8 0 9 3 .3 0 6 .9 2 0 T re n t in o A lto A d ig e 7 4 4 .7 1 2 5 7 0 .7 5 1 1 7 3 .9 6 1 V e n e to 6 .3 5 6 .4 0 4 5 .0 5 7 .2 6 3 1 .2 9 9 .1 4 1 F r iu l i V e n e z ia G iu l ia 1 8 2 .5 6 7 1 3 .0 6 9 1 6 9 .4 9 8 L ig u r ia 1 .0 7 4 .3 5 8 1 5 5 .2 2 0 9 1 9 .1 3 8 E m il ia R o m a g n a 5 .7 3 5 .5 0 5 5 .2 2 0 .8 4 5 5 1 4 .6 6 0 T o s c a n a 2 .9 1 6 .8 1 4 2 .9 8 0 .8 9 3 -6 4 .0 7 9 U m b r ia 1 .1 8 9 .1 2 3 1 .3 7 6 .1 2 0 -1 8 6 .9 9 7 M a rc h e 5 5 .6 3 2 3 7 .1 2 9 1 8 .5 0 3 L a z io 1 2 .0 1 0 .8 4 2 5 .1 7 8 .5 8 3 6 .8 3 2 .2 5 9 A b ru z z o 9 8 .1 6 1 3 6 .9 8 1 6 1 .1 8 0 M o lis e 2 1 .3 1 3 7 7 7 .2 5 8 -7 5 5 .9 4 5 C a m p a n ia 2 4 5 .9 9 1 7 8 .9 3 5 1 6 7 .0 5 6 P u g lia 2 4 7 .2 6 9 1 0 2 .7 8 1 1 4 4 .4 8 8 B a s i l ic a ta 2 4 6 .1 0 0 3 9 9 .0 2 5 -1 5 2 .9 2 5 C a la b r ia 2 9 .9 6 3 7 .6 9 5 2 2 .2 6 8 S ic i l ia 3 0 .1 3 5 3 8 .0 1 6 -7 .8 8 1 S a rd e g n a 9 7 .6 7 4 3 .6 6 9 9 4 .0 0 5 C e n tro -N o rd 1 5 2 .1 2 4 .3 2 9 1 3 4 .3 1 3 .2 1 4 1 7 .8 1 1 .1 1 5 M e z z o g io rn o 1 .0 1 6 .6 0 6 1 .4 4 4 .3 6 0 -4 2 7 .7 5 4 I ta l ia 1 5 3 .1 4 0 .9 3 5 1 3 5 .7 5 7 .5 7 4 1 7 .3 8 3 .3 6 1 (a ) F lu s s i in m ig l ia ia d i e u ro . F o n te : E la b o ra z io n i S V IM E Z s u d a t i U f f ic io I ta l ia n o d e i C a m b i. R e g io n i e c ir c o s c r iz io n i ID E 2 0 0 6 D is in v e s t im e n t i 2 0 0 6 ID E n e t t i Tab. 3. Numero di imprese a partecipazione estera per regione (a) 2001 2004 2005 2001 2004 2005 Piem onte 583 663 684 8,7 9,4 9,5 Valle d 'Aosta 10 11 12 0,1 0,2 0,2 Lombardia 3.539 3.700 3.719 52,9 52,2 51,8 Trentino Alto Adige 142 140 140 2,1 2,0 1,9 Veneto 411 429 434 6,1 6,1 6,0 Friuli Venezia G iulia 111 118 127 1,7 1,7 1,8 Liguria 159 177 180 2,4 2,5 2,5 Emilia Rom agna 526 563 565 7,9 7,9 7,9 Toscana 289 307 308 4,3 4,3 4,3 Umbria 47 49 48 0,7 0,7 0,7 Marche 49 51 53 0,7 0,7 0,7 Lazio 493 531 540 7,4 7,5 7,5 Abruzzo 66 68 67 1,0 1,0 0,9 Molise 10 10 11 0,1 0,1 0,2 Campania 108 112 118 1,6 1,6 1,6 Puglia 39 40 47 0,6 0,6 0,7 Basilicata 21 22 23 0,3 0,3 0,3 Calabria 11 14 15 0,2 0,2 0,2 Sicilia 44 47 54 0,7 0,7 0,8 Sardegna 30 34 36 0,4 0,5 0,5 Centro-Nord 6.359 6.739 6.810 95,1 95,1 94,8 Mezzogiorno 329 347 371 4,9 4,9 5,2 Ita lia 6.688 7.086 7.181 100,0 100,0 100,0 (a) Si considera la regione in cui l'impresa ha la sede principale; i dati si riferiscono al 1° gennaio di ciascuno degli anni considerati. Fonte: E laborazioni Svimez su dati Banca Dati REPRINT, ICE – Politecnico di Milano. Regioni e circoscrizioni Partecipazioni totali Valori percentuali 63 T a b . 4 . N u m e ro d i a d d e t t i a l le im p re s e a p a r te c ip a z io n e e s te ra p e r re g io n e (a ) 2 0 0 1 2 0 0 4 2 0 0 5 2 0 0 1 2 0 0 4 2 0 0 5 P ie m o n te 1 5 3 .2 1 4 1 4 4 .7 7 9 1 4 3 .8 9 9 1 6 ,8 1 5 ,6 1 5 ,6 V a lle d 'A o s ta 2 .8 7 2 3 .1 1 2 3 .1 6 3 0 ,3 0 ,3 0 ,3 L o m b a rd ia 4 1 6 .8 8 0 4 3 6 .0 4 5 4 2 7 .4 9 8 4 5 ,7 4 7 ,0 4 6 ,4 T re n t in o A lto A d ig e 1 3 .9 3 6 1 3 .7 8 3 1 3 .7 6 0 1 ,5 1 ,5 1 ,5 V e n e to 4 4 .7 8 6 4 5 .6 9 1 4 3 .7 1 7 4 ,9 4 ,9 4 ,7 F r iu l i V e n e z ia G iu l ia 2 0 .2 5 2 2 1 .6 0 5 2 3 .2 2 3 2 ,2 2 ,3 2 ,5 L ig u r ia 1 9 .9 7 9 1 9 .0 0 3 1 8 .8 6 3 2 ,2 2 ,0 2 ,0 E m il ia R o m a g n a 5 4 .8 9 2 5 4 .8 6 5 5 3 .1 7 7 6 ,0 5 ,9 5 ,8 T o s c a n a 3 0 .8 3 7 2 8 .4 5 9 2 8 .5 8 3 3 ,4 3 ,1 3 ,1 U m b r ia 7 .6 6 4 6 .8 6 3 6 .2 3 1 0 ,8 0 ,7 0 ,7 M a rc h e 4 .3 7 0 4 .3 5 4 4 .9 1 3 0 ,5 0 ,5 0 ,5 L a z io 8 1 .0 1 6 8 8 .7 3 5 9 1 .8 8 5 8 ,9 9 ,6 1 0 ,0 A b ru z z o 2 1 .6 8 0 1 9 .7 1 2 2 0 .2 4 9 2 ,4 2 ,1 2 ,2 M o lis e 4 9 6 4 7 9 4 8 0 0 ,1 0 ,1 0 ,1 C a m p a n ia 1 4 .1 4 3 1 3 .7 6 6 1 4 .1 5 2 1 ,5 1 ,5 1 ,5 P u g lia 1 0 .0 0 0 7 .2 4 7 7 .3 1 4 1 ,1 0 ,8 0 ,8 B a s il ic a ta 7 .3 9 4 6 .1 7 3 6 .2 0 1 0 ,8 0 ,7 0 ,7 C a la b r ia 8 8 1 1 .1 1 4 1 .1 1 7 0 ,1 0 ,1 0 ,1 S ic i l ia 3 .1 9 9 4 .8 5 7 5 .3 8 7 0 ,4 0 ,5 0 ,6 S a rd e g n a 4 .3 4 3 6 .7 2 3 6 .7 6 3 0 ,5 0 ,7 0 ,7 C e n tro -N o rd 8 5 0 .6 9 8 8 6 7 .2 9 4 8 5 8 .9 1 2 9 3 ,2 9 3 ,5 9 3 ,3 M e z z o g io rn o 6 2 .1 3 6 6 0 .0 7 1 6 1 .6 6 3 6 ,8 6 ,5 6 ,7 I ta l ia 9 1 2 .8 3 4 9 2 7 .3 6 5 9 2 0 .5 7 5 1 0 0 ,0 1 0 0 ,0 1 0 0 ,0 (a ) V e d i n o ta c o r r is p o n d e n te T a b .3 . F o n te : V e d i T a b . 3 . R e g io n i e c ir c o s c r iz io n i A d d e t t i V a lo r i p e rc e n tu a li Tab. 5. Fatturato delle imprese a partecipazione estera per regione (a) 2001 2004 2005 2001 2004 2005 Piemonte 44.880 47.265 47.950 13,4 13,0 12,5 Valle d'Aosta 772 835 1.055 0,2 0,2 0,3 Lombardia 158.926 171.355 176.945 47,6 47,0 46,3 Trentino Alto Adige 4.088 4.318 4.626 1,2 1,2 1,2 Liguria 5.752 7.649 8.660 1,7 2,1 2,3 Veneto 17.114 18.072 18.042 5,1 5,0 4,7 Friuli Venezia Giulia 5.714 6.168 6.814 1,7 1,7 1,8 Emilia Romagna 15.660 17.285 20.089 4,7 4,7 5,3 Toscana 10.624 10.357 10.881 3,2 2,8 2,8 Umbria 2.804 2.739 3.063 0,8 0,8 0,8 Marche 955 1.124 1.427 0,3 0,3 0,4 Lazio 48.001 59.186 63.745 14,4 16,2 16,7 Abruzzo 5.872 6.167 6.320 1,8 1,7 1,7 Molise 82 82 87 0,0 0,0 0,0 Campania 4.330 3.953 4.139 1,3 1,1 1,1 Puglia 3.233 1.992 2.285 1,0 0,5 0,6 Basilicata 2.728 2.376 2.435 0,8 0,7 0,6 Calabria 122 156 165 0,0 0,0 0,0 Sicilia 884 1.184 1.269 0,3 0,3 0,3 Sardegna 1.360 2.121 2.271 0,4 0,6 0,6 Centro-Nord 315.290 346.353 363.297 94,4 95,1 95,0 Mezzogiorno 18.611 18.031 18.970 5,6 4,9 5,0 Italia 333.901 364.384 382.267 100,0 100,0 100,0 (a) Vedi nota corrispondente Tab.3. Fonte: Vedi Tab. 3. Regioni e circoscrizioni Fatturato (milioni di euro) Valori percentuali 64 17. La ripresa dell’industrializzazione 1. La crescente apertura agli scambi internazionali, l’effetto più visibile e pervasivo della globalizzazione, ha innescato un processo di selezione tra imprese eterogenee in termini di produttività, determinando l’uscita delle imprese meno dinamiche e la riallocazione di quote di mercato a favore di quelle più efficienti. L’impatto più evidente, sulla struttura produttiva, derivante dalla maggiore complessità dell’attività internazionale è la rinnovata centralità della “questione dimensionale”. Una maggiore competitività presuppone infatti la re-integrazione, all’interno dei confini dell’impresa (specialmente a monte), di fasi in precedenza abbandonate, allo scopo di migliorare il controllo della produzione lungo un arco più ampio possibile della filiera. In tale prospettiva, la posizione del Mezzogiorno appare relativamente più debole. Nel 2004, in base ai dati più recenti tratti dall’archivio ASIA e con riferimento all’industria in senso stretto, la dimensione caratteristica meridionale è risultata pari a 21,8 addetti per u.l. a fronte dei 31,3 nel Centro-Nord. Con riferimento ai c.d. settori tradizionali, in cui è ricompresa circa il 48,0% dell’intera occupazione manifatturiera meridionale, la situazione appare più grave. La dimensione caratteristica nel comparto dei tradizionali meridionale, oltre a far segnare il valore assoluto più contenuto, 14,7 add. per u.l., presenta il differenziale, rispetto al medesimo valore relativo all’altra area, relativamente più ampio, pari a circa 37 punti percentuali (v. Tab. 1). Nel Sud, quindi, la frammentazione dell’offerta è assai più accentuata. Conseguentemente, il principale vantaggio competitivo delle aziende meridionali è costituito da un’elevata flessibilità operativa conseguita tramite una struttura - sotto il profilo dimensionale - “ridotta all’osso”, ed essenzialmente concentrata sul manufacturing a scapito delle funzioni aziendali “a monte” ed “a valle” del processo produttivo vero e proprio. Sono queste ultime le fasi, all’interno della catena del valore, oggi maggiormente redditizie, in quanto meno aggredibili dai nuovi competitors stranieri. La loro limitata presenza, nel Mezzogiorno, è di ostacolo alla possibilità di conseguire quegli avanzamenti competitivi indispensabili per inserirsi stabilmente nei flussi del commercio estero. Alla luce di dette considerazioni, la netta divergenza riscontrata sia nella performance di export tra le due macro-aree che in quella di prodotto, a vantaggio del Centro-Nord, riscontrata a partire dalla metà del 2005 evidenzia come sia solo quest’ultima area ad aver avviato un processo di transizione verso una struttura industriale - sotto il profilo dimensionale, organizzativo, della profittabilità - maggiormente simile a quella da tempo prevalente nei paesi capitalistici avanzati. 2. L’importanza della “questione dimensionale” può desumersi, indirettamente, da un altro dato. Durante la lunga fase di ristrutturazione attraversata dall’industria italiana (2001-2005) i vantaggi comparati detenuti da quella meridionale si sono progressivamente concentrati nei settori di scala caratterizzati dalla presenza di relativamente poche grandi imprese (oltre 500 addetti) a controllo, in prevalenza, esterno all’area. Nel 2006, ad esempio, la percentuale di vendite all’estero attribuibile ai settori di scala meridionali sull’export totale manifatturiero è risultata pari al 59%; nel 1997 era di poco inferiore al 50%. Presenze qualitativamente significative si riscontrano, sempre in riferimento alle grandi imprese, anche nelle produzione high- 65 tech. In molti casi, le imprese di grandi dimensioni localizzate nel Mezzogiorno costituiscono il retaggio della fase di più intensa industrializzazione sperimentata dall’area a metà degli anni ’60. Il controllo di tali unità è, nella quasi totalità dei casi, esterno all’area (v. Tab. 2). Le principali branche in cui operano le imprese di maggiori dimensioni sono la siderurgia a ciclo integrale (Ilva in Puglia), l’industria petrolchimica e della chimica di base (Saras in Sardegna, Erg, Esso e Eni in Sicilia, ecc.), l’industria automobilistica e della sua componentistica, dei veicoli industriali e commerciali (ad esempio, la Fiat a Melfi), l’industria aeronautica, aerospaziale e dell’avionica (Alenia Aeronautica in Puglia, Alcatel Alenia Space Italia e Galileo Avionica in Sicilia), l’industria energetica (Enel, Edison, Sorgenia, Enipower), l’industria informatica e della comunicazione (STMicroelectronis e Nokia in Sicilia). Più in generale, l’importanza, oggi, della presenza di un nucleo consistente di grandi imprese nasce dal fatto che esse possono determinare l’avvio di interdipendenze sistemiche ed esternalità positive per il resto dell’economia; circostanza, quest’ultima, che sfortunatamente presenta una limitata rilevanza - oggi - nel Mezzogiorno. Peraltro, è la possibilità stessa di coniugare i vantaggi delle economie di scala con quelli della flessibilità che spinge, in diverse aree, a rapporti di complementarietà tra grandi e piccole imprese. Oggi, infatti, la grande impresa è sempre meno un’unità tecnica e sempre più un’unità di governance su una molteplicità di imprese che sono collegate, a vario titolo, alla grande. Tab. 1. Indica to ri d im ensionali de ll'industria m anifatturie ra e de ll'industria in senso stre tto, per ripartizione 2004 (a ) M ed ia M ezz. in % M edia M ezz. in % M edia entrop ica C entro -N ord entrop ica C entro-N ord entropica C om parto M an ifa ttu riero 35 ,0 87 ,8 0 ,82 27,1 76,0 0,79 - - A lta Tecno log ia 145,3 113,9 0 ,94 106,6 91,3 0,94 - - S ettori S pecia lizza ti 80 ,7 132,2 0 ,87 46,5 87,0 0,82 - - S ettori d i S cala 79 ,4 145,0 0 ,87 44,9 126,1 0,84 - - S ettori T rad iz ionali 14 ,0 60 ,9 0 ,67 14,7 62,5 0,68 - Industria in senso stre tto - - - - - - 21 ,8 C om parto M an ifa ttu riero 39 ,9 - 0 ,76 35,7 - 0,75 - - A lta Tecno log ia 127,6 - 0 ,90 116,7 - 0,90 - - S ettori S pecia lizza ti 61 ,1 - 0 ,77 53,5 - 0,77 - - S ettori d i S cala 54 ,8 - 0 ,79 35,6 - 0,73 - - S ettori T rad iz ionali 23 ,0 - 0 ,68 23,5 - 0,69 - Industria in senso stre tto - - - - - - 31 ,3 (a ) C a lcola to su dati A rch ivio As ia . M ezzog io rno C entro-N ord Fonte : E laborazion i S VIM EZ su da ti de i C ensim enti. 1991 2001 Ind ice J Ind ice J 66 Ta b . 2 . A dd e tti e un ità loc a li n e ll'in du s tr ia m a n ifa ttu r ie ra , ne lle un ità loc a li s u pe rio ri a i 5 00 a dd e tti, a i C en s im en ti d e l 1 99 1e d e l 2 00 1 T o ta le To ta le 50 0 e o ltre 5 00 e o ltre C en tro -N o rd 2 31 .02 5 28 0 .2 02 5 11 .2 27 18 9 .9 94 1 59 .4 36 34 9 .43 0 - A lta Te cn o lo g ia 42 .13 3 4 5 .2 52 87 .3 85 3 6 .6 64 37 .8 88 7 4 .55 2 - S e tto r i S pe c ia lizza ti 78 .53 6 6 1 .4 34 1 39 .9 70 5 9 .3 43 45 .2 26 10 4 .56 9 - S e tto r i d i S c a la 59 .20 0 13 6 .8 21 1 96 .0 21 4 6 .8 77 54 .7 54 10 1 .63 1 - S e tto r i T ra d iz io na li 51 .15 6 3 6 .6 95 87 .8 51 4 7 .1 10 21 .5 68 6 8 .67 8 M e zzo g io rn o 53 .49 9 6 2 .9 59 1 16 .4 58 4 2 .4 50 33 .3 23 7 5 .77 3 - A lta Te cn o lo g ia 6 .28 2 7 .2 62 13 .5 44 5 .9 05 4 .6 66 1 0 .57 1 - S e tto r i S pe c ia lizza ti 14 .99 3 1 9 .4 60 34 .4 53 1 2 .0 48 4 .9 55 1 7 .00 3 - S e tto r i d i S c a la 22 .18 6 3 3 .0 77 55 .2 63 1 7 .9 11 18 .1 42 3 6 .05 3 - S e tto r i T ra d iz io na li 10 .03 8 3 .1 60 13 .1 98 6 .5 86 5 .5 60 1 2 .14 6 Ita lia 2 84 .52 4 34 3 .1 61 6 27 .6 85 23 2 .4 44 1 92 .7 59 42 5 .20 3 - A lta Te cn o lo g ia 48 .41 5 5 2 .5 14 1 00 .9 29 4 2 .5 69 42 .5 54 8 5 .12 3 - S e tto r i S pe c ia lizza ti 93 .52 9 8 0 .8 94 1 74 .4 23 7 1 .3 91 50 .1 81 12 1 .57 2 - S e tto r i d i S c a la 81 .38 6 16 9 .8 98 2 51 .2 84 6 4 .7 88 72 .8 96 13 7 .68 4 - S e tto r i T ra d iz io na li 61 .19 4 3 9 .8 55 1 01 .0 49 5 3 .6 96 27 .1 28 8 0 .82 4 C en tro -N o rd 31 5 1 29 4 44 2 63 88 35 1 - A lta Te cn o lo g ia 5 6 23 79 44 23 6 7 - S e tto r i S pe c ia lizza ti 10 5 41 1 46 83 27 11 0 - S e tto r i d i S c a la 7 7 41 1 18 64 24 8 8 - S e tto r i T ra d iz io na li 7 7 24 1 01 72 14 8 6 M e zzo g io rn o 6 2 26 88 45 14 5 9 - A lta Te cn o lo g ia 9 3 12 7 3 1 0 - S e tto r i S pe c ia lizza ti 1 6 11 27 17 3 2 0 - S e tto r i d i S c a la 2 2 9 31 10 4 1 4 - S e tto r i T ra d iz io na li 1 5 3 18 11 4 1 5 Ita lia 37 7 1 55 5 32 3 08 1 02 41 0 - A lta Te cn o lo g ia 6 5 26 91 51 26 7 7 - S e tto r i S pe c ia lizza ti 12 1 52 1 73 1 00 30 13 0 - S e tto r i d i S c a la 9 9 50 1 49 74 28 10 2 - S e tto r i T ra d iz io na li 9 2 27 1 19 83 18 10 1 F o n te : E la bo ra zio n i S V IM E Z s u d a ti d e i C en s im en ti. 5 00 -9 99 10 00 e o ltre 50 0 -99 9 1 00 0 e o ltre A d de tti 19 91 A d de tti 2 00 1 U n ità lo ca li 19 91 U n ità loc a li 2 00 1 67 18. La logistica: il caso di Gioia Tauro Il progetto del porto industriale di Gioia Tauro nasce nel 1972 come supporto al progetto del V Centro Siderurgico e viene completato dieci anni dopo. La megastruttura portuale viene riconvertita a scalo polifunzionale nei primi anni ‘80, per diventare terminal carbonifero a supporto di una centrale a carbone dell’Enel che avrebbe dovuto sostituire il Centro siderurgico, progetto di fatto mai decollato. Solo successivamente Gioia Tauro diventa porto hub di transhipment: nel luglio 1994 iniziano i primi lavori di ammodernamento, con il sostegno economico determinante dei Fondi strutturali. Pochi anni dopo, nel 1998, Gioia Tauro diventa il più importante terminal nel Mediterraneo per movimentazione di container. Nel 2004 il porto tocca il livello massimo di 3,2 milioni di TEU transitate. In seguito all’apertura del nuovo terminal di Porto Said in Egitto, nel 2005 e 2006 i volumi di traffico sono diminuiti, per poi registrare una nuova espansione nella prima metà del 2007. Nei primi cinque mesi di quest’anno infatti i volumi di traffico sono aumentati del 30% rispetto al 2006, con la prospettiva di raggiungere entro la fine dell’anno un altro record stimabile in 3,8 milioni di TEU in transito. La caratteristica di porto hub pone Gioia Tauro in condizione di favorire lo sviluppo dei traffici del sistema portuale italiano. I quindici principali porti del nostro Paese sono infatti collegati al porto calabrese tramite navi feeder; nel 2006 oltre 360mila TEU di merci destinate o provenienti da altri porti italiani sono stati movimentati nel porto, a cui si aggiungono 90mila TEU instradate per ferrovia e 70mila via terra. Le capacità di trasporto delle merci su ferrovia e strada restano tuttavia ancora deboli per le carenze infrastrutturali extraportuali: appena il 3,2% delle merci è trasmesso via ferrovia e solo il 2,2% su strada. Per lo sviluppo di Gioia Tauro occorre quindi puntare sul potenziamento dell’assetto logistico dell’intera area (interporto, intermodalità, qualità della rete) e sull’ottimizzazione delle reti di collegamento con i sistemi intermodali ferroviari e autostradali. Occorre inoltre portare a compimento le grandi opere infrastrutturali di collegamento, quali l’asse autostradale e la velocizzazione e l’Alta Capacità della linea ferroviaria Salerno-Reggio Calabria. 68 19. La qualità nell’agroalimentare: le produzioni nel Mezzogiorno Prodotti di eccellenza qualitativa e a denominazione Nel Mezzogiorno, casi di successo nell’ambito dei “prodotti di eccellenza qualitativa e a denominazione” sono quelli rappresentati dalla Mozzarella di Bufala Campana e dai vini DOC (Denominazione di Origine Controllata), DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) e IGT (Indicazione Geografica Tipica). La Mozzarella di Bufala Campana è un prodotto DOP (Denominazione di Origine Protetta), riconosciuto a livello comunitario nel 1996 (Regolamento CE n. 1107/96). Una domanda crescente del prodotto e una politica comunitaria che ha puntato sul comparto, hanno dato origine ad una filiera nella quale sono impegnati oltre 3.000 imprenditori e 370 caseifici, e che a sua volta alimenta un indotto che vede impegnati nell’area DOP oltre 30 mila addetti. Nel 2006 sono state prodotte circa 33.000 tonnellate di Mozzarella di Bufala Campana DOP, che si colloca al quarto posto per produzione tra i formaggi DOP in Italia. Nel 2006, l’incremento della produzione del 10% rispetto al quantitativo del 2005 dimostra la presenza di un trend dell’offerta ancora positivo. Il fatturato espresso dal comparto nel 2006 è stato di circa 300 milioni di euro, con un aumento del 7% delle esportazioni. In generale, la commercializzazione del prodotto si realizza per l’84% sul mercato italiano, mentre i mercati esteri rappresentano il 16% della domanda. Il consumo presenta anche per il 2006 un incremento pari a circa il 10%. Quanto ai vini DOC, DOCG e IGT, nel 2006, le denominazioni registrate in Italia sono 477, 15 in più rispetto all’anno precedente. Circa il 67% (320) delle registrazioni sono DOC, il 26% (123) sono IGT e, infine, il 7% (34) è rappresentato da DOCG. Riguardo alla ripartizione geografica, nelle regioni del Sud sono presenti 108 dei vini a denominazione (il 23%) e 64 sono prodotti nelle Isole (13%). Inoltre, il Mezzogiorno è fra le circoscrizioni italiane quella dove si registra un’altissima incidenza delle IGT, contrariamente a quello che avviene nel Nord, che si conferma l’area con la percentuale maggiore di DOCG. A tale distribuzione nel Mezzogiorno fanno eccezione la Puglia e la Sicilia dove si registra una maggiore presenza di vini DOC e gli IGT, che rappresentano circa il 20% dei vini a denominazione. Il Mezzogiorno contribuisce per poco più del 40% alla produzione di vino italiano, ma la componente di qualità della produzione meridionale rappresenta una piccola quota di questa produzione e, di fatto, nel Mezzogiorno solo 3,2 milioni di ettolitri su poco meno di 22 milioni (il 15% della produzione) sono DOC o DOCG, mentre un altro 15% della quantità totale prodotta è costituito da vino IGT (v. Tab. 1). Queste stesse componenti nel Centro-Nord rappresentano rispettivamente il 43% ed il 33%. Nell’ambito del Mezzogiorno, le produzioni di vini DOC e DOCG quantitativamente più rilevanti sono in Abruzzo dove il vino a denominazione rappresenta il 33% della produzione regionale. Va sottolineato come, invece, in Sicilia, a fronte di una produzione regionale di poco meno di 7 milioni di ettolitri, la quantità di DOC e DOCG si attesta a soli 343 mila ettolitri. 69 Prodotti di qualità di più largo consumo L’ortofrutta meridionale rappresenta un settore esemplare tra le “produzioni di qualità di più largo consumo”. Nel Mezzogiorno viene realizzato circa il 55% della Produzione lorda vendibile del comparto ortofrutticolo nazionale. Dalle regioni del Sud proviene, infatti, buona parte della produzione orticola e pataticola italiana, il cui valore incide per circa il 60%. Alla Campania e alla Sicilia spetta la quasi totalità degli impianti agrumicoli. Per quanto riguarda le esportazioni agroalimentari, il settore della frutta, da solo, ha un’incidenza del 10% sul totale. I mercati esteri di sbocco privilegiati sono per l’80% quelli dell'Unione europea, con la sola Germania che copre una quota di ben il 40%, seguita a notevole distanza dalla Francia (10%) e dall’Inghilterra (7%). Nel mercato interno stanno cambiando i modelli di acquisto dei consumatori relativamente al segmento frutta e verdura ed un ruolo crescente sta assumendo la Grande Distribuzione Organizzata che ha coperto, nel 2005, una quota pari al 47% delle vendite totali. Non vi sono dati disponibili sulla dimensione del segmento dei “prodotti di qualità di più largo consumo” secondo una stima grossolana le regioni meridionali rappresentano il 24,5% (254 mila tonnellate circa) del totale della produzione di ortofrutta di qualità veicolata attraverso il dettaglio moderno italiano. La Sicilia e la Campania coprono circa il 20% dei flussi, realizzando ognuna il 10% circa dei trasferimenti; la Puglia, invece, copre solo il 2,5% dell’ortofrutta destinata alla GDO; le altre regioni meridionali considerate - ossia Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sardegna - mostrano un’incidenza inferiore all’1%. Tab. 1. Produzione di vino in Italia, per tipologia, nel 2004 Regioni Vino DOC-DOCG _______________________ ___ Vino IGT _______________________ ___ Vino totale ______________________ ___ (000 hl) % (000 hl) % (000 hl) % Abruzzo 1.183 7,1 183 1,3 3.585 6,7 Molise 230 1,4 0 0,0 328 0,6 Campania 223 1,3 250 1,8 1.878 3,5 Basilicata 27 0,2 25 0,2 201 0,4 Puglia 882 5,3 1.296 9,4 7.610 14,3 Calabria 53 0,3 12 0,1 485 0,9 Sicilia 343 2,1 1.404 10,1 6.964 13,1 Sardegna 261 1,6 193 1,4 943 1,8 Mezzogior no 3.202 19,3 3.363 24,3 21.994 41,4 Centro- Nord 13.361 80,7 10.476 75,7 31.139 58,6 - Nord 9.612 58,0 8.628 62,3 23.155 43,6 - Centro 3.749 26,7 1.848 13,4 7.984 15,0 Italia 16.563 100,0 13.839 100,0 53.133 100,0 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. 70 20. Istruzione e rendimento dell’investimento formativo Negli ultimi quindici anni il processo di scolarizzazione nel Mezzogiorno ha registrato notevoli progressi. Dal 1990 al 2006 il tasso di scolarità è cresciuto di quasi 30 punti, contro i 20 del Centro-Nord, recuperando quasi totalmente la situazione di svantaggio iniziale, assestandosi a quota 92,5% a fronte di una media nazionale del 92,4%. L’incremento è stato particolarmente sensibile nell’istruzione secondaria superiore, dove si contano 83 iscritti su 100 nella classe di età 14-18 anni residente nel Mezzogiorno. Un deciso incremento si è fatto sentire anche nell’istruzione terziaria: il 70% dei diplomati meridionali si iscrive all’Università (è il 75% al Centro-Nord), ma impiega più anni per conseguire la laurea. I fuori corso sono infatti nel Sud il 43,4%, a fronte del 35,7% del Centro-Nord (v. Tab. 1). Sul totale dei laureati (raddoppiati in rapporto alla popolazione negli ultimi dieci anni) è da rilevare inoltre che riguardo alle classi di studio continuano a prevalere materie letterarie, economiche e giuridiche. Una parte considerevole del capitale umano non è quindi impiegato direttamente in processi produttivi. I giovani tra i 20 e i 29 anni laureati in materie scientifiche sono il 7% al Sud e il 13% al Centro Nord (v. Fig. 1): una debolezza che nel Mezzogiorno, data la prevalenza di piccole industrie attive soprattutto nei settori tradizionali, è aggravata dal fatto di non incontrare comunque una domanda adeguata nel territorio, alimentando così l’emigrazione verso le aree del Paese più sviluppate. L’aumento generalizzato della scolarizzazione è andato di pari passo con l’attenuazione dei fenomeni di abbandono scolastico, che nel Mezzogiorno però continuano ad attestarsi su livelli superiori ai valori medi nazionali ed europei. Gli early school leavers (i giovani di età compresa tra 18 e 24 anni, in possesso di diploma di scuola media che non partecipano ad attività di formazione) al Sud sono il 25,5%, a fronte del 16,8% del Centro-Nord (v. Fig. 2), ben lontani dalla media Ue di 14,9% (2005), che secondo gli obiettivi di Lisbona andrebbe ridotta al 10% entro il 2010; in valori assoluti, sono 900mila in Italia i giovani che nel 2006 hanno abbandonato la scuola dell’obbligo, concentrati per il 54% al Sud. Diverse a seconda delle ripartizioni le cause del fenomeno: nel Centro-Nord si interrompono gli studi attirati dai vantaggi di un precoce inserimento lavorativo, mentre al Sud è il disagio familiare unito a una scarsa mobilità sociale a spingere i giovani ad allontanarsi dalla scuola. Su questo versante, sono soprattutto Sicilia e Puglia a registrare tassi di abbandono superiori alla media. La situazione diventa ancora più critica se confrontata con i tassi di scolarizzazione dei paesi Ue : Repubblica ceca, Slovacca e Ungheria vantano percentuali di popolazione in età 25-64 anni in possesso di diploma di scuola superiore comprese tra il 75 e l’89%, a fronte del 42% del Mezzogiorno (e 51% al Centro-Nord) (v. Tab. 2). Questa maggiore dotazione di capitale umano qualificato nei nuovi paesi Ue potrebbe rappresentare un elemento concorrenziale temibile e favorire la delocalizzazione delle imprese. Un altro elemento di criticità è rappresentato dalle carenze qualitative del nostro sistema scolastico, che si concentrano soprattutto nel Sud. In base all’indagine PISA dell’OCSE del 2003, i giovani del Mezzogiorno hanno livelli di apprendimento inferiori in media del 10% rispetto agli studenti dell’altra ripartizione. Addirittura sembrerebbe che un 4 in pagella di un ragazzo del Nord corrisponda a un 7 pieno di uno studente del Mezzogiorno. 71 Inoltre meriterebbe maggior attenzione il perdurante basso rendimento formativo dei giovani meridionali. Studiare di più alla fine ripaga maggiormente in termini di occupazione, ma il passaggio scuola-lavoro nel Sud resta rallentato. I giovani laureati meridionali non trovano un’occupazione in linea con il titolo di studio prima dei 35 anni, e solo a quest’età i tassi di disoccupazione scendono a livelli frizionali, con dieci anni di ritardo rispetto alla media Ue. Questo a fronte di una spesa dello stato italiano per studenti superiore alla media OCSE, che fa pensare a un uso inefficiente delle risorse finanziarie. Né i contratti a termine sembrano agevolare l’ingresso nel mondo del lavoro: se questo si verifica al Centro-Nord, al Sud lo status di occupato temporaneo dura negli anni e trasforma strumenti di flessibilità in trappole di precarietà che concorrono a ostacolare la valorizzazione individuale e la professionalizzazione della persona. Tab. 1 . Isc ritti, lau reati e p rinc ipa li ind ica to ri de ll’is truzione un ivers ita ria per ripartizione te rrito ria le . A nn i sco las tic i 1990-91 e 2005-06 M ezzog io rno (d ) 445.327 27 .830 64 ,2 25 ,1 31,9 C en tro-N o rd 936.034 61 .651 77 ,0 34 ,1 30,4 Ita lia 1 .381.361 89 .481 71 ,8 30 ,6 30,1 M ezzog io rno 811.572 113.280 69 ,9 42 ,8 43 ,4 C en tro-N o rd 1.012.314 188.018 74 ,8 40 ,0 35 ,7 Ita lia 1 .823.886 301.298 72 ,6 41 ,2 38 ,5 (a ) anno so lare 1990 e 2005. (b ) Im m atrico la ti pe r 100 m a tu ri de ll'anno preceden te . (c ) Iscritti per 100 g iovan i d i e tà teo rica corrisponden te (19-25 ann i). (d ) R ipa rtiz ione te rrito ria le in base a lla p rovinc ia d i res idenza . Fonte : E laborazion i S V IM E Z su dati IS TA T, M in is te ro P ubb lica Is truz ione e M in iste ro de ll'U n ive rs ità . R ipa rtizion i te rrito ria li Isc ritti Laurea ti e D ip lom a ti (a ) Tasso d i passagg io da lle scuo le supe rio ri (b ) Tasso d i iscriz ione (c ) S tuden ti fuori co rso pe r 100 isc ritti A nno accadem ico 1990-91 A nno accadem ico 2005-06 7 13 11 18 13 9 21 16 12 14 0 5 10 15 20 25 Mezzogiorno Centro-Nord Italia Regno Unito Spagna Germania Francia Svezia UE 27 UE 15 Fig. 1. Laureati in materie scientifiche e tecnologiche per 1.000 abitanti (20-29 anni) (anno 2005 per l'Italia e 2004 per gli altri Paesi) Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT e EUROSTAT. 72 Fig. 2. 18-24enni con la sola licenza media e non più in formazione per Regione (per 100 coetanei) – Anno 2006 0 5 10 15 20 25 30 35 Pi e m on te Va lle d'A os ta Lo m ba rd ia Tr en tin o A. A. Ve n et o Fr iu li V . G . Li gu ria Em ilia R om ag n a To s ca n a Um br ia M ar ch e La z io Ab ru z z o M o lis e Ca m pa n ia Pu gli a Ba si lic at a Ca la br ia Si c ilia Sa rd eg n a regioni media nazionale media Mezzogiorno media Centro-Nord Media Italia 20,6% Media Mezzogiorno 25,5% Media Centro-Nord 16,8% Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati Ministero Pubblica Istruzione. Tab. 2. Popolazione che ha conseguito un titolo di istruzione secondaria e terziaria (2004) (percentuale per classi d'età) 25-64 25-34 25-64 25-34 Italia 48 64 11 15 - Mezzogiorno 42 57 10 12 - Centro-Nord 51 68 12 16 Francia 65 80 24 38 Germania 84 85 25 23 Spagna 45 61 26 38 Giappone 84 94 37 52 Regno Unito 65 70 29 35 Stati Uniti 88 87 39 39 Media OCSE 72 80 25 31 Fonte: Elaborazioni su dati OCSE, Education at glance 2006 ed ISTAT. Aree geografiche Istruzione secondaria Istruzione terziaria
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