Per delineare il rapporto tra le istituzioni pubbliche e la (FP) – poi ridefinita “Istruzione e Formazione Professionale” (IEFP) a partire dalla riforma costituzionale del 2001 – sarebbe opportuno ricostruire l’intera evoluzione dei tratti essenziali dell’assetto istituzionale delle attività di professionale in Italia. In questa sede, per impellenti ragioni di sintesi, si limita questa ricostruzione a partire da quando, all’inizio gli anni Settanta del secolo scorso e cioè al momento dell’istituzione delle Regioni a statuto ordinario, è avvenuto il cd. “primo” trasferimento delle funzioni dallo Stato alle Regioni. In materia di FP, più precisamente, va ricordato quanto disposto nel d.P.R. n. 10/1972, cui poi si è aggiunto, in occasione del cd. “secondo” trasferimento di competenze dalla Stato alle Regioni, l’art. 36 del d.P.R. n 616/1977. Questi due trasferimenti di competenze sono stati disposti in coerenza con quanto previsto dal dettato costituzionale allora vigente, e cioè dall’art 117, comma 1, Cost. (nella versione originaria prima delle modifiche apportate con la revisione costituzionale del 2001) che anche in materia di “istruzione artigiana e professionale” prevedeva la competenza legislativa concorrente delle Regioni nei limiti stabiliti dai principi fondamentali posti nelle leggi dello Stato. Da siffatta competenza legislativa scaturiva, ai sensi dell’art. 118, primo comma, Cost. nel testo allora vigente (e cioè sempre prima della revisione costituzionale del 2001), la conseguente competenza delle Regioni in ordine alle funzioni di carattere amministrativo, fatte salve quelle di interesse esclusivamente locale che la legge dello Stato poteva attribuire agli enti locali (cioè Province e Comuni). Sicché è proprio in questo periodo che va colto il momento genetico della differenziazione territoriale dei modelli istituzionali della FP, differenziazione che poi si è ulteriormente consolidata a seconda dell’attuazione determinatasi in ciascuna Regione rispetto a quanto è stato poi disposto dalla cruciale “legge-quadro in materia di formazione professionale” n. 845 del 21 dicembre 1978. Inoltre, proprio in ordine alla configurazione di alcuni aspetti essenziali delle attività di formazione professionale, la legge da ultimo richiamata ha posto alcuni principi fondamentali, che sono poi rimasti fermi anche nel successivo svolgimento del complessivo assetto istituzionale della FP poi ridefinita, dal 2001 in poi, IEFP. Infatti, in via generale, nella Legge n. 845/1978 da un lato si è affermato il principio secondo cui “l’esercizio delle attività di formazione professionale è libero”, e, dall’altro lato, tali attività sono state espressamente definite come un “servizio di interesse pubblico” volto ad assicurare “un sistema di interventi formativi finalizzati alla diffusione delle teoriche e pratiche necessarie per svolgere ruoli professionali e rivolti al primo inserimento, alla qualificazione, alla riqualificazione, alla specializzazione, all'aggiornamento ed al perfezionamento dei lavoratori, in un quadro di formazione permanente” (si veda quanto disposto, rispettivamente, nell’ultimo e nel primo comma dell’art. 2). Può dirsi, quindi, che alla Legge n.845/1978 è dovuto l’ufficiale riconoscimento dei due cardini dell’assetto istituzionale concernenti le attività qui in oggetto: la libertà di attivazione e di svolgimento e la qualificazione come servizio pubblico. Tale riconoscimento è stato poi ulteriormente rafforzato nel 2001, allorquando, nell’ambito della riforma costituzionale del 2001, è stato introdotto il principio di “sussidiarietà orizzontale” che pone in capo a tutte le istituzioni che compongono le Repubblica (e quindi Stato, Regioni e enti locali) l’obbligo di favorire “l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” (vedi l’art. 118, ultimo comma, Cost.). Tale precisazione costituzionale deve valere, pertanto, anche nell’ambito della IEFP, ove, come noto, il ruolo delle formazioni sociali accreditate dalle pubbliche autorità competenti – e cioè dalle Regioni - è fondamentale per l’esercizio delle attività di formazione professionale. Ancora, va sottolineato il diverso ruolo che la predetta legge del 1978 ha assegnato allo Stato e alle Regioni, sulla base di criteri di ripartizione delle competenze che poi sono rimasti tendenzialmente costanti anche quando dalla Formazione Professionale si è passati alla Istruzione e Formazione Professionale. Più in particolare, allo Stato sono state assegnate funzioni collegate ad esigenze di carattere unitario (vedi art. 18) con riferimento ai seguenti aspetti: la definizione degli indirizzi e dei contenuti formativi (circa “la disciplina dell'ordinamento delle fasce di mansioni e di funzioni professionali omogenee ai fini dei rapporti contrattuali di ”, e, in particolare, la “definizione delle qualifiche professionali, dei loro contenuti tecnici, culturali ed operativi e delle prove di accertamento per la loro attribuzione”) e dei requisiti di ordine strutturale (in particolare, circa i “requisiti tecnici per il riconoscimento dell'idoneità delle strutture e delle attrezzature adibite alla formazione professionale”); le decisioni fondamentali sui profili di carattere finanziario; il collegamento con le Regioni; le attività formative all’estero e i rapporti con l’ordinamento comunitario; e, non da ultimo, gli interventi con finalità di coesione tra le diverse realtà territoriali (si veda, in particolare, “l'assistenza tecnica e il finanziamento delle iniziative di formazione professionale, d'intesa con le regioni e tramite esse, nei casi di rilevante squilibrio locale tra domanda e offerta di lavoro”). Alle Regioni è stato attribuito il restante e amplissimo ventaglio delle competenze pubbliche in materia di formazione professionale (vedi art. 3), dall’organizzazione del sistema di FP “sviluppando le iniziative pubbliche e rispettando la molteplicità delle proposte formative”, alla realizzazione “a favore a favore degli allievi” di un “sistema di servizi che garantisca il diritto alla formazione, rimuovendo gli ostacoli di ordine economico e sociale che condizionano le possibilità di frequentare i corsi”. Circa il modello istituzionale poi concretamente adottato dalle singole Regioni, la più parte ha delegato le funzioni amministrative dapprima ai Comuni e ai Consorzi di Comuni e, poi, alle Province, sicché l’assetto più ricorrente è stato quello del mantenimento delle funzioni di regia in capo alle Regioni (e cioè, le attività di programmazione pluriennale, di indirizzo e di regolazione), mentre alle Province sono state assegnate le competenze attuative e gestionali sulla FP. I principi ispiratori dell’assetto istituzionale, così come definiti dalla predetta legge e ai quali le Regioni hanno dovuto adeguarsi, per di più, sono stati tutti improntati alla valorizzazione della partecipazione dei soggetti di rilievo sociale che operano nel mondo della formazione professionale, dovendosi “assicurare la partecipazione alla programmazione dei piani regionali e comprensoriali di intervento da parte dei rappresentanti degli enti locali, delle categorie sociali e degli altri enti interessati”, così come garantire lo svolgimento dei compiti di “controllo sociale della gestione delle attività formative attraverso la partecipazione di rappresentanti degli enti locali, delle categorie sociali e degli altri enti interessati”. Sullo sfondo emergeva a chiare lettere il principio secondo cui occorreva “garantire a tutti coloro che partecipano alla attività di formazione professionale l'esercizio de diritti democratici e sindacali e la partecipazione alla promozione di iniziative di sperimentazione formativa” (art. 3, comma 1, lettera g). Con la riforma costituzionale del 2001, l’introduzione della materia della “Istruzione e Formazione professionale” ha determinato, in via di principio, l’espansione dell’autonomia spettante alle singole Regioni nella determinazione del rispettivo assetto istituzionale relativo alla formazione professionale. Infatti, tale nuova materia è stata assegnata alla competenza legislativa non più “concorrente”, ma addirittura “esclusiva” delle Regioni, alle quali spetta, quindi, anche la competenza di stabilire autonomamente l’assetto dell’organizzazione amministrativa che presiede alle funzioni pubbliche inerenti alla IEFP e, conseguentemente, i rispettivi rapporti con i soggetti di rilievo sociale che esercitano le attività di formazione professionale. Sicché ne può derivare, come in effetti ne è scaturita, una maggiore differenziazione – se non talora una vera e propria divaricazione - dei modelli istituzionali della IEFP presenti nelle singole Regioni. Tale differenziazione si è tradotta quindi in una geopardizzazione, che non favorisce certo la presenza di un sistema della formazione professionale che abbia sufficienti connotati di omogeneità, e dunque anche di riconoscibilità, sull’intero territorio nazionale. Tuttavia, nella riforma costituzionale del 2001, si sono introdotti due fattori di riequilibrio e di unitarietà del sistema tutto. Il primo di questi fattori concerne la competenza legislativa dello Stato a dettare le “norme generali sull’istruzione” (vedi art. 117, comma 2, lettera n, Cost.), così potendo delineare i principi di carattere generale e strutturale che regolano gli aspetti necessariamente unitari del sistema nazionale di istruzione e formazione, al cui interno opera anche la IEFP. Il secondo fattore è la competenza legislativa dello Stato a dettare i “ concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, ovvero i cd. LEP (vedi art. 117, comma 2, lettera m, Cost.), tra quali vi è, per l’appunto, il diritto alla formazione già stabilito dalla Legge n. 845/1978. È vero che sono state poi introdotte con le leggi dello Stato rilevanti norme generali sull’istruzione professionalizzante (a partire dalla Legge n. 53/2003 e dai relativi decreti legislativi di attuazione, sino, ad esempio, al D.lgs. n. 61/2017), così alcune disposizioni sui LEP in tema di IEFP (si veda il D.lgs. n. 226/2005). Ma, per un verso, sulla base di indagini compiute risulta che i modelli istituzionali presenti nelle Regioni non sono sempre e complessivamente coerenti con le vigenti norme generali sull’istruzione professionalizzante (tra l’altro, vi sono anche Regioni che non hanno adottato alcuna specifica disciplina dopo la riforma costituzionale del 2001); e, per altro verso, le presenti disposizioni sui LEP nella IEFP appaiono insufficienti in quanto alquanto generiche, prive di adeguati indicatori di prestazioni da erogare obbligatoriamente ai cittadini, e per lo più sprovviste di efficaci strumenti di monitoraggio. In definitiva, tenuto fermo il quadro costituzionale che pone principi di garanzia che non vanno in alcun modo pregiudicati, emerge la necessità di ripensare su più versanti e aspetti la disciplina legislativa, sia statale che regionale, che definisce gli assetti istituzionali della formazione professionale, in modo che il diritto alla formazione possa trovare effettiva e pari attuazione in tutto il territorio nazionale. Bibliografia Benvenuti M., Un “problema nazionale”. Spunti ricostruttivi in tema di “istruzione” e “istruzione e formazione professionale”, tra Stato e Regioni, a partire dalla giurisprudenza costituzionale, in federalismi.it, 2015. Gianfrancesco E. – G. Perniciaro, Le Regioni e la materia dell’istruzione tra uniformità e differenziazione. Una breve analisi di ciò che (non) poteva essere e non è stato, in Vandelli L – F. Bassanini (a cura di), Il federalismo alla prova: regole, politiche, diritti nelle regioni, il Mulino, 2012. Inapp, XX Rapporto di monitoraggio del Sistema di Istruzione e Formazione Professionale e dei Percorsi in Duale nella IEFP - a.f. 2020-21, Roma, 2023. Nicoli D., I sistemi di istruzione e formazione professionale (VET) in Europa, CNOS-FAP, Roma, 2009. Perniciaro G., L’istruzione e formazione professionale: un quadro (ancora) variegato e frammentato, in Italian Papers on Federalism (www.ipof), 2020, n.3. Poggi A.M., Un altro pezzo del “mosaico”: una sentenza importante per la definizione del contenuto della competenza legislativa concorrente delle regioni in materia di istruzione, in federalismi.it, 2004, n.3. Salerno G.M., L'istruzione e la formazione professionale tra regionalismo e unitarietà. Una prima analisi, CNOS-FAP, Rubbettino, 2021. Zagardo G., La IEFP nelle Regioni. Tra consolidamento e crisi, Quaderni CNOS-FAP, 2019, n. 9.

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