Incomincio con il chiarire il significato del titolo della voce. Con il termine politiche si intende l'insieme degli interventi posti in essere dall'autorità pubblica a livello macro-strutturale nel sistema educativo di istruzione e di in vista del raggiungimento del bene comune. Inoltre, sul piano territoriale non ci si limita a un Paese o a un continente o a un sub-continente che costituisce un ambito regionale con caratteri comuni, ma il riferimento è costituito dal livello mondiale (Malizia, 2023); le fonti principali sono due: il Rapporto della Commissione Internazionale Unesco per i futuri dell’ (UNESCO 2021b); il programma “Education 2030” che trova nella Dichiarazione di Incheon, nel relativo Quadro di Azione e nell’Agenda dello 2030 i documenti principali di riferimento (ONU, 2015; UNESCO et alii, 2015; Asvis, 2022; Malizia 2023). Le politiche sono una risposta alle sfide sociali in un determinato momento storico. Pertanto, il primo punto della voce sarà dedicato ad esse distinguendo tra problematiche generali rilevanti per l’educazione e quelle specifiche del sistema di istruzione e di formazione; nel secondo saranno indicate le tendenze principali delle politiche educative in uno scenario mondiale. L'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d'azione sottoscritto nel 2015 da 193 Paesi membri dell'ONU (ONU, 2915; Asvis, 2022). Questo piano mira a promuovere il benessere globale e affrontare le sfide principali per l'umanità entro il 2030. L'Agenda si basa su 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs), che sono articolati in 169 traguardi specifici. Questi obiettivi puntano a promuovere la pace, la prosperità, la giustizia sociale e la tutela ambientale. Il quarto consiste in una istruzione di qualità e recita come segue: assicurare un'educazione inclusiva, equa e di qualità, e promuovere opportunità di per tutti. A mio parere la sua migliore declinazione concreta si trova nei documenti UNESCO, così come presentati nel prosieguo. Riguardo alle problematiche generali, si va dalle enormi disparità socioculturali ed economiche, agli stravolgimenti del clima, alla riduzione continua della bio-diversità, all’avvicinamento sempre più preoccupante al punto di esaurimento delle risorse della terra, ai regressi nella realizzazione dello Stato di diritto, fino alla diffusione di un’automazione tecnologica distruttiva (UNESCO, 2021b; Malizia 2023). Tali criticità stanno mettendo in crisi l’esercizio dei diritti umani individuali e sociali e hanno un impatto particolarmente negativo sulla vita del nostro pianeta. Le nostre società si trovano a un punto di svolta, incominciando dal mondo dell’educazione. Infatti, se da una parte non si possono negare lo sviluppo enorme del sapere e i progressi notevoli compiuti nell’accesso all’istruzione e alla formazione, tuttavia, sono sotto gli occhi di tutti le diseguaglianze particolarmente rilevanti che si riscontrano non solo nell’ambito in esame, ma anche in tutti gli altri. Per rimanere nel nostro campo, è chiaro che l’educazione non sta adempiendo in maniera soddisfacente al suo ruolo di offrire un contributo determinante alla realizzazione di sistemi sociali giusti, pacifici e sostenibili. Il sociale per l’educazione del XIX e del XX secolo – fra tutte le parti interessate - era finalizzato alla costruzione di sistemi educativi, basati sull’ e sulla formazione del cittadino di ogni Paese (UNESCO, 2021b). Esso si articolava nei seguenti principi fondamentali che regolavano l’organizzazione del processo di insegnamento secondo modalità molto simili nei diversi Paesi del mondo: il progetto pedagogico dava la priorità all’apprendimento individuale che avveniva mediante lezioni impartite da docenti entro la struttura delle classi; i programmi erano predisposti come delle rigide griglie; la docenza era concepita come un’attività da svolgere singolarmente e, normalmente, nel quadro di una disciplina; i destinatari dell’educazione si identificavano generalmente con i giovani distribuiti secondo l’età, mentre le famiglie e le comunità erano tenute a una certa distanza. Questo modello presenta numerose criticità che richiedono la sua sostituzione con un nuovo contratto sociale Infatti, nonostante la crescita molto consistente delle iscrizioni ai sistemi di istruzione, milioni di bambini, di giovani e di adulti sono esclusi dall’accesso alla scuola e sono deprivati del diritto all’educazione. Ancora in troppi casi il sesso, l’etnia, la lingua e la cultura continuano ad essere fattori di discriminazione. La libertà effettiva di educazione non è realizzata in tutti i Paesi (UNESCO, 2021a). In non pochi contesti, la crisi della rilevanza dell’educazione la sua scarsa qualità non solo soffocano la creatività degli studenti, ma anche impediscono all’educazione di rispondere adeguatamente alle esigenze degli alunni, delle famiglie e delle comunità. La cultura trasmessa a scuola tende a formare negli studenti idee e atteggiamenti che privilegiano il benessere presente rispetto alla promozione delle strategie della sostenibilità. Inoltre, essa si focalizza sulla competitività nazionale e sullo sviluppo economico piuttosto che sulla solidarietà, sull’interdipendenza e sulla cura degli altri e della terra. La lista delle criticità si presenta così lunga, e complessa da porre l’esigenza di predisporre un nuovo contratto sociale per l’educazione e un progetto organico di riforme. Anzitutto, il nuovo contratto sociale deve essere basato sui valori su cui poggia il diritto all’educazione (UNESCO, 2021b; UNESCO et alii, 2015). Questi ultimi vengono specificati nei seguenti due raggruppamenti: il primo è costituito dall’ e dall’ e il secondo dalla solidarietà, dalla responsabilità collettiva e dalla interdipendenza. Un altro orientamento consiste nel garantire a tutti il diritto a un’educazione di qualità. Fondamento del nuovo contratto sociale rimane il diritto all’educazione come sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti che però deve essere esteso oltre l’accesso e cioè alla qualità dei , all’informazione, alla cultura e alla scienza. In terzo luogo, si tratta di potenziare il ruolo dell’educazione come impegno pubblico e bene comune. Il nuovo contratto sociale non può limitarsi a prevedere il finanziamento dei sistemi di istruzione e di formazione con il denaro pubblico, ma deve assicurare la partecipazione di tutti e di ciascuno al dibattito sull‘educazione e alla realizzazione delle riforme. La Dichiarazione di Incheon e il relativo Quadro d’Azione in cui, a mio parere, si sostanzia al meglio il programma “Education 2030”, inizia con l’accesso e, a causa dei risultati tutt’altro che soddisfacenti conseguiti nell’ultimo quindicennio, si preoccupa di indicare una serie di obiettivi anzitutto più dettagliati e poi anche più numerosi e ambiziosi (UNESCO et alii, 2015; ONU, 2015). Quanto al primo si chiede di assicurare 12 anni di scuola primaria e secondaria, gratuita, equa, di qualità e finanziata con denaro pubblico; inoltre, al suo interno dovranno essere garantiti 9 anni di istruzione obbligatoria in modo da permettere a tutti il conseguimento di apprendimenti rilevanti. In terzo luogo, si raccomanda ai Paesi di organizzare almeno un anno di educazione prescolastica di qualità, gratuita e obbligatoria e di offrire a tutti i bambini l’opportunità di usufruire di servizi di qualità per lo sviluppo, la cura e l’educazione della prima infanzia. Un’altra meta rilevante consiste nell’aumentare considerevolmente entro il 2030 il numero di giovani e adulti con competenze specifiche - anche tecniche e professionali- per l’occupazione, posti di dignitosi e per l’imprenditoria; come anche va segnalata la finalità di eliminare entro il 2030 le disparità di genere nell'istruzione e garantire un accesso equo a tutti i livelli di istruzione e delle categorie protette, tra cui le persone con , le popolazioni indigene ed i bambini in situazioni di vulnerabilità. Un ulteriore obiettivo mira a garantire occasioni efficaci di apprendimento ai tanti bambini, ragazzi e adolescenti non scolarizzati e che, di conseguenza, hanno bisogno di interventi rapidi, mirati e assistiti affinché sia loro assicurata la frequenza della scuola. Un altro ambito del rinnovamento riguarda i principi in base ai quali la teoria pedagogica va ripensata, ossia la cooperazione, la collaborazione e la solidarietà (UNESCO, 2021b; UNESCO et alii, 2015). Interconnessione e interdipendenza dovrebbero strutturare questa area nel senso che per il tramite della scuola gli studenti andrebbero messi in contatto con i loro colleghi anche di altri istituti perché in un mondo strettamente interrelato essi devono apprendere come le loro azioni influiscono sugli altri e viceversa. Lo stabilimento di relazioni non basta, ma bisogna arrivare alla cooperazione e alla collaborazione. Le scuole dovrebbero aiutare gli allievi a superare i pregiudizi, le divisioni e i conflitti, educandoli alla solidarietà, alla compassione e all’empatia. È necessario che la valutazione cessi di essere selettiva e sommativa per diventare formativa, cioè positivamente rilevante per l’apprendimento degli studenti. Il nuovo sociale dovrebbe puntare al rinnovamento dei curricola, dando la priorità alle dimensioni ecologica, interculturale e interdisciplinare in modo da potenziare le capacità di riflessione critica degli allievi (UNESCO, 2021b). In primo luogo, si tratta di formare le competenze che consentono di accedere al patrimonio culturale dell’umanità che costituisce la base dei programmi scolastici e di contribuire al suo sviluppo. Nella situazione attuale di crisi sul piano ecologico, il compito primario del sistema di istruzione e di formazione consiste nell’insegnare a vivere in maniera da rispettare responsabilmente il nostro pianeta. Un’altra esigenza particolarmente sentita nei nostri tempi è quella di contrastare la diffusione delle “fake news”, formando negli studenti competenze scientifiche, digitali e letterarie appropriate. Il consolidamento e lo sviluppo dei regimi democratici richiede l’educazione ai diritti umani, alla e alla lotta agli stereotipi sessisti, al razzismo e a tutte le forme di discriminazione. In un mondo dominato dalla tecnologia va sicuramente rafforzata la formazione tecnico-professionale e assicurato ad essa un prestigio pari alle offerte umanistiche. Il ripensamento dell’insegnamento andrebbe finalizzato al rafforzamento della professionalità, della collaborazione e del riconoscimento del ruolo dei docenti come creatori e mediatori del sapere e attori del rinnovamento educativo e sociale (UNESCO, 2021b; UNESCO et alii, 2015). Gli insegnanti dovrebbero essere formati e aiutati a cooperare tra loro in modo da organizzare insieme gli ambienti, i rapporti, gli spazi e i tempi dell’apprendimento. Il loro ruolo andrebbe ampliato fino a includere le funzioni di identificare ambiti di investigazione, di definire aree di innovazione e di avviare . La formazione iniziale, il reclutamento e la formazione in servizio vanno finalizzate a sviluppare l’autonomia e la libertà degli insegnanti, la loro identità professionale e la competenza nel guidare il processo di apprendimento degli allievi. Dovrebbe essere garantita la loro partecipazione al dibattito sul futuro dell’educazione e alle decisioni che lo riguardano. Il ruolo delle scuole e dei Centri di formazione va identificato nel sostegno all’, al benessere individuale e sociale e alla trasformazione dei sistemi sociali per cui debbono essere adeguatamente difesi e protetti; infatti, sono luoghi dove gli allievi si confrontano con opportunità e sfide non disponibili altrove nelle medesime condizioni di sicurezza. La libertà effettiva di educazione andrebbe realizzata ovunque perché si tratta di un diritto umano ad essere educati secondo le proprie convinzioni. Inoltre, l’edilizia, gli spazi, i tempi e la distribuzione degli studenti in gruppi vanno finalizzati alla formazione della capacità di collaborare. Il ricorso alle nuove tecnologie informatiche nell’insegnamento costituisce un’innovazione da sviluppare, ma sarebbe un errore utilizzarle per sostituire le scuole. Queste dovrebbero divenire dei modelli di attuazione dei diritti umani e di un’economia verde. L’ultimo gruppo di proposte è focalizzato sull’esigenza che l’apprendimento sia assicurato per la vita intera e per tutti gli ambiti culturali e sociali (UNESCO 2021b; UNESCO et alii, 2015). Venendo ai particolari, bisognerebbe potenziare la formazione degli adulti che ancora non ha avuto lo sviluppo necessario per realizzare il modello dell’ e quella dei ceti più svantaggiati che tendono a fermarsi all’istruzione dell’obbligo. Gli ecosistemi, destinati a offrire l’apprendimento “lifelong” e “lifewide” (tutte le dimensioni della persona), dovrebbero integrare tra loro armonicamente luoghi naturali e virtuali. Si chiede anche il rafforzamento del ruolo degli Stati nel finanziare i sistemi di istruzione e di formazione e nello stabilire standard e normative per la regolazione di tali sistemi. Il diritto all’educazione non dovrebbe limitarsi al periodo della scolarizzazione, ma estendersi a tutta l’esistenza e comprendere l’informazione la cultura. Bibliografia ASVIS-ALLEANZA ITALIANA PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE, L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Rapporto ASVIS 2022, Roma, 4 ottobre 2022. Malizia G., Politiche educative a livello mondiate, in “Rassegna CNOS”, 39, n, 3, pp. III-VII, 2023. ONU, Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale il 25 settembre 2015, New York, 2015. UNESCO, Non-State actors in education. Who chooses? Who loses? Global education monitoring report 2021/22, Paris, 2021a. UNESCO, Remagining our Futures Together. A new social contract for education. Report from the International Commission on the Futures of Education, Paris, 2021b): UNESCO et alii, Education 2030. Incheon Declaration and Framework for Action. Towards inclusive and equitable education and lifelong for all, Incheon (Korea), 2015.
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