È un ambito ormai consolidato di teorie e sperimentazioni proprie delle scienze psicologiche applicate al contesto del . Storicamente, come ben sintetizza Avallone (2011, 74-87), la nascente psicologia scientifica, ormai staccatasi dalla filosofia, fondava i suoi primi laboratori con Wilhelm Wundt (1832-1920) in Germania e nel 1889 in Italia con Mariano Luigi Patrizi (1866-1938) che creava un di psicologia sperimentale applicata al lavoro. Fondamentale, per gli albori della Psicologia del Lavoro anche l’opera di Angelo Mosso (1846-1910) intitolata La fatica. Tema che, successivamente, fu ripreso da Emil Kraepelin (1856-1926) per esaminare la relazione tra fatica, prestazione lavorativa e richieste dei processi produttivi industriali. Originariamente, il termine utilizzato per indicare il campo di interesse della psicologia sperimentale in riferimento al tema del lavoro fu quello di Psicotecnica come disciplina impegnata a migliorare l’inserimento e l’adattamento dell’uomo al mondo della produzione. Successivamente, il termine Psicologia del lavoro venne usato in Italia per la prima volta da Agostino Gemelli per indicare un settore della psicologia generale che si sarebbe occupato del come favorire le migliori condizioni lavorative per l’uomo e per contrastare variabili dannose per la produttività e per il benessere mentale del lavoratore come la monotonia e la fatica. Più l’organizzazione del lavoro si basava su una sempre maggiore spinta alla meccanizzazione dei metodi di lavoro e alla razionalizzazione delle sue funzioni, più si manifestava l’esigenza di umanizzare le condizioni di lavoro e di ricorrere a contributi scientifici innovativi, come la nascente Psicologia del Lavoro, per favorire la realizzazione personale tramite il lavoro. Un contributo in tal senso fu dato dagli studiosi che dimostravano quanto l’investimento in relazioni umane all’interno delle fabbriche, senza modificare alcuna altra variabile organizzativa, incidesse positivamente sulla stessa produttività a costo zero. Terminologia usata, campo di interesse, metodologie applicate si modificheranno nel tempo al succedersi di importanti e continui cambiamenti nel mondo del lavoro. Così, la visione taylorista del lavoro sottostante alla psicotecnica, aveva come suo oggetto di studio specifico il costrutto delle attitudini personali in maniera tale che la loro presenza o assenza spiegasse il successo o l’insuccesso del soggetto nei differenti compiti lavorativi. In linea con tale prospettiva, la nascente Psicologia del Lavoro sviluppava sistemi per la selezione del personale, i cosiddetti profili professionali, e gli strumenti per misurare le singole attitudini. Le innovazioni in campo psicologico con i modelli ambientalisti rappresentati dal behaviorismo, gli studi correlazionali, la stessa psicoanalisi e il movimento umanista favorirono l’adozione del modello della complessità. Così, si passò da un modello razionalista lineare persona con le adeguate attitudini al posto di lavoro corrispondente ad un modello interdipendente e processuale dove nell’interazione lavoratore-ambiente di lavoro non era solo la persona a doversi adattare, ma anche l’ambiente stesso che necessitava degli opportuni adattamenti. In quest’ottica, nascevano la biomeccanica e l’ergonomia. Relativamente agli ambiti di interesse specifico della Psicologia del Lavoro, Sarchielli (2003, 39) ne individua tre: la psicologia del lavoro intesa in senso stretto come analisi di ambienti di lavoro, di ruoli, compiti e funzioni e di ergonomia; l’area delle risorse umane che include il rapporto tra il singolo lavoratore e il posizionamento all’interno dell’organizzazione lavorativa tramite processi di selezione, valutazione, formazione, crescita professionale; la psicologia delle organizzazioni ovvero il rapporto tra le differenti tipologie organizzative e il comportamento organizzativo del singolo inteso come appartenente ad una specifica organizzazione lavorativa; temi specifici di tale ambito sono ad es. la leadership, la cultura organizzativa, i cambiamenti organizzativi, la digitalizzazione del lavoro, ecc. A causa dei cambiamenti epocali avvenuti in riferimento al tema del lavoro a livello dei sistemi organizzativo macro, meso e micro, attualmente, si parla, in linea con tali sviluppi, più propriamente di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni. Stiamo assistendo, infatti, ad una nuova rivoluzione del lavoro assimilabile ai cambiamenti avvenuti nel passaggio dalla civiltà contadina a quella industrializzata. Tale rivoluzione è caratterizzata dal continuo sviluppo tecnologico, dal processo di , dall’informatizzazione e robotizzazione di interi processi produttivi, dalla capillare digitalizzazione, dall’avvento della green economy, dalle nuove tecnologie nel settore delle comunicazioni, dall’internalizzazione di prodotti e beni, dalla delocalizzazione di aziende leader con crescente disoccupazione soprattutto nei paesi più avanzati. A tal riguardo, da non trascurare il fatto che sono proprio i giovani dei paesi più avanzati a subirne le conseguenze in termini di difficoltà di inserimento lavorativo e, soprattutto, di possibilità di progettare il proprio futuro. Tali importanti trasformazioni modificano totalmente il rapporto tra le discipline psicologiche e il mondo del lavoro e si assiste ad un netto spostamento d’interesse da costrutti e variabili individuali o legati al compito, a costrutti e variabili di natura organizzativa e sociale. In mezzo a così tanti cambiamenti profondi, la Psicologia del Lavoro non può non allargare il suo orizzonte di contenuto e interessarsi non solo all’innovazione dei sistemi di produzione, ma anche, e soprattutto, all’innovazione di processo che avviene nella relazione uomo-lavoro (Avallone, 2011, pp. 335-441). La Psicologia del Lavoro è così passata dall’analisi della ricerca della diminuzione della fatica, dalla selezione delle risorse umane in vista del buon funzionamento organizzativo e dell’adattamento degli uomini al posto di lavoro, all’interesse per la vita professionale dell’individuo e agli aspetti soggettivi dell’individuo nel contesto lavorativo. In tale prospettiva, si affacciano nuovi contenuti della Psicologia del Lavoro, come le emozioni, la salute e il benessere personale, il senso di autoefficacia personale, i valori e i bisogni personali, le relazioni interpersonali e la convivenza organizzativa, lo stress psicosociale e le strategie di fronteggiamento (Balducci, 2015). Possiamo così affermare che la Psicologia del Lavoro e dell’organizzazione è cresciuta dando un apporto innovativo alle stesse scienze psicologiche a motivo della vastità di aree di interesse che interdipendono con l’esperienza lavorativa. In una prospettiva ecologica, si affermano sempre più numerosi i campi d’interesse che la psicologia in dialogo con altre scienze, come la sociologia, l’antropologia, la giurisprudenza, la medicina, è chiamata ad affrontare nello studiare la dimensione lavorativa dell’uomo. Tra le principali sfide che la Psicologia del Lavoro deve oggi affrontare annoveriamo sia l’apporto teorico scientifico e applicativo per favorire individui e organizzazioni ad adattarsi ai rapidi cambiamenti di trasformazione del lavoro, sia il contributo per migliorare sempre più la sicurezza dei lavoratori e la promozione della salute mentale nel contesto lavorativo con la promozione di progetti di e di benessere psicologico, nonché la gestione della diversità rendendo le organizzazioni lavorative sempre più inclusive. Da ultimo, il lavoro da remoto che si affermerà sempre più comporterà contributi da parte di diverse discipline per contrastare l’isolamento del lavoratore, per rendere efficace e coeso il team, per incrementare il senso di appartenenza all’organizzazione e per contribuire, anche da remoto, allo sviluppo della cultura aziendale. In sintesi, alla Psicologia del Lavoro il compito di facilitare la transizione verso nuove forme di lavoro contribuendo alla crescita personale e organizzativa. Bibliografia Avallone F., Psicologia del lavoro e delle organizzazioni. Costruire e gestire relazioni nei contesti professionali e sociali, Carocci Editore, 2011. Aliberto G. – G. Di Stefano, La psicologia del lavoro e delle organizzazioni tra passato, presente e futuro. Di Stefano G. – Ashleigh M. - Mansi A. (a cura di), Psicologia del lavoro e delle organizzazioni, pp. 1-30. Pearson Italia, 2024. Balducci C., Gestire lo stress nelle organizzazioni, Il Mulino, 2015. Lombardo G.P. - Pompili A. - Mammarella V., Psicologia applicata e del lavoro in Italia: studi storici. FrancoAngeli, 2002. Mosso A., La fatica, Giunti, 2001. Sarchielli G. - Fraccaroli F., Introduzione alla psicologia del lavoro, Il Mulino, 2023. Truxillo D.M. - Bauer T.N. - Erdogan B., Psicologia del lavoro e delle organizzazioni, UTET Università, 2020.
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