Il termine professione proviene dal latino professus, ovvero la dichiarazione pubblica di una fede religiosa o di un incarico connesso ad un servizio significativo per la vita sociale. A differenza dell’accezione diffusa in un tempo disincantato come il nostro che ne indica esclusivamente l’aspetto economico-giuridico e semmai il prestigio sociale. Il significato etimologico concepisce la professione come una scelta di vita, l’assunzione da parte del titolare di un impegno di fronte al mondo di operare al meglio delle proprie capacità per rispondere ai bisogni che si prende a carico e, nel fare questo, contribuire al miglioramento della comunità in cui agisce. È questa l’accezione assunta anche dalla nostra Costituzione che all’art. 4 considera il lavoro il dovere di ciascuno nel concorrere al “progresso materiale o spirituale” del mondo in cui vive. Questo termine comporta due diversi significati: in senso restrittivo, essa indica l’insieme delle professioni liberali intese nell’accezione classica: servizi di grande prestigio e quindi ad alto contenuto intellettuale, il cui esercizio si svolge sia all’esterno (negli studi professionali) sia all’interno dell’ (ragioniere, ingegnere…). Sono compresi in questa categoria, tra gli altri, avvocati, medici, notai, geologi, architetti etc., tutti contraddistinti da albi e associazioni riconosciute per legge, che possono essere gestite da organismi pubblici oppure dagli stessi membri della comunità professionale; in senso più ampio, essa indica ogni attività lavorativa che viene svolta tramite l’applicazione di un sapere distintivo e di doti di ingegno allo scopo di fronteggiare compiti e problemi compresi entro uno specifico campo, nell’intento di fornire risposte soddisfacenti alle necessità del cliente o del titolare dell’impresa sia nella forma di un intervento unico e circoscritto sia in quella di una consulenza continuativa nel corso del tempo. Questa definizione include varie figure lavorative, in numero e densità sempre crescente, non necessariamente dotate di un proprio albo, tra cui, ad esempio, gli informatici, i grafici, i progettisti del verde, gli assistenti sociali, gli addetti ai servizi del benessere, gli operatori dello spettacolo, della moda, della , del turismo, della logistica, gli istruttori, i collocatori, i formatori, gli addetti alla logistica ed alla qualità. La professionalità rappresenta, di conseguenza, la qualità di una persona in quanto possiede i requisiti morali, giuridici, formativi e tecnici che consentono di esercitare una specifica professione. I caratteri propri della condizione professionale sono: l’elettività: per immettersi in modo positivo in un percorso professionale è necessario possedere particolari tratti della personalità, motivazioni ed una distintiva; la : si tratta di un riconoscimento sociale che viene attribuito alla persona da parte di altre figure – esperti, insegnanti, clienti… - e che ne indica l’affidabilità nel saper gestire una precisa categoria di compiti-problemi; il rapporto fiduciario nei confronti dei committenti e dei clienti, espresso in una relazione che continua nel corso del tempo, nei confronti del cliente che indica l’assunzione di una responsabilità non limitata al momento dell’erogazione del servizio p., ma che comprende il dovere di conoscere gli effetti di quanto realizzato e di rendersi disponibile ad interventi successivi. La professione, così come altri campi del mondo sociale, indica una realtà in continua evoluzione, così come accade alle altre denominazioni proprie del lavoro come “mestiere” e “ruolo”. La tendenza continua ed accelerata al cambiamento, non soltanto tecnologico ma anche culturale e organizzativo, rende difficile definire in modo soddisfacente l’attuale realtà del lavoro, in quanto provoca la perdita di valore delle descrizioni rigide di ruoli, mansioni e figure professionali basate su prescrizioni rigide e stabili, così come sono andate strutturandosi nelle medio-grandi imprese nella seconda rivoluzione industriale, secondo una dinamica che ha interessato anche i grandi apparati della burocrazia pubblica. Le tecnologie dell’automazione e dell’informatizzazione, unite alle trasformazioni del mercato e dei costumi hanno modificato il modo di concepire il lavoro e richiesto una nuova modalità di classificazione dello stesso. Tutto ciò avviene in presenza di un formidabile processo di che comporta la rottura delle strutture sociali proprie della modernità. Tali strutture avevano costruito una società in guisa di un meccanismo artificiale che ora viene meno a seguito dell’incombere delle nuove forze trasformative che operano sia nei grandi scenari mondiali sia nelle dinamiche che interessano territori dove è visibile una tendenza a disegnare nuove strutture di comunità che in parte richiamano modi di vita e di lavoro premoderni, pur collocati nel tempo attuale. Le tensioni tra processi di globalizzazione e di neocomunità territoriale, oltre che suscitare figure professionali di nuovo tipo, portano ad una modifica del modo convenzionale di esercizio del lavoro; emerge da queste dinamiche una nuova struttura professionale con maggiori doti cognitive, etiche e relazionali, ma soprattutto connotata dal fluidità intesa come capacità del soggetto nell’attivare un ventaglio più ampio di facoltà, al fine di saper presidiare un’area sempre più ampia di compiti e problemi spesso inediti rispetto al modo meccanicistico di intendere l‘organizzazione. È sorta qui la necessità di un paradigma di lettura del lavoro non più basato sui mansionari, bensì sulle competenze e le possedute dai lavoratori, un approccio sufficientemente elastico da poter comprendere i mutamenti intervenuti a partire dalla fine del secolo scorso fino ad oggi, legati specialmente alle dinamiche dei mercati, alle continue innovazioni tecnologiche, alle esigenze etiche riferite alla responsabilità sociale ed alla sostenibilità. Questi mutamenti hanno provocato una maggiore stratificazione dei mercati del lavoro e delle professioni, ma hanno portato anche ad una polarizzazione tra una componente di figure dequalificate (addetti ai trasporti, alle vendite, agli impianti, alla pulizia, all’assistenza, alla cura del territorio…) ed un’altra tendente alla condizione professionale, caratterizzata da tre caratteristiche: la complicazione: con questo termine ci si riferisce alla progressiva necessità da parte dei lavoratori di aggiungere altre cognizioni alle conoscenze ed normalmente sufficienti per l’esercizio dei propri compiti. L’incremento delle variabili da tenere inconsiderazione (ambientali, sociali, economiche, giuridiche…) provoca uno stato di insicurezza derivante dall’insufficienza della mera ripetizione di routine di lavoro consolidate, ed impongono loro non solo un aggiornamento continuo, ma anche la capacità di gestire un flusso di informazioni sempre più incalzante. la complessità: diversamente dalla complicazione, questa condizione è caratterizzata dall’impossibilità di poter conoscere in anticipo i fattori che influenzeranno nel breve periodo l’andamento dell’impresa in quanto in un contesto fortemente globalizzato una perturbazione sorta in un particolare territorio provoca ripercussioni in tutti gli altri rendendo incerti pianificazioni consideraste attendibili. Da cui scaturisce la necessità delle imprese di poter disporre un middle management e di figure professionali dotate della capacità di agire in una società incerta e imprevedibile, in modo da cogliere i fattori emergenti e saper ridefinire – in accordo con il team – le pratiche in modo da perseguire al meglio gli obiettivi attesi. La varietà e mutevolezza dei fattori che compongono la nuova condizione professione ha posto in crisi i modelli usuali di gestione delle imprese ed in particolare delle risorse umane; ogni soggetto economico si è mobilitato per rispondere alla serie continua di emergenze che hanno caratterizzato gli ultimi due decenni (crisi economica, pandemia, guerre e conflitti) ed alle difficoltà di reperimento di personale dotato dei requisiti richiesti, secondo un processo che ha provocato una forte differenziazione degli stili imprenditoriali, dei modelli organizzativi, delle pratiche di reclutamento, interna, gestione degli avanzamenti di carriera. Ciò ha reso più problematici del passato i passaggi da un’azienda all’altra da parte di figure dotate di professionalità in quanto non sono più strutture omologhe, ma realtà spesso molto differenti per stile e clima, ragione per cui, accanto ai requisiti tecnici, assumono nuova importanza e la cultura di impresa e l’etica del lavoro. Ad esempio, un tecnico che ha svolto la prima parte della sua carriera in un contesto fortemente gerarchizzato ed orientato su obiettivi scanditi nel tempo, si troverà in difficoltà in una nuova organizzazione in cui vige una gerarchia minima, grande autonomia dei gruppi di lavoro, valorizzazione dell’inventiva e considerazione positiva dell’errore e del conflitto. L’area delle attività professionali si è pertanto fortemente diffusa, fino ad inglobare anche quel “lavoratore di tipo nuovo” costituito da tecnici e specialisti delle nuove organizzazioni del lavoro complesse, un soggetto «[…] fiero del suo mestiere, sovrano nel lavoro, capace di tenere il ritmo dell’evoluzione delle tecniche» (Gorz 1992, p. 80). Sono i knowledge workers, lavoratori fortemente impegnati non solo nei compiti dell’organizzazione, ma anche nel costruire il proprio lavoro e perfezionare continuamente la propria preparazione e . Ciò ha conseguenze importanti sui sistemi formativi e provoca la necessità di una loro riqualificazione non solo in corrispondenza delle esigenze delle imprese, ma anche di quelle soggettive dei lavoratori. Il processo formativo proprio dell’attuale arcipelago delle professioni richiede un percorso orientativo, un’ampia formazione culturale ed una formazione specifica che si acquisisce al livello secondario e terziario (), purché siano presenti nei curricoli periodi significativi di alternanza e di formazione su casi reali. È inoltre necessario un continuo aggiornamento, mentre in presenza di crisi del percorso di carriera è spesso decisiva una riqualificazione. La professionalità così come si manifesta in forma rilevante nell’attuale passaggio storico presenta alcune caratteristiche – non certo inedite se analizzate singolarmente, ma sicuramente innovative se prese nel loro insieme – che lo rendono una vera e propria struttura sociale emergente, esito delle dinamiche proprie della società e dell’economia e che si possono riassumere nei tre fenomeni: il cambiamento dei costumi che pone al centro la ricerca della vita autentica, perseguita tramite il fare diretta celle cose, l’alimentazione, l’efficienza fisica, il rapporto con la natura, la dimensione estetica e la cura dell’anima e la narrazione di sé; la rivoluzione tecnologica – oramai permanente - che procede incorporando attività non più basate unicamente su forza fisica e manipolazione automatica dei materiali, ma anche caratteristiche tipicamente umane quali le percezioni visive, spazio-temporali e le capacità decisionali; l’avanzamento delle potenzialità tecnologiche richiede un livello più impegnativo di interazione uomo-tecnica ed anche la sollecitazione di facoltà umane non simulabili come l’intelligenza emozionale, la percezione dei significati, l’immaginazione e la proiezione in avanti nel tempo e nello spazio; la socialità e la comunità, la prima intesa come modalità di interazione entro contesti organizzativi snelli, coordinandosi con altri individui dotati di saperi e competenze diversi dai propri, allo scopo di realizzare obiettivi che si realizzano solo tramite l’apporto di tutti; la seconda intesa come luogo in cui ci si possa sentire accolti e protetti in forza della condivisione di valori e di stili di vita comuni, oltre che di una direzione del cammino da svolgere insieme. 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