Di etica professionale si può parlare in almeno due modi: in senso stretto essa riguarda la dimensione morale legata all’esercizio delle professioni liberali; in senso lato si può applicare a ogni contesto di lavoro, facendo equivalere l’etica professionale all’etica del . In entrambi i casi emerge la portata etica del lavoro come situazione di vita in cui si entra in relazione con altri e che quindi, proprio per la sua natura relazionale, impone una considerazione di carattere morale. Nello specifico ambito lavorativo, e soprattutto professionale, inoltre, si avverte l’esigenza di una deontologia come insieme di principi etici che identificano una certa o un settore lavorativo. Ogni attività umana comporta una serie di regole per l’esercizio di diritti e doveri nelle diverse relazioni che si vengono a stabilire. In questa sede ci possono interessare soprattutto i doveri, ma non si deve dimenticare che il lavoro umano, per essere veramente umano e non una forma di sfruttamento, comporta il rispetto di alcuni basilari diritti del lavoratore, oggi riconosciuti dalla legislazione sociale: libertà personale, sicurezza, giusta retribuzione, riposo necessario, tutele sanitarie e previdenziali, ecc. Più numerosi e diversificati sono invece gli obblighi, legati in molti casi alla specificità del lavoro e in genere definiti dai contratti di settore (per i lavoratori dipendenti) o dalle organizzazioni di categoria (per artigiani e liberi professionisti). Rientrano fra i doveri alcuni elementari principi di correttezza: rispetto degli accordi e delle persone, responsabilità, puntualità, qualità della prestazione, ecc. Sulla portata etica del lavoro è intervenuto più volte anche il magistero della Chiesa. Valga per tutti quanto Giovanni Paolo II affermava nella sua enciclica Laborem exercens (1981, n. 6): «Il primo fondamento del valore del lavoro è l’uomo stesso, il suo soggetto. A ciò si collega subito una conclusione molto importante di natura etica: per quanto sia una verità che l’uomo è destinato ed è chiamato al lavoro, però prima di tutto il lavoro è “per l’uomo”, e non l’uomo “per il lavoro”». Se il lavoro è per l’uomo, dalla struttura della persona e dalla sua intrinseca moralità dovrà derivare una dottrina etica che regoli le modalità di ciascuna attività lavorativa. Presupposto di un’etica professionale, come di qualsiasi etica, è la libertà del soggetto: quanto più il lavoratore ha margini di discrezionalità nell’esercizio del suo lavoro, tanto più aumenta la sua responsabilità e quindi la portata etica del suo agire. Un lavoro esecutivo, in cui si devono solo applicare procedure o istruzioni decise da altri, non comporta quasi nessuna responsabilità (salvo il rispetto degli ordini ricevuti). Un’attività che invece chiede di assumere continuamente decisioni circa la qualità del servizio da offrire ha una più rilevante portata etica e viene generalmente definita una . Oggi il numero delle professioni si va moltiplicando con l’emergere di sempre nuove figure professionali dovute alla crescente complessità della nostra società e delle nostre relazioni. L’etica professionale acquista perciò sempre maggiore importanza, andandosi a modellare in ogni campo sull’esempio delle libere professioni. Si può ricordare in proposito il paradigma del “professionista riflessivo”, elaborato nel 1983 da Donald A. Schön e consistente nella figura del professionista chiamato a decidere non prima di operare ma nel corso della sua azione professionale, con una capacità di giudizio che ne definisce l’effettiva . Sempre più spesso, infatti, è richiesta una responsabilità decisionale non solo nel caso delle tipiche professioni liberali (medico, psicologo, avvocato, consulente di vario genere) ma anche in attività un tempo considerate (ingiustamente) meno impegnative. È il caso, per esempio, delle professioni educative, in cui si devono decidere quotidianamente soluzioni nuove per le situazioni che di volta in volta si vengono a presentare. In base alle scelte compiute infatti si può conservare, accrescere o deteriorare, il rapporto di fiducia che il lavoratore (in particolare il professionista) ha con i destinatari della sua opera: se viene meno la fiducia può cessare (o comunque modificarsi) lo stesso rapporto di lavoro. In altre parole, un’etica professionale basata su questi principi tende a focalizzare l’attenzione sulla persona del lavoratore, sulla sua capacità di fare uso della propria libertà e sulle conseguenti responsabilità che è in grado di assumere. In un contesto del genere diventa necessaria una deontologia professionale, in cui si riassumono le regole essenziali per guidare le scelte del professionista. Una deontologia non è un semplice codice di comportamento, che potrebbe essere rispettato semplicemente per paura di eventuali sanzioni o conseguenze negative, ma di uno stile personale che ci si aspetta di trovare nel professionista al quale ci si affida. L’esempio più antico di codice deontologico è il Giuramento di Ippocrate (IV sec. a.C.), considerato ancora oggi un modello di deontologia medica. Ogni professione ha il suo codice deontologico, di solito redatto dal corrispondente ordine professionale. In generale, tra le regole di qualsiasi deontologia ci sono: la ricerca del bene di coloro che si affidano alla nostra competenza, l’onestà (con il rifiuto di ogni forma di corruzione), la giustizia (soprattutto come assenza di discriminazioni), la riservatezza (spesso denominata segreto professionale), una precisa e aggiornata conoscenza del settore in cui si opera, ecc. Per le professioni educative, nel mondo della scuola e della formazione, non esiste in Italia un formale codice deontologico ma possono valere alcuni principi generali, sintetizzabili nella molteplice responsabilità che ogni operatore assume nei confronti dei propri allievi (e delle loro famiglie), dell’istituzione scolastico/formativa in cui lavora, della disciplina insegnata e della propria categoria professionale, oltre che, più in generale, nei confronti della società. Bibliografia Schön D.A., Il professionista riflessivo. Per una nuova epistemologia della pratica professionale (orig. 1983), Dedalo, Bari, 1993. Fontana S. – Tacconi G. – Visentin M., Etica e deontologia dell’operatore della FP, CNOS-FAP, Roma, 2003. Biasin C., L’educatore. Identità, etica e deontologia, Cleup, Padova, 2005. Cicatelli S., Tre principi di deontologia docente, in “Orientamenti pedagogici”, 317, pp. 867-886, 2006. Damiano E., L’insegnante etico. Saggio sull’insegnamento come professione morale, Cittadella, Assisi, 2007. Loro D., Formazione ed etica delle professioni. Il formatore e la sua esperienza morale, FrancoAngeli, Milano, 2008. Manzone G., Il volto umano delle professioni. Sfide e prospettive dell’etica professionale, Carocci, Roma, 2011. Menegoni F. - N.A. De Carlo (a cura di), Etica e mondo del lavoro. Razionalità, modelli, buone prassi, FrancoAngeli, Milano, 2016. Menegoni F. - De Carlo N.A. - Dal Corso L. (a cura di), Etica e mondo del lavoro. Organizzazioni positive, azioni, responsabilità, FrancoAngeli, Milano 2017. Spaemann R., Nozioni elementari di morale, Cantagalli, Siena, 2022.

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