Cercando nella Treccani l’etimologia del termine “comunicazione”, ci si accorge della complessità di una parola così apparentemente semplice e di così largo uso. A partire proprio dalla storia dell’etimologia, che ne registra nel corso dei secoli diverse sfaccettature anche negli usi che ne sono stati fatti. Di tutti i significati e le sfumature, mi piace soffermarmi su quella più semplice: comunicare vuol dire trasmettere, l’atto della comunicazione avviene quando tra due persone c’è il trasferimento di una notizia, di un fatto, di un avvenimento. Ovvero, di una storia. Le storie nella comunicazione sono importanti perché permettono a chi le legge di entrare in sintonia con i protagonisti, di sentirsi parte di una vicenda, di assimilarla alla propria. “Le storie contribuiscono ad alimentare i sogni, le fantasie, le speranze individuali e collettive, attraverso i media che ce le raccontano”. Chi nella comunicazione fa un uso importante delle storie è la comunicazione sociale. La definizione della comunicazione sociale è legata alla sua , ovvero la promozione dei diritti, della giustizia e della solidarietà. Il compito della comunicazione sociale è quello di portare all’attenzione della sfera pubblica i temi sociali facendoli passare, quindi, da una scarsa visibilità a una condizione di notorietà. E nella sua natura c’è il concetto di “divergenza”, perché contribuisce al cambiamento della società e il richiamo ai valori di solidarietà e giustizia la rende una “comunicazione rivoluzionaria” che è alla base di un mutamento culturale. Lo strumento migliore per poter mettere in pratica questo concetto di divergenza è, appunto, il racconto di una storia. L’arte del raccontare utilizzando il potere delle emozioni rappresenta da sempre la tecnica narrativa più efficace e persuasiva per coinvolgere le persone. Lo faceva Gesù con le parabole, San Francesco di Sales con i volantini, i greci con il teatro, i menestrelli e Don Bosco con i sogni; la tecnica dello storytelling ha radici profonde perché rimanda a un bisogno degli uomini di sentirsi parte di qualcosa, e perché va al di là del semplice “racconto”. È permettere all’altro di ascoltare qualcosa che avvicina le persone, che crea relazione. Le storie contribuiscono ad alimentare i sogni, le speranze e il racconto per la comunicazione sociale è fondamentale perché aiuta ad ampliare l’immaginario sociale esistente, cercando di veicolare il proprio valore: “Passioni, motivazioni, comportamenti divengono interpretabili e possono essere raccontati attraverso le raffigurazioni di questo o di quel personaggio e delle sue vicende. Attraverso il ripetersi di narrazioni, personaggi, passioni, vicende diventano patrimonio comune di conoscenza, si depositano nell’immaginario collettivo, nel senso comune, sino a diventare reali”. Costruire una storia che abbia al centro il rispetto delle persone trovando una modalità narrativa giusta fa sì che non si lavori solo sull’emozione ma che si faccia prendere coscienza sulla questione di valori che si intende trasmettere: la comunicazione sociale si identifica con il “per chi”, non con il “cosa” e costruisce il rapporto di fiducia tra mittente e destinatario di un messaggio. E la comunicazione può aiutare a “governare” la fiducia. Per fare tutto questo è necessario il buon uso delle parole e della lingua. “La parola, pronunciata o scritta, convoglia il nostro pensiero, racconta agli altri qualcosa di ciò che siamo, di ciò che vogliamo essere, di ciò che pensiamo del mondo e delle persone attorno a noi” (4). Saper scrivere bene, avere la capacità di utilizzare bene le parole e la lingua quando si parla o si scrive garantisce la vera libertà delle persone e il linguista Tullio De Mauro legava l’abilità (che si dovrebbe imparare a scuola) di sapere comunicare bene al concetto di democrazia. “Ma come parla? Le parole sono importanti”, diceva Nanni Moretti nel film “Palombella rossa”. Fabrizio Benedetti, docente di neuroscienze e neurofisiologia all’università di Torino, ha dimostrato come le parole nel caso di pazienti abbiano lo stesso potere delle medicine, perché riescono a influire sulla produzione di serotonina. Ecco che allora le parole, per la comunicazione, non sono solo strumenti ma il linguaggio adeguato e consapevole può cambiare l’impatto della comunicazione stessa. La tecnica dello Storytelling è persuasiva se si utilizzano le parole giuste, è efficace se trasforma una in una storia capace di creare un ponte tra chi parla e chi ascolta. L’uso corretto delle parole fa sì che oltre alla narrazione, si riesca a gestire anche il contesto in cui si sviluppa la storia: una buona narrazione irrobustisce l‘efficacia della comunicazione.

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