Lo sviluppo professionale è il processo di e acquisizione di competenze per progredire verso obiettivi professionali a lungo termine. Spesso questo processo dura tutta la vita e comporta il raggiungimento costante di obiettivi specifici per il proprio percorso professionale. Lo sviluppo della carriera richiede in gran parte la riflessione e l’esplorazione dello scopo del proprio e costituisce la base per una crescita professionale più ampia. Nel passato, la stabilità dei saperi e dei repertori di venivano acquisiti durante la , sia familiare sia scolastica, e permettevano all’individuo di possedere un patrimonio culturale spendibile durante tutto l’arco della sua vita. Fino al XIX secolo, quindi, il destino professionale dell’individuo veniva perlopiù costruito all’interno della famiglia o della cerchia familiare attraverso azioni empiriche e intuitive. La famiglia stessa spesso diventava anche sede di formazione e datore di lavoro. Ma con la società industriale nascono nuove professioni, migliorano le condizioni economiche, cambia l’organizzazione del lavoro (che richiede ruoli diversificati e competenze professionali più articolate), la scuola si trasforma in uno strumento per la mobilità sociale e il mondo del lavoro, sempre più instabile e flessibile, rende necessaria la continua acquisizione di nuovi saperi e competenze. Nel XX secolo lo statunitense Frank Parsons (1909) pubblica il volume Choosing a vocation in cui l’Autore diffonde il suo modello di , il cosiddetto modello Trait and factors, alla cui base c’è l’idea che l’adattamento lavorativo si può considerare soddisfacente quando si verifica un raccordo fra i tratti (caratteristiche individuali) e i fattori (caratteristiche richieste per una buona prestazione lavorativa) riscontrabili nell’individuo in cerca di un lavoro. La sua idea ebbe una buona nella comunità scientifica; il modello Trait and factors fu impiegato diffusamente e messo in pratica con grande successo. Tuttavia, l’idea di sviluppo professionale inteso come processo di apprendimento e di impiego di competenze, si svilupperà solo successivamente. Nello stesso secolo, le teorie psicologiche si erano sviluppate verso una direzione modellistica stadiale. Concezioni, anche opposte, come l’approccio psicanalitico di Freud allo studio della personalità o l’approccio piagetiano sullo sviluppo cognitivo, condividevano infatti l’idea che lo sviluppo umano procedesse per stadi identificabili e diversificati. Secondo tali concezioni, il raggiungimento dei traguardi caratterizzanti ogni singolo stadio costituisce requisito imprescindibile per il passaggio allo stadio successivo. Inoltre, assume sempre maggior rilievo la centralità del soggetto, che deve scegliere percorsi formativi e dimensioni professionali attraverso un’adeguata crescita personale e maturazione globale. Queste dimensioni trovano fondamento nella teoria dello sviluppo professionale elaborata da alcuni Autori. Negli anni ‘50, Ginzberg e collaboratori pubblicano il volume dal titolo Occupational choice (1951), in cui articolano lo sviluppo professionale in alcune fasi fornendo anche indicazioni su come dovrebbe essere elaborata una teoria per spiegarne il percorso di evoluzione. Nello stesso periodo, altri Autori delineano lo sviluppo professionale in stadi che variavano in numero e specificità. Un notevole contributo al costrutto dello sviluppo professionale viene dato da Donald E. Super (1957). Lo studioso statunitense elenca alcune proposizioni alla base della sua idea di sviluppo professionale partendo dal presupposto che la persona sia dotata di potenzialità di emancipazione e di analizzazione e che lo sviluppo umano possa essere rappresentato come un percorso evolutivo all’interno del quale è possibile riconoscere alcune occasioni (le cosiddette transizioni) o tappe evolutive decisive per la maturazione alla scelta e significative per la progettualità individuale. L’Autore delinea il costrutto di sviluppo professionale nel volume The psychology of career (1957) in cui articola l’intero arco della vita umana in cinque stadi: crescita (4-14 anni), esplorazione (15-24 anni), stabilizzazione (24-44 anni), mantenimento (45-64 anni) e declino (65+ anni), suddividendoli in sotto-fasi. Ogni stadio e ogni fase sono caratterizzati da competenze da acquisire (compiti di sviluppo) che diventano degli indici di maturità professionale. La teoria di Super, che è stata rielaborata varie volte (Super, 1985), offre informazioni utili per comprendere a fondo la situazione professionale di un soggetto. Le competenze che caratterizzano i singoli stadi e fasi possono servire da indici di maturazione di soggetti di differente età cronologica. Nell’affidare al soggetto la responsabilità di progettare autonomamente il suo futuro in un armonico equilibrio fra il sé e il contesto sociale, lo sviluppo professionale nell’ottica di Super viene considerato non come un evento o una serie di eventi localizzati nel tempo, ma come un processo continuo che riguarda l’intero ciclo esistenziale della persona dalle fasi più precoci del suo sviluppo. In anni più recenti, la teoria di Super è stata criticata per alcuni aspetti: innanzitutto, l’approccio di studio dell’Autore secondo alcuni, l'approccio di studio dell'Autore non approfondisce le determinanti relative ai gruppi etnici non occidentali (Thomas e Alderfer, 1989; Cox e Nkomo, 1990) né quelle riguardanti i lavoratori di sesso femminile (Sullivan, 1999)). Inoltre, il modello concettuale di Super è stato ritenuto eccessivamente rigido e lineare e appare poco adattabile al contesto attuale, nel quale è poco probabile che un individuo attraversi nell’ordine previsto dall’Autore le fasi dello sviluppo vocazionale, mentre è più verosimile che passi attraverso le cosiddette transizioni (periodi di lavoro più o meno stabile, momenti di disoccupazione, etc.).Nonostante ciò, gli ultimi contributi di Super (Super, Savickas & Super, 1996) presentano una sostanziale revisione e sistematizzazione del pensiero sino ad allora elaborato, anche alla luce dei più recenti sviluppi dell’orientamento scolastico e professionale. Dalla seconda metà del XX secolo, scopo principale dell’azione orientativa diviene la promozione della consapevolezza della persona rispetto ai propri vissuti e alle proprie esperienze, e si focalizza particolare attenzione sia sul processo di sviluppo e di maturazione personale, sia sull’acquisizione di autonomia e sulla facilitazione dei processi di scelta nei momenti di transizione. Accanto alle teorie dello sviluppo professionale si collocano altre teorie in cui la dimensione dello sviluppo professionale è solo implicita. Tali sono le tre teorie basate sulla scelta professionale: quella dei tipi e delle aree professionali di Holland (1959) e quelle dei bisogni che possono essere soddisfatti con l’esercizio di una determinata di Roe (1956, 1957) e di Bordin (1956). Un altro gruppo di studiosi privilegia come quadro di riferimento la decisione professionale. Tra questi, per Tiedeman (1951, 1960) è importante formare la capacità decisionale a tutti i livelli dello sviluppo dei soggetti. Krumboltz (1966) punta l’attenzione sui fattori che favoriscono o ostacolano la realizzazione di un progetto personale accogliendo in esso anche eventi casuali per farne un’opportunità (Polacek, 1982). Fra gli anni Ottanta e Novanta del ventesimo secolo inizia a farsi strada un modo diverso di pensare l’ collocandolo all’interno del concetto di professionale, soprattutto a partire dalla diffusione dei lavori scientifici sul tema da parte degli studiosi appartenenti alla Society for Vocational Psychology, grazie alla quale si diffonde anche in Europa la Social Cognitive Career Theory (SCCT) (Lent, Brown & Hackett, 1994). La SCCT si basa sulla assunzione che le persone tendano a provare interesse nei confronti delle attività che pensano di essere in grado di svolgere (autoefficacia) e che permetteranno loro di ottenere conseguenze positive (aspettative di risultato). Con l’avvento delle trasformazioni socioeconomiche del XX secolo il concetto di sviluppo professionale si trova a fare i conti con una nuova situazione del , instabile e in continuo cambiamento. Tale scenario, in continua evoluzione, rende le carriere professionali particolarmente instabili e le allontana sempre di più dal concetto tradizionale di carriera che prevedeva percorsi sequenziali e costanti. Per questa ragione, lo stesso sviluppo professionale viene integrato nelle teorie degli stadi della vita umana di Erikson (1959) e di Levinson (1977, 1986). Nel XXI secolo si delinea una nuova fisionomia del mercato del lavoro in cui prende forma un nuovo fenomeno caratterizzato dalla progressiva riduzione dei posti fissi e pre-strutturati. In questo scenario complesso, in cui sono sempre più frequenti cambiamenti, transizioni e forme di lavoro precarie, i precedenti modelli di sviluppo professionale raggiungono i propri limiti. Di conseguenza, si pone l’esigenza di rintracciare nuove dimensioni alla base degli studi sullo sviluppo professionale che ora si focalizzano sulla ricerca e l’analisi di quegli aspetti che possono rendere gli individui in grado di affrontare le attuali contingenze, ovvero: speranza, ottimismo, visione del futuro, pianificazione e autodeterminazione. In particolare, tra i contemporanei paradigmi sull’orientamento, il modello del Life Design (Savickas et al., 2009) nasce da una convergenza di studi internazionali di natura multidisciplinare (pedagogico, sociologico, psicologico, antropologico) che enfatizza l’idea che non si può più pensare al futuro come anticipabile, prevedibile, ricco di possibilità e promesse come si credeva in passato. Per tale motivo, il modello del Life Design si concentra sul costrutto di adattabilità di carriera – career adaptability (Porfeli & Savickas, 2012), intesa come la propensione ad affrontare in modo adeguato i compiti evolutivi per prepararsi e partecipare al ruolo lavorativo, e a adattarsi alle richieste impreviste dovute ai cambiamenti del mondo del lavoro e delle condizioni lavorative (Savickas & Porfeli, 2012). L’adattabilità professionale si riferisce in modo specifico alle strategie di coping che gli individui impiegano per affrontare le transizioni lavorative, ovvero, al processo attraverso il quale essi costruiscono attivamente la loro carriera affrontando i cambiamenti e tenendo conto del contesto sociale in cui sono inseriti (Savickas, 2005; Karaevli & Hall, 2006). L’adattabilità professionale si configura quindi come un costrutto psicosociale che permette all'individuo di raggiungere i propri obiettivi di adattamento attraverso l’adozione di strategie e comportamenti di tipo adattivo (Savickas, 2005). Alla base di tale costrutto sono presenti quattro fondamentali dimensioni riferibili alle personali di : concern, che riguarda l’attenzione alla carriera e la capacità di pianificare e di prepararsi al proprio futuro professionale. La seconda dimensione, control, si riferisce al grado in cui le persone si sentono responsabili e capaci di determinare la costruzione della propria carriera. In questa dimensione rientrano costrutti di stampo psicologico come il locus of control, la presa di decisione, l’assertività, l’autonomia, l’autodeterminazione e l’agency. Secondo diversi Autori le poste alla base della career daptability sono in grado di promuovere nuove competenze e strategie vincenti per promuovere e favorire lo sviluppo professionale individuale nel XXI. Bibliografia Bordin E.S., Keynote Address: Factors Influencing Vocational Choice. Contemporary Education, 28(3), p. 33, 1956. Cox T. – S.M. Nkomo, Invisible men and women: a status report on race as a variable in organization behavior research, Journal of Organizational Behavior, 11, pp.419-431, 1990. Erikson E., Theory of identity development, Erikson E., Identity and the life cycle, Nueva York: International Universities Press. Obtenido de http://childdevpsychology. yolasite. com/resources/theory% 20of% 20ident ity% 20erikson. Pdf, 1959. Ginsberg E. - Ginsburg S.W. - Axelrad S. - Herma J.L., Occupational choice: an approach to a general theory, Columbia University Press, 1951. Holland J.L., A theory of vocational choice, Journal of Counseling Psychology, 6, pp.35–45, 1959. Krumboltz J.D., Behavioral goals for counseling, Journal of counseling psychology, 13(2), p. 153, 1966. Lent R.W. - Brown S.D. - Hackett G., Toward a unifying social cognitive theory of career and academic interest, choice, and performance, Journal of vocational behavior, 45(1), pp.79-122, 1994. Levinson D.J., The mid-life transition: A period in adult psychosocial development, Psychiatry: Journal for the Study of Interpersonal Processes, 40(2), pp. 99–112, 1977. Levinson D. J., A conception of adult development, American Psychologist, 41(1), pp.3–13, 1986. Parsons F., Choosing a vocation, Houghton, Mifflin and Company, 1909. Polacek K., La finalità dell’orientamento: interrogativi e prospettive, in “Orientamento Scolastico e Professionale”, n. 2, p.182-187, 1982. Porfeli E.J. – M.L. Savickas, Career Adapt-Abilities Scale, USA Form: Psychometric properties and relation to vocational identity, Journal of Vocational Behavior, 80(3), pp.748-753. 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