“Di fronte alle voragini spirituali e morali dell’umanità, di fronte ai vuoti che si aprono nei cuori e che provocano odio e morte, solo un’infinita misericordia può darci salvezza. Solo Dio può riempire col suo amore questi vuoti, questi abissi, e permetterci di non sprofondare ma di continuare a camminare insieme verso la Terra della libertà e della vita”. A ricordarcelo è il Papa in questa Pasqua 2016 segnata da tanto sangue innocente.
Come cristiani dobbiamo credere che la morte non vincerà per sempre, anche se in questi giorni sembra vincente, e siamo tentati a dubitare della forza della Pasqua: il terrorismo, il moltiplicarsi di muri, barriere e naufraghi, la corruzione, la finanza padrona dell’uomo, i disastri ambientali.
Nonostante tutto, “Cristo risorto indica sentieri di speranza”!
È Cristo risorto che rende concreta la nostra speranza di un’esistenza diversa, ricca di senso e di gioia.
Dalla Pasqua ci viene un forte invito ad uscire da noi stessi, a non lasciarsi assorbire dai rimorsi, dalla paura e dalle chiacchere. Il mondo infatti ha bisogno della speranza che non è un semplice ottimismo né un atteggiamento psicologico o un generico farsi coraggio: siamo chiamati ad annunciare il Risorto con la vita e mediante l’amore, ci ricordava papa Francesco nella grande veglia della notte pasquale. 
Non possiamo annunciare la Pasqua “restando tristi e senza speranza”. Siamo invitati ad aprire “al Signore i nostri sepolcri”, affinché “Gesù entri e dia vita”. 
La “prima pietra “ da far rotolare è proprio “la mancanza di speranza che ci chiude in noi stessi”. 
È la “terribile trappola” di “essere cristiani senza speranza”, cristiani cioè che vivono “come se il Signore non fosse risorto e il centro della nostra vita fossero i nostri problemi”. 
Il “Consolatore” non “elimina il male con la bacchetta magica”, ma infonde “la vera forza della vita che non è l’assenza di problemi”, ma “la certezza di essere amati e perdonati sempre da Cristo”. Per quanto lontano possa spingersi l’odio degli uomini, l’amore di Dio è stato e sarà sempre più forte.
“Ciò che possono fare i terroristi jihadisti ormai lo sappiamo bene, scrive Marco Tarquinio: possono odiare a morte, possono covare a lungo i loro progetti distruttivi, possono uccidere e possono uccidersi. Perché sono nemici senza onore, soldati senza divisa, uomini e donne senza umanità, credenti senza Dio. Sì, tutto questo ormai lo sappiamo bene.
Così come sappiamo che la vulnerabilità delle nostre città e delle nostre società ‘aperte’ è strutturale, quasi inevitabile se il mondo della libertà vuol rimanere tale, anzi intende diventare più responsabilmente se stesso, senza rassegnarsi ad ammainare la propria bandiera al cospetto degli atroci diktat degli strateghi dell’orrore.
Proprio per questo davanti al sangue innocente è tempo di cominciare a chiedersi, con più decisione e senza presunzione, che cosa possiamo fare, noi, europei di ogni fede e di ogni visione filosofica e politica, per rispondere alla sfida del terrore e per fermare e, poco a poco, svuotare la minaccia che incalza la nostra quotidianità, attaccando i nostri luoghi di vita e di lavoro. Se cioè, come ha ricordato il Papa stesso e come sottolineano molte voci religiose, non si sarà capaci di netta e concreta rinuncia alla logica dell’odio, resistendo alla tentazione di operare scelte di «chiusura» che proprio da quella logica discendono. I muri non fermano gli scorpioni: offrono loro riparo, e condizioni ideali per allevare nidiate.
È invece indispensabile lo strumento di una cultura condivisa, fondata sui valori saldi e riconoscibili della intangibile dignità di ogni persona umana e di tutto ciò che ne discende, comunicata nella scuola e attraverso reti sociali che contribuiscano a un’autentica integrazione dei nuovi cittadini immigrati e dei vecchi europei marginalizzati.
Solo questa base comune forte è l’antidoto al sospetto, allo scontro e alla sopraffazione.
Senza di essa si creano le condizioni dell’incomunicabilità, dell’antagonismo settario, delle ghettizzazioni, delle strumentalizzazioni, della disgregazione e infine dell’assassinio pianificato. Cioè della guerra, in tutte le sue forme. Questo è il nemico che possiamo e dobbiamo sconfiggere insieme. 
Sembra di sentire papa Wojtyla, quando ci ricordava che “la misericordia è l’unica vera e ultima reazione efficace conto la potenza del male. Solo là dove c’è misericordia finisce la crudeltà, finiscono il male e la violenza”.
d. Gianni