Tipologia:
rubriche_competenze
Allegato:
Anno:
2011-00-00T00:00:00
Autore:
Rete Veneta Competenze
In collaborazione con
le Associazioni Imprenditoriali e le Parti Sociali
Alternanza Scuola Lavoro
e didattica per competenze:
per una formazione efficace
Esperienze del Veneto
2007 - 2008
Regione del Veneto
Giunta Regionale
Ufficio Scolastico
Regionale per il Veneto
In collaborazione con
le Associazioni Imprenditoriali
e le Parti Sociali
Alternanza Scuola Lavoro
e didattica per competenze:
per una formazione efficace
Esperienza del Veneto
2007 - 2008
UFFICIO SCOLASTICO
REGIONALE PER IL VENETO
Direzione Generale
© 2008 MIUR - Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto
Direzione Generale
Riva de Biasio - S. Croce 1299 - 30135 Venezia
Tel. 041 2723111
www.istruzioneveneto.it
direzione-veneto@istruzione.it
Direttore Generale:
Carmela Palumbo
Progetto editoriale:
Antonia Moretti
Editing:
Alberto Ferrari
Comitato di redazione:
Marco Bavosi, Sandra Bertolazzi, Franca Da Re, Mariangela Icarelli, Giuseppina Manca, Orio
Marzaro, Patrizia Montagni, Antonia Moretti, Dario Nicoli, Giuseppina Papa, Claudio Pardini,
Annamaria Pretto, Vanna Santi, Michele Sardo, Aurora Scala, Isabella Sgarbi, Maria Renata
Zanchin, Lauretta Zoccatelli
Coordinamento scientifico: Dario Nicoli e Maria Renata Zanchin
Copertina a cura di Ismaele Chignola
Logo Alternanza a cura di Pietro Ricca - ISA di Venezia
Finito di stampare nel mese di novembre 2008
presso Grafiche Serenissima - Santa Maria di Sala.
Stampato in Italia - Printed in Italy
Il presente volume può essere riprodotto per l’utilizzo da parte delle scuole per le attività di formazione
del personale direttivo e docente. Esso non potrà essere riprodotto e utilizzato parzialmente o totalmente
per scopi diversi da quello sopraindicato, salvo esplicita autorizzazione dell’USR per il Veneto.
5
INDICE
PRESENTAZIONE p. 8
Elena Donazzan, Carmela Palumbo
INTRODUZIONE p. 10
Parte Prima
IL PERCORSO SVOLTO ED I SUOI FONDAMENTI p. 13
1 Il percorso dell’Alternanza Scuola Lavoro nel Veneto
Antonia Moretti p. 14
2 Didattica delle competenze per una formazione efficace
Franca Da Re p. 30
Parte Seconda
L’ESPERIENZA DELL’ALTERNANZA
SCUOLA LAVORO NEL VENETO p. 45
3 Il quadro delle esperienze
Dario Nicoli, Maria Renata Zanchin p. 46
4 Il modello comune di didattica delle competenze
Dario Nicoli p. 49
4.1 L’esperienza di Treviso e Belluno
Franca Da Re p. 81
4.2 L’esperienza di Padova, Rovigo e Venezia
Sandra Bertolazzi p. 91
4.3 La rilettura della Terza Area alla luce della
metodologia dell’Alternanza
Giusy Manca, Annamaria Pretto p. 97
5 Il modello del profilo integrato per le competenze
Maria Renata Zanchin, Mariangela Icarelli p. 113
5.1 Il percorso formativo nell’esperienza di Verona
Maria Renata Zanchin, Mariangela Icarelli p. 117
6 L’Impresa Formativa Simulata
Patrizia Montagni, Lauretta Zoccatelli p. 143
Parte terza
RIFLESSIONI E PROPOSTE p. 165
7 Una risorsa per il miglioramento della qualità della scuola
Michele Sardo p. 166
BIBLIOGRAFIA p. 173
I PROGETTI IN DETTAGLIO p. 179
PRESENTAZIONE
Elena Donazzan - Assessore all’Istruzione e alla Formazione
Regione del Veneto
Carmela Palumbo - Direttore Generale USR per il Veneto
8
PRESENTAZIONE
Il presente volume rappresenta la documentazione di un lavoro fatto in tema di Al-
ternanza Scuola Lavoro dalle scuole del Veneto, un ambito di intervento nel quale
possiamo vantare una significativa esperienza e che ha potuto giungere a risultati
apprezzabili nella motivazione degli studenti, nel coinvolgimento di enti ed organi-
smi esterni alle scuole, nella qualificazione dei percorsi di apprendimento.
È importante ricordare un passaggio decisivo di questa esperienza variegata e nel
contempo riferita ad una meta comune: l’Alternanza non è un momento o una fase
di un percorso che rimane uguale a se stesso, ma costituisce un’occasione privile-
giata per il rinnovamento del modo di fare scuola.
Esso supera l’autoreferenzialità del sistema e propone al territorio un luogo comune
in cui svolgere insieme percorsi utili, sensati e condivisi di formazione, nella pro-
spettiva della cittadinanza europea.
La qualità formativa dell’Alternanza è data infatti dalla natura della relazione che si
instaura tra i diversi attori in gioco. Non si tratta di una semplice interazione, bensì
di una partnership che prevede la comprensione dell’altro e del suo specifico valo-
re, la volontà di cooperazione reciproca, la reale possibilità nello sviluppare azioni
congiunte.
Tale qualità è definita da una reale disposizione e possibilità dei diversi attori coin-
volti ad operare in forma cooperativa, coinvolgendo culture, strutture, processi or-
ganizzativi, ma soprattutto risorse personali sollecitate in una direzione educativa
e formativa.
Ciò rende quello dell’Alternanza un approccio estremamente flessibile, mutevole,
adattabile alle diverse condizioni e caratteristiche degli attori e del contesto, e nel
contempo una realtà in cui si sviluppano processi significativi di trasmissione del
sapere, fondati soprattutto sull’esempio oltre che su procedure e requisiti formali.
La logica dell’Alternanza non deve essere vista come delega alle imprese ed agli
altri attori partner delle parti “inattuali” del curricolo scolastico. Occorre al contrario
pensarla come una sorta di campo di apprendimento anche per docenti e per le
scuole nel loro insieme, oltre che per il personale delle aziende che in tal modo può
acquisire consapevolezza circa la valenza culturale del lavoro ed il carattere peda-
gogico dell’azione formativa.
In questo modo, è possibile che si apra una prospettiva nuova, nella quale definire
tra scuola e mondo esterno, in particolare l’impresa, una cooperazione reale, in
grado di fondare un metodo di lavoro che, nel momento in cui propone agli studenti
occasioni di crescita personale e culturale, oltre che tecnica, favorisce la conoscen-
za reciproca tra docenti della scuola e personale delle imprese, delinea esperienze
non banali in grado di fornire un apporto continuo di stimoli ad entrambe le parti
coinvolte. Si possono creare, così, le condizioni per dare vita ad una vera e propria
comunità di apprendimento a carattere pluralistico, in grado di spostare sempre più
in avanti la qualità dei processi attivati e degli apprendimenti suscitati.
La ricchezza delle esperienze qui documentate indica un vero e proprio cantiere da
9
cui emerge passo passo la scuola nuova, in grado di proporre agli studenti pratiche
più interessanti, mirate ad apprendimenti reali ed apprezzati, sulla base di una con-
vergenza di sforzi e di creatività tra vari attori in gioco.
Ma è anche un materiale che sollecita le scuole e le istituzioni formative a farsi co-
noscere ed a riconoscersi per lo sforzo che stanno ponendo in atto al fine di una
formazione più efficace: costituisce conferma della bontà di questo metodo il fatto
che gli studenti apprezzino sempre più percorsi formativi in cui si alternano espe-
rienze differenti, interessanti, che li stimolano ad assumere ruoli sociali effettivi ed a
mettere a frutto i propri talenti nella realtà concreta.
Si tratta certamente di materiale in progress che può essere valorizzato da tutto il
sistema educativo e dai soggetti che in vario modo contribuiscono alla qualità della
formazione.
Infatti, occorre dare continuità a questo movimento innovativo, ed è questo l’im-
pegno che intendono assumere di comune intesa la Regione del Veneto e l’Ufficio
Scolastico Regionale.
Si indicano a questo proposito alcuni punti per la qualificazione del metodo di in-
tervento:
- consentire una formazione continua dei docenti affinché essi possano essere un
tramite qualificato con l’azienda al fine di focalizzare il loro stesso insegnamento
su progetti e tematiche d’interesse per il settore ridefinendo così anche la loro
professionalità;
- definire una modalità formativa nuova basata sul trasferimento di esperienze
aziendali mediante seminari di studio presso le scuole, con esperti dell’azienda
su temi specifici integrati con brevi visite mirate nell’azienda stessa;
- formare il personale dell’impresa così che acquisisca un sapere pedagogico tale
da poter orientare in modo consapevole le proprie azioni di fronte agli incarichi
formativi affidati sotto forma di tutorship, accompagnamento, supervisione, inse-
gnamento.
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INTRODUZIONE
La documentazione presentata in questo volume è il risultato dei percorsi di for-
mazione e delle esperienze realizzate in Veneto nell’a.s. 2007-2008 in riferimento
all’Alternanza Scuola Lavoro, all’Alternanza Scuola Lavoro in Impresa Formativa
Simulata e all’integrazione tra Alternanza Scuola Lavoro e Terza Area.
Nella Parte Prima Antonia Moretti, Dirigente scolastico utilizzato presso la Direzione
Generale dell’USR per il Veneto - Ufficio II, ricostruisce il percorso dell’Alternanza
Scuola Lavoro in Veneto; Franca Da Re, Dirigente scolastico utilizzato presso l’USP
di Treviso - Ufficio Interventi Educativi, delinea alcuni aspetti storici e metodologici
della didattica per competenze e illustra il contesto europeo di attuale riferimento.
Nella Parte Seconda vengono illustrate le esperienze di formazione realizzate.
Dario Nicoli, Docente di Sociologia economica, del lavoro e dell’organizzazione
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore - sede di Brescia - e Maria Renata Zan-
chin, Coordinatrice del Laboratorio di Ricerca Educativa e Didattica (RED) del Cen-
tro Interateneo per la Ricerca Didattica e la Formazione Avanzata del Veneto deli-
neano nel Capitolo 3 il quadro delle esperienze che vengono presentate nei capitoli
successivi.
Dario Nicoli, Esperto di riferimento per i corsi di formazione sulla didattica per com-
petenze rivolti ai docenti coinvolti in percorsi di Alternanza Scuola Lavoro - che
avevano già partecipato alla formazione nei precedenti anni scolastici - delle pro-
vince di Belluno, Treviso, Padova, Rovigo, Venezia e per il corso regionale sull’inte-
grazione dell’Alternanza Scuola Lavoro in Terza Area svoltosi a Vicenza, presenta,
nel Capitolo 4, le linee guida della didattica per competenze e dei relativi percorsi di
formazione realizzati in Veneto nell’a.s. 2007-2008.
Segue, poi, l’illustrazione delle esperienze realizzate nei corsi interprovinciali di Tre-
viso-Belluno e di Padova-Rovigo-Venezia; la descrizione della prima esperienza è
curata da Franca Da Re, che ha coordinato il corso interprovinciale di Treviso e
Belluno, la seconda è affidata a Sandra Bertolazzi, docente dell’ITST “Einaudi” di
Padova. La docente, che ha svolto la funzione di Tutor dei Gruppi di lavoro costi-
tuiti all’interno del corso di formazione, ha elaborato la sintesi delle osservazioni
espresse anche dagli altri docenti Tutor, Ercole Mitrotta dell’ITIS “Severi” di Padova,
Isabella Sgarbi dell’IIS “De Amicis” di Rovigo, Gregorio Grigolo dell’IIS “Colombo”
di Adria ed Elisabetta Gonzato dell’ITST “Gritti” di Venezia-Mestre.
Infine viene presentata l’esperienza della didattica per competenze nell’integrazio-
ne dell’Alternanza Scuola Lavoro in Terza Area a cura di Annamaria Pretto, che ha
coordinato il corso e di Giuseppina Manca, Tutor del corso e docente presso l’IP-
SCTAR “Cornaro” di Jesolo.
Maria Renata Zanchin e Mariangela Icarelli, docente presso il Liceo “Medi” di Villa-
franca di Verona e formatore del corso di Verona, ne illustrano le premesse metodo-
logiche e le esperienze nel Capitolo 5.
Nel capitolo 6, conclusivo della Parte Seconda, Patrizia Montagni e Lauretta Zocca-
telli, docenti entrambe dell’IIS “Anti” di Villafranca di Verona, rispettivamente Ammi-
nistratore del sistema informatico e Coordinatore del Simucenter regionale, descri-
11
vono le esperienze relative ai progetti di Alternanza in Impresa Formativa Simulata.
Nella Parte Terza il Capitolo 7 propone riflessioni circa le esperienze svolte dal pun-
to di vista dei Dirigenti scolastici: Michele Sardo, Dirigente scolastico dell’IPSCT
“Catullo” di Belluno, raccoglie nelle pagine conclusive del testo i punti di vista de-
gli altri Dirigenti scolastici incaricati della direzione dei corsi di formazione: Marco
Bavosi - IIS “Da Collo” Conegliano, Orio Marzaro - ITST “Gritti” Venezia Mestre,
Giuseppina Papa - IIS “De Amicis” Rovigo, Claudio Pardini - IIS “Anti” Villafranca
di Verona, Vanna Santi - IPSS “Montagna” Vicenza, Aurora Scala - ITST “Einaudi”
Padova.
Parte prima
IL PERCORSO SVOLTO ED I SUOI
FONDAMENTI
1 Il percorso dell’Alternanza Scuola Lavoro nel Veneto
Antonia Moretti
2 Didattica delle competenze per una formazione efficace
Franca Da Re
14
1. IL PERCORSO DELL’ALTERNANZA SCUOLA LAVORO NEL VENETO
Antonia Moretti
La definizione delle norme generali relative all’Alternanza Scuola Lavoro è contenu-
ta nell’art.4 della legge 53/03 e nel relativo Decreto legislativo 77/05: viene introdot-
ta per gli studenti tra i 15 e i 18 anni la possibilità di frequentare l’intera formazione
in alternanza quale modalità di realizzazione dei corsi del secondo ciclo, sia nel
sistema dei licei sia nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, che
si realizza sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa.
I periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro rientrano nell’orario com-
plessivo annuale dei piani di studio, ma possono essere svolti anche in tempi diversi
da quelli fissati dal calendario delle lezioni.
Tali esperienze di apprendimento sono
• articolate secondo criteri di gradualità e progressività;
• dimensionate in relazione ai diversi percorsi del sistema dei licei e del sistema
dell’istruzione e della formazione professionale;
• definite e programmate all’interno del POF;
• dimensionate per i soggetti disabili in modo da promuoverne l’autonomia.
Emerge un’idea di alternanza intesa come possibilità di rendere presenti in tutti i
percorsi formativi esperienze di lavoro, anche con finalità diverse (da quelle orien-
tative più generali, a quelle dell’acquisizione di competenze già in qualche misura
specifiche) e come modalità di apprendimento, in cui l’esperienza diretta costituisce
la base della percezione consapevole, su cui si innesta poi la capacità di interpreta-
re le informazioni e di riaggregarle in schemi comportamentali (Ribolzi, 2004, 73).
Nell’art. 1 del Decreto attuativo si possono distinguere chiaramente due ordini di
finalità relative ai bisogni del sistema formativo, da un lato, e ai bisogni della perso-
na, dall’altro.
Per le prime, si mira a realizzare un organico collegamento delle istituzioni scolasti-
che e formative con il mondo del lavoro e la società civile.
Per le seconde, si intendono
• promuovere modalità di apprendimento flessibili e equivalenti sotto il profilo cul-
turale ed educativo, che colleghino sistematicamente la formazione in aula con
l’esperienza pratica;
• arricchire la formazione acquisita nei percorsi scolastici e formativi con l’acquisi-
zione di competenze spendibili anche nel mercato del lavoro;
• favorire l’orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli inte-
ressi e gli stili di apprendimento individuali.
Le norme sembrerebbero fornire una risposta alla tentazione ricorrente nel sistema
d’istruzione italiano, quella dalla gerarchizzazione tra sapere teorico e sapere prati-
co, e ad un modello curricolare della scuola secondaria tradizionalmente orientato
ad una concezione della conoscenza propria di sistemi scolastici “costruiti su una
gerarchia dei saperi che di fatto attribuiscono assoluta prevalenza al pensiero sul-
l’azione, alla teoria sulla prassi, all’approccio deduttivo su quello induttivo, al sapere
sul saper fare, alle attività intellettuali su quelle pratiche (MPI 2008)”.
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La dimensione territoriale dell’Alternanza Scuola Lavoro
L’Alternanza genera spazi per la cooperazione tra le istituzioni scolastiche e forma-
tive, la comunità locale, le imprese, le camere di commercio, industria e artigianato
e altri soggetti pubblici e privati secondo un modello ispirato ai principi della sussi-
diarietà orizzontale.
L’idea di una positiva interazione tra politiche economiche, sociali e del lavoro, il
legame sempre più stretto e significativo tra sistema formativo, politiche del lavoro
e mondo del lavoro, comporta necessariamente una cultura dell’integrazione tra
sistemi e una forte collaborazione tra istituzioni.
Queste opportunità s’inseriscono oggi in un nuovo quadro costituzionale in cui,
risultando fortemente potenziata la prospettiva autonomistica sia nella disciplina
sia nella gestione del servizio scolastico (De Martin, 2003, 221), la dimensione ter-
ritoriale diviene l’ambito di riferimento per far dialogare i sistemi formativi con la
cultura del lavoro.
Se la scuola autonoma è un ente chiamato a fornire una risposta ai bisogni di una
comunità di consociati e, quindi, che rinviene il proprio humus nel contesto territo-
riale in cui opera (Sandulli 2005, 15), l’Alternanza Scuola Lavoro appare tema privi-
legiato perché le scuole esprimano la capacità di interagire con il contesto sociale
e la capacità di cogliere vocazioni e bisogni della comunità di riferimento, spazi di
interazione, anche economica, con altri soggetti pubblici e privati.
L’accordo tra soggetti (scuola/mondo del lavoro) per definire obiettivi e azioni, ge-
stire i flussi informativi, progettare il percorso, condividere criteri e strumenti di ve-
rifica richiede e implica l’analisi della domanda professionale e dei dati di contesto,
l’analisi dei bisogni degli studenti, l’analisi delle risorse interne/esterne, l’individua-
zione di ruoli e funzioni.
Fin dalla fase d’avvio, l’esperienza di Alternanza Scuola Lavoro in Veneto risulta
fortemente caratterizzata da un disegno di collaborazione interistituzionale.
Due sono i Protocolli stipulati dall’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto, il pri-
mo del 31 luglio 2003 sottoscritto dall’USRV, dalla Regione del Veneto e dalle Parti
Sociali, il secondo, del 28 gennaio 2004, sottoscritto dall’USRV e da Unioncamere
del Veneto. Il primo protocollo non nasce per caso, ma è il risultato di un’attività
durata sette mesi. Il lavoro, realizzato da un gruppo ristretto attivato fin dal gennaio
2003 su iniziativa della Regione del Veneto e costituito da rappresentanti dell’Ufficio
Scolastico Regionale per il Veneto, della Regione e delle Parti Sociali, si inserisce
in un quadro di rapporti consolidati tra mondo dell’istruzione e Regione del Veneto
quali il progetto di Terza area professionalizzante per gli Istituti Professionali Stata-
li, l’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore, l’Anagrafe Regionale per l’Obbligo
Formativo, l’Orientamento ecc. Tale accordo dà avvio alla sperimentazione in un
gruppo di nove Istituti, rappresentativi di indirizzi ed aree territoriali diverse, che
realizzano percorsi di Alternanza Scuola Lavoro a partire dall’inizio dell’a.s. 2003-
2004. Il secondo Protocollo nasce, invece, a seguito della stipula, il 27 giugno 2003,
a livello nazionale, del Protocollo tra il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della
Ricerca e l’Unione Italiana delle Camere di Commercio per favorire, tra l’altro, inizia-
tive sperimentali di percorsi di Alternanza Scuola Lavoro. Questo secondo gruppo
di Istituti, sempre rappresentativi di indirizzi ed aree territoriali diverse, dà avvio
all’attività nel corso del medesimo anno scolastico; di fatto, l’esperienza vera e pro-
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pria viene attuata nell’anno scolastico successivo.
I Protocolli e l’avvio della governance territoriale
Gli impegni assunti dai contraenti in entrambi i protocolli confermano il disegno di
collaborazione interistituzionale già ricordato:
• l’USRV e la Regione Veneto si impegnano a realizzare un ampio progetto di inno-
vazione del sistema di istruzione e formazione professionale e un piano strategi-
co atto a favorire un raccordo sempre più stretto e proficuo tra scuole, università
e sistema imprenditoriale della regione;
• le Associazioni Imprenditoriali si impegnano a contribuire a un più incisivo rac-
cordo tra offerta formativa ed esigenze del tessuto economico-produttivo regio-
nale;
• le OO. SS. riconoscono l’Alternanza Scuola Lavoro come strategia efficace per
un progressivo orientamento ed accostamento alla realtà del lavoro e per com-
pletare un’istruzione dedicata alla formazione della persona;
• USRV e Unioncamere del Veneto riconoscono come fattore strategico il raccordo
tra istruzione, formazione e mondo del lavoro nel Veneto, riaffermando l’impor-
tanza di un collegamento stabile tra le istituzioni formative ed il sistema delle
imprese rappresentato dalle Camere nonché gli enti pubblici e privati ivi incluso
il terzo settore. Unioncamere s’impegna, peraltro, a garantire il coinvolgimento
del mondo del lavoro, degli operatori delle aziende, degli enti pubblici e privati
(incluso il terzo settore) nelle attività di formazione delle istituzioni scolastiche e
nella formazione congiunta dei tutor.
Tutto il percorso successivo mira a strutturare un modello di governo a livello re-
gionale, di tipo sistemico. Dai due Protocolli distinti si perviene ad un Protocollo
d’intesa unitario tra Regione del Veneto, Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto,
Unioncamere del Veneto e Parti Sociali in data 4 febbraio 2005.
Il Tavolo Regionale per l’Alternanza Scuola Lavoro si delinea gradualmente come
cabina di regia, quasi un esempio di governance territoriale, in quanto luogo inte-
ristituzionale che ha nella dimensione regionale il contesto di riferimento, riunisce
soggetti di diversa natura e autonomia (istituzioni e società civile), promuove/realiz-
za un insieme di azioni e strategie d’intervento in un’ottica di sistema che favorisce
il funzionamento coerente e convergente delle diverse componenti sia a livello
regionale che a livello provinciale e sub provinciale.
In sintesi, il Tavolo Regionale
• definisce la cornice di riferimento comune mediante il lavoro di appositi gruppi
tecnici costituiti ad hoc su compito;
• agisce a livello regionale e a livello provinciale mediante le articolazioni territoriali
proprie di ciascuno dei Soggetti coinvolti (U.S.P., C.C.I.A.A. provinciali, Associa-
zioni Imprenditoriali a livello provinciale);
• garantisce il massimo di flessibilità negli interventi.
In tale contesto di riferimento regionale, risultato di confronto e condivisione, si van-
no distinguendo ambiti e titolarità degli interventi in modo da strutturare un sistema
di azioni organizzato, funzionale ed efficace:
• il finanziamento dei progetti di ASL e di IFS è posto a carico dell’USRV;
• viene costituito e finanziato, sempre a carico dell’USRV, il Simucenter regionale,
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presso l’IIS “C. Anti” di Villafranca (VR): ha il compito di Centrale di Simulazione
regionale che consente alle aziende virtuali (progetti di Alternanza Scuola Lavoro
in Impresa Formativa Simulata) attivate all’interno del territorio regionale di simu-
lare tutte le azioni legate alle aree specifiche di qualsiasi attività imprenditoriale:
Banca, Mercato, Fisco;
• il finanziamento delle Azioni di sistema viene posto a carico della Regione del
Veneto e di Unioncamere del Veneto;
• un apposito gruppo tecnico individuato dal Tavolo regionale disegna il piano delle
Azioni di sistema da rivolgere sia al mondo della scuola sia al mondo del lavoro.
I caratteri costitutivi della sperimentazione nel biennio 2003-2005.
Le Linee guida prodotte dal Gruppo di lavoro ristretto, attivato fin da gennaio 2003
per assicurare la tenuta interna del progetto di sperimentazione, delineano in modo
chiaro l’impianto sperimentale condiviso dai soggetti che sottoscrivono il primo
Protocollo del luglio 2003, impianto che viene comunque esteso anche alle scuole
coinvolte sulla base del secondo protocollo sottoscritto nel gennaio 2004. Il proget-
to sperimentale intende:
• sperimentare l’Alternanza Scuola Lavoro come metodologia didattica innovati-
va;
• verificare l’efficacia di percorsi di alternanza nei loro punti di forza e di debolezza
con attività di
• ricerca–azione da promuovere nelle scuole aderenti;
• offrire sostegno nella progettazione e nella realizzazione alle istituzioni coinvolte;
• sostenere i docenti sperimentatori, unitamente ai loro partner esterni con speci-
fiche azioni formative;
• monitorare le esperienze al fine di costruire un possibile modello di riferimento;
• pubblicizzare l’iniziativa per la diffusione dell’innovazione.
La fase sperimentale mira, quindi, a
• individuare e definire le caratteristiche fondamentali di un percorso di Alternanza
in modo da fondare un modello di riferimento per gli istituti scolastici pur nella
necessaria diversificazione dovuta alla presenza di forti elementi di contestualiz-
zazione anche connessi alla specificità degli indirizzi;
• garantire e mantenere i livelli di competenza in uscita con la valorizzazione didat-
tica dell’apprendere in esperienza;
• definire l’equivalenza formativa del percorso e i crediti formativi specifici acquisiti
dagli allievi in esito allo stesso;
• diffondere la pratica sperimentale mediante l’introduzione dell’innovazione in un
numero crescente di istituzioni scolastiche.
Le Linee guida definiscono, inoltre, con precisione i Ruoli organizzativi che verranno
esaminati più oltre in modo specifico.
Gli interventi sono rivolti alle classi terze e quarte, di norma classi intere. In alterna-
tiva, laddove sia presente un’organizzazione per moduli, destinatario può essere il
modulo inteso come aggregazione di studenti.
Tutti gli interventi sono realizzati nell’ambito del monte ore curricolare di ciascuna
scuola. Le ore di Alternanza non possono superare il 15% del monte ore comples-
sivo. Vengono distinte con accuratezza le diverse fasi da realizzarsi a scuola e nel
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mondo del lavoro.
Le linee di sperimentazione, in sintesi, si traducono:
a) nella definizione di ruoli specifici deputati alla conduzione e gestione delle azio-
ni;
b) in un preciso disegno delle fasi di realizzazione del progetto;
c) nella progettazione e realizzazione
• di interventi di formazione a supporto dei soggetti impegnati nella realizzazio-
ne del progetto
• di azioni di monitoraggio della sperimentazione;
d) nella forte attenzione dedicata alla valutazione.
Vengono di seguito presi in esame i singoli aspetti.
I Ruoli
In ciascun progetto è prevista la presenza di un Referente d’Istituto, di Tutor inter-
ni e Tutor esterni, di un gruppo di lavoro - il Comitato Tecnico-Scientifico - in cui
sono presenti i responsabili del progetto della scuola e del mondo del lavoro che
collaborano nella messa a punto della progettazione e del monitoraggio dell’espe-
rienza. Emerge un modello organizzativo che attiva responsabilità diversificate, dal
piano pedagogico didattico, a quello progettuale, relazionale, amministrativo con-
tabile, con l’intento dichiarato di coinvolgere più soggetti dentro e fuori la scuola e
di fondare un vero flusso comunicativo interno/esterno finalizzato al confronto sulle
finalità e sulle modalità di realizzazione del progetto, ma anche, nella sostanza, sulla
mission dell’istituto nel territorio.
Le fasi di realizzazione del progetto
Nei progetti delle venti scuole emerge un’intenzionalità educativa attenta, in par-
ticolare, alla maturazione e all’autonomia dello studente, allo sviluppo delle sue
capacità critiche e alla dimensione orientativa dell’esperienza.
La prima fase, denominata di orientamento, viene dedicata all’analisi ed al rinforzo
di abilità di base “trasversali”, nonché alla trattazione di alcune tematiche relative
alla cultura d’impresa. In genere viene svolta in aula per una durata media di trenta
ore e mira alla comprensione del sistema delle relazioni interpersonali che si instau-
rano nell’ambiente di lavoro, alla conoscenza dell’organizzazione dell’impresa, alla
conoscenza della legislazione sul lavoro e delle caratteristiche della contrattuali-
stica, alla conoscenza delle misure di prevenzione per la tutela della salute e della
sicurezza sul lavoro.
La fase di “prima professionalizzazione” viene realizzata con modalità diversificate:
in qualche istituto vengono affrontati temi legati all’inserimento nel mondo del la-
voro, attraverso la proposta di moduli formativi svolti in classe, nel normale orario
scolastico, con docenza interna e/o esterna; in altri, si attua un primo inserimento
nel mondo del lavoro che, a sua volta, viene interpretato secondo due tendenze:
a) inserimento individuale degli studenti, legato ad obiettivi di prima professionaliz-
zazione che si possono raggiungere soltanto con l’inserimento in realtà lavora-
tive;
b) inserimento collettivo di gruppi di studenti, anche per più settimane, in Azienda/
Ente per studiare l’organizzazione aziendale, l’articolazione produttiva del settore
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studiato, le figure professionali richieste, le mansioni e le competenze necessa-
rie.
La durata della seconda fase varia da una a più settimane.
Nella fase cosiddetta di “seconda professionalizzazione” avviene l’inserimento in-
dividuale dello studente nel mondo del lavoro; tale fase è fortemente condizionata
dalle caratteristiche del settore lavorativo di riferimento prescelto per l’inserimento
e dalle caratteristiche del tessuto produttivo delle diverse aree del Veneto. Le mag-
giori difficoltà si riscontrano in aree in cui il settore produttivo risulta caratterizzato
da microaziende, a conduzione spesso familiare, in quanto vi appaiono più proble-
matiche le condizioni di realizzazione dell’esperienza formativa.
Il vero e proprio inserimento, strutturato sulla base del mansionario individuale ag-
giornato con la valutazione dei risultati dei moduli precedenti e con i nuovi obiettivi,
è accompagnato dalla presenza attiva dei Tutor interni e prevede che ciascuno
studente, se possibile, sia inserito ed operi a rotazione in diversi Reparti/ Uffici,
ovviamente con mansioni commisurate alle abilità possedute ed alla possibilità di
consolidarle. In alcuni istituti si adotta una struttura più articolata che prevede pe-
riodi di inserimento in azienda (solitamente settimanali) alternati a cicli di lezioni in
classe, formativi e/o dedicati alla valutazione dell’esperienza.
Il criterio fondamentale è sollecitare e sostenere nell’Azienda/Ente la volontà di crea-
re una situazione formativa. L’intera fase, svolta completamente presso le Aziende/
Enti che collaborano al progetto, prevede durate variabili da 1 a 4 settimane lavora-
tive con un monte ore che si diversifica, sia come durata che come collocazione nel
calendario, a seconda della tipologia d’istituto.
La valutazione del progetto/degli apprendimenti
Tutti gli attori coinvolti nell’esperienza a titolo diretto valutano la sperimentazione;
la predisposizione del materiale per il monitoraggio è a cura del Comitato Tecnico
e del Referente d’Istituto.
Il Comitato Tecnico Scientifico valuta la fattibilità del progetto e supervisiona il mo-
nitoraggio delle attività; al termine ne valuta l’efficacia.
Il Coordinatore del progetto e gli Insegnanti del Consiglio di Classe valutano i ri-
sultati dello studente sul piano formativo, le competenze acquisite e le abilità ma-
turate, anche trasversali, mediante l’inserimento nella realtà produttiva, stabilendo
anche l’equivalenza formativa dell’attività svolta nelle Aziende/Enti.
I Tutor Esterni valutano il raggiungimento da parte degli studenti degli obiettivi sta-
biliti in accordo con il patto formativo sottoscritto con l’Istituto. Valutano anche
l’efficacia della sperimentazione e del livello di collaborazione attivato tra docenti e
studenti.
Gli Studenti e le Famiglie sono chiamati ad esprimersi sulla sperimentazione, sulla
sua efficacia, sull’efficienza e sulla qualità dei processi attivati.
Particolare attenzione viene riservata, da parte di tutti gli Istituti, all’elaborazione di
idonei strumenti di valutazione: durante l’esperienza gli Studenti registrano osser-
vazioni, riflessioni, considerazioni utilizzando un “diario di bordo” e periodicamente
apposite griglie predisposte dagli insegnanti.
Il Tutor esterno, oltre a registrare le ore effettivamente svolte presso l’Ente o Azienda
dallo studente, al termine dell’esperienza fornisce una valutazione che certifichi il
20
raggiungimento degli obiettivi individuali.
Durante l’esperienza pratica gli insegnanti del Consiglio di classe, coordinati dal
docente Tutor interno, seguono gli alunni con visite agli Enti o alle Aziende.
I docenti raccolgono, infine, le schede di autovalutazione, le valutazioni dei tutor
esterni, il foglio presenze, i risultati emersi dalle presentazioni e discussioni con
gli alunni e analizzano le esperienze svolte formulando un giudizio finale sulla vali-
dità dell’esperienza che comprende considerazioni finali sulle difficoltà incontrate
durante le realizzazione, valutazione individuale degli alunni, valutazione da parte
dell’azienda sul risultato prodotto, valutazione della scuola, valutazione sulla bontà
dei processi di apprendimento attivati.
Tutti gli Istituti dichiarano di valutare i risultati sul piano formativo, orientativo, di-
dattico, le competenze acquisite e le abilità maturate prevedendo l’attribuzione di
crediti da inserire nel curricolo scolastico o da ricomprendere nella valutazione di-
sciplinare riconoscendo alle attività svolte in Alternanza un’equivalenza formativa
con le attività scolastiche.
Gli aspetti problematici
Si tratta, indubbiamente, di un percorso connotato da una grande ricchezza di
esperienze e di riflessioni, come, peraltro, documentano ampiamente le due pubbli-
cazioni curate della Regione del Veneto e dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Ve-
neto nel 2004 e nel 2005 (USR per il Veneto - Giunta Regionale et al. 2004 e 2005).
Se emerge da parte di tutti i soggetti coinvolti (Studenti, Genitori, Docenti, Tutor
interni ed esterni, Dirigenti scolastici) un giudizio positivo sull’esperienza, addirittura
entusiastico in alcuni casi, rimangono, com’è evidente, alcune questioni aperte che
ben sono rappresentate nelle pubblicazioni citate1. Da tali testi verranno riprese in-
formazioni e considerazioni attinenti soprattutto a due temi: l’equivalenza formativa
e la valutazione e certificazione dell’attività svolta.
Il tema dell’equivalenza formativa appare ancora lontano dalla soluzione se si per-
mane nell’ottica di “conciliare” ex post il periodo di permanenza degli studenti nelle
aziende/enti con il tradizionale lavoro in aula (compiti e interrogazioni) anche se si
ribadiscono, da parte dei Dirigenti scolastici, la necessità di riprogettare la program-
mazione disciplinare tradizionale, rendendola più “coerente” con gli apprendimenti
in contesto reale e la necessità di sviluppare progetti di raccordo per le classi pro-
fessionali che chiudono un ciclo al terzo anno e intendono integrare l’esperienza
senza collidere con il progetto formativo della “Terza Area”. In realtà, molte delle cri-
ticità e delle conseguenti aree di sviluppo segnalate dai Dirigenti scolastici delle 19
scuole coinvolte nella sperimentazione2 possono, da un lato, essere riferite al tema
dell’equivalenza formativa e, di conseguenza, al tema della valutazione dell’espe-
rienza in rapporto alla più generale valutazione scolastica e, dall’altro, alla ridefini-
1 Si fa riferimento, in particolare, ai paragrafi “Considerazioni finali” (USR per il Veneto - Giunta Re-
gionale 2004, 39-40), “I Dirigenti e l’Alternanza” (USR per il Veneto - Giunta Regionale 2005, 70-76),
“Incontro di coordinamento delle scuole” (USR per il Veneto - Giunta Regionale 2005, 198-203) e “La
valutazione nei percorsi di Alternanza Scuola-Lavoro” (USR per il Veneto - Giunta Regionale 2005,
230-240).
2 La Scheda di autoanalisi richiesta a ciascuna delle 19 scuole alla conclusione della sperimentazione
biennale comprende una Relazione conclusiva a cura del Dirigente scolastico.
21
zione dei ruoli organizzativi e dei rapporti interno/esterno scuola/mondo del lavoro.
Poche difficoltà sembrano emergere, invece, in relazione ai ruoli organizzativi interni
e ai rapporti con gli alunni e le famiglie. Al primo ordine di problemi appaiono ascri-
vibili, inoltre, le difficoltà segnalate in relazione al coinvolgimento in Alternanza di
più classi della stessa scuola e in relazione ai corsi liceali nei percorsi di Alternanza
Scuola Lavoro.
Peraltro, solo in alcuni dei profili progettuali delle prime nove scuole coinvolte nella
sperimentazione (I profili progettuali delle nove scuole 2004) emerge, o comunque
viene esplicitata, l’attenzione a progettare ex ante meccanismi di compensazione
che consentano la realizzazione dell’esperienza mantenendo un equilibrio comples-
sivo tra le discipline che più direttamente si avvantaggiano dell’esperienza dell’Al-
ternanza e quelle che ne rimangono più ai margini.
Per quanto riguarda la valutazione e certificazione dell’attività svolta, viene espli-
citata la difficoltà di ricondurre la valutazione dell’esperienza lavorativa a valuta-
zione scolastica e di ancorare la valutazione alla progettazione. Da un lato, infatti,
si registra in modo quasi unanime una risposta altamente positiva da parte degli
studenti a proposito dei quali sono ampiamente verificati il forte coinvolgimento, il
potenziamento delle competenze trasversali e dell’auto orientamento personale e
professionale, dall’altro la notevole quantità di elementi di verifica raccolti dai sog-
getti coinvolti nell’esperienza (autovalutazioni compiute dagli studenti, osservazioni
in itinere e finali dei Tutor interni ed esterni ecc.) fatica a trovare una propria organica
collocazione all’interno della valutazione degli apprendimenti. Risultano assoluta-
mente pertinenti in proposito le riflessioni di A. Pretto (USR per il Veneto - Giunta
Regionale et al. 2005, 230-240): “Questa difficoltà può essere correlata al problema
di definire, in modo non generico né stereotipato, gli elementi su cui si fonda la
comparazione tra il percorso in ASL rispetto al percorso scolastico, con il conse-
guente riconoscimento di un’equivalenza da intendersi, secondo la definizione del
dizionario, come “condizione o stato di ciò che ha ugual valore; qualsiasi relazione
che sia riflessiva, simmetrica e transitiva”. Non si può infatti pensare ad una valuta-
zione dei risultati degli studenti separata da un corrispondente giudizio sull’efficacia
– quindi sulle caratteristiche – dell’azione formativa in sé, tanto più che quest’ultima
è realizzata, seppure in modo differente, non più solamente dalla scuola, ma anche
dalla realtà lavorativa partner…”.
Le azioni di sistema nella sperimentazione nel biennio 2003-2005.
In entrambi gli anni scolastici 2003-2004 e 2004-2005 vengono progettate e rea-
lizzate azioni di formazione specificamente rivolte sia ai Tutor interni che ai Tutor
esterni e azioni di monitoraggio.
Nel primo anno vengono realizzati due Seminari e tre incontri di formazione per i
Tutor interni ed esterni. I temi affrontati, sia attraverso relazioni che lavori di gruppo,
attengono ai criteri ispiratori dell’Alternanza Scuola Lavoro, alle metodologie di in-
tervento, agli strumenti operativi, alle responsabilità dell’istruzione e dell’azienda, ai
ruoli del Tutor scolastico (interno) e del Tutor aziendale (esterno), alla promozione,
valutazione e certificazione delle esperienze svolte in Alternanza, alle situazioni e
modalità di apprendimento nell’organizzazione del lavoro, al portfolio delle compe-
22
tenze individuali3.
Nel secondo anno le giornate di studio svolte a Jesolo nel maggio 2005 pongono
a tema, attraverso le testimonianze offerte dai relatori, il confronto con i modelli
di Alternanza Scuola Lavoro realizzati in Lombardia e in Trentino4; nel seminario,
inoltre, tre gruppi di lavoro (Istituti Tecnici, Licei e Istituti d’Arte, Istituti Professionali)
discutono su modelli e strumenti di valutazione dei percorsi dell’Alternanza.
L’andamento della sperimentazione viene attentamente monitorato attraverso una
serie di visite effettuate presso gli istituti coinvolti nella sperimentazione nei mesi di
maggio e giugno 2004. Nel corso delle visite vengono somministrati questionari agli
studenti, ai genitori ed ai docenti e vengono realizzati interviste e focus group che
interessano tutti gli attori della sperimentazione.
Le nove scuole coinvolte sulla base del primo Protocollo, che hanno sperimentato i
percorsi di Alternanza già nell’a.s. 2003-2004, compilano, alla fine dell’anno scola-
stico, una scheda di auto-analisi che prevede una sintetica relazione del Dirigente
scolastico e richiede elementi di ordine sia quantitativo sia qualitativo. Va sottoli-
neato come si rilevi un buon livello di coerenza fra il monitoraggio esterno effettuato
ed i processi di auto osservazione attivati all’interno delle scuole, coerenza che
conferma l’affidabilità della ricerca compiuta e dei dati raccolti (USR per il Veneto
- Giunta Regionale et al. 2004, 75-111).
Alla fine dell’a.s. 2004-2005 le diciannove scuole che hanno sperimentato i percor-
si di Alternanza Scuola Lavoro compilano una scheda di auto-analisi leggermen-
te modificata rispetto a quella proposta nell’anno scolastico precedente. Anche
questa scheda prevede una sintetica relazione del Dirigente scolastico e richiede
elementi di ordine sia quantitativo che qualitativo. Rispetto al primo anno, miglio-
ramenti e adeguamenti nelle procedure e nelle modalità di attuazione del progetto
vengono evidenziati in tutte le relazioni, ma anche debolezze, problematiche irrisol-
te e criticità. Riemergono la necessità di “conciliare” il periodo di permanenza degli
Studenti nelle Aziende con il tradizionale lavoro in aula, di riprogettare la program-
mazione disciplinare tradizionale, rendendola più “coerente” con gli apprendimenti
in contesto reale, di “ripensare” al tempo trascorso nelle Aziende o in attività legate
all’Alternanza come tempo e attività equivalenti all’azione formativa della Scuola, di
migliorare il “raccordo” tra Scuole e Aziende/Enti.
La fase di sviluppo.
L’esperienza maturata negli anni 2003-2004 e 2004-2005 conduce ad una siste-
matizzazione delle modalità di coinvolgimento delle Istituzioni scolastiche e ad un
progressivo allargamento dell’esperienza anche attraverso la promozione sul terri-
torio regionale del Progetto di Impresa Formativa Simulata mediante la creazione
del Simucenter regionale.
La metodologia dell’Impresa Formativa Simulata (IFS) consente l’apprendimento
3 Convegno di Paderno del Grappa, 6-7 novembre 2003.
Convegno di Jesolo, 6-7 maggio 2004.
Incontro di formazione per i Tutor c/o ITC “Einaudi”, Padova del 17 dicembre 2003.
Incontro di formazione per i Tutor c/o ITC “Einaudi”, Padova del 23 gennaio 2004.
Incontro di formazione per i Tutor c/o IPSSAR “P. D’Abano”, Abano del 5 marzo 2004.
4 Giornate di studio “Alternanze a confronto”, Lido di Jesolo, 10-11 maggio 2005.
23
di processi di lavoro reali attraverso la simulazione della costituzione e gestione di
imprese virtuali che operano in rete, assistite da aziende reali. I percorsi di Alternan-
za Scuola Lavoro e di Terza Area che prevedono l’utilizzo dell’Impresa Formativa
Simulata hanno come punto di forza l’utilizzo del laboratorio, che consente il colle-
gamento tra l’ambiente reale e l’ambiente simulato. I Simucenter sono i centri del
progetto della rete telematica delle imprese formative simulate e hanno funzioni di
supporto, controllo, gestione delle attività e di monitoraggio. Per il Veneto l’Ufficio
Scolastico Regionale affida all’IIS “Carlo Anti” di Villafranca di Verona le funzioni di
Simucenter regionale5.
Se all’inizio della sperimentazione dei percorsi di Alternanza Scuola Lavoro le scuo-
le erano state scelte in numero assai ridotto, d’intesa con i componenti del Tavolo
regionale (Regione del Veneto, Associazioni datoriali e Parti sociali) per consen-
tire, nella varietà degli indirizzi di studio coinvolti, il “controllo” di alcune variabili
essenziali e l’individuazione degli elementi di criticità, nel momento in cui occor-
re promuovere la diffusione dell’esperienza, d’intesa con i firmatari del Protocollo
regionale sull’Alternanza Scuola Lavoro, l’Ufficio Scolastico Regionale progetta e
organizza una procedura a bando che garantisca la trasparenza delle operazioni di
valutazione, il massimo coinvolgimento sia a livello territoriale che a livello dei sog-
getti istituzionali e non, un’equilibrata rappresentanza degli Istituti delle sette pro-
vince del Veneto. Da una parte, infatti, occorre salvaguardare la regia e il raccordo a
livello regionale, dall’altra, garantire il coinvolgimento a livello territoriale dei soggetti
che di fatto realizzano le esperienze di Alternanza Scuola Lavoro.
Con circolare del 14 aprile 2005, a firma del Direttore Generale, vengono invitate
le Istituzioni scolastiche statali e paritarie a presentare un progetto di Alternanza
Scuola Lavoro e/o un progetto di Impresa Formativa Simulata in presenza di una
convenzione con Imprese, Associazioni datoriali di categoria, Camere di Commer-
cio, Enti pubblici e privati, ivi inclusi quelli del Terzo settore.
I punti di forza di un progetto di Alternanza Scuola Lavoro, declinati nella circolare,
sono costituiti dalla unitarietà del modello pedagogico, dalla co-progettazione con
i soggetti appartenenti al mondo del lavoro e dalla integrazione delle conoscenze e
competenze acquisite a scuola con quelle da acquisire nelle Aziende/Enti. I progetti
devono fare riferimento a “standard di progetto” definiti e devono essere presentati
mediante la compilazione di schede/progetto; l’equilibrata presenza delle Istituzioni
scolastiche di ciascuna provincia viene garantita attraverso l’erogazione dei fondi
alle singole province in proporzione al numero degli alunni di scuola secondaria di
secondo grado iscritti. Per quanto riguarda la valutazione dei progetti, la circolare
prevede che presso ogni Ufficio Scolastico Provinciale (allora CSA) venga costituita
un’apposita commissione interistituzionale, nominata dai Dirigenti degli USP me-
desimi composta, di norma, da rappresentanti della Regione del Veneto, Provincia,
Camere di commercio, Associazioni di categoria e dagli esperti degli Uffici Interven-
ti educativi degli USP.
In tal modo viene garantito, da un lato, il massimo coinvolgimento di tutti gli attori
che già collaborano all’interno del Protocollo regionale, dall’altro la capacità di de-
cidere a livello territoriale.
5 Si veda il Capitolo 6 dedicato all’Impresa Formativa Simulata.
24
La tenuta del quadro generale è garantita, oltre che dai medesimi strumenti (stan-
dard e schede di progetto), anche da comuni criteri di valutazione, condivisi a livello
di concertazione regionale e da fasce di punteggio, utilizzati da tutt’e sette le com-
missioni provinciali:
1. coerenza del progetto con i bisogni formativi rilevati dall’Istituzione Scolastica in
relazione agli studenti ed in rapporto al territorio di riferimento;
2. coerenza tra le competenze obiettivo del percorso e le attività previste nei modu-
li/fasi da realizzare a scuola e in situazione lavorativa;
3. accuratezza nella descrizione dell’equivalenza formativa del percorso in alternan-
za;
4. accuratezza/coerenza nell’esplicitazione dei ruoli (Tutor interno e coordinamento
del progetto, Tutor esterno);
5. accuratezza/coerenza nella descrizione delle metodologie e degli strumenti da
utilizzare per il monitoraggio e le valutazioni in itinere e finali;
6. coerenza delle attività svolte nelle realtà lavorative (enti/aziende) con l’indirizzo/i
della scuola;
7. coinvolgimento della Formazione professionale nella progettazione e nella gestio-
ne delle esperienze;
8. coerenza interna del progetto.
Il progressivo allargamento dell’esperienza viene sostenuto mediante un preciso
piano di intervento, definito nelle linee generali in sede di Tavolo regionale, che
intende supportarne la crescita sia sul versante scuola che sul versante mondo del
lavoro.
Le Azioni di sistema progettate, deliberate annualmente dalla Giunta Regionale, si
articolano in Azioni di comunicazione/promozione, Azioni di formazione/informazio-
ne, Azioni di monitoraggio.
Le Azioni di comunicazione/promozione vedono nell’a.s. 2005/2006 la realizzazione
di un Vademecum per gli studenti, sul versante del mondo della scuola e di un Va-
demecum per le aziende, sul versante del mondo del lavoro.
Le Azioni di formazione/informazione si articolano in azioni di formazione rivolte
agli operatori e nella realizzazione di pacchetti di autoformazione, uno destinato ai
Dirigenti Scolastici e ai Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi6, l’altro ai Tutor
esterni7.
Le Azioni di monitoraggio nei due anni scolastici 2005-2006 e 2006-2007 sono in
parte progettate e realizzate dall’USRV, in parte affidate all’IRRE del Veneto.
Allo scopo di mettere a fuoco le questioni da affrontare per un effettivo ampliamento
6 Il pacchetto di autoformazione per i Dirigenti scolastici e i Direttori dei Servizi Generali e Amministra-
tivi viene progettato e realizzato da uno specifico gruppo di lavoro, formato da Dirigenti Scolastici
e Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi; si pone lo scopo di facilitare e supportare i progetti
di Alternanza Scuola Lavoro ed è strutturato in 17 schede-problema che affrontano, da un lato, gli
aspetti di tipo progettuale, organizzativo, operativo, pedagogico, valutativo e, dall’altro, quelli di tipo
amministrativo e contabile; è consultabile all’indirizzo http://lnx.istruzioneveneto.it/autoasl06/
7 Il pacchetto di autoformazione per i Tutor esterni affronta temi quali il coinvolgimento delle aziende e,
più in generale, dei contesti lavorativi, l’impresa formativa, il ruolo del Tutor esterno sia nell’Alternanza
Scuola Lavoro che nelle altre forme di inserimento (apprendistato, tirocinio, IFTS ecc.), gli strumenti
utilizzabili nei progetti di Alternanza; presenta, infine, l’Impresa Formativa Simulata; è consultabile
all’indirizzo http://www.campus-ai-tv.it/alternanza/tutor/testo.asp
25
dell’esperienza di Alternanza Scuola Lavoro, ma soprattutto perché tale esperienza
possa essere occasione di una formazione efficace, una metodologia didattica in-
novativa che valorizzi l’aspetto formativo dell’esperienza pratica, si prenderanno in
esame gli aspetti salienti delle Azioni di sistema che consentono di cogliere i nodi
critici delle esperienze realizzate.
Il lavoro di progettazione delle azioni formative attuate nell’a.s. 2005-2006, realiz-
zato dal Gruppo di lavoro costituito dai Referenti provinciali per l’Alternanza Scuola
Lavoro, pone a tema sostanzialmente la riflessione sugli scenari culturali e norma-
tivi, la ricostruzione dei modelli organizzativi, anche impliciti, secondo cui viene rea-
lizzato il progetto di Alternanza, la costruzione di percorsi formativi personalizzati,
la riflessione sulla funzione del Tutor, sulle competenze che gli sono richieste e sulle
relazioni con il contesto interno ed esterno.
Progressivamente, a partire dall’anno successivo, si va delineando un’articolazione
dei percorsi distinta per Tutor neofiti, che non hanno partecipato in precedenza alla
formazione, e per Tutor esperti che vi hanno partecipato già in precedenza8; tale
distinzione assume progressivamente peso anche nella formazione progettata e
realizzata nei confronti delle scuole che attuano progetti IFS. In parallelo il corso di
formazione regionale sull’ASL in Terza Area si sviluppa come specifico percorso di
ricerca e di formazione ponendo a tema la questione se Alternanza Scuola Lavoro
e Terza Area debbano essere considerati due percorsi tra loro indipendenti o se vi
siano, invece, fondate ragioni per ritenere l’Alternanza non un’opzione aggiuntiva,
ma una metodologia che conduce a rivisitare la Terza Area in modo da restituirle la
sua natura “innovativa”, esplicitata nel DM del ’94, di superamento della tradizio-
nale dicotomia tra sapere e fare, insieme con la dichiarazione della centralità della
persona anche nella realtà lavorativa9.
La finalità generale risiede nella volontà di inquadrare in un’ottica di sistema le di-
verse progettualità che, pur condividendo gli stessi obiettivi, non sempre si sot-
traggono al rischio di un’autoreferenzialità che pare particolarmente poco efficace
nell’affrontare quelli che indubbiamente rimangono i principali nodi critici dell’espe-
rienza (reale equivalenza formativa/integrazione dell’esperienza nel curricolo/reale
progettazione dei percorsi di apprendimento per competenze).
Da una parte tale intenzionalità comporta una forte attenzione al tema dell’organiz-
zazione e dei ruoli, non solo nelle relazioni tra scuola e mondo del lavoro, ma anche
e soprattutto nelle relazioni all’interno della scuola, dall’altro emerge come centrale
il tema delle competenze e del lavorare per competenze. A ben guardare i due piani
di intervento implicano una reciproca necessaria integrazione.
Il lavorare per competenze, infatti, “…richiede un quadro di riferimento unitario del-
l’équipe/consiglio di classe circa le esperienze che connotano il percorso formati-
vo dell’anno: da qui la necessità di delineare un Piano formativo/canovaccio, uno
strumento che rappresenta le esperienze che, nel corso dell’anno, sono in grado
di suscitare un rapporto degli studenti con il sapere in termini affettivi (curiosità,
legame, fascino) e concreti (utilità, scoperta) e di sollecitare l’identificazione con la
8 Per un’analitica esposizione dello sviluppo degli interventi di formazione si veda USR per il Veneto
- Giunta Regionale et al. 2007.
9 Si veda il Capitolo 4.3.
26
scuola”10. L’esperienza di Alternanza Scuola Lavoro può assumere, in tal senso, un
ruolo trainante: è in grado, infatti, di mobilitare risorse, energie interne ed esterne,
e garantisce per sua natura la “…possibilità di privilegiare l’azione, significativa ed
utile, in quanto situazione di apprendimento reale ed attiva che consente di porre il
soggetto che apprende in relazione “vitale” con l’oggetto culturale da apprendere”11.
Va costruita, però, una reale assunzione di ruoli da parte di tutti i soggetti coinvolti,
in prima istanza da parte dei soggetti cui è affidata una funzione di coordinamento,
il Referente di progetto, il Tutor e ferma restando l’importanza sostanziale del ruolo
esercitato dal Dirigente scolastico. Peraltro, non è senza conseguenze che tutti i
soggetti coinvolti siano consapevoli di far parte di un’organizzazione e di avere dei
compiti che non possono essere svolti in solitudine e che implicano partecipazione
e disponibilità al cambiamento. Se si riesaminano le riflessioni esposte dai Dirigenti
scolastici nelle relazioni previste dalle Schede di autoanalisi compilate dalle scuole
coinvolte nella sperimentazione al termine degli anni scolastici 2003-2004 e 2005-
2006, appare evidente, da un lato, come la questione principale derivi dall’impos-
sibilità di affrontare efficacemente l’esperienza di Alternanza come esperienza che
“si aggiunge” ad un curriculum organizzato rigidamente per discipline realizzato da
un gruppo professionale che tende, per tali ragioni, ad operare sostanzialmente in
modo individuale.
Numerosi elementi raccolti con il monitoraggio progettato e realizzato dall’USR per
il Veneto negli anni scolastici 2005-2006 e 2006-200712 e con i monitoraggi condotti
dall’Agenzia Scuola, ex IRREV13, confermano, da un lato, il grande valore ricono-
10 Si veda il Cap. 4.
11 Si veda il Cap. 4.
12 Il monitoraggio si rivolge a tre tipologie di attori:
• gli Studenti coinvolti nell’esperienza di Alternanza Scuola Lavoro di cui si indagano sia le credenze
di efficacia rispetto al lavoro, che i medesimi ritengono di possedere prima e dopo aver affrontato
l’esperienza di alternanza, sia le abilità che ritengono di aver messo in atto durante l’esperienza.
• I Tutor interni/Referenti d’istituto a cui si richiede di compilare, alla fine del progetto, due check-list
contenenti i compiti e/o le azioni più rilevanti che permettono di governare il percorso di Alternanza:
nella prima, unica per ciascun istituto, i tutor devono indicare se le azioni/compiti sono stati attivati
e quali ruoli sono stati implicati nella realizzazione; nella seconda si richiede di segnalare quali dei
soggetti/ruoli interni al contesto scolastico dovrebbero, a giudizio del compilatore, farsi carico delle
azioni/compiti presi in esame. Questo secondo strumento comporta, a differenza del primo, che sia
il referente di istituto del progetto di Alternanza Scuola Lavoro sia i tutor interni esplicitino il proprio
personale punto di vista (ci saranno, quindi, più rilevazioni per istituto).
• I Tutor esterni a cui si richiede di compilare un questionario (almeno uno per ente/azienda) com-
posto da cinque sezioni che mirano a raccogliere, nell’ordine, i dati essenziali sull’Azienda/ente a
cui appartiene il Tutor esterno, alcuni dati essenziali sul Tutor esterno che compila il questionario,
le azioni di tipo organizzativo realizzate in collaborazione tra azienda/ente e scuola e la figura/ruolo
professionale che se ne è fatta effettivamente carico, le azioni realizzate dal tutor esterno in colla-
borazione con il Tutor interno, le azioni, infine, realizzate dal Tutor esterno per favorire l’inserimento
in azienda/ente dello studente e per accompagnarlo nel suo percorso di apprendimento.
13 All’Agenzia Scuola, ex IRRE del Veneto, che ne ha curato progettazione e realizzazione sulla base
di appositi Protocolli d’intesa, sono stati affidati due specifici monitoraggi in profondità: il primo,
nell’a.s. 2005-2006, rivolto a un numero ridotto di scuole, prende in esame, come indicatore di qua-
lità, l’equivalenza formativa attraverso quattro livelli di realizzazione: organizzativo, di progettazione
dell’attività, di progettazione dei contesti di apprendimento e di competenze promosse. Il secondo,
realizzato nell’a.s. 2006-2007, mira ad un’azione di analisi della pratica tesa a comprendere la valenza
formativa delle esperienze realizzate dagli studenti nei contesti di lavoro. Vengono analizzate le azioni
messe in atto dai Tutor, interni ed esterni nonché le pratiche reali svolte dallo studente nei contesti
di lavoro. Inoltre, vengono ideati e realizzati laboratori di progettazione condivisa di supporto alla
programmazione dell’attività che vedono il coinvolgimento attivo di tutti gli attori coinvolti nella realiz-
zazione dell’Alternanza: Studenti, Docenti, Dirigenti scolastici, Tutor interni e Tutor esterni, genitori.
27
sciuto dagli studenti e anche dalle famiglie all’esperienza, dall’altro un disagio che
riaffiora in modo più o meno significativo, come risultato della difficoltà di compiere
una vera integrazione tra programmazione scolastica ed esperienza in contesto la-
vorativo perché l’apprendimento dall’esperienza talvolta è percepito come un osta-
colo alla programmazione scolastica (Focchiatti R. 2007a). Significativa è, inoltre,
l’esigenza sottolineata da studenti e genitori nel corso dei focus group realizzati
all’interno del monitoraggio condotto dall’IRREV nell’a.s. 2005-2006 (ibidem, 144)
di ripensare la progettazione garantendo spazi di riflessione e di confronto sulle pra-
tiche sperimentate in modo da accompagnare il percorso favorendo un processo di
autoriflessione da parte dei soggetti implicati nell’esperienza.
È legittimo chiedersi come e quanto abbiano inciso e possano incidere, allora, le
azioni di sistema, in particolare le azioni formative rivolte ai Tutor e ai Referenti
d’Istituto e l’esperienza dei Tutor interaziendali, voluti dal Tavolo per favorire un am-
pliamento della funzione tutoriale, un incremento della comunicazione tra sistema
economico e sistema scolastico, in particolare nelle microimprese in cui le dimen-
sioni dell’azienda possono rendere difficoltosa l’efficace realizzazione delle pratiche
di progettazione e valutazione connesse ad una corretta realizzazione dell’esperien-
za.
Sulla base dei dati raccolti al termine dei corsi di formazione realizzati negli ultimi tre
anni scolastici, la formazione “di base”, rivolta ai Tutor neofiti risulta efficace rispet-
to alle indicazioni che ha fornito in merito alla funzione tutoriale e alle competenze
necessarie per esercitarla adeguatamente, alla revisione del progetto di scuola in
una prospettiva di miglioramento, all’approfondimento dello scenario culturale e
normativo in cui si collocano i rapporti tra scuola e lavoro.
Piuttosto articolata risulta, invece, la valutazione espressa sull’apporto che il corso
ha fornito rispetto alla capacità dei Tutor di incidere sulle condizioni organizzative
interne alla scuola in relazione all’attuazione di compiti che richiedono necessa-
riamente l’attivazione di collaborazioni, sia interne che esterne, la condivisione, il
coordinamento di azioni e ruoli.
I temi relativi agli aspetti progettuali e organizzativi ricevono, comunque, il mag-
gior apprezzamento sul piano dell’interesse suscitato e dell’utilità percepita. Tra le
tematiche considerate prioritarie da affrontare compaiono sistematicamente nelle
prime posizioni le competenze (definizione, articolazione, verifica), l’organizzazione
(collaborazione, mondo del lavoro, ruoli, tutor), la valutazione (processo, oggetti,
strumenti).
Per quanto riguarda i risultati dei corsi rivolti ai Tutor esperti, che negli ultimi due
anni in modo generalizzato si sono incentrati su attività di laboratorio finalizzate al
“lavorare per competenze”, le valutazioni espresse rispetto al supporto effettivo for-
nito dal corso, in termini in informazioni e indicazioni, alla realizzazione degli obiet-
tivi operativi dell’azione formativa, tendono a diminuire se si passa da operazioni
ancora di tipo teorico, o comunque di natura concettuale/classificatoria, ad azioni
che richiedono una più diretta realizzazione operativa in contesto. Va notato, inoltre,
che si registra una maggiore diversificazione dei pareri espressi dai partecipanti in
merito agli aspetti che richiedono una realizzazione operativa.
È interessante notare come, mentre è ampiamente positivo il giudizio espresso sul-
l’efficacia del corso nel fornire competenze tecniche per operare effettivamente in
28
modo da strutturare percorsi per competenze, più basso risulti il giudizio sull’effica-
cia del corso nel rendere i partecipanti capaci di coinvolgere i colleghi nella struttu-
razione operativa del percorso.
Infine, alla domanda che indaga la percezione che i partecipanti, alla fine del corso,
hanno della propria effettiva capacità di realizzare a scuola un percorso di Alternan-
za scuola lavoro centrato realmente sull’acquisizione di competenze, più della metà
dei docenti ritiene di essere in grado di realizzarlo, a condizione che un esperto
assicuri in itinere consulenza/supervisione.
La questione di fondo sembra essere il tema della trasferibilità, non tanto sul piano
delle competenze individuali quanto in relazione alla messa in atto di tali competen-
ze all’interno di un contesto organizzativo di cui si colgono le difficoltà relazionali e
organizzative.
La stessa esperienza dei Tutor interaziendali14, progettata come azione a supporto
del mondo del lavoro, fa emergere, durante il primo anno di attività, la necessità
che il Tutor interaziendale svolga la propria azione anche a sostegno delle scuole
che realizzano i progetti di Alternanza e contribuisca, ad esempio, alla definizione
di strumenti condivisi a livello provinciale e/o regionale; va ricordato, comunque,
che il Tutor interaziendale nasce come figura di sostegno alle aziende che facilita
il raccordo e la comunicazione tra scuola e azienda, ma che deve, soprattutto, mi-
rare a realizzare strategie di sensibilizzazione e di sostegno al coinvolgimento delle
imprese, in particolare piccole e piccolissime. Pur nella diversificazione delle espe-
rienze realizzate e nella diversa efficacia e consistenza raggiunta dalla presenza dei
Tutor interaziendali nelle diverse province, il lavorare per competenze emerge come
garanzia della possibilità di costruire un terreno comune di comunicazione fra le due
realtà della scuola e del lavoro.
L’organico collegamento tra istituzioni scolastiche, mondo del lavoro, società civile
passa attraverso una ristrutturazione complessiva del modo di fare scuola:
• solo una progettazione degli apprendimenti per competenze può effettivamente
realizzare quel curricolo organico in cui le esperienze non devono faticosamente
fare i conti con il tempo sottratto alle discipline;
• solo in tale direzione possono trovare una soluzione teorica e operativa le que-
stioni dell’equivalenza formativa, della valutazione e della certificazione delle
competenze.
In tale prospettiva è forse possibile ripensare in senso proprio anche il ruolo “orien-
tativo” dei percorsi ASL e IFS: quanto tempo, spazio di attività, riflessione sono de-
dicati nel percorso ai temi connessi alla transizione al lavoro (assunzione di un ruolo
lavorativo, adattamento, prospettiva temporale, capacità di pianificazione)?
Si tratta di cambiamenti che richiedono, da un lato, quadri di riferimento chiari e,
dall’altro, strategie di intervento plurime, articolate e non episodiche.
14 L’esperienza regionale dei “Tutor interaziendali”, che ha avuto avvio con DGR n. 120 del 16 maggio
2006, ha alla base la funzione tutoriale applicata, per così dire, al rapporto tra mondo scolastico e
mondo del lavoro, al sistema educativo in senso lato. Il concetto di “Tutor interaziendale” presup-
pone che il mondo del lavoro acquisisca la consapevolezza di avere tra le sue funzioni anche quella
educativa. Il Tutor interaziendale contribuisce allo sviluppo di questa consapevolezza e favorisce la
comunicazione tra il sistema economico ed il sistema scolastico.
29
I rischi ricorrenti connessi ad una permanente concezione della separazione dei
saperi, della loro gerarchizzazione, della centralità del programma piuttosto che
della persona e dell’apprendimento possono essere affrontati con azioni di forma-
zione che utilizzino, a partire dalle esperienze e dal livello di consapevolezza e di
condivisione maturati nelle diverse situazioni, forme diverse di intervento di tipo la-
boratoriale e di tipo consulenziale. D’altro canto, occorre proseguire nel percorso di
crescita della consapevolezza, da parte delle imprese e degli enti, del proprio valore
e della propria intenzionalità formativa.
Se l’Alternanza costituisce occasione privilegiata per ripensare l’organizzazione del
curricolo, in quanto metodologia didattica innovativa che valorizza l’aspetto forma-
tivo dell’esperienza pratica, essa acquisisce una forte valenza strategica solo se
strettamente collegata ad un processo educativo costantemente orientato a svilup-
pare la cittadinanza attiva.
La Tabella seguente illustra la progressiva estensione dell’esperienza nel Veneto
dopo il biennio sperimentale 2003-2005:
Istituti con progetti ASL Istituti con Progetti IFS
progetti ASL Progetti IFS
2005-2006 49 49 15 15
2006-2007 76
76
24 24 (a cui si aggiungono 6
progetti personalizzati)
2007-2008 86 105 25 25
2008-2009 94 122 26 28
30
2. Didattica delle competenze per una formazione efficace
Franca Da Re
Il concetto di competenza e lo scenario europeo
Il concetto di competenza, come la maggioranza dei concetti che fanno capo alle
scienze umane e sociali, non è monosemico ed è stato utilizzato nel tempo con
valenze e sfumature semantiche differenti, a seconda del momento, del contesto,
delle teorie di riferimento.
E’ interessante rilevare come negli ultimi decenni l’interesse per le competenze si
sia sviluppato in diversi settori, dall’economia alla gestione aziendale, dalla psicolo-
gia alla formazione, educazione e istruzione, fino alla politica.
Vi sono diverse ragioni per cui sempre più l’interesse degli studiosi si è focalizzato
sulla competenza:
a. nella società post-industriale il lavoro è mutato rispetto al passato, caricandosi
sempre di più di contenuti di conoscenza, mentre si va contraendo l’aspetto me-
ramente manuale ed esecutivo;
b. aumenta e riveste sempre maggiore importanza l’aspetto “immateriale” del lavo-
ro, non tanto legato allo svolgimento della mansione specifica, che del resto ten-
de ad avere confini sempre più sfumati, quanto ad altri fattori, come le relazioni
interne ed esterne, la comunicazione, le capacità metodologiche e strategiche,
la responsabilità individuale, la condivisione dei valori aziendali;
c. la crescente globalizzazione del lavoro e delle relazioni economiche, con la con-
seguente alta mobilità delle persone determina la necessità di reperire strumenti
di “comunicazione” dei saperi e saper fare delle persone diversi dai soli titoli di
studio o dai curriculum, che poco sono in grado di documentare ciò che realmen-
te le persone sanno e sanno fare;
d. la maggiore mobilità delle persone anche all’interno del mercato del lavoro inter-
no, da azienda ad azienda, da posto a posto, determina la necessità di valutare il
potenziale umano per indirizzare, orientare, qualificare e riqualificare la manodo-
pera;
e. nell’ambito della formazione e dell’istruzione, si constata che l’apprendimento
fondato su semplici conoscenze e saperi procedurali conseguiti mediante ap-
plicazione ed esercitazioni non garantiscono la formazione di atteggiamenti fun-
zionali alle richieste della vita e del lavoro, in particolare per quanto riguarda la
capacità di problem solving, di assumere iniziative autonome flessibili, di mobi-
litare i saperi per gestire situazioni complesse e risolvere problemi. Sempre più
l’insegnamento basato sulla trasmissione del sapere genera negli studenti demo-
tivazione, estraneità e disamore per lo studio, anche in considerazione dell’im-
portanza e rilevanza che assumono i saperi informali e non formali che i giovani
realizzano fuori di scuola, attraverso le esperienze extrascolastiche, di relazione,
i mass-media.
Il concetto di competenza, l’apprendimento di competenze, l’esercizio della com-
petenza, con i significati sempre più legati alla realizzazione personale che esso
assume, sembra venire incontro alle mutate esigenze della società. Da qui il grande
interesse dell’impresa, della formazione, dell’economia, degli Stati per la questio-
ne.
31
Vediamo di seguito alcune definizioni che nel tempo gli studiosi hanno dato del
concetto di competenza, in contesto strettamente lavorativo o più ampio1:
1. La competenza [può essere concepita] come un insieme articolato di elementi:
le capacità, le conoscenze,le esperienze finalizzate.
La capacità in termini generali può essere definita come la dotazione personale
che permette di eseguire con successo una determinata prestazione, quindi la
possibilità di riuscita nell’esecuzione di un compito o, in termini più vasti, di una
prestazione lavorativa.
L’esperienza finalizzata consiste nell’aver sperimentato particolari attività lavorati-
ve, o anche extralavorative,che hanno consentito di esercitare, provare, esprime-
re le capacità e le conoscenze possedute dalla persona.
(WILLIAM LEVATI, MARIA V. SARAÒ, Il modello delle competenze, Franco Angeli,
1998)
2. La competenza, cioè un mix, specifico per ciascun individuo, di abilità nel senso
stretto del termine,acquisita attraverso la formazione tecnica e professionale, di
comportamento sociale, di un’attitudine al lavoro di gruppo, e d’iniziativa e dispo-
nibilità ad affrontare rischi.
(J. DELORS, Learning: The treasure within, Unesco, Paris, 1996 (trad. it. Nel-
l’educazione un tesoro.Rapporto all’UNESCO della Commissione Internazionale
sull’Educazione per il Ventunesimo Secolo, Roma, Armando Editore, 1997).
3. Competenze: l’insieme delle conoscenze, delle abilità tecniche, cognitive e rela-
zionali messe in atto nell’esercizio appropriato di attività o compiti lavorativi.
Per competenze tecniche si intendono quelle associate ad un repertorio di pro-
cedure operative, richiedono esercizio, memorizzazione, discernimento fra situa-
zioni predefinite, ecc.
Per competenze cognitive si intendono quelle associate al problem setting/sol-
ving, sono capacità lavorative riguardanti la diagnosi, la presa di decisione, la
valutazione di conseguenze, ecc.
Per competenze relazionali si intendono quelle associate al comunicare, coope-
rare, motivare; sono capacità di gestione delle interazioni lavorative con gli altri
soggetti del proprio role-set.
(REGIONE EMILIA ROMAGNA, Glossario dei termini utilizzati nei documenti di
lavoro elaborati per la predisposizione delle politiche formative, 1997).
4. Le competenze sono dei repertori di comportamenti che alcune persone go-
vernano meglio di altre, il che le rende efficaci in una certa situazione data. Tali
comportamenti sono osservabili nella realtà quotidiana del lavoro e, ugualmente,
in situazione test. Esse mettono in opera, in modo integrato,attitudini, tratti di
personalità e conoscenze acquisite. Le competenze rappresentano dunque un
trait d’union fra le caratteristiche individuali e le qualità richieste per condurre con
1 Le definizioni riportate sono tratte da materiali ISFOL citati in “Competenza e Competenze. Quadro
di riferimento” materiali di lavoro a cura di Italia Forma, 2004
32
successo una missione professionale precisa.
(CLAUDE LEVY-LEBOYER, La gestion des compétences, Paris, Les Editions
d’Organisation.)
5. Competenza: la capacità di mettere in atto, in situazione di lavoro, un compor-
tamento conforme agli standard richiesti. Il concetto di competenza incorpora
la padronanza di significative skill e conoscenze tecniche e l’abilità di applicare
tali skill e conoscenze al fine di risolvere problemi e rispondere alle contingenze,
nonché l’abilità di trasferirle a nuove situazioni nel contesto occupazionale.
(INVESTORS IN PEOPLE UK, The Investors in People Standard, London, 1996.)
6. Le competenze sono costituite dall’attitudine individuale e, al limite, soggettiva,
di utilizzare le proprie qualificazioni, i propri saper fare e le proprie conoscenze al
fine di raggiungere un risultato. Infatti, non esistono competenze «oggettive», tali
da poter essere definite indipendentemente dagli individui nei quali esse si incar-
nano. Non ci sono le competenze in sé, ci sono soltanto le persone competenti.
(OCDE, Qualifications et compétences professionnelles dans l’enseignement te-
chnique et la formation professionnelle. Évaluation et certification, Paris, OCDE,
1966)
7. Una caratteristica intrinseca di un individuo causalmente collegata ad una perfor-
mance eccellente in una mansione. [La competenza] si compone di motivazioni,
tratti, immagine di sé, ruoli sociali, conoscenze e abilità.
SPENCER L.M., SPENCER M.S.. Competence at work Wiley, New York (trad.it.
Competenza nel lavoro, Angeli, Milano, 1995)
8. Da: COMMISSIONE EUROPEA, Libro Bianco «Insegnare e apprendere - Verso la
Società cognitiva», Bruxelles, 1994.
Qui si utilizzano i termini attitudine e conoscenza come sinonimi di competen-
za. Dopo aver definito la conoscenza come «un’accumulazione di conoscenze
fondamentali, di conoscenze tecniche e di attitudini sociali» ed aver asserito che
«la combinazione equilibrata di queste conoscenze [...] offre all’individuo la cono-
scenza generale e trasferibile più propizia all’occupazione», il testo prosegue:
Le conoscenze tecniche sono le competenze che permettono la più netta iden-
tificazione con un mestiere e possono essere acquisite in parte tramite il sistema
educativo e la formazione professionale e in parte in seno all’impresa. Esse hanno
subito notevoli cambiamenti per via delle nuove tecnologie dell’informazione e
pertanto una loro identificazione con il mestiere è oggi meno netta.
Alcune di tali conoscenze, le «competenze chiave», si ritrovano alla base di nume-
rosi mestieri e rivestono quindi un’importanza fondamentale per poter cambiare
lavoro»
Le attitudini sociali riguardano le capacità relazionali, il comportamento sul lavoro
e tutta una serie di competenze che corrispondono al livello di responsabilità
occupato: la capacità di cooperare e di lavorare in gruppo, la creatività, la ricerca
della qualità....
L’attitudine di un individuo al lavoro, la sua autonomia, la sua capacità di adatta-
33
mento sono legate al modo in cui saprà combinare queste varie conoscenze e
farle evolvere. L’individuo diventa il protagonista e l’artefice principale delle pro-
prie qualifiche: egli è capace di combinare le competenze trasmesse dalle istitu-
zioni formali con le competenze acquisite grazie alla sua pratica professionale e
alle sue iniziative personali in materia di formazione.
9. La competenza non è uno stato od una conoscenza posseduta. Non è riducibile
né a un sapere, né a ciò che si è acquisito con la formazione. [...] La competenza
non risiede nelle risorse (conoscenze, capacità, ...) da mobilizzare, ma nella mo-
bilizzazione stessa di queste risorse. [...]. Qualunque competenza è finalizzata (o
funzionale) e contestualizzata: essa non può dunque essere separata dalle proprie
condizioni di «messa in opera». [...] La competenza è un saper agire (o reagire)
riconosciuto. Qualunque competenza, per esistere, necessita del giudizio altrui.
(G. LE BOTERF, De la compétence, Paris, Les éditions d’Organisation, 1994).
Ha suscitato grande interesse anche il cosiddetto “modello ISFOL delle competen-
ze” (ISFOL, 1998) che sviluppava il concetto di competenza in una tripartizione di:
• competenze di base: competenze nella lingua madre e nella lingua straniera,
informatica, competenze scientifiche e matematiche, problem solving…
• competenze professionali, più strettamente legate a contesti specifici professio-
nali (tecnologiche, commerciali, giuridiche…)
• competenze trasversali, identificate come: diagnosticare, relazionarsi, affrontare
Da tutte queste definizioni emerge chiaramente una considerazione importante: la
competenza è una integrazione di conoscenze (sapere), abilità (saper fare), capaci-
tà metacognitive e metodologiche (sapere come fare, trasferire, generalizzare, ac-
quisire e organizzare informazioni, risolvere problemi), capacità personali e sociali
(collaborare, relazionarsi, assumere iniziative, affrontare e gestire situazioni nuove e
complesse, assumere responsabilità personali e sociali …).
Tuttavia vi è stata un’interessante evoluzione nel tempo del concetto, visibile nelle
definizioni che abbiamo riportato:
1) la visione di chi concepisce la competenza come una somma di parti (conoscen-
ze, abilità, capacità) e quindi pone ad oggetto di cura i frammenti (conoscenze,
abilità, capacità) e non il tutto;
2) la visione di chi concepisce la competenza come performance, quindi è un re-
quisito dell’organizzazione e non della persona, e tende a costruire “dizionari di
competenze” di matrice neo-tayloristica (più evidente nell’approccio britannico);
3) la visione di chi concepisce la competenza come l’atto della mobilitazione effica-
ce e valutata/validata della persona di fronte a problemi (OCDE, Le Boterf).
Potremmo annoverare il modello ISFOL tra il primo ed il secondo approccio, mentre
la prospettiva che ispira l’ EQF (si veda più avanti) sposa la terza visione, che po-
tremmo definire antropologica e sociale, ben evidenziata da Le Boterf.
34
Quest’ultima visione, che è quella che ci trova maggiormente concordi, descrive il
passaggio dalle competenze alla competenza e dai tre savoir (sapere, saper fare
e saper essere) all’unico sapere agire (e reagire). In quest’ottica, non esiste com-
petenza senza la co-presenza di tutti questi fattori. La competenza viene intesa
quindi come la mobilitazione di conoscenze, abilità e risorse personali, per risolvere
problemi, assumere e portare a termine compiti in contesti professionali, sociali, di
studio, di lavoro, di sviluppo personale, un “sapere agito”. Sempre più si parla di
“competenza”, piuttosto che di “competenze”. Si veda a questo proposito la defini-
zione n. 6 dell’OCDE: “Non ci sono le competenze in sé, ci sono soltanto le persone
competenti”. Ciò significa che la competenza è una risorsa personale pervasiva,
impiegabile dalla persona in tutte le manifestazioni della propria vita.
Ciò che rende la competenza tanto potente e la distingue dalle conoscenze e dal-
le abilità prese da sole è l’intervento e l’integrazione con le risorse e le capacità
personali. Il fatto che la persona sappia mobilitare conoscenze e abilità attraverso
l’impiego di capacità personali le permette di generalizzare a contesti differenti il
modello d’azione; le permette inoltre di reperire conoscenze e abilità nuove di fronte
a contesti che mutano, alimentando e accrescendo la competenza stessa.
Dalla metà degli anni ’90, anche l’Unione Europea si è sempre più interessata alle
competenze, ritenendole centrali per l’istruzione, l’educazione, la formazione per-
manente, il lavoro, nella prospettiva della valorizzazione del “capitale umano” come
fattore primario dello sviluppo. Nelle Conclusioni ai lavori di Lisbona del Parlamento
Europeo del 2000, si indicano già alcune strade da percorrere, tra le altre
a. definizione delle competenze chiave europee per l’esercizio della cittadinanza
attiva;
b. obiettivi di innalzamento dei livelli di istruzione e di allargamento dell’educazione
permanente;
c. il riconoscimento degli apprendimenti non formali e informali, nel quadro dell’ap-
prendimento formale.
In tutti i documenti successivi questi concetti sono stati ripresi e approfonditi. Nella
Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 maggio 2004 si
insiste ancora maggiormente sulla questione del riconoscimento degli apprendi-
menti informali e informali, affermando che essi contribuiscono a buon diritto, come
quelli formali, a costruire la competenza; nella Raccomandazione del 18 dicembre
2006 vengono enunciate in maniera definitiva le otto competenze chiave per la cit-
tadinanza europea. Recita il documento nel suo Allegato:
“Le competenze sono definite in questa sede alla stregua di una combinazione di
conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto. Le competenze chiave sono
quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la citta-
dinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. Il quadro di riferimento delinea
otto competenze chiave:
1) comunicazione nella madrelingua;
2) comunicazione nelle lingue straniere;
3) competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;
35
4) competenza digitale;
5) imparare a imparare;
6) competenze sociali e civiche;
7) spirito di iniziativa e imprenditorialità;
8) consapevolezza ed espressione culturale.
Le competenze chiave sono considerate ugualmente importanti, poiché ciascuna di
esse può contribuire a una vita positiva nella società della conoscenza. Molte delle
competenze si sovrappongono e sono correlate tra loro: aspetti essenziali a un am-
bito favoriscono la competenza in un altro. La competenza nelle abilità fondamentali
del linguaggio, della lettura, della scrittura e del calcolo e nelle tecnologie dell’infor-
mazione e della comunicazione (TIC) è una pietra angolare per l’apprendimento, e
il fatto di imparare a imparare è utile per tutte le attività di apprendimento. Vi sono
diverse tematiche che si applicano nel quadro di riferimento: pensiero critico, crea-
tività, iniziativa, capacità di risolvere i problemi, valutazione del rischio, assunzione
di decisioni e capacità di gestione costruttiva dei sentimenti svolgono un ruolo im-
portante per tutte e otto le competenze chiave”.
La Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008
definisce il Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF). Nel Documento viene racco-
mandato - tra le altre cose - ai Paesi membri:
1. di usare l’EQF come strumento di riferimento per confrontare i livelli delle qua-
lifiche dei diversi sistemi nazionali e per promuovere sia l’apprendimento per-
manente sia le pari opportunità nella società basata sulla conoscenza, nonché
l’ulteriore integrazione del mercato del lavoro europeo, rispettando al contempo
la ricca diversità dei sistemi d’istruzione nazionali;
2. di rapportare i loro sistemi nazionali delle qualifiche al Quadro europeo delle qua-
lifiche entro il 2010, in particolare collegando in modo trasparente i livelli delle
qualifiche nazionali ai livelli di cui all’allegato II e, ove opportuno, sviluppando
quadri nazionali delle qualifiche conformemente alla legislazione e alle prassi na-
zionali;
3. di adottare misure, se del caso, affinché entro il 2012 tutti i nuovi certificati di
qualifica, i diplomi e i documenti Europass rilasciati dalle autorità competenti con-
tengano un chiaro riferimento - in base ai sistemi nazionali delle qualifiche - all’ap-
propriato livello del Quadro europeo delle qualifiche;
4. di adottare un approccio basato sui risultati dell’apprendimento nel definire e
descrivere le qualifiche e di promuovere la convalida dell’apprendimento non for-
male e informale, secondo i principi europei comuni concordati nelle conclusioni
del Consiglio del 28 maggio 2004, prestando particolare attenzione ai cittadini più
esposti alla disoccupazione o a forme di occupazione precarie, per i quali tale ap-
proccio potrebbe contribuire ad aumentare la partecipazione all’apprendimento
permanente e l’accesso al mercato del lavoro.
Quello che particolarmente ci interessa è che nella Raccomandazione del 23 aprile
2008 sull’EQF viene data una definizione di competenza che, data l’autorevolezza
dell’Organismo che la formula, può permetterci di accantonare tutte le ambiguità
36
semantiche e concettuali connesse alla polisemia del termine. Ci si può comunque
riferire alla definizione europea anche per la ricchezza e profondità contenute nella
definizione. I risultati dell’apprendimento, nella definizione europea, sono costituiti
in termini di conoscenze, abilità, competenze. Ciascuno di questi concetti viene
definito:
• «conoscenze»: risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendi-
mento. Le conoscenze sono un insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative
ad un settore di lavoro o di studio. Le conoscenze sono descritte come teoriche
e/o pratiche;
• «abilità»: indicano le capacità di applicare conoscenze e di utilizzare know-how
per portare a termine compiti e risolvere problemi. Le abilità sono descritte come
cognitive (comprendenti l’uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) o pratiche
(comprendenti l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti);
• «competenze»: comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità
personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello svi-
luppo professionale e personale. Le competenze sono descritte in termini di
responsabilità e autonomia.
La competenza, quindi, è comprovata capacità di mobilitare conoscenze e abilità,
ma anche capacità personali, sociali e metodologiche in tutte le situazioni di vita:
lavoro, studio, sviluppo personale, per gestire situazioni, risolvere problemi, affron-
tare compiti, relazionare. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una definizione
per la persona competente. Ciò che è più rilevante, però, è che che le dimensioni
che sostanziano la competenza, ciò che distingue la persona competente, sono la
responsabilità e l’autonomia.
E’ una definizione che assume un significato profondamente etico, se la colleghia-
mo a tutto il panorama di documenti europei che dall’inizio del millennio si sono
occupati di capitale umano, di formazione, di educazione.
C’è un filo conduttore in tutti i documenti:
• l’Europa – nel contesto della “società e dell’economia della conoscenza” - ha bi-
sogno di cittadini che acquisiscano lungo tutto l’arco della vita sempre maggiori
conoscenze, abilità, competenze, per contribuire al proprio sviluppo personale e
a quello della Comunità;
• vengono definite otto competenze chiave che sono necessarie per esercitare
la cittadinanza attiva e che devono essere perseguite per tutto l’arco della vita:
rileviamo che tra queste vi sono competenze metacognitive, comunicative, so-
cio-relazionali, di costruzione dell’identità sociale e culturale;
• nel quadro comune delle qualifiche e dei titoli, si invitano i Paesi membri a per-
seguire nei percorsi di educazione permanente, sempre maggiori risultati di ap-
prendimento in termini di conoscenze, abilità, competenze. Le competenze sono
definite come la capacità di mobilitare conoscenze, abilità, capacità personali, in
termini di responsabilità e autonomia.
La cittadinanza attiva, dunque, si concretizza nell’esercizio dell’autonomia, che non
può essere disgiunta dalla responsabilità.
I sistemi di educazione, istruzione e formazione sono chiamati ad un compito altis-
37
simo, in particolare quelli che si occupano dei giovani. Non esiste apprendimento
significativo che non si iscriva nella prospettiva della competenza. Il fine dell’istru-
zione e dell’educazione è la competenza; dato che la sostanza, il motore della com-
petenza sono le capacità personali, sociali, metodologiche, l’esercizio dell’autono-
mia e della responsabilità, è ovvio che non può esistere un modello di istruzione
che non si assuma compiti educativi. L’assunzione di autonomia e responsabilità
implica che la persona assimili e integri dentro di sé i valori condivisi, la cura e
l’attenzione per l’altro e per l’ambiente, l’adesione alle norme di convivenza, il loro
rispetto non per timore della sanzione, ma per comprensione del loro valore di patto
sociale. Questo esige che tutti coloro che sono impegnati nell’educare e nell’istrui-
re, qualunque sia la disciplina di insegnamento, lavorino in coerenza e collaborazio-
ne verso i comuni traguardi.
La competenza come chiave di lettura delle esperienze di innovazione della
didattica
Nel campo didattico, il concetto di competenza ha una valenza molto potente per
quanto riguarda l’atteggiamento docente verso l’alunno e verso le metodologie.
Se la competenza presuppone l’integrazione di abilità e conoscenze tecniche con
capacità personali, relazionali, metodologiche, è evidente che la didattica non può
limitarsi alla trasmissione del sapere e alla sua applicazione “addestrativa”, come
l’atteggiamento del docente non può esaurirsi nell’istruire, senza occuparsi del-
l’educazione delle capacità personali. Se competenza è “sapere agito”, capacità di
agire per modificare la realtà, la didattica deve offrire all’allievo occasioni di risol-
vere problemi e assumere compiti e iniziative autonome, per apprendere attraverso
l’esperienza e per rappresentarla attraverso la riflessione.
Insegnare per competenze significa esplicitare il significato dell’istruzione. Pren-
diamo ad esempio la prima delle competenze chiave europee: “Comunicare nella
madrelingua”. Essa non è stata formulata come “padroneggiare la madrelingua”;
padroneggiare la madrelingua implica certamente una serie di conoscenze lingui-
stiche e metalinguistiche, abilità di utilizzare la lingua orale, di leggere, di scrivere e
organizzare il testo, di maneggiare i registri, di individuare gli scopi e le funzioni dei
messaggi, di articolare il lessico. Più sono fini queste conoscenze e queste abilità,
più la padronanza della madrelingua è approfondita, quindi senza dubbio esse van-
no insegnate con estrema cura. Alla fine, però, a che serve padroneggiare finemente
la madrelingua se non a comunicare, a relazionare, a mediare significati? Insegnare
la madrelingua significa quindi perseguire la competenza del comunicare. In questa
prospettiva, elementi come i registri comunicativi, gli scopi e le funzioni della lingua,
le tipologie testuali assumono un significato più profondo di quello eminentemente
tecnico, poiché sono elementi che servono a modulare la comunicazione rispetto
agli interlocutori, agli scopi, ai contesti.
La Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre
2006 a proposito di questa competenza conclude:
“Un atteggiamento positivo nei confronti della comunicazione nella madrelingua
comporta la disponibilità a un dialogo critico e costruttivo, la consapevolezza delle
qualità estetiche e la volontà di perseguirle nonché un interesse a interagire con gli
38
altri. Ciò comporta la consapevolezza dell’impatto della lingua sugli altri e la neces-
sità di capire e usare la lingua in modo positivo e socialmente responsabile”.
Le stesse considerazioni valgono ovviamente per la competenza “Comunicare nelle
lingue straniere”.
Prendiamo in esame l’ottava competenza “Consapevolezza ed espressione cultu-
rale” e come viene definita dal Documento europeo:
“… La conoscenza culturale presuppone una consapevolezza del retaggio culturale
locale, nazionale ed europeo e della sua collocazione nel mondo. Essa riguarda una
conoscenza di base delle principali opere culturali, comprese quelle della cultura
popolare contemporanea. È essenziale cogliere la diversità culturale e linguistica in
Europa e in altre parti del mondo, la necessità di preservarla e l’importanza dei fattori
estetici nella vita quotidiana. …
Una solida comprensione della propria cultura e un senso di identità possono costi-
tuire la base di un atteggiamento aperto verso la diversità dell’espressione culturale
e del rispetto della stessa. Un atteggiamento positivo è legato anche alla creatività e
alla disponibilità a coltivare la capacità estetica tramite l’autoespressione artistica e
la partecipazione alla vita culturale.”
Ci rendiamo conto che l’ insegnamento della storia, della geografia, delle arti e della
letteratura assumono in quest’ottica una valenza importantissima: insegniamo agli
alunni le conoscenze e le abilità tecniche per fruire e produrre opere artistiche e
letterarie; studiamo la storia e le trasformazioni che l’uomo ha operato nelle proprie
strutture di civiltà e nel proprio territorio, ma tutto ciò nella prospettiva dell’identità
sociale e culturale. Il patrimonio umanistico dato dalla storia, dalle arti, dalla lette-
ratura assume il significato di collocare l’allievo rispetto alla storia personale, della
propria famiglia, del proprio Paese e di consegnargli il patrimonio culturale della
propria civiltà, oltre che mettergli a disposizione gli strumenti per leggere, interpre-
tare, accogliere i contributi di civiltà diverse. In questa prospettiva verranno scelti e
trattati i contenuti perché diventino significativi e concorrano a costruire conoscen-
ze, abilità, competenze.
Il significato dell’istruzione, oltre che essere chiaro per i docenti, va sempre espli-
citato agli allievi.
Perché conoscenze e abilità diventino “sapere agito”, capacità di incidere sulla
realtà, in una parola, “competenza”, è necessario che siano percepiti dagli allievi
come “vivi”, che abbiano un potere di seduzione, che sappiano appassionare tanto
da mobilitare quelle capacità personali che le trasformeranno in competenza. E’
necessario che la classe, il gruppo, passino da un atteggiamento riflettente (tipi-
co del processo di insegnamento/apprendimento tradizionale trasmissivo fatto di
spiegazione, esercitazione, studio individuale, ripetizione dei contenuti) ad un sa-
pere riflessivo, tipico dell’apprendimento per problemi, che elabora ipotesi, teorie,
modelli, a partire dall’esperienza.
Per fare questo è necessario:
• riformulare il curricolo, strutturandolo per indicatori di competenze, declinate a
loro volta in abilità, conoscenze, contenuti irrinunciabili;
39
• individuare livelli di padronanza per le competenze, sul modello dei diversi fra-
mework europei (framework delle lingue, PISA, EQF …);
• strutturare unità di lavoro sistematiche interdisciplinari e disciplinari centrate sulla
competenza che prevedano l’utilizzo di mediatori didattici differenti e prevedano
per l’allievo proposte didattiche ed esperienze diverse;
• organizzare i tempi, gli spazi, il gruppo classe per permettere la realizzazione delle
unità di lavoro programmate.
La didattica per competenze non è una sovrastruttura (ho sempre insegnato i con-
tenuti, le conoscenze, le abilità, adesso insegno anche le competenze): è un modo
differente di organizzare tutto l’insegnamento, è il perseguire la finalità dell’insegna-
mento e dell’apprendimento.
Alcuni studiosi sostengono che la competenza si può apprezzare solamente in con-
testo lavorativo o di vita, poiché solo là vi sarebbero i problemi veri su cui mobilitare
conoscenze, abilità, capacità personali e dimostrare il “sapere agito”. La conside-
razione ha un aspetto di verità, nel senso che la scuola è una sorta di laboratorio,
dove anche le esperienze concrete si applicano a situazioni “in vitro”, in qualche
modo simulate. Tuttavia anche a scuola è possibile strutturare situazioni in cui gli
allievi, in autonomia, in gruppo o individualmente, debbano assumere iniziative, rea-
lizzare compiti significativi, affrontare e gestire situazioni complesse.
La modalità organizzativa più verosimile, da questo punto di vista, è la cosiddet-
ta “unità di apprendimento”, che ha per obiettivo il conseguimento di una o più
competenze attorno alle quali viene costruita la “situazione pretesto” che richiede
all’alunno di portare a termine un compito ben preciso, con evidenze, produzioni,
progettualità, ecc.
L’unità di apprendimento vera e propria ha carattere interdisciplinare e presuppone
la progettazione e la gestione congiunte da parte di più docenti. E’ vero, d’altronde,
che i problemi concreti di esperienza richiedono l’apporto di saperi diversi e non
provenienti da una sola disciplina.
Potremmo portare ad esempio la richiesta agli allievi di progettare (e realizzare) in
autonomia un viaggio d’istruzione, dall’individuazione di una meta coerente con il
lavoro scolastico, alla strutturazione dettagliata del percorso, al reperimento del
mezzo di trasporto, delle guide ecc.; agli allievi di un Istituto Turistico si potrebbe
chiedere di progettare e realizzare un Convegno; agli allievi di un Istituto tecnico o
professionale per l’Industria di progettare e realizzare un manufatto, meglio ancora
se realmente commissionato da un partner esterno, corredato di specifiche tecni-
che e manuali di istruzione in più lingue...
E’ evidente che percorsi di lavoro di questo tipo esigono progettazione e gestione
onerose dal punto di vista del tempo e delle energie e non possono essere molte
durante l’anno. Da ciò si evince che l’unità di apprendimento non può essere l’unico
strumento attraverso il quale si percorre, si documenta, si valuta la competenza.
E’ l’impostazione del lavoro quotidiano, in tutte le discipline organizzata nella pro-
spettiva della competenza che fa la differenza.
L’utilizzo di mediatori didattici differenti consente già di differenziare le proposte
didattiche e coinvolgere alunni con diverse modalità di apprendimento:
• mediatori attivi: esercitazioni pratiche, costruzione di manufatti, esperimenti, visi-
te ...
40
• mediatori iconici: utilizzo di disegni, film, diapositive, foto, schemi, tabelle ...
• mediatori analogici: role playing, simulazioni, “mettersi nei panni di …”
• mediatori simbolici: i linguaggi formali a cui comunque dobbiamo arrivare per
rappresentare l’esperienza secondo i sistemi di simboli convenzionali (lingua,
matematica, linguaggi scientifici, musica, ecc.).
L’attenzione per gli apprendimenti non formali e informali già in possesso degli alun-
ni ci obbliga, prima di iniziare un qualsiasi nuovo percorso, a realizzare una sia pur
breve indagine, anche attraverso una conversazione, su ciò che gli alunni già sanno
dell’argomento. E’ altra cosa entrare in classe e dire: “Oggi vi spiego gli Egizi” o
invece: “Avete mai sentito parlare della civiltà degli antichi Egizi? Cosa ne sapete?”
La schematizzazione degli esiti della conversazione sarà messa a confronto con
uno schema, una scaletta, una mappa dell’argomento “formale”: la differenza costi-
tuirà già un fattore motivante per gli allievi che, pur consapevoli di essere in posses-
so di conoscenze che vengono riconosciute, si renderanno conto della possibilità
di approfondirle ulteriormente. Sempre nello stesso ambito, può essere posta una
richiesta all’alunno del tipo: “Studia gli usi funerari degli Egizi, la prossima settimana
ti interrogo”, oppure: “Tu sei il faraone Cheope e vuoi dare disposizioni per quando
sarai morto. Scrivi il suo testamento, con le istruzioni dettagliate da seguire”.
Altro compito più complesso potrebbe essere: “Esamina le cartine delle zone si-
smiche di una zona determinata della tua regione e, in considerazione degli inse-
diamenti umani presenti, redigi un essenziale piano di emergenza e di prevenzione
dei disastri collegati ai fenomeni”, o ancora: “Dato un territorio non antropizzato
con caratteristiche fisiche determinate, progetta una serie di insediamenti abitativi,
produttivi, turistici, commerciali nell’ottica dello sviluppo sostenibile”.
L’organizzazione del gruppo classe dovrebbe prevedere dei momenti in cui gli alun-
ni, in piccoli gruppi, conducono esperimenti, progettano e realizzano esperienze,
portano a termine compiti significativi.
Ciò non significa che non vi siano gli spazi della didattica usuale, fatta di spiegazio-
ni, esercitazioni, verifiche di conoscenze e di abilità; infatti abbiamo già ampiamente
detto che la competenza è fatta anche di conoscenze e abilità; tuttavia la competen-
za in senso stretto ha bisogno di teatri differenti dove dispiegarsi che non possono
essere che i luoghi della costruzione sociale dell’apprendimento e dell’esperienza
portata a rappresentazione attraverso la riflessione condotta insieme.
Alcuni insegnanti potrebbero obiettare che proposte di questo tipo vengono già
fatte agli allievi. A tale obiezione si può ribattere dicendo che una cosa è proporre
alcune esperienze episodiche di apprendimento in situazione, di ricerca, ecc., altra
è progettare un curricolo sistematico e intenzionale orientato sulle competenze,
dove tutta l’attività di insegnamento è organizzata in tal senso, dove l’insegnante
progetta delle occasioni strutturate nelle quali egli si limita a fare da regista, media-
tore e facilitatore di un apprendimento costruito direttamente dagli allievi.
L’Alternanza come occasione per l’innovazione della didattica
La normativa di riforma della scuola secondaria superiore (L.53/03; D.lgs 77/05)
introduce l’Alternanza Scuola Lavoro come modalità di organizzazione didattica
che l’allievo può scegliere per realizzare tutto o in parte il curricolo dei propri studi
secondari. L’Alternanza si configura come un apprendimento in situazione, però di-
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verso da altre esperienze come stage e tirocini, perché presuppone appunto, un’al-
ternanza tra lavoro e studio; in alternanza l’allievo lavora e acquisisce competenze
in contesto lavorativo, ma torna a scuola per ridefinire le competenze stesse, siste-
matizzarle dal punto di vista teorico-formale e soprattutto per riflettere sulla propria
esperienza e darle senso dal punto di vista personale.
In questo senso l’Alternanza realizza più di altre metodologie quell’apprendimento
per competenze in senso stretto che la definizione europea delinea: acquisizione
di conoscenze e abilità; capacità di utilizzarle; capacità di utilizzarle e trasferirle in
contesti diversi di esperienza, mobilitando attitudini personali e metodologiche tali
da adattarsi al contesto, ma anche da modificarlo e generare nuova conoscenza. La
scuola è il luogo dove l’esperienza viene progettata, calata sulle esigenze dei singoli
alunni, dove i docenti operano come registi, in sinergia con le aziende, per offrire
agli allievi la possibilità di “agire” il sapere, contestualizzarlo, acquisirne di nuovo.
L’Alternanza è uno dei luoghi, a ragione ritenuti fondamentali dai documenti euro-
pei, di apprendimento “non formale” in cui la competenza si genera. La scuola ha il
dovere di promuovere e assumere tale esperienza per attribuirvi senso e significato
e per consegnarla alla riflessione dell’allievo perché diventi non solo sapere tecnico,
ma patrimonio personale per la maturazione dell’identità.
Essa pone d’altro canto la scuola di fronte alla necessità di ridefinire le proprie pra-
tiche e organizzazioni:
• il tempo scuola, il tempo delle discipline;
• le strategie, le pratiche, gli strumenti didattici;
• la definizione del curricolo non solo come elenco di contenuti o al più di abilità,
ma di competenze vere e proprie e quindi con valenza multidisciplinare;
• la messa a punto di protocolli di “equivalenza formativa” tra percorsi condotti a
scuola e fuori di scuola;
• l’assunzione di criteri condivisi per la verifica e la valutazione delle competenze
siano esse state acquisite a scuola o fuori di scuola.
L’Alternanza quindi, con le sue pressanti esigenze organizzative, può divenire il vo-
lano per la ristrutturazione dell’intero curricolo e per la modificazione della didattica
nel senso delle competenze sia che si prevedano le esperienze in contesto lavora-
tivo sia che si operi solo a scuola.
Attraverso l’esperienza di alternanza si possono rimotivare gli alunni più in difficoltà,
valorizzando le competenze acquisite attraverso l’esperienza. Spesso, infatti, gli
alunni in difficoltà nella scuola, evidenziano problemi ad affrontare concetti, cono-
scenze, apprendimenti resi a livello astratto e simbolico, mentre sono in grado di
apprendere in contesti spiccatamente attivi ed esperienziali. Anche gli alunni che
non mostrano difficoltà scolastiche tornano comunque arricchiti dall’esperienza in
azienda, poiché possono mettere alla prova i propri talenti in un contesto diverso
che riveste ai loro occhi grande prestigio; tutti gli allievi, inoltre, in contesto lavo-
rativo hanno la possibilità di sperimentare in modo diverso le capacità relazionali
e sociali che anche la scuola richiede, ma che l’azienda riesce fare apparire più
cogenti.
Naturalmente l’Alternanza, che presuppone che via siano ragazzi che assolvono
tutto o parte del proprio diritto all’istruzione in contesto lavorativo, pone la non
secondaria questione dell’equivalenza formativa. Abbiamo fin qui argomentato dif-
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fusamente che l’apprendimento non avviene solo in contesto formale; che la com-
petenza, anzi nella sua dimensione propria fatta di autonomia e responsabilità, è
l’integrazione di conoscenze, abilità, esperienze, condotte a scuola, ma anche fuori
di scuola. Non basta. L’indicazione che viene dal documento tecnico sull’obbligo
d’istruzione, che delinea traguardi essenziali uguali per tutti i percorsi sia di istruzio-
ne che di formazione, pone il problema di riflettere sulla fondamentale distinzione
tra “contenuti” forniti, “conoscenze” acquisite e competenze raggiunte.
Facciamo un esempio: non necessariamente i contenuti che un docente di lettere
impartirà in un biennio di liceo saranno uguali a quelli che presenterà un docente in
un biennio di altro liceo o CFP, Istituto Professionale o Istituto Tecnico. Tuttavia, alla
fine del biennio agli alunni di uno qualsiasi di questi percorsi non si dovrà certificare
la conoscenza di questo o quell’autore, quanto piuttosto il livello di competenza
nella gestione della comunicazione nella madrelingua nei suoi aspetti della comuni-
cazione orale, intesa anche come utilizzo della lingua per la gestione efficace delle
relazioni interpersonali, della fruizione di testi scritti diversi, nella produzione di testi
scritti adatti a diversi contesti (sapere agito). E’ estremamente utile a questo pro-
posito, come abbiamo già detto, redigere rubriche con livelli di padronanza della
competenza per potere stabilire in che grado l’allievo ha conseguito la padronanza
stessa.
Stessa questione si pone per gli apprendimenti condotti in contesti non formali,
come l’Alternanza Scuola Lavoro, i tirocini, gli stage. Soprattutto nell’Alternanza
Scuola Lavoro, la scuola – in modo intenzionale e sotto la sua diretta regia – si pone
l’obiettivo di aiutare l’alunno a conseguire la piena competenza attraverso esperien-
ze, attività, condotte in contesto lavorativo. E’ ovvio che la valutazione degli esiti
non potrà essere fatta tanto sull’omogeneità di contenuti o di attività condotte a
scuola e fuori di scuola, quanto su conoscenze, abilità, capacità personali, sociali e
metodologiche, competenze individuate e analizzate a priori in sede di formulazione
del curricolo e di ideazione del progetto di Alternanza. Non è secondaria neppure
la questione su come valutare gli esiti: che peso dare alla valutazione del Tutor
aziendale? Come integrare nel giudizio globale gli esiti dell’esperienza di Alternanza
e quale peso darvi? Quali evidenze assumere nel verificare e valutare gli apprendi-
menti realizzati in Alternanza? Sono questioni ancora dibattute, che necessiteranno
di ulteriori riflessioni e scambi di esperienze tra docenti, tuttavia alcune considera-
zioni sono già possibili.
Non è giuridicamente sostenibile un “voto dell’Alternanza”, né esso sarebbe com-
patibile con lo spirito della stessa, che si propone di acquisire le medesime o co-
munque equivalenti competenze in contesto differente da quello scolastico formale,
ma sotto la regia della scuola stessa. L’Alternanza fa parte a tutti gli effetti del cur-
ricolo ordinario, quindi gli esiti dell’esperienza in contesto lavorativo vanno integrati
nella valutazione complessiva.
La strutturazione di una “mappa” di conoscenze, abilità, competenze da acquisire
in contesto lavorativo in modo da dare luogo ad apprendimenti equivalenti è più im-
mediata e realizzabile per quanto riguarda le abilità e le competenze più strettamen-
te tecnico-professionali. In numerosi progetti di scuola sono state individuate abilità
ritenute necessarie per il conseguimento di determinate competenze professionali
che la scuola, per ragioni diverse, non era in grado di dare, ma l’azienda sì; quindi
43
i docenti hanno chiaramente declinato la parte di programma che l’alunno avreb-
be potuto apprendere più proficuamente in contesto lavorativo (es. una particolare
lavorazione che la scuola non poteva proporre per mancanza delle necessarie at-
trezzature; procedure che solo in contesto reale possono realizzarsi e quindi essere
sperimentate dagli allievi ecc.).
Anche per quanto riguarda le lingue straniere, sono numerosi i compiti che si pos-
sono assumere in contesto lavorativo che possono chiamare in causa la disciplina:
corrispondenza orale e/o scritta con aziende o clienti di altri Paesi; redazione di
cataloghi, rapporti, manuali in lingue straniere ecc.
Più delicata, ma non irrisolvibile, è la questione per le discipline più legate al cur-
ricolo comune di base: lingua italiana, storia ecc. Sulla lingua italiana è appena il
caso di ricordare che essa è un metalinguaggio e che quindi le abilità linguistiche
si possono esercitare e affinare in tutti i contesti. La relazione comunicativa con
le persone, la redazione di corrispondenza, di relazioni, di istruzioni tecniche ecc.
chiamano sempre e comunque in causa la lingua italiana con la sua modulazione di
registro rispetto al contesto, agli interlocutori, allo scopo della comunicazione.
Per altre discipline non strettamente accomunabili all’esperienza di Alternanza, ri-
cordiamo la possibilità di intervenire nella flessibilità del curricolo per anticipare, po-
sticipare, riorganizzare i percorsi didattici a seconda della progettazione curricolare
del gruppo docente.
Tutto ciò comunque presuppone che il curricolo sia formulato per competenze,
abilità, conoscenze: solo così esso può essere articolato in moduli, unità di lavoro,
che possono contemplare attività a valenza equivalente tra scuola e contesto lavo-
rativo.
Non dimentichiamo inoltre che anche il tempo scuola, in questo quadro, può diven-
tare flessibile: se durante l’esperienza in contesto lavorativo si sono privilegiate at-
tività più strettamente collegate al conseguimento di apprendimenti in determinate
discipline, nei periodi di permanenza a scuola (prima o dopo le uscite in azienda) si
possono dedicare maggiori spazi alle altre.
Ultima considerazione: l’esperienza di Alternanza manifesta il suo più alto poten-
ziale e il suo valore aggiunto nella possibilità di acquisire, accrescere, affinare, di-
mostrare le capacità personali, relazionali e metodologiche e nel mobilitare in situa-
zione saperi teorici acquisiti a scuola. In un parola, in Alternanza è molto più facile
esercitare la competenza in senso stretto.
Sotto questo punto di vista essa è un’occasione preziosa per gli studenti di tutte le
tipologie e gli indirizzi di scuola, sia tecnico-professionali che liceali.
Per le scuole, il fatto di progettare un percorso di Alternanza può davvero diventare
un’occasione per ripensare tutta l’organizzazione del curricolo per proporre, anche
durante il percorso formale in aula, percorsi orientati alla competenza e quindi per
offrire agli alunni occasioni didattiche sempre più qualificate e qualificanti.
Parte seconda
L’ESPERIENZA DELL’ALTERNANZA
SCUOLA LAVORO NEL VENETO
3 Il quadro delle esperienze
Dario Nicoli, Maria Renata Zanchin
4 Il modello comune di didattica delle competenze
Dario Nicoli
4.1 L’esperienza di Treviso e Belluno
Franca Da Re
4.2 L’esperienza di Padova, Rovigo e Venezia
Sandra Bertolazzi
4.3 La rilettura della Terza Area alla luce della metodologia
dell’Alternanza
Giusy Manca, Annamaria Pretto
5 L’esperienza di Verona
Maria Renata Zanchin, Mariangela Icarelli
6 L’Impresa Formativa Simulata
Patrizia Montagni, Lauretta Zoccatelli
46
3. Il quadro delle esperienze
Dario Nicoli, Maria Renata Zanchin
Le esperienze di alternanza scuola lavoro realizzate nell’ambito del sistema educa-
tivo veneto, che si presentano in questo capitolo, evidenziano una notevole omoge-
neità circa il modo di intendere tale azione, l’impostazione metodologica ed infine le
mete da perseguire nel prossimo futuro.
Modo di intendere l’Alternanza
Per Alternanza non si intende infatti un’interruzione del normale modo di procede-
re dell’attività didattica, per inserirvi esperienze svolte diversamente; inoltre non si
concepisce come sinonimo di stage, ovvero di un’attività svolta dallo studente sotto
forma di compito entro un ente esterno alla scuola. L’Alternanza è intesa come una
metodologia che riguarda l’intera azione formativa e presuppone lo spostamento
del baricentro educativo dall’ atto dell’ insegnare al processo dell’ apprendere.
Ciò comporta una rappresentazione unitaria del compito educativo e formativo ed
una coesione sostanziale del gruppo dei docenti e formatori, tanto da diventare una
vera e propria comunità per l’apprendimento (oltre che di apprendimento, ovvero di
crescita continua, tramite le esperienze e la riflessione sulle stesse).
Questa metodologia indica bene il modo in cui si può definire il compito della scuo-
la entro la società della conoscenza, secondo un paradigma formativo in grado di
superare l’autoreferenzialità e la pretesa di possedere in forma esclusiva l’insieme
del sapere di una società e di una cultura, un modo fondato sul dialogo tra il livello
formale e quello non formale degli apprendimenti degli allievi, di cui assume a cari-
co il patrimonio di capacità buone e potenzialità, evitando di considerarli come meri
recipienti da riempire secondo uno schema predefinito.
È un paradigma che pone l’accento sull’efficacia della formazione, e considera
come valide tutte le esperienze che consentono di sostenerne positivamente gli
esiti. Tale efficacia viene riferita alla possibilità da parte dei destinatari di divenire
competenti, ciò che comporta una disposizione favorevole alla realtà per incidere
su di essa mobilitando le risorse possedute (capacità, abilità, conoscenze), ma pure
quelle che sono in grado di acquisire imparando ad apprendere dalle esperienze,
attraverso la circolarità virtuosa esperienza-riflessione-azione-astrazione.
Per questo motivo, ne emerge un curricolo ad un tempo vitale, finalizzato, flessibile
e unitario/integrato:
• vitale, nel senso che concepisce la cultura come una realtà vivente che si può
incontrare, scoprire, costruire e quindi può diventare patrimonio personale;
• finalizzato, ovvero appropriato al raggiungimento dei traguardi formativi definiti
per i percorsi di apprendimento;
• flessibile, in quanto piano di processi di apprendimento dell’allievo, che organizza
le occasioni affinché essi si realizzino, ma non le predetermina in modo rigido;
• unitario/integrato, perché si sviluppa per campi di conoscenza e competenza
interdisciplinari.
In tal modo, il curricolo si trasforma in un insieme di opportunità di formazione e
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quindi di apprendimento che risultano significative, desiderabili da parte dei desti-
natari, condivise dalla scuola ma anche da enti ed organismi esterni ad essa, che in
forza di questa implicazione diventano parte di una comunità di apprendimento più
ampia, a carattere territoriale.
È allo stesso tempo un’impostazione europea, secondo le prospettive del Consiglio
europeo di Lisbona del 2000. Riflette il concetto di “competenze chiave”, quelle di
cui ognuno ha bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza
attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. Si chiarisce anche in questo ambito la
valenza antropologica e sociale del concetto di competenza: a conclusione del-
l’istruzione e formazione iniziale i giovani dovrebbero aver sviluppato le compe-
tenze chiave a un livello tale che li prepari per la vita adulta e dette competenze
dovrebbero essere sviluppate ulteriormente, mantenute e aggiornate nel contesto
dell’apprendimento permanente.
L’enfasi del processo formativo si pone non più solo sulle capacità cognitive, ma in-
clude aspetti più ampi come la capacità di interagire con gli altri, il pensiero critico,
la creatività, lo spirito di iniziativa, la disponibilità di risolvere i problemi, la valutazio-
ne del rischio, l’assunzione di decisioni e la capacità di gestire in modo costruttivo
tutto ciò che accade lungo il percorso dell’azione mirata ad uno scopo significativo
e razionale, sapendo anche superare le difficoltà che via via si frappongono a tale
esito.
Un aspetto peculiare della proposta di Verona è costituito dal Profilo formativo in-
tegrato, uno strumento che consente di definire la padronanza che ci si attende dai
destinatari alla fine di uno specifico percorso formativo. In questo senso, l’azione
formativa si riferisce ad un profilo integrato atteso, e nel contempo tende ad un
profilo individuale emergente nella prospettiva della personalizzazione e della con-
quista del sapere.
Impostazione metodologica
La metodologia perseguita dalle diverse esperienze è definibile come formazione
efficace, ovvero un orientamento che pone al centro del suo compito il “coltivare
talenti” di tutti i cittadini, senza esclusione di nessuno, e propone la cultura come
esperienza ed appropriazione personale in vista di un progetto di vita significativo.
Le condizioni essenziali per la formazione efficace sono: senso di comunità e con-
divisione di un progetto unitario da parte di tutti gli educatori, dialogo sulle mete
formative in termini non solo cognitivi; ascolto e lettura delle peculiari caratteristiche
di ciascun destinatario; ricerca di alcune occasioni formative chiave “forti” ed in
grado di coinvolgere tutti gli educatori; strategia mista: destrutturata e strutturata;
buon senso (non imporre cose che non si sanno fare; non limitarsi all’elenco dei
problemi; “quel che piace a me piace anche ai ragazzi”) unito allo spirito di piani-
ficazione e analisi delle competenze; dare importanza al coordinatore per evitare
una frammentazione delle attività; riflettere sulle esperienze e trovare gli stimoli di
miglioramento.
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Nell’alternanza, i diversi momenti formativi non si esauriscono nell’attività in aula
o in azienda, ma sono costituiti da una varietà di occasioni capaci di sollecitare il
coinvolgimento del destinatario e di sviluppare pratiche formative sensate ed utili, i
cui apprendimento sono segnalati e sostenuti da evidenze concrete, tangibili.
Aspetti peculiari delle esperienze documentate sono stati:
• l’Unità di apprendimento o Unità formativa, la struttura di base dell’azione for-
mativa a carattere interdisciplinare, ovvero condivisa dall’intera équipe formativa;
essa indica un insieme organico e progettato di occasioni di apprendimento che
consentono all’allievo di entrare in un rapporto personale con il sapere, attra-
verso una mobilitazione diretta su compiti che conducano a prodotti reali ed
adeguati, in coerenza con le mete educative e formative del percorso, di cui egli
possa andare orgoglioso e che possano costituire oggetto di una valutazione più
autentica;
• l’ elaborazione di descrizioni delle competenze attese dell’allievo, e la possibilità
di graduarle/modularle in base ai livelli e ai modi (per descriverle come compe-
tenze emergenti) con la costruzione delle rubriche di competenza ovvero delle
descrizioni del profilo formativo integrato.
Mete da perseguire
Lo sviluppo del percorso formativo descritto in questo volume si articola ora in
quelli di affiancamento ad alcuni Consigli di classe, che implementeranno le linee di
lavoro condivise - in una logica di ricerca-azione e con la consulenza dei formatori
- mettendole alla prova dei fatti e personalizzandole in base alle esigenze del con-
testo. Questo tipo di esperienza rappresenta certamente una sfida e un’occasione
per ripensare la formazione dei docenti in termini di efficacia, secondo la medesima
metodologia dell’alternanza di momenti di azione e di riflessione, proposta per il
curricolo degli allievi, anche se, ovviamente, con le dovute differenze.
Tale percorso di affiancamento dei Consigli di classe considera l’Alternanza un’ oc-
casione per trasformare dal di dentro le modalità di lavoro del Consiglio di classe e
di innovare la didattica, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:
• sviluppo di una didattica per competenze;
• progettazione di Unità Formative di Apprendimento interdisciplinari/integrate per
Assi;
• conoscenza dell’allievo da un osservatorio diverso e nuovo, in contesto non sco-
lastico, per poter sviluppare diagnosi più favorevoli alla promozione del suo suc-
cesso formativo;
• valutazione dell’allievo: riferisi a indicatori trasversali, integrare le valutazioni svol-
te per l’esperienza in Alternanza con i voti scolastici del registro.
49
4. Il modello comune di didattica delle competenze
Dario Nicoli
Presentazione
Il progetto che si presenta è riferito ad una metodologia organica e nel contempo
universalistica, svolta nell’ambito delle realtà di Treviso-Belluno, Padova-Rovigo-
Venezia ed inoltre della Terza area.
Infatti, la Linea guida elaborata a supporto del progetto ha come titolo “Per la pro-
gettazione di percorsi formativi efficaci nella forma di esperienze significative con-
crete, sfidanti, che suscitano interesse e sollecitano un apprendimento per scoperta
e conquista personale”1.
L’esperienza si è svolta in un primo biennio e prosegue anche nell’anno 2008-2009;
essa ha potuto già passare dalla fase di impostazione a quella di elaborazione di
materiali, per poi giungere alla prima applicazione.
Criteri di fondo
Il criterio generale cui si fa riferimento è quello della formazione efficace; ciò richie-
de di porre al centro del compito delle istituzioni scolastiche e formative il “coltivare
talenti” di tutti i cittadini, senza esclusione di nessuno, e proporre la cultura come
esperienza ed appropriazione personale in vista di un progetto di vita significativo.
Tale criterio si articola nei seguenti:
- Natura comunitaria della scuola
- Personalizzazione
- Unità del sapere
- Insegnamento vitale
- Corresponsabilità educativa della società
- Mobilitazione del potenziale degli studenti
- Educazione etica.
Al centro vi è la competenza. Lavorare per competenze significa favorire la matura-
zione negli studenti della consapevolezza dei propri talenti, di un rapporto positivo
con la realtà sostenuto da curiosità e volontà, per metterli in grado di riconoscere
le criticità e le opportunità che gli si presentano, e renderli capaci di assumere re-
sponsabilità autonome nella prospettiva del servizio inteso come contributo al bene
comune.
La competenza non è un fenomeno assimilabile al saper fare, ma un modo di essere
della persona che ne valorizza tutte le potenzialità.
Ciò significa superare la “socializzazione” - ovvero l’adattamento della persona a
ruoli stabiliti e rigidi, un processo che oggi funziona piuttosto “a rovescio” provo-
cando disaffezione e rifiuto per tutto ciò che appare impersonale - per una prospet-
tiva di “socievolezza” propria di chi, dotato di libertà e volontà, è posto in condizione
di mettere a frutto i propri talenti nella costruzione di una vita sociale sempre più a
misura d’uomo: «Chiave della felicità è lo scoprire che cosa uno è adatto a fare e il
dargli l’opportunità di farlo» (Dewey 2004, 341).
1 Il materiale si trova sul sito dell’USP Treviso (http://www.istruzionetreviso.it/alternanza/index.asp)
50
Ciò mediante una formazione efficace che valorizza la figura dell’insegnante come
adulto significativo, collocato entro una comunità di apprendimento, capace di mobi-
litare i talenti degli studenti in esperienze significative concrete, sfidanti, che suscitano
interesse e sollecitano un apprendimento per scoperta e conquista personale.
L’elemento centrale di una formazione efficace, per competenze, è costituito dal-
la possibilità di privilegiare l’azione, significativa ed utile, in quanto situazione di
apprendimento reale ed attiva che consente di porre il soggetto che apprende in
relazione “vitale” con l’oggetto culturale da apprendere.
Il discente è posto in tal modo nella condizione di fare un’esperienza culturale che
ne mobilita le capacità e ne sollecita le potenzialità buone.
Il sapere si mostra a lui come un oggetto sensibile, una realtà ad un tempo simbo-
lica, affettiva, pratica ed esplicativa.
Il docente diventa, nel procedere secondo questo metodo, oltre che un esperto
di una particolare area disciplinare, anche il “mediatore” di un sapere che “prende
vita” nel rapporto con la realtà, come risorsa per risolvere problemi ed in definitiva
per vivere bene.
Ciò comporta, in corrispondenza di momenti cruciali del percorso formativo, la
scelta di occasioni e di compiti che consentano allo studente di fare la scoperta
personale del sapere, di rapportarsi ad esso con uno spirito amichevole e curioso,
di condividere con gli altri questa esperienza, di acquisire un sapere effettivamente
personale.
Questo modo di fare scuola richiede un quadro di riferimento unitario dell’équipe/
consiglio di classe circa le esperienze che connotano il percorso formativo dell’an-
no: da qui la necessità di delineare un Piano formativo/canovaccio, uno strumento
che rappresenta le esperienze che, nel corso dell’anno, sono in grado di suscitare
un rapporto degli studenti con il sapere in termini affettivi (curiosità, legame, fasci-
no) e concreti (utilità, scoperta) e di sollecitare l’identificazione con la scuola.
Tali esperienze (intenzionali e programmate, quindi elaborate sotto forma di unità di
apprendimento - UdA) sono prevalentemente interdisciplinari e coinvolgono quindi
tutti i componenti dell’équipe/consiglio in un’opera educativa comune.
Va ricordato inoltre, che non tutte le acquisizioni ed i cambiamenti-maturazioni
della persona sono competenze, ma rappresentano un bagaglio più ampio, fatto
di esperienze, incontri, maturazioni, la cui rilevanza non deve essere sottaciuta e
che debbono trovare un’attenzione adeguata in ogni momento del percorso.
Ciò indica un quadro ricco e molteplice di acquisizioni da formare e quindi da ac-
certare:
- le competenze, che esplicitano le padronanze delle persone - in termini di messa
in atto delle risorse possedute – nel portare a termine in modo adeguato ed in
contesti definiti compiti unitari, sensati, compiuti e dotati di valore sociale;
- le conoscenze e le abilità, che costituiscono le risorse culturali attivate dalle stes-
se persone nell’affrontare e portare a soluzione i compiti sopra indicati ed acqui-
site in varie modalità (durante le azioni formative);
- le capacità personali, quali atteggiamenti, comportamenti, creatività, esecutività,
passività, sicurezza, determinazione etc., che costituiscono le caratteristiche che
concorrono nel portare a termine il compito-problema posto.
51
La chiave del metodo sta nel coinvolgimento degli studenti. Essi sono chiamati a
rendersi parte alla vita della scuola – con attenzione anche ad esperienze formative
extrascolastiche nelle varie occasioni di apprendimento possibili, che richiedono dif-
ferenti modi di implicazione:
A. Attività: è ciò che accade normalmente nella vita del gruppo classe, con un
coinvolgimento tipicamente da “studente”, ovvero le lezioni, le esercitazioni e le
verifiche. Il gruppo classe è importante, ma non è esclusivo; esso è utile per una
certa categoria di acquisizioni, specie quelle astratte e che sollecitano le capacità
logico-cognitive ed in particolare mnemoniche.
B. Azioni: sono situazioni di apprendimento attivo chiaramente riferite ad un proces-
so di apprendimento per scoperta, sulla base di simulazioni, progetti e compiti
reali che vengono gestiti in modo sistematico. Sono intenzionali e programmate
e si svolgono sotto forma di unità di apprendimento gestite e valutate secondo
un metodo preciso definito come “formazione autentica”.
C. Esperienze: sono situazioni formative non strettamente curricolari relative alla
vita di classe e di istituto (es.: accoglienza ed aiuto rispetto a compagni in diffi-
coltà, organizzazione di incontri ed eventi) oppure riferite a contesti esterni alla
scuola, purché documentate e sorrette da elementi probatori. Le esperienze, a
differenza delle azioni, non debbono necessariamente essere gestite e valutate
secondo la metodologia delle UdA, anche se richiedono comunque una pro-
grammazione ed una valutazione che si svolge secondo un approccio morbido
ed intuitivo (Plessi 2004, 92).
Questa prospettiva valorizza l’identità della scuola e la mette i relazione con gli atto-
ri significativi del contesto territoriale con cui condivide la responsabilità educativa
e da cui ricava occasioni e stimoli per arricchire i percorsi formativi degli studenti.
Ciò richiede un rinnovamento della figura dell’insegnante: la professionalità docente
risulta costituita da tre componenti indispensabili:
1) preparazione disciplinare nella forma dell’insegnamento
2) preparazione disciplinare nella forma della dimostrazione, della soluzione dei pro-
blemi, dei compiti reali
3) capacità di gestire situazioni di apprendimento interdisciplinari in cooperazione
con i colleghi di altre aree disciplinari.
Non si tratta di essere “innovativi” per forza, quanto di fare ciò che è realmente utile
e conforme ad un disegno condiviso. Occorre che l’insegnante smetta di essere
sempre quello che “prende la parola” e cerca in ogni caso gli obiettivi, ma puntare
più sui giovani e trasmettere passione oltre che metodo, uscire dall’isolamento pro-
fessionale del docente e vivere l’insegnamento come esperienza in comune.
Le condizioni essenziali per la formazione efficace sono:
- senso di comunità e condivisione di un progetto unitario da parte di tutti gli edu-
catori;
- ascolto e lettura delle peculiari caratteristiche di ciascun destinatario;
- ricerca di alcune occasioni formative chiave “forti” ed in grado di coinvolgere tutti
gli educatori;
- strategia mista: destrutturata e strutturata;
52
- buon senso (non imporre cose che non si sanno fare; non limitarsi all’elenco dei
problemi; “quel che piace a me piace anche ai ragazzi”);
- dare importanza al coordinatore per evitare una frammentazione delle attività;
- riflettere sulle esperienze e trovare gli stimoli di miglioramento.
L’ipotesi di partenza
L’intera iniziativa si fonda sulla seguente ipotesi: le crescenti difficoltà di appren-
dimento dei giovani non sono da ricondurre ad una crisi riguardante il mondo gio-
vanile (esso semmai esprime un cambiamento culturale generale oramai in atto da
diversi anni), ma segnalano l’estenuazione di un metodo di insegnamento basato
sulla “epistemologia delle discipline”.
La risposta alla crisi non sta nella restaurazione della scuola degli anni ’60, quanto
nell’assunzione di un modo di fare scuola coerente con le caratteristiche culturali
del nostro tempo, che i giovani ripropongono. Essi - come tutti - cercano esperienze
autentiche che consentano di affermare la loro identità, adulti che siano “compa-
gnia” e “consiglio”, apprendimenti che avvengano tramite esperienze significative
veramente partecipate. Rifuggono la noia e tutte le situazioni in cui la loro soggetti-
vità è annullata dalla logica delle “prestazioni didattiche”.
L’ascolto pone il destinatario al centro dell’attenzione dei docenti, gli dà la parola,
crea un dialogo in cui egli porta il suo contributo e ciò accade senza l’ossessione
del giudizio del docente.
I talenti sono il “tesoro” da cercare e far riconoscere (spesso i ragazzi non ne sono
consapevoli, e le scuole sollecitano solo quelli dello studio teorico e della furbizia) e
costituiscono il riferimento della responsabilità della persona.
Le competenze sono ciò che accade ai talenti di una persona quando vengono fatti
fruttificare così da essere in grado di affrontare la realtà ed i suoi problemi.
Nel passato, il compito della scuola era riempire la testa dei ragazzi con una quan-
tità data di informazioni e concetti.
Recentemente si è privilegiata la formazione del cittadino europeo, quindi l’accento
è meno sull’enciclopedismo e più sulle dotazioni che consentono di agire nella so-
cietà della conoscenza.
L’ipotesi di partenza sostiene quindi che la scuola è in grado di perseguire meglio
i suoi obiettivi e ricevere un riconoscimento sociale positivo se si propone di svi-
luppare una formazione efficace; ciò comporta di porre al centro del suo compito
il “coltivare talenti” di tutti i cittadini, senza esclusione di nessuno, e di proporre
la cultura come esperienza ed conquista personale in vista di un progetto di vita
significativo.
Metodologia ed esempi di azioni
La metodologia procede da un mappa che comprende le tappe del lavoro di ge-
stione delle competenze (progettazione, formazione, valutazione, certificazione e
validazione) e gli strumenti connessi.
53
TAPPE - STRUMENTI
1 Elaborazione del repertorio - Repertorio delle competenze
delle competenze
2 Percorso formativo di massima - Canovaccio del percorso formativo
3 Elaborazione delle rubriche - Rubrica della competenza
della competenza
4 Elaborazione della unità - Unità di apprendimento
di apprendimento
5 Valutazione delle competenze - Griglia di valutazione della
competenza
6 Certificazione delle competenze - Scheda di registrazione delle
situazioni di apprendimento
significative e delle aree
disciplinari coinvolte
- Certificazione delle competenze
7 Validazione delle competenze - Criteri per la validazione della
rubrica della competenza
Prima tappa:
ELABORAZIONE DEL REPERTORIO DELLE COMPETENZE
Per lavorare secondo l’approccio per competenze sono necessari:
• un repertorio delle competenze che ne individui una serie essenziale secondo
un continuum tra quelle comuni, che appartengono ad un campo di vita per-
sonale e sociale disponibile a tutti, e quelle che invece risentono del contesto
professionale di riferimento, tenendo conto degli standard fissati (es.: obbligo di
istruzione);
• un linguaggio comune che indichi i significati dei termini utilizzati ed il tipo di
“lavoro” che essi implicano;
• un metodo condiviso circa la gestione delle rubriche;
• una comunità professionale che sceglie questo metodo ed opera in coerenza
ad esso in modo da generale apprendimento dalle proprie esperienze.
I requisiti della competenza sono specificati nel modo seguente:
54
Caratteristiche
SpecificazioneDella Competenza
Effettività
La competenza deve essere individuabile in modo specifico
(è proprio quella) ed incontrovertibile (non è un’altra).
Azione
La competenza deve essere definita nella logica dell’azione
(e non della mera attività), ovvero deve prevedere un campo
con stimoli ed opportunità in grado di mobilitare gli
apprendimenti previsti, e mirata ad un scopo dotato di valore.
Significatività
La competenza rilevata deve essere significativa ovvero non
banale, essenziale, importante, cruciale in rapporto alla meta
che si propone di perseguire e dello specifico percorso
formativo in cui è prevista.
Riconoscibilità
La competenza nella sua forma descrittiva/narrativa deve
poter essere riconosciuta in modo evidente dai diversi attori
che la considerano entro il proprio linguaggio e campo di azione.
Validità
Si riferisce al processo di attribuzione di senso da parte degli
attori coinvolti i quali ne riconoscono il valore entro il proprio
campo di esperienza.
Tali requisiti segnalano che il primo riferimento della valutazione è dato dalla esatta
individuazione della competenza, che deve indicare un’azione compiuta, dotata di
senso, che prevede un certo grado di problematicità. Non può essere pertanto né
definita con verbi limitati alla mera conoscenza né troppo circoscritta altrimenti ri-
sulta ridotta ad un’abilità.
Si ricorda ancora che le competenze riguardano l’intero ventaglio delle mete forma-
tive previste dall’azione e non solo di quelle assimilabili al mero saper fare: “com-
petente” è l’aggettivo che si attribuisce ad una persona quando dimostra di saper
fronteggiare compiti e problemi in modo autonomo e responsabile, al fine di giun-
gere a risultati attendibili tramite dimostrazione di efficacia e riscontro di validità
espressa da un giudice terzo.
Si presenta il repertorio delle competenze composta di quattro ambiti:
- Competenze di base degli assi culturali
- Competenze chiave di cittadinanza
- Competenze professionali
- Altre competenze.
55
Repertorio delle competenze
Comp-
etenze
di base
degli assi
culturali
Asse dei
linguaggi
Padronanza della lingua italiana:
• Padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi in-
dispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale
in vari contesti;
• Leggere, comprendere ed interpretare testi scritti di vario
tipo;
• Produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi co-
municativi
Utilizzare una lingua straniera per i principali scopi comunica-
tivi ed operativi
Utilizzare gli strumenti fondamentali per una fruizione consa-
pevole del patrimonio artistico e letterario
Utilizzare e produrre testi multimediali.
Utilizzare le tecniche e le procedure del calcolo aritmetico ed
algebrico, rappresentandole anche sotto forma grafica
Confrontare ed analizzare figure geometriche, individuando
invarianti e relazioni.
Individuare le strategie appropriate per la soluzione di proble-
mi
Analizzare dati e interpretarli sviluppando deduzioni e ragio-
namenti sugli stessi anche con l’ausilio di rappresentazioni
grafiche, usando consapevolmente gli strumenti di calcolo e
le potenzialità offerte da applicazioni specifiche di tipo infor-
matico.
Osservare, descrivere ed analizzare fenomeni, come approc-
cio al processo di conoscenza della realtà naturale e artificiale
e riconoscere nelle sue varie forme i concetti di sistema e di
complessità
Analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni le-
gati alle trasformazioni di energia a partire dall’esperienza
Essere consapevole delle potenzialità e dei limiti e delle tec-
nologie nel contesto culturale e sociale in cui vengono appli-
cate.
Comprendere il presente, cogliendo il cambiamento e la diver-
sità dei tempi storici in una dimensione diacronica attraverso il
confronto fra epoche e in una dimensione sincronica attraver-
so il confronto fra aree geografiche e culturali.
Collocare l’esperienza personale in un sistema di regole fon-
dato sul reciproco riconoscimento dei diritti garantiti dalla Co-
stituzione, a tutela della persona, della collettività e dell’am-
biente
Riconoscere le caratteristiche essenziali del sistema socio
economico per orientarsi nel tessuto produttivo del proprio
territorio.
Asse
matema-
tico
Asse
scientifi-
co-tecno-
logico
Asse
storico
sociale
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Competenze
chiave di
cittadinanza
Imparare ad imparare
Progettare
Comunicare
Collaborare e partecipare
Agire in modo autonomo e responsabile
Risolvere problemi
Individuare collegamenti e relazioni
Acquisire ed interpretare l’informazione
Sono competenze che indicano padronanze specifiche riferite alla
famiglia ed alla figura professionale di riferimento. Esse reggono
verbi d’azione del tipo:
Interpretare…
Realizzare…
Gestire…
Preparare…
Assicurare…
Competenze
professionali
Sono competenze degli assi culturali che non sono indicate in
quelle dell’obbligo di istruzione. Ad esempio:
Diagnosticare le proprie capacità e risorse
Comprendere e valutare la natura e la portata di affermazioni, giu-
dizi, opinioni
Fornire interventi di primo soccorso
Altre
competenze
Seconda tappa:
ELABORAZIONE DEL PERCORSO FORMATIVO DI MASSIMA
Il percorso formativo di massima o “canovaccio formativo” rappresenta la guida
ovvero la rappresentazione di massima del percorso che orienta i docenti-formatori
nel loro lavoro. Non è quindi né un programma (sequenza di lezioni per contenuti) e
neppure un curricolo (sequenza di unità didattiche per obiettivi, attività e verifiche),
ma il disegno del cammino dell’anno formativo con le attività principali che coinvol-
gono tutti i docenti-formatori e la loro scansione, specificando ruoli, tempi, risultati
e modalità di verifica e valutazione.
In tal modo si concentra l’attenzione del percorso formativo sulle azioni e sulle
esperienze che si propongono agli allievi e quindi sul loro coinvolgimento attivo e
sulla mobilitazione dei loro talenti così da formare vere competenze.
Le attività comuni a tutti i docenti-formatori individuano le Unità di apprendimento
interdisciplinari; queste dovranno assorbire al massimo il 50% delle ore disponibili,
mentre il resto è dedicato alle attività di area formativa, che saranno anch’esse
strutturate in modo attivo, così da legare i suscitare un legame con i destinatari e da
coinvolgerli attivamente nelle dimensioni concrete dell’area formativa.
I contenuti da inserire nel canovaccio formativo sono i seguenti:
57
- Attività di accoglienza, orientamento ed accompagnamento (compresi i colloqui
con gli allievi)
- Colloqui ed iniziative con le famiglie
- UDA strategiche (interdisciplinari)
- Larsa interni e esterni
- Alternanza
- Altre iniziative (tornei, gite, eventi…)
- Attività collegiali per l’équipe dei docenti-formatori (incontri, formazione, …)
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Terza tappa:
ELABORAZIONE DELLE RUBRICHE DELLA COMPETENZA
La rubrica della competenza è una matrice che ci consente di identificare, per una
specifica competenza oggetto di azione formativa, il legame che si instaura tra le
sue componenti:
- indicatori, ovvero le evidenze (compiti, comportamenti osservabili) che costitui-
scono il riferimento concreto della competenza;
- livelli, ovvero i gradi di padronanza (basilare, adeguato, eccellente) che il sogget-
to è in grado di mostrare nel presidiare quei compiti;
- conoscenze ed abilità più rilevanti mobilitate dal soggetto nel corso dell’azione
di apprendimento, ovvero quelle che costituiscono il centro di quel campo di
sapere competente.
La rubrica delle competenze, connessa al profilo ed al repertorio, sulla base di una
scelta degli obiettivi formativi rilevanti e significativi per il gruppo classe, per i sotto-
gruppi e per le persone che li compongono, consente all’équipe formativa i seguenti
tre utilizzi:
• individuazione delle situazioni di apprendimento consone e rilevanti, oltre che
essenziali, su cui impegnare i componenti dell’équipe ad un lavoro prevalente-
mente interdisciplinare;
• verifica e valutazione delle acquisizioni effettivamente agite in modo pertinen-
te ed efficace da parte degli allievi;
• rielaborazione degli obiettivi e dei percorsi di apprendimento così da indi-
rizzare l’azione formativa in modo da valorizzare le acquisizioni e sormontare le
criticità emerse.
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CONOSCENZE ABILITÀ E CAPACITÀ
• Le periodizzazioni fondamentali della
storia mondiale
• I principali fenomeni storici e le coordi-
nate spazio-tempo che li determinano
• I principali fenomeni sociali, economici
che caratterizzano il mondo contem-
poraneo, anche in relazione alle diver-
se culture
• Conoscere i principali eventi che con-
sentono di comprendere la realtà na-
zionale ed europea
• I principali sviluppi storici che hanno
coinvolto il proprio territorio
• Riconoscere le dimensioni del tempo e
dello spazio attraverso l’osservazione
di eventi storici e di aree geografiche
• Collocare i più rilevanti eventi storici
affrontati secondo le coordinate spa-
zio-tempo
• Identificare gli elementi maggiormente
significativi per confrontare aree e pe-
riodi diversi
• Comprendere il cambiamento in rela-
zione agli usi, alle abitudini, al vivere
quotidiano nel confronto con la propria
esperienza personale
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65
CONOSCENZE ABILITÀ E CAPACITÀ
Documenti della compravendita
Tecniche di archiviazione, Internet, Pac-
chetto Office e dedicati
Ruoli, funzioni e sistema informativo
aziendale
Lessico specifico
Elementi di psicologia applicata al gruppo
e al singolo
Leggere ed interpretare i documenti (fat-
ture, documenti di trasporto)
Utilizzare tecniche di archiviazione, Inter-
net, e-mail, funzioni avanzate di Excel,
Access, pacchetti dedicati
Rispettare i tempi e le procedure della
comunicazione interna
Applicare il lessico specifico nella comuni-
cazione e nella redazione dei testi scritti
Lavorare in team e gestire situazioni ine-
dite
66
Quarta tappa:
ELABORAZIONE DELLA UNITÀ DI APPRENDIMENTO
L’Unità di apprendimento (UdA) rappresenta la struttura di base dell’azione forma-
tiva; essa indica un insieme di occasioni di apprendimento che consentono all’al-
lievo di entrare in un rapporto personale con il sapere, attraverso una mobilitazione
diretta su compiti che conducano a prodotti veri e propri di cui egli possa andare
orgoglioso e che possano costituire oggetto di una valutazione più autentica.
Tutte le situazioni che accadono nel percorso formativo debbono essere organizza-
te per unità di apprendimento. Esse si distinguono però in tre categorie:
a) le situazioni significative e rilevanti, che indicano snodi importanti del processo di
sviluppo della persona, che impegnano la totalità dell’équipe dei docenti / consi-
glio di classe e che presentano una gestione strutturata;
b) le situazioni connesse alla vita di classe per così dire “ordinaria” che si svolgono
tramite lezioni, esercitazioni, compiti e verifiche e che richiedono una gestione ed
un controllo centrati più su conoscenze ed abilità;
c) le situazioni connesse alle esperienze formative non strettamente curricolari rela-
tive alla vita di classe e di istituto (es.: accoglienza ed aiuto rispetto a compagni
in difficoltà, organizzazione di incontri ed eventi) oppure riferite a contesti esterni
alla scuola che richiedono un approccio più morbido e intuitivo.
In tal senso, possiamo avere UdA ad ampiezza massima (tutti i formatori), media
(alcuni) o minima (area formativa).
Essa prevede sempre compiti reali (o simulati) e relativi prodotti che i destinatari
sono chiamati a realizzare ed indica le risorse (capacità, conoscenze, abilità) che si
chiede loro di mobilitare per diventare competenti.
In tal senso, ogni UdA deve sempre mirare almeno una competenza tra quelle
presenti nel repertorio di riferimento.
In ognuno dei tre casi indicati, l’UdA esprime una pedagogia dei compiti che mira
alla capacità di “costruzione” e alla “capacità di applicazione reale” della cono-
scenza posseduta attraverso prodotti concreti ed adeguati, in coerenza con le mete
educative e formative del percorso.
Nella gestione dell’UdA occorre considerare i seguenti punti:
- elaborare un documento di consegna agli studenti da cui risulti chiaro ciò che
viene loro richiesto, le risorse ed i tempi, i criteri di valutazione;
- l’autovalutazione da parte dell’allievo il cui esito è a sua volta valorizzato dagli in-
segnanti in quanto esprime la sua capacità di riflessione costituendo in tal modo
un fattore di apprendimento più elevato (apprendere dall’esperienza, imparare ad
imparare) definito solitamente con il termine “meta competenza”.
67
UNITÀ DI APPRENDIMENTO
DENOMINAZIONE
COMPITO
PRODOTTO
OBIETTIVI
FORMATIVI
COMPETENZE
MIRATE
OBIETTIVI
SPECIFICI DI
APPRENDIMENTO
UTENTI
PREREQUISITI
PERIODO DI
APPLICAZIONE
SEQUENZA
IN FASI
TEMPI
METODI
STRUMENTI
RISORSE UMANE
E RELATIVI
COMPITI
ESPERIENZE
CRITERI E
MODALITÀ DI
VALUTAZIONE
68
Esempio di unità di apprendimento (area culturale)
DENOMINAZIONE IL PAESAGGIO RACCONTA: LA MEMORIA DELL’ACQUA
COMPITO
PRODOTTO
• CD illustrativo
• Presentazione del lavoro al concorso indetto dalla
delegazione FAI di Treviso
• Organizzazione di un evento
OBIETTIVI
FORMATIVI
• Educare gli allievi alla collaborazione per la realizzazione di
un progetto comune assumendo responsabilità e ruoli
• Riconoscere e valorizzare la propria identità culturale
attraverso la riscoperta della tradizione e degli elementi
tipici del paesaggio
• Favorire il processo di maturazione attraverso
l’introspezione e la conoscenza di sé
• Organizzazione di un evento
COMPETENZE
MIRATE
• Produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi
comunicativi
• Utilizzare gli strumenti fondamentali per la fruizione
consapevole del patrimonio artistico e letterario
• Utilizzare e produrre testi multimediali
• Osservare, descrivere ed analizzare fenomeni appartenenti
alla realtà naturale e artificiale e riconoscere nelle sue varie
forme i concetti di sistema e di complessità
OBIETTIVI
SPECIFICI DI
APPRENDIMENTO
• Reperire materiali, selezionarli e catalogarli in dossier
• Analizzare sintetizzare, anche utilizzando testi impegnativi e
complessi
• Produrre autonomamente testi, utilizzando fonti e
testimonianze raccolte
• Produrre autonomamente testi poetici (Haiku) dotati di
propria valenza espressiva, utilizzando testi di misura
prestabilita e rispettando uno schema metrico
• Disporre le parti di un testo seguendo l’ordine più coerente
ed efficace
• Riconoscere e redigere testi di tipologia diversa (relazioni,
materiali, interviste, poesia, …)
UTENTI
Allievi di una quarta classe ITT
PREREQUISITI
• Saper leggere con attenzione un testo, individuandone i
concetti fondamentali
• Saper confrontare e correlare informazioni
• Saper utilizzare le strategie e gli strumenti necessari alla
comprensione dei testi
• Saper individuare gli elementi distintivi di un testo poetico
• Saper applicare le tecniche fondamentali dell’analisi del
linguaggio poetico
• Saper esplorare la realtà,utilizzando i cinque sensi per
cogliere percezioni e sensazioni
PERIODO DI
APPLICAZIONE
Febbraio-maggio
69
DENOMINAZIONE IL PAESAGGIO RACCONTA: LA MEMORIA DELL’ACQUA
SEQUENZA IN
FASI
• 1^ fase:
√ Recupero prerequisiti. In particolare si avviano gli studenti
alla lettura del testo poetico (denotazione-connotazione,
figure del significato e dell’ordine, associazioni analogiche,
ecc.)
• 2^ fase:
√ Individuazione e organizzazione del percorso
√ Definizione dei gruppi
√ Suddivisione di compiti, ruoli e campi d’indagine specifici
• 3^ fase:
√ Raccolta materiali attraverso documenti, internet e
interviste
√ Incontri con esperti
√ Uscita sul territorio con la guida di esperti
√ Catalogazione del materiale raccolto
• 4^ fase:
√ Stesura relazione
√ Produzione di Haiku, che prendono spunto dalle emozioni e
sensazioni colte durante il percorso naturalistico
√ Preparazione di un video, con immagini che ritraggono
particolari del territorio di acque di risorgiva osservati
durante l’uscita con commento didascalico poetico (Haiku)
• 5^ fase:
√ Presentazione del progetto al concorso indetto dalla
delegazione FAI di Treviso
√ Organizzazione di un convegno che ha come fine la
promozione della tutela dell’ambiente attraverso la
valorizzazione delle risorse naturali e storico-umane del
territorio coneglianese.
TEMPI
Preparazione: novembre 2006 - gennaio 2007
Applicazione: febbraio – maggio 2007
METODI
• Lavoro individuale
• Lavoro di gruppo e tra gruppi
• Incontri con esperti
• Collaborazione con istituzioni territoriali di riferimento per la
ricerca di fonti, materiali, ecc.
STRUMENTI
• Manuali
• Documenti storici
• Saggi
• Documenti audiovisivi
• Supporti informatici
• Internet
70
DENOMINAZIONE IL PAESAGGIO RACCONTA: LA MEMORIA DELL’ACQUA
RISORSE UMANE
E RELATIVI
COMPITI
Esperti appartenenti a diverse associazioni culturali e
istituzioni locali:
√ Centro didattico naturalistico “Il Pendolino” (guide per
uscite sul territorio)
√ Associazione culturale “Albero Blu” (coordinamento e
logistica, fotografia, organizzazione convegno e produzione
video)
√ Gruppo ambientalistico “Amica Terra” (bibliografia e
documentazione)
√ FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano (organizzazione di una
mostra in cui sarà esposto anche questo progetto)
ESPERIENZE
• Uscite con guida di esperti botanici e naturalisti
• Interviste
CRITERI E
MODALITÀ DI
VALUTAZIONE
• Tabelle di osservazione e valutazione (vd. allegati)
• Valutazione del prodotto sulla base di criteri predefiniti
(chiarezza, comprensibilità, originalità, aspetto artistico,
…) attraverso un questionario somministrato a campione a
gruppi diversi (studenti, docenti, collaboratori del progetto)
71
Esempio di unità di apprendimento (area professionale)
DENOMINAZIONE
PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE DI UNA INSEGNA
LUMINOSA PER UN LOCALE COMMERCIALE
(terzo anno)
COMPITO
PRODOTTO
Simulare il lavoro di un’impresa che realizza una insegna
luminosa di un esercizio commerciale nel rispetto delle
richieste dei tempi e delle risorse.
Il miglior prodotto (insegna) sarà premiato (da decidere
come…)
COMPETENZE
MIRATE
• Progettare uno schema elettrico in autoCAD con previsione
di spesa
• Scegliere i vari componenti elettrici commerciali appropriati
• Realizzare un semplice impianto elettrico di illuminazione
OBIETTIVI
FORMATIVI
• Saper applicare la normativa CEI nella progettazione e
realizzazione dell’insegna luminosa
• Saper applicare i regolamenti territoriali previsti in materia di
occupazione suolo pubblico e di pubblicità
• Saper scegliere materiali e componenti in funzione del
preventivo di spesa
• Saper eseguire il cablaggio dei componenti l’insegna
• Saper eseguire il collaudo dell’insegna
OBIETTIVI
SPECIFICI DI
APPRENDIMENTO
CONOSCENZE ABILITÀ
Norme CEI e i regolamenti di
riferimento
Interpretare le normative
CEI e individuare quelle
necessarie per progettare
l’insegna
Legge di Ohm, caratteristiche
e tipologie degli impianti
elettrici in bassa tensione
Scegliere le soluzioni circuitali
e dei materiali
Programma autoCAD e il
programma di videoscrittura
Utilizzare il programma di
autoCAD e il programma
di videoscrittura per la
progettazione dell’insegna
Fonti (cataloghi, siti ecc.) da
cui ricavare le informazioni sui
costi dei materiali
Ricavare le informazioni
di costo dei componenti
l’insegna
Scegliere i materiali in base al
rapporto prezzo - qualità
Tendenze del mercato (locale)
dell’illuminazione
Scegliere la tipologia
dell’illuminazione in base alle
tendenze del mercato
UTENTI
Alunni del terzo anno Settore Elettrico ed elettronico
72
PREREQUISITI
• Conoscere le principali nozioni di illuminotecnica
• Conoscere semplici schemi elettrici
• Conoscere le norme antinfortunistica
FASE DI
APPLICAZIONE
Aprile - Maggio
TEMPI
30 h
SEQUENZA
IN FASI
• Progetto di un circuito elettrico
• Progetto grafico/design insegna
• Ricerca componenti insegna
• Fase di realizzazione insegna
METODOLOGIA
Lezione frontale
Laboratorio informatico
Laboratori impianti
Ricerca individuale
RISORSE UMANE
Coordinatore
Docente di impianti elettrici
Equipe interdisciplinare
Docente di elettrotecnica
Docente di fisica
Docente di informatica
Docente di matematica
Docente di inglese
Docente di italiano
ESPERIENZE
Visite presso esercizi commerciali per ricerca componenti
insegna
STRUMENTI
Aule – Laboratori – strumenti di misura (tester) – utensili per
cablaggio e montaggio - PC
VALUTAZIONE
Valutazione dei prodotti in termini di:
• funzionalità
• rapporto qualità – prezzo
• originalità
• conformità alle norme di riferimento
• correttezza progettuale
Commissione di valutazione: equipe docenti
Autovalutazione (questionario)
Premiazione alla consegna dei diplomi (Commissione formata
da docenti e alunni)
73
Quinta tappa:
VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE
La competenza rappresenta il riferimento prioritario dell’attività valutativa (e quin-
di formativa) poiché l’apprendimento non sta ultimamente nella ripetizione di
un’espressione verbale o di un procedimento manuale o mentale, ma si coglie nel-
l’applicazione appropriata e pertinente delle risorse della persona entro contesti
reali, che propongono allo studente problemi e compiti che è chiamato ad assu-
mere in modo responsabile, conducendo ad esiti attendibili, ovvero sostenuti da
efficacia dimostrativa e riscontro probatorio (Bottani e Tuijman 1990, 25).
Si ricorda ancora che le competenze non rappresentano l’unico contenuto delle
acquisizioni cui si mira tramite i percorsi formativi; infatti, l’azione formativa mira
anche all’apprendimento di conoscenze ed abilità ed inoltre all’assunzione da parte
degli allievi di comportamenti maturi, propri di un cittadino consapevole, autono-
mo e responsabile. Anche se conoscenze, abilità e comportamenti sono anch’essi
mobilitati nel momento in cui lo studente manifesta una competenza circa un certo
ambito di sapere agito.
In questo modo, esistono più punti di vista da cui guardare il processo formativo che
risulta così molteplice, ma nello stesso tempo unitario secondo la rappresentazione
olografica (il tutto nelle parti, le parti nel tutto). La valutazione delle competenze non
esaurisce pertanto le valutazioni che risultano necessarie, che prevedono anche:
⇛ la valutazione delle conoscenze ed abilità per assi disciplinari;
⇛ la valutazione del comportamento e dell’impegno.
I criteri metodologici di una corretta valutazione della competenza sono:
a. presenza di un piano formativo condiviso tra l’équipe dei docenti/consiglio di
classe che preveda varie situazioni di apprendimento (attività, esperienze, azioni)
finalizzate in modo intenzionale e programmato a quella specifica padronanza:
non ci si può quindi mettere a valutare competenze dopo aver svolto un percorso
centrato su conoscenze ed abilità fini a se stesse, cercando a posteriori dei lega-
mi ipotetici con quella competenza;
b. riferimento esplicito e sistematico alle situazioni di apprendimento (attività, espe-
rienze, azioni) che lo studente ha svolto in riferimento alla specifica competenza,
ricordando che per ogni competenza occorre almeno un prodotto reale ela-
borato a tale scopo dallo studente, con particolare attenzione all’alternanza
formativa che include la valutazione da parte dei tutor dell’organizzazione
partner;
c. analisi delle varie performance dell’allievo (prodotti, comportamenti, riflessioni,
maturazioni) viste in rapporto ad una griglia di valutazione della competenza che
preveda descrittori distinti per livelli espressi in modo da poter essere compresi
dallo studente e dalla famiglia (sufficiente/basilare; buono/adeguato; ottimo/ec-
cellente);
74
d. espressione del giudizio di padronanza della competenza dello studente ricor-
dando che questo non può che prevedere livelli positivi; nel caso in cui la padro-
nanza risulti parziale oppure negativa occorre segnalarlo nelle”note”, un campo
della scheda che consente anche di specificare altri elementi utili alla compren-
sione della valutazione.
In tal modo, per ogni competenza mirata, si ottiene una scheda specifica che con-
sente di passare alla fase della certificazione nel momento in cui ciò è richiesto o
risulti utile e necessario.
GRIGLIA DI VALUTAZIONE DELLA COMPETENZA:
Studente
Corso Classe
Oggetti della valutazione
Attività
Esperienze
Azioni
VALUTAZIONE
NOTE
L’équipe
Data
75
Esempio dei livelli di padronanza riferiti alla competenza1:
PADRONEGGIARE GLI STRUMENTI ESPRESSIVI ED ARGOMENTATIVI INDISPEN-
SABILI PER GESTIRE L’INTERAZIONE COMUNICATIVA E VERBALE IN VARI CON-
TESTI
Livelli di padronanza
Sufficiente
Comprende ed esegue consegne orali anche complesse e comprende il signifi-
cato generale di un testo espresso oralmente, di tipologia colloquiale, narrativa,
descrittiva. Esprime in modo comprensibile e coerente esperienze vissute e il
contenuto principale di testi ascoltati. In un testo orale di contenuto esperienzia-
le, o di tipo narrativo, riconosce i registri comunicativi più vicini all’uso quotidia-
no. Affronta le situazioni comunicative di più comune esperienza, scambiando
informazioni ed esprimendo in modo pertinente il proprio punto di vista. Individua
il punto di vista altrui in contesti formali ed informali.
Buono
Comprende ed esegue correttamente consegne complesse espresse oralmente;
coglie il significato e le relazioni logiche di un testo orale di diversa tipologia.
Espone in modo chiaro, logico e coerente propri vissuti ed espone con coerenza
testi ascoltati di diversa tipologia. Riconosce differenti registri comunicativi in
testi orali formali ed informali di comune esperienza. Nella comunicazione orale,
interagisce in situazioni diverse, informali e formali, scambiando informazioni ed
esprimendo in modo pertinente, organico e corretto il proprio punto di vista. In-
dividua i diversi punti di vista in contesti formali e informali e tiene conto di essi
nella propria comunicazione.
Ottimo
Comprende ed esegue consegne anche molto complesse espresse oralmente
anche compiendo corrette inferenze su eventuali dati carenti o mancanti; coglie il
significato esplicito e le relazioni in un testo orale ed è in grado di cogliere impli-
cazioni ed effettuare inferenze. Espone in modo chiaro, logico, coerente, corretto
e con ricchezza lessicale i propri vissuti; espone in modo chiaro e organico testi
ascoltati. Riconosce ed utilizza diversi registri comunicativi in comunicazioni orali
formali ed informali e adatta ad essi la propria comunicazione; interagisce con gli
altri in situazioni formali ed informali, anche non note, scambiando informazioni
ed esprimendo il proprio punto di vista, facendo riferimento all’esperienza e alle
conoscenze acquisite. Individua e tiene conto dei punti di vista altrui in molteplici
contesti comunicativi, adattando in modo funzionale la propria comunicazione ai
contesti e agli interlocutori.
1 La griglia è stata elaborata da Franca Da Re
76
Sesta tappa:
CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE
La certificazione delle competenze rappresenta il momento in cui, a seguito della
valutazione, si passa alla loro registrazione entro una scheda che ne indichi il livello
di padronanza e le altre informazioni utili alla comprensione del giudizio.
Ciò significa che non basta mettere dei giudizi a fianco dell’elenco delle competen-
ze, ma occorrere garantire il criterio della attendibilità, che a sua volta comporta un
legame con delle ancore che sostengano tale giudizio dando ad esso una efficacia
dimostrativa ed un riscontro probatorio.
La certificazione si svolge nei seguenti modi:
1) per ogni studente si compila una scheda di registrazione - allegata alla scheda
di certificazione - che, a fianco dell’elenco delle competenze che si intendono
certificare (tratte dal repertorio elaborato nelle fasi iniziali del percorso), indichi le
situazioni di apprendimento più significative svolte e le aree disciplinari coinvolte,
quando ricorrono. Si propongono alcuni esempi:
- per le attività: esercitazioni in classe, compiti a casa, lavori di gruppo…;
- per le azioni: simulazioni, progetti, compiti reali, comprese le attività in alter-
nanza (che meritano una particolare attenzione);
- per le esperienze: incontri, eventi, esperienze formative extrascolastiche (che
richiedono una documentazione probatoria);
2) si compila successivamente la scheda di certificazione delle competenze che
indica:
- la valutazione - nel caso in cui la competenza sia posseduta ad un livello al-
meno accettabile - espressa nella forma comprensibile (sufficiente/basilare;
buono/adeguato; ottimo/eccellente);
- le note che prevedono, oltre a ciò che gli insegnanti ritengono utile precisare,
anche indicazioni circa le competenze non possedute in forma almeno accet-
tabile.
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Settima tappa:
VALIDAZIONE DELLE COMPETENZE
La validazione delle competenze è un’operazione che mira ad attribuire valore a
quanto perseguito e certificato dalla scuola in riferimento alle competenze profes-
sionali, tramite il coinvolgimento attivo dei soggetti economici e professionali.
Questi sono sollecitati sotto due profili:
- ad esprimere un giudizio di validità sugli esiti delle attività in alternanza
- ad esprimere un giudizio circa la validità delle rubriche riferite alle competenze
professionali, dopo averle “misurate” nella realtà concreta.
La validazione si effettua quindi – sulla base di una scheda apposita - alla fine del
percorso formativo, dopo che si è svolta un’esperienza di collaborazione tra scuola
e azienda/ente partner e sollecita una riflessione comune che, a partire dall’espe-
rienza condivisa, mira a verificare il metodo e gli strumenti ed a migliorare continua-
tivamente il lavoro formativo.
I criteri per la validazione della rubrica sono:
• pertinenza: gli indicatori proposti devono essere esattamente collocati nel cam-
po della competenza cui la rubrica si riferisce;
• completezza ed essenzialità: gli indicatori debbono essere scelti i modo da
completare le esperienze in grado di stimolare l’acquisizione della competenza,
nel numero minimo necessario;
• chiarezza e gradualità: i livelli di padronanza devono essere descritti in modo da
indicare chiaramente gli apprendimenti rilevabili e da disegnare passaggi gradua-
li ed equilibrati da uno all’altro;
• utilità: la rubrica deve poter fornire un valore d’uso reale ai docenti nei tre scopi
previsti: individuazione delle situazioni di apprendimento, verifica e valutazione
delle acquisizioni, rielaborazione degli obiettivi e dei percorsi.
80
Criteri per la validazione della rubrica della competenza
CRITERI SPECIFICAZIONE
PERTINENZA
COMPLETEZZA
ED ESSENZIALITÀ
CHIAREZZA E
GRADUALITÀ
UTILITÀ
81
4.1 L’esperienza di Treviso e Belluno
Franca Da Re
Nella provincia di Treviso la prima esperienza di formazione per i docenti della scuo-
la secondaria di secondo grado sul tema delle competenze è stata organizzata
nell’a.s. 2005/06 dal Coordinamento delle Reti di Orientamento della Provincia di
Treviso e tenuta dallo staff di Italia Forma.
L’esperienza è servita a fondare il concetto di competenza, a confrontare vari mo-
delli, ad analizzare alcune esemplificazioni di declinazione del curricolo per compe-
tenze.
L’anno successivo, il 2006/07, data la coincidenza di interessi da parte del Coor-
dinamento Reti Orientamento e dell’USP di Treviso, che curava la formazione dei
docenti impegnati in alternanza scuola lavoro, è stato organizzato un seminario te-
rorico-pratico in collaborazione tra i due Organismi, con il coordinamento scientifico
del prof. Dario Nicoli, che ha curato la parte teorica del seminario, la supervisione
del lavoro dei laboratori e la revisione dei materiali prodotti. Il seminario ha visto la
partecipazione costante di circa 70 docenti, distribuiti in parti pressoché uguali fra
docenti iscritti al corso come rappresentanti delle reti di orientamento e docenti
impegnati in alternanza scuola lavoro (peraltro entrambe le categorie di docenti
operavano nelle stesse scuole; partecipavano inoltre anche insegnanti dei CFP, che
fanno parte delle reti di Orientamento).
Alla formazione si sono uniti anche i docenti impegnati in alternanza scuola lavoro
delle scuole di Belluno.
Durante il Seminario sono state individuati repertori di rubriche per alcune discipline
di studio sia dell’area comune che dell’area professionale di indirizzo e sono state
redatte le relative rubriche di livello. Sono inoltre state redatte in sede di corso alcu-
ne unità di apprendimento che però, a causa del periodo tardivo dell’anno scolasti-
co in cui sono state ultimate, hanno avuto scarsa sperimentazione sul campo.
L’anno successivo, il 2007/08, è stata organizzata la seconda edizione del Semina-
rio coordinato sempre dal prof. Nicoli, ma con una parte preponderante di attività
laboratoriale. I docenti partecipanti sono stati circa un centinaio, sempre equamente
distribuiti tra docenti in alternanza di Treviso e Belluno e docenti delle reti orienta-
mento. E’ interessante rilevare che gran parte dei docenti che avevano partecipato
l’anno precedente hanno scelto di reiscriversi; inoltre si sono inseriti nuovi docenti
sia di un gruppo che dell’altro.
Approfittando del fatto che nell’agosto 2007 il Ministero dell’Istruzione aveva ema-
nato il Documento Tecnico sull’Obbligo d’Istruzione con le rigorose indicazioni per
il curricolo articolate proprio in competenze, i progettisti del corso e il prof. Nicoli
hanno proposto ai corsisti di sviluppare la declinazione di competenze degli assi
culturali comuni del biennio con le relative rubriche di livello e di continuare la decli-
nazione delle competenze essenziali di alcune aree di indirizzo.
Alla fine del Seminario, erano state prodotte le rubriche per tutti gli assi culturali del
biennio e per le otto competenze trasversali indicate dal Documento ministeriale;
inoltre i docenti in alternanza avevano prodotto la declinazione con le relative rubri-
che riferite ad un terzo anno di corso per gli indirizzi: tecnico - industriale - mecca-
nico; tecnico - industriale - elettronico; giuridico - aziendale; turistico. Sono state
82
prodotte e sperimentate diverse Unità di apprendimento sia di carattere culturale
generale che professionali.
I materiali sono stati pubblicati sul sito dell’Ufficio Scolastico Provinciale e presen-
tati anche in una serie di Seminari Distrettuali sull’Obbligo di Istruzione organizzati
dall’USP. I Dirigenti scolastici sono stati attivamente coinvolti per la promozione
della sperimentazione nelle scuole dei materiali stessi.
Nel corrente anno scolastico 2008/09, la terza edizione del Seminario si propone di
affinare la declinazione del curricolo degli assi culturali comuni, tentando un’artico-
lazione sul quinquennio e di continuare su più discipline di indirizzo la declinazione
e la redazione di rubriche con riferimento ai livelli in uscita dalla scuola secondaria di
secondo grado, anche con una prospettiva che si avvicini alle ipotesi di riordino. Ci
si propone inoltre di ristrutturare la formulazione delle rubriche su livelli diversi di pa-
dronanza validi per tutto il quinquennio e armonizzati sulla formulazione dell’EQF.
Di seguito vengono riportati alcuni esempi del lavoro svolto:
1. la declinazione della competenza di cittadinanza “Agire in modo autonomo e
responsabile” e dell’asse linguaggi “Padroneggiare gli strumenti espressivi ed
argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale in vari
contesti” corredate delle relative rubriche;
2. un esempio di unità di apprendimento sui diritti dei minori;
3. la declinazione di una competenza commerciale-amministrativa con relativa ru-
brica;
4. un esempio di unità di apprendimento applicata all’area commerciale.
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COMPETENZE ASSE CULTURALE LINGUAGGI
Competenza linguaggi n. 1
Padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per
gestire l’interazione comunicativa verbale in vari contesti
Conoscenze
Principali strutture grammaticali della
lingua italiana
Elementi di base delle funzioni della
lingua
Lessico fondamentale per la gestione di
semplici comunicazioni orali in contesti
formali ed informali
Contesto scopo e destinatario della
comunicazione
Codici fondamentali della comunicazione
orale, verbale e non verbale
Principi di organizzazione del discorso
descrittivo, narrativo, espositivo,
argomentativo
Abilità/capacità
Comprendere il messaggio contenuto in
un testo orale
Cogliere le relazioni logiche tra le varie
componenti di un testo orale
Esporre in modo chiaro, logico e
coerente esperienze vissute o testi
ascoltati
Riconoscere differenti registri
comunicativi in un testo orale
Affrontare molteplici situazioni
comunicative scambiando informazioni e
idee per esprimere anche il proprio punto
di vista
Individuare il punto di vista dell’altro in
contesti formali ed informali
86
ASSE STORICO SOCIALE: UNITA’ DI APPRENDIMENTO N. 2
Denominazione I diritti dei minori
Compito/prodotto Opuscolo: “I tuoi diritti in Italia”
Opuscolo informativo/esplicativo sui diritti dei minori in
lingua italiana, rivolto ai ragazzi stranieri
Traduzione di un opuscolo nelle principali lingue europee
Presentazione durante l’attività di scuola aperta e
consegna a tutti gli istituti superiori ed enti locali
Glossario
Obiettivi formativi Riconoscere e valorizzare la propria identità di persona
attraverso la scoperta dei propri diritti
Favorire la sensibilizzazione alle diverse opportunità dei
minori
Favorire l’acquisizione di un senso di responsabilità
sociale
Competenze mirate Collocare l’esperienza personale in un sistema di regole
fondato sul reciproco riconoscimento dei diritti garantiti
dalla Costituzione, a tutela della persona, della collettività
e dell’ambiente
Agire in modo autonomo e responsabile
Risorse Conoscenze
Costituzione
italiana
Principali
problematiche
relative
all’integrazione
e alla tutela dei
diritti umani e alla
promozione delle
pari opportunità
Conoscenze
essenziali dei
servizi sociali
Ruolo delle
organizzazioni
internazionali
Capacita’/abilita’
Comprendere le caratteristiche
fondamentali dei principi e delle
regole della Costituzione italiana
Identificare i diversi modelli
istituzionali e di organizzazione
sociale e le principali relazioni tra
persona-famiglia-società-Stato
Identificare il ruolo delle istituzioni
europee e dei principali organismi
di cooperazione internazionale e
riconoscere di essere portatore
di diritti e doveri, nei limiti di un
rapporto corretto con i coetanei
e con gli adulti, nelle relazioni
quotidiane
Utenti Alunni classe seconda
Prerequisiti Caratteri essenziali della norma giuridica
Fonti del diritto
Conoscenza di word
Utilizzo delle strutture di base della lingua straniera
Periodo di applicazione Prima parte mesi di febbraio e marzo
Seconda parte aprile e novembre
Sequenza in fasi 1. Stesura dell’opuscolo
2. Editing
3. Presentazione del prodotto
87
ASSE STORICO SOCIALE: UNITA’ DI APPRENDIMENTO N. 2
Tempi 35 ore:
produzione opuscolo tra febbraio e marzo - 30 ore
presentazione dell’opuscolo in due incontri (aprile e
novembre) - 5 ore
Metodi Lezione frontale
Ricerca individuale
Lavoro di gruppo
Laboratorio di informatica
Strumenti Testi giuridici
Saggi
Supporti informatici
Dizionari in lingua
Internet
Risorse umane e relati-
vi compiti
Coordinatore: docente preferibilmente di diritto
Equipe interdisciplinare:
docenti di lingue straniere
docenti di materie giuridiche ed economiche
docente di italiano
docente di trattamento testi
esperti/docenti di tecniche della comunicazione
Esperienze Incontri con esperti delle organizzazioni onlus che si
occupano del settore dell’immigrazione e della tutela dei
diritti umani
Criteri e modalità di
valutazione
Tabelle di osservazione e valutazione
Valutazione del prodotto in base a criteri predefiniti
(chiarezza, comprensibilità, originalità, terminologia
appropriata, completezza delle informazioni) attraverso
un questionario somministrato a campione a gruppi
diversi (studenti, docenti, collaboratori del progetto)
Il prodotto migliore verrà tradotto nelle principali lingue
europee e presentato negli incontri scuola aperta e
presso enti locali ed altre scuole
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AREA COMMERCIALE / AMMINISTRATIVA: UNITA’ DI APPRENDIMENTO N. 1
Denominazione Conoscere il Sile in bicicletta (noleggio mountain bike
su percorsi naturalistici lungo il Sile)
Compito/prodotto Avvio attività d’impresa di servizi
L’attività si articola nei seguenti compiti/prodotti:
pratiche amministrative per la costituzione dell’impresa
presentazione in PowerPoint dell’azienda
dépliant promozionale dell’attività (in lingua italiana e
nelle lingue straniere)
Obiettivi formativi Favorire un approccio più consapevole alle
problematiche ambientali
Favorire l’autoimprenditorialità
Favorire la maturazione e l’autonomia dello studente
Favorire l’acquisizione di capacità relazionali e di lavorare
in team
Fornire elementi di rimotivazione allo studente
Favorire un approccio diverso all’apprendimento
Fornire elementi di Orientamento Professionale
Competenze mirate Cogliere le esigenze della clientela e proporre un servizio
adeguato ed ecologicamente compatibile con il territorio
e l’ambiente
Promuovere e proporre il servizio anche con il marchio
aziendale
Adempiere agli obblighi amministrativi relativi all’avvio
dell’attività d’impresa
Risorse Conoscenze
Normativa giuridica relativa
all’avvio dell’attività
Normativa relativa alla
tutela ambientale
Conoscenze linguistiche
funzioni del pacchetto
Office
Obblighi amministrativi
relativi all’avvio (Ag.
Entrate, tenuta registri
contabili)
Capacita’/abilita’
Interpretare e applicare
la normativa finalizzata
all’oggetto
Produrre il dépliant nelle
varie lingue
Applicare in maniera
adeguata le funzioni di
video scrittura, di PP e di
un software di grafica
Gestire le pratiche
amministrative e contabili
Prerequisiti Elementi di diritto commerciale
Elementi di normativa fiscale
Concetti di marketing e di comunicazione
Registri linguistici di tipo pubblicitario
Microlingua commerciale
Utilizzo del pacchetto Office e di software di grafica
Tempi 40 ore - dalle 2 alle 4 settimane, preferibilmente nel II
quadrimestre
90
AREA COMMERCIALE / AMMINISTRATIVA: UNITA’ DI APPRENDIMENTO N. 1
Sequenza in fasi 1. Programmazione in Cdc e individuazione dei criteri di
valutazione del prodotto e dell’attività
2. Presentazione dell’attività e condivisione con la
classe
3. Questionario sulle aspettative degli studenti
4. Creazione dei gruppi di lavoro e assegnazione dei
compiti
5. Scambio dei lavori di gruppo, discussione, revisione
e composizione organica dei prodotti della UDA
6. Questionario di autovalutazione
7. Presentazione del prodotto finito al Cdc
8. Eventuale presentazione del prodotto a soggetti
esterni
9. Valutazione del Cdc
10. Valutazione del singolo docente
11. Eventuale valutazione di soggetti esterni
Metodologie Lezioni frontali
Brain storming
Lavoro cooperativo
Valutazione Valutazione del prodotto, da parte del Cdc
Valutazione delle competenze acquisite dagli studenti,
da parte del Cdc
Valutazione degli obiettivi specifici di apprendimento
(conoscenze e abilità), da parte del singolo docente
Autovalutazione del Cdc rispetto al raggiungimento degli
obiettivi formativi
Valutazione fra ex ante ed ex post delle aspettative degli
studenti
Validazione Motivazione o rimotivazione degli studenti
Auto orientamento al mondo del lavoro
Livello di coinvolgimento dei docenti e integrazione
disciplinare e clima collaborativo
91
4.2 L’esperienza di Padova, Rovigo e Venezia
Sandra Bertolazzi1
All’interno del corso sono stati attivati laboratori organizzati per settori tecnologi-
ci/professionali finalizzati alla produzione di materiali in tema di apprendimento per
competenze gestibili da parte delle singole scuole e dei consigli di classe.
Obiettivo fondamentale è stato quello di contribuire a riflettere sulla formazione per
competenze, in linea con la Raccomandazione del Parlamento europeo del 18 di-
cembre 2006 e con il nuovo obbligo di istruzione, operando all’interno delle attività
di alternanza formativa. In queste attività si generano, infatti, occasioni chiave per
una crescita personale dello studente che, partecipando ad un’esperienza collettiva
di cui percepisce il senso, si mette in gioco e matura vere e proprie competenze.
I gruppi di lavoro hanno operato sulla base delle linee guida introdotte dal prof.
Nicoli e di seguito riassunte:
PER POTER CONDURRE UN LAVORO INTENZIONALE E
SISTEMATICO SULLE COMPETENZE E’ NECESSARIO
• individuare le competenze (in termini di risultati finali attesi)
• declinarle in indicatori generali
• individuare abilità (espresse in performance verificabili), conoscenze, contenuti
che sostanziano le competenze
• definire livelli di padronanza (es. parziale, basilare, buono, eccellente …) strut-
turando “rubriche” utili per la valutazione
• strutturare percorsi didattici (es. unità di apprendimento) disciplinari e interdi-
sciplinari centrati sulle competenze
• prevedere attività che permettano all’allievo di esercitare le competenze in
contesti significativi, per risolvere problemi
• prevedere diversi livelli di valutazione: delle conoscenze, delle abilità, delle
competenze
L’esperienza, che giunge oggi al sesto anno, ha dimostrato, al di là dei pur innega-
bili aspetti di criticità, la validità dell’alternanza come strumento didattico perché:
• induce a riflettere, rimodulare, ripensare l’agito scolastico,
• rende consapevoli gli studenti, che spesso paiono scettici rispetto ad alcune pro-
poste che provengono dal mondo della scuola, di quale potente strumento sia il
“sapere in azione”,
• crea solidarietà rispetto al lavoro docente,
• rende attuale la necessità di rapportarsi in una nuova prospettiva al mondo del
lavoro, alle sue repentine modificazioni e necessità con uno sguardo al cooperare
1 I tutor che hanno condotto le attività dei laboratori, i cui contributi sono riassunti in questa sintesi,
sono:
prof.ssa Sandra Bertolazzi, ITCST L. Einaudi, Padova
prof.ssa Elisabetta Gonzato, ITST A. Gritti, Mestre
prof. Gregorio Grigolo, IIS Colombo, Adria
prof.ssa Giuseppina Manca, IPSSARCT Cornaro, Jesolo
prof. Ecole Mitrotta, ITIS Severi, Padova
prof.ssa Isabella Sgarbi, IIS De Amicis, Rovigo
92
nel reciproco rispetto delle differenti funzioni.
All’interno delle attività svolte dai docenti dei vari gruppi sono stati prodotti esempi
di unità di apprendimento. Per citarne alcuni, il gruppo degli Istituti Tecnici Indu-
striali ha lavorato a UDA sui temi “Progetto di un sistema di acquisizione dati” e
“Progettazione e realizzazione di un bloccaggio pneumatico” mentre il gruppo degli
Istituti Tecnici Commerciali ha lavorato su “Costi di distribuzione” ed “Operazioni
di compravendita”. Sono state sviluppate anche alcune Rubriche di Competenze:
gli Istituti Professionali hanno sviluppato rubriche relative a competenze richieste
ai Tecnici della ristorazione, piuttosto che rivolte ad Operatori del settore Turistico,
mentre i Tecnici Industriali si sono concentrati su “Disegno tecnico”, “Sicurezza
elettrica”, “Analisi chimiche di laboratorio” ed i Licei Socio-Psico-Pedagogici o delle
Scienze Sociali hanno preso in esame aspetti quali la “Gestione della comunicazio-
ne” o “Organizzare e svolgere attività di accoglienza e di animazione in vari contesti
formativi” .
L’elaborazione delle rubriche è stata una laboriosa occasione di confronto con i tu-
tor e con il responsabile del corso per lo sforzo continuamente richiesto ai parteci-
panti di formulare voci precise, riferibili a comportamenti osservabili nelle specifiche
attività proposte agli alunni.
Per i componenti del gruppo, infine, il momento forse più creativo è stato rappre-
sentato dall’attività laboratoriale di elaborazione delle Unità di Apprendimento.
È importante evidenziare che i lavori di gruppo sono stati in gran parte occasione
per individuare interpretazioni univoche per gli elementi caratterizzanti del percorso
formativo. Infatti termini cruciali come abilità, capacità, competenze, obiettivi for-
mativi sono spesso usati con accezioni che si modificano nel tempo radicandosi in
ciascuno con sfumature diverse e significati non sempre corrispondenti ai recenti
riferimenti nazionali ed europei.
Quando ad esempio si parla di obiettivi formativi, si è portati a pensare agli obiettivi
disciplinari; ad esempio un docente di meccanica è indotto a ritenere che il “saper
realizzare mediante una macchina a controllo numerico un particolare meccanico”
sia un obiettivo formativo in quanto costituisce uno dei punti di arrivo per lo studen-
te che segue le sue lezioni. Al contrario è da classificare come un’abilità o piuttosto
come una competenza se presuppone una mobilitazione di risorse che vanno dal
disegno alla programmazione della macchina all’agire in sicurezza e all’interagire
col gruppo di lavoro. Per “obiettivi formativi” dobbiamo invece intendere i cam-
biamenti attesi nella formazione personale, importanti conquiste nel processo di
sviluppo della persona (acquisire padronanza, sicurezza; imparare a collaborare, a
riconoscere e valorizzare la propria identità, ecc.).
Avvicinarsi ad un nuovo strumento della didattica è un’esperienza complessa e
stimolante. Mettersi in gioco con l’ASL, è stato un po’ questo: uscire allo scoperto
ed affrontare il mondo esterno.
Ai docenti che hanno frequentato i corsi di formazione in questi anni non sono state
fornite ricette ma occasioni forti di approfondimento e discussione.
93
L’esperienza dell’Alternanza è quella di immergere il discente in una situazione uni-
ca, esterna alla familiarità dell’aula e di farlo interagire con gli stimoli forniti dalla
situazione proposta. Ogni alunno di ogni tipo di scuola trae vantaggio da questa
esperienza, ma di sicuro anche i docenti che si sono confrontati nei gruppi hanno
imparato a destrutturare i programmi rispetto alla pratica tradizionale ed a fornire
una visione di sfondo al loro sapere.
Essi hanno saputo coniugare i diversi linguaggi disciplinari, hanno cercato i paral-
lelismi, per trattarli unitariamente, hanno condiviso obiettivi finali e strategie, in un
superamento del puro ambito delle propria disciplina, perché l’azione non ha a che
vedere con il mero meccanicismo, ma implica la valutazione di molteplici fattori.
Ripartire da queste esperienze di Alternanza non è facile, né comodo, ma fornisce
un nuovo orgoglio, quello di aver aiutato i nostri giovani ad avvicinarsi un po’ di più
alla formazione consapevole dell’uomo.
Un esempio dei lavori dei gruppi2
Nel lavoro di gruppo relativo alle declinazioni delle competenze comuni e professio-
nali, dopo un confronto produttivo tra i corsisti, sono state individuate:
Declinazione delle competenze comuni in ASL:
- Accettare la responsabilità dell’impegno assunto
- Saper cogliere il significato storico e culturale del territorio
- Utilizzare metodi e culture diverse nell’affrontare un problema
- Percezione e presentazione di sé in forma adeguata al contesto lavorativo
Declinazione delle competenze professionali in ASL
- Essere consapevoli delle proprie capacità e delle inclinazioni professionali
- Utilizzare le proprie abilità professionali per affrontare situazioni lavorative nuove
e per trovare soluzioni
- Utilizzare l’esperienza di apprendimento in ASL per riconoscere le opportunità
lavorative nel territorio
- Cogliere le necessità e le richieste della clientela proponendo soluzioni
- Lavorare in team e sapersi rapportare con adeguati codici linguistici
- Riconoscere le nuove tecnologie più adatte per risolvere un problema
Si riportano di seguito un esempio di UDA ed una Rubrica delle Competenze pro-
dotte da uno dei gruppi.
2 Ulteriori esempi di Unità didattiche di Apprendimento e di Rubriche di Competenze prodotte nel
corso delle attività laboratoriali si possono trovare nel CD allegato alla pubblicazione
94
UNITÀ’ DI APPRENDIMENTO
Denominazione Progetto di un sistema di acquisizione dati e monitoraggio
ambientale
Compito-
prodotto
Realizzazione di un’apparecchiatura per il monitoraggio di
temperatura, umidità, pressione, precipitazioni, PM10, PH della
pioggia.
Raccolta ed elaborazione dati
Obiettivi
formativi
Imparare a lavorare in gruppo
Imparare ad assumersi responsabilità
Padroneggiare l’uso degli strumenti tecnici
Rispettare i tempi
Collegare i saperi
Competenze
mirate
− Progettare circuiti elettronici seguendo la normativa con
attenzione agli aspetti economici
− Progettazione di data-base
− Elaborazione statistica di dati
− Utilizzare gli elementi di fisica dell’ambiente per
l’interpretazione dei dati acquisiti
Abilità
capacità,
conoscenze
− Realizzare e collaudare circuiti elettronici gestiti da
microcontrollore
− Utilizzare i data-base
− Saper leggere e interpretare data-sheet in Inglese
− Realizzare circuiti stampati
− Conoscere i principi fisico-chimici relativi al funzionamento dei
trasduttori
− Programmazione in SQL
− Comunicare i risultati in formato cartaceo ed elettronico
Utenti Alunni di Classe 5^ Indirizzo Elettronica, Informatica,
Elettrotecnica ed Automazione
Prerequisiti − Conoscenze di base di Elettronica, Informatica, Inglese
− Conoscenza di un linguaggio di programmazione
− Conoscenza dell’Inglese tecnico
− Abilità tecnica…
Periodo di
applicazione
Tutto l’anno scolastico
Sequenza in
fasi
− Progettazione dell’attività e assegnazione dei compiti
− Progettazione del sistema
− Reperimento preventivi/materiali
− Realizzazione e collaudo
− Raccolta dati
− Presentazione dei risultati (disseminazione)
Tempi 150 ore
− Sett.-ott.: progetto (35 ore)
− Nov.-apr.: realizzazione (100 ore)
− Maggio: raccolta ed elaborazione dati (10 ore)
− Giugno: presentazione (5 ore)
Metodi Lezione frontale
Studio individuale
Esercitazioni di Laboratorio
Lavoro di gruppo
95
Strumenti Strumenti di misura specifici
Componenti elettronici
Trasduttori
DBMS (Database Management System)
Risorse umane
e relativi
compiti
Coordinatore (docente di TDP o di Sistemi)
Docenti di tutte le discipline tecniche
Docente di inglese
Esperienze Visite presso ARPAV per la visione d’insieme del sistema da
progettare e realizzare
Esperienze di Alternanza Scuola Lavoro in aziende specializzate
nella progettazione e realizzazione di apparati elettronici
Criteri e
modalità di
valutazione
Qualità (funzionalità, completezza, precisione, estetica) del
prodotto
Impegno di ogni singolo gruppo e di ogni singolo allievo
Superamento delle difficoltà
Comportamento organizzativo
Sicurezza
Completezza, correttezza e pertinenza del linguaggio (relazione/
presentazione, portfolio)
Apprendimento (glossario bilingue)
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4.3 La rilettura della Terza Area alla luce della metodologia
dell’Alternanza
Giusy Manca, Annamaria Pretto1
Le esperienze di Alternanza scuola - lavoro hanno comportato, per gli insegnanti
che le hanno vissute, una riflessione sulla professionalità e sull’efficacia delle meto-
dologie, grazie anche allo stimolo delle azioni formative che li hanno accompagnati,
dalla fase di realizzazione a quella di valutazione dei progetti. L’Alternanza si è po-
sta come catalizzatore di innovazione: seppure con alcune difficoltà e in modo non
lineare, è riuscita a provocare nelle stesse istituzioni scolastiche una riflessione sul
modo di promuovere apprendimento.
L’azione formativa che nel 2007 e nel 2008 si è attuata2 a livello regionale coin-
volgendo una quarantina di docenti di Istituti Professionali del Veneto si è posta
l’obiettivo di rivisitare il percorso di Terza Area, raccogliendo in qualche modo, in
un contesto più favorevole anche dal punto di vista normativo, la sfida innovativa
riproposta dall’ASL: operazione il cui esito non era scontato, date alcune compren-
sibili resistenze iniziali. Mentre infatti per favorire la diffusione e l’integrazione del-
l’Alternanza da un quinquennio si procede alla costruzione di strade e di strumenti
adatti ad un progetto di innovazione, la rilettura di una ormai consolidata Terza Area
rimette in discussione un percorso che negli anni, in diverse realtà, appare invece
avere progressivamente perso, almeno in parte, la sua spinta al cambiamento, rita-
gliandosi uno spazio il più delle volte percepito come autonomo e parallelo rispetto
all’offerta curricolare, che rimane fondata sulle discipline. La sua organizzazione
modulare, più rispondente al bisogno di trovare connessioni tra i contenuti, avrebbe
invece dovuto superare la rigida divisione disciplinare, a favore di un aumento di
senso dell’offerta formativa.
Alternanza scuola - lavoro vs Terza Area: una diversità solo apparente.
Che l’Alternanza Scuola-lavoro3 [ASL] presenti tratti comuni alla Terza Area - carat-
terizzante il biennio postqualifica dei professionali - era già ben presente al gruppo
di lavoro regionale sin dalla prima fase di sperimentazione dell’ASL, nel 2004 quan-
do, nella sua riflessione sulle valenze professionalizzanti di questa metodologia, vi
associava “l’esperienza veneta connessa al sistema delle qualifiche attivato nei corsi
di Terza Area professionalizzante degli IPS” (USR per il Veneto - Giunta Regionale
(cur) 2004, 13).
La convergenza specifica tra ASL e Terza Area pareva tuttavia limitarsi allo specifi-
co obiettivo della professionalizzazione, rimandando ad un percorso ormai percepi-
to come prestigioso ma “tradizionale”, di mediazione tra scuola e mondo del lavoro,
con il tratto, specifico ed eccezionale nel panorama italiano, del riconoscimento
della Regione.
1 Giusy Manca, che ha svolto il ruolo di tutor di uno dei due gruppi di corsisti, ha curato la parte dedi-
cata agli strumenti; Annamaria Pretto ha curato la presentazione dell’esperienza.
2 progettata dal Gruppo Regionale dell’Alternanza all’interno dell’Ufficio 2, e realizzata presso l’IPSS
“B. Montagna” di Vicenza, con la direzione del Dirigente Scolastico Vanna Santi.
3 l’espressione “alternanza scuola – lavoro” compare nella parte iniziale della premessa al D.M. del 15
aprile 1994, con cui si istituisce il biennio postqualifica degli IPS.
98
Quest’area, le cui caratteristiche avrebbero potuto scardinare alcuni fondamenti
della didattica tradizionale, se da un lato non riusciva a contaminare positivamente
il modo di fare scuola nelle ore di lezione della prima e della seconda area - subiva
invece, essa stessa, l’influenza dell’impostazione scolastica tradizionale, tanto che
si trovano organizzati per “aree disciplinari” i moduli illustrati nei documenti delle
qualifiche.
La descrizione di ciascuno di tali “moduli”, per ogni comparto e per ogni qualifi-
ca, è unica: l’elaborazione è stata effettuata da un gruppo regionale nel 2003, in
occasione di una revisione generale delle qualifiche. Il percorso così delineato è
riconosciuto dalla Regione Veneto e per questo rappresenta la condizione per il
conseguimento di un’ulteriore qualifica, oltre alla triennale, a conclusione del bien-
nio degli IPS4.
I moduli, articolati nel quarto e quinto anno, sono disposti in una sequenza che por-
ta alla costruzione dei diversi profili in uscita, corrispondenti a quelli, a suo tempo
definiti in ambito europeo, “di terzo livello”: riguardanti cioè “prevalentemente un
lavoro tecnico che può essere svolto in modo autonomo e/o comporta altre respon-
sabilità come quelle di programmazione e coordinamento” (Decisione 85/368/CE).
Oggi, verosimilmente, secondo il recente Quadro Europeo delle Qualifiche5, questo
dovrebbe corrispondere al quarto livello.
In uscita sono previste competenze distinte in tre categorie: oltre a quelle “tecnico
professionali”, cui corrispondono specifici moduli, diversi a seconda dei comparti e
delle figure, sono indicate quelle “di base” e infine le “trasversali”. Le competenze
di base e trasversali, seppure nella loro necessaria varietà, contengono elementi
comuni, come si evince dagli esempi seguenti, tratti dai documenti riguardanti due
qualifiche diverse. Il primo esempio si riferisce ad una qualifica del comparto “Ser-
vizi”, il secondo riguarda una qualifica del comparto “Grafico – pubblicitario”6
4 I risultati del lavoro, con la descrizione dell’intero percorso per ciascuna qualifica, sono stati pubbli-
cati e sono accessibili nel web all’indirizzo http://www.giorgivr.it/web/revisione_fp/fp_index.htm. Ne
esiste anche una pubblicazione, in cartaceo.
5 http://ec.europa.eu/dgs/education_culture/publ/pdf/eqf/broch_it.pdf.
6 “Operatore dei servizi incoming” (R) Cod. Reg. 9, del Comparto “Servizi”; “Esperto della comunica-
zione visiva” Cod. Reg. 87 del Comparto “Grafico – pubblicitario”.
99
COMPETENZE DI BASE
comparto “Servizi” - comparto “Grafico - pubblicitario”
Lo studente sarà in grado di
1. Utilizzare in modo consapevole un
elaboratore ed i relativi programmi
applicativi
2. Comunicare con strumenti informatici
nel proprio ambiente di lavoro e con
l’esterno.
3. Analizzare, elaborare e rappresentare
informazioni.
4. Identificare i principali vincoli
normativi che regolano la vita
dell’impresa.
5. Applicare i principi fondamentali di
prevenzione
6. Collaborare al mantenimento delle
condizioni di sicurezza nel luogo di
lavoro
7. Saper affrontare le principali situazioni
di emergenza.
8. Orientarsi nel mercato del lavoro
9. Descrivere i principali elementi che
contribuiscono al funzionamento
dell’impresa.
10. Individuare i principali fattori che
concorrono a produrre i risultati
dell’impresa
11. Utilizzare gli elementi di base di una
lingua straniera.
Lo studente sarà in grado di
1. Utilizzare in modo consapevole un
elaboratore ed i relativi programmi
applicativi
2. Comunicare con strumenti informatici
nel proprio ambiente di lavoro e con
l’esterno.
3. Analizzare, elaborare e rappresentare
informazioni.
4. Identificare i principali vincoli
normativi che regolano la vita
dell’impresa.
5. Applicare i principi fondamentali di
prevenzione
6. Collaborare al mantenimento delle
condizioni di sicurezza nel luogo di
lavoro
7. Saper affrontare le principali situazioni
di emergenza.
8. Orientarsi nel mercato del lavoro
9. Descrivere i principali elementi che
contribuiscono al funzionamento
dell’impresa.
10. Individuare i principali fattori che
concorrono a produrre i risultati
dell’impresa
11. Utilizzare gli elementi di base di una
lingua straniera.
100
A tali competenze comuni fanno riscontro moduli comuni, denominati anch’essi
“di base”: tra questi, Informatica, Organizzazione aziendale, Sicurezza, Qualità e
Stage.
È prevista inoltre l’acquisizione di “competenze trasversali”. Al di là delle varianti
che anche in questo caso si riscontrano, per comparto e/o per qualifica, i moduli
sono accomunati da alcuni tratti. Il primo esempio è ricavato ancora dal comparto
“Servizi”, mentre il secondo elenco caratterizza la qualifica, citata precedentemen-
te, del comparto “Grafico - pubblicitario”
COMPETENZE DI BASE
comparto “Servizi” - comparto “Grafico - pubblicitario”
Lo studente sarà in grado di:
1. Agire per il conseguimento di uno
scopo.
2. Affrontare e risolvere eventuali
imprevisti.
3. Organizzare il proprio lavoro in modo
autonomo.
4. Lavorare in équipe, ove sia opportuno
per migliorare i risultati.
5. Correlare il proprio lavoro considerato
parte di un processo) a quello degli
altri soggetti siano essi colleghi,
fornitori, partner..
6. Intrecciare relazioni interpersonali con
soggetti di diverse culture.
7. Interagire con gruppi di persone.
8. Leggere diversi linguaggi della
comunicazione.
9. Riconoscere il proprio ruolo
professionale all’interno del mercato
del lavoro.
10. Recepire le innovazioni tecnologiche
11. Gestire le variabili all’interno di
un’organizzazione
Lo studente sarà in grado di:
1. Evidenziare le proprie motivazioni
in relazione al personale progetto
professionale di sviluppo.
2. Riconoscere e valutare situazioni e
problemi di diversa natura.
3. Saper comunicare in un contesto
organizzativo.
4. Saper lavorare in gruppo.
5. Saper negoziare o concertare con altri
soluzioni e risorse.
6. Possedere capacità promozionali nei
rapporti con gli altri.
7. Potenziare l’autoapprendimento.
8. Saper affrontare e risolvere problemi.
9. Saper gestire le variabili all’interno di
una organizzazione.
10. Saper recepire le innovazioni
tecnologiche.
Si osserva come nella sostanza, al di là del modo in cui sono formulate, buona parte
dei risultati attesi corrisponda alle otto “Competenze di cittadinanza”7.
Il riferimento a questi esiti, elencati nella parte iniziale dei documenti riguardanti cia-
scuna qualifica, non si ritrova tuttavia mancare nelle descrizioni dei moduli8: questi
sono invece caratterizzati da una serie di obiettivi, nella cui formulazione, da un lato,
si coglie l’esigenza di indicare ciò che lo studente “è in grado di” fare ma, dall’altro,
non si vede l’esplicitazione del metodo grazie al quale si intende promuovere lo
sviluppo di tali competenze.
La descrizione di ciascun modulo elaborato nel 2003 segue una traccia comune:
per ciascuno si distinguono, oltre agli obiettivi, i prerequisiti, i contenuti, le metodo-
logie didattiche - lezione frontale, problem solving, discussione e confronto, ricerca/
7 http://ec.europa.eu/education/policies/2010/doc/keyrec_it.pdf
8 almeno dei moduli qui analizzati
101
indagine, esercitazione pratica, visita documentativa, esercitazione di laboratorio,
analisi dei casi, altro - e infine le modalità di verifica - prove scritte, questionari/test,
prova grafica, prova di laboratorio, esercitazione pratica, colloquio, e un “altro”, che
segue la prova interdisciplinare. A questo proposito si rileva che non sono previsti,
nella scheda, né riferimenti ad attività “interdisciplinari”, né l’indicazione delle di-
scipline coinvolte in questa tipologia di prova: tale assenza potrebbe già di per sé
essere considerata segnale di una difficoltà di immaginare forme di integrazione tra
le diverse componenti dell’offerta formativa di Terza Area, seppure esse siano state
significativamente denominate “moduli”, né tra queste e alcune attività/contenuti
delle discipline caratterizzanti le altre due aree, la prima, culturale, e l’altra, di indi-
rizzo.
Questo relativo isolamento non appare coerente con i principi e le indicazioni conte-
nuti nel Decreto Ministeriale del 15 aprile del 1994 dove, nella sua ampia premessa,
si afferma che dal punto di vista dell’ordinamento curricolare la Terza Area concorre
a costituire tempo-scuola e che a tutti gli effetti deve contribuire ad una globale
coerenza dell’ “itinerario” formativo, anche nella fase della valutazione. La perdita
delle connessioni con tale itinerario potrebbe in parte essere spiegato con l’esigen-
za di distinguere tale percorso dal resto dell’offerta formativa per motivi di rendicon-
tazione, per evitare cioè rischi di mancato riconoscimento di attività diversamente
finanziate, a causa della loro sovrapposizione con altre. Non si può tuttavia tacere
su un altro aspetto, cioè la problematicità, non ancora superata da parte dei consigli
di classe, di operare come gruppo consapevole della necessità di rafforzare i legami
tra le differenti discipline per rendere “sensata” l’esperienza dell’apprendere.
Si osserva, ancora, che sono elencati gli strumenti delle verifiche, ma non gli ele-
menti necessari per la valutazione. Questa scarsa attenzione – almeno sul piano
dell’esplicitazione formale - alla dimensione della valutazione e della certificazione
traspare, ad esempio, nella descrizione del modulo “Prove d’esame finali”, in cui la
procedura della certificazione descritta non entra nel merito delle competenze da
accertare, nonostante queste siano state previste e articolate nelle tre categorie,
come si è visto precedentemente.
102
Prerequisiti
Prerequisito fondamentale per poter sostenere la prova finale è il raggiungimento del monte
ore previsto dalla Regione 70% delle presenze). Gli allievi dovranno aver raggiunto le compe-
tenze necessarie ad affrontare e superare la prova in modo autonomo. La prova, che riguar-
derà quanto svolto durante il corso, sarà corredata da notizie introduttive utili ad impostare il
lavoro e a precisare le consegne, da materiali e risorse necessarie per lo svolgimento.
Obiettivi
Finalità della prova sono essenzialmente la certificazione delle competenze acquisite e delle
potenzialità possedute dai singoli allievi, con lo scopo di accertarne l’idoneità.
La valutazione dei risultati delle prove finali sarà indicata con distinta formulazione per:
a) prove pratiche
b) colloquio nelle discipline teorico-pratiche
Le votazioni di cui alle lettere a) e b) saranno espresse con termini di: - insufficiente D - suffi-
ciente C - buono B - ottimo A.
Contenuti
La prova si articola in due fasi:
*prova pratica scritta per verificare le conoscenze tecniche, tecnologiche, nonché le capacità
di ragionamento maturate dall’allievo
*prova orale, finalizzata a valutare le capacità relazionali dell’allievo e a verificarne il grado di
consapevolezza, relativo alla formazione tecnico/teorica ricevuta durante il ciclo formativo.
La prova è strutturata in modo che l’allievo possa esprimere concretamente la sua preparazio-
ne professionale ed è definita in modo da tener conto degli argomenti svolti durante il corso
in relazione al programma formativo. Si partirà dalla discussione di un argomento, preceden-
temente predisposto, basato soprattutto sulle esperienze di tirocinio aziendale, mettendo in
luce l’autovalutazione e il grado di consapevolezza e di preparazione raggiunto, in rapporto al
contesto produttivo.
Non sono previsti strumenti per la certificazione creati ad hoc; nonostante il modulo
di base “Informatica” sia presente nelle diverse qualifiche, non sempre si prevede il
conseguimento della certificazione ECDL.
La prima edizione del corso ha soprattutto stimolato i partecipanti a rilevare le cri-
ticità della “Terza Area” praticata con le tradizionali metodologie e ad identificarle
come possibili fattori di demotivazione negli studenti. In particolare si sono eviden-
ziati come elementi problematici
• l’approccio prevalentemente frontale in aula
• la difficile integrazione dei moduli
• l’eccessiva standardizzazione, a sfavore della personalizzazione
• la scarsa l’integrazione della Terza Area con le specifiche discipline delle Aree
Comune e d’Indirizzo
• le competenze personali, trasversali e di base, percepite come alternative rispet-
to a quelle professionali
• la mancanza di riconoscimento dei moduli, d’altra parte, come crediti da parte
del mondo del lavoro
• l’insufficiente spazio dedicato alla progettazione formativa
• la scarsa dimestichezza dei docenti a progettare moduli per competenze
• la disattenzione per l’integrazione con l’attività progettuale del consiglio di clas-
se
• le carenze nel rapporto di collaborazione tra tutor, interni ed esterni, in ogni fase
del percorso
103
• l’assenza di monitoraggio e di valutazione sia degli esiti degli studenti, sia dell’at-
tività svolta nel suo complesso
• l’insufficiente considerazione dell’importanza della formazione dei docenti e dei
tutor.
Alternanza scuola - lavoro in Terza Area: la proposta di integrazione.
Nella seconda edizione del corso, attuata nei primi mesi del 2008, si è promossa la
ricerca di nuove vie per affrontare le criticità evidenziate dagli stessi partecipanti e,
con la guida di Dario Nicoli, si è presentata agli insegnanti la proposta fondata sul
criterio della formazione efficace, le cui linee guida sono presentate in questa pub-
blicazione. Grazie all’accompagnamento delle due tutor, Giusy Manca e Giuliana
De Cet, i corsisti, attraverso la comunicazione e la cooperazione anche attraverso
lo scambio in uno spazio virtuale appositamente allestito nella piattaforma “Piazza
ASL”, sono pervenuti a nuove conoscenze e competenze elaborando nuovi stru-
menti. Nel riflettere sulla propria esperienza di insegnamento nei percorsi di Terza
Area e di Alternanza, hanno esplicitato l’esigenza di nuove risorse, di sinergie e di
soluzioni diverse a problemi non ancora risolti.
Il confronto tra i documenti elaborati nel 2003 e quelli prodotti durante l’attività for-
mativa sul rapporto tra Terza Area e ASL, rivela la qualità del cammino del gruppo
dei docenti e la grande differenza dei risultati.
104
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Il modulo “stage”, unità di apprendimento.
Nei documenti elaborati nel 2003, dove si riportano gli esiti della revisione delle qua-
lifiche di Terza Area, il modulo comune denominato “Stage” rivela in modo evidente
la distanza che intercorre tra gli approcci metodologici. Manca infatti una progetta-
zione in cui si descrivano le condizioni favorevoli all’acquisizione delle competenze:
l’esperienza formativa, nonostante la sua considerevole durata, pari a 240 ore, sem-
bra essere percepita come esterna all’attività svolta negli altri moduli e, diversamen-
te da questi, sembra portare a risultati di cui la scuola pare dovere semplicemente
prendere atto: la dimensione dell’intenzionalità formativa appare quasi inesistente.
Si riportano due esempi di descrizioni del modulo stage, relativi rispettivamente alla
qualifica di “Operatore dei servizi incoming” e a quella di “Esperto della comunica-
zione visiva”: in entrambi i casi la presentazione è priva di indicazioni metodologi-
che, ma è caratterizzata da un elenco molto generico degli obiettivi da raggiungere,
come evidenziano i due esempi sotto riportati.
COMPETENZE DI BASE
Operatore dei servizi incoming Esperto della comunicazione visiva
Obiettivi
Lo stage rappresenta una delle fasi più significative
del percorso formativo delineato, quella che più
delle altre avvicina gli allievi alla realtà lavorativa
con la quale dovranno confrontarsi al momento
dell’inserimento lavorativo.
Il contesto di inserimento dello stagista sarà
costituito da aziende operanti nel settore turistico,
dove possono essere sperimentate alcune
delle competenze apprese durante le lezioni ed
esercitazioni in aula.
Il contenuto formativo dello stage, sarà concordato
con l’azienda al fine di potenziare nello stagista
alcune delle competenze proprie dell’Operatore
dei servizi incoming.
Principalmente lo stage si prefigge di raggiungere i
seguenti obiettivi:
1. aumentare le conoscenze e migliorare la
consapevolezza sulle competenze acquisite
2. orientare le scelte per il futuro inserimento
lavorativo
3. motivare il conseguimento di competenze
adeguate
4. interagire e confrontarsi con gli operatori delle
aziende turistiche ospitanti
Obiettivi
Lo stage è una esperienza
mirata alla preparazione
professionale, tesa a consentire
all’allievo di calibrare la sua
preparazione teorica su un
progetto ben definito e fruibile
reale.
Favorire la crescita
comunicazionale.
Confrontare e valutare le
aspettative alla realtà lavorativa.
Adeguare i propri interventi alle
richieste del mondo del lavoro.
Favorire la concreta
conoscenza delle tecnologie
esistenti in ambito
professionale.
Orientare verso concrete
prospettive professionali
Modalità di valutazione
1. scheda di valutazione sul comportamento dello
stagista
2. relazione del tutor aziendale e consiglio
orientativo
3. relazione autovalutativa dello stagista
Modalità di valutazione
scheda di valutazione sul
comportamento dello stagista
relazione del tutor aziendale
relazione autovalutativa dello
stagista - diario di stage
107
Anche qui il paragone con le Unità di Apprendimento riguardanti lo “Stage” elabo-
rate dai docenti partecipanti al corso di Vicenza, relative a figure degli stessi com-
parti, “Servizi” e “Grafico - pubblicitario”, mette in luce la diversità di approccio a
questa esperienza formativa cui lo studente viene esposto per sperimentarsi nella
vita reale.
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112
Prospettive 2008-09.
Questi esempi, elaborati nell’ambito del lavoro dei partecipanti durante il corso di
formazione attuato nei primi mesi del 2008, sono qui riportati prima che siano stati
messi alla prova da parte dei docenti e validati.
La traduzione nella pratica delle unità di apprendimento sviluppate e la sperimen-
tazione degli strumenti è tuttavia già nella fase di avvio in trentasette istituti profes-
sionali veneti, che hanno accolto la proposta regionale di elaborare la loro azione di
rinnovamento della Terza Area, nell’a.s. 2008-09, proprio a partire dai documenti del
corso, frutto di reale confronto e di condivisione.
I corsi così caratterizzati, attivati a seguito di una valutazione e sostenuti con appo-
sito finanziamento regionale, sono complessivamente 58, diversamente distribuiti
tra le sette province, come indicato nella tabella sottostante.
Tabella 1. Corsi ASL in Terza Area attivati nelle sette province venete nell’a.s. 2008-
2009 e loro ditribuzione per istituto.
Per il fatto di riguardare il 43% del numero complessivo degli IPS veneti, lo stesso
dato quantitativo indica significativamente la misura della convinzione e della volon-
tà di accogliere la sfida metodologica dell’Alternanza in Terza Area, riconoscendola
diffusamente come risorsa capace di valorizzare la specificità e l’efficacia dei per-
corsi del biennio postqualifica.
Il confronto e la riflessione sulle nuove pratiche dovrà quindi rappresentare il focus
del prossimo intervento formativo. La fase di sperimentazione in atto, che sarà an-
cora accompagnata dall’intervento formativo rivolto agli operatori, darà pertanto
modo di verificare sul campo l’efficacia delle metodologie adottate e degli strumenti
predisposti, prevedendo ed elaborando i possibili aggiustamenti.
Corsi per
procincia
IPS che
realizzano
corsi, per
provincia
IPS con
1 corso
IPS con
2 corsi
IPS con
3 corsi
Belluno 9 5 0 4 0
Padova 3 2 3 0 0
Rovigo 9 5 2 2 1
Treviso 9 6 3 3 0
Venezia 14 10 6 4 0
Vicenza 10 5 4 0 2
Verona 4 4 2 1 0
Totale 58 37 20 14 3
113
5. Il modello del profilo integrato per le competenze
Maria Renata Zanchin, Mariangela Icarelli
Presentazione
Il progetto svoltosi nell’anno 2007-2008 in provincia di Verona fa riferimento ad
un’idea ampia di alternanza, come modo di apprendere significativo nella compe-
netrazione diffusa tra momenti di conoscenza e di esperienza, con pari grado di
dignità e rilevanza formativa.
Il perno del percorso sta nel Profilo Formativo come chiave di integrazione con-
sapevole di competenze personalizzate e spendibili nel proprio progetto di vita,
secondo la prospettiva che qui di seguito delineiamo.
Essa si collega al Curricolo per padronanze (Margiotta U., 1997 e Laboratorio RED,
www.univirtual.it/red/) e all’idea di competenza - che vediamo variamente sviluppa-
ta nelle ricerche internazionali degli ultimi trent’anni - come trama di conoscenze,
abilità-capacità personalizzate dall’allievo nel variare dei contesti e connotate da
consapevolezza, responsabilità e autonomia.
Criteri di fondo
Parlare di Alternanza tra scuola e lavoro significa riflettere sullo spostamento del
baricentro educativo dall’ atto dell’ insegnare al processo dell’ apprendere, come
hanno ben evidenziato i contributi che ci hanno preceduto. Nella società della co-
noscenza l’Alternanza è correlata a una più ampia trasformazione del paradigma
formativo, i cui punti salienti sono:
• l’apertura della scuola - in tutti si suoi ordini e gradi - all’extrascuola,
• l’efficacia del dialogo tra curricolo esplicito-formale (scolastico) e curricolo impli-
cito-informale (famiglia, società, mass-media…)
• la consapevolezza di un destino di “long-life-learning” per i nostri allievi, che si
caratterizza per l’alternanza ricorsiva di fasi di lavoro e di studio per tutta la vita
• lo sviluppo di curricoli per competenze, secondo le prospettive del Consiglio
europeo di Lisbona del 2000
• la concezione di competenza come disposizione consapevole a rapportarsi con
la realtà per incidere su di essa nel variare dei contesti, investendo su più dimen-
sioni dell’apprendere e dell’agire (non solo cognitiva, ma anche metacognitiva,
affettivo-relazionale-motivazionale)
In tal senso l’ ASL è probabilmente sia motore di innovazione che frutto della tra-
sformazione del paradigma di cui abbiamo appena parlato e rappresenta un nodo
vivo del sistema di cambiamenti in atto.
Se il curricolo è, come crediamo, non un elenco di contenuti che si dispiegano ma
un “… ampio e diversificato scenario di opportunità desiderabili di formazione e di
apprendimento… dentro e fuori la scuola” (Margiotta U. 2007, 97), l’alternanza è
una tra le più significative di queste opportunità, collocata verso la fine del percorso
della scuola secondaria e feconda quanto più il ragazzo e il bambino abbiano po-
tuto fruire di un ambiente educativo con barriere leggere, aperto allo scambio con
l’esterno, all’esperienza e alla circolarità virtuosa tra esperienza e riflessione:
114
Esperienza concreta
Concettualizzazione
astratta
Sperimentazione attiva Osservazione riflessiva
Esperienza concreta
Concettualizzazione
astratta
Sperimentazione attiva Osservazione riflessiva
Figura 1 (fonte: Gibbs 1988, in OECD-OCDE, 1994, 280)
Questa circolarità sta alla base anche del concetto di competenza, come vedremo
meglio più avanti.
Il profilo formativo e professionale come snodo del curricolo e del dialogo tra
scuola e azienda
Un aspetto cruciale dell’Alternanza Scuola Lavoro e più in generale del processo
curricolare è immaginare ciò che è opportuno l’allievo sappia - sappia fare - sappia
essere al termine di un certo percorso formativo, senza frammentare questi aspetti
o farne prevalere uno a scapito dell’altro. Fondamentale è il dialogo tra gli inse-
gnanti e i tutor aziendali ed è indispensabile il coinvolgimento dell’allievo rispetto
alle mete formative.
Nel dibattito su questa tematica emerge già da tempo la necessità di promuovere
- per l’ingresso nel mondo del lavoro oltre che nella vita, come per la prosecuzione
negli studi - competenze di tipo trasversale: curiosità e disponibilità ad apprende-
re, capacità di comunicare, modo di porsi nei confronti degli altri, saper lavorare
insieme, tenacia nel perseguire i risultati,… Esse non sono soggette alla rapida ob-
solescenza cui sono votate nella società odierna la maggioranza di quelle tecnico
- strumentali, ma sono capaci invece di movimentare nuove conoscenze e abilità tra
loro integrate, senza le quali non esiste cultura ne professionalità.
Per rispondere a questa importante questione, abbiamo fatto riferimento al concet-
to di Profilo formativo integrato, in quanto ragionare per profili aiuta a pensare e a
rendere consapevole il soggetto del “come” senza trascurare il “cosa” (intendendo
con ciò i processi e gli stili con cui una persona apprende e agisce, non soltanto
cosa e quanto sa e sa fare) anche per poter governare meglio il proprio percorso di
acquisizione delle competenze.
L’idea è stata proposta con riferimento al Curricolo per padronanza citato in pre-
messa, nella sua polarità di profilo integrato atteso e profilo individuale emergente.
Esso rappresenta una sorta di cornice che consente di immaginare l’allievo ideale
sapendo che sarà diverso non solo e tanto in senso negativo (campo di competen-
za meno ampio) ma anche perché, grazie alle opportunità del curricolo - non inteso
come un percorso uguale per tutti - ma come trama di opportunità per una trama
di competenze - potrà esprimere i suoi modi personali e far emergere i suoi punti
forti (campo di competenza non coincidente con quello atteso). Una cornice entro
la quale circoscrivere i diversi percorsi di apprendimento che compongono in forma
115
modulare il curricolo e all’interno dei quali, non come esperienze estranee alla scuo-
la, ma come parte integrante, si iscrivono anche quelle di Alternanza.
Nel percorso formativo di Verona, le attività laboratoriali hanno dato uno spazio
di rilievo, come vedremo in seguito, all’elaborazione dei profili attesi dell’allievo al
termine dell’esperienza di Alternanza, in collaborazione con i tutor aziendali, e alla
costruzione di strumenti comuni per osservarne il progressivo definirsi e per certi-
ficarne gli esiti.
Pensare per profili significa anche valorizzare l’ attività riflessiva di cui poco fa ab-
biamo parlato: l’ allievo deve poter ricostruire le sue esperienze e collegarle alle
informazioni ricevute, integrandole, ripensare ai problemi che ha avuto, se e come
ha tentato di risolverli, come le nuove informazioni possono aiutarlo a migliorare. Il
ricorrere a diari di bordo e schede di auto-valutazione sostiene questa riflessività,
ma soprattutto il dialogo e la discussione con i pari, con i docenti, con i tutor azien-
dali.
Nella definizione del profilo, nella progettazione del percorso e degli aspetti valu-
tativi e certificativi è importante la cooperazione tra le diverse componenti della
scuola e dell’azienda e non va dimenticato il ruolo delle discipline non direttamente
professionalizzanti, ma capaci di contribuire alla promozione delle competenze at-
tese. Si tratta di promuovere e sostenere il dialogo dei docenti intorno a quel campo
integrato di conoscenze ed esperienze che è l’ASL.
E si tratta, come vediamo ora, di coltivare un’idea e una pratica di progettualità.
Gli aspetti e le fasi della progettualità
Se un profilo è un intreccio di competenze personalizzate, promuoverlo comporta
un’ azione progettuale, articolata in una varietà di momenti, che non si esauriscono
certo nell’attività in aula o in azienda e che qui presentiamo, per necessità di espo-
sizione, in un ordine lineare:
- valutazione come processo ex ante e in itinere non solo ex post, che accompa-
gna e orienta l’azione didattica e in forma trasparente sostiene la consapevolezza
dell’ allievo, articolandosi in processi di autovalutazione e covalutazione (Tessaro
1997 e Giambelluca et al. 2008);
- individuazione di ampie competenze chiave e competenze trasversali che, dise-
gnando il profilo integrato atteso, costituiscono i grandi perni del curricolo;
- scelta degli indicatori trasversali di processo - condivisi con l’allievo - per osser-
vare la crescita delle competenze e dei saperi, regolare l’ambiente di apprendi-
mento, porre le basi per valutare e certificare. Essi hanno radice nella molteplicità
delle dimensioni dell’apprendere: cognitiva, metacognitiva e affettivo-relazionale,
nei processi e negli atteggiamenti che queste dimensioni attivano;
- analisi formativa della disciplina: selezione delle conoscenze dell’asse discipli-
nare e/o del campo professionale che sono più adeguate a promuovere quelle
competenze (Rigo 2005, p.294 e sgg);
- individuazione dei grappoli di competenze, abilità/capacità e conoscenze tra loro
interrelate che rappresentano tappe di percorsi e di Unità Formative disciplinari
o integrate, rispondenti ai bisogni dell’allievo, della società, della cultura;
- progettazione delle Unità Formative e delle fasi di lavoro didattico, con attenzione
alla scelta dei mediatori, per promuovere quei processi di apprendimento che
116
sollecitano e orientano la crescita delle conoscenze in termini di competenze e
con predilezione nei confronti di quelle esperienze e attività che vengono definite
autentiche (Wiggins, 1998) in quanto capaci di porre l’allievo in contesti verosimi-
li, che richiedano soluzione di problemi e / o elaborazione di prodotti;
- formulazione dei descrittori di competenza, coniugando gli indicatori sovradisci-
plinari con le conoscenze e cercando di esplicitare non solo il livello, ma il modo
in cui la competenza si esprime;
- certificazione come descrizione quali-quantitativa del profilo dell’allievo, basata
su livelli, punteggi e descrittori collegati tra loro e con i percorsi formativi real-
mente svolti resi comunicabili tra i diversi soggetti (scuola-allievo e famiglia;
formatore e formando; enti e agenzie di formazione tra loro) diventando garanzia
della mobilità tra le esperienze e sul territorio, nella dimensione europea e oltre.
Un’idea forte di competenza
Quanto l’aspetto metacognitivo e quello motivazionale siano fondamentali nella lo-
gica delle competenze, emerge dalle definizioni di numerosi autori, oltre che da
ricerche e progetti internazionali, che brevemente richiamiamo. Nel DeSeCo (De-
finition and Selection of Competences), (OCSE 1997), leggiamo: “In prospettiva
olistica, la competenza viene considerata “la capacità di rispondere a specifiche
esigenze oppure di effettuare un compito con successo e comporta dimensioni
cognitive e non cognitive: le competenze chiave sono competenze individuali che
contribuiscono ad una vita ben realizzata e al buon funzionamento della società,
implicando la mobilitazione di conoscenze, abilità cognitive e pratiche, come pure
di componenti sociali e comportamentali quali attitudini, emozioni, valori e motiva-
zioni.” (Bottani N, in Ryken D.S. e Salganik L.H. 2007, 11). Il progetto OCSE-PISA
(Programme for International Student Assessment), la più importante ed estesa fra
le indagini internazionali sulle competenze (Fini R. 2005), relativa alla fascia d’età
dei quindicenni, ci offre un modello di costruzione e analisi di prove di verifica au-
tentiche, capaci di mettere alla prova gli allievi su problemi simili a quelli della vita e
di richiamare l’attenzione dello studente non soltanto sulla produzione del risultato
ma anche sulla riflessione rispetto al proprio percorso.
Tessaro (2005, 74) descrive la competenza come un “ sapere personalizzato che si
manifesta in un contesto”. E specifica poi: “ La competenza è un sapere … dotato
di senso nella reciprocità tra azione e riflessione, nella circolarità tra senso comune
e senso scientifico. È un sapere condiviso da una comunità… a livello sociale, cul-
turale, professionale, accademico e scientifico .. personalizzato quando il soggetto
lo elabora e lo riveste di significati propri. È un sapere che si manifesta”.
È chiaro quanto la concezione che ne emerge sia coerente con l’Alternanza, espe-
rienza nella quale una competenza cresce, cominciando a mettersi a disposizione
della comunità.
A proposito di questo aspetto fortemente sociale, l’etimologia del termine com-
petenza ha parecchio da dirci (Cazzador N. 2005, 144-145). La sua appartenenza
alla medesima famiglia semantica di “competitività” e “competizione” ci aiuta a
leggere ancora una volta affinità tra la logica delle competenze e quella dell’Alter-
117
nanza scuola lavoro: nel latino CUM-PETERE, possiamo far emergere il significato
muoversi verso qualcosa che mi spetta in due forme: quella individuale e magari,
come estrema conseguenza, individualistica, ma anche quella del muoversi verso
qualcosa insieme agli altri, cooperativamente, per una competitività tra gruppi che
perseguono un progetto comune e che mettono in gioco le diverse risorse-compe-
tenze dei singoli, non tra individui. La questione è fondamentale e delicata insieme:
non è possibile negare la competitività individuale, perché è un bisogno dell’ essere
umano, ma la forza sta nel come orientarla anche in relazione ad altri bisogni, altret-
tanto insiti nell’uomo, lo stare insieme e il cooperare,. Va affrontata sia nella scuola
che nella professione per un modo di apprendere e di lavorare più attento al benes-
sere della persona, al suo equilibrio con gli altri e con l’ambiente naturale.
Da Dersu Uzala, nell’omonimo film di Akira Kurosawa (Incerti, Santoro, Varchetta
2000, 57), e dal modo di vivere ed esprimere le competenze di questo cacciatore
mongolo, capace di interpretare finemente tutti i segnali che provengono dall’am-
biente e di integrarsi con il territorio agendo in armonia, ricaviamo un messaggio
che riguarda la forza della cooperazione a scuola, nel lavoro e nell’ Alternanza, che
tra essi fa da ponte: “Insieme si va, insieme si lavora”.
5.1 Il percorso formativo nell’esperienza di Verona
Maria Renata Zanchini, Mariangela Icarelli
1^ tappa - Riflessione sul concetto di competenza
La prima fase della formazione rivolta ai tutor esperti di Verona ha esplorato il con-
cetto di competenza, sia a livello teorico, sia mediante attività laboratoriali.
Idee-guida
Dopo una ricognizione sulla natura polisemica del concetto di competenza si è de-
ciso di assumere, come quadro semantico di riferimento, il Documento Tecnico che
accompagna il Decreto 22 agosto 2007 (“Regolamento recante norme in materia di
adempimento dell’obbligo di istruzione”), che distingue tra conoscenze, abilità/ca-
pacità e competenze.
Muovendo dalla Raccomandazione del Parlamento europeo del dicembre 2006, re-
lativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente, il Documento tecni-
co intende la competenza come “comprovata capacità di usare conoscenze, abilità
e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e
nello sviluppo professionale e/o personale; le competenze sono descritte in termini
di responsabilità e autonomia”.
L’ attività di formazione ha messo a fuoco alcuni aspetti della questione:
- la complessità del concetto di competenza, che richiama almeno tre dimensioni
forti dell’apprendimento: quella cognitiva (sapere, saper fare), quella meta-cogni-
tiva (sapere come fare in contesti diversi e nuovi - transfer, sapere ciò che si sa
e c’è ancora da sapere) e quella relazionale/motivazionale/affettiva (sapere con
quale coinvolgimento personale, sapere con chi, sapere perché, sapere per chi).
L’azione didattica centrata sulle competenze si dispiega in tutte le dimensioni del
processo cognitivo:
118
Dimensione cognitiva
Sapere
Saper fare
Sapere come fare
in contesti diversi e nuovi
Sapere perchè
Sapere verso dove
Sapere per chi
Sapere con chi
Sapere quale coinvolgimento
personale
Sapere ciò che si sa e
ciò che c ’è ancora da sapere
Dim
en
sio
ne
me
tac
og
nit
iva Dimensione relazionale
affettivo-motivazionale
Figura 2 (Laboratorio RED, da Margiotta U. 1997)
- il principio che le competenze attese nell’allievo non vanno pensate in termini
sommativi, come un elenco di atteggiamenti e di comportamenti desiderabili.
Un percorso didattico centrato sull’acquisizione di competenze si fonda sulla
consapevolezza che le competenze (competenze chiave di cittadinanza, compe-
tenze trasversali, competenze disciplinari e competenze professionali) formano
piuttosto un intreccio e che si “in-tramano” con i saperi e le abilità, come ricorda
lo stesso Documento tecnico del 22 agosto 2007;
- la consapevolezza che esiste un rapporto stretto tra le dimensioni della compe-
tenza, i processi di insegnamento che vengono posti in essere dal docente e i
processi di apprendimento sollecitati nell’allievo.
L’analisi delle dimensioni della competenza e i materiali di supporto per lo svol-
gimento delle attività (scheda per l’analisi dei bisogni, grafo a radar, tabella per la
descrizione del profilo integrato atteso) sono tratti dalla ricerca del Laboratorio RED
(www.univirtual.it/red/).
Metodologie formative utilizzate
Attività di brain storming sulla definizione di competenza (Attività: “Il paniere delle
competenze”); i risultati prodotti sono riportati nella sezione “Materiali”.
Relazioni frontali (Relazione 1: “Il nuovo obbligo di istruzione: che cosa cambia nella
scuola?”; Relazione 2 “Promuovere competenze nei percorsi di alternanza scuola-
lavoro nel panorama europeo. Dalla progettazione alla valutazione”).
Laboratorio di studio di caso ( Esercitazione “Quella testarda di Marina”).
Laboratorio di costruzione di caso.
Nel Laboratorio di studio di caso i docenti, divisi in gruppi sulla base dell’indirizzo
della scuola di appartenenza e con il coordinamento del tutor d’aula, hanno utiliz-
zato la metodologia dello studio di caso per mettere a fuoco il concetto di com-
petenza e approfondire la differenza tra conoscenze, abilità e competenze (il testo
dell’esercitazione e i risultati prodotti sono riportati nella sezione “Materiali”).
Nel Laboratorio di costruzione di caso i gruppi di lavoro si sono misurati con la pro-
duzione di un caso concreto di uno studente impegnato nell’ attività di alternanza
scuola lavoro. Il caso descritto doveva evidenziare almeno una competenza chiave,
alcune competenze disciplinari dell’asse culturale di riferimento del gruppo (asse
119
dei linguaggi, asse scientifico-tecnologico, asse giuridico-economico) e alcune abi-
lità e conoscenze disciplinari relative alle competenze considerate (il testo dell’eser-
citazione e i risultati prodotti sono riportati nella sezione “Materiali”).
2^ tappa - Progettazione formativa: costruzione di profili formativi integrati
attesi centrati sulle competenze
La seconda fase della formazione si è concentrata sulla costruzione di profili forma-
tivi attesi centrati sulle competenze.
Idee-guida
La costruzione del profilo formativo atteso dell’allievo è la naturale premessa di
ogni autentica progettazione didattica. Solo dopo aver scelto le competenze su
cui centrare il percorso è possibile “in-tramare” i contenuti di conoscenza, le abi-
lità applicative, le esperienze significative, le attività riflessive, la valutazione degli
apprendimenti. La vera difficoltà che i docenti incontrano nel tracciare un profilo
atteso è proprio quella di operare scelte condivise, consapevoli, non casuali e om-
nicomprensive (gli elenchi di competenze, belli ma inutili…), ma rispondenti alle
priorità formative e ai bisogni espressi dal ragazzo e dal contesto.
Le attività proposte ai docenti hanno messo a fuoco le fasi più significative della
progettazione formativa:
• fase diagnostica. Analisi dei bisogni formativi dell’allievo e del territorio (un esem-
pio di scheda di rilevazione dei bisogni è riportato nella sezione “Materiali”);
• fase riflessiva. Condivisione del concetto di competenza, riflessione sulla natura
pluri-dimensionale della competenza e sui processi di insegnamento e di appren-
dimento sottesi all’acquisizione di vere competenze;
• fase della progettazione formativa. Costruzione di profili formativi attesi integrati
cioè capaci di mostrare la trama di competenze attese, conoscenze e abilità di-
sciplinari, processi cognitivi di apprendimento sollecitati nell’allievo.
I docenti impegnati nella progettazione formativa hanno condiviso l’assunto che il
ciclo di apprendimento si basa sull’ esperienza concreta e la sperimentazione attiva,
integrate con la riflessione e con la concettualizzazione astratta e che non è possibile
promuovere vere competenze se l’allievo non è portato a riflettere (metacognizione)
su quanto sa (concettualizzazione) e su quanto e come sa fare (dall’ esperienza alla
sperimentazione intenzionale). Nei percorsi didattici tradizionali spesso l’attenzione
a questo processo riflessivo è assai scarsa e mancano le strategie per promuover-
lo. Il grafo a radar, di seguito riportato, mostra come ogni competenza si esplichi
attraverso l’attivazione di macro e micro processi di apprendimento:
120
7
Curiosità
Socializzazione saperi
Pertinenza interventi
Interazione cognitiva
Attenzione
Uso corretto consegne
Organizzazione di contenuti e metodi
Contestualizzazione
Autonomia nel fare
Capacità di fare analogie
Capacità di falsificare
Flessibilità
Profondit à di analisi
Coerenza
Consapevolezza riflessiva
Originalità
Ristrutturazione
Autonomia di scelta
Attribuzione
Socialità
collaborazione
P
artecipazione
im
pegno
Ap
pl
ic
az
io
ne
Transfer
Ricostruzione
G
en
er
al
iz
za
zi
on
e
Motivazione
Dimensione
relazionale -
motivazionale
Dimensione
metacognitiva
Dimensione
cognitiva
Figura 3
- a livello metacognitivo (riflessione su quel che so e so fare; capacità di scom-
porlo, ricomporlo e riprodurlo) la competenza presuppone la capacità di gene-
ralizzare (che implica capacità di ristrutturazione dei processi e autonomia nella
scelta), la capacità di ricostruire (che implica profondità di analisi e coerenza),
la capacità di trasferire (che implica flessibilità, riconoscimento delle differenze,
riconoscimento delle analogie);
- a livello cognitivo (quel che si sa e si sa fare) la competenza presuppone la capa-
cità di apprendere, la capacità di trasferire, la capacità di applicare (che implica
autonomia nel fare e organizzazione);
- a livello affettivo, motivazionale, relazionale la competenza presuppone la capa-
cità di impegnarsi e partecipare (che implica attenzione e interazione cognitiva),
la capacità di socializzare e di relazionarsi (che implica interazione), la capacità
motivazionale, che ha tra le sue componenti l’attribuzione di cause al proprio
successo/insuccesso nell’apprendere.
Nel profilo integrato atteso la competenza viene descritta nei termini di atteggia-
menti e comportamenti dell’allievo osservabili e rilevabili, come mostra l’esempio
di seguito riportato:
121
Competenze
di asse
Tratti
disciplinari
Processo di
apprendimento
Indicatori Descrittori di atteggia-
menti e comportamenti
dell’allievo
Osservare,
descrivere
e analizzare
fenomeni;
riconoscere
i concetti di
sistema e di
complessità
Essere
consapevoli
del ruolo che
i processi
tecnologici
giocano nella
modifica
dell’ambiente/
sistema
(circolarità
causa effetto)
Analizzare
in maniera
sistemica un
determinato
ambiente
Avere la
consapevolezza
dei possibili
impatti
sull’ambiente
naturale
dei modi di
produzione
Usare schemi
e modelli per
presentare
correlazioni tra
le variabili di
un fenomeno
(modello ASIR)
Impatto
ambientale,
limiti di
tolleranza
MOTIVAZIONE Curiosità Di fronte a un problema è
motivato all’esplorazione,
alla ricerca di collegamenti
con quanto imparato
precedentemente e di
nuove idee
TRANFER Riconoscimento
analogie
Sa analizzarlo
tenendo presente e
trasferendo il modello
Attività- Cambiamenti-
Impatto- Risposta
(ASIR);padroneggia il
concetto di impatto
ambientale.
RICOSTRUZIONE Profondità
di analisi 1
correlazione tra
variabili di un
fenomeno
Approfondisce
efficacemente ogni
variabile nei suoi aspetti
caratterizzanti e nelle
relazioni con gli altri
elementi
Profondità di
analisi 2
Nel sostenere una tesi su un
problema ambientale offre
una varietà ricca e completa
di prove tra loro collegate e
le supporta con basi serie
e fondate
GENERALIZZA-
ZIONE
Autonomia di
scelta
Sa immaginare e pianificare
interventi possibili, per
ridurre l’impatto ambientale,
in autonomia, con
chiarezza, in modo organico
e con la consapevolezza
che le variabili di un sistema
sono correlate
Padroneggiare
strumenti per
l’interazione
comunicativa/
argomentare
Punti di vista
Codici
fondamentali
Organizzazione
del discorso
SOCIALITÀ
COLLABORAZIONE
Interazione
cognitiva
Esprime e confronta i
suoi saperi nel gruppo,
apportando idee e contributi
personali significativi
TRANSFER/
RICOSTRUZIONE
Flessibilità Tiene conto dei punti di
vista in gioco rispetto al
problema ambientale,
li confronta, ne coglie
peculiarità e limiti, esprime
con ricchezza di motivazioni
un parere sulla loro validità
(Profilo formativo integrato atteso dell’Unità Formativa “Equilibrio uomo-ambiente”
Carasso F., Tollot M.G., Zanchin M.R., www.univirtual.it/red/scientifica)
122
Metodologie formative utilizzate
Relazione frontale (“Linee possibili per integrare competenze trasversali, disciplinari,
professionali nell’ alternanza scuola-lavoro”).
Laboratorio di analisi di profili formativi attesi centrati sulle competenze.
Laboratorio di costruzione di profili formativi attesi centrati sulle competenze.
Nel Laboratorio di analisi di profili i docenti, divisi in gruppi e coordinati dal tutor
d’aula, hanno esaminato alcuni profili formativi di studenti impegnati in percorsi di
ASL, effettivamente in uso negli Istituti di Verona. L’analisi è stata condotta sulla
base di una griglia di lavoro:
Griglia di analisi dei profili formativi attesi
1 Nei PFA attesi di alternanza scuola lavoro la distinzione tra competenze chiave (o trasversali), disciplinari e professionali è sufficientemente chiara?
2
Quante competenze sono citate? E’ sempre possibile ricondurle alla
classificazione: “competenze chiave (o trasversali), disciplinari e
professionali”?
3
I PFA attesi di alternanza scuola lavoro stabiliscono una gerarchia tra
competenze chiave, disciplinari e professionali (le competenze sono tutte
sullo stesso piano o esiste un ordine di importanza)?
4 I PFA attesi di alternanza scuola lavoro presentano competenze attese integrate (chiave, disciplinari e professionali)?
5 L’analisi dei bisogni formativi dell’allievo e della società è sufficientemente articolata?
6 C’è coerenza tra l’analisi dei bisogni e le competenze attese individuate?
Nel Laboratorio di costruzione di profili formativi attesi ogni gruppo, sulla base di
una consegna specifica ha prodotto una prima bozza di profilo atteso in uscita cen-
trato sulle competenze. Per fare un esempio, la consegna del gruppo dei docenti
delle scuole dell’indirizzo liceale era la seguente: “si costruisca una prima bozza
di profilo atteso in uscita centrato sulle competenze di uno studente che sta fre-
quentando il quarto anno di un Liceo Socio-psico-pedagogico e che sta svolgendo
un’esperienza ASL presso un Centro Diurno per ragazzi disabili”.
I gruppi sono stati invitati a sperimentare un percorso di lavoro già tracciato e a rela-
zionare non solo sui risultati prodotti, ma anche sulla difficoltà incontrate, sull’ utilità
degli strumenti e dei materiali forniti e sulle opportunità offerte dall’esercitazione.
Percorso tracciato per la costruzione del profilo
1^ step analisi dei bisogni formativi del territorio e dello studente.
2^ step
riflessione sul concetto di competenza e sul processo di insegnamento
e apprendimento sottesi alla progettazione formativa centrata sulle
competenze;
3^ step
scelta delle competenze su cui centrare il profilo, del tema su cui verte il
percorso/unità formativa di alternanza scuola lavoro, delle relative abilità
e conoscenze imprescindibili;
4^ step
costruzione di un Profilo Formativo Atteso. Il profilo dovrebbe contenere
la descrizione delle competenze attese nella forma di comportamenti
e atteggiamenti attesi dell’alunno (cosa sa fare e come, con quale
consapevolezza, autonomia e responsabilità).
123
Infine, ai docenti sono stati forniti i seguenti materiali di supporto:
• schema per la descrizione dei bisogni formativi (lo schema poteva essere imple-
mentato e migliorato dal gruppo),
• grafo a radar sulle dimensioni della competenza e sugli indicatori sovradisciplina-
ri di atteggiamento e processo,
• l’esempio di profilo formativo integrato atteso, relativo all’unità formativa “Equili-
brio uomo e ambiente”.
(Alcuni profili formativi attesi prodotti dai docenti in aula e su piattaforma on line
secondo il modello sperimentato nel laboratorio sono disponibili nella sezione “Ma-
teriali”).
3^ tappa - Progettazione didattica: costruzione dell’ unita’ formativa centrata
sulle competenze
Idee guida
La progettazione didattica dell’Unità Formativa centrata sulla competenze ha costi-
tuito l’approdo più impegnativo per i docenti coinvolti nella formazione. L’alternanza
scuola lavoro, anche dal punto di vista normativo, si configura come una “modalità
di realizzazione del percorso formativo progettata, attuata e valutata dall’istituzione
scolastica e formativa in collaborazione con le imprese e con le rispettive associa-
zioni di rappresentanza…”. Tale progettazione didattica, dunque, risulta monca o
comunque lacunosa se ad essa non partecipa il tutor aziendale, che assume un
ruolo formativo importantissimo, non solo per l’azione di coaching svolta nei con-
fronti dell’allievo, ma anche per il ruolo assunto nella fase riflessiva e matacognitiva
del percorso.
In questa fase i docenti si sono misurati con l’esempio di unità formativa centra-
ta sulle competenze, riguardante il tema del rapporto uomo-ambiente già citata.
Tale Unità formativa è costruita a partire dall’orizzonte concettuale e semantico del
curricolo per padronanze, che incontra quello del Documento Tecnico sull’obbligo
di istruzione (conoscenze, capacità/abilità e competenze) ed è stata proposta ai
docenti come traccia per:
- mettere a fuoco l’intreccio tra competenze chiave, trasversali e competenze del-
l’asse disciplinare (o di più assi, tra essi interagenti);
- imparare a coniugare la trama di competenze, capacità/abilità con i contenuti di
conoscenza fondamentali;
- riflettere sulla scelta accurata e consapevole delle esperienze pratiche e lavo-
rative, delle uscite didattiche, delle esercitazioni in classe o in laboratorio che
servono a promuovere abilità e competenze in situazioni plurime;
elaborare strumenti e metodologie di valutazione basate su prove in situazione o
autentiche (Wiggins G., 1998), in grado di valutare le competenze e non solo le
conoscenze e le abilità applicative.
L’Unità formativa Equilibrio Uomo-ambiente è centrata su due competenze chiave:
- individuare collegamenti e relazioni;
- agire in modo autonomo e responsabile.
124
Sviluppa il tema dell’ Equilibrio uomo-ambiente intorno all’asse disciplinare scienti-
fico-tecnologico e all’asse dei linguaggi, coinvolgendo discipline dei due assi. L’uni-
tà formativa si fonda sul profilo formativo atteso già presentato e si basa sulla scelta
attenta, condivisa e consapevole dei contenuti imprescindibili, sia nelle discipline di
indirizzo, sia in quelle non di indirizzo; in questo caso:
- lo sviluppo sostenibile;
- l’impatto ambientale e i limiti di tolleranza;
- i codici linguistici fondamentali, l’ organizzazione del discorso per comunicare e
argomentare su questi temi.
L’Unità formativa si sostanzia nella scelta di esercitazioni in classe, uscite didatti-
che, esperienze significative anche in ambiente non scolastico e prevede tempi e
strumenti di valutazione delle competenze raggiunte e di autovalutazione da parte
degli studenti.
L’esempio dell’unità formativa “Equilibrio uomo-ambiente” suggerisce ai docenti
uno schema di unità formativa integrata:
125
Unità formativa
Equilibrio uomo-ambiente
Competenze trasversali
individuare collegamenti e relazioni
agire in modo autonomo e responsabile
Attività didattiche
(contenuti/tempi/metodi):
lezioni:…
contributi di enti di formazione
esterni:…
laboratori:…
uscite didattiche:…
esperienze nel mondo del
lavoro:…
Strumenti di valutazione:
verifiche in classe:…
prove esperte interdisciplinari:…
valutazione e certificazione delle
competenze:…
Competenze disciplinari
scientifico-tecnologiche
Osservare, descrivere e analizzare
fenomeni;
riconoscere i concetti di sistema e di
complessità.
Competenze disciplinari
linguistiche
Padroneggiare strumenti per l’interazione
comunicativa;
argomentare.
Abilità/capacità
•Individuare il punto di vista dell’altro
•Affrontare molteplici situazioni
comunicative per esprimere il proprio
punto di vista.
Abilità/capacità
•Essere consapevoli del ruolo che i
processi tecnologici giocano nella modifica
dell’ambiente /sistema (Circolarità causa–
effetto).
•Analizzare in maniera sistemica un
determinato ambiente.
•Avere la consapevolezza dei possibili
impatti sull’ambiente naturale dei modi di
produzione.
Conoscenze:
codici fondamentali
organizzazione del
Conoscenze:
sviluppo sostenibile
impatto ambientale
limiti di tolleranza
discorso
Figura 4
I docenti si sono misurati anche con un esempio di prova esperta, sempre relativa
al’unità formativa “Equilibrio uomo-ambiente”. La prova autentica o prova esperta
intende valutare gli apprendimenti non solo in termini di conoscenze e abilità appli-
cativi, ma anche di competenze disciplinari e trasversali. Essa pone l’allievo “in si-
tuazione” e lo porta a misurarsi con un compito che gli richiede di mobilitare risorse
plurime e di operare produttivamente in sinergia con altri.
La riflessione sull’esempio di unità formativa proposto ha guidato le esercitazioni
laboratoriali.
Metodologie formative utilizzate
Relazione frontale (“Documentare, valutare, certificare competenze. Tra indicatori
sovradisciplinari e descrittori disciplinari”).
Tecnica del Gioco dei ruoli (Gioco di ruolo: “Marino è un creativo”)
Il gioco dei ruoli ha coinvolto i docenti nella simulazione/osservazione di un consi-
glio di classe alle prese con la progettazione di una Percorso formativo di alternanza
scuola lavoro (la struttura del gioco dei ruoli proposto è disponibile nella sezione
“Materiali”).
126
4^ tappa - Descrizione delle competenze e dei livelli di competenza
La costruzione di un profilo formativo atteso e la progettazione dell’unità formativa
centrata sulle competenze hanno aperto la strada al tema della descrizione e valu-
tazione dei livelli di competenza raggiunti dall’allievo.
Idee-guida
L’idea fondamentale che ha guidato i laboratori di descrizione di competenze è
che i descrittori di competenza si possono tracciare solo qualora esista una certa
chiarezza sui processi cognitivi attivati dall’allievo e sollecitati in lui dalle attività di-
dattiche, dall’ambiente di apprendimento, dalle metodologie poste in essere, dalle
esperienze che accompagnano la trasmissione dei saperi.
Utilizzando il grafo a radar, che evidenzia il rapporto tra indicatori di processo e
descrittori di competenza, i docenti hanno costruito profili formativi attesi centrati
sulle competenze e hanno cercato di descrivere i livelli di competenza nella forma
di atteggiamenti e comportamenti attesi. In questo direzione è stato fondamentale
il contributo dato dai tutor interaziendali di Verona che, alla luce dell’indagine co-
noscitiva condotta presso alcune aziende ed enti di formazione veronesi coinvolti
nei percorsi di alternanza, hanno evidenziato alcune difficoltà che il mondo del la-
voro incontra quando collabora con le scuole nella valutazione delle competenze
raggiunte dall’allievo (Icarelli 2008, 21). Il lessico del mondo del lavoro spesso non
coincide con il lessico della scuola e questa asimmetria genera difficoltà e imba-
razzi.
Metodologie formative utilizzate
Relazione frontale (Relazione 1: “Documentare,valutare, certificare competenze. Tra
indicatori sovra-disciplinari e descrittori disciplinari”; Relazione 2: “Report dei tutor
interaziendali: le interviste semi-strutturate alle aziende”).
Laboratorio di descrizione dei livelli di competenza.
Laboratorio di valutazione delle competenze.
Nel Laboratorio di descrizione dei livelli di competenza i docenti, divisi in gruppi
sulla base dell’indirizzo dell’istituto di appartenenza, hanno descritto le competenze
acquisite da un allievo-tipo, impegnato in un percorso formativo ASL dato. La gri-
glia di lavoro indicava ai docenti quali competenze erano in gioco e gli indicatori di
processo. La consegna chiedeva di descrivere gli atteggiamenti e i comportamenti
attesi, secondo livelli di padronanza. Ad esempio ai docenti degli istituti dell’ indiriz-
zo liceale è stata proposta la seguente esercitazione:
“Contesto: Siamo in un liceo socio-psico-pedagogico. Gli studenti del quarto anno
realizzano un’esperienza di alternanza scuola lavoro. Uno degli ambienti lavorativi
in cui alcuni ragazzi svolgono l’esperienza ASL è un centro diurno per ragazzi di-
sabili (un CEOD con una decina di ospiti). L’ esperienza ASL si svolge in affianca-
mento all’operatore di turno nella attività ludiche, terapeutiche (es. psicomotricità),
lavorative (piccolo laboratorio di manufatti) e di gestione quotidiana del centro. Il
consiglio di classe ha scelto di lavorare sulle competenze trasversali collaborare
e partecipare e su alcune competenze professionali/disciplinari, tra cui padroneg-
127
giare gli strumenti espressivi e argomentativi indispensabili per gestire l’interazione
comunicativa verbale e non verbale in vari contesti.
Consegna: A partire dal contesto e dall’indicatore di processo riportato nella griglia
di lavoro, si descriva la competenza professionale/disciplinare nei termini di atteg-
giamenti e comportamenti attesi, secondo livelli di padronanza. Vengono forniti ma-
teriali di lavoro e una scheda da completare”.
Scheda per la descrizione della competenza:
Competenze
disciplinari e
professionali
Tratti
disciplinari
(abilità
/capacità
– conoscenze)
Processi di
apprendimento
Indicatori
di
processo
Descrittori di
atteggiamenti e
comportamenti
dell’allievo
padroneggiare
gli strumenti
espressivi e
argomentativi
indispensabili
per gestire
l’interazione
comunicativa
verbale e non
verbale in vari
contesti
codici
fondamentali
della
comunicazione
orale, verbale e
non verbale;
contesto,
scopo e
destinatario
della
comunicazione;
conoscenze
disciplinari
specifiche
nell’ambito
psico-
pedagogico.
Altro indicato
dal gruppo…
Applicazione Autonomia nel fare
Eccellente
Buono
Essenziale
Non sufficiente
Transfer Flessibilità
Eccellente
Buono
Essenziale
Non sufficiente
Nel Laboratorio di descrizione e valutazione delle competenze in riferimento a una
prova esperta i docenti sono stati invitati:
- a esaminare una prova di verifica autentica, progettata per valutare competen-
ze;
- a descrivere livelli di competenza su un modello semi - lavorato;
- a valutare i livelli di competenza raggiunti da un ipotetico studente “Marino”, co-
struendo il suo profilo formativo individuale emergente;
- a rappresentare graficamente il profilo individuale utilizzando il grafo a radar su
supporto cartaceo.
128
Esempio di profilo tracciato su grafo a radar, dal quale emergono il profilo formati-
vo atteso al massimo livello e il profilo individuale emergente dell’ipotetico allievo
“Marino”.
PROFILO
0
2
4
6
Curiosità
Contestualizzazione
Profondità di analisi
Profondità di analisiInterazione cognitiva
Flessibilità
Autonomia di scelta
max
massimo conseguito
alunno19
minimo conseguito
Figura 5
5^ tappa - Documentazione e certificazione del percorso
L’ultima fase della formazione è stata dedicata al tema della certificazione del per-
corso e delle competenze.
Idee-guida
Dopo una ricognizione sui principali modelli di certificazione delle competenze, con
particolare attenzione al modello EQF (European Qualification Framework), viene
proposto ai docenti un modello di certificazione che, a partire dall’assunto del-
l’intreccio tra indicatori di processo e descrittori delle competenze, si articola in
quattro parti:
1. Dati generali.
2. Sezione A: descrizione del percorso svolto dall’allievo, con particolare riguardo
per le competenze attese, gli indicatori del processo, le conoscenze e le espe-
rienze disciplinari e professionali coinvolte.
3. Sezione B: valutazione del percorso in termini di competenze raggiunte, utilizzan-
do lo strumento del grafo a radar.
4. Sezione C: certificazione delle competenze.
Metodologie formative utilizzate
Relazione frontale (“Framework europei e certificazione delle competenze”)
Laboratorio di analisi: “Certificare le competenze”.
Nel Laboratorio di analisi i docenti, divisi in gruppi e coordinati dal tutor d’aula, han-
no esaminato il modello di certificazione delle competenze sopra descritto. Il labo-
ratorio chiedeva di confrontare il modello proposto con il modello di certificazione
EQF (European Qualifications Framework), fornito tra i materiali in consultazione.
129
Modello di documentazione e di certificazione del percorso formativo proposto ai
docenti di Verona (tratto e adattato da Giambelluca G. et al. 2008).
Scuola
X
CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE E
PROFILO PERSONALE DELL’ALLIEVO
UF Equilibrio uomo-ambiente
per vivere in armonia con le persone, le culture, la natura
Alunno11
2°A
2008/2009
Sezione A
Percorso
Competenze: essere consapevole del valore del-
l’ambiente come sistema complesso e dei molteplici
rapporti causa-effetto che legano tra loro i diversi
elementi. Osservare, descrivere, analizzare fenomeni
ambientali dal punto di vista scientifico rendendosi
conto delle responsabilità dell’uomo. Padroneggiare
strumenti per l’interazione comunicativa allo scopo di
esprimere il proprio punto di vista e di argomentare in
modo responsabile sulle scelte ambientali.
Conoscenze -esperienze disciplinari /
professionali :
Asse scientifico-tecnologico
Determinanti di problemi ambientali, Pressione sul-
l’ambiente, Stato dell’ambiente, Impatto ambientale,
Rispostasoluzione, Indicatori ASIR
Asse dei linguaggi
Conoscenza dei codici fondamentali; organizzazione
del discorso
Argomenti, prove, garanzie
Punti di vista, Situazioni comunicative
Indicatori sovradisciplinari: Curiosità,
contestualizzazione, profondità di analisi, interazione
cognitiva, flessibilità, autonomia di scelta
Figura 6
Sezione B
Valutazione
PROFILO
0
2
4
6
Curiosità
Contestualizzazione
Profondità di analisi
Profondità di analisiInterazione cognitiva
Flessibilità
Autonomia di scelta
max
massimo conseguito
alunno19
minimo conseguito
Punteggio acquisito dall’allievo
nell’esperienza ASL presso l’Ufficio
Tecnico del Comune Settore Ambiente
XY: 75/100
Sezione C
Certificazione
Di fronte a un problema ambientale è abbastanza
motivato all’esplorazione, alla ricerca di collegamenti
con quanto imparato precedentemente e di nuove
idee.
Lo analizza trasferendo al contesto il modello Atti-
vità- Cambiamenti- Impatto- Risposta (ASIR), non
sempre con la stessa precisione.
Non approfondisce tutte le variabili nei loro aspetti
caratterizzanti e nelle relazioni tra loro.
Nel sostenere una tesi su un problema ambientale
offre alcune prove, che può approfondire maggior-
mente.
Esprime e confronta i suoi saperi nel gruppo, appor-
tando idee e contributi personali .
Tiene abbastanza conto dei punti di vista in gioco, li
confronta, esprime con discreta ricchezza di motiva-
zioni un parere sulla loro validità.
Sa immaginare interventi per ridurre l’impatto am-
bientale, con discreta autonomia, discreta organicità
e con consapevolezza che le variabili in gioco sono
correlate.
Figura 7
Le attività formative qui descritte sono state accompagnate da esercitazioni on line,
coordinate dagli stessi tutor d’aula del corso in presenza.
130
6° tappa: Attivita’ on line (a cura di A. Gasperi e N. Mirandola)
Idee-guida
Piazza ASL, sulla quale si è svolta una parte della formazione di Verona, può essere
definita come un sistema per implementare, strutturare e gestire le attività formative
con l’ausilio delle tecnologie della rete: essa è quindi un sistema per stimolare lo svi-
luppo di una learning community. Naturalmente, poiché le azioni di formazione ASL
vengono svolte anche, se non soprattutto, in presenza, si deve parlare più precisa-
mente di blended learning: il sistema prevede quindi il “miscelamento” fra incontri in
presenza e attività on-line, nello specifico principalmente un forum on-line.
In ogni caso, aspetti rilevanti di una learning community sono l’interattività e l’au-
to-orientamento, ed è in base a questi aspetti che è stata progettata e realizzata
l’esperienza di Piazza ASL del corso per tutor esperti di Verona, sviluppatasi nel
periodo fra dicembre 2007 e maggio 2008.
La realizzazione del patto formativo
Il patto formativo del forum on-line di Piazza ASL, elaborato per l’anno 2007-08 in
sede di Ufficio Scolastico Regionale del Veneto, prevedeva tre argomenti di discus-
sione, uno per ogni giornata di formazione in presenza, ai quali si doveva rispondere
con tre diverse modalità di intervento.
La prima consegna – di interazione con il tutor per commentare la prima tappa della
formazione in presenza – chiedeva di interrogarsi sul cambiamento della scuola
italiana rispetto alla progettazione didattica per competenze anche in relazione alle
innovazioni introdotte dal Decreto 22-8-2007 e alle prospettive di sviluppo in tal
senso per l’ASL.
Tale consegna, rilanciata in Piazza ASL tramite l’apertura di un apposito argomento
di discussione, ha suscitato alcuni interventi che si sono posti su un registro co-
municativo di volta in volta stimolante, riflessivo, anche in senso profondo, oppure
sintetico. Per favorire l’ulteriore partecipazione alla discussione, i tutor on-line han-
no invitato i corsisti a rileggere i documenti sull’innalzamento dell’obbligo forniti
nell’incontro in presenza e disponibili sul sito del MPI, onde facilitare un intervento
sui temi della prima consegna. Sono seguiti altri interventi di taglio analitico oppure
più sul versante della sperimentazione di modelli di competenze apparentemente
alternativi fra loro. L’ultimo intervento ha dato l’opportunità per il tutor on-line di pro-
porre un confronto per differenze e analogie sui modelli precedentemente delineati,
suggerendo anche una riflessione sugli aspetti organizzativi richiesti da ciascuno di
essi. Infine due interventi hanno chiuso la discussione con un’ulteriore riflessione e
con qualche rilievo critico.
La seconda consegna – di produzione di materiale secondo un tema che nel nostro
corso è coinciso con l’oggetto della seconda e terza tappa – concerneva la produ-
zione di un mini-profilo formativo atteso per uno studente in ASL. I tutor on-line han-
no aperto una discussione in Piazza ASL dedicata a questa consegna. Sono stati
proposti dai corsisti - alcuni singolarmente, altri riuniti in gruppo - numerosi Profili
Formativi Attesi, dei quali i tutor on-line hanno sottolineato gli elementi più signifi-
cativi nell’ottica del modello di didattica per competenze sviluppato negli incontri
in presenza. A suggello dell’impegnativo lavoro richiesto dalla seconda consegna,
131
Maria Renata Zanchin, direttore scientifico del corso in presenza, è intervenuta in
Piazza ASL, pubblicando il “carrello” dei Profili Formativi Attesi di entrambi i gruppi.
Ciò è servito come spunto di riflessione per l’ultimo incontro in presenza, focaliz-
zando l‘attenzione sull‘aspetto della certificazione delle competenze a partire da
questi profili attesi.
La terza consegna - di descrizione di un’esperienza che nel nostro corso riguardava
la progettazione del percorso ASL con il proprio consiglio di classe (progettazione
didattica, descrizione delle competenze attese, strumenti di valutazione delle com-
petenze) - è stata rilanciata in Piazza ASL, dopo il terzo incontro in presenza. Gli
interventi dei corsisti sono stati intercalati dalle osservazioni del tutor on-line che
hanno provveduto a sottolinearne gli aspetti salienti, sia come esempi di best prac-
tices sia come stimolo alla sperimentazione di nuovi percorsi di ASL.
Considerazioni sull’esperienza di Piazza ASL
Secondo il patto formativo i corsisti dovevano “partecipare alla discussione del
forum a partire da uno stimolo proposto dall’animatore del gruppo”. Sul totale dei
corsisti iscritti ai due gruppi di Verona, circa la metà è intervenuta nelle discussioni
di volta in volta aperte dai tutor on-line.
È opportuno non limitare l’analisi al singolo caso di piazza ASL, ma alla situazione
più ampia delle learning community e del blended learning e al fatto che queste
modalità formative non sono riuscite per ora a diventare attitudine diffusa, almeno
nel nostro Paese, perché ancora relativamente poco conosciute. Per una revisione
costruttiva dell’esperienza può essere utile per il futuro ricavare uno spazio spe-
cifico per l’introduzione, anche sul piano strumentale, all’uso della piattaforma e
dei forum. Lo sfasamento fra inizio degli incontri in presenza e inizio dell’attività in
Piazza ASL ed il conseguente accavallarsi delle scadenze delle consegne on-line
rispetto alle date degli incontri ha probabilmente aggiunto un elemento di difficoltà,
che in una nuova esperienza potrà ovviamente essere superato .
Considerata ciò, la partecipazione cui abbiamo fatto riferimento prima è da con-
siderarsi positiva e inoltre è da apprezzare la qualità degli interventi, in particolare
rispetto alla seconda attività, che richiedeva l’ elaborazione di profili formativi inte-
grati attesi.
Sul piano dell’ interattività, l’efficacia del clima della learning community si è ri-
scontrato per l’incremento di interesse dei diversi attori alimentato dall’intervento di
qualcuno di essi che ha suscitato, in un circolo virtuoso, la riflessione degli altri.
Dal punto di vista dell’auto-orientamento - seconda caratteristica delle learning
communities – occorre sviluppare una sensibilizzazione all’esplorazione di tutte le
risorse della piattaforma e all’ uso degli altri strumenti in essa disponibili, come ad
esempio il blog.
Concludendo, Piazza ASL si è rivelata un buon strumento per supportare una finora
insostituibile formazione in presenza. Con le opportune revisioni ricavate dalle valu-
tazioni incrociate svolte dai diversi attori del sistema, potrà maggiormente esplicare
tutte le sue potenzialità e costituirsi come un ambiente di apprendimento a distanza
suscettibile di ulteriori interessanti sviluppi.
132
Materiali proposti e prodotti nei laboratori
Brain storming “Il paniere delle competenze” (a cura di M.R. Zanchin)
Report:
la competenza deve vedere l’individuo protagonista ed artefice;
la competenza richiede un’analisi della situazione in cui ci si trova ad operare, per
progettare prestazioni efficaci;
la competenza è un insieme di abilità comunicative e strategie d’azione; pertanto
implica la capacità di portare a termine, risolvere situazioni sia cognitivamente,
sia praticamente;
la competenza è una comprovata capacità di studio e di lavoro;
la competenza è un comportamento appreso, caratterizzato anche da originalità
e creatività;
la competenza è un insieme di sapere, saper fare, autonomia;
la competenza deve essere verificabile;
la competenza richiede una metacognizione e la consapevolezza del senso e
della direzione del proprio operato;
la competenza richiede un potenziamento della motivazione.
Si affaccia, nell’attività di brain storming, la triplice dimensione della competenza:
• dimensione cognitiva;
• dimensione affettivo-motivazionale-relazionale;
• dimensione metacognitiva.
Laboratorio di studio di caso (a cura di A. Gasperi)
Studio di caso: Quella testarda di Marina. Adattato da P. ROSSI 2006, 23-28
Contesto generale:
L’impresa e il suo ambiente. Si tratta di uno stabilimento alimentare di medie dimen-
sioni, sito nella zona industriale di un comune appartenente al distretto industriale
dolciario veronese. Lo stabilimento fa parte di un’ azienda che commercializza da
anni i suoi prodotti dolciari con un marchio di una certa notorietà.
Il reparto di lavorazione. È un reparto con 6 addetti ed un caporeparto: deputato
alla produzione di una linea di biscotti, è dotato di macchinari vari che rendono la
lavorazione molto automatizzata.
Attori
Marina, la protagonista. Marina ha 29 anni ed è un’operaia addetta ad una linea di
produzione di biscotti. Ha alle spalle 7 anni di lavoro nell’azienda e, grazie ad una
certa versatilità, è passata attraverso vari reparti eseguendo di volta in volta man-
sioni diverse. Non è il suo primo impiego.
Il capoturno. Dipendente dell’azienda da 30 anni, si è sempre distinto per il compor-
tamento responsabile e la disponibilità nei confronti del personale affidatogli.
Il laboratorio tecnico. Formato da 3 tecnici di laboratorio: il responsabile vi lavora da
133
diversi anni, mentre gli altri sono giovani neoassunti.
Il titolare dell’azienda. Self made man, ha fondato l’azienda alla fine degli anni ’60,
dedicando molto impegno al suo sviluppo: ora è piuttosto anziano ed assillato dal
problema della trasmissione della direzione ai familiari.
I fatti
Marina lavora ad una linea di produzione di biscotti: si tratta di una sorta di grande
e lunga rotativa, come quelle che stampano i giornali. Qui però, invece della carta,
all’inizio entra un impasto e alla fine, al posto di un giornale, esce una confezione di
biscotti in un sacchetto. La nostra Marina sta scaricando l’impasto dall’impastatrice
e si accinge a caricarlo nell’impianto di lavorazione, quando nota con stupore che
nell’impasto galleggia un cordoncino. Lo toglie e capisce subito di che si tratta: è il
cordoncino dell’apertura a strappo dei sacchi di sale. Probabilmente – pensa – chi
ha preparato l’impasto l’ha fatto cadere inavvertitamente nell’impastatrice. Avverte
quindi il capoturno che prende il cordoncino e va in laboratorio per farlo analizzare.
La risposta del laboratorio è che il cordoncino è intatto ed è di materiale per ali-
menti. Pertanto il capoturno torna da Marina dandole l’ok a mettere in produzione
quell’impasto. Ciò detto se ne va di tutta fretta perché tutto preso da un grosso
inconveniente successo in un’altra linea di produzione. Marina, a questo punto,
potrebbe caricare l’impasto nell’impianto e starsene tranquillamente a sorvegliare il
funzionamento, magari scambiando quattro chiacchiere con il collega addetto alla
linea accanto. Marina invece è una di quelle “toste”: quelli del laboratorio e il capo-
turno i sacchi del sale non li hanno mai aperti. Lei invece sì, e sa per esperienza che
spesso al cordoncino a strappo rimangono attaccati anche i lembi di chiusura del
sacco. L’impastatrice lavorando l’impasto potrebbe averli fatti staccare assieme al
cordoncino di strappo: siccome i lembi sono di plastica trasparente, se fossero finiti
anch’essi nell’impasto sarebbe difficile vederli. È chiaro che l’impasto non può es-
sere contaminato dalla plastica; se poi un suo frammento finisse dentro un biscotto
e da lì sotto i denti di un consumatore, sarebbe un disastro per l’azienda. È molto
difficile che ciò accada, perché è impossibile che tutti gli eventuali pezzi di plastica
caduti nell’impasto superino il filtro del “rotostampo”, il meccanismo che dà la for-
ma al biscotto. Infatti quasi tutti i pezzetti rimarrebbero impigliati nel rotostampo.
Però ci si accorgerebbe della cosa solo a fine turno, quando terminata la produ-
zione si andrà a pulire il rotostampo, con un’operazione laboriosa che può essere
eseguita solo a produzione ferma. Ma se così succedesse si dovrebbe scartare l’in-
tera produzione di quel turno. Marina pensa innanzitutto a limitare i danni: prima di
caricare l’impasto “sospetto” aspetta che si svuoti il “polmone” che separa la linea
di produzione da quella di confezionamento del prodotto. Poi si annota l’ora esatta
in cui ha messo in produzione quell’impasto per poter individuare esattamente da
dove iniziare a scartare il prodotto eventualmente “inquinato” dalla plastica. Però da
lì a fine turno c’è del tempo e verranno lavorati almeno altri due carichi di impasto:
se a fine turno, pulendo il rotostampo, si scoprissero pezzi di plastica impigliati,
si dovrebbe buttar via un sacco di prodotto lavorato e confezionato inutilmente;
un grosso spreco che a Marina non va giù. Pensa allora che forse c’è un modo
per controllare se della plastica è caduta nell’impasto prima ancora che rimanga
impigliata nel rotostampo: si tratta del nastro di salita che porta al rotostampo,
134
dove l’impasto viene frantumato e dove quindi è più facile accorgersi dell’eventuale
presenza di un corpo estraneo anche se trasparente come la plastica dei sacchi
del sale. Anche se le probabilità di scoprire questi pezzi di plastica non sono molte,
vale la pena di tentare: l’azione comporta un certo sforzo, perché il nastro di salita al
rotostampo scorre molto in alto ed è necessario quindi procurarsi una scala a libret-
to, che Marina reperisce in officina e trasporta fino all’impianto. Quindi appollaiata
come un avvoltoio si mette a scrutare attentamente l’impasto che sta arrivando al
rotostampo: i suoi timori erano fondati, ecco una prima striscietta di plastica e poco
dopo l’altro lembo del sacco del sale. Marina si precipita ad avvisare il capoturno
che fa fermare immediatamente l’impianto ed eliminare il prodotto in lavorazione.
Morale della favola: si buttano via 400 kg di impasto e 51 cartoni di prodotto già
confezionato. Ma almeno si risparmia “qualcosa”: quasi 4000 Euro! Tanto sarebbe
costato scartare anche tutta la produzione successiva fino alla fine del turno. Se poi
Marina si fosse limitata – come prescrive il suo mansionario – a caricare l’impasto
e a sorvegliare il funzionamento dell’impianto, a fine turno si sarebbe scoperta la
plastica impigliata nel rotostampo: a questo punto scartare la produzione di tutto il
turno, compresa quella precedente alla lavorazione dell’impasto “sospetto”, sareb-
be costato all’azienda ben 10.000 Euro.
Consegna per i gruppi di lavoro:
1. Analizzare la situazione presentata e i comportamenti dei soggetti coinvolti, per
approfondire il senso delle informazioni attraverso il confronto dei dati disponibi-
li.
2. Individuare atteggiamenti, comportamenti e competenze messi in campo dalla
protagonista e dagli altri attori.
Domande guida:
1. Quali sono i fatti che ritenete fondamentali nello sviluppo del caso? Per quali
motivi?
2. Quali competenze (chiave, trasversali, disciplinari, professionali), abilità e cono-
scenze vengono messe in gioco in questa situazione?
3. In che modo può essere valorizzato il lavoro di Marina?
Gruppo N° 1. Report sul lavoro del gruppo (a cura del tutor d’aula Mariangela Ica-
relli)
Dopo la lettura del caso, ho avviato un brain storming per l’analisi del caso e dei
comportamenti dei soggetti coinvolti.
Si è subito rilevato che l’atteggiamento di Marina è stato attivo, attento; Marina si
è sentita responsabile e partecipe alla missione dell’azienda (appartenenza/colla-
borazione).
Quanto agli altri attori, alcuni imputano al capoturno e ai tecnici di laboratori una
certa frettolosità nell’assolvere comunque le mansioni loro deputate.
Si passa poi alla denotazione dei fatti analizzati rispetto alle consegne (conoscenze,
capacità, competenze):
Conoscenze:
Marina conosce l’intero ciclo produttivo, oggetti, metodi e materiali anche non
135
inerenti il suo lavoro specifico (ha fatto nella stessa azienda esperienze diverse);
conosce i macchinari;
conosce gli spazi dell’azienda.
Capacità/abilità:
capacità di analisi della situazione specifica in cui si trova;
capacità di progettare un intervento di emergenza;
capacità di muoversi nell’ambiente di lavoro;
capacità di valutare la situazione.
Competenze:
competenza di transfer (trasferisce in altri ambiti competenze acquisite);
competenza nell’agire in modo autonomo e responsabile, assumendone i rischi;
competenza nell’avere il senso e la consapevolezza di quanto sta facendo;
competenze etiche e valoriali verso il lavoro;
competenze comunicative.
Infine, in tema di valorizzazione del lavoro. la discussione del gruppo si allarga
al problema di come favorire negli studenti atteggiamenti come quello di Marina.
Emergono le seguenti osservazioni:
- si deve mettere l’allievo di fronte a realizzazioni pratiche, unire la fatica dell’ap-
prendimento teorico con l’agire pratico, in situazione (la scuola non mette il ra-
gazzo in situazioni di difficoltà e complessità);
- occorre utilizzare valutazioni autentiche e significative;
- si deve scegliere un insegnamento che non sia mero addestramento, ma renda
possibile un apprendimento consapevole di quel che si sta facendo;
- serve una didattica collaborativa.
Naturalmente si conclude che Marina va promossa e, possibilmente, maritata col
figlio del titolare, erede della fabbrica…
GRUPPO N° 2. Report sul lavoro del gruppo (a cura del tutor d’aula Nicola Miran-
dola)
Dopo la lettura individuale, ho avviato un brain storming per l’analisi del caso e dei
comportamenti dei soggetti coinvolti: subito è emerso che Marina è stata molto
perspicace e ha messo in atto abilità e competenze che andavano al là di quelle che
il suo ruolo richiedeva. È stato esaminato approfonditamente il caso e si è cercato
di valutare il comportamento dei vari attori, in base al ruolo. Il capoturno si mostra
rispettoso delle procedure ma nel contempo sembra dimostrare scarsa competen-
za tecnica e superficialità, perché non cerca di approfondire il problema. Il gruppo
rileva che molto probabilmente doveva essere lui a suggerire le procedure da se-
guire nel caso. I lavoratori del laboratorio tecnico hanno messo in pratica le loro
abilità, le loro conoscenze e hanno svolto ordinatamente il proprio ruolo. Viene però
evidenziato che non vanno oltre il loro lavoro di analisi, forse perché non competenti
su tutta la fase produttiva della fabbrica.
Il titolare non viene chiamato in causa più di tanto, anche perché ormai al termine
del proprio ruolo e impegnato nella ricerca di un valido sostituto. Marina si dimostra
“testarda” nel voler perseguire la ricerca di eventuali ulteriori problematiche che
potrebbero influire sul prodotto finale. La protagonista, nel portare avanti la sua
teoria, dimostra:
136
- una conoscenza completa della linea produttiva della fabbrica;
- competenza nel valutare i rischi alimentari ed economici a cui l’azienda potrebbe
andare incontro;
- abilità legate alle tecnologie usate;
- autonomia di pensiero;
- conoscenza dei tempi di produzione;
- capacità di transfer di competenze acquisite in altre situazioni.
Si apre infine una discussione sulla questione se Marina abbia intenzionalmente
o no “dimenticato” di avvisare il capoturno su tutte le eventualità che potevano
emergere dal caso. Forse voleva dimostrare maggiori capacità e quindi ambiva ad
una promozione. Inoltre si suggerisce una promozione di Marina perché, viste le
capacità dimostrate, forse è il caso di non farsela “sfuggire”.
Gruppo N° 3- Report sul lavoro del gruppo (a cura del tutor d’aula Antonio Gaspe-
ri)
Dopo la lettura individuale del caso, ho avviato un brain storming per l’analisi del
caso e dei comportamenti dei soggetti coinvolti: è stato subito chiaro che Marina
è andata oltre il mansionario previsto dal suo profilo professionale, dimostrando
spirito di iniziativa e capacità di valutare fra opzioni alternative. D’altronde ciò può
comportare problemi dal punto di vista delle relazioni sindacali e della normativa
sulla sicurezza. Anche la qualificazione di “tosta” è stata oggetto di analisi seman-
tica, in quanto tale termine che sembra avere una connotazione positiva nel testo,
può denotare anche aspetti negativi dal punto di vista caratteriale o del mancato
coinvolgimento dei soggetti responsabili della produzione (il caporeparto, al limite
il titolare). Quanto agli altri attori, alcuni imputano al capoturno e ai tecnici di labo-
ratorio una certa negligenza mentre per altri essi si sono semplicemente limitati alle
loro mansioni. Si ipotizza che fra i dipendenti possa regnare una certa inquietudine
e/o disorganizzazione dovuta al fatto che l’anziano titolare è preoccupato della suc-
cessione aziendale.
Si passa poi alla denotazione dei fatti analizzati rispetto alle consegne:
- conoscenza dell’intero processo produttivo (tempi, risorse, fasi, eventuali ele-
menti di controllo di gestione), dell’aspetto igienico-sanitario dei prodotti e di
elementi di marketing
- abilità: saper gestire l’emergenza, formulare ipotesi diverse (di carattere tecnico
ed organizzativo), agire con senso critico, nonché abilità psicomotorie!
- Atteggiamenti di intraprendenza e curiosità
- Competenze-chiave: imparare ad imparare
- Competenze disciplinari: individuare le possibili soluzioni e fra queste saper sce-
gliere quella ottimale (che minimizza il costo) razionalizzando tempi e risorse
- Limiti: Mancato coinvolgimento dei responsabili e mancata applicazione della
626 in tema di sicurezza negli ambienti di lavoro.
Infine in tema di valorizzazione del lavoro, si discute intorno alla necessità di re-
sponsabilizzare i lavoratori attraverso opportuni incentivi e vantaggi personali: nel
caso di Marina si apre la prospettiva di capo-reparto.
137
Laboratorio di costruzione di caso (a cura di M. Icarelli, M.R. Zanchin, A. Gasperi,
N. Mirandola)
Gruppo N° 1 - asse culturale di riferimento: linguaggi. Tutor d’aula: Mariangela Ica-
relli
Consegna: In analogia con il “Caso di Marina” esaminato nel Laboratorio – studio
di caso, si costruisca il caso di uno studente che sta frequentando il quarto anno di
un liceo socio-psico-pedagogico, che sta svolgendo un’esperienza asl presso un
centro diurno per ragazzi disabili.
Il caso deve presentare una situazione concreta, dalla quale emergano:
- almeno una competenza chiave;
alcune competenze disciplinari dell’asse culturale di riferimento del gruppo di
lavoro (linguaggi);
- alcune abilità relative alla competenza chiave e alle competenze disciplinari con-
siderate;
- alcune conoscenze relative alla competenza chiave e alle competenze disciplinari
considerate.
Report sul lavoro del gruppo (a cura del tutor d’aula)
Scenario/attori. Il caso si verifica in un CEOD per ragazzi disabili (una decina sono
gli ospiti). Massimo, studente del Liceo socio-psico-pedagogico, svolge qui la sua
esperienza di alternanza scuola lavoro. E’ affidato ad un’ operatrice del centro,
Anna, che gli fa da tutor esterno. E’ presente anche uno psicomotricista, che svolge
settimanalmente un’ attività di collaborazione.
I fatti. Massimo si presenta al CEOD per svolgere la sua attività di ASL. Oggi al
CEOD c’è una sola operatrice, Anna, perché il suo collega è assente per malattia.
L’attività prevista per la mattinata è la lezione di psicomotricità, che produce sempre
negli ospiti un certo fermento e agitazione. A un certo punto Anna è costretta ad
assentarsi, per un’emergenza capitata al figlio. Affida i ragazzi allo psicomotrici-
sta. L’attività di psicomotricità è temporaneamente sospesa e questo crea disagio
e malcontento tra i ragazzi. Uno di loro, Alessandro, insulta un compagno, parte
uno spintone, volano parole grosse. I due iniziano a litigare furiosamente e gli altri
ragazzi sono molto turbati dalla situazione. Si produce una situazione di caos. Lo
psicomotricista, tentando di calmare i due litiganti, abbandona il gruppo alle cure di
Massimo. Il gruppo però è allo sbando e le reazioni dei ragazzi fuori controllo.
Massimo si trova in una situazione nuova, imprevista, “non protetta”. Che fare?
Sa che alzare la voce, in una situazione del genere, è controproducente… bisogna
mantenere la calma!
Sa che in certi casi si deve chiedere la collaborazione dei ragazzi…già!...Ma con
quali parole? E poi la comunicazione non verbale è importantissima! Questo gli
hanno insegnato a scuola!
In un lampo tutti questi pensieri affiorano alla sua mente. Così decide di invitare i
ragazzi a riordinare la stanza, come se fosse un gioco di psicomotricità; chiede il
loro aiuto, mostrando come si fa e sdrammatizzando la situazione con voce pacata
e gestualità lenta e controllata. I ragazzi si calmano. Nel frattempo torna Anna.
Analisi
Competenze-chiave: collaborare e partecipare
138
Competenze dell’asse disciplinare (linguaggi): padroneggiare gli strumenti espres-
sivi e argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale in
vari contesti.
Capacità/abilità relative alla competenza d’asse:
- riconoscere differenti registri comunicativi;
- affrontare molteplici situazioni comunicative;
- individuare il punto di vista dell’altro in contesti formali e informali.
Conoscenze:
- codici fondamentali della comunicazione orale, verbale e non verbale;
- contesto, scopo e destinatario della comunicazione;
- conoscenze disciplinari specifiche nell’ambito psico-pedagogico.
Gruppo N° 2 asse culturale di riferimento: scientifico-tecnico. Tutor d’aula: Nicola
Mirandola
Consegna: In analogia con il “Caso di Marina” esaminato nel Laboratorio – studio di
caso, si costruisca il caso di uno studente che sta frequentando il quarto anno di un
istituto tecnico industriale – indirizzo meccanica, che sta svolgendo un’esperienza
ASL presso un’ azienda metalmeccanica con 150 dipendenti, fortemente innovativa
nel proprio settore (il resto come sopra).
Report sul lavoro del gruppo (a cura del tutor d’aula)
Si è discusso inizialmente sulle competenze che si voleva far acquisire allo studente
in ASL. La scelta fra le otto competenze chiave delle Raccomandazioni del Parla-
mento Europeo è caduta, vista la consegna, sulla competenza legata al senso di
iniziativa e di imprenditorialità.
Individuata la competenza chiave sono state delineate le capacità/abilità legata a
quest’ultima che dovevano essere messe in campo dall’attore:
- saper produrre un elaborato con uso di lessico specifico;
- consapevolezza delle proprie capacità;
- capacità di saper utilizzare linguaggi specifici;
- capacità di analisi e di sintesi;
- metodo di lavoro;
- capacità di raccogliere dati e rielaborarli;
- conoscenza del programma CAD;
- conoscenza delle normative specifiche;
- saper relazionare sulle esperienze.
Discusso quanto sopra, non si è potuto costruire un caso specifico, perché il tempo
a disposizione era terminato.
Gruppo N° 3 asse culturale di riferimento: storico-sociale (economico-giuridico).
Tutor d’aula: Antonio Gasperi
Consegna: In analogia con il “Caso di Marina” esaminato nel Laboratorio – studio
di caso, si costruisca il caso di uno studente che sta frequentando il quarto anno di
un istituto tecnico commerciale – indirizzo Igea, che sta svolgendo un’esperienza
ASL presso la filiale di un istituto di credito situato nella Provincia di Verona, con 30
dipendenti, tra impiegati e personale direttivo (il resto come sopra).
Report sul lavoro del gruppo (a cura del tutor d’aula)
139
Scenario. Si è discusso a lungo se fosse più plausibile l’ipotesi che i trenta dipen-
denti fossero da intendere come il personale di una piccola banca (es. banca di
credito cooperativo) oppure di un’importante filiale di una grossa banca. Nel primo
caso la filiale sarebbe stata composta dal direttore, dal responsabile dell’ufficio
titoli, dall’ addetto alla consulenza e due cassieri. Nel secondo caso, quello poi
adottato, lo scenario è rimasto indefinito, a parte l’individuazione di due addetti al
marketing.
Attori. Marino ha 17 anni, il padre è bancario, la madre svolge un’attività imprendi-
toriale: le conoscenze economico aziendali di carattere informale del protagonista
sono quindi buone. L’ Ufficio marketing in cui è inserito per l’attività di ASL è com-
posto da due dipendenti, non più giovani.
I fatti. L’ASL presso la banca consiste nell’elaborazione di un piano di marketing
assieme ai due dipendenti dell’ufficio, con l’obiettivo di sviluppare un prodotto in-
novativo destinato ad un pubblico giovanile. Dopo aver discusso le caratteristiche
del prodotto (c/corrente a tasso agevolato), Marino propone ai due addetti un’uscita
in discoteca, per intervistare il pubblico giovanile, allo scopo di capirne i gusti ed
avvicinarli alla banca, luogo privo di interesse ai loro occhi.
Successivamente, in ufficio, si analizzano i dati dell’indagine (che ha rilevato un
campione piuttosto eterogeneo), cercando di connotare il prodotto in modo ade-
guato, e Marino ne suggerisce il nome e il logo (che ricordano i generi musicali: pop,
rock, reggae, grunge ecc. e gli strumenti con cui si suonano), proponendo inoltre
di regalare ai giovani che apriranno il conto presso la banca un album del genere
preferito.
Analisi
Competenze-chiave: spirito d’iniziativa, collaborare e partecipare, acquisire ed
interpretare l’informazione, comunicare.
Competenze disciplinari: riconoscere le caratteristiche essenziali del sistema so-
cio-economico per orientarsi nel tessuto produttivo del territorio.
Abilità: analizzare il segmento di mercato giovanile, produrre testi coerenti con il
contesto analizzato in linguaggi comunicativi non formali (musica, immagine).
Conoscenze: elementi di marketing e di tecnica bancaria, lessico di base su ar-
gomenti di vita quotidiana, forme di espressione artistica.
Tecnica del gioco dei ruoli (a cura di A. Gasperi)
Premessa: mentre lo studio di caso ha lo scopo di analizzare dall’esterno una situa-
zione reale con l’obiettivo di individuare, analizzare ed affrontare determinati proble-
mi nella loro complessità, il gioco di ruolo è basato sulla capacità di immedesimarsi
in un determinato ruolo da parte di attori reali, che verranno osservati dall’esterno
dagli altri membri del gruppo.
Profilo e ruolo degli attori
Un consiglio di classe di una IV indirizzo IGEA si riunisce allo scopo di costruire un
mini profilo formativo atteso per il progetto di ASL “Operatore di marketing banca-
rio” e le attività didattiche fondamentali della relativa Unità Formativa per una classe
IV, indirizzo IGEA.
140
La coordinatrice: è la docente che coordina il Consiglio di Classe; insegna lettere ed
ha un notevole bagaglio di esperienza didattica, ha doti umane riconosciute da tutti
ed è molto amata dagli studenti. Ha il compito principale di guidare la costruzione
del mini profilo ASL.
Il docente di economia aziendale: giovane docente, è stato trasferito l’anno prece-
dente nell’Istituto; sta seguendo un corso di perfezionamento presso la SSIS del
Veneto, è molto scrupoloso nel suo lavoro ed ha un rapporto leggermente con-
flittuale con gli studenti. È il tutor di ASL per la scuola. Ha il compito principale di
fornire gli elementi disciplinari necessari alla costruzione del profilo e di mettere a
fuoco le principali attività didattiche in aula e fuori aula che costituiscono l’Unità
Formativa (Cosa fare in classe? Cosa fare in azienda?).
La docente di matematica: è la coordinatrice del Dipartimento di matematica e, pur
relativamente giovane, insegna nell’Istituto da diversi anni. Si interessa da tempo
della problematica della valutazione delle competenze e tiene i contatti con l’Istituto
nazionale di valutazione in occasione della somministrazione dei test di valutazione
delle competenze nelle discipline umanistiche, scientifiche e matematiche (OCSE-
PISA ed ex-Invalsi). Ha un buon rapporto con gli allievi. Ha il compito principale di
suggerire le strategie valutative del profilo.
Il docente di diritto ed economia: è un docente abbastanza anziano, e da molti anni
è RSU d’istituto; molto preparato nella sua materia, tende a riprodurre in classe una
didattica di tipo tradizionale, basata sulla lezione frontale e l’apprendimento mne-
monico delle nozioni. L’interazione con gli allievi è limitata all’aspetto didattico. Ha
il cosiddetto ruolo dello scettico, consistente nel mettere in dubbio l’intero progetto
o alcune parti di esso.
Il tutor aziendale: è il responsabile del progetto di ASL per conto dell’azienda ban-
caria; si tratta di un anziano funzionario che ha iniziato la sua carriera in un’altra re-
gione ed è entrato nell’organigramma della filiale cittadina a seguito di una recente
ristrutturazione dell’azienda. Ha una lunga esperienza nel settore, avendo seguito
fin dai primi sviluppi l’evoluzione delle politiche di vendita del settore bancario. Ha il
compito di fornire gli elementi professionali alla costruzione del profilo.
Osservatori
Si dividono in cinque gruppi, ciascuno col compito di osservare i comportamenti
di un attore sulla base di una griglia di osservazione. È possibile prevedere alcuni
collaboratori per favorire la rappresentazione: lo specchio che riflette gli interventi
di un attore, il doppio che ne esagera alcuni atteggiamenti.
Documentazione a disposizione
Unità formativa “Equilibrio uomo-ambiente” e relativo profilo formativo atteso; profi-
li di ASL; profili costruiti nei laboratori precedenti, scheda di descrizione dell’istituto
bancario.
Laboratorio di costruzione di profili formativi attesi (a cura di M. Icarelli, M.R.
Zanchin. A. Gasperi, N. Mirandola)
Nel laboratorio di costruzione di profili i docenti hanno sperimentato il modello pro-
posto, costruendo mini-profili formativi attesi integrati.
141
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6. L’Impresa Formativa Simulata
Patrizia Montagni, Lauretta Zoccatelli
Premessa
Per fronteggiare la sfida della globalizzazione è forte il bisogno di risorse umane
competenti che sappiano tradurre le idee in azione e quindi pianificare e gestire
progetti per raggiungere obiettivi specifici, sfruttando creatività e innovazione.
Entro il 2010 l’UE mira a diventare l’economia basata sulla conoscenza più con-
correnziale e dinamica del mondo: un ambiente favorevole all’avviamento e allo
sviluppo delle imprese è essenziale per raggiungere questi obiettivi.
Nella Carta Europea delle Piccole Imprese, adottata dal Consiglio europeo di Li-
sbona nel 2000, si raccomanda alle piccole imprese di trarre pienamente profitto
dall’economia basata sulle conoscenze. Nelle linee guida il primo punto riguarda
l’educazione e formazione all’imprenditorialità: “A livello europeo occorre coltivare
spirito imprenditoriale e nuove competenze sin dalla giovane età. Le conoscenze
generali in campo aziendale ed imprenditoriale devono essere insegnate a tutti i
livelli scolastici. Specifici moduli imprenditoriali dovrebbero costituire una compo-
nente fondamentale dei programmi educativi a livello d’istruzione universitaria. In-
tendiamo incoraggiare e promuovere gli sforzi imprenditoriali dei giovani e sviluppa-
re opportuni programmi di formazione per i manager delle piccole imprese”.
Il Libro Verde dell’imprenditoria in Europa (2003), in relazione alla promozione di ca-
pacità e competenze indica che l’istruzione e la formazione professionale dovreb-
bero contribuire a incoraggiare lo spirito imprenditoriale, promuovendo la mentalità
più adatta, la consapevolezza delle occasioni offerte dalla carriera imprenditoriale e
le capacità professionali.
Con la Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre
2006 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente, l’UE ha in-
vitato gli stati membri a sviluppare, nell’ambito delle loro politiche educative, stra-
tegie per assicurare, fra le altre, lo sviluppo di competenze sociali e civiche, spirito
d’iniziativa e imprenditorialità.
In Grecia il sistema educativo ha raccolto la raccomandazione europea contribuen-
do a promuovere lo spirito d’impresa attraverso la gestione di un’impresa virtuale a
scuola. Nella scuola tecnica “Sivitanidios” di Atene le imprese virtuali sono utilizzate
come strumenti formativi. Gli studenti dividono il loro tempo tra lezioni teoriche
e gestione di un’impresa virtuale ed inoltre uno specifico corso sull’imprenditoria
affronta aspetti teorici e pratici sull’elaborazione di piani aziendali. Uffici di colle-
gamento garantiscono poi agli studenti consulenza e sostegno nella scelta della
carriera imprenditoriale (Libro Verde 2003).
In Irlanda esistono gli incubatori di impresa ossia, ai laureati che desiderano avviare
un’impresa si offre un programma di incubazione di un anno che fornisce un servi-
zio di sostegno pratico e di assistenza nella gestione e, nell’ambito del programma
“Campus Company”, gli universitari possono ottenere un aiuto finanziario per com-
mercializzare i risultati delle loro ricerche (Libro Verde 2003).
Nel 2007 il gruppo interministeriale di esperti provenienti dal Ministero dell’Eco-
nomia e delle Finanze, dal ministero della Pubblica Istruzione e dal Ministero dello
Sviluppo Economico-Dipartimento Politiche di Sviluppo ha realizzato il Quaderno
144
bianco sulla scuola. Dalla ricerca emerge: “Le evidenze empiriche internazionali
mostrano che quantità e qualità dell’istruzione sono fondamentali per godere piena-
mente dei diritti di cittadinanza, per concorrere alla produttività nazionale e migliora-
re il proprio reddito, per favorire la mobilità sociale. Una forte correlazione positiva si
osserva con diversi indicatori che danno la misura del funzionamento democratico
della società, con il grado di partecipazione ad attività politiche ed associative, con
il livello di legalità. Significativa è l’influenza dell’istruzione sull’esercizio del diritto
al lavoro, sulla probabilità di essere occupati. Forte è anche la correlazione positiva
con la posizione sociale che si raggiunge nel lavoro e con la probabilità di parteci-
pare in età adulta all’apprendimento permanente” (MPI-MEF 2007).
Come nasce l’IFS
In Italia, partendo dal progetto europeo Petra, già dal 1994 si sperimenta una nuova
metodologia didattica che personalizza i percorsi e promuove l’apprendimento in
contesti operativi.
L’impresa formativa simulata è un progetto che nasce dall’esigenza di migliorare la
qualità dell’offerta formativa attraverso l’accrescimento delle competenze e una
connessione sempre più significativa con il contesto sociale e produttivo .
E’ con la legge 53 del 2003 che si introduce la possibilità di realizzare i percorsi
formativi del secondo ciclo in Alternanza Scuola Lavoro: l’Impresa Simulata rap-
presenta un’opportunità per realizzare l’Alternanza Scuola Lavoro anche in quelle
scuole il cui territorio presenta soltanto piccole e medie imprese che hanno difficol-
tà a ospitare studenti per lunghi periodi.
Il progetto si avvale di una metodologia didattica “alternativa” e innovativa, che
utilizza in modo naturale il problem solving, il learning by doing, il cooperative lear-
ning e il role playing e si dimostra un valido strumento per l’acquisizione di compe-
tenze spendibili nel mercato del lavoro. L’obiettivo principale di questa metodologia
didattica è quello di applicare immediatamente, anche se in ambiente simulato, le
conoscenze e competenze apprese nel corso degli studi.
Attraverso il confronto e la collaborazione lo studente riflette sulle azioni che svolge
(learning by thinking), discute in modo critico d’impresa con gli altri, porta il suo
contributo ( cooperative learning), diventa protagonista e si appassiona (learning
by loving).
Lo studente si sente guidato nel suo percorso formativo, verifica la validità della
preparazione scolastica rispetto alle esigenze del mondo del lavoro, misura le pro-
prie capacità relazionali, individua le competenze che deve acquisire e si orienta per
le scelte future.
Nell’azienda simulata gli studenti seguono il ciclo di vita completo di una azienda,
con ruoli simulati basati sulle attitudini e potenzialità personali.
“L’attività didattica student oriented consente ai giovani di apprendere mentre la-
vorano (learning by doing), li rende protagonisti di un processo di apprendimento,
che consente di migliorare la qualità della loro formazione, operando in uno spazio
lavorativo/didattico in cui teoria e pratica si fondono, trasformando il lavoro in ap-
prendimento e l’apprendimento in lavoro” (Borrello 1998).
145
Sul territorio viene individuata un’azienda “madrina” e della stessa si riproducono
i processi rientranti nella simulazione, beneficiando dell’assistenza di esperti del-
l’azienda stessa.
All’interno della scuola si crea un’azienda laboratorio in cui è possibile rappresen-
tare e vivere le funzioni proprie di un’impresa reale. Ogni azienda virtuale è animata
da un gruppo di studenti tutorati da un docente interno e supportati in tutto e per
tutto dall’azienda madrina: il tutor formativo e il tutor aziendale guidano gli studenti
in questo percorso didattico che insegna loro nel modo più semplice e diretto ad
imparare facendo.
Gli studenti scelgono la forma giuridica dell’impresa, redigono e compilano la do-
cumentazione necessaria per la costituzione ( Atto Costitutivo, Statuto, richiesta
della Partita Iva, Iscrizione Registro Imprese, ecc.) effettuano le principali operazioni
di gestione (transazioni commerciali, apertura e gestione di conti bancari, adempi-
menti fiscali) e predispongono il bilancio d’esercizio.
In questo progetto il Docente Tutor “dirige” l’impresa simulata, coordina le attività
e tiene informato costantentemente il consiglio di classe con il quale programma
il percorso e definisce le modalità di valutazione. Egli è inoltre il trait d’union con
l’azienda madrina, si mantiene in contatto con il tutor aziendale con il quale con-
corda le azioni principali da svolgere per la realizzazione del progetto.
La Struttura della rete nazionale
In Italia, il Ministero della Pubblica Istruzione ha avviato fin dall’anno scolastico ’94-
’95 la Rete IFS-Italia che è rapidamente cresciuta, raggiungendo nel 2006 il numero
di oltre 750 Imprese Formative Simulate, distribuite su circa 600 istituti di istruzione
superiore su tutto il territorio nazionale e con il coinvolgimento di circa 12.000 stu-
denti e 3000 docenti.
Le IFS virtuali presenti sul territorio nazionale operano fra di loro ed effettuano le
transazioni commerciali tramite Internet e insieme costituiscono la Rete Telematica
delle IFS. La rete si avvale dei Simucenter nazionali e regionali per espletare tutte
le azioni legate alle attività aziendali. Ogni azienda virtuale può accedere alla rete
attraverso un portale.
Fino al 2004 tutte le attività delle IFS sono state supportate da due Centrali di Si-
mulazione:
- la centrale presso l’IPSSCTSP “Datini” di Prato con funzioni di stato, camera di
commercio e banca;
146
- la centrale presso l’IPSSCTSP di Vibo Valentia con la duplice funzione di suppor-
tare le attività di scambio commerciale tra le IFS (anche attraverso le cosiddette
imprese ombra: imprese fittizie che vendono e acquistano beni e servizi che non
sono commercializzati dalle imprese gestite dagli studenti) e di amministrare il
sistema telematico che consente tutte le attività on line.
Nel 2005 si affianca
- la centrale presso L’Istituto Professionale “De Pace” di Lecce che fornisce i
servizi dell’Agenzia delle Entrate.
Con l’introduzione del modello IFS nell’ASL, il numero delle imprese simulate è
notevolmente aumentato e pertanto il MIUR ha promosso il decentramento della
gestione delle Imprese Formative mediante le centrali regionali, costituite presso
Istituti scolastici della regione di competenza.
Nel 2004 vengono attivate le prime centrali regionali per Veneto, Puglia, Piemonte
e Lombardia, allo scopo di fornire un supporto più aderente alle esigenze locali.
Nel 2006 si attivano altre centrali regionali: Abruzzo, Basilicata, Campania, Marche,
Molise, Sardegna, Sicilia e Umbria.
Il Simucenter assicura, a livello regionale, le funzioni delle centrali nazionali, con le
quali si interfaccia in modo trasparente agli utenti IFS. Considerata la crescita della
rete, attraverso l’istituzione dei Simucenter regionali, il progetto potrà essere cali-
brato sulla base delle esigenze locali e del livello di esperienza maturato nell’ambito
dell’imprenditorialità.
Per ogni regione è stato individuato un Istituto, o un gruppo di Istituti (centrali di
simulazione) in grado di offrire servizi a supporto delle scuole che aderiscono alla
rete IFS.
La centrale di simulazione di riferimento per il Veneto ha sede presso l’IIS “C. Anti”
di Villafranca di Verona.
Le funzioni del simucenter regionale sono distinte in 4 aree:
a) area informazione
b) area formazione
c) area promozione
d) area organizzazione e gestione
Area informazione
Il Simucenter gestisce un portale telematico per fornire informazioni alle IFS locali.
In particolare garantisce informazioni su eventi, novità e comunicazioni a carattere
regionale e produce tutta la documentazione utile e la descrizione delle procedure
fondamentali.
All’interno del portale si trova:
uno spazio web per la vetrina virtuale delle IFS, la pubblicazione di news relative a
iniziative di formazione, un forum di discussione (all’interno di Piazza Asl).
Area Formazione
Il Simucenter regionale organizza il “learning center” quale luogo stabile per la do-
cumentazione, la formazione e l’autoformazione dei docenti. Inoltre realizza inter-
venti metodologici-operativi, supporta il monitoraggio dei progetti di simulazione/
alternanza e promuove la disseminazione dei risultati.
147
Area promozione
Le attività significative realizzate in questa area riguardano la promozione del dialo-
go con il territorio e la connessione tra le istituzioni scolastiche, gli enti, le strutture
pubbliche e private operanti nel territorio.
Per stimolare le attività delle IFS con riferimento alle transazioni nazionali e interna-
zionali sono promosse fiere nazionali ed internazionali e gemellaggi.
Area Organizzazione e Gestione
In questa fase si sviluppa la parte operativa del progetto che consente alle IFS di
realizzare le transazioni commerciali attraverso il commercio elettronico.
Il Simucenter regionale svolge le funzioni che fino ad ora sono state svolte dai due
Simucenter nazionali, ricoprendo il ruolo di Banca, Mercato, CCIAA, Uffici del La-
voro, Dopo aver acquisito la documentazione preliminare, il simucenter previo con-
trollo, rilascia la partita IVA, la visura camerale. Successivamente procede all’aper-
tura del c/c permettendo così alle IFS di effettuare bonifici e versamenti on line.
Per la realizzazione delle attività previste nelle quattro aree il Simucenter regionale
attuerà una costante e sistematica azione di coordinamento con l’USR per le attività
di formazione, promozione e monitoraggio e con l’Agenzia Scuola (ex-Indire) per la
gestione operativa delle IFS.
La rete nazionale e internazionale – le aziende virtuali “si parlano”
Gli studenti delle IFS aderenti alla rete italiana comunicano fra di loro ed effettuano
transazioni attraverso il sistema IFS Network. Qualora desiderino allargare le atti-
vità ad un mercato più ampio ed entrare in collaborazione con le imprese formative
dei paesi europei quali ad esempio Austria, Germania, Croazia e Ungheria, devono
procedere off-line, ossia utilizzare internet e la posta elettronica. In questo modo si
possono raggiungere alcuni obiettivi specifici della metodologia IFS che riguardano
la possibilità di scambi commerciali ed interculturali con studenti di altre realtà, la
possibilità di effettuare transazioni nella forma dell’e-commerce, condividere espe-
rienze e risorse con altri Network e lo sviluppo delle competenze chiave di cittadi-
nanza (comunicare, collaborare, partecipare) e utilizzare tecnologie didattiche attive
strettamente connesse alle tecnologie della comunicazione e dell’informazione.
Di grande valenza formativa sono gli incontri fieristici in ambito nazionale e interna-
zionale attraverso i quali gli studenti possono allacciare proficui rapporti e stendere
protocolli d’ intesa e di collaborazione con le imprese simulate straniere e realizzare
transazioni commerciali di import ed export.
Durante tali manifestazioni gli studenti possono confrontarsi, condividere esperien-
ze e mettere in pratica anche le loro competenze linguistiche.
Alcuni istituti che hanno intrattenuto degli scambi commerciali con le IFS straniere,
non avendo la possibilità di inserire l’esperienza nelle rete nazionale, hanno creato
un’Impresa Fittizia al fine di poter realizzare transazioni commerciali con la stessa
utilizzando il simulatore.
Lavorare in rete con le IFS straniere può favorire modelli di apprendimento in cui
l’imparare si concretizza in una pluralità di attività, integrate tra loro, orientate ad
una comune finalità educativa: lavoro di gruppo, attività di ricerca documentale,
richiesta di informazioni, condivisione di esperienze, confronto culturale ecc. In tal
148
caso il modello entra nel vivo del processo di apprendimento, prevede una meto-
dologia didattica attiva e non si limita a fornire un contenitore di attività didattiche
di qualsiasi tipo.
L’IFS come modello naturale di Alternanza Scuola Lavoro, luogo ideale di ap-
prendimento e di sviluppo di competenze e capacità comunicative (progetto
ComunicAzione)
L’Alternanza Scuola Lavoro in IFS produce competenze trasferibili all’interno di
professionalità affini inerenti al settore e consente l’apprendimento di un metodo di
lavoro utilizzabile in diverse situazioni e in diversi contesti.
All’interno dell’Impresa Formativa lo studente assume responsabilmente un ruolo,
sviluppa competenze di cittadinanza attiva, impara a lavorare in gruppo, affronta
situazioni problematiche, ricerca soluzioni e ne valuta i rischi.
Per valorizzare nel modo migliore il proprio ruolo, lo studente deve essere in grado
di comunicare efficacemente con i diversi soggetti con i quali interagisce sia all’in-
terno dell’IFS che all’esterno.
Per rafforzare negli studenti le competenze comunicative e potenziare la loro capa-
cità di ascolto e di partecipazione e di comprensione, è stato promosso dal MIUR
il progetto ComunicAzione.
Il progetto ha l’obiettivo di fornire ai docenti e agli studenti l’opportunità di fruire di
una esperienza di insegnamento/apprendimento, di approccio ai contenuti della
comunicazione e di metodologia didattica.
A1. Perchè si comunica
A2. Comunicare se stessi
A3. Cosa si comunica
B1. Gli elementi della C.
B2. La C. verbale e non
B3. Gli stili comunicativi
B4. L’ascolto
C1. Cos’è un gruppo
C2. La dinamica di un
gruppo di lavoro
C3. La conduzione del
gruppo
C4. Conflitto e
decisionalità nel gruppo
D1. Le tre cuclture
D2. Comunicare a scuola
D3. Comunicare nel
mondo del lavoro
D4. Mettiti in gioco
Modulo A:
La comunicazione e
l’espressione del sè
Modulo B:
La comunicazione
diadica
Modulo C:
La comunicazione nel
gruppo
Modulo D:
La comunicazione nelle
organizzazioni
AULA
• Informazioni preliminari
• Proposta stimolo
• Sistematizzazione
LABORATORI
• Esercitazioni
• Esperienze
• Sistemazioni, role playing
Attività individuale
• Schede di approfondimento
• Bibliografia
• Sitografia
▲ ▲ ▲ ▲
▲ ▲
BANCA DATI
Proposte stimolo, filmati, schede didattiche, strumenti
Il percorso affronta attraverso quattro moduli la comunicazione e l’espressione del
sé, la comunicazione interpersonale, la comunicazione nel gruppo e la comuni-
cazione nelle organizzazioni. L’impianto progettuale mira a potenziare l’autostima
per migliorare l’autonomia dello studente e ad arricchire le strategie d’intervento
dell’allievo nella propria esperienza quotidiana. L’obiettivo è di far riconoscere ai
soggetti coinvolti le caratteristiche sistemiche della comunicazione e le transazioni
149
che avvengono all’interno dei contesti in cui vivono, per far comprendere che la co-
municazione è un’attività caratterizzata da intenzionalità e può essere progettata.
Il percorso – dalla fase di sensibilizzazione e orientamento (analisi del territo-
rio) alla costituzione e gestione dell’azienda.
Il percorso si sviluppa preferibilmente in un arco temporale che ricopre mediamen-
te tre anni e prevede tre fasi distinte.
Sensibilizzazione e orientamento
Il primo step riguarda l’analisi del territorio per comprendere il contesto sociale e
produttivo in cui la nuova impresa dovrà operare. La realizzazione dell’indagine av-
viene attraverso l’analisi dei dati forniti dalle associazioni di categoria, dalla camera
di commercio e da altri enti operanti sul territorio. Gli studenti possono intervenire
attivamente sul territorio intervistando i residenti e gli operatori dei diversi settori
economici.
Tutto ciò serve ad individuare quali sono le richieste del mercato locale al fine di
delineare la missione aziendale e la business idea che si intende realizzare.
Sul territorio viene individuata l’azienda madrina e di essa si studia la nascita e
l’evoluzione della sua idea imprenditoriale e con l’aiuto degli esperti dell’azienda
stessa gli studenti cominciano a redigere il business plan. Nel documento si de-
scrive il servizio offerto evidenziando gli aspetti più caratteristici e descrivendo i
processi tecnologici. Si predispone la struttura organizzativa tenendo conto delle
risorse disponibili: uomini, soci, finanziatori, mezzi tecnici. Particolare importanza
sarà riservata alla responsabilità sociale dell’impresa in termini di qualità e di impat-
to ambientale. Una volta definita l’attività imprenditoriale, si sceglie la forma giuridi-
ca dell’azienda stessa, elemento molto importante perché evidenzia la misura della
responsabilità dell’impresa nei confronti dei terzi.
Successivamente si completa la documentazione richiesta per l’attivazione del-
l’azienda con la redazione dell’Atto Costitutivo e dello Statuto, documenti che testi-
moniano l’avvenuta costituzione della società con la definizione della partecipazio-
ne dei soci in termini finanziari e amministrativi.
Attivazione
Tutta la documentazione preliminare viene valutata dal Simucenter (nella sua funzio-
ne di Stato) che procederà alla validazione dei documenti. Dopo che la documenta-
zione risulta completa e approvata, la IFS può collegarsi con l’Agenzia delle Entrate
150
per compilare la Dichiarazione di inizio attività.
Gli studenti procedono alla richiesta di assegnazione della Partita Iva, quindi com-
pilano i documenti relativi alla funzione Stato, se la forma giuridica dell’impresa lo
prevede, si redige la richiesta del versamento del 25% del Capitale e si compilano i
moduli S1M, SS, Intercalare P, Intercalare S.
Gestione
La IFS è ora operativa e quindi può effettuare le transazioni commerciali con le altre
IFS che si presenteranno come clienti e come fornitori. Attraverso le funzioni relative
alla Banca, la IFS può procedere all’apertura di C/C ed effettuare bonifici ed altre
operazioni di sportello.
Ogni studente avrà un’area all’interno della quale potrà operare, proprio come av-
viene nella realtà aziendale, e quindi lavorerà nell’area commerciale, amministrativa
o logistica.
Il rapporto con l’azienda tutor (o madrina)
L’ASL in IFS accentua per gli studenti la visione complessiva della realtà del mondo
aziendale e del mondo del lavoro ed inoltre permette una scelta mirata sia per quan-
to riguarda i percorsi universitari sia per quanto riguarda l’inserimento nel sistema
aziendale.
Il percorso costituisce un importante ponte fra il mondo scolastico e il mondo reale,
il territorio, la realtà del mondo del lavoro, nonchè una opportunità di collaborazione
in rete con le altre realtà formative ed aziendali.
L’idea di base della simulazione d’impresa è che le competenze operative non pos-
sono essere acquisite attraverso lezioni teoriche se non sono integrate da attività
pratiche. Tuttavia non sempre è possibile svolgere attività pratiche in un’impresa
reale, sia per la poca disponibilità delle imprese a svolgere attività didattica, sia per
le medio-piccole dimensioni delle nostre aziende. E’ possibile invece svolgere que-
ste attività attivando un laboratorio a scuola e gli esperti con la loro testimonianza
possono trasferire competenze e insegnare ai ragazzi a fare impresa.
Questo percorso permette di acquisire competenze professionali relative alla ge-
stione d’impresa e all’utilizzo di infrastrutture tecnologiche d’ufficio; competenze
sociali che riguardano la comunicazione (eventualmente in più lingue e in più moda-
lità), l’interazione nel gruppo di lavoro e nella rete di imprese, il senso di responsabi-
lità e le capacità decisionali; competenze metodologiche trasversali che riguardano
le strategie del problem solving, la consapevolezza dei processi operativi e l’uso
delle tecnologie informatiche.
Contestualmente gli allievi, guidati da docenti ed esperti del settore, analizzano
in termini quantitativi e qualitativi i dati del tessuto socio-economico del territorio
locale.
L’impresa simulata e l’azienda reale mantengono una collaborazione per tutto il
percorso formativo. Spesso il rapporto con l’azienda madrina nasce da altre attività
che la scuola ha intrapreso nell’intento di collegarsi al mondo del lavoro. La collabo-
razione può essersi instaurata per l’accoglienza offerta dalle aziende per esperienze
di stage, tirocini, ricerche, visite guidate che gli studenti hanno effettuato in prece-
denza. In alcuni casi esperti aziendali hanno portato le loro esperienze nelle attività
151
di orientamento o hanno partecipato a conferenze organizzate dalla scuola.
La collaborazione e il tutoraggio dell’azienda madrina fa entrare nel processo di
apprendimento/insegnamento un esperto che non ha mai svolto il ruolo di docente
e quindi si avvale di metodologie spesso molto diverse che attraggono e incuriosi-
scono gli studenti perché sperimentano concretamente diversi aspetti delle materie
di studio.
Inoltre gli studenti si sentono guidati nel loro percorso e questo li conforta e li mo-
tiva.
Nel laboratorio simulato gli studenti lavorano in alcuni momenti in autonomia e in
altri in gruppo con altri studenti, e hanno la possibilità di assumere decisioni rispon-
dendo per le mansioni ricoperte.
Al termine dell’esperienza formativa lo studente avrà appreso e sviluppato buona
parte delle competenze professionali richieste nella gestione di una impresa e impa-
rato a gestire un ruolo, assumendosi impegni e responsabilità verso di sé e gli altri.
Senso di responsabilità, collaborazione, lavoro di gruppo, capacità propositive,
autonomia, sono senza dubbio le peculiarità della metodologia, grazie alle quali
è possibile dare luogo ad un aumento della base motivazionale di ogni studente,
rendere più attivo e coinvolgente il processo di apprendimento, rendere operativa la
sequenza conoscenze-capacità-competenze che costituisce la base delle learning
organization.
E’ presumibile, infine, che l’azienda stessa possa trarre beneficio da queste attivi-
tà.
Il valore aggiunto offerto dall’esperienza di simulazione potrà infatti essere apprez-
zato dalle imprese in termini di una maggiore facilità e rapidità di inserimento degli
studenti diplomati nell’ambiente lavorativo.
Che cosa servirebbe
La simulazione aziendale è tanto più efficace quanto più ci si cala nell’ambiente
lavorativo. Il role play funziona bene se lo studente riesce ad immedesimarsi nel
ruolo che sta interpretando. Ecco allora che anche la possibilità di utilizzare aule
attrezzate ad ufficio o che abbiano comunque l’aspetto di un luogo di lavoro, per-
mette agli studenti di sentirsi davvero attori protagonisti dell’esperienza che stanno
realizzando.
Esistono indicazioni nazionali in merito alla predisposizione dei luoghi nei quali si
fa simulazione. È un aspetto molto importante perchè lo studente deve percepire
che il tipo di attività che si sta facendo non ha nulla a che vedere con la didattica
tradizionale, è il punto focale perchè questo tipo di percorso funzioni.
Purtroppo non sono molte le scuole che possono vantare una struttura con le ca-
ratteristiche di cui sopra, molto spesso infatti l’attività di simulazione si riduce ad
attività svolte in laboratori dotati di pc con i quali si può accedere al sistema di
simulazione. Per la fase iniziale di sensibilizzazione ed orientamento non si pone lo
stesso problema, anche se può essere comunque utile disporre (o predisporre) di
spazi che non abbiano la tipica disposizione d’aula, ma per fare questo spesso è
sufficiente modificare la disposizione dei banchi per simulare un ambiente diverso.
Un’altra indicazione per il successo del progetto è di far realizzare agli studenti
qualcosa di reale, come i prodotti commerciati dall’azienda, da utilizzare come ve-
152
trina e per realizzare transazioni, oppure fornire realmente i servizi pubblicizzati, in
occasione di fiere o manifestazioni nazionali ed internazionali.
Il simulatore
E` un’applicazione web (utilizzabile quindi attraverso un browser e da qualsiasi pc
che abbia una connessione internet) realizzata dall’Agenzia Scuola (ex Indire) nel
2006 (con il nome di Sviluppare IFS), per sostituire il “vecchio” sistema di simula-
zione.
Nel primo anno di vita, in realtà, è solo un sistema di gestione della documentazione
che affianca il precedente simulatore.
L’attuale sistema di simulazione vede la luce nel 2007, cambiando il suo nome in
IFS Network (accessibile dall’URL www.IFSnetwork.it/portale_IFS), consente la ge-
stione dei percorsi di ASL in IFS per due aspetti:
1. raccolta della documentazione prodotta nelle varie fasi di sviluppo dell’azienda;
2. conduzione e gestione dell’azienda.
Anche se alcune funzionalità devono ancora essere implementate, come i rapporti
con gli enti previdenziali, (INPS, INAIL ecc.), e altre devono essere perfezionate,
l’uso del sistema è ormai a regime e ogni istituto che vuole realizzare un progetto di
ASL in IFS deve utilizzare questo strumento.
L’accesso (attraverso uno username e una password) al sistema di simulazione è
differenziato per tipologia di utenza:
• Studenti. Accedono in fase di gestione vera e propria. Ad ogni studente viene
assegnato un ruolo e un ambito aziendale di competenza, così ci saranno stu-
denti assegnati all’area acquisti, piuttosto che all’area commerciale o logistica o
amministrativa. Altre aree possono essere simulate “off line”, come ad esempio
la realizzazione dei prodotti.
• Docente referente. Accede in qualità di:
▷ coordinatore del progetto per l’inserimento dei documenti relativi al processo
di costituzione dell’azienda, per la programmazione delle attività didattiche,
per l’assegnazione degli studenti alle rispettive aree aziendali.
153
▷ “supervisore aziendale” per verificare la corretta gestione dell’azienda ed inter-
venire in caso di necessità
• Istituto. Nella persona del Dirigente Scolastico o suo delegato, accede per:
▷ registrare l’istituto nel sistema
▷ inserire i progetti di ASL in IFS (dati della classe o delle classi che realizzano il
progetto di ASL in IFS)
▷ monitorare lo stato dei progetti
• Simucenter. Nell’ambito del ciclo di vita di una IFS assume ruoli e svolge funzio-
ni diverse. Nella fase di costituzione di un’impresa rappresenta gli enti preposti
(funzione stato) alla raccolta e validazione dei documenti necessari, esaminando
e accettando (o rifiutando se la documentazione non è completa o conforme) le
richieste (atto costitutivo, dichiarazione di inizio attività ecc.). Nella fase di gestio-
ne interviene per fornire assistenza di tipo tecnico-operativo (uso del software di
simulazione) e di tipo economico-aziendale (istruzione per la compilazione di mo-
duli, adempimenti fiscali ecc.). Verifica inoltre l’attività delle IFS e, se necessario,
interviene per correggere e/o consigliare. In generale è il punto di riferimento per
la corretta operatività.
• Usr. Accede per effettuare monitoraggi a livello provinciale e regionale.
• Miur. Accede per effettuare monitoraggi a livello nazionale.
Per le IFS il simulatore è una sorta di sportello informatico degli uffici della CCIAA
e dell’Agenzia delle Entrate, per quanto riguarda rispettivamente gli adempimenti
legati al processo di costituzione dell’azienda e gli adempimenti fiscali durante le
attività di gestione.
Nella fase di gestione dell’azienda, il sistema di simulazione IFS Network:
• rappresenta il mercato permettendo alle IFS di commerciare (acquistare e vende-
re) con altre IFS presenti sul territorio nazionale: è possibile ricercare un’azienda
in base agli articoli commercializzati
• simula la gestione delle utenze
• permette la gestione del magazzino
• permette la gestione del negozio elettronico e del catalogo dei prodotti dell’azienda.
Il sistema di simulazione è predisposto per la gestione di aziende di tipo commer-
ciale, ma la costituzione di aziende di servizi (agenzie viaggi, studi commerciali,
lavori su commesse, ecc.) è possibile con un uso flessibile e con una diversa inter-
pretazione di alcune funzionalità dell’ambiente di simulazione: ad esempio i servizi
devono essere catalogati come prodotti (...). Per progetti realizzati nell’ambito di
percorsi didattici di tipo economico-aziendale questo “libero adattamento” talvolta
risulta una vera e propria forzatura.
Modelli di percorso in IFS
Se per i progetti di ASL è “facile” trovare i contesti aziendali nei quali gli studenti
possono acquisire competenze professionali e personali per ogni tipo di istituto (è
“sufficiente” rivolgersi ad aziende compatibili con l’indirizzo di studi), per i progetti
in IFS spesso ci sono difficoltà nello sfruttare appieno il percorso, almeno per alcu-
ne tipologie di istituto, in particolare per quegli istituti i cui indirizzi non prevedono la
presenza di discipline di carattere economico-aziendale. Infatti il processo di costi-
154
tuzione e gestione di un’impresa richiede conoscenze e competenze specifiche del
settore economico-aziendale che vengono naturalmente e ordinariamente acquisite
nel corso di studi di Istituti Tecnici e Professionali commerciali.
Il sistema IFS Network prevede la possibilità di scegliere uno fra tre diversi modelli:
• Base (per istituti tecnici e professionali commerciali)
• Istituti Tecnici
• Licei
Il modello Base è quello che meglio si adatta al percorso formativo realizzato negli
istituti Tecnici e Professionali di indirizzo economico.
La scelta del modello per gli Istituti Tecnici comporta una semplificazione del per-
corso in termini di alleggerimento burocratico nella presentazione/compilazione di
modulistica per la costituzione dell’azienda e per gli adempimenti fiscali inerenti la
gestione aziendale, mentre la scelta del modello per i Licei dà la possibilità di rea-
lizzare il percorso solo fino alla costituzione dell’azienda.
Il nome dato ai tre modelli sembra suggerire che le istituzioni scolastiche debbano
adottare il modello corrispondente alla propria tipologia. In realtà nulla vieta che un
Liceo adotti il modello Base o che faccia la stessa cosa un Istituto Tecnico Indu-
striale, ma anche che un Istituto Tecnico Industriale adotti il modello dei Licei...
La scelta del modello è strettamente vincolata agli obiettivi specifici, in termini di
competenze, indicati in fase di progetto.
A seconda del modello scelto, si avranno percorsi gestionali dell’azienda simulata
di differente complessità. L’intenzione è di permettere alle istituzioni di ogni indiriz-
zo di studi di avviare percorsi in IFS senza avere necessariamente conoscenze di
carattere economico aziendale.
Le IFS tipo del Veneto
La rete delle aziende virtuali venete riproduce il panorama imprenditoriale del ter-
ritorio, sia per settore, sia per tipologia. L’analisi del territorio viene fatta durante la
fase di sensibilizzazione, al termine della quale gli studenti formulano un’ipotesi
di fattibilità. È interessante notare come in realtà siano gli Istituti Tecnici e Profes-
sionali ad indirizzo economico a realizzare le idee imprenditoriali più diversificate,
nel senso che non si attengono a settori specifici del mercato, ma ricercano, il più
delle volte, un legame con altre attività/temi sociali in atto sul territorio. Questi isti-
tuti hanno più libertà di scelta proprio perchè i loro obiettivi formativi professionali
corrispondono perfettamente con i contenuti dei percorsi in IFS, mentre per quanto
riguarda, ad esempio, gli Istituti Tecnici Industriali, se si vogliono sviluppare com-
petenze professionali, la scelta non può che ricadere su un modello imprenditoriale
attinente all’indirizzo di studi (esperienza IIS “C. Anti”, indirizzo professionale grafi-
co: IFS Vegas Design srl).
I licei, invece, sembra che trovino sbocco naturale nel settore sociale o dei servizi.
Per ogni tipologia di istituto comunque la scelta della forma giuridica è strettamente
legata alla forma giuridica dell’azienda tutor, che nel caso specifico si concretizza
nelle società (o cooperative) a responsabilità limitata e rispecchia fedelmente il mo-
dello imprenditoriale veneto che presenta la maggioranza di questo tipo di aziende
(ricordiamo che si tratta di aziende medio-piccole).
In entrambi i casi l’idea imprenditoriale è risultata quasi sempre in sintonia o con
155
la vocazione e l’indirizzo dell’istituzione scolastica o con il modello imprenditoriale
del territorio.
E’ da sottolineare, altresì, una ulteriore differenza che si può sicuramente far risalire
alla tipologia della scuola: i tecnici ed i professionali propendono, infatti, per un
modello di alternanza formativa tendente all’acquisizione di competenze professio-
nalizzanti , mentre il sistema dei Licei è orientato su un’alternanza fortemente orien-
tativa che, pur restando agganciata al curricolo, incide in maniera preponderante
sulle competenze trasversali.
Considerazioni
Dall’osservazione delle attività nel simulatore, dai dati raccolti attraverso schede di
monitoraggio e dalle presentazioni dei progetti realizzati, nascono alcune conside-
razioni e alcune “dichiarazioni di intenti” relative al modello in IFS e allo strumento
informatico a supporto della simulazione.
Il percorso in IFS è ancora troppo legato alla struttura e organizzazione originali,
infatti, anzichè adattarsi alla presenza di nuove tipologie di istituto che utilizzano
questo tipo di strumento per la realizzazione di progetti di ASL, costringe gli istituti
ad una applicazione di protocolli e procedure che spesso riguardano uno specifico
modello istituzionale, facendo apparire come un progetto isolato quella che in realtà
è una metodologia didattica per l’apprendimento di competenze disciplinari e non
solo di sviluppo di competenze di cittadinanza attiva. Si renderebbe quindi neces-
sario intervenire, nell’ambito di progetti di ASL in IFS, fornendo alle istituzioni sco-
lastiche indicazioni più forti per chiarire il rapporto che esiste tra IFS ed Alternanza:
l’IFS è uno strumento per l’Alternanza. In altri termini occorre superare l’idea della
distinzione e quindi della separazione, causata probabilmente dal fatto che l’IFS
esiste come modello metodologico ancor prima dell’emanazione dell’art. 4 della L.
53/2003. Anche la valutazione e la certificazione sono aspetti critici dei percorsi in
IFS. Molto spesso la valutazione si “riduce” ad un’osservazione di comportamenti
legati all’acquisizione di competenze trasversali relative alla sfera personale o del-
la cittadinanza attiva, mentre, salvo alcuni casi, per lo più emersi tra gli istituti ad
indirizzo economico aziendale, la valutazione delle competenze professionali disci-
plinari risulta difficoltosa. Per alcuni progetti il problema della valutazione è stato ri-
solto predisponendo delle griglie comuni di osservazione e di valutazione, verifiche
interdisciplinari, realizzando colloqui, e facendo realizzare relazioni, raccogliendo le
indicazioni dei Tutor esterni e degli esperti.
In generale si è cercato di valutare e verificare il rispetto delle regole e dei tempi.
In ogni caso sono state adottate le metodologie del lavoro di gruppo in situazione
e di simulazione d’impresa, attraverso un role play, che favoriscono la risoluzione di
problemi, l’analisi e la discussione.
Il sistema di simulazione, che è strumento integrante dei percorsi in IFS, è adatto
per istituti di tipo economico aziendale ed è orientato ad attività di tipo commer-
ciale.
Per gli istituti che non hanno discipline specifiche del settore economico un per-
corso in IFS può risultare talvolta complicato: mancano le competenze in campo
imprenditoriale. Per questo motivo è necessario ricorrere, oltre agli operatori del
Simucenter, all’aiuto e al supporto di esperti, reperibili all’esterno dell’istituzione
156
scolastica, come ad esempio notai e commercialisti (per la fase di costituzione del-
l’azienda), e del personale dell’azienda tutor. Per gli adempimenti fiscali, ancora,
oltre al Simucenter, si può ricorrere al supporto di esperti esterni (commercialisti),
oppure di altre IFS la cui attività riguarda proprio la consulenza fiscale delle azien-
de.
Nella realtà, tutte le aziende si avvalgono di professionisti per tutti gli adempimenti
legati al processo di costituzione e per gli adempimenti contabili e fiscali. Nella
simulazione, invece, ogni azienda deve far fronte a questi obblighi in maniera au-
tonoma.
Gli istituti che vogliono realizzare imprese di natura diversa da quella commerciale,
si trovano in difficoltà ad adattare lo strumento informatico ad una gestione azien-
dale basata, ad esempio, sui servizi.
Alcune esperienze
Di seguito sono riportate alcune esperienze di progetti di ASL in IFS. Per ogni pro-
getto sono riportati i dati di:
1. istituto - l’indirizzo di studi, l’elenco delle discipline dei docenti coinvolti;
2. IFS realizzata - il nome, la forma giuridica, la mission aziendale, il modello del
percorso scelto per la simulazione;
3. azienda tutor - il nome, la forma giuridica, il settore di competenza.
Vengono inoltre riportate le competenze disciplinari professionali e trasversali in-
dividuate per ogni progetto e in quali contesti/situazioni c’è stato l’intervento della
azienda tutor e in quale ruolo.
Le esperienze proposte riguardano tipologie di istituti, indirizzi di studi e province
diverse, e mettono in evidenza il diverso approccio nell’utilizzo del modello IFS. Per
mettere in risalto queste differenze tra tipologie di istituti e queste similitudini tra isti-
tuti dello stesso tipo, vengono presentate, dove possibile, almeno due esperienze.
Istituti ad indirizzo economico-aziendale, ma anche commerciale - turistico, rea-
lizzano progetti adottando il modello Base (IFS Catullo Eliwell - IPC Catullo; IFS
La Tortuga - ITC Calvi; IFS La Stella - ITCT Einaudi), e diluendo il percorso in 3
annualità; i licei scelgono obiettivi formativi diversi e attuano il progetto realizzando
il percorso in uno o al più due anni, e limitando l’uso del simulatore, preferendo una
realizzazione concreta delle attività aziendali (IFS Coop. sociale Sorriso Libero - Li-
ceo Medi; IFS Coop sociale Il mondo dei sogni - Liceo Levi).
Anche un indirizzo professionale grafico (IFS Vegas Design - IIS Anti) ha optato
per un approccio che ha visto il concretizzarsi del percorso nella realizzazione di un
prodotto (marchio aziendale per il web). Tali attività, comunque ricche di contenuti
metodologici didattici e formativi, non sono state registrate nel sistema di gestione
dei progetti e, purtroppo, sono rimaste patrimonio dei singoli Istituti. Attuare pro-
getti di ASL in IFS implica l’utilizzazione del sistema IFS Network perchè ne è parte
integrante.
In un caso si è costruito un progetto sul progetto (IFS Coop. sociale Il mondo dei
sogni --> progetto Ludobus).
Le aziende simulate ricalcano il modello imprenditoriale legato alla realtà territoriale,
in alcuni casi in maniera evidente con IFS che operano in settori tipici del luogo di
provenienza (IFS NovArte Vetro – ITC Alberti).
157
Per tutte le esperienze l’approccio motivazionale, il lavoro di gruppo, e la responsa-
bilizzazione sono stati elementi caratterizzanti e complici del successo del percor-
so. Ancora, altri elementi comuni rilevati dalle esperienze presentate sono la diffi-
coltà di coinvolgimento del consiglio di classe, la difficoltà di predisporre strumenti
di valutazione, di adattare lo strumento informatico di simulazione alle particolari
esigenze del proprio progetto.
I docenti impegnati nel progetto sono per la maggior parte docenti di discipline di
indirizzo, o comunque di discipline con un carattere più tecnico rispetto ad altre,
confermando così l’idea che il progetto riguardi solo aspetti pratici/professionali
dell’ambito didattico.
158
Istituto IPSSCTSG “T. Catullo” di Belluno
Classe III (percorso iniziato con la classe II nell’a.s.
precedente)
Indirizzo studi Operatore della Gestione Aziendale
Docenti di Economia aziendale (referente)
Trattamento testi
Nome IFS Catullo Eliwell srl
Oggetto sociale Progettazione e sviluppo, produzione e vendita di
schede, dispositivi e sistemi di monitoraggio e
controllo elettronico per la refrigerazione
commerciale, il condizionamento e altre applicazioni
industriali.
Forma giuridica Srl
Sito web www.IFSveneto.net/CatulloEliwell
Azienda tutor Eliwell Invensys Srl
Modello del percorso Base
Rapporto con l’azienda tutor
Quattro interventi nella fase di sensibilizzazione, visita guidata allo stabilimento,
acquisizione di informazioni relative all’azienda e materiale illustrativo.
Nella fase di gestione intervento con un esperto dell’azienda e acquisizione di in-
formazioni.
Competenze professionali/disciplinari Competenze trasversali
• Creazione offerte di vendita:
presentarsi sul mercato italiano ed
internazionale delle imprese simulate
cercando di valorizzare il proprio
prodotto
• Realizzazione del sito web dell’azienda
• Emissione fatture di vendita,
regolamento, contabilizzazione IVA
• Tenuta della contabilità aziendale a
Partita Doppia
• Costruzione delle pagine del sito web
dell’azienda simulata
159
Istituto IIS “C. Anti” di Villafranca - Verona
Classe IV (percorso iniziato con la classe III nel’a.s.
precedente)
Indirizzo studi Professionale - Grafico Pubblicitario
Docenti di Storia dell’arte (referente)
Inglese
Progettazione grafica
Pianificazione pubblicitaria
Nome IFS Vegas Design srl
Oggetto sociale Fornitura di servizi di comunicazione integrata e
creazione di siti web
Forma giuridica Srl
Azienda tutor Fine Tuning srl
Modello del percorso Licei
Rapporto con l’azienda tutor
L’azienda ha fornito il supporto nella fase di costituzione intervenendo in merito alla
propria organizzazione e alle proprie finalità. Altre visite in azienda hanno permesso
di far conoscere agli studenti il modello aziendale di riferimento e le attività svolte
dall’azienda tutor.
Il rapporto è poi sfociato in una collaborazione che ha portato allo sviluppo, da par-
te degli studenti, di un prodotto, affiancando l’azienda tutor in una commessa per
un cliente esterno.
Competenze professionali/disciplinari Competenze trasversali
• Stabilire un timing di lavoro • Comprendere alcuni aspetti di
economia aziendale e di diritto
aziendale
• Usare un linguaggio specifico
appropriato ed efficace
• Lavorare in team riconoscendo una
leadership e delle membership
• Maturare una consapevolezza
maggiore dei limiti e dei necessari
potenziamenti di preparazione
160
Istituto ITCS “P. F. Calvi” di Padova
Classe IV (percorso iniziato con la classe III nel’a.s.
precedente)
Indirizzo studi Mercurio
Docenti di Economia aziendale (referente)
Laboratorio di informatica
Religione
Informatica
Nome IFS La Tortuga Coop a r.l.
Oggetto sociale Svolgere l’attività di commercio equo e solidale in tutte
le forme consentite di prodotti alimentari ed artigianali
provenienti prevalentemente dai Paesi in via di sviluppo,
nonché di libri ed articoli di cartoleria.
Svolgere attività di somministrazione al pubblico di
bevande e alimenti a mezzo di gestione di bar e di servizio
di ristorazione.
Promuovere lo studio e la ricerca nel campo della
cooperazione e dell’autogestione, della finanza etica e del
microcredito, impegnandosi per la pubblicizzazione e
diffusione del materiale prodotto.
Promuovere, organizzare e gestire corsi, incontri pubblici,
seminari e conferenze al fine di rafforzare e divulgare i
valori e gli obiettivi della cooperativa.
Dare adesione e partecipazione ad enti e organismi
economici, consortili e fidejussori diretti a consolidare e
sviluppare il Movimento Cooperativo ed agevolare gli
scambi, gli approvvigionamenti ed il credito.
Forma giuridica Coop. a r.l.
Sito web www.IFSveneto.net/LaTortuga
Azienda tutor La Tortuga e Fair Trade Italia di Padova
Modello del Base
percorso
Rapporto con l’azienda tutor
Nella fase di sensibilizzazione l’azienda tutor ha guidato la classe nell’analisi delle
ragioni economico e sociali che spingono ad operare in un mercato equo e solidale,
e ha portato all’assunzione del significato di mission aziendale. È intervenuta per
supportare gli studenti nella predisposizione dei documenti utili per la costituzione
dell’azienda: business plan e atto costitutivo. Ha contribuito all’analisi dei prodotti
per la definizione del listino dei prezzi.
Competenze professionali/disciplinari Competenze trasversali
• Redazione di documenti di varia
natura (commerciale, fiscale etc.)
• Capacità comunicativa all’interno del
gruppo e all’esterno dell’aula
• Tenuta delle scritture tipiche aziendali
• Puntualità negli impegni e nello
svolgimento delle mansioni
• Interpretazione clausole contrattuali
• Utilizzo strumenti informatici (mail, fogli
elettronici, programma di contabilità)
• Creazione del sito web utilizzando l’html • Ricerca di soluzioni per problemi
161
Istituto ITCS “L.B. Alberti” San Donà di Piave - Venezia
Classe IV
Indirizzo studi
Docenti di Economia aziendale (referente)
Laboratorio di informatica
T.I.T.
Nome IFS NovArte Vetro srl
Oggetto sociale Commercializzazione, all’ingrosso e al dettaglio,
di oggettistica e materiale per l’illuminazione in
vetro artistico di Murano.
Forma giuridica Srl
Sito web www.IFSveneto.net/NovArteVetro
Azienda tutor Vetrarti Ilves Group
Modello del percorso Base
Rapporto con l’azienda tutor
L’azienda si è presentata con la sua storia e ha fornito indicazioni sulle caratteristi-
che del percorso produttivo. Per la fase iniziale di attivazione ha fornito supporto e
indicazioni per la stesura del business plan, anche attraverso un’uscita didattica per
effettuare la visita all’azienda.
Competenze professionali/disciplinari Competenze trasversali
• saper trasferire, in ambiente di
simulazione, le conoscenze/
competenze acquisite nelle diverse
discipline coinvolte
• di relazione
• lavoro in team
• acquisizione di autonomia nelle
diverse mansioni
• problem solving
• acquisizione di una forma mentis
flessibile
• learning by doing
• saper utilizzare le competenze
acquisite in diversi ambiti lavorativi
• autonomia e assunzione di
responsabilità
• mostrare spirito di iniziativa e capacità
di adattare le proprie competenze
alle diverse esigenze del mercato del
lavoro
• spirito di iniziativa
162
Istituto Liceo delle Scienze Sociali “Primo Levi” di
San Pietro in Cariano - Verona
Classe III
Docenti di Matematica (referente)
Diritto
Scienze sociali
Nome IFS Coop.Il mondo dei sogni
Oggetto sociale La cooperativa ha la finalità di integrazione e
promozione della comunità. Essa mira ad offrire spazi di
gioco, di incontro e di scambio, di formazione e culturali,
attività socio-educative per minori e giovani.
Crede importante promuovere spazi, attività, opportunità
dove i giovani possano essere e sentirsi protagonisti.
Vuole offrire occasioni di:
-dialogo
-confronto
-espressione di sé
-stimoli sociali
-offrire alternative al consumo, di qualsiasi cosa
-integrazione.
Forma giuridica Coop. sociale onlus
Azienda tutor Cooperativa Sociale Hermete onlus
Modello del Licei
percorso
Rapporto con l’azienda tutor
Ci si è avvalsi di personale dell’azienda tutor in qualità di esperto per l’elaborazione
del progetto, per il supporto nelle mediazioni con i finanziatori simulati e nel proces-
so di conoscenza dei servizi. L’azienda ha fornito supporto per la sperimentazione
del progetto Ludobus in merito ai rapporti con gli enti locali e alla preparazione di
attività con i giochi del ludobus.
Competenze professionali/disciplinari Competenze trasversali
• Saper definire mission, vision di
un’impresa sociale, saperne costruire
uno statuto e l’atto costitutivo
• Saper ricercare, archiviare ed
elaborare informazioni reperite in
Internet
• Saper compilare la modulistica
amministrativa e gestionale necessaria
ad una cooperativa sociale
• Realizzare documenti testuali secondo
un registro prestabilito
• Saper analizzare il territorio,
identificandone i soggetti e i bisogni
• Comprendere le tappe del problem
solving
• Saper costruire un progetto di attività
sociale compresi gli aspetti di budget
• Saper organizzare un’attività rivolta a
bambini e preadolescenti
• Conoscere i servizi del territorio e
comprenderne la funzione
163
Istituto Liceo Scientifico “E. MEDI” di Villafranca (VR)
Classe IV
Indirizzo studi Socio-psico-pedagogico
Docenti di Italiano-latino (referente)
Matematica
Psicologia-pedagogia
Nome IFS Coop. sociale Sorriso Libero.
Oggetto sociale La Cooperativa sociale Sorriso Libero offre progetti
e attività di animazione e intrattenimento a scuole,
comuni, enti e privati, con particolare attenzione a
bambini della scuola materna e della scuola di base.
Obiettivo dei progetti è l’integrazione di bambini e
bambine diversamente abili con i loro coetanei.
La Cooperativa organizza laboratori, doposcuola,
giochi e feste di compleanno e a tema. Tutti i
progetti hanno come elemento qualificante la
promozione dei diritti dell’infanzia, a partire dalla
convenzione ONU
Forma giuridica Coop. a r.l.
Azienda tutor Associazione Culturale Aribandus di Verona
Modello del percorso Licei
Rapporto con l’azienda tutor
L’azienda tutor ha contribuito alla formazione/informazione sulla tipologia aziendale
e alla formazione sulle competenze
Competenze professionali/disciplinari Competenze trasversali
• Sviluppare competenze specifiche di
animazione
• Realizzare una progettualità che si
fondi sul principio ricerca-azione
• Incrementare realtà di raccordo tra le
strutture che si occupano di servizi
alla persona e la realtà scolastica
• Fornire un’occasione di orientamento
in vista del futuro percorso post-
diploma
• Sviluppare competenze relazionali
164
Istituto ITSCT “L. Einaudi” di Padova
Classe IV (percorso iniziato con la classe III nel’a.s.
precedente)
Indirizzo studi ITER - Turistico
Docenti di Discipline turistiche (referente)
Pratica d’agenzia
Inglese
Diritto
Nome IFS La Stella srl
Oggetto sociale Integrazione sociale dei cittadini e promozione
umana attraverso la gestione dei servizi sociali e
turistici orientati in via prioritaria, ma non esclusiva,
alla risposta dei bisogni di persone con disabilità
motorie, sensoriali, intellettive e psichiche.
Forma giuridica Srl
Azienda tutor Cooperativa sociale La Rosa blu A.r.l.
Modello del percorso Base
Rapporto con l’azienda tutor
Nella fase iniziale del progetto l’azienda ha presentato i dati a consuntivo della sta-
gione turistica estiva per i prodotti di turismo sociale e indicazioni per la costruzione
dei prodotti, mentre nella fase gestionale ha fornito indicazioni e supporto in merito
alla commercializzazione dei servizi, alla ricerca del target e alle tecniche di vendita.
Per la prossima attività, di natura gestionale-contabile, fornirà supporto e indicazio-
ni in merito alla contabilità del tour organizer e le relative implicanze fiscali.
Competenze professionali/disciplinari Competenze trasversali
• saper svolgere attività di analisi per
scegliere e gestire in piena autonomia
situazioni complesse o problematiche
al fine di promuovere soluzioni per
l’autoimprenditorialità
• saper applicare conoscenze
informatiche al contesto operativo per
utilizzare correttamente gli strumenti
software e hardware di gestione
• saper leggere i bisogni della società
ed effettuare una analisi di mercato,
ricorrendo alle tecniche e metodologie
utilizzate abitualmente dalla funzione
marketing, per poi saper generare una
offerta commerciale e comportamenti
operativi coerenti con i valori aziendali
etico-sociali
• saper svolgere attività relazionale
e comunicativa applicata al
contesto operativo per svolgere
responsabilmente i compiti d’ufficio
e di promozione ed erogazione dei
servizi fornendo soluzioni adeguate a
fronte di richiesta di soddisfacimento
da parte di Clienti provenienti da aree
culturali e linguistiche diverse• saper definire i caratteri organizzativi
più appropriati per l’impresa dedicata
al sociale e operare scelte di gestione
adeguate al contesto operativo
simulato
Parte terza
RIFLESSIONI E PROPOSTE
7 Una risorsa per il miglioramento della qualità della scuola
Michele Sardo
166
7. RIFLESSIONI E PROPOSTE
Michele Sardo1
Una risorsa per il miglioramento della qualità della scuola
L’Alternanza è definita nella legge 53/2003 come: “modalità di realizzazione del per-
corso formativo progettata, attuata e valutata dall’istituzione scolastica e formativa
in collaborazione con le imprese, e con le rispettive associazioni di rappresentanza
e con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, che assicuri ai
giovani, oltre alle conoscenze di base, l’acquisizione di competenze spendibili nel
mercato del lavoro”.
La sfida, in accordo con il Decreto Legislativo 15 aprile 2005, n. 77, si concretizza
nel fare dell’Alternanza una modalità formativa che risponde ai bisogni individuali
di formazione e che tiene conto dei diversi stili cognitivi. Non è, quindi, un percorso
di recupero limitato a taluni indirizzi, bensì una metodologia didattica che valorizza
l’aspetto formativo della pratica e che assume valore strategico nel processo di
apprendimento.
Il ricco patrimonio di documentazione e di sperimentazioni dell’Alternanza Scuola
Lavoro, dell’Alternanza Scuola Lavoro in Impresa Formativa Simulata e dell’Alter-
nanza in Terza Area in Veneto, realizzate nel corso degli anni a partire dal 2003-
2004, unito alle considerazioni dei vari soggetti coinvolti, offre alcune indicazioni
utili per riflettere sulle possibili strategie da adottare al fine di garantire l’efficacia
formativa dei percorsi in Alternanza.
Tali riflessioni verranno presentate prendendo in esame i diversi punti di vista dei
Soggetti coinvolti nell’esperienza.
Il Dirigente scolastico
L’ art. 25 del D.L.vo n°165 del 30/03/2001 assegna ai Dirigenti scolastici il compito
di promuovere e sviluppare l’autonomia gestionale e didattica, promuovendo il “di-
ritto all’apprendimento degli alunni, la libertà di insegnamento dei docenti, la libertà
di scelta educativa da parte delle famiglie”.
Svolgere la professione di Dirigente nelle Istituzioni scolastiche autonome significa
porsi il problema di creare condizioni di miglioramento dell’offerta formativa, di stu-
diare forme organizzative funzionali allo sviluppo della qualità del servizio scolastico
e contribuire ad accompagnare l’innovazione.
L’Alternanza Scuola Lavoro nella scuola superiore presenta un potenziale innova-
tivo per qualsiasi tipologia di Istituto, perché interagisce con l’impianto curricolare
disciplinare, con la struttura organizzativa della lezione in aula; spinge a rivisitare
l’efficacia delle conoscenze di base e pone all’attenzione la necessità di formare
1 I Dirigenti scolastici, Direttori dei corsi di formazione relativi all’Alternanza Scuola Lavoro, all’Alternan-
za Scuola Lavoro in Impresa Formativa Simulata e all’Alternanza Scuola Lavoro in Terza Area, il cui
contributo è riassunto in questa sintesi sono:
Marco Bavosi - IIS “Da Collo” Conegliano
Enrico Delle Femmine - IPSCT “A. Da Schio” Vicenza
Orio Marzaro - ITST “Gritti” Venezia- Mestre
Giuseppina Papa - IIS “De Amicis” Rovigo
Claudio Pardini - IIS “Anti” Villafranca di Verona
Vanna Santi - IPSS “Montagna” Vicenza
Aurora Scala - ITST “Einaudi” Padova.
167
competenze di tipo trasversale.
Il Dirigente scolastico, quindi, assume un ruolo di regia e di coordinamento nella
rete di rapporti che si stabiliscono dentro e fuori la scuola; pertanto, a lui competo-
no le seguenti attività:
• l’ attivazione di forme di collaborazione con Regione, Enti territoriali, di formazio-
ne ecc.;
• la sensibilizzazione e il coinvolgimento dell’Istituto (docenti, organi collegiali ecc.)
nel progetto di Alternanza Scuola Lavoro;
• la comunicazione del progetto di Alternanza alle famiglie;
• la stesura degli accordi tra Istituto e Aziende/Enti.
È indubbio che il coinvolgimento diretto del Dirigente, che in prima persona instaura
rapporti con le Imprese e promuove all’interno della scuola l’iniziativa, è uno degli
elementi determinanti per la buona riuscita delle attività di Alternanza.
Gli studenti
Gli studenti hanno valutato favorevolmente lo svolgimento dell’attività di Alternan-
za, peraltro totalmente nuova e innovativa rispetto alla normale prassi scolastica,
anche se sono state rilevate delle criticità. L’esperienza è stata considerata positiva
ed arricchente dalla quasi totalità degli allievi, anche da coloro che hanno rileva-
to dei limiti nell’organizzazione o nella scelta dell’ambiente lavorativo in cui sono
stati collocati. Alcune osservazioni che emergono dalla riflessione con gli studenti
devono essere tenute nella dovuta considerazione per un’efficace progettazione
dell’esperienza di Alternanza.
Si rileva, innanzitutto, come l’esperienza che ogni allievo realizza nell’Alternanza si
differenzi in positivo o in negativo, in funzione delle condizioni offerte dall’azienda o
dall’ente e della capacità del contesto lavorativo di accogliere lo studente.
Gli studenti hanno sottolineato questa disparità e hanno rilevato la necessità di una
programmazione più efficace e puntuale degli obiettivi di inserimento in modo che
le esperienze risultino qualitativamente più uniformi e significative.
Altro elemento importante per la buona riuscita dell’esperienza risulta essere la
scelta del Tutor esterno, da individuare in una persona che, oltre ad essere un punto
di riferimento, sia effettivamente a contatto con lo studente nel percorso in contesto
lavorativo.
Questo aspetto è stato sottolineato con forza dagli studenti, i quali, in virtù del fatto
che il Tutor esprime una valutazione sul loro operato, chiedono di essere valutati da
chi effettivamente li ha seguiti e può esprimere un giudizio motivato.
Altri aspetti dibattuti sono la collocazione temporale e la durata dell’ Alternanza; tali
questioni hanno fatto emergere una serie di proposte di ripensamento dei tempi.
L’insieme delle considerazioni esplicitate dagli studenti induce a pensare che il
nodo cruciale di questa esperienza innovativa stia proprio nella capacità di comu-
nicazione tra scuola ed azienda/ente e nella capacità di progettazione comune di
percorsi coerenti di modo che i due mondi, quello della scuola e quello del lavoro,
non restino estranei l’uno all’altro, ma riescano ad integrarsi e a fungere l’uno da
volano per l’altro. Tale integrazione rinvia, peraltro, alla necessità che il consiglio di
classe abbia un quadro di riferimento unitario circa le esperienze che connotano il
percorso formativo dell’anno.
168
Le famiglie
I genitori esprimono una soddisfazione generalizzata rispetto all’esperienza e la
netta percezione del ruolo promotore di apprendimento che assume il contesto
lavorativo.
E’ chiara la consapevolezza che non sempre l’ Alternanza sviluppa le competenze
di carattere tecnico-professionale richieste dallo specifico indirizzo di studio, ma i
genitori ne rilevano l’importanza per lo sviluppo di competenze trasversali che di-
ventano patrimonio personale, di cui possono beneficiare tutte le discipline.
Due sono essenzialmente le criticità rilevate dai genitori, entrambe di carattere
strutturale, forse sintomo di preoccupazioni più profonde:
1. la difficoltà per le aziende di adempiere al loro compito di accompagnamento
proprio per la mancanza di tempo da dedicare agli studenti e di personale prepa-
rato ad accoglierli. Al riguardo, i genitori auspicano un maggiore coinvolgimento e
l’effettiva presa in carico dell’esperienza anche da parte delle strutture esterne alla
scuola;
2. la collocazione temporale delle esperienze di Alternanza considerata poco op-
portuna in molti casi.
Un ulteriore suggerimento che i genitori esprimono è la necessità di ripensare la
progettazione inserendo come elemento imprescindibile uno spazio di riflessione
sulle pratiche sperimentate e di confronto tra pari e con i docenti che non si riduca
esclusivamente ad un’occasionale richiesta di gradimento, ma accompagni passo
passo, in itinere e alla fine dell’esperienza, gli studenti in un processo di autorifles-
sione e di riflessione condivisa.
I docenti
Non si possono negare le difficoltà di tipo culturale che rendono faticoso l’incontro
tra scuola e mondo del lavoro. Nonostante si registri, complessivamente, una mag-
giore disponibilità a superare certe rigidità, il processo avviato richiede tempo.
Questa difficoltà di coniugare e fondere sapere disciplinare e procedurale in un’espe-
rienza di apprendimento, a volte porta a dare uno spazio non adeguato alla prepara-
zione e alla rielaborazione dell’esperienza svolta in azienda dagli studenti.
La maggioranza dei docenti è convinta che le aziende/enti sappiano offrire buone
condizioni di apprendimento a patto che ci sia un approfondimento di cosa significa
fare formazione in contesto lavorativo. Quando la cultura aziendale riesce a garanti-
re uno spazio interno dedicato alla ricerca e alla innovazione, molte perplessità sul-
l’Alternanza come modello di apprendimento vengono automaticamente a cadere.
E’ diffusa tra i docenti la convinzione che le competenze esercitate nei contesti di
lavoro siano sostanzialmente di tipo trasversale, comunque rilevanti sia per chi vuo-
le continuare a studiare, sia per chi vuole entrare al più presto nel mondo del lavoro.
Accanto alle competenze trasversali, i docenti si attendono anche una maggior
valorizzazione delle competenze di indirizzo che non sempre l’azienda/ente riesce a
far emergere durante il periodo di Alternanza, dato anche il fatto che la breve durata
dell’esperienza in contesto non sempre assicura uno spazio adeguato alla promo-
zione delle competenze di tipo professionale.
Importanza strategica è riconosciuta alla figura del Tutor aziendale (esterno), figura
che necessita di attenzione e di ulteriore potenziamento: la sua azione si esplica sia
169
nella collaborazione con il Tutor scolastico (interno) sia nel rapporto con gli studenti
che egli è chiamato a supportare e ad accompagnare nel contesto lavorativo.
Il momento del monitoraggio e della valutazione è curato e attentamente prepara-
to dai docenti che si impegnano a trovare tempi e strumenti per una valutazione
puntuale. Tuttavia questo sforzo sembra non raggiungere ancora l’obiettivo di un
effettivo miglioramento della progettazione dei percorsi e, soprattutto, quello di una
reale integrazione dell’esperienza nel curricolo.
Predisporre percorsi di integrazione con il mondo del lavoro può essere, per la
scuola, un’importante opportunità. Entrare in contatto con la cultura della progetta-
zione, tipica del contesto aziendale e non frequentemente praticata in quello scola-
stico, può consentire agli insegnanti lo sviluppo di competenze organizzativo-ma-
nageriali atte a ridefinire le proprie pratiche di insegnamento in modo da consentire
agli studenti la “possibilità” di agire il sapere e di contestualizzarlo. L’esperienza di
Alternanza diventa in tal modo una delle più rilevanti per consentire agli studenti
l’acquisizione di competenze.
Le aziende – gli Imprenditori
L’integrazione tra scuola e mondo del lavoro rappresenta per le aziende un’oppor-
tunità per contribuire ad avvicinare i percorsi formativi alla realtà del mercato del
lavoro, permettendo agli studenti di comprendere i processi implicati nel funziona-
mento delle imprese. Simili percorsi servono ai ragazzi per conoscere le compe-
tenze richieste dal mondo del lavoro e scoprire le proprie aree vocazionali. Tuttavia
le esperienze fanno emergere ancora una certa reticenza del mondo aziendale ad
ospitare studenti, nonostante una buona parte delle imprese sia interessata all’inte-
grazione con la scuola e motivata ad avviare percorsi in Alternanza. La perplessità a
collaborare con gli Istituti scolastici va letta forse anche alla luce di quella artificiosa
distinzione tra sapere e saper fare che permane ancora nella cultura diffusa, anche
in quella imprenditoriale.
Inoltre, le motivazioni per una mancata collaborazione potrebbero essere anche
altre. Le aziende che vogliono costruire con la scuola percorsi formativi in Alternan-
za devono mettere in conto costi aggiuntivi sia in termini economici che di tempo.
Ospitare studenti implica, infatti, un impegno elevato sia dal punto di vista organiz-
zativo che di programmazione di cui non sempre si riesce a prevedere anticipata-
mente la consistenza effettiva. Se l’azienda è disponibile a sostenere questi costi è
necessario affiancarla (e questo è compito delle Associazioni) e illustrarle i vantaggi
che hanno i progetti di Alternanza Scuola Lavoro, non in senso immediato né per la
singola impresa, bensì nel medio-lungo periodo per tutto il sistema lavoro.
Una prospettiva per il miglioramento e le condizioni necessarie
Dall’analisi di vari documenti e testimonianze è possibile individuare alcune indica-
zioni di massima che appaiono prioritarie per garantire l’efficacia dell’esperienza di
Alternanza Scuola Lavoro. Innanzitutto, dovrebbe essere presente un accordo tra
tutti i soggetti che in misura differente, con ruoli e competenze specifiche, si im-
pegnano a sostenere il giovane nel suo percorso di apprendimento. L’accordo può
essere definito a diversi livelli: oltre a stabilire obiettivi e azioni comuni, è opportuno
170
determinare tanto gli aspetti organizzativi che progettuali e operativi, nonché tutti
i sistemi utili per verificare gli apprendimenti e certificare le competenze acquisite.
Per quanto concerne la progettazione, tutto il percorso formativo dovrebbe essere
condiviso: tanto le attività svolte in aula quanto quelle realizzate in azienda dovreb-
bero essere validate da ciascuno dei soggetti che, a diverso titolo, collaborano alla
formazione dello studente.
Le esperienze documentate di Alternanza segnalano che la continuità delle colla-
borazioni, caratterizzate da riferimenti operativi costanti nel tempo, risulta fattore
determinante per il successo dell’iniziativa. Questa rete di relazioni deve essere
sostenuta da uno scambio assiduo: ciascun soggetto, oltre ad attuare quanto più
strettamente di sua competenza, deve promuovere il collegamento con le opera-
zioni realizzate dagli altri. Propedeutica, in tal senso, è la partecipazione dei Tutor
scolastici (interni) e Aziendali (esterni) a percorsi formativi congiunti che potrebbero,
oltre tutto, favorire la costruzione condivisa di criteri e parametri da adottare per
valutare l’Alternanza.
Il superamento delle criticità evidenziate costituisce, da un lato, condizione neces-
saria per l’efficacia e l’ulteriore sviluppo delle esperienze di Alternanza Scuola La-
voro, dall’altro, appare inevitabilmente connesso ad una modifica sostanziale della
didattica per discipline, e cioè, ad un’innovazione metodologica, didattica, proget-
tuale e valutativa che incida sulla struttura stessa della scuola. L’insegnamento per
competenze sembra rispondere a questa esigenza.
Solo una progettazione degli apprendimenti per competenze può effettivamente
realizzare quel curricolo organico in cui le esperienze non devono faticosamente
fare i conti con il tempo sottratto alle discipline e solo in tale direzione possono tro-
vare una soluzione teorica e operativa le questioni dell’equivalenza formativa, della
valutazione e della certificazione delle competenze.
Su questi temi l’impegno congiunto dell’USR e della Regione Veneto per la forma-
zione dei docenti, dei Tutor e dei consigli di classe costituisce una grande risorsa
per la ricerca e l’innovazione delle metodologie e delle pratiche didattiche.
Solo in tali termini può porsi il problema di una corretta individuazione delle realtà
lavorative da coinvolgere, in coerenza con il piano di studi e, successivamente, la
definizione delle modalità collaborative tra i diversi enti coinvolti.
È necessario, infine, che organizzazioni diverse sappiano lavorare insieme, creando
un linguaggio e uno schema di valutazione comuni anche per facilitare l’efficace
svolgimento delle tre fasi in cui si articola l’esperienza di Alternanza (progettazione,
realizzazione, valutazione).
L’Alternanza Scuola Lavoro può, dunque, risultare esperienza efficace di appren-
dimento per gli studenti, ma può indurre benefici effetti anche sull’intero sistema
scolastico, perché lo impegna a collegare il proprio impianto formativo con la realtà
esterna.
Un rapporto organico di collaborazione con il sistema delle imprese può essere in gra-
do di introdurre nel sistema d’istruzione opportunità di confronto e di innovazione.
Una chance per la scuola, ma anche una chance per l’impresa, che può trarre bene-
fici da questa esperienza non solo perché viene messa nella condizione di contami-
171
nare virtuosamente il mondo della scuola con il proprio patrimonio di conoscenza e
di esperienza, ma anche per il possibile ritorno positivo di immagine che da questa
innovazione può derivare.
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I PROGETTI IN DETTAGLIO
L’esperienza di Treviso e Belluno
L’esperienza di Padova, Rovigo e Venezia
L’esperienza di Vicenza: Alternanza Scuola Lavoro in Terza Area
L’esperienza di Verona
L’Impresa Formativa Simulata
180
I progetti in dettaglio [1]
L’esperienza di Treviso e Belluno
Direttore del corso: Marco Bavosi
Direttore Scientifico: Dario Nicoli
Coordinatori del corso: Franca Da Re – Alberto Ferrari
GRUPPO 1 Tutor d’aula: Barbara Grassi – Asse culturale dei linguaggi
Istituto Tutor esperti
Cfp Ficiap Castelfranco Battistel Paola
Zanella Andrea
Ipsia Scarpa Montebelluna Fontebasso Livio
Isiss Beltrame Vittorio V. Dal Cin Cinzia
Zanette Nicoletta
Isiss Fanno Conegliano Panizzolo Paola
Isiss Levi Montebelluna Barazzuol Giuliana
Isiss Nightingale Castelfranco Tomasi Susanna
Isiss Verdi Valdobbiadene Brunoro Bruno
Itc Calvi Belluno Vedana Teresa
Itcg Martini Castelfranco Aleandri Claudia
Itis Barsanti Castelfranco Bellinato Maria
Itis Fermi Treviso Raffaelli M.Grazia
Itt Mazzotti Treviso Bordin Valentina
Grassi Alessandra
Lupato Rosangela
Parcianello Sara
Pianca Anna
Alari Marinella
Bassan Annalisa
Itt Da Collo Conegliano Hendrich Brigitte
De Luca Dilva
Fornasier Carla
Valentini Anna
Liceo Ling. Galilei Treviso Cazzaro Daniele
Liceo Marconi Conegliano Bortoluzzi Alberta
Carraro Angela
Martini Patrizia
GRUPPO 2 Tutor d’aula: Mariarita Ventura – Asse culturale matematico
Istituto Tutor esperti
Ipsia Galilei Castelfranco Bertolini Vittoria
Isiss Casagrande Pieve Di Soligo Roccaro Giovanni
Itcg Martini Castelfranco Sartor Donata
Itt Mazzotti Treviso Pagano Maria Teresa
Persico Mario
Liceo Marconi Conegliano Vedana Alda
181
GRUPPO 3 Tutor d’aula:
Cavallini Letizia – Asse culturale scientifico-tecnologico
Istituto Tutor esperti
Ficiap Castelfranco Munaretto Michele
Isiss Besta Treviso Giassi Alessandra
Isiss Cerletti Conegliano Stiz Gianpaolo
Ist. Mag. Duca D. Abruzzi Treviso Benedet Antonella
Itis Fermi Treviso Quaggio Zilla
Itis Galilei Conegliano Di Cara Nicola
GRUPPO 4 Tutor d’aula:
Marzia Litleton – Asse culturale storico-sociale-giuridico
Istituto Tutor esperti
Ipsia Galilei Castelfranco Iovane Emiddio
Maguolo Raffaella
Ipsia Pittoni Conegliano De Stefani Luisa
Isiss Casagrande Pieve di Soligo Cescon Maria Grazia
Itcg Martini Castelfranco Milani Vittorina
Itcs Riccati Luzzatti Treviso Frezza Cristiana
Traversi Teodolinda
Zonta Manuela
Itt Mazzotti Treviso Fabrici Santa
Pallaver Marco
Mattana Luisa
GRUPPO 5 Tutor d’aula:
Maria G. Bernardi – Area professionale commerciale-amministrativa
Istituto Tutor esperti
Isiss Besta Treviso Caldato Loretta
Ist. Brandolini Rota Oderzo Paronetto Stefano
Piovesan Corrado
Itc Calvi Belluno Padovani Giovanna
Itcg Martini Castelfranco V. Baccega Paolo
Marafioti Gianfrancesco
Itcg Sansovino Oderzo Bidona Augusta
Bressaglia Maurizio
Cappellotto Emanuela
Marostica Michela
Zigoni Loretta
GRUPPO 6 Tutor d’aula:
Massimo D’Ambroso – Area professionale meccanica
Istituto Tutor esperti
Ipsia Galilei Castelfranco Gemin Filippo
Scarpone Franco
Ipsia Pittoni Conegliano Berlingieri Domenico
182
Maso Loris
Isiss Verdi Valdobbiadene Forin Paolo
Leone Carmelo
Iti Canova Possagno Beltrame Luca
Favero Massimo
Itis Galilei Conegliano Comazzetto Sandro
Sala Dario
GRUPPO 7 Tutor d’aula: Paolo Rigo – Area professionale elettrica-elettronica
Istituto Tutor esperti
Ipsia Galilei Castelfranco Sardo Giuseppe
Ipsia Pittoni Conegliano Bernardini Walter
Caia Luciano
Isiss Sartor Castefranco Pigozzo Amabile
Itis Barsanti Castelfranco De Faveri Roberto
De Grandis Elio
Stocco Davide
GRUPPO 8 Tutor d’aula: Giuliana De Cet – Area professionale turistica
Istituto Tutor esperti
Ipssar Dolomieu Longarone De Bin Flavio
Itt Da Collo Conegliano De Faveri Lucia
Rizzo Carmela
Itt Mazzotti Treviso Ascione Maddalena
Cappi Chiara
Gaetani Maria Rita
Piciocchi Bruno
Solimani Antonella
183
I progetti in dettaglio [2]
L’esperienza di Padova, Rovigo e Venezia
Direttore del corso: dott.ssa A. Scala
Direttore Scientifico: dott.ssa A. Scala
Coordinatore del corso: prof. O. Scremin
Formatori:
prof.ssa Sandra Bertolazzi, ITCST L. Einaudi, Padova
prof.ssa Elisabetta Gonzato, ITST A. Gritti, Mestre
prof. Gregorio Grigolo, IIS Colombo, Adria
prof.ssa Giuseppina Manca, IPSSARCT Cornaro, Jesolo
prof. Ecole Mitrotta, ITIS Severi, Padova
prof.ssa Isabella Sgarbi, IIS De Amicis, Rovigo
prof.ssa Franca Da Re, USP Treviso
Relatore : prof. D. Nicoli
Gruppo 1 tutor d’aula : Giuseppina Manca
Istituto Docenti esperti
IPSSAR Adria Novo Lia - Laboratorio di ricevimento
Miotto Annalisa - Lettere
IPSIA Rovigo Ferraioli Mirko - Elettrotecnica
IPSSCT M. Polo Rovigo Borghi Daniela - Geografia
IIS Ruzza Padova Bau Chiara - Tecniche del settore
Tebaldi Maria - Tecniche del settore
Ist. Agrario Duca degli Abruzzi Volini Vincenzo - Zootecnia
Padova
Gruppo 2 tutor d’aula : Sgarbi Isabella, Bertolazzi Sandra
Istituto Docenti esperti
ITCTS L. Einaudi Padova Grillo Rossella – Economia Aziendale
Zoppi Adelaide – Diritto ed Economia
Barichello Michela – Economia Aziendale
Ciscato Mara – Economia Aziendale
Scapolo Emanuela – Economia Aziendale
IIS De Amicis Rovigo Malengo Paola - Inglese
Baccan Paolo - Matematica
Voltan Marilena – Economia Aziendale
Grimiti Sermes - Matematica
IIS De Nicola Piove di Sacco Fano Margherita – Economia aziendale
Marcella Massimo – economia Aziendale
IIS Rolando Da Piazzola Antonello Franca – Economia Aziendale
Piazzola sul Brenta
ISIS Luzzatto Portogruaro Cos Giuseppina
Lanzarini Liliana – Discipline Econ. Aziendali
Lanzarini Alfreda – Discipline Econ. Aziendali
184
Gruppo 3 tutor d’aula : Gonzato Elisabetta
Istituto Docenti esperti
Ist. m. liceo socio-ped. Stucchi Paola - Filosofia
Duca d’Aosta Padova
Itas P. Scalcerle Padova Franceschini Donatella - Filosofia
Failla Giovanna - Inglese
Ist. mag. Roccati Rovigo Bianco Maura – Scienze Sociali
Carravieri Lino – Ed. Fisica
Melchiorri Rosanna - Chimica
Romagnoli Agostino - Lettere
Dall’Aglio Giuseppina - Religione
Iis Einaudi Badia Polesine Galvan Gabriella - Inglese
Pigozzo Maria Angela – Italiano e storia
Merlo Carlo Alberto – Economia Aziendale
Marcadella Innocenzo – Igiene, Anatomia
Gruppo 4 tutor d’aula : Mitrotta Ercole
Istituto Docenti esperti
ITIS Meucci Cittadella Pretto Paolo – Lab. Sistemi
Rizzante Giuseppe - Lab. Meccanica
Longo Francesco – Lab. Meccanica
Cecchin Graziano - Elettronica
ITIS Severi Padova Biesuz Carla - Sistemi elettronici
Pittaro Cadore Biancastella – Inglese
Mazzucato Cristina - Economia
IIS Mattei Conselve Bozza Ferdinando – Discipline mecc. e tecn.
Varotto Michele - Discipline mecc. e tecn.
ITIS Marconi Padova Rossi Fernando – Sistemi ed automazione
Sangati Sergio - Sistemi ed automazione
Nicolazzi Giulio – Discipline mecc. e tecn.
Nonato Mauro – Elettr. applicata
ITIS Viola Rovigo Bertaglia Massimo – Lab. Chimica
Toso Sandra – Chimica org., laboratorio
Trainello Gradassi Silvia – Analisi chimica, lab.
ITIS Zuccante Mestre Favaro Bruno – Elettronica
D’Alpaos Nicoletta – Informatica
Cazziolato Alessandro – Informatica indusi.
ITIS V. Volterra S. Dona’ Fregonese Caterina - Matematica
Dariol Gianluigi-Elettrotecnica ed applicazioni
Naletto Luca - Elettrotecnica ed applicazioni
IIS Cini Venezia Antonelli Antonella – Tecnologie e dis. tecnico
Perdon Flavio – Discipline mecc. e tecnol.
Vianello Gianluigi – I.T.P.
185
Gruppo 5 tutor d’aula : Grigolo Gregorio
Istituto Docenti esperti
Itt Gritti Venezia Mestre Moretti Sandra - Tedesco
Cestaro Diego - Geografia
Rossi Maria Chiara - Storia dell’Arte
Voltolina Patrizia - Discipline giurid. ed econ.
Itc Lazzari Dolo Alzetta Antonella
Discipline econ. ed aziendali
Zanon Aurora - Discipline econ. ed aziendali
Ist. Musatti Dolo Valter Lorenza – Geografia
Zamengo Flavio - Discipline econ. ed aziendali
Ist. Stat. d’Arte Venezia Lazzari Daniela – Discipl. Geom. Archit.
Gagliano Rita – Lettere
Fraioli Nadia – Filosofia Psicol. Sc. dell’Educ.
186
I progetti in dettaglio [3]
L’esperienza di Vicenza: Alternanza Scuola Lavoro in Terza Area
Corso regionale effettuato presso I.P.S.S. “ B. Montagna” di Vicenza
Gennaio – aprile 2007
Gennaio – aprile 2008
Direzione del corso:
Ipss B. Montagna - Vicenza Vanna Santi
Coordinamento e tutor:
Usr per il Veneto Alberto Cacco
Antonia Moretti
Annamaria Pretto
Ipssarct E. Cornaro Jesolo Lido Giuseppina Manca
Ipssar Maffioli Castelfranco Veneto Giuliana De Cet
Corsisti
Istituto Docente
Ipsct A. Da Schio Vicenza Cardi Annamaria
Giordano Caterina
Masson Fiorenza
Iis J. Da Montagnana Padova Princivalle Giovanna
Modena Livia
Di Vincenzo Giovanna
Ips Valle Padova Camporese Luisa
Nalon Gianni
Iis Carlo Anti Verona De Giorgi Piero
Negri Luca
Danelli Irene
Iis Lonigo Caldeo Antonio
Guzzo Carlo
Ipsia G.B. Garbin Schio Bizzotto Roberto
Guida Martino
Ipsia Luzzatti Valdagno Lorenzi Giorgio
Acerbi Cristina
Ips Giorgi Verona Di Marco Fedele
Ipssar Beltrame Vittorio Veneto Picchi Susanna
Ipssar Artusi Recoaro De Antoni Clara
Masella Cinzia
Ips Remondini - Bassano Del Grappa Tessaro Maria Grazia
Vegliante Carmine
Ips L. Da Vinci Padova Bottaro Anna (Ds)
Ips Brustolon Belluno Trame Osvaldo
Isiss Sartor Castelfranco Veneto Dallan Renzo
Ipsaa Della Lucia Feltre Belluno De Col Umberto
Ipsia Pittoni Conegliano Berlingieri Domenico
Caia Luciano
187
Dell’Antonia Francesco
De Stefani Luisa
Scaiella Vincenzo
Ipss B. Montagna Vicenza Carossa Gabriella
Zovi Maria Lorena
Amaglio Patrizia
Carletti Carla
Iis Stefani Verona Marletta Concetto
Ipssar Berti Verona Totola Manuela
Iis L. Da Vinci Noventa Zanuso Adriana
Ipssar Dolomieu Belluno Cason Fabrizio
Ipsia Marconi Cavarzere Spinelli Enrico
Bertin Marisa
Marchesin Eleno
188
I progetti in dettaglio [4]
L’esperienza di Verona
Direttore del corso: C. Pardini
Direttore Scientifico: M.R. Zanchin
Coordinatore del corso: M. Icarelli
Formatori: M.R. Zanchin; M. Icarelli
GRUPPO 1 Tutor d’aula: Mariangela Icarelli
Istituto Tutor esperti
Liceo E. Medi, Villafranca Veronese, Tessari Marina, pedagogia
Verona Zuccher Daniela, lettere
Stefanini Maria Rosa , matematica
Liceo Statale G. Cotta, Legnago, Marchiori Antonio, storia dell’arte
Verona Egidati Barbara, lettere
Istituto Paritario L. Mondin, Verona Scattolin Michela, chimica
Artuso Dorina, lettere
Di Cesare Federica, anatomia
Istituto d’arte Nani, Verona Silvana De Paoli, lettere
GRUPPO 2 Tutor d’aula: Nicola Mirandola
Istituto Tutor esperti
Ist. T. per Geometri Cangrande Bussolin Maria, tecnol. delle costruzioni
della Scala, Verona Parrinello Cristina, lettere
Mariotti Monica, estimo
ITI G. Marconi, Verona Magalini Francesco, lab. Cad meccanica
Martini Marco, lab. sistemi elettronici
ISISS C. Anti, Villafranca Veronese, Zardini Giuseppe, sistemi elettronici
Verona Tecchio Riccardo, elettronica
Tambalo Daniele, telecomunicazioni
ISISS L. Dal Cero, San Bonifacio, Priori Antonio, meccanica
Verona Caoli Antonio, meccanica
Mazzasette Vittoria, matematica
Istituto E. Fermi, Verona Parenti Laura, chimica
GRUPPO 3 Tutor d’aula: Antonio Gasperi
Istituto Tutor esperti
ITPACLE L. Einaudi, Verona Mazzanti Susanna, diritto,
economia az.le
ITS Marco Polo, Verona Capelli Erica, spagnolo
Rizza Ada, economia aziendale
Sbardelaro Enzo, lettere
ITC E. Bolisani, Isola della Scala, Pellegrini Beatrice, economia aziendale
Verona Da Como Giancarlo, economia
aziendale
Cavessi Donatella, tedesco
189
ISISS L. Da Vinci, Cerea, Verona Mazzonetto Gianna, diritto
Fortunati Maddalena, disegno
Leati Nello, diritto
Moretti Marzia, economia aziendale
ITC Calabrese, San Pietro in Cariano Olivo Rita, economia aziendale
Distretto agroalimentare Ferrari Prassede, trattamento testi
Istituto Carnacina Menegatti Diego, tecnico di cucina
190
I progetti in dettaglio [5]
L’Impresa Formativa Simulata
Simucenter Veneto
Direttore: Claudio Pardini
Coordinatore: Lauretta Zoccatelli
Web master: Patrizia Montagni
Supporto economia aziendale: Elisabetta Antonini, Anna Chiara Mazzi
Supporto tecnico: Teresa Chianese, Enrica Bovolon
Supporto per l’estero: Adolfine Gamper
Supporto logistico/organizzativo: Antonio Casula
IPCS “T. Catullo” di Belluno Kuehl Michael
Zorzoli Lorenza
IIS “C. Anti” di Villafranca - VR Carletti Cristina
Martini Antonella
Felicia De Biase
Ismaele Chignola
ITCS “P.F. Calvi” di Padova Piccolo Attilio
Piovan Paola
Tiso Nereo
Zottis Anna Maria
ITCS “L. B. Alberti” di S. Donà di Piave - VE Sonia Soncin
Fabio Cecchinato
Raffaele Lauriola
Liceo Sc. Sociali “P. Levi” S. Pietro in Cariano Polzot Simona
Drezza Alessia
Cangialosi Pierangelo
Liceo Scient. “E. MEDI” di Villafranca - VR Bernardinelli Stefania
Mondini Elena
Coatti Cristina
ITSCT “L. Einaudi” di Padova Margherita Lavezzo
Guarnaschelli Angela
Frison Lorenza
Donola Gabriele
In collaborazione con
le Associazioni Imprenditoriali e le Parti Sociali
Alternanza Scuola Lavoro
e didattica per competenze:
per una formazione efficace
Esperienze del Veneto
2007 - 2008
Natura:
cartacea