La parola orientamento presenta una notevole variazione nei termini: in tedesco Berufsberatung: offrire consigli per la scelta professionale; in inglese Career counseling o career guidance: consigliare o guidare in materia di carriera: l’aggettivo inglese vocational sta per professionale; poiché il sostantivo orientamento possiede numerosi significati, deve essere qualificato con un aggettivo (scolastico, professionale, educativo); il termine francese è equivalente all’italiano, Orientation scolaire et professionnelle. L’orientamento consiste nell’aiuto che viene dato da un esperto (orientatore, consigliere) ad un soggetto in crescita perché elabori un progetto di vita ) e lo persegua progressivamente durante le fasi del suo sviluppo. L’obiettivo finale dell’orientamento consiste in un valido inserimento del soggetto nella società perché realizzando le sue personali finalità possa contribuire nello stesso tempo alla promozione del bene comune. Da adulto, poi, nello svolgimento della sua attività professionale si ispirerà a principi etico-morali e la condurrà da persona matura. Per raggiungere tale obiettivo, l’orientamento si serve di e di metodi provenienti dalle discipline sociologiche, antropologiche, psicologiche e pedagogiche. Nei primi tempi l’orientamento veniva praticato nell’ambito della psicologia della consulenza individuale (counseling) e tale collocazione non poteva che essere vantaggiosa, poiché la sua finalità era promuovere lo sviluppo delle persone, aiutarle ad effettuare un dinamico adattamento al loro ambiente sociale e provvedere al loro benessere fisico e psichico durante tutta la vita. All’ orientamento si sono interessate in sede teorica e operativa anche la psicologia industriale (attualmente, “delle organizzazioni”), la e la psicologia applicata. Numerosi convegni sull’ orientamento durante il XX sec. sono stati gestiti nell’ambito della psicologia applicata. Nell’impostazione dell’orientamento da parte di Parsons, all’inizio del XX sec., venivano prese in considerazione alcune caratteristiche fondamentali del soggetto, in stretto rapporto ai requisiti della possibile occupazione. Tali erano: attitudini, interessi e valori professionali. Le attitudini sono state considerate delle predisposizioni che, se sviluppate, diventano delle mentali. Da decenni viene fatta la distinzione tra abilità verbali, numeriche e spaziali che nell’insieme rappresentano il livello generale attitudinale del soggetto. I tre tipi di abilità sono associati agli indirizzi scolastici e ai settori occupazionali. Il livello e le abilità specifiche possono essere rilevati con adatti strumenti (batterie di test attitudinali) che cercano di predire in buona approssimazione il rendimento scolastico e professionale. Gli interessi e i valori professionali rappresentano i moventi per cui un soggetto desidera svolgere una specifica . In particolare, i valori specifici sono delle forze motivanti in quanto sono per loro natura associati a determinate professioni. Tanto gli interessi quanto i valori sono alla base delle scelte degli indirizzi scolastici e in seguito contribuiscono alla stabilità e alla soddisfazione nella occupazione scelta. L’orientamento prevede tre dimensioni, ovvero informativa, attitudinale e formativa: per una scelta professionale realistica, è necessario offrire al soggetto delle informazioni sulla situazione occupazionale e sulle opportunità formative. Egli deve essere informato sulla progressiva trasformazione del mondo del per poter effettuare una scelta insieme personale e realistica, consapevole delle innovazioni continue e sempre più accelerate che riguardano le professioni cui fa riferimento nella sua ricerca; per la rilevazione delle caratteristiche del soggetto e per la gestione del processo di orientamento vengono usati i più svariati procedimenti. Tra i più utilizzati troviamo il individuale per la raccolta dei dati anamnestici e per definire i bisogni del soggetto. Sono usati poi vari questionari per accertare le fondamentali dimensioni di personalità. Una metodologia piuttosto recente consiste nella stima delle competenze possedute dal soggetto, nota sotto il nome “bilancio delle competenze”. Si tratta di un procedimento che consiste nella ricostruzione, valorizzazione e validazione di competenze acquisite dall’utente attraverso l’esperienza lavorativa e quelle di vita per farne una risorsa utilizzabile nel , formulando e verificando progetti e scelte professionali. Vari questionari sono disponibili poi per la rilevazione della capacità decisionale degli individui al fine di perseguire il proprio . Accanto agli interventi sistematici dell’orientamento troviamo anche una metodologia utile consistente nella formula dello “sportello”, che si configura come un servizio su richiesta di tutti coloro che hanno bisogno di informazioni e di sostegno personale nella transizione in cui sono impegnati. L’attività dello “sportello” consiste nel colloquio dell’esperto con l’utente, che può ottenere informazioni sui percorsi formativi. la dimensione formativa assume un ruolo centrale nell’ orientamento e consente agli utenti di usufruire delle occasioni per sviluppare la personalità nella presa di coscienza di sé e della propria identità in un contesto sociale, per poter poi operare delle scelte nell’ambito della mobilità professionale dovuta alla rapida trasformazione dei settori lavorativi. Un’attività ordinata ed efficace può essere svolta solo da una struttura stabile con personale competente, quale è un centro di orientamento. La sua gestione richiede varie competenze che sono coperte dal consigliere dell’orientamento; psicologo, sociologo, pedagogista, informatico, assistente sociale, economista e documentalista coordinati da un direttore. Il Centro svolge delle attività articolate in , accertamento, preparazione di profili degli utenti per stabilire con loro un , che rappresenta un vincolo morale dalle due parti ed è un presupposto per un’efficace crescita personale e professionale. Dalla storia dell’orientamento emerge con chiarezza come gli eventi più importanti (le due Guerre mondiali, la Depressione del ‘29 e il lancio dello Sputnik negli anni ‘50 fino all’affollamento dello spazio per mezzo di sonde e di satelliti) hanno sollecitato nuove risposte arricchendo la metodologia dell’orientamento e definendo i suoi obiettivi a breve e a lungo termine. Anche la situazione economica chiede un’adeguata risposta in tema di orientamento. Greenhaus (2003, p. 521) riporta i dati secondo i quali dal 1979 al 1995 negli USA sono stati cancellati 43 milioni di posti di lavoro. La perdita di molti tipi di lavoro, come anche il sorgere di nuovi, ha prodotto una notevole turbolenza nel contesto occupazionale. Gli esperti del settore, come riportano Guichard e Huteau (2003, 12), notano che nel futuro le carriere professionali saranno caratterizzate più da un “caos” che da una regolare crescita professionale. In vista di questa nuova situazione, sempre maggiori autori consigliano ai giovani di acquisire la che permetterà loro di analizzare, ad ogni bivio che dovranno affrontare, gli elementi del sé, le proprie risorse, la struttura dell’ambiente circostante con le opportunità e con le sue incongruenze. In un mondo in continua evoluzione molti giovani non potranno elaborare un progetto professionale continuo e lineare, ma dovranno acquisire delle efficaci strategie a breve termine con frequenti adattamenti lungo la propria traiettoria professionale. Arriviamo quindi allo scenario attuale, nel quale si intrecciano mutamenti economici e culturali, tipici del tempo liminale che stiamo attraversando, caratterizzato dal declino dell’epoca moderna, ma senza che scompaia, e l’annuncio di un’epoca nuova che però tarda ad affermarsi. Questa condizione intermedia è connotata da un travaglio che riguarda sia l’indirizzo della civiltà sia i destini individuali. È in discussione il modello di sviluppo fondato sul consumo indiscriminato delle risorse naturali, come pure il modo convenzionale del lavoro, a causa dell’insorgenza della cultura dell’individuo e delle esigenze connesse alla realizzazione di sé. I componenti della Generazione Zeta (nati tra il 1995 e il 2010) e quelli della Generazione Alpha (nati dopo il 2010) sono giovani e adolescenti che non si confrontano più con il primato del mondo collettivo al cui centro vi era il ruolo, una posizione sociale che nella società ordinata strutturava l’esistenza del singolo, ma vivono come individui che nuotano in un contesto mutevole, fluido e per sua natura perennemente incerto. Questo viene spesso esaltato come spazio aperto dove esplorare nuovi rapporti e attraversare nuovi confini (“la tua vita è nelle tue mani: giocatela!”), ma in realtà questa situazione crea in loro prevalentemente un senso di insicurezza che si traduce in un labile sentimento di esistere. Le imprese, a loro volta, esprimono una domanda di giovani leve che già dal punto di vista quantitativo risulta esorbitante rispetto agli iscritti nei vari percorsi formativi; tale richiesta non riguarda solo il piano della cultura di base e delle professionali, ambiti formativi la cui importanza risulta semmai accentuata dalla necessità di comprendere ed agire in una società complessa, ma si estende a disposizioni personali quali l’apertura e la sensibilità riguardo ai temi etici, la condivisione della visione e la responsabilità, tutti aspetti che possiamo definire come “nuova ” intesa non più come una realtà che si colloca ai lati della vita cui si attribuisce un significato soggettivo, ma come componente fondamentale della . La ricaduta di queste dinamiche sull’ orientamento è molto rilevante, tale da imprimere alle pratiche, già rinnovate alla fine del millennio, una nuova svolta dal carattere culturale ed esistenziale, ben rappresentata dall’incipit delle nuove Linee guida per l’orientamento emanate dal Ministeroche così recitano: «L’orientamento inizia, sin dalla scuola dell’infanzia e primaria, quale sostegno alla fiducia, all’autostima, all’impegno, alle motivazioni, al riconoscimento dei talenti e delle attitudini, favorendo anche il superamento delle difficoltà presenti nel processo di ». Da questa frase si coglie l’intento di superare l’approccio psicologico-adattivo all’ orientamento come pratica sostanzialmente delegata agli specialisti, indicando la pista del reale coinvolgimento di tutto il Consiglio di classe impegnato a trarre valore orientativo dal nesso tra discipline e formazione dell’identità personale, in modo che ogni studente possa effettuare una scelta personale e realistica. Una prospettiva molto impegnativa, che sollecita la scuola ad agire su due piani: il piano curricolare riguardante l’intero team dei docenti, a cui è chiesto, tramite la scelta dei nuclei del sapere e la combinazione delle esperienze didattiche e formative, di perseguire negli studenti la maturazione della consapevolezza di sé e del proprio cammino di inserimento positivo nel mondo; il piano dei dispositivi metodologici che comprende i moduli annuali di 30 ore, le figure dei , l’e-portfolio e l’organizzazione di luoghi in cui i ragazzi possano fare diretta conoscenza dei vari percorsi formativi e professionali. L’operazione che si propone consiste nel coniugare la scelta ragionata circa il canone formativo, composto dai nuclei del sapere che si considerano decisivi per la e la crescita della gioventù, con l’adozione di un metodo di apprendimento più naturale, quello che – al contrario di quelli artificiali - risulta maggiormente in grado di sollecitare i dinamismi che rendono la persona capace di trovare i giusti nessi tra la conoscenza del reale e la consapevolezza di sé, con un effetto più deciso sulla comprensione del proprio compito nel mondo. L’orientamento perde in questo modo i residui dell’antica rappresentazione statica ed inerte, per divenire una componente del cammino educativo, colta nel vivo nelle tensioni, spesso profonde, che coinvolgono l’individuo del nostro tempo. In questo modo la persona riceve dalla cultura un duplice aiuto: misurarsi con un avversario esteriore costituito dal bombardamento quotidiano di messaggi e suggestioni che provengono dalla perenne agitazione emotiva e immaginativa suscitata nei media dalle questioni che agitano l’opinione pubblica; ma anche combattere con un avversario interiore caratterizzato da «[…] inesperienza, scarsa combattività, ebbrezza, piedi lontani dalla terra, difficoltà a staccarsi dalle seduzioni, illusione che si possa riposare e poi tornare istantaneamente ai doveri» (Zoja 2016, 118). Da questa strategia ci si attende una risposta convincente ed efficace al disorientamento sistemico, quello legato all’eccesso di informazioni, alla fluidità delle terminologie e delle pratiche, e soprattutto all’ansia circa il futuro che sorge nelle persone che si trovano nella fase di transizione, alimentata specialmente dalla diffusa cultura problematica e disincantata. Da qui la proposta agli adolescenti ed ai giovani – ma prima ancora ai loro insegnanti - di un itinerario che mira a riconsiderare in modo critico le rappresentazioni culturali ancorate ad una società oramai superata - tra cui l’idea che i mercati del lavoro e delle professioni sono sempre dominati dalle imprese, il pregiudizio circa il rapporto a somma zero tra lavoro artificiale e lavoro naturale, la comune percezione circa la decadenza dell’etica del lavoro specie presso i giovani, l’idea che il mismatch domanda/offerta sia dovuto esclusivamente alla “arretratezza” del sistema educativo e formativo - per sollecitare una visione più conforme ad una società complessa che presenta importanti tratti inediti e richiede un approccio culturale più ampio e sensibile. Tal proposta si regge su una visione antropologico esistenziale che pone al centro due fattori decisivi: la e la . Per poter decidere, la persona deve sapersi muovere “fra i le due sponde contrapposte dell’anima” ovvero “tra la mente e il cuore”, essere guidata da una razionalità che comprenda anche i fattori sensibili della personalità e non solo da statistiche sull’occupazione e calcoli sui futuri stipendi. Deve saper utilizzare la memoria non solo come archivio, ma come flusso di un pensiero che si proietta nel tempo a venire; infine deve saper cogliere ciò che è vitale, sapendo riconoscere un evento di risonanza interiore che accende un fuoco e indica la strada, che motiva un affidamento che si regge su una promessa di compimento della propria vita. Il saper assumere una decisione costituisce un rito di passaggio che corrisponde ad una transizione importante nel cammino della propria esistenza: la persona si trova di fronte a situazioni nuove per fronteggiare le quali non basta la reazione immediata “mi piace, non mi piace” “ci sto bene, non ci sto bene”, ma richiedono la messa in movimento di tutte le corde – anche quelle sconosciute a se stesso – della propria intelligenza. Un pensiero che sa cogliere i diversi segnali, discernere tra di essi ciò che riluce (la “chiamata”), ma anche dominare la tentazione di ritirarsi nell’angolo comodo dell’osservatore, lasciare che le cose vadano-come-debbono-andare, abbandonandosi al fatalismo ed all’omissione dei doveri verso se stessi e verso gli altri. Il proiettarsi in avanti è un passo verso l’ignoto, e quindi presenta una componente di rischio, ma se la persona è guidata da passione e ragione, la decisione porta con sé un senso di autoefficacia propria di un individuo capace di autoregolarsi (Bandura 1997). Questa decisione, che sposta la propria esistenza in avanti, non è un allontanamento dal proprio io: al contrario si alimenta di una nuova consapevolezza di sé propria di chi sa scuotersi da una condizione di inerzia e rimette in moto la sua esistenza nel tempo e nello spazio. Gli studenti, di fronte alla scelta orientativa, non si trovano tutti nella stessa condizione. Si possono individuare tre aree di esigenze: chi non ha chiarezza su di sé. Il primo gruppo è composto da coloro che non hanno chiarezza su di sé e non trovano/offrono al docente tutor dei punti di riferimento per la scelta. Essi hanno bisogno di uno scuotimento, tramite esperienze di vita che suscitino i loro dinamismi e la loro intelligenza nascosta. I genitori possono aiutarli trasmettendo loro una passione, insegnandogli attività pratiche, dando loro responsabilità. Gli insegnanti hanno la possibilità di proporre loro laboratori, gruppi di ricerca, scambi con altri ragazzi, incontri con testimoni, aiutandoli a riflettere sul valore esistenziale di queste esperienze rispetto alle tre domande chiave: “cosa mi attrae, in quale contesto, per imparare cosa?”; i disorientati (a ragione). Il secondo gruppo è composto da coloro che hanno un’idea abbastanza chiara di cosa corrisponde al loro Io, ma sono disorientati “a ragione” a causa dell’eccesso di informazioni e di opportunità, oltre che per il continuo cambio dei nomi delle professioni. Essi sono sconcertati soprattutto di fronte stereotipi tanto diffusi quanto infondati. La scuola può offrir loro la possibilità di confrontare queste affermazioni con la realtà, mobilitando in particolare i docenti al cui campo del sapere afferiscono questi stereotipi, eventualmente anche coinvolgendo degli esperti. In un tempo scettico, dove le persone tendono a dar credito alle affermazioni più drastiche, risulta ancora più importante l’“operazione culturale” che è nelle corde di ogni ragazzo e che richiede però un luogo e delle figure che lo accompagnino in questa ricerca; chi ha idee chiare ed esigenze precise. Il terzo gruppo, più piccolo, è composto da coloro che hanno già maturato la propria formativa e professionale. Essi hanno bisogno di risposte molto precise alle domande: “quale scuola è preferibile per me e per quale percorso successivo?”. Per scegliere la scuola occorre evitare la trappola del marketing orientativo, una tecnica di che punta sugli aspetti attraenti e tace gli ostacoli e le rinunce. Sono più convincenti le testimonianze dirette degli studenti di qualche anno più grandi che possono esprimere un giudizio veritiero e offrire consigli provati. Un suggerimento: per scegliere l’istituto è bene guardare alla qualità delle esperienze formative (laboratori, gruppi di ricerca e di progetto, PCTO, scambi…) a scuola, nel territorio ed anche all’estero in quanto occasioni speciali di formazione della personalità. La differenza di esigenze orientative va tenuta in considerazione specie nella definizione del gruppo di studenti per ogni docente tutor, la figura creata appositamente dalla nuova norma: è evidente che il primo gruppo necessita di una maggiore cura connotata decisamente nel modo dell’accompagnamento personale, anche con l’ausilio dello psicologo della scuola; le attività da rivolgere al secondo gruppo possono vedere compresenti tutti gli studenti della classe con il coinvolgimento dei propri docenti in quanto impegnati nel lavoro culturale; il terzo gruppo, infine, pur traendo benefici dalla partecipazione alle attività riferite ai primi due raggruppamenti, ha maggiormente bisogno dell’orientatore o degli esperti dello Sportello territoriale per l’orientamento. Due sono i dinamismi fondamentali del cambio di paradigma orientativo: l’operazione culturale e la decisione vocazionale come corrispondenza riscontrata con la cultura ed i valori di una specifica , piuttosto che frammentata entro le 800 figure presenti nella classificazione ISTAT. Agli studenti, organizzati per classi oltre che per gruppi omogenei rispetto alle proprie aspettative ed esigenze, è chiesto di svolgere l’“operazione culturale” che consiste nel prendere sul serio – assieme ai compagni – le opinioni ed i pregiudizi, che li bombardano direttamente o indirettamente e che sintetizziamo nei seguenti quattro: “saranno le tecnologie a fare tutto il lavoro umano”; “le professioni di oggi tra cinque anni saranno totalmente cambiate”; “lo studio serve a poco, è importante solo la pratica”; “per salvare la terra occorre bloccare lo sviluppo”. Tali opinioni vanno trasformati altrettanti quesiti (“è proprio vero che…”) su cui “lavorare” per distinguere le fake dalle affermazioni vere. In questo modo essi possono dominare il caos delle opinioni ed acquisire un giudizio fondato circa il mondo in cui vivono e le prospettive che vi si aprono. Le evidenze che provengono dalla realtà convergono sulle seguenti risposte: Le rivoluzioni tecnologiche hanno sempre portato, dopo una breve fase di disoccupazione tecnologica, all’aumento del lavoro umano rispetto al tempo precedente. Anche le vaste applicazioni della fabbrica 4.0 (specie in Germania ed in Cina) e della AI non sembrano smentire questa regola. Molti istituti di ricerca riducono il lavoro alle mansioni, alle tecniche ed ai contratti, ovvero la parte applicativa che cambia velocemente, ma dimenticano che la parte fondativa delle famiglie professionali - il valore, e la cultura e l’implicazione esistenziale - rimangono stabili nel corso del tempo. La complessità e la velocità del cambiamento non permettono di affidare la formazione della persona alla sola riflessione sulla pratica, ma richiede una capacità consolidata di fronteggiamento di imprevisti, problemi ed opportunità, sapendo esercitare le molteplici facoltà della propria intelligenza. Il catastrofismo, oltre che infondato, è controproducente per la svolta green; la decrescita è la formula certa che porta alla ribellione delle popolazioni a ricette tanto drastiche da divenire – paradossalmente - insostenibili. Di contro, la sostenibilità è il nome operoso e responsabile del nuovo sviluppo. L’analisi delle famiglie professionali ha lo scopo di rilevare la corrispondenza di senso tra la realtà e il proprio mondo interiore e di individuare la direzione di un proprio personale cammino nella società. Quando il proprio Io entra in con i valori e la cultura di una specifica famiglia professionale, la persona scopre una speciale attrazione per essa (passione) e sente che questa è la strada della realizzazione della propria vocazione. Per conoscere tale figura, ogni studente è chiamato a comprendere: il “cosa fa” indica le attività che quella figura professionale svolge normalmente. Anche se a grandi linee il lavoratore si occupa sempre degli stessi compiti, nel corso del tempo le operazioni di lavoro cambiano frequentemente soprattutto a causa delle innovazioni tecniche, ma anche del mutamento della cultura e delle leggi; il “per quale scopo” indica il beneficio che questa , assieme alle altre figure della stessa famiglia professionale, apporta alle persone ed alla comunità cui si rivolge; i “punti di attenzione” che si riferiscono alla sensibilità richiesta al lavoratore, mentre le “capacità” sono quelle necessarie per svolgere nel modo corretto i compiti assegnati. Infine, per ciascun delle 12 famiglie professionali egli è chiamato a rispondere a tre domande (in questo caso sono riferite alla famiglia della cura dell’energia): ti senti attratto verso il mondo degli impianti energetici? hai qualche esperienza anche semplice che lo dimostra? hai approfondito anche autonomamente la questione della svolta green? ti interessa lavorare nel mondo degli impianti energetici e dell’ecologia? 9. Il nuovo cammino orientativo prevede pertanto cinque tappe: Prima tappa: Sapere dove ci si trova. Il primo passo sorge dalla domanda “dove mi trovo in questo momento del mio cammino?” è il modo più appropriato per agire con intelligenza in quanto spesso la persona si concentra sulle prestazioni richieste dal ruolo di studente, per immergersi totalmente nel mondo di vita della scuola o dell’università. Prima di capire dove si vuole andare è bene sapere a che punto ci troviamo: così possiamo avere un riferimento e non oscillare continuamente in base alle immagini ed emozioni che si succedono nella nostra mente. Seconda tappa: Comprendere la realtà. Nella mentalità comune prevalgono stereotipi e miti negativi riguardo alla nostra società, al lavoro ed anche al valore dello studio. È bene sottoporre queste opinioni fuorvianti ad un’operazione di verifica per giungere, tramite il confronto con i dati di realtà e con i pareri competenti, ad una visione “provata”. Contemporaneamente vanno approfonditi i settori di studio - gli ambiti professionali verso cui ci si sente maggiormente in sintonia, individuando i fattori rilevanti per giungere alla scelta. Terza tappa: Approfondire le famiglie professionali verso cui si è attratti. Il passo che fa avanzare nel cammino di orientamento, oltre la comprensione della realtà intesa in senso generale, consiste nell’approfondire la conoscenza delle – poche, spesso limitaste a due - famiglie professionali verso le quali avvertiamo una speciale attrazione. Ciò richiede la possibilità di svolgere esperienze e di incontrare persone che ci aiutino a comprendere i valori ed i benefici in gioco, le attività che svolgono solitamente le principali figure professionali che vi fanno parte, le caratteristiche e le qualità richieste a chi vuole inserirsi in questo contesto e le “soddisfazioni” che si provano. Quarta tappa: Riconoscere la propria vocazione. La vocazione risulta dalla consonanza con lo scopo-valore che caratterizza la famiglia professionale che si sta considerando: guardando il “cosa fa” una persona al lavoro, si possono individuare gli utenti-clienti a cui rivolge le sue prestazioni così da poter cogliere i benefici che questi ne traggono. La vocazione si rivela quando la persona avverte una speciale attrazione per questo modo di operare in quanto ne condivide i valori e sente il desiderio di poter svolgere un lavoro che consenta questa speciale disposizione nel mondo. Quinta tappa: Decidere. Quando si giunge a selezionare due scelte, significa che ambedue sono corrispondenti alle caratteristiche della persona ed inoltre sono realistiche. La decisione finale si basa sull’ascolto del consiglio orientativo della scuola e sul confronto successivo in famiglia. Tenuto conto di tutto ciò, è la persona a dire l’ultima parola, assumendo la responsabilità della scelta insieme alla rinuncia all’opzione alternativa. Bibliografia Baker D.B., Counseling psychology, in Freedheim D.K. (Ed.), Handbook of psychology: History of psychology, Vol. 1, pp. 357–365, 2003. John Wiley & Sons, Inc. https://doi.org/10.1002/0471264385.wei0117. Bandura a. (1997), Self-efficacy: The exercise of control, New York, W.H. Freeman, 1997. 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