La comunità di pratica è un’organizzazione costituita da un gruppo di persone che – interagendo tra di loro – hanno come fine il miglioramento di un o di un agito. Il costrutto di comunità di pratica nasce alla fine degli anni ‘80 ed è maturato dentro un settore di ricerca nato in un ambito di confine tra studi educativi sull’apprendimento e studi organizzativi. Tale concetto è considerato in letteratura un precursore degli studi sulla conoscenza pratica e di come questa venga creata e custodita nei contesti sociali e lavorativi. Il concetto è stato definito inizialmente da Étienne Wenger, che definisce gli aspetti che definiscono una comunità come: a) un dominio di interesse, ovvero un impegno o passione condivisa; b) la comunità, ovvero il gruppo di persone che interagiscono tra di loro; c) la pratica, ovvero la concreta applicazione, che non è solo scambio di informazione. L’apprendimento è quindi situato e, a seconda dei contesti entro i quali si sviluppa, mantiene caratteristiche differenti. Secondo Wenger, le comunità di pratica si sviluppano dappertutto: tutti apparteniamo a comunità di pratica, sia nei contesti formali sia in quelli informali (famiglia, scuola, , etc.) e ognuna di queste comunità si manifesta con pratiche, routine, rituali, convenzioni, etc. che sono organizzate tra di loro nella creazione di una prassi che deve essere rispettata. Le comunità di pratica, pertanto, fanno parte della nostra quotidianità; esse si possono formare anche occasionalmente, a patto che i membri siano interessati all’appartenenza al gruppo e che abbiano un interesse nel parteciparvi attivamente. Nello specifico, secondo Wenger la pratica si associa alla comunità attraverso tre dimensioni, a loro volta divise in altri sotto elementi: il mutuo impegno, che è l’interazione reciproca tra i membri della comunità e che avviene solo se vi è la possibilità di interagire tra i membri, vi è differenza e parzialità tra le competenze dei membri. Ogni membro ha le sue capacità e il suo sottodominio di , parziale e diverso da quello degli altri. Se così non fosse, non avrebbe senso la comunità; lo sviluppo di relazione di collaborazione tra i membri; l’impresa comune, che è lo scopo condiviso da tutta la comunità. All’impresa comune si legano di solito la negoziazione dei ruoli, un sentire comune, il riconoscimento reciproco, il repertorio condiviso, che è costituita da: oggetti fisici di supporto all’attività, strumenti, dispositivi, libri, riviste, oggetti non fisici, ovvero tutti i contribuiti ideali, le modalità, i protocolli, gli usi, il linguaggio, e, in genere la cultura di quella comunità. L’apprendimento che si genera all’interno della comunità di pratica è detto situato: oltre, infatti, alla costruzione di relazioni finalizzate ad un agire comune, è fondamentale che si riferisca a contesti autentici, che permettano un apprendimento più efficace. L'apprendimento situato si basa su una visione costruttivista dell'istruzione, che riconosce il ruolo attivo dello studente nell'acquisizione di conoscenza e competenze. I principi fondamentali sono: a) la partecipazione attiva: l'apprendimento situato promuove l'attiva partecipazione dei discenti all'interno di contesti significativi. Essi sono coinvolti direttamente nelle attività, problemi o situazioni che richiedono l'applicazione delle acquisite; b) un contesto autentico: l'apprendimento situato richiede che i discenti imparino in ambienti reali o situazioni che simulano l'ambiente reale poiché aiuta a collegare le teorie apprese alla pratica del mondo reale; c) la collaborazione e l'apprendimento sociale: i discenti imparano non solo dagli insegnanti, ma anche dagli altri colleghi. La collaborazione è spesso un elemento chiave dell'apprendimento situato, consentendo la condivisione di conoscenze e la costruzione collettiva della comprensione; la riflessione critica, ovvero gli studenti sono incoraggiati a riflettere criticamente sulle loro esperienze e sui loro processi di apprendimento, poiché consente ai discenti di sviluppare una comprensione più profonda. Per poter mettere in atto una comunità di pratica nelle aule è fondamentale ricreare queste situazioni che consentano un apprendimento situato: la selezione del contesto, la definizione di attività autentiche, l’adozione di attività pratiche. Sarà determinante e quindi necessaria la di esperienze educative basate sull'apprendimento situato, che richiede attenzione a diversi aspetti: la selezione del contesto in cui si svolgerà l'apprendimento che deve essere rilevante per gli obiettivi dell'insegnamento e il mondo reale dei discenti. Il concetto di partecipazione periferica legittima descrive come le persone che apprendono partecipano a una comunità di praticanti e come, attraverso un processo sociale e collettivo, diventano membri di una comunità di pratica. Questa forma di socialità costituisce la condizione di esistenza del sapere in azione e il meccanismo della sua perpetuazione e progressivo mutamento. La nozione di comunità di pratica suggerisce l’idea che ogni pratica generi delle forme di socialità e solidarietà, le quali, a loro volta, sostengono i processi di apprendimento individuale e collettivo. Alla luce di quanto sopra, l’adozione di comunità di pratica nel e didattico, anche nella , diventa un motore vincente per un apprendimento più significativo e duraturo. Possiamo riflettere, in particolare, su due dimensioni di attuazione della comunità di pratica: la comunità degli studenti e la comunità dei formatori e degli operatori dei centri di formazione. Per quanto concerne le comunità di pratica costituita da studenti, questa può essere proposta da un formatore che svolge il ruolo di facilitatore dei processi relazionali e che quindi tende a convogliare l’apprendimento degli studenti verso una condivisione delle conoscenze e delle competenze di tutti a favore di un agito situato. Tuttavia, anche tra i formatori è possibile costituire comunità di pratica: esse avranno il compito di coordinare la progettazione della , ma anche di costituire quel contesto entro il quale condividere i diversi punti di vista sul contesto educativo. Bibliografia Alessandrini G., (a cura di), Comunità di pratica e società della conoscenza, Roma, Carocci, 2007. Alessandrini G. – C. Pignalberi, Comunità di pratica e pedagogia del lavoro. Voglia di comunità in azienda, Lecce, Pensa Multimedia, 2011. Fabbri L., Comunità di pratiche e apprendimento riflessivo, Carocci, Roma, 2007. Lave J. – E. Wenger, L’apprendimento situato. Dall’osservazione alla partecipazione attiva nei contesti di apprendimento, trad. it., Trento, Erickson, 2006. Wenger E., Comunità di pratica. Apprendimento, significato e identità, trad. it., Milano, Raffaello Cortina, 2006.
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