Il concetto di cittadinanza può essere riletto secondo varie prospettive da ideale educativo a situazioni giuridico-legali. Nella prima prospettiva si può citare Erasmo da Rotterdam. Per lui la cittadinanza evoca parallelamente il concetto di patria, ma: «[…] la patria è in primo luogo il paese dove si è nati, poi la patria d'adozione, infine, e soprattutto, il mondo cristiano, l'Europa, “la repubblica delle lettere”, e l'umanità intera, in attesa della patria celeste». Quindi una cittadinanza ideale, che supera i limiti della nazionalità e si estende a cerchi concentrici dalla propria città natia al mondo intero, nell’attesa di essere cittadini del cielo. Oggi però la cittadinanza viene intesa, come la Patria, in senso ristretto. Essa indica l’appartenenza di una persona ad uno Stato (es. Italia), ad una Federazione di Stati (es. Stati Uniti d’America), o a forme intermedie di unione fra Stati (es. Unione Europea). Essa conferisce diritti, doveri e protezioni legali ai cittadini del Paese di appartenenza. Le forme più consuete di attribuzione di una cittadinanza sono dovute, o alla nascita nel territorio dello Stato (ius soli), come negli Stati Uniti d’America, o tramite la discendenza da cittadini (ius sanguinis), come in Italia. Le leggi sulla cittadinanza dei diversi Paesi prevedono normalmente la possibilità di ottenere la cittadinanza secondo altre modalità, ad esempio per matrimonio con un cittadino, o essendo a lungo residenti in una città dello Stato. I diritti di cittadinanza possono includere il diritto di voto, il diritto di vivere e lavorare nel Paese, il diritto di ottenere assistenza sanitaria, e sociale, il diritto all’istruzione e così via. I doveri comprendono normalmente l’obbligo di rispettare le leggi, di pagare le tasse, di difendere il Paese in caso di necessità. Il concetto di cittadinanza e dei relativi diritti era già presente nella cultura greca (democrazia ateniese), in quella romana e nelle città medievali che cercavano di affermare il loro diritto di libertà e di autogoverno. Negli Stati nazionali moderni, la cittadinanza si pone come forma di uguaglianza che tende a garantire a tutti i diritti fondamentali. L’estensione del riconoscimento dei diritti ha portato a identificarne tre tipi: la cittadinanza civile: le libertà personali (di pensiero, di proprietà, di uguaglianza di fronte alla legge, ecc.), i diritti civili individuali tutelati dai tribunali; la cittadinanza politica: il diritto di voto attivo e passivo di tutti gli adulti e la loro partecipazione alle istituzioni rappresentative e governative; la cittadinanza sociale: diritto al benessere e alla sicurezza economica, alla cultura ed a una vita civile secondo i canoni della società di appartenenza, diritti resi effettivi dalle politiche sociali. Le politiche di welfare cercano di estendere i diritti e di ridurre le sperequazioni sociali, ma rischiano anche di accrescerle dando vita a nuove forme di disuguaglianza tra i garantiti (cittadini a pieno titolo) e quelli che ne restano esclusi (immigrati o profughi). I modelli di welfare della società moderna risultano spesso scarsamente efficienti, economicamente insostenibili e con effetti deresponsabilizzanti. Per questo oggi si parla di “nuova cittadinanza”, di “cittadinanza societaria”, legate a forme di democrazia fondata su nuovi valori e che includerebbe un senso profondo di libertà, responsabilità, sussidiarietà e diffusa e solidarietà sociale. Ciò riporta alla necessità di un dialogo tra forme concettuali giuridico-legali attuali e forme ideali prospettiche.

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