Nella Costituzione repubblicana l’obbligo di istruzione (che era già previsto dall’art. 171 del Regio Decreto n. 577/1920 nei seguenti termini: “L'istruzione dei fanciulli dal sesto al quattordicesimo anno di età è obbligatoria”) è prescritto in relazione all’ “istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni” e di cui viene garantita, nel medesimo tempo, la “gratuità”. Ne discende, pertanto, che, fatti salvi i predetti elementi inderogabili – la durata di almeno otto anni e la gratuità - la determinazione del contenuto dell’obbligo di istruzione, così come l’estensione temporale di quest’ultimo, sono rimesse alla discrezionalità del legislatore. E infatti sia il contenuto che la durata dell’obbligo in questione sono stati variamente modulati nel corso dell’esperienza repubblicana. Come vedremo, siffatta modulazione in una prima fase ha riguardato l’istruzione obbligatoria nell’ambito delle istituzioni scolastiche, ove sino al 1962 – cioè sino al momento dell’introduzione della scuola media unica – è stata mantenuta, affianco alla scuola secondaria di primo grado, la scuola secondaria di avviamento professionale, ovvero quella scuola secondaria inferiore che era stata originariamente introdotta con il T.U. n. 576/1928 che estese l'obbligo scolastico fino a 14 anni e concentrò la scuola elementare in cinque anni. In seguito, con la Legge n.8/1929 si istituì la scuola secondaria di avviamento al , poi trasformata nella scuola secondaria di avviamento professionale (Legge n. 420/1932) di durata triennale, cui si accedeva con la licenza elementare (o con un apposito esame di ammissione) e alla cui conclusione si conseguiva la licenza di scuola secondaria di avviamento professionale con la quale si poteva ottenere l'iscrizione alla scuola tecnica, alla scuola professionale femminile o al corso superiore dell'Istituto d'arte o dell'istituto tecnico. Come sopra accennato, con l'entrata in vigore della Legge n.1859/1962 che ha istituito la scuola media unificata, è stata soppressa la scuola di avviamento professionale che erogava l'istruzione obbligatoria post-elementare fino ai 14 anni di età allo scopo di preparare a vari “mestieri”, all'esercizio pratico nell'agricoltura, industria, commercio e alle cosiddette “funzioni impiegatizie d'ordine esecutivo”. In tal modo, l’istruzione obbligatoria è stata concentrata in un unico percorso scolastico senza più la presenza di specifici percorsi rivolti all’istruzione di carattere professionalizzante, in quanto si riteneva inopportuno mantenere una distinzione tra due percorsi di istruzione obbligatoria che, subito dopo la scuola primaria, riproducessero – e anzi consolidassero - una sorta di discriminazione “di fatto” tra i ceti sociali. Infatti, alcuni giovani erano per così dire destinati a frequentare studi scolastici rivolti poi alla possibile prosecuzione nell’Università e quindi allo svolgimento di professioni socialmente ed economicamente di maggior pregio. Mentre altri giovani erano spinti, anche per più immediate esigenze di sostentamento personale e familiare, a seguire percorsi di istruzione rivolti a professioni di minor pregio e ai quali, nella più parte dei casi, era poi precluso l’accesso ai più elevati gradi degli studi. Ma questa impostazione è stata poi radicalmente superata allorquando si sono verificati due eventi decisivi a poca distanza di tempo: da un lato, verso la fine del secolo scorso, si è deciso di riconfigurare in via legislativa l’istruzione obbligatoria, estendendone la durata al di là della scuola secondaria di primo grado e includendovi anche la frequenza di percorsi erogati da istituzione formative e pertanto non rientranti nell’offerta scolastica; dall’altro lato, a seguito della riforma costituzionale del 2001, è stata ufficialmente riconosciuta l’ “istruzione e ” quale materia che, per un verso, spetta alla competenza esclusiva delle Regioni, e, per altro verso, rientra nell’“istruzione” (vedi quanto disposto nell’art. 117, comma 3, Cost., come risultante dalla Legge cost. n. 3/2001) assieme all’istruzione erogata nei percorsi scolastici. In questo nuovo assetto complessivo dell’istruzione, pertanto, anche alla IEFP cosiddetta “iniziale” – quella cioè che segue la scuola secondaria di primo grado - è stato riconosciuto un ruolo attivo nella riconfigurazione dell’istruzione obbligatoria, così ufficialmente chiarendosi che la IEFP è divenuta una componente a pieno titolo del sistema educativo nazionale di istruzione e anche in quel fondamentale e primario tassello che è rappresentato dall’istruzione obbligatoria. L’assolvimento della parte conclusiva di quest’ultima anche nei percorsi della IEFP, pertanto, non può più essere associato in alcun modo ad una sorta di stigma sociale di differenziazione tra i ceti o tra gli individui, ma, ben al contrario, è divenuto espressione di una scelta di libertà e di autonomia individuale e collettiva. In definitiva, si è così garantito ai cittadini e alle cittadine più giovani, dopo la conclusione della scuola secondaria di primo grado, il diritto di poter forgiare ed esprimere i propri talenti in due percorsi tra loro paralleli e aventi pari dignità, ovvero completando l’istruzione obbligatoria o nei percorsi delle istituzioni scolastiche o nei percorsi delle istituzioni della IEFP. In particolare, e ricostruendo più in dettaglio l’evoluzione della disciplina normativa nell’esperienza repubblicana, dapprima, con la già citata Legge n. 1859/1962 (poi abrogata espressamente con il D.lgs. n. 212/2010) si è sancito che “In attuazione dell'articolo 34 della Costituzione, l'istruzione obbligatoria successiva a quella elementare è impartita gratuitamente nella scuola media, che ha la durata di tre anni ed è scuola secondaria di primo grado” (art. 1), considerando quindi adempiuto siffatto obbligo con il conseguimento del diploma di licenza della scuola media, e comunque dichiarando prosciolto dall'obbligo in questione chi, al compimento del quindicesimo anno di età, “dimostrava di avere osservato per almeno otto anni le norme sullo obbligo scolastico” (art. 8). In tal modo, tra l’altro, si confermava che l’obbligo di istruzione previsto dalla Costituzione doveva essere inteso come mero obbligo scolastico e la relativa durata non superava il minimo previsto dalla Costituzione. Poi, nel 1999, si sono introdotte alcune importanti innovazioni che hanno avviato la riconfigurazione del modello dell’istruzione obbligatoria verso l’attuale e vigente disciplina in cui anche il sistema della IEFP è coinvolto nell’assolvimento dell’istruzione obbligatoria erogata gratuitamente. In primo luogo, è stata approvata la Legge n. 9/99 (che poi è stata abrogata dalla Legge n. 53/2003) in cui si è prescritto l’elevazione dell’istruzione obbligatoria e gratuita da otto a dieci anni, seppure prevedendo che, in sede di prima applicazione, ovvero “fino all'approvazione di un generale riordino del sistema scolastico e formativo”, l'obbligo di istruzione avesse durata novennale. Si prevedeva poi, sempre subordinatamente all’approvazione del predetto “riordino del sistema scolastico e formativo”, la futura introduzione di un “obbligo di istruzione e formazione fino al diciottesimo anno di età, a conclusione del quale tutti i giovani possano acquisire un diploma di scuola secondaria superiore o una qualifica professionale” (art. 1, comma 1, Legge n. 9/1999). Per coloro i quali, adempiuto l'obbligo di istruzione o prosciolti dal medesimo, non intendeva proseguire gli studi nell'istruzione secondaria superiore, veniva poi garantito “il diritto alla frequenza di iniziative formative volte al conseguimento di una qualifica professionale” (art. 1, comma 2, Legge n. 9/1999). E, tra l’altro, nel regolamento di attuazione si prospettava anche l’apporto integrativo della formazione professionale di competenza regionale nei percorsi dell’obbligo scolastico prolungato nei termini predetti. In secondo luogo, sempre nel 1999 vi è stata un’ulteriore innovazione che ha ancor più coinvolto anche il sistema dell’allora vigente sistema di formazione professionale di competenza regionale, in quanto si è prevista la progressiva introduzione di un nuovo obbligo successivo all’obbligo scolastico, cioè il cosiddetto “obbligo formativo” (vedi art. 68 della Legge n. 144/1999 poi abrogato con il D.lgs. n. 226/2005) che consisteva nell'obbligo di frequenza di “attività formative fino al compimento del diciottesimo anno di età, da assolvere in percorsi anche integrati di istruzione e formazione” o nel sistema di istruzione scolastica, o nel sistema della formazione professionale di competenza regionale o nell'esercizio dell'; tale “obbligo formativo” si considerava comunque assolto con il conseguimento di un diploma di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale, tra l’altro disponendosi che “le competenze certificate in esito a qualsiasi segmento della formazione scolastica, professionale e dell'apprendistato costituiscono crediti per il passaggio da un sistema all'altro”. Successivamente alla già ricordata riforma costituzionale del 2001, con la Legge n. 53/2003 (art. 2, comma 1, lettera c) e il conseguente D.lgs. n. 226/2005 (che, poi, è stato modificato sul punto qui in questione dalla Legge n. 40/2007), questa prospettiva è stata ulteriormente sviluppata. Infatti, l’obbligo scolastico e quello formativo sono stati entrambi “ridefiniti ed ampliati” nell’ambito di un nuovo e complessivo “diritto all'istruzione e formazione e correlativo dovere” (così nell’art. 1, comma 2, D.lgs. n. 226/2005). Così, facendo venir meno quanto già previsto circa l’obbligo formativo, si è previsto che “la Repubblica assicura a tutti il diritto all'istruzione e alla formazione, per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età”, e si è specificato che siffatto diritto-dovere si realizza nel complesso delle istituzioni che compongono il sistema educativo nazionale di istruzione e , ovvero non solo nelle istituzioni scolastiche (comprese le paritarie riconosciute), ma anche nelle istituzioni formative accreditate dalle regioni e dalle Province Autonome di Trento e di Bolzano, così come anche attraverso l'apprendistato. E ancora, si è aggiunto che si tratta di un diritto-dovere che deve essere garantito “secondo livelli essenziali di prestazione definiti a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione” (art. 1, comma 3, D.lgs. n. 226/2005), cioè mediante apposite norme dettate dallo Stato (e di cui si attende, invero, ancora un più consistente intervento al fine di assicurare effettiva garanzia del diritto-dovere in questione sull’intero territorio nazionale soprattutto per quanto ne concerne l’esercizio nell’ambito dei percorsi di IEFP erogati dalla istituzioni formative accreditate). Tuttavia, per quanto riguarda l’esercizio del diritto-dovere in questione nell’ambito della IEFP, è evidente che, in assenza di “” (LEP) effettivamente capaci di assicurare l’erogazione del servizio educativo in tutte le realtà territoriali, e in mancanza di un adeguato impegno finanziario pubblico (tenuto conto sia della limitatezza complessiva delle risorse appostate dallo Stato e dalle Regioni, sia dell’esiguità delle cui è collegato il finanziamento dei percorsi di IEFP e che è assai inferiore al costo medio per studente nei percorsi scolastici), il diritto-dovere in questione appare sostanzialmente compresso, se non addirittura compromesso in non pochi ambiti del territorio nazionale. La fruizione della predetta offerta di istruzione e formazione costituisce un dovere legislativamente sanzionato, in quanto, “oltre che un diritto soggettivo” è definito dalla legge anche come “dovere sociale ai sensi dell'articolo 4, secondo comma, della Costituzione” (art. 1, comma 6, D.lgs. n. 226/2005). Va poi aggiunto che siffatto diritto-dovere può essere, rispettivamente, esercitato e adempiuto anche ricorrendo all’istruzione familiare o parentale da parte degli stessi genitori o di coloro che esercitano la responsabilità genitoriale, i quali, quindi, se dimostrano “di averne la capacità tecnica o economica”, possono provvedere privatamente o direttamente all'istruzione dei minori, dandone alla competente autorità che provvede agli opportuni controlli (art. 1, comma 4, D.lgs. n. 226/2005). Successivamente, e proprio in conseguenza con la predetta disciplina, si è nuovamente intervenuto sull’obbligo di istruzione ridefinendone il contenuto in coerenza con il diritto-dovere all’istruzione e formazione, ed estendendone la durata rispetto alla precedente disciplina (quella cioè ancora risultante dalla Legge n.1859/1962, essendo stato nel frattempo abrogato quanto disposto in merito dalla Legge n. 9/99): l’istruzione è divenuta obbligatoria “per almeno dieci anni” ed è “finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età” (vedi Legge n. 296/2006, art. 1, comma 622). Pertanto, per un verso l'età per l'accesso al lavoro è stata elevata da quindici a sedici anni, e, per altro verso, l'obbligo di istruzione si considera assolto, una volta conseguito il titolo di studio conclusivo del primo ciclo, con l'acquisizione dei saperi e delle competenze previste dai curricula relativi ai primi due anni degli istituti di istruzione secondaria superiore e dei percorsi di istruzione e formazione professionale. Inoltre, va ricordato che coloro che hanno compiuto quindici anni possono assolvere l’obbligo di istruzione anche mediante l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale (D.lgs. n. 167/2011, art. 3, comma 1). Infine, da ultimo, anche sulla scia di gravi eventi che hanno richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica, sono state rafforzate le disposizioni sui controlli che i soggetti competenti (in specie, i dirigenti delle istituzioni educative e i sindaci) devono esercitare per garantire l’adempimento dell’istruzione obbligatoria, così come sono state inasprite le sanzioni per il mancato adempimento nei confronti dei genitori o di coloro che esercitano la responsabilità genitoriale (vedi il D.lgs. n. 123/2023 convertito dalla Legge n. 159/2023, che ha modificato l’art. 114 del D.lgs. n. 297/1994). Bibliografia D'Agostino S., L’apprendistato per l’assolvimento del diritto dovere: le criticità da superare per rendere esigibile un diritto, in Rassegna CNOS, 2006, pp. 109 ss. Malizia G., Diritto-dovere all’istruzione e alla formazione e anagrafe formativa. Problemi e prospettive, in Rassegna CNOS, 2008, pp. 190 ss. Montemarano A., Dall’obbligo scolastico e formativo al diritto-dovere all’istruzione e formazione, in Rassegna CNOS, 2005, pp. 110 ss. Ransenigo P., Obbligo scolastico e formazione professionale nel decreto del Ministro P.I. n.323 del 9 agosto 1999, in Rassegna CNOS, 1999, pp. 13 ss. Salerno G.M., Obbligo di istruzione e diritto-dovere all’istruzione e alla formazione. Una questione centrale per l’istruzione e formazione professionale, in Rassegna CNOS, 2008, pp. 161 ss.
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