Nel parlare di di genere occorre operare una distinzione fra il livello di intenzionalità educativa in base al quale distinguiamo l’ambito informale dell’educazione, che incide sulla socializzazione al genere - ovvero sull’assunzione di convinzioni, atteggiamenti e ruoli legati all’appartenenza di genere e alle pratiche intenzionalmente educative, che danno luogo a un ricco panorama di percorsi che si svolgono in tutti i gradi scolastici e formativi e nei contesti dell’ (Crespi 2008, Leonelli 2011; Ghigi 2019). In estrema sintesi si può affermare che, negli ambiti dell’educazione e della formazione in cui si agisce con intenzionalità educativa, si intende per Educazione e/o Formazione di Genere l’insieme dei progetti che si pongono obiettivi legati all’assunzione di consapevolezza dei processi di socializzazione ai ruoli di genere nella nostra società, al riconoscimento e alla riduzione dell’impatto degli stereotipi connessi alle identità di genere e alle identità sessuali e alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere, nelle molteplici forme che questo fenomeno assume (Gamberi, Selmi, Maio 2010). Sviluppo della voce L’attenzione al genere da parte delle istituzioni educativo-formative è nata, è cresciuta e si è arricchita parallelamente agli studi di genere, un insieme di prospettive interdisciplinari che hanno via via insistito sulla necessità di porre le questioni delle identità di genere al centro del dibattito sociale, politico ed educativo, in quanto elementi costituenti la crescita ed espressione di ogni essere umano, le dimensioni della socialità e, più in generale, le condizioni per l’esercizio di una attiva (Connel 2006, Ulivieri 2007). Il dibattito sull’educazione di genere in Italia, il cui punto di origine, non senza approssimazioni, può essere fatto risalire agli anni ‘70 (Giannini Belotti 1973), si è articolato in varie fasi e istanze, via via legate all’uguaglianza fra uomini e donne, alle differenze fra genere maschile e femminile e, più recentemente, alle molteplici e complesse forme di discriminazione che incrociano sesso, genere, etnia, orientamento sessuale, , età, ecc. Nei primi cicli dell’istruzione l’educazione di genere è soprattutto orientata alla decostruzione di stereotipi e pregiudizi che impediscono la piena espressione del potenziale di bambini e bambine e al contrasto al sessista e omo-transfobico, drammaticamente presente nei contesti scolastici. Molti interventi di educazione di genere, rivolti a tutte le fasce di età, sono focalizzati sulla prevenzione e il contrasto della violenza di genere. Spesso l’educazione di genere nella scuola primaria o nel primo grado della secondaria include finalità legate allo sviluppo di consapevolezza e gestione delle emozioni. In adolescenza l’educazione di genere spesso comprende la sfera della sessualità, sempre includendo il piano delle emozioni e il contrasto alla violenza (Venera 2014). L’educazione di genere assume anche funzione orientativa, in particolare nei momenti di passaggio fra un grado scolastico a un altro, o nella scelta della futura e, in questo senso, opera per sostenere le/i giovani nell’indirizzarsi verso direzioni che vadano incontro ai propri interessi e alle proprie passioni, riducendo l’impatto che degli stereotipi che distinguono e impongono percorsi e prospettive professionali unicamente femminili o maschili. (Biemmi, Leonelli 2016). L’educazione o formazione al genere rivolta a soggetti adulti, che spesso fa parte di percorsi che rientrano nelle politiche di valorizzazione delle diversità all’interno delle organizzazioni (diversity management) (Bohnet 2016) è sempre più presente con lo scopo di prevenire e contrastare il legato al sessismo, all’omo-transfobia nei luoghi di lavoro, alle discriminazioni, per favorire processi organizzativi più attenti alle diversità, secondo una prospettiva sempre più intersezionale (che considera l’intreccio fra le componenti identitarie e le fonti di discriminazione o segregazione che ne possono scaturire). Gli studi intersezionali sono nati all’interno del femminismo nero americano e sono sempre più centrali nel dibattito sulle questioni di genere, che non possono essere considerate a prescindere dalle altre fonti di discriminazione legate a caratteristiche identitarie (Crenshaw 1991). Anche l’educazione/formazione a contrasto della violenza di genere ha progettualità che si sviluppano nei contesti dell’educazione permanente e si rivolgono a donne e uomini adulti, questi ultimi, più recentemente, coinvolti in percorsi formativi a fianco delle donne che storicamente si occupano di progetti di prevenzione della violenza. Negli ultimi anni, infine, sono cresciuti i percorsi formativi di rieducazione degli uomini che hanno esercitato violenza sulle donne, in ottica di recupero e rieducazione a una visione dei generi e delle relazioni fra i generi improntata sul rispetto. Negli ultimi anni l’educazione/formazione di genere, specialmente nei contesti scolastici, ha sofferto l’opposizione di movimenti conservatori radicali che si sono autodefiniti “no gender”, o “antigender”, nati in Francia e rapidamente diffusi anche nel nostro Paese, a partire da una serie di misconcezioni, teorie non suffragate scientificamente e diffusione di informazioni non corrispondenti al vero rispetto alle questioni di genere, definite come “teoria del gender” (concetto, peraltro, non presente nella letteratura sugli studi di genere) si sono opposti all’educazione al genere, in particolare nelle scuole (Crivellaro 2020). Nonostante queste forme di opposizione, comunque limitate rispetto alla crescente attenzione dei professionisti dell’educazione e della formazione a queste tematiche, le questioni di genere sono riconosciute come centrali a livello internazionale (Nazioni Unite, UNESCO, Commissione Europea, Consiglio d’Europa, ecc.), sostenute attraverso convenzioni, raccomandazioni, libri bianchi e implementate a livello nazionale attraverso normative e leggi specifiche. La presenza di questi temi nei percorsi e contesti dell’istruzione e della formazione è ormai imprescindibile per formare le cittadine e i cittadini al rispetto, alle pari opportunità, all’ e alla piena ed equa partecipazione ai processi democratici e alla vita delle nostre società, nel pubblico e nel privato, fra dimensione personale e politica. Bibliografia: Biemmi I. – S. Leonelli, Gabbie di genere. Retaggi sessisti e scelte formative, Rosenberg & Sellier Editori Torino, 2016. Bohnet I., What works. Gender equality by design. London, Harvard University Press, 2016. Connell R.W., Questioni di genere, Il Mulino, Bologna, 2006. Crenshaw K., “Mapping the Margins: Intersectionality, Identity Politics, and Violence Against Women of Color.” Stanford Law Review 43 (6), pp. 1241–1299, 1991. Crespi I., (2008), Processi di socializzazione e identità di genere. Teorie e modelli a confronto, Franco Angeli, Milano, 2008. Crivellaro F., Tra frizioni e possibili alleanze: famiglie, contesti educativi ed educazione di genere, in: Educazione e questioni di genere. Percorsi formativi e pratiche educative tra scuola e territorio, Franco Angeli, Milano, 2020. Gamberi C. - Maio M.A. – Selmi G., (a cura di), Educare al genere. Riflessioni e strumenti per articolare la complessità, Carocci, Roma, 2010. Gianini Belotti E., Dalla parte delle bambine. L’influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminile nei primi anni di vita, Feltrinelli, Milano, 1973. Ghigi R., Fare la differenza. Educazione di genere dalla prima infanzia all’età adulta, Il Mulino, Bologna, 2019. Gianini Belotti E., Dalla parte delle bambine. L’influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminile nei primi anni di vita, Feltrinelli, Milano, 1973. Leonelli S., La Pedagogia di genere in Italia: dall’uguaglianza alla complessificazione, Ricerche di pedagogia e didattica, 6, pp. 1 – 15, 2011. Venera M. (a cura di), Genere, educazione e processi formativi. Riflessioni teoriche e tracce operative, Edizioni Junior, Parma, 2014. Ulivieri S., (a cura di), Educazione al femminile. Una storia da scoprire, Guerini, 2007.
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