Il diritto al costituisce un pilastro fondamentale della giustizia sociale, è costitutivo del diritto sociale negli ordinamenti giuridici statuali e rappresenta uno dei diritti fondamentali riconosciuti a livello internazionale, sancito in numerose Costituzioni e Dichiarazioni dei diritti umani. È un fondamento per la realizzazione della dignità individuale e della partecipazione alla vita economica e sociale delle comunità. Sul piano internazionale il diritto al lavoro trova il suo fondamento giuridico in diversi strumenti normativi internazionali. Tra tutti di segnalano: A) Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvato nel 1948 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, stabilisce che «[…] ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione»; B) Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, approvato nel 1966 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, sottolinea la necessità di misure che favoriscano la piena occupazione e condizioni lavorative dignitose; C) Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, ribadisce il valore del diritto al lavoro per gli Stati membri della Ue. Anche in Italia, la Costituzione dedica ampio spazio al lavoro: l'art. 1 afferma che l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro, ponendo quindi il lavoro come fondamento della stessa struttura statale; l’art. 4 garantisce il diritto al lavoro, impegnando lo Stato a promuovere le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Il lavoro non è solo un mezzo per garantire il sostentamento materiale, ma rappresenta un elemento cruciale per la realizzazione della dignità personale. Attraverso il lavoro, gli individui partecipano attivamente alla vita economica e sociale, contribuendo allo sviluppo della società e guadagnando un senso di appartenenza e realizzazione personale. L’assenza di lavoro, d'altra parte, si risolve spesso in fenomeni di esclusione sociale, marginalizzazione e povertà. La disoccupazione, soprattutto di lungo termine, non ha solo conseguenze economiche, ma può compromettere seriamente il benessere psicologico e la qualità della vita delle persone. Per questo motivo, la garanzia del diritto al lavoro diventa una condizione essenziale per la promozione di una società più equa e solidale. Il lavoro occupa una posizione centrale nella dottrina sociale della Chiesa cattolica, che lo considera non solo un mezzo di sussistenza, ma un elemento fondamentale per la realizzazione della persona umana e della sua dignità. Il magistero della Chiesa ha sviluppato nel tempo una riflessione profonda su questo tema, partendo dalla convinzione che il lavoro, in quanto espressione dell'essere umano, deve essere rispettato e valorizzato in tutte le sue forme. Uno dei testi più importanti al riguardo è l'enciclica Rerum Novarum di Papa Leone XIII (1891), considerata il fondamento della dottrina sociale moderna. In questo documento, la Chiesa afferma che il lavoro non va considerato una merce, bensì un'attività che partecipa alla creazione e contribuisce al bene comune: il lavoratore ha diritto ad un giusto salario, a condizioni di lavoro dignitose e al rispetto della sua persona. Successivi documenti hanno ulteriormente sviluppato questa visione. Nell’enciclica Laborem Exercens (1981) San Giovanni Paolo II sottolinea che il lavoro ha una dimensione personale e spirituale; il lavoro umano partecipa al mandato biblico di “coltivare e custodire” la terra, contribuendo non solo alla crescita materiale, ma anche al perfezionamento morale e spirituale della persona. Inoltre, il lavoro dev’essere orientato alla promozione del bene comune e alla giustizia sociale, proteggendo i più deboli e garantendo i diritti di tutti i lavoratori. Il lavoro non è pertanto solo un mezzo per ottenere beni materiali, ma un'espressione della dell'uomo e della sua cooperazione con Dio nel mondo; è uno strumento di solidarietà e giustizia, che deve essere sempre regolato da principi etici, mirati al rispetto della dignità di ogni persona. Il diritto al lavoro è al centro di numerose sfide nel contesto contemporaneo. La , l'automazione, le trasformazioni tecnologiche e la finanziarizzazione dell’economia hanno modificato profondamente il mercato del lavoro, creando nuove opportunità, ma anche nuove incertezze. Il fenomeno della precarizzazione del lavoro rappresenta una delle principali sfide: contratti a termine, lavoro part-time e altre forme di impiego precario stanno diventando sempre più comuni, soprattutto tra i giovani. Questa precarietà lavorativa riduce la sicurezza economica e sociale, creando un senso di instabilità che può minare il diritto effettivo a un'occupazione dignitosa e continuativa. La crisi economica globale e le politiche di austerità adottate da molti Stati hanno suscitato tagli nei servizi pubblici e nelle protezioni sociali, rendendo più difficile per molti cittadini accedere al lavoro e beneficiare di condizioni di impiego giuste. I tassi di disoccupazione, in particolare tra i giovani e le fasce più vulnerabili della popolazione, rimangono elevati. Un altro problema è legato alla discriminazione nel . Nonostante le leggi che vietano la discriminazione basata su razza, genere, età, e altre caratteristiche personali, molte persone continuano ad incontrare ostacoli significativi nell'accesso al lavoro. Le donne, in particolare, sono spesso penalizzate a causa di stereotipi di genere, disparità salariali e difficoltà nel conciliare vita lavorativa e familiare. Per rendere effettivo il diritto al lavoro, gli Stati e le organizzazioni internazionali hanno un ruolo cruciale. Lo Stato è chiamato a creare condizioni favorevoli per l’occupazione, attraverso , programmi di , incentivi per l’assunzione e la creazione di nuovi posti di lavoro. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (l’Oil, l’Agenzia per il lavoro delle Nazioni Unite) svolge un ruolo fondamentale nel promuovere gli standard internazionali del lavoro, monitorando le condizioni lavorative nei vari Paesi e promuovendo l’occupazione dignitosa come obiettivo globale. La Conferenza Internazionale del Lavoro, nella sua 26a Sessione, tenuta a Filadelfia il 10 maggio 1944, ha adottato la Dichiarazione riguardante gli scopi e gli obiettivi dell’Oil, nella quale si sono riaffermati quattro princìpi fondamentali: a) il lavoro non è una merce; b) la libertà di espressione e la libertà di associazione sono condizioni essenziali del progresso sociale; c) la povertà, ovunque esista, è pericolosa per la prosperità di tutti; d) la lotta contro il bisogno deve essere portata avanti in ogni Paese con instancabile vigore ed accompagnata da continui e concertati contatti internazionali, nei quali i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, in condizioni di parità con i rappresentanti governativi, discutano liberamente e prendano decisioni di carattere democratico, nell’intento di promuovere il bene comune. Allo stesso tempo, il coinvolgimento del settore privato e delle organizzazioni non governative è essenziale per garantire che il sia effettivamente tutelato. Il mondo del lavoro è in continua evoluzione, e le politiche pubbliche devono adattarsi per affrontare le nuove sfide, come l’emergere di nuove tecnologie e la necessità di promuovere una maggiore tra i lavoratori. La centralità del “” nei processi produttivi e nei contesti organizzativi acquista sempre maggiore evidenza con l’instaurazione della e dell’informazione, necessaria per sfruttare al meglio le risorse offerte da una tecnologia in costante evoluzione, tipica dell’assetto postindustriale; quest’assetto pretende l’acquisizione da parte degli individui di sempre nuove e diverse abilità nel corso della vita, con conseguente abbandono della concezione dell’esistenza come percorso cognitivo a fasi progressive, basato su quello che è stato definito «approccio cumulativo dei saperi», retaggio del passato. Alla formazione professionale è dedicata la Convenzione Oil n. 142, che impegna gli Stati a adottare e sviluppare politiche e programmi completi e concordati stabilendo, in particolare, una stretta connessione tra professionale, formazione professionale e impiego. Tali politiche e programmi devono: a) tendere al miglioramento della capacità dell’individuo di capire l’ambiente di lavoro ed il contesto sociale e ad influenzarli, sia individualmente che collettivamente; b) incoraggiare ed aiutare chiunque, su una base di parità e senza discriminazioni, a sviluppare e ad utilizzare le attitudini professionali nel proprio interesse e conformemente alle proprie aspirazioni, pur tenendo conto dei bisogni della società. Il fenomeno dell’emigrazione interessa oltre 280 milioni di persone, a cui si aggiungono 117 milioni di persone in movimento a causa di conflitti, violenze, disastri, le quali vivono fuori del Paese d’origine o di ; la metà sono lavoratori che lasciano la propria comunità e la propria casa per cercare nel mondo opportunità di sostegno a se stessi ed ai familiari. Il 10% della forza lavoro in Europa occidentale è formato da migranti, meno della metà dei quali occupata in regime di regolarità retributiva e contributiva. In base alla Convenzione Internazionale sulla Protezione dei Diritti dei Lavoratori Migranti e dei membri delle loro famiglie, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1990 ed entrata in vigore il 1° luglio 2003, i lavoratori migranti devono beneficiare di un trattamento non meno favorevole di quello di cui beneficiano i lavoratori nazionali dello Stato d’impiego in materia di retribuzione e di condizioni di lavoro (tempi di lavoro, sicurezza, salute, cessazione dei rapporti, e così via) e di impiego (età minima e tutte le altre questioni che, secondo la legislazione e gli usi nazionali, sono considerati come termini di impiego). Gli Stati debbono adottare le misure idonee affinché i lavoratori migranti non siano privati dei diritti che derivano da questo principio in ragione dell’irregolarità della loro situazione in materia di soggiorno o di impiego; una tale irregolarità non deve, in particolare, avere per effetto di dispensare il datore di lavoro dai suoi obblighi legali o contrattuali o di restringere in alcuna maniera la portata dei suoi obblighi.
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