VI Rapporto Migrantes: Il diritto d'asilo

Descrizione breve: 
Lo studio dedicato al mondo delle migrazioni forzate, dei richiedenti asilo e dei rifugiati è scandito come i precedenti in quattro parti: Dal mondo con lo sguardo rivolto all’Europa, Tra l’Europa e l’Italia, Guardando all’Italia oltre a un Approfondimento teologico.
Data: 
13 Dicembre 2022
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XXX Rapporto Caritas Migrantes

Descrizione breve: 
Nell’edizione che celebra i 30 anni della pubblicazione del Rapporto Immigrazione redatto da Caritas Italiana e Fondazione Migrantes si analizza anche l’impatto che il virus e le misure adottate per il suo contenimento.
Data: 
15 Ottobre 2021
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Fondazione ISMU - XXVI Rapporto sulle migrazioni 2020

Descrizione breve: 
La ricerca è finalizzata in primo luogo a monitorare – sotto il profilo statistico e attraverso gli specifici approfondimenti disciplinari di volta in volta opportuni – le dinamiche dei processi migratori e delle trasformazioni in senso multietnico e multiculturale della società. L’attività di ricerca privilegia le tematiche con forti implicazioni operative, configurandosi come ricerca-intervento.
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Data: 
23 Febbraio 2021
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Caritas e Migrantes: XXVI Rapporto Immigrazione 2016. Nuove generazioni a confronto

Descrizione breve: 
La XXVI edizione del Rapporto Immigrazione di Caritas e Migrantes è stata dedicata al confronto tra giovani generazioni: gli italiani e i giovani di nazionalità non italiana, nati o meno in Italia, che però vivono nelle città italiane, frequentano le scuole del nostro Paese, lavorano, cercano un'occupazione o vivono la disoccupazione al pari dei loro coetanei di cittadinanza italiana.
Data: 
21 Giugno 2017
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Caritas e Migrantes: XXV Rapporto immigrazione

Descrizione breve: 
Per leggere dentro la storia e la cronaca di 25 anni di immigrazione in Italia, Caritas e Migrantes hanno scelto nel Rapporto del 2016 di lasciarsi guidare da una bella espressione: la cultura dell’incontro.
Data: 
5 Luglio 2016
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Dossier statistico Immigrazioni IDOS UNAR - 2015

Descrizione breve: 
I migranti forzati nel mondo sono passati in un anno da 52 a 60 milioni. Nei primi nove mesi del 2015 il numero dei rifugiati e migranti che hanno attraversato il Mediterraneo per raggiungere l’Europa ha superato le 460mila unità, mentre l’anno scorso erano stati 219mila. Ma l’Italia non è sicuramente tra i paesi che hanno accolto più profughi.
Allegato: 
Data: 
29 Ottobre 2015
IDOS UNAR 2015/2015_CS_IDOS e il Dossier Immigrazione a Expo 2015_.pdf IDOS UNAR 2015/Comunicato Stampa presentazione Dossier 2015 a Roma.pdf COMUNICATO STAMPA Idos e Confronti Dossier Statistico Immigrazione 2015 29 ottobre 2015 Roma - Si è tenuta oggi alle 10.30 a Roma presso il Teatro Orione la presentazione del Dossier Statistico Immigrazione 2015, redatto dal Centro Studi e Ricerche IDOS, in partenariato con la rivista interreligiosa Confronti, in collaborazione con l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), col sostegno dei fondi dell’Otto per mille della Chiesa Valdese - Unione delle chiese metodiste e valdesi. Moderati da Franco Pittau, presidente onorario di IDOS, e Claudio Paravati, direttore di Confronti, sono intervenuti al tavolo dei relatori: Eugenio Bernardini, Ugo Melchionda, Paolo Gentiloni, Rando Devole, Stefania Congia e mons. Matteo Zuppi. «Con i suoi dati, il Dossier ci indica le criticità del fenomeno e ci invita alla riflessione: un bagno di realtà in mezzo a tante ideologie e comunicazioni provenienti dalla “pancia”», ha detto Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese, e ha aggiunto: «Importanti i dati che abbiamo sull’appartenenza religiosa degli immigrati: per la comprensione reciproca non possiamo fare a meno di analizzare e comprendere anche il dato religioso». Ugo Melchionda, presidente del Centro studi e ricerche IDOS, ha messo in evidenza come «i migranti forzati nel mondo siano passati in un anno da 52 a 60 milioni. Nei primi nove mesi del 2015 il numero dei rifugiati e migranti che hanno attraversato il Mediterraneo per raggiungere l’Europa – e non dimentichiamo le circa 3000 persone morte in questo tentativo nel 2015 – ha superato le 460mila unità, mentre l’anno scorso erano stati 219mila. Ma l’Italia non è sicuramente tra i paesi che hanno accolto più profughi». «Questo volume – ha detto Paolo Gentiloni, ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione – è uno strumento importante per affrontare la questione immigrazione: la conoscenza deve essere antidoto contro il pregiudizio e contro chi propaga odio e paura. La distinzione tra migranti economici e richiedenti asilo ha certamente un fondamento giuridico, ma non può essere un alibi per le nostre coscienze per abbandonare gli immigrati economici. Occorre stabilizzare i paesi in guerra, Libia e Siria, aumentare la cooperazione internazionale e cambiare il regolamento europeo». «Nel discorso pubblico – ha detto il sociologo Rando Devole – prevale la “sindrome da invasione”. Servono ponti, non muri. L’approvazione della legge sulla cittadinanza da parte della Camera (che passa ora al Senato) è un fatto storico». Stefania Congia, dirigente della D.G. Immigrazione e Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha detto: «L’immigrazione ci costringe a fare i conti con noi stessi. Abbiamo molto da imparare dagli immigrati, anche – per esempio – in materia di rispetto e cura verso gli anziani. Gli immigrati contribuiscono al benessere dei paesi di accoglienza, anche dal punto di vista economico e demografico». Ha concluso monsignor Matteo Zuppi, vescovo ausiliare di Roma e delegato per l’immigrazione presso la Conferenza episcopale laziale, da poco nominato arcivescovo di Bologna da papa Francesco: «Non si può parlare del tema immigrazione senza conoscerlo e questo Dossier serve proprio a darci il quadro della realtà; i dati del Dossier servono anche a smontare gli stereotipi. Lo stesso discorso vale per i dati sui reati: la verità è che c’è un accanimento su quelli piccoli (nei quali la percentuale degli stranieri è più alta), ma non si considera che quelli più gravi sono compiuti in gran parte da italiani». IDOS UNAR 2015/Red Soc_Dossier Immigrazione_Idos_Nuar_2015.pdf 1 Redattore Sociale 29 ottobre 2015 I “nuovi italiani”: sono 800 mila gli stranieri nati nel nostro paese Dossier Idos/Unar. Nel solo 2014 sono nati in Italia 75.067 bambini stranieri, ovvero il 14,9% del totale. Primato alla Lombardia. Cittadinanza, quasi 130 mila quelli che l’hanno ottenuta lo scorso anno, per il 40 per cento minori ROMA – L’Italia è uno dei grandi paesi europei di immigrazione, con 5.014.000 stranieri residenti alla fine del 2014 (incremento di oltre 92.000 unità rispetto all’anno precedente), un valore che tradotto in termini percentuali attesta una crescita dell’1,9%. Siamo quindi davanti a livelli di aumento ben inferiori a quelli che si era soliti registrare prima dell’imporsi della fase di crisi, quando la popolazione straniera residente cresceva secondo ritmi decisamente più sostenuti. In generale, l’incidenza degli stranieri sulla popolazione residente (8,2%) continua a essere superiore al valore medio europeo. Se poi si includono anche i soggiornanti non comunitari in attesa di registrazione anagrafica, il dato sulla presenza straniera regolare complessiva arriva a quota 5.421.000. Sono questi alcuni dei dati inclusi nel Dossier statistico immigrazione Idos/Unar, che viene presentato questa mattina a Roma. Ma quanti sono i “nuovi italiani”? In base ai dati Istat, in Italia, su un totale di 502.596 bambini nati nel corso del 2014, quelli stranieri - che come tali sono nati da genitori non italiani che vivono nello Stivale - sono 75.067, ovvero il 14,9% del totale. Si tratta di un valore assoluto inferiore di 2.638 unità rispetto a quello del 2013 (per un decremento annuo del 3,4%), il quale a sua volta era diminuito di 2.189 unità (-2,7%) rispetto al valore del 2012, che, con 79.894 casi, era stata la punta massima di una costante ascesa numerica del dato almeno dal 2008. I nuovi nati stranieri del 2014 hanno visto i propri natali per circa i due terzi (65,6%) nell’Italia settentrionale (37,8% nel Nord-Ovest e 27,8% nel Nord- Est, dove vivono rispettivamente il 34,4% e il 25,0% di tutti gli stranieri residenti. In particolare, è la Lombardia che, con addirittura oltre un quarto dei nuovi nati stranieri in Italia (25,9%), pari a 19.415 casi, ne detiene il primato assoluto (si consideri che nessun’altra regione supera il tetto dei 9.000), seguita da Emilia Romagna (8.815 e 11,7%), Veneto (8.813 e 11,7%) e Lazio (7.702 e 10,3%), sebbene sia l’Emilia Romagna a vantare l’incidenza più consistente di stranieri tra i nuovi nati (24,0%). I dati dell’ultimo Censimento, anch’essi elaborati dall’Istat, attestano a fine 2011 la presenza di 608.623 stranieri nati in Italia e ivi residenti (quasi quattro volte più numerosi in confronto a 10 anni prima, visto che rispetto al Censimento del 2001 l’incremento è stato del 282,6%), di cui 314.104 (il 51,6%) di genere maschile. Si tratta 2 di una compagine costituita per oltre i due quinti (41,4%) da europei (con la sola Europa centro-orientale a incidere per circa un quarto, il 24,0%), per poco meno di un terzo (31,0%) da africani (con l’Africa settentrionale che da sola pesa per il 22,5%), per più di un quinto (22,0%) da asiatici (con l’Estremo Oriente che incide da solo per l’11,8%) e per poco più di un ventesimo (5,5%) da americani (quasi tutti rappresentati da latino- americani). In particolare, la cittadinanza più diffusa è quella marocchina con il 15,2% del totale, seguita dalla romena e albanese, ciascuna con il 13,9%, quindi dalla cinese con il 7,7%. Ora, aggiungendo per ciascuno degli anni seguenti, fino allo stesso 2014, le nuove nascite di bambini non italiani, si arriva a una presenza teorica di oltre 834.000 persone. Un cifra, questa, che va però decurtata di tutti quelli che, nel triennio 2012- 2014, hanno acquisito la cittadinanza italiana (i diciottenni che hanno risieduto legalmente e ininterrottamente in Italia sin dalla loro nascita e una parte di quanti sono diventati italiani per naturalizzazione o matrimonio). Trattandosi di una quota non determinabile con esattezza e ipotizzando tuttavia che si tratti di qualche decina di migliaia di casi, si può verosimilmente affermare che la cifra effettiva di stranieri di “seconda generazione” presenti in Italia a fine 2014 oscilli tra le 750.000 e le 800.000 unità: all’incirca, uno ogni 7 stranieri residenti, ad attestare - tra gli immigrati che vivono in Italia - un numero oltremodo significativo e in continua crescita di “italiani di fatto” (ovvero di persone che del paese di cui hanno la cittadinanza hanno solo una conoscenza indiretta, mediata dai racconti dei genitori, spesso senza avervi mai messo piede o avendolo fatto in maniera sporadica in rari viaggi di ritorno dei parenti; conoscono la lingua in maniera più o meno approssimativa, nella misura in cui i genitori la parlano nella ristretta cerchia familiare; non praticano, se non in misura episodica e limitata nello spazio e nel tempo, costumi sociali, abitudini culinarie, tradizioni civili e religiose ecc...) i quali aspettano solo di essere riconosciuti dalla società e dallo Stato in cui vivono da quando hanno visto la luce. Le acquisizioni della cittadinanza. Nel corso del 2014 le nuove acquisizioni della cittadinanza in Italia sono state quasi130 mila (precisamente 129.887), facendo registrare un ulteriore aumento rispetto al 2013(100.712).Allo stato attuale non sono disponibili dati disaggregati e, di conseguenza, non è possibileconoscere l’incidenza sul dato generale delle diverse modalità di acquisizione della cittadinanza italiana (lunga residenza o matrimonio). Per quanto riguarda il genere, nel 2014 la percentuale di donne che hanno ottenuto la cittadinanza (49,1%) risulta in linea, pur con una lieve diminuzione, con il valore registrato nel 2013 (51,4%). Questo dato conferma che, nel corso degli anni, si è verificato un progressivo bilanciamento tra la componente femminile e quella maschile. Per il resto, il Dossier sottolinea come, a riprova degli avanzati percorsi di stabilizzazione e radicamento che sempre più chiaramente si evidenziano tra i residenti stranieri, si tratta in 4 casi su 10 di minorenni (39,4%), che verosimilmente hanno acquisito la cittadinanza italiana per trasmissione automatica da almeno uno dei due genitori (un ulteriore elemento attestante il carattere familiare e stabile dell’insediamento). Inoltre, si rileva un picco nel tasso di acquisizione per cento stranieri residenti fra i diciottenni (8,3 contro un valore medio del 2,6), che riguarda nei tre quarti dei casi nati in Italia e rimanda alla possibilità loro riconosciuta di accedere alla cittadinanza italiana, facendone richiesta, al compimento della maggiore età: una possibilità sempre più agita dai ragazzi di seconda generazione, anche grazie alle capillari campagne informative condotte negli ultimi anni. 3 Stranieri in Italia, sono l’8,2 per cento della popolazione. Primi i romeni Dossier immigrazione Idos/Unar. Sono 5.014.000 gli stranieri residenti alla fine del 2014 (+ 92 mila), dato che arriva a 5.421.000 se si includono i soggiornanti non comunitari in attesa di registrazione. 129.887 gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza, 75.067 i nuovi nati 29 ottobre 2015 - 10:30 ROMA - Il 2015 sarà ricordato sicuramente per le dimensioni assunte dalle migrazioni, particolarmente dal grande movimento di profughi, di richiedenti asilo, a fronte di gravi crisi politiche e umanitarie troppo spesso con uno sfondo bellico. Un fenomeno, quello migratorio, annualmente analizzato dal Dossier Statistico Immigrazione 2015 di Idos e Unar, che viene presentato oggi a Roma. Una paziente raccolta di tutti i dati disponibili, che prende in esame per l’occasione l’anno 2014, non senza raffrontare numeri e analisi con gli anni precedenti e comparandoli con le tendenze emerse nei primi mesi dell’anno in corso. Migranti nel mondo. Nel 2015 i migranti nel mondo sono arrivati ad essere, secondo proiezioni, almeno 237 milioni, aumentando specialmente in Europa e in Nord America. “Continuano a influire su questi spostamenti le grandi disuguaglianze che segnano lo scenario mondiale – si legge nel rapporto -: il 48 per cento della ricchezza del pianeta è detenuto dall’1 per cento della popolazione mondiale, un altro 46,5 per cento da un quinto della popolazione e il residuale 5,5 per cento dai quattro quinti”. Alle disparità economiche si accompagnano crisi politiche, militari e ambientali. I migranti forzati hanno sfiorato nel 2014 la cifra record di 60 milioni (8 milioni in più in un anno), tra sfollati interni (i due terzi del totale), richiedenti asilo e rifugiati (rispettivamente 1,8 e 20 milioni). Soprattutto i richiedenti asilo trovano sul loro percorso molti ostacoli, anche in aperta violazione delle disposizioni internazionali, come attesta la costruzione o progettazione di almeno 65 muri in diversi paesi. La situazione europea e italiana. La situazione italiana e quella europea vanno lette in connessione con i dati globali. Nell’Ue, a gennaio 2014, i residenti stranieri sono risultati 33,9 milioni, pari al 6,7% della popolazione totale (20 milioni sono cittadini di paesi terzi e 14 milioni originari di altri Stati membri) e i richiedenti asilo 626.710. L’Italia è uno dei grandi paesi europei di immigrazione, con 5.014.000 stranieri residenti alla fine del 2014 (incremento di oltre 92.000 unità rispetto all’anno precedente), un valore che tradotto in termini percentuali attesta una crescita dell’1,9% e che interessa maggiormente le aree centro-meridionali (+3,6%) e meno il Settentrione (+0,7%), dove tuttavia la popolazione straniera continua a concentrarsi nella misura del 4 59,4% e dove si osserva una maggiore incidenza delle acquisizioni di cittadinanza, qui concentrate in quasi i tre quarti dei casi: 74,3%. Siamo quindi davanti a livelli di aumento ben inferiori a quelli che si era soliti registrare prima dell’imporsi della fase di crisi, quando la popolazione straniera residente cresceva secondo ritmi decisamente più sostenuti. Tutto questo mentre i cittadini italiani all’estero, aumentati di 150 mila unità, sono 4.637.000. In generale, l’incidenza degli stranieri sulla popolazione residente (8,2%) continua a essere superiore al valore medio europeo. Inoltre, il Dossier stima in 5.421.000 persone la presenza straniera regolare complessiva, includendovi anche i soggiornanti non comunitari in attesa di registrazione anagrafica. Gli stranieri residenti in Italia per oltre la metà sono cittadini di un paese europeo (oltre 2,6 milioni) e per poco meno del 30% provengono da un paese dell’Ue (1,5 milioni). La collettività più numerosa è quella romena (1.131.839), seguita dai cittadini dell’Albania (490.483), del Marocco (449.058), della Cina (265.820) e dell’Ucraina (226.060). Sempre secondo la stima del Dossier, i cristiani sono quasi 2 milioni e 700 mila e i musulmani più di 1 milione e 600 mila (meno numerose le altre comunità religiose). Quanto alla distribuzione territoriale, gli stranieri risiedono principalmente nord-ovest (34,4 per cento), seguito dal centro Italia (25,4 per cento) e dal nord-est (25 per cento). I minori sono il 21,6 per cento della popolazione residente straniera, pari a oltre 1,1 milioni. Nel 2014 le persone di cittadinanza straniera intercettate dalle forze dell’ordine in condizione irregolare sono state 30.906 (dati del Ministero dell’Interno) e di esse il 50,9% è stato effettivamente rimpatriato (15.726). Gli arrivi via mare di profughi e altri migranti sono stati oltre 170.000. Le richieste d’asilo sono state 64.625 nel 2014 e 30.535 nei primi sei mesi del 2015. Nel giugno 2015 i migranti accolti erano 78.484 di cui 19.716 nella rete Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e i restanti in strutture temporanee o di prima accoglienza. Cittadinanze e nuovi nati. Sono 129.887 i cittadini stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana nel 2014 (+29% sul 2013, che già registrava un fortissimo aumento rispetto all’anno precedente), mentre sono in leggera diminuzione i matrimoni misti (18.273, il 9,4% delle 194.097 nozze celebrate nel 2013), ai quali si aggiungono le unioni tra stranieri (7.807, il 3,8% del totale). Nel 2014 è rimasto quasi stabile il numero dei bambini nati in Italia da genitori entrambi stranieri (75.067 casi, il 14,9% del totale dei nati). Dei quasi 1 milione e 100 mila minori stranieri residenti in Italia, sono 814.187 gli iscritti a scuola nell’anno scolastico 2014/2015, cresciuti in un anno di 11.343 unità (l’incremento maggiore riguarda quelli nati in Italia: +8,4%), mentre continuano a diminuire gli studenti italiani (8.886.076, -0,6%). Gli alunni stranieri con disabilità sono 26.626, l’11,5% del totale degli scolari disabili. Lavoro e discriminazione. Gli occupati stranieri nel 2014 sono risultati 2.294.000 (1.238.000 uomini e 1.056.000 donne), più di un decimo degli occupati complessivi (10,3%), con un tasso di occupazione nuovamente in leggero aumento. Gli stranieri lavorano principalmente nel settore dei servizi (65,7 per cento), segue il settore dell’industria (29,2 per cento) e dell’agricoltura, silvicoltura e pesca (5 per cento). 5 Persistono, infine, i casi di discriminazione su base etnico-razziale: su un totale di 1.193 denunce raccolte dall’Unar durante il 2014, 990 sono state giudicate pertinenti. I massmedia rappresentano l’ambito di maggior frequenza relativa, con 291 evenienze, pari al 29,4% del totale. Un dato che porta a rilevare la necessità di un’informazione corretta e continuativa. Religioni. In sintesi: l’islam resta una componente del mosaico religioso italiano, importante ma non predominante. I cristiani – nelle loro varie componenti – si confermano come l’aggregato confessionale maggioritario ma nel quadro di “nuovo pluralismo” largamente determinato proprio dai flussi migratori. "L’analisi sociale 'in verticale' su queste comunità ci consegna una situazione molto articolata - afferma il Dossier -, che si esprime in diverse strategie di integrazione o di presenza nello spazio pubblico nazionale, ma in un contesto culturale e politico che non sembra capace di riconoscere e valorizzare il patrimonio sociale di cui ogni comunità è portatrice". Venendo ai numeri, va detto che secondo una stima, che fa riferimento all’intera popolazione straniera regolarmente residente in Italia alla fine del 2014 (5.014.000 persone), i cristiani sono quasi 2 milioni e 700 mila, i musulmani più di 1 milione e 600 mila, i fedeli di religioni orientali (induisti, buddhisti, sikh e altri) più di 330 mila, gli ebrei circa 7 mila, quelli provenienti da aree in cui sono diffuse le religioni tradizionali 55 mila, gli appartenenti ad altri gruppi religiosi più difficilmente classificabili 84 mila, mentre ammontano a 221 mila gli atei e gli agnostici. Rispetto al 2013, la consistenza dei diversi gruppi religiosi risulta incrementata numericamente, essendo calcolata su una popolazione straniera a sua volta aumentata. I cambiamenti strutturali si rilevano, però, solo dalla modifica della incidenza percentuale di ciascun gruppo religioso rispetto al 2013: cristiani 53,8% (6 punti decimali in più), musulmani 32,2% (9 punti decimali in meno), fedeli di religioni orientali 6,7% (3 punti decimali in più), mentre negli altri gruppi non si riscontrano variazioni percentuali. Pertanto, è chiaramente infondata la paventata “invasione religiosa”, considerato che gli immigrati sono per lo più cristiani, tra i quali comunque gli evangelici, pur meno numerosi degli ortodossi (che superano anche i cattolici), costituiscono una consistente e crescente realtà. Rifugiati e richiedenti asilo in Italia: il 2014 anno record. E il 2015 non è da meno Dossier Idos/Unar. Nel 2014 nel mondo sono state 615 mila le decisioni positive per il riconoscimento di una forma di protezione. Per 430.800 domande, invece, l’esito è stato negativo. Nei 6 mesi 2015 in Italia 30.535 richieste di asilo. Tasso di esiti positivi superiore alla media Ue 29 ottobre 2015 - 10:37 ROMA - Il Dossier statistico immigrazione Idos/Unar prende in esame anche la situazione di rifugiati e richiedenti asilo nel mondo, soffermandosi su quello che definisce “il caso italiano”. Nel rapporto si legge che nel 2014, per la prima volta, il numero mondiale di migranti forzati ha raggiunto i 60 milioni (59.965.888), di cui i due terzi costituiti da sfollati interni (stimati complessivamente dal Norwegian Refugee Council pari a 38 milioni) e il restante terzo da richiedenti asilo e rifugiati (rispettivamente 1,8 e 20 milioni); tra questi ultimi sono inclusi circa 5,5 milioni (5.589.488) di rifugiati e altre persone palestinesi bisognose di protezione che, dal 1949, sono assistiti dall’agenzia Unrwa delle Nazioni Unite in Giordania, Libano, Siria, Striscia di Gaza e Cisgiordania. L’incremento annuale di migranti forzati, pari a 8 milioni di persone (+16,2%), è “da record”, soprattutto per quanto riguarda i richiedenti asilo in attesa dell’esito dell’esame (+54,3%) e i rifugiati (+22,9%). 6 L’Unhcr nel 2014, riferisce il Global trends 2014, ha assistito 51.359.907 persone bisognose di protezione, ovvero la gran parte dei migranti forzati, a cui si devono aggiungere 1,8 milioni di sfollati e 126.900 rifugiati aiutati nel ritorno a casa, 3,5 milioni di apolidi riconosciuti (su un totale di almeno 10 milioni de facto) e circa un milione di altre persone o gruppi di sua competenza. Nonostante un aumento del 29,4% del numero di assistiti, va sottolineato come l’agenzia delle Nazioni Unite si trovi ad affrontare una congiuntura particolarmente negativa per il numero crescente di popolazioni coinvolte e per le difficoltà di assistenza al ritorno (nel 2014 si è toccato il livello più basso di ritorni di rifugiati dell’ultimo trentennio). Nel corso del 2014 sono state 615 mila le decisioni positive cui è corrisposto il riconoscimento finale di una forma di protezione (per 278 mila persone si è trattato dello status di rifugiato). Al contrario per 430.800 domande l’esito di primo grado o di appello è stato il diniego di qualsiasi protezione. Escludendo i palestinesi (5.094.886 rifugiati registrati sotto il mandato Unrwa e 100 mila tra rifugiati e richiedenti asilo sotto il mandato dell’Unhcr), nel 2014 la Siria è divenuta il principale paese di origine dei rifugiati (3,9 milioni, da aggiungere ai 7,6 milioni di sfollati interni), superando Afghanistan (2,6 milioni) e Somalia (1,1 milioni). Le dimensioni quantitative non solo sono aumentate per effetto del moltiplicarsi delle situazioni di crisi un po’ in tutte le aree del mondo, ma va anche sottolineato che, per mancanza di progressi nella risoluzione delle vecchie crisi, nella quasi metà dei casi si tratta di situazioni protratte da oltre 5 anni. Il 2015 non porta segnali di miglioramento: i dati provvisori confermano piuttosto l’impatto negativo dei nuovi conflitti esplosi in Africa e del peggioramento delle crisi già in corso. A livello continentale, tra gli assistiti dall’Unhcr, con 3,9 milioni tra rifugiati, richiedenti asilo, sfollati e apolidi, l’Europa si fa carico di una quota piuttosto esigua del fenomeno globale, pari al 6,5%, anche se globalmente la variazione tra 2013 e 2014 è risultata la più consistente (+46,4%). Ancora più esigua è la quota accolta in Nord America (621mila persone, pari all’1,0% globale). Diversa è la situazione in Africa (che accoglie 18 milioni di persone bisognose di protezione), America meridionale (6,7 milioni) e soprattutto Asia (31 milioni), a conferma di come 9 persone su 10 trovino protezione nel cosiddetto “Sud del mondo”. Mentre in termini assoluti è la Turchia ad accogliere il maggior numero di rifugiati (1,6 milioni), seguita da Pakistan (1,5 milioni) e Libano (1,2 milioni), in termini relativi il primato spetta a quest’ultimo paese, con 232 rifugiati ogni 1.000 abitanti, seguito da Giordania (87 ogni 1.000) e Nauru (39 ogni 1.000). L’Italia. Nel corso dell’ultimo decennio il flusso di richiedenti asilo in Italia ha registrato una certavariabilità, raggiungendo le 30 mila unità prima nel 2008 e poi nel 2011, per subito dimezzarsinell’anno successivo. Il 2014 è stato un anno record con 64.625 richieste, così comeun andamento record ha caratterizzato anche il primo semestre 2015 (30.535 richieste). Per quanto riguarda le provenienze, nelle prime tre posizioni della graduatoria del 2014si collocano paesi dell’Africa Subsahariana come Nigeria (10.135), Mali(9.790) e Gambia (8.575), seguiti da Pakistan (7.150), Senegal (4.675), Bangladesh (4.535), Afghanistan(3.120). Al 9° posto si colloca l’Ucraina (2.080). Nel primo semestre del 2015 la graduatoriacambia di poco, con la Nigeria sempre al 1° posto (4.830 richiedenti), seguita da Gambia(3.980), Senegal (3.105), Pakistan (2.800) e Mali (2.485). Al 6° posto si colloca l’Ucrainacon 2.400 richiedenti, unico paese di origine che nei primi 6 mesi del 2015 ha già superato il numero di richieste registrate nel 2014. Come in altri Stati membri, il numero di richiedentiasilo 7 siriani è molto contenuto, se non in calo, con 505 richiedenti nel 2014 e 155 neiprimi 6 mesi del 2015. Per quanto riguarda le decisioni, il tasso di esiti positivi nel 2014 è superiore alla media Ue (58,5% contro 44,7%), ma i tempi di attesa risultano particolarmente lunghi (circa 7 mesi, ha riferito il presidente della Commissione nazionale per il diritto d’asilo in un’audizione tenutasi a giugno 2015 al Comitato parlamentare Schengen), anche se l’aumento del numero di commissioni territoriali voluto dal Ministero dell’Interno dovrebbe garantire un più celere smaltimento delle pratiche. Anche il sistema dei ricorsi sembra attraversare una fase di saturazione a causa del forte aumento di richieste di asilo registrato a partire dal 2013. Infatti, se fino al 2012 la media di ricorsi era di circa 1.500 all’anno, a partire dal 2013 si è assistito ad un crollo, fino ai 55 ricorsi portati a termine nel 2014 (di cui 45 con esito positivo), per effetto dei frequenti rinvii delle udienze anche all’anno successivo. © Copyright Redattore Sociale Straniero oltre il 10% degli occupati. Pesa la crisi: più permessi non rinnovati Dossier Idos/Unar. Più di un terzo svolge professioni non qualificate, 466 mila sono disoccupati. Aumentano quelli in cerca di lavoro da un anno e più. Quasi 155 mila permessi di soggiorno giunti a scadenza non rinnovati. Cresce la partecipazione sindacale 29 ottobre 2015 - 10:36 ROMA - Hanno sofferto la crisi, sono maggiormente esposti a contratti brevi e a periodi di non lavoro o di lavoro irregolare e sono più presenti nei settori meno qualificati del mercato, dove le condizioni sono spesso peggiori di quelle dei lavoratori italiani. Tuttavia il Dossier immigrazione 2015 di Idos e Unar, presentato oggi a Roma, registra segnali di ripresa anche per gli stranieri. Secondo l’Istat gli occupati stranieri nel 2014 sono 2.294.000 (1.238.000 uomini e 1.056.000 donne), più di un decimo degli occupati complessivi (10,3%), con un tasso di occupazione in leggero aumento (+0,2% in un anno). Tuttavia in 6 anni, a partire dal 2008, i lavoratori stranieri sono stati quelli che hanno subito maggiormente la crisi e il loro tasso di occupazione ha perso nel complesso 8,5 punti percentuali, a fronte di un calo, tra gli italiani, di 2,7 punti percentuali. Inoltre, nel primo trimestre 2015, l’occupazione torna a scendere (-0,4%) rispetto a un anno prima, a fronte di una crescita seppur lieve per gli italiani. 8 Sono 466 mila gli stranieri disoccupati, il tasso di occupazione è del 58,5% (55,4% tra gli italiani) e il tasso di disoccupazione del 16,9% (12,2% tra gli italiani). Da segnalare che i migranti senza lavoro calano nel Nord e nel Mezzogiorno mentre crescono nelle regioni del Centro. E, se negli anni passati l’aumento della disoccupazione straniera ha riguardato soprattutto ex-occupati, nel 2014 il lieve incremento è dovuto esclusivamente a chi è alla ricerca di prima occupazione (+18mila unità), soprattutto giovani. Aumentano anche gli stranieri che cercano lavoro da un anno e più (dal 49,7% del 2013 al 56,3%), La crisi non tocca tutti nello stesso modo. Situazione migliore per le comunità moldava, filippina e peruviana, a prevalenza femminile, mentre polacchi, romeni e indiani stentano a uscire dalla crisi. Albanesi e marocchini sono quelli più colpiti, ma vedono arrestare la caduta del tasso di occupazione, che resta comunque molto al di sotto di quello italiano. La ripresa è dovuta soprattutto alle donne: il tasso di occupazione femminile cresce in tutte le principali comunità, fatta eccezione per la Polonia e la Romania, mentre quello di disoccupazione cresce soltanto per albanesi e romene. Crescono i permessi di soggiorno non rinnovati. Crisi e disoccupazione sono la causa dei 154.686 permessi di soggiorno, in prevalenza per motivi di lavoro e di famiglia, che, giunti a scadenza, non sono stati rinnovati: sono il 6,2% in più rispetto al 2013. La qualità del lavoro. Continua a crescere la quota di stranieri occupati nei servizi. Più di un terzo svolge professioni non qualificate e quasi altrettanto quelle operaie, mentre solo 7 immigrati su 10 esercitano una professione qualificata: la situazione non cambia con gli anni di permanenza in Italia e anzianità lavorativa. Nel 2014 sono 940mila gli stranieri sovraistruiti, il cui livello d’istruzione è cioè più elevato di quanto richiesto dal lavoro svolto: sono il 41% del totale dell’occupazione straniera. “I lavoratori immigrati, più che una minaccia per l’occupazione degli italiani, sono un ammortizzatore sociale a loro beneficio: - si legge nel rapporto - accettano anche lavori non qualificati, sono più disponibili a spostarsi territorialmente, perdono più facilmente il posto di lavoro”. In agricoltura, uno dei settori maggiormente esposti a sfruttamento, nel 2014 i lavoratori nati all’estero (tra cui è incluso un certo numero di italiani di ritorno) sono stati 327.495. 9 Crescono gli iscritti al sindacato. Nel 2014 sono poco più di un milione gli immigrati iscritti al sindacato, 50 mila in più rispetto all’anno precedente: rappresentano il 7,7% del totale e il 12,9% se si considerano solo i lavoratori attivi. L’organizzazione con il maggior numero di iscritti è la Cgil (408.344 tesserati), ma l’aumento registrato tra il 2013 e il 2014 sul totale degli iscritti alle quattro organizzazioni (Cgil, Cisl, Uil e Ugl) è imputabile quasi esclusivamente alla Cisl. Più tesserati nell’area settentrionale, che raccoglie oltre la metà degli stranieri iscritti al sindacato; continua ad essere la Lombardia la regione con più iscritti, seguita dall’Emilia Romagna e Veneto. I patronati. Svolgono un ruolo sempre più rilevante nell’intercettare i bisogni dei lavoratori stranieri e delle loro famiglie e nel supportarli, sottolineano gli osservatori e non stupisce se si pensa che più della metà delle pratiche relative a cittadini immigrati che vengono indirizzate ogni anno alle Questure e alle Prefetture è svolta dai patronati. Dal 2006, inizio della collaborazione con il ministero dell’Interno per la semplificazione dei procedimenti amministrativi, il Raggruppamento CePa (Centro Patronati) ha inoltrato circa 2,8 milioni di rinnovi e rilasci di titoli di soggiorno su un totale di poco più di 3,5 milioni di pratiche. Migranti in viaggio: 65 muri e diritti violati. Frontex: oltre 283 mila fermati ai confini Dossier Idos/Unar. Oltre i tre quarti degli stranieri presenti in Ue vive nei 5 paesi più grandi: Germania (7 milioni), Regno Unito (5 milioni), Italia (5 milioni), Spagna (4,7 milioni) e Francia (4,2 milioni). In 15 anni spesi 13 miliardi di euro per controlli e rimpatri 29 ottobre 2015 - 10:35 ROMA - Le analisi condotte dal Dossier statistico immigrazione Idos/Unar di quest’anno, che viene presentato oggi a Roma, mostrano complessivamente come i modelli migratori siano in rapida evoluzione e come la migrazione, sia essa volontaria o forzata, abbia assunto un carattere globale. La maggior parte degli Stati del mondo sono oggi paesi di origine, transito o destinazione e, sempre più, tutti e tre contemporaneamente, come è il caso dell’Italia. “Al di là delle risposte umanitarie immediate, pur necessarie – si afferma -, questi nuovi modelli di migrazione e di spostamento forzato richiedono maggiori sforzi conoscitivi di indagine e di ricerca per monitorare i cambiamenti in corso, teorizzare le caratteristiche e quindi elaborare strategie globali efficaci e di lungo termine”. I dati su presenza straniera e nati all’estero. Le ultime statistiche ufficiali indicano che, al gennaio 2014, la presenzastraniera nell’Ue – ossia il numero complessivo di residenti in un paesediverso da quello di cittadinanza – ammontava a circa 33,9 milioni di persone: il 6,7% della popolazione totale. Tra costoro, circa 20 milioni eranocittadini di paesi terzi, mentre i restanti 14 milioni erano cittadini di unpaese dell’Unione diverso da quello di residenza. In valori assoluti, la maggioranzadegli stranieri vive nei 5 paesi più grandi: Germania (7 milioni),Regno Unito (5 milioni), Italia (5 milioni), Spagna (4,7 milioni) e Francia (4,2 milioni); nel complesso oltre i tre quarti del totale. Guardando però ai dati relativi alle popolazioni nazionali, sono piccoli paesi quali il Lussemburgo (45,3%) e Cipro (18,6%) a guidare la classifica, mentre nei paesi più popolosi dell’Europa occidentale si riscontrano percentuali tra il 6,0% e il 10,0%. Infine, nei paesi medio-grandi dell’Europa centro-orientale la presenza straniera rappresenta tuttora una componente assai marginale: appena lo 0,3% in Polonia e lo 0,4% in Romania. Quanto alle aree di provenienza, è difficile tracciare un quadro generale – al di là della distinzione tra Ue e non-Ue – dato che ogni paese di grande immigrazione è contraddistinto da componenti del tutto particolari: effetto di posizioni 10 geografiche e sistemi economici diversi e della storia passata e recente. In Germania le maggiori comunità straniere includono turchi (1,4 milioni, il 20,3% del totale), polacchi (560mila) e italiani (500mila); nel Regno Unito la recente comunità polacca (750mila, 14,8%), supera ormai ampiamente indiani (350mila) e irlandesi (340mila); mentre in Spagna romeni (730mila), marocchini (720mila) e britannici (300mila) rappresentano tre elementi profondamente differenti della storia migratoria europea: quella delle migrazioni post-coloniali, quella dei flussi post-allargamento e quella dei cosiddetti “espatriati” intraeuropei. Migrazioni irregolari e nuovi confini. Secondo l’ultimo rapporto dell’agenzia europea Frontex, le persone fermate nel corsodel 2014 mentre cercavano di attraversare “illegalmente” i confini dell’Ue sono state283.532, di cui oltre 200 mila intercettate nel tentativo di raggiungere Italia, Grecia eMalta. Si tratta di una cifra quasi tre volte maggiore di quella del 2013 (107.365): un effettodiretto delle drammatiche crisi internazionali in corso. La maggior parte dei fermati provengonoinfatti da zone di conflitto e hanno poi presentato una richiesta di riconoscimentodello status di rifugiato. In particolare, Frontex ha registrato 80mila persone di nazionalitàsiriana, 35mila eritrei e 22mila afghani. “A fronte di questo, la presa di responsabilitàdelle istituzioni europee appare del tutto inadeguata”, si afferma nel Dossier. Sempre più muri. Nonostante la conferenza del Cairo su popolazione e sviluppo del 1994 abbia generalmente riconosciuto il contributo positivo dei migranti allo sviluppo umano e sostenibile dei paesi di origine e di insediamento, così come delle loro famiglie, sono 65 i muri completati o progettati per chiudere le frontiere e arrestare i flussi, per di più in completa violazione delle disposizioni internazionali sull’accesso al diritto d’asilo. “La lotta per contenere l’immigrazione sembra essere il leit-motiv delle politiche dei paesi più ricchi, dagli Stati Uniti all’Unione Europea, con costi enormi per le casse pubbliche e con il rischio costante di incentivare piuttosto il business della tratta degli esseri umani e di privare di senso la Convenzione di Ginevra sul diritto d’asilo”. Il progetto “Migrants files” (www.themigrantsfiles.com), indagando tra le pieghe dei bilanci della Commissione Europea e dei singoli Stati membri, ha stimato che navi, droni, muri, software, controlli alla frontiera e rimpatri sono costati tra il 2000 e il 2014 almeno 13 miliardi di euro (escluse le spese destinate all’accoglienza), mentre nello stesso periodo trafficanti, scafisti, trasportatori e intermediari hanno guadagnato circa 15,7 miliardi di euro. Il risultato tangibile di questa situazione lo fotografa l’International Organization for Migration, secondo cui a partire dal 2000 circa 40 mila migranti hanno perso la vita, di cui 3.840 solo tra il 1° di gennaio e il 15 settembre 2015 (http://missingmigrants.iom.int). Il Mediterraneo, con oltre 30 mila persone scomparse dal 2000 a oggi, di cui 2.812 tra gennaio e 15 settembre 2015, rappresenta uno dei più pericolosi canali migratori, anche se non l’unico. © Copyright Redattore Sociale Gli stranieri si sposano meno e si separano più facilmente. Il sogno infranto della casa Dossier Idos/Unar. Nel 2013 registrato un calo di quasi il 12 per cento di matrimoni misti. Fra il 2000 e il 2005 le separazioni sono aumentate del 76,7%. Gli italiani sposano soprattutto romene, le italiane i maghrebini. Meno del 20% delle famiglie immigrate ha una casa di proprietà 29 ottobre 2015 - 11:10 ROMA – Anche gli stranieri si sposano meno. Ma parallelamente cresce il fenomeno dell’instabilità coniugale. Ad evidenziarlo è il Dossier statistico immigrazione Idos/Unar, presentato questa mattina a Roma. 11 Basta “matrimoni di comodo”. Dopo il picco raggiunto nel 2008, con 24.548 celebrazioni che hanno coinvolto coppie miste, il calo registrato nel 2009-2010 è da attribuire in gran parte alle variazioni normative apportate con l’introduzione dell’art. 1, comma 15, della legge n. 94 del 2009, con il quale, modificando l’art. 116 del Codice Civile, è stato imposto allo straniero che avesse voluto contrarre matrimonio in Italia l’obbligo di produrre un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano. Tale variazione normativa, la cui ratio è stata chiaramente quella di ostacolare i cosiddetti “matrimoni di comodo” (finalizzati all’ottenimento della cittadinanza italiana per il coniuge straniero), è stata in seguito “rettificata” da una sentenza della Corte Costituzionale (n. 245 del 20 luglio 2011), la quale ha stabilito che quello di formare una famiglia attraverso la celebrazione delle nozze costituisce un diritto fondamentale della persona, non soggetto a limitazioni. La sentenza della Consulta ha prodotto sotto il profilo statistico degli effetti ‘correttivi’ sul trend naturale delle celebrazioni matrimoniali con almeno un coniuge straniero. Se nel 2010 il numero delle celebrazioni di matrimoni misti è stato pari a 17.169 (una cifra simile a quella registrata nel 2001), un anno dopo la sentenza della Consulta si è registrato un sostanziale “recupero” (20.764 celebrazioni). Unioni in calo. Nel 2013, invece, conformemente alla tendenza alla diminuzione delle celebrazioni nel loro complesso, anche i matrimoni misti hanno registrato una flessione: 18.273 (-11,9% rispetto al 2012). Si tratta di una quota che copre il 9,4% di tutte le 194.057 nozze celebrate durante l’anno e che, come in passato, vede prevalere al proprio interno (con 14.383 casi, pari al 78,7% del totale) la tipologia sposo italiano con sposa straniera. Sono soprattutto le donne dell’Est Europa a sposare gli uomini italiani, in particolare le romene (2.758 matrimoni, pari al 19,2% delle unioni italiano-straniera), le ucraine (1.580), le russe (874), le polacche (778) e le moldave (744): rispettivamente al primo, secondo, quarto, quinto e sesto posto della graduatoria per numero di celebrazioni. Quando gli uomini italiani sposano una donna sudamericana prediligono per lo più le brasiliane (al terzo posto assoluto con 893 matrimoni). Le donne italiane, invece, nel 2013 hanno sposato soprattutto uomini provenienti dal Maghreb; in particolare dal Marocco (533 matrimoni, pari al 13,7% delle unioni italiana-straniero) e dalla Tunisia (247). Rilevante anche la quota degli sposi provenienti da Albania (357), Regno Unito (192), Germania (174), Romania (161) e Francia (144). “È evidente che la maggiore presenza in Italia di alcune collettività straniere rende molto più frequenti le celebrazioni di particolari tipologie di matrimoni misti”, afferma il Dossier. Analoga ragione sta alla base dei matrimoni celebrati fra stranieri, che comprendono i cosiddetti “matrimoni misti-misti” (in cui i coniugi stranieri provengono ciascuno da un paese diverso). Le nozze celebrate nel 2013 fra sposi entrambi stranieri sono state 7.807, continuando a costituire una minoranza sul totale dei matrimoni (3,8%), e per un quinto (20,8%) ha riguardato cittadini romeni (952 celebrazioni); seguono i nigeriani (442) e i cinesi (376). Al contrario, albanesi e marocchini si sposano meno frequentemente fra propri connazionali. Separazioni e divorzi. Col crescere dei matrimoni fra italiani e stranieri è cresciuto nel tempo anche il fenomeno dell’instabilità coniugale delle coppie miste. Una tendenza, questa, che può essere rilevata osservando i dati relativi alle separazioni e ai divorzi riguardanti questa tipologia di unioni. Mettendo a confronto i valori relativi, grosso modo, all’ultimo decennio (2000-2012) si rileva come sia le separazioni che i divorzi di coppie miste siano cresciuti sensibilmente. Nel 2012 le prime sono state 8.176 (4.266 nel 2000), costituendo il 9,3% di tutte le separazioni, mentre i secondi sono stati 4.584 (1.940 nel 2000). In particolare, fra il 2000 e il 2005 le separazioni sono aumentate del 12 76,7%. Delle separazioni di coppie miste pronunciate dai tribunali italiani nel 2012, circa 7 casi su dieci (68,9%) hanno riguardato mariti italiani sposati a mogli straniere (o divenute italiane in seguito al matrimonio). Un dato che appare coerente con la maggiore frequenza dei matrimoni caratterizzati dalla tipologia marito italiano e moglie straniera (in particolare romena). Anche i divorzi relativi a coppie miste appaiono in crescita, seppure l’entità del fenomeno sia più contenuta. Nel 2012 i tribunali italiani hanno emesso 4.584 provvedimenti di divorzio riguardanti coppie miste: una cifra corrispondente all’8,9% del totale. Il sogno infranto della casa in proprietà. Le difficoltà di accesso al mercato degli affitti e all’edilizia residenziale pubblica, ma anche la possibilità di una maggiore integrazione (agevolando il ricongiungimento familiare),oltre che di un vero e proprio investimento (a parità di spesa con il canone), hanno spinto in anni passati molti immigrati, soprattutto lungo-residenti, all’acquisto della casa. Questo fenomeno, segnala il Dossier, è stato crescente dal 2004 al 2007 in termini sia assoluti che relativi, anche grazie alla facilità di accesso al credito bancario, mantenendo quote, sul mercato residenziale nazionale, tra il 12,6% del 2004 e il 17% del 2007, anno in cui si è toccato il massimo storico (135 mila unità abitative acquistate, a fronte delle 806.225 comprate dagli italiani) e la percentuale di stranieri aventi una casa di proprietà ha toccato il 12,3%. Dal 2008 la crisi globale e immobiliare ha pesantemente invertito la tendenza, come dimostrano i 32 mila acquisti in meno rispetto all’anno precedente. In tre anni, poi, gli acquisti di immobili da parte di stranieri in Italia si è più che dimezzata rispetto al 2007, mentre la crescita annua dell’8,9% registrata nel 2011 va considerata nell’ambito di un calo complessivo del 6,5% del mercato nazionale: su 570 mila compravendite di abitazioni, 61 mila acquisti sono stati conclusi da stranieri, circa 5 mila in più rispetto all’anno precedente, nonostante il bilancio complessivo si sia chiuso con un passivo di circa 40 mila scambi. Al 2012 poco meno del 20% delle famiglie immigrate (per un totale di circa 800 mila lavoratori) risulta vivere in una casa di proprietà, acquistata per lo più nel Nord Italia, in periferia per il 34%, in provincia per il 46% e generalmente in una fascia di mercato meno quotata (appartamenti in condominio in contesti residenziali di tipo economico) con uno stato di conservazione discreto. Nello stesso anno gli italiani in possesso di almeno un’abitazione erano stimati a circa l’80%. Con la crisi anche per gli stranieri la tendenza all’acquisto ha subito duri contraccolpi e in parte si è indirizzata, come per gli italiani, o ad abitazioni di taglio sempre più piccolo, soprattutto nei capoluoghi, o più grandi ma in convivenza tra più nuclei. Al 2011, secondo l’Istituto Scenari Immobiliari, il 51% degli acquirenti stranieri erano est-europei (soprattutto romeni e albanesi), in aumento rispetto agli anni precedenti, mentre i nord-africani (marocchini e tunisini) erano in calo (6,8% contro il 16% del 2006). Seguivano cinesi, sudamericani e filippini. Inoltre il mercato delle compravendite degli stranieri interessava per il 70% il Nord (Lombardia in testa, con quasi un quinto), per il 26% il Centro e per il 4% il Meridione (dove risiedeva il 13,5% degli stranieri). © Copyright Redattore Sociale L'economia dei migranti: rimesse in aumento, più conti correnti aperti Dossier Idos/Unar. Dall’Italia nel 2014 rimesse per 5,3 miliardi di euro (+8,5% in 2 anni); 436 miliardi di dollari quelle nel mondo. Nel 2013 migranti titolari di oltre 2,4 milioni di conti correnti presso banche e BancoPosta. 123 mila miliardi il contributo al Pil 13 29 ottobre 2015 - 10:34 ROMA - Dall’Italia nel 2014 sono stati avviate nei paesi di origine rimesse per 5,3 miliardi di euro. Un flusso di denaro in costante crescita che ogni anno raggiunge i paesi di origine: l’aumento negli ultimi due anni è stato dell’8,5%. E' quanto emerge dal Dossier statistico immigrazione 2015 di Idos e Unar, presentato oggi. Nel 2011, il “periodo d’oro” , le rimesse hanno toccato quota 7,4 miliardi di euro, per frenare nel 2012, e, con maggiore forza, nel biennio successivo. calo dovuto in poarte alla crisi ma soprattutto secondo gli osservatori a una "specifica anomalia” delle transazioni effettuate dai migranti cinesi, che non separavano le rimesse inviate come pagamento di scambi di natura commerciale da quelle personali. “Se dal dato complessivo scorporiamo le rimesse inviate verso la Cina, - spiegano - la fotografia del fenomeno appare assai diversa: il flusso di denaro verso l’estero fa registrare una crescita del 5,9% nel 2013 e del 2,5% nel 2014". Non si tratta di un esercizio di stile, sottolineao, ma di una lettura più aderente alla realtà”. La Cina, dunque, diminuisce e segnano il passo anche le rimesse verso l’India, aumentano invrece quelle da altri paesi dell’Asia meridionale come Pakistan, Sri Lanka e Bangladesh, che nell’ultimo biennio ha fatto registrare un incremento di oltre il 55%. Nell’Est Europa aumentano quelle verso la Moldavia e l’Albania, mentre diminuiscono quelle verso l’Ucraina . “Persistente” il declino dei flussi di denaro verso le Filippine (nell’ultimo biennio si sono quasi dimezzate), Brasile e Ecuador; forte incremento delle transazioni monetarie verso la Russia (+32,3%). Un quinto delle rimesse proviene dalla Lombardia, regione che detiene il primato con oltre 1,1 miliardi di euro inviati all’estero. Tre soli territori regionali, Lombardia, Lazio e Toscana, raggruppano più della metà del volume totale di rimesse in uscita dal nostro paese. Le rimesse nel mondo nel 2014, secondo le stime di Banca Mondiale, hanno raggiunto i 436 miliardi di dollari, +4,4% rispetto al 2013 (grazie soprattutto alla forte ripresa dell’economia statunitense). Nel 2015 rallenta la crescita ma nel 2017, secondo le stime, il valore dovrebbe arrivare a 479 miliardi di dollari. Crescono i titolari di conti correnti. Nel 2010 solo il 61% degli immigrati adulti residenti era titolare di un conto corrente, nel 2013 la quota sale al 75%, con oltre 2,4 milioni di conti correnti presso le banche italiane e BancoPosta (oltre ai quasi 110 mila conti correnti small business), senza contare le carte con Iban (quasi 1,2 milioni), che “rappresentano un punto di ingresso importante al sistema finanziario, pur se non danno pieno accesso a tutti gli strumenti finanziari come il conto corrente”. A favorire il contatto con le banche nella maggior parte dei casi sono amici e parenti già residenti in Italia, oppure associazioni di connazionali, lo stesso datore di lavoro o amici italiani. Tra i titolari di conto corrente, coloro che appartengono ad un “profilo evoluto” (persone che hanno un’elevata familiarità con il sistema bancario e utilizzano almeno sei prodotti bancari) sono passati dal 16% del 2009 al 34% del 2014. Il contributo dei migranti al Pil. Le entrate fiscali e previdenziali ricollegabili ai lavoratori immigrati sono state nel 2013 pari a 16,6 miliardi di euro, mentre il totale delle uscite sostenute nei loro confronti è stato di 13,5 miliardi (saldo positivo di 3,1 miliardi di euro). Peraltro, nel 2013 il contributo al Pil nazionale assicurato dagli occupati stranieri è stato di 123.072 miliardi di euro (l’8,8% del totale). In particolare, essi versano in media tra i 7-8 miliardi di contributi l’anno ma, non riuscendo tutti a maturare il diritto alla pensione, l’Inps ha stimato che abbiano lasciato nelle casse previdenziali oltre 3 miliardi di euro improduttivi di prestazioni. Attualmente, i cittadini non comunitari beneficiari di pensioni previdenziali per invalidità, vecchiaia e superstiti 14 sono 35.740 (lo 0,2% di tutti i beneficiari), mentre i titolari di pensioni assistenziali sono 51.361 (l’1,4% del totale). © Copyright Redattore Sociale IDOS UNAR 2015/Rep_Idos_Immigrazioni cresce il popolo dei nuovi italiani il boom dei romeni.pdf 1 La Repubblica 29 ottobre 2015 Immigrazioni, cresce il popolo dei nuovi italiani, il boom dei romeni Il "Dossier statistico immigrazione 2015", del' Idos per l'Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali). Positivo il bilancio spesa pubblica-introiti dovuti alla loro presenza. Versano tra i 7-8 miliardi di contributi l'anno ma, non riuscendo tutti a maturare la pensione, lasciano nelle casse previdenziali oltre 3 miliardi di euro di VLADIMIRO POLCHI ROMA - C'è un esercito che ogni anno ingrossa le sue fila. È quello dei "nuovi italiani", popolato oggi da 5 milioni e 421mila persone. Nel nostro Paese infatti quasi un abitante su dieci è nato fuori dai confini nazionali o è figlio di immigrati. È l'Italia multietnica. Aumentano le nuove cittadinanze, gli alunni e i lavoratori immigrati. Resta positivo il bilancio tra spesa pubblica e introiti dovuti alla loro presenza. Non manca certo il lato oscuro, anche se frenano i reati degli stranieri. È quanto fotografa il "Dossier statistico immigrazione 2015", realizzato da Idos per conto dell'Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali). L'esercito di "nuovi italiani". L'Italia resta uno dei grandi Paesi europei di immigrazione, con 5.014.000 stranieri residenti alla fine del 2014 (incremento di 92.000 persone rispetto all'anno precedente), mentre i cittadini italiani all'estero, aumentati di 150.000, sono oggi 4.637.000. L'incidenza degli stranieri sulla popolazione residente (8,2%) continua a essere superiore al valore medio europeo. Inoltre, il Dossier stima in 5.421.000 persone la presenza straniera regolare complessiva, includendovi anche i soggiornanti non comunitari in attesa di registrazione anagrafica. Record di romeni. Gli stranieri residenti in Italia per oltre la metà sono cittadini di un Paese europeo (oltre 2,6 milioni) e per poco meno del 30% provengono da un Paese dell'Ue (1,5 milioni). La collettività più numerosa è quella romena (1.131.839), seguita dai cittadini dell'Albania (490.483), del Marocco (449.058), della Cina (265.820) e dell'Ucraina (226.060). Le religioni dei migranti. Secondo la stima del Dossier, i cristiani sono quasi 2 milioni e 700mila e i musulmani più di 1 milione e 600mila (meno numerose le altre comunità religiose). Sbarchi ed espulsioni. Nel 2014 gli stranieri intercettati dalle forze dell'ordine in condizione irregolare sono stati 30.906 e di questi il 50,9% è stato effettivamente rimpatriato (15.726). Gli arrivi via mare di profughi e altri migranti sono stati oltre 170.000. Le richieste d'asilo sono state 64.625 nel 2014 e 30.535 nei primi sei mesi del 2015. Nel giugno 2015 i migranti accolti erano 78.484 di cui 19.716 nella rete Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e i restanti in strutture temporanee o di prima accoglienza. Studenti e cittadini. Sono 129.887 gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana nel 2014 (+29% sul 2013, che già registrava un fortissimo aumento rispetto all'anno precedente), mentre sono in leggera diminuzione i matrimoni misti (18.273, il 2 9,4% delle 194.097 nozze celebrate nel 2013), ai quali si aggiungono le unioni tra stranieri (7.807, il 3,8% del totale). Nel 2014 è rimasto quasi stabile il numero dei bambini nati in Italia da genitori entrambi stranieri (75.067 casi, il 14,9% del totale dei nati). Dei quasi 1 milione e 100mila minori stranieri residenti in Italia, sono 814.187 gli iscritti a scuola nel 2014/2015, cresciuti in un anno di 11.343 (l'incremento maggiore riguarda quelli nati in Italia: +8,4%), mentre continuano a diminuire gli studenti italiani (8.886.076, -0,6%). Il lavoro degli immigrati. Gli occupati stranieri nel 2014 sono risultati 2.294.000 (1.238.000 uomini e 1.056.000 donne), più di un decimo degli occupati complessivi (10,3%), con un tasso di occupazione nuovamente in leggero aumento. La crisi non ha mancato però di far sentire i suoi effetti sugli immigrati: sono stati 154.686 (+6,2% rispetto al 2013) i permessi di soggiorno, in prevalenza rilasciati per motivi di lavoro e di famiglia, che giunti a scadenza non sono stati rinnovati, con il conseguente obbligo per gli interessati di lasciare l'Italia. Tasse e contributi. I cittadini non comunitari beneficiari di pensioni previdenziali per invalidità, vecchiaia e superstiti sono 35.740 (pari allo 0,2% di tutti i beneficiari), mentre i titolari di pensioni assistenziali sono 51.361 (1,4% del totale). Le entrate fiscali e previdenziali ricollegabili ai lavoratori immigrati sono ammontate nel 2013 a 16,6 miliardi di euro, mentre il totale delle uscite sostenute nei loro confronti è stato di 13,5 miliardi (saldo positivo di 3,1 miliardi di euro). In particolare, versano tra i 7-8 miliardi di contributi l'anno ma, non riuscendo tutti a maturare il diritto alla pensione, l'Inps ha stimato che abbiano lasciato nelle casse previdenziali oltre 3 miliardi di euro improduttivi di prestazioni. Nel 2013 il contributo al Pil nazionale prodotto dagli occupati stranieri è stato di 123.072 miliardi di euro (pari all'8,8% del Pil del Paese). I reati degli stranieri. Nel periodo 2004-2013 le denunce penali con autori noti sono passate da 692.000 a circa 897.000, ma quelle verso italiani, a fronte di una popolazione in leggera diminuzione, sono aumentate da 513.618 a 657.443 (+28,0%). Quelle a carico di stranieri, a fronte di una popolazione più che raddoppiata, sono diminuite da 255.304 a 239.701 (-6,2%). Le discriminazioni. "Persistono i casi di discriminazione su base etnico-razziale - si legge nel Dossier - su un totale di 1.193 denunce raccolte dall'Unar durante il 2014, 990 sono state giudicate pertinenti. I massmedia rappresentano l'ambito di maggior frequenza, con 291 casi, pari al 29,4% del totale. Un dato che porta a rilevare la necessità di un'informazione corretta e continuativa. Non solo. Anche nella stagione calcistica 2014/2015 non sono mancati gli atti di discriminazione razziale: 58 in tutto, sebbene in calo rispetto alla precedente stagione (26 in meno), grazie principalmente al maggiore impegno di alcune società". IDOS UNAR 2015/Scheda Dossier 2015(4).pdf Crescita progressiva, seppure rallentata, della popolazione immigrata; forte aumento dei processi di inserimento (acquisizio- ni di cittadinanza, iscrizioni a scuola, incidenza sugli occupati e sulle nascite); persistenza del bilancio positivo tra spesa pubblica ed entrate statali assicurate dagli stranieri; miglioramento delle statistiche penali; crescenti difficoltà nel superare le discriminazio- ni e nell’orientare le politiche di immigrazione e di integrazione: questi in breve i principali elementi emersi nel Dossier Statistico Immigrazione 2015. Per quanto riguarda l’afflusso eccezionale di migranti forzati, persiste, seppure diminuita, la difficoltà a garanti- re un sistema di accoglienza adeguato. IL CONTESTO MONDIALE Nel 2014 i migranti nel mondo (232 milioni nel 2013 secon- do l’Onu) sono giunti probabilmente a sfiorare i 240 milioni, con una incidenza superiore al 3% sulla popolazione mondiale. Movimenti migratori di una tale entità obbligano a riflettere sulle disuguaglianze che attraversano il pianeta: sono 1,2 miliardi le persone che sopravvivono con un reddito al di sotto di un dol- laro giornaliero (Rapporto Undp). Del resto, ancora nel 2014 il 48,0% della ricchezza globale è concentrato nelle mani dell’1,0% più ricco della popolazione mondiale, il 46,5% è detenuto da un quinto di essa, mentre il restante 80,0% della popolazione deve vivere con il 5,5% della ricchezza globale (Rapporto Oxfam). Inoltre, risultano accresciute le crisi politiche, militari e ambientali. I paesi del Nord del mondo, anziché farsi maggior- mente carico dei flussi migratori, si preoccupano di chiudere le frontiere per bloccarli, spesso in aperta violazione delle tutele internazionali sull’accesso al diritto d’asilo, e a tal fine molti hanno persino costruito o progettato muri e recinzioni (almeno 65 nel mondo). Indirettamente i migranti rimediano, almeno in parte, alle disparità economiche tra i diversi paesi con le loro rimesse: 436 miliardi di dollari inviati verso i paesi in via di sviluppo nel 2014 a livello mondiale (con un aumento annuale del 4,4%), di cui 5,3 miliardi di euro dall’Italia (rispettivamente, dati Banca Mondiale e Banca d’Italia). Nel 2014, per la prima volta, il numero mondiale di migranti forzati ha sfiorato i 60 milioni (59.965.888), con un aumento annuo di 8 milioni. Di essi, i due terzi sono costituiti da sfollati interni (38 milioni secondo il Norwegian Refugee Council) e il restante terzo da richiedenti asilo e rifugiati (rispettivamente 1,8 e 20 milioni), includendo tra questi ultimi anche 5,6 milioni circa di palestinesi (dal 1949 sotto il mandato dell’Unrwa). Il maggiore aumento ha riguardato i richiedenti asilo (+54,3%) e i rifugiati (+22,9%). Nel 2015 la Siria è divenuta il principale paese di origi- ne di questi ultimi (3,9 milioni, da aggiungere ai 7,6 milioni di sfollati interni), superando l’Afghanistan (2,6 milioni) e la Somalia (1,1 milioni). Inoltre, in prospettiva l’Africa, dove 21 Stati sono alle prese con guerre e conflitti interni, raddoppierà a metà secolo la sua popolazione e, con 2,5 miliardi di abitanti, sarà quasi cinque volte più popolosa dell’Unione europea, che però già ora gode di una ricchezza più di tre volte superiore. IL CONTESTO DELL’UNIONE EUROPEA Dal 2011 l’Unione Europea sta conoscendo, sul versante della mobilità, una fase di transizione di dimensioni inusuali rispetto al passato e che non sembra destinata ad esaurirsi in tempi brevi. Nel 2014, tra i 627.790 richiedenti asilo (archivio Eurostat) si segnalano: come paesi di origine, Siria (122.115), Afghanistan (41.370), Kosovo (37.895), Eritrea (36.925) e Serbia (30.840); come paesi di accoglienza, Germania (202.815), Svezia (81.325), Italia (64.625), Francia (64.310) e Ungheria (42.775); per inci- denza delle persone accolte sulla popolazione residente, Svezia (2,1%), Malta (1,5%), Austria (0,9%) e Cipro (0,9%), a fronte di una media europea più bassa (0,3%; in Italia 0,2%). Nei primi 6 mesi del 2015 sono state 422.860 le domande di asilo presentate, di cui 172mila in Germania, 67mila in Ungheria e, rispettivamente, circa 30mila in Francia, Italia e Svezia. Tra i richiedenti asilo la quota di minori non accompagnati è raddoppiata tra il 2013 e il 2014 (da 12.739 a 23.075, di cui 2.505 in Italia), mentre il numero totale dei minori è passato da 117.090 a 160.395, confermando l’accentuato carattere familiare assunto dai flussi di richiedenti asilo. Il primo paese di origine di questi minori è la Siria (30.650), seguita da Afghanistan (14.995), Serbia (13.945), Kosovo (13.675) e Russia (9.380). Al 1° gennaio 2014, le persone con una cittadinanza diversa da quella del paese di residenza ammontano a 33,9 milioni (aumento di 2,2 milioni rispetto al 2009), con una incidenza del 6,7% sulla popolazione totale e una ripartizione disuguale quanto alle provenienze (20 milioni i cittadini di paesi terzi e 14 milioni i cittadini Ue) e ai paesi di insediamento, con la Germania (7 milio- ni), il Regno Unito e l’Italia (5 milioni ciascuno), la Spagna (4,7 milioni) e la Francia (4,2 milioni) che ospitano oltre i tre quarti del totale. I casi di acquisizione di cittadinanza sono stati circa 1 milione. Nei grandi Stati Ue centro-orientali l’incidenza degli stra- nieri continua, invece, a essere marginale (0,3% in Polonia e 0,4% in Romania). A cura di IDOS, in partenariato con Confronti e in collaborazione con l’UNAR 2015 Dossier Statistico IMMIGRAZIONE 2015 DOSSIER STA TISTICO IMMIGRAZIO NE in partenar iato con in partenariato con in collaborazione con con il sostegno dei fondi Nel 2014 si è arrestato il calo occupazionale, iniziato a seguito della grande crisi, e la ripresa europea (+1,1%) ha comportato un aumento dell’occupazione dello 0,9% per la componente nazio- nale e del 4,0% per quella straniera, andamento che ha influito anche sulla riduzione complessiva dei disoccupati (-5,8%, rispetti- vamente -7,1% tra gli stranieri e -5,6% tra gli autoctoni). A fronte del timore che la libera circolazione potesse causare un aggravamento della criminalità a livello europeo, questa inve- ce, secondo i dati Eurostat, è complessivamente diminuita del 31,1% (da 34.266.433 denunce nel 2004 a 23.626.028 nel 2012). Né è giustificato equiparare gli spostamenti dei richiedenti asilo a una invasione, tanto meno islamica. Infatti gli stranieri ori- ginari di paesi a tradizione musulmana, nonostante siano in aumento, a metà secolo incideranno per il 10% sulla popolazione europea (previsione del Pew Research Center). Le autorità comunitarie appaiono decisamente deboli nel far fronte all’attuale esodo di massa con politiche che non siano di mero contrasto ma che, da una parte, sostengano concretamen- te gli Stati membri ai confini esterni (terrestri, come l’Ungheria, e marittimi, come la Grecia e l’Italia) e, dall’altra, mirino alla pacifi- cazione dei paesi di origine, a sostenerne lo sviluppo, a utilizzarne al meglio le risorse e anche ad assistere gli immigrati in caso di rientro, quando necessario. IL CONTESTO ITALIANO Nel 2014 sono sbarcate in Italia oltre 170mila persone, tra richiedenti asilo e migranti economici (con la previsione di un andamento simile nel 2015), ma diverse altre sono arrivate per ricongiungimento familiare e per altri motivi (religiosi, sanitari, di studio, ecc.) attraverso i canali regolamentari. Le richieste di asilo registrate nell’anno sono state 64.625 (l’andamento è stato sostenuto anche nel 2015) e hanno coinvol- to persone provenienti in prevalenza dall’Africa subsahariana (Nigeria 10.135, Mali 9.790, Gambia 8.575 e Senegal 4.675), ma in buona misura anche dall’Asia (Pakistan 7.150, Bangladesh 4.535 e Afghanistan 3.120) e, per quanto riguarda l’Europa, dal- l’Ucraina (2.800). Nel 2014 gli stranieri intercettati dalle forze dell’ordine in con- dizione irregolare sono stati 30.906 (dati del Ministero dell’Inter- no) e di essi il 50,9% è stato effettivamente rimpatriato (15.726). Il sistema di accoglienza italiano per i richiedenti e i titolari di protezione internazionale continua ad essere frammentato e comprende alla fine di luglio 2015: 4 Centri di primo soccorso e accoglienza (Cpsa); 10 di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) e di accoglienza (Cda); la rete Sprar (Sistema di protezione per rifugiati e richiedenti asilo) e le strutture di accoglienza tempora- nea (Cas). In particolare, le persone accolte dalla rete Sprar sono passate da 7.823 nel 2012 a 22.961 nel 2014. Tuttavia a giugno 2015 si trovava nelle strutture di tale rete solo il 25% dei 78mila richie- denti asilo e titolari di protezione internazionale accolti, mentre il 62% alloggiava in strutture di accoglienza temporanea. In generale, a inizio 2015 l’Italia risulta essere un paese con un consistente numero sia di residenti stranieri (5.014.000) sia di ita- liani residenti all’estero (4.637.000), tanto più che, secondo le stime di IDOS, la presenza straniera regolare ammonta comples- sivamente a 5.421.000 persone e anche quella degli italiani all’e- stero, secondo le anagrafi consolari, supera di poco i 5 milioni. Peraltro il 2014 è stato un anno particolare in cui gli italiani resi- denti all’estero sono aumentati più degli stranieri residenti in Italia (+155.000 nel primo caso, secondo l’Aire, e +92.000 nell’altro, secon- do l’Istat). Questi ultimi incidono sulla popolazione complessiva per un valore superiore alla media europea (8,2% rispetto al 6,2%). Tra gli stranieri residenti in Italia, i non comunitari sono i più numerosi (3,5 milioni), sebbene sia rilevante la provenienza euro- pea: 2,6 milioni, dei quali quasi il 60% cittadino Ue (1,5 milioni). La collettività più numerosa è quella romena (1.131.839), seguita dai cittadini dell’Albania (490.483), del Marocco (449.058), della Cina (265.820) e dell’Ucraina (226.060). Questi immigrati mostrano una forte tendenza all’insedia- mento stabile, soprattutto i non comunitari, i quali per oltre la metà hanno ottenuto un permesso CE come lungo-soggiornanti, e quindi a tempo indeterminato. Inoltre nel 2014 sono stati 129.887 gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana (+29,0% rispetto al 2013, un anno che già aveva registrato un fortissimo aumento rispetto all’anno precedente), mentre risultano in leggera diminuzione i matrimoni misti (18.273 nel 2013, il 9,4% delle 194.097 nozze celebrate in totale nell’anno), ai quali si aggiungono quelli tra partner entrambi stranieri (7.807, il 3,8% del totale). Su un totale di 502.596 bambini nati nel corso del 2014, quelli con genitori entrambi stranieri sono stati 75.067, il 14,9% del totale. D’altra parte, dei quasi 1,1 milioni di minori stranieri, sono stati 814.187 gli iscritti a scuola nell’anno scolastico 2014/2015, il 9,2% di tutti gli iscritti: un’incidenza decisamente superata nel Nord e nel Centro (rispettivamente, 13,6% e 11,1%) e più bassa nel Sud (3,0%) e nelle Isole (2,9%). I più numerosi in assoluto sono gli studenti di cittadinanza romena (157.497, il 19,3% del totale), cui seguono gli albanesi (109.769, 13,5%), i marocchini (102.515, 12,6%) e, con numeri meno alti, i cinesi (41.882, 5,1%), i filippini (26.147, 3,2%), i moldavi (25.057, 3,1%) e gli indiani (24.772, 3,0%). Anche tra gli alunni stranieri vi sono quelli con disabilità: in tutto 26.626, l’11,5% di tutti gli studenti disabili registrati dal Miur. Nelle università italiane, invece, gli iscritti stranieri (69.176 su un totale di 1.640.956 nell’anno accademico 2013/2014) incido- no per il 4,2%, un valore che scende al 3,3% tra i laureati (9.913 stranieri su un totale di 302.231 nel 2013). I paesi più rappresen- tati sono l’Albania (10.782 iscritti, pari al 15,6% degli universitari stranieri), la Cina (7.028: 10,2%), la Romania (6.615: 9,6%), l’I- ran (2.815: 4,1%), il Camerun (2.685: 3,9%), la Grecia (2.253: 3,3%) e la Repubblica di Moldova (2.056: 3,0%). LE DINAMICHE DI INSERIMENTO IN ITALIA Secondo l’Istat gli occupati stranieri nel 2014 sono risultati 2.294.000 (1.238.000 uomini e 1.056.000 donne), più di un decimo degli occupati complessivi (10,3%), con un tasso di occupazione nuovamente in leggero aumento. Tuttavia in 6 anni, a partire dal 2008, i lavoratori stranieri sono stati quelli che hanno subito maggiormente la crisi e il loro tasso di occupazione ha perso nel complesso 8,5 punti percentuali, a fronte di un calo, tra gli italiani, di 2,7 punti percentuali. Nel 2014 tra gli stranieri i disoccupati ammontano a 466.000, il tasso di occupazione è del 58,5% (55,4% tra gli italiani) e il tasso di disoccupazione del 16,9% (12,2% tra gli italiani). Vanno anche segnalati 13.108 cittadini non comunitari con disabilità iscritti agli elenchi provinciali del collocamento obbliga- torio, l’1,9% degli iscritti complessivi (dato al 31 dicembre 2013). Per effetto della crisi, e della conseguente disoccupazione, sono stati 154.686 i permessi di soggiorno, in prevalenza per motivi di lavoro e di famiglia, che, giunti a scadenza, non sono stati rinnovati, con il conseguente obbligo, per gli interessati, di lasciare l’Italia (+6,2% rispetto al 2013). 2 In agricoltura, uno dei settori maggiormente esposti a sfrutta- mento, nel 2014 i lavoratori nati all’estero (tra cui è incluso un certo numero di italiani di ritorno) sono stati 327.495. Di questi e degli altri lavoratori si occupano sempre più anche i sindacati, con un numero di iscritti stranieri pari a 1.092.615 tra Cgil, Cisl, Uil e Sei-Ugl. Si tratta del 7,7% degli iscritti complessivi, ma l’inci- denza sale al 12,9% se si guarda ai soli lavoratori attivi. Secondo una stima riportata nel Dossier, le entrate fiscali e previdenziali ricollegabili ai lavoratori immigrati sono state nel 2013 pari a 16,6 miliardi di euro, mentre il totale delle uscite sostenute nei loro confronti è stato di 13,5 miliardi (saldo positivo di 3,1 miliardi di euro). Peraltro, nel 2013 il contributo al Pil nazionale assicurato dagli occupati stranieri è stato di 123.072 milioni di euro (l’8,8% del totale). In particolare, essi versano in media tra i 7-8 miliardi di contributi l’anno ma, non riuscendo tutti a maturare il diritto alla pensione, l’Inps ha stimato che abbiano lasciato nelle casse previdenziali oltre 3 miliardi di euro improduttivi di prestazioni. Attualmente, i cittadini non comuni- tari beneficiari di pensioni previdenziali per invalidità, vecchiaia e superstiti sono 35.740 (lo 0,2% di tutti i beneficiari), mentre i titolari di pensioni assistenziali sono 51.361 (l’1,4% del totale). A livello abitativo, la morosità incolpevole ha motivato nel 2014 circa il 90% delle richieste di sfratto in Italia, coinvolgendo molte famiglie immigrate. I costi d’affitto nelle aree metropolita- ne, dove gli immigrati sono più numerosi, risultano decisamente più alti e superano il livello considerato “oneroso” (la soglia del 30% del reddito). Molti capifamiglia stranieri hanno trovato un rimedio alle peggiorate condizioni di vita nel rimandare tempora- neamente la moglie e i figli nel paese di origine. D’altra parte, complici la crisi occupazionale e le restrizioni nella concessione dei mutui, l’affitto resta la scelta maggioritaria da parte delle fami- glie di immigrati (62,8%), seguito dall’acquisto dell’abitazione (19,1%), a cui si aggiunge un 9,8% di persone in coabitazione con parenti o altri connazionali e un 8,3% dimorante presso il luogo di lavoro (Osservatorio nazionale Immigrati e casa - IX Rap- porto). È comprensibile che gli immigrati partecipino numerosi ai bandi per l’assegnazione di alloggi pubblici (arrivando spesso a rappresentare il 50% delle domande), ma la percentuale di allog- gi effettivamente assegnati loro è, quasi sempre, inferiore alla loro incidenza sulla popolazione. Sul versante della multireligiosità, secondo la stima elaborata dal Dossier che fa riferimento agli stranieri residenti in Italia a fine 2014, i cristiani sono quasi 2 milioni e 700mila (il 53,8% del totale, con prevalenza degli ortodossi), i musulmani più di 1 milione e 600mila (32,2%), i fedeli di religioni orientali (induisti, buddhisti, sikh e altri) più di 330mila, gli ebrei circa 7.000, i seguaci di religio- ni tradizionali 55mila, gli appartenenti a gruppi religiosi più difficil- mente classificabili 84mila, mentre ammontano a 221mila gli atei e gli agnostici. Un panorama multireligioso estremamente articola- to, ma che non trova ancora un adeguato riconoscimento in un contesto giuridico di cui da tempo si auspica un perfezionamento. Degna di rilievo è anche la constatazione che nel periodo 2004-2013 le denunce penali con autori noti sono passate da 692.000 a circa 897.000; ma mentre quelle verso italiani, a fronte di una popolazione in leggera diminuzione, sono aumentate da 513.618 a 657.443 (+28,0%), quelle a carico di stranieri, a fronte di una popolazione più che raddoppiata, sono diminuite da 255.304 a 239.701 (-6,2%). Al 30 giugno 2015 i detenuti nelle 198 carceri italiane sono stati 52.754, di cui 17.207 stranieri, ovvero il 32,6% del totale, quattro punti percentuali in meno rispetto a cinque anni fa: nel contesto di una decrescita della popolazione detenuta, gli stranieri sono diminuiti in misura mag- giore rispetto agli italiani. UNA CONVIVENZA INTERCULTURALE ANCORA DEFICITARIA In tutte le regioni ogni anno si organizzano rassegne, festival e iniziative all’insegna dell’intercultura, che spesso trovano negli Enti locali una convinta adesione e un sostegno finanziario nei limiti delle loro ridotte disponibilità. Tuttavia, a ostacolare l’integrazione intervengono sia tutte quelle persone che operano nel settore dell’immigrazione per interessi speculativi, come si è visto a Roma nel caso di “mafia capitale”, sia i numerosi casi di discriminazione su base etnico- razziale: su un totale di 1.193 denunce raccolte dall’Unar durante il 2014, sono 990 quelle giudicate pertinenti. Per il quinto anno consecutivo i mass-media rappresentano l’ambito di maggior frequenza relativa, con 291 evenienze, pari al 29,4% del totale annuo. Un dato che porta a rilevare la neces- sità di un’informazione corretta, anche da parte della classe politica. Le segnalazioni fatte all’Unar nel 2014 attestano la persi- stenza, e talvolta la recrudescenza, di espressioni, atteggiamen- ti e comportamenti xenofobi e discriminanti, non solo per le disparità di trattamento che ne derivano, ma anche per i soprusi e le lesioni di diritti fondamentali che hanno alla loro origine la diversa appartenenza “etnica”, linguistica, nazionale, culturale, religiosa: aumentano le tensioni sociali e si verificano gravi episodi di vera e propria violenza xenofoba ai danni di immigrati, richiedenti asilo e rifugiati, minoranze rom e sinti, persino con la contestazione dei centri dedicati alla loro acco- glienza. La libertà di pensiero e di espressione rischia di sfociare nella xenofobia e nel razzismo, in netto contrasto con il diritto italia- no e con la normativa europea. Internet, per esempio, può dare la stura a una campagna, difficilmente controllabile, di rafforzamento dei pregiudizi nei confronti degli immigrati e addirittura di diffusione dell’odio razziale. Nel 2014, l’Unar ha registrato 347 casi di espressioni razziste sui social network, di cui 185 su Facebook e le altre su Twitter e Youtube. Questi episo- di, a loro volta, sono stati linkati su almeno altri 326 siti, produ- cendo quasi 700 eventi di intolleranza informatica. Anche nella stagione calcistica 2014/2015 non sono mancati gli atti di discriminazione razziale: 58 in tutto, sebbene in calo rispetto alla precedente stagione (26 in meno), grazie principalmente alle politiche adottate e al maggiore impegno di alcune società. Un cambiamento di approccio deve essere effettuato anche nei confronti della popolazione rom (6 milioni di persone nel- l’Ue e tra 120.000 e 180.000 in Italia, per il 60% minorenni secondo il Rapporto annuale 2014 dell’Associazione 21 luglio). Di questi, quelli che vivono nei campi si concentrano nel Lazio (nella misura di un quarto), in Lombardia, in Calabria e in Cam- pania, cui seguono Piemonte, Abruzzo e Veneto. Seppure si stimi che i minori rom in età di obbligo scolastico siano in Italia circa 70mila, quelli iscritti a scuola nell’anno scolastico 2014/2015 sono soltanto 12.437. Va anche superato il pregiudizio che gli immigrati pesino eccessivamente sulla spesa sanitaria. In dieci anni (2003-2012) i ricoveri ospedalieri ordinari, pur aumentando gli immigrati del 161,5%, sono cresciuti solo del 52,6% e hanno determinato un aumento complessivo dei ricoveri del 2,5% (Ministero della Salute). Anche la frequenza di patologie infettive, di cui molto si parla, ha numeri contenuti e un’incidenza generalmente in diminuzione in rapporto alla popolazione di riferimento, risulta- to da ascrivere alla scelta di favorire l’accesso ai servizi sanitari senza esclusioni. 3 LA FUNZIONE DEL DOSSIER: UNA BASE CONOSCITIVA PER INTERVENTI PIÙ EFFICACI “Il punto focale del Dossier Statistico Immigrazione 2015 sono i richiedenti asilo, senza per questo trascurare i cinque milioni di immigrati stabilitisi nel nostro paese e un numero quasi altrettanto grande di italiani all’estero. Le recenti parole del Papa, ‘non muri, ma ponti’, possono costituire il filo rosso che è d’aiuto nel leggere i fenomeni a cui stiamo assistendo da oramai quasi due anni. La fase attuale ci mette dunque a con- fronto con gli immigrati, i profughi e i nostri emigrati: una poli- tica migratoria può definirsi adeguata solo quando riesce ad occuparsi in maniera soddisfacente di questi tre aspetti”. Così scrivono nella loro introduzione i coordinatori del Dos- sier Statistico Immigrazione 2015, Ugo Melchionda (presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS) e Claudio Paravati (direttore della rivista interreligiosa Confronti). Da molti anni siamo alle prese con gli effetti della crisi eco- nomica più lunga dal dopoguerra ad oggi, ma l’immigrazione può costituire un sostegno non solo per lo sviluppo dei paesi di origine (basti pensare alla funzione delle rimesse o degli immi- grati imprenditori) ma anche per l’Italia, sostenendone l’equili- brio demografico e, soprattutto in questa fase, la ripresa econo- mica e occupazionale. La società civile, in questo, può ricoprire un ruolo fonda- mentale, a partire dai processi di integrazione quotidiana, che costituiscono la base per arrivare a soluzioni normative più sod- disfacenti, come di recente è avvenuto riguardo alla riforma della cittadinanza ispirata a uno ius soli temperato. Pur nelle difficoltà, e spesso anche nelle incomprensioni, diversi sono stati, finora, i miglioramenti realizzati, anche grazie all’associazionismo degli e per gli immigrati. Ma molto resta ancora da fare per costruire una società più aperta e coesa. Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico Tel. +39 06.66514345 - idos@dossierimmigrazione.it - www.dossierimmigrazione.it Rivista CONFRONTI - Tel. +39.06.4820503 info@confronti.net - www.confronti.net " " Dossier Statistico Immigrazione 2015 - Dati di Sintesi Mondo (2014) Italia (2014) Migranti: 231.522.000 (2013) 240.000.000 (stima 2015) Cittadini stranieri regolarmente presenti: 5.421.000 (stima) Soggiornanti non comunitari *: 3.979.208 di cui soggionanti di lungo periodo: 2.147.000 Visti rilasciati per lavoro subordinato: 23.588 Soggiornanti per studio*: 53.000 Reddito pro capite: Mondo: 14.928 USD Sud del Mondo: 9.854 USD Nord del Mondo: 37.490 USD Cittadini stranieri residenti: 5.014.437 Permessi soggiorno scaduti e non rinnovati: 154.686 Visti rilasciati per famiglia: 57.899 Stranieri iscritti all’università: 69.176 Reddito pro capite Ue 28: 36.254 USD Incidenza sulla popolazione residente: 8,2% Occupati: 2.294.000 agricoltura: 5,0%; industria: 29,2%; servizi: 65,7% Richieste di protezione internazionale: 64.625 Acquisizioni cittadinanza: 129.887 Sfollati, rifugiati, richiedenti asilo: 59.965.888 Distribuzione territoriale residenti: Nord 59,4%, Centro 25,4%, Meridione 15,2% Incidenza sul totale occupati: 10,3% Richieste di protezione internazionale accolte: 58,5% su 35.190 esaminate Matrimoni misti: 18.273 (2013) Unione Europea (2014) Continenti di origine: Europa 52,4%, Africa 20,5%, Asia 19,3%, America 7,7%, Oceania 0,0% Disoccupati: 466.000 Nuovi nati nell’anno: 75.067 Cristiani: 53,8% (stima) Residenti stranieri: 33.893.410 (2013) di cui non Ue: 57,7% Incid. sulla popolazione totale: 6,7% (2013) Prime collettività di comunitari residenti: Romania: 1.131.839 Polonia: 98.694 Bulgaria: 56.576 Tasso di disoccupazione: stranieri 16,9%; italiani 12,2% Minori residenti: 1.085.274 Musulmani: 32,2% (stima) Residenti nati all’estero: 51.501.311 (2013) Aziende con titolare o la maggioranza dei soci nati all’estero: 524.674 Iscritti a scuola a.s. 2014/15: 814.187 di cui nati in Italia: 450.362 Tradizioni religiose orientali: 7,9% (stima) Incid. sulla popolazione totale: 10,2% (2013) Richieste di protezione internazionale: 627.780 Prime collettività di non comunitari residenti: Albania: 490.483 Marocco: 449.058 Cina: 265.820 Ucraina: 226.060 Filippine: 168.238 Incidenza su totale vittime di infortuni sul lavoro: 14,4% Atei/agnostici: 4,4% (stima) Richiedenti asilo e rifugiati: 1.634.043 Bilancio costi/benefici per le casse statali: +2,9 miliardi di euro (+3,1 miliardi includendo i contributi previdenziali) Incidenza sul totale iscritti a scuola: 9,2% Altri gruppi religiosi: 1,7% (stima)" Incid. sulla popolazione totale: 0,3% * I dati sui soggiornanti sono stati forniti direttamente dal Ministero dell’Interno FONTE: Centro Studi e Ricerche IDOS. Elaborazioni su fonti varie Dossier statistico Immigrazioni IDOS UNAR - 2015
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Dossier Statistico Immigrazione 2014 - Rapporto UNAR - Dalle discriminazioni ai diritti

Descrizione breve: 
Il Rapporto presenta i dati più aggiornati su flussi di immigrazione, soggiornanti, inserimento nel mondo del lavoro e nella società, nuovo panorama interreligioso e, soprattutto, sullo stato delle pari opportunità per gli immigrati, in Italia e nei singoli contesti regionali.
Allegato: 
Data: 
29 Ottobre 2014
Dossier Statistico Immigrazione 2014 - Rapporto UNAR - Dalle discriminazioni ai diritti
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CARITAS / MIGRANTES: XXII Rapporto sull'immigrazione

Descrizione breve: 
Dossier statistico del 2012 sull'immigrazione, sono analizzate le seguenti tematiche: aree di origine, flussi, inserimento, lavoro, territorio. Il messaggio che il Dossier Statistico Immigrazione ha scelto per il 2012 è: “Non sono numeri”.
Data: 
30 Ottobre 2012
GLI IMMIGRATI “NON SONO NUMERI” Il messaggio che il Dossier Statistico Immigrazione ha scelto per il 2012 è: “Non sono numeri”. Si è voluto così ridare centralità alla dignità degli immigrati in quanto persone, ispirandosi a una riflessione di Papa Benedetto XVI, fatta in occasione dell’Angelus nella domenica della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifu- giato (15 gennaio 2012): “Milioni di persone sono coinvolte nel fenomeno delle migrazioni, ma esse non sono numeri! Sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace”. Seppure la dimensione quantitativa sia indispensabile a una conoscenza reale del fenomeno migrato- rio, questa attitudine non deve mettere in secondo piano la tute- la della dignità umana. Le migrazioni sono un fenomeno inevitabile (e una risposta strategica) in un mondo attraversato da crisi politiche ed econo- miche e segnato dalla diseguale distribuzione della ricchezza; senz’altro, dopo una certa flessione dei flussi in entrata riscontra- ta a partire dal 2009 nei paesi industrializzati, sono destinate ad aumentare ancora. Gli organismi internazionali accreditano circa 214 milioni tra migranti e rifugiati nel mondo nel 2010. Nell’Unione Europea, nello stesso anno, il saldo migratorio con l’estero è stato positivo per 950mila unità e le acquisizioni di cittadinanza sono state 803mila. Gli stranieri residenti, inclusi i comunitari che costitui- scono la maggioranza (60%), sono 33,3 milioni (800mila in più rispetto all’anno precedente), per i tre quarti concentrati in Fran- cia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna. In quest’ultimo paese, però, come anche in Portogallo e in Irlanda, il loro nume- ro è ultimamente diminuito. L’incidenza media degli immigrati sui residenti europei è del 6,6%; tuttavia, se si considera il grup- po dei nati all’estero che hanno acquisito la cittadinanza del paese di residenza, si arriva a 48,9 milioni di persone che fanno dell’UE il principale polo immigratorio al mondo insieme al Nord America. Alcuni Stati membri si accingono ad attuare, o hanno già attuato, modifiche alle rispettive politiche migratorie: la Dani- marca è indirizzata ad abolire il sistema a punti attualmente in vigore per ottenere il soggiorno a tempo indeterminato; la Polo- nia, a fronte di un esodo in continua diminuzione, sta conoscen- do un maggiore afflusso di immigrati, specialmente dai paesi vicini; in Spagna i cittadini stranieri irregolari (circa 150mila secondo stime) sono stati privati – non senza polemiche – della copertura del servizio sanitario nazionale. Nel mese di giugno 2012 il Consiglio dei Ministri dell’Interno dell’area Schengen, preoccupato per i flussi dell’ultimo periodo (Nord Africa), ha deciso di modificare il Trattato e di reintrodurre i controlli alle frontiere in caso di pressioni straordinarie (scelta tuttavia criticata dal Parlamento Europeo e dalla Corte Europea dei diritti umani). Anche in Italia, terra d’asilo e paese d’immigrazione, sono in corso mutamenti che il Dossier ha ampiamente analizzato. ITALIA, TERRA D’ASILO: MEZZO MILIONE DI DOMANDE DAL DOPOGUERRA Nel 2011 sono state 42,5 milioni le persone costrette alla fuga in altri paesi, di cui 15,2 milioni i rifugiati e 26,4 gli sfollati interni. Nello stesso anno sono state presentate 895mila domande di asilo (primo paese gli Stati Uniti con 76mila casi): di esse, 277mila sono state presentate nell’UE, con 51mila casi in Francia (primo paese) e 37.350 in Italia.Scheda di sintesi Caritas e Migrantes Dossier Statistico Immigrazione 2 2 ° R a p p o r t o Dossier Sta tistico Imm igrazione 2 012 22° Rappor to Caritas e Migrantes 2012 22° Rappor to 2012 “Non sono numeri” Sono tanti i focolai di guerra, alcuni conosciuti e altri dimentica- ti, e 1,2 miliardi di persone vivono in regimi dispotici (34) o in “Stati fragili” (43) alle prese con degrado, povertà ed emergenze. In Italia, dal 1950 al 1989 sono state 188mila le domande d’asi- lo e dal 1990 (anno di abolizione della riserva geografica) fino al 2011 se ne sono aggiunte circa 326mila (archivio del Ministero dell’Interno) per un totale, dal dopoguerra ad oggi, di oltre mezzo milione. La media annuale è stata di circa 8mila domande, superata di quasi quattro volte nel 2011 (ma anche nel 2008 e nel 1999, quando le domande furono più di 30mila). Nel 2011 le domande sono state presentate in prevalenza da persone prove- nienti dall’Europa dell’Est e dal martoriato continente africano; quasi un terzo (30%) delle domande prese in esame (24.150) è stato definito positivamente (una su tre ha riguardato il riconosci- mento dell’asilo e le altre la protezione sussidiaria o umanitaria, per un totale di 7.155). Gli sbarchi dal Nord Africa, confluiti per lo più nell’isola di Lam- pedusa, hanno coinvolto circa 60mila persone, in partenza prima dalla Tunisia e poi dalla Libia (28mila). In Italia, per far fronte alle esigenze di accoglienza, si dispone di 3mila posti che fanno capo al Servizio per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), in collaborazione con gli Enti locali, le Regioni e il mondo sociale, e di 2mila posti assicurati dai Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara), mentre è di altri 3mila posti la capienza dei Centri di accoglienza per immigrati. Da ultimo, oltre a questa rete di servizi già esisten- te, le Regioni – con il coordinamento della Protezione Civile – hanno dichiarato la disponibilità di altri 50mila posti, di cui la metà è stata effettivamente utilizzata per accogliere le persone in fuga dal Nord Africa. L’Italia da una parte ha auspicato una maggiore vicinanza delle istituzioni comunitarie e, dall’altra, ha dovuto prendere atto, ancora una volta, della necessità di predisporre per l’accoglienza un sistema unificato e stabile, basato sul coordinamento tra tutte le strutture coinvolte, anche per riuscire a garantire una maggiore attenzione alle categorie più vulnerabili, a partire dai minori. A confermare la fragilità dell’attuale sistema di accoglienza è intervenuta la sentenza del Tribunale di Stoccarda del 12 luglio 2012, che ha ritenuto illegittimo rimandare in Italia un richieden- te asilo, registrato inizialmente nel nostro paese, adducendo come motivazione il rischio per l’interessato di ricevere un “tratta- mento disumano e degradante”, se non addirittura di “restare senza un tetto”. Valutazioni problematiche sulle condizioni di accoglienza sono state espresse anche dal Commissario per i dirit- ti umani del Consiglio d’Europa e, inoltre, è stata anche pronun- ciata una sentenza di condanna per la mancata attuazione del principio di non respingimento (sentenza della Corte europea dei diritti umani del 23.02.2012 sul cosiddetto caso Hirsi risalente al maggio 2009). Al di là delle considerazioni che si possono fare sul coordina- mento tra il piano italiano e quello europeo, è doveroso prendere in considerazione l’immagine che dell’Italia si può generare all’e- stero e porvi rimedio. In effetti, nel 2011, ben 7.431 persone (un numero, peraltro, sottostimato) sono rimaste in lista d’attesa per accedere allo Sprar e poter fruire così di un percorso di seconda accoglienza. ITALIA, PAESE DI IMMIGRAZIONE: LA PRESENZA E LE AREE DI ORIGINE Il Dossier ha stimato che il numero complessivo degli immigrati regolari, inclusi i comunitari e quelli non ancora iscritti in anagra- fe, abbia di poco superato i 5 milioni di persone alla fine del 2011, un numero appena più alto di quello stimato lo scorso anno (5.011.000 rispetto a 4.968.000). Nel 2011 il Ministero degli Affari Esteri ha rilasciato 231.750 visti per inserimento stabile, in prevalenza per motivi di lavoro e di famiglia, mentre sono stati circa 263mila i permessi di soggiorno validi alla fine del 2010 che, dopo essere scaduti, non sono risulta- ti rinnovati alla fine del 2011. I permessi di soggiorno in vigore alla fine dell’anno, inclusi i minori iscritti sul titolo dei genitori e al netto dei casi di doppia registrazione (archivio del Ministero dell’Interno revisionato dall’Istat), sono stati 3.637.724, in leggero aumento rispetto ai 3.536.062 del 2010 (+2,9%). Da questa base si è partiti per elaborare la stima del Dossier e quantificare, anche con il supporto di altri archivi, la consistenza degli immigrati comunitari che, come è noto, non sono più inclu- si nell’archivio dei permessi di soggiorno. Il numero stimato dei comunitari (1.373.000, per l’87% provenienti dai nuovi 12 Stati membri) è stato ottenuto applicando ai residenti a fine 2010 lo stesso tasso d’aumento riscontrato tra i soggiornanti non comuni- tari nel 2011. Le principali collettività sono risultate: Romania 997.000, Polonia 112.000, Bulgaria 53.000, Germania 44.000, Francia 34.000, Gran Bretagna 30.000, Spagna 20.000 e Paesi Bassi 9.000. La ripartizione della stima totale per aree continentali vede pre- valere l’Europa, tra comunitari (27,4%) e non comunitari (23,4%), seguita dall’Africa (22,1%), dall’Asia (18,8%) e dall’A- merica (8,3%), mentre le poche migliaia di persone provenienti dall’Oceania e gli apolidi non raggiungono neppure lo 0,1%. Tra i soggiornanti europei non comunitari (1.171.163), gli alba- nesi sono i più numerosi (491.495). Seguono 223.782 ucraini; 147.519 moldavi; 101.554 serbi e montenegrini; 82.209 mace- doni; 37.090 russi; tra i 20mila e i 30mila ciascuno, i bosniaci, i croati e i turchi. L’Albania è anche il primo paese per numero di studenti universitari (oltre 11mila, nell’anno accademico 2011/2012, su un totale di 65.437, mentre secondo un recente studio dell’European Migration Network nell’UE gli studenti inter- nazionali sono 1 milione e 200mila). Per quanto riguarda il continente africano, alla fine del 2011 i marocchini risultano essere la prima collettività, con 506.369 sog- giornanti (i più numerosi anche tra tutti i non comunitari). Le altre grandi collettività africane provengono da Tunisia (122.595), Egit- to (117.145), Senegal (87.311), Nigeria (57.011), Ghana (51.924); seguono Algeria (28.081) e Costa d’Avorio (24.235); quindi, con circa 15mila soggiornanti, Burkina Faso e, con 10mila soggiornanti o poco meno, Camerun, Eritrea, Etiopia, Mauritius e Somalia. In totale, i soggiornanti africani sono 1.105.826. Un ampio approfondimento su diverse collettività asiatiche è contenuto nel volume Asia-Italia. Scenari migratori, che nel 2012 Idos ha curato per il Fondo Europeo per l’Integrazione in collabo- razione con la Caritas e la Fondazione Migrantes. Gli immigrati dall’Asia, che alla fine del 2010 hanno inciso per il 12,7% sull’insie- me dei residenti stranieri nell’Unione Europea, nell’anno successivo sono arrivati a incidere in Italia per 6 punti percentuali in più, per un totale di 924.443 soggiornanti. In particolare, l’Italia è lo Stato membro che nell’UE accoglie le collettività più numerose di cinesi (277.570 soggiornanti nel 2011), filippini (152.382), bangladesi (106.671) e srilankesi (94.577), mentre è il secondo Stato per quanto riguarda la presenza di indiani (145.164) e pakistani (90.185). 2 La componente americana totalizza nel suo complesso 415.241 soggiornanti. Le principali collettività provengono dal Perù con 107.847, dall’Ecuador con 89.626, dal Brasile con 48.230 e dagli Stati Uniti con 36.318, seguite – con circa 20mila soggiornanti cia- scuna – dai cittadini della Colombia, di Cuba e della Repubblica Dominicana e quindi – con circa 10mila – di Argentina, Bolivia ed El Salvador. Ad attestare i solidi legami che queste collettività hanno con l’I- talia sono innanzi tutto l’elevata incidenza dei minori (tra i non comunitari 23,9% e 897.890 unità) e il fatto che la maggior parte di essi è nata nel nostro paese. IMMIGRAZIONE E MONDO DEL LAVORO In Italia la grave crisi ancora in corso, attestata anche dalla con- tinua delocalizzazione all’estero di diverse attività produttive, tra il 2007 e il 2011 ha provocato la perdita di un milione di posti di lavoro, in parte compensati da 750mila assunzioni di stranieri in settori e mansioni non ambiti dagli italiani. Anche nel 2011, men- tre gli occupati nati in Italia sono diminuiti di 75mila unità, gli occupati nati all’estero sono aumentati di 170mila. Attualmente gli occupati stranieri, incluse anche le categorie non monitorate dall’indagine campionaria dell’Istat, sono circa 2,5 milioni e rap- presentano un decimo dell’occupazione totale. Nello stesso tempo tra gli stranieri è aumentato il numero dei disoccupati (310mila, di cui 99mila comunitari) e il tasso di disoccupazione (12,1%, quattro punti più in più rispetto alla media degli italiani), mentre il tasso di attività è sceso al 70,9% (9,5 punti più elevato che tra gli italiani). I neocomunitari, che tra i residenti incidono per un quarto, nell’archivio Inail raggiungono quasi un terzo tra i lavoratori nati all’estero occupati come dipendenti e il 40% tra i nuovi assunti del 2011. Nell’attuale congiuntura la forza lavoro immigrata continua a svolgere un’utile funzione di supporto al sistema economico-pro- duttivo nazionale per la giovane età, la disponibilità e la flessibilità (caratteristiche che, purtroppo, spesso si traducono in forme più o meno gravi di sfruttamento). Gli immigrati sono concentrati nelle fasce più basse del mercato del lavoro e, ad esempio, mentre tra gli italiani gli operai sono il 40%, la quota sale all’83% tra gli immigrati comunitari e al 90% tra quelli non comunitari. Motivati dal bisogno di tutela, sono oltre 1 milione gli immigra- ti iscritti ai sindacati, con una incidenza dell’8% sul totale dei sin- dacalizzati e del 14,8% sulla sola componente attiva. Del resto, gli archivi dell’Inail attestano che essi sono maggiormente soggetti al rischio infortunistico: tra i lavoratori nati all’estero, in controten- denza con l’andamento generale, gli infortuni sono infatti cresciu- ti, raggiungendo un’incidenza media del 15,9% sugli infortuni complessivi a fronte del 15% dell’anno precedente. Le ispezioni condotte nel 2011 hanno riscontrato in situazione irregolare il 61% delle aziende sottoposte a verifica, in circa la metà dei casi per lavoro nero, condizione che accresce l’esposizione dei lavora- tori al rischio di infortunio sul lavoro. Il Rapporto 2012 sul mercato del lavoro degli immigrati, curato dal Ministero del Lavoro, attesta che il peso dei lavoratori non comu- nitari (per i comunitari non sono stati riportati i dati) sulle presta- zioni previdenziali e assistenziali dell’Inps non è eccessivamente elevato: 10,2% per la cassa integrazione ordinaria e 6,9% per quella straordinaria; 5,1% per l’indennità di mobilità; 11,8% per l’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola, 7,7% per quella con requisiti ridotti e 8,8% per quella agricola; 0,2% per le pensioni di invalidità, vecchiaia e ai superstiti; 0,9% per le pensio- ni assistenziali; 8,1% per le indennità di maternità; 5,1% per i congedi parentali e 10,8% per gli assegni per il nucleo familiare. I collaboratori familiari (poco più di 750mila quelli nati all’estero assicurati presso l’Inps) rappresentano la categoria più numerosa tra gli immigrati e costituiscono una risorsa preziosa per un paese in cui ogni anno 90mila persone in più diventano non autosuffi- cienti, dove il bisogno di assistenza aumenterà con il crescente invecchiamento della popolazione autoctona (aumento degli ultra65enni dall’attuale 20,6% della popolazione al 33% previsto a metà secolo). A loro volta, gli infermieri stranieri (un decimo del totale) assicurano un apporto indispensabile al servizio sanitario nazionale e a molte strutture private. Anche il settore agricolo, scarsamente attrattivo nei confronti degli italiani, per molti immigrati costituisce una prospettiva di inserimento stabile (allevamenti e serre) o un’opportunità limitata a determinati periodi dell’anno (lavoro stagionale) o quanto meno al momento dell’ingresso, al punto che l’agricoltura è stato il solo settore ad aver registrato, per gli immigrati, un saldo occu- pazionale positivo. Altri settori per i quali il contributo degli immigrati continua a risultare fondamentale sono l’edilizia, i trasporti e, in generale, i lavori a forte manovalanza: dai dati messi a disposizione dalle organizzazioni delle cooperative, risulta che gli immigrati incido- no per oltre un sesto nelle cooperative di pulizie e per oltre un terzo in quelle che si occupano della movimentazione merci. L’attenzione alle percentuali permette anche di segnalare la rile- vanza assunta dagli immigrati in altre categorie, seppure quantita- tivamente non rilevanti. I marittimi in Italia, la cui flotta per ton- nellate di portata è al 14° posto nel mondo e tra i primi nel com- parto crocieristico (dati di Confitarma), sono 60mila (su un totale mondiale di 1.372.000) e sul personale operante a bordo gli stra- nieri incidono per il 40%, in provenienza soprattutto dalla Roma- nia, dall’India e dalle Filippine (dove a Manila, dal 2007, opera una sede distaccata dell’Accademia della Marina Mercantile Italia- na per formare lavoratori del posto che suppliscano alla nostra mancanza di maestranze). Tra i calciatori delle squadre di serie A, gli stranieri sono 271 su un totale di 554, pressoché la metà del totale (48,9%) e addirittu- ra oltre nell’Udinese e nell’Inter, una squadra al cui interno si par- lano 13 lingue e i calciatori stranieri incidono per il 67,9%. Un terzo dei calciatori immigrati è costituito da latino-americani. Nel settore imprenditoriale i nati all’estero incidono per il 9,1%, se si considerano tutte le cariche imprenditoriali, e per il 7,4% se si restringe l’attenzione ai soli titolari d’impresa, aumentati di 21mila unità nel 2011 (Unioncamere), mentre i titolari con effetti- va cittadinanza straniera (249.464) incidono per il 4,1% (Cna). Il lavoro autonomo degli immigrati, imprenditoriale o in altre forme, può conoscere un ulteriore sviluppo, perché attualmente riguarda l’11% dei comunitari e il 14% dei non comunitari rispet- to al 26% degli italiani. Se le migrazioni sono di per se stesse una risposta alla crisi, le rimesse sono un indicatore del ritorno positivo per i paesi di origi- ne. Le rimesse partite dall’Italia (un quinto rispetto al totale euro- peo), erano leggermente diminuite nel 2010 (6,6 miliardi di euro) ma sono tornate a crescere nel 2011 (7,4 miliardi di euro), in aumento verso la Cina e in diminuzione verso le Filippine (anche a seguito della maggiore integrazione delle famiglie filippine in Italia e del calo delle retribuzioni). Meritano attenzione particolare i 3 cosiddetti “diaspora bond”, buoni destinati a sostenere progetti per le infrastrutture e per finalità economiche, sociali ed educati- ve, con una formula che riesce a tenere insieme le finalità dei sin- goli migranti e i progetti pubblici dei paesi di partenza. L’Italia si è segnalata per il monitoraggio avviato sui costi dei servizi di invio delle rimesse e la loro riduzione (www.mandaisoldiacasa.it), come anche per il varo dell’Osservatorio nazionale sull’inclusione finanziaria degli immigrati, nel cui ambito rientra anche l’utilizzo dei risparmi attraverso le banche. PROSPETTIVE OPERATIVE DI CONVIVENZA IN PERIODO DI CRISI Un’indagine Istat (luglio 2012) ha posto in evidenza l’esistenza di un atteggiamento ambivalente degli italiani verso gli immi- grati: da una parte ritengono che siano troppi, dall’altra ricono- scono che sono trattati peggio degli autoctoni, nonostante la loro presenza sia arricchente. In ogni caso, è certo che l’immigrazione continuerà a crescere. Secondo le previsioni sul futuro demografico del paese (scenario medio), nel 2065 la popolazione complessiva (61,3 milioni di residenti) sarà l’esito di una diminuzione degli italiani di 11,5 milioni (28,5 milioni di nascite e 40 milioni di decessi) e di un saldo positivo di 12 milioni delle migrazioni con l’estero (17,9 milioni di ingressi contro 5,9 milioni di uscite): in questo nuovo scenario demografico gli stranieri supereranno i 14 milioni. Caritas e Migrantes, nell’introduzione al Dossier, pongono in evidenza che il quadro socio-statistico sollecita l’adozione di misure in grado di raggiungere obiettivi quali il recupero dal sommerso, la qualificazione dei nuovi cittadini, la stabilizzazione del loro soggiorno (nel 2011 sono stati soggetti a rinnovo 850mila permessi di soggiorno), la semplificazione della buro- crazia e il potenziamento delle misure di inserimento (le famiglie immigrate sono maggiormente soggette al rischio di povertà), senza trascurare l’accoglienza delle persone che si spostano per esigenze di carattere umanitario e abbisognano di protezione. Sono funzionali a queste prospettive iniziative quali la regola- rizzazione di chi è già inserito nel mercato occupazionale, la semplificazione delle procedure riguardanti i documenti di sog- giorno e la riduzione del loro costo, la stabilizzazione della per- manenza (evitando un’eccessiva rotazione), la facilitazione nel- l’accesso alla cittadinanza almeno per i minori nati in Italia, la possibilità di accedere ai servizi senza dover aspettare la carta di soggiorno, lo sviluppo di spazi di partecipazione e il superamen- to delle discriminazioni in tutti gli ambiti (incluso quello pubbli- co, come ha dimostrato il mancato accesso al servizio civile). Caritas e Migrantes prendono atto che il Governo tecnico non solo ha affidato il nuovo incarico ministeriale della Cooperazione Internazionale e dell’Integrazione a un esponente del mondo del volontariato, ma ha anche varato diverse misure orientate in senso positivo e si è impegnato ad assumerne altre: l’auspicio è che si pervenga a un’accresciuta sensibilità dei partiti e al suppor- to del Parlamento per favorire una ulteriore evoluzione positiva. Il Dossier vuole essere un sussidio per conoscere la realtà del- l’immigrazione, ma vuole anche sollecitare, nell’Anno della fede indetto da Benedetto XVI a partire dall’11 ottobre 2012, l’impe- gno per la promozione umana, una dimensione strutturalmente insita nella testimonianza cristiana, indispensabile per promuo- vere una convivenza fruttuosa con gli immigrati sia a livello sociale che religioso. È una questione di valori ma anche un dovere di coerenza con la nostra lunga storia di emigrazione (sono ancora 4.208.997 gli italiani registrati come residenti all’e- stero, come ha ricordato il Rapporto Italiani nel Mondo 2012 della Fondazione Migrantes), che ci ha fatto sperimentare la dif- ficile condizione dell’essere stranieri in un altro paese. Il motto scelto per il Dossier 2012 ricorda che, anche se il feno- meno migratorio assume proporzioni sempre più estese, non bisogna mai dimenticare che le persone che vi sono coinvolte “non sono numeri”. Mondo 2011  Numero migranti: 214 milioni (2010)  Reddito pro capite Pvs: 6.572 Usd  Reddito pro capite Ue-27: 32.943 Usd Unione Europea (2010)  Residenti stranieri: 33.306.100  Incidenza sulla popolazione: 6,6%  Cittadini naturalizzati: 15.562.500 Italia 2011  Cittadini stranieri regolarmente presen- ti: 5.011.000 (s)  Incidenza sulla popolazione residente: 8,2% (s)  Distrib. terr.: Nord 63,4%, Centro: 23,8%, Sud: 12,8% (p)  Aree di origine: Europa 50,8%, Africa 22,1, Asia 18,8%, America 8,3%, Ocea- nia 0,0% (s)  Soggiorn. non comunitari: 3.637.724 di cui soggiornanti di lungo periodo: 52,1%  Prime collettività non comunitarie: Marocco 506.309, Albania 491.495, Cina 277.570, Ucraina 223.782  Permessi soggiorno scaduti nel corso dell’anno e non rinnovati: 262.688  Occupati: 2.500.000 (s)  Incidenza occupati: 10% (s)  Disoccupati: 310.000 (Istat)  Tasso di disoccupazione: immigrati 12,1% - italiani 8,0%  Titolari imprese: 249.464  Incidenza sul totale degli infortuni: 15,9%  Bilancio costi/benefici per le casse stata- li: +1,7 miliardi di euro  Visti per inserimento stabile: 231.750 di cui 87.271 per lavoro e 83.492 per famiglia  Richieste di asilo presentate: 37.350  Richieste di asilo accolte: 7.155  Nuovi nati: 79.587 (p)  Minori non comunitari: 867.890  Iscritti a scuola a.s. 2011/12: 755.939, 8,4% del tot. di cui nati in Italia: 44,2%  Studenti universitari a.a. 2011/12: 65.437  Acquisizioni cittadinanza: 56.001 (p)  Matrimoni misti: 17.169 (2010)  Cristiani: 53,9% (s) di cui ortodossi: 29,6% (s) di cui cattolici: 19,2% (s) di cui protestanti: 4,4% (s)  Musulmani: 32,9% (s)  Ebrei 0,1% (s)  Tradizioni relig. orientali: 5,9% (s)  Altri 7,2% (s) DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE 2012 - DATI DI SINTESI Centro Studi e Ricerche IDOS - Via Aurelia 796, 00165 Roma - Tel. 0039.06.66514345 - Fax. 0039.06.66540087 Redazione Dossier Statistico Immigrazione  e-mail: idos@dossierimmigrazione.it  Internet: www.dossierimmigrazione.it (p) dato provvisorio - (s) dato di stima - FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas e Migrantes CARITAS / MIGRANTES: XXII Rapporto sull'immigrazione
Argomento: 

CARITAS / MIGRANTES: XXI Rapporto sull’immigrazione

Descrizione breve: 
Dossier statistico del 2011 sull'immigrazione, sono analizzate le seguenti tematiche: gli scenari di mutamento dell'immigrazione, gli aspetti demografici, gli aspetti occupazionali ed economici, gli indicatori sociali e le prospettive di integrazione.
Data: 
27 Ottobre 2011
CARITAS / MIGRANTES: XXI Rapporto sull’immigrazione
Argomento: 

ISMU: XVI Rapporto sulle migrazioni 2010

Descrizione breve: 
L’ISMU, l’Osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità, in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano, studia il tema centrale dell'immigrazione.
Allegato: 
Data: 
13 Dicembre 2010
Ismu 2010/00_Comunicato_Stampa.pdf COMUNICATO STAMPA ISMU XVI RAPPORTO SULLE MIGRAZIONI 2010 Consegna targhe Ismu 13 dicembre 2010 – ore 9.00-12.30 Centro Congressi Fondazione Cariplo – Via Romagnosi 8 – Milano Nel 2010 Ismu registra un notevole rallentamento dei flussi netti di immigrati in arrivo in Italia: il saldo dei nuovi iscritti in anagrafe nel primo semestre del 2010 è di 100mila unità in meno (-40%) rispetto a quanto osservato nello stresso periodo del 2007 (epoca precrisi). La contrazione di nuovi ingressi, dovuta all'azione frenante innescata dalla difficile congiuntura economica, non toglie comunque vivacità al fenomeno: al 1° gennaio 2010 gli immigrati in Italia sono 5,3 milioni di unità (regolari e non), di cui 5,1 milioni provenienti dai così detti Paesi a forte pressione migratoria, circa 500mila in più rispetto al 2009. La nazionalità più numerosa è quella rumena con un milione e 112mila unità (il 22% del totale), seguita dall'albanese e dalla marocchina (586mila e 575mila). Parallelamente c'è un vero e proprio boom di minori residenti in Italia: in base alla stime Ismu al 31 dicembre 2010 sono quasi 1 milione 24 mila (triplicati da inizio 2003, anno in cui erano “solo” 353mila). Tra i minori residenti al primo gennaio 2010, più della metà risulta nata in Italia. Diminuiscono gli irregolari che sono 544mila, 16mila in meno rispetto a quanto stimato da Ismu al primo agosto 2009. Sul lavoro, nonostante la crisi economica, si registra un aumento dell’occupazione immigrata pari a 183mila unità (+10% rispetto al 2009). Ma al contempo cresce il tasso di disoccupazione che è passato dal 10,5% del primo trimestre 2009 al 13% del primo trimestre 2010. Diminuiscono i tassi di criminalità degli immigrati: elaborazioni Ismu dimostrano che il numero dei denunciati stranieri è diminuito del 13,9% passando dai 302.955 del 2008 ai 260.883 del 2009. Sono questi alcuni dei principali dati del XVI Rapporto nazionale sulle migrazioni 2010, elaborato dalla Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) e presentato il 13 dicembre. Al convegno moderato dalla giornalista Francesca Padula de Il Sole 24 ore, hanno partecipato Mariella Enoc e Vincenzo Cesareo, rispettivamente Presidente e Segretario Generale della Fondazione Ismu; Giuseppe Guzzetti, Presidente Fondazione Cariplo; Giulio Boscagli, Assessore alla Famiglia, conciliazione, integrazione e solidarietà sociale della Regione Lombardia; Gian Carlo Blangiardo, Università Bicocca di Milano; Stefano Manservisi, Direttore Generale, DG Home Affairs, Commissione Europea; Natale Forlani, Direttore Generale DG Immigrazione, Ministero del lavoro e delle politi che sociali; Angela Pria, Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione, Ministero dell'Interno. Nel corso del convegno sono state assegnate due targhe Ismu, una all’imprenditrice filippina Noemi Manalo che ha fondato il settimanale Kabayan Times International, l’altra all’associazione Rete G2 Seconde Generazioni per il suo impegno nella lotta per i diritti delle seconde generazioni. 1) IMMIGRATI IN ITALIA Flussi in diminuzione. Al primo gennaio del 2010 la popolazione straniera presente in Italia è stimata da Ismu in 5,3 milioni di unità (regolari e non), di cui 5,1 milioni provenienti dai così detti Paesi a forte pressione migratoria, circa 500mila in più rispetto al 2009. I regolarmente iscritti in anagrafe sono 4 milioni e 235mila1 (+344mila rispetto al 2009). Nonostante la persistente vivacità del fenomeno, si sono rilevati alcuni segnali di un suo rallentamento, verosimilmente causato dalla difficile congiuntura economica. Nei dati anagrafici si può infatti cogliere una riduzione dei flussi netti proprio a partire dalla primavera del 2008, riduzione che ha riscontro in un saldo migratorio con l’estero per l’anno 2009 che è inferiore del 12% rispetto a quello del 2008 e del 36% rispetto a quello del 2007. Ciò 1 Alcuni dati riportati nel comunicato stampa possono differire da quelli del volume XVI Rapporto sulle migrazioni 2010. I dati del comunicato sono infatti stati riaggiornati in base ai dati Istat diffusi a ottobre 2010 (mentre quelli del XVI Rapporto Ismu fanno riferimento al rapporto Istat Indicatori Sociali 2009, pubblicato nel febbraio 2010). 1 trova ulteriore conferma nel 2010, con un valore del saldo relativo al primo semestre, che è circa il 40% inferiore (oltre 100mila unità in meno) a quanto osservato nello stesso periodo del 2007 in epoca precrisi. Meno irregolari. Al 1 gennaio 2010 non hanno un valido titolo di soggiorno 544mila stranieri, 16mila in meno rispetto ai 560mila stimati da Ismu al primo agosto 2009. La contrazione può interpretarsi come un primo effetto dell’ultima sanatoria finalizzata all’emersione dell’irregolarità nell’ambito del lavoro domestico. Nel complesso si può comunque ritenere che in termini relativi il fenomeno dell’irregolarità abbia raggiunto in questi ultimi due anni uno dei livelli più bassi nella storia delle migrazioni verso il nostro paese. Più famiglie. La quota degli immigrati che vivono in famiglia (in coppia e/o con figli) è aumentata nel quadriennio dal 2005 al 2009 di 5 punti percentuali per i casi di presenza del coniuge/convivente (dal 39,1% del 2005 al 44,4% del 2009) e di 2,5 punti (dal 2,1% al 4,6%) per i nuclei monogenitoriali. In aumento anche i soggetti soli, che nello stesso arco di tempo passano dal 13,9% al 19,7%. Si è dimezzata invece la quota di coloro che vivono in coabitazione, con amici e conoscenti (dal 27,5% al 12,6%). I dati mostrano una progressiva trasformazione dell’immigrazione straniera da mera “forza lavoro” a “famiglie di lavoratori”. Minori triplicati dal 2003. In base alle stime Ismu i minori residenti in Italia al 31 dicembre 2010 saranno quasi 1 milione e 24 mila (quasi triplicati da inizio 2003, anno in cui erano 353mila). Tra i minori residenti al primo gennaio 2010, più della metà risulta nata in Italia (di cui 74mila nati solo nel 2009). Si tratta certamente di un contributo importante per dare vitalità alla demografia del nostro paese, anche se va sottolineato come esso non risolva, anche in prospettiva, il problema del calo della natalità in Italia. Infatti i dati dimostrano che le donne immigrate si adattano abbastanza rapidamente al modello riproduttivo della società ospite: nel 2006 il valore medio della fecondità delle straniere era stimato in 2,50 figli per donna ed è sceso progressivamente sino a 2,05 nel 2009. I valori si abbassano ancor di più nelle grandi città come Milano e Palermo (1,5), Roma (1,3), Napoli (1,2), dove il numero medio di figli per donna non raggiunge neppure tra le straniere il livello di ricambio generazionale. I rumeni sono più di milione e centomila. Al vertice della graduatoria dei presenti in Italia, provenienti dai Paesi a forte pressione migratoria, si conferma la Romania, con un milione e 112mila unità (il 22% del totale). Seguono l’Albania e il Marocco con, rispettivamente, 586mila e 575mila presenze (pari all’11,5% e al 11,3%). Nel 2030 possibile boom di immigrati dall’Africa. Guardando al futuro gli scenari possibili, alla luce delle dinamiche in atto, sembrano poter essere due. Il primo prevede un rallentamento dei flussi, se le aree di origine dell’immigrazione verso l’Italia rimarranno quelle di adesso (ovvero se più del 50 per cento degli immigrati stranieri proverrà dall’Est Europa): in tal caso nei prossimi 20 anni i residenti stranieri aumenterebbero a una media di 187mila unità annue (ben diversa delle 431mila mediamente registrate negli ultimi 7 anni). Il secondo scenario introduce l’eventualità che la caduta dei flussi est europei sia interamente compensata dalla componente proveniente dall’Africa Sub-sahariana. D’altra parte le premesse per un boom di immigrati da tale area non mancano, se si considera che gli scenari demografici più accreditati (United Nations, 2008) calcolano che l’Africa Sub-sahariana tra il 2010 e il 2030 avrà un surplus annuo di 15-20 milioni di potenziali lavoratori. Se, come è lecito presumere, essi non verranno pienamente assorbiti dai mercati locali potranno farsi tentare dalla scelta migratoria ed emigrare, almeno in parte, tanto in Italia quanto nel resto d’Europa. Si segnala in particolare il caso della Nigeria: il paese più popoloso dell’Africa, con 150 milioni di abitanti, e anche quello con uno dei tassi di crescita della popolazione più alti al mondo (circa il 4% l’anno). Banca centrale nigeriana, Iom e analisti concordano nel ritenere che nel giro di 25 anni la popolazione nigeriana sia destinata a raddoppiare. Se il mercato del lavoro, attualmente con una disoccupazione del 10%, non dovesse assorbire il surplus di forza lavoro, la disoccupazione aumenterebbe e con questa la spinta a emigrare. 2) LAVORO Più occupati nonostante la crisi. Anche nel 2010, come già segnalato nel 2009, l’occupazione degli stranieri ha conosciuto un andamento opposto a quello complessivo del nostro Paese. Mentre l'occupazione degli italiani ha fatto segnare un’ulteriore contrazione rispetto allo stesso periodo del 2009 (passando da 22 milioni e 966mila a 22 milioni e 758mila), gli occupati stranieri sono saliti da 1 milione e 741mila a 1 milione e 924mila, con un aumento di oltre il 10% (e addirittura del 14% per quanto riguarda la componente femminile). L’occupazione maschile infatti è passata da 1 milione e 29mila del I trimestre 2009 a 1 milione e 109mila del I trimestre 2010, quella femminile da 712mila a 815mila. Gli stranieri rappresentano ormai l’8% degli occupati totali, e quasi il 9% delle occupate. Circa il 79% degli occupati (e il 93% degli uomini stranieri) ha un impiego a tempo pieno, ma ben 4 donne immigrate su 10 hanno un impiego part-time. I lavoratori stranieri con uno status da dipendenti sono 1 milione e 662mila. Disoccupazione in aumento. Contestualmente, a fronte di una crescita dell’offerta, di un afflusso di nuova manodopera dall'estero sovradimensionata rispetto alle opportunità di assorbimento del mercato italiano e di una situazione economica complessivamente deteriorata, nei primi tre mesi del 2010 è cresciuto il tasso di disoccupazione degli stranieri. I disoccupati stranieri hanno raggiunto le 287mila unità, con un aumento addirittura del 40% rispetto a dodici mesi prima e con una leggera prevalenza della componente maschile (52,6% sul totale). Il tasso di disoccupazione è passato dal 10,5% del I trimestre 2009 al 13% del I trimestre 2010. Il peggioramento coinvolge 2 soprattutto gli uomini, per i quali tra il I trimestre 2009 e il I trimestre 2010 l’incidenza della disoccupazione è passata dal 9,1% al 12%, oltre ad essere praticamente raddoppiata rispetto al 2007 quando era a quota 6,2%. Anche le donne, nello stesso arco di tempo, hanno visto salire il tasso di disoccupazione dal 12,4 al 14,3%. Parallelamente, è continuato a crescere il divario tra i tassi riferiti agli immigrati e quelli complessivi, che sfiora i quattro punti percentuali sia per gli uomini sia per le donne. E’ il Nord a offrire più lavoro. Il Nord assorbe oltre il 60% dei lavoratori stranieri (ma con una flessione negativa di ben tre punti percentuali rispetto al I trimestre 2009), il Centro il 27% e il Mezzogiorno poco più del 12%. 3) GLI ALUNNI STRANIERI In crescita i nati in Italia e in diminuzione i neo arrivati. Dagli ultimi relativi all’anno scolastico 2009/10, emerge che sono 673.592 gli allievi stranieri nelle scuole italiane (il 7,5% della popolazione scolastica). Non vi sono novità significative riguardo alle provenienze (tra le prime nazionalità si confermano Romania, Albania, Marocco, Cina, Ecuador), alla distribuzione degli studenti nei diversi ordini di scuola (con una maggiore concentrazione alle primarie) e alle differenze territoriali (si conferma una presenza significativa al nord e al centro). Va però sottolineato che, al trend generale degli ultimi anni, caratterizzato dal rallentamento nell’incremento degli alunni con cittadinanza italiana, corrisponde una progressiva trasformazione nella composizione della popolazione scolastica straniera. Infatti, da un lato, cresce significativamente la presenza dei nati in Italia da genitori stranieri (233.033 unità nel 2008/09: il 5% degli iscritti alle scuole dell’infanzia), dall’altro, si riduce il numero di alunni neo arrivati (41.421), ovvero coloro che hanno iniziato il processo di scolarizzazione nel paese d’origine e che poi hanno dovuto interrompere il loro percorso per ricongiungersi ai genitori già in precedenza emigrati in Italia. La concentrazione degli allievi stranieri: un fenomeno rilevante in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte. Per ciò che riguarda la concentrazione degli alunni stranieri, si rileva come la percentuale di istituti scolastici non interessata dalla presenza di stranieri sia del 26,1%. Sono, invece, 1.620 le scuole italiane (pari al 2,8% del totale) che hanno una presenza di alunni stranieri superiore al 30%. In un recente documento del Miur (2010), si sottolinea che nell’a.s. 2009/2010, tra le primarie che superano la soglia del 30% di allievi stranieri, un quarto di esse si trova in Lombardia e il 65,5% in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte; rispetto alle secondarie di I grado, ben il 38% si colloca nel contesto lombardo e il 65,5% in sole tre regioni (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto). Al sud e nelle isole, solo 21 scuole superano la soglia del 30%. Soglia del 30%: la maggior parte delle scuole si adegua. Gli approfondimenti statistici del Miur (e i dati sull’applicazione della circolare n 2/2010) mettono in luce che molte sono state le scuole che si sono adeguate alla soglia del 30% di presenza nelle singole classi di studenti stranieri con una limitata competenza linguistica in italiano, ma elevata è anche stata la concessione di deroghe. In Lombardia, ad esempio, l’84% delle scuole ha rispettato il provvedimento, alle restanti istituzioni scolastiche sono state concesse deroghe. Va sottolineato, infine, che una ricerca recente svolta da Ismu sugli indici di integrazione nel nostro paese ha verificato empiricamente il legame inverso tra grado di integrazione e densità della presenza immigrata, mostrando come al crescere della densità della popolazione immigrata decresca il livello di integrazione, mentre nei contesti in cui gli immigrati sono meno numerosi la loro integrazione appare facilitata. Tale risultato richiama la necessità di riflettere sulla sostenibilità dei flussi migratori nei contesti territoriali nonché negli ambiti scolastici e formativi. 4) CRIMINALITÀ E DEVIANZA DEGLI IMMIGRATI Meno stranieri denunciati. Nel 2009 (ultimi dati disponibili del Ministero degli Interni) il numero dei denunciati stranieri dalle forze di polizia è diminuito del 13,9% rispetto al 2008. Nel 2009 i denunciati stranieri sono 260.883 (su un totale di 823.406) e corrispondono a circa un terzo del totale dei denunciati (31,7%). Per tutti i reati considerati, a eccezione dei furti in esercizi commerciali, dal 2008 al 2009 si nota una diminuzione dei denunciati stranieri in numero assoluto: alta per i furti in abitazione (-31,9%) e le rapine in banca (-24,4%), media per le rapine in abitazione (-18,9%), i delitti contro la persone (-14,5%) e il totale delle rapine (-13,9%), più contenuta, ma sempre rilevante, per le altre categorie. Più di un terzo dei detenuti è straniero. Al 31 luglio 2010 gli stranieri nei penitenziari italiani sono il 36,2% dei presenti, 24.675 su 68.121. Le nazionalità più numerose sono: la marocchina (21,2% dei detenuti stranieri), la rumena (13,4%), e la tunisina (12,8%). Le categorie di reato più rappresentate in valore assoluto sono: i reati contro il patrimonio (31.893 detenuti stranieri, il 25,5% del totale dei detenuti per questo reato), la violazione della legge sugli stupefacenti (28.154, 45,1%), i reati contro la persona (22.610, 29,9%). Gli irregolari presentano tassi di delittuosità molto superiori a quelli dei regolari e degli italiani. Nel 2008 e nel 2009 gli stranieri regolari hanno registrato tassi di delittuosità totale superiori, ma prossimi, a quelli degli italiani. Gli irregolari invece hanno avuto tassi di delittuosità decine di volte superiori. Il problema della delinquenza straniera continua a riguardare principalmente l’immigrazione irregolare (nel 2009 il il 25,3% dei denunciati è irregolare, contro il 6,3% che è regolare). Mentre i tassi di delittuosità dei regolari sono superiori, anche se prossimi, a quelli degli italiani (il quoziente di sovraesposizione, cioè il rapporto tra il loro tasso e quello degli italiani, oscilla infatti tra 3 l’1,3 per il totale dei reati nel 2009 e un massimo di 2,7 per i furti), i tassi di delittuosità stimati degli irregolari sono superiori: nel 2008 per il furto per omicidio superano di 11,7 quelli degli italiani e nel 2009 per furto arrivano ad essere di 45,6 volte maggiori. L’affermazione che gli irregolari sono criminali è falsa. I dati su esposti non avallano l'affermazione, falsa, che gli irregolari siano criminali. I dati indicano che l'irregolarità in Italia aumenta la probabilità del verificarsi di un evento criminale. Il che non significa che tutti gli irregolari siano delinquenti o che tra essi non ci siano in maggioranza persone oneste e tanti sfruttati nel lavoro nero. Più immigrati non vuol dire più delinquenza. Non è vero che più immigrati vogliono dire tout court più delinquenza. Non c’è una relazione diretta tra aumento dei permessi di soggiorno e delinquenza degli stranieri. Nel 2005 le province italiane con tassi più alti di soggiornanti regolari non sono quelle che hanno tassi di stranieri denunciati più alti. All’aumentare del tasso di permessi, diminuisce quello di stranieri denunciati. Perché delinquono. Tra le cause principali di delinquenza totale degli stranieri nelle province italiane troviamo: condizioni economiche di disagio (bassi salari), presenza di criminalità organizzata straniera, e irregolarità lavorativa di basso livello. Non è quindi l'immigrazione di per sé che reca criminalità, ma sono le caratteristiche di certa immigrazione che, in determinati casi, possono farlo con riferimento ad alcune tipologie di criminalità. Rispetto alla criminalità in Italia gli stranieri hanno molti fattori di rischio e pochi di protezione. Sono le condizioni in cui spesso vivono gli stranieri che aumentano la probabilità che alcuni commettano atti criminali o altri diventino vittime di criminalità. 5) QUANTO PESA L'IMMIGRAZIONE SUL WELFARE Benefici fiscali. Un dato di sintesi si ottiene calcolando il beneficio fiscale netto, cioè la differenza fra i trasferimenti ricevuti dal settore pubblico e quanto pagato al settore pubblico stesso. L’analisi individuale evidenzia un beneficio fiscale netto per gli immigrati extra-EU inferiore di circa 3.000 euro annui a quello degli italiani, per lo più giustificabile per la minore incidenza dei costi sanitari e previdenziali dovuti all’invecchiamento. Il risultato viene confermato dall’analisi a livello familiare, che indica un beneficio fiscale netto superiore per le famiglie italiane rispetto a quelle extra-EU, per oltre 3.800 euro. Gli immigrati pagano meno imposte. Passando al prelievo fiscale, in media le imposte personali, i contributi sociali e Ici ammontano a 6.407 euro per gli italiani, 5.921 euro per gli immigrati Ue e 5.735 euro per gli immigrati extra-Ue. Il maggior importo di imposte personali pagate dagli italiani (più 950 euro rispetto agli immigrati extra-Ue) è spiegato dal reddito medio più elevato. Inoltre se si restringe il campione ai soli attivi, l’importo medio dei contributi sociali versato dagli italiani risulta superiore (di 1.699 euro) a quello degli immigrati extra-Ue. Per informazioni: Ufficio stampa Ismu Via Copernico, 1 – 20125 Milano 02.6787791 – 335.5395695 ufficio.stampa@ismu.org www.ismu.org 4 Ismu 2010/01_Presentazione.pdf Quadro generale sull'immigrazione La popolazione straniera presente in Italia al primo gennaio del 2010 è stimata da ISMU in 5,3 milioni di unità, di cui 5,1 milioni provenienti dai così detti Paesi a forte pressione migratoria, con una crescita di circa 500mila unità rispetto al 2009. I regolarmente iscritti in anagrafe sono 4 milioni e 279mila (+ 388mila rispetto al 2009). Con riferimento a questo anno, sottolineo qui di seguito alcuni aspetti particolarmente significativi. 1) Nonostante la persistente vivacità del fenomeno, si sono rilevati alcuni segnali di un suo rallentamento, verosimilmente causato dalla difficile congiuntura economica. I dati anagrafici evidenziano una riduzione dei flussi netti proprio a partire dalla primavera del 2008, riduzione che ha riscontro in un saldo migratorio con l’estero per l’anno 2009 che è inferiore del 12% rispetto a quello del 2008 e del 36% rispetto a quello del 2007. Ciò trova ulteriore conferma nel 2010, con un valore del saldo relativo al primo semestre che è circa il 40% inferiore a quanto osservato nello stesso periodo del 2007 in epoca precrisi. 2) Irregolarità Nel rapporto di quest’anno si è ritenuto dedicare largo spazio all’irregolarità colta in chiave comparativa internazionale. L’irregolarità è infatti un fenomeno rilevante in molti paesi e in ciascuno di essi è vissuta in maniera differente: l’irregolarità per le Americhe si misura soprattutto con la paura del terrorismo, per l’Asia riguarda prioritariamente lo sfruttamento organizzato della manodopera, per l’Africa cancella ogni rispetto della persona che diventa vittima del ricatto e della paura. Le stime sulla presenza immigrata in Europa, per l’anno 2009, mettono in evidenza che i primi cinque paesi per numero complessivo di immigrati sprovvisti del titolo di soggiorno sono Regno Unito, Italia, Germania, Francia e Spagna. Aggregando queste stime nazionali a livello di UE-27, si ottiene una stima della popolazione irregolare complessiva compresa tra 1,9 e 3,8 milioni di 1 Presentazione XVI Rapporto ISMU 13 dicembre 2010 Vincenzo Cesareo, Segretario Generale Fondazione Ismu persone. Questi valori corrispondono a circa lo 0,4–0,8% della popolazione totale e al 7–13% della popolazione immigrata regolare (dal sito www.neodemos.it) Le stesse stime del 2008 avevano individuato una presenza irregolare tra i 2 e 4 milioni circa, con una netta concentrazione nell’area dei 15 membri iniziali, così come avviene per le presenze regolari (dal capitolo di Livia Ortensi per il Rapporto) 3) Minori A partire dai valori rilevati dall’ISTAT negli ultimi anni, ISMU ha calcolato al 31 dicembre 2010 la presenza di oltre 1 milione di minori stranieri, triplicati nel corso di 7 anni. Di questi circa il 60% risulta essere nato in Italia. Si tratta certamente di un contributo importante per dare vitalità alla demografia del nostro paese, sebbene vada nuovamente ribadito come esso non risolva, anche in prospettiva, il problema del calo della natalità in Italia che richiede di essere affrontato con maggiore sostegno alle famiglie. 4) Lavoro: Come già segnalato nel 2009, nel 2010, l’occupazione degli stranieri ha conosciuto un andamento opposto a quello complessivo del Paese. Mentre l’occupazione degli italiani ha registrato un’ulteriore contrazione rispetto al 2009, gli occupati stranieri sono aumentati di oltre il 10% e addirittura del 14% per quanto riguarda la componente femminile. Gli stranieri rappresentano ormai oltre l’8% degli occupati totali e quasi il 9% delle occupate. Questi andamenti sembrerebbero corroborare l’ipotesi dell’esistenza di mercati del lavoro separati e, in particolare, confermare i caratteri del tutto specifici dell’offerta immigrata femminile, che s’indirizza a sbocchi non solo “di genere”, ma altrettanto etnicizzati. Alla luce di ciò, si può affermare che il contestuale aumento del tasso di disoccupazione degli stranieri sia da attribuire alla crescita dell’offerta di lavoro e a un afflusso di nuova manodopera dall’estero sovradimensionato rispetto alle opportunità di assorbimento che pure non sono mancate. In altre parole in Italia l’immigrazione non è certo passata indenne attraverso la crisi, ma ne ha subito le conseguenze in misura non così drammatica com’è avvenuto in altri paesi. Quali sono stati gli elementi che hanno consentito ciò? a) In primo luogo, l’elevata femminilizzazione e la sostenuta partecipazione delle donne immigrate al mercato del lavoro. b) In secondo luogo, paradossalmente, la forte concentrazione degli stranieri nei cosiddetto “lavori da immigrati”, la cui etnicizzazione ha eretto barriere simboliche all’ingresso degli italiani, solo virtualmente intaccate in tempi di crisi. c) In terzo luogo, la rilevante consistenza dell’economia sommersa. 5) Salute: 2 Emerge una mappa dell’Italia che offre standard di accoglienza e di assistenza estremamente diversificati in termini di efficacia. Tra gli aspetti che maggiormente diversificano l’offerta a livello territoriale si rileva: la formazione specifica degli operatori, la presenza di enti o istituzioni, che monitorino costantemente le dinamiche del fenomeno migratorio, l’utilizzo dei mediatori linguistico culturali. 6) Scuola Dagli ultimi dati relativi all’a.s. 2009/10, emerge che sono 673.592 gli allievi stranieri nelle scuole italiane (il 7,5% della popolazione scolastica). Non vi sono novità significative riguardo alle provenienze (tra le prime nazionalità si confermano Romania, Albania, Marocco, Cina, Ecuador). Si evidenzia inoltre che, a parità di status e di capacità, nella scelta della scuola superiore pesa l’essere straniero: è aumentato infatti il numero di stranieri negli istituti professionali. 7) Devianza Nel 2009 gli stranieri denunciati dalle forze di polizia sono il 31,7% dei denunciati totali, ma la loro incidenza è in diminuzione dagli anni precedenti. Infatti nel 2009, secondo gli ultimi dati disponibili del Ministero degli Interni, il numero dei denunciati stranieri dalle forze di polizia è diminuito del 13,9% rispetto al 2008. Nel 2009 i denunciati stranieri sono 260.883 (su un totale di 823.406). Dal 2008 al 2009 gli stranieri denunciati si sono ridotti anche in numero assoluto. Sempre negli stessi anni (2008-2009) gli stranieri regolari hanno registrato tassi di delittuosità totale superiori, ma prossimi, a quelli degli italiani. Gli irregolari invece presentano tassi di delittuosità decisamente superiori. Va però respinta l’equazione irregolarità=criminalità, sebbene dagli inizi degli anni Novanta le denunce contro stranieri irregolari abbiano subito un forte aumento percentuale, superiore a quello dei permessi di soggiorno. 8) Welfare I dati ottenuti calcolando il beneficio fiscale netto, cioè la differenza fra i trasferimenti ricevuti dal settore pubblico e quanto pagato al settore pubblico stesso, hanno messo in evidenza un beneficio fiscale netto per gli immigrati extra-EU inferiore di circa 3.000 euro annui a quello degli italiani, per lo più giustificabile per la minore incidenza dei costi sanitari e previdenziali dovuti alla struttura per età più giovane. Il risultato viene confermato dall’analisi a livello familiare, che indica un beneficio fiscale netto superiore per le famiglie italiane rispetto a quelle extra-EU, per 3.800 euro. Con riferimento al prelievo fiscale, in media pro-capite le imposte personali, i contributi sociali e l’Ici ammontano a 6.407 euro per gli italiani, 5.921 euro per gli immigrati Ue e 5.735 euro per gli immigrati extra-Ue. Il maggior importo di imposte personali pagate dagli italiani (più 950 euro rispetto agli immigrati extra-Ue) è spiegato dal reddito medio più elevato. 9) Rimesse 3 Nonostante la crisi, le rimesse hanno registrato un lieve incremento annuo dal 2008 al 2009 di circa il 6%. Si constata un’indubbia supremazia della Cina, quale paese di destinazione, con quasi 2 miliardi di euro di rimesse (+28%) seguita dalla Romania (+ 26%) e, al terzo posto, dalle Filippine. 10) Atteggiamenti Secondo un’indagine del giugno 2010, per il 18% degli italiani l’immigrazione costituisce un pericolo per il Paese, subito dopo la disoccupazione e la corruzione. Il sondaggio ha permesso anche di tracciare un identikit dell’italiano maggiormente preoccupato per la presenza degli immigrati: è anziano, single e vive soprattutto nel Nord Est, in un comune con meno di 30mila abitanti. Se allarghiamo lo sguardo all’Europa, possiamo rilevare che la preoccupazione per gli effetti dell’immigrazione è particolarmente elevata nel nostro Paese in quanto si colloca al secondo posto subito dopo la Gran Bretagna, che presenta la più alta percentuale di “cittadini preoccupati” tra gli europei. Per quanto riguarda il legame tra immigrazione e criminalità, il 77% degli italiani teme che i clandestini la incrementino, contro il 31% dei francesi e una media europea del 61%. Il capillare radicamento della criminalità organizzata in alcune aree del Paese sembrerebbe costituire la causa che rende più acuta che altrove la preoccupazione che gli immigrati irregolari possano essere reclutati dai malavitosi. Da una recente indagine, promossa dalla Conferenza delle Assemblee delle Regioni e delle Province Autonome, nell’ambito delle iniziative del neo Osservatorio della Camera dei Deputati sui fenomeni di xenofobia a razzismo e svolta dall’Istituto SWG di Trieste in collaborazione con IARD RPS di Milano, su un campione rappresentativo di 2.085 giovani tra i 18 e i 29 anni, emerge in maniera preoccupante la presenza, fra quasi la metà dei giovani italiani intervistati, di forme di intolleranza e di ostilità fino alla xenofobia esplicita. Europa Sempre nel 2010 vanno evidenziati i cambiamenti concernenti le migrazioni, introdotti in Europa a seguito dell’adozione del trattato di Lisbona. Il Trattato di Lisbona, entrato in vigore dal dicembre del 2009, sancisce l’avvio di una nuova fase dell’impegno delle istituzioni europee rispetto alle questioni migratorie. Come esplicitato negli articoli 79 e 80 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione, quest’ultima è chiamata a sviluppare una politica comune dell’immigrazione finalizzata ad assicurare un efficiente governo dei flussi migratori e un giusto trattamento dei cittadini dei paesi terzi residenti legalmente negli Stati membri, nonché la prevenzione e il rafforzamento delle misure atte a combattere la migrazione illegale e il traffico di esseri umani. In base a quanto stabilito dalle ordinarie procedure legislative, il Parlamento e il Consiglio europei sono sollecitati all’adozione di misure riguardanti le condizioni di ingresso e di residenza, la 4 definizione dei diritti dei migranti, il contrasto delle migrazioni illegali e del traffico degli esseri umani, con particolare attenzione alle donne e ai bambini. A tal riguardo sono previsti, da un lato, la stipula di accordi tra Unione e paesi terzi per la riammissione di quei cittadini che non soddisfano le condizioni di ingresso o di permanenza; dall’altro, la promozione di incentivi e supporti per azioni finalizzate all’integrazione dei cittadini provenienti da paesi terzi legalmente presenti. Fatta salva la piena autorità nazionale in materia migratoria, il Trattato esclude esplicitamente ogni volontà di armonizzazione di leggi e norme nazionali relative alla definizione del volume di ingressi. L’attuazione della politica comune sull’immigrazione in carico all’Unione è regolata dal principio di solidarietà e dalla condivisione della responsabilità. Pertanto - se ad esempio si considerano gli strumenti finanziari messi in campo dalla Commissione attraverso i quattro fondi del programma generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori (fondo per le frontiere esterne, quello per i rifugiati, quello per l’integrazione dei cittadini provenienti dai paesi terzi e quello per i rimpatri) - un paese come l’Italia, interessato da consistenti flussi migratori, potrà usufruire di quote di finanziamento annuali più elevate di quelle di altri Stati. Oltre a ciò, un chiaro segno dell’impegno delle istituzioni europee verso una politica comune per l’immigrazione è dato dal fatto che, nella riorganizzazione della Commissione avvenuta a seguito dell’adozione definitiva del Trattato, si è deciso di dedicare una Direzione Generale alle questioni migratorie. La precedente DG Giustizia libertà e sicurezza si è infatti scissa in due nuove direzioni generali, quella per la Giustizia e quella degli Affari interni, alla quale è in carico la gestione del fenomeno migratorio a livello europeo. Accordo di integrazione Tornando all’Italia, tra le novità del 2010 va segnalato il regolamento concernente la disciplina dell’accordo di integrazione varato, nel mese di maggio, dal governo e contemplato all’interno del c.d. “pacchetto sicurezza”. L’accordo di integrazione prevede che il migrante, dall’età dei sedici anni, firmi presso lo Sportello unico o la Questura un vero e proprio contratto, della durata di due anni, contestualmente alla presentazione della domanda di permesso di soggiorno. L’accordo di integrazione assume anche una significativa valenza simbolica in quanto esso consiste in un patto tra immigrato e Stato fondato sui diritti e doveri che, se rispettati, dovrebbero agevolare i processi di integrazione. Cittadinanza Nel nostro paese la riforma della legge in materia di acquisizione della cittadinanza è da tempo oggetto di attenzione e di proposte presentate anche nel corso di questo anno, che sono attualmente 5 all’esame del Parlamento. Senza dubbio un intervento normativo che adegui la legislazione alla nuova realtà venutasi a creare anche a seguito del forte fenomeno migratorio che ha riguardato l’Italia è sempre più necessario. Per gli immigrati, l’ottenimento della cittadinanza rappresenta un traguardo importante nel proprio progetto migratorio sebbene non costituisca necessariamente la principale priorità. Un traguardo che offre determinati diritti e che richiede l’assunzione di doveri, ma che, specialmente in alcuni paesi di consolidata esperienza migratoria, è subordinato al raggiungimento di un discreto livello di preparazione: si pensi -solo per fare qualche esempio – ai test di lingua o di conoscenza della cultura e delle norme del paese nel quale si presenta la domanda, previsti in Germania e negli Stati Uniti. I minori e il loro status di “non cittadini”, in particolare se nati in Italia, rappresentano il principale elemento di dibattito. La stessa Fondazione Ismu ha infatti più volte rilevato, sulla base di riscontri empirici, la problematicità del vivere da straniero nel paese in cui si è nati: nella maggior parte dei casi i giovani nati o anche solo cresciuti in Italia si sentono, più dei loro genitori, già “italiani”. Volti positivi dell'immigrazione: imprenditorialità e associazionismo Oltre a queste questioni che rimangono aperte vanno evidenziati anche alcuni aspetti che confermano il radicamento attivo degli immigrati nel nostro paese. Mi limito a richiamarne due: l’imprenditoria e l’associazionismo. L'imprenditoria etnica è una realtà degna di particolare attenzione, che costituisce un indicatore significativo del grado di radicamento degli stranieri nel sistema economico produttivo e nella società. Essa è riconducibile, come dimostrano i dati, in buona parte all'avvio e alla gestione di imprese individuali: ogni anno vengono avviate circa 37mila attività con a capo un lavoratore non comunitario, un segno di vivacità imprenditoriale che contribuisce in modo significativo ad assicurare un trend positivo rispetto all'andamento demografico delle attività registrate presso le camere di commercio del paese. Al 31/12/2009 più di sette imprese individuali su 100 risultano condotte da immigrati. Il passaggio al lavoro autonomo è poi il segno tangibile del percorso di emancipazione intrapreso: gli immigrati, dall’essere lavoratori salariati e spesso subalterni, cercano di percorrere sentieri di mobilità e di crescita professionale, migliorando le loro condizioni solamente dopo un discreto numero di anni nella società di destinazione e dunque dopo aver consolidato la propria situazione giuridica oltre che quella occupazionale. Anche l’associazionismo, promosso dai cittadini stranieri, è un fenomeno che testimonia la vitalità della presenza immigrata in Italia; un fenomeno che può costituire – e in parte già costituisce – un importante strumento per l’integrazione e la partecipazione degli stranieri alla vita sociale del paese. 6 Purtroppo mancano ancora stime accurate circa la presenza del fenomeno a livello nazionale. Una presenza che sappiamo però essere particolarmente significativa in termini numerici – nella sola regione Lombardia, per esempio, stimiamo l’esistenza di oltre 500 associazioni di stranieri – e in crescita. Così come in crescita è l’attenzione che le istituzioni locali dedicano a queste realtà, in quanto canali privilegiati di contatto e di comunicazione tra le istituzioni stesse e le comunità immigrate. Conclusioni La consistente e crescente presenza di immigrati nel nostro paese pone necessariamente come prioritaria la questione dell’integrazione, a cui i nostri Rapporti annuali hanno dato sempre particolare rilievo. Al fine di promuovere e sostenere l’integrazione va riconosciuto che sono numerose le iniziative realizzate dalle istituzioni pubbliche e private, dal privato sociale e dalle chiese, che evidenziano una variegata tipologia di interventi. Ad essi va aggiunto anche quanto fanno in questa direzione le già citate associazioni di immigrati. Il quadro complessivo che emerge è alquanto eterogeneo sotto il profilo territoriale e induce a segnalare l’esigenza che gli interventi abbiano una maggiore durata per dimostrarsi più efficaci e che venga attuato un maggior coordinamento territoriale tra le azioni svolte, nel rispetto dell’autonomia di ciascun ente che opera e alla luce del principio della sussidiarietà verticale e orizzontale. Appare anche necessario disporre di più puntuali riscontri sull’esito degli interventi, anche allo scopo di individuare, promuovere e diffondere “buone pratiche” per sostenere i processi di integrazione. Queste considerazioni trovano peraltro autorevole sostegno nei Common Basic Principles, i principi fondamentali comuni adottati dal Consiglio Giustizia e Affari Interni già nel 2004, alcuni dei quali richiamo qui di seguito. - l’integrazione è un processo dinamico e bilaterale di adeguamento reciproco da parte di tutti gli immigrati e di tutti i residenti degli Stati membri; - l’integrazione implica il rispetto dei valori fondamentali dell’Unione europea; - l’occupazione è una componente fondamentale del processo d’integrazione ed è essenziale per la partecipazione degli immigrati, per il loro contributo alla società ospite e per la visibilità di tale contributo; - ai fini dell’integrazione sono indispensabili conoscenze di base della lingua, della storia e delle istituzioni della società ospite; mettere gli immigrati in condizione di acquisirle è essenziale per un’effettiva integrazione; - occorre sviluppare obiettivi, indicatori e meccanismi di valutazione chiari per adattare la politica, valutare i progressi verso l’integrazione e rendere più efficace lo scambio di informazioni. 7 Va comunque sottolineato che l’integrazione non è qualcosa che devono affrontare solamente gli immigrati, ma è una esigenza ineludibile e basilare di ogni società per cui riguarda tutti coloro che vivono in essa. Il processo di integrazione  in quanto requisito essenziale perché una società possa esistere  chiama in causa, seppur con modalità e contenuti diversi, non solo gli immigrati, ma anche gli stessi autoctoni. È pertanto un cammino comune di cui occorre essere consapevoli. Perché questo percorso abbia esito positivo è necessario che esso assuma, quali principi guida, il rispetto reciproco, nella condivisione del valore della dignità di ogni persona, e il rispetto delle regole che costituisce un requisito distintivo della convivenza democratica. 8 Ismu 2010/02_Premiati.pdf RICONOSCIMENTI ISMU 2010 Profilo dei vincitori Noemi Manalo, ha 52 anni, viene dalle Filippine e vive in Italia da oltre 20 anni. Dopo aver fatto mille lavori, tra cui la badante e la domestica, nel 2007 a Milano ha fondato ANIF Associazione Nazionale Italo-Filippina No Profit che si occupa di dare assistenza legale e burocratica ai suoi circa 2.500 iscritti e simpatizzanti. Sempre nel 2007 Noemi Manalo si è lanciata nel mondo editoriale dando vita al settimanale free press Kabayan Times International di cui è la responsabile. Il giornale, scritto in inglese, tagalog e italiano e distribuito su tutto il territorio nazionale in 50mila copie, è diventato in soli tre anni un ponte tra la comunità filippina e altre comunità, e viene. Grazie alle inchieste giornalistiche, portate avanti dai collaboratori volontari che lavorano alla testata, sono state scoperte e denunciate truffe e soprusi ai danni di centinaia di filippini residenti in Italia. Noemi Manalo è l’imprenditrice straniera a cui va il Riconoscimento Ismu 2010 in occasione della presentazione del XVI Rapporto sulle migrazioni. Noemi Manalo è stata selezionata perché “il suo impegno nella società non si è limitato alla ideazione di un’associazione no profit, ma l’ha spinta a lanciarsi in una impresa molto più complessa e di grande valore civile e sociale quale è la creazione di un nuovo giornale”. Info Direttore Kabayan Times International: Claudio Gatti 02.4985835/3495885052 www.kabayantimes.org Rete G2 - Seconde Generazioni è un’organizzazione nazionale apartitica fondata nel 2005 a Roma da figli di immigrati e rifugiati nati e/o cresciuti in Italia. In 5 anni di attività, Rete G2 si è diffusa anche in altre città italiane: oggi è presente a Milano, Prato, Genova, Mantova, Arezzo, Padova, Imola, Bologna, Bergamo e Ferrara. G2 è nata con l’obiettivo di affermare i diritti negati ai figli degli immigrati che, pur essendo nati e/o cresciuti in Italia, non hanno la cittadinanza italiana. L’associazione è diventata nel corso degli anni un punto di riferimento per migliaia di ragazzi dai 18 ai 35 anni originari di diversi paesi tra cui: Filippine, Etiopia, Eritrea, Perù, Cina, Cile, Marocco, Libia, Argentina, Bangladesh, Capoverde, Iran, Sri Lanka, Senegal, Albania, Egitto, Brasile, India, Somalia, Ecuador. Inoltre G2 è diventata “portavoce” in sede istituzionale delle istanze delle seconde generazioni: tant’è che dal 2007 fa parte della Consulta nazionale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ed è stata ricevuta in audizione pubblica commissione Affari costituzionali della Camera per esprimere un proprio parere sia sulla riforma della legge sulla cittadinanza (legge n. 91 del 1992) che sulla riforma del Testo Unico. L’associazione viene premiata con il Riconoscimento Ismu 2010 in occasione della presentazione del XVI Rapporto sulle migrazioni “perché, attraverso il suo impegno a favore del riconoscimento del diritto cittadinanza alle seconde generazioni, mediante un costante dialogo e collaborazione con le istituzioni, governative e non, contribuisce alla modernizzazione del nostro Paese e alla costruzione di una società più equa e quindi più democratica”. Ritirano il premio Lucia Ghebreghiorges, Nura Tafeche e Anna Juana Chiabrando. Info www.secondegenerazioni.it Ismu 2010/03_Slides.pdf Una nuova fotografia dell’immigrazione  straniera in Italia Milano 13 dicembre 2010 Gian Carlo Blangiardo Fondazione ISMU-Università Bicocca Quanti e quanti in più?  Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Oltre il confine dei 5  milioni di presenti La popolazione straniera  presente in Italia è stimata  in  5,3 milioni di unità al 1°  gennaio 2010, di cui circa  550mila in condizione di  irregolarità e poco meno di  500mila non (o non  ancora)  iscritta in  anagrafe. La crescita dei presenti è  stata mediamente di   431mila unità annue, ad  una tasso medio del   12,7% (equivalente  ad un  tempo di raddoppio   di 6  anni). Gian Carlo Blangiardo, , Fondazione ISMU‐Università Bicocca Gli stranieri residenti  in Italia  al 1° gennaio 2010 sono  4  milioni 235 mila, con un  accrescimento  complessivo di  344 mila unità. La variazione deriva da un  saldo naturale  positivo di 72  mila unità, 77 mila nati contro  5 mila decessi,  che si somma  ad un saldo migratorio con  l’estero  altrettanto positivo  per 331 mila unità(*). Il tutto  è attenuato da 59 mila  passaggi alla cittadinanza  italiana.  (*) Il dato deriva da un saldo migratorio con l’estero  positivo per 375 mila unità e un saldo per altro motivi   (iscrizioni e cancellazioni  per movimento interno e d’ufficio)  negativo per 44 mila unità  Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐Università Bicocca Il bilancio degli italiani Per il terzo anno consecutivo la  popolazione di cittadinanza  italiana è in diminuzione  (nonostante il flusso positivo di  nuovi cittadini).   Gli italiani residenti al 1° gennaio  2010 sono 56 milioni 105 mila,  con una riduzione di 49 mila unità  nel corso dell’anno 2009. La variazione deriva da un saldo  naturale  negativo di 95 mila unità  che si somma ad un saldo  migratorio con l’estero negativo  per 13 mila unità. Il tutto è  attenuato da 59 mila nuove  acquisizioni di cittadinanza Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐Università Bicocca La crescita rallenta  (100mila in meno nel 2010 ?) Negli ultimi tempi sono emersi  segnali di rallentamento della  crescita che vanno  verosimilmente attribuiti  all’azione frenante innescata dalla  difficile congiuntura economica.  Se infatti si analizzano le  risultanze relative al saldo mensile  delle iscrizioni e delle  cancellazioni anagrafiche a livello  nazionale si può cogliere una  riduzione dei flussi netti proprio a  partire dalla primavera del 2008.  Riduzione che ha riscontro in un  saldo complessivo per l’anno 2009  inferiore del 12% rispetto a quello  del 2008 e del 36% rispetto a  quello del 2007. Ciò trova  ulteriore conferma nel 2010, con  un valore del saldo relativo al  primo semestre che è circa il 60%  di quello osservato nello stesso  periodo del 2007 in epoca“pre‐ crisi” Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Segnali di maturazione  Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca La progressiva trasformazione  dell’immigrazione straniera da  “lavoratori” a “famiglie di  lavoratori” sembra ormai una  realtà in atto da alcuni anni. Il  confronto tra i dati delle indagini  nazionali ISMU del 2005 e del  2009 mostra  come la quota di  immigrati che vivono in una  famiglia di tipo nucleare (in  coppia e/o con figli) sia  aumentata in un quadriennio di  circa 5 punti percentuali per i casi  di presenza del coniuge e di 2,5  punti per quelli di nucleo  monogenitore. E se è vero che  nello stesso arco di tempo sono  aumentati anche i soggetti soli ,  va sottolineato come si sia più  fortemente ridotta, praticamente  dimezzandosi la quota di coloro  che vivono, da ospiti o in  coabitazione, con amici e  conoscenti. Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca La presenza di minori e  di seconde generazioni La popolazione minorenne si è  accresciuta triplicandosi in poco  meno di un decennio: da 295mila  unità nel 2001 a 941mila al 31  dicembre 2009. Di esse più della metà riguarda  soggetti nati in Italia: 581 mila  alla fine del 2009. D’altra parte nel corso del tempo  è andata progressivamente  aumentando anche   la frequenza  annua di nati stranieri.  Erano  circa 30mila nell’anno 2001 e  sono saliti a 74mila nel bilancio  del 2009. Si tratta di un contributo  importante per la vitalità del  nostro paese, ma (come si vedrà  tra breve) non risolutivo al fine di  invertire la tendenza al calo della  natalità in Italia. Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Numero medio di figli per donna nella popolazione straniera. Italia 2006-2009 Fonte: Istat Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Riflessioni  sul terreno delle prospettive  Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Quali scenari per il  prossimo ventennio ? Alla luce delle dinamiche in atto, le  previsioni  di fonte ufficiale Istat  (opportunamente aggiornate per  ricondurne la base al 1 gennaio  2010)  segnalano il passaggio dai  60,3 milioni di residenti del 2010 ai  62,3 nel 2030, ma  ciò avviene  unicamente per effetto del  contributo della componente  straniera. L’incognita legata  tali  scenari deriva dall’accettazione (o  meno) dell’assunto, che sta alla  base delle previsioni  Istat,   secondo cui  il saldo medio  delle  migrazioni straniere dall’estero  sarebbe di 195mila unità annue nel  decennio 2010‐2019 e di 174mila  nel decennio 2020‐2029  (una  media annua di 185mila per il  complesso del ventennio). Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca La questione del contributo  straniero  per compensare il calo  dell’offerta di lavoro autoctona La dinamica demografica  che va delineandosi   mette in risalto  il consistente calo dell’offerta  di lavoro da parte di cittadini italiani (circa 5  milioni di 18‐64enni in meno tra oggi e il 2030)  e la relativa  parziale compensazione da parte  dell’offerta straniera che, dai 3,2 milioni di  soggetti in età lavorativa del 2010 , potrebbe  passare (stando alle previsioni Istat) a 5,8   milioni nel 2030. Tuttavia anche con quest’ultimo apporto i  38milioni di residenti 18‐64enni che oggi  caratterizzano il nostro paese sono destinati a  scendere a 36milioni nel 2030.  Servirebbe dunque un contributo  compensativo maggiore sul fronte dei flussi  migratori? I poco meno di 200mila immigrati netti annui  ipotizzati  negli scenari  Istat  (e  perseguibili  come realistico obiettivo  nelle programmazioni  future) non sono  dunque sufficienti?   Occorrono  flussi  più consistenti? Ma  siamo  certi che una tale soluzione sia così  necessaria  e opportuna ?   Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Quale compensazione ? A ben vedere, sono  sostanzialmente gli italiani  nella fascia più giovane, i 18‐ 44enni, quelli che perdono 5  milioni di unità tra il 2010  e il  2030.  Ma la loro  compensazione attraverso  stranieri con  la stessa età si  limita a un milione di unità. La  crescita della componente di  offerta straniera  nella  popolazione in età attiva è  largamente concentrata nel  segmento più “maturo” (i 45‐ 64enni). Un segmento per il  quale l’offerta italiana non   segnala contrazioni  significative e  non sembra   affatto necessitare di apporti  compensativi.  Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Aspetti territoriali della  compensazione  Prendiamo atto come, con gli scenari  (e i  numeri)  prospettati dall’Istat , nei  prossimi quindici anni  al calo  generalizzato della forza lavoro giovane di  cittadinanza italiana  si contrapponga  ovunque un accrescimento  di quella  straniera e della stessa forza lavoro   italiana in età più matura. Se dunque l’equilibrio è tutto sommato  garantito con una media di poco meno di  200mila migrazioni nette all’anno  sia al  Nord che al Centro Italia, per quale  motivo converrebbe accrescerne la  consistenza numerica ? Certo non per attenuare il salasso di  offerta giovanile che si prospetta nel  Mezzogiorno .  Se infatti  la dinamica  demografica sembra poter allentare il   dramma della disoccupazione dei giovani   meridionali, per quale motivo spingere su  una maggiore immigrazione?   (che per  altro finirebbe spesso  per spostarsi al  Centro‐Nord)  Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Anche la popolazione  straniera è destinata a  subire il processo di  invecchiamento L’immigrazione , quand’anche  dovesse mantenersi a livelli  sostenuti  può solo rallentare  l’invecchiamento  demografico.  Nel medio periodo, quando la  permanenza diventa  definitiva, anche per gli  immigrati si presenta il  confine della terza età.    Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Osservazione finale (tra calcoli e provocazioni) Dal 1 gennaio 2010  al 1 gennaio 2030 Ingressi  nella popolazione  residente ultra65enne 16,5 milioni Uscite dalla popolazione residente  ultra65enne 11,9 milioni Surplus (entrate‐uscite) 4,6 milioni Corrispondente popolazione in  età 20‐64 necessaria  nel  ventennio per compensare il  surplus e mantenere il rapporto  Anziani x 100 attivi  a livello del   2001 pari a 33,3 13,8 milioni Media annua 692 mila Se è vero che, secondo lo scenario  Istat dove si prevedono flussi medi di  185mila unità,   tra il 2010 e il 2030  si  registreranno  16,5 milioni di ingressi   nella popolazione ultra65enne   residente in Italia e  11,9 milioni di  uscite, la dimensione complessiva del  collettivo si accrescerà di 4,6 milioni di  unità. Assumendo  l’obiettivo di mantenere   l’indice di dipendenza degli anziani al  valore di 33,3 registrato nel 2010  occorrerebbe, per compensare la  crescita di cui sopra, un analogo  aumento di  13,8 milioni di soggetti in  età attiva. Se fossero solo  gli immigrati a fornirlo  ciò equivarrebbe ad un saldo netto  medio  annuo di 692mila unità che,  aggiunte alle 185mila standard,  arriverebbero a 877mila  nuovi  immigrati stranieri ogni anno!! Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Grazie per l’attenzione Gian Carlo Blangiardo, Fondazione ISMU‐ Università Bicocca Ismu 2010/04_Zanfrini.pdf XVI RAPPORTO SULLE MIGRAZIONI 2010 Laura Zanfrini (Fondazione ISMU) presenta Immigrati e lavoro I numerosi report predisposti dalle principali agenzie internazionali sono unanimi nell’affermare che la recessione che ha investito l’economia mondiale abbia prodotto pesanti conseguenze sulla mobilità umana, sui percorsi lavorativi degli immigrati e sulla loro capacità di risparmio, sollecitando al contempo un riorientamento delle politiche migratorie e per gli immigrati. Il drastico peggioramento delle opportunità occupazionali per i migranti ha spinto molti paesi a rimettere mano alle proprie politiche in materia d’immigrazione e ad avviare una riflessione sull’impatto di lungo termine di questa drammatica recessione, fino ad indurre a pronosticare l’avvento di una “nuova era per le migrazioni economiche”. In tale scenario, il mercato del lavoro italiano parrebbe avere dimostrato un’inattesa capacità di “tenuta”, conformandosi solo in parte ai trend internazionali. È proprio sulle ragioni di questa capacità di tenuta che si sofferma l’approfondimento dedicato al lavoro contenuto nel XVI Rapporto, proponendo una chiave di lettura controcorrente rispetto ai toni drammatici che caratterizzano altre analisi (peraltro difficilmente conciliabili con la contestuale richiesta di assecondare, anche attraverso nuove operazioni di regolarizzazione di massa, il presunto fabbisogno di lavoro immigrato). Peraltro, coerentemente con l’approccio critico e obiettivo ad un tempo che da sempre caratterizza questo approfondimento, il capitolo non manca di 1 sottolineare come proprio questa capacità di tenuta sia rivelatrice degli elementi di debolezza della vicenda italiana, e meriti pertanto un’attenta riflessione sia da parte degli attori economici sia da parte dei policy makers. Ancora una volta, come già lo scorso anno, l’occupazione degli stranieri ha dunque conosciuto un andamento opposto a quella complessiva. Mentre quest’ultima registra un’ulteriore contrazione rispetto allo stesso periodo del 2009, gli occupati stranieri registrano un aumento di oltre il 10%, e addirittura del 14% per la componente femminile. Gli stranieri rappresentano ormai oltre l’8% degli occupati totali, e quasi il 9% delle occupate. Questi andamenti sembrerebbero corroborare l’ipotesi dell’esistenza di mercati del lavoro separati e, in particolare, confermare i caratteri del tutto specifici dell’offerta immigrata femminile, che s’indirizza a sbocchi non solo “genderizzati”, ma altrettanto etnicizzati, com’è del resto ampiamente noto. Alla luce di queste considerazioni, sembrerebbe di potere affermare che il contestuale aumento del tasso di disoccupazione degli stranieri sia da attribuire alla crescita dell’offerta e a un afflusso di nuova manodopera dall’estero sovradimensionato rispetto alle opportunità di assorbimento che pure non sono mancate. Detto in altri termini, l’incremento del numero di occupati stranieri durante la recessione non significa che quest’ultima li abbia lasciati indenni; al contrario, essi si sono trovati a fronteggiare contemporaneamente il rischio di perdere il proprio lavoro (specie per gli occupati nell’industria) e l’accresciuta concorrenza determinata dalla dinamica dei nuovi flussi. Il tasso di occupazione degli stranieri si è infatti ridotto in maniera più drastica rispetto a quello complessivo, un andamento che è peraltro imputabile alle cattive performance della componente maschile, quella che ha maggiormente risentito della crisi, laddove il tasso di occupazione femminile è addirittura cresciuto, nonostante l’aumento dell’offerta di lavoro. Quali sono dunque gli elementi che hanno consentito all’immigrazione in Italia di passare non certo indenne attraverso la crisi, ma di subirne le conseguenze in misura non così drammatica com’è avvenuto in diversi altri paesi? a) In primo luogo, l’elevata femminilizzazione e la sostenuta partecipazione delle donne immigrate al mercato del lavoro. Tratto peculiare del modello italiano d’integrazione fin dagli albori della transizione migratoria del paese, questo aspetto si è consolidato nel tempo, via via che cresceva la propensione delle famiglie italiane a ricorrere a 2 quel “welfare parallelo” fatto dal lavoro di cura svolto dalle immigrate. Orbene, fra tutti i comparti a elevata concentrazione di immigrati, quello del lavoro domestico e di cura è, per ovvie ragioni, il meno sensibile agli andamenti congiunturali dell’economia, aspetto primario per la tenuta dell’occupazione degli stranieri in Italia e, nel suo contesto, delle performance comparativamente migliori registrate dalla componente femminile. b) In secondo luogo, paradossalmente, la forte concentrazione degli stranieri nei “lavori da immigrati”, la cui etnicizzazione ha eretto barriere simboliche all’ingresso degli italiani, solo virtualmente intaccate in tempi di crisi. La consistenza della domanda di personale non qualificato espressa dalle imprese – decisamente superiore a quella registrabile negli altri maggiori paesi europei –, palesemente incoerente con le aspettative di un’offerta di lavoro autoctona sempre più scolarizzata, configura un eccezionale serbatoio d’opportunità per la manodopera d’immigrazione. Così, se la bassa qualità costituisce la cifra distintiva del lavoro immigrato in Italia, una conseguenza per certi aspetti virtuosa sembra essere costituita dalla relativa maggiore protezione dal rischio di disoccupazione; c) In terzo luogo, la consistenza dell’economia sommersa. È ben noto il ruolo che questo segmento dell’economia ha svolto nel percorso d’integrazione degli immigrati in Italia, rappresentando per molti di essi il primo sbocco accessibile all’indomani del loro approdo nel paese, e una sorta di passaggio obbligato anche per quanti sono poi transitati nel mercato del lavoro regolare, una volta ottenuto un valido documento di soggiorno. Orbene, i flussi irregolari hanno per molti aspetti la capacità di adattarsi agli andamenti congiunturali in modo più rapido di quanto non avvenga per i flussi regolari, soggetti ai tempi lunghi della programmazione e delle procedure di legge: v’è dunque ragione di ritenere che le informazioni riguardo alla saturazione degli sbocchi occupazionali più consueti siano rapidamente transitate attraverso le catene migratorie, calmierando i nuovi ingressi in modo più efficace di quanto non sappiano fare i provvedimenti ufficiali. Al contempo, è facile pensare che il sommerso abbia costituito, nelle fasi più buie della crisi, una valvola di sfogo al problema della disoccupazione immigrata, dirottando verso tale segmento quanti avevano difficoltà a 3 trovare un lavoro regolare, così come quanti sono rimasti esclusi dal sistema delle quote (peraltro ridotte rispetto agli anni precedenti). Lo dimostra l’entità delle richieste di regolarizzazione presentate in occasione del provvedimento riservato ai lavoratori del settore domestico. Queste caratteristiche rendono per un verso quello italiano un caso atipico nel quadro continentale, configurando anche un’ipoteca sulla possibilità d’adottare una politica comune europea per l’immigrazione economica. Al tempo stesso, però, fanno dell’Italia un caso esemplare relativamente ad alcuni nodi irrisolti della vicenda europea; tre in particolare: 1) mentre l’Europa sembra decisamente convergere con la tendenza dei grandi paesi d’immigrazione extraeuropei a privilegiare l’afflusso di lavoratori ad alta qualificazione e ad alto potenziale, i caratteri della domanda di lavoro immigrato in Italia rendono palese la mancanza di un canale adeguato per l’ingresso di immigrati disponibili a svolgere lavori a bassa o nulla qualificazione. Si tratta di un problema che da circa un decennio segnaliamo nel nostro Rapporto, e che ora sembra avere finalmente intercettato l’attenzione delle istituzioni comunitarie; 2) un secondo è quello che Zanfrini definisce “il paradosso irrisolto della vicenda europea”, il paradosso di una popolazione di “lavoratori ospiti” promossi a denizen, senza che siano significativamente mutate le aspettative degli europei nei riguardi dell’immigrazione, sintetizzate dall’espressione “possono entrare coloro che hanno un lavoro; più precisamente un lavoro che noi non vogliamo fare”. Prova ne sia che, perfino durante le fasi più acute della crisi, l’Italia ha mantenuto aperto un consistente canale d’immigrazione legale e ha lanciato un provvedimento di emersione del lavoro nero destinato prioritariamente a regolarizzare gli immigrati privi di documenti; 3) un’ulteriore peculiarità dell’approccio europeo (e italiano), consiste nel vincolare il diritto all’ingresso e al soggiorno alla condizione lavorativa. Un’illusione ampiamente però sconfessata dalla storia degli ultimi quarant’anni, che ha registrato una notevole autonomia dell’immigrazione in rapporto agli andamenti occupazionali. Di nuovo l’Italia costituisce un caso esemplare, se si pensa che il periodo di sei mesi di soggiorno regolare concesso a coloro che hanno perso il lavoro, per quanto uno dei più lunghi a livello europeo (secondo le informazioni in nostro possesso), è da molti 4 giudicato insufficiente per trovare un nuovo impiego e per condurre con successo un programma di reinserimento occupazionale. Ridiscutere la normativa è certo legittimo, ma altrettanto opportuno sarebbe sganciare progressivamente il diritto alla mobilità da quello all’immigrazione. Se mai, come in una fase di crisi, l’ingresso di nuovi lavoratori deve essere contingentato e raccordato agli effettivi bisogni del mercato del lavoro, va però riconosciuto come, in un mondo sempre più globalizzato, vincolare la possibilità d’attraversare regolarmente i confini tra gli Stati alle necessità dell’economia è una scelta che si rivela spesso controproducente, oltre che moralmente discutibile. Ma un simile passaggio implica, è quasi superfluo ricordarlo, un’effettiva capacità di contrasto dell’economia sommersa, in mancanza della quale ogni riforma legislativa avrà l’inevitabile effetto di risultare inefficace nel garantire il governo dell’immigrazione e nel tutelare le frange più deboli della popolazione autoctona. 5 ISMU: XVI Rapporto sulle migrazioni 2010
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