La Quaresima che stiamo per iniziare è “tempo privilegiato per purificare il cuore”. Il percorso verso la Pasqua tende a riportare l’uomo alla centralità del cuore, “luogo non di cose frivole, ma luogo di apertura a Dio, che opera in ciascuno e con ciascuno” ci ricorda la  proposta formativa salesiana di quest’anno. E Papa Francesco nel suo messaggio per la Quaresima  ricorda che siamo chiamati a tornare a Dio “con tutto il cuore” (CI 2,12) per non accontentarci di una vita mediocre. E’ con questo cuore purificato che saremo capaci di riconoscere che “l’altro è sempre un dono: prendiamocene cura!”. 

Lo psichiatra Vittorino Andreoli, aprendo in questi giorni il Convegno Nazionale di Pastorale Giovanile, ha affrontato il tema “Quale adulto per una educazione possibile?”. Nel suo intervento fa notare come la crisi educativa dei nostri giovani è spesso crisi degli adulti. “Gli adulti sono in crisi perché parte di una società che sta regredendo verso l’uomo pulsionale – ha spiegato Andreoli – ovvero l’uomo che vive di istinti, di libido, di impulsi improvvisi non frenati, né regolati da alcuna inibizione. E ciò perché i freni, ossia i principi non ci sono. Ma la crisi non è incompatibile con l’educare. L’educatore è uno che deve continuamente essere educato, ed educare vuol dire continuamente educarsi, sentire che c’è interesse per l’altro, dedicarsi all’altro. In opposizione al dominio dell’egocentrismo di oggi e al virus del potere. La risposta – ha concluso – sta nella fragilità. Usare il potere della fragilità come mezzo per avere bisogno dell’altro. Non siamo deboli ma fragili e fragile vuol dire aver bisogno dell’altro. Si differenzia dal potente che invece ha bisogno dell’altro per sottometterlo. Il potere è stupido, è la più grande malattia sociale. Il fragile ha bisogno dell’altro perché la sua fragilità, unita a quella dell’altro, dona forza per vivere”. 

Così è stato per Don Bosco già all’inizio del suo apostolato. Giovanni Bosco è un prete appena ordinato che, visitando le carceri torinesi vede tanti volti di adolescenti e di giovani, dietro le sbarre, rinchiusi, avviliti, fatti l’obbrobrio della società; li guarda con il suo sguardo pieno di compassione: sente che quei ragazzi sono per lui un dono. Si sente scelto da quei ragazzi orfani, senza scuola, senza amici, e li sceglie decidendo diventare il loro “padre, maestro e amico”. Da quel momento sente che quei ragazzi gli anno rubato il core, tanto che alla fine della sua vita potrà dire ai suoi giovani: “Voi siete tutti ladri; lo dico e lo ripeto, voi mi avete preso tutto ... ancora questo povero cuore, di cui già mi avevate rubato gli affetti per intero”.

Questo potrebbe essere il nostro cammino di conversione per la Quaresima. “Il primo atto della conversione - dice Don Primo Mazzolari - è in noi stessi, diventare uomini, incominciare a ragionare con la nostra testa, col nostro cuore e con la nostra coscienza. E’ inutile parlare di Dio dove c’è alienazione. Quando uno non è padrone di sé, non è in condizione di ascoltare”.  Dobbiamo ricordarci che per cambiare qualcosa fuori di noi, non c’è altra via che cambiare noi stessi.   

d. Gianni