CISF famiglia/Bettetini.pdf
IL VALORE AGGIUNTO DEI PROCESSI DI ISTITUZIONALIZZAZIONE DELLA
FAMIGLIA RISPETTO ALLA SUA PRIVATIZZAZIONE
Di Andrea Bettetini*1
Le politiche in tema di matrimonio e famiglia in non pochi Paesi dell’Unione Europea si
caratterizzano per la configurazione e l’interpretazione giurisprudenziale di un diritto caratterizzato
non da modelli ma da rimedi, che mira a proteggere soprattutto gli interessi ed i desideri individuali.
Da un lato, non è cioè fatta assumere alla famiglia in quanto tale una funzione attiva, e pertanto il
suo potenziale protagonismo o non si attualizza, ovvero, se già parzialmente attualizzato, decresce
sino ad assumere un carattere residuale e di emarginazione istituzionale. Dall’altro, e
correlativamente, tale protagonismo pare destinato a rimanere potenziale (per non dire ideale) per la
debolezza e la crisi in cui indubbiamente si trova la famiglia; una crisi non certo congiunturale, ma
strutturale, in quanto riguarda l’elemento genetico dell’istituzione famigliare, il matrimonio, inteso
come primo e volontario atto di stabilizzazione sociale e personale.
E così, mentre si sta sgretolando la figura del matrimonio che sta assumendo caratteri
inediti, tali da far dubitare che ancora si possa parlare di matrimonio in senso univoco (matrimonio
omosessuale, matrimonio eterosessuale, ecc.); assumono viceversa sempre maggiore rilevanza
sociale e giuridica situazioni di fatto sinora non istituzionalizzate, o parzialmente tali. E’ tendenza
comune dei legislatori europei rivestire di giuridicità relazioni che sino a non poco tempo addietro
erano regolate dall’adagio di napoleonica memoria «les concubins se passent de la loi, la loi se
désintéresse d'eux».
Con la deistituzionalizzazione del matrimonio da un lato, e la formalizzazione istituzionale
delle unioni di fatto dall’altro, si sta in realtà giungendo a una nuova figura unitaria e omogenea di
vincolo, comune alle due forme di partnership. A ben guardare, infatti, nulla nella sostanza ormai
distingue un matrimonio, quale delineato negli ordinamenti occidentali, da una convivenza da cui
discendono talora i medesimi, talora analoghi effetti giuridici.
In questa prospettiva, posto che la famiglia stessa è divenuta una società il cui fondamento può
anche non essere il vincolo matrimoniale, ma un diverso negozio di carattere convenzionale, lasciato
alla libera autonomia delle parti; un luogo ove soddisfare i propri bisogni affettivi; oppure una
possibilità di accesso ad un insieme di benefici e tutele che derivano dalle politiche pubbliche dello
Stato; non ha più senso parlare di una “famiglia naturale”, con una sua originaria struttura; ma vi sono,
ed effettivamente nei documenti internazionali si parla di “forme” di famiglia, ognuna delle quali,
proprio perché ha una sua positiva e legittima collocazione valoriale, non può essere preferita o
discriminata rispetto alle altre. Quindi tutte le scelte personali meriterebbero non solo rispetto, ma il
medesimo rispetto. Senza però discernere se tutte abbiano il medesimo valore. O, per meglio dire,
attribuendo a ogni situazione il medesimo valore.
Ma compito del legislatore e del governante (nazionale o sopranazionale che sia) è formulare
1
Andrea Bettetini, Ordinario di Diritto ecclesiasitico presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Catania, è
membro del Collegio del dottorato di ricerca in Teoria degli ordinamenti giuridici con sede amministrativa presso
l’Università “La Sapienza” di Roma. E’ autore di numerose pubblicazioni di diritto canonico ed ecclesiastico in riviste
nazionali ed internazionali. E’ membro della commissione giuridica della Confederazione italiana di consultori familiari
di ispirazione cristiana. E’ coautore, assieme a C. M. Bianca e a G. Grassoni, del Codice per la famiglia e i servizi
sociali edito da Giappichelli (Torino, 2006)
rapporti, riconoscere relazioni, insomma, guardare la realtà in prospettiva giuridica per costruire un
sistema giusto, non costituire valori; i rapporti e le relazioni possono poi sì attribuire un pregio a un
bene, qualora stabiliscano la dipendenza eziologica di un valore da una cosa che, in virtù di tale
connessione, diventa a sua volta valore, in senso mediato.
Per questo, prima di richiamare delle talora avventate equiparazioni giuridiche, conviene
fermarsi a considerare se i fatti, e la dimensione di giustizia ad essi intrinseca, siano equiparabili.
Insomma, il valore primo deve essere antecedente, e deve essere riconosciuto come valore, non
costituito come tale. La persona deve essere riconosciuta in quanto tale, e non “costruita”, come pure la
famiglia che di persone è composta.
In particolare la famiglia, nel suo nucleo essenziale, non può essere pensata come comunità
svincolata da una dimensione giuridica e di responsabilità, perché è al suo interno, per il mezzo della
fissazione dei ruoli individuali, che si determina l’identità personale di ciascuno, e al medesimo tempo
si definisce l’identificazione dell’altro, un “io” che si distingue da un “tu” in quanto è destinatario di
una regola sul suo ruolo familiare di padre, madre, figlio, fratello. Il riconoscimento dell’altro come
simile fonda così il rapporto e lo regola, di modo che la normatività che sorge con la responsabilità,
(ossia, nella nostra tradizione culturale e giuridica) con il matrimonio, viene a configurarsi come fatto
costitutivo originario sia della dimensione umana sia del gruppo familiare.
Il diritto positivamente inteso, interpretando (in particolare) la realtà famigliare secondo la
sua forma, rispettando (in generale) la pluralità dei modi di essere della realtà stessa, diviene allora
un atto ordinativo, che si fonda nella stessa realtà sociale, e che non si impone ad essa quasi fosse
un atto imperativo, di mera forza. E sono in tal modo garantiti quei valori che sono l’autonomia
della famiglia quale soggetto sociale con un proprio ordinamento, e la persona, che sottratta alla
“dittatura” di un’ondivaga volontà, si trova a vivere non secondo una norma impostagli dall’esterno,
ma secondo una legge che indirizza la stessa libera volontà a rispettare sul piano esistenziale le
esigenze specifiche della sua struttura ontologica.
CISF famiglia/Bramanti Rossi.pdf
1
FAMIGLIE AL CONFINE TRA FAMILIARE
E COMUNITARIO
Di Giovanna Rossi e Donatella Bramanti*
Oggi la società “produce”, secondo una complessa morfogenesi, forme nuove di comunità, originate
dal desiderio di singoli, gruppi, famiglie di sperimentare luoghi di condivisione d’una socialità altra da quella
comunemente condivisa. Queste forme neo comunitarie “caratterizzate da un forte ethos di solidarietà, sia
nelle relazioni interne, sia in quelle di partecipazione a comunità scelte” (Donati, 1998, p. 41) contrastano le
tendenze dissolutive estremamente pervasive e diffuse nelle società dopo-moderne.
Tali realtà possono avere diversi livelli di strutturazione e di condivisione: dai gruppi informali, alle
associazioni familiari, per giungere fino alle esperienze di vita comunitaria, di cui oggi, comuni, ecovillaggi,
comunità familiari, sono esempi concreti.
Pur nella diversità d’origini che le caratterizza, esse possono essere considerate fenomeni emergenti
afferenti all’area del privato sociale, caratterizzate da legami tra famiglie, tra coppie, tra singoli, connessi da
una rete di relazioni (scelte), strutturali e simboliche. Tali legami consentono alle persone (ed alle famiglie)
di esperire un’appartenenza significativa e di vivere in un luogo (fisico e simbolico) caratterizzato da un alto
grado di intimità personale, profondità emotiva, coesione sociale e continuità nel tempo; tale appartenenza
sperimentata permette, inoltre, di accedere ad un set di valori norme, significati condivisi.
Tutte queste forme neo-comunitarie rappresentano un esempio d’eccedenza generata e generativa del
sociale. Generata da relazioni di condivisone/interazione tra i soggetti che le compongono, relazioni non
generiche ma ordinate da un riferimento etico valoriale comune. Generativa d’ulteriori relazioni di
condivisone/interazione che possono investire una galassia di esperienze (spesso organizzata in forma
associativa), ma anche la comunità sociale di riferimento. Eccedenza, infine, poiché ciò che le comunità
sono, non deriva dalla somma delle dimensioni analitiche che le compongono: esse mostrano, infatti, come, i
diversi soggetti agenti che entrano in relazione, producano un effetto che non è spiegabile né comprensibile
in base alle proprietà di tali componenti ed attori sociali, ma assume connotazioni quanto-qualitative proprie.
L’interesse per lo studio di queste forme aggregate prende le mosse dall’osservazione del processo di
morfogenesi familiare in atto nel nostro Paese - processo che ha dato origine a diverse forme associative sia
familiari che non - e, ad un tempo, dall’emergenza, sempre più circostanziata, di una domanda di relazioni
comunitarie, in grado di rifondare luoghi di vita congruenti con l’esigenza di benessere relazionale
dell’uomo contemporaneo. Il fenomeno delle comunità di famiglie, pertanto, è d’estremo interesse, in quanto
si caratterizza come un’esperienza di confine che volutamente propone il superamento della dimensione
eccessivamente privatistica in cui è stata costretta a rifugiarsi la famiglia nella nostra società.
Tale realtà è stata dunque indagata mediante una complessa indagine quali-quantitativa condotta nel
corso del 2006. Primo obiettivo di tale ricerca è stato quello di ricostruire una mappa generale delle forme di
vita comunitaria a base familiare presenti nel nostro Paese. In seguito ad un’iniziale ricognizione, di tipo
qualitativo, si è proceduto ad una definizione dei criteri distintivi, volti ad individuare con precisione i
contorni del corpus d’indagine. Tali elementi definitori sono riconducibili a due assi: strutturale1 e culturale
* Giovanna Rossi. Ordinario di Sociologia della Famiglia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Tra le sue
pubblicazioni più recenti: (con L. Boccacin) Le culture e le pratiche del volontariato in Italia, in P. Donati e I. Colozzi
(a cura di), Il Terzo Settore in Italia; Culture e Pratiche, Franco Angeli, Milano 2004, 71-137; (con E. Scabini)
* Donatella Bramanti.Professore Associato di Sociologia dell’infanzia e della famiglia e di Sociologia dei servizi alla
persona presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Fa parte dello staff direttivo del Master di II Livello
sui processi di mediazione familiare e comunitaria, della medesima università.
2
(referenziale)2. A partire da essi, le realtà analizzate si collocano in posizioni differenti, nell’intreccio di due
continua: uno che va da un minimo ad un massimo grado di condivisione tra famiglie, l’altro che va da un
minimo ad un massimo d’apertura all’accoglienza.
Sul piano empirico, l’impianto poc’anzi delineato ha consentito di intervistare, attraverso un
questionario tipo self report, 396 coniugi (marito e moglie di ogni nucleo familiare), appartenenti a 198
comunità familiari, aderenti (nell’86.8%) a 23 associazioni e fondazioni familiari, distribuite, seppure in
misura diversa, in quasi tutte le regioni italiane.
Le elaborazioni condotte3 consentono alcune brevi riflessioni: le comunità di famiglie possono
essere considerate famiglie in senso proprio e non solo per analogia, in quanto esprimono in forma piena la
struttura latente che conferisce l’identità sociale della famiglia, ma d’altro canto inverano, attraverso
l’appartenenza comunitaria, la dimensione donativa e generativa, che oggi le famiglie da sole faticano
tanto a realizzare. Esse, inoltre, dando vita a realtà aggregate, flessibili ed agili, riescono ad essere
particolarmente capaci di rispondere, in un’ottica solidaristica, direttamente, senza mediazioni, ad una
molteplicità di bisogni propri e di coloro che incontrano. Tutto ciò riesce a generare luoghi decisamente
più vitali di molte realtà associative.
Se molto elevato è il livello della riflessività sui valori di riferimento, più debole sembra essere,
tuttavia - fatta eccezione per alcune esperienze molto particolari - la consapevolezza d’essere soggetti che si
pensano capaci di trasformare la realtà della famiglia e della società più in generale; qualche incertezza
emerge, pure, circa la progettualità che tali famiglie riescono ad esprimere; se il punto di forza, poi, sembra
essere rappresentato dalla rilevanza dei legami reciproci, i punti di debolezza appaiono soprattutto nei
rapporti con la realtà esterna.
Rivedendo tali dati alla luce dell’approccio relazionale al capitale sociale (Donati, 2003; Forsè,
Tronca, 2005; Donati, Colozzi, 2006a; Donati, Colozzi, 2006b), possiamo, in prima battuta, confermare la
presenza d’indubbie potenzialità generative di capitale sociale da parte delle comunità familiari – pur con
alcune distinzioni relativamente alla tipologia di capitale sociale prodotto.
Un rischio – che mina la produzione e circolazione di capitale sociale stesso-, tuttavia, è sempre in
agguato e non può essere sottaciuto, ovvero che “l’atteggiamento di chiusura intimistica – proprio della
famiglia moderna – venga trasposto sulla comunità. Solo nella consapevolezza e nell’affronto disincantato di
tale rischio - connesso alla natura stessa e peculiare di tale soggetto sociale - le comunità familiari possono
costituire e rappresentare un punto sorgivo di generatività per se stesse e per il contesto sociale nel quale si
trovano” (Rossi, 2006, p.185).
1
Realtà costituite da famiglie normo-costituite; appartenenza delle famiglie a gruppi ed associazioni familiari; presenza
di particolari forme di regolazione interna e di rapporto con l’esterno; “condivisione”, tra le famiglie della comunità, di
luoghi, strumenti, tempi di vita quotidiana.
2
Scelta di autodefinirsi “comunità familiare”; riferimento esplicito ad una cultura familiare pensata come alternativa ai
modelli di famiglia “modali”; presenza di una particolare forma di socialità che si fonda sulla relazione di prossimità;
apertura dei confini familiari per molti nella forma dell’accoglienza di altri (minori/adulti); condivisione di valori
comuni che diventano impegnative regole di vita.
3
Interessante è l’analisi condotta mediante la costruzione di alcune tipologie: esse hanno consentito di distinguere,
all’interno del corpus di indagine, diverse possibili configurazioni, in riferimento alle seguenti dimensioni: comunitaria,
associativa e familiare.
3
Tabella 1 Agire sociale nelle diverse configurazioni comunitarie, valori percentuali.
Tipologie di comunità
abbastanza/molto comunità di
vita
comunità
"radicale"
comunità
etica
comunità
espressiva
comunità
di senso
comunità
supportiva
Nell'agire sociale bisogna sempre
considerare l'interesse personale 6,2 14,7 26,5 14,8 7,4 11,9
Nell'agire sociale bisogna sempre
considerare il bene comune 96,9 100,0 97,1 98,4 97,9 100,0
Nell'agire sociale la cosa più
importante è avere affetto per le
persone
84,4 73,0 73,5 82,0 75,5 66,7
Nell'agire sociale occorre applicare
regole o leggi impersonali 42,2 53,5 38,2 26,7 25,3 36,6
Nell'agire sociale bisogna trattare
tutti allo stesso modo 55,4 52,0 38,2 41,0 46,7 45,2
Nell'agire sociale bisogna sempre e
per prima cosa guardare alle
caratteristiche particolari della
persona
90,8 85,3 94,1 95,1 86,2 85,7
E' importante accettare le persone
con le caratteristiche e i valori che
hanno
98,5 100,0 97,1 98,3 98,9 97,6
In certe situazioni occorre chiedere
alle persone di cambiare 79,7 86,7 85,3 80,0 76,6 88,1
Nell'azione di solidarietà sociale è
importante comprendere la
situazione umana di una persona
100,0 100,0 100,0 100,0 98,9 100,0
Nell'azione di solidarietà sociale
occorre dare un aiuto tecnico 87,7 76,0 73,5 80,3 72,0 85,7
Figura 1. Gli elementi costitutivi delle comunità di famiglie
Generatività
familiare versus
generatività sociale
(MISSION)
Reciprocità versus
condivisione
(REGOLE)
Dono versus
solidarietà
( VALORI)
Comunità di famiglie
Amore coniugale
versus accoglienza
(RISORSE)
CISF famiglia/Bruni_Stanca.pdf
Famiglia e felicità: un’analisi del rapporto tra condizioni,
valori, relazioni familiari e benessere individuale
di Luigino Bruni e Luca Stanca1
La felicità è stata tra i primi ambiti “non di mercato” a entrare negli anni
Settanta tra gli oggetti di studio degli economisti.
Una relazione, quella tra vita familiare e benessere soggettivo, indagata
attraverso un campione di 138 mila individui provenienti da 75 nazioni.
L’elaborazione dei datai ha dimostrato che l’essere sposati ha un effetto maggiore
sulla soddisfazione individuale rispetto a essere single. “Anche convivere con un
partner ha un effetto positivo e significativo, ma l’entità di tale effetto è inferiore
rispetto all’essere sposati”.
La condizione contraria, cioè essere divorziati o separati, implica una perdita di
felicità significativa, dove è la separazione ad avere l’effetto peggiore sul benessere
dell’individuo. L’essere vedovo, però, non ha una connotazione più negativa rispetto
allo stato di single, come se il tempo intercorso tra il lutto e l’intervista, avesse
attutito gli effetti negativi dell’evento.
L’attribuzione di felicità al matrimonio, o infelicità al divorzio variano, però,
tra uomini e donne. I primi vivono in maniera minore gli effetti positivi del
matrimonio e in maniera peggiore lo status di vedovo; le seconde sono mediamente
più positive in entrambe le esperienze.
Alcune differenze emergono in base all’età degli intervistati: gli effetti positivi
di matrimonio e convivenza sono maggiori per gli adulti e inferiori per i giovani e gli
anziani. Il numero di figli, poi, ha un effetto negativo per i giovani e positivo per gli
anziani.
1
Luigino Bruni. Professore associato di Economia politica presso il Dipartimento di Economia politica dell’Università
Bicocca di Milano. E’ Vicedirettore di “Econometica”, Centro interuniversitario per l’etica economica e la
responsabilità sociale di impresa. E’ autore di numerosi saggi in italiano e in inglese, di teorica economica, etica e storia
del pensiero.
Luca Stanca. Professore associato di Economia politica presso l’Università Bicocca di Milano. Ha conseguito il PHD in
Economics presso la London School of Economics, dove ha insegnato dal 1998 al 2002. Si occupa di economia
applicata ed economia sperimentale.
CISF famiglia/D'Agostino Macioce.pdf
CHE COSA SIGNIFICA “RICONOSCERE” LA FAMIGLIA
DAL PUNTO DI VISTA GIURIDICO
di Francesco D’Agostino – Fabio Macioce*
Il contributo analizza da principio il carattere costitutivamente giuridico
della famiglia e del matrimonio; per essi la dimensione relazionale, e dunque
normativa, non si sovrappone ad una struttura biologica e naturalistica, ma la
determina e la costituisce come familiare. Si mette altresì in evidenza come la
familiarità non appartenga all’ordine della fede, o a quello delle manifestazioni
culturali, ma che – come ogni sistema spontaneo – produce i suoi effetti a
prescindere dalle intenzioni soggettive dei due partner. Il carattere pubblico del
vincolo familiare sta pertanto nell’impossibilità di ridurlo a sistema meramente
convenzionale, autofondantesi e determinabile sulla base delle preferenze
soggettive. Da tali considerazioni, e dall’osservazione della logica che permea la
disciplina familiare nel nostro ordinamento, deriva poi la giustificazione del
trattamento differenziato e privilegiato che il diritto riserva alla famiglia
coniugale; le altre forme di vita affettiva, dalle unioni di fatto, alle unioni
omosessuali, al matrimonio poligamico, presentano invece caratteristiche
ulteriori che ne rendono impossibile l’equiparazione alla famiglia coniugale, e
meritano pertanto un trattamento differenziato.1
1
Francesco D’Agostino. Ordinario di Filosofia del Diritto nell’Università di Roma Tor Vergata e Presidente
Centrale dell’Unione Giuristi Cattolici Italia. E’ stato presidente del Comitato Nazionale di Bioetica dal 1995 al
1998 e dal 2002 al 2006; attualmente ne è Presidente Onorario. E’ autore, tra l’altro, di Una filosofia della
famiglia, Giuffrè, Milano 2003.
Fabio Ma cioce. Ricercatore di Filosofia del Diritto presso l’Università di Roma Tor Vergata e docente di
Filosofia e Teoria Generale del Diritto presso la Lumsa, sede di Palermo; è Segretario Centrale dell’Unione
Giuristi italiani. Ha pubblicato diversi articoli in materia filosofico-giuridica e di informatica giuridica, e le
monografie Il corpo. Prospettive di Filosofia del diritto (Roma, 2003), La lealtà. Una filosofia del
comportamento processuale (Milano, 2005) e Pacs, Perché il diritto deve dire no (Milano, 2006)
CISF famiglia/Donati.pdf
1
Ri-conoscere la famiglia attraverso il suo valore aggiunto
Di Pierpaolo Donati*1
1. Il problema del riconoscimento della famiglia ai tornanti della storia.
Sembra che tutto diventi famiglia, che niente sia più famiglia. Nella percezione diffusa
fra la gente, potentemente alimentata dai mass media, la famiglia diventa un aggregato di
individui che, spinti da qualcosa che viene chiamato “amore”, convivono assieme senza che vi
siano dei precisi requisiti relativi alla qualità delle persone e delle loro relazioni. Senza che sia
esplicitato e reso pubblico su quali basi si stabilisce la convivenza, per quanto tempo e con quali
effetti. È sufficiente – così si dice – l’affetto e l’aiuto reciproco. È un nuovo “immaginario
sociale”.
La questione sembra oggi essere nuova, complicata e assai più grave che in tutte le
epoche storiche precedenti per un motivo di fondo: se fino ad oggi il problema è stato quello di
riconoscere come “legali” delle relazioni familiari fuori dalla norma, oggi sembra venir meno la
stessa idea di avere una norma familiare. Sembra scomparire la stessa esigenza sociale del
riconoscimento, semplicemente perché viene negata l’esistenza di una famiglia “normale”, onde
consentire a tutti di declinarla secondo una pluralità del tutto relativa. Mai come oggi, almeno in
Occidente, la famiglia sembra ricevere più dis-conoscimenti che ri-conoscimenti, e anche
quando è riconosciuta sembra esserlo solo in via formale e procedurale, per ragioni legali o di
interessi (proprio quei motivi che rendono antipatica la famiglia).
La tendenza allo svuotamento e alla implosione della famiglia sembra virtualmente
senza limiti. Ma è veramente così?
Il presente Rapporto mostra che le cose non stanno per nulla in questo modo. Da un
lato, è certamente vero che si diffonde un immaginario sociale per il quale fare famiglia diventa
stare assieme fra individui che vogliono “essere sé stessi” (individualizzarsi) attraverso relazioni
in cui non contano più le distinzioni fra gender, fra l’essere sposati o meno, fra chi genera figli e
chi no. Dall’altro, però, le ricerche empiriche smentiscono che le persone effettivamente
condividano questo immaginario e comunque si può accertare che esse non vivono esattamente
così nella vita reale, in Italia come nel resto dell’Europa e del mondo.
Ciò che rende inedita la situazione è una sorta di “cecità” sistemica (del sistema sociale
nel suo complesso) verso la famiglia. Tale cecità si manifesta nelle forme della
indifferenziazione (che è analoga alla invisibilità) e della neutralizzazione (che è analoga alla
rimozione o negazione) della famiglia sul piano pubblico.
Sono le stesse istituzioni politiche, oltre che economiche e mass mediatiche, che non
vedono più (non riconoscono più) la famiglia ovvero la neutralizzano. Sembra che, per un
Comune o per un’azienda, le relazioni familiari degli individui non abbiano alcuna qualità,
siano tutte uguali, cioè siano tutte ugualmente neutre. Chi si azzarda a fare distinzioni viene
tacciato di essere politicamente scorretto e censurato.
Il paradosso è che, proprio mentre la famiglia perde i suoi tratti istituzionali, c’è chi
rivendica l’etichetta di “famiglia” per stili di vita che il senso comune difficilmente potrebbe
loro assegnare. Si parla così di “famiglia monosessuale” (quando la coppia è unisessuale), così
1
Pierpaolo Donati è Ordinario di Sociologia della famiglia, e insegna Sociologia corso avanzato e
Sociologia del benessere all’Università di Bologna, dove è anche Direttore del Ceposs (Centro Studi di
Politica sociale e sociologia sanitaria) e coordinatore del Dottorato di ricerca in Sociologia. Già
Presidente dell’Associazione Italiana di Sociologia, componente del Comitato Nazionale di Bioetica e
membro del Board dell’International Institute of Sociology, dal 1997 è membro della Pontificia
Accademia di Scienze sociali. E’ stato Direttore scientifico dell’osservatorio Nazionale sulla famiglia del
Governo Italiano (2204-2006). Ha al suo attivo circa 600 pubblicazioni.
2
come si rivendica la scelta della “famiglia monogenitoriale” non come risultato di una
separazione o divorzio, ma come diritto soggettivo ad avere figli senza avere un partner stabile.
Beninteso: tali forme sociali esistono come situazioni di fatto. Ma ci si chiede: che senso ha
rivendicare il riconoscimento dell’essere famiglia per una mera situazione di fatto o per un puro
desiderio privato? Il “riconoscere” non è forse un atto dovuto a chi presenta certe credenziali?
Perché mai chiedere di essere riconosciuti come famiglia se si sostiene che si vive più felici
senza sposarsi, senza fare differenze di gender, senza volere figli, o avendoli senza legami solidi
e duraturi con il partner?
La tesi del capitolo è che la famiglia (family) non può essere ridotta alla semplice
convivenza anagrafica (household, ménage). Non lo può in via di fatto e in via di diritto. Ma per
comprendere le ragioni, occorre capire perché e come dobbiamo ri-conoscere di nuovo la
famiglia.
2. Cosa vuol dire ri-conoscere la famiglia?
Donati si pone la domanda: che cosa vuol dire ri-conoscere la famiglia? Esistono oggi
tre semantiche del riconoscimento: quella identitaria, quella veritativa e quella del
riconoscimento come riconoscenza. Donati mostra che tali modi di intendere il riconoscimento
sono insufficienti quando ci riferiamo alla famiglia come soggetto sociale. Le tre semantiche
classiche, infatti, si riferiscono ad atti di un osservatore (di una mente) individuale che si applica
a delle entità non-relazionali, mentre nel caso della famiglia ciò che dobbiamo riconoscere è una
realtà che è fatta di relazioni e si qualifica per le proprietà specifiche delle sue relazioni. Donati
propone allora una nuova semantica relazionale, che viene qui illustrata.
3. Come facciamo a riconoscere la famiglia?
L’argomento centrale del capitolo è il seguente. In un mondo globalizzato, il
riconoscimento della famiglia non può più basarsi su un modello prefissato, ma deve essere
rilegittimato sulla base del “valore aggiunto” che la famiglia ha rispetto ad altre forme di vita. Il
valore aggiunto è ciò che di unico, originario e insostituibile la relazione familiare crea per la
persona umana e per la società più ampia.
Per comprendere tale valore, bisogna saper vedere l’effetto emergente che la famiglia
produce. Tale effetto non dipende solo da ciò che i singoli individui apportano – come individui
– alla vita in comune, e non consiste solo di certe prestazioni funzionali (per esempio, assistenza
reciproca), ma consiste delle proprietà, qualità e poteri del famigliare. Il valore aggiunto del
famigliare non nasce (o deperisce) se la famiglia è vissuta e trattata come un aggregato di
individui, o se la sua specifica relazionalità (la reciprocità fra i sessi e fra le generazioni) viene
resa indifferente o neutralizzata. Quando ciò accade, non solo si ha che la famiglia non produce
valore aggiunto, ma diventa più probabile che emergano dei “disvalori aggiunti” e che si
generino dei “mali relazionali”.
La spiegazione del fatto che oggi la famiglia diventa qualcosa di indifferenziato deve
essere ricondotta alla crisi della “differenziazione funzionale” della famiglia e della società, che
“non funziona più” (nel senso che non produce più ciò di cui la nuova società ha bisogno).
Donati sostiene che, per quanto riguarda la famiglia, ci troviamo in presenza di un passaggio
dalla “famiglia differenziata funzionalmente” alla “famiglia differenziata relazionalmente”.
Abbiamo bisogno di una “famiglia relazionale” e non più di una “famiglia funzionale”.
Tale passaggio può essere spiegato brevemente così. Se definiamo la famiglia in base a
certe funzioni (assistenza, riproduzione, ecc.), allora, quando tali funzioni vengono assolte da
altre agenzie, la famiglia diventa superflua, o comunque perde la sua struttura. Se, invece,
definiamo la famiglia come relazione sui generis (specie-specifica dell’essere umano) fra i sessi
e fra le generazioni, allora non c’è nessun’altra agenzia, luogo o struttura, che possa prenderne il
posto. In un certo senso, la storia umana è storia di funzioni che vengono in qualche modo
3
‘espunte’ dalla famiglia, o comunque compartecipate con altre agenzie sociali, il che,
tuttavia, invece che risolversi nella morte della famiglia, fa emergere la relazione familiare nella
sua specificità più originaria.
Nella differenziazione funzionale propria della modernità, la famiglia era colta come
una precisa struttura sociale (istituzione) specializzata in alcune funzioni (stabilizzazione psico-
socio-culturale dei coniugi e socializzazione primaria dei figli), secondo alcune modalità che
erano funzionali all’ordine sociale proprio della società industriale. Tale assetto è diventato
obsoleto e in molte aree è ormai scomparso. Nel nuovo assetto societario, la famiglia si
riconfigura secondo quella che Donati chiama la “differenziazione relazionale”: in breve, la
famiglia si differenzia per i modi in cui ridefinisce le proprie relazioni interne e quelle con
l’esterno. Nel nuovo assetto, la famiglia viene colta – più e diversamente da prima – come una
relazione sui generis che si distingue da tutte le altre relazioni per il fatto che ha caratteristiche
(proprietà ed effetti), di natura soggettiva e oggettiva, non fungibili con nessun’altra. Dire
perché e come ciò avvenga, perché e come possiamo ri/conoscere la famiglia come atto
riflessivo di un’intera cultura e come scoperta di un bene futuro, anziché come un mero vincolo
del passato, e con quali conseguenze e implicazioni operative per la società, è precisamente
quanto il capitolo si propone di illustrare.
Questo percorso permette di cogliere il “valore aggiunto” della famiglia rispetto ad altre
forme di vita, sia sul piano teorico sia su quello pratico. Cogliere il valore aggiunto dipende
dalla nostra capacità di operare continuamente delle ri-distinzioni tra la famiglia e ciò che ne ha
solo qualche apparenza.
Chi assimila la famiglia ad altre forme di vita commette due errori.
Il primo errore è quello di confondere la distinzione (delle relazioni in gioco, sessuali e
generazionali) con la discriminazione (delle persone). Un conto è distinguere, un conto è
discriminare. Distinguere è riconoscere una diversità, non significa affatto discriminare. La
discriminazione è un’altra cosa, è trattare in modo disuguale gli uguali. Ma i sessi e le
generazioni non sono degli uguali. Sono un proprium, una identità segnata da una differenza. Se
la differenza viene negata, si causano enormi problemi. Bisogna invece riconoscere che: uguale
è la dignità morale e giuridica delle persone, ma non le qualità per cui fanno famiglia.
Il secondo errore consiste nel fatto che l’argomento pratico (la necessità politica del
riconoscimento di altre forme di convivenza) prevale sull’argomento veritativo (la verità delle
cose) e lo stravolge. In breve, la differenza concreta (di sesso e di generazione) viene negata sul
piano conoscitivo (simbolico, emozionale, ecc.) per essere sacrificata sull’altare
dell’uguaglianza politica fra gli individui come tali (cioè degli individui astratti, avulsi dal loro
contesto sociale).
I rapporti di ricerca empirica mostrano che le coppie omosessuali danno vita a relazioni
radicalmente differenti da quelle delle coppie eterosessuali sposate sotto molti rispetti. 1) Le
coppie omosessuali hanno in media una durata che è una piccolissima frazione rispetto a quella
delle coppie etero sposate. 2) Chi vive in coppie omosessuali esperimenta in media un numero
di partner enormemente superiore a quello delle coppie sposate, anche se una piccola
percentuale è monogama (almeno per un certo periodo). 3) Il fatto che solo una piccola parte di
coppie omosessuali accettino di essere registrate o di farsi riconoscere come unione civile indica
che il loro impegno nella relazione tende ad essere di durata breve o comunque limitata. 4) Le
coppie omosessuali hanno indici di morbilità dovuti al tipo di relazioni vissute che sono
decisamente superiori a quelli delle altre coppie. 5) Per quanto ciò possa sembrare poco
credibile, i dati statistici disponibili indicano che la probabilità delle violenze intime nelle
coppie omosessuali è decisamente superiore a quella che si registra nelle coppie eterosessuali. 6)
Per quanto riguarda i figli, si dimostra che i bambini cresciuti da un padre e una madre in
famiglie tradizionali presentano livelli più elevati di felicità, salute, e successo rispetto ai
bambini allevati da coppie omosessuali.
4
Con tutto ciò, il Rapporto non intende demonizzare nessuno, tantomeno gli omosessuali
ai quali è dovuto il pieno riconoscimento della dignità umana. Ma un conto è la dignità della
persona, che vale sempre, un conto è rilevare le differenze significative fra i due tipi di relazioni,
uomo-donna e omo-sessuali, differenze che non sono casuali o temporanee. Notare delle
differenze di fatto nelle relazioni e nei loro effetti non significa discriminare le persone.
Per dirla in breve, il valore aggiunto della famiglia consiste nei beni relazionali che
scaturiscono dal fare famiglia. Consiste nel bene che viene dalla relazione nella sua diversità
qualitativa.
Il valore aggiunto può essere osservato in tre modi.
a) Come valore dei beni prodotti dalla famiglia rispetto al valore dei beni e servizi
portati dai membri componenti. L’affidarsi a relazioni più stabili e solide aumenta la capacità di
sinergia fra le persone e fra le loro risorse. Il valore aggiunto emerge solo a certe condizioni,
che richiedono durata e forza dei legami. Maggiore è l’instabilità e la debolezza dei legami,
minore è l’investimento a lungo termine e più limitata è la reciprocità.
b) Come capacità di realizzare equità e ridistribuzione fra i familiari in base alle loro
necessità personali. La stabilità e la forza dei legami sono condizioni che aumentano le capacità
di ridistribuzione delle risorse familiari secondo una condivisione volontaria che realizza
l’equità fra chi ha di più e chi ha di meno. Laddove c’è maggiore instabilità e debolezza dei
legami, maggiore è la ricerca di compensazioni su basi individuali.
c) Come contributo che la famiglia dà alla società. La stabilità e la forza dei legami
sono condizioni che elevano la capacità della famiglia di impegnarsi in compiti prosociali.
Laddove c’è maggiore instabilità e debolezza dei legami, minore è la disponibilità a impegnarsi
gratuitamente per la comunità intorno e maggiore è la chiusura della coppia in sé stessa (nelle
coppie omosessuali e in buona parte delle coppie di fatto prevale l’interesse al rapporto di
coppia – fra i due partner – rispetto all’impegno intergenerazionale e alle funzioni sociali della
famiglia, ancorché si possano sempre dare delle singole eccezioni).
Possiamo dire che il valore aggiunto della famiglia sta nell’offrire un modello fiduciario
di vita che genera capitale umano e sociale primario, mentre nelle altre forme di convivenza il
valore aggiunto è quello di un modello negoziale di vita che, enfatizzando la ricerca della
autorealizzazione individuale, tende piuttosto a consumare il capitale sociale e umano.
Nella famiglia, il valore aggiunto ha un carattere sovrafunzionale: serve a coltivare il
senso ultimo della vita umana, a contenere l’invadenza dello Stato, a civilizzare il mercato, a
sostenere la reciprocità sociale con il dono, a sviluppare un modello di bene comune (solidarietà
sociale). Nelle altre forme, il valore aggiunto ha un carattere prevalentemente espressivo-
estetico di relazione e si materializza in alcune prestazioni funzionali di aiuto reciproco, più o
meno ampie a seconda dei casi.
La famiglia è il luogo in cui si apprende il riconoscimento dell’altro (o non si apprende,
ciò dipende dal fatto che sia più o meno famiglia). Se manca questo luogo la società perde la
capacità di riconoscimento nelle sue varie accezioni, cioè di definire l’identità dell’altro, di
accettarla e di essere riconoscente. Nelle altre forme di vita comune, tutto ciò è in teoria
possibile, ma in pratica è soggetto a condizioni di natura contrattuale, esplicita (ad esempio i
Pacs francesi) o implicita (le famiglie anagrafiche “all’italiana”), che offrono probabilità assai
inferiori di creare valore aggiunto.
Il valore aggiunto della famiglia è costituito da realtà non altrimenti producibili, ossia
da prestazioni che non sono meramente funzionali, ma sovrafunzionali, e perciò non
enumerabili, né misurabili solo per via quantitativa, che vanno dal fatto di stimolare il senso
altruistico dell’esistenza, alla fiducia interpersonale, al costruirsi delle regole di vita (il valore
morale della relazione familiare come nomos building) fino ai valori della generatività come
reciprocità del dono della vita, i valori economici e altri ancora, che sono necessariamente
intrecciati fra loro. Le altre forme di vita possono dare qualcosa di tutto questo, ma
normalmente in misura ridotta e comunque sempre condizionata alla presenza di determinate
circostanze e di certe qualità delle persone (non come effetto della relazione familiare).
5
Le semantiche del riconoscimento
Tipi di
semantiche (o
idee madri
dell’atto di
riconoscimento):
Accezioni correnti
(analisi lessicografica di
P. Ricoeur)
(IV) Interpretazione relazionale
(sociologia relazionale di P.
Donati)
(I) Semantiche
identitarie
(o della
identificazione)
Atto del conoscere un oggetto come
atto della mente pensante che
distingue e collega fra loro immagini
e percezioni che riguardano
l’oggetto (l’atto è un distinguere e
collegare tramite la memoria, il
giudizio o l’azione), stabilendo una
identità fra l’oggetto osservato e un
referente: es. vedo Tizio e lo collego
all’immagine di un mio vecchio
amico
Attribuire una relazione fra ciò che è
osservato e la sua rappresentazione
simbolica (che è presente in modo
distinto nell’osservatore e nella cultura
del contesto di riferimento): es. se
Tizio che mi sta davanti è l’amico di
un tempo, posso ancora dirlo
(identificarlo come) amico?
(II) Semantiche
della accettazione
(veritativa o
validante)
Accettare come vero l’oggetto colto
con la mente-pensiero; ri-tenerlo
“vero” tramite l’idea del segno di
riconoscimento: es. Tizio è
veramente il mio vecchio amico
Adesione a ciò che la realtà, nel suo
essere, propone attraverso il segno-
simbolo di riconoscimento: es. sì,
rimane il mio vecchio amico, perché il
senso dell’amicizia non è cambiato
(III) Semantiche
della gratitudine
(o della
donazione)
Testimoniare con la gratitudine di
essere debitori nei confronti di
qualcuno di qualcosa (o di
un’azione): es. sento riconoscenza
per lui
L’attribuzione di identità e l’adesione
alla sua verità comporta l’attivazione
di una relazione che “dona” l’essere a
ciò che viene identificato nel processo
di riconoscimento: es. sento che devo
donare a Tizio di nuovo l’amicizia se
lo voglio riconoscere come amico,
devo sentire gratitudine per lui,
altrimenti esco dal circuito
dell’amicizia
6
La semantica relazionale del riconoscimento, applicata alla famiglia
Che cosa significa riconoscere
relazionalmente la famiglia
Valore aggiunto della famiglia qualora sia
riconosciuta come specifica relazione sociale
- Riconoscere la famiglia come ’Altro’
significa gestire la relazione (lo scarto
relazionale) fra ciò che è e ciò che non
è di unico e proprio, mediante
distinzioni appropriate.
- Per operare il riconoscimento
occorrono distinzioni capaci di
separare e di collegare i termini allo
stesso tempo: nel caso della famiglia, le
distinzioni sono la relazione
sponsale/non-sponsale e la relazione
generazionale/non-generazionale.
- Le distinzioni-guida [che nel caso della
famiglia consistono nella differenza di
genere (asse orizzontale) e di
generatività (discendenza) (asse
verticale)] vengono messe in
interazione così da produrre una
differenziazione relazionale interna ed
esterna.
- (Soggetto sociale responsabile) La
distinzione-guida del famigliare fa emergere
l’identità della famiglia come soggetto sociale
(post-hegeliano).
- (Beni relazionali) La validazione permette di
valorizzare quei beni relazionali che non sono
altrimenti accessibili ai membri della famiglia
e alla società che la circonda. Questi beni sono
merit goods per la società.
- (Differenziazione relazionale) La
riconoscenza verso la famiglia consente agli
individui di combinare riflessivamente il loro
libero agire con gli elementi istituzionali della
famiglia, in particolare permette loro di vivere
la struttura famigliare come sistema che si
differenzia relazionalmente con le altre sfere
civili della società.
Nel complesso, i tre atti del conoscere
l’identità della famiglia, accettarla come
’verità altra’ ed esserle riconoscenti
permettono di apprezzare un circuito di
doni che consiste non solo di cose date e
ricevute, ma essenzialmente di relazioni
(con la loro qualità specifica) connesse in
modo sui generis, che sono fatti sociali e
non già atti mentali di singoli individui.
Il valore aggiunto complessivo consiste nel
generare atti di dono e di reciprocità che
stabiliscono uno specifico circuito di scambi
sociali attraverso cui si realizza una migliore
maturazione della persona come soggetto umano.
Il valore aggiunto della famiglia è un merit good,
ossia un bene meritevole di essere riconosciuto e
perseguito come diritto di cittadinanza dall’intera
comunità politica.
7
Che cosa viene valorizzato e che cosa viene svalorizzato
(quale valore o disvalore aggiunto) dalla black box?
black box
Y
Gli individui
(2 o più)
Z
FAMIGLIA
(progetto di piena
reciprocità tra i sessi
e tra le generazioni,
non temporanea)
ALTRE FORME
DI CONVIVENZA
(amicizia e
mutualità nella
contingenza di
tempo e spazio)
Caratteristiche del valore
aggiunto: questo modello
di vita genera fiducia,
cooperazione, identità,
ossia maggior capitale
umano e sociale, ecc.
Caratteristiche del valore
aggiunto: questi modelli di
vita alimentano relazioni
contingenti, funzionali,
negoziali, contrattuali, ecc.
ossia minore capitale
umano e sociale; ecc.
CISF famiglia/Pollini.pdf
IL VALORE DELLA FAMIGLIA IN ITALIA ED IN EUROPA
TRA CONTINUITA’ E CAMBIAMENTO
di Gabriele Pollini*
Il contributo verte sull’esposizione, illustrazione ed interpretazione di dati empirico-
statistici sui valori relativi alla famiglia in Italia ed in Europa. Essi sono desunti da ricerche
effettuate in Italia ed in diversi Paesi europei negli anni 1981, 1990, 1999 e 2006 nell’ambito delle
indagini internazionali dell’European Values Study (EVS) e della World Values Survey (WVS),
delle quali l’autore è il direttore ed il coordinatore per l’Italia.
Le domande alle quali si è inteso, almeno parzialmente, rispondere sono le seguenti:
1) i valori degli italiani, nel corso dell’ultimo ventennio del XX secolo (1981, 1990 e
1999) e nei primi anni del nuovo secolo (2006), sono relativamente identici e costanti oppure
sono soggetti ad un qualche mutamento? E se sono mutati, quali di essi, con quale intensità ed in
quale direzione?
2) Si può parlare di valori relativamente comuni a tutta la popolazione italiana oppure
le differenze negli orientamenti di valore prevalgono sull’uniformità e sull’omogeneità? E in
quest’ultimo caso, come si distribuisce la popolazione in rapporto alle sue caratteristiche
anagrafiche, di posizione ecologica e di status sociale (1999)?
3) Quali sono i valori familiari maggiormente diffusi in Europa (1999) e come si colloca
la popolazione italiana rispetto a quella degli altri Paesi europei ed alla media della popolazione
europea?
Se per valore si intende la “concezione del desiderabile”, i valori relativi alla famiglia
concernono la “famiglia desiderabile”, intesa sia come istituzione (quella del matrimonio) e sia
come relazione (relazione coniugale e di coppia, relazione tra figli e genitori e fra genitori e figli),
sia nei distinti ruoli che la costituiscono (ruolo di padre, di madre e di figlio) e sia con riguardo ai
suoi compiti di educazione e di socializzazione dei figli. A proposito di questi temi si sono illustrati
i dati delle diverse indagini considerando dapprima i valori familiari degli italiani in senso
diacronico, dal 1981 al 2006 passando attraverso il 1990 ed il 1999 e le eventuali differenze
significative tra le diverse categorie della popolazione ed in seguito i medesimi valori in senso
sincronico, comparando cioè i valori degli italiani con quelli delle popolazioni di trentatre Paesi
europei, evidenziando di volta in volta anche le percentuali medie relative all’Europa nel suo
insieme.
*
Gabriele Pollini è Professore Ordinario di Sociologia (corso avanzato) e Sociologia dello sviluppo presso la Facoltà di
Sociologia dell’Università di Trento. Si occupa di temi di ricerca relativi alla teoria sociologica, alla sociologia dei
valori ed alle appartenenze socio-territoriali. Ha pubblicato numerosi saggi ed articoli su riviste nazionali ed
internazionali. Tra le sue ultime pubblicazioni si segnalano: Cultura e desenvolvimento ( a cura di), EST, Porto Alegre,
2005 (con Renzo Gubert); Elements of a Theory of Place Attachment and Socio-Territorial Belonging, in International
Review of Sociology, XV (2005), n. 3, pp. 497-515; Valori a confronto: Italia ed Europa ( a cura di), Franco Angeli,
Milano, 2006 (con Renzo Gubert); Capitale sociale e/o capitale comunitario: verso una definizione teoricamente
fondata, in Sociologia del lavoro, (2006), n. 2, pp. 65-77.
2
Il risultato complessivo è un ampio affresco che raffigura la dimensione di valore della
famiglia che, non coincidendo necessariamente con quelle che sono le sue innumerevoli e varie
condizioni concrete di esercizio, rinvia a ciò che si vorrebbe che fosse la famiglia o come essa
dovrebbe essere, ossia la famiglia “desiderabile”.
A mo’ di esempio si allegano di seguito alcune Tabelle.
Attribuzione di “molta importanza”, da parte della popolazione italiana, ad ambiti di vita (vv. 1-
6) negli anni 1990, 1999 e 2006 (valori percentuali)
Anno
2006§
Anno
1999*
Anno
1990#
Famiglia 93 90 88
Lavoro 61 61 62
Amici 44 35 37
Religione 35 33 34
Tempo libero 28 29 33
Politica 9 8 7
§ Indagine World Values Survey (WVS) 2006. Coordinatore per l´Italia G. Pollini; PRIN 2004-2006,
Università di Trento..
* Indagine European Values Study (EVS) 1999, in G. Pollini, Gli orientamenti di valore relativi alla
coppia, al matrimonio ed alla famiglia, in R. Gubert (a cura di), La via italiana alla postmodernità Verso una
nuova architettura dei valori, Franco Angeli, Milano, 2000, pp. 23-74.
# Indagine EVS 1990, in G. Pollini, Sessualità, matrimonio e famiglia, in R. Gubert ( a cura di),
Persistenze e mutamenti dei valori degli italiani nel contesto europeo, Reverdito Ed., Trento, 1992, pp. 103-161.
3
Attribuzione di “molta importanza” alla famiglia e ad altri ambiti di vita nel tempo presente (vv. 1-6) (valori percentuali) (1999)
Lavoro Famiglia Amicizie Tempo libero Politica Religione
1. Polonia 78,5 1. Malta 95,5 1. Svezia 71 1. Svezia 54 1. Malta 13 1. Malta 67
2. Malta 75 2. Islanda 94 2. Irlanda Nord 63,5 2. Paesi Bassi 52 2. Svezia 12 2. Romania 51
3. Romania 70 3. Irlanda 91 3. Irlanda 60 3. Malta 48,5 3. Ucraina 10,5 3. Polonia 44,5
4. Francia 69,5 Polonia 4. Paesi Bassi 4. Gran Bret. 48 4. Germania O. 10 4. Italia Sud 41
Lettonia 69
Italia Nord 5. Gran Bret. 5. Danimarca 44 Austria 5. Irlanda 37
6. Italia Sud 66 6. Svezia 90 6. Danimarca Irlanda N. Paesi Bassi 6. Italia 33
Belgio 64 Ungheria 7. Finlandia 7. Grecia 42,5 7. Belgio 9 7. Grecia 32
8. Austria 63
Italia 8. Francia 8. Finlandia 40 Bulgaria 8. Italia Centrale 30
Spagna
Italia Sud 9. Lussemburgo Irlanda Grecia 9. Portogallo 28
10. Slovenia 62 10. Gran Bret. 89 Islanda 10. Belgio 39
Italia Centrale 10. Italia Nord 27
Slovacchia 11. Francia 88 11. Europa ‘10’ 47 Lussemburgo 11. Italia Sud 8,5 11. Irlanda Nord 26,5
12. Italia 61 Austria Belgio 12. Austria 38 12. Italia 8 12. Slovacchia 26
Italia Centrale Belgio Germania O. 13. Francia 36,5 Danimarca 13. Croazia 24
Bulgaria Irlanda Nord 14. Germania E. 14. Europa ‘10’ 36 Irlanda Nord 14. Europa ‘33’ 21
15. Ucraina 60 15. Slovacchia 87,5 Austria 15. Germania O. Russia Austria
16. Germania E. 59 16. Danimarca 87 Grecia Islanda Francia Ucraina
Grecia Lussemburgo Slovenia 17. Italia Nord 33 17. Europa ‘10’ 7,5 17. Europa ‘10’ 20
18. Italia Nord 58 18. Italia Cen. 86 18. Italia Nord 40 18. Slovacchia 32 18. Europa ‘33’ 7 Belgio
Lituania
Europa ‘10’ Europa ‘33’ Slovenia Italia Nord 19. Islanda 19
Portogallo Spagna 20. Spagna 20. Europa ‘33’ 32 Islanda Ungheria
21. Europa ‘33’ 57 21. Portogallo 84,5 21. Croazia 21. Spagna 31 Cechia 21. Paesi Bassi 16,5
22. Ungheria 57 Romania Ucraina Ungheria Irlanda 22. Bulgaria 16
Russia 23. Europa ‘33’ 84 23. Italia 23. Italia 29 Lussemburgo 23. Spagna 15
24. Europa ‘10’ 55,5 Cechia Bulgaria Italia Centrale 24. Germania E. 6 Lussemburgo
25. Svezia 25. Bulgaria 83 25. Slovacchia 25. Italia Sud 25 Lettonia 25. Gran Bret. 12
Islanda Ucraina 26. Italia Centrale 33 Croazia Lituania Finlandia
27. Cechia 27. Grecia 82 Ungheria 27. Bielorussia 24,5 Polonia Russia
Lussemburgo Slovenia Portogallo 28. Ucraina 24 Bielorussia Bielorussia
29. Estonia 29. Paesi Bassi 81 29. Malta Polonia 29. Ungheria 5,5 Slovenia
30. Finlandia 30. Finlandia 80 30. Italia Sud 30 30. Romania 23 30. Gran Bret. 5 30. Lituania 11,5
31. Croazia 31. Croazia 79 31. Polonia 31. Bulgaria 22,5 Portogallo 31. Lettonia 11
Irlanda 32. Germania O. 78 32. Estonia 32. Germania E. 22 Slovacchia Svezia
33. Bielorussia Bielorussia Cechia Portogallo Romania 33. Francia 10,5
34. Paesi Bassi 34. Russia 75 Russia 34. Cechia 20 34. Spagna 4 34. Germania 9
35. Germania O. 35. Germania E. 73 Bielorussia 35. Estonia 19 Croazia 35. Danimarca 8
36. Danimarca 39 36. Lettonia 70,5 36. Romania 26 36. Russia 18,5 36. Finlandia 3 Cechia
Irlanda Nord 37. Estonia 67 37. Lettonia 25 37. Lettonia 16 37. Slovenia 2,5 37. Estonia 5
38. Gran Breta. 37 38. Lituania 66 38. Lituania 18 38. Lituania 15 38. Estonia 2 38. Germania Est 4
Orientamento della popolazione italiana nei confronti del matrimonio come istituzione
(v. 150) nel 1981, 1990, 1999 e 2006 (valori percentuali)
Il matrimonio è un’istituzione sorpassata:
2006* 1999§ 1990# 1981
Accordo 18 16 13 22
Disaccordo 76 77 81 73
Giustificazione/ non giustificazione del divorzio (v. 234) da parte della popolazione
italiana nel 1981, 1990, 1999 e 2006
(punteggi medi di scala: 1 = mai giustificato e 10 = sempre giustificato)
2006* 1999§ 1990# 1981
Divorzio 4,83 5,14 5,19 4,99
Fonti:
* Indagine WVS 2006. Chi scrive è il coordinatore per l’Italia; PRIN 2004-2006, Università di Trento.
§ Indagine EVS 1999, in G. Pollini, Gli orientamenti di valore relativi alla coppia, al matrimonio ed alla
famiglia, in R. Gubert ( a cura di), La via italiana alla postmodernità, cit., pp. 23-74.
# Indagine EVS 1990, in G. Pollini, Sessualità, matrimonio e famiglia, in R. Gubert (a cura di), Persistenze
e mutamenti dei valori degli italiani nel contesto europeo, cit., pp. 103-161.
^ Indagine EVS 1981, in C. Calvaruso, S. Abbruzzese, Indagine sui valori. Dai post-materialismi alla
ricerca di senso, SEI, Torino, 1985.
Accordo /disaccordo sul fatto che “un bambino per crescere felice ha bisogno di una
famiglia con un padre ed una madre (v148) (Italia 1981, 1990, 1999 e 2006)
(valori percentuali)
2006* 1999§ 1990# 1981
Accordo 92 90 96 90
Disaccordo 7 7 3 8
Fonti:
* Indagine WVS 2006. Chi scive è il coordinatore per l’Italia; PRIN 2004-2006, Università di Trento.
§ Indagine EVS 1999, in G. Pollini, I valori degli italiani e degli europei relativi al matrimonio ed alla
famiglia, in R. Gubert, G. Pollini ( a cura di), Valori a confronto: Italia ed Europa, Franco Angeli, Milano,
2006, pp. 13-52.
# Indagine EVS 1990, in G. Pollini, Sessualità, matrimonio e famiglia, in R, Gubert (a cura di), Persistenze e
mutamenti dei valori degli italiani nel contesto europeo, cit., pp. 103-161.
^ Indagine EVS 1981, in C. Calvaruso, S. Abbruzzese, Indagine sui valori, cit.,.
Orientamento tradizionale e moderno relativo al ruolo della donna in famiglia e nel
lavoro (valori percentuali) (accordo) (1999)
Per realizzarsi la donna
deve avere figli
(v. 149)
I figli soffrono se la
madre lavora
(v. 155)
Le donne desiderano
una casa e dei figli
(v. 156)
Essere una casalinga può
realizzare quanto avere un
lavoro (v. 157)
1. Ungheria 91 1. Malta 87,5 1. Lituania 84,5 1. Malta 86
2. Lettonia 85 2. Italia Sud 81 2. Russia 81 2. Cechia 74
3. Ucraina 82
Italia Centro 3. Romania 78 Finlandia
4. Russia 79,5 4. Italia 78 4. Ucraina 73 4. Lituania 72
5. Romania 79 5. Grecia 76 Malta 5. Slovacchia 67
6. Bielorussia 73 6. Austria 75 Polonia 6. Bielorussia 61
7. Bulgaria 70 7. Italia Nord 74 7. Italia Sud 67 7. Belgio 58
8. Danimarca 68 Polonia Cechia Russia
9. Grecia 67 9. Lettonia 70 Bulgaria 9. Francia 57
10. Polonia 66 Russia 10. Ungheria 65 10. Lussemburgo 56,5
Estonia 11. Portogallo 69 11. Bielorussia 63 11. Islanda 56
12. Francia 64 Ucraina 12. Slovenia 61,5 Irlanda
13. Germania Est 63 Germania O. 13. Italia 61 13. Polonia 55
14. Portogallo 61,5 14. Lituania 65,5 Francia Ungheria
15. Italia Sud 58,5 15. Lussemburgo 63 Grecia 15. Italia Sud 54
Lituania 16. Estonia 61 16. Estonia 60,5 16. Gran Bretagna 53
17 Italia Centro 55,5 Slovacchia 17. Italia Centro 59 Estonia
18. Italia 53 Ungheria Lettonia 18. Ucraina 52
Croazia 19. Bielorussia 57 19. Italia Nord 56 19. Slovenia 50,5
20. Europa ‘33’ 51 Bulgaria Slovacchia 20. Italia 50
21. Italia Nord 48 Croazia 21. Islanda 55 Italia Centro
22. Germania O. 46 22. Francia 55 Croazia 22. Irlanda 49,5
23. Malta 44 23. Europa ‘33’ 52 23. Belgio 52,5 23. Europa ‘33’ 49
24. Spagna 43 24. Belgio 51 24. Europa ‘33’ 52 24. Paesi Bassi 48
Cechia 25. Europa ‘10’ 47 25. Portogallo 48,5 25. Italia Nord 47
Slovacchia 26. Cechia 46 26. Lussemburgo Spagna
27 Europa ‘10’ 41 27. Slovenia 45 27. Germania O. 44 Portogallo
28. Slovenia 36,5 28. Romania 44 28. Finlandia 42 Danimarca
29. Belgio 36 Paesi Bassi 29. Europa ‘10’ 41 29. Svezia 45,5
30. Lussemburgo 32,5 30. G. Bretagna 42 Spagna 30. Croazia 45
31. Islanda 32 Spagna 31. Austria 40 31. Austria 44
32. Austria 31 32. Finlandia 37 32. G. Bretagna 38 Germania Ovest
33 Svezia 23 Svezia 33. Svezia 36 33. Romania 43
34. Gran Bretagna 18 34. Germania E. 34 34. Irlanda 35 34. Europa ‘10’ 42
35. Irlanda Nord 17 Irlanda 35. Irlanda Nord 34 35. Bulgaria 40
36 Irlanda 15 Irlanda Nord 33 36. Paesi Bassi 32 36. Grecia 39
37 Finlandia 11 37. Islanda 31 37. Germania Est 29 37. Lettonia 33
38. Paesi Bassi 7 Danimarca 17 38. Danimarca 16 38. Germania Est 24
6
Orientamento postmoderno “strumentale” ed “espressivo” del ruolo familiare e professionale
della donna (valori percentuali) (accordo) (1999)
Avere un lavoro è il modo migliore
per una donna di essere indipendente
(v. 158)
Sia il marito che la moglie dovrebbero
contribuire al reddito familiare
(v. 159)
Una madre che lavora fuori casa può
stabilire un rapporto caldo e sicuro
quanto una madre che non lavora (v. 156)
1. Germania Est 83 1. Croazia 94 1. Finlandia 93,5
2. Francia 81 2. Cechia 92 2. Danimarca 85
3. Svezia 80 3. Slovenia 90 Islanda
Grecia 4. Germania Est 89,5 4. Germania Est 84
5. Danimarca 79 5. Bulgaria 89 Svezia
Lettonia 6. Svezia 88 6. Lussemburgo 82
Lussemburgo 7. Portogallo 87 7. Paesi Bassi 81
8. Portogallo 78 8. Slovacchia 86 8. Slovenia 80,5
9. Slovenia 77 Ungheria 9. Cechia 80
Germania Ovest Grecia Ucraina
11. Italia Nord 75 11. Lettonia 85 Russia
Spagna 12. Lituania 84 12. Slovacchia 79,5
Bulgaria Polonia 13. Romania 79
14. Belgio 74 14. Bielorussia 83 Bielorussia
15. Croazia 73,5 Romania 15. Belgio 78
16. Italia 73 16. Ucraina 81 16. Francia 76
Italia Sud 17. Russia 79,5 17. Lituania 75
Austria 18. Italia Nord 79 Bulgaria
Cetonia 19. Italia 78 19. Spagna 74
20. Polonia 72
Italia Sud Grecia
Cechia Estonia Ungheria
22. Romania 71 Francia 22. Croazia 73,5
23. Ungheria 70 23. Spagna 77 23. Lettonia 72
24. Italia Centro 69 24. Italia Centro 74 24. Gran Bretagna 70
Slovacchia 25. Belgio 72 25. Irlanda 69
26. Lituania 68 26. Europa ‘33’ 71 Irlanda Nord
27. Ucraina 65 Malta
Europa ‘33’
28. Europa ‘33’ 64 28. Finlandia 69 28. Portogallo 68
Russia 29. Austria 67 29. Estonia 67,5
30. Europa ‘10’ 63 30. Irlanda Nord 66 30. Italia Nord 66
31. Paesi Bassi 61 31. Germania Ovest 65,5 31. Italia 62
32. Gran Bretagna 58 32. Gran Bretagna 65
Europa ‘10’
Irlanda Nord 33. Danimarca 64,5 33. Germania Ovest 60
34. Finlandia 57 34. Europa ‘10’ 62 34. Malta 59
35. Irlanda 52,5 35. Irlanda 61 35. Italia Centro 58
36. Bielorussia 52 36. Islanda 60
Italia Sud
37. Malta 44 37. Lussemburgo 55 37. Austria 53
38. Islanda 42 38. Paesi Bassi 36 38. Polonia 52
7
Tipologia delle qualità da insegnare ai figli in famiglia secondo le dimensioni Ego/Alter e
tradizionale-moderno/post-moderno (valori percentuali) (Italia)
___________________________________________________________________________________________
Qualità | Ego '81 '90 '99 | Alter '81 '90 '99
______________ |_________________________________________ |____________________________________
| - Indipendenza 22 31 41 | - Tolleranza
| - Immaginazione 8 15 12 | e rispetto 43 66 75
Post- | - Determinazione e | - Senso di
moderne | perseveranza 17 27 34 | responsabilità 46 83 81
| | - Altruismo 2 40 41
|__________________________________________|______________________________________
Media 16 24 29 30 63 66
_______________________________________________________________________________________________
| -Capacità di | - Buone maniere 55 79 76
Tradizionali | lavorare sodo 13 27 36 | - Fede religiosa 22 37 31
-moderne | - Capacità di | - Obbedienza 27 34 28
| risparmiare 19 29 35 |
______________ |________________________________________ |____________________________________
Media 16 28 35 35 50 44
CISF famiglia/Poterzio.pdf
1
METAMORFOSI DELLA FAMIGLIA CONTEMPORANEA E
PSICOPATOLOGIA: L'OSSERVAZIONE CLINICA
di Franco Potenzio*1
Il presente lavoro, condotto con una prospettiva clinico-descrittiva, prende lo spunto
da alcuni interrogativi:
- la famiglia odierna in Italia con le metamorfosi in atto, può produrre patologia
psichica?
- E, se è così, quali disagi si possono mettere in luce?
- Ed ancora: dalle trasformazioni in corso emergono nuove configurazioni della
struttura familiare?
- Ed infine: in quali aspetti si riconosce la famiglia?
Si riscontrano ai giorni nostri in Italia alcuni quadri psicopatologici in aumento
riconducibili con nessi causali ad un nucleo familiare disturbato nei suoi principali
rapporti.
Basta nominare i disturbi border-line, quelli narcisistici, gli evitanti oppure i
dipendenti (bloccati in fasi adolescenziali) gli antisociali, le tossicodipendenze e i
disorientamenti in merito all'identità di genere per risalire a famiglie di provenienza
disunite, scoese, affettivamente instabili, litigiose, violente o indifferenti, incapaci di
comunicare.
Anche senza riferirsi a situazioni di vere patologie, si ritrova uno strisciante disagio
psichico, piuttosto diffuso, genericamente imputabile ad immaturità, ma meglio
specificabile come:
1. Difficoltà a rapportarsi in modo maturo e felice a livello interpersonale. Molte
persone oggi sembrano incapaci di "credere" in una duratura relazione tra uomo e
donna. Sono frequenti il timore della nuzialità e della generazione.
2. Diffusa è anche la paura del cambiamento per cui viene paventata qualsiasi nuova
relazione che comporti un'implicazione affettiva profonda.
3. In altri casi invece predominano scontentezza, risentimento, delusione, crisi dei valori
con l'aspirazione ad una spesso illusoria innovazione. Ne conseguono smantellamenti
di precedenti rapporti (separazioni e divorzi), orientamento autocentrato dell'esistenza
oppure istituzione di nuove relazioni interpersonali (coppie variamente configurate
anche parisesso)
In tale ambito si notano ancora:
1
Franco Potenzio, ricercatore presso la cattedra di Psichiatria, è ricercatore presso la cattedra di Psichiatria
dell’Università di Milano. Si è occupato di ricerche il psicofarmacologia, di psicopatologia della famiglia, del
rapporto medico-paziente e del rapporto docente-alunno. E’ consulente psichiatra presso il Centro per i disturbi del
comportamento alimentare dell’Ospedale di Riguarda di Milano
2
- Prolungate convivenze condotte in modo precario, nel timore di rendere stabile
un'unione di cui non si è certi, ma governate dall'esclusiva meta del farsi
reciprocamente piacere.
- Dipendenze dalla famiglia di origine per periodi oltremodo lunghi, imputabili
indubbiamente alla difficoltà a trovare lavoro, ma anche ad una sottostante paura di
crescere e di rendersi autosufficenti.
- Il danno peggiore sull'assetto psicologico in questi casi si verifica a carico della
sessualità che viene gestita puramente a livello ludico con notevole perdita delle
capacità di innamoramento,.
- Si registra ancora un clima familiare sovente intriso di violenze, di traumi, di
ultraprecoci cadute dell'intimità e della gioia.
- Coloro che contraggono matrimonio in una situazione di innamoramento sembrano
spesso incapaci di costruire il loro amore realistico diretto a migliorare le relazioni
nella famiglia, adattandosi ciascuno alle caratteristiche dell'altro, trasmettendo
sentimenti di solidarietà, di collaborazione, di mutuo aiuto.
L'Istituto familiare è oggi meno protetto dalle leggi, dalle regole del clan familiare e
dai costumi sociali per cui si producono quasi spontaneamente delle strutture familiari
nuove. Disancorata dalle tradizioni familiari, dalla cultura, dai valori religiosi, dalle
legislature in revisione, la famiglia va incontro a svariati cambiamenti nel proprio modo
di comunicare e di interagire.
Sono germogliate così alcune configurazioni, in alcuni casi foriere di disagio
psichico, quali le organizzazioni statiche, incapaci di autotrasformazione, quelle
deleganti che affidano ad altri la prole, quelle paranoidi, quelle con falso spontaneismo,
naturiste senza norme, quelle stereotipe che obbediscono ai modelli proposti dai mass-
media, quelle incapaci di trasmettere sentimenti che sostituiscono gli affetti con gli
oggetti materiali, quelle iperprotettive oppure quelle intermittenti, vittime delle loro
oscillazioni emotive, quelle autoritarie o, al contrario, quelle eccessivamente
permissive. Da tale rassegna è possibile risalire in termini causali ad alcune disfunzioni
comuni:
-la crisi della psicosessualità con la consegna della pulsione sessuale all'effimero, al
contingente, all'impersonale, al meramente biologico, privata dell'imprescindibile
funzione relazionale di unitività e di scambio affettivo che possiede. Crisi per altro resa
più profonda dalla confusione dei rispettivi ruoli e dall'incertezza nell' agirli così da
produrre diffuse ripercussioni sull'identità di genere.
-la crisi del ruolo del padre, privato delle sue funzioni di conferire normatività, di
distaccare la prole dalla diade simbiotica con la madre, di sostenere affettivamente la
consorte e di promuovere una cultura familiare.
-la crisi della donna, che, costretta a sostenere in famiglia ruoli matriarcali e ad
assumere in ambito lavorativo e sociale verso l'uomo posizioni oscillanti tra la
competizione bellicosa e la fusione erotica, si trova impedita ad esprimere nelle
relazioni interpersonali familiari e sociali le preziose valenze comportamentali connesse
all' istinto materno.
-la crisi dell'autorità, smarrita di fronte ai compiti normativi, assistenziali, correttivi,
educativi, culturali, promotivi, esemplari che le competono.
3
A fronte di tali situazioni critiche apparentemente disgreganti i nuclei familiari è dato
riconoscere invece, con la forza dell'evidenza, l'insostituibilità della famiglia in vari
settori delle umane convivenze.
Ci si riferisce alla complementarietà sessuale dell'uomo e della donna nel matrimonio,
fonte di continui processi adattivi, stimolo all' emancipazione maturativa della sessualità
(da posizioni adolescenziali ancora narcisistiche ed autoreferenti verso relazioni
autentiche di intimità, donatività, reciprocità, unitività, personificazione e scambio
affettivo nella dinamica della coppia e mediante la generazione), base della sana
collegialità nella conduzione familiare, punto di riferimento per la corretta
identificazione della prole nei rispettivi ruoli sessuali e le successive identità di genere,
ragione di fiducia presso i figli nella stabilità dei sentimenti tra uomo e donna, sorgente
di crescita e di revisione culturale con l'apporto dei figli, forgia di un codice sociale
rispettoso della diversità e capace di accoglienza, richiamo continuo ad un progetto di
vita, radice e fondamento di una tradizione familiare e sociale, occasione di maturazione
nelle varie età della vita della comunicazione e dell'integrazione reciproca, incentivo
alla costruzione di un amore realistico, fondato sulle persone concrete, su patti e progetti
e non sul mero farsi piacere in rapporti confusivi di semplice affinità caratteriale.
CISF famiglia/Scabini Cigoli.pdf
1
IDENTITA’ DELLA FAMIGLIA MIGRANTE E
DIVERSITA’ CULTURALE
Di Eugenia Scabini, Vittorio Cigoli1*
La presenza composita e numericamente consistente delle famiglie immigrate anche nel nostro
paese interroga la riflessione psicologica sulla famiglia e sull’identità del famigliare.
“Che cosa ha ricevuto la psicologia dalla presenza dei movimenti migratori, anche imponenti,
verso le società del mondo occidentale? E che cosa ha offerto ed è in grado di offrire alle nuove
sfide sociali?”: questi gli interrogativi–guida a cui cerchiamo di rispondere sia attraverso la
ricognizione critica dei principali orientamenti della ricerca psicologica relativa a ‘culture,
migrazioni e famiglie’ sia attraverso una nostra proposta teorica e metodologica di lavoro con le
famiglie.
Rivolgendo lo sguardo agli approcci di studio in questo settore, due sono le chiavi di lettura
prevalenti riconducibili la prima al filone degli “ethnic immigrant families studies” che si sono
sviluppati avvalendosi anche dell’apporto dell’antropologia e della sociologia, la seconda a quello
dei “migration family studies” legati maggiormente alle prospettive familiari ecologico-evolutivo e
cliniche.
Ciò che caratterizza il primo filone e gran parte del dibattito odierno sui temi dell’integrazione
culturale è il rimando all’appartenenza etnica e/o culturale della famiglia come tratto fondamentale
e dominante per definire e caratterizzare le diverse esperienze individuali e familiari (l’esperienza
ad esempio delle Mexican immigrant families o delle Philippines immigrant families negli Stati
Uniti oppure l’esperienza delle famiglie immigrate di origine cinese o albanese in Italia). Da questa
centralità della cultura come marcatore rigido di identità deriva anche una concezione adattiva
della sfida migratoria nei termini del processo di integrazione/assimilazione alla nuova cultura dei
singoli individui o di più componenti all’interno della stessa famiglia (ad esempio genitori e figli).
Questa concezione - omologando le esperienze sulla base di un criterio etnico-culturale che appare
dominante e sottolineando l’azione adattiva, rischia di schiacciare la relazione familiare riducendola
a “macchina trasmissiva”, dei valori, del miti, delle credenze dei paesi d’origine.
Il secondo filone, che vanta un tradizione di studi meno corposa rispetto alla precedente, è
interessato all’avventura migratoria della famiglia e al ruolo che essa svolge nel sostenere e
proteggere i suoi membri di fronte alle sfide e agli stress posti da questa transizione. La migrazione
non è, cioè, concepita come impresa individuale ma come strategia familiare e la dimensione
culturale non è l’unica in grado di spiegare gli esiti di tale complessa transizione. La domanda
fondamentale che attraversa questo tipo di studi può essere così sintetizzata: cosa protegge i membri
1
Eugenia Scabini. Professore ordinario di Psicologia Sociale della Famiglia presso la Facoltà di Psicologia, di cui è
anche Preside, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla
famiglia della stessa Università. Da anni si occupa di tematiche relative alle relazioni familiari e ha dedicato particolare
attenzione allo studio della famiglia che affronta la transizione all’età adulta dei figli. Più recentemente si è occupata
delle diverse manifestazioni di prosocialità e solidarietà da parte delle famiglie.
Vittorio Cigoli. Psicologo e psicoterapeuta, è Professore ordinario di Psicologia clinica presso la Facoltà di Psicologia
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e, sempre per la stessa Università, Direttore dell’Alta Scuola
Agostino Gemelli che si occupa di alta formazione, dove dirige i master Universitari di Mediazione Famigliare e
Comunitaria e di Clinica delle relazioni di Coppia. E’ inoltre responsabile Scientifico dei Servizi di Psicologia Clinica
del Dipartimento di Psicologia nella medesima Università. Collabora con numerose riviste nazionali ed internazionali
ed è autore di numerose pubblicazioni.
2
familiari, specie i giovani, dal rischio che può venire dalla migrazione? Le ricerche sottolineano
al proposito il ruolo della coesione familiare, del supporto e del controllo genitoriale, della
condivisione di valori (obbligo familiare, solidarietà tra le generazioni) e della presenza di reti
etniche di supporto.
In questo filone di studi l’attenzione è rivolta in modo decisamente prevalente al rapporto
genitori-figli e si registra una “sovrastima” riservata a questi ultimi che rivela la presenza di
un’angoscia collettiva in merito all’abitabilità sociale e cioè al futuro della convivenza sociale.
Rimane così in ombra il ruolo della coppia coniugale-genitoriale che è crocevia di storie di vita
familiare ed di appartenenza etnico-culturale e perciò mediatore cruciale del patrimonio simbolico
tra le generazioni. E’ attraverso di essa e non prescindendo da essa che si può attuare la difficile
impresa di rielaborazione della cultura di origine in dialogo con la cultura-ospite e perciò la
ricostruzione di una nuova identità familiare.
Attraverso l’esplorazione delle storie di vita di alcune coppie di diversa etnia-nazionalità
(Pakistan e Ghana) residenti in Italia da alcuni anni abbiamo quindi cercato di cogliere la
costruzione di questo cammino identitario della famiglia in migrazione.
Nello specifico due dimensioni sembrano costituire importanti indicatori del percorso di
transizione.
Il primo indicatore ha a che fare con il legame con le origini, legame che può essere vissuto
positivamente o negativamente (riscoperto e valorizzato o idealizzato e deprezzato) e che passa
attraverso un compito specifico, quello della cura dell’eredità. Tale cura consiste nel mantenere
viva la memoria delle origini e nella lealtà verso l’appartenenza di stirpe, paterna a materna, senza
per questo negare aspetti traumatici e carenze.
Il secondo indicatore riguarda l’incontro con l’altro culturale. Tale incontro può prendere
immagini negative o positive dello straniero, dello sfruttatore, del nemico oppure del fratello, del
tutore, di chi apre la porta e ospita. L’incontro con la cultura altra da sé non nasce dal nulla perché
trova le sue radici proprio nella presenza o meno del sentimento di ospitalità e del suo valore in
ciascuna cultura familiare. D’altra parte anche la cultura ospite e le organizzazioni che la
qualificano possono essere fonte di riconoscimento o disconoscimento. La società condivide infatti
con la famiglia la problematica generativa-degenerativa della relazione.
La possibilità o meno di costruire una nuova identità familiare e quindi di uno spazio psichico e
relazionale per le nuove generazioni è dato dall’intreccio di queste due variabili. Delle storie
presentate due (Mohamed e Nafisa e Adam e Amin)sono esempi vuoi di percorsi identitari, riusciti
e spazi prognosticamente positivi per le future generazioni, mentre due (Syedeemab e Halida e
Peter e Patience) presentano percorsi identitari assai problematici e condizioni di rischio per i figli.
CISF famiglia/Scaraffia.pdf
UNA RIFLESSIONE SUL VALORE AGGIUNTO
DELLA FAMIGLIA IN PROSPETTIVA STORICA
Di Lucetta Scaraffia*
1
La famiglia che oggi difendiamo è quella che si è affermata attraverso il
disciplinamento della Riforma e Controriforma nell’Europa moderna, e che ha
superato – grazie a profonde trasformazioni – tutte le rivoluzioni culturali che la
modernità ha imposto ai rapporti sociali, e in particolare a quelli fra uomini e donne.
Cioè l’affermarsi dell’individualismo e la rivoluzione demografica, che hanno
trasformato la famiglia da istituzione con finalità sociali a luogo in cui gli individui
cercano la realizzazione dei desideri individuali, siano essi il sogno d’amore
romantico o il piacere sessuale. Ma anche il diffondersi di un modello sbagliato di
femminismo, che ha portato all’affermarsi dell’ideologia del gender, cioè alla
negazione della differenza fra donne e uomini, distruggendo quel legame di
complementarietà e di diversità che costituiva il cuore della coppia, la sua ragion
d’essere.
Oggi, pur vivendo un momento di forte crisi, la famiglia rimane il luogo
fondamentale dove avviene la crescita psicologica e morale dell’essere umano. E
soprattutto è il contesto sociale in cui trovano un senso i rapporti umani e la
sessualità, e in cui ognuno, nell’accordarsi con l’altro e nello sperimentare – con i
figli – l’amore disinteressato, trova il senso del suo vivere.
1
Lucetta Scaraffia insegna Storia contemporanea all’Università di Roma “La Sapienza”. S’è occupata soprattutto di
storia delle donne e di storia del Cristianesimo, con particolare attenzione alla religiosità femminile. Ha studiato i
rapporti fra la società occidentale e l’islam nell’età moderna; affrontato il nesso fra identità italiana e il più antico e
importante santuario mariano della penisola e ricostruito storia e significati dell’isituzione giubilare. E’ vicepresidente
di “Scienza e Vita” e fa parte del Comitato Nazionale di Bioetica. Collabora al quotidiano Avvenire, al Foglio e al
Corriere della Sera.
CISF famiglia/_Indice_Rapporto.pdf
Ri-conoscere la famiglia: quale valore aggiunto
per la persona e la società?
INDICE con SINTESI CAPITOLI
Presentazione
LA FAMIGLIA TRA PASSATO E FUTURO: LA SFIDA DEL RI-CONOSCIMENTO
(Pierpaolo Donati)
Ri-conoscere la famiglia attraverso il suo valore aggiunto
Di Pierpaolo Donati
Il valore della famiglia in Italia ed in Europa tra continuità e cambiamento
di Gabriele Pollini
Famiglie al confine tra familiare e comunitario
di Giovanna Rossi e Donatella Bramanti
Identità della famiglia migrante e diversità culturale
di Eugenia Scabini e Vittorio Cigoli
Metamorfosi della famiglia contemporanea e psicopatologia: l'osservazione clinica
di Franco Potenzio
Famiglia e felicità: un analisi del rapporto tra condizioni, valori, relazioni familiari e
benessere individuale
di Luigino Bruni e Luca Stanca
Il valore aggiunto dei processi di istituzionalizzazione della famiglia rispetto alla sua
privatizzazione
di Andrea Bettetini
Che cosa significa “riconoscere” la famiglia dal punto di vista giuridico
di Francesco D'Agostino e Fabio Macioce
Una riflessione sul valore aggiunto della famiglia in prospettiva storica
di Lucetta Scaraffia
Conclusioni:
RICONOSCIMENTO COME RESPONSABILITA' DELLA FAMIGLIA E VERSO LA FAMIGLIA
(Pierpaolo Donati)
Allegati statistici a cura del CISF
Edizione Paoline
CISF, 02/2008 : Ri-conoscere la famiglia