Il termine disagio copre una gamma semantica molto ampia, e pertanto richiede un’operazione iniziale di contestualizzazione, volta a chiarirne il senso rispetto ad un determinato ambito (psicologico, sociale, ambientale, etc.). Poiché il Glossario riguarda i sistemi di istruzione e formazione, la scelta è quella di curvare la definizione verso tutti quegli elementi che sembrano avere un’influenza sulle potenzialità di sviluppo degli alunni e degli studenti. In questo scenario, è molto efficace la dinamica che l’OECD ha descritto utilizzando l’immagine del giorno “pavimento appiccicoso”, immagine riportata anche dal Rapporto sulla Povertà 2022 della Caritas, che ha avuto un’attenzione specifica al fenomeno della cosiddetta “povertà educativa”. “Pavimento appiccicoso” vale a indicare il problema della mancanza di mobilità sociale delle nuove generazioni: in Italia, infatti, la povertà sociale e educativa del nucleo familiare sembra essere un fattore vischioso di mancato successo formativo e occupazionale, un retaggio pesante che condiziona la possibilità dei bambini e degli adolescenti di superarsi, oltre i limiti delle eredità di ceto e di condizione sociale. Insomma, lo status socio-economico delle famiglie di provenienza sembra condizionare pesantemente la possibilità per alunni e studenti di fruire con successo dei propri percorsi educativi. In particolare, per famiglia vulnerabile l’OECD intende un nucleo “con bambini che affrontano bisogni multipli, con alta probabilità di povertà e il rischio di marginalità sociale”. Ancora, l’OECD definisce persone o famiglie vulnerabili “persone o gruppi che vivono in povertà, o che se si confrontano con situazioni di vita che accrescono la probabilità di estreme forme di povertà. Questo tipo di popolazione spesso affronta una varietà di rischi e potrebbe richiedere una molteplicità di servizi, da interventi in denaro a interventi più costosi come alloggio o cure fisiche e mentali”. L’esito di questa condizione di partenza è una sorta di condizione di rischio, che per l’OECD, ha un’alta probabilità di tradursi nella situazione di “bambini in con esperienza di stress psicologico, e adolescenti con vulnerabilità psichiatriche, bassa qualifica o drop-out, (condizioni associate a rischio di disoccupazione). Data l’influenza nociva sulle condizioni di partenza, è bene definire ancora meglio il fenomeno del rischio di povertà ed esclusione sociale, descritto dalla Caritas Italiana come l’esito combinato di una o più dei seguenti indicatori riguardanti il nucleo familiare: famiglie a rischio povertà, cioè con un reddito inferiore al sessanta per cento del reddito mediano nazionale; famiglie in condizione di grave deprivazione materiale e sociale, ovvero persone che registrano almeno sette segnali di deprivazione materiale e sociale su una lista di tredici (sette relativi alla famiglia e sei all’individuo), tra i quali non poter sostenere spese impreviste, non potersi permettere un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni, non poter scaldare adeguatamente l’abitazione, non potersi permettere una connessione internet utilizzabile da casa, non potersi permettere di svolgere attività di svago fuori casa a pagamento; famiglie a bassa intensità lavorativa (persone che vivono in famiglie per le quali il rapporto fra il numero totale di mesi lavorati e il numero dei mesi teoricamente disponibili è inferiore a 0,20). Alle difficoltà di tipo materiale seguono altre forme di fragilità, che hanno un’elevata probabilità di associarsi alle prime. Si tratta soprattutto di problemi familiari (separazioni, divorzi, lutti, conflittualità di coppia) e/o problemi di salute (disagio mentale); in tal senso si registra una forte crescita del disagio psicologico anche tra i giovani (ansia, depressione, attacchi di panico, psicosi). In realtà, si riscontrano anche delle zone grigie del disagio, con riferimento a persone o famiglie che vivono in una condizione intermedia tra benessere e malessere, in un’area di complessità in cui si combinano diverse forme di vulnerabilità, economica, sociale, relazionale, educativa e lavorativa, ecc. La povertà e la deprivazione appaiono quindi fenomeni sempre più complessi e multidimensionali, condizionati da una molteplicità di fattori, non riconducibili soltanto a questioni di ordine economico. Infatti, le risorse economiche non sono in grado di catturare le dimensioni rilevanti del benessere, richiedendo una visione multidimensionale del fenomeno della povertà. In ultimo, la “povertà educativa” può oggi essere definita come “la privazione da parte dei bambini, delle bambine e degli/delle adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente , talenti e aspirazioni”. Di fronte al crescente impatto del rischio di povertà ed esclusione sociale, è di importanza decisiva l’, intesa come la capacità dei sistemi scolastici di correggere le disuguaglianze di partenza, garantendo a tutti gli allievi standard minimi di e conquiste formative essenziali per l’esercizio di una attiva, ma più ancora, e in modo personalizzato, lo sviluppo massimo possibile delle potenzialità di ogni studente. La mancanza di mobilità verso l’alto, oltre a costituire un gravame di disuguaglianza sociale, implica la perdita di molti talenti, con un effetto negativo non solo per le persone ma anche per la crescita economica del Paese e il benessere delle comunità territoriali. Il contesto italiano non sembra essere particolarmente favorevole da questo punto di vista: l’OECD ha descritto per l’Italia (e non solo) la minacciosa presenza di un ascensore rotto, riferendosi alla bassa equità del nostro sistema di istruzione e , che in questo modo sembra venir meno alla missione di rappresentare un fattore di giustizia sociale. Infatti, due terzi dei bambini di genitori senza un titolo di studio secondario superiore restano con lo stesso livello d’istruzione, rispetto a una media Ocse del 42%. L’Unione Europea, nel definire un set di indicatori di disagio sociale comune a livello europeo, ha individuato nel possesso del diploma di scuola superiore la condizione minima per il superamento del rischio di esclusione sociale. Insomma, se è vero che un certo titolo di studio può mettere al riparo da condizioni di rischio sociale, favorendo anche la mobilità ascendente, è altrettanto vero che esso stesso può, a sua volta, essere condizionato dalla famiglia di origine. E al riguardo i dati OCSE parlano nuovamente chiaro: in Italia soltanto l’8% dei giovani-adulti con genitori che non hanno completato la scuola secondaria superiore ottiene un diploma universitario (la media OCSE è del 22%). Per contrastare il fenomeno del disagio sociale, riparando l’ascensore rotto, e ripulendo il pavimento appiccicoso, l’OECD raccomanda alcune strategie: migliorare l’accesso all’istruzione di qualità per i bambini e giovani svantaggiati, a partire dagli asili nido sino all'istruzione terziaria, introducendo al contempo misure per ridurre l'alto tasso di abbandono scolastico; ridurre il dualismo del , combattendo la disoccupazione di lunga durata e gli alti tassi di tra i giovani; si tratta di aumentare la qualità dei Servizi per l’impiego, pubblici e privati; migliorare il funzionamento e la copertura delle reti di protezione sociale per le famiglie povere, insieme alle misure di attivazione, per garantire che i lavoratori licenziati non rischino di ritrovarsi in condizioni di povertà̀ durante la ricerca di un nuovo lavoro. Per la singola scuola, invece, l’impegno è quello di identificare prontamente gli alunni e gli studenti a rischio, offrendo loro un surplus di impegno educativo, in quanto, come afferma don Lorenzo Milani, “non è giusto far parti uguali tra disuguali”. Bibliografia Caritas Italiana, L’anello debole, Rapporto 2022 su povertà̀ ed esclusione sociale in Italia, Palumbi, 2022. Caritas Italiana, TUTTO da perdere. Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia, Palumbi, 2023. Eurydice, Equity in school education in Europe- Structures, policies and student performance, Eurydice report, 2020. Oecd, Integrating Social Services for Vulnerable Groups. Bridging sector for better service delivery; Save the Children, Illuminiano il Futuro. La Povertà Educativa, 2015.
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