La misericordia è il nome di Dio; Egli si mostra sempre “ricco di misericordia”, pronto in ogni circostanza a versare su ognuno di noi “una tenerezza e una compassione viscerali”.
Ma se Dio è misericordioso, anche l’uomo, ogni uomo, l’umanità intera deve diventare misericordia. E questa misericordia non resta un sentimento generico, evanescente, ma diventa concreto nella misura in cui muove l’azione del credente. Dice papa Francesco: “La misericordia di Dio trasforma il cuore dell’uomo e gli fa sperimentare un amore fedele e così lo rende a sua volta capace di misericordia”.
I rabbini insegnavano che le azioni di misericordia del credente sono tali solo se conformi al comportamento di Dio, che “ha vestito Adamo ed Eva quando erano nudi,…ha visitato i malati apparendo ad Abramo in convalescenza,…ha consolato gli afflitti quando consolò Giacobbe,…ha nutrito con il pane del cielo i figli d’Israele affamati e morenti di sete nel deserto,…ha seppellito Mosè quando egli morì (Targum a DT 34,6).
Il primo nostro compito è quindi quello di ricuperare l’elementare grammatica dell’amore misericordioso di Dio perché diventi misericordia attiva da parte nostra verso i fratelli e le sorelle.
“Misericordia io voglio e non sacrifici” (Mt 9,13). Le opere di misericordia nel cammino giubilare sono al centro del messaggio del papa per questa Quaresima. Esse “ricordano che la nostra fede si traduce in atti concreti e quotidiani, destinati ad aiutare il nostro prossimo nel corpo e nello spirito e sui quali saremo giudicati: nutrirlo, visitarlo, confortarlo, educarlo”.
Le 7 opere sono ancora attuali e valide e restano la base del nostro esame di coscienza. “Se mediante quelle corporali tocchiamo la carne di Cristo nei fratelli e sorelle bisognosi di essere nitriti, vestiti, alloggiati, visitati…, quelle spirituali - consigliare, insegnare, perdonare, amare, pregare - toccano più direttamente il nostro essere peccatori”.
Per noi Salesiani c’è poi un’ottava opera di misericordia e riguarda il lavoro. “Aiutare un altro a trovare lavoro è un miracolo che oggi dobbiamo riuscire a fare. Specialmente tra i giovani” ci invitava Mons. Marciante, vescovo ausiliare di Roma, partecipando alla festa di Don Bosco al Borgo Ragazzi. Si tratta di “dare ai giovani la speranza di poter realizzare la propria vita attraverso il lavoro”.
L’icona evangelica del Buon Samaritano ci suggerisce alcuni atteggiamenti essenziali per farsi prossimi all’altro.
- Dobbiamo anzitutto vedere: si tratta non solo di incrociare l’altro, guardarlo e passare oltre, ma vederlo come uno “uguale a noi in dignità e umanità”. Servono occhi svegli e buoni e non occhi appannato e gravati dall’indifferenza. “Occhi che sanno piangere”, ci ricorda papa Francesco.
- Da questo vedere scaturisce il secondo passo: un avvicinarsi e “provare compassione”. Riconoscere il bisogno dell’altro fino a provare empatia, fino a soffrire con l’altro.
- Sarà questa misericordia “viscerale” che ci porterà ad operare, a darci da fare per essere una risposta concreta ai bisogni dell’altro. Ecco perché, come sostiene papa Francesco, la Misericordia può “rendere più umano il mondo”. Di questa compassione c’è bisogno oggi, per vincere la globalizzazione dell’indifferenza”.
Cogliamo l’occasione di questa Quaresima per recuperare l’elementare grammatica dell’amore misericordioso di Dio: misericordia da parte di Dio conosciuta su di noi e misericordia attiva da parte nostra verso i fratelli e le sorelle in umanità.
d. Gianni