La parola “immigrazione” indica l’inserirsi, più o meno stabile, di un soggetto o di un gruppo in un paese diverso da quello di origine. Tale termine deriva dal verbo latino “immigrare” (composto di “in” e “migrare”) che significa “trasferirsi”. La “migrazione” (dal sostantivo latino “migratio”), intesa quale “trasferimento”, “passaggio”, di persone che si spostano dalla propria terra, è un fenomeno inscritto nella storia umana. Esso accompagna e caratterizza il comportamento dell’essere umano fino da quando, 200.000 anni fa, compare nell’Africa orientale da dove inizia progressivamente a popolare il continente africano. Da qui, circa 100.000 anni fa, comincia a spostarsi popolando un po’ alla volta l’intero globo terrestre. La “curiosità”, unitamente alla ricerca di cibo e di nuovi territori per la coltivazione e il pascolo, spingono il singolo e le comunità a muoversi dal proprio territorio e a mettersi in cammino, rivelando come proprio tale tratto sia una dimensione antropologica costitutiva dell’essere umano quale “Homo migrans”. La migrazione, oltre a essere una caratteristica connaturata all’essere umano, riconosciuta come suo diritto soggettivo (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, art. 13), è un fenomeno a sua volta influenzato da una pluralità di fattori “esterni” che possono favorire o limitarne l’andamento. Attualmente, sono circa 281 milioni i migranti internazionali stimati nel mondo, secondo il World Migration Report 2024, registrando un progressivo aumento dell’incidenza sulla popolazione mondiale pari al 3,6% rispetto al 2,3% nel 1970 e al 2,9% nel 1990. Nel corso del 2022 e maggiormente nel 2023 e nel 2024, si attesta una ripresa dei flussi migratori che, a seguito della pandemia di Covid-19 e delle relative misure di contenimento alla diffusione del virus, avevano subito una pausa forzata. Una tale ripresa si rileva anche a livello europeo, dove si registra nel 2021 un forte aumento dei permessi di soggiorno per lavoro, passati dal 39% nel 2020 al 45% nel 2021. In generale, secondo il Dossier Statistico Immigrazione 2024, a fine 2023, i cittadini stranieri regolarmente residenti nell’Unione Europea sono 41,4 milioni (il 9,2% della popolazione) di cui oltre 27 milioni provenienti da Paesi extra-UE mentre salgono a 8,4 milioni i rifugiati e i richiedenti asilo, pari al 7,2% del totale planetario. In Italia, i cittadini stranieri residenti, sono 5 milioni e 308 mila, con un aumento di 166 mila unità rispetto all’anno precedente (+3,6%) e con una incidenza sulla popolazione italiana che passa al 9%. A contribuire alla ripresa dei flussi migratori, oltre ai classici fattori di attrazione (motivi di lavoro, ricongiungimento familiare, studio), un peso preponderante assumono, particolarmente oggi, i fattori di repulsione quali le sempre più frequenti calamità naturali, l’estendersi e il perpetrarsi di scenari di guerra alimentati dal mercato delle armi (dal conflitto Israeliano-Palestinese a quello in Ucraina fino a conflitti diffusi in diversi paesi africani e del Sud Est Asiatico). Secondo Il Dossier 2024, accanto a circa 7,7 milioni di “sfollati climatici” o “migranti ambientali” (che non possono essere definiti “rifugiati” poiché la Convenzione di Ginevra del 1951 e il successivo Protocollo del 1967, attribuiscono lo status di profugo solo a chi fugge da persecuzioni politiche, etniche e religiose), è in forte aumento anche il numero di migranti forzati che passano dai 20 milioni del 2000 ai 117, 3 milioni a fine 2023, di cui 68,3 milioni sono sfollati interni, 31,6 milioni rifugiati, 6,9 milioni richiedenti asilo. Prospettiva. Considerare le migrazioni dal punto di vista statistico è un approccio analitico-quantitativo che, se da un lato consente di descrivere e di fornire utili previsioni in merito all’andamento e alle caratteristiche dei flussi migratori presenti e futuri, dall’altro richiede la capacità di considerare i dati non in modo parziale ma ponendoli in rapporto tra loro e con la complessità che, ai diversi livelli del vivere sociale, culturale, economico, politico, etico, interconnette il locale e il globale, l’uomo e l’ambiente, secondo la logica sistemica e dell’. Porsi in una tale prospettiva sollecita, pertanto, a riconoscere le migrazioni come una questione primariamente umana ed ecologica che, in quanto tale, è strettamente connessa – e a sua volta determinata – dalla qualità delle relazioni che ciascuno – inteso sia come singolo sia come collettività – intrattiene e costruisce con quella realtà – naturale e umana – che costituisce l’ecosistema nel quale si dispiega la sua esistenza. Ad essere chiamata in gioco è l’intenzionalità – dunque la volontà e la capacità – di riconoscere come “nella questione migratoria non sono in gioco solo numeri, bensì persone, con la loro storia, le loro culture, i loro sentimenti, le loro aspirazione” (Messaggio del Santo Padre Francesco in occasione de “II Colloquio Santa Sede-Messico sulla migrazione internazionale” 14 giugno 2018). Riportare al centro della questione migratoria la dignità della persona umana impone di considerare la migrazione come una questione di co-responsabilità internazionale condivisa che sollecita a riconoscere, tutelare e garantire a ciascuno il diritto soggettivo e la libertà di migrare ma anche il diritto e la libertà di non emigrare, “ossia di vivere in pace e in dignità nella propria terra”. Tuttavia, “per fare della migrazione una scelta davvero libera, bisogna sforzarsi di garantire a tutti un’equa partecipazione al bene comune, il rispetto dei diritti fondamentali e l’accesso allo sviluppo umano integrale” (Liberi di Scegliere se migrare o restare. Messaggio di Papa Francesco per la 109° Giornata Mondiale del Migrante e del rifugiato 2023). Accettare le sfide umane ed etiche lanciate dalla complessità degli attuali processi migratori, nel sollecitare a un “cambio di mentalità” nei confronti dei migranti, passando da atteggiamenti di indifferenza, di rifiuto e/o di paura, ad atteggiamenti solidali, fondati sul mutuo riconoscimento di condividere una comune appartenenza alla medesima famiglia umana, sollecita la responsabilità di agire, sul piano politico, sociale, economico, culturale, lungo il sentiero tracciato dai quattro verbi – accogliere, proteggere, promuovere, integrare – che consentono di “fare insieme un cammino attraverso queste quattro azioni, per costruire città e Paesi che, pur conservando le rispettive identità culturali e religiose, siano aperti alle differenze e sappiano valorizzarle nel segno della fratellanza umana (Fratelli tutti, 129). Guardare alla migrazione nella prospettiva della promozione dello sviluppo integrale di ciascuna persona umana sollecita allora il promuovere, nei paesi di arrivo, processi di integrazione reciproca che coinvolgano autoctoni e non-autoctoni nel comune impegno a partecipare alla costruzione di contesti umani nei quali non solo imparare a “vivere insieme” ma anche a sentirsi, pur nel rispetto e nel riconoscimento delle reciproche differenze, parte di una medesima comunità umana e sociale. Integrare, ponendo attenzione alla dignità di ciascuno, non è infatti sinonimo né di assimilazione, né di omologazione, bensì è “un processo bidirezionale, che si fonda essenzialmente sul mutuo riconoscimento della ricchezza culturale dell’altro: non è appiattimento di una cultura sull’altra, e nemmeno isolamento reciproco, con il rischio di nefaste quanto pericolose “ghettizzazioni” (Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti al forum internazionale "migrazioni e pace", 21 febbraio 2017). Strategie formative Nel suo porsi come questione umana ed ecologica, la migrazione si rivela essere anche una questione eminentemente educativa poiché la sfida è quella di promuovere la formazione di una cultura della “cittadinanza umana”, “planetaria” e “terrestre”, fondata sul riconoscimento del principio di come statuto ontologico della persona umana indipendentemente dalla sua situazione anagrafica. Tale riconoscimento implica, sul piano istituzionale, il dovere di adoperarsi per garantire e tutelare il rispetto dei diritti inalienabili costitutivi di ogni persona umana garantendo a ciascuno uguaglianza di opportunità e parità di trattamento e di accesso ai servizi (Costituzione italiana, art. 2 e 3; Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Preambolo). In Italia, la garanzia del diritto soggettivo all’ e all’istruzione (Cost., art. 33; Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, art. 26) poggia sul riconoscimento del principio di universalità (C.M. 24/2006; MIUR, Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri, 2014) che stabilisce il dovere di garantire a ciascuno alunno/studente risiedente nel territorio nazionale – indipendentemente dalla sua cittadinanza anagrafica – l’“”, della durata di 10 anni (Legge 296/2006, art. 1 comma 622), di cui 8 anni nel primo ciclo di istruzione e 2 anni nel secondo ciclo, da svolgersi o nella scuola secondaria di secondo grado o nei percorsi di istruzione e formazione (FP) erogati dai centri di accreditati dalle Regioni e dagli istituti professionali regionali di sussidiarietà. Sul piano della prassi scolastica, riconoscere i principi di uguaglianza e di universalità sollecita l’impegno di favorire la predisposizione di contesti formativi capaci di promuovere processi di insegnamento-apprendimento medianti i quali consentire a tutti e a ciascuno di fare di “reciproca integrazione”, di “ reciproca”, educando alla capacità di partecipare e di collaborare attorno a interessi, obiettivi, compiti, traguardi condivisi. Agire sul piano formativo lungo tale direzione umana, educativa ed etica – chiede in particolare di riporre attenzione al promuovere pratiche didattiche volte a favorire: processi di apprendimento della lingua italiana (sia di primo che di secondo livello – la lingua dello studio), anche attivando, in orario scolastico, laboratori linguistici aperti a quanti, italiani e non, necessitino di un opportuno supporto soprattutto nella lingua dello studio; relazioni mediante le quali scoprire, nella quotidianità della vita scolastica, oltre alle reciproche differenze, le altrettante comunanze umane (interessi, obiettivi, problemi, desideri, sentimenti, bisogni comuni) che diventano il presupposto per la motivazione a partecipare, a collaborare, ad aiutare e a lasciarsi aiutare dall’altro, sperimentando la reciprocità dei diritti-doveri che ci uniscono in quanto persone umane; esperienze (in aula come in ) nelle quali imparare non solo ad apprendere ma anche a “fare insieme”, valorizzando reciprocamente le attitudini e le capacità di ciascuno. Assumere la/le migrazioni come questione umana, ecologica, educativa ed etica chiede allora la capacità di adoperarsi sul piano formativo e didattico per promuovere in tutti e in ciascuno quella “cultura dell’incontro” che, nel rendere capaci di “cercare punti di contatto, gettare ponti, progettare qualcosa che coinvolga tutti”, costituisce la via maestra per coltivare insieme una cultura della “pace laboriosa” (Fratelli tutti, 216). Bibliografia Ambrosini M., Sociologia della migrazione, Bologna, Il Mulino, 2020. IDOS, Dossier Statistico Immigrazione 2024. Morin E., I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Milano, Raffaello Cortina, 2001. Portera A., La Marca A., Catarci M., Pedagogia interculturale, Brescia, Morcelliana, 2022. Delors J. et alii , Nell’educazione un tesoro. Rapporto all’Unesco della Commissione internazionale sull’Educazione per il Ventunesimo Secolo, Roma, Armando, 1997.
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