La lingua. Chiamiamo “lingua” il sistema decodificato e decodificabile che gli esseri umani usano per entrare in relazione e comunicare tra di loro. I parlanti nativi hanno competenze che vengono studiate secondo le seguenti discipline: fonologia, morfologia, sintassi e semantica. Il loro studio è infatti articolato su livelli: suoni, parole, frasi e significati. Essendo fondamentale nella relazione tra esseri umani, la lingua parlata ha resistito per molti secoli senza la necessità di essere davvero trascritta, vivendo del contatto immediato fra parlanti. Più una lingua è parlata, più muterà nel tempo e per questo le lingue si possono studiare sia sincronicamente che diacronicamente, considerando o meno la variabile del tempo ed il mutamento nel loro svolgersi. Madrelingua. È la lingua che si apprende naturalmente fin da piccoli, in quanto si è circondati da atti linguistici sviluppati nello spazio e nel tempo in quel determinato idioma, che sarà il mezzo del ragionamento di una persona per tutta la vita. Si impara stimolati attraverso l’interazione con genitori, parenti, compagni di giochi, educatori, scuola, giornali, libri e tutto ciò che fa . Si vive in un universo completo di atti linguistici e sembra del tutto “normale” saper parlare una lingua, dopo aver appreso ed associato all’interno della propria mente un’immagine con la parola che le corrisponde. Capire chi parla, rispondere, pregare, sgridare: si acquisisce in questo intessersi di relazioni diacroniche e sincroniche la competenza necessaria per sapere ciò che serve della lingua per parlare e capire, per rendere ottimale l’esecuzione della stessa. Lingue straniere. La lingua straniera non è la lingua “normalmente” parlata come mezzo per gli scambi e le interazioni quotidiane; quindi, lo studente ha l’impressione che lo sforzo messo in atto per apprenderla, acquisirla e studiarla sia in qualche modo maggiore rispetto a quello esercitato per la madrelingua (ed effettivamente tale sforzo è, in una certa maniera, più impegnativo, specie per chi è agli inizi). Avendo coscienza di questa difficoltà, si è sempre cercato di facilitare/stimolare il percorso verso la lingua straniera. Negli anni ‘60-’70 del secolo scorso si è provato ad allestire le cosiddette “aule di civiltà”, in cui lo studente avrebbe dovuto percepire la sensazione di essere nel Paese della lingua straniera studiata. Negli anni ‘80-’90 si pensò di progredire sfruttando la tecnologia del tempo impiegata nei laboratori linguistici a due vie: una fissa dove ascoltare i dialoghi in lingua originale, una cancellabile per poter registrare la propria voce e di conseguenza i propri progressi. Al giorno d’oggi la situazione ha qualche vantaggio in più, in quanto molti genitori sono mediamente competenti nelle lingue straniere (specialmente inglese), la lingua inglese viene insegnata fin dalla scuola primaria e quindi assieme alla facile accessibilità quotidiana del web, si viene a creare una facilità di immersione nella lingua straniera studiata con video, corto e lungometraggi, canzoni, storie, notizie direttamente in originale. Finalità formative della lingua straniera. La lingua straniera favorisce l’incontro con culture diverse dalla propria sviluppando finalità etiche e aiutando a capire meglio e rafforzare la propria, confrontandola con una nuova. In questo modo il discente mette in atto il sapere, rappresentato da finalità cognitive come la conoscenza di sistemi linguistici diversi dal proprio. La Lingua Straniera nella è fondamentale per allenare l’allievo a comunicare con gli altri in modo efficace. In particolare, egli impara ad interagire con chi non appartiene alla sua lingua madre, divertendosi e sapendo passare dal livello della vita quotidiana e dell’interazione di tipo tecnico-professionale a racconti di esperienze, ad esposizione di idee e progetti, al dialogo interculturale, inserendosi quindi da protagonista nel percorso storico del proprio tempo. Per molto tempo l’idea di imparare o insegnare una lingua straniera si è basata sul pensare che lo scopo finale fosse per gli studenti esclusivamente andare nel Paese di quella lingua e parlare o lavorare con i nativi. In realtà molti non imparano una lingua straniera per andare all’estero a parlare con dei locali, spesso la studiano per utilizzarla come “lingua franca”, diventando così capaci di incontrare e comunicare con persone da tutto il mondo. Questo vale soprattutto per l’inglese che, dal secondo dopoguerra fino ai primi anni 2000, si è imposto non solo come lingua degli scambi economici ma veniva anche considerata mezzo sociale per viaggiare e intessere relazioni anche culturali. Nell’ultimo decennio si stanno spingendo le giovani generazioni a considerare il cinese, principalmente o esclusivamente per l’aspetto economico. L’insegnamento delle microlingue straniere nella formazione professionale. Nella Formazione Professionale è importante che i formatori, oltre ad essere competenti nella lingua straniera che insegnano, siano preparati nelle microlingue (settoriali). L’ESP (English for Specific Purposes), infatti, è fondamentale per dare agli allievi degli strumenti effettivamente utili ed utilizzabili una volta entrati nel mondo professionale (anche estero). Ecco perché non ignorare l’utilizzo della rete e dei social network riguardo le innovazioni del settore in riferimento al continuo mutamento dell’ambito professionale, è efficace per seguire il percorso di sviluppo del linguaggio e microlinguaggi anche in quegli ambiti. Bibliografia Balboni P., Le microlingue scientifico-professionali: Natura e insegnamento, Torino, UTET, 2000. Balboni P., Parlare a Babele, Insegnare le lingue nelle società complesse, Torino, UTET, 2002. Scrivener J., Learning Teaching, A guidebook for English Language Teachers 2nd edition, Macmillan Books for Teachers, 2005. Graffi G. – S. Scalise, Le lingue e il linguaggio. Introduzione alla linguistica., Bologna, Il Mulino, 2013. Salatin A. - D. Nicoli et altri, Progetto assi culturali e canone formativo, Il curricolo fondativo dell’educazione al lavoro, Roma, CNOS-FAP, 2022.
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