Il “sistema educativo di istruzione e di ” italiano risulta dalla disciplina normativa che, a partire dalla Costituzione, delinea l’articolazione e prescrive le modalità di organizzazione e di funzionamento dell’intero complesso - per l’appunto, inteso e strutturato quale “sistema” - delle attività con finalità educative che si svolgono legittimamente nel nostro Paese. Esso è il risultato di un percorso che, a partire dall’unità d’Italia, si è sviluppato secondo il susseguirsi di indirizzi tra loro non certo uniformi. Anzi, si tratta di un percorso che è stato segnato da numerosi passaggi fortemente innovativi (sin dall’unità d’Italia con la legge Casati del 1959, e per poi passare alla legge Coppino del 1877, alla legge Orlando del 1904, alla riforma Gentile del 1923; e nella Repubblica con le tante riforme, come quella scuola media nel 1962, i decreti delegati del 1974, la riforma Moratti del 2003, o, ancora, la “buona scuola” del 2015), che ne hanno contrassegnato le diverse fasi in cui può essere descritto il complesso itinerario che ha condotto all’attuale configurazione del sistema educativo nazionale, accompagnando - e connotando al contempo - la storia della nostra società e delle nostre istituzioni anche nei momenti in cui i conflitti politici sono stati più accesi e intensi. Nell’esperienza repubblicana, in particolare, molti sono stati i progetti di riforma, anche organica o di sistema, che sono stati proposti, e tante sono state le sperimentazioni in vario modo attuate. Di queste proposte di cambiamento non tutte sono state portate ad effettivo compimento, anche a dimostrazione delle non poche difficoltà che si incontrano se si intende incidere in modo radicale su un assetto che, anche per ragioni connesse alla tendenza stabilizzatrice che emerge inevitabilmente dai relativi apparati, si è andato via via consolidando. Eppure, il sistema educativo nazionale, proprio per la sua stretta connessione con il dinamismo del multiforme tessuto sociale con cui si confronta costantemente, appare, per così dire, sempre in continuo movimento, così come già si intravvedono, anche nel breve termine, possibili prospettive evolutive che potrebbero incidere su aspetti anche di un certo rilievo. Ciò premesso, in questa sede si intende tratteggiare l’assetto attualmente vigente, concentrando quindi l’attenzione sugli aspetti salienti e senza trascurare di indicare i profili più problematici, soprattutto per quanto qui di particolare interesse, cioè per quanto concerne la collocazione e il ruolo dell’istruzione e della nell’ambito dell’intero sistema nazionale. Collocazione e ruolo che, come vedremo, sono stati innestati - prima in via sperimentale e poi messi a regime - e progressivamente accentuati, così passando da un’originaria posizione di sostanziale distacco in quanto si riteneva che la funzione educativa dovesse rimettersi alla sola componente scolastica, ad una logica di compartecipazione collaborativa fondata, almeno sul piano dei principi e in minor misura in prassi, sulla pari dignità tra i percorsi scolastici e i percorsi formativi, e, conseguentemente, tra le istituzioni che li erogano e tra coloro che ne usufruiscono. Per di più, è evidente che nell’istruzione e formazione professionale risulta particolarmente valorizzato sia quel canone di garanzia dell’autonomia delle istituzioni educative che è stato introdotto anche nella Costituzione con riferimento alle scuole (vedi l’art. 117, comma 3, Cost. come modificato nel 2001), sia il principio di sussidiarietà orizzontale, parimenti garantito dalla Costituzione (vedi l’art. 118, ultimo comma, Cost., come modificato nel 2001), che consente e anzi favorisce le attività di interesse generale che sono svolte dagli stessi cittadini tra loro associati. Sicché può anche dirsi che il riconoscimento della IEFP all’interno della “istruzione” ha contribuito all’evoluzione del sistema educativo nazionale nel senso dell’accentuazione del connotato pluralistico e del conseguente rilievo da assegnare al privato sociale, in coerenza, a ben vedere, con la modifica che è stata apportata alla stessa definizione dell’apparato ministeriale dedicato alle attività educative (ove il termine “istruzione”, come noto, non è più affiancato dall’aggettivo “pubblica”). Partendo dai principi espressi nella Costituzione repubblicana, il principio-cardine è quello della libertà dell’arte e della scienza e del loro insegnamento (art. 33, comma 1). Questo principio significa che, nel nostro ordinamento, non vi è un’arte o una scienza di Stato: la cultura è libera, così come si sviluppa nella società, trovando particolare espressione, elaborazione e sviluppo nelle istituzioni di alta cultura, università e accademie, delle quali, per questo, la legge deve assicurare l’autonomia (art. 33, comma 6), perché arte e scienza vi vengano liberamente e fecondamente. Circa la libertà di insegnamento, essa può farsi rientrare nella libertà di manifestazione del pensiero, e, in quanto avviene nelle istituzioni educative, essa implica, a tutela dei diritti dei discenti e in considerazione dell’importanza sociale dell’istruzione, la capacità del docente di trasmettere con competenza, autorità ed efficacia cognizioni e attitudini a persone che si presumono essere in una posizione di relativa inferiorità culturale e attitudinale. Di qui l’attribuzione alla Repubblica – cioè allo Stato (vedi art. 117, comma 2, lettera n, Cost.) - del potere di dettare le norme generali sull’istruzione, che possono comprendere regole attinenti ai requisiti cui debbono rispondere gli insegnanti, al contenuto dei programmi, all’indirizzo dell’insegnamento, agli ordini e gradi degli studi (cfr. la Legge n. 30/2000 sul riordino dei cicli di istruzione e la Legge delega n. 53/2003 e i conseguenti decreti legislativi che hanno dettato nuove norme generali sull’istruzione). Il modo come la Repubblica adempie principalmente al compito di promuovere lo sviluppo della cultura, di cui, nella nostra civiltà, è parte essenziale la ricerca scientifica così come quella “tecnica” che ne deriva (cfr. art. 9 cost.), è delineato dalle norme costituzionali sull’istruzione, che prefigurano un sistema poggiante su due elementi principali. Il primo consiste nella costituzionalizzazione dell’obbligo per lo Stato di “istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi” (art. 33, comma 2), cioè di creare e mantenere una scuola di diretta e immediata derivazione pubblica e statale in relazione all’intera offerta educativa. All’esistenza della scuola statale sull’intero territorio nazionale e per l’intero spettro delle attività educative si collega, fra l’altro, la possibilità di attivare concretamente il diritto allo studio e, insieme, la gratuità e l’obbligatorietà dell’istruzione inferiore. Il secondo elemento è l’affermata libertà della scuola, cioè il diritto attribuito a enti e a privati “di istituire scuole e istituti di , senza oneri per lo Stato” (art. 33, comma 3). Questo diritto da una parte garantisce concretamene la libertà di insegnamento, in quanto questa intenda esprimersi nell’istituzione di scuole e istituti di educazione; dall’altra ne costituisce un limite per gli insegnanti, i quali non possono esercitare la loro attività in contrasto con quello che può essere l’orientamento ideologico della scuola privata (cfr. Corte cost. 196/72). L’una e l’altra, scuola pubblica e scuola privata, sono soggette alle leggi generali dello Stato sull’istruzione. Di più, alle scuole private che chiedono la parità, cioè il riconoscimento pubblico dei titoli da esse rilasciati, debbono essere attribuiti particolari diritti ed obblighi, fermo restando che anche ad esse deve essere assicurata piena libertà ed ai loro alunni un trattamento scolastico equivalente a quello degli alunni delle scuole statali (art. 33, comma 4). In attuazione di tale principio è stata adottata la Legge n. 62/2000 che ha posto all’interno del sistema nazionale di istruzione, unitariamente considerato, sia le scuole statali che quelle private paritarie e quelle istituite dagli enti locali; il riconoscimento della parità spetta, su richiesta, al ministero dell’istruzione e comporta la soggezione ad un complesso di obblighi – inerenti sia a requisiti oggettivi, ossia di carattere organizzativo, sia a quelli soggettivi del personale docente – rivolti ad assicurare una certa omogeneità degli istituti di istruzione privata rispetto a quelli pubblici (cfr. art. 1, commi 4, 5, e 6 Legge n. 62/2000). Nel contempo il riconoscimento della parità comporta l’attribuzione di corrispondenti diritti, ed innanzitutto quelli di rilasciare titoli di studio aventi valore legale e di definire in piena libertà l’orientamento culturale e l’indirizzo didattico e pedagogico, seppure si specifichi che l’insegnamento debba essere “improntato ai principi di libertà stabiliti dalla Costituzione” (cfr. art. 1, commi 2 e 3 Legge n. 62/2000). Agli studenti delle scuole che hanno ottenuto il riconoscimento della parità, inoltre, è consentito usufruire di borse di studio rivolte a favorire l’esercizio del diritto allo studio, il che pone il problema della conciliabilità di questa norma con il divieto di oneri per lo Stato. Un’ultima norma, che potremo chiamare di chiusura, è quella che attribuisce allo Stato il controllo sui risultati conseguiti dalle istituzioni scolastiche mediante un esame di Stato, da effettuarsi “per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuola o per la conclusione di essi o per l’abilitazione all’esercizio professionale”. L’insegnamento, quindi, è un servizio libero nei limiti sopra indicati, e l’accertamento, con rilievo giuridico generale, dei suoi risultati, è una funzione riservata al potere pubblico. Le norme secondo cui l’istituzione di scuole private non deve comportare oneri per lo Stato è quella che, fin dalla sua discussione nell’Assemblea costituente, ha dato luogo a maggiori contrasti. Da una parte infatti si sostiene che si tratta d’un divieto assoluto di sovvenzionare le scuole private; dall’altra, che il divieto riguarda la sola istituzione e non il funzionamento di esse, o ancora che il principio del pluralismo scolastico esige che lo Stato renda effettivo, con il suo aiuto, sia l’esercizio del diritto di istituire scuole, sia di quello di gestirle. La chiave del problema deve individuarsi, invero, nell’interpretazione della espressione “senza oneri per lo Stato”: se per onere s’intende la sovvenzione in se stessa, è chiaro che qualsiasi sovvenzione sarebbe vietata; se invece quell’espressione s’intende, più correttamente, come indicante gli aggravi delle finanze statali derivanti dalle sovvenzioni, occorre esaminare se, nel caso concreto, l’aggravio esiste: può ben darsi, infatti, il caso che una sovvenzione a una scuola privata esima lo Stato dall’istituire o mantenere una scuola pubblica, così che l’aggravio in realtà sia inesistente, o addirittura che si realizzi un’economia. E in questo caso la sovvenzione non appare affatto illegittima. Altro problema è quello dei controlli e degli obblighi che possono essere imposti alla scuola privata. La Corte costituzionale (Sent. n. 36/58, ma cfr. anche la Sent. n. 114/57) ha ritenuto invece che il principio della libertà della scuola non escluda “né limiti, quali l’esigenza di particolari requisiti soggettivi e oggettivi per il suo esercizio, né controlli successivi e preventivi, purché ogni limitazione sia mantenuta in rigorosi confini”, a tutela della sicurezza, della sanità, della moralità e della fede pubblica, nonché di interessi generali attinenti alla sfera dell’istruzione. Opinione che ci sembra fondata, anche in considerazione di quanto si è detto sopra sui limiti della libertà d’insegnamento. I predetti principi vanno senz’altro riletti alla luce della Legge cost. n. 3/2001 che, modificando l’art. 117, comma 3, Cost., ha assegnato alle Regioni in via esclusiva la nuova materia della “istruzione e formazione professionale”, e, nello stesso tempo, ha collocato tale materia nell’ambito più complessivo della materia dell’“istruzione”. Pertanto, deve ritenersi che, rientrando ormai la IEFP a pieno titolo all’interno della “istruzione”, i principi indicati nell’art. 33 Cost. – così come, evidentemente, quelli relativi al diritto all’istruzione di cui all’art. 34 Cost. – non possono non essere estesi anche alla IEFP, ovviamente nella misura in cui essi siano concretamente applicabili tenuto conto delle connotazioni proprie del sistema dell’istruzione e formazione professionale secondo quanto previsto dalla stessa Costituzione. In particolare, dunque, devono certamente applicarsi alla IEFP i principi costituzionali sulla libertà di insegnamento, sulla competenza statale relativa alle norme generali sull’istruzione, e sul diritto di enti e privati di istituire le istituzioni formative senza oneri per lo Stato (nel senso sopra specificato). Mentre è di tutta evidenza che non risulta applicabile alla IEFP né il principio relativo all’impegno della Repubblica di istituire “scuole statali” – dato che le competenze amministrative sulla IEFP non possono essere disciplinate dallo Stato ai sensi del combinato disposto dell’art. 117, comma 3, Cost. e dell’art. 118, comma 2, Cost. – né, conseguentemente, il connesso principio sulla libertà di istituzione delle scuole “non statali che chiedono la parità”. Occorre invece riflettere sul significato che può – o, addirittura, deve - essere attribuito alla nozione di “esame di Stato” con riferimento ai titoli che sono rilasciati a livello regionale a conclusione dei percorsi formativi, anche tenuto conto di quanto già previsto dalla legislazione statale di principio circa la riconosciuta correlazione tra i titoli rilasciati dalle istituzioni scolastiche dell’istruzione professionale e i titoli rilasciati dalle istituzioni formative della IEFP (vedi art. 8 del D.lgs. n. 61/2017). Infine, non può neppure escludersi l’estensione alla IEFP anche del principio costituzionale relativo alle “istituzioni di alta cultura” e alla “accademie”, così rendendosi possibile la presenza dell’istruzione e formazione professionale pure ai più elevati livelli di elaborazione del pensiero e della ricerca nazionale in tema di educazione e cultura. Circa i principi legislativi che orientano l’intero sistema educativo nazionale di istruzione e formazione, in base a quanto previsto dalla Legge n. 53 del 2003, dai relativi decreti legislativi, e dai successivi provvedimenti legislativi, essi si possono così sintetizzare. In primo luogo, è promosso l' in tutto l'arco della vita, assicurando a tutti pari opportunità nel raggiungimento di elevati livelli culturali e nello sviluppo delle , delle competenze, delle e delle . A tal fine, si promuove sia il conseguimento di una formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione, che lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale, alla comunità nazionale ed alla civiltà europea. Per raggiungere tali obiettivi è assicurato a tutti il diritto all'istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età, e si prevede che l'attuazione di tale diritto si realizzi sia nel sistema di istruzione scolastica (di competenza statale) che in quello di istruzione e formazione professionale (di competenza regionale), secondo livelli essenziali di prestazione definiti su base nazionale a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), Cost. In particolare, circa l’articolazione dei percorsi erogati e le istituzioni educative abilitate a erogare l’offerta di istruzione e formazione e le relative competenze spettanti alle pubbliche autorità, il sistema nazionale si articola nella scuola dell'infanzia (di competenza statale) - a sua volta preceduta dei servizi per l’infanzia (cioè i nidi e micro-nidi e le sezioni primavera, per i bambini tra i 3 e i 36 mesi) -, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado (entrambi di competenza statale), in un secondo ciclo che comprende il sistema di istruzione secondaria di secondo grado (di competenza statale) ed il sistema dell'istruzione e della formazione professionale (di competenza regionale), e nell’istruzione e formazione post-secondaria e terziaria (in cui sono coinvolte, seppure a diverso titolo, sia la competenza statale che quella regionale). Circa la scuola dell'infanzia, di durata triennale, essa concorre all'educazione e allo sviluppo dei bambini a partire dai tre anni di età. In ordine al primo ciclo di istruzione, rivolto agli studenti dai 6 agli 11 anni, esso è costituito dalla scuola primaria - della durata di cinque anni, a sua volta articolata in un primo anno, teso al raggiungimento delle strumentalità di base, e in due periodi didattici biennali, e alla cui conclusione è rilasciata una certificazione delle competenze acquisite - e dalla scuola secondaria di primo grado della durata di tre anni, destinata agli studenti dagli 11 ai 14 anni, articolata in un biennio e in un terzo anno per il completamento del percorso disciplinare e per l' ed il raccordo con il secondo ciclo di istruzione, e al cui termine, a seguito di un esame di Stato, è rilasciato il diploma di licenza conclusivo del relativo ciclo di istruzione. Il secondo ciclo di istruzione, la cui frequenza è obbligatoria e gratuita fino al secondo anno, è costituito dal sistema dell’istruzione secondaria di secondo grado di competenza statale, e dal sistema dell'istruzione e della di competenza regionale. Circa il sistema di competenza statale, esso prevede percorsi quinquennali (o percorsi quadriennali sperimentali) erogati dai licei, dagli istituti professionali e dagli istituti tecnici (a loro volta istituti dallo Stato ovvero da privati, ossia le cd. scuole “paritarie”), percorsi al cui termine è previsto l’esame di Stato per il rilascio del Diploma di istruzione secondaria di secondo grado (liceale, professionale o tecnico) che dà accesso all’istruzione e formazione terziaria, universitaria (e quindi ai percorsi offerti dalle Università e dall’AFAM, cioè Alta Formazione artistica, musicale e coreutica), e non universitaria (cioè i percorsi offerti dagli ITS nell’ambito del sistema dell’Istruzione Tecnologica Superiore).Circa il sistema di competenza regionale, esso prevede percorsi triennali o quadriennali, rispettivamente per il conseguimento di una qualifica professionale o di un diploma professionale, ed erogati da istituzioni formative accreditate dalle Regioni e istituite da soggetti che svolgono tale attività di interesse generale sulla base dei principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale ai sensi dell’art. 118, ultimo comma, Cost. La legge statale consente che l’offerta dei percorsi di IEFP possa essere erogata anche dagli istituti professionali di Stato nell’ambito dell’offerta formativa cosiddetta “sussidiaria” organizzata dalle Regioni in accordo con gli Uffici scolastici regionali. Tuttavia, è noto che questa offerta è attivata soprattutto in quelle Regioni in cui è più limitato o addirittura è escluso il ricorso alle istituzioni formative accreditate, sicché in tali ambiti territoriali ne risulta un effetto di sostanziale sostituzione delle istituzioni scolastiche nell’erogazione di percorsi formativi che non rientrano nella loro propria missione, tanto più sulla base di finanziamenti erogate dalle stesse Regioni. E dunque con una sorta di corto-circuito che impedisce la corretta erogazione dei percorsi di IEFP. Dopo il conseguimento della qualifica professionale della IEFP si può proseguire nei percorsi di quarto anno della IEFP per il conseguimento del diploma professionale, ovvero, con appositi passaggi, proseguire nei percorsi dell’istruzione professionale. Dopo il conseguimento del diploma professionale di IEFP si può proseguire, mediante appositi passaggi, nei percorsi dell’istruzione professionale per conseguire il diploma di istruzione secondaria di secondo grado e per poi proseguire nell’istruzione e formazione terziaria (universitaria e non universitaria); oppure si può proseguire nei percorsi annuali della IFTS (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore) anche al fine di accedere, successivamente, ai percorsi erogati dagli ITS Academy. Inoltre, dopo il conseguimento del diploma professionale della IEFP e sempre a fine di conseguire il diploma di istruzione secondaria di secondo grado, si può proseguire in un anno integrativo realizzato d’intesa con le Università e con l’AFAM, oppure in un anno integrativo organizzato dalle Regioni per l’accesso all’esame di Stato. I titoli della IEFP rilasciati al termine dei relativi percorsi sono ricompresi in un repertorio nazionale dell’offerta di istruzione e formazione professionale, avendo così validità nazionale in relazione ad un complesso di figure professionali relative a differenti settori economico-professionali e descritte in termini di . Esattamente, a seguito delle modifiche introdotte nel 2019, si tratta di 43 figure (22 operatori di qualifica, 21 tecnici di diploma), ulteriormente declinabili in sede territoriali mediante le cd. curvature regionali, e ricomprese nel Repertorio nazionale dell’Istruzione e Formazione Professionale (IEFP). Circa l’istruzione e formazione successiva al secondo ciclo, l’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) si affianca ai percorsi che sono propri dell’istruzione e formazione terziaria. In particolare, i percorsi offerti dalla IFTS rientrano nella competenza regionale, sono di durata annuale, sono destinati a coloro che sono in possesso del diploma professionale di IEFP o del diploma di istruzione secondaria di secondo grado, sono erogati da partenariati cd. misti che comprendono almeno un’istituzione formativa accreditata dalle Regioni, un’Università e un’, e alla loro conclusione è rilasciato un certificato di specializzazione tecnica superiore che consente di proseguire nei percorsi erogati dagli ITS Academy. L’obiettivo dei percorsi della IFTS è quello di sviluppare specializzazioni tecnico-professionali che siano coerenti con i fabbisogni formativi riferiti ai settori economico-produttivi che sono individuati dalla programmazione regionale. Per quanto concerne l’istruzione e formazione terziaria, da un lato vi sono i percorsi erogati dagli ITS Academy nell’ambito del sistema dell’Istruzione Tecnologica Superiore (cui accedono, previo test di ammissione, coloro che sono in possesso del diploma di istruzione secondaria superiore o che hanno concluso il corso annuale di IFTS dopo il diploma professionale di IEFP) e che hanno un carattere prettamente professionalizzante, e dall’altro lato i percorsi erogati dalle Università e dall’AFAM (mediante il diploma di istruzione secondaria superiore di secondo grado e talora previo test di ammissione). I percorsi erogati (di norma gratuitamente) dagli ITS Academy – fondazioni di partecipazione che comprendono almeno una scuola secondaria di secondo grado, un’istituzione formativa accreditata dalle Regioni, un’Università e un’impresa - sono programmati dalle Regioni nell’ambito della disciplina stabilita dallo Stato, e possono essere o biennali per il rilascio del diploma di specializzazione per le tecnologie applicate, oppure triennali per il rilascio del diploma di specializzazione superiore per le tecnologie applicate. Tali titoli hanno validità nazionale in quanto sono ricompresi in un Repertorio nazionale relativo ad un complesso di figure professionali riferite a differenti aree tecnologiche e declinate in termini di . Ai diplomati degli ITS sono riconosciuti alcuni crediti formativi utilizzabili nei corsi universitari, ma, ad esempio, non è prevista l’ammissione dei diplomati ITS ai corsi di laurea magistrale o specialistica. Circa l’Università (ambito di competenza statale ai sensi dell’art. 33 Cost.) - fatti salvi i percorsi in cui il primo e secondo ciclo sono sostituiti da un “ciclo unico” di 5 o 6 anni (come, ad esempio, quelli relativi alle lauree in Medicina o in Giurisprudenza) - i relativi percorsi sono erogati dalle istituzioni universitarie istituite o riconosciute dallo Stato, e sono distinti in tre cicli: il primo ciclo comprende i percorsi triennali al cui termine è rilasciata la laurea; il secondo ciclo – cui si accede con il possesso della laurea - comprende i percorsi biennali al cui termine è rilasciata la laurea magistrale o specialistica; il terzo ciclo – cui si accede con il possesso della laurea magistrale o specialistica (o con la laurea dei percorsi a ciclo unico) comprende i percorsi triennali al cui termine è rilasciato il dottorato di ricerca. Simile è l’articolazione dei cicli e dei percorsi dell’AFAM (sempre di competenza statale) che sono collegati, rispettivamente, al rilascio dei titoli di diploma accademico, diploma accademico di secondo livello e diploma accademico di formazione alla ricerca. Infine, va ricordata quella componente del sistema educativo nazionale di istruzione e formazione che è espressamente rivolta agli adulti che non hanno conseguito un titolo di studio, e che consiste nell’offerta formativa dei (CPIA) - organizzati in reti locali sotto la responsabilità del Ministero dell’Istruzione – e che erogano percorsi formativi per innalzare il livello di istruzione della popolazione adulta (a partire da 16 anni) attraverso il conseguimento dei titoli di studio relativi all’istruzione obbligatoria (e quindi del primo e del secondo ciclo di istruzione), la certificazione dell’assolvimento dell’, e percorsi di e di apprendimento della lingua italiana rivolti ad adulti stranieri per il conseguimento del titolo attestante il livello di conoscenza della lingua italiana. L’offerta di istruzione dei CPIA è anche rivolta alla popolazione detenuta mediante la presenza di sedi negli istituti di pena. Bibliografia Crispolti E. – A. Carlini (a cura di), Appendice. Il quadro del sistema italiano di istruzione e formazione, in Sinappsi, Connessioni tra ricerca e politiche pubbliche, Anno X, n. 3/2020, INAPP, Roma, pp. 111 ss. Frisanco M., La IEFP guarda al futuro. Verso una filiera educativa e formativa professionalizzante di qualità, Cnos-Fap, Roma, 2021. Ghergo F., Storia della Formazione Professionale in Italia 1947-1997, II, Cnos-Fap, Roma, 2011. Malizia G., Politiche educative di istruzione e di formazione. Tra descolarizzazione e riscolarizzazione. La dimensione internazionale, FrancoAngeli, Roma, 2019. Malizia G. - Nanni C. - Cicatelli S. - Tonini M., Il sistema educativo italiano di istruzione e di formazione: le sfide della società della conoscenza e della società della globalizzazione, Editrice LAS, Roma, 2022.
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