Il concetto di coesione sociale trova un largo utilizzo nel linguaggio comune, con un rinvio all’idea che gli individui spontaneamente instaurino legami (più o meno) forti, basati sulla fiducia e sulla prossimità. Se nelle società che precedevano l’utilizzo dei mezzi di di massa la prossimità era necessariamente territoriale, oggi la diffusione di nuovi strumenti e dei social media ha ampliato le reti sociali, aumentandone la portata. Tuttavia, se da un lato ciò sembra far sì che la coesione sociale aumenti grazie alla possibilità di mantenere rapporti più assidui con molti più individui, dall’altro le attuali società paiono aver perso coesione proprio a causa della diffusione delle nuove tecnologie, che accentuano la spinta individualistica. Al di là del significato comunemente attribuito alla coesione sociale, la riflessione teorica sul concetto affonda le sue radici nelle scienze sociali. Emile Durkheim (1963) è stato tra i primi a tentare di rispondere alla domanda “Che cosa consente alla società di rimanere solida, di non sgretolarsi e di scivolare in uno stato di continua belligeranza tra individui?”. Durkehim individua la coesione sociale nell’interdipendenza tra individui: questa si crea e cementa a partire da una condivisione di valori, di obiettivi, di senso di appartenenza. Per rispondere a questi interrogativi, le scienze sociali hanno riconosciuto come imprescindibili tre concetti fondamentali: fiducia, solidarietà e . La fiducia è fondamentale sia per la formazione che per il mantenimento di gruppi sociali: l’appartenenza a un gruppo si misura sulla possibilità, da parte di un individuo, di poter contare su comportamenti prevedibili e di tipo cooperativo da parte degli altri membri del gruppo. Ciascuno investe un certo grado di fiducia nell’altro e grazie a ciò si aspetta di essere ricambiato. Nel concreto ogni giorno ci alziamo e con buona probabilità, sappiamo che uscendo di casa potremo trovare un forno in cui acquistare il pane perché il panettiere si è alzato presto per prepararlo; pagheremo il nostro acquisto con il bancomat, certi che nel conto siano arrivati i soldi dello stipendio del lavoro che svolgiamo e del quale qualche altro membro della società beneficia. In buona sostanza, tutta la vita degli individui si basa sulla sottoscrizione di fiducia nei confronti della società a cui partecipa, tanto negli aspetti più quotidiani e semplici, quanto in funzionamenti più complessi, come per esempio quelli legati all’appartenenza a un sistema politico, alla difesa della sicurezza individuale, alla possibilità di espressione dei propri diritti, ecc. Si capisce a questo punto quanto sia connesso con la coesione sociale anche il concetto di “solidarietà tra estranei” elaborato da Habermas (1998). Egli evidenzia come la solidarietà si possa sviluppare non solo in contesti famigliari o amicali, in cui cioè gli individui sono strettamente connessi tra di loro, ma anche in ambiti sociali estesi, molto più ampi. La solidarietà tra estranei si fonda su norme e valori condivisi che consentono agli individui di intravvedere un bene comune. È il discorso pubblico a contribuire a questa visione collettiva, stabilendo obiettivi verso i quali orientare le azioni quotidiane e politiche. Di questo particolare aspetto si discuterà anche successivamente. Un ulteriore aspetto di rilievo è il rapporto che esiste tra coesione sociale e capitale sociale. Cruciale in questo senso il contributo di Putnam (1993) che collega i due concetti definendo il capitale sociale come «[…] l'insieme di quegli elementi dell'organizzazione sociale - come la fiducia, le norme condivise, le reti sociali – che possono migliorare l'efficienza della società nel suo insieme, nella misura in cui facilitano l'azione coordinata degli individui» (p. 169). In pratica fiducia, solidarietà e capitale sociale sono elementi costitutivi della società e consentono di poter valutare la coesione sociale: in questo senso uno dei primi tentativi di fare ciò è legato al lavoro di Putnam che, nel suo saggio Bowling Alone (2000), riflette sulle conseguenze della diminuzione della partecipazione politica, civica, religiosa e sociale nella società. Egli sostiene la società americana si trovi in una fase di debolezza e indebolimento della coesione sociale a causa di una drastica diminuzione dei legami sociali, nella fiducia nell’altro e nelle istituzioni. Si sarebbe persa, cioè, l’idea di un progetto condiviso - sociale, culturale ed economico - a favore di una visione centrata maggiormente su di sé e sulla ristretta cerchia di legami familiari e amicali. Lo sviluppo e il mantenimento di un senso di appartenenza appaiono quindi come elementi fondamentali per la coesione sociale che acquista in questo senso un valore fortemente relazionale. D’altra parte, come ricorda Honneth (1993) nella sua teoria dell’intersoggettività, gli individui, al crescere della loro coscienza di essere individui appartenenti a una società, sviluppano anche una sempre maggiore dipendenza dai rapporti di riconoscimento offerti dal mondo sociale in cui vivono: sperimentano cioè il bisogno di sentirsi riconosciuti e approvati. Sentire di poter aderire a un gruppo sociale consente di percepire sé stessi come parte del gruppo, desiderando di poter partecipare agli obiettivi che il gruppo si prefigge, ai valori che accomuna gli individui. Questo tipo di idea di coesione sociale è oggi largamente diffusa e utilizzata anche in ambito di politica europea: il Consiglio d’Europa ha infatti definito la coesione come una delle aree di priorità per lo sviluppo di un’identità europea. Questo è evidente anche dal fatto che la Commissione Europea ha individuato nella coesione sociale una delle aree prioritarie di sviluppo per l’identità europea. Il progetto politico e sociale europeo si fonda quindi su una dimensione di identità collettiva ancor prima che individuale e la coesione sociale: «[…] ha contribuito a creare un senso di appartenenza, fiducia e sicurezza e ha sostenuto le aspirazioni a migliorare le condizioni di vita, un fattore cruciale per lo sviluppo economico, il commercio e le transazioni economiche nel contesto del mercato. Questo aspetto del senso di appartenenza, che si manifesta con la possibilità di essere un elemento libero di un gruppo di soggetti uguali, ha contribuito, da un lato, a creare ricchezza e, dall'altro, ha facilitato l'accesso alla distribuzione più equa possibile dei suoi frutti» (Consiglio d’Europa, 2005). Il concetto di coesione sociale, tuttavia, non è esente da critiche e puntare sulla coesione sociale rischia di diventare un problema perché si potrebbero acuire tensioni sociali che nelle intenzioni si intendevano ricomporre. In modo particolare, il dibattito ricostruito fin qui, potrebbe far emergere questioni e dubbi relativamente al ruolo della diversità e del conflitto all’interno della società. La ricerca di coesione sociale, richiamata anche in alcuni discorsi pubblici, nasce del bisogno di far sì che gli individui si identifichino nella società, uniformandosi a un’idea di identità collettiva e abdicando - in parte o del tutto - a istanze, caratteristiche e desideri di carattere particolare (non solo legati all’individuo ma anche a gruppi di individui che fanno parte della società). Il rischio di questo pensiero è quello di promuovere l’idea di una società che invita i suoi membri a uniformarsi, appiattendo le diversità (e dunque le ricchezze) ed eliminando possibili fonti di conflitti. Nella pratica significa spingere gli individui a fondare la propria identità su meccanismi di tipo identificativo, sanzionando pratiche e atteggiamenti che se ne distaccano: tuttavia si potrebbe ottenere l’effetto contrario. La coesione sociale si realizza nella misura in cui la società riesce ad accogliere, non giudicando, l'individuo e lo spinge a realizzare il meglio di sé. Come società a nostra volta siamo chiamati ad agire attivando strumenti di protezione, rafforzamento dei legami sociali, diminuzione delle disuguaglianze sociali e della conflittualità. Anche il concetto di conflittualità, legato alla coesione sociale è spesso affrontato tralasciando un elemento di spinta costruttiva. Spesso, infatti, se ne evidenzia il carattere potenzialmente distruttivo, dimenticando il fatto che le dispute e i conflitti fanno parte della vita sociale degli individui e costituiscono importanti meccanismi per rafforzare la coesione del gruppo: tenere in considerazione le istanze di chi confligge con i valori e gli obiettivi di una società può essere infatti un’importante occasione per rendere la società migliore, più inclusiva e rispettosa. Per superare questa sfera di problematicità del concetto di coesione sociale, Ceri (2008) propone una riflessione che invita a riflettere sull’effettiva necessità di individuare nella coesione un obiettivo per le nostre società contemporanee. Egli invita piuttosto a mirare a società basate sul concetto di integrazione, in cui il funzionamento è sostenuto da modelli di convivenza che non appiattiscano le differenze ma che promuovano valori condivisi e obiettivi comuni. Nell’integrazione, infatti, è ammessa la pluralità, mentre nella coesione all’individuo è richiesto di “sospendere le appartenenze originarie”. Questo processo è tanto più facile da avviare e da mantenere quanto più semplice è l’organizzazione della società: in questi casi integrazione e coesione tendono a convergere. Mentre invece, «[…] una società complessa, tanto più se culturalmente eterogenea, non può essere coesa in senso strutturale, cioè durevole. Sarebbe una società totalitaria. […] Mentre la prova dell’integrazione è interna (al sistema), la prova della coesione è “esterna”: si è integrati tra di noi, si è coesi nei confronti degli altri» (Ceri, 2008, p.6). Le sfida aperte oggi dal concetto di coesione sociale hanno a che fare quindi sia con la necessità di ripensare al modello di coesione sociale che si intende promuovere, sia quella di comprendere come l’individuo riesca a percepirsi parte di un progetto sociale “comune”. Si tratta di comprendere come si sia trasformato il rapporto tra individui e collettività in un mondo sempre più globale, ma allo stesso tempo frammentato e individualistico. Bibliografia Ceri P., Quanto è possibile e desiderabile la coesione sociale?, Quaderni di sociologia, Vol. 48, 2008, pp. 137-147, 2008. Consiglio d’europa, Concerted development of social cohesion indicators. Methodological guide, Strasburgo, 2005. Durkheim E., Le regole del metodo sociologico, Milano, Edizioni di Comunità, 1963. Habermas J., Solidarietà tra estranei, Milano, Guerini e Associati, 1998. Honneth A., Riconoscimento e disprezzo. Sui fondamenti di un’etica post-tradizionale, Messina, Rubettino, 1993. Putnam R.D., La tradizione civica delle regioni italiane, Milano, Mondadori, 1993. Putnam R.D., Capitale sociale e individualismo: crisi e rinascita della cultura civica in America, Il Mulino, Bologna, 2004.

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