Significati ed interpretazioni. La globalizzazione si presenta come un fenomeno complesso e multidimensionale che ha radici antiche, ma che ha cambiato e continua ad incidere in forma controversa nella vita dell’umanità. Danilo Zolo (2005) ricorda anzitutto che questo termine ha iniziato a circolare nella letteratura economica e sociologica nell'ultimo decennio del Novecento; esso incrocia diverse dimensioni, economiche, sociali e culturali: un'internazionalizzazione mercantile (di merci), produttiva (investimenti all'estero), finanziaria (movimenti di capitali), tecnologica (trasferimento di tecnologie), culturale (rapporti culturali), e movimenti di persone (migrazioni). Ian Clark (2001) sottolinea che la globalizzazione introduce «[…] mutamenti relativi sia all'intensità che alla dimensione spaziale delle relazioni internazionali». Accanto e in opposizione a una tendenza globalizzante c'è infatti una tendenza alla frammentazione o localizzazione che ha la funzione di contenimento e di equilibrio, instabile sì ma tale da non rendere irreversibile il processo di globalizzazione. Il sociologo Ulrich Beck (1999, 2001) respinge tuttavia una visione apocalittica dei processi di globalizzazione, anche se ritiene la globalizzazione, come un processo irreversibile e depoliticizzante. L’attuale società, infatti, si connota come "società del rischio", dove viene meno la sicurezza sociale ed emergono sentimenti aggressivi. Per questo, occorre avere un “dialettico” rispetto alla globalizzazione, nel senso di coglierne non solo gli aspetti negativi, ma anche le opportunità che offre la "seconda modernità", fondata sui valori di uguaglianza, libertà e capacità d'informazione. Un altro sociologo, Zygmunt Bauman (2001, 2005, 2014), nega che nel processo di globalizzazione ci sia una progettualità predeterminata da parte di Stati o multinazionali, ma delinea un quadro dei molti problemi esistenziali che l'uomo deve affrontare in questa nuova situazione. In particolare, egli mette in evidenza che la globalizzazione riguarda la vita quotidiana e il destino di milioni di uomini, in quanto essa ha accentuato la condizione di isolamento in cui vive l'uomo nella “società dell’incertezza”. Sul piano socioeconomico, la globalizzazione è connessa alla progressiva integrazione tra le diverse aree del mondo (Rossi S., Treccani, 2012). La globalizzazione è infatti il risultato di almeno 4 fattori: il commercio fra nazioni si estende geograficamente e coinvolge una maggior quantità e varietà di prodotti; il risparmio, in tutte le forme in cui può essere detenuto (fondi liquidi, depositi bancari, titoli obbligazionari o azionari ecc.), circola più facilmente e liberamente attraverso le frontiere, alla ricerca di impieghi più redditizi; le persone si spostano anch’esse più facilmente e liberamente da un Paese all’altro, alla ricerca di migliori opportunità di ; le idee si muovono più rapidamente anche a grandi distanze (fisiche e culturali), alla ricerca di più pronte ed estese applicazioni pratiche. Rispetto a quella del secolo passato, l’ultima ondata di globalizzazione «[…] si caratterizza determinando un fenomeno del tutto nuovo: il formarsi di catene globali della produzione, che legano insieme numerose imprese, situate in Paesi anche molto distanti fra loro, nella fornitura di componenti di beni o servizi destinati a servire il mercato mondiale. Fattore unico sottostante i diversi aspetti della presente ondata di globalizzazione è l’avvento delle nuove tecnologie dell’informazione e della , con la caduta dei costi di trasmissione delle informazioni che esse consentono” (Rossi, 2012). La globalizzazione è una categoria che rischia però di essere vittima del proprio successo. Secondo Boris Biancheri (Treccani, 2012), essa si è trasformata in una sorta di idea passepartout, usata non solo per descrivere larga parte dei fenomeni sociali del mondo contemporaneo, ma come un vero e proprio paradigma esplicativo a cui tutto può essere in qualche modo ricondotto. Del concetto di globalizzazione esistono, non a caso, innumerevoli definizioni. Nonostante tale polisemia, tutte le varie definizioni evocano, in maniera più o meno diretta, una profonda trasformazione delle coordinate spazio-temporali della vita associata, legata alle innovazioni tecnologiche nel campo dei trasporti e – soprattutto – delle comunicazioni. Quello che queste definizioni mettono in luce è innanzitutto il fatto che «[…] con il termine globalizzazione ci si riferisce non tanto a una condizione statica e dicotomica, per cui ci troviamo in un mondo che è o non è globalizzato, quanto a un ‘processo’, rispetto al quale è possibile individuare differenti fasi o gradi». La globalizzazione, inoltre, «[…] è generalmente associata a un’evoluzione nei rapporti tra individui su scala globale tale, secondo alcuni, da ridimensionare la rilevanza della geografia – degli ‘spazi’, dei confini e delle distanze – a favore dei ‘flussi’ e di una logica ‘reticolare’. Quello della globalizzazione sarebbe cioè un mondo al tempo stesso più fluido e più coeso, nel quale si assiste a un mutamento della relazione tra popoli e territori, con inevitabili ricadute sugli stati nazione, che su tale binomio si sono fondati». Essa evoca, infine, una forte connotazione politica, dimensione ritenuta la più controversa e per certi versi quella più difficile da definire e misurare. Effetti principali. Intorno alle conseguenze sociali ed economiche della globalizzazione si fronteggiano opinioni spesso contrapposte. Alla globalizzazione infatti viene imputato, «[…] nei Paesi in ritardo di sviluppo, danni ecologici, sfruttamento del lavoro e perdita d’identità culturale; nei Paesi avanzati, il rischio che settori produttivi ‘tradizionali’ (tessile, abbigliamento, arredo) vengano messi in crisi dalla concorrenza di Paesi in cui il costo del lavoro è molto basso. Altri vedono nella g., all’opposto, l’occasione per far uscire vaste masse di esseri umani dalla povertà e uno stimolo per i Paesi avanzati a specializzarsi in produzioni più complesse e tecnologiche» (Rossi, 2012). Al di là delle varie opinioni, è indubbio l’impatto devastante che una globalizzazione non governata ha avuto sul . Sul piano politico, la globalizzazione produrrebbe – secondo molti - un progressivo svuotamento della centralità dello Stato nazionale, ma anche delle istituzioni internazionali. Infatti, la moltiplicazione e l’accresciuta rapidità dei flussi economici, commerciali e finanziari – intensificatisi con la rivoluzione informatica – rendono sempre più difficile il loro controllo da parte delle istituzioni pubbliche. A questo si aggiunge la portata di alcune sfide, definite per l’appunto globali (come i cambiamenti climatici, la diffusione di pandemie, la povertà di massa, le minacce del terrorismo o gli effetti di una crisi finanziaria), la cui risoluzione esula dalla portata delle singole politiche nazionali. In tal senso, la stessa crescita di numero e d’importanza delle organizzazioni internazionali segnalerebbe semplicemente la necessità di adattare il livello di governo alla scala dei problemi da affrontare. Infine, come già evidenziato, la globalizzazione si accompagna a un protagonismo inedito di attori non-statali: le multinazionali, le agenzie di rating, le organizzazioni non governative internazionali, i nuovi media, i movimenti, le reti terroristiche, la criminalità organizzata, per citarne solo alcuni. Sul piano tecnologico, alla globalizzazione ha corrisposto anche un’enorme diffusione delle reti dell'informazione e dei mezzi di comunicazione, come internet e le reti digitali, che da un lato hanno infranto le vecchie frontiere nazionali, dall’altro hanno accentuato la circolazione e insieme lo scontro tra culture profondamente diverse. Le innovazioni tecnologiche del settore informatico sono state alla base della cosiddetta “” in cui i dati e le si trasformano in fattore strategico produttivo e di sviluppo (come si vede chiaramente nel caso dell’avvento dell’“”). Sul piano culturale, si parla anche di " globalizzazione culturale"; essa si riferisce alla trasmissione di idee, significati, e valori in tutto il mondo, ed è caratterizzato dal consumo comune di informazioni che vengono diffuse da vari canali come Internet, i mass-media, i viaggi e gli scambi culturali. La globalizzazione culturale «[…] implica la formazione di norme e conoscenze condivise con le quali le persone associano le loro identità culturali individuali e collettive. Essa porta una crescente interconnessione tra diverse popolazioni e culture» (cfr. Globalizzazione, Wikipedia, 2024). Tali processi non sono immuni naturalmente da molti rischi; da un lato quello dell’omologazione culturale (come nel caso dei processi di “americanizzazione” o di “occidentalizzazione” dei gusti e degli stili di vita, rispetto alle varie tradizioni culturali locali). Dall’altro, quello di uno “scontro di civiltà” che rinvigorisce le differenze rendendole irriducibili (divisione culturale del mondo) e alimentando conflitti e guerre. In conclusione, il fenomeno della globalizzazione generalmente è associato a un processo di progressiva unificazione del mondo. Non è però corretto considerare i processi di globalizzazione come processi necessariamente uniformi e che avvengono alla stessa velocità. Lo sviluppo storico della globalizzazione si è infatti accompagnato, in modo ambiguo o contradditorio, con processi di frammentazione “regionale” sul piano strategico e politico; essi hanno portato all’attuale “poliarchia” e/o disordine mondiale con le rispettive e contrapposte aree di influenza (a partire dallo scontro USA-Cina). Ciò si è tradotto anche in forti movimenti di opposizione alla globalizzazione, in particolare nelle forme dei gruppi no-global motivati dal contrasto alle strategie ultra-liberistiche delle multinazionali e dalla lotta alle disuguaglianze crescenti indotte dai processi di globalizzazione soprattutto nel sud del mondo. Anche la Chiesa cattolica ha criticato certe forme di globalizzazione. Durante la messa dell'Epifania del 2008, Papa Benedetto ha sostenuto che «[…] non si può dire che la globalizzazione sia sinonimo di ordine mondiale, - aggiungendo che - i conflitti per la supremazia economica e l'accaparramento delle risorse energetiche, idriche e delle materie prime rendono difficile il lavoro di quanti, ad ogni livello, si sforzano di costruire un mondo giusto e solidale». Nell’enciclica “Caritas in veritate” (2019), Benedetto XVI richiama il fatto che «[…] la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli» (Caritas in veritate, n.19). Da parte sua, Papa Francesco ha denunciato con forza “le distorsioni del sistema globalizzato” e in particolare il predominio della finanza sull’economia reale, la ricerca del profitto a tutti i costi slegato dall’attività lavorativa, l’aumento della precarietà del lavoro e delle disuguaglianze, la crisi ambientale. La globalizzazione e l’ambito dell’educazione, istruzione e formazione. Le conseguenze della globalizzazione colpiscono anzitutto, in modo molto più grave, i Paesi più poveri, connotati da forti debiti pubblici, da bassi livelli di istruzione e da apparati amministrativi poco efficienti. Uno degli effetti perversi della globalizzazione è – in particolare - l’influsso che essa può esercitare sull’espletamento dei compiti educativi della famiglia. Infatti, la precarietà del lavoro e l’insicurezza possono provocare nei genitori sentimenti di insignificanza e di impotenza e perciò anche di “delegittimazione educativa”, rendendo più fragile il loro influsso educativo sui figli. Si tratta di tendenze già presenti nell’evoluzione delle società industriali, ma che trovano nei territori più svantaggiati un’ulteriore spinta favorita dalla insicurezza determinata dalla globalizzazione (cfr. Dizionario FSE Unisal, 2010). La globalizzazione riguarda anche gli aspetti educativi non formali, a partire dalle tradizionali forme della convivenza umana che essa tende a mettere sempre più in crisi. Infatti, tali forme sono largamente fondate su un certo localismo e su una socialità di breve raggio, spesso legata al vicinato. Il vicinato generava, nel recente passato, il sentimento della appartenenza a un popolo, dotato di tradizioni, di una lingua e di una sua specifica cultura che entrava a costituire l’identità dei soggetti, generando sicurezza, forme di solidarietà e senso sociale. Tutto questo è stato in qualche modo sommerso dal potere aggregante della globalizzazione della convivenza, in quanto l’appartenenza si estende all’intero mondo, ma a prezzo di indebolirsi e/o diluirsi (cfr. Dizionario FSE Unisal, 2010). In particolare, vengono meno per i giovani le forme di trasmissione intergenerazionale e di “ alla vita”. L’anonimato sostituisce la forza coesiva del vicinato: il giovane appartiene al mondo, ma in una maniera diluita e impersonale. La globalizzazione inoltre va dispiegandosi in un’epoca dominata dall’incertezza (Giaccardi, Magatti, 2006), nella quale gli individui si percepiscono, ad un tempo, come cittadini del mondo ed individui più isolati, con dei riferimenti culturali che vengono quotidianamente messi in discussione. In secondo luogo, la globalizzazione ha un impatto fondamentale nei processi formativi formali. Nel caso della scuola, la riflessione sul rapporto fra scuola e globalizzazione deve portare ad indagare, prima ancora della globalizzazione come fenomeno, quello della scuola nella globalizzazione. La dimensione multiculturale delle istituzioni formative in Italia, soprattutto a partire dagli anni Novanta, è infatti un fenomeno in costante crescita, che continua a generare dislivelli fra i gradi di preparazione e d’integrazione sociale, richiedendo degli interventi strutturati secondo un’impostazione interculturale. Proprio per questo, l’idea di “scuola nella globalizzazione”, non deve tuttavia intendersi come uniformizzazione dei sistemi formativi e dei contenuti d’insegnamento, ma al contrario come apertura alla diversità culturale e al senso di responsabilità. Ciò vale anche per il mondo della . In un mondo sempre più interconnesso, infatti, la delle risorse umane diventa un elemento chiave per garantire non solo le condizioni di , preparando le competenze necessarie a fronteggiare i nuovi contesti di competitività economica, ma anche un consapevole esercizio del diritto di nella “società globale”, nonché la tutela della sicurezza sociale. Il globalizzato è diventato infatti sempre più flessibile, alimentando nuovi processi migratori, ma anche nuove fragilità, ad esempio in termini di precarizzazione e sfruttamento dei lavoratori (cfr. Cottini, Lucifora, 2021). Di qui la necessità di acquisire saperi e professionalità spendibili per tutto l’arco della vita, a partire da una nuova formazione iniziale capace di integrare conoscenze culturali e scientifiche, tecnico-professionali e competenze personali () e di cittadinanza sociale (a partire dal rispetto e dalla convivenza reciproca). Ciò richiede inoltre un investimento lungo tutto l’arco della vita (a livello individuale e sociale) nella formazione permanente, in particolare in termini di padronanza dei nuovi saperi e linguaggi (come le materie STEM) e di continuo. In tale prospettiva, la Commissione Europea ha sostenuto lo “Spazio europeo dell’istruzione e della formazione” e l’internazionalizzazione della IFP: la globalizzazione dei mercati e le tendenze demografiche implicano infatti l’adattamento e la modernizzazione dei sistemi e degli istituti di IFP a livello nazionale, regionale e settoriale (Commissione europea, 2022). In terzo luogo, la globalizzazione – intesa in termini di informazione globale veicolate dalle nuove tecnologie digitali - ha fatto emergere l'importanza crescente dell’educazione iniziale dei giovani che, se privi di opportuni strumenti critici, rischiano sia di essere sommersi da un'eccessiva offerta di informazioni non adeguatamente selezionate o di essere esclusi dal loro accesso. Infatti, ricercare le informazioni (information literacy), recepirle e diffonderle (coding) non basta, se non si impara ad interpretare criticamente i messaggi e il loro significato autentico, anche in termini interculturali, e se non si rispetta la . In quarto luogo, non va trascurato l’impatto della globalizzazione in termini di globalizzazione dell’offerta formativa, a partire da quella post-obbligatoria e tecnologica. Anche in questo caso, osserviamo un’ambivalenza: nuove opportunità che si aprono, come nel caso della collaborazione transnazionale (come ad esempio il programma Erasmus dell’Unione europea o i progetti internazionali di formazione professionale collegati alla cooperazione per lo sviluppo), ma anche l’incombere di rischi di mercatizzazione ed omologazione culturale (come nel caso dei percorsi di formazione a distanza – i cosiddetti Moocs – offerti da grandi università americane ai Paesi del sud del mondo e/o dalle grandi multinazionali big tech USA). Non è dato ancora sapere verso quale futuro stia muovendosi il mondo globalizzato. In ogni caso, la globalizzazione carica di nuove responsabilità gli operatori dell’educazione e della formazione, senza dimenticare che essa offre loro anche nuove opportunità educative che a loro volta sollecitano i sistemi e i servizi formativi verso un rinnovamento permanente, in grado di rispondere alla domanda delle persone e della società. Bibliografia: AA.VV., Globalizzazione e nuove responsabilità educative, la Scuola, Brescia 2003. Bauman Z., La società dell'incertezza, il Mulino, Bologna, 2001. Bauman Z., Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Roma-Bari, Laterza, 2001. Bauman Z., La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, Milano, 2014. Beck U., Che cosa è la globalizzazione. Rischi e prospettive della società planetaria, Carocci, Roma, 1999. Beck U., I rischi della libertà. L'individuo nell'epoca della globalizzazione, il Mulino, Bologna, 2001. Beck U., La società cosmopolita, il Mulino, Bologna, 2003. Clark I., Globalizzazione e frammentazione: le relazioni internazionali nel XX secolo, il Mulino, Bologna, 2001; Commissione Europea, Istruzione e formazione professionale: Competenze per il presente e per il futuro, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo, 2022. Cottini E. – C. Lucifora, La globalizzazione del mercato del lavoro in: AA.VV. Dizionario di dottrina sociale della Chiesa. Le cose nuove del XXI secolo, Vita e pensiero, Milano, 2024. Giaccardi C. – M. Magatti, L’Io globale. Dinamiche della società contemporanea, Laterza, Roma-Bari, 2006. Mantovani M. – S. Thuruthiyil (a cura di), Quale globalizzazione? L'uomo planetario alle soglie della mondialità, LAS, Roma, 2000. Martinotta P., La globalizzazione a scuola, in “Nuova Secondaria”, n. 10, giugno 2016, pp. 1-12. Portera A., Globalizzazione e pedagogia interculturale, Erickson, Trento, 2006. Rodrick D., La globalizzazione intelligente, Laterza, Roma, 2011. Stiglitz J.E., La globalizzazione che funziona, Einaudi, Torino 2006. Zolo D., Globalizzazione. Una mappa dei problemi, Laterza, Bari-Roma, 2005. Sitografia: https://it.wikipedia.org/wiki/Globalizzazione; https://www.treccani.it/enciclopedia/globalizzazione https://dizionariofse.unisal.it/encyclopedia/globalizzazione-e-educazione/; https://www.dizionariodottrinasociale.it (area: globalizzazione; voce: Cottini E., Lucifora C., La globalizzazione del mercato del lavoro, 2021).
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