Con l’espressione cambiamento sociale si intendono tutte quelle trasformazioni che incidono sulla struttura della società in un determinato contesto temporale e geografico, modificando in modo significativo la sua organizzazione a seguito di mutamenti che possono intervenire sia all’interno sia all’esterno di essa. Il cambiamento sociale, più che la stabilità, rappresenta la caratteristica costante e indispensabile alla vita della società; questo può iniziare in ambiti specifici, come la creazione di nuove tecnologie entro un di ricerca applicata, e poi diffondersi nelle imprese ed anche nella vita quotidiana, oppure può essere l’effetto di un mutamento dei costumi come nel caso della diffusione del consumismo resa possibile dall’aumento di disponibilità economica di una parte consistente di popolazione. Vi sono cambiamenti evolutivi che riguardano alcuni aspetti di un modello sociale, ma senza intaccarne il principio di fondo, mentre altri cambiamenti provocano delle vere e proprie crisi societarie che ne mettono in discussione le norme e gli assetti fondanti, creando una situazione di anomia. Emile Durkheim intende con questo termine il venir meno della capacità di una regolamentazione sociale e morale nel mantenere ordinato e prevedibile il comportamento degli individui. La nostra società è coinvolta da un’importante crisi societaria che molti autori chiamano liminale, un’espressione che proviene dalla tradizione antropologica; essa spiega che stiamo vivendo un’epoca posta al confine tra la modernità in declino, ma che non viene ancora meno, e l’annuncio di un’epoca nuova che però non si afferma ancora. Il nostro è un tempo in cui vi è grande consapevolezza dei limiti del modello di sviluppo proprio della modernità, specie in relazione alla continua aggressione nei confronti dell’equilibrio ecologico del pianeta, da cui deriva la volontà di un vasto cambiamento che prende il nome di sostenibilità, nell’intento di imprimere alla storia della nostra civiltà una decisa svolta economica e sociale basata su una nuova visione del compito di un’umanità divenuta responsabile. È anche il tempo in cui compare quello che Victor Turner definisce Social Drama, una fase di grande sfiducia verso le varie tipologie di autorità, nella quale individui, gruppi e movimenti si dedicano con grande vigore alla decostruzione degli apparati istituzionali e simbolici, cercando confusamente nuovi spazi di libertà, ma senza una direzione precisa verso cui orientare le proprie energie. In questo contesto essi possono accedere a nuove esperienze di vita connesse alle relazioni tra le persone, alla , alla mobilità ed al divertimento, in una sorta di sperimentalismo diffuso. In tema di cambiamento sociale, risulta decisivo il contributo del sociologo americano Robert Nisbet il quale sostiene che, a partire dai greci fino ad oggi, il pensiero occidentale ha cercato di spiegare i vari modelli di società che si sono manifestati utilizzando la categoria della crescita propria della scienza biologica: ogni tipo di società è stata concepita come un organismo mosso da una forza vitale interna che opera allo scopo di realizzare le proprie potenzialità. In tal modo la sua esistenza seguirebbe una parabola che procede secondo gli stadi di crescita, maturazione e declino. Egli chiama questo paradigma la teoria "sviluppista", accomunando ad essa una vasta area di riflessioni proposte da filosofi, storici, sociologi, politologi ed anche numerosi letterati, tra cui Comte con la legge dei tre stadi e Spencer con la tesi del tramonto dell’Occidente; per tutti questi autori la storia è vista come uno sviluppo che procede verso un fine. Diversamente, Nisbet afferma che il cambiamento sociale scaturisce dal modo in cui gli individui reagiscono a fattori nuovi e imprevisti che provocano una disarticolazione dell’assetto ordinario della loro comunità. Seguendo la pista tracciata da Nisbet, Luciano Gallino indica l’origine del cambiamento sociale nell’azione di due entità fondamentali che operano nella cultura oltre che nella struttura biologica e organizzativa: l’ e l’autoorganizzazione. Egli afferma che all’interno di ogni società, agisce «[…] una molteplicità di popolazioni di sistemi di vario ordine – umani, tecnologici, sociali, simbolici – gran parte delle quali apprendono come competere, come usare ai propri fini e come cooperare con numerose altre, accrescendo gradualmente il proprio grado di organizzazione attraverso tale processo di apprendimento – e a volte perdendolo. (Gallino 2016, 51). Bibliografia Comte A., Corso di filosofia positiva. lezioni XLVI-LX, Arnoldo Mondadori, Milano, 2009. Durkheim E., Il suicidio, UTET, Torino, 1987. Gallino L., Modi di produzione, formazioni sociali, società, “Quaderni di Sociologia”, pp. 70-71, 29-52, 2016. Nisbet R.A., Storia e cambiamento sociale. Il concetto di sviluppo nella tradizione occidentale, Isedi, Milano, 1977. Spengler O., Il tramonto dell’Occidente, Longanesi, Milano, 2008. Szakolczai A., Permanent Liminality and Modernity, Taylor & Francis, London, 2014. Turner V., Dal rito al teatro, Il Mulino, Bologna, 1986.

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