Col termine “transfer” si intende l’ di usare ciò che è stato appreso in situazioni nuove. Questa formulazione sottintende aspetti teorici e aspetti pratici poiché dal punto di vista teorico ha a che fare con la rappresentazione della conoscenza, i tipi di ragionamento – analogie, generalizzazioni, comparazioni - e la formazione dei concetti (Goldstone & Day, 2012); dal punto di vista pratico un che non produce anche transfer si traduce in una conoscenza inerte (Whitehead, 1929) o incapsulata (Engestrom, 1995) ed è quindi scarsamente efficace. Più generalmente il transfer ha a che fare con la stessa idea di /istruzione poiché la scelta di che cosa insegnare e come rimanda al riconoscimento della maggiore potenzialità di certi contenuti/abilità nell’indurre usi ulteriori. In questa direzione possiamo facilmente risalire alla teoria della disciplina formale di cui già scriveva Vygotskji (1934) in base alla quale si assegnava all’insegnamento della geometria e del latino una funzione di promozione dello sviluppo di abilità di ragionamento logico, le cosiddette funzioni psicologiche superiori. Poiché il transfer è un tema di studio da più di 100 anni e rimane una questione sfidante per la ricerca psicologica e la pratica educativa, è utile riconoscere lo stretto legame esistente tra concezione dell’apprendimento e transfer. Si fa risalire a Edward L. Thorndike (1924) la nascita della psicologia dell’educazione e le ricerche in sul transfer. Secondo questo autore infatti, non si produce transfer allenando alcune facoltà mentali quali la memoria, l’attenzione e la capacità di giudizio con specifici compiti cognitivi, come si riteneva in passato - fondamento questo della teoria della disciplina formale – ma si effettua il transfer quando si riconoscono elementi identici tra l’apprendimento originale e il nuovo contesto; in tal modo si stabiliscono le connessioni tra i due contesti che generano il transfer. Questa concezione del transfer fu criticata da Charles L.S.H. Judd (1939) che considerava il transfer fondato sulla capacità di riconoscere nella materia proposta i principi generali; per questa ragione Judd riteneva che quando un principio generale o una strategia venivano appresi in un compito potevano essere usati in un altro compito per il cui svolgimento fossero necessari. Le due concezioni di transfer possano apparire lontane nel tempo, ma è utile riconoscere che i due autori sono stati precursori; esse infatti sono state alla base dell’istruzione programmata (Mager 1967) la prima e delle proposte educative di Jerome Bruner (1969; 1972) la seconda (Tuomi-Grohn, Engestrom, 2013). Un consistente filone di studio sul transfer prende avvio dagli studi della Gestalt per poi confluire nelle prospettive cognitiviste che, negli sviluppi successivi, sono approdati nell’ampio settore degli studi sulla metacognizione. Gli studi degli psicologi della Gestalt hanno fornito un sostanziale contributo empirico al transfer di principi generali da una situazione all’altra; aver colto delle relazioni, delle configurazioni o modelli comuni mediante una comprensione piena e non meccanica comporta la possibilità di collegare l’apprendimento già acquisito alla nuova situazione mediante il transfer. Uno sviluppo ulteriore di questi studi è quello condotto dagli psicologi cognitivisti che per focalizzare la questione del transfer hanno fatto riferimento, sia pure in termini diversi, al concetto di schema, che ha riguardato come l’informazione è codificata e immagazzinata in memoria e i modi in cui viene elaborata. In questa prospettiva si riconosce la confluenza di tali studi in quelli sulla metacognizione poiché hanno a che fare con l’uso di strategie per fronteggiare situazioni nuove e nel ricorso al problem solving come modalità sperimentale privilegiata per indagare i modi in cui il solutore si pone di fronte a compiti nuovi. Si fa riferimento inoltre, a un soggetto attivo che ha realizzato un apprendimento intenzionale ed è in grado di rilevare le caratteristiche del nuovo problema, scegliendo tra le strategie apprese in precedenza quelle che sono utili per la sua soluzione. Un approccio che suscita un particolare interesse nella prospettiva cognitivista è quella di Carl Bereiter (1995) perché introduce accanto al transfer di principi, già noto in passato, il transfer disposizionale; nel primo caso si tratta di riconoscere ed applicare i principi appresi in precedenza a compiti nuovi; nel secondo caso si tratta invece di vedere se quei principi sono applicati nella vita quotidiana. Si solleva qui una questione particolarmente spinosa perché se è possibile insegnare a comprendere per garantire una corretta acquisizione dei principi (e con Bruner diremmo delle strutture) che possono innervare problemi diversi, è ben più complicato far sì che certe disposizioni come il pensiero critico, ad esempio, che si esercita in classe sia poi esplicitato anche in situazioni quotidiane di fronte ad eventi, a crisi e a situazioni molto coinvolgenti. In tal senso Bereiter indirizza l’attenzione verso aspetti che fanno parte non soltanto dell’apprendimento di strategie ma anche dell’educazione del carattere: si tratta quindi di una questione molto rilevante che supera ciò che avviene in classe e che assegna invece alle situazioni esterne e alle caratteristiche interne dell’individuo un ruolo fondamentale. La prospettiva aperta da Bereiter consente di indicare due altri approcci, più specificamente focalizzati sul transfer: quello della psicologia contestualista e quello della psicologia storico-culturale. La psicologia contestualista mette in questione la separazione tra cognizione e i contesti sociali perché in tale approccio “ciò che viene trasferito non è la conoscenza da un compito all’altro, bensì i modelli di processi partecipativi tra situazioni “(Greeno, 1997, p. 12 citato in Tuomi-Grohn Engestrom, 2013, p. 65). In tal modo si focalizza il transfer non come apprendimento, ma come partecipazione a comunità di pratiche: entrano in gioco quindi oltre all’individuo, gli artefatti fisici e i modi di fare propri di quelle pratiche sociali per cui l’apprendimento diviene un effetto collaterale delle attività che si svolgono; queste possono contare inoltre su una base motivazionale autentica dal momento che è riconosciuto saldamente il senso di quanto si viene facendo. Questa accezione di transfer, come si vede, è ampiamente tributaria della concezione di e, nello stesso tempo, supera l’accezione del trasferimento di conoscenza (o di strategie) da un ambito all’altro. Proprio la riflessione in prospettiva socio-culturale sul transfer, quando si verifica e dei modi in cui avviene tra contesti istituzionali come la scuola e contesti di , rappresenta la direzione di ricerca che ha più specificamente caratterizzato le diverse sfaccettature di questa problematica. In particolare, risultano molto interessanti i contributi di King Beach (1999/2013) che ha sottolineato l’importanza delle transizioni poiché “il soggetto che apprende e le organizzazioni sociali hanno una relazione che è ricorsiva e mutualmente costitutiva nel tempo” (Tuomi- Grohn Engestrom cit., p. 68). Ciò vuol rivolgere attenzione alle attività e agli individui in relazione e orienta l’attenzione anche verso i mutamenti degli aspetti identitari implicati in queste transizioni. Con riferimento alla teoria dell’attività e le sue ulteriori declinazioni proposte da Yrjo Engestrom (1987; 2013) il transfer è focalizzato come tema che amplia la sua area dall’individuo alle organizzazioni collettive e in questa prospettiva si intende come transfer di sviluppo. In sintesi, mentre l’avvio della riflessione sul transfer ha esplorato vie diverse a partire da individuazione di caratteristiche del compito, delle strategie adoperate per fronteggiarle confluendo negli studi sulla metacognizione, gli studi che hanno focalizzato il transfer nel rapporto tra scuola e lavoro hanno consentito di mettere in luce dimensioni diverse che hanno a che fare con l’individuo in relazione con artefatti, pratiche sociali e organizzazioni collettive, superando quindi la concezione applicativa in cui spesso è stato relegato il rapporto tra acquisite a scuola e ambiti di lavoro. Bibliografia Beach K., Consequential transitions: A sociocultural expedition beyond transfer in education in “Review of Research in Education,” 28, pp 46-69, 1999 tr. It. Transizioni consequenziali: una prospettiva di sviluppo sulla diffusione di conoscenza nelle organizzazioni sociali in Tuomi-Grohn T. - Y. Engestrom (a cura di) Tra scuola e lavoro. Studi su transfer e attraversamento di confini Bologna, Il Mulino, 2013. Bereiter C., A dispositional view of transfer in A. McKeough, Lupart J. - A. Marini (eds) Teaching for transfer, Fostering generalization in learning Hillsdale, Lawrence Erlbaum, 1995. Bruner J, The process of education, Cambridge M A, Harvard University Press, 1969. Bruner J, Beyond the Information given London, Allen & Unwin, 1972. Engestrom Y., Learning by expanding: An activity-theoretical approach to developmental research, Helsinki, Orienta Konsultit, 1987. Engestrom Y., Non scholae sed vitae discimus: Come superare l’incapsulamento scolastico p. 155-179 in Pontecorvo C. – Ajello A.M., Zucchermaglio C., I Contesti sociali dell’apprendimento, LED , Milano. tit orig. Non scholae sed vitae discimus. Towards overcoming the encapsulation of school learning, in “Learning and Instruction” 1/3, 1991, p. 243-259, 1995. Goldstone R.L, - S.B. Day, Introduction to “New conceptualization of transfer of learning, “Educational Psychologist”, 47 (3), pp. 149-152, 2012. Greeno J.G., Response: On claims that answer wrong questions, in “Educational Researcher”, 26 I, pp. 5-17, 1997. Judd C.H., Educational psychology, New York Houghton Mifflin, 1939. Mager R., Developing vocational education, Belmont, Fearon-Pitman, 1967. Thorndike E.L., Mental discipline in high school studies in “Journal of Educational Psychology” 15, pp. 1-22 e 83-98, 1924. Tuomi-Grohn T. – Y. Engestrom (a cura di), Tra scuola e lavoro. Studi su transfer e attraversamento di confini, Bologna, Il Mulino (edizione originale: Between School and work. New Perspective on Transfer and Boundary-crossing Elsevier Science Ltd 2003), 2013. Vygotskji L.S., Pensiero e Linguaggio (trad. it. Firenze Giunti Barbera 1962; Bari Laterza 1990), 1934. Whitehead A.N., The aims of education New York, Macmillan, 1929.

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